10.086 Rapporto del Consiglio federale sulla valutazione della politica europea svizzera (in risposta al postulato Markwalder [09.3560] «Politica europea: valutazione, priorità, provvedimenti urgenti e passi futuri verso l'integrazione») del 17 settembre 2010

Onorevoli presidenti e consiglieri, vi sottoponiamo, per conoscenza, il rapporto in risposta al postulato 09.3560 Markwalder.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

17 settembre 2010

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Doris Leuthard La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2010-1419

6395

Compendio Con il presente rapporto il Consiglio federale accoglie la richiesta espressa nel postulato1 della consigliera nazionale Markwalder che lo invita a valutare i vantaggi e gli svantaggi degli attuali strumenti di politica europea e a indicare le priorità e le misure concrete per la futura politica europea della Svizzera.

Il presente studio, basandosi sul Rapporto Europa 20062 e sul Rapporto sulla politica estera 20093, analizza i diversi strumenti di politica europea alla luce degli sviluppi sopraggiunti e dal profilo della migliore tutela possibile degli interessi svizzeri. A tale scopo esso si basa sui requisiti che il Consiglio federale ha fissato nel rapporto Europa 2006 (n. 1.1), ossia: 1.

partecipazione alle decisioni: nell'ambito degli accordi bilaterali con l'UE, la Svizzera dispone di un grado di codecisione e di uno spazio di manovra per l'attuazione delle proprie politiche giudicati sufficienti da ambo le parti;

2.

fattibilità in materia di politica estera: per quanto riguarda la sua politica applicata nei confronti dei Paesi terzi l'UE è disposta a elaborare congiuntamente alla Svizzera soluzioni nell'ambito di accordi bilaterali settoriali;

3.

condizioni quadro economiche: le condizioni quadro economiche, in particolare anche nell'ambito monetario, non cambiano a svantaggio della Svizzera.

Contesto e sviluppi attuali (n. 1.3) Nonostante la diminuzione della quota europea sia a livello di popolazione che di prestazioni economiche, l'UE rimane la più importante economia del mondo e la potenza dominante sul continente. In quanto potenza commerciale più importante, geograficamente confinante ma anche vicina istituzionalmente, e creatrice con sempre maggior frequenza di norme di portata internazionale, l'UE rappresenta il punto di riferimento principale della politica estera e della politica economica estera svizzere. Per la Svizzera una politica europea attiva e adeguata ai costanti mutamenti delle esigenze assume un'importanza sempre maggiore poiché l'UE sarà sempre più attiva anche in settori che tradizionalmente rientrano nella sfera di competenze di organizzazioni delle quali anche la Svizzera è membro a pieno titolo.

Con il Trattato di Lisbona4 (n. 1.3.2.1) l'UE ha fatto un ulteriore importante passo verso una maggiore comprensione e un rafforzamento dell'integrazione. Tramite una procedura di decisione semplificata (principio della maggioranza qualificata) la sua capacità di azione sarà aumentata e, grazie alla rivalutazione del ruolo del Parlamento europeo, il controllo democratico rafforzato.

1 2 3 4

Postulato Markwalder Bär (09.3560) «Politica europea: valutazione, priorità, provvedimenti urgenti e passi futuri verso l'integrazione».

Rapporto Europa 2006 del 28 giu. 2006, FF 2006 6223 segg.

Rapporto sulla politica estera 2009 del 2 set. 2009, FF 2009 5463 segg.

GU C 115 del 9 mag. 2008.

6396

In seguito alla crisi finanziaria ed economica anche la valuta comune, l'euro, si è trovata sotto pressione (n. 1.3.2.2). È presumibile che il problema legato alle discrepanze della politica economica e della politica fiscale nella zona euro, che ha dato origine alla crisi, sia risolto grazie a un nuovo e importante passo verso l'integrazione che avvicinerebbe gli Stati dell'UE ­ o perlomeno quelli della zona euro ­ a un'unione politica. L'economia d'esportazione svizzera, strettamente coinvolta con l'UE, è confrontata a nuove insicurezze che riguardano sia la futura dinamica economica del suo più importante partner, sia il corso dell'euro rispetto al franco svizzero.

Anche le relazioni bilaterali tra la Svizzera e l'UE negli ultimi anni sono state confrontate a una serie di sviluppi, descritti al numero 1.3.3.

Analisi dei più recenti sviluppi alla luce dei tre requisiti (n. 2) Per quanto riguarda le relazioni bilaterali della Svizzera con l'UE, l'analisi della situazione rispetto ai tre requisiti mostra una chiara tendenza all'erosione del margine di manovra.

Certamente l'UE è sempre interessata a concludere accordi bilaterali settoriali, ma esige non solo il completo recepimento di tutti gli acquis comunitari bensì anche degli sviluppi che ne derivano. Inoltre, si pongono sempre nuove questioni relative alla sorveglianza e alla giurisdizione in caso di impiego o interpretazione divergente dell'accordo.

Un ulteriore problema è la sicurezza giuridica. A causa dei rapidi sviluppi del diritto nell'UE, per i fornitori svizzeri, in quanto cittadini di uno Stato terzo, l'accesso al mercato UE comporta ogni volta il rischio di essere colpiti da ostacoli, siano essi a causa della legiferazione dell'UE in settori che non sono coperti dagli accordi bilaterali o perché in un settore interessato da un accordo bilaterale vi è stato un ulteriore adeguamento dell'acquis dell'UE, non contemplato nel pertinente accordo.

Questi sviluppi non rendono impossibile la via bilaterale. Considerando le strettissime relazioni, tutte e due le parti sono interessate a cercare soluzioni contrattuali e ad adeguarle alle mutate situazioni. Tuttavia tali sviluppi diminuiscono il margine di manovra del nostro Paese quando si tratta di concludere nuovi accordi.

Analisi delle sfide relative agli strumenti di politica europea
della Svizzera (n. 3) Le seguenti sei opzioni della politica europea ­ sin dall'inizio gli scenari «soluzione unilaterale» e «Unione doganale» sono stati valutati come irrealistici ed esclusi dall'analisi (n. 3.2) ­ saranno esaminate in funzione delle loro ripercussioni su determinati temi chiave: le istituzioni svizzere, il parallelismo tra i singoli dossier negoziali, le richieste dell'UE nel settore fiscale, l'accesso al mercato, la politica economica e monetaria nonché la politica sociale e ambientale. Inoltre, i costi di ogni opzione saranno valutati per sommi capi.

6397

Proseguimento della via bilaterale senza nuovi accordi (n. 3.3.)

La rinuncia consapevole a concludere nuovi accordi, sulla base del mantenimento e dello sviluppo di quelli esistenti, potrebbe ovviamente indebolire la problematica del parallelismo. Ciò attenuerebbe una potenziale pressione ma solo apparentemente poiché l'UE potrebbe fissare nuove richieste ai necessari sviluppi degli accordi esistenti e, in un caso estremo, potrebbe persino minacciare la loro disdetta.

L'attuale accesso al mercato UE potrebbe erodersi, per esempio a causa di sviluppi normativi in seno all'UE, cosicché mantenere lo status quo contrattuale potrebbe potenzialmente portare a un peggioramento delle condizioni quadro economiche.

L'autonomia della politica economica e monetaria è conservata ma la pressione che di fatto si sentirà per adeguare il diritto non verrebbe ridotta.

Perseguimento ed estensione della via bilaterale (n. 3.4) Se la via bilaterale deve essere perseguita ed estesa, ossia, se nei settori di reciproco interesse vengono intrapresi nuovi negoziati, è necessario considerare il contesto nel quale le relazioni tra la Svizzera e l'UE evolvono. Deve quindi essere trovato un equilibrio tra l'adeguamento degli accordi all'evoluzione del diritto dell'UE e la tutela della sovranità svizzera. La Svizzera esclude qualsiasi recepimento automatico dell'evoluzione del diritto e rivendica il diritto di partecipare alle decisioni che la riguardano («decision shaping») e il rispetto dei processi decisionali in materia di politica interna, incluso il referendum. Nel caso in cui la Svizzera non recepisse uno sviluppo del diritto, devono essere accordate le adeguate misure di compensazione dell'UE, che però non devono comportare necessariamente la disdetta dell'intero accordo. Tali principi, il cui modello è già presente in alcuni accordi esistenti, devono essere applicati a ogni nuovo negoziato con l'UE. Anche per quanto riguarda la sorveglianza e la giurisdizione, nel caso di un impiego e un'interpretazione differente dell'accordo devono essere trovate soluzioni. Tenuto conto del fatto che le due parti sono interessate a che l'interpretazione degli accordi sia uniforme, ciò dovrebbe essere possibile.

Nell'applicazione generale di questi principi, a livello di istituzioni e di federalismo sarebbe sensato prendere in
considerazione determinate riforme volte a garantire una tutela ottimale degli interessi elvetici e il buon funzionamento degli accordi.

Con il Trattato di Lisbona la cerchia degli attori importanti per il nostro Paese in seno all'UE si è allargata. In particolare, nell'ambito della conclusione di accordi internazionali il Parlamento europeo è stato investito di nuove competenze. I contatti con il Parlamento europeo assumono quindi una particolare importanza alla vigilia di decisioni fondamentali per la Svizzera.

Un perseguimento efficace della via bilaterale presuppone un equilibrio tra gli interessi delle due parti nel contesto globale delle loro relazioni bilaterali. Ciò implica che, nel quadro di negoziati di nuovi accordi in settori d'interesse reciproco, la Svizzera deve tener presente le richieste dell'UE, per esempio nel settore fiscale. Per contro il nostro Paese deve considerare nel contesto globale quali sviluppi dare alle richieste dell'UE alla luce dei propri interessi. In tale contesto è importante segnalare che, in quanto partner solidale, la Svizzera partecipa al perseguimento degli obiettivi comuni europei, tramite importanti lavori infrastrutturali

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(NFTA) concorre all'allargamento a favore dei nuovi Stati membri dell'UE e con la sua partecipazione a missioni di pace multilaterali sul continente contribuisce alla pace e al benessere dell'Europa. Inoltre contribuisce alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'Europa allargata.

L'estensione della via bilaterale include anche la conclusione di accordi per un migliore accesso reciproco ai mercati dei due partner. Sono in atto negoziati nei settori dell'energia, dell'agricoltura, della sicurezza generale dei prodotti, della sicurezza alimentare e della sanità pubblica. È in corso la trattativa per una collaborazione nel settore dei progetti chimici (REACH). In questi settori un adeguamento autonomo non è sufficiente. La continua evoluzione delle normative dell'UE espongono l'economia svizzera a un costante rischio di discriminazione e sono quindi fonte di insicurezza giuridica alla quale conviene ovviare tramite l'estensione di accordi bilaterali.

Relativamente alla sua politica economica esterna, monetaria, congiunturale, del mercato del lavoro, alla politica strutturale e di crescita la Svizzera, nonostante l'estensione della via bilaterale, rimane fondamentalmente autonoma; con gli attuali vantaggi e svantaggi. La possibilità di concludere nuovi accordi offre all'economia svizzera un'importante opportunità.

Creazione di un quadro istituzionale (n. 3.5) Visto che le questioni istituzionali si pongono con sempre maggior frequenza è legittimo chiedersi se è nell'interesse del nostro Paese negoziare per ogni nuovo accordo le questioni relative al recepimento di nuovi sviluppi dell'acquis, di sorveglianza del mercato e di giurisprudenza oppure se non sia meglio optare per una soluzione orizzontale. Una tale soluzione (accordo quadro o accordo analogo), tramite meccanismi unitari favorirebbe la trasparenza e l'efficacia della decisione finale delle commissioni miste e, infine, aumenterebbe la sicurezza del diritto. Essa dovrebbe includere misure relative all'integrazione degli sviluppi del diritto europeo. Tali misure prevedrebbero una partecipazione appropriata delle due parti ai processi decisionali, rispetterebbero la sovranità del nostro Paese e i processi decisionali in materia di politica interna e prevedrebbero misure di compensazione proporzionali nel caso di sviluppi del
diritto europeo divergenti. Sono anche concepibili meccanismi di sorveglianza e di composizione delle controversie indipendenti.

Infine, regolari contatti politici di alto livello potrebbero concludere un tale accordo, promuovere e offrire una piattaforma di discussione dei problemi che non possono essere risolti a livello tecnico.

Se per la Svizzera un accordo orizzontale è accettabile dovrebbe essere dimostrato durante eventuali colloqui esplorativi. In pratica però l'UE è interessata a una soluzione orizzontale delle ricorrenti questioni istituzionali.

Adesione allo SEE (n. 3.6) L'Accordo SEE cerca di far concordare due obiettivi opposti relativi al recepimento degli acquis: l'autonomia legislativa delle parti e l'omogeneità del diritto SEE. Si crea così una disparità di trattamento delle due parti. I Paesi dello SEE e dell'AELS detengono un diritto di codecisione nella preparazione degli affari della Commis-

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sione europea, tuttavia non possono partecipare alle decisioni formali dell'UE.

Sono però tenuti a recepire gli sviluppi decisi. Gli ostacoli in caso di rifiuto sono talmente importanti che nei quasi vent'anni di esistenza dello SEE un tale rifiuto non è mai avvenuto.

Nel caso di un'adesione allo SEE, la Svizzera dovrebbe assoggettarsi nel settore specifico allo SEE a questo recepimento quasi automatico del diritto. Per contro, i settori non trattati dallo SEE (p. es. Schengen, fiscalità del risparmio, lotta contro la frode) rimarrebbero sottoposti alla propria regolamentazione.

Per quanto riguarda la questione centrale del recepimento degli sviluppi del diritto nel quadro degli accordi bilaterali, l'adesione allo SEE comporterebbe un certo indebolimento dell'autonomia svizzera e, d'altro lato, aumenterebbe la sicurezza del diritto. Il problema della sorveglianza degli accordi e dei meccanismi di composizione delle controversie sarebbe completamente risolto dall'utilizzazione dei pertinenti strumenti dello SEE. La piena partecipazione della Svizzera a diversi programmi UE ­ che attualmente deve essere negoziata singolarmente per ogni categoria o generazione di programmi ­ sarebbe garantita.

Sostanzialmente, un'adesione allo SEE non influenzerebbe l'ordine costituzionale del nostro Paese. Tuttavia il margine di manovra del Consiglio federale e del Parlamento sarebbe ridotto a causa dell'obbligo di recepimento del diritto. Tale riduzione della libertà di manovra non verrebbe compensata da un diritto di codecisione a livello di UE. Le ripercussioni sulla libertà di manovra svizzera dovrebbero essere più pronunciate che nella via bilaterale.

La questione del parallelismo nei settori contemplati dall'accordo SEE dovrebbe essere risolta, mentre non lo è nei rimanenti settori; ciò riguarda particolarmente l'ambito della fiscalità; esso non sarà disciplinato dall'accordo SEE. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CdGCE) in materia di sovvenzioni statali contempla anche la questione di sapere se i regimi fiscali nazionali non costituiscano ingiustificate sovvenzioni statali.

Per quanto riguarda l'accesso al mercato, lo SEE offrirebbe un netto miglioramento rispetto all'attuale situazione. Tuttavia potrebbero sussistere ostacoli all'accesso per esempio rispetto
al settore agricolo, che è stato escluso dallo SEE.

Adesione all'UE (n. 3.7) Un'adesione all'Unione europea risolverebbe la questione del recepimento del diritto poiché in quanto Stato membro la Svizzera recepirebbe tutti gli sviluppi del diritto UE. Parteciperebbe però a pieno titolo alla loro formulazione e al processo decisionale. La giurisprudenza della CdGCE sarebbe vincolante.

Certo, in quanto Stato membro di media grandezza la Svizzera non avrebbe alcuna garanzia che le decisioni dell'UE sarebbero sempre quelle auspicate. Le esperienze di Stati UE paragonabili al nostro mostrano tuttavia che anche i piccoli Stati possono avere delle possibilità di influire sulle decisioni, per il fatto della loro rappresentanza numerica nei diversi organi dell'UE. Che lo si voglia o no, la politica dell'UE determina sempre più maggiormente le opzioni negoziali della Svizzera. La

6400

possibilità di partecipare direttamente allo sviluppo di tale politica rappresenterebbe un miglioramento rispetto alla situazione attuale.

Un'adesione all'UE avrebbe però ripercussioni sulle istituzioni federali e democratiche del nostro Paese. L'attuazione del diritto dell'UE ­ al cui assetto ha partecipato anche la Svizzera ­ sarebbe compito della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni. Le competenze dell'Assemblea federale e dei Cantoni e i diritti popolari ne sarebbero toccati. Nel caso di direttive dell'UE, sarebbe compito del Parlamento e del Popolo trasferirne gli obiettivi stabiliti nel diritto nazionale. La Svizzera dovrebbe inoltre badare a che i termini fissati permettano di organizzare eventuali votazioni. Per quanto riguarda le possibili iniziative popolari in opposizione al diritto dell'UE, il Consiglio federale ritiene che sarebbe sproporzionato dare la possibilità al Parlamento di dichiararle nulle. In un caso estremo rimane aperta la possibilità di recedere dall'UE.

Considerate le ripercussioni di un'adesione all'UE sulle istituzioni svizzere e sul federalismo, sarebbero indispensabili determinate riforme interne. Il Consiglio federale ritiene che un'adesione all'UE basata sui principi del Trattato di Lisbona in vigore sarebbe compatibile con gli obblighi imposti dal diritto di neutralità.

Un'adesione all'UE comporterebbe considerevoli mutamenti delle condizioni economiche quadro. Importanti strumenti della politica economica, monetaria e finanziaria verrebbero delegati o rielaborati su nuove basi e si dovrebbe rinunciare in larga misura all'autonomia della politica economica estera. La Svizzera sarebbe obbligata ad adottare l'euro, la BNS dovrebbe rinunciare alla sua politica monetaria autonoma e in Svizzera il tasso d'interesse dovrebbe essere adeguato a quello della zona euro il che, almeno a breve termine, causerebbe l'indebolimento delle prestazioni economiche. Un'adesione avrebbe anche effetti durevoli sul sistema fiscale svizzero (p. es. aumento dell'IVA al 15 % almeno, applicabilità delle normative comunitarie sulle sovvenzioni statali, adozione del codice di condotta relativo alla fiscalità delle imprese). Grazie all'eliminazione dei rimanenti ostacoli, il commercio interno europeo dovrebbe evolvere positivamente, per contro il commercio con Stati terzi potrebbe
perdere dinamicità. Infine, un'adesione all'UE comporterebbe l'adozione di tutte le politiche comunitarie, cosa che avrebbe indubbie conseguenze (p. es. in materia di politica migratoria e di politica sociale).

Adesione all'UE con deroghe (n. 3.8) L'adesione all'UE implica per principio l'adozione dell'insieme dell'acquis dell'UE da parte del Paese aderente. Se si considera un ulteriore allargamento dell'UE, è presumibile che per i candidati all'adesione ­ almeno in settori sensibili come la politica di sicurezza ­ in determinati settori vi sia la possibilità di scelta tra l'opt-in (adozione con termine transitorio) o l'opt-out (rimanenti deroghe).

Nel caso della Svizzera, in alcuni settori sensibili si potrebbe provare a negoziare normative eccezionali o termini transitori più lunghi. Questi potrebbero riguardare, per esempio, il rispetto delle procedure nazionali (federalismo e democrazia diretta) nel recepimento del diritto, la neutralità, il sistema fiscale o la moneta.

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Conclusioni (n. 4) La politica europea è parte integrante della politica estera svizzera i cui obiettivi sono fissati dall'articolo 54 della Costituzione federale. Nel contesto delle relazioni con l'UE tali obiettivi implicano il proseguimento degli sforzi per mantenere il necessario margine di manovra del processo decisionale, conservare un accesso adeguato al mercato dell'UE per gli operatori economici e continuare a essere un partner europeo affidabile e solidale relativamente alla difesa e alla promozione dei valori comuni.

Finora questi obiettivi sono stati in larga misura raggiunti grazie alla via bilaterale, anche se essa rivela alcuni punti deboli, soprattutto per quanto riguarda l'influenza sulle norme che interessano direttamente il nostro Paese: riduzione della sovranità legata al recepimento del diritto dell'UE al fine di evitare situazioni sfavorevoli, mancanza di un accesso totale al mercato dell'UE o latente insicurezza giuridica. Il Consiglio federale è del parere che la cooperazione con l'UE possa e debba essere perseguita e che sia legittimo attendersi dall'UE un sostegno nella ricerca di soluzioni nell'interesse reciproco, che si tratti di margine di manovra nel processo decisionale della Svizzera, di accesso al mercato dell'UE o di promozione dei valori comuni.

Il Consiglio federale ritiene che nelle condizioni attuali la via bilaterale rimane uno strumento valido per garantire gli interessi elvetici in Europa, ossia preservare la libertà di agire, il benessere e la difesa dei valori svizzeri. Per quanto concerne gli orientamenti, la Svizzera deve proseguire il suo impegno attivo e solidale per risolvere i problemi comuni. A tale scopo il Consiglio federale continuerà a operare a favore del consolidamento e dello sviluppo della via bilaterale. Tuttavia, anche se attualmente questo strumento di politica europea rimane il più idoneo, in futuro i presupposti potrebbero cambiare. Per tale motivo gli strumenti di politica europea continueranno a essere costantemente valutati e, se del caso, adeguati.

A breve e medio termine il Consiglio federale darà la priorità alla conclusione dei dossier negoziali attualmente in corso o in fase di preparazione. Vaglierà inoltre l'opportunità di rispondere alla richiesta dell'UE di avviare un dialogo sulle diverse questioni fiscali (p. es. il
codice di condotta in materia di fiscalità delle imprese, la revisione della fiscalità del risparmio e alcuni aspetti dello scambio di informazioni su richiesta). Assieme all'UE saranno esaminate le questioni istituzionali per trovare soluzioni mutuamente accettabili nel rispetto della sovranità delle due parti e tenendo conto del buon funzionamento delle istituzioni. A tale proposito il Consiglio federale adotterà un approccio coordinato, soprattutto nell'ottica di negoziati futuri.

Considerato che sul piano del funzionamento delle istituzioni svizzere, l'importanza crescente delle nostre relazioni con l'UE pone alcune difficoltà, in particolare a causa dell'intensificarsi del processo legislativo dell'UE e delle sue ripercussioni sul nostro Paese, il Consiglio federale, d'intesa con l'Assemblea federale e i Cantoni, effettuerà un esame approfondito delle misure da adottare per adeguare i metodi di lavoro del potere esecutivo e legislativo e delle modalità di partecipazione dei Cantoni alla politica europea.

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Indice Compendio

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Elenco delle abbreviazioni

6406

1 Introduzione 1.1 Basi dell'analisi 1.2 Struttura del rapporto 1.3 Contesto e sviluppi attuali 1.3.1 L'UE in Europa e nel mondo, tra dominio ed erosione 1.3.2 Sviluppi in seno all'UE dopo il rapporto Europa 2006 1.3.2.1 Il Trattato di Lisbona 1.3.2.2 La valuta comune è in crisi 1.3.2.3 Il futuro dello SEE e dell'AELS 1.3.3 Evoluzione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE dopo il rapporto Europa 2006 1.3.3.1 Introduzione 1.3.3.2 Negoziati nei settori dell'agricoltura, della sicurezza alimentare, della sicurezza dei prodotti e della sanità pubblica 1.3.3.3 Swissmedic-EMA 1.3.3.4 Elettricità 1.3.3.5 Navigazione satellitare globale Galileo e «European Geostationary Navigation Overlay Service» (EGNOS) 1.3.3.6 Scambio delle quote di emissione 1.3.3.7 Collaborazione nel settore delle sostanze chimiche (REACH/CLP) 1.3.3.8 Collaborazione con l'Agenzia europea per la difesa (EDA) 1.3.3.9 Accordo quadro nell'ambito della politica europea di sicurezza e difesa 1.3.3.10 Accordo MEDIA 1.3.3.11 Accordo sull'educazione, la formazione professionale e la gioventù 1.3.3.12 Accordo relativo alla cooperazione in materia di concorrenza 1.3.3.13 Fiscalità 1.3.3.14 Settore dei servizi

6411 6411 6412 6413 6413 6415 6416 6417 6419

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2 Analisi dei recenti sviluppi delle relazioni tra la Svizzera e l'UE alla luce delle condizioni formulate nel rapporto Europa 2006 2.1 Condizione 1: partecipazione alle decisioni 2.2 Condizione 2: fattibilità in materia di politica estera 2.3 Condizione 3: condizioni quadro economiche 2.4 Sintesi

6430 6430 6432 6435 6438

6420 6420 6423 6424 6424 6425 6425 6426 6426 6427 6427 6428

6403

3 Analisi delle sfide e prospettive per gli strumenti di politica europea della Svizzera 3.1 Struttura del capitolo 3.2 Strumenti esclusi 3.2.1 La via solitaria 3.2.2 L'Unione doganale 3.3 Proseguimento della via bilaterale senza nuovi accordi 3.3.1 Aspetti istituzionali 3.3.2 La questione del parallelismo 3.3.3 Esigenze dell'UE in materia fiscale 3.3.4 Accesso al mercato 3.3.5 Politica economica e monetaria 3.3.6 Costi diretti 3.3.7 Politica sociale 3.3.8 Politica ambientale 3.4 Proseguimento e sviluppo della via bilaterale 3.4.1 Aspetti istituzionali 3.4.2 La questione del parallelismo 3.4.3 Esigenze dell'UE in ambito fiscale 3.4.4 Accesso al mercato 3.4.5 Politica economica e monetaria 3.4.6 Costi diretti 3.4.7 Politica sociale 3.4.8 Politica ambientale 3.5 Messa in atto di un quadro istituzionale 3.5.1 Aspetti istituzionali 3.5.2 La questione del parallelismo 3.5.3 Esigenze dell'UE in materia di fiscalità, accesso al mercato, politica economica e monetaria, costi diretti e politica sociale e ambientale 3.6 Adesione allo SEE 3.6.1 Aspetti istituzionali 3.6.2 La questione del parallelismo 3.6.3 Esigenze dell'UE in ambito fiscale 3.6.4 Accesso al mercato 3.6.5 Politica economica e monetaria 3.6.6 Costi diretti 3.6.7 Politica sociale 3.6.8 Politica ambientale 3.7 Adesione all'UE 3.7.1 Aspetti istituzionali 3.7.2 Politiche comuni: politica estera, di sicurezza e di difesa 3.7.3 La questione del parallelismo 3.7.4 Esigenze dell'UE in ambito fiscale 3.7.5 Accesso al mercato 3.7.6 Politica economica e monetaria 3.7.7 Costi diretti 6404

6439 6439 6440 6440 6442 6443 6443 6444 6445 6446 6447 6447 6449 6450 6450 6451 6456 6457 6457 6458 6458 6459 6459 6459 6460 6463 6464 6464 6465 6468 6468 6468 6469 6469 6470 6471 6471 6471 6474 6479 6480 6480 6480 6482

3.7.8 Politica sociale 3.7.9 Politica ambientale 3.7.10 Politica dei trasporti 3.8 Adesione all'UE con alcune deroghe 3.8.1 Aspetti istituzionali 3.8.2 Politiche comuni: politica estera, di sicurezza e di difesa 3.8.3 La questione del parallelismo 3.8.4 Esigenze dell'UE in ambito fiscale 3.8.5 Accesso al mercato 3.8.6 Politica economica e monetaria 3.8.7 Costi diretti 3.8.8 Politica sociale 3.8.9 Politica ambientale 3.8.10 Politica dei trasporti 4 Conclusioni/Priorità a breve e medio termine in materia di politica europea 4.1 La politica europea come parte integrante della politica estera svizzera 4.2 La via bilaterale rimane lo strumento di politica europea più adeguato 4.3 Orientamenti e priorità per i prossimi passi della politica europea

6483 6484 6485 6486 6487 6487 6487 6488 6488 6489 6490 6490 6490 6491 6491 6491 6492 6494

6405

Elenco delle abbreviazioni AAD AAS ACCP AEA AED AELS AESA AFD AGNA Aids ALC Aquis dell'UE art.

BCE (Paesi) BRIC cap.

CdC CE CEE CEDEFOP CEE CEPOL CEPCM CER cfr.

Cgcf CGUE CHF CIP CLP CMS cpv.

CPE CST CSUE DATEC DFAE 6406

Accordo di associazione a Dublino Accordo di associazione a Schengen Agenzia comunitaria di controllo della pesca Agenzia europea dell'ambiente Agenzia europea per la difesa Associazione europea di libero scambio Agenzia europea per la sicurezza aerea Amministrazione federale delle dogane Advisory Group of National Authorities (organo consultivo delle autorità nazionali) Sindrome acquisita di immunodeficienza Accordo sulla libera circolazione delle persone Patrimonio normativo dell'UE articolo Banca centrale europea Brasile, Russia, India, Cina capitolo Conferenza dei Governi cantonali Comunità europea Comunità economica europea Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale Comunità economica europea Accademia europea di polizia Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie Consiglio europeo della ricerca confronta Divisione Corpo delle guardie di confine Corte di giustizia dell'Unione europea franco svizzero Programma quadro dell'UE per la competitività e l'innovazione Normativa dell'UE relativa alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze e delle miscele Common Security methods capoverso Commissioni della politica estera Obiettivo comune di sicurezza Centro satellitare dell'Unione europea Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Dipartimento federale degli affari esteri

DFE DFGP DFI DG SANCO DG TREN EACEA EACI EAHC ecc.

ECDC ECHA e-customs ESB EEN EFSA EGNOS EI EIONET EIP EMA EMSA ENCA ENISA CEPOL ERA ERTMS ESA et. al.

ETCS ETS EU-27 EULEX EUPM EUR/ Euratom EURO 08/2008 EUROFUND EUROJUST

Dipartimento federale dell'economia Dipartimento federale di giustizia e polizia Dipartimento federale dell'interno Direzione generale salute e consumatori Direzione generale dell'Energia e dei Trasporti Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura Agenzia esecutiva per la competitività e l'innovazione Agenzia esecutiva per la salute e i consumatori eccetera Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie Agenzia europea per le sostanze chimiche Progetto dell'UE per l'informatizzazione delle procedure doganali Encefalopatia spongiforme bovina Enterprise Europe Network Autorità europea per la sicurezza alimentare Servizio europeo di copertura per la navigazione geostazionaria Eco-innovation Rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale Programma per l'innovazione e l'imprenditorialità Agenzia europea per i medicinali Agenzia europea per la sicurezza marittima European Nature Conservation Agencies Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione Accademia europea di polizia Agenzia ferroviaria europea Sistema europeo di gestione del traffico ferroviario Agenzia spaziale europea et alii, et aliae, et alia Sistema europeo di protezione e di controllo automatico dei treni (European Train Control System) Sistema di scambio di quote di emissione 27 Stati membri dell'Unione europea Missione dell'Unione europea per lo stato di diritto in Kosovo Missione di polizia dell'Unione europea Euro Comunità europea dell'energia atomica Campionato europeo di calcio 2008 Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro Unità europea di cooperazione giudiziaria

6407

Eurojust EuropeAid EUROPOL EUSC FF FMI Forum EPA FRA FRONTEX G-8 G-20 GAEO Galileo GATS GATT DG GAEO GHS GLONASS GMES GNSS GPS GSA GSM-R GU H1N1 H5N1 HENU HIV ICT PSP IEE ISP IUESS IVA LATer LEp

6408

unità Eurojust Ufficio di cooperazione EuropeAid Ufficio europeo di polizia Centro satellitare dell'Unione europea Foglio federale Fondo monetario internazionale Network of Heads of European Environment Protection Agencies Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea Gruppo degli otto Stati industrializzati più importanti Gruppo dei venti Paesi industrializzati ed emergenti Gruppo per gli armamenti dell'Europa occidentale Sistema europeo di navigazione satellitare Accordo generale sugli scambi di servizi Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio Direzione generale della Commissione europea Gruppo Armamenti dell'Europa Occidentale Sistema mondiale armonizzato di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche Sistema di navigazione e posizionamento assistito da satellite progettato e gestito dalla Federazione russa (Globalnaja Nawigazionnaja Sputnikowaja Sistema) Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (Kopernicus) Sistema globale di navigazione satellitare Posizionamento globale a mezzo satellite Autorità di vigilanza del GNSS europeo Sistema globale di comunicazione mobile ­ ferrovie Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Influenza A-Virus (influenza suina) Influenza A-Virus (influenza aviaria) Responsabili delle Unità Nazionali dell'Europol Virus dell'immunodeficienza umana Programma di sostegno alla politica in materia di tecnologie dell'informazione e della comunicazione Energia intelligente ­ Europa Istituto svizzero di polizia Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza Imposta sul valore aggiunto Legge federale del 15 dicembre 2000 sui medicamenti e i dispositivi medici (Legge sugli agenti terapeutici, RS 812.21) Legge federale del 18 dicembre 1970 per la lotta contro le malattie trasmissibili dell'uomo (Legge sulle epidemie, RS 818.101)

LFPC LRTV LVA LOGA LOTC MEDIA MP n.

NATO NFTA O OCSE OEAO OEDT OGM OMC ONG ONU OSCE pag.

par.

PE p. es.

PESC PESD PF PIL PMI Po.

PSDC RABIT RAPEX RASFF REA

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 130.1) Legge federale del 24 marzo 2006 sulla radiotelevisione (RS 784.40) Accordo fra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul trasporto di merci e di passeggeri su strada e per ferrovia (RS 0.740.72) Legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010) Legge federale del 6 ottobre 1995 sugli ostacoli tecnici al commercio (RS 946.51) Programma d'azione volto a promuovere lo sviluppo dell'industria audiovisiva europea Marco Polo numero Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico Nuova ferrovia transalpina Ordinanza Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico Organizzazione per gli armamenti dell'Europa occidentale Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze Organismi geneticamente modificati Organizzazione mondiale del commercio Organizzazione non governativa Organizzazione delle Nazioni Unite Organizzazione sulla sicurezza e la cooperazione in Europa pagina paragrafo Parlamento europeo per esempio Politica estera e di sicurezza comune Politica europea di sicurezza e di difesa Politecnico federale Prodotto interno lordo Piccole e medie imprese Postulato Politica di sicurezza e di difesa comune Squadra di intervento rapido alle frontiere Sistema europeo di allarme rapido per i prodotti non alimentari Sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi Agenzia esecutiva per la ricerca

6409

REACH

RNL RS SARR SARS SEE seg.

SER STI TUE TFUE TI TEN-T TEN-T EA TTPCP UAMI UCVV UDC UE UEFA UFAC UPOV VIS WEAO

6410

Sistema comunitario centralizzato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche. Nuovo regolamento (CE) concernente la produzione e l'uso di sostanze chimiche, la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche nell'UE Reddito nazionale lordo Raccolta sistematica Sistema di allarme rapido e di reazione Sindrome respiratoria acuta grave Spazio economico europeo seguente Segreteria di Stato per l'educazione e la ricerca Specifica tecnica di interoperabilità Trattato sull'Unione europea Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Tecnologie dell'informazione Rete transeuropea dei trasporti Agenzia esecutiva per la rete transeuropea di trasporto Tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) Ufficio comunitario delle varietà vegetali Unione democratica di centro Unione europea Unione europea delle federazioni calcistiche Ufficio federale dell'aviazione civile Unione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali Sistema d'informazione sui visti Agenzia di controllo degli armamenti dell'Unione Europea Occidentale

Rapporto 1

Introduzione Il presente rapporto analizza i diversi strumenti politici a disposizione della Svizzera nel quadro delle sue relazioni con l'UE, tenendo conto degli sviluppi in vigore dal 2006. Il Consiglio federale effettua regolarmente una tale valutazione.

L'occasione concreta per l'elaborazione della presente analisi è data da un postulato del 10 giugno 2009 della consigliera nazionale Christa Markwalder.

1.1

Basi dell'analisi

Negli ultimi decenni le relazioni tra la Svizzera e l'Unione europea (UE) si sono rafforzate. Lo scopo ricercato, vale a dire l'approfondimento della collaborazione in settori specifici con la conclusione di accordi bilaterali, globalmente ha dato buoni risultati. Tuttavia, il Consiglio federale ritiene che una politica lungimirante debba costantemente valutare i suoi strumenti di politica europea. Anche il postulato inoltrato il 10 giugno 2009 dalla consigliera nazionale Christa Markwalder e 100 consiglieri nazionali cofirmatari chiede una tale valutazione5. Il Consiglio federale è invitato a valutare i vantaggi e gli svantaggi degli attuali strumenti di politica europea nonché a presentare un catalogo delle priorità e delle misure concrete sul piano della futura politica europea della Svizzera. Infine il Consiglio federale è invitato a fissare le prossime tappe della politica europea nel periodo di legislatura 2011­2015.

Con riserva di quest'ultimo punto, di natura operativa e che esula dal quadro del presente rapporto, il Consiglio federale intende rispondere al postulato citato.

Il rapporto è pubblicato quattro anni dopo il Rapporto Europa del 20066. Dalla sua pubblicazione il panorama politico svizzero, europeo e mondiale è mutato ­ con le relative conseguenze per la politica europea della Svizzera. Ad esempio, il posto del continente europeo e, in particolar modo, dell'UE nel mondo tende a erodersi progressivamente a vantaggio di altre regioni economicamente più dinamiche. Ciononostante, l'UE rimane ­ di gran lunga ­ il primo partner economico e politico della Svizzera e la principale posta in gioco delle nostre relazioni esterne. Nonostante che le nostre relazioni con l'UE si possano dire eccellenti e particolarmente strette, va tuttavia ricordato a tal proposito che alcuni sviluppi hanno avuto un impatto negativo. Ad esempio, in questi ultimi anni la controversia tra la Svizzera e l'UE in materia di fiscalità cantonale di alcune aziende ha influito sulle relazioni bilaterali. Anche la crisi finanziaria ed economica ha colpito fortemente l'Europa e il rischio di un ritorno al protezionismo e alla volatilità del corso dei cambi è aumentato. Generalmente, nel contesto internazionale va segnalato un impiego consapevole di diversi equilibri di potere che rimette in questione la durata e la stabilità dei trattati internazionali conclusi dalla Svizzera. Inoltre, l'eventuale adesione dell'Islanda all'UE può 5 6

Postulato Markwalder Bär (09.3560) «Politica europea: valutazione, priorità, provvedimenti urgenti e passi futuri verso l'integrazione».

