Attività informativa del Dipartimento federale degli affari esteri nell'ambito del richiamo dell'ambasciatore di Svizzera in Germania nella primavera 2002 Rapporto della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 7 aprile 2005

«Porre una domanda significa sempre agire per penetrare. [...]

È saggia la risposta che pone fine alle domande.» Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi, Milano, 1981, pagg. 344­345.

2005-1067

4549

Abbreviazioni AP

Associated Press

ATS

Agenzia telegrafica svizzera

CC

Codice civile svizzero

CdG

Commissioni della gestione delle Camere federali

CdG-S

Commissione della gestione del Consiglio degli Stati

CdG-N

Commissione della gestione del Consiglio nazionale

CP

Codice penale

CPE-N

Commissione della politica estera del Consiglio nazionale

CSIC

Conferenza dei servizi d'informazione della Confederazione

Cost.

Costituzione federale della Confederazione svizzera

DFAE

Dipartimento federale degli affari esteri

DFE

Dipartimento federale dell'economia

LOGA

Legge federale sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione

OLOGA

Ordinanza sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione

Org DFAE

Ordinanza sull'organizzazione del Dipartimento federale degli affari esteri

TIPH

Temporary International Presence in the City of Hebron

UDC

Unione democratica di centro

4550

Rapporto 1

Introduzione e mandato

Il 12 luglio 2002, l'Unione democratica di centro (UDC) ha invitato le Commissioni della gestione (CdG) delle Camere federali ad aprire un'inchiesta presso il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) per far luce sugli eventi della primavera 2002 culminati con il richiamo e le dimissioni di Thomas Borer, allora ambasciatore di Svizzera in Germania, che era stato oggetto di diversi articoli del «SonntagsBlick» e del «Blick» per una presunta relazione extraconiugale. Le rivelazioni avevano dato avvio a una campagna stampa durata diversi giorni. Secondo l'UDC, dalla gestione del caso da parte del DFAE erano emerse «gravi carenze di direzione»1 che giustificavano l'apertura di un'inchiesta delle CdG.

La richiesta dell'UDC è stata esaminata dalla Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-N) nella seduta del 21 e 22 agosto 2002. Dopo approfondita discussione, la Commissione ha deciso di non darvi seguito. Secondo la CdG-N infatti i provvedimenti adottati dal DFAE erano già stati valutati dalla Commissione della politica estera del Consiglio nazionale (CPE-N), la quale aveva giudicato «del tutto giustificato»2 il richiamo dell'ambasciatore, pur non avendo mai sentito la sua versione dei fatti. Date queste premesse, la CdG-N non ha ritenuto opportuno né utile tornare sulla vicenda.

Sulla scia delle considerazioni fatte nel suo rapporto del 1997 sulla politica di informazione del Consiglio federale3, la CdG-N ha tuttavia considerato interessante esaminare in che modo il DFAE aveva gestito gli eventi della primavera 2002 dal punto di vista dell'informazione e della comunicazione.

Per questo motivo, il 15 ottobre 2002 la Commissione ha incaricato la sua Sottocommissione DFAE/DDPS di svolgere le indagini necessarie e di sottoporle un rapporto.

Il 28 agosto 2002, anche la Commissione della gestione del Consiglio degli Stati (CdG-S) ha esaminato la richiesta dell'UDC decidendo di non darvi seguito e di aderire al punto di vista della CdG-N.

Il presente rapporto descrive la cronologia degli eventi che hanno portato al richiamo dell'ambasciatore di Svizzera in Germania e contiene una valutazione della CdG-N sulla politica di informazione del DFAE in materia. Sulla base di questo caso concreto, la Commissione intende anche avviare una riflessione sull'evoluzione delle relazioni tra i
media e la politica. In tal senso, il rapporto non ha la pretesa di esaustività, ma quella di esemplarità.

Il rapporto si occupa essenzialmente della politica di informazione del DFAE. Il suo scopo non è di commentare le circostanze che hanno portato alle dimissioni di Borer né di esaminare dettagliatamente il ruolo dei media nella vicenda; si astiene anche da 1 2 3

Cfr. anche l'interpellanza n. 02.3187 del 15 aprile 2002 del Gruppo dell'Unione democratica di centro: «DFAE. Gravi carenze di direzione».

Secondo l'Agenzia telegrafica svizzera, 29 aprile 2002.

Cfr. il rapporto del 29 maggio 1997 della Commissione della gestione del Consiglio nazionale. Attività informativa del Consiglio federale e dell'Amministrazione federale in situazioni straordinarie (FF 1997 III 1291).

4551

qualsiasi giudizio sul comportamento di Borer e sui rimproveri che gli sono stati mossi, a meno che non sia necessario per spiegare i provvedimenti adottati dal DFAE.

2

Svolgimento dei lavori

La Sottocommissione DFAE/DDPS ha iniziato i lavori il 13 novembre 2002 e li ha terminati il 10 febbraio 2005.

L'inchiesta è stata realizzata dai consiglieri nazionali Jean-Paul Glasson (presidente), Jakob Freund, Claude Janiak, Otto Laubacher, Hubert Lauper, Odilo Schmid, Walter Schmied, Jean-Jacques Schwaab, Pierre Tillmanns, Alexander Tschäppät, René Vaudroz e Christian Waber.

All'inizio di dicembre 2003, la composizione della Sottocommissione è stata modificata profondamente in seguito al cambiamento di legislatura. Attualmente ne fanno parte il consigliere nazionale Jean-Paul Glasson (presidente), le consigliere nazionali Josy Gyr-Steiner e Lucrezia Meier-Schatz e i consiglieri nazionali Serge Beck, André Daguet, Hans Ulrich Mathys, Geri Müller, Fritz Abraham Oehrli, Stéphane Rossini, Pierre-François Veillon e Christian Waber.

La Sottocommissione si è riunita undici volte. Dapprima ha elaborato un piano per la realizzazione delle indagini, quindi ha proceduto a una serie di audizioni. In particolare ha sentito le seguenti persone (in ordine alfabetico): ­

Thomas Borer, consulente aziendale, ex ambasciatore della Svizzera in Germania,

­

Ruedi Christen, capo dell'informazione della Missione permanente della Svizzera presso l'ONU a New York, ex capo dell'informazione del DFAE,

­

Joseph Deiss, consigliere federale, capo del Dipartimento federale dell'economia (DFE), ex capo del DFAE,

­

Werner de Schepper, caporedattore del «Blick»,

­

François Gross, giornalista, ex caporedattore de «La Liberté», ex direttore di Radio Suisse Internationale,

­

Kurt Imhof, professore, titolare della cattedra «scienze della comunicazione e sociologia» all'Università di Zurigo,

­

Thomas Litscher, ambasciatore svizzero in Libano e a Cipro, ex segretario generale del DFAE,

­

Alexandre Mossu, ex collaboratore personale del Consigliere federale Joseph Deiss,

­

Manuel Sager, capo dell'informazione del DFE, ex capo dell'informazione del DFAE,

­

Peter Studer, presidente del Consiglio svizzero della stampa,

­

Roger de Weck, giornalista.

Questi colloqui hanno permesso di ricostruire dettagliatamente i fatti e di riflettere sull'informazione e sulla comunicazione politica nonché sull'evoluzione del paesaggio mediatico in Svizzera. La Sottocommissione ha potuto consultare anche i docu4552

menti messi a sua disposizione dal DFAE e da Borer come pure i comunicati stampa e gli articoli pubblicati in Svizzera durante il periodo in esame.

Il 3 novembre 2004, la Sottocommissione ha elaborato un progetto di rapporto che ha sottoposto al DFAE e ai principali attori coinvolti. Nel presente rapporto si è tenuto conto, in ampia misura, dei pareri pervenuti alla Sottocommissione.

La CdG-N ha adottato il presente rapporto all'unanimità in occasione della sua seduta plenaria del 7 aprile 2005 e ne ha deciso la pubblicazione.

3

Basi legali e organizzazione dell'informazione in seno alla Confederazione

3.1

Disposizioni applicabili all'attività informativa del Consiglio federale e dell'Amministrazione federale

È compito del Governo informare sulle attività delle autorità e contribuire così alla trasparenza dell'amministrazione e alla formazione dell'opinione dei cittadini.

Conformemente alla Costituzione federale4, il Consiglio federale deve informare tempestivamente e compiutamente l'opinione pubblica sulla sua attività, sempre che non vi si oppongano interessi pubblici o privati preponderanti (art. 180 cpv. 2 Cost.).

L'obbligo è precisato dalla legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione5, in base alla quale il Consiglio federale è tenuto ad informare in modo coerente, tempestivo e continuo sulla propria valutazione della situazione, sulla pianificazione, sulle sue decisioni e sui suoi provvedimenti (art. 10 cpv. 2 LOGA).

Questa disposizione si riferisce concretamente anche alle informazioni fornite dai dipartimenti e dagli uffici dell'Amministrazione federale6.

Le disposizioni della Costituzione federale e della LOGA non costituiscono un diritto soggettivo dei cittadini e della stampa di ottenere informazioni su tutte le attività dell'amministrazione7. Hanno un'importanza programmatica nella misura in cui incaricano il Consiglio federale di applicare una politica di informazione aperta e regolare, ma non danno una garanzia generale di accesso alle informazioni del4 5 6

7

Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999 (Cost.); RS 101.

Legge federale del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA); RS 172.10.

