08.447 Iniziativa parlamentare Garanzia della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni e modifica delle disposizioni legali relative all'immunità Rapporto della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale del 19 agosto 2010

Onorevoli colleghi, con il presente rapporto vi sottoponiamo i progetti di modifica della legge sul Parlamento e del regolamento del Consiglio nazionale. In pari tempo il Consiglio federale ha l'opportunità di esprimere il suo parere.

Le proposte concernenti il diritto disciplinare parlamentare (a garanzia della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni) sono state elaborate dalla Commissione delle istituzioni politiche, mentre le proposte relative alle norme sull'immunità dalla Commissione degli affari giuridici (08.497 Iv.Pa. Modifica delle disposizioni legali relative all'immunità).

La Commissione propone di accogliere i progetti allegati.

19 agosto 2010

In nome della Commissione: Il presidente, Yvan Perrin

2010-2047

6497

Compendio Secondo il diritto vigente, le sedute plenarie del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati decidono in ultima istanza le misure disciplinari nei confronti dei deputati e le domande di revoca dell'immunità di deputati e magistrati. In entrambi i casi si tratta di decisioni che non devono essere prese in primo luogo secondo criteri politici, bensì secondo criteri giuridici. Per loro natura, i plenum poco si addicono a questo scopo. La Comissione degli affari giuridici (CAG) e la Commissione delle istituzioni politiche (CIP) propongono pertanto di trasferire queste competenze dai plenum alle commissioni.

Il diritto disciplinare parlamentare serve a mantenere l'ordine nella sala della Camera, a tutelare l'immagine del potere supremo della Confederazione (art. 148 Cost.) e soprattutto l'adempimento dei compiti costituzionali da parte del Parlamento e dei suoi organi. Una condizione centrale per l'adempimento dei compiti delle commissioni parlamentari è la garanzia della riservatezza delle loro deliberazioni.

La rinuncia a questa riservatezza pregiudicherebbe l'adempimento dei compiti, dal momento che le commissioni non potrebbero più far valere il loro diritto nei confronti del Consiglio federale a ricevere anche informazioni confidenziali. Se le commissioni tenessero sedute pubbliche, farebbero più fatica a trovare compromessi e soluzioni consensuali. La decisione sarebbe spostata in seno a gruppi preparlamentari, non pubblici, i quali, diversamente dalle commissioni, non sono composti in modo rappresentativo e non funzionano secondo regole democratiche.

L'importanza della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni ai fini dell'adempimento dei compiti del Parlamento e quindi della democrazia giustifica la sanzione della loro violazione mediante misure disciplinari. Come l'esperienza insegna, la procedura attualmente applicata è poco adatta. La CIP propone, mediante l'istituzione di un idoneo organo competente e una migliore procedura, di creare le condizioni per rendere più efficace il diritto disciplinare, di cui uno degli elementi principali è la protezione del segreto d'ufficio. Per il Consiglio nazionale la competenza sarà trasferita dall'Ufficio della Camera, già oberato da altri importanti compiti, a una nuova piccola commissione permanente per le misure disciplinari. In
merito a un'opposizione contro una simile misura non sarà più il plenum a decidere bensì l'Ufficio.

La stessa piccola commissione permanente dovrà decidere in Consiglio nazionale anche su richieste di revoca dell'immunità. Il Consiglio nazionale non se ne occuperà più. Affinché si entri nel merito di una simile richiesta o l'immunità possa essere revocata, una commissione del Consiglio degli Stati dovrà prendere una decisione in sintonia con la prima.

Mentre la maggioranza della CAG e una minoranza della CIP vorrebbe mantenere l'immunità relativa dei parlamentari in una forma leggermente limitata (cfr. considerazioni più avanti), la maggioranza della CIP e una minoranza della CAG la vorrebbe abolire. I parlamentari non dovrebbero essere privilegiati rispetto ad altre persone a tal punto da poter commettere per esempio reati contro l'onore nel quadro di discussioni politiche senza rischiare un procedimento penale. L'immunità

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assoluta continua a rimanere tale e a proteggere i deputati da procedimenti penali per dichiarazioni fatte nelle Camere o nelle commissioni. Viene mantenuta anche l'immunità relativa dei membri del Consiglio federale e del Tribunale federale per reati direttamente connessi alla loro funzione o attività ufficiale, dato che questa categoria di persone è particolarmente esposta. Per contro viene parimenti abolita l'immunità relativa finora in vigore dei membri del Consiglio federale e dei tribunali federali per reati non direttamente connessi con la loro funzione o attività ufficiale.

Una minoranza della CIP si allinea alla maggioranza della CAG e desidera mantenere l'immunità relativa dei parlamentari a condizione che venga definita in modo più preciso. Finora l'immunità è stata concessa contro un procedimento penale per un reato connesso all'attività parlamentare. In futuro essa dovrebbe esserlo unicamente in presenza di un nesso «diretto». Lo scopo dell'immunità relativa è proteggere il parlamentare da un procedimento penale che potrebbe ostacolare il rappresentante del popolo democraticamente eletto nell'esercizio della sua attività ufficiale. Se tuttavia viene denunciato per un reato contro l'onore commesso ad esempio nell'ambito della sua attività pubblicistica di giornalista o professore, un parlamentare non dovrebbe essere privilegiato nei confronti di giornalisti o professori non parlamentari.

Un'altra minoranza della CIP respinge anche questa restrizione dell'immunità relativa sostenendo che la formulazione scelta non contribuirebbe alla chiarezza auspicata.

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Indice Compendio

6498

1 Genesi 1.1 Misure disciplinari 1.1.1 Genesi della normativa vigente in materia disciplinare 1.1.2 Prassi d'uso del diritto disciplinare 1.1.3 Interventi a favore di una modifica del diritto disciplinare 1.1.4 Elaborazione di un progetto da parte della Commissione delle istituzioni politiche (CIP) 1.2 Immunità 1.2.1 Diritto vigente e prassi recente 1.2.1.1 Portata dell'immunità parlamentare 1.2.1.2 Competenza 1.2.2 Verifica delle prescrizioni sull'immunità da parte della Commissione degli affari giuridici (CAG)

6501 6501 6501 6502 6503 6503 6504 6504 6504 6505 6506

2 Fondamenti del progetto 2.1 Riservatezza delle deliberazioni delle commissioni 2.2 Diritto disciplinare parlamentare 2.3 Immunità parlamentare 2.4 Delega di competenze a commissioni parlamentari 2.5 Organi competenti dell'Assemlea federale

6507 6507 6509 6511 6512 6513

3 Commento alle singole disposizioni 3.1 A. Modifica della legge sul Parlamento 3.2 B. Modifica del regolamento del Consiglio nazionale

6516 6516 6523

4 Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

6525

5 Basi legali

6525

A B

Legge federale sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento, LParl) (Progetto)

6527

Regolamento del Consiglio nazionale (GRN) (Progetto)

6535

6500

Rapporto 1

Genesi

1.1

Misure disciplinari

1.1.1

Genesi della normativa vigente in materia disciplinare

Sino alla modifica del regolamento del Consiglio nazionale (RCN) del 3 febbraio 1995, il diritto sul funzionamento del Parlamento conosceva unicamente misure disciplinari atte a mantenere l'ordine in sala durante una seduta plenaria. Queste misure disciplinari ancora oggi in vigore consentono al presidente della Camera di togliere la parola a un deputato che non osserva un richiamo all'ordine per affermazioni offensive o violazione di regole procedurali. Inoltre, il presidente può ingiungere a un deputato di lasciare la sala o escluderlo da una seduta se, nonostante un'ammonizione presidenziale, egli disturba ripetutamente le deliberazioni nei consigli. Il parlamentare interessato può sollevare reclamo presso la Camera (art. 13 cpv. 1 e 3 LParl; prima art. 52 RCN del 22 giugno 1990; il RCS non conosceva un disciplinamento analogo).

Nella sessione primaverile del 1994 si era saputo che un deputato del Consiglio nazionale aveva utilizzato in maniera abusiva il sistema elettronico di votazione appena installato, votando per sè e anche per una parlamentare vicina. Questo precedente aveva indotto la Commissione degli affari giuridici a inoltrare un postulato (94.3180) con il quale esortava l'Ufficio della Camera a esaminare l'introduzione di sanzioni più severe in caso di violazione intenzionale della procedura di voto. Con rapporto dell'11 novembre 1994 l'Ufficio propose di completare il RCN nel seguente modo: «Se un membro del Consiglio viola in modo grave le norme di condotta alle quali sono soggetti i parlamentari, l'Ufficio può infliggergli un'ammonizione. Il deputato interessato è sentito dall'Ufficio. In caso di ricorso, il Consiglio decide senza discussione» (FF 1995 II 493). La Camera ha approvato questa proposta il 3 febbraio 1995. Il rapporto dell'Ufficio menzionava quali esempi di simili gravi violazioni, oltre all'inosservanza della procedura di voto, anche il mancato rispetto della confidenzialità delle sedute.

Con la legge del 13 dicembre 2002 sul Parlamento le misure disciplinari previste solo a livello di ordinanza (il RCN è un'ordinanza del Parlamento) sono confluite in una legge formale che ha conferito loro la necessaria base legale conformemente all'articolo 164 Cost. In pari tempo è stata introdotta quale nuova sanzione per gravi infrazioni alle prescrizioni procedurali e d'ordine
l'esclusione di un deputato dalle commissioni per un periodo fino a sei mesi. La violazione del segreto d'ufficio è menzionata esplicitamente quale motivo di sanzione. Ciò è strettamente correlato con l'estensione dei diritti d'informazione dei parlamentari: i vasti diritti di consultazione che i deputati e le commissioni necessitano per l'adempimento dei loro compiti presuppongono che i membri delle Camere, dal canto loro, siano vincolati al segreto d'ufficio (cfr. art. 8 LParl). Dal momento che sono in gioco importanti diritti parlamentari, il Parlamento deve poter sanzionare disciplinarmente una violazione del segreto d'ufficio.

6501

1.1.2

Prassi d'uso del diritto disciplinare

Nella prassi è in particolare la violazione del segreto d'ufficio (nella forma di una violazione della confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni) che da lungo tempo dà sempre adito a discussioni. Sovente l'autore dell'indiscrezione rimane sconosciuto, cosicché non si pone affatto la domanda se si debba adottare una misura disciplinare. Tuttavia, anche nei non rari casi in cui la fonte dell'indiscrezione è nota, questa domanda non si è posta. In alcuni casi, indiscrezioni hanno portato ad animate discussioni sullo scopo della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni. Queste discussioni sfociavano di regola in un appello al rispetto delle prescrizioni (cfr. p. es. il comunicato stampa della CIP del Consiglio degli Stati del 20 ottobre 2006: «La Commissione delle istituzioni politiche sottolinea l'importanza della confidenzialità delle sedute di commissione e critica le indiscrezioni»).

