15.3631 Rapporto concernente lo stralcio della mozione Hess Hans 15.3631 «Rendere più efficace il principio Cassis de Dijon» del 5 luglio 2017

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente rapporto vi proponiamo di togliere di ruolo il seguente intervento parlamentare: 2016

M 15.3631

Rendere più efficace il principio «Cassis de Dijon» (S 16.9.2015, Hess Hans; N 17.3.2016)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

5 luglio 2017

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Doris Leuthard Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2017-1441

4499

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Rapporto 1

Situazione iniziale

La mozione 15.3631 presentata il 18 giugno 2015 dall'ex consigliere agli Stati Hans Hess (Rendere più efficace il principio «Cassis de Dijon») è stata accolta il 16 settembre 2015 dal Consiglio degli Stati e il 17 marzo 2017 dal Consiglio nazionale. La mozione chiede al Consiglio federale di adottare misure affinché i produttori possano consentire espressamente per contratto ai rivenditori in Svizzera di effettuare lavori di installazione, manutenzione e simili in garanzia per i loro prodotti anche quando sono stati acquistati direttamente nello Spazio economico europeo (SEE).

Con la sua richiesta l'autore della mozione vuole contrastare il fenomeno dei prezzi elevati in Svizzera. Per il montaggio di determinati prodotti spesso è necessario ricorrere a personale specializzato. La mozione cita ad esempio apparecchi elettrici, cucine, motociclette, caldaie, bruciatori, imbarcazioni sportive, impianti di stabulazione per l'agricoltura, moto d'acqua, apparecchi e impianti sanitari, rivestimenti di ogni genere per pavimenti e pareti, impianti di ventilazione e apparecchiature per ospedali o laboratori.

Secondo quanto esposto dall'autore nella motivazione della mozione le ditte installatrici svizzere si rifiuterebbero di installare questi tipi di prodotti o di effettuare la manutenzione se il cliente li ha acquistati nello SEE. In molti casi il rifiuto di fornire questo genere di servizi sarebbe il risultato delle pressioni esercitate dai produttori o dagli importatori, che non vogliono che sia fatta concorrenza ai loro canali di vendita. Il Consiglio federale dovrebbe dunque intervenire con apposite misure contro queste pratiche.

Il Consiglio federale aveva chiesto di respingere la mozione. In primo luogo, infatti, non era chiaro se si trattasse di un problema di vaste dimensioni o soltanto di casi isolati, tanto più che fino a quel momento non erano pervenute segnalazioni in tal senso alle autorità garanti della concorrenza. In secondo luogo, il Consiglio federale sosteneva che vi fossero già le basi legali necessarie per contrastare questo tipo di pratiche e che l'adozione di un'ulteriore norma per l'inserimento obbligatorio di determinate clausole in tutti i contratti di vendita avrebbe costituito una limitazione della libertà economica e contrattuale e sarebbe quindi ingiustificata.

In seguito
alla risposta fornita dal Consiglio federale, nell'estate del 2016 la segreteria della Commissione della concorrenza (segreteria COMCO) ha svolto una vasta indagine di mercato per appurare la rilevanza pratica della mozione (cfr. n. 2.3).

Da un lato ha cercato di capire se il rifiuto di fornire determinati servizi da parte delle ditte installatrici svizzere costituisse effettivamente un problema e, dall'altro, se tale rifiuto fosse motivato da istruzioni ricevute dai produttori o dagli importatori.

L'indagine di mercato della segreteria COMCO ha coinvolto circa 6000 operatori di mercato, associazioni professionali e organizzazioni di difesa dei consumatori.

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In particolare sono stati interpellati i membri delle associazioni professionali che rappresentano i settori esplicitamente citati nella mozione. Per tenere conto anche delle esperienze dei consumatori svizzeri, sono state contattate le loro organizzazioni. Il 21 settembre 2016 la segreteria COMCO ha pubblicato il suo rapporto finale concernente l'indagine di mercato (rapporto finale segreteria COMCO)1.

Quando la mozione è stata trattata in Parlamento i risultati dell'indagine non erano ancora disponibili.

