Rapporto del Consiglio federale sulle attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera 2013 del 2 luglio 2014

Onorevoli presidenti e consiglieri, vi sottoponiamo, per conoscenza, il rapporto sulle attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera nel 2013.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

2 luglio 2014

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Didier Burkhalter La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2014-1536

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Rapporto 1

Riassunto

La struttura di cooperazione interdipartimentale in materia di migrazione internazionale (struttura IMZ) è articolata secondo tre livelli: il plenum del Gruppo di lavoro interdipartimentale per le questioni delle migrazioni (plenum GIM) ­ livello direttori, il Comitato per la cooperazione internazionale in materia di migrazione (comitato IMZ) ­ livello vicedirettori/capidivisione e i gruppi di lavoro per regioni, Paesi e temi prioritari. I principali attori sono il Dipartimento di giustizia e polizia (DFGP, con l'Ufficio federale della migrazione, UFM, e l'Ufficio federale di polizia, fedpol), il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE, con la Direzione politica, DP e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione, DSC) e il Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR, con la Segreteria di Stato dell'economia, SECO).

La cooperazione interdipartimentale nell'ambito della struttura IMZ garantisce una politica migratoria estera quanto più possibile coerente. L'attuazione efficace di progetti, misure e dialoghi politici concreti è fortemente tributaria del regolare scambio e della stretta collaborazione tra diversi servizi federali, tra l'altro nell'ambito di gruppi di lavoro tematici e geografici. La struttura interdipartimentale rappresenta una piattaforma efficace in cui confluiscono i diversi interessi della Svizzera in ambito migratorio, tra cui la governance internazionale della migrazione, l'interconnessione tra migrazione e sviluppo, la migrazione regolare, la protezione dei rifugiati e dei migranti particolarmente vulnerabili, il ritorno e la reintegrazione nonché la prevenzione della migrazione irregolare.

Il presente rapporto d'attività 2013 si fonda sulla cooperazione interdipartimentale in seno ai diversi gruppi di lavoro tematici e geografici della struttura IMZ.

Al cuore delle attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera troviamo la cooperazione in un contesto multilaterale, la gestione dei cinque partenariati migratori, l'attuazione dei programmi «Protection in the Region» nonché i dossier bilaterali nei quali la Svizzera tenta di far confluire i propri interessi grazie al dialogo e alla cooperazione.

In ambito multilaterale, l'attenzione era focalizzata sulla preparazione e sulla realizzazione della partecipazione
svizzera al secondo Dialogo di alto livello delle Nazioni Unite su migrazione internazionale e sviluppo (UNHLD), dell'ottobre 2013. Rappresentata dalla consigliera federale Simonetta Sommaruga, la Svizzera vi ha presentato, nell'ambito di una tavola rotonda con la Nigeria, il modello svizzero del partenariato migratorio, cogliendo altresì l'occasione per curare numerosi contatti bilaterali.

Dalla loro messa in campo, i partenariati migratori sono stati sviluppati e hanno fornito varie occasioni per discutere apertamente i diversi interessi in presenza. In risposta al postulato Amarelle 12.3858, nel 2014 sarà svolta una prima valutazione dei partenariati migratori in essere.

In attuazione della decisione del Consiglio federale del giugno 2012 riguardante la «possibilità di abbinare la politica estera in materia di migrazione ad altri ambiti della cooperazione bilaterale», è stata stesa una lista dei cinque Stati di provenienza 5178

prioritari. La cooperazione operativa con questi Stati nell'ambito del ritorno è ostacolata da difficoltà persistenti. Nell'ambito della cooperazione interdipartimentale ci si propone di abbinare in forma adeguata il tema del ritorno ad altri dossier della politica estera.

Nel 2013, la cooperazione con gli Stati dell'UE ha acquisito maggiore importanza anche per quanto riguarda la IMZ. Essendo associata a Schengen e Dublino, la Svizzera partecipa alla cooperazione in materia di migrazione a livello europeo e nutre un interesse al suo buon funzionamento. La Svizzera supporta, nella misura del possibile, le autorità degli Stati dell'UE che, per la loro situazione sotto il profilo geografico o della politica interna, sono particolarmente sollecitati dalla migrazione alle frontiere esterne.

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Principali attività svolte dalla Svizzera nel settore della politica migratoria estera 2013

2.1

Dialogo migratorio multilaterale

2.1.1

Dialogo migratorio internazionale

Nel 2013, la Svizzera ha proseguito e intensificato le proprie attività tese a sviluppare il dialogo internazionale su migrazione e sviluppo. Si è impegnata in diversi processi e forum internazionali tra cui il processo di preparazione della nuova agenda di sviluppo post-2015. Ha portato avanti il proprio impegno in seno al Forum Mondiale su Migrazione e Sviluppo (FMMS) e ha partecipato attivamente al processo di preparazione svoltosi a Ginevra sotto la presidenza svedese in vista del vertice del FMMS del maggio 2014 a Stoccolma. In questo contesto, la Svezia ha organizzato, fra le altre cose, discussioni tematiche a Ginevra, di cui rileviamo in particolare quella, co-presieduta dalla Svizzera, inerente a questioni di coerenza politica. Ma il dialogo internazionale su migrazione e sviluppo è culminato, nel 2013, con il secondo UNHLD svoltosi nel quadro della 68a Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 3 e 4 ottobre 2013 a New York.

Al secondo UNHLD, la Svizzera, rappresentata dalla consigliera federale Simonetta Sommaruga, ha contribuito in maniera sostanziale a gettare passerelle tra gli interessi dei diversi Paesi. Ne è nato un dialogo in cui le parti hanno riconosciuto la necessità di lavorare insieme per trovare soluzioni congiunte alle sfide sollevate dalla migrazione internazionale (lotta contro la tratta di esseri umani, necessità di proteggere maggiormente le popolazioni migranti, necessità di combattere le percezioni negative della migrazione), rafforzando al tempo stesso gli aspetti positivi della migrazione (contributo allo sviluppo del Paese d'origine e del Paese di destinazione, necessità di coinvolgere la diaspora, ecc.). Il Dialogo ha altresì consentito alla Svizzera di presentare la propria posizione riguardo all'importanza d'includere la migrazione nell'agenda di sviluppo post-2015. Grazie all'impegno della Svizzera a livello internazionale, mostratosi anche attraverso la co-presidenza della consultazione globale sulle dinamiche delle popolazioni, la quale includeva anche la migrazione, ma parimenti grazie al lavoro di fondo svolto all'interno del nostro Paese, la migrazione figura tra i temi prioritari del Consiglio federale per il processo post-2015.

