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22.072 Messaggio concernente la proroga della partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale della NATO in Kosovo (KFOR) (dal 2024 al 2026) del 23 novembre 2022

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale che proroga la partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale della NATO in Kosovo (KFOR).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

23 novembre 2022

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Ignazio Cassis Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2022-3815

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Compendio L'impiego della Swisscoy in seno alla Forza multinazionale della NATO in Kosovo (KFOR), limitato sino al 31 dicembre 2023 conformemente al mandato dell'Assemblea federale, deve essere prorogato fino al 31 dicembre 2026. Il mandato in corso fissa l'effettivo massimo della Swisscoy a 195 militari. Poiché la guerra in Ucraina ha reso ancora più instabile la situazione regionale, la NATO (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord) ha deciso di non ridurre le capacità della KFOR per il momento. Per soddisfare eventuali esigenze supplementari della KFOR, il Consiglio federale vorrebbe avere la possibilità di aggiungere in corso di mandato fino a 30 militari all'effettivo massimo. Il Consiglio federale deve poter inoltre rafforzare temporaneamente il contingente qualora ciò fosse necessario in seguito a esigenze logistiche o a un inasprimento della minaccia.

Situazione iniziale La situazione nei Balcani occidentali rimane fragile. Dalla fine degli ultimi conflitti armati nella regione, più di 20 anni fa, sono stati compiuti progressi importanti nel campo della sicurezza. Tuttavia gli Stati dei Balcani occidentali devono far fronte a diverse sfide. Le persistenti tensioni etniche e la loro strumentalizzazione politica sono un ostacolo alla stabilità e alla sicurezza della regione. Per favorire la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico, l'Unione europea (UE) continua a promuovere le prospettive di adesione dei Paesi candidati attraverso il sostegno finanziario, le relazioni commerciali e la liberalizzazione dei visti. Tuttavia si percepisce una certa frustrazione da parte dei Paesi dei Balcani occidentali, dovuta al fatto che tali prospettive di adesione si sono affievolite negli ultimi anni. Anche altri attori, come la Cina, gli Stati del Golfo e la Turchia, influenzano gli sviluppi nella regione. La Russia ha stretti legami con le comunità slavo-ortodosse. La Serbia, filorussa, potrebbe essere usata da Mosca come punto di snodo per i suoi tentativi di destabilizzazione. Un avvicinamento euroatlantico della Bosnia e Erzegovina o del Kosovo potrebbe essere usato da Mosca come pretesto per creare disturbo nella regione.

In Kosovo, gli ex membri dell'Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), che si fondano su reti clientelari, hanno subito una significativa perdita di potere,
in particolare in seguito all'incriminazione di numerosi politici provenienti dall'UÇK da parte delle Camere speciali per il Kosovo della Corte internazionale di giustizia. Ciò ha contribuito all'arrivo al potere di nuove forze politiche nell'aprile del 2021. Il Governo guidato dal primo ministro Albin Kurti si è posto l'obiettivo di combattere la corruzione e la criminalità organizzata. I primi risultati positivi sono già visibili, ma le sfide da superare rimangono significative e sono state esacerbate dalla pandemia di COVID-19 e dalla guerra in Ucraina. L'economia, che si basa essenzialmente sulle spese e sugli investimenti diretti dall'estero, è vulnerabile alle crisi. In quanto importatore netto di derrate alimentari ed energia, il Kosovo è direttamente colpito dall'impennata dei prezzi causata in tutto il mondo dalla guerra in Ucraina.

Il dialogo tra i Governi di Serbia e Kosovo avviato nel 2011 sotto l'egida dell'UE per normalizzare le relazioni tra i due Stati sta facendo registrare scarsi progressi. I principali ostacoli alla normalizzazione delle relazioni sono il rifiuto da parte della Serbia 2 / 38

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di riconoscere l'indipendenza del Kosovo e la rapida trasformazione della Kosovo Security Force (KSF) in un esercito regolare. Inoltre il nuovo Governo kosovaro, più intransigente, ha irrigidito la posizione di Pristina: qualsiasi riavvicinamento alla Serbia deve fondarsi sul riconoscimento reciproco della sovranità e su dei risarcimenti.

Sul piano della sicurezza quotidiana, in Kosovo la situazione è tranquilla, ma ancora fragile. Il tasso di microcriminalità è inferiore a quello registrato in altri Paesi europei, tuttavia l'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina ha risvegliato le angosce legate ai traumi degli anni Novanta, facendo anche aumentare la diffidenza nei confronti delle minoranze serbe, fedeli alla posizione filorussa della Serbia. Nel Nord del Kosovo, gli interventi della polizia kosovara e delle sue forze speciali sono diventati più frequenti con l'avvento del Governo Kurti. Anche la KFOR è chiamata a intervenire con maggiore frequenza nei casi in cui la polizia kosovara non è in grado di agire in modo adeguato, in particolare quando si tratta di gestire incidenti che coinvolgono le minoranze etniche.

In questo contesto, le autorità del Kosovo non sono ancora in grado di assumere da sole i compiti della KFOR, che consistono nel garantire un ambiente sicuro. La KFOR, riconosciuta e apprezzata da tutte le parti coinvolte, gode di una grande credibilità. Dopo l'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, la NATO ha osservato un aumento dell'influenza russa, che sta deteriorando la situazione nei Balcani occidentali, e a questo proposito ritiene che missioni come la KFOR possano evitare che regioni sensibili vengano destabilizzate da tale influenza. Visto il deterioramento della situazione internazionale e delle relazioni tra Belgrado e Pristina, la NATO e i Paesi fornitori di truppe della KFOR sono dell'avviso che non vi siano le condizioni per ridurre la presenza di quest'ultima. Verosimilmente la presenza della KFOR sarà necessaria ancora per molti anni.

Nel corso degli anni, la Swisscoy ha adattato la sua organizzazione e i suoi compiti al concetto operativo della KFOR, che a sua volta è legato all'evoluzione della situazione in Kosovo. Oggi l'effettivo massimo è di 195 militari.

Contenuto del progetto L'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che,
in corso di mandato, possono sorgere esigenze supplementari. In alcuni casi, la Swisscoy è stata in grado di assumere nuove funzioni attraverso rotazioni interne al contingente senza superare l'effettivo massimo approvato dal Parlamento. In altre situazioni, invece, la Svizzera non ha potuto soddisfare delle esigenze a breve termine a causa dell'impossibilità di superare l'effettivo massimo autorizzato. Data la maggiore incertezza della situazione internazionale, l'insorgenza di esigenze supplementari in corso di mandato potrebbe diventare più frequente. Infatti, se la situazione nell'Europa orientale si deteriorasse ulteriormente, i membri della NATO che forniscono truppe alla KFOR potrebbero essere costretti a concentrare i loro sforzi militari in tale regione e, pertanto, a ridurre la loro partecipazione alla missione. Dato che la Svizzera non può contribuire alla presenza militare nell'Europa dell'Est, è ancora più probabile che in Kosovo emergano esigenze supplementari e che la Svizzera venga chiamata in causa in corso di mandato.

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Tenendosi pronta per rispondere più rapidamente alle esigenze della KFOR, la Svizzera non solo dimostra di continuare a sostenere la missione, ma anche di essere disposta ad aumentare in tempi più brevi il proprio contributo alla sicurezza e alla stabilità del Kosovo e dei Balcani occidentali. Nei limiti delle sue possibilità, contribuisce a questo sforzo congiunto, dando così prova di solidarietà. In un momento in cui la NATO e i Paesi europei si mobilitano per far fronte a sfide di notevole portata nell'Europa orientale, la Svizzera si assume la sua parte di responsabilità contribuendo a mantenere la stabilità e lo sviluppo di una regione con cui ha stretti legami.

Oggi in Svizzera vivono infatti quasi 500 000 persone originarie dell'Europa sudorientale, di cui oltre 150 000 di origine kosovara. Questo contributo è ancora più importante se si considera che la Svizzera intende esaminare le possibilità esistenti per rafforzare la sua cooperazione con la NATO, come indicato dal Consiglio federale nel suo rapporto complementare al Rapporto sulla politica di sicurezza 2021.

In un contesto caratterizzato da un deterioramento della situazione internazionale, il Consiglio federale deve avere la possibilità di aumentare l'effettivo massimo della Swisscoy in corso di mandato. Per consentire all'esercito di fornire più rapidamente eventuali prestazioni supplementari, il Consiglio federale propone che, durante il prossimo mandato, gli venga attribuita la facoltà di aggiungere fino a 30 militari all'effettivo massimo.

Nella sua lettera del 27 gennaio 2022, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale invita il Consiglio federale a presentare, nel quadro del prossimo messaggio all'Assemblea federale concernente la proroga della partecipazione della Svizzera alla KFOR, gli obiettivi e i criteri che la Svizzera dovrebbe perseguire a lungo termine per procedere a un ritiro della Swisscoy. Nel presente messaggio, il Consiglio federale illustra gli obiettivi che la Confederazione sta perseguendo per ciascuno degli aspetti citati dalla commissione ed esamina l'opportunità di adottare una strategia e appositi criteri per il ritiro.

Le spese previste per il contingente Swisscoy con 195 militari ammontano a circa 45 milioni di franchi all'anno. In caso di aumento dell'effettivo massimo del
contingente in corso di mandato con altri 30 militari, queste spese salirebbero a 51,2 milioni di franchi all'anno. Queste spese supplementari sarebbero coperte dal preventivo della Difesa del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), come quelle derivanti da eventuali aumenti temporanei dell'effettivo per rispondere alle esigenze del contingente, che ammonterebbero a circa 10,8 milioni di franchi.

Il 31 dicembre di ogni anno il DDPS presenta alle Commissioni della politica estera e alle Commissioni della politica di sicurezza di entrambe le Camere un rapporto intermedio sull'impiego della Swisscoy.

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Indice Compendio

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Situazione iniziale

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Situazione nei Balcani occidentali e in Kosovo 2.1 Situazione regionale 2.2 Situazione in Kosovo 2.2.1 Situazione generale 2.2.2 Contesto politico 2.2.3 Situazione in materia di sicurezza 2.2.4 Relazioni con la Serbia 2.2.5 Trasformazione della Kosovo Security Force (KSF) 2.3 Presenza e influenza della comunità internazionale in Kosovo

9 9 11 11 12 13 14 15 16

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Ruolo della KFOR 3.1 Mandato della KFOR 3.2 Evoluzione e funzionamento della KFOR 3.3 Bilancio e prospettive per la KFOR 3.4 Integrazione nella posizione strategica della NATO

17 17 17 18 19

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Impiego attuale della Swisscoy 4.1 Evoluzione, organizzazione e compiti 4.2 Vantaggi per la Svizzera 4.3 Personale 4.3.1 Disponibilità a prestare servizio volontario 4.3.2 Donne nella Swisscoy

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Futuro della Swisscoy 5.1 Continuazione dell'impiego: interesse sul piano della politica di sicurezza e della politica estera 5.2 Effettivo 5.2.1 Rafforzamento del contingente a sostegno della KFOR 5.2.2 Rafforzamento temporaneo del contingente per la logistica e la sicurezza 5.3 Durata dell'impiego

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6

Adozione di una strategia e di criteri in vista del ritiro della Svizzera dalla KFOR 6.1 Domanda della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale 6.2 Obiettivi perseguiti dalla KFOR e dagli Stati fornitori di truppe 6.3 Parere del Consiglio federale concernente l'adozione di una strategia e di criteri in vista del ritiro della Swisscoy

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6.4

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Strategie perseguite negli ambiti della sicurezza collettiva, della cooperazione allo sviluppo e della politica economica esterna 6.4.1 Obiettivi della Svizzera nei settori del consolidamento del funzionamento dello Stato e dello sviluppo sostenibile e strategie perseguite negli ambiti della sicurezza collettiva, della cooperazione allo sviluppo e della politica economica esterna 6.4.2 Sostegno agli sforzi del Kosovo per aderire alle organizzazioni internazionali

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30 33

Ripercussioni 7.1 Ripercussioni finanziarie 7.1.1 Costi dell'impiego 7.1.2 Costi dell'impiego in caso di rafforzamento del contingente per sostenere la KFOR 7.1.3 Costi supplementari in caso di rafforzamento del contingente per la logistica e la sicurezza 7.2 Ripercussioni sull'effettivo di personale 7.3 Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni, per le città, gli agglomerati e le regioni di montagna

33 33 33

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Rapporto con il programma di legislatura

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Procedura di consultazione

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10 Aspetti giuridici 10.1 Costituzionalità e legalità 10.2 Competenza 10.3 Forma dell'atto 10.4 Freno alle spese Decreto federale che proroga la partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale della NATO in Kosovo (KFOR) (dal 2024 al 2026) (Disegno)

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Messaggio 1

Situazione iniziale

L'Esercito svizzero partecipa con un contingente (Swiss Company, Swisscoy) alla Forza multinazionale dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) in Kosovo (KFOR) dall'ottobre del 1999. La KFOR è stata istituita sulla base della risoluzione 1244 del 10 giugno 19991 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il 23 giugno 1999 il Consiglio federale ha deciso a favore di una partecipazione militare della Svizzera. Con il decreto federale del 12 dicembre 20012, l'Assemblea federale ha approvato la partecipazione della Svizzera alla KFOR, che è stata in seguito prorogata sino alla fine del 20233.

