16.061 La politica di sicurezza della Svizzera Rapporto del Consiglio federale del 24 agosto 2016

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Compendio Il Consiglio federale pubblica regolarmente rapporti sulla politica di sicurezza della Svizzera, i quali definiscono le linee direttrici della politica di sicurezza svizzera dei prossimi anni. L'ultimo rapporto risale al 2010. Nel frattempo la situazione di minaccia è cambiata in parte radicalmente. Nel 2013 il Consiglio federale ha quindi deciso di pubblicare un nuovo rapporto.

Il presente rapporto comprende una prima parte dettagliata in merito all'analisi della situazione (n. 2). Essa comprende un'analisi introduttiva delle tendenze globali rilevanti in materia di sicurezza: passaggio a un ordinamento mondiale multipolare, diffusione del benessere e delle tecnologie, crisi, rivolgimenti e instabilità persistenti, flussi migratori e ulteriore evoluzione del carattere dei conflitti. Oltre a una definizione generale di queste tendenze vengono tematizzate anche le conseguenze per la Svizzera.

Dopo le tendenze generali, la seconda parte dell'analisi della situazione si concentra sulle minacce e i pericoli determinanti per la Svizzera, i quali sono suddivisi in sei categorie: acquisizione illegale e manipolazione di informazioni, terrorismo ed estremismo violento, attacco armato, criminalità, perturbazioni dell'approvvigionamento, catastrofi e situazioni d'emergenza. Sulla base di una descrizione degli sviluppi attuali in questi sei ambiti tematici, il rapporto giunge alla conclusione che negli ultimi cinque anni ci sono stati sviluppi in parte notevoli. Ciò vale soprattutto per il deterioramento duraturo dei rapporti tra l'Occidente e la Russia in seguito alla crisi ucraina, per l'aggravarsi della minaccia rappresentata dal terrorismo di matrice islamica nonché per l'entità delle attività illegali e degli abusi del cyberspazio. Dal rapporto emerge che globalmente le minacce e i pericoli sono diventati ancora più complessi, interconnessi e confusi e che la combinazione o la concatenazione delle diverse minacce e pericoli rappresenta una particolare sfida per la sicurezza della Svizzera.

L'ampia analisi della situazione comprende altresì una parte dedicata alle organizzazioni e agli accordi in materia di politica di sicurezza rilevanti per la Svizzera.

Questo capitolo descrive le organizzazioni (OSCE, NATO, UE, Consiglio d'Europa, ONU, Interpol) e gli accordi ( ad es. nel settore del
disarmo) e illustra le possibilità di un'intensificazione della cooperazione in materia di politica di sicurezza. Questa parte è anch'essa più esaustiva rispetto all'ultimo rapporto sulla sicurezza poiché ha lo scopo di adempiere a un postulato della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati (postulato del 20 maggio 2011, Maggiore partecipazione della Svizzera all'architettura della sicurezza europea; 11.3469).

All'analisi della situazione segue la descrizione dell'orientamento della strategia dalla Svizzera in materia di politica di sicurezza (n. 3). Questa strategia ha lo scopo di delinare come i mezzi in materia di politica di sicurezza devono essere impiegati per raggiungere gli obiettivi in tale ambito e favorire i relativi interessi. Vengono dapprima definiti gli interessi e gli obiettivi in materia di politica di sicurezza e in seguito descritto l'orientamento della corrispondente strategia della Svizzera. Parte

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integrante di questa strategia sono: la cooperazione, l'autonomia e l'impegno. Nel rapporto viene spiegato il significato nella pratica di questi tre concetti fondamentali e come vengono impiegati e combinati a favore di una politica di sicurezza efficace ed efficiente.

Sulla base della strategia vengono descritti i mezzi per la sua concretizzazione. Il rapporto illustra secondo quali principi vengono impiegati gli strumenti di politica di sicurezza e quali contributi forniscono. A tal fine, per questo rapporto è stato scelto un approccio diverso da quello abituale: anziché descrivere singolarmente uno dopo l'altro i compiti e le strutture degli strumenti, si è scelto di illustrare i contributi forniti dagli strumenti alla prevenzione, alla difesa e alla gestione delle singole minacce e pericoli. Questa presentazione ha il vantaggio di stabilire un nesso diretto con le singole minacce e pericoli e di descrivere in modo più concreto e chiaro i compiti e la cooperazione tra tali strumenti. Sulla base di questa descrizione si definiscono gli adeguamenti e le misure che sono necessarie per i singoli strumenti o che sono già avviate, affinché anche in futuro si possano fornire le prestazioni richieste.

Nell'ultima parte del rapporto (n. 4) si tematizza la condotta in materia di politica di sicurezza a livello di Confederazione e di Cantoni nonché la collaborazione nell'ambito della Rete integrata Svizzera per la sicurezza. Si tratta principalmente di illustrare i risultati della fase pilota, della valutazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza e della prima Esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza. Dal rapporto emerge che la Rete integrata Svizzera per la sicurezza istituita nel 2010 ha, in linea di massima, dato buona prova di sé; inoltre vengono illustrate le modifiche puntuali che sono state attuate in seguito alla valutazione e all'analisi dell'Esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza 2014.

L'ultima parte comprende anche considerazioni in merito alle misure per la condotta in materia di sicurezza, in particolare per quanto riguarda l'importanza di mezzi di comunicazione sicuri e impianti di condotta protetti.

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Indice Compendio

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Introduzione

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La situazione 2.1 Tendenze globali 2.1.1 Verso un ordine mondiale multipolare 2.1.2 Diffusione del benessere e della tecnologia 2.1.3 Crisi persistenti, rivolgimenti e instabilità 2.1.4 Flussi migratori 2.1.5 Ulteriore evoluzione del carattere dei conflitti 2.2 Minacce e pericoli 2.2.1 Introduzione 2.2.2 Acquisizione illegale e manipolazione di informazioni 2.2.3 Terrorismo ed estremismo violento 2.2.4 Attacco armato 2.2.5 Criminalità 2.2.6 Perturbazioni dell'approvvigionamento 2.2.7 Catastrofi e situazioni d'emergenza 2.2.8 Conclusione 2.3 Organizzazioni e accordi rilevanti in materia di politica di sicurezza 2.3.1 Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa 2.3.2 NATO 2.3.3 Unione europea 2.3.4 Consiglio d'Europa 2.3.5 Nazioni Unite 2.3.6 Interpol 2.3.7 Ulteriori ambiti della collaborazione internazionale 2.3.8 Conclusioni 2.4 Attuali parametri della politica di sicurezza

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Strategia 3.1 Obiettivi e interessi in materia di politica di sicurezza 3.1.1 Interessi in materia di politica di sicurezza 3.1.2 Obiettivi in materia di politica di sicurezza 3.2 Elementi della strategia: cooperazione, autonomia e impegno 3.2.1 Cooperazione 3.2.2 Autonomia 3.2.3 Impegno 3.2.4 Relazione con le minacce e i pericoli

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3.3

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Mezzi: gli strumenti della politica di sicurezza e i loro contributi alla prevenzione, alla difesa e alla gestione delle minacce e dei pericoli 3.3.1 Acquisizione illegale e manipolazione di informazioni 3.3.2 Terrorismo ed estremismo violento 3.3.3 Attacco armato 3.3.4 Criminalità 3.3.5 Perturbazioni dell'approvvigionamento 3.3.6 Catastrofi e situazioni d'emergenza 3.3.7 Necessità di adeguare gli strumenti di politica di sicurezza

Condotta in materia di politica di sicurezza e Rete integrata Svizzera per la sicurezza 4.1 Confederazione 4.2 Cantoni 4.3 Collaborazione Confederazione-Cantoni 4.4 Mezzi per la condotta in materia di politica di sicurezza

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Elenco delle abbreviazioni

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Glossario

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Rapporto 1

Introduzione

I rapporti del Consiglio federale sulla politica di sicurezza della Svizzera servono a esaminare, sulla base di un'analisi del contesto, se e in quale misura sia necessario adeguare la politica di sicurezza e i relativi strumenti affinché la Svizzera possa reagire in modo rapido e corretto a minacce e pericoli mutevoli. I vari sviluppi e avvenimenti registrati nel campo della politica di sicurezza dal 23 giugno 2010 ­ data dell'ultimo rapporto sulla politica di sicurezza1 ­ a oggi rendono opportune un'analisi e una verifica di questo tipo. Da citare, a tale proposito, i rivolgimenti e i conflitti nell'Africa del Nord e nel Vicino Oriente, il conseguente incremento dei flussi migratori, l'ascesa dell'organizzazione terroristica «Stato islamico», la maggiore attrazione esercitata dalla «jihad» su persone che vivono nei Paesi occidentali, l'annessione della penisola di Crimea da parte della Russia, i combattimenti nell'Ucraina orientale e il rapido deterioramento delle relazioni tra la Russia e l'Occidente, il massiccio aumento dei cyberattacchi, il maggior potere della propaganda nell'era delle telecamere onnipresenti, delle immagini elaborate al computer e di Internet, l'acquisizione di massa di informazioni con mezzi elettronici e la catastrofe nucleare di Fukushima: tutti eventi drastici e, presumibilmente, con ripercussioni a lungo termine. Questi sviluppi vanno tenuti in considerazione nella politica di sicurezza della Svizzera, ma non devono portare alla conclusione che ora sia tutto diverso rispetto al 2010.

Anche gli strumenti della politica di sicurezza sono in fase di trasformazione. Ciò riguarda in particolare l'esercito, che dovrà essere migliorato a livello di prontezza, istruzione, equipaggiamento e sostegno sul piano regionale nonché raggiungere un effettivo regolamentare di 100 000 militari e attenersi a un limite di spesa di 5 miliardi di franchi l'anno. Nel frattempo si sono inoltre tenute votazioni popolari importanti dal punto di vista della politica di sicurezza, concernenti rispettivamente l'obbligo generale di prestare servizio militare e l'acquisto di velivoli da combattimento.

Le novità riguardano tuttavia anche altri ambiti della politica di sicurezza. Sono stati per esempio elaborati documenti di base e progetti legislativi, tra cui la Strategia nazionale per la protezione
della Svizzera contro i cyber-rischi del 19 giugno 20122, la Strategia nazionale per la protezione delle infrastrutture critiche del 27 giugno 20123, la Strategia della Svizzera per la lotta al terrorismo del 18 settembre 20154, la nuova legge del 25 settembre 2015 sulle attività informative 5, la strategia della protezione della popolazione e della protezione civile 2015+ del 9 maggio 20126 e il 1 2 3 4 5 6

FF 2010 4511 www.isb.admin.ch > Temi > Cyber-rischi SNPC www.bevoelkerungsschutz.admin.ch > Altri campi d'attività > Protezione delle infrastrutture critiche FF 2015 6143 FF 2015 5925 FF 2012 4849

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rapporto del gruppo di studio sul sistema dell'obbligo di prestare servizio del 15 marzo 20167. La politica di sicurezza della Svizzera si è inoltre ulteriormente sviluppata a livello pratico sia sul piano nazionale ­ soprattutto attraverso la Rete integrata Svizzera per la sicurezza, che ha potenziato la collaborazione tra Confederazione e Cantoni ­ sia all'estero, tra l'altro con la presidenza dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nel 2014.

Il presente rapporto tiene conto degli sviluppi intervenuti nel campo della politica di sicurezza e indica le conclusioni da trarne. In particolare, illustra i fattori che minacciano o mettono a repentaglio la sicurezza della Svizzera, descrive il contesto del Paese e ne espone la strategia in materia di politica di sicurezza, indicando i mezzi di attuazione e l'organizzazione della condotta in tale ambito.

Il rapporto presta una particolare attenzione alla descrizione delle minacce e dei pericoli. Poiché uno degli obiettivi del Consiglio federale era quello di analizzare le minacce e i pericoli in modo esaustivo e accurato, in merito a tale questione sono state organizzate audizioni con esperti svizzeri e stranieri nel campo della politica di sicurezza. I relativi risultati sono poi stati pubblicati e presi in considerazione anche nel presente rapporto. Un altro tema centrale trattato è quello della cooperazione in materia di politica di sicurezza nel contesto regionale. In tal modo il Consiglio federale adempie anche un postulato della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati del 19 maggio 2011, che gli chiedeva di presentare un rapporto in quest'ambito (Maggiore partecipazione della Svizzera all'architettura della sicurezza europea; 11.3469).

Come nel caso del rapporto precedente, anche in questa occasione i Cantoni sono stati coinvolti sin dall'inizio nei lavori, conformemente allo spirito della Rete integrata Svizzera per la sicurezza. Tale procedura è la dimostrazione del fatto che in Svizzera la politica di sicurezza è considerata nel suo complesso e, pertanto, deve comprendere anche la totalità delle misure statali adottate a tutti i livelli per garantire la sicurezza della Svizzera e della sua popolazione. Per questo il presente rapporto si fonda sulla stessa ampia visione della politica
di sicurezza che era alla base del Rapporto sulla politica di sicurezza 2010.

La politica di sicurezza comprende tutte le misure della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni destinate a prevenire, contrastare e gestire minacce e azioni di carattere egemonico o di matrice criminale finalizzate a limitare l'autodeterminazione della Svizzera e della sua popolazione o a danneggiarle. A ciò si aggiunge la gestione delle catastrofi naturali e tecnologiche nonché delle situazioni d'emergenza.

In altri termini, la politica di sicurezza è chiamata in causa quando degli Stati, dei gruppi non statali o singole persone vogliono imporre la loro volontà alla Svizzera o alla sua popolazione oppure arrecare danni alla Svizzera, alla sua popolazione o agli interessi del Paese o accettano la possibilità di arrecare tali danni nell'intento di

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www.vbs.admin.ch > Pagina iniziale > Attualità > Per saperne di più > Il futuro dell'obbligo di prestare servizio: piste di riflessione

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perseguire i loro obiettivi8. La gestione delle catastrofi naturali e tecnologiche e delle situazioni d'emergenza viene trattata separatamente in quanto tali situazioni non sono originate da intenzioni ostili.

Il fatto che la politica di sicurezza e i relativi strumenti siano importanti per la capacità di agire degli Stati e per la loro credibilità è incontestabile. I conflitti, la criminalità, le catastrofi e le situazioni d'emergenza sono sempre esistite e continueranno a esistere anche in futuro. Occorre tuttavia chiedersi come si svilupperanno e se la Svizzera è adeguatamente attrezzata per gestirle in modo oculato ed efficace.

Per una migliore comprensione, alla fine del testo vi sono una lista delle abbreviazioni e un glossario.

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La situazione

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Tendenze globali

La seguente descrizione delle tendenze globali, delle minacce e dei pericoli per la sicurezza della Svizzera e dei suoi abitanti si riferisce a un orizzonte temporale di circa dieci anni, ossia approssimativamente fino al 2025. Per il periodo in questione è possibile registrare le tendenze attuali e stimarne le conseguenze. Nel caso di alcuni sviluppi, come per esempio quelli legati al cambiamento climatico, si possono formulare previsioni di tendenza a più lungo termine, ma le relative implicazioni a livello di politica di sicurezza non possono essere stimate per lassi di tempo così lunghi. Qui di seguito vengono pertanto presentate le probabili linee di sviluppo prevedibili in base alla situazione attuale e su cui può fondarsi la pianificazione delle misure.

2.1.1

Verso un ordine mondiale multipolare

Il sistema internazionale si trova in una fase di transizione che segna il passaggio da un'era unipolare iniziata alla fine della Guerra fredda a un sistema multipolare. Gli equilibri politico-militari ­ misurati in base a fattori come la forza economica, il numero di abitanti, le spese militari e gli investimenti nelle nuove tecnologie ­ si stanno lentamente spostando dall'Occidente verso l'Est asiatico e il Sud.

Gli USA, l'Europa e il Giappone continueranno a essere Paesi influenti, ma probabilmente perderanno terreno rispetto ad altri Stati e dovranno concedere più spazio a potenze come Cina, India e Brasile nonché, seppur in misura minore, a Paesi come l'Indonesia e la Turchia, già attori importanti dell'economia mondiale. La perdita di influenza riguarda anche la Russia, che, nonostante il ruolo più attivo svolto in Europa, al di fuori del continente mostra di trovarsi, almeno economicamente, in una

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Quest'ultimo aspetto riguarda per esempio la criminalità organizzata. Sebbene non abbiano direttamente l'intenzione di danneggiare la Svizzera, simili organizzazioni accettano comunque che le loro attività possano arrecare danni allo Stato, all'economia, alla società o a singole persone.

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fase di stagnazione rispetto agli Stati emergenti. Si tratta di un'evoluzione che nei prossimi dieci anni indebolirà il predominio occidentale nel sistema internazionale.

