La neutralità alla prova nel conflitto in Iraq Sintesi della pratica svizzera della neutralità durante il conflitto in Iraq in risposta al postulato Reimann (03.3066) e alla mozione del gruppo UDC (03.3050) del 2 dicembre 2005

2005-2924

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In sintesi Mandato La presente sintesi descrive i motivi e le modalità dell'applicazione della neutralità durante il conflitto iracheno del 2003. Il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di elaborare una sintesi della pratica più recente in materia di neutralità, vale a dire quella che è stata seguita nel corso del conflitto iracheno. Il DFAE risponde così al postulato Reimann del 19 marzo 2003 (03.3066) e alla mozione del gruppo dell'Unione democratica di centro (UDC) del 12 marzo 2003 (03.3050), mozione che il Consiglio federale ha proposto di trasformare in postulato.

Guerra in Iraq e neutralità Il lancio di un'operazione militare contro l'Iraq senza l'esplicita autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU ha costituito un conflitto armato internazionale.

Conformemente alla Convenzione dell'Aia del 1907 concernente i diritti e i doveri delle potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra, la Svizzera, in qualità di Stato neutrale permanente, non aveva altra scelta se non quella di applicare il diritto di neutralità durante questo conflitto. Il Consiglio federale ha badato, come sempre in questi casi, affinché gli obblighi che incombono sulla Svizzera in qualità di Stato neutrale fossero scrupolosamente osservati.

Obblighi giuridici legati allo statuto di neutralità Il diritto di neutralità impone alla Svizzera di astenersi dal sostenere militarmente uno Stato impegnato in un conflitto armato, né attraverso l'invio di truppe, né con la fornitura di materiale bellico o la messa a disposizione del proprio territorio, compreso quello aereo. Prima e durante il conflitto, il Consiglio federale ha deciso di non permettere il sorvolo del territorio svizzero a scopi militari agli aeromobili degli Stati impegnati nel conflitto. Ha inoltre proibito l'esportazione di materiale bellico e le prestazioni di tale natura da parte della Confederazione a favore di questi Stati.

Controllo delle esportazioni di materiale militare e di prestazioni militari da parte di ditte private Secondo il diritto di neutralità, le ditte private situate sul territorio di uno Stato neutrale possono liberamente commerciare con gli Stati che prendono parte al conflitto. Tuttavia, il Consiglio federale ha sottoposto a un regime di autorizzazione le esportazioni di
materiale bellico e le prestazioni da parte delle ditte private situate in Svizzera destinate agli Stati in guerra, per evitare che materiale bellico fabbricato in Svizzera fosse utilizzato nel quadro del conflitto. Un organo composto di collaboratori del DFE, del DFAE e del DDPS è stato istituito dal Consiglio federale per controllare tali esportazioni.

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Constatazione della fine delle ostilità Il 16 aprile 2003 il Consiglio federale ha ritenuto che fossero presenti le condizioni che permettevano di considerare terminate le ostilità. Spetta in effetti allo Stato neutrale determinare se, in base alle circostanze, il conflitto può essere considerato come terminato. Di conseguenza il diritto di neutralità non era più applicabile a partire da tale data e si sono potute abrogare le misure adottate dal Consiglio federale durante il conflitto.

Impegno umanitario della Svizzera Essere neutrali non significa essere indifferenti. La Svizzera non ha risparmiato i propri sforzi durante il conflitto per indurre i belligeranti a rispettare il diritto internazionale umanitario. Ha inoltre organizzato due riunioni internazionali sull'aiuto umanitario volte ad uno scambio di informazioni, a identificare i problemi che si pongono in quest'ambito e a facilitare la coordinazione dell'aiuto umanitario in Iraq.

Linee direttrici sulla neutralità La neutralità permanente ha dato buona prova quale principio fondamentale della politica estera e di sicurezza della Svizzera. La Svizzera è considerata all'estero come uno Stato neutro affidabile, perché la neutralità viene applicata sistematicamente dal Consiglio federale in tutte le situazioni che lo richiedono. Il Consiglio federale non vede dunque alcuna necessità di ridefinire la neutralità svizzera.

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Rapporto 1

Introduzione

1.1

Origine della presente sintesi

Il gruppo parlamentare dell'UDC ha depositato una mozione al Consiglio nazionale il 12 marzo 2003, pure presentata sotto forma di postulato dal consigliere agli Stati Maximilian Reimann il 19 marzo 2003. Il contenuto dei due interventi era identico ed era il seguente: «Il Consiglio federale è incaricato di presentare alle Camere federali un rapporto in cui sia precisata la sua definizione della neutralità svizzera e la sua posizione in merito, segnatamente per quanto concerne la partecipazione della Svizzera all'ONU e le più recenti decisioni del Consiglio federale in materia di politica estera nell'ambito della minaccia di una guerra contro l'Iraq. Il rapporto dovrà anche spiegare in che modo il Consiglio federale intende conciliare la neutralità sancita dalla Costituzione con l'obiettivo contraddittorio di adesione all'UE, considerato che quest'ultima applicherà una politica di sicurezza, una politica di difesa e una politica estera comuni. Il rapporto dovrà inoltre presentare una strategia che consenta alla Svizzera di ritrovare una neutralità perpetua, armata e libera da qualsivoglia alleanza.» Il 28 maggio 2003 il Consiglio federale ha risposto nel modo seguente ai due interventi: «Nel suo rapporto sulla neutralità del 29 novembre 1993 il Consiglio federale ha esposto in modo circostanziato la sua concezione della neutralità e la pertinenza che questa assume nel contesto della politica estera. Il rapporto del 1993 serve ancora oggi al Consiglio federale quale fondamento per condurre la sua politica della neutralità. (...) Considerato che la neutralità è applicata in modo conseguente sulla base del rapporto del 1993 sulla neutralità, tuttora valido, il Consiglio federale non vede la necessità di ridefinire la sua posizione in merito né di presentare un nuovo rapporto in merito. È invece disposto a incaricare il Dipartimento federale degli affari esteri ad elaborare una sintesi della prassi più recente in materia di neutralità ­ ossia dei motivi e delle modalità di applicazione della neutralità nel conflitto iracheno ­ come pure della situazione da cui muovere per ulteriori sviluppi. In questo senso, il Consiglio federale è pure disposto ad accettare il postulato di uguale tenore del consigliere agli Stati Reinmann (03.3066) presentato il 19 marzo 2003.» In Consiglio degli Stati ha accettato il
postulato Reimann il 18 giugno 2003. Con decisione del 16 dicembre 2003 il Consiglio nazionale ha accettato di trasformare la mozione dell'UDC in postulato.

La presente sintesi del DFAE costituisce la risposta al postulato Reimann e alla mozione del gruppo dell'UDC.

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1.2

Organizzazione e struttura della sintesi

Dopo una presentazione cronologica delle tappe principali della crisi irachena, questa sintesi riassume gli elementi più importanti della neutralità svizzera (diritto di neutralità, politica di neutralità, posizione della neutralità nella Costituzione) prima di giungere all'applicazione della neutralità durante le diverse fasi del conflitto. In seguito è analizzata la situazione giuridica prima, durante e dopo il conflitto. La conclusione concerne invece sia il conflitto iracheno che la neutralità e il diritto internazionale pubblico.

