16.457 Iniziativa parlamentare Diverse modifiche del diritto parlamentare Rapporto della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale del 18 agosto 2017

Onorevoli colleghi, con il presente rapporto vi sottoponiamo i progetti di modifica della legge sul Parlamento, dell'ordinanza sull'amministrazione parlamentare e del regolamento del Consiglio nazionale, che trasmettiamo nel contempo per parere al Consiglio federale.

La Commissione vi propone di approvare i progetti allegati.

Nel contempo vi proponiamo di togliere dal ruolo i seguenti interventi parlamentari: ­

14.472 Iv. Pa. Streiff. Maggiore trasparenza nell'indicazione delle relazioni d'interesse dei parlamentari;

­

15.425 Iv. Pa. CdI-N. Immunità. Trattamento delle richieste da parte dei presidenti delle due commissioni;

­

15.437 Iv. Pa. Keller. Registro degli interessi. Distinguere le attività retribuite da quelle onorifiche;

­

15.442 Iv. Pa. Heer. Obbligo d'informazione sui viaggi dei membri dell'Assemblea federale;

­

15.496 Iv. Pa. Nussbaumer. Consentire l'accesso all'Extranet dell'Assemblea federale ai collaboratori personali dei deputati;

­

16.436 Iv. Pa Vogt. Arrestare l'eccesso normativo. Salvaguardare la libertà di decisione e il margine di manovra dei privati e delle imprese.

­

16.440 Iv. Pa. Vogt. Basta con la sovraregolamentazione! Limitare l'internazionalizzazione del diritto, il recepimento del diritto UE e la tendenza allo «swiss finish».

18 agosto 2017

In nome della Commissione: Il presidente, Heinz Brand

2017-2310

5807

Compendio La Commissione delle istituzioni politiche (CIP) del Consiglio nazionale propone una serie di modifiche della legge sul Parlamento (LParl), dell'ordinanza sull'amministrazione parlamentare (Oparl) e del regolamento del Consiglio nazionale (RCN). Nella maggior parte dei casi le modifiche sono di lieve entità e si prefiggono di colmare lacune giuridiche o di precisare norme esistenti del diritto parlamentare che hanno dati adito a dubbi al momento dell'applicazione pratica.

In particolare le discussioni sul diritto parlamentare hanno messo in evidenza la necessità di intervenire su tre punti: ­

Occorre estendere gli obblighi dei parlamentari nell'ambito dell'indicazione degli interessi (art. 11 LParl). Le norme vigenti sull'indicazione delle attività professionali fanno sì che spesso le relazioni d'interesse che risultano da tali attività rimangano nascoste. In futuro dovrà quindi essere indicato anche il datore di lavoro.

­

I documenti importanti delle commissioni devono essere maggiormente accessibili al pubblico (art. 47a LParl, art. 8 Oparl). Le commissioni dovranno anche esaminare sistematicamente se un determinato documento è essenziale ai fini della comprensione delle sue proposte alla Camera. In tal caso l'opinione pubblica deve aver accesso all'informazione. Occorre eliminare le incertezze che si constatano attualmente nella gestione dei documenti delle commissioni. A tal fine si propone una norma secondo cui i documenti devono essere per principio classificati, con la possibilità di declassificarli a determinate condizioni. Rimarranno tuttavia eccettuati i verbali delle sedute delle commissioni: la loro confidenzialità deve essere mantenuta in ogni caso altrimenti il ruolo stesso delle commissioni verrebbe sensibilmente ridimensionato. Il Consiglio federale e l'Amministrazione non trasmetterebbero infatti più una serie di informazioni importanti alle commissioni. I lavori preliminari alle decisioni parlamentari verrebbero delegati a istanze informali e non rappresentative, che non operano secondo le regole della democrazia.

­

Occorre migliorare sostanzialmente l'accessibilità dei verbali e degli altri documenti delle commissioni nei confronti dei parlamentari e dei loro collaboratori personali per il tramite del sistema informatico protetto Extranet.

Si agevolerà in tal modo il lavoro dei parlamentari stessi, compiendo nel contempo un importante passo a favore della riduzione del consumo di carta in Parlamento.

5808

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Indice Compendio

5808

1

Genesi 1.1 Evoluzione del diritto parlamentare 1.2 Problemi in sospeso 1.3 Elaborazione del progetto 1.4 Raccomandazioni del GRECO

5810 5810 5810 5812 5813

2

Commento ai singoli articoli 2.1 Legge del 13 dicembre 2002 sul Parlamento 2.2 Ordinanza del 3 ottobre 2003 sull'amministrazione parlamentare 2.3 Regolamento del Consiglio nazionale del 3 ottobre 2003

5814 5814 5840 5851

3

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

5853

4

Basi legali

5854

A Legge federale sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento, LParl) (Progetto)

5855

B Ordinanza dell'Assemblea federale relativa alla legge sul Parlamento e all'amministrazione parlamentare (Ordinanza sull'amministrazione parlamentare, Oparl) (Progetto)

5863

C Regolamento del Consiglio nazionale (RCN) (Progetto)

5869

5809

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Rapporto 1

Genesi

1.1

Evoluzione del diritto parlamentare

Da quando è stato fondato lo Stato federale sino alla metà degli anni Sessanta, il diritto parlamentare ha subìto poche e lievi modifiche. Negli ultimi 50 anni si è tuttavia assistito a un aumento della frequenza delle revisioni, inizialmente innescato dall'«affare Mirage». Neanche il nuovo disciplinamento entrato in vigore il 1° dicembre 2003 con la legge sul Parlamento (LParl) ha consentito di arrestare questa tendenza: negli ultimi 14 anni la legge è già stata modificata 21 volte. Come si spiegano queste revisioni così ravvicinate?

«Un motivo di questa accelerazione è da ricercare nell'intensificarsi del confronto politico in un Parlamento che ha visto sì accrescere la sua influenza, ma che non decide più sulla base di schieramenti fissi bensì di maggioranze variabili in funzione dell'argomento [...]. Tutti gli attori si ritrovano più o meno spesso fra le fila della maggioranza o della minoranza e nella maggior parte dei casi non sanno se al termine del processo decisionale saranno dalla parte dei vincitori o dei perdenti. E spesso la posta in gioco è alta. Sino agli anni Sessanta il Consiglio federale ­ ma anche una chiara maggioranza borghese in Parlamento ­ riusciva quasi sempre a imporsi e a tal fine aveva bisogno di disposizioni meno dettagliate in materia di competenze e procedure rispetto ad oggi. La consapevolezza di detenere questo potere sovrano e l'atteggiamento di generoso lassismo che ne derivavano sono praticamente del tutto scomparsi. Oggigiorno tutte le parti coinvolte hanno piuttosto interesse affinché i loro diritti e quelli dei loro avversari, come pure i rapporti all'interno del Parlamento e quelli fra l'AF, i suoi organi e membri e il CF siano definiti in modo per quanto possibile trasparente e preciso». (traduzione; von Wyss Moritz, Kommentar zu Art. 1, N 16, in: Graf/Theler/von Wyss, Kommentar zum Parlamentsgesetz del 13 dicembre 2002, Basilea 2014).

Con rapporto del 29 agosto 2011 la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati (CIP-S) ha sottoposto alla sua Camera un progetto unico che rispondeva a diversi interrogativi (10.440 s Iv. Pa. CIP-S. Miglioramento dell'organizzazione e delle procedure del Parlamento; FF 2011 6049).

1.2

Problemi in sospeso

Da quando è stato adottato l'ultimo progetto unico che ha modificato il diritto parlamentare (21 giugno 2013; RU 2013 3687), sono sorti nuovi problemi che devono ora essere risolti: ­

5810

l'indicazione delle relazioni di interesse che l'articolo 11 LParl impone ai parlamentari non è più sufficiente per far fronte in maniera ottimale all'esi-

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genza di trasparenza delle attività politiche. La CIP del Consiglio nazionale (CIP-N) ha pertanto dato seguito a due iniziative parlamentari (Iv. Pa.) che chiedono un rafforzamento della trasparenza in questo ambito. La CIP-S si è allineata a quanto deciso dalla sua omologa1. Altre richieste a favore di una trasparenza ancora maggiore sono state respinte dal Consiglio nazionale2; ­

la CIP-S ha dato seguito a un'iniziativa parlamentare che chiedeva di chiarire alcuni aspetti relativi alla confidenzialità dei documenti delle commissioni. La CIP-N si è allineata alla decisione della sua omologa3;

­

la Commissione dell'immunità del Consiglio nazionale chiede di modificare le competenze nella trattazione delle richieste manifestamente insostenibili di revoca dell'immunità; entrambe le Commissioni hanno espresso il loro assenso4;

­

la Segreteria delle Commissioni ha sottoposto alle CIP un elenco di altre domande scaturite da quanto osservato nella prassi dai Servizi del Parlamento nel corso di questi ultimi anni (ripetizione di votazioni, determinazione dell'entrata in vigore di una legge federale qualora la dichiarazione d'urgenza venga respinta, momento della votazione finale; rapporto fra le deliberazioni sulla nullità parziale di un'iniziativa popolare e quelle sulle raccomandazioni di voto). Le due CIP hanno incaricato la Segreteria di esaminare tali questioni ­ che potranno eventualmente essere ampliate ­ e di proporre soluzioni.

Le CIP hanno definito la procedura a tal fine nella seduta del 25 agosto, rispettivamente del 1° settembre 2016. Hanno deciso di elaborare un progetto unico che riassume le diverse proposte. La responsabilità è stata conferita alla CIP-N, anche se un'iniziativa parlamentare cui si propone di dare seguito è stata presentata in Consiglio degli Stati.

Già alla fine dell'estate 2016 si è messo in conto che nel progetto avrebbero potuto essere integrate ulteriori proposte se fosse stato dato seguito a nuove iniziative parlamentari in questo ambito. È infatti successo che: ­

1

2

3 4

la CIP-N e il Consiglio nazionale, e dopo l'eliminazione delle divergenze anche la CIP-S, hanno dato seguito a un'iniziativa parlamentare che chiede 14.472 n Iv. Pa. Streiff. Maggiore trasparenza nell'indicazione delle relazioni d'interesse dei parlamentari; 15.437 n Iv. Pa. Keller. Registro degli interessi. Distinguere le attività retribuite da quelle onorifiche.

15.441 n Iv. Pa. Keller. Dichiarare i redditi provenienti da attività per le quali sussiste l'obbligo di indicare le relazioni di interesse; 15.446 n Iv. Pa. Keller. Dichiarazione spontanea di attività onorifiche e retribuite che devono essere indicate quali relazioni d'interesse; 15.449 n Iv. Pa. Gruppo S. Trasparenza sui redditi e le relazioni d'interesse dei parlamentari; 15.452 n Iv. Pa. Masshardt. Per una maggiore trasparenza riguardo alle donazioni; 15.453 n Iv. Pa. Masshardt. Per maggiore trasparenza riguardo ai viaggi dei parlamentari; 15.463 n Iv. Pa. Gruppo G. Completare le relazioni d'interesse dei parlamentari con l'indicazione dell'ammontare delle indennità percepite. 15.467 n Iv. Pa.

Bertschy. Obbligo di ricusazione dalle sedute commissionali per i parlamentari che hanno un interesse personale diretto di tipo economico.

15.444 s Iv. Pa. Minder. Commissioni parlamentari. Trasparenza dei documenti accessori.

15.425 n Iv. Pa. CIP-N. Immunità. Trattamento delle richieste da parte dei presidenti delle due commissioni.

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di rendere accessibili al pubblico le informazioni sui viaggi all'estero che i membri dell'Assemblea federale effettuano nell'ambito di un mandato in un organo parlamentare5; ­

l'Ufficio del Consiglio nazionale ha dato seguito a un'iniziativa parlamentare che chiede di dare ai collaboratori personali dei parlamentari un accesso limitato a Extranet e quindi ai documenti delle commissioni non accessibili al pubblico. Dopo che l'Ufficio del Consiglio degli Stati ha dato la sua approvazione, l'Ufficio del Consiglio nazionale ha trasmesso l'iniziativa parlamentare alla CIP-N6, con l'incarico di attuarla;

­

entrambe le CIP hanno date seguito a iniziative parlamentari che chiedono di ampliare il catalogo di domande cui devono rispondere i messaggi del Consiglio federale7.

Sono inoltre ancora pendenti diverse iniziative parlamentari nell'ambito del diritto parlamentare, che saranno attuate separatamente. Queste proposte sono estremamente controverse e il loro inserimento nel progetto unico comporterebbe il rischio di affossarlo. La CIP-S ha la responsabilità di due progetti: le nuove norme sulla trasparenza sulle attività dei lobbisti8 e i chiarimenti relativi alle competenze per la disdetta di trattati internazionali9. La CIP-N si occuperà invece di elaborare proposte per l'introduzione del diritto di veto contro le ordinanze10 e per una modifica della procedura relativa al programma di legislatura11.

1.3

Elaborazione del progetto

Con il coinvolgimento delle unità amministrative dei Servizi del Parlamento e dell'Amministrazione generale della Confederazione interessate dalle singole disposizioni, la Segreteria delle CIP ha elaborato un progetto preliminare, che le CIP hanno poi esaminato nelle tre riunioni del 27 aprile, 29 giugno e 17/18 agosto 2017.

La Commissione ha adottato il risultato delle consultazioni il 18 agosto 2017 con 16 voti contro 8 e 1 astensione.

5 6 7

8

9 10 11

15.442 Iv. Pa. Heer. Obbligo d'informazione sui viaggi dei membri dell'Assemblea federale.

15.496 n Iv. Pa. Nussbaumer. Consentire l'accesso all'Extranet dell'Assemblea federale ai collaboratori personali dei deputati.

16.436 n Iv. Pa Vogt. Arrestare l'eccesso normativo. Salvaguardare la libertà di decisione e il margine di manovra dei privati e delle imprese; 16.440 Iv. Pa. Vogt. Basta con la sovraregolamentazione! Limitare l'internazionalizzazione del diritto, il recepimento del diritto UE e la tendenza allo «swiss finish»; 16.446 s Iv. Pa. Caroni. Più federalismo nei messaggi del Consiglio federale.

15.438 s Iv. Pa. Berberat. Per una normativa volta a instaurare la trasparenza in materia di lobbismo nel Parlamento federale; 15.433 n Iv. Pa. (Caroni) Moret. Trasparenza sui mandati dei lobbisti a Palazzo federale.

16.456 s Iv. Pa. CIP-S. Denuncia e modifica di trattati internazionali. Ripartizione delle competenze.

14.422 n Iv. Pa. Introduzione del diritto di veto contro le ordinanze.

16.402 Iv. Pa. Gruppo liberale-radicale. Programma di legislatura. Eliminazione di costi inutili nell'attività parlamentare. 16.425 n Iv. Pa. Commissione 16.016-N. Programma di legislatura. Modifica della procedura; 16.426 n Iv. Pa. Commissione 16.016-N. Menzione nel programma di legislatura dei progetti pendenti in Parlamento.

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Secondo l'articolo 3a della legge sulla consultazione si può rinunciare a svolgere una procedura di consultazione quando «il progetto concerne principalmente l'organizzazione o le procedure di autorità federali». Nel presente caso tale presupposto è soddisfatto.

1.4

Raccomandazioni del GRECO

Durante l'elaborazione del presente progetto, la Commissione ha avuto la possibilità di prendere atto del «Rapporto di valutazione Svizzera» pubblicato il 15 marzo 2017 dal GRECO (Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione). Il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) ha trasmesso il rapporto al presidente del Consiglio nazionale, che a sua volta ha chiesto alla CIP di esaminare da vicino tre raccomandazioni, ossia: 1.

«esaminare l'opportunità di aumentare la trasparenza dei dibattiti e delle votazioni nelle commissioni delle due Camere nonché delle votazioni nel Consiglio degli Stati» (raccomandazione i);

2.

«estendere l'obbligo di indicare gli interessi personali a qualsiasi conflitto tra interessi privati specifici di un parlamentare e l'oggetto in discussione in un procedimento parlamentare, presso le Camere o in commissione, a prescindere dal fatto che tale conflitto sia indicato nel registro degli interessi» (raccomandazione iii);

3.

«completare l'attuale sistema di dichiarazione con dati quantitativi sugli interessi finanziari ed economici dei parlamentari e con informazioni sugli elementi principali del loro passivo; [...] esaminare l'opportunità di prevedere dichiarazioni più ampie affinché comprendano informazioni sul coniuge e sui familiari a carico (fermo restando che tali informazioni non saranno necessariamente pubblicate)» (raccomandazione iv).

La Commissione ha chiesto a un rappresentante del DFGP che ha partecipato ai lavori del GRECO di illustrarle le raccomandazioni e ha successivamente condotto una discussione in merito. Il contenuto delle raccomandazioni è altresì oggetto del presente rapporto. La Commissione è giunta alle seguenti conclusioni: Ad 1.: la Commissione ha esaminato accuratamente la «trasparenza» dei lavori delle commissioni e propone che i documenti siano pubblicati in misura maggiore rispetto a oggi (cfr. commento all'articolo 47a LParl e all'art. 8 Oparl nel n. 2 del presente rapporto). Verrà in ogni caso mantenuta la confidenzialità dei verbali delle sedute delle commissioni, altrimenti il ruolo stesso delle commissioni verrebbe sensibilmente ridimensionato. Il Consiglio federale e l'Amministrazione non trasmetterebbero infatti più una serie di informazioni importanti alle commissioni. I lavori preliminari alle decisioni parlamentari verrebbero delegati a istanze informali e non rappresentative, che non operano secondo le regole della democrazia. L'esame della trasparenza delle votazioni in Consiglio degli Stati rientra nella competenza della Commissione omologa.

Ad 2.: la Commissione ha discusso dell'«estensione dell'indicazione degli interessi personali» nell'ambito dell'esame dell'articolo 11 LParl (cfr. commento nel n. 2 del 5813

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presente rapporto). L'articolo 11 capoverso 3 LParl chiede già oggi che i parlamentari, quando si esprimono, indichino un loro eventuale interesse diretto in un oggetto in deliberazione, adempiendo pertanto in tutto e per tutto alla raccomandazione del GRECO. Secondo la Commissione l'obbligo di trasparenza di cui all'articolo 11 capoverso 3 LParl vige infatti anche se il conflitto fra interessi privati specifici e l'oggetto in deliberazione può essere desunto dal registro pubblico di cui al capoverso 2. L'attuazione pratica rientra nella responsabilità dei singoli parlamentari. La Commissione ritiene importante che gli interessi personali siano definiti in modo chiaro e conciso; una mancanza di chiarezza rischia di condurre a incertezze interpretative e quindi di ripercuotersi negativamente sull'accettazione dell'obbligo di dichiarare le relazioni d'interesse.