La progressiva interconnessione dell'economia, della tecnologia e dell'informazione a livello mondiale offre anche maggiori possibilità ad attori non statali, regionali o internazionali, tra cui figurano i gruppi terroristici e la criminalità organizzata, fino agli imperi economici globali e alle megalopoli, che rappresentano un connubio tra forza economica e innovazione. Questi nuovi attori possono acquisire una maggiore influenza sui conflitti transfrontalieri e sulle relative soluzioni.

L'aumento del numero degli attori coinvolti e la maggiore diversità degli interessi in gioco in tutto il mondo potrebbero paralizzare nuovamente e sempre più spesso i meccanismi di risoluzione dei conflitti messi a punto dalle organizzazioni internazionali e impedire o ritardare le decisioni. Viceversa, continuerà probabilmente a crescere la necessità di apposite normative per la gestione dei problemi a livello regionale e globale e la necessità di misure di stabilizzazione di natura economica e militare. Nuovi forum come il G20 acquisteranno maggiore importanza.

Il passaggio al nuovo ordine sarà accompagnato da tensioni tra le potenze regionali e globali attuali e future. Ciò non comporterà però necessariamente conflitti su larga scala, visto che le principali potenze sono già ora fortemente legate le une alle altre dal punto di visto economico e lo saranno ancora di più in futuro. In determinate regioni, tuttavia, questa evoluzione non avverrà senza spaccature. È il caso del conflitto armato in Ucraina, che è stato innescato da dissensi interni e da un comportamento più aggressivo da parte della Russia. In Africa, nel Vicino e Medio Oriente e nell'Asia meridionale sono molti i fattori trainanti in grado di scatenare conflitti interni e fra Stati: le strutture statali poco efficienti e la carenza di prospettive economiche e politiche possono infatti dare vita ad altri Stati fragili, il cui potenziale di destabilizzazione si spinge ben oltre i rispettivi confini nazionali.

Europa, Russia e USA In Europa la messa in discussione dell'ordine attuale è già iniziata e sta avendo un'evoluzione ­ per alcuni sorprendente ­ particolarmente drammatica
e di carattere militare. In Ucraina è in corso un conflitto armato e, soprattutto nell'Europa orientale, la Russia viene percepita come una minaccia.

Dopo aver superato una fase di debolezza risalente a 25 anni fa e percepita come una catastrofe nazionale, la Russia inizia a sfidare l'ordine internazionale costituitosi in Europa dopo la Guerra fredda. Dopo un lungo processo di sviluppo e di trasformazione, oggi a livello di strutture politiche e di amministrazione centralizzate, come pure di strutture di sicurezza ­ comprese le forze armate ­ e di economia, la Russia è più forte rispetto a 20 anni fa. La sua classe dirigente fa inoltre sempre più ricorso all'impiego combinato di mezzi politici, economici, militari, di intelligence e propagandistici. L'atteggiamento della Russia suscita resistenze in Occidente. Nell'ambito del confronto tra la Russia e i Paesi occidentali sulla questione dell'Ucraina, ciascuna delle parti coinvolte ritiene che siano già stati superati i limiti consentiti, il che ha generato un inasprimento della situazione. Il ritorno a un contesto come quello degli ultimi due decenni non è per il momento ipotizzabile.

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Nei prossimi 10 anni gli USA rimarranno l'unica vera potenza leader nel mondo nonostante la crescente influenza esercitata da altri Stati. La domanda che si pone è in che modo gli USA, in un'epoca di transizione come quella attuale, si assumeranno le proprie responsabilità per garantire la stabilità dell'ordine internazionale, non solo a livello mondiale, ma, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, anche e soprattutto ­ e ancora una volta ­ in Europa.

Il futuro dell'Europa dal punto di vista della politica di sicurezza è incerto. Per il momento è impossibile determinare se la prossima uscita del Regno Unito dall'Unione europea (UE) indebolirà a lungo termine il peso di quest'ultima nel settore della politica di sicurezza o se condurrà invece a una nuova dinamica favorevole all'integrazione delle politiche della difesa e alla collaborazione tra gli Stati membri rimanenti. Appaiono ambivalenti anche gli scenari sui futuri rapporti tra l'Occidente e la Russia. Nonostante l'attuale irrigidimento dei fronti comporti il rischio di uno scontro politico, economico ed eventualmente anche militare tra la Russia da un lato e gli USA, la NATO e l'UE dall'altro, tra l'Occidente e la Russia esiste ancora un margine di cooperazione, come dimostra la conclusione dell'accordo sul programma nucleare iraniano. Non è possibile prevedere nel dettaglio come evolverà la situazione, né dove porterà. Gravi crisi potrebbero verificarsi lungo una linea di rottura tra Est e Ovest che attraversa il continente partendo dal Baltico e ­ passando per la Bielorussia, l'Ucraina e la Moldavia giunge fino al Caucaso e ai Balcani, dove la nuova rivalità potrebbe aggiungere ulteriori conflitti in una regione che non ha ancora superato il crollo dell'ex Jugoslavia. In tale contesto è possibile che entrambe le parti ricorrano all'impiego di un'ampia gamma di mezzi militari e non militari.

Ripercussioni sulla Svizzera La Svizzera è fortemente interconnessa a livello internazionale. In quanto Stato con un potere molto limitato, è nel suo interesse che esistano norme internazionali e che vengano rispettate. Tali norme, tuttavia, non sono stabilite una volta per tutte, poiché la comparsa di nuovi attori sulla scena internazionale e lo spostamento degli equilibri tra gli attori esistenti determinano uno sviluppo normativo che, in parte,
si discosta dall'ordine liberale occidentale del dopoguerra. Per la Svizzera è importante impegnarsi, con i propri valori e interessi, in questo processo di elaborazione di nuove norme e di adeguamento di quelle esistenti. Non può tuttavia né svolgervi un ruolo predominante né sottrarvisi.

Anche sul piano regionale, in Europa o nell'area euro-atlantica sono in corso lavori per l'adozione di norme importanti per la Svizzera, per esempio in relazione alla prassi fiscale. La tendenza generale è quella di puntare a una maggiore armonizzazione a livello internazionale e, in tale ambito, sono gli attori potenti a esercitare l'influenza maggiore. Viste le pressioni esercitate sulla Svizzera affinché recepisca le nuove norme, cercare di ignorarle comporterebbe non solo costi considerevoli sul piano economico, ma anche notevoli rischi.

La Svizzera deve adeguarsi a una situazione in cui, nel contesto della concorrenza politica ed economica tra gli Stati, si ricorre alle risorse di potere più disparate e si formano alleanze mutevoli a seconda dello scopo e degli interessi perseguiti. Questa 6988

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competizione per l'affermazione dei propri interessi è forte, ma diventa rilevante per la politica di sicurezza soltanto se gli Stati cercano di imporre i propri interessi politici nei confronti della Svizzera con la forza o minacciando di usarla. Le risposte necessarie per far fronte alla pressione politica ed economica derivante dalla spartizione degli interessi sul piano internazionale non vanno ricercate nella politica di sicurezza, bensì nella politica estera e in quella economica 9.

In linea di principio, la Svizzera è politicamente ed economicamente ben preparata ad affrontare questa trasformazione. In molti casi, tuttavia, sarà necessario ponderare gli interessi politici ed economici. Per poter preservare la capacità di agire, il consolidamento delle relazioni con l'UE e gli USA è un presupposto che riveste un'importanza almeno pari a quella dell'intensificazione dei rapporti con altri partner.

2.1.2

Diffusione del benessere e della tecnologia

Lo sviluppo dell'economia mondiale è uno dei principali fattori trainanti della tendenza all'ulteriore diffusione del benessere. Alla luce della crisi finanziaria del 2008, una previsione per i prossimi dieci anni sarebbe azzardata: in linea di principio, infatti, è anche possibile che si verifichino nuove crisi. Dal punto di vista economico, la multipolarità del mondo è una realtà già da molto tempo. Le quote delle economie di USA, Europa, Russia e Giappone rispetto alla produzione economica mondiale sono in calo, mentre crescono quelle delle economie asiatiche (ad eccezione del Giappone), latinoamericane e africane. A seconda della base di calcolo, nel 2025 o poco dopo la Cina diventerà presumibilmente la più grande potenza mondiale, prendendo il posto degli USA.

In molte aree del pianeta migliorano le condizioni di vita, con conseguenze incerte Diversi fattori lasciano presagire che in numerosi Paesi in via di sviluppo ed emergenti le classi medie continueranno verosimilmente a crescere. Tale propensione comporta tendenzialmente un aumento del livello di istruzione in un maggior numero di regioni nonché la diffusione dell'utilizzo delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione moderni, promettendo così a centinaia di milioni di persone un miglioramento delle condizioni di vita. In molte zone del mondo tale evoluzione può contribuire alla stabilizzazione delle società, ma, a seconda della struttura dell'ordinamento politico e della distribuzione dell'ulteriore benessere acquisito, in altre regioni può anche destabilizzare i rapporti esistenti. Un maggiore benessere implica inoltre un aumento del fabbisogno di risorse (per es. vettori energetici e altre materie

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La politica estera e la politica economica sono due ambiti politici fondamentali dello Stato e hanno finalità e responsabilità proprie, esattamente come la politica di sicurezza.

Ciò significa che molti aspetti della politica estera e della politica economica non hanno nulla a che vedere con la politica di sicurezza. Esistono tuttavia collegamenti trasversali e sovrapposizioni: alcuni ambiti della politica estera ed economica forniscono per esempio importanti contributi all'attuazione di una politica di sicurezza efficace e, viceversa, la politica di sicurezza contribuisce anche alla politica estera ed economica.

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prime, generi alimentari, acqua), il che può contribuire allo sfruttamento eccessivo delle basi naturali della vita e allo scoppio di conflitti per la distribuzione.

Progresso tecnologico come ulteriore fattore trainante a livello mondiale Un aspetto strettamente connesso allo sviluppo dell'economia mondiale e del benessere è il progresso tecnologico. Le nuove tecnologie di produzione nell'industria, nell'agricoltura, nel settore energetico e in quello sanitario producono effetti considerevoli. La nuova tecnologia per lo sfruttamento delle riserve petrolifere e di gas ha per esempio portato gli USA, in pochi anni, sulla strada dell'autarchia energetica. La miniaturizzazione, l'automazione, la maggiore utilizzazione dello spazio extraatmosferico e il rapido aumento dell'interconnessione tra le infrastrutture grazie alle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione promettono grandi passi avanti nello sviluppo dell'economia, della ricerca e dell'amministrazione pubblica.

Nel contempo, però, aggravano il problema rappresentato dal fatto che molti beni possono essere utilizzati sia per fini pacifici sia per scopi egemonici, bellici o criminali. Le barriere contro l'uso illegale dell'alta tecnologia finalizzato ad arrecare danni su larga scala alla società si indeboliranno sempre di più e sarà pertanto necessario definire e imporre nuovi limiti. Ciò riguarda in particolare la libertà di ricerca e, nel caso specifico, la ricerca biotecnologica.

I vantaggi e gli svantaggi del progresso tecnologico sono evidenti soprattutto nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Oggi le tecnologie dell'informazione permeano in pratica tutti gli ambiti della vita e, in futuro, le possibilità di utilizzo dei «big data» aumenteranno in maniera esponenziale, fornendo impulsi potenzialmente molto positivi per l'economia e anche per lo Stato: grazie all'interconnessione delle infrastrutture pubbliche è infatti possibile garantire un maggior livello di efficienza, trasparenza e interattività con gli utenti. Il rovescio della medaglia è tuttavia rappresentato dai notevoli rischi per la sicurezza dei dati e per la protezione da eventuali danni arrecati intenzionalmente o addirittura con finalità ostili a tali infrastrutture (dall'approvvigionamento di elettricità ai mezzi di comunicazione,
fino all'acquisizione illegale e alla manipolazione di informazioni), in particolare nel contesto dello sviluppo del cosiddetto «Internet delle cose» (dall'inglese «Internet of Things»), ovvero il collegamento digitale tra oggetti e macchine.

Anche l'ulteriore sviluppo e la proliferazione di armi potenti è parte di questa evoluzione tecnologica. Nell'ambito dell'armamento convenzionale si assisterà soprattutto al miglioramento e alla diffusione della ricognizione e, di conseguenza, della capacità di combattere obiettivi in modo immediato e preciso. Sistemi d'arma altamente sviluppati e in parte addirittura autonomi 10, come pure droni armati e non armati, svolgeranno un ruolo sempre più importante in questo campo. Aumenterà inoltre il numero degli Stati in possesso della base tecnologica necessaria per produrre armi di distruzione di massa. Sarà pertanto ancora più difficile prevenire o contenere la proliferazione di queste armi e dei relativi vettori.

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Si tratta di sistemi d'arma che, grazie a impostazioni pre-programmate, possono funzionare senza controllo umano per un determinato lasso di tempo, durante il quale la programmazione sostituisce le decisioni umane.

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Aumento dell'impiego di tecnologie nello spazio extra-atmosferico e della dipendenza da queste ultime La società, l'economia e le autorità svizzere utilizzano in misura sempre maggiore informazioni e dati ottenuti dallo spazio o trasmessi attraverso quest'ultimo. In svariati ambiti, che vanno dalle applicazioni quotidiane delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione fino alla fornitura di prestazioni di ogni tipo e di servizi scientifici altamente specializzati, si ricorre all'impiego di tecnologie che dipendono dall'utilizzo dello spazio extra-atmosferico. Tra queste figurano anche applicazioni relative alla sicurezza nel settore dell'aiuto in caso di catastrofe, dei servizi d'emergenza, delle forze di polizia, del Corpo delle guardie di confine, dell'esercito e dei servizi informazioni. L'utilizzo dello spazio extra-atmosferico per attività di osservazione, ricognizione, comunicazione e navigazione svolge un ruolo imprescindibile per il funzionamento, il benessere e la sicurezza delle società moderne, sia nella vita quotidiana sia nelle situazioni di crisi, e risulta importante per la politica di sicurezza.

Con l'aumento dell'impiego delle tecnologie spaziali, crescono anche i rapporti di dipendenza e le vulnerabilità. A livello globale, i sistemi per l'utilizzo dello spazio extra-atmosferico sono da intendersi come infrastrutture critiche e rivestono, tra l'altro, la stessa importanza delle reti di dati. Molte infrastrutture critiche al suolo, come per esempio i sistemi per la gestione dei servizi finanziari, del traffico, dell'energia e delle comunicazioni, dipendono dall'impiego di tecnologie spaziali.

Oltre ai satelliti, tra le infrastrutture spaziali principali figurano anche le stazioni riceventi e altre infrastrutture d'esercizio al suolo. I satelliti non solo operano in un ambiente estremamente duro, ma sono anche altamente sensibili e vulnerabili a molteplici pericoli. Questi ultimi possono essere riconducibili a cause naturali o tecniche, tra cui l'attività solare o i detriti spaziali, oppure essere generati in modo non intenzionale, come nel caso delle collisioni tra satelliti, o volontario, per esempio mediante armi antisatellite. Con l'aumento del numero di satelliti e di altri sistemi tecnici nello spazio extra-atmosferico cresce anche la probabilità di incidenti e
aumentano i conflitti d'interesse per l'accesso a orbite terrestri convenienti e disponibili in misura limitata nonché per il loro utilizzo.

Il numero degli attori operanti nello spazio extra-atmosferico è notevolmente aumentato negli ultimi anni. L'universo non è più appannaggio esclusivo delle grandi potenze e attualmente sono oltre cinquanta i Paesi che gestiscono programmi spaziali. Oltre agli Stati, svolgono un ruolo sempre più importante gli attori privati, commerciali e non commerciali, tra cui figura anche un crescente numero di piccole unità industriali private. Sono in atto processi di privatizzazione e commercializzazione sul piano economico e di miniaturizzazione a livello tecnico, il che amplia in generale l'accesso all'astronautica. La combinazione tra rivalità statali, in parte di carattere egemonico, e conflitti economici transnazionali influirà sulle relazioni internazionali. Gli Stati definiranno le politiche, ma saranno nel contempo condizionati dai vari sviluppi.

Sin dagli albori dell'astronautica, gli interessi egemonici e militari hanno sempre svolto un ruolo fondamentale, ma ora questo aspetto si è ulteriormente accentuato.

