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Messaggio sull'iniziativa popolare «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa» del 6 settembre 1978

Onorevoli presidenti e consiglieri, Ci pregiamo proporvi, con il presente messaggio, di voler sottoporre al popolo e ai Cantoni, senza controprogetto e invitandoli a respingerla, l'iniziativa popolare «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa».

Troverete in allegato il progetto di decreto federale relativo.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

6 settembre 1978

1978 -- 503 44

Foglio federale 1978, Voi. II

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Ritschard II cancelliere della Confederazione, Huber

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Prospetto liminare In base alla ripartizione delle competenze nello Stato federalista, la sovranità in materia d'organizzazione ecclesiastica è rimasta riservata ai Cantoni.

Entro i limiti della Costituzione federale (soprattutto della libertà di credenza e di coscienza e del libero esercizio dei culti), i Cantoni sono liberi di regolare il rapporto fra Stato e Chiesa. Seguendo le loro peculiarità storiche e federalistiche, essi hanno esercitato questa sovranità in modo molto differenziato: nei Cantoni di Neuchâtel e di Ginevra, la separazione fra Stato e Chiesa è stata spinta molto lontano; tutti gli altri Cantoni hanno riconosciuto alla Chiesa riformata evangelica e alla Chiesa cattolica romana lo statuto di corporazione di diritto pubblico; parecchi hanno accordato uguale statuto anche alla Chiesa cattolica cristiana e Basilea Città anche alla comunità israelita. Le comunità religiose non riconosciute, sono rette dal diritto privato. La concessione di uno statuto di diritto pubblico conferisce un certo numero di privilegi, fra gli altri quello di prelevare imposte.

Un'iniziativa popolare, depositata il 17 settembre 1976, propone di ritirare ai Cantoni la sovranità in materia ecclesiastica e di prescrivere loro, direttamente, con norma costituzionale federale, la separazione completa dello Stato e della Chiesa. Tale separazione dovrebbe essere attuata entro un termine di due anni, decorrente dall'entrata in vigore della nuova disposizione costituzionale. Il diritto dei Cantoni a riscuotere imposte ecclesiastiche scadrebbe con l'entrata in vigore della norma costituzionale. I fautori dell'iniziativa sono del parere che lo statuto di diritto pubblico, dallo Stato conferito a certe Chiese, violi il principio dell'uguaglianza davanti alla legge e la libertà di credenza e di coscienza.

L'iniziativa deve essere respinta per le seguenti ragioni: -- Il riconoscimento quale ente di diritto pubblico non viola né l'uguaglianza davanti alla legge, né la libertà di credenza e di coscienza.

- I Cantoni si oppongono fermamente al ritiro della sovranità in materia ecclesiastica e contro l'imposizione della separazione fra Stato e Chiesa.

-- Non vi sono motivi sufficienti per interrompere arbitrariamente l'evoluzione, sin qui avutasi a livello cantonale, e distruggere le forme concresciute storicamente,
per imporre un modello tanto radicale, sin qui non realizzato né in un qualsiasi Cantone né in alcun Paese occidentale.

- L'iniziativa, proponendo di trasferire una competenza alla Confederazione, scava una larga breccia nella struttura federalista del nostro Paese e d'altra parte va in direzione nettamente opposta agli sforzi che Confederazione e Cantoni hanno impreso in comune, nell'ambito di una nuova ripartizione dei compiti, onde rivalorizzare la posizione degli Stati membri.

- I regolamenti cantonali sono stati adottati su basì democratiche. I citta-

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dini di ogni Cantone possono, qualora lo vogliano, modificare il rapporto fra Stato e Chiesa.

- È compito dei Cantoni e della Chiesa esaminare le proposte giustificate di riforma ed attuare in comune i miglioramenti auspicati.

- La separazione richiesta avrebbe, sul diritto della Confederazione e dei Cantoni, numerosi effetti, complessi e profondi, oggi non ancora valutabili in modo certo e decisivo. In molti Cantoni, poi, la realizzazione del nuovo principio causerebbe gravi difficoltà.

Analoghi argomenti inducono ugualmente a respingere la proposta del Cantone del Ticino che chiede di opporre un controprogretto all'iniziativa.

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I

Questioni formali

II

Testo

11 17 settembre 1976 è stata inoltrata un'iniziativa popolare «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa». L'iniziativa è stata presentata in forma di progetto elaborato, del tenore seguente: La Costituzione federale è completata con il seguente articolo 51.

Art. 51 La Chiesa e lo Stato sono completamente separati.

Disposizioni transitorie 1 Per la soppressione dei legami esistenti tra la Chiesa e lo Stato, ai Cantoni è assegnato un termine di due anni, decorrente dall'entrata in vigore dell'articolo 51 della Costituzione federale.

2 Con l'entrata in vigore dell'articolo 51 della Costituzione federale i Cantoni non sono più autorizzati a riscuotere imposte ecclesiastiche.

L'iniziativa designa determinante il testo tedesco.

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Riuscita dell'iniziativa

Con decisione del 20 ottobre 1976, la Cancelleria federale ha rilevato che l'iniziativa è formalmente riuscita, avendo raccolto 61 560 firme valide (FF 7976 III 745).

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Clausola di ritiro

L'iniziativa contiene una clausola di ritiro. Dei tre fautori aventi facoltà di farne uso, uno ha ritirato la propria firma, ancora prima della deposizione dell'iniziativa un secondo si è ugualmente ritirato, a causa di divergenze d'opinione, nel gennaio del 1978. Il comitato d'iniziativa si è in seguito sciolto.

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Validità

Le disposizioni transitorie prevedono che la separazione debba essere attuata entro un termine di due anni. Ci si chiede se tale termine possa essere rispettato, addirittura se l'iniziativa stessa possa essere realizzata in diritto e in fatto.

Si pone con ciò la questione della validità materiale dell'iniziativa. Cerumi degli ambienti consultati hanno sollevato Ja questione in relazione alle conseguenze che avrebbe la separazione sulle disposizioni attuali del diritto federale, che toccano oggi in un qualsiasi modo il rapporto fra Stato e Chiesa.

Ne parleremo ai capitoli 522 e 533.

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3

Evoluzione storica del rapporto tra Stato e Chiesa in Occidente

In tutto il mondo antico la religione fu faccenda di Stato. Società, Stato e religione formavano un tutto unico. Il potere politico e di culto religioso erano indissolubilmente legati uno all'altro. Nell'anno 12 prima di Cristo, l'imperatore Augusto, assumendo la carica di Pontifex Maximus, riunì, all' interno dell'Impero romano, il più alto potere politico e la maggior carica religiosa (per l'evoluzione storica, si veda soprattutto Denzler, Kirche und Staat auf Distanz, 1977).

Il cristianesimo respinse radicalmente il culto dell'imperatore e degli dei.

Le comunità cristiane delle origini ebbero con lo Stato rapporti distanti, poi, progressivamente ostili. Lo Stato reagì in modo vistoso perseguitando i cristiani e, più tardi, combattendo sistematicamente la Chiesa quale comunità.

Tre avvenimenti marcarono la svolta decisiva nel rapporto fra cristianesimo e Stato: gli editti del 311 e del 313 che dichiararono tollerata la religione cristiana nell'impero romano, la conversione al cristianesimo dell'imperatore Costantino I e, infine, la proclamazione, nel 380, del cristianesimo come religione di Stato obbligatoria, da parte dell'imperatore Teodosio. Si stabiliva così, in Occidente, per parecchi secoli e nonostante il conflitto permanente fra il papato e l'impero, l'unità dello Stato e della Chiesa, l'identificazione del potere temporale con il potere spirituale. A seconda che il governo supremo dello Stato e della Chiesa appartenesse alle autorità civili o alle autorità religiose, si parla di religione di Stato, rispettivamente di teocrazia.

La Riforma, pur dividendo in due campi la Chiesa del mondo occidentale, non cambiò gran che all'idea dell'unità di Stato e Chiesa. Conformemente alla regola «cujus regio, ejus religio», il principe, fosse protestante o cattolico, determinava egli stesso la religione dei sudditi. Anche dopo le guerre di religione, questo principio della territorialità delle confessioni cedette soltanto lentamente il passo al principio della tolleranza e dell'uguaglianza dei diritti fra le diverse confessioni. L'emigrazione, quale alternativa all abiurazion non poteva comunque essere considerata un progresso effettivo, più d'una volta essendo stata resa molto ardua.

Soltanto i secoli dell'illuminismo videro manifestarsi un processo decisivo di liberalizzazione, con il postulato
della libertà religiosa, vale a dire del diritto di ognuno, garantito e protetto dallo Stato, di professare e manifestare liberamente le proprie idee religiose, senza costrizioni e senza pregiudizio alcuno.

Il seguito, l'evoluzione dei rapporti fra Stato e Chiesa avvenne, nei singoli Paesi europei, in tempi e modi diversi (cfr. cap. 4). L'evoluzione non è ancora terminata. Inoltre, essa si svolge molto diversamente, dopo la Seconda Guerra mondiale, nei Paesi dell'Europa occidentale e nei Paesi dell'Europa orientale. Tuttavia, nonostante le relazioni fra Stato e Chiesa divergano da un Paese all'altro, la libertà religiosa è riconosciuta, nell'epoca attuale, siccome una libertà individuale effettiva; tale è il caso nella Convenzione 661

europea dei diritti dell'uomo (1950), e, per la Chiesa cattolica, nel Concilio Vaticano secondo (1965).

4

Stato e Chiesa, oggi: nella Confederazione, nei Cantoni e in altri Paesi

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Stato e Chiesa nella Confederazione

Secondo la norma costituzionale della ripartizione delle competenze (art. 3 Cost), i Cantoni restano sovrani in materia ecclesiastica. A loro compete di regolare i rapporti fra Stato e Chiesa e di fissare, in particolare, lo statuto giuridico delle comunità religiose. La Confederazione si è limitata a stabilire certi limiti -- certo non irrilevanti -- che i Ca atoni devono rispettare nell'esercizio della loro sovranità. Entro i limiti fissati dal diritto federale, i Cantoni possono ad esempio prescrivere la separazione dello Stato e della Chiesa o conferire a una o a più comunità religiose uno statuto giuridico di diritto pubblico e aiutarle finanziariamente. Questi due sistemi sono sempre stati considerati conformi al diritto federale, sia per quanto concerne la libertà di credenza e di coscienza, sia. per quanto attiene all'uguaglianza davanti alla legge.

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Preambolo della Costituzione federale

Sin dalla fondazione della Confederazione, tutti i patti federali iniziano con un'invocazione a Dio. Unicamente gli atti della Repubblica Elvetica e della Mediazione, impostici dall'estero, hanno interroto questa tradizione.

Il Patto federale del 1815 ha riassunto la formula: così è stato anche per le Costituzioni del 1848 e del 1874.

In relazione alla preparazione della revisione totale della Costituzione federale, è stata discussa molto in dettaglio la questione del contenuto e della forma del preambolo. Il progetto di Costituzione, pubblicato all'inizio del 1978, ad opera della commissione peritale, contiene l'invocazione a Dio.

Sulla portata giuridica di un tale preambolo divergono i pareri. Secondo la dottrina dominante, pur non avendo valore normativo, il preambolo è un richiamo al fondamento cristiano del nostro Stato e suggerisce l'esistenza di un ordinamento di valori superiore al nostro sistema giuridico (cfr.

Steiner, Die Präambel der schweizerischen Bundesverfassung, in St. Galler Festgabe zum Schweizerischen Juristentag 1965, pag. 425 segg.).