2

Motivazione della proposta di stralcio della mozione

2.1

Osservazioni preliminari

Il Consiglio federale propone di togliere di ruolo la mozione in particolare fondandosi sulle possibilità di intervento previste dalla legge del 6 ottobre 19952 sui cartelli (LCart) nonché sui risultati dell'indagine di mercato della segreteria COMCO.

2.2

Possibilità di intervento secondo la legge sui cartelli

Nella motivazione della mozione si fa riferimento alla Comunicazione della Commissione della concorrenza del 21 ottobre 2002 riguardante la valutazione degli accordi verticali alla luce delle disposizioni in materia di concorrenza nel settore del commercio di autoveicoli (Comunicazione autoveicoli 2002)3 e in particolare al numero 5 lettera c dell'opuscolo esplicativo corrispondente4 (l'opuscolo esplicativo è stato sostituito nel 20105). Il 1o gennaio 2016 la Comunicazione autoveicoli 2002 è stata modificata (Comunicazione del 29 giugno 20156 riguardante la valutazione degli accordi verticali alla luce delle disposizioni in materia di concorrenza nel settore del commercio di autoveicoli; Comunicazione autoveicoli 2010). La norma contenuta nel numero 5 lettera c del documento del 2002 è stata sostituita dall'articolo 15 capoverso 2 della Comunicazione autoveicoli 2010 attualmente in vigore.

L'opuscolo esplicativo di quest'ultima7 stabilisce ­ così come quello che spiega il numero 5 lettera c della Comunicazione autoveicoli 2002 ­ che i riparatori autorizzati hanno l'obbligo di riparare tutti gli autoveicoli della relativa marca, di onorare la garanzia legale del costruttore e di effettuare il servizio di assistenza gratuito 1 2 3 4 5 6 7

Consultabile all'indirizzo: www.weko.admin.ch > Documentazione > Diritto e politica della concorrenza (DPC) > 2016/3, pag. 869 segg.

RS 251 Consultabile all'indirizzo: www.weko.admin.ch > Documentazione > Diritto e politica della concorrenza (DPC) > 2002/4, pag. 770 segg.

Consultabile all'indirizzo: www.weko.admin.ch > Documentazione > Diritto e politica della concorrenza (DPC) > 2004/3, pag. 964 segg.

Consultabile all'indirizzo: www.weko.admin.ch > Documentazione > Diritto e politica della concorrenza (DPC) > 2010/3, pag. 624 segg.

FF 2015 4937 Consultabile all'indirizzo: www.weko.admin.ch > Documentazione > Diritto e politica della concorrenza (DPC) > 2016/1, pag. 349 segg.

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e l'esecuzione di tutti i lavori nell'ambito delle campagne di richiamo, e tutto ciò a prescindere dal luogo di acquisto del veicolo (SEE o Svizzera; cfr. opuscolo esplicativo relativo alla Comunicazione autoveicoli 2010, n. marg. 11).

La mozione chiede che questa norma venga resa vincolante anche per la vendita di altri prodotti di marca e che venga inserita in un'ordinanza del Consiglio federale o nella Comunicazione della COMCO del 28 giugno 20108 riguardante la valutazione degli accordi verticali alla luce delle disposizioni in materia di concorrenza (Comunicazione sugli accordi verticali) della Commissione della concorrenza (COMCO).

Tuttavia, occorre tenere presente che, diversamente dalla formulazione potenzialmente equivocabile dell'opuscolo esplicativo relativo alla Comunicazione autoveicoli 2010, l'articolo 15 capoverso 2 della Comunicazione autoveicoli 2010 non prevede alcun obbligo generale per i riparatori autorizzati di effettuare la riparazione, la manutenzione e i lavori in garanzia sui veicoli di una determinata marca.

L'articolo considera piuttosto gli accordi tra i produttori o gli importatori generali e i riparatori autorizzati sul rifiuto di fornire tali servizi una restrizione qualitativamente grave della concorrenza. Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale nella causa Gaba9 in linea di massima nelle situazioni di rilevanza transfrontaliera queste restrizioni rappresentano un intralcio notevole alla concorrenza se rientrano nella fattispecie di cui all'articolo 5 capoverso 4 LCart. Per stabilire se questi accordi sono illeciti è necessaria una valutazione caso per caso. Infine, non sussiste alcun obbligo di contrarre.