Per una panoramica sul tema, cfr. il rapporto presentato da Pascal Mahon, «L'information par les autorités», in: Rivista di diritto svizzero, volume 118, tomo secondo, n. 3, Helbing & Lichtenhahn, Basilea, 1999, pag. 200 segg. (con molti riferimenti). Cfr. anche Urs Saxer, «Öffentlichkeitsinformationen von Behörden im Rechtsstaat», in: Medialex, 1/04, Stämpfli, Berna, pag. 19 segg. e «Behördliche Informationen im Spannungsfeld von Informationsbedürfnis und (strafrechtlichem) Vertraulichkeitsschutz», in: Rivista di diritto svizzero, volume 123, Helbing & Lichtenhahn, Basilea, pag. 233 segg.

Cfr. in particolare, sotto l'influsso della Costituzione federale del 1874, la giurisprudenza del Tribunale federale (DTF 104 Ia 88, Bürgin, DTF 107 Ia 304, Fuchs e DTF 104 Ia 377, Verein Leserkampf). Questa giurisprudenza è criticata fortemente in dottrina, in particolare da Denis Barrelet, «Le droit de la presse à la transparence», in: Aspects du droit des médias, volume I, Friburgo, 1983, pag. 109 segg. e «Droit de la communication», Staempfli Editions SA, Berna, 1998, n. 88, pag. 26 segg. e n. 937 pag. 265. Nel messaggio del 12 febbraio 2003, il Consiglio federale ha proposto al Parlamento l'introduzione del regime della trasparenza nell'Amministrazione federale. In questo contesto era previsto il riconoscimento di un diritto di accesso dei privati ai documenti ufficiali senza dover giustificare un interesse preponderante (FF 2003 1783). Il disegno di legge sulla trasparenza è in consultazione in Parlamento.

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l'amministrazione. Ciò significa, almeno giuridicamente, che le autorità possono decidere sul contenuto delle informazioni e sul momento in cui vogliono fornirle8.

Il principio dell'informazione è limitato da una serie di eccezioni relative alla salvaguardia di interessi pubblici o privati preponderanti (art. 10 cpv. 3 LOGA).

Tra le informazioni per le quali esiste un interesse pubblico preponderante che giustifica il mantenimento del segreto, si possono citare i dati delle autorità di polizia, doganali e militari che riguardano la sicurezza interna o esterna della Svizzera, le informazioni concernenti la sicurezza di impianti militari o civili, le informazioni su procedimenti penali come pure i dati relativi alla politica estera e alle relazioni internazionali della Svizzera (negoziati, misure diplomatiche ecc.)9. Sono interessi privati degni di protezione le informazioni appartenenti alla sfera privata e familiare (art. 13 cpv. 1 Cost.; art. 28 del Codice civile10) come pure il segreto professionale, il segreto commerciale e il segreto di fabbrica. Tra le norme che consentono di giustificare il segreto si devono ricordare anche le disposizioni della legislazione sul personale relative al segreto d'ufficio (art. 22 della legge sul personale federale11) come pure le corrispondenti disposizioni del diritto penale (art. 320 CP).

Oltre alle disposizioni legali vi sono anche le linee direttrici elaborate dalla Conferenza dei servizi d'informazione della Confederazione (CSIC) nel gennaio 2003, che precisano i principi applicabili in materia di informazione delle autorità e regolano le competenze. Secondo le linee direttrici del CSIC, le autorità informano il pubblico in maniera attiva, oggettiva, completa e in tempo utile sul modo in cui valutano una situazione, sulle loro decisioni, sulle ragioni di queste decisioni e sui provvedimenti adottati. Due riserve sono menzionate nelle linee direttrici all'esigenza di informare: riguardano le questioni di sicurezza pubblica e i procedimenti giudiziari in corso.

Stranamente, le linee direttrici tacciono sul comportamento da adottare nei confronti di informazioni relative alla sfera privata.

Le linee direttrici non trattano la comunicazione in situazioni di crisi, disciplinata in disposizioni speciali12.

Le linee direttrici si applicano a tutti i dipartimenti. Presso il DFAE, non esistono altre disposizioni speciali.

8

9 10

11 12

Bernhard Ehrenzeller, «Öffentlichkeit der öffentlichen Verwaltung?», in: Walter R.

Schluep et al. (Hrsg.), Recht, Staat und Politik am Ende des zweiten Jahrtausends: Festschrift zum 60. Geburtstag von Bundesrat Arnold Koller, Verlag Haupt, St. Galler Studien zum Privat-, Handels- und Wirtschaftsrecht, Bern/Stuttgart/Wien, 1993, pag. 33.

Cfr. in particolare l'art. 293 del Codice penale del 21 dicembre 1937 (CP; RS 311.0) che disciplina la pubblicazione di deliberazioni ufficiali segrete.

Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907 (CC); RS 210. La protezione della sfera privata è garantita anche dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 8; RS 0.101).

Legge federale del 24 marzo 2000 sul personale federale (LPers); RS 172.220.1.

Cfr. a questo proposito l'allegato 2 «Regole e principi della comunicazione in situazioni di crisi» al rapporto adottato dal Consiglio federale il 25 giugno 2003 sulla valutazione dell'informazione della Confederazione in situazioni di crisi. Il rapporto è stato realizzato in risposta al postulato Müller (99.3076) del 16 marzo 1999.

4554

3.2

Organizzazione dell'informazione del Consiglio federale e dei dipartimenti

Sul piano organizzativo (art. 10a, 34 e 54 LOGA; art. 23 dell'ordinanza sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione13), un membro della Cancelleria federale che ha il titolo di portavoce del Consiglio federale è competente per l'informazione. Egli assicura l'informazione del pubblico su mandato del Consiglio federale e in collaborazione con i dipartimenti. Coordina e pianifica anche le attività informative tra il Consiglio federale e l'amministrazione e presiede la CSIC che riunisce regolarmente i responsabili dell'informazione dei dipartimenti.

A livello inferiore, ogni dipartimento è responsabile dell'informazione del pubblico sulla propria attività. I capi di dipartimento designano a questo effetto i responsabili dell'informazione (art. 40 LOGA).

Presso il DFAE, la responsabilità dell'informazione sul piano operativo spetta al capo dell'informazione del DFAE subordinato alla segreteria generale (art. 5 lett. c dell'ordinanza sull'organizzazione del DFAE14). Il capo dell'informazione svolge in maniera centralizzata i compiti di informazione e comunicazione nel suo ambito (art. 23 cpv. 2 OLOGA). Coordina anche le attività di informazione delle direzioni del dipartimento ­ alcune delle quali dispongono del proprio servizio d'informazione (Presenza Svizzera, Ufficio dell'integrazione, Direzione dello sviluppo e della cooperazione) ­ come pure delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero.

Il capo dell'informazione del DFAE dirige una quindicina di collaboratori, alcuni dei quali svolgono la funzione di portavoce, che garantiscono il servizio anche nei giorni festivi.

Compiti principali del servizio d'informazione sono rispondere alle domande del pubblico e dei media, provvedere alla redazione e alla diffusione dei comunicati stampa del dipartimento, gestire il sito internet del dipartimento, realizzare una rassegna stampa quotidiana e curare la redazione di diverse pubblicazioni e opuscoli.

Il servizio d'informazione si occupa anche della copertura mediatica degli avvenimenti ai quali partecipa il capo del dipartimento e delle relazioni pubbliche del DFAE.

Il capo dell'informazione è subordinato amministrativamente al segretario generale, ma risponde della sua attività al capo del dipartimento con il quale tratta direttamente e che può raggiungere in qualsiasi momento.
Dal punto di vista della formazione, il capo dell'informazione del DFAE può provenire sia dal servizio diplomatico che dal giornalismo. Non esistono regole in merito.

Al momento dei fatti che interessano la CdG-N, il capo dell'informazione del DFAE era un ex giornalista della televisione. Gli sono quindi succeduti prima un diplomatico, poi un giornalista della stampa scritta. Attualmente, il capo dell'informazione del dipartimento è nuovamente un diplomatico.

13 14

Ordinanza del 25 novembre 1998 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (OLOGA); RS 172.010.1.

Ordinanza del 29 marzo 2000 sull'organizzazione del Dipartimento federale degli affari esteri (Org DFAE); RS 172.211.1.

4555

4

Cronologia dei fatti

4.1

Eventi precedenti la pubblicazione dell'articolo del 31 marzo 2002

­

Con decisione del 25 marzo 1999, il Consiglio federale nomina Borer ambasciatore della Svizzera in Germania. Borer entra in funzione nel mese di agosto 1999.

­

Mercoledì 27 marzo 2002, alla fine del pomeriggio, il collaboratore personale del capo del DFAE è informato da un giornalista del «SonntagsBlick» di voci secondo le quali Borer avrebbe una relazione extraconiugale. La presunta amante sarebbe stata filmata dalle telecamere della Cancelleria tedesca situata accanto all'Ambasciata svizzera a Berlino. Secondo il collaboratore personale del consigliere federale Deiss, le informazioni erano molto vaghe.

Il collaboratore di Deiss raccomanda al giornalista di rivolgersi al capo dell'informazione del DFAE.

­

Giovedì 28 marzo 2002, il collaboratore personale di Deiss riferisce al capo dell'informazione del DFAE e al capo del dipartimento la conversazione del giorno precedente. Per il capo dell'informazione del DFAE, si tratta di una faccenda privata sulla quale il DFAE non deve esprimersi.

­

Venerdì 29 marzo 2002 (Venerdì santo), Borer e sua moglie lasciano Berlino alla fine del pomeriggio per trascorrere le vacanze all'isola Maurizio. La coppia giunge a destinazione la mattina di sabato 30 marzo 2002. Borer afferma di essere stato sempre raggiungibile, tranne durante il volo, sul cellulare o per il tramite del servizio di picchetto dell'Ambasciata.

­

Sabato 30 marzo 2002. Nel corso del pomeriggio il capo dell'informazione del DFAE contatta il corrispondente del «SonntagsBlick» a Palazzo federale e si informa sullo stato delle cose. Il giornalista risponde di non avere informazioni precise.