Le conoscenze tecnologiche rilevanti dal punto di vista militare si stanno diffondendo in un sempre maggior numero di Stati che prevedono di utilizzare lo spazio extra6991

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atmosferico a scopi militari. Si tratta di un utilizzo dalle molteplici forme che spaziano da attività quali la sorveglianza, la ricognizione e l'attribuzione degli obiettivi fino alla navigazione e alla guida di singole armi verso i rispettivi bersagli. Nel campo della difesa contro i missili balistici, gli USA, la Russia e la Cina dispongono di singoli sistemi d'arma cinetici in grado di distruggere dalla Terra satelliti situati nelle orbite più basse. Sono tuttavia possibili anche attacchi non cinetici, come perturbazioni o abbagliamenti di sensori satellitari ottici con raggi laser o addirittura impulsi elettromagnetici nucleari per distruggere i componenti elettronici dei satelliti. La guerra condotta dallo spazio contro obiettivi terrestri è invece finora rimasta soltanto una visione futuristica, così come anche la guerra spaziale, ossia il combattimento di obiettivi spaziali con armi stazionate nello spazio. Gli USA e la Russia hanno tuttavia tentato a più riprese di operare in questa dimensione e ancora oggi si suppone che ne abbiano le capacità.

Il maggiore utilizzo dello spazio extra-atmosferico accentua ulteriormente la tematica del duplice uso («dual use»), visto che in questo contesto è difficile distinguere tra applicazioni civili e militari. Oggi molte delle applicazioni più comuni sono di origine militare, come per esempio le immagini satellitari o i sistemi di navigazione, mentre le infrastrutture e le applicazioni civili possono anche essere impiegate per scopi militari. Poiché un numero sempre maggiore di Stati utilizza o intende utilizzare militarmente lo spazio e tutti gli sforzi internazionali volti a contenere o a regolamentare tale evoluzione hanno prodotto risultati limitati, occorre prevedere un incremento della concorrenza per l'accesso allo spazio extra-atmosferico e per il suo utilizzo, anche se, conformemente al diritto internazionale, nessuno Stato può appropriarsi di tale spazio o di parti di esso.

Ripercussioni sulla Svizzera La presenza di mercati aperti e globali è essenziale per la Svizzera e il suo benessere. La Svizzera ha tratto beneficio dalla globalizzazione e si prevede pertanto che anche gli effetti della tendenziale diffusione del benessere saranno positivi. In linea di principio, le economie basate sulle esportazioni nei settori dell'alta tecnologia
e dei servizi hanno buone possibilità in un mercato mondiale mutevole. Nel contempo, tuttavia, l'Europa vedrà ridursi la propria influenza economica e politica rispetto ai Paesi emergenti e anche la Svizzera risentirà delle conseguenze di un mercato del lavoro e di una migrazione sempre più globalizzati. Qualora il sistema finanziario ed economico internazionale dovesse subire una nuova crisi o nel caso in cui il susseguirsi di periodi di crisi nell'area UE rischiasse di compromettere le conquiste del mercato comune, le sfide per l'Europa crescerebbero drasticamente.

La dipendenza dell'economia svizzera dal buon funzionamento del sistema delle importazioni di materie prime, beni e servizi determina una costante vulnerabilità dello Stato e dell'economia stessa nei confronti di eventuali perturbazioni dell'approvvigionamento. L'interconnessione della Svizzera sul piano internazionale estende inoltre anche all'estero gli interessi nazionali: grazie alla sua forte presenza all'estero, la Svizzera vanta un'ottima rete di contatti economici e sociali a livello

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mondiale, ma questo significa che i conflitti e le violenze in atto nel mondo minacciano anche i cittadini e gli interessi svizzeri 11.

L'industria svizzera delocalizza alcuni processi di fabbricazione in Paesi con costi di produzione inferiori. Questa delocalizzazione è sempre accompagnata da un trasferimento di know-how che, in linea di principio, nel Paese destinatario può essere utilizzato anche per scopi non legittimi. In Svizzera la tendenza all'internazionalizzazione riguarda anche il campo della ricerca, tra l'altro a causa della carenza di specialisti autoctoni.

La Svizzera dipende fortemente da un utilizzo dello spazio extra-atmosferico senza interferenze. Oggi anche gli strumenti della politica di sicurezza svizzera utilizzano segnali di navigazione provenienti dallo spazio come pure le immagini satellitari e la comunicazione satellitare. L'importanza dello spazio extra-atmosferico e gli sviluppi internazionali pongono la Svizzera di fronte a varie sfide nel campo della politica di sicurezza. La Svizzera non possiede satelliti propri12 e non è in grado di gestire autonomamente un sistema spaziale completo. Tuttavia, poiché in caso di conflitto non è garantita la disponibilità delle prestazioni fornite da operatori commerciali o da partner di cooperazione, occorre verificare l'eventuale necessità, da parte della Svizzera, di sviluppare capacità proprie almeno in determinati sottosettori. È necessario indicare quali sono i rapporti di dipendenza nell'ambito delle applicazioni spaziali e in che modo è possibile gestirli. Un chiarimento è indispensabile in settori quali la ricognizione satellitare (per es. per la sorveglianza delle infrastrutture critiche terrestri), la navigazione e il posizionamento (per es. per la navigazione ognitempo precisa al suolo e nello spazio aereo) o nel caso dei sistemi di comunicazione aerei e spaziali. In tale ambito, gli organi statali civili e militari devono coordinare strettamente tra loro le proprie attività e collaborare con la ricerca e l'industria svizzere.

Sul piano internazionale, la Svizzera si impegna a favore dell'uso pacifico dello spazio extra-atmosferico nonché della stabilità e della sicurezza all'interno di quest'ultimo. Si adopera inoltre per impedire una corsa agli armamenti e uno stazionamento di armi nello spazio e caldeggia l'adozione di opportune normative internazionali, tecnologicamente adeguate e applicabili.

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12

Le cittadine e i cittadini svizzeri effettuano ogni anno circa 9 milioni di viaggi all'estero e sono oltre 700 000 le Svizzere e gli Svizzeri che vivono in un Paese straniero.

172 rappresentanze all'estero (103 ambasciate, 12 missioni presso organizzazioni internazionali, 22 uffici di cooperazione, 31 consolati generali e altre quattro sedi esterne) e 195 consolati onorari rappresentano gli interessi della Svizzera all'estero. A queste rappresentanze si aggiungono le numerose aziende e organizzazioni non governative che intrattengono strette relazioni con la Svizzera, in parte svolgendo interventi umanitari in zone di crisi.

Un minisatellite (SwissCube) realizzato dal Politecnico federale di Losanna è stato lanciato nello spazio nel settembre del 2009 per fotografare un fenomeno luminoso nell'alta atmosfera generato dall'interazione tra l'irradiazione solare e le molecole di ossigeno. Non si tratta tuttavia di un impiego operativo di un satellite da parte della Confederazione.

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2.1.3

Crisi persistenti, rivolgimenti e instabilità

Negli scorsi anni, soprattutto nell'Africa del Nord e nel Vicino e Medio Oriente si è assistito a un inasprimento della situazione politica con conseguenti crisi e rivolgimenti. All'interno di quest'area, ma in parte anche al di fuori di essa, sono presenti Stati fragili. Cresce inoltre sempre di più il numero delle zone interessate dall'indebolimento o dalla totale dissoluzione delle strutture statali. Occorre pertanto prevedere altri rivolgimenti nonché un ulteriore inasprimento della situazione e il perdurare dell'instabilità.

La situazione europea non è paragonabile a quella in cui versano le suddette regioni di crisi. Tuttavia, dal punto di vista economico, finanziario, sociale e ­ in parte ­ politico, anche la stabilità dell'Europa si è dimostrata meno solida di quanto non si pensasse in precedenza: una circostanza, questa, dovuta alla crisi finanziaria e del debito e aggravata ulteriormente dal conflitto armato in Ucraina nonché dai massicci movimenti migratori dal Vicino e Medio Oriente e dall'Africa.

Regioni di crisi La complessa situazione nel Vicino e Medio Oriente, caratterizzata da rivolgimenti, crisi e instabilità, appare particolarmente esplosiva: oltre alla presenza di problemi già esistenti da decenni e tuttora irrisolti (conflitto israelo-palestinese, tensioni etnico-religiose in Libano), in questa regione si può osservare come società e Stati fragili e indeboliti da conflitti siano terreno fertile per movimenti radicali che non hanno necessariamente un'origine locale e che, in condizioni di maggiore stabilità, non si formerebbero. Parti dell'Iraq e della Siria sono controllate da un'organizzazione terroristica (lo «Stato islamico»), con la conseguenza che anche combattenti stranieri (tra cui molti europei, alcuni dei quali svizzeri) si recano in questi Paesi per partecipare al conflitto. Propaggini dello «Stato islamico» e di «Al-Qaïda» sono tuttavia presenti anche in altri Paesi della regione così come altrove. Questi movimenti prosperano nelle zone di crisi sfruttando l'incapacità degli Stati di esercitare il monopolio della forza e di controllare le proprie frontiere. La debolezza delle strutture statali, l'esperienza che le rivolte contro i Governi possono andare a buon fine, come pure la dubbia legittimità delle frontiere tracciate dalle potenze coloniali e il risveglio
di identità transfrontaliere minacciano l'ordine vigente in quest'area.

I contrasti sul programma nucleare iraniano si sono attenuati nel luglio del 2015 con la firma di un accordo completo tra l'Iran, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU e la Germania. L'accordo prevede una notevole limitazione delle capacità nucleari iraniane e, parallelamente, l'eliminazione delle sanzioni internazionali contro l'Iran. Se venisse effettivamente attuato, potrebbe innescare una nuova dinamica nella regione del Golfo Persico e favorire il ripristino della leadership iraniana, ma comporterebbe anche il rischio di un conflitto tra l'Iran e l'Arabia Saudita, potenze di riferimento rispettivamente di Sciiti e Sunniti. La tensione tra questi due Stati è un fattore chiave in molti conflitti regionali (Iraq, Siria, Yemen).

Nella zona del Sahel le fratture di lunga data si sovrappongono alle cause di conflitto più recenti. Spesso la scarsa partecipazione delle minoranze al potere statale, le disparità sociali e la debolezza delle strutture dello Stato favoriscono tensioni che possono portare a rivolte e colpi di Stato. Clan e corruzione ostacolano lo sviluppo 6994

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economico, mentre i sempre maggiori problemi ambientali e la crescita demografica acuiscono la povertà, i flussi migratori, la disoccupazione e lo spopolamento delle aree rurali. Vaste regioni sfuggono al controllo statale e gli Stati non sono in grado di garantire la sicurezza della popolazione. Tutto ciò crea una situazione che lascia una grande libertà di azione alla criminalità organizzata per quanto riguarda la tratta di esseri umani, il traffico di droga e di armi, la presa di ostaggi nonché il riciclaggio di denaro e accresce l'attrazione esercitata dai gruppi terroristici sui giovani disoccupati e senza prospettive. Gruppi terroristici come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram o la propaggine del cosiddetto «Stato islamico» in Libia hanno guadagnato terreno in quest'area e vengono in parte sostenuti finanziariamente da movimenti jihadisti al di fuori della regione. L'instabilità è particolarmente forte nella zona di confine tra la Libia, l'Algeria e il Niger, ma si registra una situazione instabile anche in Mali. Fondamentalmente il Sahel è una regione caratterizzata dall'instabilità, nonostante gli sforzi profusi da singoli Stati, dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, dall'Unione africana, dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni internazionali.

Stati fragili Un problema fondamentale per quanto concerne la sicurezza ­ nell'Africa del Nord e nel Vicino Oriente, ma anche in altre regioni ­ è rappresentato dalla debolezza delle strutture statali. Ciò significa che determinati Stati ­ i cosiddetti «Stati fragili» ­ non sono in grado né di provvedere ai bisogni fondamentali della popolazione né di esercitare le funzioni statali poiché non dispongono di un'organizzazione o di risorse finanziarie sufficienti oppure sono logorati da conflitti interni. In tale contesto il comportamento delle élite locali, i loro mezzi di potere e il modo in cui esercitano il proprio potere assumono un'importanza fondamentale. Spesso i giacimenti di materia prime, l'accesso a quest'ultimi e la distribuzione del profitto economico assumono un ruolo centrale. Istituzioni deboli implicano una scarsa legittimità della dirigenza politica, l'assenza di uno Stato di diritto e l'indebolimento o l'assenza del monopolio statale della forza; ciò determina a sua volta carenze a livello di
sicurezza della popolazione e di rispetto dei diritti umani e l'indebolimento della crescita economica. Negli ultimi anni le nuove tecnologie, i mutamenti demografici e il cambiamento climatico hanno acuito la fragilità degli Stati.

Spesso il traffico di droga e di armi e la violazione dei diritti umani sono nel contempo causa e conseguenza della fragilità e dei conflitti violenti. Nella maggior parte dei casi, i conflitti armati negli Stati fragili vengono alimentati da economie di guerra che, a loro volta, sono strettamente connesse alla criminalità organizzata, alla corruzione e al terrorismo. Dal 1989 a oggi, in circa due terzi degli Stati fragili si sono verificati conflitti armati. Inoltre, in più del 40 per cento dei Paesi che sono già stati teatro di un conflitto armato si registrano nuovi scontri armati entro dieci anni.

Un ulteriore fenomeno legato agli Stati fragili e ai conflitti violenti è la pirateria. Gli attacchi alle navi mercantili con dirottamenti e richieste di riscatto sono iniziati nel 2006 nel Golfo di Aden, per poi estendersi al Corno d'Africa e ad aree dell'Oceano Indiano. Le operazioni militari avviate nel 2009 e le misure preventive adottate sulle navi si sono subito rivelate efficaci. Il fulcro della pirateria si è spostato verso la costa dell'Africa occidentale, concentrandosi soprattutto in Nigeria. In Africa, alle 6995

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richieste di riscatto si aggiunge la particolare propensione alla violenza dei responsabili, che spesso uccidono o feriscono gravemente i marinai.

La Libia e lo Yemen sono un esempio della rapidità con cui l'autorità statale può sgretolarsi. In entrambi i casi, i conflitti interni e l'influenza esterna hanno rapidamente tramutato questi Stati fragili in Stati falliti («failed States»).

Ripercussioni sulla Svizzera L'insicurezza nel Maghreb e nel Vicino e Medio Oriente e la sicurezza in Svizzera sono direttamente collegate: i conflitti nella regione in questione, l'ostilità delle organizzazioni terroristiche «Al-Qaïda» e «Stato islamico» nei confronti dell'Occidente e l'attrazione esercitata dal jihadismo anche su persone residenti in Svizzera sono determinanti per la minaccia terroristica sotto forma di attentati di matrice terroristica in Svizzera o contro persone e istituzioni svizzere all'estero. I piani delle organizzazioni terroristiche non sono l'unico fattore importante in quest'ambito.

Anche persone che vivono in Svizzera possono infatti radicalizzarsi e agire autonomamente senza legami diretti con tali organizzazioni. In particolare il rientro di questi jihadisti dalle zone di combattimento rappresenta una minaccia. Inoltre, l'instabilità a livello regionale provoca o favorisce i flussi di profughi e migranti, che possono essere sfruttati anche dai terroristi per entrare in incognito in Svizzera.

I cittadini e gli interessi svizzeri possono essere minacciati anche direttamente in loco. Si prevede infatti che, anche in futuro, in media le cittadine e i cittadini svizzeri viaggeranno o lavoreranno all'estero con maggiore frequenza rispetto alle cittadine e ai cittadini di altri Paesi ed è possibile che soggiornino in zone di crisi. In questo contesto, la probabilità che conflitti o atti terroristici colpiscano interessi svizzeri è piuttosto casuale, ma, in quanto Stato occidentale, negli ambienti jihadisti la Svizzera viene percepita come parte dell'immagine generale del nemico. In particolare nelle zone di conflitto dell'area islamica, le cittadine e i cittadini svizzeri possono essere in qualsiasi momento vittime di rapimenti o atti terroristici 13. Sono inoltre sempre di più le rappresentanze diplomatiche svizzere all'estero che si trovano ad affrontare una situazione difficile in
materia di sicurezza, tanto che negli ultimi anni è stato necessario rafforzare le misure di sicurezza in diverse ambasciate. Oltre alle catastrofi naturali o tecnologiche, i conflitti violenti possono altresì provocare, anche a breve termine, evacuazioni su larga scala di cittadine e cittadini svizzeri.

Tutto ciò rappresenta una sfida per le imprese con sede in Svizzera che sono attive in Stati fragili nonché per la piazza finanziaria internazionale della Svizzera. Tali imprese si trovano confrontate con elevati rischi per la propria reputazione14.

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Dall'inizio del decennio in corso è stato registrato un brusco aumento dei rapimenti di matrice terroristica, una dozzina dei quali ha interessato la Svizzera. Un attentato come quello di Luxor (Egitto) del 1997, in cui hanno perso la vita 36 turisti svizzeri, rappresenta un'eccezione in termini di portata, ma continuano comunque a verificarsi casi di cittadine e cittadini svizzeri uccisi o feriti in attentati terroristici.

