Rapporto del Consiglio federale sulle società di sicurezza e le società militari private (in risposta al postulato Stähelin 04.3267 del 1° giugno 2004. «Società di sicurezza private») del 2 dicembre 2005

Onorevoli presidenti e consiglieri, In risposta al del postulato Stähelin del 1° giugno 2004 intitolato «Società di sicurezza private», vi sottoponiamo, per informazione, il presente rapporto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

2 dicembre 2005

In nome del Consiglio federale svizzero; Il presidente della Confederazione, Samuel Schmid La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber­Hotz

2005-2848

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Compendio Il presente rapporto trae origine dal postulato depositato il 1° giugno 2004 dal consigliere agli Stati Philipp Stähelin 04.3267 intitolato «Società di sicurezza private», che incarica il Consiglio federale di presentare una visione d'insieme dei suoi organi dirigenziali di politica della sicurezza per quanto concerne l'origine, l'interventi e i modi di procedere delle società di sicurezza private nell'ambito del monopolio tradizionale dell'uso della forza da parte dello Stato e di chiarire, in particolare, se il diritto svizzero e il diritto internazionale sono in grado di far fronte alle esigenze attuali. Il rapporto esamina altresì le questioni sollevate dalla mozione depositata il 16 dicembre 2004 dalla consigliera nazionale Ursula Wyss 04.3748 intitolata «Emanazione di norme vincolanti applicabili al ricorso della Svizzera a imprese militari e a compagnie di sicurezza private». Detta mozione incarica il Consiglio federale di emanare disposizioni vincolanti sul ricorso e l'impiego all'estero, su mandato della Svizzera, di imprese militari e di forze di sicurezza private, nonché sull'impiego di ex ufficiali e di alti funzionari in simili imprese. Infine il rapporto presenta le misure che la Svizzera intende prendere a livello internazionale. Tali misure tengono conto anche dell'obiettivo perseguito dalla mozione Wyss 04.3796 depositata il 17 dicembre 2004 «Regole internazionali applicabili alle imprese militari e alle imprese private». Questa mozione incarica il Consiglio federale di provvedere affinché la Svizzera si adoperi in ambito internazionale a favore dell'adozione di normative vincolanti che disciplinino le responsabilità delle imprese militari e delle forze di sicurezza private in materia di rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo.

Ricordiamo che il monopolio dell'uso della forza rappresenta una delle caratteristiche essenziali dello Stato moderno. La privatizzazione dei compiti legati alla sicurezza, se non può essere esclusa a priori, rimette in questione il fondamento stesso dello Stato, o perlomeno la sua legittimità. La si potrebbe quindi concepire soltanto nell'ambito di compiti marginali. Anche la delega di compiti statali a privati nell'ambito della sicurezza, nonostante non vada lontano quanto la privatizzazione, si scontra con limiti
stretti, visto che i compiti delegati non si sottraggono completamente alla responsabilità statale. Da un'inchiesta effettuata presso l'Amministrazione federale emerge che, a livello federale, il numero di casi di compiti delegati a società di sicurezza private resta molto limitato. Il Consiglio federale è tuttavia disposto a esaminare l'opportunità di disciplinare in maniera generale i criteri che le società di sicurezza private devono soddisfare, affinché la Confederazione conferisca loro un mandato, e le questioni che devono essere disciplinate nei singoli accordi. Attualmente, tali questioni sono ampiamente lasciate al potere d'apprezzamento degli Stati mandatari.

Il rapporto esamina inoltre in quale misura il diritto cantonale sottomette le società di sicurezza a una sorveglianza statale. A questo proposito, il Consiglio federale invita i Cantoni ad armonizzare le loro legislazioni. Del resto si stanno facendo passi in tal senso, perché la Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali della Svizzera (CCPCS) ha elaborato delle «disposizioni modello» in materia. Il rapporto

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offre anche un panoramica sulle disposizioni federali in vigore che possono essere applicate alle attività delle società di sicurezza private.

Esso considera tuttavia anche la situazione delle società di sicurezza private che potrebbero utilizzare la Svizzera come base per effettuare operazioni all'estero, in zone di guerra o di crisi. Il Consiglio federale è pronto a esaminare l'opportunità di assoggettare tali società all'obbligo di ottenere un'autorizzazione o una licenza.

Infine, il presente rapporto offre una visione d'insieme sul pertinente diritto internazionale. Accanto al divieto di impiegare la forza tra Stati e del dovere di non interferire, valgono soprattutto le norme del diritto umanitario e i diritti dell'uomo. In questo contesto, il problema principale è quello del rispetto di tali diritti da parte delle società di sicurezza e militari private o da parte di privati attivi in questi settori. Il rapporto traccia alcune piste che gli Stati potrebbero seguire a livello nazionale, ma giunge alla conclusione che un disciplinamento a livello nazionale non basta. Attualmente manca un dialogo internazionale, un processo interstatale per discutere delle misure atte a garantire un maggiore rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo.

Considerata la sua tradizione umanitaria e in quanto Stato firmatario delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera potrebbe contribuire giudiziosamente alla codificazione e alla precisazione delle condizioni legali e dei limiti delle attività delle società di sicurezza e militari private, ma anche alla promozione del rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo. Potrebbe avviare un processo a livello internazionale o assumere la funzione di catalizzatore. A tal riguardo, sono già state esposte considerazioni in collaborazione con il CICR. I primi incontri con esperti si sono tenuti durante l'estate 2005. Nel 2006 è prevista una conferenza di esperti governativi. Seguiranno altre misure in vista del rafforzamento e della precisazione del pertinente diritto internazionale. In questo modo il Consiglio federale potrà quindi realizzare la mozione 04.3796 summenzionata.

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Indice Compendio

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1 Mandato e organizzazione dei lavori 1.1 Interventi parlamentari 1.2 Mandato della Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza 1.3 Organizzazione dei lavori

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2 Introduzione 2.1 Nozioni di «società di sicurezza private» e di «società militari private» 2.2 Il monopolio del potere come elemento necessario dello Stato 2.3 La delega di compiti di sicurezza a privati: un tema d'attualità 2.4 Problemi concreti che può porre il ricorso a società di sicurezza o militari private da parte dello Stato o di privati 2.5 Problemi particolari posti dall'intervento di società di sicurezza e militari private in zone di crisi 2.6 L'importanza per la Svizzera dello sviluppo della situazione a livello internazionale

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3 Tipo e portata delle attività delle società di sicurezza e militari private in Svizzera e all'estero 3.1 Ricorso a società di sicurezza private per fini legati alla sicurezza interna sul territorio svizzero 3.2 L'accresciuta importanza delle società di sicurezza e militari private nel contesto internazionale 3.3 Le società di sicurezza e militari private che operano all'estero a partire dalla Svizzera 3.4 Ricorso a società di sicurezza private da parte delle autorità federali 3.4.1 In generale 3.4.2 Protezione delle rappresentanze svizzere all'estero 4 Il quadro legale nazionale 4.1 Basi costituzionali 4.2 Ammissibilità delle attività private nell'ambito della sicurezza: limiti di diritto costituzionale 4.2.1 Problematica legata alle attività di sicurezza dal punto di vista dei cittadini 4.2.2 Spazi privati 4.2.3 Spazi semipubblici 4.2.4 Spazi pubblici 4.2.5 Protezione privata di persone e assicurazione del trasporto di beni e valori 4.3 I limiti della privatizzazione 4.4 La delega a privati di compiti di sicurezza statali: limiti di diritto costituzionale 4.4.1 Base legale 4.4.2 Interesse pubblico 590

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4.4.3 Proporzionalità 4.5 La legislazione federale applicabile alle attività di sicurezza da parte di privati 4.5.1 La legislazione federale sulle armi e sul materiale bellico 4.5.2 La legislazione in materia di embarghi 4.5.3 Responsabilità penale per i reati commessi all'estero 4.5.3.1 Responsabilità individuale 4.5.3.2 Responsabilità dell'impresa 4.6 Disciplinamento giuridico del trasferimento di know­how dal servizio pubblico alle società di sicurezza private 4.7 Competenza legislativa nell'ambito dell'esercizio di attività economiche private (art. 95 cpv. 1 Cost.)

4.8 Diritto cantonale 4.8.1 Il Concordato dei Cantoni romandi sulle società di sicurezza e altre legislazioni cantonali 4.8.2 Le «disposizioni modello» della Conferenza dei comandanti delle autorità di polizia cantonale della Svizzera 5 La legislazione internazionale 5.1 Legislazione internazionale in materia di mercenarismo 5.1.1 Articolo 47 del Primo Protocollo aggiuntivo del 1977 5.1.2 Strumenti pertinenti dell'ONU e di singole organizzazioni regionali 5.1.3 Conclusione: il diritto internazionale consuetudinario non vieta il mercenarismo 5.2 Diritto internazionale generale 5.2.1 Principi generali del diritto internazionale 5.3 Diritto internazionale umanitario 5.3.1 Qual è il tenore del diritto internazionale umanitario?

5.3.2 Applicabilità del diritto internazionale umanitario alle società di sicurezza private 5.3.3 Obblighi degli Stati concernenti le società di sicurezza private 5.4 I diritti dell'uomo 5.4.1 Il rispetto dei diritti dell'uomo, un impegno tradizionale degli Stati 5.4.2 Applicazione diretta dei diritti dell'uomo anche per le società di sicurezza private?

5.5 Conseguenze della violazione del diritto internazionale 5.5.1 Responsabilità degli Stati 5.5.2 Responsabilità individuale di diritto penale internazionale 5.5.2.1 Introduzione e fonti giuridiche 5.5.2.2 I fatti 5.5.2.3 La giurisdizione nazionale come strumento di applicazione del diritto internazionale 5.5.2.4 La giurisdizione internazionale 5.6 Impegni di diritto internazionale e funzione della Svizzera in qualità di Stato firmatario e depositario delle Convenzioni di Ginevra 5.7 Il diritto della neutralità di diritto internazionale

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6 Conclusioni e proposte di misura 6.1 Prospettiva nazionale 6.1.1 Delega di compiti di sicurezza a privati 6.1.2 Sorveglianza dello Stato sulle attività delle società di sicurezza private 6.1.3 Società di sicurezza private attive in zone di crisi e di conflitto 6.1.4 Responsabilità penale, civile e di diritto pubblico 6.1.5 Trasferimento di know­how da parte di ex impiegati della Confederazione a società di sicurezza private 6.2 Prospettive di politica estera 6.2.1 Possibili soluzioni dal punto di vista internazionale 6.2.2 Possibile funzione della Svizzera nel contesto internazionale 6.3 Elenco delle misure proposte dal nostro Collegio

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639 639 639 640 641 642 643 643 643 645 646

Rapporto 1

Mandato e organizzazione dei lavori

1.1

Interventi parlamentari

Il presente rapporto trae origine dal postulato 04.3267 del 1° giugno 2004 «Società di sicurezza private» (qui di seguito: postulato Stähelin), trasmesso dal Consiglio degli Stati al nostro Collegio in data 22 settembre 2004. Questo postulato ci incarica di presentare la posizione dei nostri organi dirigenziali di politica della sicurezza per quanto concerne l'origine, l'intervento e i modi di procedere delle società di sicurezza private nell'ambito del monopolio tradizionale dell'uso della forza da parte dello Stato. Il rapporto deve, in particolare, chiarire se il diritto svizzero e il diritto internazionale sono in grado di far fronte alle sfide attuali, se la legislazione svizzera disciplina o deve disciplinare la base e gli interventi di tali società in Svizzera e il ricorso a tali società all'estero da parte della Svizzera e se esistono o sono previste giurisdizioni internazionali atte a reprimere le violazioni dei diritti dell'uomo e delle Convenzioni di Ginevra perpetrate da tali società o dai loro impiegati.

Una mozione del 16 dicembre 2004 «Emanazione di norme vincolanti applicabili al ricorso della Svizzera a imprese militari e a compagnie di sicurezza private» (qui di seguito: mozione Wyss 04.3748) incarica inoltre il nostro Collegio di emanare disposizioni vincolanti sul ricorso e l'impiego all'estero, su mandato della Svizzera, di società militari e di forze di sicurezza private, nonché sull'impiego di ex ufficiali e di alti funzionai in simili società. Il 16 febbraio 2005, abbiamo proposto di respingere detta mozione, perché tale problematica andava esaminata nell'ambito della realizzazione del postulato «Stähelin» il cui campo d'applicazione è più vasto e perché era prematuro proporre disposizioni legislative vincolanti prima di avere effettuato un esame della situazione.

Il 4 marzo 2005 il nostro Collegio ha proposto di accettare una mozione del 17 dicembre 2004 «Regole internazionali applicabili alle imprese militari e alle imprese private» (qui di seguito: mozione Wyss 04.3796) che ci incarica di provvedere a che la Svizzera si adoperi in ambito internazionale a favore dell'adozione di normative vincolanti che disciplinino le responsabilità delle imprese militari e delle forze di sicurezza private in materia di rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti
dell'uomo. Nella nostra risposta abbiamo altresì rimandato al presente rapporto per l'esame di queste questioni. Il 17 giugno 2005 il Consiglio nazionale ha accolto tale mozione.

Un'interpellanza del 17 giugno 2005 «Società di sicurezza private. Loro attività e provvedimenti del Consiglio federale» (qui di seguito: interpellanza Wyss 05.3432) chiede secondo quali criteri la Confederazione sceglie queste società per la protezione delle sue rappresentanze all'estero e se fra di esse ci sono società che, oltre ai classici compiti di sicurezza, mettono a disposizione anche personale armato per compiti militari o per svolgere compiti di sostegno a belligeranti. Questa interpellanza chiede inoltre se esistono società militari private con sede in Svizzera e se formano o reclutano personale per tali società. L'interpellanza domanda altresì se riteniamo opportuno legiferare in materia di sorveglianza su tali società o prendere altre misure. Nella nostra risposta rimandiamo al presente rapporto.

593

1.2

Mandato della Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza

Parallelamente al mandato conferito al nostro Collegio di stendere un rapporto all'indirizzo del Parlamento in seguito agli interventi parlamentari «Stähelin» e «Wyss», la Delegazione delle commissioni della gestione delle Camere federali ha preso atto di un rapporto allestito all'attenzione della Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza. Tale rapporto prevede di incaricare l'Amministrazione di esaminare diverse questioni legate alla problematica delle società militari private. Su questa base, la Delegazione delle commissioni della gestione delle Camere federali ha chiesto di poter prendere atto del presente rapporto per la sua seduta prevista per il mese di dicembre 2005.

1.3

Organizzazione dei lavori

Il DFGP ha preparato una prima versione del rapporto avvalendosi dell'aiuto di un gruppo di lavoro interdipartimentale composto di rappresentanti del DFAE, del DFF, del DFE, del DDPS e del DATEC.

2

Introduzione

2.1

Nozioni di «società di sicurezza private» e di «società militari private»

Gli interventi parlamentari summenzionati si riferiscono alla nozione di «società di sicurezza private» e di «società militari private». Tali nozioni possono essere definite nel modo seguente1: per «società di sicurezza privata» s'intende una società che fornisce, a fini di lucro, prestazioni materiali o servizi concernenti la protezione o la sorveglianza di persone o beni, segnatamente negli ambiti seguenti: ­

sorveglianza e la guardia a beni mobili o immobili (p. es. sorveglianza di aeroporti o ambasciate);

­

protezione delle persone (p. es. di personalità ufficiali);

­

trasporto di fondi o di persone (p. es. prigionieri), la scorta di convogli di aiuto umanitario;

­

addestramento di corpi di polizia per la protezione di persone e beni;

­

consulenza in materia di sicurezza, organizzazione e logistica;

­

logistica quale la costruzione di campi profughi, stabilimenti carcerari o di ospedali;

1

594

Centro ginevrino per il controllo democratico delle forze armate (DCAF), Privatising Security: Law, Practice and Governance of Private Military and Security Companies, Ginevra (marzo 2005), pagg. 26­33.

­

gestione di stabilimenti carcerari (prigioni);

­

investigazione quale l'attività di investigatore privato2.

Per «società militare privata» s'intende una società che fornisce, a fini di lucro, prestazioni di natura militare quali consulenza, logistica e combattimento militare. Si distingue fra tre tipi di società: ­

le società militari di supporto («military support firms») che svolgono compiti di logistica quali l'approvvigionamento e l'alloggio delle truppe, il trasporto, la sorveglianza sulle linee di collegamento e di rifornimento e altre prestazioni simili;

­

le società militari di consulenza («military consulting firms») che forniscono prestazioni in materia di consulenza e addestramento di corpi di polizia e istituzioni militari e paramilitari; tali società sono parimenti specializzate nell'analisi delle forze armate sul piano organizzativo, strategico e operativo;

­

le società militari di combattimento («military fighting firms») che forniscono un sostegno attivo sul piano militare; operano direttamente nella zona di combattimento mettendo ad esempio a disposizione unità, specialisti o piloti da combattimento3.

2.2

Il monopolio del potere come elemento necessario dello Stato

Il fatto di conferire compiti di sicurezza statali a società private genera un conflitto con le funzioni centrali dello Stato e con il monopolio statale del potere.

Il monopolio statale del potere rappresenta senza dubbio il cardine del sistema di sicurezza statale. Dal sorgere, nel 16° e 17° secolo, del moderno Stato territoriale, il monopolio dell'uso della forza è diventato uno dei pilastri della legittimazione statale e quindi un elemento imprescindibile dell'ordine statale. In quanto componente essenziale della sovranità, rappresenta, a sua volta, uno dei tre classici elementi statali costitutivi sviluppati dai costituzionalisti (territorio, popolo, sovranità)4. Il monopolio dell'uso della forza fa sì che l'uso della coercizione fisica diventi una competenza esclusiva dello Stato. L'uso ammesso della forza da parte di privati si limita a pochi diritti eccezionali, i quali sono fortemente circoscritti o dal punto di vista temporale (legittima difesa, stato di necessità, diritto di fermare una persona) o spaziale (diritto di godere del proprio domicilio). Tali principi valgono per la sicurezza interna, ma rivestono una funzione centrale anche nell'ambito della sicurezza esterna dello Stato.

Prima dell'avvento degli Stati nazione nell'Era moderna, i compiti quali il mantenimento della tranquillità e dell'ordine nello spazio pubblico, ma anche la garanzia della sicurezza personale e la sanzione delle violazioni contro i diritti e i costumi del

2 3 4

DCAF, pagg. 26­33.

DCAF, pagg. 17­26.

Cfr. Pierre Tschannen, Staatsrecht der Schweizerischen Eidgenossenschaft, Berna 2004, §1, n. marg. 3.

595

Paese erano ripartiti fra svariate autorità. In questo contesto, l'autodifesa rivestiva un ruolo importante5.

Il diritto d'autodifesa è stato soppresso soltanto nel 16° e 17° secolo, quando fu sostituito dal monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato. Oltre ai motivi d'ordine politico ed economico (sviluppo di regimi assolutistici e concentrazione delle forze in seguito all'espansione coloniale), sono state soprattutto le conseguenze devastanti delle accanite guerre di religione, che hanno seriamente pregiudicato le tradizionali strutture dell'ordine sociale sotto forma di guerre civili, a rivestire un ruolo importante6.

Quest'ampia sostituzione dell'autodifesa con lo Stato ha tuttavia un prezzo: il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato obbliga, in contropartita, quest'ultimo a garantire in modo efficace la sicurezza personale e a sanzionare le violazioni del diritto, sia nello spazio pubblico sia in quello privato. Visto che lo Stato può conseguire i suoi obiettivi, ad esempio nel settore sociale, soltanto quando è garantita la sicurezza interna ed esterna, esso ha anche l'obbligo d'impiegare i mezzi coercitivi a sua disposizione per imporre un ordine stabile e garantire la certezza del diritto. A tal fine deve anche disporre dei mezzi finanziari necessari.

A motivo della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni, in Svizzera la garanzia della sicurezza interna spetta principalmente ai Cantoni, mentre la sicurezza esterna rientra nella sfera di competenze della Confederazione.

2.3

La delega di compiti di sicurezza a privati: un tema d'attualità

Lo Stato non deve svolgere tutti i compiti d'interesse pubblico. Il mutamento di talune circostanze sociali può avere come conseguenza che una privatizzazione, ossia la totale liberazione dello Stato dalla responsabilità in relazione a un compito, risulti essere ragionevole7. Per contro, i compiti indispensabili dello Stato sono quelli che devono obbligatoriamente essere assunti da quest'ultimo, secondo un ampio consenso della società che si riflette anche nella Costituzione. La protezione della sicurezza pubblica fa parte del nocciolo duro dei compiti dello Stato. Una privatizzazione di questi compiti metterebbe in questione l'esistenza stessa dello Stato, o perlomeno la sua legittimità. Essa può quindi essere prevista soltanto in maniera complementare (cfr. n. 4.3 qui di seguito).

5

6

7

596

Nelle società contemporanee, in cui strutture di tipo arcaico rurale coesistono con una sovranità relativamente debole, i meccanismi d'ordine e di sanzione possono avere ancora una certa importanza. Questo è il caso, ad esempio, nel nord dell'Albania, dove è diffuso il «Kanun», il secolare codice consuetudinario, secondo il quale la vendetta rappresenta lo strumento principale per far valere il diritto e, in particolare, l'onore (maschile). A tal riguardo si veda il commento di Robert Elsie, Der Kanun der albanischen Berge: Hintergrund der nord­albanischen Lebensweise, Peja 2001.

Marco Gamma, Möglichkeiten und Grenzen der Privatisierung polizeilicher Gefahrenabwehr, Berna/Stoccarda/Vienna 2000, pag. 51. Per quanto riguarda la sostituzione dell'autodifesa con il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato cfr. ibid., pagg. 50­56.

Occorre distinguere fra privatizzazione e delega di compiti. Quest'ultima prevede che lo Stato mantenga la responsabilità ultima per l'adempimento dei compiti, ma che la loro esecuzione spetti ai privati (cfr. n. 4.4).

La collettività può, tuttavia, affidare compiti a privati, senza sottrarre allo Stato l'intera responsabilità per tali compiti. Questo è il fenomeno cui si assiste attualmente. Non si tratta quindi di una privatizzazione nel senso stretto del termine, ma di una delega di compiti statali a privati.

A prescindere da una simile delega di compiti, i privati possono anche essere tentati di assicurarsi la sicurezza da sé, ricorrendo a società di sicurezza private, per ovviare alle lacune dello Stato qualora quest'ultimo non fornisse più delle prestazioni giudicate soddisfacenti. Questo può, ad esempio, essere il caso quando lo Stato, per motivi finanziari, riduce le sue spese o quando aumentano le esigenze di sicurezza dei privati.