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Libertà di credenza e di coscienza

L'articolo 49 capoverso 1 della Costituzione federale dichiara che la libertà di credenza e di coscienza è inviolabile. Tale libertà è intesa in Svizzera soprattutto come libertà religiosa. Lo Stato che rispetta tale libertà deve, da una parte astenersi dall'imporre una determinata religione al cittadino.

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Ciascuno è libero d'avere opinioni religiose oppure di non averne. D'altra parte, deve essere garantito il diritto di ognuno ad esprimere e professare la propria religione e le proprie opinioni (DTF 97 1120/121).

I capoversi 2 e 3 dell'articolo 49 precisano il contenuto di questo diritto in due direzioni. Da una parte «nessuno può essere costretto a prender parte ad una associazione religiosa, o ad una istruzione religiosa, o a prestarsi a un atto religioso, né incorrere in pena di alcuna sorta a causa di opinioni religiose». D'altra parte garantiscono il diritto del titolare dell' autorità parentale o tutelare di disporre dell'educazione religiosa del figlio fino al sedicesimo anno di età (art. 303 CC).

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Libero esercizio dei culti

L'articolo 50 capoverso 1 della Costituzione federale garantisce ad ognuno il diritto di compiere atti di culto, vale a dire di avere un'attività religiosa, che eserciti da solo o nell'ambito di una comunità. Non soltanto il singolo, bensì anche una comunità religiosa può appellarsi a tale libertà (DTF 97 I 227).

La libertà di credenza e di coscienza, come pure il libero esercizio dei culti vengono chiamati, in seguito, libertà religiose.

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Effetti e limiti delle libertà religiose

Libertà non significa assenza di limiti. Anche le libertà religiose non sono illimitate. L'articolo 50 capoverso 1 della Costituzione federale parla, in tale contesto di «limiti dei buoni costumi e dell'ordine pubblico». Quale limite dell'ordine pubblico è da intendersi, ad esempio, l'articolo 12 delle disposizioni transitorie della Costituzione (divieto d'ammazzare gli animali senza averli storditi).

L'articolo 49 capoverso 4 della Costituzione federale prevede che l'esercizio dei diritti civili o politici non può essere limitato da veruna prescrizione o condizione di natura ecclesiastica o religiosa. In altri termini, gli obblighi e i divieti pronunciati dalla Chiesa non hanno effetto nell'ambito dello Stato. In applicazione di questo principio, il costituente ha secolarizzato lo stato civile {art. 53 cpv. 1), il matrimonio (art. 54) e la sepoltura (art. 53 cpv. 2) e abolito la giurisdizione ecclesiastica (art. 58). Inoltre, l'istruzione primaria deve stare esclusivamente sotto la direzione del potere civile (art.

27 cpv. 2) e le scuole pubbliche devono poter essere frequentate dagli attinenti di tutte le confessioni, senza pregiudizio della loro libertà di credenza e di coscienza (art. 27 cpv. 3).

L'articolo 49 capoverso 5 della Costituzione federale prescrive che «le opinioni religiose non svincolano dall'adempimento dei doveri di cittadino».

In caso di conflitto fra un'opinione religiosa e un dovere civico, quest'ultimo ha la preminenza. Gli obblighi civici sono preminenti.

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L'articolo 49 capoverso 6 della Costituzione federale precisa che «nessuno è tenuto a pagare aggravi imposti a causa propria e particolare dell'esercizio del culto di una associazione religiosa alla quale non appartiene». Secondo la giurisprudenza costante del Tribunale federale tuttavia, soltanto le persone fisiche, ma non quelle giuridiche possono prevalersi di tale disposizione (DTF 702 la 468).

L'articolo 50 capoverso 2, infine, della Costituzione federale, autorizza i Cantoni e la Confederazione a «prendere misure convenienti pel mantenimento dell'ordine pubblico e della pace tra i membri delle diverse associazioni religiose, non meno che contro le invasioni delle Autorità ecclesiastiche nei diritti dei cittadini e dello Stato». L'articolo 261 del Codice penale punisce il perturbamento della libertà di credenza e di culto.

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Altre disposizioni che regolano i rapporti fra Stato e Chiesa

L'articolo 75 della Costituzione federale prescrive che soltanto i cittadini svizzeri dello stato secolare sono eliggibil al Consiglio nazionale e, di conseguenza, al Consiglio federale (art. 96) e al Tribunale federale (art. 108).

Chi appartiene allo stato ecolesiastico deve peroiò rinunciarvi, ove voglia adire a una di queste cariche.

L'articolo 50 capoverso 4 della Costituzione federale prevede che «l'erezione di vescovadi sul territorio svizzero è sottoposta all'approvazione della Confederazione». Secondo la dottrina e la pratica, tale disposizione si applica ugualmente alla modificazione territoriale di vescovadi esistenti (FF 7970 I 130). Se l'approvazione è data nella forma di un concordato conchiuso con la Santa Sede, sono applicabili le regole sulla conclusione di trattati internazionali (art. 8 - 10, art. 85 n. 5 e art. 102 n. 7 Cost.). Va ricordato a tal proposito anche il decreto federale del 22 luglio 1859 sulla separazione di parti del territorio svizzero da diocesi estere che sopprime ogni giurisdizione episcopale straniera sul territorio svizzero (RS 181).

L'articolo 50 capoverso 3 della Costituzione federale ha piuttosto valore storico: esso prevede che «le contestazioni di diritto pubblico o di diritto privato occasionate dalla formazione o dalla separazione di associazioni religiose, possono per via di ricorso essere sottoposte alla decisione delle competenti autorità federali» -- oggi al Tribunale federale. Si tratta soprattutto di conflitti di natura pecuniar risultanti dalli divisione di comunità religiose.

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Stato e Chiesa nei Cantoni

Entro i limiti fissati dal diritto federale, i Cantoni hanno fatto uso della sovranità in materia ecclesiastica in modo differenziato, seguendo le peculiarità storiche e federalistiche. Non vi sono praticamente due ordinamenti identici; è dunque necessario trattare separatamente i 25 sistemi attualmente praticati in Svizzera. Tale diversità può tuttavia essere 664

raccolta in tre diverse concezioni dei rapporti fra Stato e Chiesa: i Cantoni d'origine riformata hanno istituito la Chiesa ufficiale (Chiesa nazionale), i Cantoni d'origine cattolica conoscono invece il regime della «libera Chiesa in libero Stato». Accanto a questi due sistemi, ne esiste un terzo, quello della separazione fra Stato e Chiesa (cfr. in proposito Isele Die neuere Entwicklung und gegenwärtiger Stand der Kirchengesetzgebung in der Schweiz, RSG 1962, pag. 177-182 e 193-201; Fuchs, zum Verhältnis von Kirche und Staat in der Schweiz, in «Essener Gespräche zum Thema Staat und Kirche, 1972, pag. 125 segg.), I Cantoni di Neuchâtel e di Ginevra hanno attuato, fra Stato e Chiesa, una separazione che va molto lontana. Tutte le comunità religiose soggiaciono al diritto privato, anche se tre fra di esse (la Chiesa riformata evangelica, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica cristiana) sono considerate «istituzioni d'interesse pubblico», a Neuchâtel e «riconosciute pubbliche» a Ginevra.

Negli altri Cantoni, la Chiesa riformata evangelica e la Chiesa cattolica romana, in parte però soltanto a livello di comunità di fedeli e di parrocchia, hanno ottenuto uno statuto di diritto pubblico. Parecchi Cantoni hanno riconosciuto tale statuto anche alla Chiesa cattolica cristiana. Il Cantone di Basilea-Città, anche alla comunità israelita. Tutte le altre comunità religiose sono rette dal diritto privato. Quelle riconosciute dal diritto pubblico godono di certi vantaggi: lo Stato le aiuta ad adempiere i loro compiti, conferendo loro il diritto di riscuotere imposte o fornendo loro altre prestazioni; negli affari interni di queste Chiese, lo Stato rispetta la loro autonomia, partecipando, invece, alla discussione e alla decisione quando si tratta di affari misti.

Diamo qui di seguito, un prospetto dei diversi sistemi praticati attualmente nei Cantoni. Tale esame, basato sulle informazioni forniteci dai governi cantonali, in occasione della procedura di consultazione, può soltanto mettere in evidenza gli elementi principali dei diversi sistemi.

Zurigo La Chiesa riformata evangelica che è la Chiesa nazionale, la «corporazione cattolica romana le rispettive parrocchie, come pure la parrocchia cattolica cristiana di Zurigo sono dichiarate «persone di diritto pubblico riconosciute dallo Stato». Alle
altre comunità religiose si applicano le regole del diritto privato.

Le Chiese ufficiali amministrano autonomamente gli affari interni. Per il resto soggiacciono alla vigilanza dello Stato.

Le parrocchie sono autorizzate a riscuotere imposte. Le Chiese ufficiali ricevono dallo Stato sussidi finanziati dalle sue entrate generali.

II 4 dicembre 1977, gli elettori zurighesi hanno rigettato -- con 227 808 voti contro 82 560 voti favorevoli -- un'iniziativa popolare cantonale, comparabile all'iniziativa popolare federale, che chiedeva la separazione dello Stato e della Chiesa.

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Berna Vi sono tre Chiese nazionali, la Chiesa riformata evangelica, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica cristiana. Sono comunità di diritto pubblico: le altre comunità religiose sottostanno alle regole del diritto privato.

Le Chiese nazionali amministrano i propri affari interni e i propri beni autonomamente, entro i limiti fissati dalla legislazione. Allo Stato incombe la responsabilità degli affari esterni.

Le parrocchie designano gli ecclesiastici che sono considerati funzionari dello Stato e che da questo sono pagati. Lo Stato si occupa delle spese di manutenzione delle canoniche, che sono edifici pubblici. Le parrocchie hanno il diritto di riscuotere imposte.

Lucerna La Chiesa cattolica romana, la Chiesa riformata evangelica e la Chiesa cattolica cristiana hanno statuto di diritto pubblico. Mentre le due prime, con l'accordo del Gran Consiglio, si sono date una costituzione ecclesiastica e sono divenute Chiese nazionali, la terza, la Chiesa cattolica cristiana è organizzata in parrocchia.

Il diritto canonico s'applica agli affari interni della Chiesa cattolica romana. La Chiesa riformata evangelica amministra da sé i propri affari interni.

Le parrocchie delle tre Chiese ufficiali possono riscuotere imposte.

Uri Nel Cantone d'Uri, non vi è Chiesa nazionale, nel senso giuridico del termine. Soltanto le parrocchie della Chiesa cattolica romana e quella della Chiesa riformata evangelica hanno statuto particolare. Esse s'amministrano autonomamente e godono di personalità giuridica.

In quasi tutti i Comuni esiste una parrocchia cattolica romana, ma vi è un'unica parrocchia riformata evangelica per tutto il Cantone. Le parrocchie possono riscuotere imposte. Una parrocchia può essere creata soltanto con l'approvazione del Parlamento cantonale.

Svitto Neppure il Cantone di Svitto possiede una Chiesa nazionale, nel senso giuridico del termine, benché la Chiesa cattolica romana abbia uno statuto in parte privilegiato. Le parrocchie della Chiesa cattolica romana e quelle della Chiesa riformata evangelica sono enti di diritto pubblico.

Per l'erezione di una parrocchia è necessaria l'approvazione del Parlamento cantonale: per le parrocchie cattoliche romane, inoltre, occorre l'accordo dell'autorità episcopale. L'approvazione del Parlamento cantonale conferisce alle parrocchie il diritto di riscuotere imposte.

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Soprasselva La Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica hanno statuto di diritto pubblico che conferisce loro personalità giuridica e autonomia.

Le altre comunità religiose sottostanno alle regole del diritto privato, a meno che la legge non riconosca loro statuto di diritto pubblico.