Durante il secondo UNHLD, gli Stati hanno evidenziato l'interesse di integrare la migrazione in questa nuova agenda di sviluppo.

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A fronte della tragedia verificatasi a Lampedusa il giorno dell'apertura del secondo UNHLD, la comunità internazionale ha riconosciuto l'importanza d'impegnarsi per meglio tutelare i diritti umani dei migranti. La Svizzera, dal canto suo, ha sottolineato il ruolo e la responsabilità degli Stati in vista di un approccio coordinato e pragmatico che consenta di meglio tutelare i diritti dei migranti. Al riguardo, durante l'anno in esame la Svizzera ha proseguito il proprio impegno nell'ambito dell'iniziativa Nansen, un processo consultivo svolto dagli Stati e co-presieduto dalla Svizzera e dalla Norvegia, teso a predisporre un'agenda di tutela per le persone sfollate oltre i confini nazionali nel contesto di catastrofi naturali.

Sull'arco dell'intero 2013, la Svizzera si è impegnata a fondo, a livello sia regionale sia globale, in vista del secondo UNHLD. In tale contesto, ha avuto modo di ampliare considerevolmente la propria rete di relazioni in tutto il mondo con attori sia statali sia non statali. Una tale rete consente ai Governi, alle organizzazioni internazionali e alla società civile di condividere il sapere e le esperienze riguardanti il settore della migrazione e dello sviluppo. Svariati incontri bilaterali svolti ai margini del secondo UNHLD hanno consentito di abbordare questioni concrete inerenti alla cooperazione bilaterale in materia di migrazione con i Paesi chiave per la Svizzera.

La Svizzera ha poi svolto un ruolo cruciale nei negoziati condotti dal Messico e sfociati nell'adozione di una Dichiarazione congiunta degli Stati membri delle Nazioni Unite durante il Dialogo. Il testo ­ la prima dichiarazione su migrazione e sviluppo adottata all'ONU ­ riflette le priorità congiunte della comunità internazionale per quanto riguarda i temi d'importanza globale, i necessari principi d'azione nonché i ruoli e le responsabilità degli attori coinvolti in questo settore, che impartiscono una direzione comune in vista dello sviluppo futuro del dialogo in materia di migrazione e sviluppo. Questi i temi d'importanza globale sollevati: la tutela dei diritti dei migranti, la lotta alla tratta di esseri umani, la migrazione per motivi di lavoro e la tutela dei lavoratori migranti, la percezione pubblica della migrazione, l'integrazione della migrazione nelle agende di sviluppo nazionale e internazionale
(post-2015), il potenziamento dei dati oggettivi sulla migrazione, le rimesse degli emigrati, la diaspora, l'approccio partenariale e la cooperazione tra i vari attori coinvolti nel settore della migrazione a livello sia nazionale sia internazionale (Stati, agenzie e istituzioni delle Nazioni Unite, organizzazioni internazionali, settore privato, società civile, mondo accademico, migranti).

L'UNHLD ha, sì, consentito alla comunità internazionale di prendere coscienza degli importanti progressi conseguiti dopo il primo Dialogo svolto nel 2006, tuttavia occorre continuare a prodigarsi per coinvolgere più attivamente un certo numero di Stati, segnatamente i Paesi del BRICS1. Il livello di cooperazione interdipartimentale in questo dossier può essere considerato ottimo. Va tuttavia rilevato che le politiche, come anche le discussioni, a livello globale non sempre si riflettono nelle politiche e nelle discussioni a livello nazionale e viceversa. In futuro occorrerà pertanto migliorare la concordanza tra questi due livelli di dialogo, per esempio esplorando nuove piste atte a ottimare i flussi d'informazione tra gli attori dell'Amministrazione federale incaricati delle discussioni sul piano globale e sul piano domestico.

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Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

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2.1.2

Dialogo migratorio regionale

La Svizzera s'impegna anche in processi regionali, come quelli di Rabat, Praga e Budapest. Per l'anno in esame, l'accento è posto in particolar modo sul Processo di Budapest.

Il Processo di Budapest è un forum consultivo cui partecipano oltre 50 Stati e 10 organizzazioni internazionali. Da vent'anni, offre agli Stati parte una piattaforma per il dialogo intergovernativo sulla migrazione. L'obiettivo del processo è la messa in campo nei rispettivi Paesi di sistemi migratori sostenibili. Originariamente, il Processo di Budapest era focalizzato sul Sudest europeo ed è poi andato estendendosi anche alla regione del Mar Nero; dal 2010, l'attenzione si è spostata sulla regione della Via della seta, la quale rappresenta per l'Europa una zona di transito e di provenienza potenzialmente importante in termini di migrazione irregolare.

Il 19 aprile 2013 si è svolta a Istanbul, sotto la presidenza della Turchia, la Quinta conferenza ministeriale del Processo di Budapest, cui ha partecipato la consigliera federale Simonetta Sommaruga. Al centro dell'incontro vi era il ventesimo anniversario del Processo di Budapest e la sua rifocalizzazione ufficiale sulla regione della Via della seta. Alla conferenza è stata adottata la cosiddetta Dichiarazione di Istanbul, la quale identifica i temi migrazione e mobilità, migrazione e sviluppo, migrazione irregolare, integrazione, tratta di esseri umani e tutela internazionale quali ambiti di cooperazione prioritari. La Turchia assicura la presidenza del Processo di Budapest. In veste d'importante Stato di transito verso l'Europa occidentale, funge anche da passerella strategica tra Occidente e regione della Via della seta. La Svizzera versa contributi finanziari sia alla segreteria del Processo di Budapest, sia a un vasto programma di potenziamento delle strutture migratorie negli Stati della regione, in particolare Afghanistan e Pakistan.

2.2

Partenariati migratori

2.2.1

Introduzione

Per tenere conto della complessità e delle varie forme della migrazione, nel 2008 la Svizzera ha messo in campo lo strumento dei partenariati migratori. Codificato dal 1° gennaio di quell'anno nell'articolo 100 capoverso 1 della legge del 16 dicembre 20052 sugli stranieri (LStr), questo strumento consente alla Svizzera di perseguire i propri interessi in ambito migratorio e, al tempo stesso, di considerare gli interessi degli Stati partner. Un partenariato migratorio, pertanto, è espressione della volontà reciproca di due Stati di instaurare una cooperazione più ampia e più intensa nel settore migratorio. Nel dialogo con ciascuno Stato partner, la Svizzera è alla ricerca di soluzioni costruttive alle sfide sollevate dalla migrazione (p. es. migrazione irregolare, riammissione, tratta di esseri umani) e tenta, al tempo stesso, di sfruttare le opportunità economiche, sociali e culturali offerte dalla migrazione (p. es. migrazione e sviluppo, compreso il ruolo della diaspora; migrazione regolare come p. es.

visti, accordi sullo scambio di tirocinanti). Ciò richiede il coinvolgimento di diversi ministeri/dipartimenti, sia da parte svizzera sia da parte dello Stato partner, e una stretta cooperazione tra loro. La cooperazione nell'ambito di un partenariato migratorio si fonda su un Memorandum of Understanding (MoU) o un accordo che codi2

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fica la cooperazione in diversi settori della migrazione. Un partenariato migratorio abbraccia progetti e programmi concreti aventi un nesso diretto con la migrazione.

