16.083 Messaggio concernente l'approvazione dell'Accordo di Parigi sul clima del 21 dicembre 2016

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il progetto di decreto federale concernente l'approvazione dell'Accordo di Parigi sul clima.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

21 dicembre 2016

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Johann N. Schneider-Amman Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2016-2917

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Compendio Il decreto federale, sottoposto per approvazione alle Camere federali con il presente messaggio, crea i presupposti per la ratifica dell'Accordo di Parigi sul clima 1.

Per poter attuare quest'ultimo, si rende necessaria una revisione totale della legge sul CO2, che sarà sottoposta al Parlamento con un apposito messaggio. Con questo Accordo la Comunità internazionale degli Stati ha creato un regime giuridicamente vincolante, regolamentato e dinamico per il periodo successivo al 2020.

Con la ratifica del presente Accordo la Svizzera porterebbe avanti il proprio impegno internazionale nella lotta su scala mondiale ai cambiamenti climatici di origine antropica.

Situazione iniziale L'Accordo di Parigi, adottato il 12 dicembre 2015 nella capitale francese, è un accordo sul clima globale, giuridicamente vincolante e dinamico che impegna tutti i Paesi a ridurre gradualmente le proprie emissioni di gas a effetto serra e ad adottare misure per adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, nonché a orientare i flussi finanziari verso uno sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra e resistente ai cambiamenti climatici. In questo modo, assieme alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Convenzione sul clima) del 9 maggio 19922 e al Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Protocollo di Kyoto) dell'11 dicembre 19973, l'Accordo di Parigi è parte del regime climatico mondiale per la lotta ai cambiamenti climatici di origine antropica. Diversamente dalla Convenzione sul clima e dal Protocollo di Kyoto, l'Accordo di Parigi impegna per la prima volta tutte le Parti contraenti a formulare obiettivi concreti di riduzione delle emissioni e ad adottare misure nazionali per il loro conseguimento; in tal modo annulla in massima parte la rigida bipartizione tra Paesi in sviluppo e Paesi industrializzati tradizionali. L'Accordo di Parigi è un accordo globale che vincola tutti gli Stati conformemente alle proprie responsabilità e capacità attuali e future, e crea quindi un quadro di riferimento per contrastare efficacemente e a lungo termine i cambiamenti climatici e le loro conseguenze. L'Accordo è entrato in vigore il 4 novembre 2016, dopo che numerosi Paesi con significative emissioni di gas a effetto serra, compresi
Stati quali la Cina, l'India, gli Stati Uniti, nonché l'UE e alcuni Stati membri (ad es. la Francia e la Germania) l'hanno ratificato. Durante la prima Conferenza delle Parti, che ha avuto inizio a Marrakech a novembre 2016 e alla quale la Svizzera ha partecipato in qualità di Paese osservatore, è stato deciso che le direttive di attuazione saranno elaborate entro il 2018. I negoziati a riguardo inizieranno nel 2017. Per poter partecipare attivamente ai negoziati, la Svizzera dovrebbe ratificare l'Accordo di Parigi, diventandone Parte.

1

2 3

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La traduzione in italiano di «Paris Agreement», alla base del presente messaggio e coordinata con l'Italia, è «Accordo di Parigi». L'aggiunta «sul clima» serve solo a una migliore comprensione della tematica trattata.

RS 0.814.01 RS 0.814.011

Contenuto del progetto Il presente disegno di decreto federale ha per oggetto l'approvazione dell'Accordo di Parigi. Salvo decisione contraria, con l'approvazione del Parlamento e la ratifica dell'Accordo, l'obiettivo temporaneo di riduzione delle emissioni (Intended Nationally Determined Contribution, INDC), presentato il 27 febbraio 2015 al Segretariato dell'ONU sui cambiamenti climatici, diventa definitivo e un obiettivo nazionale (Nationally Determined Contribution, NDC). La Svizzera prevede di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 50 per cento rispetto al 1990, entro il 2030, computando a tale scopo in parte anche le riduzioni delle emissioni conseguite all'estero. Il conseguimento dell'obiettivo non è giuridicamente vincolante a livello internazionale, mentre lo è il fatto di adottare misure nazionali atte a raggiungerlo.

Con l'approvazione dell'Accordo di Parigi, la Svizzera è giuridicamente obbligata a presentare ogni cinque anni un obiettivo di riduzione delle emissioni più ambizioso del precedente e ad adottare le relative misure per attuare l'Accordo. Inoltre, come avveniva ai sensi della Convenzione sul clima, continuerà a riferire sull'evoluzione delle emissioni di gas a effetto serra, sulle misure di riduzione previste, nonché sui contributi per il finanziamento climatico internazionale. L'Accordo di Parigi e gli obiettivi di riduzione delle emissioni presentati ai sensi dello stesso vengono attuati nella legislazione nazionale in materia di CO2. A tale scopo è prevista una revisione totale della legge del 23 dicembre 2011 sul CO2 (RS 641.71), in particolare per sancirvi gli obiettivi e le misure dopo il 2020. Quanto all'adattamento ai cambiamenti climatici, già oggi la Svizzera ha ampiamente attuato gli impegni internazionali. Per fornire un contributo adeguato all'impegno comune dei Paesi per quanto concerne il finanziamento in ambito climatico, la Svizzera dovrà aumentare i fondi da essa mobilitati provenienti da fonti pubbliche e private.

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Messaggio 1

Punti essenziali del progetto

1.1

Emissioni globali e problematica dei cambiamenti climatici

La produzione e l'uso dei vettori energetici fossili, i trasporti, l'industria, le economie domestiche, la gestione dei rifiuti, nonché l'agricoltura e l'economia forestale (in particolare i dissodamenti) causano emissioni di gas a effetto serra di origine antropica. Queste compromettono l'equilibrio naturale dell'atmosfera, ripercuotendosi sul clima globale della Terra. Tra i gas a effetto serra di origine antropica regolamentati sotto il regime climatico attuale si annoverano il biossido di carbonio (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e sostanze sintetiche quali gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC), l'esafluoro di zolfo (SF 6) e il trifluoruro di azoto (NF3).

Da quando, nel 1988, è stato fondato il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), al quale partecipa anche la Svizzera, sono disponibili conoscenze scientifiche complete e aggiornate con cadenza regolare riguardo alle ripercussioni dei gas a effetto serra di origine antropica sulla natura e sull'uomo. Nel suo quinto rapporto di valutazione, pubblicato nel 2014, l'IPCC rafforza le sue precedenti constatazioni, traendo in particolare le seguenti conclusioni: ­

l'impatto delle attività dell'uomo sul sistema climatico è chiaro e le più recenti emissioni di gas a effetto serra di origine antropica sono le più elevate della storia. Gli ultimi cambiamenti climatici hanno conseguenze molto diffuse per i sistemi umani e naturali;

­

il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile e molti dei cambiamenti osservati a partire dagli anni Cinquanta non si erano verificati in precedenza per periodi di decine fino a migliaia di anni. L'atmosfera e l'oceano si sono riscaldati, le quantità di neve e di ghiaccio sono diminuite e il livello dei mari è cresciuto;

­

a riprova della loro sensibilità nei confronti di questa evoluzione climatica, negli ultimi decenni i sistemi naturali e umani e gli oceani hanno subito le conseguenze dei cambiamenti climatici, indipendentemente dalla loro causa.