Ad 3.: la Commissione ha anche discusso di un eventuale obbligo dei parlamentari di indicare «dati quantitativi sugli interessi finanziari ed economici» nell'ambito dell'esame dell'articolo 11 LParl (cfr. commento nel n. 2 del presente rapporto). Ha respinto le proposte in tal senso poiché è convinta che la portata dell'impegno dei parlamentari a difendere determinati interessi non dipenda da quanto questi siano indennizzati dai gruppi di interesse in questione. La Commissione ha inoltre valutato la possibilità di estendere ai familiari l'obbligo di indicazione degli interessi conformemente a quanto richiesto da una raccomandazione, ma ha poi deciso di non darvi seguito poiché una normativa in tal senso lederebbe interessi di terzi degni di protezione e solleverebbe delicatissimi problemi di delimitazione.

2

Commento ai singoli articoli

2.1

Legge del 13 dicembre 2002 sul Parlamento

Art. 6

Diritti procedurali

L'articolo 6 capoverso 3 costituisce la base legale per limitare il diritto di parola dei parlamentari mediante i regolamenti delle Camere. L'articolo 46 capoverso 3 del regolamento del Consiglio nazionale garantisce che «i relatori della commissione e il rappresentante del Consiglio federale possono chiedere la parola su ogni oggetto in deliberazione». Una minoranza della Commissione (Barrile, Galladé, Glättli, Masshardt, Piller Carrard, Streiff, Wermuth) vorrebbe garantire un diritto di parola analogo anche alle minoranze delle commissioni. Per la categoria di trattazione degli oggetti V del Consiglio nazionale (art. 49 RCN) tale diritto oggi non è infatti previsto. La conseguenza è che, ad esempio su petizioni o su proroghe di termini di trattazione in caso di iniziative parlamentari, la Camera passa al voto senza dibattere, anche nei casi in cui una Commissione ha presentato una proposta di minoranza accanto a quella di maggioranza. Secondo la minoranza Barrile, il Parlamento non deve ridursi a sfornare voti. La maggioranza vuole invece evitare che l'efficienza del Parlamento venga compromessa da un'estensione dei diritti di parola. Osserva inoltre che con l'introduzione dell'articolo 6 capoverso 4 LParl appena quattro anni or sono, nella prassi è stato conferito un maggior diritto di parola agli autori di mozioni e iniziative parlamentari, contribuendo in tal modo a contrastare l'evoluzione paventata dalla minoranza.

5814

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Art. 11

Indicazione delle relazioni d'interesse

Con l'introduzione di un nuovo elemento nel capoverso 1 lettera a si attua l'iniziativa parlamentare della consigliera nazionale Marianne Streiff-Feller (C, BE) (14.472 Iv. Pa. Streiff. Maggiore trasparenza nell'indicazione delle relazioni d'interesse dei parlamentari). La CIP-N ha dato seguito all'iniziativa il 26 marzo 2015 con 11 voti contro 10; la CIP-S si è allineata a questa decisione il 16 novembre 2015 con 6 voti contro 2 e 3 astensioni.

In futuro i parlamentari dovranno indicare nel registro pubblico non soltanto la loro attività professionale, ma anche un eventuale datore di lavoro.

Nella motivazione l'autrice dell'iniziativa osserva che la professione menzionata nel registro spesso non fornisce informazioni rilevanti; a rivestire un notevole interesse pubblico sarebbe invece l'indicazione del datore di lavoro.

Dando una scorsa al registro degli interessi si riscontrano una serie di professioni che possono essere svolte a titolo sia indipendente che dipendente, così come manca qualsiasi riferimento a un eventuale datore di lavoro. Esempio: consulente, contabile, giurista, commessa, amministratrice patrimoniale. Alcuni parlamentari indicano già oggi spontaneamente il datore di lavoro e la funzione, mentre altri tralasciano tali informazioni senza per questo violare alcun obbligo. In molti casi la reale relazione d'interesse rimane quindi nascosta.

Non costituiscono invece alcun problema le designazioni quali «imprenditore» o «direttrice d'impresa» qualora tali professioni siano svolte a titolo indipendente. La reale relazione d'interesse non risulta infatti dalle informazioni sulla professione, bensì dalle indicazioni sull'attività in organi direttivi, che devono essere fornite in virtù dell'articolo 11 capoverso 1 lettera b.

La Commissione propone, con 12 voti contro 11 e 1 astensione, di adottare la modifica del capoverso 1 lettera a; la minoranza I (Pfister Gerhard, Brand, Buffat, Burgherr, Glarner, Nidegger, Pantani, Romano, Rutz Gregor, Steinemann) propone di mantenere la versione vigente.

Un nuovo articolo 11 capoverso 1bis consentirebbe di attuare l'iniziativa parlamentare 15.437 (Iv. Pa. Keller. Registro degli interessi. Distinguere le attività retribuite da quelle onorifiche), depositata dal consigliere nazionale Peter Keller (V, NW). La CIP-N vi ha dato seguito il 4 febbraio
2016 con 16 voti contro 8; la CIP-S si è allineata a tale decisione il 3 maggio 2016 con 6 voti contro 1 e 3 astensioni.

Durante la discussione sull'attuazione di questa iniziativa soltanto la minoranza II (Jauslin, Barrile, Galladé, Glättli, Piller Carrard, Streiff, Weibel, Wermuth) si è tuttavia espressa a favore dell'obbligo dei parlamentari di indicare nel registro se i loro mandati sono retribuiti o sono svolti a titolo onorifico. Si considera che un mandato è svolto a titolo onorifico se non vengono corrisposti importi superiori ai 12 000 franchi. Il fatto che oggi non si distingua tra attività retribuita e attività onorifica ­ che sono invece sostanzialmente diverse ­ non consentirebbe di cogliere la reale portata dei mandati. La Commissione ha respinto la proposta con 13 voti contro 10 e 1 astensione.

La minoranza III (Wermuth, Barrile, Galladé, Glättli, Kiener Nellen, Piller Carrard) chiede invece norme più incisive di quelle proposte dalla minoranza II, ossia che in 5815

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caso di retribuzioni superiori ai 12 000 franchi annui venga indicato anche l'importo.

Se un parlamentare percepisce somme elevate in relazione a un determinato mandato ­ nella prassi vengono versate indennità a sei cifre ­ la relazione d'interesse sarebbe infatti più marcata che in caso di importi modici. È giusto che gli elettori abbiano diritto a queste informazioni; in caso contrario si alimentano polemiche che minano la credibilità del Parlamento. La Commissione ha respinto con 16 voti contro 7 e 1 astensione questa proposta in una prima votazione contro la proposta della minoranza II.

Secondo la maggioranza della Commissione, le proposte respinte si fondano sull'ipotesi sbagliata che un parlamentare si senta tanto più in obbligo verso un'impresa o un'organizzazione quanto più venga rimunerato da quest'ultima. Un parlamentare che si impegna a titolo onorifico per una determinata organizzazione può tuttavia sentirsi impegnato tanto quanto un parlamentare che percepisce un onorario elevato nella funzione di membro del consiglio di amministrazione di un'impresa.

L'indicazione dei proventi o anche soltanto la differenziazione fra attività onorifiche e attività retribuite non favorirebbe in alcun modo la credibilità della politica, ma alimenterebbe piuttosto il giornalismo sensazionalistico e superficiale. I membri del Parlamento che si impegnano a favore della collettività e che sono sono indennizzati per le loro prestazioni verrebbero messi all'indice. Il legame fra mondo politico e mondo del lavoro si indebolirebbe e si rafforzerebbe in tal modo la tendenza verso un parlamento di professionisti.

La minoranza IV (Wermuth, Barrile, Galladé, Glättli, Kiener Nellen, Piller Carrard) lamenta l'assenza nella normativa vigente di un controllo dei dati dei parlamentari e, mediante una nuova formulazione del capoverso 2, chiede di conferire un mandato in tal senso ai Servizi del Parlamento. La Commissione respinge la proposta con 18 voti contro 6, poiché vuole attenersi al principio della responsabilità propria dei parlamentari. Il controllo dei dati del registro da parte del pubblico è sufficiente e ampiamente efficace; un parlamentare che fornisce dati errati o incompleti deve mettere in conto di essere criticato pubblicamente. Se i Servizi del Parlamento fossero incaricati di questo compito di
controllo, parte della responsabilità sarebbe trasferita dai parlamentari ai Servizi del Parlamento.

Mentre l'articolo 11 capoversi 1 e 2 concerne il registro degli interessi, l'articolo 11 capoverso 3 obbliga i parlamentari a indicare gli interessi personali diretti quando prendono la parola dinnanzi alla Camera o in una commissione. Nel parere del 28 novembre 2016 sul postulato del Gruppo dei Verdi 16.3276 (Po. Gruppo G.

Garantire che le relazioni d'interesse siano rese pubbliche) l'Ufficio del Consiglio nazionale ha affermato quanto segue in relazione ad un ampliamento dell'articolo 11 capoverso 3: «Se del caso, dovrà essere presentata una soluzione che permetta di garantire, in caso di spese e acquisti importanti della Confederazione, la trasparenza delle relazioni d'interesse non ufficiali (intrattenute p. es. con lobbisti attivi nei settori delle consulenze esterne, degli aiuti all'estero, delle commesse edili, degli acquisti di armamenti, dei progetti in ambito energetico e ferroviario ecc.).» L'obbligo di indicare le relazioni d'interesse di cui all'articolo 11 capoverso 3 è formulato in modo conciso. Nel 2001 con l'interpellanza 01.3272 (Ip. Gruppo G.

Relazioni d'interesse. Trasparenza e controllo dell'indicazione), il Gruppo dei Verdi ha fra l'altro chiesto se vi fosse un'interpretazione precisa per quanto concerne 5816

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l'«interesse personale diretto». L'Ufficio ha risposto che «un parlamentare ha un interesse personale diretto quando lui stesso, un congiunto prossimo o un mandante privato traggono un vantaggio diretto da una decisione della Camera. Quando vengono elaborate norme generali e astratte il parlamentare non ha alcuno obbligo di indicare le relazioni d'interesse». La nozione di «interesse personale diretto» si trova peraltro anche nell'articolo 20 della legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA; RS 172.010), che impone ai membri del Consiglio federale di ricusarsi se hanno un interesse personale diretto in un determinato affare12.

La minoranza V (Barrile, Galladé, Glättli, Kiener Nellen, Piller Carrard, Wermuth) ritiene che occorra dare seguito alle osservazioni dell'Ufficio e chiede di ampliare l'obbligo di indicare le relazioni d'interesse di cui all'articolo 11 capoverso 3. Con la nuova lettera b del capoverso 3 propone quindi di disciplinare quella zona grigia di relazioni di interesse che non sottostanno all'obbligo di indicazione conformemente al capoverso 1 né possono essere considerate interessi personali diretti. Conformemente al capoverso 3 lettera b, un parlamentare non deve essere obbligato a informare di nuovo oralmente in merito a una relazione d'interesse già indicata in virtù dell'articolo 11 capoversi 1 e 2 quando si esprime su un oggetto con il quale ha una relazione d'interesse. La minoranza VI (Glättli, Barrile, Galladé, Kiener Nellen, Piller Carrard, Wermuth) inserisce un'eccezione: qualora le deliberazioni vertano su ingenti spese e acquisizioni, la relazione d'interesse deve essere dichiarata in ogni caso.

La Commissione respinge queste proposte con 15 voti contro 7, rispettivamente 16 contro 6 e in entrambi i casi 2 astensioni poiché non è chiaro quali saranno le nuove relazioni di interesse che dovranno essere indicate. Come definire in modo sufficientemente preciso le «relazioni d'interesse non ufficiali» menzionate dall'Ufficio del Consiglio nazionale nel parere in risposta al postulato 16.3276? Questa mancanza di chiarezza può condurre a incertezze interpretative e quindi ripercuotersi negativamente sull'accettazione dell'obbligo di dichiarare le relazioni d'interesse.

Art. 17

Immunità relativa: definizione e competenze

Con il nuovo capoverso 3bis e la modifica del capoverso 4 viene attuata l'iniziativa parlamentare della Commissione dell'immunità del Consiglio nazionale (15.425 Iv.

Pa. Immunità. Trattamento delle richieste da parte dei presidenti delle due commissioni). La CIP-N vi ha dato seguito il 29 giugno 2015 senza voti contrari. La CIP-S si è allineata alla decisione della sua omologa il 15 ottobre 2015, anch'essa senza voti contrari.

Secondo il diritto vigente i presidenti delle commissioni competenti possono liquidare direttamente, di comune intesa, le richieste manifestamente insostenibili di soppressione dell'immunità. Le richieste sono considerate «manifestamente insosteni12

Per l'interpretazione di questa nozione si rinvia p. es. ai pareri del Consiglio federale dell'11 e 18 febbraio 2004 in risposta all'interpellanza 03.3629 (Ip. Gruppo G. Il consigliere federale Blocher e le sue commistioni economiche) risp. 03.3662 (Ip. Gruppo S.

Conflitti d'interesse del consigliere federale Blocher fra carica governativa e EMSChemie).

5817

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bili» quando le imputazioni contro il parlamentare (o di un'altra persona che gode di immunità) non sono «direttamente connesse con la sua condizione o attività ufficiale» (art. 17 cpv. 1 LParl); in questo caso non è richiesta alcuna autorizzazione per il perseguimento penale e non è quindi necessario entrare in materia sulla richiesta.

Una richiesta può tuttavia essere «manifestamente insostenibile» quando le imputazioni sono sì direttamente connesse con la condizione o attività ufficiale dell'interessato, giustificando quindi l'entrata in materia, ma l'immunità non deve manifestamente essere soppressa (p. es quando l'imputazione non sembra essere di rilevanza penale).

Benché nella prassi questa procedura sia stata applicata in pochissimi casi, si è constatato che le decisioni prese possono dare adito a dubbi a posteriori. La legittimità del procedimento può quindi essere messa in discussione anche quando un'attenta analisi rivela che i dubbi erano infondati. Per questo motivo è importante che la commissione competente possa avocare a sé il procedimento. I presidenti informano le commissioni sulla richiesta e sulla loro intenzione di dichiararla insostenibile nell'ambito della loro competenza. Se la maggioranza di una commissione chiede la deliberazione, entrambe le commissioni dovranno deliberare sulla richiesta secondo la procedura ordinaria; la competenza decisionale viene trasferita dal presidente alla commissione. Su questo punto il progetto si scosta dal tenore dall'iniziativa presentata dalla Commissione dell'immunità sotto forma di progetto preliminare elaborato, la quale non definisce a quali domande la commissione convocata debba rispondere e non chiarisce quindi la distribuzione delle competenze. La commissione decide in un primo tempo soltanto sulla domanda formale se il presidente abbia avuto ragione a valutare la richiesta in quanto insostenibile e, in caso affermativo, la competenza rimane del presidente? Se la commissione risponde negativamente la formulazione non chiarisce se tale decisione valga soltanto per tale commissione oppure anche per l'omologa dell'altra Camera. La soluzione qui proposta è più semplice: se una maggioranza di una commissione chiede che sia convocata una commissione la domanda non può più essere considerata manifestamente insostenibile. La competenza
decisionale viene pertanto trasferita dai presidenti ai membri in entrambe le commissioni.

La Commissione dell'immunità propone di sancire nella legge (cpv. 3bis) la prassi seguita sinora e prevista nel numero 2.3 dei «Principi operativi della Commissione dell'immunità del Consiglio nazionale e della Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati del 27 giugno/15 novembre 2012», secondo cui i presidenti possono rinviare all'autorità preposta al perseguimento penale una richiesta insufficientemente motivata con l'invito di rettificarla, affinché i presidenti stessi o se del caso le commissioni possano decidere in tutta cognizione di causa. In alcuni casi questa prassi ha indotto l'autorità preposta al perseguimento penale a rinunciare alla richiesta.

Art. 37

Conferenza di coordinamento

Con lettera alla CIP-N del 22 febbraio 2017 la Conferenza di coordinamento propone di abrogare l'articolo 37 capoverso 5 LParl. Questa disposizione trasferisce alla Conferenza di coordinamento estesa ai presidenti delle Commissioni della politica estera (CPE) il compito di coordinare e pianificare, con la partecipazione di altri 5818

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organi interessati dell'Assemblea federale, «le relazioni parlamentari internazionali». Concretamente, ogni anno a febbraio viene organizzata una seduta prima delle riunioni dei singoli Uffici delle Camere al fine di presentare le attività internazionali previste nell'Assemblea federale. La Conferenza di coordinamento non ha alcuna competenza decisionale in materia. Soltanto pochi membri sono direttamente toccati nella loro funzione dalla politica estera parlamentare, ossia i presidenti delle Camere e quelli delle CPE, ancorché questi ultimi siano raramente presenti. La Conferenza di coordinamento non rappresenta pertanto un organo di coordinamento adeguato se per «coordinamento» si intende lo scambio di informazioni fra organi che si occupano di questioni affini allo scopo di trarre vantaggio delle conoscenze reciproche e di evitare doppioni. L'ordinanza dell'Assemblea federale del 28 settembre 2012 sulle relazioni internazionali del Parlamento (ORInt; RS 171.117) disciplina in modo dettagliato e del tutto soddisfacente l'importante scambio di informazioni fra le CPE e le diverse delegazioni che rappresentano l'Assemblea federale in diverse assemblee parlamentari internazionali e le relazioni con i parlamenti dei Paesi limitrofi e il Parlamento europeo.

Art. 47a

Classificazione dei verbali e di altri documenti

1. 15.444 s Iv. Pa. Minder. Commissioni parlamentari. Trasparenza dei documenti accessori Con il nuovo articolo 47a e le conseguenti modifiche dell'ordinanza sull'amministrazione parlamentare (Oparl) viene attuato il contenuto dell'iniziativa parlamentare del consigliere agli Stati Thomas Minder (V, SH)13. La CIP-S ha dato seguito all'iniziativa il 15 ottobre 2015 senza voti contrari; la CIP­N si è allineata a questa decisione il 14 gennaio 2016, anch'essa senza voti contrari.

L'iniziativa chiede di mantenere la confidenzialità dei verbali delle commissioni. Per quanto concerne gli altri documenti delle commissioni (considerati «accessori»), la legge sul Parlamento deve essere modificata in modo tale che i documenti accessori «possano essere pubblicati o siano di principio accessibili al pubblico, a meno che non siano esplicitamente classificati altrimenti. Dovranno essere possibili differenziazioni (ad esempio per le singole commissioni o in funzione del tipo di classificazione dei documenti)». In altri termini occorre disciplinare più nel dettaglio il principio di segretezza con riserva di trasparenza oppure il principio di trasparenza con riserva di segretezza. Sia la motivazione dell'iniziativa che le discussioni nelle due CIP evidenziano come la situazione attuale sia perlopiù percepita come poco chiara.

Lo scopo della nuova normativa è di chiarire i punti oscuri e di migliorare l'accesso del pubblico ai documenti.

13

Formalmente l'iniziativa non può essere attuata dalla CIP-N perché è pendente in Consiglio degli Stati. In virtù del principio costituzionale della deliberazione separata delle Camere (art. 156 cpv. 1 Cost.) in Consiglio nazionale non possono infatti essere depositate proposte su questa iniziativa. Il Consiglio degli Stati potrà togliere l'iniziativa dal ruolo se le relative richieste saranno adempite dalle modifiche di legge qui proposte.