I cinque partenariati migratori della Svizzera con Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Nigeria e Tunisia sono regolarmente al centro di discussioni sul piano nazionale e internazionale in merito alle opportunità e alle sfide connesse alla migrazione. Sul piano internazionale, la Svizzera ha co-presieduto con la Nigeria, nell'ambito del secondo UNHLD, una tavola rotonda vertente su partenariato e coerenza. Ciò le ha consentito di presentare alla comunità internazionale, interessata, una visione approfondita di questo strumento. A livello svizzero, nel 2013 l'interesse era focalizzato sul diuturno dibattito attorno agli sviluppi in atto nel settore dell'asilo e sulle misure della Confederazione connesse.

Per il 2014, cinque anni dopo la conclusione dei primi partenariati migratori, è prevista una valutazione esterna del partenariato migratorio quale strumento della politica migratoria estera della Svizzera in adempimento del postulato Amarelle 12.3858. Si tratterà di stabilire, tra le altre cose, se lo strumento ha consentito di colmare le aspettative e gli interessi della Svizzera e dei diversi Stati partner.

2.2.2

Partenariato migratorio con la Tunisia

La realizzazione del partenariato migratorio con la Tunisia, concluso nel giugno 2012, è stata portata avanti con la seconda riunione d'attuazione, tenutasi nel mese di giugno 2013 a Tunisi. L'incontro ha consentito di fare il punto su diversi progetti in atto con le autorità tunisine in vari settori quali la migrazione regolare, la protezione, la prevenzione della migrazione irregolare e il tema migrazione e sviluppo. L'incontro ha parimenti tematizzato il programma di aiuto al ritorno volontario rivolto ai cittadini tunisini nel settore dell'asilo. È stata rilevata in particolare la forte partecipazione al programma (702 ritorni volontari tra il 15 luglio 2012 e il 31 ottobre 2013). Si è peraltro avuto uno scambio sulle sfide incontrate dai due Paesi nel settore migratorio, ossia, in particolare, questioni d'identificazione e di rilascio dei lasciapassare per i ritorni non volontari da parte svizzera, e la problematica dei migranti provenienti dall'Africa subsahariana nonché la chiusura del campo di Shousha, a sud del Paese, per la Tunisia. Al riguardo va detto che il progetto teso a incoraggiare il ritorno volontario nel loro Paese d'origine delle persone rifugiatesi nel campo di Shousha è stato esteso ai cittadini di Stati terzi residenti sul territorio tunisino e ha parimenti consentito di supportare quasi 200 persone salvate in mare.

È stata prestata particolare attenzione all'attuazione del progetto «Comunità tunisina residente in Svizzera» (CTRS), volto a promuovere l'impegno della comunità tunisina in Svizzera a favore dello sviluppo della Tunisia. Il progetto servirà altresì, parallelamente ad altre azioni come quella della Camera di commercio tunisinosvizzera, ad agevolare a tempo debito l'attuazione dell'accordo sullo scambio di giovani professionisti. Va tuttavia rilevato che l'entrata in vigore di questo accordo è vincolata a quella dell'accordo di cooperazione in materia di migrazione, non ancora ratificato. Questo accordo disciplina le questioni connesse alla riammissione e alla reintegrazione dei cittadini tunisini il cui soggiorno in Svizzera è irregolare. Contrariamente al partenariato migratorio, che richiede il coinvolgimento di altri dipartimenti (p. es. DFAE, DEFR) e copre anche altri aspetti della migrazione oltre al ritorno, questo accordo di cooperazione in materia di migrazione è di esclusiva competenza del DFGP (UFM).

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Oltre ad altri progetti, la Svizzera sostiene anche diversi progetti di prevenzione della migrazione irregolare (p. es. rappresentazione teatrale accompagnata da un workshop sul tema dei rischi della migrazione) o di capacity building, segnatamente nell'ambito del progetto «Protection sensitive Border Management» volto a potenziare le capacità delle autorità tunisine in vista di una gestione delle frontiere garante del rispetto dei diritti dei migranti.

Il secondo incontro peritale previsto per inizio dicembre 2013 a Berna è stato rinviato all'ultimo momento su richiesta della Tunisia, a seguito della decisione emanata a metà novembre dall'Assemblée nationale constituante (ANC) tunisina di rinviare la ratifica dell'accordo in materia di migrazione. L'accordo è parte integrante del partenariato migratorio e si fonda sul Memorandum of Understanding (MoU) firmato nel giugno 2012 e da allora vigente, che istituisce il partenariato. Secondo le autorità tunisine, il rinvio della ratifica non va inteso come un rifiuto dell'accordo in quanto tale. Il rinvio sembrerebbe essere dovuto a un'informazione insufficiente in merito all'accordo da parte del Governo tunisino nei riguardi dell'ANC come anche al fatto che l'ANC si è trovata a dover dibattere sul tema in un momento poco propizio ­ un momento, cioè, in cui il partenariato in materia di mobilità tra la Tunisia e l'UE suscita crescenti critiche, soprattutto in seno alla società civile.

Nonostante queste difficoltà, il partenariato migratorio non è rimesso fondamentalmente in questione né da parte tunisina né da parte svizzera. Occorre tuttavia monitorare da vicino gli sviluppi in Tunisia e ­ a seconda degli scenari che si presenteranno ­ mettere in campo pertinenti riflessioni in merito al modus operandi per il 2014. Nell'aprile 2014 il Parlamento tunisino ha approvato l'accordo in materia di migrazione. La ratifica formale non è ancora avvenuta. Va tuttavia rilevato che, sebbene non sia ancora stato ratificato, l'accordo è di fatto applicato e la cooperazione è buona. Per esempio, è stato possibile eseguire gli allontanamenti coatti sia a bordo di voli di linea sia a bordo di voli speciali, il che costituisce un'eccezione rispetto ad altri Stati della regione. Il processo d'identificazione dei rimpatriandi continua invece a procedere a stento,
innanzitutto a causa dell'infrastruttura lacunosa in questo settore, non già per un'assenza di volontà da parte delle autorità. Infine va rilevato che il numero di domande d'asilo di cittadini tunisini è nettamente diminuito rispetto al 2011 e al 2012.