Secondo l'articolo 9 capoverso 6 del RCN nella versione vigente dal 3 febbraio 1995 al 1° dicembre 2003, l'Ufficio del Consiglio nazionale ha pronunciato solo due volte un'ammonizione contro un deputato e più precisamente il 2 dicembre 1996 contro affermazioni riguardanti un documento confidenziale dell'allora Commissione parlamentare d'inchiesta volta a chiarire problemi a livello di organizzazione e conduzione della Cassa pensioni della Confederazione (Boll. Uff. 1996 N 2091) e il 17 giugno 2003 contro asserzioni offensive (Boll. Uff. 2003 N 1090). In entrambi i casi il deputato interessato ha esplicitamente accettato l'ammonizione.

Il 6 marzo 2007 l'Ufficio del Consiglio nazionale ha annunciato in uno scritto ai parlamentari di voler applicare «da subito» l'articolo 13 capoverso 2 LParl in vigore dal 1° dicembre 2003. Spetta alle commissioni comunicare all'Ufficio eventuali infrazioni. Questo annuncio dell'Ufficio ha avuto luogo in seguito a una lettera rivoltagli dal presidente della CIP il 28 settembre 2006, nella quale quest'ultimo, su incarico della commissione, informava l'Ufficio su una violazione della confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni commessa da due membri della CIP e lo pregava di esaminare se si dovesse adottare una misura disciplinare. L'Ufficio ha applicato per la prima volta l'articolo 13 capoverso 2 LParl quando il 10 marzo 2008 ha pronunciato l'espulsione
di cinque membri della Commissione della scienza, dell'educazione e della cultura (CSEC), che avevano informato l'opinione pubblica sulle affermazioni di determinati partecipanti a una seduta di commissione. Il 19 marzo 2008 l'Ufficio ha pronunciato un'ammonizione contro altri due deputati.

Questi ultimi avevano tenuto, subito dopo una seduta della Commissione della sicurezza sociale e della sanità (CSSS), una conferenza stampa destinata a commentare le decisioni prese in commissione sulle quali la Commissione avrebbe informato ufficialmente solo qualche ora più tardi. In entrambi i casi, l'Ufficio ha minacciato i deputati sanzionati di applicare la misura disciplinare più severa in caso di recidiva, ovvero l'esclusione dalle rispettive commissioni. Tutti e sette i parlamentari hanno sollevato reclamo. Il 20 marzo 2008 il presidente della Camera ha motivato dinanzi alla Camera stessa le ammonizioni e quattro dei deputati interessati hanno avuto modo di giustificare davanti alla Camera il loro reclamo. La Camera ha poi accolto i reclami con rispettivamente 129 voti contro 40 e 113 voti contro 63 respingendo di conseguenza le ammonizioni dell'Ufficio (Boll. Uff. 2008 N 443).

6502

1.1.3

Interventi a favore di una modifica del diritto disciplinare

Le discussioni sulle indiscrezioni e sulle relative sanzioni hanno indotto nella primavera 2008 a mettere in discussione il diritto vigente.

L'Ufficio del Consiglio nazionale ha deciso nella sua seduta del 2 aprile 2008 di sospendere la trattazione di un'altra violazione del segreto d'ufficio e invitato la CIP a esaminare il diritto vigente.

Nella sessione primaverile 2008 sono state inoltrate tre iniziative parlamentari su questo tema. Due iniziative (08.410 Iv.Pa. Gruppo dell'UDC. Pubblicità dei verbali delle commissioni; 08.427 Iv.Pa. Noser. Pubblicare i verbali delle commissioni) chiedevano una rinuncia alla confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni.

La CIP ha respinto entrambe le iniziative il 26 giugno 2008 ognuna con 14 voti contro 11. La Camera ha seguito questa proposta il 25 settembre 2008 rispettivamente con 106 voti contro 56 e 98 contro 60 (Boll. Uff. 2008 N 1357). Contrariamente a queste iniziative, un'altra iniziativa chiedeva un inasprimento delle misure disciplinari (08.422 Iv.Pa. Lustenberger. Protezione del segreto in seno alle commissioni).

Come l'autore dell'iniziativa, la maggioranza della CIP era dell'avviso che l'Assemblea federale doveva adoperarsi per imporre con più incisività la confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni. A questo scopo non tanto un inasprimento delle misure disciplinari quanto piuttosto un'adeguata procedura portano a un'efficace esecuzione di misure disciplinari. La Commissione ha pertanto deciso con 15 voti contro 8 un nuovo testo d'iniziava (08.447 Iv.Pa. CIP-N. Garanzia della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni e modifica delle disposizioni legali relative all'immunità), che ha indotto il consigliere nazionale Lustenberger a ritirare la sua iniziativa.

Dal momento che, il 28 agosto 2008, la CIP del Consiglio degli Stati ha accolto all'unanimità l'iniziativa parlamentare, essa ha dato luce verde all'elaborazione di una revisione legislativa.

1.1.4

Elaborazione di un progetto da parte della Commissione delle istituzioni politiche (CIP)

Nella seduta del 21 novembre 2008 la CIP ha preso decisioni di principio in vista dell'elaborazione di una revisione legislativa. La Commissione ha ritenuto senza opposizione che le sanzioni esistenti a titolo di misure disciplinari non dovessero essere modificate. Essa ha pure ribadito la sua opinione secondo cui le disposizioni attualmente in vigore sulla confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni non fossero da modificare e respingeva con 14 voti contro 6 un loro parziale allentamento. Per contro, occorreva modificare la procedura in caso di misure disciplinari. Il reclamo sollevato dinanzi alla Camera andava soppresso: organi della Camera avrebbero funto da prima istanza e da istanza di ricorso.

La CIP ha preso atto che, nell'ambito del suo esame delle disposizioni legali sull'immunità parlamentare (08.497 CAG-N. Modifica delle disposizioni legali relative all'immunità), la Commissione degli affari giuridici (CAG) del Consiglio nazionale è giunta a un'analoga conclusione per quanto riguarda la procedura.

Anche la trattazione di domande circa la revoca dell'immunità dev'essere delegata dalle Camere alle commissioni.

6503

Dal momento che gli sforzi delle due Commissioni (CAG e CIP) sono accomunati da un punto centrale, la CIP ha discusso nella seduta del 19 febbraio 2009 un progetto preliminare della sua segreteria che riunisce le richieste di entrambe le commissioni. La CIP ha trasmesso il progetto preliminare da lei accettato alla CAG per parere e completamento (in relazione alla nuova definizione di immunità relativa voluta dalla CAG e non discussa preliminarmente dalla CIP) e all'Ufficio del Consiglio nazionale pure interessato per parere.

Nella seduta del 19 agosto 2010, la CIP ha preso atto dei pareri e delle proposte della CAG e dell'Ufficio riprendendoli ampiamente nel presente rapporto definitivo e nei progetti di atti normativi e seguendo parzialmente anche le proposte della minoranza della CAG. Nella votazione sul complesso il progetto è stato accolto senza opposizioni con 14 voti favorevoli e 8 astensioni.

1.2

Immunità

1.2.1

Diritto vigente e prassi recente

1.2.1.1

Portata dell'immunità parlamentare

Oltre alla cosiddetta immunità assoluta non in discussione in questa sede (nessuna sanzione a causa di affermazioni in seno alle Camere e nei relativi organi; art. 162 cpv. 1 Cost. e art. 16 LParl), i deputati possono far valere anche la cosiddetta immunità relativa (vale a dire sopprimibile): «Contro un parlamentare non può essere promosso alcun procedimento penale per un reato connesso con la sua condizione o attività ufficiale, se non con l'autorizzazione dell'Assemblea federale» (art. 17 cpv. 1 LParl). Se l'accusa riguarda «crimini o delitti non connessi alla sua condizione o attività ufficiale», il deputato gode di protezione solo affinché gli sia garantita la partecipazione alle sessioni (art. 20 LParl). Se la partecipazione alle sedute da parte del deputato non è in pericolo e le accuse non sono in relazione alla sua «condizione o attività ufficiale», il parlamentare non gode di protezione e può essere perseguito penalmente come una qualsiasi persone privata. Se, in queste condizioni, le Camere federali sono invitate a sopprimere l'immunità, esse constatano che non si tratta di un caso relativo all'immunità e non entrano nel merito della richiesta.

Il criterio del nesso con la posizione o attività ufficiale e quindi la portata dell'immunità relativa sono stati discussi recentemente in maniera approfondita nell'ambito dei due casi riguardanti l'immunità 06.088 (Schlüer) e 07.034 (Mörgeli).

Nel primo caso si è trattato di un commento del consigliere nazionale Ulrich Schlüer dal titolo «Der Denunziant», apparso il 10 febbraio 2006 nel periodico «Schweizerzeit» di cui da molti anni Ulrich Schlüer è caporedattore. Nel suo articolo egli descrive i passi compiuti da un avvocato bernese che aveva iniziato un procedimento penale nei suoi confronti come caporedattore. Il Consiglio nazionale ha seguito la proposta della maggioranza della sua commissione e ha ritenuto dato il nesso con il mandato parlamentare, ragione per cui è entrato nel merito della domanda di soppressione dell'immunità. Il Consiglio nazionale si è tuttavia rifiutato di revocarla (Boll. Uff. 2007 N 564 segg.). La CAG del Consiglio degli Stati ha chiesto per contro la non entrata in materia: a suo avviso Ulrich Schlüer non si era espresso in veste di consigliere nazionale, bensì come privato o caporedattore di questo periodico,
una funzione che ricopre da più tempo rispetto a quella di consigliere nazionale.

Essa ha sottolineato che la parità di trattamento va garantita a tutti gli operatori 6504

mediatici e non possono essere privilegiati coloro che nello stesso tempo rivestono anche la funzione di membro di una Camera. Il Consiglio degli Stati ha seguito la proposta della sua Commissione rifiutandosi, con 20 voti contro 7, di entrare nel merito della richiesta (Boll. Uff. 2007 S 653 segg.). Il Consiglio nazionale si è pure allineato con 91 voti contro 75 a tale decisione (Boll. Uff. 2007 N 1376 segg.). Il procedimento penale ha quindi potuto seguire il suo corso.

Il secondo caso riguardava un articolo del consigliere nazionale Christoph Mörgeli, apparso il 6 aprile 2006 nel settimanale «Die Weltwoche». Il consigliere nazionale Mörgeli affermava fra l'altro che, nei suoi regolari manifesti anticapitalisti, Frank A.