La Comunicazione sugli accordi verticali, invece, si occupa più in generale della valutazione degli ostacoli alle importazioni dirette e parallele in base alla legislazione sui cartelli. L'accordo tra un produttore (estero) e il suo distributore svizzero sul rifiuto di fornire prestazioni di garanzia per i prodotti importati direttamente può comportare indirettamente una protezione territoriale assoluta ai sensi dell'articolo 5 capoverso 4 LCart, come si afferma nel numero 10 capoverso 2 della Comunicazione sugli accordi verticali. Secondo la decisione del Tribunale federale del 28 giugno 2016 riguardante la causa Gaba questi accordi sono rilevanti
e ­ fatta salva un'eventuale giustificazione per motivi di efficienza economica ­ ugualmente illeciti e direttamente sanzionabili.

Secondo il considerando VII della Comunicazione sugli accordi verticali, nell'ambito del Regolamento (UE) N. 330/201010 e della Comunicazione della Commissione UE sugli orientamenti sulle restrizioni verticali 11 (orientamenti sulle restrizioni verticali della Commissione europea), il diritto europeo è applicabile per analogia anche alla legislazione svizzera sui cartelli. Nella decisione riguardante la causa Gaba anche il Tribunale federale ha stabilito che, almeno relativamente agli accordi in materia di concorrenza di cui all'articolo 5 capoverso 4 LCart, il diritto svizzero deve coincidere con quello europeo. Secondo gli orientamenti sulle restrizioni ver8 9 10

11

FF 2010 4457 Sentenza 2C_180/2014 del 28 giugno 2016 Regolamento (UE) N. 330/2010 della Commissione del 20 aprile 2010 relativo all'applicazione dell'art. 101, par. 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, GU L 102 del 23.4.2010, pag. 1 segg. (Regolamento sugli accordi verticali).

Orientamenti sulle restrizioni verticali, GU C 130 del 19.5.2010, pag. 1 segg.

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ticali della Commissione europea vi è una protezione territoriale quando un fornitore non offre alcuna garanzia valida sull'intero territorio dell'Unione europea in virtù della quale i distributori sono di norma tenuti ad offrire essi stessi il servizio e a farsi rimborsare per tale servizio dal fornitore, anche in relazione a prodotti venduti da altri distributori all'interno del loro territorio (orientamenti sulle restrizioni verticali della Commissione europea, n. marg. 50).

Tuttavia, occorre considerare che l'esclusione per contratto di prestazioni di garanzia sulla merce non è di per sé illecita. Basandosi sulla legislazione europea pertinente12, in un caso la COMCO ha deciso che l'esclusione per contratto di prestazioni di garanzia per merci acquistate al di fuori di un sistema di distribuzione selettiva non costituisce un accordo illecito volto a limitare la concorrenza e questo perché una tale limitazione della garanzia ha gli stessi effetti della limitazione della vendita ai distributori autorizzati. Pertanto, secondo la COMCO non sussiste alcun accordo di protezione territoriale assoluta sanzionabile ai sensi dell'articolo 5 capoverso 4 LCart (cfr. decisione della COMCO del 30 giugno 201413 Jura ­ accordi illeciti in materia di concorrenza).

Di conseguenza, per stabilire se il rifiuto di fornire un servizio coperto da garanzia rappresenta un accordo di protezione territoriale assoluta occorre sempre un'analisi specifica della situazione. Inoltre, in questo contesto bisogna chiedersi in che modo i vari soggetti hanno disciplinato contrattualmente il rischio di garanzia e se il rifiuto riguarda la garanzia del costruttore o la garanzia nel diritto della compravendita. Per quanto riguarda le qualità promesse nell'ambito della garanzia nel diritto della compravendita il venditore è responsabile nei confronti del cliente (cfr. rapporto finale segreteria COMCO, n. marg. 101).