2.2.3

Partenariato migratorio con la Nigeria

Nel corso del 2013, il partenariato migratorio tra la Svizzera e la Nigeria è andato rafforzandosi. La riunione del Joint Technical Committee (JTC), tenutasi nel giugno 2013 sotto la guida del direttore dell'UFM e del capo della divisione Africa subsahariana e Francofonia del DFAE, ha consentito di discutere i progetti del partenariato migratorio vertenti, in particolare, sul sostegno ai processi migratori regionali e nazionali, sul supporto alle autorità migratorie nigeriane e sulla protezione degli sfollati interni. L'iniziativa ha altresì consentito di discutere progetti migratori innovativi, come per esempio la cooperazione tra UFM e Nestlé Nigeria, partenariato pubblico-privato che sostiene la formazione tecnica di tredici giovani nigeriani, tra i quali sono stati selezionati i cinque migliori in vista di partecipare a un tirocinio in Svizzera nell'estate 2013. Anche il progetto con la diaspora nigeriana è stato sviluppato in maniera significativa nel corso del 2013. Sono stati firmati contratti con tre istituzioni di formazione professionale a Lagos e i primi volontari della 5183

diaspora sono stati annunciati in vista del distacco in queste istituzioni all'inizio del 2014. Infine, dai dibattiti svolti durante il JTC è nata una nuova impostazione del programma di cooperazione di polizia sotto la responsabilità di fedpol.

Durante il JTC è stato adottato un piano d'azione congiunto comprendente misure di lotta alla migrazione irregolare e di ottimizzazione della cooperazione nel settore del ritorno. Il piano d'azione s'iscrive nell'attuazione da parte dell'UFM della procedura fast-track nell'aprile 2013 per velocizzare il trattamento delle domande d'asilo di cittadini nigeriani in Svizzera (va rilevato che durante il primo trimestre 2013 la Nigeria era in testa alla graduatoria dei Paesi di provenienza dei richiedenti l'asilo in Svizzera). Al tempo stesso, il piano d'azione opera un cambiamento paradigmatico per quanto riguarda il programma di aiuto al ritorno volontario e alla reintegrazione.

Infatti, dal 1° agosto 2013, soltanto i candidati che s'iscrivono al programma dai centri di registrazione e procedura beneficiano della totalità delle prestazioni. Non appena un richiedente è trasferito in un Cantone, gli sono versate soltanto le prestazioni dell'aiuto individuale al ritorno. In generale, nel 2013 è stato proseguito il miglioramento della cooperazione nel settore del ritorno, che al momento è considerata molto soddisfacente dall'UFM.

Infine, nel quadro del secondo UNHLD, svoltosi a New York nell'ottobre 2013 (vedi n. 2.1.1), la Svizzera e la Nigeria hanno co-presieduto una tavola rotonda ufficiale riguardante i meccanismi di cooperazione nel settore migratorio, segnatamente per quanto riguarda la coerenza e i partenariati migratori. Questo ha dato alla Svizzera la possibilità di presentare concretamente il proprio approccio innovativo (partenariati migratori) e globale (whole of government approach) alla migrazione attraverso la cooperazione interdipartimentale.

Gli sviluppi illustrati testimoniano della buona cooperazione in ambito migratorio tra Svizzera e Nigeria, cui il partenariato migratorio ha concorso grandemente negli ultimi anni e nel 2013. Oltre alla cooperazione in ambito migratorio, è stata rafforzata anche la cooperazione bilaterale in altri ambiti politici (p. es. economia, diritti dell'uomo) e sono stati intensificati simultaneamente i contatti
diretti, per esempio grazie a consultazioni politiche a livello di segretari di Stato. A fronte dei numerosi problemi con cui deve confrontarsi la Nigeria ­ che vengono ad aggiungersi a uno sviluppo demografico vertiginoso ­, la forte pressione migratoria non accenna a calare e continuerà anche in futuro a richiedere, nei riguardi delle autorità nigeriane, una cooperazione all'insegna del partenariato in ambito migratorio, che tenga conto di un approccio olistico.

2.2.4

Partenariato migratorio con gli Stati dei Balcani occidentali

Nel 2013, i partenariati migratori conclusi con tre Stati dei Balcani occidentali ­ Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo ­ hanno potuto essere rafforzati grazie a un approccio globale di tipo partenariale. Il regolare scambio nell'ambito dei rispettivi partenariati migratori, che nel frattempo ha mostrato tutta la sua efficacia, si è ampiamente consolidato nella forma di pertinenti dialoghi bilaterali in ambito migratorio. Questi scambi, che si svolgono due volte l'anno, permettono di tematizzare le diverse sfaccettature della migrazione, in particolare gli ambiti che richiedono un approfondimento della cooperazione in materia di migrazione.

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Gli accordi di riammissione conclusi con Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo sono attuati efficacemente e consentono, di norma entro termini ragionevoli, di rilasciare un lasciapassare alle persone tenute a partire dalla Svizzera. Dall'introduzione della procedura in 48 ore, nell'agosto 2012, le domande d'asilo in provenienza dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina sono nettamente diminuite. Nel 2012 sono state registrate 515 domande d'asilo di cittadini bosniaci, mentre nel 2013 ne sono pervenute solo 221. Dal 25 marzo 2013 anche le domande d'asilo presentate da cittadini del Kosovo sono trattate in 48 ore. I cittadini kosovari che hanno presentato una domanda d'asilo in Svizzera dopo tale data beneficiano pertanto unicamente di un aiuto al ritorno molto ridotto. Le domande d'asilo in provenienza dal Kosovo sono in diminuzione sin dal settembre 2013, con 30­50 domande al mese. Kosovo, Bosnia ed Erzegovina e Serbia hanno un forte interesse a vedere le domande d'asilo diminuire, giacché il primo dei tre desidera una revoca dell'obbligo del visto e gli altri due Stati auspicano che non venga attivata nei loro riguardi la clausola di salvaguardia. Oltre a velocizzare i processi, con la procedura in 48 ore ci si propone di sensibilizzare i Paesi d'origine riguardo alla reintegrazione dei loro cittadini e a puntellarli in tal senso mediante misure d'accompagnamento. Nel 2013, la Svizzera ha offerto un sostegno in tal senso ai tre Paesi dei Balcani occidentali interessati da un partenariato migratorio, finanziando una ventina di progetti tra cui la «Public Information Campaign on Irregular Migration in Kosovo». Trattasi di una campagna svolta dalle istituzioni del Kosovo allo scopo di far evolvere le mentalità e spiegare ai giovani kosovari che l'emigrazione non è la panacea che si potrebbe immaginare. Il progetto «Integrated Support Programme for Reintegration of Returnees under Readmission Agreement» è un altro esempio di iniziativa sostenuta dalla Svizzera nel 2013. Persegue la messa in campo, in Bosnia, di una struttura istituzionale a livello municipale destinata ad accogliere e reintegrare le persone rimpatriate.