Meyer utilizzava un vocabolario nazista. Egli paragonava le parole impiegate da Frank A. Meyer riguardanti il «manager globalizzato» che non mette radici e a cui premono solo i soldi con l'odio piccolo borghese manifestato a suo tempo dai Tedeschi nei confronti del mondo ebraico. La CAG del Consiglio nazionale ha chiesto alla sua Camera con 11 voti contro 6 e 2 astensioni, di entrare nel merito della domanda di soppressione dell'immunità. La maggioranza della Commissione riteneva che vi fosse un nesso fra le affermazioni del consigliere nazionale Mörgeli e il suo mandato parlamentare: in conclusione all'articolo pubblicato nella «Weltwoche» si faceva infatti notare che Christoph Mörgeli era consigliere nazionale. La maggioranza era convinta che Mörgeli non scriverebbe in questa rivista settimanale se non fosse membro del Parlamento. Anche i temi toccati, fra cui i guadagni esorbitanti nell'economia privata, sarebbero d'interesse generale e di natura politica. Qualsiasi prassi più restrittiva limiterebbe la necessaria libertà dei parlamentari di potersi esprimere su temi simili. La minoranza della Commissione riteneva per contro che le affermazioni del consigliere nazionale Mörgeli non fossero in relazione con il suo mandato parlamentare. In siffatte circostanze l'immunità sarebbe un privilegio insufficientemente giustificato. Essa ha sottolineato che, con le argomentazioni della maggioranza della Commissione, il consigliere nazionale Mörgeli sarebbe protetto dall'immunità e di riflesso trattato diversamente dagli altri articolisti della «Weltwoche», fra cui anche un ex
consigliere nazionale ed ex presidente di partito, che non godono di alcuna protezione. Dal momento che, subito dopo la seduta della Commissione, Frank A. Meyer ha ritirato la sua denuncia, la domanda di soppressione dell'immunità è divenuta priva di oggetto e l'affare non è approdato nel plenum del Consiglio nazionale (per ulteriori informazioni si veda il comunicato stampa della CAG del Consiglio nazionale del 27 aprile 2007).

1.2.1.2

Competenza

Ad eccezione di richieste manifestamente insostenibili, che il presidente della CAG può sbrigare direttamente (art. 21 cpv. 3 in fine RCN e art. 17 cpv. 4 in fine RCS), il plenum delle due Camere decide in merito a domande di soppressione dell'immunità. La competenza della CAG si limita a un esame preliminare delle richieste; nelle commissioni si delibera unicamente che cosa si vuole proporre alla Camera.

Nel trattare il caso dell'immunità Brunner (08.052), il Consiglio nazionale è stato teatro di un acceso dibattito sfociato anche in scontri verbali piuttosto veementi (Boll. Uff. 2008 N 1447 segg.; 2009 N 422 segg.; cfr. anche Boll. Uff. 2008 N 1385 segg.). In questa situazione poco tranquilla è stato a volte difficile per la CAG far valere la propria opinione. A più riprese è stata perfino bersaglio di veri e propri 6505

attacchi, ciò che ha indotto il presidente a prendere eccezionalmente la parola per proteggere il lavoro della Commissione (Boll. Uff. 2008 N 1452).

1.2.2

Verifica delle prescrizioni sull'immunità da parte della Commissione degli affari giuridici (CAG)

La CAG ha istituito il 1° giugno 2007 una sottocommissione con il compito di effettuare una verifica globale delle diverse forme d'immunità parlamentare e di presentare eventualmente delle proposte. La sottocommissione ha condotto una serie di audizioni e si è procurata diverse informazioni per poter disporre di una visione d'assieme (disciplinamenti legali cantonali ed esteri, prassi dell'Assemblea federale, giurisprudenza sull'ammissibilità dell'immunità parlamentare della Corte europea dei diritti dell'uomo1, precedenti sforzi per la modifica delle prescrizioni sull'immunità). Dopo aver esaminato diverse varianti, il 25 agosto 2008 la sottocommissione si è espressa a favore delle seguenti due misure: da un lato, in linea con la prassi in relazione al caso Schlüer, la portata dell'immunità relativa dev'essere progressivamente limitata in modo che la fattispecie penale sia chiaramente connessa con l'attività parlamentare; dall'altro, le richieste di soppressione dell'immunità non dovranno più essere esaminate dal plenum ma solo dalle commissioni. Al riguardo la sottocommissione si è espressa a favore dell'istituzione di una commissione congiunta per entrambe le Camere.

La CAG ha ripreso le proposte della sua sottocommissione e deciso il 17 ottobre 2008 di presentare un'iniziativa parlamentare del seguente tenore: «(1) è richiesto un nesso diretto tra il reato imputato al parlamentare e le funzioni o le attività parlamentari dello stesso. (2) Il trattamento dei casi d'immunità non ha più luogo nel plenum dei Consigli bensì è attribuito in modo definitivo a una commissione congiunta dei due Consigli (da istituire) o a due commissioni (esistenti o da istituire) che si riuniscono separatamente.» (08.497). La CAG del Consiglio degli Stati ha accolto questa iniziativa il 7 aprile 2009.

Il 3 marzo 2009 la CIP ha chiesto alla CAG di prendere posizione sul suo progetto preliminare relativo all'attuazione della sua iniziativa 08.447 («Garanzia della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni e modifica delle disposizioni legali relative all'immunità»). Nell'elaborazione di questo progetto preliminare, che riguarda il trattamento di casi disciplinari, si è tenuto conto della richiesta della CAG di non trattare le domande di soppressione dell'immunità in una seduta plenaria delle due Camere.

La CAG
ha favorito inizialmente l'istituzione di una comissione congiunta paritetica per entrambe le Camere, a cui spetta il trattamento di casi disciplinari e relativi all'immunità. La Commissione ha visto in questo modello due vantaggi a suo avviso decisivi: da un lato, rappresenterebbe un'efficace procedura con processo decisionale rapido; dall'altro consentirebbe soprattutto l'applicazione di una prassi unitaria che eviterebbe decisioni contraddittorie di entrambe le Camere. Per il delicato settore delle procedure disciplinari e relative all'immunità ciò sarebbe molto positivo.

1

Cfr. anche decisioni del 17 dicembre 2002 nella causa A. v. Gran Bretagna (35373/97), del 30 gennaio 2003 nella causa Cordova n. 1 (40877/98) e n. 2 (45649/99), del 3 giugno 2004 nella causa De Jorio (73936/01) nonché del 6 dicembre 2005 nella causa Ielo (23053/02).

6506

Dato che la CIP si opponeva ancora all'istituzione di una commissione congiunta per entrambe le Camere (vedi motivazione al n. 2.5), la CAG ritornava il 29 ottobre 2009 sulla sua decisione: optava a favore del modello della CIP, secondo il quale ogni Camera istituisce una commissione che si riunisce separatamente, e incaricava la sua sottocommissione di esaminare il progetto preliminare della CIP e di formulare eventuali proposte di modifica. Il 25 febbraio 2010 la CAG riprendeva le proposte ad essa sottoposte dalla sottocommissione.

2

Fondamenti del progetto

2.1

Riservatezza delle deliberazioni delle commissioni

L'articolo 47 LParl recita: Le deliberazioni delle commissioni sono confidenziali; in particolare non viene divulgata la posizione assunta dai singoli partecipanti, né reso noto come essi hanno votato.

1

2

Le commissioni possono decidere di procedere ad audizioni pubbliche.

Le deliberazioni delle commissioni sono pertanto generalmente confidenziali; l'unica eccezione è rappresentata dalla possibilità di effettuare audizioni pubbliche.

In virtù del carattere pubblico delle sedute delle Camere, le proposte di una commissione alla Camera sono per contro pubbliche; di qui nasce la prassi di pubblicare i nomi di quei membri della commissione che sostengono una proposta di minoranza.

È concessa la consultazione dei verbali e dei documenti delle commissioni solo al termine della trattazione di un oggetto in deliberazione, a determinati scopi (applicazione del diritto, scopi scientifici) e solo rispettando determinati oneri (né citazione letterale, né comunicazione nominativa delle posizioni assunte dai singoli partecipanti alle sedute) (per i dettagli si veda art. 7 dell'ordinanza sull'amministrazione parlamentare, RS 171.115).

La CIP desidera mantenere il principio della confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni secondo il diritto vigente. Essa respinge anche un parziale allentamento della confidenzialità. Se, per esempio, determinate parti delle deliberazioni delle commissioni divenissero pubbliche, si porrebbero problemi di delimitazione pressoché irrisolvibili. Tuttavia, l'argomentazione più importante a favore della confidenzialità delle deliberazioni delle commissioni vale in linea di massima per tutte le deliberazioni, anche per quelle che di primo acchito sembrano meno «delicate». Per adempiere i loro compiti, le commissioni dispongono dei diritti d'informazione, consultazione e inchiesta (art. 153 cpv. 4 Cost.). Al riguardo può anche trattarsi d'informazioni che non possono essere rese pubbliche. Secondo la legge sulla trasparenza (LTras, RS 152.3), l'accesso pubblico a documenti ufficiali è in molti casi limitato, per esempio se tale accesso può ledere in modo considerevole la libera formazione dell'opinione e della volontà di un'autorità, compromettere gli interessi della politica estera o le relazioni internazionali della Svizzera o ledere la sfera privata di terzi (art. 7 LTras, che enumera numerose altre eccezioni al principio della trasparenza). Attualmente non possono essere sottratte alle commissioni simili informazioni solo con il semplice rinvio al segreto d'ufficio, poiché i membri stessi delle commissioni vi sottostanno. Per contro, nel caso in cui i verbali o documenti delle commissioni siano resi pubblici in tutto o in parte, le commissioni perdono il 6507

diritto d'accesso a tutte queste informazioni e possono svolgere i loro compiti solo in maniera limitata.

La confidenzialità delle sedute delle commissioni contribuisce essenzialmente a far sì che l'Assemblea federale possa rivestire un ruolo centrale nel processo decisionale politico, in sintonia con la sua posizione costituzionale. Nelle commissioni sono elaborate soluzioni consensuali, ciò che presuppone un certo margine di manovra dei partecipanti alle sedute. Sovente nelle commissioni possono essere trovati validi compromessi solo a livello parlamentare, nel senso che progetti del Consiglio federale non in grado di ottenere il consenso sono rielaborati o le commissioni elaborano esse stesse soluzioni ricorrendo allo strumento dell'iniziativa parlamentare.

Se però le deliberazioni delle commissioni divenissero pubbliche, si può presumere che i partiti lascerebbero poco margine di manovra ai loro membri nelle commissioni. Rimarrebbe quindi solo poco spazio per la ricerca di un compromesso. Qualora l'Assemblea federale intenda rimanere anche in futuro un Parlamento creativo, deve disporre di organi in cui possano essere discusse e sviluppate soluzioni non ancora definitive. In caso contrario il processo decisionale si sposterebbe al livello preparlamentare e avrebbe luogo fra Consiglio federale, vertici di partito e gruppi d'interesse. Decisioni determinanti sarebbero viepiù prese in seno a gremi preparlamentari non pubblici che, diversamente dalle commissioni, non sono composti in maniera rappresentativa e non funzionano secondo regole democratiche.

Di particolare importanza è la riservatezza delle deliberazioni delle commissioni ai fini dell'esercizio dell'alta vigilanza parlamentare. Le Commissioni della gestione (CdG) hanno sottolineato al riguardo nel loro rapporto annuale per il 2005: «La confidenzialità cui sono tenute le CdG è dovuta al fatto che esse, sovente, sono costrette a gestire informazioni delicate, concernenti le attività del Governo e dei tribunali, che comportano segreti d'ufficio o anche dati personali. [...]

Non da ultimo, il principio della confidenzialità cui sottostà l'operato delle CdG intende consentire alle persone interrogate la possibilità di comunicare le informazioni di cui sono a conoscenza esprimendosi liberamente e in maniera indipendente.