Alle 18.45, un giornalista del «SonntagsBlick» prende contatto con il capo dell'informazione del DFAE sul cellulare e gli lascia un messaggio sulla segreteria telefonica. Il capo dell'informazione, che trascorre il weekend di Pasqua in Francia, richiama il giornalista poco più tardi. Quest'ultimo gli dà indicazioni più precise sull'affare e gli dice che la presunta amante di Borer ha frequentato in passato un pregiudicato. Il giornalista chiede al capo dell'informazione del DFAE se vi è il rischio che Borer possa essere vittima di ricatto.

Il capo dell'informazione si mette immediatamente in comunicazione con il consigliere federale Deiss. I due uomini convengono di considerare questi fatti come un affare privato di Borer. Deiss desidera tuttavia che si esamini se rischiano di limitare la capacità di agire dell'ambasciatore. Deiss incarica il capo dell'informazione del DFAE di contattare Borer.

Tra le 19.15 e le 20.00, il capo dell'informazione tenta invano di raggiungere Borer sul cellulare. L'apparecchio telefonico sembra essere disattivato, cosa contestata da Borer. Il servizio di picchetto dell'Ambasciata svizzera a Berlino non è contattato.

4556

Verso le 20.00, il «SonntagsBlick» trasmette cinque domande scritte al capo dell'informazione pregandolo di rispondere immediatamente. Il capo dell'informazione, d'intesa con il capo del dipartimento, risponde come segue: 1. «L'ambasciatore Borer riceve di notte una pin-up; le visite sono registrate dalla Cancelleria federale tedesca. Il DFAE ne è a conoscenza?

Risposta del DFAE: «No» 2. L'ex convivente della donna sembra essere un delinquente già condannato. Come valuta il rischio che Thomas Borer possa essere vittima di un ricatto?

Risposta del DFAE: «Se un ambasciatore venisse a trovarsi in una situazione in cui potrebbe essere ricattabile, si dovrebbe intervenire subito. Non si devono comunque emettere giudizi affrettati, perché il rischio di sbagli e di condanne ingiuste è grande. Vogliamo prima esaminare i fatti.» 3. Le ambasciate sono i biglietti da visita del loro Paese. L'immagine della nostra rappresentanza a Berlino è ora compromessa?

Risposta del DFAE: «Anche gli ambasciatori hanno una vita privata e noi non siamo apostoli della morale. Lasciateci dunque analizzare i fatti affinché possiamo farci un'opinione ed esprimere un giudizio equilibrato.» 4. Che cosa si aspetta ora il consigliere federale Deiss dal suo «uomo» a Berlino?

Risposta del DFAE: «Una spiegazione rapida e completa dei fatti.» 5. Quante scappatelle può ancora permettersi Borer?

Risposta del DFAE: «Si deve esaminare attentamente se l'ambasciatore Borer è in qualche modo impedito nell'esercizio della sua funzione.» Il capo dell'informazione dà queste risposte senza aver potuto stabilire un contatto con Borer.

4.2 ­

Pubblicazione dell'articolo del 31 marzo 2002 Domenica 31 marzo 2002 (Giorno di Pasqua): il «SonntagsBlick» titola: «Borer e la donna nuda ­ che cosa è successo all'Ambasciata? ­ Il DFAE esige una presa di posizione». A pagina 2 e 3, il giornale rivela che nella notte del 21 marzo 2002 verso l'una Borer avrebbe ricevuto la visita di una giovane donna, che lavora come estetista in un centro commerciale. A sostegno delle sue dichiarazioni, il giornale pubblica fotografie che mostrano la giovane donna salire a bordo di una Mercedes, entrare nel garage sotterraneo dell'Ambasciata svizzera, poi uscirne. Borer non è visibile nelle foto.

Secondo l'articolo, la donna vive separata dal padre di suo figlio, un pregiudicato. L'articolo suggerisce inoltre che l'ambasciatore possa essere ricattato e che la visita intercettata dalle telecamere di sorveglianza della Cancelleria tedesca possa nuocere all'immagine della Svizzera. Il giornale riporta anche le risposte del capo del DFAE con il titolo «Deiss vuole una rapida spiegazione dei fatti».

4557

All'inizio del pomeriggio, il servizio di picchetto dell'Ambasciata svizzera a Berlino contatta Borer nella località in cui trascorre le vacanze. Borer richiama il capo dell'informazione del DFAE e si informa sul contenuto dell'articolo del «SonntagsBlick». Il capo dell'informazione gli fornisce i dettagli e lo invita a contattare il capo del DFAE. Secondo Borer, il responsabile dell'informazione non gli avrebbe detto, durante questa conversazione, che il DFAE aveva già preso posizione sulla vicenda rispondendo alle domande del «SonntagsBlick».

Verso le 17.00 (ora locale), Borer prende per la prima volta conoscenza dell'articolo del «SonntagsBlick» nel suo albergo all'isola Maurizio. Alle 18.35 (ora locale), ha un colloquio con il capo del DFAE.

Tra il DFAE e Borer si concorda la seguente strategia di comunicazione: 1. Il dipartimento ritiene che gli avvenimenti in questione riguardino la vita privata di Borer. Il DFAE appoggia e sostiene il suo ambasciatore a Berlino. Il dipartimento intende esaminare i problemi che potrebbero porre le telecamere della Cancelleria tedesca e gli antecedenti giudiziari dell'ex amico della giovane donna.

2. Borer si impegna a pubblicare una smentita, a esprimere il proprio sdegno per questa ingerenza nella sua vita privata e a esaminare l'opportunità di ricorrere alle vie legali.

Questa strategia di comunicazione non è fissata per scritto.

4.3 ­

Le smentite dell'ambasciatore In un colloquio telefonico con l'agenzia Associated Press (AP) domenica 31 marzo 2002 alla fine del pomeriggio, Borer e sua moglie definiscono l'affare «inesatto e inventato di sana pianta». Borer dice anche che la Cancelleria federale tedesca gli ha confermato che non vi sono riprese filmate dell'Ambasciata. Borer afferma di non aver ricevuto la visita della giovane donna la sera in questione.

La smentita dei coniugi Borer è ripresa il giorno stesso dall'Agenzia telegrafica svizzera (ATS) e il 1° e il 2 aprile 2002 da numerosi quotidiani.

­

4.4 ­

4558

Lunedì 1° aprile 2002 (lunedì di Pasqua): la strategia di comunicazione stabilita il giorno precedente è confermata oralmente dal DFAE e da Borer.

Seguito della campagna del «Blick» e del «SonntagsBlick» Martedì 2 aprile 2002, il «Blick» pubblica un nuovo articolo nel quale la presunta amante di Borer descrive i particolari della sua visita all'ambasciatore la notte del 21 marzo 2002. Quest'ultimo le avrebbe fatto visitare gli uffici e il suo appartamento privato. Nell'articolo, il capo dell'informazione del DFAE è citato nel modo seguente: «è una situazione sgradevole sulla quale occorre fare piena luce. Non è nell'interesse di Thomas Borer limitarsi a smentire i fatti».

Rispondendo a una domanda della «Neue Zürcher Zeitung», il capo dell'informazione del DFAE dichiara che Deiss ha avuto un colloquio con l'ambasciatore e che le affermazioni del «SonntagsBlick» non sono credibili.

Sottolinea anche che Borer gode della «fiducia assoluta» del consigliere federale15.

In un'intervista al giornale «Le Matin», Borer precisa la sua versione dei fatti e relativizza la vicenda. Secondo Borer, le accuse del «SonntagsBlick» fanno parte di una campagna stampa contro lui e contro sua moglie da parte dell'editore del «SonntagsBlick». In un riquadro, il capo dell'informazione del DFAE è citato come segue: «Faremo tutto il necessario per chiarire i fatti. (...) Se la situazione imbarazzante fosse confermata, potrebbero esserci problemi per il lavoro di Borer, cosa che vorremmo evitare. Occorrono chiarimenti immediati.» Il capo del dipartimento lascia la Svizzera la mattina del 2 aprile 2002 per un viaggio di lavoro in Asia centrale fino al 7 aprile 2002.

Alle 13.30 e alle 15.30, il capo dell'informazione del DFAE e il segretario generale contattano Borer. Qust'ultimo afferma di non essere mai stato solo con la giovane donna all'Ambasciata, ma non esclude la sua presenza all'Ambasciata quella notte, dato che anche molte altre persone potevano accedere ai locali della rappresentanza. Il segretario generale invita Borer a intentare un'azione giudiziaria per bloccare la pubblicazione di altri articoli sulla sua vita privata. Gli dice anche che farebbe bene a interrompere le sue vacanze per venire a Berna a esporre la sua versione dei fatti. Borer propone invece che il segretario generale proceda a un'audizione per telefono e allestisca un protocollo che Borer controfirmerebbe. Il segretario generale non ritiene ciò necessario. Secondo il segretario generale, Borer gli avrebbe promesso di richiamarlo in serata, senza però farlo. Il dipartimento non avrebbe potuto raggiungere Borer fino a mezzogiorno del giorno seguente.

La sera, Borer si esprime sulla questione in diversi media elettronici, attaccando personalmente l'editore del «SonntagsBlick» e del «Blick».

Alle 20.00 ha luogo a Zurigo un incontro tra il capo dell'informazione del DFAE e il caporedattore del «SonntagsBlick». Quest'ultimo spiega che il suo dossier sulla vicenda è nutrito e che vi saranno altre rivelazioni.

­

Mercoledì 3 aprile 2002, il «Blick» titola «Perché non dice la verità, signor Borer?». Il giornale afferma che la giovane donna e un fotografo confermano sotto giuramento la veridicità della visita notturna a Borer.