Le comunità religiose s'organizzano autonomamente. Il diritto canonico s'applica all'organizzazione della Chiesa cattolica, mentre la Costituzione cantonale regge l'organizzazione delle parrocchie. La Chiesa riformata evangelica s'organizza da sé, ma deve richiedere, per il proprio regolamento, l'approvazione del Parlamento cantonale.

Le cariche ecclesiastiche sono cariche pubbliche. Le parrocchie possono riscuotere imposte.

Sottoselva La Chiesa cattolica romana è la Chiesa nazionale; la Chiesa riformata evangelica ha uno statuto di diritto pubblico. Le altre comunità religiose soggiaciono alle regole del diritto privato, nella misura in cui la legge non conferisca alle stesse statuto di diritto pubblico.

Le Chiese ufficiali gestiscono da sé gli affari, nei limiti della legislazione.

Esse possono chiedere una costituzione ecclesiastica che deve essere approvata dal Parlamento. La Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica hanno fatto uso di questa facoltà.

L'esistenza e l'autonomia delle parrocchie sono garantite. Esse possono percepire imposte. Lo Stato preleva una tassa sull'importo delle imposte sul beneficio e sul capitale delle persone giuridiche: la legislazione regola il riparto di tale tassa fra le Chiese ufficiali.

Glarona Chiese nazionali sono la Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica.

Tutte le comunità religiose possono regolare autonomamente le faccende interne. Esse soggiaciono però all'alta vigilanza dello Stato.

Le parrocchie possono riscuotere imposte.

Zugo Le parrocchie della Chiesa cattolica romana e quella della Chiesa riformata evangelica hanno statuto di diritto pubblico. Accanto alle parrocchie cattoliche vi è un'unica parrocchia riformata per tutto il Cantone.

Le parrocchie possono riscuotere imposte ove le altre entrate non bastino a coprire le spese.

Friburgo Mentre soltanto le parrocchie della Chiesa cattolica romana hanno uno statuto di diritto pubblico, la Chiesa riformata evangelica, come tale, è ente di diritto pubblico.

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Le parrocchie cattoliche e la Chiesa riformata possono riscuotere imposte.

La Chiesa riformata ha creato parrocchie nel Cantone: essa amministra autonomamente i propri affari interni.

Le parrocchie cattoliche godono di ampia autonomia.

Soletta Le parrocchie della Chiesa cattolica romana, della Chiesa riformata evangelica e della Chiesa cattolica cristiana hanno statuto di diritto pubblico.

Con l'approvazione del Consiglio di Stato, le parroccnie possono formare un'associazione sinodale Le stesse sono autorizzate a riscuotere imposte.

Basilea Città La Chiesa riformata evangelica, la Chiesa cattolica romana, la Chiesa cattolica cristiana e la comunità israelita hanno statuto di diritto pubblico.

Esse s'organizzano Uberamente e possono prelevare imposte; il Consiglio di Stato approva il regolamento fiscale e ne controlla la gestione.

Le altre comunità religiose sottostanno alle regole del diritto privato.

Le attività puramente di culto non possono essere finanziate con i mezzi del Cantone o dei Comuni. Tuttavia lo Stato può versare sussidi per l'attività pastorale negli ospedali e altri stabilimenti, per le chiese designate come monumenti d'arte, come pure per attività che le Chiese esercitano nell'interesse pubblico generale.

Basilea Campagna Vi sono tre Chiese nazionali, la Chiesa riformata evangelica, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica cristiana. Esse godono di uno> statuto di diritto pubblico, sono indipendenti e hanno personalità giuridica. Le altre comunità religiose sottostanno alle regole del diritto privato.

Le Chiese nazionali si sono date ciascuna una costituzione eoclesiastica, approvata dal Consiglio di Stato. Le parrocchie che pure hanno personalità giuridica, sono tutte elencate nelle costituzioni ecclesiastiche. Le Chiese nazionali regolano i propri affari autonomamente.

Le parrocchie possono riscuotere imposte. Il Cantone e i Comuni versano loro sussidi.

Sciaffusa Vi sono due Chiese nazionali, la Chiesa riformata evangelica e la Chiesa cattolica romana. Esse hanno, come pure l'unica parrocchia della Chiesa cattolica cristiana, uno statuto di diritto pubblico. Lo Stato ha emanato prescrizioni minime entro i limiti delle quali, tali Chiese possono organizzarsi in modo indipendente.

Le parrocchie possono riscuotere imposte.

Le numerose altre comunità religiose soggiacciono alle regole del diritto privato. Lo Stato può accordare loro i diritti di collettività religiosa pubblica.

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Appenzello Esterno Le parrocchie della Chiesa riformata evangelica e quelle della Chiesa cattolica romana hanno statuto di diritto pubblico.

Esse possono prelevare imposte e regolano i propri affari interni in modo indipendente, ma sotto la sorveglianza dello Stato.

Appenzello Interno La Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica hanno statuto di diritto pubblico. Le altre comunità religiose sottostanno alle norme del diritto privato, nella misura in cui il Gran Consiglio non conferisca loro uno statuto di diritto pubblico.

Le parrocchie possono prelevare imposte. Lo Stato> versa loro determinati sussidi per la via della perequazione finanziaria.

Il Governo è incaricato di esercitare il controllo dello Stato sulle Chiese.

San Gallo Vi sona due Chiese nazionali, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica, che hanno ambedue statuto di diritto pubblico. Esse regolano i propri affari in modo indipendente. Lo Stato, nell'esercizio del potere di sorveglianza, si limita ad assicurarsi che la Costituzione e le leggi siano rispettate.

Le parrocchie, come pure le due Chiese nazionali, possono riscuotere imposte. Le Chiese nazionali ricevono inoltre dal Cantone sussidi che esse devono ripartire fra le parrocchie finanziariamente deboli.

La comunità cattolica cristiana di San Gallo è stata dichiarata «collettività di diritto pubblico». Essa è dunque trattata alla stessa stregua delle parrocchie cattoliche e riformate e può prelevare imposte.

Grigioni Vi sono due Chiese nazionali, la Chiesa riformata evangelica e la Chiesa cattolica romana. Esse hanno statuto di diritto pubblico, regolano le proprie faccende interne e amministrano i propri beni autonomamente. Per il resto, lo Stato esercita la sua alta sorveglianza.

Le due Chiese nazionali e le loro parrocchie possono riscuotere imposte.

Argo via Vi sono tre Chiese nazionali: la Chiesa riformata evangelica, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica cristiana. Esse hanno statuto di diritto pubblico. I regolamenti d'organizzazione devono essere approvati dal Gran Consiglio.

Le Chiese nazionali si compongono di parrocchie. Queste sono autorizzate a riscuotere imposte. Lo Stato controlla il bilancio delle Chiese nazionali e delle loro parrocchie.

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Turgovia Le due Chiese nazionali, alle quali è riconosciuto statuto di diritto pubblico, cioè la Chiesa riformata evangelica e la Chiesa cattolica romana regolano gli affari interni in modo indipendente. Sugli affari misti, invece, lo Stato esercita la sua vigilanza.

Le parrocchie, esse pure persone giuridiche di diritto pubblico, hanno il diritto di riscuotere imposte. Lo Stato non contribuisce alle spese di natura puramente ecclesiastica.

Ticino La Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica hanno uno statuto di diritto pubblico e si organizzano liberamente. Il legislatore può conferire lo statuto di diritto pubblico anche ad altre comunità religiose.

Certe parrocchie riscuotono imposte ecclesiastiche, altre ricevono sussidi per le spese del culto da parte del Comune politico, in altre ancora, le prestazioni del Comune politico sono basate su accordi contrattuali; in un certo numero di parrocchie, infine, le necessità della Chiesa sono coperte dai contributi volontari dei fedeli.

Vaud La Chiesa riformata evangelica è dichiarata istituzione di Stato. Lo Stato riconosce la sua autonomia spirituale. Le spese di culto sono a carico dello Stato (Cantone e Comuni) o della cassa pubblica.

È garantito in tutto il Cantone l'esercizio della religione cattolica. Lo Stato riconosce l'autonomia spirituale della Chiesa cattolica. In certi Comuni, elencati dalla Costituzione vodese, le spese di culto cattoliche sono a carico dello Stato (Cantone e Comuni), o dell'erario pubblico; in altri Comuni, il contributo dello Stato alle spese del culto cattolico è, per rapporto alla popolazione cattolica, proporzionale alle spese del culto protestante, per rapporto alla popolazione protestante.

Vallese La Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica sono istituzioni di diritto pubblico con personalità giuridica. Le altre comunità religiose soggiaciono alle regole del diritto privato, ma il legislatore può accordare loro statuto di diritto pubblico.

Le Chiese ufficiali s'organizzano in parrocchie o in associazioni di parrocchie. Le loro: autorità devono procurarsi e gestire i mezzi per il culto e le ulteriori necessità ecclesiastiche; lo Stato esercita la sorveglianza in materia.

Tutte le comunità religiose decidono autonomamente delle questioni di dottrina e di culto.

Neuchâtel La Chiesa riformata evangelica e le parrocchie neocastellane della Chiesa cattolica romana e della Chiesa cattolica cristiana hanno statuto di diritto

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pubblico. Secondo i termini della costituzione neocastellana, esse sono istituzioni d'interesse pubblico. Lo Statuto concede loro ogni anno sussidi di 200 000 franchi ciascuna. Esse possono anche prelevare imposte il cui pagamento è però facoltativo; l'esecuzione forzata è esclusa. Lo Stato mette gratuitamente a disposizione il proprio apparato per la riscossione delle imposte. Anche i Comuni forniscono certe prestazioni.

Le Chiese e le parrocchie ufficiali sono autonome: esse s'organizzano secondo le regole del diritto privato.

Ginevra La Chiesa nazionale protestante, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica cristiana sono riconosciute come enti pubblici, esse si organizzano però secondo le regole del diritto privato. Esse possono prelevare imposte, ma il pagamento è facoltativo; l'esecuzione forzata è esclusa. Lo Stato presta loro, contro rispettiva tassa, l'apparato amministrativo per riscuoterle.

Lo Stato non versa, per contro, sussidio alcuno.

Costituzione del futuro Cantone del Giura La Costituzione del futuro Cantone del Giura riconosce la Chiesa cattolica romana e la Chiesa riformata evangelica come corporazioni di diritto pubblico. 11 Parlamento può conferire medesimo statuto anche ad altre Chiese.

Altre comunità religiose soggiaciono al diritto privato.

Le Chiese ufficiali s'organizzano autonomamente. Esse si danno una costituzione ecclesiastica che deve essere approvata dal Governo e si dividono in parrocchie che sono parimente corporazioni di diritto pubblico.

Le Chiese ufficiali o le loro parrocchie sono autorizzate a prelevare imposte, con la collaborazione dello Stato e dei comuni.

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Stato e Chiesa in altri Paesi

È interessante gettare uno sguardo oltre le frontiere del nostro Paese e confrontare il rapporto fra Chiesa e Stato, sul piano giuridico, in altri Paesi.

Ricorderemo che in tutti i Paesi menzionati, è garantita la libertà religiosa: non ne parleremo più in dettaglio.

Austria Le seguenti Chiese e comunità religiose hanno statuto di diritto pubblico: la Chiesa cattolica romana, la Chiesa evangelica, la Chiesa ortodossa greca, la Chiesa cattolica cristiana, i Metodisti, i Mormoni, la comunità israelita, la Chiesa-neo-apostolica in Austria. Esse regolano gli affari interni in modo autonomo. Esse possono riscuotere imposte e ricevono sussidi dallo Stato.

