05.029 Messaggio concernente l'approvazione del Protocollo n. 14 del 13 maggio 2004 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il quale emenda il sistema di controllo della Convenzione del 4 marzo 2005

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale concernente l'approvazione del Protocollo n. 14 del 13 maggio 2004 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il quale emenda il sistema di controllo della Convenzione.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

4 marzo 2005

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Samuel Schmid La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2004-2725

1913

Compendio La situazione in cui versa attualmente la Corte europea dei Diritti dell'Uomo è allarmante. Alla fine del 2004 alla Corte erano pendenti 80 000 ricorsi. Nel 2003 e nel 2004 sono stati interposti rispettivamente 39 000 e 45 000 ricorsi. Per il 2005 la Corte si attende circa 52 000 nuovi ricorsi.

Le due cause principali della valanga di ricorsi che si riversa su Strasburgo sono, da un lato, le decine di migliaia di ricorsi infondati, dichiarati irricevibili (oltre il 90 % dei ricorsi), e, dall'altro, i ricorsi che sono per contro manifestamente fondati, in particolare i ricorsi ripetitivi, ossia le centinaia o migliaia di ricorsi che concernono il medesimo oggetto (ad es. la durata dei procedimenti dinanzi a tribunali nazionali). Il Protocollo n. 14 introduce procedure semplificate per questi due gruppi di ricorsi. Nel caso di ricorsi manifestamente infondati esiste un nuovo sistema di filtraggio: un giudice unico, affiancato da relatori, può dichiarare irricevibile un ricorso. Inoltre, un nuovo criterio di ricevibilità permette alla Corte di rigettare ricorsi di scarsa importanza, a meno che il rispetto dei diritti dell'uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga l'esame del merito del ricorso e purché ciò non comporti la reiezione di un ricorso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale nazionale. Nel caso di ricorsi manifestamente ben motivati, i comitati di tre giudici possono, nell'ambito di una procedura sommaria, accertare all'unanimità una violazione della Convenzione, se la causa può essere decisa sulla base di una giurisprudenza consolidata della Corte.

Sono previste altre misure, come la possibilità per il Comitato dei Ministri di chiedere alla Corte l'interpretazione di una sentenza o di avviare un procedimento dinanzi alla Corte nei confronti di uno Stato che si rifiuta di conformarsi a una sentenza definitiva in una controversia a cui è parte. Al Commissario per i Diritti dell'Uomo del Consiglio d'Europa è riconosciuto il diritto di intervento dinanzi alla Corte. Quanto ai giudici, in futuro saranno eletti per un mandato unico di nove anni. Il Protocollo n. 14 crea infine i presupposti per l'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

La Svizzera ha profuso particolari sforzi nell'ambito dei negoziati
intergovernativi che hanno portato all'elaborazione del Protocollo n. 14 poiché, da un lato, ha condotto le trattative e, dall'altro, è all'origine, insieme alla Germania, delle due principali innovazioni di tale riforma.

Il Comitato dei Ministri ha adottato questo nuovo Protocollo il 13 maggio 2004. Il giorno stesso il Protocollo è stato aperto alla firma e sottoscritto dalla Svizzera. Il Comitato dei Ministri ha invitato gli Stati membri ad adoperarsi per firmare e ratificare tale strumento in modo che entri in vigore al più tardi due anni dopo l'apertura alla firma.

1914

Indice Compendio

1914

1 Presentazione del Protocollo 1.1 Situazione iniziale 1.1.1 Necessità di rafforzare il sistema di controllo della Convenzione 1.2 Svolgimento dei negoziati 1.2.1 Prima fase 1.2.2 Seconda fase 1.2.3 Terza fase 1.3 Risultato dei negoziati 1.3.1 Il Protocollo n. 14 1.3.2 Le Raccomandazioni e la Risoluzione 1.4 Grandi linee del Protocollo n. 14

1916 1916 1916 1917 1917 1917 1918 1919 1919 1919 1921

2 Commento alle singole disposizioni del Protocollo n. 14

1924

3 Ripercussioni 3.1 Ripercussioni per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni 3.2 Ripercussioni finanziarie

1932 1932 1932

4 Programma di legislatura

1932

5 Aspetti giuridici 5.1 Costituzionalità 5.2 Compatibilità con gli obblighi internazionali della Svizzera

1932 1932 1933

Decreto federale concernente l'approvazione del Protocollo n. 14 del 13 maggio 2004 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il quale emenda il sistema di controllo della Convenzione (Disegno)

1935

Protocollo n. 14 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il quale emenda il sistema di controllo della Convenzione (Disegno)

1937

1915

Messaggio 1

Presentazione del Protocollo

1.1

Situazione iniziale

1.1.1

Necessità di rafforzare il sistema di controllo della Convenzione

Dalla sua adozione, il 4 novembre 1950, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU, RS 0.101) è stata modificata e completata a più riprese. Le Alte Parti contraenti hanno infatti costantemente adeguato tale strumento alle esigenze e agli sviluppi della società europea per il tramite di Protocolli d'emendamento o addizionali. In particolare, con l'adozione del Protocollo d'emendamento n. 11 (RS 0.101.09), entrato in vigore il 1° novembre 1998, il meccanismo di controllo della CEDU è stato oggetto di una profonda riforma nel 1994. Il Protocollo n. 11, che affonda le sue radici in una proposta formulata dalla Svizzera il 19 e il 20 marzo 1985 in occasione della prima Conferenza ministeriale del Consiglio d'Europa sui diritti dell'uomo1, mirava, da un lato, a rendere pienamente giurisdizionale il meccanismo di controllo istituendo una Corte unica funzionante a tempo pieno e, dall'altro, a ridurre la durata dei procedimenti dinanzi alla Corte di Strasburgo. Inoltre, il diritto di ricorso individuale e la competenza della Corte, finora oggetto di clausole facoltative, sono diventati obbligatori per tutti gli Stati Parte.

Il Protocollo, in particolare poiché semplifica la procedura e migliora l'accessibilità e la visibilità della Corte, ha senza dubbio accresciuto l'efficacia del meccanismo di controllo. Mentre la Commissione e la Corte precedenti avevano pronunciato complessivamente 38 389 decisioni e sentenze nei loro 44 anni di attività, la Corte unica, funzionante da allora a tempo pieno, ne ha pronunciate 61 633 tra il 1° novembre 1998 e la fine del 2003. Tuttavia, oggigiorno i miglioramenti introdotti dal Protocollo n. 11 non sono più sufficienti per far fronte alla valanga di ricorsi che si riversano sulla Corte. Alla fine del 2004 i ricorsi pendenti erano infatti circa 80 000. Nel 2003 e nel 2004 sono stati interposti rispettivamente 39 000 e 42 000 nuovi ricorsi individuali. Nel 2005 dovrebbero essere presentati circa 52 000 ricorsi individuali. Diversi fattori sono all'origine di questa miriade di ricorsi, come ad esempio l'adesione di molti nuovi Stati alla CEDU (più di 800 milioni di persone rientrano nella giurisdizione dei 46 Stati Parte) e l'aumento generale del numero di ricorsi anche contro Stati che sono Parte alla Convenzione da lungo
tempo. Inoltre, anche l'entrata in vigore di nuovi Protocolli alla CEDU nonché la giurisprudenza estensiva ed evolutiva della Corte hanno contribuito all'aumento esponenziale dei ricorsi individuali.

1

Vedi GAAC 1984 IV, n. 196.