Questo principio
non è fine a sé stesso; intende bensì preservare la procedura da eventuali pressioni esterne e logiche di partito. Costituisce pertanto una chiave per il successo dell'alta vigilanza parlamentare e, contemporaneamente, una garanzia d'efficienza» (FF 2006 3941 e seg.).

D'altro canto, la riservatezza delle deliberazioni delle commissioni non impedisce che l'opinione pubblica sia informata sui risultati del lavoro delle commissioni, come sancito dall'articolo 5 capoverso 1 LParl: Le Camere e i loro organi informano tempestivamente e esaurientemente sulla loro attività, sempre che interessi pubblici o privati preponderanti non vi si oppongano.

1

L'articolo 20 RCN e l'articolo 15 RCS precisano questo obbligo d'informazione della commissione nel senso che il presidente o i membri incaricati dalla Commissione informano per scritto o verbalmente sui più importanti risultati scaturiti dalle deliberazioni della Commissione. Si rendono note le decisioni essenziali con la ripartizione dei voti e le principali argomentazioni addotte durante le deliberazioni.

6508

2.2

Diritto disciplinare parlamentare

Le misure disciplinari sono sanzioni amministrative e quindi in linea di massima non pene in senso giuridico. Esse servono al mantenimento dell'ordine e alla tutela dell'immagine e della credibilità delle autorità amministrative. Esse fanno sì che le persone sottoposte al potere disciplinare adempiano i loro obblighi (cfr. Ulrich Häfelin/Georg Müller, Allgemeine Verwaltungslehre, 4a ed., Zurigo/ Basilea/Ginevra 2002, p. 50).

Un Parlamento si distingue in maniera fondamentale da un'autorità amministrativa: i membri delle autorità amministrative sono integrati in una gerarchia e sono responsabili verso le persone o gli organi superiori. Per contro i deputati sono parificati fra loro e sono responsabili unicamente nei confronti dei loro elettori. Il diritto disciplinare parlamentare deve tener conto di questa funzione di rappresentanza del Parlamento e dei suoi singoli membri.

Un diritto disciplinare parlamentare è comunque giustificato e necessario nella misura in cui, in tal modo, la rappresentanza democratica nel suo insieme è protetta da perturbazioni che possono pregiudicare la sue funzioni. Il diritto disciplinare parlamentare riveste in questo senso una funziona analoga al diritto disciplinare delle autorità amministrative e delle organizzazioni mantello di determinati libere professioni (avvocati, notai, medici). L'articolo 13 LParl serve al mantenimento dell'ordine nella sala della Camera, alla tutela dell'immagine del «potere supremo nella Confederazione» (art. 148 Cost.) e soprattutto anche all'adempimento dei compiti costituzionali del Parlamento e dei suoi organi.

Come dimostrato più sopra (n. 2.1), la tutela del segreto d'ufficio delle commissioni parlamentari rappresenta una condizione essenziale per l'adempimento dei compiti delle commissioni. Una violazione del segreto d'ufficio compromette l'adempimento dei compiti. Se non è data nessuna garanzia che la riservatezza delle deliberazioni delle commissioni sia tutelata, questo può comportare concretamente che le persone interpellate da una commissione nell'ambito dell'esercizio dell'alta vigilanza parlamentare sul Consiglio federale e sull'amministrazione non siano più disposte a fornire informazioni complete.

L'importanza del segreto d'ufficio parlamentare per l'adempimento dei compiti del Parlamento e di riflesso per la democrazia
giustifica la sanzione della sua violazione mediante misure disciplinari che possono essere davvero incisive per il deputato interessato, come ad esempio nel caso dell'esclusione dalle commissioni per un periodo fino a sei mesi. Non sarebbe per contro giustificata un'esclusione dalle sedute della Camera (a prescindere da un'esclusione di breve durata di cui all'art. 13 cpv. 1 lett. b), poiché in tal modo il valore giuridico supremo della rappresentanza democratica del Popolo e dei Cantoni sarebbe pregiudicato (art. 149 e 150 Cost.).

Una misura disciplinare non è una pena nel senso del diritto penale. Per la procedura disciplinare non vanno pertanto posti gli stessi requisiti rigorosi di una procedura penale, in ogni caso non se le sanzioni previste sono di natura relativamente più lieve, come descritto dall'articolo 13 LParl. La prassi del Tribunale federale prevede unicamente pene disciplinari come la sospensione dall'esercizio della professione, ma non ad esempio una multa disciplinare di 300 franchi o la pena dell'arresto di più giorni sotto la protezione dell'articolo 6 numero 1 («Diritto a un processo equo») della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) (cfr. i riferimenti alla prassi del Tribunale federale in Ulrich 6509

Häfelin/Georg Müller, Allgemeine Verwaltungslehre, 4a ed., Zurigo/Basilea/ Ginevra 2002, p. 250). Alla luce dell'importanza della gestione parlamentare e della particolare attenzione dell'opinione pubblica per l'esercizio del diritto disciplinare parlamentare, l'audizione della persona interessata e l'istituzione di un'istanza di ricorso appaiono comunque opportune nella procedura disciplinare parlamentare.

La violazione del segreto d'ufficio è sottoposta a pena anche mediante l'articolo 320 del Codice penale (CP; RS 311.0): 1. Chiunque rivela un segreto, che gli è confidato nella sua qualità di membro di una autorità o di funzionario o di cui ha notizia per la sua carica o funzione, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria. [...]

Una denuncia e un'inchiesta penali a causa di una violazione del segreto d'ufficio possono essere rivolte anche contro un membro dell'Assemblea federale. Poiché il reato è connesso con la funzione o l'attività ufficiale del deputato, il procedimento penale conformemente al diritto vigente può essere avviato solo con l'autorizzazione dell'Assemblea federale (art. 17 LParl, immunità relativa).

Come appare dall'esempio della trattazione della richiesta di soppressione dell'immunità del consigliere nazionale Brunner, ci si può chiedere se l'immunità debba essere revocata (decisione del Consiglio nazionale del 1° ottobre 2008, Boll.

Uff. 2008 N 1447) o se debba essere prevista una misura disciplinare (motivazione della decisione del Consiglio degli Stati del 10 dicembre 2008, Boll. Uff. 2008 S 944). Tuttavia, sarebbe senz'altro possibile percorrere anche entrambi i cammini parallelamente (o uno dopo l'altro), dal momento che nel diritto disciplinare non vale il principio del «ne bis in idem»: un procedimento disciplinare può essere avviato indipendentemente da un procedimento penale aperto in seguito allo stesso comportamento delittuoso.

Nel diritto disciplinare vale il principio d'opportunità: l'autorità competente può rinunciare all'avvio di un procedimento disciplinare se giunge alla conclusione che una sanzione non sia necessaria per raggiungere l'obiettivo del diritto disciplinare (cfr. Ulrich Häfelin/Georg Müller, Allgemeine Verwaltungslehre, 4a ed., Zurigo/ Basilea/Ginevra 2002, p. 251).

Vista l'importanza della protezione del
segreto d'ufficio parlamentare (cfr. n. 2.1) e vista la menzione esplicita nell'articolo 13 capoverso 2 LParl, ci si può chiedere se il principio d'opportunità possa essere interpretato nel senso che le autorità competenti (sinora gli Uffici delle Camere) rimangano ampiamente inattive nei confronti di violazioni del segreto d'ufficio divenute note, come è stato il caso sino all'annuncio di una corrispondente modifica della prassi da parte dell'Ufficio del Consiglio nazionale nella primavera 2007 (cfr. n. 1.1.2). A ragione possiamo sostenere l'opinione secondo cui in questi casi l'obiettivo del diritto disciplinare richiede l'adozione di una sanzione. Fissare una corrispondente massima ufficiale nella legge sarebbe comunque andare troppo lontano. La CIP preferisce creare le condizioni mediante l'istituzione di un organo competente idoneo e una migliore procedura, affinché lo scopo del diritto disciplinare che consiste in particolare nella protezione del segreto d'ufficio possa essere meglio adempiuto (cfr. n. 2.4).

6510

2.3

Immunità parlamentare

Secondo l'articolo 17 capoverso 1 LParl un procedimento penale può essere avviato contro un parlamentare a causa di un reato in relazione con la sua funzione o attività ufficiale solo con l'autorizzazione dell'Assemblea federale.

La maggioranza della CIP segue con 12 voti contro 7 un'importante minoranza della CAG (Fluri, Aeschbacher, Huber, Leutenegger Oberholzer, Markwalder Bär, Thanei, Vischer, von Graffenried, Wyss Brigit) che vuole abolire l'immunità relativa (art. 17 LParl); rimarrebbe quindi soltanto l'immunità assoluta (art. 162 cpv. 1 Cost.; art. 16 LParl) per dichiarazioni fatte nelle Camere e nei rispettivi organi. Viene così eliminata la disparità fra i parlamentari protetti dall'immunità e gli altri politici che non lo sono. Deve pur essere possibile partecipare a discussioni politiche senza commettere reati, senza cioè ledere l'onore dell'avversario o di una terza persona.

Anche i parlamentari cantonali sono protetti dall'immunità soltanto per dichiarazioni fatte in Parlamento o nei rispettivi organi: ciò non solleva particolari problemi nemmeno nei grossi Cantoni dove ci si avvicina ai livelli del Legislativo federale, i dibattiti politici sono virulenti e grande è l'interesse mediatico.

Non è possibile delimitare con precisione l'ambito soggetto all'immunità relativa e di quando in quando sono pertanto inevitabili sterili controversie: con l'abolizione dell'immunità relativa verrebbero risolti i problemi di delimitazione ancora esistenti.

Se l'immunità relativa dei parlamentari in caso di perseguimento penale per reati connessi alla loro attività ufficiale è abolita, la garanzia della loro partecipazione alle sessioni e le analoghe forme di immunità relativa di cui beneficiano i membri di altre autorità federali vanno parimenti riconsiderate (cfr. n. 3, commento alle singole disposizioni).