Rapporto Europa 2006 del 28 giu. 2006, FF 2006 6223.

6411

modificare profondamente l'equilibrio e l'importanza politica dell'AELS. Questi sviluppi saranno inclusi nelle analisi che seguono.

Il presente studio si basa sul Rapporto Europa 20067 citato e sul Rapporto sulla politica estera 20098. Lo studio intende analizzare i diversi strumenti politici di cui la Svizzera dispone nel quadro delle sue relazioni con l'UE sulla base degli sviluppi in corso. Verrà dato un particolare rilievo ai possibili migliori strumenti per tutelare gli interessi elvetici. Come chiesto dal postulato, il rapporto considera i requisiti espressi nel rapporto Europa 20069 e sui quali il Consiglio federale intende basarsi per valutare il tipo di migliore strumento volto a garantire gli interessi del nostro Paese nei confronti dell'UE. I tre requisiti sono: 1.

nell'ambito degli accordi bilaterali con l'UE, la Svizzera dispone di un grado di codecisione e di uno spazio di manovra per l'attuazione delle proprie politiche, giudicati sufficienti da ambo le parti (partecipazione alle decisioni);

2.

per quanto riguarda la sua politica applicata nei confronti dei Paesi terzi, l'UE è disposta a elaborare congiuntamente alla Svizzera soluzioni nell'ambito di accordi bilaterali settoriali (fattibilità in materia di politica estera);

3.

le condizioni quadro economiche, in particolare anche nell'ambito monetario, non cambiano a svantaggio della Svizzera (condizioni quadro economiche).

1.2

Struttura del rapporto

Il capitolo introduttivo (n. 1.3) descrive brevemente il contesto nel quale si inseriscono attualmente le relazioni fra la Svizzera e l'UE e offre una panoramica dello stato dei negoziati conclusi dopo il rapporto Europa 200610, in corso o previsti.

Ricorda altresì i cambiamenti avvenuti in seno all'UE e le loro conseguenze per la Svizzera.

Il capitolo 2 è dedicato a un'analisi degli sviluppi avvenuti nelle relazioni tra la Svizzera e l'UE nell'ottica dei requisiti stabiliti dal Consiglio federale nel suo rapporto Europa 2006 quale orientamento per la valutazione della via bilaterale.

Il capitolo 3 tratta le risposte che danno o meno diversi possibili strumenti di politica europea alle domande generate dai principali sviluppi intervenuti dopo il rapporto Europa 2006. A tale scopo, il rapporto analizza i temi più importanti delle nostre relazioni con l'UE e non include l'insieme dei numerosi argomenti pertinenti, in un modo o in un altro, nel quadro di dette relazioni. I temi considerati sono:

7 8 9 10 11

­

gli aspetti istituzionali (recepimento dell'acquis dell'UE e dei suoi sviluppi; conseguenze in termini di democrazia diretta, di federalismo e d'istituzioni; conseguenze del Trattato di Lisbona11);

­

la questione del «parallelismo» applicato dall'UE; FF 2006 6223 segg.

Rapporto sulla politica estera 2009, FF 2009 5463 segg.

FF 2006 6223 segg.

FF 2006 6223 segg.

Versione consolidata del Trattato che istituisce l'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, del 9 mag. 2008, GU C 115.

6412

­

le rivendicazioni dell'UE in ambito fiscale;

­

le difficoltà di accesso al mercato interno dell'UE;

­

la politica economica e monetaria;

­

i costi diretti;

­

la politica sociale;

­

la politica ambientale.

Il capitolo 4 presenta le conclusioni e una valutazione generale della precedente analisi. Infine vi si trova anche una definizione delle priorità per la futura politica europea della Svizzera.

1.3

Contesto e sviluppi attuali

Nel contesto internazionale l'ago della bilancia si è spostato a favore di ambiziosi Paesi in transizione quali la Cina e l'India. Tuttavia l'UE rimane il partner economico più importante della Svizzera. Con il Trattato di Lisbona l'UE fa un ulteriore passo verso l'integrazione e, al contempo, la crisi dell'euro la pone di fronte a un'importante sfida. Bisognerà vedere se la crisi porterà a nuovi passi verso l'integrazione all'interno dell'UE.

1.3.1

L'UE in Europa e nel mondo, tra dominio ed erosione

Cifre e fatti Economia ­ Paragone del PIL (in miliardi di dollari US, prezzi correnti) 1990

Svizzera

2008

Modifica (in per cento)

238,2

492,0

+106,5

UE-27

7 284,1

18 328,6

+151,6

USA

5 757,2

14 093,3

+144,8

Cina

317,5

4 327,0

+1281,7

Fonti: Banca mondiale, Eurostat

La crisi economica e finanziaria ha evidenziato un fenomeno che si delineava già da qualche anno: nel contesto di un mutamento degli equilibri di potere a livello mondiale12, i centri di gravità economici e politici si spostano in modo durevole. Oggi la 12

FF 2009 5673

6413

Cina e l'India sono entrate a far parte del cerchio delle grandi potenze. Molti altri Paesi asiatici hanno conosciuto una forte crescita grazie allo sviluppo delle loro capacità nel settore dell'industria e dei servizi. Gli Stati del Golfo e la Russia beneficiano della crescita della domanda di risorse naturali quali il petrolio, il gas o i metalli importanti per l'industria, ma ne traggono profitto anche alcuni Stati africani e dell'America latina. Riassumendo: la partecipazione dei Paesi economicamente sviluppati alla crescita economica mondiale è notevolmente scesa (dal 60 al 30 % circa nel periodo 1981­2008) mentre la quota in particolare dell'Asia nel medesimo periodo si è più che triplicata ed è passata dal 14 al 46 per cento; nel 2007 il contributo alla crescita economica mondiale della sola Repubblica Popolare Cinese ammontava al 33 per cento13. Le prospettive per il PIL realizzato annualmente confermano questa osservazione. Paragonato al PIL realizzato nel 1980, l'UE aveva ancora una quota di circa il 32 per cento mentre la totalità dei 149 Stati designati dal FMI come Paesi in via di sviluppo e in transizione aveva raggiunto una quota del 30 per cento. Per il 2015 il FMI prevede che la quota dell'UE sarà solo del 24 per cento mentre il contributo dei Paesi in via di sviluppo e in transizione potrebbe ammontare al 39 per cento. Da sola la quota dei Paesi asiatici in via di sviluppo e in transizione dovrebbe passare dall'8,3 per cento del 1980 al 21 per cento nel 201514.

La risposta principale del continente europeo a questa evoluzione e al mutamento degli equilibri di potere mondiali è il rafforzamento dell'integrazione europea nel quadro dell'UE che, va rilevato, rimane la prima potenza economica mondiale.

Nonostante la relativa perdita d'influenza dell'Europa rispetto ad altre regioni del mondo, l'UE rappresenta tuttavia il potere dominante sul continente e, in un certo senso, assume il ruolo di portavoce dell'Europa nel mondo. Quindi, negli ultimi anni ha continuamente sviluppato le sue competenze nei settori della politica estera, della sicurezza e della difesa. Le più importanti decisioni per il futuro sviluppo dell'Europa oggi sono prese in seno all'UE. Per quanto riguarda la creazione di norme giuridiche accettate da tutta la comunità, va inoltre aggiunta la crescente ambizione
dell'UE di essere un riferimento internazionale, iniziando a livello continentale.

Geograficamente situata nel cuore dell'Europa ma istituzionalmente esterna alla principale organizzazione continentale di cui non fa parte, la Svizzera deve porre particolare attenzione a questi due sviluppi apparentemente contraddittori: una certa perdita di influenza del continente europeo nel mondo e l'affermazione dell'UE in quanto potenza dominante e promotrice di armonizzazione normativa sul continente e nel mondo.

13 14

FF 2009 5673 PIL aggregato a prezzi correnti, in dollari US (Fondo monetario internazionale, 2010, www.imf.org).

6414

Cifre e fatti Scambi commerciali intensivi tra Svizzera e UE ­ La Svizzera esporta nell'UE merci per un valore di 111,9 miliardi di franchi, il 59,7 per cento delle esportazioni svizzere.

­ La Svizzera importa dall'UE per un valore di 131,7 miliardi di franchi, il 78 per cento delle importazioni svizzere (dati 2009) ­ L'UE è di gran lunga il più importante partner commerciale della Svizzera.

Per l'UE la Svizzera è il secondo cliente, dopo gli USA e prima di Cina e Russia, nonché il quarto più importante fornitore e partner commerciale (dietro USA, Cina e Russia).

Fonti: AFD, Eurostat

In quanto potenza commerciale più importante, geograficamente confinante ma anche sempre più vicina istituzionalmente e creatrice di norme di portata internazionale, anche in futuro l'UE rimarrà il nostro partner principale. Essa rappresenta quindi un importante punto di riferimento per la politica estera e la politica economica esterna della Svizzera. Una difesa efficiente dei nostri interessi esige una politica europea attiva che si adegui costantemente alle esigenze in continua trasformazione. Soprattutto poiché l'UE sarà sempre più attiva anche in settori che tradizionalmente rientrano nella sfera di competenze di organizzazioni quali l'OSCE e l'OCSE o il Consiglio d'Europa, di cui anche la Svizzera fa parte15.

È quindi importante per la Svizzera mantenere un costante equilibrio tra, da un lato, il mantenimento dei margini di manovra in quanto Paese non appartenente all'UE per attuare politiche autonome nei confronti di altre regioni del mondo e, dall'altro, la preservazione e lo sviluppo delle relazioni con l'UE.

1.3.2

Sviluppi in seno all'UE dopo il rapporto Europa 2006

Relativamente alle analisi che seguono, è bene tenere sempre presente che dalla conclusione degli accordi bilaterali II l'UE ha avuto importanti mutamenti interni.

L'allargamento nel 2004 da 15 a 25 e, nel 2007 a 27 Stati membri è stata ed è un'enorme sfida istituzionale ed economica. Questi sviluppi si ripercuotono sui metodi di lavoro dell'UE e sulla maniera di intendere le relazioni con Stati terzi, in particolare con quelli, come la Svizzera, con i quali ha relazioni particolarmente strette. I più significativi sono esaminati qui di seguito.

15

La Commissione europea, ad esempio, nel mese di marzo 2010 ha ufficialmente proposto il negoziato d'adesione dell'Unione Europea alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa. Se tale adesione dovesse essere accompagnata da politiche comuni rafforzate dei 27 Stati dell'UE negli affari trattati dal Consiglio d'Europa, l'influenza dell'UE in seno a questa organizzazione, che conta 47 Stati membri tra cui la Svizzera, diverrebbe determinante.

6415

1.3.2.1

Il Trattato di Lisbona

Cifre e fatti Trattato di Lisbona ­ importanti innovazioni dal punto di vista svizzero ­ Nuova funzione dell'Alto Rappresentante dell'UE per la politica estera e di sicurezza comune ­ Nuove competenze del Parlamento europeo ­ Nel processo decisionale, più settori con il principio di maggioranza invece del principio dell'unanimità Per preservare la capacità di azione dei membri in una cerchia allargata e per meglio soddisfare le esigenze dei cittadini, il 13 dicembre 2007 i capi di Stato e di Governo hanno firmato il Trattato di Lisbona16 dopo che il precedente progetto, una Costituzione europea, era stato rifiutato dai cittadini francesi e olandesi.

Il Trattato di Lisbona, è entrato in vigore il 1° dicembre 2009, non sostituisce alcuno dei trattati vigenti finora ma ne modifica diversi. Con il Trattato, i capi di Stato e di Governo si sono accordati su nuove regolamentazioni che fissano i futuri settori di attività dell'UE e il suo funzionamento. In tale modo il Trattato di Lisbona permette di adeguare le istituzioni europee e le loro procedure di lavoro, di rafforzare la legittimità dell'UE e di consolidare i suoi valori fondamentali. Possono essere citate le seguenti più importanti innovazioni:

16 17

­

l'UE ora ha una propria personalità giuridica;

­

l'UE subentra alla Comunità Europea. Tuttavia, la Comunità europea dell'energia atomica (Euratom) rimane attiva;

­

il precedente modello dei tre pilastri è abolito;

­

il ruolo del Consiglio europeo è rafforzato. È stata creata una nuova funzione di presidente del Consiglio europeo. Esso assume la presidenza del vertice UE ed è nominato dal Consiglio europeo per un periodo di due anni e mezzo (rinnovabile una sola volta). Questo deve contribuire ad assicurare una migliore continuità e stabilità alle attività del Consiglio europeo;

­

è stato creato un nuovo posto di Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune abbinato alla funzione di vicepresidente della Commissione europea al quale è assegnato un proprio servizio diplomatico dell'UE;

­

l'UE detiene nuove competenze, in particolare nei settori dello spazio;

­

nella maggior parte dei casi la procedura di voto del Consiglio dell'UE abolisce l'unanimità a favore della maggioranza qualificata (p. es. nei settori della cooperazione giudiziaria e in materia di polizia17 e in quelli dell'agricoltura e della pesca);

GU C 115 del 9 mag. 2008.

Tuttavia, senza la collaborazione operativa dell'acquis di Schengen in questo settore (art. 87 TFUE).

6416

­

il principio dell'unanimità è tuttavia mantenuto per i seguenti settori: fiscalità, politica estera, politica di difesa e sicurezza sociale nonché per alcuni aspetti specifici (p. es. nel diritto di famiglia o nel caso di misure di cooperazione operativa di polizia);

­

dal 2014 la maggioranza qualificata verrà sostituita da una doppia maggioranza calcolata in funzione degli Stati membri e della loro popolazione, ossia almeno il 55 per cento degli Stati membri (al minimo 15 Stati) e corrispondente almeno al 65 per cento della popolazione totale dell'UE. Per ottenere una minoranza di blocco sono necessari almeno quattro membri del Consiglio dell'UE;

­

il Parlamento europeo (PE) è rafforzato e le sue competenze in materia di legislazione, di bilancio e di convenzioni internazionali sono allargate. Inoltre, di recente la procedura di codecisione ­ che di fatto mette il PE sullo stesso piano del Consiglio dell'UE ­ in molti settori è diventata lo strumento di decisione regolare della legislazione europea. I settori politici sicurezza sociale, diritto di famiglia, prescrizioni fiscali o circolazione dei capitali con Stati terzi rimangono ancora esclusi dalla procedura di codecisione;

­

in futuro sarà necessario anche il consenso del PE in materia di accordi internazionali;

­

con il Trattato di Lisbona verrà quindi introdotta l'iniziativa popolare europea. Questa nuova disposizione di democrazia partecipativa prevede che un milione di cittadini di un determinato numero di Stati membri può invitare la Commissione a presentare una proposta adeguata di questioni per le quali, a suo parere, è necessario un atto normativo della Comunità per attuare il Trattato;

­

con la sua politica di coesione l'UE vuole rafforzare la compattezza economica e sociale e diminuire le lacune esistenti relativamente al livello di sviluppo delle diverse regioni. La Svizzera partecipa in modo autonomo alla realizzazione di tale obiettivo con il contributo all'allargamento a diversi programmi di collaborazione territoriale. La promozione della coesione territoriale è un obiettivo fondamentale dell'UE fissato nel Trattato di Lisbona.

Le prevedibili conseguenze delle modifiche introdotte nell'UE dal Trattato di Lisbona per i diversi strumenti di politica europea di cui dispone la Svizzera sono esaminate nel capitolo 3.

1.3.2.2

La valuta comune è in crisi

Nel corso della primavera 2010 la crisi d'indebitamento della Grecia, Stato membro dell'UE, si è estesa, fino a coinvolgere l'intera unione monetaria. In seguito la perdita di fiducia nei mercati dei capitali ha rimesso in questione il rifinanziamento dei debiti dello Stato anche di altri Stati membri della zona Euro (16 Stati membri).

Gli Stati euro e gli altri Stati dell'UE hanno reagito con un'azione di soccorso senza precedenti per l'intera unione monetaria e un piano di salvataggio straordinario a favore della Grecia, per ovviare alla carenza di liquidità del mercato. Queste misure sono state sostenute da interventi della Banca centrale europea e da un aiuto finanziario del FMI.

6417

Riguardo alle basi legali di questo intervento straordinario, presumibilmente non previste dal diritto contrattuale dell'UE, vi sono differenti valutazioni. In ogni caso, a tale riguardo l'UE si trova a un bivio. La crisi dell'euro ha evidenziato che anche dopo 12 anni di unione monetaria le economie dei Paesi membri reagiscono in modo troppo diverso per poter garantire una moneta unica senza sottoporla a forti pressioni.

L'UE sta quindi dibattendo proposte di riforma affinché, accanto alle misure di salvataggio a breve termine, l'unione monetaria possa contare su basi solide soprattutto a lungo termine. Si tratta di fare accettare praticamente il patto di stabilità e di crescita, già stabilito al momento dell'introduzione della moneta unica, per conseguire una miglior disciplina di bilancio. Ai fini di una responsabilità comune in materia di politica fiscale le misure di salvataggio decise in simile situazione d'emergenza devono essere trasposte in un meccanismo anticrisi permanente, e i bilanci pianificati degli Stati UE devono essere ogni volta discussi preliminarmente a Bruxelles, in un'ottica di unione monetaria, prima di essere sottoposti ai Parlamenti nazionali per approvazione. Sicuramente la politica fiscale ed economica degli Stati della zona euro non deve essere interamente comunitarizzata. Tuttavia, per ottenere una miglior convergenza tra gli Stati eterogenei della zona euro gli squilibri macroeconomici e le disparità nel settore della competitività tra i partecipanti all'unione monetaria devono essere discussi e valutati congiuntamente. Concretizzare queste proposte equivarrebbe a rafforzare ulteriormente l'integrazione e, oltre a unire ancor più strettamente gli Stati della zona euro sotto il profilo monetario ed economico, a compiere un passo significativo verso un'unione politica.

Attualmente non è possibile valutare quale sarà l'efficacia delle misure urgenti e se la riforma intrapresa sarà concretizzata. Molti Stati della zona euro hanno iniziato a consolidare il loro bilancio per ridurre l'indebitamento. Inoltre non è ancora chiaro se i mutamenti strutturali dell'UE riusciranno a migliorare le condizioni quadro economiche dell'insieme del mercato interno. Per ridurre lo stato di indebitamento è indispensabile una crescita economica dinamica. Un futuro incerto dell'euro potrebbe
contribuire all'ulteriore erosione della posizione dell'UE nel contesto economico mondiale. Oggi l'economia d'esportazione svizzera, strettamente coinvolta con l'UE, è confrontata a nuove insicurezze che riguardano sia la futura dinamica economica del suo più importante partner, sia il corso del franco svizzero rispetto all'euro. Una continua rivalutazione del franco svizzero rispetto all'euro potrebbe mettere a rischio la stabilità dei prezzi in Svizzera.

6418

1.3.2.3

Il futuro dello SEE e dell'AELS

Cifre e Fatti Membri dell'Associazione europea di libero scambio (AELS) 1990

2010

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

­ ­ ­ ­

Finlandia Islanda Liechtenstein Austria Norvegia Svezia Svizzera

Islanda Liechtenstein Norvegia Svizzera

L'Associazione europea di libero scambio (AELS) quest'anno festeggia il suo 50° anniversario; mentre lo Spazio economico europeo (SEE) esiste dal 1994.

Sin dall'istituzione dell'AELS nel 1960, la questione della perennità di quest'associazione geograficamente sparpagliata è stata oggetto di molte discussioni. Poco dopo l'entrata in vigore della Convenzione AELS, tutti gli Stati membri dell'AELS hanno sollecitato l'adesione o l'associazione alla Comunità dei Sei. La Francia si è opposta per timore di indebolire gli obiettivi politici del Mercato comune. Il Regno Unito e la Danimarca hanno lasciato l'AELS nel 1973 e il Portogallo nel 1986, per aderire alla Comunità. In seguito hanno aderito l'Islanda, la Finlandia e il Liechtenstein.

Nel mese di gennaio 1989 Jacques Delors, presidente della Commissione europea, aveva proposto agli Stati dell'AELS di creare con la Comunità europea (CE) uno spazio economico europeo dinamico e omogeneo dotato di organi decisionali e di gestione comuni. L'idea di Delors era di creare una struttura che fosse in grado di accogliere ­ per lo meno a titolo di preparazione e di avvicinamento ­ tutti gli Stati interessati ad aderire alla CE. Pensava in particolare agli Stati dell'Europa centrale e orientale che però preferirono aderire direttamente all'UE. Inizialmente la proposta di Delors aveva suscitato entusiasmo, che si è però spento 10 mesi più tardi, quando la Commissione europea aveva ribadito che non vi era motivo di istituire degli organi o delle procedure con l'AELS che potessero mettere in pericolo l'autonomia decisionale della CE. Per molti Paesi lo SEE si è rapidamente rivelato una soluzione transitoria: nel luglio 1989 l'Austria ha depositato una domanda d'adesione alla Comunità, la gran parte degli altri Stati dell'AELS l'hanno seguita ma solo l'Austria, la Finlandia e la Svezia hanno aderito nel 1995, dopo aver partecipato allo SEE solo per un anno.

Nel 2009 l'Islanda ha depositato una domanda d'adesione all'UE e nel mese di giugno 2010 il Consiglio dell'UE ha deciso di avviare i negoziati d'adesione con quel Paese. Attualmente la concretizzazione di questa adesione è tuttavia molto incerta. Se si realizzasse, potrebbe essere rimesso in discussione l'avvenire dell'AELS e dello SEE, in particolare il loro funzionamento. Considerando che il funzionamento
dello SEE si basa essenzialmente su due organi sopranazionali che assicurano la sorveglianza e l'interpretazione dell'Accordo SEE da parte dei tre Stati AELS/SEE e che in tali organi è la maggioranza che decide, qualora l'Islanda 6419

dovesse lasciare l'AELS sarebbe necessario trovare una soluzione per garantire il processo decisionale in seno ai due organi. Peraltro, se gli Stati AELS/SEE fossero solo due lo squilibrio della dimensione dei due partner, di cui uno assume solo l'1 per cento dei costi dello SEE verrebbe accentuato. A tale proposito va osservato che attualmente l'AELS non intende allargarsi ad altri Paesi. Le conseguenze concrete per la Svizzera e l'AELS in caso di adesione dell'Islanda all'UE saranno esaminate a tempo debito dal nostro Paese e dagli altri Stati dell'AELS.

1.3.3

Evoluzione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE dopo il rapporto Europa 2006

Cifre e fatti Svizzera ­ un importante partner solidale dell'UE ­ Secondo più importante partner commerciale dell'UE ­ Mobilità intensiva grazie alla libera circolazione delle persone ­ Contributo alla diminuzione delle disparità sociali nell'UE (contributo all'allargamento) ­ Partecipazione ad azioni di promozione della pace dell'UE ­ Traffico transalpino per il trasporto di merci dell'UE facilitato grazie alla costruzione della NFTA

1.3.3.1

Introduzione

L'UE non intrattiene con alcun altro Stato relazioni simili a quelle che ha con la Svizzera. Per consolidare tali relazioni dopo la bocciatura dell'accordo sullo SEE nel 1992, la Svizzera persegue i suoi interessi nei confronti dell'UE tramite la via bilaterale. Negli ultimi anni si è così intessuta una rete di 20 accordi fondamentali e oltre 100 accordi più settoriali. Tale rete ha permesso alle due parti di raggiungere i loro obiettivi. La via bilaterale beneficia inoltre di un grande sostegno popolare confermato regolarmente in diverse votazioni ­ dal 2000 si sono svolte sei votazioni.

Il 21 ottobre 2009, durante una riunione ad hoc, il Consiglio federale ha dibattuto sulla sua attuale politica europea. Partendo dal rapporto sulla politica estera del 2009, esso ha tra l'altro analizzato lo stato delle relazioni con l'UE e i diversi dossier bilaterali. Ha confermato i negoziati in corso nei settori dell'agricoltura, della sicurezza alimentare, della sicurezza dei prodotti, della sanità pubblica nonché dell'energia e di voler proseguire la partecipazione ai programmi GNSS europei Galileo e EGNOS (GNSS). Ha inoltre confermato la sua volontà di accelerare i preparativi in vista di possibili negoziati. Ciò riguarda in particolare il commercio di scambio di quote di emissioni CO2 (ETS), la collaborazione alla regolamentazione delle sostanze chimiche (REACH/CLP) e, infine, la cooperazione con l'Agenzia europea per la difesa. Dal canto suo, negli ultimi anni l'UE ha tematizzato diverse problematiche fiscali, come i diversi aspetti della fiscalità cantonale delle imprese, una revisione dell'accordo sulla fiscalità del risparmio, le questioni relative allo scambio di infor6420

mazioni in materia fiscale e, recentemente, l'intenzione di aprire un dialogo con il nostro Paese sull'applicazione del codice di condotta dell'UE in materia di fiscalità delle imprese.

È importante menzionare l'entrata in vigore degli accordi Schegen/Dublino tra la Svizzera e l'UE, che prevede la soppressione dei controlli alle frontiere terrestri, a partire dal 12 dicembre 2008, e alle frontiere aeree (aeroporti), dal 19 marzo 2009.

La cooperazione di Schengen favorisce la mobilità in Europa grazie alla soppressione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere degli Stati Schengen (frontiere interne dello spazio Schengen). Contemporaneamente, una serie di misure di sicurezza rendono più efficace la lotta contro la criminalità grazie a una miglior collaborazione internazionale negli ambiti di giustizia e polizia. Tali misure prevedono di intensificare i controlli alle frontiere esterne dello spazio Schengen, di rafforzare la cooperazione di polizia transfrontaliera (in particolare per mezzo del sistema elettronico di ricerca SIS) e di migliorare l'assistenza giudiziaria. La cooperazione di Dublino, invece, vuole prevenire la molteplicità di domande di asilo nello spazio Dublino. I criteri di Dublino statuiscono quale Stato deve trattare una domanda di asilo; ciò permette una ripartizione degli oneri. Grazie alla banca dati di impronte digitali Eurodac una persona che ha depositato più domande di asilo può essere identificata e ricondotta verso il Paese incaricato della procedura. Può così essere evitato il trattamento di domande multiple ­ costoso e gravoso per i sistemi di asilo nazionali.

A livello operativo il nuovo procedimento ha funzionato bene e il Consiglio federale ritiene che le prime esperienze con Schengen/Dublino siano complessivamente positive: per le autorità elvetiche la banca dati SIS e la banca dati delle impronte digitali Eurodac si sono rivelate strumenti di lavoro supplementari efficienti nella lotta contro la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale. In Svizzera la consultazione della banca dati SIS (da parte della polizia e del Corpo di guardie di confine) permette di intercettare circa 20 casi al giorno. Dal 1° gennaio 2009 al 31 maggio 2010 la Svizzera ha richiesto il trasferimento della procedura d'asilo di 8408 persone a un altro Stato membro
di Dublino. In 6724 casi è stata concessa l'approvazione di trasferimento mentre 1214 domande sono state respinte. Sino a fine maggio 2010, complessivamente 2920 richiedenti l'asilo sono stati rinviati verso gli Stati membri di Dublino competenti. Nel medesimo periodo la Svizzera ha ricevuto da altri Stati membri di Dublino 1116 richieste di accoglienza. 787 richieste sono state accettate, 303 sono state rifiutate. 416 persone erano già state accolte in Svizzera.

Nell'ambito delle riflessioni relative alle relazioni tra la Svizzera e l'UE vanno menzionate diverse prese di posizione recenti: ­

18

il 25 giugno 2010 i Governi cantonali hanno riesaminato la loro situazione in materia di politica europea e hanno adottato le seguenti posizioni18: attualmente e in futuro soltanto la via bilaterale o l'adesione all'UE sono in grado di garantire la salvaguardia degli interessi svizzeri. A breve e medio termine proseguire la via bilaterale necessita la stipulazione di un accordo quadro che disciplini gli aspetti istituzionali. I Governi cantonali ritengono che il mantenimento e la messa in atto efficace degli accordi esistenti con l'UE rimane una priorità assoluta. L'interesse politico ed economico della Cfr. «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei Governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

6421

Svizzera è il proseguimento della collaborazione con l'UE. Peraltro, ogni nuovo mandato negoziale dovrebbe essere sospeso fino alla conclusione di un accordo quadro che disciplini in maniera uniforme il meccanismo di recepimento dell'acquis dell'UE. Secondo i Governi cantonali, rinegoziare tali modalità per ogni nuovo accordo non è un'opzione adeguata; essi preconizzano la creazione di un comitato misto nel quale siano rappresentati e che avrebbe la funzione di forum di dialogo politico con l'UE e, infine, ritengono che la partecipazione della Svizzera ai programmi dell'UE dovrebbe essere ancorata nell'accordo quadro per evitare di dover rinegoziare detta partecipazione al termine di ogni periodo.

Inoltre, parallelamente al consolidamento delle relazioni con l'UE essi reputano indispensabile procedere a riforme interne volte a consolidare l'organizzazione dello Stato federale e la democrazia del nostro Paese. Si tratterebbe di rafforzare i diritti di partecipazione dei Cantoni all'elaborazione della politica europea (federalismo partecipativo) e di adeguare le strutture organizzative esistenti. Quindi, i Governi cantonali prossimamente desiderano procedere a una valutazione politica delle riforme istituzionali interne auspicate.

19 20

­

Il 18 maggio 2010 Economiesuisse, l'organizzazione mantello dell'economia elvetica, ha pubblicato un'analisi delle relazioni con l'Europa che valuta i diversi scenari possibili dal punto di vista dell'economia e della politica economica19. Conclude che la Svizzera deve proseguire la via bilaterale applicata finora nelle relazioni con l'UE, tuttavia migliorando e allargando l'accesso al mercato. Secondo Economiesuisse, nella situazione attuale la via bilaterale è il mezzo più sicuro di difendere gli interessi elvetici in ambiti chiave. La stipulazione di un accordo quadro potrebbe incidere positivamente sulle relazioni con l'UE a condizione di non dover recepire automaticamente l'acquis dell'UE, come nel caso dello SEE. Un'adesione all'UE non porterebbe vantaggi notevoli rispetto alla via bilaterale, eccezion fatta per alcuni servizi finanziari, e sicuramente non garantirebbe un accesso al mercato non discriminante, ma provocherebbe un aumento della regolamentazione, dovuto al recepimento del diritto europeo. La Svizzera dovrebbe inoltre rinunciare alla sua autonomia in materia di politica monetaria e di politica economica esterna. Da un punto di vista economico, Economiesuisse appoggia nuovi accordi bilaterali sul libero scambio nei settori agroalimentare, del diritto in materia di prodotti chimici e del commercio dell'elettricità e auspica un miglioramento delle condizioni di accesso al mercato dei servizi finanziari transfrontalieri.

­

Il 15 luglio 2010 il gruppo di riflessione «Avenir Suisse» ha pubblicato un'analisi del margine di manovra in materia di sovranità (intesa come possibilità per il nostro Paese di esercitare sul piano internazionale l'influenza necessaria per garantire il suo benessere, la sua libertà e la sua sicurezza) nell'ambito della politica estera, monetaria e finanziaria20. Lo studio proCfr. Economiesuisse, «Svizzera-UE: interessi reciproci», 18 mag. 2010 (www. economiesuisse.ch) Cfr. Gentinetta K. & Kohler G. (a c.) «La souveraineté en cause: l'autodétermination sous de nouveaux auspices», Zurigo, 2010 (www.avenirsuisse.ch). La versione francese è un riassunto dell'opera «Souveränität im Härtetest: Selbstbestimmung unter neuen Vorzeichen», pubblicata in tedesco.

6422

pone tre misure prospettive e strategiche volte a garantire la sovranità elvetica nel contesto attuale e futuro. Il primo scenario delineato è l'adesione allo SEE, che permetterebbe alla Svizzera di beneficiare dei vantaggi offerti dal mercato unico pur conservando la sua autonomia riguardo alla politica monetaria ed economica esterna. L'adesione all'UE, senza partecipare alla politica monetaria è la seconda opzione, che garantirebbe l'autodeterminazione della Svizzera in materia di politica monetaria. La terza possibilità, suggerita da Avenir Suisse, è la creazione di un'alleanza mondiale di Stati di piccole o medie dimensioni che hanno economie aperte che includa l'Europa, l'Asia e l'America latina. Avenir Suisse ritiene che per motivi istituzionali la via bilaterale non abbia più alcun futuro.

I principali dossier attualmente dibattuti sono esposti brevemente qui di seguito:

1.3.3.2

Negoziati nei settori dell'agricoltura, della sicurezza alimentare, della sicurezza dei prodotti e della sanità pubblica

Il 14 marzo 2008 il Consiglio federale ha approvato un mandato per avviare ampi negoziati nei settori dell'agricoltura, della sicurezza alimentare, della sicurezza dei prodotti e della sanità pubblica e lo ha confermato il 27 agosto 2008. Il mandato include i seguenti settori: accesso al mercato agricolo e alimentare, sicurezza alimentare, sicurezza dei prodotti e sanità pubblica. L'accordo che si persegue comprende la partecipazione della Svizzera a tre agenzie21, a tre sistemi di allarme rapido e di preallarme e al programma d'azione dell'UE nel settore della sanità22. I negoziati sono stati avviati il 4 novembre 2008. Finora nei quattro settori di negoziazione si sono svolti tre round di trattative globali e innumerevoli colloqui tecnici di esperti. In vista dell'accesso al mercato agricolo e alimentare si sono avuti quattro ulteriori negoziati durante i quali si è discussa la rimozione degli ostacoli al commercio di natura tariffaria e non tariffaria.

Un accordo nel settore dei prodotti agricoli e in quello dei prodotti alimentari ha lo scopo di aprire il mercato a tali prodotti. Esso dovrebbe rimuovere gli ostacoli al commercio sia tariffari (dazi, contingenti doganali, sovvenzioni all'esportazione) che non tariffari e, di conseguenza, dovrebbe andare ben oltre una semplice evoluzione degli attuali accordi bilaterali nel settore agricolo (Accordo agricolo, Accordo sui prodotti agricoli trasformati). I controlli alle frontiere sarebbero mantenuti soltanto per quanto riguarda la determinazione di prove dell'origine e le formalità relative all'imposta sul valore aggiunto. Un tale accordo, offrirebbe nuove prospettive a lungo termine all'agricoltura svizzera, all'industria di trasformazione, al commercio e ai consumatori, rendendo questi settori più competitivi a livello internazionale. Il pertinente acquis dell'UE costituisce la base negoziale di questo accordo, ma si dovrà definire in che misura tener conto dell'acquis per raggiungere gli obiettivi previsti dall'accordo.

21 22

Cfr. il rapporto del Consiglio federale sulle relazioni fra la Svizzera e le agenzie europee in adempimento al postulato David (08.3141), n. 3.2.2 (www.europa.admin.ch).

Cfr. il rapporto del Consiglio federale sulle relazioni fra la Svizzera e le agenzie europee, n. 3.3.2.1 (www.europa.admin.ch).

6423

1.3.3.3

Swissmedic-EMA

Il 27 novembre 2009, nel contesto dell'influenza pandemica H1N1, il Consiglio federale ha impartito un mandato negoziale all'Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic per concludere una convenzione che permetta lo scambio di informazioni confidenziali con l'Agenzia europea per i medicinali (EMEA).

In seguito al mandato del Consiglio federale si sono svolti negoziati tra Swissmedic e l'EMEA. Il 15 febbraio 2010 i direttori di Swissmedic e dell'EMEA hanno firmato una soluzione non vincolante che permette lo scambio di dati confidenziali riguardanti l'influenza pandemica H1N1. Grazie a tale soluzione le parti possono inoltre accedere reciprocamente alle basi decisionali, scambiare informazioni relative alle perizie e alle modifiche delle autorizzazioni esistenti, cooperare nell'ambito della sorveglianza dei vaccini pandemici (osservazione degli effetti secondari indesiderati) e condividere gli insegnamenti tratti da altre pandemie.

1.3.3.4

Elettricità

In seguito all'importante blackout del mese di settembre 2003 in Italia, la Commissione europea ha consigliato alla Svizzera di disciplinare contrattualmente il transito della corrente elettrica. L'accordo in materia di elettricità, attualmente in fase negoziale, deve disciplinare il commercio di elettricità e permettere l'accesso reciproco al mercato. Al contempo deve continuare a essere garantita la sicurezza dell'approvvigionamento.

Per il nostro Paese è prioritario assicurare il suo ruolo fondamentale in materia di commercio transfrontaliero di elettricità in Europa mediante un accordo. A tale scopo è inoltre importante predisporre una procedura per la gestione dei congestionamenti alle frontiere e regolamentare le indennità per i servizi di transito. È anche presumibile che l'accordo in materia di elettricità conterrà determinate disposizioni orizzontali, per esempio relativamente al diritto ambientale nel settore dell'elettricità e al diritto sulla concorrenza.

Va tuttavia ricordato che nel frattempo l'UE ha fondamentalmente modificato la sua politica energetica: a fine giugno 2009 ha adottato un terzo pacchetto di misure per la liberalizzazione del mercato europeo dell'energia che è la base per i negoziati23.

L'UE tende a definire sempre più il suo patrimonio normativo rilevante per i negoziati. Inoltre, essa vorrebbe allargare i negoziati alle nuove direttive sulla promozione dell'uso dell'energia rinnovabile24, parte integrante del pacchetto sul clima e l'energia dell'UE. L'adeguamento del mandato necessario in Svizzera è stato approvato dal Consiglio federale il 12 maggio 2010, fatto salvo il parere delle commissioni della politica estera delle due Camere e dei Cantoni. Deve altresì essere perseguito un accordo sull'energia indipendente ed estensibile, in un primo momento 23

24

Il pacchetto presentato dalla Commissione nel 2007 comprende i seguenti atti normativi: Direttiva 2009/72/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica; Regolamento (CE) n. 714/2009 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica; Direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale; Regolamento (CE) n. 715/2009 relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale; Regolamento (CE) n. 713/2009 che istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia.

Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.

6424

limitato al settore elettrico e alle energie rinnovabili, e che durante ulteriori negoziati possa essere allargato ad altri temi quali l'efficienza energetica o le infrastrutture energetiche.

1.3.3.5

Navigazione satellitare globale Galileo e «European Geostationary Navigation Overlay Service» (EGNOS)

Con Galileo, l'UE e l'Agenzia spaziale europea (ESA) vogliono creare un sistema di navigazione satellitare civile di nuovissima generazione, ponendo così fine alla dipendenza fattuale degli utenti europei dal sistema GPS controllato dalle autorità militari statunitensi e da altri sistemi e garantire la disponibilità dei dati sia in tempo di pace, sia in periodi di crisi. EGNOS è un sistema di navigazione satellitare regionale che migliora notevolmente l'accuratezza nonché l'affidabilità dei segnali emessi dall'insieme dei sistemi globali di navigazione satellitare.

L'obiettivo del mandato negoziale del Consiglio federale, del 13 marzo 2009, è di garantire tramite un accordo la continua e completa partecipazione della Svizzera ai programmi citati25. L'inclusione contrattuale della Svizzera nei sistemi Galileo ed EGNOS e nei relativi consessi di GNSS (Sistemi di navigazione satellitare globale) è auspicabile soprattutto per considerazioni di politica economica e della ricerca, ma anche per tutelare gli interessi di politica di sicurezza, politica estera, politica europea e per le preferenze espresse dai potenziali utenti. L'UE ha approvato il suo mandato negoziale il 29 giungo 2010.

1.3.3.6

Scambio delle quote di emissione

Attualmente la politica climatica della Svizzera e dell'UE mirano a obiettivi simili.

Nel periodo 2013­2020 la Svizzera ­ come l'UE ­ raggiungerà una riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 20 per cento rispetto al 1990. Si proseguirà anche in futuro con l'attuale sistema nazionale di scambio delle quote di emissione e nel quadro della revisione della legge sul CO2 si farà in modo d'integrarlo al corrispondente sistema di scambio delle quote di emissione dell'UE. Il 16 dicembre 2009 il Consiglio federale ha approvato un pertinente mandato negoziale. L'UE non ha ancora fatto questo passo. L'obiettivo di un futuro accordo è l'abolizione delle frontiere del mercato tra la Svizzera e l'UE mediante il riconoscimento reciproco delle quote di emissione. Per la Svizzera è di capitale importanza che con l'integrazione le aziende svizzere abbiano accesso a un mercato europeo delle emissioni nettamente più importante e più liquido. Realizzando i loro obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra le aziende guadagnerebbero in flessibilità e al contempo verrebbero diminuite le disparità nelle condizioni di concorrenza ­ in particolar modo rispetto ai concorrenti europei.

A partire dal 2012 l'UE integrerà il traffico aereo internazionale nel sistema di scambio delle quote di emissione. Se l'integrazione dei due sistemi avverrà, anche la Svizzera farà questo passo. Le modalità e il momento dell'inclusione del traffico 25

Cfr. il rapporto del Consiglio federale sulle relazioni fra la Svizzera e le agenzie europee, n. 3.2.4 (www.europa.admin.ch).

6425

aereo dipendono essenzialmente dallo svolgimento dei negoziati relativi all'integrazione dei due sistemi di scambio di quote di emissioni.

1.3.3.7

Collaborazione nel settore delle sostanze chimiche (REACH/CLP)

Dall'entrata in vigore del nuovo diritto in materia di sostanze chimiche dell'UE26, il 1° giugno 2007, sono sorte nuove divergenze tra il diritto europeo in materia di sostanze chimiche e la legislazione svizzera in materia di prodotti chimici, fino a quel momento ampiamente armonizzata a quella europea. Con ciò sono sorti ostacoli tecnici al commercio che gravano soprattutto sulle PMI. Inoltre, alcuni settori dell'economia svizzera subiscono notevoli inconvenienti rispetto ai loro concorrenti all'interno dell'UE (obbligo di registrazione per l'industria del riciclaggio, forte dipendenza dei commercianti e distributori elvetici dai loro importatori UE). Un accordo bilaterale nel settore della regolamentazione delle sostanze chimiche in linea di massima sarebbe adatto per risolvere tali problemi. Relativamente alle registrazioni e alle autorizzazioni, le imprese svizzere potrebbero trattare direttamente con l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA)27. Verrebbero così eliminati i doppioni. Con il recepimento di REACH, in Svizzera il livello di protezione delle persone e dell'ambiente potrebbe inoltre essere parificato a quello europeo.

Il 18 agosto 2010 il Consiglio federale ha approvato un mandato per l'avvio di negoziati relativi alla cooperazione con l'UE in questo settore.

1.3.3.8

Collaborazione con l'Agenzia europea per la difesa (EDA)28

In Europa la cooperazione in materia di armamenti è promossa principalmente dall'Agenzia europea per la difesa, fondata nel 2004. L'EDA è una piattaforma di scambio di conoscenze e di cooperazione per mezzo di progetti. Una partecipazione svizzera a questa piattaforma è fondamentalmente possibile e potrebbe essere disciplinata da una convenzione amministrativa. Un simile accordo permette a Stati terzi di ottenere l'accesso alla cooperazione multilaterale di armamento in Europa e regolamenta lo scambio di informazioni tra l'EDA e gli Stati terzi. Permette inoltre di prendere parte a progetti e programmi di armamento concreti. Per contro non vi è alcun obbligo per il nostro Paese a partecipare a progetti o a trasmettere determinate informazioni.

26

27 28

Regolamento (CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'agenzia europea per le sostanze chimiche; Regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele.

Cfr. il rapporto del Consiglio federale sulle relazioni fra la Svizzera e le agenzie europee, n. 3.2.3 (www.europa.admin.ch).

Cfr. il rapporto del Consiglio federale sulle relazioni fra la Svizzera e le agenzie europee, n. 3.2.5 (www.europa.admin.ch).

6426

L'accesso a una collaborazione multilaterale di armamento in Europa e la partecipazione al trasferimento di conoscenze sarebbero di grande utilità per la ricerca e la piazza tecnologica svizzeri nonché per la nostra industria degli armamenti.

I direttori degli armamenti degli Stati membri dell'EDA hanno indicato in modo informale di essere interessati a concludere una convenzione amministrativa con il nostro Paese. Il 16 dicembre 2009 il Consiglio federale ha approvato il mandato negoziale.

1.3.3.9

Accordo quadro nell'ambito della politica europea di sicurezza e difesa

Dal 2003 l'Unione europea ha assunto un ruolo di sempre maggior rilievo sul fronte della promozione della pace. Nell'ambito della propria politica di sicurezza e di difesa (PESD) ha condotto numerose missioni civili e militari di promozione della pace sia in Europa che al di là dei suoi confini. La Svizzera ha partecipato a diverse missioni come, per esempio, le operazioni Eufor Althea e EUPM in Bosnia e Erzegovina e la missione EULEX in Kosovo. Gli Stati europei, ma anche il nostro Paese, sono chiamati a misurarsi con nuove problematiche relative alla sicurezza. Finora, se la Svizzera desiderava partecipare a una missione di promozione della pace doveva di volta in volta concludere un accordo ad hoc con l'UE. Un accordo quadro nell'ambito della PESD disciplinerebbe le modalità di base valide per tutti gli interventi svizzeri nell'ambito delle operazioni civili e militari di promozione della pace dell'UE. Nel 2004 l'UE aveva già formulato un invito alla Svizzera in tal senso. Va sottolineato che un tale accordo non determinerebbe in alcun modo la partecipazione del nostro Paese a operazioni di promozione della pace dell'UE. Infatti, solo la Svizzera può decidere di volta in volta se un'eventuale partecipazione sia opportuna o meno. Tuttavia, nell'ambito della promozione militare della pace un accordo quadro non escluderebbe la necessità di concludere accordi aggiuntivi con l'UE e con altri Stati che partecipano alla missione in questione. Il Consiglio federale studia l'opportunità di avviare negoziati volti alla conclusione di un accordo quadro. Tuttavia non ha ancora approvato un mandato negoziale a tale proposito.

1.3.3.10

Accordo MEDIA

La partecipazione della Svizzera al programma di promozione cinematografica MEDIA è stata concordata negli Accordi bilaterali II. L'accordo MEDIA è entrato in vigore il 1° aprile 2006. Il programma è terminato a fine 2006, la Svizzera ha quindi dovuto rinegoziare la sua partecipazione al proseguimento del programma (2007­2013). Dato che la partecipazione a «Media 2007» richiedeva un'armonizzazione della legislazione svizzera con il diritto europeo in materia di televisione, sono state aperte discussioni con l'UE. Tuttavia, dal 1° settembre 2007 è stato possibile applicare l'accordo provvisoriamente. Dopo che le parti avevano negoziato una soluzione soddisfacente il Parlamento ha trattato la partecipazione della Svizzera a «MEDIA 2007» durate le sessioni primaverile ed estiva 2009. I due decreti federali relativi alla partecipazione a MEDIA e al suo finanziamento hanno suscitato ampi consensi e sono stati approvati dalle Camere federali durante la sessione estiva. Per contro la modifica della legge federale sulla radiotelevisione (LRTV) è stata oggetto 6427

di divergenze tra le due Camere. In seguito all'adozione di una modifica della LRTV durante la sessione primaverile ora la legge autorizza le reti svizzere a diffondere pubblicità per prodotti a basso contenuto alcolico (birra e vino). Il 15 dicembre 2009 la Svizzera ha informato la segreteria generale del Consiglio dell'UE che le procedure che permettono l'entrata in vigore di questo accordo erano ultimate da parte svizzera. L'accordo è entrato in vigore il 1° agosto 2010.

1.3.3.11

Accordo sull'educazione, la formazione professionale e la gioventù

Dopo la stipulazione degli Accordi bilaterali I, la conclusione di un accordo relativo alla partecipazione ufficiale della Svizzera ai programmi europei di educazione, formazione professionale e della gioventù fa parte dei «desiderata» della politica europea svizzera. L'accordo permette di realizzare una partecipazione diretta e integrale del nostro Paese ai programmi citati.

L'8 settembre 2009 il Consiglio federale ha dato la sua approvazione per la firma dell'accordo e ha sottoposto al Parlamento il messaggio concernente l'approvazione dell'accordo e del finanziamento della partecipazione29. Il Parlamento ha esaminato il progetto nella sessione primaverile 201030. Il 15 febbraio 2010 a Bruxelles è stato firmato l'accordo sull'educazione che prevede la partecipazione della Svizzera ai programmi UE a partire dal 2011.

1.3.3.12

Accordo relativo alla cooperazione in materia di concorrenza

L'importanza della cooperazione tra le autorità in materia di concorrenza aumenta con i legami che si intrecciano nelle attuali aree economiche. Dopo che chiarimenti interni hanno confermato i vantaggi sotto il profilo del diritto in materia di concorrenza di un accordo con l'UE, il partner commerciale più importante della Svizzera, in un colloquio esplorativo informale con la Commissione dell'UE sono state discusse le modalità di un possibile accordo di cooperazione. Si tratta in particolare della restrizione dello scambio di informazioni alle autorità in materia di concorrenza della Commissione dell'UE, della tutela dei diritti di parte e dell'opportunità di scambi anche di informazioni confidenziali conformemente ai sistemi giuridici delle due parti. È esplicitamente escluso il recepimento del diritto dell'UE. La garanzia della concorrenza, sostenuta dalla cooperazione transfrontaliera, risponde a una politica economica esterna orientata all'apertura del mercato e quindi alla soppressione delle limitazioni della concorrenza, come è anche perseguita dalla revisione parziale del 12 giugno 200931 della legge federale sugli ostacoli tecnici al commercio (applicazione del principio «Cassis-de-Dijon») o con l'introduzione del principio dell'esaurimento regionale nel diritto dei brevetti. Il 18 agosto 2010 il Consiglio federale ha approvato il relativo mandato negoziale.

29 30 31

FF 2009 5419 segg.

FF 2010 1887 FF 2009 3843

6428

1.3.3.13

Fiscalità

Conformemente all'Accordo sulla fiscalità del risparmio32, applicato dal 1° luglio 2005, la Svizzera versa ogni anno l'importo netto della ritenuta di imposta sugli interessi agli Stati membri dell'UE. Dalla sua entrata in vigore il 31 maggio 2005, l'Accordo bilaterale sulle pensioni33 evita la doppia imposizione delle rendite pagate ai funzionari pensionati delle istituzioni e agenzie delle Comunità europee residenti in Svizzera. Il 23 ottobre 2008 la Svizzera ha ratificato l'Accordo sulla lotta contro la frode con l'UE34, che prevede una moderna collaborazione tra le autorità preposte alla lotta contro i reati nel settore delle imposte indirette. Tuttavia questo accordo potrà entrare in vigore soltanto quando tutti gli Stati membri dell'UE avranno depositato i loro strumenti di ratifica, il che non è ancora avvenuto. Dall'8 aprile 2009 la Svizzera applica l'accordo anticipatamente nei confronti di quegli Stati membri dell'UE che, come il nostro Paese, lo hanno già ratificato e hanno rilasciato una dichiarazione in tal senso.

Dal mese di febbraio 2007 la Commissione europea considera ufficialmente determinate disposizioni cantonali sull'imposizione delle imprese, a favore di holding, società miste e società di gestione, come una forma di aiuto pubblico inconciliabile con il buon funzionamento dell'Accordo di libero scambio concluso nel 197235. La Svizzera ha respinto l'interpretazione dell'UE, considerandola immotivata, e ha rifiutato ogni negoziato poiché le disposizioni fiscali contestate non rientrano nel campo d'applicazione dell'Accordo di libero scambio. Si è dichiarata disposta a mantenere aperto il dialogo con l'UE su questa problematica e ha spiegato il suo punto di vista.

In un comunicato della Commissione europea del 28 aprile 2009 relativo alla gestione responsabile in ambito fiscale, l'UE ha riaffermato l'intenzione di imporre i suoi principi fiscali a Stati terzi onde evitare una «concorrenza fiscale dannosa».

L'8 giugno 2010 il Consiglio ECOFIN ha invitato la Commissione ad avviare un dialogo con la Svizzera e il Liechtenstein sul codice di comportamento interno all'UE relativo alla fiscalità delle imprese. In virtù di questo codice, politicamente vincolante e che fissa regole fiscali comuni, gli Stati membri dell'UE hanno già dovuto modificare innumerevoli pratiche fiscali.

1.3.3.14

Settore dei servizi

I negoziati relativi al settore dei servizi nel quadro degli Accordi bilaterali II sono stati interrotti di comune accordo poiché le posizioni di allora sembravano essere troppo divergenti per permettere di concludere un accordo. In seguito agli avvenimenti legati alla crisi dei mercati finanziari e in particolare dopo la decisione del Consiglio federale di adottare lo standard dell'OCSE concernente lo scambio di informazioni fiscali su richiesta, è stata realizzata una nuova analisi degli interessi svizzeri in tale settore. Sulla base di tale analisi e tenuto conto della complessità della materia, del carattere orizzontale di molte disposizioni dell'acquis dell'UE e delle difficoltà di limitare il campo di applicazione a determinati ambiti nel quadro 32 33 34 35

RS 0.641.926.81 RS 0.672.926.81 RS 0.351.926.81 RS 0.632.401

6429

di un accordo, il 24 febbraio 2010 il Consiglio federale ha deciso di non riavviare i negoziati. Attualmente esso valuta altre possibilità per ottenere un migliore accesso al mercato.

2

Analisi dei recenti sviluppi delle relazioni tra la Svizzera e l'UE alla luce delle condizioni formulate nel rapporto Europa 2006 Possibilità di partecipazione della Svizzera, volontà di negoziare dell'UE, condizioni quadro economiche: le condizioni per il buon proseguimento della via bilaterale sono in linea di massima soddisfatte. Tuttavia il margine di manovra della Svizzera si restringe sempre più.

Nel suo rapporto Europa 200636 il Consiglio federale ha formulato tre condizioni sulle quali basa la scelta del miglior strumento per tutelare gli interessi svizzeri nei confronti dell'UE. È chiaro che, in ogni caso, esso decide (e continuerà a decidere anche in futuro) se sottoporre o meno un progetto di accordo al Parlamento federale in funzione dei risultati di ogni negoziato in un determinato settore. Il presente capitolo analizza gli sviluppi delle relazioni tra Svizzera e UE in funzione di queste tre condizioni, il cui rispetto e la cui pertinenza non potranno essere garantiti in futuro. Il capitolo si conclude con una sintesi.

2.1

Condizione 1: partecipazione alle decisioni

Cifre e fatti Grado di codecisione È nell'interesse della Svizzera e dell'UE adeguare gli accordi bilaterali ai nuovi sviluppi del diritto. Se la Svizzera recepisce i nuovi sviluppi deve poter partecipare alla loro elaborazione. La decisione di recepire tali sviluppi compete unicamente alla Svizzera (nessun automatismo).

Dalla pubblicazione del rapporto Europa 2006 il margine di manovra lasciato alla Svizzera per l'attuazione delle sue politiche è sempre più ristretto. La causa principale di questa evoluzione sono le richieste sempre più pressanti dell'UE alla Svizzera di recepire gli acquis comunitari e i loro sviluppi nei nuovi accordi bilaterali (come pure negli accordi già esistenti). Il Consiglio dell'UE ha esplicitamente formulato questa posizione per la prima volta nel mese di dicembre 2008 nel quadro delle sue conclusioni relative alle relazioni tra l'UE e gli Stati membri dell'AELS e ha ricordato che la partecipazione al mercato interno necessita di un'applicazione e di un'interpretazione uniformi e simultanee del corpus comunitario, in costante 36

FF 2006 6223 segg.

6430

sviluppo37. Da allora, nel quadro di negoziati bilaterali con la Svizzera l'UE ha proposto più volte disposizioni che prevedono la caducità o la sospensione automatica di un accordo nel caso in cui il nostro Paese non potesse recepire uno sviluppo del diritto europeo38.

Per ragioni legate alla propria sovranità politica la Svizzera non può e non vuole soddisfare la richiesta dell'UE poiché implicherebbe il recepimento automatico del diritto dell'UE. Si tratta quindi di trovare le possibilità di tenere conto degli interessi delle due parti: quelli dell'UE, ossia l'applicazione più unitaria possibile del diritto europeo anche da parte di Stati terzi con i quali ha concluso accordi e quelli della Svizzera, ossia il rispetto della sua sovranità in quanto Stato non membro dell'UE.

In un tale contesto, l'interesse comune dei due partner di evitare le distorsioni del diritto applicabile negli ambiti retti da accordi va a favore della ricerca di soluzioni consensuali.

Come indicato nel suo rapporto sulla politica estera 200939, il Consiglio federale ricerca un equilibrio tra tali interessi sulla base dei cinque principi seguenti: ­

la Svizzera è disposta ad accettare che i negoziati si basino sul pertinente acquis dell'UE, a condizione che gli accordi rispettino la sovranità elvetica;

­

il recepimento dell'acquis dell'UE nei nostri accordi, comunque senza automatismo, deve essere vincolato all'adeguata partecipazione elvetica al processo decisionale («decision shaping») nel settore coperto dall'accordo, in altre parole alla sua partecipazione alle sedute dei competenti gruppi di lavoro, dei comitati «comitologia» (comitati UE che si occupano di sviluppare l'acquis dell'UE) e dei gruppi di esperti;

­

il meccanismo previsto deve consentire di adeguare gli accordi agli sviluppi dell'acquis dell'UE nel rispetto dei termini e della durata delle procedure previste dall'ordinamento elvetico;

­

gli adeguamenti degli accordi devono essere fatti sempre di comune intesa;

­

qualora, eccezionalmente, la Svizzera non possa tener conto degli sviluppi dell'acquis dell'UE e l'UE insista nel voler adottare, nel caso specifico, misure di compensazione, queste non possono eccedere la misura necessaria a garantire l'equilibrio dell'accordo; la proporzionalità delle misure può essere vagliata nell'ambito di una procedura arbitrale.

Finora questi principi sono stati applicati nel quadro della modifica dell'accordo riguardante l'agevolazione dei controlli e delle formalità nei trasporti di merci nonché la sicurezza doganale, per risolvere il problema della «regola delle 24 ore»40.

Con riserva dell'ultimo punto, anche gli accordi di Schengen e di Dublino corrispondono a questi principi. Il Consiglio federale si è fissato l'obiettivo di applicarli, mutatis mutandis, ai negoziati attuali e futuri.

La realizzazione di questi obiettivi tuttavia necessita l'entrata in materia da parte dell'UE. Dopo la conclusione dell'Accordo riguardante l'agevolazione dei controlli 37 38 39 40

Conclusioni del Consiglio dell'UE 16651/1/08 del 5 dic. 2008 sulle relazioni tra l'UE e i Paesi dell'AELS.

FF 2009 5463 FF 2009 5463 Messaggio del 27 nov. 2009 concernente l'approvazione e l'attuazione dell'accordo tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sulle agevolazioni doganali e sulla sicurezza doganale, FF 2009 7783.

6431

e delle formalità nei trasporti di merci e le misure doganali di sicurezza diversi rappresentanti della Commissione europea hanno indicato che, nell'ottica dell'UE, la soluzione istituzionale contenuta nell'accordo non può avere valore di precedente ed essere ripresa in maniera generale nelle relazioni con la Svizzera. Non è possibile partire dal presupposto che l'UE sia disposta ad applicare in maniera generale tali principi nell'insieme dei futuri negoziati con il nostro Paese. Tuttavia, sia l'UE, sia la Svizzera desiderano che gli accordi bilaterali siano convenientemente applicati e auspicano in particolare la flessibilità e l'adeguamento costante delle loro relazioni contrattuali ai nuovi bisogni. In quest'ottica dovrebbe essere possibile trovare soluzioni accettabili per le due parti. Ciononostante qualora venissero a mancare soluzioni soddisfacenti non va scartata la possibilità di sospendere l'accordo in questione e di permettere al Consiglio federale di decidere alla luce dell'insieme delle circostanze.

Anche sotto questo punto di vista, il Trattato di Lisbona41 rappresenta uno sviluppo rilevante. La riforma istituzionale dell'UE mira a rafforzare la coerenza e la capacità di azione e imposizione. Accresce ulteriormente l'importanza dell'UE come potenza normativa che influenza lo sviluppo di norme a livello continentale e mondiale. Le critiche dell'UE relative ad alcuni aspetti della fiscalità cantonale delle aziende o le crescenti pressioni per imporre lo scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali sono due esempi significativi. Si restringe così progressivamente lo spazio di manovra a disposizione degli Stati non membri dell'UE per sviluppare politiche di nicchia.

2.2

Condizione 2: fattibilità in materia di politica estera

Cifre e fatti Fattibilità in materia di politica estera Gli accordi possono essere conclusi o modificati solo se le due parti lo auspicano. In linea di principio è il caso della Svizzera e dell'UE. Tuttavia la fattibilità è possibile soltanto se si tiene conto delle richieste delle due parti.

Gli accordi del 1999, 2004 e 2009 dimostrano la disponibilità di principio dell'UE a trovare soluzioni con la Svizzera mediante la conclusione di accordi bilaterali settoriali. Come indicato al capitolo 1, dalla pubblicazione del rapporto Europa 200642 diversi negoziati hanno avuto esito positivo (firma dell'Accordo riguardante le agevolazioni e la sicurezza doganali, che modifica l'accordo del 1990; firma dell'Accordo sulla formazione e la ricerca; firma dell'Accordo MEDIA 2007; Accordo con l'Agenzia europea per i medicinali EMA, ecc.). Tuttavia questa situazione non deve far dimenticare che in termini di fattibilità in materia di politica estera le difficoltà sono aumentate. Le cause di tale aumento vanno cercate sia presso l'UE che presso la Svizzera stessa.

41 42

GU C 115 del 9 mag. 2008.

FF 2006 6223

6432

Da parte europea, la sempre più insistente richiesta, esposta al numero 2.1, che la Svizzera recepisca automaticamente il diritto dell'UE vigente e i suoi futuri sviluppi rende più difficile proseguire nella via bilaterale. Queste rivendicazioni, che comportano anche un'adozione vincolante della giurisprudenza, attuale e futura, della Corte di giustizia dell'UE (CGUE) nell'applicazione degli elementi dell'acquis dell'UE integrati negli accordi con la Svizzera, causano difficoltà nel quadro delle nostre relazioni con l'UE (la questione è trattata al n. 3.4.1). Va aggiunto che in passato l'UE accettava che la sorveglianza dell'esecuzione degli obblighi derivanti dagli accordi con la Svizzera fosse effettuata da ognuna delle due parti sul proprio territorio, mentre oggi ­ in particolare per quanto riguarda l'accesso al mercato ­ tende a esigere che la sorveglianza dell'accesso al mercato sia affidata a istanze sopranazionali. Nell'ambito di nuovi negoziati con l'UE la Svizzera dovrà tenere conto di queste rivendicazioni; si dovranno quindi trovare soluzioni che possano garantire l'uniformità dell'applicazione e dell'interpretazione degli accordi.

Inoltre, sia l'UE che la Svizzera prendono decisioni in merito alle singole questioni nell'ottica di una valutazione globale delle relazioni. Nel mese di dicembre 2008 il Consiglio dell'UE ha dichiarato che «nel valutare l'equilibrio di interessi al momento di concludere ulteriori accordi, il Consiglio terrà conto della necessità di assicurare progressi paralleli in tutti i settori di cooperazione»43. Questo riferimento a tutti gli ambiti di «cooperazione», in opposizione agli ambiti di «negoziazione», indica che qualora l'UE applicasse rigorosamente questo principio di parallelismo potrebbe bloccare l'adozione di accordi, in particolare di quelli ritenuti d'interesse preponderante per la Svizzera, fintanto che non vedrà soddisfatta la sua richiesta su tematiche per le quali il nostro Paese non avrebbe l'intenzione di negoziare accordi.

La controversia sulla fiscalità cantonale per alcuni tipi di società ne è un esempio particolarmente eloquente.

Deve inoltre essere chiarita l'importanza del Trattato di Lisbona riguardo alla fattibilità in materia di politica estera della via bilaterale: da un lato l'allargamento del principio di decisione a maggioranza
qualificata limita la disponibilità dell'UE a cercare soluzioni ad hoc per la Svizzera e, dall'altro, sono possibili situazioni in cui l'opposizione di un singolo Stato membro a una soluzione proposta dalla Svizzera sia superata grazie al principio di maggioranza qualificata. Le nuove competenze del Parlamento europeo relative all'approvazione degli accordi internazionali dell'UE44 rendono più complesso il processo di negoziazione con l'UE. Considerando le diverse sensibilità rappresentate nel Parlamento, non si può escludere che alcune posizioni svizzere possano essere accolte favorevolmente. Non va tuttavia dimenticata l'importanza che questa istituzione dà all'omogeneità del diritto, in particolare per quanto riguarda i settori legati al mercato interno45.

Oltre a ciò, l'UE continua ad allargare il suo campo di competenze (cfr. n. 1.3.1), anche in ambiti che finora riguardavano altre organizzazioni regionali di cui la Svizzera è membro come l'OSCE, il Consiglio d'Europa o l'Agenzia spaziale europea (ESA). Questi sviluppi a volte limitano considerevolmente il margine di mano43 44 45

Conclusioni del Consiglio dell'UE 16651/1/08 del 5 dic. 2008 sulle relazioni tra l'UE e i Paesi dell'AELS.

Art. 218 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, del 10 marzo 2010, GU C 84.

Cfr. «Marché intérieur au-delà des frontières de l'UE: l'EEE et la Suisse», briefing paper della Direzione generale delle politiche interne del Parlamento europeo, gen. 2010 (IP/A/IMCO/NT/2009­13, PE 429.993).

6433

vra del nostro Paese. Il trasferimento della responsabilità del progetto Galileo in materia di navigazione satellitare globale dall'ESA all'UE, per esempio, obbliga la Svizzera a negoziare la sua partecipazione con l'UE a condizioni meno favorevoli che non nel quadro dell'ESA, di cui è membro.

Un'ulteriore difficoltà da non sottovalutare alla quale deve confrontarsi la Svizzera nel quadro della via bilaterale è la crescente insicurezza giuridica. Questa riguarda ambiti non disciplinati da un accordo con l'UE. A titolo d'esempio si possono menzionare gli attuali progetti per disciplinare i fondi di investimento e gli hedge fund che potrebbero limitare l'accesso al mercato agli attori della finanza svizzera.

L'insicurezza giuridica concerne però anche i settori regolamentati da accordi quando l'entrata in vigore di ulteriori sviluppi del diritto dell'UE può avere un impatto su di essi. Nell'ambito della libera circolazione delle merci, per esempio, il progetto REACH, che l'UE sta mettendo in atto per meglio proteggere la salute e l'ambiente, stabilisce che tutte le sostanze chimiche prodotte o importate nell'UE che superano la tonnellata annuale devono essere controllate dal fabbricante o dall'importatore per verificare le conseguenze sulla salute e sull'ambiente. Tali sostanze devono inoltre essere registrate. In seguito a questo regolamento le imprese svizzere che desiderano esportare nell'UE subiranno importanti inconvenienti rispetto ai loro concorrenti europei; ciò potrebbe causare ostacoli e costi o la delocalizzazione di attività e di posti di lavoro. Di fatto, le imprese svizzere e in particolare le PMI potrebbero perdere quei clienti che vorranno evitare le complicazioni amministrative imposte da REACH per l'importazione di prodotti da Paesi terzi. L'ammontare delle esportazioni del settore chimico verso l'UE, che nel 2009 era di 42,7 miliardi di franchi, dà una buona idea dei costi generati dal progetto REACH. Questo esempio non illustra soltanto l'impatto del potenziale di discriminazione dei costanti sviluppi del diritto interno europeo per la Svizzera, ma anche l'insicurezza giuridica causata da tali sviluppi in un contesto nel quale le modalità del nostro accesso al mercato dell'UE possono essere rimesse in discussione in ogni momento. Va inoltre sottolineato che nonostante l'UE si
sia impegnata ad aprire l'accesso al suo mercato, conformemente all'accordo GATS, secondo il trattamento nazionale non ha sempre l'obbligo di mettere sullo stesso piano gli operatori economici svizzeri con quelli residenti nell'UE, almeno fintanto che non vi sia un riconoscimento reciproco delle norme o una loro armonizzazione.

Infine, la consapevolezza dell'UE che la Svizzera è un partner affidabile e solidale è un elemento importante per il futuro della via bilaterale. Infatti i contributi alla realizzazione di progetti d'interesse continentale, inclusi la partecipazione agli sforzi dell'UE in materia di politica di sicurezza o il contributo di solidarietà a favore della riduzione delle disparità economiche e sociali in seno all'UE allargata, contribuiscono a fare del nostro Paese un partner sul quale l'UE può contare, consolidando così la via bilaterale; rimettere in discussione questo sostegno potrebbe indebolirla.

6434

2.3

Condizione 3: condizioni quadro economiche

Cifre e fatti Sfide attuali della moneta unica europea Per la Svizzera, che esercita un commercio intensivo di merci e servizi, le valute stabili sono di capitale importanza. Attualmente però la stabilità monetaria è causa di preoccupazioni.

Negli ultimi anni le condizioni quadro economiche della Svizzera si sono modificate. Tuttavia, in una prospettiva di politica europea negli scorsi cinque anni i valori di riferimento non sono variati al punto di dover parlare di una situazione notevolmente diversa o addirittura nettamente peggiorata. Inoltre l'attenzione va posta su determinate nuove tendenze o su quelle che si sono accentuate per analizzare le loro conseguenze economiche a lungo termine sulla politica europea. Per l'economia svizzera, strettamente legata a quella dell'UE, i futuri sviluppi della difficile situazione in cui si trova l'Unione monetaria europea racchiudono pericoli che devono essere vagliati seriamente.

Attualmente l'UE rimane di gran lunga il partner commerciale più importante della Svizzera. Nel 2009 la quota delle importazioni dall'UE era del 78 per cento, quella delle esportazioni nell'UE del 59,7 per cento. Per l'UE nel 2009 la Svizzera è stata il più importante cliente dietro agli USA, la Cina e la Russia e ha assorbito l'8,1 per cento delle esportazioni dell'UE. La Svizzera è il quarto più importante fornitore e il quarto partner commerciale (sempre dietro USA, Cina e Russia). Tramite gli affari con la Svizzera l'UE ha conseguito il secondo più importante avanzo della bilancia commerciale, per un valore di 14,8 miliardi di euro. Inoltre, con importanti investimenti diretti e con i servizi, l'UE e i suoi 27 Stati membri rimangono di gran lunga i più importanti partner del nostro Paese.

Come esposto al numero 1.3.1, in seguito alla globalizzazione dell'economia il centro degli avvenimenti economici si sposta sempre più dall'Europa e dallo spazio euro-atlantico verso i Paesi emergenti e soprattutto verso l'Asia. Le singole economie politiche sono ancora strettamente legate per cui i problemi economici si propagano facilmente da un Paese all'altro. Ciò è stato dimostrato in particolare dalla crisi ipotecaria americana che ha messo in gravi difficoltà i fornitori di servizi finanziari, con considerevoli ripercussioni per l'Europa e la Svizzera. La crisi finanziaria ha
danneggiato anche l'economia reale. Si è chiesto allo Stato di salvaguardare il settore finanziario e di sostenere la domanda nell'economia reale con una politica di stabilità della spesa pubblica. Per tale motivo in Svizzera le misure di stabilizzazione congiunturale nel quadro del freno all'indebitamento sono state mantenute.

Nel contesto europeo questi sviluppi sono sfociati nella fine della lunga fase di deregolamentazione e in una chiara tendenza a regolare di nuovo l'economia, in particolare il settore dei servizi finanziari. Le origini di questa profonda crisi, non ancora risolta, non devono più ripetersi. Questo riguarda in modo particolare l'UE dove sono state introdotte regolamentazioni a livello dell'UE coerenti e parzialmente incisive per le banche e i fornitori di servizi finanziari che ­ paragonate allo status quo anteriore ­ sono discriminazioni indirette contro i concorrenti di Stati terzi. Per cui, sembra che in futuro le possibilità delle imprese elvetiche di fornire servizi a 6435

favore dei clienti residenti nell'UE dal punto di vista giuridico saranno molto più ridotte. Si può quindi prevedere un consolidamento degli ostacoli di accesso al mercato.

In molti Paesi dell'UE la crisi ha portato anche a un netto aumento dell'indebitamento statale, accompagnato da un'accresciuta volontà di recuperare la sostanza fiscale depositata all'estero. Questa situazione colpisce la piazza finanziaria elvetica e il segreto bancario che, fino a poco tempo fa, in determinate fattispecie di evasione fiscale non garantiva alcuna assistenza amministrativa o giudiziaria. Dopo un adeguamento degli attuali accordi sulla doppia imposizione conformemente all'articolo 26 del modello di convenzione dell'OCSE e aver siglato e applicato l'attuale forma di assistenza amministrativa, l'UE sta ulteriormente adeguando le corrispondenti regolamentazioni in vista di uno scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali relative ai dati sul reddito da capitale. Dato che la piazza finanziaria svizzera è in concorrenza con le piazze finanziarie dell'UE, il nostro Paese è sottoposto a una forte pressione affinché in un prossimo futuro recepisca una regolamentazione interna all'UE (cfr. n. 3).

Complessivamente la Svizzera, nonostante la buona rappresentanza di cui dispone nelle istituzioni finanziarie internazionali e negli organi che fissano gli standard, ha un influsso limitato riguardo alla presa di decisioni di principio nel contesto dell'architettura finanziaria internazionale poiché non è rappresentata nell'autorevole gruppo informale del G-20. La creazione del G-20 quale organo di primo piano per le questioni economiche e finanziarie, che ha sostituito il G-8, è l'espressione del consolidamento economico di nuovi attori quali gli Stati BRIC. L'appartenenza al FMI o all'OCSE non si dimostra sempre idonea per neutralizzare le decisioni su misura prese altrove e poco adatte allo sviluppo della Svizzera. In tal senso, la cooperazione eccezionale con il Financial Stability Board conferma perfettamente questa regola.

Per l'economia Svizzera una struttura monetaria stabile nello spazio europeo è importante poiché favorisce le possibili relazioni nel commercio di beni e servizi.

Nel periodo postbellico il marco tedesco fungeva da stabilizzatore; dalla sua creazione, e fino a poco tempo fa, è stata la
moneta unica europea ad assumere tale funzione. Non è possibile sapere se in futuro sarà ancora il caso.

La crisi finanziaria globale ha portato alla luce importanti tensioni all'interno dell'Unione monetaria che erano rimaste per lungo tempo latenti grazie a una politica di stabilità in materia di moneta unica relativamente efficace. L'eterogeneità e il diverso grado di competitività dei membri dell'Unione monetaria avevano causato gravosi squilibri nelle bilance dei pagamenti della zona euro che sono stati accentuati dall'insufficiente applicazione delle regole fissate dall'Unione monetaria in materia di rigore nel bilancio e, per alcuni Stati della zona euro, da un tasso di interesse reale relativamente basso. In alcuni Paesi dell'Unione monetaria ne è seguito un indebitamento privato o pubblico responsabile per il deficit delle transazioni correnti e per le eccessive importazioni che in molti luoghi, invece di essere finanziate dalle corrispondenti esportazioni, sono state controfinanziate dall'importazione di capitali esteri tramite la bilancia dei capitali. Nel corso della crisi finanziaria e tenuto conto dell'aumento dei deficit del budget e dell'indebitamento statale, questa importazione di capitali si era esaurita o era legata a esorbitanti premi di rischio.