In entrambi i casi summenzionati occorre chiedersi fino a quale punto e a quali condizioni si possono affidare i compiti di sicurezza ad agenti di sicurezza privati, senza pregiudicare il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato. L'impiego di forze di sicurezza private, sia esso effettuato per conto dello Stato o per conto di privati, solleva sempre ­ in forma più o meno acuta ­ la questione della legittimità dello Stato.

Nelle società democratiche la portata e i limiti dei compiti di sicurezza statali sono sempre stati oggetto di discussione.

La domanda quali sono i compiti fondamentali in materia di sicurezza che deve assolvere lo Stato e quali possono essere affidati a privati riveste un carattere d'attualità particolare. A livello interno ciò si lascia spiegare da più fattori. Da un lato, si assiste a una moltiplicazione di grandi eventi culturali, sportivi o politici che portano ad un aumento delle esigenze in materia di sicurezza interna, dall'altro, si constata che nella popolazione si diffonde un sentimento d'insicurezza riconducibile a diversi motivi. Più che in passato, ci si aspetta che le forze dell'ordine assicurino una presenza visibile nei quartieri abitati o anche nei centri urbani (pattuglie). Considerata la scarsità di mezzi finanziari di cui dispone, in particolare nei periodi di difficoltà budgetarie, è difficile che lo Stato riesca a mobilitare le risorse necessarie per rispondere all'aumento delle esigenze in materia di sicurezza. A queste condizioni, gli agenti di sicurezza privati rappresentano un'alternativa, segnatamente sul piano
finanziario, per soddisfare necessità che possono essere di natura sporadica (ad es. l'organizzazione di un vertice internazionale) o duratura (ad es. mancanza di personale per garantire la polizia di prossimità nei quartieri).

Nell'ambito internazionale la problematica ha un aspetto un po' diverso: oggi il problema si presenta nei Paesi che dispongono di una struttura statale e di meccanismi d'attuazione della legislazione deboli o che sono addirittura sprovvisti di una struttura statale (i cosiddetti «failed states»). In questi casi manca una forza dell'ordine centralizzata in grado di assolvere i compiti di sicurezza elementari. Di conseguenza, la sicurezza diventa una questione privata, soprattutto perché numerosi Stati democratici riducono i loro eserciti e, in parte, non sono disposti, in quanto forze esterne che potrebbero intervenire ad esempio nel quadro delle operazioni dell'ONU, a esporre le loro forze armate e di polizia ai rischi connessi a tali situazioni caotiche. La sicurezza diventa un fattore vitale anche per numerosi attori che si trovano, per svariate ragioni, nelle zone di conflitto, e che, nonostante non partecipino direttamente al conflitto, diventano il bersaglio di aggressioni di ogni sorta (rapimenti, attentati, ecc.). Tra di essi vi sono, ad esempio, le organizzazioni umanitarie, il personale delle rappresentanze diplomatiche o uomini d'affari. Tali attori esterni sono costretti a ricorrere in maniera crescente ad agenti di sicurezza privati, i quali 597

presentano il vantaggio di conoscere molto bene le circostanze locali e di essere già stati confrontati a situazioni estreme (atti terroristici, guerriglia, guerra civile, etc.).

Si assiste quindi alla moltiplicazione di società di sicurezza private che offrono ogni tipo di servizi sia a governi stranieri (ad es. protezione delle ambasciate) sia a società private (ad es. guardia a siti di produzione energetica), nonché a organizzazioni non governative (ad es. scorta di convogli di aiuto umanitario).

2.4

Problemi concreti che può porre il ricorso a società di sicurezza o militari private da parte dello Stato o di privati

A prescindere dalla domanda fondamentale quali compiti di sicurezza devono essere assolti dallo Stato, l'impiego di agenti di sicurezza privati per l'esecuzione di compiti di sicurezza causa una serie di problemi concreti sia a livello interno sia a livello internazionale. Nonostante numerose società di sicurezza private offrano una garanzia di serietà e professionalità, questo settore d'attività in rapida espansione può anche attirare società o persone sospette. Per loro natura, i compiti di sicurezza implicano sempre il rischio di abusi nell'ambito dell'uso della forza, soprattutto quando vengono svolti da personale poco formato o addirittura sprovvisto di formazione, scarsamente controllato e reclutato con leggerezza. Di conseguenza, sia gli Stati nazionali sia la Comunità internazionale devono riflettere sui limiti da imporre alle attività delle società di sicurezza private, al fine di proteggere gli interessi pubblici. Occorre chiedersi chi si assume la responsabilità per un eventuale danno e quale tipo di responsabilità penale comporta l'uso abusivo della forza o della costrizione, segnatamente quando tali abusi sono commessi al di fuori del territorio nazionale, dove gli autori godono di un'immunità di fatto in ragione di una situazione di disordine.

Il ricorso a società di sicurezza o militari private fa emergere anche il problema della legittimità e della trasparenza nei confronti dei cittadini. Essi non sono sempre in grado di distinguere le forze dell'ordine statali dagli impiegati delle società di sicurezza private, in particolare quando questi ultimi portano un'uniforme o un segno distintivo (badge, targhette con il nome), che possono generare confusione. Le persone tendono ad obbedire automaticamente a qualsiasi persona che assomigli a un membro delle forze dell'ordine dello Stato, cosa che può portare a situazioni poco chiare. I cittadini non sono sempre a conoscenza di quali competenze dispongono gli agenti di sicurezza privati. Non sono quindi in grado né di giudicare se l'agente di sicurezza che hanno di fronte sta violando le sue competenze né di sapere per conto di chi agisce.

Infine, la possibilità dei privati di assicurarsi da sé la loro sicurezza ricorrendo a servizi privati solleva il delicato problema dell'accesso alla sicurezza per tutti. A differenza delle persone che
abitano nei quartieri popolari, quelle che vivono nei quartieri residenziali si possono permettere i servizi delle società di sicurezza private. La sicurezza diventa quindi un bene di cui non tutti possono disporre.

598

2.5

Problemi particolari posti dall'intervento di società di sicurezza e militari private in zone di crisi

Gli interventi delle società di sicurezza e militari private diventano problematici soprattutto quando avvengono nei contesti in cui le strutture statali sono pregiudicate o completamente devastate a causa di conflitti militari o guerre civili.

La motivazione principale dei privati o della società privata incaricata è quindi di natura pecuniaria e quindi non copre necessariamente l'interesse pubblico dello Stato mandatario. Questo punto è delicato, visto che le società di sicurezza e militari private che intervengono nelle zone di conflitto, considerato il loro armamento e il loro mandato, esercitano un potere particolare sui civili o sui prigionieri. Le società impiegate nelle situazioni di conflitto, inoltre, sono molto lontane dalla sorveglianza e dalla collettività dello Stato mandatario, il quale, spesso, non corrisponde nemmeno allo Stato destinatario in cui si svolgono le operazioni.

La maggior parte degli Stati non disciplinano affatto l'impiego di società di sicurezza private nelle regioni straniere in cui regnano conflitti. Oggi, in molti Paesi, a causa della mancanza di un disciplinamento nazionale, è più facile essere incaricati da una società di sicurezza privata di svolgere compiti con un'arma automatica in una zona di crisi all'estero che farsi assumere come portiere in un bar locale. Negli ultimi anni, in alcuni Paesi sono state emanate delle norme (ad es. Africa del Sud, Stati Uniti, Australia, Sierra Leone e Iraq). Gli osservatori ritengono tuttavia che la maggior parte di tali norme siano (ancora) insufficienti o poco efficaci.

Anche il diritto internazionale ­ come illustrato al numero 5 ­ non contiene norme giuridiche concepite specificatamente per le società di sicurezza private e nemmeno disposizioni particolari («Soft Law»). Per questo motivo è spesso chiesto di emanare norme di diritto internazionale specifiche o perlomeno di stabilire direttive oppure standard riconosciuti a livello internazionale per le società di sicurezza private che operano in zone di conflitto.

Non si può tuttavia dire che attualmente non esistono norme di diritto internazionale applicabili. Oltre alle norme quali il divieto dell'impiego della forza fra Stati e l'obbligo di non intervenire negli affari interni di un altro Stato rivestono un'importanza pratica soprattutto il diritto internazionale
umanitario e i diritti dell'uomo.

Il problema principale risiede tuttavia nella loro applicazione. Vi sono degli indizi secondo cui, talvolta, le società di sicurezza e militari private attive in zone di conflitto rispettano il diritto internazionale umanitario e i diritti dell'uomo in misura minore rispetto alle forze armate e di polizia regolari. A tal riguardo, quindi, si pongono delle sfide particolari. I seguenti motivi possono essere significativi nell'ambito della scarsa osservanza delle pertinenti norme di diritto: ­

mancanza di formazione o formazione carente in materia di diritto internazionale umanitario e di diritti dell'uomo degli impiegati delle società di sicurezza private;

­

assenza di una chiara linea di comando («chain of command») e di norme disciplinari;

­

controllo insufficiente del passato delle società, così come dei loro impiegati, in particolare in relazione al rispetto del pertinente diritto internazionale;

599

­

notevole difficoltà degli Stati mandatari a garantire una sorveglianza («monitoring») e la mancata previsione, già nel contratto, di meccanismi di sorveglianza e di altre misure quali l'obbligo di riferire;

­

definizione troppo vaga del mandato;

­

mancata applicazione del diritto nel Paese ospitante, a motivo delle sue strutture statali insufficienti o devastate («failed state») o perché in detto Paese le società di sicurezza private godono dell'immunità penale;

­

insufficienza, de iure o de facto, delle sanzioni o applicazione lacunosa della responsabilità penale negli Stati mandatari, negli Stati in cui hanno sede le società di sicurezza private e negli Stati d'origine del personale delle società di sicurezza private e mancata applicazione del principio dell'universalità del diritto8;

­

difficoltà a identificare la società o i suoi impiegati sul campo;

­

interessi orientati al guadagno delle società di sicurezza private, i quali non corrispondono per forza ai valori di fondo degli Stati.

2.6

L'importanza per la Svizzera dello sviluppo della situazione a livello internazionale

Considerata la sua neutralità e la sua politica estera caratterizzata tradizionalmente da un impegno a favore del rispetto del diritto internazionale e del potenziamento dei diritti dell'uomo, la Svizzera non s'immischia in conflitti esteri. Tuttavia, il nostro Paese non può sottrarsi agli sviluppi delle società di sicurezza private attive a livello internazionale e ciò per tre motivi: ­

gruppi di multinazionali con sede in Svizzera, ma anche altre numerose società dalle dimensioni più ridotte, orientate all'esportazione, sono attive in zone di crisi e di conflitto. Vi si aggiungono le rappresentanze ufficiali del nostro Paese, i progetti d'aiuto organizzati dallo Stato e l'ubicazione di diverse organizzazioni non governative svizzere in Stati poco stabili. In questi casi, si pone la domanda come proteggere il più efficacemente possibile il personale, gli edifici e i beni; compito questo che, talvolta, in assenza di strutture statali operative o di una presenza militare internazionale fidata, soltanto le società di sicurezza private vogliono o possono eseguire.

­

la minaccia di organizzazioni terroristiche che operano a livello globale, fortemente accresciuta in seguito all'11 settembre 2001, non si arresta dinanzi ai confini del nostro Paese. La nostra neutralità e una politica estera prudente non ci proteggono completamente dagli attacchi terroristici sul territorio nazionale svizzero, in particolare se sono diretti contro rappresentanze straniere, gruppi di società, associazioni internazionali, conferenze o grandi manifestazioni internazionali (ad es. manifestazioni sportive), succursali di organizzazioni internazionali, compagnie aeree straniere, turisti, personalità straniere di spicco, nonché contro oggetti che rappresentano un grande

8

600

In questo modo, i membri delle forze armate sono stati citati in giudizio per i reati commessi ad Abu Grahib, ma non gli impiegati delle società di sicurezza private, altrettanto coinvolti.

potenziale di danno (ad es. centrali nucleari). Negli ultimi anni ci si è adoperati non soltanto per rafforzare la cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo, ma anche per potenziare la protezione preventiva di persone e di oggetti. In futuro, considerati gli scarsi mezzi finanziari a disposizione dello Stato, gli effettivi stagnanti dei corpi di polizia cantonali e la riduzione dell'organico dell'esercito, si porrà sempre più frequentemente la domanda se e in quale misura le società di sicurezza private possono assumere compiti di protezione e di controllo supplementari.

­

Infine, la Svizzera potrebbe diventare una base organizzativa e logistica sempre più attraente per le società di sicurezza private che operano su scala mondiale, perché dispone di strutture sociali stabili, della libertà economica protetta dalla Costituzione e perché occupa una posizione importante sul mercato finanziario globale. Come illustrato al numero 3.3, in alcuni Cantoni esistono già ora società attive in zone di crisi e di conflitto o che non escludono di svolgere una simile attività in futuro.

3

Tipo e portata delle attività delle società di sicurezza e militari private in Svizzera e all'estero

3.1

Ricorso a società di sicurezza private per fini legati alla sicurezza interna sul territorio svizzero

Secondo il rapporto USIS del 26 febbraio 2001, nel 1998 in Svizzera esistevano circa 250­300 società di sicurezza private. La più importante fra esse impiegava circa 1500 collaboratori fissi e 3500 a titolo accessorio. Sempre nel 1998, il numero complessivo delle persone occupate nelle società di sicurezza e nelle agenzie d'investigazioni private era valutato a circa 8000­10 3009. Le nuove stime effettuate dai media nel 2005 hanno rilevato che soltanto nei sei Cantoni della Svizzera romanda il numero delle persone impiegate nel settore della sicurezza è pari a 5800, ossia 1000 persone in più che nei corpi cantonali di polizia di detti Cantoni. Soltanto nel Cantone di Ginevra sarebbero 80 le società di sicurezza con un totale di impiegati pari a circa 2650 persone10. Nel Cantone di Vaud si contano 4211 società di sicurezza private e nel Cantone del Ticino ve ne sono 119 che si occupano di investigazione, sorveglianza e trasporto di fondi12.

9

10 11 12

Cfr. Esame del sistema di sicurezza interna della Svizzera. 1a Parte: analisi dello stato attuale con lacune e punti forti, rapporto del 26 febbraio 2001 (USIS I), pag. 86 (versione tedesca). Il rapporto USIS, che si fonda su un articolo della Weltwoche del 5 giugno 1998, cita 8 000 persone. In un rapporto intermedio del 17 agosto 2000, allestito per il progetto USIS, la Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia (CDCGP), in base alle indicazioni del DDPS, menziona 10 300 unità di personale, cfr. allegato 1 al rapporto USIS I, pag. 18 (versione tedesca).

«Dans la jungle des polices privées», L'Hebdo del 18 agosto 2005, pag. 13.

Elenco allegato alla risposta del 29 luglio 2005 della polizia cantonale vodese a un sondaggio dell'Ufficio federale di giustizia rivolto ai Cantoni.

Articolo del 19 agosto 2004 di Andrea Leoni pubblicato su «Ticinonline», il portale online gestito dai tre giornali ticinesi Corriere del Ticino, La Regione Ticino e il Giornale del Popolo (http://www.tio.ch/common_includes/pagine_comuni/articolo _interna.asp?idarticolo=178582&idtipo=3).

601

Questo aumento è riconducibile principalmente ai seguenti motivi: ­

scarsità di personale a causa delle restrizioni budgetarie: nel 2001, in occasione dell'esame nel quadro del progetto USIS, i Cantoni hanno rilevato una mancanza di 800­1000 agenti di polizia civile13. Anche il Corpo delle guardie di confine, che collabora in modo ottimale con la polizia non soltanto presso i confini, ma anche nell'ambito della lotta alla criminalità transfrontaliera14, presenta una sottodotazione cronica di almeno 200 unità15. Tale carenza di personale è riconducibile essenzialmente alle restrizioni budgetarie dovute ai bilanci pubblici deficitarii. Da diverse inchieste emerge, ad esempio, che la polizia lavora a un costo molto più alto di quello dei servizi di sicurezza privati, perlomeno lì dove è spesso a stretto contatto con la popolazione e dove ha un'approfondita conoscenza della situazione locale, ossia nel servizio d'ordine comunale16. Significativamente, oggi è usuale affidare il servizio d'ordine a privati, ad esempio in occasione di una festa di un villaggio o di un evento sportivo locale. Per contro, la polizia locale, limitata dal punto di vista delle capacità, si concentra su compiti di sorveglianza e coordinamento di livello superiore. Le risorse della polizia non permettono nemmeno di garantire le ronde di pattugliamento notturne nei quartieri abitati, le quali possono contribuire a rafforzare notevolmente il senso di sicurezza soggettivo17. L'alto livello di professionalità di cui devono poter disporre le forze da impiegare può essere garantito soltanto tramite una formazione solida e quindi costosa. Di conseguenza, il solo aspetto finanziario non può essere determinante. Tuttavia, le restrizioni budgetarie hanno sicuramente un ruolo fondamentale nel ricorso, sempre più frequente, a fornitori privati nell'ambito della sicurezza.

­

Mutamenti in materia di criminalità e relativi al senso personale di sicurezza: negli ultimi decenni, le gravi forme di criminalità hanno subito un

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16 17

602

Gruppo pilota di Polizia XXI, verbale delle risposte al questionario USIS del 5 luglio 2001, cit. in USIS. Esame del sistema di sicurezza interna della Svizzera. 2a Parte: Varianti auspicate, misure immediate. Rapporto del 12 settembre 2001 (rapporto USIS II), pag. 87 (versione tedesca, cfr. anche http://www.usis.ch/deutsch/berichte/pdf_usis2_voll/deutsch.pdf (disponibile solo in tedesco e francese).

Per quanto riguarda i compiti del Corpo delle guardie di confine nel settore della sicurezza interna cfr. rapporto USIS I, op. cit. (nota 9), pagg. 58­61.

Cfr. rapporto USIS I, op. cit. (nota 9), pag. 60. Il 25 novembre 2003, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati parlava addirittura di una sottodotazione pari a 290 unità di personale.

A tal proposito cfr. Marco Gamma, op. cit. (nota 6), pagg. 222­23.

In Svizzera, siffatte ronde di pattugliamento e di controllo notturne sono diventate un campo d'attività importante dei servizi di sicurezza privati. Per le relative descrizioni dalla Svizzera romanda cfr. «Dans la jungle des polices privées», L'Hebdo del 18 agosto 2005, pagg. 17­18.

incremento sostanziale18. Fatta eccezione per gli omicidi, tra il 1992 e il 2003 sono notevolmente aumentati gli abusi sessuali e le lesioni dell'integrità fisica. La propensione alla violenza degli autori è cresciuta. Nel 2003, la delinquenza minorile ha superato di dieci volte il livello registrato nel 195619. I reati violenti rappresentano la più importante fonte di insicurezza per i cittadini e hanno un'enorme eco anche nei media. La crescita oggettiva dei reati violenti, ma anche l'accresciuto senso di insicurezza soggettivo impongono un aumento delle prestazioni di sicurezza, che la polizia non è più in grado di garantire in ogni caso, visto che il suo organico non aumenta.

­

3.2

Moltiplicazione di grandi eventi privati e pubblici, così come ampliamento dell'offerta nel settore dei trasporti pubblici: rispetto ai decenni passati, si osserva un aumento dei grandi eventi sportivi, culturali e politici. Si pensi ad esempio alle frequentatissime maratone in città, all'EURO 2008, alla Street Parade, agli open air, al Forum economico mondiale di Davos (WEF). Queste manifestazioni si contraddistinguono spesso per una forte partecipazione internazionale e per il fatto che, spesso, si tengono al centro delle città. La necessità di prestazioni di sicurezza è corrispondentemente elevata. Le forze di polizia si scontrano con i limiti delle loro capacità. Per quanto riguarda i grandi eventi privati, viene sottolineata l'importanza degli sforzi profusi dagli organizzatori di garantire, con i propri mezzi, la sicurezza e l'ordine. Nei decenni passati, si è pure assistito a un marcato ampliamento dell'offerta nel settore dei trasporti pubblici, soprattutto negli agglomerati urbani, durante la notte. A causa del risparmio forzato, tuttavia, è via via diminuito il personale proprio a disposizione per garantire la sicurezza dei passeggeri (treni non accompagnati). In questa situazione l'impiego sporadico di società di sicurezza private ha rappresentato una via d'uscita.

L'accresciuta importanza delle società di sicurezza e militari private nel contesto internazionale

Gli interventi coercitivi da parte di organizzazioni non statali o di privati tesi a imporre un determinato ordine o una struttura di potere all'estero non rappresentano affatto una novità, come non di rado lo dimostrano i recenti eventi (Iraq).

Così, ad esempio, a partire dal 13° secolo, le città stato italiane emergenti fondavano il loro potere quasi esclusivamente sugli eserciti professionali privati guidati dai condottieri, i quali venivano ingaggiati su una base contrattuale. Un altro esempio 18

19

Un paragone tra le statistiche sulla criminalità del 1990 e del 2000 mostra che sono aumentati considerevolmente i reati violenti quali gli omicidi, le lesioni colpose, la coazione, la rapina, l'estorsione, la minaccia, il rapimento, la presa d'ostaggio, così come la violenza carnale e altri reati contro l'integrità sessuale, Rapporto USIS I, op. cit. (nota 9), pag. 42 (versione tedesca). Nel Cantone di Zurigo, secondo la statistica cantonale sulla criminalità, la cifra complessiva dei reati registrati tra il 1980 e il 1997 si è raddoppiata, ibid., pag. 43. In base a uno studio dell'Università di Losanna che si fonda su un sondaggio fra le vittime, dalla fine degli anni Ottanta fino al 1997 in Svizzera sono raddoppiati pure i furti con scasso negli appartamenti, ibid., pag. 43 (Martin Kilias/Philippe Lamon, Zunahme der Kriminalität? Eine differenzierte Lagebeurteilung, Criminoscope, n. 12, dicembre 2000, Università di Losanna).

NZZ online del 25.05.2004, http://nzz.ch/2004/05/25/il/newzzDUNQDWNN­12.html; jsessionid=DD17B20763A6CAFF9582E157DFE4F767.