La grande sfida che interessa i cambiamenti climatici di origine antropica è costituita dal fatto che le emissioni di gas a effetto serra, pur avendo un'origine locale e precisa, hanno però ripercussioni tangibili sul piano globale. In conformità con il quinto rapporto di valutazione dell'IPCC, dette ripercussioni si manifestano nei differimenti temporali dei periodi di pioggia e di siccità, nella costante crescita del livello dei mari, nonché nella più frequente comparsa di eventi meteorologici estremi, quali inondazioni, siccità e uragani. Dall'inizio delle misurazioni sistematiche la temperatura in Svizzera si è innalzata in modo decisamente superiore alla media e in futuro

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c'è da attendersi che le temperature saranno più elevate d'estate e d'inverno, e che si verificherà uno spostamento delle precipitazioni dall'estate all'inverno.

I cambiamenti climatici globali di origine antropica sono una problematica transfrontaliera. Per combatterli efficacemente devono quindi essere trovate soluzioni globali. Nell'attuale regime climatico internazionale Paesi emergenti quali la Cina, la Repubblica di Corea, Singapore o l'Arabia Saudita sono classificati quali «Paesi in sviluppo». Tuttavia, il rapido aumento delle emissioni in tali Paesi mostra che questa rigida suddivisione tra Paesi in sviluppo e Paesi industrializzati tradizionali non è più attuale: dal 2010, infatti, le emissioni annuali dei Paesi in sviluppo superano quelle dei Paesi industrializzati. L'IPCC parte inoltre dal presupposto che già dal 2025 le emissioni cumulate dei Paesi in sviluppo avranno eguagliato quelle dei Paesi industrializzati. A ciò si aggiunge che fra i dieci maggiori emettitori, sia in termini assoluti sia pro capite, vanno annoverati anche alcuni Paesi in sviluppo tradizionali.

Ciò mostra che la problematica globale relativa ai cambiamenti climatici di origine antropica può essere risolta soltanto coinvolgendo tutti gli Stati.

1.2

Convenzione sul clima e Protocollo di Kyoto: politica climatica internazionale fino al 2020

Nel 1992 la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in seguito denominata «Convenzione sul clima») è stata adottata quale prima risposta congiunta della Comunità internazionale degli Stati alla minaccia di cambiamenti climatici dovuti all'incremento di emissioni di gas a effetto serra, ed è entrata in vigore nel 19944. L'obiettivo principale consiste nello stabilizzare la concentrazione di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello che escluda ogni grave perturbazione del clima. Nel 2010 la Comunità internazionale degli Stati ha concretizzato quest'obiettivo sulla base di conoscenze scientifiche, stabilendo che l'aumento della temperatura media globale rispetto al livello del periodo preindustriale avrebbe dovuto essere al di sotto dei 2 gradi Celsius5. A Parigi tale obiettivo è stato integrato con l'impegno a intraprendere sforzi per ridurre il riscaldamento a 1,5 gradi Celsius.

La Convenzione sul clima contiene un impegno generale delle Parti contraenti ad adottare misure di riduzione delle emissioni e opera una suddivisione delle stesse tra Paesi in sviluppo e Paesi industrializzati (cfr. anche n. 1.1)6. Secondo questa bipartizione, Paesi emergenti quali la Repubblica di Corea, Singapore, l'Arabia Saudita e la Cina sono considerati «Paesi in sviluppo» e per quanto concerne le regole e gli impegni vengono di conseguenza trattati, ad esempio, alla stregua del Burundi o del Nepal, che appartengono ai Paesi meno sviluppati in assoluto. Riguardo alla riduzione delle emissioni, all'elaborazione dei relativi rapporti nonché al sostegno finanziario di misure che hanno un'incidenza sul clima nei Paesi in sviluppo, i Paesi indu4 5 6

La Convenzione sul clima, in vigore dal 21 marzo 1994, è stata ratificata da 196 Stati, tra cui la Svizzera il 10 novembre 1993 (RS 0.814.01).

Paragrafo 4 in 1/CP.16, una decisione delle Parti alla Convenzione sul clima.

Questa suddivisione si basa sull'elencazione dei Paesi industrializzati nell'allegato 1 della Convenzione sul clima. Di conseguenza, i Paesi industrializzati ai sensi della Convenzione sono considerati «Paesi allegato 1» e i Paesi in sviluppo «Paesi non allegato 1».

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strializzati hanno impegni maggiori e più incisivi rispetto a questi ultimi. La Convenzione sul clima non contiene tuttavia concreti obiettivi di riduzione delle emissioni specifici e vincolanti per i vari Paesi. Perciò, nel 1997 è stato approvato a Kyoto un protocollo aggiuntivo che, per i Paesi industrializzati tradizionali, comprende un impegno quantificato e giuridicamente vincolante per la riduzione delle emissioni. Il cosiddetto Protocollo di Kyoto è entrato in vigore nel 20057 e impegnava i Paesi industrializzati tradizionali (Stati membri dell'OCSE e Stati nati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica) per il periodo 2008­2012 a una riduzione media delle emissioni di gas a effetto serra del 5,2 per cento rispetto all'anno di riferimento 1990. Fatta eccezione per gli USA (nonostante l'intensa partecipazione ai negoziati del Protocollo di Kyoto gli Stati Uniti non lo hanno mai ratificato) nonché per alcuni Stati nati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica, tutti i Paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre le emissioni assolute quantificate. Il Canada aveva ratificato il Protocollo, dal quale si è tuttavia ritirato alla fine del 2012.

Quale Paese industrializzato, la Svizzera si era impegnata a un obiettivo di riduzione dell'8 per cento, che ha potuto essere raggiunto grazie a misure nazionali e al computo di certificati di riduzione delle emissioni conseguiti all'estero. Anche gli altri Paesi industrializzati hanno raggiunto i propri obiettivi durante il primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto e superato l'obiettivo di una riduzione media del 5,2 per cento. Queste riduzioni non sono tuttavia sufficienti per limitare il riscaldamento climatico globale a meno di 2 gradi Celsius, ovvero a 1,5 gradi Celsius, rispetto al periodo preindustriale, tanto più che nel frattempo le emissioni dei Paesi in sviluppo sono aumentate notevolmente.

Nel 2009, alla Conferenza di Copenaghen sul clima non è stato raggiunto un accordo globale con norme e obiettivi di riduzione delle emissioni per tutti i Paesi per il periodo successivo al 2012. Tuttavia, un anno più tardi, ai sensi della Convenzione sul clima, è stato possibile adottare un regime valido fino al 2020 che invita tutti gli Stati ad annunciare volontariamente un obiettivo di limitazione o di riduzione delle emissioni nonché,
specialmente per Paesi in sviluppo, opportune azioni di mitigazione nazionali (Nationally Appropriate Mitigation Actions, NAMA). Inoltre, sono stati istituiti nuovi meccanismi di verifica di questi obiettivi. In virtù di questo sistema di annuncio volontario e di verifica8 viene coperto circa l'80 per cento delle emissioni mondiali. Questi obiettivi sono però vincolanti meramente dal punto di vista politico e non giuridico.

Alla fine del 2011 le Parti al Protocollo di Kyoto si sono accordate per un secondo periodo di impegno 2013­2020 con nuovi obblighi quantificabili per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e un anno più tardi lo hanno formalizzato con l'adozione dell'emendamento di Doha9 al Protocollo di Kyoto. Oltre alla Svizzera, tra i 37 Paesi che hanno contratto nuovi impegni figurano gli Stati membri dell'Unione europea (UE-28), l'Islanda, il Liechtenstein, Monaco, la Norvegia, l'Australia, la Bielorussia, il Kazakistan e l'Ucraina. Questi Paesi sono responsabili del 14 per cento delle emissioni mondiali e le riduzioni da essi annunciate entro il 2020 ammontano in media al 18 per cento rispetto al 1990. Per il periodo 2013­2020 7 8 9

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RS 0.814.011. La Svizzera ha ratificato il Protocollo di Kyoto il 9 luglio 2003.

In inglese: Pledge and Review.

unfccc.int/files/kyoto_protocol/application/pdf/kp_doha_amendment_english.pdf

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la Svizzera si è impegnata a una riduzione media del 15,8 per cento rispetto al 1990.