Al riguardo: Rapporto del gruppo di coordinamento interdipartimentale per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo del giugno 2015 sulla valutazione nazionale dei rischi legati al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo in Svizzera.

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L'instabilità nel Vicino e Medio Oriente e, in alcune zone, il deteriorarsi del sostegno alle élite politiche comportano rischi anche per vie di trasporto importanti dal punto di vista economico, alcune delle quali attraversano la regione (canale di Suez, stretto di Aden, stretto di Hormuz), e per la produzione petrolifera, sebbene la dipendenza dell'Occidente dal petrolio arabo sia diminuita.

Vi è inoltre il rischio che una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente possa quanto meno compromettere, se non portare al collasso, l'intero regime globale volto a impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la quale è, in qualsiasi caso, dannosa per la Svizzera.

2.1.4

Flussi migratori

Quando nel presente rapporto si parla di migrazione si intende sia la migrazione per motivi privati o professionali, sia la fuga da conflitti armati e le persecuzioni individuali. Oltre ai conflitti armati e alla mancanza di prospettive economiche e sociali, la persistente globalizzazione dell'economia, le strutture per età disomogenee e le disparità di reddito tra le regioni e i Paesi ricchi e quelli poveri, nonché all'interno di uno stesso Paese, contribuiranno a un ulteriore aumento dei flussi migratori.

Era dalla fine della Seconda guerra mondiale che nel mondo non si registravano così tante persone in fuga. Nel 2015 in Europa sono state inoltrate oltre un milione di domande d'asilo, la maggior parte a causa dei conflitti in corso in Siria e in Iraq. I flussi migratori nel bacino del Mediterraneo sono notevolmente aumentati negli ultimi anni. Se nel 2014 i siriani percorrevano per lo più la rotta migratoria dalla Libia all'Italia meridionale passando per il Mediterraneo centrale, nel 2015 il flusso migratorio si è spostato sulla rotta che dalla Turchia attraversa il mar Egeo orientale per arrivare in Grecia. Anche i richiedenti l'asilo afghani, iracheni, pachistani e iraniani, il cui numero è aumentato, utilizzano principalmente questa rotta migratoria; lo stesso vale per persone provenienti dagli Stati dell'Africa del Nord. I flussi migratori secondari dalla Grecia attraverso la cosiddetta «rotta dei Balcani» è stata tollerata dai Paesi interessati e, in parte, il transito è stato perfino sostenuto.

Oltre alla provenienza dei migranti, anche le rotte migratorie possono subire cambiamenti repentini. Diverse misure statali possono contribuire ad arginare, se non addirittura a fermare, la migrazione attraverso determinare rotte; tuttavia, sinora ciò ha spesso avuto come unica conseguenza lo spostamento della migrazione lungo altre rotte.

Le persone che arrivano in Italia attraverso il Mediterraneo centrale salpano spesso dalla Libia dove la sostanziale mancanza di strutture statali consente alle bande di passatori di agire praticamente indisturbate. In numerosi Stati dell'Africa occidentale e centrale è presente un grande e latente potenziale d'emigrazione. In questi Paesi persino un lieve cambiamento della situazione (ad es. il peggioramento della situazione politica o economica) può condurre
a un incremento dell'emigrazione. Finora i motivi alla base dell'emigrazione dalla Nigeria e dagli Stati dell'Africa occidentale erano di natura economica, ma gli incessanti combattimenti che infuriano nel nordest della Nigeria e negli Stati confinanti hanno fornito un'ulteriore motivazione.

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L'Europa è tuttavia solo un obiettivo secondario poiché la maggior parte delle persone rimane nel continente africano.

Nel 2015 la migrazione verso l'Europa ha costretto gli Stati lungo la rotta dei Balcani e i Paesi di destinazione a fronteggiare grandi problemi. Particolarmente interessati sono stati i Paesi di destinazione primari quali Germania, Svezia e Austria. I Governi di questi Paesi hanno adottato diverse misure per controllare meglio la migrazione. Alcuni Stati membri dell'UE, ad esempio, hanno reintrodotto i controlli alle frontiere interne ed emanato leggi sull'asilo più severe. Tale modo di procedere a livello nazionale ha messo fortemente sotto pressione il sistema Schengen/Dublino. A livello di UE sono stati approvati programmi per il trasferimento dei richiedenti l'asilo dall'Italia e dalla Grecia verso altri Stati europei. La Svizzera partecipa su base volontaria a questi programmi.

La Commissione europea ha inoltre avviato una serie di riforme del sistema Schengen/Dublino, tra cui la creazione di una nuova agenzia per la protezione delle frontiere con un ampio campo d'attività e l'adeguamento del codice frontiere Schengen per poter eseguire controlli sistematici dei beneficiari del diritto alla libera circolazione presso le frontiere esterne di Schengen. La Commissione europea mira inoltre a una riforma della convenzione di Dublino con l'obiettivo di promuovere una ripartizione più equa delle responsabilità tra gli Stati partecipanti.

Ripercussioni sulla Svizzera La Svizzera figura tra i Paesi industrializzati in cui si registra un aumento dell'età media della popolazione e deve pertanto confrontarsi con uno sviluppo economicamente sfavorevole della struttura per età. L'afflusso di lavoratori stranieri può attenuare questa tendenza. Al contempo i flussi migratori comportano sfide in materia di politica sociale e di sicurezza.

I conflitti attualmente in corso in tutto il mondo determinano un incremento dei richiedenti l'asilo in Svizzera, anche se in misura minore rispetto alla media europea. Gli sviluppi nelle regioni in conflitto sono incerti e l'evoluzione migratoria difficilmente prevedibile.

A livello di politica di sicurezza, l'aumento dei flussi migratori non rappresenta in sé una minaccia per la Svizzera. Tuttavia, oltre alla politica in materia di asilo, di migrazione
e di integrazione, la migrazione interessa anche tutta una serie di aspetti inerenti alla politica di sicurezza. Tra i migranti si possono celare anche persone aventi legami con ambienti terroristici o che hanno intenzioni terroristiche, come hanno dimostrato gli attacchi in Francia, Belgio e Germania. La migrazione può promuovere le tensioni etniche o l'estremismo violento, ad esempio tra diverse etnie che in un conflitto interno rappresentano fazioni opposte. I migranti possono anche avere un influsso sull'evoluzione della criminalità. I reati legati alla violenza, al patrimonio e alla droga nonché la falsità in documenti (documenti di viaggio e di soggiorno falsificati) e i matrimoni fittizi sono inoltre legati ai flussi migratori irregolari.

La migrazione, il traffico organizzato di migranti, lo sfruttamento e la tratta di essere umani si favoriscono a vicenda. A causa delle ingenti somme che devono ancora pagare per le prestazioni dei passatori, i migranti con una situazione irregolare 6998

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vengono sfruttati e costretti a lavorare per saldare i propri debiti. In mancanza di conoscenze linguistiche e di mezzi i migranti sono un bersaglio facile per le organizzazioni criminali. Le donne e i bambini sono particolarmente vulnerabili e rischiano di cadere nelle maglie dell'accattonaggio organizzato, della prostituzione forzata e dello sfruttamento della forza lavoro.

La Svizzera si impegna con diverse misure a breve e lungo termine per combattere le cause che costringono le persone a fuggire dai propri Paesi e per gestire le ripercussioni dirette e indirette dell'aumento della migrazione. Gli sforzi comprendono diverse misure nell'ambito della politica estera e della politica migratoria estera.

Fornisce inoltre un aiuto umanitario per alleviare la situazione di emergenza sul posto e negli Stati di transito. Si prodiga per la tutela dei migranti nei Paesi di prima accoglienza e sostiene gli Stati interessati e la loro popolazione. Contribuisce affinché i rifugiati possano costruirsi un'esistenza nelle regioni di origine senza dipendere dal soccorso d'emergenza. L'impegno della Svizzera si concentra anche sulle cause di fuga socio-ecnomiche o politiche e concorre allo sviluppo sostenibile e alla messa in campo di prospettive migliori. Grazie agli strumenti della politica di pace e in materia di diritti umani, il nostro Paese si adopera inoltre a favore della prevenzione delle crisi e della gestione dei conflitti, impegnandosi per una soluzione politica della crisi siriana e di altri conflitti. Inoltre, nel quadro di dialoghi regionali e a livello globale, si impegna a favore di un approggio cooperativo alle questioni migratorie.

La Svizzera partecipa inoltre a misure dell'UE, ad esempio impegnandosi a favore di una ridistribuzione solidale dei richiedenti l'asilo e di un allineamento degli standard in materia di asilo all'interno dell'Europa. Un primo importante passo in questa direzione è l'adesione volontaria della Svizzera a programmi dell'UE per la ricollocazione (relocation) e il reinsediamento (resettlement) di persone bisognose di protezione. Nel quadro della sua associazione a Schengen, la Svizzera partecipa anche a livello finanziario e tramite l'invio di guardie di confine all'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne (FRONTEX).
Partecipa inoltre all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo e invia esperti nel quadro degli impeghi di tale Ufficio per fornire sostegno agli Stati membri.

Infine, la Svizzera adotta anche misure interne. Per diminuire l'attrattiva della Svizzera, dal 2012 vengono trattate in modo prioritario le domande d'asilo insufficientemente motivate e per determinati Paesi di provenienza con quote di protezioni più basse sono state introdotte procedure d'asilo accelerate. Inoltre la Confederazione ha creato delle strutture in vista di una valutazione continua della situazione migratoria e della gestione di situazioni di crisi, nelle quali collaborano strettamente rappresentanti della Confederazione e dei Cantoni. Una pianificazione d'emergenza approvata da Confederazione, Cantoni, Città e Comuni garantirà che anche nel caso di un numero sempre più elevato di domande d'asilo tutte le persone in cerca di protezione saranno registrate, valutate e assistite. Sono stati inoltre presi provvedimenti affinché in caso di necessità l'esercito possa essere impiegato rapidamente a favore delle autorità civili, in particolare del Corpo delle guardie di confine. La Svizzera si impegna affinché le persone che non ottengono l'asilo in Svizzera possano ritornare nei propri Paesi d'origine. A tal fine vengono conclusi accordi di riammissione e il ritorno volontario viene promosso tramite incentivi.

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2.1.5

Ulteriore evoluzione del carattere dei conflitti

La situazione in materia di politica di sicurezza è in costante mutamento, come pure il modo in cui vengono condotti i conflitti armati. Il carattere dei conflitti è profondamente cambiato, come confermano i conflitti armati scoppiati di recente in Europa.

Forma dei conflitti armati mutata, ma non completamente nuova I conflitti armati sono sempre più caratterizzati dall'impiego coordinato di forze e mezzi militari, politici, economici e anche criminali unitamente ad armi e tecnologie moderne, in particolare nell'ambito delle comunicazioni e nel settore «cyber». In tale contesto, la propaganda e la disinformazione svolgono un ruolo centrale e risulta particolarmente importante la stretta interazione tra forze regolari e irregolari. Spesso le forze irregolari sono sostenute dagli Stati e agiscono nell'interesse o addirittura su mandato di un determinato Paese senza che quest'ultimo debba ammetterlo.

Questo tipo di guerra ­ spesso definita guerra ibrida ­ viene applicato in vari ambiti e settori: sui campi di battaglia, dove si combatte, tra la popolazione civile, per suscitare simpatie e trovare sostegno, nonché all'interno della comunità internazionale, dove si cercano appoggi politici ed economici. Gli Stati conducono una guerra di questo genere soprattutto quando si tratta di eludere il diritto internazionale (in particolare il diritto all'autodifesa) o di evitare un intervento della comunità internazionale svantaggioso per l'aggressore. In determinate circostanze, si crea così anche un pretesto per un massiccio intervento militare. Questo tipo di guerra non è del tutto nuovo, ma è nuova la qualità di alcuni elementi: nuovi mezzi e canali d'informazione usati per scopi di propaganda, informazione, disinformazione e condotta; sistemi d'arma moderni e altamente efficaci che prima erano appannaggio degli eserciti regolari e che ora si trovano nelle mani di forze irregolari; impiego di forze speciali che spesso agiscono in una zona grigia del diritto internazionale; operazioni nel settore «cyber». Gli avvenimenti in Ucraina sono un esempio di questa forma di conflitto.

Operazioni d'informazione: disinformazione e propaganda Per raggiungere i propri obiettivi alcuni Stati impiegano tutto ciò che è in loro potere. Ciò comprende, oltre alla politica estera e all'esercito, anche operazioni
d'informazione. Esse vengono impiegate in combinazione con altre misure o prima di azioni militari per influenzare l'opinione pubblica e gli avversari. Si tratta di screditare e dividere gli attori interessati e di creare in una parte considerevole della popolazione un sentimento di sfiducia verso le dichiarazioni delle autorità. Per quanto riguarda le operazioni militari, le operazioni d'informazione possono far sì che non si renda necessario un impiego su vasta scala delle forze armate contro un aggressore, ma, ad esempio, l'impiego esclusivo di forze speciali, e che aumentino le possibilità di successo di un impiego di forze armate regolari se ciò dovesse tuttavia risultare necessario.

Le operazioni d'informazione prevedono soprattutto la disinformazione e la propaganda per privare la controparte della capacità d'azione nel settore delle informazio7000

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ni, per accaparrarsi l'iniziativa e per arrecare danni. Per quanto riguarda la disinformazione, l'obiettivo è quello di intaccare la fiducia della popolazione nelle comunicazioni ufficiali mettendo in dubbio singoli aspetti di tali comunicazioni mediante false informazioni mirate. La propaganda, invece, ha lo scopo di diffondere informazioni che promuovono un certo punto di vista per quanto riguarda degli avenimenti, sostenendo od osteggiando in questo modo una determinata posizione politica.

I contenuti delle operazioni d'informazione vengono spesso definiti in modo centrale e i messaggi essenziali vengono diffusi, in parte, tramite media creati a tal fine (canali televisivi, portali d'informazione) nonché tramite i social media. Si osserva inoltre una sistematica manipolazione della sezione dedicata ai commenti nei media online.

Conflitti armati interni e fra Stati La disgregazione delle strutture statali e l'erosione del monopolio statale della forza favoriscono lo scoppio di conflitti armati interni e l'insorgenza di situazioni di guerra civile. Milizie locali, mercenari, bande criminali e società di sicurezza private svolgono un ruolo centrale in tale ambito. Non è possibile prevedere se la frequenza di questo tipo di scontri aumenterà ulteriormente o diminuirà nei prossimi anni. È tuttavia certo che, anche in futuro, simili conflitti saranno molto più frequenti delle guerre fra Stati, anche se queste ultime continueranno a verificarsi. I mezzi e le capacità militari tradizionali rimarranno dunque importanti. L'impiego di formazioni militari regolari anche in futuro avverrà nel quadro del combattimento interarmi.

Fanteria, blindati, artiglieria, velivoli da combattimento e altri mezzi per la guerra aerea manterranno pertanto la loro importanza.

Tecnologia Rispetto al passato, oggi tutti gli attori coinvolti nei conflitti, sia statali che non statali, hanno possibilità sostanzialmente migliori per acquisire informazioni sugli avversari ed elaborare un quadro della situazione. In alcuni ambiti, tra cui in particolare il cyberspazio, i confini nazionali e le distanze sono ormai praticamente irrilevanti, mentre in altri continua a essere necessaria la presenza fisica in loco. Le distanze sono meno importanti anche per quanto riguarda le armi e, ancora una volta, ciò vale in particolare per il
cyberspazio. I cyberattacchi possono essere sferrati a supporto di operazioni militari oppure indipendentemente da queste ultime. Si presume che, in futuro, praticamente tutte le parti in conflitto, siano essere grandi, piccole, statali o non statali, agiranno in maniera aggressiva nel cyberspazio. In seguito alla maggiore importanza assunta dal cyberspazio, la Svizzera può essere interessata da conflitti armati anche attraverso l'abuso o il danneggiamento di infrastrutture di informazione e comunicazione sul suo territorio da parte di attori stranieri coinvolti in tali conflitti. Inoltre, eventuali limitazioni del funzionamento di simili infrastrutture all'estero possono avere conseguenze dirette sulla Svizzera.

L'importanza delle distanze diminuisce anche per quanto concerne la proiezione della forza fisica, sebbene in misura molto minore. In seguito alla diffusione di vettori a lunga gittata, in particolare missili balistici e missili da crociera, sono sempre più numerosi gli Stati in grado di condurre operazioni militari a distanza di 7001

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migliaia di chilometri. Un particolare tipo di proiezione globale della forza è l'impiego di droni, spesso stazionati in loco e teleguidati direttamente dal Paese d'origine, per la ricognizione e il combattimento degli obiettivi. Finora soltanto gli USA dispongono di tale capacità, ma in futuro aumenterà il numero degli attori in grado di impiegare la forza in questo modo a livello globale. Tuttavia, le possibilità di proiezione della forza fisica da parte di attori non statali rimarranno inferiori rispetto a quelle degli Stati. Per poter usare la forza in regioni lontane, gli attori non statali dovranno spesso limitarsi a infiltrare o reclutare combattenti sul posto, una procedura facilitata dalla mobilità e dall'interconnessione a livello mondiale.

