12.014 Rapporto sulla politica estera 2011 del 18 gennaio 2012

Onorevoli presidenti e consiglieri, vi sottoponiamo, per conoscenza, il rapporto sulla politica estera 2011.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

18 gennaio 2012

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Eveline Widmer-Schlumpf La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2011-2517

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Compendio Il rapporto sulla politica estera 2011 fornisce una panoramica generale sulla politica estera svizzera attenendosi, nella forma e nella stesura, alla decisione del Consiglio federale del 3 maggio 2011, che conferisce al DFAE il mandato di sottoporre al Consiglio federale un resoconto delle attività di politica estera della Svizzera nell'arco dell'anno in rassegna. Conformemente alle disposizioni del Consiglio federale, il rapporto è completato da un tema centrale, dedicato quest'anno agli sconvolgimenti nel mondo arabo.

Conformemente al postulato della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (06.3417), che chiedeva un compendio di tutti i rapporti concernenti la politica estera pubblicati periodicamente, il presente rapporto comprende un allegato sulle attività della Svizzera nel Consiglio d'Europa. Inoltre tratta, nel numero 2.6, le questioni relative alla rete di rappresentanze svizzere all'estero, conformemente al postulato della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (11.3760).

Tema prioritario: rivoluzioni nel mondo arabo ­ sfide e opportunità per la politica svizzera (n. 1) Uno degli avvenimenti più importanti che hanno segnato l'anno in rassegna è la «primavera araba». Gli sconvolgimenti in Nord Africa e Vicino Oriente non solo pongono sfide in relazione alla transizione politica nei Paesi interessati ma modificano anche i rapporti di forza regionali e le alleanze tradizionali. Le ripercussioni a lungo termine di questi sviluppi sul conflitto arabo-israeliano e sulla questione palestinese sono ancora tutte da verificare. Per la Svizzera, il Nord Africa, il Vicino e il Medio Oriente rivestono importanza da diversi punti di vista, in particolare per ragioni di politica economica, finanziaria, energetica, della sicurezza e della migrazione. La Svizzera ha quindi tutto l'interesse che nella regione si sviluppino democrazie stabili. Per sostenere questa transizione, ha ampliato sostanzialmente il proprio impegno nell'anno in rassegna, concentrandosi sull'aiuto umanitario, l'appoggio alla democratizzazione, lo sviluppo economico e la collaborazione nell'ambito della migrazione.

Priorità geografiche della politica estera svizzera (n. 2.1) La Svizzera attua una politica di universalità nelle sue relazioni diplomatiche, cercando di mantenere
strette relazioni con tutti gli Stati. Questo approccio, adottato da decenni, permette alla Svizzera, che non ha aderito né all'Unione europea, né ad alcuna alleanza militare, di difendere i propri interessi nel mondo intero e in tutti i settori. Universalità non significa tuttavia che la Svizzera non definisca priorità. Essa attribuisce infatti particolare importanza ai propri partner strategici, come pure agli Stati limitrofi; inoltre tiene conto dell'attuale mutamento di rapporti nel mondo, in particolare del crescente peso dei Paesi emergenti, adattando di conseguenza la sua politica estera e l'allocazione delle risorse umane e finanziarie.

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Europa In quanto Paese situato geograficamente al centro del continente europeo, la Svizzera è direttamente coinvolta negli sviluppi in Europa. Nell'anno in rassegna, l'Unione europea (UE) si è confrontata con importanti sfide quali la crisi del debito nello spazio europeo e le tensioni relative a una politica migratoria comune ­ sfide che hanno avuto ripercussioni anche sulla Svizzera. Nonostante le circostanze difficili, l'UE ha perseverato negli sforzi tesi al rafforzamento dell'integrazione europea, potenziando ulteriormente le sue capacità nei settori della politica estera, della sicurezza e della difesa. Ha inoltre riconfermato l'impegno a stabilire standard riconosciuti a livello internazionale attraverso lo sviluppo di norme giuridiche comunemente accettate.

Visti gli stretti legami con l'UE, la Svizzera deve seguire attentamente la dinamica della politica d'integrazione dell'Unione e posizionarsi di conseguenza. Nel contempo occorre che sfrutti gli strumenti di politica estera supplementari di cui dispone. A tale scopo può far capo a organizzazioni come il Consiglio d'Europa, l'OCSE o l'AELS, di cui è membro, ma anche alle buone e consolidate relazioni bilaterali con i Paesi europei, in particolare quelli confinanti. In questo contesto assumono crescente importanza le relazioni con l'Europa dell'Est, segnatamente con la Russia a cui è data la priorità.

Altre regioni nel mondo Nell'ambito della ridefinizione dei rapporti di forza a livello globale e della maggiore consapevolezza acquisita dai Paesi emergenti, le relazioni bilaterali della Svizzera con i Paesi extraeuropei assumeranno un'importanza crescente. Sulla base delle linee guida varate nel 2005 dal Consiglio federale, le relazioni con importanti Paesi partner extraeuropei sono state intensificate anche nell'anno in rassegna. In primo piano spicca la cooperazione con gli Stati Uniti e il Brasile nel continente americano, con la Cina, l'India e il Giappone in Asia e con il Sudafrica. È quindi nell'interesse della Svizzera curare anche in futuro relazioni bilaterali intense con il maggior numero possibile di partner. Un importante strumento a questo scopo è costituito dalla rete di rappresentanze di cui dispone la politica estera svizzera. Tale rete va commisurata alle diverse esigenze poste dai settori politici rilevanti per il
Paese e deve essere sufficientemente flessibile per poter essere adeguata all'evoluzione del panorama internazionale.

Priorità multilaterali della politica estera svizzera (n. 2.2) Sulla scia della globalizzazione, le organizzazioni multilaterali si sono sviluppate sempre di più in forum nei quali vengono formulati e discussi approcci di soluzione alle sfide globali. Per le questioni politiche il sistema dell'ONU ha solitamente la sovranità sulle tematiche trattate, mentre per gli aspetti finanziari ed economici gli impulsi provengono in prevalenza dal G20.

In questo ambito le organizzazioni multilaterali sono strumenti importanti della politica estera svizzera. Consentono infatti di discutere e affrontare aspetti di interesse globale e regionale in un contesto strutturato e di dare il proprio contributo alla ricerca di soluzioni che possono essere condivise dal maggior numero possibile

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di Paesi. È importante che la Svizzera segua le discussioni internazionali e partecipi al dialogo multilaterale, soprattutto nei consessi che influenzano l'opinione pubblica internazionale. Può così ottenere nuove opportunità di esercitare il proprio influsso in ambiti importanti per la sua politica estera.

L'impatto della crisi finanziaria ed economica mondiale, nonché dell'instabilità della politica finanziaria e delle difficoltà economiche che hanno contrassegnato l'anno in rassegna, rivela l'importanza di organismi che si occupano di questioni economiche, finanziarie e monetarie a livello mondiale. La Svizzera ha un interesse particolare a parteciparvi per aver voce in capitolo. Altrettanto importante è la presenza della Svizzera in seno alle organizzazioni dell'ONU, dove vengono adottate decisioni che la riguardano in modo significativo e che toccano i suoi interessi di politica estera. Grazie alla sua partecipazione attiva in organizzazioni a orientamento regionale o tematico, la Svizzera può far valere le sue specifiche esigenze e allargare la rete di contatti di politica estera.

Priorità tematiche della politica estera svizzera (n. 2.3) La crescente internazionalizzazione e interconnessione delle politiche tematiche richiedono di armonizzare le numerose politiche settoriali estere. La maggior parte degli odierni problemi di politica estera sono di natura globale e possono essere affrontati efficacemente solo in collaborazione con la comunità internazionale. Il presente rapporto illustra le sfide da affrontare nei diversi settori tematici e le soluzioni proposte dalla Svizzera.

Politica finanziaria ed economica internazionale Mentre negli scorsi anni l'economia mondiale aveva iniziato a riprendersi, l'anno in rassegna è stato caratterizzato da nuove difficoltà, in particolare dalla crisi dell'indebitamento pubblico e da un indebolimento congiunturale generale. L'instabilità dei mercati finanziari mondiali si è ripercossa sulla Svizzera provocando un'ulteriore impennata del franco svizzero. La pressione internazionale sul segreto bancario svizzero è rimasta alta. Infine, a livello internazionale sono state promosse riforme finanziarie sostanziali che comportano conseguenze anche per la Svizzera.

La Svizzera ha contribuito al controllo delle crisi e attuato importanti riforme dei meccanismi
di regolazione al fine di ripristinare la stabilità dei mercati finanziari; essa ha continuato ad attuare la sua strategia dell'emersione del denaro non dichiarato e contrastare gli abusi della propria piazza finanziaria.

Sicurezza umana e migrazione La promozione della sicurezza umana resta un cardine della politica estera svizzera.

Il concetto di «sicurezza umana» è incentrato sulla sicurezza dell'individuo e sulla sua tutela contro la violenza politica, la guerra e l'arbitrio. La Svizzera si impegna in questo ambito tra l'altro con i buoni uffici, la mediazione e la prevenzione dei conflitti, nonché attraverso il rafforzamento dei diritti umani. In questo contesto, le sfide si sono moltiplicate negli ultimi anni, assumendo una dimensione internazionale. Questo vale anche per il tema della migrazione, uno dei grandi problemi della

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nostra epoca sul piano politico e sociale. La Svizzera applica in materia una politica coerente, al fine di cogliere le opportunità della migrazione e ridurne i rischi.

Cooperazione allo sviluppo Per la Svizzera, Paese fortemente globalizzato, è importante far parte di un mondo stabile e prospero e dare il proprio contributo alla soluzione delle problematiche mondiali quali il cambiamento climatico, la migrazione incontrollata, la scarsità d'acqua e l'instabilità economica. In particolare è importante assumere un impegno maggiore nei confronti dei Paesi in sviluppo considerato che questi ultimi subiscono le ripercussioni negative della crisi finanziaria ed economica sulla ripresa dell'economia mondiale. A causa dell'aumento di crisi e catastrofi nell'anno in rassegna, segnatamente in Nord Africa e Giappone, anche l'aiuto umanitario è stato fortemente sollecitato. La politica dello sviluppo della Svizzera ha perseguito una strategia unitaria applicata da tutti i servizi federali coinvolti. Il presente rapporto illustra in questo contesto il contributo della Svizzera alla soluzione delle problematiche mondiali di politica dello sviluppo.

Altre priorità tematiche Il rapporto tratta inoltre una serie di altri temi che occupano un posto di rilievo all'interno della politica estera svizzera e assumono crescente interesse a livello internazionale. Tra questi rientrano la politica di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione e le attività della Svizzera nei settori dello sviluppo sostenibile, dell'ambiente, del traffico, dell'energia e della sanità, nonché della formazione, della ricerca e dell'innovazione. Una sezione dedicata alla neutralità come strumento della politica estera svizzera completa il capitolo.

Servizio pubblico (n. 2.4) Il volume complessivo dei servizi consolari forniti dalle rappresentanze svizzere all'estero è in continuo aumento. A partire dal 2010, le richieste di visti hanno registrato un incremento sostanziale e le procedure sono diventate più complesse.

Nel settore della protezione consolare, ovvero l'aiuto ai cittadini svizzeri che si trovano in situazioni d'emergenza all'estero, le prestazioni fornite dalle rappresentanze all'estero nel 2010 e 2011 sono aumentate in modo significativo rispetto agli anni precedenti, a causa di diverse situazioni di crisi. In
questo settore la sfida è rappresentata dalla necessità di garantire aiuto in tutto il mondo e in ogni momento.

Per ampliare le mansioni consolari e rispondere alle nuove sfide, nell'anno in rassegna è stata istituita la Direzione consolare. Negli ultimi anni, il DFAE ha modernizzato e professionalizzato il suo dispositivo di gestione delle crisi, istituendo un'apposita cellula il cui mandato è la prevenzione delle crisi, la preparazione delle rappresentanze all'estero a situazioni critiche e la risoluzione di crisi.

Politica estera e opinione pubblica (n. 2.5) Nella società di informazione globale, la comunicazione all'estero ricopre un ruolo di crescente importanza ai fini della tutela degli interessi del Paese. Per questo motivo il presente rapporto dedica un intero capitolo alle questioni di comunicazione legate alla politica estera. In relazione alle sue dimensioni, la Svizzera rag-

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giunge una copertura mediatica considerevole, correlata a un elevato livello di esposizione. Nell'anno in rassegna, hanno assunto particolare rilevanza mediatica la politica fiscale e finanziaria, soprattutto l'ultimo episodio del contenzioso fiscale con gli USA, gli accordi conclusi con la Germania e il Regno Unito in merito all'imposizione alla fonte, nonché il blocco dei fondi di potentati nel quadro della primavera araba. Anche se nell'ambito della politica dei mercati finanziari sono prevalse le critiche, a livello internazionale la Svizzera gode generalmente di una buona immagine, che rimane stabile non da ultimo grazie al lavoro mediatico svolto in merito a tematiche controverse.

Supporto alla conduzione della politica estera (n. 2.6) Le implicazioni economiche e politiche della globalizzazione modificano le condizioni quadro della politica estera. Le sfide da affrontare sul piano internazionale sono sempre più complesse e interdipendenti. È dunque essenziale che nell'impiego delle sue risorse la Svizzera applichi strategie coerenti per ottenere i migliori risultati possibili. Il DFAE si adopera quindi per utilizzare con efficienza le risorse finanziarie e di personale disponibili e per adeguare regolarmente le proprie strutture al mutare delle circostanze. Negli ultimi anni il Dipartimento ha intrapreso un'estesa riorganizzazione interna, volta a ottenere una conduzione della propria amministrazione ancora più efficiente. Nel 2011 gli sforzi in tal senso sono proseguiti soprattutto all'estero, dove è stato raggiunto un importante traguardo con la creazione di centri consolari regionali, che assicurano i servizi consolari per diversi Paesi.

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Indice Compendio

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Elenco delle abbreviazioni

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1 Tema prioritario: rivoluzioni nel mondo arabo ­ sfide e opportunità per la politica svizzera

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2 Attività di politica estera nell'anno in rassegna 2.1 Priorità geografiche della politica estera svizzera 2.1.1 Politica europea 2.1.1.1 Unione europea 2.1.1.2 Consiglio d'Europa e OSCE 2.1.1.3 Relazioni con Stati europei selezionati 2.1.2 Politica nei confronti del continente americano 2.1.3 Politica nei confronti di Asia e Oceania 2.1.4 Politica nei confronti dell'Africa subsahariana 2.2 Priorità multilaterali della politica estera svizzera 2.2.1 ONU e giustizia penale internazionale 2.2.2 Presidenza svizzera del Vertice della Francofonia 2.2.3 Multilateralismo di carattere economico (G20, FSB, OCSE, FMI) 2.2.4 Multilateralismo di carattere culturale e scientifico 2.2.5 Multilateralismo in materia di politica della sicurezza 2.3 Priorità tematiche della politica estera svizzera 2.3.1 Politica finanziaria ed economica 2.3.2 Sicurezza umana e diritto internazionale umanitario 2.3.3 Politica estera in materia di migrazione 2.3.4 Riduzione della povertà e aiuto umanitario 2.3.5 Politica di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione 2.3.6 Politica estera in materia di sviluppo sostenibile 2.3.7 Politica estera in materia di ambiente, trasporti, energia e sanità 2.3.8 Politica estera nel settore della formazione, della ricerca e dell'innovazione 2.3.9 Neutralità 2.4 Servizio pubblico 2.5 Politica estera e opinione pubblica 2.6 Supporto alla conduzione della politica estera Allegato: Informazioni complementari concernenti il Consiglio d'Europa (giugno 2010­2011)

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Elenco delle abbreviazioni 3G

Gruppo Global Governance

AELS

Associazione europea di libero scambio

AIE

Agenzia internazionale per l'energia

AIEA

Agenzia internazionale per l'energia atomica

ASEAN

Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale (Association of Southeast Asian Nations)

ASEM

Incontri Asia-Europa (Asia-Europe Meeting)

BERS

Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo

BNS

Banca nazionale svizzera

BRIC

Gruppo dei principali Paesi emergenti: Brasile, Russia, India e Cina

CE

Trattato che istituisce la Comunità europea

CEDH

Corte europea dei diritti dell'uomo

CEDU

Convenzione europea dei diritti dell'uomo

CERN

Organizzazione europea per la ricerca nucleare

CGPS

Centro ginevrino per la politica di sicurezza (Geneva Centre for Security Policy)

CICR

Comitato internazionale della Croce Rossa

CIG

Corte internazionale di giustizia

COPUOS

Comitato per l'uso pacifico dello spazio extra-atmosferico (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space)

CPE

Commissioni della politica estera

CPI

Corte penale internazionale

CSCE

Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa

DCAF

Centro per il controllo democratico delle forze armate, Ginevra (Geneva Centre for the Democratic Control of Armed Forces)

DDPS

Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport

DFAE

Dipartimento federale degli affari esteri

DFE

Dipartimento federale dell'economia

DFF

Dipartimento federale delle finanze

DFGP

Dipartimento federale di giustizia e polizia

DFI

Dipartimento federale dell'interno

DSC

Direzione dello sviluppo e della cooperazione

EAPC

Consiglio di partenariato euro-atlantico (Euro-Atlantic Partnership Council)

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ECOSOC

Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Economic and Social Council)

ECOWAS

Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Economic Community of West African States)

ESA

Agenzia spaziale europea (European Space Agency)

EUFOR

European Union Force

EULEX

Missione di giustizia e polizia dell'UE in Kosovo (European Union Rule of Law Mission in Kosovo)

FAO

Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Food and Agriculture Programme)

FIPOI

Fondazione per gli immobili delle organizzazioni internazionali

FMI

Fondo monetario internazionale

FSB

Financial Stability Board

G8

Gruppo degli otto (Stati Uniti, Germania, Giappone, Regno Unito, Canada, Francia e Italia [G7] più la Russia)

G20

Gruppo dei venti (USA, Giappone, Germania, Cina, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Brasile, Russia, India, Corea del Sud, Australia, Messico, Turchia, Indonesia, Arabia Saudita, Sudafrica, Argentina, Unione Europea)

G24

Gruppo dei ventiquattro (Algeria, Argentina, Brasile, Colombia, Repubblica democratica del Congo, Costa d'Avorio, Egitto, Etiopia, Gabon, Ghana, Guatemala, India, Iran, Libano, Messico, Nigeria, Pakistan, Perù, Filippine, Sudafrica, Sri Lanka, Siria, Trinidad & Tobago, Venezuela)

GCTF

Global Counter-Terrorisme Forum

GRECO

Gruppo di Stati contro la corruzione (Groupe d'États contre la corruption)

HCHR

Alto Commissariato per i diritti dell'uomo (High Commissioner for Human Rights)

HRC

Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite (Human Rights Council)

IDA

Associazione internazionale per lo sviluppo (International Development Association)

IEF

Forum internazionale dell'energia (International Energy Forum)

KFOR

Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo

MERCOSUR Mercato comune dell'America meridionale

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MoU

Memorandum d'intesa (Memorandum of Understanding)

NATO

Organizzazione del trattato Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organisation)

NSG

Gruppo dei fornitori nucleari (Nuclear Suppliers Group)

OAS

Organizzazione degli Stati americani (Organisation of American States)

OCHA

Ufficio di coordinamento degli affari umanitari (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs)

OCSE

Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico

OIF

Organizzazione internazionale della Francofonia

OIL

Organizzazione internazionale del lavoro

OMC

Organizzazione mondiale del commercio

OMS

Organizzazione mondiale della sanità

ONG

Organizzazione non governativa

ONU

Organizzazione delle Nazioni Unite

OSCE

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

OSE

Organizzazione degli Svizzeri all'estero

OSM

Obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals)

PAM

Programma alimentare mondiale

PfP

Partenariato per la pace (Partnership for Peace)

PNUA

Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente

PNUS

Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo

SADC

Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale

SCOPES

Scientific cooperation between Eastern Europe and Switzerland

SECO

Segreteria di Stato dell'economia

SEE

Spazio economico europeo

TAP

Gasdotto transadriatico (Trans-Adriatic Pipeline)

TIPH

Missione internazionale di osservazione a Hebron (Temporary International Presence in the City of Hebron)

TNP

Trattato di non proliferazione delle armi nucleari

TPIJ

Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia

TPIR

Tribunale penale internazionale per il Ruanda

UA

Unione africana

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UE

Unione europea

UFAG

Ufficio federale dell'agricoltura

UFCOM

Ufficio federale delle comunicazioni

UFM

Ufficio federale della migrazione

UNASUR

Unione delle Nazioni sudamericane

UNCAC

Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (United Nations Convention against Corruption)

UNESCO

Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization)

UNFCCC

Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change)

UNFPA

Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (United Nations Population Fund)

UNICEF

Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (United Nations Children's Fund)

UPR

Procedura di revisione periodica universale (Universal Periodic Review)

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Rapporto 1

Tema prioritario: rivoluzioni nel mondo arabo ­ sfide e opportunità per la politica svizzera

Contesto La «primavera araba» ha colto di sorpresa specialisti ed esperti. A dire il vero, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS) evidenziava già nel 2002 che i Paesi dell'Africa settentrionale e del Vicino Oriente soffrivano di gravi deficit, segnatamente in tema di libertà e buon governo; in nome della promozione della stabilità e della sicurezza, questa valutazione della situazione è stata fatta però per lungo tempo soltanto attraverso il prisma della minaccia di cambiamenti politici repentini e incontrollabili, più precisamente della minaccia costituita dai movimenti islamisti. Le manifestazioni invece erano sostenute da tutte le classi sociali e appartenenze comunitarie e, nella maggior parte dei casi, senza riferimenti alla religione.

Le rivendicazioni riguardavano in particolare riforme socio-economiche.

I movimenti di contestazione sono nati principalmente in seno alla fascia dei giovani sotto i 25 anni. Questi ultimi rappresentano, a seconda dei Paesi della regione, tra il 45 e il 55 per cento della popolazione; sono in larga misura istruiti, disoccupati e in grado di mobilitarsi efficacemente, soprattutto attraverso Internet e le sue reti sociali.

Tutti questi ingredienti erano riuniti, in misura diversa e in contesti diversi, all'inizio di praticamente tutte le ribellioni della regione. Il fuoco della rivolta è stato ulteriormente attizzato dagli effetti della crisi economica mondiale in atto dal 2008. Seppure nella regione essa si sia tradotta unicamente in un rallentamento della crescita, il suo impatto è stato sufficiente per aggravare una situazione già molto difficile, in particolare per i Paesi non produttori di petrolio. I settori orientati all'esportazione, come l'industria tessile, hanno subito un duro colpo. La crisi finanziaria ha peraltro indotto molti emigrati a rientrare in patria e il loro ritorno ha causato notevoli perdite di liquidità ai Paesi interessati.

È prematuro analizzare e sperare di capire tutte le dimensioni di queste rivolte in Nord Africa e in Medio Oriente: la scintilla è partita dalla Tunisia rurale nel dicembre 2010 per poi propagarsi in una mobilitazione popolare straordinaria in tutto il Paese, e quindi in tutta la regione, dal Marocco allo Yemen. Le rivolte hanno ormai sconvolto il «paesaggio arabo» e, a lungo termine, comporteranno
adeguamenti per tutti i leader e attori della politica regionale.

Il «mondo arabo», tradizionalmente considerato non tanto un semplice aggregato di Stati geograficamente vicini, ma essenzialmente un insieme che possiede le peculiarità di un sottosistema della scena internazionale a tutti gli effetti, appariva da tempo come un universo fossilizzato, insensibile al resto del mondo. Mosso da un amalgama di forze e di correnti (panaraba e panislamica) che cementava fra loro gli Stati di cui si compone, il «mondo arabo», aveva l'esigenza di perseguire scopi comuni.

Tra questi il conflitto arabo-israeliano costituiva il nucleo intorno al quale si strutturava e si manteneva. Ogni sussulto in un Paese determinato si ripercuoteva negli altri segmenti del sottosistema, senza tuttavia alterarne la sostenibilità in maniera significativa. Con la «primavera araba» assistiamo a un cambio paradigmatico di grandi proporzioni e alla fine di quella che è stata chiamata a lungo «l'eccezione araba».

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Punto della situazione Alcuni mesi dopo l'avvio tunisino delle rivolte in Nord Africa e in Medio Oriente, siamo ancora in un periodo di transizione. Semplificando, oggi si può distinguere tra quattro tipi di situazione.

Transizione politica La Tunisia e l'Egitto, i cui capi di Stato sono stati costretti a cedere il potere, sono in una fase di «democratizzazione». In Tunisia, è stato avviato un processo di transizione, caratterizzato dallo scioglimento del vecchio partito unico e dalla sostituzione dei quadri amministrativi più vicini all'ex capo di Stato. L'Alta istanza, creata immediatamente dopo la rivoluzione ha convenuto un calendario elettorale, la modalità del voto (proporzionale) nonché la parità uomo-donna per i candidati alle elezioni. Il numero di partiti registrati ­ quasi un centinaio, perlopiù senza una struttura radicata ­ può far temere un decorso caotico per questa democrazia in costruzione.

Le elezioni per l'Assemblea costituente si sono tenute il 23 ottobre 2011, senza incidenti di rilievo e con un tasso di partecipazione superiore al 90 per cento. L'Assemblea si è riunita per la prima volta il 22 novembre. Si può parlare di un autentico successo democratico.

In Egitto, il processo è stato diverso. Il Presidente Mubarak è stato allontanato dal potere, la Costituzione sospesa; contemporaneamente, il Consiglio supremo delle forze armate conservava i pieni poteri. La revisione della Costituzione, opera di un comitato ristretto, sebbene limitata, è pur sempre stata accettata per referendum. Le elezioni legislative sono cominciate il 28 novembre 2011. Il sistema elettorale è complesso: prevede la suddivisione in tre distretti elettorali del Paese più popoloso del mondo arabo con oltre 80 milioni di abitanti; le elezioni dell'Assemblea del popolo si concluderanno l'11 gennaio e i risultati completi saranno noti due giorni dopo; faranno seguito le elezioni della Shura, la camera alta con funzione consultiva, che si terranno dal 29 gennaio all'11 marzo. La situazione interna rimane tuttavia fragile.

I disordini sociali perdurano, come si è visto con i violenti scontri che hanno opposto copti e forze dell'ordine nell'ottobre del 2011. L'esercito infatti, attraverso il Consiglio supremo delle forze armate, svolge un ruolo discreto ma molto importante nell'apparato statale e continua a
decidere in ultima istanza. Sembra tuttavia volersi svincolare dalla situazione attuale di transizione, pur affermando la propria determinazione a rimanere garante dell'ordine e dei principi che difende. Rivestirà certamente un ruolo importante nella definizione delle nuove istituzioni.

Le scadenze elettorali consentiranno di valutare il peso delle varie forze in campo.

Non si può escludere che un partito dell'ordine rinasca dalle ceneri dei vecchi partiti oppure che gli svariati movimenti islamisti rafforzino la loro rete d'influenza, come attesta la vittoria elettorale di Ennahda in Tunisia e dei «Fratelli musulmani» in Egitto. La questione centrale risiede nella capacità dei partiti di organizzarsi per governare. Questo punto rimane la grande incognita e potrebbe ritardare alcune scadenze elettorali. Non va inoltre trascurato il fattore economico che avrà un impatto determinante sul futuro politico di questi due Paesi.

La via delle riforme In Marocco, Mohammed VI gode di una forte legittimità politica e religiosa per cui le critiche mosse a tutt'oggi sono rivolte soltanto alla burocrazia dirigente. Il discorso del re, pronunciato il 17 giugno 2011, sembra aver segnato un'apertura 2561

politica. Il progetto di Costituzione, di cui Mohammed VI ha tracciato le grandi linee, prevede l'istituzione di un regime parlamentare (con un primo ministro con maggiori poteri e scelto tra le fila del partito maggioritario). Il referendum del 1° luglio ha approvato con ampia maggioranza il progetto e si è trasformato in un plebiscito a favore del re. Le elezioni legislative si sono tenute il 25 novembre 2011 e hanno visto la vittoria degli islamisti moderati del partito «Giustizia e sviluppo» (PJD). Per la prima volta nella storia moderna del regno, sarà questo partito a governare il Paese.

In Giordania, gli appelli alle riforme provengono sia dalla popolazione palestinese che dalle tribù, tradizionalmente sostenitrici della monarchia hascemita. Le misure annunciate dal re in un discorso pronunciato il 13 giugno 2011 non convincono il ramo giordano dei Fratelli musulmani, sempre ancora molto critico nei confronti del regime hascemita. In entrambi i casi, quello giordano e quello marocchino, si constata che si sono compiuti sforzi per calmare lo scontento popolare, ma senza progressi concreti nell'agenda di riforme la pressione della piazza potrebbe tornare a manifestarsi.

Scontri e violenza armata Numerosi Paesi sono stati teatro di scontri, spesso violenti, tra gli elementi riformatori e i detentori del potere fino a sfociare, nel caso della Libia, in una guerra civile, con l'intervento delle forze della NATO per proteggere le popolazioni. Lo Yemen e la Siria vivono una sanguinosa repressione ad opera dei regimi in carica.

In Libia, il Consiglio nazionale di transizione (CNT) ha messo a punto una «tabella di marcia» che prevede l'instaurazione di istituzioni democratiche. Alla resa dei conti, gli sviluppi della situazione dipenderanno dalla capacità o meno delle autorità libiche di transizione di esercitare effettivamente il potere in tutto il Paese e di federare le varie fazioni ribelli. Se falliranno, potrebbe crearsi una situazione paragonabile a una guerra civile. Già durante l'era Gheddafi, le istituzioni governative erano deboli e troppo burocratiche, quando non del tutto inesistenti. La ricostruzione della Libia è un compito immenso. La comunità internazionale, che ha appoggiato il popolo libico, dovrà provvedere in modo coordinato alle necessità e alle richieste che saranno formulate
dalle nuove autorità politiche.

Il caso della Siria è complesso. Il regime, nelle mani della minoranza alauita, e più precisamente dal clan familiare Assad, è sulla difensiva. La repressione della rivolta continua, mentre l'opposizione si sta organizzando. La comunità internazionale, dal canto suo, inasprisce le pressioni esercitate sul regime per far cessare la repressione: sono state decise sanzioni, in particolare dalla Lega Araba e dalla Turchia, che mirano a isolare il presidente Assad. Il potere alauita è stato costretto a proporre un ­ poco convincente ­ «dialogo nazionale». È probabile che la leadership siriana, sebbene incrinata, riuscirà a mantenersi a capo del Paese ancora per un po'. La Siria infatti continua a beneficiare dell'indulgenza di alcuni suoi vicini nonché di Paesi occidentali. Al Consiglio di sicurezza dell'ONU, Damasco può contare sul sostegno di Russia e Cina, ostili a qualsiasi forma d'ingerenza. La caduta del regime alauita fa temere a molti che il Paese precipiti nella guerra civile, cambiando radicalmente le carte in tavola in Medio Oriente: l'Iran si vedrebbe privato del suo alleato regionale e, di conseguenza, dell'Hezbollah libanese.

Lo Yemen sta sprofondando sempre più nella crisi. La rivolta popolare che reclama l'allontanamento del presidente Ali Abdallah Saleh e la deposizione del suo regime, ha in effetti precipitato questo Paese, il più povero della penisola arabica, in una 2562

situazione al limite della guerra civile. Un nuovo governo avrà senza dubbio difficoltà a imporsi e ancor di più a varare riforme politiche ed economiche per salvare il Paese dal caos, dalla violenza e dai movimenti terroristici legati all'organizzazione Al Qaida.

Mantenimento o ritorno all'ordine Questa è la situazione dei Paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, ma anche, per motivi diversi, dell'Algeria. Nella penisola arabica le uniche manifestazioni di rilievo si sono tenute in Bahrein, dove il contraccolpo della «primavera araba» è sopraggiunto in un contesto di politica interna difficile già da parecchi anni.

La presenza di una popolazione sciita maggioritaria, unita al rifiuto del Primo ministro, al potere da 40 anni, di avviare riforme ha provocato seri disordini. L'opposizione si è radicalizzata, incoraggiata dal vicino iraniano che assurge tradizionalmente a protettore delle popolazioni sciite. Ne è scaturita una brutale repressione che ha ottenuto l'appoggio militare delle truppe saudite e degli Emirati. Oggi il movimento ha perso foga, ma non per questo i problemi di fondo sono stati risolti. Negli altri Paesi del Golfo, le autorità sono riuscite a calmare le sommosse intervenendo con misure che coniugano sostanziale incremento dei salari dei funzionari e inaugurazione di grandi cantieri pubblici. Ma il fuoco della contestazione continua a covare sotto le ceneri.

In Algeria, le manifestazioni sono state numerose ma di portata limitata. Ancora una volta, il regime ha coniugato repressione e acquisto della pace sociale con i proventi del settore degli idrocarburi in forte crescita. Va detto che è ancora vivo negli animi il ricordo della guerra civile degli anni 90 che impedisce al Paese di precipitare nella violenza, anche se una parte della popolazione contesta il sistema politico attuale.

Sfide derivanti dalla transizione Con la «primavera araba» siamo di fronte a una vera e propria onda di fondo. Se è vero che questi moti costituiscono un'immensa speranza di cambiamento e progresso per le popolazioni che li hanno lanciati, rappresentano altresì un'enorme sfida per tutti i Paesi direttamente coinvolti, per la regione subsahariana, come d'altronde per tutta la comunità internazionale. Oggi, la grande incognita è come questi moti di rivolta potranno resistere ai tentativi
di riassorbimento di ogni genere. Uno scenario ottimista prevede l'istituzione graduale di regimi democratici o che contengano elementi di democrazia. In tal senso, le esperienze tunisine ed egiziane saranno il banco di prova. Viceversa, sussiste il pericolo di un «caos» democratico e di una perdita di controllo del processo di transizione da parte degli autori delle rivoluzioni.

L'eccesso di promesse demagogiche, la frammentazione e le divisioni delle forze politiche potrebbero in effetti mettere a repentaglio la creazione e il funzionamento delle nuove istituzioni. Non è ancora scongiurato il rischio di un mantenimento o di un ritorno in forza di regimi autocratici i quali, dopo qualche concessione e gesti di apertura, riproveranno a calare una cappa di piombo e a contrastare ogni sviluppo democratico.

Peraltro non può essere esclusa l'instaurazione di regimi di matrice islamista. Alcuni di loro hanno d'altronde annunciato che avrebbero preso parte alla vita politica nel quadro di uno stato laico. Per ora mantengono tuttavia un profilo basso. Va notato che l'ala «islamista» è frammentata e non costituisce assolutamente un gruppo monolitico. Questi movimenti potrebbero vedere intralciato il loro operato a causa di tensioni interne che riflettono spesso conflitti generazionali e una concezione diversa 2563

del proprio ruolo che alcuni vorrebbero relegare ai meri aspetti religiosi e caritativi.

Le divergenze riguardano anche l'obiettivo stesso perseguito dai propugnatori della creazione di una repubblica islamica e dai loro avversari. Infine, questi movimenti hanno saputo far tesoro degli insegnamenti passati e presenti: non hanno dimenticato le brutali repressioni di cui sono stati vittime sia in Algeria che in Siria; sono consapevoli che alcune delle loro idee sono rifiutate da larghe fasce di popolazione; sono altresì consapevoli che non hanno contribuito a scatenare la «primavera araba», ma che si sono limitati ad accompagnarla e ­ come altri ­ a trarne profitto.

Altro fattore determinante, che giocherà a favore o contro le richieste di riforme politiche, sarà l'evoluzione di questi Paesi sul piano economico e la loro capacità di attuare le riforme necessarie. I nuovi detentori del potere dovranno risanare economie già vulnerabili prima delle rivolte e che oggi lo sono ancora in misura maggiore.

L'evoluzione dei movimenti riformisti potrebbe essere perturbata dallo sfruttamento dei divari comunitari, etnici o religiosi, molto sentiti nella regione. Alcune delle autorità politiche potrebbero cedere alla tentazione di valersi di questi divari per sostenere che dietro le aspirazioni «democratiche» dei loro popoli si occulti la mano di una comunità o addirittura di una potenza straniera. Infine, non vanno tralasciate le ripercussioni sugli Stati al sud del Sahara, legati da vincoli geopolitici e storici ai grandi vicini del Nord.

Nuovo assetto politico Nel contesto delle rivolte attuali, tre zone ­ che si sovrappongono e interagiscono ­ ci interpellano: la prima è la «zona araba», da tempo focalizzata sul «nodo» conflittuale arabo-israeliano, ma che oggi ha spostato il fulcro della propria attenzione sulla grave crisi in Siria il cui esito avrà un impatto determinante sul riassetto degli attori nella regione; la seconda regione è costituita dalle potenze cosiddette periferiche al «sistema arabo», quali la Turchia, l'Iran e Israele, ciascuna delle quali tenta di riposizionarsi dopo la sorpresa che ha costituito, per loro, la «primavera araba»; infine, la terza zona è di natura planetaria: abbraccia la politica americana ed europea nonché nuovi attori che contano, come la Russia, la Cina o l'India.
«Zona araba» Il fattore di cambiamento potenzialmente più importante che scaturisce dalla «primavera araba» è la possibile rinascita di una leadership egiziana più autonoma nei confronti del finanziatore americano; il ruolo «panarabo» dell'Egitto era stato alterato dagli Accordi di Camp David. Gli sconvolgimenti in atto gli offrono l'opportunità di ritrovare il suo posto di potenza regionale, accanto a Paesi come il Qatar, con una sempre più intensa attività diplomatica nella regione, e l'Arabia Saudita: Riyad si è pubblicamente emancipata dall'influenza americana nel corso degli ultimi mesi, prima con l'intervento militare in Bahrein, poi con il suo sostegno verbale all'ammissione della Palestina all'ONU.

L'attuale crisi in Siria nasconde un forte potenziale di pericolosità, specialmente per il Libano e la Giordania. L'esito delle lotte politiche a Damasco avrà un impatto determinante sulla ridistribuzione delle «gerarchie» degli Stati nella regione: il regime siriano è d'altronde sempre stato al centro di lotte d'influenza nel mondo arabo. L'Iraq costituisce la seconda e capitale sfida regionale in Medio Oriente: il ritiro delle truppe americane ha già ravvivato le rivalità tra Iraniani, Sauditi, Siriani e Turchi.

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Da ultimo, il mondo arabo non è al riparo dalle logiche d'implosione. La partizione dello Yemen sarebbe il peggior messaggio da trasmettere al mondo arabo e in particolare alle regioni laddove sussistono logiche simili che potrebbero essere «innescate» da atti violenti, segnatamente in Siria, Libia o Libano.

Potenze dette periferiche al sistema arabo Sulla scena del Vicino Oriente, la novità strategica prodotta dai sollevamenti consiste nel mutato posizionamento geopolitico di Israele. La frontiera con l'Egitto, finora la quintessenza della stabilità, potrebbe diventare mobile. Quali saranno le mosse del prossimo governo egiziano? Regnerà lo stesso grado di fiducia? Gli Accordi di Camp David avevano garantito la sicurezza sul fianco sudoccidentale di Israele. La questione della sicurezza si ripropone anche alle frontiere con la Siria e il Libano e va divenendo via via più acuta con l'indebolirsi della Giordania. Israele inoltre dovrà rivalutare il suo legame con gli Stati Uniti nonché la sua posizione sul futuro dello Stato palestinese.

È probabile che l'Iran stia seguendo gli eventi con apprensione, temendo in particolare che la rivolta araba galvanizzi il movimento riformatore dei «Verdi» in Iran.

Teheran cercherà certamente di preservare i suoi principali interessi nella regione, ovvero la sua indipendenza in materia di energia nucleare e il consolidamento della sua influenza in Vicino Oriente. Da questo punto di vista, la caduta del regime siriano ostacolerebbe le forniture iraniane di aiuti militari e finanziari all'Hezbollah libanese e al movimento Hamas, accentuando l'isolamento dell'Iran e costringendolo a difficili riadattamenti.

Dall'avvento al potere dell'AKP, la Turchia ha sviluppato una crescente presenza economica nel «mondo arabo» e un interesse politico sempre più affermato. La svolta nella sua politica estera è coincisa con il suo ingresso nel club delle potenze emergenti. La «primavera araba» ha perturbato queste ambizioni, facendole temere la destabilizzazione dei Paesi delle immediate vicinanze: l'indecisione palpabile del governo turco di fronte alla repressione in Siria, che finirà per denunciare vigorosamente, ha mostrato i limiti della sua influenza. Ankara è in una posizione delicata che rende necessario un adattamento della sua politica estera. L'intensificazione della
sua attività diplomatica, che si è tradotta, segnatamente, nelle recenti visite del Primo ministro turco Erdogan in Egitto, Tunisia e Libia, dimostra perlomeno la sua determinazione a partecipare attivamente alla gestione degli eventi in atto nel «mondo arabo».

Le ipotesi formulate in relazione ai processi «geopolitici» in corso sono da prendere con le pinze. Questi non sono ancora stabilizzati, non da ultimo perché coinvolgono un nuovo attore nelle relazioni internazionali, ovvero i popoli stessi che avranno, in misura sempre crescente, voce in capitolo nel futuro assetto politico dei loro Paesi.

Livello mondiale L'importanza geostrategica dello «spazio arabo» non è più da dimostrare. Con gli eventi che lo sconvolgono attualmente, assistiamo a una frattura strategica che potrebbe condurre, nel tempo, a un riassetto dell'ordine regionale ereditato dalla colonizzazione.

Finora gli Stati Uniti avevano esercitato un quasi monopolio sull'insieme della regione, con una strategia che consisteva essenzialmente nel mantenere la maggior parte dei focolai di crisi in uno stato detto di «bassa intensità». Oggi, con i rivolgimenti che hanno investito il mondo arabo, Washington non ha più i mezzi per attua2565

re la propria politica, retaggio fra l'altro della dottrina Powell e Bush della forza schiacciante (overwhelming force). L'ordine americano non è quindi più assicurato, come d'altronde non lo sono più i tradizionali punti di riferimento americani nella regione. A questa situazione vengono ad aggiungersi, in sottofondo, il ritiro delle truppe dall'Iraq e dall'Afghanistan, la crisi del debito e la riduzione della dipendenza degli Stati Uniti dalle risorse petrolifere del Golfo e dell'Iraq. Questo contesto incide sull'aspirazione americana di imprimere il proprio marchio sulla «primavera araba».

È assolutamente immaginabile che Washington si ritiri dalla regione e concentri le sue attività sui pilastri della propria politica mediorientale, ovvero il sostegno a Israele e ai Paesi del Golfo arabo-persico.

L'Europa, dal canto suo, è interessata ad assicurare la propria presenza nel mondo arabo. Come la Svizzera, a causa degli eventi recenti si vedrà costretta a rivedere le proprie relazioni con i Paesi delle sponde meridionale e orientale del Mediterraneo.

La gestione della crisi libica ha messo in luce le contraddizioni della politica estera e di sicurezza europea: il rifiuto della Germania di votare la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza, che crea i presupposti per l'intervento internazionale volto a proteggere la popolazione civile, e il ruolo decisivo svolto dalla Francia e dal Regno Unito hanno modificato gli equilibri su scala europea. In tali circostanze, il Medio Oriente e soprattutto il Maghreb diventeranno terreno di nuove sfide e campo sperimentale per la politica estera europea.

Nonostante la distanza geografica, la Russia ha subito considerato seriamente la «primavera araba», soprattutto per la presenza dell'islam all'interno delle sue frontiere e per la possibilità di contagio. Anche la Cina teme l'effetto di emulazione delle rivolte arabe. Nonostante sussistano importanti differenze tra il partito comunista cinese e i regimi crollati in Tunisia, Egitto e Libia, possiamo constatare che le rivendicazioni espresse dai manifestanti dei Paesi arabi hanno trovato un'eco presso i Cinesi. Il movimento di protesta ha inciso direttamente su interessi cinesi all'estero.

In Libia, sono avvenute evacuazioni di massa di lavoratori cinesi e oltre la metà dei progetti sviluppati da imprese
cinesi sono stati attaccati e saccheggiati. La situazione potrebbe diventare ancora più negativa se i disordini si estendessero all'Iran. La Cina ha ingenti interessi economici ed energetici in questo Paese e la sua immagine è particolarmente contestata da una parte della popolazione per il suo appoggio al regime. Tutta la sua politica d'investimenti, segnatamente nell'ambito degli idrocarburi, fondata sui legami con regimi autoritari, è messa a repentaglio dal movimento di rivolta.

Tutti questi elementi sorti dalle rivolte arabe si accastellano, senza che per il momento si possano discernere prospettive chiare. Rivestiranno un ruolo determinante per l'avvenire non solo della regione meridionale e orientale del Mediterraneo, ma anche sulla scena mondiale delle relazioni internazionali.

Palestina La questione palestinese è stata ed è tuttora la questione centrale in Vicino Oriente.

Ne è la prova più recente l'iniziativa del presidente Mahmoud Abbas il 23 settembre 2011 quando, immediatamente dopo essersi espresso alla tribuna delle Nazioni Unite a New York, ha consegnato al Segretario generale una richiesta di adesione della Palestina quale 194º Stato membro dell'ONU. La domanda è stata respinta dal Consiglio di sicurezza, ma ha avuto il merito di illustrare l'esasperazione dei Palestinesi, 64 anni dopo l'adozione della risoluzione 181 dell'Assemblea generale dell'ONU

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che prevede la divisione della Palestina in due Stati. Oltre a queste, altre ragioni, più congiunturali, possono spiegare il «tempismo» di questa iniziativa: ­

la «primavera araba» ha sollevato la cappa di piombo che gravava sulla regione, aprendo spazi di rivendicazione ai suoi popoli; anche i Palestinesi vorrebbero trarne vantaggio;

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le autorità palestinesi, e in particolare Mahmoud Abbas, hanno bisogno di credibilità: sono numerosi i Palestinesi che non credono più nella soluzione negoziata; ottenere il riconoscimento ­ per quanto simbolico ­ di «Stato» membro dell'ONU permetterebbe all'Autorità palestinese di non apparire, ancora una volta, sottomessa agli interessi americani;

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per l'Autorità palestinese e Al-Fatah (partito di maggioranza in seno all'OLP), si tratta altresì di fare concorrenza a Hamas; una vittoria diplomatica all'ONU potrebbe rafforzare il governo palestinese nel suo braccio di ferro con il partito islamista che governa la Striscia di Gaza (Hamas e Al-Fatah hanno firmato un accordo di riconciliazione nella primavera del 2011, ma è rimasto lettera morta);

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i Palestinesi hanno posto le fondamenta del loro Stato; nell'agosto 2009, il governo di Salam Fayyad ha varato un progetto di due anni battezzato «Building Palestine» («Costruire la Palestina» n.d.t.); tuttavia il piano Fayyad non ha prodotto progressi percettibili sul piano socio-economico, con conseguente delusione;

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alla tribuna dell'ONU, nel settembre del 2010, il presidente americano aveva evocato la prospettiva di accogliere, l'anno successivo, un nuovo Stato, quello di Palestina, nel coro delle nazioni; sono parole che i Palestinesi non hanno dimenticato.

In sintesi, la sfida palestinese è stata, da un lato, quella di riuscire a raccogliere un ampio sostegno internazionale in seno all'ONU (anche se poi l'azione non ha avuto esito a livello di Consiglio di sicurezza) e, dall'altro, di riaffermare la propria disponibilità a negoziati diretti con Israele. Quello che conta oggi per il presidente Abbas è di rafforzare la propria posizione nel rapporto di forza con Israele: la «primavera araba» costituisce, in quest'ottica, uno dei fattori scatenanti di questa nuova strategia.

Implicazioni per la Svizzera La Svizzera gode in generale di un'ottima immagine nei Paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente, in particolare grazie alla sua politica di neutralità. Imparziale e senza passato coloniale, la Svizzera beneficia di un profilo particolare e di possibilità d'intervento specifiche in un contesto che rimane perlopiù polarizzato.

Poiché attua una politica di universalità, mantiene contatti con la maggior parte degli attori nella regione. Sono contatti che altri Paesi non hanno, per esempio con l'Iran, con Hamas o con l'Hezbollah, e che le conferiscono quindi un vantaggio comparativo, specie quando si tratta di esercitare buoni uffici.

Le transizioni in corso nel «mondo arabo» portano a valutare la necessità di adeguare la politica svizzera. Accanto all'interesse per la democrazia e la stabilità (garante dell'accesso al mercato dell'energia) che condivide con gli altri Paesi europei, la Svizzera deve adoperarsi per preservare la propria reputazione di Paese neutrale che s'impegna per il diritto internazionale e offre i propri buoni uffici.

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L'impegno della Svizzera nella regione poggia sui principi definiti nella strategia del Consiglio federale dell'11 marzo per il Nord Africa: il partenariato con i Paesi della regione, la pertinenza dell'impegno, l'approccio governativo globale in seno all'Amministrazione federale e la gestione dei rischi inerenti ai processi di transizione democratica.

Interessi della Svizzera nella regione Gli interessi svizzeri in questa regione geograficamente vicina dell'Africa settentrionale e del Vicino Oriente sono in primo luogo di ordine politico e legati alla sicurezza. Il nostro Paese ha un forte interesse a che vi nascano democrazie stabili e dinamiche, non fosse che per scongiurare l'insorgere di nuovi focolai di crisi o di movimenti estremisti. Per accompagnare il processo di transizione politica, il Consiglio federale ha adottato, l'11 marzo e il 6 aprile 2011, due strategie che definiscono le linee d'intervento della Svizzera nella regione. La Svizzera è pronta a offrire il proprio sostegno negli ambiti dell'aiuto umanitario, delle riforme strutturali, dello sviluppo economico e della lotta alla povertà. Il Dipartimento federale degli affari esteri ha organizzato due conferenze regionali degli ambasciatori, il 1° maggio a Tunisi e il 19 giugno 2011 a Doha, allo scopo di definire l'attuazione delle strategie.

Allo stadio attuale, la Svizzera concentra i propri sforzi sull'Africa settentrionale (63 milioni di franchi per il 2011­2012).

La questione migratoria inerente a questa regione, e più particolarmente ai Paesi del Nord Africa, è un tema che desta grande preoccupazione nei Paesi a nord del Mediterraneo. L'emigrazione verso Paesi arabi è stata pressoché inesistente, con le seguenti eccezioni: ­

il maggiore flusso migratorio indotto dalla primavera araba proveniva dalla Libia. 765 000 persone hanno lasciato questo Paese tra l'inizio e la fine dell'insurrezione, ovvero tra febbraio e ottobre 2011. Di queste, circa 450 000 hanno fatto ritorno nel loro Paese d'origine (Egitto, Algeria, Niger, Ciad e Tunisia); 27 500 hanno tentato di raggiungere l'Italia (26 000) o Malta (1500) per mare, il resto ha potuto lasciare la Libia via terra e raggiungere il proprio Paese d'origine, spesso con l'aiuto dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Varie migliaia di persone si trovano tuttavia ancora nei campi profughi alla frontiera libica, gestiti dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati;

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circa 27 500 persone in provenienza dalla Tunisia sono approdate sull'isola di Lampedusa (Italia) a seguito della rivoluzione di gennaio 2011. In totale nel 2011 sono arrivati sull'isola di Lampedusa 53 326 rifugiati;

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circa 13 000 persone hanno abbandonato la Siria dall'inizio delle rivolte in marzo, diretti principalmente in Turchia e in Libano.

In Europa, l'Italia è il Paese maggiormente interessato dal flusso migratorio proveniente dall'Africa settentrionale. L'Italia ha sottoscritto un accordo con la Tunisia il 6 aprile 2011 in base al quale s'impegna a concedere un visto umanitario temporaneo di massimo sei mesi ai tunisini arrivati in Italia prima della firma dell'accordo.

La Tunisia, dal canto suo, s'impegna a rimpatriare i propri cittadini giunti in Italia dopo questa data. Circa 12 000 visti sono stati emessi e, in ottobre 2011, prorogati di sei mesi. Il numero delle richieste d'asilo depositate in Italia è passato da 7350 nel 2010 a 29 552 nel 2011. Una parte di questi rifugiati è passata illegalmente in Francia, dove risiede una grande diaspora tunisina.

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In tema di asilo, la Svizzera è interessata principalmente da flussi migratori provenienti da Paesi terzi. Nel 2011, 2574 cittadini tunisini arrivati in Italia hanno cercato asilo in Svizzera, contro 358 nel 2010. Si registra altresì un incremento delle richieste d'asilo di cittadini eritrei (3356, contro 1799 nel 2010), somali (636 contro 337) e nigeriani provenienti dall'Italia. Va notato che la Svizzera ha la facoltà di rinviare richiedenti d'asilo in Italia in base all'Accordo di Dublino.

Gli altri Paesi dell'Unione europea sono stati toccati soltanto marginalmente dall'incremento delle richieste d'asilo di cittadini tunisini o libici provenienti dall'Italia.

In compenso, il numero delle domande d'asilo di cittadini siriani è progredito in maniera differenziata nella maggioranza dei Paesi europei, tra cui la Svizzera.

Sul piano energetico, la zona geografica che si estende dall'Algeria al Golfo arabopersico è uno dei centri dell'economia mondiale. La Svizzera importa l'80 per cento del suo fabbisogno energetico, la maggior parte sotto forma di petrolio e gas. Il mercato internazionale del petrolio grezzo è molto fluido e, gestito da attori economici privati, si sottrae pressoché completamente all'intervento statale. Attualmente l'Africa settentrionale e il Medio Oriente svolgono un ruolo minore nelle importazioni svizzere. Per esempio, nel 2010, il petrolio consumato in Svizzera proveniva principalmente dal Kazakistan (33,3 %), dall'Azerbaigian (31,5 %) e dalla Libia (17,4 %). Il gas inoltre rappresenta soltanto un 12 per cento dei fabbisogni energetici della Svizzera e il nostro Paese si rifornisce quasi esclusivamente attraverso il primo corridoio di approvvigionamento in provenienza dal mare del Nord; la Svizzera importa anche gas russo via la Germania (secondo corridoio); il terzo corridoio di approvvigionamento viene dall'Algeria e svolge un ruolo marginale (2,2 % dell'approvvigionamento in gas nel 2009). La fluidità del mercato del petrolio, nonché la diversificazione delle fonti e delle modalità di approvvigionamento svizzere non fanno temere una penuria. Ma l'incertezza in merito alla durata dei disordini nel mondo arabo, aggiunta alle sanzioni internazionali contro l'Iran, crea il rischio di una prolungata volatilità dei mercati legati all'importazione di prodotti energetici.
Questo rischio è inoltre aggravato dalle preoccupazioni degli investitori circa la situazione in Bahrein (crocevia portuario), nel sultanato di Oman (garante della sicurezza dello stretto di Hormuz), in Egitto (canale di Suez) e in Arabia Saudita, nonché dalla tendenza delle imprese a incrementare le riserve e dall'arresto pressoché totale della produzione libica di alta qualità (e quindi di difficile sostituzione).

L'insieme di questi fattori conduce all'instabilità e contribuisce all'incremento dei prezzi del greggio.

Sul piano economico e finanziario, la regione del Golfo costituisce un polo d'interesse per la Svizzera. I suoi investimenti rimangono tuttavia assai modesti. Le destinazioni principali sono gli Emirati Arabi Uniti (situazione a fine 2008: 7,83 miliardi di franchi, ovvero circa 0,9 % del totale degli investimenti svizzeri all'estero), seguiti dall'Arabia Saudita (situazione a fine 2008: 662 milioni di franchi, ovvero circa 0,1 %). Questi due Paesi hanno registrato l'afflusso più elevato di capitali nella regione del Golfo negli ultimi tre anni grazie a enormi progetti d'infrastruttura. In altri Paesi della regione, come Oman o il Qatar, gli investimenti svizzeri tendono a crescere. Oltre che nel settore dell'industria, sono effettuati in quello dei servizi, particolarmente dei servizi finanziari, del comparto alberghiero e dei servizi di logistica.

Gli investimenti svizzeri nel Golfo potrebbero essere pregiudicati dalla debole congiuntura nei Paesi coinvolti. Questi hanno momentaneamente perso attrattiva per il clima d'incertezza che prevale a seguito delle rivolte arabe. Malgrado forniscano prova di dinamismo in alcuni settori (investment banking, finanziamento del com2569

mercio e del settore immobiliare), finora le banche non hanno avuto molto successo nella gestione patrimoniale. I clienti sono spesso consigliati in loco, ma i fondi vengono contabilizzati altrove (in Europa, a Singapore, ecc.). Questa ripartizione potrebbe accentuarsi. Se la situazione diventasse instabile negli Emirati e in Qatar, le due principali piazze finanziarie della regione, è da prevedere un esodo massiccio di clienti internazionali del posto nonché un incremento della fuga di capitali di famiglie arabe.

Gli investimenti dei Paesi del Golfo in Svizzera sono complessi e difficili da individuare. Questo è dovuto in parte al fatto che le statistiche rilevano soltanto gli investimenti diretti di un Paese in un altro e non, per esempio, gli investimenti che transitano da strutture imprenditoriali o finanziarie con sede in uno Stato terzo. A nostra conoscenza, gli investimenti in Svizzera si concentrano particolarmente nei settori immobiliare, alberghiero e bancario e provengono soprattutto dagli Emirati Arabi Uniti, dall'Arabia Saudita e dal Qatar. Spesso gli investimenti effettuati in Svizzera appartengono a fondi sovrani oppure a imprese statali o gestite da membri della famiglia regnante, alla stregua del fondo sovrano Qatar Investment Authority che detiene circa il 6,2 per cento delle azioni del Credit Suisse e di un consorzio di fondi sovrani di Dubai e di Abu Dhabi che possiede il 90 per cento di SR Technics. In questo contesto va fatta notare la struttura dirigenziale ibrida, ricorrente in questa regione, che non fa sempre una chiara distinzione tra proprietà privata e proprietà dello Stato.

In tema di commercio, le esportazioni svizzere hanno segnato un costante aumento tra il 2000 e il 2008, soprattutto nei settori dei macchinari, dell'orologeria, dei prodotti farmaceutici e della gioielleria. Sull'arco dello stesso periodo, la Svizzera ha importato metalli nobili e gioielli per un valore di 700 milioni di franchi. Le esportazioni svizzere hanno registrato un rallentamento a partire dal 2009, a causa della crisi finanziaria mondiale. La Svizzera ha siglato accordi di protezione degli investimenti con tutti i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (fatta eccezione per il Bahrein). Il Consiglio di cooperazione del Golfo e l'AELS hanno sottoscritto nel 2009 un accordo di libero
scambio che non è però ancora entrato in vigore.

Africa settentrionale A seguito dei sollevamenti popolari sfociati in cambi di regime a Tunisi e al Cairo, il 19 gennaio il Consiglio federale ha bloccato gli eventuali averi in Svizzera dell'ex presidente Ben Ali e della sua cerchia e il 2 febbraio 2011 quelli dell'ex presidente Mubarak e della sua cerchia. L'Egitto e la Tunisia hanno rapidamente trasmesso alla Svizzera domande d'assistenza giudiziaria.

Fin dai primi atti di violenza commessi dal regime di Gheddafi contro la popolazione libica in rivolta, il Governo svizzero ha congelato, il 24 febbraio 2011, gli averi del Colonnello Gheddafi e dei membri del suo entourage. Il blocco degli averi si basa, a partire da fine marzo 2011, sulla legge sugli embarghi, dato che dal 31 marzo il Consiglio federale applica le sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e le ancora più severe misure dell'Unione europea. La Svizzera s'impegna inoltre affinché i fondi libici bloccati in Svizzera siano restituiti rapidamente al popolo libico. Una quota importante degli averi libici congelati in Svizzera è stata liberata dopo che Consiglio di sicurezza dell'ONU aveva rimosso le sanzioni.

L'impegno della Svizzera nella regione, che poggia su l'oltre trentennale e solida tradizione di cooperazione economica e allo sviluppo, è stato definito nella strategia dell'11 marzo 2011. Parte da uno scenario ottimista e si fonda su quattro principi ba2570

silari: il partenariato con i Paesi della regione, la pertinenza dell'impegno, l'approccio interdipartimentale dell'Amministrazione federale e la gestione dei rischi inerenti ai processi di transizione democratica. L'intervento della Svizzera si concentra su tre settori principali: ­

Il sostegno alla transizione democratica: l'obiettivo è la creazione di strutture trasparenti, partecipative e conciliabili con lo Stato di diritto. Rientrano fra le priorità il sostegno all'organizzazione di elezioni, la protezione dei diritti umani, il rafforzamento di una società civile pluralista, la riforma del sistema di sicurezza, nonché l'aiuto alla restituzione tempestiva di averi di provenienza illecita, custoditi in Svizzera e appartenenti a persone politicamente esposte.

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Lo sviluppo economico: l'obiettivo è la promozione delle piccole e medie imprese e la creazione di posti di lavoro, segnatamente per i giovani nelle regioni economicamente depresse, nonché il miglioramento delle condizioni economiche generali. Vanno aggiunti i progetti di infrastrutture idriche e attività a favore della protezione delle risorse naturali.

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La cooperazione in ambito migratorio: l'obiettivo è una gestione sostenibile dei flussi migratori in grado, in particolare, di garantire il ritorno e la reintegrazione dei migranti, un maggiore coinvolgimento della diaspora e la protezione delle fasce di popolazione più vulnerabili.

Per il momento, l'appoggio verte sulla transizione democratica e sulla tenuta di elezioni.

Il dialogo politico rimane una delle componenti essenziali della politica della Svizzera nell'Africa settentrionale. La Svizzera ha condotto in aprile e in loco un dialogo con la Tunisia e l'Egitto. In giugno e a Berna è stata la volta del Marocco. Dopo la caduta del regime di Gheddafi, le relazioni con la Libia si sono gradualmente normalizzate. Dopo aver chiuso la propria Ambasciata a Tripoli in febbraio 2011 per ragioni di sicurezza, la Svizzera è stata uno dei primi Paesi ad aprire un ufficio di aiuto umanitario a Bengasi in marzo 2011. In giugno 2011, ha aperto a Bengasi un ufficio di collegamento gestito da un inviato speciale. Da marzo 2011, si sono svolti numerosi incontri di alto livello con rappresentanti del Consiglio Nazionale di Transizione (CNT). Per la prima volta da 12 anni è accreditato in Svizzera un ambasciatore di Libia. L'Ambasciata di Svizzera a Tripoli è nuovamente aperta dal 15 ottobre 2011. Nel quadro della promozione civile della pace, la Svizzera è disposta a partecipare con l'invio di esperti a una missione integrata delle Nazioni Unite per accompagnare il processo di transizione politica. È in grado di offrire i propri servizi in tre settori: disarmo, riforma delle forze di sicurezza (esercito, polizia, corpo delle guardie di confine) nonché sminamento umanitario. La Svizzera è inoltre pronta a mettere a disposizione le proprie competenze nell'ambito della giustizia transizionale e dell'analisi del passato.

Vicino e Medio Oriente In Vicino Oriente, l'intervento della Svizzera, nel quadro della sua politica multilaterale nonché del suo sostegno a iniziative statali, della società civile o di istituti accademici locali, verte sulla promozione dei diritti umani, del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale. La Svizzera contribuisce anche alla ricerca durevole della pace, sostenendo dibattiti e incontri a livello regionale, in stretta collaborazione con attori statali e non statali, senza esclusività, segnatamente attraverso 2571

la promozione dell'Iniziativa di Ginevra. La Svizzera partecipa quindi attivamente alla ricerca di soluzioni al conflitto arabo-palestinese nonché al dialogo intercomunitario in Libano. Infine, la Svizzera appoggia un processo regionale interstatale in tema di gestione sostenibile dell'acqua quale strumento di sviluppo e come mezzo di promozione della pace. Partecipa inoltre alla «Presenza internazionale temporanea a Hebron» (Temporary International Presence in the City of Hebron, TIPH) una missione di osservazione della situazione a Hebron in Cisgiordania, spesso teatro di scontri minori tra Palestinesi e coloni israeliani. La Svizzera sostiene anche la «Forza multinazionale e osservatori» (Multinational Force and Observers, MFO), incaricata di far verificare da civili l'effettiva applicazione del trattato di pace tra Israele e l'Egitto. Da ultimo, la Svizzera è molto attiva in progetti di riconciliazione e di analisi del passato.

La Svizzera appoggia progetti volti a contribuire alla creazione di società più inclusive e a migliorare le capacità degli Stati di svolgere le proprie funzioni chiave e favorire lo sviluppo socio-economico sostenibile. S'impegna nei territori palestinesi occupati (Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e Gaza) perché intende contribuire alla costruzione di uno Stato palestinese duraturo e democratico e alle creazione di condizioni propizie alla pace. I suoi sforzi sono concentrati sulla promozione e il rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, sull'accesso per tutti i Palestinesi a servizi di base di qualità (compresi gli aiuti urgenti), sulla creazione di posti di lavoro a lungo termine e di redditi stabili, in particolare nel settore agricolo, e sullo sviluppo di un sistema di formazione professionale adeguato alle esigenze del mercato. Per attuare questa politica, la Svizzera lavora in stretta collaborazione non solo con l'ONU, il CICR, le ONG nazionali e internazionali, ma anche con le autorità statali dei Paesi partner. La Svizzera conduce un dialogo politico esteso con Israele. L'incontro più recente si è tenuto in ottobre 2010 in Israele.

Mentre i negoziati tra Israeliani e Palestinesi sono in fase di stallo da quasi un anno, i Palestinesi perseguono l'obiettivo di far riconoscere il loro Stato da un numero significativo di Paesi
(126 fino a oggi) e di fare in modo che la Palestina possa essere accolta in seno alle Nazioni Unite nel settembre 2011. Svariate iniziative, provenienti sia da Paesi della regione che dal Quartetto del Vicino Oriente (ONU, USA, UE, Russia), tentano di rilanciare i negoziati. La Svizzera appoggia una soluzione negoziata che preveda la creazione di uno Stato palestinese duraturo, in grado di coesistere con lo Stato d'Israele all'interno di frontiere sicure e riconosciute.