2

Cronologia degli avvenimenti più importanti della crisi irachena

29 gennaio 2002:

Il Presidente americano George W. Bush dichiara che Iraq, Iran e Corea del Nord costituiscono un «asse del male».

12 settembre 2002:

Sotto la minaccia di un'offensiva americana, George W.

Bush esige che l'Iraq distrugga immediatamente le sue armi di distruzione di massa e chiede all'ONU di formulare una nuova risoluzione al fine di ottenere il disarmo dell'Iraq.

16 settembre 2002:

L'Iraq annuncia di accettare un ritorno incondizionato degli ispettori dell'ONU.

20 settembre 2002:

Il governo americano conferma la sua nuova strategia di sicurezza che prevede la possibilità di attacchi preventivi.

11 ottobre 2002:

La maggioranza del Congresso americano approva una risoluzione che autorizza il presidente americano a ricorrere, se necessario, alla forza al fine di disarmare l'Iraq senza l'autorizzazione dell'ONU.

8 novembre 2002:

Il Consiglio di sicurezza vota una nuova risoluzione 1441, che prevede la ripresa delle ispezioni e minaccia l'Iraq di «conseguenze gravi» nel caso in cui quest'ultimo si rifiuti di fornire entro 30 giorni una lista esaustiva del suo materiale bellico.

13 novembre 2002:

Saddam Hussein accetta la risoluzione dell'ONU.

27 novembre 2002:

Gli ispettori dell'ONU iniziano il loro lavoro in Iraq, sotto la direzione dello svedese Hans Blix.

9 gennaio 2003:

L'ispettore Hans Blix informa il Consiglio di sicurezza che non è stata trovata nessuna prova che indichi la presenza di armi illecite. Malgrado questo, Blix esige dall'Iraq delle prove che permettano di escludere il possesso di armi di distruzione di massa.

27 gennaio 2003:

Nel loro primo rapporto presentato al Consiglio di sicurezza Hans Blix e Mohamed El Baradei rimproverano all'Iraq delle omissioni gravi nell'esposto sul programma d'armamento e chiedono una proroga di diversi mesi per poter proseguire il loro lavoro.

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28 gennaio 2003:

Nel discorso sullo stato dell'Unione il presidente Bush dichiara che gli Stati Uniti sono pronti a intraprendere una guerra e annuncia che, il 5 febbraio, il segretario di Stato Colin Powell presenterà al Consiglio di sicurezza informazioni dei servizi segreti relative al programma d'armamento iracheno.

5 febbraio 2003:

Colin Powell presenta al Consiglio di sicurezza una serie di documenti, foto satellitari e registrazioni radio destinati a dimostrare che l'Iraq possiede delle armi di distruzione di massa e viola quindi la risoluzione 1441.

14 febbraio 2003:

Gli ispettori dell'ONU Hans Blix e Mohamed El Baradei presentano un secondo rapporto al Consiglio di sicurezza in cui affermano di non avere scoperto armi di distruzione di massa, non escludendone però la loro esistenza.

21 febbraio 2003:

Il Consiglio federale decide di non permettere il sorvolo del territorio svizzero a scopi militari a aeromobili americani, poiché questi sorvoli hanno l'obiettivo evidente di preparare un'azione militare in Iraq.

24 febbraio 2003:

Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Spagna consegnano al Consiglio di sicurezza il progetto di una nuova risoluzione che concede all'Iraq una proroga fino al 17 marzo per attuare la risoluzione 1441. La Francia, la Russia e la Germania vi si oppongono presentando un memorandum che esige un'estensione della proroga e un'intensificazione delle ispezioni in Iraq.

5 marzo 2003:

In seguito ad un colloquio a Parigi, i ministri degli affari esteri tedesco, francese e russo dichiarano che i loro paesi non voteranno a favore di una risoluzione del Consiglio di sicurezza che legittimi la guerra e ne informano il presidente del Consiglio di sicurezza.

7 marzo 2003:

L'ispettore dell'ONU Hans Blix consegna al Consiglio di sicurezza il suo terzo rapporto che attesta una migliore collaborazione da parte dell'Iraq e si felicita per la distruzione del missile «Al Samoud 2».

Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Spagna depositano un progetto di risoluzione modificato, che assegna all'Iraq una proroga fino al 17 marzo per il disarmo, sotto la minaccia di un intervento armato. La Francia rifiuta questo progetto.

10 marzo 2003:

La Russia e la Francia annunciano che opporranno il loro veto a qualsiasi risoluzione che autorizzi l'uso della forza.

17 marzo 2003:

Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Spagna ritirano il loro progetto di risoluzione e mettono fine ai loro sforzi diplomatici in vista di un mandato dell'ONU per un attacco militare.

A questo punto era infatti diventato evidente che una risoluzione che avesse legittimato la guerra non avrebbe ottenuto una maggioranza in seno al Consiglio di sicurezza.

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20 marzo 2003:

L'ultimatum americano contro Saddam Hussein scade alle due. Mezz'ora dopo gli Americani lanciano il loro attacco contro l'Iraq.

Lo stesso giorno il Consiglio federale dichiara applicabile il diritto di neutralità e conferma la sua decisione di vietare il sorvolo del territorio svizzero agli aeromobili dei paesi della coalizione, compresi i sorvoli per ricognizione e sorveglianza. Restano autorizzati i sorvoli a fini umanitari e medici, compreso il trasporto di feriti. Il Consiglio federale proibisce inoltre alla Confederazione di fornire materiale bellico agli Stati impegnati nel conflitto o prestazioni destinate a materiale o a truppe operanti nel quadro del conflitto.

21 marzo­9 aprile 2003:

Dopo un bombardamento mirato di Bagdad le forze armate americane e britanniche entrano in Iraq dal Kuwait. Il 6 aprile, la città portuale di Basra cade in mani britanniche. Il 9 aprile Bagdad è sotto il controllo delle forze della coalizione.

La Svizzera non risparmia sforzi durante il conflitto per indurre i belligeranti a rispettare il diritto umanitario internazionale, sollecitando più volte tutte le parti in conflitto affinché il diritto internazionale umanitario, e in particolare le Convenzioni di Ginevra, vengano rispettati.

16 aprile 2003:

Il Consiglio federale constata la sconfitta dell'esercito iracheno e la cessazione de facto delle azioni belliche e abroga quindi le misure prese conformemente al diritto della neutralità.

6 maggio 2003:

L'ufficio di collegamento della Svizzera a Bagdad riprende le proprie attività. Ritornano a Bagdad anche il coordinatore svizzero per l'assistenza umanitaria in Iraq e due suoi collaboratori. Le condizioni di sicurezza a Bagdad e nel resto del paese sono considerate sufficienti per consentire una ripresa del lavoro.

22 maggio 2003:

Il Consiglio di sicurezza adotta la risoluzione 1483. Gli Stati Uniti e il Regno Unito sono riconosciuti come potenze occupanti e ottengono i pieni poteri per quanto concerne l'amministrazione del paese.

14 agosto 2003:

Il Consiglio di sicurezza dell'ONU appoggia, nella sua risoluzione 1500, la creazione di un governo interinale il 13 luglio 2003.