Considerando il miglioramento e la stabilizzazione della situazione in materia di sicurezza dall'istituzione della KFOR a oggi, si è proceduto a un adeguamento della concezione d'impiego della missione ­ il cui effettivo iniziale era di circa 50 000 militari ­ e a una riduzione delle relative truppe. Al momento 27 Stati mettono a disposizione della missione circa 3800 militari. Nel quadro dell'ultima proroga l'effettivo massimo della Swisscoy è stato aumentato a 195 militari. Conformemente al decreto federale del 16 giugno 20204 che proroga la partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo (KFOR), il Consiglio federale può aumentare temporaneamente l'effettivo per rispondere a esigenze del contingente negli ambiti della logistica o della sicurezza: una possibilità di cui non è stato necessario usufruire durante il mandato in corso. Con il presente messaggio il nostro Collegio chiede di prorogare di tre anni l'impiego della Swisscoy mantenendo l'effettivo massimo a 195 miliari. L'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina nel febbraio del 2022 ha aumentato il rischio di destabilizzazione nei Balcani occidentali. Per poter adattare il più rapidamente possibile il profilo della Swisscoy a eventuali esigenze supplementari della KFOR, vorremmo avere la possibilità di aggiungere in corso di mandato fino a 30 militari all'effettivo massimo.

Secondo gli organi militari della NATO, il fatto che i Balcani occidentali siano diventati più instabili implica che le capacità della KFOR devono essere mantenute allo stesso livello. Per gli Stati che partecipano alla KFOR, compresa la Svizzera, la situazione nel Paese rimane fragile sul piano
politico e della sicurezza. L'Italia e gli Stati Uniti, che sono i principali fornitori di truppe, proseguono il loro impiego con più di 600 militari ciascuno. Alcuni Paesi proseguono la loro partecipazione alla missione, 1 2 3

4

La risoluzione 1244 può essere consultata (nelle lingue ufficiali dell'ONU) al seguente indirizzo: www.un.org > Documents > Résolutions du Conseil de sécurité > 1999.

FF 2001 5814 Fino al 2001 la Swisscoy è stata impiegata con personale non armato e la competenza per l'adozione di una decisione definitiva in merito a questo tipo di impiego spettava al Consiglio federale. La revisione della legge militare (LM, RS 510.10) nel 2001 (FF 2000 414) ha reso possibile l'armamento del contingente, ma la competenza di decidere in merito a un simile impiego è stata conferita al Parlamento. Cfr. i decreti federali adottati dal 2001: FF 2001 5814; FF 2003 5995; FF 2005 3853; FF 2008 5089; FF 2011 4991; FF 2014 4695; FF 2017 3801; FF 2020 5747.

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come l'Austria e la Germania, che ha deciso in tal senso nel luglio del 2022. Altri, come il Regno Unito e la Francia, stanno valutando la possibilità di rientrarvi.

Secondo la risoluzione 1244, il compito della KFOR consiste nel garantire un contesto sicuro. Attualmente lo Stato kosovaro, che è il principale responsabile di tale compito, non è ancora in grado di assumerlo pienamente. Dal dicembre del 2018, il Kosovo sta trasformando la sua truppa di protezione civile con armamento limitato, la Kosovo Security Force (KSF), in una forza armata regolare. Questo processo preoccupa la Serbia, che riconosce solamente la KFOR come esercito legittimo sul territorio del Kosovo, e costituisce quindi un ostacolo al dialogo tra i due Paesi.

In Kosovo la KFOR opera d'intesa con le missioni civili dell'ONU (UN Mission in Kosovo, UNMIK), dell'OSCE (OSCE Mission in Kosovo, OMIK) e dell'UE (European Union Rule of Law Mission in Kosovo, EULEX), che hanno visto ridursi i rispettivi ruoli in seguito allo sviluppo dello Stato kosovaro. La polizia del Kosovo è responsabile della sicurezza pubblica e interviene per prima in caso di disordini. Nel Nord del Paese, dove la maggioranza della popolazione è costituita da serbi kosovari, gli interventi della polizia del Kosovo possono essere problematici a causa delle strutture parallele gestite da Belgrado. La KFOR, che è percepita come garante di sicurezza di seconda istanza, contribuisce con la sua presenza a rassicurare le popolazioni, in particolare nel Nord del Paese. Visto il deterioramento della situazione della sicurezza nella regione causato dall'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, verosimilmente la presenza della KFOR sarà necessaria ancora per diversi anni. Pertanto l'impiego della KFOR continuerà, in coordinamento con quello delle Nazioni Unite, dell'OSCE e dell'UE, che mantengono le loro missioni civili nel Paese.

In tale contesto, il nostro Collegio è dell'avviso che la Svizzera debba portare avanti il proprio impegno in seno alla KFOR, sia per solidarietà nei confronti del resto della comunità internazionale sia per ragioni legate alla politica migratoria, economica e di sicurezza. Mentre altri Stati europei partecipano al rafforzamento del dispositivo della NATO a Est, la Svizzera deve contribuire, dove può, allo sforzo internazionale
per garantire la sicurezza in Europa. Le esperienze passate hanno in particolare dimostrato che l'instabilità nei Balcani occidentali può avere un impatto diretto sulla Svizzera, soprattutto in termini di immigrazione (fino alla fine del conflitto armato nel 1999, sono giunti in Svizzera oltre 50 000 profughi)5. Oggi in Svizzera vivono quasi 500 000 persone con radici nell'Europa sudorientale, di cui oltre 150 000 con origini kosovare.

Nella sua lettera del 27 gennaio 2022, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale (CPS-N) ci invita ad affrontare nel presente messaggio la questione degli obiettivi e dei criteri che la Svizzera dovrebbe perseguire a lungo termine per procedere a un ritiro della Swisscoy. Il numero 6.3 presenta in particolare gli obiettivi e i criteri perseguiti dalla NATO e dai Paesi fornitori di truppe, tra cui la Svizzera, per procedere a una riduzione della KFOR o addirittura al suo ritiro. A nostro avviso non è opportuno adottare criteri unilaterali per porre fine all'impiego della Swisscoy.

Nel presente documento illustriamo anche gli obiettivi perseguiti dalla Svizzera per il 5

Rapporto del Consiglio federale sullo stato e sulle prospettive d'intervento civile destinato a sostituire progressivamente gli impieghi militari in Kosovo del 29 novembre 2002, FF 2003 1279.

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riconoscimento del Kosovo come Stato e la sua integrazione nella comunità internazionale (n. 6.4 segg.).

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Situazione nei Balcani occidentali e in Kosovo

2.1

Situazione regionale

La situazione nei Balcani occidentali rimane stabile ma fragile. Dalla fine degli ultimi conflitti armati nella regione sono stati compiuti progressi importanti nel campo della sicurezza. Oltre alle adesioni alla NATO dell'Albania e della Croazia nel 2009, del Montenegro nel 2017 e, più recentemente, della Macedonia del Nord nel 2020, i legami con gli Stati europei sono diventati più forti. Il via libera dato dall'UE nel luglio del 2022 alla Macedonia del Nord e all'Albania per l'avvio dei negoziati di adesione è stato considerato un segnale positivo. Tuttavia gli sviluppi degli ultimi anni hanno ridotto le speranze di ottenere rapidamente progressi in alcuni settori chiave. Le conseguenze della pandemia di COVID-19 e gli effetti dell'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina stanno infatti compromettendo i progressi già compiuti.

Gli Stati dei Balcani occidentali devono anche far fronte a sfide legate alla politica interna. Le persistenti tensioni etniche e la loro strumentalizzazione politica nuocciono alla stabilità e alla sicurezza della regione. A ciò si aggiungono rivendicazioni territoriali irrisolte e problemi strutturali, a cui è da ricondurre la mancanza di prospettive per i giovani della regione, che scelgono di emigrare una volta conclusa la formazione.

L'UE è fortemente interessata a che nei Balcani occidentali vengano garantiti la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico. A tal fine incoraggia progetti di adesione dei Paesi candidati attraverso il sostegno finanziario, le relazioni commerciali e la liberalizzazione dei visti. In cambio chiede l'attuazione di riforme. Negli ultimi anni l'integrazione europea dei sei Stati dei Balcani occidentali si è arenata in varie fasi.

Anche i negoziati di adesione con la Serbia hanno fatto pochi passi in avanti a causa dell'arretramento dello Stato di diritto nel Paese e del vacillare dei negoziati tra Belgrado e Pristina. La liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari che desiderano entrare nell'UE è ancora in sospeso, sebbene i criteri siano soddisfatti dal 2018. Si percepisce una certa frustrazione da parte dei Paesi dei Balcani occidentali, dovuta alla lentezza del processo per un'eventuale adesione all'UE.

Oltre agli Stati occidentali, anche altri attori influenzano gli sviluppi nella regione.

Mentre la
Cina ha intensificato in modo massiccio la sua presenza con progetti nel campo delle infrastrutture in Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, dall'Arabia Saudita e dagli Stati del Golfo si registrano investimenti privati nel settore immobiliare e in quello dei servizi in regioni con una popolazione prevalentemente musulmana, in particolare in Bosnia e Erzegovina. La Turchia, dal canto suo, cerca di mantenere la propria influenza culturale nelle regioni europee dell'ex Impero ottomano con investimenti in ambito economico, religioso e formativo, in particolare in Kosovo, dove sfrutta una vasta rete di contatti e la presenza di ONG. La Russia ha stretti legami con le comunità slavo-ortodosse ed esercita quindi una notevole influenza in Serbia, in Montenegro e in Bosnia e Erzegovina.

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La Serbia, forte del sostegno latente della Russia e Paese osservatore presso l'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (OTSC), è un'importante fattore di instabilità nella regione. Con la Bosnia e Erzegovina, in particolare, le tensioni aumentano sistematicamente a causa delle relazioni politiche di Belgrado con la Republika Srpska (RS), il cui rappresentante presso la presidenza bosniaca non fa mistero delle sue velleità secessioniste e della sua vicinanza alla Serbia e alla Russia. C'è ancora molto lavoro da fare tra i due Paesi per quanto riguarda l'elaborazione del passato e la riconciliazione, il che influisce fortemente sulla stabilità della regione. Sebbene la Serbia rispetti formalmente la sovranità e l'integrità territoriale della Bosnia e Erzegovina, parallelamente continua anche a sostenere le velleità indipendentiste della RS.

Inoltre, dal 2021, la Bosnia e Erzegovina sta attraversando una grave crisi politica, innescatasi dopo che l'allora Alto Rappresentante6 per la Bosnia e Erzegovina ha promulgato emendamenti al Codice penale, rendendo illegale la negazione del genocidio.

In seguito a ciò, i rappresentanti della RS hanno deciso di ritirarsi dalle istituzioni statali e di non partecipare al processo decisionale. Il Parlamento della RS ha anche adottato misure per togliere alcune competenze allo Stato centrale e «restituirle» alla RS. Simili manovre rimettono in discussione l'integrità territoriale del Paese e violano l'Accordo di Dayton del 19957. Alcuni tentativi di riforma elettorale in vista delle elezioni dell'ottobre del 2022 sono falliti nonostante i diversi cicli di negoziati organizzati dalla comunità internazionale (Stati Uniti e UE). Tali sforzi di riforma rimangono fondamentali per i Croati bosniaci. In questo contesto, l'attuale Alto Rappresentante per la Bosnia e Erzegovina ha fatto uso delle proprie competenze, in particolare per garantire il finanziamento delle elezioni e apportare modifiche tecniche al processo elettorale. La situazione nel Paese rimane instabile.

L'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina ha fatto riaffiorare nella regione i ricordi cupi delle guerre degli anni Novanta. Non si può escludere una destabilizzazione dei Balcani occidentali, poiché la Russia ha i mezzi per generare instabilità in Bosnia e Erzegovina, Serbia
o Montenegro. La Serbia filorussa potrebbe essere un punto di snodo per questi tentativi di destabilizzazione. In particolare, i collegamenti aerei mantenuti tra i due Paesi potrebbero consentire alla Russia di infiltrare elementi militari o di intelligence nei Balcani occidentali. Un riavvicinamento euroatlantico della Bosnia e Erzegovina o del Kosovo potrebbe essere usato da Mosca come pretesto per creare disturbo nella regione. Dal punto di vista economico, le popolazioni a basso reddito dei Balcani occidentali sono le più colpite dall'impennata dei prezzi dei combustibili fossili e degli alimenti di base causata dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni occidentali. In Albania le frequenti manifestazioni causate dalla perdita di potere d'acquisto hanno portato all'arresto di numerose persone.

A causa delle tensioni politiche in Bosnia e Erzegovina e in seguito all'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, l'UE ha quasi raddoppiato l'effettivo della sua missione di promovimento della pace EUFOR ALTHEA. Nel luglio del 2022,

6 7

In base all'accordo di pace di Dayton, l'Alto Rappresentante controlla formalmente la vita politica del Paese. In particolare, ha il potere di promulgare leggi in Bosnia e Erzegovina.

Accordo che è stato firmato al termine della guerra tra Serbia, Croazia e Bosnia e Erzegovina e che prevede in particolare la divisione amministrativa del Paese in due entità etniche separate: la Federazione croato-musulmana e la Republika Srpska.

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preoccupata per l'influenza destabilizzante della guerra in Ucraina sui Balcani occidentali, la Germania ha deciso di partecipare nuovamente a tale missione. Al momento della chiusura della redazione del presente messaggio, la proroga del mandato della missione EUFOR ALTHEA da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel novembre del 2022 rimane incerta, poiché la Russia potrebbe decidere di porre il veto. Se il mandato non venisse prorogato, secondo alcuni Stati occidentali sarebbe necessaria una presenza militare della NATO in Bosnia e Erzegovina. In quest'ottica, le missioni militari di promovimento della pace EUFOR ALTHEA e KFOR, guidate rispettivamente dall'UE e dalla NATO, rimangono fondamentali per la stabilità nei Balcani occidentali. La Svizzera partecipa a EUFOR ALTHEA dal 2004 con 20 militari armati8.