1916

1.2

Svolgimento dei negoziati

1.2.1

Prima fase

Il 50° anniversario della CEDU è stato celebrato con una Conferenza ministeriale europea sui diritti dell'uomo, tenutasi a Roma il 3 e il 4 novembre 2000. La delegazione era guidata dalla consigliera federale Ruth Metzler-Arnold, capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP). Nella prima Risoluzione da essi adottata, i Ministri hanno constatato che l'efficienza del meccanismo di controllo della CEDU era messa a repentaglio dalla difficoltà che incontra la Corte nel far fronte al numero sempre crescente di ricorsi. In seguito a tale constatazione, la Conferenza ha invitato il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa a vagliare con la massima sollecitudine e con cura le diverse opzioni atte a garantire l'efficacia della Corte alla luce della nuova situazione. Nella Dichiarazione adottata al termine della Conferenza, i Ministri hanno ritenuto indispensabile, da un lato, adottare le misure più urgenti, in particolare un aumento del personale di cancelleria, per secondare la Corte nello svolgimento delle sue funzioni e, dall'altro, vagliare le diverse opzioni atte a garantire l'efficacia della Corte.

Il Comitato dei Ministri ha immediatamente dato seguito a tali raccomandazioni. Per quanto concerne la necessità di esaminare una riforma del sistema di controllo istituito dalla Convenzione, nel febbraio 2001 ha incaricato un gruppo di valutazione di studiare le possibili misure atte a garantire l'efficacia della Corte. Tale gruppo ha presentato il suo rapporto al Comitato dei Ministri il 27 settembre 20012. Dal canto suo, nel giugno 2001 il Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (CDDH) ha trasmesso le sue riflessioni sul rafforzamento del meccanismo di salvaguardia dei diritti dell'uomo al gruppo di valutazione, affinché quest'ultimo ne tenesse conto nei suoi lavori3. La Corte ha tenuto conto delle conclusioni di questi lavori per adottare un certo numero di misure che hanno migliorato l'efficacia dei suoi metodi di lavoro e della sua cancelleria. Nell'ottobre 2002 e nel novembre 2003 ha così emendato il suo Regolamento. Per quanto concerne le misure più urgenti a sostegno della Corte, il Comitato dei Ministri ha seguito le raccomandazioni del gruppo di valutazione, accordando crediti supplementari per il periodo 2003­2005, per consentire alla Corte di rafforzare il suo corpo di
giuristi nonché il personale amministrativo e la logistica.

Lo stesso è avvenuto per il rafforzamento dei servizi della Segreteria del Comitato dei Ministri che si occupano dell'esecuzione delle sentenze della Corte.

1.2.2

Seconda fase

L'8 novembre 2001, in occasione della sua 109a sessione, il Comitato dei Ministri ha adottato la Dichiarazione intitolata «Protection des droits de l'homme et des libertés fondamentales en Europe ­ garantir l'efficacité à long terme de la Cour européenne des droits de l'homme»4. In tale Dichiarazione il Comitato dei Ministri ha incaricato il CDDH di studiare le modalità più adeguate per effettuare l'esame preliminare dei

2

3 4

«Rapport du Groupe d'évaluation au Comité des Ministres sur la Cour européenne des droits de l'homme», Strasburgo, Consiglio d'Europa, 27 settembre 2001, pubblicato in: Revue universelle des Droits de l'homme (RUDH) 2001, pag. 142 segg.

Il rapporto del CDDH figura nell'allegato III del rapporto del gruppo di valutazione.

Dichiarazione pubblicata in: RUDH 2002, pag. 331.

1917

ricorsi, segnatamente mediante il rafforzamento del loro filtraggio e, se del caso, di presentare proposte di emendamento della Convenzione.

Nell'ottobre 2002 il CDDH ha presentato al Comitato dei Ministri un rapporto intermedio che riguardava le due parti del suo mandato. Il CDDH raccomandava di proseguire le sue riflessioni in tre ambiti: in primo luogo a monte dei ricorsi, vale a dire prevenendo le violazioni della Convenzione a livello nazionale e migliorando le vie di ricorso interne, in secondo luogo a valle, ossia migliorando e accelerando l'esecuzione delle sentenze della Corte e, infine, ottimizzando il filtraggio e la conseguente trattazione dei ricorsi da parte della Corte. Alla luce di tale rapporto intermedio, in occasione della sua sessione ministeriale del maggio 2003 il Comitato dei Ministri ha auspicato di poter esaminare un insieme di misure concrete e coerenti. Nell'aprile 2003 il CDDH gli ha trasmesso un rapporto finale con proposte dettagliate inerenti ai tre ambiti summenzionati.

1.2.3

Terza fase

In occasione della sua 112a sessione, tenutasi il 14 e 15 maggio 2003, il Comitato dei Ministri ha fatto sua la posizione del CDDH, incaricandolo di concretizzare le proposte formulate nel rapporto finale così da permettergli di esaminare i testi da adottare in occasione della 114a sessione, il 12 e 13 maggio 2004. Il CDDH ha allora incaricato un primo comitato di esperti di elaborare raccomandazioni destinate agli Stati membri (si veda il n. 1.3) e un secondo comitato di esperti, presieduto dalla Svizzera, di redigere un Protocollo di emendamento alla Convenzione. Durante i suoi lavori il secondo comitato ha consultato, oltre alla Corte, l'Assemblea parlamentare e il Commissario per i Diritti dell'Uomo, anche la società civile, in particolare organizzazioni non governative e istituzioni nazionali per la salvaguardia e la promozione dei diritti dell'uomo.

La Svizzera è stata particolarmente attiva nel corso dei negoziati intergovernativi che hanno portato all'elaborazione del Protocollo n. 14. Infatti non ha soltanto condotto le trattative, ma è anche l'autrice, insieme alla Germania, delle proposte che hanno dato luogo ai due principali emendamenti apportati alla Convenzione (si veda il n. 1.4). I lavori del comitato di esperti incaricato dell'elaborazione del Protocollo n. 14 sono stati esaminati e approvati dal CDDH nell'aprile 2004 e trasmessi al Comitato dei Ministri entro il termine fissato. Quest'ultimo ha approvato il Protocollo n. 14 il 13 maggio 2004. Nel contempo ha adottato la Dichiarazione «Assurer l'efficacité de la mise en oeuvre de la Convention européenne des droits de l'homme au niveau national et européen», con la quale gli Stati membri hanno riconosciuto l'urgenza della riforma e si sono impegnati a ratificare il Protocollo n. 14 entro due anni. Quest'ultimo è stato aperto alla firma degli Stati Parte alla Convenzione il 13 maggio 2004 e il giorno stesso è stato firmato da 17 Paesi, Svizzera inclusa.