A una domanda della «Neue Zürcher Zeitung», il capo dell'informazione del dipartimento risponde che fino a prova contraria il DFAE non aveva motivo di dubitare della versione di Borer16.

In un altro giornale («Der Bund»), il capo dell'informazione del DFAE afferma che Borer è una «persona pubblica» e che il DFAE ha «diritto di sapere se ciò che pubblica la stampa è vero». Borer ha anche «diritto a una fiducia maggiore» di quella che si suole accordare agli articoli di stampa.

15 16

Questa dichiarazione sarà riportata anche dal «TagesAnzeiger» del 2 aprile 2002.

Questa dichiarazione sarà citata anche nelle edizioni del 3 aprile 2002 dei gionali «Le Temps», «24heures» e «La Liberté».

4559

Alle 15.30, il capo del DFAE parla per telefono con Borer e gli chiede di venire a Berna il lunedì seguente (8 aprile 2002) per un colloquio personale.

Il capo del DFAE invita ancora una volta Borer a prendere le misure legali del caso. Borer comunica di avere l'intenzione di rilasciare una dichiarazione e ne descrive il contenuto a Deiss. Quest'ultimo la ritiene inadeguata e invita l'ambasciatore a non pronunciarsi.

Alle 17.00, il segretario generale si mette in comunicazione con Borer chiedendogli di ricorrere alle vie legali o di cambiare, se del caso, la sua versione dei fatti e lo invita a venire a Berna all'inizio della settimana seguente. Il segretario generale del DFAE informa l'ambasciatore che il «Blick» ha l'intenzione di pubblicare nuovi particolari sulla sua presunta relazione extraconiugale. Contrariamente alle istruzioni del capo di dipartimento, Borer persiste nel voler pubblicare la sua versione dei fatti.

Quest'ultima appare la sera stessa. Nel documento, Borer afferma di non essere stato consultato prima della pubblicazione dell'articolo del 31 marzo 2002. Sottolinea anche che la storia in questione contiene «contraddizioni, errori e menzogne.». Borer ripete che i resoconti del «Blick» riguardano solo fatti relativi alla sua vita privata e pertanto non si esprimerà più in materia.

­

Giovedì 4 aprile 2002, il settimanale «Facts» pubblica un'intervista di Borer intitolata «Siamo vittime dei coniugi Ringier». Nell'articolo, Borer critica i metodi dell'editore del «Blick» che starebbe svolgendo una campagna destinata a rovinare la sua reputazione di ambasciatore in Germania. L'intervista non è stata autorizzata dal DFAE.

Nel «Blick», con il titolo «Signor Borer, lei mente» appare un articolo nel quale la presunta amante fornisce una nuova versione delle sue relazioni con Borer. Nel commento, il caporedattore del «Blick» accusa apertamente l'ambasciatore di mentire e esige le sue dimissioni.

La «Berner Zeitung» pubblica una prima reazione del capo del DFAE: «In linea di principio anche un ambasciatore ha diritto alla vita privata, indipendentemente dai suoi gusti».

Alle 10.00, Borer dice al segretario generale di essere pronto a prendere le misure legali promesse. Conferma di voler sporgere denuncia e chiede il nulla osta al dipartimento. Borer vuole che il DFAE dichiari pubblicamente che il caso è chiuso. Il segretario generale stabilisce con Borer la seguente strategia di comunicazione: 1. Il DFAE prende atto delle notizie stampa sulla vita privata dell'ambasciatore di Svizzera in Germania.

2. Constata che gli articoli contengono ogni giorno nuovi elementi, talvolta contradditori.

3. Spetta a Borer dimostrare la veridicità della versione dei fatti da lui fornita sinora.

4. Le dichiarazioni di Borer ai media riflettono esclusivamente la sua opinione personale. Il DFAE non le commenta.

5. Al ritorno dal suo viaggio in Asia centrale, il capo del DFAE avrà un colloquio personale con l'ambasciatore Borer.

4560

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Venerdì 5 aprile 2002, il «Blick» titola: «Il consigliere federale Deiss chiede spiegazioni all'ambasciatore Borer». Il titolo riflette il tenore dell'articolo. Il giornale si chiede se Borer abbia mentito nell'affare e lo definisce «ambasciatore bugiardo».

A una domanda della «Neue Zürcher Zeitung», il capo dell'informazione del DFAE risponde che non vuole commentare le nuove «rivelazioni» del «Blick». Dice anche che non prende posizione sulle dichiarazioni dell'ambasciatore di Svizzera dato che ritiene che spetti a Borer dimostrare la veridicità della sua versione dei fatti. Il DFAE approva l'intenzione di Borer di sporgere denuncia.

Nella «Neue Luzerner Zeitung», il capo dell'informazione del DFAE conferma che l'affare rientra nella sfera privata di Borer e che il DFAE ha detto tutto quello che c'era da dire.

L'avvocato di Borer informa per scritto il segretario generale sull'adozione di misure giuridiche. Queste misure verosimilmente non saranno prese prima della fine della settimana dato che si deve chiarire il problema del foro.

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Sabato 6 aprile 2002, il capo del DFAE risponde al giornale «Le Temps» che i fatti riferiti dai media concernono «... eventi relativi alla sfera privata.

Da questo punto di vista non spetta al datore di lavoro ­ cioè al dipartimento da me diretto ­ esprimere giudizi o intraprendere azioni. (...) Per pronunciarmi devo potermi basare su informazioni sicure. Se non ne ho, non faccio nessun commento». E si domanda anche «se un episodio di questo genere meriti veramente di diventare nel giro di pochi giorni un affare nazionale». Il capo del DFAE aggiunge di aver incaricato il segretario generale del dipartimento di preparargli un rapporto sugli avvenimenti.

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Domenica 7 aprile 2002, la «SonntagsZeitung» titola «Il dipartimento Deiss ha fatto cadere Borer in una trappola». Il «SonntagsBlick» pubblica un articolo sulle presunte scappatelle di Borer nei bar di Berlino.

Verso mezzogiorno, Deiss è di ritorno a Berna in provenienza dall'Asia centrale. Il segretario generale del DFAE lo informa della situazione e del fatto che Borer non ha intrapreso provvedimenti giuridici né adottato misure provvisorie.

Poco dopo, la AP cita il capo dell'informazione del DFAE secondo il quale il capo del DFAE intende incontrare Borer per parlare di una questione di natura privata. Secondo il capo dell'informazione, Deiss «non tarderà a farlo».

Verso le 16.00, il segretario generale comunica a Borer che il capo del DFAE ha deciso di incontrarlo la mattina seguente.

In serata, il capo del DFAE è a Ginevra dove partecipa a una trasmissione della televisione romanda. Interrogato sulle rivelazioni del «SonntagsBlick», il capo del DFAE ripete che l'affare rientra nella sfera privata di Borer e che il dipartimento esaminerà se l'ambasciatore possa continuare a svolgere il suo incarico a Berlino.

4561

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Lunedì 8 aprile 2002, alle 11.00, il capo del DFAE è informato dettagliatamente dell'affare dai suoi collaboratori. Decide di incontrare Borer il più rapidamente possibile. Alle 12.00, il segretario generale dà a Borer l'ordine di tornare a Berna e precisa che le spese di viaggio saranno assunte dal dipartimento. Il segretario generale comunica a Borer che il «Blick» dispone di ulteriore materiale contro di lui (lista delle comunicazioni telefoniche e degli SMS scambiati da Borer con la giovane donna, ecc.).

Alle 17.00, Borer comunica al segretario generale che non potrà essere a Berna prima di mercoledì sera, cioè il 10 aprile 2002, perché tutti i voli sono esauriti. Il segretario generale dice che il capo del DFAE ci tiene a vedere Borer prima della seduta del Consiglio federale di mercoledì 10 aprile 2002.

Secondo il segretario generale del DFAE, questa richiesta del capo del DFAE aveva valore di ordine, cosa contestata da Borer che afferma di non aver ricevuto nessun ordine scritto.

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4.5 ­

Martedì 9 aprile 2002, alle 16.00, il consigliere federale Deiss parla per telefono con Borer. Il capo del dipartimento suggerisce un accordo di compromesso; chiede a Borer di mettere a disposizione il posto e gli propone in contropartita un nuovo incarico entro la fine dell'estate. Borer rifiuta la proposta del capo del DFAE.

Richiamo dell'ambasciatore, dimissioni e epilogo Mercoledì 10 aprile 2002, l'editore del «Blick» prende posizione sull'affare in un'intervista pubblicata nel giornale. Afferma che Borer «se l'è cercata» e ammette al tempo stesso che il «Blick» e il «SonntagsBlick» hanno mentito.

Verso mezzogiorno, in occasione della conferenza stampa del Consiglio federale, il capo del DFAE annuncia che il Consiglio federale ha deciso di richiamare a Berna l'ambasciatore della Svizzera in Germania con effetto al 30 aprile 2002. Il capo del DFAE giudica che «in questa situazione Borer non abbia più la credibilità e la serenità per svolgere il proprio incarico in maniera efficace».

Il consigliere federale ribadisce che la vita privata di un ambasciatore non lo riguarda a condizione che essa non impedisca all'ambasciatore di svolgere il suo compito. La decisione del Consiglio federale è indipendente dalla veridicità o meno della presunta relazione dell'ambasciatore. Il capo del DFAE deplora la mancanza di cooperazione dell'ambasciatore e il suo rifiuto di venire a Berna a dare spiegazioni.

Lo stesso giorno, su proposta del DFAE, il Consiglio federale decide di modificare la struttura della segreteria generale del dipartimento e di nominare un nuovo segretario generale. L'entrata in vigore delle modifiche è prevista il 1° giugno 2002. Per quanto riguarda l'ex segretario generale, il comunicato dice che «assumerà prossimamente nuove funzioni».