2.2

Situazione in Kosovo

2.2.1

Situazione generale

Il Kosovo si è separato de facto dalla Serbia nel 1999 e nel 2008 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, che è stata riconosciuta da 117 Stati tra cui la Svizzera. La Serbia continua a considerare il Kosovo una sua provincia e non riconosce la sua indipendenza. Tale posizione ostacola il riconoscimento internazionale del giovane Stato: cinque membri dell'UE (Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro) si rifiutano di riconoscere l'indipendenza del Kosovo finché non lo farà anche la Serbia. Questo a causa delle tendenze secessioniste presenti all'interno di tali Paesi e dei relativi dibattiti nazionali. Lo stesso atteggiamento è adottato anche dalla Russia e dalla Cina, che sostengono la Serbia in seno a organismi internazionali, tra cui in particolare l'ONU e il suo Consiglio di sicurezza, e non riconoscono l'indipendenza del Kosovo.

Sebbene la Costituzione del Kosovo proclami l'uguaglianza tra le etnie e garantisca i diritti delle minoranze, la realtà è più complessa: a causa dell'inasprimento delle relazioni politiche con la Serbia e della mancanza di progressi nel raggiungimento di un accordo tra Pristina e Belgrado, tali principi sono applicati solo parzialmente. Questa situazione è dovuta in particolare alla rappresentanza delle etnie nella popolazione del Kosovo e alla loro ripartizione territoriale. La grande maggioranza dei Kosovari è etnicamente albanese, tre quarti della minoranza serba sono distribuiti a sud del fiume Ibar e un quarto vive nel Nord del Paese, abitato quasi esclusivamente da serbi kosovari. La popolazione del Nord è in gran parte influenzata dalle strutture politiche e amministrative parallele sostenute da Belgrado. È per questo che le autorità di Pristina esercitano soltanto un controllo limitato e piuttosto formale sul Kosovo settentrionale.

Nonostante il rilancio del dialogo tra Belgrado e Pristina, facilitato dall'UE, i risultati restano limitati. Le posizioni politiche rimangono molto distanti e l'UE si trova ad

8

Decreto federale del 16 dicembre 2004 concernente l'impiego di militari svizzeri in servizio di promovimento della pace nella Forza multinazionale dell'Unione Europea (EUFOR) in Bosnia e Erzegovina, FF 2004 6505.

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affrontare ulteriori ostacoli nel suo ruolo di mediatrice a causa della persistente assenza di una liberalizzazione dei visti e del mancato riconoscimento del Kosovo da parte di cinque dei suoi Stati membri.

2.2.2

Contesto politico

Dopo la guerra, un gran numero di ex membri dell'Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), che fondano il loro potere su reti familiari, claniche e clientelari, hanno assunto posizioni nelle strutture governative del Paese. Questa situazione ha permesso la creazione di un sistema fondato su legami tra politica, economia e criminalità organizzata, che favorisce la corruzione e ostacola l'evoluzione del Paese verso uno Stato di diritto e un'economia di mercato competitiva. Tuttavia, dall'autunno del 2020, le Camere speciali per il Kosovo hanno presentato accuse che hanno portato all'arresto di molti funzionari e politici provenienti dall'UÇK, tra cui il presidente Hashim Thaçi.

Sia questi sviluppi sia il malcontento della popolazione nei confronti del clientelismo degli ex membri dell'UÇK hanno determinato una significativa perdita di potere da parte delle vecchie élite e contribuito all'arrivo al potere di nuove forze politiche nell'aprile del 2021. L'attuale Governo del primo ministro Albin Kurti si è posto l'obiettivo di combattere la corruzione e la criminalità organizzata.

I primi risultati positivi sono già visibili, ma le sfide per l'attuale Governo rimangono significative e sono state esacerbate dalla pandemia di COVID-19 e dalla guerra in Ucraina. L'economia si basa essenzialmente sulla spesa e sugli investimenti diretti dall'estero ed è vulnerabile alle crisi. Con un tasso di disoccupazione del 30 per cento (48 per cento nella fascia d'età 18­24 anni), l'economia non genera posti di lavoro sufficienti per la popolazione, che è prevalentemente giovane. Inoltre la bassa proporzione di popolazione attiva, soprattutto tra le donne, è un ostacolo alla crescita. Nonostante i legami commerciali del Kosovo con la Russia e l'Ucraina siano deboli, l'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina influenza l'economia del Kosovo. Essendo un importatore netto di derrate alimentari, prodotti agricoli ed energia, il Paese è direttamente colpito dall'impennata dei prezzi registrata in tutto il mondo.

Per garantire l'approvvigionamento di generi alimentari di base, il Kosovo ha vietato l'esportazione di prodotti agricoli di base.

Inoltre il Paese deve affrontare sfide importanti nei settori dello Stato di diritto e dell'economia di mercato. Le infrastrutture sono spesso carenti e manca manodopera
qualificata. Ci sono persone altamente qualificate che si vedono costrette ad accettare lavori poco remunerati, mentre le posizioni con le retribuzioni più elevate sono spesso assegnate a chi è affiliato al partito politico eletto localmente. Talvolta il clientelismo assume proporzioni notevoli: per esempio, in caso di alternanza delle forze politiche al potere, può succedere che dei villaggi perdano le loro sovvenzioni e che alcune persone si ritrovino senza lavoro.

Per far fronte alle sfide esistenti, le priorità politiche a livello nazionale sono il rafforzamento dello Stato di diritto, la lotta alla corruzione, la sanità e la creazione di posti di lavoro. A livello di politica estera, il Governo Kurti continua a impegnarsi a favore dell'integrazione europea del Kosovo, dello sviluppo della cooperazione con la NATO e del partenariato strategico con gli Stati Uniti. Nel quadro del dialogo con la 12 / 38

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Serbia, a differenza dei suoi predecessori il primo ministro attuale persegue una strategia negoziale ben definita. Egli ritiene che qualsiasi riavvicinamento con la Serbia debba fondarsi necessariamente sul riconoscimento reciproco della sovranità e l'elaborazione del passato, soprattutto per quanto riguarda le persone scomparse, sulla giustizia di transizione e sui risarcimenti e altre riparazioni. Tali questioni sono ormai parte del dialogo condotto sotto l'egida dell'UE. La guerra in Ucraina ha anche riacceso le preoccupazioni per il rischio di destabilizzazione della regione da parte della Russia. A questo proposito, il Kosovo ha chiesto a Bruxelles di rilanciare l'integrazione europea dei Paesi della regione, ha esortato gli Stati dell'UE che non l'hanno ancora riconosciuto a farlo e ha ribadito la propria ambizione di entrare nella NATO, ricordando che la KFOR rimane il principale garante della sicurezza.

2.2.3

Situazione in materia di sicurezza

Nonostante la calma apparente, la situazione relativa alla sicurezza quotidiana in Kosovo rimane fragile. Tale fragilità è dovuta in particolare alle tensioni politiche tra la Serbia e il Kosovo, evidenti soprattutto nel Nord del Paese e nelle altre enclave a maggioranza serba.

Nel Nord del Kosovo gli interventi della polizia kosovara e delle sue forze speciali sono diventati più frequenti dall'arrivo al potere del Governo Kurti, che vi attua le sue priorità riguardanti la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione. A questo proposito sembra che Pristina cerchi anche di contenere l'influenza serba attraverso dimostrazioni di forza, e che lo faccia in modo più determinato rispetto al passato.

Anche la KFOR è chiamata a intervenire nel Nord con i suoi mezzi del genio per rimuovere gli ostacoli sulle strade che attraversano la linea di demarcazione amministrativa tra Serbia e Kosovo (Administrative Boundary Line).

Dato che la società kosovara è caratterizzata da logiche etniche e claniche, anche i politici che rappresentano l'etnia serba e quella kosovara continuano a strumentalizzare i traumi della guerra. Questo approccio è un vero e proprio ostacolo alla riconciliazione e all'elaborazione del passato. Di recente, l'aggressione militare russa e i crimini di guerra commessi in Ucraina hanno risvegliato le angosce legate ai traumi degli anni Novanta. Diverse fonti riportano che, tra le generazioni che hanno vissuto la guerra, si osserva una tendenza a intraprendere azioni che possono essere assimilate ad attività paramilitari.

In Kosovo il tasso di microcriminalità è inferiore a quello registrato in altri Paesi europei. La criminalità organizzata, strettamente legata a strutture claniche e familiari, è invece presente nel Paese, che funge da zona di transito per diversi traffici. Gli attori della criminalità organizzata hanno interesse a mantenere una certa stabilità per condurre i loro affari e non costituiscono quindi una minaccia diretta alla situazione della sicurezza. Tuttavia la loro presenza in ambito economico e politico mina la certezza del diritto, che condiziona gli investimenti necessari per lo sviluppo economico del Paese e per la sua integrazione europea.

La minaccia terroristica non ha fatto registrare cambiamenti significativi e non è superiore a quella rilevata nel resto del continente europeo. Sebbene anche il Kosovo sia interessato dal problema degli individui radicalizzati e del ritorno di persone di origine 13 / 38

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kosovara che erano partite per unirsi ai combattenti jihadisti in Siria e in Iraq, le misure antiterrorismo dei servizi di sicurezza e le strutture sociali del Kosovo stanno contrastando efficacemente la diffusione delle ideologie jihadiste.

Il personale delle organizzazioni internazionali impegnate in Kosovo è in grado di adempiere i propri compiti senza essere esposto a particolari minacce e, nel complesso, non è interessato direttamente dai problemi di sicurezza del Paese.

Sul piano della sicurezza, la polizia del Kosovo assume il ruolo di forza di pronto intervento e garante dell'ordine pubblico. Tuttavia, quando si tratta di gestire incidenti che coinvolgono le minoranze etniche, in particolare nel Nord del Paese, non è sempre in grado di intervenire o di agire in modo adeguato. Inoltre la KSF non può ancora intervenire nel Nord a seguito di un precedente accordo con la KFOR. Nel contempo, le tensioni sono sempre più esacerbate dalla presenza, da qualche tempo a questa parte, degli agenti di polizia serbi in territorio kosovaro. In questo contesto l'EULEX e la KFOR, ossia la seconda e la terza forza di sicurezza dopo la polizia del Kosovo, continuano a svolgere un ruolo chiave per garantire la sicurezza. Dopo gli ultimi casi di escalation nel Nord del Kosovo, è stato necessario impiegare la KFOR quale principale organo di sicurezza per garantire la libertà di movimento della popolazione. In tali circostanze, la presenza discreta e allo stesso tempo dissuasiva della KFOR ha un effetto preventivo e consente di evitare che la situazione degeneri.

2.2.4

Relazioni con la Serbia

Le relazioni tra il Kosovo e la Serbia influiscono in maniera significativa su tutta la regione dei Balcani occidentali. Il rifiuto da parte della Serbia di riconoscere l'indipendenza del Kosovo ostacola la riconciliazione tra i due Stati e contribuisce in modo considerevole all'instabilità nella regione. Diversi aspetti rimasti irrisolti dopo la guerra di indipendenza del Kosovo, in particolare la questione dei criminali di guerra e delle persone scomparse, continuano a deteriorare le relazioni. I traumi del passato sono alimentati deliberatamente dalle élite nazionaliste al potere in entrambi i Paesi.

Il dialogo tra Belgrado e Pristina, istituito nel 2011 sotto l'egida dell'UE per normalizzare le relazioni tra i due Stati, è bloccato. Finora le parti non sono quasi mai riuscite a trovare soluzioni ai problemi pratici né tantomeno a concludere un accordo definitivo per regolamentare definitivamente le relazioni tra Kosovo e Serbia.

La Serbia cerca di bloccare l'adesione del Kosovo alle organizzazioni internazionali.

Parallelamente, dalla fine del 2017, Belgrado conduce una campagna internazionale volta a convincere gli Stati più piccoli a revocare il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo. Alla fine del 2018, a causa dell'intensa pressione esercitata dalla Serbia, era stata respinta anche la terza candidatura del Kosovo per aderire all'Interpol. Il Governo Kurti sta adottando delle contromisure. Nell'autunno del 2021 il Kosovo ha per esempio smesso di riconoscere la validità delle targhe automobilistiche serbe per l'ingresso nel Paese, generando delle tensioni. Non è stata ancora trovata una soluzione per il riconoscimento reciproco delle targhe. Nell'agosto del 2022 si sono verificati scontri tra la polizia kosovara e alcuni manifestanti quando due valichi di frontiera con la Serbia sono stati bloccati per protestare contro la decisione di Pristina di

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rendere obbligatoria l'immatricolazione in Kosovo per i veicoli di 50 000 serbi kosovari. Sebbene sia riconosciuta come legittima dall'UE e dagli Stati Uniti, la politica di Pristina ha portato a una recrudescenza delle tensioni e persino a occasionali scontri, soprattutto nel Nord del Kosovo. A tale proposito, queste incessanti dispute irritano le capitali europee, in particolare nel contesto della guerra in Ucraina.

Nelle municipalità del Kosovo a maggioranza serba continuano le intimidazioni di Belgrado, in particolare per quanto concerne l'esercizio dei diritti politici. In occasione delle elezioni comunali dell'autunno del 2021, il controllo della Serbia sui cittadini serbi del Kosovo è stato denunciato dagli osservatori internazionali. La Serbia non ha nemmeno più bisogno di usare una retorica aggressiva, le basta solo fare pressione sulle persone che dipendono economicamente dalle strutture parallele e che temono di perdere il lavoro. Allo stesso modo, i membri serbi delle istituzioni kosovare sono spesso spinti a rassegnare le dimissioni. Questo vale soprattutto per la KSF, composta essenzialmente da albanesi del Kosovo.