Una minoranza I della CIP (Stöckli, Heim, Leuenberger-Genève, Roth-Bernasconi, Schenker Silvia, Tschümperlin, Zisyadis) si allinea alla maggioranza della CAG e vorrebbe mantenere l'immunità relativa dei parlamentari purché meglio definita: in una prima votazione (con 11 voti contro 10 e un'astensione) la CIP ha approvato questa proposta. In determinati casi, le accuse nei confronti del parlamentare sono chiaramente connesse con la sua funzione o attività ufficiale, ad esempio in caso di
violazione della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni (art. 47 LParl) o di violazione delle prescrizioni sulle votazioni nei plenum consigliari, per esempio del divieto di votare al posto di un altro parlamentare. In altri casi, non esiste chiaramente alcun nesso fra il reato e la funzione o attività ufficiali. Fra questi due estremi sono possibili numerosi casi in cui non è inizialmente chiaro se le accuse siano in relazione con la funzione o l'attività ufficiale del parlamentare. Nel nostro contesto politico, in simili casi si tratta in gran parte soprattutto di reati riguardanti l'espressione delle opinioni (ferite all'onore, discriminazione razziale, concorrenza sleale, ecc.), commessi da persone che indipendentemente dall'appartenenza al Parlamento hanno l'opportunità, a causa della loro professione, di manifestare pubblicamente la loro opinione su temi inerenti per un verso o per l'altro alla vita sociale (giornalisti, professori o maestri, scienziati, rappresentanti legali, ecc.). Il Parlamento ha dovuto confrontarsi con simili problemi di delimitazione soprattutto nei casi Ziegler (90.003), Schlüer (06.088) e Mörgeli (07.034) (cfr. n. 1.2.1.1). La maggioranza della CAG e la minoranza I della CIP intendono l'immunità parlamentare solo nel senso strettamente necessario affinché un deputato possa esercitare la sua attività correttamente e senza qualsivoglia pressione. Con questa restrizione dell'immunità si vuole evitare che i deputati siano ingiustamente privile6511

giati rispetto a non parlamentari attivi nella stessa professione (p. es. giornalisti, professori, maestri). La formulazione «direttamente connesso» è stata ripresa da un precedente progetto di revisione2. Quando una simile connessione diretta «alla funzione o attività ufficiale del parlamentare» è data, occorrerebbe decidere di caso in caso, consapevoli del fatto che a questo riguardo il legislatore mirava a una prassi restrittiva.

Una minoranza II della CIP (Joder, Bugnon, Fehr Hans, Geissbühler, Rutschmann, Scherer Marcel, Wobmann) è contraria, con una minoranza della CAG (Stamm, Freysinger, Geissbühler, Heer, Kaufmann, Nidegger, Reimann Lukas, Schwander), alla restrizione dell'immunità proposta dalla minoranza I e dalla maggioranza della CAG. Essa ritiene che la formulazione scelta sia imprecisa e non contribuisca ai chiarimenti desiderati. Rimane comunque una zona grigia, all'interno della quale il nesso con la funzione o attività ufficiale non è chiaramente accertabile. Essa teme inoltre che con la restrizione dell'immunità relativa la discussione si sposti sulla delimitazione fra immunità relativa e immunità assoluta, ciò che da ultimo comporterebbe solo una messa in pericolo dell'immunità assoluta.

2.4

Delega di competenze a commissioni parlamentari

Il Parlamento non può delegare ad organi esterni decisioni relative a misure disciplinari nei confronti di propri membri o a richieste di soppressione dell'immunità parlamentare; esso deve prendere questo genere di decisioni al suo interno. Da questa premessa sorge il dilemma di un'autorità deputata di regola a decidere in base a criteri politici che, eccezionalmente, deve anche prendere decisioni tenute a soddisfare in primo luogo determinate esigenze di ordine giuridico. L'organo decisionale dovrebbe infatti accertare i fatti rilevanti, dare all'accusato l'opportunità di pronunciarsi, nonché di identificare, soppesare e risolvere le questioni giuridiche che si pongono, rispettare il principio della proporzionalità, preoccuparsi di garantire una prassi coerente al di là del singolo caso. Le logiche partitiche, la lealtà o l'ostilità interpersonali influenzeranno inevitabilmente sempre le decisioni del Parlamento, ma di fronte a decisioni di carattere giuridico dovrebbero per quanto possibile essere accantonate.

Le difficoltà di adempiere i summenzionati requisiti giuridici sono emerse in modo esemplare in occasione della seduta del 20 marzo 2008 del Consiglio nazionale, in occasione della quale sono stati esaminati i ricorsi dei deputati interessati contro le ammonizioni pronunciate dall'Ufficio per violazione della riservatezza delle deliberazioni delle commissioni. Dopo una breve constatazione dei fatti da parte del presidente del Consiglio nazionale, che aveva rinunciato a esporre le proprie considerazioni, quattro deputati contro i quali era stata pronunciata un'ammonizione hanno ricevuto la parola per giustificare la loro opposizione. Hanno così sfruttato l'occa2

99.435 n Iv.Pa. CAG-S. Modifica delle disposizioni legislative relative all'immunità parlamentare (rapporto della CAG-S del 13 agosto 1999, FF 2000 558). Nel progetto presentato per adempiere questa iniziativa il termine «posizione» non è stato più menzionato, bensì solo quello di «attività ufficiale». ­ Nel rapporto sull'iniziativa parlamentare 91.424 n Rüesch Ernst (Revisione delle disposizioni legali sull'immunità parlamentare) si menzionavano nuovamente atti che si riferivano essenzialmente all'attività o alla posizione ufficiale. L'intento era comunque lo stesso (cfr. rapporto della CAG-S del 20 gennaio 1994, FF 1994 II 768). Il Consiglio federale ha ritenuto poco chiare queste formulazioni e ha pertanto optato per «reati strettamente connessi» (FF 1994 III 1290 seg.).

6512

sione principalmente per riproporre esaustivamente alla Camera e di riflesso all'opinione pubblica l'indiscrezione da essi commessa e attaccare un membro del Consiglio federale. L'Ufficio ha dal canto suo rinunciato a controbattere e a motivare la sua sanzione disciplinare. La Camera ha poi deciso senza ulteriore discussione.

In merito a questo procedimento occorre riconoscere che la Camera non ha esaminato la fattispecie dal profilo giuridico in modo sufficientemente serio. Dato che i deputati coinvolti facevano parte di diversi gruppi parlamentari, si è avuta l'impressione che i gruppi partitici abbiano approvato i ricorsi di tutti i deputati interessati nell'intento di proteggere i propri membri.

Coinvolgere l'intera Camera nel procedimento può anche avere ricadute positive per il deputato oggetto di una misura disciplinare o di una domanda di revoca dell'immunità parlamentare, perché in tal modo gli è offerta l'opportunità di esprimere la sua posizione dinanzi a un allettante forum pubblico. Per questo motivo si può creare uno stimolo controproducente alla trasgressione.

L'articolo 153 capoverso 3 Cost. prevede che «la legge può delegare a commissioni singole attribuzioni [dell'Assemblea federale] che non comportino l'emanazione di norme di diritto». Le competenze per decisioni riguardanti misure disciplinari e domande volte alla soppressione dell'immunità parlamentare si addicono in una certa misura per poter essere trasferite dai plenum alle commissioni. Queste decisioni non sono di natura legislativa. Una commissione può adempiere i requisiti giuridici summenzionati meglio del plenum. Si tratta inoltre di decisioni su singoli casi, che per il Parlamento stesso possono essere senz'altro importanti, che però solo in misura molto limitata toccano direttamente gli interessi di un'opinione pubblica più ampia. Questa circostanza permette di decretare la restrizione della pubblicità delle deliberazioni, necessariamente connessa con la delega di competenze dalle Camere a commissioni. Anche e proprio per queste commissioni vige comunque l'obbligo d'informazione sui risultati delle loro deliberazioni e sulle principali argomentazioni addotte nelle deliberazioni (cfr. n. 2.1. in fine).

2.5

Organi competenti dell'Assemlea federale

Un organo parlamentare competente per la verifica di misure disciplinari e di domande di soppressione dell'immunità dovrebbe adempiere i seguenti requisiti: a.

il numero di membri dovrebbe essere ristretto affinché siano favoriti l'aspetto materiale (giuridico) e la riservatezza delle deliberazioni;

b.

i membri dovrebbero almeno in gran parte possedere un'esperienza parlamentare pluriennale e un'esperienza professionale giuridica;

c.

a tale organo non dovrebbero essere assegnati compiti prevalentemente di altro tipo affinché esso possa dedicare la necessaria attenzione ai requisiti specifici di questi compiti giuridici.

Alla luce di questo profilo di requisiti, le attuali commissioni permanenti del Consiglio nazionale appaiono poco adatte a causa del loro grande numero di membri, del numero di regola esiguo di membri con esperienza professionale giuridica (ad eccezione della CAG) e della preponderanza dei suoi compiti politico-legislativi.

L'Ufficio del Consiglio nazionale si compone in maggioranza dei presidenti dei gruppi parlamentari già fortemente oberati da altre mansioni e dei membri della 6513

presidenza della Camera; nell'adempimento dei suoi compiti più importanti esso risente di regola di una grande pressione dettata dal tempo e dalla mole di lavoro.

L'Ufficio appare pertanto poco adatto quale prima istanza di valutazione di casi disciplinari.

L'istituzione in Consiglio nazionale di una nuova «Commissione disciplinare e dell'immunità» permanente (CDI) risulta corrispondere al meglio al profilo di requisiti (per i dettagli cfr. n. 3).

In Consiglio degli Stati la situazione potrebbe essere valutata diversamente. In questa Camera non si è mai posta sinora la domanda se un procedimento disciplinare debba essere avviato contro un membro della Camera. L'istituzione di una nuova commissione permanente che avrebbe dovuto in pratica occuparsi presumibilmente solo di casi relativi all'immunità, appare poco opportuna. La soluzione in Consiglio degli Stati potrebbe consistere nel fatto che la Commissione degli affari giuridici, che conta solo la metà dei membri dell'omologa Commissione del Consiglio nazionale, si occupi come sinora dei casi relativi all'immunità.

Visto che la legge sul Parlamento delega la denominazione delle commissioni competenti ai regolamenti delle singole Camere, ogni Camera può trovare una soluzione confacente alla propria situazione.

Mentre i requisiti specifici per la valutazione dei casi disciplinari e relativi all'immunità sono simili, per le due categorie di casi occorre considerare due differenze a livello procedurale: 1.

una misura disciplinare è una sanzione definitiva, passata in giudicato cosiccché, quale garanzia procedurale conferita dallo Stato, dev'essere data la possibilità di un ricorso. Sarebbe confacente designare quale istanza di ricorso l'Ufficio della Camera: esso è infatti l'organo direttivo della Camera dove sono rappresentati tutti i gruppi. La decisione sulla revoca dell'immunità è per contro una decisione procedurale e non una sanzione; essa consente l'avvio di un'inchiesta penale, il cui risultato rimane aperto. Una procedura di ricorso non è necessaria.

2.

Una misura disciplinare è un affare proprio della Camera; di conseguenza è la Commissione di quella Camera l'unica competente a sentire il deputato oggetto della misura disciplinare. Per decidere su richieste di soppressione dell'immunità sono per contro competenti le commissioni di entrambe le Camere, dato che in questi casi l'Assemblea federale quale organo della Confederazione è in relazione con autorità non parlamentari della Confederazione o dei Cantoni.

Il tenore dell'iniziativa parlamentare della CAG menzionava due varianti di delega di competenze a commissioni: da un lato, la delega qui proposta a commissioni di entrambe le Camere che si riuniscono separatamente, dall'altro una delega a una commissione congiunta di entrambe le Camere. Questa seconda soluzione avrebbe, da un canto, lo svantaggio pratico che una simile commissione di entrambe le Camere non potrebbe occuparsi anche di misure disciplinari, poiché in quest'ultimo caso si tratta di regola dell'affare di una sola camera. D'altro canto, l'istituzione di una simile commissione congiunta di entrambe le Camere sarebbe problematica anche dal profilo costituzionale. Occorre tenere ben presente i seguenti effetti concreti non accettabili ma possibili dell'istituzione di una simile commissione congiunta di entrambe le Camere: la votazione comune su una richiesta di soppressione 6514

dell'immunità di un deputato potrebbe comportare la soppressione dell'immunità di un membro del Consiglio degli Stati contro la volontà della maggioranza della delegazione del Consiglio degli Stati, ma favorita dalla maggioranza più consistente della delegazione del Consiglio nazionale.