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2.

Prassi e situazione giuridica attuale

Secondo l'articolo 47 LParl, le «deliberazioni delle commissioni» devono essere confidenziali, «in particolare non viene divulgata la posizione assunta dai singoli partecipanti, né reso noto come essi hanno votato». Nonostante la disposizione non menzioni i verbali né gli altri documenti delle commissioni, si può chiaramente evincere che i verbali delle sedute delle commissioni sono anch'essi confidenziali.

La Sezione 2 Oparl (art. 4­9) disciplina in maniera alquanto esaustiva la forma della verbalizzazione (art. 4 e 5), la distribuzione dei verbali e quindi il loro accesso (art. 6, 6a e 6b) e i diritti di consultazione (art. 7). Per quanto concerne gli altri documenti delle commissioni, l'articolo 8 Oparl prevede che essi siano disciplinati per analogia dalle stesse norme concernenti i verbali, senza operare alcuna distinzione. Tutti i documenti delle commissioni devono pertanto essere trattati per principio in modo confidenziale, ad eccezione dei documenti che sono già accessibili al pubblico prima di giungere nella commissione. La confidenzialità si applica anche se non è avvenuta la pertinente classificazione. La consultazione degli atti può essere concessa soltanto alle condizioni limitative applicabili anche ai verbali (art. 7 in combinato disposto con art. 8 Oparl). L'articolo 7 capoverso 5 LParl recita quanto segue: «Chi ottiene l'autorizzazione di consultare i verbali deve rispettarne la riservatezza», escludendo quindi una divulgazione per questo tramite.

A volte i documenti sono pubblicati per decisione del presidente della commissione14. Sempre più di frequente la pubblicazione avviene per decisione di una maggioranza della commissione15.

La normativa attualmente vigente risale a un'epoca in cui le commissioni rivestivano un ruolo molto meno importante rispetto a oggi nei processi decisionali del Parlamento. Prima dell'introduzione del sistema fondato sulle commissioni permanenti nel 1991, venivano infatti costituite commissioni ad hoc, il cui compito si limitava prevalentemente all'esame preliminare dei progetti del Consiglio federale. I loro interventi modificatori erano minimi rispetto alla prassi instauratasi con il passaggio al nuovo sistema nel 1991. A quell'epoca le commissioni non avevano ancora sviluppato attività proprie di una certa rilevanza. Di conseguenza i loro documenti
rivestivano un ruolo minore rispetto a oggi.

La situazione giuridica non è più conforme alle esigenze attuali. Spesso le commissioni incaricano l'Amministrazione o esperti di redigere rapporti, ricevono numerose informazioni da terzi e a loro volta, nell'ambito dell'elaborazione di progetti in attuazione di iniziative parlamentari, producono documenti che non sono pubblici.

Tutti questi documenti sono confidenziali in virtù dell'articolo 8 Oparl e quindi anche dopo la trattazione nella commissione e dopo la deliberazione delle Camere.

14

15

Esempio: Rapporto dell'Ufficio federale di giustizia del 28 dicembre 2006 all'attenzione della Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale: Voraussetzungen für die Gültigkeit von Volksinitiativen und die materiellen Schranken der Verfassungsrevision; pubblicato nella giurisprudenza delle autorità amministrative della Confederazione (GAAC) 1/2012 del 1° maggio 2012.

Esempio: Comunicato stampa della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale del 14 febbraio 2017, con il quale sono stati pubblicati diversi rapporti sul servizio pubblico nel settore dei media commissionati all'Amministrazione.

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Questa confidenzialità non appare però in modo trasparente perché i documenti non sono classificati in quanto tali.

3. Funzione della natura pubblica rispettivamente confidenziale dei documenti delle commissioni La tipologia più importante di documenti delle commissioni continua a essere costituita dai verbali. Nonostante la loro natura confidenziale abbia suscitato critiche a più riprese, le proposte intese a renderli pubblici sono sempre state chiaramente respinte16. La confidenzialità dei verbali ha soprattutto due funzioni: a.

La confidenzialità può contribuire in misura sostanziale affinché i partecipanti alle sedute dispongano del margine di manovra necessario per giungere a compromessi in grado di ottenere il sostegno della maggioranza. Se l'Assemblea federale vuole rimanere un parlamento efficace devono essere salvaguardati gli spazi in cui è possibile discutere e approfondire le soluzioni abbozzate. Se le deliberazioni fossero pubbliche, le decisioni verrebbero vieppiù prese in una fase preparlamentare, da organi non pubblici che, diversamente dalle commissioni, non sono rappresentativi e non funzionano secondo le regole della democrazia.

b.

La confidenzialità è la condizione necessaria affinché le commissioni possano far valere il diritto conferito loro dalla Costituzione di disporre di tutte le informazioni necessarie per adempiere i loro compiti (art. 153 cpv. 4 Cost.).

Se le loro deliberazioni fossero pubbliche, occorrerebbe mettere in conto una certa reticenza dei loro interlocutori (Consiglio federale, Amministrazione, esperti, rappresentanti di interessi consultati) nel trasmettere determinate informazioni importanti. A risentirne sarebbero in particolare i compiti legati all'alta vigilanza, ma anche altri compiti del Parlamento, compresa l'attività legislativa.

La funzione della confidenzialità esposta nella lettera b non vale soltanto per le deliberazioni orali delle commissioni e quindi la loro verbalizzazione, ma in egual misura anche per gli altri documenti delle commissioni.

D'altro canto, determinati documenti delle commissioni potrebbero essere importanti anche per il pubblico. L'articolo 158 Cost. garantisce che le sedute delle Camere siano pubbliche, una condizione essenziale ai fini della democrazia. La popolazione ­ rappresentata dai membri delle Camere federali ­ deve poter capire come sono state prese le decisioni che la concernono. Quali parlamentari rappresentano quali interessi e con quali motivazioni? Le proposte delle commissioni hanno spesso un impatto diretto sulle decisioni delle Camere. Se un documento di una commissione ha un ruolo determinante ai fini della proposta alla Camera, conformemente all'articolo 158 il pubblico dovrebbe averne accesso. Questo vale tanto di più se si considera che di norma, a differenza di quanto avveniva in passato, le commissioni non motivano più oralmente le loro proposte in Consiglio nazionale se non vi sono 16

Il Consiglio nazionale ha respinto l'ultima volta il 25 settembre 2008, con 106 voti contro 56 rispettivamente 98 contro 60, due iniziative parlamentari contenenti richieste in tal senso (08.410 Iv. Pa. Gruppo V. Pubblicità dei verbali delle Commissioni; 08.427 Iv.

Pa. Noser. Pubblicare i verbali delle Commissioni).

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contestazioni. La situazione giuridica attuale non tiene conto del diritto alla trasparenza.

Occorre quindi soppesare due interessi altrettanto legittimi: l'interesse alla confidenzialità e l'interesse alla pubblicità dei documenti di una commissione. Nel caso dei verbali delle sedute delle commissioni, il legislatore ha privilegiato la confidenzialità. Per quanto concerne gli altri documenti delle commissioni deve poter essere possibile differenziare in base al caso concreto.

4. Passaggio al principio di trasparenza con riserva di segretezza?

La legge del 17 dicembre 2004 sulla trasparenza (LTras; RS 152.3) ha significato un cambio di paradigma per l'Amministrazione federale, poiché si è passati dal principio di segretezza con riserva di trasparenza al principio di trasparenza con riserva di segretezza. Siccome l'Assemblea federale e i suoi organi non rientrano nel campo d'applicazione della LTras occorre ora stabilire se sia necessario estendere i nuovi principi anche nei loro confronti. Un semplice assoggettamento dell'Assemblea federale alla LTras non entra tuttavia in linea di conto: molte disposizioni della LTras non sarebbero applicabili al Parlamento, neanche in caso di cambio di paradigma; inoltre si presenta una serie di problemi specifici che devono essere risolti dal diritto parlamentare. Si potrebbe prevedere che la LParl si fondi sul principio di trasparenza di tutti i documenti, con un elenco di eccezioni. Il primo elemento dell'elenco continuerebbe a essere costituito dai verbali delle commissioni. Al secondo posto vi sarebbero i documenti che servono all'alta vigilanza. Per quanto concerne gli altri documenti, si propone di dichiararli confidenziali sino al termine della deliberazione su un determinato oggetto, analogamente a quanto previsto per l'Amministrazione federale nell'articolo 8 capoverso 2 LTras, che recita: «I documenti ufficiali possono essere resi accessibili soltanto allorché la decisione politica o amministrativa per la quale costituiscono la base è stata presa». Di conseguenza, al termine della deliberazione su un determinato oggetto da parte della commissione occorrerebbe esaminare ogni documento per valutare se declassificarlo e renderlo accessibile al pubblico oppure se dichiararlo conforme a una delle numerose eccezioni di cui all'articolo 7 LTras. Conformemente
all'articolo 7 LTras l'accesso ai documenti ufficiali è ad esempio limitato quando può «ledere in modo considerevole la libera formazione dell'opinione e della volontà di un'autorità soggetta alla presente legge...», «compromettere gli interessi della politica estera o le relazioni internazionali della Svizzera», «ledere la sfera privata di terzi» ecc. Queste nozioni giuridiche sono assai vaghe e lasciano un ampio margine di apprezzamento alle autorità.

Con la LTras è tuttavia stata istituita una procedura di mediazione e con essa la possibilità di ricorrere nel caso in cui venga negato l'accesso ai documenti. Le procedure di questo tipo comportano il rischio di un arbitrio eccessivo; la prassi dell'Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza (IFPDT), del Tribunale amministrativo federale e del Tribunale federale hanno ristretto il margine di manovra dell'Amministrazione. È tuttavia impensabile applicare queste vie legali anche alle decisioni che gli organi del Parlamento prendono in merito all'accesso pubblico ai documenti delle commissioni. Ne conseguirebbe infatti una violazione del principio costituzionale secondo cui «[g]li atti dell'Assemblea federale e del Consiglio federale non possono essere impugnati presso il Tribunale federale» (art. 189 cpv. 4 Cost.). Benché il legislatore possa prevedere deroghe a questo prin5822

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cipio, sino ad oggi ha dato prova di estrema cautela al riguardo 17. La deducibilità in giudizio delle decisioni politiche è infatti contraria alla cultura giudiziaria svizzera, e la decisione di una commissione di non rendere accessibile al pubblico un determinato documento è di natura marcatamente politica.

Conclusione: un cambio di paradigma a favore del principio di trasparenza con riserva di segretezza non risponderebbe alle aspettative. Viste le «riserve di segretezza» che sarebbero necessarie anche in futuro, la trasparenza non aumenterebbe in misura sensibile18. Le possibili eccezioni al principio di trasparenza dovute a nozioni giuridiche indefinite e all'assenza di un esame giudiziale delle rispettive decisioni non contribuirebbero a una maggior chiarezza, anzi. La possibilità di far valere il principio di trasparenza ­ e la conseguente necessità di accertare se un'eccezione sia motivata nel singolo caso ­ comporterebbe inoltre un considerevole aumento dell'onere amministrativo.

5. Proposta di precisazione in relazione alla confidenzialità e all'accesso del pubblico ai documenti delle commissioni Con un nuovo articolo 47a LParl si vuole creare una base legale esplicita per il trattamento dei documenti delle commissioni (verbali delle riunioni e altri documenti). Il primo periodo del capoverso 1 sancisce il principio che i documenti delle commissioni devono essere classificati. Questo significa in primo luogo che, per i motivi esposti sopra (n. 3 e 4), viene mantenuto il «principio della segretezza». In secondo luogo, «classificare» significa creare trasparenza sul grado di segretezza.

Questa norma corrisponde al disegno del Consiglio federale relativo alla legge sulla sicurezza delle informazioni (D-LSIn; FF 2017 2711; cfr. in part. art. 11 segg.

D-LSIn), il cui campo d'applicazione dovrebbe comprendere anche l'Assemblea federale19. La forma della classificazione è disciplinata nell'Oparl (cfr. commento all'art. 5a Oparl). Spesso fra i documenti di una commissione figurano documenti che sono già accessibili al pubblico. Il fatto che rimangano pubblici e non debbano essere classificati è di per sè scontato, ma per motivi di chiarezza deve essere esplicitato.

Il capoverso 2 istituisce una base legale che consente a una commissione di rendere accessibile al pubblico un documento. Rimangono
salvi i verbali delle sedute che, conformemente all'articolo 47, devono rimanere classificati perché contengono informazioni sulle posizioni dei singoli membri in relazione agli oggetti delle deliberazioni. «Rendere accessibile al pubblico» può significare che un documento venga pubblicato in forma cartacea o in Internet, ma anche soltanto che un documento non 17

18

19

Unica eccezione di ricorso consentito al Tribunale amministrativo federale contro una decisione di un competente organo dell'Assemblea federale: «decisioni ... in materia di rapporti di lavoro del personale federale» (ossia del personale dei Servizi del Parlamento), art. 33 lett. a legge sul Tribunale amministrativo federale (LTAF; RS 173.32).

Cfr. l'affermazione pregnante del consigliere nazionale Christoph Blocher durante la deliberazione sulla LTras in Consiglio nazionale: «... se volete che tutto sia dichiarato pubblico e poi in pratica prevedere un'eccezione per tutto è la stessa cosa che dichiarare tutto segreto e prevedere un paio di eccezioni che sono pubbliche» (Boll. Uff. 2004 N 1254).

Le modifiche proposte della LParl e dell'Oparl sarebbero applicabili anche senza la LSIn, ad esempio qualora la LSIn possa entrare in vigore solo dopo la modifica della LParl.

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pubblicato venga declassificato e possa quindi essere consegnato all'esterno su richiesta. Il secondo periodo del capoverso 2 rinvia agli articoli 5a, 8 e 8a Oparl, che disciplinano nel dettaglio la classificazione e la declassificazione (cfr. commento alla modifica dell'Oparl).

Con 15 voti contro 8, una minoranza delle Commissione (Pfister Gerhard, Brand, Buffat, Burgherr, Glarner, Nidegger, Pantani, Rutz Gregor, Steinemann) è favorevole al mantenimento della normativa attuale e propone quindi di stralciare l'articolo 47a LParl e le modifiche dell'Oparl che ne derivano (art. 5a, 6, 6a cpv. 3, 8, 8a, 9). È contraria alla pubblicazione di documenti da parte delle commissioni poiché ritiene che, indirettamente, non sarebbe più garantita la confidenzialità delle deliberazioni.

Art. 57

Compiti e procedura [della Commissione di redazione]

Al momento attuale, la competenza legale della Commissione di redazione nel verificare i testi degli atti legislativi (art. 57 cpv. 1) non si fonda sul criterio funzionale inteso a stabilire se un progetto legislativo ponga effettivamente problemi redazionali, bensì sul criterio formale in base al quale il testo dell'atto viene preparato per i voti finali alle Camere: è quanto avviene per le leggi federali, le ordinanze dell'Assemblea federale e i decreti federali che sottostanno al referendum obbligatorio o facoltativo (art. 81 LParl). Alla Commissione di redazione non compete dunque la rettifica di decreti federali semplici.

L'attuale disciplinamento delle competenze ha motivazioni storiche. In passato i decreti federali semplici erano prevalentemente decreti di stanziamento e decreti concernenti l'approvazione di trattati internazionali composti da due articoli secondo il semplice modello seguente: all'articolo 1, l'Assemblea federale «approva» o «ratifica»; l'articolo 2 stabilisce: «Il presente decreto non sottostà a referendum».

Siffatta tipologia di testi non presenta praticamente alcun problema di natura redazionale. In questi ultimi tempi nei decreti federali di questo tipo vengono invece sempre più spesso inserite nuove disposizioni che non contengono norme di diritto (mandati al Consiglio federale, riserve ecc.). Conformemente alla modifica del 7 ottobre 2005 dell'articolo 25 LParl, nei decreti di stanziamento l'Assemblea federale può «precisare le condizioni quadro d'impiego, i tempi d'attuazione del progetto e le modalità di resoconto da parte del Consiglio federale». Può anche capitare che, in caso di deliberazione parallela sulla base legale di un decreto di stanziamento (progetto 1) e sul decreto di stanziamento stesso (progetto 2), il progetto 2 non venga debitamente adeguato alle eventuali modifiche del progetto 1. Una novità è inoltre costituita dalle «decisioni di principio e programmatiche» (art. 28, 143 cpv. 4 e 146 LParl; programma di legislatura, piano finanziario, pianificazioni settoriali). Questi decreti federali semplici possono senz'altro presentare problemi redazionali.

Il diritto vigente non stabilisce competenze per il caso in cui si rendano necessari adeguamenti redazionali di un decreto federale semplice: esiste una vera e propria lacuna legislativa. La competenza
non è affidata alla Commissione di redazione né la Cancelleria federale può modificare, nell'ambito della pubblicazione sul Foglio federale, il testo approvato dalle Camere federali. La Cancelleria federale è «abilitata

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unicamente, [...] a completare i rinvii alla RU, al FF e alla RS, nonché ad adeguare la presentazione» (art. 14a cpv. 2 LPubb; RS 170.512).

Il nuovo capoverso 1bis attribuisce alla Commissione di redazione la competenza di rettificare atti normativi che non devono essere sottoposti alla votazione finale. Lo scopo non è di procedere a una revisione sistematica di tutti i decreti federali semplici, bensì di ricorrere all'intervento della Commissione di redazione solo in caso di necessità. Nella prassi la norma sarà attuata come segue: le segreterie delle commissioni competenti per l'esame preliminare di un atto legislativo segnalano i casi problematici alla segreteria della Commissione di redazione.

Si rinuncia a un disciplinamento dettagliato della procedura in funzione del momento in cui avviene la rettifica (prima o dopo la conclusione delle deliberazioni da parte dell'Assemblea federale; prima o dopo la pubblicazione sul Foglio federale). Possono essere applicate per analogia le disposizioni corrispondenti dell'ordinanza dell'Assemblea federale sulla Commissione di redazione (RS 171.105) concernenti gli atti legislativi che devono essere sottoposti alla votazione finale.

Art. 76

Proposte

L'articolo 76 capoverso 3 vigente stabilisce che fino alla votazione sul complesso in merito a un disegno di atto legislativo ­ ossia durante la deliberazione di dettaglio ­ «si può chiedere di rivenire su qualsiasi questione già trattata» mediante mozione d'ordine. Una decisione presa successivamente alla deliberazione di dettaglio può comportare la messa in discussione di una decisione adottata in precedenza ­ sia per motivi materiali sia politici. Questa possibilità non è data per la decisione di entrata in materia: chi non è soddisfatto dei risultati parziali della deliberazione di dettaglio non deve avere la facoltà di esigere, durante la deliberazione corrente, una nuova valutazione complessiva del disegno di atto legislativo; potrà tuttavia dar voce al suo dissenso al momento della votazione sul complesso a conclusione della deliberazione di dettaglio.