Belgio Stato e Chiesa sono indipendenti uno dall'altra. Le comunità religiose cattolica romana, riformata evangelica, israelita, anglicana ed islamica godono

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di statuto privilegiato essendo dichiarate «personnalité!; civiles». Lo Stato versa sussidi per i salari e le pensioni dei ministri di tali, chiese e per la costruzione e la manutenzione degli edifici religiosi. Le Chiese s'organizzano liberamente, come fanno le comunità religiose non ufficiali e regolano gli affari interni autonomamente.

Canada Stato e Chiesa sono di principio separati. Vi è qualche eccezione in settori singoli. Così, ad esempio, i cappellani militari sono pagati dallo Stato, le Chiese beneficiano dell'immunità fiscale, certe scuole confessionali ricevono sussidi pubblici, come pure li riceve la missione indiana. Matrimoni religiosi possono essere riconosciuti dallo Stato.

Danimarca La Chiesa luterana evangelica è Chiesa di Stato. Essa è amministrata dal ministro dei culti, al quale compete anche un diritto di consultazione in materia puramente spirituale. Lo Stato preleva un'imposta ecclesiastica per la Chiesa luterana e le sue parrocchie e le aiuta con sussidi. La legge regola i rapporti con le altre comunità religiose.

Francia Stato e Chiesa sono separati. Tutte le comunità religiose sono trattate su piede d'eguaglianza e sottostanno al diritto privato. Lo Stato non versa loro sussidi, ad eccezione che per la cura delle anime negli stabilimenti pubblici (ospedali, prigioni, ecc.). Diversa è la situazione dei tre dipartimenti dell'Est, del Reno e dell'Alto Reno e della Mose la, facenti parte, un certo tempo, dell'Impero tedesco, e nei quali la Chiesa cattolica, la Chiesa protestante e la comunità israelita hanno statuto di diritto pubblico.

Gran Bretagna La Chiesa anglicana (Church of England) è la Chiesa, del Regno. Il monarca deve fame parte e deve proteggerla. Esso nomina gli arcivescovi, i vescovi e i decani. Gli ecclesiastici giurano fedeltà alla corona. La Chiesa anglicana finanzia la maggior parte delle proprie spese con i mezzi provenienti dalla fondazioni che le appartengono. Lo Stato le accorda sussidi soltanto per la cura delle anime negli stabilimenti pubblici (ospedali, prigioni, ecc.).

La Chiesa di Scozia è considerata come Chiesa di Stato. Essa è indipendente per tutti gli affari d'organizzazione e di dottrina.

Le altre comunità religiose sottostanno alle regole del diritto privato.

Italia Tutte le comunità religiose sono parimenti libere davanti alla legge. Le comunità religiose non cartouche s'organizzano autonoma.mente, entro i limiti dell'ordinamento giuridico. Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel

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proprio ambito, indipendenti e sovrani. I Patti Lateranensi del 1929, hanno riconosciuto alla Chiesa cattolica una posizione privilegiata, nel senso che la religione cattolica è dichiarata religione di Stato. Sono in corso lavori d i revisione di tali accordi, onde ridurre il grado di compenetrazione fra Stato e Chiesa.

Liechtenstein La Chiesa cattolica romana è la Chiesa nazionale e gode, come tale, della piena protezione dello Stato. Le compete il diritto di prelevare imposte. I comuni politici versano sussidi complementari. Le altre comunità religiose godono della libertà di confessione e di culto entro i limiti dell'ordine giuridico; esse soggiaciono ai principi del diritto privato. I comuni versano sussidi anche alle comunità religiose cristiane non cattoliche.

Lussemburgo II sistema è praticamente identico a quello del Belgio, con la differenza che soltanto la Chiesa cattolica romana, la riformata evangelica e la comunità israelita godono di statuto privilegiato.

Norvegia La Chiesa luterana evangelica è Chiesa di Stato. I suoi membri hanno l'obbligo di educare i figli nella loro religione. Il monarca deve far parte della Chiesa e deve proteggerla. Egli da istruzioni per il servizio divino e le preghiere pubbliche. La Chiesa è amministrata dal ministro del culto e dell'educazione. Le altre comunità religiose possono svilupparsi liberamente, entro i limiti dell'ordinamento giuridico. Esse possono anche essere riconosciute come enti di diritto pubblico, nel qua! caso ottengono sussidi statali.

Paesi Bassi

Stato e Chiesa sono, in principio, separati. Tutte le comunità religiose beneficiano di parità di trattamento. Esse sono persone giuridiche di diritto privato e si organizzano entro i limiti dell'ordinamento giuridico. Esistono però, fra Stato e Chiesa, molteplici legami d'ordine finanziario: così, ad esempio, certe comunità religiose ricevono dallo Stato, per i loro ministri, supplementi di trattamento e di rendita vecchiaia e invalidità; lo Stato versa contributi per gli edifici religiosi che sono dichiarati monumenti storici e sovvenziona ugualmente numerosi seminari per la formazione pedagogica religiosa.

Repubblica federale di Germania

La Chiesa cattolica, la Chiesa evangelica, diverse Chiese libere, la Chiesa cattolica cristiana, come pure altre comunità religiose sono corporazioni di diritto pubblico. In tale qualità, esse hanno diritto di prelevare imposte.

Ciò facendo, esse devono però conformarsi alle regole legali dei «Länder».

Le altre comunità religiose hanno statuto di diritto privato, ma possono, a a determinate condizioni, essere ugualmente riconosciute con statuto di 45

Foglio federale 1978, Vol. U

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diritto pubblico. Tutte le comunità religiose regolano gli affari interni autonomamente, entro i limiti dell'ordine giuridico.

Stati Uniti d'America Stato e Chiesa sono separati. Tutte le comunità religiose beneficiano di parità di trattamento: esse si organizzano liberamente entro i limiti dell'ordine giuridico. Nei settori, nei quali Stato e Chiesa hanno compiti da assolvere (ad es. l'insegnamento), essi cooperano in forme molteplici, nell'interesse del bene pubblico.

Svezia La Chiesa luterana evangelica è la Chiesa di Stato. Lo Stato nomina i vescovi, fissa i loro salari e redige i libri di preghiera. Pagano le imposte ecclesiastiche anche coloro che non fanno parte della Chiesa di Stato. I registri dello stato civile sono tenuti dalla Chiesa. Lavori sono in corso per diminuire il grado di imbricazione dei rapporti fra Stato e Chiesa.

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Stato e Chiesa secondo l'iniziativa Obiettivi e motivi dell'iniziativa Obiettivi

I fautori chiedono che ai .Cantoni venga ritirata la sovranità in materia ecclesiastica ed imposta, con norma costituzionale federale, la separazione completa fra Stato e Chiesa.

La separazione dovrà essere attuata entro il termine di due anni a contare dall'entrata in vigore della revisione costituzionale. Tuttavia, già con l'entrata in vigore stessa, i Cantoni non saranno più autorizzati a riscuotere imposte ecclesiastìche.

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Motivi

I motivi sfociati in questa iniziativa sono molto diversi fra di loro, in parte poco chiari, o addirittura contraddittori Essi appaiono nel commento che figura sulla lista delle firme, nei volantini e in un opuscolo distribuito all epoca dal comitato nazionale d'iniziativa per la separazione dello Stato e della Chiesa. Tali motivi possono essere così riassunti: - con il riconoscimento quali collettività di diritto pubblico, lo Stato favorisce le Chiese nazionali, violando così il principio costituzionale dell' uguaglianza davanti alla legge. Contrariamente a quanto avveniva in passato, queste Chiese non assumono oggi i compiti d'interesse generale che potevano giustificare un trattamento privilegiato Tali compiti sono già da lungo tempo stati assunti dallo Stato. Nella misura in cui le Chiese riconosciute dallo Stato continuano a fornire prestazioni d'interesse generale, esse non si distinguono dalle Chiese libere o dalle istituzioni caritative. «Per fare il bene, la religione non è necessaria e nep674

pure Dio è necessario». Inoltre, le Chiese «stabilite» hanno perduto molto della loro importanza e le loro prestazioni sono sempre meno richieste (astensionismo nei confronti della Chiesa). Conformemente al principio dell'uguaglianza davanti alla legge, tutte le comunità religiose dovrebbero essere trattate alla stessa stregua. Di conseguenza, le Chiese nazionali, come tutte le altre comunità religiose, dovrebbero soggiacere al diritto privato.

- 11 sistema dell'appartenenza «obbligatoria» alle Chiese ufficiali viola il principio della libertà di credenza e di coscienza. Lo stesso dicasi in merito all'imposizione fiscale delle persone giuridiche da parte delle Chiese nazionali, inoltre, in merito al sussidiamento delle Chiese riconosciute con mezzi che lo Stato preleva dagli introiti fiscali globali, «È inammissibile che tutti i cittadini siano costretti a pagare le imposte affinchè possano venir conservate le Chiese ufficiali».

- Soltanto la separazione completa dello Stato e della Chiesa permette al singolo di evolvere liberamente senza dover subire l'influenza della Chiesa; essa contribuisce, d'altra parte, a far trionfare lo spirito di tolleranza.

In occasione della procedura di consultazione, gli ambienti favorevoli all'iniziativa hanno invocato gli stessi motivi dei fautori.

52

Portata dell'iniziativa

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Nozione di separazione

Né la prassi, né la dottrina conoscono una nozione precisa e unitaria di separazione (cfr. Caveli, Die öffentlichrechtlichen Religionsgemeinschaften im schweizerischen Staatsrecht, tesi Friburgo 1954, pagg. 8, come pure la bibliografia ivi citata). Non esiste un unico sistema di separazione fra Stato e Chiesa, ma parecchi, di concezione diversa. Abbiamo potuto rilevare quanto precede esaminando, anche se brevemente, alcuni sistemi stranieri (cap. 43) e quelli praticati in Svizzera (cap. 42: NE e GÈ). La nozione di separazione è soltanto un principio generale, dal quale non può essere desunto un modello concreto. Il testo dell'iniziativa non dice nulla in merito al contenuto e alla portata della separazione preconizzata.

Nei comunicati, nei volantini e nella documentazione pubblicata nel 1977 da parte del comitato nazionale d'iniziativa, i fautori della stessa hanno fornito qualche indicazione circa le idee che essi si fanno della separazione, come pure dei suoi effetti, senza tuttavia precisare chiaramente il sistema previsto.

Tuttavia, per l'interpretazione, è il testo stesso dell'iniziativa a fornire, in primo luogo, le indicazioni necessarie e non le intenzioni di fautori singoli (FF 7977 III 390). Il testo dell'iniziativa è particolarmente significativo: esso non prescrive unicamente la «separazione», bensì la «separazione completa». Esso va più lontano -- e questo è probabilmente voluto -- che non il testo dell'iniziativa popolare zurighese che è stata respinta. L'obiettivo dell'iniziativa non è con ciò attuato adottando un sistema di separazione 675

comparabile a quelli praticati nei Cantoni di Neuchâtel e Ginevra. Separazione completa significa, nell'accezione comune, separazione totale, radicale.

Non v'è ragione di prestare al significato di questa iniziativa un senso divergente da quello della pratica corrente. I fautori dell'iniziativa vanno ritenuti vincolati dal testo che hanno proposto.

Dopo quanto è stato detto, la separazione completa fra. Stato e Chiesa, come auspicata dall'iniziativa, può così essere definita nei termini seguenti: lo Stato (Confederazione e Cantoni) garantisce la libertà di credenza e di coscienza, nonché il libero esercizio dei culti e ignora però completamente le comunità religiose. Ciò vale a dire che lo Stato, nella propria legislazione, né privilegia, né sfavorisce le comunità religiose. Allo Stato è vietato di riconoscere giuridicamente l'importanza sociale di tali comunità. Fra Stato e comunità religiose non vi ha da essere rapporto giuridico di sorta. Ove una comunità religiosa intenda avere esistenza giuridica, ricorrerà alle forme previste dal diritto privato (associazione, corporazione, fondazione). La religione è faccenda privata e lo Stato deve tenersi lontano da tale attività privata.