L'articolo 153 Cost. consente nel capoverso 2 l'istituzione di commissioni congiunte e nel capoverso 3 una delega di competenze a commissioni. L'articolo 153 Cost. non può però essere considerato in modo isolato ma dev'essere visto nel contesto dell'articolo 156 Cost., che enumera i principi del sistema bicamerale: il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati deliberano separatamente e per decisioni dell'Assemblea federale è necessaria la concordanza di entrambe le Camere. Questi principi sono d'importanza centrale per lo Stato federale svizzero. Se il legislatore delega a commissioni una competenza sinora svolta da entrambe le Camere nell'ambito di processi di deliberazione e decisione separati, i principi che sottendono tali processi separati conservano la loro validità anche per le commissioni di entrambe le Camere.

La genesi dell'articolo 153 capoverso 2 Cost. conferma questa interpretazione.

Questa disposizione è stata creata per conferire una base costituzionale in particolare alle commissioni congiunte già esistenti nel settore dell'alta vigilanza (Delegazione della gestione, Delegazione delle finanze, Commissione parlamentare d'inchiesta) (cfr. FF 1995 I 981, FF 1997 III 258). L'alta vigilanza è esercitata di regola non in virtù di decreti dell'Assemblea federale, bensì di raccomandazioni e rapporti delle commissioni e delegazioni. L'alta vigilanza ha luogo nel dialogo fra queste commissioni e il Consiglio federale. È nell'interesse sia del Parlamento sia del Governo che il Parlamento parli con un'unica voce. La diversa rappresentanza del Popolo in seno al Consiglio nazionale e dei Cantoni in seno al Consiglio degli Stati e il controllo connesso intraorganico (verifica reciproca delle decisioni di entrambe le Camere) non rivestono in questo contesto alcun ruolo o lo rivestono solo in modo secondario, diversamente dalla maggior parte delle altre funzioni parlamentari. Proprio quando l'esame delle domande di soppressione dell'immunità viene posto nella sfera di competenza definitiva delle commissioni,
l'elemento del controllo intraorganico connesso con il sistema bicamerale acquisisce ancor più importanza: le commissioni devono poter deliberare e decidere senza influenzarsi direttamente. Queste decisioni possono essere di notevole importanza per gli interessati (accusati e autorità d'inchiesta), ciò che in ogni caso non solo giustifica ma impone una verifica della decisione della Commissione incaricata della prima deliberazione da parte della Commissione della seconda camera che si riunisce in seduta separata.

Quale Commissione competente non può entrare in linea di conto una commissione dell'Assemblea federale plenaria, né una commissione esistente (Commissione di grazia, Commissione giudiziaria) né una nuova, poiché l'articolo 157 capoverso 1 Cost. enumera le competenze dell'Assemblea federale plenaria in maniera esaustiva.

6515

3

Commento alle singole disposizioni

3.1

A. Modifica della legge sul Parlamento

Art. 13

Procedimento disciplinare durante una seduta della Camera

Il procedimento disciplinare attualmente descritto nell'articolo 13 capoverso 2, è modificato e disciplinato in modo più dettagliato nel nuovo articolo 13a. Questa disposizione permette di distinguere fra le infrazioni che vanno sanzionate immediatamente durante una seduta della Camera ed altri atti per i quali questa forma di sanzione non è possibile.

Nel caso di un ritiro della parola (cpv. 1 lett. a), la decisione del presidente non dovrebbe più poter essere impugnata, diversamente da quanto previsto dal diritto vigente. Una tale possibilità metterebbe eccessivamente in discussione la competenza del presidente nel dirigere le deliberazioni. L'espulsione di un deputato dalla sala per il resto della seduta (cpv. 1 lett. b) è una misura sensibilmente più pesante poiché modifica la rappresentanza dell'elettorato. Di conseguenza occorre mantenere la possibilità di sollevare reclamo contro questa misura.

Art. 13a (nuovo)

Procedimento disciplinare al di fuori di una seduta della Camera

L'articolo 13a toglie agli Uffici delle Camere la competenza in materia di misure disciplinari che non possono essere inflitte conformemente all'articolo 13 capoverso 1 durante una seduta della Camera (cfr. le considerazioni al n. 2.5). Dato che le condizioni nelle due Camere sono molto diverse e richiedono soluzioni proprie, la designazione del competente organo di prima istanza (cpv. 2) e dell'organo di ricorso (cpv. 5) è ancorata nei rispettivi regolamenti delle Camere. Al numero 2.4 figurano le ragioni del trasferimento della delega della competenza decisionale in materia di reclami dalla Camera a uno dei suoi organi.

Il capoverso 1 indica le due misure disciplinari possibili e corrisponde all'attuale articolo 13 capoverso 2.

Il capoverso 2 precisa che l'organo competente per infliggere misure disciplinari è quello della Camera di cui fa parte il parlamentare interessato. Viene così risolta una questione rimasta in sospeso: stabilire, cioè, chi sia competente nel caso in cui l'infrazione è commessa nel quadro dell'Assemblea federale plenaria o nel caso in cui l'intervento di un deputato in una commissione dell'altra Camera (in particolare in occasione dell'esame di iniziative parlamentari) provoca l'avvio di un procedimento disciplinare.

I capoversi 2 e 3 stabiliscono il minimo necessario di principi procedurali (per quanto riguarda le necessarie garanzie conferite da uno Stato di diritto in un procedimento disciplinare, cfr. n. 2.2). Un procedimento può essere avviato su richiesta di un deputato o di un organo della Camera. Questo non significa che l'organo competente non possa attivarsi di propria iniziativa; il suo presidente e i suoi membri sono anch'essi deputati con il diritto di presentare una richiesta in tal senso. Se la richiesta ottiene risposta favorevole, il parlamentare interessato ha il diritto di essere sentito personalmente. Di proposito non si è voluto tuttavia utilizzare l'espressione «diritto di essere sentiti» per evitare che le disposizioni procedurali venissero interpretate in maniera eccessivamente formalista. Si precisa inoltre che il parlamentare interessato non può farsi rappresentare né accompagnare da terzi (per esempio da un avvocato o 6516

da un altro parlamentare), contrariamente a quanto richiesto da alcuni nel quadro delle misure disciplinari inflitte nella primavera del 2008. Infatti, il diritto parlamentare non prevede la partecipazione di terzi ad alcun dibattito parlamentare; soltanto i rappresentanti del Popolo da esso eletti e i magistrati eletti da questi ultimi hanno il legittimo diritto di poter influire sulle decisioni parlamentari mediante l'esposizione orale del loro punto di vista.

Capoverso 4: l'informazione dell'opinione pubblica sui risultati sostanziali dei lavori della commissione è particolarmente importante. Dato che non sono più previste deliberazioni parlamentari pubbliche, essa costituisce l'unica possibilità per informare l'opinione pubblica e si svolge conformemente all'articolo 5 LParl e alle relative disposizioni d'esecuzione presenti nei rispettivi regolamenti delle Camere (art. 20 RCN, art. 15 RCS). I parlamentari potrebbero avere un interesse particolare per questa informazione; per questa ragione vengono informati per scritto (per esempio mediante trasmissione del corrispondente comunicato stampa), ciò che potrebbe anche avere un effetto preventivo.

I capoversi 5­7 disciplinano la procedura di reclamo, i cui principi sono analoghi a quelli applicati alla procedura dinanzi all'organo di prima istanza. Nel suo parere, la CAG ha proposto che l'organo di ricorso dia la possibilità all'organo di prima istanza di prendere posizione per scritto e rinunci a convocare un rappresentante di quest'organo per essere sentito. La CIP non ha ripreso questa proposta: a una procedura inevitabilmente più lunga e più costosa come quella dello scambio di pareri scritti, essa ha preferito le audizioni che costituiscono un modo per ottenere direttamente ed efficacemente determinate informazioni.

Capoverso 8: per la loro importanza, le decisioni in materia disciplinare e di immunità possono essere prese unicamente in presenza della maggioranza dei membri dell'organo competente. Questa disposizione si ispira a quella dell'articolo 92 capoverso 1 LParl concernente la conferenza di conciliazione. La nuova disposizione proposta con l'articolo 13a capoverso 8 si applica alla procedura disciplinare (organo di prima istanza e organo di ricorso); un'analoga disposizione contemplata nell'articolo 17a capoverso 3 LParl (immunità
relativa dei parlamentari secondo la minoranza della Commissione) e nell'articolo 14 capoverso 4 LResp (immunità relativa dei membri del Consiglio federale e del Tribunale federale) concerne l'esame delle richieste di soppressione dell'immunità. Questo parallelismo è necessario poiché la regola del quorum deve valere in maniera generale, dal momento che lo stesso atto di un parlamentare, come la violazione della natura confidenziale delle deliberazioni delle commissioni, può comportare sia una misura disciplinare sia la revoca dell'immunità ed è previsto che lo stesso organo sia competente per entrambi i settori.

Capoverso 9: il diritto parlamentare attualmente in vigore prevede soltanto l'obbligo per i «parlamentari che hanno un interesse personale diretto in un oggetto in deliberazione» di indicarlo quando si esprimono nella Camera o in una Commissione (art. 11 cpv. 3 LParl). Se un procedimento disciplinare è avviato contro un membro della commissione incaricata del procedimento medesimo o contro un membro dell'organo di ricorso, il parlamentare interessato è tenuto a ricusarsi. Egli può tuttavia farsi sostituire in seno alla commissione conformemente alle disposizioni in vigore nella Camera di cui fa parte (art. 18 RCN, art. 14 RCS).

6517

Art. 17

Immunità relativa; definizione e competenze

Sulla proposta della maggioranza di abrogare l'articolo 17 si veda il numero 2.3.

Il commento seguente riguarda la proposta della minoranza I.

A causa delle numerose modifiche proposte, l'articolo 17 dovrebbe ormai prevedere 11 capoversi. Per evitare questa pletora di disposizioni, quelle inerenti agli aspetti procedurali saranno inserite in un nuovo articolo (art. 17a).

Capoverso 1: sulla nozione di immunità relativa, si veda il numero 2.3. Le due Camere delegano alle rispettive commissioni la competenza di decidere in merito alla soppressione dell'immunità di un parlamentare (cfr. le considerazioni ai n. 2.4 e 2.5).