Ripercussioni sulla Svizzera Le probabilità che la stessa Svizzera ­ anche in seguito al cambiamento delle circostanze di svolgimento dei conflitti ­ possa essere in un prossimo futuro coinvolta in un conflitto armato15 è aumentata, ma rimane comunque esigua. L'evoluzione del carattere dei conflitti influenza tuttavia la Svizzera, la sua politica di sicurezza e i relativi strumenti di attuazione: le nuove realtà comportano infatti anche un mutamento delle esigenze da soddisfare per quanto concerne l'orientamento e l'efficienza dei propri strumenti di politica di sicurezza affinché questi ultimi rimangano efficaci.

I cambiamenti nelle modalità di svolgimento dei conflitti riguardano soprattutto l'esercito, le cui capacità non devono essere definite in base ai conflitti passati bensì in funzione del carattere dei conflitti attuali e di quello che probabilmente assumeranno i conflitti futuri.

Come parte di tale adeguamento è stata valutata la necessità di rivedere la nozione di attacco armato (e pertanto anche di compito di difesa dell'esercito) alla luce della coesistenza di due tipi di guerra: convenzionale e non convenzionale. La questione è stata chiarita sulla base del quadro costituzionale e legale vigente e i relativi risultati sono stati riassunti nel numero 3.3.3 del presente rapporto. In sostanza, la conclusione a cui si è giunti è che, a determinate condizioni, si può parlare di attacco armato anche quando quest'ultimo è imputabile a gruppi non statali e si verifica all'interno del Paese. Non si tratta quindi più soltanto dell'attacco sferrato
alle frontiere da parte di forze armate statali.

Con l'ulteriore sviluppo dell'esercito sono state tratte conclusioni concrete in merito al mutamento del carattere dei conflitti, in particolare per quanto riguarda la prontezza, l'istruzione e l'equipaggiamento. Gli attacchi armati possono essere sferrati velocemente ed è per questo che l'esercito ­ soprattutto al fine di proteggere le infrastrutture critiche ­ deve poter essere chiamato in servizio e impiegato in tempi 15

Per conflitto armato si intende in questa sede una situazione in cui la Svizzera deve difendersi poiché l'entità della minaccia (intensità, estensione) ha raggiunto proporzioni tali da minacciare l'integrità territoriale, l'intera popolazione o l'esercizio del potere statale e per la difesa è pertanto necessario l'impiego dell'esercito. Questa interpretazione della nozione di difesa riguarda solo ed esclusivamente una definizione ai sensi della Costituzione federale e, pertanto, la questione interna dell'attribuzione della competenza in caso di grave minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera. Sono fatte salve la definizione di difesa contemplata dallo Statuto delle Nazioni Unite e quella di conflitto armato ai sensi del diritto internazionale pubblico.

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rapidi. In seguito all'ampliamento delle possibilità di attacco e all'aumento della probabilità che vengano colpiti obiettivi civili, rispetto a ora l'esercito deve essere maggiormente orientato alla protezione e allo svolgimento di compiti di sicurezza, sia nell'ambito di impieghi sussidiari per appoggiare le autorità civili sia nell'attuazione del compito di difesa originario, e ciò si ripercuote anche sull'istruzione e sull'equipaggiamento.

Per poter reagire efficacemente alle suddette forme di conflitto è importante conoscere le infrastrutture critiche e saper definire rapidamente le relative priorità. A tal fine è utile gestire un inventario aggiornato delle infrastrutture critiche e integrarlo in un sistema nazionale di analisi integrata della situazione, come pure elaborare e verificare appositi dispositivi di protezione per opere particolarmente importanti.

Nell'ambito dello sviluppo dell'informazione e della comunicazione da parte delle autorità occorre considerare il notevole potenziale della propaganda e della disinformazione, in modo che, in caso di evento, con un'informazione e una comunicazione veritiere sia possibile annullare o almeno attenuare l'effetto della propaganda e della disinformazione. Ciò richiede che le autorità tengano conto della possibilità di operazioni d'informazione avversarie e che riconoscano l'importanza di un'informazione attiva e oggettiva.

La dimensione «cyber» dei conflitti moderni è uno dei motivi per cui le aziende pubbliche e private, le imprese e le amministrazioni ­ come pure l'esercito ­ si impegnano a proteggersi meglio da questo punto di vista e costituisce inoltre una ragione per mantenere e sviluppare ulteriormente le capacità di intelligence e forensi necessarie al fine di riconoscere, perseguire e documentare i cyberattacchi, anche per contrastare la disinformazione.

L'utilizzo, nell'ambito di conflitti, di truppe senza insegne di riconoscimento e l'impiego di forze non statali dirette e alimentate da Stati sollevano questioni di carattere operativo e giuridico.

2.2

Minacce e pericoli

2.2.1

Introduzione

Se si osserva l'evoluzione delle minacce e dei pericoli16 dall'ultimo rapporto sulla politica di sicurezza a oggi, è possibile riscontrare avvenimenti significativi soprattutto per quanto concerne i conflitti armati (Ucraina, Yemen, Siria, Iraq), il terrorismo (ascesa del cosiddetto «Stato islamico» e di Boko Haram), lo spionaggio (caso NSA) e le catastrofi tecnologiche (Fukushima). Si registrano invece meno cambiamenti nel campo della criminalità, dell'estremismo violento, del rischio di perturbazioni dell'approvvigionamento e dei pericoli naturali.

Sono inoltre aumentati i cyberattacchi (da parte di attori statali e non statali) e la cybercriminalità (sempre da parte di attori statali e non statali). Mentre nell'ultimo 16

Una minaccia presuppone la volontà di danneggiare la Svizzera o i suoi interessi o per lo meno di accettare il rischio di un simile danneggiamento. Un pericolo non presuppone alcuna volontà di danneggiare (per es. pericoli naturali e tecnici).

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rapporto la minaccia concernente il cyberspazio era stata riassunta nella parte dedicata agli attacchi all'infrastruttura informatica e all'infrastruttura di comunicazione, in questa sede viene adottato un approccio diverso. L'informatica permea praticamente tutti gli ambiti della vita e, ovunque vengano utilizzate reti informatiche su larga scala, esiste il rischio che lo spazio virtuale in cui operano tali reti, ovvero il cyberspazio, sia usato a fini illeciti: la minaccia riguardante il cyberspazio è quindi una minaccia trasversale. Tale minaccia genera in parte nuovi pericoli, ma soprattutto acuisce quelli esistenti. Facilita infatti lo spionaggio, accresce le possibilità di perturbazioni dell'approvvigionamento tramite l'intervento di fattori esterni sulle infrastrutture critiche e fornisce mezzi supplementari ai criminali. Per questo nel presente rapporto le cyberminacce non vengono trattate come una categoria separata, bensì come un elemento ­ complementare e sempre più importante ­ di altre minacce e pericoli.

Qui di seguito vengono presentati le minacce e i pericoli 17 più importanti in relazione alla Svizzera. Per poter illustrare in modo semplice e chiaro di quale tipo di minacce e pericoli si tratta e quali sono gli sviluppi attuali che li riguardano, è necessario distinguerli e trattarli singolarmente. Ciò non deve tuttavia portare alla errata conclusione che anche nella realtà le minacce e i pericoli descritti possano verificarsi soltanto singolarmente e in maniera separata, poiché in questo modo si sottovaluterebbero le minacce e i pericoli in questione trascurando due fenomeni:

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da un lato, occorre tenere conto della combinazione o della concatenazione di minacce e pericoli diversi. In seguito a una catastrofe naturale potrebbero per esempio verificarsi perturbazioni dell'approvvigionamento che sarebbero a loro volta in grado di causare un rapido peggioramento della sicurezza pubblica. Un cyberattacco potrebbe invece provocare un'interruzione di corrente su larga scala che, a sua volta, potrebbe determinare un blocco della maggior parte delle funzioni dell'economia e della società nonché scatenare altre reazioni a catena con ripercussioni sull'intera popolazione. In altri termini: qualora una minaccia o un pericolo si concretizzassero, potrebbero con molta probabilità innescare ulteriori minacce e pericoli. Questo è un aspetto di cui occorre tenere conto nell'adozione delle misure in materia di politica di sicurezza (e anche nelle relative esercitazioni). Non basta affrontare singolarmente ogni minaccia o pericolo, ma bisogna considerarne anche le interazioni e le conseguenze;

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dall'altro, la relazione con la Svizzera deve essere intesa in senso lato. La Svizzera, la sua popolazione e i suoi interessi possono subire danni anche se non sono un obiettivo prioritario o non rappresentano un bersaglio. La Svizzera è talmente interconnessa a livello internazionale ­ soprattutto con gli Stati limitrofi, ma, per molte questioni, anche con altri Paesi ­ che, qualora una minaccia nei confronti di uno Stato, un'economia o una società ad essa vicini diventasse realtà, ne risentirebbe inevitabilmente. Anche nel settore Si tratta in parte di un insieme di minacce o pericoli. Il pericolo catastrofi e situazioni d'emergenza comprende per esempio, oltre alle catastrofi tecnologiche, anche le pandemie e le ripercussioni del cambiamento climatico, mentre la minaccia attacco armato include anche le conseguenze della proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei mezzi necessari al loro impiego.

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della politica di sicurezza esiste il fenomeno del danno collaterale. Se uno degli Stati circostanti viene coinvolto in un conflitto armato o subisce un attentato terroristico oppure se la criminalità organizzata mina l'economia e la politica di un Paese vicino, ciò si ripercuote anche sulla sicurezza della Svizzera. Per questo le minacce esposte qui di seguito risultano rilevanti per la Svizzera anche nel caso in cui non siano rivolte direttamente verso quest'ultima ma colpiscano il suo contesto.

2.2.2

Acquisizione illegale e manipolazione di informazioni

Lo spionaggio per motivi politici o economici contro la Svizzera o contro gli interessi svizzeri è sempre esistito. E non è nuovo nemmeno il rischio che eventuali informazioni falsificate influenzino i processi e le decisioni politiche o lo sviluppo economico e la stabilità oppure che il Paese venga danneggiato mediante sabotaggi.

Tuttavia, per raggiungere tali scopi, oltre a mezzi tradizionali come l'impiego di spie vengono sempre più utilizzate le tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Queste comprendono tra l'altro l'infiltrazione nelle reti informatiche, la manipolazione dei telefoni cellulari delle persone da spiare in modo da intercettarne le conversazioni o la conduzione di indagini illegali tramite Internet. Per poter accedere a dati e informazioni confidenziali, i servizi informazioni e le aziende incaricano anche agenzie private che operano in ambito commerciale (agenzie di investigazione, società di consulenza) e hacker.

Un altro fenomeno recente e in crescita è rappresentato dall'offerta commerciale di informazioni acquisite illegalmente, intorno alla quale si è in parte sviluppato un vero e proprio mercato. La soglia di inibizione in quest'ambito si è abbassata sia tra i potenziali fornitori delle informazioni sia tra i potenziali interessati. Inoltre, gli Stati stessi non sembrano essere particolarmente disturbati dal fatto di ottenere dei dati in modo illegale.

In passato, per poter svolgere attività di spionaggio, gli agenti segreti dovevano recarsi in Svizzera o reclutare cittadine e cittadini svizzeri all'estero, il che comportava, in una certa misura, anche il rischio di essere arrestati. Negli ultimi anni, invece, la situazione è notevolmente cambiata. Lo spionaggio tradizionale rimane importante, ma, grazie all'interconnessione delle reti informatiche, oggi è possibile accedere elettronicamente alle informazioni senza mai mettere piede sul territorio dello Stato in cui si trova l'obiettivo designato. Anche Stati più piccoli od organizzazioni possono spiare in questo modo i loro concorrenti oppure gli avversari. Per sferrare attacchi mirati si ricorre soprattutto a software dannosi (malware), che vengono inviati alle vittime prescelte.

È anche possibile interferire con i sistemi di controllo per generare operazioni imprevedibili, per esempio negli impianti di
produzione o nelle infrastrutture critiche, e sabotare in questo modo sistemi critici. Come riscontrato in diverse occasioni, spesso tali attacchi sono accompagnati dal tradizionale impiego di agenti segreti e di tecniche di spionaggio. Un'ulteriore minaccia è inoltre rappresentata dalla possibilità che software dannosi distruggano irreversibilmente le informazioni (problema per la

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cui risoluzione può essere utile una buona strategia di backup) oppure le falsifichino in maniera subdola (il che è molto più difficile da scoprire).

Un'altra forma di cyberattacco è la manipolazione di informazioni, per esempio introducendosi nei siti Internet di governi, media o aziende mediante operazioni di pirateria informatica (hackeraggio). La diffusione di messaggi diffamatori o l'interruzione dei servizi possono danneggiare la reputazione e influenzare l'opinione pubblica. Attraverso i social media è infatti possibile trasmettere con un dispendio minimo e in modo particolarmente rapido qualsiasi tipo di messaggio, anche a scopo di manipolazione e diffamazione.

Manipolazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione da parte di Stati leader in campo tecnologico Grazie all'interconnessione informatica di pressoché tutte le banche dati e di tutti i sistemi tecnici di controllo nonché, in particolare, alla concentrazione dello sviluppo tecnico dei componenti di rete nelle mani di poche aziende, per alcuni Stati leader in campo tecnologico è ora possibile intervenire ancora più in profondità con azioni che spaziano dalla manipolazione degli impianti di controllo industriale fino a una sorveglianza delle comunicazioni praticamente a livello mondiale.

Determinati Stati sono in grado di intervenire sulla fabbricazione di hardware e software. Accedendo alla programmazione ­ e in particolare intervenendo sugli aggiornamenti dei componenti di rete e dei sistemi operativi oppure tramite l'indebolimento artificiale dei sistemi di crittografia ­ possono infatti introdursi direttamente nei sistemi. Ciò significa che i potenziali hacker non devono più superare ostacoli o firewall per accedere alle reti, ma si trovano già all'interno della rete dell'azienda che intendono colpire, e più precisamente nell'hardware o nel software fabbricati da ditte straniere18. Poiché in questo caso non viene utilizzato alcun codice maligno estraneo al sistema e la manipolazione è parte integrante del sistema fornito, vista la complessità dei sistemi attuali per la vittima è molto difficile scoprire un eventuale attacco in corso.

Questioni di fondo legate all'utilizzo di tecnologie di base a scopi di spionaggio L'utilizzo su larga scala delle tecnologie Internet a scopi di intelligence da parte di Stati
leader in campo tecnologico ha molteplici conseguenze. Da un lato, se le tecnologie di base dell'informazione e della comunicazione che collegano tutto il mondo si rivelano improvvisamente inaffidabili, è molto difficile adottare apposite misure di protezione; dall'altro, però, è ormai praticamente impossibile rinunciare all'impiego di tali tecnologie. Le attività in questione sono inoltre difficili da inquadrare a livello giuridico. Fino a che punto si può parlare di legittima lotta al terrorismo e a 18

In quest'ambito gli Stati Uniti possono contare su una supremazia e su un potere di mercato incontrastati, visto che la stragrande maggioranza dei fornitori di tecnologie dell'informazione e della comunicazione (produttori di software e hardware) hanno la propria sede principale negli USA. Seppure in misura minore, ciò vale anche per la Cina, che dispone a sua volta di un notevole potere di mercato per quanto riguarda la fabbricazione di componenti di hardware. Tuttavia, spesso i software che controllano questi componenti non sono prodotti in Cina.

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partire da quando ci si trova di fronte a un'inammissibile violazione della sfera privata o a un'attività di spionaggio? Almeno nei Paesi democratici, la sorveglianza delle comunicazioni a livello nazionale è nella maggior parte dei casi rigorosamente controllata e spesso deve essere autorizzata caso per caso, per esempio da un tribunale. In linea di principio, la raccolta e l'elaborazione di dati relativi alle comunicazioni, come pure la loro memorizzazione, rientrano sempre nella sfera dei diritti umani garantiti dal diritto internazionale pubblico e universalmente validi, in particolare in quella del diritto alla vita privata e familiare. Gli Stati sono tenuti a rispettare tali garanzie anche quando agiscono in ambito transfrontaliero.

Anche in Svizzera esistono fornitori di servizi di sorveglianza delle informazioni e delle comunicazioni che operano su base commerciale e possono agire per conto di altri Stati. A tale proposito è lecito chiedersi se queste attività siano compatibili con la politica di sicurezza e la politica estera della Svizzera.