L'obiettivo di una riduzione del 20 per cento entro il 2020, sancito nella revisione della legge del 23 dicembre 201110 sul CO2, vale per l'anno 2020, mentre l'obiettivo di riduzione del Protocollo di Kyoto si riferisce all'intero bilancio delle emissioni negli anni 2013­2020. Poiché il valore soglia di 144 ratifiche non è ancora stato raggiunto, l'emendamento di Doha non è ancora entrato in vigore.

1.3

Politica climatica internazionale per il periodo successivo al 2020: origine del mandato e risultato dei negoziati

Già durante il primo periodo d'impegno del Protocollo di Kyoto è emerso che l'obiettivo della limitazione dell'aumento della temperatura globale a meno di 2 gradi Celsius, ovvero a 1,5 gradi Celsius, non è conseguibile con le misure previste. La distinzione tra Paesi industrializzati e Paesi in sviluppo tradizionali e l'impegno unilaterale di quantificazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni solo per i Paesi industrializzati hanno quale conseguenza che, anche in ragione dell'astensione di alcuni Paesi industrializzati (USA, Russia, Canada), con il secondo periodo d'impegno del Protocollo di Kyoto è coperto soltanto il 14 per cento delle emissioni mondiali. La ripresa economica nei Paesi in sviluppo e nei Paesi emergenti ne ha fatto crescere molto le emissioni. Al tempo stesso in questi Paesi sono aumentate anche le capacità di adottare misure concrete ed effettive contro la crescita incontrollata delle emissioni.

Contestualmente alla decisione formale per un secondo periodo d'impegno del Protocollo di Kyoto, nel 2011 le Parti alla Convenzione sul clima nell'ambito del mandato di Durban11 hanno deciso di negoziare un protocollo, uno strumento giuridico o un accordo con effetto giuridico che comprenda tutti gli Stati e di adottarlo al più tardi entro la fine del 201512.

Il 12 dicembre 2015 nella capitale francese è stato possibile concludere con successo i negoziati con l'adozione dell'Accordo di Parigi13. 186 Paesi e l'UE hanno sottoscritto l'Accordo; esso entra in vigore non appena 55 Parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che sono responsabili di almeno il 55 per cento delle emissioni mondiali, hanno depositato i propri strumenti di ratifica. Il 5 ottobre 2016 sono stati raggiunti i due valori soglia, poiché in quella data 74 Paesi, responsabili del 58,82 per cento delle emissioni globali, hanno ratificato l'Accordo.

Esso è quindi entrato in vigore il 4 novembre 2016 e la prima Conferenza delle Parti ha avuto inizio nel novembre del 2016 durante la Conferenza sul clima a Marrakech.

La velocità con la quale è stato ratificato ed è entrato in vigore dopo la sua adozione testimonia l'importanza che viene attribuita all'Accordo di Parigi e alla lotta comune ai cambiamenti climatici di origine antropica.

10 11 12 13

RS 641.71 In inglese: Durban Mandate.

Paragrafi 2 e 4 nella decisione 1/CP.17 (FCCC/CP/2011/9/Add.1).

In inglese: Paris Agreement.

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L'Accordo di Parigi contiene i seguenti elementi centrali: ­

gli obiettivi a lungo termine comuni per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, per l'adattamento ai cambiamenti climatici e per l'orientamento dei flussi finanziari verso uno sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra e resistente ai cambiamenti climatici;

­

l'impegno a presentare e illustrare con cadenza regolare obiettivi di riduzione delle emissioni più ambiziosi dei precedenti;

­

l'ammissione di certificati di riduzione delle emissioni esteri per il conseguimento degli obiettivi;

­

il rafforzamento dell'adeguamento ai cambiamenti climatici, fra l'altro presentando piani e obiettivi di adattamento nazionali;

­

il riconoscimento e il rafforzamento di meccanismi esistenti di prevenzione e riduzione di perdite e danni14;

­

la prosecuzione dell'impegno dei Paesi industrializzati a sostenere finanziariamente le misure di riduzione delle emissioni e di adattamento dei Paesi in sviluppo, e l'invito ad altri Paesi che ne sono in grado a fare lo stesso;

­

l'istituzione di un sistema di reporting e di verifica migliorato in merito alle misure in favore del clima per tutti i Paesi, in grado di considerarne le differenti capacità;

­

la redazione di un bilancio periodico in merito agli sforzi globali volti a ridurre le emissioni, all'adattamento e al sostegno; basandosi su questo bilancio, gli Stati dovranno formulare nuovi obiettivi più ambiziosi (meccanismo di ambizione).

L'Accordo incarica inoltre la Conferenza delle Parti di elaborare norme specifiche per l'attuazione, segnatamente per calcolare le emissioni di gas a effetto serra, per garantire l'integrità ambientale e per evitare il doppio computo di riduzioni di gas a effetto serra nell'utilizzo di meccanismi di mercato, nonché per l'obbligo di presentare un rapporto e di verifica.

1.4

Valutazione

L'Accordo di Parigi è una pietra miliare nello sviluppo della politica ambientale e climatica internazionale e crea un quadro giuridicamente vincolante, solido e dinamico per un futuro costante aumento degli sforzi di tutti i Paesi al fine di ridurre le emissioni di gas a effetto serra globali. Il regime climatico dopo il 2020 rispecchia così la situazione attuale e lo sviluppo futuro. L'Accordo è il primo accordo globale che impegna tutti gli Stati, in base alle loro responsabilità e capacità, ad adottare misure concrete per la riduzione di tali emissioni e l'adattamento ai cambiamenti climatici. Contiene elementi atti a ridurre gradualmente le emissioni di gas a effetto serra globali, si basa per la prima volta su principi comuni a tutti gli Stati e contiene una visione condivisa per la riduzione delle emissioni, per l'adattamento ai cambia14

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In inglese: Loss and Damage.

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menti climatici e per l'orientamento dei flussi finanziari verso sviluppi a basse emissioni di gas a effetto serra e resistenti ai cambiamenti climatici. Nel complesso si può affermare che il superamento della rigida bipartizione tra Paesi in sviluppo e Paesi industrializzati raggiunto con l'Accordo è fondamentale per affrontare in maniera efficace la questione climatica.

L'Accordo di Parigi sul clima è conforme agli obiettivi universali di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG)15 adottati dagli Stati membri dell'ONU a settembre 2015. Il tredicesimo obiettivo, relativo alla lotta ai cambiamenti climatici e all'adattamento alle ripercussioni di questi ultimi, corrisponde, di fatto, all'Accordo di Parigi.

1.5

Ruolo della Svizzera nei negoziati

Durante i negoziati la Svizzera si è adoperata in favore di un accordo giuridicamente vincolante, dinamico e solido che tenga conto delle effettive capacità e responsabilità. Un punto importante è stato inoltre che gli obiettivi di riduzione delle emissioni definiti a livello nazionale possono essere raggiunti anche mediante sforzi compiuti all'estero. Nel farlo occorre garantire l'integrità ambientale di questi ultimi ed escluderne il doppio computo (sia nel Paese investitore sia nel Paese ospitante). La delegazione svizzera si è inoltre adoperata per norme in materia di trasparenza incisive e vincolanti e ha respinto nuovi impegni finanziari specifici giuridicamente vincolanti.

I suoi obiettivi sono stati raggiunti. La Svizzera ha partecipato attivamente ai negoziati, in vari ambiti ha influito in modo determinante sul risultato e ha anche facilitato l'apertura di importanti canali negoziali.