1918

1.3

Risultato dei negoziati

1.3.1

Il Protocollo n. 14

Il principale risultato dei negoziati è l'adozione del Protocollo n. 14. Occorre rilevare che, contrariamente al Protocollo n. 11, il Protocollo n. 14 non riforma radicalmente il sistema di controllo istituito dalla Convenzione. Esso mira anzitutto a migliorare il funzionamento della Corte conferendole i mezzi procedurali e la flessibilità necessaria per trattare l'insieme dei ricorsi entro termini ragionevoli e permettendole di concentrarsi sulle cause più importanti che richiedono un esame approfondito. Del resto, il presente Protocollo non mette in discussione le due conquiste principali del Protocollo n. 11 e in tal senso ne costituisce il proseguimento. Il sistema di controllo mantiene infatti il suo carattere pienamente giurisdizionale. Il Protocollo n. 14 rinuncia quindi a istituire diverse categorie di giudici all'interno della Corte mediante la creazione, ad esempio, di un meccanismo di filtraggio separato (simile alla precedente Commissione). Inoltre, è preservato il diritto di qualsiasi individuo di adire la Corte interponendo un ricorso individuale contro una presunta violazione della Convenzione. Gli emendamenti proposti concernono tre ambiti principali: il rafforzamento della capacità della Corte di filtrare l'importante volume di ricorsi manifestamente infondati, un nuovo criterio di ricevibilità per i casi in cui il ricorrente non ha subito un pregiudizio significativo nonché misure per trattare i casi ripetitivi.

Occorre parimenti rilevare che, in occasione dei negoziati intergovernativi, sono state esaminate numerose proposte che sono state poi bocciate. In tale contesto si può citare ad esempio la creazione di «corti regionali di prima istanza», proposta questa scartata in particolare a causa del rischio di giurisprudenze divergenti e dell'elevato costo di tale operazione. È possibile menzionare anche le proposte volte ad accordare alla Corte la facoltà di esaminare i ricorsi pregiudiziali o a estendere la competenza della Corte in materia di pareri consultivi. Sono anche state respinte la proposta di attribuire alla Corte un potere discrezionale nel decidere se esaminare o no un caso e quella di obbligare i ricorrenti a essere rappresentati da un avvocato a partire dal momento della presentazione del ricorso. È stata scartata anche la proposta di creare un organo di filtraggio separato, composto di persone diverse dai giudici della Corte.

1.3.2

Le Raccomandazioni e la Risoluzione

I soli emendamenti previsti dal Protocollo n. 14 non bastano a garantire l'efficacia a lungo termine del sistema di controllo istituito dalla Convenzione. Tale sistema è interamente fondato sul principio di sussidiarietà. Secondo l'articolo 1 CEDU, «le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà» definiti dalla Convenzione, mentre secondo l'articolo 19 CEDU è compito della Corte «assicurare il rispetto degli impegni derivanti dalla Convenzione (...) alle Alte Parti contraenti». La responsabilità di garantire i diritti e le libertà compete dunque in primo luogo agli Stati contraenti, mentre il ruolo della Corte è sussidiario.

Per arginare la marea di ricorsi è pertanto estremamente importante adottare misure volte a prevenire violazioni a livello internazionale. Soltanto un pacchetto di misure coerenti e interdipendenti, che forniscano soluzioni da diversi punti di vista, consen1919

tirà di rimediare in modo durevole alla situazione di sovraccarico che affligge la Corte.

Il Comitato dei Ministri ha quindi adottato tre Raccomandazioni destinate agli Stati membri. La prima5 chiede agli Stati di garantire che le persone che adducono in modo difendibile una violazione dei diritti sanciti dalla Convenzione possano disporre, sul piano nazionale, di un rimedio giuridico effettivo ed efficace. Un'autorità nazionale deve poter accertare la violazione della Convenzione addotta dall'interessato e, se del caso, porvi rimedio. Del resto, tale esigenza scaturisce già dall'articolo13 CEDU (Diritto ad un ricorso effettivo).

La seconda Raccomandazione6 invita gli Stati a verificare sistematicamente la legislazione e il diritto applicabile a livello nazionale alla luce delle esigenze derivanti dalla Convenzione e dalla giurisprudenza della Corte. Occorre evitare che, ad esempio, una legge nazionale o una prassi amministrativa siano la causa di una violazione della Convenzione.

La terza Raccomandazione7 esorta gli Stati membri a intensificare gli sforzi in materia di sensibilizzazione, di formazione e di educazione ai diritti dell'uomo nell'insegnamento universitario nonché nella formazione e nel perfezionamento professionali. In effetti, rendendo sufficientemente attente alle questioni inerenti ai diritti dell'uomo le persone incaricate di applicare quotidianamente le norme in conformità alla Convenzione (giudici, avvocati, agenti di polizia, personale carcerario, ecc.) è possibile ridurre considerevolmente il rischio di violazione della Convenzione.

Infine, occorre anche adottare misure atte a migliorare e ad accelerare l'esecuzione delle sentenze della Corte, in particolare quelle che evidenziano un problema strutturale soggiacente. Tanto più rapidamente gli Stati Parte adottano misure generali per eseguire tali sentenze, quanto minore sarà il numero di ricorsi ripetitivi interposti dinanzi alla Corte. Per questo motivo il Comitato dei Ministri ha adottato una risoluzione in cui invita la Corte a individuare, nelle sentenze in cui accerta una violazione, ciò che rappresenta un problema strutturale e la causa di tale problema, aiutando così gli Stati a trovare una soluzione adeguata e facilitando al Comitato dei Ministri il controllo dell'esecuzione delle sentenze8. La medesima risoluzione
invita poi la Corte a segnalare tali sentenze ­ le cosiddette «sentenze pilota» ­ al Comitato dei Ministri, all'Assemblea parlamentare, al Segretario generale e al Commissario per i Diritti dell'Uomo del Consiglio d'Europa. Nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 46 CEDU, il Comitato dei Ministri dovrà, dal canto suo, fare tutto il possibile per accelerare l'esecuzione di tali sentenze da parte degli Stati Parte interessati, invitandoli a eliminare la causa della violazione e a introdurre un ricorso

5 6

7

8

Raccomandazione n. (2004) 6 del Comitato dei Ministri agli Stati membri «sur l'amélioration des recours internes».

Raccomandazione n. (2004) 5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri «sur la vérification de la compatibilité des projets de lois, des lois en vigueur et des pratiques administratives avec les normes fixées par la Convention européenne des droits de l'homme».

Raccomandazione n. (2004) 4 del Comitato dei Ministri agli Stati membri «sur la Convention européenne des droits de l'homme dans l'enseignement universitaire et la formation professionnelle».

Risoluzione n. (2004)3 «sur les arrêts qui révèlent un problème structurel sous-jacent».

1920

effettivo sul piano interno. Fondandosi su tale risoluzione, la Corte ha pronunciato le prime sentenze pilota il 22 giugno e il 10 novembre 20049.

1.4

Grandi linee del Protocollo n. 14

Le principali modifiche apportate dal Protocollo n. 14 si basano sulla constatazione che l'enorme numero di ricorsi che si riversano sulla Corte dipende fondamentalmente da due cause. La prima è costituita dai ricorsi manifestamente infondati, dichiarati irricevibili dopo un primo esame. Essi rappresentano più del 90 per cento dei ricorsi interposti a Strasburgo. La seconda causa risiede nei ricorsi manifestamente fondati, che rappresentano circa il 65 per cento delle sentenze pronunciate dalla Corte. Si tratta in particolare di ricorsi ripetitivi (denominati anche «cause clone»), ossia di ricorsi che si ripetono decine, centinaia o addirittura migliaia di volte, poiché denunciano una lacuna strutturale o sistematica dell'ordinamento giuridico interno (ad es. la durata dei procedimenti giudiziari nazionali o la mancata esecuzione delle sentenze in materia civile).