Dall'inizio dei disordini in Siria, il 18 marzo, la repressione del regime non ha conosciuto soste. Il 18 maggio 2011, il Consiglio federale ha emanato un'ordinanza che istituisce provvedimenti nei confronti della Siria1. Basandosi sulla legge sugli embarghi del 22 marzo 20022, la Svizzera aderisce alle sanzioni decretate il 9 maggio 2011 dall'Unione europea contro Damasco. Queste sanzioni prevedono un embargo per materiale d'armamento, il blocco degli averi, restrizioni di viaggio e altre misure specifiche, come ad esempio divieti relativi a petrolio e prodotti petroliferi. Per protestare contro le violazioni sistematiche dei diritti umani inflitte ai manifestanti, in agosto 2011 il DFAE ha richiamato a Berna per consultazioni l'ambasciatore di Svizzera in Siria. L'Ambasciata di Svizzera a Damasco e l'Ufficio Programma rimangono aperti e sono pienamente operativi. La Svizzera è intervenuta

1 2

RS 946.231.172.7 RS 946.231

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ripetutamente in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU per denunciare le violazioni dei diritti umani in Siria e in vari Paesi della regione.

Lo Yemen è l'unico Paese della penisola arabica al quale la Svizzera fornisce un aiuto umanitario nel senso classico del termine. La Svizzera appoggia segnatamente i partner multilaterali come l'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati, il Comitato internazionale della Croce Rossa e, puntualmente, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e il Programma alimentare mondiale. Un ufficio programma è stato aperto a Sana'a in gennaio 2011.

A seguito dell'adozione della risoluzione 1929 del Consiglio di sicurezza nel giugno del 2010, gli Stati Uniti, l'UE e tutti i Paesi occidentali hanno optato, sin dall'estate 2010, per un rafforzamento delle sanzioni unilaterali contro l'Iran per costringerlo a sedere al tavolo dei negoziati sul dossier nucleare. Gli incontri tra gli E3+33 e l'Iran, organizzati dal DFAE a Ginevra in dicembre 2010 e dalla Turchia a Istanbul in gennaio 2011, non hanno condotto a progressi significativi. L'AIEA ha prodotto tre rapporti dall'inizio del 2011. In quello più recente, pubblicato in novembre, viene indicato che l'Iran ha lavorato alla messa a punto di un'arma atomica. Si tratta della presa di posizione più severa da parte dell'Agenzia in otto anni d'inchiesta. L'ultimo dialogo politico con l'Iran si è tenuto in gennaio 2011 a Teheran. Il 19 gennaio, il Consiglio federale ha deciso di rafforzare il proprio regime di sanzioni contro l'Iran4 per adeguarlo a quello dell'Unione europea. Nel quadro del mandato di rappresentazione degli interessi americani, il DFAE ha continuato ad adoperarsi affinché Iran e Stati Uniti possano trovare un'intesa sui casi consolari statunitensi in Iran.

Del tutto risparmiato dall'ondata di proteste che ha investito il mondo arabo nell'anno in rassegna, il Qatar ha visto crescere il proprio prestigio nella regione, specialmente grazie alla copertura degli eventi nei Paesi coinvolti da parte del canale televisivo qatariota, Al Jazeera, ma anche grazie al suo impegno in Libia e all'appoggio fornito all'opposizione in Yemen. Il Consiglio federale ha deciso in agosto 2011 di aprire un'ambasciata a Doha. Consultazioni politiche di alto livello si sono tenute a Mascate (Oman) in gennaio, a Doha
(Qatar) in giugno e a Berna con il Kuwait in settembre 2011.

Sfide e prospettive Sebbene sia prematuro valutare l'insieme delle conseguenze regionali della «primavera araba», si può constatare sin d'ora un riassestamento delle alleanze strategiche.

L'Egitto per esempio cerca di imporsi quale leader del mondo arabo, come provano la negoziazione dell'accordo tra Al-Fatah e Hamas, sottoscritto in maggio del 2011 sotto l'egida dell'Egitto o la riapertura del valico di Rafah, tra l'Egitto e Gaza. I vincoli tra l'Iran, la Siria, l'Hezbollah e Hamas sono rimessi in causa dalla situazione in Siria. Quest'ultima, alleato strategico dell'Iran, rischia di rivolgere la propria attenzione all'Iraq a seguito del ritiro imminente delle truppe americane. La Turchia, dopo aver preso le distanze dalla Siria, è assurta a difensore della causa palestinese, ciò che avrà come conseguenza di incrementare ancor di più l'isolamento di Israele. La transizione sarà lunga nei Paesi che hanno abbattuto i loro regimi. Con la repressione della rivolta in Bahrein, l'Arabia Saudita ha dimostrato che non tollererà il contagio della primavera araba ai Paesi del Golfo. Le monarchie 3 4

Germania, Cina, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia.

Ordinanza del 19 gennaio 2011 che istituisce provvedimenti nei confronti della Repubblica Islamica dell'Iran (RS 946.231.143.6)

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del Golfo non potranno comunque sottrarsi alle riforme se vogliono evitare nuovi disordini con conseguenze imprevedibili sull'economia mondiale.

La Svizzera affronta queste sfide intervenendo attivamente nella promozione della pace e della stabilità nella regione. Le due strategie per la regione adottate dal Consiglio federale le consentono di impegnarsi maggiormente in caso di necessità.

2

Attività di politica estera nell'anno in rassegna

2.1

Priorità geografiche della politica estera svizzera

La Svizzera attua una politica di universalità nelle sue relazioni diplomatiche e cerca di mantenere strette relazioni con tutti gli Stati e tutte le organizzazioni internazionali, indipendentemente dalle posizioni e dagli orientamenti politici. Questo approccio, adottato da decenni, permette alla Svizzera, che non ha aderito né all'Unione europea né ad alcuna alleanza militare, di difendere i suoi interessi nel mondo intero e in tutti i settori.

Universalità non significa tuttavia assenza di priorità. La Svizzera attribuisce infatti particolare importanza ai suoi partner strategici come pure agli Stati limitrofi. Tiene anche conto dell'attuale mutamento di rapporti nel mondo, segnatamente dell'importanza crescente dei Paesi emergenti nella creazione di un nuovo ordine mondiale, e cerca di posizionarsi al meglio adeguando le proprie attività internazionali ai cambiamenti di contesto.

Nelle pagine seguenti non sono necessariamente menzionati tutti gli Stati e tutte le organizzazioni internazionali. Ciò non sminuisce tuttavia la loro importanza per la Svizzera e alcuni di essi potranno diventare prioritari a seconda delle sfide e delle circostanze. Analogamente, i diversi Paesi e regioni non sono necessariamente trattati in misura proporzionale all'intensità delle loro relazioni con la Svizzera. Le considerazioni qui di seguito riguardano piuttosto i punti essenziali che hanno contraddistinto la politica estera svizzera nell'anno in rassegna.

2.1.1

Politica europea

Nel corso dell'anno 2011 è proseguito il rafforzamento dell'integrazione dell'Unione europea (UE), non senza contrasti e difficoltà. Il processo di allargamento dell'UE, che ha visto, tra l'altro, la conclusione delle trattative per l'adesione della Croazia, si è protratto sullo sfondo della grave crisi economica, di bilancio e finanziaria che ha scosso, nell'anno in rassegna, vari Paesi della zona euro e sullo sfondo delle tensioni prodotte dalle conseguenze, in termini di politica delle migrazioni, della primavera araba sul sistema di Schengen-Dublino e sulla politica d'asilo comune dell'UE. Nonostante le difficoltà con le quali sono confrontati, l'UE e i suoi Stati membri costituiscono la prima potenza economica mondiale e pertanto la potenza dominante nel nostro continente.

In questo contesto poco favorevole, l'UE si è adoperata per rafforzare le sue capacità e i suoi mezzi nei settori della politica estera, della sicurezza e della difesa. In questo contesto, l'anno 2011 ha segnato la graduale realizzazione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il cui principale mandato è una migliore coordinazione della politica estera e di sicurezza dell'Unione e dei suoi Stati membri. A ciò si 2574

aggiunge l'ambizione dell'UE di fungere da riferimento internazionale, iniziando dal continente europeo, in termini di elaborazione di norme giuridiche comunemente accettate. Questo si traduce in una volontà ­ non sempre tradotta in pratica ­ di consolidare la disciplina dell'UE e dei suoi Stati membri per intervenire in maniera coordinata presso altri organismi internazionali, specie a vocazione europea come l'OSCE o il Consiglio d'Europa. In tal senso, l'imminente adesione dell'UE alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo costituisce una tappa della quale non va sottovalutata l'importanza.

La Svizzera, situata geograficamente al centro del continente, ma istituzionalmente al di fuori della sua organizzazione principale, l'UE, deve prestare particolare attenzione a queste evoluzioni. In effetti, ne è interessata direttamente o indirettamente, come hanno dimostrato nel corso del 2011 i recenti episodi di rialzo del franco svizzero legati alla crisi dell'euro o le tensioni migratorie originate dal fenomeno della primavera araba. Visti i legami estremamente stretti con l'UE è fondamentale che la Svizzera segua da vicino la dinamica della politica d'integrazione dell'UE onde adattare, se del caso, la propria politica in funzione di una difesa ottimale dei propri interessi. Al tempo stesso deve sfruttare gli strumenti di politica estera supplementari di cui dispone appoggiandosi in particolare su organizzazioni come il Consiglio d'Europa, l'OSCE o l'AELS, di cui è membro, e sulle strette e ben consolidate relazioni bilaterali che intrattiene con i Paesi europei.

2.1.1.1

Unione europea

Gli sviluppi più importanti in materia di politica europea dal 2010 a oggi sono esaminati qui di seguito e valutati col metro dell'importanza che rivestono per la Svizzera e per la sua politica europea. Questo capitolo è inoltre dedicato agli sviluppi intervenuti nelle relazioni tra la Svizzera e l'UE. Da ultimo sono anche ricordati gli orientamenti di politica europea precisati dal Consiglio federale nel corso dell'anno 2011.

Conseguenze per la Svizzera degli sviluppi in seno all'UE L'UE alle prese con una profonda crisi economica, finanziaria e di bilancio in vari Stati membri della zona euro: dalla primavera del 2010, la moneta comune dei diciassette Stati del sistema euro è stata investita da una crisi che, undici anni dopo la sua introduzione, esige una maggiore solidarietà e solleva numerosi interrogativi sul suo futuro. Le turbolenze della crisi finanziaria mondiale del 2007 e del 2008 hanno acuito la consapevolezza dei rischi dei mercati dei capitali e l'attenzione rivolta alle zone di tensione interne dell'unione monetaria. A quest'ultima è assegnato il non facile compito di attuare una politica monetaria improntata alla stabilità a fronte di economie nazionali che restano eterogenee. Le divergenze per quanto riguarda la competitività, i tassi d'interesse reali e la disciplina di bilancio hanno infatti prodotto squilibri nelle bilance dei pagamenti e un forte indebitamento nella zona euro. Dopo che la fiducia dei mercati dei capitali nella solvibilità di alcuni Stati membri si è affievolita, l'UE ha confezionato pacchetti di salvataggio senza precedenti al fine di sostenere, assieme al FMI, i necessari adattamenti nei Paesi fortemente indebitati.

Contemporaneamente, l'UE ha avviato una discussione su riforme a lungo termine che vadano oltre le misure di salvataggio decise con urgenza. Le proposte di riforma 2575

introdotte a tutt'oggi mirano soprattutto ad applicare una disciplina di bilancio più severa, ma anche ad attuare riforme strutturali e far convergere le politiche economiche degli Stati membri dell'unione monetaria, nonché a creare un meccanismo di salvataggio permanente. Per il momento non si sa in che misura queste idee comporteranno modifiche concrete per la zona euro ed eventualmente per tutta l'UE. Al di là della politica monetaria, la moneta unica rimane un progetto politico e una tappa importante nel rafforzamento dell'integrazione europea. Nella peggiore delle ipotesi, un fallimento della stabilizzazione dell'euro o addirittura dell'unione monetaria potrebbe far vacillare le fondamenta del progetto di unificazione europea, finora portato avanti con successo.

I pericoli che corre l'unione monetaria sono un problema interno all'UE su cui la Svizzera non può influire direttamente. La nostra economia di esportazione soffre tuttavia di incertezze supplementari che riguardano soprattutto il tasso di cambio del franco svizzero rispetto all'euro e il dinamismo economico di uno dei suoi principali mercati di sbocco. Il compito a cui deve far fronte l'UE assorbirà probabilmente parte del suo impegno politico e l'indurrà a rivolgere maggiormente il proprio sguardo all'interno. Non sono esclusi disaccordi tra gli Stati membri, anche se le discussioni interne potrebbero sfociare in una collaborazione comunitaria rafforzata.

Il vertice più recente sulla crisi dell'euro (8­9 dicembre 2011) potrebbe offrire alcuni indizi relativi alla futura UE. Nella speranza di ripristinare la fiducia dei mercati nei titoli di Stato della zona euro, i Paesi che la compongono hanno approvato, fra l'altro, una dichiarazione d'intenti che mira alla creazione, a più lungo termine, di un'«unione di stabilità fiscale»: con un nuovo trattato intergovernativo ­ al di fuori del Trattato di Lisbona ­ si auspica di ancorare nel diritto primario speciale l'obbligo di una più severa disciplina di bilancio. Con l'eccezione della Gran Bretagna, saranno firmatari del trattato la maggior parte se non addirittura tutti gli Stati che non sono compresi nella zona euro5. Si tratta di una situazione che l'UE avrebbe voluto evitare. Ricorda la creazione dello spazio Schengen, che a tutt'oggi non riunisce ancora tutti i Paesi membri dell'UE,
e potrebbe costituire un segnale di evoluzione verso un'UE a geometria variabile. I Paesi della zona euro e gli altri membri dell'Unione stanno infatti considerando, oltre a una nuova base giuridica per una più rigorosa disciplina di bilancio, anche una cooperazione rafforzata in materia di politica economica. Se effettivamente un'economia nazionale delle proporzioni della Gran Bretagna non dovesse partecipare, questo fatto non mancherebbe di ripercuotersi sul mercato interno europeo; in effetti, condizioni quadro differenziate sotto il profilo politico-istituzionale possono portare a distorsioni della concorrenza e quindi sfociare in tensioni interne all'UE. Tutte queste incognite potrebbero costituire nuove sfide per la Svizzera tenuto conto della sua stretta relazione con l'UE.

L'intensità degli scambi economici e commerciali tra la Svizzera e l'UE rende infatti la nostra economia ancora più dipendente dalle fluttuazioni congiunturali del suo partner principale, comprese le fluttuazioni del tasso di cambio tra franco svizzero ed euro. Proprio per lottare contro la persistente pressione al rialzo del franco svizzero, la BNS ha fissato a 1,20 franchi il tasso di cambio minimo con l'euro. È priorita-

5

Si tratta essenzialmente di introdurre freni nazionali all'indebitamento e un maggiore automatismo nelle sanzioni per chi contravviene alle regole di disciplina di bilancio; la sanzione di per sé è già ampiamente ancorata nel diritto derivato (sanzioni quando il deficit oltrepassa il 3 % del PIL oppure quando manca un programma di riduzione del debito globale che porti il rapporto debito/PIL sotto l'obiettivo del 60 %).

2576

rio che i responsabili della situazione attuale risolvano la problematica dell'indebitamento, condizione sin qua non per riconquistare la fiducia dei mercati.

D'altro canto, la gravità della situazione di bilancio cui sono confrontati l'UE e numerosi suoi Stati membri mette questi ultimi sotto particolare pressione affinché stabilizzino le proprie economie incrementando le entrate fiscali. Accordi per una ritenuta liberatoria alla fonte, sulla falsariga di quelli che la Svizzera ha recentemente negoziato con la Germania e il Regno Unito, potrebbero costituire in tal senso un utile contributo agli sforzi di stabilizzazione (cfr. n. 2.3.1).

Politica di migrazione e di asilo: i flussi migratori verso l'Europa indotti dalle rivoluzioni della primavera araba nell'Africa settentrionale, essenzialmente via Malta e l'Italia, hanno messo a dura prova ­ senza pertanto rimetterlo in questione ­ il funzionamento dei meccanismi dello spazio Schengen/Dublino al quale la Svizzera appartiene. Ma soprattutto hanno ravvivato le discussioni su come adattare meglio il sistema alle nuove sfide. Vanno in tal senso le proposte di rafforzamento della gestione dello spazio di Schengen, presentate dalla Commissione europea il 16 settembre 2011, che mirano a concedere, in particolare alla Commissione europea, maggiore autorità nel quadro di un ripristino provvisorio dei controlli alle frontiere interne dello spazio Schengen.

Si discute inoltre della modernizzazione della procedura di Dublino che regola le competenze nel trattamento delle richieste di asilo. Infine, indipendentemente da Schengen/Dublino, l'UE si adopera ancora di più per l'attuazione, possibilmente entro il 2012, di una politica di asilo comune volta ad armonizzare l'esame delle richieste, a definire standard minimi per l'alloggio e l'assistenza di richiedenti l'asilo particolarmente vulnerabili nonché a creare un meccanismo a sostegno degli Stati che devono far fronte ad un afflusso importante di richiedenti. Rientra anche nell'interesse della Svizzera una maggiore efficienza nelle procedure d'asilo a livello europeo mediante norme di protezione armonizzate, in quanto queste contribuiscono a rafforzare i meccanismi di Dublino.

Prospettive in materia di allargamento: a dispetto delle recenti difficoltà, la forza di attrazione che l'UE esercita sugli Stati
terzi in Europa rimane inalterata; dieci di loro vorrebbero aderire all'UE a più o meno lungo termine, se non che, alla luce delle esperienze delle tornate di allargamento del 2004 e del 2007, l'UE intende prestare maggiore attenzione al rispetto dei criteri di adesione dei Paesi candidati, e questo prima della loro adesione effettiva. Le trattative con la Turchia procedono a singhiozzo. Potrebbero addirittura arrestarsi nella misura in cui numerosi capitoli dei negoziati sono bloccati sia dal contenzioso turco-cipriota sia dall'opposizione sollevata da importanti Stati membri dell'UE. L'adesione dell'Islanda, già membro dello SEE e della zona Schengen, è assolutamente immaginabile, ammesso che gli Islandesi la ratifichino tramite referendum. Questa prospettiva appare attualmente assai incerta. I Paesi dei Balcani occidentali beneficiano di un partenariato di adesione ufficiale che agevola determinate riforme nonché gli sforzi di stabilizzazione e di cooperazione sul piano regionale. Altri Paesi come l'Ucraina o la Moldavia hanno dichiarato che l'adesione all'UE rappresenta per loro un obiettivo di politica estera a lungo termine.

Il 9 dicembre 2011 la Croazia ha firmato il trattato di adesione all'UE. Se prevarranno i sì al referendum croato e se gli attuali Stati membri dell'UE ratificheranno la domanda di adesione, la Croazia diventerà il 28° Paese membro dell'Unione Europea il 1° luglio 2013. L'adesione della Croazia all'UE potrebbe rappresentare una 2577

pietra miliare non solo per il giovane Paese dei Balcani ma anche per il futuro della politica di allargamento dell'Unione. Con la Croazia, il capitolo «Giustizia e diritti fondamentali» è assurto a elemento centrale dei negoziati, scatenando un'impressionante campagna anti-corruzione. Questo processo ha stabilito un nuovo metro di misura, per i futuri candidati all'UE e dovrebbe avere ricadute positive nella regione dei Balcani occidentali per il suo effetto stabilizzatore e integrante. Per la Svizzera, l'adesione della Croazia significa un adeguamento delle relazioni bilaterali convenzionali, anche in tema di libera circolazione delle persone (che sottostà al referendum facoltativo) e, se del caso, del contributo all'allargamento. I negoziati relativi a un nuovo protocollo all'Accordo di libera circolazione delle persone6 dovrebbero vertere essenzialmente sulla durata del regime di transizione (di norma sette anni), sui contingenti durante la fase di transizione, nonché sulla durata della clausola specifica di salvaguardia.

La politica europea di vicinato (PEV): istituita nel 2004 per evitare che l'adesione di 10 Paesi dell'Europa centrale e orientale conduca a nuove spaccature sul continente europeo, la PEV consente ai 16 Paesi vicini interessati di cooperare ampiamente a livello politico ed economico, pur se al di sotto della soglia dell'adesione. A lungo termine, va verificato se questa politica sarà in grado di rispondere alle aspettative dei Paesi partner. Non si possono infatti escludere nuove forme di cooperazione con Paesi terzi le quali, senza implicare un'adesione a pieno titolo all'UE, consentano una maggiore integrazione in particolare nel mercato interno dell'Unione. Da quando sono scoppiate le rivoluzioni nel mondo arabo. in dicembre 2010, i Paesi delle rive meridionali del Mediterraneo sono stati al centro delle preoccupazioni dell'UE.

In una prima fase, si è trattato di evacuare cittadini dell'UE e di altri Paesi, di prodigare l'aiuto umanitario nonché di imporre e applicare sanzioni mirate (in tema di visti, in ambito finanziario e commerciale). Un'altra priorità immediata era costituita dalla prevenzione e dalla gestione dei flussi migratori verso l'Europa; in questo contesto, la Commissione europea ha presentato in maggio 2011 le sue proposte per una riforma della PEV.
Con un budget passato da 5,7 miliardi a quasi 7 miliardi di euro per il periodo 2011­ 2013, questa politica deve contribuire allo svolgimento di elezioni libere e giuste, al consolidamento dei diritti umani e dello stato di diritto, alla lotta alla corruzione, alla riforma della giustizia nonché a un migliore accesso al mercato interno dei 27 (mediante facilitazioni commerciali e di viaggio). Le società civili locali devono essere meglio integrate nel processo e gli Stati partner appoggiati in misura proporzionale alla loro volontà di riforma (differenziazione e condizionalità). Anche se gli Stati beneficiari della PEV ­ che fanno contemporaneamente parte del «Partenariato orientale (PO)» ­ temono che la primavera araba distolga l'attenzione dell'UE dalle loro cause, appare incerto il rilancio del progetto a tutt'oggi poco promettente dell'Unione per il Mediterraneo (non formalmente integrata nella PEV). Per la Svizzera, è importante continuare a seguire da vicino le attività dell'UE nel quadro della PEV ed esaminare puntuali opportunità di cooperazione.

Politica estera in materia di energia: Alla luce degli eventi di Fukushima, l'UE ha avviato «test di resistenza» sull'intero parco nucleare europeo. Contemporaneamente, i Paesi confinanti sono stati invitati a collaborare strettamente a queste analisi 6

Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681)

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di sicurezza. La Svizzera attribuisce grande importanza all'incremento della sicurezza nucleare sul piano internazionale; ha pertanto partecipato a numerose riunioni di alto livello con l'UE e, parallelamente ai controlli di sicurezza nazionali, ha effettuato i test di resistenza dell'UE. In settembre 2011, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sulla politica energetica7 che mira a rendere più coerente l'intervento dell'UE e tocca i temi della sostenibilità, della competitività e della sicurezza dell'approvvigionamento energetico. La comunicazione evidenzia l'importanza della sottoscrizione di un accordo nell'ambito dell'elettricità che potrebbe in seguito essere ampliato ad altri ambiti di cooperazione.

La via bilaterale di fronte a nuove sfide Questioni istituzionali: dai numerosi e intensi contatti ad alto livello tra la Svizzera e l'UE8, si evince che dal punto di vista dell'UE, le relazioni con il nostro Paese continuano ad essere caratterizzate come buone e intense. Tuttavia i rappresentanti delle istituzioni dell'UE (Commissione, Consiglio e Parlamento), nonché un certo numero di Stati membri sottolineano sempre più insistentemente che, a loro avviso, la via bilaterale seguita dalla Svizzera avrebbe ormai perduto la sua ragione d'essere e che vanno trovate nuove soluzioni istituzionali, segnatamente per quanto concerne i meccanismi di adeguamento degli accordi agli sviluppi dell'acquis comunitario, la loro interpretazione, il controllo della loro attuazione e la risoluzione delle controversie.

Questa posizione di principio è difesa anche dai rappresentanti dell'UE nel quadro dei negoziati settoriali in corso in vari campi. Si osserva che i negoziati si interrompono, e in alcuni casi sono completamente bloccati, per ragioni legate, almeno in parte, alle questioni istituzionali. Nel campo dell'agricoltura, della sicurezza alimentare e dei prodotti, nonché della salute pubblica i negoziati sono in stallo da parecchi mesi; le trattative in tema di elettricità proseguono solo lentamente. Per quanto attiene alla sicurezza dei prodotti chimici (REACH), a causa delle questioni istituzionali l'UE non ha adottato nessun mandato negoziale.

Un tale contesto e tali difficoltà non hanno tuttavia impedito che nel 2011 gli accordi esistenti venissero ulteriormente sviluppati in vari
settori: nel quadro degli Accordi di associazione alla normativa di Schengen/Dublino, l'UE ha notificato alla Svizzera sedici sviluppi dell'acquis di Schengen. Si tratta perlopiù di questioni tecniche e amministrative la cui approvazione è di competenza del Consiglio federale.

In tema di migrazione, alla stregua della Norvegia, dell'Islanda e del Liechtenstein, la Svizzera ha deciso di avviare negoziati in vista di una partecipazione all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (UESA). I compiti principali dell'UESA sono l'appoggio agli Stati membri il cui sistema di asilo e la cui capacità di accoglienza sono sottoposti a particolare pressione, nonché la coordinazione delle attività degli Stati membri circa le informazioni sugli Stati di provenienza dei richiedenti l'asilo. Inte7

8

Comunicazione della Commissione sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la cooperazione internazionale ­ «La politica energetica dell'UE: un impegno con i partner al di là delle nostre frontiere»; (COM 2011).

Basti menzionare, a titolo di esempio, l'incontro di lavoro tra la Presidente della Confederazione e il Presidente della Commissione europea a Bruxelles l'8 febbraio 2011 e la visita di lavoro a Bruxelles del capo del DFE il 17 maggio 2011 nonché la visita ufficiale in Svizzera del Presidente del Parlamento europeo, il 9 giugno 2011 e quella della Presidente della Confederazione, su invito del Presidente del Comitato di politica estera del Parlamento europeo, l'11 ottobre 2011.

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grando l'UESA, la Svizzera avrà accesso alle sue attività di sostegno e contribuirà in tal modo al rafforzamento del sistema di Schengen-Dublino. D'altro canto, potrà trarre vantaggio dalla maggiore cooperazione tra Stati membri di fronte alle sfide poste dai flussi migratori. Il mandato negoziale è stato approvato dal Consiglio federale il 6 luglio 2011 e sottoposto per parere alle Commissioni di politica estera delle Camere federali che l'hanno approvato. I negoziati con l'UE inizieranno pertanto all'inizio del 2012.

Il 17 maggio 2011, il capo del DFE ha firmato a Bruxelles l'Accordo sul riconoscimento reciproco delle denominazioni di origine protette (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP) dei prodotti agricoli e alimentari. Si tratta di un nuovo allegato all'Accordo agricolo tra la Svizzera e l'Unione Europea9. Questo allegato, entrato in vigore il 1° dicembre 2011, garantisce la protezione reciproca delle indicazioni geografiche relative ai prodotti agricoli e costituisce un progresso importante nelle già strette relazioni tra la Svizzera e l'UE in questo ambito. In tema di riconoscimento delle qualifiche professionali, la Svizzera e l'UE, dopo lunghe trattative, sono riuscite a trovare un accordo sulla necessaria modifica dell'allegato III dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP). La relativa approvazione del Comitato misto dell'ALCP è avvenuta il 30 settembre 2011. Dopo consultazione delle commissioni competenti del Parlamento federale, il Consiglio federale ha deciso di applicarne in via provvisoria dal 1° novembre 2011 la parte che non richiede modifiche legislative. Quanto al resto del testo, un messaggio sarà sottoposto al Parlamento federale in febbraio 2012. Questa revisione tiene conto, oltre che dell'estensione del campo di applicazione dell'allegato III alla Romania e alla Bulgaria, della Direttiva 2005/3610 che recepisce l'acquis in materia di riconoscimento reciproco dei diplomi.

Nell'ambito dei trasporti aerei, il Consiglio federale ha approvato nel giugno 2011 un mandato negoziale relativo alla liberalizzazione dei voli interni («cabotaggio»).

In novembre 2011, le trattative hanno rapidamente condotto a un progetto di protocollo di emendamento dell'accordo aereo11. Tuttavia, la Commissione ha ribadito esplicitamente che non potrà portare a
termine questo progetto fintanto che la Svizzera non abbia accettato, da un lato, di creare un legame funzionale tra il sistema svizzero e quello europeo di scambio di quote di emissioni nell'ambito dei trasporti aerei e, dall'altro, di rafforzare i meccanismi istituzionali per gli accordi in tema di mercato interno.

Sono inoltre state avviate trattative in vista di un collegamento dei sistemi di scambio della Svizzera e dell'Unione per i diritti di emissione di CO2. Nel corso delle sedute di marzo e di settembre 2011, le delegazioni hanno sottolineato che un futuro accordo dovrà considerare sia le emissioni di CO2 degli impianti stazionari che quelle del traffico aereo internazionale.

Sulla base del mandato adottato dal Consiglio federale nel 2010, i negoziati per un accordo di collaborazione tra le autorità di concorrenza hanno registrato notevoli progressi. Dopo un primo incontro a Bruxelles nel marzo 2011, le delegazioni si 9 10

11

Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul commercio di prodotti agricoli (RS 0.916.026.81) Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255 del 30/09/2005 pag. 22).

Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul trasporto aereo (RS 0.748.127.192.68)

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sono riunite nuovamente a Zurigo nel luglio 2011 e hanno potuto approfondire la questione degli scambi d'informazioni tra autorità. La cooperazione perseguita dall'accordo mira alla lotta contro le restrizioni transfrontaliere nel campo della concorrenza, una sfida di capitale importanza a causa degli stretti legami economici che intercorrono tra Svizzera e UE. Fatte salve alcune eccezioni, l'accordo dovrebbe gettare le basi per una collaborazione formale in materia che consenta di rafforzare l'intervento delle autorità di entrambe le parti e di evitare doppioni.

Una cooperazione con l'Agenzia europea per la difesa (AED ) dovrebbe consentire alla Svizzera di partecipare a progetti e programmi di armamento selezionati nell'ambito della ricerca, delle acquisizioni e del mantenimento. Per la Svizzera, importante polo tecnologico, economico e di ricerca, una collaborazione con l'AED è di grande utilità e viene sostenuta dall'industria svizzera degli armamenti che dipende dalle esportazioni. Tuttavia non sussiste un obbligo di cooperazione; la Svizzera decide autonomamente a quali progetti e programmi dell'Agenzia prendere parte. Le basi della cooperazione sono state negoziate e devono essere approvate da entrambe le parti prima di poter entrare in vigore. Il Consiglio dell'UE ha dato la propria approvazione il 30 novembre 2011. Da parte svizzera, si mira ad una tempestiva approvazione da parte del Consiglio federale. In questo dossier, gli interessi sono equilibrati e le questioni istituzionali non pongono problemi.

Gran parte del contributo svizzero all'allargamento per un valore di 1,257 miliardi di franchi svizzeri è stato stanziato per progetti specifici che ora sono sul punto di essere realizzati. La Commissione europea, che viene informata ogni sei mesi dei progetti approvati, si è detta soddisfatta dal processo di realizzazione. È chiaro sin d'ora che questo contributo, oltre a portare riconoscimento alla Svizzera da parte dei nuovi Stati membri, promuove le relazioni bilaterali con questi ultimi mediante i numerosi partenariati istituzionali. Più in generale, il contributo all'allargamento è parte delle attività della Svizzera a favore della stabilità sul continente e rappresenta quindi uno strumento importante di politica europea.

Orientamenti della politica europea: le precedenti considerazioni
sembrano confermare l'analisi consegnata nel rapporto del Consiglio federale del 17 settembre 201012 sulla valutazione della politica europea della Svizzera, secondo cui il proseguimento e lo sviluppo della via bilaterale sono diventati più difficili. Non è ancora chiaro in che misura i cambiamenti strutturali in seno all'UE derivanti dalla crisi dell'euro incideranno a loro volta sulla politica dell'Unione europea nei confronti di Stati terzi come la Svizzera. Un orientamento più marcato verso un'Europa a geometria variabile (per es. grazie all'opzione di recesso che può esercitare ad esempio la Gran Bretagna) potrebbe flessibilizzare la politica dell'Unione nei confronti del nostro Paese. Viceversa è altresì possibile che l'UE tenda a rendere sempre più omogeneo il proprio spazio giuridico (specie per quanto concerne il mercato unico).

Ciò nonostante la via bilaterale rimane, attualmente, lo strumento più adeguato per la politica europea della Svizzera. Per questo il Consiglio federale, durante la seduta di clausura del 18 agosto 2010, ha confermato la sua volontà di proseguire su questa via. Ha quindi deciso, il 26 gennaio e il 4 maggio 2011, di avvalersi di un approccio globale e coordinato nelle trattative con l'UE. Ha segnatamente deciso, da un lato, di 12

Rapporto del Consiglio federale sulla valutazione della politica europea della Svizzera (in risposta al postulato Markwalder [09.3560] «Politica europea: valutazione, priorità, provvedimenti urgenti e passi futuri verso l'integrazione») del 17 settembre 2010 (FF 2010 6395)

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proseguire le discussioni esplorative sulle questioni istituzionali con l'UE e, dall'altro, di esaminare in modo autonomo svariate soluzioni a queste problematiche.

Contemporaneamente, il Consiglio federale ha avuto scambi regolari con i Cantoni, mediante la Conferenza dei Governi cantonali (CdC), e con le principali cerchie interessate, in particolare i partner sociali e le associazioni mantello dell'economia.

Su questa base, il 31 agosto 2011, il Consiglio federale ha precisato la propria azione e fatto il punto delle discussioni esplorative con l'UE sulle questioni istituzionali in vista di futuri negoziati. L'obiettivo, in una prima fase, rimane quello di realizzare l'approccio globale e coordinato al fine di assicurare accordi soddisfacenti per entrambe le parti alla trattativa, ovvero per entrambi un migliore accesso ai mercati della controparte e il consolidamento della via bilaterale.

Come constatato dal Consiglio federale in occasione della sua seduta di clausura del 4 maggio 2011, le questioni istituzionali rappresentano importanti elementi di negoziazione per l'UE e occorre trovare soluzioni per poter proseguire e consolidare la via bilaterale. Gli sforzi intrapresi nel 2011 per creare le basi necessarie a tale scopo saranno continuati e concretizzati.

2.1.1.2

Consiglio d'Europa e OSCE

Consiglio d'Europa L'appartenenza al Consiglio d'Europa, organismo che persegue in primo luogo la salvaguardia e la promozione dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto ­ principi sanciti anche nella Costituzione federale ­ consente alla Svizzera di contribuire alla realizzazione di questi obiettivi nel continente. L'Assemblea parlamentare, che conferisce legittimità democratica al Consiglio d'Europa, nonché il Congresso dei Comuni e delle Regioni d'Europa, svolgono un ruolo particolarmente importante in tal senso. In seno al Consiglio d'Europa, la Svizzera partecipa all'elaborazione di norme giuridiche vincolanti per offrire soluzioni alle nuove sfide in tema di diritti umani, democrazia e stato di diritto. Ne sono un esempio la Convenzione sulla cibercriminalità del 23 novembre 200113 ratificata dalla Svizzera nel settembre 2011 e la Convenzione sulla contraffazione di prodotti medicali14, firmata dalla Svizzera nell'ottobre dello stesso anno. La Svizzera ha contribuito in modo importante all'elaborazione di entrambe le convenzioni.

La Svizzera si adopera attivamente per la riforma della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH), afflitta da sovraccarico cronico con oltre 160 000 ricorsi pendenti. Svolge un ruolo centrale nei lavori importanti e ha contribuito a modellare il processo di riforma con la Conferenza di Interlaken, organizzata nel febbraio 2010.

Questo processo è stato portato avanti dalla Turchia, dall'Ucraina e dalla Gran Bretagna, che hanno assunto in seguito la presidenza del Consiglio. Nell'aprile del 2011 l'Assemblea parlamentare ha eletto alla CEDH la cittadina svizzera Helen Keller che è subentrata al giudice svizzero uscente Giorgio Malinverni.

Tese a riorientare il Consiglio d'Europa maggiormente verso l'azione e a consolidarne la rilevanza politica, le riforme avviate dal Segretario generale del Consiglio 13 14

RS 0.311.43 Convenzione del Consiglio d'Europa sulla contraffazione dei prodotti medicali e reati simili che implicano una minaccia alla salute pubblica; http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ListeTraites.asp?CM=8&CL=ITA

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d'Europa sotto la presidenza svizzera sono essenzialmente state portate a termine a metà del 2011. I primi abbozzi di un ruolo politico più forte dell'organizzazione si sono delineati nell'atteggiamento nei confronti dei Paesi del Sud del Mediterraneo ai quali il Consiglio d'Europa mette a disposizione il proprio know-how e i propri strumenti o ancora nelle iniziative per la protezione dei Rom o in tema di migrazione e d'asilo. Con il rapporto «Vivere insieme: Conciliare diversità e libertà nell'Europa del XXI secolo», discusso alla seduta del Comitato dei Ministri in maggio 2011 a Istanbul, il Consiglio d'Europa ha fornito un contributo rilevante a un dibattito fondamentale di politica sociale. Nel frattempo, ha acquisito rilevanza il tema delle riforme della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa. In questo contesto, la Svizzera milita a favore di una governance con una più ampia base di appoggio.

Con l'imminente adesione dell'UE alla Convenzione europea dei dritti dell'uomo, anche le azioni e omissioni di funzionari dell'Unione europea potranno essere denunciate alla CEDH. Nella seconda metà del 2011, il progetto di trattato di adesione è stato un importante soggetto di discussione in seno al Consiglio d'Europa.

OSCE Il vertice dell'OSCE ­ il primo da 11 anni ­ svoltosi ad Astana (Kazakistan) nel dicembre 2010, ha permesso unicamente di riconfermare gli impegni presi. Il progetto di un piano d'azione con misure concrete è fallito in seguito a divergenze inconciliabili in merito ai conflitti prolungati nella zona OSCE. Sebbene il clima delle trattative sia migliorato da allora, gli Stati occidentali e la Russia, nonché gli Stati nati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica non si sono sostanzialmente ravvicinati, né per quanto concerne il controllo degli armamenti, né in termini di attuazione degli impegni relativi alla dimensione umana. La decisione annunciata dagli Stati Uniti e da altri 14 Paesi NATO di non informare più la Russia sull'armamento, lo stato e lo stazionamento delle proprie forze convenzionali (la Russia ha sospeso la sua partecipazione al Trattato del 19 novembre 1990 sulle forze convenzionali in Europa [FCE] nel 2007) potrebbe avere ripercussioni sul controllo degli armamenti in Europa. Poiché le decisioni sono prese per consenso, l'OCSE non è sempre in grado di sfruttare
appieno il potenziale del suo concetto multidimensionale di sicurezza.

La sicurezza della Svizzera dipende in larga misura da un regime di pace stabile in Europa e dalla capacità della comunità degli Stati europei di prevenire e risolvere conflitti interni e internazionali. La Svizzera ha pertanto un eminente interesse al consolidamento dell'OSCE quale organizzazione politica di sicurezza con un'ampia base partecipativa e un ampio concetto della sicurezza. In quanto Stato neutrale e non allineato, la Svizzera si adopera per promuovere il dialogo tra i blocchi ­ che sussistono tuttora ­ e per instaurare la fiducia. Sono tre gli ambiti al centro del suo operato: ­

dall'inizio del 2011, la Svizzera presiede il Comitato per la dimensione umana. In questa veste e in stretta collaborazione con gli organi esecutivi, delinea i lavori dell'OSCE nel campo dei diritti umani, dello stato di diritto e della democrazia, e contribuisce a migliorare la realizzazione degli impegni dell'OSCE da parte degli Stati membri. La presidenza svizzera ha dato nuovo slancio ai lavori sulla dimensione umana mediante l'introduzione di novità sul piano organizzativo e della possibilità per gli Stati membri di riferire, su base volontaria, circa la realizzazione degli impegni dell'OSCE. La

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Svizzera appoggia inoltre attivamente il dibattito sull'efficacia dei numerosi workshop, seminari e conferenze sul tema dei diritti umani; ­

in ambito politico-militare, la Svizzera coordina le consultazioni informali legate alla decisione adottata ad Astana (Kazakistan) di aggiornare il Documento di Vienna del 1999 sulle misure di fiducia e sicurezza, per adeguarlo ai grandi cambiamenti intervenuti in Europa dopo il 1999 sul piano della sicurezza;

­

ai fini della prevenzione dei conflitti e della risoluzione delle crisi in atto, la Svizzera si impegna inoltre finanziariamente e progettualmente per lo sviluppo delle capacità di mediazione dell'OSCE.

Nel 2011, l'Ufficio dell'OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) ha valutato per la seconda volta le elezioni federali. Nel novembre 2011, tre delegati alla tolleranza si sono recati in Svizzera, su mandato della presidenza dell'OSCE, per farsi un'idea del grado di razzismo, xenofobia e discriminazione, anche nei confronti di svariate comunità religiose, presenti nella società svizzera.

Il 2 dicembre la Svizzera si è candidata, congiuntamente alla Serbia, alla presidenza dell'OSCE per il periodo 2014 (Svizzera) e 2015 (Serbia). Il Consiglio dei Ministri dell'OSCE ha approvato le loro candidature e la decisione diventerà effettiva nel febbraio 2012, al termine della cosiddetta procedura del silenzio.

2.1.1.3

Relazioni con Stati europei selezionati

Il fitto intreccio di relazioni di interdipendenza sul piano politico, economico, culturale e di società della Svizzera con l'Europa richiede un intenso scambio diplomatico con i Paesi europei in generale e i Paesi confinanti in particolare. La maggior parte di questi Paesi è membro dell'UE e partecipa all'elaborazione di politiche e direttive comunitarie che, molto spesso, hanno incidenza sulla Svizzera. Un altro gruppo di Stati, pur non facendo (ancora) parte dell'UE, allinea la propria politica e legislazione su quella comunitaria. È il caso in particolare degli Stati dei Balcani nonché di alcuni Stati dell'Europa orientale. Alla stregua dell'UE e dei suoi Stati membri, anche la Svizzera si adopera per la stabilizzazione politica ed economica e per lo sviluppo di questi Paesi. Infine, la Russia e la Turchia svolgono un ruolo importante non solo in Europa ma anche nel mondo e sono quindi interlocutori importanti in vari settori anche per la Svizzera.

Esercitare un influsso sulle condizioni-quadro europee che la concernono richiede uno sforzo particolare per la Svizzera in quanto Paese non membro dell'UE. La Svizzera lavora pertanto risolutamente all'intensificazione delle relazioni con il maggior numero di Paesi europei.

Paesi confinanti Per la loro eminente importanza economica, politica e culturale, anche nel 2011 le relazioni con i Paesi confinanti sono state intensificate. Nel 2011, la Presidente della Confederazione ha incontrato i capi di Stato e di governo di Germania, Italia, Austria e Liechtenstein e si è intrattenuta anche con i Ministri degli esteri di questi Paesi. Oggetto delle discussioni sono state sia le questioni bilaterali che le sfide a livello europeo e internazionale. L'intenso dialogo a tutti i livelli consente di eserci-

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tare un influsso mirato, offre un orecchio attento alle preoccupazioni della Svizzera e permette di identificare opportunità di cooperazione bilaterale.

Sul piano bilaterale, il dibattito è incentrato sull'attuazione dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone (misure di accompagnamento), la fiscalità, l'energia e i trasporti.

Fiscalità: le convenzioni per evitare le doppie imposizioni rivedute per adeguarle alle norme OCSE relative all'assistenza amministrativa sono entrate in vigore nel 2010 con la Francia e rispettivamente il 1º marzo e il 21 dicembre 2011 con l'Austria e la Germania. Con l'Italia è in atto da molto tempo un intenso dialogo sulle questioni fiscali ancora irrisolte. Nel 2011, la Svizzera ha potuto firmare un accordo complementare con la Germania teso a regolarizzare averi non dichiarati e istituire un'imposta alla fonte liberatoria su futuri redditi di capitali mobili e guadagni in capitale.

Questioni energetiche: dopo gli eventi di Fukushima, la Svizzera e i Paesi confinanti si sono consultati, in particolare sulle questioni di sicurezza legate alle centrali nucleari e alle politiche energetiche (cfr. n. 2.3.7).

Questioni legate ai trasporti: sono stati condotti negoziati con la Germania e l'Italia in vista della realizzazione, entro le scadenze previste, dei raccordi nord e sud della nuova ferrovia transalpina (NFTA) e con la Francia in merito al raccordo alla rete ferroviaria europea ad alta velocità, nonché alla rete dei trasporti locali.

Formazione e ricerca: la Svizzera intrattiene relazioni privilegiate e particolarmente intense con i Paesi vicini in tema di formazione e ricerca. Si tengono regolarmente incontri bilaterali formali a livello ministeriale e amministrativo con le autorità competenti di Francia, Germania, Austria e Italia. Questi incontri consentono alla Svizzera di trattare questioni quali il programma-quadro dell'UE nei settori della formazione, della ricerca e dell'innovazione, la collaborazione multilaterale nelle grandi strutture di ricerca (CERN, ITER, X-Fel, ecc.) o le questioni di cooperazione nel settore della formazione professionale.

La collaborazione transfrontaliera regionale, essenzialmente di competenza dei Cantoni, costituisce un ulteriore importante pilastro delle relazioni con i Paesi confinanti. Alla Confederazione spetta
creare condizioni quadro ottimali per lo sviluppo di spazi economici e vitali nella regione frontaliera. Il Parlamento ha approvato15 il Protocollo n. 3 del 16 novembre 2009 alla Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali relativo ai gruppi euroregionali di cooperazione (GEC). Con la presidenza svizzera della commissione intergovernativa germano-franco-svizzera per le questioni regionali nelle zone frontaliere dell'Alto Reno, da dicembre 2010 a maggio 2012, la regione trinazionale dell'Alto Reno rimane un polo importante della cooperazione transfrontaliera. Le priorità sono lo sviluppo dell'infrastruttura dei trasporti, il miglioramento dell'accesso ai mercati, la promozione della protezione della popolazione nonché lo scambio tra i vari enti territoriali.

I nostri aeroporti contribuiscono in maniera determinante allo sviluppo delle regioni.

La Svizzera si adopera per conservarne l'attrattiva discutendo con la Francia e la Germania.

15

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Euroairport Basilea-Mulhouse-Friborgo: sono in corso discussioni con la Francia per trovare una soluzione in materia di diritto del lavoro e di diritto sociale, favorevole per le imprese situate nella zona doganale svizzera, che tenga conto della situazione particolare di questo aeroporto binazionale. Scopo delle discussioni è preservare l'attrattiva dell'aeroporto e dei posti di lavoro delle imprese con sede in tale zona.

Aeroporto di Zurigo-Kloten: l'aeroporto di Zurigo è un importante fattore strategico di competitività per la Svizzera e per il Baden del Sud. Le limitazioni tedesche dei voli di avvicinamento pesano da anni sulle relazioni con la Germania. Un gruppo di lavoro congiunto, nominato dai rispettivi ministeri dei trasporti, sotto la direzione delle competenti autorità aeronautiche, si adopera per definire i capisaldi di una nuova convenzione sulla base dell'analisi del rumore, già effettuata congiuntamente.

Europa occidentale e Europa centrale Fiscalità: nel 2011 la Svizzera ha potuto sottoscrivere una convenzione anche con la Gran Bretagna che prevede la regolarizzazione di valori patrimoniali sinora non gravati da imposta, nonché un'imposta alla fonte liberatoria su futuri redditi di capitali mobili e guadagni in capitale. Con il Lussemburgo e l'Austria, due Stati che difendono interessi analoghi alla Svizzera in materia di segreto bancario, hanno luogo intensi scambi in ambito di politica fiscale.

Contributo all'allargamento: con il suo contributo all'allargamento, la Svizzera partecipa alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata. Sono beneficiari di questo contributo i dodici Stati che hanno aderito all'Unione europea dal 2004 (cfr. n. 2.1.1.1 e n. 2.3.4).

Spagna: le relazioni tra la Svizzera e la Spagna sono cordiali e intense e si caratterizzano da vari anni per i numerosi e regolari incontri di alto rango. La visita di Stato di re Juan Carlos I e della regina Sofia di Spagna nel maggio 2011 è il prodotto di questa amicizia e del rispetto reciproco.

Europa sudoccidentale Balcani occidentali: i Paesi che compongono l'area occidentale dei Balcani (Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Macedonia e Albania) rimangono una regione prioritaria per la politica estera svizzera. Alla luce dei profondi legami personali che ci uniscono ­
quasi 400 000 persone nate in questa regione vivono nel nostro Paese ­ la pace, la stabilità e la prosperità economica nei Balcani sono di grande interesse per la Svizzera. Come sancito dalla strategia per l'Europa sudorientale, adottata nel 2005, la Svizzera si concentra su quattro ambiti: ­

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Stabilità e prevenzione dei conflitti: La Svizzera partecipa alle missioni internazionali di mantenimento della pace nella regione. Nel 2011, circa 20 cittadini svizzeri erano impiegati nelle missioni UE dell'Ufficio civile internazionale (International Civilian Office, ICO) e della Missione dell'Unione europea sullo Stato di diritto (European Rule of Law Mission, EULEX), nonché dell'OSCE. Hanno così potuto contribuire, per esempio, alla maggiore integrazione della minoranza serba in Kosovo o all'elaborazione del passato di guerra. In Bosnia ed Erzegovina la Svizzera ha avviato, con la partecipazione del Cantone di Zurigo, una collaborazione per rafforzare l'ufficio del ministero pubblico nazionale.

­

Sicurezza: la Svizzera ha partecipato alle missioni militari (KFOR nel Kosovo, EUFOR in Bosnia ed Erzegovina) con circa 250 membri delle forze armate impegnati in loco.

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Sviluppo economico: la Svizzera ha sostenuto progetti nei settori dello sviluppo sociale (formazione, salute, formazione professionale), delle infrastrutture (acqua, elettricità), della generazione di reddito e dello sviluppo di piccole imprese.

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Migrazione: la Svizzera ha proseguito i partenariati migratori con Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo.

Turchia: gli scorsi anni, la Svizzera ha approfondito e migliorato in modo mirato le sue relazioni bilaterali con la Turchia. Consultazioni regolari di alto livello ­ nell'anno in rassegna si possono annoverare contatti tra i ministri degli Esteri, una visita in Turchia del capo del DFE e una visita del segretario degli Esteri turco ­ consentono di affrontare numerose tematiche in maniera duratura e costruttiva. Nel 2011, le discussioni hanno toccato gli argomenti della libertà d'espressione, dell'assistenza giudiziaria, della cooperazione a livello di polizia nonché della collaborazione in materia di migrazioni. Dal 2009, un memorandum d'intesa disciplina la cooperazione in materia energetica.

Europa dell'Est e Asia centrale Russia: anche nel 2011, il Consiglio federale ha continuato ad approfondire le relazioni con la Russia. Gli intensi contatti, spesso di alto livello, hanno coinvolto tutti i dipartimenti. I capi di Stato si sono incontrati per la terza volta in tre anni. Il dialogo politico, economico, scientifico e culturale con la Russia è ormai istituzionalizzato.

Gli obblighi contrattuali e la sicurezza del diritto sono stati rafforzati con l'entrata in vigore dell'Accordo di facilitazione del rilascio di visti e di riammissione, dell'Accordo sulla cooperazione nell'ambito dell'istruzione militare, della convenzione per evitare le doppie imposizioni adeguata alle norme OCSE, dei memorandum d'intesa nei settori della finanza e dell'energia, nonché dell'Accordo di cooperazione per la modernizzazione dell'economia. Ulteriori progressi sono attesi nella cooperazione sulle questioni finanziarie, l'energia, l'OMC, il libero scambio e la protezione degli investimenti.

Altri Paesi dell'Europa orientale e dell'Asia centrale: la collaborazione con altri Stati nati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica è stata ulteriormente approfondita. Questi Paesi sono sempre più importanti per la Svizzera per il loro crescente peso politico ed economico, per le loro risorse, per questioni di sicurezza, per questioni legate alle migrazioni e per la loro appartenenza a organizzazioni internazionali. In alcuni Paesi, va sottolineato l'impegno della DSC e della SECO, segnatamente nei settori dell'approvvigionamento idrico, della salute, della promozione dell'economia privata nonché dell'aiuto umanitario. In
materia di sicurezza energetica la regione del Mar Caspio sta acquistando crescente importanza anche per la Svizzera.

Impegno a favore della pace, buoni uffici, mediazione della Svizzera Gli incontri avvenuti nel 2011 tra la Presidente della Confederazione e i capi di Stato della Georgia, dell'Azerbaigian e dell'Armenia sono la manifestazione delle buone relazioni tra la Svizzera e questi Paesi. In questa regione dai molti conflitti, l'impegno per la pace assume un'importanza primordiale accanto alla collaborazione 2587

politica, economica e tecnica. Con l'apertura dell'ambasciata svizzera a Erevan, il 31 marzo 2001, la Svizzera ha una rappresentanza diplomatica in ciascuna delle tre capitali del Caucaso meridionale.

Nel marzo del 2009 la Svizzera ha ricevuto l'incarico di rappresentare gli interessi della Russia in Georgia e quelli della Georgia in Russia. Questi mandati in qualità di potenza protettrice garantiscono le comunicazioni diplomatiche tra i due Stati che hanno interrotto le relazioni diplomatiche ufficiali. Le rappresentanze ufficiali dei due Paesi a Mosca e a Tbilisi sono state trasformate in cosiddette «sezioni degli interessi» e sono sotto la protezione delle rispettive ambasciate svizzere in loco. Alla fine del 2010 Mosca e Tbilisi hanno affidato alla Svizzera anche un incarico di mediazione nella questione dell'adesione della Russia all'OMC. Le trattative, durate quasi un anno, hanno avuto esito positivo e portato alla firma, il 9 novembre a Ginevra, di un accordo tra la Russia e la Georgia sull'amministrazione delle dogane e il controllo del traffico di merci. Questo accordo ha spianato la via per l'adesione della Russia all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Per quanto concerne la normalizzazione delle relazioni tra l'Armenia e la Turchia, manca ancora da parte di entrambi i Paesi la ratifica parlamentare dei Protocolli di Zurigo, firmati nel 2009 grazie alla mediazione della Svizzera. Nel 2011, la Svizzera ha appoggiato varie misure tese a ristabilire la fiducia tra la Turchia e l'Armenia.

Sotto l'egida dell'Alleanza delle civiltà, entrambi i Paesi si impegnano per la creazione di una relazione costruttiva tra regioni a maggioranza cristiana e a maggioranza musulmana.

Nel conflitto armeno-azero del monte Karabakh, la Svizzera rimane in contatto regolare con i copresidenti del Gruppo di Minsk dell'OSCE che guida gli sforzi di risoluzione della controversia.

Anche in Kirghizistan, la Svizzera contribuisce a promuovere la pace civile attraverso la cooperazione tecnica, la promozione del dialogo e la nomina di un direttore svizzero a capo del gruppo consultivo di polizia dell'OSCE.

2.1.2

Politica nei confronti del continente americano

Tendenze attuali nella regione Gli Stati Uniti d'America rimangono di gran lunga la potenza dominante sul continente americano, il cui operato si estende su tutta la regione, anche se con intensità tendenzialmente decrescente. Nel sud del doppio continente, il Brasile sta assurgendo, con crescente consapevolezza, da potenza regionale ad attore internazionale e manifesta la chiara volontà di esercitare un'influenza sugli sviluppi geostrategici.

Negli Stati Uniti, durante l'anno in rassegna, un intenso dibattito di politica interna è ruotato intorno al ruolo dello Stato e al deficit di bilancio, sullo sfondo di una ripresa solo parziale dalla recessione degli anni 2008­2009 e nell'imminenza delle elezioni presidenziali del 2012. Il debito pubblico ha superato la soglia del 100 % del prodotto interno lordo. Il compromesso in tema di bilancio pubblico, raggiunto in seno al Congresso nell'estate del 2011, non è stato in grado di calmare i mercati. Come negli anni precedenti, anche nel 2011 la politica estera degli Stati Uniti ha avuto quale punto focale geostrategico il Vicino e Medio Oriente.

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In America latina, la situazione politica è rimasta polarizzata anche nell'anno in rassegna. I Paesi che si professano fautori dell'economia di mercato godono di una solida crescita economica e, la maggioranza di loro, di stabilità macroeconomica; questi Paesi si sono rivelati attrezzati per difendersi dalle ripercussioni della crisi economica mondiale. Singoli Paesi emergenti sono assurti a Paesi industrializzati: il Cile, per esempio, è stato accolto in seno all'OCSE ­ secondo Paese latinoamericano dopo il Messico. Contemporaneamente rimane un problema per molti Paesi il profondo divario sociale, che si traduce in una criminalità quasi endemica e sfocia pertanto in una situazione di fragile sicurezza, soprattutto nel nord dell'America centrale. Il deficit di opportunità di scolarizzazione e formazione in molte parti dell'America latina costituisce una sfida ulteriore che in singoli Paesi si traduce in una carenza, avvertibile, di manodopera qualificata.

I Paesi della regione che, emuli del Venezuela, traggono ispirazione dal «socialismo del XXIesimo secolo» (per es. l'Ecuador o la Bolivia) devono affrontare cali di produttività e problemi legati alla piazza economica e il loro sviluppo politico si caratterizza per la tendenza all'autoritarismo. Decresce la loro attrattiva per gli investitori e le loro economie sono sempre più dipendenti da sovvenzioni statali, finanziate dal reddito del petrolio del Venezuela.

Sul piano regionale, il Brasile sta consolidando la propria posizione di forza politica ed economica, segnatamente a scapito degli Stati Uniti. È vero che Washington continua a esercitare una forte influenza in America latina, ma le ambizioni brasiliane unite alle nuove priorità geopolitiche degli Stati Uniti consentono di distinguere una tendenza al ripiegamento. La stessa tendenza si disegna anche a livello di un'integrazione regionale che mira, attraverso UNASUR e altre iniziative di cooperazione interregionale, a creare istituzioni che non coinvolgano gli Stati Uniti.

I Paesi asiatici, e in particolare la Cina, hanno ampiamente esteso la loro presenza in America latina negli scorsi anni. La ripresa economica in Asia orientale produce nuove opportunità, specie per i Paesi sulla costa del Pacifico. Ne è sintomatica l'«Alleanza del Pacifico», fondata nell'anno in rassegna a Lima da Perù,
Messico, Colombia e Cile. Gli investimenti che la Cina effettua nelle economie latinoamericane si focalizzano sull'estrazione di materie prime e sulla produzione e l'esportazione di prodotti alimentari. Contemporaneamente si trovano nei mercati dell'America latina in misura sempre maggiore prodotti cinesi. Questa tendenza rende la regione completamente dipendente dalle esportazioni di materie prime e frena la crescita di valore aggiunto locale.

Relazioni con gli Stati Uniti e il Brasile Nelle relazioni con i Paesi del continente americano, la Svizzera può beneficiare di una comunione di valori radicata nell'impronta storica data dall'Europa alla regione.

Le relazioni reciproche si fondano tradizionalmente sulle importanti comunità di Svizzeri in molti Paesi dell'America del Nord e del Sud e su una rete commerciale e consolare di lunga tradizione.

Stati Uniti: anche nell'anno in rassegna, gli interessi della Svizzera nei confronti degli Stati Uniti sono stati determinati dalle relazioni economiche. Per la Svizzera, gli Stati Uniti sono il secondo maggiore partner commerciale per importanza e nel 2010 la Svizzera era il Paese con il maggiore volume di investimenti diretti (esporta-

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zione di capitali)16 nel mercato statunitense. Nel dossier fiscale e finanziario, gli Stati Uniti non hanno allentato la pressione sulle banche svizzere. Nuove negoziazioni hanno avuto luogo sul tema dei dati relativi agli evasori fiscali (cfr. n. 2.3.1).

Nel 2011 la Svizzera ha proseguito gli sforzi per sviluppare la propria rete di contatti con gli Stati Uniti e identificare le opportunità di collaborazione in settori di interesse comune. A tale scopo, può avvalersi dei mandati tradizionali di tutela degli interessi che assume in nome degli Stati Uniti in Iran e a Cuba. Le consultazioni regolari, a livello politico e tra alti funzionari, costituiscono una piattaforma adeguata per consolidare l'accesso ai decisori di Washington. Nell'anno in rassegna, hanno svolto un ruolo di primo piano gli sforzi di mediazione della Svizzera e degli Stati Uniti tra Mosca e Tbilisi a favore dell'ammissione della Russia nell'OMC.

Inoltre, i contatti regolari tra parlamentari dei due Paesi promuovono la comprensione reciproca. Da parte americana, nell'anno in rassegna, è stato creato in Senato il gruppo «Amici della Svizzera» che si rifà allo storico «Friends of Switzerland Caucus» della Camera dei Rappresentanti. Da parte svizzera, i contatti sono curati dal gruppo parlamentare Svizzera-Stati Uniti.

Brasile: nel 2008, la Svizzera ha firmato con il Brasile, potenza regionale sudamericana, una dichiarazione d'intenti in vista della creazione di un partenariato strategico volto a sviluppare la collaborazione nei settori di interesse comune. Nel quadro di questa iniziativa, nell'anno in rassegna, Svizzera e Brasile hanno inaugurato una collaborazione rafforzata in tema di migrazioni e questioni finanziarie. Di recente, sono stati allacciati contatti in vista dell'avvio di un dialogo bilaterale in materia finanziaria con il Brasile. La Svizzera e il Brasile hanno consolidato la collaborazione anche nell'ambito della scienza e della tecnologia con il varo di progetti di ricerca comuni nei settori dell'energia, dell'ambiente e della sanità. Nell'ottobre 2011, gli enti incaricati della cooperazione allo sviluppo hanno gettato le basi per una cooperazione a favore di Stati terzi, innanzitutto in Africa subsahariana. Il Brasile è il primo partner commerciale della Svizzera in America latina per importanza.

La Svizzera
si è adoperata assiduamente per il miglioramento delle condizioni che regolano gli scambi economici. Segue, per esempio, la procedura dell'accordo di protezione degli investimenti nel Congresso brasiliano17 e valuta la fattibilità della sottoscrizione di un accordo di libero scambio tra l'AELS e il Mercosur.

Relazioni con altri Paesi del G20 nel continente americano Altri tre Stati del continente americano, oltre agli Stati Uniti e al Brasile, sono membri del G20 e assumono pertanto un particolare interesse per la Svizzera. Si tratta di Canada, Messico e Argentina. Alla Svizzera sta particolarmente a cuore consolidare il proprio accesso ai decisori di tutti i Paesi del G20 attraverso una collaborazione rafforzata in settori di interesse comune.

Canada: l'Accordo di libero scambio AELS­Canada, entrato in vigore nel 2009, ha dato nuovo slancio alle relazioni economiche tra la Svizzera e il Canada in questi ultimi anni. La Svizzera si adopera inoltre per stimolare la cooperazione nei settori delle scienze, della ricerca e dell'innovazione, segnatamente attraverso la piattaforma per l'esportazione «Cleantech Switzerland». Di interesse comune sono anche 16 17

2010: 41,27 miliardi di dollari USA, secondo il Dipartimento del commercio degli Stati Uniti Questo accordo, firmato nel novembre del 1994, non è ancora entrato in vigore perché manca la ratifica del Brasile.

2590

le attività nell'ambito dei diritti umani, in particolare per quanto attiene a tematiche quali la responsabilità sociale delle imprese (corporate social responsibility) che Svizzera e Canada affrontano fianco a fianco nei fori multilaterali, condividendo posizioni comuni al riguardo.

Messico: le relazioni tra la Svizzera e il Messico sono fortemente articolate intorno alla cooperazione bilaterale. La cooperazione si concentra segnatamente sulla politica ambientale e sulla sostenibilità. Inoltre, la Svizzera e il Messico collaborano in tema di politica internazionale delle migrazioni: nel dicembre 2010 la Svizzera è subentrata al Messico alla presidenza del «Forum globale su migrazione e sviluppo».

Sul piano economico, il Messico è un sito di produzione interessante per le imprese europee, quindi anche svizzere, che intendono esportare sul mercato statunitense. Gli scambi commerciali sono facilitati da un accordo di libero scambio AELS-Messico.

Argentina: la collaborazione tra la Svizzera e l'Argentina verte su questioni di carattere multilaterale, in particolare in tema di sicurezza delle persone. Nell'aprile del 2011, Svizzera e Argentina hanno organizzato congiuntamente il terzo Forum regionale per la prevenzione del genocidio con l'obiettivo di creare un meccanismo per promuovere la ricerca della verità e impedire la violenza di massa. In ambito economico, hanno firmato un accordo in vista della creazione di una commissione mista per la tutela degli interessi economici della Svizzera in Argentina e per lo sviluppo della collaborazione economica bilaterale.

Relazioni con altri partner regionali La Svizzera ha relazioni diplomatiche con tutti i Paesi della regione. La loro intensità è determinata, da un lato, dagli interessi della Svizzera e, dall'altro, dalla dinamica di sviluppo del Paese partner. In questo contesto rivestono un interesse particolare il Cile, la Colombia e il Perù, con i quali l'AELS ha firmato accordi di libero scambio. La Svizzera mantiene contatti bilaterali regolari a livello di funzionari con questi tre Paesi e, se del caso, anche con altri partner. Nell'anno in rassegna sono stati organizzati incontri con la Colombia, il Perù e Cuba e nel 2012 ne è previsto uno con il Cile.

Negli scorsi anni, sono in parte stati ridefiniti gli strumenti della cooperazione svizzera
allo sviluppo in America latina. Nell'anno in rassegna, la DSC ha riaffermato il proprio impegno nella lotta alla povertà in Bolivia, Haiti e America centrale, mentre la SECO ha assicurato la sostenibilità dei progressi fatti registrare in Perù, Colombia e in Paesi dell'America centrale da progetti volti a rafforzare la competitività e la diversificazione commerciale, segnatamente nei settori dell'ambiente, del clima e dell'energia.