1.6

Posizioni di altri Paesi

L'UE, la Norvegia e diversi Paesi in sviluppo progressisti hanno, in linea di massima, difeso gli stessi interessi della Svizzera. Già nel 2011 a Durban la coalizione di questi Paesi aveva raggiunto la decisione del mandato negoziale per l'Accordo di Parigi. Successivamente al fallimento della Conferenza di Copenaghen sul clima nel 2009, anche gli Stati Uniti, sotto l'amministrazione Obama, si sono impegnati a favore di un nuovo accordo sul clima comprendente tutti i Paesi. Gli Stati Uniti volevano in particolare assicurare che il nuovo accordo istituisse un regime che non li svantaggiasse rispetto alla Cina e abolisse la rigida bipartizione della Convenzione sul clima. Assieme al gruppo di Paesi in sviluppo aventi idee affini16, la Cina si è lungamente adoperata in maniera assai decisa per un mantenimento della bipartizione e contro qualsivoglia impegno vincolante per i Paesi in sviluppo. Soltanto negli ultimi mesi prima della Conferenza sul clima a Parigi la posizione della Cina è passata da un'insistenza sulla bipartizione a un atteggiamento orientato al compromesso. La disponibilità degli Stati Uniti e della Cina a impegnarsi dal 2020 per un nuovo regime nell'ambito del quale, di massima, valgano le medesime regole per 15 16

sustainabledevelopment.un.org > SDGs In inglese: Like-minded developing countries LMDC.

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tutti e che prenda in considerazione le differenti capacità dei Paesi, ha contribuito in modo decisivo all'adozione dell'Accordo di Parigi. La netta maggioranza dei Paesi riconosce la necessità di un regime climatico globale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ed è disposta a impegnarsi di conseguenza.

1.7

Rapporto con la Convenzione sul clima e con il Protocollo di Kyoto

L'Accordo di Parigi è stato negoziato tra gli Stati parte alla Convenzione sul clima e, come il Protocollo di Kyoto, è un elemento dell'architettura della Convenzione stessa. Quest'ultima, con gli obiettivi e impegni che vi sono sanciti, rimane come quadro generale. L'Accordo di Parigi copre i medesimi ambiti della Convenzione.

Di conseguenza, può essere interpretato come un'estensione e una concretizzazione degli impegni sanciti dalla Convenzione. L'Accordo disciplina inoltre ampiamente gli sforzi di riduzione delle emissioni di tutti i Paesi per il periodo successivo al 2020 e dunque anche dei Paesi industrializzati con impegni ai sensi del Protocollo di Kyoto. L'Accordo di Parigi si riallaccia pertanto al Protocollo di Kyoto.

1.8

Diritto comparato e rapporto con il diritto europeo

Con la ratifica dell'Accordo di Parigi, la Svizzera e l'UE contraggono impegni paragonabili. Gli Stati membri dell'UE hanno accelerato i processi di adozione dell'Accordo e l'UE, nonché vari Stati membri (tra cui la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e la Polonia), lo hanno già ratificato. L'approvazione dell'Accordo è dunque in linea con il diritto europeo.

1.9

Risultati della consultazione

L'approvazione dell'Accordo è stata sottoposta a discussione nell'ambito del progetto per la consultazione «Politica climatica della Svizzera» assieme ai progetti, strettamente correlati dal punto di vista tematico, relativi all'accordo bilaterale con l'UE sul collegamento dei sistemi per lo scambio di quote di emissioni e alla revisione totale della legge sul CO2 per il periodo successivo al 2020. Durante la consultazione svoltasi dal 31 agosto al 30 novembre 2016 sono pervenuti 246 pareri, dai quali è chiaramente emersa la volontà che la Svizzera ratifichi l'Accordo. Più della metà dei partecipanti si è espressa a favore dell'obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2030. Tra i pareri contrari, taluni chiedono che l'obiettivo sia più elevato, mentre altri che lo sia meno. Nel presente messaggio sono tenuti in considerazione tutti i riscontri pervenuti entro il 7 dicembre 201617.

17

274

www.admin.ch > Diritto federale > Procedure di consultazione concluse > 2016 > DATEC

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2

Commento ai singoli articoli dell'Accordo e alla decisione della Conferenza delle Parti (1/CP.21)18

Preambolo Il preambolo descrive la situazione iniziale. Esso pone l'Accordo di Parigi a confronto con la Convenzione sul clima, mette in evidenza la minaccia diretta derivante dai cambiamenti climatici globali e conferma gli obiettivi prioritari quali, ad esempio, la protezione e la salvaguardia delle basi naturali della vita, la considerazione dei diritti e delle necessità delle persone e delle società, compresi quelli delle più povere e vulnerabili. Il preambolo sottolinea inoltre l'urgenza di una maggiore azione comune di tutti compatibilmente alla loro responsabilità e possibilità, e in linea con uno sviluppo sostenibile.

Art. 1

Definizioni19

L'articolo 1 contiene definizioni che sono importanti per l'Accordo di Parigi. Inoltre, si applicano le definizioni contemplate nell'articolo 1 della Convenzione sul clima.

Art. 2

Obiettivi a lungo termine comuni

L'Accordo di Parigi mira a rafforzare l'impegno globale per proteggere il clima e definisce a tale scopo tre obiettivi a lungo termine comuni: ­

l'aumento della temperatura globale va limitato nettamente sotto i 2 gradi Celsius rispetto al livello preindustriale e andrebbero intrapresi sforzi per limitarlo a 1,5 gradi Celsius, riconoscendo anche che maggiori riduzioni delle emissioni diminuiscono sensibilmente gli effetti e i rischi dei cambiamenti climatici;

­

la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici va aumentata e vanno promossi la resistenza di ecosistemi e società alle ripercussioni e uno sviluppo a basse emissioni;

­

i flussi finanziari vanno orientati in modo tale che siano in linea con sviluppi a basse emissioni di gas a effetto serra e resistenti ai cambiamenti climatici.

In questo modo l'Accordo di Parigi lancia per la prima volta un chiaro segnale che i flussi finanziari privati e pubblici, nonché nazionali e internazionali devono passare da investimenti in energie fossili a investimenti rispettosi del clima.

Diversamente dalla Convenzione sul clima, l'Accordo di Parigi contiene per la prima volta obiettivi che riguardano non soltanto le riduzioni delle emissioni, bensì anche l'adattamento ai cambiamenti climatici e l'orientamento dei flussi finanziari.

Quali principi per l'attuazione dell'Accordo valgono il concetto dell'equità e il principio delle responsabilità comuni, ma differenti, e delle rispettive capacità, alla 18 19

unfccc.int/resource/docs/2015/cop21/eng/10a01.pdf#page=2 I titoli servono alla migliore comprensione del contenuto dei rispettivi articoli. Gli articoli del testo originale inglese e della traduzione in italiano non hanno nessun titolo.

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luce delle diverse circostanze nazionali. Con il rinvio alle specificità di queste ultime s'intende superare la rigida bipartizione tra Paesi industrializzati e Paesi in sviluppo tradizionali per ampie parti dell'Accordo.

Art. 3

Impegno generale

Questo articolo contiene l'impegno generale di tutti gli Stati a intraprendere sforzi ambiziosi nei rispettivi settori dell'Accordo e a intensificarli nel tempo. Occorre considerare che i Paesi in sviluppo necessitano di sostegno per l'attuazione.

L'obbligo di fornire sostegno non viene tuttavia limitato ai Paesi industrializzati tradizionali, bensì formulato in termini generici.

Art. 4

Riduzione dei gas a effetto serra

Questo articolo comprende gli impegni volti a ridurre i gas a effetto serra e stabilisce le relative regole.