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4562

Giovedì 11 aprile 2002, la Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (CPE-S) discute con il capo del DFAE e i suoi collaboratori sull'affare Borer. La maggioranza della Commissione si dichiara soddisfatta

delle spiegazioni fornite dal DFAE e considera giustificata la decisione di richiamare l'ambasciatore a Berna.

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Domenica 28 aprile 2002: in un articolo della «SonntagsZeitung», l'ambasciatore annuncia le sue dimissioni a fine aprile 2002. Dice di essere dispiaciuto per la «la mancanza di sostegno e di lealtà» da parte del DFAE.

In una breve dichiarazione, riportata il giorno dopo da «Le Temps», il capo del DFAE respinge «questi rimproveri che considero inaccettabili. Anche se Borer mi ha nascosto la verità su punti essenziali, gli ho espresso pubblicamente la mia fiducia. Pur avendo ricevute istruzioni precise, Borer non le ha seguite. Anche se la collaborazione con Borer era peggiorata, gli ho proposto una soluzione favorevole che lui non ha accettato. Con il suo comportamento, Borer si è mostrato sleale nei miei confronti, nei confronti del dipartimento e del Consiglio federale.»

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Lunedì 29 aprile 2002, il capo del DFAE è ascoltato dalla CPE-N.

Quest'ultima approva le misure prese dal DFAE e ritiene «del tutto giustificata» la decisione del Consiglio federale di richiamare l'ambasciatore.

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Mercoledì 1° maggio 2002, il portavoce del Consiglio federale annuncia che il Governo ha accettato la domanda di dimissioni di Borer con effetto immediato.

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Domenica 14 luglio 2002: il «SonntagsBlick» titola a caratteri cubitali «SCUSA!». Nell'articolo, l'editore del giornale esprime il proprio rammarico per il trattamento giornalistico dell'affare e per la violazione della sfera privata dei coniugi Borer. Si apprende inoltre che l'editore e Thomas Borer hanno trovato un accordo in via amichevole e che di conseguenza tutte le procedure pendenti o previste dalle due parti sono diventate caduche. È stato anche convenuto che la casa editrice risarcisca finanziariamente Borer e sua moglie per il danno subito.

5

Constatazioni e valutazioni della Commissione della gestione

5.1

Politica di informazione e di comunicazione del DFAE durante gli eventi della primavera 2002

Due persone hanno svolto un ruolo essenziale nell'ambito dell'attività informativa del DFAE durante gli eventi della primavera 2002: il capo dell'informazione del dipartimento da una parte e il capo del dipartimento dall'altra. Anche il segretario generale del DFAE e il consigliere personale di Deiss erano coinvolti nell'affare, ma non hanno svolto una funzione diretta in materia di informazione, cosa che del resto non faceva parte delle loro competenze.

Il capo dell'informazione del DFAE è stato molto presente all'inizio, principalmente tra il 28 marzo e il 7 aprile 2002; successivamente è stato il capo del dipartimento a informare sul tema.

4563

5.1.1

Ruolo del capo dell'informazione del DFAE

Il capo dell'informazione del DFAE era a conoscenza già il 28 marzo 2002, cioè alla vigilia del weekend di Pasqua, dell'intenzione del «SonntagsBlick» di pubblicare un articolo su Borer. D'intesa con il capo del dipartimento, è stato deciso di non dare peso alle informazioni ricevute, considerate «inverosimili» secondo una delle persone interrogate. Borer non era informato neppure sull'inchiesta del «SonntagsBlick».

Come affermato da una delle persone ascoltate dalla Commissione: «C'era un'inchiesta ogni due settimane e si sentiva dire che questo o quell'aspetto della vita professionale e della vita privata di Borer sarebbero stati oggetto di un articolo. Se lo avessimo contattato ogni volta, Borer ci avrebbe accusato di cercare sistematicamente di intrappolarlo con storie montate.» Nel corso della giornata del 30 marzo 2002, diversi contatti hanno avuto luogo tra il «SonntagsBlick» e il capo dell'informazione. Per quest'ultimo, diventa sempre più chiaro che il giornale ha l'intenzione di pubblicare il giorno dopo un articolo sull'ambasciatore. Il capo dell'informazione del DFAE decide allora, d'intesa con il capo del dipartimento, di rispondere alle domande del «SonntagsBlick», che saranno pubblicate nell'articolo del 31 marzo 2002. Successivamente, soprattutto tra il 31 marzo e il 7 aprile 2002, prende diverse volte posizione sulla vicenda rispondendo alle domande di giornalisti.

Per la CdG-N, il capo dell'informazione del DFAE ha ripetutamente dimostrato scarsa abilità nella gestione dell'informazione. La gaffe più importante è stata rispondere alle domande del «SonntagsBlick» il 30 marzo 2002 senza aver contattato Borer e ignorando il contenuto preciso dell'articolo e delle fotografie. Non essendo al corrente dei fatti rimproverati a Borer, il capo dell'informazione ha alimentato con i suoi commenti le speculazioni del giornale e le ha in un certo senso convalidate privando contemporaneamente il dipartimento e Borer della possibilità di attuare una politica di informazione coordinata.

Secondo la CdG-N, non vi erano motivi impellenti per rispondere alle domande del giornale. In ogni caso, sarebbe stato meglio attendere la pubblicazione dell'articolo e chiarire nel frattempo, con Borer o con l'incaricato d'affari a Berlino, i problemi considerati delicati dal dipartimento (portata delle
telecamere di sorveglianza della Cancelleria tedesca, eventualità di un rischio di ricatto). In questo modo il dipartimento avrebbe guadagnato tempo per poter poi precisare i fatti in maniera completa e infine valutare la situazione con fondatezza.

Un simile comportamento sarebbe stato corretto anche nei confronti di Borer conformemente al principio in base al quale si devono ascoltare le parti in causa prima di formulare qualsiasi commento («audiatur et altera pars»). È vero che vi è spesso un conflitto fondamentale tra la volontà di informare e la necessità di proteggere la sfera privata. Qualunque sia la situazione, non è ammissibile pubblicare gravi accuse contro una persona senza darle la possibilità di esprimersi. Questo obbligo vale sia per le autorità che per i media. Il fatto che la persona implicata ami la pubblicità non significa che tolleri qualsiasi ingerenza nella sua vita privata.

Per la CdG-N, il capo dell'informazione non può giustificare l'inadeguatezza delle sue risposte con l'effetto «sorpresa». Infatti, da due giorni era a conoscenza, almeno nelle grandi linee, delle principali accuse e avrebbe avuto ampiamente il tempo di contattare Borer prima di rilasciare dichiarazioni.

4564

La Commissione non si spiega la rapidità ­ per non dire la precipitazione ­ con la quale il capo dell'informazione del DFAE ha reagito alle domande del «SonntagsBlick». Questo comportamento è tanto più sorprendente in quanto il DFAE aveva deciso due giorni prima di ignorare l'affare, considerandolo parte della sfera privata dell'ambasciatore. La Commissione non comprende neppure come mai il capo dell'informazione del DFAE abbia preso l'iniziativa di contattare il giornale nel pomeriggio del 30 marzo 2002 dando l'impressione che il dipartimento si preoccupasse della vicenda più di quanto voleva ammettere.

La Commissione ritiene che il comportamento del capo dell'informazione il 30 marzo 2002 abbia dato importanza all'avvenimento confermandone implicitamente la gravità, abbia condizionato, in gran parte, la successione degli eventi e abbia suscitato l'impressione che l'ambasciatore della Svizzera a Berlino costituisse un problema serio. È altresì vero che l'affare presentava tutti gli ingredienti necessari per redigere un articolo scandalistico: un diplomatico, una donna fatale, un pregiudicato, il possibile ricatto ecc.

Nei giorni seguenti la pubblicazione dell'articolo del «SonntagsBlick», quando era ormai chiaro che i presunti eventi concernevano esclusivamente la sfera privata e non erano di natura tale da intralciare Borer nell'esercizio della sua funzione, il capo dell'informazione del DFAE ha continuato a rilasciare dichiarazioni che lasciavano credere che il dipartimento fosse interessato a chiarire la faccenda.

Per la CdG-N, le spiegazioni fornite dal capo dell'informazione del DFAE nei giorni successivi alla pubblicazione dell'articolo hanno contribuito ad aumentare la confusione e dato un'immagine negativa alla politica di informazione del DFAE. Non si può infatti affermare, da un lato, che la presunta relazione extraconiugale di Borer faccia parte della vita privata e non riguardi nessuno ­ neppure il dipartimento ­ e, dall'altro, esigere pubblicamente spiegazioni perché è in gioco la reputazione della Svizzera. Mettendo in relazione la problematica della morale coniugale (ammesso che fosse lecito parlare di attentato) e l'immagine della Svizzera all'estero e ripetendo a più riprese che i fatti dovevano essere chiariti, il capo dell'informazione del DFAE ha suscitato l'impressione che
l'affare avesse comunque una dimensione politica e fosse pertanto di pubblico interesse17.

Per la CdG-N, con i suoi commenti il capo dell'informazione del DFAE ha stigmatizzato l'informazione e ha conferito alla vicenda, più o meno consapevolmente, una dimensione ufficiale e di interesse pubblico inesistente.

La Commissione ritiene che il capo dell'informazione avrebbe dovuto, una volta per tutte, esprimere chiaramente e pubblicamente la posizione del dipartimento sul problema, senza rilasciare ulteriori dichiarazioni. Nella fattispecie, l'intenzione legittima del capo dell'informazione di comunicare in maniera attiva e aperta è diventata controproducente e ha contribuito indirettamente a complicare il caso invece che a ridimensionarlo. Cercando di «mitigare» le informazioni del «SonntagsBlick» e del «Blick», il responsabile dell'informazione del DFAE se ne è fatto interprete contribuendo così a ingigantire il problema.