Per quanto concerne le possibilità d'intervento secondo la LCart si può in breve considerare che la richiesta formulata nella mozione viene già adempiuta in quanto per la vendita di altri prodotti si applicano gli stessi principi del diritto dei cartelli in uso nel commercio di autoveicoli. Ciò viene ribadito esplicitamente anche nel rapporto finale della segreteria COMCO. Le autorità garanti della concorrenza dispongono
delle necessarie basi legali per affrontare i casi descritti nella mozione e si occupano ormai da anni in via prioritaria degli accordi che puntano a conseguire un isolamento territoriale. Se ricevono segnalazioni in tal senso intervengono caso per caso. Infine, dall'indagine di mercato è emerso che vi sono una maggiore sensibilità e disponibilità a contattare le autorità garanti della concorrenza qualora si riscontri la problematica descritta nella mozione (cfr. anche rapporto finale segreteria COMCO, n. marg. 112).

Inoltre, la richiesta formulata nella mozione di contrastare l'isolamento del mercato svizzero nell'ambito dei prodotti acquistati nello SEE che hanno bisogno di lavori di installazione, manutenzione e in garanzia, ha trovato riscontro anche nella recente giurisprudenza del Tribunale federale. Nella decisione del 28 giugno 2016 riguardante la causa Gaba il Tribunale federale ha stabilito che gli accordi che definiscono 12 13

Sentenza della CGUE del 13 gennaio 1994, C-376/92, Metro/Cartier, Racc. 1994 I-15, n. marg. 32 seg.

Consultabile all'indirizzo: www.weko.admin.ch > Documentazione > Diritto e politica della concorrenza (DPC) > 2014/2, pag. 410 seg., n. marg. 39­45, Jura.

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una protezione territoriale assoluta ai danni della Svizzera sono rilevanti e, in assenza di una giustificazione per motivi economici, direttamente sanzionabili.

2.3

Indagine di mercato della segreteria COMCO

2.3.1

Risultati

Tramite un questionario inviato nel quadro dell'indagine è stato chiesto ai destinatari se negli ultimi dieci anni si sono rifiutati di effettuare lavori di installazione, manutenzione, riparazione o in garanzia su prodotti acquistati da clienti svizzeri direttamente all'estero. Inoltre, è stato chiesto se sono state esercitate pressioni o se sono stati promessi incentivi per omettere di eseguire servizi sui prodotti direttamente importati. Infine i destinatari sono stati invitati a raccontare se sono stati rifiutati loro servizi relativi a prodotti da loro direttamente importati dallo SEE. Alle aziende interpellate è stato garantito l'anonimato assoluto ai sensi dell'articolo 7 capoverso 1 lettera h della legge del 17 dicembre 200414 sulla trasparenza (LTras). La segreteria COMCO ha ricevuto complessivamente 252 risposte.

L'82 per cento delle aziende interpellate ha negato completamente la rilevanza pratica del rifiuto di effettuare lavori di installazione, manutenzione, riparazione o in garanzia sui prodotti direttamente importati (rapporto finale segreteria COMCO, n.

marg. 56). Le risposte che riguardano il rifiuto di fornire servizi si possono suddividere in due categorie. La prima è quella delle aziende che decidono di non eseguire servizi di installazione, manutenzione, riparazione o lavori in garanzia sui prodotti direttamente importati a prescindere dalle pressioni dei propri fornitori. I motivi sono i seguenti (cfr. il riassunto dei motivi addotti nel n. marg. 56 del rapporto finale segreteria COMCO nonché nei n. marg. citati qui di seguito):

14

­

la responsabilità di fornire prestazioni di garanzia spetta ai distributori esteri del produttore (n. marg. 25);

­

mancanza di personale (n. marg. 34 e 47);

­

rifiuto di fornire prestazioni di garanzia per prodotti acquistati all'estero (n. marg. 34, 42 e 47);

­

dubbi sulla qualità dei prodotti importati (n. marg. 30, 36 e 42);

­

cattiva qualità dei prodotti importati (n. marg. 34);

­

mancanza di informazioni sui prodotti importati (n. marg. 34);

­

assenza di supporto tecnico (n. marg. 34);

­

mancanza di pezzi di ricambio (n. marg. 34);

­

mancata conformità dei prodotti importati agli standard di produzione in uso (n. marg. 40);

­

pratiche legate al rimborso delle prestazioni di garanzia (n. marg. 52);

RS 152.3

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­

le spine degli apparecchi elettrici importati non sono compatibili con gli allacciamenti svizzeri (n. marg. 25);