L'UE è stata obbligata a sostituire temporaneamente la carenza di liquidità sul mercato con massicci provvedimenti di salvataggio composti di garanzie di credito, 6436

facilitazioni di credito o iniezioni di liquidità da parte della BCE. Anche il FMI partecipa a tali misure. Soltanto quando l'UE riuscirà a realizzare riforme comuni a lungo termine per stabilizzare l'euro e promuovere la sua competitività si potrà presupporre che le condizioni economiche quadro degli scambi commerciali del nostro Paese con l'UE, soprattutto in ambito monetario, non evolveranno negativamente. La crisi dell'euro può ripercuotersi negativamente sulla stabilità dei prezzi sia all'interno dell'UE che in Svizzera. Potrebbe frenare per lungo tempo il dinamismo economico di un mercato di esportazione importante per il nostro Paese e provocare ripercussioni incalcolabili e condizioni di cambio tra franco svizzero ed euro sfavorevoli agli esportatori elvetici. Recentemente è stata registrata una rivalutazione nominale, ma anche reale, del franco svizzero. Di fronte a queste incertezze il franco svizzero assume di nuovo un importante ruolo di «porto sicuro» che in queste circostanze si manifesta con una rivalutazione. Alla pressione sull'economia di esportazione si contrappongono prezzi più bassi all'importazione di beni di investimento e di prestazioni preliminari. Inoltre, rispetto ad altre valute il franco svizzero recentemente si è deprezzato.

Corso dei cambi CHF/EUR Valori medi mensili dal 1999 1.70

80

1.65

85

1.60

90

1.55

95

1.50

100

1.45

105

1.40

110

1.35

115

1.30 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

120

nominale (scala sinistra)

reale (inverso, scala destra, gennaio 1999=100)

Finora, comparativamente, la Svizzera ha superato bene questa grave crisi e ha già ritrovato il suo dinamismo economico. Di fronte alla pressione causata dalla rivalutazione del franco svizzero, soprattutto rispetto all'euro, i settori dell'esportazione quali commercio, turismo e industria sono confrontati a una sfida straordinaria malgrado che i tassi d'interesse del mercato monetario e dei capitali siano al loro minimo storico. Tuttavia, considerando i diversi sviluppi dell'inflazione, dall'introduzione della moneta unica questa pressione è meno evidente di quanto lo percepisca l'opinione pubblica.

Per contro, rispetto all'UE la Svizzera è riuscita a ottenere un vantaggioso accesso al mercato grazie alla conclusione di accordi di libero scambio con importanti partner quali la Corea, gli Stati arabi del Consiglio della Cooperazione del Golfo e il Canada (sotto l'egida dell'AELS) o con il Giappone (su base bilaterale). In tal senso, per 6437

quanto concerne le sue relazioni commerciali a livello mondiale l'autonomia della Svizzera oggi ha un peso ben più importante che non un paio di anni fa. Dal punto di vista della politica economica una partecipazione senza riserve alla globalizzazione economica è altrettanto importante quanto un legame più profondo con il mercato interno europeo, soprattutto alla luce dei differenti tassi di crescita nelle singole regioni economiche del mondo.

Parallelamente, per un Paese con un'importanza economica equivalente a quella della Svizzera la situazione a livello internazionale si è fatta più complessa, in particolare in seno all'OMC. Se nel quadro dell'Uruguay Round del GATT la Svizzera aveva ancora potuto fungere da mediatrice tra i grandi e trovare soluzioni di compromesso, che hanno debitamente tenuto conto delle nostre particolarità, ora l'istituzionalizzazione dei processi dell'OMC ha cambiato la situazione a favore dei grandi blocchi commerciali che negoziano soluzioni tra loro, indebolendo così il ruolo tradizionale del nostro Paese. Per i piccoli Stati la difesa dei propri interessi richiede quindi l'aumento delle coalizioni con i partner più importanti. Grazie alla sua posizione geopolitica e alla parziale convergenza dei suoi interessi con quelli dell'UE, la Svizzera ha assunto un'importanza maggiore quale partner in alleanze economiche. Ciononostante, a causa dei suoi complessi meccanismi decisionali l'UE finora non è riuscita a formare coalizioni.

2.4

Sintesi

Le evoluzioni descritte in questo capitolo evidenziano chiaramente un'erosione del margine di manovra di cui dispone il nostro Paese nelle sue relazioni con l'UE tramite gli strumenti della via bilaterale.

Per quanto riguarda la difesa degli interessi nazionali, la via bilaterale e settoriale finora è stata indubbiamente coronata dal successo e, inoltre, dispone di un chiaro sostegno della popolazione. I cambiamenti avvenuti negli ultimi anni hanno tuttavia modificato considerevolmente le condizioni quadro che regolano questo strumento di politica europea. Da qualche tempo si delineano nuovi sviluppi; l'UE ritiene che le relazioni contrattuali con la Svizzera non possano più basarsi sul principio dell'equivalenza della legislazione svizzera con quella dell'acquis dell'UE. Già da diversi anni l'UE reputa che gli accordi con il nostro Paese sono concepibili soltanto con il recepimento settoriale del diritto dell'UE pertinente. Altri recenti sviluppi potrebbero modificare ancor più profondamente l'essenza della via bilaterale. In generale e, se si considera ogni sviluppo singolarmente in modo abbastanza preciso, l'evoluzione delle condizioni quadro economiche relative alla partecipazione ai processi decisionali e alla fattibilità in materia di politica estera sono tendenzialmente negative rispetto ai criteri stabiliti nel 2006.

Dunque, attualmente l'UE esige che la Svizzera rispetti tutte le regole del mercato interno, inclusa la loro evoluzione, e che le applichi e le interpreti come fanno le istituzioni comunitarie. Nei nuovi ambiti di negoziazione si è constatato che l'UE dà un'interpretazione allargata alla definizione di acquis pertinente. Nel quadro dei negoziati sull'elettricità, per esempio, la Commissione europea auspica di introdurre alcuni aspetti dell'acquis in materia di ambiente (cfr. n. 1.3.3.4). Nel quadro dell'approccio settoriale della Svizzera questa tendenza causa crescenti difficoltà.

6438

Nelle relazioni con il nostro Paese va aggiunta la poca flessibilità dell'UE nell'accettare eventuali soluzioni che deroghino al diritto dell'UE. Inoltre, le rivendicazioni dell'UE hanno sovente una rilevanza generale od orizzontale. In altri termini, riguardano gli aspetti istituzionali di ogni accordo e vengono espresse sistematicamente durante ogni negoziato con la Svizzera e nel quadro dell'aggiornamento di accordi esistenti.

Tali sviluppi non fanno della via bilaterale uno strumento impraticabile. Se si considerano le strettissime relazioni, il nostro Paese e l'UE dovrebbero in ogni caso avere un interesse comune che li porti a trovare soluzioni in molti settori tramite accordi specifici. È tuttavia ovvio che perseguire la via bilaterale sia diventato più complesso. Di fatto, l'UE rivendica sempre più sovente che i suoi accordi con il nostro Paese si basino sul recepimento senza eccezioni del suo diritto interno pertinente, definendolo in modo sempre più allargato e volendo includere nei nuovi accordi meccanismi di adattamento all'evoluzione dell'acquis vincolanti. Tuttavia, l'UE può anche dar prova di pragmatismo, come recentemente nel quadro dell'accordo riguardante l'agevolazione della sicurezza doganale («regola delle 24 ore»), dossier nel quale, come la Svizzera, aveva importanti interessi. In assenza di una tale disponibilità da parte europea, per la Svizzera potrebbe essere opportuno rinunciare a concludere un determinato accordo. In ogni caso, il Consiglio federale decide di sottoporre un nuovo accordo con l'UE all'approvazione del Parlamento e, se del caso, al Popolo in funzione di una ponderazione degli interessi.

Di fronte a queste crescenti difficoltà è opportuno esaminare i vantaggi e gli inconvenienti offerti da altri strumenti di politica europea. Affinché sia possibile trarre conclusioni, più che valutare la via bilaterale in quanto tale, è necessario paragonarla ad altre soluzioni possibili poiché, nella misura in cui anche l'UE beneficia ampiamente degli accordi conclusi con la Svizzera, è legittimo aspettarsi che anch'essa contribuisca a trovare soluzioni accettabili dalle due parti. Questa analisi è trattata nel capitolo 3 del presente rapporto.

3

Analisi delle sfide e prospettive per gli strumenti di politica europea della Svizzera

3.1

Struttura del capitolo

Il presente capitolo analizza se e in quale misura le diverse opzioni riguardanti gli strumenti di politica europea permettono di dare risposte agli sviluppi avvenuti o che si sono accentuati dalla pubblicazione del rapporto Europa 200646 nelle relazioni con l'UE che riguardano le intese istituzionali, le esigenze relative al parallelismo tra i diversi dossier, l'ambito fiscale e gli ostacoli all'accesso al mercato dell'UE. I diversi strumenti sono valutati in funzione degli effetti prevedibili relativi alla politica economica, monetaria e ai costi. Infine, quale esempio è abbozzata la loro rilevanza sulla politica sociale e ambientale47.

Include anche un aggiornamento dell'analisi effettuata nel 2006 sugli effetti di ogni strumento di politica europea in alcuni ambiti importanti per l'organizzazione istitu46 47

FF 2006 6223 segg.

Il rapporto Europa 2006 esamina le prospettive dei diversi strumenti di politica europea in un'ampia gamma di tematiche. Può essere un riferimento utile.

6439

zionale quali la democrazia, il federalismo o il ruolo della Svizzera, l'organizzazione e i metodi di lavoro del potere esecutivo e legislativo.

Gli strumenti della politica europea analizzati nel presente rapporto sono: ­

il proseguimento della via bilaterale, incluso, se necessario, l'adeguamento degli accordi agli sviluppi del diritto interno europeo, rinunciando però a concludere nuovi accordi;

­

il proseguimento della via bilaterale e il suo sviluppo con la conclusione di nuovi accordi negli ambiti di interesse comune;

­

la messa in atto di un quadro istituzionale («accordo quadro» giuridicamente vincolante o documento di riferimento di natura politica) volto a facilitare la gestione degli accordi tra la Svizzera e l'UE e a razionalizzare le procedure di adeguamento degli accordi agli sviluppi del diritto europeo nonché il lavoro di numerosi comitati misti;

­

l'adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo (SEE);

­

l'adesione della Svizzera all'UE;

­

l'adesione della Svizzera all'UE, abbinata a determinate deroghe.

Questi strumenti rappresentano forme possibili di cooperazione. Non devono essere intesi come se la Svizzera dovesse decidere per uno di essi, senza potersene poi discostare. In particolare alcuni di essi possono essere combinati, sempre che questo corrisponda agli interessi della Svizzera e dell'UE. Le diverse forme di collaborazione bilaterale non vanno soprattutto intese come opzioni che si escludono reciprocamente. È plausibile ritenere che in determinati settori di collaborazione non debbano essere perseguiti nuovi accordi, mentre per altri ambiti vada cercata una soluzione istituzionale orizzontale. Infine, per altri settori possono essere previsti meccanismi istituzionali specifici. Il Consiglio federale ritiene che le decisioni strategiche siano una priorità; soltanto dopo che esse saranno state prese sarà possibile negoziare concretamente la loro attuazione con l'UE.

3.2

Strumenti esclusi

3.2.1

La via solitaria

«La via solitaria della Svizzera» Se la Svizzera perseguisse la via solitaria dovrebbe disdire gli accordi esistenti con l'UE. Le relazioni tra Svizzera e UE, soprattutto quelle nel settore economico, oggi sono troppo strette per permettere al nostro Paese di salvaguardare adeguatamente i propri interessi seguendo tale via.

Come nel rapporto Europa 200648, il presente studio esclude la «via solitaria» (Alleingang)49. Considerando il grado dello sviluppo delle relazioni contrattuali con l'UE, un simile scenario (che, a seconda della variante scelta, consisterebbe nel 48 49

FF 2006 6237 Analizzata nel rapporto sull'integrazione 1999, del 3 feb. 1999, FF 1999 3391.

6440

denunciare una parte o la totalità degli accordi conclusi con l'UE o nel rinunciare ad adeguarli ai pertinenti sviluppi del diritto dell'Unione) non può essere preso in considerazione. La denuncia degli accordi conclusi con l'UE non è una via percorribile, poiché sarebbe manifestamente contraria agli interessi del nostro Paese e della sua economia50. In particolare, la rescissione dell'accordo sulla libera circolazione delle persone, richiesta da alcune cerchie, provocherebbe automaticamente la denuncia di tutti gli accordi bilaterali I (clausola ghigliottina). Un tale isolamento dal nostro partner principale condurrebbe unicamente a una recessione degli investimenti e alla delocalizzazione all'estero di una parte della produzione di beni e servizi con conseguenze negative per la competitività, la crescita e l'impiego.

Anche l'attuabilità a medio e lungo termine dell'opzione che vuole «congelare» le relazioni con l'UE al loro stato attuale è fortemente opinabile. Ne risulterebbe un crescente divario con il pertinente diritto dell'Unione. Tale opzione sarebbe quindi contraria agli impegni presi in innumerevoli accordi e non sarebbe consentita, per quanto riguarda gli accordi di associazione Schengen/Dublino51 o l'Accordo riguardante l'agevolazione e la sicurezza doganale52, poiché la Svizzera si è impegnata a recepire gli sviluppi del pertinente acquis, alla cui elaborazione partecipa senza avere alcun diritto di codecisione53. Per gran parte degli altri accordi settoriali, basati sul principio dell'equivalenza delle legislazioni54, questo modo di procedere potrebbe costituire una violazione della Svizzera dei suoi obblighi verso l'UE. È ovvio che rinunciare ad adeguare periodicamente questi accordi agli sviluppi del diritto dell'UE equivarrebbe a rimettere in discussione l'equivalenza delle legislazioni e la necessaria uniformità del diritto. Inoltre, sul piano politico si porrebbe la questione di sapere se, confrontata con un crescente divario con gli sviluppi del diritto pertinente dell'UE, quest'ultima non finirebbe per rescindere determinati accordi. Ciò potrebbe avverarsi se l'UE ritenesse che i suoi interessi e quelli degli Stati membri non fossero più garantiti55. Dato che si tratta degli accordi bilaterali I56, la «clausola ghigliottina», secondo la quale la denuncia di uno dei sette
accordi conclusi nel 1999 comporta automaticamente quella degli altri sei, in una certa misura potrebbe dissuadere l'UE a rescindere uno degli accordi che non fosse adeguato agli sviluppi del diritto dell'UE pertinente. Tale clausola non riguarda gli altri accordi tra la Svizzera e l'UE, tuttavia, per l'UE il proseguimento di alcuni accordi (Schengen/Dublino) e il 50

51 52

53

54 55

56

Risposta del Consiglio federale all'interrogazione Fehr Hans (09.5525) «Résiliation de l'accord sur la libre circulation des personnes» (tedesco e francese); risposta del Consiglio federale alla mozione del gruppo UDC (09.4024) «Denuncia dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone. Nuove trattative con l'UE».

Accordo del 26 ott. 2004 riguardante l'associazione della Svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen, RS 0.362.31.

Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'agevolazione dei controlli e delle formalità nei trasporti di merci e le misure doganali di sicurezza, RS 0.631.242.05.

Nel caso di Schengen/Dublino, non recepire uno sviluppo dell'acquis, in ultima analisi significa rescindere l'accordo. Nel caso dell'Accordo riguardante l'agevolazione doganale l'UE è abilitata a prendere misure proporzionate per riequilibrare la situazione.

Filliez. F. & Mock. H. «La Suisse et l'Union européenne: état des lieux d'une relation sui generis», Journal des Tribunaux, Droit européen, 2006, pag. 163.

Nelle conclusioni adottate l'8 dic. 2008 sulle relazioni dell'UE con i Paesi dell'AELS il Consiglio dell'UE «ricorda che la partecipazione al mercato interno richiede un'omogenea e simultanea applicazione ed interpretazione dell'acquis in costante evoluzione».

Messaggio del 23 giu. 1999 concernente l'approvazione degli accordi settoriali tra la Svizzera e la CE (accordi bilaterali I), FF 1999 5120 segg.

6441

rinnovo della partecipazione a determinati programmi (MEDIA, Educazione) dipende dal mantenimento dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone. Per contro, se il crescente divario tra il diritto dell'UE e un accordo con la Svizzera avesse ripercussioni negative per la Confederazione, il recepimento autonomo del corrispondente sviluppo dell'acquis dell'UE non offrirebbe alcuna soluzione poiché non sarebbe garantita la reciprocità da parte europea. Infatti, una legislazione svizzera eurocompatibile potrebbe sicuramente ridurre le discriminazioni nei confronti degli Stati membri dell'UE, senza però poterle eliminare. Solo gli accordi garantiscono la reciprocità necessaria dei diritti e dei doveri. Inoltre, il cosiddetto adeguamento autonomo del diritto svizzero dovrebbe essere perseguito unicamente se degli interessi economici lo richiedono o lo giustificano57. Quindi, in mancanza di nuovi accordi con l'UE, la necessità di limitare il più possibile le ripercussioni negative per l'economia svizzera porterà sempre più sovente a un adeguamento autonomo sistematico all'acquis dell'UE per eliminare le divergenze troppo importanti tra le due legislazioni. Ciò accentuerebbe un fenomeno di satellizzazione caratterizzato dal recepimento, certamente autonomo ma con un margine di manovra estremamente limitato, di norme sull'elaborazione delle quali il nostro Paese non ha alcuna influenza.

Di fatto, ricorrere alla via solitaria rimetterebbe in questione gli accordi esistenti.

Essi potrebbero essere denunciati (il che, secondo i casi, comporterebbe l'applicazione della clausola ghigliottina che lega gli accordi bilaterali I tra loro) o diverrebbero semplicemente inattuabili a causa di una divergenza troppo grande tra il regime applicabile nell'UE e quello applicabile con la Svizzera58. Ne conseguirebbe un deterioramento della posizione della Svizzera a livello di competitività internazionale che, anche adducendo motivi di politica autonoma, non è nell'interesse del nostro Paese.

3.2.2

L'Unione doganale

Rispetto al rapporto Europa 200659, lo strumento di un'unione doganale, che implicherebbe la soppressione completa dei dazi doganali e dei controlli frontalieri delle merci nonché dei relativi costi, ma che farebbe perdere alla Svizzera la sua autonomia in materia di politica economica estera e la obbligherebbe ad adottare nei confronti di Stati terzi la tariffa doganale dell'UE, non è più preso in considerazione.

Infatti, mentre un'adesione all'UE implicherebbe automaticamente una tale unione doganale, essa potrebbe essere considerata nel quadro della cooperazione bilaterale perseguita attualmente dalla Svizzera e con i vantaggi e gli inconvenienti descritti dal rapporto Europa 2006. Accanto agli importanti risparmi sulle formalità doganali in trattativa con l'UE, vanno ricordate conseguenze quali la perdita di protezione ad 57

58

59

Rapporto del Consiglio federale concernente le ripercussioni di diversi strumenti della politica europea sul federalismo svizzero, del 15 giu. 2007, FF 2007 5415 5428. Lo scopo è l'eliminazione degli ostacoli d'accesso al mercato e una maggiore competitività dell'economia svizzera. Si veda, per esempio, Cottier Thomas/Dzamko Daniel/Evtimov Erik, «Die europakompatible Auslegung des schweizerischen Rechts, Schweizerisches Jahrbuch für Europarecht», Zurigo/Basilea/Ginevra 2004, 357 segg.

Trattandosi dell'Accordo del 21 giu. 1999 sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681) si veda l'analisi di Dieter Grossen in Borghi A. «La libre circulation des personnes entre la Suisse et l'UE», Ginevra, 2010, pag. XI segg.

FF 2006 6237

6442

hoc alle frontiere per i prodotti agricoli e parte di quelli dell'industria di trasformazione, senza tuttavia i vantaggi dati dal recepimento del diritto europeo in materia di derrate alimentari, la perdita della libertà contrattuale relativa alla conclusione di accordi di libero scambio con Stati terzi e con l'OMC, nonché la necessità di aumentare l'IVA ad almeno un tasso del 15 per cento. A tale proposito, dal 2006 non vi è stata alcuna evoluzione e il Consiglio federale ritiene che le concessioni vincolate a questa opzione si giustifichino soltanto nel quadro di un avvicinamento più ambizioso all'UE. Non vi è quindi motivo di trattare questa opzione separatamente.

3.3

Proseguimento della via bilaterale senza nuovi accordi

«Via bilaterale senza nuovi accordi» Con questa opzione gli accordi esistenti sono mantenuti ma non vengono conclusi nuovi accordi con l'UE. Tuttavia, a causa della stretta interdipendenza sembra irrealistico rinunciare alla possibilità di concludere ulteriori accordi bilaterali. È quindi nell'interesse della Svizzera negoziare nuovi accordi con l'UE tenendo conto dei diversi sviluppi.

Il primo scenario considerato consiste nel proseguire la via bilaterale settoriale conservando ciò che è stato acquisito e, in linea di principio, rinunciando a concludere nuovi accordi. Esso potrebbe essere considerato qualora la Svizzera ritenesse che l'attuale serie di accordi sia sufficiente e che non sia necessario alcun ulteriore sviluppo o che l'analisi delle condizioni per stipulare nuovi accordi concluda (in particolare sul piano istituzionale) che tali sviluppi siano per principio inopportuni.

3.3.1

Aspetti istituzionali

Il Consiglio federale ritiene che, tenuto conto dell'intensità degli stretti legami tra la Svizzera e l'UE, di gran lunga il nostro partner più importante, sarebbe irrealistico escludere a priori la negoziazione di nuovi accordi in ambiti d'interesse comune. Pur stabilendo delle priorità in materia, il numero di oggetti attualmente in fase di negoziato o di colloqui esplorativi (cfr. n. 1.3.3) è di per sé eloquente. Inoltre, il sopravvenire di situazioni inaspettate può imporre la conclusione rapida di accordi in quegli ambiti che non erano ritenuti prioritari60. In altri termini, una politica che per principio esclude la conclusione di nuovi accordi ci obbligherebbe a privarci di accordi a priori conformi ai nostri interessi. Potrebbe quindi avere l'effetto paradossale di rafforzare la pressione per l'adesione all'UE.

Rinunciare per principio allo sviluppo della via bilaterale tramite nuovi accordi risolverebbe solo apparentemente le difficoltà legate alle crescenti esigenze dell'UE in materia di recepimento dell'acquis e della sua evoluzione nelle relazioni con la 60

Così, per esempio, una convenzione tecnica con l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) si è rivelata necessaria e urgente a causa della pandemia H1N1. È stata firmata a metà feb. 2010.

6443

Svizzera. Da un lato la questione rimarrebbe attuale nel contesto dell'adeguamento degli accordi esistenti, resa necessaria dagli sviluppi dell'acquis, dall'altro si riproporrebbe più intensamente al momento di una nuova negoziazione necessaria alla difesa ottimale degli interessi svizzeri. In un simile caso il nostro Paese si troverebbe nella posizione di richiedente di fronte all'UE. Sia in un caso che nell'altro le considerazioni sviluppate più sotto (cfr. n. 3.4) relative all'opzione dello sviluppo della via bilaterale sarebbero pertinenti. Non va inoltre esclusa la possibilità che l'UE decida di denunciare tutti gli accordi esistenti o parte di essi qualora la Svizzera non acconsenta a concluderne di nuovi (cfr. n. 3.2.1).

Proseguire nella via bilaterale senza concludere nuovi accordi in Svizzera in linea di principio non richiederebbe alcuna riforma istituzionale. Il rapporto del Consiglio federale del 15 giugno 200761 concernente le ripercussioni di diversi strumenti della politica europea sul federalismo svizzero tratta in modo dettagliato le potenziali ripercussioni della via bilaterale sul federalismo nel contesto di una costante approfondimento delle relazioni tra la Svizzera e l'UE. Rileva che nel quadro della via bilaterale la necessaria partecipazione dei Cantoni è garantita dalla presenza di rappresentanti cantonali nelle delegazioni incaricate dei negoziati per i comitati misti e nella cosiddetta procedura di «comitologia» o nelle riunioni di esperti (e conseguentemente anche nelle varie riunioni di preparazione e rielaborazione in seno all'Amministrazione federale). Lo scambio d'informazioni è garantito anche dai vari incaricati dell'informazione dei Cantoni presso il DFGP, l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE e nella missione svizzera presso l'UE a Bruxelles. Infine, i Cantoni sono anche chiamati a partecipare alle trattative per la modifica o la stipula di nuovi accordi negli ambiti di loro competenza.

Per quanto riguarda la democrazia diretta, è bene continuare a vigilare, soprattutto nel quadro dell'associazione a Schengen/Dublino, affinché l'adeguamento degli accordi con l'UE rispetti dei termini che tengano conto della durata delle procedure prescritte dalla legislazione svizzera, incluse quelle relative a un eventuale referendum.

3.3.2

La questione del parallelismo

Il proseguimento della via bilaterale accompagnato dalla rinuncia di stipulare nuovi accordi potrebbe avere il vantaggio di limitare il problema del parallelismo tra differenti dossier in trattativa. Infatti l'UE non potrebbe, almeno teoricamente, fare pressione sulla Svizzera bloccando nuovi negoziati. Ciononostante, nulla le impedirebbe di ostacolare l'aggiornamento degli accordi esistenti, soprattutto se tale aggiornamento è essenzialmente nell'interesse dell'economia svizzera. In ultima analisi, potrebbe anche rescindere un accordo. D'altro canto, nelle sue conclusioni citate in precedenza, il Consiglio dell'UE applica il concetto di progressi paralleli a «tutti gli ambiti di cooperazione» (cfr. n. 2.2). Nell'ottica dell'UE questa espressione si applica sicuramente alla controversia sulla fiscalità cantonale di determinati tipi di impresa o ai contributi solidali della Svizzera nel quadro della riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata. Tenuto conto degli stretti legami, soprattutto economici, tra il nostro Paese e l'UE non è realistico escludere a priori la necessità di negoziare accordi se sono in gioco importanti interessi svizzeri, per 61

Rapporto sul federalismo, FF 2007 5415 segg.

6444

esempio concernenti la piazza economica e finanziaria. In un tale caso vi saranno necessariamente ulteriori esigenze da parte dell'UE e una sua stretta applicazione del principio del parallelismo (cfr. n. 3.4).

3.3.3

Esigenze dell'UE in materia fiscale

A causa della sua posizione e importanza come concorrente diretto, la piazza finanziaria elvetica attira l'attenzione dell'UE quando si tratta di regolare il suo mercato finanziario interno. Fin dall'inizio quest'ultima si è sforzata di integrare gli Stati terzi, come la Svizzera, nel suo sistema transnazionale di tassazione dei redditi da risparmio. In linea di principio, il Consiglio federale era pronto a partecipare a una tassazione dei redditi da risparmio per i cittadini dell'UE che hanno una relazione d'affari con delle banche in Svizzera ma che continuano a risiedere in uno Stato membro dell'UE, per impedire di eludere la fiscalità interna dell'UE dei redditi da capitale attraverso la Svizzera. Tuttavia, a tale proposito la Svizzera ritiene che i redditi da risparmio delle persone fisiche residenti in uno Stato membro dell'UE siano soggetti a un'imposta, anonima, basata sul luogo di pagamento per garantire l'efficienza e la tradizionale protezione della sfera privata dei clienti. Anche la Commissione dell'UE ha attestato che l'Accordo sulla fiscalità del risparmio62 concluso tra la Svizzera e l'UE, e applicato dal 2005, è soddisfacente. Nell'anno fiscale 2009 agli Stati membri dell'UE è stata versata una ritenuta di imposta netta di 401,1 milioni di franchi (nel 2008: circa 554 mio di fr.).

Tuttavia, la direttiva dell'UE sulla fiscalità del risparmio presenta sin dall'inizio lacune che permettono l'elusione fiscale tramite strutture giuridiche interposte, poiché il sistema registra soltanto le persone fisiche. Allo stesso modo, il sistema può essere aggirato ricorrendo a prodotti con caratteristiche simili a quelli basati sulla nozione di interesse definita dalla direttiva. L'UE deve rimediare a una tale lacuna. Finora il nostro Paese ha comunicato di essere in linea di massima pronto a effettuare adeguamenti tecnici idonei nell'accordo sulla fiscalità del risparmio, quando l'UE avrà perfezionato il suo sistema. Il cosiddetto modello di coesistenza, ossia l'imposta basata sul luogo di pagamento, praticata dalla Svizzera e dagli Stati membri dell'UE Lussemburgo e Austria, e lo scambio di informazioni automatico tra autorità fiscali, che sarà adottato anche dagli altri Stati membri dell'UE, non deve essere rimesso in discussione. Ciò è altresì valido quando, occasionalmente, rappresentanti
della Commissione dell'UE esigono anche dalla Svizzera l'introduzione di uno scambio automatico di informazioni. L'UE dovrebbe sottoporre al più presto una richiesta in tal senso, dopo che anche il Lussemburgo e l'Austria avranno accettato questo principio di fiscalità del risparmio. Qualora l'UE dovesse formalmente chiedere alla Svizzera di avviare negoziati relativi a una revisione dell'accordo sulla fiscalità del risparmio e che il Consiglio federale rifiutasse di entrare nel merito, basandosi su di una politica di rinuncia di nuovi accordi con l'UE, non è possibile escludere che per rappresaglia l'UE rimetta esplicitamente o implicitamente in discussione degli accordi esistenti. Lo stesso scenario potrebbe avverarsi se la Commissione europea dovesse ottenere un mandato per negoziare con la Svizzera una modifica dell'Accordo sulla lotta contro la frode volta a introdurre gli standard dell'OCSE in materia di cooperazione amministrativa in ambito fiscale.

62

RS 0.641.926.81

6445

3.3.4

Accesso al mercato

Grazie agli accordi bilaterali con l'UE oggi l'economia svizzera è ben integrata nel mercato europeo interno. È particolarmente il caso per il cosiddetto settore secondario. Attualmente i prodotti industriali possono essere esportati senza eccessivi ostacoli. Con la libera circolazione delle persone, sotto il profilo dei fattori di produzione, i presupposti per un'economia basata sulla manodopera specializzata sono nettamente migliorati.

Diversi esempi mostrano tuttavia che l'attuale accesso al mercato può subire un'erosione e quindi, per mantenere lo status quo degli accordi bilaterali esistenti, il quadro contrattuale deve essere rivisto o completato. Ne sono responsabili sia i cambiamenti dell'economia reale che le modifiche della regolamentazione. Il mantenimento dello status quo sovente ha portato a un peggioramento delle condizioni quadro esterne dell'economia di esportazione svizzera. In assenza di una miglior regolamentazione dell'accesso al mercato europeo dei prodotti agricoli e alimentari le prospettive per il futuro dell'economia agricola e alimentare svizzera peggiorano.

Nuovi progetti di regolamentazione all'interno dell'UE possono condurre a nuovi ostacoli tecnici al commercio, come lo dimostrano le recenti disposizioni di sicurezza dell'UE nel settore doganale o il nuovo regolamento sulle sostanze chimiche.

Rinunciare a sopprimere tali nuovi ostacoli mediante accordi con l'UE, sostanzialmente significherebbe ridurre o rimettere in discussione molti vantaggi conquistati con gli accordi bilaterali esistenti. Una simile insicurezza giuridica (cfr. n. 2.2) causerebbe una perdita di attrattiva della Svizzera per le aziende attive nel mercato europeo e il cui commercio con i Paesi dell'UE sarebbe sottoposto a condizioni più difficili di quelle applicate all'interno dell'UE stessa. Questo fenomeno potrebbe portare a delocalizzazioni e a ripercussioni negative in termini di impiego e di crescita.

Vi sono poi settori nei quali l'accesso al mercato è ancora oggi insoddisfacente. Se lo status quo venisse mantenuto, questi settori non potrebbero essere potenziati in modo adeguato. Anche in questo caso vanno ricordati il settore agricolo e quello alimentare. Per quanto riguarda il suo settore più importante, quello dei servizi, la Svizzera ha finora avuto soltanto un accesso parziale al
mercato dell'UE. Nel 2003 sono stati sospesi i negoziati per un accordo bilaterale sui servizi più esteso. A causa di questa sospensione i prestatori di servizi finanziari svizzeri non dispongono di alcun accesso al mercato dell'UE disciplinato contrattualmente e sono rapidamente confrontati con degli ostacoli. Non da ultimo, nell'UE e nei suoi Stati membri gli sforzi di regolamentazione provocati dalla recente crisi finanziaria hanno fatto aumentare la discriminazione nei confronti di Stati terzi come la Svizzera, nonostante che quest'ultima disponga generalmente di un uguale diritto di vigilanza sui suoi mercati finanziari. Per questa ragione, che lo si voglia o no, i problemi di accesso al mercato vengono accentuati, come lo illustra l'attuale dibattito su di una direttiva UE in materia di fondi speculativi e sui gestori di fondi di investimento alternativi.

La sostanza fiscale che si presuppone sia in Svizzera, necessaria al finanziamento delle molteplici misure di salvataggio volte a porre fine alla crisi, ha inoltre portato a controversie fiscali con alcuni Stati membri dell'UE che rendono ancora più difficile la gestione patrimoniale transnazionale a partire dalla Svizzera. Anche questi sviluppi mostrano che soltanto un'ulteriore evoluzione degli accordi con l'UE e i suoi Stati membri può contrastare il degrado delle condizioni quadro, finora vantaggiose per la nostra economia d'esportazione.

6446

3.3.5

Politica economica e monetaria

Con la via bilaterale ­ con o senza nuovi accordi ­ fondamentalmente la Svizzera conserva la sua libertà di azione in materia di politica economica. In particolare ciò concerne la politica economica esterna, la politica monetaria, la politica congiunturale nonché quella strutturale e di crescita. Per contro esistono inconvenienti quali un'influenza ridotta nei negoziati bilaterali e multilaterali, rischi congiunturali e d'ordine monetario e una crescente pressione internazionale che in diversi settori della politica finanziaria e fiscale conduce a una restrizione dell'attuale autonomia.

Come esposto sopra (n. 2.2), gli sviluppi del diritto dell'UE possono condurre a nuovi ostacoli relativi all'accesso al mercato e limitare l'attrattiva della piazza economica svizzera. Viceversa, a causa della limitata dimensione del mercato interno l'accesso al mercato rappresenta un aspetto essenziale della politica strutturale e di crescita del nostro Paese. Per salvaguardare la competitività nel mercato interno e per ridurre al minimo il rialzo dei prezzi all'importazione e gli ostacoli commerciali, la Svizzera ha un interesse politico-economico ad adeguare autonomamente la sua legislazione a quella dell'UE e ad ammettere sul suo territorio lo smercio unilaterale di prodotti fabbricati secondo le regole europee e di servizi.

Come già menzionato al n. 3.2, nella pratica ciò restringe considerevolmente il margine di manovra legislativo. Oltretutto, un tale modo di procedere non garantisce né la reciprocità da parte dell'UE né la sicurezza giuridica.

3.3.6

Costi diretti

Se si parte dal presupposto che gli accordi esistenti e la partecipazione a vari programmi dell'UE siano mantenuti, ma non vengano conclusi ulteriori accordi, in media oggi il bilancio della Confederazione comporta circa 457 milioni di franchi di costi diretti annui.

Ad essi si aggiunge il contributo svizzero all'allargamento a favore dei nuovi Stati che hanno aderito all'UE nel 2004 e 2007. Il nostro Paese sostiene i dieci Stati che hanno aderito all'UE nel 2004 stanziando complessivamente un miliardo di franchi.

La realizzazione è stata avviata a inizio 2008, il periodo d'impegno di questo contributo termina nel 2012 e il periodo di versamento nel 2017. Inoltre, in futuro la Svizzera sosterrà la Bulgaria e la Romania, i due nuovi Stati che hanno aderito all'UE nel 2007, con un contributo complessivo di 257 milioni di franchi. Il corrispondente credito quadro è stato approvato dal Parlamento nel mese di dicembre 2009. Il contributo a questi due Stati ha un periodo d'impegno di cinque anni e un periodo di versamento di dieci. Gli accordi quadro bilaterali con i due Stati partner sono stati firmati il 7 settembre 2010.

La seguente tabella fornisce una panoramica dei costi di partecipazione diretti della Svizzera ad agenzie e programmi in virtù delle attuali relazioni con l'UE. Questi dati non tengono conto dei fattori indiretti quali gli sgravi per la Confederazione, gli aspetti politici e le ripercussioni macroeconomiche. Attualmente la partecipazione ai costi dopo il 2013 non può essere valutata; con il nuovo quadro finanziario i costi globali per i programmi e le agenzie potrebbero subire considerevoli modifiche a partire dal 2014.

6447

Spese (mio. fr. annui) 201063

201164

201265

201379

327,00 8,30 2,00 0,08

370,50 7,30 2,00 0,08

414,70 7,30 2,00 0,08

458,40 7,30 2,00 0,08

9,10 2,00 24,30

9,20 2,00 20,11

9,40 2,00 24,60

9,60 2,00 31,22

372,78

411,19

460,08

510,60

23,10

24,20

25,40

434,29

484,28

536,00

c) Contributo svizzero alla riduzione delle disparità Contributo all'UE-1067 140,90 149,90 Contributo a Bulgaria/Romania 2,00 10,00

150,00 22,40

150,00 32,40

a) accordi in vigore Ricerca Eurostat Agenzia europea dell'ambiente Osservatorio di rilevamento del traffico nella regione alpina MEDIA AESA Schengen66 Totale a)

b) accordi firmati ma non ancora in vigore Gioventù e istruzione 3,50 Totale a) e b)

376,28

Una notevole quota dei costi di partecipazione ai programmi e ai fondi (ricerca, MEDIA, gioventù e istruzione, Schengen) rifluisce in Svizzera. Per esempio, i riflussi del sesto programma di ricerca ammontavano a circa 200 milioni di franchi annui; quindi il fattore di riflusso ammonta al 114 per cento dei fondi versati dalla Svizzera68. Nel 2008 i riflussi del programma MEDIA ammontavano a circa 5,6 milioni di franchi. Riguardo al Fondo per le frontiere esterne, al quale la Svizzera partecipa in virtù dell'accordo di associazione Schengen, l'UE prevede di avere riflussi per un ammontare di tre a cinque milioni di franchi svizzeri, al quale si contrappongono circa 15 milioni di franchi di costi di partecipazione.