L'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, iniziata nel febbraio del 2022, ha scatenato un'ondata di solidarietà tra la popolazione e il contesto politico albanese del Kosovo. I serbi kosovari si sono allineati alla posizione di Belgrado. Le autorità del Kosovo hanno condannato l'aggressione russa, adottato tutte le sanzioni dell'UE e proposto di accogliere 5000 profughi. In questo modo Pristina cerca di posizionarsi come partner affidabile dell'Occidente, differenziandosi dalla posizione di Belgrado, vicina a Mosca. Il Kosovo ha anche ricordato che la sua spinta all'indipendenza è stata la conseguenza di una politica genocida. Divisa tra il suo status di Paese candidato all'adesione all'UE e la sua fedeltà alla Russia, la Serbia sembra rifiutarsi di prendere una posizione chiara. Sotto la pressione dell'Occidente, Belgrado ha appoggiato la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che condanna l'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, ma non adotta le sanzioni europee. Tale posizione può essere ricondotta alla dipendenza energetica da Mosca e alla necessità di avere il sostegno della Russia in seno al Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite.

Questa ambiguità giova a Pristina: il Kosovo, infatti, ne tiene conto nella sua strategia di dialogo con la Serbia, che consiste nel dimostrare la propria vicinanza all'Occidente.

In questo contesto, la conclusione di un accordo complessivo vincolante tra Kosovo e Serbia rimane un obiettivo a lungo termine. Tale accordo è strettamente legato al processo di integrazione europea, che si è arenato, mentre le questioni del passato, riaccese dalla guerra in Ucraina, deteriorano ancora le relazioni bilaterali.

2.2.5

Trasformazione della Kosovo Security Force (KSF)

Fino al dicembre del 2018 la KSF era ufficialmente un'organizzazione statale con armamento limitato e dotata di unità paramilitari di protezione civile. Tuttavia, nel dicembre del 2018, il Governo kosovaro ha annunciato ufficialmente la sua volontà di trasformare la KSF in una forza armata regolare e il Parlamento del Kosovo ha quindi approvato le leggi necessarie. La trasformazione della KSF è particolarmente sgradita alla Serbia, che la vede come una minaccia per la pace con la sua ex provincia. Belgrado mette in dubbio la legittimità di questa forza armata regolare poiché tra i suoi 15 / 38

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membri figurano pochi esponenti della minoranza serba. Anche la NATO ha espresso il suo disaccordo, affermando che la decisione in questione compromette l'accordo tecnico militare del 1999 tra la KFOR e l'esercito serbo. Gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e la Turchia sostengono invece, in linea di principio, la creazione di un esercito kosovaro.

Dal 2013 un accordo tra il Governo kosovaro e la KFOR limita la giurisdizione della KSF nel Nord del Paese. Quest'ultima può quindi intervenire nel Nord solo previa autorizzazione della KFOR. Nel 2016 è stato istituito l'Advisory and Liaison Team della NATO (NALT) per cooperare con la KSF. Il ruolo principale del NALT è quello di accompagnare lo sviluppo degli organi di sicurezza in Kosovo nel rispetto dei principi dello Stato di diritto e del controllo democratico. La NATO e la KSF cooperano soltanto nel settore della protezione civile e attraverso l'intermediazione del NALT.

La NATO ha interesse a che la trasformazione della KSF avvenga a livello multilaterale piuttosto che attraverso canali bilaterali che possono servire ad attuare obiettivi nazionali specifici. Per questo considera la rapida trasformazione della KSF uno sviluppo preoccupante, soprattutto in assenza di progressi nel dialogo tra Belgrado e Pristina. Il comando della KFOR, responsabile della sicurezza dello spazio aereo del Kosovo, è particolarmente preoccupato per la volontà di Pristina di dotare la KSF di capacità aeree proprie.

La Svizzera ha reso nota la sua posizione in occasione di contatti con i rappresentanti del Governo kosovaro. In quanto Stato indipendente, il Kosovo ha il diritto di avere un proprio esercito. Tuttavia, poiché la trasformazione della KSF in un esercito è mal vista dalla Serbia, che riconosce solo la KFOR come esercito legittimo sul territorio del Kosovo, la priorità dovrebbe essere data al raggiungimento di un accordo prima della creazione di un esercito. Per la Svizzera, la KFOR rimane quindi il principale garante della sicurezza in Kosovo. È per questo che la Svizzera non partecipa allo sviluppo della KSF.

2.3

Presenza e influenza della comunità internazionale in Kosovo

La risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è la base su cui si fonda la presenza della KFOR e di diverse organizzazioni internazionali in Kosovo.

Nelle prime fasi dell'impegno internazionale, la Missione di Amministrazione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK) era responsabile della creazione di un'amministrazione civile e della costruzione dello Stato kosovaro, in particolare del suo corpo di polizia, mentre la missione dell'OSCE (OMIK) era attiva essenzialmente nei settori della democratizzazione e dei diritti umani. All'epoca operavano nel Paese anche numerose organizzazioni non governative. In seguito, nel 2008, l'EULEX ha gradualmente assunto i compiti del mandato esecutivo dell'UNMIK nei settori dello sviluppo della giustizia, della polizia, delle dogane e della protezione delle frontiere.

Sebbene queste missioni siano tuttora presenti nel Paese, il loro ruolo si è notevolmente ridotto con il progressivo sviluppo dello Stato kosovaro. L'UNMIK ha ormai un effettivo ridotto, mentre l'OMIK dispone di un effettivo più consistente in quanto la Russia e la Serbia rifiutano qualsiasi riduzione del personale a causa della delicata 16 / 38

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situazione in Kosovo. L'OMIK porta avanti le sue attività in settori quali lo sviluppo della democrazia, i diritti delle minoranze etniche, la libertà dei media, l'uguaglianza di genere e il supporto elettorale. Redige rapporti sugli incidenti tra le varie etnie e osserva le elezioni nazionali e comunali in Kosovo. Nel 2018 l'EULEX, che non è più incaricata di perseguire i crimini di guerra, la corruzione, la criminalità organizzata e il terrorismo, ha trasferito gran parte del suo mandato esecutivo in campo giudiziario alle autorità del Kosovo. Ormai le sue competenze esecutive si limitano alla protezione dei testimoni e agli arresti legati ai procedimenti delle Camere speciali per il Kosovo. Con un effettivo ridotto a un centinaio di agenti, l'EULEX dispone di una capacità limitata per poter intervenire nel caso in cui la polizia kosovara venisse sopraffatta da un'esplosione di violenza. Di fatto, questo ruolo è stato assunto dalla KFOR.

Viste le ridotte capacità d'intervento a livello di polizia internazionale in Kosovo, la KFOR può essere considerata il principale attore internazionale nel campo della sicurezza. Continua infatti a svolgere un ruolo fondamentale in quanto garante della sicurezza e della stabilità, soprattutto poiché è ben accetta da tutte le etnie che compongono la popolazione kosovara.

3

Ruolo della KFOR

3.1

Mandato della KFOR

Il mandato che prevede l'impiego della KFOR si fonda sulla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU ed è stato esplicitamente accolto dal Governo kosovaro dopo la dichiarazione di indipendenza del 2008. Ai sensi della risoluzione, la KFOR è tenuta ad adempiere tre compiti: ­

creare e mantenere un contesto sicuro e stabile (incl. garantire la libertà di movimento senza limitazioni);

­

applicare e sorvegliare il rispetto dell'accordo che prevede il ritiro delle forze serbe dal Kosovo nonché il disarmo dell'Esercito di liberazione del Kosovo;

­

appoggiare la missione civile UNMIK dell'ONU e ad altri partner civili internazionali.

La KFOR opera in stretta collaborazione con l'UNMIK, l'OMIK e l'EULEX.

3.2

Evoluzione e funzionamento della KFOR

Il miglioramento e la stabilizzazione della situazione in materia di sicurezza dall'inizio dell'impiego della KFOR a oggi hanno portato ad adeguare il ruolo di questa missione e a ridurre progressivamente il suo effettivo, che originariamente era di circa 50 000 militari. Al momento 27 Stati, tra cui sette Paesi non membri della NATO, mettono a disposizione della KFOR circa 3800 militari. A livello operativo, la missione è quindi passata da una forza massiccia, onnipresente e formata essenzialmente da mezzi di fanteria, che interveniva con pattuglie e controlli, a una forza più moderata 17 / 38

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il cui compito principale è acquisire notizie e informazioni (monitoraggio della situazione). Per poter agire in caso di peggioramento della situazione, la KFOR ha mantenuto una capacità d'intervento con mezzi massicci. La KFOR adempie i propri compiti sulla base di un dispositivo tripartito (monitoraggio della situazione, intervento e riserva d'intervento), che le permette di mantenere una presenza leggera nel Paese conservando nel contempo forze di riserva ad alta disponibilità sul posto (presenza ridotta) e al di fuori del Paese (presenza rafforzata).

Una rete di 29 squadre di collegamento e di monitoraggio (Liaison and Monitoring Teams, LMT) costituisce l'elemento principale della capacità di monitoraggio della situazione da parte della KFOR. Consente di individuare rapidamente eventuali tendenze conflittuali che possono portare a un peggioramento della situazione in materia di sicurezza e, all'occorrenza, permette di attivare gli elementi d'intervento. Gli LMT svolgono anche compiti di mediazione a livello locale. Fungono da organi informativi per il comandante della KFOR e garantiscono nel contempo una presenza militare capillare di quest'ultima nel Paese. La KFOR dispone anche di formazioni d'esplorazione per acquisire in modo discreto notizie destinate al comando della KFOR.

In caso di peggioramento della situazione la KFOR dispone di due battaglioni d'intervento in grado di intervenire nei settori del Paese che sono stati loro assegnati. Vi è anche un terzo battaglione che può svolgere un'ampia gamma di interventi in tutto il Kosovo nonché in Bosnia e Erzegovina per la missione EUFOR ALTHEA. Gli elementi d'intervento sono appoggiati da elementi di mobilità tattica come elicotteri da trasporto o gruppi incaricati della rimozione di ordigni esplosivi improvvisati.

Inoltre, se la situazione lo richiede, la KFOR può ricorrere a due forze di riserva che sono stazionate al di fuori del Kosovo e che possono essere impiegate in tutta l'area dei Balcani: la Strategic Reserve Force, che conta circa 700 militari ed è subordinata al Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE) della NATO, e l'Operational Reserve Force, che dispone di circa 1000 militari ed è subordinata all'Allied Joint Force Command della NATO.

Ogni sei mesi gli organi militari della NATO valutano, sulla base di analisi
complete della situazione (Comprehensive Security Assessments of the Kosovo Environment), l'entità delle truppe nonché i compiti e l'orientamento della KFOR al fine di garantire che siano adeguati alle attuali esigenze in materia di sicurezza in Kosovo. In occasione delle conferenze annuali sulla costituzione della forza (Force Generation Conferences), gli Stati fornitori di truppe possono sottoporre offerte di contributi basate sulle esigenze della KFOR aggiornate dalla NATO. La conferenza più recente si è tenuta nel giugno del 2022.

3.3

Bilancio e prospettive per la KFOR

In Kosovo la KFOR rimane l'unico attore internazionale riconosciuto e apprezzato da tutti e gode di grande credibilità. Può inoltre contare sull'interesse comune delle varie parti coinvolte nei confronti della sua presenza, anche se in Kosovo non vi è più una minaccia militare diretta. La KFOR ha la reputazione di attore imparziale e con i suoi LMT garantisce una presenza capillare in tutto il Kosovo senza tuttavia dare l'impressione di militarizzare il Paese. E in grado di imporsi in caso di peggioramento della 18 / 38

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situazione e può intervenire rapidamente in ogni zona del Kosovo. Questa presenza militare internazionale in Kosovo ha un effetto deterrente sugli attori propensi alla violenza e rassicura le minoranze etniche, che possono sentirsi minacciate. Anche la Serbia apprezza tale presenza, in quanto la KFOR garantisce che la KSF non porti avanti attività nel Nord del Kosovo, dove la popolazione è in maggioranza serba, che rischierebbero di provocare incidenti tra le varie etnie. La KFOR collabora strettamente con diversi attori, come le Nazioni Unite, EULEX, le forze di sicurezza del Kosovo e l'esercito serbo.

La NATO ritiene che l'impegno della KFOR debba continuare finché Serbia e Kosovo si dimostreranno incapaci di instaurare relazioni pacifiche tra Stati sovrani. Per questo anche in futuro la KFOR sarà indispensabile per garantire militarmente un contesto sicuro che favorisca lo sviluppo del Kosovo e la stabilità di tutta la regione. Gli Stati che partecipano alla missione condividono questo punto di vista e ritengono che l'applicazione della risoluzione 1244 rimanga all'ordine del giorno. La situazione nel Paese è tuttora instabile dal punto di vista politico e sul piano della sicurezza. Come già indicato in precedenza (cap. 1), l'Italia e gli Stati Uniti, che sono i principali fornitori di truppe, portano avanti il loro impegno. Altri Paesi continuano a partecipare alla missione o stanno valutando la possibilità di rientrarvi.