Nel primo paragrafo si concretizza l'obiettivo a lungo termine per la limitazione del riscaldamento globale. Occorre raggiungere il prima possibile il massimo delle emissioni cumulative globali; in linea con le più recenti conoscenze scientifiche, s'intende quindi perseguire una rapida riduzione delle emissioni. Questa è possibile solo se riducono le proprie emissioni anche i Paesi in sviluppo, al momento responsabili di oltre il 50 per cento delle emissioni globali. Per conseguire l'obiettivo di un riscaldamento massimo nettamente inferiore ai 2 gradi Celsius, ovvero pari a 1,5 gradi Celsius, nella seconda metà del corrente secolo è necessario raggiungere un equilibrio tra le fonti e i bacini di assorbimento di carbonio (tra questi ultimi figurano, ad esempio, foreste e oceani che assorbono CO2 dall'atmosfera, contrastando così i cambiamenti climatici) di emissioni. Ciò significa che per raggiungere tale equilibrio va assorbito più CO2 dall'atmosfera di quanto possa esservene immesso.

L'elemento centrale di questo articolo è l'obbligo legale di tutti gli Stati di presentare ogni cinque anni a livello internazionale un obiettivo di riduzione delle emissioni stabilito sul piano nazionale. Diversamente da quanto previsto dal Protocollo di Kyoto, il conseguimento dell'obiettivo è vincolante soltanto dal punto di vista politico. Riguardo all'obiettivo stabilito a livello nazionale, gli Stati sono però tenuti ad adottare misure nazionali volte a ridurre i gas a effetto serra. Devono inoltre attenersi alle regole, ancora da definire dalle Parti, per la spiegazione, il computo, la comunicazione e la verifica degli obiettivi. Soprattutto, gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti a livello nazionale devono essere quantificabili. La spiegazione dell'obiettivo deve comprendere tutte le informazioni necessarie per la chiarezza e la comprensione20. Inoltre, per la prima volta tutti gli Stati sono tenuti a rispettare norme comuni per il calcolo delle proprie emissioni21. Primi principi sono stati già stabiliti nelle decisioni concernenti l'Accordo di Parigi22. Le Parti devono presentare ogni cinque anni un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni che superi il precedente e rappresenti la massima prestazione di riduzione possibile di volta in volta.

20 21 22

276

In inglese: Information to facilitate clarity, transparency and understanding.

Cosiddette norme di computo. In inglese: Accounting Rules.

Cfr. decisione 1/CP.21 paragrafi 31 e 32.

FF 2017

Gli Stati industrializzati devono rispettare il loro ruolo di precursori, continuando a formulare obiettivi assoluti sull'insieme dell'economia. In cambio, anche i Paesi in sviluppo sono esortati a fissare progressivamente obiettivi sull'insieme dell'economia. Ai Paesi più poveri23 viene concesso un certo margine di discrezionalità per l'attuazione. I Paesi in sviluppo ricevono un sostegno per l'attuazione di questo articolo, ma ancora una volta la cerchia dei donatori non è stata deliberatamente limitata ai Paesi industrializzati tradizionali.

Al più tardi con la ratifica dell'Accordo gli Stati dovranno presentare a livello internazionale il primo obiettivo di riduzione per il periodo dopo il 2020. Se uno Stato, come la Svizzera, ha già comunicato un obiettivo di riduzione provvisorio (Intended Nationally Determined Contribution, INDC24), e se non lo modifica, esso viene confermato, senza dover aumentare la prestazione di riduzione prevista, con la ratifica dell'Accordo. Gli Stati che hanno annunciato un obiettivo fino al 2025, devono presentare entro il 2020 un nuovo obiettivo per il periodo 2025­2030. Gli Stati sono giuridicamente obbligati a presentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni sempre da 9 a 12 mesi prima della relativa Conferenza delle Parti (ossia per l'obiettivo di riduzione delle emissioni del 2025­2030 ciò corrisponde da 9 a 12 mesi prima della Conferenza nel 2020). Gli Stati vengono inoltre esortati a sviluppare e a comunicare a livello internazionale strategie a lungo termine per uno sviluppo a basse emissioni entro il 2020.

Il 27 febbraio 2015, sulla base del decreto del Consiglio federale del 19 novembre 2014 e previa approvazione parlamentare, la Svizzera ha presentato al Segretariato dell'ONU sui cambiamenti climatici un obiettivo di riduzione provvisorio per il periodo successivo al 2020 (INDC)25. La Svizzera aveva annunciato di ridurre, entro il 2030, le emissioni di gas a effetto serra del 50 per cento rispetto al 1990, utilizzando a tale scopo in parte anche riduzioni delle emissioni conseguite all'estero.

Nella media degli anni 2021­2030 l'obiettivo menzionato corrisponde a una riduzione del 35 per cento rispetto al 1990. Inoltre, nel proprio INDC la Svizzera prospetta un obiettivo indicativo di riduzione complessiva compreso tra il 70 e l'85 per cento rispetto
al 1990, utilizzando in parte anche riduzioni delle emissioni conseguite all'estero. Salvo diversa decisione, con la ratifica dell'Accordo di Parigi da parte della Svizzera diventa definitivo l'obiettivo di riduzione, annunciato a livello internazionale, di dimezzare entro il 2030 le emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990, utilizzando in parte anche certificati di riduzione delle emissioni esteri. Il conseguimento degli obiettivi, tuttavia, non è giuridicamente vincolante, mentre lo è l'attuazione di misure a livello nazionale.

La Svizzera ha comunicato a livello internazionale che intende conseguire l'obiettivo di ridurre le proprie emissioni entro il 2030 del 50 per cento rispetto al 1990 principalmente mediante misure nazionali. L'entità esatta non è stata comuni-

23 24

25

Least Developed Countries (LDCs) e Small Island Developing States (SIDS).

In preparazione dell'approvazione dell'Accordo di Parigi, alla Conferenza sul clima a fine 2013 tutti gli Stati sono stati invitati a comunicare già nel 2015 un obiettivo di riduzione provvisorio per il periodo successivo al 2020.

www.unfccc.int > UNFCCC process and meetings > INDC Portal > Submitted INDC > Switzerland

277

FF 2017

cata a livello internazionale. Questa quota sarà stabilita nell'ambito della revisione totale della legge sul CO2.

Art. 5

Bacini e serbatoi di assorbimento di gas a effetto serra

L'articolo 5 riconosce il ruolo centrale di bacini e serbatoi di assorbimento di carbonio, compreso quello delle foreste. Gli Stati vi vengono invitati a conservarli e migliorarli, nonché ad adottare misure nell'ambito delle linee guida e degli strumenti esistenti per l'utilizzo dei suoli e le foreste, volte in particolare a ridurre le emissioni derivanti dalla deforestazione e dal degrado delle foreste26.

Art. 6

Meccanismi di mercato e approcci cooperativi

L'Accordo di Parigi ammette esplicitamente le riduzioni delle emissioni ottenute all'estero per conseguire l'obiettivo stabilito a livello nazionale, purché siano integre sotto il profilo ambientale e trasparenti, contribuiscano allo sviluppo sostenibile ed evitino doppi conteggi di riduzioni delle emissioni. L'Accordo di Parigi offre a tale scopo all'articolo 6 due possibilità: da un lato, attraverso la cooperazione volontaria tra Paesi, ad esempio con accordi plurilaterali o bilaterali, a condizione che essi adempiano i presupposti summenzionati. Dall'altro, riduzioni delle emissioni realizzate all'estero possono avvenire attraverso un meccanismo di mercato multilaterale con norme specifiche ai sensi dell'Accordo di Parigi. Norme dettagliate riguardanti standard e computo saranno ancora oggetto di negoziati nei prossimi anni. I punti cardine sono stati tuttavia già stabiliti nella decisione di Parigi: in particolare va evitato il doppio conteggio attraverso l'indicazione di riduzioni trasferite nell'inventario dei gas a effetto serra, e le riduzioni delle emissioni attraverso il meccanismo di mercato devono essere effettive, misurabili, di lungo periodo e addizionali.

