05.081 Messaggio concernente la modifica del Codice penale svizzero nella sua versione del 13 dicembre 2002 (Attuazione dell'art. 123a della Costituzione federale relativo all'internamento a vita di criminali estremamente pericolosi) del 23 novembre 2005

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo per approvazione un disegno di modifica del Codice penale nella sua versione del 13 dicembre 2002 ai fini della concretizzazione dell'articolo 123a della Costituzione federale relativo all'internamento a vita di criminali estremamente pericolosi.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

23 novembre 2005

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Samuel Schmid La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2005-0131

807

Compendio L'8 febbraio 2004 il popolo e i Cantoni hanno accolto l'iniziativa popolare «Internamento a vita» approvando di riflesso il nuovo articolo 123a della Costituzione federale (Cost.). In base alla nuova disposizione i criminali sessuomani o violenti considerati estremamente pericolosi e refrattari alla terapia devono essere internati a vita e non possono usufruire di permessi di libera uscita. La liberazione può essere presa in considerazione soltanto se nuove conoscenze scientifiche consentono di dimostrare che il criminale può essere curato e non rappresenta quindi più un pericolo per la collettività. L'iniziativa prevede inoltre che le perizie necessarie al giudizio di tali criminali siano redatte da almeno due periti reciprocamente indipendenti e che le autorità possano essere rese responsabili in caso di recidiva delle presone da esse liberate.

L'articolo 123a Cost. va interpretato in molti punti. Con il presente disegno di legge il Consiglio federale propone le disposizioni esecutive della nuova norma costituzionale, a complemento della Parte generale del Codice penale, approvata dalle Camere federali nel dicembre del 2002. Il testo proposto disciplina in primo luogo le condizioni e la procedura volte ad appurare se, nei casi specifici, il mantenimento dell'internamento a vita permane giustificato.

808

Indice Compendio

808

1 Punti essenziali del progetto 1.1 Situazione iniziale 1.1.1 L'iniziativa popolare «Internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia» 1.1.2 L'internamento dopo la revisione del 13 dicembre 2002 del Codice penale 1.1.3 Rapporto del gruppo di lavoro «Internamento» 1.2 Procedura di consultazione 1.2.1 Avamprogetto posto in consultazione 1.2.2 Risultati della procedura di consultazione 1.3 Questioni fondamentali 1.3.1 Necessità di una legislazione d'esecuzione concernente l'articolo 123a della Costituzione 1.3.2 Integrazione delle disposizioni in materia di internamento a vita nella revisione del 13 dicembre 2002 del Codice penale 1.3.3 La rilevanza dell'articolo 5 CEDU

811 811

2 Commento alle singole disposizioni 2.1 Perizia di due esperti indipendenti (art. 56 cpv. 4bis e 64c cpv. 5) 2.2 Condizioni necessarie per ordinare l'internamento a vita (art. 64 cpv. 1bis) 2.2.1 Introduzione 2.2.2 Criminali sessuomani e violenti 2.2.3 Estremamente pericolosi (lett. a) 2.2.4 Refrattario alla terapia (lett. b) 2.3 Complemento all'articolo 64a capoverso 1 2.4 L'esame dell'internamento a vita (art. 64c) 2.4.1 Introduzione 2.4.2 L'esame della commissione peritale federale in collaborazione con le autorità d'esecuzione cantonali 2.4.3 Nuove conoscenze scientifiche sull'idoneità alla terapia 2.4.4 Soppressione dell'internamento su decisione giudiziale 2.4.5 Esame durante l'esecuzione della pena che precede l'internamento 2.5 Complemento all'articolo 65 2.6 Esclusione dei congedi e di altre forme di regime aperto (art. 84 cpv. 6bis, art. 90 cpv. 4ter) 2.7 Responsabilità in caso di recidiva di persone internate a vita (art. 380bis)

817 817 819 819 819 820 820 821 821 821

811 812 812 812 812 814 815 815 815 816

822 823 824 825 826 826 827

3 Proposte dell'avamprogetto che non sono state prese in considerazione 3.1 Trattamento terapeutico di autori non affetti da turbe psichiche (art. 59 cpv. 1 e 63 cpv. 1) 3.2 Ordinamento a posteriori dell'internamento a vita (art. 65 cpv. 2) 3.3 Internamento a vita e revisione (art. 385 cpv. 2)

830

4 Codice penale militare

832

830 831 831

809

5 Ripercussioni 5.1 Ripercussioni per la Confederazione 5.2 Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni

832 832 833

6 Programma di legislatura

833

7 Aspetti giuridici 7.1 Costituzionalità 7.2 Compatibilità con obblighi di diritto internazionale contratti dalla Svizzera

833 833

Codice penale svizzero (internamento a vita di criminali estremamente pericolosi) (Disegno)

810

833

835

Messaggio 1

Punti essenziali del progetto

1.1

Situazione iniziale

1.1.1

L'iniziativa popolare «Internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia»

L'8 febbraio 2004 il popolo e i Cantoni hanno accolto a larga maggioranza1 l'iniziativa popolare federale del 3 maggio 20002 «Internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia» approvando di conseguenza il nuovo articolo 123a della Costituzione federale (Cost.; RS 101). La nuova disposizione è entrata in vigore3 con effetto immediato e recita: Considerato il forte rischio di ricaduta, il criminale sessuomane o violento che nelle perizie necessarie alla formulazione della sentenza è stato definito estremamente pericoloso e classificato come refrattario alla terapia deve essere internato a vita. Liberazioni anticipate e permessi di libera uscita sono esclusi.

1

È possibile redigere nuove perizie solo qualora nuove conoscenze scientifiche permettano di dimostrare che il criminale può essere curato e dunque non rappresenta più alcun pericolo per la collettività. Se sulla base di queste nuove perizie è posto fine all'internamento, la responsabilità per una ricaduta è assunta dall'autorità che ha posto fine all'internamento.

2

Tutte le perizie necessarie al giudizio del criminale sessuomane o violento devono essere redatte da almeno due periti esperti reciprocamente indipendenti e tenendo conto di tutti gli elementi importanti per il giudizio.

3

Il nostro Consiglio e il Parlamento erano contrari all'iniziativa e ne hanno raccomandato il rigetto. A nostro parere le modifiche della Parte generale del Codice penale approvate dal Parlamento il 13 dicembre 2002 (nCP)4 avrebbero protetto la collettività dai delinquenti pericolosi in modo più ampio ed efficace rispetto a quanto proposto dall'iniziativa5.

1 2 3 4

5

Partecipazione: 46 %; Sì: 56.2 %; No: 43.8 %; Cantoni che hanno accettato l'iniziativa: 19 5/2; Cantoni che hanno respinto l'iniziativa: 1 1/2 (FF 2004 1935).

Cfr. DF del 20 giugno 2003 concernente la validità e le raccomandazioni in vista della votazione (FF 2003 3833).

Cfr. art. 195 Cost.

FF 2002 7351; nel presente messaggio l'abbreviazione nCP si riferisce al Codice penale nella sua versione del 13 dicembre 2002, mentre CP a quella del Codice penale applicabile fino all'entrata in vigore del nuovo Codice penale.

Cfr. messaggio del Consiglio federale (FF 2001 3063); Consiglio nazionale: Boll. Uff.

2003 N 277 296 e 1244; Consiglio degli Stati: Boll. Uff. 2003 N 579 e 716.

811

1.1.2

L'internamento dopo la revisione del 13 dicembre 2002 del Codice penale

La nuova Parte generale del Codice penale (nCP) adottata il 13 dicembre 2002 disciplina le condizioni per internare criminali pericolosi (art. 64), come pure l'esame e la procedura concernenti un'eventuale liberazione condizionale delle persone internate (art. 64a e 64b). Tali disposizioni sostituiranno gli articoli 42 e 43 del Codice penale in vigore.

Con il messaggio del 29 giugno 20056 proponiamo una successiva modifica di tali disposizioni. In particolare s'intende inasprire l'articolo 64 capoverso 1 nCP affinché l'internamento possa essere ordinato in caso di crimini puniti con una pena detentiva massima di almeno 5 anni (invece di 10 anni).

1.1.3

Rapporto del gruppo di lavoro «Internamento»

All'inizio di maggio del 2004 il capo del DFGP ha istituito un gruppo di lavoro (gruppo di lavoro «Internamento») al fine di concretizzare il nuovo articolo 123a (Cost.) sull'internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi (cfr. n. 1.1.1), accettato in votazione popolare l'8 febbraio 2004. Il gruppo di lavoro aveva innanzitutto l'incarico di elaborare le necessarie disposizioni esecutive per il nuovo articolo 123a Cost. e di presentare un relativo avamprogetto con rapporto7 entro l'estate del 2004. Il progetto di modifica del Codice penale deve in sostanza rispettare il tenore della nuova disposizione costituzionale ed essere, nel contempo, compatibile con la Convenzione europea sui diritti dell'uomo.

1.2

Procedura di consultazione

1.2.1

Avamprogetto posto in consultazione

Dalla metà di settembre fino alla fine di dicembre del 2004 i Cantoni, i partiti politici e le cerchie interessate hanno potuto esprimesi sulle proposte del gruppo di lavoro «Internamento» (cfr. n. 1.1.3) nell'ambito di una procedura di consultazione ordinaria.

Al fine di attuare l'articolo 123a Cost. sull'internamento a vita, l'avamprogetto prevedeva le seguenti proposte a complemento del Codice penale sottoposto a revisione: Art. 56 cpv. 4bis 4bisSe può essere preso in considerazione l'internamento a vita di cui all'articolo 64 capoverso 1ter, due periti esperti reciprocamente indipendenti redigono ciascuno una perizia.