Nell'ambito del partenariato migratorio con la Serbia, nel novembre 2013 si è tenuto il primo seminario suggerito da un Commissariat for Refugees serbo e organizzato dall'International
Insitute of Humanitarian Law (IIHL) di Sanremo, sul tema «Migration and Asylum Law and Operational Challenges in Serbia». Il seminario ha consentito uno scambio differenziato e di estrema attualità in merito a questioni riguardanti l'asilo e la migrazione. Ha esplicitato le principali sfide con cui deve confrontarsi attualmente la Serbia, per esempio per quanto riguarda i flussi migratori misti («mixed migration flows») e la tratta di esseri umani.

2.3

Programmi di protezione dei rifugiati nelle regioni di provenienza

2.3.1

Introduzione

Circa tre quarti degli oltre 15 milioni di rifugiati nel mondo si trovano in Stati che non hanno le capacità necessarie per accogliere un forte numero di rifugiati e garantire loro una protezione efficace. Lo strumento di politica migratoria sviluppato dalla Svizzera nel 2007 sotto il nome di «Protection in the Region» (PiR) prende spunto proprio da questa situazione e mira a supportare i Paesi di prima accoglienza e potenziare le loro capacità di protezione. Lo scopo è che le persone nel bisogno ottengano quanto prima possibile una protezione efficace, conformemente agli obblighi internazionali assunti dai rispettivi Paesi, così da evitare un flusso migratorio secondario irregolare su traiettorie che presentano ogni sorta di pericoli. Al 5185

momento il programma di PiR è attuato in due regioni secondo priorità specifiche: nel Corno d'Africa, compreso lo Yemen ­ una regione chiamata a fronteggiare vari flussi di migranti e rifugiati (cosiddetti flussi migratori misti o «mixed migration flows»), da un lato, e negli Stati limitrofi della Siria (Giordania, Libano e Turchia), Paesi colpiti durante l'anno in rassegna da moti migratori massicci quale conseguenza dei conflitti nella regione, dall'altro.

2.3.2

Siria e Paesi limitrofi

La situazione precaria dei rifugiati e dei migranti particolarmente vulnerabili in Siria e negli Stati circostanti ha indotto la Svizzera, nel 2013, ad accrescere il proprio sostegno finanziario e a rafforzare il proprio impegno, per esempio adottando misure mirate. In questo contesto, l'UFM ha finanziato progetti in ragione di circa 4 milioni di franchi in Giordania, Libano e Turchia. Dal canto suo, la Divisione Sicurezza umana (DSU) del DFAE ha stanziato oltre 250 000 franchi per progetti migratori nella regione. Dall'inizio della crisi, il Settore Aiuto umanitario della DSC ha investito complessivamente 55 milioni di franchi a favore delle persone bisognose nella zona di conflitto, fornendo così un contributo importante nel contesto dei piani di sostegno dell'ONU per la Siria. La maggior parte dei progetti di PiR sostenuti mira in primis a rafforzare le capacità istituzionali delle autorità giordane e libanesi.

Prevedono in particolare misure di protezione potenziate nonché un migliore accesso ai servizi di base. I progetti mirano sistematicamente a includere le popolazioni d'accoglienza tra i beneficiari, così da evitare l'insorgere di animosità nei riguardi dei rifugiati. Il progetto di riabilitazione di 21 scuole in Giordania andrà a beneficio di 18 000 cittadini di Siria e Giordania tra i 9 e i 17 anni d'età. Per quanto riguarda il progetto della Banca Mondiale ­ cui la Confederazione partecipa in ragione di 2 milioni ­, lo scopo perseguito è un rafforzamento della capacità di sei delle municipalità giordane più esposte, per consentire loro di far fronte ai flussi di rifugiati siriani e di accrescere i servizi di base (gestione dei rifiuti, potenziamento del servizio delle acque e dei servizi sanitari).

La situazione instabile in Siria e gli effetti sull'intera regione hanno rappresentato nell'anno in rassegna una grossa sfida per l'attuazione di attività nell'ambito di programmi di PiR. La guerra civile in Siria non prenderà fine entro breve, per cui l'aumento dei rifugiati siriani porrà i Paesi limitrofi dinanzi a gravi difficoltà, che non potranno superare senza un aiuto internazionale. A fronte dell'enorme afflusso di rifugiati, molti Stati cercano in primis un aiuto umanitario e riescono a malapena a concepire e attuare soluzioni a lungo termine. Per rispondere con flessibilità,
celermente e adeguatamente ai diversi scenari possibili e per adeguare le attività laddove necessario, i servizi federali coinvolti (segnatamente UFM, DSC, DP) si adoperano, nell'ambito del gruppo di lavoro PiR Siria/Libano/Giordania, per analizzare costantemente la situazione in vista di abbozzare, nel corso del 2014, possibili piani d'azione («contingency planning») riguardanti campi d'attività a breve, medio e lungo termine.

Per quanto riguarda le misure, il DFGP ha introdotto agevolazioni durante un periodo di circa tre mesi (settembre-novembre 2013) per il rilascio di visti a cittadini siriani che hanno parenti in Svizzera. Lo scopo del provvedimento era di consentire a queste persone di entrare in Svizzera in vista di un soggiorno temporaneo secondo una procedura celere e poco burocratica. Sino a fine 2013 sono state presentate 5186

complessivamente 8196 domande di visto, di cui 1835 sono sfociate nel rilascio e 484 nel rifiuto del visto. Alla fine dell'anno vi erano 5877 domande di visto in giacenza. Sino a fine 2013 la Svizzera ha registrato 1157 entrate in virtù di un visto rilasciato secondo questa procedura agevolata. In 692 casi, gli interessati hanno chiesto asilo in Svizzera. Inoltre, nel settembre 2013 il Consiglio federale si è detto disposto, nell'ambito del progetto pilota di ammissione e integrazione di gruppi di rifugiati svolto sull'arco di tre anni, a dare la priorità ai rifugiati della guerra siriana particolarmente colpiti. Ciò risponde al desiderio della Svizzera di creare sinergie tra i programmi di PiR e l'accoglienza di gruppi di rifugiati. Infatti, la rilocazione ha un ruolo simbolico importante a complemento degli sforzi di rafforzare le capacità di protezione sul posto. Questo strumento è atto a corroborare la nozione di partenariato nell'ambito di progetti attuati dalla Svizzera.