La Svizzera inoltre si impegna in America latina per il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e promuove i principi della democrazia, dello stato di diritto e della divisione dei poteri. Così facendo, ha messo l'accento su temi come l'analisi del passato e la giustizia transizionale, specialmente in Colombia e nel nord dell'America centrale, dove la sicurezza è a repentaglio a causa delle fragili strutture statali e della criminalità organizzata. Ulteriore ambito di intervento della Svizzera è il codice di condotta delle imprese private, particolarmente quelle operanti nelle industrie estrattive. In Colombia, la Svizzera ha proseguito le proprie attività di promozione della pace e dei diritti umani, appoggiando soprattutto iniziative di pace della società civile per proteggere i profughi interni.

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In Venezuela sviluppi e prospettive vanno analizzati alla luce dei problemi di salute del Presidente Chavez. A seguito del clima di investimento sfavorevole, la Svizzera è nuovamente intervenuta a favore di imprese svizzere presso i funzionari venezuelani. Nel quadro dell'Esame periodico universale (UPR) del Venezuela, in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU, ha emesso le sue raccomandazioni sulla situazione dei diritti umani.

Ad Haiti, la Svizzera appoggia la ricostruzione sostenibile che costituisce il proseguimento dell'aiuto umanitario prestato immediatamente dopo il terremoto del gennaio 2010. Con la legge federale del 1° ottobre 201018 sulla restituzione di averi di provenienza illecita di persone politicamente esposte, entrata in vigore il 1° febbraio 2011, il Consiglio federale ha creato la base giuridica per la restituzione allo Stato haitiano degli averi dell'ex Presidente Duvalier, bloccati in Svizzera da 25 anni (cfr. anche n. 2.3.1).

Anche nei forum multilaterali, per molteplici ragioni, i Paesi del continente americano sono per la Svizzera partner importanti e interessanti. Per esempio in seno all'ONU, la Svizzera lavora in stretta collaborazione con il Costa Rica, nel quadro del Small Five Group, a proposte per metodi di lavoro orientati all'efficienza del Consiglio di sicurezza e alla riforma del regime di sanzioni contro il terrorismo.

Parallelamente, la Svizzera si impegna a livello regionale. Ha lo statuto di osservatore presso l'Organizzazione degli Stati Americani (OAS), di cui appoggia le attività a favore della libertà di opinione sul continente. Con la Banca interamericana di sviluppo (IDB) sussiste una stretta collaborazione su temi di politica dello sviluppo.

Sfide e prospettive Le relazioni della Svizzera con i Paesi del continente americano saranno caratterizzate anche negli anni a venire dal rapporto con gli Stati Uniti e dalle dinamiche dello sviluppo in America latina. La Svizzera ha intessuto legami molto stretti con gli Stati Uniti in numerosi settori di interesse, per cui è necessario comporre al più presto la controversia fiscale a condizioni accettabili per entrambe le parti. Nel contempo, va allargata ulteriormente la rete di contatti con il mondo politico e quello dell'amministrazione e vanno identificati settori di interesse comune con potenzialità
di collaborazione, sia sul piano multilaterale che bilaterale.

In America latina, dove molti Paesi si sono ripresi bene dalla crisi finanziaria del 2008­2009 e registrano da allora una solida crescita, la Svizzera ha interesse a collocarsi adeguatamente e a rafforzare la propria presenza. Occorre rivolgere particolare attenzione, in questo contesto, alle future opportunità che offre l'«economia verde» (green economy). Molti Stati latinoamericani inoltre condividono le posizioni delle Svizzera su questioni multilaterali e mondiali (governance internazionale, clima, sviluppo sostenibile, diritti umani, ecc.). Per gli interessi svizzeri, essi appaiono pertanto come alleati naturali, con i quali occorre ricercare e mantenere la collaborazione. Questo vale in particolare per i partenariati con i Paesi della regione membri del G20, importanti per esporre il punto di vista della Svizzera su questioni finanziarie ed economiche internazionali.

Infine, la Svizzera continua a impegnarsi nel quadro della cooperazione allo sviluppo sul continente e milita a favore dei diritti umani e dello stato di diritto. Contribuisce così alla creazione di condizioni quadro stabili e affidabili che costituiscono il 18

RS 196.1

2592

presupposto per l'ulteriore intensificazione delle sue poliedriche relazioni con i Paesi del continente americano.

2.1.3

Politica nei confronti di Asia e Oceania

Tendenze attuali Il progresso significativo sul piano politico, economico e sociale della regione AsiaPacifico è proseguito anche nel 2011: lo storico spostamento del centro di gravità geopolitico dall'area atlantico-mediterranea a quella dell'Asia-Pacifico non si ripercuote soltanto sulle nostre relazioni bilaterali con questi Stati, ma accresce anche la loro influenza politica nelle organizzazioni e nei fori internazionali.

Relativamente risparmiati dalla crisi monetaria e del debito che ha colpito l'Europa e gli Stati Uniti, pressoché tutti i Paesi della regione hanno registrato una forte crescita anche nel 2011 e sono pertanto assurti a motore della ripresa delle economie occidentali esportatrici dopo la crisi finanziaria ed economica. Trainata da robuste esportazioni e investimenti nel settore immobiliare e delle infrastrutture, la Cina costituisce sempre la locomotiva più importante dell'economia mondiale. La sua domanda di materie prime, beni di investimento e di consumo ha stimolato l'economia e pertanto favorito anche la maggior parte delle economie degli altri Paesi della regione.

Il tasso medio di crescita del PIL di molti Paesi importanti della regione sull'arco degli ultimi dieci anni conferma questa tendenza (Cina circa 10,5 %, India 7,8 %, ASEAN 5,8 %; Australia 2,8 %). I Paesi dell'area Asia-Pacifico contribuiscono nella misura del 27 per cento al prodotto sociale lordo mondiale e del 50 per cento circa alla crescita economica mondiale.

Il dinamismo economico della regione incide però anche direttamente sul paesaggio politico mondiale: mentre i tradizionali centri di potere ­ Stati Uniti ed Europa occidentale ­ attraversano una fase di debolezza economica, e pertanto anche politica, si consolida il peso degli attori dell'area dell'Asia-Pacifico. È ormai inconcepibile immaginare soluzioni ai problemi mondiali senza una partecipazione sostanziale dei grandi Stati asiatici: oltre al seggio permanente della Cina nel Consiglio di sicurezza dell'ONU, la regione Asia-Pacifico conta sei Paesi del G20 (Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Indonesia e Australia); inoltre, la presidenza dell'ASEAN e Singapore partecipano agli incontri del G20, quest'ultima quale rappresentante di fatto del Global Governance Group («3G», composto da importanti Paesi non membri del G20 tra cui la Svizzera).
Tuttavia, il dinamismo della regione è frenato da una serie di problemi e fonti di tensione: inquinamento dell'ambiente e saccheggio delle risorse naturali, enormi disparità di reddito, governance debole o instabilità politica, una serie di conflitti aperti e tensioni latenti tra Stati. Inoltre, molti Paesi della regione sono ancora restii ad assumersi le responsabilità derivanti dal nuovo ruolo che rivestono sulla scena mondiale.

La costellazione di Stati tra l'Hindu Kush e le isole del Pacifico inoltre è molto più variata rispetto all'Europa sul piano storico, sociale, politico ed economico: accanto a Stati con un ordinamento giuridico liberaldemocratico, ne troviamo altri che propugnano il liberismo economico ma combattono la libertà d'espressione. Vi sono Paesi in sviluppo e Paesi industrializzati, dittature e regimi autoritari di svariata natura e svariate gradazioni nel rispetto dei diritti umani e, infine, vi è un gruppo di 2593

Stati profondamente in crisi. Divario sociale e intolleranza religiosa di stampo islamista, induista o buddista sono il pretesto per conflitti armati, che in parte trascendono le frontiere, manifestazioni di estremismo e attacchi terroristici. Il bilancio degli sviluppi politici è assai modesto: in uno scenario in cui perduravano conflitti militari (Afghanistan, Pakistan), erano perpetrati attacchi e si poteva osservare in alcuni Paesi un incremento della repressione contro dissidenti politici o determinate etnie, alcuni Stati hanno comunque fatto passi avanti sul cammino della stabilità o della democrazia.

Infine, la regione si caratterizza tradizionalmente per il grande numero e la durata di conflitti latenti o aperti che gli scorsi anni hanno avuto tendenza a inasprirsi a causa della ripresa economica, ma anche, almeno parzialmente, per motivi di politica interna. Rientrano fra questi, oltre al conflitto coreano, anche la disputa del Kashmir, le controversie di confine tra Thailandia e Cambogia, le rivendicazioni, sempre più violente, di arcipelaghi nei mari dell'Asia occidentale o le contese territoriali nell'Himalaya. Queste tensioni regionali, nonché la volontà di controllare i flussi finanziari e l'accesso alle fonti di materie prime e di dare una prova di forza della propria importanza politica sulla scena mondiale, si traducono in un incremento del budget per gli armamenti. Sono particolarmente rilevanti gli sforzi intrapresi per rafforzare le capacità marittime (addirittura l'acquisto di portaerei).

Contrariamente all'Europa, l'Asia non dispone di un sistema di sicurezza regionale le cui organizzazioni avrebbero facoltà di intervenire nei conflitti con finalità di conciliazione o mediazione. Sta comunque maturando la convinzione che le istituzioni regionali siano nell'interesse di tutti. È interessante osservare come intorno all'ASEAN, la cui ragion d'essere era originariamente arginare il comunismo in Asia occidentale nonché promuovere e integrare le economie, si stia formando una sorta di struttura regionale a geometria variabile (ASEAN Regional Forum, ASEAN+3, ASEAN+6, EAS, ecc.) che attrae anche Stati al di fuori del Sud-Est asiatico (Cina, India, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e, addirittura, Stati Uniti e Russia). I primi tentativi di mediazione, per esempio
dell'Indonesia, in veste di presidente dell'ASEAN, nel conflitto che oppone Thailandia e Cambogia in merito a un tempio khmer, oppure dell'ASEAN nelle controversie di frontiera nel mare della Cina meridionale, possono essere visti come il segno incoraggiante di una crescente consapevolezza delle proprie responsabilità. Lo stesso dicasi degli sforzi intrapresi nel quadro dell'International Contact Group per l'Afghanistan, un'organizzazione retta, accanto agli Stati Uniti, soprattutto da Stati asiatici della regione, al fine di assumere maggiori responsabilità per una soluzione di pace nell'Hindu Kush. È indiscutibile che, dopo anni di esitazione, gli Stati Uniti stiano rafforzando la propria presenza militare e strategica nell'area dell'AsiaPacifico. Molti Paesi hanno ripreso a vedere gli Stati Uniti come il contrappeso all'espansionismo cinese e quindi come irrinunciabili garanti della stabilità regionale.

La politica estera svizzera nei confronti di Asia e Oceania Nel 2011 è apparso chiaro alla comunità internazionale al di fuori dell'Asia, e in particolare all'Europa, che è imprescindibile, nel proprio interesse, approfondire ulteriormente i legami con questa regione del globo economicamente dinamica.

Questo vale tanto più per la Svizzera, Paese che coltiva relazioni con l'intera comunità internazionale, conduce una politica estera indipendente e universale, vanta imprese operanti nel mondo intero ed è consapevole che le grandi questioni del 2594

nostro tempo possono essere risolte soltanto insieme agli altri. L'area dell'AsiaPacifico è il secondo partner economico regionale della Svizzera per importanza (dopo l'Europa, ma prima dell'America del Nord). Il 13 per cento degli scambi commerciali svizzeri avviene con questa regione. Nel 2010, questa proporzione ha registrato uno spettacolare incremento del 17 per cento. Il 14 per cento dei turisti stranieri in Svizzera proviene dall'Asia e dall'Oceania, con tendenza al rialzo.

Nel 2011, la politica estera svizzera nei confronti dell'area dell'Asia-Pacifico è stata caratterizzata anche da un impegno modulato sulle caratteristiche dei Paesi che la compongono. Ne sono l'espressione l'intensificazione dei contatti politici a vari livelli, lo sviluppo della già fitta rete di accordi, gli interventi di aiuto allo sviluppo economico e sociale, nonché la solidarietà dimostrata in situazioni di crisi. Se è vero che sono state privilegiate le relazioni con i tre maggiori partner (Cina, India e Giappone) per la loro palese importanza e l'evidente peso politico, è stata prestata particolare attenzione all'intensificazione delle relazioni con i rimanenti Stati della regione Asia-Pacifico. Questi Paesi stanno diventando sempre più importanti quali partner economici e politici, sul piano regionale, evidentemente, ma anche su quello mondiale e occorre quindi coltivare buone e profonde relazioni con loro.

Asia orientale Ai sensi della strategia adottata dal Consiglio federale nel 2007 nei confronti della Cina, le intense relazioni con il Paese si incentrano su quattro settori di cooperazione chiave: politica e diritti umani, economia, scienza/tecnologie/formazione, nonché ambiente ed energia. Oggi però includono anche numerosi altri argomenti quali migrazione, salute, sicurezza, politica di sviluppo, cultura, lavoro e occupazione. Lo strumento politico più importante è il dialogo a scadenze regolari, fissato nel memorandum d'intesa (MoU) del settembre 2007 e la cui seconda tornata di discussioni a livello ministeriale si è tenuta a Berna nel 2011. La visita di lavoro ufficiale del ministro cinese degli Affari Esteri Yang Jiechi nel maggio 2011, nonché una serie di altri incontri a livello governativo e ministeriale hanno confermato l'eccellenza delle relazioni bilaterali. Nel marzo dello stesso anno, nel
quadro dell'undicesimo ciclo di dialogo sui diritti umani, avviato nel 1991, si è discusso di riforme giuridiche, diritto penale, esecuzione delle pene, libertà di culto e diritti delle minoranze. Il dialogo sulle migrazioni avviato nell'ottobre 2010 è proseguito nel 2011 al fine di rafforzare la cooperazione in materia. Sotto il profilo economico, la Cina è, dal 2010, il partner commerciale più importante della Svizzera in Asia. Per questo motivo è considerato un successo particolare il lancio, nel gennaio 2011, delle trattative in vista di un accordo di libero scambio. Il Consiglio federale ha inoltre approvato, nella seduta del 9 novembre 2011, il memorandum d'intesa con la Cina che istituisce il dialogo sulle questioni finanziarie e che adesso può essere firmato. Nel giugno 2011 è inoltre stato sottoscritto un accordo di libero scambio tra l'AELS e Hong Kong. Sempre con Hong Kong, la Svizzera ha firmato una convenzione di doppia imposizione rivista.

Infine, una convenzione di diritto privato per evitare la doppia imposizione è entrata in vigore tra Taiwan e la Svizzera. La collaborazione in materia di scienza, tecnologia e formazione attraverso l'antenna Swissnex di Shanghai è proseguita anche nel 2011.

Per la similitudine di interessi e valori, il Giappone è un partner importante della Svizzera, soprattutto in ambito bilaterale e segnatamente in seno all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in tema di ambiente e di non proliferazione delle armi nucleari. In quanto moderna società industrializzata, il Giappone condivide 2595

molti dei problemi e delle sfide cui sono confrontati gli Stati dell'Europa occidentale: invecchiamento della popolazione, finanziamento dello Stato sociale, problematica del debito, migrazioni. Nel 2011, le relazioni della Svizzera con il Giappone sono state segnate dalla triplice catastrofe del marzo 2011. Nella seconda metà dell'anno si è tenuta la prima tornata del dialogo politico auspicato nel memorandum d'intesa del luglio 2010 allo scopo di rafforzare ulteriormente le relazioni politiche.

Il Giappone rimane per la Svizzera un importante Paese per gli investimenti e il secondo partner commerciale in Asia, dopo la Cina. Con il Giappone, la Svizzera mantiene inoltre un dialogo regolare sulle questioni finanziarie. In ambito di scienza e tecnologia, il Giappone è annoverato tra gli otto Paesi prioritari della Svizzera, con un interesse particolare per la ricerca medica.

In quanto membro del G20, economia nazionale stabile e in espansione e democrazia consolidata, la Corea del Sud sta acquistando un'importanza crescente sulla scena politica mondiale. L'approfondimento delle relazioni bilaterali auspicato dalla Svizzera è stato concretato nel 2011 con una prima tornata di consultazioni politiche.

La Commissione di supervisione delle nazioni neutrali (NNSC), nella quale la Svizzera è rappresentata fin dal 1953, ha partecipato in marzo e in dicembre 2010 a indagini speciali sulla violazione dell'armistizio tra le due Coree. Corea del Sud e Svizzera hanno instaurato uno stretto e oculato partenariato nel quadro della diplomazia climatica multilaterale, dove collaborano intensamente in seno all'Environmental Integrity Group.

Il 2011 segna la nona tornata del dialogo politico tra la Svizzera e la Corea del Nord, instaurato nel 2003. Nel 2011, le relazioni bilaterali con la Mongolia sono state rinsaldate con un incontro a livello presidenziale a margine del Forum economico mondiale a Davos (WEF) e, per la prima volta, con consultazioni politiche a Ulaanbaatar.

Asia meridionale L'India è una grande potenza emergente con la quale la Svizzera coltiva solide relazioni. La politica della Svizzera nei confronti dell'India si è incentrata anche nel 2011 sui settori della politica, dell'economia, delle scienze, della tecnologia e della formazione nonché dell'energia e dell'ambiente. Gli scambi diplomatici,
avviati con la visita della responsabile del DFAE a Nuova Delhi in settembre 2010 e seguiti dal viaggio in India di una delegazione economica mista sotto la direzione del capo del DFE in aprile 2011, sono culminati con la visita in Svizzera della Presidente dell'India nell'ottobre 2011. Sono in corso negoziati in vista di un accordo di larga portata sul commercio e gli investimenti nel quadro dell'AELS. Il 3 ottobre 2011, nell'ambito della visita di Stato della Presidente dell'India Pratibha Devisingh Patil, è stato sottoscritto a Berna un memorandum d'intesa concernente il dialogo sulle questioni finanziarie. A Bangalore è stato aperto un nuovo consolato generale che comprende Swissnex (Casa svizzera per gli scambi scientifici).

Il Pakistan, afflitto da conflitti interni ed esterni, non è stato in grado di partecipare pienamente alla ripresa economica in Asia e, da questo punto di vista, costituisce un fattore di rischio. Il dialogo politico annuale con il Pakistan si è tenuto in febbraio a Berna. Una delegazione di uomini d'affari pakistanesi si è recata in maggio in Svizzera per pubblicizzare la propria piazza economica, ma la situazione precaria in termini di sicurezza non consente di sfruttarne appieno il potenziale. La Svizzera ha preso parte agli sforzi internazionali in Pakistan sia sul piano bilaterale (cooperazio-

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ne allo sviluppo e aiuto umanitario) che multilaterale e regionale (Friends of Democratic Pakistan).

In Afghanistan, la Svizzera ha proseguito il suo impegno politico di lungo respiro e ha partecipato anche agli sforzi condotti dalla comunità internazionale sul piano politico nell'Hindu Kush, aderendo al gruppo di contatto internazionale sull'Afghanistan. Una delegazione del DFAE ha preso parte in dicembre 2011 alla Conferenza di Bonn sull'Afghanistan. Il Bhutan è un partner dell'aiuto svizzero allo sviluppo che sostiene fra l'altro la democratizzazione del Paese. Nell'ottobre 2010 il Primo ministro buthanese si è recato in visita in Svizzera; si tratta della prima visita a questo livello diplomatico. La visita del Presidente delle Maldive nel settembre 2011 ha offerto l'opportunità di intavolare discussioni in tema di democrazia e questioni ambientali. Le relazioni con il Bangladesh sono fortemente improntate alla collaborazione per lo sviluppo, con un'attenzione particolare rivolta alle problematiche climatiche. Infine, il Nepal e lo Sri Lanka rimangono Paesi nei quali l'impegno della DSC presenta una dimensione politica e con i quali è coltivato il dialogo sul piano diplomatico.

Sudest asiatico Alla stregua di Cina e Giappone, la maggior parte degli Stati del Sud-Est asiatico hanno registrato progressi notevoli sul piano economico e politico che hanno inciso positivamente sulle relazioni bilaterali con la Svizzera. Nel 2011 si è potuto instaurare un dialogo politico con tutti gli Stati appartenenti all'ASEAN, con l'eccezione delle Filippine e di Myanmar. I primi frutti di questa nuova strategia sono stati la firma di un memorandum d'intesa per una collaborazione politica rafforzata con il Vietnam e il primo dialogo politico con Brunei.

Il dialogo con Singapore, il più importante partner commerciale nel Sud-Est asiatico, si caratterizza per gli interessi economici e la rilevanza strategica dei suoi mercati finanziari, nonché per essere improntato alla cooperazione multilaterale (Small Five/S5 e Gruppo Global Governance ­ G20). Sempre con Singapore, si è potuta firmare la già riveduta convenzione di doppia imposizione. Con la Thailandia, secondo partner commerciale nella subregione per importanza, i festeggiamenti per l'80°anniversario dell'allacciamento di relazioni diplomatiche bilaterali
hanno permesso di intrattenere relazioni economiche, che presentano un potenziale di ulteriore sviluppo, e di intervenire a favore di una ripresa tempestiva delle trattative in vista di un trattato di libero scambio tra l'AELS e la Thailandia. Le autorità thailandesi hanno apprezzato che la Svizzera abbia messo a disposizione due esperti per appoggiare la commissione thailandese per la verità e la riconciliazione, lodando anche il suo impegno ininterrotto nei campi profughi sul confine tra la Thailandia e il Myanmar.

Le relazioni con l'Indonesia, perno economico dell'ASEAN, sono state marcate dall'appartenenza del Paese al G20 e dalla sua presidenza dell'ASEAN. Tra i punti chiave di queste relazioni figurano le trattative in corso su un ampio accordo di partenariato economico tra AELS e Indonesia e su un accordo bilaterale di tutela degli investimenti, così come gli incontri regolari di una commissione economico-commerciale congiunta e di un gruppo di lavoro nel settore dell'ambiente. L'Indonesia è tra l'altro uno dei sette Paesi prioritari della cooperazione allo sviluppo della SECO.

Si è continuato ad attribuire grande importanza al dialogo interreligioso, dato che l'Indonesia, Stato con la popolazione musulmana più numerosa al mondo, è considerato in linea di massima il rappresentante di un Islam moderato e moderno. In ambi2597

to multilaterale si è data importanza all'iniziativa svizzero-indonesiana in relazione alla Convenzione di Basilea del 22 marzo 198919 sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione. Il dialogo politico con la Malaysia si è incentrato sull'attuazione della dichiarazione di cooperazione economica tra AELS e Malaysia del 20 luglio 2009 e sul possibile ruolo di mediazione di entrambi i Paesi tra le diverse culture e comunità religiose nei forum multilaterali.

Nel mese di dicembre 2010 si è tenuto un incontro tra i rispettivi ministri degli esteri a Berna.

Il Vietnam negli ultimi anni si è rivelato una delle economie nazionali con la maggior crescita a livello mondiale e nel 2011 ha raggiunto lo stato di Paese emergente.

L'analisi della fattibilità di un accordo di libero scambio tra AELS e Vietnam si è conclusa e la parte svizzera ha sollecitato il rapido avvio delle trattative ufficiali.

Oltre ai temi economici, nelle relazioni sono passati in primo piano il graduale ritiro della DSC e il costante impegno della SECO nella cooperazione allo sviluppo, le consultazioni istituzionalizzate sui diritti umani e la promozione della cooperazione tra le università e le scuole universitarie professionali svizzere e vietnamite. La firma di un memorandum d'intesa (MoU) su una maggiore collaborazione politica e di un MoU sulla cooperazione bilaterale in materia di lavoro e occupazione, nonché le reciproche visite ad alto livello, hanno dato degno rilievo al 40° anniversario dell'avvio delle relazioni diplomatiche bilaterali.

Il dialogo politico con il Laos e la Cambogia si è incentrato sulla cooperazione allo sviluppo e su temi multilaterali e regionali. Nel 2012, la Cambogia assumerà la presidenza dell'ASEAN, mentre il Laos ospiterà a Vientiane il vertice ASEM, importante per la Svizzera a causa della sua domanda d'adesione agli Incontri AsiaEuropa. Nei colloqui bilaterali diplomatici con le Filippine si è discusso principalmente di relazioni economiche e degli sforzi in corso presso il parlamento filippino al fine di creare una base legale per l'indennizzo delle vittime del regime di Marcos, nonché della formazione di un gruppo di lavoro congiunto per le questioni di migrazione a Berna.

Pacifico: Australia, Nuova Zelanda e Stati insulari Grazie alla grande
domanda di materie prime, l'Australia, potenza regionale e membro del G20, vive un vero e proprio boom economico. Le relazioni con la Svizzera sono contrassegnate da intense attività d'investimento di ditte svizzere in Australia e dalla maggiore diaspora svizzera nell'intero spazio asiatico-pacifico. Nel 2010, Svizzera Turismo ha aperto un ufficio a Sydney. Inoltre, il programma di cooperazione svizzero-australiano SAAN ha creato una piattaforma di scambio scientifico che dà importanti impulsi alla collaborazione scientifica bilaterale. Infine, la Svizzera ha recentemente intrapreso i passi necessari per avviare un dialogo sulle questioni finanziarie con l'Australia.

La cooperazione con la Nuova Zelanda si è intensificata negli ultimi anni, prevalentemente in ambito multilaterale, in particolare su temi quali i diritti umani, la politica della pace, l'ambiente e la governance finanziaria (3G). La Svizzera tiene adeguatamente conto delle istanze dei piccoli Stati insulari del Pacifico, facilitandone la presenza a Ginevra e segnatamente in seno ai consessi multilaterali e regionali che si occupano di politica climatica. Nell'ottica di una politica estera universale, alla fine del 2010 la Svizzera ha avviato relazioni diplomatiche con le Isole Cook.

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Integrazione regionale Alla luce della crescente importanza dei forum interregionali, rientra sempre più nell'interesse della Svizzera adoperarsi per aderire a consessi regionali selezionati.

Nel contesto sud asiatico, la Svizzera è entrata a far parte dei forum multilaterali Friends of Democratic Pakistan FoDP e International Contact Group ICG. La Svizzera dà così un maggiore spessore politico al proprio contributo alla stabilizzazione di Afghanistan, Pakistan e dell'intera regione dell'Asia centrale e meridionale, evidenzia la propria partecipazione alla ripartizione internazionale degli oneri e rafforza la propria voce nel dialogo internazionale.

Nel marzo 2011, la Svizzera ha inoltrato domanda d'adesione agli Incontri AsiaEuropa (ASEM), il maggior forum di dialogo politico tra Asia/Oceania ed Europa su temi attuali di politica regionale e mondiale, con l'obiettivo di essere eletta membro a pieno titolo in occasione del prossimo vertice che si terrà nel Laos nel 2012. L'utilità dell'ASEM si è rivelata negli scorsi anni per esempio nelle discussioni sulla riforma del sistema finanziario internazionale e sulla ridefinizione dei mercati finanziari, ma anche nei preparativi del vertice sul clima di Cancùn e come piattaforma per un efficiente networking.

Sfide e prospettive Le grandi differenze tra gli Stati dello spazio asiatico-pacifico richiedono strategie individuali, adattate ai singoli Stati, al fine di raggiungere il principale obiettivo: instaurare rapporti solidi, di reciproca utilità e basati sul mutuo rispetto tra la Svizzera e gli Stati partner. È necessario approfondire e ampliare la rete contrattuale in tutti gli ambiti, per esempio ricorrendo a trattative concernenti ulteriori accordi di libero scambio, ma occorre anche badare ad appoggiare questi Paesi mediante misure mirate nel campo dello sviluppo, della tutela dell'ambiente o dei diritti umani e a fornire loro aiuto umanitario o d'urgenza, in caso di catastrofe.

Nel 2012, il dialogo politico e gli incontri con Cina, India, Giappone ed altri Stati della regione continueranno a ritmo serrato, come pure le consultazioni politiche sull'Asia con gli USA, l'UE, la Russia e la Norvegia. Sulle orme della strategia adottata nel 2011 a favore di un maggiore impegno nelle organizzazioni regionali, nel 2012, la Svizzera si prefigge di
aderire all'ASEM, rafforzare le relazioni con l'ASEAN, rappresentare i propri punti di vista nei forum Friends of Democratic Pakistan e International Contact Group, allacciare i primi contatti con il Pacific Island Forum (PIF) e la SAARC (Associazione Sud-Asiatica per la Cooperazione Regionale) in Asia meridionale e valutare in quale misura l'impegno svizzero possa essere intensificato.

2.1.4

Politica nei confronti dell'Africa subsahariana

Tendenze in atto nella regione Nel 2011, malgrado la ripresa, l'Africa subsahariana è stata ancora esposta a un clima economico relativamente debole, a evoluzioni politiche caratterizzate da instabilità e a condizioni climatiche e umanitarie critiche. Sul piano economico, malgrado il confermato rientro nei tassi di crescita antecedenti la crisi mondiale del 2008, andato soprattutto a favore dei Paesi produttori di petrolio e ricchi di materie prime, i Paesi importatori di prodotti energetici o alimentari sono stati ulteriormente indebo2599

liti da una congiuntura sfavorevole e da un settore agricolo debole. La povertà, l'assenza di prospettive economiche e la fragilità istituzionale di alcuni Paesi continuano a generare forti movimenti migratori e favoriscono l'incremento della criminalità.

A livello politico, l'Africa subsahariana ha alle spalle un intenso periodo elettorale, destinato a protrarsi nel 2012. Nei Paesi interessati, nell'insieme gli scrutini si sono svolti nella calma e le tensioni preelettorali, ad eccezione della Costa d'Avorio, non hanno innescato reazioni violente. Le numerose contestazioni rivolte ai risultati elettorali evidenziano tuttavia che il cammino da percorrere verso una stabilità politica e democratica durevole è ancora lungo; una stabilità spesso ostacolata dalle tensioni interetniche e dalla mancanza di un effettivo controllo statale su vaste zone del territorio nazionale.

Un clima politico ed economico stabile consentirebbe di sviluppare maggiormente il potenziale del continente africano e di alimentare la speranza in un avvenire migliore per gran parte della sua popolazione. È nell'interesse della Svizzera adoperarsi affinché le cose vadano in questo senso; la vediamo così operare in Africa subsahariana nei settori della promozione della pace e del buon governo, sostenere vari Paesi della regione negli sforzi volti a raggiungere gli Obiettivi del Millennio e venire in aiuto alle popolazioni colpite da crisi umanitarie, come per esempio la grave crisi alimentare del Corno d'Africa nell'estate 2011. Sette dei dodici Paesi prioritari della cooperazione allo sviluppo della Confederazione si trovano in Africa, come pure due programmi speciali. La Svizzera conta inoltre tre programmi di promozione civile della pace in Africa subsahariana (Africa occidentale e centrale, Grandi Laghi e Sudan, Sud Sudan e Corno d'Africa). L'impegno attivo della Confederazione in Africa subsahariana le permette di instaurare buone relazioni con la maggioranza degli Stati della regione. Tali relazioni le consentono di difendere i propri interessi in una regione importante sulla scena internazionale.

Africa australe Il Sudafrica, figura chiave nel continente africano per il ruolo politico ed economico determinante nella regione, è un interlocutore strategico per la Svizzera. Le relazioni bilaterali con questo Paese costituiscono
una delle priorità della politica estera svizzera. In questo senso, nel marzo 2008 è stato firmato a Ginevra un memorandum d'intesa (MoU) sul rafforzamento della cooperazione reciproca tra la Svizzera e il Sudafrica. Tra i settori oggetto della cooperazione vi sono la politica, l'economia, lo sviluppo, la promozione della pace, l'istruzione, la scienza e la cultura. Ogni anno si tengono incontri ad alto livello; il terzo si è svolto sotto la guida del segretario di Stato del DFAE a Berna nel marzo 2011. Durante il meeting, la scienza e il mutamento climatico sono stati identificati come campi nei quali la collaborazione fra i due Paesi può essere intensificata.

In seguito alla firma del MoU, la Svizzera e il Sudafrica hanno istituito un Comitato economico bilaterale misto. Il Sudafrica è il principale partner commerciale della Svizzera nel continente africano e in seno alla SACU, l'Unione doganale dei Paesi dell'Africa meridionale. Il volume commerciale bilaterale tra Svizzera e Sudafrica ha raggiunto un totale di 1,53 miliardi di franchi nel 2010. Il Sudafrica è il principale mercato di sbocco per le esportazioni di merci svizzere nel continente. In fatto di investimenti esteri diretti, la Svizzera ha registrato uno stock di 4,4 miliardi di franchi alla fine del 2009 mentre il Sudafrica ha assorbito, nello stesso anno, il 54 per cento degli investimenti svizzeri diretti in Africa subsahariana. La SECO si impegna su tre fronti: lo sviluppo di un'economia competitiva e inclusiva, il rafforzamento 2600

del Sudafrica quale polo regionale commerciale e di valutazione negli ambiti economici chiave e l'efficienza energetica correlata ai cambiamenti climatici.

La Svizzera ha inoltre concluso un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica con il Sudafrica, uno degli otto Paesi extraeuropei con i quali le relazioni scientifiche sono approfondite in modo mirato. Sotto l'egida del Swiss South African Joint Research Programme (SSAJRP), sedici programmi di ricerca e oltre sessanta progetti di scambio sono dedicati alle bio e nanotecnologie, alla sanità pubblica, alla biomedicina e alle scienze umane e sociali. La cooperazione svizzera allo sviluppo opera in Sudafrica dal 2008, principalmente con un programma globale basato sulla ricerca di soluzioni ai problemi correlati ai cambiamenti climatici. È inoltre attiva nel quadro del programma regionale per l'Africa australe (SADC), articolato attorno a tre ambiti: HIV/AIDS, sicurezza alimentare e buon governo.

In Tanzania e Mozambico, Paesi prioritari della cooperazione svizzera allo sviluppo, la DSC interviene sul piano della salute, dello sviluppo economico e della governance. Un programma speciale incentrato sullo sviluppo rurale è in atto in Madagascar. Nello Zimbabwe, la Confederazione fornisce aiuto umanitario alla popolazione sotto forma di assistenza alimentare e contribuisce al rilancio della produzione agricola, ciò che ha permesso al Paese di triplicare la propria produzione alimentare.

Il suo appoggio volto a facilitare l'accesso al trattamento dell'HIV/AIDS in un Paese in cui un bambino su quattro è orfano a causa dell'AIDS, permette attualmente di raggiungere quasi il 60 per cento delle persone nel bisogno, contro il 25 per cento nel 2007.

Regione dei Grandi Laghi La regione dei Grandi Laghi ha alle spalle un periodo elettorale intenso, in un ambiente tuttora fragile dal punto di vista della sicurezza. Dopo il Burundi, il Ruanda e l'Uganda, la Repubblica democratica del Congo ha tenuto elezioni presidenziali e legislative il 28 novembre 2011. Il bilancio di questa maratona è contrastato: se i processi elettorali dei Paesi summenzionati si sono svolti generalmente nella calma, i movimenti dell'opposizione hanno contestato i risultati delle elezioni.

Tensioni postelettorali hanno scosso l'Uganda e soprattutto il Congo, dove il processo
elettorale è stato fortemente criticato. In Burundi va sottolineato l'aumento della violenza a sfondo politico dopo le elezioni dell'estate del 2010. Al di là delle ricorrenti tensioni postelettorali, lo sviluppo di un clima di stabilità politica ed economica nella regione dei Grandi Laghi è ostacolato dal persistere dei problemi strutturali della regione, ovvero la fragilità dello Stato di diritto, le ripetute violazioni dei diritti umani, l'impunità e i problemi fondiari.

Nel quadro della strategia 2009­2012 del DFAE per la regione dei Grandi Laghi, la Svizzera ha contribuito ad affrontare queste sfide attraverso il suo programma regionale di cooperazione allo sviluppo, il programma di politica della pace e le attività in materia di aiuto umanitario. L'obiettivo della Svizzera è quello di promuovere la pace, la stabilità e la sicurezza nella regione, contribuendo all'integrazione regionale come pure allo sviluppo istituzionale e sociale di questi tre Paesi. Un'attenzione particolare è dedicata al rafforzamento della società civile e alla supervisione dei processi elettorali, al rispetto dei diritti umani, al dialogo democratico e all'analisi del passato. Data l'importanza della regione del Kivu, situata nella Repubblica democratica del Congo, per una pace durevole nei Grandi Laghi, la Svizzera ha deciso di intensificare il suo impegno nell'area.

2601

A livello multilaterale, dal luglio 2009 la Svizzera assicura la presidenza della Configurazione del Burundi in seno alla Commissione di consolidamento della pace delle Nazioni Unite. In questo modo mette a disposizione dell'ONU le sue conoscenze approfondite della situazione politica e sociale del Burundi. Esperti svizzeri sono impegnati in missioni dell'ONU in Burundi e nella RDC, in particolare nell'ambito dello sminamento umanitario.

Africa orientale e Corno d'Africa Il Corno d'Africa è una delle aree più instabili del continente africano. La mancanza di stabilità in generale e la fragilità delle istituzioni statali in Somalia in particolare, i ricorrenti conflitti tra Stati e le aspirazioni indipendentiste di diverse regioni comportano tre maggiori conseguenze per la comunità internazionale: in primo luogo, i numerosi spostamenti di popolazioni toccate dalla situazione politica e umanitaria generano forti pressioni migratorie nei Paesi della regione, ma anche in Medio Oriente e in Europa; in secondo luogo, l'assenza di uno Stato di diritto è terreno fertile per lo sviluppo della pirateria nel golfo di Aden, rotta marittima di importanza strategica per gli scambi commerciali internazionali; in terzo luogo, la progressione dell'estremismo, personificato dalle milizie Al Shabaab, accresce il pericolo di un'esportazione del conflitto somalo sotto forma di atti terroristici nella regione e in Occidente. I ripetuti episodi di pirateria al largo delle coste somale, il deterioramento della situazione umanitaria e la forte pressione migratoria sollecitano la comunità internazionale a impegnarsi più attivamente a favore di una stabilizzazione regionale.

L'impegno della Svizzera nel Corno d'Africa poggia su due pilastri: l'aiuto umanitario e la promozione della pace. A fronte dell'aumento delle popolazioni sfollate e dell'urgenza alimentare nella regione dall'estate 2011, la Svizzera ha intensificato l'impegno umanitario in Somalia, Etiopia e Kenya. Le attività a favore della promozione della pace prevedono il finanziamento di diversi progetti negli ambiti del dialogo e della governance locale. La Svizzera è attiva anche nel campo dello sminamento. Per intensificare il suo impegno a favore della stabilizzazione della Somalia, nel 2009 la Svizzera ha aderito all'International Contact Group on Somalia.
Il 9 luglio 2011, in seguito al referendum del gennaio 2011 che aveva raccolto il 98,8 per cento di suffragi favorevoli all'indipendenza del Sud Sudan, il 55° Stato africano è venuto alla luce conformemente alle disposizioni dell'Accordo di pace globale del 2005 tra il governo sudanese e il Movimento/Esercito popolare di liberazione del Sudan (SPLM/A). La Svizzera ha rapidamente riconosciuto il Sud Sudan come Stato indipendente d'intesa con la comunità internazionale, stabilendo relazioni diplomatiche e consolari attraverso l'ambasciata svizzera in Etiopia. Anche se questo scrutinio rappresenta una tappa importante nelle relazioni tra i due Paesi, segnate per decenni da conflitti, numerose sfide post-referendarie richiedono l'appoggio della comunità internazionale, per esempio la demarcazione della frontiera tra il Sudan e il Sud Sudan, il controverso territorio di Abyei, le questioni monetarie, la distribuzione di attivi e passivi come pure delle risorse e dei proventi petroliferi.

Fedele al proprio impegno in materia di promozione della democrazia, di appoggio ai processi di pace, di protezione dei diritti umani e della convivenza pacifica tra i popoli, dal 1998 la Svizzera è molto attiva in Sudan e nel Sud Sudan. Quando nel Paese imperversava la guerra civile, la Svizzera ha contribuito all'accordo di cessate il fuoco nel territorio dei Monti Nuba che, dopo la firma nel 2002 sul Bürgenstock, 2602

ha spianato la strada all'accordo di pace tra il Nord e il Sud. Per quanto riguarda le questioni post-referendarie, dall'ottobre 2010 la Svizzera fornisce, su domanda delle due parti, consulenza specializzata in materia di distribuzione di averi e oneri statali, indebitamento, questioni bancarie e monetarie. Inoltre, accorda al Sud Sudan un sostegno specifico per redigere una legge sulla fondazione di una banca centrale e per creare una nuova moneta. Infine, se interpellati in tal senso, gli esperti svizzeri forniscono consulenza al Sudan e al Sud Sudan sull'elaborazione di nuove costituzioni. L'aiuto umanitario della Confederazione, che dal 2004 dispone di un ufficio programma a Khartoum e dal 2006 a Juba, fornisce innanzitutto aiuto in caso d'emergenza e appoggio ai rifugiati di rientro e agli sfollati interni in entrambi i Paesi, compreso il Darfur. L'attenzione è rivolta in particolare alla sicurezza alimentare, all'accesso all'acqua potabile, alle cure sanitarie e alle misure di protezione delle popolazioni civili. Inoltre, la Svizzera investe circa 1 milione di franchi in progetti di sicurezza alimentare e strumenti per la pace. Nel complesso, i fondi stanziati per il Sudan nel 2010 si sono aggirati attorno ai 75 milioni di franchi, di cui 53 in contributi obbligatori alle missioni dell'ONU (UNMIS e UNAMID). Nel quadro del proprio impegno, la Svizzera ha prestato attenzione a mantenere una posizione equilibrata, sostenendo sia il Sudan che il Sud Sudan.

Africa centrale e occidentale Benché determinati Paesi abbiano compiuto progressi sul cammino del buon governo, della democrazia e dello sviluppo, l'Africa centrale e quella occidentale rientrano ancora tra le regioni più instabili del mondo. Nel 2011, la regione è stata profondamente segnata dai disordini postelettorali in Costa d'Avorio e dalla critica situazione dal punto di vista umanitario e della sicurezza in Libia. Il crescente impoverimento e la forte insicurezza alimentare sono aggravati dai cambiamenti climatici, dalle crisi economiche, dalla crescita demografica e dai movimenti migratori. Il malgoverno degli Stati fragili, le crisi politiche, i conflitti armati e la diffusione del terrorismo e della criminalità organizzata nel Sahel compromettono ulteriormente la stabilità della regione.

La Svizzera si sforza di affrontare queste
sfide, facendo leva sulle potenzialità della regione e combinando differenti strumenti della propria politica estera in un'ottica di efficacia e complementarietà. La cooperazione allo sviluppo della DSC, i cui campi d'attività sono lo sviluppo rurale, l'istruzione e la governance, opera in Benin, Burkina Faso, Mali, Niger e Ciad. La cooperazione economica della SECO si concentra sul Ghana. L'aiuto umanitario agisce in modo mirato nei Paesi in cui regnano le principali situazioni d'emergenza, come durante la crisi in Costa d'Avorio. In materia di sicurezza umana, nel 2006 la Svizzera ha lanciato un programma politico di promozione della pace che si concentra su Mali, Niger e Ciad. Il programma opera soprattutto nella regione sahelo-sahariana. Mette inoltre a disposizione dell'ONU esperti di polizia e questioni doganali, in particolare in Costa d'Avorio (ONUCI) e Liberia (UNMIL). Nel Ghana è attivo nel quadro della cooperazione militare con il Centro di addestramento internazionale di mantenimento della pace (KAIPTC).

Sussistono inoltre impegni nel campo dello sminamento umanitario. Infine, nell'ambito della migrazione, la Svizzera è impegnata nell'attuazione del partenariato migratorio con la Nigeria.

2603

Sfide e prospettive Benché l'Africa subsahariana disponga di ricchezze e potenziali come una popolazione giovane, materie prime, terre coltivabili ancora poco sfruttate, una diversità geografica e opportunità di sviluppo economico e turistico, il continente è ancora alla ricerca della propria chiave di sviluppo. La Svizzera deve perseguire una politica di sviluppo convincente che, in stretta collaborazione con i Paesi africani, elabori strategie adeguate contro la povertà, gli effetti del cambiamento climatico e le fragilità economiche e istituzionali, applicando strumenti di gestione sostenibile delle risorse del continente. A questo fine occorre che, all'interno della cooperazione allo sviluppo e della promozione della pace promosse dalla comunità internazionale, la Svizzera intensifichi le relazioni politiche con i dirigenti dei Paesi africani e contribuisca a creare un ambiente favorevole allo sviluppo degli scambi economici.

Per rafforzare le relazioni bilaterali e politiche ad alto livello con i dirigenti dei Paesi africani, la Svizzera dispone di uno strumento prezioso, ovvero la rete di rappresentanze e la piazza internazionale di Ginevra, dove la maggior parte di questi dirigenti si reca regolarmente per partecipare alle conferenze internazionali. Il vertice della Francofonia, svoltosi con grande successo a Montreux nell'ottobre 2010, ha permesso di approfondire il dialogo multilaterale e bilaterale con i Paesi africani.

Considerate le difficili condizioni dell'Africa subsahariana all'inizio del nuovo millennio, è nell'interesse della Svizzera continuare a sostenere il continente nella lotta alla povertà e ai problemi di sviluppo e contribuire a risolvere le attuali sfide politiche, economiche e della sicurezza.

2.2

Priorità multilaterali della politica estera svizzera

Sulla scia della globalizzazione, le organizzazioni multilaterali si sono aggregate sempre più in forum nei quali vengono formulati e discussi approcci di soluzione alle sfide mondiali. Per le questioni politiche, l'ONU ha solitamente la sovranità sulle tematiche trattate, mentre per gli aspetti economici gli impulsi provengono in prevalenza dal G20.

In questo ambito, le organizzazioni multilaterali sono strumenti sempre più importanti della politica estera svizzera. Consentono infatti di discutere e affrontare aspetti di interesse globale e regionale in un contesto strutturato e di dare il proprio contributo alla ricerca di soluzioni che possono essere condivise dal maggior numero possibile di Paesi. È importante che la Svizzera segua le discussioni internazionali e partecipi al dialogo multilaterale, soprattutto nei forum in cui si forma l'opinione pubblica internazionale. Può così ottenere nuove possibilità di esercitare il proprio influsso su ambiti importanti per la propria politica estera.

L'impatto della crisi finanziaria ed economica mondiale ha mostrato l'importanza di organismi che si occupano di questioni economiche, finanziarie e monetarie a livello mondiale. La Svizzera ha un interesse particolare ad essere coinvolta in questo settore e a influenzarne gli sviluppi e le decisioni. Altrettanto importante è il suo ruolo nelle organizzazioni del sistema dell'ONU, dove vengono adottate decisioni che riguardano in modo determinante la Svizzera e i suoi interessi di politica estera.

È inoltre necessario, in virtù della partecipazione attiva nelle organizzazioni a orientamento regionale e tematico, far valere le esigenze specifiche della Svizzera e ampliare la rete di contatti di politica estera.

2604

2.2.1

ONU e giustizia penale internazionale

Sviluppi attuali e impegno svizzero In occasione del vertice mondiale del 2005, i capi di Stato e di Governo hanno varato un ampio ventaglio di riforme, che continuano a influenzare tutti e tre i pilastri delle attività dell'ONU: nel campo della pace e della sicurezza si segnalano passi avanti soprattutto per quanto riguarda il consolidamento e la promozione della pace. I relativi strumenti e meccanismi, segnatamente la Commissione dell'ONU per il consolidamento della pace, sono stati ulteriormente sviluppati e ampliati negli ultimi anni. Nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, nello scorso anno gli Stati membri si sono accordati su un piano d'azione volto a garantire la realizzazione degli Obiettivi del Millennio entro il 2015. Inoltre, nel mese di giugno 2012 si terrà una conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile (Rio+20). Per quanto riguarda il terzo pilastro, i diritti dell'uomo, è stata al centro dell'attenzione la valutazione del Consiglio dei diritti dell'uomo. Istituito nel 2006, il Consiglio ha così superato la sua prima prova.

Alla luce delle crescenti interdipendenze e della conseguente vulnerabilità del mondo odierno, si ripropone anche la domanda relativa al ruolo dell'ONU nella risoluzione di problematiche di portata mondiale. L'attuale crisi finanziaria ed economica ha messo in evidenza i limiti della capacità decisionale dell'ONU. Grazie alla sua universalità tematica e geografica, l'ONU ha la facoltà di prendere decisioni di incontestata legittimità, preparando il terreno per la loro attuazione sul piano nazionale; parallelamente, a differenza per esempio del G20, è però limitata nella capacità di prendere decisioni rapide. La sfida della comunità internazionale degli Stati consiste perciò nel coordinare e armonizzare tra loro le decisioni guida dei diversi attori globali e di accrescere la coerenza di tali decisioni. Il gruppo informale a carattere internazionale 3G («Global Governance Group»), di cui fa parte anche la Svizzera, persegue l'obiettivo di rafforzare la posizione dell'ONU in questo processo di armonizzazione.

Joseph Deiss, presidente della 65a Assemblea generale dell'ONU, ha fatto della questione del buon governo mondiale il motivo conduttore del suo mandato. Durante la presidenza è riuscito ad apportare numerosi contributi concreti a favore di un maggior
coordinamento tra ONU e G20. Deiss è riuscito a dare importanti spunti per il rafforzamento dell'ONU in qualità di attore globale anche in altri ambiti tematici.

La sua presidenza ha costituito una buona opportunità per evidenziare e sviluppare il profilo della Svizzera come membro attivo e innovativo dell'ONU. L'immagine positiva all'interno dell'ONU è un buon punto di partenza per la campagna che la Svizzera ha previsto di lanciare per la sua candidatura al Consiglio di sicurezza per il periodo 2023­2024. Restano tuttavia numerose sfide da affrontare, non da ultimo il consolidamento della candidatura nella politica interna, affinché nel 2022 la Svizzera possa essere eletta per due anni al Consiglio di sicurezza.

Credibilità e affidabilità sono due qualità svizzere che occorrerà preservare anche in vista della candidatura al Consiglio di sicurezza. A tal proposito, vanno definite chiare priorità a lungo termine. Nei capitoli seguenti, il rapporto si focalizza sulle priorità della politica svizzera nell'ambito dei principali pilastri delle attività dell'ONU summenzionati. Nel periodo in rassegna, la Svizzera si è impegnata in particolare a favore di una giustizia penale internazionale forte ed efficiente e di un costante miglioramento delle capacità gestionali e dell'efficienza delle istituzioni 2605

dell'ONU. Complessivamente, in ambito multilaterale, continua a mettere l'accento sulla promozione della piazza internazionale di Ginevra e sulla presenza degli Svizzeri nelle organizzazioni internazionali.

Pace e sicurezza Riforma del Consiglio di sicurezza dell'ONU: la discussione sulla riforma del Consiglio di sicurezza ha assunto maggiore importanza in tempi più recenti. Il crescente influsso economico e politico di Stati come il Brasile, l'India o il Sudafrica hanno rafforzato in molti Paesi membri la convinzione che il Consiglio di sicurezza non rappresenti sufficientemente le odierne realtà geopolitiche. Le convergenze finiscono però quando si tratta di concretizzare il futuro assetto del Consiglio di sicurezza. La Svizzera sostiene una soluzione transitoria di compromesso, ovvero la creazione di una categoria di seggi non permanenti con un mandato di durata prolungata.

Tuttavia il suo interesse principale è ancora rivolto alla riforma dei metodi di lavoro del Consiglio. In un'iniziativa diplomatica congiunta con Costa Rica, Giordania, Liechtenstein e Singapore (Small Five, S5), la Svizzera si adopera per migliorare la trasparenza e l'integrazione della totalità dei Paesi membri dell'ONU nei lavori del organo decisionale più potente dell'ONU.

Lotta al terrorismo: dall'11 settembre 2001, la lotta contro il terrorismo è al primo posto nell'agenda dell'ONU. La Svizzera è un membro attivo e innovativo in questo ambito e negli ultimi anni ha contribuito in modo particolare all'attuazione della «Strategia globale antiterrorismo dell'ONU». Insieme a Germania, Austria, Norvegia, Turchia e USA sostiene, dal 2010 al 2012, un'iniziativa per una migliore applicazione regionale della Strategia mondiale, soprattutto in Asia e Africa. Grazie al suo impegno equilibrato, la Svizzera è riuscita a conferire l'adeguata importanza al rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto nella lotta al terrorismo. Già membro del gruppo d'azione contro il terrorismo del G8 (Counter Terrorism Action Group, CTAG), la Svizzera è stata invitata a collaborare al Global Counter-Terrorism Forum (GCTF), lanciato dagli USA nel settembre 2011. Questo forum sovranazionale riunisce 29 Stati e l'UE allo scopo di promuovere l'efficienza nazionale nella lotta contro il terrorismo. L'invito rivolto alla Svizzera è un segno di
riconoscimento dell'impegno profuso a favore della realizzazione della Strategia globale antiterrorismo dell'ONU. Anche in seno a questo consesso, la Svizzera si adopererà soprattutto per il rispetto dei diritti dell'uomo e per una stretta collaborazione con l'ONU, al fine di evitare doppioni e conflitti con le attività dell'organizzazione.

Sanzioni contro Al Qaida e i talebani: negli ultimi anni, il rispetto dei diritti umani e l'equità nell'ambito delle sanzioni mirate adottate dal Consiglio di sicurezza contro persone fisiche e giuridiche hanno catalizzato l'attenzione generale. Numerosi Stati membri hanno incontrato difficoltà al momento di applicare tali sanzioni, specialmente nel quadro di ricorsi dinanzi a giurisdizioni nazionali ed europee. Per tale ragione la Svizzera, insieme a un gruppo di Stati che ne condividono la posizione, si impegna dal 2005 per migliorare le garanzie procedurali per gli interessati. Un risultato intermedio di maggior spessore è stato ottenuto nel dicembre del 2009 con l'istituzione di un ufficio di mediatore, incaricato di accogliere le denunce delle persone interessate. Nell'ambito del rinnovo del regime delle sanzioni contro Al Qaida e i talebani, nel giugno del 2011 il mandato del mediatore è stato rafforzato.

Commissione di consolidamento della pace: attualmente, la Commissione di consolidamento della pace (CCP) si occupa del Burundi, della Guinea-Bissau, della Repubblica Centrafricana, della Sierra Leone, della Liberia e della Guinea. In linea 2606

di massima, la Svizzera si concentra su un approccio coordinato e integrato del consolidamento della pace, prendendo in considerazione gli attori dello sviluppo, degli aiuti umanitari e del mantenimento della pace. Ha partecipato alla verifica dell'assetto onusiano di consolidamento della pace, svoltasi nel 2010, e dal 2009 presiede la Configurazione del Burundi della CCP. Ha inoltre contribuito finanziariamente e materialmente all'elaborazione del rapporto indipendente del gruppo di specialisti di alto livello sulle capacità civili in situazioni post-conflittuali («Civilian Capacities Review»).

Operazioni di mantenimento della pace: con un organico di oltre 120 000 persone distribuite su una quindicina di missioni, le operazioni di mantenimento della pace si rivelano tuttora l'asso nella manica degli interventi dell'ONU e rappresentano uno strumento indispensabile per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale. Nel 2011, le tensioni che hanno caratterizzato i colloqui sul mantenimento della pace si sono accentuate, ritardando o bloccando diverse sessioni di negoziati. L'adeguamento tra mandati e mezzi, come pure i tassi di compensazione delle truppe dispiegate, sono la causa di disaccordo che rischia di compromettere il partenariato globale tra fornitori di truppe e finanziatori delle missioni di pace. Le riforme approfondite avviate dal Segretariato dell'ONU, volte a risolvere una parte di questi problemi, sono ancora in atto. Secondo le statistiche dell'ONU, nel 2011 la Svizzera ha partecipato alle operazioni con un effettivo di 17 soldati e agenti di polizia, posizionandosi al 100° posto dei fornitori di truppe. Dall'agosto 2011, il Capo di Stato maggiore aggiunto dell'organismo delle Nazioni Unite incaricato della sorveglianza della tregua nel Vicino Oriente è di nazionalità svizzera. A questo va ad aggiungersi una partecipazione civile in determinate missioni. Nel suo rapporto sull'esercito 2010 del 1° ottobre 201020, il Consiglio federale ha espresso l'intenzione di aumentare il contingente di soldati svizzeri impegnati nella promozione militare della pace, favorendo così le opportunità della Svizzera di ottenere posizioni politiche di alto livello nel settore delle missioni di pace. La Svizzera rinnova inoltre il proposito di rimanere attiva in occasione di
negoziati e dibattimenti sul futuro delle missioni onusiane di mantenimento della pace.

Diritti dell'uomo Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU: la Svizzera valuta positivamente l'operato del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite nel 2011. La dinamica in seno al Consiglio è diventata più costruttiva in seguito agli eventi di inizio anno. Tenendo tre sessioni straordinarie nel 2011 (Libia, Siria a due riprese) e prendendo importanti decisioni in merito a diverse altre situazioni (Costa d'Avorio) e temi delicati (orientamento sessuale e identità di genere, manifestazioni pacifiche), il Consiglio ha dimostrato di essere in grado di reagire a gravi violazioni dei diritti umani in tempi e modi appropriati. La Svizzera ha attivamente sostenuto la convocazione delle tre sessioni straordinarie. Nel caso della Libia, è la prima volta che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sospende uno Stato membro del Consiglio a causa delle violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani commesse nel Paese, mandando così un segnale importante agli attuali o potenziali violatori dei diritti umani. A cinque anni dalla sua creazione, il Consiglio ha superato l'esame dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che l'ha confermato nelle sue funzioni. Nel corso dei negoziati, la Svizzera si è particolarmente adoperata per la creazione di un ufficio di Presidente 20

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del Consiglio dei diritti dell'uomo, al fine di assicurare la continuità istituzionale e la professionalità della Presidenza del Consiglio. La Svizzera ritiene che il risultato di questo processo sia globalmente positivo, poiché ha permesso di apportare adattamenti tecnici e pragmatici ai metodi di lavoro del Consiglio, soprattutto per quanto riguarda l'Esame periodico universale, senza indebolirne i meccanismi.

La Svizzera è membro del Consiglio dei diritti dell'uomo fino al 2013. Nel 2011, ha introdotto iniziative interregionali sull'adozione di una dichiarazione delle Nazioni Unite sulla formazione e l'educazione ai diritti umani, sull'ambiente e i diritti dell'uomo e sull'introduzione di una procedura speciale sul diritto di conoscere la verità e sul diritto alla giustizia, al risarcimento e alla garanzia di non ripetizione.

Inoltre, su iniziativa della Svizzera, il Consiglio ha deciso di effettuare una tavola rotonda sulla promozione e la protezione dei diritti umani nel contesto di manifestazioni pacifiche (cfr. n. 2.3.2).

Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati: dal vertice mondiale dell'ONU nel 2005, l'Alto Commissariato ha vissuto un periodo di crescita nel quale il suo budget regolare è raddoppiato. Continua tuttavia a ricevere quasi due terzi dei fondi da contributi volontari degli Stati membri. Questo fatto espone l'Alto Commissariato a critiche secondo le quali obbedirebbe in prima linea ai donatori prevalentemente occidentali. Alcuni Paesi del Sud vorrebbero pertanto sottoporlo a un maggior controllo da parte del Consiglio dei diritti dell'uomo ed esercitare così, in ambito intergovernativo, maggiore influenza su priorità tematiche, interventi nazionali e composizione del personale. In qualità di Paese ospite della sede centrale dell'HCR e di uno dei suoi 15 maggiori donatori, la Svizzera si impegna fortemente per l'indipendenza dell'Alto Commissariato, pur sollecitandolo a curare una comunicazione più strategica e trasparente con i vari Stati.

Organismi internazionali di giustizia Tendenze mondiali: a quasi 10 anni dall'istituzione della Corte penale internazionale (qui di seguito CPI), la giustizia penale internazionale occupa un posto sempre più importante nelle relazioni internazionali. La comunità internazionale riconosce che la lotta contro l'impunità è una condizione
preliminare per una pace durevole. Per mezzo della Risoluzione 1970 (2011), adottata all'unanimità, il Consiglio di sicurezza ha deciso di deferire la situazione della Gran Giamahiria Araba Libica alla CPI. Questa misura ha permesso al Procuratore di intervenire molto precocemente in una situazione di crisi.

Per quanto concerne i tribunali penali internazionali ad hoc, vale a dire il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (TPIJ) e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (TPIR), è importante accogliere con favore l'arresto di tutti i presunti responsabili di crimini internazionali perseguiti dal TPIJ. In vista della strategia di chiusura di questi tribunali, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso, per mezzo della Risoluzione 1966 (2010), di creare un meccanismo internazionale incaricato di esercitare le funzioni residue dei due tribunali.

In occasione della Conferenza di revisione dello Statuto di Roma, svoltasi nel giugno 2010 a Kampala, in Uganda, il crimine di aggressione è stato definito a livello internazionale e integrato nella giurisdizione della CPI. A seguito di questo evento di portata storica, occorre ora preservare l'integrità del consenso ottenuto a Kampala.

Malgrado questi progressi, il successo della giustizia penale non è affatto garantito.

Una delle principali sfide della CPI consiste nella cooperazione tra gli Stati, senza la 2608

quale non può eseguire adeguatamente le sue attività né adempiere pienamente al suo mandato.

Attività della Svizzera: la Svizzera continuerà a impegnarsi a favore della lotta contro l'impunità e di una CPI in grado di adempiere all'importante mandato conferitole dagli Stati. È persuasa che la CPI debba operare su una base universale. In questo senso, prosegue negli sforzi tesi alla ratificazione universale dello Statuto di Roma e incoraggia tutti gli Stati membri a impegnarsi a loro volta. Per perseguire meglio gli autori dei crimini più efferati, la Svizzera ha apportato modifiche al proprio Codice penale21, entrate in vigore il 1° gennaio 2011. I principali emendamenti sono l'iscrizione nel diritto svizzero dei crimini contro l'umanità, la precisazione dei crimini di guerra, una nuova ripartizione delle competenze tra le autorità civili e militari e la soppressione del criterio dello «stretto legame» concernente l'esercizio della competenza universale per i crimini di guerra.

In occasione della 10a Assemblea degli Stati membri dello Statuto di Roma nel dicembre 2011, è previsto che la Svizzera assuma uno dei due posti di vicepresidente dell'Assemblea per un periodo di tre anni. Inoltre la Svizzera si impegnerà in particolare per l'elezione di un procuratore che goda di alta considerazione morale e che abbia solide competenze e grande esperienza. Con tutta probabilità, l'attuale vice-procuratrice Fatou Bensouda (Gambia) sarà chiamata ad assumere questa carica. La Svizzera sosterrà altresì l'elezione di giudici in grado di esercitare le proprie funzioni in modo indipendente. Raccomanderà inoltre di non ridurre il contributo finanziario alla CPI al fine di permetterle di adempiere correttamente al proprio mandato. La Svizzera presiederà inoltre il Gruppo di lavoro sugli emendamenti.

Corte internazionale di giustizia (CIG): alla fine del 2009, il Belgio ha depositato davanti alla CIG un atto introduttivo contro la Svizzera, adducendo diverse violazioni del diritto internazionale pubblico nell'ambito delle procedure di fallimento di Sabena e Swissair. Nel febbraio 2011, la Svizzera ha sollevato eccezioni preliminari, contestando l'esistenza di una controversia giuridica tra i due Paesi. Dopo averne preso atto, il Belgio ha rinunciato a proseguire la procedura. La CIG ha dunque emesso un decreto di
abbandono il 5 aprile 2011. Di conseguenza, la Svizzera non è più implicata in procedure dinanzi alla CIG.

Gestione e finanziamento dell'ONU Al vertice mondiale del 2005, i capi di Stato e di Governo si erano posti come obiettivo la riforma del segretariato dell'ONU. Dopo sei anni si può trarre il seguente bilancio: i progressi registrati sono incoraggianti, ma insufficienti. La maggioranza dei membri non è purtroppo disposta ad assegnare al Segretariato generale i moderni strumenti di gestione che gli permetterebbero di reagire rapidamente a grandi cambiamenti esterni e di disporre più liberamente delle proprie risorse.

La Svizzera è molto attiva nella 5a Commissione dell'Assemblea Generale che tratta questioni amministrative e finanziarie delle Nazioni Unite. Un punto culminante è stata la presidenza svizzera di questa Commissione in occasione della 64a Assemblea generale (2009­2010). La Svizzera si adopera da anni a infondere oggettività al dibattito su metodi di gestione moderni ed efficienti e a illustrarne i vantaggi.

Auspica un miglioramento del processo di determinazione del bilancio dell'ONU, 21

RU 2000 2725; FF 1999 4611

2609

affinché sia più trasparente, razionale e incentrato sulle strategie. Si impegna inoltre a promuovere le sue priorità anche in seno al Gruppo di Ginevra, organo di coordinamento dei sedici maggiori contribuenti dell'ONU.

Nonostante un leggero calo dell'aliquota di contribuzione al 1° gennaio 2010 (1,13 %), la Svizzera figura tuttora tra i maggiori sostenitori delle Nazioni Unite, occupando il 16° posto. In cifre assolute, i contributi obbligatori sono aumentati, assestandosi negli ultimi quattro anni in media a 128 milioni di franchi l'anno, soprattutto a causa dell'incremento delle spese per gli interventi di mantenimento della pace e delle missioni politiche speciali dell'ONU. A causa della crisi economica mondiale, la tendenza è comunque quella di un rallentamento della crescita del budget dell'ONU.