3.4

Integrazione nella posizione strategica della NATO

A seguito dell'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, la stabilità nei Balcani occidentali ha acquisito una maggiore importanza per la NATO, che ha infatti seguito da vicino i possibili effetti della guerra in Ucraina sulla regione e constatato l'aumento dell'influenza e delle attività destabilizzanti della Russia. Dallo scoppio del conflitto, il suo Segretariato internazionale si è particolarmente impegnato ad attirare l'attenzione degli alleati sull'esistenza di altri potenziali focolai di crisi e di conflitti congelati, come nei Balcani occidentali, in Georgia e in Moldova. Gli organi politici dell'Alleanza hanno inoltre intensificato le loro visite nei Paesi della regione. La partecipazione della Bosnia e Erzegovina al vertice di Madrid nel giugno del 2022 ha evidenziato questo rinnovato interesse. Nel Concetto strategico adottato a Madrid si sottolinea che i Balcani occidentali e la regione del Mar Nero sono delle zone strategicamente importanti per l'Alleanza9.

Secondo l'analisi svolta dagli organi militari della NATO, la presenza militare dell'Alleanza in Kosovo non può essere ridotta vista la maggiore importanza della regione per la stabilità in Europa. Pertanto la NATO ritiene che le capacità della KFOR debbano essere mantenute allo stesso livello. L'Alleanza è particolarmente preoccupata per la situazione in Bosnia e Erzegovina. Come indicato in precedenza (n. 2.1), poco dopo l'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina l'effettivo dell'EUFOR ALTHEA è stato aumentato da 600 a 1100 militari per fornire appoggio alle autorità bosniache in caso di tensioni.

9

Il «Concetto strategico 2022» della NATO (non disponibile in italiano) può essere consultato al seguente indirizzo: www.nato.int > Topics > Strategic Concepts.

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E in questo contesto che le missioni dell'UE e della NATO in Bosnia e Erzegovina e in Kosovo svolgono un ruolo centrale. In caso di disordini, possono fornire appoggio alle autorità degli Stati ospitanti, se necessario con riserve dislocate al di fuori del Paese. Inoltre l'Alleanza ritiene che missioni come la KFOR possano evitare che regioni sensibili vengano destabilizzate dall'influenza russa.

4

Impiego attuale della Swisscoy

4.1

Evoluzione, organizzazione e compiti

Dal 1999 la Swisscoy ha man mano adattato la propria organizzazione e i propri compiti alle esigenze della KFOR, a loro volta legate all'evoluzione della situazione in Kosovo. All'inizio dell'impiego in Kosovo la Swisscoy era una compagnia logistica con un effettivo massimo di 160 militari non armati, ad eccezione di un distaccamento di sicurezza. In seguito a una prima riorganizzazione della KFOR, le nuove esigenze hanno spinto la Svizzera a fornire mezzi di fanteria con un effettivo massimo di 220 militari armati. Successivamente, nel quadro di un nuovo adeguamento del dispositivo della KFOR, anche la Swisscoy ha adattato il proprio dispositivo e ha fornito alla KFOR degli LMT e varie prestazioni nei settori del genio e dei trasporti, con un nuovo effettivo massimo di 235 militari. Tra il 2018 e il 2020, quando alcuni mezzi pesanti del genio destinati alla fornitura di prestazioni di trasporto e di costruzione non erano più richiesti dalla KFOR, l'effettivo massimo è stato ridotto a 165 militari.

Nel 2019 la KFOR ha comunicato il fabbisogno supplementare negli ambiti della libertà di movimento, dell'acquisizione di informazioni e delle funzioni di ufficiale di stato maggiore. A partire dal 2021 l'effettivo massimo è quindi passato a 195 militari, in modo da mettere a disposizione della KFOR una sezione di pionieri, una sezione di trasporto e ufficiali di stato maggiore supplementari.

Tra novembre 2018 e ottobre 2019, un alto ufficiale superiore svizzero con il grado di brigadiere ha assunto la funzione di vicecomandante (Deputy Commander KFOR, DCOM KFOR) per un periodo di un anno. L'Esercito svizzero ha così acquisito la sua prima esperienza di condotta a questo livello di responsabilità in una missione internazionale di mantenimento della pace.

Attualmente sei LMT svizzeri lavorano all'acquisizione di notizie e informazioni. Il distaccamento di trasporto aereo può essere chiamato in qualsiasi momento per trasportare materiale o persone con due elicotteri. Per garantire la libertà di movimento, la Swisscoy fornisce una squadra di specialisti per l'eliminazione di munizioni inesplose e una sezione circolazione e trasporto, che esegue trasporti di merci e persone.

La Swisscoy fornisce inoltre ufficiali di stato maggiore al comando della KFOR. Una squadra medica e un gruppo di agenti della
polizia militare svolgono compiti per l'intera KFOR. Inoltre l'Esercito svizzero fornisce il più alto responsabile della polizia militare della KFOR, il Force Provost Marshal. La Swisscoy partecipa anche alla direzione e all'amministrazione del campo della KFOR a Novo Selo. La sezione di pionieri messa a disposizione dalla primavera del 2021 è impiegata regolarmente per sgomberare le strade dagli ostacoli al fine di assicurare la libertà di movimento della KFOR. Dalla primavera del 2021, la Swisscoy fornisce ufficiali di stato maggiore al

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battaglione di ricerca informativa (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, ISR) della KFOR.

4.2

Vantaggi per la Svizzera

Dal 1999, con il suo contributo operativo a favore della KFOR, la Svizzera in quanto partner della NATO trae vantaggi non soltanto per lo sviluppo operativo dell'esercito ma anche dal punto di vista della politica di sicurezza e della politica estera.

A livello militare-politico, l'impiego della Swisscoy permette all'Esercito svizzero di tutelare i propri interessi nei confronti dell'Alleanza e di accedere a organi della NATO in cui sono scambiate informazioni essenziali per lo sviluppo dell'esercito. Sul piano operativo, l'impiego di ufficiali presso il quartier generale e in seno agli stati maggiori della KFOR offre alla Svizzera una migliore comprensione della condotta operativa di questi impieghi e dei relativi processi di stato maggiore in vari ambiti, dall'acquisizione di informazioni alla definizione dell'impiego di mezzi robusti. Le procedure insegnate in Svizzera hanno potuto essere applicate e valutate nel quadro di un impiego internazionale reale. A livello tattico, l'allenamento e l'attuazione pratica di procedure d'impiego standardizzate in collaborazione con altri eserciti sono di grande utilità. Queste attività mostrano come la prontezza operativa può essere raggiunta e mantenuta traendo insegnamenti per il sistema di prontezza dell'Esercito svizzero. È stato possibile esaminare le procedure di rifornimento e restituzione su grandi distanze nell'ottica della loro attuazione nel quadro di un impiego reale. L'impiego degli LMT ha messo l'Esercito svizzero di fronte a nuovi approcci nel quadro della cooperazione con gli attori civili.

L'Esercito svizzero ha anche potuto testare l'applicazione di procedure di stato maggiore in un impiego a lungo termine, che si svolge 24 ore su 24. Gli insegnamenti tratti sono stati fatti confluire direttamente nei relativi regolamenti. Le esperienze maturate in Kosovo hanno inoltre permesso all'Esercito svizzero di aggiungere alla propria dottrina nuove procedure operative.

A livello personale dei militari impiegati, l'utilità è data dall'esperienza diretta della responsabilità assunta durante un impiego reale. Si tratta di assumersi una responsabilità di condotta per un periodo di sei mesi.

Come già menzionato più sopra (n. 4.1), l'impiego di un alto ufficiale superiore nella funzione di DCOM KFOR ha permesso all'Esercito svizzero di acquisire la
sua prima esperienza nella condotta di una missione militare internazionale di mantenimento della pace.

Infine, l'impiego permette anche di maturare esperienze su un arco di tempo prolungato in merito all'idoneità, alla capacità prestazionale o al fabbisogno di manutenzione del materiale impiegato, a vantaggio dell'intero esercito.

La Svizzera beneficia dell'impiego della Swisscoy pure in termini di politica di sicurezza e di politica estera. Dato che la NATO ritiene che lo statuto di un partner è innanzitutto legato a contributi significativi alle operazioni, il fatto che la Svizzera

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faccia parte dei principali e più vecchi Stati fornitori di truppe della KFOR è fondamentale per le sue relazioni con la NATO. La Swisscoy rappresenta il più importante contributo operativo nel quadro del partenariato con la NATO.

Questo contributo permette alla Svizzera di partecipare alle valutazioni e decisioni concernenti la missione, e anche di partecipare agli incontri ministeriali, dei capi di stato maggiore d'esercito e ad altri forum di discussione dell'Alleanza ai quali il solo statuto di partner non darebbe accesso. La Svizzera può quindi accedere a informazioni utili ad altri scambi internazionali e all'impostazione della sua politica di sicurezza ed estera. Il contributo alla KFOR è inoltre un elemento che permette alla Svizzera di ottenere dei posti in seno al Segretariato internazionale e allo stato maggiore militare internazionale presso cui può partecipare a progetti in ambiti di interesse come il controllo degli armamenti, la non proliferazione e l'Agenda Donne, Pace e Sicurezza. Il contributo della Svizzera è benvenuto e riconosciuto regolarmente dai rappresentanti della NATO in occasione di incontri bilaterali e multilaterali di alto livello.

Anche sul terreno la presenza della Swisscoy è utile alla politica estera svizzera, in particolare grazie ai contatti regolari tra l'Ambasciata svizzera in Kosovo e il contingente. Questa collaborazione interdipartimentale, materializzata da uno scambio regolare di informazioni, ha effetti positivi sull'impegno della Svizzera nell'ambito della cooperazione allo sviluppo nel Paese. Informazioni ottenute grazie ai contatti che gli LMT intrattengono con la popolazione hanno permesso all'Ufficio di cooperazione della Svizzera in Kosovo di approntare progetti di sviluppo che rispondono a nuovi bisogni riscontrati sul terreno.

4.3

Personale

4.3.1

Disponibilità a prestare servizio volontario

Dopo 23 anni d'impiego il servizio di promovimento della pace presso la Swisscoy rimane attrattivo, in particolare perché offre l'opportunità di lavorare in un contesto internazionale e multiculturale ricco di esperienze utili per lo sviluppo personale e professionale. Secondo l'articolo 66 capoverso 3 della legge militare del 3 febbraio 199510 (LM), la partecipazione a un impiego di promovimento della pace è volontaria.

Grazie a un sistema di reclutamento efficace, l'esercito riesce sempre a arruolare personale qualificato a sufficienza per effettuare un servizio di promovimento della pace presso la Swisscoy, sebbene il reclutamento di determinate categorie di personale come gli specialisti degli ambiti dell'aiuto alla condotta, della logistica, del trasporto, della manutenzione e dell'infrastruttura come pure gli agenti della polizia militare, i medici, i sanitari e gli ufficiali sia più complicato.

Il reclutamento in due fasi si è dimostrato efficace. La prima fase consiste nel controllo dell'idoneità al servizio di promovimento della pace in uno dei centri di reclutamento dell'esercito. La seconda fase, condotta dal Centro di competenza SWISSINT, mira a verificare l'idoneità dei volontari a svolgere la funzione prevista.

10

RS 510.10

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Nel 2021 circa 450 volontari ­ su un totale di circa 500 persone interessate ­ hanno partecipato alla prima giornata di reclutamento e 413 sono stati invitati alla seconda giornata di reclutamento presso il Centro di competenza SWISSINT a Stans. Alla fine 170 persone sono state reclutate in uno dei due contingenti impiegati durante il periodo in questione. Un contingente Swisscoy è composto in media per il 18,4 per cento da collaboratori civili e militari del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) (ufficiali di stato maggiore, equipaggi e meccanici di elicotteri, agenti della polizia militare e sminatori incaricati della rimozione di ordigni esplosivi improvvisati) e per l'81,5 per cento da personale di milizia.

Inoltre i contingenti Swisscoy comprendono in media un 31,3 per cento di militari che prolungano l'impiego in corso o che hanno già svolto un impiego in seno alla Swisscoy.

Questa situazione favorevole per quanto riguarda il reclutamento può essere attribuita all'attrattiva del servizio di promovimento della pace, a un sistema di remunerazione nel contempo interessante e in linea con gli standard della Confederazione nonché alle misure adottate in termini di comunicazione. In questo settore l'esercito si rivolge non solo alle persone già incorporate, ma a tutta la società.

4.3.2

Donne nella Swisscoy

In questi ultimi anni la partecipazione delle donne alle missioni internazionali per il mantenimento della pace è aumentata poiché il loro ruolo particolare nel promovimento della pace è sempre più riconosciuto. A seconda del contesto culturale o religioso in cui opera una missione, le donne sono in grado di svolgere compiti che risultano invece più complicati per il personale maschile. A titolo di esempio l'ONU, che ha a sua volta riconosciuto l'importanza del ruolo delle donne, si è prefissa di raggiungere il 20 per cento di personale femminile tra gli specialisti ­ come gli osservatori militari ­ impiegati nelle sue missioni. Le donne svolgono un ruolo chiave nell'ambito degli sforzi volti a promuovere la pace in Kosovo. A seconda della cultura delle etnie con cui la KFOR interagisce, i militari uomini incontrano maggiori difficoltà nella comunicazione con le donne. Si tratta di un aspetto cruciale per i membri degli LMT, che devono mantenere contatti regolari con l'intera popolazione.

Per ovviare al fatto che le cittadine svizzere non sono soggette all'obbligo di prestare servizio militare e, nella maggior parte dei casi, non hanno alle spalle un'istruzione militare, la formazione impartita al personale femminile del contingente prima dell'impiego nella Swisscoy comprende una fase incentrata sull'istruzione militare di base.