2.3.3

Impegno della Svizzera nel Corno d'Africa e nello Yemen

Il Corno d'Africa e lo Yemen formano una regione caratterizzata da moti migratori significativi. La strategia regionale svizzera in materia di migrazione per il Corno d'Africa prevede, per il periodo 2013­2016, un impegno accresciuto a favore della protezione dei rifugiati nella regione di provenienza, così come la cooperazione con la diaspora in vista dello sviluppo della regione di provenienza e il sostegno al dialogo regionale su temi della migrazione per il tramite dell'«Intergovernmental Authority on Development» (IGAD), associazione regionale di otto Stati del Corno d'Africa. La PiR quale strumento di politica migratoria è parimenti stata integrata nel programma 2013 riguardante le strategie di cooperazione nello Yemen, nel Sudan e nel Sudan del Sud (2013­2016). Nel 2013, il Corno d'Africa e lo Yemen sono stati oggetto di vari progetti di protezione, miglioramento delle condizioni vitali e potenziamento delle opportunità in termini d'integrazione e di reddito rivolti ai rifugiati, ai migranti vulnerabili e agli sfollati interni. Il dialogo e la cooperazione con l'IGAD sono stati intensificati e si sono avuti progressi significativi per quanto riguarda i negoziati relativi al sostegno svizzero al programma migratorio IGAD: i contributi della Svizzera all'IGAD mirano in particolare a rendere operativi i Regional Migration Policy Frameworks riconosciuti dagli Stati IGAD, a rafforzare le piattaforme e i meccanismi migratori regionali e nazionali nonché ad ampliare la forza istituzionale dei servizi dell'IGAD competenti in materia di migrazione.

L'impegno della Svizzera nell'ambito della PiR si fonda sul presupposto di base secondo cui l'efficacia e la sostenibilità delle attività umanitarie a favore della protezione dei rifugiati, dei migranti e degli sfollati interni svolte nelle regioni di provenienza possono essere accresciute in via complementare grazie a un potenziamento della dimensione politica nonché grazie all'inclusione di approcci miranti allo sviluppo nello specifico. Nel 2013, la messa in campo di dialoghi bilaterali in materia di migrazione con i governi locali ha tuttavia rappresentato una sfida, che per il momento si è riusciti a fronteggiare soltanto parzialmente. Gli ostacoli a un dialogo politico più avanzato sui temi riguardanti la protezione vanno ricondotti in parte alla
presenza limitata della Svizzera sul posto (p. es. nello Yemen), allo scetticismo dei Paesi di provenienza e di prima accoglienza nei riguardi del dialogo su temi migratori (p. es. in Etiopia) e alle grandi sfide migratorie e politiche con cui devono tuttora confrontarsi alcuni degli Stati interessati. Per il momento, pertanto, il dialogo su temi riguardanti la protezione è stato condotto soprattutto in via indiretta tramite 5187

organizzazioni internazionali, regionali e locali che cercano e favoriscono la cooperazione con gli Stati interessati o con altri attori importanti e in questo modo fanno avanzare le iniziative della Svizzera.

2.4

Attuazione della decisione del Consiglio federale riguardante la «possibilità di abbinare la politica estera in materia di migrazione ad altri ambiti della cooperazione bilaterale»

In adempimento della decisione del Consiglio federale del giugno 2012, l'UFM ha emanato nel 2013 una lista aggiornata dei Paesi prioritari sotto il profilo del ritorno (Algeria, Etiopia, Iran, Marocco, Mongolia). La lista si fonda su criteri quantitativi e qualitativi per la valutazione della cooperazione nell'ambito dell'esecuzione degli allontanamenti. In virtù di questa lista sono inoltre stati definiti, sotto forma di guideline, le pertinenti competenze e i rispettivi iter nonché una strategia d'informazione per l'attuazione coerente della decisione del Consiglio federale in seno all'Amministrazione federale. Lo scopo è di abbinare agli interessi della politica migratoria della Svizzera altri temi di politica estera riguardanti i cinque Paesi prioritari laddove sia opportuno in un caso individuale. Ciò offre un margine negoziale più ampio proprio nei riguardi degli Stati con i quali l'UFM riscontra particolari difficoltà nel settore del ritorno, che il dipartimento responsabile non è in grado di risolvere da solo. In collaborazione con diversi servizi federali e tenendo conto delle relazioni politiche in essere, per gli Stati considerati prioritari sono state individuate prime possibilità di abbinamento.

In futuro occorrerà impostare i contatti bilaterali a livello tecnico e politico in modo da farvi confluire regolarmente e quanto più possibile sistematicamente l'interesse della Svizzera a una migliore cooperazione nel settore del ritorno. Al tempo stesso, con il concorso delle rappresentanze svizzere all'estero, occorrerà individuare i possibili settori d'interesse degli Stati partner per quanto riguarda una cooperazione anche su temi che esulano dalla sola migrazione. D'intesa con i servizi coinvolti, l'avvio di un nuovo impegno o il nuovo finanziamento e sostegno di progetti concreti nei settori individuati possono essere abbinati a un miglioramento della cooperazione nel settore del ritorno. Nel soppesare gli interessi in presenza occorre tenere sistematicamente conto degli interessi generali della Svizzera nell'ambito della politica estera, della politica economica estera, della politica migratoria estera e della politica dello sviluppo.

2.5

Dialoghi in materia di migrazione con Stati dell'Africa settentrionale

2.5.1

Dialogo in materia di migrazione con il Marocco

Già il rapporto d'attività IMZ del 2011/20123 rilevava che la cooperazione con il Marocco nel settore del ritorno era fortemente pregiudicata. Nel periodo in rassegna si erano svolti colloqui con le competenti autorità marocchine, per esempio nel giugno 2013 a Rabat e nel novembre 2013 in Svizzera. Durante questi colloqui le 3

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parti hanno deciso di trattare gli interessi svizzeri e marocchini in seno a due gruppi di lavoro e si sono prodigate per cercare di migliorare la cooperazione operativa nel settore del ritorno. Ciò nonostante, non è stato possibile conseguire un miglioramento reale e nel 2013 la situazione si è addirittura ulteriormente degradata rispetto all'anno precedente. Nel 2013, il numero di domande d'asilo presentate da cittadini marocchini è cresciuto del 14.7 per cento rispetto al 2012 (contrariamente alla tendenza generale osservata nel settore dell'asilo), attestandosi a 1065 domande. Il Marocco accedeva così per la prima volta al quinto posto della graduatoria dei principali Paesi di provenienza. A fine 2013 si registravano 330 casi di esecuzione in sospeso, il 67 per cento in più rispetto a fine 2012. Per questo motivo, nel 2013 è stato deciso di integrare il Marocco nella «lista dei Paesi prioritari per il ritorno».