Pur essendo chiaro e incontestato, questo disciplinamento è incompleto: per numerosi oggetti la deliberazione non si conclude con una votazione sul complesso sebbene durante la trattazione siano state prese diverse decisioni sulle quali può sorgere in seguito la corrispondente necessità di ritornare sull'oggetto a causa di decisioni successive (disegni di atti legislativi sui quali non si svolge una votazione sul complesso a causa dell'entrata in materia obbligatoria; appianamento delle divergenze su disegni di atti legislativi; mozioni scindibili ecc.). L'ammissibilità di una mozione d'ordine allo scopo di ritornare su un oggetto dovrebbe essere incontestata anche in questi casi. Questa lacuna è colmata stabilendo all'articolo 76 capoverso 3 che la deliberazione su un oggetto da parte della Camera si conclude per principio quando non possono più essere presentate proposte di rivenire su un oggetto.

Non sono quindi ammissibili le mozioni d'ordine volte a rivenire su una votazione che sancisce la trasmissione di un oggetto in deliberazione all'altra Camera o che conclude la deliberazione corrispondente. In questi casi l'oggetto in deliberazione non è più pendente alla Camera, ossia non spetta più alla Camera prendere decisioni.

Poiché negli ultimi tempi sono state presentate e ammesse siffatte mozioni d'ordine, si rivela necessario chiarire la questione a livello legislativo.

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Due esempi pratici: ­

L'11 marzo 2015, alle ore 17.17, il Consiglio nazionale ha accolto la mozione 14.3671 (Mo. CPE-N [12.3980]. Attuazione del rapporto di diritto comparato del Consiglio federale sulla responsabilità delle imprese in materia di diritti umani e ambiente) a parità di voti ­ 90 voti contro 90 ­ e il voto decisivo del presidente. La mozione è quindi stata trasmessa al Consiglio degli Stati. Tuttavia, un'ora e mezza più tardi è stata presentata e accolta una mozione d'ordine intesa a ripetere la votazione. Motivazione della proponente: «Alcuni deputati hanno votato in modo sbagliato» (trad.). In seguito la mozione è stata respinta con 95 voti contro 86. Il risultato si spiega con il fatto che la seconda volta erano presenti due membri in più dei gruppi contrari e due membri in meno dei gruppi favorevoli; all'interno di un gruppo diviso, tre membri che la prima volta avevano votato in favore o si erano astenuti hanno successivamente votato contro.

­

Il 22 settembre 2015, alle ore 10.24, il Consiglio nazionale ha accolto la mozione 14.4060 (Mo. Consiglio degli Stati [Bieri]. Acquisto di aerei da trasporto. Nuova valutazione) con 89 voti contro 87 e 6 astensioni. La mozione era quindi accolta definitivamente e non rappresentava più un oggetto pendente al Consiglio nazionale, bensì un mandato affidato al Consiglio federale. Ciononostante, due ore più tardi è stata presentata e accolta una mozione d'ordine allo scopo di ripetere la votazione. Motivazione del proponente: «Vi è stata un po' di confusione e le decisioni casuali non sono degne di questo Parlamento» (trad.). In seguito la mozione è stata respinta con 98 voti contro 85. È interessante notare che, in occasione della prima votazione, cinque membri di un grande gruppo abbiano votato in favore, mentre nella seconda votazione il gruppo ha votato compatto contro la mozione.

Al di là del fatto che è contrario a ogni logica, questo modo di procedere convoglia nell'opinione pubblica un'immagine negativa circa la serietà dell'attività parlamentare. In questi casi l'impressione è che le mozioni d'ordine in questione vengano presentate soltanto perché il risultato di una votazione è sgradito e ci si attende un risultato più favorevole da un nuovo tentativo. Il proponente constata per esempio che alcuni deputati non erano presenti alla votazione e spera che una ripetizione della stessa possa dare un esito diverso in ragione di rapporti di forza leggermente modificati. Oppure il voto di singoli deputati ­ p. es. appartenenti a una minoranza di gruppo ­ viene successivamente messo in discussione al fine di costringere questi ultimi a votare diversamente in occasione della nuova votazione. La garanzia dei diritti politici, ossia la protezione della libera formazione della volontà e l'espressione fedele del voto (art. 34 Cost.), si applica anche ai deputati quali rappresentanti degli elettori; siffatti tentativi di correggere a posteriori l'esito di una votazione ledono questa garanzia sancita dalla Costituzione.

La situazione è diversa quando subito dopo una votazione è richiesta una ripetizione, per esempio a causa di problemi tecnici con il voto elettronico o perché il quesito in votazione non era chiaro o è stato mal compreso. In tal caso dev'essere possibile fare un'eccezione al principio stabilito al capoverso 3. L'articolo 76 capoverso 3ter offre questa possibilità. Occorre però che il problema sia riconosciuto immediatamente, altrimenti diventa difficile allontanare il sospetto che sussistano altri motivi. La 5826

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nozione di «immediatamente dopo» offre ai presidenti delle Camere un piccolo margine di manovra. Determinante ai fini della valutazione sull'ammissibilità della mozione d'ordine volta a ripetere la votazione non sarà un criterio puramente formale, bensì il principio secondo cui la mozione deve rappresentare una reazione immediata a problemi sorti in fase di votazione e non dev'essere motivata da intenti manipolatori come quelli illustrati in precedenza.

Art. 77

Clausola d'urgenza

Se una legge federale deve essere dichiarata urgente, le Camere decidono sulla clausola d'urgenza soltanto dopo aver preso decisioni concordanti sul progetto. Se la clausola d'urgenza è respinta, il testo di legge dev'essere adeguato in vista della votazione finale alle Camere. Questa procedura presenta una duplice problematica: dal profilo redazionale e da quello materiale. Il necessario adeguamento della clausola referendaria è un problema puramente redazionale che, già in base al diritto vigente, può essere risolto dalla Commissione di redazione. I conseguenti adeguamenti della disposizione sull'entrata in vigore pongono invece anche una questione materiale. In passato era cosa ovvia che il legislatore delegasse l'aspetto dell'entrata in vigore al Consiglio federale. Oggi esistono invece tre possibilità: l'entrata in vigore può essere delegata al Consiglio federale o alla Conferenza di coordinamento delle Camere federali, oppure si può stabilire una data nella legge.

Finora il problema non si è mai presentato perché non capita ormai da molto tempo che la clausola d'urgenza sia respinta. Tuttavia la questione potrebbe porsi in qualsiasi momento. Occorre quindi colmare questa lacuna legislativa attribuendo espressamente questa competenza alla Commissione di redazione. I presidenti delle commissioni incaricate dell'esame preliminare devono essere consultati poiché conoscono gli aspetti materiali e politici del progetto.

Respingere l'urgenza di una legge può anche implicare che l'entrata in vigore tardiva risulti pregiudizievole per l'effetto auspicato della legge. Per questo caso, il capoverso 3 vigente conferisce a ogni parlamentare e al Consiglio federale la facoltà di proporre lo stralcio dal ruolo del disegno di legge. Tale disposizione risulta poco chiara e superflua: poco chiara perché, qualora un siffatto caso dovesse verificarsi (finora mai), vi è incertezza sulle modalità di svolgimento della procedura; superflua perché l'articolo 90 LParl prevede già una procedura per lo stralcio di un disegno di atto legislativo al termine della fase di appianamento delle divergenze. A questo punto della procedura, su proposta congiunta delle proprie commissioni incaricate dell'esame preliminare, le Camere possono infatti togliere dal ruolo un disegno di atto legislativo. In una simile circostanza
potrebbe tuttavia anche verificarsi che un oggetto venga respinto nelle votazioni finali. Qualora la clausola d'urgenza sia respinta poco prima della conclusione di una sessione, respingerla nella votazione finale dovrebbe risultare più facile rispetto all'applicazione dell'articolo 90, il quale richiede la convocazione delle Commissioni di entrambe le Camere.

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Art. 78

Procedura di voto

L'articolo 78 capoverso 4 LParl vigente stabilisce che le proposte non controverse non vengano poste in votazione. Non contiene però alcuna indicazione in merito ai casi in cui occorre andare obbligatoriamente ai voti finali sebbene non sia stata presentata alcuna proposta di reiezione. Le disposizioni in merito sono contenute nei regolamenti dei Consigli. I voti devono sempre essere contati nelle votazioni finali, nelle votazioni sul complesso e nelle votazioni che richiedono il consenso della maggioranza qualificata. Questa formulazione, tuttavia, si ritrova soltanto per disciplinare la situazione eccezionale dell'espressione del voto mediante alzata di mano in caso di deliberazione segreta oppure qualora il sistema di voto elettronico sia difettoso (art. 59 in comb. disp. con l'art. 58 RCN, art. 45 in comb. disp. con l'art. 44 RCS). Per il caso ordinario dell'espressione del voto per via elettronica è previsto che il risultato sia pubblicato sotto forma di elenco nominativo (art. 57 RCN, art. 44a RCS), sebbene manchi l'indicazione che deve tenersi una votazione ­ la dimenticanza legislativa si spiega con il fatto che questa è da tempo prassi corrente.

La disposizione concernente la votazione obbligatoria quale eccezione al principio della rinuncia a una votazione sulle proposte non controverse (art. 78 cpv. 4) è inserita nel nuovo capoverso 5. Allo stesso tempo è introdotta, quale novità materiale, la votazione obbligatoria sulla proposta di conciliazione presentata in occasione della conferenza di conciliazione. Tale votazione ha una valenza analoga alla votazione sul complesso o alla votazione finale: decide sulle sorti del disegno di atto legislativo nel suo insieme. Nel sistema attuale vi sono stati dei deputati che si sono detti stupiti che una proposta di conciliazione sia stata accolta senza essere stata messa ai voti pur essendo stata controversa in occasione della conferenza di conciliazione. Probabilmente in certi casi non vengono presentate proposte di minoranza volte a respingere una proposta di conciliazione poiché si presuppone, a torto, che si terrà una votazione obbligatoria.

Art. 81

Votazione finale

1. Nessuna votazione finale sui decreti federali concernenti le iniziative popolari Conformemente all'articolo 74 capoverso 3 LParl per determinati oggetti in deliberazione, tra cui i decreti federali sulle iniziative popolari, l'entrata in materia è obbligatoria. Ciò che li accomuna è che l'Assemblea federale è obbligata a trattarli e a prendere una decisione in materia. Per quanto attiene all'iniziativa popolare ­ presentata in forma di progetto elaborato ­ concernente la revisione parziale della Costituzione federale, secondo l'articolo 139 capoverso 5 Cost. l'Assemblea federale è obbligata a raccomandarne l'accettazione o il rifiuto al Popolo e ai Cantoni.

Non può decidere di propria iniziativa di rinunciare a tale raccomandazione. Se l'entrata in materia è obbligatoria, in base all'articolo 74 capoverso 4 LParl la votazione sul complesso, normalmente necessaria al termine della prima deliberazione di dettaglio, non ha luogo (eccetto nel caso speciale di preventivi e consuntivi).

Questo a rigore di logica, poiché un esito negativo della votazione sul complesso equivarrebbe a una non entrata in materia (art. 74 cpv. 5 primo periodo LParl). Nel caso degli oggetti in deliberazione menzionati non occorre procedere a una vota5828

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zione sul complesso perché, a differenza per esempio di un disegno di legge comprendente diverse disposizioni, non è necessario che il risultato di una deliberazione di dettaglio con molteplici decisioni (parziali) sia nuovamente valutato nel suo insieme. Si tratta qui infatti di rispondere a una sola domanda (ad eccezione del caso speciale del programma di legislatura): approvazione o non approvazione? Conferimento sì o no? Nel caso di un'iniziativa popolare: raccomandazione di accettazione o di rifiuto20? Tale questione si pone in caso di deliberazione di dettaglio sul testo di un atto legislativo. Se si svolgesse una votazione sul complesso sull'atto legislativo, verrebbe posta per la seconda volta la stessa domanda: un'operazione superflua e inutile.

Le stesse considerazioni, qui riferite alla votazione sul complesso, si applicano per analogia anche alla votazione finale. In quest'ultima si tratta di decidere se un disegno di atto legislativo debba essere approvato o respinto dopo che entrambe le Camere hanno trovato il consenso e la Commissione di redazione ha messo a punto il testo. La votazione finale su una legge federale, per esempio, s'impone perché il testo potrebbe subire modifiche tali da pregiudicarne l'approvazione anche nelle fasi successive dell'appianamento delle divergenze tra le Camere su diverse disposizioni, ossia dopo le prime deliberazioni o dopo un esito positivo delle votazioni sul complesso. Nel caso di un'iniziativa popolare, non vi è la necessità né di effettuare una siffatta valutazione globale né di procedere a un adeguamento redazionale. Dal profilo giuridico, nell'ambito della votazione finale si pone solo la questione se debba essere espressa una raccomandazione di voto o meno. Un dilemma che secondo l'articolo 139 capoverso 5 Cost. non avrebbe nemmeno ragione di esistere.

Nella prassi, tuttavia, la votazione finale su un decreto federale concernente un'iniziativa popolare è intesa come ripetizione della votazione sulla raccomandazione di voto. Questo è evidenziato per esempio nelle spiegazioni di voto del Consiglio federale, che immancabilmente non indicano il risultato della votazione giuridicamente determinante sulla raccomandazione di voto, bensì l'esito della votazione finale. Questa indicazione non è corretta dal profilo giuridico.

In conclusione, se
l'entrata in materia è obbligatoria e non si svolge una votazione sul complesso (art. 74 cpv. 3 e 4 LParl), a rigore di logica non dovrebbe esservi nemmeno una votazione finale. Tuttavia, secondo l'articolo 81 LParl si procede a una votazione finale su tutti i decreti federali che sottostanno al referendum obbligatorio. Nella prassi, s'intende come sottostante al referendum obbligatorio anche un decreto federale concernente un'iniziativa popolare: si tratta quindi dell'unico oggetto in deliberazione per il quale trova applicazione sia l'articolo 74 capoversi 3 e 4 sia l'articolo 81 LParl, sebbene le due disposizioni non siano compatibili. Vi sono buoni motivi per ritenere che un decreto federale concernente un'iniziativa popolare non debba essere inteso come sottostante al referendum obbligatorio ai sensi dell'articolo 81: non è il decreto federale in oggetto, bensì l'iniziativa popolare stessa che dev'essere sottoposta al voto popolare. Questo risulta evidente per il semplice fatto che si vota sull'iniziativa popolare anche quando il decreto federale non è adottato 20

Nel caso della deliberazione su iniziative popolari si tratta anche di determinarne la validità o meno. Tuttavia questa domanda è posta in via pregiudiziale (cfr. art. 98 LParl), in modo che non è né necessario né sensato effettuare una votazione sul complesso su entrambe le questioni (validità e raccomandazione di voto).

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entro il termine stabilito. Poiché la prassi decennale è diversa, è possibile apportare un correttivo soltanto precisandola espressamente all'articolo 81 LParl.

Questa modifica richiede l'adeguamento degli articoli 73a e 75a della legge federale sui diritti politici (LDP), i quali fanno riferimento al voto finale sull'iniziativa popolare.

Le deliberazioni su un decreto federale concernente un'iniziativa popolare si concludono quando le due Camere hanno espresso decisioni concordanti sulla raccomandazione di voto. Di regola, dunque, non è più il giorno dei voti finali che sancisce la fine delle deliberazioni, bensì un giorno di seduta durante la sessione. Questo giorno determina la data del decreto federale a partire dalla quale decorre il termine per svolgere la votazione popolare (art. 75a LDP). Una eccezione è rappresentata dal caso in cui all'iniziativa popolare sia opposto un controprogetto diretto, controprogetto che deve andare ai voti finali. Se al momento dell'adozione delle decisioni concordanti sulla raccomandazione di voto in merito a un'iniziativa popolare la votazione finale non si è ancora tenuta, tali decisioni non possono ancora essere considerate definitive, ossia sono prese con la riserva che il controprogetto venga adottato. Qualora sia respinto, vengono riprese le deliberazioni sul decreto federale concernente l'iniziativa popolare conformemente all'articolo 101 capoverso 3 LParl (raccomandazione di voto proposta dalla conferenza di conciliazione), perché le condizioni per valutare l'iniziativa popolare possono nel frattempo essere mutate.

Nel caso di un controprogetto, la data determinante dalla quale decorre il termine per svolgere la votazione popolare è la data in cui lo stesso viene accolto in votazione finale. Qualora fosse respinto fa stato la data in cui la proposta delle conferenza di conciliazione è stata accolta in base all'articolo 101 capoverso 3 LParl21.

La nuova formulazione proposta dell'articolo 75a LDP colma peraltro un'ulteriore lacuna del diritto vigente. Se un decreto federale non è adottato perché le Camere non riescono a concordare una raccomandazione di voto, secondo il capoverso 1 lettera a il termine per sottoporlo al voto popolare decorre dalla data di reiezione della proposta di conciliazione. In base al diritto vigente, in questo caso il termine
decorre soltanto a partire dalla scadenza del termine di trattazione imposto all'Assemblea federale, ossia talvolta molti mesi più tardi. Questo ritardo è ingiustificato.

Per i casi in cui non si svolge più una votazione finale sul decreto federale concernente un'iniziativa popolare occorre adeguare l'articolo 73a LDP in modo che le deliberazioni su un controprogetto indiretto dell'Assemblea federale non si concludano ­ come finora ­ lo stesso giorno, bensì nella stessa sessione in cui si svolgono le deliberazioni su un decreto federale concernente un'iniziativa popolare. Questa è la condizione per il ritiro dell'iniziativa popolare con la riserva che il controprogetto 21

È pure possibile che questa proposta sia respinta. Anche se non è stato opposto un controprogetto, può verificarsi che una proposta di conciliazione sulla raccomandazione di voto sia respinta. In tal caso, come pure in caso di scadenza dei termini di trattazione impartiti all'Assemblea federale, il Consiglio federale sottopone l'iniziativa al voto popolare senza una raccomandazione di voto. Questo obbligo costituzionale è preponderante rispetto all'obbligo ­ altrettanto costituzionale ­ dell'Assemblea federale di decidere una raccomandazione di voto. Il fatto che, in questa situazione, una disposizione costituzionale non sia applicabile non giustifica che in una votazione finale inutile venga posta esplicitamente la domanda se tale disposizione costituzionale debba essere rispettata.

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indiretto non venga respinto in votazione popolare (ritiro condizionato). Poiché le deliberazioni su un decreto federale concernente un'iniziativa popolare senza votazione finale possono concludersi prima, in occasione della pianificazione dell'attività parlamentare potrà capitare che le commissioni competenti debbano considerare di non programmare troppo presto la deliberazione di un'iniziativa popolare nella seconda Camera. Se infatti le deliberazioni su un controprogetto indiretto si protraggono fino alla sessione successiva, viene meno la possibilità del ritiro condizionato.