Oltre ai costi diretti di partecipazione ai programmi e alle agenzie dell'UE vi sono costi indiretti inerenti alle molteplici collaborazioni con l'UE (costi per infrastrutture, acquisti e personale relativi alla realizzazione e all'esecuzione). Secondo le stime degli uffici interessati, per il 2010 tali costi indiretti ammontano globalmente a 400 milioni di franchi, di cui circa 80 per Schengen/Dublino e 295 per i contributi

63 64 65 66 67 68

Secondo il Preventivo della Confederazione 2010.

Secondo il messaggio concernente il Preventivo 2011.

Secondo il Piano finanziario 2012­2014.

Nel 2010 risultano soprattutto esborsi al Fondo per le frontiere esterne relativi al 2009 ammontano a 8.35 mio di fr.

Mediamente, su di un periodo di versamento di 10 anni, il contributo all'UE-10 e quello a Bulgaria e Romania, ammontano rispettivamente a 100 mio. e a 25.7 mio di fr. annui.

Bilancio intermedio 2009: «Effetti della partecipazione svizzera ai programmi quadro di ricerca europei», SER, 2010.

6448

alle assicurazioni sociali69. Anche per altri strumenti della politica europea (p. es.

L'adesione all'UE e SEE) si registrano costi indiretti. La loro valutazione rimane tuttavia difficile.

3.3.7

Politica sociale

Come già esposto nel rapporto Europa 2006, fatta eccezione per il coordinamento europeo dei sistemi di sicurezza sociale nel quadro dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC)70. Anche nell'ottica di uno scenario che esclude nuovi accordi con l'UE, nel settore del coordinamento citato il recepimento regolare delle modifiche del diritto dell'UE nell'ALC e soprattutto l'applicazione delle medesime regole in futuro rappresenterà di per sé un importante presupposto per il funzionamento del coordinamento e quindi della libera circolazione delle persone. Attualmente sono in corso i lavori per il recepimento nell'ALC del regolamento (CE) n. 883/200471 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che, tra l'altro, sostituirà il regolamento (CEE) n. 1408/7172 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità.

Vi è un ulteriore punto di contatto con la politica sociale dell'UE nel settore della protezione dei lavoratori che fa riferimento alla direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi73 (art. 22 cpv. 2 all. I ALC)74. In Svizzera la direttiva è stata applicata con le misure di accompagnamento all'ALC. La revisione della direttiva relativa al distacco dei lavoratori da parte dell'UE, attualmente in discussione al Parlamento europeo, potrebbe eventualmente essere importante per il nostro Paese. I sindacati e i socialdemocratici hanno chiesto precisazioni riguardo al testo normativo dopo che la Corte di giustizia dell'UE si 69 70 71

72

73

74

Sesto rapporto dell'Osservatorio sulla libera circolazione delle persone fra la Svizzera e l'UE, del 27 mag. 2010.

FF 2006 6329 Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 apr. 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Questo regolamento ha chiarito e semplificato il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Esso rafforza la collaborazione tra le amministrazioni nel settore della sicurezza sociale e deve facilitare la libera circolazione dei cittadini dell'UE all'interno dell'Unione europea.

Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giu. 1971 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità. Nella versione dell'Allegato II all'Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (con allegati), RS 0.831.109.268.1.

Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dic. 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1).

La direttiva contiene disposizioni relative all'applicazione di norme nel diritto del lavoro degli Stati membri sui rapporti di lavoro dei lavoratori distaccati che forniscono prestazioni di servizi transnazionali di durata limitata. Fulcro della direttiva è l'applicazione dello stesso diritto del lavoro ai lavoratori distaccati presso un altro Stato dell'Unione applicato ai lavoratori indigeni e relativo a determinati aspetti delle condizioni di lavoro, nella misura in cui nello Stato di accoglienza essi sono oggetto di direttive legali e amministrative o di contratti tariffari dichiarati di obbligatorietà generale, Il testo normativo elenca gli ambiti di protezione nei quali il diritto dello Stato di accoglienza deve essere utilizzato anche per i lavoratori distaccati (vedi art. 3 direttiva 96/71/CE).

6449

sarà pronunciata in diverse sentenze a favore dell'apertura del mercato interno e contro l'applicazione di direttive nazionali attinenti al diritto del lavoro nel quadro dei distaccamenti transnazionali75. All'interno dell'UE vi sono molte divergenze relative alle modalità e all'ampiezza della rielaborazione della direttiva in questione.

Indipendentemente dall'esito della revisione, al momento opportuno la Svizzera dovrà decidere se intende, o deve, recepire gli adeguamenti della direttiva nel quadro dell'ALC.

3.3.8

Politica ambientale

Nel quadro dell'Accordo sulla partecipazione della Svizzera all'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), concluso nell'ambito degli accordi bilaterali II e in vigore dal 2006, la Svizzera ha ottenuto l'accesso a tutti i dati standard relativi all'ambiente a livello europeo. Partecipa inoltre alla rete europea di informazione e di osservazione in materia ambientale (EIONET), uno strumento essenziale per la raccolta e la diffusione di dati ambientali, non da ultimo anche all'intenzione dei responsabili delle decisioni politiche. Nel quadro di questo accordo è stato creato un comitato misto. La Svizzera non si è tuttavia impegnata a recepire anche le regole materiali riguardanti l'elaborazione della politica ambientale o l'armonizzazione delle disposizioni sull'ambiente.

Tuttavia, sono state puntualmente integrate disposizioni ambientali in altri accordi bilaterali, come nell'Accordo sul trasporto aereo che nell'allegato comprende un capitolo intitolato «Ambiente e inquinamento acustico» con disposizioni per la limitazione delle emissioni sonore degli aerei. Oltre a ciò, il Consiglio federale ha concluso con l'UE diverse convenzioni di cooperazione tecnica in settori specifici quali il controllo delle emissioni dei veicoli e dei motori o l'osservazione e la sorveglianza dei suoli. Tuttavia, nel settore ambientale non esiste una collaborazione globale.

3.4

Proseguimento e sviluppo della via bilaterale

«Proseguimento e sviluppo della via bilaterale» Se la via bilaterale sarà proseguita con le attuali modalità la Svizzera e l'UE potranno all'occorrenza negoziare nuovi accordi o adeguare quelli esistenti. Tuttavia persiste una sfida: poter garantire un indispensabile grado di codecisione nelle trattative e negli sviluppi di nuovi accordi bilaterali.

75

Vedi le sentenze della Corte di giustizia dell'UE nei casi Viking (C-438/05), Laval (C-351/05), Luxembourg (C-319/06) e Rüffert (C-346/06). Poiché le sentenze interessano disposizioni nazionali che non sono paragonabili alla situazione giuridica attuale della Svizzera, non sussistono conseguenze riguardanti la Legge federale sui lavoratori distaccati in Svizzera. Si vedrà se e in che modo la prevista revisione della direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi comporterà modifiche rilevanti per la Svizzera.

6450

In questo secondo scenario la Svizzera potrebbe proseguire la via bilaterale tramite nuovi accordi con l'UE, pur cercando di svilupparla se necessario e al momento opportuno. Come già indicato nel numero 2.2, per essere realizzabile questa opzione deve tenere adeguatamente conto dell'evoluzione del contesto delle relazioni tra il nostro Paese e l'UE.

3.4.1

Aspetti istituzionali

Nel suo rapporto sulla politica estera 2009 il Consiglio federale ha sottolineato la necessità di garantire un equilibrio di interessi che tenga conto sia del buon funzionamento degli accordi bilaterali sia della sovranità della Svizzera76 e ha stabilito determinati principi (vedi n. 2.1). Si tratta di evitare il recepimento automatico dell'acquis dell'UE e di vigilare al rispetto della sovranità della Svizzera e delle sue procedure decisionali interne. L'obiettivo è l'applicazione, mutatis mutandis, di questi principi durante i negoziati con l'UE ogniqualvolta si porrà la questione del recepimento dell'acquis. In mancanza di soluzioni soddisfacenti è opportuno valutare gli interessi in gioco, il che potrebbe portare alla sospensione dei negoziati dell'accordo in questione.

L'integrazione di questi principi nei nuovi accordi deve essere negoziata con l'UE (cfr. n. 2.1). Bisogna inoltre considerare che gli accordi esistenti prevedono già innumerevoli possibili soluzioni riguardo alle questioni istituzionali, che finora sono state sfruttate solo parzialmente e che potrebbero essere fonte d'ispirazione nei negoziati futuri. Se la generalizzazione di questo modo di procedere dovesse avere esito positivo faciliterebbe e sveltirebbe i meccanismi e le procedure di adeguamento degli accordi agli sviluppi del diritto dell'UE. Quale controparte al diritto di partecipare all'elaborazione del diritto pertinente (decision shaping), la Svizzera si impegnerebbe a recepirli nell'ambito dell'accordo in questione. Se ciò non fosse il caso, delle misure compensative proporzionali garantirebbero l'equilibrio dei diritti e dei doveri. A tale proposito, le esperienze fatte dall'entrata in vigore degli accordi Schengen/Dublino possono essere d'insegnamento poiché in tali accordi in linea di principio la Svizzera si è già impegnata ad adottare tutti gli atti giuridici costituenti gli sviluppi dell'acquis di Schengen/Dublino e, se del caso, a integrarli nel suo diritto interno (vedi: art. 2 cpv. 3 e art. 7 AAS; art. 1 cpv. 3 e art. 4 AAD)77. Tuttavia, diversamente dal sistema previsto in questo caso, nel contesto di Schengen la non adozione da parte svizzera degli sviluppi dell'acquis, in ultima istanza, può comportare la rescissione automatica dell'accordo, fatta salva la decisione contraria del comitato misto dell'accordo78.
Nel contesto di Schengen/Dublino, se l'atto giuridico da recepire comprende diritti e doveri per la Svizzera, la notifica dell'UE e la nota di risposta della Svizzera costituiscono uno scambio di note che per quest'ultima ha valore di trattato internazionale. Conformemente alla Costituzione federale, il trattato è concluso dal Consiglio 76 77 78

FF 2009 5503 Accordo di associazione a Schengen (AAS), FF 2004 5747; RS 0.360.268.1. Accordo di associazione a Dublino (AAD), FF 2004 5777; RS 0.142.392.68.

Tuttavia, nel settore della sicurezza interna le misure compensative possono essere problematiche se risultano in sufficienti a garantire la sicurezza delle parti. Perciò, se del caso, nel quadro di una conclusione equilibrata del negoziato potrebbero essere trovate soluzioni simili a quelle degli accordi Schengen/Dublino accettabili per la Svizzera.

6451

federale e, se del caso, deve essere approvato dal Parlamento. In determinate circostanze può essere sottoposto a referendum in materia di trattati internazionali. Per recepire e integrare nel diritto svizzero l'atto giuridico notificato la Svizzera dispone di un termine massimo di due anni, inclusa la durata della procedura referendaria, a partire dalla data di notifica dell'UE (art. 7 n. 2 lett. b AAS; art. 4 n. 3 AAD). Se il Consiglio federale è l'unica istanza competente per recepire uno sviluppo dell'acquis, la decisione deve essere notificata nei 30 giorni successivi all'adozione dell'atto in questione da parte dell'UE (art. 7 n. 2, lett. a, AAS; art. 4 n. 2 AAD). In ogni caso i nuovi atti e provvedimenti ­ se possibile ­ entrano in vigore simultaneamente per la Svizzera e l'UE (art. 7 n. 1, AAS; art. 4 n. 1 AAD).

Finora alla Svizzera sono stati notificati 111 sviluppi dell'acquis di Schengen (stato al 2 agosto 2010). L'approvazione del Parlamento era (o è) necessaria soltanto per 11 tematiche tra le quali si annovera la partecipazione all'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea FRONTEX, il Sistema d'informazione sui visti (VIS), il Fondo per le frontiere esterne, lo scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'UE incaricate dell'applicazione della legge («Iniziativa svedese») o la direttiva CE sulle armi. Durante la sessione estiva 2010 il Parlamento ha approvato l'introduzione della biometria nei permessi di soggiorno per stranieri e il recepimento della direttiva sul rimpatrio, due sviluppi dell'acquis di Schengen.

Data la brevità dei termini stabiliti dagli accordi di associazione Schengen/Dublino e dato che si pongono numerose nuove e complesse questioni, l'Ufficio federale di giustizia ha redatto un manuale all'intenzione degli uffici e servizi competenti che comprende direttive sull'elaborazione, il recepimento e l'attuazione giuridica degli sviluppi dell'acquis volto a garantire il rispetto dei doveri internazionali della Svizzera e la presa di decisioni razionale nel rispetto dei termini stabiliti. Di regola, il Consiglio federale e l'Amministrazione fanno tutto il possibile per recepire e applicare gli sviluppi dell'acquis di Schengen conformemente alla procedura
ordinaria.

Tuttavia il termine di due anni è molto breve e lascia un margine di manovra relativamente ridotto per compensare un eventuale contrattempo amministrativo nella procedura legislativa. Per tale motivo è impossibile evitare che in casi urgenti eccezionali il Consiglio federale sia tenuto ad abbreviare il termine della procedura di consultazione, dopo aver esaurito il tempo necessario alla procedura amministrativa interna (art. 7 cpv. 3, legge sulla consultazione79). Il Consiglio federale può proporre al Parlamento di trattare un oggetto in deliberazione con la procedura straordinaria (art. 85 cpv. 2 legge sul Parlamento, LParl80) o, nel quadro delle esigenze costituzionali, di votare la clausola d'urgenza (art. 165 Cost. e art. 77 LParl). Nel limite del possibile il Consiglio federale eviterà di proporre di ricorrere a tali procedure.

All'occorrenza la decisione relativa alle procedure è di competenza dell'Assemblea federale.

Le considerazioni precedenti sarebbero ampiamente pertinenti nel caso di una generalizzazione del meccanismo di recepimento dell'acquis dell'UE e dei suoi sviluppi, fissato secondo i principi menzionati sopra. Il sistema politico svizzero è quindi confrontato a nuove sfide. Secondo l'UE l'obiettivo del recepimento del diritto dell'UE ha quale corollario il principio secondo cui il diritto recepito deve entrare in vigore simultaneamente in Svizzera e negli Stati membri dell'UE. La brevità dei 79 80

RS 172.061 RS 171.10

6452

termini di recepimento impone quindi che l'espletamento della procedura legislativa svizzera avvenga sempre più spesso contemporaneamente. L'attuazione a livello cantonale, per esempio, deve essere simultanea a quella federale; ciò esige un'informazione dei Cantoni ancor più tempestiva in tutte le fasi dei lavori (negoziati, lavori di redazione interni all'amministrazione, discussioni politiche). L'esperienza fatta nell'ambito degli accordi di associazione Schengen/Dublino mostra che devono essere trovate nuove forme di collaborazione tra la Confederazione e i Cantoni81.

Considerazioni analoghe possono essere fatte dall'Assemblea federale. Nel quadro del diritto europeo, il rimanente margine di manovra lasciato al legislatore svizzero è, in linea generale, relativamente ristretto. Nella misura in cui l'elaborazione di un nuovo diritto dell'UE riguarda questioni politiche sensibili, il Parlamento deve esservi associato il più presto possibile. Inoltre, nel quadro della prassi di recepimento del diritto dell'UE devono essere trovate soluzioni per non gravare il Parlamento con attività normative di secondaria importanza. Infine, occorre fare in modo che i diritti politici siano garantiti sotto tutti gli aspetti. È quindi necessario trovare nuove soluzioni con il concorso di tutti gli attori interessati che permettano di garantire il dinamismo delle procedure decisionali interne nel quadro delle relazioni bilaterali con l'UE. Tali nuove soluzioni non devono però sovraccaricare l'Amministrazione federale con nuovi compiti. Infine, le esperienze fatte nell'ambito degli accordi di associazione Schengen/Dublino mostrano che l'Amministrazione è comunque confrontata a compiti supplementari non compensati.

In caso di non adozione dell'acquis pertinente per un accordo, dovrebbe in ultima analisi esservi la possibilità di adottare misure compensative proporzionali (modello «agevolazione e sicurezza doganale»), poiché la caducità automatica dell'accordo può essere prevista unicamente se il contesto e l'ambito di applicazione lo richiedono imperativamente (p. es. alcuni accordi attinenti alla sicurezza interna). Poiché è poco realistico presupporre che l'UE sia pronta a negoziare nuovi accordi con il nostro Paese su una base diversa da quella dell'acquis (cfr. n. 2.1), questo elemento sembra essere una barriera
e deve essere considerato come il prezzo da pagare per proseguire lo sviluppo della via bilaterale. Tuttavia, trattandosi di misure da adottare in caso di non adozione di uno sviluppo dell'acquis da parte della Svizzera e quindi di escludere in via di principio la caducità automatica dell'accordo, dovrebbe essere nell'interesse delle due parti mantenere un margine di manovra.

Per quanto riguarda la delicata questione della considerazione da parte della Svizzera della pertinente giurisprudenza della CGUE per un accordo specifico, il Consiglio federale in linea di principio ritiene che l'autonomia delle parti contraenti relativa all'interpretazione delle disposizioni di un accordo è una regola già disciplinata nel diritto internazionale pubblico, fatto salvo l'interesse comune delle parti contraenti di interpretare e applicare le norme dell'accordo in modo uniforme. Conformemente alle regole di interpretazione delle Convenzione di Vienna82 sul diritto dei trattati, le autorità svizzere, Tribunale federale incluso, rispetto all'adozione della giurisprudenza della CGUE adottano un atteggiamento pragmatico, anche se essa è posteriore alla firma dell'accordo83. Finora le giurisprudenze del Tribunale federale e della CGUE relative agli accordi Svizzera-UE sono sempre state equiparabili. Va tuttavia osservato che l'UE assume sempre più sovente una posizione dogmatica nell'esigere 81 82 83

Cfr. «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

RS 0.111, art. 31 Regola generale per l'interpretazione.

FF 2006 6223 6255

6453

che la Svizzera si impegni anticipatamente ad adottare la giurisprudenza della CGUE e che ha inasprito considerevolmente le sue esigenze, in particolare nel quadro degli attuali negoziati relativi al libero scambio agricolo, in materia sanitaria e d'elettricità. In mancanza di soluzioni accettabili e pragmatiche queste esigenze potrebbero potenzialmente invalidare la possibilità di concludere di nuovi accordi.

Nella misura in cui è nell'interesse comune proseguire e approfondire la cooperazione, su questo punto dovrebbero poter essere trovate soluzioni accettabili dalle due parti.

In linea di principio, le considerazioni di cui al numero 3.3 relative alla democrazia diretta, al federalismo e alle istituzioni sono valide anche qualora la Svizzera dovesse decidere di concludere nuovi accordi, con riserva delle precisazioni e degli adeguamenti esposti qui di seguito.

Se la cooperazione tra la Svizzera e l'UE dovesse portare a un adeguamento più dinamico del diritto sarebbero necessarie risoluzioni rapide per salvaguardare il potere negoziale della Svizzera a livello internazionale. Per questo possono essere considerati solo i pareri dei Cantoni che pervengono tempestivamente. Anche la Confederazione dovrebbe dare il suo contributo per agevolare ai Cantoni la preparazione dei pareri, soprattutto fornendo loro per tempo tutta la documentazione necessaria a una decisione e fissando scadenze adeguate, tenendo conto degli imperativi esterni. Tale processo dovrebbe seguire la traccia dell'esperienza di cooperazione degli ultimi anni nell'attuazione e nello sviluppo degli accordi bilaterali84. Inoltre, sarebbe opportuno valutare se la partecipazione dei Cantoni all'elaborazione dell'acquis da recepire potrebbe essere garantita in tutti gli ambiti di loro competenza, come lo è attualmente nel quadro degli accordi Schengen/Dublino. In tal modo la collaborazione tra la Confederazione e la CdC sarebbe consolidata85, eventualmente tramite la creazione di un organo di gestione comune86, e sarebbe possibile verificare se la collaborazione tra Confederazione e i Cantoni debba essere migliorata per mezzo di incaricati all'informazione in seno a tutti gli uffici federali interessati87.

Sul piano della democrazia diretta, tutto il meccanismo dell'adeguamento degli accordi con l'UE allo sviluppo del diritto dell'UE
deve imperativamente prevedere termini che tengano conto della durata delle procedure previsti dalla legislazione svizzera, incluse le eventuali procedure di referendum. In questo senso, il proseguimento della via bilaterale non ridurrebbe il campo di applicazione formale dei diritti democratici in Svizzera. Dal punto di vista materiale, l'applicazione del principio secondo il quale nel caso di non adozione dello sviluppo del diritto pertinente dell'UE sono possibili misure compensative proporzionali, dovrebbe permettere di ridurre l'erosione dei diritti democratici, a meno che la non adozione non rescinda automaticamente l'accordo in questione. La procedura di denuncia automatica di un accordo è quindi da evitare per quanto possibile. Inoltre, in caso di non adozione è importante trovare con l'UE le possibilità di elaborare procedure contrattuali secondo criteri gerarchici differenziati per evitare una rapida politicizzazione delle controversie.

84 85 86 87

FF 2007 5430 Per una presentazione dettagliata di questa cooperazione nella politica europea si veda il rapporto sul federalismo, FF 2007 5444 segg.

Cfr. «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

Ibid.

6454

In generale e per analogia con le procedure adottate dall'Amministrazione federale nel contesto degli accordi di associazione a Schengen/Dublino, per il nostro Paese identificare in tempo utile gli sviluppi del diritto dell'UE pertinente sarebbe un modo di garantire posizioni negoziali precise nell'ambito del decision shaping. Un tale meccanismo d'informazione permetterebbe inoltre di comunicare tempestivamente all'Assemblea federale le proposte legislative dell'UE suscettibili di dover essere recepite dalla Svizzera88, per esempio tramite le commissioni della politica estera delle due Camere.

Si potrebbe altresì presupporre che le eventuali posizioni del Parlamento rispetto a tali proposte siano considerate dagli esperti svizzeri che partecipano all'elaborazione di questi sviluppi. Va tuttavia sottolineato che un tale meccanismo è realizzabile unicamente se vengono messe a disposizione le necessarie risorse amministrative di personale (in primo luogo la Missione della Svizzera presso l'UE e l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE).

Infine, è necessaria una riflessione sulle possibilità di sgravare l'Assemblea federale dalle questioni giuridiche di secondaria importanza. Eventualmente può essere ampliata l'autonomia del Consiglio federale relativa all'adeguamento degli accordi.

Al contempo deve essere garantito il diritto di partecipazione del Parlamento, pur non escludendo nuove soluzioni.

Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona89 sarà comunque necessario conformarsi a un numero maggiore di interlocutori quali l'Alto rappresentate per la politica estera e di sicurezza comune, il Presidente del Consiglio europeo, la Commissione europea e il Parlamento europeo. D'altro lato, l'abbandono del principio dell'unanimità a favore della maggioranza qualificata e l'adozione del principio della doppia maggioranza a partire dal 2014 condurranno a una netta riduzione delle interruzioni che possono essere provocate da ogni Stato membro nell'ambito di un processo decisionale dell'UE. Per la Svizzera questi cambiamenti potrebbero avere ripercussioni; se da un lato uno Stato membro singolo non potrà più opporsi alla conclusione di un accordo con il nostro Paese, dall'altro gli Stati minoritari a causa di una decisione del Consiglio potrebbero essere poco propensi ad accettare disposizioni derogatorie
concernenti Paesi terzi (vedi n. 2.2).

Infine la maggior partecipazione del Parlamento europeo per mezzo della procedura di codecisione e, in particolare, la sua nuova competenza di approvazione dei trattati negoziati con Stati terzi avranno sicuramente ripercussioni per il nostro Paese. Ci si può aspettare un rallentamento delle procedure ma anche una maggior complessità del processo negoziale. Infatti, in futuro i comitati competenti del Parlamento europeo saranno associati sempre più strettamente ai lavori della Commissione nel quadro dei negoziati con Stati terzi. A tale proposito, è bene tener conto del fatto che si tratta di un ente che sul piano istituzionale è considerato fondamentalmente integrazionista e potrebbe mostrarsi poco conciliante riguardo alle disposizioni derogatorie in favore della Svizzera. Questo aspetto non deve essere sottovalutato poiché nei casi in cui la Svizzera beneficia, o potrebbe beneficiare in futuro, della partecipazione all'elaborazione delle decisioni (decision shaping) negli ambiti previsti dai suoi accordi, tale partecipazione è limitata solamente ai gruppi di lavoro del Consi88

89

Vedi, p. es. la mozione (10.3005) della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati del 12 gen. 2010 «Misure che permettono di informare rapidamente il Parlamento sui progetti di atti legislativi europei importanti».

GU C 115 del 9 mag. 2008.

6455

glio o della Commissione e non del Parlamento, in seno al quale la Svizzera non è rappresentata. Per preservare al meglio i nostri interessi dovranno quindi essere sviluppate delle forme di acquisizione di influenza indiretta, in particolare intensificando i contatti con il Parlamento europeo. Sarebbe quindi opportuno seguire e accompagnare più intensamente i lavori del Parlamento europeo pertinenti per la Svizzera, come lo dimostrano gli esempi della Norvegia (vedi n. 3.6.1) o degli Stati Uniti, che recentemente hanno adottato misure per rafforzare la loro capacità di acquisizione di influenza. Ciononostante, senza personale supplementare non è possibile incrementare queste forme di acquisizione di influenza. Va aggiunto che anche il Parlamento federale potrebbe sviluppare relazioni con il Parlamento europeo a livello di commissioni di politica estera, della delegazione presso il Comitato parlamentare dei Paesi dell'AELS incaricata delle relazioni con il Parlamento europeo o, se del caso, di altre commissioni specializzate.

3.4.2

La questione del parallelismo

Nella prassi, il parallelismo che l'UE vuole applicare nelle sue relazioni con la Svizzera potrebbe bloccare la conclusione di alcuni nuovi accordi. A tale proposito va sottolineato che l'UE formula le sue attuali richieste particolarmente nell'ambito della fiscalità delle imprese ed esige un parallelismo nei progressi dei negoziati. La strategia finora seguita dal Consiglio federale in questo dossier (nessun negoziato, ma un dialogo e misure autonome nel quadro della riforma dell'imposizione delle imprese) per il momento ha permesso di evitare interruzioni. È tuttavia importante che la Svizzera continui anche in futuro a perseguire una strategia coerente per difendere la sua piazza finanziaria e, al contempo, sia in grado di sviluppare gli accordi con l'UE negli ambiti che ritiene opportuni. Va sottolineato che se la Svizzera dovesse rinunciare a garantire la coerenza globale dei diversi oggetti di negoziati con l'UE, per far sì che ognuno di essi sia considerato secondo i propri meriti e non debba subire interruzioni che potrebbero interessare altri dossier, questa non è comunque la strategia perseguita dall'UE90. In ultima analisi, se l'UE dovesse applicare rigorosamente il principio di parallelismo la Svizzera dovrebbe probabilmente fare altrettanto.

In generale, è importante vigilare sulla concretezza delle nostre rivendicazioni nei confronti dell'UE e considerare in modo appropriato quelle di quest'ultima. Infatti, per raggiungere risultati soddisfacenti e duraturi, l'evoluzione della via bilaterale presuppone la ricerca sistematica di un equilibrio degli interessi delle due parti Ne dipende l'interesse di ogni partner e, trattandosi dell'UE, della sua disponibilità a trovare con il nostro Paese delle soluzioni per mezzo di accordi bilaterali settoriali.

In questo contesto il contributo elvetico alla realizzazione di obiettivi europei (costruzione di un'infrastruttura ferroviaria d'avanguardia, sostegno ai nuovi Stati membri dell'UE, partecipazione agli sforzi di pace e di stabilità in Europa, ecc.) fa della Svizzera un partner affidabile e solidale, rafforzando così la via bilaterale. Per contro, come menzionato nel numero 2.2, rimettere in discussione questo sostegno non può che indebolirla.

90

Vedi le Conclusioni del Consiglio dell'UE 16651/1/08 del 5 dic. 2008 sulle relazioni tra l'UE e i paesi dell'AELS.

6456

3.4.3

Esigenze dell'UE in ambito fiscale

Come esposto nel numero 3.3.2, l'Accordo sulla fiscalità del risparmio in un prossimo futuro potrebbe essere sottoposto a una revisione tecnica. La Commissione dell'UE vuole che gli Stati membri le conferiscano un mandato negoziale volto a revisionare l'Accordo sulla lotta contro la frode con la Svizzera o per avviare il negoziato di un accordo sullo scambio di informazioni nell'ambito delle imposte dirette, il cui obiettivo è di ancorare a livello europeo, includendo tutti gli Stati membri, lo standard OCSE in materia di assistenza amministrativa in ambito fiscale, che la Svizzera nel frattempo ha recepito. Se del caso, il Consiglio federale valuterà le proposte di negoziato dell'UE.

3.4.4

Accesso al mercato

Sebbene gli accordi finora conclusi già integrano ampiamente l'economia svizzera nel mercato interno dell'UE e nonostante la revisione della legge federale sugli ostacoli tecnici al commercio (LOTC), decisa recentemente, si profilano nuovi ostacoli. Tuttavia, attualmente, ma anche in futuro, in linea di principio esiste un certo margine di manovra per poter eliminare ulteriori ostacoli. Nel commercio tra Svizzera e UE al momento sussistono ostacoli reciproci di diversa natura e in vari settori. Riguardo alle merci, vi sono ancora sostanziali barriere tariffali in quei settori commerciali che non sono disciplinati dall'Accordo di libero scambio del 1972, dal suo Protocollo sui prodotti agricoli trasformati o dall'Accordo agricolo del 1999. Inoltre sussistono ostacoli non tariffali in quasi tutti i settori di prodotti e nei servizi, che risultano sia da una migliore situazione giuridica dei propri attori economici, sia a causa di regole non armonizzate in materia di vendita e di messa in circolazione. Alcuni ostacoli al commercio non tariffali esistono già da qualche tempo ma, a causa degli sviluppi del diritto di uno dei due partner potrebbero sorgerne dei nuovi (vedi punti 2.2 e 3.3). Il Consiglio federale opera in diversi settori per eliminare gli ostacoli esistenti (p. es. settore dell'energia, negoziati sull'agricoltura, la sicurezza dei prodotti, la sicurezza alimentare e la sanità pubblica, vedi n. 1.3.3).

Il Consiglio federale si propone inoltre di approfondire le possibilità per migliorare l'accesso al mercato nei singoli Stati e nell'UE anche in altri settori. Nel mese di febbraio 2010 il Consiglio federale ha rifiutato l'opportunità di concludere un accordo di prestazioni di servizi per migliorare l'accesso al mercato europeo. Secondo l'analisi di un gruppo di lavoro le divergenze giuridiche e istituzionali tra Svizzera e UE (soprattutto relativamente alle infrastrutture) avrebbero portato a lunghi e complessi negoziati (vedi n. 1.3.3.14). Il 18 agosto il Consiglio federale ha approvato il mandato negoziale relativo a una collaborazione nel settore delle sostanze chimiche (REACH/CLP). In altri settori il Consiglio federale si propone di esaminare le possibilità di migliorare l'accesso al mercato, in particolare per quanto riguarda la collaborazione nell'ambito delle procedure doganali in
materia elettronica (e-customs). Anche l'ulteriore sviluppo dell'Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità, con l'aggiunta di un capitolo supplementare può migliorare l'accesso reciproco al mercato.

6457

Per quanto riguarda il costante sopraggiungere di ostacoli di accesso al mercato interno per le imprese svizzere, dovuto agli sviluppi del diritto dell'UE, anche in futuro sussisterà una potenziale necessità di tali sviluppi. L'introduzione del regolamento UE concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), del regolamento UE relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele (CLP) e dell'introduzione di nuove misure di sicurezza in materia di trasporto di merci (secondo emendamento al codice doganale comunitario91) sono i più recenti esempi citati in questa sede che illustrano che l'accordo esistente e un'applicazione autonoma non sono sufficienti a evitare l'insorgere di nuovi ostacoli.

Proseguire nella via bilaterale ci pone quindi sempre più sovente di fronte a importanti difficoltà, soprattutto riguardo all'accesso al mercato che, considerata l'intensità degli scambi con l'UE, è essenziale per le imprese e l'economia svizzere. Da un lato non vi è alcuna garanzia che sorgano nuovi ostacoli dovuti agli sviluppi del diritto dell'UE, neanche negli ambiti disciplinati da accordi, e dall'altro questi stessi sviluppi, o la loro possibilità, sono fattori di insicurezza giuridica che, se moltiplicati, avranno un impatto negativo sulle nostre imprese e la nostra competitività economica (vedi n. 2.2). Inoltre, i costanti negoziati di nuovi accordi o il loro adeguamento per far fronte agli effetti negativi causati dai nuovi atti legislativi dell'UE necessitano spesso di tempi lunghi, durante i quali gli operatori svizzeri sono penalizzati, e non offrono garanzie di successo.

3.4.5

Politica economica e monetaria

Anche nel quadro di uno sviluppo della via bilaterale, relativamente alla sua politica economica esterna, monetaria, congiunturale, del mercato del lavoro nonché alla politica strutturale e di crescita la Svizzera rimane autonoma, con i vantaggi e gli inconvenienti del momento. Di conseguenza, le asserzioni nel numero 3.3.5 si applicano anche in quest'ambito. Per contro, la possibilità di concludere nuovi accordi offre un'importante opportunità all'economia svizzera e in particolare a quella d'esportazione.

3.4.6

Costi diretti

A livello di budget, i costi diretti degli accordi conclusi dalla Svizzera e della partecipazione a programmi ammontano a circa 457 milioni di franchi (vedi tabella nel n. 3.3.6). Si aggiungono i costi di partecipazioni a programmi e agenzie previste da nuovi accordi (p. es. Galileo, negoziati relativi all'agricoltura, alla sicurezza alimentare e dei prodotti e alla sanità pubblica). Nel contesto di uno sviluppo della via bilaterale sarebbe opportuno esaminare la questione dell'interesse e dell'opportunità di un eventuale rinnovo del contributo della Svizzera alla coesione in seno all'UE.

91

Regolamento (CE) n. 648/2005 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 apr. 2005 che modifica il regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 117 del 4.5.2005, pag. 13).

6458

3.4.7

Politica sociale

Come già esposto nel numero 3.3.7, la politica sociale è solo puntualmente oggetto degli accordi bilaterali esistenti tra la Svizzera e l'UE, concretamente l'ALC. In linea di principio sarebbe concepibile recepire alcuni ulteriori aspetti del relativo acquis e rafforzare la collaborazione tramite un adeguamento dell'ALC o negoziando un nuovo accordo. Tuttavia, in Svizzera la richiesta di una cooperazione rafforzata non è finora ancora stata sottoposta al Consiglio federale in una forma che benefici di un ampio sostegno politico.

3.4.8

Politica ambientale

Il proseguimento della via bilaterale in ambito ambientale è concepibile in due modi: negoziare nuovi accordi specifici, come ha fatto il Consiglio federale a fine 2009 con l'approvazione di un mandato per concludere un accordo volto ad associare i sistemi di scambio di quote di emissioni del nostro Paese e dell'UE che deve permettere l'accesso al mercato delle emissioni europeo, nettamente più grande e liquibdo. Quale altro ambito di collaborazione puntuale con l'UE potrebbe essere menzionata la partecipazione della Svizzera al marchio di qualità ecologica dell'UE, per la quale il Consiglio federale aveva già approvato un mandato nel 2001. Per approfondire la collaborazione nell'ambito dell'osservazione ambientale si potrebbe considerare un accordo relativo al monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES). Si sono inoltre svolti colloqui esplorativi concernenti le sostanze chimiche (REACH) e i biocidi. Questo tipo di accordo porterebbe soprattutto a un'armonizzazione materiale delle direttive di determinati ambiti del diritto ambientale. Per combattere una frammentazione troppo importante del diritto ambientale e facilitare l'applicazione dei singoli accordi in tale ambito andrebbe eventualmente esaminata la conclusione di un accordo complessivo.

È tuttavia presumibile che futuri accordi sull'accesso al mercato possano includere disposizioni orizzontali relative all'ambiente. Ciò verrà richiesto dall'UE, in particolare per garantire una parità di trattamento ed evitare distorsioni della concorrenza.

Esempi ne sono i negoziati di un accordo nel settore elettrico ed energetico e la questione di una futura collaborazione con l'UE nel settore delle sostanze chimiche (REACH). Un simile approccio è però accompagnato dal non trascurabile rischio di frammentazione e settorializzazione del diritto ambientale, ossia da uno sviluppo che per motivi di coerenza nell'ottica del nostro Paese non sarebbe auspicabile.

3.5

Messa in atto di un quadro istituzionale

«Messa in atto di un quadro istituzionale» Un accordo nel quale siano fissati determinati punti cardini istituzionali potrebbe facilitare l'applicazione di accordi bilaterali e rendere più efficiente e trasparente il processo decisionale relativo agli sviluppi del pertinente diritto europeo. Una tale soluzione istituzionale, per esempio un accordo quadro, potrebbe inoltre

6459

gettare le basi per un dialogo politico regolare ai massimi vertici. Un simile quadro istituzionale dovrebbe tuttavia essere concepito in modo da consentire soluzioni pragmatiche adeguate per ciascun dossier di negoziazione.