Capoverso 2: secondo la riforma giudiziaria l'organo giudiziario della Confederazione competente per i procedimenti penali contro membri di un'autorità della Confederazione non è più il Tribunale federale bensì il Tribunale penale federale (FF 2001 4069). Le disposizioni applicabili ai deputati erano state trasferite dalla LResp alla LParl senza che la modifica prevista con la riforma giudiziaria fosse anche presa in considerazione nella LParl. Occorre tuttavia andare oltre questa correzione ed esprimere più chiaramente la possibilità di delegare alle autorità penali della Confederazione l'istruzione e il giudizio di un reato normalmente sottoposto alla giurisdizione cantonale. Il tenore della vigente disposizione lascia erroneamente intendere che la decisione che l'Assempblea federale può prendere sia una specie di messa in stato d'accusa con tanto di rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale penale federale.

Capoverso 3: in questi ultimi anni il Ministero pubblico della Confederazione ha vissuto un'importante evoluzione. Questa evoluzione è tuttora in atto poiché la nuova legge federale sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione (08.066; FF 2010 1813) modifica profondamente lo statuto del Ministero pubblico accordando a quest'ultimo ancora maggiore indipendenza. Si può supporre che il Ministero pubblico sarà assolutamente in grado di condurre un'inchiesta nei confronti di un parlamentare. La designazione di un procuratore pubblico straordinario non deve quindi più apparire come la regola (vigente cpv. 4), ma unicamente una possibilità da utilizzare in situazioni straordinarie (cfr. l'espressione «Se sembra giustificato dalle circostanze del caso» del cpv. 4). La
disposizione si applica in generale, sia che le infrazioni sottostiano alla giurisdizione federale, per esempio in applicazione dell'articolo 336 CP, sia che l'istruzione e il giudizio siano delegati alle autorità penali della Confederazione conformemente al capoverso 4. Cfr. anche il commento all'articolo 14 capoverso 3 e all'articolo 6 LResp.

Capoverso 4: la identica formulazione di questa disposizione figura anche nei rispettivi regolamenti delle due Camere (art. 21 cpv. 3 RCN e art. 17 cpv. 4 RCS). Una delega di competenze di questa portata necessita tuttavia di una base legale (cfr.

analoga delegazione di competenze ai presidenti delle commissioni per quanto riguarda la liquidazione delle petizioni ad esempio «dal contenuto manifestamente fuorviante»; art 126 cpv. 4 LParl).

Art. 17a (nuovo) Immunità relativa; procedura Il commento seguente riguarda la proposta della minoranza I.

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Capoverso 2: in caso di decisioni divergenti delle due commissioni si applica per analogia la procedura di «appianamento delle divergenze in casi speciali» prevista attualmente per le due Camere (art. 95 LParl).

Capoverso 3: cfr. commento all'articolo 13a capoverso 8.

Capoversi 4­7: si applicano gli stessi principi procedurali che sono alla base del procedimento disciplinare (cfr. commento all'art. 13a cpv. 3, 4 e 9) con la differenza che la prima decisione non è impugnabile dinanzi a un altro organo della stessa Camera. Per contro l'organo competente dell'altra Camera procede, se del caso, a un secondo esame.

Art. 18 cpv. 2, 3 e 4 Se venisse abolita l'immunità relativa sarebbe opportuno abrogare la disposizione che vincola l'attuazione di provvedimenti investigativi all'autorizzazione delle presidenze delle Camere. Per contro si constata la necessità di mantenere tale autorizzazione per la soppressione del segreto postale e delle telecomunicazioni (art. 18 cpv. 1). Un deputato può essere anche interessato da questo provvedimento se il perseguimento penale non riguarda il parlamentare stesso, bensì una terza persona.

Una situazione di questo genere, verificatasi agli inizi degli anni 70, è all'origine dell'adozione di questa disposizione. Per assumere i compiti che gli spettano, un parlamentare deve poter entrare in contatto con terzi (elettori, informatori, ecc.)

senza dover temere di essere eventualmente posto sotto ascolto.

Art. 20 La Commissione propone parimenti di abolire la garanzia di partecipazione alle sessioni, altra forma di immunità relativa dal momento che anch'essa può essere tolta. Durante le sessioni nessun procedimento penale può essere avviato o proseguito nei confronti di un parlamentare che ha commesso un reato non connesso alla sua attività ufficiale senza che egli vi abbia acconsentito o che l'organo parlamentare competente abbia dato l'autorizzazione. La questione del mantenimento o dell'abolizione dell'immunità relativa (art. 17) e della garanzia di partecipazione alle sessioni (art. 20) può suscitare valutazioni assai divergenti. Se nella pratica l'immunità relativa prevista dall'articolo 17 riveste un'importanza indiscutibile, è ormai da molto tempo che non è più stata avviata dinanzi al Parlamento una procedura d'autorizzazione ai sensi dell'articolo 20. È lecito
supporre che un parlamentare sospettato di aver commesso un'infrazione decida di propria iniziativa di autorizzare l'avvio di un procedimento penale nei propri confronti dal momento che non avrebbe alcun interesse a essere oggetto di una procedura pubblica. Originariamente, la funzione vera e propria della garanzia di partecipazione alle sessioni era quella di evitare che perseguimenti penali giustificati da motivi politici arbitrari potessero essere avviati contro determinati parlamentari con il pretesto di reati «meschini», permettendo così al Parlamento di adempiere la sua missione. All'epoca dell'introduzione di questa disposizione, poco dopo il 1848 al tempo della costituzione dello Stato federale, simili timori erano effettivamente giustificati nei confronti delle autorità penali cantonali ostili al neonato Stato federale, ma che oggi non hanno più ragione d'essere.

La garanzia di partecipazione alle sessioni, introdotta all'epoca della nascita dello Stato federale, epoca in cui i parlamentari esercitavano il loro mandato unicamente 6519

durante le sessioni e dovevano essere protetti da procedimenti penali unicamente in quei periodi, si rivela ormai superata. Così funzionava il Parlamento al tempo della costituzione dello Stato federale. Oggi la realtà è molto diversa: il Parlamento svizzero è diventato praticamente un «parlamento semiprofessionista», i cui compiti sono in gran parte svolti dalle commissioni che si riuniscono nel corso di tutto l'anno. Per il fatto che i membri delle autorità federali eletti dall'Assemblea federale beneficiano dell'immunità relativa durante tutto l'anno e non unicamente durante un lasso di tempo limitato (cfr. art. 61a LOGA, art. 11 LTF, art. 12 LTAF, art. 16 LTFB e art. 50 LOAP) si crea una disparità di trattamento rispetto ai parlamentari e ai membri di altre autorità. Occorre pertanto eliminare questa disparità, difficile da giustificare, abolendo una forma di immunità ormai superata.

La minoranza I ritiene che il mantenimento dell'immunità relativa sia giustificato dalle stesse ragioni che motivano la salvaguardia della garanzia di partecipazione alle sessioni. Anche in questo caso la decisione non dovrebbe più essere di competenza delle Camere, bensì delle loro Commissioni. Sull'introduzione dell'avverbio «direttamente» nel capoverso 1, si veda il commento al n. 2.3.

Art. 95 lett. i Cfr. articolo 17a capoverso 2.

Modifica di altre leggi 1. Legge sulla responsabilità (LResp), ingresso, art. 14, 14bis cpv. 2 e 4, 14ter e 15 Secondo la prassi della Commissione parlamentare di redazione, la revisione parziale di una legge emanata prima dell'entrata in vigore della Costituzione federale del 1999 rappresenta un'occasione per adeguare l'ingresso della legge in modo tale che essa non si fondi più sulla Costituzione federale del 1874 ma su quella del 1999.

In analogia con gli articoli 17­19 e 21 LParl, gli articoli 14, 14bis e 14ter LResp disciplinano l'immunità relativa dei magistrati eletti dall'Assemblea federale per reati connessi alla loro attività ufficiale, nonché la soppressione del segreto postale e delle telecomunicazioni e l'avvio di altre misure d'inchiesta nei confronti di magistrati.

La Commissione propone che l'immunità relativa di cui beneficiano i membri delle autorità federali eletti dall'Assemblea federale sia disciplinata separatamente. Per garantire il buon funzionamento delle più alte autorità della Confederazione, è legittimo che i membri del Consiglio federale, il cancelliere della Confederazione e i membri del Tribunale federale, personalità particolarmente esposte a causa delle cariche che ricoprono, continuino ad essere protetti da eventuali perseguimenti penali per infrazioni connesse all'esercizio della loro attività. Il mantenimento di questa immunità relativa è d'altro canto indispensabile per consentire all'Assemblea federale, qualora abbia autorizzato l'avvio di un perseguimento penale, di «dispo[rre] anche circa la sospensione provvisoria dell'incolpato», conformemente all'articolo 14 capoverso 7 LResp, ciò che potrebbe rivelarsi necessario per ragioni politiche. Le argomentazioni addotte a favore del mantenimento dell'immunità relativa non si applicano tuttavia ai membri di istanze giudiziarie inferiori, al procuratore generale della Confederazione e ai procuratori generali supplenti della Confederazione.

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Mentre la maggioranza della Commissione deve disciplinare i dettagli della procedura nell'articolo 14 LResp, la minoranza I può rinviare agli analoghi disciplinamenti previsti negli articoli 17 e 17a LParl: ­

definizione dell'immunità relativa, competenze (cpv. 1): cfr. numeri 2.3 e 2.4;

­

determinazione della Camera prioritaria (cpv. 2): dato che la persona interessata non è un parlamentare, la priorità di trattamento non dipende dall'appartenenza di questa persona a una delle Camere; è quindi necessaria una disposizione particolare;

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appianamento delle divergenze (cpv. 3): cfr. commento all'art. 17a cpv. 2 LParl nella versione della minoranza I;

­

quorum (cpv. 4): cfr. commento all'articolo 13a cpv. 8 LParl;

­

diritto di essere sentiti (cpv. 5): ripresa dal diritto vigente, la formulazione («dare l'opportunità di pronunciarsi») differisce da quella degli articoli 13a capoverso 3 e (conformemente alla minoranza I) articolo 17a capoverso 4 LParl («sentire»). Il magistrato interessato non viene necessariamente sentito dall'organo competente. A seconda delle circostanze, in particolare quando la soppressione dell'immunità appare poco probabile poiché nell'incartamento mancano indizi evidenti della commissione di un reato, il magistrato può rinunciare ad esprimersi oralmente davanti alla commissione; in particolare può scegliere di presentare il proprio parere per scritto. Contrariamente agli articoli 13a capoverso 3 e 17a capoverso 4 LParl, l'articolo 14 capoverso 5 LResp non vieta alla persona coinvolta di farsi rappresentare o accompagnare da terzi. In questi casi si può quindi tenere conto della prassi seguita dalle Commissioni degli affari giuridici. In occasione, ad esempio, dell'esame del caso 09.035 nel quale erano interessati più consiglieri federali, il Consiglio federale ha deciso che i magistrati coinvolti venissero rappresentati dal capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia. Nel caso 09.034 concernente le dichiarazioni del capo del Dipartimento federale degli affari esteri nella campagna precedente la votazione popolare dell'8 febbraio 2009 (rinnovo dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone e la sua estensione alla Bulgaria e alla Romania), la consigliera federale si è fatta accompagnare dal capo dell'Ufficio dell'integrazione e da un altro quadro;

­

comunicazione della decisione e informazione dell'opinione pubblica (cpv. 6): cfr. commento all'articolo 13a cpv. 4 LParl;

­

sospensione provvisoria dell'incolpato (cpv. 7): conformemente al vigente articolo 14 capoverso 4 LResp le Camere possono decidere circa il permesso di procedere penalmente e nel contempo anche «circa la sospensione provvisoria dell'incolpato». Qualora questa disposizione fosse applicata ­ ciò che finora non è mai successo ­, la decisione sarebbe così importante da non poter essere delegata alle commissioni. La competenza di prendere una decisione di questo genere non deve tuttavia essere affidata neppure alle due Camere riunite separatamente, com'era il caso finora, bensì all'Assemblea federale plenaria in qualità di organo deputato all'elezione dei magistrati.