16 ottobre 2003:

Il Consiglio di sicurezza adotta la risoluzione 1511, in cui riconosce la sovranità e l'integralità territoriale dell'Iraq e sottolinea che l'Autorità provvisoria della coalizione esercita, a titolo provvisorio, le responsabilità, i poteri e gli obblighi nei confronti del diritto internazionale applicabile che sono riconosciuti ed elencati nella risoluzione 1483 (2003), finché non verrà eletto dal popolo iracheno un governo rappresentativo internazionalmente riconosciuto che assuma 6217

le responsabilità dell'Autorità. Il Consiglio di sicurezza autorizza, allo stesso tempo, «una forza multinazionale, sotto comando unificato, a prendere tutte le misure necessarie per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq».

8 giugno 2004:

Nella risoluzione 1546 il Consiglio di sicurezza nota con soddisfazione che l'occupazione avrà fine al più tardi entro il 30 giugno 2004 e che l'Iraq ritroverà la sua piena sovranità.

Il Consiglio di sicurezza prende inoltre atto della domanda formulata dal governo interinale dell'Iraq che auspica che venga mantenuta la presenza della forza multinazionale sotto comando unificato stabilita dalla risoluzione 1511 (2003). La forza multinazionale è di conseguenza autorizzata a prendere tutte le misure necessarie per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq.

30 gennaio 2005:

Gli elettori iracheni si muovono in massa per scegliere i propri rappresentanti in seno alla futura Assemblea nazionale irachena. Questa istituzione avrà soprattutto l'incarico di redigere la nuova costituzione, ma dovrà anche approvare in un primo tempo il futuro governo iracheno.

29 aprile 2005:

Il nuovo governo di transizione iracheno entra in funzione.

3

La neutralità ­ breve richiamo

La neutralità è il principio di politica estera secondo il quale uno Stato si impegna a non partecipare militarmente a un determinato conflitto tra Stati (neutralità temporanea) o all'insieme dei conflitti futuri (neutralità permanente), in cambio del rispetto della propria integrità territoriale da parte dei belligeranti. La Svizzera è uno Stato neutrale permanente.

3.1

Diritto e politica di neutralità

3.1.1

Diritto di neutralità

I diritti e i doveri degli Stati neutrali così come quelli degli Stati belligeranti sono elencati nelle due Convenzioni dell'Aia del 1907 (guerra per terra e guerra per mare1). Le Convenzioni dell'Aia sono completate dagli usi internazionali2. Queste 1

2

Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra (RS 0.515.21); Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle potenze neutrali in caso di guerra marittima (RS 0.515.22).

Secondo gli usi internazionali, le regole derivanti dalle due Convenzioni dell'Aia del 1907 citate sopra sono applicabili per analogia alla guerra aerea. Ad esempio, in virtù dell'articolo 2 della Convenzione del 1907 relativa ai diritti e ai doveri dello Stato neutrale in caso di conflitto per terra, uno Stato neutrale non deve tollerare il passaggio sul suo territorio di munizioni, di truppe o di convogli impegnati in un conflitto armato. In caso di guerra aerea questa regola dovrà essere reinterpretata proibendo ai belligeranti l'utilizzo dello spazio aereo dello Stato neutrale a scopi militari.

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regole si applicano in periodi di conflitti armati tra Stati (non in caso di guerra civile). Gli Stati sono giuridicamente tenuti a rispettarle.

I diritti dello Stato neutrale: è garantita l'inviolabilità del territorio dello Stato neutrale. Le ditte private situate sul suo territorio possono commerciare liberamente con gli Stati in guerra. Questa libertà vale ugualmente per il transito e l'esportazione di armi e munizioni da parte di quest'ultime. Se lo Stato neutrale impone delle restrizioni a questo tipo di commercio, deve applicarle in maniera identica per i due belligeranti. Da notare che la Svizzera, con la propria legislazione sull'esportazione del materiale bellico, controlla le esportazioni di tale materiale3.

I doveri dello Stato neutrale: lo Stato neutrale non deve partecipare militarmente ad un conflitto tra altri Stati. In particolare non può sostenere i belligeranti con la fornitura di materiale bellico o di truppe. Non è nemmeno autorizzato a mettere a disposizione dei belligeranti il proprio territorio, compreso il proprio spazio aereo, per fini militari.

L'obbligo supplementare dello Stato neutrale permanente: le Convenzioni dell'Aia non regolano lo statuto dello Stato neutrale permanente in tempo di pace. Il diritto consuetudinario gli impone un solo obbligo supplementare: non deve mettersi in una situazione che, in caso di conflitto, potrebbe costringerlo a violare gli obblighi che derivano dal suo statuto di Stato neutrale. Questo significa in particolare che uno Stato neutrale non può partecipare ad un'alleanza militare (ad esempio la NATO); infatti se un suo alleato venisse attaccato, lo Stato neutrale si vedrebbe costretto a fornire aiuto militare e violerebbe così il primo obbligo derivante dallo statuto di uno Stato neutrale, ossia quello di non partecipare militarmente a un conflitto armato.

Diritto di neutralità e sanzioni internazionali: secondo la pratica degli Stati neutrali e la dottrina dominante, il diritto di neutralità non si applica, per principio, alle sanzioni economiche. La Svizzera può dunque partecipare alle sanzioni economiche prese dall'ONU, dall'UE o da un gruppo di Stati.

Il diritto di neutralità non si applica neanche alle misure militari prese dal Consiglio di sicurezza dell'ONU in virtù del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite.
L'impiego della forza deciso dall'ONU non deve essere assimilato a un conflitto armato tra Stati nel senso del diritto di neutralità, ma a misure miranti a fare applicare determinate decisioni prese dal Consiglio di sicurezza, che agisce in nome della comunità internazionale per ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Il diritto di neutralità non impedisce dunque agli Stati neutrali di associarsi alle sanzioni militari decise dal Consiglio di sicurezza in virtù del capitolo VII dello Statuto.

3

Art. 22 della legge federale sul materiale bellico (RS 514.51): «La fabbricazione, le attività di mediazione, l'esportazione e il transito di materiale bellico per destinatari all'estero sono permessi se non violano il diritto internazionale pubblico, non ledono i principi della politica estera svizzera e gli impegni internazionali da essa contratti».

Art. 5 dell'ordinanza sul materiale bellico (RS 514.511): «In caso di autorizzazione per affari con l'estero e di conclusione di contratti di cui all'articolo 20 LMB occorre considerare: a. il mantenimento della pace, la sicurezza internazionale e la stabilità regionale; b. la situazione all'interno del Paese destinatario; occorre tener conto in particolare del rispetto dei diritti umani e della rinuncia all'impiego di bambini-soldato; c. gli sforzi della Svizzera nell'ambito della cooperazione allo sviluppo; d. il comportamento del Paese destinatario rispetto alla comunità internazionale, in particolare in relazione all'osservanza del diritto internazionale; e. la posizione dei Paesi che partecipano con la Svizzera a regimi internazionali di controllo delle esportazioni.»

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Per contro, in assenza di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che autorizza un'azione militare, la situazione è quella di un conflitto armato classico tra Stati. In questo caso, i diritti e gli obblighi legati allo statuto di Stato neutrale devono essere applicati dalla Svizzera, come è accaduto al momento del conflitto in Iraq.

3.1.2

Politica di neutralità

Si tratta di un insieme di misure che lo Stato neutrale permanente adotta autonomamente al di fuori degli obblighi derivanti dal diritto di neutralità, per garantire l'efficacia e la credibilità della sua neutralità. Contrariamente al diritto di neutralità, la politica di neutralità non è retta da norme giuridiche. Una politica di neutralità credibile e coerente serve principalmente a convincere gli altri Stati della capacità e della disposizione di uno Stato di comportarsi in modo neutrale in caso di un futuro conflitto armato.