La Svizzera come obiettivo interessante per lo spionaggio ­ anche in quanto sede di organizzazioni internazionali L'interesse nei confronti della Svizzera da parte dei servizi informazioni di altri Paesi è riconducibile principalmente ai seguenti fattori: ­

la posizione al centro dell'Europa, le buone infrastrutture di trasporto e di comunicazione, l'ONU e altri organismi internazionali, in particolare per quanto concerne Ginevra, come pure la piazza finanziaria e il commercio di energia e materie prime offrono un ampio ventaglio di possibili obiettivi. Il bersaglio non è necessariamente la Svizzera in sé, poiché vengono attaccate anche organizzazioni internazionali, grandi aziende e organizzazioni non governative. In una società aperta come quella svizzera le spie hanno maggiori probabilità di passare inosservate;

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il governo e l'amministrazione svizzeri sono esposti a pericoli in particolare quando si tratta di far valere interessi nell'ambito di negoziati internazionali difficili (per es. in materia fiscale) o nel caso in cui altri Stati abbiano l'impressione che la Svizzera non faccia abbastanza per combattere le minacce che potrebbero risultare pericolose anche per loro (per es. preparazione di atti terroristici, proliferazione di armi pericolose) oppure che disponga di informazioni potenzialmente interessanti;

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le università e i centri di ricerca pubblici o privati svizzeri possono rappresentare obiettivi allettanti per aziende e servizi informazioni esteri a causa dei loro standard elevati e delle conoscenze scientifiche interessanti sotto il profilo economico;

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gli oppositori di regime e i dissidenti stranieri che si trovano in Svizzera possono essere sorvegliati dai rispettivi Stati d'origine.

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2.2.3

Terrorismo ed estremismo violento

Anche se negli ultimi anni la Svizzera non è stata oggetto di attentati, il terrorismo e l'estremismo violento continuano a minacciare la sicurezza del Paese. Anche nei prossimi anni il terrorismo di matrice jihadista rimarrà per la Svizzera la forma più minacciosa di terrorismo e di estremismo violento; un potenziale in tal senso esiste tuttavia anche in altri ambiti e potrebbe concretizzarsi entro breve tempo (terrorismo ed estremismo violento di matrice etno-nazionalista oppure di estrema destra o estrema sinistra).

Negli ultimi anni è cresciuta la minaccia derivante dal terrorismo; nell'autunno del 2015, ad esempio, quando lo «Stato islamico» ha mandato persone in Europa per pianificare e compiere attentati. Ne sono da prevedere ulteriori, in Europa, i cui presunti responsabili sono lo «Stato islamico» e «Al-Qaïda».

Gruppi terroristici o legati all'estremismo violento provenienti dall'estero possono allestire e utilizzare anche in Europa settori di ritirata e di preparazione. Possono tentare di svolgere attività quali il reclutamento e assicurare la logistica, nonché il finanziamento e la pianificazione di attentati, come mostra il caso del membro di una cellula dello «Stato islamico», condannato in prima istanza dal Tribunale penale federale nel marzo 2016. Siffatte attività possono generare una pressione politica da parte di altri Paesi oppure l'adozione di contromisure dirette che violano la sovranità dello Stato, per esempio lo spionaggio.

Grazie a Internet, ora tutti i gruppi terroristici e legati all'estremismo violento dispongono di nuove possibilità sia per la propaganda sia per creare reti segrete. Ciò semplifica e sostiene la radicalizzazione di singoli individui, che in futuro potrebbero agire autonomamente, come pure la partecipazione alla pianificazione di attacchi terroristici oltre i confini nazionali.

Sviluppi e conflitti all'estero come fattori trainanti Anche in Svizzera i gruppi terroristici e legati all'estremismo violento stranieri hanno membri, sostenitori e simpatizzanti. La strategia e le azioni di questi gruppi sono dettate principalmente dalla situazione che si riscontra nelle rispettive zone di combattimento, ma possono anche essere influenzate da fatti accaduti in Svizzera (manifestazioni, dibattiti politici).

Lo «Stato islamico» è riuscito ad affermarsi come
forza determinante in una vasta area della Siria e dell'Iraq. Esso ha sostituito «Al-Qaïda» nel ruolo di guida del movimento di matrice jihadista. L'attenzione dei jihadisti che operano a livello internazionale si concentra in particolare sulla presenza e sugli interessi occidentali nel mondo islamico. In questo contesto, la Svizzera è considerata parte dell'Occidente, ma è meno al centro dell'attenzione rispetto agli Stati occidentali coinvolti maggiormente nella regione. Tuttavia, eventuali decisioni politiche o fatti avvenuti in Svizzera e interpretati nel mondo islamico come ostili ai musulmani possono far sì che la Svizzera stessa diventi oggetto di proteste anche violente. I combattenti radicalizzati, indottrinati ed esperti che ritornano dalle zone di conflitto potrebbero compiere attentati nel nostro Paese agendo da soli o in piccoli gruppi. Inoltre, tramite Internet, è possibile compiere anche a distanza un'opera di radicalizzazione su 7008

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persone o mobilitarle affinché compiano un attentato, persone che poi passano all'azione sul nostro territorio. Soprattutto nell'ambito del jihadismo, attualmente esiste il rischio che si sviluppi un terrorismo endogeno. Probabilmente ciò non renderà la Svizzera un obiettivo prioritario degli attori jihadisti, ma permane (e può eventualmente aumentare a seconda delle circostanze) il rischio di atti terroristici isolati.

Anche interessi stranieri (per es. ambasciate) od organizzazioni internazionali in Svizzera possono essere esposti, in determinati casi o in modo permanente, a una maggiore minaccia di attacchi da parte gruppi terroristici o legati all'estremismo violento. L'individuazione di questi attori ­ al momento attuale soprattutto singoli individui o piccoli gruppi che intrattengono eventualmente deboli legami con i gruppi maggiori ­ rappresenta una sfida notevole soprattutto per il servizio informazioni.

I mezzi del terrorismo Anche in futuro i terroristi tenteranno di compiere attentati contro «obiettivi molli».

A tal fine impiegheranno soprattutto armi da fuoco ed esplosivi, ma con metodi il più possibile innovativi, mirando a ottenere la massima efficacia. Gli attentati di Parigi e di Bruxelles hanno evidenziato come i terroristi prendano di mira civili innocenti, al fine di provocare un grande schock in seno alla popolazione. Certi gruppi potrebbero anche cercare di compiere attentati con sostanze nucleari, radiologiche, biologiche o chimiche. L'impiego di simili mezzi richiede tuttavia non soltanto le necessarie sostanze, bensì anche le relative conoscenze e capacità specifiche.

L'impiego in combattimento di jihadisti in Siria ­ Paese nel quale sono presenti e vengono regolarmente impiegate armi chimiche ­ aumenta la minaccia che tale know-how venga diffuso.

Per quanto concerne la proliferazione di armi non convenzionali tra gli attori non statali, occorre distinguere tra due aspetti: da un lato, esiste il rischio che mezzi provenienti da arsenali di Stato finiscano nelle mani di attori non statali, una minaccia che si accentua nelle regioni minacciate dalla disgregazione delle strutture statali; dall'altro, gruppi non statali possono tentare di produrre autonomamente armi di distruzione di massa. Poiché i gruppi terroristici non dispongono delle risorse necessarie, è escluso che
vi riescano nell'ambito delle armi nucleari. La minaccia consiste però nell'impiego di una «bomba sporca» contenente materiale radioattivo. Gli ostacoli tecnici e logistici sono invece inferiori, seppur significativi, nel campo delle sostanze chimiche o degli agenti patogeni. In quest'ambito è possibile che i terroristi cerchino di procurarsi tali sostanze in Svizzera.

I rapimenti a scopo di riscatto sono diventati una fonte di finanziamento essenziale per il terrorismo e anche cittadine e cittadini svizzeri sono stati e sono tuttora interessati da questo fenomeno.

Rimane invariato il potenziale di violenza dell'estremismo di destra e di sinistra In Svizzera sia l'estremismo di destra che quello di sinistra rappresentano in gran parte fenomeni isolati a livello sociale e politico, in particolare quando sono legati ad atti violenti. Non si prevede una riduzione del potenziale di violenza, ma nulla lascia pensare che l'estremismo violento autoctono di destra o di sinistra possa sfo7009

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ciare in gravi episodi di violenza o trasformarsi addirittura in terrorismo. In particolare, l'ideologia dell'estrema destra nella sua forma tradizionale si scontra con un ampio rifiuto da parte della nostra società e la strategia dei movimenti di quest'area, volta a realizzare i propri obiettivi all'interno del sistema politico, è fallita. Essendo l'estrema destra in calo dal punto di vista numerico, nonché costretta a mantenere un basso profilo, al momento non si delinea nessuna nuova strategia. Se la situazione rimarrà invariata, sono da prevedere soltanto casi sporadici di violenza diffusa da parte di estremisti violenti di destra.

Gli estremisti di destra e di sinistra tenteranno tuttavia di trarre vantaggio dai temi di attualità ed entrambi gli schieramenti potrebbero ricevere nuovi impulsi soprattutto dai movimenti affini esistenti nei Paesi limitrofi. I militanti dell'area dell'estremismo di sinistra potrebbero eventualmente tentare di convincere estremisti stranieri a compiere attentati contro interessi svizzeri nel nostro Paese o all'estero. Per quanto riguarda l'estremismo di sinistra occorre prevedere un movimento non più fondato sul marxismo-leninismo ma piuttosto orientato all'anarchismo, che potrebbe trovare una nuova piattaforma di lancio nel quadro delle controversie sull'uso e sullo sviluppo dello spazio urbano. Già oggi in quest'ambito esistono gruppi di estrema sinistra che sfruttano ogni occasione propizia e agiscono come catalizzatori di violenza, mettendo continuamente a dura prova le forze dell'ordine nelle principali città.

2.2.4

Attacco armato

Le esperienze degli anni passati hanno dimostrato che l'uso o la minaccia della forza militare per imporre interessi politici ed economici sono ancora una realtà, sia a livello mondiale sia in Europa. In tale ambito si osservano diversi modi di procedere, dall'uso tradizionale della forza militare fino alla guerra non convenzionale o ibrida, in cui vengono impiegati anche altri mezzi oltre agli eserciti regolari o al posto di questi ultimi. Tali mezzi comprendono per esempio forze speciali senza insegne di riconoscimento che ne indichino l'appartenenza, appoggio segreto a gruppi di ribelli con mercenari, armi, informazioni e mezzi finanziari nonché pressione economica e disinformazione per mascherare le proprie attività, denigrare la controparte e garantirsi un maggior sostegno a livello politico. Un eventuale avversario può raggiungere i propri obiettivi anche compromettendo le infrastrutture critiche fondamentali per la gestione dello Stato, i processi economici e la vita sociale. Un attacco di questo tipo non mira soltanto a colpire l'integrità del territorio dello Stato, ma anche a compromettere direttamente il normale funzionamento del Paese e delle sue istituzioni fino a minare la sovranità nazionale e la coesione sociale19.

Nonostante in Europa si sia registrato un certo calo, anche nell'ambito delle armi convenzionali esistono ancora potenziali considerevoli, che in parte sono stati ulteriormente ampliati. A ciò si aggiunge il fatto che anche terroristi e altri attori non statali potrebbero entrare in possesso di mezzi militari che finora erano appannaggio esclusivo degli Stati.

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Per una trattazione più dettagliata del mutamento delle forme di attacco armato e delle relative conseguenze sulla difesa si rimanda al n. 3.3.3.

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Sforzi della Russia per rinnovare le proprie forze armate La NATO continua a svolgere un ruolo importante nei piani militari della Russia. Le forze armate russe si esercitano regolarmente a combattere contro la NATO in conflitti locali in prossimità della frontiera russa. Dopo la fine della Guerra fredda le forze armate russe hanno subito in breve tempo un declino senza precedenti, nel cui ambito il settore delle forze nucleari strategiche è stato il meno colpito. Il trend si sta tuttavia invertendo e la Russia sta compiendo notevoli sforzi per rinnovare le proprie forze armate.

I maggiori progressi riguardano il rinnovamento dell'aviazione militare. Dopo alcune difficoltà, dall'inizio del decennio in corso le forze aeree russe si stanno rapidamente dotando di mezzi moderni e, attualmente, la Russia è di gran lunga il Paese europeo con il più alto numero di velivoli da combattimento acquistati ogni anno. Già oggi dispone della più grande flotta di moderni velivoli da combattimento d'Europa e, qualora il ritmo degli acquisti dovesse mantenersi su questi livelli, molto probabilmente la flotta sarà quasi raddoppiata entro il 2020, raggiungendo una dimensione pari a quella delle forze aeree di Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia messe insieme. Dal punto di vista tecnologico, i velivoli da combattimento russi sono senz'altro paragonabili agli aerei occidentali come l'F/A-18C/D. Sono stati compiuti progressi anche per quanto concerne l'istruzione, tanto che, per esempio, le ore di volo annuali dei piloti russi non si discostano più molto dai livelli occidentali. Il rinnovamento delle altre forze armate si trova invece in una fase meno avanzata. A livello di forze terrestri è stata promossa in primo luogo la creazione di forze speciali adatte a gestire conflitti di carattere locale. L'industria d'armamento russa sta inoltre lavorando al rinnovamento totale del parco di veicoli da combattimento, puntando tra l'altro su un nuovo carro armato da combattimento che rappresenta la prima vera innovazione in questo campo dagli anni 1970 del secolo scorso a oggi. Lo sviluppo di una nuova generazione di veicoli da combattimento comporta però anche sfide tecniche e rischi e occorreranno ancora alcuni anni prima che la Russia proceda ad acquisti su larga scala in quest'ambito. Sono invece meno concrete le
informazioni disponibili in merito alla creazione, in seno alle forze armate, di apposite capacità nel settore «cyber». Probabilmente si tratta di un settore altamente prioritario ed è lecito supporre che le forze armate russe dispongano già di competenze sostanziali in questo campo e che le utilizzino non solo a supporto di azioni militari ma anche come mezzo autonomo nonché per scopi non militari.

Nonostante la riuscita dell'opera di rinnovamento su larga scala, le forze armate russe presentano tuttavia ancora notevoli carenze in particolare negli ambiti della ricognizione e della condotta, dove i progressi saranno probabilmente difficili e non si prevedono risultati sostanziali in breve tempo. Inoltre, nel quadro del rinnovamento delle proprie forze armate, la Russia incontrerà problemi anche in altri settori.

Sarà infatti difficile attuare la riforma nella sua totalità come pure modernizzare e rinnovare in modo capillare tutto il materiale, in particolare per quanto concerne le forze terrestri, e i risultati in questo settore arriveranno soltanto sul lungo periodo.

Dal 2014, inoltre, il calo del prezzo del petrolio e le sanzioni economiche contro la Russia decise a causa della situazione in Ucraina creano incertezza nell'ambito del finanziamento delle riforme militari.

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Nei prossimi anni si prevede comunque un sostanziale aumento delle capacità delle forze armate della Russia e ciò influirà soprattutto sulla capacità di gestire i conflitti locali, che rappresenta una priorità per le forze armate russe. Al fine di garantire la sicurezza delle sue frontiere meridionali, la Russia vuole essere in grado di intervenire militarmente in qualsiasi momento con piccole formazioni. Per il momento, tuttavia, probabilmente le forze armate russe non dispongono delle capacità richieste per condurre con successo operazioni su larga scala contro la NATO e, in particolare, almeno allo stato attuale, per raggiungere la superiorità aerea necessaria a tal fine.

Mancanza di chiarezza sullo sviluppo delle capacità militari convenzionali negli Stati della NATO Dopo la fine della Guerra fredda, praticamente tutti gli Stati della NATO hanno ridotto e riorientato le proprie forze armate. In base alla minaccia percepita all'epoca, si prevedeva che, in futuro, le forze armate dovessero essere impostate soprattutto per la gestione di crisi e il mantenimento della pace all'estero. La maggior parte degli Stati della NATO, in particolare i più grandi, si è adoperata per potenziare la capacità delle proprie forze armate di compiere spedizioni all'estero.

L'efficienza militare, anche per gli impieghi nelle zone di crisi, risulta migliorata grazie a diversi programmi di modernizzazione e soprattutto agli sviluppi nell'ambito della guerra aerea. Una stretta interconnessione tra i sistemi di condotta, di ricognizione e d'arma, unita all'aumento dell'efficacia delle armi, consente di ridurre il numero di sistemi mantenendo invariate le prestazioni. Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nel campo della ricognizione e del combattimento immediato e preciso degli obiettivi.