522

Conseguenze

522.1

Validità dell'iniziativa

La separazione avrebbe, sul diritto federale e su quello dei Cantoni, numerose conseguenze, diverse e molto profonde che, oggi, non possono essere previste con certezza e precisione. Siffatta insicurezza giuridica inquieta i Cantoni, come anche le Chiese interessate. Si rimprovera ai fautori di aver preso la faccenda troppo alla leggera. Questo rimprovero non può venir semplicemente accantonato. In tale contesto, molte risposte pervenute in sede di procedura di consultazione sollevano la questione della validità dell' iniziativa.

L'iniziativa è presentata in forma di progetto elaborato ed enuncia categoricamente un principio che dovrebbe essere attuato entro un termine di due anni. È incontestabile che il testo proposto si adatta, quanto alla forma e al tenore, a divenire nonna costituzionale: il principio' che vi è enunciato potrebbe perciò ben figurare nella Costituzione federale:. In effetti, l'iniziativa è valida, poiché essa non combina -- ciò che è vietato dall'articolo 3 capoverso 1 della legge sulle iniziative popolari -- la forma di proposta generale e quella di progetto già elaborato. E se pure fosse stato meglio che gli autori presentassero le loro proposte nella forma di un'iniziativa redatta in termini generali e che gli stessi affidassero all'Assemblea federale il compito di concepire un regime concreto di separazione, questo fatto nulla cambia alla validità dell'iniziativa. Siamo senza dubbie in presenza di un testo la cui portata nessuno può per ora cogliere. Tale incertezza che è, nell ottica politico-statuale, senz'altro un difetto, non causa tuttavia l'annullamento dell'iniziativa per rispetto al diritto positivo.

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522.2

Effetti sul diritto della Confederazione

II Consiglio federale non è purtroppo in grado di dissipare l'incertezza quanto alle conseguenze giuridiche dell'iniziativa. Egli deve accontentarsi ed espome i principali effetti e le maggiori difficoltà possibili, senza pertanto tirare le conclusioni in merito a tutti i singoli punti. Esamineremo ora quali sarebbero gli effetti della separazione sul diritto federale. Possiamo rilevare già sin d'ora che, nell'interesse della sicurezza del diritto, sarà impossibile affidare alla prassi la cura di risolvere i conflitti e le imprecisioni fra il vecchio e il nuovo diritto Si dovrebbe allora piuttosto adattare rapidamente la legislazione federale e rivedere adeguatamente anche la Costituzione federale.

522.21

Costituzione federale

- Le difficoltà sorgono già a proposito del preambolo. Abbiamo esaminato, alla cifra 411, il problema della portata giuridica del preambolo. Chi riscontra nell'invocazione a Dio il richiamo al fondamento cristiano del nostro Stato, considererà questa formula incompatibile con il principio enunciato dall'iniziativa. Chi, invece, non ravvisa nell'invocazione alcun obbligo nei confronti di una determinata concezione filosofica, ma un semplice riferimento al «patrimonio d'umanità secolarizzata», non si sentirà urtato da tale invocazione.

- Nel titolo tedesco della Costituzione federale, lo Stato svizzero è designato con i termini «Schweizerische Eidgenossenschaft», il secondo dei quali, ereditato dalla tradizione storica, contiene l'idea di una comunità unita da un giuramento (Eid). Tale designazione potrebbe essere conservata? Rinviamo a questo proposito alle considerazioni del capitolo 522.22, sul giuramento.

- L'articolo 27 capoverso 2 che sottopone l'insegnamento primario alla direzione del potere civile, è compatibile con lo scopo dell'iniziativa. Non vi è perciò adattamento da fare. Lo stesso dicasi dell'articolo 27 capoverso 3 che prescrive le scuole pubbliche debbano poter essere frequentate dagli attinenti di tutte le confessioni, senza pregiudizio della loro libertà di credenza e di coscienza.

- L'articolo 49 capoverso 2 sarebbe probabilmente senza oggetto per quanto concerne il divieto che vi è fatto di costringere una persona a seguire un insegnamento religioso Le scuole pubbliche, in effetti, toglierebbero dal loro programma l'insegnamento del catechismo e quello della storia sacra. Il capoverso 3 che riserva il diritto dei genitori di disporre dell'educazione religiosa dei figli sarebbe mantenuto, poiché garantisce uno degli aspetti della libertà di credenza e di coscienza. Ci si può invece chiedere se non si dovrebbe sopprimere, al capoverso 2, il divieto di infliggere una pena di qualsiasi sorta a causa di opinioni religiose, visto che tutte le comunità religiose sarebbero sottoposte al diritto privato, dovendo con ciò essere trattate alla stregua di qualunque altra associazione privata.

- L'articolo 49 capoverso 4, secondo il quale l'esercizio dei diritti civili 677

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o politici non può essere limitato da nessuna prescrizione o condizione di natura ecclesiastica o religiosa, diverrebbe superfluo. La separazione agirebbe in modo tale che lo Stato non sarebbe sottoposto a tali condizioni, come non lo sarebbe a condizioni e prescrizioni di altre associazioni private.

L'articolo 49 capoverso 5 che, in caso d'opposizione, fa prevalere i doveri di cittadino sulle opinioni religiose, conserverebbe la propria validità.

L'articolo 49 capoverso 6 sarebbe senza oggetto poiché non vi sarebbero più imposte ecclesiastiche e lo Stato non più autorizzato a versare sussidi per le spese di culto.

L'articolo 50 capoverso 2 vigente conferisce ai Cantoni la competenza ad adottare misure per assicurare la pace religiosa (polizia dei culti). Dovrebbe essere conservato o abolito? Nella misura in cui si parla di «autorità ecclesiastiche», l'articolo dovrebbe essere modificato.

Le contestazioni occasionate dalla formazione o dalla separazione di associazioni religiose sarebbero d'ora in poi giudicate secondo le regole del diritto civile federale e le procedure cantonali. L'articolo 50 capoverso 3 dovrebbe essere abrogato.

L'articolo 50 capoverso 4 che sottopone l'erezione di vescovadi sul territorio svizzero all'approvazione della Confederazione, sarebbe abrogato.

Per contro, il decreto federale del 22 luglio 1859 sulla separazione di parti del territorio svizzero da diocesi estere continuerebbe a sussistere poiché la Svizzera, Stato sovrano, non potrebbe disinteressarsi della sorte di determinate sue regioni che dipenderebbero da una giurisdizione episcopale straniera.

Le disposizioni concernenti lo stato civile (art. 53 cpv. 1), i luoghi di sepoltura (art. 53 cpv. 2), il matrimonio {art. 54) potrebbero essere conservate. Si dovrebbe tuttavia cancellare, all'artìcolo 54 capoverso 2, il termine «ecclesiastici».

Senza oggetto diverrebbe pure l'articolo 58 capoverso 2 che abolisce la giurisdizione ecclesiastica.

L'articolo 75 dovrebbe essere modificato affinchè l'eleggibilità degli ecclesiastici al Consiglio nazionale fosse ristabilita.

522.22

Leggi e ordinanze: trattati internazionali

- Istituzioni ecclesiastiche. Gli articoli 52 capoverso 2, 59 capoverso 1, e 87 capoverso 1 del codice civile dovrebbero essere: modificati nella misura in cui menzionano in particolare le fondazioni e le corporazioni ecclesiastiche. I capoversi 2 e 3 dell'artìcolo 118 concernenti la cerimonia e il matrimonio religiosi sarebbero senza oggetto, essendo le due istituzioni ignorate dallo Stato. Lo stesso vale per l'articolo 182 capoverso 2 dell'ordinanza sullo stato civile del 1° giugno 1953.

-- Esenzione degli ecclesiastici dal servizio militare; cappellani. L'articolo 13 capoverso 1 numero 2 della legge sull'organizzazione militare dispensa dal servizio militare gli ecclesiastici. Lo scopo dell'esenzione mira ad 678

assicurare l'attività degli stessi presso la popolazione, in tempo di pace come in tempo di guerra. Ci si chiede se il modello di separazione proposto permetterebbe ancora di assicurare tali compiti.

Si pone la questione se anche il servizio dell'assistenza spirituale militare debba essere soppresso. Basta che il milite, in considerazione della libertà religiosa, garantita dalla Costituzione federale, possa liberamente professare la propria religione ed adempiere gli obblighi religiosi, durante il servizio d'istruzione e attivo, nella misura compatibile con le esigenze del servizio stesso. Ne fa parte, anche l'assistenza spirituale. Ma, se il principio della separazione dello Stato e della Chiesa fosse accettato, lo Stato non potrebbe più istituire ed organizzare il servizio dell'assistenza spirituale (cappellani militari) poiché non sarebbe più compito suo.

Prestazione del giuramento. Secondo la legge federale sulla procedura penale (art. 86 segg.), di tribunale può costringere il testimonio a confermare la sua deposizione con giuramento o, se lo chiede, con affermazione solenne. I magistrati e i funzionari giudiziari federali prestano giuramento o possono fare promessa solenne (art. 9 OG). I deputati alle Camere federali devono prestare giuramento o fare una promessa solenne (art. 4 e 5 del R CN e art. 1-4 R CS). Anche i membri del Consiglio federale, il cancelliere della Confederazione e il generale devono prestare giuramento o promessa solenne. Infine, anche le truppe chiamate al servizio attivo federale prestano giuramento (art. 197 cpv. 2 OM).

Nessuno è obbligato a prestare giuramento, poiché, in tutte le occasioni, il giuramento può essere sostituito dalla promessa; ma, anche in queste condizioni, si pone la questione a sapere se, con la separazione completa dello Stato e della Chiesa, il giuramento sia ancora ammissibile. Chi considera il giuramento un atto sacrale-religioso, risponderà negativamente a tale questione. Chi, invece, ritiene che il giuramento non abbia carattere sacramentale e si sia secolarizzato, risponderà positivamente.

Ricordiamo a tal proposito quanto già detto del preambolo e del titolo tedesco della Costituzione federale. A seconda del risultato dovrebbero anche essere tolti dal codice penale gli articoli relativi ai delitti di violazione del giuramento prestato
(art. 306 e 307).

Diritto penale. Si pone la questione se l'articolo 261 CP, già menzionato, che punisce il perturbamento della pace religiosa debba essere modificato.

La stessa questione si pone per l'articolo 81 numero 2 del codice penale militare che punisce il rifiuto di servire degli obiettori di coscienza.

Vantaggi particolari. Le disposizioni delle leggi federali che accordano vantaggi fiscali alle associazioni religiose per le attività di culto e le opere di pubblica utilità, dovrebbero essere modificate (art. 6 cpv. 1 lett. a della legge federale sulle tasse di bollo e art. 16 n. 2 e 3 del decreto concernente la riscossione d'una imposta per la difesa nazionale). Occorrerebbe sopprimere pure l'affrancazione in blocco a favore delle autorità ecclesiastiche (art. 40 cpv. 1 della legge federale sul servizio delle poste e art. 197 segg. dell'ordinanza d'esecuzione 1), come pure le regolamentazioni speciali a favore degli ecclesiastici e delle organizzazioni che perseguono scopi religiosi previsti nelle due ordinanze del 20 ottobre 1976 679

sulla limitazione dell'effettivo degli stranieri esercitanti un'attività lucrativa (art. 7 lett, l e m risp. art. 1 cpv. 9).

- Procedura di consultazione. In merito a quali soggetti potrebbero ancora essere invitati gli ambienti ecclesiastici a prendere parte alle procedure di consultazione?