­

gli apparecchi elettrici importati hanno una tensione di alimentazione inadeguata (potenza troppo elevata), non sono conformi alle norme svizzere o non hanno il certificato di conformità CE (n. marg. 33 e 49);

­

assenza di alcuni documenti quali la dichiarazione di conformità, l'attestato che certifica il rispetto delle norme o, in caso di mancato collaudo, la prova dell'apposita omologazione (n. marg. 33);

­

assenza dell'omologazione svizzera o del certificato di conformità per i forni e i condotti di scarico dei fumi importati quali camini e stufe (n. marg. 42);

­

termini di garanzia più lunghi per le installazioni in base alle norme SIA rispetto al termine di garanzia del prodotto importato (n. marg. 35).

Nella seconda categoria rientrano cinque risposte in base alle quali i lavori in garanzia sui prodotti direttamente importati riceverebbero solo un rimborso parziale da parte del fornitore/produttore o non sarebbero rimborsati per niente (rapporto finale segreteria COMCO, n. marg. 56 con rimando ai n. marg. 34, 35, 37, 44 e 52).

Dall'indagine non sono emerse altre indicazioni relative al rifiuto di effettuare lavori di installazione, manutenzione, riparazione o in garanzia sui prodotti direttamente importati. In particolare non risulta che tali servizi siano stati negati sulla base di accordi tra le ditte installatrici e i fornitori o i produttori. Nessuna delle associazioni professionali che invece di trasmettere il questionario ai propri membri hanno preferito esprimersi a nome di tutta la categoria era a conoscenza di misure finalizzate a negare sistematicamente lo svolgimento di lavori di installazione, manutenzione, riparazione o in garanzia sui prodotti direttamente importati (n. marg. 85). Il rifiuto di installare questi prodotti è stato motivato molto più spesso con gli eventuali rischi di responsabilità nel caso in cui la ditta installatrice, in base al diritto in materia di contratti d'appalto, non debba rispondere soltanto del lavoro svolto (installazioni e montaggi), ma anche del materiale installato e degli impianti montati (n. marg. 86 con rimando ai n. marg. 62 e 72; in proposito si veda anche il n. 2.3.2). Il rifiuto di fornire servizi di riparazione e manutenzione, invece, è stato motivato con il fatto che le ditte non conoscono i prodotti importati, non dispongono degli strumenti speciali necessari e non possono assumersi la responsabilità di garantire la sicurezza del prodotto e la sua conformità alle prescrizioni legali (n. marg. 4 e 113).

La segreteria COMCO ha inoltre interpellato le seguenti organizzazioni: Fondazione per la protezione dei consumatori (FPC), Fédération romande des consommateurs (FRC) e Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana chiedendo loro se fossero a conoscenza della problematica sollevata nella mozione. Dall'indagine è risultato che negli ultimi anni queste associazioni hanno ricevuto una sola segnalazione che riguardava il rifiuto di effettuare la manutenzione di una pompa di calore importata direttamente dall'estero (rapporto finale segreteria COMCO, n. marg. 87 segg.).

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Per riassumere si può constatare che l'indagine di mercato ha rilevato alcuni indizi isolati che rimandano al rifiuto di fornire alcuni servizi nell'ambito dei prodotti direttamente importati, ma non è chiaro se siano riconducibili alle pratiche dei produttori e degli importatori descritte nella mozione. I rifiuti documentati riguardano esclusivamente le prestazioni di garanzia e sono dovuti ai rimborsi insufficienti da parte di produttori e importatori. Dall'indagine, quindi, non emergono altri indizi secondo i quali i servizi di installazione, manutenzione, riparazione o i lavori in garanzia su prodotti direttamente importati siano stati negati per i motivi citati nella mozione.

In particolare non è possibile affermare che i servizi siano stati negati sulla base di accordi tra le ditte installatrici e i produttori o i fornitori. Le cause più indicate dai partecipanti all'indagine sono i rischi di responsabilità legati al diritto contrattuale e gli ostacoli tecnici al commercio. Questi fenomeni non possono essere contrastati con la disposizione richiesta nella mozione. In ogni caso non è possibile escludere che siano state fornite risposte basate su motivazioni strategiche (n. marg. 87 segg.).