603

noto è quello delle società di commercio private, estremamente potenti, che hanno aperto le porte alle potenze coloniali britanniche e olandesi nel subcontinente indiano e nel Sud Est Asiatico durante la prima metà del 17° secolo e che disponevano di un potente apparato militare. Ancora nel 1782, quando la potenza coloniale britannica si era già da tempo stabilita in India, l'East India Company britannica disponeva di un esercito privato che contava più di 100 000 uomini e ciò la rendeva molto più potente dell'esercito coloniale britannico20. Tuttavia simili «organizzazioni militari private», che non erano subordinate ad autorità superiori, costituivano piuttosto l'eccezione. Fino al 20° secolo, il mercenarismo era molto più diffuso. In generale, per mercenario s'intende una persona che s'impegna contrattualmente, contro remunerazione, a mettersi a disposizione di una potenza straniera in qualità di combattente e a combattere per detta potenza in caso di guerra21.

I recenti sviluppi internazionali mostrano una forte crescita dell'importanza delle prestazioni private nei settori militare e di sicurezza. Oggi tali prestazioni rappresentano un importante potenziale di mercato che impiega diverse migliaia di persone su scala mondiale. Il caso dell'Iraq ha esemplificato tale evoluzione in modo eclatante. Si stima che in Iraq, nella primavera del 2003, ci fossero circa 15­20 000 persone impiegate contrattualmente da società di sicurezza private. Da allora tale effettivo è ancora aumentato22. Oggi il mercato globale conta un centinaio di società di sicurezza attive a livello internazionale sparse in circa cento Paesi23.

Secondo i pronostici, da qui al 2010, il volume commerciale mondiale, stimato a circa 100 miliardi di dollari americani, dovrebbe raddoppiare24. Attualmente, in determinati Paesi le spese pubbliche e private per le società di sicurezza private corrispondono già a un terzo, talvolta addirittura al 100 per cento, delle spese per gli eserciti regolari. Alcuni mandati conferiti a società di sicurezza private raggiungono volumi d'affari pari a diverse centinaia di milioni di dollari americani25. Nei Paesi in crisi quali l'Algeria o la Colombia, le imprese private destinano circa il 9 per cento delle loro risorse operative alle misure di sicurezza26. Le società private che operano sulla scena internazionale nei settori militare e della sicurezza non si limitano ad offrire ai loro mandanti soltanto un sostegno in termini di logistica, di personale e

20 21

22

23 24 25 26

604

P.W Singer, Corporate Warriors, Cornell University Press, Itacha (N.Y) 2003, pag. 35.

Il mercenariato rivestiva un ruolo molto importante ­ pure economico ­ in particolare anche nella vecchia Confederazione: nel quadro del reclutamento dei mercenari (la «Reisläuferei»), dall'inizio del 14° secolo e la fine del 19° secolo, un numero di mercenari stimato a 2 milioni di uomini provenienti dalla Confederazione entrarono in servizio militare all'estero, cfr. Schweizer Lexikon 91, vol. 2 Lucerna 1992, pag. 745 (parola chiave: «fremde Dienste»). Nonostante la prima Costituzione federale del 12 settembre 1848 vietasse i contratti di diritto internazionale che accordavano ai Paesi esteri il diritto di reclutare persone sul territorio svizzero e sebbene poco tempo dopo l'entrata nel servizio militare di un Paese estero fosse divenuta punibile, la Legione straniera francese, ad esempio, continuava a esercitare una forte attrattiva: si presume che, dal 1831, circa 60 000 Svizzeri vi abbiano prestato servizio, ibid., pag. 746 (parola chiave: «Fremdenlegion»).

Secondo Daniel Berger, «The Other Army», The New York Times del 14 agosto 2005, le persone armate che sono state ingaggiate su una base privata nel giugno 2005 sono pari a 25 000. Cfr. Caroline Holmquist, Private Security Companies. The Case for Regulation, SIPRI Policy Paper No. 9, Stokholm, gennaio 2005, pag. 1.

Holmquist, op. cit. (nota 22), pag. 1.

Singer, op, cit. (nota 20), pag. 78.

Singer, op. cit. (nota 20), pag. 80.

Singer, op. cit. (nota 20), pag. 81.

d'infrastrutture, bensì, occasionalmente, mettono a disposizione anche materiale di guerra pesante, ad esempio, aerei da combattimento, carri armati, e artiglieria27.

L'accresciuta importanza dei servizi privati nei settori militare e di sicurezza sulla scena internazionale è essenzialmente riconducibile al fatto che dalla fine della Guerra fredda, in diverse regioni, si sono creati dei vuoti di potere che hanno favorito la rovina totale o parziale di Stati instabili dal profilo etnico o politico. I cosiddetti «failed states», «failing states» o anche «weak states» sono diventati più numerosi.

Si tratta di Paesi che non hanno strutture governative e amministrative o forze dell'ordine statali oppure che non dispongono di simili strutture in grado di funzionare correttamente, nei quali il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato è rimesso in discussione in tutto il territorio nazionale o in alcune regioni.

Considerati i rischi legati ai diversi interventi condotti sotto il comando dell'ONU, da organizzazioni regionali o da singoli Stati e tesi a stabilire un ordine minimo o a evitare catastrofi umanitarie (ad es. in Somalia nel 1992, in Bosnia dal 1992 al 1995, in Liberia nel 1994), è stata avviata una discussione, segnatamente nelle democrazie occidentali, sull'impiego dei propri soldati o di forze di polizia in zone di crisi o di guerra. L'intensificazione dei rischi, difficilmente prevedibile, in occasione d'interventi tesi a mantenere o a stabilire l'ordine («peace keeping», «peace building», missioni umanitarie), ma anche la sensibilizzazione e la mediatizzazione democratiche crescenti delle società occidentali hanno portato a una concezione più restrittiva delle condizioni giuridiche richieste per l'invio di forze militari o di polizia statali. D'altro canto, le rappresentanze statali e gli impiegati esposti delle organizzazioni sopranazionali e delle ONG necessitano inequivocabilmente di una protezione particolare nei territori con strutture d'ordine statali carenti o che non funzionano del tutto. Tale protezione viene offerta da società private nei settori militare e di sicurezza. Le loro perdite in termini di vite umane ­ contrariamente a quanto succede per i membri delle unità di combattimento ­ non sono oggetto di alcuna statistica.

Il fatto che l'importanza delle società
militari private sia cresciuta è anche riconducibile al ritiro delle grandi potenze dai conflitti interni in corso dopo la Guerra fredda. A causa del mancato sostegno da parte dello Stato, le fazioni che partecipano alle guerre civili, che sono fortemente frammentate e che spesso non dispongono delle conoscenze necessarie per gestire e provvedere alla manutenzione dei sistemi di armi moderni, ricorrono alle società militari private. E l'offerta promuove tale sviluppo, poiché sfrutta le ingenti risorse in termini di materiale e di uomini liberate in seguito al forte ridimensionamento delle forze armate dei Paesi dell'ex blocco dell'Est, della NATO, ma anche dell'Africa del Sud dopo la fine dell'apartheid.

3.3

Le società di sicurezza e militari private che operano all'estero a partire dalla Svizzera

Nel quadro dei suoi lavori, il gruppo di lavoro interdipartimentale si è interessato anche della situazione relativa alle società di sicurezza o militari private che svolgono attività all'estero a partire dalla Svizzera, segnatamente nelle zone di crisi. Visto 27

Questo sembra essere il caso in Angola, cfr. Singer, op. cit. (nota 20), pag. 10, con un rimando ad Al Venter, «Out of State and Non­State Actors Keep Africa Down», Jane's Intelligence Review, 11 (01.05.1999).

605

che non è dato un obbligo generale, valido per tutta la Svizzera, di annunciare simili attività alle autorità, è stato difficile ottenere una visione d'insieme del significato di tali attività. Le società interessate non sono sottoposte a una sorveglianza particolare.

Dalle informazioni ottenute essenzialmente dai Cantoni si evince che le società di sicurezza private che intervengono nelle zone di crisi all'estero a partire dalla Svizzera rappresentano ancora un fenomeno piuttosto marginale. Alcuni indizi lasciano presumere che tale fenomeno potrebbe, tuttavia, diventare più importante. In particolare, non è escluso che simili società trasferiscano la loro sede in Svizzera per trarre vantaggio dalla buona reputazione del nostro Paese, in particolare anche a motivo della nostra politica di neutralità.

La maggior parte dei Cantoni dichiara di non conoscere società di sicurezza o militari private operanti nelle zone a rischio a partire dal loro territorio. Tuttavia, numerosi Cantoni ci hanno comunicato l'esistenza di simili società sul loro territorio, o perlomeno non l'hanno esclusa.

Il Cantone di Basilea Campagna, ad esempio, conta tre società che operano in zone di guerra o di crisi e che sono in possesso di un'autorizzazione rilasciata da un'autorità. Due di queste società hanno sede in Svizzera; la terza ha sede all'estero, ma una succursale in Svizzera. Le attività che esercitano sono le seguenti: sorveglianza di beni e protezione di persone, osservazione, tecnica di videosorveglianza, tecnica e intervento in materia di sistemi d'allarme. Nel quadro degli accertamenti effettuati dalle autorità basilesi, dodici altre società ventilerebbero l'eventualità di operare in zone a rischio.

Nel mese di giugno 2005, una società di sicurezza privata con sede nel Cantone del Ticino ha inoltre offerto spontaneamente i suoi servizi al DFAE. Dichiarò di essersi specializzata nella fornitura di prestazioni di servizi nel settore della sicurezza a favore di autorità, rappresentanze diplomatiche e di multinazionali attive in zone a rischio. Secondo le indicazioni di tale società, i suoi impiegati sarebbero cittadini dell'Unione europea e avrebbero un'esperienza professionale in materia di operazioni militari, lotta al terrorismo, impiego di esplosivi e come tiratori scelti. Essi avrebbero anche partecipato
alle operazioni dell'ONU e della NATO in Iraq, Afghanistan, Somalia, Sierra Leone, Guatemala, Bosnia e Kosovo. Secondo le informazioni ottenute dalle autorità ticinesi28, tale società non è in possesso di alcuna autorizzazione, perché le attività che esercita sul territorio ticinese sono di natura prettamente amministrativa (contabilità e stipulazione di contratti). Secondo la legislazione ticinese in vigore, tale genere d'attività non necessita di un'autorizzazione. Sembrerebbe che tale società si sia insediata nel Cantone del Ticino per una questione d'immagine (neutralità della Svizzera).

Un caso, verificatosi quasi esattamente dieci anni fa, mostra che privati o società private che operano dalla Svizzera possono anche essere coinvolti in attività problematiche all'estero.

Il 28 settembre 1995 un gruppo armato di 34 uomini, sotto la guida del famoso mercenario francese Robert «Bob» Denard, tentò un colpo di stato nell'Arcipelago delle Comore situato sulla costa africana orientale. Scoppiarono conflitti armati cui parteciparono golpisti stranieri, simpatizzanti nazionali e forze di sicurezza. Il 4 e il 5 di ottobre intervenne l'esercito francese che arrestò i 34 mercenari per condurli in Francia e

28

606

Lettera del Dipartimento delle istituzioni e della cultura del 6 settembre 2005 all'Ufficio federale di giustizia.

consegnarli alla giustizia. Tra gli arrestati vi era anche un cittadino svizzero e un cittadino dell'UE domiciliato in Svizzera.

In seguito le autorità francesi hanno svolto indagini nei confronti di 28 persone e hanno chiesto assistenza giudiziaria alla Svizzera. Le indagini si sono concluse appena poco tempo fa e il caso è stato trasmesso al Ministero pubblico francese. In Svizzera le autorità giudiziarie militari hanno aperto un'inchiesta nei confronti del cittadino svizzero coinvolto. Nel 1996 il Ministero pubblico della Confederazione ha respinto una domanda da parte dell'ex Polizia federale di aprire un'inchiesta nei confronti del cittadino dell'UE domiciliato in Svizzera per violazione dell'articolo 299 capoverso 2 del Codice penale (Violazione della sovranità territoriale di uno Stato estero) e per violazione della legislazione sul materiale bellico a motivo della procedura francese in corso. La domanda della Polizia federale era stata inoltrata, perché nel 1995 erano state pubblicate delle inserzioni su riviste per mercenari con lo scopo di reclutare persone per una «missione di sicurezza». Gli interessati dovevano quindi annunciarsi presso una casella postale svizzera che veniva impiegata sia dalla società di sicurezza privata del cittadino dell'UE domiciliato in Svizzera sia dal capo dei mercenari, Denard. Vi era il sospetto che il cittadino dell'UE domiciliato nel nostro Paese non avesse partecipato soltanto al golpe stesso, ma anche alla fase di pianificazione e di reclutamento.

3.4

Ricorso a società di sicurezza private da parte delle autorità federali29

3.4.1

In generale

Nel quadro dei suoi lavori, il gruppo di lavoro interdipartimentale ha condotto un sondaggio presso l'intera Amministrazione federale, i Servizi del Parlamento, la Posta e le FFS, al fine di valutare la portata del ricorso da parte delle autorità federali ai servizi delle società private per l'esecuzione di compiti di sicurezza o militari in Svizzera o all'estero. Sulle 56 unità amministrative e altri organismi che hanno risposto al sondaggio, 21 ricorrono ai servizi di società private nel quadro di mandati sporadici o per una durata più lunga. I servizi forniti dalle società di sicurezza consistono principalmente nella protezione di edifici e altre istallazioni, nell'accoglienza di ospiti all'entrata di edifici e nel controllo delle entrate, nella protezione del trasporto (ad es. il ricavo dalla vendita di vignette autostradali o il trasporto di documenti da eliminare), nonché nella protezione di persone (ad es. dei magistrati).

I seguenti casi meritano di essere illustrati nel dettaglio:

29

­

la Segreteria di Stato per l'educazione e la ricerca (DFI) e il DFAE ricorrono ai servizi delle società di sicurezza private per la protezione dei loro uffici e delle rappresentanze diplomatiche all'estero, ma anche degli appartamenti dei loro collaboratori all'estero (cfr. n. 3.4.2). I rispettivi mandati vengono conferiti a società locali all'estero;

­

l'Ufficio federale della migrazione fa ricorso alle società di sicurezza per gestire la propria centrale telefonica e la ricezione presso i centri di accoglienza per richiedenti l'asilo situati nelle zone di confine. Qualora i richiedenti l'asilo vengano sottomesi a un interrogatorio collettivo negli edifici di Berna­Wabern, le società di sicurezza sono incaricate di assicurare la protezione delle persone e del luogo e di controllare l'elenco delle persone Nel quadro del presente rapporto non è stata esaminata la portata della delega di compiti di sicurezza a società private da parte dei Cantoni e dei Comuni. Da un lato, perché questa questione non rientra nel quadro del mandato; dall'altro, perché avrebbe reso necessario uno studio approfondito che non poteva essere effettuato in un lasso di tempo così breve.

607

da interrogare in collaborazione con la polizia (art. 17 dell'ordinanza 1 dell'11 agosto 199930 sull'asilo relativa a questioni procedurali); ­

l'Ufficio federale della polizia fa ricorso ai servizi delle società di sicurezza per assicurare la protezione di edifici, magistrati o altre persone che beneficiano di una protezione speciale in virtù del diritto internazionale (art. 22­24 della legge federale del 21 marzo 197731 sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna [LMSI] e art. 3 dell'ordinanza del 27 giugno 200132 sui Servizi di sicurezza di competenza federale [OSF]). Le società di sicurezza private sono inoltre incaricate di garantire il trasporto intercantonale di persone private della libertà. L'Ufficio federale della polizia ricorre altresì ai loro servizi per assicurare il trasporto di persone in vista della loro espulsione; si tratta dell'accordo «Jail­Train­Street», il quale, dopo il 2005, verrà sostituito da una nuova convenzione cui la Confederazione non aderirà;

­

la Posta si avvale dei servizi delle società di sicurezza per la gestione della centrale d'allarme e per la protezione di edifici e di persone in determinate situazioni;

­

le FFS si servono dei servizi delle società di sicurezza private per «esercitare la polizia della ferrovia» giusta l'articolo 12 capoverso 1 della legge federale del 18 febbraio 187833 sulla polizia delle strade ferrate. Tali società hanno segnatamente il compito di mantenere l'ordine pubblico (prevenire le infrazioni, arrestare, denunciare i fatti punibili all'autorità competente), proteggere le persone e sorvegliare le infrastrutture.

3.4.2

Protezione delle rappresentanze svizzere all'estero

Per proteggere le rappresentanze svizzere all'estero (ambasciate, consolati generali, consolati, uffici di coordinamento), le residenze e gli alloggi privati dei collaboratori, la Confederazione (per il tramite dell'DFAE) incarica sempre società di sicurezza private locali. I loro compiti, paragonabili a quelli delle società di sorveglianza in Svizzera, consistono nei controlli d'accesso e all'ingresso e nella sorveglianza di edifici. In questo modo è possibile adempiere il mandato della Confederazione che consiste nel mantenere una rete di rappresentanze all'estero. In questo contesto non vengono affidati a terzi compiti che riguardano la sovranità. Nell'ambito della protezione degli uffici di coordinamento per lo sviluppo e la cooperazione, la legge federale sulla cooperazione allo sviluppo e l'aiuto umanitario internazionali e il decreto federale concernente la cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est, costituiscono le basi legali indirette, visto che si tratta di garantire l'adempimento del mandato legale (organizzazione delle condizioni generali necessarie).

Attualmente sono circa 80 le rappresentanze dotate di misure di sorveglianza. Se tali rappresentanze non fossero debitamente sorvegliate, non sarebbe possibile garantire la protezione del personale e, di conseguenza, occorrerebbe chiudere le rappresentanze, cosa che non sarebbe sostenibile per motivi legati alla politica estera e alla politica economica estera.

30 31 32 33

608

Ordinanza 1 sull'asilo, OAsi 1; RS 142.311 RS 120 RS 120.72 RS 742.147.1

Di norma la protezione è garantita dalle autorità del Paese ospitante, in casi eccezionali, anche da società di sorveglianza locali o dal personale di sicurezza impiegato localmente. Le misure di sicurezza concernono quasi esclusivamente la protezione di edifici. I criteri di scelta della società di sicurezza si basano sull'esperienza attiva con le circostanze locali e sulla disponibilità delle risorse necessarie per adempiere il mandato di protezione. L'invio di membri di un servizio di sicurezza per la protezione di una rappresentanza diplomatica non viola il diritto internazionale umanitario. Queste persone sono altresì obbligate a rispettare il diritto internazionale e i diritti dell'uomo (cfr. n. 5 qui dappresso). Visto che mancano standard qualitativi vincolanti a livello internazionale per l'impiego di forze di sicurezza private, conviene sceglierle con attenzione. I membri di formazioni militari di professionisti svizzere possono essere impiegati per un periodo di tempo limitato per missioni di sicurezza all'estero. Se l'impiego dura più di tre settimane, l'Assemblea federale deve approvarlo giusta l'articolo 70 della legge militare34. All'atto di esaminare un simile impiego va sempre valutato il rischio di sicurezza cui sono esposti i membri dell'esercito. Nel caso specifico dell'Iraq, bisogna ammettere che l'impiego di personale militare aumenta il rischio di attentati contro la rappresentanza svizzera35.

4

Il quadro legale nazionale

4.1

Basi costituzionali

I Cantoni sono competenti per garantire l'ordine e la sicurezza pubblici sul loro territorio; compito che tradizionalmente, è assolto dalla polizia (sovranità cantonale originaria in materia di polizia)36. D'altro canto, la Confederazione ha una competenza costituzionale implicita per prendere le misure necessarie in materia di sicurezza esterna e interna, al fine di assicurare la propria protezione, e quella delle sue istituzioni e dei suoi organi (protezione di persone, oggetti e di manifestazioni della Confederazione). Tale competenza si fonda sulla sovranità della collettività svizzera in quanto Stato37. La Confederazione dispone anche della competenza esaustiva ed esclusiva in materia di difesa del Paese (art. 58 Cost.)38.

Giusta l'articolo 57 capoverso 1 Cost.: «Nell'ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni provvedono alla sicurezza del Paese e alla protezione della popolazione«. Secondo questa formulazione, l'articolo 57 capoverso 1 Cost. non

34 35

36 37 38

RS 510.10 Si rimanda alle nostre seguenti risposte: interrogazione Haering Barbara, Forze di sicurezza private, del 4 maggio 2004 (04.1045); interrogazione urgente Lang Josef, Mercenari e soldati in Iraq, del 2 giugno 2004 (04.1066); ora delle domande del 7 giugno 2004, domanda Leuenberger Ueli: La Suisse doit immédiatement cesser sa collaboration avec des mercenaires (La Svizzera deve porre immediatamente fine alla collaborazione con i mercenari; domanda 04.5094), ora delle domande del 14 marzo 2005, domanda Wyss, Ursula: Private Sicherheitsfirmen (società di sicurezza private; domanda 05.5075).

Messaggio Cost., FF 1997 I 221.

Cfr. DTF 117 Ia 202 e Andreas Auer/Giorgio Malinverni/Michel Hottelier, Droit constitutionnel suisse, vol. I, Berna 2000, pag. 331, n. marg. 961.

Rainer J. Schweizer/Gabriela Küpfer in: Bernhard Ehrenzeller/Philippe Mastronardi/ Rainer J. Schweizer/Klaus A. Vallender (ed.), Die Schweizerische Bundesverfassung, Zurigo /Basilea /Ginevra 2002, osservazioni preliminari relative agli art. 57­61 n. marg. 11.

609

crea nuove competenze federali nell'ambito della sicurezza, ma si limita a confermare le competenze costituzionali della Confederazione e dei Cantoni39.

L'articolo 57 capoverso 2 Cost. tiene conto del fatto che la sicurezza non può essere condivisa: la Confederazione e i Cantoni devono coordinare «i loro sforzi nel settore della sicurezza interna». Tale obbligo di coordinamento interessa sia i Cantoni, i quali, se del caso, devono armonizzare le loro attività in materia di sicurezza sia la Confederazione. In virtù dell'articolo 57 capoverso 2 Cost., la Confederazione può, ad esempio, assicurare il coordinamento della sicurezza in occasione di manifestazioni importanti (WEF, Euro 2008) o legiferare nel caso in cui questioni relative alla sicurezza interna imponessero un coordinamento a livello svizzero in collaborazione con o addirittura sotto la direzione della Confederazione.

Negli ultimi anni, nell'ambito di determinati settori di compiti d'importanza nazionale (trasporti pubblici, diritto in materia di stranieri), la Confederazione ha emanato numerose norme che hanno, tra gli altri, come oggetto anche la delega a privati di compiti di sicurezza. Gli esempi più recenti sono il disegno di legge federale sui servizi di sicurezza delle imprese di trasporto (LFSI)40 e il disegno di legge federale sull'impiego della coercizione (LICo)41. Questi due disegni prevedono una descrizione precisa della portata e dei limiti del potere d'azione concesso a privati (cfr.

n. 4.4.1).