- Regolamentazione concernente i giorni festivi. Ove si ritenga che, nei Cantoni, la regolamentazione relativa ai giorni festivi attiene alla loro competenza attuale in materia ecclesiastica, tale competenza passerebbe, se l'iniziativa fosse accettata, alla Confederazione. La Confederazione dovrebbe allora legiferare, curando tuttavia di non ispirarsi troppo a considerazioni d'ordine religioso. È evidente che il legislatore verrebbe qui a trovarsi assai presto nel terreno vago dell'apprezzamento politico.

- Trattati internazionali. In diritto internazionale pubblico, la Santa Sede possiede personalità giuridica. Nei loro rapporti eco la Santa Sede, gli Stati -- e la Svizzera fra essi, seguono le regole del diritto internazionale.

Le relazioni diplomatiche si stabiliscono fra il Dipartimento politico federale che rappresenta la Svizzera e la Nunziatura Apostolica a Berna che rappresenta la Santa Sede. La separazione dello Stato e della Chiesa non muterebbe praticamente nulla di rilevante a questa situazione. Per contro, quali competenze -avrebbe la Confederazione in merito alla conclusione dei trattati in questo settore? I Cantoni, in ogni caso, non potrebbero più agire; gli accordi vigenti dovrebbero essere denunciati. Uguale sorte toccherebbe ai trattati conchiusi dal Consiglio federale nell'interesse dei Cantoni, sia in nome proprio, sia in nome dei Cantoni. Da questo desumere che la Confederazione non sarebbe ormai più autorizzata a conchiudere accordi su materie ecclesiastiche, sarebbe andare decisamente troppo lontano. Secondo l'articolo 8 della Costituzione federale e in accordo con dottrina e giurisprudenza, la Confederazione può in principio stipulare con gli Stati esteri trattati su qualsiasi materia.

522.3

Effetti sul diritto dei Cantoni

Gli effetti sarebbero diversi da Cantone a Cantone, quantitativamente e qualitativamente, a seconda del rapporto fra Stato e Chiesa. Non è in questa sede possibile rilevare tutta la gamma di diversità e ricordare le singole diversità fra i Cantoni. Le seguenti indicazioni dovrebbero far risultare le principali modificazioni che il principio della separazione fra Stato e Chiesa avrebbe sul diritto di ogni Cantone.

- Tutte le Costituzioni cantonali, anche quella dei Cantoni di Neuchâtel e di Ginevra dovrebbero essere modificate: poiché la sovranità in materia ecclesiastica sarebbe trasferita alla Confederazione, le disposizioni cantonali su tale materia dovrebbero essere abrogate.

- I trattati conchiusi dai Cantoni su materie ecclesiastiche e che sono ancora in vigore, dovrebbero essere denunciati e non sarebbe più possibile conchiuderne nuovi.

- Occorrerebbe se non abrogare, almeno adattare le legislazioni cantonali che applicano le disposizioni costituzionali cantonali sulle Chiese. Si trat680

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terebbe anzitutto dell'insieme della legislazione sulle Chiese, delle leggi sull'organizzazione dei Cantoni e dei Comuni, delle leggi sull'insegnamento, delle leggi fiscali e della regolamentazione concernente i giorni festivi.

Il cambiamento principale quanto alla materia sarebbe che parecchie Chiese perderebbero lo statuto giuridico di diritto pubblico e, con questo, tutti gli attributi conferiti loro dallo Stato. Perderebbero il diritto di riscuotere imposte. Esse non potrebbero più usare dei mezzi costrittivi dell'amministrazione dello Stato onde far rispettare le loro decisioni e attuare le loro pretese. L'appartenenza a una Chiesa non deriverebbe più dalla legge, bensì da un atto di volontà, basato sul diritto privato. Le parrocchie dovrebbero essere sciolte.

Le Chiese diverrebbero istituzioni private. Ove una Chiesa, una comunità religiosa intendesse avere un'esistenza giuridica, dovrebbe allora costituirsi in società di diritto privato, facendo ricorso a una delle forme dallo stesso previste.

Lo Stato non potrebbe più versare sussidi per scopi inerenti al culto. Le prestazioni dovute sulla base di un titolo giuridico, dovrebbero essere riscattate. L'esonero e .tutti i vantaggi fiscali sarebbero aboliti.

l'insegnamento del catechismo e della storia sacra sparirebbe dai programmi scolastici. Tutto ciò potrebbe essere sostituito da un'informazione generale sulle religioni. Si dovrebbe ridefinire, secondo criteri analoghi, lo statuto giuridico delle facoltà di teologia delle università.

Lo Stato non potrebbe più organizzare « finanziare l'assistenza spirituale negli stabilimenti (ospedali, stabilimenti per l'esecuzione delle pene e delle misure, ecc.).

Valgono anche per i Cantoni le nostre osservazioni quanto al giuramento e alla regolamentazione dei giorni festivi (cfr. 522.22).

Menzioniamo accessoriamente che anche la storia e le tradizioni sarebbero fortemente coinvolte. Quale esempio valga l'incontro del potere temporale e del potere spirituale in occasione delle Landsgemeinden, delle commemorazioni di battaglie, delle processioni, dei pellegrinaggi.

Che cosa avverrebbe di tanti simboli religiosi?

53

Pareri sull'iniziativa

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Risultati della procedura di consultazione

I Cantoni e le Chiese sono i primi toccati dall'iniziativa. Interessati sono però anche i partiti politici. Il 30 marzo 1977 abbiamo autorizzato il Dipartimento federale di giustizia e polizia ad indirizzarsi ai Governi cantonali, agli ambienti ecclesiastici e ai partiti rappresentati nell'Assemblea federale, onde raccogliere i loro pareri in merito all'iniziativa.

I risultati della procedura di consultazione non hanno fatto apparire l'esistenza di un movimento generale in favore dell'abbandono della divisione attuale delle competenze fra Stato e Cantoni in materia ecclesiastica. In realtà, avviene il contrario: la proposta dell'iniziativa, di ritirare ai Cantoni la so681

vranità in questa materia e di imporre loro, con una regola costituzionale federale, il principio della separazione completa dello Stato e della Chiesa è categoricamente respinta. Le poche eccezioni confermano la regola.

Nella misura in cui i singoli argomenti non appaiano già nel capitolo 522, li tratteremo nei capitoli seguenti: qui ci possiamo limitare a brevi considerazioni.

531.1

Governi cantonali

Tutti i Governi cantonali respingono l'iniziativa. Il Governo ticinese chiede però un controprogetto.

531.2

Organizzazioni competenti

Delle otto organizzazioni consultate, cinque respingono l'iniziativa. Si tratta della Federazione delle Chiese protestanti di Svizzera, della Conferenza dei Vescovi Svizzeri, della Chiesa cattolica cristiana della Svizzera, della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Svizzera (che raggnippano anche la Chiesa evangelica metodista svizzera, l'Alleanza delle comunità battiste della Svizzera, l'Esercito della Salute, la Chiesa luterana evangelica), come pure la Federazione svizzera delle comunità israelite. L'Unione svizzera delle Chiese awentiste del settimo giorno e l'Associazione svizzera dei liberi pensatori approvano l'iniziativa. La Chiesa neo-apostolica in Svizzera non si è pronunciata.

531.3

Partiti politici

Degli undici partiti politici rappresentati nell'Assemblea federale, otto respingono l'iniziativa, vale a dire il Partito democratico cristiano, il Partito radicale-democratico, il Partito socialista, l'Unione democratica di centro, l'Anello degli indipendenti, il Partito liberale, il Partito evangelico democratico e il Movimento repubblicano. Il Partito del lavoro e il Partito socialista non hanno risposto. L'Azione nazionale non ha espresso pareri.

531.4

Altri pareri

Oltre agli ambienti ufficiali consultati, altre organizzazioni, come pure persone singole hanno dato spontaneamente il loro pareri; sull'iniziativa. Certuni la respingono, altri l'approvano.

Il Gruppo di lavoro per la preparazione di una revisione totale della Costituzione federale, presieduto da F.T. Wahlen, già Consigliere federale, dichiarava, nel rapporto del 1973, che il principio della separazione dello Stato e della Chiesa non doveva essere imposto ai Cantoni e che si doveva, al contrario, lasciar loro la competenza in materia ecclesiastica (pag. 121 del rapporto finale).

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La Commissione peritale per la preparazione della revisione totale della Costituzione federale, presieduta dal Consigliere federale K. Furgler, giunge alla medesima conclusione. Nel suo rapporto finale del 1977, essa propone che nulla sia cambiato nelle strutture attuali dei rapporti fra Stato e Chiesa.

Essa ha respinto la proposta d'obbligare i Cantoni ad attuare la separazione dello Stato e della Chiesa (pag. 38 del testo francese).

532

Valutatone materiale

532.1

Divisione delle competenze fra Confederazione e Cantoni

È impressionante rilevare la compattezza con la quale i Cantoni hanno respinto l'iniziativa. Il principale argomento -- anche quello dei partiti politici -- è l'ingerenza nella loro sovranità. I Cantoni si oppongono energicamente, alla proposta avanzata dall'iniziativa di ritirare loro la sovranità in materia ecclesiastica e al fatto che la Confederazione imponga il principio della separazione fra Stato e Chiesa.

Questa sovranità è una di quelle alle quali la Confederazione, sin dalla creazione dello Stato federale, non ha mai attentato. Vi è stata un'unica eccezione, la revisione totale del 1874, che ha rafforzato ed esteso gli articoli costituzionali, del resto in parte soppressi poi nel 1973. Il sistema attuale offre ai Cantoni ampia libertà nell'organizzazione dei loro rapporti con la Chiesa. Ciascun Cantone può così tenere conto del proprio passato confessionale e del temperamento politico. Come rilevato al numero 42, ogni Cantone possiede un regime ecclesiastico che riveste un carattere particolare.

L'evoluzione è avvenuta secondo i Cantoni. Soltanto Ginevra (nel 1970) e Neuchâtel (nel 1941) hanno istaurato in certa misura la separazione fra Stato e Chiesa. Abbiamo motivi sufficienti per interrompere con la forza questa evoluzione, imporre un diritto federale che sostituisca a regimi nati dalla storia, un sistema tanto rigoroso da non aver incontrato il favore di alcun Cantone o Paese occidentale?

In tutta coscienza, a questa domanda si potrebbe rispondere sì, soltanto se la divisione attuale delle competenze avesse difetti tali da poter essere corretti soltanto da una revisione costituzionale nel senso preconizzato dall iniziativa. Ma tale non è il caso.

532.11 Le legislazioni cantonali sulle Chiese non sono contrarie al principio dell'uguaglianza davanti alla legge e neppure alla libertà di credènza e di coscienza.

Dal principio dell'uguaglianza davanti alla legge (art. 4 della Costituzione federale) non è possibile dedurre un regime ecclesiastico determinato. In tutte le procedure di garanzia, previste dall'articolo 6 della Costituzione federale, il Consiglio federale e l'Assemblea federale hanno sempre affermato che i Cantoni, sovrani in materia ecclesiastica, possono liberamente scegliere 683

il regime ecclesiastico che loro meglio convenga e che, accordando a una o a più comunità religiose uno statuto di diritto pubblico con tutti i privilegi inerenti, essi non violano il principio dell'uguaglianza. Gli autori dell'iniziativa non portano alla discussione alcun elemento che possa rimettere in causa il fondamento di questa giurisprudenza. Essa va dunque conservata.

Inoltre, numerosi Cantoni hanno rinunciato a riservare lo statuto giuridico di diritto pubblico alle sole confessioni nazionali e possono accordare lo stesso anche alle Chiese libere. Affinchè queste possano godere di tale statuto, esse devono accettare, come fanno le Chiese ufficiali, di adempiere determinate condizioni. Non sembra tuttavia che le Chiese libere abbiano sin qui fatto uso di tale possibilità.