6 7

812

FF 2005 4197 Rapporto del gruppo di lavoro «Internamento» del 15 luglio 2004 relativo alla modifica del Codice penale svizzero nella sua versione del 13.12.2002 allo scopo di attuare l'articolo 123a della Costituzione federale relativo all'internamento a vita di criminali estremamente pericolosi e di correggere ex post il nuovo diritto in materia di misure (ottenibile presso: Ufficio federale di giustizia, Sezione Diritto penale, 3003 Berna).

Art. 64 cpv. 1ter Il giudice ordina l'internamento a vita se l'autore ha commesso un assassinio, un omicidio intenzionale, una lesione personale grave, una violenza carnale, una rapina, una presa d'ostaggio, un incendio o un altro reato atto o teso a pregiudicare gravemente l'integrità fisica, psichica o sessuale di un'altra persona, e se:

1ter

a.

esiste un'elevata probabilità, rispetto ad altri autori di reati analoghi, che commetta un nuovo crimine di questo genere, e se

b.

l'autore, a causa di particolari caratteristiche della personalità, è considerato durevolmente refrattario alla terapia, perché il trattamento non ha adeguate prospettive di successo a lungo termine.

Art. 64c

(Esame della liberazione dall'internamento a vita)

In caso di internamento a vita secondo l'articolo 64 capoverso 1ter, l'autorità competente esamina, su richiesta, se vi sono nuove conoscenze scientifiche che permettono di prevedere che l'autore possa essere curato in modo da non costituire più un pericolo per la collettività. La decisione poggia sul rapporto della commissione peritale federale istituita per valutare l'idoneità alla terapia delle persone internate a vita.

1

Se l'autorità competente conclude che l'autore può essere curato, gli propone un trattamento. Tale trattamento si svolge in un'istituzione chiusa. Le disposizioni in materia restano applicabili fino alla soppressione dell'internamento a vita secondo il capoverso 3.

2

Se il trattamento dimostra che la pericolosità dell'autore è diminuita in maniera considerevole e può essere ridotta al punto che costui non costituisce più un pericolo per la collettività, il giudice sopprime l'internamento a vita e ordina l'internamento di cui all'articolo 64 capoverso 1 o una misura terapeutica stazionaria giusta gli articoli 59­61.

3

Il giudice può liberare condizionalmente l'autore dall'internamento a vita se costui non costituisce più un pericolo per la collettività perché affetto da invalidità permanente, senilità o grave malattia. La liberazione condizionale è retta dall'articolo 64a.

4

È competente il giudice che ha ordinato l'internamento a vita. La decisione poggia sulle perizie di due periti esperti reciprocamente indipendenti che non hanno curato o assistito in altro modo l'autore.

5

I capoversi 1 e 2 si applicano anche durante l'esecuzione della pena detentiva che precede l'internamento a vita. La soppressione dell'internamento a vita secondo il capoverso 3 è possibile al più presto alla data in cui l'autore ha espiato due terzi della pena o 15 anni di pena detentiva a vita.

6

Art. 65 cpv. 2 Se durante l'esecuzione della pena detentiva risulta che le condizioni per un internamento giusta l'articolo 64 capoverso 1 o per un internamento a vita giusta l'articolo 64 capoverso 1ter sono adempiute e che sussistevano già al momento della condanna, il giudice può ordinare queste misure a posteriori. Alle medesime condizioni il giudice può, durante l'esecuzione dell'internamento giusta l'articolo 64 2

813

capoverso 1, ordinare l'internamento a vita giusta l'articolo 64 capoverso 1ter. La competenza è retta dalle norme applicabili alla revisione di una procedura.

Art. 90 cpv. 4ter Durante l'internamento a vita e l'esecuzione della pena che lo precede non sono concessi congedi o altre forme di regime aperto.

4ter

Art. 380bis

(6. Responsabilità in caso di soppressione dell'internamento a vita)

Se la persona internata a vita, cui è concessa la libertà condizionale o il cui internamento è stato soppresso, commette di nuovo uno dei reati previsti all'articolo 64 capoverso 1ter, la responsabilità per il danno risultante è assunta dalla collettività competente.

1

Al diritto di regresso contro l'autore e alla prescrizione dell'azione di risarcimento o di riparazione si applicano le disposizioni del Codice delle obbligazioni in materia di atti illeciti.

2

Al diritto di regresso contro i membri dell'autorità ordinante si applica il diritto cantonale o la legge sulla responsabilità della Confederazione.

3

Art. 385 cpv. 2 Non costituiscono motivo di revisione i fatti e i mezzi di prova riguardanti l'idoneità alla terapia di una persona internata a vita e fondati su conoscenze acquisite a posteriori durante l'esecuzione della pena. Il giudice competente decide in merito basandosi sul rapporto della commissione peritale federale istituita per valutare l'idoneità alla terapia delle persone internate a vita.

2

1.2.2

Risultati della procedura di consultazione8

Dei 117 destinatari invitati a esprimersi hanno risposto 67: tre tribunali federali, 26 Cantoni, 9 partiti politici (su 15 interpellati; tutti i partiti governativi si sono espressi) e 29 organizzazioni (su 73 interpellate). Undici enti interpellati hanno espressamente rinunciato a presentare un parere (2 tribunali, 3 Cantoni, 6 organizzazioni).

Le proposte illustrate nel numero 1.2.1 concernenti l'attuazione dell'articolo 123a Cost. hanno raccolto pareri contrastanti. I Cantoni e le organizzazioni delle autorità cantonali erano in maggioranza favorevoli, mentre i partiti governativi ­ ad eccezione dell'UDC ­ hanno manifestato scetticismo od opposizione. Per contro, in seno ai partiti più piccoli, i pareri favorevoli e quelli contrari si sono manifestati in misura pressoché equivalente. Hanno espresso un parere negativo anche molte importanti organizzazioni, quali le associazioni di medici e giuristi, le università, le organizzazioni attive nell'ambito dei diritti dell'uomo e la Conferenza dei vescovi svizzeri.

Espresso in cifre, il rapporto percentuale tra pareri favorevoli e contrari è di circa 60

8

814

Cfr. in merito anche il n. 1.2.2.1 del messaggio del Consiglio federale del 29 giugno 2005 concernente la modifica del Codice penale nella sua versione del 13 dicembre 2002 nonché del Codice militare nella sua versione del 21 marzo 2003 (FF 2005 4197).

a 40. I risultati della consultazione sono esposti in dettaglio nel commento alle singole disposizioni (n. 2).

1.3

Questioni fondamentali

1.3.1

Necessità di una legislazione d'esecuzione concernente l'articolo 123a della Costituzione

Già durante la campagna per la votazione avevamo lasciato intendere che un sì all'iniziativa avrebbe probabilmente reso indispensabile una concretizzazione sul piano legale della nuova disposizione costituzionale. Tuttavia, da altri versanti era emersa l'esigenza di affidare alla dottrina e alla giurisprudenza9 l'interpretazione della nuova disposizione costituzionale. Da parte nostra permaniamo contrari a tale soluzione poiché, senza una legislazione esecutiva, l'articolo 123a Cost. lascerebbe irrisolte troppe questioni a causa dei concetti giuridici imprecisi che contiene. Non per ultimo gli esperti in materia di esecuzione delle pene e misure attendono risposte precise in merito alla questione centrale dell'interpretazione del capoverso 2 della nuova disposizione costituzionale. Tale interpretazione dovrebbe permettere di determinare a quali condizioni l'internamento a vita può e deve essere esaminato al fine di stabilirne l'ulteriore legittimità. Dopo una campagna per la votazione condotta a suon di polemiche, anche i promotori dell'iniziativa auspicavano che vari punti controversi sul piano dell'interpretazione del nuovo testo costituzionale venissero chiariti.

Soltanto un numero ridotto di interpellati si è espresso esplicitamente in merito.

Alcuni hanno respinto le disposizioni esecutive proposte, lasciando intendere che la soluzione migliore sarebbe quella di rinunciarvi del tutto.

1.3.2

Integrazione delle disposizioni in materia di internamento a vita nella revisione del 13 dicembre 2002 del Codice penale

Alla luce dell'entrata in vigore, prevista il 1° gennaio 2007, delle modifiche della Parte generale del Codice penale approvate dal Parlamento il 13 dicembre 2002, appare opportuno concepire le norme relative all'internamento a vita come complemento delle disposizioni rivedute e integrarle in quest'ultime in modo quanto più uniforme. Tale approccio è stato salutato dai partecipanti alla procedura di consultazione espressisi sulla questione.

Tuttavia non è necessario che tali aggiunte entrino in vigore contemporaneamente alle modifiche del 13 dicembre 2002 e alle ulteriori modifiche ai sensi del messaggio del 29 giugno 200510. Come accennato in precedenza (cfr. n. 1.1.1), l'articolo 123a Cost. è entrato in vigore con la sua approvazione l'8 febbraio 2004 e potrebbe, se del caso, venir applicato direttamente, seppure ne risulterebbero notevoli problemi interpretativi.

9 10

Ad es. prof. Yvo Hangartner nel «St. Galler Tagblatt» del 13 febbraio 2004.

FF 2005 4197

815

1.3.3

La rilevanza dell'articolo 5 CEDU11

L'articolo 5 CEDU garantisce a ogni persona il diritto alla libertà e alla sicurezza.