Nel 2013 si sono inoltre avuti contatti e colloqui politici di alto livello nell'intento di motivare il Marocco a una cooperazione costruttiva. Nel gennaio 2013, in occasione del dialogo politico Svizzera-Marocco, il segretario di Stato del DFAE Yves Rossier ha esortato il segretario di Stato del ministero degli esteri marocchino a Rabat a perseguire una migliore cooperazione. Il consigliere federale Didier Burkhalter ha portato il medesimo messaggio in occasione della sua visita del settembre 2013 a Rabat in vista della firma dell'Accordo quadro Svizzera-Marocco concernente la cooperazione allo sviluppo. Infine, anche la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha riferito il medesimo interesse della Svizzera in occasione dell'incontro con il ministro marocchino del lavoro in margine al Dialogo di alto livello dell'ottobre 2013 a New York. L'incontro di novembre ha consentito di ottenere promesse orali da parte del Marocco, che però non sono state mantenute nel corso del 2013 e che sono addirittura sfociate in un deprecabile inasprimento della prassi consolare inerente al rilascio di documenti sostitutivi del passaporto per i ritorni volontari.

Parallelamente, le autorità marocchine hanno chiesto il sostegno della Svizzera in vari settori riguardanti la migrazione, come per esempio la messa in atto della nuova politica migratoria del Marocco, un contributo a uno studio sulla diaspora
marocchina in Svizzera e agevolazioni nel settore dei visti.

La nuova politica in materia d'asilo e d'immigrazione del Marocco, proposta nel settembre 2013 dal Conseil national des droits de l'Homme (CNDH) e approvata dal re del Marocco, segna un vero e proprio cambiamento paradigmatico. La nuova politica migratoria si fonda su quattro pilastri tematici: la situazione dei rifugiati e dei richiedenti l'asilo, gli stranieri in situazione amministrativa irregolare, la lotta alla tratta di esseri umani e gli stranieri in situazione regolare. Nel 2014, tenendo conto degli interessi politici e delle possibilità della Svizzera, occorrerà vagliare in che modo questa riorganizzazione potrà essere supportata ai sensi di una politica migratoria estera coerente. L'idea è di perseguire un'attuazione della nuova politica migratoria che sia inclusiva, mirante alla continuità e maggiormente focalizzata sulla protezione dei rifugiati e migranti più vulnerabili, perlopiù di origine subsahariana, presenti in Marocco.

La ripresa del dialogo con il Marocco e lo scambio avuto a metà novembre 2013 con una delegazione della Commissione europea hanno evidenziato come lo sviluppo delle relazioni ufficiali con il Marocco nell'ambito della migrazione sia inscindibile dallo sviluppo delle relazioni tra l'UE e il Marocco. La dinamizzazione del processo in atto dalla metà del 2013 è direttamente connessa al consenso tra UE e Marocco in merito a un partenariato sulla mobilità, raggiunto il 7 giugno 2013. Questo anche perché nel settore del ritorno gli Stati dell'UE riscontrano con il Marocco difficoltà

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analoghe a quelle riscontrate dalla Svizzera. Di tale aspetto si dovrà tenere conto sia nel proseguimento del dialogo sia nelle trattative in merito a singoli dossier con il Marocco nel 2014.

2.5.2

Dialogo in materia di migrazione con l'Algeria

Le relazioni bilaterali in ambito migratorio tra l'Algeria e la Svizzera ­ come anche tra l'Algeria e gli Stati dell'UE ­ sono difficili. I casi di esecuzione dell'allontanamento in sospeso si attestavano a 922 per la fine dell'anno in rassegna, proiettando l'Algeria in testa alla classifica. Pertanto l'Algeria è parimenti stata integrata nella «lista di Paesi prioritari per il ritorno», nonostante dal 2007 sia in vigore un accordo di riammissione con questo Paese. Negli ultimi mesi sembra tuttavia delinearsi un miglioramento. Dopo un lungo periodo segnato da contatti sporadici, dall'autunno 2012 si osservano scambi più regolari tra la Svizzera e l'Algeria. La ripresa del dialogo è stata favorita anche dall'offerta da parte svizzera di supportare progetti delle autorità algerine nei settori della polizia e della giustizia. Proprio in questo contesto, nell'aprile 2013 una delegazione algerina è venuta a Berna, consentendo di ripristinare il dialogo con le autorità competenti nel settore del ritorno. Al cuore dei dibattiti vi era l'applicazione dell'accordo sulla circolazione delle persone (accordo di riammissione), concluso nel 2006 e la cui attuazione è insoddisfacente. In tale occasione è stato convenuto in particolare di organizzare regolari incontri con l'ambasciata o con il consolato generale, per discutere i problemi riscontrati in questo settore e trovare soluzioni pragmatiche. Da allora, l'Algeria ha svolto una ventina di audizioni d'identificazione riguardanti persone non intenzionate a lasciare autonomamente la Svizzera. Nonostante gli incontri e le audizioni, non si sono avuti a tutt'oggi risultati concreti. L'Algeria rifiuta peraltro di proseguire questo tipo di audizioni fintantoché l'UFM esigerà di presenziarvi secondo le quanto prescritto dal Tribunale amministrativo federale. Per la primavera 2014, la Svizzera persegue una valutazione congiunta della cooperazione e un follow-up dell'incontro bilaterale dell'aprile 2013.