2. Data e simultaneità delle votazioni finali nelle due Camere Nell'articolo 81 capoverso 1bis occorre specificare espressamente che le votazioni finali nelle due Camere devono tenersi lo stesso giorno. Sebbene lo svolgimento delle votazioni finali lo stesso giorno sia prassi corrente alle Camere federali, vi è necessità di fare chiarezza dopo che nella sessione primaverile 2015 si è posto l'interrogativo su come procedere quando un oggetto pronto per i voti finali viene stralciato dalla lista delle votazioni finali in una Camera perché è stata accolta una mozione d'ordine. Il rinvio di una votazione finale è ammissibile quando un oggetto è pronto per il voto finale? Quali ripercussioni ha un rinvio sull'altra Camera? Le due Camere devono procedere alla votazione finale lo stesso giorno o almeno nella stessa sessione? La mozione d'ordine in questione, che chiedeva di rinviare la votazione finale, è infine stata ritirata, ma gli interrogativi rimangono aperti. È necessario fornire risposte perché queste domande possono ripresentarsi e perché le risposte possono comportare conseguenze politiche non indifferenti.

La legge non prescrive che si debba votare forzatamente su un oggetto pronto per i voti finali alla fine della sessione ordinaria successiva. È tuttavia prassi corrente delle Camere federali che le votazioni finali si tengano di regola nella sessione in cui si concludono le deliberazioni. Le segreterie delle commissioni comunicano alla Commissione di redazione gli affari le cui deliberazioni potrebbero concludersi.

Quest'ultima li inserisce in una lista di cui gli Uffici delle Camere prendono atto. Le votazioni finali si svolgono se gli affari che figurano sulla lista sono effettivamente pronti per i voti finali.

Qui di seguito alcuni motivi che eccezionalmente possono condurre al rinvio delle votazioni finali: ­

La Commissione di redazione non riesce a terminare la verifica di un oggetto complesso nel talvolta brevissimo periodo tra la conclusione dell'appianamento delle divergenze e la votazione finale (esempio: 93.461 Iv. Pa. Imposta sul valore aggiunto). In questo caso non è adempiuta una condizione per lo svolgimento della votazione finale menzionata nell'articolo 81. Il presidente della Camera deve stralciare l'oggetto dalla lista dei voti finali rifacendosi alla notifica corrispondente della Commissione di redazione.

­

Due o più disegni di atti legislativi concernenti tematiche affini non sono pronti per la votazione finale nella stessa sessione. La votazione finale su un atto legislativo già pronto per la deliberazione viene rinviata affinché i termini di referendum possano decorrere contemporaneamente per tutti gli atti interessati (esempio: 99.084 Legge militare. Modifica). È altresì ipotizzabile che il fatto di conoscere il risultato delle deliberazioni su un atto normativo abbia ripercussioni sulla valutazione definitiva di un altro atto.

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Queste eccezioni motivate mostrano che non vi è la necessità di effettuare una modifica legislativa che andrebbe a ridurre il margine di manovra esistente nel definire gli oggetti da inserire nelle votazioni finali.

Un rinvio dovuto al secondo motivo menzionato può essere ottenuto se una delle Camere ha accolto una mozione d'ordine corrispondente o se un oggetto pronto per la votazione finale semplicemente non è stato inserito nella lista dei voti finali: in tal caso basta che una Camera accetti una mozione d'ordine perché la votazione finale si tenga ugualmente. In entrambi i casi, il fatto che la mozione d'ordine sia stata accolta in una sola Camera può comportare che la votazione finale nell'altra Camera non si svolga nella stessa sessione.

Questa situazione verosimile risulta problematica alla luce dei principi che reggono il sistema bicamerale. L'Assemblea federale, composta dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati, approva leggi e modifiche costituzionali mediante votazioni separate. Tuttavia si tratta di decisioni che l'Assemblea federale prende come un unico organo costituzionale. Se trascorre troppo tempo tra le votazioni finali delle due Camere, la situazione può nel frattempo cambiare. Possono infatti intervenire nuovi sviluppi o addirittura può mutare la composizione del Parlamento. Un lasso di tempo più ampio tra le decisioni delle due Camere consente altresì di esercitare pressioni politiche in vista della successiva votazione. Il problema è analogo a quello che si pone quando è necessario ripetere una votazione popolare perché il primo scrutinio è dichiarato nullo.

Dalla fondazione dello Stato federale fino alla modifica del 4 ottobre 1991 della legge sui rapporti fra i Consigli, la legge prevedeva che le due Camere tenessero una seduta comune il giorno di apertura e il giorno di chiusura della sessione. Dalla motivazione addotta nel rapporto della commissione del Consiglio nazionale del 16 maggio 1991 a proposito dell'abrogazione di tale prescrizione non si può desumere che le votazioni finali nelle due Camere non dovessero più svolgersi lo stesso giorno. Al contrario, esso precisa infatti: «Spetta alla Conferenza di coordinamento armonizzare il calendario delle sessioni delle due Camere (art. 8ter), così da garantire che i Consigli possano riunirsi insieme quando gli
oggetti da trattare lo richiedano (decisioni dell'Assemblea federale a Consigli uniti, votazioni concernenti l'urgenza, voti finali)» (FF 1991 III 543). Era scontato che le votazioni finali dovessero svolgersi lo stesso giorno. Il seguente esempio ne è la riprova: negli anni Novanta alle Camere federali si sono tenute due sessioni straordinarie che si sono concluse prima al Consiglio degli Stati. Il Consiglio nazionale ha espresso i voti finali non l'ultimo giorno della propria sessione, bensì il giorno conclusivo della sessione del Consiglio degli Stati in modo che la votazione finale si tenesse lo stesso giorno nelle due Camere.

Occorre dunque sancire la prassi corrente nella legge. Si potrebbe sostenere che la modifica legislativa offrirebbe maggiore flessibilità rispetto alla prassi corrente, nel senso che le votazioni finali alle due Camere non dovrebbero svolgersi obbligatoriamente lo stesso giorno, bensì soltanto nella stessa sessione. Una minoranza della Commissione (Rutz Gregor, Addor, Buffat, Burgherr, Campell, Glättli, Glarner, Pantani, Reimann Lukas, Steinemann), sconfitta per 10 voti contro 13, era infatti favorevole a questa opzione. La maggioranza non vi ha invece intravisto alcun vantaggio. Se una Camera procede prima alle votazioni finali, devono concludersi 5832

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prima anche gli appianamenti delle divergenze e quindi le verifiche dei testi da sottoporre ai voti finali effettuate dalla Commissione di redazione. Generalmente, in ogni sessione si svolgono procedure di appianamento delle divergenze assai laboriose che devono essere portate a termine in tempi stretti. Questa pressione non deve aumentare ulteriormente. Il fatto di prevedere lo svolgimento delle votazioni finali lo stesso giorno non si ripercuote sulla risposta all'interrogativo che si pongono attualmente le due Camere, ossia se occorra mantenere la seduta del venerdì della terza settimana (cfr. proposta di una minoranza della Commissione ad art. 34 RCN).

Qualora il giorno conclusivo di sessione non sia identico per le due Camere, l'introduzione di questa prescrizione significa semplicemente che i voti finali si terranno l'ultimo giorno comune di seduta.

Il nuovo disciplinamento comporta che l'accettazione in una Camera di una mozione d'ordine volta a stralciare o a inserire un oggetto nella lista delle votazioni finali sia valida anche per l'altra Camera. Il presidente dell'altra Camera comunica alla propria Camera la modifica della lista delle votazioni finali. Una mozione d'ordine contraria a tale modifica infrangerebbe la legge.

Art. 97

Messaggio e disegno di decreto del Consiglio federale

Secondo l'articolo 97 capoverso 1 il Consiglio federale deve presentare il suo disegno di decreto concernente un'iniziativa popolare all'Assemblea federale entro un anno dal deposito della stessa. Conformemente al capoverso 2 tale termine è prorogato a 18 mesi se contemporaneamente è presentato all'Assemblea federale un disegno di decreto federale concernente un controprogetto diretto o indiretto. Questa disposizione è formulata in modo che la proroga del termine è accordata unicamente se il Consiglio federale presenta effettivamente il controprogetto. Ne consegue che il controprogetto dev'essere elaborato e posto in consultazione entro un anno affinché il Consiglio federale possa rinunciarvi se l'esito della procedura di consultazione non è favorevole. Nel caso di progetti complessi è difficile rispettare questi termini così rigidi. Se, in ragione dell'esito negativo della procedura di consultazione, il Consiglio federale rinuncia alla sua intenzione iniziale di presentare un controprogetto alla scadenza del termine di un anno, secondo il diritto vigente viola però la legge.

Il disciplinamento vigente è inadeguato. Occorre fare in modo che la proroga del termine non dipenda dalla presentazione di un controprogetto del Consiglio federale all'Assemblea federale, bensì dalla decisione di presentare un siffatto progetto.

La presente revisione offre l'occasione per precisare la formulazione poco chiara del capoverso 3. Considerando il capoverso 3 in modo isolato e interpretandolo alla lettera, l'Assemblea federale potrebbe iniziare a deliberare su un'iniziativa popolare non appena è stata depositata. Tuttavia il capoverso 3 dev'essere messo in relazione con i capoversi 1 e 2, che impongono al Consiglio federale determinati termini di trattazione. Non sarebbe logico impartire al Consiglio federale un termine fisso per l'elaborazione di un disegno di decreto federale e consentire nel contempo all'Assemblea federale di elaborare a sua volta un siffatto progetto. Lo scopo del capoverso 3 è diverso e dev'essere specificato nella legge: la nuova formulazione stabilisce che l'Assemblea federale possa iniziare la deliberazione su un'iniziativa popolare se 5833

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il Consiglio federale non rispetta il termine che gli è stato impartito. Allo stesso tempo può essere precisata anche la procedura in base alla quale l'Assemblea federale inizia la sua deliberazione: essa può diventare operativa entro un termine utile solo se una commissione elabora il disegno di atto legislativo mediante un'iniziativa parlamentare (art. 107 segg. LParl). Questo presuppone che uno dei membri della commissione o qualsiasi altro parlamentare (art. 76 cpv. 1 secondo periodo LParl) abbia presentato una proposta in tal senso alla commissione.

Art. 98

Validità delle iniziative popolari

Un decreto federale concernente un'iniziativa popolare consta di due disposizioni: all'articolo 1 l'Assemblea federale decide in merito alla validità dell'iniziativa, all'articolo 2 esprime la propria raccomandazione di voto. Se l'articolo 1 dichiara nulla l'iniziativa, l'articolo 2 decade. Se le decisioni delle due Camere differiscono, l'appianamento delle divergenze sull'articolo 1 è retto da una regola speciale: prevale la decisione della Camera che si è pronunciata per la validità dell'iniziativa o di parte di essa (art. 98 cpv. 2). L'appianamento delle divergenze sull'articolo 2 segue la procedura ordinaria: se le due Camere non riescono a concordare una raccomandazione di voto (proposta della conferenza di conciliazione respinta), il disegno di atto legislativo è tolto dal ruolo. In tal caso trova applicazione l'articolo 75a LDP: il Consiglio federale deve sottoporre l'iniziativa al voto del Popolo senza raccomandazione di voto. Decade tuttavia anche un'eventuale dichiarazione di nullità parziale sancita nell'articolo 1 del decreto federale stralciato. Il Consiglio federale deve quindi sottoporre l'iniziativa alla votazione popolare nel tenore originale anche se contiene una parte contraria al diritto internazionale vincolante: una conseguenza giuridica tutt'altro che auspicabile e del tutto ingiustificata. Per ovviare a questo inconveniente, occorre inserire nel nuovo capoverso 3 un'ulteriore regola speciale applicabile all'appianamento delle divergenze: se le due Camere non trovano un accordo sulla raccomandazione di voto, non viene tolto dal ruolo l'intero decreto federale. La decisione sulla validità o sulla nullità parziale rimane valida.

Con 9 voti contro 15, una minoranza della Commissione (Addor, Buffat, Burgherr, Glarner, Pantani, Reimann Lukas, Rutz Gregor, Steinemann) ha respinto questa modifica ritenendo che, così facendo, si abbasserebbe la soglia per una dichiarazione di nullità parziale: un effetto considerato indesiderato dalla minoranza, che non auspica porre un limite all'esercizio dei diritti popolari.

Art. 99

Non modificabilità del testo delle iniziative popolari

La versione tedesca dell'articolo 99 recita: «Eine Volksinitiative ist in allen gültigen Teilen, so wie sie lautet, der Volksabstimmung zu unterbreiten». Secondo la versione francese l'iniziativa popolare o le sue parti valide devono essere «soumises en l'état à la votation populaire». Il testo italiano, per contro, non utilizza l'espressione italiana corrispondente a «Volksabstimmung» / «votation populaire», ossia «votazione popolare», bensì stabilisce: «L'iniziativa deve essere sottoposta al voto del Popolo e dei Cantoni». Il tenore del testo italiano non tiene conto del fatto che determinate iniziative popolari richiedono soltanto la maggioranza del Popolo e non anche quella dei Cantoni per essere accettate. Un'iniziativa popolare generica è 5834

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sottoposta soltanto al voto del Popolo. Lo scopo della norma contenuta all'articolo 99 non consiste nello stabilire chi deve pronunciarsi sulle iniziative popolari ­ e l'articolo 139 capoversi 3 e 4 Cost. non lascia spazio a dubbi in merito ­ bensì sancisce la non modificabilità delle stesse. Nell'ambito della presente revisione della LParl occorre tuttavia utilizzare l'occasione per rettificare il testo italiano, in contraddizione con la Costituzione, e adeguarlo ai testi tedesco e francese.

Secondo l'articolo 69 capoverso 3 LDP, nell'ambito dell'esame preliminare la Cancelleria federale esamina la concordanza linguistica dei testi e procede alle eventuali traduzioni. La decisione che ne scaturisce rappresenta il testo dell'iniziativa popolare che viene poi pubblicato nel Foglio federale. L'articolo 99 LParl stabilisce che un'iniziativa popolare riuscita e non ritirata debba essere sottoposta al voto del Popolo in tutte le sue parti valide «nel loro tenore originale». A questo proposito si pone una domanda: come procedere in caso di evidenti errori di traduzione che vengono scoperti soltanto dopo la pubblicazione della decisione presa nell'ambito dell'esame preliminare22?

Recentemente sono state riscontrate incongruenze di contenuto fra le tre versioni linguistiche di diverse iniziative popolari dichiarate riuscite. È il caso delle iniziative popolari 13.086 «Stop alla sovrappopolazione ­ sì alla conservazione delle basi naturali della vita» (Iniziativa Ecopop), 13.107 «Tassare le eredità milionarie per finanziare la nostra AVS (Riforma dell'imposta sulle successioni)» e 14.026 «Per un approvvigionamento elettrico sicuro ed economico (Iniziativa per l'efficienza elettrica)». Nel primo caso, l'Assemblea federale aveva già concluso le proprie deliberazioni; il Consiglio federale ha quindi segnalato gli errori manifesti della traduzione francese nelle sue spiegazioni. Negli altri due casi, la Commissione di redazione ha presentato alle Camere federali una proposta di rettifica.

Il nuovo capoverso 2 non presenta dunque alcuna novità, ma sancisce semplicemente nella legge, precisandola, quella che è già prassi per la Commissione di redazione e le Camere federali. Nell'ambito dei diritti popolari è particolarmente importante che il disciplinamento delle competenze e delle procedure sia chiaro e
trasparente.

La rettifica di errori di traduzione manifesti da parte dell'Assemblea federale è in linea con la prescrizione dell'articolo 99 LParl, secondo cui le iniziative popolari devono essere sottoposte al voto del Popolo «nel loro tenore originale»: se i testi nelle diverse lingue ­ tutti facenti ugualmente fede ­ non corrispondono, il contenuto dell'iniziativa popolare non risulta chiaro. In tal caso l'Assemblea federale è tenuta a fare in modo che le diverse versioni linguistiche abbiano lo stesso tenore.

Le rettifiche possono essere effettuate esclusivamente in caso di errori di contenuto manifesti e non di traduzioni che potrebbero apparire poco calzanti o politicamente controverse.

Se necessario occorre altresì chiarire che anche la Commissione di redazione è autorizzata a effettuare i necessari adeguamenti formali in vista dell'integrazione del testo dell'iniziativa nella Costituzione. Questa necessità può presentarsi quando 22

Cfr. spiegazione dettagliata della problematica in: Cancelleria federale, Wegleitung zum Umgang mit offensichtlichen Übersetzungsfehlern bei Volksinitiativen, GAAC 2/2016 del 30.6.2016, pagg. 44­49, www.admin.ch/gov/de/start/bundesrecht/verwaltungspraxisder-bundesbehoerden.html(parzialmente in italiano).

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le procedure di trattazione di diversi oggetti volti a modificare la stessa disposizione costituzionale ­ sia sotto forma di iniziativa popolare sia di iniziativa delle autorità ­ si svolgono parallelamente. Può per esempio accadere che sia lanciata un'iniziativa popolare volta a modificare un articolo costituzionale, il quale è modificato da un altro progetto prima che tale iniziativa sia sottoposta al voto popolare: qualora il testo dell'iniziativa venisse accettato, non potrebbe più essere integrato nella Costituzione per motivi di tecnica legislativa. O ancora: l'Assemblea federale esamina in un breve lasso di tempo due modifiche dello stesso articolo costituzionale che si sovrappongono parzialmente. Se in seguito le due modifiche costituzionali sono accettate in occasione di due votazioni popolari successive, la seconda modifica comporta una modifica parziale della prima. In simili situazioni possono porsi difficili quesiti di tecnica legislativa che devono essere risolti tenendo pienamente conto della volontà popolare. La responsabilità per questi adeguamenti non può essere affidata a un'entità amministrativa, ma dev'essere assunta da un organo politico.

In entrambi i casi (rettifica di errori di traduzione manifesti e adeguamento formale in vista dell'integrazione del testo dell'iniziativa nella Costituzione) la Commissione di redazione è tenuta a consultare il comitato d'iniziativa. Se, in occasione di tale consultazione, sorgono dubbi fondati in merito all'ammissibilità degli adeguamenti proposti e se tali dubbi non possono essere fugati, la Commissione di redazione rinuncerà agli adeguamenti in questione nell'interesse della credibilità delle istituzioni politiche. La necessaria ponderazione degli interessi spetta alla Commissione di redazione.

Art. 141

Messaggi a sostegno di disegni di atti legislativi

L'articolo 141 capoverso 2 definisce le esigenze relative alla motivazione di un disegno di atto legislativo da parte del Consiglio federale nel messaggio a destinazione delle Camere federali. Conformemente all'articolo 111, tali esigenze si applicano anche ai rapporti delle commissioni parlamentari con cui sottopongono alla propria Camera un disegno di atto legislativo.