Tenendo conto delle evoluzioni citate sopra delle relazioni tra Svizzera e UE, è opportuno valutare se è nell'interesse del nostro Paese cercare di integrare i principi del recepimento dell'acquis, della sorveglianza e della giurisprudenza di ogni nuovo accordo con l'UE in ogni singolo caso oppure se sia meglio optare per una soluzione orizzontale. A tale proposito si pone la questione dell'opportunità di negoziare un quadro istituzionale, per mezzo di un accordo quadro o di un'altra forma di intesa di tipo orizzontale. Il Parlamento ha sollecitato più volte92 l'analisi dell'opportunità e fattibilità di un accordo quadro. Questo obiettivo è stato inserito nel programma di legislatura 2007­201193. Le riflessioni del Consiglio federale su questo argomento figurano nel rapporto di politica estera del 2 settembre 200994 nonché nelle risposte del 13 e 20 maggio 2009 alle interpellanze Fehr (09.3172) e del gruppo UDC (09.3249). Tuttavia, il Consiglio federale non si è ancora pronunciato sull'opportunità di un tale accordo quadro. La Conferenza dei Governi cantonali (CdC) nel suo stato d'attuazione nella politica europea del 25 giugno 2010 è favorevole alla negoziazione di un accordo quadro con l'UE, soprattutto per risolvere la questione del recepimento del diritto dell'UE ma anche per instaurare un dialogo politico istituzionalizzato e ancorare la partecipazione della Svizzera ai programmi dell'UE. La CdC chiede inoltre che la negoziazione di un tale strumento sia prioritaria rispetto a nuove trattative settoriali. Tuttavia, essa condiziona la conclusione di un accordo quadro con l'UE alla necessità di avviare delle riforme istituzionali interne volte a consolidare l'organizzazione statale federale e democratica95.

3.5.1

Aspetti istituzionali

In generale, un'eventuale soluzione orizzontale potrebbe contribuire alla miglior efficacia e trasparenza del processo decisionale dei comitati misti tramite l'integrazione di strumenti di recepimento degli sviluppi del diritto dell'UE omogenei e accettabili dalle due parti. Tale soluzione potrebbe inoltre semplificare i meccanismi regolando in modo orizzontale alcune questioni ricorrenti, attualmente trattate in 92

93 94 95

1) Rapporto del 18 marzo 2002 della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati sulle opzioni della politica d'integrazione della Svizzera (02.033) che chiede una soluzione istituzionale del tipo «accordo quadro» (FF 2002 5639); 2) Postulato Polla (02.3374) del 21 giu. 2002 «Améliorations des relations Suisse-UE» con risposta del Consiglio federale del 20 sett. 2002 che accetta di «procéder à une analyse approfondie de l'opportunité et de la faisabilité d'une telle approche à l'occasion de la conclusion des Bilatérales II» (in tedesco e francese); 3) Postulato Stähelin (05.3564) del 5 ottobre 2005 «Accordo quadro tra la Svizzera e l'UE» che chiede di presentare un rapporto concernente l'importanza di un accordo quadro tra la Svizzera e l'UE, accettato dal Consiglio federale i 26 ott. 2005; 4) Comunicato della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati del 1° sett. 2006 che approva il Rapporto Europa 2006 del consiglio federale e ricorda che sarebbe particolarmente interessante esaminare l'opzione di un accordo quadro.

Decreto federale del 18 sett. 2008 sul programma di legislatura 2007­2011.

FF 2009 5502 Cfr. «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

6460

modi diversi in ogni singolo accordo. L'obiettivo principale di una soluzione così concepita è di poter contribuire al miglioramento della sicurezza giuridica della via bilaterale. Un quadro istituzionale può limitarsi a determinati aspetti parziali e lasciare un margine normativo più o meno ampio per soluzioni istituzionali ad hoc nei singoli accordi. In altri termini, un eventuale accordo quadro non dovrebbe disciplinare in modo vincolante tutti gli aspetti istituzionali della futura collaborazione bilaterale senza contemplare possibili eccezioni.

Se necessario, un accordo quadro o un'altra intesa di tipo orizzontale potrebbe istituzionalizzare un dialogo politico ad alto livello. La costante evoluzione di un tale dialogo è capitale per il mantenimento di relazioni caratterizzato dal rispetto e dalla comprensione reciproci. Inoltre queste consultazioni regolari faciliterebbero lo scambio di esperienze delle parti e dei comitati misti, lo scambio di informazioni e di buone pratiche per garantire al meglio l'auspicata convergenza della giusta applicazione dei diversi accordi96. In casi particolari lo sviluppo e l'approfondimento di tali relazioni di fiducia potrebbe rivelarsi utile al momento di determinare le ripercussioni di un'eventuale non adozione degli sviluppi dell'acquis dell'UE da parte della Svizzera.

Una soluzione orizzontale del tipo «accordo quadro» potrebbe comprendere tutti gli elementi seguenti o parte di essi:

96

­

questioni istituzionali (meccanismo di recepimento dell'acquis, partecipazione della Svizzera allo sviluppo dell'acquis): per esempio, si tratterebbe di integrare nell'accordo soluzioni che si ispirano ai principi adottati nell'accordo riguardante l'agevolazione e la sicurezza doganali (n. 2.1), con l'obiettivo di facilitare l'adeguamento degli accordi agli sviluppi dell'acquis pertinente, evitando ogni forma di automatismo. L'integrazione dei principi adottati nell'accordo riguardante l'agevolazione in un accordo quadro potrebbe essere complesso poiché l'UE non sembra ritenere che questa soluzione possa costituire un precedente applicabile al di fuori del contesto specifico dell'accordo in questione. Il risultato di eventuali negoziati su questa questione sarà determinante per l'accettazione o meno di un accordo quadro da parte dei due contraenti;

­

creazione di organi indipendenti che garantiscano la sorveglianza e l'interpretazione degli accordi tra la Svizzera e l'UE. Si potrebbero immaginare diverse soluzioni, fra cui l'utilizzazione da parte della Svizzera di autorità di sorveglianza e d'interpretazione dello SEE, la creazione di un'autorità di arbitrato o di una giurisdizione comune alla Svizzera e all'UE. Tali soluzioni avrebbero il vantaggio di togliere da un contesto politico le controversie, in quanto queste sarebbero giudicate da un'autorità arbitrale;

­

messa in atto di un dialogo politico regolare con l'UE, eventualmente in forma di comitato misto ad alto livello: permetterebbe di colmare una lacuna della via bilaterale che riguarda le relazioni che l'UE intrattiene con diversi Paesi terzi e con i suoi partner dello SEE. Potrebbe ovviamente contribuire alla miglior comprensione reciproca e favorire l'intesa fra i due partner. Un simile dialogo regolare a livello politico permetterebbe anche di affrontare Cfr. «Marché intérieur au-delà des frontières de l'UE: l'EEE et la Suisse», briefing paper della Direzione generale delle politiche interne del Parlamento europeo, gen. 2010 (IP(A/IMCO/NT/2009­13).

6461

tutti i problemi riscontrati nell'applicazione dei vari accordi con una visione d'insieme e un approccio che tiene conto della globalità degli interessi delle due parti; ­

disciplinamento orizzontale delle condizioni di partecipazione della Svizzera ai programmi e/o alle agenzie97 dell'UE: permetterebbe di evitare lunghi negoziati, ricorrenti a ogni rinnovo della nostra partecipazione a programmi quali MEDIA e negli ambiti della ricerca, istruzione, formazione e gioventù.

In questo contesto sarebbe opportuno fissare il campo di applicazione di un'eventuale soluzione orizzontale. Quest'ultima dovrebbe essere applicata agli accordi in trattativa attualmente, a quelli futuri e a quelli esistenti?98 A priori, la seconda variante non è facilmente realizzabile poiché implicherebbe una revisione degli accordi già conclusi e delle procedure interne, a volte molto complesse per entrambe le parti.99 In un primo tempo una soluzione orizzontale o un accordo quadro sarebbero applicabili unicamente agli accordi futuri100, perlomeno fino a quando l'adeguamento degli accordi attualmente in vigore non sarà ultimato.

Naturalmente, per la Svizzera accettare o meno la soluzione di un «accordo quadro» dipenderà in gran parte dal risultato di eventuali colloqui esplorativi o da negoziati, soprattutto inerenti alla questione chiave relativa al meccanismo di recepimento degli sviluppi del diritto dell'UE. Dal canto suo l'UE ha indicato più volte di essere in linea di principio interessata a concludere un simile accordo. Nelle sue conclusioni dell'8 dicembre 2008 il Consiglio dell'UE precisa che dal suo punto di vista «un accordo di questo tipo dovrebbe inoltre prevedere l'incorporazione dell'acquis in tutti gli accordi e un meccanismo inteso a garantirne il periodico aggiornamento e l'omogenea interpretazione»101. Nella misura in cui questa formulazione non implica a priori alcun automatismo del recepimento dell'acquis, dovrebbe essere possibile trovare soluzioni accettabili dalle due parti. Sia la Svizzera che l'UE intendono garantire il buon funzionamento degli accordi bilaterali e, in particolare, la flessibilità dell'adeguamento permanente dei loro rapporti contrattuali. Il Parlamento europeo, in una risoluzione adottata il 7 settembre 2010 «invita la Commissione e la Svizzera a esplorare le possibilità di trovare soluzioni orizzontali a talune questioni istituzionali, per ridurre la frammentazione nel sistema decisionale e rafforzare la comunicazione tra le commissioni paritetiche e ed esaminare l'introduzione di un

97

Cfr. anche il Rapporto sulle agenzie, n. 4 nonché «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

98 Gli accordi di associazione della Svizzera a Schengen/Dublino sono esclusi poiché, oltre che alla Svizzera, la Norvegia, l'Islanda e il Liechtenstein, si applicano a tutti gli Stati associati a Schengen/Dublino.

99 Per esempio, la revisione dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone necessita l'approvazione dell'UE e di tutti gli Stati membri individualmente (fatta eccezione degli allegati II e III). Da parte Svizzera, una tale revisione in linea di principio dovrebbe essere sottoposta al referendum facoltativo.

100 È anche il parere espresso dalla Conferenza dei Governi cantonali in «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux», approvato il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

101 Conclusioni del Consiglio dell'8 dic. 2008 sulle relazioni tra l'UE e i Paesi dell'AELS, doc. 16651/1/08.

6462

meccanismo efficace di composizione delle controversie»102. Non è quindi possibile valutare il risultato di eventuali negoziati su questa questione.

In ogni caso, la negoziazione di una soluzione orizzontale e la procedura per la sua entrata in vigore saranno relativamente lunghe. È tuttavia opportuno, d'accordo con l'UE, cercare soluzioni istituzionali accettabili nel quadro di negoziati in corso attualmente o previsti che siano compatibili con quelli che potrebbero avvenire nel quadro di un approccio globale, indipendentemente da una soluzione orizzontale che probabilmente non permetterebbe di attuare meccanismi idonei a tutti gli accordi. È possibile che anche in futuro in singoli casi debbano essere negoziate soluzioni istituzionali ad hoc. Questa possibilità riveste una particolare importanza nel caso in cui un accordo comprenda soluzioni istituzionali troppo rigide che avrebbero effetti negativi e impedirebbero di trovare soluzioni ad hoc, ipoteticamente più vantaggiose o meglio adatte al contesto di un negoziato specifico.

Oltre alle osservazioni precedenti (n. 3.3.1. e 3.4.1), sul piano del federalismo e delle istituzioni, negli ambiti di loro competenza i Cantoni potrebbero essere strettamente associati al dialogo politico e alle consultazioni regolari che potrebbero essere istituzionalizzati da una soluzione orizzontale103. Si potrebbe considerare che quest'ultima permetta di instaurare un dialogo istituzionale tra il Parlamento federale e il Parlamento europeo. Potrebbe essere esaminata la possibilità di introdurre una disposizione che, per analogia con quanto previsto dal Trattato di Lisbona per i parlamenti nazionali degli Stati membri dell'UE104 e con la richiesta del Parlamento europeo per gli Stati membri dello SEE105, permetterebbe al nostro Parlamento di essere informato sugli sviluppi del diritto dell'UE rilevanti per la Svizzera. Tuttavia, un tale accordo non dovrebbe avere ripercussioni né sulle competenze dei dipartimenti e uffici federali in materia di politica europea, né sul mandato di coordinamento attribuito all'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE.

3.5.2

La questione del parallelismo

Di fronte alla volontà rafforzata dell'UE di vigilare sul parallelismo tra i dossier di negoziali con la Svizzera, l'attuazione di una soluzione istituzionale globale o di un 102

Risoluzione del Parlamento europeo del 7 settembre 2010 su «SEE-Svizzera: ostacoli alla piena attuazione del mercato interno», 2009/2176(INI), documento della sessione A7-0216/2010 del 29 giu. 2010.

103 Cfr. «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

104 Cfr. Protocollo n. 1 del Trattato di Lisbona sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea secondo il quale tutti i progetti di atti legislativi indirizzati al Parlamento europeo e al Consiglio sono trasmessi ai parlamenti nazionali. Entro un periodo di otto settimane i parlamenti nazionali possono indirizzare ai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione un parere motivato in merito alla conformità di un progetto di atto legislativo al principio di sussidiarietà. Nel corso di queste otto settimane non può essere constatato alcun accordo riguardante il progetto di atto legislativo, salvo in casi urgenti. Se un terzo dei parlamenti nazionali ritiene che i principi di sussidiarietà e di proporzionalità non sono rispettati il progetto di atto legislativo deve essere rielaborato. Cfr.

anche la mozione (10.3005) della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati «Misure che permettono di informare rapidamente il Parlamento sui progetti di atti legislativi europei importanti».

105 Risoluzione del Parlamento europeo del 7 settembre 2010 su «SEE-Svizzera: ostacoli alla piena attuazione del mercato interno», 2009/2176(INI), documento della sessione A7-0216/2010 del 29 giu. 2010.

6463

«accordo quadro» avrebbe il vantaggio di migliorare anche a livello di organi decisionali politici. Ciò potrebbe favorire una miglior considerazione, dalle due parti, della dimensione politica degli interessi e delle relazioni che le uniscono per trovare soluzioni equilibrate e accettabili reciprocamente necessarie al proseguimento proficuo della via bilaterale. Entro certi limiti ci si potrebbe aspettare una riduzione delle interruzioni. Dal punto di vista svizzero un tale rafforzamento della visione d'insieme dei dossier europei sarebbe proficuo per difendere in modo ottimale i nostri interessi nei confronti dell'UE.

3.5.3

Esigenze dell'UE in materia di fiscalità, accesso al mercato, politica economica e monetaria, costi diretti e politica sociale e ambientale

Un dispositivo istituzionale simile a quello descritto più sopra potrebbe favorire una miglior efficacia e trasparenza del processo decisionale dei comitati misti, semplificare i meccanismi regolando orizzontalmente alcune questioni ricorrenti e istituzionalizzare il dialogo politico ad alto livello. Inoltre, una tale soluzione non avrebbe alcun impatto particolare sugli argomenti fondamentali.

3.6

Adesione allo SEE

«Adesione allo Spazio economico europeo» In qualità di membro dello SEE la Svizzera godrebbe dell'accesso illimitato al mercato interno dell'UE, che comprende anche l'intero settore dei servizi. Non essendo lo SEE un'unione doganale, la Svizzera continuerebbe ad avere la possibilità di negoziare accordi commerciali con Stati terzi. Come membro dello SEE, la Svizzera dovrebbe accettare gli sviluppi delle norme giuridiche dell'UE rilevanti per lo SEE. Negli ambiti non contemplati dallo SEE, la collaborazione con l'UE continuerebbe secondo la regolamentazione attuale (ad esempio Schengen, fiscalità del risparmio, lotta contro la frode).

Un altro strumento che la Svizzera potrebbe impiegare nelle sue relazioni con l'UE è quello, respinto nel 1992 da Popolo e Cantoni, dell'adesione allo SEE. Da quella data, lo SEE ha conosciuto importanti evoluzioni già menzionate (cfr. n. 1.3.2.3).

Attualmente esso comprende solo tre Stati: Islanda, Norvegia e Liechtenstein. Inoltre, dal momento che l'Islanda ha presentato domanda di adesione all'UE, non si può escludere la sua uscita dall'AELS e dal SEE.

Un'adesione allo SEE interesserebbe unicamente la collaborazione con l'UE nell'ambito del mercato interno. Non riguarderebbe invece, in particolare, i settori della giustizia e degli interni, la politica di sicurezza e la tassazione, per i quali si continuerebbe a ricercare soluzioni caso per caso.

Dal punto di vista degli attuali Stati membri, un tale scenario contribuirebbe ad assicurare il futuro dello SEE. Per l'UE, un'adesione della Svizzera allo SEE comporterebbe dei vantaggi considerevoli in termini di risorse umane. Nell'ambito dello 6464

SEE, è in pratica il Segretariato dell'AELS/SEE (più di 60 persone) ad assumersi la quasi totalità dei compiti relativi al funzionamento dell'Accordo. D'altra parte, sul piano materiale, l'UE apprezzerebbe senza dubbio l'adesione della Svizzera allo SEE, perché ciò implicherebbe l'acquisizione di obiettivi e meccanismi di omogeneità e di dinamismo che facilitano il suo aggiornamento in relazione agli sviluppi dell'acquis pertinente.

3.6.1

Aspetti istituzionali

Le caratteristiche istituzionali dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) sono state presentate in dettaglio nel relativo messaggio106 e successivamente ricordate nel Rapporto Europa 2006107. Per quanto concerne la questione del recepimento dell'acquis dell'UE e dei suoi sviluppi, l'Accordo SEE tenta di conciliare due obiettivi contraddittori: la salvaguardia dell'autonomia legislativa delle parti e l'omogeneità del diritto in seno allo SEE. Inoltre, l'Accordo SEE presenta alcune carenze istituzionali, soprattutto in quanto esso «non rispetta pienamente il principio della parità delle parti»108.

Concretamente, nell'ambito dello SEE, i Paesi membri possono esercitare il loro diritto di partecipazione all'elaborazione delle proposte della Commissione europea.

Non hanno tuttavia alcun diritto di codecisione in caso di negoziati tra Commissione, Stati membri e Parlamento europeo volti all'adozione di nuove disposizioni.

Essi sono inoltre quasi obbligati a integrare gli sviluppi dell'acquis rilevanti per lo SEE e non possono respingere tale recepimento a meno che il rifiuto non sia collettivo. Peraltro, il rifiuto di un atto può condurre alla sospensione automatica dell'Accordo SEE in questione, salvo decisione contraria del Comitato misto dello SEE. Finora tale ipotesi non si è mai verificata; gli Stati membri dello SEE hanno infatti sempre recepito tutti gli atti dell'UE pertinenti per lo SEE, considerato il notevole rischio connesso a un eventuale mancato recepimento109. Inoltre, l'Accordo SEE istituisce due organi: l'Autorità di vigilanza AELS e la Corte AELS. La prima ha la competenza di verificare se le misure adottate a titolo dell'attuazione e dell'applicazione dell'Accordo sono compatibili con il diritto dello SEE. I tribunali hanno invece il compito di applicare il diritto dello SEE. In alcuni casi possono sottoporre alla Corte AELS questioni concernenti l'applicazione del diritto dello SEE, avvalendosi della procedura di rinvio pregiudiziale. In questo contesto, il Tribunale federale rappresenta invece l'autorità giudiziaria di ultima istanza. Istituendo la Corte AELS e l'Autorità di vigilanza AELS, gli Stati dell'AELS/SEE hanno imposto a questi organi sovranazionali di tenere in debito conto la giurisprudenza della CGUE passata, presente e futura. Il diritto dello SEE è un diritto
sui generis comparabile al diritto dell'UE. Al di fuori del campo di applicazione dello SEE, la questione dell'applicazione da parte della Svizzera della giurisprudenza della CGUE rilevante per un determinato accordo non sarebbe regolata in modo diverso da ora. In altre parole, la Svizzera conserverebbe una certa autonomia 106

Messaggio del Consiglio federale del 18 mag. 1992 concernente l'approvazione dell'Accordo sullo Spazio economico europeo, FF 1992 IV 1.

107 FF 2006 6244 108 Messaggio SEE del 18 mag. 1992, FF 1992 IV 1 31.

109 FF 2006 6325 (n. 4.3.1.1). «Internal Market beyond the EU: EEA and Switzerland, Briefing paper della Direzione generale Mercato interno del Parlamento europeo», gen. 2010, pag. 12 (IP/A/IMCO/NT/2009­13).

6465

nell'interpretazione dell'acquis posteriore alla firma degli accordi, fermo restando che è nell'interesse del buon funzionamento degli accordi che le regole da essi stabilite siano interpretate e applicate in modo omogeneo (n. 3.4.1).

Ne consegue che, aderendo allo SEE, la Svizzera sarebbe sottoposta al regime di recepimento degli atti pertinenti dell'UE alle condizioni quasi automatiche sopra descritte110. Gli altri ambiti, quali Schengen/Dublino, la tassazione dei redditi da risparmio, la lotta contro la frode fiscale e altri eventuali accordi futuri situati fuori dal campo di applicazione dello SEE, continuerebbero ad essere disciplinati da meccanismi propri di recepimento degli sviluppi dell'acquis. Per quanto riguarda eventuali accordi futuri, i principi stabiliti dal Consiglio federale in materia di recepimento dell'acquis nel Rapporto sulla politica estera 2009111 (cfr. n. 2.1) rimarrebbero pertinenti. Per quanto concerne la questione, determinante, delle modalità di adeguamento degli accordi agli sviluppi del diritto pertinente dell'UE, bisogna constatare che gli sviluppi intervenuti negli ultimi anni si avvicinano sempre più alla via bilaterale delle soluzioni proposte dallo SEE (cfr. n. 3.4). In effetti, nella misura in cui la Svizzera si impegnerà in futuro ad accettare il diritto dell'UE come base per gli accordi bilaterali, a riprenderne le evoluzioni future in cambio di un diritto, limitato, di partecipazione al processo legislativo dell'UE, oltre che ad accettare i provvedimenti appropriati per riequilibrare la situazione nel caso in cui essa non sia nella condizione di recepire uno sviluppo dell'acquis, la via bilaterale non si differenzierebbe più da quella dello SEE se non per il suo campo di applicazione più settoriale, per il fatto che essa riguarda solo due partner (l'UE e la Svizzera) e, salvo decisione contraria, per l'assenza delle competenze accordate alla Corte AELS, all'autorità di vigilanza AELS e al Segretariato dell'AELS.

Rispetto a un ulteriore sviluppo della via bilaterale alle condizioni fissate dal Consiglio federale nel Rapporto sulla politica estera 2009112, il recepimento degli sviluppi del diritto dell'UE legati a un'adesione della Svizzera allo SEE potrebbe quindi, per certi versi, indebolire l'autonomia del nostro Paese. Ciò in virtù dell'obbligo per gli
Stati dell'AELS di esprimere un solo voto, nonché dell'obbligo di recepimento sistematico o quasi automatico. Sul piano della sicurezza giuridica per gli attori economici, un'adesione allo SEE avrebbe invece, a priori, un effetto positivo. Positivo per la Svizzera sarebbe anche il fatto che, aderendo allo SEE, il nostro Paese parteciperebbe a pieno diritto ai diversi programmi dell'UE per i quali, allo stato attuale, questa partecipazione deve essere negoziata caso per caso e per ogni singolo programma. Infine, la partecipazione ai meccanismi della Corte AELS e dell'autorità di vigilanza dell'AELS contribuirebbe a risolvere le difficoltà legate alla vigilanza degli accordi, anche sotto il profilo giuridico.

110

Sul campo di applicazione materiale dell'Accordo SEE confrontato a quello coperto dagli accordi bilaterali tra la Svizzera e l'UE, cfr. Rapporto Europa 2006, 6483. Occorre osservare che, soprattutto nel campo della libera circolazione delle persone, un'adesione della Svizzera all'UE comporterebbe il recepimento quasi automatico degli sviluppi del diritto dell'UE, come ad esempio la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Nel quadro attuale dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone, il recepimento di questa direttiva non è un obbligo giuridico, anche se auspicato dall'UE in virtù del principio dell'omogeneità del diritto.

111 FF 2009 5473 segg.

112 La fattibilità richiede l'accordo dell'UE sia per ogni singolo accordo preso che per un accordo quadro a livello orizzontale.

6466

Il messaggio SEE113 definiva di modesta entità le conseguenze di un'adesione della Svizzera allo SEE sul piano della democrazia, del federalismo e delle istituzioni e riteneva inoltre che essa non avrebbe leso i principi fondamentali del nostro ordine costituzionale. Aggiungeva tuttavia che tale adesione avrebbe limitato il margine di manovra del Consiglio federale in materia di attribuzioni interne, oltre a quello del Parlamento, chiamato a trasporre nella legislazione interna le decisioni SEE senza un vero margine di manovra. Le nuove norme del diritto dell'UE sono di volta in volta recepite dallo SEE. Gli Stati non membri dell'UE godono del diritto di partecipare all'elaborazione dei progetti di decisione. Non hanno tuttavia alcun diritto di codecisione per quanto riguarda l'adozione di nuove disposizioni. In altre parole, in caso di adesione della Svizzera allo SEE ­ a differenza di un'adesione all'UE ­ la restrizione del margine di manovra del Consiglio federale e del Parlamento non sarebbe controbilanciata da un (nuovo) diritto di codecisione a livello europeo114.

Per quanto concerne la via bilaterale descritta al numero 3.4, lo SEE avrebbe, dal punto di vista del federalismo e della democrazia, degli effetti tendenzialmente simili ma più marcati, considerato il suo più ampio campo di applicazione. Per ulteriori dettagli, si rinvia al messaggio concernente l'approvazione dell'Accordo sullo Spazio economico europeo115.

La collaborazione con la CdC, analogamente a quanto è stato esposto nell'ipotesi di uno sviluppo (n. 3.4) della via bilaterale, andrebbe consolidata116 e, ad esempio, integrata da un organo di gestione comune e/o da responsabili dell'informazione dei Cantoni in seno a ciascuno dei dipartimenti interessati.

I cambiamenti istituzionali dell'UE, introdotti dal Trattato di Lisbona117, non hanno effetti diretti sull'Accordo SEE. Similmente alla Svizzera nel caso di accordi bilaterali, anche gli Stati membri dello SEE devono adattarsi ai nuovi interlocutori, che sono stati creati o hanno acquisito maggiore importanza con il Trattato di Lisbona.

Dal momento che l'acquis dell'UE viene recepito nell'ambito dell'Accordo SEE, il Parlamento europeo, acquisendo maggiori competenze nell'ambito della procedura legislativa, ottiene un ruolo molto importante per gli Stati membri dello SEE. Una
stretta associazione degli Stati dello SEE all'UE fornirebbe loro la possibilità di verificare e adattare costantemente le procedure e i processi interni allo SEE durante la fase di attuazione del Trattato di Lisbona. L'Accordo SEE è limitato ad ambiti chiaramente definiti del mercato interno e ad alcune politiche accompagnatorie. La fusione della struttura a tre pilastri nell'UE dovrebbe invece portare a confini meno rigidi tra i diversi settori politici all'interno dell'Unione europea. Di conseguenza, per gli Stati dello SEE potrebbe diventare più difficile operare una distinzione tra l'acquis determinante per il loro accordo e le normative che risiedono al di fuori del campo di applicazione dell'Accordo SEE.

Occorre infine osservare che, al fine di tenere conto delle nuove competenze del Parlamento europeo e della loro possibile influenza sul diritto dello SEE, il Parlamento norvegese ha deciso di stabilire una sede a Bruxelles e di potenziare il segretariato della sua commissione della politica estera. Oslo intende inoltre approfondire 113 114 115 116 117

Messaggio del Consiglio federale del 18 mag. 1992 concernente l'approvazione dell'Accordo sullo Spazio economico europeo, FF 1992 IV 39 segg.

FF 2006 6325 FF 1992 IV 39 segg.

Per una descrizione dettagliata di questa cooperazione in materia di politica europea, si veda FF 2007 5184 segg.

GU C 115 del 9 mag. 2008.

6467

le sue relazioni con il Parlamento europeo e seguirne i lavori in modo più attivo e preciso.

3.6.2

La questione del parallelismo

Una partecipazione della Svizzera allo SEE avrebbe l'effetto di risolvere la questione del parallelismo tra i diversi dossier in tutti i settori che rientrano nel campo di applicazione di questo Accordo. Tuttavia, la questione resterebbe irrisolta, come nel caso si scegliesse di proseguire sulla via bilaterale, per tutte le questioni (ad esempio fiscalità, dogane, agricoltura) non coperte dallo SEE. Le considerazioni fatte in precedenza (cfr. in particolare il n. 3.4) restano dunque pertinenti per queste questioni, anche in caso di adesione della Svizzera allo SEE. È tuttavia opportuno notare che il peso di questa problematica risulterebbe attenuato dal fatto che essa non interesserebbe più l'insieme delle relazioni con l'UE, ma solamente i settori non inclusi nel campo di applicazione dello SEE.

3.6.3

Esigenze dell'UE in ambito fiscale

L'Accordo SEE non regola il settore della fiscalità. Tuttavia, la giurisprudenza della CGUE in materia di aiuti pubblici si estende anche alla questione del regime fiscale nazionale, che potrebbe essere considerato come un aiuto pubblico ingiustificato.

Non è escluso che, con la partecipazione allo SEE, determinati sistemi fiscali cantonali possano essere considerati incompatibili con il diritto del mercato interno.

3.6.4

Accesso al mercato

Lo SEE comprende per definizione le norme giuridiche dell'UE rilevanti per il mercato interno. Con il recepimento delle stesse da parte degli Stati membri dello SEE, vengono meno i maggiori ostacoli all'accesso al mercato tra i singoli Stati.

L'interpretazione unitaria del diritto all'interno dello SEE favorisce ancora di più questa situazione; in particolare, all'interno dello SEE vale, reciprocamente, il principio «Cassis de Dijon». In alcuni casi non esplicitamente coperti dallo SEE ­ ad esempio nell'ambito dei regolamenti in materia di sostanze chimiche ­ l'Accordo SEE rappresenta inoltre lo strumento istituzionale adatto per giungere rapidamente a una soluzione tra i due partner commerciali. Facendo parte dello SEE, la Svizzera potrebbe beneficiare ampiamente di questi vantaggi. Il divieto di discriminazione, elemento essenziale dell'Accordo SEE, insieme alla possibilità di far intervenire la Corte AELS, danno alle parti strumenti forti per l'eliminazione di attuali o futuri ostacoli all'accesso al mercato. Il divieto sopra citato non è contemplato dagli attuali accordi bilaterali. Nel complesso, i vantaggi di un'adesione allo SEE dovrebbero rappresentare un netto beneficio sul piano della sicurezza giuridica per esportatori e importatori svizzeri.

6468

Negli ambiti non contemplati dallo SEE, come ad esempio quello dei prodotti agricoli grezzi o dei prodotti ittici, continuerebbero a sussistere i medesimi ostacoli all'accesso, come descritto ai punti precedenti (cfr. soprattutto il n. 3.4). In quale misura l'adesione all'UE risulti più efficace dell'approccio bilaterale per garantire l'accesso al mercato in questi settori, dipende anche dall'accordo tra gli Stati SEEAELS.

3.6.5

Politica economica e monetaria

Lo SEE non contempla le politiche in materia fiscale, strutturale, monetaria, dell'economia esterna e della crescita. Anche in quanto membro dello SEE la Svizzera manterrebbe ampiamente la sua autonomia in tutti questi settori. Eccezioni esisterebbero solo dove le misure di politica fiscale, strutturale o congiunturale rientrassero nel campo di applicazione dello SEE e di conseguenza nel diritto europeo (in particolare nel campo del diritto in materia di concorrenza).

L'impulso alla crescita che la Svizzera avrebbe ottenuto con l'adesione allo SEE nel 1992, è stato già raggiunto grazie agli accordi bilaterali con l'UE e con gli altri Stati dello SEE, primo fra tutti quello sulla libera circolazione delle persone. Allo stesso modo, un'adesione allo SEE comporterebbe una maggiore apertura del mercato nei confronti degli Stati membri dello SEE. Questa misura sarebbe molto importante dal punto di vista della politica della crescita perché renderebbe più dinamico il mercato interno svizzero, farebbe tendenzialmente diminuire il livello dei prezzi e rafforzerebbe l'economia d'esportazione.

3.6.6

Costi diretti

La partecipazione allo SEE comporterebbe per la Svizzera i costi diretti riassunti nella tabella sottostante. Questi costi ­ ad eccezione del contributo per la riduzione delle disparità economiche e sociali all'interno dell'UE allargata, che nel 2009 ha subito un aumento del 31 per cento, nonché di ulteriori partecipazioni a programmi e agenzie degli Stati dello SEE ­ restano sostanzialmente invariati rispetto al Rapporto Europa 2006. Trattandosi di stime, le cifre riportate sono da considerare con estrema cautela. I contributi effettivi devono ancora essere negoziati. Inoltre i dati non prendono in considerazione fattori indiretti come sgravi per la Confederazione. aspetti politici, effetti macroeconomici e costi indiretti. Le stime si basano su quelle riportate nel Rapporto Europa 2006.

6469

Spese in milioni di fr. all'anno 2010

a) spese di funzionamento degli organi e delle istituzioni AELS/SEE118 Segretariato dell'AELS Autorità di vigilanza dell'AELS Corte AELS Ufficio meccanismo finanziario dell'AELS (FMO)

14119 13 4 3

Totale a)

34

b) partecipazione al meccanismo finanziario dell'AELS Contributo 2009­2014

310

Totale b)

310

c) partecipazione ai programmi Programmi e agenzie secondo il protocollo 31 SEE

470

Totale a), b), c)

814

3.6.7

Politica sociale

Per gli effetti di un'adesione allo SEE sul settore della politica sociale, comprensiva della protezione dei lavoratori, si rimanda al corrispondente capitolo del Rapporto Europa 2006120. I cambiamenti interni all'UE introdotti con il Trattato di Lisbona121 (in particolare l'entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea) non sono rilevanti per lo SEE. Anche la nuova strategia economica «UE 2020», attualmente in fase di elaborazione, non è ufficialmente vincolante per gli Stati AELS/SEE, dal momento che non tutti gli aspetti in essa contenuti sono rilevanti per lo SEE. Ciononostante si può presumere che alcuni atti giuridici emanati dall'UE nel contesto di questa strategia saranno comunque recepiti ­ e ciò accadrà in settori politici contemplati anche dall'Accordo SEE (ad es. servizi finanziari, conoscenze e innovazione, trasporti). Allo stato attuale non è possibile stabilire in quale misura eventuali testi giuridici, pubblicati nella prevista iniziativa faro «Un'agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro», ne faranno parte.

118

Dal momento che le condizioni quadro sono rimaste sostanzialmente invariate, i valori impiegati sono ancora una volta quelli del Rapporto Europa 2006.

119 Il contributo svizzero al Segretariato AELS ammonterebbe a 12,7 mio di fr. in luogo degli attuali 9,5 mio di fr. (deduzione risultante dalla riduzione del 25 % per la non partecipazione allo SEE).

120 FF 2006 6328 segg. (n. 4.3.2.1 e 4.3.2.2) 121 GU C 115 del 9 mag. 2008.

6470

3.6.8

Politica ambientale

Per quanto riguarda l'adeguamento del diritto svizzero sulla protezione dell'ambiente alle esigenze dello SEE, le problematiche risulterebbero essere essenzialmente simili a quelle derivanti da un'adesione all'UE (cfr. n. 3.7.9)122. Nel quadro dello SEE, la partecipazione della Svizzera allo sviluppo della legislazione sulla protezione dell'ambiente sarebbe in ogni caso marginale.

Al momento della sua entrata in vigore nel 1992, l'Accordo sul SEE conteneva un capitolo sull'ambiente, che trattava questioni relative all'acqua, all'atmosfera, ai prodotti chimici e biologici, ai rifiuti e agli studi d'impatto ambientale. Visti gli sviluppi dell'acquis ambientale, eventuali negoziazioni interesserebbero oggi un numero di dossier più elevato e riguarderebbero ad esempio il clima o l'inquinamento acustico.

3.7

Adesione all'UE

«Adesione all'Unione europea» Un'adesione all'UE comporterebbe per la Svizzera la possibilità di mantenere condizioni di parità nell'ambito del diritto di codecisione per tutte le nuove norme giuridiche dell'Unione europea. I futuri sviluppi del diritto dell'UE verrebbero applicati anche in Svizzera. Le imprese Svizzere avrebbero pieno accesso al mercato dell'UE. Un'adesione all'UE avrebbe tuttavia conseguenze in termini di politica valutaria sull'autonomia della Svizzera, che dovrebbe adeguare il livello della sua imposta sul valore aggiunto. L'adesione avrebbe inoltre conseguenze anche sulle istituzioni svizzere (democrazia diretta, federalismo).

Come indicato dal Consiglio federale nel suo Rapporto sulla politica estera 2009123, è possibile che delle ragioni di ordine politico e/o economico portino a una rivalutazione degli strumenti più appropriati in materia di politica concernente l'UE, tra cui l'opzione dell'adesione. L'ipotesi di tale adesione, senza eccezioni né deroghe, viene approfondita nel presente capitolo. Il prossimo capitolo esamina invece l'ipotesi dell'adesione con alcune deroghe.

3.7.1

Aspetti istituzionali

Dal punto di vista del recepimento dell'acquis, lo scenario dell'adesione porterebbe con sé il vantaggio della semplicità, perché in qualità di Stato membro la Svizzera 122

Ad esempio, la direttiva relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche o la direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici non sono state recepite dalle parti in sede di Accordo SEE. (Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 mag. 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, GU L 206 del 22.7.1992, p. 7, Direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 apr. 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici).