2.6

Cooperazione con gli Stati dell'UE

Essendo associata a Schengen e Dublino, la Svizzera partecipa alla cooperazione in materia di migrazione a livello europeo. In questo contesto nutre un interesse al buon funzionamento del sistema Dublino in particolare. Siccome una pressione migratoria sempre più forte rischia di mettere a repentaglio la funzionalità del sistema Dublino, la Svizzera ha intensificato in maniera mirata il proprio sostegno agli Stati dell'UE particolarmente sollecitati a causa della loro situazione geografica alla frontiera esterna Schengen. In tal modo la Svizzera intende contribuire in particolare al rafforzamento del sistema Dublino, che disciplina la competenza per il trattamento delle domande d'asilo. In questo contesto, la Svizzera s'ispira in primis alle attività dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) e partecipa a operazioni dell'Agenzia europea per le frontiere esterne (FRONTEX). All'infuori di queste strutture e iter procedurali già in essere, nel 2013 la Svizzera ha messo a disposizione crediti e sapere in vista della ricostruzione del sistema d'asilo greco. Durante un incontro peritale tenutosi nell'ottobre 2013, è stata convenuta una maggiore assistenza bilaterale a favore della Grecia nei settori dell'informazione sui Paesi di 5190

provenienza, della gestione del ritorno e delle questioni inerenti all'alloggio dei richiedenti l'asilo. Anche altri progetti, in Romania e Polonia, perseguono un'ottimizzazione mirata delle strutture in materia d'asilo; questi progetti sono finanziati grazie al contributo della Svizzera per l'attenuazione delle disparità economiche e sociali nei nuovi Stati membri dell'Unione europea. A causa della situazione politica prevalente in Bulgaria nel 2013, si è dovuto rinunciare a realizzare un progetto analogo in questo Stato. Tuttavia, dato il forte aumento di rifugiati in provenienza dalla Siria, da un lato, e dati i pertinenti segnali emanati dalla Bulgaria, dall'altro, non si può escludere una futura cooperazione. Le varie prestazioni di assistenza bilaterale completano le attività svolte dalla Svizzera in veste di Stato associato a Schengen/Dublino per rafforzare lo spazio Schengen e, in particolare, la protezione delle frontiere esterne.

A fronte della persistente pressione migratoria sugli Stati dell'UE e sulle frontiere esterne Schengen verso sud e sudest, si può dare per acquisito che in un futuro ravvicinato non si avranno miglioramenti sostanziali della situazione, in particolare per quanto riguarda i sistemi d'asilo e d'alloggio, ma al contrario si assisterà a un ulteriore inasprimento. Le difficoltà e congestioni connesse rischiano di ripercuotersi negativamente sulla funzionalità del sistema Dublino. Per questo motivo, l'assistenza mirata degli Stati interessati, per esempio tramite FRONTEX (p. es. distacco di ca. 40 guardie di confine), tramite la prevista partecipazione della Svizzera all'EASO e tramite i meccanismi di sostegno finanziario del Fondo per le frontiere esterne e del Fondo Sicurezza interna-Frontiere (dal 2014), resta una priorità della politica migratoria estera della Svizzera.

3

Insegnamenti e prospettive 2014

Il secondo Dialogo di alto livello delle Nazioni Unite su migrazione internazionale e sviluppo (UNHLD), svoltosi nell'ottobre 2013, e la dichiarazione adottata in tale occasione vanno considerati importanti traguardi verso un dialogo migratorio internazionale più dinamico e centrato. I dibattiti instaurati o proseguiti durante i lavori preparatori all'UNHLD hanno dato nuovo slancio a temi della politica interna ed estera cui la Svizzera accorda grande importanza ­ si pensi alla lotta alla tratta di esseri umani o alla tutela dei diritti dei migranti. Nel 2014, gli insegnamenti tratti dal secondo UNHLD e i traguardi raggiunti grazie a esso andranno maggiormente integrati nei vari forum e processi multilaterali e regionali e trasformati in impulsi per l'attività a livello nazionale. L'UNHLD ha confermato la crescente rilevanza del complesso fenomeno della migrazione, non solo per il Forum Mondiale su Migrazione e Sviluppo (FMMS) ma anche per l'agenda delle Nazioni Unite. Ciò ha consentito di preparare il terreno affinché la migrazione sia debitamente integrata tra le priorità tematiche del processo negoziale post-2015.

Sotto il profilo bilaterale, nel 2014 si tratterà in primo luogo di portare avanti e potenziare i cinque partenariati migratori in essere e di adeguare all'occorrenza alcuni settori della cooperazione. Per quanto riguarda la strategia «Partenariati migratori Svizzera-Balcani occidentali», avviata nel 2012 e che prenderà fine nel 2015, occorrerà una riflessione sul prosieguo dei partenariati migratori con gli Stati dei Balcani occidentali. A cinque anni dalla conclusione dei primi partenariati, l'attuazione di questo strumento sarà oggetto di una prima valutazione di ampio respiro in adempimento del postulato Amarelle 12.3858. Un altro punto focale delle 5191

attività sarà l'attuazione mirata della decisione del Consiglio federale del giugno 2012 sull'abbinamento dei temi riguardanti la migrazione ad altri dossier di politica estera. Nell'ottica degli Stati tuttora prioritari per quanto riguarda il ritorno (Algeria, Etiopia, Iran, Marocco, Mongolia), grazie all'abbinamento di interessi di politica migratoria della Svizzera con altri dossier di politica estera in occasione di incontri a livello tecnico e politico ci si propone di migliorare la cooperazione. Con Algeria e Marocco sono inoltre previsti maggiori accertamenti in vista d'instaurare una cooperazione o uno scambio in merito a pratiche e procedure consolidate con altri Stati (p. es. Spagna, Francia).

Nel 2014, i servizi federali coinvolti proseguiranno i progetti in atto o ne avvieranno di nuovi nell'ambito della protezione dei rifugiati nella regione di provenienza.

Fondandosi sulla propria strategia per il Corno d'Africa, la Svizzera istituzionalizzerà la propria cooperazione con l'IGAD (vedi n. 2.3.3) e si adopererà per rendere operativo il progetto migratorio supportato, che prevede tra le altre cose l'attuazione di politiche migratorie regionali e il rafforzamento di piattaforme e meccanismi migratori su scala regionale e nazionale. A fronte della situazione critica dei rifugiati e migranti colpiti dal conflitto siriano e dei Paesi che li ospitano, sono previste segnatamente attività a sostegno delle capacità istituzionali dei Paesi di prima accoglienza nonché la messa in campo di piani d'azione per diversi possibili scenari. Nel 2014, il progetto pilota approvato nel settembre 2013 dal Consiglio federale e vertente sull'ammissione di 500 rifugiati sarà impiegato in primis per accogliere vittime particolarmente vulnerabili del conflitto siriano.

La cooperazione con gli Stati dell'UE sarà un'altra priorità della politica migratoria estera della Svizzera. In questo contesto sono previsti un sostegno nel settore della gestione della migrazione tramite FRONTEX e EASO, un sostegno per la costituzione di strutture d'asilo adeguate e la garanzia della funzionalità delle strutture e degli iter procedurali in essere negli Stati Dublino. Un'altra importante componente sarà l'appoggio alle misure proposte nell'ambito della task force dell'UE per il Mediterraneo. D'intesa con la Commissione europea
e fondandosi su uno scambio regolare riguardante migrazione e sviluppo, occorrerà altresì individuare sinergie e testare possibili cooperazioni e attività in Stati terzi.

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