Infine, vi sono norme generali del diritto federale, quali, ad esempio, la legge sulle armi, la legge sul controllo dei beni a duplice impiego, il diritto penale, il diritto penale militare, il diritto civile o il diritto in materia di responsabilità che si applicano anche alle società di sicurezza private.

Finora, tuttavia, considerate le competenze di polizia limitate al territorio sono stati soprattutto i Cantoni a rilasciare prescrizioni concernenti l'autorizzazione e le attività delle società di sicurezza private e il loro personale. In questo contesto non è tuttavia ancora dato un disciplinamento unitario (cfr. n. 4.8). In base all'articolo 95 capoverso 1 Cost. (Attività economica privata) anche la Confederazione avrebbe la possibilità di emanare prescrizioni.

39

40 41

610

Messaggio del 20 novembre 1996 concernente la revisione della Costituzione federale, FF 1997 I segg., 221 (messaggio Cost.); Schweizer/Kupfer, op. cit. (nota 38), ad art. 57 Cost. n. marg. 1.

Per il disegno e il messaggio relativi alla LFSI cfr. FF 2005 2333 segg.

Per il disegno e il messaggio relativi alla LICo cfr. la pagina Internet dell'Ufficio federale di giustizia, http://www.ofj.admin.ch/i/index.html, rubrica «Legislazione», parola chiave «Impiego della coercizione».

Per tali disegni, la competenza della Confederazione di emanare norme si fonda soltanto in misura limitata sulla disposizione di coordinamento prevista all'articolo 57 cpv. 2 Cost.

(come è il caso per il disegno di LSFI accanito ad altre disposizioni costituzionali); essa si basa soprattutto sulle norme costituzionali che conferiscono alla Confederazione competenze materiali per legiferare in alcuni settori.

4.2

Ammissibilità delle attività private nell'ambito della sicurezza: limiti di diritto costituzionale

4.2.1

Problematica legata alle attività di sicurezza dal punto di vista dei cittadini

In una società democratica il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato ha una funzione importante: garantire il rispetto dell'ordinamento giuridico, in particolare dei diritti fondamentali dei cittadini garantiti dalla Costituzione e dal diritto delle genti. A tal proposito, le attività delle società di sicurezza private e di privati attivi nel settore della sicurezza possono sollevare delicati problemi pratici. Il primo problema che occorre segnalare è quello dei poteri d'intervento dell'agente di sicurezza, delle misure di coercizione che può impiegare nei confronti di una persona e dei mezzi che può utilizzare (ad es. manganello, manette, arma da fuoco, spray per difendersi, cani, ecc.). A questo proposito, ci si può segnatamente domandare se un agente di sicurezza abbia, ad esempio, il diritto d'interrogare una persona, di fermarla impiegando, se necessario, i ceppi, di sottometterla a una perquisizione sul corpo e di sequestrarle dei beni, o se le sue competenze si debbano limitare ai compiti di protezione e di sorveglianza, al mantenimento dell'ordine pubblico e alla prevenzione di reati.

La risposta alla domanda fino a che punto i privati sono autorizzati a intervenire per stabilire l'ordine e la sicurezza pubblici, anche impiegando mezzi coercitivi, cambia a dipendenza della natura dello spazio in cui ha luogo l'intervento (privato o pubblico). Può essere considerato uno spazio pubblico (o semipubblico) ogni spazio che non sia destinato a un impiego privato. Non è sempre facile distinguere lo spazio pubblico da quello privato e ciò lo dimostra, mutatis mutandis, la giurisprudenza relativa all'articolo 261bis del Codice penale svizzero (Discriminazione razziale)42.

4.2.2

Spazi privati

A prescindere dai diritti di difesa, fortemente limitati, quali la legittima difesa, lo stato di necessità e l'assistenza a terzi (aiuto immediato e assistenza necessaria), anche negli spazi strettamente privati il rispetto dell'ordine e della sicurezza pubblici spetta, in ultima analisi, allo Stato. In questo contesto, la legislazione costituzionale autorizza, se del caso, una gestione privata limitata della sicurezza, che si basa sul principio della responsabilità personale, riconosciuto dalla Costituzione con la protezione della sfera privata (art. 13 Cost.) e con la garanzia della proprietà (art. 26 Cost.). Oltre ai diritti di difesa, è soprattutto il diritto di godere del proprio domicilio, che si fonda sul rispetto dell'abitazione garantito dall'articolo 13 capoverso 1 della Costituzione e da tutte le Costituzioni cantonali, che determina la portata delle attività di sicurezza private autorizzate.

Una ponderazione tra la responsabilità personale privata e il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato che tiene conto del principio della proporzionalità porta al seguente risultato:

42

RS 311.0. Si veda, ad es. DTF 130 IV 111: il Tribunale federale ha giudicato che le dichiarazioni contenute nel discorso tenuto in occasione di una riunione a porte chiuse in un rifugio forestale dinanzi a 40­50 persone aveva un carattere pubblico.

611

­

le misure private ammissibili negli spazi privati sono, ad esempio: le misure preventive quali la protezione di oggetti (controlli all'interno e all'esterno di edifici); l'allontanamento di persone, il divieto d'accesso;

­

le misure private non ammissibili negli spazi privati senza il consenso degli interessati sono: i controlli d'identità, le perquisizioni e il sequestro di oggetti.

4.2.3

Spazi semipubblici

Gli spazi semipubblici, sono zone classificate come private, ma accessibili al pubblico nel quadro della loro destinazione. Esemplificando, possiamo citare gli stadi gestiti da privati, le scuole, i campi sportivi (delimitati), gli stabilimenti balneari, i ristoranti, i padiglioni delle fiere, i cinema, le discoteche, i negozi e i centri commerciali, nonché i mezzi di trasporto gestiti da privati quali bus, tram, treno o aereo.

Anche in questo contesto si applicano i diritti inerenti all'autodifesa sempre validi quali la legittima difesa, lo stato di necessità, l'assistenza a terzi (aiuto immediato e assistenza necessaria), così come il diritto di godere del proprio domicilio. Oltre a ciò i gestori privati dispongono tuttavia di competenze supplementari in materia sicurezza ancora più ampie. Entro determinati limiti, gli organizzatori privati sono responsabili a livello giuridico per lo svolgimento corretto delle loro manifestazioni.

Un'organizzazione o un'esecuzione lacunosa di un evento può, a determinate condizioni, fondare la responsabilità civile dell'organizzatore e l'obbligo di risarcire eventuali danni.

Visto che le misure di sicurezza autorizzate atte al mantenimento dell'ordine pubblico negli spazi semipubblici non rientrano né nel diritto di godere del proprio domicilio né negli altri diritti d'autodifesa, occorre, se del caso, disporre di una base giuridica speciale. Tale base, di norma, consiste in un consenso contrattuale. Il ricorso a una prestazione contrattuale, ad esempio, l'acquisto di un biglietto d'entrata o di trasporto, implica pure l'accettazione di misure di sicurezza che pregiudicano la libertà personale. In questo contesto occorre considerare attentamente quali misure vengono coperte dal consenso e quali no.

In questa sede il principio della proporzionalità ha un ruolo essenziale. Esso permette di operare la seguente distinzione: ­

in base al consenso contrattuale dell'interessato, le misure di sicurezza private ammesse negli spazi semipubblici sono, ad esempio: i controlli d'entrata, gli interventi per separare gruppi di persone (ad es. tifosi), le perquisizioni, se sono in relazione con la sicurezza dell'evento in questione, il sequestro di oggetti, se è in relazione alla sicurezza dell'evento in questione, la registrazione delle generalità;

­

i gestori privati non sarebbero per contro autorizzati ad applicare vere e proprie misure d'identificazione.

612

4.2.4

Spazi pubblici

Nello spazio pubblico, ossia in una zona che non si lascia attribuire a privati, il personale di sicurezza privato non può far valere diritti d'intervenire che travalicano i diritti d'autodifesa (legittima difesa e stato di necessità) e gli obblighi d'assistenza a terzi (aiuto immediato e assistenza necessaria). Il mantenimento dell'ordine nello spazio pubblico spetta, per definizione, allo Stato. Ciascun diritto supplementare d'intervenire da parte dei privati richiede un'autorizzazione speciale da parte del legislatore nel quadro di una delega di compiti (cfr. n. 4.4). In assenza di tale autorizzazione, il limite in uno spazio pubblico si lascia stabilire nel modo seguente: ­

oltre ai diritti d'autodifesa sono quindi ammesse attività di carattere meramente preventivo, che non rappresentano un'ingerenza nella libertà altrui, quali ad esempio, le ronde di pattugliamento private nei quartieri abitati. Se si constata una minaccia all'ordine pubblico o se si verifica un evento insolito, è possibile porvi rimedio soltanto informando gli organi statali preposti alla sicurezza. Le persone che stavano per commettere un reato possono essere fermate per un periodo di tempo limitato, fino all'arrivo delle forze di sicurezza statali (diritto di fermare una persona);

­

in assenza di una particolare delega di compiti, non sono ammessi interventi forzati di nessun genere che violano la libertà degli interessati e travalicano i diritti d'autodifesa. Fra tali interventi si annoverano, ad esempio, il controllo d'identità, il sequestro di oggetti o il blocco stradale.

4.2.5

Protezione privata di persone e assicurazione del trasporto di beni e valori

Nonostante vengano effettuati in uno spazio pubblico, la protezione di persone e l'assicurazione del trasporto di beni e valori rappresentano casi eccezionali nella misura in cui possono essere riconducibili a un bisogno di protezione individuale, vale a dire che avvengono in modo mirato, che sono riconoscibili e circoscrivibili dalla collettività: ­

sono ammesse non soltanto misure preventive quali l'osservazione e la sorveglianza, ma anche, ad esempio, proteggere una persona o il suo veicolo allontanando terzi dalle immediate vicinanze dell'oggetto da proteggere, sempreché ciò avvenga in misura proporzionata (tenere libero uno spazio nelle immediate vicinanze, ma non bloccare la strada);

­

in assenza di una delega di compiti particolare prevista dalla legge (cfr.

n. 4.4), sono per contro inammissibili interventi forzati di ogni genere che travalicano i diritti d'autodifesa (legittima difesa, stato di necessità) e gli obblighi d'assistenza a terzi (aiuto immediato, assistenza necessaria) e che violano la libertà personale degli interessati. Tra di essi si annoverano, ad esempio, il controllo d'identità, il sequestro di oggetti, il blocco stradale, o l'allontanamento. In determinati casi, tuttavia, operare una distinzione tra diritti d'autodifesa ammessi e interventi forzati non ammessi può diventare una questione delicata: mentre la costrizione preventiva non è ammissibile, l'eventuale impiego di armi da fuoco da parte del personale di sicurezza privato per preservare la vita e l'integrità fisica di una persona da un pericolo imminente, può essere considerata un'autodifesa ammessa.

613

4.3

I limiti della privatizzazione

Garantire la copertura degli elementari bisogni di sicurezza privati e il rispetto dell'ordine pubblico fanno senza dubbio parte dei compiti indispensabili dello Stato.

De iure sarebbe possibile privatizzare43 tali compiti, visto che la Costituzione federale, come pure le Costituzioni cantonali, non conoscono limiti materiali intrinseci.

De facto, tuttavia, è esclusa, perché lo smantellamento o anche soltanto un pregiudizio al monopolio del potere statale metterebbe in discussione la legittimità, ossia, in ultima istanza, la stessa ragione d'essere dello Stato.

Una privatizzazione è pertanto ipotizzabile soltanto negli ambiti marginali delle attività di sicurezza e di polizia, ma non in quello centrale. Nella dottrina sono discussi compiti marginali, attualmente assolti in parte dalla polizia, quali la consulenza preventiva sulla criminalità o anche attività tecniche di aiuto e controllo nell'ambito della circolazione stradale44.

La domanda se un'attività nel settore della polizia o della sicurezza rientra nei compiti statali centrali, la cui privatizzazione è di fatto esclusa, o se si tratta di un ambito marginale che può essere privatizzato, va esaminata caso per caso. A tal riguardo sono determinanti i seguenti criteri restrittivi: ­

alto rischio d'impiego della coercizione fisica: le attività che comportano a priori un impiego diretto della coercizione fisica, al fine di prevenire una minaccia o di eliminare un turbamento (ad es. interventi armati per garantire il rispetto o il mantenimento dell'ordine pubblico, arresti, notevole limitazione della libertà di movimento tramite il fermo di lunga durata), devono restare di competenza dello Stato in quanto compiti indispensabili e, de facto, non sono privatizzabili;

­

ingerenza nei diritti fondamentali: quando ci si deve attendere importanti ingerenze nei diritti fondamentali, la privatizzazione non entra in linea di conto. Nel caso di un impiego diretto della coercizione fisica (intervento armato per garantire il rispetto o il mantenimento dell'ordine pubblico, arresti risp. limitazione della libertà di movimento che va oltre il diritto ­ fortemente limitato ­ di fermare una persona che sta commettendo un reato), il necessario monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato sembra precludere la privatizzazione. Tuttavia, pure le misure preventive quali, ad esempio, le intercettazioni telefoniche, le ingerenze nel segreto postale o la sorveglianza di persone rappresentano massicce ingerenze nei diritti fondamentali. Tali misure devono anche restare di competenza dello Stato;

­

parità di trattamento in materia di sicurezza: all'atto di adempiere i suoi compiti, lo Stato è obbligato a garantire un trattamento equo. La privatizzazione di parti dell'attività statale nel settore della polizia e della sicurezza raggiunge i suoi limiti laddove non è più possibile garantire un'equa sicurezza pubblica. È quindi impensabile privatizzare la protezione locale contro le minacce, poiché a beneficiare della protezione sarebbero soltanto le persone (risp. le strade o i quartieri) che se lo possono permettere. Se lo Stato

43 44

614

Ossia il fatto di liberare totalmente un'attività dalla responsabilità dello Stato cfr. n. 2.3.

Cfr. Gamma, op. cit. (nota. 6), pagg. 157­59. Tuttavia, secondo alcune stime interne della polizia, circa il 30­40 per cento del lavoro giornaliero della polizia non rientrerebbe nel settore centrale delle attività di polizia, ibid., pag. 127.

non è in grado di offrire una protezione efficace a costi sostenibili, allora si può eventualmente prevedere, mediante una delega di compiti, di ricorrere, entro certi limiti, a un sostegno da parte di privati; la responsabilità ultima resta comunque nelle mani della collettività (cfr. n. 4.4).

4.4

La delega a privati di compiti di sicurezza statali: limiti di diritto costituzionale

Per la Confederazione l'articolo 178 capoverso 3 Cost. stabilisce che i «compiti amministrativi possono essere affidati per legge a organizzazioni e persone di diritto pubblico o privato che non fanno parte dell'amministrazione federale».

Nei Cantoni va valutato separatamente se la situazione giuridica è paragonabile a quella della Confederazione o se la delega di compiti statali a privati presuppone un'autorizzazione specifica da parte della Costituzione cantonale.

Dottrina e giurisprudenza ritengono che una delega di compiti sia inoltre ammessa soltanto se rispetta le tre condizioni seguenti previste all'articolo 5 capoversi 1 e 2 Cost., per qualsiasi attività dello Stato, e all'articolo 36 capoversi 1­3, per tutte le restrizioni dei diritti fondamentali: ­

deve avere una base legale sufficiente;45

­

risponde al pubblico interesse;

­

osserva il principio della proporzionalità.

4.4.1

Base legale

Come succede per tutte le deleghe di compiti amministrativi, anche la delega a privati di compiti nei settori della polizia e della sicurezza deve poggiare su una base legale formale. Ciò non soltanto in virtù del principio riconosciuto secondo cui ogni attività statale deve essere sancita dalla legge (principio della legalità), ma anche a causa della deroga al principio organizzativo previsto dalla Costituzione, in virtù del quale lo Stato assolve essenzialmente da sé i suoi compiti46.

Tuttavia, non è ancora stata data una risposta alla domanda quale deve essere il contenuto della legge nel senso formale. La dottrina si rifà spesso al criterio delle «attività sovrane»47. Talvolta lo fa anche il legislatore, ad esempio nell'articolo 17 dell'ordinanza 1 sull'asilo, secondo cui l'Ufficio federale competente può demandare a terzi «compiti che non riguardano la sovranità» per garantire la gestione dei centri di registrazione48. È certo che a livello giuridico è spesso opportuno operare una distinzione tra compiti statali sovrani e compiti statali non sovrani. Nella prassi, tuttavia, tale distinzione non permette di risolvere determinati problemi fondamenta45 46

47 48

Per la Confederazione ciò è previsto esplicitamente all'art. 178 cpv. 3 Cost.

Di norma, quindi, la delega di compiti della Confederazione a privati va considerata una «disposizione importante che contiene norme di diritto» ai sensi dell'art. 164 cpv. 1 Cost.

la quale deve essere emanata sotto forma di legge federale.

A tal riguardo si consulti, ad es. Gamma, op. cit. (nota. 6), pag. 204.

Ordinanza 1 dell'11 agosto 1999 sull'asilo relativa a questioni procedurali (OAsi1, RS 142.311).

615

li che nascono in relazione allo svolgimento di attività di sicurezza da parte di privati. In effetti, il fatto che un compito riguardi la sovranità dello Stato non rappresenta un criterio determinante per la persona interessata; per quest'ultima il criterio principale è piuttosto quello della reale possibilità di un impiego diretto della coercizione e il conseguente rischio d'ingerenza nei diritti fondamentali protetti. Così, il personale di sicurezza privato che esercita compiti ausiliari che non riguardano la sovranità dello Stato, al fine di mantenere l'ordine e la sicurezza pubblici in uno spazio semipubblico (ad es. stadi, aeroporti) o nel settore pubblico in collaborazione con la polizia, si può trovare in situazioni che degenerano in conflitti violenti. Per questo motivo, la legge nel senso formale deve disciplinare le questioni più importanti relative ai poteri e ai mezzi d'intervento, all'organizzazione del personale di sicurezza privato, così come ai sistemi di controllo e di sorveglianza dello Stato.

Con due progetti di legge federale, recentemente posti in consultazione, che toccano la tematica legata ai settori della sicurezza e della polizia, s'intende soddisfare tali esigenze: ­

il disegno di legge federale del 23 febbraio 200549 sui servizi di sicurezza delle imprese di trasporto (LFSI) deve sostituire la legge federale che risale a oltre 120 anni fa sulla polizia delle strade ferrate50. Questo disegno non disciplina soltanto lo scopo e i compiti (art. 2) e i principi organizzativi dei servizi di sicurezza (art. 3), ma anche i singoli poteri quali il diritto di interrogare persone, di controllare i documenti di legittimazione, di trattenere e allontanare le persone, di ritirare oggetti per garantire le prove (art. 5), e i limiti nell'ambito dei mezzi d'intervento (la coercizione diretta può essere esercitata soltanto nei confronti di persone che turbano le imprese di trasporto nell'esercizio delle loro attività, art. 5 cpv. 4 in combinato disposto con l'art. 5 cpv. 1 del disegno).

­

l'avamprogetto di legge federale sull'impiego della coercizione nell'ambito del diritto degli stranieri e dei trasporti di persone su mandato delle autorità federali (Legge sull'impiego della coercizione [LICo])51, posto in consultazione il 24 novembre 2004, prevede esplicitamente che le autorità, per adempiere i loro compiti, possono impiegare anche servizi privati (art. 1 cpv.

1 lett. c dell'avamprogetto). Detto avamprogetto non descrive soltanto lo scopo dell'impiego della coercizione (art. 3), ma limita pure i mezzi d'intervento, ad esempio, nell'ambito dell'impiego della forza fisica; inoltre stabilisce i mezzi ausiliari ammessi e quelli vietati (art. 3­4 e art. 6­8), nonché i poteri delle autorità autorizzate a impiegare la coercizione.

49 50

51

616

Per il disegno e il messaggio concernenti la LFSI cfr. FF 2005, 2333 segg.

Legge federale del 18 febbraio 1878 sulla polizia delle strade ferrate, (RS 742.147.1).

Giusta l'art. 12 cpv. 1 di questa legge «Ogni società ferroviaria designa quei funzionari e impiegati che sono investiti del diritto di esercitare la polizia della ferrovia ...». In base a tale disposizione è possibile delegare a privati compiti di sicurezza, cfr. n. 3.4.1.

Per il disegno e il messaggio relativi alla LICo cfr. la pagina Internet dell'Ufficio federale di giustizia, http://www.ofj.admin.ch/i/index.html, rubrica «Legislazione», parola chiave «Impiego della coercizione».

In altri casi, tuttavia, il legislatore si è limitato a emanare mere clausole di autorizzazione, senza precisare lo scopo, la portata o le autorizzazioni d'intervento associate alla delega a privati: ­

l'articolo 22 capoverso 2 della legge federale del 21 marzo 199752 sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna (LMSI) autorizza il nostro Collegio a delegare a servizi di sicurezza privati il compito di diritto pubblico di assicurare la protezione delle autorità, delle persone e degli edifici della Confederazione. L'ordinanza del 27 giugno 200153 sui Servizi di sicurezza di competenza federale disciplina i compiti degli organi incaricati della protezione di persone e di edifici giusta gli articoli 22­24 LMSI (cfr. art. 1 OSF). Giusta l'articolo 3 di detta ordinanza, i servizi federali competenti possono ricorrere a «servizi di protezione privati» per la sorveglianza di edifici della Confederazione «se si deve potenziare il proprio personale» (cpv. 1). È anche possibile impiegare tali servizi «per manifestazioni della Confederazione, eventualmente per rafforzare la polizia» (cpv. 2). In base al capoverso 3 di detta disposizione il DFGP «stabilisce le condizioni richieste ai servizi di protezione privati per il loro impiego presso la Confederazione.»54;

­

giusta l'articolo 6 capoverso 2 lettera b dell'ordinanza del 2 maggio 199055 concernente la protezione delle opere militari, la sorveglianza e la guardia a opere militari può essere affidata a persone o imprese assunte a tal fine per contratto.

Nel caso appena citato, la delega si fonda soltanto su un'ordinanza.