Al fine di filtrare e trattare i ricorsi nel modo più efficace possibile, il Protocollo n. 14 apporta le seguenti soluzioni: ­

nuovo meccanismo di filtraggio (art. 27, art. 24 par. 2 CEDU [nuovo]) Le decisioni di irricevibilità potranno essere pronunciate da un giudice unico, assistito da relatori, incaricati essenzialmente di istruire la causa e di redigere il rapporto per tale giudice. I relatori non hanno tuttavia alcuna competenza decisionale. Per preservare l'indipendenza e imparzialità della Corte, il giudice unico non sarà mai il giudice eletto a titolo dello Stato resistente. Per contro, uno dei relatori dovrebbe provenire dallo Stato interessato, in modo da fornire al giudice le informazioni necessarie su questioni attinenti al diritto nazionale. In caso di dubbi sulla ricevibilità, il giudice unico deve sottoporre il ricorso individuale a una commissione di tre giudici o a una sezione di sette giudici.

­

nuovo criterio di ricevibilità (art. 35 par. 3 lett. b CEDU [nuovo]) Introdotto su proposta delle delegazioni svizzera e tedesca, il nuovo criterio di ricevibilità permette alla Corte di dichiarare irricevibile un ricorso individuale qualora il ricorrente non abbia subito un pregiudizio significativo, a meno che il rispetto dei diritti dell'uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga l'esame del merito del ricorso e purché ciò non comporti la reiezione di un ricorso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale nazionale. La Corte prosegue l'esame del ricorso se quest'ultimo, nonostante la sua banalità, pone ad esempio serie questioni d'interpretazione o applicazione della Convenzione, potrebbe avere conseguenze significative sull'ordinamento giuridico interno o se la causa non è mai stata esaminata da un tribunale interno. È evidente che questo nuovo criterio di ricevibilità non sarà definito da un giorno all'altro. È del resto previsto che durante i primi due anni potrà essere applicato soltanto dalle sezioni

9

Sentenze della Corte nelle cause Broniowski c. Polonia [Sezione allargata] (22 giugno 2004, Recueil des arrêts et décisions de la Cour EDH 2004-V ...) e Sejdovic c.

Italia (10 novembre 2004).

1921

e dalla sezione allargata. Durante questo periodo il giudice unico e i comitati di tre giudici non potranno fare uso di questo criterio di ricevibilità (si veda il regolamento transitorio di cui all'art. 20 par. 2 periodo 2 del Protocollo n. 14). L'introduzione di un nuovo criterio di ricevibilità non mira a limitare il diritto di ricorso individuale, bensì tende a preservare l'essenza stessa di questo diritto. Chiunque intenda rivolgersi alla Corte continua a essere libero di farlo. Anche se il diritto di ricorso individuale è pienamente mantenuto, è vero che la possibilità di ottenere un esame del merito di ogni ricorso è lievemente ridotta. Tuttavia, la decisione compete unicamente alla Corte.

­

Nuove competenze dei comitati di tre giudici (art. 28 par. 1 lett. b CEDU [nuovo]) Anche questa modifica risulta da una proposta formulata dalle delegazioni svizzera e tedesca. I comitati di tre giudici hanno ora il potere non soltanto di dichiarare, con decisione unanime, irricevibile un ricorso, come già avviene oggigiorno, ma di dichiarare tale ricorso ricevibile e di pronunciare immediatamente una sentenza sul merito, se la causa può essere decisa sulla base di una giurisprudenza consolidata della Corte. In tal caso si applica una procedura semplificata che dovrebbe rivelarsi particolarmente utile nel caso di sentenze in cause ripetitive. È evidente che lo Stato resistente può contestare l'applicazione di tale procedura, per esempio se ritiene che le vie di ricorso interne non siano state esaurite o se il caso in esame differisce, a suo avviso, dai ricorsi che hanno dato luogo a una giurisprudenza consolidata. Lo Stato resistente non ha tuttavia alcun diritto di veto; la decisione compete esclusivamente al comitato. Quest'ultimo statuisce all'unanimità sulle questioni della ricevibilità, del merito nonché dell'equo indennizzo e pronuncia un'unica sentenza (o, se del caso, una decisione di irricevibilità). In assenza di unanimità per una delle tre questioni summenzionate, si applica la procedura ordinaria dinanzi alla sezione (art. 29 CEDU). Del resto, il giudice eletto a titolo dello Stato resistente non fa necessariamente parte del comitato. Se per contro il comitato ritiene indispensabile la presenza di tale giudice, lo può invitare a sedere nel comitato in qualsiasi momento della procedura.

Ciò potrebbe ad esempio accadere qualora si pongano questioni specifiche del diritto interno (la procedura da seguire è disciplinata nel Regolamento della Corte).

­

Richiesta di interpretazione (art. 46 par. 3 CEDU [nuovo]) Talune difficoltà d'esecuzione di una sentenza della Corte possono risultare da divergenze di opinioni in merito alla sua interpretazione in seno al Comitato dei Ministri, il quale è incaricato di controllarne l'esecuzione. La decisione di presentare alla Corte una richiesta di interpretazione è presa a maggioranza dei due terzi, il che dovrebbe indurre il Comitato dei Ministri a fare un uso moderato di tale possibilità, anche per non sovraccaricare la Corte.

­

Procedura di infrazione (art. 46 par. 4 e 5 CEDU [nuovo]) Tra le cause principali del sovraccarico della Corte vi è pure la mancata esecuzione di talune sentenze riguardanti violazioni che mettono a nudo lacune strutturali dell'ordinamento giuridico interno. Per ampliare le sue possibilità d'intervento, al Comitato dei Ministri viene conferita la facoltà di adire la Corte mediante un'azione di infrazione. Tale azione è diretta contro lo Stato che continua a rifiutare, esplicitamente o con il suo comportamento, di con-

1922

formarsi alla sentenza definitiva della Corte in una controversia a cui è parte.

Tale procedura d'infrazione, la cui introduzione richiede una decisione presa a maggioranza dei due terzi dei membri aventi diritto di sedere nel Comitato dei Ministri, si applicherà verosimilmente soltanto in via eccezionale. Tuttavia, si tratta di un importante mezzo di pressione politica per garantire l'esecuzione delle sentenze (la Corte non potrà infatti pronunciare sanzioni finanziarie contro lo Stato renitente).

Le altre innovazioni principali apportate dal Protocollo n. 14 sono le seguenti: ­

Durata del mandato (art. 23 par. 1 CEDU [nuovo]) Attualmente il mandato dei giudici dura 6 anni ed è rinnovabile. In futuro tale mandato sarà di 9 anni ma i giudici non saranno rieleggibili. Tale mandato unico si propone di garantire l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici.

L'articolo 21 del Protocollo n. 14 prevede una disposizione transitoria che permette una sostituzione progressiva dei giudici, garantendo in tal modo la continuità del lavoro della Corte.

­

Diritto d'intervento accordato al Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa (art. 36 par. 3 CEDU [nuovo]) Al fine di rafforzare la tutela dell'interesse generale, la Convenzione menziona per la prima volta il Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa conferendogli formalmente un diritto d'intervento. L'intervento del Commissario è particolarmente importante quando può mettere in evidenza, in occasione delle sue visite in loco, lacune strutturali o sistemiche nell'ordinamento giuridico dello Stato resistente o di altre Parti contraenti.

Per contro, egli non ha alcun diritto di adire direttamente la Corte.

­

Decisione sulla ricevibilità e il merito (art. 29 par. 1 CEDU [nuovo]) Questa nuova disposizione sancisce la prassi della Corte che già oggi, per motivi di economia procedurale, pronuncia nella maggior parte dei casi decisioni sia sulla ricevibilità sia sul merito di un ricorso individuale. Per contro, il principio della separazione della decisione sulla ricevibilità e di quella sul merito continua ad applicarsi ai ricorsi statali (art. 29 par. 2 CEDU [nuovo], che corrisponde all'attuale art. 29 par. 3 CEDU).