La Svizzera, Paese ospite di organizzazioni umanitarie internazionali La Svizzera vanta una lunga tradizione d'accoglienza di organizzazioni internazionali. Su un totale di 25 organizzazioni che hanno concluso un accordo di sede con il nostro Paese, 22 si sono stabilite a Ginevra, 2 a Berna e 1 a Basilea. Unitamente a New York, la città sul Lemano è uno dei due più importanti centri per la collaborazione multilaterale. Il numero di Stati rappresentati (169 missioni permanenti nel 2011) testimonia l'attrattiva della «Ginevra internazionale». La città sul Lemano conferisce alla Svizzera uno spessore politico eccezionale, contribuendo così alla realizzazione dei suoi obiettivi di politica estera.

La politica di Stato ospite della Svizzera poggia su due strumenti disciplinati dalla legge del 22 giugno 200722 sullo Stato ospite e dalla relativa ordinanza del 7 dicembre 200723: la Fondazione degli immobili per le organizzazioni internazionali (FIPOI) e i crediti quale Stato ospite. Inoltre, il Consiglio federale ha adottato, il 6 giugno 201124, l'ordinanza sui domestici privati (ODPr), entrata in vigore il 1° luglio 2011. Questa nuova ordinanza è fondata sulla legge sullo Stato ospite e mira ad assicurare maggiore trasparenza e chiarezza in merito alle regole applicabili, per evitare il più possibile malintesi e controversie tra impiegati e datori di lavoro.

La Svizzera offre alle organizzazioni insediate sul suo territorio condizioni di lavoro e di vita interessanti. Tuttavia, è confrontata con tutta
una serie di sfide quali l'inasprimento della concorrenza internazionale, l'universalità, le pretese materiali e il mercato immobiliare teso.

Al fine di favorire l'universalità della Ginevra internazionale, il 29 giugno 2011 il Consiglio federale ha deciso che, a partire dal 2012, la Confederazione parteciperà agli oneri locativi delle organizzazioni internazionali con un contributo annuo di 4 milioni di franchi. Lo stesso giorno, il Consiglio federale ha inoltre deciso che la Svizzera parteciperà alla ristrutturazione del Palazzo delle Nazioni a Ginevra nel quadro del piano di risanamento stabilito dall'ONU («Strategic Heritage Plan»).

Presenza della Svizzera nelle organizzazioni internazionali All'alba dei dieci anni d'adesione all'ONU, la Svizzera ha mantenuto una posizione rispettabile in seno agli organi rappresentativi del sistema delle Nazioni Unite e presso altre organizzazioni internazionali. Competenza, impegno e credibilità sono caratteristiche che le vengono riconosciute all'unanimità.

22 23 24

RS 192.12 RS 192.121 RS 192.126

2610

Nel 2011, la presenza della Svizzera negli organi rappresentativi si è manifestata nel modo seguente: ­

Joseph Deiss ha portato a termine il mandato di presidente dell'Assemblea generale dell'ONU;

­

la candidatura della Svizzera al Consiglio di sicurezza per il 2023­2024 è stata ufficialmente sottoposta al Gruppo di Stati dell'Europa occidentale e altri Stati (WEOG) nel gennaio 2011;

­

per la prima volta, la Svizzera è membro attivo del Consiglio economico e sociale (ECOSOC). Il mandato proseguirà nel 2012;

­

Helen Keller, che ha lasciato il mandato di membro del Comitato dei diritti dell'uomo a fine settembre 2011 in seguito all'elezione a giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo, è sostituita dal professor Walter Kälin, nominato dalla Svizzera fino alla scadenza del mandato nel 2014. Patricia Schulz siede dal 1° gennaio 2011 nel Comitato per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne. È la prima volta che la Svizzera è rappresentata in questo comitato;

­

lo scorso novembre, Lucius Caflisch è stato rieletto per altri cinque anni alla Commissione per il diritto internazionale dell'ONU, con effetto dal 1° gennaio 2012;

­

in seno all'Organizzazione meteorologica mondiale, il comitato delle finanze ha raccomandato al Consiglio esecutivo di eleggere il candidato svizzero Kurt Grüter alla carica di auditore esterno. Il Consiglio esecutivo ha formalmente designato la Svizzera come auditrice esterna;

­

in ambito sanitario, nel luglio 2011 Awilo Ochieng Pernet è stata chiamata a occupare uno dei tre posti di vicepresidente della Commissione del Codex Alimentarius.

Svizzeri nel Segretariato dell'ONU e in altri organi esecutivi Reclutando e promuovendo personale svizzero qualificato, la Svizzera aumenta la visibilità del proprio impegno, contribuendo altresì a soddisfare la richiesta del Segretariato dell'ONU di candidati idonei. Nel 2011, l'intero sistema delle Nazioni Unite occupava oltre 94 000 persone, di cui circa 40 000 nel Segretariato e nelle unità organizzative affiliate. Il Segretariato opera una distinzione tra i posti oggetto di candidatura internazionale, che richiedono una formazione universitaria («professional») e quelli occupati in loco da personale locale («general service»). La quota di svizzeri che occupano posti pubblicati a livello internazionale è pari all'1,1 per cento, tasso che corrisponde all'incirca ai contributi finanziari e alle dimensioni del nostro Paese.25

25

La chiave di ripartizione per la quota geografica è costituita da tre fattori. L'affiliazione di uno Stato all'ONU è conteggiata al 40 %, l'ammontare dei contributi versati al 55 % e il numero di abitanti al 5 %. La Svizzera occupa attualmente il 16° posto per quanto concerne i contributi finanziari all'ONU.

2611

Presenza di personale svizzero nelle organizzazioni internazionali (stato al 30 giugno 2011)26: Personale complessivo Totale

Segretariato ONU Intero sistema ONU Totale organizzazioni internazionali

Personale svizzero

Quota svizzera

Total

P*

D**

P*

D**

P*

D**

22 817 94 433

7 918 36 023

623 3410

238 965

103 401

5 33

1,30 % 1,11 %

0,80 % 0,96 %

135 230

56 358

4761

1536

692

72

1,22 %

1,51 %

* Professionisti ** Direttori

Partenariato con la società civile svizzera e l'ONU Un rapporto di partenariato intenso con la società civile nel suo insieme e con le sue cerchie più dinamiche in particolare rafforza sia la qualità che la legittimità del lavoro delle Nazioni Unite. In questo senso, il DFAE si adopera per consolidare i rapporti con figure chiave della società civile, ponendo l'accento sui giovani, il mondo accademico e l'Associazione Svizzera­ONU.

2.2.2

Presidenza svizzera del Vertice della Francofonia

Membro a pieno titolo dell'OIF dal 1996, la Svizzera ha ospitato dal 22 al 24 ottobre 2010 il XIII Vertice della Francofonia a Montreux. L'evento, che ha riunito le delegazioni di 70 Paesi membri in presenza di 38 capi di Stato e di Governo, rappresentanti di 82 organizzazioni internazionali e circa 700 giornalisti, è stato un grande successo diplomatico per la Svizzera.

Al Vertice, dedicato al tema «Sfide e visioni per il futuro della Francofonia», i capi di Stato e di Governo hanno discusso su tre tematiche principali: 1.

la Francofonia come attore nelle relazioni internazionali e il suo posto nella governance mondiale;

2.

la Francofonia e lo sviluppo sostenibile: la solidarietà francofona di fronte alle grandi sfide (in particolare sicurezza alimentare, cambiamento climatico, diversità biologica);

3.

la lingua francese e l'istruzione in un mondo globalizzato: le sfide della diversità e dell'innovazione.

Il Vertice ha inoltre adottato la Dichiarazione di Montreux e nove risoluzioni, che riflettono chiaramente la volontà dei membri di rafforzare il ruolo della Francofonia sul piano internazionale.

26

Fonte: rilevamento della Divisione politica III del DFAE.

2612

Dal Vertice di Montreux, la Svizzera è incaricata, nell'ambito della Francofonia, di assumere la presidenza: ­

del Vertice della Francofonia, fino al XIV Vertice che si terrà a Kinshasa nel 2012;

­

della Conferenza ministeriale, fino al mese di dicembre 2011;

­

della Commissione politica del Consiglio permanente fino al mese di marzo 2013.

Nel quadro di queste presidenze la Svizzera si è posta gli obiettivi seguenti: ­

rafforzare la Francofonia come attore nelle relazioni internazionali e luogo di concertazione sulle grandi sfide della governance mondiale;

­

attuare le tre iniziative presentate al Vertice di Montreux, ovvero la formazione di gruppi di ambasciatori francofoni nelle capitali, la realizzazione di una Rete d'eccellenza delle scienze ingegneristiche della Francofonia (RESCIF), lanciata dal PF di Losanna, e la promozione di una riflessione sulla mutua comprensione delle culture nelle nostre società;

­

assistere la Repubblica democratica del Congo nei preparativi del XIV Vertice, con la consegna di una Guida all'organizzazione di un Vertice e un trasferimento di competenze in occasione di incontri bilaterali su questioni tecniche.

Considerate le necessità sollevate dagli eventi della primavera araba nello spazio francofono mediterraneo e africano, su iniziativa della Svizzera è stata organizzata una riunione ministeriale informale della Francofonia a margine degli incontri ad alto livello della 66a sessione dell'Assemblea generale dell'ONU, tenutasi a New York il 20 settembre 2011. Questa azione al servizio della democrazia, dei diritti e delle libertà aveva l'intento di mostrare al mondo, nel contesto particolare delle importanti transizioni politiche dell'Africa settentrionale, l'importanza dei valori della Francofonia e il suo ruolo nella governance mondiale, in linea con l'impegno assunto al Vertice di Montreux. Si trattava di consolidare il contributo della Francofonia alla promozione della pace e il suo appoggio nella ricerca di soluzioni a crisi e conflitti, valorizzando le sue esperienze, particolarità e conoscenze del terreno.

2.2.3

Multilateralismo di carattere economico (G20, FSB, OCSE, FMI)

G20 Il G20, un gruppo informale che riunisce 19 dei maggiori Paesi industrializzati ed emergenti e l'UE, esiste dal 1999 e a seguito della crisi finanziaria ha ricavato nuovo slancio, affermandosi come principale forum di riferimento per la politica economica e finanziaria mondiale. Nonostante dal 2010 abbia leggermente perso d'influsso, anche nel 2011 ha determinato in misura sostanziale l'ordine del giorno delle principali istituzioni specializzate quali il FMI, il Financial Stability Board (FSB), l'OCSE, la Financial Action Task Force (FATF) e così via. Oltre alla riforma della regolamentazione dei mercati finanziari, a partire dal 2008 il G20 ha dovuto rapidamente affrontare gli squilibri finanziari globali e le questioni monetarie internazionali. Da allora, in particolare durante la presidenza francese terminata a 2613

novembre 2011, il ventaglio di tematiche si è ulteriormente allargato, includendo la politica di espansione, le norme del lavoro, il commercio, le materie prime, l'agricoltura, la lotta contro la corruzione nonché lo sviluppo, temi trattati con diversa intensità. In occasione del Vertice tenutosi il 3 e 4 novembre 2011 a Cannes sono state prese alcune decisioni importanti, soprattutto in merito alle direttive sui fondi propri secondo Basilea III per le grandi banche di rilevanza sistemica nel mondo.

La Svizzera, fortemente toccata dalle decisioni del G20 pur non facendone parte, ha proseguito la sua strategia dell'influenza indiretta anche nell'anno in rassegna. In questo senso ha intensificato i suoi sforzi in maniera ancor più sistematica nel quadro delle visite diplomatiche e ricorrendo ai canali multilaterali e informali. Nel 2011, il gruppo di lavoro interdipartimentale G20, composto da rappresentanti del DFAE, del DFF, del DFE e della BNS e diretto dalla SECO, ha agito soprattutto in considerazione dei tre aspetti seguenti: Posizione nei confronti dell'agenda G20: la posizione svizzera sulle priorità della presidenza francese è stata formulata in modo dettagliato. La Svizzera ha posto l'accento sul sistema finanziario mondiale, la governance del FMI, la restituzione dei valori patrimoniali di provenienza illecita e il commercio di materie prime, trasmettendo al G20 documenti costruttivi al riguardo. Ha inoltre invitato alcuni membri del gruppo a partecipare a un seminario, tenutosi il 19 settembre 2011 a Ginevra, sui legami tra i mercati fisici di materie prime e le prestazioni finanziarie.

Governance: il deficit fondamentale di legittimità del G20 e la sua discutibile tendenza a prendere decisioni preliminari in ambiti di competenza delle organizzazioni internazionali hanno indotto la Svizzera a richiamare maggiormente l'attenzione mondiale sulle questioni di governance. Per esempio, nel contesto dell'ONU ha attivamente partecipato ai lavori del «Global Governance Group» (3G), un gruppo informale di Stati composto da una trentina di membri. Nel giugno 2011, un documento 3G sull'interazione tra il G20 e le organizzazioni internazionali, nato da un'iniziativa svizzera, è stato ufficialmente ripreso e pubblicato dall'ONU. Inoltre, sollecitata dall'ex consigliere federale Joseph Deiss che
presiedeva la 65a sessione dell'Assemblea generale dell'ONU, alla fine del 2010 l'Assemblea ha tenuto un dibattito sulle questioni di governance prima e dopo il vertice del G20 a Seul. La Svizzera ritiene importante mantenere vivo questo dialogo tra i membri del G20 e gli altri membri dell'ONU anche dopo la presidenza di Joseph Deiss. Le basi per la continuazione del dialogo sembrano assicurate, dato che la tematica della governance è stata inserita nell'ordine del giorno dell'Assemblea generale.

Contatti con la Francia: la Svizzera si è impegnata per farsi coinvolgere maggiormente dalla Francia nei lavori del G20. Pur non essendo stata associata al Vertice di Cannes né alle altre riunioni formali dei ministri e dei gruppi di lavoro, è comunque stata invitata a diversi eventi specifici ad hoc: una riunione ministeriale sul lavoro e il settore sociale, un seminario sulle questioni monetarie e una riunione del gruppo di lavoro sulla corruzione. Inoltre, tre incontri bilaterali tra i segretari di Stato hanno dato l'occasione di esporre le rispettive posizioni.

Financial Stability Board Sostenuto dal G20, il Financial Stability Board (FSB) ha assunto, a seguito della crisi finanziaria, un ruolo da protagonista nella regolamentazione dei mercati finanziari internazionali. Composto da 24 Paesi e dalle principali istituzioni finanziarie e 2614

organizzazioni specializzate nella definizione degli standard, si pone come il coordinatore dei lavori di queste ultime sui mercati finanziari (banche, assicurazioni, borse valori, agenzie di rating, ecc.).

Con la propria attività, anche il FSB opera direttamente nel definire standard, per esempio le direttive emanate nel 2008 sui sistemi di rimunerazione degli istituti finanziari, la cui attuazione da parte degli Stati membri è stata esaminata nel 2011.

La Svizzera è tra i Paesi che le hanno rapidamente e ampiamente applicate. Insieme al Comitato di Basilea, il FSB ha elaborato nel 2011 raccomandazioni sulla regolazione delle banche di rilevanza sistemica nel mondo, che dovranno tra l'altro disporre di fondi propri supplementari scaglionati secondo l'importanza sistemica al di là del livello previsto dagli accordi di Basilea III.

Il suo mandato contempla anche la vigilanza del rispetto delle raccomandazioni internazionali da parte della comunità degli Stati. A questo scopo è stato avviato un processo di revisione paritaria («peer review»). La Svizzera è stata sottoposta a una simile verifica nel 2011. Il relativo rapporto sarà adottato e pubblicato dal FSB all'inizio del 2012.

Nel FSB la Svizzera è rappresentata dal DFF e dalla BNS e, a livello di gruppi di lavoro, anche dalla FINMA. Grazie alle sue dimensioni ragionevoli, che consentono modalità di lavoro efficienti, il FSB è per la Svizzera un organismo adeguato per esercitare influenza sugli ambiti centrali del sistema finanziario internazionale.

All'interno del FSB, la Svizzera può contribuire a migliorare la stabilità finanziaria e a far sì che i vari attori si misurino ad armi pari sui mercati finanziari.

OCSE Nel 2011 l'OCSE ha compiuto 50 anni. Fondata nel 1961, oggi l'organizzazione conta 34 Paesi membri. La conferenza ministeriale svoltasi nel maggio 2011 ha offerto l'occasione di fare un bilancio sui risultati raggiunti durante questo mezzo secolo, soprattutto in merito ai seguenti temi: innovazione, formazione, sviluppo, parità dei sessi e revisione delle linee guida per le imprese multinazionali.

Ampliamento dell'OCSE: il consolidamento del G20 induce l'OCSE a interrogarsi sul suo posizionamento futuro. Per continuare a rivestire un ruolo importante, l'OCSE prevede di accogliere nella sua cerchia un maggior numero di Paesi
emergenti e in sviluppo di importanza politica ed economica crescente. Alcuni Stati membri sono favorevoli a una procedura di adesione su misura per i singoli candidati, altri invece temono che potrebbe compromettere gli standard attuali. Il processo di adesione della Russia, dinamizzato dall'entrata del Paese nel gruppo di lavoro sulla corruzione, ha sollevato pareri diversi. La Svizzera ha appoggiato l'entrata della Russia nel gruppo di lavoro sulla corruzione, ma ritiene importante preservare gli standard.

Per la Svizzera, l'OCSE continua a rappresentare un'immensa rete di contatti con i governi e le amministrazioni degli Stati membri. L'OCSE costituisce tra l'altro una straordinaria piattaforma per lo scambio di informazioni con la maggior parte dei membri del G20. Alla luce dell'estesa ramificazione internazionale dell'economia svizzera, il nostro Paese considera importante partecipare attivamente ai processi decisionali in seno all'OCSE, al fine di far valere la sua visione e proteggere i propri interessi economici, politici e sociali.

2615

Green Growth Strategy: uno dei momenti culminanti della riunione ministeriale di quest'anno è stata l'adozione della «Strategia per una crescita verde», per affrontare la sfida di accrescere il benessere di una popolazione mondiale in espansione senza esaurire le risorse naturali vitali. Si tratta principalmente di sviluppare e promuovere nuovi rami economici «verdi» (energie rinnovabili, tecnologie pulite), utilizzare le risorse in modo più efficiente nell'ambito dei settori economici esistenti (agricoltura, pesca, industria, ecc.) e approfondire i temi trasversali, come gli indicatori di un'economia «verde». La strategia dell'OCSE servirà anche da spunto incisivo alla conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (Rio+20), in particolare nei dibattiti sulla «green economy» (cfr. n. 2.3.6). La Svizzera accoglie favorevolmente questa strategia, che coincide ampiamente con il piano d'azione adottato dal Consiglio federale nell'ottobre 2010 per migliorare le condizioni quadro di un'«economia verde». Partecipa inoltre attivamente ai lavori delle relative commissioni di esperti dell'OCSE.

Forum mondiale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni in questioni fiscali (Global Forum on Transparency and Exchange of Information): la Svizzera ha superato la prima fase della revisione paritaria sull'assistenza amministrativa reciproca in materia fiscale. Il rapporto sul quadro legislativo e regolamentare svizzero è stato adottato il 31 maggio 2011 e giunge alla conclusione che la Svizzera soddisfa pienamente tutta una serie di criteri. In alcuni ambiti formula tuttavia alcune raccomandazioni, per esempio in merito all'identificazione dei contribuenti e dei detentori di informazioni (cfr. n. 2.3.1), all'identificazione del detentore di azioni al portatore e all'introduzione di accordi sullo scambio di informazioni fiscali (Tax Information Exchange Agreements). Nella seconda fase della revisione paritaria, prevista nel secondo semestre 2012, sarà esaminata l'applicazione concreta delle norme giuridiche. Condizione preliminare per l'ammissione della Svizzera alla seconda fase è l'entrata in vigore di alcuni accordi per evitare la doppia imposizione fiscale conformi agli standard dell'OCSE. Nel 2011, al fine di soddisfare questo presupposto, la Svizzera si è impegnata a elaborare una quantità
sufficiente di accordi compatibili con i parametri dell'OCSE che dovrebbero entrare in vigore nel mese di aprile 2012.

Convenzione del Consiglio d'Europa: la Convenzione dell'OCSE e del Consiglio d'Europa sull'assistenza amministrativa reciproca in materia fiscale, entrata in vigore il 1° giugno 2011, rende obbligatorio lo scambio spontaneo di informazioni e ha effetto retroattivo per determinate frodi fiscali. Attualmente è applicabile solo a 14 Paesi, ma il rigore delle sue disposizioni potrebbe comportare un ulteriore inasprimento degli standard dell'OCSE. Per ora la Svizzera non prevede di aderire alla Convenzione.

«Level playing field» in materia fiscale: l'OCSE prosegue negli sforzi volti a stabilire condizioni di concorrenza paritarie per tutti gli Stati nell'ambito della politica fiscale internazionale. Le eventuali pratiche fiscali dannose dei membri dell'OCSE saranno sottoposte a nuove valutazioni. È inoltre probabile che lo standard relativo allo scambio di informazioni fiscali subisca un inasprimento. In futuro, oltre alle singole richieste di informazioni specifiche attualmente ammesse dallo standard potrebbero venir accolte anche le domande raggruppate. Se i membri dell'OCSE si accorderanno su questo punto, la Svizzera dovrà adattare la propria politica fiscale internazionale.

2616

FMI Nel dicembre 2010 è stata adottata una risoluzione che prevede la riforma del FMI.

L'obiettivo è, da un lato, quello di raddoppiare le risorse finanziarie del Fondo, considerando che negli ultimi decenni i suoi mezzi sono cresciuti molto meno rapidamente del volume dei flussi finanziari globali e che nel 2011 ha accordato crediti per un volume record di 250 miliardi di dollari. D'altro lato, la risoluzione si prefigge di adeguare la ripartizione dei voti in seno al FMI ai mutati equilibri economici mondiali. A trarne maggior profitto saranno soprattutto i Paesi emergenti. Per quanto concerne invece i Paesi europei industrializzati, dovranno prendere in considerazione la perdita di due seggi nel Consiglio esecutivo. In questo contesto, la Svizzera si impegna a consolidare il proprio gruppo di voto. In linea di massima, la risoluzione dovrebbe essere attuata entro il mese di ottobre 2012.

2.2.4

Multilateralismo di carattere culturale e scientifico

Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) Nel novembre 2011, si è tenuta la 36a sessione della Conferenza generale dell'UNESCO, caratterizzata dal voto in favore dell'adesione della Palestina e dal successivo annuncio, da parte degli USA, della sospensione dei finanziamenti all'organizzazione. La Conferenza generale ha discusso dell'orientamento della futura strategia a medio termine (2014­2021). La Svizzera ne ha presieduto la Commissione Educazione, priorità principale dell'UNESCO.

Nell'UNESCO la Svizzera si concentra attualmente sull'educazione e la cultura, due ambiti la cui importanza è stata ribadita sia nel 2010 che nel 2011 nell'agenda internazionale dell'ONU.

Educazione: la Svizzera si impegna principalmente a favore degli obiettivi dell'Educazione per tutti (EPT), in particolare sostenendo le istituzioni specializzate dell'UNESCO ­ tra cui l'Ufficio internazionale dell'educazione (BIE) a Ginevra ­ e il Rapporto mondiale sull'educazione, strumento di valutazione di riferimento al riguardo. In una prospettiva olistica di apprendimento lungo tutto il corso della vita, la Svizzera segue anche l'evoluzione delle politiche in materia di educazione della prima infanzia, educazione allo sviluppo sostenibile e di educazione professionale, tecnica e superiore.

Cultura: La Svizzera partecipa attivamente all'attuazione degli strumenti normativi dell'UNESCO. Membro del Comitato del patrimonio mondiale, la Svizzera si impegna a promuovere la qualità delle decisioni e il rispetto del principio di conservazione dei circa 1000 siti della Lista del patrimonio mondiale. Un terzo di questi siti è oggi minacciato dallo sviluppo di infrastrutture, dallo sfruttamento delle risorse naturali o dal cambiamento climatico. Nei casi in cui la minaccia è legata a un conflitto, la Svizzera promuove il dialogo politico. Sostiene inoltre le iniziative in materia di rafforzamento delle capacità e della gestione del turismo. Nel 2011, sulla base di un dossier pilotato dalla Svizzera, il patrimonio seriale transfrontaliero «Siti palafitticoli preistorici nell'arco alpino», che abbraccia 111 elementi in Germania, Austria, Francia, Italia, Slovenia e Svizzera, è stato iscritto nella lista. La Svizzera conta 11 siti del patrimonio mondiale. All'inizio di giugno 2011, il nostro Paese è stata eletto nel comitato intergovernativo della Convenzione per la protezione e la 2617

promozione della diversità delle espressioni culturali per un mandato di quattro anni (2011­2015). In questo contesto parteciperà alla prima tappa significativa di valutazione dell'applicazione concreta di tale strumento. La Svizzera è anche membro del Comitato per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (Secondo Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aia del 195427) e si adopera per l'attuazione della Convenzione del 14 novembre 197028 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali. Segue attentamente anche gli sviluppi relativi alla Convenzione del 17 ottobre 200329 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, mentre a livello nazionale è in corso l'elaborazione di un inventario delle tradizioni viventi della Svizzera30.

Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN) Sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1953 a Meyrin, vicino a Ginevra, il CERN si è sviluppato diventando il laboratorio di punta a livello mondiale per la fisica delle particelle. Lo testimonia la costruzione del grande collisore di adroni (LHC), che può essere considerato il più grande e il più potente microscopio di tutti i tempi. Gli esperimenti con questo strumento consentiranno di approfondire la comprensione della struttura della materia e la natura delle forze. I progetti del CERN in generale e quelli del LHC in particolare sono associati a un elevato grado di prestigio e attirano a Ginevra scienziati provenienti da tutto il mondo, che vi soggiornano per periodi più o meno lunghi. Dopo l'entrata in funzione del LHC, il CERN aspira a un consolidamento duraturo della sua posizione leader a livello mondiale.

Oltre alle questioni relative al futuro orientamento scientifico, l'organizzazione deve affrontare anche sfide politiche ed economiche: quali Stati possono e devono diventare membri del CERN? Come possono i progetti di portata mondiale essere in futuro finanziati e realizzati in modo economicamente vantaggioso? Nel giugno 2010, il Consiglio del CERN, in cui è rappresentata e attiva anche la Svizzera, ha varato una strategia che abolisce l'adesione limitata agli Stati europei. D'ora in poi, ogni Paese che soddisfi determinate condizioni scientifiche, industriali e politiche, potrà
sostanzialmente diventare membro a pieno titolo o associato del CERN. Il Consiglio si adopererà affinché i Paesi europei mantengano anche in futuro il controllo sulla maggiore organizzazione mondiale per la ricerca fondamentale. Israele è stato ammesso alla fine del 2011 come primo membro associato extraeuropeo sulla via verso l'adesione a pieno titolo. L'anno prossimo saranno probabilmente ammessi i seguenti Stati europei: Slovenia, Turchia, Cipro e Serbia. Gli organi direttivi del CERN svolgono attualmente colloqui di adesione con India, Brasile, Corea del Sud, Cina, Canada e Russia, tutti Paesi con un grande potenziale scientifico.

Parallelamente alla mondializzazione del CERN aumenta anche l'influsso della Commissione europea, che nel Consiglio del CERN ha lo statuto di osservatore. Il 17 luglio 2009 il CERN e la Commissione europea hanno sottoscritto un memorandum d'intesa che fornisce alla collaborazione un quadro strutturato, per esempio nello sviluppo dello spazio europeo della ricerca.

27 28 29 30

Convenzione dell'Aia del 14 maggio 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (RS 0.520.3, RS 0.520.33) RS 0.444.1 RS 0.440.6 www.bak.admin.ch > Temi > Patrimonio culturale immateriale

2618

La Svizzera, uno dei Paesi che ospitano il CERN, è molto interessata al suo posizionamento e consolidamento globale. Il CERN accresce l'attrattiva della piazza scientifica ed economica del nostro Paese, promuove le nuove leve della scienza e della tecnologia in Svizzera ed è economicamente importante soprattutto per la regione di Ginevra. Con l'8 per cento dell'organico, il contingente svizzero è sovra-rappresentato nel CERN. Le 2 430 persone che vi lavorano, gli oltre 10 000 ricercatori ospitati annualmente e gli appalti industriali e di servizi del CERN costituiscono un importante fattore economico per la regione di Ginevra. Oltre alla quota ordinaria di adesione di circa 42 milioni di franchi (pari al 3,8 % del budget) negli ultimi venti anni la Svizzera ha versato contributi straordinari per un valore complessivo di oltre 130 milioni di franchi.

Infine va segnalato che nell'anno in rassegna i due Paesi ospitanti, Svizzera e Francia, e il CERN hanno concluso una convenzione sul tema della sicurezza radioattiva.

L'accordo regola anche le procedure di smaltimento delle scorie (quasi esclusivamente poco) radioattive.

Agenzia Spaziale Europea (ESA) La Svizzera è tra i dieci Stati europei che nel 1975 hanno fondato l'Agenzia Spaziale Europea. Questa collaborazione internazionale ha permesso alla ricerca e all'industria svizzera di partecipare allo sviluppo di programmi spaziali e di posizionarsi ai vertici della tecnologia. Le competenze così acquisite si ripercuotono positivamente sull'economia e sulla società nazionali.

Dalla collaborazione tra ESA e UE sono nati due grandi progetti spaziali europei: Galileo (navigazione e posizionamento) e GMES (monitoraggio dell'ambiente e sicurezza). Da settembre 2010, tra la Svizzera e l'UE sono in corso negoziati su un accordo di associazione nell'ambito dei sistemi di posizionamento satellitari (GNSS). L'accordo mira a garantire contrattualmente la partecipazione della Svizzera alle fasi operative dei sistemi Galileo e EGNOS e a permettere alle imprese svizzere di accedere equamente ai relativi mercati. La sfida per la Svizzera consiste nel far valere i contributi dati all'ESA nell'ambito dei negoziati.

Comitato delle Nazioni Unite per l'uso pacifico dello spazio extra-atmosferico (COPUOS) Il Comitato delle Nazioni Unite per l'uso pacifico dello spazio
extra-atmosferico, di cui la Svizzera è membro dal 2008, riveste un ruolo unico nella cooperazione spaziale tra gli Stati, come pure nell'elaborazione di norme giuridiche internazionali e di linee guida relative all'uso dello spazio.

Le competenze svizzere in materia di tecnologie spaziali favoriscono lo sviluppo di applicazioni che vanno a beneficio della società e della prosperità economica. Inoltre la Svizzera fa largo uso delle tecnologie satellitari, per esempio nel campo delle telecomunicazioni, dei trasporti e del commercio. Come altri Stati, dipende da un utilizzo razionale e sostenibile dello spazio. Di conseguenza si impegna attivamente nei lavori del Comitato per elaborare direttive volte a garantire la sostenibilità nel tempo delle attività spaziali.

2619

2.2.5

Multilateralismo in materia di politica della sicurezza

Consiglio di partenariato Euro Atlantico e Partenariato per la pace: il Consiglio di partenariato Euro Atlantico (EAPC) e il Partenariato per la pace (PfP) sono per la Svizzera strumenti utili per la cooperazione in materia di politica di sicurezza. Contribuiscono infatti a garantire sicurezza e stabilità nello spazio euro atlantico e offrono opportunità di collaborazione militare anche all'esercito svizzero.

A seguito dell'adozione, nel novembre 2010, del nuovo indirizzo strategico, la NATO ha intensificato gli sforzi di modernizzazione sottolineando, tra l'altro, l'importanza della cooperazione in materia di sicurezza. Questi sforzi sono sfociati in una riforma sostanziale dei partenariati dell'organizzazione. Da un lato, la NATO moltiplica i contatti con i partner oltre la zona europea e mediterranea per reagire più efficacemente alle sfide mondiali e, d'altro lato, riduce le barriere tra i diversi partenariati (EAPC, Dialogo Mediterraneo, Iniziativa di Istanbul per la Cooperazione e Paesi con programmi bilaterali), atteggiamento che apre a Paesi come la Svizzera nuove opportunità di cooperazione.

In considerazione di questo processo di riforma, la Svizzera si è adoperata per mantenere i punti forti del Consiglio di partenariato Euro Atlantico in termini partecipativi e per sostenere l'alto livello qualitativo dei programmi del Partenariato per la pace. Si è inoltre impegnata ad approfondire la cooperazione tra la NATO e i Paesi neutrali e non allineati dell'Europa occidentale, in particolare negli ambiti della cibersicurezza e della formazione, nonché ad accrescere il nostro coinvolgimento nelle fasi di preparazione delle decisioni concernenti la KFOR. L'impegno svizzero ha prodotto risultati incoraggianti, che occorrerà consolidare nel 2012.

Parallelamente a queste discussioni istituzionali, la Svizzera ha continuato a promuovere le proprie iniziative, come il regolamento delle società militari e delle imprese di sicurezza private e le attività concrete di cooperazione. Da una parte, la Svizzera sostiene le attività dei campi in cui eccelle, quali la formazione, la riforma del settore della sicurezza, la distruzione di armi e munizioni, la lotta contro la corruzione e la promozione dei diritti umani internazionali e, d'altra parte, trae vantaggio dalle offerte di formazione e degli esercizi multinazionali organizzati nell'ambito del Partenariato per la pace.

2.3

Priorità tematiche della politica estera svizzera

La crescente internazionalizzazione e interrelazione dei settori politici tematici comporta per i dipartimenti l'assunzione in misura considerevole di compiti riguardanti le relazioni estere. Diverse politiche settoriali, in particolare la politica finanziaria, economica, fiscale, energetica, dei trasporti, culturale, dell'istruzione, di innovazione, sanitaria, di sicurezza e ambientale, hanno assunto una maggiore dimensione internazionale e multilaterale e le interdipendenze reciproche tendono ad aumentare.

Armonizzare in termini di politica estera le varie politiche settoriali diventa così un compito proporzionalmente complesso e impegnativo.

2620

2.3.1

Politica finanziaria ed economica

Finanze e fiscalità internazionali Crisi del debito e sviluppi congiunturali L'anno 2011, soprattutto la seconda parte, è stato caratterizzato da preoccupazioni congiunturali e da crisi di indebitamento pubblico. Anche se negli ultimi anni l'economia mondiale aveva iniziato a riprendere vigore, l'esitante ripresa negli USA e il generale indebolimento congiunturale hanno offuscato le prospettive di superare rapidamente gli effetti della crisi economica mondiale. È invece passata in primo piano la crisi del debito dei Paesi industrializzati, che si è aggravata nell'anno in rassegna. I problemi di indebitamento dei Paesi periferici dell'UE, come il Portogallo e in particolare la Grecia, hanno minato la stabilità dei mercati finanziari mondiali. Nonostante la soluzione trovata in extremis alla controversia del debito pubblico negli USA e le misure d'appoggio concesse negli ultimi due anni a Grecia, Irlanda e Portogallo e allo spazio monetario nel suo insieme, la crisi del debito si è estesa ad altri Paesi europei, in particolare Italia e Spagna, accrescendo considerevolmente il rischio di una nuova crisi finanziaria ed economica. I dibattiti nazionali ed internazionali si sono così incentrati su nuove misure congiunturali e sul risanamento delle finanze pubbliche.

L'insicurezza dei mercati finanziari ha colpito anche la Svizzera, provocando un ulteriore aumento del franco svizzero, considerato una valuta rifugio in tempi critici.

Anche se nel corso dell'anno lo sviluppo economico svizzero ha registrato un andamento solido nonostante alcuni segnali di rallentamento, la situazione monetaria, già difficile per le esportazioni, si è ulteriormente aggravata a causa del rallentamento congiunturale globale e dell'impennata del franco. La Svizzera ha contribuito a superare la crisi del debito dei Paesi dell'UE attraverso aiuti concessi nel quadro del piano di sostegno del FMI a Grecia, Irlanda e Portogallo. Per contrastare la sopravalutazione del franco svizzero, la Banca Nazionale svizzera è intervenuta adottando la drastica misura di stabilire un tasso di cambio minimo tra franco ed euro. In febbraio e settembre 2011, il Consiglio federale ha adottato una serie di misure31 volte a rinforzare i settori particolarmente colpiti dalla sfavorevole situazione dei cambi.

Piazza finanziaria svizzera e regolamentazione
dei mercati finanziari La Svizzera dispone di una piazza finanziaria forte e internazionale. Con un contributo superiore al 10 per cento del prodotto interno lordo nel 2010, il settore finanziario si iscrive tra i rami economici più importanti del Paese. La maggior parte degli operatori finanziari svizzeri permangono stabili. Il settore finanziario svizzero è stato colpito solo in misura limitata dalla crisi del debito dei Paesi dell'UE. Secondo i dati attuali, i crediti diretti degli istituti finanziari svizzeri nei confronti di Grecia, Irlanda e Portogallo sono moderati. Se la crisi dovesse estendersi ai sistemi bancari di altri Stati o Paesi europei sistemici, le conseguenze sarebbero gravi anche per il settore finanziario svizzero. Quest'anno, la Svizzera ha continuato a concentrarsi sull'attuazione della strategia applicata ai mercati finanziari, decisa dal Consiglio federale alla fine del 2009 e tesa a migliorare le condizioni quadro fiscali e regolamentari.

31

Messaggio del 31 agosto 2011 concernente la legge federale sulle misure per attenuare la forza del franco e migliorare la competitività e il decreto federale sulla seconda aggiunta A al Preventivo 2011 (FF 2011 6005)

2621

La questione della regolamentazione dei mercati finanziari è rimasta un tema importante a livello internazionale e nazionale. Il fiore all'occhiello sul piano multilaterale è costituito dagli accordi di Basilea III, adottati nel novembre 2010, che prevedono tra l'altro disposizioni più severe in materia di fondi propri. Gli istituti finanziari di rilevanza sistemica continuano a rappresentare un particolare rischio in termini di stabilità, dato che il loro fallimento implicherebbe pericoli insostenibili per l'economia nazionale interessata. Il problema degli istituti di credito «too big to fail» è particolarmente sentito in Svizzera, dove le due banche principali, Credit Suisse e UBS, occupano una posizione dominante in settori d'attività fondamentali. Per affrontare questo problema, il 30 settembre 201132 il Parlamento ha adottato un progetto di legge la cui entrata in vigore è prevista per l'inizio del 2012. Alle grandi banche si porranno esigenze più elevate in fatto di fondi propri e si applicheranno nuove disposizioni in materia di liquidità, ripartizione dei rischi e organizzazione. Le esigenze in fatto di fondi propri superano la soglia di quelle previste a livello internazionale. Nuovi strumenti (capitale di riserva e capitale convertibile) aiuteranno le banche a mettere in atto le prescrizioni più severe in materia.

Politica fiscale internazionale Anche nel 2011 la pressione esercitata sulla Svizzera nell'ambito del dossier fiscale non è scemata. Per superare, alla fine di maggio 2011, la prima fase della «peer review» del Forum mondiale sullo scambio di informazioni in questioni fiscali secondo i parametri dell'OCSE, la Svizzera ha adeguato la propria politica fiscale agli standard internazionali. Secondo la decisione del Consiglio federale del 13 febbraio 2011, per poter essere elaborate, le domande di assistenza amministrativa non devono più obbligatoriamente riportare il nome e l'indirizzo del contribuente e del detentore di informazioni. Questi ultimi possono essere identificati con altri mezzi, a condizione che non si tratti di una cosiddetta «fishing-expedition», vale a dire una ricerca di prove non autorizzata. Il numero di convenzioni di doppia imposizione siglate dalla Svizzera che consentono uno scambio di informazioni sulla base di una clausola dell'OCSE in materia di assistenza
amministrativa è salito a 42 nel mese di dicembre 2011.

Firmando, nell'autunno 2011, accordi di imposizione alla fonte con la Germania e il Regno Unito, la Svizzera ha posto una nuova pietra miliare nel quadro della propria strategia dell'«emersione del denaro non dichiarato». I nuovi accordi prevedono che le persone residenti nel Paese partner possano assoggettare all'imposta i propri valori patrimoniali in Svizzera a posteriori, sia versando un pagamento unico d'imposta sia dichiarando i propri conti bancari. I futuri redditi e utili di capitale appartenenti a questi clienti in Svizzera sono soggetti all'imposta alla fonte, il cui provento è versato dalla Svizzera alle autorità del Paese di residenza. L'imposta ha un effetto liberatorio nel Paese di residenza. Nel contempo viene migliorato l'accesso ai reciproci mercati dei fornitori di servizi finanziari. La Svizzera aspira a trovare una soluzione analoga anche con altri Paesi.

Gli USA hanno continuato a esercitare pressioni sul segreto bancario. Da un lato, la controversia fiscale tra banche svizzere e USA è entrata in una nuova fase: minacciando una denuncia penale contro diversi istituti finanziari, gli USA hanno preteso dalle banche la trasmissione di dati appartenenti a clienti ritenuti evasori fiscali. La Svizzera ha svolto intense trattative con le autorità statunitensi nel tentativo di 32

FF 2011 6661

2622

trovare una soluzione che rientrasse nel quadro dell'assistenza amministrativa. Era infatti dell'avviso che un eventuale scambio di dati potesse avvenire soltanto nel rispetto della normativa in vigore, conformemente alle procedure previste in materia.

D'altro lato, la normativa «US Foreign Account Tax Compliance Act» (FATCA), che sarà introdotta progressivamente a partire dal 2013, è rimasta al centro dell'attenzione. La FATCA obbliga gli intermediari finanziari esteri che desiderano evitare un'imposta alla fonte del 30 per cento su determinati investimenti americani a concludere, con l'autorità fiscale americana (IRS), un accordo in cui si impegnano a fornire informazioni sui cittadini americani che intrattengono con loro una relazione bancaria diretta o indiretta. Dal punto di vista degli intermediari finanziari, l'applicazione della FATCA comporta difficoltà legali e tecniche, nonché elevati oneri finanziari. Nell'anno in rassegna sono stati condotti colloqui esplorativi con le autorità americane al fine di cercare soluzioni che tenessero in debito conto tanto le esigenze degli operatori del settore finanziario svizzero quanto quelle dell'ordinamento giuridico del nostro Paese.

Infine, nell'ambito dell'imposizione delle imprese, la Svizzera è stata nuovamente confrontata con la richiesta dell'UE di discutere, nel quadro di un dialogo, della concorrenza fiscale dannosa. Anche nell'ambito dell'OCSE sono state sollevate questioni in merito alla concorrenza fiscale. Secondo l'Organizzazione, per identificare un regime dannoso, sono determinanti i fattori seguenti: mancanza di trasparenza e assenza di scambio di informazioni, agevolazioni fiscali per redditi provenienti dall'estero (ring fencing) e regole divergenti da quelle dell'OCSE per quanto attiene alla determinazione degli utili in seno a gruppi aziendali. La Svizzera ha svolto colloqui esplorativi con l'UE e partecipato attivamente ai lavori dell'OCSE, sforzandosi di seguire la politica fiscale meno onerosa possibile, ma nel contempo accettata a livello internazionale.

La crisi del debito dei Paesi industrializzati e i dibattiti internazionali sulle questioni fiscali hanno altresì influenzato l'agenda della politica economica in materia di sviluppo. Di recente, la tematica «imposte e sviluppo» ha assunto maggiore importanza agli occhi
dei Paesi donatori e la domanda d'assistenza tecnica nell'ambito della gestione dei rischi fiscali e del debito pubblico è aumentata. Nel corso dell'anno in rassegna la Svizzera ha proseguito l'intenso impegno pluriennale negli ambiti del rafforzamento delle amministrazioni fiscali e del miglioramento della gestione del debito dei Paesi in sviluppo.

Accesso del settore finanziario al mercato europeo Anche in seno all'UE persiste la tendenza ad aumentare gli ostacoli all'accesso al mercato; sono infatti in corso diversi progetti di regolazione che mirano ad armonizzare, a livello europeo, le esigenze nei confronti degli operatori finanziari e che implicano spesso un inasprimento delle regole di accesso al mercato per Stati terzi.

Per evitare eventuali ripercussioni negative, la Svizzera ha continuato a seguire da vicino i progetti dell'UE, esaminando diverse opzioni di manovra. Importanti lavori di adeguamento sono stati effettuati per esempio in merito alla legge sugli investimenti collettivi. In questo caso si tratta tra l'altro di adattare alle evoluzioni dell'UE le disposizioni applicabili ai gestori patrimoniali di investimenti collettivi di capitale, garantendo così l'accesso al mercato europeo. La Svizzera si è adoperata per promuovere l'accesso al mercato anche a livello bilaterale. Gli accordi di imposizione alla fonte conclusi con la Germania e il Regno Unito prevedono infatti disposizioni

2623

che precisano e facilitano il reciproco accesso al mercato per banche e fondi di investimento.

Lotta alla corruzione Gli eventi verificatisi nell'Africa settentrionale nel 2011 hanno accresciuto, a livello internazionale, la consapevolezza del fatto che la corruzione mina non solo lo sviluppo economico, ma anche i principi fondamentali dello Stato di diritto e della democrazia. Il G20 ha inserito la lotta alla corruzione all'ordine del giorno, adottando un piano di attuazione sistematica di strumenti internazionali quali la Convenzione dell'ONU contro la corruzione. La Svizzera ha continuato a impegnarsi attivamente nella lotta alla corruzione a livello nazionale e internazionale. Al fine di associarsi ai lavori del G20 in questo ambito, ha presentato un documento di sintesi sul tema della restituzione degli averi di provenienza illecita. Ha inoltre partecipato attivamente ai processi di negoziazione, elaborazione, ratificazione e attuazione delle convenzioni concluse nel quadro delle tre principali autorità in materia di lotta alla corruzione, ovvero l'OCSE, il Consiglio d'Europa e l'ONU.

Convenzione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri: il 2011 è stato caratterizzato dall'ammissione della Russia al gruppo di lavoro dell'OCSE sulla corruzione. Questo passo è una condizione preliminare per aderire alla Convenzione dell'OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri.

L'adesione di nuovi membri alla Convenzione è associata a numerose sfide, in particolare a causa della portata che il fenomeno della corruzione assume in determinati Paesi. Dal canto suo, la Svizzera è stata esaminata nel quadro della terza fase del dispositivo di controllo della Convenzione. Il rapporto finale degli esaminatori è stato pubblicato nel mese di dicembre 2011. Nel contesto generale delle attività del gruppo di lavoro, la delegazione svizzera si è impegnata durante tutto l'anno affinché le procedure avviate dalle autorità giudiziarie dei Paesi membri non siano compromesse da interessi politici o economici nazionali.

Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione (GRECO): la Svizzera ha aderito nel 2006 alla Convenzione penale del 27 gennaio 199933 sulla corruzione del Consiglio d'Europa. Nel 2011 è stata sottoposta alla terza valutazione, che ha avuto per
oggetto il diritto penale in materia di corruzione nonché la trasparenza dei finanziamenti ai partiti politici. Il rapporto finale è stato pubblicato nel dicembre 2011.

Convenzione dell'ONU contro la corruzione (UNCAC): ratificata dalla Svizzera il 24 settembre 2009, la UNCAC34 è l'accordo internazionale più esteso in materia, siglato a tutt'oggi da 158 Stati. La Convenzione contempla disposizioni sulla prevenzione della corruzione, la cooperazione internazionale e il supporto tecnico a favore dei Paesi emergenti e in sviluppo; essa dispone inoltre che, a determinate condizioni, i valori patrimoniali acquisiti in modo illecito debbano essere restituiti.

In occasione della quarta Conferenza degli Stati contraenti, svoltasi a Marrakech dal 24 al 28 ottobre 2011, la Convenzione è stata estesa ad altre risoluzioni concernenti la prevenzione della corruzione, la cooperazione internazionale e la restituzione degli averi di provenienza illecita. Il meccanismo di valutazione istituito nel 2010 è entrato nella sua seconda fase. La Svizzera ha dovuto sottoporsi a un primo esame nel 2011 nel quadro dei capitoli III e IV della Convenzione dell'ONU. Il rapporto 33 34

RS 0.311.55 Convenzione del 31 ottobre 2003 delle Nazioni Unite contro la corruzione (RS 0.311.56)

2624

finale dovrebbe essere presentato agli Stati membri nel mese di giugno 2012. La Svizzera ha tutto l'interesse di partecipare a questo processo anche in futuro, per istituire un dispositivo di valutazione più trasparente, inclusivo e severo.

Gruppo d'azione finanziaria (GAFI): sollecitato in tal senso dal G20 nel 2009, il GAFI ha preso ulteriori iniziative al fine di sostenere maggiormente la lotta alla corruzione e impegnarsi, attraverso studi e riunioni di esperti, a favore di misure contro il riciclaggio dei proventi della corruzione. La Svizzera appoggia l'impegno del GAFI nell'ambito della lotta alla corruzione e ha partecipato attivamente anche nell'anno in rassegna ai lavori del gruppo di esperti del GAFI.

Gruppo di lavoro interdipartimentale per la lotta alla corruzione: il gruppo di lavoro interdipartimentale (GLID) per la lotta alla corruzione è stato costituito dal Consiglio federale alla fine del 2008. È composto dai principali attori dell'Amministrazione federale, del Ministero pubblico della Confederazione e della società civile. Conformemente al mandato conferitogli, il DFAE assicura la presidenza e il segretariato permanente del gruppo. Quest'ultimo organizza regolarmente incontri e laboratori tematici in occasione dei quali vengono elaborate strategie concertate a livello nazionale e internazionale. Nel mese di aprile 2011, il gruppo ha pubblicato il primo rapporto nel quale fa il punto della situazione sulle attività nazionali e internazionali della Svizzera contro la corruzione. Il rapporto riconosce alla Svizzera un elevato grado di integrità e di resistenza nei confronti della corruzione. Nel contempo, rileva determinate lacune in ambiti secondari, quali la gestione di conflitti d'interesse e la trasparenza. Il gruppo di lavoro per la lotta alla corruzione continua a lavorare per colmare le lacune individuate.

Averi di provenienza illecita di persone politicamente esposte (PPE) Blocco di averi patrimoniali da parte del Consiglio federale a inizio anno: violenze e sommosse popolari in Costa d'Avorio, Tunisia ed Egitto hanno indotto il Consiglio federale a congelare in Svizzera, all'inizio del 2011, eventuali averi di provenienza illecita di persone politicamente esposte (PPE) e della loro cerchia35. Il Consiglio federale ha così inteso garantire che sia un tribunale a stabilire
i legittimi proprietari degli averi e che i valori patrimoniali di eventuale provenienza illecita possano essere restituiti ai rispettivi Stati. Lo scopo del blocco era anche quello di incoraggiare i Paesi di provenienza degli averi a inoltrare alla Svizzera una domanda di assistenza giudiziaria. Per adottare questi provvedimenti, il Consiglio federale si riferisce direttamente alla Costituzione (art. 184, cpv. 3 Cost.). Nel caso della Libia, l'ordinanza di blocco è stata sostituita da un'ordinanza di sanzioni36 il 31 marzo 2011, dopo che il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato determinati provvedimenti contro il Paese.

Elaborazione di una nuova base legale per il blocco di averi: nel mese di maggio 2011 il Consiglio federale ha disposto che venga elaborata una nuova base giuridica per il blocco di beni, la quale dovrà sostituire il ricorso alla clausola d'eccezione dell'articolo 184, capoverso 3 Cost. L'obiettivo è in particolare quello di disciplinare 35

36

Modifica dell'ordinanza del 19 gennaio 2011 che istituisce provvedimenti nei confronti di talune persone originarie della Costa d'Avorio (RU 2011 367); ordinanza del 19 gennaio 2011 che istituisce provvedimenti nei confronti di talune persone originarie della Tunisia (RS 946.231.175.8); ordinanza del 2 febbraio 2011 che istituisce provvedimenti nei confronti di talune persone originarie della Repubblica araba d'Egitto (RS 946.231.132.1) Ordinanza del 30 marzo 2011 che istituisce provvedimenti nei confronti della Libia (RS 946.231.149.82)

2625

le condizioni e le modalità di adozione delle misure di blocco. I relativi lavori sono stati avviati.

Legge federale sulla restituzione degli averi di provenienza illecita: dal 1° febbraio 2011 la Svizzera dispone, con la legge federale del 1° ottobre 201037 sulla restituzione dei valori patrimoniali di provenienza illecita di persone politicamente esposte (LRAI), di un ulteriore strumento nella lotta alla corruzione e per l'integrità della sua piazza finanziaria svizzera38. La nuova legge disciplina il blocco, la confisca e la restituzione di valori patrimoniali di PPE e della loro cerchia. In qualità di strumento sussidiario alla classica assistenza giudiziaria, la LRAI è applicabile quando una domanda di assistenza giudiziaria non può concretizzarsi a causa delle condizioni di dissesto delle strutture statali del Paese richiedente in cui la PPE esercita o ha esercitato la propria funzione pubblica. Se il patrimonio della PPE è aumentato in modo esorbitante durante l'esercizio della sua carica pubblica e se il livello di corruzione nel Paese di provenienza era notoriamente alto durante il mandato della PPE, si presume che i valori patrimoniali siano stati acquisiti in modo illecito.

La prima applicazione concreta della LRAI è rappresentata dal caso Duvalier.

Dall'entrata in vigore della legge, il 1° febbraio 2011, gli averi che l'ex dittatore aveva depositato in Svizzera sono bloccati sulla base della LRAI. Il 29 aprile 2011, il Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha presentato un'azione di confisca dei valori patrimoniali presso il Tribunale amministrativo federale.

2.3.2

Sicurezza umana e diritto internazionale umanitario

Promozione della sicurezza umana La promozione della sicurezza è, come in passato, una colonna portante della politica estera della Svizzera. La nozione di sicurezza umana si concentra sulla sicurezza dell'individuo e sulla sua protezione dalla violenza politica, dalla guerra e dall'arbitrio. Nel 2011 la Svizzera ha stanziato 64,8 milioni di franchi svizzeri per prevenire e risolvere crisi nonché per formulare programmi politici internazionali.

Attraverso i buoni uffici, la mediazione e i programmi di consolidamento della pace, ha inoltre sostenuto le iniziative destinate a prevenire conflitti armati, a ridurne l'intensità o a farli cessare. Ha inoltre continuato a impegnarsi a favore del rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in loco. Ha partecipato attivamente anche allo sviluppo di regole universali, in particolare mediante iniziative diplomatiche finalizzate ad abolire la pena di morte, a promuovere il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario attraverso società di sicurezza private, nonché a lottare contro la violenza armata. La Svizzera offre così il suo contributo nel risolvere problemi di portata mondiale, accrescendo contemporaneamente la propria sicurezza.

37 38

RS 196.1 Per quanto riguarda il dispositivo generale previsto per contrastare il fenomeno dei valori patrimoniali di provenienza illecita, si rinvia alle spiegazioni contenute nel rapporto sulla politica estera 2010 (FF 2011 927).

2626

Redazione del Messaggio 2012­2016 Il 29 giugno 201139 il Consiglio federale ha deciso di confermare le misure di promozione della pace e della sicurezza umana per il periodo 2012­2016 e ha sollecitato il Parlamento a stanziare un credito quadro di 310 milioni di franchi a questo fine. 50 milioni sono destinati soprattutto a un programma speciale per l'Africa settentrionale e il Medio Oriente. I mezzi accordati consentiranno alla Svizzera di proseguire gli sforzi di promozione della pace e dei diritti umani e di portare avanti la propria politica umanitaria e la politica estera di migrazione, rafforzandole in modo mirato. Il Consiglio federale intende accrescere l'impegno soprattutto negli ambiti della democrazia e della suddivisione del potere, della prevenzione dei conflitti e del disarmo, del controllo degli armamenti e della non proliferazione. Nei prossimi anni la Svizzera continuerà a concentrarsi sulle regioni che considera d'interesse strategico, vale a dire il Bacino del Mediterraneo (Balcani, Vicino Oriente e Africa settentrionale), il Caucaso e l'Asia Centrale, nonché determinati Paesi nell'Africa subsahariana. A questi si aggiungono Paesi quali il Nepal o la Colombia nei quali la Svizzera ritiene che potrebbe avere voce in capitolo in virtù delle relazioni particolari che intrattiene con loro o delle sinergie con altre attività della Confederazione.

Attenzione alle necessità e ai ruoli diversi delle donne e degli uomini e promozione dei diritti delle donne nel contesto della politica di pace Per sicurezza umana si intende la sicurezza di tutti i componenti di una società. Una pace durevole è possibile solo se tutti ­ donne e uomini ­ sono coinvolti nel processo. Ecco perché, nell'impiego degli strumenti di promozione della sicurezza umana, il DFAE si è impegnato a considerare adeguatamente i diversi bisogni e ruoli delle donne e degli uomini in tutte le fasi di programmazione (analisi, pianificazione, esecuzione e valutazione). Dedica un'attenzione particolare alla tutela delle donne in situazioni di conflitto e post-conflitto e al rafforzamento dei loro diritti, come pure alla promozione della loro partecipazione attiva ai processi di pace. A livello internazionale, la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulle donne, la pace e la sicurezza enuncia i principi di una
politica di pace che tenga debito conto del principio della parità di diritti. Nel 2010 la Svizzera ha rielaborato il proprio piano d'azione nazionale che traspone il contenuto della risoluzione nel contesto nazionale e che mira a favorire una collaborazione efficace e coordinata di tutti gli organi dell'Amministrazione federale impegnati nelle politiche di pace e sicurezza. Le strategie della Svizzera nell'ambito della promozione della pace prevedono, per ogni Paese, l'integrazione della prospettiva di genere, la promozione delle donne quali attrici nei processi di pace, nonché attività specifiche per rafforzare i diritti delle donne, proteggerle dalla violenza specifica al sesso e lottare contro l'impunità di questi crimini. La Svizzera partecipa inoltre, in qualità di membro dell'ONU (per esempio come membro del «Group of Friends of Resolution 1325»), ma anche nel quadro di altri importanti consessi internazionali, allo sviluppo di norme e strumenti internazionali volti a far applicare i principi della risoluzione 1325.

39

FF 2011 5683

2627

Sinergie A livello interno, è stato effettuato un accurato lavoro di armonizzazione dei diversi strumenti della politica estera svizzera. Le sinergie tra la promozione della pace, l'aiuto umanitario, la cooperazione allo sviluppo e i contributi militari al mantenimento della pace ­ una parte importante dell'impegno svizzero a favore della sicurezza internazionale e umana ­ sono state rinforzate, consentendo di accrescere l'efficacia degli sforzi intrapresi. Considerando le sfide che gli Stati fragili o appena usciti da un conflitto pongono alla sicurezza umana e internazionale, la Svizzera desidera potenziare le sinergie tra la promozione civile e militare della pace. Intende così potenziare anche le proprie capacità di sostegno agli interventi multilaterali di mantenimento e consolidamento della pace, conformemente alle linee guida del rapporto sulla politica di sicurezza 201040.

Promozione della pace Programmi di promozione civile della pace Nel 2011 la Svizzera ha assegnato tre quarti delle risorse destinate alla promozione civile della pace ai programmi sviluppati nelle regioni e nei Paesi prioritari. Gli sforzi si sono concentrati sull'Europa Sudorientale, sul Vicino Oriente, sull'Africa occidentale e centrale, sul Sudan e sul Corno d'Africa, sulla Regione dei Grandi Laghi, sul Nepal e sulla Colombia. A seguito delle sommosse popolari scoppiate nell'Africa settentrionale all'inizio del 2011, la Svizzera ha deciso di avviare un programma di sostegno al processo di democratizzazione nei Paesi della regione. Le rimanenti risorse previste per la promozione civile della pace sono state utilizzate per singoli interventi in Indonesia, Thailandia, Kirghizistan e nel Caucaso del Nord.

Balcani occidentali: l'impegno della Svizzera si iscrive nel quadro dei molteplici processi di transizione di carattere post-conflittuale, democratico ed economico che la regione attraversa. Mediante la propria politica di pace la Svizzera contribuisce a ricostruire la fiducia tra le comunità e gli Stati, facilitando il dialogo politico e sviluppando attività volte a garantire una migliore partecipazione delle minoranze alle istituzioni politiche. Le attività svizzere hanno contribuito in modo significativo al processo di decentralizzazione in Kosovo, che negli ultimi anni ha consentito alla popolazione serba di
partecipare maggiormente alle istituzioni kosovare. D'altra parte, la DP IV sostiene il dialogo politico tra i leader serbi del Kosovo e della Serbia, al quale partecipano anche personalità albanesi. Questo dialogo è l'unico meccanismo di consultazione tra i leader serbi dei due Paesi e consente loro di trasmettere ai governi proposte concrete per risolvere i problemi che rendono la vita difficile ai cittadini serbi in Kosovo e per migliorare le relazioni tra le comunità.

Convinta dell'importanza, per gli Stati, di far fronte al proprio passato, la Svizzera si impegna anche a favore della giustizia transizionale e dell'analisi del passato.

Sostiene attività di natura giuridica, come quelle del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia o della Corte di Bosnia, ed extra-giuridica, come quelle avviate dai governi o dalle società civili della regione per favorire la riconciliazione. I partner della DP IV si impegnano così nella ricerca di persone scomparse, ma anche negli ambiti dei media e dell'educazione, al fine di migliorare la comprensione e la conoscenza del recente passato. La Svizzera partecipa inoltre alle operazioni civili e

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Rapporto del Consiglio federale all'Assemblea federale sulla politica di sicurezza della Svizzera del 23 giugno 2010 (FF 2010 4511)

2628

militari della NATO e dell'UE in Kosovo (EULEX, KFOR e ICO) e in Bosnia ed Erzegovina (EUPM ed EUFOR).

Medio Oriente: la comunità internazionale non è riuscita a convincere Israele e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a riprendere i negoziati. A livello di società civile, la Svizzera ha promosso l'elaborazione di un accordo modello, noto con la designazione di Iniziativa di Ginevra, che ora comprende anche un allegato sui rifugiati. Ad oggi, questo testo rappresenta il modello più dettagliato per una soluzione a due Stati. L'Iniziativa è stata rilanciata in occasione di una conferenza svoltasi nel novembre 2011, il che ha permesso di rafforzare i legami con l'Iniziativa araba per la pace. La Svizzera ha inoltre sostenuto il dialogo con i gruppi di popolazione che guardano con scetticismo alla soluzione a due Stati. Per promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo, la Svizzera ha intensificato il dialogo con tutte le parti in causa. Prima e durante le insurrezioni che hanno scosso i Paesi arabi, ha favorito consessi e contatti tra personalità occidentali e rappresentanti dei partiti d'opposizione di stampo religioso. Infine, la Svizzera ha contribuito a promuovere la cooperazione nell'ambito dell'approvvigionamento idrico attraverso il suo impegno regionale (cfr. n. 2.3.4). Dal mese di giugno 2011, la Svizzera mette a disposizione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per la supervisione dell'armistizio (United Nations Truce Supervision Organisation, UNTSO) il supplente del capomissione.

Africa settentrionale: le insurrezioni popolari avvenute nel 2011 in Tunisia, Egitto e Libia hanno segnato l'inizio di un processo di transizione che comporta senz'altro diversi problemi, ma costituisce anche un'opportunità per la Svizzera di contribuire attivamente alla stabilità del bacino del Mediterraneo, rinsaldando le relazioni politiche, economiche, sociali e culturali con l'Africa settentrionale, non da ultimo nel proprio interesse. L'assenza di un passato coloniale e l'esperienza democratica conferiscono alla Svizzera un valore aggiunto unico per i Paesi in fase di transizione democratica. In uno spirito di partenariato e su richiesta degli interessati, la Svizzera ha sostenuto gli sforzi volti alla restituzione di averi di provenienza
illecita. In una prospettiva d'impegno bilaterale e multilaterale a lungo termine e nell'intento di promuovere lo sviluppo di democrazie stabili, partecipative e pluralistiche, nel 2011 la Svizzera ha concentrato il proprio impegno su progetti volti a rafforzare la società civile e la sua partecipazione attiva ai processi elettorali, a sostenere le organizzazioni per la tutela dei diritti umani e a promuovere il dialogo tra forze politiche. In Tunisia, per esempio, la Svizzera ha messo a disposizione esperti in processi elettorali, partecipando inoltre alla missione internazionale di osservazione delle elezioni.

Africa occidentale e centrale: nell'ambito del suo programma di politica per la pace in questa regione, la Svizzera sostiene iniziative di partner locali nel Mali, nel Niger e nel Ciad a favore della prevenzione e della risoluzione di conflitti ricorrenti e transfrontalieri. La crisi libica ha avuto ripercussioni sulla regione sahelo-sahariana in termini di sicurezza, migrazione e circolazione di armi. I progetti sostenuti dalla Svizzera si rivelano quindi ancora più importanti e includono in particolare l'organizzazione di forum intercomunitari, dialoghi interregionali, reti di contatti per la promozione della pace nonché l'assistenza tecnica agli organi preposti alla riconciliazione e al consolidamento della pace. L'obiettivo è anche quello di sviluppare competenze regionali, soprattutto francofone, nell'ambito della diplomazia preventiva, della mediazione e dell'analisi del passato e di favorirne l'aggregazione. Parallelamente la Svizzera ha continuato a impegnarsi a livello regionale per il rafforzamento delle capacità civili nell'ambito del mantenimento della pace attraverso la 2629

Scuola per il mantenimento della pace («Ecole du maintien de la Paix») di Bamako e sostenendo la Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (CEDEAO).

Sudan, Sud Sudan e Somalia: conformemente all'Accordo di pace globale («Comprehensive Peace Agreement», CPA) concluso nel 2005 e scaturito da un accordo di cessate il fuoco firmato nel 2002 grazie all'intervento di mediazione della Svizzera, il 9 gennaio 2011 il Sud del Paese ha organizzato un referendum: il 98,8 per cento dei sudanesi del Sud si è espresso a favore dell'indipendenza, proclamata il 9 luglio 2011. Il 14 luglio 2011 la nuova Repubblica del Sud Sudan è diventata il 193° Stato membro dell'ONU. In tale contesto, e tenendo conto delle necessità specifiche del Paese e dei punti in sospeso ancora da negoziare dopo la successione, in particolare nel settore economico, la Svizzera assiste i due Stati nell'ambito del regolamento delle questioni relative alla valuta, alla ripartizione di averi e oneri dello Stato, allo sdebitamento, nonché nell'ambito della stesura delle nuove costituzioni e della creazione di nuove strutture statali volte a favorire la coabitazione pacifica in questi Stati multinazionali, multietnici e plurireligiosi. La Svizzera opera inoltre a favore della pace e dei diritti dell'uomo, in particolare nel Darfur.