In conclusione, dai risultati dell'indagine non emerge alcuna prova che le misure di tipo privato adottate da produttori e importatori descritte nella mozione Hess abbiano una rilevanza a livello pratico.

2.3.2

Problematica della responsabilità legata al diritto contrattuale

Nell'ambito dell'indagine una delle due motivazioni principali addotta per il rifiuto di installare prodotti direttamente importati è quella dei rischi di responsabilità.

Secondo il diritto in materia di contratti d'appalto, per quanto riguarda i diritti del committente (in questo caso il consumatore) nei confronti dell'appaltatore (in questo caso una ditta installatrice) per i difetti di un'opera mobiliare (p. es. un impianto di riscaldamento) integrata in un'opera immobiliare (p. es. un edificio residenziale) conformemente all'uso cui è normalmente destinata, nel caso in cui l'opera mobiliare abbia provocato un difetto all'opera immobiliare (p. es. danni causati dall'acqua) si applica un termine di prescrizione di cinque anni dalla consegna dell'opera (art. 371 cpv. 1, secondo periodo CO15).

Nel diritto della compravendita, invece, ai diritti di garanzia per i difetti di una cosa si applica un termine di prescrizione di due anni dalla consegna della cosa al compratore (art. 210 cpv. 1, primo periodo CO). Tuttavia, se i diritti riguardano i difetti di un'opera (p. es. impianto di riscaldamento) integrata in un'opera immobiliare (p. es. un edificio residenziale) conformemente all'uso cui è normalmente destinata e se l'opera mobiliare ha provocato un difetto all'opera immobiliare (p. es. danni causati dall'acqua) si applica un termine di prescrizione di cinque anni dalla consegna dell'opera al compratore (art. 210 cpv. 2 CO).

Questi termini non possono in linea di massima essere sistematicamente ridotti (per il diritto della compravendita cfr. art. 210 cpv. 4 CO; per il diritto in materia di contratti d'appalto: art. 371 cpv. 3 in combinato disposto con l'art. 210 cpv. 4 CO).

15

RS 220

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È invece possibile escludere la garanzia in entrambi i tipi di diritto. Nonostante la possibilità di escludere la garanzia e il fatto che le norme sui termini di prescrizione non dicano nulla sulla responsabilità specifica nel singolo caso (ovvero chi risponde in caso di difetti di un'opera immobiliare causati da un'opera mobiliare in essa integrata), secondo i risultati dell'indagine queste norme disincentivano le ditte installatrici svizzere a installare i prodotti acquistati (all'estero) dai clienti (n. marg. 86, 93, 94 e 107).

Ai fini del presente rapporto non è importante stabilire se le motivazioni del rifiuto di effettuare l'installazione della merce acquistata (all'estero) fornite dalle imprese interpellate siano convincenti o no, poiché la problematica della responsabilità può essere risolta escludendo la garanzia. Anche se alla base del rifiuto ci fossero altri motivi, taciuti dagli interpellati, si tratterebbe di un comportamento unilaterale delle ditte installatrici svizzere e in questo caso la LCart non sarebbe applicabile, a meno che non si verifichino casi di posizione dominante sul mercato, che nella fattispecie non sono oggetto del presente rapporto. In tal senso anche soddisfare la richiesta della mozione secondo cui le ditte installatrici svizzere dovrebbero essere autorizzate esplicitamente dai propri fornitori a installare, riparare e manutenere le merci acquistate direttamente nello SEE non apporterebbe nessun valore aggiunto. Infine, la mozione non prevede di imporre a queste ditte l'obbligo di accettare qualsiasi incarico.

2.3.3

Ostacoli tecnici al commercio

Secondo i risultati dell'indagine, la seconda motivazione principale per il rifiuto di installare prodotti direttamente importati sono gli ostacoli tecnici al commercio tra la Svizzera e i Paesi europei. Per ostacoli tecnici al commercio si intendono le misure non tariffarie che ostacolano o limitano lo scambio transfrontaliero di merci. In questo caso si tratta in particolare di disposizioni differenti in materia di omologazione e di deroghe nell'ambito del principio Cassis de Dijon. Il principio «Cassis de Dijon» è una norma secondo la quale i prodotti conformi alle prescrizioni tecniche dell'UE o di uno Stato membro dell'UE o dello SEE che sono legalmente in commercio nell'UE o nello SEE possono circolare liberamente senza controlli preliminari anche in Svizzera. Eventuali deroghe sono possibili soltanto per proteggere interessi pubblici preponderanti. I prodotti esclusi dal «principio Cassis de Dijon» sono riportati in una cosiddetta lista negativa. La Svizzera ha introdotto unilateralmente il principio «Comunicazione sugli accordi verticali», basato sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, trasponendolo nella legge federale del 6 ottobre 199516 sugli ostacoli tecnici al commercio17.