17

Cfr. su questo punto l'affermazione del consigliere federale Moritz Leuenberger in un'intervista pubblicata contemporaneamente in «Le Temps» e nella «MittellandZeitung» il 15 aprile 2002: «Ciò che il portavoce del DFAE dice, è di interesse pubblico.

Altrimenti non dovrebbe parlare.»

4565

5.1.2

Ruolo del capo del DFAE

Il capo del dipartimento si è espresso pubblicamente sugli avvenimenti solo dopo alcuni giorni. Infatti, si deve aspettare l'articolo della «Berner Zeitung» del 4 aprile 2002 per conoscere la sua opinione personale sulla vicenda. Questa posizione è precisata qualche giorno dopo nell'intervista pubblicata da «Le Temps» e dall'«Aargauer Zeitung» il 6 aprile 2002.

Nelle varie prese di posizione, il capo del DFAE basa il suo argomento sul diritto di Borer al rispetto della sfera privata. Il messaggio del capo del DFAE resta chiaro e costante: il DFAE rispetta la vita privata dei suoi dipendenti nella misura in cui essa non impedisce loro di svolgere il loro incarico. Ciò vale indipendentemente dal rango e dalla funzione della persona.

Per la CdG-N, Deiss ha informato in maniera oggettiva e ponderata. Il suo messaggio è restato immutato. Egli si è guardato dal fare commenti e ha evitato i toni patetici. Così facendo, Deiss ha rispettato la strategia di comunicazione convenuta il primo giorno.

Dopo la decisione del Consiglio federale di richiamare l'ambasciatore a Berna, il capo del dipartimento ha fornito le spiegazioni del caso ricordando che la decisione non aveva niente a che fare con la vita privata di Borer, ma piuttosto con il suo comportamento nella ricerca di una soluzione. Dato che l'ambasciatore si è opposto alle richieste del capo del dipartimento e non ha seguito alcune istruzioni, il capo del DFAE non ha avuto altra scelta che proporre al Consiglio federale il suo richiamo.

In occasione della conferenza stampa del 10 aprile 2002, il consigliere federale ha spiegato le ragioni che hanno portato alla decisione del Consiglio federale. Sul piano dell'informazione, il momento della comunicazione della decisione non era ben scelto perché contribuiva a confermare l'impressione che il Consiglio federale avesse ceduto alle pressioni della stampa scandalistica. In realtà, la decisione era necessaria perché permetteva al capo del DFAE di ristabilire la sua autorità e di porre fine alla campagna mediatica.

In linea di principio l'informazione del 10 aprile 2002 sul richiamo dell'ambasciatore non dà adito a critiche; la comunicazione ­ lo stesso giorno ­ della nomina di un nuovo segretario generale è stata invece poco opportuna. La contemporaneità delle due informazioni ha suscitato l'impressione
che la sostituzione del segretario generale fosse in qualche modo legata all'affare Borer, ciò che non era vero. Infatti, la riorganizzazione della segreteria generale del DFAE era già prevista da lunga data e il trasferimento del segretario generale all'estero era già stato deciso dal Consiglio federale il 28 marzo 2002, cioè prima dell'affare Borer.

5.2

Conclusioni sulla gestione dell'informazione da parte del DFAE

L'obiettivo della Commissione era stabilire come il DFAE avesse gestito l'affare Borer sul piano dell'informazione e della comunicazione e valutare le misure prese in questo ambito.

Sulla base delle sue indagini, la CdG-N giunge alla conclusione che l'informazione e la comunicazione non sono state gestite correttamente. Ciò si spiega in primo luogo con le parole inappropriate del capo dell'informazione del DFAE nel suo commento 4566

del 30 marzo 2002, ma anche con le differenze, sia di contenuto che di forma, dei messaggi che i vari attori hanno cercato di trasmettere.

Deiss ha insistito sin dall'inizio sul rispetto della vita privata di Borer, non ha fatto commenti ed è restato soggettivo; il capo dell'informazione del DFAE invece ha continuamente rilasciato dichiarazioni e «osservazioni polemiche». L'ambasciatore da parte sua non si è attenuto alla strategia di informazione proposta dal DFAE.

Inizialmente ha reagito con smentite alle rivelazioni della stampa scandalistica, poi ha portato il dibattito sul piano personale, criticando diverse persone. Il succedersi di queste comunicazioni ha creato confusione e ha contribuito alla piega presa dagli eventi e ad alimentare la discussione nei media.

La cattiva gestione dell'informazione si spiega anche con un concorso di circostanze sfavorevoli che ne hanno reso difficile il coordinamento. Infatti, la distanza geografica dei protagonisti e l'impossibilità di parlarsi faccia a faccia hanno creato difficoltà di comunicazione che sono state sottovalutate.

Anche se è chiaro che l'informazione non è stata gestita adeguatamente, è importante rilevare che per il dipartimento l'affare ha avuto un impatto limitato e di breve durata. In nessun caso ha rappresentato una situazione di crisi come si è cercato di far credere18. A prescindere dal rapido susseguirsi degli eventi e dalla critica spietata dei media, il DFAE ha continuato a funzionare normalmente e non ha dovuto adottare nessun provvedimento straordinario per gestire il caso.

Secondo la CdG-N, il caso Borer ha avuto un impatto mediatico sproporzionato rispetto alla sua importanza effettiva e all'interesse generale. La vasta copertura mediatica attribuita ha fatto passare per una crisi ciò che, in definitiva, non era che una delle notizie di cronaca. Gli eventi hanno avuto un impatto mediatico importante in Svizzera, ma minore all'estero, in particolare in Germania, dove i commenti si sono concentrati piuttosto sulla persona dell'ambasciatore che non sulla Svizzera.

Questo esempio mostra tuttavia che una situazione tutto sommato assai banale, se non è gestita correttamente a livello di informazione, può superare il quadro degli eventi e dare luogo a una specie di crisi. In questo caso, la crisi non è l'origine del problema,
bensì la conseguenza.

La CdG-N ritiene che per una valutazione equa non si giudichino unicamente gli errori di informazione, certamente riprovevoli, del DFAE in questa vicenda, ma che si mettano gli errori in relazione con i molti compiti importanti che un dipartimento è destinato a gestire quotidianamente. Si ricorderà infatti che nello stesso periodo, il 18

Si deve qui precisare che cosa si intende per crisi. Le definizioni variano molto a seconda dei punti di vista. In linea di principio, si devono distinguere due casi (cfr. anche il rapporto adottato dal Consiglio federale il 25 giugno 2003 sulla valutazione dell'informazione della Confederazione in situazioni di crisi): a. La crisi esistenziale che riguarda un grave disguido o guasto che minaccia direttamente i beni e la vita di singole persone (catastrofi naturali, incidente tecnologico grave, situazione di guerra, attacchi terroristici, epidemie, contaminazione di origine industriale ecc.). In questo contesto, la crisi comporta una dimensione di minaccia, urgenza e incertezza esistenziale.

b. La crisi politica, nella quale non sono minacciati i beni e la vita di singole persone, ma dalla quale sono toccate le istituzioni che non riescono a padroneggiare la situazione con i mezzi abituali. Si tratta spesso di eventi che riguardano interessi cruciali della Svizzera, che non sono prevedibili e che sono molto complessi. È stato il caso ad esempio per il cosiddetto affare delle schede, per la crisi dei fondi in giacenza e per il crollo di Swissair.

4567

DFAE ha dovuto affrontare l'assassinio a Hebron di un'osservatrice svizzera della TIPH (Temporary International Presence in the City of Hebron) e una situazione estremamente tesa in Israele.

Va sottolineato che in altre circostanze, il capo dell'informazione del DFAE ha gestito egregiamente situazioni assai critiche, in cui erano coinvolti cittadini svizzeri, come, in particolare, il dirottamento di un aereo indiano in Afghanistan il giorno di Natale 1999 o gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti.

Sulla base di un caso singolo non si può pertanto esprimere un giudizio definitivo sul lavoro del capo dell'informazione del DFAE.

La CdG-N deplora le condizioni, cioè il contesto emotivo e la vasta copertura mediatica, in cui si è svolto l'affare Borer e le conseguenze personali che ha avuto per le differenti persone implicate.

5.3

Osservazioni sul comportamento dei media

La Commissione non aveva l'incarico di valutare il ruolo svolto da singoli media nell'affare Borer. Questa mancanza di commenti non significa tuttavia dare carta bianca ai media che hanno sollevato il caso e che, con il loro comportamento, hanno violato la sfera privata di Borer e le regole deontologiche del giornalismo. In una società democratica, simili travalicamenti sono inaccettabili e sono stati d'altronde criticati dal Consiglio svizzero della stampa19.

Se da un lato si può deplorare ciò che ha fatto una certa stampa scandalistica, dall'altro la Commissione è anche preoccupata perché numerosi altri quotidiani hanno riportato le informazioni del «SonntagsBlick». Questa prassi è altrettanto grave e denota la rivalità che esiste tra le redazioni che non possono più permettersi di non commentare informazioni già fornite dalla concorrenza. Agendo in questo modo, i media cedono a una forma di conformismo in contrasto con il principio dell'informazione pluralistica.

Non si tratta qui di fare d'ogni erba un fascio per quanto riguarda i giornali scandalistici e quelli il cui obiettivo principale consiste nel presentare e spiegare l'attualità.

L'affare Borer ha portato a travalicamenti che lasciano presumere una perdita di valori deontologici. Simili errori devono essere evitati altrimenti si corre il rischio di discreditare tutta la categoria professionale.