Nel Sud Sudan la Svizzera sostiene il governo nella creazione di strutture statali federali e decentralizzate che mirano in particolare a integrare le autorità tradizionali nei processi politici riguardanti le strutture governative moderne, in fase di sviluppo dal 2005. Offre inoltre aiuto in materia di sminamento a scopo umanitario, eliminazione di munizioni inesplose e riforma del sistema di sicurezza e si adopera per il buon funzionamento della nuova banca centrale.

In Somalia la Svizzera ha adottato un «approccio del doppio binario»: da un lato, sostiene il Governo Federale di Transizione (GFT) a Mogadiscio per il tramite dell'Ufficio Politico delle Nazioni Unite per la Somalia (UNPOS) e, dall'altro, le entità regionali (Somaliland, Puntland, Galmudug, Himan e Heeb e la regione controllata dal movimento Ahlu Sunna wal Jamaa). Le sue attività prioritarie sono la promozione del dialogo, il sostegno alle questioni costituzionali, l'instaurazione di istituzioni a vocazione stabilizzatrice e lo
sminamento. Avendo aderito, nel 2009, al Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia, la Svizzera assiste alle riunioni semestrali in cui vengono discusse e negoziate soluzioni per la regione. Dal 2002 la Svizzera è anche membro del gruppo informale di Stati «Friends of Somalia».

Regione dei Grandi Laghi: la promozione del dialogo, l'analisi del passato, il rafforzamento del rispetto dei diritti umani, nonché la lotta contro le armi leggere e di piccolo calibro restano al centro degli sforzi della Svizzera a favore del consolidamento della pace nel Burundi. In un periodo di deterioramento del clima politico, la Svizzera ha saputo conservare i rapporti con tutti gli attori politici e offre una delle rare piattaforme in cui il dialogo resta possibile. Grazie al sostegno della Svizzera, il Burundi ha potuto dichiararsi libero dalle mine secondo l'articolo 5 della Convenzione sul divieto delle mine antiuomo41. Nel quadro della presidenza della Configurazione del Burundi in seno alla Commissione di consolidamento della pace delle Nazioni Unite, la Svizzera si è impegnata per promuovere un ambiente propizio allo sviluppo sostenibile. Vista l'importanza primordiale della regione del Kivu nella Repubblica democratica del Congo per una pace duratura nella Regione dei Grandi Laghi, la Svizzera ha deciso di rafforzare il suo impegno in questo Paese negli ambiti del dialogo, della governance e dell'analisi del passato. Appoggia inoltre la 41

Convenzione del 18 settembre 1997 sul divieto dell'impiego del deposito della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (RS 0.515.092)

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missione di stabilizzazione dell'ONU nella Repubblica democratica del Congo mettendo a disposizione osservatori militari ed esperti in materia di sminamento a scopo umanitario.

Colombia: nel 2011 è stato portato a termine il processo di valutazione esterna del programma di politica della pace e dei diritti umani della Svizzera in Colombia.

L'analisi delle attività in Colombia dimostra che la Svizzera, grazie al suo impegno a lungo termine, è vista come un protagonista credibile in cui i vari attori ripongono grande fiducia. In particolare, nell'ultima fase del programma la Svizzera ha saputo ritagliarsi una posizione nell'ambito dell'analisi del passato e, tramite il programma SUIPPCOL, ha rafforzato le capacità e le iniziative della società civile per sostenere le loro proposte in favore della pace. In una tappa successiva, il programma di promozione della pace cercherà maggiori sinergie con il programma di sviluppo della Svizzera sul posto. Dal secondo semestre 2011, al fine di rafforzare il proprio impegno e profilo in materia di promozione dei diritti umani, la Svizzera presiede il sottogruppo per i diritti dell'uomo del G24, un gruppo tripartito che riunisce i 24 Paesi donatori, il governo colombiano e la società civile; questo sottogruppo segue dal 2003 la Colombia nella ricerca di una pace durevole. Questa presidenza ha conferito alla Svizzera l'opportunità di condurre discussioni approfondite con il governo sulle questioni legate ai diritti umani, assumendo così un ruolo di collegamento tra la società civile e il governo colombiano, il che favorisce la reciproca considerazione dei rispettivi interessi.

Nepal: sebbene la situazione in Nepal resti instabile, sono stati realizzati progressi considerevoli grazie agli sforzi tesi a fare adottare una nuova costituzione e a comporre le controversie sulla reintegrazione degli ex combattenti maoisti. Un accordo firmato all'inizio del mese di novembre (7 points agreement) ha consentito di avviare la procedura di reintegrazione o di pensionamento dei combattenti, che durerà ancora un anno circa. In seguito a tale accordo, le trattative relative alla costituzione sono state riprese con nuovo dinamismo ed è stata costituita una commissione incaricata di proporre la nuova struttura federale del Nepal. La Svizzera ha fornito un contributo consistente
a questi sviluppi, fungendo da facilitatrice e moderatrice per i partiti politici. Continua inoltre a sostenere la riforma dello Stato, in particolare per quanto riguarda la nuova struttura federale del Nepal.

Interventi ad hoc: in Thailandia la Svizzera ha fornito un sostegno sostanziale al processo di riconciliazione nazionale in seguito ai violenti scontri della primavera del 2010, contribuendo così allo svolgimento pacifico delle elezioni parlamentari del mese di luglio 2011. La Svizzera ha inoltre appoggiato in modo diretto e discreto il processo di dialogo tra il governo e i gruppi armati nell'ambito del conflitto nel sud della Tailandia, che dal 2004 ha causato la morte di circa 5000 persone. In Indonesia la Svizzera ha sostenuto, sempre con discrezione, i preparativi delle varie parti in conflitto in vista di un eventuale dialogo tra il governo e la Papuasia occidentale. Nel mese di marzo 2011 è stato instaurato un «dialogo nazionale per il Kirghizistan», agevolato dalla Svizzera e da una ONG britannica. Nel 2011 si sono quindi svolte tre tavole rotonde, nell'ambito delle quali i rappresentanti del governo, dei partiti politici e della società civile hanno discusso dei problemi politici e della sicurezza nazionali. La Svizzera ha inoltre continuato ad adoperarsi per migliorare, con il sostegno delle autorità e della società civile, la sicurezza delle popolazioni civili nel Caucaso del Nord, in particolare tramite la ricerca delle persone disperse durante i conflitti degli anni '90, un sostegno psicosociale alle persone più colpite e la protezione dei civili.

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I temi della pace I programmi di promozione civile della pace vertono su attività volte ad assicurare la sostenibilità dei processi di pace, ambiti in cui la Svizzera dispone di competenze particolari e riconosciute: la mediazione, l'analisi del passato e la prevenzione del genocidio, la giustizia e la pace, il rafforzamento dello Stato di diritto, il federalismo, la ripartizione del potere, il sostegno ai processi elettorali e la considerazione dei fattori di carattere religioso.

Mediazione, sostegno alla mediazione e facilitazione: tra gli strumenti per la promozione civile della pace, la mediazione nei negoziati di pace è uno di quelli più importanti e permette di conseguire i risultati migliori. La maggior parte dei conflitti armati viene oggi risolta mediante negoziati di pace. Per tale motivo la Svizzera ha ampliato le proprie attività legate alla mediazione. L'anno scorso ha partecipato a oltre una dozzina di processi in materia. Questi impegni variano molto l'uno dall'altro e del resto uno dei principali insegnamenti che si può trarre dall'ultimo decennio è proprio che ogni conflitto è unico nel suo genere. Di conseguenza la comunità internazionale deve far fronte a un contesto diverso per ogni singolo caso.

Oggi i negoziati di pace sono processi complessi: il disarmo e la smobilitazione dei soldati dei gruppi armati, la loro reintegrazione nella vita civile o nell'esercito ufficiale, il ripristino delle istituzioni dello Stato, la ripartizione del potere e le strutture federaliste, la revisione della costituzione, la giustizia transizionale, l'analisi del passato e la distribuzione dei redditi originati dalle risorse naturali sono soltanto alcune delle tante questioni da affrontare. Le parti in conflitto, in particolare se si tratta di gruppi armati non statali, hanno bisogno di appoggio non soltanto per tutta la durata dei negoziati, bensì anche nell'ambito dell'applicazione di un accordo di pace. Motivo per il quale la Svizzera ha inviato consulenti in materia di sicurezza umana in diversi Paesi, ad esempio in Nepal, dove fungono da intermediari e facilitatori tra i partiti politici tradizionali, i maoisti e i partiti che rappresentano l'etnia Madeshi. Nel 2011 la Svizzera ha portato a termine con successo la mediazione relativa alle trattative tra la Georgia e la Russia che vertevano
sull'adesione di quest'ultima all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Sempre nel 2011 la Svizzera ha inoltre appoggiato l'ONU in vari modi, segnatamente stanziando mezzi finanziari e risorse umane per rafforzarne le capacità. Ha così messo a disposizione personale per la centrale del Dipartimento Affari politici dell'ONU a New York e ha rafforzato le proprie missioni: due esperti svizzeri lavorano in seno alla piccola équipe del mediatore delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale e, nell'ambito dei negoziati di Doha, esperti svizzeri hanno organizzato seminari sul rafforzamento delle capacità per i movimenti del Darfur. Peraltro, la Svizzera sostiene diverse ONG attive nell'ambito della mediazione e collabora con loro in vari processi di pace.

Analisi del passato e prevenzione delle atrocità: in risposta alla crescente domanda in questo campo, il 1° aprile 2011 è stato costituito un gruppo di lavoro per l'analisi del passato e la prevenzione delle atrocità. Ai governi e alle autorità internazionali che ne fanno richiesta (p. es. la Colombia, i Balcani, il Caucaso, il Guatemala, il Burundi e la regione del Mediterraneo) questo gruppo di lavoro offre assistenza, consulenza metodologica, sostegno politico e perizie specifiche. Il tutto negli ambiti più disparati, come la creazione di una strategia nazionale contro l'impunità, l'istituzione di commissioni d'inchiesta o di commissioni per la verità, la realizzazione di programmi nazionali di riparazione o di processi di smobilitazione, l'organizzazione dell'allestimento di archivi di tribunali speciali nelle regioni in questione, 2632

l'accesso agli archivi riguardanti le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e la protezione di tali archivi, nonché la conservazione delle copie di sicurezza in Svizzera. In occasione della sessione del mese di settembre 2011 del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, la Svizzera ha presentato, in collaborazione con l'Argentina e il Marocco, una risoluzione volta a istituire un relatore speciale per la promozione della verità, della giustizia, del risarcimento e della garanzia di non ripetizione. In materia di prevenzione delle atrocità, nell'aprile 2011 la Svizzera ha organizzato il terzo forum regionale per la prevenzione del genocidio in collaborazione con l'Argentina e la Tanzania; si impegna a favore dell'istituzione di una rete di punti di contatto in seno ai governi, incaricati di fornire informazioni rapide, pertinenti e strategiche non appena una situazione diventa pericolosa.

Sostegno di processi elettorali: le elezioni spesso sono un elemento centrale nei processi di pace, benché delicato, poiché solleva la questione di chi sia legittimato a governare. Motivo per cui molti trattati di pace includono disposizioni sulle scadenze e sulle condizioni elettorali. Dopo un conflitto armato le elezioni democratiche rappresentano quindi uno strumento di stabilizzazione politica, che comporta tuttavia un grande potenziale di destabilizzazione. Inoltre le elezioni possono causare scontri violenti anche nei Paesi in cui non vi è alcun conflitto armato. Per questo motivo la Svizzera collabora con autorità e organizzazioni internazionali e locali per promuovere la comprensione e favorire l'analisi del potenziale conflittuale intrinseco in un processo elettorale, al fine di proporre l'adozione di adeguate misure di gestione di conflitti violenti durante le elezioni; tra queste misure, vi sono per esempio la trasparenza e la credibilità del processo elettorale. Nel 2011 la Svizzera ha messo a disposizione di varie autorità elettorali degli esperti svizzeri in materia.

Ha inoltre sostenuto progetti della società civile volti a contenere gli animi nel contesto elettorale e continua ad appoggiare lo sviluppo di uno strumento che permetta di prevenire e risolvere i conflitti violenti durante il processo elettorale.

Il fattore religioso nella risoluzione dei
conflitti: le insurrezioni scoppiate nell'Africa settentrionale, in Medio Oriente e nel Golfo a difesa dei diritti alla cittadinanza e della democrazia sono segnali di apertura. Se si desidera prevenire il ritorno a regimi autoritari e a tensioni intercomunitarie, il rapporto tra religione e Stato e l'integrazione di tutti gli attori religiosi aperti al dialogo sono questioni imprescindibili in una coalizione che aspira alla riforma. In partenariato con la Fondation de Cordoue (Ginevra) e grazie alle reti di contatti, impegnate a reinstaurare il clima di fiducia, la Svizzera ha sviluppato e avviato la realizzazione di meccanismi di consulenza e di sostegno alle transizioni politiche, promuovendo nel contesto delle rivolte il ricorso a un approccio aperto alle esigenze dei cittadini, partecipativo, inclusivo e non violento. Il nostro Paese intrattiene inoltre scambi regolari con i servizi competenti dell'UE per individuare il modo migliore di sostenere le coalizioni aperte alla riforma. Peraltro, sulla base delle sue conoscenze, la Confederazione ha continuato a curare il dialogo tra le autorità e le comunità musulmane in Svizzera. Questo dialogo, incentrato sul tema dell'impegno civile, è nuovamente di grande attualità. La Svizzera infine promuove e sostiene attivamente la realizzazione di piattaforme tematiche in seno al Gruppo di amici dell'Alleanza delle Civiltà dell'ONU che trattano di temi d'interesse comune e che, attraverso attività pratiche, permettono di creare ponti tra culture, religioni e visioni del mondo.

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Incremento della sicurezza delle popolazioni La Svizzera s'impegna a livello bilaterale e multilaterale per migliorare la sicurezza globale, in particolare per ridurre la violenza armata nel mondo, puntando sull'eliminazione delle mine antiuomo, dei residui di esplosivi e delle armi leggere e di piccolo calibro. Queste armi causano numerose vittime, per lo più civili, aggravando i conflitti e riducendo fortemente le opportunità di sviluppo delle società colpite.

Mine antiuomo: a dodici anni dall'entrata in vigore della Convenzione di Ottawa per la messa al bando delle mine antiuomo42, sono stati compiuti passi avanti per eliminare definitivamente questo tipo di armi. Nonostante ciò, restano diversi problemi da risolvere: circa 40 Stati non hanno ancora aderito alla Convenzione e alcuni Stati firmatari sono in ritardo con l'applicazione degli obblighi concernenti lo sminamento delle regioni colpite e lo smaltimento dei propri stock. La Svizzera assume un ruolo attivo nell'ambito dell'applicazione della Convenzione di Ottawa. Nel 2011, con la Colombia, ha assunto la copresidenza del Comitato permanente sullo sminamento. Per quanto riguarda la lotta contro le mine, la Svizzera si impegna a favore di un approccio integrato, che comprende aspetti sia umanitari, sia specifici allo sviluppo e permette di evitare le discriminazioni di singoli gruppi di vittime. La Svizzera è tra i pochi Paesi che hanno sviluppato una strategia di sminamento a scopo umanitario e di eliminazione delle munizioni inesplose. Questa strategia, regolarmente sottoposta a revisione, costituisce la base per l'impegno internazionale, nell'ambito del quale i vari dipartimenti sostengono diversi progetti mettendo a disposizione esperti svizzeri o contributi finanziari e materiali. La Svizzera si impegna a migliorare la protezione delle popolazioni civili e dei membri delle missioni internazionali, come pure a coinvolgere gli interlocutori non statali nella messa al bando delle mine antiuomo. A tal fine sostiene il lavoro dell'ONG «Appello di Ginevra» (Geneva Call), che si adopera per convincere gli attori non statali a rispettare il diritto internazionale umanitario. Inoltre la Svizzera accorda particolare importanza alla promozione delle politiche genere, poiché le mine e altri residui di materiale da guerra hanno ripercussioni
diverse a seconda che ad esserne colpiti siano uomini, donne, ragazzi o ragazze. Non da ultimo, nell'ambito del programma di sminamento dell'ONU, nel 2011 l'esercito svizzero ha messo a disposizione nove esperti. Complessivamente, nel 2011 la Svizzera ha speso circa 15 milioni di franchi in questo settore, circa la metà dei quali è andata al Centro internazionale per lo sminamento umanitario di Ginevra.

Violenza armata e sviluppo: nel quadro degli sforzi per arginare il traffico illecito di armi di piccolo calibro e di armi leggere e il loro uso improprio, dal 2006 la Svizzera si impegna ad attirare l'attenzione sulle interazioni tra la violenza armata e lo sviluppo. Porta avanti questa politica parallelamente al suo sostegno tradizionale a favore della lotta contro il traffico illecito delle armi leggere. La Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo43 è un'iniziativa diplomatica, lanciata insieme al Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), che mira a raggiungere entro il 2015 una riduzione quantificabile della violenza armata e dei suoi effetti nefasti sullo sviluppo socioeconomico. Su richiesta della Svizzera e di un gruppo di Stati di uguale orientamento, i temi affrontati con questa iniziativa sono 42 43

Convenzione del 18 settembre 1997 sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (RS 0.515.092) www.eda.admin.ch > Temi > Pace e Sicurezza > Pace > Sostegno della Svizzera nella risoluzione di conflitti > Iniziative diplomatiche

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stati iscritti all'ordine del giorno dell'ONU grazie alla pubblicazione di un rapporto del Segretario generale dell'agosto 2009 intitolato: «Promotion du développement par le biais de la réduction et de la prévention de la violence armée» (Promozione dello sviluppo attraverso la prevenzione e la riduzione della violenza armata); il rapporto era stato redatto in seguito all'adozione di una risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU alla fine del 2008 sulla stessa tematica44. Il gruppo direttivo del processo della Dichiarazione di Ginevra, presieduto dalla Svizzera e composto da altri 14 Stati, si basa su questo rapporto per approfondire le discussioni all'interno dell'ONU e definire possibili misure in vista di un miglioramento della situazione.

In seguito all'adozione, nel 2010, dell'«Accordo di Oslo», promosso dalla Norvegia, la Svizzera ha organizzato assieme al PNUD la seconda Conferenza ministeriale d'esame sulla violenza armata e sullo sviluppo, occasione che ha permesso di riunire a Ginevra Stati, organizzazioni internazionali e regionali nonché i rappresentanti della società civile e della sicurezza privata. L'obiettivo della Conferenza era di valutare i progressi fatti e di determinare in che modo la Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo potrà contribuire alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio entro il 2015.

I tre Centri di Ginevra: conformemente a quanto deciso dal Consiglio federale il 24 febbraio 2010, da gennaio 2011 il DFAE assume integralmente il finanziamento e la gestione dei contributi versati dalla Confederazione al Centro ginevrino per la politica di sicurezza (CGPS), al Centro internazionale per lo sminamento umanitario (GICHD) e al Centro per il controllo democratico delle forze armate (DCAF). Il contributo ammonta a 119,9 milioni di franchi per gli anni 2012­2015. Istituite dalla Svizzera, da oltre 10 anni queste tre fondazioni indipendenti promuovono la cooperazione internazionale in materia di pace, sicurezza, democratizzazione e sviluppo sostenibile. Le loro attività hanno notevoli effetti moltiplicatori sulla politica estera svizzera e ne rafforzano le competenze di nicchia, in particolare negli ambiti della formazione di esperti in vista del loro dispiegamento in missioni internazionali di pace, così come del disarmo e
della riforma nel settore della sicurezza, dello sminamento umanitario e dell'eliminazione delle munizioni inesplose nel quadro del Partenariato per la pace (Partnership for Peace, PfP). Riconosciuti a livello internazionale per le formazioni, consulenze, competenze civili e militari e piattaforme di discussione che mettono a disposizione, i tre centri godono di un forte sostegno internazionale. Tale appoggio è stato ribadito nel 2011 con l'entrata di nuovi membri nei consigli di fondazione dei Centri, tra cui la Cina e l'India per il CGPS, e la Tunisia, il Kirghizistan e numerosi Paesi dell'Africa occidentale per il DCAF.

Impiego di esperti svizzeri presso le organizzazioni internazionali L'aumento delle operazioni onusiane, regionali e sub-regionali per il mantenimento della pace e la forte crescita delle funzioni e del ruolo dei civili nelle complesse operazioni del periodo successivo alla guerra fredda hanno evidenziato l'urgenza di un intervento di esperti civili nel campo del mantenimento della pace, della stabilizzazione e della ricostruzione. Per tale motivo le organizzazioni internazionali (ONU, UE, Unione africana ecc.) continuano a intensificare gli sforzi e le strategie aumentando le capacità e il personale nel settore della promozione civile della pace. Forte di una lunga esperienza nell'invio di esperti civili all'estero, la Svizzera occupa una posizione strategica per fungere da interlocutrice affidabile nel dialogo internazionale su queste problematiche e per contribuire concretamente a migliorare, sul 44

A/RES/63/23

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campo, la sicurezza delle persone. Il costante intervento e dispiego di esperti svizzeri nelle organizzazioni internazionali dagli anni '90 si è rivelato uno strumento efficace e visibile della promozione svizzera della pace e dei diritti umani. Le competenze e la professionalità degli esperti svizzeri sono particolarmente apprezzate e garantiscono a lungo termine la visibilità dell'impegno svizzero.

Nel 2011 sono stati attribuiti a missioni bilaterali o multilaterali di media o lunga durata 208 esperti per la promozione civile della pace e dei diritti umani, in ben 43 Paesi. In media erano contemporaneamente in missione 95 persone, il 44 per cento delle quali donne. Tra queste persone, 19 erano esperti sul piano bilaterale (consulenti per il consolidamento della pace, per la promozione dei diritti umani e altri specialisti). Tra le principali attività della Svizzera in tale contesto figura, come sempre, in prima linea la partecipazione a osservazioni elettorali sotto l'egida dell'OSCE, dell'UE, dell'Organizzazione degli Stati americani (OSA) o dell'Organizzazione internazionale della Francofonia (OIF). Nel 2011, ben 72 persone hanno partecipato all'osservazione di elezioni in seno a 16 missioni in 14 Paesi.

La scelta delle organizzazioni multilaterali, dei Paesi e del numero di inviati è determinata in base alle priorità geografiche e tematiche della Svizzera in materia di sicurezza umana. La Svizzera concentra le sue attività sul rafforzamento delle strutture statali, sullo Stato di diritto, sull'analisi del passato, sui diritti dell'uomo e sul diritto umanitario, nonché sull'osservazione delle elezioni. Il pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace mette inoltre a disposizione esperti per funzioni ben definite presso le sedi dell'ONU, dell'UE, dell'OSCE e del Consiglio d'Europa.

Così facendo, la Svizzera aiuta questi organismi multilaterali a portare avanti la loro missione e, nello stesso tempo, incrementa le proprie competenze ed esperienza. Le attività coadiuvate includono la pianificazione e la selezione dei posti di lavoro, il reclutamento di personale qualificato, l'invio e il controllo degli esperti, la loro valutazione, il dialogo operativo con le organizzazioni multilaterali nonché lo svolgimento di programmi di formazione di base e di aggiornamento.

La promozione
militare della pace La Svizzera contribuisce alla stabilità e alla sicurezza internazionali anche attraverso la promozione militare della pace. I luoghi d'intervento, la tipologia e l'entità dei mezzi che la Svizzera impiega nell'ambito della promozione militare della pace sono stabiliti congiuntamente dal DFAE e dal DDPS, poiché si tratta di un settore in cui si sovrappongono riflessioni e interessi riguardanti la politica estera e di sicurezza.

Negli ultimi anni il numero di effettivi svizzeri impiegati nella promozione militare della pace è rimasto stabile. Nel 2011 erano circa 280 i militari impegnati in una missione permanente, la maggior parte stanziati nei contingenti in Kosovo, Bosnia ed Erzegovina oppure inviati come osservatori militari dell'ONU. Mettendo a disposizione singoli esperti, la Svizzera offre inoltre il suo contributo nell'ambito dello sminamento umanitario, dello stoccaggio o della distruzione di armi leggere e di munizioni, nonché della riforma nel settore della sicurezza. Secondo il rapporto sulla politica estera 201045, nei prossimi anni l'impegno della Svizzera a favore della promozione militare della pace sarà intensificato, sia a livello quantitativo che qualitativo.

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Rapporto del Consiglio federale all'Assemblea federale sulla politica di sicurezza della Svizzera del 23 giugno 2010 (FF 2010 4511)

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Politica in materia di diritti dell'uomo Nuove sfide e nuovi approcci Il rispetto dei diritti dell'uomo è una condizione indispensabile per costruire un mondo stabile e pacifico. La pace e la sicurezza in una comunità internazionale sono possibili soltanto se ogni Stato rispetta i diritti umani e le libertà fondamentali dei propri cittadini. L'impegno a favore di questa causa è intrinseco alla tradizione svizzera ed è previsto negli obiettivi della Costituzione. Nel quadro della politica estera, la Svizzera intende contribuire alla protezione e alla promozione dei diritti umani in modo solidale e costruttivo, sostenendo un commercio mondiale equo e prendendo attivamente parte ai lavori del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite. Non va dimenticato del resto che la Svizzera aveva svolto un ruolo di primo piano nel processo di costituzione di questo Consiglio. Nel maggio 2011 la Svizzera ha deciso di rivedere la politica in materia di diritti dell'uomo per meglio adattarla alla realtà mondiale: d'ora in poi, tutti gli incontri nel quadro delle sue relazioni bilaterali e multilaterali saranno sistematicamente sfruttati per favorire la promozione dei diritti dell'uomo.

Iniziative diplomatiche Responsabilizzazione sociale delle imprese e rispetto dei diritti dell'uomo: il 9 novembre 2010 una sessantina di società di sicurezza private hanno firmato il Codice di condotta internazionale per i servizi privati di sicurezza, iniziativa lanciata congiuntamente dalla Svizzera e dalle associazioni industriali con l'appoggio dei principali acquirenti governativi. Sottoscrivendo questo Codice, le compagnie firmatarie si impegnano a fornire i propri servizi nel rispetto delle disposizioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale relativo ai diritti dell'uomo. A dicembre 2011 il Codice di condotta era stato firmato in totale da 266 società di sicurezza private provenienti da 47 Paesi. Un comitato direttivo creato dalle parti interessate ha elaborato le basi di un meccanismo di governance e di controllo che permette di assicurare l'applicazione del Codice. Lo statuto di tale meccanismo sarà finalizzato nel 2012 e l'implementazione avverrà nel corso dell'anno.

Nel mese di settembre 2011 la Svizzera ha aderito all'iniziativa internazionale Principi volontari sulla sicurezza e
i diritti dell'uomo, promossa da Stati, imprese e società civili per difendere il rispetto dei diritti umani nel quadro del dispositivo di sicurezza instaurato nel settore estrattivo ed energetico. Aderendo all'iniziativa, la Svizzera si è impegnata ad attuare il suo piano d'azione nazionale, che consiste nel promuovere l'applicazione di questi principi tramite le aziende svizzere attive all'estero nel settore estrattivo, nonché nel diffondere e sostenere questi valori sia in Svizzera ­ soprattutto a livello dell'amministrazione, dell'economia e dell'opinione pubblica ­ sia sul piano internazionale. La Svizzera è anche membro del comitato direttivo di questa iniziativa.

Pena di morte: nel 2011 la Svizzera ha proseguito il suo impegno nella lotta contro la pena di morte. A livello bilaterale ha adottato misure politiche mirate e reagito in casi individuali o in relazione a contesti specifici. La Svizzera ha trattato in modo esplicito questa problematica nell'ambito di consultazioni e programmi con i Paesi prioritari. Si è impegnata presso i governi dei Paesi cosiddetti riluttanti e ha incoraggiato altri Paesi a rafforzare il quadro legale nell'ottica dell'abolizione completa della pena di morte, iscritta nel quadro giuridico nazionale. Sul piano multilaterale la Svizzera ha rafforzato ulteriormente il sostegno a favore delle istituzioni internazionali e regionali. La Svizzera riveste un ruolo centrale in seno al gruppo di sostegno 2637

della Commissione internazionale contro la pena di morte; nell'ottobre 2011 ne ha assunto la presidenza per dodici mesi. Sempre nel mese di ottobre il segretariato della Commissione è stato trasferito da Madrid a Ginevra, dove avrà la sua sede permanente.

Agenda per i diritti dell'uomo: il 5 dicembre 2008, con il sostegno dell'Austria e della Norvegia, la Svizzera ha lanciato l'«Agenda per i diritti dell'uomo». L'iniziativa è legata ai festeggiamenti per il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. L'obiettivo dell'Agenda è tracciare un bilancio sullo sviluppo dei diritti dell'uomo negli ultimi 60 anni, sin dall'adozione della Dichiarazione, e di mostrare come si potrebbe migliorare la tutela dei diritti dell'uomo nel XXI secolo.

L'agenda è stata formulata da una piattaforma composta da personalità provenienti da vari Paesi, denominata «Panel on Human Dignity», con la collaborazione dell'Accademia di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di Ginevra.

Oltre alla Svizzera, hanno sostenuto l'iniziativa l'Austria, i Paesi Bassi, la Slovenia, il Kazakistan, il Marocco, il Brasile e il Qatar. Il panel intende approfondire i seguenti temi: Corte internazionale dei diritti dell'uomo, condizioni generali di detenzione (in particolare per i giovani), accesso alla giustizia (in particolare per le fasce sociali meno abbienti), educazione ai diritti umani e conseguenze del cambiamento climatico sui diritti umani.

Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT): nel 2011 la Svizzera ha incrementato gli sforzi contro la discriminazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT). Questo tema è stato trattato a più riprese in occasione di forum internazionali e la Svizzera si rallegra della Risoluzione storica votata dal Consiglio dei diritti dell'uomo lo scorso mese di giugno e co-patrocinata dal nostro Paese. La Risoluzione condanna gli abusi e le discriminazioni a causa dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere. La Svizzera ha inoltre contribuito finanziariamente allo studio condotto su questa tematica dal Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa. Nel giugno del 2011 quest'ultimo ha pubblicato un rapporto che fa seguito all'indagine realizzata nei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa riguardante la discriminazione
sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. L'ufficio del Commissario ha organizzato una tavola rotonda per presentare questo studio lo scorso mese di novembre a Berna. La tavola rotonda si è svolta parallelamente all'incontro informale sulla tematica relativa a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) con i responsabili del settore provenienti da diversi Paesi europei, organizzato sotto l'egida della Svizzera.

Lotta contro la tortura: la lotta contro la tortura costituisce una delle colonne portanti dell'impegno svizzero in materia di diritti civili e politici. Nel 2011 il protocollo facoltativo del 18 dicembre 200246 alla Convenzione dell'ONU del 10 dicembre 198447 contro la tortura ha festeggiato il suo quinto anniversario. Per trarre insegnamento da questi primi anni di esistenza e dalle esperienze fatte dagli Stati interessati dall'attuazione dei meccanismi nazionali di prevenzione, la Svizzera ha patrocinato un'importante manifestazione organizzata dall'Associazione per la prevenzione della tortura. Il simposio, intitolato «Prévenir la torture, respecter la dignité: de la parole à l'acte» (Prevenire la tortura, rispettare la dignità: dalle parole ai fatti ), si è tenuto nel mese di novembre 2011 ed è stato uno sforzo comune senza precedenti per promuovere l'approfondimento di questioni fondamentali legate 46 47

RS 0.105.1 RS 0.105

2638

all'applicazione efficace degli obblighi assunti in materia di prevenzione della tortura. I partecipanti hanno così avuto modo di incontrare numerosi attori in questo campo e di condividere le proprie esperienze. La Svizzera è soddisfatta dell'esito del simposio, che ha riscosso un cospicuo successo sia per quanto riguarda il numero di partecipanti, sia per le ricche discussioni sostenute durante questi due giorni.

Attività bilaterali Consultazioni sui diritti dell'uomo: nel maggio 2011 la Svizzera ha deciso di rafforzare la propria politica in materia di diritti umani; questa non si limiterà più a dialoghi isolati svolti con Paesi specifici, ma diventerà parte integrante di tutte le consultazioni pubbliche bilaterali della Svizzera. Questo nuovo assetto permette di ricollocare i diritti dell'uomo al centro della politica svizzera e contribuisce a rafforzarne il rispetto a livello globale. Oltre alle consultazioni pubbliche, la Svizzera sviluppa progetti di collaborazione in diversi Paesi, ad esempio in Nigeria, Cina, Russia, Senegal, Tagikistan o Vietnam, mentre in altri Paesi realizza interventi puntuali o progetti di minore entità.

Attività multilaterali Preparazione in vista dell'adesione a due nuove convenzioni internazionali delle Nazioni Unite in materia di diritti dell'uomo: il 21 gennaio 2011 la Svizzera ha firmato la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone contro le sparizioni forzate (ICED), un accordo internazionale centrale in materia di diritti umani, il cui contenuto si basa su accordi internazionali analoghi. Oltre a numerose disposizioni materiali riguardanti in particolare la prevenzione e la riparazione, questa Convenzione prevede importanti mezzi per la sua applicazione. I lavori preparatori in vista della ratifica sono attualmente in corso. Si sta inoltre valutando un'eventuale adesione alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (ICRPD). La procedura di consultazione si è conclusa il 15 aprile 2011.

Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU: in quanto membro, la Svizzera partecipa attivamente ai lavori del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite per rafforzare l'efficacia del suo operato e intensificare l'interesse del Consiglio nei confronti della situazione dei diritti umani nel mondo. Nel quadro delle sessioni ordinarie
e straordinarie del Consiglio, la Svizzera si adopera per promuovere i propri temi prioritari e sottolineare il ruolo delle vittime. Il carattere interregionale delle iniziative si rivela essere molto vantaggioso. Nel 2011 sono stati portati a termine diversi progetti che la Svizzera aveva avviato o presentato in collaborazione con altri Stati. In occasione della 16a sessione ordinaria del mese di marzo 2011, il Consiglio ha adottato per consenso il progetto di una Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'educazione e la formazione ai diritti dell'uomo presentato congiuntamente dalla Svizzera e dal Regno del Marocco in collaborazione con il Polo educazione e formazione ai diritti dell'uomo. Questo progetto, rielaborato in gennaio 2011 da un gruppo di lavoro presieduto dalla Svizzera, è stato adottato in occasione della 66a sessione dell'Assemblea generale dell'ONU.

Durante la stessa sessione il Consiglio dei diritti dell'uomo ha anche votato una risoluzione sui diritti umani e l'ambiente presentata dal Costa Rica, dalle Maldive e dalla Svizzera.

In occasione della 18a sessione in settembre 2011, il Consiglio si è riunito su iniziativa della Svizzera nel quadro di una tavola rotonda sul tema della promozione e della protezione dei diritti umani nel contesto di manifestazioni pacifiche. Attraverso 2639

questa iniziativa la Svizzera ha voluto sottolineare l'importanza per i governi di garantire l'esercizio pacifico dei diritti di libertà di riunione, di associazione, d'espressione e di evitare il ricorso alla violenza. Insieme all'Argentina e al Marocco, la Svizzera si è inoltre impegnata per ottenere la creazione di un nuovo sistema di protezione dei diritti umani, suggerendo la figura di un relatore speciale per la promozione della verità, della giustizia, del risarcimento e della garanzia di non ripetizione. Ha infine partecipato ai negoziati riguardanti un terzo Protocollo facoltativo relativo alla Convenzione sui diritti del fanciullo, che prevede una procedura di comunicazione individuale per i fanciulli, appoggiandone l'adozione. Il 17 giugno 2011 il Consiglio dei diritti dell'uomo ha adottato il Protocollo con un referendum e quindi lo ha sottoposto all'Assemblea generale dell'ONU nel mese di dicembre 2011, prima della firma e della ratifica.

La Svizzera e l'applicazione interna degli obblighi in materia di diritti dell'uomo Rapporti nazionali ai comitati dell'ONU: benché il sistema degli organismi di controllo dei trattati delle Nazioni Unite, la cui missione consiste nel verificare l'applicazione dei trattati internazionali relativi ai diritti dell'uomo, costituisca un progresso in questo ambito, restano diversi problemi da risolvere. La mancanza di rapidi miglioramenti potrebbe compromettere il potenziale e l'efficacia del sistema.

In effetti, l'obbligo assai costrittivo per gli Stati di presentare periodicamente dei rapporti, obera di lavoro gli organismi incaricati della loro verifica. Per molti Stati è difficile adempiere a questi obblighi per mancanza di risorse o di volontà politica.

Perciò non forniscono nessun rapporto per anni. Del resto, il carico di lavoro che grava sugli organismi di controllo, vittime del loro successo, è aumentato considerevolmente per via della quantità di rapporti in attesa di essere esaminati e di altre mansioni di controllo. Da diversi anni quindi la razionalizzazione e lo sviluppo dei metodi di lavoro degli organi creati in virtù di convenzioni delle Nazioni Unite sono oggetto di discussione, sia a livello internazionale, sia in seno alle istanze dell'ONU.

Alcuni anni fa si era pensato di riesaminare il sistema, ma attualmente le riflessioni circa
una possibile riforma mirano piuttosto a trovare soluzioni pratiche e tecniche.

A tal fine, nel 2009 l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha indetto consultazioni con tutte le parti interessate, sfociate in numerose consultazioni regionali, tra cui in particolare uno scambio tra rappresentanti ed esperti degli Stati interessati, tenutosi a Sion il 12 e 13 maggio 2011, con la partecipazione degli organismi di controllo dei trattati. Questo incontro ha permesso alla Svizzera di sottolineare il proprio impegno a favore del rafforzamento e dello sviluppo del sistema internazionale di protezione dei diritti umani, nonché esprimersi chiaramente a favore di Ginevra come capitale mondiale dei diritti umani.

Centro svizzero di competenza per i diritti umani: sin dal 2001 l'opportunità di costituire un'istituzione nazionale per la protezione dei diritti dell'uomo è stata oggetto di numerosi dibattiti in Svizzera. Dopo anni di consultazioni, il Centro svizzero di competenza per i diritti umani è stato inaugurato il 6 maggio 2011 e ha potuto avviare le sue attività. La missione del Centro è di rafforzare le capacità delle autorità pubbliche in materia di protezione e promozione dei diritti umani in Svizzera, conformemente alla Costituzione e agli obblighi internazionali a cui la Svizzera è vincolata. Il Centro mette a disposizione competenze di carattere pratico nell'ambito dei diritti umani. Possono avvalersi dei servizi del Centro le autorità federali, cantonali e comunali, nonché le organizzazioni non governative, il settore privato e le aziende.

2640

Politica umanitaria Per quanto concerne la politica umanitaria, le attività si fondano sulla strategia 2009­2010 del DFAE per la protezione dei civili nei conflitti armati, che permette alla Svizzera d'incrementare la coerenza interna, l'efficacia del proprio impegno bilaterale e multilaterale, nonché di consolidare il proprio posizionamento in campo internazionale. Questa strategia prevede tre priorità: chiarire, consolidare e rispettare il quadro normativo che offre protezione ai civili nei conflitti armati, migliorare le attività per la protezione dei civili nei conflitti armati e consolidare le proprie competenze nel settore della protezione dei civili.

Il rafforzamento del rispetto delle norme internazionali da parte dei gruppi armati non statali costituisce una delle principali sfide della protezione dei civili, riconosciuta in quanto tale dal Segretario generale dell'ONU nei suoi Rapporti del 2009 e del 2010. Il progetto «Attori armati non statali e norme internazionali», condotto in cooperazione con l'Académie de droit international humanitaire et de droits humains di Ginevra (Accademia di diritto umanitario internazionale e di diritti umani), ha analizzato la questione dell'aderenza alle norme da parte dei gruppi armati. Le conclusioni del progetto sono state pubblicate in un documento guida, in cui sono presentati i mezzi per migliorare tale adesione. Attraverso questa pubblicazione la Svizzera ha messo a disposizione degli Stati, delle organizzazioni internazionali e delle ONG uno strumento di lavoro volto a incentivare l'impegno a favore di un migliore rispetto del diritto internazionale da parte di tutte le parti coinvolte in un conflitto. In tal senso si rivela necessario sviluppare anche norme e direttive riguardanti le attività di sorveglianza, di allestimento di rapporti e di accertamenti relativi a infrazioni contro il diritto internazionale umanitario. Dal 2011 la Svizzera appoggia un progetto del Programme on Humanitarian Policy and Conflict Research (HPCR, Programma sulla politica umanitaria e la ricerca sui conflitti) dell'Università di Harvard, il cui obiettivo è quello di nominare un gruppo di esperti di alto livello incaricato di elaborare direttive per i mandati legati a tali attività.

Una delle problematiche principali dell'aiuto umanitario è l'accesso alle popolazioni
civili. A tale proposito la Svizzera si impegna in particolare a identificare gli ostacoli che, in caso di conflitto armato, rendono difficile l'accesso umanitario e in collaborazione con il CICR e l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (UN-OCHA) ha lanciato un'iniziativa volta a chiarire il quadro giuridico e a elaborare un manuale pratico destinato agli attori umanitari. Per la Svizzera si tratta di un sostegno a livello operativo, a favore di una migliore protezione delle popolazioni civili nelle zone di conflitto. Inoltre la Svizzera intraprende vari sforzi per proteggere i diritti degli sfollati interni: contribuisce tra l'altro alla ricerca di soluzioni durature con l'Incaricato speciale del Segretario generale dell'ONU per i diritti umani dei profughi interni e con altri partner come la Brookings Institution e l'Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC). Nell'ambito di questa collaborazione sono stati realizzati due progetti in Colombia, volti ad analizzare i legami tra gli sfollamenti interni e il processo di pace, nonché tra gli sfollamenti interni e la memoria collettiva. I risultati di questi studi potrebbero contribuire all'applicazione della nuova legge sulle vittime e sulla restituzione delle terre, varata lo scorso mese di giugno. Contemporaneamente la Svizzera ha continuato a sostenere i grandi attori internazionali in questo campo, come l'HCR o il CICR.

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Consolidamento del diritto internazionale umanitario Tendenze globali e sfide Al giorno d'oggi, la maggior parte dei conflitti armati avviene all'interno di uno Stato e non più tra Stati. Si assiste inoltre all'emergenza di un numero sempre maggiore di attori non statali, la maggior parte dei quali (p. es. gruppi armati organizzati) esiste ormai da molti anni, mentre altri (p. es. le società di sicurezza e quelle militari private) hanno fatto la loro comparsa più recentemente nell'ambito dei conflitti. La presenza di questi protagonisti costituisce un vero problema per quanto riguarda il rispetto del diritto internazionale umanitario, la cui applicazione necessita di miglioramenti. Non esistono praticamente più i campi di battaglia in cui i belligeranti si affrontano senza coinvolgere la popolazione civile nei combattimenti. Il campo di battaglia moderno non è più un terreno isolato, si sposta nelle zone popolate, persino in zone densamente popolate (Gaza, Pakistan, Sri Lanka). Questa urbanizzazione della guerra comporta un incremento della sofferenza della popolazione civile.

Vengono impiegate nuove tecnologie di guerra, ad esempio le armi e i sistemi d'armi che possono essere telecomandati, come i droni (apparecchi volanti telecomandati) e gli attacchi alle reti informatiche. Pur non rimettendo in discussione i principi applicabili del diritto internazionale umanitario, queste nuove tecniche d'armamento comportano una serie di problemi estranei alla concezione tradizionale dei conflitti armati. Nel settembre 2011 la Svizzera ha partecipato a una tavola rotonda su questo tema organizzata dall'Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di San Remo e dal CICR.

Nonostante queste problematiche, il diritto internazionale umanitario ha dimostrato di avere capacità di adattamento e, come emerso da analisi condotte in diversi ambiti, mantiene il ruolo di quadro giuridico di riferimento nei conflitti armati contemporanei. Si tratta di un'importante conclusione, riportata nel rapporto approvato dal Consiglio federale il 17 settembre 201048 e allestito in adempimento del postulato 08.3445 della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati del 20 giugno 2008. Alla fine del 2010 il CICR ha portato a termine uno studio sulle questioni del diritto internazionale umanitario che sarebbe opportuno
approfondire a livello normativo. Nello studio sull'incremento della tutela giuridica delle vittime dei conflitti armati il CICR ha esaminato quattro tematiche: la tutela dei rifugiati, la protezione dell'ambiente, la protezione delle persone private della libertà e l'applicazione del diritto internazionale umanitario. Al termine di una prima consultazione gli Stati hanno scelto soltanto le ultime due tematiche per un eventuale approfondimento del diritto. La 31a Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, tenutasi a Ginevra dal 28 novembre al 1° dicembre 2011, ha offerto l'occasione, non solo ai partecipanti alla Conferenza, ma anche a chi non aveva partecipato alla prima consultazione, di prendere posizione in merito. I partecipanti hanno anche condiviso l'opinione secondo cui i due settori prioritari sono la protezione delle persone private della libertà e l'applicazione a livello globale del diritto internazionale umanitario.

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Rapporto del Consiglio federale del 17 settembre 2010 «Il diritto internazionale umanitario e i conflitti armati in corso»

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Iniziative e attività della Svizzera Il problema principale resta il non rispetto delle regole del diritto internazionale umanitario da parte degli attori coinvolti in un conflitto. Urge trovare vie e mezzi concreti che consentano di garantire un miglior rispetto del diritto internazionale umanitario. Questo dato di fatto è stato ribadito dagli Stati in occasione della Conferenza organizzata dalla Svizzera e dal CICR nel mese di novembre 2009 per il 60° anniversario delle Convenzioni di Ginevra. Come del resto è un dato di fatto riconosciuto che finora la maggior parte dei meccanismi previsti dal diritto internazionale umanitario si è rivelata insufficiente e che è necessario riflettere sulle possibilità di porre rimedio a questa situazione. In collaborazione con il CICR, la Svizzera ha così deciso di mettersi a disposizione delle Alte Parti contraenti per promuovere un processo di questo tipo e presentare proposte concrete che consentano agli Stati di far rispettare maggiormente il diritto internazionale umanitario. Per realizzare questa iniziativa diplomatica, ha nominato un ambasciatore straordinario per l'applicazione del diritto internazionale umanitario, incaricato in particolare di condurre le consultazioni necessarie con gli Stati. L'iniziativa è stata lanciata ufficialmente in occasione della 31a Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, durante la quale la Svizzera ha ottenuto il sostegno di un numero consistente di Stati provenienti da varie regioni del mondo. Questa iniziativa è inoltre stata menzionata espressamente in una risoluzione della conferenza relativa al «Rafforzamento giuridico delle vittime dei conflitti armati».

La Svizzera continua ad adoperarsi affinché il diritto internazionale sia maggiormente rispettato anche dagli attori non statali. A questo scopo si impegna a favore di un ampio sostegno del Documento di Montreux del 200849, testo di riferimento redatto congiuntamente con il CICR, che costituisce un compendio del diritto in vigore e suggerisce misure concrete che gli Stati possono adottare per disciplinare in modo pertinente il settore delle imprese di sicurezza e società militari. Nel 2011 la Svizzera ha perciò organizzato un seminario regionale per l'America latina e uno per l'Asia centrale e il Nord est asiatico. A dicembre 2011 erano
38 i governi che hanno espresso il proprio sostegno nei confronti del Documento di Montreux. Sulla base di questo Documento la Svizzera ha appoggiato l'elaborazione di un Codice di condotta internazionale per i servizi privati di sicurezza. Sostiene inoltre un progetto volto a proporre soluzioni concrete che permettano di avviare il dialogo con i gruppi armati sul rispetto dei loro obblighi. La Svizzera si impegna in questo campo perché vuole assicurarsi che le vittime dei conflitti armati siano meglio protette e che i loro diritti siano rispettati. Al fine di rendere il suo operato più efficace e coerente, ha adottato una strategia interna il cui obiettivo principale è la creazione di un quadro normativo pertinente, adeguato, conosciuto e rispettato dalle parti interessate. In tale contesto la Svizzera, in collaborazione con il CICR e l'OCHA, ha condotto un progetto volto a chiarificare il diritto internazionale umanitario e il cui obiettivo è quello di illustrare il quadro giuridico applicabile all'accesso umanitario in condizioni di conflitto armato. Il risultato del progetto è stato presentato e lanciato ufficialmente in occasione della 31a Conferenza internazionale.

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www.eda.admin.ch > Temi > Diritto internazionale > Diritto internazionale umanitario > società di sicurezza e società militari private > Il Documento di Montreux

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Prospettive Il 2011 è così stato contraddistinto dalla 31a Conferenza internazionale, il cui obiettivo era di rafforzare il diritto internazionale umanitario e l'aiuto umanitario. In occasione della Conferenza il CICR ha tra l'altro presentato un rapporto sulle sfide poste dai conflitti armati attuali. La Conferenza ha offerto agli Stati l'opportunità di discutere su questo tema e di adottare una serie di risoluzioni per riaffermare l'impegno negli ambiti dell'aiuto e del diritto internazionale umanitario. Per la Svizzera, in quanto Alta Parte contraente e Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra e dei rispettivi protocolli aggiuntivi, la Conferenza è stata l'occasione di rafforzare l'impegno a favore del rispetto e dell'applicazione del diritto internazionale umanitario e di partecipare attivamente ai negoziati e ai dibattiti. Le ha consentito inoltre di portare avanti i propri progetti e le proprie iniziative e di contribuire al rafforzamento del rispetto del diritto internazionale umanitario.

2.3.3

Politica estera in materia di migrazione

Questo capitolo tratta gli aspetti della politica migratoria svizzera in relazione a Paesi al di fuori dell'area UE o AELS. La politica migratoria svizzera relativa ai Paesi dell'area UE/AELS è regolata principalmente dagli accordi sulla libera circolazione delle persone50 (cfr. n. 2.1.1.1) e dalla Convenzione AELS51.

Rapporto sulla cooperazione in materia di migrazione internazionale Nel febbraio 2011 il Consiglio federale ha preso atto del rapporto sulla cooperazione in materia di migrazione internazionale, redatto congiuntamente dal DFAE e dal DFGP. Il rapporto analizza la situazione iniziale, gli obiettivi, gli strumenti, gli attori e le sfide della politica estera svizzera in materia di migrazione. Esso conferma l'approccio della Svizzera secondo cui la migrazione è un fenomeno globale, in cui opportunità e sfide devono essere affrontate in stretta cooperazione di partenariato tra i Paesi di origine, di transito e di destinazione applicando in modo equilibrato gli strumenti di politica interna ed estera. Il rapporto comprende proposte concrete ­ nel frattempo attuate ­ per migliorare la collaborazione interdipartimentale nell'ambito della politica migratoria. Costituisce così la base per un maggiore impegno della Svizzera in materia di politica estera migratoria. L'obiettivo prioritario della Svizzera resta quello di gestire la migrazione internazionale in modo che questa possa avvenire in modo sicuro, legale e nel rispetto dei diritti e degli interessi di tutte le parti.

Attività in ambito di politica estera migratoria Sia il rapporto sulla cooperazione in materia di migrazione internazionale sia quello sulla politica estera 2010 esprimono la volontà del Consiglio federale di perseguire una politica estera migratoria attiva. I quattro esempi riportati qui di seguito illustrano l'impegno dell'anno scorso in materia di politica estera migratoria della Svizzera a livello multilaterale e bilaterale.

50

51

Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681) Convenzione del 4 gennaio 1960 che istituisce l'Associazione europea di libero scambio (AELS) (RS 0.632.31)

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Forum mondiale su migrazione e sviluppo: nel 2011 la Svizzera ha presieduto il Forum mondiale su migrazione e sviluppo («Global Forum on Migration and Development», GFMD). Il Forum costituisce attualmente la piattaforma internazionale più importante dedicata ai dibattiti sulla migrazione e sullo sviluppo. Fondato nel 2006 su iniziativa dell'ex Segretario generale dell'ONU Kofi Annan, è aperto a tutti i Paesi membri dell'ONU e serve a potenziare lo scambio informale di esperienze e la cooperazione tra Paesi di provenienza, di transito e di destinazione, nonché tra altri attori come la società civile e le organizzazioni internazionali di rilievo.

L'obiettivo principale della Svizzera durante questo anno di presidenza era quello di promuovere un dialogo tra gli Stati orientato alla pratica. In stretta collaborazione con i Paesi interessati, sotto la presidenza svizzera sono stati organizzati 14 incontri regionali in quattro continenti. Tre le tematiche al centro di questi incontri: la mobilità della manodopera e le rispettive conseguenze sullo sviluppo, la lotta coordinata contro la migrazione irregolare e gli strumenti pianificatori per il potenziamento delle politiche nazionali di migrazione e di sviluppo. In dicembre la Svizzera ha organizzato a Ginevra una conferenza conclusiva, durante la quale si è discusso dei risultati di questi incontri a livello globale. Alla conferenza hanno partecipato 165 Paesi e 30 organizzazioni internazionali con lo status di osservatore. Le raccomandazioni scaturite dalla conferenza conclusiva sono raccolte nel rapporto finale relativo alla presidenza svizzera del Forum mondiale su migrazione e sviluppo. Attraverso questa presidenza la Svizzera ha contribuito in modo pragmatico a rafforzare la collaborazione internazionale in materia di migrazione e sviluppo e il suo operato è stato altamente apprezzato dalla comunità internazionale. Va inoltre rilevato che la Svizzera ha potuto trarre vantaggi sotto vari punti di vista dalla presidenza del Forum mondiale su migrazione e sviluppo, e ne potrà trarre anche in futuro.

­

Innanzitutto, la Svizzera ha ancorato saldamente a livello globale temi di rilievo per la propria politica migratoria (migrazione irregolare, migrazione della manodopera, protezione dei diritti dei migranti). Il rapporto finale 2011 del Forum mondiale su migrazione e sviluppo costituirà anche nei prossimi anni un documento di riferimento centrale nel dialogo internazionale sulla migrazione.

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Il Forum mondiale su migrazione e sviluppo ha continuato a sostenere gli sforzi volti a integrare la migrazione a livello concezionale e operativo nella cooperazione allo sviluppo, collocandoli in un contesto globale.

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La Svizzera ha avuto modo di farsi un'idea delle priorità e degli interessi della politica migratoria e di sviluppo di numerosi Stati e di altri attori di rilievo, in particolare della società civile svizzera.

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La Svizzera ha inoltre considerevolmente allargato la sua rete di relazioni con interlocutori statali e non statali attivi nel settore della migrazione e dello sviluppo in tutto il mondo.

Partenariato migratorio con la Nigeria e i Balcani occidentali (Bosnia, Kosovo e Serbia): il 14 febbraio 2011 la Svizzera ha firmato con la Nigeria un memorandum d'intesa (Memorandum of Understanding, MoU) che istituisce un partenariato sulla migrazione. Il concetto di partenariato in materia di migrazione, sancito dall'articolo 100 capoverso 1 della legge federale del 16 dicembre 200552 sugli stranieri (entrata in vigore il 1° gennaio 2008), consente alla Svizzera di perseguire gli interessi della 52

RS 142.20

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propria politica migratoria tenendo conto anche degli interessi dello Stato partner. In collaborazione con lo Stato partner, la Svizzera cerca soluzioni costruttive per affrontare le problematiche legate alla migrazione (p. es. migrazione irregolare, ritorno, tratta di esseri umani, ecc.) e le opportunità economiche, sociali e culturali. La Svizzera aveva già sottoscritto accordi di questo tipo con la Bosnia ed Erzegovina, la Serbia e il Kosovo; il partenariato in materia di migrazione con la Nigeria è il primo con un Paese africano. Il quadro flessibile del partenariato ha consentito alla Svizzera di sviluppare assieme alla Nigeria provvedimenti volti a migliorare e incrementare la cooperazione in materia di migrazione. In occasione di tavole rotonde a sfondo tecnico e politico è stata approfondita la collaborazione nei settori dell'aiuto al rientro, della migrazione regolare (progetti di formazione e perfezionamento professionali), della lotta alla tratta di esseri umani, della cooperazione in materia di polizia e della migrazione per lo sviluppo. Questi incontri hanno tra l'altro permesso di riprendere i rinvii coatti verso la Nigeria. Un'ulteriore novità è costituita dal coinvolgimento della diaspora nigeriana in Svizzera nell'attuazione del partenariato in materia di migrazione: la diaspora è infatti vista come un attore sulla scena dello sviluppo del proprio Paese d'origine e viene intenzionalmente promossa in quanto tale nell'ambito del partenariato in materia di migrazione.

Nel quadro dei partenariati in materia di migrazione nei Balcani occidentali, nel 2011 sono stati realizzati due incontri bilaterali. Attualmente circa 25 progetti della cooperazione riguardano le seguenti tematiche: gestione della migrazione, prevenzione della migrazione irregolare e, recentemente, migrazione e sviluppo con il coinvolgimento di gruppi della diaspora. Nel mese di dicembre 2011 il Comitato interdipartimentale «Migrazione» ha varato una nuova strategia pluriennale 2012­2015 a favore di un ulteriore sviluppo di questi partenariati nei Balcani occidentali.

Lotta contro la tratta di esseri umani: la Svizzera condanna la tratta degli esseri umani ritenendola una grave violazione dei diritti dell'uomo. Il Protocollo addizionale del 15 novembre 200053 all'Accordo dell'ONU del 15 novembre 200054 contro la
criminalità organizzata transnazionale (Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, Protocollo di Palermo), ratificato dalla Svizzera il 27 ottobre 2006, costituisce la base normativa internazionale per prevenire, lottare e punire la tratta e il traffico di esseri umani. Nell'ambito del suo impegno di politica estera la Svizzera opera a favore di una maggiore collaborazione con gli attori statali e della società civile nei Paesi d'origine delle persone che, in Svizzera, sono vittime della tratta di esseri umani. A tale scopo dal 2009 si organizzano anche tavole rotonde internazionali per discutere dei problemi concreti e attuali riscontrati in questo tipo di lotta. Il dialogo diretto tra le autorità svizzere e quelle dei Paesi d'origine permette di ottenere regolarmente nuove informazioni di rilievo che consentono a loro volta di sviluppare misure d'intervento adeguate. L'assistenza tecnica all'estero è rivolta prioritariamente ai Paesi d'origine o di transito primari delle vittime della tratta degli esseri umani, quali il Brasile. I progetti di lotta contro questo tipo di tratta possono anche costituire una componente importante di un partenariato in materia di migrazione, come illustrato dagli esempi della Nigeria e della Serbia. In particolare nel contesto dell'ONU

53 54

RS 0.311.542 RS 0.311.54

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e dell'OSCE, La Svizzera continua a promuovere politiche e norme internazionali efficaci a favore della lotta contro la tratta degli esseri umani.

Cooperazione con l'UE: il tema della migrazione è prioritario anche all'interno dell'UE. Attraverso l'associazione agli accordi di Schengen/Dublino e agli accordi sulla libera circolazione delle persone, la Svizzera sostiene già due capisaldi della politica migratoria europea. Sussiste tuttavia ancora un ulteriore potenziale di collaborazione con l'UE nei settori che esulano dai trattati di Schengen/Dublino e dagli accordi di libera circolazione delle persone, ad esempio nell'ambito della politica d'asilo dell'UE (cfr. n. 2.1.1.1).

2.3.4

Riduzione della povertà e aiuto umanitario

Cooperazione della Svizzera a livello internazionale Messaggio «Cooperazione internazionale per il periodo 2013­2016» Nell'anno in rassegna è stato preparato il messaggio concernente la cooperazione internazionale 2013­201655. Il messaggio contempla per la prima volta l'aiuto umanitario, la cooperazione tecnica e l'aiuto finanziario a favore dei Paesi in sviluppo (DSC), provvedimenti economici e di politica commerciale (SECO) e la cooperazione con i Paesi dell'Est (DSC, SECO). La denominazione «cooperazione internazionale» poggia sulla terminologia internazionale («International Cooperation», «coopération internationale»), che comprende sia la riduzione della povertà sia il superamento dei rischi sistemici. Il termine «cooperazione internazionale» è inoltre necessario perché deve riunire in un unico concetto i provvedimenti dell'aiuto umanitario, la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione con i Paesi dell'Est.

La strategia della cooperazione internazionale svizzera s'iscrive nei quattro crediti quadro che il Consiglio federale presenterà al Parlamento nel 2012. L'operato della Svizzera, che contribuisce a ridurre la povertà e a superare i rischi sistemici, è incentrato sugli obiettivi di sviluppo e sugli obblighi stipulati a livello internazionale, nonché sulle priorità nazionali in materia di politica estera e di politica economica esterna. Gli obiettivi principali sono i seguenti: ­

prevenire e superare crisi, conflitti e catastrofi;

­

fare in modo che le risorse e i servizi siano accessibili a tutti;

­

promuovere una crescita economica sostenibile;

­

sostenere la transizione verso sistemi democratici e conformi all'economia di mercato;

­

contribuire a una globalizzazione a favore dello sviluppo e dell'ecologia.

L'uso di risorse energetiche fossili ha fatto sì che molti Paesi abbiano raggiunto un livello di benessere mai conosciuto prima. Questo sviluppo positivo è messo sempre più a repentaglio da un crescente numero di effetti collaterali. Le opportunità di sviluppo dei Paesi poveri subiscono l'influsso dei mutamenti ambientali come l'acidificazione dei mari, la riduzione delle risorse disponibili, la diminuzione della biodiversità e di terre fertili, la scarsità di acqua potabile nelle regioni. I provvedimenti per far fronte a queste sfide globali si fanno sempre più urgenti. Occorre 55

Messaggio del 15 febbraio 2012 concernente la cooperazione internazionale 2013­2016

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portare avanti soluzioni innovative per risolvere i problemi di sviluppo e di transizione e trovare risposte a situazioni d'emergenza umanitaria sia a livello globale (attraverso dispositivi normativi internazionali) sia a livello nazionale (attraverso misure di politica interna e norme giuridiche). A tale scopo è importante che gli attori statali, la società civile e privata e le istituzioni di ricerca collaborino a stretto contatto; tale collaborazione, unita a profonde e accurate conoscenze dell'agenzia di sviluppo, è indispensabile affinché i progetti possano essere realizzati con successo.

La cooperazione internazionale della Svizzera include: 1) programmi bilaterali con Paesi e regioni prioritari specifici, in collaborazione con attori statali e non statali, ditte private e istituzioni di ricerca; 2) cooperazione multilaterale e partecipazione finanziaria a istituzioni finanziarie internazionali, organizzazioni delle Nazioni Unite, reti e fondi globali. Oltre ai programmi svolti in regioni e Paesi specifici e alla cooperazione multilaterale, la Svizzera rafforza il proprio impegno nella gestione congiunta di problematiche quali il mutamento climatico, la sicurezza alimentare, l'acqua, i problemi sanitari transfrontalieri, la migrazione, le finanze e il commercio.

La lotta contro la povertà, lo sviluppo umano e la sostenibilità ambientale sono strettamente interconnessi. L'aiuto allo sviluppo e la cooperazione allo sviluppo «classici» si evolvono rapidamente. Oggi sono promossi soprattutto i progetti tesi a impostare le condizioni quadro e i dispositivi normativi internazionali che consentano di migliorare le opportunità e le prospettive dei Paesi in sviluppo. Gli «interessi di sopravvivenza comuni» dei Paesi ricchi e poveri passano in primo piano. In tale contesto per la Svizzera diventa sempre più importante intensificare gli sforzi volti a potenziare la coerenza delle sue relazioni esterne con i Paesi in sviluppo.

Coerenza nelle relazioni con l'estero Più sono coerenti le relazioni della Svizzera con l'estero per quanto riguarda la riduzione della povertà e dei rischi sistemici (p. es. cambiamenti climatici) e maggiore sarà l'efficacia della cooperazione internazionale. In base alla Strategia per uno sviluppo sostenibile del Consiglio federale per il periodo 2012­2015, i dipartimenti
federali contribuiscono allo sviluppo sostenibile a livello nazionale e globale appoggiando i provvedimenti della cooperazione internazionale e incrementandone l'efficacia.

Il Comitato interdipartimentale per lo sviluppo e la cooperazione internazionali (CISCI) ha il compito di identificare eventuali conflitti d'interesse tra l'impostazione della cooperazione internazionale svizzera e le politiche (settoriali) dei dipartimenti e di trovare una soluzione conforme alla «coerenza nell'ambito dello sviluppo» perseguita dall'OCSE. Dato che tale coerenza non potrà mai essere raggiunta completamente, occorre negoziare compromessi a livello politico.

La Svizzera si adopera per migliorare la coerenza delle sue politiche su quattro livelli: 1.

in qualità di membro di organizzazioni internazionali, sottolinea, in sede di negoziati, l'importanza di adottare a applicare norme internazionali vincolanti a favore dello sviluppo sostenibile globale;

2.

nel quadro delle sue relazioni bilaterali si adopera affinché tutti i programmi e progetti di sviluppo cofinanziati dalla Confederazione siano conformi agli obiettivi dello sviluppo sostenibile globale;

2648

3.

negli Stati partner si impegna direttamente sul posto per sostenere politiche nazionali volte a promuovere lo sviluppo;

4.

nella misura del possibile allinea la propria politica settoriale alle esigenze di uno sviluppo sostenibile globale, il che può generare conflitti d'interesse.

Sulla base del rapporto del Consiglio federale relativo agli Obiettivi di sviluppo del Millennio sono stati identificati gli ambiti della politica nei quali sussiste un'eventuale necessità d'intervento, riassunti qui di seguito.

Politica agraria: sovvenzioni all'esportazione per prodotti agricoli, dazi doganali preferenziali all'importazione di prodotti provenienti dai Paesi più poveri, sistema di pagamento diretto alla luce di un uso sostenibile delle risorse, vincolo di consegna degli aiuti alimentari.