Ciò permette all'esercito di reclutare un maggior numero di donne disposte a effettuare un impiego, in particolare negli LMT. La quota media di donne impiegate nella Swisscoy si aggira tra il 15 e il 20 per cento a seconda dei contingenti. Si tratta di una percentuale molto più alta di quella registrata in seno all'esercito (0,8 per cento dell'effettivo totale). Questa differenza si spiega in particolare con l'attrattiva, la rimunerazione, le esperienze e le opportunità professionali che comporta il servizio di promovimento della pace.

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Questi sviluppi incoraggianti non sono vantaggiosi solo per il promovimento militare della pace ma, per l'esercito, rappresentano anche un ritorno sull'investimento. Dopo essere state impiegate nel quadro del promovimento militare della pace, le donne a volte decidono di prestare servizio nell'esercito assolvendo la scuola reclute o assumendo una funzione di ufficiale specialista.

Gli sforzi compiuti per accrescere la partecipazione delle donne alla Swisscoy e al promovimento militare della pace saranno portati avanti.

5

Futuro della Swisscoy

5.1

Continuazione dell'impiego: interesse sul piano della politica di sicurezza e della politica estera

Le probabilità che scoppi un conflitto armato in Kosovo rimangono deboli. Ciononostante i criteri adottati dalla NATO e dagli Stati fornitori di truppe per ridurre la missione a una presenza minima o per ritirarla non sono soddisfatti. Inoltre, alle sfide che il Kosovo deve ancora affrontare si aggiunge il potenziale destabilizzante della guerra in Ucraina. Alla luce dell'attuale situazione è probabile che la presenza della KFOR sia ancora necessaria per diversi anni.

Dati gli stretti legami tra la Svizzera e il Kosovo, in particolare in termini demografici, la stabilità nella regione dei Balcani occidentali riveste un interesse anche per la Svizzera, che trae beneficio dalla presenza della KFOR in Kosovo. La stabilità in Kosovo è essenziale per la pace e la sicurezza nei Balcani occidentali ed è dunque nell'interesse dell'intera Europa. In un periodo in cui la NATO e suoi membri si mobilitano per potenziare il dispositivo dell'Alleanza a Est, la Svizzera, perseguendo e preparandosi a rafforzare il proprio impegno nella KFOR, dimostra di essere pronta ad assumersi la propria responsabilità nell'ambito degli sforzi, forniti anche dai suoi partner, ai fini della sicurezza in Europa. Contribuisce nei limiti delle sue possibilità a questo sforzo congiunto e, allo stesso tempo, dà prova di solidarietà.

Questo contributo assume ancora più importanza nella prospettiva del rafforzamento della cooperazione svizzera con la NATO, indicata dal Consiglio federale nel suo rapporto complementare al Rapporto sulla politica di sicurezza 202111. In un contesto in cui si assiste al deterioramento della situazione nell'Europa orientale, i partner della Svizzera potrebbero essere costretti a rafforzare il loro impegno in questa regione e a ridurre le loro prestazioni in seno alla KFOR. In una simile costellazione, la Svizzera, che non è in grado di impegnarsi militarmente nell'Europa dell'Est, potrebbe essere invitata a rafforzare la sua partecipazione agli sforzi di stabilizzazione dei Balcani occidentali, in particolare nella KFOR. La continuazione e il rafforzamento del contributo della Svizzera in favore della KFOR sono conformi ai suoi interessi di politica di sicurezza e di politica estera.

11

Rapporto complementare al rapporto sulla politica di sicurezza 2021 relativo alle conseguenze della guerra in Ucraina, FF 2022 2357.

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5.2

Effettivo

Per il mandato in corso l'effettivo massimo della Swisscoy è di 195 militari. Con questo contingente la Svizzera mette a disposizione della KFOR i mezzi illustrati in precedenza (n. 4.1) per colmare le lacune in termini di capacità subentrate con il deterioramento della situazione politica e della sicurezza in Kosovo a partire dal 201812.

5.2.1

Rafforzamento del contingente a sostegno della KFOR

Le esperienze degli ultimi anni hanno mostrato che la KFOR può far valere, nel corso del mandato, fabbisogni supplementari a corto termine nei confronti degli Stati fornitori di truppe, in funzione dell'evoluzione della situazione della sicurezza. In alcuni casi la Swisscoy è riuscita ad assumere nuove funzioni riattribuendo determinati compiti all'interno del contingente. Per contro, in altre situazioni la Svizzera ha dovuto rinunciare a soddisfare richieste particolari della KFOR. Ciò avrebbe necessitato l'approvazione del Parlamento nonché un messaggio supplementare. La durata di questa procedura non avrebbe permesso di reagire entro un lasso di tempo ragionevole. Il nostro Collegio propone quindi di delegargli la competenza di rafforzare l'effettivo della Swisscoy con 30 persone al massimo nel corso del mandato. Il nostro Consiglio dispone già di una competenza analoga per rafforzare temporaneamente l'effettivo in modo da soddisfare i bisogni del contingente nell'ambito della sicurezza e della logistica (cfr. n. 5.2.2).

In considerazione del deterioramento della situazione internazionale, una capacità simile dimostrerebbe che la Svizzera desidera continuare a fornire il suo sostegno alla KFOR in un momento in cui l'Alleanza è confrontata con sfide maggiori legate alla guerra in Ucraina. Inoltre sottolineerebbe che la Svizzera intende impegnarsi maggiormente nell'ambito del promovimento militare della pace e vuole sviluppare il proprio contributo conformemente al rapporto del DDPS del 9 novembre 202013.

5.2.2

Rafforzamento temporaneo del contingente per la logistica e la sicurezza

Al fine di ovviare a situazioni che richiedono un rafforzamento temporaneo dell'effettivo della Swisscoy, per motivi logistici o per garantire la sicurezza del contingente, le Camere federali hanno autorizzato il nostro Collegio, nel quadro del mandato at-

12

13

Messaggio del 27 novembre 2019 concernente la proroga della partecipazione della Svizzera alla Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo (KFOR), FF 2019 7041.

Rapporto del 9 novembre 2020 «Weiterentwicklung der militärischen Friedensförderung.

Bericht an Bundesrätin Viola Amherd, Chefin VBS» (non disponibile in italiano). Può essere consultato al seguente indirizzo: www.admin.ch > Documentazione > Comunicati stampa > Ulteriore sviluppo del promovimento militare della pace (comunicato stampa del 25.11.2020).

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tuale, a rafforzare l'effettivo della Swisscoy per una durata limitata e compiti predefiniti14. Concretamente si tratterebbe di predisporre delle misure di autoprotezione in caso di accresciuta minaccia (al massino 20 militari) o garantire lavori di manutenzione (al massimo 50 militari).

Un rafforzamento per motivi di autoprotezione non è stato necessario nel corso degli ultimi 3 anni. Tutti gli eventi in relazione con la sicurezza hanno potuto essere gestiti sul posto con i mezzi della KFOR. Il nostro Collegio è tuttavia del parere che in caso di un grave inasprimento della minaccia sul posto, la Swisscoy potrebbe aver bisogno di ancora più mezzi di autoprotezione per poter continuare la propria missione. Per questo motivo propone di mantenere la possibilità di rafforzare il contingente con 20 militari per una durata massima di quattro mesi, come previsto nel mandato attuale.

Questo impiego supplementare concernerebbe innanzitutto i militari del comando forze speciali.

Non è nemmeno stato necessario procedere a un rafforzamento dell'effettivo con 50 militari per una durata massima di otto mesi per svolgere lavori di manutenzione.

Un cambiamento di dispositivo della KFOR potrebbe tuttavia generare bisogni a breve termine nell'ambito della logistica. Il nostro Collegio propone di conservare anche questa possibilità.

5.3

Durata dell'impiego

La risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU prevede che l'impiego della KFOR sarà prorogato «sempre che il Consiglio di sicurezza non decida altrimenti».

Nel marzo del 2022, nella sua valutazione globale della sicurezza del contesto in Kosovo (Comprehensive Security Assessment of the Kosovo Environment), la NATO riferisce che la presenza della KFOR in Kosovo rimane necessaria, dato che le condizioni per ridurre le sue capacità non sono soddisfatte. Questa valutazione è stata confermata in occasione della riunione del 25 maggio 2022 del Consiglio del Nord Atlantico dedicata alla KFOR.

Sulla base dei motivi presentati ai numeri 2, 3.4, 4.2, 5.1 e 5.2, il nostro Collegio propone di prorogare l'impiego della Swisscoy di ulteriori tre anni, ossia sino al 31 dicembre 2026. Può decidere in qualunque momento di terminare anticipatamente l'impiego. In tal caso informa le Commissioni della politica estera e le Commissioni della politica di sicurezza di entrambe le Camere conformemente all'articolo 152 capoverso 2 della legge del 13 dicembre 200215 sul Parlamento.

14 15

FF 2020 5747 RS 171.10

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6

Adozione di una strategia e di criteri in vista del ritiro della Svizzera dalla KFOR

6.1

Domanda della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale

In seguito alla sua seduta del 17 e del 18 gennaio 2022, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale (CPS-N) ha invitato il nostro Collegio a trattare i seguenti aspetti nel presente messaggio: a.

obiettivi e criteri da soddisfare in Kosovo in materia di costruzione dello Stato e sviluppo sostenibile secondo l'Agenda 2030 per permettere alla Svizzera di ritirarsi dalla KFOR. In particolare si tratta di presentare le strategie seguite dal Consiglio federale negli ambiti della sicurezza collettiva, della cooperazione allo sviluppo e della politica economica esterna;

b.

sostegno fornito dalla Svizzera al Kosovo nei suoi sforzi per aderire alle organizzazioni internazionali;

c.

obiettivi perseguiti dalla KFOR e dagli Stati fornitori di truppe.

Gli elementi di risposta relativi alla lettera c, ovvero gli obiettivi perseguiti dalla KFOR e dagli Stati fornitori di truppe, sono esposti al n. 6.2. Il n. 6.3 affronta la questione se sia opportuno che la Svizzera adotti una propria strategia e propri criteri in vista del ritiro della Swisscoy. Gli elementi di risposta forniti dal nostro Collegio riguardo alle lettere a e b si trovano al n. 6.4.

6.2

Obiettivi perseguiti dalla KFOR e dagli Stati fornitori di truppe

Nel quadro del «Comprehensive Security Assessment of the Kosovo Environment» e sulla base dei progressi riscontrati in Kosovo, ogni sei mesi la NATO valuta la necessità e l'entità della presenza della KFOR nel Paese.

Allo scopo di valutare l'opportunità di ridurre il profilo della KFOR da una presenza definita deterrente (deterrent presence) a una presenza definita minima (minimal presence), la NATO ha stabilito quattro criteri che permettono di verificare se la situazione in materia di sicurezza lo consente: 1.

la protezione dei siti del patrimonio religioso e culturale non rientra più nella responsabilità della KFOR;

2.

le forze di sicurezza kosovare adempiono ai compiti previsti dal loro mandato in tutto il Kosovo e lungo l'«Administrative Boundary Line»;

3.

le forze di sicurezza kosovare hanno raggiunto un livello di autonomia che permette loro di contenere le minacce nei confronti di un contesto sicuro e stabile senza l'appoggio della KFOR;

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4.

il processo di normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina ha raggiunto una fase in cui iniziative unilaterali non minacciano più il contesto in materia di sicurezza e l'attuazione di accordi contribuisce allo sviluppo socioeconomico del Kosovo.

Dato che questi criteri sono stati stabiliti di concerto con i Paesi fornitori di truppe della KFOR, la Svizzera partecipa alla loro elaborazione. Essi sono analizzati sulla base di undici indicatori, tra cui il quadro giuridico, l'associazione dei Comuni della minoranza serba, l'elaborazione del passato e la capacità delle forze di sicurezza kosovare di svolgere i propri compiti su tutto il territorio. Il rispetto di questi criteri è l'elemento chiave per qualsiasi ridimensionamento dell'effettivo della KFOR Secondo il «Comprehensive Security Assessment» del marzo 2022, i problemi di sicurezza persistono, in particolare a causa della lentezza del processo di normalizzazione delle relazioni tra la Serbia e il Kosovo, di iniziative unilaterali intraprese dalle parti e di influenze esterne, esercitate in particolare dalla Russia. A tale proposito le conclusioni formulate nella valutazione precisano che la transizione per la KFOR verso una presenza minima è altamente improbabile in un'ottica di medio termine e che la KFOR dovrebbe mantenere il proprio spiegamento di forze attuale. Secondo il comandante della KFOR, le condizioni per ridurre il profilo della KFOR a una presenza minima non sono soddisfatte, considerando che tre di queste condizioni definite dipendono dal dialogo tra la Serbia e il Kosovo, il quale si trova a un punto morto in particolare a causa delle preoccupazioni dovute alla rapida trasformazione della KSF in un esercito regolare.

Se uno o diversi Stati che contribuiscono alla KFOR desiderassero adeguare il mandato della KFOR, sarebbe necessario un voto del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Infatti, qualsiasi modifica del mandato della KFOR necessita di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza e quindi dell'approvazione dei suoi membri permanenti, in particolare della Cina e della Russia. In mancanza di un accordo tra la Serbia e il Kosovo, questa prospettiva sembra improbabile, in particolare perché la Russia si è impegnata a sostenere solo una soluzione approvata da Belgrado. Le tensioni esistenti tra la Russia e l'Occidente rendono ancor più improbabile questa prospettiva.

6.3

Parere del Consiglio federale concernente l'adozione di una strategia e di criteri in vista del ritiro della Swisscoy

Si può ragionevolmente ritenere che un giorno la situazione in materia di sicurezza nei Balcani occidentali sarà tale da permettere di constatare che la presenza militare internazionale, sia sotto forma della KFOR che di EUFOR ALTHEA, non sia più necessaria. Dopo oltre due decenni di impiego è legittimo chiedersi quali siano i criteri che dovrebbero essere soddisfatti per poter concludere l'impiego.