Attualmente l'articolo 3 dell'ordinanza del 19 maggio 201018 sull'immissione in commercio di prodotti conformi a prescrizioni tecniche estere contiene 26 deroghe a 16 17

18

RS 946.51 Per maggiori informazioni: www.seco.admin.ch > Aussenwirtschaft & Wirtschaftliche Zusammenarbeit > Wirtschaftsbeziehungen > Technische Handelshemmnisse > «Cassisde-Dijon-Prinzip» (disponibile soltanto in tedesco e francese).

RS 946.513.8

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questo principio. I prodotti interessati, come ad esempio elettrodomestici, frigoriferi, congelatori, caldaie e bruciatori ad aria soffiata possono essere importati in Svizzera solo se sono conformi alle prescrizioni svizzere sui prodotti. Durante lo svolgimento dell'indagine della segreteria COMCO alcune aziende hanno affermato apertamente di aver rifiutato di eseguire lavori di installazione, manutenzione, riparazione e in garanzia a causa delle norme relative a questi prodotti. Pertanto, il principio Cassis de Dijon non può applicarsi pienamente ai prodotti più disparati che richiedono l'intervento di specialisti per eseguire installazioni, manutenzioni, riparazioni e lavori in garanzia. Questi ostacoli al commercio potrebbero essere eliminati soltanto riducendo il numero di deroghe al principio Cassis de Dijon.

Esempio: un cliente acquista una cucina completa di apparecchi elettrici in Germania e chiede a una ditta svizzera di montarla e di effettuare l'allacciamento degli apparecchi elettrici; è possibile che tali apparecchi, acquistati all'estero, siano incompatibili con le prese o gli allacciamenti svizzeri. Inoltre, all'estero esistono anche elettrodomestici da cucina che hanno una tensione di alimentazione troppo alta e non sono quindi conformi alle prescrizioni tecniche del gestore svizzero della rete elettrica. Infine è anche possibile che gli apparecchi elettrici importati non soddisfino alcune disposizioni legali, come quelle dell'ordinanza del 7 novembre 200119 sugli impianti elettrici a bassa tensione.

3

Conclusione

La mozione chiede al Consiglio federale di adottare misure per impedire ai produttori esteri di imporre alle ditte installatrici svizzere di rifiutare determinate prestazioni.

In base alla legislazione vigente le autorità garanti della concorrenza possono già intervenire contro queste pratiche qualora il problema citato nella mozione fosse riconducibile ad accordi tra produttori o importatori e ditte installatrici. Inoltre, la decisione del Tribunale federale riguardante la causa Gaba ha potenziato notevolmente le norme della legislazione sui cartelli volte a impedire l'isolamento del mercato svizzero.

Dall'indagine della segreteria COMCO, i cui risultati sono arrivati solo dopo l'accoglimento della mozione da parte del Parlamento, emerge che:

19

1.

i casi in cui è stato rifiutato di fornire determinati servizi sono rari;

2.

i casi accertati non sono dovuti ad accordi tra produttori o fornitori e ditte installatrici, bensì a: a. rimborsi insufficienti delle prestazioni di garanzia da parte di produttori o importatori; b. eventuali rischi di responsabilità; c. ostacoli tecnici al commercio.

RS 734.27

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In definitiva, l'indagine svolta dalla segreteria COMCO ha dimostrato chiaramente che le misure di tipo privato adottate da produttori e importatori descritte nella mozione non sono diffuse in maniera capillare. Il Consiglio federale ritiene quindi che non vi sia bisogno di intervenire a livello legislativo, anche perché vi è il rischio di generare un inutile onere burocratico e di controllo.

Per questi motivi il Consiglio federale propone di togliere di ruolo la mozione 15.3631.

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