Il Tribunale federale ha rilevato, nella propria giurisprudenza che «il principio dell'uguaglianza è violato quando si tratti in modo diverso ciò che è fondamentalmente simile o in modo uguale ciò che è fondamentalmente dissimile» (traduzione) (DTF 103 la 245). Nella decisione menzionata, il Tribunale federale si è occupato anche di uno dei privilegi delle Chiese nazionali, del privilegio fiscale (facilitazioni fiscali). Esso conchiude che tali privilegi non violano il principio dell'uguaglianza, poiché vi sono fra le Chiese nazionali e le comunità religiose private «differenze di fatto essenziali» (traduzione). Il Tribunale federale pensava probabilmente al fatto che il 95 per cento della popolazione in Svizzera fa parte, almeno nominalmente, delle Chiese ufficiali.

Lo stesso dicasi per il diverso trattamento delle persone fisiche e giuridiche quanto all'imposta ecclesiastica. Tale diverso trattamento è basato, secondo quanto rileva il Tribunale federale, su un'evidente differenza fra questi soggetti di diritto ed è dunque giustificato giuridicamente. Le persone fisiche possono essere colpite nella loro libertà di credenza e coscienza ove siano tenute a pagare imposte ecclesiastiche; tale non è invece il caso per le persone giuridiche (DTF 102 la 478).

L'esistenza delle Chiese ufficiali neppure è contraria alla, libertà di credenza e coscienza, poiché colui che appartiene a una tale Chiesa ha in ogni momento il diritto di uscirne. Quando una persona desidera abbandonare una Chiesa ufficiale o qualsiasi altra comunità
religiosa, non le può essere imposta una procedura vessatoria o inutilmente protratta. In una recente decisione (dell'8 febbraio 1978, in re Schär contra Consiglio esecutivo di Berna), il Tribunale federale ha confermato e precisato questa opinione. L'articolo 49 della Costituzione federale, ricorda, non impedisce alle Chiese ufficiali di prevedere una procedura formale che si applichi a coloro che desiderano abbandonarla. Se tale procedura serve a favorire un'espressione chiara e maturata della volontà, essa non è contraria alle, libertà di credenza e di coscienza.

Nella sua giurisprudenza, il Tribunale federale ha sempre affermato non essere contrario all'articolo 49 capoverso 6 della Costituzione federale l'uso di una porzione dell'introito fiscale generale a scopo ecclesiastico, anche se parte di tale imposta proviene da persone che non sono membri di una Chiesa ufficiale o che sono senza confessione. I Cantoni possono considerare l'attività delle Chiese come attività d'interesse pubblico e finanziarla fa684

cendo ricorso all'importo globale delle imposte oppure confidare a collettività pubbliche (le Chiese nazionali) la cura di riscuotere imposte ecclesiastiche. Ambedue i sistemi sono confarmi alla libertà di credenza e di coscienza. La Costituzione tollera in una certa misura che imposte, del cui prodotto una parte sia usata per scopi ecclesiastici, siano prelevate su persone non facenti parte delle Chiese ufficiali o senza confessione. Questo è possibile tuttavia soltanto nell'ambito delle imposte cantonali. Se le spese di culto sono finanziate invece dalle imposte comunali, il contribuente non membro di una Chiesa nazionale può chiedere una riduzione adeguata delle imposte (DTF 99 la 737 segg.). Il Tribunale federale reputa invece che sia contrario all'articolo 49 capoverso 6 della Costituzione federale assoggettare a un'imposta «il cui prodotto è specialmente usato per le spese propriamente di culto», persone che non facciano parte di una Chiesa ufficiale o che siano senza confessione. Il Tribunale federale ritiene esservi specificamente imposta ai sensi di questa disposizione costituzionale «quando le spese, coperte dall'imposta, servono esclusivamente a scopi religiosi o ecclesiastici» (traduzione) (DTF 39 I 33). Si ritiene nella dottrina che si dovrebbero comprendere nella definizione anche le spese che servano principalmente a scopi religiosi o ecclesiastici (Fleiner/Giacometi, Bundesstaatsrecht, pag. 320).

Nella maggior parte dei Cantoni -- sono attualmente 16 -- le persone giuridiche sono state progressivamente assoggettate all'imposta ecclesiastica. Il Tribunale federale si attiene da 100 anni alla propria giurisprudenza: le persone giuridiche non possono appellarsi all'articolo 49 capoverso 6 della Costituzione federale, poiché questa disposizione deve essere considerata come un efflusso della libertà di credenza e di coscienza, la quale, per sua natura, compete unicamente alle persone fisiche. Pur criticato da autori rinomati, il Tribunale federale ha, ancora di recente, confermato tale giurisprudenza (DTF 102 la 468 segg.). In questa decisione, il Tribunale esamina con cura gli argomenti contrari. Come sin qui egli continua ad ammettere un'eccezione importante: persone giuridiche che perseguono scopi religiosi o ecclesiastici, non possono essere obbligate a pagare imposte ecclesiastiche
in favore di altre comunità religiose. Questa eccezione, risultante dal senso e dall'obiettivo dell'articolo 49 capoverso 6 della Costituzione federale, non può però -- ritiene il Tribunale federale -- essere estesa ad altre persone giuridiche.

Ogni volta che una Costituzione cantonale ha consacrato il principio dell' assoggettamento di persone giuridiche, l'Assemblea federale l'ha giudicata conforme al diritto federale e, su proposta del Consiglio federale, concesso a tali disposizioni la garanzia federale.

La dottrina continuerà a criticare il principio dell'assoggettamento delle persone giuridiche all'imposta ecclesiastica. Essa non porta certo ad effetti tali da far richiedere cogentemente una separazione fra Stato e Chiesa. Nel quadro della loro competenza in materia ecclesiastica, i sedici Cantoni toccati possono senz'altro tener conto di tali critiche e dei desideri espressi e liberare le persone giuridiche dall'obbligo di pagare le imposte ecclesiastiche, passando per la stessa via seguita per assoggettarle. Se necessario, le relative 685

revisioni potrebbero essere introdotte da iniziative popolari. Queste riflessioni valgono mutatis mutandis anche per le persone, membri di una Chiesa nazionale oppure senza confessione, che devono pagare imposte destinate in parte a scopi di culto.

532.12 La presente iniziativa, proponendo di trasferire una competenza alla Confederazione, apre una breccia profonda nella struttura federalista del nostro Paese e si volge contro gli sforzi comuni della Confederazione e dei Cantoni, volti, nel quadro di una nuova ripartizione dei compiti, a rivalutare la posizione dei Cantoni nell'assetto statuale.

Sin dalla creazione dello Stato federale, la Confederazione assolve i compiti che la Costituzione federale le attribuisce direttamente o indirettamente. I Cantoni provvedono a tutte le attribuzioni non riservate alla Confederazione. Le competenze lasciate ai Cantoni formano incontestabilmente la sostanza del federalismo svizzero.

Anche se la struttura federalista del Paese è rimasta giuridicamente immutata dal 1848 in poi, il centro di gravita dei compiti statuali si è in effetti sempre più spostato verso il potere federale. Questa evoluzione continua porta in sé il pericolo di un lento impoverimento della forza creativa del federalismo, come pure dello spirito di indipendenza e d'iniziativa dei Cantoni.

Certo, le riforme puramente istituzionali non bastano ad imporre una forma di vita federalista. Il federalismo vivente è piuttosto il riflesso di un equilibrio generale dello Stato. Tale equilibrio non può essere raggiunto e poi mantenuto se i Cantoni non si vedono assicurati un settore sostanziale di competenze legislative e una profonda autonomia d'organizzazione.

Da anni il Consiglio federale annette a questo problema importanza capitale.

Dopo lavori approfonditi egli ha autorizzato, l'autunno scorso, il Dipartimento federale di giustizia e polizia a rimettere ai Cantoni una rilevante documentazione, sulla base della quale potrà aversi un dialogo costruttivo per una nuova ripartizione dei compiti all'interno della Confederazione.

Scopo principale di tali sforzi sarà disegnare dapprima la concezione direttrice di un nuovo ordinamento federalista e procedere, in seguito, alle riforme appropriate del sistema, con l'intento sempre di mantenere e rafforzare l'autonomia politica dei Cantoni. In termini
negativi, ciò significa che la Confederazione deve, in principio, assumere soltanto i compiti che vanno oltre le forze dei Cantoni e quelli che, manifestamente, devono essere regolati, in Svizzera, in modo uniforme.

Tali premesse non sono date in quanto concerne la sovranità cantonale in materia ecclesiastica. I Cantoni hanno al contrario saputo regolare i rapporti fra Stato e Chiesa con tale intelligenza delle peculiarità regionali e storiche, da permettere che fosse mantenuta la pace religiosa. Certo l'evoluzione della legislazione ecclesiastica non è conchiusa, tuttavia sarebbe un errore di politica statuale intersecarla con misure federali e imporle una soluzione cen686

tralizzatrice, senza rispetto per la diversità culturale e confessionale del Paese e senza vantaggi rilevanti per l'insieme dei cittadini di tutti i Cantoni.

Sarebbe un intervento ingiustificato nella struttura del nostro Stato.

Per questo respingiamo decisamente l'iniziativa.

532.2

Importanza della Chiesa per lo Stato e la società

Nel quadro della procedura di consultazione, gli avversarii dell'iniziativa hanno unanimemente insistito sul compito prezioso della Chiesa nello Stato e nella società. Le riflessioni in merito possono essere così raccolte: Le Chiese riconosciute curano e sostengono numerose opere sociali e caritative. Esse sono al servizio di ciascuno e la loro attività è multipla: scuole materne; aiuto alla gioventù, alla famiglia, a diversi tipi di organizzazioni, molteplici tipi di formazione degli adulti, consultori familiari, il Telefono amico, assistenza alle persone anziane, agli ammalati, agli invalidi, ai poveri e agli handicappati, ai diversi gruppi di emarginati e di persone con tendenze suicide. Le prestazioni delle Chiese non si arrestano però qui. Le Chiese difendono valori fondamentali, derivati dallo spirito delle Sacre Scritture ed essenziali per lo Stato. Anzitutto il rispetto della dignità umana e della libertà altrui, poi l'amore, la pace, la giustizia e la solidarietà. Mantenendo e trasmettendo tali valori, le Chiese assumono, nello Stato e nella società, una grande responsabilità. Non sono valori dei quali si possa disporre liberamente. Essi sono espressione d'umanismo e contribuiscono in modo rilevante a conciliare il diritto all'etica personale, affinchè il cittadino non soltanto obbedisca al diritto, ma anche lo approvi interiormente.

È evidente che, anche se l'iniziativa fosse accettata, le Chiese ufficiali non sarebbero colpite nella loro esistenza. A loro parere, però, funeste sarebbero le conseguenze: le Chiese dovrebbero limitare numerose attività utili, o addirittura sopprimerle. Non si può ridurle alla mendicità -- per riprendere un'espressione udita in sede di procedura di consultazione -- e pretendere ch'esse abbiano a continuare, come prima, la loro opera. Le conseguenze sarebbero sopportate in primo luogo> dai settori di popolazione più sfavoriti dalla sorte. Tale situazione sarebbe contraria agli interessi dello Stato e dei singoli. I Cantoni non sono sicuri di poter colmare tutte le lacune che si presenterebbero. Del resto, tanto più l'attività delle Chiese è sottratta alla vita pubblica, tanto più appare evidente l'impoverimento spirituale dell'essere umano.

532.3

Sfida od occasione?