3.2

Concezione svizzera di neutralità

3.2.1

La neutralità nella Costituzione federale

La neutralità è menzionata al titolo quinto della Costituzione federale (Autorità federali). In virtù degli articoli 173 e 185 Cost., l'Assemblea federale e il Consiglio federale devono prendere i provvedimenti necessari a tutela della sicurezza esterna, dell'indipendenza e della neutralità della Svizzera. La neutralità è anche menzionata, negli stessi termini, nelle Costituzioni federali del 1848 e del 1874. La neutralità è uno strumento importante che permette di salvaguardare la sovranità del paese. Va sottolineato che i redattori delle costituzioni del 1848, del 1874 e del 1999 hanno volutamente evitato di menzionare la neutralità tra gli obiettivi della Confederazione o tra i principi della politica estera. I documenti dell'audizione relativa all'elaborazione della prima Costituzione federale del 1848 precisano che «la neutralità è un mezzo al servizio di una causa; è una regola politica che oggi sembra la più adatta ad assicurare l'indipendenza della Svizzera.»4

3.2.2

La politica di neutralità svizzera dalla fine della Guerra fredda

Con la fine della Guerra fredda sono fortemente diminuite le probabilità di conflitti militari tra le grandi potenze europee. Assistiamo però all'emergere di nuovi pericoli che richiedono una risposta multilaterale: conflitti destrutturati, guerre al di fuori dell'Europa ma con implicazioni anche per il nostro continente, terrorismo, distruzione dell'ambiente, ecc.

Dopo la caduta del muro di Berlino, il Consiglio federale ha presentato nel 1993 il rapporto sulla neutralità che aveva lo scopo, da un lato, di fare il punto sulla nuova situazione geopolitica della Svizzera e, dall'altro, di permettere alla Svizzera di continuare a condurre una politica di neutralità adatta alle esigenze del momento. Il 4

D. Schindler, Kommentar zur Bundesverfassung der Schweizerischen Eidgenossenschaft vom 29. Mai 1874, Rz 27 zu Art. 8.

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rapporto conclude che la neutralità deve essere completata dalla nozione di «sicurezza tramite la cooperazione». Il Consiglio federale considerava infatti necessario rafforzare la cooperazione internazionale per combattere in modo più efficace le minacce. La Svizzera ha dunque intensificato i suoi rapporti con le organizzazioni internazionali che operano nel campo della sicurezza internazionale (ONU e OSCE).

Questo orientamento della politica di neutralità svizzera ha permesso al nostro paese di rafforzare il proprio impegno a favore di una politica di pace il cui scopo è quello di contribuire a un ordine internazionale giusto e pacifico.

In seguito alla crisi del Kosovo negli anni 1998­1999, un gruppo di lavoro ad hoc, istituito dal Consiglio federale, ha redatto un rapporto sulla pratica svizzera della neutralità durante tale conflitto (Rapporto del 30 agosto 2000)5.

4

La Svizzera e il conflitto iracheno

4.1

Le ragioni dell'applicazione del diritto di neutralità al momento del conflitto iracheno

Come abbiamo visto al numero 3.1.1, il diritto di neutralità non si applica nel caso di un'azione di natura militare che si appoggia a una risoluzione del Consiglio di sicurezza adottata in virtù del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite. Per contro, un intervento militare di uno o più Stati sul territorio di un altro Stato senza mandato espresso o senza autorizzazione del Consiglio di sicurezza costituisce un conflitto armato tra Stati al quale si applica il diritto di neutralità6. Le operazioni militari degli Stati Uniti e del Regno Unito contro l'Iraq, iniziate il 20 marzo 2003, adempivano senza alcun dubbio tutti i criteri necessari per concludere che si trattasse di un conflitto armato internazionale.

Occorre qui esaminare se le operazioni militari contro l'Iraq rientravano nel campo di applicazione dell'articolo 2 paragrafo 4 dello Statuto delle Nazioni Unite. Questa disposizione sancisce il divieto di ricorso alla forza e costituisce il fondamento principale dell'ordine giuridico internazionale in quanto norma imperativa del diritto internazionale pubblico7. Soltanto due eccezioni permettono di derogare al principio di non ricorso alla forza: se il Consiglio di sicurezza decide, in base al capitolo VII dello Statuto delle Nazioni unite, di ricorrere alla forza armata per ristabilire la pace e la sicurezza internazionali, oppure in caso di legittima difesa (art. 51 dello Statuto)8.

5 6 7

8

«Neutralità della Svizzera ­ Aspetti attuali», disponibile sul sito del DFAE www.dfae.admin.ch.

Non si parlerà invece di conflitto tra Stati quando lo Stato approva esplicitamente un'azione militare di forze armate straniere sul suo territorio nazionale.

Corte Internazionale di Giustizia (CIG), Decisione Nicaragua c. Stati Uniti d'America, Raccolta 1986, par. 268, p.134: «l'uso della forza non è il metodo adeguato per verificare e garantire il rispetto di tali diritti [...] l'obbligo convenzionale di astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso di forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite (art. 2, par. 4 dello Statuto delle nazioni Unite)».

CIG, Decisione del 12 dicembre 1996, Affari delle piattaforme petrolifere (Repubblica islamica dell'Iran c. Stati Uniti d'America), par. 21 ­ 26: «[...] il principio di divieto nel diritto internazionale dell'uso della forza e la sua limitazione costituita dal diritto alla legittima difesa».

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L'analisi giuridica che segue è dedicata all'argomento principale adotto dalle potenze principali intervenute, secondo cui l'intervento militare in Iraq era autorizzato dalle risoluzioni esistenti del Consiglio di sicurezza. Non è invece necessario esaminare come la situazione avrebbe dovuto essere giudicata se ci fosse stato un caso di legittima difesa secondo l'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite,9 da un lato poiché le condizioni materiali per la legittima difesa non erano adempiute e, dall'altro, poiché né gli Stati uniti né il Regno Unito hanno basato la propria azione militare sul principio di legittima difesa. Analogamente si può tralasciare la questione della validità delle misure armate prese di fronte a pesanti violazioni dei diritti dell'uomo («reponsibility to protect»). Infatti, a differenza del conflitto in Kosovo del 1999, durante il quale gli Stati membri della NATO hanno giustificato i propri interventi militari per ragioni umanitarie, questo argomento non è stato utilizzato nel caso del conflitto in Iraq.

L'argomentazione secondo cui le azioni militari potevano basarsi su una risoluzione esistente del Consiglio di sicurezza dell'ONU fu contestata. L'8 novembre 2002 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 1441 che esigeva la ripresa delle ispezioni e minacciava l'Iraq di «conseguenze gravi» in caso di mancato rispetto del disarmo. Nel febbraio 2003 il Regno Unito propose al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite un progetto di risoluzione, firmato anche dagli Stati Uniti e dalla Spagna e sostenuto dalla Bulgaria, che mirava ad autorizzare il ricorso alla forza armata contro l'Iraq. Rilevando una «violazione palese» da parte dell'Iraq dei suoi obblighi definiti nelle risoluzioni 687 e 1441, questo progetto indicava, senza fissare alcuna scadenza, che l'Iraq non aveva colto l'ultima occasione che gli era stata offerta per evitare una guerra.