Politica ambientale: promozione di fonti energetiche rinnovabili e del trasferimento di tecnologie, principio di causalità nell'ambito delle emissioni di CO2 (chi inquina paga), politica globale di riciclaggio e di smaltimento dei rifiuti, salvaguardia della biodiversità nei Paesi in sviluppo.

Politica sanitaria: distribuzione di farmaci di qualità a un prezzo accessibile ai Paesi più poveri, ponderazione delle esigenze dei Paesi in sviluppo nell'ambito della ricerca farmaceutica, importanza della promozione delle innovazioni e della protezione brevettuale.

Politica finanziaria: attuazione della strategia dell'emersione del denaro non dichiarato e lotta contro la criminalità finanziaria internazionale, in particolare per quanto riguarda la corruzione, il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Promozione di meccanismi fiscali semplici ed equi e sostegno ai Paesi in sviluppo per migliorare le loro capacità in ambito fiscale.

Politica di sicurezza: campagne di prevenzione e di gestione dei conflitti, permesso d'esportazione per materiale bellico nei Paesi in sviluppo, negoziazione di un trattato internazionale sul commercio di armi nel quadro dell'ONU.

Politica in materia di migrazione: considerazione dell'aspetto migratorio nelle relazioni bilaterali e multilaterali della Svizzera, promozione di una migrazione sicura, regolare e volta a favorire lo sviluppo, lotta contro la migrazione irregolare.

Politica in materia di educazione, ricerca e cultura: educazione allo sviluppo sostenibile in Svizzera, studio di tematiche globali e relative allo sviluppo negli istituti di ricerca svizzeri, promozione del trasferimento di tecnologie e dello scambio di conoscenze con i Paesi in sviluppo.

Nuovo paradigma di sviluppo In seguito al «Seoul Development Consensus for Shared Growth»
alla fine del 2010, il G20 ha definito un nuovo paradigma di sviluppo incentrato su una crescita globale sostenibile, inclusiva e a prova di crisi. I nove campi d'azione identificati (infrastruttura, investimenti privati e creazione di posti di lavoro, creazione e promozione di risorse umane, commercio, accesso alle finanze, crescita sostenibile, sicurezza alimentare, mobilitazione di risorse locali e gestione delle conoscenze) esulano dal concetto classico di cooperazione allo sviluppo e da quello di povertà ad esso associato. Al momento, tuttavia, non è ancora possibile valutare questo processo.

2649

Nel 2011 il Consiglio dei ministri dell'OCSE ha deciso di preparare, entro l'inizio del 2012, un progetto di strategia dello sviluppo improntato alle sfide menzionate. Il Forum di alto livello sull'efficacia dell'aiuto (High Level Forum on Aid Effectiveness), tenutosi alla fine di novembre 2011 nella Corea del Sud, ha segnato il passaggio dal concetto di aiuto effettivo al concetto più vasto di efficacia per lo sviluppo («development effectiveness»). Nell'agenda sono stati inclusi nuovi attori (come la Cina, l'India, il Brasile, altri Paesi emergenti). Questi non intendono tuttavia allinearsi agli obblighi e alle procedure dell'aiuto effettivo, che secondo il loro punto di vista è dominato dagli Stati donatori occidentali. Si sta pertanto delineando una nuova architettura della cooperazione allo sviluppo le cui caratteristiche dipenderanno dalle convenzioni di attuazione che dovrebbero essere presentate entro la metà del 2012.

Mutamenti climatici e ripercussioni sui Paesi poveri Nel febbraio 2011 il Parlamento ha deciso di portare la quota dell'aiuto pubblico allo sviluppo allo 0,5 per cento del reddito nazionale lordo entro il 2015. I mezzi finanziari supplementari andranno anche a favore della protezione del clima. Entro la fine del 2012, DSC e SECO avranno investito nei Paesi in sviluppo 125 milioni di franchi per sovvenzionare misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e a sostenere le regioni interessate nel processo di adeguamento alle ripercussioni dovute ai cambiamenti climatici. I legami tra la politica climatica e la politica di sviluppo si fanno sempre più stretti. Le conseguenze del surriscaldamento terrestre colpiscono specialmente i Paesi in sviluppo e in particolare i gruppi della popolazione che vivono nelle regioni rurali povere. Non soltanto i Paesi industrializzati, ma anche quelli emergenti e in sviluppo sono chiamati a trovare soluzioni che implichino un uso moderato delle risorse. È compito della cooperazione allo sviluppo promuovere idee innovative quali la realizzazione di sistemi energetici e infrastrutture clima-compatibili, l'utilizzo sostenibile delle terre, soluzioni alla penuria di acqua potabile e alla prevenzione dei rischi, ecc.

Politica internazionale in materia di clima Lo stretto legame tra lotta alla povertà, sviluppo umano, sostenibilità
ecologica ed equa ripartizione emerge in particolare nel dibattito in materia di politica climatica.

Sin dalla conferenza sul clima di Bali del 2007, la politica internazionale in materia di clima è stata marcata dalle discussioni sulla realizzazione di un sistema giuridico vincolante che obblighi tanto i Paesi industrializzati quanto e soprattutto quelli emergenti a ridurre in modo adeguato le emissioni a effetto serra. Secondo questo sistema, i Paesi industrializzati e quelli in sviluppo dovrebbero stabilire obiettivi di riduzione adeguati, aggregati, individuali e conformi ai ritrovati scientifici. In questo senso, grazie a sostegni finanziari e tecnologici dei Paesi industrializzati, anche i Paesi in sviluppo dovrebbero intensificare il proprio impegno, privo di vincoli giuridici, a ridurre le emissioni.

In base ai valori di riduzione delle emissioni stabiliti nell'accordo di Copenhagen del 2009, successivamente approvato dagli Stati, entro il 2100 potrebbe verificarsi un aumento globale delle temperature compreso tra i 2,5 e i 5° C, le cui conseguenze negative sarebbero notevoli. Anche per questo motivo, in occasione della conferenza sul clima tenutasi a Cancún alla fine del 2010 è stato deciso di unire le forze per cercare di limitare il surriscaldamento terrestre a meno di 2° C. Alla fine del 2011 a Durban la comunità internazionale si è accordata su un nuovo regime climatico volto

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a creare i presupposti per permettere di raggiungere anche questo obiettivo (cfr.

n. 2.3.6).

Il «Fondo verde per il clima» («Green Climate Fund», GCF), istituito a Cancún nel 2010, era stato lanciato a Durban. Il nuovo Consiglio esecutivo del GCF, che sarà eletto entro la fine di marzo 2012, sarà incaricato della gestione e del controllo del fondo e di organizzarne la struttura. Dovrà tra l'altro stabilire la sede il Fondo e la mobilitazione di mezzi finanziari. Se il processo di istituzione del Fondo andrà in porto, in avvenire una cospicua parte del finanziamento complessivo di 100 miliardi di dollari all'anno (obiettivo per il 2020) promesso a Cancún dovrebbe passare attraverso questo Fondo ed essere impiegata a favore di misure climatiche in Paesi in sviluppo. I 24 membri del Consiglio del GCF e i rispettivi 24 sostituti devono provenire per metà da Stati industrializzati e per l'altra metà da Paesi in sviluppo. La Svizzera sembra avere buone opportunità di ottenere un posto in seno al Consiglio esecutivo del GCF e accogliere a Ginevra la sede del Segretariato. Il Consiglio federale ha, in linea di principio, deciso la candidatura svizzera congiuntamente all'adozione del mandato di negoziazione per Durban. Le decisioni politiche specifiche relative alla candidatura sono tuttavia ancora aperte.

A Durban sono stati realizzati progressi per quanto riguarda le misure contro lo sfruttamento delle foreste (REDD+), inclusa una nuova prospettiva di mercato, che tuttavia è ancora ben lungi da una possibile applicazione. Fino ad allora il programma REDD+ sarà principalmente finanziato con mezzi dell'aiuto pubblico allo sviluppo.

Equa ripartizione delle risorse e delle responsabilità: accanto ai Paesi industrializzati, i Paesi emergenti sono tra i responsabili principali del surriscaldamento terrestre. Sebbene siano all'origine di oltre l'80 per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra, i Paesi del G20 hanno escluso la tematica del clima dai loro dibattiti.

La Cina è ormai diventata il principale emettitore mondiale. Considerata la forte dinamica di crescita, la Cina non può ridurre le emissioni complessive, ma può soltanto arginare l'incremento delle emissioni stesse, intento che, grazie ai rispettivi obiettivi di riduzione e ad altre misure previste dal programma quinquennale, sta dando
i suoi frutti. La Svizzera sostiene gli sforzi della Cina nell'istituzione di sistemi nazionali per la protezione del clima in settori quali la legislazione sul clima, la protezione dell'aria, i filtri antiparticolato diesel, l'efficienza energetica e le strategie di adeguamento.

Nei Paesi emergenti come il Brasile e l'Indonesia la maggior parte delle emissioni a effetto serra è dovuta a vasti cambiamenti nello sfruttamento dei terreni. Quale risposta al disboscamento, che comporta gravi conseguenze climatiche, in tre dozzine di Paesi tropicali vengono promossi programmi di riduzione delle emissioni imputabili al disboscamento e al degrado forestale («Reducing Emissions from Deforestation and Degradation», REDD+), realizzati nell'ambito del progetto della Banca Mondiale «Forest Carbon Partnership Facility» (FCPF). Questo sforzo è affiancato dal programma delle Nazioni Unite «United Nations Collaborative Programme on Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation in Developing Countries» (UN-REDD), che prevede misure mirate volte a incrementare fortemente il valore economico delle foreste utilizzate in base a criteri di sostenibilità.

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Il rispetto del limite massimo dei due gradi centigradi offre un margine di manovra alquanto ristretto per trovare nuove soluzioni per i Paesi emergenti e per quelli in sviluppo il cui funzionamento si basa prevalentemente sull'uso delle risorse fossili.

Occorre sostenere i Paesi emergenti e quelli in sviluppo negli sforzi volti a garantire a tutte le persone, entro il 2030, l'accesso all'approvvigionamento di base mediante servizi energetici moderni. Anche i grandi emettitori tra i Paesi in sviluppo dovranno gradualmente assumere le proprie responsabilità. Vista la ripartizione disuguale delle risorse e delle capacità, è necessario adottare misure eque e globali di compensazione. Ciò implica tuttavia che si operi una distinzione realistica, ad esempio, tra Paesi così diversi come il Burkina Faso e la Corea del Sud. Tale distinzione dovrebbe rispecchiare le responsabilità climatiche passate, presenti e future dei rispettivi Paesi, tener conto delle diverse capacità economiche e includere il potenziale specifico di riduzione delle emissioni dei vari Stati. I Paesi del Sud devono essere coinvolti nell'elaborazione di un nuovo trattato sul clima; solo così si potrà garantire il diritto all'esistenza dei poveri e il «diritto allo sviluppo» richiesto dai Paesi poco sviluppati.

La posizione della Svizzera: nel mese di aprile il Consiglio federale ha approvato la nuova strategia energetica e nel quadro del protocollo di Kyoto la Svizzera dovrà soddisfare almeno il 70 per cento degli impegni contratti mediante l'acquisto di certificati di emissione esteri.

La Svizzera promuove progetti pilota innovativi il cui obiettivo è trovare soluzioni e sistemi ecologici per la produzione e il consumo di energia nei Paesi in sviluppo.

Sostiene inoltre quello che sino ad ora è stato il meccanismo di finanziamento più importante della Convenzione, il Fondo mondiale per l'ambiente (GEF) e i fondi per il clima specifici ad esso correlati, nonché i meccanismi di finanziamento confermati in occasione della Conferenza sul clima di Durban, come il Fondo verde per il clima e il Fondo d'adattamento. In particolare mette a disposizione le proprie competenze in materia di gestione delle risorse sostenibili nelle aree agricole e urbane, sfruttando le opportunità offerte dal mercato delle emissioni di CO2. Vista l'importanza
di taluni grandi Paesi emergenti, le cui emissioni a effetto serra aumentano costantemente e che rivestono un ruolo di rilievo nel contesto della politica internazionale sul clima, la cooperazione con questi Paesi si fa sempre più importante. Occorre soprattutto elaborare rapidamente soluzioni innovative che siano d'interesse sia per i Paesi emergenti, sia per i Paesi poveri e promuovere il trasferimento mirato di sapere e tecnologia.

Paesi meno sviluppati (PMS) In totale fanno parte dei Paesi meno sviluppati (PMS) 47 Paesi, di cui 33 del continente africano e 14 della regione pacifica dell'Asia. I circa 900 milioni di abitanti di queste aree vengono definiti anche come il «bottom billion». Dal 1970 il numero di Paesi meno sviluppati è raddoppiato. Tre di questi Paesi hanno potuto superare lo stato di PMS. Generalmente i PMS nell'ultimo decennio hanno raggiunto buone quote di crescita economica, anche se essenzialmente questa crescita è da ricondurre agli elevati prezzi delle materie prime e non tanto allo sviluppo industriale e agricolo dei Paesi stessi.

Nel mese di maggio 2011 si è tenuta a Istanbul la IV Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno sviluppati. Il programma d'azione prevede accordi secondo i quali i Paesi che già contribuiscono con un sostegno pari allo 0,2 per cento del reddito nazionale lordo si impegnano a continuare a versare questo contributo; i Paesi che 2652

hanno già raggiunto l'obiettivo dello 0,1 per cento cercheranno di portare il loro contributo allo 0,2 per cento, mentre gli altri Paesi si impegneranno a raggiungere l'obiettivo dello 0,15 per cento entro il 2015. Tuttavia il programma d'azione non prevede praticamente nessun obbligo a carico dei Paesi ricchi, di sostenere i PMS nei loro sforzi. Questo è vero in particolare per la problematica legata al clima, che per i PMS costituisce una grande sfida. Il degrado del terreno, la penuria idrica e le crescenti ripercussioni climatiche inaspriscono ulteriormente la concorrenza per accaparrarsi le aree coltivabili, che si fanno sempre più scarse. Il programma d'azione non prevede promesse di aiuto finanziario o tecnologico a favore dei PMS.

Viene ad aggiungersi la sfida legata alla riduzione delle emissioni a effetto serra dovute allo sfruttamento della terra. Ciò nonostante i Paesi meno sviluppati si sono impegnati a integrare nei piani nazionali di sviluppo una politica di adattamento in materia di clima e di riduzione delle emissioni. Tale impegno va ben oltre quanto già assunto dai Paesi meno sviluppati nel quadro della Convenzione dell'ONU sul clima.

Per quanto riguarda il commercio, una delle tematiche più discusse è quella relativa all'apertura dei mercati per i prodotti provenienti dai Paesi più poveri e la rispettiva soppressione dei dazi e dei contingentamenti. I Paesi in sviluppo hanno cercato di accelerare l'applicazione della decisione di Hong Kong del 2005 secondo la quale i Paesi ricchi devono esentare dai dazi il 97 per cento dei prodotti provenienti dai Paesi meno sviluppati, provvedimento che dovrebbe essere esteso al 100 per cento dei prodotti provenienti dai PMS. La Svizzera si è impegnata a favore del mantenimento del sostegno internazionale per i Paesi in sviluppo più poveri. Nel piano d'azione sono stati integrati impegni importanti in ambito di governance, diritti dell'uomo e questioni legate al genere. Di particolare importanza è stata anche la mobilitazione del settore privato grazie al programma «Global Compact» delle Nazioni Unite.

OMC: Agenda per lo sviluppo di Doha Nel primo trimestre i negoziati del ciclo di Doha si sono intensificati. Si è tuttavia potuto constatare che sussistono ancora grandi divari in particolare tra i principali membri dell'OMC. Il 21 aprile
2011 il direttore generale dell'OMC Pascal Lamy ha presentato lo stato dei negoziati di ogni dossier del ciclo di Doha. Questa panoramica ha dimostrato che i progressi raggiunti dal 2008 sono minimi. Inoltre il tentativo di raggiungere un accordo parziale entro l'inizio della conferenza ministeriale è fallito nell'estate 2011. Così, per quanto riguarda le tematiche relative a Doha, quest'anno non è stato concluso nessun accordo e attualmente resta da decidere come procedere. Una soluzione plausibile sarebbe quella di concludere i negoziati a tappe, vale a dire approvare l'accordo relativo a un dossier quando le rispettive trattative sono concluse, senza aspettare la fine dei negoziati su tutti i temi inclusi nel ciclo di Doha.

Gli Stati Uniti vedono in Cina, India e Brasile concorrenti diretti ai quali non dovrebbe più essere applicata l'etichetta di «Paesi in sviluppo» ed esigono da loro un «vero» contributo alla liberalizzazione del commercio. Gli Stati industrializzati temono che i futuri negoziati bilaterali e multilaterali saranno contrassegnati da una situazione di squilibrio.

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Gruppo della Banca mondiale Conclusione delle trattative IDA 16: i negoziati per la ricostituzione dei fondi per lo sviluppo della Banca mondiale («International Development Association» IDA 16) si sono conclusi con buon esito nel dicembre del 2010. Nell'aprile 2011 il Consiglio federale ha approvato un contributo pari a circa 700 milioni di franchi per i prossimi tre anni a favore dell'IDA 16. A partire da quest'anno la Banca mondiale dovrà mettere in atto quanto stabilito nel quadro strategico per l'IDA 16. Gli sforzi devono mirare al raggiungimento di risultati, orientamento questo sostenuto dalla Svizzera, che si impegna anche a mettere a disposizione gli strumenti idonei per intervenire rapidamente in tempi di crisi. La cosiddetta «Crisis Response Window» è stata impiegata per la prima volta nel settembre 2011 per far fronte alla grave crisi alimentare che ha colpito il Corno d'Africa.

Nel 2011 è stata approfondita la problematica relativa ai Paesi caratterizzati da un governo fragile. Il «World Development Report», una delle pubblicazioni più note della Banca mondiale, è stato dedicato a questo tema. La Svizzera sostiene l'impegno della Banca mondiale nei Paesi fragili. Del resto, tale impegno costituisce anche una delle priorità della cooperazione svizzera allo sviluppo. Nei suoi interventi la Svizzera ha sottolineato quanto sia importante disporre di personale competente in questi Paesi e ha quindi chiesto alla Banca mondiale di procedere alle riforme necessarie nel settore del personale. La Banca deve dare maggior peso all'analisi politica e nel quadro della valutazione dei rischi e dei risultati deve tener conto del grado di fragilità di uno Stato. La Svizzera ha inoltre insistito affinché vi sia una chiara suddivisione dei compiti e delle responsabilità delle organizzazioni internazionali attive in questo settore. Tale suddivisione deve basarsi sui mandati e sui vantaggi concorrenziali delle singole organizzazioni. Un coordinamento efficace tra gli attori, in particolare tra la Banca mondiale, l'ONU e le autorità nazionali, è decisivo per ottenere risultati convincenti. La Svizzera ha inoltre chiesto al Gruppo della Banca mondiale di dedicare particolare attenzione all'economia privata e all'occupazione nei Paesi fragili. La Svizzera è tra l'altro in dialogo con la Banca mondiale in
merito al suo prossimo rapporto («World Development Report 2012»), che sarà dedicato al tema dell'uguaglianza tra uomo e donna e allo sviluppo. Tutti i programmi di sviluppo devono tener conto delle donne e rafforzarne il ruolo, che si tratti della costruzione di impianti di erogazione di acqua ed energia, della creazione di posti di lavoro o della partecipazione attiva nella politica. Questa è infatti una condizione indispensabile perché i progetti di sviluppo portino i loro frutti. Stati, economia privata e associazioni di sviluppo devono impegnarsi in tal senso.

Gruppo di voto: sono in corso le discussioni riguardanti le riforme dei gruppi di voto della Svizzera in seno alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale (FMI). Nel 2010 il Kazakistan si è unito al gruppo svizzero in ambedue le istituzioni, mentre l'Uzbekistan ha lasciato il gruppo svizzero del FMI (cfr. n. 2.2.3). Nel 2011 l'Azerbaigian e il Kirghizistan hanno lasciato il gruppo di voto svizzero presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BESR) per unirsi a un nuovo gruppo fondato dalla Turchia, mentre l'Ucraina ha aderito al gruppo svizzero.

Organizzazioni dell'ONU Nel quadro del sistema generale di aiuto allo sviluppo le agenzie operative delle Nazioni Unite forniscono assistenza tecnica specializzata e gratuita ai governi centrali e alle autorità locali dei Paesi in sviluppo. L'insieme delle agenzie onusiane investite di un mandato di attività di sviluppo costituisce un sistema operativo com2654

plesso e relativamente eterogeneo, esteso a una trentina di organizzazioni. Il nervo centrale del sistema è composto da cinque agenzie: il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS) («United Nations Development Programme», UNDP), il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia («United Nations International Children's Emergency Fund», UNICEF), il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione («United Nations Population Fund», UNFPA), il Programma alimentare mondiale (PAM) («World Food Programme», WFP) come pure l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura («Food and Agricultural Organization of the United Nations», FAO). A queste cinque agenzie è devoluta la quasi totalità dell'aiuto pubblico svizzero allo sviluppo stanziato a favore del sistema delle Nazioni Unite attivo in quest'ambito. In quanto Paese donatore di tali organizzazioni la Svizzera è interessata a garantire la qualità dei servizi erogati e si adopera quindi affinché questi partner multilaterali possano fondarsi su sistemi di gestione efficaci e siano in grado di produrre risultati. Nel 2011 la Svizzera ha profuso un impegno particolare in seno ai consigli di amministrazione per promuovere, all'interno delle agenzie, strategie e sistemi di valutazione credibili e una gestione incentrata sui risultati per rafforzare la coesione del sistema e limitarne la frammentazione.

La Svizzera si impegna a favore dell'aggregazione e del rafforzamento delle questioni legate alle specificità di genere e, nel 2011, ha sostenuto la creazione di una nuova agenzia, la UN Women, scaturita dall'ex UNIFEM. La creazione di questa nuova agenzia conferma il risultato positivo degli sforzi intrapresi a favore della riforma volta a ridurre la frammentazione del sistema onusiano.

Aiuto umanitario Nel 2011 il susseguirsi di crisi e catastrofi ha fortemente sollecitato le unità operative dell'aiuto umanitario della Confederazione.

Interventi umanitari Corno d'Africa: nel periodo in rassegna nel Corno d'Africa, scosso dalla guerra e colpito da una grave siccità, la Svizzera ha soccorso, in condizioni alquanto difficili, oltre 13 milioni di persone con derrate alimentari e medicinali di prima necessità.

Nel rispetto dei principi umanitari e grazie a una stretta cooperazione con organizzazioni partner neutrali, il mandato umanitario
ha potuto essere concretizzato anche in questo ambiente estremamente politicizzato e pericoloso sul piano operativo. Al fine di ridurre le tensioni tra i comuni di accoglienza e i profughi nel nord del Kenia, la Svizzera ha deciso di soccorrere anche gli abitanti bisognosi che vivono nei comuni di accoglienza. Oltre che sugli aiuti d'urgenza, la Svizzera concentra il proprio impegno anche su investimenti immediati nel settore dell'agricoltura e dell'allevamento nelle regioni colpite. Con ciò dà seguito alle richieste dell'ONU e della comunità internazionale dei donatori, che invitano a promuovere la ricostituzione del settore agrario per scongiurare il ripetersi di simili crisi. Nel contesto dell'attuale carestia la Svizzera è tra i dieci donatori umanitari principali in questa regione e influisce così sull'impostazione della politica umanitaria.

Africa settentrionale: l'11 marzo 2011 il Consiglio federale ha deciso di rispondere agli avvenimenti dell'Africa settentrionale rafforzando l'impegno svizzero. L'aiuto umanitario svizzero gestisce uffici programma e antenne in Tunisia, Egitto e Libia, con l'obiettivo di sostenere il processo di transizione democratica nei Paesi del Nord Africa, promuovere lo sviluppo e fornire un aiuto concreto in ambito di migrazione e 2655

sicurezza. L'approccio regionale permette di agire sia sul piano bilaterale, sia sul piano multilaterale, collaborando con i rispettivi governi, la società civile, organizzazioni internazionali e il settore privato. Le persone delle più disparate nazionalità che all'inizio del 2011 sono fuggite dai sanguinosi combattimenti in Libia rifugiandosi nei Paesi vicini (Tunisia ed Egitto), hanno potuto usufruire dell'aiuto al rientro volontario nei rispettivi Paesi d'origine. Inoltre nella Libia orientale, in collaborazione con altri partner la Svizzera ha contribuito ad assicurare le cure mediche di base.

Giappone: in seguito al grave terremoto che ha scosso il Giappone l'11 marzo 2011 provocando un violento tsunami, nella prima fase delle operazioni di soccorso la Svizzera ha stanziato un milione di franchi per interventi e aiuti. Il Giappone ha saputo stimare l'aiuto rapido e non burocratico profuso dalla Svizzera e il governo giapponese ha ribadito più volte la sua gratitudine nei confronti del nostro Paese.

Impegno umanitario a livello politico Gruppo consultivo internazionale di ricerca e soccorso (INSARAG): in Giappone, la collaborazione del «Technisches Hilfswerk» (Germania) e della Catena Svizzera di Salvataggio si è basata sulle linee guida del Gruppo consultativo internazionale di ricerca e soccorso, definite con la partecipazione della Svizzera. Nel quadro di questo gruppo consultativo e in stretta collaborazione con L'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari («UN Organisation for the Coordination of Humanitarian Affairs», OCHA), nell'ottobre 2011 si è svolta in Svizzera una grande esercitazione dedicata agli interventi in caso di terremoti e altre grandi catastrofi.

Good Humanitarian Donorship Iniviative: il costante impegno dell'aiuto umanitario della Confederazione e l'efficace attività orientata ai principi e alle esigenze sono stati ricompensati con l'elezione della Svizzera alla presidenza 2010/2011 del Gruppo «Good Humanitarian Donorship» (buone pratiche dei donatori dell'aiuto umanitario). Questo gruppo informale composto da 37 Paesi si impegna a rispettare i 23 principi delle buone pratiche in materia di donazioni dell'aiuto umanitario e incitare altri Paesi ad adottarli. Attraverso la presidenza la Svizzera ha assunto una responsabilità internazionale
e fa valere il proprio ruolo in ambito umanitario.

Quest'anno il Gruppo è riuscito a convogliare un vasto sostegno dei membri a favore di un miglioramento del sistema di garanzia della qualità e di responsabilità.

Protezione contro i pericoli naturali: il rapporto «Schutz vor Naturgefahren ­ Präventions- und Vorsorgeprojekte der DEZA» (Protezione contro i pericoli naturali: progetti di prevenzione e di preparazione della DSC) informa sulle problematiche globali e presenta il contributo della Svizzera per superarle. Le catastrofi dovute alle intemperie provocano un crescente numero di vittime, si moltiplicano e aumentano d'intensità. Oggi oltre il 15 per cento dei fondi dell'aiuto umanitario è destinato alla preparazione e alla prevenzione delle catastrofi nei Paesi poveri. In tale contesto il rafforzamento delle conoscenze ed esperienze in materia di prevenzione e la creazione di strutture locali sono e restano prioritari. Si prevede tra l'altro di aumentare il numero di progetti in comune dell'aiuto umanitario e della cooperazione allo sviluppo. Nel 2011 la Svizzera era a capo del gruppo consultivo dell'OCHA in materia di catastrofi naturali.

In collaborazione con la segreteria della Strategia internazionale per la riduzione dei rischi di disastri naturali, nel 2011 la Svizzera ha promosso in seno all'Assemblea generale dell'ONU un dibattito informale sul tema della prevenzione contro le 2656

catastrofi. Stando a quanto scaturito dall'incontro, la prevenzione e la preparazione costituiscono parte integrante dello sviluppo sostenibile e della lotta efficace contro la povertà. I risultati delle discussioni sono stati approfonditi in occasione di ulteriori incontri e sono integrati nei lavori preparatori in vista dell'Assemblea generale plenaria sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio della conferenza «Rio+20». La gestione delle catastrofi naturali è un pilastro importante della politica ambientale svizzera. I modelli e principi della gestione integrale dei rischi elaborati dalla Svizzera sono significativi anche nell'ambito dell'aiuto umanitario e della cooperazione allo sviluppo.

Cooperazione con l'Europa dell'est Sostegno alla transizione Nonostante i problemi legati alla crisi finanziaria ed economica, nel 2011 l'impegno della Svizzera nei Balcani occidentali ha ottenuto risultati ragguardevoli. In Serbia, Bosnia ed Erzegovina, in particolare, i programmi riguardanti la decentralizzazione e il rafforzamento dei governi locali hanno ottenuto risultati di rilievo. In diversi Paesi della regione la Svizzera si impegna inoltre per garantire l'accesso ai servizi sanitari e alla formazione scolastica anche alle minoranze etniche. Nel 2011 ha inoltre intensificato i programmi a favore della formazione e del collocamento professionali orientati alle esigenze del mercato. Altre attività erano invece incentrate sull'ampliamento di infrastrutture pubbliche sostenibili, in particolare nel settore dell'acqua, delle acque reflue e dell'energia, sul rafforzamento delle finanze pubbliche e dell'infrastruttura finanziaria, sulla promozione del settore privato e degli investimenti, nonché sulla facilitazione dell'accesso al mercato dell'Europa occidentale. Nei Balcani sono in atto partenariati in materia di migrazione e progetti della cooperazione riguardanti le tematiche di gestione della migrazione, prevenzione della migrazione irregolare e anche migrazione e sviluppo, con il coinvolgimento di gruppi della diaspora.

La Svizzera sta definendo una nuova strategia di cooperazione con l'Asia centrale, impostata prioritariamente sulle questioni di acqua, sanità, riforma delle istituzioni pubbliche, accesso alla giustizia e promozione del settore privato. Nel Caucaso del Sud sta operando per favorire
l'accesso al mercato ai segmenti più poveri della popolazione. A tal fine si adopera per favorire lo sviluppo rurale, che a sua volta implica l'adozione di misure contro i rischi naturali. In Ucraina e in Moldavia la Svizzera è attiva soprattutto nei settori energetico, idrico e sanitario. I servizi forniti a livello locale dalle istituzioni statali e le riforme realizzate dall'amministrazione statale centrale favoriscono il raggiungimento degli esiti ricercati.

Contributo all'allargamento La Svizzera sostiene mediante un contributo complessivo di un miliardo di franchi la realizzazione di progetti e programmi nei dieci nuovi Stati che hanno aderito all'UE nel 2004. Di questo contributo complessivo, alla fine del 2011 erano stati approvati definitivamente 750 milioni di franchi. Per i programmi in Romania e in Bulgaria (Paesi membri dell'UE dal 2007) sinora sono stati approvati 105 milioni di franchi.

Grazie agli strumenti di sorveglianza e alla presenza sul posto, la Svizzera si è assicurata che i progetti soddisfino i criteri di qualità richiesti. In base agli obblighi assunti, entro la fine del 2011 sono stati effettuati pagamenti effettivi per un importo totale di 150 milioni di franchi. Contemporaneamente sono iniziati i lavori di assistenza e monitoraggio dei progetti, attività che comprendono anche la valutazione 2657

dell'efficacia delle misure adottate e la redazione dei rapporti. Entro la metà del 2012, tutti i contributi destinati ai dieci nuovi Stati membri che hanno allargato l'Unione europea a partire dal 2004 dovrebbero essere stati impiegati come previsto.

Nel caso della Romania e della Bulgaria, l'apporto svizzero si protrarrà fino alla fine del 2014.

Il contributo all'allargamento è volto a promuovere la coesione economica e sociale tra gli Stati beneficiari e all'interno degli stessi. In particolare, interviene in ambiti come la sicurezza, lo sviluppo regionale, l'ambiente, l'infrastruttura, la promozione del settore privato, la formazione e la ricerca, la sanità e il sostegno alla società civile. L'esperienza ha dimostrato che la pianificazione in collaborazione con i Paesi partner richiede in realtà più risorse del previsto, ma consente nel contempo di aumentare la qualità dei progetti. D'altro canto, i partenariati istituzionali conclusi a livello di progetti hanno permesso di rafforzare le relazioni bilaterali con i Paesi beneficiari.

Qui di seguito sono presentate più dettagliatamente le attività svolte dalla Svizzera in alcuni di questi Paesi e di queste regioni.

Asia centrale: gli interessi geostrategici delle potenze vicine e la volontà di accedere al petrolio, al gas naturale e all'acqua continuano a influire sul difficile equilibrio dell'Asia centrale e sullo sviluppo della regione in materia di politica, economia, società e sicurezza. In questo conflitto d'interessi, che coinvolge già Russia, Cina, Stati Uniti e in minor misura anche l'Europa, si sono aggiunti l'Iran e l'India. La destabilizzazione dell'Afghanistan costituisce un ulteriore fattore di rischio. La povertà continua a gravare sulla popolazione, il 50 per cento della quale non ha accesso all'acqua potabile.

Nell'ambito dell'approvvigionamento idrico, i programmi svizzeri vanno a beneficio di quasi tre milioni di persone nel Kirghizistan e nel Tagikistan e, nell'ambito della gestione dei sistemi di canalizzazione, l'anno scorso sono stati realizzati notevoli miglioramenti. Circa 4000 persone, in particolare contadini, hanno seguito formazioni in questo ambito. I principi della gestione integrata dell'acqua sono stati accolti nella nuova legge nazionale sull'acqua nel Tagikistan. Nel Kirghizistan e nel Tagikistan le circa
160 nuove associazioni locali di utilizzatori di acqua che sono state create hanno usufruito del sostegno della cooperazione svizzera. La Svizzera ha altresì contribuito a garantire l'approvvigionamento di acqua potabile a oltre 360 000 persone, circa 30 000 delle quali nel 2011. Nel sud del Kirghizistan, nelle città di Osh e Jalalabad, sono stati avviati due nuovi progetti, finanziati in collaborazione con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS). Del resto, la collaborazione con quest'ultima prosegue nel migliore dei modi anche nell'ambito del progetto di sostegno all'autorità competente in materia di approvvigionamento idrico nella città di Bishkek.

Grazie alla cooperazione svizzera, nelle strategie sanitarie nazionali del Kirghizistan e del Tagikistan sono stati integrati i modelli delle cure mediche di base e del sistema del medico di famiglia. Anche i comuni sono stati coinvolti nel progetto, il che ha consentito di introdurre questi modelli in quasi tutti i villaggi kirghizi (1800).

Nel Kirghizistan gli indicatori della salute migliorano di anno in anno. Ad esempio si sono dimezzati i casi di brucellosi e la mortalità infantile è passata da 30,6 (su 1000 nascite) nel 2005 a 22,8 nel 2010. Anche le spese pubbliche per le cure mediche di base sono aumentate considerevolmente. Nel corso degli ultimi quattro anni sono stati formati circa 350 medici di famiglia e 700 infermieri, rispettivamente 58 e 2658

135 dei quali l'anno scorso. La medicina di famiglia è stata introdotta nel 18 per cento delle regioni del Paese. Nelle regioni in cui è attiva la Svizzera 1,2 milioni di persone beneficiano ogni anno di prestazioni mediche di qualità più elevata. Nel Tagikistan circa 5400 persone ottengono ogni anno assistenza giudiziaria e nei centri d'emergenza finanziati dalla Svizzera vengono accolte 2350 vittime di violenza domestica.

Per quanto riguarda il settore privato, negli ultimi sei anni il programma svizzero ha consentito di instaurare una collaborazione a lungo termine tra 150 imprese e 16 centri di formazione. La maggior parte delle persone che ha seguito una formazione in uno dei settori sostenuti dalla Svizzera ha anche trovato un posto di lavoro. Nel 2011 è stato avviato un progetto analogo a favore delle professioni tecniche nel settore della gestione dell'acqua. Nel Kirghizistan e nel Tagikistan la Svizzera si impegna per adeguare strutture di regolazione e di consulenza a favore delle imprese private operanti in particolare nei settori alimentare e tessile. Tra l'altro la Svizzera sostiene il Kirghizistan nel migliorare il sistema di gestione delle finanze statali, in particolare in materia di bilancio preventivo a medio termine, dei sistemi di audit interni e di coordinamento interministeriale.

Caucaso del Sud: l'obiettivo dei programmi di sviluppo rurale nel Caucaso del Sud è contribuire a uno sviluppo economico equo, di cui possano beneficiare anche i segmenti più poveri della popolazione locale; a tal fine viene promossa l'integrazione di tali segmenti nei mercati regionali. L'obiettivo consiste nell'incrementare la produzione e rafforzare le capacità degli attori pubblici affinché questi possano creare condizioni quadro favorevoli. Il potenziale innovatore di questi progetti consiste nel fatto che non si limitano soltanto all'ampliamento della produzione agricola, ma mirano anche all'aumento della domanda per garantire lo smercio dei prodotti supplementari. In Armenia, ad esempio, è aumentato considerevolmente il numero di contadini che ricorrono a prestazioni veterinarie, il che ha permesso a sua volta di aumentare del 15 per cento la produzione di latte. Il reddito medio di un contadino è aumentato del dieci per cento. Nell'Azerbaigian, nel 2011, sono stati avviati due nuovi progetti
di produzione orticola. La Danimarca ha dimostrato particolare interesse nei confronti delle attività svolte dalla Svizzera in Georgia e collaborerà con la DSC al lancio di un vasto programma di sviluppo rurale. Complessivamente i progetti della Svizzera aiutano 400 000 persone in Georgia, circa 45 000 in Armenia e quasi 50 000 nell'Azerbaigian.

Moldavia: in Moldavia la cooperazione svizzera opera nei settori dell'approvvigionamento d'acqua potabile, del risanamento idrico e della sanità. Per quanto riguarda il settore dell'acqua, la Svizzera ha assunto la copresidenza del gruppo di coordinamento tra donatori e governo. Il governo moldavo è interessato a far proprio il modello svizzero nell'ambito del risanamento idrico e a elaborare una nuova politica dell'acqua. Intende inoltre integrare i modelli di gestione decentralizzata dell'acqua messi a punto dalla Svizzera. Nel settore della salute, il ministero della sanità ha approvato il progetto, sviluppato con il sostegno della Svizzera, che prevede di regionalizzare i servizi di pronto soccorso e di cure intense in pediatria. Ciò ha permesso di accogliere nei servizi di medicina d'urgenza dell'ospedale di Balti (nel nord del Paese) il 15 per cento in più di bambini. Un ulteriore reparto di pronto soccorso pediatrico è stato rinnovato e aperto anche a Chisinau, la capitale della Repubblica moldava, e altri due centri sono in fase di costruzione. Inoltre in vari ospedali e reparti pediatrici, 120 medici e infermieri sono stati formati nell'ambito della medicina d'urgenza. Nel 2010 sono state avviate vaste campagne di preven2659

zione e, in tale contesto, 110 000 famiglie hanno usufruito di visite e consulenze. Per quanto riguarda la perinatologia, la Svizzera ha contribuito a migliorare la qualità dell'assistenza ai neonati puntando sulla riduzione della somministrazione di farmaci. A tale scopo ha organizzato formazioni specifiche e messo a disposizione equipaggiamenti più idonei. In materia di salute mentale, è stato aperto un centro di coordinamento e di riferimento metodologico e si è provveduto allo sviluppo di una strategia nazionale.

Ucraina: i risultati nel settore della sanità in Ucraina sono promettenti. La mortalità infantile e materna è diminuita e nelle regioni in cui la Svizzera ha realizzato programmi sono stati fatti grandi progressi. Sono state lanciate importanti riforme volte a modernizzare il settore della sanità, ancora molto marcato dal sistema sovietico. In tale contesto, il governo ucraino ha integrato nei programmi nazionali proposte provenienti da progetti finanziati dalla Svizzera. In materia di governo locale, la Svizzera ha contribuito alla creazione di infrastrutture, in particolare nell'ambito dell'approvvigionamento idrico, in stretta collaborazione con le comunità locali e le autorità regionali ucraine. Grazie al sostegno della Svizzera le autorità locali di numerose regioni si dimostrano particolarmente dinamiche, posizionandosi a favore dei cambiamenti, in un contesto tuttavia poco incline alla decentralizzazione.

2.3.5

Politica di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione

Il principio su cui poggia la politica svizzera di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione mira alla stabilità internazionale mantenendo un livello di armamenti che sia il più basso possibile. Si impegna a promuovere la rinuncia totale alle armi di distruzione di massa e a impedire che tali armi vengano acquisite da Stati o da attori non statali. La Svizzera si sforza di impedire il traffico illegale di armi convenzionali e di imporre un divieto delle armi che provocano sofferenze eccessive o che colpiscono indistintamente tutta la popolazione. In linea di principio, la Svizzera aderisce a tutti gli accordi vincolanti ai quali può accedere e si impegna affinché lo sviluppo del diritto internazionale umanitario sia al passo con il progresso tecnico degli armamenti.

Contesto internazionale: nell'anno in rassegna sono svaniti i timidi segnali di un'evoluzione positiva del contesto politico in materia di disarmo. Lo slancio iniziale dell'amministrazione Obama in questo campo, che è andato scemando, ma anche la potente ascesa di altri Stati, ostacolano gli sforzi internazionali a favore del disarmo. È preoccupante il blocco dei meccanismi internazionali di disarmo in generale, ma in particolare preoccupa il blocco della Conferenza di Ginevra sul disarmo. Da ormai quindici anni quest'ultima infatti non riesce a riprendere le trattative relative a tematiche fondamentali. Ne risulta una perdita della sua influenza, il che nuoce anche a Ginevra in quanto sede del disarmo. Questo stallo riflette la situazione politica e la mancanza di volontà politica degli attori principali, ma è da ricondurre anche a lacune sul piano istituzionale. Per tale motivo la Svizzera intende portare avanti gli sforzi volti a rivitalizzare e modernizzare i meccanismi di disarmo.

2660

Disarmo e prevenzione della proliferazione delle armi di distruzione di massa Armi nucleari: il Trattato di non proliferazione56 (TNP) è un ingranaggio essenziale nel mantenimento della stabilità e della sicurezza del sistema internazionale. Nonostante il Trattato abbia subito una certa erosione nel corso dell'ultimo decennio in seguito al mancato rispetto degli accordi di disarmo da parte di Stati dotati di armi nucleari e a causa di diversi casi dimostrati o presunti di diffusione di armi nucleari, con l'adozione per consenso di un documento finale da parte della Conferenza di esame del 2010, il TNP ha conseguito un discreto successo. La ratifica nel 2011 da parte di Stati Uniti e Russia del Trattato sul disarmo nucleare cosiddetto «New START» è stata salutata positivamente. I progressi in questo ambito restano tuttavia minimi di fronte alle migliaia di armi nucleari ancora stazionate in tutto il mondo e alla minaccia di una loro proliferazione.

In Svizzera è stato rafforzato l'operato del gruppo di lavoro interdipartimentale costituito nel 2008 per sostenere varie attività intraprese nell'ambito del disarmo; questo gruppo promuove iniziative volte a delegittimare le armi nucleari, evidenziando l'impatto sul piano umanitario del loro impiego e le violazioni delle disposizioni del diritto internazionale umanitario che ne derivano. Appoggia inoltre iniziative di tipo prettamente pratico, volte al raggiungimento di risultati a breve termine, come la riduzione del livello di allerta delle armi nucleari o il principio dell'irrevocabilità del disarmo nucleare.

La Svizzera è altresì convinta che la Conferenza di Ginevra sul disarmo (CD) debba intavolare al più presto negoziati in vista della conclusione di un trattato per il divieto di produzione di materiale fissile destinato alla fabbricazione di armi nucleari (FMCT). In seguito ai blocchi esistenti all'interno del CD, nel quadro di questa organizzazione la Svizzera ha sostenuto incontri che vertono su vari aspetti tecnici di un tale strumento. Intende portare avanti i propri sforzi e fare in modo che tutte le trattative relative a questo tema siano svolte a Ginevra.

Riguardo alle questioni di non proliferazione nucleare, la Svizzera partecipa sin dal 2006 ai tentativi di risolvere la questione nucleare iraniana. Tra il 2008 e il 2010 ha accolto
a Ginevra tre riunioni dedicate a questo tema. Benché il dossier proceda a ritmi lenti, la Svizzera ha incontestabilmente contribuito a instaurare il dialogo tra le parti. Sempre in materia di non proliferazione, nel 2011 il gruppo di lavoro ha finanziato uno studio sull'ottimizzazione del sistema di garanzia («safeguards») dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA).

Nell'ambito della sicurezza nucleare e della lotta contro il terrorismo nucleare, la Svizzera continua a impegnarsi nel processo avviato dal Presidente Obama in occasione del vertice tenutosi a Washington nell'aprile del 2010, che dovrebbe essere portato avanti nel mese di marzo 2012 in Corea. In tale contesto difende la necessità di generalizzare un alto livello di sicurezza per le materie nucleari a uso civile, ma anche per quelle destinate a usi militari. Del resto la Svizzera è attiva anche nell'ambito della lotta contro le cause del terrorismo e partecipa ad esempio al «Global Counter-Terrorism Forum» (GCTF), avviato dagli Stati Uniti nel 2011.

Armi chimiche: la Svizzera è uno degli Stati firmatari della Convenzione sulle armi chimiche57 («Chemical Weapons Convention», CWC), alla quale hanno aderito 188 56 57

Trattato del 1° luglio 1968 di non proliferazione nucleare (RS 0.515.03) Convenzione del 13 gennaio 1993 sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (RS 0.515.08)

2661

Stati. Secondo la Convenzione gli Stati contraenti devono distruggere tutti i loro stock di armi chimiche entro la fine di aprile 2012. Oggi è chiaro che, nonostante gli sforzi profusi, né gli Stati Uniti, né la Russia, né la Libia saranno in grado di rispettare questa scadenza. Conformemente alla decisione presa nel novembre 2011 in occasione della Conferenza degli Stati contraenti della CWC, in futuro gli Stati interessati dovranno fornire rapporti supplementari e sottostare a ispezioni specifiche.

La Svizzera si impegna affinché la CWC integri le nuove scoperte nel campo della ricerca chimica, di modo che il valore intrinseco della Convenzione non venga intaccato. È da rilevare tra l'altro l'impegno della Svizzera nel rafforzare la CWC nell'ambito della ricerca scientifica sui cosiddetti «Incapacitating Chemical Agents» (agenti inabilitanti per guerra chimica). Nel settembre 2011, con il sostegno del DFAE, il laboratorio di Spiez ha organizzato un seminario internazionale su questo tema.

Armi biologiche: la Convenzione per la messa al bando delle armi biologiche58 è istituzionalmente meno incisiva rispetto alla Convenzione sulle armi chimiche, poiché non prevede né un'organizzazione per la sua attuazione né meccanismi di verifica. I 165 Stati contraenti si sono incontrati a Ginevra nel dicembre 2011 nell'ambito di una Conferenza di verifica quinquennale per esaminare tutte le possibili misure atte a rafforzare la Convenzione. Con un gruppo di Stati che condividono le stesse opinioni, la Svizzera intende rafforzare le regole applicabili attraverso nuovi approcci che mirano a promuovere la trasparenza tra gli Stati contraenti e l'ulteriore riduzione del rischio di proliferazione. Concretamente si impegna a favore di una riforma delle «misure di rafforzamento della fiducia» che consentano uno scambio di informazioni di rilievo tra gli Stati contraenti. Peraltro la Svizzera esercita un ruolo pionieristico nell'ambito della sensibilizzazione della comunità scientifica sulla questione del duplice impiego («dual use») dei ritrovati della ricerca biotecnica.

Disarmo e prevenzione della proliferazione delle armi convenzionali Convenzione del 1980 su talune armi classiche e Convenzione sulle armi a grappolo: la Convenzione del 198059 su talune armi classiche (CCAC) è il tradizionale quadro dell'ONU,
con base a Ginevra, all'interno del quale è stata negoziata la maggior parte delle convenzioni di diritto internazionale umanitario sulla limitazione dell'impiego o il divieto di armi classiche. L'attuazione di questa Convenzione costituisce un elemento importante per Ginevra. L'entrata in vigore del Protocollo V relativo ai residuati bellici esplosivi (2006)60 ha contribuito in modo considerevole al suo successo. Fino al mese di novembre 2010 le trattative sulla problematica delle submunizioni hanno dominato i lavori in seno alla CCAC, trattative che poi sono fallite. La Svizzera ha sempre sostenuto l'idea di un Protocollo legato alla CCAC 58

59

60

Convenzione del 10 aprile 1972 che vieta la messa in punto, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) e a tossine e che disciplina la loro distruzione (RS 0.515.07) Convenzione del 10 ottobre 1980 sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato (RS 0.515.091) Protocollo del 28 novembre 2003 relativo ai residuati bellici esplosivi allegato alla Convenzione del 10 ottobre 1980 sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato (RS 0.515.091.4)

2662

che avesse effetti concreti e immediati, che fosse complementare alla Convenzione sulle armi a grappolo («Convention on Cluster Munitions», CCM) e che annoverasse i maggiori produttori e utilizzatori di armi a submunizioni. Deplora quindi il fallimento di questo processo, che avrebbe rappresentato un enorme passo avanti sul piano della politica svizzera del controllo degli armamenti e del disarmo. Come numerosi Paesi coinvolti nelle trattative, la Svizzera è tuttavia soddisfatta del fatto che gli Stati non abbiano approvato una debole soluzione di compromesso, che avrebbe messo a repentaglio la coerenza del diritto internazionale umanitario nel settore delle armi a submunizioni e la credibilità della CCAC quale strumento centrale del diritto internazionale umanitario e del disarmo in materia di armi classiche.

Il processo all'interno della CCAC è stato tuttavia superato da quello di Oslo, un processo multilaterale esterno al quadro istituzionale abituale. Oltre alla Convenzione sul divieto delle mine antiuomo61, la CCAC rappresenta uno dei maggiori successi raggiunti negli ultimi anni nell'ambito dello sviluppo del diritto internazionale umanitario e del disarmo convenzionale. La Svizzera è stata tra i primi Stati a firmare la Convenzione il 3 dicembre del 2008. Fino ad oggi è stata firmata da 111 Stati e ratificata da 66 Stati, tra cui la maggior parte dei Paesi confinanti con la Svizzera (ad eccezione del Liechtenstein che l'ha firmata, ma non ancora ratificata).

Nel giugno del 2011 il Consiglio federale ha deliberato la ratifica della Convenzione, che deve essere ancora approvata dal Parlamento62. Questa ratifica implica una revisione della legge federale del 13 dicembre 199663 sul materiale bellico, che dovrà essere completata con un divieto delle armi a submunizioni. Si prevede inoltre di integrare nella legge l'esplicito divieto di finanziamento delle armi proibite.

La Svizzera partecipa agli sforzi profusi dalla comunità internazionale affinché la CCM possa essere applicata al più presto in modo da proteggere la popolazione civile dalle conseguenze di queste armi sul piano umanitario e limitarne la diffusione. Provvede anche a far sì che le sinergie con la Convenzione sul divieto delle mine antiuomo siano sfruttate in modo ottimale. In tale contesto un partner di rilievo è costituito dal
Centro internazionale per lo sminamento umanitario (GICHD) di Ginevra, che mantiene alto il valore umanitario della Ginevra internazionale.

Nonostante l'adozione della CCM e il fallimento di una regolazione sulle armi a submunizioni nel quadro della CCAC, la Svizzera continua a impegnarsi in seno alla CCAC e ai suoi Protocolli, poiché raggruppa tutte le grandi potenze militari, i maggiori produttori e utilizzatori di armi convenzionali.

Controllo delle esportazioni Armi di distruzione di massa: nel quadro degli sforzi volti a impedire la diffusione delle armi di distruzione di massa e i loro vettori, la Svizzera partecipa a tutti i regimi di controllo delle esportazioni e in tale contesto si impegna a favore di un'armonizzazione dei controlli delle esportazioni. I regimi in questione sono il Gruppo dei fornitori nucleari (NSG), il Gruppo d'Australia (che opera in ambito dei beni chimici e biologici) e il Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (MTCR). Nell'anno in rassegna in seno a tutti e tre i regimi si sono tenute intense 61 62

63

Convenzione del 18 settembre 1997 sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (RS 0.515.092) Cfr. Messaggio del 6 giugno 2011 concernente l'approvazione della Convenzione sulle munizioni a grappolo e la modifica della legge federale sul materiale bellico (FF 2011 5323) RS 514.51

2663

discussioni incentrate su un'eventuale adesione di ulteriori Stati, tra cui in particolare l'India. Tuttavia in nessuno di questi regimi, comprendenti ciascuno una quarantina di Stati, si è potuto giungere a un accordo. Di per sé la Svizzera non si oppone all'ammissione di nuovi membri, ammesso che adempiano ai criteri richiesti.

Dopo sei anni di trattative, in seno all'NSG si è giunti a un accordo su un irrigidimento delle condizioni di trasferimento di tecnologie d'arricchimento e di ritrattamento nucleari. Nel corso di questo processo la Svizzera è riuscita a tutelare i propri interessi industriali. Sono inoltre state portate avanti le trattative avviate nell'autunno del 2010 riguardanti gli elenchi dei materiali nucleari. In particolare per quanto riguarda i beni a duplice impiego («dual use»), la posta in gioco per la Svizzera è di rilievo. Per altro, anche in seno al Gruppo d'Australia sono in corso intense trattative in merito a una revisione degli elenchi dei beni controllati. Vista l'importanza di queste discussioni anche per il settore economico, i rappresentanti della Svizzera partecipano attivamente a tutti questi negoziati.

Armi convenzionali: l'Accordo di Wassenaar, strumento di controllo delle esportazioni dei beni d'armamento e dei beni a duplice impiego per la loro produzione, raggruppa attualmente 40 Stati. Nel quadro della valutazione quadriennale del funzionamento dell'Accordo di Wassenaar, nel 2011 la Svizzera ha diretto un gruppo di lavoro incaricato della revisione di diverse linee guida delle «best practices» e della rispettiva integrazione nella prassi nazionale di esportazione degli Stati partecipanti.

La Svizzera sostiene attivamente l'iniziativa per l'elaborazione di un trattato sul commercio di armi fin da quando è stata lanciata nel 2006 nel quadro dell'ONU.

Tale strumento contribuirebbe infatti a prevenire i trasferimenti di armi nei casi in cui potrebbero derivarne violazioni del diritto umanitario o attacchi alla democrazia e allo Stato di diritto ed essere perpetrati crimini di guerra, oppure nei casi in cui potrebbero compromettere in altro modo la stabilità e la pace internazionali. Dopo due anni di lavori preliminari, nell'estate 2012 sarà organizzata una conferenza in vista dell'adozione di uno strumento giuridico vincolante concernente il trasferimento di
armi convenzionali. Dotata in materia di una legislazione particolarmente incisiva, la Svizzera si impegnerà per promuovere l'elaborazione di un trattato solido sia a livello di portata, che di parametri applicabili e misure per l'implementazione degli obblighi nazionali che ne derivano.

2.3.6

Politica estera in materia di sviluppo sostenibile

I progressi raggiunti dai tempi della Conferenza dell'ONU sull'ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 199264, che mirava a trovare soluzioni sostenibili per far fronte alle innumerevoli sfide sistemiche come il surriscaldamento, la penuria idrica, il declino della biodiversità, lo sfruttamento delle foreste ecc. e a limitarne i rischi a livello planetario, sono tuttora insufficienti. Tali rischi hanno un ingente influsso sulle prospettive di sviluppo dei Paesi poveri. La stretta correlazione tra povertà, sostenibilità e questioni riguardanti l'equa ripartizione delle risorse è sempre più attuale. È indispensabile intensificare la cooperazione a livello internazionale per creare le basi di uno sviluppo durevole, sostenibile a livello climatico e ambientale, globale, sociale ed economico. La Conferenza dell'ONU sullo sviluppo soste64

Protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (RS 0.814.011)

2664

nibile che si terrà nel giugno 2012 (Rio+20) costituisce una grande opportunità per gli ambienti della politica internazionale che operano in questo contesto e potrà contribuire a preparare le strutture di base per la cooperazione internazionale in materia.

Sfide: la Conferenza dell'ONU sull'ambiente e lo sviluppo del 1992 ha segnato una tappa decisiva. Ha adottato l'«Agenda 21», un vasto programma d'azione per il «secolo dell'ecologia» teso a poggiare sui principi dello sviluppo sostenibile: sostenibilità intesa come sviluppo efficiente sul piano economico, equo a livello sociale ed ecocompatibile sul lungo termine. Rispetto alla Conferenza di Rio, il Vertice mondiale del 2002 sullo sviluppo sostenibile ha rafforzato maggiormente il collegamento tra queste tre dimensioni dello sviluppo sostenibile. Ciò può portare a conflitti d'interesse, ad esempio tra gli obiettivi di efficienza economica e la giustizia sociale, offrendo tuttavia anche opportunità, come la creazione di «posti di lavoro verdi», oppure il miglioramento delle capacità economiche di un Paese attraverso un livello di formazione più elevato.

I principi della sostenibilità poggiano sull'idea secondo cui le generazioni attuali dovrebbero soddisfare le proprie esigenze senza compromettere le opportunità di sviluppo delle generazioni future. Purtroppo non vengono sufficientemente presi in considerazione, sia in ambito ecologico, dove le biocapacità della terra sono esaurite o persino superate, sia in ambito economico, dove il divario tra Nord e Sud resta considerevole. È quindi impellente che i Paesi in sviluppo possano accedere in modo equo alle risorse naturali sempre più scarse e alle tecnologie che permettono di salvaguardare queste risorse.

Conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile del 2012 (Rio+20): la Conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile che si terrà nel mese di giugno 2012 a Rio offre l'occasione ideale per creare le basi di una politica internazionale che permetta di rafforzare la cooperazione internazionale a favore di uno sviluppo globale nel rispetto del clima. Due sono le tematiche all'ordine del giorno: la prima riguarda l'economia verde nel contesto della lotta contro la povertà e dello sviluppo sostenibile e la seconda il rafforzamento della struttura istituzionale globale a sostegno della transizione
verso lo sviluppo sostenibile («Institutional Framework for Sustainable Development»). La Svizzera ha formulato proposte concrete di attuazione del concetto di «economia verde». In particolare ha proposto la creazione di una tabella di marcia, cosiddetta «Green Economy Roadmap» («tabella di marcia dell'economia verde»), che comprenderebbe esigenze specifiche a livello di contenuto e di scadenze. In tale contesto dovrebbero inoltre essere definiti obiettivi quantificabili compatibili con l'ambiente e il clima. Questi obiettivi intermedi e finali di transizione verso un'«economia verde» devono inglobare anche importanti aspetti della politica dello sviluppo correlati agli Obiettivi di sviluppo del Millennio: agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare, gestione idrica sostenibile e approvvigionamento energetico, gestione sostenibile degli ecosistemi (in particolare montagne, foreste e zone desertiche), nonché provvedimenti formativi volti a promuovere la green economy. I lavori preparatori svolti dalla Svizzera dovrebbero contribuire al successo della Conferenza.

La questione dell'«economia verde» si è fatta sempre più importante nei Paesi dell'OCSE, ma anche in Svizzera. L'obiettivo è quello di ottimizzare l'impiego efficiente sul piano economico delle risorse e di ridurre al contempo i costi esterni per l'ambiente e la società. Strumenti propri all'economia di mercato devono favo-

2665

rire la modernizzazione ecologica nei Paesi industrializzati e sempre in maggior misura anche nei Paesi emergenti.

Il concetto di «economia verde» suscita tuttavia ancora un certo scetticismo nei Paesi in sviluppo, i quali temono che indebolisca la nozione equilibrata di sviluppo sostenibile (economia/ecologia/società) e possa giustificare l'adozione di misure protezionistiche da parte dei Paesi industrializzati. Ai partecipanti della Conferenza «Rio+20» spetta quindi abbordare questa tematica in una prospettiva di politica dello sviluppo e dimostrare come un'«economia verde» possa contribuire alla lotta contro la povertà e allo sviluppo sostenibile.

La Svizzera ha avanzato proposte, che hanno destato vasta eco, anche in merito al secondo tema all'ordine del giorno, ossia sulla «struttura istituzionale a sostegno dello sviluppo sostenibile». Numerosi Stati e alti funzionari dell'ONU hanno accolto favorevolmente le proposte formulate dalla Svizzera per la creazione di un Consiglio per lo sviluppo sostenibile («Global Sustainability Council»), che subentrerà alla Commissione per lo sviluppo sostenibile (CSD). Sono previste inoltre l'introduzione di un sistema di revisione paritaria («peer review») e l'organizzazione di incontri periodici ad alto livello sul tema dello sviluppo sostenibile.

È incontestabile che la problematica della dispersione dei tre aspetti della sostenibilità in seno alle istituzioni internazionali debba essere risolta con la massima urgenza. Vi è pure largo consenso sul fatto che l'aspetto ambientale non sia ancora sufficientemente preso in considerazione. Per tale motivo la Svizzera avanza proposte volte a rafforzare la governance internazionale dell'ambiente. Alcuni Paesi, come la Colombia, richiedono che nel quadro della Conferenza «Rio+20» venga avviato un processo atto a formulare obiettivi globali di sviluppo sostenibile («Sustainable Development Goals»). È indispensabile ricollegarsi agli Obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG), che devono essere raggiunti entro il 2015. La Svizzera è favorevole a questo approccio.

UN High Level Panel on Global Sustainability: le raccomandazioni e gli impulsi relativi allo sviluppo sostenibile compreso nel quadro della Conferenza «Rio+20» sono formulati nel contesto classico delle trattative intergovernative. Il Gruppo di alto livello
dell'ONU sullo sviluppo sostenibile («High-Level Panel on Global Sustainability»), istituito dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon nell'autunno 2010, dispone di un maggiore margine d'azione. Composto da una ventina di personalità del mondo della politica, dell'economia e della società civile, ha il compito di elaborare idee innovative volte a promuovere lo sviluppo sostenibile a livello planetario attraverso strumenti concreti che favoriscano il passaggio a un modello economico più sostenibile. Il Gruppo dovrà presentare un rapporto al Segretario generale delle Nazioni Unite nel gennaio 2012. Le conclusioni del rapporto serviranno a preparare la Conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile del 2012 a Rio e altri negoziati multilaterali. Inoltre permetteranno al Segretario generale di elaborare una strategia relativa al ruolo dell'ONU in ambito di sostenibilità. La Svizzera ha contribuito ai lavori del Gruppo presentando una serie di proposte in materia di lotta contro la povertà e giustizia sociale, governance, economia verde ed eliminazione delle sovvenzioni alle energie fossili.

2666

2.3.7

Politica estera in materia di ambiente, trasporti, energia e sanità

Ambiente Clima: la Conferenza dell'ONU sul clima, svoltasi a Durban alla fine del 2011, ha ripreso gli intenti degli accordi di Cancùn e contribuito a implementare in numerosi settori gli obiettivi decisi in Messico nel 2010. Il risultato più importante degli accordi di Durban riguarda, oltre alla decisione sulle modalità del Fondo verde per il clima (cfr. n. 2.3.4), due aspetti strettamente correlati: ­

alla scadenza del primo periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto a fine 2012, la Svizzera, l'UE e la Norvegia intendono adottare ulteriori misure di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'ambito di un secondo periodo d'impegno del Protocollo di Kyoto. Al riguardo non si sono ancora espresse definitivamente l'Australia e la Nuova Zelanda; il Giappone, la Russia e il Canada hanno deciso di non prolungare ulteriormente il proprio impegno, mentre gli Stati Uniti continuano a non aderirvi. Di conseguenza, il Protocollo si applicherà solo a un sesto delle emissioni mondiali.

Ciò nonostante nemmeno questa situazione potrà pregiudicare l'importante valore del Protocollo: l'esistenza di un accordo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, basato su regole chiare, fino alla sua sostituzione mediante uno strumento globale che coinvolgerà tutti i principali emettitori di gas a effetto serra e sarà vincolante sul piano internazionale;

­

la decisione di elaborare un regime globale sul clima a partire dal 2020 lascerà un segno indelebile nella storia dei negoziati sul clima: oltre ad essere stata la condizione indispensabile per l'adesione a un nuovo periodo di impegno nel quadro del Protocollo di Kyoto, questa decisione tiene conto del fatto che solo unendo le forze si potranno affrontare le sfide del cambiamento climatico e la lotta contro il riscaldamento climatico del pianeta. Ciò significa in particolare che tutti i grandi emettitori di gas a effetto serra, siano essi Paesi tradizionalmente industrializzati o tradizionalmente in sviluppo (oggi si tratta per lo più di Paesi emergenti), dovranno rispettare un nuovo regime sul clima e adottare le misure necessarie per ridurre le emissioni effettive. Questo regime sul clima dovrà essere negoziato con la massima urgenza, affinché possa essere adottato alla Conferenza sul clima del 2015 ed entrare in vigore nel 2020.

Il fatto che l'Europa, in particolare la Svizzera, l'UE e la Norvegia, l'alleanza degli Stati insulari minori («Alliance of Small Island States», AOSIS) e il gruppo di Paesi meno sviluppati («Least Development Countries», LDC) siano riusciti a superare il divario Nord-Sud finora dominante nei negoziati sul clima e lottino ora insieme per raggiungere obiettivi ambiziosi è stato fondamentale per l'esito dei negoziati.

Prodotti chimici e rifiuti: nel 2011 si sono svolte le conferenze nel settore dei prodotti chimici e dei rifiuti tra le parti che hanno sottoscritto le Convenzioni di Basilea65, Rotterdam66 e Stoccolma67. La Svizzera è notevolmente impegnata in ognuna 65 66

Convenzione di Basilea del 22 marzo 1989 sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione (RS 0.814.05) Convenzione di Rotterdam del 10 settembre 1998 concernente la procedura di assenso preliminare con conoscenza di causa per taluni prodotti chimici e antiparassitari pericolosi nel commercio internazionale (RS 0.916.21)

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delle tre convenzioni, sia come Paese ospitante (con Ginevra quale sede delle rispettive segreterie) sia per il ruolo centrale che la sua politica estera in materia ambientale accorda alla regolamentazione globale dello smaltimento dei prodotti chimici pericolosi e dei rifiuti. Sulla base di analisi scientifiche, i partecipanti alle conferenze hanno deciso di limitare la produzione e il commercio di altre sostanze chimiche.