Tramite l'impiego della Swisscoy a favore della KFOR, la Svizzera ha deciso di partecipare agli sforzi della comunità internazionale intesi a stabilizzare una regione ancora segnata da un conflitto armato e a favorirne lo sviluppo. Questi sforzi hanno trovato concretizzazione in una missione multinazionale di promovimento militare della

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pace dotata di un mandato multilaterale conferito dal Consiglio di sicurezza dell'ONU. Questo mandato rende giuridicamente vincolante l'impiego multilaterale.

Partecipando a esso, la Svizzera contribuisce quindi anche a dare attuazione al diritto internazionale. In quest'ottica, la Swisscoy non costituisce un contributo bilaterale a beneficio del Kosovo. Si inserisce nel contesto di uno sforzo multilaterale sotto forma di una missione multinazionale della NATO che è intesa a salvaguardare la pace e la stabilità in Kosovo. In altre parole, la KFOR esiste indipendentemente dal fatto che la Svizzera vi partecipi o meno.

La NATO è responsabile dell'attuazione della parte relativa alla sicurezza del mandato dell'ONU, dirige questa missione e prende le decisioni relative a dimensioni, struttura della KFOR, durata della missione, obiettivi e criteri di valutazione della situazione in materia di sicurezza, come pure alle ipotesi sugli sviluppi di quest'ultima. Come spiegato sopra (n. 6.2), la NATO ha stabilito quattro criteri per determinare se la situazione permette di ridurre le capacità della KFOR. In veste di Paese contributore alla KFOR, la Svizzera partecipa alla definizione e alla valutazione dei criteri. Per il momento questi non sono soddisfatti e la NATO ritiene che non lo saranno nemmeno in un'ottica di medio termine. Il nostro Collegio condivide questa valutazione.

Indipendentemente da queste considerazioni e nella sua veste di Stato sovrano, la Svizzera può decidere in qualsiasi momento di ritirarsi dalla KFOR sulla base di criteri stabiliti in maniera unilaterale. In caso di ritiro unilaterale da parte della Svizzera, la KFOR si troverebbe a dover rinunciare a capacità importanti, tra cui gli elicotteri da trasporto e i mezzi del genio, difficilmente sostituibili. In più, la perdita di un partner neutrale come la Svizzera potrebbe comportare dei problemi, in particolare nelle regioni in cui determinati Paesi non sono accettati dai gruppi etnici locali. Inoltre un ritiro unilaterale avrebbe delle conseguenze importanti per la Svizzera per quanto riguarda la politica estera e la politica in materia di sicurezza. Con ogni probabilità, una simile decisione verrebbe accolta con scarsa comprensione dalla NATO e dai Paesi dell'UE. Sarebbe un segnale di disimpegno della Svizzera dall'impegno
multilaterale inteso a stabilizzare il Kosovo e le sue zone limitrofe, mentre la NATO e gli altri Stati fornitori di truppe portano avanti il loro impegno. Un tale disimpegno sarebbe difficile da spiegare in considerazione del peggioramento della situazione in materia di sicurezza dovuto alla guerra in Ucraina. Oltretutto, un ritiro della Swisscoy si porrebbe in contrasto con l'intenzione del nostro Collegio di rafforzare la cooperazione con la NATO. Infine il ritiro della Swisscoy avrebbe delle ripercussioni sulle relazioni bilaterali che la Svizzera intrattiene con la Serbia e il Kosovo, i quali, vista la mancanza di progressi nel loro dialogo, percepiscono la KFOR come garante della loro sicurezza.

Sulla base di queste considerazioni, il nostro Consiglio ritiene che non siano opportuni né un ritiro della Svizzera dalla KFOR in un'ottica di medio termine né, per lo stesso motivo, l'adozione di criteri unilaterali con lo scopo di concludere l'impiego della Swisscoy. Il nostro Collegio riconosce la necessità di stabilire dei criteri al fine di valutare i progressi riscontrati sul campo e di adeguare di conseguenza il profilo della missione. In considerazione del carattere multilaterale dell'impiego, ritiene tuttavia che tali criteri non debbano essere stabiliti unilateralmente, bensì di concerto con gli

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Stati partner che partecipano alla missione, come avviene attualmente. Il nostro Consiglio ritiene che la partecipazione della Svizzera nella KFOR debba continuare a basarsi sui criteri e sulla valutazione in materia di sicurezza stabiliti dalla NATO e dagli Stati fornitori di truppe della KFOR, sull'attuazione del mandato dell'ONU come pure sull'interesse che la Svizzera nutre rispetto alla stabilità e alla sicurezza in una regione con la quale intrattiene legami particolari.

6.4

Strategie perseguite negli ambiti della sicurezza collettiva, della cooperazione allo sviluppo e della politica economica esterna

Gli ambiti della sicurezza collettiva, della cooperazione allo sviluppo e della politica economica ed esterna hanno una portata che va oltre la responsabilità e il campo d'azione della KFOR. In gran parte sono di competenza della cooperazione internazionale in ambito civile. Il consolidamento del funzionamento del Paese, lo sviluppo sostenibile, la cooperazione allo sviluppo, la politica economica esterna e l'adesione del Kosovo alle organizzazioni internazionali sono ambiti di intervento che dipendono soprattutto dall'impegno della comunità internazionale e della Svizzera nei settori della cooperazione e della diplomazia. Non rientrano direttamente nell'ambito di competenza della KFOR, la quale è garante della sicurezza e della stabilità in Kosovo e nella regione, come pure dell'integrità territoriale del Paese. Tuttavia ciò non significa che gli ambiti civile e militare del promovimento della pace siano indipendenti l'uno dall'altro. Infatti, senza l'impiego militare multilaterale della KFOR che crea le condizioni di sicurezza e stabilità indispensabili per attuare la cooperazione internazionale in ambito civile, non sarebbe possibile ottenere alcun progresso per quanto riguarda le questioni di interesse per la commissione.

Nel contesto della sua cooperazione civile con il Kosovo, la Svizzera partecipa attivamente agli sforzi internazionali a favore della pace, della stabilità e dello sviluppo del Paese. Parallelamente al suo impegno nel quadro del promovimento militare della pace in seno alla KFOR, dal 1998 la Svizzera ha sostenuto il Kosovo in ambito civile con un importo complessivo pari a circa 500 milioni di franchi. Ad oggi la Svizzera è il terzo partner in ordine di importanza nella cooperazione per il Kosovo.

6.4.1

Obiettivi della Svizzera nei settori del consolidamento del funzionamento dello Stato e dello sviluppo sostenibile e strategie perseguite negli ambiti della sicurezza collettiva, della cooperazione allo sviluppo e della politica economica esterna

Obiettivi e criteri nel settore del consolidamento del funzionamento dello Stato L'obiettivo della KFOR e quindi della Swisscoy è garantire l'integrità territoriale del Kosovo e salvaguardare la sicurezza e la stabilità nella regione e in Kosovo. Avendo riconosciuto il Kosovo come Stato sovrano e impegnandosi in seno alla KFOR, 30 / 38

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l'azione della Svizzera è in linea con la sua politica estera e la sua politica di sviluppo nella regione e persegue l'obiettivo di consolidare il funzionamento dello Stato kosovaro e delle sue istituzioni. Grazie al suo impegno in seno alla KFOR, la Svizzera contribuisce quindi allo sviluppo di un Kosovo stabile, democratico, multietnico e pacifico.

In questo contesto la presenza della KFOR e quindi del contingente svizzero soddisfa degli obiettivi essenziali, ovvero la conservazione di un contesto sicuro e protetto, la libertà di movimento per tutti i cittadini del Kosovo e l'agevolazione dell'integrazione euroatlantica dei Balcani occidentali, senza i quali non è possibile consolidare il funzionamento dello Stato. Qualsiasi ridimensionamento della KFOR dipende quindi strettamente dalla capacità del Kosovo di farsi carico autonomamente di una parte del mandato della KFOR. Nonostante dalla fine della guerra siano stati realizzati progressi significativi verso una tale autonomia e il Paese stia continuando a svilupparsi in questa direzione, due criteri di riferimento non legati direttamente alla politica di sviluppo sostenibile del Kosovo dovrebbero essere soddisfatti affinché lo Stato kosovaro possa occuparsi autonomamente di questi compiti: da un lato, la conclusione di un accordo di pace globale tra il Kosovo e la Serbia, dall'altro l'adesione del Kosovo alla NATO. Infatti, il conflitto tra il Kosovo e la Serbia rimane l'ostacolo principale alla realizzazione di questo obiettivo. Fino a quando persisterà questa controversia, l'economia della regione non potrà svilupparsi in maniera duratura e la pressione migratoria rimarrà elevata. È questa la ragione per cui la Svizzera nutre un elevato interesse affinché le relazioni tra i due Paesi si normalizzino.

Obiettivi e criteri nell'ambito dello sviluppo sostenibile secondo l'Agenda 2030 Basandosi sui suoi tre settori d'impiego, la strategia di cooperazione della Svizzera contribuisce ad attuare l'Agenda 2030 in Kosovo perseguendo gli obiettivi del rafforzamento della pace e della promozione di una società democratica e inclusiva, di uno sviluppo economico duraturo e dell'intensificazione delle misure di adeguamento e di prevenzione dei cambiamenti climatici. In questo modo la maggior parte degli interventi della Svizzera hanno una prospettiva di
lungo periodo e sostengono gli sforzi profusi dal Kosovo miranti a raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile formulati dall'ONU da qui al 2030.

La cooperazione svizzera opera in tutto il Paese, presso tutte le comunità etniche, allo scopo di rafforzare i legami all'interno della comunità e favorire lo sviluppo economico, sociale e democratico a livello locale e nazionale. Inoltre favorisce lo sviluppo di condizioni quadro favorevoli per le imprese e per la crescita del settore privato, il che va anche a beneficio della politica commerciale estera e anche degli investimenti dell'importante diaspora kosovara che vive in Svizzera.

Grazie al suo impegno, anche in seno alla KFOR, la Svizzera fornisce complessivamente un contributo allo sviluppo di un Kosovo stabile, democratico, multietnico e pacifico, una condizione essenziale per il processo di transizione e di integrazione europea del Kosovo e per la stabilità del Paese e della regione.

Strategia di sicurezza collettiva Tramite il suo contingente in seno alla KFOR, le sue attività diplomatiche e i suoi strumenti di cooperazione, la Svizzera s'impegna in maniera significativa nel settore 31 / 38

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della sicurezza collettiva in Kosovo. Sostiene in particolare il dialogo tra Belgrado e Pristina avviato dall'UE e che promuove la normalizzazione delle relazioni tra la Serbia e il Kosovo. Sulla base del Programma di cooperazione svizzera per il Kosovo 2022­2025, la Divisione Pace e diritti umani del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) sostiene la normalizzazione delle relazioni tra il Kosovo e la Serbia, contribuisce a migliorare i rapporti tra le comunità e il diritto delle comunità presenti in Kosovo e promuove la comprensione per l'elaborazione del passato da parte degli attori politici e dell'opinione pubblica. Inoltre, in seno all'OSCE la Svizzera partecipa attivamente alle discussioni relative alla situazione in materia di sicurezza in Kosovo e porterà avanti questi sforzi in veste di membro non permanente del Consiglio di sicurezza nel corso degli anni 2023 e 2024.

Strategia di cooperazione allo sviluppo Nell'ambito della cooperazione e dello sviluppo, la Svizzera ha adottato il Programma di cooperazione per il Kosovo 2022­202516 che è stato elaborato congiuntamente dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO), dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM) e dalla Segreteria di Stato del DFAE. Elaborato da tre dipartimenti federali, il programma adotta un approccio globale: sotto la direzione e il coordinamento dell'Ambasciata di Svizzera in Kosovo, gli uffici svizzeri collaborano per attuare il programma mediante partenariati tra gli organi governativi, la società civile e il settore privato del Paese. Il programma dispone di un budget di 86 milioni di franchi per il periodo 2022­2025 e formula i suoi obiettivi nei seguenti settori d'impiego: 1) governance democratica e pace; 2) sviluppo economico inclusivo, sostenibile e posti di lavoro dignitosi; 3) cambiamenti climatici, acqua e salute. Tratta quindi in larga misura i primi aspetti menzionati dalla CPS-N.

Strategia di politica economica esterna La Svizzera è il secondo maggior investitore straniero in Kosovo. Promuove le relazioni economiche bilaterali nel quadro dell'Accordo concernente la promozione e la protezione reciproca degli investimenti17 concluso con il Kosovo nel 2011. Nell'ambito delle sue attività di cooperazione, la Svizzera sostiene lo sviluppo
di condizioni quadro propizie per le imprese e la crescita del settore privato in Kosovo. Questo sostegno giova anche alla politica economica esterna della Svizzera, che nel 2021 è stata la sesta destinazione delle esportazioni kosovare. Inoltre gli scambi commerciali saranno stimolati dall'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio stipulato tra l'Associazione europea di libero scambio (AELS) e il Kosovo, negoziato sotto l'egida della Svizzera.

16 17

Il programma (in inglese) può essere consultato al seguente indirizzo: https://www.eda.admin.ch/deza/it/home/paesi/kosovo.html > Documenti Accordo del 27 ottobre 2011 tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica del Kosovo concernente la promozione e la protezione reciproca degli investimenti, RS 0.975.247.5.