La Commissione si è pertanto chiesta se si dovevano rafforzare le misure di disciplina della stampa20. Secondo alcuni specialisti consultati dalla Commissione è necessario modificare il quadro legislativo rafforzando le disposizioni sulla responsabilità degli editori e quelle relative alla protezione della vita privata e prevedere la costituzione di una rete o di una autorità di regolamentazione statale. Secondo altri, i mec19

20

Il 5 dicembre 2002, il Consiglio svizzero della stampa ha criticato il «SonntagsBlick» e il «Blick» per come avevano informato sull'affare. Secondo il Consiglio della stampa, gli articoli pubblicati, in particolare quello del 31 marzo 2002, violavano la vita privata e intima dei coniugi Borer. Non vi era nessun interesse pubblico, neppure a titolo eccezionale, per un'informazione simile né era possibile derivarne uno dalla presunta eventualità di ricatto (cfr. presa di posizione n. 62/2002 del Consiglio della stampa).

Per una panoramica sui diversi aspetti teorici e pratici della regolamentazione dei media, cfr. Manuel Puppis, Matthias Künzler et alii «Selbstregulierung und Selbstorganisation», Institut für Publizistikwissenschaft und Medienforschung (IPMZ)/Zentrum für Informations- und Kommunikationsrecht (ZIK), Zurigo, marzo 2004.

4568

canismi di autoregolamentazione esistenti in seno alla stampa (Consiglio della stampa21, servizi di mediazione, Carta redazionale ecc.) bastano e il quadro legislativo esistente per evitare gli abusi22 è adeguato. In questo contesto si ricorda che la Risoluzione n. 1165 (1998) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sul diritto al rispetto della vita privata, adottata il 26 giugno 1998 in seguito all'incidente che ha causato la morte della principessa del Galles, invita i Governi degli Stati membri, fra cui la Svizzera, a «incoraggiare le associazioni professionali che rappresentano i giornalisti a elaborare determinati criteri che condizionano l'accesso alla professione, come pure norme di autoregolamentazione e codici deontologici del giornalismo».

La Commissione ritiene assolutamente sufficienti gli strumenti esistenti e inutile e inopportuno proporre misure statali di disciplina della stampa23. Tali misure limiterebbero l'autonomia della creazione giornalistica, ciò che non è auspicabile in una società democratica. La CdG-N ricorda che la libertà dei media (art. 17 Cost.) non può essere attuata senza l'assunzione di responsabilità sociali e che l'esercizio di tale libertà comporta anche obblighi. In una società democratica non è accettabile che, come nel caso Borer, la stampa scandalistica si arroghi il diritto di giudicare la vita privata dei cittadini, indipendentemente dal fatto che si tratti di personalità pubbliche o meno. Anche se permettono di aumentare le vendite, gli ingredienti del «sex, crime and human interest» cioè i pettegolezzi sull'intimità di personaggi pubblici, le descrizioni dettagliate di affari criminali o le rivelazioni su sordidi fatti di cronaca non contribuiscono a migliorare la qualità del lavoro giornalistico né ad arricchire il dibattito di interesse generale.

Per questo motivo la Commissione fa appello all'etica professionale dei giornalisti, delle redazioni, delle imprese attive nel settore della stampa e delle associazioni professionali affinché si dotino di norme di autoregolamentazione. Tali norme non solo devono essere applicabili, ma anche applicate e chi le viola deve essere punito.

Tutti i media devono conoscere le misure da adottare in caso di errori ed avere il coraggio di parlarne ad alta voce.

In questo contesto, è importante che i
professionisti dei media riflettano anche sulle costrizioni commerciali e concorrenziali che pesano sul settore e hanno un impatto diretto sulla qualità della prassi giornalistica. La vocazione della stampa di svolgere un ruolo democratico non è infatti sempre in sintonia, per quanto riguarda gli obiettivi e la prassi, con gli obiettivi di redditività delle imprese attive nel settore. Ne

21 22

23

Cfr. per esempio la «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista» del Consiglio svizzero della stampa del 21 dicembre 1999.

Per quanto riguarda le violazioni della protezione della responsabilità, cfr. in particolare gli art. 28 segg. CC, entrati in vigore il 1° luglio 1985, e gli art. 173 CP (diffamazione), 174 CP (calunnia) e 177 CP (ingiuria). Per una presentazione esaustiva dei differenti strumenti di regolamentazione statale dell'informazione e della comunicazione, cfr. Denis Barrelet, «Droit de la communication», Staempfli Editions SA, Berna, 1998, in particolare n. 998 segg. pag. 287 segg. (diritto penale), n. 1265 segg. pag. 369 segg. (diritto civile), n. 1521 segg. pag. 437 (legislazione sulla protezione dei dati), n. 1562 segg. pag. 452 segg. (concorrenza sleale) e n. 1633 segg. pag. 473 (diritto dei cartelli).

Un'iniziativa parlamentare della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale, datata del 3 luglio 2003, «Media e democrazia» mira a incoraggiare la diversità e l'indipendenza dei media e in particolare della stampa (FF 2003 4629).

4569

risultano tensioni costanti che le misure deontologiche devono imperativamente contribuire a risolvere24.

6

Considerazioni di carattere generale sul paesaggio mediatico

6.1

Introduzione

La politica di informazione delle autorità mira, in tempi normali come in tempi di crisi, a informare il pubblico e i media sull'attività dello Stato e a spiegare i motivi delle decisioni prese dalle autorità. Queste informazioni contribuiscono alla trasparenza dell'amministrazione e alla formazione dell'opinione dei cittadini25. Di conseguenza, l'informazione è diventata una necessità irrinunciabile della politica dello Stato.

Anche se esigono delle autorità un'informazione aperta e regolare, la Costituzione federale e la legge non contengono un diritto soggettivo del pubblico, né a fortiori dei media, di ottenere informazioni su tutte le attività delle autorità e dei loro funzionari. Ciò significa che le autorità dispongono in questo ambito di una libertà di valutazione e di azione molto grande. Nella prassi, la situazione è differente e le autorità non sono sempre libere di decidere quando, in che modo e su cosa informare. Non è infatti raro che la lista delle domande a cui rispondere sia dettata dai media e non dalle autorità. Il confronto tra la logica dei media e quella delle autorità crea sempre più spesso problemi che devono essere analizzati.

6.2

Ritmi e registri di informazione

È già stato detto che il DFAE, nell'affare esaminato dalla CdG-N, non avrebbe dovuto rispondere, il sabato di Pasqua, alle domande del giornalista del «SonntagsBlick» senza aver verificato la versione dei fatti dal principale interessato. Nel caso concreto, il DFAE ha ceduto alle pressioni del giornalista.

L'esempio è rivelatore di una situazione che si presenta assai di frequente nelle relazioni fra i media e le autorità. I rappresentanti dei media si aspettano molto spesso dalle autorità risposte immediate a tutte le loro domande, pronte per essere stampate prima ancora che le autorità abbiano avuto il tempo di analizzare il problema. I termini impartiti per commenti e dichiarazioni sono in genere estremamente corti. Ciò è dovuto alle caratteristiche proprie dei media (tecniche, modalità di produzione, costrizioni commerciali ecc.) o si spiega con il timore dei giornalisti che le loro inchieste esclusive siano scoperte dalla concorrenza. Da parte loro, tardando a rispondere le autorità sanno di correre il rischio che le loro dichiarazioni non siano pubblicate. Nel peggiore dei casi, il ritardo si ripercuote contro di loro: è interpretato 24

25

Cfr. tra altri, Daniel Cornu, «La déontologie entre l'évolution des pratiques, la sédimentation des idées reçues et la permanence des valeurs. Journalisme et objectifs commerciaux», Questions de journalisme, Neuchâtel, 2002 (www.unine.ch/journalisme/questions).

Cfr. per maggiori dettagli, il punto 2 del rapporto del 29 maggio 1997 della Commissione della gestione del Consiglio nazionale. Attività informativa del Consiglio federale e dell'Amministrazione federale in situazioni straordinarie (FF 1997 III 1291).

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come incompetenza, anzi come volontà di nascondere qualche cosa o di sottrarsi alle loro responsabilità.

Questa situazione è sintomatica per la contraddizione permanente tra il tempo mediatico e il tempo politico. Nei media prevalgono sempre più l'istantaneità, l'urgenza e l'ubiquità a scapito dell'analisi e della riflessione. Dato che oggi il valore commerciale di un'informazione è proporzionale alla velocità con la quale essa è diffusa, non è raro che la volontà di pubblicare in esclusiva trionfi sulla necessità di verificare e di analizzare. Questa evoluzione è diventata ancora più marcata con l'avvento del multimedia e il formidabile sviluppo di Internet che funzionano in tempo reale e in permanenza. Ciò ha modificato in modo radicale le condizioni di diffusione e di accesso all'informazione. La rapidità si trasforma in uno strumento di potere nell'ambito della lotta concorrenziale dei media, ma anche nei confronti delle autorità, che sono molto spesso chiamate a reagire immediatamente ai temi proposti26.

Il ritmo politico è invece molto più lento. L'attività politica richiede distanza, riflessione, disamina; ha regole di funzionamento e procedure (sistema di concordanza, collegialità, rispetto delle minoranze, federalismo, presa in considerazione degli interessi a lungo termine ecc.) che esigono pazienza, serenità e rigore «per consentire alle passioni di placarsi e alla ragione di imporsi»27.

Lo scontro di queste due concezioni del tempo solleva un problema importante per le autorità indipendentemente dalle dimensioni e dalla qualità del loro servizio di informazione. Ne deriva un campo di tensione permanente.