L'Accordo fissa poi un quadro generale per gli approcci non di mercato.

Diversamente da quanto previsto dal Protocollo di Kyoto, l'Accordo di Parigi consente quindi non soltanto approcci multilaterali, bensì anche bilaterali e plurilaterali e stabilisce già le prime norme basilari a tal fine.

Art. 7

Adattamento ai cambiamenti climatici

L'articolo 7 considera l'adattamento ai cambiamenti climatici come una sfida globale e dunque come elemento centrale della risposta a lungo termine a tali cambiamenti nell'ambito dell'Accordo.

Il primo paragrafo stabilisce l'obiettivo qualitativo globale di aumentare la capacità di adattamento, di rafforzare la resilienza e di ridurre la vulnerabilità rispetto alle ripercussioni dei cambiamenti climatici.

Si riconosce che l'adattamento è un processo specifico ai vari Paesi e che misure rafforzate di riduzione delle emissioni riducono la necessità di adattamento. Gli Stati devono intensificare le cooperazioni esistenti nei settori dello scambio d'informazioni, degli accordi istituzionali e delle conoscenze scientifiche, ivi inclusi i settori della

26

278

In inglese: Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation (REDD+).

FF 2017

ricerca e del monitoraggio sistematico del clima, nonché del sostegno ai Paesi in sviluppo nell'identificazione di misure di adattamento efficaci.

L'articolo obbliga tutte le Parti contraenti a pianificare e ad attuare misure di adattamento. Inoltre, le Parti contraenti sono tenute a presentare le pianificazioni e ad aggiornarle con cadenza regolare. I Paesi in sviluppo ricevono sostegno per l'attuazione di questo articolo. Anche in questo caso, l'obbligo di fornire un simile sostegno non è limitato ai Paesi industrializzati.

Art. 8

Riduzione di perdite e danni

Questo articolo riconosce l'importanza di affrontare, impedire e ridurre perdite e danni a causa delle ripercussioni dei cambiamenti climatici. In proposito, il Meccanismo internazionale di Varsavia per le perdite e i danni27 deve servire all'Accordo di Parigi ed essere rafforzato. Alla Conferenza sul clima a Parigi è stato stabilito esplicitamente che l'articolo 8 non costituisce una base per responsabilità o domande di compensazione28.

Art. 9

Finanziamento

L'Accordo ripete l'obbligo legale ai sensi della Convenzione sul clima secondo il quale i Paesi industrializzati devono sostenere finanziariamente i Paesi in sviluppo nelle loro misure di riduzione delle emissioni e in quelle di adattamento. L'articolo 9 paragrafo 2 invita per la prima volta anche altri Paesi a fornire volontariamente sostegno finanziario. In questo modo anche i Paesi emergenti sono invitati a fornire un contributo per il sostegno ai Paesi più poveri. Nel mettere a disposizione risorse finanziarie si deve perseguire un sostegno equilibrato di misure di riduzione delle emissioni e di adattamento.

La mobilitazione di investimenti da fonti pubbliche e private è ora compito di tutti i Paesi. Gli sforzi a tal fine dovranno aumentare nel tempo. I Paesi industrializzati dovranno però continuare a svolgere un ruolo esemplare. L'obiettivo comune perseguito dai Paesi industrializzati di mobilitare dal 2020 annualmente 100 miliardi di dollari USA di fondi da fonti pubbliche e private, è stato confermato fino al 2025 per decisione della Conferenza delle Parti a Parigi. Per il periodo successivo al 2025 è stato prospettato un nuovo obiettivo, almeno comparabile. Dal punto di vista della Svizzera anche i Paesi emergenti dovranno allora impegnarsi a fornire contributi a questo nuovo obiettivo di finanziamento ancora da formulare.

I Paesi industrializzati sono giuridicamente obbligati a fornire ogni due anni informazioni quantitative e qualitative indicative in merito al loro sostegno finanziario ai Paesi in sviluppo, nonché ai fondi mobilitati a favore di misure di riduzione delle emissioni e di adattamento nei Paesi in sviluppo. Anche i Paesi non industrializzati che mettono a disposizione risorse finanziarie vengono incoraggiati a divulgare volontariamente queste informazioni.

27 28

In inglese: Warsaw International Mechanism for Loss and Damage (WIM L&D).

Cfr. 1/CP.21, paragrafo 51.

279

FF 2017

Il meccanismo di finanziamento della Convenzione sul clima serve anche da meccanismo di finanziamento dell'Accordo di Parigi.

Art. 10

Sviluppo e trasferimento di tecnologie

L'Accordo di Parigi rileva che lo sviluppo e il trasferimento di tecnologie rivestono un ruolo primario per rafforzare la resistenza dei Paesi contro le ripercussioni negative dei cambiamenti climatici e per ridurre il rilascio di gas a effetto serra. Per sfruttare fino in fondo il potenziale di sviluppo e trasferimento di tecnologie, i Paesi vengono esortati a una più stretta cooperazione.

Il meccanismo tecnologico della Convenzione già istituito deve servire all'attuazione dell'Accordo di Parigi. Alle nuove disposizioni riguardanti lo sviluppo e il trasferimento di tecnologie non sono connesse nuove richieste finanziarie dirette.

Art. 11

Rafforzamento delle capacità

Questo articolo riflette l'importanza del rafforzamento delle capacità nei Paesi in sviluppo per l'attuazione di misure di riduzione delle emissioni e di adattamento.

I paragrafi 3 e 4 dell'articolo 11 contengono l'impegno di tutti i Paesi a cooperare per rafforzare le capacità dei Paesi in sviluppo e a riferire con cadenza regolare sulle misure adottate a tal fine.

Nell'ambito dell'Accordo di Parigi è stato inoltre istituito il Comitato di Parigi per il rafforzamento delle capacità29, il cui obiettivo è affrontare le lacune e le necessità attuali e future nei Paesi in sviluppo, migliorare gli sforzi per il rafforzamento delle capacità e garantire la coerenza e il coordinamento con le attività nell'ambito della Convenzione sul clima.

Art. 12

Istruzione

Se del caso gli Stati sono tenuti a cooperare nell'adozione di misure atte a migliorare l'istruzione e la formazione in ambito climatico, nonché nelle pubbliche relazioni.

Art. 13

Trasparenza

Questo articolo istituisce un sistema di rendiconto e verifica migliorato per tutti gli Stati, che ne considera le differenti capacità e si basa sull'esperienza collettiva. Per soddisfare le diverse capacità dei Paesi il sistema offre flessibilità nell'attuazione.

Tutte le Parti sono tenute, mediante inventari dei gas a effetto serra, a riferire sull'evoluzione delle proprie emissioni, sul conseguimento del proprio obiettivo di riduzione delle emissioni, nonché sul sostegno in materia di finanziamento, sviluppo e trasferimento di tecnologie. Di massima, queste informazioni devono essere presentate ogni due anni. Poiché nella decisione è stato tuttavia sancito che i Paesi sono tenuti a mantenere la qualità e la frequenza dell'attuale rendiconto, anche in futuro Paesi come la Svizzera dovranno presentare annualmente gli inventari dei gas a 29

280

In inglese: Paris Committee on Capacity-building (PCCB).

FF 2017

effetto serra30. Il rendiconto relativo alle misure di adattamento non è giuridicamente vincolante. Il processo di verifica comune consiste in un esame tecnico delle informazioni presentate e in uno scambio multilaterale riguardo agli sforzi nell'ambito del finanziamento (art. 9) e al conseguimento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni. Poiché l'Accordo di Parigi impegna maggiormente i Paesi in sviluppo, il sistema di rendiconto e verifica è più solido rispetto alla Convenzione sul clima e aumenta nel tempo la trasparenza e la comparabilità delle informazioni.