Tutela la libertà di movimento fisica in quanto opposta allo stato di arresto o di detenzione. L'internamento a vita costituisce una privazione della libertà giusta l'articolo 5 capoverso 1 CEDU. All'internamento di cui dall'articolo 123a Cost. si applicano in primo luogo i motivi di detenzione contemplati dall'articolo 5 capoverso 1 lettere a ed e CEDU. L'articolo 5 capoverso 1 lettera a CEDU non si riferisce soltanto al carcere espiatorio ma anche ad altre forme di privazione della libertà ordinate da un tribunale a scopo di recupero e di sicurezza in merito a una fattispecie di diritto penale o disciplinare12. In base alla giurisprudenza della Corte europea di giustizia dei diritti dell'uomo (Corte di giustizia), l'internamento per motivi di sicurezza ordinato dal tribunale è pertanto retto dalla lettera a, eventualmente pure dalla lettera e. L'articolo 5 capoverso 1 lettera e CEDU si applica soltanto in casi eccezionali, vale a dire quando un autore da internare risulta totalmente non imputabile ed è quindi esclusa la responsabilità penale.

L'articolo 5 CEDU non offre alcuna base per procedere a privazioni preventive della libertà allo scopo di prevenire pericoli futuri. Ciò vale in particolare nel caso dell'internamento a posteriori che può essere ordinato in una procedura separata, una volta scontata la pena detentiva inflitta nella sentenza penale. Tale internamento non può essere ordinato sulla base dall'articolo 5 capoverso 1 lettera a CEDU: manca infatti un nesso causale con la sentenza originale poiché i motivi di detenzione sorgono soltanto successivamente a siffatta sentenza.

L'articolo 5 capoverso 4 CEDU garantisce a ogni persona arrestata o detenuta il «diritto di indirizzare un ricorso ad un tribunale affinché esso decida, entro brevi termini, sulla legalità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegale». Le autorità statali dovranno fornire la prova che sussistono le condizioni per una privazione della libertà13. La formulazione di tale diritto al riesame giudiziale dell'arresto è di ampio respiro: si applica di principio a tutte le forme detentive previste dall'articolo 5 capoverso 1 CEDU e si estingue soltanto con la liberazione incondizionata. Se la detenzione
si fonda su una sentenza giudiziaria, non è di norma necessario riesaminarne la legittimità poiché la decisione relativa all'ordine di carcerazione adempie già le garanzie richieste al capoverso 414. Se tuttavia la privazione della libertà è subordinata a caratteristiche personali, sussiste un diritto a far esaminare, a intervalli ragionevoli, la legittimità dell'internamento. Il riesame è volto a stabilire se la necessità di proteggere la collettività continua a prevalere sul diritto alla libertà della persona detenuta. Sono considerate caratteristiche personali l'infermità mentale, l'instabilità psichica o i disturbi della personalità pericolosi per la collettività. La Corte di giustizia parte dal presupposto che tali caratteristiche personali possono mutare col passare del tempo. Anche se un'evoluzione positiva può apparire inverosimile, è sempre possibile che, nel caso specifico, 11 12

13 14

816

Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (RS 0.101).

Guzzardi vs Italia, Ser. A n. 39, n. 100; Jachim Renzikowski, in Heribert Golsong e al.

(ed.), Internationaler Kommentar zur Europäischen Menschenrechtskonvention, Colonia/ Berlino/ Monaco, 7. Ergänzungslieferung - giugno 2004, ad art. 5, N 132; Stefan Trechsel, Die Europäische Menschenrechtskonvention, ihr Schutz der persönlichen Freiheit und die schweizerischen Strafprozessrechte, Berna 1974, pag. 200 Hutchison Reid vs Regno Unito, Rep 2003 IV, n. 70 seg.

De Wilde e altri vs Belgio, Ser. A. n. 12, n. 79.

vengano in seguito a cadere i motivi inerenti alla personalità del detenuto atti a legittimare la privazione della libertà15; in tal caso, il proseguimento della privazione di libertà sarebbe contrario alla CEDU. Il diritto al riesame periodico dell'arresto sussiste quindi poiché i motivi che rendevano necessario il ricovero o l'internamento in un primo tempo possono venire a cadere successivamente.

La privazione della libertà ordinata per la prima volta e gli eventuali esami successivi non devono essere riesaminati immediatamente ma soltanto una volta trascorso un lasso di tempo ragionevole. Tale differimento si giustifica per motivi di economia procedurale. La legittimità dell'arresto dev'essere riesaminata soltanto se le circostanze personali dell'autore sono mutate in modo tale da rendere inutile la detenzione o se sussiste perlomeno la possibilità che non sia più necessaria. La Corte di giustizia ha concretizzato in vari casi la sua prassi relativa alla nozione di «intervalli ragionevoli»; gli intervalli che superano un anno violano pertanto l'articolo 5 capoverso 4 CEDU16. La giurisprudenza della Corte di giustizia non giudica contrario alla Convenzione il fatto di riesaminare soltanto su richiesta la legittimità di internamenti di una certa durata o inflitti a tempo indeterminato17. È compatibile con la CEDU anche un «sistema misto», che prevede la combinazione di riesami periodici eseguiti d'ufficio con controlli su richiesta.

2

Commento alle singole disposizioni

2.1

Perizia di due esperti indipendenti (art. 56 cpv. 4bis e 64c cpv. 5)

L'articolo 123a capoverso 3 Cost. prevede che tutte le perizie necessarie al giudizio del criminale sessuomane o violento siano redatte da almeno due periti esperti reciprocamente indipendenti e tenendo conto di tutti gli elementi importanti per il giudizio. Questo principio va integrato mediante un nuovo capoverso 4bis nell'articolo 56 nCP. In ogni caso tale disposizione si applica limitatamente all'internamento a vita. Si è voluto rinunciare a un disciplinamento troppo specifico per non restringere il margine di apprezzamento del giudice nella scelta dei mezzi di prova. È evidente che i periti sono tenuti a considerare tutti gli elementi importanti per il giudizio; per questo motivo si è rinunciato a ripetere esplicitamente tale precetto contenuto nell'articolo 123a Cost.

Il tenore dell'articolo 56 capoverso 4bis precisa che devono essere disponibili almeno due perizie. Non è sufficiente che due periti esperti redigano insieme una perizia, poiché in tal caso non sarebbe possibile ritenerli «reciprocamente indipendenti» come chiesto dalla nuova norma costituzionale.

A tale proposito vari interpellati hanno chiesto che si precisasse in quale misura le due perizie debbano giungere a conclusioni identiche. Alcuni auspicano che l'internamento a vita non venga preso in considerazione se una delle due perizie non si esprime a favore di tale provvedimento. Tale richiesta è stata in parte esaudita con 15

Un esempio noto: Thynne, Wilson e Gunnell vs Regno Unito, Ser. A n. 190-A, n. 76; Oldham vs Regno Unito, Rep. 2000 V, n. 34.

16 Cfr. la sintesi della prassi in Oldham vs Regno Unito, Rep. 2000 V, n. 32 (con ulteriori indicazioni): «In previous cases, the Convention organs have accepted periods of less than a year between reviews and rejected periods of more than one year.» 17 Cfr. Megyeri vs Germania, Ser. A n. 237-A, n. 22 lett. a.

817

l'adeguamento dell'articolo 56 capoverso 4bis al tenore dell'articolo 64c capoverso 5, secondo cui la decisione del giudice relativa all'internamento a vita poggia su ambedue le perizie. L'internamento a vita non entrerebbe quindi in linea di conto qualora le due perizie si contraddissero sostanzialmente per quanto concerne le condizioni e la necessità dell'internamento. Difficilmente l'articolo 123a capoverso 1 Cost. può essere interpretato altrimenti. Nel caso di divergenze tra i periti il giudice conserva peraltro la facoltà di chiedere una terza perizia in merito alle questioni controverse, visto che l'articolo 123a capoverso 3 Cost. e l'articolo 56 capoverso 4bis stabiliscono che il giudice faccia capo ad almeno due periti esperti reciprocamente indipendenti.

D'altro canto l'internamento a vita ai sensi dell'articolo 64 capoverso 1bis non presuppone l'esistenza di due perizie che coincidano su tutte le questioni. Non sarebbe infatti opportuno che il giudice continui a ordinare perizie fino a quando due di esse coincidano perfettamente. Il giudice non si fonda sul numero di perizie, bensì sulle prove e sulle argomentazioni in esse contenute.

Lo stesso vale anche per la soppressione dell'internamento a vita secondo l'articolo 64c capoverso 5 in combinato disposto con i capoversi 3 e 4.

La maggioranza del gruppo di lavoro «Internamento» ha deciso di rinunciare a precisare in modo troppo esaustivo nella legge i requisiti professionali dei periti, affinché le possibilità di scelta e il margine di apprezzamento dei giudici non ne risultassero inutilmente limitati. Ritiene pertanto che sia sufficiente una descrizione dei requisiti nel messaggio. Da parte nostra condividiamo tale opinione, tanto più che gli interpellati espressisi in merito vi hanno aderito quasi all'unanimità. Alcuni hanno sottolineato che i requisiti elevati definiti dal gruppo di lavoro sono certamente auspicabili, ma non devono essere imperativi in considerazione del fatto che non sarà sempre facile reperire un numero sufficiente di specialisti in materia. Questa preoccupazione appare fondata, anche perché l'articolo 123a Cost. esige che siano ordinate in ogni caso almeno due perizie redatte da periti esperti. Al riguardo ci siamo già espressi nel messaggio concernente l'iniziativa popolare «Internamento a vita per criminali
sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia»18. Anche le cerchie specializzate hanno recentemente espresso tale preoccupazione19. Nei casi in cui entra in considerazione l'internamento a vita è quindi presumibile che, per un periodo indeterminato, potrebbero non essere disponibili due periti esperti e che, di conseguenza, i procedimenti penali potrebbero protrarsi nel tempo. Tuttavia, non esiste alcun margine di manovra per modificare sul piano legislativo l'imperativo costituzionale di consultare almeno due periti esperti. Il problema non è però neppure risolvibile mediante la definizione di requisiti meno elevati di quelli indispensabili dal punto di vista scientifico. La soluzione del problema richiederebbe misure dispendiose in termini di tempo come, ad esempio, quelle introdotte dalle società di psichiatria per migliorare la formazione dei periti esperti20.