Un mese dopo, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Spagna sottoposero un nuovo progetto di risoluzione in cui si chiedeva al Consiglio di sicurezza di constatare, al più tardi entro il 17 marzo, che il regime di Saddam Hussein non aveva proceduto al disarmo richiesto nella risoluzione 1441 dell'8 novembre 2002, senza menzionare formalmente l'intervento armato.

Non avendo ottenuto un consenso in seno al
Consiglio di sicurezza il 17 marzo 2003, questi tre Stati rinunciarono a sottoporre al voto il progetto e misero fine agli sforzi diplomatici dispiegati al fine di disarmare l'Iraq con mezzi pacifici. Il 20 marzo 2003 le forze anglo-americane diedero cosi inizio alle loro operazioni militari contro l'Iraq.

Gli Stati Uniti spiegarono di essersi basati su risoluzioni del Consiglio di sicurezza già esistenti per usare la forza contro l'Iraq10, in particolare le risoluzioni 678 e 687.

La risoluzione 678 (1990) autorizzava il Consiglio di sicurezza a ricorrere alla forza durante la prima guerra in Iraq, mentre la risoluzione 687 (1991) fu adottata in un contesto preciso, in quanto risoluzione concernente il cessate il fuoco, e imponeva

9

10

Secondo la pratica e la dottrina internazionali la legittima difesa può essere ammessa solo in caso di attacco diretto o di attacco imminente. Non si pretende che uno Stato si aspetti un attacco armato, ma la minaccia militare deve essere diretta e imminente in maniera da non lasciare nessuna scelta dei mezzi e non dare tempo per riflettere (si tratta di principi derivanti dalla Formula di Webster, enunciata nella controversia Caroline del 1837, tuttora validi).

Lettera datata 20 marzo 2003, indirizzata al Presidente del Consiglio di sicurezza dal Rappresentante permanente degli Stati Uniti d'America presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite (S/2003/3519).

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all'Iraq una serie di obblighi relativi al disarmo e all'eliminazione delle armi di distruzione di massa.

Gli Stati Uniti hanno giustificato la seconda guerra in Iraq del marzo 2003 con il mancato adempimento da parte dell'Iraq degli obblighi derivanti dalla risoluzione 687; ciò costituiva una violazione materiale di quest'ultima, confermata dalla risoluzione 1441 (2002). Come conseguenza dell'inosservanza materiale della risoluzione 687, il fondamento costituente il cessate il fuoco è venuto a mancare, riattivando così la risoluzione 678 contenente l'autorizzazione del ricorso alla forza. Contrariamente agli Stati Uniti, il Regno Unito non ne ha dedotto un'autorizzazione implicita11. Secondo la concezione britannica un'azione militare costituiva l'ultimo mezzo possibile, essendo diventato palese che nessun'altra soluzione avrebbe potuto indurre l'Iraq a rispettare i suoi obblighi.

In realtà né la risoluzione 1441 (2002) del Consiglio di sicurezza, né nessun'altra risoluzione permetteva di legittimare l'utilizzo della forza armata contro l'Iraq. La risoluzione 1441 minacciava l'Iraq di conseguenze gravi in caso di non osservanza del disarmo e degli obblighi richiesti in seguito alle ispezioni; tuttavia non era formulata come la risoluzione 678 (1990) che mirava a ristabilire la pace e la sicurezza utilizzando «tutti i mezzi necessari», formula alla quale il Consiglio di sicurezza ha fatto ricorso, da quel momento in poi, per autorizzare l'utilizzo della forza armata.

Servirsi della risoluzione 687 (1991) per stabilire il fondamento di un'autorizzazione implicita per l'utilizzo della forza contro l'Iraq appare dubbioso, sia dal punto di vista materiale tanto da quello formale. Dal punto di vista materiale la risoluzione 687 perseguiva uno scopo specifico e fu adottata in un contesto preciso, vale a dire come risoluzione concernente il cessate il fuoco dopo la liberazione del Kuwait. Una nuova interpretazione di questa risoluzione allo scopo di dedurne un'autorizzazione per una seconda guerra in Iraq appare in contraddizione sia con la genesi che con gli scopi originari della risoluzione stessa. Un nuovo orientamento e una riattivazione della risoluzione 687 non dovrebbero inoltre essere lasciati al libero giudizio dei singoli Stati, ma necessiterebbero di un'approvazione formale da parte del
Consiglio di sicurezza.

Affinché una risoluzione del Consiglio di sicurezza possa servire da base giuridica per un intervento militare è indispensabile che la risoluzione contenga un'autorizzazione esplicita e chiara o un mandato per intraprendere un'azione militare nel quadro di una situazione di crisi esistente; questo in considerazione dell'importanza primordiale del divieto di ricorrere alla forza. Il Consiglio federale ha ritenuto che la Svizzera dovesse restare neutrale nel conflitto contro l'Iraq perché le azioni militari contro quest'ultimo non erano state autorizzate dal Consiglio di sicurezza. Il Presidente della Confederazione ha esposto il 20 marzo 2003, d'innanzi all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, la posizione del Consiglio federale come segue12: «La coalizione guidata dagli Stati Uniti d'America ha deciso di ricorrere alla forza senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ci troviamo dunque in presenza di un conflitto armato tra Stati nel cui quadro si applica il diritto di neutralità (...). La scelta della neutralità si iscrive nella lunga tradizione svizzera, 11

12

Lettera datata 20 marzo 2003, indirizzata al Presidente del Consiglio di sicurezza dal Rappresentante permanente del Regno Unito di Gran Bretagna e di Irlanda del Nord presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite (S/2003/350).

03.200. Dichiarazione del Consiglio federale concernente la crisi in Iraq (Boll. uff. 2003 N 531).

6223

la quale è conforme al diritto internazionale e sottolinea il nostro attaccamento allo Statuto delle Nazioni Unite. La scelta della neutralità non ha niente a che vedere con l'indifferenza nei confronti delle minacce molto gravi quali la proliferazione di armi di distruzione di massa e il terrorismo su grande scala (...). Riconosciamo anche che il ricorso alla forza armata può avverarsi come il mezzo ultimo per porre fine ad una situazione di pericolo molto grave. Ma l'uso di armi deve essere legittimo, e per essere legittimo l'uso della forza deve essere esplicitamente autorizzato dal Consiglio di sicurezza o essere giustificato come legittima difesa. Una delle linee principali della politica estera svizzera è quella di essere fondata sul diritto internazionale.

Questo punto di riferimento deve conferirle un fondamento solido, un profilo riconoscibile e una linea prevedibile.»

4.2

Le misure prese dalla Confederazione in rapporto al conflitto iracheno

4.2.1

Prima delle operazioni militari

Il 13 febbraio 2003 l'Ambasciata degli Stati Uniti a Berna ha chiesto alla Svizzera un'autorizzazione generale di sorvolo per diversi aeromobili. Il diritto di neutralità impone alla Svizzera di non mettere a disposizione di uno Stato in guerra il suo territorio, compreso quello aereo. In generale si parte dal principio che non sono ammessi i sorvoli a fini militari che possono costituire degli atti preparatori per un conflitto. Anche se il conflitto in Iraq non era ancora scoppiato, la richiesta americana si iscriveva chiaramente in una logica d'intervento militare. Gli Stati Uniti avevano dichiarato a più riprese di essere pronti ad intervenire da soli in Iraq anche senza autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Numerose truppe erano già state spiegate nella regione.