4.4.2

Interesse pubblico

In caso di delega di compiti a privati ­ contrariamente a quanto succede nell'ambito della privatizzazione (cfr. n. 4.3) ­ lo Stato continua a mantenere la responsabilità ultima per il loro corretto adempimento56. Giusta l'articolo 35 capoverso 2 Cost.57 e a differenza dei privati che assolvono i loro compiti da sé, quelli che svolgono compiti statali devono rispettare i diritti fondamentali. Modificando la legge, lo Stato può revocare la delega in ogni tempo. Per questo motivo, il margine di manovra è più ampio quando l'interesse pubblico consiste nel delegare l'esecuzione di un compito che nell'ambito di una privatizzazione.

52 53 54 55 56

57

RS 120.

OSF; RS 120.72 Il Dipartimento non ha ancora fatto uso di tale delega.

Ordinanza del 2 maggio 1990 concernente la protezione delle opere militari; RS 510.518.1.

L'art. 19 cpv. 1 lett. a della legge federale del 14 marzo 1958 sulla responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari federali (Legge sulla responsabilità, RS 170.32) prevede una responsabilità sussidiaria della Confederazione per i danni causati da un organo incaricato di compiti di diritto pubblico della Confederazione.

«Chi svolge un compito statale deve rispettare i diritti fondamentali e contribuire ad attuarli».

617

La delega di compiti a privati nel settore della sicurezza e della polizia è nell'interesse pubblico, ad esempio, quando la fornitura di prestazioni da parte di privati è meno costosa o se comporta un adempimento dei compiti più efficace (concentrazione delle forze statali su interventi di sicurezza e di polizia prioritari). In sostanza, si può dire di essere in presenza di un interesse pubblico nei casi seguenti: ­

i mezzi dello Stato non permettono di garantire le esigenze importanti in materia di sicurezza e di ordine pubblici. Una soluzione puramente statale comporterebbe un impiego sproporzionato di risorse;

­

è più opportuno delegare a privati compiti di sorveglianza, perché, ad esempio, dispongono di conoscenze particolari e conoscono bene le circostanze.

In occasione di una manifestazione sportiva in uno stadio, si potrebbe, ad esempio, assegnare a ex tifosi compiti legati al controllo e alla sorveglianza di gruppi di tifosi potenzialmente problematici;

­

la delega di compiti di sicurezza statali a privati mira a coprire un fabbisogno eccezionale. E in determinati casi, le risorse a disposizione dello Stato non bastano per soddisfare tale fabbisogno. Nell'ambito d'importanti eventi, pianificati con un largo anticipo, un impiego sensato delle risorse statali può richiedere, ad esempio, che vengano delegati a privati compiti del servizio d'ordine chiaramente definiti e ritenuti non problematici, al fine di permettere allo Stato di disporre di sufficienti forze d'impiego per garantire l'assolvimento di altri compiti di sicurezza, segnatamente anche per poter gestire situazioni di crisi impreviste.

4.4.3

Proporzionalità

Come tutte le attività statali, anche la delega a privati di compiti di sicurezza statali è legata al principio della proporzionalità. Ciò significa, in particolare, che i Cantoni non possono semplicemente delegare tutte le loro attività di polizia a servizi di sicurezza privati, sotto il pretesto che questi ultimi lavorano a costi inferiori. In questo caso non mancherebbe soltanto un interesse pubblico, ma si violerebbe pure il principio della proporzionalità.

Questo significa anche che le esigenze alla base dell'esame della proporzionalità devono essere molto severe ­ lo stesso vale per la questione relativa alla base legale (cfr. n. 4.4.1) ­ qualora la delega comportasse misure coercitive suscettibili di pregiudicare i diritti fondamentali degli interessati. La proporzionalità si fonda sempre su una ponderazione degli interessi tra l'esigenza della collettività di beneficiare di una sicurezza pubblica ottimale grazie a un impiego efficace delle risorse, e le esigenze dei potenziali interessati di essere protetti nei loro diritti fondamentali.

Visto che i settori della polizia e della sicurezza sollevano questioni particolarmente delicate, tale ponderazione dovrà essere effettuata spesso già a livello legislativo formale. All'atto di operare la ponderazione degli interessi, dovranno entrare in linea di conto i seguenti criteri restrittivi: ­

618

delegare con moderazione autorizzazioni che possono comportare un impiego diretto della coercizione nei confronti di persone: come già illustrato nell'ambito della base legale (n. 4.4.1), non soltanto lo scopo dell'impiego, ma anche le condizioni e i mezzi d'impiego andrebbero definiti già a livello della legge nel senso formale;

­

disporre con moderazione ordini o misure con un carattere coercitivo quando non è data un'urgenza: tale moderazione si fonda sull'idea secondo cui converrebbe ricorrere a privati a titolo sussidiario nei settori della sicurezza e della polizia. L'interesse pubblico legittima una collaborazione privata nell'ambito dell'adempimento del mandato di sicurezza pubblico, in particolare anche per coprire un fabbisogno eccezionale (cfr. n. 4.4.2).

4.5

La legislazione federale applicabile alle attività di sicurezza da parte di privati

Nonostante le società di sicurezza private in Svizzera siano rette principalmente dal diritto cantonale, alcune delle loro attività possono sottostare al diritto federale, in particolare alla legislazione sulle armi. La fornitura di prestazioni militari all'estero può quindi sottostare a norme speciali di diritto federali. Il presente rapporto tratta pure le possibilità offerte dal diritto penale e dal diritto penale militare per sanzionare i reati commessi da agenti di sicurezza privati, segnatamente in occasione di operazioni all'estero.

4.5.1

La legislazione federale sulle armi e sul materiale bellico

La legge sulle armi58 limita le competenze delle persone private e delle organizzazioni private nel settore della sicurezza e della polizia. Si applica alle attività commerciali e non commerciali esercitate da privati.

L'acquisto di armi nell'ambito commerciale richiede un permesso d'acquisto di armi (art. 8 LArm), il quale è subordinato a particolari condizioni personali. Numerose disposizioni della legge e dell'ordinanza sulle armi59 richiedono che una persona ha dato prova di saper maneggiare un'arma senza ferire terzi (cfr. art. 8 cpv. 2 LArm e art. 32 cpv. 1 OArm). Anche nel caso in cui fosse possibile acquistare un'arma senza un permesso d'acquisto di armi, ad esempio presso un privato, l'alienante deve essere al corrente dell'esistenza di tali condizioni.

Chiunque intende portare un'arma in pubblico, necessita di un permesso di porto di armi (art. 27 cpv. 1 LArm), rilasciato dall'autorità competente del Cantone di domicilio per la durata massima di cinque anni (art. 27 cpv. 3 LArm). Questo permesso è rilasciato soltanto se l'interessato adempie le condizioni cumulative per il rilascio di un permesso d'acquisto di armi, quando rende verosimile che l'arma serve per proteggersi o per proteggere altre persone od oggetti e quando ha superato un esame nel quale ha dato prova di saper maneggiare le armi e di conoscere le disposizioni legali concernenti l'uso delle armi (art. 27 cpv. 2 LArm). Conformemente al principio della proporzionalità, l'articolo 31 OArm prevede che un'arma «può essere portata con sé soltanto per un tempo adeguato in relazione all'attività che ne giustifi-

58 59

Legge federale del 20 giugno 1997 sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni (Legge sulle armi [LArm]), RS 514.54 Ordinanza del 21 settembre 1998 sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni (Ordinanza sulle armi [OArm]), RS 514.541

619

ca l'uso» (cpv. 1) e soltanto se non si trova alcuna munizione nel caricatore durante il trasporto di armi da fuoco portatili (cpv. 2).

Conviene altresì rimandare alla legge federale del 13 dicembre 199660 sul materiale bellico, che disciplina la fabbricazione e il commercio di materiale bellico, nonché il trasferimento di beni immateriali concernenti il materiale bellico.

4.5.2

La legislazione in materia di embarghi

Il diritto federale non vieta in maniera generale le attività legate alla fornitura di beni e prestazioni militari, ma contiene tuttavia determinate disposizioni speciali. In effetti, in virtù della legge federale del 22 marzo 200261 sull'applicazione di sanzioni internazionali, la Confederazione può prendere misure coercitive per applicare le sanzioni internazionali volte a far rispettare il diritto internazionale. Tali misure possono segnatamente limitare il traffico delle merci e dei servizi, ma anche consistere in divieti o obblighi di autorizzazione (art. 1 cpv. 1 e 3 LEmb). La Confederazione ha fatto uso di tale facoltà emanando un determinato numero di ordinanze62.

4.5.3

Responsabilità penale per i reati commessi all'estero

Visto che non è escluso che società di sicurezza private svolgano attività all'estero a partire dalla Svizzera o che cittadini svizzeri vengano reclutati per svolgere attività all'estero, occorre esaminare in quale misura le disposizioni del diritto penale svizzero permettono di sanzionare i reati commessi all'estero. La mozione Wyss 04.3748 chiede, in particolare, se vengono perseguiti i reati commessi da persone al servizio di una società di sicurezza privata che lavorano su mandato della Svizzera.

Occorre quindi innanzitutto esaminare in quale misura tali reati sarebbero perseguiti in virtù del diritto svizzero. Per quanto riguarda la questione del perseguimento dinanzi a una giurisdizione internazionale rimandiamo inoltre al numero 5.5.2.

4.5.3.1

Responsabilità individuale

Il Codice penale63 reprime diversi reati che possono interessare le attività delle società di sicurezza private, quali, ad esempio, gli «atti compiuti senza autorizzazione per conto di uno Stato estero» (art. 271 CP), gli «atti di ostilità contro un belligerante o contro truppe straniere» (art. 300 CP), la «violazione della sovranità territoriale di uno Stato estero» (art. 299 CP) e lo «Lo spionaggio in danno di Stati terzi» (art. 301 CP).

60 61 62

63

620

LMB; RS 514.51.

Legge sugli embarghi (LEmb); RS 946.231 Le ordinanze emanate in virtù della legislazione in materia di embarghi sono pubblicate sul sito Internet della Direzione del lavoro del Segretariato di Stato dell'economia (Seco) e sono leggibili al seguente indirizzo: www.seco.ch.

CP; RS 311.0. La Parte generale del CP è stata oggetto di una revisione, cfr. a questo proposito le modifiche del 13 dicembre 2002, FF 2002 7351 segg. Non abbiamo ancora stabilito la data d'entrata in vigore; provvisoriamente è prevista per il 1° gennaio 2007.

Determinate disposizioni del Codice penale militare del 13 giugno 192764 potrebbero, inoltre, applicarsi al personale di società di sicurezza private qualora siano soddisfatte determinate condizioni personali. Potrebbero, ad esempio, applicarsi alle «persone che seguono la truppa senza farne direttamente parte» (art. 4 n. 1 CPM), alle «persone di condizione civile, le quali commettono determinati reati citati nella legge in tempi di guerra» (art. 4 n. 2 CPM) o anche alle «persone che, in caso di conflitto armato, hanno partecipato, insieme ad altre persone sottoposte al diritto penale militare, a un reato contro il diritto delle genti» (art. 6 cpv. 1 CPM).

Il CPM reprime segnatamente i seguenti reati: gli atti di ostilità contro un belligerante o contro truppe straniere (art. 92 CPM, Violazione della neutralità), lo spionaggio a danno di Stati esteri (art. 93 CPM, Violazione della neutralità), il servizio straniero (art. 94 CPM, Indebolimento della forza difensiva del Paese), la violazione di obblighi contrattuali (art. 97 CPM), la violazione di segreti militari (art. 106 CPM), e i reati contro il diritto delle genti in caso di conflitto armato (art. 108­114 CPM).

Un atto commesso dal personale di una società di sicurezza privata può essere considerato lecito se è imposto dalla legge o dal dovere d'ufficio o professionale (art. 32 CP)65, se l'autore si trova in una situazione di legittima difesa (art. 33 CP)66 o se ha agito in uno stato di necessità (art. 34 CP)67. Anche il Codice penale militare, come il Codice penale, prevede che gli atti commessi in uno stato di legittima difesa (art. 25 CPM) o in uno stato di necessità (art. 26 CPM) sono atti leciti68.

Se l'autore ha commesso il reato all'estero, il Codice penale svizzero è applicabile quando:

64

65

66

67

68

69

­

l'autore ha commesso un crimine o un delitto contro lo Stato (art. 4 CP)69;

­

(1) l'autore ha commesso un crimine o un delitto contro uno Svizzero; (2) l'atto è punibile anche nel luogo in cui è stato compiuto; (3) il colpevole si trova già in Svizzera e per cui non è estradato all'estero o è estradato alla Confederazione per questo reato (art. 5 CP). Questa disposizione sancisce il principio della personalità passiva;

­

(1) l'autore del crimine o del delitto è uno Svizzero; (2) l'atto è punibile anche nel luogo in cui è stato compiuto; (3) il diritto svizzero ammette CPM; RS 321.0. Il CPM è stato oggetto di una revisione, cfr. a questo proposito le modifiche del Codice penale militare del 21 marzo 2003, FF 2003 2438 segg. Non abbiamo ancora stabilito la data d'entrata in vigore; provvisoriamente è prevista per il 1° gennaio 2007.

A differenza dell'art. 32 CP, l'art. 14 della modifica del CP del 13 dicembre 2002 limita le circostanze esimenti all'obbligo legale e all'autorizzazione legale; non sono più menzionati né il dovere d'ufficio né il dovere professionale.

La modifica del CP del 13 dicembre 2002 prevede la legittima difesa esimente (art. 15) e la legittima difesa discolpante (art. 16): la prima disposizione corrisponde, in sostanza, all'attuale art. 33 cpv. 1 CP, la seconda all'attuale art. 33 cpv. 2 CP.

La modifica del CP del 13 dicembre 2002 prevede lo stato di necessità esimente (art. 17) e lo stato di necessità discolpante (art. 18): la prima disposizione corrisponde, in sostanza, all'attuale art. 34 n. 1 CP; la seconda riprende ­ con due modifiche ­ il principio di cui all'art. 34 n. 1 cpv. 2 CP.

La modifica del CPM del 21 marzo 2003 prevede le seguenti circostanze esimenti: gli atti permessi dalla legge (art. 15), la legittima difesa esimente (art. 16), la legittima difesa discolpante (art. 16a), lo stato di necessità esimente (art. 17) e lo stato di necessità discolpante (art. 17a).

Gli art. 3 e 4 del disegno di revisione del CP del 13 dicembre 2002 corrispondono, in sostanza, agli attuali art. 3 e 4 CP.

621

l'estradizione per tale crimine o delitto; (4) il colpevole si trova già in Svizzera o è estradato alla Confederazione per questo reato (art. 6 CP). Questa disposizione sancisce il principio della personalità attiva; ­

l'autore ha commesso un crimine o un delitto che la Confederazione si è impegnata a reprimere in virtù di un accordo internazionale (art. 6bis CP)70.

Questa disposizione estende il campo d'applicazione del diritto penale svizzero, nella misura in cui obbliga le autorità svizzera a esercitare l'azione penale anche nei casi in cui non si applicano i principi della territorialità e della personalità, quando sono adempite le seguenti condizioni: (1) il colpevole si trova in Svizzera; (2) non è estradato all'estero; (3) il reato è punibile sia in Svizzera sia nel luogo in cui è stato compiuto; (4) la Svizzera si è impegnata a reprimere tale reato in virtù di un accordo internazionale. L'articolo 6bis CP non elenca gli strumenti internazionali che rientrano nel suo campo d'applicazione.

Per quanto riguarda la nuova Parte generale del CP, occorre inoltre rimandare all'articolo 7, il cui capoverso 2 estende il campo d'applicazione della legge penale svizzera, perché sancisce il principio della giurisdizione penale sostitutiva. Tale disposizione si applica ai casi in cui l'autore che non è in possesso della cittadinanza svizzera, ha commesso un crimine o un delitto all'estero contro una persona straniera. In questo caso l'autore può essere perseguito dalle autorità svizzere, se sono soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: (1) l'atto è punibile anche nel luogo in cui è stato commesso o questo luogo non soggiace ad alcuna giurisdizione penale; (2) l'autore si trova in Svizzera o, per questo suo atto, è estradato verso la Svizzera; (3) l'autore non viene estradato benché l'atto consenta l'estradizione secondo il diritto svizzero; (4) la richiesta di estradizione è stata respinta per un motivo non inerente alla natura dell'atto; (5) l'autore ha commesso un crimine particolarmente grave proscritto dalla comunità giuridica internazionale.

Giusta l'articolo 9 capoverso 1 CPM, il Codice penale militare è applicabile tanto ai reati commessi nella Svizzera quanto a quelli commessi all'estero. La Svizzera rivendica la competenza primaria di giudicare i suoi cittadini che hanno commesso, in Svizzera o all'estero, un reato contro il CPM, ma anche di perseguire penalmente gli stranieri che hanno commesso un simile reato in Svizzera. Con l'introduzione del nuovo capoverso 1bis 71, il principio esaustivo dell'articolo 9 capoverso 1 CPM è stato formulato in senso più restrittivo o relativizzato: gli stranieri che commettono all'estero un reato contro il diritto delle genti in caso di conflitto armato (art. 108­114 CPM), sono giudicati da tribunali svizzeri soltanto se sono soddisfatte le seguenti tre condizioni cumulative: (1) l'autore del reato si deve trovare in Svizzera (lett. a); (2) deve avere uno stretto legame con la Svizzera (lett. b) e (3) non può essere estradato all'estero né essere deferito a un tribunale penale internazionale (lett. c). Gli articoli 218­223 CPM contengono altre norme sulla competenza concernenti la giurisdizione militare.

70 71

622

L'art. 6 del disegno di revisione del CP del 13 dicembre 2002 corrisponde, in sostanza, all'attuale art. 6bis CP.

RU 2004 2694; FF 2003 671 segg.

A livello internazionale occorre menzionare lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 199872 (cfr. anche i pti. 5.5.2.3 e 5.5.2.4). L'articolo 1 dello Statuto prevede che la Corte penale internazionale è complementare alle giurisdizioni penali nazionali. La sua competenza è limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale, vale a dire il crimine di genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione (art. 5 dello Statuto).

4.5.3.2

Responsabilità dell'impresa

In virtù dell'articolo 100quater CP73, un reato commesso dal personale di un'impresa può fondare la responsabilità penale di quest'ultima se tale reato è stato commesso in seno a un'impresa e se la commissione del reato è avvenuta «nell'esercizio di attività commerciali conformi allo scopo imprenditoriale».

Tali condizioni oggettive della punibilità servono a limitare la portata dell'articolo 100quater CP. Si tratta di evitare che l'impresa possa essere perseguita per tutti i reati immaginabili. La responsabilità penale dell'impresa deve essere limitata ai comportamenti vietati che concretano i rischi tipici legati all'attività lecita e normale dell'impresa.

L'articolo 100quater capoverso 1 CP, prevede una responsabilità sussidiaria dell'impresa: quest'ultima può essere resa responsabile soltanto se il crimine o il delitto non può essere ascritto a una determinata persona fisica a motivo della carente organizzazione interna. Per quanto riguarda le società di sicurezza, di norma, è possibile ascrivere un reato a una determinata persona fisica e, quindi, non occorre rifarsi alla responsabilità penale dell'impresa.

Il capoverso 2 della disposizione in questione va oltre il capoverso 1, fissando il principio della responsabilità primaria dell'impresa per una certa categoria di reati, la quale entra in linea di conto indipendentemente da quella della persona fisica o parallelamente a essa.

Per quanto concerne le condizioni di luogo, l'impresa che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 100quater CP si assume una responsabilità penale e soggiace alla giurisdizione svizzera, se il reato è commesso in Svizzera. Tale disposizione vale anche per le imprese che hanno sede all'estero74. In effetti, il principio della territorialità prevede che un'impresa estera che ha commesso un reato in Svizzera possa essere perseguita in Svizzera. Se il reato è commesso all'estero, occorre distinguere i due casi seguenti: ­

72

73 74 75

articolo 4 CP (crimini o delitti commessi all'estero contro lo Stato): in questo caso è possibile perseguire penalmente l'impresa, indipendentemente dal fatto se la sua sede è in Svizzera o all'estero75;

RS 0.312.1. Per adattare il diritto penale materiale allo Statuto di Roma e per facilitare il perseguimento del crimine di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, il Codice penale svizzero è attualmente sottoposto a revisione.

L'art. 102 nCP corrisponde, in sostanza, all'art. 100quater CP.

Alain Macaluso, La responsabilité pénale de l'entreprise, commento relativo agli art. 100quater e 100quinquies CP, Zurigo 2004, pag. 177, n. marg. 1028.

Alain Macaluso, op. cit. pag. 177 n. marg. 1034.

623

­

articolo 5 CP (crimini o delitti commessi all'estero contro uno svizzero), articolo 6 CP (crimini o delitti commessi all'estero da uno svizzero) e articolo 6bis CP (altri crimini o delitti commessi all'estero): in questi casi è possibile perseguire penalmente, in applicazione dell'articolo 100quater CP76, soltanto l'impresa con sede in Svizzera. Inoltre è possibile avviare un perseguimento penale svizzero contro persone o imprese che hanno partecipato come coautori al reato commesso (in parte) all'estero. Occorre tuttavia segnalare che questo ambito lascia aperte numerose questioni che non sono ancora state oggetto di alcuna giurisprudenza.

Al fine di adeguare il CPM alla nuova Parte generale del CP, la modifica del CPM del 21 marzo 2003 introduce gli articoli 59a e 59b concernenti la responsabilità penale dell'impresa. Queste due disposizioni sono più o meno identiche a quelle degli articoli 100quater e 100quinquies CP77.

4.6

Disciplinamento giuridico del trasferimento di know­how dal servizio pubblico alle società di sicurezza private

Nella sua mozione 04.3748 del 16 dicembre 2004 «Emanazione di norme vincolanti applicabili al ricorso della Svizzera a imprese militari e a compagnie di sicurezza private», la consigliera nazionale Ursula Wyss tocca la problematica del trasferimento di know­how da parte di alti funzionari che, dopo l'uscita dal servizio pubblico, esercitano un'attività di consulenza rimunerata presso imprese militari private. Se si vuole esaminare tali attività dal punto di vista giuridico, occorre distinguere diverse situazioni: ­

76 77 78 79

80

624

obbligo di mantenere il segreto: i lavoratori sono tenuti al segreto d'ufficio, al segreto professionale e al segreto d'affari anche dopo l'uscita dal servizio pubblico. L'obbligo di serbare il silenzio interessa le attività che devono essere tenute segrete per la loro natura o in virtù di prescrizioni legali o di istruzioni. L'obbligo di mantenere il segreto è applicabile sia nell'ambito di rapporti di lavoro di diritto privato (segreti di fabbricazione e di affari)78 sia nell'ambito del servizio pubblico79. La violazione dell'obbligo di mantenere il segreto è punibile anche dopo la fine del rapporto di lavoro80;

Alain Macaluso, op. cit. pag. 177 n. marg. 1036.