Per la CdG-N, le autorità non potranno mai ­ e non è del resto il loro ruolo ­ rivaleggiare in velocità con i media senza cadere nella precipitazione. Nell'epoca della società dell'informazione e della comunicazione istantanee, l'impazienza dei media e la volontà di privilegiare l'istantaneità sono sicuramente comprensibili, ma non sono i soli criteri ai quali deve rispondere l'informazione ufficiale. Altrimenti, le autorità corrono il rischio di informare in modo incoerente o poco preciso, cosa che non mancherebbe di sollevare altri problemi. A parte le situazioni di crisi reali (catastrofi ecc.), nell'ambito delle quali la capacità di rispondere rapidamente alle preoccupazioni
della popolazione sono essenziali, la Commissione ritiene che l'informazione delle autorità debba privilegiare la verità, la precisione e la riflessione piuttosto che la rapidità.

Non è solo a livello di costrizioni temporali che i media procedono da una logica differente da quella delle autorità in materia di informazione. Anche la forma, il trattamento e il contenuto dei messaggi sono molto diversi.

I media svolgono un ruolo eminente nella società democratica. Hanno in particolare il compito di divulgare, nel rispetto dei loro doveri e delle loro responsabilità, informazioni e opinioni su tutte le questioni di interesse generale28 e di permettere, in questo modo, un certo controllo delle attività dello Stato.

26 27 28

Cfr. in particolare Pierre Zémor, «La communication publique», Presses Universitaires de France, collection «Que sais-je?», seconda edizione, Parigi, 1995, pag. 107.

Ignacio Ramonet, «La tyrannie de la communication», Gallimard, collection «folio actuel», Parigi, 2002, pag. 132.

Cfr. la sentenza del 24 febbraio 1997 (§ 3) della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso De Haes e Gijsels c. Belgio. Cfr. anche la sentenza del 21 gennaio 1999, (§ 45) Fressoz e Roire c. Francia e la sentenza del 25 giugno 2002 (§ 55) Colombani e altri c. Francia.

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L'inchiesta giornalistica ha spesso per oggetto l'evento inatteso che scombussola il normale svolgimento e funzionamento dell'amministrazione. In tali casi, l'accento è messo sul disaccordo tra un direttore d'ufficio e un subordinato, sui conflitti in seno al governo, sul fallimento di un progetto sottoposto a votazione popolare, sulla pubblicazione di un rapporto destinato a restare confidenziale, sulla rivelazione di irregolarità negli affari pubblici ecc.

La stampa scandalistica si spinge ancora più lontano29. Cerca a tutti i costi la notizia sensazionale servendosi della «polarizzazione», della «teatralizzazione» e della «personificazione». Utilizza sia il registro emotivo, sia il genere triviale o il partito preso cercando sempre di attirare l'attenzione del lettore. Spesso l'informazione è presentata in maniera suggestiva o scioccante e si concentra sulle persone. Il linguaggio utilizzato è quello della semplificazione o addirittura dell'esagerazione o della provocazione. Fatti complessi sono spesso semplificati e capita frequentemente che le immagini e i titoli siano molto più importanti del contenuto. Sono diffuse informazioni fugaci che devono colpire immediatamente il lettore ed essere rapidamente dimenticate.

Le informazioni fornite dalle autorità sono di tutt'altra natura sia per il contenuto che per la forma. Servono a far conoscere fatti e avvenimenti di interesse generale; tali informazioni devono essere chiare, veritiere, complete e, nella misura del possibile, oggettive30. Le informazioni ufficiali non ricorrono al registro emotivo, ma si rivolgono alla capacità di ragionamento del destinatario per permettergli di farsi un'opinione nel dibattito civico. Gli argomenti sono razionali ed esposti in modo chiaro, differenziato e oggettivo. Per l'autorità, i fatti e l'argomentazione prevalgono sull'aspetto emotivo.

Formalmente, la politica di informazione delle autorità non è pertanto molto spettacolare e lascia poco spazio, salvo rare eccezioni, alla personalizzazione degli attori.

6.3

Alcune regole di comportamento dell'informazione ufficiale

L'informazione e la comunicazione sono inseparabili dall'attività politica. In una democrazia, i media partecipano alla formazione dell'opinione pubblica e contribuiscono a compilare la lista dei temi che devono attirare l'attenzione. Per poter agire, un'autorità deve essere compresa. Per poter essere compresa, deve informare e comunicare con i media. Pertanto tra le autorità ­ intendiamo soprattutto il Governo e l'Amministrazione federale ­ e i media deve instaurarsi un dialogo.

Il sistema mediatico, con le sue logiche proprie, rappresenta però anche un peso per il sistema politico. Si tratta quindi di determinare fino a che punto le autorità devono rispondere alle numerosissime richieste correndo il rischio che il loro messaggio sia finalizzato più a soddisfare i giornalisti che a rispondere alle esigenze dell'attività

29

30

Cfr. su questo tema Rudi Renger, «Populärer Journalismus: Nachrichten zwischen Fakten und Fiktion», Beiträge zur Medien- und Kommunikationsgesellschaft, volume 7, StudienVerlag, Innsbruck/Vienna/Monaco, 2000.

Cfr. a questo proposito, le linee direttrici della Conferenza dei Servizi d'informazione della Confederazione, gennaio 2003. Cfr. anche Patrick Nützi, «Kriterien rechtmässiger staatlicher Information», in: Medialex, 3/96, Stämpfli, Berna, pag. 151 segg.

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pubblica oppure concentrarsi sulla loro funzione e limitarsi a trasmettere informazioni di interesse generale.

È anche vero che i media e le autorità ­ il Parlamento non costituisce un'eccezione ­ intrattengono relazioni ambigue, a un tempo di rivalità e complicità. Le autorità hanno bisogno dei media almeno tanto quanto li temono31. Ne hanno bisogno per attirare l'attenzione del pubblico, far conoscere i loro obiettivi, spiegare le loro decisioni o annunciare provvedimenti. Li temono perché i media possono, ad esempio, svelare fatti che le autorità preferirebbero mantenere segreti. Anche i media dipendono però dalle autorità per ricevere informazioni e commenti; se si mostrano troppo critici rischiano di perdere fonti ufficiali o ufficiose. Questa situazione crea spesso, tra autorità e media, relazioni di cortesia, o addirittura di amicizia, non sempre sane.

Per la CdG-N, nelle relazioni con i media il Consiglio federale e l'Amministrazione federale devono mantenere le distanze e la riservatezza. Infatti, il compito dell'informazione ufficiale non è quello di soddisfare i media a nome di presunti ed effimeri interessi dei lettori, ma di spiegare l'attività delle autorità. Sostenere il contrario significa cedere il passo a una politica di informazione che privilegia l'effetto sensazionalistico e ha come unico obiettivo l'efficacia mediatica.

La Commissione ritiene anche che l'informazione ufficiale dovrebbe essere più riservata. Capita, infatti, che esca dal suo ruolo e assuma la forma di marketing politico destinato a valorizzare membri del Governo o dell'Amministrazione mettendoli in una luce favorevole. La CdG-N ricorda di aver già denunciato questo fenomeno di personalizzazione crescente della politica sostenendo che l'informazione «deve evidentemente servire sempre l'oggetto in questione e non le persone»32.

In un ambiente mediatico contraddistinto dall'immediatezza, dallo spettacolo e dall'abbondanza di informazioni e immagini, la Commissione pensa che il Consiglio federale e l'Amministrazione federale dovrebbero mantenere il senso delle proporzioni e la virtù della temperanza nella loro politica di informazione. Per lo Stato e i suoi attori può infatti essere vantaggioso tornare a una certa dignità e non soddisfare obbligatoriamente tutte le esigenze del momento correndo il rischio di
subordinare l'attività a lungo termine agli obblighi del presente. Da parte delle autorità governative, la Commissione si attende sobrietà di forma e rigore di contenuto33. I membri delle autorità devono guardarsi dal cadere nella trappola della personalizzazione e dello spettacolo che sono anche segni di un certo peggioramento dell'etica pubblica come il proliferare delle indiscrezioni nell'amministrazione.

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32 33

Roland Cayrol parla del «l'opzione «il segreto o il tamburo». I dirigenti vogliono poter scegliere il silenzio quando torna loro comodo ­ e soprattutto non vogliono che in quei momenti la tranquillità venga disturbata da indagini. Quando invece ne sentono il bisogno vogliono poter parlare con i media: come al rullare dei tamburi il banditore che informa la popolazione.» (n: Roland Cayrol, «Médias et démocratie: la dérive», Presses de Sciences Po, La bibliothèque du citoyen, Parigi, 1997, pag. 62).

FF 1997 III 1300.

Cfr. Denis Barrelet, «L'État entre le devoir d'informer et le désir de cultiver ses relations publiques», in: P. Zen-Ruffinen/A. Auer (éd.), De la Constitution, Études en l'honneur de Jean-François Aubert, Helbing & Lichtenhahn, Basilea/Francoforte sul Meno, 1996, pag. 311.

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Per la CdG-N, le autorità devono mantenere, nella loro politica di informazione, il ritmo proprio dell'attività governativa e non cedere al tumulto mediatico e ancora meno sollecitarlo. Per la Commissione, è essenziale che la politica di informazione delle autorità resti nel complesso attaccata a certi valori fondamentali di stabilità, di probità e di imparzialità rappresentati dallo Stato.

6.4

Considerazioni generali sul paesaggio mediatico

La CdG-N invita il Consiglio federale a prendere posizione entro la fine di settembre 2005 sulle considerazioni elaborate dalla Commissione ai punti 5 e 6.

7 aprile 2005

In nome della Commissione della gestione del Consiglio nazionale: Il presidente della Commissione: Hugo Fasel, consigliere nazionale Il presidente della Sottocommissione DFAE/DDPS: Jean-Paul Glasson, consigliere nazionale Il segretario delle Commissioni della gestione: Philippe Schwab

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