Il 21 febbraio 2003 il Consiglio federale ha dunque deciso di non permettere il sorvolo del territorio svizzero a fini militari da parte degli aeromobili americani dato che questi sorvoli avevano come obiettivo evidente quello di preparare un'operazione militare in Iraq. Il Consiglio federale ha ritenuto che la Svizzera non doveva mettere a disposizione il suo territorio ad uno Stato che era sul punto di intraprendere un conflitto armato senza l'autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Potevano essere ancora autorizzati solo i sorvoli a fini di sorveglianza o di ricognizione, nel rispetto della decisione del Consiglio federale del 12 febbraio 199713.

Con decisione del 21 febbraio 2003 il Consiglio federale ha inoltre precisato che, nell'ipotesi di un conflitto in Iraq privo dell'avvallo del Consiglio di sicurezza dell'ONU, il sorvolo del territorio svizzero a fini umanitari e medici sarebbe rimasto autorizzato. Se le operazioni militari in Iraq avessero ottenuto l'autorizzazione preventiva del Consiglio di sicurezza dell'ONU, la decisione di autorizzare o no i sorvoli di natura militare sarebbe stata presa dal Consiglio federale in base a una valutazione globale delle circostanze.

13

L'Ufficio federale dell'aviazione civile, in accordo con le Forze aeree e la Direzione del diritto internazionale pubblico del Dipartimento federale degli affari esteri, può rilasciare un'autorizzazione di sorvolo per aeromobili equipaggiati di strumenti di sorveglianza e di ricognizione.

6224

4.2.2

Durante le operazioni militari

Per il periodo di durata del conflitto in Iraq il Consiglio federale ha preso delle misure riguardanti da un lato le questioni del sorvolo e, dall'altro, la problematica del controllo delle esportazioni di materiale bellico e la fornitura di prestazioni di natura militare nel quadro del conflitto.

i) Divieto di sorvolo Uno degli obblighi legati allo statuto di Stato neutrale è quello di non mettere a disposizione il proprio territorio, compreso quello aereo, ad uno Stato in guerra. In applicazione di questo principio, il 20 marzo 2003, primo giorno del conflitto in Iraq, il Consiglio federale ha confermato la sua decisione del 21 febbraio 2003. Ha proibito agli aeromobili dei paesi della coalizione di sorvolare il territorio svizzero nei due casi seguenti: ­

se gli aeromobili erano ingaggiati nel conflitto in Iraq;

­

se il numero di domande di autorizzazione al sorvolo superava la quantità normale, vale a dire la media del numero dei sorvoli in tempo normale.

A differenza della decisione del 21 febbraio 2003, il divieto valeva anche per i sorvoli a fini di ricognizione e sorveglianza.

Conformemente alla decisione del Consiglio federale del 21 febbraio 2003, erano autorizzati i sorvoli a fini umanitari e medici, compreso il trasporto di feriti.

ii) Controllo delle esportazioni Un altro obbligo dello Stato neutrale è quello di non fornire materiale bellico ad uno Stato belligerante14. Il 20 marzo 2003 il Consiglio federale ha dunque proibito alla Confederazione di fornire materiale bellico o prestazioni di tale natura agli Stati impegnati nel conflitto.

14

Dal punto di vista del diritto di neutralità in caso di guerra per terra, non esiste una regola di diritto scritto per quel che concerne le esportazioni statali. Esiste in compenso una regola di diritto consuetudinario, ispirata all'articolo 6 della Convenzione dell'Aia del 1907 relativa alla neutralità in caso di guerra per mare, che proibisce le esportazioni statali (articolo 6 della Convenzione dell'Aia del 1907 relativa alla neutralità in caso di guerra per mare: «È vietata la consegna, a qualunque titolo sia, fatta direttamente o indirettamente da un Potenza neutrale a una Potenza belligerante, di navi da guerra, di munizioni o di qualsiasi materiale di guerra»).

6225

Per contro il diritto di neutralità non limita la libertà di commercio15. Così le ditte private possono continuare a vendere materiale o prestazioni di natura militare agli Stati in guerra. Ciononostante, il Consiglio federale ha voluto evitare che ditte situate in Svizzera fornissero materiale bellico o prestazioni agli Stati belligeranti per un loro utilizzo nel quadro del conflitto in Iraq e ha pertanto sottoposto ad un regime di autorizzazione le esportazioni di materiale bellico e di prestazioni da parte delle ditte private situate in Svizzera a destinazione degli Stati in guerra. In ogni caso, conformemente alla legge sul materiale bellico, per l'esportazione di tale materiale è necessaria un'autorizzazione. Per evitare che il materiale bellico la cui esportazione era già stata autorizzata potesse essere utilizzato per operazioni militari in Iraq, il Consiglio federale ha deciso di istituire un organo di controllo incaricato di verificare ancora una volta, sotto questo profilo, le autorizzazione già rilasciate.

Inoltre, il Consiglio federale ha deciso di stralciare dall'allegato 216 dell'ordinanza sul materiale bellico i paesi che partecipavano al conflitto con proprie truppe o materiale. Il Consiglio federale aveva pure l'intenzione di rendere obbligatorio l'ottenimento di un'autorizzazione per il trasferimento di tecnologie dalla Svizzera verso tali paesi, per evitare l'aggiramento di un eventuale divieto d'esportazione. La proposta del DFE di stralciare sei paesi dall'allegato 2 (Stati Uniti, Regno Unito, Ausralia, Danimarca, Polonia e Spagna) non è stata tuttavia esaminata dal Consiglio federale, poiché divenuta priva di oggetto con la fine delle misure.

Nella sua decisione del 20 marzo 2003, il Consiglio federale ha precisato che le esportazioni di materiale e di prestazioni militari da parte di ditte private non erano autorizzate nei due casi seguenti:

15

16

­

se l'esportazione di questo materiale o la fornitura di questa prestazione costituiva un contributo alle operazioni militari in Iraq;

­

se l'esportazione di questo materiale o di questa prestazione superava la quantità normale, vale a dire se questa esportazione aveva come effetto un aumento del livello medio delle esportazioni verso il paese in questione, in ragione del conflitto in Iraq.

Ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione dell'Aia del 1907 sulla neutralità in caso di guerra per terra, uno Stato neutrale non è tenuto «ad impedire l'esportazione o il transito, per conto di questo o quel belligerante, di armi, di munizioni, e, in generale, di tutto ciò che può essere utile a un esercito o a una flotta.». Da notare che, secondo l'articolo 9 della stessa Convenzione, «Qualsiasi misura restrittiva o proibitiva presa da una Potenza neutrale rispetto alle materie di cui agli articoli 7 e 8, dovrà essere da essa applicata in modo uniforme ai belligeranti.» Tuttavia, quando uno dei belligeranti è colpito dalle sanzioni decise dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, il principio di uguaglianza di trattamento tra belligeranti non è applicabile. Questo significa che la Svizzera non è tenuta, per il solo fatto che applica le sanzioni dell'ONU nei confronti dell'Iraq (embargo sul materiale bellico a destinazione dell'Iraq ­ Risoluzione 661 del Consiglio di sicurezza del 6 settembre 1990), a ridurre le proprie esportazioni verso Stati terzi.