­

Esame della causa (art. 38 CEDU [nuovo]) In futuro la Corte potrà esaminare la questione con i rappresentanti delle Parti e procedere a un'inchiesta in qualsiasi momento della procedura e non più soltanto dopo la decisione di ricevibilità. Tale adeguamento è una conseguenza della modifica dell'articolo 29 paragrafo 1 della Convenzione.

­

Conclusione di una composizione amichevole (art. 39 CEDU [nuovo]) Il Protocollo n. 14 favorisce le composizioni amichevoli, in particolare al fine di risolvere le cause ripetitive. La Corte può mettersi a disposizione delle Parti in qualsiasi momento della procedura al fine di giungere a una composizione amichevole. Va altresì rilevato che le composizioni amichevoli non sono più oggetto di una sentenza, bensì di una semplice decisione della Corte (art. 39 par. 3 CEDU [nuovo]). È inoltre previsto di sottoporre tale decisione al Comitato dei Ministri, che controlla l'esecuzione dei termini della composizione amichevole previsti dalla decisione (art. 39 par. 4 CEDU [nuovo]).

1923

­

Adesione dell'Unione europea alla CEDU (art. 59 par. 2 CEDU [nuovo]) La Convenzione prevede ormai espressamente la possibilità di adesione da parte dell'Unione europea. Tale domanda d'adesione dovrebbe essere presentata soltanto dopo l'adozione del Trattato costituzionale dell'Unione europea. Saranno necessarie altre modifiche della Convenzione per rendere una tale adesione possibile sotto il profilo giuridico e tecnico. Tali modifiche potrebbero essere apportate mediante un protocollo di emendamento alla CEDU o un Trattato di adesione tra l'Unione europea e gli Stati Parti alla Convenzione.

2

Commento alle singole disposizioni del Protocollo n. 14

Art. 1

del Protocollo

Art. 22

Elezione dei giudici

L'attuale articolo 22 paragrafo 2 della Convenzione disciplina la procedura che permette di riassegnare i seggi divenuti vacanti. Tale disposizione diventa superflua, poiché in futuro ogni giudice sarà eletto alla Corte per un mandato unico di nove anni. Il nuovo articolo 22 (che corrisponde all'attuale art. 22 par. 1 CEDU) è quindi applicabile ogni volta che è necessario eleggere un giudice.

Nel parere sul progetto del Protocollo n. 1410, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa chiedeva che le liste di tre candidati, presentate dalle Alte Parti contraenti per assegnare o riassegnare il posto di giudice eletto a titolo del loro Stato, contenessero imperativamente candidati di entrambi i sessi. Tale proposta non è stata accolta, poiché si è preferito dare la priorità alla competenza dei candidati.

Ciononostante il Comitato dei Ministri dovrebbe adottare una Raccomandazione che inviti le Alte Parti contraenti ad adoperarsi affinché la loro lista includa candidati di entrambi i sessi.

Art. 2

del Protocollo

Art. 23

Durata del mandato

Attualmente i giudici sono eletti per un periodo di sei anni e sono rieleggibili. Il Protocollo n. 14 introduce un mandato unico di nove anni. I giudici non sono dunque più rieleggibili. Tale modifica si propone di rafforzare la loro indipendenza e imparzialità.

Il tenore del nuovo articolo 23 capoverso 1 della Convenzione comporta la soppressione dei paragrafi 2­4. Quanto al paragrafo 5, è soppresso affinché non sia più possibile, se un seggio diventa vacante, che un nuovo giudice sia eletto per completare il mandato del suo predecessore.

I paragrafi 6 e 7 dell'attuale articolo 23 divengono i paragrafi 2 e 3 del nuovo articolo 23.

10

Parere n. 251 (2204) 1.

1924

Benché il paragrafo 2 continui a prevedere che il mandato dei giudici si concluda con il raggiungimento del settantesimo anno di età, si è rinunciato a fissare un limite d'età per i candidati, ad esempio escludendo le persone che al momento dell'elezione avessero più di 61 anni. Ciò priverebbe infatti la Corte di persone d'esperienza. Le Alte Parti contraenti dovrebbero tuttavia essere invitate a non presentare candidati che, a causa della loro età, non potrebbero restare in carica per almeno cinque anni.

Inoltre, qualora sia prevedibile la partenza di un giudice, sarebbe auspicabile che le Alte Parti contraenti presentassero la loro lista di tre candidati almeno sei mesi prima della scadenza del mandato. Così facendo si eviterebbe di dover nominare, per il periodo precedente l'elezione e l'entrata in carica del nuovo giudice, giudici ad hoc11 per i ricorsi contro lo Stato a titolo del quale sono eletti.

L'articolo 23 paragrafo 4 ricalca il testo dell'attuale articolo 24 (revoca). L'inserimento di questo quarto paragrafo consente di evitare di rinumerare gli articoli seguenti. L'attuale articolo 24 è stato pertanto soppresso.

Art. 4

del Protocollo

Art. 24

Cancelleria e relatori

L'attuale articolo 25, intitolato «Cancelleria e referendari», diviene l'articolo 24. Il Protocollo n. 11 aveva previsto l'assunzione di referendari da parte della Corte.

Questi ultimi non hanno tuttavia mai avuto un'esistenza propria e autonoma nei confronti della cancelleria. Per questo motivo è stato soppresso il secondo periodo dell'articolo 25 ed è stato adeguato il titolo della disposizione.

Il paragrafo 2 del nuovo articolo 24 introduce la funzione di «relatore». I relatori sono assegnati alla cancelleria e sono incaricati di assistere il giudice unico, figura prevista dal nuovo articolo 27 (cfr. i commenti relativi all'art. 7 del Protocollo n. 14). I relatori esercitano la loro funzione sotto la supervisione del presidente della Corte. Spetterà a quest'ultima decidere il numero di relatori necessari nonché il tipo e la durata della loro nomina. Evidentemente potrà reclutarli anche tra i membri della cancelleria. La Corte potrà tuttavia rafforzare la sua capacità di lavoro facendo appello a giuristi con un'appropriata esperienza pratica nell'ambito del rispettivo sistema giuridico nazionale. Sono inoltre applicabili le abituali procedure di reclutamento e le pertinenti disposizioni in materia di diritto del personale. In ogni caso queste persone dovrebbero disporre di una solida esperienza giuridica, di conoscenze specializzate della Convenzione e della sua giurisprudenza e padroneggiare almeno una delle lingue ufficiali del Consiglio d'Europa. Come tutti gli altri collaboratori della cancelleria, i relatori dovrebbero infine soddisfare le condizioni di indipendenza e imparzialità.

11

I giudici ad hoc sono nominati dai Governi degli Stati resistenti e non dispongono della legittimazione conferita da un'elezione da parte dell'Assemblea parlamentare (cfr. anche i commenti all'art. 6).

1925

Art. 5

del Protocollo

Art. 25

Assemblea plenaria della Corte

L'attuale articolo 26 della Convenzione diviene l'articolo 25. Oltre alle modifiche minori concernenti la redazione e la punteggiatura delle lettere d ed e, è aggiunto un nuovo paragrafo f che riflette la nuova funzione attribuita all'Assemblea plenaria della Corte dall'articolo 26 paragrafo 2 (si veda il commento all'art. 6).