18 19

20

818

FF 2001 3083 (n. 3.6.3).

G. Ebner / V. Dittman / U. Steiner-König / H. Kurt, Verwahrung gefährlicher Straftäter: Kluft zwischen politischen Forderungen und medizinisch-wissenschaftlicher Machbarkeit, in: Schweizerische Ärztezeitung 2005; 86: n. 22, pag. 1346 nonché Schweizerische Zeitschrift für Kriminologie (SZK), fascicolo 2/05, pag. 71 seg.

Cfr. nota 18.

I periti devono dunque essere esperti affermati in psichiatria forense, nella formulazione di un giudizio prognostico legale e nel trattamento di criminali sessuomani e violenti. Essi dovrebbero pertanto: ­

aver maturato un'esperienza pluriennale nell'ambito della terapia intensiva volta a prevenire la recidiva di criminali sessuomani e violenti;

­

aver redatto opinioni o perizie prognostiche in merito a decisioni di esecuzione;

­

disporre di conoscenze approfondite in materia di esecuzione delle pene ed essere stati regolarmente attivi, durante alcuni anni, in qualità di periti nell'ambito di casi complessi di criminalità violenta o a sfondo sessuale;

­

aver redatto una o più perizie in base alle quali i giudici hanno ordinato l'internamento;

­

essere in grado, grazie alla qualità del lavoro prognostico svolto e allo status professionale, di soddisfare sia i requisiti tecnici elevati sia la necessità di assumere importanti responsabilità.

2.2

Condizioni necessarie per ordinare l'internamento a vita (art. 64 cpv. 1bis)

2.2.1

Introduzione

L'articolo 123a capoverso 1 della Costituzione dispone che un criminale sessuomane o violento vada internato a vita se nelle perizie necessarie alla formulazione della sentenza è stato classificato come estremamente pericoloso e refrattario alla terapia. Le condizioni per l'internamento a vita sono quindi tracciate per mezzo di quattro concetti giuridici più o meno generali, ragion per cui la definizione della cerchia degli autori appare alquanto vaga. Durante la campagna per la votazione sono emersi numerosi contrasti riguardo all'interpretazione dell'espressione «criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia». Sul piano interpretativo vanno chiariti molti punti. Secondo la proposta del gruppo di lavoro è opportuno esplicitare nella legge i concetti vaghi mediante l'introduzione di un nuovo capoverso 1bis all'articolo 64 nCP.

2.2.2

Criminali sessuomani e violenti

La doppia nozione di «criminale sessuomane o violento» va concretizzata con un catalogo di motivi d'internamento. Può essere quindi internato a vita chi ha commesso un assassinio, un omicidio intenzionale, una lesione grave, una rapina, una violenza carnale, una coazione sessuale, un sequestro di persona o un rapimento, una presa d'ostaggio, tratta di esseri umani, un genocidio o una violazione del diritto delle genti in caso di conflitto armato secondo gli articoli 108­113 del Codice penale militare, nella misura in cui, commettendo il reato, abbia pregiudicato o voluto pregiudicare in modo particolarmente grave l'integrità fisica, psichica o sessuale di un'altra persona. Tale qualificazione, che s'ispira alla definizione del campo d'applicazione della legge sull'aiuto alle vittime, evidenzia che soltanto le manife-

819

stazioni più gravi dei crimini elencati possono costituire motivi d'internamento a vita.

In sede di consultazione, il rapporto percentuale tra favorevoli e contrari a questa disposizione è stato di circa 60 a 40. L'avamprogetto non conteneva tuttavia un elenco esaustivo, ma soltanto un catalogo di motivi d'internamento completato da una fattispecie generale. La critica principale avanzata dagli oppositori verteva sul fatto che il campo d'applicazione per l'internamento a vita fosse formulato in modo tale da superare ampiamente la portata dell'articolo 123a Cost. Di conseguenza si chiedeva di limitare il catalogo dei motivi d'internamento ai reati più gravi, ad esempio sopprimendo la fattispecie generale. Come emerge anche dal commento introduttivo, abbiamo pienamente tenuto conto di tale critica.

2.2.3

Estremamente pericolosi (lett. a)

La nozione di estrema pericolosità è estranea al mondo della psichiatria. Ecco perché il testo proposto non utilizza tale espressione. Conformemente all'articolo 64 capoverso 1bis lettera a del disegno gli autori estremamente pericolosi sono persone che rischiano di commettere ancora uno dei reati elencati nel catalogo dei motivi d'internamento.

Nel corso della procedura di consultazione è stato innanzitutto criticato il tenore della disposizione, secondo cui l'elevata probabilità di recidiva va appurata mediante un confronto con altri autori che hanno commesso reati di gravità analoga. I critici ritengono che tale confronto presenti più lati negativi che positivi, sia di natura prettamente teorica e poco si addica alle esigenze della prassi. Abbiamo tenuto conto di queste obiezioni stralciando dal testo il passaggio che era stato criticato.

2.2.4

Refrattario alla terapia (lett. b)

Prima della votazione si è rivelato particolarmente controverso il concetto di «idoneo o refrattario alla terapia». Anche il gruppo di lavoro è giunto a una soluzione soltanto dopo lunghe riflessioni.

La definizione proposta dal gruppo di lavoro, secondo cui l'autore «a causa di particolari caratteristiche della personalità, è considerato durevolmente refrattario alla terapia perché il trattamento non ha adeguate prospettive di successo a lungo termine» è stata accettata esplicitamente e incondizionatamente soltanto da una piccola minoranza degli interpellati.

Gli oppositori, che in varie occasioni rinviano al parere della minoranza del gruppo di lavoro, ritengono che tale definizione sia in contrasto con le regole etico-professionali della psichiatria, non abbia alcun fondamento scientifico e sia troppo vaga e inadeguata alle esigenze della prassi. In particolare, la refrattarietà alla terapia non deve essere fatta dipendere da mere caratteristiche della personalità, altrimenti se ne potrebbe erroneamente dedurre l'esistenza di strutture mentali proprie dei criminali.

La critica principale secondo cui è impossibile prevedere la refrattarietà o l'efficacia della terapia a lungo termine non è rivolta propriamente alla disposizione penale proposta, ma piuttosto al nuovo articolo costituzionale. Da tale critica emerge la

820

problematica centrale posta dalla concretizzazione di un concetto o di un disciplinamento costituzionale rifiutato da vaste cerchie del mondo scientifico e della prassi.

Proponiamo una definizione riveduta, che si ispiri al tenore esistente dell'articolo 64 capoverso 1 lettera b nCP (internamento ordinario).

L'espressione «durevolmente refrattario alla terapia» intende specificare che sono irrilevanti i criteri potenzialmente modificabili (quali la scarsa motivazione dell'autore, l'assenza di una confessione razionale, sintomi influenzabili in via medicamentosa oppure mancanza di un istituto adatto al trattamento), mentre sono determinanti soltanto quelli strutturali, inerenti alla personalità dell'autore. L'espressione «non ha adeguate prospettive di successo a lungo termine» intende evidenziare la persistenza della refrattarietà alla terapia. Si potrebbe altresì parlare di refrattarietà cronica alla terapia. In definitiva vi è refrattarietà a lungo termine quando esiste un rischio molto elevato che l'autore commetta ancora reati gravissimi accanto a una probabilità minima che egli possa cambiare in modo tale da rappresentare un rischio meno grave. L'espressione si riferisce a persone che costituiscono durevolmente un pericolo molto grave per la sicurezza collettiva, il quale non può essere sufficientemente ridotto.

La terapia non è tanto finalizzata a curare o a ridurre le turbe psichiche di cui soffre l'autore, quanto a eliminare la pericolosità che ne deriva. Ha dunque prospettive di successo un trattamento che permette all'autore di non commettere più reati gravi.

La disposizione proposta si applica sia agli autori affetti da turbe psichiche sia a quelli non affetti da turbe di questo tipo (cfr. in merito anche il n. 2.8.1). È importante evidenziare tale aspetto poiché durante la campagna per la votazione l'interpretazione dell'articolo 123a Cost. a tale proposito risultava controversa. I termini «refrattario alla terapia» e «curabile», usati nel testo dell'iniziativa, ci avevano infatti indotto a trarre la conclusione, nel nostro messaggio concernente l'iniziativa sull'internamento, che il testo si applicasse soltanto agli autori affetti da turbe psichiche.

2.3

Complemento all'articolo 64a capoverso 1

Il complemento apportato alla frase introduttiva dell'articolo 64a capoverso 1 nCP mira a precisare che la disposizione si applica soltanto all'esame dell'internamento secondo l'articolo 64 capoverso 1 e non a quello dell'internamento a vita (cfr. in merito il n. 2.4.1).