Alain Macaluso, op. cit. pagg. 196­197, n. marg. 1150­1155.

Art. 321a cpv. 4 CO.

Art. 22 della legge del 24 marzo 2000 sul personale federale (LPers), RS 172.220.1 e art. 94 cpv. 2 dell'ordinanza del 3 luglio 2001 sul personale federale (OPers), RS 172.220.111.3. Come fa notare la Delegazione delle commissioni della gestione delle Camere federali, il datore di lavoro deve ricordare per scritto agli impiegati che stanno per lasciare la loro funzione il loro obbligo di mantenere il segreto, ad esempio, elencando gli argomenti più importanti da tenere segreti e chiedendo loro di confermare tale impegno con una firma. Cfr. Rapporto annuale 2004 delle Commissioni della gestione e della Delegazione delle commissioni della gestione delle Camere federali del 21 gennaio 2005; FF 2005, pag. 1707 segg. 1741.

Art. 320­321ter CP.

­

4.7

divieto di concorrenza: l'obbligo di mantenere il segreto si limita a un numero relativamente esiguo di segreti d'ufficio e segreti professionali e non può coprire tutto il know­how acquisito con la professione e inteso come insieme delle capacità, cultura generale ed esperienza, poiché tale misura corrisponderebbe di fatto a un'interdizione dell'esercizio della professione. Il principio della libertà economica tutela tuttavia «il libero accesso a un'attività economica privata e il suo libero esercizio». Per i rapporti di lavoro di diritto privato gli articoli 340 segg. CO prevedono tuttavia la possibilità di concordare un divieto di concorrenza che ha effetto dopo la cessazione del rapporto di lavoro81. Il nostro Collegio ritiene che «le relative disposizioni del Codice delle obbligazioni (art. 340 segg. CO) si applicano di principio anche ai rapporti di lavoro presso la Confederazione, anche se nella prassi questa applicazione è possibile solo a condizioni molto restrittive. Una simile limitazione della libertà deve da un lato essere giustificata da un interesse pubblico preponderante. Inoltre, la nuova attività dell'ex impiegato federale deve essere effettivamente in concorrenza con la sua precedente attività presso la Confederazione. Questa situazione si verifica tuttavia molto raramente.»82. In particolare, nell'ambito delle prestazioni militari, non è pensabile che offerenti privati entrino in concorrenza con la Confederazione83.

Competenza legislativa nell'ambito dell'esercizio di attività economiche private (art. 95 cpv. 1 Cost.)

Giusta l'articolo 95 capoverso 1 Cost., la Confederazione può legiferare sull'esercizio dell'attività economica privata. Questa disposizione costituzionale assegna alla Confederazione una competenza molto ampia84. Nonostante non ne abbia ancora fatto uso, la Confederazione potrebbe quindi legiferare sulle attività di società di sicurezza private, in particolare per proteggere i beni di polizia. Si tratta di una competenza concorrente. La maggior parte dei Cantoni ha ­ come illustrato al numero 4.8 ­ emanato disposizioni proprie.

81

82

83

84

È necessario stipulare un accordo scritto tra il lavoratore e il datore di lavoro (art. 340 cpv. 1 CO). Spesso tale accordo è stipulato già in occasione della conclusione del contratto. Non è ammessa una disposizione unilaterale da parte del datore di lavoro.

Rapporto annuale 2004 delle Commissioni della gestione e della Delegazione delle commissioni della gestione delle Camere federali del 21.1.2005; FF 2005, pag. 1707 segg.

1741.

L'art. 58 Cost. conferisce il potere di organizzare e disporre dell'esercito alla Confederazione e, in misura limitata, ai Cantoni. Il militare rappresenta un settore centrale del monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato. In Svizzera non è quindi possibile che attività militari private facciano concorrenza all'esercito. Nell'ambito di interventi militari all'estero, di principio, si potrebbe creare una situazione di concorrenza; tuttavia, l'art. 66a cpv. 2 della legge federale del 3 febbraio 1995 sull'esercito e sull'amministrazione militare (Legge militare, LM; RS 510.10) vieta azioni di combattimento di imposizione della pace, per cui è esclusa anche questa ipotesi.

Jean­François Aubert/Pascal Mahon, Petit commentaire de la Constitution fédérale de la Confédération suisse du 18 avril 1999, Zurigo/Basilea/Ginevra 2003, ad art. 95 Cost., pag. 743, § 5.

625

4.8

Diritto cantonale

Visto che la Confederazione non ha fatto uso della sua competenza legislativa, attualmente la legislazione in materia di polizia relativa alle società di sicurezza private è disciplinata soprattutto dal diritto cantonale, come illustrato qui di seguito.

4.8.1

Il Concordato dei Cantoni romandi sulle società di sicurezza e altre legislazioni cantonali

Tutti i Cantoni romandi hanno aderito al Concordato del 18 ottobre 1996 sulle società di sicurezza (qui di seguito: il Concordato), il quale stabilisce norme comuni atte a determinare l'attività delle società di sicurezza e del loro personale. In virtù del Concordato, tutte le attività nel settore della sicurezza soggiacciono all'obbligo di ottenere un'autorizzazione. Nove altri Cantoni85 hanno adottato una legislazione in materia di società di sicurezza private, la quale, come il Concordato, subordina ogni attività di questo tipo all'obbligo di ottenere un'autorizzazione. Altri 11 Cantoni86, per contro, non conoscono un obbligo di ottenere un'autorizzazione. In tre di questi Cantoni87 ogni persona attiva nel settore della sicurezza deve, tuttavia, rispettare i seguenti obblighi: informare la polizia sulle misure prese o previste e su tutti gli eventi particolari, mantenere il segreto su ogni osservazione fatta in relazione all'attività della polizia, nonché evitare ogni attività suscettibile di turbare l'operato della polizia nell'adempimento dei suoi compiti88.

Il Concordato e le pertinenti legislazioni cantonali prevedono le seguenti attività: la protezione di persone, la sorveglianza e la guardia a edifici e oggetti trasportabili, così come il trasporto di valori. Alcune legislazioni cantonali prevedono pure la sorveglianza di beni pericolosi.

Le attività esercitate all'estero da parte di società di sicurezza private con sede in Svizzera non sono rette da disposizioni speciali. Il Cantone in cui ha sede la società determina in quale misura l'esercizio di tali attività debba sottostare all'obbligo di ottenere un'autorizzazione. Di conseguenza, i Cantoni che aderiscono al Concordato richiedono un'autorizzazione non soltanto per esercitare sul loro territorio una delle attività previste dal Concordato, ma anche per gestire una società di sicurezza in un altro Cantone che ha aderito al Concordato. I restanti Cantoni che conoscono un sistema d'autorizzazione si limitano a definire le attività sottoposte all'autorizzazione89 o prevedono che l'obbligo di ottenere un'autorizzazione debba interessare le attività esercitate sul loro territorio90.

Il Concordato e le legislazioni cantonali che conoscono un sistema d'autorizzazione prevedono che i responsabili della società debbano soddisfare determinate
condizioni personali. Tali condizioni sono la cittadinanza svizzera, o un permesso di soggiorno, l'esercizio dei diritti civili, l'assenza di una condanna penale e di esecuzioni

85 86 87 88 89 90

626

AR, BL, BS, LU, NW, SG, SO, TG e TI.

AG, AI, BE, GL, GR, OW, SH, SZ, UR, ZG e ZH.

BE, SH e ZH.

I dati riguardanti il diritto cantonale si basano su uno studio effettuato dall'Istituto del federalismo dell'Università di Friburgo su mandato dell'UFG.

AR, BL, BS, LU, SG, SO.

NW, TG e TI.

per debiti. Soltanto il diritto concordatario prevede un esame cantonale per il responsabile dell'impresa.

Diversi Cantoni prevedono un obbligo di ottenere l'autorizzazione anche per il personale della società di sicurezza. Secondo il diritto concordatario, una persona può essere assunta se soddisfa determinate condizioni personali che sono analoghe a quelle previste per i responsabili della società. I restanti Cantoni che conoscono un sistema d'autorizzazione91, prevedono, di norma, l'obbligo di ottenere un'autorizzazione anche per il personale della società.

Quattro Cantoni che non hanno aderito al Concordato92 tengono un registro accessibile al pubblico. Il Concordato, per contro, non contiene disposizioni a tal riguardo.

La maggior parte dei Cantoni concordatari hanno adottato disposizioni complementari nel quadro delle loro legislazioni esecutive. In due Cantoni93, le autorizzazioni sono pubblicate nel Foglio ufficiale cantonale.

Numerose legislazioni cantonali94 prevedono espressamente che le persone fisiche o giuridiche attive nel settore della sicurezza non devono disporre di competenze che riguardano la sovranità o precisano che le misure coercitive di polizia e le indagini penali rientrano nell'ambito di competenza della polizia.

Soltanto il diritto concordatario determina esplicitamente che il ricorso alla forza da parte di privati attivi nel settore della sicurezza deve essere limitato alla legittima difesa e allo stato di necessità ai sensi del Codice penale svizzero.

Secondo il diritto concordatario e diverse legislazioni cantonali, l'acquisto e il porto d'armi sono retti dalle relative leggi speciali. Il Cantone di San Gallo vieta il porto d'armi, a meno che l'autorità competente non abbia rilasciato un'autorizzazione speciale, segnatamente in caso di protezione di persone e di trasporto di valori.

La maggior parte dei Cantoni concordatari ha adottato disposizioni d'esecuzione concernenti l'impiego di cani.

Nel Cantone di Ginevra si sta allestendo un disegno di legge sulla formazione delle persone attive nel settore della sicurezza. Anche il Cantone del Ticino prevede di modificare la sua legislazione dichiarando obbligatorio il brevetto federale di agente di sicurezza.

4.8.2

Le «disposizioni modello» della Conferenza dei comandanti delle autorità di polizia cantonale della Svizzera

Su richiesta dell'Associazione imprese svizzere servizi di sicurezza (AISS), la Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali (CCPCS) ha elaborato cosiddette «disposizioni modello» sulle società di sicurezza private95. Occorre raccomandare ai Cantoni di integrare le loro legislazioni con tali disposizioni. Visto che determinate società, in determinati casi, hanno avuto difficoltà a rispettare le norme professionali 91 92 93 94 95

AR, BL, BS, LU, NW, SG, TG.

AR, SO, SG e TG.

VD e TI.

AG, BL, BS, LU, NW, SG, SO, VD e ZH.

Il gruppo di lavoro interdipartimentale ha avuto l'occasione di sentire una rappresentante della CCPCS.

627

in materia, l'AISS ha ritenuto opportuno elaborare linee direttrici per promuovere una prassi cantonale unitaria, in particolare per quanto riguarda il rilascio di autorizzazioni per la gestione di società di sicurezza private.

Le «disposizioni modello» della CCPCS s'ispirano alla legislazione del Cantone di Soletta. I responsabili delle società di sicurezza private sono tenuti a ottenere un'autorizzazione, se prevedono di esercitare un'attività nei seguenti ambiti: la protezione di persone, la sorveglianza di beni, il trasporto di valori, l'esecuzione di compiti di sicurezza su mandato della collettività, e le attività in qualità di detective privato. I nomi dei titolari di autorizzazioni sono pubblicati. Tutti i collaboratori impiegati per svolgere compiti di sicurezza devono essere annunciati presso l'autorità cantonale competente. La ripartizione dei compiti, stabilita per legge, tra i corpi di polizia cantonali e comunali e le società di sicurezza private è espressamente riservata nelle «disposizioni modello». In aggiunta è precisato che il rilascio di un'autorizzazione non conferisce competenze sovrane. Le «disposizioni modello» disciplinano anche la collaborazione con la polizia e prevedono, tra gli altri, che i titolari di un'autorizzazione devono fare in modo di non essere scambiati per agenti di polizia. In particolare l'uniforme deve essere diversa da quella portata da questi ultimi. Per quanto riguarda il porto d'armi, si rimanda alla pertinente legislazione federale.

Le «disposizioni modello» della CCPCS sono state poste in consultazione. Nel complesso, i pareri sono stati positivi. I partecipanti alla consultazione si sono espressi a favore di una soluzione unitaria, ad esempio sotto forma di concordato. I risultati della consultazione, per contro, mostrano che le cerchie consultate non hanno una necessità specifica di adottare una legislazione federale in materia. Non è stata ritenuta la soluzione di raccomandare ai diversi Cantoni interessati di aderire al Concordato dei Cantoni della Svizzera rimanda. Numerosi Cantoni ritengono che le formalità previste dal Concordato per l'ottenimento di un'autorizzazione per l'assunzione di personale siano troppo restrittive.

Le «disposizioni modello» della CCPCS non hanno forza di legge, ma dovrebbero incitare i Cantoni ad adottare una legislazione unitaria. I Cantoni romandi non dovrebbero modificare la loro prassi attuale, visto che hanno aderito al Concordato.

5

La legislazione internazionale

Il diritto internazionale non disciplina esplicitamente le attività delle società di sicurezza private nelle zone di conflitto. Le norme di diritto internazionale specifiche trattano soltanto la tematica del mercenarismo (n. 5.1). Tuttavia, le norme generali del diritto internazionale sono rilevanti, così come quelle del diritto internazionale umanitario e, a determinate condizioni, quelle dei diritti dell'uomo (n. 5.2­5.4).

Infine, il diritto della neutralità impone determinati obblighi agli Stati neutrali (n. 5.7).

628

5.1

Legislazione internazionale in materia di mercenarismo

5.1.1

Articolo 47 del Primo Protocollo aggiuntivo del 1977

Il diritto internazionale umanitario contempla, all'articolo 47 del Primo Protocollo aggiuntivo del 1977 (Protocollo I)96, che è stato ratificato dalla maggior parte degli Stati, soltanto una disposizione che interessa specificatamente i mercenari97.

come si può evincere dal primo paragrafo di questa disposizione, l'articolo 47 del Protocollo I non vieta il mercenarismo, nonostante soprattutto gli Stati africani l'avessero auspicato in occasione dei negoziati su tale disposizione. Giusta l'articolo 47 del Protocollo I, è tuttavia possibile rifiutare ai mercenari lo statuto privilegiato di combattente o di prigioniero di guerra. In particolare, contrariamente a questi ultimi, i mercenari possono essere resi penalmente responsabili dallo Stato avversario per il semplice fatto di aver partecipato attivamente a un conflitto internazionale armato.

Uno Stato non è sicuramente obbligato a rifiutare lo statuto di prigioniero di guerra a un mercenario, ma quest'ultimo non può far valere nessuna pretesa. I mercenari, inoltre, anche nel caso in cui fosse loro stato rifiutato lo statuto di prigionieri di guerra, non sono completamente sprovvisti di protezione, ma beneficiano di una protezione minima prevista all'articolo 75 del Protocollo 1, che ha un carattere di diritto consuetudinario internazionale.

Nella prassi, tuttavia, l'importanza dell'articolo 47 del Protocollo I è esigua. Le sei condizioni cumulative elencate al paragrafo 2 sono talmente restrittive e quindi spesso difficili da dimostrare, che non possono interessare gli impiegati di una società di sicurezza privata. Sebbene la maggior parte delle società militari offra prestazioni di natura essenzialmente militare, partecipa soltanto di rado direttamente alle ostilità. Non da ultimo, i cittadini di una Parte in conflitto non possono essere, per definizione, dei mercenari. Si deve quindi partire dal presupposto che, di fatto, soltanto pochi impiegati di società di sicurezza private che esercitano funzioni militari e che sono attivi in situazioni di conflitto, possono eventualmente, essere qualificati come mercenari.

96

97

Protocollo aggiuntivo dell'8 giugno 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali (Protocollo I) (con All.), RS 0.518.521 L'art. 47 è intitolato «Mercenari» e ha il seguente tenore: 1. Un mercenario non ha diritto allo statuto di combattente o di prigioniero di guerra.

2. Con il termine «mercenario» si intende ogni persona: a) che sia appositamente reclutata, localmente o all'estero, per combattere in un conflitto armato; b) che di fatto prenda parte diretta alle ostilità; c) che prenda parte alle ostilità spinta dal desiderio di ottenere un profitto personale, e alla quale sia stata effettivamente promessa, da una Parte in conflitto o a suo nome, una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o corrisposta ai combattenti aventi rango e funzioni similari nelle forze armate di detta Parte; d) che non sia cittadino di una Parte in conflitto, né residente di un territorio controllato da una Parte in conflitto; e) che non sia membro delle forze armate di una Parte in conflitto; e f) che non sia stato inviato da uno Stato non Parte nel conflitto in missione ufficiale quale membro delle forze armate di detto Stato.

629

5.1.2

Strumenti pertinenti dell'ONU e di singole organizzazioni regionali

La discussione sul mercenarismo condotta in seno alle Nazioni Unite è stata ed è essenzialmente contrassegnata da esperienze post coloniali. All'epoca della decolonizzazione, molti Stati in via di costituzione e i regimi che aspiravano all'indipendenza furono minacciati direttamente da formazioni di mercenari. Gli strumenti dell'ONU concepiti sulla base di tali esperienze mirano segnatamente a impedire l'impiego di mercenari contro regimi legittimi e la loro autodeterminazione.

Nel 1970 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Dichiarazione 2625 (XXV) dei Principi del Diritto internazionale, concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra Stati («Friendly Relations Declaration»). Tale Dichiarazione non è vincolante a livello formale, ma è considerata uno dei documenti fondamentali delle Nazioni Unite e dell'interpretazione della Carta delle Nazioni Unite. Il primo principio precisato nella Dichiarazione è quello dell'obbligo di astenersi dal ricorso all'uso della forza (sulla base del diritto internazionale consuetudinario), ossia il divieto imposto agli Stati di ricorrere, nelle loro relazioni internazionali, alla minaccia o all'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di uno Stato o in qualunque altro modo incompatibile con i fini delle Nazioni Unite. Eccone un estratto: «Ogni Stato ha il dovere di astenersi dall'organizzare o dall'incoraggiare l'organizzazione di forze irregolari o di bande armate, in particolare bande di mercenari, per compiere incursioni nel territorio di un altro Stato».

Tale dichiarazione del 1970 impone quindi agli Stati l'obbligo di non impiegare mercenari contro l'integrità territoriale o l'indipendenza di un altro Stato. Tale esplicita menzione del mercenarismo da parte dell'Assemblea Generale dell'ONU rappresenta una novità nel trattamento internazionale del mercenarismo, poiché il diritto internazionale non si era mai interessato a tale problematica prima. La Dichiarazione, tuttavia, non definisce cosa s'intende per «forze irregolari» o per «bande armate».

Il 3 luglio 1977 l'attuale Unione africana (UA, in passato chiamata «Organizzazione dell'unità africana», OAU) adottò una Convenzione per l'eliminazione dell'attività mercenaria in Africa. La definizione del termine mercenario di cui all'articolo 1 capoverso 1 di tale Convenzione è molto simile a quella di cui all'articolo 47 del Protocollo I. Ciò, come già menzionato prima, rende difficile qualificare giuridicamente nella prassi una persona come mercenario in base alla Convenzione dell'UA98. La Convenzione, tuttavia, non impedisce agli Stati firmatari di ricorrere a

98

630

L'art. 1 cpv. 2 di tale Convenzione qualifica come crimine l'organizzazione, il finanziamento, la formazione o altre forme di sostegno o di mandato a bande di mercenari, qualora ciò avvenga con lo scopo di un combattimento armato contro un processo di autodeterminazione o contro l'integrità territoriale di un altro Stato. Tali crimini possono essere perpetrati anche da gruppi, associazioni o addirittura da Stati firmatari. È giudicato pure un crimine il fatto che uno Stato autorizzi, eventualmente passivamente, tali attività di mercenariato sul territorio da esso controllato o che permetta il transito o il trasporto di mercenari. L'art. 3 rifiuta ai mercenari lo statuto di combattenti o di prigionieri di guerra.

L'art. 6 prevede in seguito che gli Stati firmatari debbano impedire il reclutamento, l'istruzione, il finanziamento e l'equipaggiamento di mercenari, nonché le attività di mercenariato esercitate dai loro cittadini o da stranieri sul territorio degli Stati interessati.

mercenari, in particolare, per la lotta contro gruppi di dissidenti all'interno dello stesso Paese99.

La definizione del termine mercenario di cui all'articolo 1 paragrafo 1 della Convenzione dell'ONU del 4 dicembre 1989 contro il reclutamento, l'utilizzo, il finanziamento e l'addestramento dei mercenari è molto simile a quella di cui all'articolo 47 del Protocollo I. In questo modo, pur riferendosi alla Convenzione dell'ONU, è difficile, nella prassi, qualificare una persona come «mercenario». La definizione della Convenzione dell'ONU va tuttavia leggermente più lontano di quella del Primo Protocollo aggiuntivo, poiché non copre soltanto le situazioni di conflitto armato, ma si applica anche all'uso organizzato della forza che mira a far crollare un regime o a minare in un altro modo l'ordine costituzionale o l'integrità territoriale di uno Stato.

La Convenzione dell'ONU qualifica come crimini il reclutamento, il finanziamento, l'addestramento e l'utilizzo di mercenari, così come la partecipazione attiva dei mercenari ad atti di violenza organizzati. Gli Stati firmatari sono tenuti a impedire tali attività.

La Convenzione è entrata in vigore soltanto più di dieci anni dopo la sua accettazione100. Finora la Svizzera non ha ancora ratificato tale Convenzione. Negli anni Novanta la questione relativa a tale ratifica non era prioritaria, anche perché già allora non regnava l'unanimità circa la sua efficacia. La Convenzione dell'ONU non riflette un diritto internazionale consuetudinario, come emerge dall'esiguo numero di ratifiche.

5.1.3

Conclusione: il diritto internazionale consuetudinario non vieta il mercenarismo

Mentre l'articolo 47 del Protocollo 1 e la «Fiendly Relations Declaration» dell'ONU non vietano il mercenarismo, la Convenzione del 1977 dell'UA e la Convenzione del 1989 dell'ONU non costituiscono affatto strumenti giuridici universalmente accettati. In questo modo il diritto internazionale consuetudinario non vieta il mercenarismo e non prevede nemmeno norme specifiche atte a limitarlo.