Il termine «sezioni» di cui alle lettere b e c si riferisce in realtà alle entità amministrative della Corte (formate da dieci giudici) e non ai collegi giudicanti di sette giudici, menzionati dal nuovo articolo 26 paragrafo 1 periodo 1.

Art. 6

del Protocollo

Art. 26

Giudice unico, comitati, sezioni e sezione allargata

Il paragrafo 1 del nuovo articolo 26 (l'attuale art. 27) della Convenzione sancisce una nuova composizione giurisdizionale della Corte: la composizione di giudice unico (si veda il commento all'art. 7). Per tutelare l'imparzialità e l'indipendenza di tale giudice, il paragrafo 3 prevede espressamente che il giudice eletto a titolo dello Stato contro cui è stato interposto ricorso non sieda mai come giudice unico.

Il paragrafo 2 introduce una certa flessibilità, poiché consente al Comitato dei Ministri, su istanza dell'Assemblea plenaria della Corte, di ridurre a cinque, per un periodo determinato, il numero dei giudici di ogni sezione. Tale innovazione dovrebbe permettere, se del caso, di incrementare la capacità di lavoro della Corte, poiché le consente di aumentare il numero delle sezioni.

Il paragrafo 4 prevede un nuovo sistema di designazione dei giudici ad hoc che tiene conto delle critiche espresse nei confronti della vecchia formula, la quale autorizzava lo Stato resistente a nominare un giudice ad hoc sebbene la causa fosse già pendente dinanzi alla Corte. In futuro ogni Alta Parte contraente dovrà stilare una lista di giudici ad hoc tra cui il presidente della Corte designerà il prescelto, se è necessaria la nomina di un giudice ad hoc.

Infine, il paragrafo 5 ricalca praticamente il testo dell'articolo 27 paragrafo 3 CEDU.

Art. 7

del Protocollo

Art. 27

Competenza del giudice unico

L'articolo 27 descrive la competenza del giudice unico di cui al nuovo articolo 26 paragrafo 1. Tale competenza è limitata alle decisioni di irricevibilità o alla cancellazione dal ruolo di un ricorso pendente, se una tale decisione può essere presa senza un ulteriore esame. In altri termini, il giudice unico potrà prendere tali decisioni soltanto in casi chiari, in cui la dichiarazione di irricevibilità si impone prima facie.

Quest'ultimo punto è particolarmente importante in vista del nuovo criterio di ricevibilità introdotto dall'articolo 35 (si veda il commento agli art. 12 e 20 del Protocollo). I giudici unici sono assistiti da relatori. È essenziale che uno dei relatori conosca la lingua e il sistema giuridico dello Stato resistente in modo da secondare il meglio possibile il giudice unico. Tuttavia, la responsabilità della decisione compete esclusivamente al giudice unico. In caso di dubbio sulla ricevibilità, il giudice sottopone il ricorso a un comitato di tre giudici o a una sezione.

1926

Art. 8

del Protocollo

Art. 28

Competenza dei comitati

Oggigiorno i comitati di tre giudici possono, mediante decisione unanime, dichiarare irricevibili i ricorsi. Il nuovo paragrafo 1 lettera b dell'articolo 28 CEDU li autorizza d'ora in avanti a dichiarare ricevibili i ricorsi individuali e, nella medesima decisione, a pronunciare una sentenza sul merito, se la questione all'origine della causa, relativa all'interpretazione o all'applicazione della Convenzione, è oggetto di una giurisprudenza consolidata della Corte. Per «giurisprudenza consolidata» della Corte si intende in linea di principio la giurisprudenza costante di una sezione. Nondimeno, anche una sentenza di principio, segnatamente una sentenza della sezione allargata, costituisce una «giurisprudenza consolidata». Questa nuova procedura concerne quindi soprattutto le cause ripetitive che attualmente rappresentano più del 60 per cento delle sentenze pronunciate dalla Corte.

La procedura prevista è una procedura semplificata e accelerata. La Corte si limita dunque a portare la causa ­ o un gruppo di cause simili ­ a conoscenza dello Stato resistente precisando che, a suo avviso, tale causa concerne una questione che è oggetto di una giurisprudenza consolidata. Se lo Stato resistente condivide l'opinione della Corte, quest'ultima può pronunciare la sua sentenza molto rapidamente.

Lo Stato resistente ha tuttavia la possibilità di contestare l'applicazione di questa nuova procedura, per esempio se mette in dubbio il carattere consolidato della giurisprudenza della Corte, se ritiene che le vie di ricorso interne non siano state esaurite o se reputa che il caso in questione differisca dai ricorsi che hanno portato alla giurisprudenza consolidata. Lo Stato resistente non ha tuttavia in nessun caso il diritto di opporre il suo veto all'applicazione di tale procedura che soggiace unicamente alla competenza del Comitato.

Il Comitato può pronunciare una sentenza soltanto se vi è unanimità in materia di ricevibilità, merito ed equo indennizzo. In assenza di unanimità, non è presa alcuna decisione e si applica la procedura ordinaria dinanzi a una sezione conformemente all'articolo 29. In seguito spetta alla sezione decidere se è opportuno o no pronunciarsi su tutti gli aspetti della causa in un'unica sentenza. Se ha inizialmente previsto di applicare la procedura di cui all'articolo 28 paragrafo 1
lettera b, il Comitato può in seguito pronunciare una decisione di irricevibilità conformemente all'articolo 28 paragrafo 1 lettera a. Una tale situazione potrebbe presentarsi, per esempio, in particolare se lo Stato resistente ha persuaso il Comitato che le vie di ricorso interne non sono state esaurite.

Se il giudice eletto a titolo dello Stato contraente parte alla controversia resta membro di diritto della sezione o della sezione allargata dinanzi alla quale è deferito il ricorso, lo stesso non avviene nel caso dei comitati di tre giudici. Infatti la presenza di tale giudice non è indispensabile, poiché il comitato si pronuncia soltanto sulle cause relative a questioni oggetto di una giurisprudenza consolidata. Per contro, se il comitato di tre giudici ritiene necessaria la presenza del giudice eletto a titolo dell'Alta Parte contraente, ad esempio se si pongono questioni complesse relative all'esaurimento delle vie di ricorso interne o all'interpretazione del diritto nazionale, può invitarlo a sedere nel comitato. Un tale invito può essere esteso anche se lo Stato resistente contesta l'applicazione della procedura di cui all'articolo 28 paragrafo 1 lettera b. Spetterà alla Corte disciplinare nel suo regolamento la composizione dei comitati e le modalità pratiche della nuova procedura.

1927

Art. 9

del Protocollo

Art. 29

Decisioni delle sezioni sulla ricevibilità e il merito

Il fatto che d'ora in poi la Corte prenderà congiuntamente le decisioni sulla ricevibilità e sul merito dei ricorsi individuali non le impedirà, nel singolo caso, di prendere una decisione separata sulla ricevibilità (per maggiori dettagli cfr. n. 1.4).

Art. 10 del Protocollo Art. 31

Poteri della sezione allargata

È aggiunta una nuova lettera b che tiene conto della nuova competenza della sezione allargata introdotta dall'articolo 46 paragrafo 4 (cfr. il commento all'art. 16 del Protocollo).

Art. 11 del Protocollo Art. 32

Competenza della Corte

La disposizione è completata con un riferimento alle nuove procedure della Corte di cui all'articolo 46.