Malgrado le critiche severe al tenore del testo, allo scopo e alle conseguenze dell'iniziativa, gli avversar) non considerano unicamente l'iniziativa popolare siccome una sfida, ma vi vedono d'altra parte anche un'occasione di riflettere all'insieme delle questioni che in tale contesto si pongono. I rapporti fra Stato e Chiesa sono nel nostro Paese il risultato di una lunga evoluzione storica. Questa evoluzione non appare definitiva, intoccabile. Anzi, 687

essa progredisce. Negli ultimi quindici anni, diversi Cantoni hanno impreso riforme in materia ecclesiastica. Questo è prova di rinnovamento e cambiamento costanti. Una rottura brutale con le forme del passato, come quella preconizzata dall'iniziativa, non è un'apertura ragionevole sull'avvenire. La sovranità cantonale in materia ecclesiastica perniette un'evoluzione organica, nel senso di una migliore, reciproca, comprensione e della ricerca comune di nuove forme di cooperazione (cfr. soprattutto Bruhin, Die beiden Vatikanischen Konzile und das Staatskirchenrecht der Schweizerischen Bundesverfassung, Tesi Friburgo 1975, come pure la documentazione sull'evoluzione dello Stato e della Chiesa, pubblicata nel 1974, da parte della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane di Svizzera). Non possiamo discutere, in questa sede, proposte concrete o possibilità di riforma. Spetta ai Cantoni e alle Chiese iniziare o continuare questa discussione, esaminare le richieste giustificate e migliorare il regime attuale, senza perder di vista che essi sono, gli uni e le altre, al servizio dello stesso essere umano e della medesima società.

533 533.1

Attuabilità dell'iniziativa Situazione giurìdica

Né la Costituzione federale, né una qualsiasi legge federale considerano nulla un'iniziativa non realizzabile: tuttavia, dottrina e pratica ritengono che un compito non attuabile non possa cadere nell'ambito delle attività dello Stato e che sarebbe di conseguenza illogico consultare il popolo in merito. Finora non vi è stato che un caso, nel quale, l'Assemblea federale, seguendo un tale ragionamento, abbia -dichiarata nulla un'iniziativa (iniziativa per una pausa dell'armamento). Secondo la dottrina e la pratica, l'impossibilità deve essere primo evidente e secundo di fatto, e non soltanto d'ordine giuridico o temporale. Di regola, le iniziative hanno bisogno d'essere interpretate.

«Nella misura in cui, conformemente alle regole conosciute dell'interpretazione, è possibile dare a un'iniziativa un senso che non la renda manifestamente e certamente inattuabile, essa non può essere sottratta al voto popolare» (traduzione) (Decisione del Tribunale federale del 24 giugno 1965, in ZBI 1966, pag. 36/37; Boll. uff. CN 1977, 31, CS 1977, 86 segg.).

533.2

Per la Confederazione

Abbiamo già esposto, nel capitolo 522, i difetti dell'iniziativa. Questi difetti causano una tale insicurezza giuridica che la Confederazione non potrebbe limitarsi a completare la Costituzione federale con un nuovo articolo 51.

Sarebbe necessario adattare immediatamente la legislazione federale. In determinati casi sarebbe anche giustificato correggere il testo stesso della Costituzione là dove fosse impreciso o contraddicesse il principio della separazione. Non si può ritenere che tali revisioni siano irrealizzabili in diritto o in fatto.

688

La questione si pone diversamente quanto al termine di due anni, entro il quale l'iniziativa dovrebbe essere attuata. È evidente che le autorità federali non potrebbero mutarlo, poiché un'iniziativa popolare presentata nella forma di un progetto elaborato deve essere sottoposta alla votazione del popolo e dei Cantoni «come fu presentata» (art. 27 epv. 1 della legge sui rapporti fra i Consigli). Le autorità devono agire in modo che sia rispettato il termine (Boll. uff. loc. cit.).

533.3

Per i Cantoni

La questione della attuabilità giuridica, fattuale e temporale dell'iniziativa è stata trattata nelle risposte della procedura di consultazione in modo molto diverso: i tre settori non sono sempre stati tenuti chiaramente distinti l'uno dall'altro. Anche d Cantoni non giungono alle stesse conclusioni, neppure per quanto attiene alla realizzazione dei fatti. Essi sono unanimi unicamente nel criticare il termine di due anni, ritenuto utopico.

La differenza d'apprezzamento da parte dei Cantoni proviene dal fatto che i rapporti fra Stato e Chiesa sono fortemente diversificati da un Cantone all altro. In ogni Cantone la separazione avverrebbe quanto al contenuto e al tempo, in modo diverso. Le difficoltà dell'esecuzione sarebbero più o meno grandi a seconda del regime delle Chiese. Senza sottovalutare tali difficoltà, riteniamo che, in nessun Cantone, l'iniziativa sia inattuabile quanto al diritto 0 ai fatti. Certo non è escluso che, in certi casi, il termine non possa essere rispettato.

6

Controprogetto - sì o no?

1 Cantoni di Basilea Campagna e di San Gallo raccomandano espressamente di respingere l'iniziativa senza opporle un controprogetto, il Cantone del Ticino ritiene che l'imbricazione finanziaria fra Stato e Chiesa giustifichi l'adozione di una nuova regolamentazione. Quest'ultima dovrebbe essere contenuta in un controprogetto federale e vieterebbe ai Cantoni di concedere alle Chiese il diritto di riscuotere imposte ecclesiastiche o di prelevarne esse stesse. Il Partito socialista ritiene che certe rivendicazioni dei fautori dell'iniziativa siano giustificate e che dovrebbero essere attuate per la via della legislazione federale. Sono citati due esempi: le condizioni vessatorie imposte all'uscita da una Chiesa e l'assoggettamento all'imposta di persone che non sono membri di una Chiesa ufficiale.

61

Controprogetto diretto

La facoltà che hanno le Chiese di prelevare imposte oppure il loro finanziamento parziale o totale con il ricorso all'imposta globale è una conseguenza del loro statuto giuridico di diritto pubblico. Nel presente messaggio abbiamo sovente avuto occasione di ricordare che, nei limiti del diritto federale, i Cantoni sono liberi di conferire a certe comunità religiose uno statuto 46

Foglio federale 1978, Voi. II

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di diritto pubblico. I Cantoni che hanno fatto uso di tale possibilità, hanno deciso secondo le regole democratiche: il sovrano cantonale ha voluto questa situazione legale ed è anche pronto a concedere il suo appoggio finanziario. Se desidera modificare la politica nei confronti delle Chiese, egli dispone delle stesse istituzioni democratiche. Il Cantoni; Ticino, ove lo desideri, può istaurare entro le proprie frontiere l'ordinmento in merito alle Chiese riconosciute che propone in sede di consultazione.

La proposta del Cantone Ticino va invero meno lontano, materialmente, che non l'iniziativa: essa vorrebbe un sistema comparabile a quello di Neuchâtel e di Ginevra. Tuttavia, dal punto di vista della Confederazione, è la questione di principio che permane determinante: esistono ragioni sufficienti per modificare l'attuale divisione dei compiti in materia ecclesiastica e imporre ai Cantoni un sistema unico di rapporti fra State« e Chiesa? Là dove si è trattato dell'iniziativa, abbiamo risposto categoricamente di no. Noi ci opponiamo, nella stessa misura, a un controprogetto. ' La commissione peritale per la revisione totale della Costituzione federale, cui abbiamo accennato, ricorda nel rapporto finale che il suo progetto di costituzione non modifica le strutture attuali dei rapporti fra Stato e Chiesa (pag. 37 e 38 del testo francese).

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Controprogetto indiretto

Già nel 1875, il Consiglio federale proponeva all'Assemblea federale di adottare una legge d'esecuzione dell'articolo 49 capoversc 6 della Costituzione federale. Questa legge non ha mai visto il giorno (Salis, Droit fédéral, N.

1019). In seguito, il Tribunale federale ha applicato direttamente il principio costituzionale, con una prassi costante, attuando una giurisprudenza créatrice. Rinviamo in proposito al capitolo 532.11, nel quale presentiamo questa giurisprudenza che tratta anche le preoccupazioni del Partito socialista. La situazione attuale non è tale da richieder«; l'adozione di disposizioni legislative federali. Ove non si voglia più affidare al Tribunale federale la cura di risolvere questi problemi giuridici, i Cantoni sono liberi di adottare riforme nell'ambito della loro sovranità in materia ecclesiastica.

7

Conseguenze sulla politica del personale e su quella delle finanze

71

Per la Confederazione

Abbiamo rilevato, nel capitolo 522.2, i compiti della. Confederazione che l'iniziativa mette in causa. L'esenzione degli ecclesiastici dal servizio militare, l'assistenza spirituale militare e i privilegi fiscali e postali entrano nella valutazione delle conseguenze dell'iniziativa sulla politica del personale e su quelle delle finanze. Per quanto sia possibile giudicare oggi, esse non causerebbero in questi tre settori rilevanti ripercussioni sia di personale sia d'ordine finanziario.

690

72

Per i Cantoni e i Comuni

Nei Cantoni, le conseguenze variano secondo i sistemi in vigore.

Le economie che sarebbero realizzate in conseguenza al fatto che verrebbero a cadere sussidi dello Stato alle Chiese (vantaggi fiscali, sussidi finanziati dall'imposta generale), non basterebbero -- si ritiene in numerosi Cantoni -- a coprire le spese relative alle attività sociali e caritative che essi dovrebbero accollarsi in luogo e vece delle Chiese. Là dove prestazioni dello Stato sono fondate su un titolo giuridico storico, queste dovrebbero essere riscattate, ciò che, in certi Cantoni, avrebbe implicazioni giuridiche e finanziarie rilevanti.

In molti casi i problemi di successione si porrebbero in modo particolarmente grave: non è sicuro che le associazioni private che sostituirebbero le Chiese, sarebbero in grado di assumere tutte le incombenze contratte dalle Chiese in qualità di collettività pubbliche. Nei Cantoni nei quali gli ecclesiastici sono funzionari di Stato, sarà necessario modificare la legislazione per abolire questo statuto.

Concludendo, risulta dalle risposte in sede di consultazione che i Cantoni e i Comuni non sono in grado di valutare con precisione, cifre alla mano, le conseguenze che avrebbe l'iniziativa sulla loro politica del personale e su quella delle finanze; tuttavia essi ritengono, in generale, che tali conseguenze saranno molto gravi.

,

691

Decreto federale

Disegno

concernente l'iniziativa popolare «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa» del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, vista l'iniziativa «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa» presentata il 17 settembre 1976 *>; visto il messaggio del Consiglio federale del 6 settembre 1978 2) , decreta:

Art. l 1 L'iniziativa popolare del 17 dicembre 1976 «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa» è sottoposta al voto del popolo e dei Cantoni.

2 L'iniziativa popolare chiede che la Costituzione federale sia completata con il seguente articolo 51.

Art. 51 La Chiesa e lo Stato sono completamente separati.

Disposizioni transitorie Per la soppressione dei legami esistenti tra la Chiesa e lo Stato, ai Cantoni è assegnato un termine di due anni, decorrente dall'entrata in vigore dell'articolo 51 della Costituzione federale.

2 Con l'entrata in vigore dell'articolo 51 della Costituzione federale i Cantoni non sono più autorizzati a riscuotere imposte ecclesiastiche.

Art. 2 II popolo e i Cantoni sono invitati a respingere l'iniziativa popolare.

" FF 1976 III 745 FF 1978 U 657

2)

692

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio sull'iniziativa popolare «per la separazione completa dello Stato e della Chiesa» del 6 settembre 1978

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Jahr

1978

Année Anno Band

2

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39

Cahier Numero Geschäftsnummer

78.056

Numéro d'affaire Numero dell'oggetto Datum

26.09.1978

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657-692

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