Tale allegato contiene una lista dei paesi per i quali non si esige nessuna autorizzazione specifica per l'esportazione di materiale bellico. Di conseguenza, le esportazioni di materiale bellico o di prestazioni verso gli Stati belligeranti venivano quindi sottoposte a un regime di autorizzazione.

6226

La RUAG è stata sottoposta a una condizione supplementare in ragione del suo statuto particolare17. Il Consiglio federale ha sottoposto la RUAG e le società da essa controllate in misura superiore al 50 per cento all'obbligo di certificare per scritto, per ogni domanda di esportazione, che il materiale o la prestazione non sarebbero utilizzati nel quadro del conflitto in Iraq.

Il Consiglio federale ha chiesto al DFAE e al DFE di costituire un organo di controllo incaricato da un lato di attualizzare l'allegato 2 dell'ordinanza sul materiale bellico menzionato sopra in funzione dell'evoluzione del conflitto e, dall'altro, di decidere, conformemente ai criteri fissati dal Consiglio federale, sull'accettazione o il rifiuto delle domande di autorizzazione di esportazione formulate dalla RUAG e dalle ditte private. Nel corso della sua breve esistenza (28 marzo­15 aprile 2003) questa istanza, composta di collaboratori del DFE, del DFAE e del DDPS, ha accettato tutte le domande di esportazione che le sono state sottoposte. Questo è dovuto al fatto che le ditte svizzere, rispetto alle ditte di altri paesi, producono solo pochissimi sistemi d'armamento completi utilizzabili immediatamente e senza modifiche ulteriori in operazioni militari. Inoltre, è spesso capitato che delle autorizzazioni concernenti materiale bellico destinato a delle forze di polizia, a delle esposizioni o a privati cittadini fossero discusse benché non richiedessero né una sospensione né un annullamento. Per concludere, fino alla decisione del Consiglio federale del 16 aprile, non tutte le dichiarazioni richieste per ottenere delle licenze già concesse sono state trasmesse al Seco. Mancavano in particolare delle dichiarazioni per esportazioni verso la Gran Bretagna. Se il 16 aprile il Consiglio federale non avesse abbandonato le restrizioni alle esportazioni, le licenze in questione avrebbero dovuto essere revocate dopo la scadenza del termine che garantiva il diritto di essere sentito (17 aprile).

iii) Neutralità e diritto internazionale umanitario Essere neutrali non significa essere indifferenti: la Svizzera non ha risparmiato i propri sforzi nel corso del conflitto per indurre i belligeranti a rispettare il diritto internazionale umanitario.

In qualità di Alta parte Contraente alle Convenzioni di Ginevra del 1949 e alla luce
della sua tradizione umanitaria, la Svizzera ricorda alle parti in conflitto che devono imperativamente rispettare e far rispettare gli obblighi stipulati in questi strumenti.

Sebbene né l'Iraq né gli Stati Uniti facciano parte dei protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra, numerosi obblighi contenuti nel primo protocollo aggiuntivo recepiscono regole di diritto consuetudinario e vengono applicate a questo titolo.

Tutte queste regole costituiscono lo standard minimo applicabile in situazioni di conflitto armato. Questi principi sono stati ricordati in particolare nella risoluzione 1472 del Consiglio di sicurezza18.

17

18

La RUAG è un'azienda produttrice di armamenti già di proprietà della Confederazione, diventata, dal 1° gennaio 1999, una società anonima di diritto privato di cui la Confederazione è l'azionista maggioritario.

Risoluzione 1472 del Consiglio di sicurezza adottata il 20 marzo 2003. Si fa notare che nei termini dell'articolo 55 della quarta Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra dell'11 agosto 1949, la potenza occupante ha il dovere di assicurare, con tutti i suoi mezzi possibili, l'approvvigionamento in viveri e medicine e deve importare viveri, forniture mediche e altri prodotti necessari quando le risorse del territorio occupato non sono più sufficienti.

6227

Il principio di distinzione tra persone civili e combattenti e il principio di proporzionalità rivestono un'importanza particolare. È proibito utilizzare persone civili come scudi umani. I prigionieri di guerra devono sempre essere trattati con umanità e devono essere protetti da tutti gli atti di violenza o intimidazione, dagli insulti e dalla curiosità pubblica. La Svizzera sottolinea anche che il diritto internazionale umanitario impone dei limiti ai metodi e ai mezzi di conduzione delle ostilità e che è vietato l'uso di armi che causano sofferenze superflue. Esorta inoltre le parti nel conflitto ad astenersi dall'uso di armi di distruzione di massa.

La Svizzera ha inoltre insistito affinché gli obiettivi militari fossero giudiziosamente scelti al fine di assicurare che né le popolazioni civili, né degli oggetti civili fungessero da bersaglio. Essa ha anche perorato, durante il conflitto, l'apertura di corridoi umanitari e il rispetto di questi ultimi.

Ha pure sottolineato che tutti i prigionieri devono essere trattati umanamente e nel rispetto delle Convenzioni di Ginevra. La Svizzera ha inoltre chiesto ai belligeranti di garantire la protezione dei beni culturali.

La Svizzera ha infine organizzato, prima e durante il conflitto, due riunioni internazionali sull'aiuto umanitario volte ad uno scambio di informazioni, a identificare i problemi che si pongono in quest'ambito e a facilitare la coordinazione dell'aiuto umanitario in Iraq.

4.2.3

Dopo le operazioni militari

i) Determinazione della fine del conflitto In mancanza di una regola specifica di diritto internazionale che definisce la fine di un conflitto militare, bisogna ricorrere a elementi formali e pragmatici come criteri di valutazione. Un conflitto cessa formalmente con un accordo di capitolazione o, a seconda delle circostanze, con un cessate il fuoco. Determinante, in ultima analisi, è la cessazione di fatto delle ostilità19. Questo può ad esempio avvenire quando una parte non è più in grado di difendersi militarmente (debellatio); la sconfitta può condurre ad un'occupazione militare.

Per quanto concerne lo Stato neutrale, spetta a quest'ultimo determinare autonomamente se, alla luce delle circostanze, il conflitto può essere considerato terminato nel senso del diritto di neutralità e se le misure corrispondenti possono essere abrogate.

Al Consiglio federale, che aveva deciso l'applicazione del diritto di neutralità dall'inizio del conflitto e aveva adottato un certo numero di misure concomitanti, spettava anche constatare la fine del conflitto e decidere la sospensione delle diverse misure. Gli obblighi dello Stato neutrale finiscono con la cessazione dei combattimenti, quando il territorio è sotto controllo dello Stato belligerante e quando le truppe nemiche non sono più in grado di opporre una resistenza organizzata e sostanziale. Il Consiglio federale ha ritenuto, il 16 aprile 2003, che erano date le condizioni per considerare terminate le ostilità. Di conseguenza non era più applicabile il diritto di neutralità e le misure adottate dal Consiglio federale prima e nel corso del conflitto sono state sospese.

19

Articolo 6 capoverso 2 della quarta Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 (RS 0.518.51) che parla di «fine generale delle operazioni militari».