2.4

L'esame dell'internamento a vita (art. 64c)

2.4.1

Introduzione

Il secondo capoverso del nuovo articolo 123a Cost. contiene indubbiamente l'aspetto più discusso nel corso della campagna per la votazione. La disposizione limita il riesame dell'internamento a vita, stabilendo che è possibile redigere nuove perizie soltanto qualora nuove conoscenze scientifiche permettano di dimostrare che il criminale possa essere curato e dunque non rappresenti più alcun pericolo per la collettività. La possibilità che, in caso di ricorso, questa disposizione non sia sop821

piantata dall'articolo 5 capoverso 4 CEDU (cfr. n. 1.3.3), dipenderà principalmente dal modo in cui essa sarà concretizzata. Al fine di disciplinare tale questione proponiamo un nuovo articolo 64c nCP21.

2.4.2

L'esame della commissione peritale federale in collaborazione con le autorità d'esecuzione cantonali

Secondo l'articolo 64c capoverso 1 spetterà a una speciale commissione peritale federale, istituita dal nostro Consiglio, esaminare se vi sono nuove conoscenze scientifiche in merito all'idoneità dell'autore alla terapia secondo l'articolo 123a Cost. La centralizzazione dell'esame permette non da ultimo di garantire una prassi unitaria. La commissione peritale riceve il mandato di esame dall'autorità esecutiva competente del Cantone, cui gli interessati sottopongono le domande di esame.

L'autorità esecutiva decide in base al rapporto della commissione peritale se proporre un trattamento all'autore. Questi non può essere costretto a seguire terapie quali, ad esempio, un intervento chirurgico al cervello o l'assunzione di un nuovo farmaco.

È possibile stabilire se la terapia permette di ridurre in maniera incisiva la pericolosità dell'autore soltanto se egli vi si sottopone. Qualora il trattamento produca effettivamente l'esito sperato, il giudice commuta l'internamento a vita inflitto originariamente in un internamento ordinario o in un trattamento stazionario (cpv. 3). Secondo l'avamprogetto sarebbe stato possibile trasformare l'internamento a vita in un semplice internamento ordinario in virtù dell'articolo 64 capoverso 1 nCP. Abbiamo accantonato questa possibilità in considerazione della critica mossa da vari partecipanti alla consultazione. A loro modo di vedere, la mera trasformazione della pena in un internamento ordinario violerebbe il principio della proporzionalità, poiché il trattamento avviato secondo il capoverso 3 lascerebbe presumere che l'autore non costituisca più un pericolo per la collettività.

La questione dell'esistenza di nuove conoscenze scientifiche non va disgiunta da quella della loro applicabilità al caso concreto. Entrambi gli aspetti dovrebbero pertanto essere di competenza della commissione peritale federale. In tal modo si eviterebbero eventuali doppioni con la perizia psichiatrica successiva.

Per il resto la disposizione prevede una separazione netta delle mansioni dell'autorità esecutiva cantonale dai compiti della commissione peritale. Quest'ultima svolge una funzione puramente consultiva e si esprime in merito alla possibile idoneità alla terapia. Su questa base l'autorità esecutiva decide di proporre il trattamento se ritiene con un margine di sicurezza
sufficiente che siffatto trattamento possa rendere inoffensivo l'autore.

Le decisioni dell'autorità esecutiva devono essere impugnabili dinanzi a un giudice; questi deve potersi pronunciare anche in merito alla pericolosità dell'autore e, se del caso, deciderne la liberazione. Per contro, gli esami della commissione peritale federale e le perizie psichiatriche non sono impugnabili in via diretta. Saranno adottate misure adeguate per garantire che un tribunale decida, entro brevi termini, sulla legalità prolungata della privazione della libertà (art. 5 cpv. 4 CEDU).

21

822

Mediante le pertinenti modifiche dell'art. 64a cpv. 1 e 65 cpv. 1 nCP si chiarisce che tali disposizioni non si applicano all'esame dell'internamento a vita.

Intendiamo disciplinare l'istituzione, la composizione e le modalità operative della commissione peritale federale in un'ordinanza, purché il Parlamento approvi di principio l'esistenza di una tale commissione. L'articolo 387 capoverso 1bis nCP istituisce la base legale di questa nostra competenza. Il gruppo di lavoro «Internamento» si è già chinato sul tenore di tale ordinanza e da parte nostra condividiamo sostanzialmente le sue riflessioni. Si prevede che la commissione comprenderà dai cinque ai sette membri commissionali nominati dal nostro Consiglio. La questione inerente alla necessità che la commissione abbia un orientamento puramente scientifico e si componga unicamente di psichiatri forensi esperti, valutatori di terapie ed esperti in etica, o se sia invece preferibile che essa rivesta un carattere più politico, includendo rappresentanti delle vittime, giudici, procuratori, difensori, ecc., sarà risolta in modo definitivo soltanto nella fase di elaborazione dell'ordinanza. Tuttavia, un orientamento puramente scientifico sarebbe maggiormente consono all'idea di una commissione peritale a tutti gli effetti. In tal senso si sono espressi anche vari interpellati. Attualmente è previsto che la commissione si riunisca circa due volte all'anno per esaminare i casi che, su richiesta dell'autorità esecutiva, le sono trasmessi in tempo utile prima della seduta e corredati di completa documentazione.

Dovrebbero ricusarsi ­ come nel caso della perizia ­ i membri della commissione che in precedenza si sono occupati direttamente, in qualità di assistenti o di terapeuti, della persona internata a vita e successivamente sottoposta a esame. Esaminato il caso, la commissione formulerà raccomandazioni all'indirizzo dell'autorità esecutiva competente, esprimendosi in merito alla possibilità che nuove conoscenze scientifiche fondate, significative ed empiricamente documentate permettano di stabilire, in deroga alla sentenza, che un determinato approccio terapeutico abbia buone probabilità di ridurre il rischio di commissione di reati gravi. La commissione può chiedere ulteriori approfondimenti (esami, perizie) a tale scopo.

Vari partecipanti alla consultazione, condividendo il parere di una minoranza del gruppo di lavoro «Internamento», hanno respinto il capoverso 1 proposto ritenendo che questa disposizione
violi determinate regole scientifiche ed etiche e che pertanto sia inammissibile vincolare il riesame psichiatrico di una persona all'insorgere di nuove conoscenze scientifiche. A loro parere, tale disciplinamento nega il principio clinico fondamentale secondo cui l'essere umano, in quanto unità biologica, può mutare col passare del tempo. Ritengono pertanto opportuno valutare o evidenziare tali cambiamenti a intervalli regolari. Si tratta di un'argomentazione pertinente, di cui tuttavia non possiamo tenere conto poiché contrasta sostanzialmente con l'articolo 123a capoverso 2 Cost. approvato dal popolo e dai Cantoni.

2.4.3

Nuove conoscenze scientifiche sull'idoneità alla terapia

Il concetto di «nuove conoscenze scientifiche» è stato oggetto di controversie sia durante la campagna per le votazione relativa all'iniziativa sull'internamento sia in seno al gruppo di lavoro «Internamento».

È evidente che all'autore non può essere negato il diritto di cambiare. Tuttavia, la mera supposizione ­ non suffragata da prove empiriche significative ­ che l'autore possa cambiare grazie a una nuova terapia, non costituisce una prova delle probabilità di guarigione addotta sulla base di nuove conoscenze scientifiche e non giustifica dunque un riesame della situazione. D'altra parte, siccome la scienza non offre mai 823

una certezza assoluta, deve bastare l'esistenza di una probabilità elevata ­ deducibile da analisi empiriche ­ che la pericolosità possa essere eliminata.

Indubbiamente le nuove conoscenze scientifiche possono riferirsi a ogni forma terapeutica, sia essa invasiva o meno. Le opinioni in seno al gruppo di lavoro «Internamento» sono rimaste discordanti in merito alla domanda se, nell'ottica del testo costituzionale, possono prospettarsi nuovi metodi terapeutici indipendentemente dalla persona interessata. Il fatto che tale questione non sia stata definitivamente risolta ha sollevato numerose critiche e richieste di chiarimenti nel corso della procedura di consultazione. Mentre alcuni, in particolare i promotori dell'iniziativa, volevano considerare le nuove conoscenze scientifiche alla stregua di nuovi metodi terapeutici, una parte del gruppo di lavoro «Internamento» e numerosi interpellati hanno chiesto che anche i cambiamenti soggettivi (inerenti alla persona dell'autore) siano presi in considerazione, altrimenti verrebbe a mancare la conformità con la CEDU. Condividiamo tale opinione, come d'altronde abbiamo già avuto modo di precisare nel messaggio concernente l'iniziativa popolare sull'internamento a vita.

In quella occasione avevamo anche sottolineato che per nuove conoscenze scientifiche s'intendono tutte le conoscenze tratte da procedimenti metodici e riguardanti l'idoneità o la refrattarietà alla terapia dell'autore internato a vita. Questa interpretazione dell'articolo 123a capoverso 2 Cost. rappresenta il motivo essenziale per cui il nostro Collegio sostiene che il nuovo articolo costituzionale sia compatibile con l'articolo 5 capoverso 4 CEDU22. Siamo d'altro canto persuasi che il ruolo centrale attribuito alla commissione peritale federale, composta da esperti qualificati, garantisca in ogni caso la scientificità delle nuove conoscenze in merito all'idoneità alla terapia degli autori sottoposti a valutazione.

2.4.4

Soppressione dell'internamento su decisione giudiziale

Soltanto il giudice che ha ordinato l'internamento a vita (cpv. 5), può deciderne la soppressione e la sostituzione con un trattamento terapeutico stazionario (cpv. 3) o disporre la liberazione condizionale senza previo (ulteriore) trattamento dell'autore (cpv. 4).