Art. 12 del Protocollo Art. 35

Criteri di ricevibilità

L'articolo 35 paragrafo 3 lettera b introduce un nuovo criterio di ricevibilità che consente alla Corte di dichiarare irricevibili i ricorsi in cui il ricorrente non ha subito alcun pregiudizio significativo. La Corte dovrà quindi sempre stabilire se tale condizione è soddisfatta. Evidentemente quella di «pregiudizio significativo» è una nozione giuridica indeterminata. La sua interpretazione non dovrebbe tuttavia costituire un problema insormontabile per la Corte, poiché la Convenzione contiene molte di queste nozioni (breve termine, termine ragionevole, diritti e doveri di carattere civile, vita privata, ecc.). Si introduce nel sistema di controllo della Convenzione soprattutto un elemento di flessibilità che dovrebbe consentire alla Corte di far fronte al numero sempre crescente di ricorsi, concentrandosi sulle cause più importanti.

Questo nuovo criterio di ricevibilità contiene una prima clausola di salvaguardia.

Infatti, un ricorso non può essere dichiarato irricevibile se il rispetto dei diritti dell'uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli richiede un esame del merito del ricorso. Tale è il caso delle cause che, nonostante la loro banalità, sollevano serie questioni di applicazione o di interpretazione della Convenzione o questioni importanti concernenti il diritto interno12. È infatti risaputo che talune cause in

12

La proposta originale delle delegazioni di Germania e Svizzera aveva il tenore seguente: «La Corte dichiara irricevibile un ricorso individuale interposto conformemente all'articolo 34, ... (b) qualora il richiedente non abbia subito alcun pregiudizio significativo e la causa in questione non sollevi questioni importanti relative all'interpretazioe o all'applicazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, né altre questioni di carattere generale».

1928

cui i ricorrenti hanno subito pregiudizi minori hanno dato adito a importanti sviluppi della giurisprudenza della Corte13.

A tale clausola di salvaguardia se ne aggiunge una seconda: la Corte non può dichiarare irricevibile un ricorso a causa della sua banalità se la causa non è stata debitamente esaminata da un tribunale interno. Tale clausola, che incarna il principio di sussidiarietà, garantisce che, al fine dell'applicazione del nuovo criterio di ricevibilità, ogni causa sia esaminata almeno da un tribunale a livello nazionale o europeo.

Probabilmente dovrà trascorrere un certo tempo prima che le sezioni e la sezione allargata della Corte stabiliscano nella loro giurisprudenza direttive chiare quanto all'interpretazione e all'applicazione del criterio di ricevibilità in casi concreti.

L'articolo 20 paragrafo 2 periodo 2 del presente Protocollo prevede che per i primi due anni successivi alla sua entrata in vigore i giudici unici e i comitati di tre giudici non potranno applicare il nuovo principio di ricevibilità. Infine, il nuovo criterio di ricevibilità non potrà essere applicato ai ricorsi dichiarati ricevibili prima dell'entrata in vigore del Protocollo (si veda il commento all'art. 20).

Art. 13 del Protocollo Art. 36

Intervento di terzi

Il nuovo paragrafo 3 dell'articolo 36 della Convenzione si propone di rafforzare la difesa dell'interesse generale. Per la prima volta il testo della Convenzione menziona il Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa e gli attribuisce formalmente il diritto di intervento. Data la sua esperienza sul campo, il Commissario potrà fornire alla Corte indicazioni utili in un certo numero di cause, segnatamente quelle che evidenziano lacune strutturali o sistemiche nell'ordinamento giuridico dello Stato resistente o di altre Parti contraenti. Il regolamento della Corte definirà le modalità di applicazione di questa nuova disposizione.

Per contro, il Commissario per i diritti dell'uomo non ha il diritto di adire direttamente la Corte. In effetti, tale diritto è, da un lato, difficilmente compatibile con la filosofia generale del sistema di controllo della Convenzione e, dall'altro, rischierebbe di avere ripercussioni negative sulla fiducia che gli Stati membri del Consiglio d'Europa devono nutrire nei confronti del Commissario.

Art. 14 del Protocollo Art. 38

Esame della causa

I nuovi articoli 28 e 29 favoriscono la decisione congiunta sulla ricevibilità e il merito dei ricorsi individuali. La Corte potrà pertanto procedere a un'indagine in qualsiasi momento della procedura e non più soltanto dopo la decisione di ricevibilità.

13

Due esempi significativi sono le sentenze della Corte nelle cause Belilos c. Svizzera (29 aprile 1988, Série A n. 132) e Öztürk c. Germania (21 febbraio 1984, Série A n. 73).

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Art. 15 del Protocollo Art. 39

Conclusione di una composizione amichevole

La procedura concernente le composizioni amichevoli è ora disciplinata in una disposizione specifica. Nel regime attuale (art. 38 par. 1 lett. b CEDU) la Corte si mette a disposizione delle parti interessate al fine di giungere ad una composizione amichevole della questione soltanto dopo aver dichiarato ricevibile il ricorso. Dato che i nuovi articoli 28 e 29 dovrebbero comportare una riduzione del numero di decisioni che concernono esclusivamente la ricevibilità, il nuovo articolo 39 paragrafo 1 prevede la possibilità che la Corte si metta a disposizione delle parti interessate al fine di giungere a una composizione amichevole della questione. Tale innovazione dovrebbe favorire la conclusione di composizioni amichevoli, che possono rivelarsi particolarmente utili nel caso di ricorsi ripetitivi o nelle cause che non sollevano questioni di principio o non comportano modifiche del diritto interno. Ovviamente queste composizioni amichevoli continuano a ispirarsi al rispetto dei diritti dell'uomo riconosciuti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli.

Oggigiorno la Corte interina le composizioni amichevoli emettendo una sentenza, al fine di permettere il controllo della loro esecuzione da parte del Comitato dei Ministri che, conformemente all'articolo 46 paragrafo 2 della Convenzione, può controllare soltanto l'esecuzione da parte degli Stati resistenti delle sentenze definitive e non delle decisioni della Corte. Il fatto che la forma della sentenza assuma spesso una connotazione negativa per lo Stato resistente non agevola certo la conclusione di composizioni amichevoli. La nuova procedura, che prevede l'adozione di una decisione e non più di una sentenza da parte della Corte, dovrebbe favorire la conclusione di composizioni amichevoli, riducendo di conseguenza il carico di lavoro della Corte. Al Comitato dei Ministri è ora assegnato il compito di controllare l'esecuzione delle decisioni che interinano composizioni amichevoli.

Art. 16 del Protocollo Art. 46

Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze

I paragrafi 3, 4 e 5 sono nuovi.

Talune difficoltà che insorgono in occasione dell'esecuzione di una sentenza possono derivare da opinioni divergenti in merito all'interpretazione di tale sentenza. Il paragrafo 3 autorizza dunque il Comitato dei Ministri a domandare alla Corte un'interpretazione di una sentenza definitiva al fine di agevolare il controllo della sua esecuzione. Con ogni probabilità, il Comitato dei Ministri farà un uso moderato di tale possibilità, tanto più che la decisione di adire la Corte richiede la maggioranza dei due terzi dei voti dei membri aventi diritto a sedere nel Comitato. Occorre sottolineare che il paragrafo 3 ha l'obiettivo di permettere alla Corte di fornire una spiegazione della sentenza e non di pronunciarsi sulle misure adottate da un'Alta Parte contraente per conformarsi a tale sentenza.