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È tuttavia importante notare che la constatazione della fine delle ostilità non provoca la cessazione dell'applicabilità del diritto internazionale umanitario. L'articolo 6 della IV Convenzione di Ginevra prevede in effetti che in un territorio occupato la Convenzione resta completamente applicabile per un periodo di un anno dalla fine delle operazioni militari, dopo di che la potenza occupante ne sarà vincolata solo nella misura in cui continua a esercitare le funzioni governative.

ii) Vendita degli F5E/F (Tiger) agli Stati Uniti In un intervento parlamentare (03.1043), il Consigliere nazionale Andreas Gross ha chiesto se la vendita degli F5E/F agli Stati Uniti, prevista per la fine del mese di aprile 2003, non ponesse problemi dal punto di vista della neutralità.

Nella sua risposta il Consiglio federale ha sottolineato che la questione della neutralità e della legge sul materiale bellico non si poneva più nella fattispecie siccome la prima consegna di F5E/F (Tiger) all'esercito americano è intervenuta dopo la constatazione della fine del conflitto da parte del Consiglio federale (16 aprile 2003).

Conviene peraltro precisare che gli Stati Uniti hanno ufficialmente certificato per scritto che questi aerei non saranno impiegati in conflitti in Iraq o altrove, ma saranno stazionati in Arizona (Marine Corps Air Station di Yuma) e saranno utilizzati esclusivamente per esercitazioni.

5

La situazione giuridica in Iraq durante l'occupazione

Nella sua risoluzione 1483 del 22 maggio 2003, il Consiglio di sicurezza ha preso atto dell'occupazione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito in quanto potenze occupanti che agiscono sotto comando unificato, e ha chiesto loro «di promuovere il benessere della popolazione irachena assicurando un'amministrazione del territorio efficace e impegnandosi a ristabilire la sicurezza e la stabilità e a creare delle condizioni che permettano al popolo iracheno di determinare liberamente il suo avvenire politico » (par. 4). Nel paragrafo 5, la risoluzione «chiede a tutte le parti interessate di adempiere completamente i loro obblighi secondo il diritto internazionale, in particolare le Convenzioni di Ginevra del 1949 e la Convenzione dell'Aia del 1907».

Il 14 agosto 2003 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1500 (2003), nella quale si felicita per l'istituzione, il 13 luglio 2003, del Consiglio di governo dell'Iraq, «che segna una tappa importante verso la formazione da parte del popolo iracheno di un governo rappresentativo riconosciuto internazionalmente che eserciterà la sovranità dell'Iraq» e decide di istituire la Missione di assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq (MANUI), incaricata di sostenere il Segretario generale ad assolvere il mandato assegnatogli dalla risoluzione 1483 (2003).

Malgrado la presenza di potenze occupanti e l'istituzione di un «Consiglio di governo» composto da iracheni, i combattimenti sono continuati in diverse parti del paese.

Si sono verificati violenti combattimenti locali guidati da gruppi di resistenza e diversi attentati. Di fronte a questa situazione di tensione, il Consiglio di sicurezza ha istituito una forza multinazionale con la risoluzione 1511 del 16 ottobre 2003, votata all'unanimità, che autorizza «a prendere tutte le misure necessarie» per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq (par. 13), pregando

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gli Stati membri dell'ONU di «fornire un'assistenza [...] comprese le forze militari» a questa forza multinazionale.

Secondo la decisione del Consiglio federale del 16 aprile 2003, menzionata in precedenza, il diritto di neutralità non era più applicabile nel quadro dell'Iraq dopo questa data, essendo cessato il conflitto armato fra l'Iraq e gli Stati della Coalizione.

È vero che la situazione in Iraq continuava a essere dominata da violenti sommosse, e in parte addirittura rivolte, in parecchie province o città; tuttavia questi scontri armati non soddisfacevano i requisiti per essere considerati un conflitto internazionale al quale si applica il diritto di neutralità. Una potenza occupante che tenta di ristabilire l'ordine, fa uso di poteri di polizia che le vengono affidati dallo statuto d'occupazione. La situazione è inoltre cambiata giuridicamente con l'adozione della risoluzione 1511 del 16 ottobre 2003. Dato che il Consiglio di sicurezza ha autorizzato l'impiego della forza per mantenere la sicurezza e la stabilità in Iraq, il diritto di neutralità non era applicabile a queste misure, conformemente alla pratica del Consiglio federale.

6

Il ripristino della sovranità irachena

La risoluzione 1546 dell'8 giugno 2004, adottata in virtù del capitolo VII, segna il passaggio a un'altra tappa. In questa nuova risoluzione, il Consiglio di sicurezza fa presente che l'occupazione terminerà il 30 giugno 2004 e l'Iraq ritroverà la sua piena sovranità con la creazione di un governo interimistico. La risoluzione definisce inoltre il ruolo dell'ONU durante il periodo di transizione fino alle elezioni democratiche previste per il 31 gennaio 2005 e rinnova l'autorizzazione alla forza multinazionale sotto comando americano, precisandone il mandato. La presenza di questa forza resta tuttavia soggetta alla volontà del governo iracheno. Il Consiglio di sicurezza ha esplicitamente dichiarato che avrebbe posto fine a questa presenza prima di tale termine se il Governo iracheno lo avesse richiesto (par. 12 della risoluzione 1546).

Analogamente alle precedenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza per l'Iraq, la risoluzione 1546 (2004) è vincolante per la Svizzera in virtù dell'articolo 25 dello Statuto dell'ONU. Al paragrafo 21 il Consiglio di sicurezza abroga i divieti riguardanti la vendita o la fornitura all'Iraq di armi e di materiale bellico necessari per il Governo iracheno o per la forza multinazionale.

Malgrado la situazione riguardante la sicurezza in Iraq sia immutata ed instabile, di fatto non ci sono combattimenti armati che giustificherebbero l'applicazione del diritto di neutralità. Dal punto di vista giuridico, in ragione della risoluzione 1546 del Consiglio di sicurezza la neutralità non si applica. La valutazione giuridica basata sul diritto di neutralità non esime tuttavia la Svizzera dalla sua responsabilità di valutare la situazione secondo i suoi principi di politica di neutralità, che mirano all'affidabilità e alla coerenza di una neutralità permanente (cfr. n. 3.1.2.).

7

Conclusioni

Le operazioni militari internazionali contro l'Iraq hanno costituito, senza alcun dubbio, un conflitto armato tra Stati. Siccome l'azione degli Stati Uniti e dei loro alleati non era stata autorizzata dal Consiglio di sicurezza, il Consiglio federale ha 6230

ritenuto che durante la guerra in Iraq erano date le condizioni per applicare il diritto di neutralità. Non si trattava evidentemente di una decisione presa contro gli Stati Uniti o di sostegno all'Iraq: opponendosi all'unilateralità, la Svizzera difendeva il diritto internazionale e il sistema di sicurezza collettivo dell'ONU.

Durante il conflitto iracheno, la Svizzera ha attuato gli obblighi di Stato neutrale con coerenza e tenacità. All'estero le sue azioni sono state comprese e rispettate. La neutralità ha mostrato le sue capacità in qualità di strumento utile alla salvaguardia dell'indipendenza e della sicurezza svizzere.

La neutralità non ha impedito alla Svizzera di impegnarsi, durante il conflitto armato, a favore della popolazione civile, delle vittime di guerra e dei prigionieri. Le sue azioni sono sempre state volte a un migliore rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario. Per questo impegno la Svizzera ha ricevuto attenzione, rispetto e riconoscenza.

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