Di regola la soppressione dell'internamento a vita entra in linea di conto soltanto se il giudice ordina una misura terapeutica stazionaria giusta gli articoli 59­61 nCP.

L'autore deve essersi sottoposto, a titolo di prova, a un trattamento prolungato.

L'esito dello stesso lascia supporre che un trattamento ulteriore possa permettere l'eliminazione della sua pericolosità (cpv. 3). Sia il trattamento secondo il capoverso 2 sia quello secondo il capoverso 3 si svolgono in un'istituzione chiusa.

Tuttavia, il giudice può sopprimere l'internamento a vita anche senza un precedente trattamento dell'autore qualora costui non costituisca più un pericolo per la collettività perché affetto da senilità o grave malattia e sia di conseguenza liberato condizionalmente (cpv. 4). Molti partecipanti alla consultazione si sono dichiarati esplicitamente favorevoli a questa possibilità di liberazione, già prevista nell'avamprogetto del gruppo di lavoro e tollerata dai promotori dell'iniziativa.

Nel corso della consultazione numerosi partecipanti si sono rammaricati del fatto che l'avamprogetto non preveda la possibilità di una liberazione condizionale senza 22

824

Cfr. FF 2001 3082 seg. e 3086 n. 3.9.1.

un precedente trattamento anche per i casi in cui l'autore sia divenuto innocuo per ragioni diverse da quelle summenzionate. Essi sono segnatamente del parere che ciò non sia compatibile con l'articolo 5 capoverso 4 CEDU. Abbiamo da parte nostra tenuto conto di questa critica completando il capoverso 4. Ora il giudice può liberare condizionalmente l'autore dall'internamento a vita «per un altro motivo». In tal modo l'autorità competente può, ad esempio, chiedere al giudice la liberazione condizionale se, fondandosi sul pertinente rapporto della commissione peritale federale secondo il capoverso 1, giunge alla conclusione che, anche senza un precedente trattamento o in seguito al trattamento a titolo di prova ai sensi del capoverso 2, l'autore non costituisce più un pericolo per la collettività. Questa disposizione è compatibile con l'articolo 123a capoverso 2 Cost., che autorizza l'esame dell'internamento non appena nuove conoscenze scientifiche indichino una semplice prospettiva di guarigione e quindi di futura innocuità. L'esame va ammesso a maggior ragione se le conoscenze scientifiche permettono di concludere che, molto probabilmente, la persona è già divenuta innocua e un suo trattamento sarebbe inutile. Altrimenti, anche l'invalidità, la senilità o la grave malattia dell'autore non potrebbero costituire un motivo sufficiente per il riesame o la liberazione.

Conformemente all'articolo 123a capoverso 3 Cost. il giudice, per ordinare l'internamento a vita (cfr. art. 56 cpv. 4bis, n. 2.1), ma anche la sua soppressione, fonda sempre la sua decisione sulle perizie di almeno due periti esperti reciprocamente indipendenti che non hanno curato o assistito in altro modo l'autore (cpv. 5). Per ulteriori approfondimenti in merito si rinvia al numero 2.1.

2.4.5

Esame durante l'esecuzione della pena che precede l'internamento

L'articolo 64 capoverso 2 nCP, in base al quale l'esecuzione dell'internamento è differita fintanto che l'autore sconta una pena detentiva, dovrà applicarsi anche all'internamento a vita. Sorge la domanda se, adempite le relative condizioni, è possibile esaminare l'internamento a vita e avviare la procedura successiva secondo il nuovo articolo 64c già durante l'espiazione della pena o soltanto a internamento iniziato.

Esistono vari motivi a favore dell'esame durante l'esecuzione della pena. Infatti l'internamento costituisce un provvedimento cautelare che va revocato non appena l'autore non sia più pericoloso. Ecco perché il meccanismo dell'esame deve poter scattare subito se sono adempiute le relative condizioni, e non soltanto una volta che l'autore ha scontato l'intera pena. La pena è eseguita anche se l'internamento a vita è stato esaminato; l'esecuzione dura almeno fino alla prima data in cui il condannato può essere liberato condizionalmente. Il diritto vigente prevede un disciplinamento analogo, in quanto l'internamento sostituisce la pena o ne precede l'esecuzione (cfr.

art. 42 n. 4 e 43 n. 5 CP). Far espiare l'intera pena al condannato divenuto innocuo è altresì contrario alla costante giurisprudenza del Tribunale federale, che indica come regola la liberazione una volta scontati due terzi della pena. Per quanto attiene alla CEDU, in linea di massima non vi sono problemi per l'espiazione della pena commisurata alla colpa. Per il tempo successivo vige invece il principio secondo cui la privazione della libertà deve aver fine se il motivo della detenzione, nel caso specifico la particolare pericolosità, non sussiste più al momento in cui ha inizio l'internamento a vita.

825

Per tali motivi, già durante l'esecuzione della pena deve sussistere la possibilità di esaminare se esistono nuove conoscenze scientifiche che promettono di curare con successo un determinato condannato o che permettono di concludere che egli non rappresenta più un pericolo; le stesse condizioni sono applicabili nel caso di eventuali trattamenti in via sperimentale. La revoca dell'internamento a vita e la sua commutazione in trattamento terapeutico stazionario (art. 59 nCP) o la liberazione condizionale non possono tuttavia essere ordinate prima che il condannato abbia espiato due terzi della pena oppure quindici anni di pena detentiva a vita (cpv. 6).

2.5

Complemento all'articolo 65

Il complemento apportato al periodo introduttivo indica che tale disposizione si applica unicamente all'internamento secondo l'articolo 64 capoverso 1 e non all'internamento a vita (cfr. in merito n. 2.4.1).

2.6

Esclusione dei congedi e di altre forme di regime aperto (art. 84 cpv. 6bis, art. 90 cpv. 4ter)

L'articolo 123a capoverso 1 Cost. esclude in modo categorico la possibilità di concedere congedi alle persone internate a vita. Tale divieto viene ribadito nel nuovo articolo 90 capoverso 4ter nCP23. Un complemento analogo all'articolo 84 nCP (cpv. 6bis) precisa inoltre che, a rigor di logica, tale divieto non si applica soltanto all'esecuzione dell'internamento a vita, ma anche all'espiazione della pena anteriore.

Tali norme hanno senso soltanto se, oltre al congedo, si escludono anche tutte le altre forme di regime aperto durante l'esecuzione dell'internamento a vita.

La disposizione, che per motivi di sistematica viene ora proposta come nuovo capoverso 6bis dell'articolo 84, nell'avamprogetto era ancora parte integrante dell'articolo 90 capoverso 4ter nCP. Durante la procedura di consultazione non sono emerse opposizioni riguardo al tenore di tale proposta. Tuttavia, soltanto sei Cantoni, due concordati sull'esecuzione delle pene della Svizzera tedesca e la Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia della Svizzera romanda e del Ticino si sono espressi esplicitamente in modo favorevole. Per quanto concerne la versione in lingua tedesca, diversi consultati hanno proposto di precisare, mediante una modifica redazionale («... und des ihr vorausgehenden Strafvollzuges ...»), che il regime aperto è escluso così categoricamente soltanto durante l'espiazione della pena anteriore all'internamento a vita. Abbiamo tenuto conto di tale richiesta, disciplinando separatamente il principio applicabile all'esecuzione della pena e inserendolo nell'articolo 84 capoverso 6bis.

23

826

Nell'ambito del messaggio del 29 giugno 2005 concernente la modifica del Codice penale nella sua versione del 13 dicembre 2002 nonché del Codice penale militare nella sua versione del 21 marzo 2003 (FF 2005 4197) è proposto un nuovo capoverso 4bis.

2.7

Responsabilità in caso di recidiva di persone internate a vita (art. 380bis)

L'articolo 123a capoverso 2 periodo 2 Cost. stabilisce che l'autorità che ha posto fine all'internamento deve assumersi la responsabilità in caso di recidiva.

Per quanto concerne il concetto di responsabilità, in seno al gruppo di lavoro «Internamento» i promotori dell'iniziativa hanno fatto valere che il testo dell'iniziativa prevede in modo inequivocabile che l'autorità si assuma le proprie responsabilità.

Non si tratta tanto di elargire risarcimenti quanto di far sì che i responsabili della liberazione rispondano delle conseguenze della loro decisione.

Come già osservato a giusto titolo dalla grande maggioranza del gruppo di lavoro, il concetto di «responsabilità» ha un preciso significato giuridico e va inteso soltanto come «risarcimento del danno patrimoniale». Soltanto la collettività può essere responsabile a titolo causale, vale a dire a prescindere da una colpa, mai la singola autorità che, come parte della struttura statale, non dispone di «denaro proprio». La parte lesa non è pertanto costretta a soffermarsi su questioni probatorie. Non è ammesso derogare dal principio della colpevolezza per quanto riguarda la responsabilità individuale di chi prende le decisioni. Il regresso contro un singolo individuo è concepibile soltanto se costui si è reso colpevole di una violazione dei propri doveri.

Tutte le forme di responsabilità individuali, siano esse penali, civili o disciplinari, richiedono la prova imperativa di un'inadempienza rimproverabile, vale a dire di un atto illecito e colpevole.

Il nuovo articolo 380bis, già proposto nell'avamprogetto posto in consultazione, poggia proprio su questi principi, per cui lo abbiamo ripreso tale e quale. I pareri dei sedici partecipanti che si sono pronunciati in merito erano discordanti (quattro Cantoni, un partito e quattro organizzazioni hanno respinto espressamente una tale responsabilità causale della collettività), ma in effetti si è trattato di una piccola minoranza. Perciò, e per i motivi di ordine materiale esposti qui di seguito, abbiamo deciso di mantenere la disposizione.