Questa misura deve essere accolta favorevolmente sia per motivi ambientali che sanitari. Le conferenze sono state molto importanti anche dal punto di vista istituzionale, perché vi assisteva per la prima volta un segretario esecutivo comune. È il risultato di un processo di sinergie, avviato con il contributo della Svizzera in vista del rafforzamento della governance internazionale in campo ambientale. Su iniziativa della Svizzera, il regime in materia di prodotti chimici e rifiuti dovrà essere completato da una convenzione sull'utilizzo del mercurio, elemento altamente tossico. Un comitato intergovernativo incaricato delle trattative vi sta già lavorando.

Nel 2011 si è riunito due volte e nel 2013 dovrebbe presentare una proposta per un accordo globale.

Biodiversità: alla decima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla diversità biologica, tenutasi a Nagoya (Giappone) in ottobre 2010, è stato adottato un piano strategico 2011­2020 a favore della biodiversità che sarà determinante per tutte le convenzioni attinenti alla biodiversità. Una questione delicata riguarda l'attuazione del piano strategico nei Paesi in sviluppo, in particolare la questione del suo finanziamento. Il Protocollo di Nagoya disciplina l'utilizzo delle risorse genetiche, compresi l'accesso e un'equa ripartizione dei benefici che ne derivano. La Svizzera sta preparando la sua ratifica. Sempre nel 2012 dovrà essere istituita la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici che, analogamente al Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (GIEC), si occuperà di raccogliere e analizzare queste conoscenze allo scopo di fornire le migliori basi scientifiche su cui fondare le decisioni sulla protezione e sul mantenimento della diversità biologica e degli ecosistemi.

Altre tematiche ambientali: in settembre 2011 si è tenuta ad Astana (in Kazakistan) la 7a Conferenza
ministeriale «Un ambiente per l'Europa». I rappresentanti di 56 Stati (tra cui quelli dell'Asia centrale e del Nord America) hanno dibattuto sulla gestione sostenibile delle risorse idriche e sull'economia verde. La Svizzera aveva svolto importanti lavori preliminari sul primo tema e ha presentato le sue esperienze al riguardo. Le discussioni sul tema dell'economia verde si sono inserite negli sforzi internazionali per la trasformazione del sistema economico mondiale, che sarà dibattuta anche al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile Rio+20 (cfr. n. 2.3.6).

In concomitanza con la Conferenza di Astana, la Svizzera ha colto l'occasione per organizzare un incontro del gruppo di voto al Fondo mondiale per l'ambiente (GEF) a livello ministeriale e discutere dei temi della Conferenza. Nel Consiglio del GEF, composto da 32 persone (16 Paesi industrializzati e 16 Paesi emergenti e in sviluppo), la Svizzera rappresenta un gruppo di voto di cui fanno parte l'Azerbaigian e gli Stati dell'Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan). Dal 2007 la Svizzera organizza periodicamente questi incontri e sostiene gli altri Stati nell'attuazione a livello regionale dei progetti del GEF, tra cui anche il maggior progetto del GEF in Asia centrale, la «Central Asian Countries Initiative for Land Management» (CACILM). Questo progetto di gestione del territorio nei Paesi 67

Convenzione di Stoccolma del 22 maggio 2001 sugli inquinanti organici persistenti (Convenzione POP) (RS 0.814.03)

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dell'Asia centrale è già entrato nella seconda fase (2009­2013), dedicata prevalentemente alla lotta contro la desertificazione, alla tutela della biodiversità e delle risorse idriche, nonché all'adattamento ai cambiamenti climatici.

Trasporti Consapevole della posizione strategica che occupa nel cuore dell'Europa, la Svizzera persegue una politica dei trasporti volta a proteggere le regioni alpine, trasferendo il traffico merci dalla strada alla rotaia e mettendo a disposizione del traffico internazionale infrastrutture moderne lungo il corridoio ferroviario Rotterdam­ Genova. Questa politica è stata formalizzata nei confronti dell'Unione europea con l'Accordo tra la Svizzera e l'UE68 sui trasporti terrestri, entrato in vigore nel 2002. Il progetto della nuova ferrovia transalpina (NFTA), che prevede la costruzione di tre gallerie di base (Lötschberg 2007, Gottardo 2016 e Ceneri 2019), costituisce la colonna portante di questo accordo, mentre la tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni (TTPCP) rappresenta la sua modalità di finanziamento. A fine 2011, sono state apportate modifiche alla TTPCP relative a una riduzione del dieci per cento per i veicoli delle categorie di emissione Euro II ed Euro III dotate di filtro antiparticolato. Questo incentivo è conforme agli obiettivi di protezione ambientale della politica svizzera dei trasporti e risolleva il settore dei trasporti su strada.

Per coordinare la pianificazione delle infrastrutture a nord e a sud della NFTA, la Svizzera opera in stretta collaborazione con l'Italia e la Germania sulla base di accordi bilaterali. Tuttavia, la realizzazione dei lavori è rallentata da difficoltà finanziarie e di pianificazione. In Germania, la costruzione della Rheintalbahn, e più precisamente della tratta tra Karlsruhe e Basilea che costituisce il raccordo più importante a nord della NFTA, subisce ritardi a causa di importanti problemi di finanziamento e di ricorsi dei cittadini. Si stanno studiando alternative per limitare congestionamenti al momento dell'entrata in funzione della NFTA nel 2016­2019.

In Italia, la realizzazione entro il 2020 di importanti progetti già pianificati da tempo non è garantita. Il trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia suscita scarso interesse tra gli interlocutori italiani, che preferiscono dare
priorità all'ampliamento delle linee a grande velocità per il traffico passeggeri. Attualmente è garantito unicamente il finanziamento di lievi adeguamenti tecnici delle linee storiche che dovrebbero garantire la fluidità del traffico al momento dell'entrata in funzione della NFTA. Tuttavia, l'allacciamento definitivo, in ottobre 2011, degli assi del San Gottardo e del Lötschberg-Sempione alle reti di trasporto transeuropee (TEN-T) è una notizia positiva per la Svizzera.

Per garantire l'allacciamento della Svizzera alla rete ferroviaria europea a grande velocità, il nostro Paese contribuisce finanziariamente ai lavori sul territorio francese. In dicembre 2011 è entrato in funzione il TGV Rhône­Rhin sulla linea Basilea­Parigi. Per quanto riguarda il traffico regionale transfrontaliero, il 15 novembre la Francia ha annunciato che il finanziamento del collegamento CEVA (la tratta tra Cornavin-Eaux-Vives-Annemasse) sul proprio territorio era garantito e, lo stesso giorno, la Svizzera ha dato inizio ai lavori su suolo elvetico.

68

Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul trasporto di merci e di passeggeri su strada e per ferrovia (RS 0.740.72)

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Energia Il contesto internazionale in materia di politica energetica rilevante per la Svizzera è stato caratterizzato, nel 2011, da decisioni concernenti l'energia nucleare in Germania (uscita dal nucleare) e in Italia (rinuncia alla produzione di elettricità da energia nucleare). Nonostante finora nessuno Stato abbia deciso di uscire dal nucleare, tutti i Paesi confinanti con la Svizzera rinunceranno a medio termine all'energia atomica (eccezione rilevante: la Francia). Il 25 maggio 2011 il Consiglio federale ha deciso di uscire gradualmente dal nucleare. Il Parlamento sostiene questa decisione. Nel quadro della strategia energetica 2050, sarà indispensabile per la Svizzera approfondire la cooperazione energetica e tecnologica transfrontaliera al fine di garantire la sicurezza del suo approvvigionamento di elettricità e di gas, qualora venissero costruite centrali elettriche a gas sul suo territorio.

Rapporti bilaterali con i Paesi limitrofi e con determinati Stati partner: considerate le forti interdipendenze (dovute soprattutto alle reti e ai flussi energetici transfrontalieri), la cooperazione con i Paesi confinanti riveste un'importanza particolare. È questa la ragione che induce la Svizzera a coltivare contatti regolari a livello di Consiglio federale o di direzioni con tutti gli Stati limitrofi. L'ampia gamma dei settori di collaborazione spazia dalla sicurezza dell'approvvigionamento energetico alla promozione delle energie rinnovabili fino alle questioni di efficienza energetica e di cooperazione nel settore della ricerca. I rapporti con gli Stati membri dell'UE sono articolati in modo da sostenere gli sforzi della Svizzera per la salvaguardia dei propri interessi nei confronti dell'UE nel settore della politica energetica. La Svizzera partecipa inoltre con Paesi partner extra UE (Azerbaigian, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Russia) a partenariati di cooperazione energetica, volti a promuovere le fonti energetiche sostenibili e l'efficienza energetica nei Paesi esportatori di energie fossili. Questi partenariati sono anche legati all'apertura, importante per la Svizzera, del cosiddetto corridoio meridionale di trasporto del gas ovvero il gasdotto, non ancora operativo, che convoglierà il gas naturale dalla regione del Mar Caspio, dall'Asia centrale e dal Medio Oriente verso l'Europa. Attualmente
è in atto una vera e propria corsa per accedere a questo corridoio e alla sua rete di gasdotti.

Uno di questi progetti, sostenuto ufficialmente dalla Svizzera, è il «Trans Adriatic Pipeline» (TAP), che coinvolge in larga misura anche l'azienda svizzera EGL.

Negoziati con l'Unione europea: con il mercato interno dell'energia dell'UE e i recenti sforzi sostenuti dalla Commissione europea a favore di una politica energetica estera coordinata, il ruolo dell'UE in materia di politica energetica riveste un'importanza crescente. Nelle relazioni con l'UE, è prioritario per la Svizzera conservare la propria posizione sul mercato europeo dell'energia, ponendo l'accento sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico, l'accesso al mercato, la competitività, lo sviluppo e l'integrazione nelle infrastrutture energetiche europee, nonché su un settore energetico rispettoso dell'ambiente. Nell'anno considerato, la Svizzera ha proseguito l'attività negoziale avviata nel 2007 con l'UE in vista di un accordo sull'elettricità. La conclusione dei negoziati dipenderà, da un lato, dai progressi compiuti dalla Svizzera nell'ambito dell'apertura del mercato dell'elettricità e, dall'altro, dalla soluzione di questioni istituzionali trasversali relative ai rapporti della Svizzera con l'UE. Obiettivo dei negoziati è la stipulazione di un accordo globale sull'energia con l'UE che includa, oltre all'elettricità, anche temi quali le infrastrutture energetiche, l'efficienza energetica e il gas naturale. La Svizzera partecipa inoltre, assieme ad altri Paesi limitrofi che utilizzano l'energia nucleare, ai

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test di resistenza («stress test») sulle centrali nucleari, decisi dall'UE dopo Fukushima.

Cooperazione con le organizzazioni internazionali: per la Svizzera è interessante che la politica energetica globale sia forgiata per lo più negli organismi multilaterali nei quali ha voce in capitolo come membro. Grazie a tali istituzioni, la Svizzera può fare sentire la propria voce e contribuire nelle questioni energetiche di rilevanza geopolitica. Il nostro Paese si adopera in particolare per rafforzare l'importanza e il potere di istituzioni multilaterali centralizzate che operano nel settore energetico, come l'Agenzia internazionale per l'energia di Parigi (AIE), l'Agenzia internazionale per l'energia atomica di Vienna (AIEA), la Carta dell'energia di Bruxelles e, dal 2011, l'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili («International Renewable Energy Agency», IRENA) di Abu Dhabi. Il 22 febbraio 2011 la Svizzera ha inoltre sottoscritto la Carta del Forum internazionale dell'energia («International Energy Forum», IEF) assieme ad altri 87 Stati. Il vertice IEF è l'unico a riunire i ministri dell'energia provenienti da tutto il mondo e la Svizzera vi partecipa regolarmente dal 2002.

Alla luce del grave incidente nella centrale nucleare di Fukushima, la Svizzera si adopera attivamente nell'ambito dell'AIEA a favore di un miglioramento della sicurezza nucleare nel mondo. Essa chiede che l'AIEA rafforzi il proprio ruolo in questo settore e renda obbligatori i dispositivi esistenti, come le revisioni paritarie («peer review») effettuate da team di esperti internazionali dell'AIEA per il controllo della sicurezza delle centrali nucleari e la loro sorveglianza da parte dello Stato.

Cooperazione allo sviluppo: la cooperazione svizzera allo sviluppo attribuisce molta importanza alle questioni energetiche. Nel quadro di programmi multilaterali delle banche di sviluppo e di progetti bilaterali, la Svizzera contribuisce a un uso più efficace dell'energia, a una maggiore diffusione delle energie rinnovabili e a una sostituzione degli impianti di produzione di energia dannosi per il clima nei Paesi emergenti e in sviluppo. Una quota consistente dei capitali supplementari, pari a 125 milioni di franchi, concessi in febbraio 2011 per l'aumento del contributo della Svizzera nel quadro della Convenzione dell'ONU
sui cambiamenti climatici è investita nei programmi della DSC e della SECO.

Sanità Negli ultimi anni, la sanità riveste un ruolo importante nella politica estera. Formulando una politica estera in materia sanitaria coordinata a livello interdipartimentale, la Svizzera svolge un ruolo pionieristico sul piano internazionale. Nel 2006 il nostro Paese ha definito le linee guida della politica estera in materia di sanità e, in questo contesto, il DFI e il DFAE hanno stipulato un accordo sugli obiettivi per coordinare gli sforzi dei vari attori nazionali e conferire maggiore coerenza alle attività della Svizzera sulla scena internazionale. Si tratta nel caso specifico di rafforzare il nostro ruolo di Paese ospitante e sede di organizzazioni e aziende del settore sanitario. La politica estera in materia sanitaria è anche l'espressione della responsabilità della Svizzera nei confronti della sanità globale. Nell'anno in rassegna, la Svizzera ha rivisto la propria politica estera in questo settore per adeguare gli obiettivi alle nuove sfide. La versione riveduta entrerà in vigore nel 2012.

Impegno nell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS): la Svizzera è stata eletta nel Comitato esecutivo dell'OMS per il periodo 2011­2014. Il suo statuto di mem2671

bro del Comitato esecutivo le permette di aumentare la propria visibilità e influenza nei dibattiti sulla sanità globale, di impegnarsi soprattutto a favore di un rafforzamento dell'OMS e di un suo finanziamento sostenibile, nonché di promuovere i sistemi sanitari e la città di Ginevra come capitale internazionale della sanità.

Lotta contro l'HIV/AIDS: nonostante i successi riscossi negli ultimi anni, la lotta contro l'HIV/AIDS rimane una sfida prioritaria per la Svizzera. In giugno 2011 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sostenuta dalla Svizzera. Essa definisce i nuovi obiettivi della comunità internazionale nella lotta contro l'HIV/AIDS, come per esempio la riduzione del 50 per cento della trasmissione dell'HIV per via sessuale, l'impedimento di nuovi contagi legati al consumo di droghe pesanti o anche l'eliminazione della trasmissione del virus da madre a figlio.

La risoluzione esige inoltre il rispetto dei diritti umani, che implicano anche sforzi contro la discriminazione e la stigmatizzazione delle persone colpite dall'HIV. La Svizzera si adopera a favore di un'attuazione rapida e coordinata della risoluzione a livello internazionale.

Malattie non trasmissibili: le malattie non trasmissibili (cancro, diabete, malattie cardiovascolari, malattie croniche delle vie respiratorie, ecc.) colpiscono sempre più persone sia nei Paesi industrializzati che nei Paesi in sviluppo. La loro rapida diffusione, la coesistenza con altri gruppi di malattie e i costi che comportano rappresentano un'enorme sfida per gli Stati. Nel corso di una conferenza ad alto livello delle Nazioni Unite, tenutasi in settembre 2011, è stata adottata una risoluzione sostenuta dalla Svizzera sulle misure di lotta contro queste malattie.

Cooperazione allo sviluppo: la Svizzera sostiene l'attuazione degli Obiettivi del Millennio, promuovendo gli sforzi intrapresi nei Paesi partner e creando sistemi sanitari efficaci. La DSC si concentra in particolare sul miglioramento della salute delle madri e dei bambini, soprattutto in relazione alla salute sessuale e riproduttiva, sulla lotta contro le principali malattie infettive come la malaria e l'AIDS, sulla gestione delle malattie non trasmissibili e sul miglioramento dell'assistenza sanitaria a livello nazionale e locale con l'introduzione di riforme
strutturali. Nonostante le sfide sempre nuove con cui sono confrontati i Paesi sostenuti dalla Svizzera, non sono mancati i progressi. Nei Paesi prioritari sostenuti dalla DSC, come la Tanzania e il Mozambico, il tasso di mortalità infantile è regredito di un terzo negli ultimi dieci anni, in Moldavia del 40 per cento dal 2000.

Negoziati con l'UE: dall'autunno 2008 la Svizzera e l'UE stanno negoziando un accordo in materia di agricoltura, sicurezza alimentare, sicurezza dei prodotti e salute pubblica. Sono al centro dei negoziati la partecipazione in due organismi europei (Centro europeo di prevenzione e di controllo delle malattie e Autorità europea per la sicurezza alimentare), l'integrazione in tre sistemi di preallarme e allarme rapido (alimenti destinati al consumo umano e animale, beni di consumo pericolosi, malattie trasmissibili) e la partecipazione al Programma sulla salute dell'UE. Attualmente i negoziati procedono a rilento, perché le parti stanno ancora cercando soluzioni appropriate a questioni di ordine istituzionale.

2672

2.3.8

Politica estera nel settore della formazione, della ricerca e dell'innovazione

Educazione, ricerca e innovazione (ERI) sono fattori determinanti sia per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ecologico, sia per la soluzione dei problemi globali. Grazie alle indiscusse competenze e alla competitività in questo campo, la Svizzera ha tutte le carte in regola per svolgere un ruolo importante. In tal senso, il settore dell'ERI rappresenta un fattore fondamentale nella realizzazione degli obiettivi della politica estera. Per questo motivo il DFAE promuove un'azione coordinata in questo settore e si impegna a favore di una buona collaborazione tra i vari attori. Tuttavia, sussiste una tendenza scientifica a livello globale verso l'interdipendenza, la cooperazione e la concorrenza. La Svizzera deve perciò continuare a sviluppare le sue già ottime competenze in questo settore.

Cooperazione con l'Unione europea: l'UE è attualmente il partner principale, assieme agli Stati Uniti, nel settore ERI. La Svizzera partecipa attivamente ai due programmi europei «Apprendimento permanente» e «Gioventù in azione». Ciò consente agli svizzeri di acquisire maggiori esperienze in un Paese dell'UE, ma anche a un maggior numero di giovani europei di frequentare i nostri istituti scolastici e contribuire alla loro buona reputazione. La Svizzera partecipa inoltre al Processo di Copenaghen, volto a incrementare la qualità e a promuovere la mobilità nell'ambito della formazione professionale in Europa. La Svizzera rafforza così la propria attrattiva nel campo della formazione e la competitività dei diplomi svizzeri sul mercato internazionale del lavoro.

Cooperazione internazionale extra UE: il sistema scolastico svizzero gode di un'ottima reputazione sul piano internazionale, perché garantisce un tasso di disoccupazione giovanile eccezionalmente basso. La partecipazione della Svizzera al programma dell'OCSE per la valutazione internazionale delle competenze degli allievi, noto come PISA, le permette di conoscere il livello di apprendimento dei giovani al termine della scolarità obbligatoria. In tal modo può valutare i punti forti e i punti deboli del proprio sistema scolastico e posizionarsi sulla scena formativa internazionale. La Svizzera è anche attenta all'applicazione della Classificazione internazionale tipo dell'educazione (CITE), adottata dall'UNESCO nel 2011, che mira
a un miglior riconoscimento internazionale delle qualifiche scolastiche e professionali. Le 18 scuole svizzere all'estero contribuiscono anch'esse alla buona reputazione della nostra offerta formativa. L'attenzione è inoltre focalizzata sul riconoscimento internazionale del nostro sistema duale di formazione professionale. Con l'assegnazione di borse di studio federali, la Confederazione promuove anche soggiorni di studio in Svizzera per studenti stranieri, permettendo ai migliori di proseguire la loro attività di ricerca in un'università svizzera.

Oltre alle relazioni con l'UE, la Svizzera intensifica la cooperazione scientifica attraverso programmi congiunti, lanciati nel 2008, con otto Paesi emergenti, considerati prioritari per il loro potenziale scientifico e tecnologico e precisamente con la Cina, l'India, la Russia, il Sudafrica, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud e il Cile. Nel 2010, sono stati pubblicati i rapporti intermedi di valutazione di questi programmi, che nel complesso sono risultati positivi. In Costa d'Avorio e in Tanzania il nostro Paese sostiene due istituti di ricerca d'eccellenza, mentre in 18 rappresentanze all'estero dispone di una rete di addetti scientifici e numerosi uffici Swissnex, incaricati di promuovere gli scambi scientifici in luoghi strategici, come Boston, San Francisco, Singapore, Shanghai e Bangalore.

2673

Cooperazione allo sviluppo: la ricerca nell'ambito della cooperazione internazionale nei Paesi emergenti e in sviluppo punta essenzialmente sulla produzione delle conoscenze e lo sviluppo di soluzioni innovative in campo scientifico. La Svizzera ha continuato a sostenere anche nel 2011 soprattutto il Polo di ricerca nazionale «Partenariati di ricerca per uno sviluppo sostenibile» 2001­2013 (PRN Nord-Sud) che coinvolge oltre 400 ricercatori in più di 40 Paesi. D'altronde, il programma di ricerca SCOPES («Scientific co-operation between Eastern Europe and Switzerland») promuove la cooperazione scientifica tra gruppi e istituzioni di ricerca in Svizzera e nell'Europa dell'Est. Infine, la DSC e il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS) creano un nuovo fondo per la ricerca sulle questioni globali («global issues») nei e con i Paesi in sviluppo ed emergenti.

2.3.9

Neutralità

La neutralità permanente della Svizzera è uno strumento della politica estera, generalmente riconosciuto dalla comunità internazionale da molto tempo. L'applicazione concreta di questo principio di neutralità e la definizione della politica di neutralità dipendono da sempre dal contesto geostrategico prevalente. Considerato l'attuale contesto nell'ambito della politica estera e della sicurezza, con contorni e forme di minaccia non sempre identificabili, anche eventi molto lontani possono ripercuotersi direttamente sulla sicurezza e la prosperità del nostro Paese. Non facendo parte di alleanze militari, è nell'interesse della Svizzera assumere le proprie responsabilità in favore della pace e della stabilità nel mondo, dando prova del proprio impegno in materia di politica estera e della sicurezza ed esercitando attivamente la propria influenza. Neutralità non è quindi sinonimo di passività.

In un mondo in mutamento, l'ONU rimane una delle principali colonne portanti del sistema internazionale di sicurezza. Quando il Consiglio di sicurezza dell'ONU ordina o autorizza misure, non agisce come parte in causa nel conflitto, ma come organo incaricato di far rispettare il diritto internazionale. Allo stesso modo la Svizzera si impegna attivamente nell'ambito dell'ONU a favore della pace e della sicurezza. Inoltre, il principio di neutralità è fondamentalmente compatibile con il suo seggio nel Consiglio di sicurezza dell'ONU. In singole circostanze, la Svizzera svolge un ruolo attivo anche in seno ad altre istituzioni del sistema di sicurezza internazionale, come l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), il Partenariato per la pace (PfP) e le missioni di promovimento civile e militare della pace dell'Unione europea (UE), purché sia rispettata la sua neutralità.

Nell'ambito della promozione civile della pace, alla Svizzera viene conferita, come Stato neutrale, una funzione particolare universalmente riconosciuta e largamente richiesta. Ne sono un esempio i mandati di potenza protettrice esercitati dal nostro Paese e le iniziative di mediazione proposte negli ultimi anni. Un altro esempio recente di questo suo ruolo è stata la riuscita mediazione tra la Russia e la Georgia, conclusasi con l'adesione della Russia nell'OMC. Con il suo impegno in questo ambito, la Svizzera può
disattivare conflitti e contribuire alla sicurezza e alla stabilità internazionali.

Il principio della neutralità si fonda su diritti e doveri chiaramente definiti e sanciti nel diritto internazionale. Il diritto della neutralità si basa essenzialmente sulle due

2674

Convenzioni dell'Aia del 190769 e sul diritto consuetudinario internazionale. Queste regole implicano in sostanza che la Svizzera deve astenersi dal partecipare militarmente a un conflitto armato internazionale fra altri Stati. In tempo di pace, lo statuto di neutralità permanente impone alla Svizzera, in virtù del diritto consuetudinario internazionale, di non mettersi in una situazione che potrebbe indurla, in caso di conflitti futuri, a violare gli obblighi derivanti dallo statuto di Stato neutrale. La partecipazione a un'alleanza militare con obbligo di reciproca assistenza sarebbe pertanto esclusa.

La neutralità non è un concetto astratto, ma si ripercuote concretamente sull'orientamento della politica estera del nostro Paese. Influenza in particolare l'attuazione delle risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell'ONU contro i trasgressori del diritto internazionale: con la risoluzione 1973 fondata sul capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite70, il 17 marzo 2011 il Consiglio di sicurezza ha autorizzato la comunità internazionale ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile in territorio libico dagli attacchi armati del suo stesso governo.

Conformemente alla propria prassi costante di neutralità e in considerazione di questa risoluzione, il Consiglio federale ha allora deciso di concedere agli Stati che garantivano la protezione dei civili in Libia il diritto di trasporto e di transito attraverso lo spazio aereo e il territorio della Svizzera, a condizione di presentare, per ogni singolo caso concreto di sorvolo e trasporto terrestre, l'autorizzazione concessa dalle autorità competenti dopo attento esame sulla conformità della domanda alla risoluzione 1973.

Nella prassi, un aspetto importante della neutralità riguarda l'esportazione di materiale bellico. In virtù del diritto della neutralità, la Svizzera è tenuta ad applicare equamente le misure restrittive sulla fornitura di materiale bellico da parte di aziende private71 a tutti i belligeranti di un conflitto armato internazionale. Dal punto di vista della politica della neutralità, le decisioni sull'esportazione di materiale bellico emanano un segnale importante. In esecuzione di queste considerazioni di diritto della neutralità e di politica della neutralità, la legislazione svizzera vieta
l'esportazione di materiale bellico se il Paese destinatario è implicato in un conflitto armato interno o internazionale. Un'altra questione di attualità strettamente legata all'esportazione di materiale bellico riguarda le esportazioni di prestazioni di sicurezza. In primavera 2010 si è insediata per la prima volta in Svizzera una società che controlla una delle maggiori aziende di sicurezza attive nelle zone di conflitto e di crisi. È stato dunque necessario rivalutare la necessità di un disciplinamento su scala nazionale delle imprese di sicurezza private. In virtù del diritto della neutralità, la Svizzera non può tollerare, sul proprio territorio o tramite società svizzere, il reclutamento di personale che parteciperà direttamente a un conflitto armato internazionale72. Considerazioni di politica della neutralità, e nel contempo anche di politica estera, impongono alla Svizzera di mantenere un comportamento generalmente molto cauto riguardo all'esportazione di prestazioni di sicurezza private. Il 16 febbraio 2011, il Consiglio federale ha quindi emesso il mandato di elaborare le basi 69

70 71 72

Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra (RS 0.515.21) [5a Convenzione dell'Aia]; Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze neutrali in caso di guerra marittima (RS 0.515.22) [13a Convenzione dell'Aia].

Statuto delle Nazioni Unite (RS 0.120) Articolo 7 in combinazione con l'articolo 9 della 5a Convenzione dell'Aia del 1907 Articolo 4 e articolo 5 della 5a Convenzione dell'Aia

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legali che contribuiscono a garantire la realizzazione degli obiettivi di politica estera e il rispetto del diritto internazionale, in particolare i diritti dell'uomo e il diritto internazionale umanitario, nonché a tutelare la neutralità della Svizzera. È previsto un divieto di partecipazione diretta alle ostilità. Per ulteriori attività saranno invece introdotti l'obbligo di dichiarazione, una procedura di verifica e la possibilità di emettere un divieto.

2.4

Servizio pubblico

Mansioni consolari I servizi consolari rientrano nei compiti principali del DFAE. Finora erano suddivisi tra la Direzione delle risorse (affari consolari, progetti e Schengen) e la Direzione politica (Dipartimento politico VI). Lo sforzo per ampliare il servizio pubblico ed essere pronti a soddisfare le esigenze future ha imposto anche un accorpamento e un ammodernamento delle unità interessate. Con l'adozione dell'ordinanza riveduta sull'organizzazione del DFAE73 il 20 aprile 2011, il Consiglio federale ha quindi avallato la creazione di una nuova Direzione consolare. Le tre unità organizzative che la compongono sono: il Centro di servizio per i concittadini che sostiene la rete di rappresentanze svizzere all'estero (ambasciate e consolati) e gestisce la Helpline DFAE ­ centrale che risponde a tutte le domande e fornisce tutte le informazioni sui servizi consolari; il Delegato per le relazioni con gli Svizzeri all'estero che promuove gli interessi dei cittadini svizzeri all'estero e informa sul tema «Vivere all'estero» e la Divisione Strategie, sviluppi e accordi consolari che mette a disposizione delle rappresentanze svizzere all'estero gli strumenti necessari per fornire un servizio pubblico efficace e vicino al cittadino.

Le rappresentanze svizzere all'estero (ambasciate e consolati) sono gli interlocutori dei cittadini svizzeri che risiedono in permanenza nei Paesi ospitanti o che vi soggiornano temporaneamente. Al riguardo svolgono mansioni simili a quelle di un'amministrazione comunale in Svizzera. Inoltre, assicurano il legame degli Svizzeri all'estero con la Patria e contribuiscono a promuovere i rapporti tra loro e con la Svizzera. Le mansioni consolari svolte dalle rappresentanze riguardano soprattutto la registrazione dei cittadini svizzeri che si stabiliscono all'estero, la consegna di informazioni ufficiali, l'emissione di documenti d'identità, l'elaborazione delle pratiche di stato civile, le domande sulla nazionalità svizzera e le richieste di aiuto sociale, nonché diverse altre prestazioni tra cui le registrazioni di depositi, il rilascio di attestati e la legalizzazione delle firme. Le rappresentanze rilasciano inoltre i visti ai cittadini stranieri che vogliono recarsi in Svizzera o nello spazio Schengen.

Centri consolari regionali: la rete delle circa 140 rappresentanze
diplomatiche e consolari, a cui fa capo la Svizzera per l'attuazione della sua politica estera e la difesa dei suoi interessi nel mondo, è soggetta periodicamente a un controllo dell'efficienza. Da un'analisi condotta nel 2010 è emerso che in singole regioni, soprattutto in Europa, la concentrazione geografica dei servizi consolari permetteva di creare sinergie. Per questo motivo, il DFAE ha aperto centri consolari regionali competenti per più Paesi (cfr. n. 2.6). Parallelamente, sono state sviluppate misure accompagnatorie per garantire in qualsiasi momento la qualità e la densità dei servizi (p.es. la possibilità di raccogliere i dati biometrici in tutte le rappresentanze 73

RS 172.211.1

2676

attrezzate e in tutti gli uffici cantonali dei passaporti, l'organizzazione di giornate di consultazione consolare nelle ambasciate incaricate di tutelare gli interessi degli Svizzeri all'estero e di potenziare l'assistenza online). Questa riorganizzazione riguarda circa 14 000 persone immatricolate (2 % di tutti gli Svizzeri all'estero) e circa 4000 richiedenti di visto (0.85 % di tutti i richiedenti di visto nel 2010).

Visti: la Svizzera partecipa dal dicembre 2008 al sistema Schengen. Dal 2010, le richieste di visto sono notevolmente aumentate. Questa tendenza è da attribuire soprattutto all'interesse economico e turistico delle grandi economie emergenti (Cina, Russia, India, Stati arabi del Golfo ecc.) nei confronti della Svizzera. Ma l'interesse per l'Europa è aumentato anche perché altre mete turistiche tradizionali sono state colpite da catastrofi naturali (Australia, Giappone) o scosse da forti disordini politici (primavera araba). Nel 2011 è atteso un incremento di oltre il 13 per cento delle richieste di visti (con punte massime di quasi il 100 % per la Cina, del 50 % per l'India o del 25 % per la Russia) che raggiungeranno così un totale di circa 500 000 domande di visto (460 000 nel 2010). Per far fronte a questa crescita e anticipare al meglio i futuri cambiamenti, in vista soprattutto degli incentivi mirati attuati da Svizzera Turismo e dall'OSEC su mandato del Consiglio federale e del Parlamento da metà 2011, il DFAE ha sviluppato strumenti specifici e instaurato una stretta collaborazione con Svizzera Turismo.

Nel 2011 è stato introdotto il nuovo sistema europeo dei visti biometrici, denominato VIS (Visa Information System). Esso consiste in una banca dati centralizzata che permette di registrare e consultare i dati relativi ai visti di tutti gli Stati Schengen. Il rilevamento sistematico degli identificatori biometrici all'inoltro della domanda di visto (immagine del volto e impronte delle dieci dita) e la loro registrazione permettono di combattere più efficacemente l'immigrazione clandestina a livello europeo e di migliorare i controlli dei visti alle frontiere esterne dello spazio Schengen. In una prima tappa dell'introduzione del sistema, l'11 ottobre 2011 sono stati allacciati al VIS i Paesi dell'Africa settentrionale (per la Svizzera: l'Egitto, la Tunisia, l'Algeria e il
Marocco). Il successivo allacciamento delle restanti regioni del mondo avverrà progressivamente in tempi scaglionati e dovrebbe concludersi entro fine 2013. Per quanto concerne il rilascio dei visti, gli Stati Schengen possono farsi rappresentare da altri Stati Schengen nei Paesi in cui non possiedono una propria rappresentanza.

Fino al 31 agosto 2011, la Svizzera aveva stipulato accordi con 8 Stati Schengen che prevedevano una rappresentanza tramite la Svizzera in 17 Paesi e una rappresentanza della Svizzera tramite uno Stato partner in 7 Paesi.

Migrazione: il DFAE ha collaborato con il DFGP all'elaborazione delle basi legali per l'invio di specialisti all'estero incaricati di controllare i documenti. In futuro, l'invio di personale appositamente formato nei Paesi a rischio permetterà di aiutare le rappresentanze svizzere e il personale delle compagnie aeree a riconoscere i documenti di viaggio contraffatti. Dopo una missione pilota al Cairo a fine 2010, i servizi interessati (DFAE, Corpo svizzero delle guardie di confine e UFM) stanno ora lavorando sulla concretizzazione delle condizioni quadro.

Collaborazione consolare con i Paesi partner: l'intenzione di intensificare la collaborazione con i partner europei nell'ambito dei servizi consolari ha indotto la Svizzera ad organizzare numerosi incontri a livello di Direzione consolare, soprattutto con la Germania, il Liechtenstein, i Paesi Bassi, l'Austria e la Slovenia. Al di fuori dell'area Schengen, l'attenzione si è focalizzata sullo sviluppo di relazioni strutturate con i principali Stati partner. Con la Russia sono state organizzate consultazioni su questioni consolari, mentre con la Turchia sono state pianificate.

2677

La Helpline DFAE è entrata in funzione a inizio 2011 a Berna e ha risposto ogni mese a un migliaio di domande inerenti a tutti i settori consolari. In situazioni di crisi, risponde alle chiamate di avviso di ricerca dei familiari preoccupati e assicura un servizio di picchetto secondo le necessità. Dal 2012, la Helpline DFAE sarà operativa 24 ore su 24.

Protezione consolare La protezione consolare ­ ossia l'aiuto ai cittadini svizzeri che si trovano in situazione di bisogno all'estero ­ è una delle mansioni principali del DFAE. Le statistiche in merito indicano che gli svizzeri si recano all'estero 16 milioni di volte all'anno. Oltre la metà delle destinazioni si trova nei Paesi limitrofi. In una prospettiva di prevenzione, il DFAE cerca di incentivare la responsabilità individuale dei cittadini che viaggiano all'estero. In particolare pubblica consigli di viaggio, sempre aggiornati e arricchiti da argomenti di attualità, nel sito Internet del Dipartimento.

I casi più semplici di assistenza consolare vengono di solito evasi autonomamente dalle rappresentanze, mentre quelli più complessi richiedono la collaborazione della centrale del DFAE di Berna. Anche se il numero dei casi di assistenza consolare è rimasto pressoché stabile negli ultimi anni (1833 casi nel 2009), nel 2010 si è verificato un netto aumento del 22 per cento, equivalente a 2237 casi di assistenza, di cui 160 sono da attribuire alle crisi in Libia e ad Haiti, mentre gli altri sono dovuti a una maggiore richiesta di prestazioni di servizio del DFAE in tutto il mondo. Si prevede che nel 2011 i casi di assistenza consolare si aggireranno al medesimo livello dell'anno precedente.

Svizzeri all'estero Nel 2010, il numero di Svizzeri all'estero era nuovamente aumentato rispetto al 2009, raggiungendo quota 695 101, pari a un incremento di 10 127 unità (+1,49 %).

Il 62 per cento circa risiedeva nell'Unione europea. Le comunità più numerose risiedevano in Francia (181 462), Germania (77 727) e Italia (49 187). Nel 2010, 135 877 Svizzeri all'estero ­ cioè il 25 % dei 538 243 cittadini con diritto di voto all'estero ­ erano registrati nel catalogo elettorale di un Comune svizzero (variazione 2009­2010: +4,5 %).

Con l'istituzione di un Delegato per le relazioni con gli Svizzeri all'estero, nel 2011 il DFAE ha deciso di promuovere maggiormente
gli interessi degli Svizzeri all'estero e in particolare nei settori sotto elencati.

In vista di rafforzare i diritti politici degli Svizzeri all'estero, il DFAE ha collaborato con la Cancelleria federale e i Cantoni per permettere una rapida introduzione del voto elettronico (e-voting). Attualmente, gli elettori svizzeri iscritti e residenti all'estero possono partecipare alle elezioni e alle votazioni con voto elettronico in tredici Cantoni. Alle elezioni del Consiglio nazionale di ottobre 2011, il Consiglio federale aveva autorizzato il voto elettronico in quattro Cantoni (BS, SG, GR e AG).

Circa 22 000 Svizzeri all'estero hanno così potuto partecipare alle elezioni federali per via elettronica. 3562 di loro hanno usufruito di questa possibilità, il che può essere considerato come una pietra miliare sulla via verso il voto elettronico a livello nazionale.

Nel 2011, il Consiglio federale ha approvato la revisione dello statuto di Soliswiss, Società cooperativa Fondo di solidarietà degli Svizzeri dell'estero, che assicura gli Svizzeri all'estero contro la perdita dei mezzi di sussistenza. Il nuovo Statuto per2678

metterà alla Società cooperativa di completare l'offerta di prestazioni per gli Svizzeri all'estero. Su mandato dell'UFG, le rappresentanze svizzere all'estero hanno prestato un sostegno finanziario ai concittadini all'estero, soprattutto sotto forma di aiuto al rientro o aiuto urgente in caso di catastrofe. Sovvenzioni federali e cantonali hanno permesso di sostenere finanziariamente anche società svizzere di soccorso all'estero74. Il DFAE ha concluso un accordo di prestazioni con l'Organizzazione degli Svizzeri all'estero (OSE) per intensificare collaborazione con loro.

In applicazione della legge federale del 9 ottobre 198775 concernente il promovimento dell'istruzione dei giovani Svizzeri all'estero (LISE), la Confederazione sostiene anche le 18 scuole svizzere all'estero. Con decisione del 17 settembre 2010, il Consiglio federale ha conferito al Dipartimento federale degli Interni il mandato di istituire un gruppo di lavoro incaricato di preparare la revisione della LISE. Hanno partecipato al gruppo di lavoro anche due rappresentanti del DFAE. Come emerge dal loro rapporto, in futuro occorrerà promuovere e prestare la medesima attenzione sia alla presenza svizzera all'estero, sia all'istruzione dei giovani Svizzeri; le scuole svizzere dovranno svolgere un ruolo più incisivo nella politica estera del nostro Paese rispetto a quanto avvenuto finora. Un progetto di legge ad hoc è in fase di elaborazione.

Prevenzione e gestione di crisi Le rivolte politiche della «primavera araba» nel Maghreb e nel Vicino Oriente (Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen) nella prima metà del 2011 hanno moltiplicato gli interventi del DFAE in caso di crisi. Inoltre, si sono aggiunti la crisi in Costa d'Avorio, l'attentato di Marrakech (28.4.2011) costato la vita a tre Svizzeri e il sisma seguito dallo tsunami e dall'incidente della centrale nucleare in Giappone (11.3.2011). Il Centro gestione di crisi del DFAE è stato particolarmente sollecitato dalla catastrofe nucleare in Giappone. Gli Svizzeri residenti nell'agglomerazione di Tokio venivano costantemente informati sull'evolvere della situazione e chi lo desiderava poteva farsi rimpatriare con un volo di linea. Lo stesso Centro gestione di crisi del DFAE si è occupato intensamente anche del rapimento di due turisti svizzeri in Pakistan all'inizio di luglio 2011. Per
sostenere i cittadini svizzeri, vittime di rapimenti, conflitti armati, disordini politici o catastrofi naturali in tutto il mondo, all'inizio di giugno 2011 il DFAE ha creato un Centro gestione di crisi all'interno della Direzione politica. I suoi compiti consistono nel prevenire le crisi (consigli di viaggio per 157 Paesi), preparare gli uffici operativi all'estero alle situazioni di crisi nonché gestire le crisi e le emergenze. I mezzi per farvi fronte sono in costante evoluzione. Attualmente l'attenzione è focalizzata sullo sviluppo di due strumenti di gestione delle crisi. Da un lato sui «social media» (Twitter, Facebook ecc.), che assumeranno un ruolo sempre più importante perché permettono di informare rapidamente e simultaneamente un gran numero di vittime sulle crisi in atto e di fornire consigli sulla sicurezza e i centri di raccolta; dall'altro sulla collaborazione con partner privati (agenzie di viaggio, compagnie di assicurazione, organizzazioni di soccorso, grandi aziende, ONG ecc.) che avrà più peso nella gestione delle crisi perché, grazie alle sinergie tra il settore pubblico e privato, permetterà di assistere con maggiore efficacia i cittadini svizzeri.

74

75

Dall'inizio del 2010, le sovvenzioni federali si basano sull'ordinanza riveduta del 26 febbraio 2003 concernente il sostegno finanziario alle istituzioni degli Svizzeri all'estero (RS 195.11) RS 418.0

2679

2.5

Politica estera e opinione pubblica

Relazioni con i media Nell'anno in rassegna, l'opinione pubblica e i media hanno riservato un'attenzione costante alla Svizzera, alla sua posizione nel mondo e alla sua politica estera. Questo interesse era dovuto, da un lato, alle numerose crisi (Fukushima, crisi dell'euro ecc.)

e agli sconvolgimenti di portata storica nel mondo arabo; dall'altro, alla presenza nel 2011 della responsabile del DFAE, nella funzione di Presidente della Confederazione, a numerosi incontri in Svizzera e all'estero e agli ospiti di alto rango ricevuti in Svizzera in occasione di due visite di Stato (Spagna e India). Infine, nell'anno considerato, la Svizzera ha festeggiato il 50° anniversario della sua Cooperazione allo sviluppo con una serie di eventi pubblici e manifestazioni.

Sul fronte estero, anche nel 2011 la politica finanziaria e fiscale del nostro Paese è stata al centro di eventi mediatici. Il riemergere del contenzioso fiscale con gli Stati Uniti e le perdite miliardarie di UBS hanno pesato sulla credibilità e l'immagine della nostra piazza bancaria e finanziaria. Per contro, la conclusione di un accordo sull'imposizione alla fonte con la Germania e il Regno Unito è stata accolta positivamente dai media internazionali. E, con l'introduzione di una nuova legge del 1° ottobre 201076 sulla restituzione degli averi di provenienza illecita delle persone politicamente esposte («legge Duvalier»), la Svizzera ha confermato la sua leadership internazionale nella lotta contro i fondi dei potentati. L'intervento rapido e coerente nel bloccare i fondi dei potentati durante la «primavera araba» le è valso il riconoscimento generale della comunità internazionale, che l'ha considerato un atto di solidarietà e d'impegno a favore dell'integrità della piazza finanziaria elvetica. Nel contempo, le notizie sugli averi bloccati hanno rimesso in questione l'efficacia del sistema svizzero nella lotta contro i fondi neri e suscitato la richiesta di blocco immediato di altri fondi di potentati. Le lunghe e difficili procedure di diritto costituzionale nell'ambito della restituzione degli averi illeciti suscitano un crescente scetticismo nei Paesi coinvolti e contribuiscono a una percezione ambivalente del ruolo della Svizzera. La grande sfida della comunicazione consiste dunque nel far capire che i principi costituzionali vanno
rispettati anche nella lotta attiva e impegnata contro gli averi illeciti.

Considerata la rapida successione degli eventi in un contesto non sempre trasparente durante le rivolte nel mondo arabo, era importante comunicare in modo chiaro e udibile ai numerosi attori sulla scena internazionale la posizione e le misure adottate dalla Svizzera. Il nostro Paese ha chiesto ripetutamente che fossero rispettati i diritti fondamentali e ha criticato le violenze contro la popolazione civile nei Paesi coinvolti. La Svizzera ha adottato sanzioni, decise unilateralmente e a livello multilaterale, ed è intervenuta sul piano diplomatico e pubblicamente. Infine, fin dall'inizio delle crisi è stata presente sul posto con il suo aiuto umanitario. Nel quadro della sua strategia nel Nord Africa ha esteso gradualmente il proprio impegno in settori quali l'economia, la democratizzazione e la migrazione.

Un aspetto importante della comunicazione durante la «primavera araba» ha riguardato la continua richiesta di informazioni sull'evolvere della situazione in materia di sicurezza. Le condizioni degli Svizzeri all'estero e le misure in loro sostegno adottate dal DFAE sono state al centro dell'interesse. I media hanno regolarmente con76

RS 196.1

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frontato le prestazioni della Svizzera con quelle di altri Stati. Per quanto concerne la presenza e il sostegno fornito dal DFAE nelle situazioni di crisi, le aspettative dei cittadini e dei media ­ e di conseguenza anche le esigenze della comunicazione ­ sono notevolmente aumentate negli ultimi anni, come dimostrato durante la guerra civile in Costa d'Avorio o la catastrofe nucleare di Fukushima.

In materia di politica europea, l'«approccio globale e coordinato» adottato dal Consiglio federale ha creato qualche problema di comunicazione, in quanto non è ancora stato definito il contenuto concreto di questo nuovo pacchetto di accordi bilaterali e di conseguenza l'approccio rimane astratto e poco tangibile. Nel caso di un altro dossier al centro dell'interesse mediatico durante l'anno in esame, il sequestro di due cittadini svizzeri in Pakistan, le autorità competenti del DFAE hanno perseguito la loro consolidata politica d'informazione restrittiva. La lunga esperienza insegna che nei casi di sequestro di ostaggi è preferibile cercare una soluzione evitando il coinvolgimento dell'opinione pubblica, perché la presenza costante dei media può intralciare o perfino pregiudicare le prospettive di riuscita dell'operazione.

A prescindere dal mandato fondamentale che consiste nel fornire le informazioni che riguardano le priorità, le decisioni e le misure adottate dalla Svizzera in materia di politica estera, la comunicazione deve conformarsi ai principi della diplomazia e alla strategia della politica estera. Nell'ambito di una «diplomazia pubblica», la comunicazione attiva è al servizio della salvaguardia degli interessi di politica estera, soprattutto se riguarda l'immagine nazionale. Nelle situazioni in cui è invece richiesta una «diplomazia silenziosa» (mediazioni, negoziati delicati, sequestri di ostaggi), la comunicazione deve contribuire a garantire e tutelare il riserbo. Una comunicazione ufficiale consapevole di difendere gli interessi della Svizzera è inevitabilmente in contraddizione con la logica mediatica, tutto sommato sempre alla ricerca della massima trasparenza. È dunque molto importante agire, da entrambe le parti, con la necessaria professionalità e un adeguato reciproco rispetto.

Comunicazione strategica dell'immagine nazionale La comunicazione internazionale strategica come strumento
di salvaguardia degli interessi Nell'era della società dell'informazione e della comunicazione, i governi sono sempre più esposti allo sguardo dell'opinione pubblica, non solo in Svizzera ma anche all'estero. Di conseguenza, oltre a tutelare i suoi interessi a livello bilaterale e multilaterale, la Svizzera deve anche garantire un'informazione corretta dell'opinione pubblica. Le strategie per il periodo 2010­2011 e 2012­2015 mettono la comunicazione internazionale ancor più al servizio della salvaguardia degli interessi della politica estera. È stato inoltre avviato un progetto pilota di «e-diplomacy» per verificare la possibilità di ricorrere maggiormente ai nuovi mezzi d'informazione e di comunicazione, soprattutto dei «social media», nella comunicazione internazionale.

Immagine della Svizzera all'estero L'agenzia di comunicazione dell'immagine nazionale del DFAE, Presenza Svizzera, ha ampliato ulteriormente il monitoraggio permanente dei media internazionali, su cui si basano le sue analisi per il 2011. I nuovi strumenti informatici di monitoraggio permettono una valutazione rapida e flessibile della copertura mediatica internazionale e un'approfondita analisi contestuale. In aggiunta vengono effettuati periodicamente studi sull'immagine generale della Svizzera in alcuni Paesi selezionati. Nel 2681

2011, l'attenzione era rivolta soprattutto all'Italia, in vista della partecipazione svizzera all'Esposizione universale del 2015 a Milano.

Nel periodo in rassegna, la Svizzera è stata meno esposta all'interesse mediatico internazionale rispetto al 2010. Gli eventi che hanno caratterizzato l'immagine della Svizzera sono stati, da un lato, di natura politica e sociale (l'iniziativa sull'espulsione degli stranieri che commettono reati, la nuova ferrovia transalpina NFTA, la caduta dell'ultimo diaframma della galleria di base del Gottardo e l'abbandono del nucleare) e, dall'altro, sempre più di carattere economico e politico-finanziario (averi di potentati, forza del franco svizzero, grandi banche, accordi fiscali).

L'immagine della Svizzera è rimasta complessivamente stabile e positiva, nonostante i ripetuti casi di frode fiscale non abbiano giovato alla reputazione della piazza finanziaria elvetica, soprattutto nei Paesi vicini e negli Stati Uniti, come confermato anche da uno studio condotto in Italia.

Marchio Svizzera, trasmissione delle informazioni L'armonizzazione dell'immagine della Svizzera all'estero sul piano contenutistico e visivo («marchio Svizzera») è stata ulteriormente rafforzata. Inoltre, nel 2011 sono stati distribuiti nel mondo circa 295 000 mezzi d'informazione che hanno parlato della Svizzera e circa 225 000 articoli promozionali a opinionisti, rappresentanti dei media, studiosi e scienziati stranieri. Circa 600 professionisti dei media, specialisti, personalità politiche e studenti sono stati invitati a compiere viaggi tematici in Svizzera.

Paesi prioritari della comunicazione dell'immagine nazionale Paesi vicini: considerate le critiche mosse alla piazza finanziaria svizzera, è stato dato ampio risalto alle attività di comunicazione con i nostri quattro grandi vicini.

Varie manifestazioni, dedicate soprattutto alla comunicazione dell'immagine nazionale e ai viaggi di studio per i consulenti dei parlamentari esteri, hanno contribuito a trasmettere un'immagine differenziata della Svizzera e ad approfondire le relazioni con le principali capitali europee.

Gran Bretagna: l'immagine della Svizzera in Gran Bretagna è fondamentalmente positiva, ma la percezione è poco differenziata. La comunicazione dell'immagine nazionale ha dunque rinsaldato il dialogo tra i due Paesi su temi
di attualità. Sono stati organizzati eventi dedicati per esempio a questioni finanziarie e fiscali o allo scambio di conoscenze, inerenti tra l'altro ai trasporti pubblici. In prospettiva dei Giochi olimpici estivi del 2012 è stata ampliata la rete di contatti con gli opinionisti britannici.

Stati Uniti: negli Stati Uniti la percezione della Svizzera è lacunosa nei settori della formazione, della ricerca, della scienza e dell'innovazione. Per porvi rimedio è stato portato avanti il programma «ThinkSwiss ­ Brainstorm the Future». Uno sforzo di comunicazione è necessario anche riguardo alla piazza finanziaria e al sistema fiscale svizzeri. Il programma «Gallatin 250», organizzato dalla Svizzera e dagli Stati Uniti per celebrare il 250° anniversario dell'emigrante ginevrino Albert Gallatin (ministro delle finanze americano dal 1801 al 1814), è stato al centro delle attività negli Stati Uniti e ha fornito l'occasione per discutere di questioni di politica finanziaria a livello bilaterale.

Cina: dopo un'intensa attività di comunicazione connessa con i Giochi olimpici di Pechino e l'Esposizione universale di Shanghai, nel periodo considerato sono state rafforzate le attività mirate in alcuni settori tematici, come la scienza, l'innovazione, 2682

l'ambiente e i trasporti. Merita di essere menzionata in particolare la mostra itinerante su Albert Einstein a Pechino, Canton e Hong Kong, corredata da un programma di accompagnamento con eventi dedicati alla scienza e alla ricerca.

America Latina: il programma svolto nel 2009 e 2010 in Argentina, Brasile, Cile e Messico ed esteso anche ad altri Paesi come la Colombia e il Perù ha permesso di raggiungere un vasto pubblico e ottenere una copertura mediatica considerevole. La Svizzera ha beneficiato di questa maggiore visibilità anche nel periodo in rassegna.

Bruxelles (EU): in linea con la strategia di comunicazione nei confronti dell'Unione europea, una serie di dibattiti, eventi di networking e viaggi di delegazioni ha permesso di fornire agli opinionisti e ai responsabili degli organi decisionali di Bruxelles un'immagine armonizzata della Svizzera e della sua politica europea. La piattaforma di discussioni «Partner in dialogo» ha consentito di parlare di democrazia diretta, politica dei trasporti e stabilità del mercato finanziario. A Natolin (Polonia) è stato avviato un progetto pilota per promuovere la collaborazione della Svizzera con centri di formazione per futuri quadri dell'UE.

Comunicazione internazionale in caso di minaccia per l'immagine della Svizzera In concomitanza con la votazione del 28 novembre 2010 sulla cosiddetta «Iniziativa espulsioni», Presenza Svizzera ha rafforzato il monitoraggio e assunto il coordinamento interdipartimentale della comunicazione con l'estero. Informazioni adeguate e aggiornate sono state trasmesse periodicamente alle rappresentanze svizzere all'estero per sostenerle nella loro attività di comunicazione al riguardo.

Comunicazione dell'immagine nazionale in occasione di grandi eventi internazionali Dopo il successo riscontrato dalla partecipazione svizzera all'esposizione universale di Shanghai, nel 2011 sono iniziati i preparativi per la partecipazione all'Expo 2012 di Yeosu in Corea del Sud e l'allestimento della «House of Switzerland» ai Giochi olimpici estivi del 2012 a Londra. Per entrambi i progetti, il Consiglio federale ha concesso crediti straordinari. È stato inoltre indetto un concorso per la progettazione del padiglione svizzero all'Esposizione universale di Milano nel 2015. La Svizzera è stato il primo Paese ad annunciare la propria
partecipazione a questo evento per noi molto importante che si svolge in un Paese che confina con il nostro.

Sfide e prospettive In linea generale, la Svizzera gode sempre ancora di una buona immagine all'estero.

La sua copertura mediatica è relativamente ampia e comparabile a quella di Paesi ben più estesi, come il Giappone e la Spagna. Ma proprio perché così visibile, risulta essere anche molto esposta: la Svizzera è percepita, molto più di altri Paesi, attraverso il settore finanziario e le problematiche fiscali. Questa percezione unilaterale e nel complesso negativa minaccia di compromettere l'immagine generale. È quindi necessario curare costantemente la percezione della Svizzera all'estero e affrontare tematiche delicate, come per esempio la piazza finanziaria, allo stesso modo di altri argomenti con una connotazione più positiva, come per esempio la forza della Svizzera nel campo dell'innovazione. Per identificare tempestivamente le situazioni di crisi e le questioni emergenti, è importante fornire alla comunicazione dell'immagine nazionale strumenti di analisi e monitoraggio adeguati e continuare ad

2683

ampliarli. Nell'era dei nuovi canali di comunicazione, è indispensabile dotarsi di una strategia in materia di «social media» e farne un utilizzo mirato nell'ambito della politica estera.

2.6

Supporto alla conduzione della politica estera

Le implicazioni economiche e politiche della globalizzazione modificano le condizioni quadro in cui opera la politica estera. Le sfide internazionali sono sempre più complesse e connotate da una reciproca interdipendenza. Su questo sfondo è essenziale che, nell'impiego delle proprie risorse, la Svizzera metta a punto strategie coerenti per salvaguardare al meglio i propri interessi. Per ottenere il miglior effetto possibile nella gestione e nel coordinamento della politica estera e nell'erogazione dei servizi, il DFAE si adopera per utilizzare con grande efficienza le risorse finanziarie e umane disponibili. Nel mutevole contesto della politica estera è importante adeguare regolarmente le strutture all'evolvere delle situazioni.

La riorganizzazione completa del DFAE intrapresa negli ultimi anni mira a un'amministrazione maggiormente protesa all'efficienza. Gli sforzi in tal senso sono proseguiti durante tutto l'anno in rassegna e si sono concentrati soprattutto sull'efficacia e la rilevanza della rete esterna. Il DFAE rimane fedele alla sua tradizionale strategia di universalità. Su questo sfondo, colmare le lacune e adattare la rete delle rappresentanze alle esigenze in costante evoluzione pur mantenendo intatte le risorse, rappresenta un'importante sfida. L'apertura nel 2011 di una nuova ambasciata a Erevan (Armenia) rafforza la presenza della Svizzera nel sud del Caucaso, una regione in cui il nostro Paese si è adoperato attivamente negli ultimi anni con la sua politica dei buoni uffici per risolvere conflitti regionali. Il Consiglio federale ha inoltre deciso di aprire un'ambasciata a Doha (Qatar) nel 2012.

Un progetto importante consiste nel differenziare i mandati di prestazione delle singole rappresentanze. Quest'idea è stata menzionata per la prima volta nel Rapporto sulla politica estera del 2009. Fino ad allora, la regola voleva che tutte le rappresentanze svizzere offrissero l'intera gamma di servizi diplomatici e consolari.

L'integrazione della Svizzera nello spazio Schengen e l'introduzione dei passaporti biometrici avrebbero richiesto l'installazione di costose infrastrutture in tutte le rappresentanze. In alcuni Paesi, soprattutto europei, la richiesta di pratiche consolari non era affatto sollecitata, mentre in altri era notevolmente aumentato il numero di casi di protezione
consolare. Sulla base di queste considerazioni e dopo un esame approfondito della situazione, il DFAE ha creato quest'anno vari Centri consolari regionali che svolgono le pratiche consolari per un gruppo di Paesi da un'unica sede.

Questa soluzione consente di sbloccare risorse che possono essere impiegate nella tutela degli interessi del Paese o nel settore consolare, soprattutto nella nuova Direzione consolare a Berna (cfr. n. 2.4). Questa riorganizzazione delle prestazioni consolari non ha comportato nessuna chiusura di ambasciata.

2684

Settori di competenza dei Centri consolari regionali aperti nel 2011: Centro consolare regionale

Settore di competenza

Aia (Centro consolare regionale Benelux)

Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi

Stoccolma (Centro consolare regionale Paesi nordici)

Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia

Riga (Centro consolare regionale Paesi baltici)

Estonia, Lettonia, Lituania

Vienna (Centro consolare regionale Vienna)

Austria, Slovacchia, Slovenia, Repubblica ceca, Ungheria

Bucarest (Centro consolare regionale Europa del Sud-est)

Bulgaria, Romania

Pristina (Centro consolare regionale Balcani occidentali)

Albania, Kosovo

Pretoria (Centro consolare regionale Sudafrica)

Sudafrica, Malawi, Zambia, Zimbabwe + circondario consolare esistente

Santo Domingo (Centro consolare regionale Hispaniola)

Repubblica domenicana, Haiti

Il Consiglio federale ha inoltre incaricato il DFAE di valutare, con gli altri uffici dell'Amministrazione federale interessati, il funzionamento della rete di rappresentanze svizzere all'estero nel quadro di un riesame dei compiti della Confederazione e di liberare possibili sinergie o intraprendere eventuali misure di ammodernamento.

Ciò comporterebbe uno sgravio di bilancio di 30 milioni di franchi a partire dal 2014. La presenza di servizi specializzati dell'Amministrazione federale nelle ambasciate all'estero consente alla Svizzera di organizzare in modo professionale la cooperazione in settori importanti come l'economia, l'istruzione e la ricerca o la cultura. Vanno menzionati al riguardo anche i 21 addetti alla difesa, incaricati di curare e sviluppare i contatti militari internazionali, che contribuiscono con la loro attività di raccolta di informazioni a definire la politica di sicurezza svizzera. Tuttavia, l'azione dei singoli attori è a volte frammentaria e di conseguenza non favorisce la percezione e la visibilità della Svizzera. Nel frattempo sono stati intrapresi i primi passi per aggregare compiti logistici in luoghi prestabiliti e promuovere così le sinergie e i risparmi.

Dopo la riorganizzazione della Direzione delle risorse (DR) attuata negli ultimi due anni, il 2011 è stato caratterizzato dal consolidamento. Il piano di un centro di servizi che fornisce prestazioni all'intero DFAE è stato ulteriormente approfondito nell'anno in esame. Per adempiere pienamente alle proprie responsabilità di gestione, la gerarchia deve poter contare sul sostegno e sulla consulenza del centro di servizi (Direzione delle risorse). Migliorando i processi a livello delle rappresentanze all'estero, questa consulenza permetterà di rendere la gestione più efficiente dal punto di vista economico e finanziario. Questo supporto deve inoltre permettere un miglioramento duraturo della qualità delle prestazioni e del servizio pubblico.

2685

Il DFAE rileva e controlla dal 2009 le prestazioni consolari sulla base di criteri predefiniti. Grazie all'elaborazione di indicatori è ora possibile effettuare un raffronto tra le singole rappresentanze ed effettuare un controllo obiettivo delle richieste di personale. La possibilità di una gestione globale delle risorse umane permette di utilizzare più efficacemente i mezzi necessari. I risultati conseguiti con questo controllo nel corso degli ultimi due anni sono stati positivi. Considerando l'applicazione della nuova procedura, finora sono state effettuate rettifiche di destinazione del personale in una quarantina di rappresentanze. Le priorità nei compiti sono cambiate e l'allocazione del personale nella rete estera è più flessibile e prevedibile: la tabella dell'organico del Dipartimento sarà dunque riveduta e aggiornata nel corso del 2012.

I partner che accompagnano i collaboratori e le collaboratrici del DFAE nelle loro missioni all'estero sono circa 670. Per loro, il soggiorno all'estero comporta spesso restrizioni a livello della qualità di vita e dei progetti di carriera. Negli ultimi tempi si è osservato che sempre più spesso i partner decidono di non seguire i collaboratori all'estero. Per questo motivo, il DFAE implementa le misure a sostegno dell'attività professionale e del mantenimento delle possibilità d'impiego delle persone accompagnatrici. Queste misure non incideranno sul bilancio preventivo.

Nel settore della logistica, l'interesse si è focalizzato sulla disponibilità delle informazioni, dei dati e dei servizi. Nell'estate 2011 è stata introdotta una scansione centralizzata della posta in arrivo. I dati elettronici vengono registrati nel «Document Management System» (DMS) in modo che i collaboratori possano visualizzarli velocemente sul loro schermo da qualsiasi luogo si trovino. Il lavoro di archiviazione e il sistema di gestione dei documenti si sono rivelati validi, ma per ora non hanno ottenuto il pieno consenso degli utenti. Fra i punti critici del sistema si annoverano l'usabilità non sempre facile dell'applicazione, l'ancoraggio organizzativo e la struttura di ripartizione dei piani di archiviazione. Per ovviare a queste lacune è stato avviato un follow up del progetto che si protrarrà per alcuni anni. Per quanto concerne i trasporti passeggeri, la Centrale viaggi
della Confederazione (CVC) ha messo a disposizione del personale dell'Amministrazione federale un sistema interno di prenotazione online. I collaboratori registrati possono così prenotare direttamente e in qualsiasi momento i loro viaggi di servizio alle condizioni speciali offerte dalla Confederazione.

Attualmente nel settore delle finanze di tutta l'Amministrazione federale è in atto un imponente processo di modernizzazione e tecnicizzazione con un'attenzione particolare al programma di «e-government» per consentire all'economia e alla popolazione di effettuare le principali operazioni con le autorità per via elettronica. Dal canto loro, anche le autorità desiderano modernizzare i processi amministrativi e comunicare tra loro elettronicamente (adozione della strategia di Governo elettronico da parte del Consiglio federale il 24 gennaio 2007). Vari uffici competenti dell'Amministrazione federale, come l'Amministrazione federale delle finanze AFF, l'Ufficio federale del personale UFPER e l'Ufficio federale delle costruzioni e della logistica UFCL hanno incaricato le unità amministrative di realizzare i progetti in tal senso. Alcuni di essi saranno assegnati anche all'esterno. L'obiettivo è quello di estendere la professionalizzazione e rispondere meglio alle esigenze del Dipartimento.

Nell'ambito della sicurezza, la DR ha proseguito il suo compito principale di supporto alle numerose rappresentanze del DFAE nell'attuazione e attualizzazione dei dispositivi di sicurezza, come pure nella risoluzione di problemi di sicurezza speci2686

fici. Gli sforzi intrapresi a livello strategico sono stati ingenti. Dopo l'elaborazione dei nuovi «Principi di sicurezza del DFAE», che definiscono i principi basilari di gestione della sicurezza nel Dipartimento, è stato messo a punto un nuovo concetto di formazione. Il programma di formazione è stato riveduto e tiene ora conto del nuovo codice di condotta e delle esigenze organizzative.