Devono ancora essere elaborate modalità e direttive dettagliate per il rendiconto e la verifica, che sostituiranno l'attuale sistema31.

I Paesi in sviluppo ricevono sostegno per l'attuazione di questo articolo, ma la cerchia dei donatori ancora una volta non viene limitata ai Paesi industrializzati.

L'Accordo di Parigi riconosce inoltre la necessità del rafforzamento delle capacità nell'ambito della trasparenza. Con un'iniziativa creata a tale scopo32 si intende migliorare le capacità istituzionali e tecniche e, in caso di necessità, aiutare i Paesi in sviluppo ad adempiere gli obblighi di trasparenza di cui all'articolo 13.

Art. 14

Bilancio globale

Al fine di valutare il progresso collettivo nel raggiungimento dello scopo dell'Accordo e dei suoi obiettivi a lungo termine, si è deciso di effettuare un bilancio globale, per la prima volta nel 2023 e in seguito ogni cinque anni. Esso deve contemplare gli sforzi collettivi di riduzione delle emissioni, di adattamento, nonché anche quelli compiuti nelle prestazioni di sostegno. Il bilancio deve avvenire sulla base di conoscenze scientifiche e tenendo conto dell'equità. Il risultato dev'essere il fondamento per gli obiettivi di riduzione delle emissioni che gli Stati sono tenuti a riformulare ogni cinque anni e per gli sforzi in materia di finanziamento e adattamento.

Un primo dialogo sugli sforzi di riduzione delle emissioni degli Stati si svolgerà già nel 2018.

Rispetto alla Convenzione sul clima e al Protocollo di Kyoto, il bilancio globale è una novità ed è un elemento centrale del ciclo quinquennale istituito con l'Accordo di Parigi per l'aumento continuo degli sforzi globali.

Art. 15

Rispetto delle disposizioni

Questo articolo istituisce un meccanismo per facilitare l'attuazione e promuovere il rispetto delle disposizioni dell'Accordo di Parigi. Esso deve consistere in un comitato di esperti e operare ai sensi delle modalità e delle procedure della Conferenza delle Parti.

30 31

32

Cfr. 1/CP. 21, capoverso 92e.

L'attuale sistema di Measurement, Reporting and Verification (MRV) è stato istituito nel 1/CP.16 (par. 40­47 e 60­64) e 2/CP.17 (par. 12­62) e comprende il rendiconto e la verifica biennali per mezzo dei Biennial Reports (BR) e International Assessment and Review (IAR) per i Paesi industrializzati e dei Biennial Update Reports (BUR) e International Consultation and Analysis (ICA) per i Paesi in sviluppo. Il nuovo sistema verrà utilizzato presumibilmente dopo il 2020.

In inglese: Capacity-building Initiative for Transparency (CBIT).

281

FF 2017

Diversamente da quanto stabilito dal Protocollo di Kyoto questo meccanismo non prevede misure sanzionatorie.

Art. 16

Conferenze delle Parti

La Conferenza delle Parti alla Convenzione sul clima (Conference of the Parties, COP) deve fungere da punto d'incontro delle Parti all'Accordo di Parigi (Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement, CMA). Le Parti alla Convenzione che non sono Parti all'Accordo di Parigi possono partecipare agli incontri in qualità di osservatori. La prima Conferenza delle Parti all'Accordo di Parigi si svolgerà in occasione della prima Conferenza delle Parti alla Convenzione sul clima dopo l'entrata in vigore dell'Accordo. Essa ha già avuto inizio a novembre 2016, durante l'ultima Conferenza sul clima di Marrakech.

Art. 17, 18 e 19

Segretariato, organi sussidiari e altre istituzioni

Il segretariato e gli organi sussidiari33 della Convenzione sul clima concorrono anche all'attuazione dell'Accordo di Parigi. Le funzioni e i compiti sanciti nella Convenzione per il segretariato e gli organi sussidiari si applicano per analogia. La Conferenza delle Parti può decidere funzioni supplementari.

Art. 20

Firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione

L'Accordo di Parigi è aperto alla firma presso la sede delle Nazioni Unite a New York dal 22 aprile 2016 al 21 aprile 2017. In seguito sarà aperto all'adesione. Le organizzazioni regionali d'integrazione economica possono aderire all'Accordo; le relative disposizioni sono stabilite all'articolo 20 paragrafi 2 e 3.

Art. 21

Entrata in vigore

L'Accordo entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 Parti alla Convenzione sul clima, che sono responsabili di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas a effetto serra globali, hanno depositato i loro strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione. Ciò è stato raggiunto il 5 ottobre 2016, l'Accordo è quindi entrato in vigore il 4 novembre 2016.

Art. 22­29

Disposizioni finali

Le disposizioni della Convenzione sul clima relative all'adozione di emendamenti alla Convenzione sul clima (art. 15 della Convenzione sul clima) (art. 22), nonché di emendamenti agli allegati (art. 16 della Convenzione sul clima) sono applicabili per analogia all'Accordo (art. 23). Si applicano (art. 24) anche le disposizioni della Convenzione sul clima sulla composizione delle vertenze (art. 14 della Convenzione sul clima). Ciascuna Parte ha un voto, le disposizioni specifiche riguardanti le organizzazioni regionali d'integrazione economica si trovano all'articolo 25. Depositario 33

282

Organo sussidiario di consulenza scientifica e tecnica (in inglese: Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice, SBSTA) e organo sussidiario di attuazione (in inglese: Subsidiary Body for Implementation, SBI).

FF 2017

dell'Accordo è il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (art. 26). Nessuna riserva può essere formulata in relazione all'Accordo di Parigi (art. 27). A partire da tre anni dall'entrata in vigore dell'Accordo per una Parte, detta Parte può in qualsiasi momento denunciare l'Accordo inviando notifica scritta al depositario. La denuncia prende effetto dopo un anno a decorrere dalla data in cui il depositario ne ha ricevuto notifica (art. 28) e non può quindi concretizzarsi prima di quattro anni dall'entrata in vigore. Sono considerate lingue originali le lingue ufficiali delle Nazioni Unite (art. 29).

3

Attuazione in Svizzera

Con la ratifica dell'Accordo di Parigi, la Svizzera è giuridicamente vincolata, per il periodo successivo al 2030, a presentare ogni cinque anni obiettivi di riduzione delle emissioni più ambiziosi rispetto ai precedenti e ad adottare misure nazionali a riguardo. Come finora, deve inoltre presentare ogni due anni un rapporto all'attenzione della Convenzione sul clima in merito alle misure di riduzione attuate e previste e, annualmente, un inventario relativo all'evoluzione delle emissioni di gas a effetto serra. L'Accordo di Parigi e gli obiettivi di riduzione delle emissioni presentati ai sensi dello stesso saranno attuati nella legislazione in materia di CO2. Per sancire giuridicamente gli obiettivi e le misure dopo il 2020 è necessaria una revisione totale della legge sul CO2. Il nostro Consiglio sottoporrà al Parlamento un relativo progetto nella seconda metà del 2017.

Con l'approvazione del Parlamento e la ratifica dell'Accordo di Parigi diventa definitivo l'obiettivo di riduzione delle emissioni della Svizzera entro il 2030. La Svizzera intraprenderà gli sforzi necessari per raggiungere quest'obiettivo, e dovrà riferire sul suo conseguimento. Il raggiungimento dell'obiettivo non è vincolante in virtù del diritto internazionale.

La Svizzera ha già ampiamente attuato gli impegni internazionali concernenti l'adattamento ai cambiamenti climatici. Il nostro Consiglio ha così approvato in due fasi (2012 e 2014) una strategia di adattamento che prepara sistematicamente i settori interessati alle sfide legate ai cambiamenti climatici.