L'elenco dei punti che devono essere illustrati in un messaggio o in un rapporto deve essere completato come segue: ­

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lettera abis: conformemente alla nuova lettera abis il Consiglio federale deve spiegare come ha utilizzato in modo ottimale il margine di manovra della Svizzera al momento del recepimento del diritto internazionale. L'internazionalizzazione del diritto favorisce l'eccesso normativo. Nella prassi vi è infatti il rischio di un'applicazione troppo zelante. All'atto di riprendere il diritto internazionale vincolante per la Svizzera, il Consiglio federale deve pertanto essere tenuto a illustrare fino a che punto le esigenze corrispondenti siano rispettate e se sia possibile applicarlo secondo il principio di equivalenza. In caso di recepimento volontario deve indicare le conseguenze di un mancato recepimento ed eventuali soluzioni alternative. L'aggiunta di questa disposizione risponde alla richiesta dell'iniziativa parlamentare presentata dal consigliere nazionale Hans-Ueli Vogt (V, ZH) (16.440 Iv. Pa. Vogt.

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Basta con la sovraregolamentazione! Limitare l'internazionalizzazione del diritto, il recepimento del diritto UE e la tendenza allo «swiss finish»).

­

lettera ater: è necessario spiegare se e come il disegno di atto legislativo tiene conto del principio di sussidiarietà. L'articolo 5a Cost. recita: «Nell'assegnazione e nell'adempimento dei compiti statali va osservato il principio della sussidiarietà». L'articolo 43a capoverso 1 Cost. concretizza questo principio: «La Confederazione assume unicamente i compiti che superano la capacità dei Cantoni o che esigono un disciplinamento uniforme da parte sua». L'articolo 50 capoverso 2 Cost. precisa che il principio di sussidiarietà va osservato anche verso il livello più basso dello Stato, ovvero i Comuni: «Nell'ambito del suo agire, la Confederazione tiene conto delle possibili conseguenze per i Comuni». Nel suo messaggio del 14 novembre 2001 concernente la nuova impostazione della perequazione finanziaria (01.074) il Consiglio federale ha definito il principio di sussidiarietà nel modo seguente: «Il principio di sussidiarietà in uno Stato federale parte dall'idea che la Confederazione non deve attribuirsi compiti se gli Stati membri dispongono delle competenze necessarie per svolgerli e per i quali non vi è motivo che essi siano riunificati a livello federale» (FF 2002 2223).

Se non si verifica sistematicamente in ogni modifica di legge che il principio di sussidiarietà sia rispettato, questo principio fondamentale del federalismo svizzero rischia di rimanere lettera morta. Nel suo rapporto del 12 settembre 2014 concernente il rispetto dei principi della Nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC) (in adempimento al postulato 12.3412 Stadler Markus), il Consiglio federale constata che nel caso di quattro progetti adottati nel periodo che intercorre tra il dicembre 2004 e il dicembre 2013 è discutibile se il principio di sussidiarietà sia stato osservato (pag. 3).

Questa nuova esigenza esplicita relativa alla motivazione dei disegni di atti legislativi figura al secondo posto nell'elenco del capoverso 2 (lett. ater) poiché contempla il rispetto di un principio generale della Costituzione federale, come i requisiti menzionati nel primo punto (lett. a).

Per una minoranza della Commissione (Burgherr, Addor, Buffat, Glarner, Pantani, Reimann Lukas, Rutz Gregor, Steinemann), la cui proposta è stata respinta con 14 voti contro 8,
la formulazione presentata dalla Commissione è troppo astratta: essa vorrebbe infatti ottenere un effetto più vincolante grazie a una formulazione più precisa e concreta. La maggioranza non vede invece che cosa possa aggiungere questa formulazione; i testi legislativi devono restare quanto possibile concisi.

La modifica dell'articolo 141 risponde agli obiettivi delle iniziative parlamentari presentate dal consigliere agli Stati Andrea Caroni (RL, AG) e dal consigliere nazionale Thomas Burgherr (V, AG) (16.446 Iv. Pa. Caroni. Più federalismo nei messaggi del Consiglio federale. / 16.497 Iv. Pa. Burgherr.

Rafforzare il principio della sussidiarietà). L'iniziativa del consigliere nazionale Burgherr chiede inoltre che le esigenze previste per i messaggi che accompagnano i disegni di atti legislativi si applichino anche ai rapporti che 5837

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accompagnano gli avamprogetti posti in consultazione. Attualmente, la legge del 18 marzo 2005 sulla consultazione (LCo; RS 172.061) non contempla disposizioni che disciplinano il contenuto dei rapporti esplicativi su un progetto in consultazione. L'esame dell'avamprogetto di un atto legislativo è la prima fase del processo decisionale pubblico, seguita dall'esame del disegno in Parlamento. È logico che la motivazione dell'avamprogetto risponda alle medesime esigenze poste alla motivazione del progetto. L'inserimento di un rimando generale nel nuovo articolo 6a LCo consente di dichiarare le disposizioni dell'articolo 141 LParl applicabili per analogia anche al contenuto della documentazione relativa alla procedura di consultazione. Ciò comprende anche i progetti del Consiglio federale che non comportano la presentazione di un progetto in Parlamento (ordinanze del Consiglio federale conformemente all'art. 3 cpv. 1 lett. d ed e, nonché cpv. 2 LCo).

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lettere e ed f: nel diritto vigente la lettera f chiede che siano illustrate le «ripercussioni dell'atto legislativo e della sua esecuzione a livello finanziario e di effettivo del personale per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni».

Menzionando i Comuni, si tiene conto dell'articolo 50 capoverso 2 Cost.

Tuttavia l'articolo 50 cpv. 3 Cost. va oltre: chiede che «la Confederazione [prenda] in considerazione la particolare situazione delle città, degli agglomerati e delle regioni di montagna». Nel suo rapporto del 21 ottobre 2016 concernente le previsioni nei messaggi del Consiglio federale e la valutazione dell'impatto dei disegni di legge, il Controllo federale delle finanze ritiene che questo elemento debba essere aggiunto all'articolo 141 LParl.

Secondo il parere di diverse cerchie, la riforma III dell'imposizione delle imprese (15.049) può fungere da esempio per non aver sufficientemente considerato le conseguenze di un atto normativo per le città e gli agglomerati: infatti, avendo incontrato una forte opposizione nelle città, è stata respinta nella votazione popolare del 12 febbraio 2017.

L'aggiunta di questa disposizione risponde alla richiesta dell'iniziativa parlamentare presentata dalla consigliera nazionale Susanne Leutenegger Oberholzer (S, BL) (17.417 Iv. Pa. Leutenegger Oberholzer. Progetti legislativi.

Ripercussioni sulle città, sugli agglomerati e sulle regioni di montagna).

La lettera f della vigente legge chiede inoltre che il Consiglio federale illustri, oltre alle succitate ripercussioni a livello finanziario e dell'effettivo del personale, anche «le modalità di copertura dei costi, l'influsso sulla pianificazione finanziaria e il rapporto costi-utilità»; secondo la lettera e, deve altresì precisare «la compatibilità tra i compiti e le finanze». Dal profilo della sistematica, il fatto di suddividere tali aspetti finanziari in due disposizioni separate (lett. e ed f) non è soddisfacente. Inoltre, la terminologia impiegata è in parte inusitata nella legislazione e poco chiara. La presente revisione è quindi l'occasione per proporre una lettera e che riprenda questa disposizione con una formulazione più concisa e più comprensibile.

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5838

lettera gbis: conformemente alla nuova lettera gbis in futuro, nell'intento di contrastare l'eccesso normativo, il Consiglio federale dovrà illustrare nei suoi messaggi in che modo un nuovo disciplinamento proposto garantisca la responsabilità personale e il margine di manovra dei privati interessati. Nel

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limite del possibile è più sensato emanare principi e obiettivi generali anziché disciplinamenti dettagliati e norme di comportamento concrete. Occorre esaminare se sia opportuno concedere agli interessati possibilità di scelta (p. es. sotto forma di «opting out» per le «start up») e se un impegno all'autoregolazione da parte degli stessi sia più appropriato di un disciplinamento statale. In generale si tratta di valutare con cognizione di causa l'impiego di cosiddette norme alternative. L'aggiunta di questa disposizione risponde alla richiesta dell'iniziativa parlamentare presentata dal consigliere nazionale Hans-Ueli Vogt (V, ZH) (16.436 Iv. Pa. Vogt. Vogt. Arrestare l'eccesso normativo. Salvaguardare la libertà di decisione e il margine di manovra dei privati e delle imprese).

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lettera gter: con una lettera inviata il 4 ottobre 2016 alle CIP, la Delegazione delle finanze delle Camere federali propone di completare l'elenco dell'articolo 141 capoverso 2 LParl con l'obbligo di illustrare, nei messaggi e nei rapporti, le ripercussioni di un atto legislativo sulle esigenze nei settori delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e le relative spese.

La Delegazione delle finanze rammenta che da qualche tempo segue da vicino, nell'ambito della sua concomitante alta vigilanza finanziaria, l'evoluzione delle TIC in uso in seno alla Confederazione. Negli ultimi quindici anni l'importanza delle TIC nell'Amministrazione federale è aumentata considerevolmente. La Confederazione spende ogni anno circa 1,2 miliardi di franchi, ossia circa il 12 per cento delle sue spese proprie, per le TIC utilizzate dall'amministrazione centrale, dalle autorità e dai tribunali federali.

Quale esempio di una valutazione insufficiente dell'impatto dei disegni di legge, la Delegazione delle finanze indica una delle conclusioni scaturite dall'indagine svolta sul progetto informatico INSIEME23, secondo la quale la revisione della legge sull'IVA nel 2009 e la sua attuazione informatica parallelamente al progetto INSIEME avevano contribuito a creare le difficoltà con cui il progetto è stato confrontato. Quale altro esempio, essa mostra che i previsti atti legislativi nel settore doganale avranno prossimamente notevoli ripercussioni sul sistema informatico dell'Amministrazione federale.

Una minoranza della Commissione (Nantermod, Barrile, Galladé, Glättli, Marsshardt, Moser, Piller Carrard, Wertmuth) vorrebbe stralciare tutte le modifiche dell'articolo 141 capoverso 2, tranne quelle che concernono le lettere e e f. A suo parere, se si estendono le esigenze applicate ai messaggi del Consiglio federale non si va incontro a una deregolamentazione bensì a maggiori oneri burocratici. Ritiene che ciò non tratterrà di certo il Consiglio federale dal presentare proposte normative.

Se in un messaggio del Consiglio federale mancano dati importanti, tutti i parlamentari e in particolare le commissioni incaricate dell'esame preliminare possono domandare le informazioni supplementari richieste.

23

Rapporto delle Commissioni delle finanze e delle Commissioni della gestione delle Camere federali del 21 novembre 2014 sul progetto informatico INSIEME, cfr. 3.2.4.3 (FF 2015 5195).

5839

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Modifica di altri atti legislativi 1. Legge sui diritti politici, art. 73a e 75a Cfr. il commento all'articolo 81 LParl.

2. Legge sulla consultazione, art. 6a Cfr. il commento all'articolo 141 LParl.

3. Legge sulle indennità parlamentari, art. 3a cpv. 1 Attualmente, conformemente all'articolo 3a della legge sulle indennità parlamentari, i parlamentari ricevono una diaria di 440 franchi. Una minoranza della Commissione (Rutz Gregor, Addor, Buffat, Burgherr, Glarner, Reimann Lukas, Sollberger, Steinemann) auspica che i parlamentari siano pagati a mezze giornate. Molte sedute durano soltanto una mezza giornata o anche meno; spesso i parlamentari partecipano a una seduta per meno di un'ora, per esempio quando devono motivare un'iniziativa parlamentare in una commissione di cui non fanno parte. Secondo tale minoranza, in questi casi il pagamento di una diaria intera è sproporzionato. La Commissione respinge questa proposta poiché comporterebbe una sensibile riduzione della retribuzione dei parlamentari. In considerazione del tempo investito e dell'importanza dei compiti da svolgere, questa retribuzione può attualmente considerarsi modesta.

La ripartizione delle diarie su mezze giornate darebbe luogo a un onere amministrativo eccessivo. Durante le sedute di una giornata intera, si dovrebbe rilevare in maniera accurata il tempo che ogni parlamentare impiega per partecipare alla seduta.

In un altro contesto occorrerà attuare un'iniziativa parlamentare che apporti modifiche al sistema delle indennità per pernottamento. Le Commissioni delle istituzioni politiche delle due Camere hanno infatti approvato un'iniziativa parlamentare secondo la quale l'indennità per pernottamento è corrisposta unicamente se il parlamentare pernotta fuori casa (16.413 s Iv. Pa. Eder. Nessuna indennità di pernottamento se il pernottamento non avviene fuori casa). La Commissione del Consiglio nazionale ha inoltre approvato un'iniziativa parlamentare della propria Camera che persegue il medesimo obiettivo (17.435 n Iv. Pa. Geissbühler. Rimborsi delle spese comprensibili per il contribuente).

2.2

Ordinanza del 3 ottobre 2003 sull'amministrazione parlamentare Sezione 2: Verbali e altri documenti delle commissioni Alla sistematica di questa sezione sono state apportate due modifiche: ­

5840

Il titolo attuale della sezione «Verbali delle sedute delle commissioni» è modificato in «Verbali e altri documenti delle sedute delle commissioni»: secondo la formulazione vigente, l'accento è posto per tradizione quasi esclusivamente sui verbali delle sedute. Tuttavia i verbali sono anche documenti, motivo per cui è stato aggiunto questo iperonimo. La sistematica della sezione 2 è articolata come segue: gli articoli 4 e 5 definiscono i verbali e il

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loro scopo; l'articolo 5a fissa le regole generali applicabili alla classificazione dei verbali e degli altri documenti; il trattamento applicato è specificato negli articoli 6, 6a, 6b, 6c e 7 per i verbali e nell'articolo 8 per gli altri documenti.

­

Art. 5a

Il diritto vigente conferisce esplicitamente alle commissioni e alle delegazioni di vigilanza la competenza di disciplinare il trattamento dei loro verbali e di altri documenti unicamente per quanto attiene alla distribuzione dei verbali delle sedute e ai diritti di accesso a Extranet. Va da sé che nella prassi questi organi sono competenti anche per il trattamento degli altri loro documenti. Questa competenza generale si fonda su un nuovo articolo 8a, pertanto l'articolo 6 capoverso 5 e l'articolo 6a capoverso 3 possono essere abrogati.

Classificazione

Secondo il messaggio del Consiglio federale del 22 febbraio 2017 relativo al disegno di legge sulla sicurezza dell'informazione (D-LSIn; FF 2017 2711), tutte le autorità federali applicheranno in modo uniforme tre livelli di classificazione: «ad uso interno», «confidenziale» e «segreto». L'articolo 1 capoverso 2 D-LSIn definisce gli interessi pubblici tutelati dalla legge. La lettera a menziona al primo posto quale interesse degno di protezione «la capacità di decisione e d'azione delle autorità e delle organizzazioni della Confederazione». Tenuto conto dei loro compiti, le commissioni possono far valere questo interesse (cfr. a tale proposito il commento all'art. 47a LParl, n. 3). Le informazioni la cui conoscenza da parte di persone non autorizzate può pregiudicare tali interessi devono essere classificate «ad uso interno» conformemente all'articolo 13 capoverso 1 D-LSIn.

Secondo l'articolo 12 D-LSIn, l'Assemblea federale stabilisce «quali persone e servizi sono competenti per la classificazione delle informazioni (servizio incaricato della classificazione)». Questo disciplinamento scaturisce dall'articolo 5a Oparl, secondo il quale ciascuna commissione è il servizio competente per la classificazione dei propri documenti. La commissione può adempiere al suo compito «quale servizio incaricato della classificazione» senza alcun lavoro supplementare dato che in linea di principio tutti i documenti sono classificati «ad uso interno»; è fatta salva una classificazione diversa da parte della commissione o di un'altra autorità, che resterà tuttavia un caso eccezionale (p. es. in materia di alta vigilanza).

Art. 6

Distribuzione dei verbali

Cfr. il commento al titolo della sezione 2 Oparl.

Art. 6a

Extranet

Dal 2008 i verbali e altri documenti delle commissioni sono resi accessibili ai membri delle commissioni in un sistema informatico protetto. I diritti di accesso di un parlamentare sono validi tuttavia solo per i documenti della commissione di cui è membro e della commissione omologa dell'altra Camera. I documenti delle altre commissioni possono essere ottenuti, su richiesta, in forma cartacea.

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L'8 novembre 2013, l'Ufficio del Consiglio nazionale aveva già presentato un progetto (FF 2013 7665) inteso a estendere i diritti di accesso di tutti i parlamentari ai documenti delle commissioni in Extranet.

L'Ufficio aveva tuttavia approvato il progetto nella votazione sul complesso con soli 7 voti contro 5. Una minoranza importante temeva infatti che esso mettesse in pericolo la confidenzialità dei documenti delle commissioni. Poiché in seguito, per lo stesso motivo, anche il Consiglio federale aveva proposto la non entrata in materia, il progetto è stato ritirato il 14 febbraio 2014.

La CIP-N ha deciso all'unanimità di riprendere, immutate, le proposte formulate dall'Ufficio nel 2013.

La Commissione ritiene infatti che quanto più è diffusa l'utilizzazione di Extranet, tanto meno la regolamentazione restrittiva in vigore è adeguata ai tempi. I principali interessati del nuovo disciplinamento sono i parlamentari che partecipano alle sedute di una commissione in qualità non di membri permanenti bensì di membri supplenti.

Per la Commissione, è sconcertante che i collaboratori delle segreterie e in particolare i capigruppo dei gruppi parlamentari beneficino di un accesso più esteso di quello dei parlamentari.

Le preoccupazioni intese a garantire la confidenzialità vanno prese in seria considerazione. Occorre tuttavia precisare che i parlamentari, pur avendo accesso a Extranet, non hanno il diritto di consultare documenti supplementari: la differenza risiede unicamente nel fatto che i documenti possono essere consultati non solo in forma cartacea ma anche in forma digitale. Chi volesse commettere un'indiscrezione potrebbe farlo utilizzando la versione cartacea. Se lo facesse servendosi della versione digitale, in caso di un sospetto concreto potrebbe essere identificato per via elettronica. Su iniziativa dell'Ufficio del Consiglio nazionale (14.402 Iv. Pa. Ufficio CN. Registrazione e valutazione dei protocolli d'accesso elettronici dei membri delle Camere), l'inserimento nella Oparl degli articoli 16c e 16d in occasione della modifica del 19 giugno 2015 (RU 2015 2889) ha creato le basi legali necessarie a un'analisi nominale in riferimento a persone a causa di abuso o di sospetto abuso dei dati cui hanno avuto accesso in Extranet.

Secondo il capoverso 2, i parlamentari hanno accesso in Extranet
ai verbali delle commissioni che concernono un disegno di atto legislativo, un'iniziativa parlamentare, un'iniziativa cantonale, una mozione dell'altra Camera, una petizione o un rapporto. Per quanto concerne gli affari delle commissioni, ovvero quelli che non sono sottoposti alle Camere, come le consultazioni in materia di politica estera o su disegni di ordinanze, la normativa attuale è mantenuta conformemente al capoverso 2bis, vale a dire che l'accesso è consentito solo per i verbali concernenti gli affari interni della propria commissione e della commissione omologa dell'altra Camera.