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6.4.2

Sostegno agli sforzi del Kosovo per aderire alle organizzazioni internazionali

La Svizzera riconosce il Kosovo come Stato sovrano dal 2008 e sostiene la sua integrazione e la sua rappresentanza nelle organizzazioni internazionali e la sua adesione agli accordi multilaterali. Finora la posizione della Svizzera in questo ambito è stata definita caso per caso a seconda dell'importanza dell'organizzazione interessata e in base alla capacità del Kosovo di adempire agli obblighi che derivano da un'eventuale adesione.

Tramite il suo impegno di lunga durata nell'ambito della cooperazione internazionale, la Svizzera sostiene il Kosovo nell'attuazione delle riforme che sono fondamentali per la sua integrazione nella comunità internazionale. Tuttavia, un numero importante di Stati membri di organizzazioni internazionali alle quali Pristina desidera aderire, tra cui cinque Stati membri dell'UE, non riconoscono il Kosovo. Consapevole di questa circostanza, la Svizzera continuerà a impegnarsi a favore dell'integrazione del Kosovo nella comunità internazionale. Nel biennio 2023­2024 la Svizzera occuperà un seggio in seno al Consiglio di sicurezza dell'ONU che gli consentirà di adoperarsi a favore dell'integrazione internazionale del Kosovo.

7

Ripercussioni

7.1

Ripercussioni finanziarie

7.1.1

Costi dell'impiego

A causa degli sviluppi che possono influenzare i compiti e il contesto in cui opera la Swisscoy, i costi dell'impiego potrebbero variare nel corso del mandato anche se l'effettivo rimane costante. I compiti che necessitano soprattutto di elementi di fanteria, per esempio, generano costi meno elevati rispetto a compiti che richiedono componenti del genio e competenze particolari dei militari impiegati.

L'evoluzione dei costi nel corso degli ultimi anni dimostra che il numero di militari non è determinante. Nel 2020 l'impiego della Swisscoy è costato circa 38,2 milioni di franchi, a fronte di un effettivo massimo di 165 militari. Nel 2021 è costato circa 37,4 milioni di franchi, a fronte di un effettivo massimo che da 165 è passato a 195 militari nell'aprile del 2021.

Nonostante l'effettivo massimo nel 2021 fosse superiore a quello nel 2020, i costi dell'impiego sono diminuiti, essenzialmente a seguito dell'andamento della pandemia di COVID-19. Infatti, a partire dalla primavera del 2020 si sono rese necessarie spese aggiuntive per i rifornimenti, l'assistenza alla truppa e la logistica. Concretamente si sono resi necessari voli aggiuntivi per trasportare materiali sanitari nel settore d'impiego. A causa della chiusura delle frontiere è anche stato necessario sostituire trasporti su strada con voli aggiuntivi. Le restrizioni sanitarie che limitavano il numero di passeggeri per veicolo hanno reso necessari più spostamenti a terra. Inoltre è stato necessario pagare i giorni di vacanza non fruiti a causa della pandemia. Nel 2021 il miglioramento della situazione sanitaria si è riflesso sulle spese.

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È previsto che il budget corrispondente a un effettivo massimo di 195 militari passi da 40,9 milioni di franchi all'anno per il mandato in corso (2021­2023) a 45 milioni di franchi all'anno per il prossimo mandato (2024­2026). Questo aumento è necessario per le seguenti ragioni: ­

a seguito delle revisioni dell'ordinanza del 22 novembre 201718 concernente l'obbligo di prestare servizio militare e dell'ordinanza del DDPS del 30 novembre 201719 sul personale impiegato per la promozione della pace, il rafforzamento dei diritti dell'uomo e l'aiuto umanitario, che entreranno in vigore il 1° gennaio 2023, l'istruzione specifica all'impiego destinata ai militari ancora soggetti all'obbligo di prestare servizio militare svolta in Svizzera non potrà più essere effettuata mediante una convocazione basata su un ordine di marcia. Questa regolamentazione darà origine a spese aggiuntive pari a circa 1,7 milioni di franchi nel settore del personale (contratto di formazione) e a circa 200 000 franchi di costi d'esercizio (sussistenza e titoli di trasporto);

­

al fine di tenere conto del rincaro, tutti i settori di spesa sono stati aumentati del 5 per cento.

Le spese previste per l'impiego della Swisscoy con un effettivo massimo di 195 militari sono le seguenti: Rubrica

Effettivo max. di 195

Effettivo max. di 195

2021­2023

2024­2026

Noleggio di servizi aerei (in particolare voli di rifornimento)

3 525 000

3 700 000

Spese di base, materiale, rifornimento e restituzione, manutenzione, reclutamento

1 200 000

1 300 000

Costi d'esercizio, sussistenza, carburante, comunicazione

3 900 000

4 300 000

Personale

32 300 000

35 700 000

Costo totale annuo

40 925 000

45 000 000

Mandato

I costi dell'impiego sono coperti dal preventivo del DDPS (Difesa).

7.1.2

Costi dell'impiego in caso di rafforzamento del contingente per sostenere la KFOR

Se il nostro Collegio dovesse decidere di inviare un rinforzo del contingente di 30 militari al massimo per rispondere a un fabbisogno supplementare da parte della KFOR

18 19

RS 512.21 RS 172.220.111.91

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(cfr. n. 5.2.1), le spese previste per un anno aumenterebbero di 6,2 milioni di franchi e ammonterebbero a quanto segue: Rubrica

Effettivo max. di 225

Mandato

2024­2026

Noleggio di servizi aerei (in particolare voli di rifornimento)

3 700 000

Spese di base, materiale, rifornimento e restituzione, manutenzione, reclutamento

1 400 000

Costi d'esercizio, sussistenza, carburante, comunicazione

4 900 000

Personale

41 200 000

Costo totale annuo

51 200 000

I costi supplementari legati all'aumento dell'effettivo massimo del contingente nel corso del mandato sarebbero coperti dal preventivo della Difesa.

7.1.3

Costi supplementari in caso di rafforzamento del contingente per la logistica e la sicurezza

L'eventuale rafforzamento del contingente per una durata limitata per la manutenzione e la gestione delle infrastrutture oppure per l'eventuale aumento del livello di protezione avrebbe le seguenti conseguenze finanziarie: Rubrica

Durata presunta dell'impiego in loco Effettivo presunto del distaccamento Costi d'esercizio, sussistenza, carburante, comunicazione

Aumento per garantire i compiti di manutenzione e di gestione delle infrastrutture

Aumento per rinforzare il livello di protezione

max. 8 mesi

max. 4 mesi

max. 50 persone max. 20 persone 735 000

158 000

Spese di base, materiale, rifornimento e restituzione, manutenzione, reclutamento, infrastrutture

3 900 000

53 000

Personale

5 000 000

998 000

Costi supplementari per distaccamento, per impiego

9 653 000

1 209 000

I costi indicati in questa sede divengono effettivi soltanto se il Consiglio federale decide il rafforzamento corrispondente. Sarebbero anch'essi coperti dal preventivo della Difesa.

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7.2

Ripercussioni sull'effettivo di personale

Dall'inizio dell'impiego della Swisscoy, dei collaboratori assegnati al progetto completano l'organico del Centro di competenza SWISSINT. Questi impiegati civili hanno un contratto di lavoro stipulato per la durata del mandato della Swisscoy. I posti di lavoro in questione sono legati all'impiego della Swisscoy e verranno meno al termine di tale impiego. Gli impiegati assegnati al progetto si occupano principalmente delle attività di reclutamento, di gestione delle finanze, di pianificazione, di aiuto alla condotta, di rifornimento, di manutenzione e d'istruzione. Attualmente il loro effettivo corrisponde a 35 equivalenti a tempo pieno (FTE). Un eventuale aumento dell'effettivo massimo di 30 militari nel corso del mandato allo scopo di soddisfare esigenze supplementari della KFOR richiederebbe quattro posti FTE aggiuntivi finanziati dal preventivo ordinario dell'esercito.

Inoltre sei militari a contratto temporaneo forniscono sostegno per l'istruzione a Stans.

Si tratta di una necessità, dato che in un primo momento ciascun contingente deve raggiungere il livello d'addestramento militare dell'istruzione di reparto, poi seguire un'istruzione specifica alla funzione e infine imparare a conoscere le particolarità del settore d'impiego. Per l'istruzione dei contingenti sono necessari mezzi importanti, in quanto i contenuti devono essere adeguati continuamente in funzione dell'evoluzione della situazione in loco e della missione da portare a termine.

7.3

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni, per le città, gli agglomerati e le regioni di montagna

Il proseguimento dell'impiego della Swisscoy non comporta alcun cambiamento per il Cantone di Nidvaldo che ospita il Centro di competenza SWISSINT.

8

Rapporto con il programma di legislatura

Il progetto non è stato annunciato né nel messaggio del 29 gennaio 202020 sul programma di legislatura 2019­2023 né nel decreto federale del 21 settembre 202021 sul programma di legislatura 2019­2023. Tuttavia il presente decreto è in linea con l'obiettivo 11 del messaggio («La Svizzera si impegna per porre in atto riforme volte a rafforzare la cooperazione multilaterale, intensifica in modo mirato il proprio impegno nella collaborazione internazionale e si adopera a favore di condizioni generali ottimali quale Stato ospitante di organizzazioni internazionali») formulato nei termini seguenti: «La Svizzera si impegna a favore della pace e della sicurezza nel quadro di un ordinamento multilaterale regolato ed efficiente e contribuisce alla salvaguardia della sicurezza nazionale e al consolidamento della stabilità europea e internazionale»22. Il presente decreto è volto a prolungare l'impiego della Swisscoy in seno alla 20 21 22

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KFOR fino al 31 dicembre 2026 e permettere alla Svizzera d'interromperlo in qualsiasi momento.

9

Procedura di consultazione

Il progetto non è stato oggetto di una procedura di consultazione, dato che non è di ampia portata politica o finanziaria e non riguarda in misura considerevole i Cantoni ai sensi dell'articolo 3 capoverso 1 lettere d ed e della legge del 18 marzo 200523 sulla consultazione.

10

Aspetti giuridici

10.1

Costituzionalità e legalità

L'articolo 58 capoverso 2 della Costituzione federale (Cost.)24 definisce la missione dell'esercito come segue: «L'esercito serve a prevenire la guerra e contribuisce a preservare la pace; difende il Paese e ne protegge la popolazione. Sostiene le autorità civili nel far fronte a gravi minacce per la sicurezza interna e ad altre situazioni straordinarie. La legge può prevedere altri compiti». L'articolo 1 capoverso 4 LM25 precisa inoltre che l'esercito fornisce contributi per il promovimento della pace in ambito internazionale nel quadro dei suoi compiti.

La costituzionalità del servizio di promovimento della pace è già stata verificata e confermata a più riprese, a condizione che gli impieghi avvengano su base volontaria26. Le misure adottate per eseguire la missione e per proteggere i suoi membri, in particolare la questione dell'armamento, non sono aspetti pertinenti ai fini della valutazione della costituzionalità. Tuttavia il nostro Collegio è tenuto a verificare in ogni caso che l'impiego sia compatibile con i principi della politica estera e della politica di sicurezza, con il diritto della neutralità come pure con la politica di neutralità.

Le premesse per un impiego di promovimento della pace sono stabilite nell'articolo 66 LM: un tale impiego può essere ordinato sulla base di un mandato dell'ONU o dell'OSCE e deve essere conforme ai principi della politica estera e della politica di sicurezza della Svizzera; deve essere prestato da persone appositamente istruite al riguardo; la partecipazione avviene su base volontaria. Nel caso della Swisscoy queste condizioni sono soddisfatte: la KFOR agisce in applicazione della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU e il suo personale, che in via preliminare segue un'istruzione specifica presso il Centro di competenza SWISSINT, è composto esclusivamente da volontari.

23 24 25 26

RS 172.061 RS 101 RS 510.10 Cfr. in particolare il messaggio dell'8 settembre 1993 a sostegno della legge federale sull'esercito e l'amministrazione militare e del decreto federale sull'organizzazione dell'esercito, FF 1993 IV 1, n. 61; H. Meyer, St. Galler Kommentar zu Art. 58 BV, n. 37 (in tedesco).

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10.2

Competenza

Il nostro Consiglio, responsabile della politica estera e della politica di sicurezza, può ordinare impieghi di promovimento della pace e definire l'equipaggiamento e l'armamento necessari come pure altre misure. Dato che l'impiego della Swisscoy è armato, sono impiegati oltre 100 militari e la sua durata è superiore a tre settimane, il prolungamento proposto con il presente messaggio è soggetto all'approvazione da parte dell'Assemblea federale (art. 66b cpv. 4 LM).

10.3

Forma dell'atto

Il decreto federale costituisce un singolo atto dell'Assemblea federale previsto espressamente da una legge federale (art. 173 cpv. 1 lett. h Cost.). L'articolo 66b capoverso 4 LM prevede che l'approvazione da parte dell'Assemblea federale è necessaria per un impiego armato in cui sono impegnati più di 100 militari o la cui durata è superiore a tre settimane. I decreti federali sottostanno a referendum per quanto previsto dalla Costituzione o dalla legge (art. 141 cpv. 1 lett. c Cost.). Nella fattispecie, se né la Costituzione né la legge prevedono un referendum, l'atto assume la forma di un decreto federale semplice (art. 163 cpv. 2 Cost.).

10.4

Freno alle spese

Il progetto non contiene né nuove disposizioni in materia di sussidi né nuovi crediti d'impegno o limiti di spesa. Il progetto non sottostà pertanto al freno alle spese (art. 159 cpv. 3 lett. b Cost.).

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