Nel contempo è stato tuttavia avviato un ridimensionamento quantitativo delle forze armate che è tuttora in corso e riguarda sia il personale sia il materiale. La maggior parte degli Stati della NATO ha abolito l'obbligo di prestare servizio militare, passando a eserciti professionali nettamente più piccoli. Si tratta di una riorganizzazione che penalizza soprattutto le formazioni meccanizzate pesanti e che ha pertanto ridotto notevolmente le capacità della NATO di difendersi da un attacco convenzionale in
Europa. L'ingresso di nuovi Stati membri nella NATO non ha compensato tale riduzione, soprattutto perché si tratta di Paesi con forze armate in gran parte obsolete, poco potenti o addirittura insignificanti. Con il nuovo orientamento adottato dopo la Guerra fredda, nel complesso la NATO ha ridotto la propria capacità di difendere l'Europa.

In seguito all'attuale conflitto in Ucraina, al riarmo russo e alle ambizioni di Mosca in Europa, crescerà anche in Occidente la pressione per un rafforzamento della capacità di difesa. In ogni caso, l'impegno militare degli USA in Europa svolgerà anche in futuro un ruolo cruciale per la capacità di difesa della NATO e, presumibilmente, non verrà messo in discussione in maniera sostanziale.

Nell'Europa settentrionale, anche gli Stati che non aderiscono alla NATO si sentono sempre più minacciati dalla Russia. Per questo è probabile che nei prossimi anni la Finlandia e la Svezia procedano a un nuovo potenziamento della loro capacità di

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difesa. Una possibile adesione alla NATO è oggetto di discussione in entrambi i Paesi, ma non risulta imminente.

Probabilità di un conflitto su larga scala in Europa Una minaccia si compone di due elementi: l'intenzione di sferrare un attacco e l'effettiva capacità di attaccare. Le intenzioni possono mutare rapidamente, soprattutto nei regimi autocratici, nei quali le decisioni possono essere prese da una ristretta cerchia di persone, mentre per sviluppare le relative capacità occorre più tempo.

Se le capacità necessarie sono presenti e le intenzioni di attaccare risultano ipotizzabili o addirittura riconoscibili, i tempi di preavviso sono molto brevi.

Una situazione simile si registrava durante la Guerra fredda. Dopo la fine di quest'ultima, in Europa le tensioni nel campo della politica di sicurezza si sono allentate ed è diminuita la capacità di condurre operazioni militari su larga scala, con conseguente allungamento dei possibili tempi di preavviso in caso di conflitto militare di grandi dimensioni sul continente. Ora questa fase è passata. A livello di capacità, le forze armate russe sono sottoposte già da alcuni anni a un processo di modernizzazione e di potenziamento. Per poter competere alla pari con la NATO in tutti gli ambiti dal punto di vista militare ­ ossia non soltanto in alcuni, come per esempio le forze speciali ­ la Russia avrà tuttavia ancora bisogno di alcuni anni, a condizione che gli Stati occidentali non riducano ulteriormente le proprie capacità.

Mutamenti ancora più significativi si registrano per quanto riguarda le possibili intenzioni: l'annessione della Crimea da parte della Russia e il conflitto armato in Ucraina hanno portato a un rapido e considerevole inasprimento delle tensioni tra la Russia e l'Occidente. Si può ancora presumere che entrambe le parti si adoperino per evitare un conflitto tra la Russia e la NATO, ma il rischio di un simile conflitto è aumentato.

Alla luce di queste tensioni e dei rischi esistenti, la Svizzera deve sempre seguire con attenzione gli sviluppi in ambito militare e in materia di politica di sicurezza in Europa nonché mantenere e sviluppare ulteriormente le capacità critiche per la difesa, anche quando vi è solamente un'esigua probabilità che sul continente scoppi un conflitto armato su larga scala e che quest'ultimo coinvolga
militarmente la Svizzera. L'ulteriore sviluppo dell'esercito è in linea con l'evoluzione della situazione in Europa. Nel complesso è possibile affermare che una minaccia diretta di attacco armato contro la Svizzera ­ in forma tradizionale o non convenzionale ­ è poco probabile nei prossimi anni. Non risulta infatti che vi siano Stati o gruppi che abbiano sia le capacità necessarie per attaccare la Svizzera con mezzi militari sia l'intenzione di farlo.

Aumento dei potenziali attori per un attacco armato da Paesi extraeuropei Un eventuale attacco contro la Svizzera potrebbe anche essere sferrato a partire da Paesi extraeuropei molto lontani, in particolare ricorrendo all'impiego di missili balistici o di missili da crociera, oltre che al settore «cyber». Attualmente gli Stati in grado di sferrare simili attacchi sono pochi e in nessuno di essi si riscontra o si prevede un'intenzione in tal senso. Questo tipo di armi sarà tuttavia sempre più diffuso a livello mondiale. Entro il 2025 si prevede un aumento degli attori statali in 7013

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grado di attaccare obiettivi in Svizzera da grandi distanze. È comunque praticamente escluso che la Svizzera possa essere considerata un obiettivo prioritario, anche perché non interviene militarmente nei conflitti armati internazionali. Un attacco contro la Svizzera con armi a lunga gittata nei prossimi anni è pertanto ritenuto improbabile. Visto l'elevato numero di potenziali attori e considerata l'imprevedibilità della dinamica delle crisi internazionali, le previsioni in quest'ambito sono però caratterizzate da maggiori incertezze rispetto a quelle relative all'eventualità di conflitti militari su larga scala in Europa. La crisi libica degli anni 2008­2010 ha dimostrato come uno Stato possa adottare misure drastiche nei confronti della Svizzera senza annunciarle con largo anticipo. Se un attore di questo tipo dispone di armi a lunga gittata, è in grado di minacciare e ricattare la Svizzera anche con mezzi militari utilizzando al contempo armi tradizionali e non convenzionali come i cyberattacchi contro infrastrutture critiche (per es. sistema finanziario, approvvigionamento energetico) o i ricatti con mezzi economici (per es. manipolazione di flussi di merci e finanziari).

2.2.5

Criminalità

Negli ultimi cinque anni, il numero di atti criminali secondo il Codice penale20 (CP) e la legge del 3 ottobre 195121 sugli stupefacenti è in leggero calo in Svizzera, calo riconducibile soprattutto alla diminuzione di tutti i casi di furto quali furto con scasso, furto con borseggio e furto di veicoli. Questo ambito di criminalità continua a situarsi a un livello alto nel raffronto europeo. I principali responsabili sono gruppi mobili e ben organizzati dell'Europa orientale e sudorientale nonché persone provenienti dal Maghreb. Si tratta di gruppi altamente professionali che rimangono in Svizzera per poco tempo e agiscono suddividendosi il lavoro, cambiando continuamente la loro composizione e mostrando una sempre maggiore propensione alla violenza. L'avvento di questa criminalità non mette in discussione l'esistenza e il funzionamento dello Stato, ma, oltre a provocare crimini violenti, compromette in maniera determinante il senso di sicurezza tra la popolazione e danneggia l'economia nazionale. Al momento non si prevedono miglioramenti per quanto concerne tali forme di criminalità, anche perché spesso i responsabili non soltanto non si trovano più in regime di carcerazione preventiva, ma sono addirittura fuori dal Paese quando, in base all'analisi delle tracce, i loro reati possono essere provati. Riguardo ad altri ambiti del Codice penale, sono piuttosto stabili le cifre relative ai reati contro la vita e l'integrità della persona, contro la libertà e contro l'integrità sessuale.

Anche la criminalità organizzata influisce, con le sue attività, sulla sicurezza di ogni giorno. Inoltre, con i profitti derivanti dai crimini commessi sul territorio nazionale e all'estero, può compromettere la libera concorrenza e l'indipendenza delle istituzioni dello Stato di diritto nonché la reputazione della Svizzera in quanto piazza industriale e finanziaria. Anche se finora la criminalità organizzata in Svizzera non ha assunto dimensioni tali da mettere in pericolo lo Stato, per le autorità di perseguimento penale è importante combatterla in tutte le sue forme. Al momento non vi sono 20 21

RS 311.0 RS 812.121

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comunque indizi che lascino prevedere a medio termine un sostanziale mutamento della situazione di minaccia in quest'ambito.

Influenza cruciale dell'evoluzione in Europa sulla criminalità in Svizzera La sicurezza in Svizzera dipende fortemente dallo sviluppo economico e dalla sicurezza in Europa. In Svizzera le attività illecite come i furti e il traffico di merci illegali (per es. sostanze stupefacenti) e servizi illegali (per es. tratta di esseri umani, prostituzione) sono più redditizie che in altri Paesi. Per questo, anche in caso di miglioramento della situazione economica in Europa, nel prossimo futuro la Svizzera rimarrà una meta allettante per il turismo criminale e per la criminalità organizzata. L'eventuale persistenza della crisi economica in Europa potrebbe aggravare ulteriormente la situazione, poiché, a causa dei vincoli economici, alcuni Paesi potrebbero trascurare compiti statali quali la protezione delle frontiere o il perseguimento penale. Nelle regioni economicamente deboli si correrebbe inoltre il rischio di un'espansione della criminalità organizzata e di un possibile incremento della sua influenza economica e politica.

Una maggiore armonizzazione della legislazione e delle strategie di lotta nonché il continuo ampliamento della cooperazione internazionale tra le varie autorità penali in Europa rafforzeranno il perseguimento penale, mentre un'evoluzione positiva dell'economia nello spazio Schengen produrrà un ulteriore effetto frenante sul tasso di criminalità in Svizzera.

Influsso delle innovazioni tecnologiche sulla criminalità e sulle strategie per combatterla L'uso illegale di Internet quale strumento e teatro di manovre criminali è in aumento. Settori sempre più ampi della vita quotidiana vengono infatti gestiti via Internet («Internet delle cose») mediante servizi di «cloud», programmi di crittografia o gestori di comunicazioni, il che offre nuove possibilità di perpetrare reati rendendone nel contempo più difficile il perseguimento. Esempi di reati in quest'ambito sono le truffe via web, l'acquisizione illecita di dati per l'accesso a servizi Internet («phishing») o la divulgazione di contenuti illegali (pedopornografia, razzismo).

L'utilizzo delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione a scopi criminali richiede adeguate risorse tecniche e di
personale da parte delle autorità penali. Per un perseguimento penale efficace sono inoltre indispensabili basi legali in linea con il progresso tecnologico nonché una cooperazione a livello internazionale.

Stati fragili e migrazione come fattori aggravanti Gli Stati fragili sono maggiormente soggetti a essere sfruttati come basi logistiche e centri di smistamento della criminalità organizzata, per esempio per il traffico illegale di stupefacenti, con o senza la partecipazione di organi statali. Guerre civili, rivoluzioni, crisi economiche e repressioni politiche, per esempio nel Vicino e Medio Oriente, nel Maghreb o in altre regioni dell'Africa, possono accrescere la pressione migratoria sulla popolazione locale. La migrazione illegale costituisce già 7015

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di per sé un campo d'attività redditizio per la criminalità organizzata e a ciò si aggiunge la possibilità che l'afflusso di queste persone in cerca di protezione e benessere generi anche in Svizzera conflitti tra i vari gruppi interessati dalla diaspora e favorisca l'ingresso di propaggini di reti criminali nel Paese.

Rischi legati al commercio di materie prime In molti Paesi ricchi di risorse naturali, il settore delle materie prime (in particolare dell'estrazione e del commercio) non sottostà a una legislazione e a un controllo effettivi e può pertanto diventare il principale fattore trainante della corruzione a livello statale e della criminalità organizzata, come pure generare conflitti armati e garantirne il finanziamento, in particolare negli Stati fragili. In quanto sede di numerose aziende che operano nel settore delle materie prime nonché importante piazza finanziaria, in quest'ambito la Svizzera è particolarmente esposta al rischio di riciclaggio di denaro da parte di attori corrotti o di organizzazioni criminali.

2.2.6

Perturbazioni dell'approvvigionamento

Le perturbazioni dell'approvvigionamento, che provocano per esempio una penuria di generi alimentari, petrolio o energia elettrica, vengono già da tempo considerate un pericolo o una minaccia e sono previste apposite misure atte a contrastarle. Oggi molti servizi vengono offerti e utilizzati attraverso canali elettronici e tra questi vi è anche la gestione di processi logistici e di infrastrutture critiche.

Molteplici vulnerabilità Le perturbazioni su larga scala dell'approvvigionamento possono verificarsi in diversi modi. Per quanto concerne i beni critici dal punto di vista della reperibilità, sono possibili perturbazioni dell'approvvigionamento rilevanti per la politica di sicurezza anche senza che all'origine vi siano cause di natura egemonica. Ciò riguarda in particolare i beni che sono impossibili o difficili da immagazzinare (per es.

energia elettrica e, in misura minore, anche gas) o che, per motivi economici o pratici, non vengono pre-prodotti (componenti informatici, grandi trasformatori, determinati vaccini). In seguito alla riduzione al minimo delle scorte, di per sé auspicabile dal punto di vista economico, e alla concentrazione su pochi fornitori in tutto il mondo, eventuali perturbazioni a livello di fornitura e di produzione possono essere causate anche dall'impossibilità di sostituire determinati componenti critici qualora questi ultimi fossero irreperibili a causa di guasti tecnici o scioperi. Inoltre, i danni provocati da condizioni persistenti di maltempo o da altri pericoli naturali (per es. cenere vulcanica) possono rendere inutilizzabili impianti di produzione e infrastrutture di trasporto. Perturbazioni dell'approvvigionamento possono infine essere causate indirettamente nel caso in cui, nonostante un determinato bene sia ancora disponibile, il suo prezzo risulti talmente elevato o la quantità rimasta sia talmente esigua (per es. nuovi vaccini in caso di pandemia) che, in condizioni economiche normali, non sarebbe praticamente più possibile acquistarlo.

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Intese internazionali Nel caso in cui altri Stati o grandi aziende dispongano di beni di prima necessità (tra cui anche l'eventuale sede di importanti centri di comando o di sorveglianza di infrastrutture critiche), questa situazione può essere sfruttata al fine di minacciare la Svizzera di tagliare le forniture di beni importanti al fine di metterla sotto pressione per motivi politici o economici. La carenza o la mancanza delle necessarie capacità di immagazzinamento per numerosi beni fanno sì che la Svizzera sia sempre meno in grado di contrastare tale pressione con la creazione di scorte o di ridondanze. Per determinati beni critici, inoltre, ormai in Svizzera mancano addirittura le capacità di produzione (persino nel settore dei medicamenti e dei vaccini). Una contromisura in tale ambito, in particolare nel caso in cui all'origine delle perturbazioni dell'approvvigionamento non siano cause di natura egemonica, consiste nel garantire le forniture mediante appositi trattati e regimi internazionali. Tale strategia può tuttavia rivelarsi efficace soltanto se, all'interno dei rispettivi regimi, gli interessi coincidono.

Vantaggi e svantaggi dell'interconnessione a livello internazionale L'interconnessione a livello internazionale, in particolare delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ma anche di altre infrastrutture critiche come quelle per la fornitura di elettricità, presenta nel contempo vantaggi e svantaggi dal punto di vista dell'approvvigionamento. Se, infatti, da un lato è in grado di potenziare la creazione di ridondanze o, come nel caso del gas e del petrolio, di facilitare la sostituzione dei prodotti mancanti, dall'altro può anche favorire eventuali perturbazioni dell'approvvigionamento in seguito a eventi che, pur essendo di per sé lontani, a causa delle interazioni a livello internazionale possono ripercuotersi sulla situazione dell'approvvigionamento nel proprio Paese. Questa interconnessione internazionale è inoltre accompagnata da una concentrazione dei fornitori, come avviene tra l'altro nel settore delle tecnologie di rete, il che può causare una mancanza di riserve o di possibili alternative per esempio nel caso in cui, per motivi economici o politici, un fornitore prima ritenuto affidabile non sia più tale oppure non risulti più disponibile.

Anche i cyberattacchi
tra le possibili cause delle perturbazioni dell'approvvigionamento I cyberattacchi possono anche essere rivolti contro infrastrutture critiche, che oggi sono spesso fortemente automatizzate e, quindi, vulnerabili nei confronti di simili aggressioni. Un cyberattacco potrebbe avere gravi conseguenze soprattutto qualora compromettesse o paralizzasse funzioni o servizi fondamentali per il funzionamento della società, dell'economia e dello Stato. Particolarmente importanti in tale ambito sono gli impianti di controllo e di comando dell'approvvigionamento di elettricità, delle telecomunicazioni, della gestione del traffico o delle transazioni finanziarie.

Un'interruzione temporanea o permanente del funzionamento di queste infrastrutture potrebbe innescare reazioni a catena fatali. Vista la facilità con cui i responsabili possono nascondere la propria identità, i cyberattacchi rappresentano una forma di aggressione allettante, anche perché consentono di arrecare danni considerevoli con un basso livello di rischio.