L'esecuzione rapida e completa delle sentenze della Corte è di fondamentale importanza, a maggior ragione quando le cause in questione concernono lacune strutturali: si tratta di evitare che la Corte sia investita di un gran numero di ricorsi ripetitivi. I paragrafi 4 e 5 autorizzano dunque il Comitato dei Ministri ad adire la sezione allargata con un ricorso per inadempienza contro uno Stato che persiste a rifiutarsi di eseguire una sentenza. Sebbene non porti a una condanna dello Stato renitente al pagamento di una pena pecuniaria, tale procedura rappresenta un efficace strumento 1930

di pressione atto ad assicurare l'esecuzione della sentenza. D'altronde, il Comitato dei Ministri dovrebbe ricorrervi soltanto in situazioni eccezionali. Come avviene per la richiesta di interpretazione, la sua decisione esige la maggioranza dei due terzi dei rappresentanti aventi diritto di sedere nel Comitato.

Art. 17 del Protocollo Art. 59

Firma e ratifica

Un nuovo paragrafo 2 aggiunto all'articolo 59 consente l'eventuale adesione dell'Unione europea (UE) alla Convenzione, la quale sarà possibile soltanto dopo l'adozione del Trattato costituzionale. L'adesione dell'Unione europea richiederà un certo numero di adeguamenti della Convenzione, che potrebbero essere disciplinati in un Protocollo di emendamento alla CEDU o in un Trattato di adesione tra l'UE e gli Stati Parte alla Convenzione. In ogni caso sarebbero indispensabili l'approvazione e la ratifica di un tale strumento da parte di tutte le Alte Parti contraenti.

Art. 18 del Protocollo Il presente articolo è una delle clausole finali normalmente inserite nei trattati del Consiglio d'Europa. La natura stessa del Protocollo di emendamento esclude la formulazione di riserve.

Art. 19 del Protocollo Il presente articolo è una delle clausole finali di norma inserite nei trattati del Consiglio d'Europa.

Art. 20 del Protocollo Per ragioni inerenti alla certezza del diritto, il nuovo criterio di ricevibilità previsto all'articolo 35 paragrafo 3 lettera b non si applicherà ai ricorsi dichiarati ricevibili prima dell'entrata in vigore del Protocollo. Inoltre, durante i primi due anni dopo l'entrata in vigore del Protocollo, l'applicazione di questo nuovo criterio di ricevibilità sarà prerogativa delle sezioni e della sezione allargata della Corte. È infatti indispensabile sviluppare dapprima una giurisprudenza relativa all'interpretazione del nuovo criterio di ricevibilità, in modo da garantire un'applicazione unitaria da parte dei giudici unici e dei comitati.

Art. 21 del Protocollo Conformemente al nuovo articolo 23, tutti i giudici sono eletti per un mandato non rinnovabile di nove anni. Il mandato dei giudici non termina con l'entrata in vigore del presente Protocollo. Infatti, i giudici il cui primo mandato non è ancora scaduto se lo vedranno prolungare di pieno diritto fino a raggiungere nove anni. Per contro, i giudici che sono al loro secondo o terzo mandato se lo vedranno prolungare di pieno diritto di due anni. Questa procedura dovrebbe permettere, nell'arco di alcuni anni, di rinnovare regolarmente la composizione della Corte e di giungere a una situazione in cui ogni giudice inizia il suo mandato a una data differente. In tal modo è garantita la continuità in seno alla Corte.

1931

Art. 22 del Protocollo Il presente articolo è una delle clausole finali normalmente inserite nei trattati del Consiglio d'Europa.

3

Ripercussioni

3.1

Ripercussioni per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni

Il Protocollo n. 14 non comporta ripercussioni per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni.

3.2

Ripercussioni finanziarie

Il Protocollo n. 14 non comporta conseguenze finanziarie per la Confederazione né ripercussioni sull'effettivo del suo personale.

4

Programma di legislatura

Per forza di cose, la ratifica del Protocollo n. 14 non poteva essere annunciata nel rapporto sul programma di legislatura (FF 2004 969). Come rilevato al numero 1.2, tale ratifica è tuttavia urgente e la sua approvazione è dunque sottoposta all'Assemblea federale. D'altronde è perfettamente conciliabile con uno degli obiettivi permanenti del nostro Consiglio: la promozione e la salvaguardia dei diritti dell'uomo in Svizzera e a livello internazionale (art. 54 cpv. 2 Cost.).

5

Aspetti giuridici

5.1

Costituzionalità

Conformemente all'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale (Cost., RS 101), la conclusione di trattati internazionali soggiace alla competenza della Confederazione. A tenore dell'articolo 141 capoverso 1 lettera d Cost., sottostanno al referendum facoltativo i trattati internazionali di durata indeterminata e indenunciabili, prevedenti l'adesione a un'organizzazione internazionale o comprendenti disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'emanazione di leggi federali. Il Protocollo n. 14 è di durata indeterminata ma denunciabile, poiché emenda la CEDU che è denunciabile conformemente al suo articolo 58. Non prevede l'adesione a un'organizzazione internazionale e la sua attuazione non richiede né l'emanazione né la modifica di leggi federali. Contiene tuttavia disposizioni importanti che contengono norme di diritto ai sensi dell'articolo 22 capoverso 4 della legge sul Parlamento (RS 171.10). Tali norme determinano infatti competenze, riguardano i diritti delle persone e disciplinano questioni istituzionali e procedurali relative alla Corte. Nel diritto interno tali disposizioni dovrebbero essere emanate sotto forma di legge in senso formale (art. 164 cpv. 1 lett. g Cost.). Il Protocollo n. 14 soddisfa quindi uno dei criteri di cui all'articolo 141 1932

capoverso 1 lettera d numero 3 Cost. Di conseguenza, il decreto federale concernente l'approvazione del Protocollo n. 14 alla Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il quale emenda il sistema di controllo della Convenzione, sottostà al referendum facoltativo.

5.2

Compatibilità con gli obblighi internazionali della Svizzera

Ratificando la CEDU, la Svizzera aderisce a un sistema di responsabilità collettiva.

È dunque responsabile, insieme agli altri 45 Stati Parte alla CEDU di garantire l'efficacia del sistema di controllo della Convenzione. Gli emendamenti apportati dal Protocollo n. 14 mirano ad accelerare e a migliorare la trattazione dei ricorsi.

Come rilevato dal Comitato dei Ministri nella Dichiarazione del 13 maggio 2004, il Protocollo n. 14 ha l'obiettivo di salvaguardare l'efficacia del diritto di ricorso individuale a fronte del crescente aumento del numero dei ricorsi, apportando soluzioni ai due principali problemi cui è confrontata la Corte, ossia il filtraggio dei numerosi ricorsi individuali e le cause ripetitive. Riaffermando il ruolo centrale che la Corte deve continuare a rivestire in quanto strumento costituzionale dell'ordine pubblico europeo, da cui dipende la stabilità democratica del continente, il Comitato dei Ministri ha chiesto con insistenza agli Stati membri di «[de] tout mettre en oeuvre pour signer et ratifier le Protocole n. 14 aussi rapidement que possible aux fins de son entrée en vigueur dans un délai de deux à compter de la date de son ouverture à la signature». La Svizzera ha pertanto il dovere di ratificare il Protocollo n. 14 entro la fine di gennaio 2006, per non ostacolarne l'entrata in vigore al 1° maggio 2006.

1933

1934