123 FF 2009 5504 segg.

6471

sarebbe tenuta a recepire il diritto prodotto in seno all'UE, all'elaborazione del quale parteciperebbe a pieno titolo in virtù del diritto di codecisione, sia in seno al Consiglio d'Europa che al Parlamento europeo. Sul piano materiale, è opportuno sottolineare che tale recepimento dell'insieme del diritto dell'UE non potrebbe avvenire senza operare diversi adeguamenti del diritto interno, se del caso anche in ambiti sensibili come quello della fiscalità, della politica monetaria, del diritto della migrazione, dell'asilo e della libera circolazione delle persone, per citare solo alcuni esempi Non si porrebbe neppure il problema se considerare o meno la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE, in quanto quest'ultima diventerebbe vincolante per la Svizzera come per gli altri Stati membri.

Come accade per tutti gli Stati membri, in termini di partecipazione alle decisioni, lo scenario dell'adesione all'UE non sarebbe tuttavia in grado di garantire che le posizioni della Svizzera vengano prese in considerazione in seno agli organi decisionali dell'UE. Secondo le regole stabilite dal Trattato di Lisbona, con circa 10 voti in seno al Consiglio d'Europa124 e un massimo di 20 membri svizzeri al Parlamento europeo125, il peso relativo del nostro Paese nel processo di decisione sarebbe comparabile a quello dell'Austria o della Bulgaria. Questo elemento non può essere trascurato nell'analisi delle possibilità di influenza offerte da un'adesione all'UE. Ciò non toglie che, nella misura in cui la legislazione dell'UE interessa in maniera crescente la Svizzera, direttamente o indirettamente, eventuali possibilità d'influenza e il diritto di codecisione rappresenterebbero un miglioramento sostanziale rispetto alla situazione attuale. Inoltre, le esperienze del Lussemburgo o dell'Austria dimostrano che, disponendo di una riserva di persone competenti da inviare in seno alle istituzioni dell'UE (in particolare, la Svizzera avrebbe un Commissario europeo, oltre a un giudice alla CGUE, ma anche un certo numero di funzionari europei in seno al Segretariato generale del Consiglio, della Commissione, del Servizio europeo per l'azione esterna e del Parlamento europeo), l'influenza di un Paese può essere notevolmente amplificata, e questo in modo più che proporzionale alle sue dimensioni.

Ciò dimostra che
diversi Stati comparabili alla Svizzera riescono non solo a far valere efficacemente i loro interessi in seno all'UE, ma addirittura a influire in modo netto sul processo decisionale.

Inoltre, al di là del calcolo matematico dell'influenza che la Svizzera eserciterebbe in qualità di Stato membro sul processo decisionale in seno all'UE, non deve essere trascurata l'importanza dello status di membro in termini di scambi d'informazioni, di partecipazione a un consenso e di solidarietà a livello europeo. Nella misura in cui è innegabile che, su un ampio ventaglio di temi importanti, la Svizzera abbia degli interessi strategici simili a quelli degli Stati membri, la sua adesione all'UE non potrebbe che rafforzare la posizione degli Stati che condividono i suoi punti di vista e dunque permettere efficaci alleanze che, a loro volta, potrebbero essere determinanti per le decisioni prese dall'UE. Attualmente il nostro Paese è toccato da tali decisioni senza però poter partecipare al processo decisionale. Infine, senza sottovalutare l'intensità delle discussioni interne all'UE su diverse questioni sensibili, bisogna constatare che, nelle sue relazioni esterne, l'UE dà sempre più prova di un elevato grado di coesione e di solidarietà tra Stati membri, aspetti di cui la Svizzera non può beneficiare.

124 125

Attualmente, i voti totali al Consiglio d'Europa sono 345.

Attualmente, il numero di deputati al Parlamento europeo è di 754 e passerà a 751 secondo quanto previsto dal Trattato di Lisbona.

6472

Un'adesione all'UE avrebbe delle implicazioni sul piano della democrazia diretta, del federalismo e di altri aspetti istituzionali che sono già stati esaminati a più riprese. Su questo punto, il Rapporto Europa 2006, che si è occupato di queste questioni, resta della massima attualità126. Le considerazioni che seguono devono dunque essere intese come richiamo, complemento e attualizzazione di detto rapporto.

In caso di adesione, l'attuazione e l'applicazione del diritto dell'UE ­ all'elaborazione del quale parteciperebbe anche la Svizzera (codecisione) ­ dovrebbero essere assicurate dalle autorità federali, cantonali (e comunali) svizzere. Un'adesione inciderebbe sulle competenze decisionali dell'Assemblea federale, sui diritti popolari e sulle competenze dei Cantoni, che sarebbero responsabili dell'attuazione e dell'esecuzione del diritto dell'UE nei rispettivi ambiti di competenza. Ad esempio, nel caso delle direttive europee, il Parlamento e il Popolo potrebbero stabilire delle modalità di attuazione sul piano nazionale degli obiettivi che queste direttive definiscono. Non si potrebbe quindi in nessun caso indire un referendum contro le direttive o le ordinanze dell'UE, ma piuttosto contro la legislazione nazionale d'applicazione. Una possibilità sarebbe di sottoporre a un eventuale referendum l'approvazione di determinate decisioni dell'UE da parte del Consiglio federale. In ogni caso la Svizzera dovrebbe impegnarsi affinché le scadenze emanate dall'UE permettano l'organizzazione di votazioni popolari. Non si può tuttavia escludere l'impiego di procedure accelerate o di una dichiarazione d'urgenza. I regolamenti dell'UE dovrebbero invece essere applicati dal legislatore svizzero senza altra forma di approvazione. Quest'obbligo avrebbe delle ripercussioni sui diritti popolari, in quanto il loro peso risulterebbe limitato dal diritto europeo. Sarebbe quindi necessario valutare il peso di queste limitazioni e le loro conseguenze sull'ordine costituzionale della Svizzera.

Inevitabilmente si porrà dunque la questione del trattamento di eventuali iniziative popolari contrarie agli obblighi della Svizzera in quanto Stato membro dell'UE. Il Consiglio federale ritiene tuttavia sproporzionato conferire all'Assemblea federale la facoltà di invalidare tali iniziative o di escludere dal referendum gli
adeguamenti del diritto federale al diritto europeo. Se un referendum o un'iniziativa popolare dovessero creare contraddizioni tra il diritto svizzero e quello europeo, la Commissione europea potrebbe istruire procedure d'infrazione nei confronti della Svizzera, le quali potrebbero portare a una sentenza della CGUE e alla condanna al pagamento di pesanti ammende. In ultima analisi e se non si dovesse giungere ad alcuna soluzione con i nostri partner europei, andrebbe presa in considerazione l'estrema ipotesi di un ritiro dall'UE.

La collaborazione di Cantoni, Parlamento e Consiglio federale si rivelerebbe cruciale nella fase che precede le decisioni a livello dell'UE. Tutti gli Stati membri hanno d'altronde introdotto dei diritti di consultazione e di partecipazione o rafforzato quelli già esistenti nelle loro procedure parlamentari nazionali. In caso di adesione, la Svizzera dovrebbe dunque potenziare le proprie procedure tradizionali e non limitarle. Inoltre, i Cantoni potrebbero vedersi accordare, eventualmente con il tramite del Parlamento, dei diritti particolari di partecipazione alla verifica del rispetto del principio della sussidiarietà nel processo decisionale dell'UE. Per garantire ai Cantoni il diritto all'informazione e all'espressione della loro opinione in questo processo, si deve prevedere la costituzione di apposite strutture e procedure interne, che avrebbero ripercussioni anche sull'organizzazione dei Cantoni stessi.

126

FF 2006 6344

6473

In caso di adesione, i Cantoni potrebbero inoltre agire autonomamente a livello di Unione europea. Essi disporrebbero di un numero limitato di rappresentanti in seno al Comitato delle regioni e potrebbero ­ preferibilmente previo accordo ­ difendere i propri interessi a Bruxelles, sul modello di diverse regioni europee, come ad esempio i Länder tedeschi. Dal momento che gli Stati membri dell'UE possono avere successo nelle negoziazioni solamente presentandosi come un fronte compatto, si dovrà stabilire una stretta coordinazione tra la Confederazione e i Cantoni e tra i Cantoni stessi. Gli organismi già esistenti preposti a questo ruolo, in particolare la CdC e gli incaricati dell'informazione cantonale, potrebbero essere potenziati. Non sembra quindi necessario prevedere un quadro giuridico che vada al di là dei limiti tracciati dalle attuali disposizioni (art. 55 Cost. e LFPC)127. Per contro, sarebbe opportuno esaminare la possibilità che la Confederazione concluda con i Cantoni una convenzione quadro che regoli la loro collaborazione in materia di Unione europea, accordo che definirebbe le competenze e le procedure e potrebbe istituire, se del caso, un organo di gestione comune.

Infine, le competenze materiali e decisionali della Svizzera resterebbero naturalmente invariate nei campi in cui l'Unione europea non ha competenza legislativa.

Per le altre conseguenze istituzionali di un'adesione all'UE si rinvia al relativo capitolo del Rapporto Europa 2006128. È tuttavia opportuno osservare che, per l'esecutivo federale, la partecipazione a numerose riunioni del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, indispensabile per difendere in modo ottimale gli interessi svizzeri, rappresenterebbe una sfida importante, per la quale sarebbe necessario un potenziamento delle risorse a disposizione o, con il tempo, una riforma istituzionale.

In definitiva, è chiaro che l'adesione all'UE rappresenta una sfida importante e implica per la Svizzera diversi adeguamenti di procedure e meccanismi in materia di democrazia diretta e di federalismo. Tali adeguamenti sembrano possibili e realizzabili solo a fronte di riforme significative e, in particolare, di alcune limitazioni del peso dei diritti popolari. Esse sembrano quindi realizzabili solamente nel caso dovesse prevalere l'opinione che un'adesione sia lo
strumento di politica europea più appropriato a difendere in modo ottimale gli interessi della Svizzera. A questo proposito, il valore accordato dalla Svizzera alla possibilità di influire sulle decisioni che la riguardano direttamente è una dimensione importante da prendere in considerazione per quanto concerne il costo che un'adesione comporterebbe in termini istituzionali: come affermato dal Consiglio federale nel Rapporto sulla politica estera 2009, la via bilaterale non può condurre ad un'appartenenza di fatto all'UE, ma senza diritto di voto129.

3.7.2

Politiche comuni: politica estera, di sicurezza e di difesa

Nell'eventualità di un'adesione all'Unione europea la Svizzera sarebbe coinvolta nella politica estera e di sicurezza comune (PESC). Ciò significa, in particolare, che il nostro Paese dovrebbe conformarsi a strategie, azioni e punti di vista dell'UE nel 127

Pfisterer Th. «Collaborazione dei Cantoni alle decisioni di politica estera (art. 54 cpv. 3 e art. 55 Cost.)», parere giuridico realizzato su mandato della CdC, ottobre 2009.

128 FF 2006 6349 (n. 4.4.1.3) 129 FF 2009 5506

6474

quadro della PESC. Sostanzialmente ciò non creerebbe problemi alla Svizzera, dal momento che il nostro Paese condivide con l'UE gli stessi valori fondamentali, quali ad esempio garantire la pace, consolidare la democrazia e lo Stato di diritto, rispettare i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali. Il nostro margine di azione e di manovra a livello di politica estera potrebbe tuttavia risultare limitato, in quanto la Svizzera sarebbe tenuta a non intraprendere alcuna attività nell'ambito della politica estera che sia in contraddizione con le politiche stabilite dall'UE nel quadro della PESC. La Svizzera potrebbe però avere il potere di intervenire e decidere nell'ambito della formulazione della PESC. Inoltre, la Svizzera potrebbe inviare, come tutti gli altri membri dell'UE, i suoi rappresentanti presso il Servizio Europeo per l'Azione Esterna (SEAE), attualmente in fase di costituzione, e presso le delegazioni UE negli Stati terzi.

Nell'ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), la questione oggetto di discussione in caso di adesione sarebbe innanzitutto quella della neutralità. Il Trattato di Lisbona ha integrato le disposizioni della politica europea di sicurezza e di difesa, previste nel progetto della Costituzione europea, nel Trattato sull'Unione europea e nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Le considerazioni fatte dal Consiglio federale nel Rapporto Europa 2006 sulla questione della conciliabilità tra neutralità e progetto della costituzione europea sono dunque applicabili alla situazione attuale130. Per chiarezza, in questa sede si riprenderanno i concetti essenziali, mettendoli concretamente in relazione con il Trattato di Lisbona.

I seguenti elementi necessitano di un approfondimento per quanto concerne l'aspetto del diritto della neutralità: 131 ­

clausola di solidarietà in caso di attacco terroristico o di calamità naturale o provocata dall'uomo (art. 222 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea132);

­

obbligo di assistenza qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata (art. 42 cpv. 7 del Trattato sull'Unione europea);

­

missioni europee per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale con mezzi civili e militari (art. 42 cpv. 1, art. 43 del Trattato sull'Unione europea);

­

graduale definizione di una politica di difesa comune dell'UE (art. 42 cpv. 2 del Trattato sull'Unione europea);

­

cooperazione strutturata permanente nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa (art. 42 cpv. 6 del Trattato sull'Unione europea).

Qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico, o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall'uomo, gli altri Stati membri, su richiesta di quest'ultimo, gli prestano assistenza, con mezzi sia civili che militari. Dal momento che per i casi disciplinati dalla clausola di solidarietà non si tratta in linea di principio di conflitti tra Stati, questa clausola non è rilevante per la neutralità. Essa lo diventerebbe solo se un attacco terroristico fosse da attribuire direttamente a uno Stato e raggiungesse le dimensioni di un attacco armato ai sensi dell'articolo 51 130 131

FF 2006 6382 segg.

Per il diritto della neutralità e la politica della neutralità si rimanda al Rapporto sulla politica estera del 15 giu. 2007, allegato 1, FF 2007 5113 segg.

132 GU C 115 pag. C 47 del 9 mag. 2008.

6475

dello Statuto dell'ONU133. Finora questa circostanza, definita dal Consiglio di sicurezza dell'ONU nella risoluzione 1368, si è verificata una sola volta: in occasione dell'attacco al World Trade Center di New York. In generale però una tale circostanza è improbabile, in quanto gli attentati terroristici vengono commessi da attori non statali. Inoltre, i dettagli relativi all'applicazione della clausola di solidarietà devono essere stabiliti all'unanimità non appena questi abbiano effetti sul settore della difesa. Ciò significa che, in qualità di membro dell'Unione europea, la Svizzera avrebbe la possibilità di bloccare una determinata decisione ­ cosa che, a fronte della pressione politica che ne deriverebbe, potrebbe tuttavia nella pratica risultare difficile ­ o scegliere di astenersi presentando una dichiarazione formale.

L'obbligo di assistenza militare concerne l'essenza stessa della neutralità. Questo obbligo diventa effettivo quando uno Stato membro deve difendersi in autotutela militare da un attacco armato secondo l'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite134. Un obbligo illimitato di assistenza militare risulterebbe in contraddizione con l'impegno fondamentale di un Paese permanentemente neutrale di non aderire ad alcuna alleanza militare che potrebbe costringerla a prestare assistenza militare a una parte in caso di un conflitto tra Stati. Dal momento che, sulla base del Trattato di Lisbona135, l'Unione europea non è però un'alleanza difensiva, l'obbligo di assistenza è stato relativizzato sia per i Paesi neutrali e non vincolati da alleanze che per gli Stati membri della NATO. In questo senso, la relativa disposizione (art. 42 cpv. 7 del Trattato sull'Unione europea136) stabilisce esplicitamente che l'obbligo di assistenza non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri ­ la formulazione fa riferimento all'iniziativa di Austria, Irlanda, Svezia e Finlandia, Stati neutrali e non vincolati da alleanze. Per quanto riguarda gli Stati membri della NATO, l'articolo 42 capoverso 7 precisa che la NATO resta il fondamento della loro difesa collettiva e l'istanza di attuazione della stessa. Per la Svizzera, questa relativizzazione dell'obbligo di assistenza significa che, in caso di attacco armato contro uno Stato membro dell'Unione
europea, essa non sarebbe obbligata ad abbandonare la sua neutralità. Rifacendosi alla prassi finora seguita, in un caso del genere la Svizzera potrebbe limitarsi, in linea con la sua neutralità, a prestare aiuti civili e umanitari e fornire sostegno diplomatico. In caso di appello alla solidarietà si dovrebbero tuttavia regolare il controllo delle esportazioni di beni militari importanti nonché i diritti di transito. Se il Consiglio d'Europa dovesse adottare una decisione in proposito, sarebbe richiesta l'unanimità. La Svizzera potrebbe quindi esercitare su questo punto un diritto di veto fondamentale o scegliere di astenersi presentando una dichiarazione formale.

Le missioni dell'UE volte a garantire la pace, prevenire i conflitti e consolidare la sicurezza internazionale comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Inoltre, tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, e possono essere impiegate anche per il sostegno a Paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio. Le missioni dell'UE vanno quindi in parte oltre ciò che 133 134 135 136

Statuto delle Nazioni Unite del 26 giu. 1945; RS 0.120.

RS 0.120 GU C 115 del 9 mag. 2008.

GU C 115 pag. C 13 del 9 mag. 2008.

6476

sarebbe possibile in Svizzera sulla base della legge militare attualmente in vigore.

Esse non toccano però il diritto della neutralità, dal momento che, secondo il Trattato di Lisbona137, tali interventi possono essere attuati solo in conformità ai principi dello Statuto delle Nazioni Unite138. Le missioni dell'UE volte a garantire la pace, prevenire i conflitti e consolidare la sicurezza internazionale possono quindi prevedere l'impiego della violenza solo in presenza di un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU o con l'assenso del Paese terzo coinvolto. Nell'ambito di tali missioni l'UE non può quindi mai essere una delle parti di un conflitto tra Stati. Tali missioni sono invece finalizzate a fornire un contributo alla pace e alla sicurezza internazionale sulla base dello Statuto delle Nazioni Unite. Possono però, come accennato, andare oltre quanto previsto dalla legge militare svizzera per gli interventi internazionali di promozione della pace. Essa prescrive infatti che per la promozione della pace con mezzi militari esista un mandato conferito dall'ONU o dall'OCSE. Questo vale per attacchi armati e non armati. L'autorizzazione dello Stato terzo interessato non è sufficiente. Inoltre, essa esclude la partecipazione di personale o truppe ad azioni di combattimento per l'imposizione della pace, anche in presenza di un mandato dell'ONU. Queste condizioni sono definite dal legislatore svizzero e vanno distinte dal diritto della neutralità in quanto tale e disciplinato dal diritto pubblico. Anche queste condizioni non dovrebbero subire modifiche in caso di adesione all'UE. Secondo il Trattato di Lisbona, ogni impegno militare si basa sulla partecipazione volontaria. Come nel caso dell'ONU, non sussiste alcun obbligo per quanto concerne l'invio di personale militare. Infine, le decisioni con implicazioni militari o di politica della difesa vengono prese solo all'unanimità. La Svizzera non potrebbe quindi essere costretta ad alcuna azione militare.

Con il Trattato di Lisbona139, l'Unione europea non è diventata un'alleanza militare né una comunità di difesa. La graduale definizione di una politica di difesa comune, allo scopo di ottenere una difesa comune, rientra tuttavia negli obiettivi contenuti nel Trattato di Lisbona. Tale difesa comune non risulterebbe compatibile con lo status
permanentemente neutrale, in quanto la Svizzera dovrebbe impegnarsi a prendere parte a un conflitto tra due Stati. Il Trattato di Lisbona prevede tuttavia che la difesa comune possa essere decisa solo all'unanimità, in conformità alle disposizioni del diritto costituzionale di ciascuno Stato membro. Sulla base della Costituzione attualmente in vigore, presupposto per una tale decisione sarebbe in Svizzera un referendum obbligatorio (art. 140 cpv. 1 lett. b Cost.). Il passo verso una difesa comune potrebbe quindi essere intrapreso in Svizzera solo dopo una votazione popolare che ponga concretamente questo quesito e solo se tutti gli Stati membri prendessero la stessa decisione. Inoltre, il Trattato di Lisbona relativizza la realizzazione collettiva di una comunità di difesa, definendo contemporaneamente il principio che tutte le disposizioni in materia di politica comune di sicurezza e di difesa non devono né toccare le particolari caratteristiche della politica di sicurezza e di difesa di determinati Stati membri né essere in contraddizione con gli obblighi degli Stati membri della NATO. Una tale relativizzazione appare nel Trattato per due volte: una volta come principio (art. 42 cpv. 2 del Trattato sull'Unione europea140) e

137 138 139 140

GU C 115 del 9 mag. 2008.

RS 0.120 GU C 115 del 9 mag. 2008.

GU C 115 pag. C 13 del 9 mag. 2008.

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la seconda volta, come già accennato, in termini concreti nella disposizione sull'obbligo di assistenza (art. 42 cpv. 7 del Trattato sull'Unione europea141).

Con la cooperazione strutturata permanente il Trattato di Lisbona permette agli Stati membri di mettere in opera un'integrazione differenziata in materia di difesa.

Essa rende inoltre più flessibili le opportunità di cooperazione. La relativa disposizione (art. 42 cpv. 6 del Trattato sull'Unione europea) prevede che gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative possano instaurare una cooperazione strutturata permanente nell'ambito dell'UE. La partecipazione a tale cooperazione è tuttavia volontaria ed è regolata da uno speciale protocollo. La Svizzera potrebbe quindi scegliere di non parteciparvi. La sola eventualità di una cooperazione strutturata permanente non tocca quindi il principio di neutralità.

Riassumendo si può affermare che un'adesione all'UE sulla base del Trattato di Lisbona attualmente in vigore sarebbe conciliabile con gli obblighi della Svizzera derivanti dal diritto della neutralità. Questioni in materia di diritto della neutralità si porrebbero solamente se l'Unione europea ­ come previsto dal Trattato di Lisbona ­ adottasse la difesa comune. Se, quando e come l'UE deciderà di costituire una difesa comune, è una questione ancora aperta. Oltre a ciò, va considerato che il testo del Trattato di Lisbona, per decisioni in materia di politica estera e di sicurezza comune, prescrive tuttora l'unanimità142 e che ciascuno Stato membro ha il diritto di non partecipare alle misure adottate in questi settori. Agli Stati membri viene così accordato il diritto di veto143.

Come già ricordato nel Rapporto Europa 2006144, è necessario considerare anche gli aspetti politici. Con la politica della neutralità, un Paese permanentemente neutrale dimostra la sua affidabilità e conquista la fiducia degli Stati terzi. Questa percezione da parte degli Stati terzi sarà strettamente dipendente anche dalla reale evoluzione dell'UE nell'ambito della politica estera, di sicurezza e di difesa comune. Nel settore della politica estera, gli obiettivi perseguiti dall'UE sono gli stessi di quelli contenuti nella
Costituzione federale. Inoltre, le decisioni relative alla politica estera e di sicurezza comune vengono in linea di principio prese all'unanimità. Motivo di discussione sono però le decisioni in campo militare. Il principio fondamentale del Trattato di Lisbona145 è la solidarietà tra gli Stati membri. A questa sono stati però consapevolmente messi dei limiti nel settore della difesa, che possono essere superati solo con l'unanimità. Tuttavia, più l'UE riuscirà a creare un sistema interno ed esterno consolidato, tanto più ristretto sarà il margine di manovra in relazione al 141 142

GU C 115 pag. C 13 del 9 mag. 2008.

Cfr. GU C 115 pag. 3 del 9 mag. 2008. Art. 24 della versione consolidata del Trattato sull'Unione europea (ex art. 11 del TUE).

143 Con questa motivazione, anche la neutrale Austria ha motivato la sua adesione al Trattato di Lisbona, sostenendo che la clausola di assistenza non modifica alcun aspetto della neutralità austriaca come è concepita oggi. L'Austria non può essere obbligata a partecipare ad azioni militari. Cfr. a questo proposito l'opuscolo del ministero degli esteri austriaco sulle novità del Trattato di Lisbona (pag. 7 citazione sulla neutralità): http://www.bmeia.gv.at/fileadmin/user_upload/bmeia/media/2Aussenpolitik_Zentrale/Europa/EUInformationen/4991_vertrag_von_lissabon_eu_reform_2007.pdf e il sito Internet del ministero della difesa austriaco che si riferisce al Trattato di Lisbona: http://www.bmlv.gv.at/pdf_pool/publikationen/reform.pdf.

144 FF 2006 6223 segg.

145 GU C 115 del 9 mag. 2008.

6478

mantenimento della neutralità svizzera. Come già illustrato nel Rapporto Europa 2006, in un caso simile l'interrogativo per il nostro Paese sarebbe se questo sistema sia in grado di garantire la sicurezza della Svizzera quanto la neutralità.

Nell'ottica politica sarebbe quindi il caso di valutare l'opzione, in caso di adesione all'UE, di presentare una dichiarazione di neutralità. In tale dichiarazione la Svizzera potrebbe riprendere l'articolo 42 capoverso 2 e l'articolo 42 capoverso 7 del Trattato sull'Unione europea e sottolineando l'importanza della sua neutralità in ragione delle particolari caratteristiche della propria politica di sicurezza e di difesa, e il fatto che l'adesione all'UE non modificherebbe in alcun modo il suo status di Stato permanentemente neutrale. Ciò è giustificato anche dal fatto che il Trattato di Lisbona prevede espressamente che, per gli Stati membri della NATO, questa organizzazione continui a rappresentare il fondamento della loro difesa collettiva. Per la Svizzera, lo strumento della neutralità permanente svolge la funzione di salvaguardare l'indipendenza e la sicurezza dello Stato. Come già affermato, tale dichiarazione di neutralità non sarebbe necessaria da un punto di vista strettamente legale, poiché la Svizzera potrebbe continuare ad attenersi ai suoi obblighi di diritto della neutralità anche nel quadro del Trattato di Lisbona. Sotto il profilo della politica della neutralità, tale dichiarazione sarebbe però sin dall'inizio, sia nei confronti dell'UE che della comunità internazionale, dimostrazione di trasparenza; aspetto che consoliderebbe la fiducia nella neutralità svizzera. Tale procedura garantirebbe chiarezza anche nell'ottica della politica interna e sarebbe conforme alla prassi adottata in Svizzera: anche in occasione dell'adesione alle Nazioni Unite la Svizzera aveva infatti presentato una dichiarazione di neutralità, che stabiliva che la Svizzera anche come membro dell'ONU avrebbe mantenuto la sua neutralità permanente e che ciò era conciliabile con lo Statuto delle Nazioni Unite.

Un'altra possibile opzione potrebbe essere quella di non limitarsi a una dichiarazione unilaterale, ma di concordare con l'Unione europea una dichiarazione bilaterale, sul modello della soluzione trovata tra Irlanda e UE prima del secondo referendum sul Trattato di
Lisbona: in occasione del Consiglio d'Europa del 18 e 19 giugno 2009 i capi di Stato e di governo degli Stati membri dell'UE hanno assicurato all'Irlanda con una decisione che il Trattato di Lisbona non avrebbe messo a rischio la neutralità militare del Paese e che l'adozione della difesa comune avrebbe richiesto una decisione unanime del Consiglio d'Europa. Sarebbe quindi spettato agli Stati membri, inclusa l'Irlanda, decidere secondo i criteri del Trattato di Lisbona e delle rispettive prescrizioni costituzionali, se formulare la decisione di una difesa comune.

I capi di Stato e di governo hanno inoltre confermato che il Trattato di Lisbona non prevede né la creazione di un esercito europeo, né la convocazione ad alcuna associazione militare.146

3.7.3

La questione del parallelismo

Nel contesto di un'adesione della Svizzera all'UE, la questione del parallelismo tra i dossier dei negoziati non si porrebbe per definizione.

146

Conclusioni del Consiglio d'Europa del 18/19 giu. 2009: decisione dei capi di Stato o di governo dei 27 Stati membri dell'Unione europea, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente le preoccupazioni del popolo irlandese relative al trattato di Lisbona, sezione C: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/108645.pdf.

6479

3.7.4

Esigenze dell'UE in ambito fiscale

Nell'ambito dell'adesione della Svizzera all'UE, è presumibile che la questione delle rivendicazioni dell'UE in ambito fiscale verrebbe regolata in sede di negoziati di adesione e nel senso di un adeguamento del diritto svizzero. In tal caso, questi adattamenti necessiterebbero di importanti modifiche della struttura del sistema fiscale svizzero, in particolare per quanto riguarda il recepimento del Codice di condotta in materia fiscale, dell'IVA e della direttiva sulla fiscalità del risparmio che prevede lo scambio automatico delle informazioni e che contempla, ad oggi, una deroga per l'Austria e per il Lussemburgo (imposizione alla fonte).

3.7.5

Accesso al mercato

Con l'adesione all'UE decadrebbero per definizione tutti gli ostacoli all'accesso ai mercati descritti ai punti 3.3 e 3.4. Tuttavia, è opportuno menzionare che sussistono ancora alcune barriere anche tra gli Stati membri dell'UE, soprattutto nel settore dei servizi. L'UE è però costantemente impegnata a rimuovere gli ostacoli ancora presenti. In qualità di membro, la Svizzera potrebbe approfittare appieno di questo impegno dell'UE.

3.7.6

Politica economica e monetaria

Un'adesione all'UE comporterebbe cambiamenti in parte significativi nelle condizioni quadro dell'economia svizzera. Importanti strumenti di politica economica quali la politica monetaria e finanziaria verrebbero delegati o regolati da nuove basi.

L'autonomia della politica commerciale estera subirebbe importanti limitazioni o dovrebbe essere completamente abbandonata. Le misure di politica congiunturale dovrebbero tenere conto anche delle condizioni poste dall'UE. Anche una politica strutturale e della crescita indipendente dalla congiuntura e con un orientamento di norma a lungo termine si muoverebbe in nuovi ambiti a fronte delle maggiori possibilità di partecipare ai programmi dell'UE.

L'euro, valuta comune dell'UE, rientra nell'acquis dell'UE. In conformità ai criteri di Copenaghen, i Paesi candidati all'adesione all'UE devono prima o poi abbracciare l'obiettivo dell'unione monetaria. Entrando nell'Eurozona, che presto comprenderà 17 Stati membri147, il franco svizzero verrebbe scambiato a un tasso di cambio fisso nei confronti dell'euro. Gli strumenti di politica monetaria e valutaria della Banca nazionale svizzera dovrebbero essere abbandonati e sarebbe la Banca centrale europea con sede a Francoforte a fissare gli interessi a breve scadenza, vale a dire il tasso d'interesse per il denaro a richiesta sul mercato interbancario delle valute, perseguendo la stabilità dei prezzi in tutta l'Eurozona, inclusa la Svizzera. La Banca nazionale non potrebbe più influenzare il valore esterno della valuta, ad esempio con interventi sul mercato. Più in generale, la Banca nazionale non potrà più condurre una politica monetaria al servizio degli interessi del Paese.

147

L'ingresso dell'Estonia nell'unione monetaria è previsto per il 2011.

6480

Affinché la BCE possa assolvere i propri compiti, ciascuna Banca centrale nazionale trasferisce riserve auree e valutarie fino a un importo globale del valore massimo di 50 miliardi di euro. La BCE può disporre appieno di queste riserve. In caso di adesione all'unione monetaria la BNS trasferirebbe oro e divise alla BCE per un valore di circa 1,9 miliardi di franchi svizzeri, come già menzionato nel Rapporto Europa 2006148. A titolo di paragone: a fine maggio 2010, le riserve auree della Banca nazionale ammontavano a 39 miliardi di franchi svizzeri, e le riserve valutarie a 239 miliardi di franchi svizzeri. Con il trasferimento si creerebbe un credito nei confronti della BCE al quale ­ con l'eccezione della parte aurea ­ verrebbe applicato un interesse. Con le riserve rimanenti, le Banche centrali nazionali dell'Eurozona possono continuare a operare con un ridotto margine di manovra e attendendosi alle direttive della BCE. L'impiego di queste riserve non può tuttavia ostacolare la politica monetaria della BCE.

Il cosiddetto bonus d'interesse, dovuto a interessi nominali e reali mediamente inferiori a quelli dell'Eurozona su tutta la curva dei tassi, non ha subìto mutamenti sostanziali dal 2006 e non ha praticamente risentito della crisi finanziaria del periodo 2007­2009. La probabile perdita del bonus d'interesse e il conseguente adeguamento al più alto livello di tassi dell'Eurozona comporterebbero, in un'economia ad alta intensità di capitale come quella Svizzera, dei costi di adattamento che si tradurrebbero in una riduzione dell'attività economica, almeno a breve termine. Tuttavia, anche in un'unione monetaria, continueranno ad essere possibili differenze tra la Svizzera e gli altri membri dell'Eurozona in termini di tassi d'interesse reali e di tassi di cambio reali sulla base della diversa evoluzione dei prezzi e della solvibilità.

Viceversa, la liberalizzazione che deriverebbe dall'adesione all'UE, in particolare nel settore dei servizi, farebbe diminuire il livello dei prezzi e avrebbe come conseguenza un aumento della competitività internazionale della Svizzera, grazie alla diminuzione del tasso di cambio reale.

La recente crisi dell'euro dimostra inoltre che gli interrogativi sulle prospettive future dell'euro sui mercati non sono privi di conseguenze sul tasso di cambio nei confronti
di valute terze e sul tasso d'interesse generale dell'Eurozona. Come membro dell'unione monetaria, anche la Svizzera risulterebbe direttamente coinvolta in queste questioni. Ancora non è chiaro in quale modo le riforme discusse nell'ambito dell'UE per la stabilizzazione a lungo termine dell'euro possano comportare nuovi obblighi o nuove politiche comuni in materia economica o fiscale degli Stati membri dell'Eurozona o di tutta l'UE.

In ogni caso, nel campo della politica finanziaria, le entrate del bilancio federale sarebbero interessate da un aumento dell'imposta sul valore aggiunto, che dovrebbe essere portata almeno al 15 per cento, e da un adeguamento della normativa sull'armonizzazione fiscale e dell'imposizione fiscale delle imprese a livello cantonale sulla base della normativa europea sugli aiuti nell'UE. Ipotizzando che la quota statale rimanga stabile, questi adeguamenti comporterebbero una modifica del sistema a scapito delle imposte sul reddito e della tassazione dei consumi, con conseguenze in termini di progressività della tassazione e suddivisione federale delle entrate fiscali. Questa riorganizzazione potrebbe essere attuata in modo da favorire la crescita. Per il resto, a questo proposito si rinvia al Rapporto del 2006, le cui considerazioni circa gli effetti sulla fiscalità e in particolare su dazi, imposte speciali

148

FF 2006 6367 segg.

6481

sul consumo, imposta sul valore aggiunto, imposizione alla fonte ecc., sono valide ancora oggi.

Un'adesione all'UE consoliderebbe l'effetto commerciale positivo degli accordi bilaterali finora sottoscritti e contribuirebbe alla completa integrazione dell'economia svizzera nel mercato interno europeo. Gli ostacoli al commercio che ancora permangono soprattutto nel settore dei servizi sarebbero in gran parte eliminati. La Svizzera dovrebbe però anche adottare il regime dell'Unione europea in materia di commercio estero, per certi versi più restrittivo, andando incontro a una diversione degli scambi. Tendenzialmente però le disposizioni di politica economica esterna concernenti il settore agricolo risulterebbero più liberali. Il commercio con i membri dello SEE sarebbe destinato ad aumentare, mentre il commercio con Stati terzi, a seconda del settore, perderebbe dinamismo.

Le misure anticicliche in materia di politica congiunturale e fiscale, attuate ad esempio per far fronte a un impatto negativo sulla domanda provocato da aumenti di spesa o dall'assegnazione di appalti pubblici, si inserirebbero nel contesto della politica finanziaria mutata dall'adesione all'UE. Se si prescinde dal riorientamento del bilancio dello Stato già descritto, la Svizzera sarebbe libera di ricorrere agli aiuti di Stato, finora praticamente mai impiegati nel nostro Paese, allo scopo di dare impulso a un'economia pesantemente compromessa. Tali aiuti sarebbero tuttavia legati a criteri chiaramente definiti e dovrebbero essere sottoposti alla Commissione europea per approvazione. In situazioni di particolare crisi per il nostro Paese, la Banca nazionale non sarebbe più in grado di venire incontro alle necessità specifiche della Svizzera adeguando la politica monetaria. Questa competenza verrebbe trasferita a livello di Eurozona, che può tenere conto delle specificità di ciascuno Stato membro solo nel quadro dell'interesse complessivo dell'area della moneta unica.

Anche le misure di lungo termine orientate alla crescita o la promozione di nuove strutture, come nel caso della politica economica, dovrebbero essere allineate alle norme dell'Unione europea e, nel caso della Nuova politica regionale, verrebbero avallate dalla Commissione europea a titolo di aiuti di Stato.

Infine, è opportuno notare che l'attuale posizione della Svizzera in seno all'OMC, e in particolare il suo diritto di voto individuale, risulterebbero condizionati da un'adesione all'UE.

3.7.7

Costi diretti

I costi diretti di un'adesione all'UE possono dirsi sostanzialmente invariati rispetto al 2006. Per il 2010, la partecipazione della Svizzera al preventivo dell'UE ammonterebbe dunque a circa 5,4 miliardi di franchi (calcolo basato sulle entrate doganali del 2009 e un tasso di cambio fr./EUR di 1,50). Questo contributo si compone come segue:

6482

Spese in milioni di franchi all'anno 2010

­ Risorse proprie tradizionali (dazi doganali sui prodotti agricoli e industriali, nonché contributi zucchero e isoglucosio) 525 ­ Entrate derivanti dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) 762 ­ Risorsa complementare basata sul reddito nazionale lordo 3810 (RNL) ­ Finanziamento della correzione britannica e pagamento di risorse proprie 255 Totale (arrotondato)

5352

2011

555 774 3765 255 5349

Il contributo netto, cioè il contributo sopra menzionato dedotti i riflussi derivanti dalla politica agricola comune, dalla politica regionale e dalle politiche interne, dovrebbero collocarsi approssimativamente nello stesso ordine di grandezza del 2006. Nel Rapporto Europa 2006 questo contributo netto era stato stimato in circa 3,34 miliardi di franchi all'anno149.