Come finora, l'articolo 6a menziona solo i verbali. Tuttavia, in virtù del rinvio contemplato nell'articolo 8 capoverso 1, i diritti di accesso si applicano anche agli altri documenti delle commissioni interessate.

Nel settore dell'alta vigilanza, le commissioni di vigilanza continuano a disciplinare autonomamente l'attribuzione dei diritti di accesso. La corrispondente disposizione,

5842

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contenuta attualmente nel capoverso 3, viene trasferita nel nuovo articolo 8a per motivi di sistematica (cfr. il commento al titolo della sezione 2 Oparl).

Il capoverso 4, secondo cui il presidente della commissione può eccezionalmente rinunciare alla messa a disposizione elettronica in Extranet qualora preponderanti interessi privati o pubblici lo giustifichino, è mantenuto.

Art. 6b

Accesso delle segreterie dei gruppi parlamentari e dei Servizi del Parlamento a Extranet

Per motivi di sistematica, la base legale contenuta finora nell'articolo 6a che disciplina i diritti di accesso dei collaboratori dei Servizi del Parlamento deve essere trasferita nell'articolo 6b (cpv. 1 e 1bis) senza tuttavia subire modifiche.

Inoltre, nell'articolo 6b capoverso 1 lettera b va corretta una svista del legislatore a causa della quale le segreterie dei gruppi parlamentari potrebbero accedere ai verbali e agli altri documenti della Commissione dell'immunità benché ciò non corrisponda manifestamente alla volontà dell'Assemblea federale. Nella prassi, tuttavia, non è mai stato fatto ricorso a questa possibilità giuridica formulata involontariamente nel 2011.

Quando l'articolo 6b è entrato in vigore il 1° luglio 2009 (08.412 / 08.413 / 08.414 / 08.415 RU 2009 2795) esisteva ancora la Commissione delle costruzioni pubbliche del Consiglio nazionale (CCP; art. 10 n. 12 RCN). Conformemente al rimando all'articolo 10 numeri 3­12 RCN, contenuto nell'articolo 6b, le segreterie dei gruppi parlamentari avevano accesso anche ai verbali e agli altri documenti della CCP.

Quando la modifica del RCN del 1° ottobre 2010 (09.429) è entrata in vigore il 5 dicembre 2010, l'articolo 10 numero 12 è stato abrogato e la CCP è stata soppressa (RU 2010 4543). Un anno dopo, la modifica del RCN del 30 settembre 2011, entrata in vigore il 5 dicembre 2011, ha istituito la Commissione dell'immunità (CdI) inserendola nel numero 12 dell'articolo 10 RCN divenuto disponibile. In quell'occasione non si valutò la necessità di adeguare l'articolo 6b Oparl. Infatti, quando questa disposizione è stata ripresa nell'Oparl, il legislatore aveva espresso chiaramente la volontà di non concedere alle segreterie dei gruppi parlamentari l'accesso ai verbali e agli altri documenti relativi alle richieste di soppressione dell'immunità: «Questo trattamento particolare è giustificato dalla protezione della personalità delle persone interessate e dal fatto che i documenti provengono in parte da dossier di procedure penali in corso» (Rapporto dell'Ufficio del Consiglio nazionale del 18 settembre 2008; FF 2008 7184).

Art. 6c

Accesso dei collaboratori personali dei parlamentari a Extranet

Il nuovo articolo 6c mette in atto l'iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Eric Nussbaumer (S, BL) (15.496 Iv. Pa. Nussbaumer. Consentire l'accesso all'Extranet dell'Assemblea federale ai collaboratori personali dei parlamentari). L'Ufficio del Consiglio nazionale vi ha dato seguito l'11 novembre 2016 con 7 voti contro 4 e 2 astensioni, decisione cui l'Ufficio del Consiglio degli Stati si è allineato, all'unanimità, il 3 febbraio 2017. Il 27 febbraio 2017, l'Ufficio del Consiglio nazionale ha attribuito l'iniziativa alla CIP chiedendole di elaborare le necessarie modifiche legislative.

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La CIP aderisce alla decisione di principio dell'Ufficio. In virtù dell'articolo 3a della legge sulle indennità parlamentari (LI; RS 171.21), ogni parlamentare «riceve un'indennità annua di 33 000 franchi a copertura delle spese di personale e di materiale derivanti dall'adempimento del mandato parlamentare». Il diritto parlamentare prevede già ora, quindi, l'esistenza di collaboratori personali. Spesso i parlamentari che scelgono di avere un collaboratore personale si aspettano anche che quest'ultimo li assista nella preparazione delle sedute delle commissioni e della Camera. A tale scopo, i collaboratori personali dovrebbero poter accedere ai verbali e agli altri documenti della commissione.

È logico concedere ai collaboratori personali i medesimi diritti di accesso di cui beneficiano i collaboratori delle segreterie dei gruppi parlamentari, a differenza che i collaboratori personali hanno accesso unicamente ai verbali delle commissioni di cui fa parte il parlamentare per il quale lavorano (cpv. 1). In tal modo, i diritti di accesso di un collaboratore personale non sono estesi come quelli del parlamentare, dato che questi può ora accedere, secondo la proposta della Commissione relativa all'articolo 6a, anche a determinati verbali di altre commissioni. Come l'attuale articolo 6b, l'articolo 6c menziona unicamente i verbali, ma il rimando sancito nell'articolo 8 capoverso 1 estende tali diritti di accesso agli altri documenti delle commissioni interessate.

In virtù del rimando generale all'articolo 6b sancito nell'articolo 6c, i collaboratori personali, come le segreterie dei gruppi parlamentari, non hanno accesso ai documenti delle commissioni che contengono informazioni particolarmente sensibili. Ciò concerne le Commissioni delle finanze e le Commissioni della gestione (art. 10 n. 1 e 2 RCN e art. 7 n. 1 e 2 RCS), nonché la Commissione dell'immunità del Consiglio nazionale (art. 10 n. 12 RCN; cfr. a tale proposito il commento all'art. 6b Oparl).

Sempre in virtù di tale rimando generale, i diritti di accesso sono concessi ai collaboratori che lavorano per i membri dell'Ufficio del Consiglio nazionale ma non a quelli che lavorano per i membri dell'Ufficio del Consiglio degli Stati. L'articolo 6b capoverso 3 si applica anche ai collaboratori personali: «Il presidente della commissione può
rinunciare alla distribuzione o alla messa a disposizione elettronica in Extranet dei verbali relativi ad affari interni della commissione qualora interessi preponderanti privati o pubblici lo giustifichino». Questa disposizione costituisce la base legale che consente, per esempio, di non concedere alle segreterie dei gruppi parlamentari, e quindi neppure ai collaboratori personali, l'accesso ai documenti della Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati concernenti le richieste di soppressione dell'immunità (per la motivazione di questo trattamento particolare, vedasi il commento all'art. 6b Oparl).

Il rimando all'articolo 8 LParl, sancito nell'articolo 6c capoverso 2, inteso a vincolare al segreto d'ufficio i collaboratori personali è analogo a quello iscritto nell'articolo 62 capoverso 4 LParl, secondo il quale le segreterie dei gruppi parlamentari sottostanno al segreto d'ufficio.

L'impiego di un collaboratore personale, che ottiene l'accesso a documenti della commissione classificati e che parallelamente ha altri datori di lavoro oltre al parlamentare per il quale lavora, può creare ulteriori relazioni d'interesse. È vero che un collaboratore personale non è autorizzato a divulgare a un altro datore di lavoro informazioni su documenti classificati ma, pur rispettando il segreto d'uffi5844

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cio, è impossibile escludere che l'altro datore di lavoro non benefici del fatto che il suo collaboratore sia a conoscenza di informazioni inaccessibili al pubblico. Per tale motivo è necessario rendere pubblici i dati personali e il nome degli altri datori di lavoro dei collaboratori personali che hanno accesso a Extranet. I Servizi del Parlamento tengono un registro pubblico corrispondente (cpv. 3 e 4). Se i dati conformemente al capoverso 3 non sono forniti o risultano incompleti, l'accesso a Extranet è rifiutato o revocato.

Art. 8

Altri documenti

Le disposizioni concernenti la distribuzione dei verbali delle sedute, la loro disponibilità in Extranet e la consultazione si applicano anche agli altri documenti delle commissioni (cpv. 1). Un nuovo capoverso 3 autorizza esplicitamente le commissioni a pubblicare, e quindi a declassificare, «documenti importanti». Sono considerati tali, in particolare, i documenti indispensabili per la comprensione delle proposte delle commissioni alla propria Camera. È necessario aspettare che le deliberazioni della commissione siano concluse per poter valutare l'importanza dei documenti.

Affinché questa disposizione trovi la più ampia applicazione, occorre esaminare sistematicamente la questione della pubblicazione dei documenti una volta concluse le deliberazioni. Spetta alla segreteria della commissione sottoporre la questione al presidente. Se si considera la pubblicazione di determinati documenti (in molti casi non sarà necessario, in particolare per i documenti meno complessi e incontestati), il presidente può formulare proposte in tal senso. La procedura è analoga a quella prevista nell'articolo 151 capoverso 2 LParl, secondo cui nel voto sul complesso dell'atto legislativo la commissione decide se intende essere consultata sul disegno di ordinanza del Consiglio federale.

Il primo periodo del capoverso 1 consente tuttavia di effettuare una pubblicazione in un altro momento, in particolare in un momento anteriore, prassi già applicata da alcune commissioni senza una base legale. Oltre che per la ragione esposta, una pubblicazione può essere motivata, per esempio, anche dall'intento di prevenire indiscrezioni.

Una minoranza della Commissione (Barrile, Galladé, Glättli, Kiener Nellen, Piller Carrard, Streiff, Wermuth) sconfitta con 14 voti contro 8 propone che dopo la conclusione delle deliberazioni un documento possa essere declassificato non solo dalla commissione ma anche dal suo presidente (capoverso 3bis). A suo parere, non è sempre possibile prevedere l'importanza di un documento per il dibattito pubblico dopo la conclusione delle deliberazioni della commissione. Se l'interesse pubblico per un documento sorge in un momento successivo dovrebbe poter essere preso facilmente in considerazione se non vi si oppongono interessi degni di protezione.

Qualora la competenza spetti unicamente alla commissione,
la questione dovrebbe essere aggiunta all'ordine del giorno di una seduta, poiché l'affare non è più pendente nella commissione. Ciò costituirebbe un onere sproporzionato e spesso comporterebbe anche grandi ritardi che rendono obsoleta la richiesta di pubblicare un documento. La proposta della minoranza prevede, oltre a una pubblicazione attiva (in Internet), anche una declassificazione meno estesa, vale a dire una pubblicazione a terzi su richiesta.

5845

FF 2017

Nella procedura di cui al capoverso 3, la commissione deve verificare se «interessi degni di protezione» si oppongono alla pubblicazione (nella procedura proposta dalla minoranza della Commissione in un capoverso 3bis questa prassi si applicherebbe anche al presidente della commissione). Sono considerati interessi degni di protezione conformemente all'articolo 1 capoverso 2 D-LSIn: «a. la capacità di decisione e d'azione delle autorità e organizzazioni della Confederazione, b.

la sicurezza interna ed esterna della Svizzera;

c.

gli interessi in materia di politica estera della Svizzera;

d.

gli interessi in materia di politica economica, finanziaria e monetaria della Svizzera;

e.

l'adempimento degli impegni legali e contrattuali delle autorità e organizzazioni della Confederazione per la protezione di informazioni.»

Un obbligo legale ai sensi della lettera e è costituito per esempio da quello imposto nell'articolo 47 capoverso 1 LParl: prima di pubblicare un rapporto dell'Amministrazione che concerne esplicitamente una proposta di un membro della commissione, per esempio, occorre depennare il nome di tale persona. Le disposizioni della legge sulla protezione dei dati, in particolare le prescrizioni dell'articolo 19 concernente la comunicazione di dati personali da parte di organi della Confederazione, si applicano anche alle commissioni dell'Assemblea federale.

Prima di una pubblicazione di cui al capoverso 3 l'autore del documento deve essere sentito (capoverso 4). L'autore di un documento è, per esempio, un servizio dell'Amministrazione o un perito. Tali documenti sono elaborati per fungere da base di discussione e di decisione per la commissione e non per essere resi accessibili al pubblico. Gli autori devono poter far valere le loro eventuali obiezioni a una pubblicazione. Se tali obiezioni sono plausibili, la commissione o il suo presidente devono prenderle in seria considerazione poiché non è nel loro interesse che gli autori, in futuro, comunichino loro meno informazioni. Sulla base della prassi attuale, per lo più priva di conflitti, si può pensare che le commissioni continueranno a rispettare le obiezioni legittime a una pubblicazione. Tuttavia, se eccezionalmente una commissione e l'autore di un documento non fossero d'accordo, questo problema non potrebbe essere risolto, per esempio, concedendo a un servizio amministrativo un diritto di veto contro la decisione di una commissione di pubblicare un documento, perché ciò è incompatibile con lo statuto costituzionale delle commissioni. Si può immaginare infatti che la commissione, nella necessaria ponderazione degli interessi, giunga alla conclusione che il suo interesse politico per una pubblicazione prevalga sull'obiezione dell'Amministrazione, che probabilmente ubbidisce a motivazioni di carattere politico anziché oggettivo.

Il diritto di essere sentiti proposto in questa sede va oltre l'articolo 15 capoverso 2 D-LSIn, che prevede unicamente che l'organo parlamentare competente possa sentire il servizio incaricato della classificazione prima della declassificazione.

Se l'autore del documento (p. es. un rappresentante del Consiglio federale) è presente durante il dibattito della commissione sulla questione della pubblicazione, il

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suo accordo può essere richiesto oralmente; in tutti gli altri casi, il consenso dell'autore deve essere richiesto per scritto.

In taluni casi eccezionali, la pubblicazione di un documento richiede unicamente l'approvazione del suo autore (capoverso 5): ­

lettera a: il consenso dell'autore è necessario per i «documenti che la commissione ha ottenuto nell'esercizio dei propri diritti di informazione e di consultazione nell'ambito della politica estera (art. 152 LParl)». Il Consiglio federale ha la competenza, basata direttamente sulla Costituzione, di rappresentare la Svizzera nei confronti dell'estero (art. 184 cpv. 1 e 2 Cost.) e, in particolare, di condurre negoziati a livello internazionale. Le commissioni non hanno il diritto di compromettere l'esercizio di tale competenza pubblicando documenti contro la volontà del Consiglio federale.

­

lettera b: il potere di una commissione di disporre di documenti è limitato dai diritti d'informazione generali delle commissioni (art. 150 cpv. 2 LParl); neppure i diritti d'informazione delle commissioni di vigilanza, pur essendo più estesi, sono illimitati (art. 153 cpv. 6 LParl; a contrario, l'art. 169 cpv. 2 Cost. e l'art. 154 LParl fondano diritti illimitati delle delegazioni delle commissioni di vigilanza). Nella prassi accade tuttavia che una commissione ottenga dal Consiglio federale informazioni cui non avrebbe diritto. Non sarebbe logico autorizzarla a pubblicarle senza l'approvazione del Consiglio federale. Per esempio, quando le Commissioni della politica di sicurezza esaminano acquisti di armamenti, possono aver accesso a informazioni «la cui trasmissione a persone non autorizzate può causare un grave danno agli interessi nazionali» (nessun diritto di esigere informazioni conformemente all'articolo 150 cpv. 2 lett. b LParl).

Può essere controverso se una delle condizioni enunciate negli articoli 150 capoverso 2 e 153 capoverso 6 per limitare i diritti d'informazione sia adempiuta. In questo caso, conformemente ai diritti d'informazione generali delle commissioni, decide il Consiglio federale (art. 150 cpv. 6); di conseguenza, anche la sua valutazione deve essere determinante in caso di pubblicazione controversa di un documento (capoverso 6 primo periodo). Ciò si applica anche al «rapporto» sul contenuto dei documenti che il Consiglio federale può presentare alla commissione in virtù dell'articolo 150 capoverso 6. Al contrario, in caso di controversia tra il Consiglio federale e la commissione di vigilanza, quest'ultima decide «definitivamente sull'esercizio dei suoi diritti d'informazione» (art. 153 cpv. 6 LParl); di conseguenza, decide in via definitiva anche sulla pubblicazione (capoverso 6 secondo periodo). Nella prassi, è probabile che si ricorra raramente a queste regole concernenti la risoluzione di controversie, così come a quelle relative alle controversie in materia di pubblicazione di informazioni; esse hanno tuttavia carattere preventivo.

Art. 8a

Verbali e altri documenti delle commissioni e delegazioni di vigilanza

Vedasi il commento al titolo della sezione 2 Oparl (all'inizio dei commenti relativi alle modifiche dell'Oparl). Occorre notare che le regole autonome delle commissioni di vigilanza si applicano unicamente quando tali commissioni esercitano le loro 5847

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funzioni di alta vigilanza. Se le Commissioni delle finanze o le Commissioni della gestione adempiono ad altri compiti parlamentari (elaborazione delle leggi, finanze, partecipazione alla pianificazione), si applicano le disposizioni generali dell'Oparl sul trattamento dei verbali e di altri documenti delle commissioni.

Art. 10

[Controllo parlamentare dell'Amministrazione]

Conformemente all'articolo 170 Cost. «l'Assemblea federale provvede a verificare l'efficacia dei provvedimenti della Confederazione». Dedicando un articolo a parte a questo compito dell'Assemblea federale, la Costituzione sottolinea esplicitamente che l'Assemblea federale non deve svolgerlo unicamente nell'ambito della sua alta vigilanza sulle attività degli altri enti incaricati di compiti federali (art. 169 Cost.).

L'Assemblea federale deve valutare anche l'efficacia delle proprie attività, in particolare dell'attività legislativa. Del resto, l'articolo 44 capoverso 1 lettera e LParl incarica tutte le commissioni, e non solo le commissioni di vigilanza, di provvedere «al controllo dell'efficacia nei settori di loro competenza». In precedenza, il necessario coordinamento era garantito dall'articolo 54 LParl. Esso prevedeva una «Conferenza delle presidenze delle commissioni e delegazioni di vigilanza» che aveva il compito, in particolare, di decidere sulle proposte di commissioni finalizzate a incaricare il Controllo parlamentare dell'amministrazione (CPA) di effettuare verifiche dell'efficacia. L'articolo 54 LParl è stato abrogato nel quadro della modifica della LParl del 3 ottobre 2008. Dato che questo progetto unico relativo a diverse modifiche del diritto parlamentare non concerneva nessun altro punto dell'Oparl, si era rinunciato a modificare di conseguenza l'articolo 10 Oparl. Ora si presenta l'occasione di effettuare questa modifica. In virtù dell'articolo 10 il CPA è subordinato alle CdG, di conseguenza le altre commissioni non possono conferire direttamente un mandato al CPA ma devono chiedere il consenso delle due CdG conformemente al nuovo capoverso 2.