La Svizzera è tenuta a fornire un contributo finanziario adeguato per il sostegno ai Paesi più poveri nei loro sforzi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e per l'adattamento agli inevitabili cambiamenti climatici. Gli Stati industrializzati hanno preso l'impegno comune di mobilitare dal 2020 annualmente 100 miliardi di dollari USA. Per fornire un contributo adeguato a tale impegno, la Svizzera dovrà aumentare la quantità di fondi da fonti pubbliche e private che mobilita attualmente.

A seconda del metodo di calcolo utilizzato, a partire dal 2020 l'apporto adeguato della Svizzera al finanziamento climatico internazionale sarà compreso in una forchetta tra 450 milioni e 600 milioni di USD all'anno provenienti da fonti private e pubbliche. Al momento
i fondi pubblici vengono stanziati principalmente nell'ambito di crediti quadro per la cooperazione internazionale e per l'ambiente globale. Per conseguire una maggiore mobilitazione di fondi privati la Svizzera deve sviluppare ulteriormente la propria strategia in tal senso.

283

FF 2017

Per la valutazione sistematica dell'impatto sul clima di decisioni di finanziamento e di investimento sono necessari metodi di misurazione e indicatori paragonabili su scala internazionale. Il nostro Consiglio vuole partecipare allo sviluppo di standard uniformi riconosciuti a livello internazionale affinché rilevanti attori del mercato finanziario, quali istituti finanziari, come pure investitori istituzionali e privati, possano misurare e rendere trasparente l'impatto sul clima dei loro finanziamenti e investimenti.

4

Ripercussioni

4.1

Ripercussioni per la Confederazione

Il conseguimento degli obiettivi ai sensi dell'Accordo di Parigi non è vincolante in virtù del diritto internazionale. Riguardo agli obiettivi stabiliti a livello nazionale, gli Stati sono però tenuti ad adottare sul proprio territorio misure di riduzione delle emissioni. L'esecuzione delle misure di politica climatica, o l'attuazione di questi impegni, si fonda su leggi nazionali esistenti, nonché sulla revisione totale della legge sul CO2. Il nostro Consiglio sottoporrà al Parlamento il relativo messaggio nella seconda metà del 2017.

4.1.1

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Dall'approvazione dell'Accordo non risultano ulteriori ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale che vadano oltre le strutture e i servizi istituzionali già sviluppati nell'ambito degli impegni della Svizzera ai sensi del Protocollo di Kyoto.

Le ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale della revisione totale della legge sul CO2 saranno illustrate nel relativo messaggio.

4.2

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni così come per i centri urbani, gli agglomerati e le regioni di montagna

L'approvazione e l'attuazione dell'Accordo di Parigi non ha conseguenze dirette per i Cantoni e i Comuni.

4.3

Ripercussioni per l'economia

L'approvazione e l'attuazione degli impegni derivanti dall'Accordo di Parigi per la presentazione di obiettivi di riduzione delle emissioni e per il rendiconto non hanno ripercussioni dirette sull'economia. L'attuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni presentati ai sensi dell'Accordo avrà invece un impatto a livello economico. Tali ripercussioni verranno spiegate in dettaglio nel messaggio concernente la 284

FF 2017

revisione totale della legge sul CO2, nel quale sarà opportuno tenere conto, oltre ai costi delle misure, anche dei danni e dei costi evitati grazie alla protezione del clima (conseguenze negative sugli ecosistemi e sulle basi della vita delle persone, e così anche sulla salute umana). Il messaggio sulla revisione totale della legge sul CO 2 sarà presentato al Parlamento nella seconda metà del 2017.

4.4

Ripercussioni per l'ambiente

Le ripercussioni dei cambiamenti climatici si manifestano già oggi. In ragione del carattere transnazionale dei cambiamenti climatici, soltanto un regime climatico globale può contenere e contrastarne le ripercussioni negative. Ciò è fondamentale per garantire la base ecologica della vita. Data la sua posizione geografica e topologica la Svizzera già oggi è interessata da cambiamenti climatici in misura superiore alla media. Un ampio e solido accordo per la limitazione delle emissioni mondiali di gas a effetto serra è dunque di grande importanza sia per l'ambiente e la società, sia per la prosperità economica in Svizzera.

5

Programma di legislatura e strategie nazionali del Consiglio federale

5.1

Rapporto con il programma di legislatura

Il progetto è annunciato nel messaggio del 27 gennaio 201634 sul programma di legislatura 2015­2019 e nel decreto federale del 14 giugno 201635 sul programma di legislatura 2015­2019 quale parte del messaggio concernente la politica climatica della Svizzera dopo il 2020.

5.2

Rapporto con le strategie del Consiglio federale

In linea con gli impegni internazionali, il progetto deve fornire un contributo adeguato all'obiettivo di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi Celsius, ovvero a 1,5 gradi Celsius. L'approvazione è conforme all'orientamento del Consiglio federale, come è ad esempio sancito dall'obiettivo 3.1 nel Campo d'azione 3 del Piano d'azione di cui alla Strategia «Sviluppo sostenibile» 2016­ 201936.

34 35 36

FF 2016 909, qui 1018 e 1026 FF 2016 4605, qui 4609 Piano di azione con obiettivi fino al 2030. Campo d'azione 3 ­ Energia e clima. Obiettivo 3.1. «le emissioni di gas serra sono ridotte del 50 per cento rispetto al 1990; almeno il 30 per cento della riduzione è conseguito grazie a misure prese in Svizzera (riduzione media risp. del 25 % e del 35 % per il periodo 2021­2030)» (FF 2016 1004).

285

FF 2017

6

Aspetti giuridici

6.1

Costituzionalità

Il disegno di decreto federale concernente l'approvazione dell'Accordo di Parigi si basa sull'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale (Cost.) 37, secondo cui la Confederazione è competente per gli affari esteri. L'articolo 184 capoverso 2 Cost. conferisce al Consiglio federale la facoltà di firmare e ratificare trattati internazionali. Secondo l'articolo 166 capoverso 2 Cost., l'Assemblea federale approva i trattati internazionali, esclusi quelli la cui conclusione è di competenza del Consiglio federale in virtù della legge o di un trattato internazionale (art. 7a cpv. 1 LOGA38).

Dato che per l'Accordo di Parigi non è prevista tale delega a favore del Consiglio federale, l'Assemblea federale deve approvarlo.

6.2

Forma dell'atto

In base all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 della Costituzione (Cost.), i trattati internazionali sottostanno a referendum facoltativo se comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'emanazione di leggi federali. Secondo l'articolo 22 capoverso 4 della legge del 13 dicembre 200239 sul Parlamento contengono norme di diritto le disposizioni che, in forma direttamente vincolante e in termini generali e astratti, impongono obblighi, conferiscono diritti o determinano competenze. Infine, per disposizioni importanti s'intendono le disposizioni che, in virtù dell'articolo 164 capoverso 1 Cost., sono emanate sotto forma di legge federale nel diritto interno. Occorre quindi esaminare se le disposizioni dell'Accordo hanno un tenore normativo tale da dover essere emanate sotto forma di legge federale qualora fossero norme di diritto nazionale.

L'Accordo di Parigi contempla disposizioni che richiedono un adeguamento della legge sul CO2. Queste disposizioni contenenti norme di diritto possono essere ritenute importanti ai sensi dell'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost. poiché le limitazioni delle emissioni impegnano sempre anche le persone (cfr. art. 164 cpv. 1 lett. c Cost.).

Ne consegue che il decreto federale che approva l'Accordo di Parigi sottostà al referendum facoltativo per i trattati internazionali.

37 38 39

286

RS 101 RS 172.010 RS 171.10