La mancanza di dati e studi precisi rende impossibile la valutazione dei reali effetti a lungo termine che un'adesione all'UE avrebbe sul bilancio federale. Parallelamente alle uscite in favore del preventivo dell'UE, è lecito senza dubbio attendersi anche un certo risparmio amministrativo per la Confederazione e i Cantoni, oltre a un'influenza positiva di una crescita a lungo termine sulle entrate fiscali della Confederazione.

3.7.8

Politica sociale

Aderendo all'UE la Svizzera potrebbe partecipare a pieno titolo all'evoluzione delle norme in materia di politica sociale e mercato del lavoro. Contemporaneamente sarebbero necessari diversi adeguamenti legislativi, ad esempio in ragione dei più aspri criteri di protezione dalla disdetta interni all'UE o nell'ambito del secondo pilastro150. Anche nei rapporti con la Svizzera la libera circolazione e gli aspetti concernenti la sicurezza sociale verrebbero in futuro definiti sulla base della cittadinanza europea e non più sulla nozione di mercato interno. Un elemento rilevante per la politica interna potrebbe inoltre essere, a seconda della sua precisa definizione, il recepimento della direttiva relativa al distacco dei lavoratori, della quale è prevista una revisione nei prossimi due anni (cfr. a questo proposito il n. 3.3).

Anche dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009151, la gestione della politica sociale e del mercato del lavoro resta ampiamente di competenza degli Stati membri dell'UE. Il Trattato di Lisbona contiene comunque alcune innovazioni rilevanti nel caso di un'adesione della Svizzera all'UE. Una modifica riguarda ad esempio gli obiettivi generali dell'UE. Quali nuovi obiettivi prioritari dell'UE vengono quindi definiti la promozione di un'economia sociale di mercato 149 150

FF 2006 6376 Per gli effetti sulla politica sociale inclusa la protezione dei lavoratori si rimanda al FF 2006 6351 segg.

151 GU C 115 del 9 mag. 2008.

6483

fortemente competitiva, la piena occupazione, nonché la giustizia e la protezione sociali (art. 3 TUE152). Inoltre è stata inserita una clausola sociale orizzontale (art. 9 TFUE153). Questa afferma che, nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'UE tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana. Particolarmente significativa a questo proposito è anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, applicabile dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009 e in linea di principio invocabile davanti a un tribunale (cfr. art. 6 cpv. 1 TUE). Nel capo IV la Carta enumera tra l'altro una serie di diritti fondamentali in campo economico e sociale154. Rientrano tra questi ad esempio il diritto di accesso ai servizi di collocamento, la tutela in caso di licenziamento ingiustificato, il diritto a un congedo di maternità retribuito o il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria.

La politica sociale e la legislazione vigenti in Svizzera corrispondono in linea di principio alle innovazioni di carattere generale contenute nel Trattato di Lisbona.

Tuttavia al momento non è possibile stabilire se e in quale modo queste disposizioni saranno concretizzate con il diritto derivato o con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE. In caso di adesione della Svizzera all'UE, sarebbe comunque necessario un ulteriore adeguamento della legislazione svizzera.

Per ragioni di completezza si rinvia infine alla strategia economica «UE 2020», attualmente in fase di elaborazione. Questa strategia prevede tra l'altro l'iniziativa faro «Un'agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro». Non è ancora possibile stabilire come verrà concretizzato questo aspetto della strategia.

3.7.9

Politica ambientale

Le politiche ambientali della Svizzera e dell'Unione europea si basano essenzialmente su principi identici e perseguono obiettivi comparabili. In caso di adesione la Svizzera potrebbe impegnarsi a pieno titolo e influenzare lo sviluppo della protezione ambientale in seno agli organi dell'UE. Trattandosi di regolamentazioni settoriali, sussistono alcune differenze tra il diritto svizzero e quello europeo, ad esempio nell'ambito della protezione delle specie, nel settore dei rifiuti e della sicurezza biologica.

Nonostante il Trattato sull'UE autorizzi, in una certa misura, il mantenimento di regolamentazioni ambientali divergenti, la negoziazione dell'adesione della Svizzera all'UE richiede un'analisi approfondita della portata dell'armonizzazione delle legislazioni specifiche. Si tratterà probabilmente dei seguenti punti: assegnazione di un marchio di qualità ecologica; recepimento della legislazione europea sui prodotti chimici (in particolare il regolamento REACH) e sui prodotti fitosanitari; regolamenti sugli OGM; adeguamento dell'ordinanza sulla protezione contro gli incidenti 152 153 154

GU C 115 del 9 mag. 2008, pag. 13.

GU C 115 del 9 mag. 2008, pag. 47.

Il Regno Unito, la Polonia e la Repubblica ceca (quest'ultima allo scopo di sbloccare la ratifica del Trattato di Lisbona) hanno ottenuto una regolamentazione speciale in relazione ai diritti in ambito sociale ed economico definiti nella Carta: nei suddetti Paesi, i diritti previsti nel capo IV della Carta sono invocabili davanti a un tribunale solo se tali diritti giuridici sono già previsti dal diritto nazionale.

6484

rilevanti alla direttiva Seveso II155 per quanto riguarda l'informazione attiva del pubblico e la pianificazione del territorio circostante a siti che presentano un potenziale rischio chimico; adeguamento alla politica climatica europea (energie rinnovabili, cattura e stoccaggio del carbonio e dei carburanti in particolar modo); recepimento della direttiva 2000/60/CE sulle acque (adeguamento delle procedure e delle strutture istituzionali per la pianificazione di bacini imbriferi) e adeguamento nel settore della protezione delle specie e dei biotopi (ad esempio sulla base di Natura 2000 o della direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici156).

Con il Trattato di Lisbona, l'UE continuerà ad adoperarsi, attraverso l'insieme delle sue politiche e delle sue azioni, per un livello elevato di protezione e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Nel Trattato, il concetto di sviluppo sostenibile è stato precisato, rafforzato ed esteso alle relazioni esterne. La promozione a livello internazionale di misure contro i cambiamenti climatici è stata specificatamente mantenuta e l'UE ha ricevuto nuove competenze nel settore dell'energia. Sono inoltre previste l'elaborazione e l'approvazione del settimo programma di azione per l'ambiente che sarà dedicato, oltre che a misure concrete per la tutela dell'ambiente, soprattutto all'efficienza delle risorse.

Essendo l'ambiente un settore di competenza concorrente tra l'UE e gli Stati membri, questi ultimi esercitano la loro competenza nella misura in cui l'UE non ha esercitato la propria (art. 2 par. 2 TFUE157). In virtù del principio di sussidiarietà (art. 5 TUE158), l'UE interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri.

3.7.10

Politica dei trasporti

Mentre la Svizzera è integrata nel mercato europeo del trasporto aereo grazie all'Accordo bilaterale sul trasporto aereo e recepisce con poche eccezioni il diritto europeo in materia, l'Accordo bilaterale sui trasporti terrestri regola principalmente la circolazione dei beni e delle persone su strada e su rotaia. Anche se la legislazione svizzera in materia corrisponde già in molti ambiti al diritto europeo ­ ad esempio in termini di disposizioni sociali per gli autisti o di norme tecniche per i veicoli pesanti ­ permangono differenze significative nell'ambito dei trasporti terrestri, che in caso di un'adesione all'UE avrebbero come conseguenza alcuni adeguamenti legislativi.

Ad esempio, attualmente nell'UE la liberalizzazione del settore ferroviario si trova in uno stadio avanzato e la Svizzera verrebbe invitata ad applicare senza indugio le prescrizioni relative. Inoltre, la politica dei trasporti dell'UE copre anche settori non contemplati dall'Accordo sui trasporti terrestri. Essa include ad esempio anche la navigazione o le iniziative in materia di mobilità urbana.

Infine, un'adesione della Svizzera all'UE porrebbe inevitabilmente la questione del mantenimento o meno del sistema della tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni (TTPCP). Mentre la TTPCP, la cui introduzione ha una base giuridica costituita dall'Accordo sui trasporti terrestri, permette di internalizzare i costi esterni 155

Direttiva 96/82/CE del Consiglio del 9 dic. 1996 sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13.

156 Direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 apr. 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.

157 GU C 115 del 9 mag. 2008, pag. 47.

158 GU C 115 del 9 mag. 2008, pag. 13.

6485

del traffico pesante, al momento l'UE non applica ancora in modo così globale il principio di causalità. Nonostante la revisione della direttiva sull'«eurobollo»159 preveda un adeguamento delle condizioni quadro per la riscossione di pedaggi e la computazione di alcuni costi esterni, resta ancora poco chiaro, se ad esempio in futuro anche nell'UE sarà possibile internalizzare i costi legati alla congestione. In questo contesto appare incerta la possibilità di conciliare l'attuale sistema TTPCP con le prescrizioni del diritto europeo, in caso di adesione della Svizzera all'UE.

3.8

Adesione all'UE con alcune deroghe

«Adesione all'UE con deroghe» In linea di principio l'UE richiede a un Paese candidato il recepimento di tutte le norme giuridiche dell'UE. La Svizzera potrebbe tuttavia tentare, in sede di eventuali negoziati di adesione con l'UE, di ottenere alcune deroghe per settori particolarmente sensibili, nei quali la Svizzera potrebbe mantenere la sua autonomia.

Le riserve e lo scetticismo nei confronti di tutte le forme di differenziazione dell'integrazione restano evidenti in seno alle istituzioni europee. Ad esempio, nel caso dei negoziati di adesione con i dodici nuovi Paesi membri dell'UE, la Commissione europea ha agito fondamentalmente con lo scopo di non concedere alcuna deroga permanente dell'acquis dell'UE. Soprattutto gli Stati membri più piccoli temono di perdere peso decisionale e di avere di conseguenza grandi difficoltà a far valere i propri interessi. Vi è consenso sul fatto che una maggiore flessibilità non significa necessariamente indebolire o addirittura smantellare il patrimonio normativo dell'UE e la struttura istituzionale. Del resto, il tema dell'adesione differenziata ritorna periodicamente d'attualità, ad esempio nel contesto dei negoziati in corso in vista di un'eventuale adesione della Turchia all'UE. Si presta comunque la massima attenzione a non concedere troppe deroghe a singoli Stati membri e ciò in particolar modo se si tratta delle esigenze di recepimento dell'acquis in caso di adesione. Con questa logica, eventuali deroghe sono concepite solamente a titolo transitorio (meccanismo di opt-in), anche se la loro durata può essere indeterminata160. Le crescenti dimensioni dell'UE potrebbero per contro col passare del tempo favorire soluzioni orientate verso la prospettiva delle deroghe durature (opt-out), almeno in settori delicati come la politica di sicurezza e difesa comuni, per non bloccare totalmente il progredire dell'integrazione. In questa prospettiva è ragionevole attendersi che il potenziale futuro di soluzioni flessibili e durature sarà piuttosto elevato almeno nei settori in cui la mancata adesione a causa di sensibilità particolari dovesse interessare soltanto uno Stato membro o comunque un numero ristretto di Stati membri.

Inoltre, è necessario considerare che il processo di ampliamento dell'UE è oggetto di 159

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di talune infrastrutture, COM (2008, 436).

160 Così, il Trattato di Lisbona prescrive ad esempio la possibilità di «cooperazioni rafforzate», al fine di permettere ad alcuni Stati membri di perseguire l'integrazione senza attendere l'accordo di tutti gli altri Paesi. Tali collaborazioni necessitano di almeno nove Stati membri e di un'autorizzazione del Consiglio. Esse sono aperte in ogni momento agli altri Stati membri.

6486

una crescente resistenza in seno all'UE e agli stessi Paesi membri. L'interrogativo che ci si pone è il seguente: una UE in costante espansione, sarà in grado di garantire un corretto funzionamento delle istituzioni? In futuro, l'UE offrirà agli Stati terzi modelli di integrazione più flessibili che prevedano una partecipazione più stretta rispetto agli accordi classici di cooperazione senza tuttavia portare a un'adesione?

Non è escluso che in futuro, nei rapporti con Stati terzi, l'UE preveda nuove possibilità intermedie tra l'adesione e le relazioni tradizionali con Stati terzi. Questo avrebbe ripercussioni anche sulle relazioni future tra la Svizzera e l'UE.

3.8.1

Aspetti istituzionali

Dal punto di vista del recepimento dell'acquis, lo scenario di un'adesione all'UE con alcune deroghe non si differenzierebbe da quello di un'adesione tradizionale dal momento che, negli ambiti per i quali si ricorrerebbe a delle deroghe, la partecipazione della Svizzera al processo decisionale non potrebbe essere effettiva, come nel caso ad esempio degli Stati dell'UE che non fanno parte dell'unione monetaria e non partecipano dunque alle decisioni dell'Eurogruppo.

Sul piano delle procedure, le conseguenze di un'adesione dal punto di vista delle istituzioni potrebbero, se del caso, essere ridimensionate se fosse possibile negoziare con l'UE una serie di regole in materia di trasposizione della legislazione europea che permettano di rispettare le procedure previste dal nostro ordine costituzionale e legislativo interno, ivi compreso il mantenimento di eventuali votazioni. Tali regole riguarderebbero innanzitutto i termini di trasposizione, che dovrebbero essere sufficientemente lunghi. Esse potrebbero inoltre considerare le conseguenze di eventuali problemi connessi alla trasposizione in seguito, ad esempio, al risultato negativo di una votazione. A questo proposito, è tuttavia opportuna una riflessione sulla grande importanza accordata dall'UE all'omogeneità del diritto. È dunque prevedibile che l'UE potrà al massimo accettare scostamenti leggeri o di durata limitata, analogamente alle contraddizioni che in alcuni casi sorgono tra il diritto nazionale e il diritto europeo in diversi Stati membri. Se queste differenze fossero di maggiore entità, la Commissione europea potrebbe istruire delle procedure d'infrazione nei confronti della Svizzera, che porterebbero a una sentenza della CGUE che vedrebbe la Svizzera condannata a pesanti ammende. Nel caso estremo, la mancata trasposizione in seguito a decisioni popolari negative potrebbe portare la Svizzera ad abbandonare l'UE.

3.8.2

Politiche comuni: politica estera, di sicurezza e di difesa

Per quanto concerne la PESC e la PESD si rinvia a quanto già detto nel capitolo 3.7.2.

3.8.3

La questione del parallelismo

Nel contesto di un'adesione della Svizzera all'UE con alcune deroghe la questione del parallelismo tra i dossier dei negoziati non si porrebbe.

6487

3.8.4

Esigenze dell'UE in ambito fiscale

Nell'UE, le questioni inerenti all'ambito fiscale rientrano tuttora in gran parte nel settore di competenza degli Stati membri. Le disposizioni comuni a livello di Unione europea necessitano dell'accordo del Consiglio. Nel settore della fiscalità indiretta esiste un'armonizzazione per quanto concerne il prelievo dell'imposta sul valore aggiunto, che finanzia in parte il preventivo comune dell'UE. A livello europeo l'aliquota IVA minima è fissata al 15 per cento, e sono molto frequenti aliquote superiori. Alcuni Stati membri si erano riservati di introdurre temporaneamente delle deroghe tecniche in termini di misure transitorie. Tutti gli Stati membri hanno comunque ancora la possibilità di adottare alcune variazioni della base imponibile dell'IVA su determinati prodotti, opportunità di cui potrebbe avvalersi anche la Svizzera. Nel settore della fiscalità diretta, solo una parte dell'imposizione sui redditi da capitale verrebbe armonizzata con la direttiva sulla tassazione dei risparmi.

Come soluzione transitoria, gli Stati membri di Lussemburgo e Austria adottano un sistema anonimo d'imposizione basato sull'agente pagatore. Ciò contrariamente a quanto accade in altri Stati membri dell'UE, tra i quali vige lo scambio automatico delle informazioni ai fini della tassazione dei redditi da risparmio nei Paesi di residenza. Tuttavia, questa soluzione transitoria a favore di Lussemburgo e Austria è sempre più oggetto di discussione in seno all'UE. Nel contesto di un'adesione della Svizzera all'UE, la questione dell'adozione di una simile soluzione transitoria, sul modello di quella praticata da Lussemburgo e Austria, resta aperta. Tale soluzione dovrebbe essere negoziata. Nell'ambito dell'UE, anche le basi legali dell'imposta sul consumo sono armonizzate. Per quanto concerne la trasposizione tecnica, gli Stati membri conservano però il proprio margine di manovra. Riguardo alle critiche, espresse dall'UE sin dal 2005, su alcuni aspetti dell'imposizione delle imprese a livello cantonale (che la Commissione europea considera, secondo il diritto dell'UE vigente, alla stregua di sovvenzioni statali illecite), in caso di adesione della Svizzera all'UE non c'è da attendersi una diversa valutazione della questione da parte dell'UE. A tale proposito deve essere notato che, se non verranno prese misure fiscali
adeguate, quanto richiesto dall'UE limiterebbe la competitività fiscale e la libertà di azione della Svizzera. Tali misure (in particolare la riduzione delle aliquote fiscali) possono portare a una riduzione del gettito fiscale, specialmente di quello delle imprese, che renderebbe indispensabili compensazioni a livello di entrate e di spese. Tutte le opzioni in materia di politica europea evolvono tendenzialmente in questa direzione.

3.8.5

Accesso al mercato

L'adesione all'UE significherebbe una completa integrazione nel mercato interno europeo e consentirebbe l'accesso al mercato praticamente in tutti i settori economici. Gli esempi di deroghe adottate finora in seno all'UE sono molto rari161. A seconda del risultato di eventuali negoziati di adesione, sarebbe tuttavia possibile 161

Nel trattato di adesione all'UE, la Svezia ha ottenuto una deroga concernente la produzione e la messa in commercio dello «snus» (tabacco per uso orale), a condizione che la Svezia adotti tutte le misure necessarie per assicurarsi che tale prodotto non sia commercializzato negli Stati membri dell'UE e del SEE (ad eccezione della Norvegia, che ha ottenuto una simile deroga in seno al SEE).

6488

l'introduzione di disposizioni transitorie al fine di favorire l'adeguamento a una totale apertura del mercato nei settori sensibili.

3.8.6

Politica economica e monetaria

In linea di principio, per essere accettato in qualità di membro dell'UE, un Paese candidato deve recepire e applicare tutte le vigenti norme dell'UE. In quanto nucleo della cosiddetta unione economica e monetaria l'euro è parte dell'acquis dell'UE.

Alcuni Stati membri hanno tuttavia deciso provvisoriamente di non partecipare all'euro. La rinuncia all'euro da parte di Gran Bretagna e Danimarca è contenuta nei protocolli inclusi nel Trattato sull'Unione europea. Inoltre, alcuni Stati membri dell'UE non partecipano all'unione monetaria in quanto non soddisfano tutti i criteri di convergenza economica o legale. Se alcuni Paesi sono esclusi dall'unione monetaria, altri scelgono volontariamente di non aderirvi. Così la Svezia resta ad esempio consapevolmente lontana dal meccanismo del tasso di cambio europeo. Una partecipazione senza tensioni eccessive e senza svalutazione volontaria a questo meccanismo per un periodo di due anni basterebbe alla Svezia per soddisfare i criteri tecnici di partecipazione all'unione monetaria, fermo restando che essa risponde già ai criteri di convergenza economica imprescindibili per un'unione monetaria, vale a dire un tasso d'inflazione moderato, tassi d'interesse a lungo termine relativamente bassi e un bilancio dello Stato accettabile. La Svezia dovrebbe tuttavia ancora provvedere a perfezionare l'adeguamento della propria legislazione alle esigenze dell'unione monetaria.

Il problema sempre irrisolto dell'indebitamento di molti Stati membri dell'Eurozona mostra che l'unione monetaria europea, nonostante una certa convergenza tra le economie che vi partecipano, è ancora confrontata a squilibri strutturali, differenze nella bilancia dei pagamenti e divari di competitività che gravano sull'Eurozona. In ragione delle incertezze relative al futuro della moneta unica, un'adesione all'UE restando al di fuori dell'unione monetaria rappresenta un'opzione da considerare; è perfino molto probabile che la Svizzera già soddisfi i criteri di convergenza economica necessari all'introduzione dell'euro. Un'adesione con questo profilo consentirebbe alla Svizzera di mantenere ampi margini di autonomia in materia di politica economica, in particolare per quanto concerne la politica monetaria e finanziaria, che nell'Eurozona deve essere abbandonata e affidata alla Banca centrale europea.
Ciò permetterebbe alla Svizzera di continuare a perseguire una politica di stabilità autonoma e su misura, adattata innanzitutto allo specifico contesto svizzero.

Va osservato che anche un'adesione all'UE senza ingresso nella moneta unica comporterebbe comunque diversi obblighi di resoconto sulla politica economica nazionale, riguardanti in particolare la politica di bilancio. In conformità ai trattati dell'UE, gli Stati membri considerano la propria politica economica in linea di principio come una questione di interesse generale inserita nella prospettiva di un più stretto coordinamento. Tutti gli Stati membri dell'UE devono quindi fornire alla Commissione diversi dati riguardanti importanti misure economiche nazionali, che diventano poi oggetto di rapporti della Commissione trasmessi infine al Consiglio d'Europa per essere discussi. Nel quadro del patto di stabilità e crescita, il Consiglio può imporre una disciplina di bilancio anche ai Paesi che non partecipano all'unione monetaria. In caso di adesione della Svizzera all'UE e vista la legislazione in mate-

6489

ria (in particolare il meccanismo di freno all'indebitamento162), questo strumento di esortazione alla disciplina di bilancio non solo non rappresenterebbe un problema, ma si rivelerebbe al contrario vantaggioso, in quanto il persistere di deficit di bilancio eccessivi in alcuni Stati membri non può essere né nell'interesse dell'UE nel suo complesso, né in quello della Svizzera.

A prescindere dalla possibilità di posporre l'ingresso nell'unione monetaria o di negoziare una clausola derogatoria, in caso di adesione all'UE la Svizzera non potrebbe probabilmente in ogni caso sottrarsi alle altre disposizioni essenziali vigenti nel mercato comune dell'UE e in particolare alla politica economica comune.

Anche qui valgono le considerazioni fatte al numero 3.7.6.

3.8.7

Costi diretti

La possibilità di eventuali deroghe alla partecipazione a singoli programmi o agenzie in caso di adesione non sarà analizzata in questa sede. Si rinvia perciò alle considerazioni fatte al numero 3.7.7.

3.8.8

Politica sociale

In caso di negoziati di adesione non è da escludere che alla Svizzera verrebbero accordate deroghe anche nel settore della politica sociale. Queste potrebbero applicarsi soprattutto alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dal momento che già tre Stati membri (Regno Unito, Polonia e Repubblica ceca) beneficiano di normative speciali. L'opportunità di tali deroghe dal punto di vista della Svizzera dovrebbe essere verificata sia sul piano giuridico che su quello politico.

Piuttosto improbabile appare la concessione di deroghe in quei settori della politica sociale che abbiano un legame diretto con la libera circolazione delle persone. In questo contesto il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale è di particolare importanza. Con l'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALPC) la Svizzera ha già recepito le disposizioni giuridiche dell'UE e ha provveduto all'aggiornamento periodico dell'allegato II ALPC, tenendo conto delle evoluzioni interne a questo proposito. Normative speciali in questo settore fondamentale per il funzionamento della libera circolazione sono difficilmente ipotizzabili.

3.8.9

Politica ambientale

Gli Stati membri possono già mantenere, o introdurre, normative ambientali più restrittive rispetto agli standard minimi prescritti dall'UE, nella misura in cui esse non siano causa di una distorsione della concorrenza. Nel quadro dei negoziati di adesione la Svizzera potrebbe, sul modello soprattutto dei Paesi che hanno aderito all'UE nel 1995, far valere il diritto di mantenere alcune disposizioni più restrittive, ad esempio per quanto concerne i criteri di sostenibilità dei biocarburanti. Non c'è invece ragione di negoziare delle deroghe per i casi, peraltro frequenti, in cui le normative ambientali non rappresentano che degli standard minimi.

162

Art. 126 Cost. (RS 101) e legge federale sulle finanze della Confederazione (RS 611.0).

6490

Sembra invece molto difficile che la Svizzera possa mantenere, nella misura in cui lo desideri, delle normative ambientali meno restrittive rispetto a quelle dell'UE.

3.8.10

Politica dei trasporti

Dal momento che, grazie all'Accordo sul trasporto aereo, in questo settore la Svizzera ha già recepito in larga parte le normative UE rilevanti in materia, un eventuale opt-out è quasi da escludere.

Per contro non è da escludere completamente la possibilità di negoziare alcune deroghe nel settore dei trasporti terrestri. Probabilmente queste non potrebbero però riguardare i principi dell'accesso al mercato interno dei trasporti e i fondamenti dell'organizzazione di mercato stabiliti a livello europeo ­ non da ultimo nel campo del trasporto su rotaia ­ per i quali la Svizzera difficilmente potrebbe sottrarsi dal recepimento delle normative UE in materia. Eventualmente sarebbe però ipotizzabile negoziare un'adesione che comprenda il mantenimento dell'attuale sistema TTPCP, in quanto esso rappresenta attualmente il migliore esempio di internalizzazione non discriminatoria e su scala nazionale dei costi esterni del trasporto pesante, che contribuisce quindi a migliorare l'efficienza e l'impatto ambientale del trasporto pesante, obiettivo peraltro perseguito anche dall'UE.

4

Conclusioni/Priorità a breve e medio termine in materia di politica europea

4.1

La politica europea come parte integrante della politica estera svizzera

Nonostante, in una prospettiva a lungo termine, i centri dell'influenza politica ed economica si stiano spostando verso poli d'influenza emergenti ­ in particolare verso l'Asia ­ l'UE rimane il nostro più stretto partner in termini geografici, economici e culturali. Nel corso degli ultimi vent'anni, la percentuale del commercio estero svizzero legato all'UE (circa il 60 % delle esportazioni e circa l'80 % delle importazioni) è rimasta stabile. L'UE resta quindi il punto cardine delle nostre strategie in materia di politica estera e di politica economica esterna.

La politica europea si prefigge di tutelare i nostri interessi nei confronti dell'UE163.

Per la Svizzera, ciò significa proseguire nel suo intento di mantenere il proprio margine di manovra nell'ambito del processo decisionale (obiettivo del mantenimento dell'indipendenza della Svizzera); garantire ai propri operatori economici un adeguato accesso al mercato europeo (obiettivo del mantenimento del benessere) e restare un partner affidabile e solidale nel mantenimento e nella promozione di valori comuni quali ad esempio la lotta contro la povertà, la tutela dei diritti umani e della democrazia, la certezza giuridica o la salvaguardia delle basi naturali della vita.

163

Secondo l'art. 54 cpv. 2 della Costituzione, la Confederazione si adopera per salvaguardare l'indipendenza e il benessere del Paese; contribuisce in particolare ad aiutare le popolazioni nel bisogno e a lottare contro la povertà nel mondo, contribuisce a far rispettare i diritti umani e a promuovere la democrazia, ad assicurare la convivenza pacifica dei popoli nonché a salvaguardare le basi naturali della vita.

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Finora questi obiettivi sono stati ampiamente raggiunti grazie allo strumento della via bilaterale e settoriale, in particolare per quanto riguarda la prosperità e la sicurezza. L'evoluzione dello scambio economico, umano e sociale; la maggiore collaborazione nei settori della polizia e della migrazione, ma anche nella cultura, nella formazione e nella ricerca testimoniano il successo raggiunto con la stipula dei due pacchetti di accordi bilaterali. Tale bilancio viene confermato dalla valutazione positiva quasi unanime degli accordi da parte degli ambienti direttamente coinvolti in tutti i gruppi d'interesse della società svizzera. La via bilaterale gode inoltre dell'approvazione del Popolo svizzero, chiaramente espressa a più riprese in sede di votazione.

Come dimostra il presente rapporto, in termini di sovranità e di autonomia il bilancio è più sfumato. Il Consiglio federale non ha mai nascosto le difficoltà legate alla scelta della via bilaterale. Ogni nuovo accordo è oggetto di negoziati, spesso molto complessi. In questo contesto va menzionato che gli sviluppi interni all'UE descritti nel presente rapporto renderanno sempre più difficile negoziare soluzioni divergenti dal diritto acquisito dell'UE. Per questa ragione al momento diversi accordi in corso sono bloccati. Inoltre, il ruolo di Paese terzo comporta per la Svizzera ulteriori svantaggi che, alla luce degli sviluppi descritti nel presente rapporto, sono in tendenziale aumento. Nello specifico essi sono: ­

la scarsa possibilità di influenza sulle norme che, con o senza accordi con l'UE, interessano direttamente la Svizzera. Ciò si traduce in una limitazione della sovranità nella misura in cui la Svizzera adotta queste norme, in autonomia o nel quadro di accordi bilaterali, allo scopo di evitare situazioni sfavorevoli in termini di concorrenza;

­

la mancanza di un accesso completo al mercato interno europeo e di una clausola di non discriminazione;

­

una latente insicurezza giuridica che risiede nel fatto che le normative europee possono in ogni momento creare nuovi ostacoli all'accesso al mercato e che i meccanismi di adeguamento degli accordi bilaterali agli sviluppi del diritto dell'UE sono relativamente complessi. Inoltre, in caso di non adeguamento degli Accordi bilaterali I, potrebbe venir applicata la «clausola della ghigliottina» in essi contenuta.

4.2

La via bilaterale rimane lo strumento di politica europea più adeguato

Queste evoluzioni rappresentano una difficile sfida per la via bilaterale, senza tuttavia escluderla. In ragione delle strette relazioni che le legano, la Svizzera e l'UE sono spinte da un interesse comune a trovare soluzioni in numerosi settori attraverso accordi specifici. Allo stesso tempo è evidente che proseguire sulla via bilaterale è diventato più difficile. L'UE richiede con crescente fermezza che gli accordi con il nostro Paese si fondino sul recepimento senza deroghe del diritto acquisito pertinente, definendo quest'ultimo in modo sempre più dettagliato e auspicando l'inclusione nei nuovi accordi di meccanismi vincolanti per l'adeguamento di questi ultimi agli sviluppi dell'acquis dell'UE. Vi sono tuttavia casi in cui l'UE ha dato prova di un certo pragmatismo, come accaduto di recente nel quadro dell'Accordo sulle agevo-

6492

lazioni e la sicurezza doganali («Regola delle 24 ore»), con il quale erano in gioco importanti interessi sia della Svizzera che dell'UE.

Tenuto conto del bilancio estremamente positivo della via bilaterale e considerato il fatto che la prosecuzione e l'evoluzione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE sono nell'interesse di entrambe, il Consiglio federale ritiene che attualmente un improvviso cambiamento di strategia sia inopportuno e che un'intesa bilaterale con l'UE che permetta una gestione delle relazioni conforme agli interessi di entrambe le parti, resti in linea di principio possibile. Ciò è supportato dal fatto che anche l'UE approfitta ampiamente degli accordi stipulati con la Svizzera ed è quindi lecito attendersi la sua collaborazione nella ricerca di soluzioni a questo proposito. Il Consiglio federale reputa quindi possibile una fruttuosa prosecuzione della via bilaterale, se saranno rispettate le seguenti condizioni: a)

essa prosegua nel rispetto reciproco della sovranità di entrambe le parti e del buon funzionamento delle rispettive istituzioni. In particolare il recepimento automatico degli sviluppi dell'acquis nei settori regolati dagli accordi deve rimanere escluso, al fine di evitare che la Svizzera diventi un membro de facto dell'UE senza diritto di voto e di codecisione;

b)

sarà necessario individuare meccanismi che facilitino il funzionamento degli accordi al fine di consolidare e salvaguardare lo strumento della via bilaterale;

c)

l'equilibrio degli interessi di entrambe le parti resta tutelato, in particolare nel quadro degli attuali dossier: ­ evitando nuovi ostacoli al reciproco accesso ai mercati, ­ estendendo le nostre relazioni a nuovi settori di cooperazione, se ciò è richiesto dall'interesse comune delle parti, ­ mantenendo condizioni quadro eque, soprattutto in ambito fiscale;

d)

l'impegno della Svizzera nei settori della promozione della pace, del mantenimento della stabilità a livello politico, economico e sociale o in favore della sostenibilità viene portato avanti. Ciò conferisce alla nostra politica europea una dimensione di corresponsabilità e solidarietà, che integra e sostiene la tutela dei nostri interessi più immediati.

L'idoneità della via bilaterale a garantire gli interessi della Svizzera considerando al tempo stesso quelli del partner europeo, dipenderà innanzitutto dalla capacità di coordinare il nostro impegno nei diversi ambiti di discussione. La via bilaterale è nel suo complesso la più adatta a garantire la necessaria convergenza di interessi tra Svizzera e UE.

Inoltre, bisogna essere consapevoli del fatto che la rete sempre più fitta di relazioni con l'UE pone inevitabilmente l'ordine interno della Svizzera di fronte a diverse sfide istituzionali, in particolare per quanto concerne il processo legislativo sempre più intenso in seno all'UE e le sue ripercussioni sulla Svizzera. Nell'Amministrazione federale e nei Servizi del Parlamento si percepisce una crescente carenza di personale; le procedure inoltre sono troppo lente e complesse. In questo ambito sono auspicabili dei miglioramenti, che tuttavia possono essere ottenuti solo a fronte di un notevole impiego di risorse. Considerazioni simili valgono anche nell'ottica del federalismo svizzero. Il Consiglio federale ha già esposto le proprie proposte di

6493

riforma nel Rapporto sul federalismo 2007164; è altresì disposto ad avviare una discussione con i Cantoni a questo proposito e, in tale sede, a vagliare la recente presa di posizione dei Governi cantonali in materia di politica europea, nonché alcune delle proposte di soluzione da essi formulate165. Ricorda tuttavia che la politica estera è innanzitutto di competenza della Confederazione. Sottolinea inoltre l'assoluta necessità da parte dei Cantoni di attuare riforme e migliorare il coordinamento, al fine di esercitare i propri diritti di partecipazione alla politica europea con efficienza, in tempo utile e con la legittimità democratica richiesta.

L'idoneità degli strumenti bilaterali a garantire gli interessi della Svizzera è tuttavia costantemente sottoposta a verifica, soprattutto nell'ottica dell'interesse dell'UE a mantenere e ampliare gli attuali accordi bilaterali e negoziarne di nuovi, se le circostanze lo richiedono. In particolare il mantenimento della libertà d'azione è per il nostro Paese una condizione imprescindibile. Nonostante il Consiglio federale ritenga che la via bilaterale resti al momento lo strumento più idoneo in materia di politica europea, non esclude che in futuro, a seconda degli sviluppi, altri strumenti possano rivelarsi più adatti a tutelare gli interessi del Paese. Per questo motivo il Consiglio federale continuerà a sottoporre i diversi strumenti di politica europea a verifiche e osservazione, al fine di essere in grado di adattarli secondo necessità, in funzione degli sviluppi futuri.

4.3

Orientamenti e priorità per i prossimi passi della politica europea

Il Consiglio federale è del parere che allo stato attuale la via bilaterale rappresenti lo strumento più idoneo per la politica europea della Svizzera. Il rispetto dei seguenti punti mira ad assicurare il consolidamento, la salvaguardia e gli sviluppi futuri di questo strumento:

164 165

1.

I negoziati in corso con l'UE verranno portati avanti e conclusi.

2.

I lavori in vista della conclusione di nuovi accordi in settori in cui il Consiglio federale ha approvato i mandati di negoziazione proseguiranno (partecipazione della Svizzera al REACH, al programma Galileo/EGNOS e al sistema di scambio di quote di emissioni, convenzione amministrativa con l'Agenzia europea di difesa (AED), collaborazione tra le autorità sanitarie, cooperazione tra le autorità in materia di concorrenza).

3.

Le questioni istituzionali sorte nel quadro degli accordi bilaterali, tra cui le modalità di adeguamento degli accordi agli sviluppi del diritto dell'UE, l'interpretazione degli accordi e la composizione delle controversie, vengono vagliati insieme all'UE, al fine di formulare soluzioni che facilitino il funzionamento di questi accordi nel rispetto della sovranità di entrambe le parti e del buon funzionamento delle istituzioni.

4.

Il Consiglio federale valuterà l'opportunità di avviare un dialogo con l'UE sul codice di condotta in materia di imposizione delle imprese ed esaminerà inoltre le condizioni e i parametri per una discussione con l'UE concernente

Rapporto sul federalismo del 15 giu. 2007, FF 2007 5415.

Cfr. «Etat des lieux en politique européenne des gouvernements cantonaux» approvato dalla Conferenza dei Governi cantonali il 25 giu. 2010 (www.cdc.ch, tedesco e francese).

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la revisione della fiscalità del risparmio e alcuni aspetti dello scambio di informazioni su richiesta.

5.

Per tutti i punti finora menzionati e nell'ottica di negoziati futuri, il Consiglio federale adotterà un approccio coordinato.

6.

Al fine di tenere conto degli sviluppi della via bilaterale, il Consiglio federale intende avviare, di concerto con l'Assemblea federale e i Cantoni, una riflessione approfondita sulle misure più idonee ad adeguare i metodi di lavoro dell'Esecutivo e del Parlamento, oltre che sulla partecipazione dei Cantoni alla politica europea. Dove necessario, formulerà delle proposte di riforma. In ogni caso si adopererà affinché le riforme proposte tengano debito conto della necessità di tutelare in modo ottimale gli interessi della Svizzera nei confronti dell'UE.

7.

Il Consiglio federale continuerà a sottoporre i diversi strumenti di politica europea a verifiche e osservazione, al fine di essere in grado di adattarli secondo necessità, in funzione degli sviluppi futuri.

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