Il regime di responsabilità proposto al capoverso 1 è più ampio rispetto a quello sancito nella legge federale del 14 marzo 195824 sulla responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari (Legge sulla responsabilità; LResp)
o nelle leggi cantonali sulla responsabilità dello Stato. Tale regime prevede un'unica condizione per determinare la responsabilità: la recidiva di una persona nei cui confronti era stato ordinato l'internamento a vita. La responsabilità è determinata indipendentemente dal fatto che la decisione di porre fine all'internamento a vita fosse inopportuna o illecita e dal periodo di tempo trascorso fino alla recidiva dell'autore. Le versioni attuali della legge sulla responsabilità e delle leggi cantonali sulla responsabilità dello Stato non possono concretizzare in modo adeguato l'articolo 123a capoverso 2 periodo 2 Cost.; i motivi sono i seguenti: 1.

24

sebbene le leggi cantonali sulla responsabilità dello Stato prevedano in prevalenza una responsabilità causale del Cantone (che è responsabile a prescindere da un'inadempienza del funzionario), alcuni Cantoni (Lucerna, Appenzello Interno, Grigioni, Ginevra) conoscono ancora il principio della

RS 170.32

827

colpevolezza, vale a dire che presuppongono un comportamento colposo, ipotizzato o da dimostrare, del funzionario25; 2.

la legge sulla responsabilità e la maggior parte delle leggi cantonali sulla responsabilità dello Stato presuppongono che il danno sia stato cagionato in modo illecito. Tuttavia, una decisione amministrativa o giudiziaria che ha cagionato un danno ­ come in caso di recidiva una volta soppresso l'internamento a vita ­ è considerata illecita dalla giurisprudenza del Tribunale federale soltanto qualora l'autorità giudicante abbia commesso un errore grave ed evidente oppure abbia violato un importante dovere d'ufficio. Non si ha pertanto illiceità soltanto perché, in un secondo tempo, la decisione si rivela sbagliata26. Nella prassi dunque la responsabilità causale si trasforma sovente in mera responsabilità per colpa grave. Tale responsabilità limitata non adempie le richieste dell'iniziativa sull'internamento a vita;

3.

conformemente alla legge sulla responsabilità (art. 12) e a numerose legislazioni cantonali in materia di responsabilità dello Stato, la legittimità di decisioni passate in giudicato non può essere riesaminata nel corso di un processo di responsabilità dello Stato. Stando a tali disposizioni, non hanno alcun diritto a essere risarciti coloro che hanno subito un danno in seguito alla soppressione, passata in giudicato, dell'internamento a vita.

L'autorità che ha posto fine all'internamento è priva di una propria personalità giuridica. Ecco perché in caso di recidiva non risponde in prima persona del danno cagionato. L'articolo 380bis nCP sancisce perciò la responsabilità della collettività cui appartiene tale autorità. In genere si tratta del Cantone, perché di solito la decisione di porre fine all'internamento a vita compete a un'autorità cantonale. Eccezionalmente la responsabilità può spettare anche alla Confederazione, ad esempio in casi gravi di criminalità organizzata o se il Tribunale federale accoglie un ricorso sopprimendo l'internamento a vita; tuttavia, la Confederazione non è responsabile quando il Tribunale federale rinvia la causa all'autorità (cantonale) inferiore invitandola a prendere una decisione. Anche le conclusioni della commissione peritale federale istituita per valutare l'idoneità alla terapia degli internati a vita (art. 64c cpv. 1) non comportano alcuna responsabilità della Confederazione, dal momento che tale commissione svolge una funzione puramente consultiva (cfr. n. 2.4.2).

Il catalogo dei reati proposto corrisponde a quello contenuto all'articolo 64 capoverso 1ter nCP. Pertanto la responsabilità ai sensi della presente disposizione è data soltanto se il nuovo reato pregiudica in modo particolarmente grave l'integrità fisica, psichica o sessuale della vittima. Questa soluzione è stata adottata perché è indispensabile un parallelismo tra i reati che determinano una responsabilità e quelli che giustificano l'internamento a vita. Tale parallelismo risulta dal concetto stesso di recidiva che presuppone una relazione con la specie di reato commesso in precedenza, nella fattispecie quindi con il reato per il quale è stato ordinato l'internamento a vita. Inoltre, tale parallelismo pone un limite adeguato alla responsabilità dello Stato per atti leciti.

25

Cfr. in particolare Jost Gross, Schweizerisches Staatshaftungsrecht, 2.A., Berna 2001, pag. 56 segg.

26 Cfr. DTF 123 II 582, 120 Ib 249, 112 II 234 seg.

828

Il regime di responsabilità secondo l'articolo 380bis nCP si prospetta come segue: ­

la persona lesa può rivolgersi direttamente alla collettività interessata. Non deve prima identificare le persone cha hanno preso parte alla decisione di porre fine all'internamento a vita;

­

la persona lesa non ha azione diretta contro i membri dell'autorità che ha posto fine all'internamento a vita;

­

la responsabilità della collettività non muta il principio secondo cui è in primo luogo il recidivo dell'atto illecito a dover riparare il danno cagionato alla vittima (art. 41 Codice delle obbligazioni; CO; RS 220);

­

la responsabilità civile della collettività è di diritto pubblico. Ne consegue, tra l'altro, che l'autorità cui compete la decisione in merito alle azioni di responsabilità civile nei confronti della Confederazione è determinata in base alla legge sulla responsabilità.

Il concetto di danno previsto all'articolo 380bis nCP corrisponde a quello in uso nel diritto privato e comprende la riduzione involontaria del patrimonio della vittima e i danni morali subiti secondo gli articoli 47 e 49 CO. L'indennità è quindi dovuta per qualsiasi tipo di danno di diritto privato, anche se nel presente contesto l'accento è posto sui danni causati dalla violazione dell'integrità fisica, psichica o sessuale.

Per determinate questioni l'articolo 380bis capoverso 2 rimanda alle disposizioni del Codice delle obbligazioni in materia di atti illeciti (art. 41 segg.), che si applicano quale diritto pubblico complementare. Il rimando vale in primo luogo per il diritto di regresso della collettività contro l'autore stesso del danno, ossia il criminale recidivo. Tale diritto di regresso è retto dall'articolo 51 CO, che disciplina il caso in cui più persone sono responsabili dello stesso danno, ma per cause diverse. Il rimando vale inoltre per la prescrizione dell'azione di risarcimento e di riparazione, che quindi si prescrive in virtù dell'articolo 60 capoversi 1 e 2 CO. In tal senso: ­

il termine di prescrizione è di un anno, decorribile dal giorno in cui la persona lesa viene a conoscenza del danno e dell'autore recidivo;

­

il termine di prescrizione assoluto è di dieci anni dal giorno del reato che ha causato il danno della vittima. Si applica tuttavia il termine di prescrizione penale, se risulta più lungo (in particolare per i casi disciplinati all'art. 70 CP).

Nei casi in cui è un'autorità cantonale a decidere se porre fine all'internamento, l'articolo 380bis capoverso 3 lascia liberi i Cantoni di disciplinare il diritto di regresso contro i membri dell'autorità; i Cantoni possono stabilire le condizioni e i particolari in merito (ad es. prescrizione). Tale soluzione richiama l'articolo 5 capoverso 3 della legge federale dell'11 aprile 188927 sulla esecuzione e sul fallimento ed è stata adottata nell'intento di rispettare al meglio il principio costituzionale di autonomia dei Cantoni (art. 47 Cost.). Per i rari casi in cui è coinvolta la Confederazione, l'articolo 380bis rimanda alle disposizioni pertinenti della legge sulla responsabilità.

Le condizioni per il regresso sono rette dagli articoli 7 e 9 LResp, la prescrizione dall'articolo 21 LResp.

27

RS 281.1

829

3

Proposte dell'avamprogetto che non sono state prese in considerazione

3.1

Trattamento terapeutico di autori non affetti da turbe psichiche (art. 59 cpv. 1 e 63 cpv. 1)

Le regole proposte per l'internamento a vita di autori refrattari alla terapia si applicano sia a persone affette da turbe psichiche sia a quelle che non presentano tale patologia (cfr. n. 2.2.4). Ciò appare problematico visto che, in virtù delle disposizioni in materia di misure, contenute nella nuova Parte generale del Codice penale del 13 dicembre 2002, l'idoneità alla terapia non costituisce un criterio di valutazione rilevante per gli autori non affetti da turbe psichiche. Il giudice ordina il trattamento di cui all'articolo 59 nCP soltanto nei confronti di autori affetti da turbe psichiche e idonei alla terapia. Gli autori pericolosi non affetti da turbe psichiche sono internati in base all'articolo 64 nCP, indipendentemente dal fatto che siano idonei o refrattari alla terapia; possono al massimo fruire di assistenza psichiatrica (cpv. 4), ma la legge non prevede che siano per forza curati allo scopo di prevenire altri reati.

L'articolo 59 nCP parte dall'idea che gli autori senza turbe psichiche non necessitano di un trattamento28. Diversi psichiatri forensi contestano tale modo di vedere. A loro avviso molti di questi autori necessiterebbero anzi di un trattamento perché, pur non essendo affetti da una turba psichica completa e diagnosticabile, presentano sintomi psichici o particolari caratteristiche della personalità che permettono di formulare una prognosi e che spesso possono essere curati con successo. In determinati casi, un trattamento può quindi contrastare in modo efficace la pericolosità di tali persone che, se non vengono curate, restano pericolose e possono essere liberate soltanto quando diventano innocue in seguito a circostanze legate al passare del tempo (età, malattia fisica cronica, invalidità).