Per quanto riguarda le Convenzioni dell'UA e dell'ONU, occorre notare che numerose nozioni ivi definite sono talmente restrittive e difficilmente dimostrabili, che la portata a livello pratico di tali convenzioni è limitata anche per gli Stati da esse vincolati contrattualmente. Inoltre, queste due Convenzioni interessano primariamente gli individui che agiscono contro regimi nazionali e non sono concepite per disciplinare l'impiego di società di sicurezza private in situazioni generali di conflitto. Per questi motivi, la nozione di «mercenario» è stata qualificata in parte come obsoleta e inappropriata per disciplinare in modo sensato il fenomeno in crescita delle società militari e di sicurezza private.

99

24 Paesi africani hanno firmato la Convenzione, tra cui l'Egitto, la Nigeria, il Senegal, il Sudan, e la Tunisia, ma non l'Africa del Sud, la Sierra Leone o la Libia.

100 Attualmente sono 26 gli Stati legati dalla Convenzione dell'ONU, compresi l'Angola, la Nuova Zelanda, la Nigeria e la Repubblica democratica del Congo (ex Zaire). Sei Stati europei l'hanno ratificata (Belgio, Italia, Croazia, Ucraina, Bielorussia e Cipro) e quattro l'hanno firmata (Germania, Polonia, Romania, Serbia e Montenegro). Finora gli Stati occidentali potenti a livello militare quali gli Stati Unitil la Gran Bretagna e la Francia, ma anche la Russia e la Repubblica popolare cinese non l'hanno ratificata.

631

Per trovare eventuali disposizioni di diritto internazionale atte a regolamentare l'impiego e il comportamento delle società di sicurezza private, occorre quindi esaminare le norme di diritto internazionale generalmente valide, che non interessano unicamente i mercenari.

5.2

Diritto internazionale generale

5.2.1

Principi generali del diritto internazionale

Secondo il principio del divieto dell'uso della forza di diritto internazionale consuetudinario, fissato all'articolo 2 paragrafo 4 della Carta dell'ONU, agli Stati è vietato «ricorrere, nelle loro relazioni internazionali, alla minaccia o all'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di uno Stato o in qualunque altro modo incompatibile con i fini delle Nazioni Unite». È fatta eccezione per l'autotutela individuale o collettiva (art. 51 della Carta dell'ONU) o per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU giusta il Capo VII della Carta. Come già menzionato, la Dichiarazione dell'ONU del 1970 dei Principi del Diritto internazionale, concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra Stati («Friendly Relations Declaration») impone inoltre agli Stati di «astenersi dall'organizzare o dall'incoraggiare l'organizzazione di forze irregolari o di bande armate, in particolare bande di mercenari, per compiere incursioni nel territorio di un altro Stato». Gli Stati non possono violare il divieto dell'uso della forza e l'obbligo di non intervenire («obligation of non­intervention») né impiegando le proprie forze armate né utilizzando società di sicurezza private.

5.3

Diritto internazionale umanitario

5.3.1

Qual è il tenore del diritto internazionale umanitario?

Il diritto internazionale umanitario è anche chiamato il diritto dei conflitti armati, diritto internazionale della guerra o «ius in bello». È applicabile soltanto in situazioni di conflitto armato. Lo scopo di tale ambito di diritto è di attenuare le sofferenze delle potenziali vittime e gli altri effetti negativi della guerra.

Le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949101 e i loro due Protocolli aggiuntivi del 1977102, le Convenzioni dell'Aia del 1907103, e numerose convenzioni che vietano armi specifiche o che ne limitano l'uso rappresentano le fonti principali di diritto internazionale umanitario. Quasi tutti gli Stati hanno ratificato le Convenzioni di Ginevra e anche i due Protocolli aggiuntivi sono vincolanti per la maggior parte degli Stati, tra cui la Svizzera. Anche le Convenzioni dell'Aja sono ampiamente riconosciute. Una parte relativamente importante del diritto internazionale umanitario è quindi anche vincolante in termini di diritto internazionale consuetudinario.

Tuttavia, le disposizioni di diritto internazionale umanitario applicabili ai conflitti

101 102 103

632

RS 0.518.12; 0.518.23; 0.518.42; 0.518.51 RS 0.518.521; 0.518.522 RS 0.515.21; 0.515.22

internazionali armati sono nettamente più numerose e particolareggiate rispetto a quelle che coprono i conflitti interni.

Il diritto internazionale umanitario contiene, da una parte, norme precise che devono essere rispettate nei confronti delle persone esposte al potere di una Parte in conflitto (in particolare la popolazione civile nei territori occupati e i prigionieri). Tali norme sono: il divieto della tortura, il divieto di trattamenti inumani, il divieto di trasferire popolazioni civili o la liberazione di prigionieri a conclusione del conflitto armato.

Inoltre, il diritto internazionale umanitario disciplina le modalità di direzione dei combattimenti, limitando le pratiche ammesse dal diritto internazionale in occasione di conflitti armati. Di conseguenza, gli attacchi contro persone e oggetti protetti, quali i civili, gli oggetti civili o il personale e gli oggetti della Croce Rossa sono proibiti. Gli attacchi contro obiettivi militari, inoltre, sono vietati se cagionano danni sproporzionati nei confronti di civili e di oggetti civili. Anche l'uso di determinate armi è vietato (armi chimiche, armi biologiche). Oltre a ciò sono esclusi determinati metodi di combattimento, quali la perfidia o l'impiego abusivo dello stemma della Croce Rossa. Le forze di occupazione sottostanno a ulteriori obblighi specifici riguardanti la popolazione e l'amministrazione dei territori occupati.

5.3.2

Applicabilità del diritto internazionale umanitario alle società di sicurezza private

Il diritto internazionale umanitario non interessa soltanto gli Stati. Contiene anche numerose disposizioni che devono essere rispettate da individui e addirittura da persone civili. L'esempio forse più noto è l'articolo 3, che le quattro Convenzioni di Ginevra104 hanno in comune. Giusta detto articolo i civili e i membri delle forze armate che abbiano deposto le loro armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate con umanità e non dovranno essere esposte a violenze contro la loro vita e l'integrità corporale, a mutilazioni, tortura o trattamenti crudeli. Tutti gli individui che partecipano attivamente a conflitti armati nazionali o internazionali, siano essi membri delle forze armate, persone civili munite spontaneamente di un'arma o impiegati di una società di sicurezza privata, sono tenuti, indipendentemente dalla loro nazionalità, a rispettare determinate norme minime che reggono la direzione dei combattimenti. La stessa norma si applica alle persone che sorvegliano i prigionieri nel quadro di un conflitto armato.

5.3.3

Obblighi degli Stati concernenti le società di sicurezza private

L'articolo 1 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra precisa che gli Stati firmatari s'impegnano a rispettare e a far rispettare le Convenzioni di Ginevra in ogni circostanza. Da un lato, quindi, gli Stati devono vegliare a che tutti gli attori statali rispettino il diritto internazionale umanitario. Inoltre gli Stati firmatari delle Convenzioni di Ginevra hanno l'obbligo di contribuire a che terzi, siano essi altri Stati o privati, rispettino il diritto internazionale umanitario. Gli Stati non possono sottrarsi 104

RS 0.518.12; 0.518.23; 0.518.42; 0.518.51

633

ai loro impegni assunti nel quadro del diritto internazionale umanitario delegando determinati compiti a società private. Anzi, devono vegliare a che le società di sicurezza private da essi impiegate che hanno sede sul loro territorio o che operano sul loro territorio osservino il diritto internazionale umanitario in una situazione di conflitto. Gli Stati firmatari sono inoltre tenuti a perseguire penalmente le violazioni gravi alle Convenzioni di Ginevra, indipendentemente dal luogo in cui è stato commesso il reato e della nazionalità del suo autore o delle sue vittime.

5.4

I diritti dell'uomo

5.4.1

Il rispetto dei diritti dell'uomo, un impegno tradizionale degli Stati

In quanto parte del diritto internazionale, i diritti dell'uomo obbligano tradizionalmente soltanto gli Stati nei confronti dei loro cittadini o di altre persone. Spetta agli Stati badare a che gli attori che operano per il loro conto rispettino i diritti dell'uomo.

Per quanto concerne le società di sicurezza private, incaricate da Stati senza essere integrate nel corpo delle forze di combattimento o di polizia di un Paese, si pone in particolare la domanda se sono da considerarsi come attori statali e, di conseguenza, se devono rispettare i diritti dell'uomo garantiti dal diritto internazionale.

Similmente a quanto vale per il diritto internazionale umanitario, gli Stati non possono sottrarsi ai loro impegni in materia di diritti dell'uomo, delegando determinati compiti a privati.

Inoltre, le Convenzioni internazionali relative ai diritti dell'uomo si applicano anche in situazioni di conflitto armato, come è stato confermato dalla Corte internazionale di Giustizia105 e dalla Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU106. Fanno eccezione i diritti dell'uomo cui è possibile derogare ai sensi delle disposizioni delle Convenzioni. Non è possibile derogare, tra gli altri, al diritto alla vita, al divieto della tortura, e al divieto di trattamenti inumani. Oltre a ciò il diritto internazionale umanitario costituisce spesso la «lex specialis»: indica come bisogna interpretare concretamente un diritto dell'uomo in una situazione di conflitto armato.

5.4.2

Applicazione diretta dei diritti dell'uomo anche per le società di sicurezza private?

Quando le società di sicurezza private vengono incaricate non dagli Stati, ma da privati o da ditte, allora è chiaro che non si tratta di attori statali. In questo caso sorge la domanda se i diritti dell'uomo o perlomeno alcuni di essi, si applicano anche alle relazioni tra gli impiegati delle società di sicurezza private e altri privati.

La questione riguardante un tale effetto orizzontale dei diritti dell'uomo è controversa.

105

Parere consultivo del 9 luglio 2004 «Conseguenze giuridiche dell'edificazione di un muro nel territorio palestinese occupato».

106 General Comment n. 31 del 29 marzo 2004.

634

Menzioniamo tuttavia che i privati, anche in tempi di pace, sono punibili individualmente in applicazione diretta del diritto internazionale, se commettono violazioni gravi di determinati diritti dell'uomo. Questo punto è, tra gli altri, confermato anche dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 1998107, ratificato dalla Svizzera. In virtù dell'articolo 7 di detto Statuto, i privati sono altresì passibili di perseguimento penale per crimini contro l'umanità, quali, ad esempio la tortura o la sparizione forzata di persone.

5.5

Conseguenze della violazione del diritto internazionale

Finora il diritto internazionale non prevede una responsabilità penale delle società che si basa direttamente su disposizioni di diritto internazionale, nonostante vengano compiuti passi in questa direzione. Per contro, in virtù del diritto internazionale, è possibile che degli individui siano penalmente responsabili. Analogamente, in determinate circostanze e in virtù del diritto internazionale, gli Stati possono essere resi responsabili dei danni causati dalle società private, ad esempio, se non rispettano il loro obbligo di diritto internazionale di rinunciare a esercitare o di non tollerare attività sul proprio territorio che causano gravi danni al di là delle loro frontiere.

5.5.1

Responsabilità degli Stati

Gli atti o le omissioni che violano il diritto internazionale e che possono essere imputati agli Stati in virtù del diritto internazionale, fondano la cosiddetta «responsabilità degli Stati». Le norme importanti di tale responsabilità sono contenute nei «Draft Articles on Responsability of State for Internationally Wrongful Acts» della «International Law Commission» (ILC) delle Nazioni Unite, i quali riflettono il diritto internazionale consuetudinario.

Da un lato, in virtù del diritto internazionale, uno Stato può vedersi imputato un comportamento illecito da parte di uno dei suoi organi108; dall'altro, un comportamento che viola il diritto internazionale di una persona fisica, di un gruppo di persone fisiche o di una persona giuridica, che non siano organi statali, è altresì imputabile allo Stato, se gli attori menzionati sono autorizzati, in base al diritto di tale Stato, a esercitare attività sovrane o se agiscono, di fatto, secondo le direttive, sotto la condotta o il controllo di questo Stato. Inoltre, ai sensi del diritto internazionale, il comportamento di una persona o di un gruppo di persone è equiparato a un'azione statale, qualora, in assenza di autorità ufficiali, la persona o il gruppo di persone assumano effettivamente funzioni che riguardano la sovranità e se le circostanze esigono l'esercizio di tali funzioni (art. 5, 8 e 9 dei Draft Articles della ILC).

107 108

RS 0.312.1 In questo contesto è irrilevante se l'organo statale esercita una funzione legislativa, esecutiva, giudiziaria o di altra natura, quale posizione occupa nell'organizzazione statale e se è subordinato a un'unità centrale o federale (art. 1, 2 e 4 dei Draft Articles della ILC).

635

La conseguenza di tale responsabilità statale è l'obbligo di provvedere alla riparazione totale (ad es. tramite il ripristino, il risarcimento dei danni o la riparazione morale) nei confronti degli altri Stati lesi o eventualmente della «comunità internazionale» (2a Parte dei Draft Articles della ILC).

In questo modo, in particolare, gli atti di una società di sicurezza privata incaricata dallo Stato sono imputabili, a seconda delle circostanze, a detto Stato in virtù del diritto internazionale.

Mentre i «Draft Articles» della ILC descrivono la responsabilità degli Stati nei confronti di altri Stati o della comunità internazionale, anche le singole persone hanno la possibilità di perseguire penalmente, dinanzi a determinate istanze nazionali e internazionali, uno Stato che ha violato determinate norme del diritto internazionale (ad es. il diritto internazionale umanitario o i diritti dell'uomo). L'esame delle diverse possibilità a livello nazionale o regionale di perseguire uno Stato in virtù del diritto internazionale esula, tuttavia, dal quadro del presente rapporto.

5.5.2

Responsabilità individuale di diritto penale internazionale

5.5.2.1

Introduzione e fonti giuridiche

Determinate violazioni del diritto internazionale comportano una responsabilità di diritto penale individuale che poggia direttamente sul diritto internazionale. Le fonti giuridiche del pertinente diritto penale internazionale sono, da un lato, determinati trattati internazionali quali le Convenzioni di Ginevra109 o la Convenzione dell'ONU del 1984 contro la tortura110; dall'altro, il diritto internazionale consuetudinario riveste una grande importanza. Tale diritto si è sviluppato sotto l'impulso della prassi ai livelli nazionale e internazionale ispirandosi, in particolare, alle leggi nazionali, ai manuali militari e alle basi giuridiche scritte e non scritte dei tribunali nazionali e internazionali quali i tribunali ad hoc istituiti alla fine della Seconda Guerra mondiale a Norimberga e a Tokio, nonché i tribunali dell'ex Jugoslavia e del Ruanda. I crimini di diritto internazionale citati nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale111 riflettono, come ampiamente riconosciuto, il diritto internazionale consuetudinario.

109 110 111

636

RS 0.518.12; 0.518.23; 0.518.42; 0.518.51 RS 0.105 RS 0.312.1

5.5.2.2

I fatti

I fatti che, potenzialmente, potrebbero essere rilevanti nell'ambito dell'impiego di società di sicurezza in situazioni di conflitto comprendono i crimini di guerra112 e i crimini contro l'umanità113, così come la tortura114 o la sparizione forzata di persone115.

5.5.2.3

La giurisdizione nazionale come strumento di applicazione del diritto internazionale

Per quanto riguarda l'applicazione del diritto internazionale penale, i tribunali nazionali fondano tradizionalmente la loro competenza sui seguenti principi: il principio della territorialità (il crimine è stato perpetrato sul territorio dello Stato del foro), il principio della personalità attiva (l'autore del crimine è un cittadino dello Stato in questione), il principio della personalità passiva (la vittima è un cittadino dello Stato in questione) e il principio dell'universalità (crimini particolarmente gravi contro il diritto internazionale, senza la necessità di un legame con lo Stato del foro).

Alcune Convenzioni contemplano l'obbligo per gli Stati contraenti di far perseguire penalmente dai loro tribunali determinate violazioni di dette convenzioni. Sia le Convenzioni di Ginevra116 sia la Convenzione dell'ONU contro la tortura117 obbligano inoltre gli Stati contraenti a perseguire penalmente le violazioni gravi ai due trattati. Tale obbligo poggia sul principio dell'universalità e quindi vale anche se il crimine è stato commesso in un altro Paese e se il suo autore o la sua vittima non sono cittadini dello Stato in questione.

Di conseguenza, in caso di gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra, di genocidio, di altri crimini di guerra e di tortura, la legislazione svizzera prevede, a determinate condizioni, una giurisdizione penale svizzera fondata sul principio dell'universalità. In seguito alla ratifica da parte della Svizzera dello Statuto di Roma, è in corso una revisione del diritto penale che mira all'istituzione della giurisdizione penale anche nel caso di crimini contro l'umanità.

112

113 114 115

116 117

I crimini di guerra sono violazioni del diritto internazionale umanitario che il diritto internazionale qualifica come crimini. Tra di essi si annoverano, ad esempio la tortura di prigionieri nell'ambito di un conflitto armato, l'omicidio di civili sprovvisti di armi o il saccheggio di valori.

I crimini contro l'umanità sono, in sostanza, violazioni dei diritti dell'uomo perpetrate in modo sistematico e su larga scala.

RS 0.105 Il 23 settembre 2005, un gruppo di lavoro della Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU ha elaborato un disegno di Convenzione per la protezione di tutte le persone contro la sparizione forzata: http://www.ohchr.org/english/issues/disappear/group/index.htm.

RS 0.518.12; 0.518.23; 0.518.42; 0.518.51 RS 0.105

637

5.5.2.4

La giurisdizione internazionale

Visto che finora numerosi Stati non hanno soddisfatto i loro obblighi in materia di perseguimento penale dei crimini di diritto internazionale, la Comunità internazionale ha istituito diversi tribunali ad hoc, così come la Corte penale internazionale (CPI) permanente. Tuttavia, secondo lo Statuto di Roma118, la CPI Tribunale penale internazionale è competente soltanto se il crimine è stato perpetrato sul territorio di uno degli Stati contraenti o se è stato commesso da uno dei suoi cittadini, oppure se il Consiglio di Sicurezza dell'ONU trasmette un caso alla CPI. Quest'ultima non è inoltre competente quando i reati allegati sono oggetto d'inchiesta nel quadro di una procedura penale seria a livello nazionale. Oltre a ciò, considerato il fatto che le sue risorse sono limitate, la CPI può esaminare soltanto un esiguo numero dei più gravi crimini di diritto internazionale.

5.6

Impegni di diritto internazionale e funzione della Svizzera in qualità di Stato firmatario e depositario delle Convenzioni di Ginevra

Nell'ambito del rispetto e della promozione del rispetto del diritto internazionale umanitario, la Svizzera ha assunto impegni più in qualità di Stato firmatario delle Convenzioni di Ginevra119 che di Stato depositario delle stesse. Recentemente, tuttavia, la Comunità internazionale ha affidato alla Svizzera, in quanto Stato depositario, anche alcuni compiti tesi a promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario.

In quanto Stato firmatario delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera è obbligata a rispettarle e a farle rispettare. Deve, in particolare, vegliare a che le Convenzioni di Ginevra vengano rispettate da altri Stati e da privati, comprese le eventuali società di sicurezza private con sede in Svizzera e attive in situazioni di conflitto e ciò a maggior ragione quando la Svizzera stessa incarica società di sicurezza private di svolgere determinati compiti in situazioni di conflitto.

La Svizzera, in quanto Stato firmatario delle Convenzioni di Ginevra, ha anche l'obbligo di perseguire penalmente gli Svizzeri o gli stranieri che si trovano sul suo territorio, siano essi impiegati di società di sicurezza private o no, se hanno commesso dei crimini di guerra.

Inoltre si adopera regolarmente a livello internazionale affinché le Convenzioni di Ginevra vengano rispettate sistematicamente. La parte finale del presente rapporto (n. 6.2) illustra le possibili iniziative che la Svizzera potrebbe lanciare a livello internazionale.

5.7

Il diritto della neutralità di diritto internazionale

Gli Stati neutrali devono assumere una posizione neutra in relazione ai conflitti internazionali e non devono prendere parte alle ostilità. Essi non possono nemmeno partecipare alle ostilità indirettamente, vale a dire per il tramite di società di sicurez118 119

638

RS 0.312.1 RS 0.518.12; 0.518.23; 0.518.42; 0.518.51

za o militari private incaricate di sostenere militarmente una delle Parti che partecipa al conflitto internazionale. Il diritto della neutralità non si applica in relazione ai conflitti armati non internazionali.

L'articolo 4 in combinato disposto con l'articolo 5 della Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra (Convenzione dell'Aja)120 prevede inoltre che gli Stati neutrali non devono permettere che sul loro territorio vengano formati «corpi di combattenti» o che vengano aperti «uffici d'arruolamento» a vantaggio dei belligeranti.

Si pone quindi la domanda se la Svizzera deve agire a titolo preventivo per evitare che società di sicurezza private reclutino attivamente personale sul suo territorio, al fine di partecipare ad attacchi militari nel quadro di un conflitto armato interstatale.

Il reclutamento di «combattenti» ai sensi della Convenzione summenzionata da parte di società con sede in Svizzera potrebbe essere vietato adottando una base giuridica che prevede l'introduzione di un obbligo di licenza. Il nostro Collegio ha inoltre la possibilità, in base all'articolo 184 capoverso 3 Cost., di emanare ordinanze e decisioni se la tutela degli interessi del Paese lo richiede. Tuttavia, questa non sarebbe una soluzione soddisfacente a lungo termine. Occorre anche ricordare che nell'ambito del mercato mondiale di servizi di sicurezza, l'offerta di forze di combattimento costituisce una chiara eccezione.

Uno Stato neutrale, inoltre, «non è responsabile del fatto che singoli individui passino la frontiera per mettersi al servizio di uno dei belligeranti» (art. 6 della Convenzione dell'Aja). Una Potenza neutrale non è nemmeno «tenuta ad impedire l'esportazione o il transito, per conto di questo o quel belligerante, di armi, di munizioni, e, in generale, di tutto ciò che può essere utile a un esercito o a una flotta» (art. 7 della Convenzione dell'Aja). Oltre a ciò l'articolo 18 di detta convenzione prevede esplicitamente che «i servizi resi in materia di polizia o di amministrazione civile» non sono «considerati come atti commessi in favore di uno dei belligeranti».

A tal riguardo, conviene aggiungere che, ad esempio, le prestazioni a favore di operazioni per stabilire o mantenere la pace, legittimate da una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU in quanto misura della Comunità internazionale, non sono nemmeno considerate prestazioni a favore di un belligerante.