Sezione 5: Registrazione e diffusione dei dibattiti parlamentari Art. 14

Diffusione in Internet

Nella sezione 5 Oparl (finora intitolata «Radiotelevisione»), l'articolo 14 prescrive che, se i dibattiti parlamentari vengono trasmessi in diretta, i parlamentari ne devono essere informati. Attualmente, tuttavia, grazie allo «streaming» tutti i dibattiti parlamentari possono essere seguiti in tempo reale in Internet, sul sito www.parlamento.ch. I dibattiti su oggetti che suscitano vivo interesse nella popolazione sono inoltre trasmessi sui siti web di alcuni media online. Questi dibattiti importanti sono del resto ampiamente seguiti in Internet: 39 947 visualizzazioni il 9 dicembre 2015 (elezione del Consiglio federale), 14 735 visualizzazioni il 21 settembre 2016 (attuazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa) e 34 115 visualizzazioni il 28 febbraio 2017 (previdenza per la vecchiaia 2020).

L'evoluzione delle tecnologie priva l'articolo 14 del suo significato, motivo per cui è opportuno abrogarlo.

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La prassi attuale relativa alla trasmissione in diretta in Internet è precisata nell'articolo 14 Oparl, che istituisce quindi una base legale esplicita in tal senso.

Art. 27

Assunzione del personale dei Servizi del Parlamento

Il capoverso 1 conferisce alla Delegazione amministrativa la competenza di costituire, modificare e risolvere i rapporti di lavoro delle persone che occupano alcune funzioni di quadro nei Servizi del Parlamento. La lettera d contiene una deroga per l'assunzione del segretario delle Commissioni delle finanze e della Delegazione delle finanze, assunzione che deve essere confermata dalla Delegazione delle finanze. Questa norma speciale era necessaria poiché la legge del 28 giugno 1967 sul controllo delle finanze (LCF; RS 614.0) conteneva la medesima norma nell'articolo 18. Tale disciplinamento, oggi difficilmente comprensibile, si spiega con il fatto che, in virtù della Costituzione federale del 1874 rimasta in vigore fino al 31 dicembre 1999, il Consiglio federale era l'autorità formale incaricata di nominare il segretario di tali organi. In queste circostanze, era dunque logico che le nomine fossero confermate a posteriori dalla Delegazione delle finanze. Dall'entrata in vigore della nuova Costituzione federale nel 1999, non è più il Consiglio federale l'autorità di nomina bensì la Delegazione amministrativa dell'Assemblea federale.

Tuttavia, la conferma della nomina da parte della Delegazione delle finanze è stata mantenuta complicando inutilmente la procedura. Poiché l'articolo 18 LCF è stato abrogato su proposta della Delegazione delle finanze (16.064; modifica della LCF del 17 marzo 2017, FF 2017 2148), anche l'articolo 27 capoverso 1 lettera d Oparl può essere adeguato di conseguenza.

Modifica di un altro atto normativo Ordinanza dell'Assemblea federale sulle relazioni internazionali del Parlamento (ORInt) Art. 9a

Registro pubblico delle trasferte ufficiali all'estero dei parlamentari

Il nuovo articolo 9a ORInt attua un'iniziativa parlamentare presentata dal consigliere nazionale Alfred Herr (V, ZH) (15.442 Iv. Pa. Heer. Obbligo d'informazione sui viaggi dei membri dell'Assemblea federale). La CIP-N ha dato seguito all'iniziativa il 4 febbraio 2016 con 20 voti contro 4. Il 3 maggio 2016 la CIP-S ha negato la sua approvazione, con 7 voti contro 2 e 2 astensioni. Su proposta della sua CIP, il 28 febbraio 2017 il Consiglio nazionale ha dato seguito all'iniziativa riguardo alla quale non sono state presentate proposte alternative. Il 31 marzo 2017 la CIP-S ha aderito a questa decisione senza controproposte.

La Commissione è del parere che l'opinione pubblica abbia il diritto di essere informata degli spostamenti ufficiali dei parlamentari quando essi viaggiano a spese della collettività. Ritiene che i parlamentari che viaggiano grazie al denaro dei contribuenti dovrebbero essere tenuti a rendere conto delle proprie spese, garantendo in tal modo la trasparenza e rafforzando la fiducia della popolazione nei confronti delle cerchie politiche. Attualmente, in assenza di una base legale, le informazioni di questo tipo non vengono comunicate. Tale rifiuto di fornire informazioni non ha finora ostacolato il giornalismo d'inchiesta ma l'ha piuttosto stimolato. Tuttavia, la 5849

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mancanza di informazioni precise ha comportato la pubblicazione di articoli non oggettivi e inesatti per cui, al fine di evitare speculazioni mediatiche, è meglio rendere note cifre attendibili.

L'iniziativa presentata dal consigliere nazionale Alfred Herr chiedeva unicamente di instaurare l'obbligo di fornire informazioni sui viaggi dei membri dell'Assemblea federale a coloro che le richiedono. Tuttavia è più opportuno pubblicare tali informazioni in Internet a titolo proattivo. L'onere amministrativo cagionato dalla creazione di un registro di questo tipo e dai successivi aggiornamenti è inferiore rispetto al lavoro che consiste nel reperire i dati necessari ogni volta che questi ultimi vengono richiesti.

Il capoverso 1 definisce il campo di applicazione di tale obbligo di pubblicazione specificando che il registro deve indicare tutti le trasferte effettuate in virtù dell'ORInt e che gravano sulle finanze dell'Assemblea federale. Ciò consente di repertoriare tutte le trasferte in questione. Si tratta delle trasferte: ­

delle delegazioni non permanenti delle Commissioni della politica estera (art. 1 cpv. 3 ORInt);

­

delle delegazioni permanenti in assemblee parlamentari internazionali (art. 2 ORInt), incluse le trasferte effettuate dai parlamentari su mandato di una tale assemblea (p. es. in qualità di osservatori durante le elezioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa);

­

delle delegazioni permanenti per le relazioni con i parlamenti degli Stati limitrofi (art. 4 ORInt);

­

delle delegazioni non permanenti (art. 5 ORInt; appartengono a questa categoria in particolare le trasferte effettuate da un singolo parlamentare, dal presidente di una Camera e dalle delegazioni di commissioni diverse dalle Commissioni della politica estera);

­

effettuate su invito di un consigliere federale (art. 12 ORInt; i parlamentari ricevono una diaria a carico dell'Assemblea federale mentre le altre spese sono a carico del Consiglio federale).

Il capoverso 2 definisce le informazioni che i Servizi del Parlamento iscrivono nel registro delle trasferte. Secondo la lettera a, tale registro contiene un elenco di tutte le trasferte effettuate ed è costantemente aggiornato dopo ogni trasferta, non appena si rendono disponibili i dati necessari. Per ognuna di esse, il registro indica inoltre l'organo responsabile (ovvero uno di quelli elencati nel commento al capoverso 1), il motivo, la destinazione e i nomi dei parlamentari che vi partecipano effettivamente.

Secondo la lettera b, le spese complessive delle trasferte (diarie, costi della trasferta, indennità per il rimborso delle spese, ecc.) sono iscritte nel registro una volta all'anno per ogni organo. Occorre rilevare che queste indicazioni potranno essere fornite solo con un certo ritardo poiché, in base all'esperienza, alcuni conteggi sono disponibili solo alcuni mesi dopo la conclusione della trasferta.

Il testo dell'iniziativa presentato dal consigliere nazionale Alfred Heer non chiede che siano pubblicati i costi per ciascun parlamentare. Del resto sarebbe difficile fare un calcolo di questo tipo, poiché il viaggio di una delegazione genera anche costi globali non imputabili a un singolo parlamentare, per cui tali costi non possono 5850

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essere semplicemente ripartiti fra tutti i membri in proporzione. Infatti, i membri di una delegazione compiono spesso itinerari diversi e la durata del viaggio non è la stessa per tutti, di conseguenza i costi divergono per ciascun membro. Calcolare l'importo esatto dei costi per ogni persona rappresenterebbe un onere di lavoro eccessivo. Inoltre, la pubblicazione di tali informazioni non sarebbe giustificata da un punto di vista istituzionale, dato che i parlamentari partecipano a questi viaggi non a titolo privato bensì in nome e su mandato dell'organo parlamentare che li ha designati. Questa è l'argomentazione sostenuta anche dalla Delegazione amministrativa (composta dai due collegi presidenziali di tre membri) il 31 maggio 2007, quando ha respinto la pubblicazione di tali informazioni: «Dato che tali viaggi sono sempre intrapresi nell'ambito del mandato parlamentare, e mai a titolo personale, [la Delegazione amministrativa] ha deciso che le spese non dovevano essere pubblicate per singolo parlamentare» (estratto dal parere dell'Ufficio del Consiglio nazionale relativo all'interpellanza 08.3897 Wobmann. Elenco dei viaggi dei parlamentari nel biennio 2007­2008).

Una minoranza della Commissione (Masshardt, Barrile, Galladé, Glättli, Piller Carrard, Streiff, Wermuth) auspica che siano inseriti nel registro anche le trasferte che i parlamentari «intraprendono su invito di autorità e di gruppi di interesse svizzeri, esteri o internazionali» e che quindi non gravano sul budget dell'Assemblea federale. Secondo il parere della minoranza, trasferte di questo tipo possono dar luogo a relazioni d'interesse sulle quali occorrere fare trasparenza.

A questo proposito va rilevato che i membri dell'Assemblea federale sottostanno al diritto penale svizzero in materia di corruzione e che quindi possono rendersi punibili secondo la fattispecie dell'accettazione di vantaggi (art. 322 sexies CP, RS 311.0).

L'11 dicembre 2007 gli Uffici hanno emanato raccomandazioni in cui è spiegato il significato concreto di questa disposizione penale per i membri dell'Assemblea federale. Il punto 5, per esempio, precisa che un parlamentare può partecipare a una trasferta su invito di un gruppo di interesse svizzero o straniero a condizione che se ne assuma le spese. Per la minoranza della Commissione, l'obbligo di notificare
trasferte di questo tipo consentirebbe di controllare più efficacemente se tali disposizioni sono rispettate. La Commissione ritiene tuttavia illogico richiedere per mezzo di una disposizione legale che vengano comunicati pubblicamente potenziali comportamenti illeciti.

2.3 Art. 15

Regolamento del Consiglio nazionale del 3 ottobre 2003 Ripartizione dei seggi

Nell'articolo 15 del Regolamento del Consiglio nazionale (RCN) deve essere corretta una svista del legislatore analoga a quella dell'articolo 6a Oparl. In occasione della modifica del RCN del 3 ottobre 2008 è stata trovata una soluzione affinché i 275 seggi delle commissioni permanenti considerate per principio equivalenti, che contano ciascuna 25 seggi, siano tutti ripartiti tra i gruppi parlamentari. Nella versione adottata all'epoca, l'articolo 15 capoverso 1 lettera a rimanda all'articolo 10 5851

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numeri 1­11 RCN (RU 2009 733). Questa ripartizione globale non includeva i seggi della Commissione delle costruzioni pubbliche (CCP; art. 10. n. 12) poiché questa Commissione, contando solo 11 membri, chiedeva un trattamento diverso. Con la modifica del RCN del 1° ottobre 2010 (09.429), entrata in vigore il 5 dicembre 2010, l'articolo 10 numero 12 è stato abrogato e la CCP è stata soppressa. Il rimando indicato nell'articolo 15 è stato modificato ed è stato riferito all'articolo 10 in generale (RU 2010 4543). Un anno dopo, la modifica del RCN del 30 settembre 2011, entrata in vigore il 5 dicembre 2011, ha istituito la Commissione dell'immunità (CdI) e l'ha iscritta nel numero 12 dell'articolo 10 RCN divenuta disponibile. In quell'occasione non si è pensato alla necessità di adeguare l'articolo 15 RCN. Come la CCP, anche la CdI si distingue dalle altre commissioni permanenti per cui non deve essere inclusa nel calcolo globale della ripartizione dei seggi delle commissioni.

Art. 18

Supplenza

Conformemente all'articolo 18 capoverso 1 RCN un membro di commissione «può farsi sostituire a una seduta di commissione o di sottocommissione». Una minoranza (Romano, Fluri, Humbel, Jauslin, Moret, Nantermod, Pfister Gerhard, Rutz Gregor, Streiff) auspica che la supplenza in una sottocommissione possa essere assunta soltanto da membri della «commissione madre» e non da qualsivoglia parlamentare.

Considerata la complessità delle mansioni svolte in una sottocommissione, i membri di questa minoranza ritengono che la rappresentanza partitica rivesta qui minore importanza. La Commissione non intende modificare il disciplinamento della supplenza poiché consente una certa flessibilità personale necessaria soprattutto per i piccoli gruppi.

Art. 34

Orari

La Commissione propone due modifiche degli orari delle sedute del Consiglio nazionale: 1.

Poiché, in base all'orario cadenzato, i treni giungono a Berna pochi minuti prima o dopo le ore 8.00, le sedute delle Camere devono iniziare al mattino alle 8.15 e di conseguenza essere prolungate fino alle 13.15. Questo dovrebbe garantire un miglior grado di presenza in aula a inizio seduta e nel contempo migliorare la situazione dei parlamentari che hanno impegni famigliari al proprio domicilio. Una minoranza (Romano, Humbel, Jauslin, Nantermod, Streiff) respinge questa modifica ritenendo che sia atta a migliorare soltanto la situazione dei parlamentari che abitano a una distanza media da Berna e che possono trascorrere la notte a casa propria. Il disciplinamento vigente va comunque mantenuto finché per questi pernottamenti è corrisposta un'indennità, sebbene il parlamentare in questione non abbia dovuto sostenere i costi corrispondenti.

2.

Il venerdì della terza settimana di sessione il Consiglio nazionale dovrà riunirsi per la stessa durata prevista per le altre mattinate. La prassi attuale di interrompere tale seduta già dopo una o due ore non dà una buona impressione all'opinione pubblica. Una minoranza (Rutz Gregor, Addor, Buffat,

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Burgherr, Glarner, Reimann Lukas, Sollberger, Steinemann) auspica la soppressione della seduta del venerdì in modo da ridurre sensibilmente i costi.

La maggioranza è contraria a tale soppressione poiché rimangono sempre molti oggetti in deliberazione pendenti che la Camera non riesce a trattare.

La rinuncia alla seduta del venerdì significherebbe in particolare che le votazioni finali dovrebbero tenersi già il giovedì e ciò non farebbe altro che aumentare la pressione, già significativa, sulla preparazione dei testi per i voti finali e, di conseguenza, il rischio che si verifichino errori.

Art. 42

Domanda interlocutoria

Il vigente regolamento del Consiglio nazionale consente di «porre all'oratore una breve e precisa domanda su un dato punto del suo intervento»; «non sono ammessi né commenti di merito né motivazioni». Una minoranza della Commissione (Wermuth, Barrile, Fluri, Galladé, Glättli, Masshardt, Moser, Piller Carrard), nell'intento di rendere più vivace l'attività parlamentare auspica che, oltre alla domanda interlocutoria spontanea, sia data la possibilità di aggiungere anche osservazioni relative alle spiegazioni dell'oratore. La Commissione respinge questa modifica del regolamento perché verosimilmente implicherebbe un notevole prolungamento dei dibattiti. La modifica non è inoltre ritenuta necessaria in quanto già oggi viene sfruttata attivamente la possibilità della domanda interlocutoria rendendo più animati i dibattiti.

Art. 58 segg.

Eccezioni all'espressione del voto mediante procedimento elettronico

Secondo gli articoli 56 e 57 RCN, «le votazioni si svolgono di norma mediante procedimento elettronico» e «il risultato è pubblicato sotto forma di elenco nominativo». Poiché il sistema di voto elettronico può subire un guasto, evento molto raro ma che non può essere escluso del tutto, l'articolo 58 prevede che in caso di «difetto dei dispositivi elettronici di voto, la votazione avviene per alzata e seduta o per appello nominale». Per questo caso di eccezione la Commissione propone di mantenere solo il voto per appello nominale. Il voto per alzata e seduta riduce fortemente la trasparenza sul comportamento di voto dei singoli parlamentari. Nella prassi, i guasti del sistema di voto elettronico sono sempre di breve durata. In tale situazione la votazione può anche essere differita. Questa soluzione è ancora più logica se il voto per alzata e seduta non è più ammesso. Una votazione per appello nominale può infatti durare da 20 a 25 minuti.

3

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

La classificazione sistematica dei documenti destinati alle commissioni (art. 47a LParl) necessita di alcuni adeguamenti dei sistemi d'informazione dei Servizi del Parlamento (in particolare del sistema di gestione dei documenti). Sono da prevedere costi di sviluppo esterni per un importo compreso tra 120 000 e 200 000 franchi. Il disegno di legge sulla sicurezza dell'informazione (LSI) pone le medesime esigenze.

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La messa a disposizione in Extranet dei documenti per le commissioni tematiche si fonda su una procedura ampiamente automatizzata. L'estensione dei diritti di accesso (art. 6a Oparl) a tutti di parlamentari comporta la necessità di adeguare questo processo automatizzato. L'estensione dei diritti di accesso per quanto riguarda i documenti messi a disposizione in precedenza darà luogo a sua volta a ulteriori adeguamenti. Per gli adeguamenti una tantum occorre prevedere un costo tra i 20 000 e i 30 000 franchi in ragione dell'attività di programmazione esterna e 15­20 giorni per la fase di test.

L'attuazione dell'accesso a Extranet per i collaboratori personali dei parlamentari (art. 6c Oparl) comporta costi di sviluppo esterni compresi tra 95 000 e 165 000 franchi. L'utilizzazione ulteriore del sistema richiede il 25 per cento dei costi di sviluppo all'anno; l'onere di lavoro cagionato dal controllo e dall'immissione di dati dei collaboratori personali corrisponde al 25 per cento di un posto a tempo pieno.

Il costo per l'istituzione del registro delle trasferte ufficiali effettuate dai parlamentari all'estero (art. 9a ORInt) potrebbe essere compreso tra 10 000 e 20 000 franchi, mentre l'aggiornamento costante di tale registro necessita del 10 per cento di un posto a tempo pieno.

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Basi legali

La LParl e le relative modifiche qui proposte si fondano sull'articolo 164 capoverso 1 lettera g Cost., secondo il quale le disposizioni fondamentali in materia di organizzazione e procedura delle autorità federali devono essere emanate sotto forma di legge federale. L'Oparl si basa sull'articolo 70 capoverso 1 LParl, secondo il quale l'Assemblea federale emana mediante ordinanza le disposizioni normative esecutive circa l'amministrazione parlamentare. Il Regolamento del Consiglio nazionale fonda la sua base legale sull'articolo 36 LParl, in virtù del quale «ciascuna Camera emana un proprio regolamento contenente le disposizioni esecutive per la propria organizzazione e procedura».

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