Conviene dunque sempre sottoporre gli autori pericolosi a trattamenti che mirano a ridurre il rischio e abbiano buone probabilità di successo, indipendentemente dal fatto che all'autore sia stata diagnosticata una turba psichica o no.

Ecco perché, nel corso delle deliberazioni parlamentari relative all'iniziativa sull'internamento, l'Ufficio federale di giustizia ha posto in discussione le relative modifiche degli articoli 59 e 63 nCP nell'ambito dell'elaborazione di proposte destinate al comitato d'iniziativa e tese a migliorare la protezione contro gli autori pericolosi. La
maggioranza della Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale ha approvato la proposta, poi respinta in Consiglio nazionale perché considerata alla stregua di un allentamento del diritto in materia di misure e quindi ritenuta un segnale sbagliato all'indirizzo del comitato d'iniziativa.

Ora, però, l'idoneità o la refrattarietà alla terapia è assurta a criterio importante per ordinare o mantenere l'internamento a vita anche di autori non affetti da turbe psichiche o per preparare l'eventuale soppressione della misura. Ecco perché appare 28

830

Conformemente alla «Classificazione internazionale delle turbe psichiche» dell'Organizzazione mondiale della sanità (ICD-10 capitolo V; direttive per la diagnosi), vi è turba psichica se una persona presenta determinate caratteristiche della personalità ben definite. Soltanto in presenza di tutte le caratteristiche richieste per una determinata turba, la persona viene ritenuta psichicamente malata e può, se del caso, essere trattata secondo i parametri della psichiatria classica. Una persona che presenta ad esempio soltanto otto delle dieci caratteristiche richieste non va considerata affetta da una turba psichica e, di conseguenza, non va sottoposta a terapia.

logico proporre di completare gli articoli 59 e 63 nCP come appena illustrato. Tuttavia, il gruppo di lavoro reputa poco coerente la possibilità di ordinare misure terapeutiche soltanto per gli autori pericolosi non affetti da turbe psichiche, altrimenti internati, escludendo gli autori meno pericolosi e non propriamente malati, il cui trattamento promette di eliminare il rischio di recidiva. La modifica dell'articolo 59 capoverso 1 nCP consente al giudice di ordinare il trattamento stazionario anche se l'autore, pur non essendo affetto da una turba psichica vera e propria, presenta particolari caratteristiche della personalità, a cui è riconducibile il reato commesso, e ha buone possibilità, grazie a tale trattamento, di non commettere altri reati.

Nel corso della consultazione tale disposizione è stata accolta in modo molto controverso. Mentre numerosi Cantoni l'hanno considerata come un'opportunità, molti oppositori hanno fatto notare che il Parlamento ha già discusso e poi respinto tale proposta. A loro modo di vedere, la modifica amplia o stempera in modo estremo il diritto in materia di misure. In tal modo si spiana la strada alla psichiatrizzazione di tutti i comportamenti delinquenziali.

Tenuto conto delle reazioni negative emerse nel corso della consultazione, rinunciamo a proporre ancora di trattare gli autori non affetti da turbe psichiche.

3.2

Ordinamento a posteriori dell'internamento a vita (art. 65 cpv. 2)

Con l'articolo 65 capoverso 2 l'avamprogetto prevedeva una disposizione che consentiva di ordinare a posteriori sia l'internamento ordinario sia quello a vita. Ciò corrispondeva a una revisione della sentenza a sfavore del condannato. In linea di principio, tale norma andava applicata anche retroattivamente. La disposizione, ancorché respinta in consultazione, in particolare da molti Cantoni29, è stata ripresa nel disegno e nel messaggio del 29 giugno 2005 concernente le modifiche successive del Codice penale sottoposto a revisione; è stata tuttavia limitata all'internamento ordinario secondo l'articolo 64 capoverso 1 nCP. Chi ha criticato in particolare la possibilità di ordinare a posteriori l'internamento a vita ha fatto notare che tale misura non è in alcun modo contemplata dall'articolo 123a Cost.

Alla luce di tale situazione rinunciamo a prevedere la possibilità di ordinare a posteriori anche l'internamento a vita. La possibilità di ordinare a posteriori l'internamento ordinario è ampiamente sufficiente per ovviare al pericolo di dover rilasciare autori ritenuti estremamente pericolosi che si sono rivelati tali soltanto nel corso dell'esecuzione della pena.

3.3

Internamento a vita e revisione (art. 385 cpv. 2)

I promotori dell'iniziativa in particolare temono che gli internamenti a vita possano essere revocati per mezzo di una procedura di revisione, ciò che rappresenterebbe un modo di aggirare l'articolo 123a Cost. Per questo motivo l'avamprogetto introduceva con l'articolo 385 capoverso 2 una nuova disposizione che, nonostante non escludesse la revisione in merito alla questione dell'idoneità alla terapia, doveva 29

Cfr. n. 2.2.3 del messaggio, FF 2005 4221 segg.

831

permettere di evitare domande di revisione abusive sul piano del contenuto e della procedura. Non avrebbero pertanto costituito motivo di revisione le conoscenze in merito all'idoneità alla terapia acquisite a posteriori durante l'esecuzione della pena.

Era inoltre previsto che l'autorità chiamata a pronunciarsi su una revisione dovesse chiedere alla commissione peritale federale di redigere un rapporto in merito.

Durante la consultazione soltanto una minoranza di partecipanti ha commentato espressamente tale proposta. Tutti gli interpellati che si sono espressi, eccetto uno, hanno comunque respinto le norma chiedendone lo stralcio. Tra coloro che hanno manifestato un palese dissenso vi sono segnatamente alcuni Cantoni e un Concordato in materia di esecuzione delle pene. Gli oppositori evidenziano l'inutilità e l'inammissibilità della disposizione, in particolare per quanto concerne l'internamento a vita, che costituisce la sanzione più severa. La revisione non dovrebbe essere esclusa qualora si constati a posteriori che l'autore era già idoneo alla terapia al momento della sentenza. La disposizione viola i principi del diritto penale, non è in alcun modo chiesta dall'articolo 123a Cost. e neppure s'impone per motivi di chiarezza del diritto.

In considerazione di tali argomenti rinunciamo alla disposizione e confidiamo nel fatto che le competenti autorità di revisione sapranno evitare abusi anche nei casi di internamento a vita.

4

Codice penale militare

Il Codice penale militare modificato il 21 marzo 2003 (nCPM)30 non prevede disciplinamenti separati in materia di misure terapeutiche e di internamento, bensì dichiara applicabili le pertinenti disposizioni del Codice penale svizzero sottoposto a revisione (art. 56­65 nCP), sia per ordinare (art. 47 cpv. 1 nCPM) sia per eseguire (art. 47 cpv. 3 nCPM) tali misure. Poiché le misure sono sempre eseguite secondo le disposizioni del Codice penale, l'articolo 380bis D-nCP concernente la responsabilità in caso di soppressione dell'internamento a vita rimane applicabile anche quando l'internamento è stato ordinato a ragione di un reato secondo il CPM. Lo stesso dicasi per l'esecuzione delle pene detentive (art. 34b nCPM). I rinvii si riferiranno automaticamente anche alle nuove disposizioni del nCP, proposte per attuare l'articolo 123a Cost. Non è dunque necessario adeguare in tal senso il nCPM.

5

Ripercussioni

5.1

Ripercussioni per la Confederazione

La commissione peritale federale, da istituire conformemente all'articolo 64c del disegno per valutare l'idoneità alla terapia delle persone internate a vita, richiede mezzi suppletivi della Confederazione. La commissione comprenderà dai cinque ai sette membri, si riunirà mediamente due volte all'anno e dovrà poter contare su una segreteria permanente. Prime stime permettono di quantificare il fabbisogno finanziario in 50 000 franchi all'anno.

30

832

FF 2003 2438

5.2

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni

L'internamento a vita ai sensi dell'articolo 123a Cost. dovrebbe comportare un onere finanziario suppletivo per i Cantoni. Al momento attuale è però ancora troppo presto per quantificarlo concretamente.

I costi suppletivi sono dovuti alla durata tendenzialmente superiore dell'internamento a vita e al conseguente maggiore fabbisogno di assistenza. Si sono persino levate voci che reputano necessari stabilimenti speciali per gli autori internati a vita.

I costi suppletivi risultano altresì dalla procedura decisionale a più tappe per la liberazione condizionale e dalla richiesta di due perizie indipendenti per determinate decisioni.

6

Programma di legislatura

Il disegno non è annunciato nel rapporto sul programma di legislatura 2003­2007 (FF 2004 969).

L'8 febbraio 2004 il popolo e i Cantoni hanno accettato l'iniziativa popolare «Internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia». Il risultato della votazione e la conseguente concretizzazione del nuovo articolo costituzionale nel Codice penale erano infatti impossibili da prevedere all'epoca in cui è stato allestito il programma di legislatura.

7

Aspetti giuridici

7.1

Costituzionalità

L'articolo 123 Cost. conferisce alla Confederazione la competenza di legiferare in materia di diritto penale.

7.2

Compatibilità con obblighi di diritto internazionale contratti dalla Svizzera

Riguardano direttamente il diritto internazionale le questioni inerenti all'esame delle condizioni per ordinare l'internamento a vita. Per quanto riguarda la compatibilità di tale disposizione con la CEDU, rinviamo ai numeri 1.3.3, 2.4.1, 2.4.3 e 2.4.4.

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834