È stata inoltre formulata una nuova strategia nell'ambito della comunicazione tecnica (soprattutto nelle situazioni di crisi). Uno sforzo significativo è stato fatto anche nell'ambito della protezione delle informazioni (sensibilizzazione, formazione). Infine, il DFAE ha dovuto confrontarsi con nuove minacce, come l'ecoterrorismo e gli attacchi contro le rappresentanze svizzere di Atene e Roma.

2687

Allegato

Informazioni complementari concernenti il Consiglio d'Europa (giugno 2010­2011) Preamboli Le priorità della Svizzera al Consiglio d'Europa e le sfide principali con le quali è confrontata l'organizzazione di Strasburgo sono trattate al numero 2.1.1.2 del Rapporto sulla politica estera 2011. Il presente allegato contiene ulteriori informazioni sulle attività principali della Svizzera nei vari ambiti di competenza del Consiglio d'Europa.

1

Comitato dei ministri

Alla 121a sessione del Comitato dei ministri, tenutasi l'11 maggio 2011 a Istanbul, il ministro degli esteri turco, A. Davutoglu, ha trasmesso il mandato di presidenza al suo omologo ucraino, K. Gryshchenko. La riforma del Consiglio d'Europa, in particolare la riforma della Corte europea per i diritti dell'uomo, l'attuazione della Dichiarazione di Strasburgo sui Rom, l'agenda politica del Consiglio d'Europa, compresa la situazione in Georgia e il rapporto dell'organizzazione nei confronti dell'Unione europea sono stati fra i temi centrali della sessione formale. Al termine della sessione è stata aperta alla firma la nuova Convenzione del Consiglio d'Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. La parte informale della sessione, svoltasi alla vigilia della riunione, era incentrata sul rapporto ordinato dal Segretario generale Thorbjørn Jagland a un gruppo di personalità sul tema «Pluralismo e libertà nell'Europa del 21° secolo». Si è inoltre parlato della politica di vicinato del Consiglio d'Europa che mira a intensificare la cooperazione con i Paesi nelle immediate vicinanze dell'Europa.

2

Cooperazione nel campo dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto Nuove Convenzioni

2.1

Nel periodo in rassegna sono state varate due nuove convenzioni e un protocollo aggiuntivo ad una convenzione esistente77.

77

­

Terzo Protocollo addizionale del 10 novembre 2011 alla Convenzione europea di estradizione (STCE n. 209): il Protocollo semplifica e accelera la procedura di estradizione se la persona interessata vi acconsente.

­

Convenzione del Consiglio d'Europa dell'11 maggio 2011 sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica (STCE n. 210): la Convenzione stabilisce un quadro giuridico globale per proteg-

Cfr. http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ListeTraites.asp?CM=8&CL=ITA

2688

gere le donne da ogni forma di violenza e definisce un quadro giuridico globale.

­

2.2

Convenzione del Consiglio d'Europa del 28 ottobre 2011 sulla contraffazione dei prodotti medicali e reati simili che implicano una minaccia alla salute pubblica (STCE n. 211): la Convenzione contempla misure vincolanti di protezione contro i prodotti medici contraffatti.

Riforma della Corte europea dei diritti dell'uomo

Nell'anno in rassegna, la riforma del sistema di controllo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la prevista adesione dell'UE alla CEDU hanno occupato uno spazio di rilievo nelle attività del Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (CDDH). I lavori della riforma hanno ricevuto importanti incentivi dalla Dichiarazione adottata alla Conferenza di Interlaken (Conferenza di alto livello sul futuro della Corte europea dei diritti dell'uomo, Interlaken, 18 e 19 febbraio 2010)78 e in particolare dal previsto piano d'azione. Un anno più tardi, la Turchia ha convocato un prosieguo della Conferenza dei ministri (Conferenza di Izmir, 26 e 27 aprile 2011)79 con l'obiettivo, da un lato, di trarre un bilancio dei progressi compiuti nell'ambito della riforma dopo Interlaken (in particolare una prima valutazione del Protocollo 14, entrato in vigore il 1° giugno 2010) e, dall'altro, di conferire impulsi politici ai futuri lavori della riforma. I lavori seguiti alle Conferenze di Interlaken e di Izmir sono perfettamente in linea con il piano d'azione approvato a Interlaken, che prevede misure di sgravio a tre livelli, ovvero a livello degli Stati membri, della Corte stessa e infine del Comitato dei ministri, incaricato di sorvegliare l'esecuzione delle sentenze da parte degli Stati membri nell'ambito del sistema di controllo della CEDU.

Durante l'anno in esame, il seguito dei lavori ha riguardato i seguenti organi o settori:

78 79

­

la Corte ha adottato le misure necessarie per l'applicazione immediata del Protocollo n. 14 (che ha potuto entrare in vigore dopo la ratifica dell'ultimo Paese membro, la Russia, alla Conferenza di Interlaken) con la nomina, fra l'altro, di 20 giudici unici (autorizzati a dichiarare i ricorsi come manifestamente irricevibili). La Corte ha inoltre pubblicato un manuale sui criteri di ricevibilità e altri testi sul principio di sussidiarietà e sulla chiarezza e coerenza della giurisprudenza, nonché rivisto la propria prassi interna su svariate questioni (procedura di «sentenza pilota»; cognizione, priorità dei ricorsi).

­

L'Assemblea parlamentare ha tra l'altro esaminato da vicino le debolezze strutturali riscontrate in vari Stati membri (all'origine dell'incremento di ricorsi praticamente identici, le cosiddette recidive).

Conferenza ministeriale sul futuro della Corte europea dei diritti dell'uomo, Interlaken, 18/19 febbraio 2010; Cfr. Rapporto sulla politica estera 2010 Conferenza di Izmir, 26/27 aprile 2011

2689

­

Il Comitato dei ministri ha incaricato un sottocomitato (panel) di esaminare le liste dei candidati alla funzione di giudice, inoltrate dagli Stati membri, per valutare i loro requisiti in fatto di qualità e indipendenza. Ha anche deciso di modificare la procedura di sorveglianza.

­

Il CDDH ha approvato una relazione finale sulle misure di sgravio da realizzare senza modificare la Convenzione. Esse consistono in particolare nel ridurre le recidive, rafforzare l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici della Corte, sfruttare il potenziale di sviluppo della giurisprudenza cosiddetta costante, filtrare con maggiore efficacia i ricorsi manifestamente irricevibili e regolare la questione sull'introduzione delle spese processuali. Il Comitato ha inoltre approvato un rapporto intermedio sulle misure di sgravio che richiedono una modifica della Convenzione. Si tratta, tra l'altro, dell'introduzione di un nuovo sistema di filtraggio e della possibilità di semplificare la procedura di emendamento di determinate disposizioni della Convenzione.

Il secondo tema importante riguardava l'adesione dell'UE alla CEDU. In maggio 2010, il Comitato dei ministri aveva incaricato il CDDH di definire, assieme ai rappresentanti designati dall'UE, gli strumenti giuridici che disciplinano le modalità di adesione. Il CDDH ha quindi nominato un gruppo di lavoro informale (CDDHEU), composto per il Consiglio d'Europa da rappresentanti del CDDH (7 provenienti da Stati dell'UE e 7 da Stati non appartenenti all'UE [tra cui la Svizzera]) e, per l'UE, da rappresentanti della Commissione europea. Il gruppo ha concluso i lavori in giugno 2011 con l'adozione di un progetto per un accordo di adesione (Accord d'adhésion). In una seduta straordinaria svoltasi in ottobre 2011, il CDDH ha intavolato le prime discussioni sul progetto, senza pertanto adottarlo.

2.3

La Svizzera dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo

Negli anni 2010 e 2011 (giorno di riferimento il 29 novembre 2011) sono stati registrati 686 (367+319) nuovi ricorsi contro la Svizzera. Nel medesimo periodo, 320 ricorsi già registrati sono stati dichiarati irricevibili o stralciati dal ruolo. In 9 di questi casi, il Governo era stato precedentemente invitato a esprimere il suo parere.

Nel 2010 e 2011, il Governo ha ricevuto in totale 46 nuovi ricorsi su cui esprimersi.

Essi riguardavano principalmente il diritto alla libertà e alla sicurezza (art. 5 CEDU), il diritto a un processo equo (art. 6 CEDU), il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU), il diritto alla libertà di espressione (art. 10 CEDU), ma anche il diritto al divieto di discriminazione (art. 14 CEDU, soprattutto in combinazione con la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, art. 9 CEDU).

Nel periodo esaminato, la Corte ha emesso 22 sentenze sui ricorsi concernenti la Svizzera. In 11 casi ha constatato almeno una violazione della CEDU. Le 22 sentenze (in ordine cronologico) sono80:

80

Dal 2008 l'Ufficio federale di giustizia pubblica una sintesi dettagliata dei casi riguardanti la Svizzera (e dei casi più importanti concernenti altri Stati) nei rapporti trimestrali (www.bj.admin.ch/content/bj/it/home/themen/staat_und_buerger/menschenrechte2/ europaeische_menschenrechtskonvention.html)

2690

­

Borer (10.6.2010): violazione dell'art. 5 cpv. 1 CEDU per mancanza di una base legale sufficiente nei procedimenti successivi (commutazione di una misura stazionaria in un internamento);

­

Schwizgebel (10.6.2010): nessuna violazione del divieto di discriminazione (art. 14 in combinato con l'art. 8 CEDU) per rigetto di una domanda di adozione da parte di una donna di 47 anni;

­

Neulinger e Shuruk (6.7.2010) (Grande Camera): l'ordine di rimpatriare in Israele un bambino di sette anni rapito dalla madre e portato in Svizzera non è compatibile, nelle circostanze specifiche, con l'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare);

­

Agraw e Mengesha Kimpfe (19.7.2010) (2 sentenze): il rifiuto delle domande di ricongiungimento di due coppie, richiedenti l'asilo respinti e assegnati a diversi Cantoni, costituisce un'ingerenza ingiustificata nel diritto alla vita familiare (art. 8 CEDU);

­

Pedro Ramos (14.10.2010): il rifiuto di patrocinio e assistenza gratuiti davanti al Tribunale federale non rappresenta, nel caso specifico, una violazione del diritto di gratuito patrocinio e accesso a un tribunale (art. 6 cpv. 1 CEDU);

­

Schaller-Bossert (28.10.2010): violazione dell'art. 6 cpv. 1 CEDU (diritto a un processo equo) perché i pareri delle autorità inferiori erano stati trasmessi dal Tribunale federale alla ricorrente, che non era rappresentata da un avvocato, a solo titolo d'informazione (diritto di replica incondizionato);

­

Losonci Rose e Losonci (9.11.2010): violazione del divieto di discriminazione (art. 14 in combinazione con l'art. 8 CEDU) per una disparità di trattamento oggettivamente immotivata concernente il diritto di una coppia composta da un coniuge svizzero e da uno straniero nella scelta del nome di famiglia;

­

Jusic (2.12.2010): violazione dell'art. 5 cpv. 1 CEDU per mancanza del rispetto delle condizioni previste dal diritto nazionale vigente in caso di carcerazione di una persona in attesa di rinvio coatto;

­

Gezginci (9.12.2010): in questo caso specifico di espulsione di uno straniero dopo 30 anni di permanenza in Svizzera, non vi è stata violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare;

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Ellès e altri (16.12.2010): violazione dell'art. 6 cpv. 1 CEDU (diritto a un processo equo) per negazione del diritto di replica incondizionato;

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Mouvement raélien suisse (13.01.2011): nessuna violazione della libertà di culto o della libertà d'espressione (art. 9 e 10 CEDU) per aver vietato l'affissione di locandine in spazi pubblici (davanti alla Grande Camera della Corte, che ha tenuto un'udienza pubblica il 16.11.2011);

­

Haas (20.01.2011): il rifiuto di rilasciare senza prescrizione medica a una persona affetta da malattia psichica un medicinale, solitamente soggetto a prescrizione medica, per mettere fine alla propria vita non costituisce una violazione del diritto al rispetto della vita privata;

2691

­

Tinner Urs e Marco (26.04.2011): considerata la gravità e la complessità dei reati loro imputati, nonché l'elevato e persistente rischio di fuga, la carcerazione preventiva di alcuni anni non costituisce una violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza (art. 5 par. 1 lett. c CEDU);

­

M. (26.04.2011): il rifiuto di rilasciare un passaporto in seguito a un avviso di ricerca da parte della RIPOL costituisce una misura adeguata per indurre una persona che si sottrae alla giustizia a tornare in Svizzera ed è meno restrittiva rispetto all'emissione di un mandato di arresto internazionale (nessuna violazione dell'art. 8 CEDU);

­

Steulet (26.04.2011): il fatto che in un'altra procedura ed in una diversa funzione un giudice federale avesse definito «pretestuosa» la denuncia di un ricorrente non giustifica la richiesta di una sua sostituzione (art. 6 par. 1 CEDU);

­

Küçük (17.05.2011): se nel caso di rapimento di un minore le autorità hanno indagato con sufficiente meticolosità e celerità, non sussiste violazione dell'art. 8 CEDU, a prescindere dal fatto che gli sforzi intrapresi non abbiano soddisfatto del tutto le aspettative del genitore ricorrente;

­

Adamov (21.06.2011): posto in detenzione dopo un'audizione e in seguito a una domanda di estradizione da parte delle autorità americane, l'ex ministro russo dell'energia non può invocare il diritto al salvacondotto con il pretesto che si trovava in Svizzera per far visita a sua figlia e che non aveva ricevuto alcuna citazione a comparire prima del suo arrivo in Svizzera (nessuna violazione dell'art. 5 par. 1 lett. f CEDU);

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Portmann (11.10.2011): il trattamento all'arresto di una persona sospettata di reato era adeguato alle circostanze e il diritto a un'inchiesta efficace per l'accertamento dei fatti non è stato violato, considerato che le presunte ingerenze sono state invocate solo dopo alcuni anni (nessuna violazione dell'art. 3 o dell'art. 13 CEDU);

­

Association Rhino (11.10.2011): lo scioglimento di un'associazione di squatter per illiceità degli scopi non era un provvedimento proporzionato, soprattutto perché le autorità responsabili e i proprietari avevano tollerato per anni l'occupazione dell'immobile e svolto trattative per un contratto di locazione (violazione dell'art. 11 CEDU);

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Emre n. 2 (11.10.2011): dato che la Corte aveva ritenuto nella sua sentenza del 22 maggio 2008 che l'espulsione del ricorrente e il carattere definitivo del provvedimento di espulsione costituivano una violazione dell'art. 8 CEDU, il Tribunale federale non poteva limitarsi, nel quadro della procedura di revisione, a pronunciare un nuovo divieto d'ingresso nel Paese per 10 anni semplicemente sulla base della motivazione precedente (violazione dell'art. 8 e dell'art. 46 CEDU);

­

Khelili (18.10.2011): l'errata iscrizione della ricorrente come «prostituta» per diversi anni nel casellario giudiziario della polizia cantonale è stata considerata un'ingerenza sproporzionata nel suo diritto al rispetto della vita privata, tanto più che non era mai stato aperto nessun procedimento penale nei suoi confronti (violazione dell'art. 8 CEDU).

2692

2.4

Parità tra uomo e donna

La Svizzera ha partecipato nella primavera del 2010 alla 7a Conferenza del Consiglio d'Europa dei ministri responsabili dell'uguaglianza tra donne e uomini, tenutasi a Baku in Azerbaigian e incentrata sul tema: «L'uguaglianza tra uomo e donna: colmare il divario tra uguaglianza de jure e de facto». La risoluzione e il piano d'azione adottati al termine della Conferenza pongono l'accento su due aspetti: da un lato, le misure positive e un approccio integrato alla parità e, dall'altro, la lotta agli stereotipi di genere nei media e nell'educazione. Nel quadro degli scambi sul tema concernente le misure positive, la Svizzera ha presentato i progetti realizzati per migliorare la quota di rappresentanza femminile nel mondo politico ed economico. Il 7 e l'8 dicembre 2010 la Svizzera ha partecipato alla 45a seduta del Comitato dei ministri per l'uguaglianza tra donne e uomini. In linea con il piano d'azione adottato a Baku, sono state definite le misure di lotta contro gli stereotipi nell'istruzione e nei media. La Svizzera ha partecipato attivamente ai negoziati della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (STCE n. 210), approvata il 7 aprile 2011 dal Comitato dei ministri.

2.5

Protezione delle minoranze e lotta contro la discriminazione

Il Comitato di esperti sulle questioni della protezione delle minoranze nazionali (DH-MIN), subordinato al CDDH, si è riunito un'unica volta nel 2010 e ha proseguito i lavori di ripartizione del sostegno finanziario ai progetti per le persone appartenenti alle minoranze nazionali e per le loro associazioni, nell'intento di trovare le cosiddette «good practices» in questo ambito. Lo studio si è concluso in autunno 2011. A causa della riforma dei lavori intergovernativi presso il Consiglio d'Europa, il DH-MIN non si è riunito nel 2011 e, su decisione del Comitato dei ministri del 23 novembre 2011, il suo mandato non sarà rinnovato. Non esisterà dunque più una struttura intergovernativa subordinata al CDDH sulle questioni relative alla protezione delle minoranze nazionali. Tuttavia, la promozione dei diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali rimarrà un compito preminente del CDDH.

La Commissione federale contro il razzismo (CFR) è un'istituzione nazionale riconosciuta dalla Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI). In maggio 2011, la CFR ha partecipato a un convegno organizzato dall'ECRI sul razzismo e la discriminazione razziale nel mondo del lavoro. La CFR accompagna il monitoraggio dell'applicazione delle raccomandazioni dell'ECRI alla Svizzera, con la pubblicazione di pareri indipendenti. Nel 2011, si è trattato di elaborare il prosieguo del quarto rapporto nazionale dell'ECRI sulla Svizzera. La CFR sostiene inoltre le attività di relazioni pubbliche dell'ECRI concernenti la Svizzera.

La Svizzera ha sostenuto finanziariamente assieme ad altri Stati un'iniziativa del Commissario per i diritti dell'uomo, Thomas Hammarberg. In giugno 2011, dopo un'analisi durata parecchi mesi, egli ha pubblicato un rapporto intitolato «Discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e l'identità di genere nei Paesi del Consiglio d'Europa». Il 24 e 25 novembre 2011, la Svizzera ha organizzato una tavola rotonda con i rappresentanti dei 30 Stati membri del Consiglio d'Europa per discutere le modalità di applicazione delle raccomandazioni dello studio Hammarberg a livello nazionale nei singoli Paesi. La Svizzera finanzia inoltre un progetto 2693

del Consiglio d'Europa sull'attuazione delle raccomandazioni del Comitato dei ministri del 31 marzo 2010 per la lotta contro ogni forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere in alcuni Paesi membri del Consiglio d'Europa.

2.6

Bioetica

Nell'anno in esame, il Comitato direttivo per la bioetica (CDBI) ha portato avanti soprattutto i seguenti progetti: la discussione finale e la pubblicazione nel 2011 della guida destinata ai membri delle commissioni nazionali di etica per la ricerca; la messa a punto nel 2011 del «libro verde» Predictivity, Genetic Testing and Insurance. Il progetto sulla dichiarazione concernente la «Ricerca nei Paesi in sviluppo» è stato in parte criticato e sarà ulteriormente elaborato. Nel caso dell'Avviso sulle raccomandazioni dello Studio congiunto del Consiglio d'Europa e le Nazioni Unite sul traffico d'organi, di tessuti e di cellule e la tratta di esseri umani a scopo di prelievo di organi (Avis sur les recommandations de l'Etude conjointe Conseil de l'Europe et des Nations Unies sur le trafic d'organes, de tissus et de cellules et le trafic d'êtres humains à des fins de prélèvement d'organes) è stato creato un gruppo di lavoro ad hoc incaricato di formulare le proposte di applicazione dell'avviso. È stato inoltre approvato e trasmesso per ulteriore approfondimento un progetto sulle linee guida di un eventuale «Protocollo aggiuntivo sulla protezione dei diritti dell'uomo e la dignità delle persone affette da malattie psichiche». Sono stati inoltre discussi i rapporti concernenti due potenziali nuovi campi di attività per il CDBI, uno concernente la neuroscienza e in particolare le immagini funzionali del cervello (brain imaging) e l'altro i comitati di etica clinica. Entrambe le tematiche continueranno a essere oggetto di studio.

2.7

Media

I valori e le norme del Consiglio d'Europa non si applicano solo al mondo reale, ma anche a quello digitale. Gli Stati membri del Consiglio d'Europa proseguono il loro impegno a favore della protezione e della promozione dei diritti umani su Internet. Il Comitato dei ministri ha adottato nella primavera 2010 la Dichiarazione per una maggiore partecipazione degli Stati membri alla gestione di Internet e in particolare al Comitato consultivo governativo (CAG) dell'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN). Il 29 settembre 2010 il Comitato dei ministri ha anche adottato la Dichiarazione sulla strategia digitale per l'Europa, la neutralità della rete e la gestione degli indirizzi del Protocollo Internet (IP) di interesse pubblico.

La Svizzera partecipa all'Ufficio del Comitato per i media e i nuovi servizi di comunicazione (CDMC) con un nuovo rappresentante del Servizio Affari internazionali dell'UFCOM. Inoltre è rappresentata ad personam nei quattro seguenti gruppi di lavoro del CDMC: il Gruppo di specialisti sui nuovi media, presieduto dalla Svizzera; il Gruppo consultivo ad hoc sulla gestione dei media di servizio pubblico; il Gruppo consultivo ad hoc sull'Internet transfrontaliero; il Gruppo di specialisti sulla protezione dei diritti affini degli organismi di radiodiffusione (questo gruppo prevede di riprendere i lavori solo dopo che la Commissione europea avrà ottenuto il mandato di negoziare con il Consiglio d'Europa il quadro di una convezione sulla 2694

protezione dei diritti affini degli organismi di radiodiffusione. Soddisfatte queste condizioni, il gruppo presenterà un progetto di convenzione sull'argomento; la Svizzera sostiene l'elaborazione di una tale convenzione.

Il Comitato permanente sulla televisione transfrontaliera ha elaborato un documento di lavoro sul futuro della Convenzione europea del 5 maggio 198981 sulla televisione transfrontaliera. Per ora, il processo di adozione del protocollo sulla revisione della Convenzione è sospeso. Il fatto che la Svizzera non la ratifichi non rappresenta un problema, dato che, secondo le dichiarazioni della Commissione dell'Unione europea, gli Stati membri non vi aderiranno.

2.8 2.8.1

Cooperazione giudiziaria Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta alla tratta degli esseri umani

Il 17 novembre 2010, il Consiglio federale ha adottato il messaggio concernente l'approvazione e la trasposizione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e la legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni82. Per adempiere ai requisiti della Convenzione è infatti necessario un disciplinamento giuridico sulla protezione extra-procedurale dei testimoni. Il 7 giugno 2011, il Consiglio degli Stati ha dibattuto come prima Camera il progetto del Consiglio federale e l'ha accettato all'unanimità. Il dossier passerà ora al Consiglio nazionale. Il disegno di legge prevede l'istituzione di un Servizio nazionale di protezione dei testimoni, incaricato dell'applicazione uniforme dei programmi di protezione dei testimoni. Il Servizio dovrà inoltre fornire consulenza e sostegno ai Cantoni nell'ambito della protezione di persone che non sono state ammesse a un programma di protezione dei testimoni, ma sono ugualmente in pericolo.

Il Comitato delle Parti (qui di seguito Comitato) nomina i membri del Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta di esseri umani (GRETA). Questo gruppo di esperti è composto unicamente da cittadini degli Stati Parte, mentre il Comitato è composto da membri, partecipanti e osservatori. Ai sensi delle disposizioni procedurali del Comitato di dicembre 2008, gli Stati che hanno firmato ma non ancora ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani appartengono alla seconda categoria. Questi Stati partecipano alle sedute del Comitato, ma non hanno diritto di voto. La Svizzera ha firmato la Convezione in settembre 2008, ma non l'ha ancora ratificata. Perciò, nel periodo in rassegna, è stata invitata alla 4a (13 settembre 2010) e alla 5a (6 dicembre 2010) seduta del Comitato.

Gli inviti sono stati inviati al rappresentante permanente della Svizzera al Consiglio d'Europa a Strasburgo, che tuttavia non ha potuto partecipare alle sedute e si è scusato. La Divisione politica I ha quindi trasmesso gli inviti alla segreteria del Servizio di coordinazione nazionale contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT). Nemmeno questo Servizio ha potuto partecipare alle sedute, ma segue con interesse le attività del Comitato e si informa sui risultati dei dibattiti e sulle decisioni prese.

81 82

RS 0.784.405 FF 2011 1

2695

2.8.2

Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (Convenzione di Lanzarote)

La Convenzione del Consiglio d'Europa del 25 ottobre 2007 sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (Convenzione di Lanzarote, STCE n. 201) è il primo strumento internazionale che dichiara punibile ogni forma di abuso sessuale contro i minori. Oltre ai reati, la Convenzione contiene le disposizioni in materia di prevenzione, protezione delle vittime e procedura penale, nonché le regole di cooperazione internazionale. È inoltre previsto un dispositivo di monitoraggio.

Questa Convenzione merita di essere considerata come importante sia in ambito di politica interna che estera. L'adesione della Svizzera richiede alcune modifiche del Codice penale sulla prostituzione e la pedopornografia. In futuro dovrà essere punito anche chi ricorre a prestazioni sessuali di minori tra 16 e 18 anni in cambio di denaro o altre retribuzioni e chi facilita o incoraggia la prostituzione minorile a scopo di lucro. Il campo d'applicazione dell'articolo sulla prostituzione dovrà inoltre estendersi a tutti i minori di 18 anni. Saranno passibili di pena anche il reclutamento di minori per partecipare a spettacoli pornografici e gli spettatori che assistono a questi spettacoli.

Le disposizioni sulla prevenzione e la protezione delle vittime e sui programmi d'intervento sono parzialmente o esclusivamente di competenza dei Cantoni. Dalle consultazioni effettuate in vista della firma della Convenzione è emerso che i Cantoni intendono approvarla all'unanimità e che le modifiche delle legislazioni cantonali in caso di adesione alla Convenzione sarebbero minime o nulle.

La Convenzione, firmata dalla Svizzera il 16 giugno 2010, è entrata in vigore il 1° luglio 2010. La procedura di consultazione sulla trasposizione della Convenzione, avviata dal Consiglio federale il 17 agosto 2011, si è conclusa il 30 novembre 2011.

2.8.3

Convenzione europea sulla prevenzione e il contrasto della violenza alle donne e la violenza domestica

La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica dell'11 maggio 2011 (STCE n. 210) è il primo strumento vincolante a livello mondiale che tutela le donne da ogni forma di violenza, compresa la violenza domestica. Contempla esplicitamente i principi di uguaglianza tra uomo e donna e il divieto di discriminazione. Sono dichiarate passibili di pena varie forme di violenza contro le donne, in particolare le violenze fisiche, psichiche e sessuali, i matrimoni forzati, la mutilazione dei genitali e lo stalking. Sono ammesse riserve solo per determinate disposizioni a condizioni restrittive. Gli Stati membri sono incoraggiati ad applicare la Convenzione a tutte le vittime di violenza domestica, compresi dunque anche gli uomini e i bambini. La Convenzione contempla inoltre disposizioni sulla prevenzione, la protezione delle vittime, la procedura penale, la migrazione e l'asilo, nonché regole per la cooperazione internazionale. È previsto anche un monitoraggio della trasposizione della Convenzione da parte di esperti indipendenti. Una delegazione svizzera ha partecipato attivamente ai negoziati. La Svizzera sostiene gli obiettivi della Convenzione che soddisfa in larga misura le sue richieste.

2696

La Convenzione, aperta alla firma l'11 maggio 2011 a Istanbul, è stata nel frattempo firmata da 15 Stati. La sua attuabilità nel diritto svizzero e una sua possibile sottoscrizione da parte della Svizzera sono tuttora al vaglio, per cui il Consiglio federale deciderà come procedere solo in un secondo tempo.

2.8.4

Convenzione del Consiglio d'Europa sulla cibercriminalità

La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica del 23 novembre 2001 (STCE n. 185) è entrata in vigore il 1° luglio 2004. Si tratta del primo e finora unico trattato internazionale sulla criminalità informatica e in rete: obbliga gli Stati aderenti ad adeguare la propria legislazione alle sfide delle nuove tecnologie dell'informazione. La prima parte della Convenzione contiene disposizioni penali sostanziali, che mirano ad armonizzare il diritto penale degli Stati aderenti. Nella seconda parte vengono fissate le regole da seguire nella procedura penale, prevalentemente per la raccolta e la conservazione di prove costituite da dati elettronici nelle inchieste penali. Infine, la Convenzione mira a creare una cooperazione internazionale in materia penale tra gli Stati, che deve essere caratterizzata da rapidità ed efficienza. L'azione congiunta tra le parti contraenti dovrà essere svolta in modo rapido ed efficace. La Svizzera ha sottoscritto la Convenzione il 23 novembre 2001.

Il diritto penale sostanziale svizzero, con le sue disposizioni in materia di diritto penale informatico, rispetta per ampi versi i requisiti della Convenzione. Occorre però adeguare la fattispecie penale dell'accesso indebito a un sistema per l'elaborazione di dati, il cosiddetto hacking (art. 143bis Codice penale83), introducendo la possibilità di anticipare la punibilità. Nell'ambito della cooperazione internazionale, per l'attuazione degli articoli 30 e 33 della Convenzione, è indispensabile introdurre una nuova disposizione (nuovo art. 18b della legge federale del 20 marzo 198184 sull'assistenza internazionale in materia penale). L'autorità d'esecuzione svizzera ha quindi la facoltà di ordinare la trasmissione dei dati elettronici relativi al traffico informatico prima della conclusione della procedura di assistenza giudiziaria. Questa misura è giustificata dalla labilità di alcuni dati elettronici. Tuttavia, la sua applicazione è prevista soltanto in due casi ben determinati ed è soggetta a restrizioni tali da garantire un'adeguata protezione dei diritti degli interessati. Con voto finale del 18 marzo 201185, le Camere federali hanno deciso l'approvazione e la trasposizione della Convenzione. L'entrata in vigore delle disposizioni legali e della Convenzione è prevista in Svizzera il 1° gennaio 2012.

2.8.5

Coordinamento nella lotta al terrorismo

Il Consiglio d'Europa si impegna a favore dei diritti dell'uomo, dello Stato di diritto e della democrazia pluralista e combatte con altrettanta risolutezza il terrorismo che nega questi tre valori fondamentali. Il Consiglio d'Europa si occupa del fenomeno fin dagli anni 1970 e, dopo gli attentati che hanno colpito gli Stati Uniti nel 2001, i suoi sforzi sono aumentati. L'azione del Consiglio d'Europa per affrontare e contra83 84 85

RS 311.0 RS 351.1 FF 2011 2523

2697

stare il terrorismo si fonda su tre pilastri: il rafforzamento dell'azione giudiziaria contro il terrorismo; la tutela dei valori fondamentali; l'azione contro le cause del terrorismo.

Questa azione è basata sul principio fondamentale secondo cui è possibile e necessario combattere il terrorismo rispettando i diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e lo Stato di diritto. Il Consiglio d'Europa ha istituito un Comitato di esperti sul terrorismo (CODEXTER), attivo dal 2003, che si occupa di coordinare le misure antiterroristiche del Consiglio d'Europa e dirigere i lavori che hanno già permesso di mettere a punto vari strumenti internazionali. La Svizzera presiede questo Comitato dal 2010.

2.9

Comuni e regioni, cooperazione transfrontaliera

Il Protocollo n. 3 alla Convenzione quadro europea del 21 maggio 198086 sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali relativo ai gruppi di cooperazione euroregionali è stato aperto alla firma nel novembre 2009; la Svizzera l'ha sottoscritto il 6 dicembre 2010 e ratificato il 25 ottobre 2011. Il Protocollo definisce le basi legali necessarie per la creazione di istituzioni di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale. Il 3 e 4 novembre 2011 si è tenuta a Kiev la 17a Conferenza dei ministri europei responsabili delle collettività locali e regionali. La delegazione svizzera era diretta dalla Consigliera di Stato Kathrin Hilber, capo del Dipartimento dell'Interno del Cantone di San Gallo. I temi rilevanti per la Svizzera dibattuti durante la Conferenza riguardavano la cooperazione transfrontaliera e il buon governo a livello locale.

2.10

Voto elettronico («e-voting»)

Con il progetto «Good governance in the information society»87 (2005­2010), il Consiglio d'Europa ha analizzato l'influenza esercitata dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) sulla prassi democratica degli Stati membri del Consiglio d'Europa. Nell'ambito di questo progetto, nel 2004 è stata adottata una raccomandazione del Consiglio d'Europa sul voto elettronico88 che da allora è diventata il riferimento internazionale per garantire le norme di elezioni democratiche con il voto elettronico. Gli sviluppi nel campo del voto elettronico e la trasposizione della raccomandazione del Consiglio d'Europa sono stati al centro dei dibattiti durante tre incontri intergovernativi regionali. In occasione della terza riunione di valutazione, svoltasi a Strasburgo dal 16 al 17 novembre 2010, la Cancelleria federale ha presentato il suo rapporto 2008­201089.

La questione del controllo e della trasparenza di sistemi di voto elettronico e dell'osservazione di votazioni ed elezioni è stata elaborata e analizzata approfonditamente da due gruppi di esperti. La Cancelleria federale ha partecipato nel 2010 alle

86 87 88 89

RS 0.131.1 Cfr. www.coe.int/t/dgap/democracy/Activities/GGIS/Default_fr.asp Rec(2004)11 Cfr. www.coe.int/t/dgap/democracy/Activities/GGIS/E-voting/Default_fr.asp

2698

tre riunioni sul tema90 e ha contribuito all'elaborazione dei rispettivi documenti. La Cancelleria ha inoltre riferito in merito alle recenti esperienze raccolte con il voto elettronico in Svizzera.

I lavori effettuati in seno al Consiglio d'Europa dagli Stati membri e dagli esperti designati sono sfociati nell'adozione di due documenti incentrati sulla trasparenza del voto elettronico e sui controlli dei relativi sistemi91: si tratta di linee guida sulla verifica della conformità con le norme e i requisiti consigliati e linee guida sulla trasparenza delle elezioni per via elettronica. Il segretariato del Consiglio d'Europa ha inoltre stabilito un «Manuale sul voto elettronico ­ Passi importanti nell'introduzione delle elezioni per via elettronica». La Cancelleria federale si è impegnata affinché i documenti in questione, in particolare le linee guida sui controlli e la trasparenza del voto elettronico, tenessero possibilmente conto delle specificità svizzere.

3 3.1

Coesione sociale e qualità di vita Migrazioni

Nel 2010, il Comitato europeo sulle migrazioni (CDMG) ha trasmesso per approvazione tre progetti di raccomandazione al Comitato dei ministri: la raccomandazione sull'interazione tra i migranti e le società d'accoglienza (completata da un manuale per gli operatori); la raccomandazione sulla valorizzazione delle competenze dei migranti (concernente soprattutto la convalida delle qualifiche informali); la raccomandazione sulla prevenzione dei rischi di vulnerabilità dei migranti più anziani e il miglioramento del loro benessere.

Una conseguenza della riorganizzazione in corso nel Consiglio d'Europa è stata la cessazione delle attività del CDMG a fine 2010. Il segretario generale ha nominato un coordinatore per le questioni sulle migrazioni con l'incarico di presentare proposte sul modo di proseguire le attività: è emerso che, sostanzialmente, finora il Consiglio d'Europa si è concentrato troppo sull'elaborazione delle norme. In futuro, le attività dovranno invece essere piuttosto incentrate sulla cooperazione e sul sostegno agli Stati membri nella trasposizione delle norme. Sarà data priorità al rispetto dei diritti dell'uomo.

In materia di migrazione, sono in discussione soprattutto cinque settori nei quali l'impegno del Consiglio d'Europa potrebbe generare un valore aggiunto: i richiedenti e le richieste d'asilo; la migrazione irregolare (soprattutto i gruppi più vulnerabili, come per esempio i bambini); la carcerazione in vista di rinvio coatto; l'integrazione dei migranti; la situazione dei profughi interni. I lavori dovrebbero essere realizzati per tutti i settori da un'unica unità intersettoriale dotata di ampia flessibilità. Per definire la struttura si dovrà attendere l'analisi della riforma di tutti i comitati direttivi.

90

91

Workshop sull'osservazione delle elezioni per via elettronica, Oslo, 18­19 marzo 2010 e due riunioni sulla certificazione dei sistemi, Strasburgo, 31 maggio­1° giugno 2010 e 27­28 settembre 2010. Link del workshop di Oslo sull'osservazione: www.coe.int/t/dgap/democracy/Activities/GGIS/E-voting/E-voting%202010/ Evoting_Oslo_Seminar/Default_fr.asp#TopOfPage I documenti possono essere scaricati da www.coe.int/t/dgap/democracy/Activities/GGIS/E-voting/Default_fr.asp

2699

3.2

Cooperazione nell'ambito della politica di assetto del territorio

L'Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) ha partecipato ai lavori della Conferenza europea dei ministri responsabili in materia di assetto territoriale (CEMAT). L'8 e il 9 luglio 2010 si è svolta a Mosca una conferenza ministeriale. In questa occasione, la Federazione russa ha consegnato alla Grecia la presidenza della CEMAT per i prossimi tre anni. La prima riunione ufficiale presieduta dalla Grecia si è tenuta il 7 dicembre 2011.

3.3

Affari sociali

Stando alla Dichiarazione finale dei ministri responsabili della coesione sociale, adottata a Mosca in febbraio 2009, il Comitato dei ministri è stato incaricato di riesaminare la strategia di coesione sociale riveduta del 2004 e di elaborare, su questa base, un piano d'azione. Il Comitato europeo per la coesione sociale (CDCS) ha quindi elaborato una nuova strategia di coesione sociale del Consiglio d'Europa, accompagnata da un piano d'azione. Entrambi i progetti sono stati adottati dal Comitato dei ministri il 7 luglio 2010.

Il CDCS ha anche approvato le linee guida sul miglioramento della situazione dei lavoratori a reddito modesto e l'integrazione sociale delle persone colpite da povertà, successivamente adottate dal Comitato dei ministri il 5 maggio 2010.

Il 21 settembre 2011, il Comitato dei ministri ha adottato la raccomandazione (2011) 9, volta a promuovere la mobilità sociale come contributo alla coesione sociale.

Il corso di formazione del Consiglio d'Europa sugli strumenti normativi in materia di sicurezza sociale si è svolto a Friburgo (Svizzera) dal 26 al 28 ottobre 2010 ed è stato organizzato congiuntamente dal Consiglio d'Europa e dall'Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Il corso, aperto ai funzionari di tutti gli Stati membri, ai membri dell'Associazione internazionale della sicurezza sociale e a rappresentanti della Confederazione europea dei sindacati, è stato seguito da oltre 70 partecipanti.

La seconda Conferenza dei ministri responsabili della coesione sociale che dovrebbe svolgersi a Istambul in settembre 2012 sul tema «Costruire un futuro sicuro per tutti» è in fase di preparazione.

Il secondo ciclo di attività del programma trasversale «Costruire un'Europa per e con i bambini» si è concluso a fine 2011. Una nuova strategia del Consiglio d'Europa sui diritti dell'infanzia per il periodo 2012­2015 è in fase di consultazione ed è stata presentata alla conferenza di alto livello organizzata a Monaco il 20 e 21 novembre 2011. La strategia dovrebbe essere sottoposta al Comitato dei ministri per l'adozione in gennaio 2012.

3.4

Sanità

Il Comitato europeo della sanità (CDSP) ha tenuto la sua ultima riunione in giugno 2011 ed è stato sciolto a fine 2011. Il suo scioglimento è avvenuto nel quadro di un processo di riforma del Consiglio d'Europa nell'intento di riorientare le attività e ridurre il numero dei comitati direttivi. L'ultima conferenza ministeriale sulla sanità 2700

si è tenuta a Lisbona il 29 e 30 settembre 2011. Il tema della conferenza era legato al progetto trasversale del Consiglio d'Europa «Costruire un'Europa per e con i bambini» e si è conclusa con l'adozione di una dichiarazione. Durante l'anno in rassegna, il CDSP ha proseguito la sua attività di gestione dei sistemi di sanità e dei trattamenti medici adeguati ai bambini. Il progetto di raccomandazione in materia di migrazione, mobilità e accesso alle cure mediche, alla cui elaborazione la Svizzera ha partecipato attivamente, dovrebbe anch'esso venir approvato entro la fine del 2011.

La Svizzera ha preso attivamente parte ai lavori del Comitato europeo per la protezione sanitaria dei consumatori e ha lanciato un nuovo progetto per identificare le sinergie esistenti nei settori farmaceutico e alimentare. Un nuovo gruppo ad hoc, diretto dalla Svizzera, è stato incaricato di rivedere la risoluzione AP (2005) 2 sugli inchiostri usati sui materiali di confezionamento dei prodotti alimentari per inserire questa risoluzione nel settore farmaceutico e aggiornare gli inventari. Un progetto di risoluzione sull'utilizzo dei metalli e delle leghe metalliche che entrano in contatto con i prodotti alimentari è attualmente in fase di preparazione. È stata inoltre creata una rete di laboratori cosmetici. Infine, un altro progetto riguarda la pubblicazione (2012) di una guida di valutazione dell'innocuità dei cosmetici destinati ai neonati.

Il 10 giugno 2011, il Consiglio federale ha deciso di firmare la convenzione denominata «Medicrime»92. La Svizzera ha partecipato attivamente all'elaborazione di questa convenzione, che prevede norme penali e procedure istruttorie più severe, oltre a un miglioramento della cooperazione internazionale nella lotta contro la crescente criminalità farmaceutica. La Svizzera è stata uno dei primi Paesi a sottoscrivere la convenzione, il 28 ottobre 2011 a Mosca. Si tratta del primo strumento internazionale di lotta alla criminalità farmaceutica. Le procedure necessarie per la sua ratifica sono state attuate celermente sia perché è auspicabile che la convenzione entri presto in vigore e, di conseguenza, permetta di beneficiare degli effetti sulla lotta contro la criminalità farmaceutica, sia per garantire il miglior coordinamento possibile con la revisione, tuttora in atto, della legge
del 15 dicembre 201193 sugli agenti terapeutici, che disciplina la maggior parte di questo settore giuridico in Svizzera. Siccome il diritto vigente è in ampia parte compatibile con i requisiti della convenzione, la ratifica richiederà solo poche modifiche.

La Svizzera è impegnata in varie attività della Direzione europea per la qualità dei medicinali e la cura della salute (DEQM) e nei rispettivi comitati di esperti. In materia di cure farmaceutiche e mediche, il nostro Paese ha contribuito a mettere a punto gli indicatori per misurare la qualità dei servizi sanitari e migliorare le cure fornite. Un gruppo di esperti del Comitato europeo per i prodotti e le cure farmaceutiche (CD-P-PH) si occupa degli effetti dei farmaci tradizionali non europei sulla sicurezza dei pazienti. Nel 2009, la Svizzera ha già partecipato attivamente al rilevamento dei requisiti normativi e dei risultati relativi soprattutto alla medicina cinese tradizionale. Nell'ottobre 2010 si è svolto a Strasburgo un convegno di esperti per discutere le attività del DEQM intese a migliorare la sicurezza in caso di ricorso a farmaci tradizionali non europei. Gli specialisti svizzeri hanno partecipato con impegno e la loro presentazione sulla regolamentazione in Svizzera ha suscitato grande interesse. La Svizzera ha accettato la vicepresidenza per un secondo mandato 92 93

Convenzione del Consiglio d'Europa del 28 ottobre 2011 sulla contraffazione dei prodotti medicali e reati simili che implicano una minaccia alla salute pubblica (STCE n. 211) RS 812.21

2701

(2011­2013) in seno al Comitato di esperti per la riduzione dei rischi per la salute pubblica derivanti dalla contraffazione dei farmaci. Il nostro Paese si è impegnato attivamente anche nei progetti del Comitato, come le pubblicazioni, l'ulteriore ampliamento della rete di autorità chiamato «Single Points of Contact» o l'elaborazione di una banca dati europea per l'identificazione delle contraffazioni di farmaci.

Infine, in maggio 2011, una specialista svizzera ha preso parte a un gruppo incaricato della formazione di rappresentanti delle autorità baltiche e scandinave nella lotta contro la criminalità farmaceutica.

Nel quadro delle elezioni triennali degli esperti della Farmacopea europea (Ph.Eur.)

svoltesi a fine 2010, gli specialisti svizzeri hanno ottenuto 80 mandati. È una dimostrazione della stima di cui godono la Ph.Eur. e il know-how elvetico nel campo della farmacopea. La Svizzera, essendo uno dei maggiori produttori farmaceutici del mondo, fornisce un contributo indispensabile per rispondere alla sempre crescente necessità di una regolamentazione nel settore farmaceutico. Oltre all'elaborazione di una nuova normativa, la Ph.Eur. rivede continuamente anche le norme esistenti. A tal proposito, sono entrate in vigore due modifiche urgenti della Ph.Eur.94 proprio nell'anno in rassegna. Il continuo adeguamento della farmacopea al livello della tecnologia e della scienza garantisce il corretto controllo delle materie prime e dei preparati su un mercato globalizzato e fornisce un importante contributo alla lotta contro i farmaci contraffatti.

La Svizzera ha approfondito ulteriormente l'attività nell'ambito del programma «Sfida dipendenza» in seno al Gruppo di cooperazione in materia di lotta contro l'abuso e il traffico illecito di stupefacenti (Gruppo Pompidou) ed è uno dei sette Paesi che partecipano a uno studio empirico in merito. Per la Svizzera, il Gruppo Pompidou rappresenta l'unica piattaforma di discussione sui temi legati alla droga con gli altri Stati europei, mentre la maggior parte dei membri del gruppo dispone già di altri forum con l'UE. Per questo motivo, alcuni di questi Paesi stanno valutando se abbia ancora senso per loro rimanere nel Gruppo Pompidou. Nel contempo, l'adesione di due Paesi dell'Europa dell'Est l'anno scorso e l'interesse manifestato da altri Stati, stanno
spostando gradualmente l'epicentro geografico del Gruppo.

Durante il periodo in rassegna, i lavori del Gruppo Pompidou si sono svolti interamente sotto l'egida della conferenza ministeriale quadriennale, tenutasi in novembre 2010. Questa conferenza ha adottato il programma di lavoro per il 2011­2014, su cui è basata la futura cooperazione a livello europeo. Il programma è strutturato su tre priorità. La prima concerne i diritti dell'uomo, settore chiave del Consiglio d'Europa. La seconda, volta a garantire una «politica coerente nel campo delle dipendenze», è un tentativo di aprirsi ai problemi delle dipendenze non legate a una sostanza. La terza priorità esiste da anni e riguarda la cooperazione internazionale tra le varie forze di polizia, le autorità doganali e di controllo delle frontiere nel compito di affrontare efficacemente il traffico di sostanze illegali. La Svizzera ha partecipato attivamente all'elaborazione di questo programma di lavoro. Dal suo punto di vista è essenziale ancorare i diritti dell'uomo nei dibattiti politici sulla droga e condurre una politica coerente contro la dipendenza, in modo da permettere di studiare i lavori effettuati al riguardo da altri Stati europei. La Svizzera si è notevolmente impegnata anche nell'elaborazione della dichiarazione, adottata in occasione della conferenza.

94

La prima garantisce il rilevamento di impurità nocive alla salute presenti nelle eparine. La seconda adatta le prescrizioni della Ph.Eur. alle ultime conoscenze scientifiche sulle encefalopatie spongiformi trasmissibili e all'evoluzione mondiale in materia di encefalopatia spongiforme bovina (ESB) e le armonizza a livello europeo.

2702

Nel quadro della piattaforma «Aeroporti e aviazione», la Svizzera ha assunto la presidenza dell'«Air-ports Group» per i prossimi quattro anni. Questo gruppo è composto da rappresentanti delle guardie doganali, di confine e della polizia di 34 Paesi e mira ad armonizzare e migliorare le misure di controllo in materia di droga negli aeroporti europei. Come membro del comitato organizzativo, la Svizzera ha convocato una conferenza sui «precursori chimici», a cui hanno partecipato rinomati esperti internazionali che si occupano di questioni legate alla droga. Infine, nell'ambito della rete mediterranea MedNET, la Svizzera ha svolto un ruolo importante nell'organizzazione delle due conferenze in Algeria e in Libano sulla lotta antidroga per i quadri della polizia e delle dogane.

3.5

Protezione degli animali

Considerati i tagli di bilancio per le attività che non rientrano nei tre settori chiave del Consiglio d'Europa, è stato necessario interrompere tutti i lavori del Comitato permanente della Convenzione europea del 10 marzo 197695 sulla protezione degli animali negli allevamenti. L'ufficio del comitato si sforza di ottenere un finanziamento alternativo mediante un accordo parziale, sollevando di conseguenza la questione se la Svizzera sostiene questa soluzione e intende aderirvi. Per le stesse ragioni, per quanto riguarda i lavori sulla Convenzione europea del 6 novembre 200396 per la protezione degli animali nel trasporto internazionale e la Convenzione europea del 18 marzo 198697 per la protezione degli animali vertebrati usati a fini sperimentali o altri fini scientifici non sono state riscontrate novità nel periodo considerato.

3.6

Ambiente e protezione della natura

Il Consiglio per la Strategia paneuropea per la diversità biologica e paesaggistica (STRA-CO), attualmente presieduto dalla Svizzera, si è riunito nell'ambito della 5a Conferenza sulla biodiversità in Europa che si è tenuta dal 22 al 24 settembre 2009 a Liegi (Belgio). Questo incontro era dedicato al rafforzamento paneuropeo delle sinergie per l'attuazione della Convenzione del 5 giugno 199298 sulla diversità biologica e la preparazione dei punti essenziali della 10a Conferenza degli Stati contraenti della Convenzione sulla diversità biologica, svoltasi in ottobre 2010 a Nagoya (Giappone).

Un rappresentante dell'Ufficio federale dell'ambiente ha partecipato ai lavori dei vari gruppi di esperti99 della «Convenzione di Berna»100. Il 16 novembre 2011, il Consiglio federale ha approvato il progetto di richiesta di modifica dell'articolo 22 95 96 97 98 99

RS 0.454 RS 0.452 RS 0.457 RS 0.451.43 Il gruppo di esperti per l'istituzione della rete Smeraldo degli habitat e delle specie che devono essere preservati in Europa e il gruppo di esperti per la costituzione della rete ecologica paneuropea nonché il gruppo di specialisti per il diploma europeo degli spazi protetti, quest'ultimo sotto l'egida della presidenza.

100 Convenzione del 19 settembre 1979 per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa (RS 0.455)

2703

della summenzionata Convenzione e l'ha sottoposto al Segretario generale del Consiglio d'Europa. Questa proposta di modifica deve permettere di formulare riserve anche dopo la ratifica della Convenzione.

Il 9° incontro dei workshop per l'attuazione della Convenzione europea sul paesaggio (STCE n. 176) dedicato al tema «Paesaggi e infrastrutture» si è svolto nella primavera del 2010 a Cordoba (Spagna) ed è stato seguito dal 10° incontro, dedicato ai «Paesaggi multifunzionali», che si è tenuto in ottobre 2011 a Evora (Portogallo).

Ad ogni incontro hanno partecipato circa 250 rappresentanti governativi, esperti e operatori di organizzazioni non governative. La consultazione effettuata in inverno 2010/2011 da Cantoni, partiti politici e associazioni si è conclusa positivamente. Il 2 novembre 2011, il Consiglio federale ha trasmesso al Parlamento il messaggio di ratifica della Convenzione europea del paesaggio101.

Negli anni in esame, la ristrutturazione della segreteria è stata consolidata con la creazione di un nuovo Comitato direttivo per il patrimonio culturale e il paesaggio la cui vicepresidenza dal 2008 al 2010 è stata assunta da un rappresentante svizzero alla Convenzione europea sul paesaggio.

3.7

Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa

Nel periodo in rassegna, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) ha proseguito i suoi sforzi per migliorare la sua governance e focalizzare maggiormente il suo orientamento regionale e settoriale sulle priorità nelle aree povere o in transizione. La Svizzera si è fortemente adoperata, insieme ad altri Paesi di uguale orientamento, a favore dell'applicazione delle riforme previste in seno agli organi direttivi istituzionali e a livello informale. Nel contempo, ha esaminato approfonditamente la sua partecipazione ed è giunta alla conclusione che il nostro Paese deve restare membro della CEB. In febbraio 2011, il Consiglio dei governatori della CEB ha approvato un aumento di capitale di 2,2 miliardi di euro (da 3,3 a 5,5 miliardi) e l'ha sottoposto ai Paesi membri per la sottoscrizione. Conformemente al messaggio dell'8 settembre 2010102 concernente la partecipazione della Svizzera agli aumenti di capitale delle banche multilaterali di sviluppo, la Svizzera non parteciperà all'aumento di capitale della CEB.

La Svizzera ha tra l'altro aderito al Fondo fiduciario per i diritti umani (Human Rights Trust Fund, HRTF) costituito in marzo 2008 dal Consiglio d'Europa, dalla Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa e dalla Norvegia, promotrice e fondatrice del Fondo. Da allora, hanno aderito al Fondo la Germania, i Paesi Bassi, la Finlandia e la Svizzera in dicembre 2010. Il Fondo finanzia i lavori a sostegno degli sforzi sostenuti dagli Stati membri nell'applicazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo103 e di altri strumenti di protezione dei diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa che contribuiscono all'attività della Corte europea dei diritti dell'uomo.

101 102 103

FF 2011 7683 FF 2010 5877 RS 0.101

2704

3.8

Centro Nord-Sud

Il 28 settembre 2010, il Consiglio federale ha deciso di disdire a fine 2010 l'accordo parziale concernente il Centro europeo per l'interdipendenza e la solidarietà globale, meglio conosciuto come Centro Nord-Sud. Questa decisione era stata preceduta da un importante riesame degli obiettivi e delle modalità di funzionamento del Centro, nell'ambito delle priorità dell'impegno svizzero nel Consiglio d'Europa (concentrazione sui settori chiave dell'organizzazione, ovvero i diritti dell'uomo, lo Stato di diritto e la democrazia). Questa verifica ha dimostrato che l'adesione della Svizzera al Centro Nord-Sud non si giustificava né dal punto di vista della politica di sviluppo né da quello dell'efficacia.

4 4.1

Coesione culturale e pluralismo delle culture Eurimages

Il Comitato direttivo di Eurimages sostiene le coproduzioni, la distribuzione di film e le sale cinematografiche in Europa. Nel 2010, nove progetti a cui ha partecipato la Svizzera sono stati giudicati meritevoli di un sostegno e sottoposti al Comitato direttivo di Eurimages 2010 per l'approvazione. Fra i progetti che hanno beneficiato di un sostegno, tre erano stati realizzati con una partecipazione svizzera maggioritaria e diretti da registi svizzeri. Sono stati sostenuti complessivamente sei progetti; l'importo in favore dei produttori svizzeri è stato di 580 000 euro.

4.2

Cultura e patrimonio culturale

Nel periodo in rassegna, la Svizzera si è sempre dimostrata attiva su vari fronti in seno al Comitato direttivo della cultura (CDCULT). Il delegato svizzero è stato eletto vicepresidente del Comitato per un anno. Il Comitato ha esaminato i risultati dei progetti e delle attività in materia di politica culturale e di dialogo interculturale, in particolare: 1) le politiche culturali nazionali, 2) il progetto COMPENDIUM, 3) le politiche del cinema, 4) le città interculturali, 5) gli itinerari culturali del Consiglio d'Europa. Il Comitato direttivo ha deciso in particolare di avviare uno studio sulla necessità, la fattibilità e i costi di una revisione della Convenzione europea del 2 ottobre 1992104 sulla coproduzione cinematografica e ha approvato la proposta di elaborare un accordo parziale per gli itinerari culturali.

Nel settore del patrimonio culturale, la Svizzera sta dando prova di impegno in seno al Comitato direttivo del patrimonio culturale e del paesaggio e partecipa intensamente all'ulteriore sviluppo del progetto «Rete europea del patrimonio». Si tratta di una rete europea del patrimonio culturale (HEREIN) e di uno strumento di monitoraggio della Convenzione del 3 ottobre 1985105 per la salvaguardia del patrimonio architettonico dell'Europa, della Convenzione europea del 16 gennaio 1992106 per la salvaguardia del patrimonio archeologico, della Convenzione europea del paesaggio (ratifica svizzera in corso) della Convenzione-quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (non ancora ratificata dalla Svizzera).

104 105 106

RS 0.443.2 RS 0.440.4 RS 0.440.5

2705

La nuova piattaforma virtuale HEREIN3 permetterà di analizzare direttamente i dati strutturati. Il thesaurus messo a punto a questo scopo copre nel frattempo già 14 lingue.

Sulla scia della riforma delle strutture intergovernative del Consiglio d'Europa, il Comitato direttivo della cultura e quello del patrimonio culturale e del paesaggio saranno unificati nel 2012.

4.3

Educazione e insegnamento superiore

Il periodo in esame è stato estremamente intenso. Il 15 e 16 aprile 2011, la Svizzera ha organizzato e finanziato, a Strasburgo, una conferenza di esperti sull'educazione democratica intitolata «Imparare la democrazia e i diritti dell'uomo». La conferenza ha fornito l'occasione per passare in rassegna i lavori effettuati negli ultimi anni e formulare proposte per l'applicazione della nuova Carta del Consiglio d'Europa sull'educazione alla cittadinanza democratica e ai diritti dell'uomo. In autunno 2010, la Svizzera ha organizzato e finanziato a Ginevra un forum politico intergovernativo sul programma del Consiglio d'Europa per le lingue vive: «Il diritto degli allievi alla qualità e all'uguaglianza in materia di istruzione». Anche questo incontro ha permesso di stilare un bilancio dei progressi realizzati negli ultimi dieci anni e di definire i nuovi approcci sull'ulteriore modo di procedere. Il Comitato direttivo dell'educazione (CDED), in cui la Svizzera è rappresentata, ha avviato l'esame del programma Pestalozzi (formazione continua degli insegnanti) in vista di una preparazione efficace e consona alle esigenze.

Il Comitato direttivo dell'insegnamento superiore e della ricerca (CDESR) ha tenuto la sua 9a sessione plenaria nel 2010, mentre la 10a si è svolta nel 2011. Grazie ai lavori del CDESR, e in particolare alla sua partecipazione al Processo di Bologna, il Consiglio d'Europa continua a rivestire un ruolo importante nell'attuazione della riforma di Bologna. I contributi del CDESR si concretano anche nei lavori e nel coordinamento per agevolare la condivisione di esperienze in vista dell'allestimento dei quadri nazionali di qualificazione per le università compatibili con il Quadro dello Spazio europeo dell'insegnamento superiore (EQF-EHAE), abbinato anch'esso al Quadro di qualificazione per l'apprendimento permanente (EQF-LLL). Il CDESR partecipa ai diversi settori di sviluppo del processo di Bologna: riconoscimento delle qualificazioni, elaborazione del Quadro di qualificazioni e garanzia della qualità.

Dopo uno studio di fattibilità, ha deciso di realizzare un progetto sul ruolo del potere pubblico in materia di libertà accademica e di autonomia istituzionale.

4.4

Gioventù

Il 28 aprile 2010, l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) e la Federazione svizzera delle Associazioni Giovanili (FSAG) hanno invitato a Berna esponenti del mondo professionale, politico e amministrativo per informarli sulle attività del Consiglio d'Europa per la gioventù. Questo riuscito incontro è stato organizzato in occasione della presidenza svizzera del Comitato dei ministri. I relatori provenivano dal Consiglio d'Europa, dal Belgio e dalla Svizzera. La tematica dei diritti dei giovani e l'idea di una nuova convenzione europea per i diritti della gioventù erano al

2706

centro della tavola rotonda, a cui ha partecipato la consigliera nazionale Viola Amherd.

Il Comitato direttivo europeo per la gioventù (CDEJ) ha fissato le 4 priorità del settore Gioventù del Consiglio d'Europa per il periodo 2010­2012: diritti dell'uomo e democrazia, coesistenza in una società pluralistica, integrazione sociale dei giovani, politiche e strumenti a favore di giovani e fanciulli, conformemente alle priorità de «Il futuro delle politiche giovanili del Consiglio d'Europa: Agenda 2020», il documento adottato in occasione della Conferenza dei ministri responsabili delle politiche giovanili riunitisi a Kiev nell'ottobre 2008.

La raccomandazione (2010) 8 del Comitato dei ministri agli Stati membri sull'informazione dei giovani è stata adottata dal Comitato dei ministri in giugno 2010.

I preparativi per la prossima Conferenza dei ministri responsabili delle politiche giovanili, che si terrà a San Pietroburgo il 24 e 25 settembre 2012, proseguono. Il tema principale, legato all'attuazione dell'Agenda 2020, riguarderà l'accesso ai diritti dei giovani. I sottotemi saranno: l'integrazione sociale dei giovani, la democrazia (e-democrazia) e la partecipazione e la convivenza in una società multiculturale. L'accento sarà posto soprattutto sull'accesso ai diritti esistenti e meno sui diritti dei giovani. La Conferenza offrirà anche l'occasione per organizzare attività nel quadro dei 40 anni di esistenza del settore Gioventù del Consiglio d'Europa.

4.5

Sport

Alla fine del 2011 gli Stati firmatari dell'Accordo parziale allargato sullo sport (Accord partiel élargi sur le sport, APES) erano 34; la Svizzera vi ha aderito 1° gennaio 2008. La 18a Conferenza dei ministri della cultura e dello sport a Baku, a cui ha partecipato anche la Svizzera, è stato il momento di maggiore intensità dell'anno. I ministri hanno accettato due risoluzioni, una mira a promuovere l'integrità dello sport, l'altra concerne la cooperazione sportiva a livello europeo. Alla sua seduta dell'8 giugno 2011, il Comitato direttivo dell'APES ha adottato una raccomandazione sulla lotta contro la manipolazione dei risultati. Questi temi, assieme a uno studio di fattibilità in vista di una convenzione sulla lotta contro le scommesse illegali, sono prioritari fino al 2012 e saranno trattati alla prossima seduta dei ministri della cultura e dello sport che si terrà a Belgrado in marzo 2012. La Svizzera ha inoltre partecipato all'«European Women and Sport Conference» svoltasi a Londra dal 15 al 18 settembre 2011.

La Svizzera partecipa a vari gruppi di lavoro, istituiti nel quadro della Convenzione del Consiglio d'Europa del 16 novembre 1989107 contro il doping. In tal modo può contribuire allo sviluppo del Programma mondiale antidoping. Durante le sessioni di lavoro, vengono concordate le diverse posizioni dei Paesi europei per presentarsi compatti all'Agenzia mondiale antidoping (AMA). Nel quadro del programma «Rispetto degli impegni», la Svizzera partecipa ora alla valutazione dell'adempimento degli impegni presi da altri Stati che hanno aderito alla Convenzione. Nel 2010, il direttore della fondazione «Antidoping Svizzera» è stato nominato presidente del gruppo di lavoro «Scienza». In ottobre e novembre 2011, i gruppi di lavoro si sono occupati soprattutto della prossima revisione del codice AMA. La Svizzera 107

RS 0.812.122.1

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ha potuto far valere con successo le proprie idee. A fine 2011, la posizione comune degli Stati europei è stata comunicata agli organi dell'AMA.

Il Comitato permanente che sorveglia l'attuazione della Convenzione europea del 19 agosto 1985108 sulla violenza e i disordini degli spettatori durante le manifestazioni sportive, segnatamente nelle partite di calcio, ha concentrato la propria attività sulla lotta contro la violenza esercitata in occasione di manifestazioni sportive. La Svizzera ha aderito alla Convenzione in novembre 1990 e vi è rappresentata dall'Ufficio federale di polizia (fedpol). Nel 2010, il Comitato permanente si è riunito due volte. In occasione del primo incontro a Belgrado, sono state accettate e notificate le raccomandazioni concernenti le carte dei diritti e dei doveri dei tifosi e i principi di ospitalità. Come auspicato dalla segreteria del Comitato permanente, la Svizzera ha presentato una relazione sull'hockey su ghiaccio in Svizzera e sui rispettivi problemi di sicurezza. Il Comitato permanente presta effettivamente sempre più attenzione agli altri sport. Infatti, una delegazione del Comitato per i lavori preparatori dell'«Euro Basket» si è recata in Lituania. Il secondo incontro nel 2010 a Istanbul si è svolto all'insegna dei preparativi per l'EURO 2012 in Polonia e Ucraina. In conclusione, la Svizzera ha compilato come di consueto il questionario del Comitato permanente sui rapporti annuali dei Paesi partecipanti. A Istanbul, il Comitato ha anche incaricato un nuovo gruppo di lavoro di elaborare una raccomandazione sulla mentalità dei tifosi. Il presidente ha assegnato la direzione del gruppo alla Svizzera, rispettivamente ai suoi rappresentanti. In primavera 2011, il Comitato permanente si è riunito a Roma. Come è avvenuto a Istanbul, gli organizzatori hanno informato sull'andamento dei preparativi per l'EURO 2012. A proposito della futura raccomandazione, la Svizzera ha fornito gli ultimi aggiornamenti sui lavori e consegnato un progetto a tutti i membri del gruppo di lavoro. La nuova raccomandazione, denominata «Dialogo e interazione con i tifosi», sarà adottata durante il prossimo incontro. Il Comitato permanente ha inoltre proposto di snellire, aggiornare e armonizzare, nella misura del possibile, le raccomandazioni esistenti per migliorarne l'attuazione e la leggibilità. In futuro, tutte le raccomandazioni dovranno quindi essere raggruppate in tre settori tematici: «Policing», «Safety and Hospitality» e «Customer Care».

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RS 0.415.3

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