6

Conclusioni e proposte di misura

6.1

Prospettiva nazionale

6.1.1

Delega di compiti di sicurezza a privati

In sostanza, possiamo constatare che attualmente il ricorso a società di sicurezza private da parte dell'Amministrazione federale non pone particolari problemi, perché i compiti delegati sono, in realtà, molto limitati. Per contro, sembra essere più frequente il fenomeno che vede i Cantoni e i Comuni delegare a privati compiti statali. Nel quadro della loro autonomia organizzativa, i Cantoni possono delegare simili compiti. Numerose società di sicurezza private che si sono stabilite nei Cantoni e nei Comuni eseguono compiti di controllo tradizionali a favore di privati o del settore pubblico (ad es. la sorveglianza e la guardia a oggetti, i controlli all'entrata in 120

RS 0.515.21

639

occasione di importanti manifestazioni). In generale, la collaborazione tra organi statali e società private, tesa a garantire la sicurezza e l'ordine pubblici, funziona bene. I problemi possono tuttavia sorgere quando persone vengono controllate da impiegati di società di sicurezza private, senza che siano stati stabiliti chiaramente i diritti d'intervento e le competenze di questi ultimi.

Non tutti i compiti statali nel settore della sicurezza possono essere delegati a privati. A tal riguardo, il monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato (cfr.

n. 2.2), espressamente sancito dalla Costituzione federale e da quelle cantonali (cfr.

n. 4.1 e 4.2), fissa dei limiti relativamente stretti121.

Se la Confederazione deve ricorrere a privati per lo svolgimento di compiti di sicurezza e di polizia che possono essere delegati e che rientrano nell'ambito di competenza della Confederazione, è necessario avere una base giuridica sufficientemente concreta. Vista l'importanza capitale rivestita dal monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato e dalla protezione dei diritti fondamentali per qualsiasi Stato democratico e liberale, non basta emanare una disposizione legale di delega generale che rinvia a un'ordinanza. Una legge nel senso formale deve, al contrario, contenere, oltre ai principi organizzativi, le condizioni di base e i limiti delle attività di sicurezza da disciplinare, vale a dire gli scopi, le restrizioni ma anche le misure coercitive ammesse e quelle vietate, nonché il grado d'applicazione della forza. I principi alla base della sorveglianza e del controllo devono essere disciplinati già a questo livello.

A titolo d'esempio, possiamo citare i recenti disegni di legge federale sui servizi di sicurezza delle imprese di trasporto e sull'impiego della coercizione, che contengono disposizioni particolareggiate sulle condizioni e sui limiti della delega di compiti di sicurezza a privati, segnatamente anche quando si tratta dell'impiego della coercizione.

Di norma, se la Confederazione incarica una società di sicurezza privata, il contratto concluso tra le parti contiene i seguenti punti: le prestazioni da fornire, la rimunerazione, le esigenze in materia di formazione e le competenze del personale della società di sicurezza in questione, i mezzi d'intervento a disposizione del
personale, le clausole di responsabilità in caso di danni, la durata del contratto e il luogo di effettuazione della prestazione, nonché il foro in caso di controversie. Tale soluzione contrattuale presenta determinati vantaggi, poiché offre una certa flessibilità, ossia permette di tenere conto delle specificità del singolo caso. Si pone tuttavia ancora la domanda se i punti contrattuali essenziali e le condizioni minime che una società di sicurezza privata deve soddisfare per esercitare attività su mandato della Confederazione non vadano disciplinati in maniera generale.

6.1.2

Sorveglianza dello Stato sulle attività delle società di sicurezza private

Attualmente la sorveglianza sulle società di sicurezza spetta ai Cantoni. Si tratta di sapere se la regolamentazione attuale è sufficiente.

Oggi la regolamentazione dei Cantoni concernente le società di sicurezza private e le persone attive nel settore della sicurezza e della polizia non è affatto unitaria.

121

640

Recentemente la Federazione Svizzera Funzionari di Polizia (FSFP) ha incaricato il professor Walter Kälin di allestire una perizia giuridica sulla delega di compiti di sicurezza a privati e sui suoi limiti. I lavori sono in corso.

Considerato che oggi gli eventi di una certa portata sul piano interregionale e internazionale rivestono un ruolo più importante, che, a causa di situazioni di pericolo universali, occorre creare un'ampia rete di sicurezza che spesso supera le frontiere cantonali e che anche gli organizzatori devono garantire un'organizzazione adeguata, sarebbe auspicabile emanare legislazioni cantonali unitarie a lungo termine. È altresì necessario che tutti i Cantoni introducano standard minimi per l'autorizzazione e il controllo di società di sicurezza private e delle loro attività, al fine di evitare che si presentino problemi con fornitori di servizi poco seri e professionali.

Gli sforzi dei Cantoni della Svizzera tedesca tesi ad armonizzare ancora di più le loro legislazioni concernenti le società di sicurezza private e le persone attive nel settore della sicurezza sono molto promettenti, anche perché non rappresentano soltanto il risultato di una collaborazione con i professionisti del ramo, ma poiché rispondono al desiderio di questi ultimi. I Cantoni della Svizzera romanda hanno scelto la soluzione del Concordato, in vigore dal 1996. Riteniamo che un ulteriore armonizzazione delle legislazioni non sia soltanto auspicabile, bensì necessaria, considerato il forte sviluppo nell'ambito delle prestazioni di sicurezza. Raccomandiamo pertanto ai Cantoni che finora non hanno legiferato o che hanno una legislazione succinta in materia di sicurezza, di farlo al più presto, ad esempio aderendo al Concordato concernente le società di sicurezza o ispirandosi alle «disposizioni modello» della CCPCS. Considerati gli sforzi profusi dai Cantoni per armonizzare le loro legislazioni, siamo del parere che attualmente non occorra emanare disposizioni federali.

La problematica delle società di sicurezza che operano all'estero a partire dalla Svizzera merita tuttavia di essere esaminata attentamente (cfr. n. 6.1.3).

6.1.3

Società di sicurezza private attive in zone di crisi e di conflitto

Dal sondaggio condotto presso i Cantoni emerge che esistono società di sicurezza private che operano già oggi a partire dalla Svizzera in zone di conflitto o che prevedono, in un futuro non lontano, di compiere passi in questa direzione.

La panoramica offerta al numero 3.3 sulle attività dei fornitori privati di prestazioni militari e di sicurezza che operano all'estero a partire dalla Svizzera mette in luce due aspetti: ­

attualmente non è possibile avere una panoramica esaustiva su tali attività, poiché le società interessate sono registrate a livello cantonale ­ sempreché siano registrate ­ e non vengono controllate in modo particolare e perché i Cantoni conoscono normative molto diverse fra loro;

­

le ricerche effettuate presso i Cantoni mostrano che singole società di sicurezza o militari private, attive in zone di crisi o di conflitto o che non escludono una tale attività, operano o potrebbero anche operare a partire dal territorio nazionale svizzero. Attualmente non è possibile valutare definitivamente la portata di tale problematica. Considerati i potenziali rischi (implicazioni delicate dal punto di vista del diritto della neutralità in situazioni di conflitto internazionale; gravi violazioni del diritto internazionale a partire dal territorio nazionale svizzero), la Svizzera ha tuttavia un grande interesse a conoscere le persone e le società eventualmente attive, a partire 641

dal suo territorio, in zone di crisi o di conflitto e a poter verificare la conformità delle loro attività con le disposizioni del diritto nazionale e con quelle del diritto internazionale.

Per tali ragioni, siamo disposti a esaminare l'opportunità di assoggettare i fornitori di prestazioni militari e di sicurezza privati attivi in zone di crisi e di conflitto all'obbligo di ottenere un'autorizzazione di diritto federale o a quello di registrazione. Altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l'Africa del Sud hanno già adottato tale misura o prevedono concretamente di farlo. Occorrerebbe anche verificare la base costituzionale di una simile normativa federale. Quest'ultima potrebbe fondarsi sull'articolo 95 capoverso 1 Cost., ma anche eventualmente sulla competenza globale della Confederazione in materia di politica estera (art. 54 cpv. 2 Cost.), visto che quest'ultima, in virtù del diritto internazionale, può essere resa responsabile per un eventuale comportamento che viola il diritto internazionale da parte di società di sicurezza private alle quali la Confederazione permette di operare all'estero a partire dal territorio svizzero. Inoltre gli organi politici supremi della Confederazione dispongono della competenza di prendere provvedimenti a tutela della sicurezza esterna e della neutralità della Svizzera, ma anche di compiere i passi necessari per salvaguardare gli interessi del Paese (cfr. art. 173 cpv. 1 lett. a, art. 184 cpv. 3 e art. 185 cpv. 1 Cost.). In questo contesto intendiamo seguire l'evoluzione internazionale ed esaminare in modo approfondito la problematica legata alle società militari e di sicurezza private che operano a livello internazionale a partire dal territorio nazionale svizzero.

6.1.4

Responsabilità penale, civile e di diritto pubblico

Il nostro Collegio ritiene che attualmente non sia necessario estendere la regolamentazione in materia di responsabilità penale, civile e di diritto pubblico per le società e i privati attivi nel settore della sicurezza, così come per i mandanti privati o statali.

Riteniamo che, per il momento, la responsabilità civile e di diritto pubblico concernenti i danni causati da un comportamento illecito sia sufficientemente regolamentata.

Per quanto riguarda il diritto penale internazionale, vi sono sufficienti disposizioni penali concrete che permettono di sanzionare le violazioni gravi dei beni giuridici tutelati, ossia anche i diritti dell'uomo e il diritto internazionale umanitario. A livello interno, il diritto svizzero prevede diversi principi (art. 3­6bis CP) che non definiscono soltanto il campo d'applicazione della legge svizzera, ma anche la competenza delle autorità giudiziarie svizzere per perseguire i delinquenti. In base a tale principio, il diritto svizzero si applica se è dato un legame con la Svizzera, vale a dire se l'imputato si trova in Svizzera (cfr. art. 6bis CP). Le legislazioni straniere conoscono lo stesso principio. Per contro, il diritto svizzero non conferisce competenze universali alle autorità giudiziarie svizzere per perseguire tutti i crimini e i delitti commessi all'estero. Tale regolamentazione ha come conseguenza che, in sostanza, l'impiegato straniero di una società di sicurezza privata con sede in Svizzera, ma attiva all'estero non può essere perseguito in Svizzera per i reati da lui commessi all'estero, a meno che non soggiorni in Svizzera. In questo caso manca un legame giuridico con la Svizzera. In questo contesto va rammentato che un'eventuale estensione delle competenze penali delle autorità svizzere andrebbe operata soltanto in considerazione della decisione del Parlamento secondo la quale i crimini 642

di guerra commessi da un cittadino straniero all'estero non possono essere perseguiti dalla giustizia svizzera, a meno che non esista uno stretto legame tra l'autore del reato e il nostro Paese122. È probabile che il Parlamento discuta nuovamente tale decisione in relazione ad altri crimini gravi, quando tratterà il progetto di legge relativo alla misure complementari necessarie per l'attuazione Statuto di Roma, attualmente in fase di consultazione. Non va dimenticato il fatto che la competenza universale delle autorità giudiziarie svizzere in materia penale implicherebbe notevoli difficoltà a livello procedurale, segnatamente per quanto concerne l'istruzione preparatoria e l'assunzione delle prove. Come esposto al numero 4.5.3.2, la società di sicurezza privata potrebbe, se del caso, essere perseguita dalle autorità svizzere alle condizioni previste dall'articolo 100quater CP.

6.1.5

Trasferimento di know­how da parte di ex impiegati della Confederazione a società di sicurezza private

Non sembra necessario emanare disposizioni particolari in materia di trasferimento di know­how da parte di ex impiegati della Confederazione a società di sicurezza private. Riteniamo che le disposizioni attuali, in particolare gli articoli 320­321ter CP, i quali sanzionano la violazione delle disposizioni legali sull'obbligo di tutela del segreto, siano sufficienti. Se si volesse andare più lontano e vietare agli ex impiegati della Confederazione, o ad alcune categorie di essi, di utilizzare le loro conoscenze nel quadro di un'attività di lavoro privata, nella prassi ciò equivarrebbe spesso a un vero e proprio divieto d'esercizio della professione, soprattutto quando si tratta di settori che richiedono competenze specifiche e che non hanno un mercato in termini di lavoro nell'ambito dell'economia privata. Tale misura potrebbe avere ripercussioni sproporzionate, anche perché gli enti pubblici non sono più in grado di offrire in ogni caso a tali persone la possibilità di un ulteriore impiego.

6.2

Prospettive di politica estera

6.2.1

Possibili soluzioni dal punto di vista internazionale

La domanda se occorre emanare nuove norme di diritto internazionale che si applicano specificatamente alle società di sicurezza e militari private e ai privati attivi in questi settori, va esaminata da più vicino. In ogni caso, tuttavia, la comunità internazionale deve valutare, nel quadro di un dialogo interstatale, l'opportunità di emanare normative a livello nazionale tese a controllare efficacemente l'impiego di società di sicurezza private all'estero in situazioni di conflitto.

Si potrebbe, ad esempio, prevedere le misure e le disposizioni interne seguenti, altresì discusse dagli specialisti: a.

122

derogare con moderazione al monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato: i compiti che rientrano nel monopolio dell'uso della forza da parte dello Stato dovrebbero essere delegati a privati soltanto in misura moderata;

Boll. Uff. 2003 S 938

643

b.

disciplinare l'impiego della forza da parte di società di sicurezza private: le società impiegate in zone di conflitto all'estero potrebbero in parte essere sottoposte alle medesime norme applicabili alle forze armate. Per garantire un controllo statale efficace, occorrerebbe, in particolare, concepire una struttura delle responsabilità adeguata (una chiara «chain of command»);

c.

garantire una sorveglianza efficace: organi o organizzazioni appropriate a livello nazionale (ad es. Parlamento) e a livello internazionale dovrebbero avere una visione d'insieme sulle attività di società attive sul piano internazionale e poter intervenire, se del caso, esercitando i loro diritti di sorveglianza;

d.

sanzioni e responsabilità individuali incisive: gli atti punibili vanno perseguiti e sanzionati in modo efficace, soprattutto quando si tratta di crimini di guerra o di altri crimini previsti dal diritto internazionale;

e.

introdurre un sistema di licenza o una procedura d'autorizzazione: il rilascio di una licenza statale potrebbe diventare una condizione per l'esercizio di attività da parte di società di sicurezza private che operano in zone di conflitto all'estero. Occorrerebbe dichiarare i rapporti di proprietà, la struttura e l'offerta di prestazioni delle società. Si potrebbe inoltre pensare di subordinare determinati mandati all'ottenimento di un'autorizzazione. Le licenze potrebbero essere pubblicate. Nell'ambito della concessione delle licenze i seguenti punti potrebbero essere determinanti: ­

definire le condizioni minime che reggono la formazione di base e la preparazione del personale in vista di un determinato impiego, così come il comportamento da adottare nello Stato ospitante («Code of Conduct» e «Rules of Engagement»);

­

«Vetting and Screening»: controllo dell'idoneità del personale dal punto di vista caratteriale (ad es. nessuna condanna penale, buona reputazione);

­

«Monitoring»: garanzia di un controllo regolare efficace (ad es.

obbligo di prevedere rispettive clausole nei contratti stipulati tra gli Stati mandanti e le società di sicurezza private);

­

introdurre l'obbligo di prevedere condizioni minime nel contratto: ad esempio, l'obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario e i diritti dell'uomo, l'obbligo di formare il personale sotto questo profilo, la determinazione di limiti da rispettare nell'ambito del subappalto di compiti di sicurezza a società private locali o straniere, l'obbligo di rispettare la legislazione dello Stato ospitante;

f.

introdurre un regime di controllo delle esportazioni adeguato: segnatamente anche per i beni a duplice impiego «dual use», che sono utilizzati per la logistica e l'infrastruttura delle società di sicurezza private;

g.

operare un'armonizzazione con la legislazione sulle armi: le disposizioni applicabili alle società di sicurezza private che operano all'estero potrebbero essere armonizzate con la legislazione nazionale in materia di esportazione delle armi (coerenza tra l'esportazione di beni e servizi sensibili dal punto di vista militare);

644

h.

introdurre il divieto di esercitare determinate attività: si potrebbe pensare al divieto totale di svolgere determinate operazioni, ad esempio, quelle effettuate da singoli privati al di fuori di una struttura societaria, ma anche, ad esempio, i combattimenti o i servizi particolarmente delicati quali gli interrogatori personali e le attività legate al servizio d'informazione.

Tuttavia, non basta adottare una soluzione prettamente nazionale. Da un lato, le società di sicurezza private che operano a livello internazionale e che sono spesso organizzate in modo molto flessibile, possono aggirare un disciplinamento nazionale trasferendo la loro sede in un altro Stato (cambiando il nome o no), sciogliendosi o continuando l'attività con le stesse persone, ma in un altro luogo sotto un altro nome o con una struttura diversa. Inoltre l'applicazione extraterritoriale di norme non riconosciute a livello internazionale si scontra con limiti di fatto ed, eventualmente, giuridici.

6.2.2

Possibile funzione della Svizzera nel contesto internazionale

Dall'inizio delle guerra in Iraq123, l'interesse pubblico alla problematica della delega di compiti di sicurezza finora assolti dallo Stato a società di sicurezza private specializzate è fortemente aumentato. Nonostante diversi Paesi abbiano profuso sforzi per trovare soluzioni adatte alla loro sfera di competenze, attualmente manca ancora un processo internazionale in grado di offrire agli Stati un forum per discutere assieme di un approccio comune in vista della definizione di standard internazionali e nazionali, così come di meccanismi per garantire un maggiore rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo.

Dagli anni Novanta, la problematica delle società di sicurezza attive sulla scena internazionale in zone di crisi e di conflitto è diventata più acuta. Dalla recente guerra in Iraq, ma soprattutto dall'anno scorso, la popolazione svizzera e il Parlamento sono diventati più coscienti di tale problema. Nell'estate del 2004, il DFAE ha reso partecipi rappresentanti della Gran Bretagna e degli USA della preoccupazione della Svizzera a riguardo delle violazioni commesse nella prigione di Abu Grahib (Iraq). Tra gli altri, anche impiegati di società di sicurezza private hanno violato i diritti dell'uomo. Nel 2004, l'Amministrazione federale ha quindi iniziato a riflettere in maniera più approfondita anche sull'opportunità e sul potenziale di iniziative avviate a livello internazionale, interstatale o sovranazionale.

Per tre ragioni la Svizzera non può ignorare gli sviluppi problematici su scala internazionale che interessano le società di sicurezza e militari private: ­

123

per garantire la sicurezza delle sue rappresentanze all'estero, segnatamente in zone di conflitto, anche la Svizzera deve ricorrere occasionalmente ai servizi delle società di sicurezza private;

Aumentano pure le manifestazioni pubbliche a tal riguardo e anche la bibliografia si allunga rapidamente. Tuttavia quest'ultima è piuttosto descrittiva, orientata soltanto in parte a un'ottica politologia e raramente fa appello a un'analisi giuridica.

645

­

ricerche puntuali mostrano che le società di sicurezza o militari private possono essere attive in zone di conflitto anche a partire dal territorio nazionale svizzero. La Svizzera ha tuttavia un interesse a non fungere da base per operazioni illecite o perlomeno sospette all'estero;

­

l'applicazione e, se necessario, l'ulteriore sviluppo del diritto internazionale, in particolare del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo, rappresenta un obiettivo tradizionale della Svizzera.

A motivo della sua tradizione umanitaria e in qualità di Stato firmatario delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera potrebbe offrire un ragionevole contributo alla codificazione e alla precisazione delle condizioni giuridiche e dei limiti dell'attività delle società di sicurezza e militari private e alla promozione del rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo.

Attualmente la Svizzera è impegnata ad avviare un processo internazionale.

Quest'ultimo persegue tre obiettivi: ­

promuovere un dialogo interstatale sulle sfide poste dall'impiego di società di sicurezza e militari private;

­

rafforzare e precisare gli impegni internazionali degli Stati e degli altri autori, soprattutto nel campo del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo;

­

esaminare le opzioni e i modelli di disciplinamento, così come altre misure adeguate a livello nazionale, regionale e internazionale.

La Svizzera intende avviare tale processo internazionale in collaborazione con il CICR, con il quale ha già elaborato le grandi linee comuni dell'iniziativa interstatale. Nel corso dell'estate 2005 si sono tenuti i primi incontri con determinati specialisti. Nell'autunno 2005 sono già stati consultati singoli Stati in modo mirato. Nel 2006 è prevista l'organizzazione di una conferenza di esperti governativi.

Idealmente, le discussioni materiali condotte nel quadro di tale processo internazionale e i risultati che ne emergeranno potrebbero anche avere un impatto positivo anche sugli sviluppi all'interno degli Stati: questi ultimi, ma anche le organizzazioni sopranazionali e non governative, così come le imprese multinazionali, che sono altresì clienti di società di sicurezza private, potrebbero essere invitate a esaminare i propri disciplinamenti. Anche delle norme fissate a livello internazionale promuoverebbero la coerenza tra i diversi disciplinamenti nazionali degli Stati.

Infine occorre ancora notare che l'iniziativa svizzera è neutra nell'ambito della domanda se il fenomeno legato alle società di sicurezza e militari private sia auspicabile o no. Il ricorso a tali società è tuttavia una realtà e secondo le previsioni, dovrebbe addirittura aumentare. Per questo motivo l'iniziativa è tesa a discutere misure atte ad attenuare le conseguenze negative dell'impiego di tali società.

6.3

Elenco delle misure proposte dal nostro Collegio

Intendiamo prendere le seguenti misure: 1.

646

Ordinare alle autorità amministrative di tenere conto dei limiti posti dalla Costituzione quando prevedono di delegare a società private di compiti di sicurezza.

2.

Invitare i Cantoni ad armonizzare le loro legislazioni.

3.

Esaminare la possibilità di stabilire condizioni minime che devono essere soddisfatte da una società incaricata dalla Confederazione di eseguire compiti di sicurezza.

4.

Esaminare se è opportuno assoggettare i fornitori di prestazioni di sicurezza o militari che operano in zone di crisi o di conflitto a partire dalla Svizzera all'obbligo di ottenere un'autorizzazione o una licenza.

5.

Lanciare un processo a livello internazionale, preferibilmente in collaborazione con il CICR, per contribuire alla creazione di un dialogo interstatale, per potenziare e precisare gli impegni di diritto internazionale degli Stati e di altri attori e per studiare modelli di disciplinamento a livello nazionale, regionale e internazionale.

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