Una commissione deve procedere all'esame preliminare dell'oggetto e sottoporre all'Assemblea federale plenaria la sua proposta. Di conseguenza, le commissioni competenti delle due Camere si riuniscono assieme come 6521

commissione unica dell'Assemblea federale plenaria. Il numero dei membri delle commissioni competenti, tuttavia, non corrisponderà probabilmente alla forza numerica abituale delle delegazioni del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati (art. 39 cpv. 4 LParl: 12 membri del Consiglio nazionale, 5 membri del Consiglio degli Stati) in seno a una commissione dell'Assemblea federale plenaria, ragion per cui i rispettivi Uffici dovranno aumentare o ridurre il numero dei membri delle commissioni competenti; ­

delega dell'istruzione e del giudizio alle autorità penali della Confederazione (cpv. 8): cfr. commento all'art. 17 cpv. 2 LParl nella versione della minoranza I;

­

designazione di un procuratore pubblico straordinario della Confederazione (cpv. 9): il commento all'articolo 17 capoverso 3 LParl nella versione della minoranza I vale anche quando la persona interessata dalla richiesta di soppressione dell'immunità è un magistrato eletto dall'Assemblea federale, segnatamente un consigliere federale come nei casi citati 09.034 e 09.035: il Ministero pubblico della Confederazione non può cedere l'affare e accontentarsi di trasmettere l'azione o la denuncia al Parlamento. Anche se l'incartamento concerne un membro del Consiglio federale ovvero di un organo che, fino all'entrata in vigore della nuova legge federale sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione, è l'autorità di nomina del procuratore generale e dei suoi supplenti, il Ministero pubblico deve procedere a un primo esame del caso per determinare se le accuse mosse siano di rilevanza penale. In tal caso, è lo stesso Ministero a doversi procurare dal Parlamento l'autorizzazione di adottare le misure necessarie per poter procedere a «un primo chiarimento dei fatti o per assicurare le prove» (art. 14bis cpv. 4 LResp). La designazione di un procuratore straordinario deve rimanere l'eccezione e intervenire unicamente se circostanze particolari ­ ma non la «semplice» qualità di magistrato della persona interessata ­ lo richiedono;

­

liquidazione diretta di domande manifestamente insostenibili (cpv. 10): cfr.

commento all'art. 17 cpv. 4 LParl nella versione della minoranza I.

L'articolo 14bis capoverso 2 LResp risale a prima del 2000 quando ciascuna Camera aveva soltanto un vicepresidente. Dato che dal 2000 ognuna di esse prevede un secondo vicepresidente, il quorum necessario per concedere il permesso deve essere innalzato da tre a cinque membri in analogia con l'articolo 19 LParl. Si può così escludere che il permesso venga accordato contro la volontà di una maggioranza della presidenza di una delle Camere, ciò che sarebbe più che discutibile dal profilo dei principi su cui si regge il sistema bicamerale.

L'articolo 15 LResp disciplina il permesso di promuovere un perseguimento penale contro un funzionario federale. In virtù dell'articolo 2 capoverso 1 LResp, le «disposizioni concernenti i funzionari» si applicano a tutte le persone che rientrano nel campo di applicazione della LResp, come i membri dei tribunali federali, sempre che la legge «non disponga altrimenti». In caso di adozione della proposta della Commissione concernente l'articolo 14 capoverso 1 LResp, che mira ad abolire l'immunità relativa per i membri del Tribunale amministrativo federale, del Tribunale penale federale e del Tribunale federale dei brevetti, nonché del procuratore generale della Confederazione e dei procuratori generali supplenti della Confederazione, occorre chiedersi se spetterebbe ancora al DFGP autorizzare un perseguimento penale in virtù dell'articolo 15 capoverso 1 LResp ­ in combinato disposto 6522

con l'articolo 2 capoverso 1 LResp ­, ciò che sarebbe incompatibile con l'obiettivo perseguito dalla nuova legislazione, ossia l'indipendenza delle autorità di perseguimento penale nei confronti dell'Esecutivo. La soluzione più semplice per questo problema sarebbe l'abrogazione integrale dell'articolo 15 LResp. Questa disposizione, la cui portata pratica è molto limitata (cfr. art. 15 cpv. 3) non ha più ragione d'essere; essa è infatti ormai difficilmente compatibile con la concezione attuale del diritto del personale federale.

Nei loro pareri, il Tribunale federale (lettera del 7 luglio 2010), il Tribunale penale federale (12 luglio 2010) e il Tribunale amministrativo federale (16 luglio 2010) si oppongono all'abrogazione dell'articolo 15 LResp. Essi sottolineano che non di rado persone scontente di una sentenza emessa da un tribunale fanno causa contro i cancellieri coinvolti, segnatamente per abuso d'autorità. I tribunali non precisano tuttavia in quale misura queste accuse, generalmente prive di fondamento, potrebbero pregiudicare seriamente i cancellieri nell'esercizio della loro funzione. Inoltre, la Commissione non ritiene logico abrogare l'immunità relativa dei membri ad esempio del Tribunale amministrativo federale e del Tribunale penale federale ­ ciò che i tribunali federali non hanno contestato nei loro pareri ­, mantenendo nel contempo la necessità di un'autorizzazione per avviare un procedimento penale contro impiegati di questi tribunali.

2. Legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA), art. 61a 3. Legge sul Tribunale federale (LTF), art. 11 4. Legge sul Tribunale amministrativo federale (LTAF), art. 12 5. Legge sul Tribunale federale dei brevetti (LTFB), art. 16 6. Legge sull'organizzazione delle autorità penali (LOAP), art. 50 Le argomentazioni addotte dalla Commissione a favore dell'abolizione della garanzia di partecipazione alle sessioni valgono anche per giustificare l'abolizione dell'immunità relativa di cui beneficiano i membri delle autorità federali eletti dall'Assemblea federale quando si rendono colpevoli di infrazioni non direttamente connesse con la loro attività ufficiale (cfr. commento all'art. 20 LParl).

3.2

B. Modifica del regolamento del Consiglio nazionale

Art. 10 n. 13, art. 13a L'istituzione di una commissione permanente supplementare incaricata di esaminare i casi di immunità e disciplinari è motivata nel numero 2.5.

Capoverso 1: il numero dei membri di questa commissione dovrebbe essere nettamente inferiore a quello delle altre commissioni permanenti; un effettivo di nove membri appare adeguato.

La minoranza I della commissione (Joder, Bugnon, Fehr Hans, Geissbühler, Rutschmann, Scherer Marcel, Wobmann) riprende la proposta di una minoranza della CAG (Stamm, Geissbühler, Heer, Kaufmann, Nidegger, Reimann Lukas, Schwander) che auspica una commissione più importante con dimensioni analoghe alla maggior parte delle commissioni permanenti del Consiglio nazionale (25 mem6523

bri ­ l'attuale numero di 26 membri rappresenta una soluzione transitoria). Essa ritiene che le misure disciplinari e le richieste di soppressione dell'immunità debbano poter essere discusse ampiamente in seno a un organo rappresentativo delle diverse tendenze politiche; essa vuole evitare che la nuova commissione si trasformi in un tribunale.

Capoverso 2: in considerazione delle particolari esigenze poste a questa commissione, in particolare quella di una pratica coerente, appare opportuno che la sua composizione rimanga per quanto possibile costante. La disposizione dell'articolo 18 RCN, secondo la quale i membri di una commissione possono farsi sostituire per una seduta da qualsiasi parlamentare designato dal gruppo al quale appartengono, contraddice tuttavia questo criterio. Per consentire comunque una sostituzione, il testo prevede la designazione di un sostituto permanente, il solo ad essere abilitato a sostituire un determinato membro per una seduta.

Inoltre, le disposizioni generali che si applicano sono le stesse applicate alle altre commissioni. Per esempio, l'Ufficio nomina il presidente, il vicepresidente e i membri su proposta dei gruppi (art. 9 cpv. 1 lett. g RCN). I seggi in seno alla commissione sono ripartiti fra i gruppi conformemente all'articolo 43 capoverso 3 LParl e all'articolo 15 capoverso 1 lettera abis RCN.

Capoverso 3: la minoranza II propone di completare le esigenze formulate nel numero 2.5 nei confronti dei membri di questa commissione con l'obbligo di appartenenza minima di quattro anni alla Camera. La maggioranza si oppone a questa disposizione ritenendola troppo rigida; essa è convinta che i gruppi sapranno tenere conto delle esigenze summenzionate quando dovranno presentare all'Ufficio le loro proposte per l'elezione dei membri della commissione.

In caso di adozione della proposta della minoranza II, ci si chiede come procedere qualora un gruppo avente diritto a un certo numero di seggi non disponga di membri sufficienti che adempiano il requisito minimo per far parte della commissione.

Anche se è fortemente improbabile che una tale situazione si verifichi, in un caso del genere il diritto del gruppo prevarrebbe poiché fondato su un atto legislativo di rango superiore (art. 43 cpv. 3 LParl).

Art. 21 cpv. 3 Il trasferimento della competenza di trattare le
richieste di soppressione dell'immunità dalla Commissione degli affari giuridici alla Commissione disciplinare e dell'immunità è motivato nel numero 2.5.

Art. 33cter Si vedano le spiegazioni nei numeri 2.4 e 2.5.

Art. 33cquater L'articolo 33cquater RCN corrisponde all'attuale articolo 21 capoverso 3 RCN, con la differenza che la competenza finora attribuita alla Commissione degli affari giuridici è trasferita alla istituenda Commissione disciplinare e dell'immunità (cfr.

n. 2.5) e che quest'ultima non procede a un esame preliminare di un affare da poi sottoporre alla Camera, ma decide in modo definitivo (cfr. n. 2.4).

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4

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Queste modifiche della legge sul Parlamento e del regolamento del Consiglio nazionale non hanno ripercussioni dirette né a livello finanziario né sull'effettivo del personale. L'effetto positivo dei leggeri risparmi ottenuti nella gestione delle Camere potrebbe essere vanificato da uscite supplementari nella gestione delle commissioni.

5

Basi legali

La legge sul Parlamento e le relative modifiche proposte in questa sede si basano sull'articolo 164 capoverso 1 lettera g Cost., che prevede che le disposizioni fondamentali relative all'organizzazione e alla procedura delle autorità federali debbano essere emanate sotto forma di legge federale.

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