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2.2.7

Catastrofi e situazioni d'emergenza

Le catastrofi e le situazioni d'emergenza sono eventi che provocano un numero talmente elevato di danni e di interruzioni da sovraccaricare le risorse materiali e di personale della comunità colpita, rendendo così necessario un aiuto dall'esterno. In base alle cause e alle ripercussioni, è possibile suddividere le catastrofi e le situazioni d'emergenza in tre categorie: naturali, tecniche e sociali, di cui le ultime due possono anche riassunte nell'aggettivo tecnologiche. Mentre, per loro natura, le catastrofi si verificano in maniera piuttosto improvvisa, spesso le situazioni d'emergenza si sviluppano in un lasso di tempo più lungo e possono avere una durata maggiore (per es. una penuria di energia elettrica).

Data la sua conformazione geografica, la Svizzera è fortemente esposta ai pericoli naturali. In seguito al cambiamento climatico occorre inoltre prevedere un ulteriore aumento degli eventi meteorologici estremi legati a quest'ultimo (forti precipitazioni, tempeste e lunghi periodi di siccità).

La Svizzera è uno degli Stati più densamente popolati d'Europa e ciò implica una forte densità di infrastrutture che potrebbe comportare gravi danni qualora queste ultime venissero compromesse o distrutte. L'elevata densità infrastrutturale è anche data dalla concentrazione in una stessa area di punti nodali e reti con funzioni diverse (per es. autostrade e ferrovie che scorrono le une accanto alle altre insieme a linee elettriche e di telecomunicazione o a gallerie multifunzionali) nell'ottica di un utilizzo efficiente del paesaggio.

I maggiori problemi in tale ambito si registrano in caso di combinazione o concatenazione di diversi eventi. Come mostrano le catastrofi verificatesi negli ultimi dieci anni, le cause e gli effetti possono essere molteplici. Tempeste, inondazioni, terremoti, blocco di infrastrutture di informazione e comunicazione, incidenti in centrali nucleari oppure cyberattacchi o attacchi convenzionali possono causare interruzioni di corrente, le quali a loro volta possono provocare inquinamenti, guasti agli impianti di produzione e alle infrastrutture di approvvigionamento, trasporto, informazione e comunicazione, contaminazioni di generi alimentari e acqua potabile nonché ­ in caso di interruzioni durature ­ un aumento della criminalità e scontri violenti.

Catastrofi naturali
più frequenti e intense A causa del cambiamento climatico, probabilmente in Svizzera le catastrofi naturali come le inondazioni del 2005 e del 2007 diventeranno più frequenti e violente e aumenterà ulteriormente anche l'intensità delle tempeste nonché di altri eventi e fenomeni meteorologici estremi (periodi di siccità, ondate di calore e di freddo). Per quanto riguarda le catastrofi e le situazioni d'emergenza che possono colpire la Svizzera, le ondate di calore figurano tra i pericoli maggiori. Anche gli incendi boschivi causati dalle ondate di calore e dalla siccità rappresentano un pericolo che potrebbe intensificarsi ulteriormente e ripercuotersi tra l'altro sulle infrastrutture (di trasporto) e sugli insediamenti urbani. L'instabilità dei pendii, causata dal cambiamento climatico e aggravata dalle forti precipitazioni, provoca inoltre frane e colate di fango che possono a loro volta danneggiare le infrastrutture di rete (trasporti, comunicazioni, energia) sottostanti. Infine, sebbene la Svizzera presenti un'attività sismica medio-bassa, i terremoti vanno annoverati, a causa del loro potenziale di 7018

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danno, tra i maggiori rischi presenti nel Paese per quanto riguarda le catastrofi naturali.

Pericoli tecnici più complessi Grazie al rafforzamento delle misure di sicurezza, soprattutto dopo gli incidenti di Schweizerhalle e Cernobyl nel 1986 e gli incendi nelle gallerie stradali del Monte Bianco e del San Gottardo, rispettivamente nel 1999 e nel 2001, in Svizzera negli ultimi 20 anni le catastrofi tecnologiche sono diminuite. Per il monitoraggio di impianti nucleari e dighe esiste oggi un buon sistema di preallarme e di allarme. Tuttavia, come nel caso delle catastrofi naturali, anche per questo tipo di eventi la forte urbanizzazione e l'elevata densità di sfruttamento hanno determinato un aumento dei potenziali danni. Eventuali interruzioni del funzionamento di settori infrastrutturali critici (per es. energia, trasporti, tecnologie dell'informazione e della comunicazione) possono essere nel contempo causa e conseguenza di catastrofi naturali e sociali.

Inoltre, simili interruzioni possono provocare difficoltà nell'approvvigionamento di altri beni e servizi vitali, dando così luogo a situazioni d'emergenza. L'approvvigionamento di elettricità è particolarmente importante in tale contesto. Le interruzioni di corrente, il blocco delle infrastrutture di informazione e comunicazione o anche gli incidenti aerei figurano tra i rischi maggiori in materia di catastrofi e situazioni d'emergenza Pericoli sociali latenti In Svizzera le catastrofi sociali sono piuttosto rare, ma possono avere ripercussioni complesse e vaste. In quest'ambito, una penuria di energia elettrica su larga scala della durata di diverse settimane costituisce pertanto il rischio maggiore per la Svizzera, che è tuttavia esposta anche alla propagazione transfrontaliera di malattie infettive ad ampia diffusione ­ nonostante gli elevati standard igienici ­ a causa della sua notevole interconnessione con altre società. In base alle esperienze raccolte con le pandemie d'influenza e con la SARS, occorre aspettarsi la diffusione di pandemie di varia gravità. Non è però possibile prevedere quando e dove avrà origine la prossima pandemia, con quale velocità si propagherà e quale sarà la sua gravità. Le ultime pandemie (influenza spagnola nel 1918, influenza asiatica nel 1957, influenza di Hong Kong nel 1968 e pandemia di H1N1 nel 1977 e nel
2009) hanno evidenziato un livello di gravità in tendenziale diminuzione, ma ciò non consente di fare previsioni. Una grave pandemia può scoppiare in qualsiasi momento e avere serie ripercussioni sulla società. Per questo anche tale eventualità va annoverata tra i rischi più significativi per la Svizzera nel campo delle catastrofi e delle situazioni d'emergenza. La rapida propagazione del virus MERS nel Vicino Oriente e in Corea del Sud conferma ulteriormente tale valutazione. Oltre all'onere considerevole per il sistema sanitario, eventuali limitazioni del funzionamento di infrastrutture e servizi pubblici (polizia, pompieri, trasporti, infrastrutture di informazione e comunicazione) o il loro collasso possono anche avere ripercussioni sull'intera società e sull'economia. Un notevole potenziale di danno si riscontra inoltre non soltanto nelle pandemie che minacciano direttamente l'essere umano, ma anche in quelle che si propagano tra gli animali (epizoozie).

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2.2.8

Conclusione

Dal punto di vista della politica di sicurezza, negli ultimi cinque anni sono stati registrati sviluppi significativi che rivestono un'importanza fondamentale per la sicurezza della Svizzera. Tra questi, i principali sono il rapporto tra Est e Ovest in Europa, la minaccia terroristica di matrice jihadista e i rischi nel cyberspazio.

Lo sviluppo più inatteso è stato il primo di quelli sopraelencati. Il rapporto tra l'Occidente e la Russia si è infatti deteriorato in maniera importante e duratura in seguito alla situazione in Ucraina. Il comportamento della Russia in Crimea e nell'Ucraina orientale ha inoltre dato vita a una nuova realtà nel campo della politica di sicurezza, poiché è emersa una volontà di modificare con la forza confini internazionalmente riconosciuti e di annettere nuovi territori contravvenendo alle norme del diritto internazionale pubblico. Ciò crea preoccupazione, in quanto sono state violate regole elementari e fondamentali per la sicurezza che si credeva fossero ormai ben consolidate in Europa. Se, da un lato, la probabilità che la Svizzera stessa sia direttamente oggetto di un attacco armato o venga coinvolta in una simile azione rimane esigua, dall'altro sono aumentate le possibilità di un conflitto militare in Europa e nella sua periferia con conseguenze anche per la Svizzera. Rispetto a quanto avveniva nel periodo successivo alla fine della Guerra fredda, nell'ambito della politica di sicurezza in Europa si torna pertanto ad attribuire un'importanza maggiore al tema della capacità di difesa. Anche la Svizzera deve adeguarsi a questa nuova situazione e ha già avviato passi notevoli in tale direzione migliorando la prontezza, l'equipaggiamento e l'istruzione militari nell'ambito dell'ulteriore sviluppo dell'esercito.

Il terrorismo è già da tempo una delle maggiori minacce anche per la Svizzera, ma negli ultimi anni la minaccia rappresentata dal terrorismo di matrice jihadista è cresciuta ulteriormente. Una delle cause di tale incremento va ricercata negli sviluppi registrati nelle regioni di crisi come la Siria, l'Iraq o la Libia, dove si sono formati nuovi focolai e centri operativi su larga scala del terrorismo jihadista e, soprattutto con l'ascesa dell'organizzazione terroristica «Stato islamico», ­ il terrorismo ha assunto una dimensione nuova. Inoltre, in seguito a
questa evoluzione sul piano regionale e al potere di persuasione della propaganda terroristica, è notevolmente aumentato il numero di jihadisti e di potenziali terroristi provenienti da Paesi europei che si recano nelle zone di conflitto e che ora rappresentano anche in Europa un grave problema per la sicurezza. La Svizzera non è risparmiata da questi sviluppi e, pur avendo il vantaggio di offrire al terrorismo jihadista meno terreno fertile e meno punti deboli grazie alle proprie condizioni sociali e a un'esposizione meno controversa in politica estera, deve a sua volta prepararsi ad affrontare la minaccia forte e persistente del terrorismo di matrice jihadista nonché impedire che, a partire dal suo territorio, vengano pregiudicati gli interessi di altri Stati in materia di sicurezza.

Anche le possibilità di utilizzare il cyberspazio per scopi illegali e gli abusi effettivi commessi sono aumentati. Finora non si sono verificati cyberattacchi su larga scala che abbiano anche provocato notevoli danni fisici o addirittura morti e, probabilmente, gli eventi più significativi in tale ambito sono stati l'impiego di un software dannoso per sabotare gli impianti di arricchimento dell'uranio in Iran e un cyberattacco contro un'acciaieria in Germania, che ha arrecato ingenti danni all'impianto.

Negli ultimi anni sono però emerse chiaramente non soltanto le molteplici capacità 7020

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tecniche esistenti per utilizzare illegalmente il cyberspazio, ma anche la spregiudicatezza con cui gli Stati sono pronti a ricorrervi. Rispetto al passato, questa minaccia ha assunto una maggiore rilevanza anche per la sicurezza della Svizzera e la protezione di sistemi e infrastrutture di informazione e comunicazione è diventata più importante.

Esistono tuttavia anche minacce e pericoli che non hanno subito grandi variazioni negli ultimi anni. È in particolare il caso delle catastrofi naturali, delle situazioni d'emergenza, della criminalità e delle perturbazioni dell'approvvigionamento.

Anche se queste situazioni continuano a rappresentare le minacce e i pericoli più concreti per la sicurezza della Svizzera, in tale ambito le sfide in materia di politica di sicurezza rimangono essenzialmente invariate.

L'aumento dei flussi di profughi e migranti può causare problemi sociali e politici, ma la migrazione in sé non rientra primariamente nella sfera di competenza della politica di sicurezza e non può essere definita una minaccia o un pericolo. Le circostanze ad essa legate possono però rivelarsi importanti dal punto di vista della politica di sicurezza.

Considerando la totalità delle minacce, è possibile constatare un aumento del numero degli attori rilevanti per la politica di sicurezza e una maggiore diversificazione dei mezzi impiegati. Sono sempre di più numerosi gli Stati, le organizzazioni, i gruppi e gli individui che dispongono delle possibilità e dei mezzi necessari per commettere azioni con effetti nel campo della politica di sicurezza, che spesso si ripercuotono anche sulla Svizzera (per es. cyberattacchi, attività di propaganda, armi moderne). Le minacce e i pericoli che ne derivano sono pertanto diventati ancora più complessi, interconnessi e confusi e tale tendenza proseguirà probabilmente anche in futuro.

Uno sviluppo essenziale ­ anche per la Svizzera ­ è rappresentato dalla minore importanza della geografia e della distanza. Se finora le caratteristiche naturali quali la posizione geografica e le distanze svolgevano anche un'importante funzione di protezione, per molte minacce oggi la situazione è quasi completamente cambiata.

Certe minacce, infatti, non si fermano nemmeno davanti a fiumi od oceani. La loro imprevedibilità e, pertanto, anche la loro pericolosità sono date dal
fatto che esse non hanno più vincoli geografici e spaziali e, di conseguenza, un Paese può essere interessato con notevole rapidità da eventi e sviluppi che hanno avuto origine da tutt'altra parte. Per questo, rispetto al passato, nell'ambito della politica di sicurezza bisogna pensare e agire concentrandosi maggiormente sull'eventualità che un Paese possa essere attaccato in modo massiccio anche se le sue frontiere fisiche sono perfettamente sorvegliate e protette. Ciò riguarda soprattutto le attività nel cyberspazio.

Alla luce dell'interconnessione tra gli eventi e della loro imprevedibilità, è inoltre sempre più necessario impostare la gestione delle minacce e dei pericoli «partendo dalla fine» e non dall'inizio. Questo significa che non bisogna più considerare in primo luogo le singole minacce e poi le loro possibili conseguenze, ma partire dai possibili effetti di un determinato episodio e dalla loro gestione. Questa è l'idea alla base della resilienza, che consiste nel migliorare la protezione, la resistenza e la capacità di rigenerazione di un sistema globale, in questo caso del «sistema globale 7021

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Svizzera», per esempio mediante la creazione di ridondanze in settori come quelli della comunicazione o dell'approvvigionamento energetico. L'approccio non è nuovo, ma deve essere ulteriormente consolidato nell'ambito della politica di sicurezza sia a livello di riflessioni teoriche sia sul piano pratico. Questo anche perché molte delle minacce concrete attualmente esistenti non possono essere eliminate e occorre quindi essere preparati ad affrontare e a gestire correttamente le loro possibili conseguenze. In tale contesto risulta fondamentale la rapida realizzazione di una rete di comunicazione a prova di crisi alla quale sono connessi i partner della Rete integrata Svizzera per la sicurezza e i gestori di infrastrutture critiche.

2.3

Organizzazioni e accordi rilevanti in materia di politica di sicurezza

Questo capitolo illustra il contesto in materia di sicurezza al di fuori della Svizzera, in particolare l'architettura della sicurezza in Europa e i suoi sviluppi futuri nonché i processi a livello globale con un impatto diretto sulla sicurezza della Svizzera 22. In generale la situazione è caratterizzata dalla tendenza a una nuova polarizzazione tra Occidente e Russia nonché dalla necessità di gestire nuove minacce con nuovi attori.

L'architettura della sicurezza in Europa è caratterizzata da un numero elevato di organizzazioni e istituzioni rilevanti dal punto di vista della politica di sicurezza. Il contesto in materia di politica di sicurezza della Svizzera è influenzato in primo luogo dall'Unione europea, dalla NATO nonché dall'OSCE, sebbene il nostro Paese sia membro soltanto di quest'ultima. Dal punto di vista della politica di sicurezza in senso stretto, il Consiglio d'Europa è meno rilevante. A livello globale l'ONU ricopre un ruolo centrale.

2.3.1

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), con sede a Vienna, comprende 57 Stati membri (inclusa la Svizzera) e 11 Stati partner; ciò la rende l'organizzazione regionale per la sicurezza più grande al mondo. Tale organizzazione, creata principalmente quale piattaforma di dialogo e di negoziazione tra gli Stati del Blocco occidentale e orientale, ha lo scopo di promuovere la sicurezza, la stabilità, la democrazia, i diritti dell'uomo, lo Stato di diritto, la pace, la cooperazione economica e una gestione governativa corretta per l'oltre un miliardo di persone dello spazio OSCE.

La crisi in Ucraina ha evidenziato chiaramente che la convivenza pacifica in Europa non è scontata. A causa di tale crisi l'OSCE ha riacquistato importanza e si è mag22

Questo capitolo, che comprende la descrizione e l'analisi del contesto in materia di sicurezza e le possibilità di partecipazione della Svizzera, adempie al postulato del 20 maggio 2011 della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati che incaricava il Consiglio federale di presentare un rapporto al riguardo (Maggiore partecipazione della Svizzera all'architettura della sicurezza europea; 11.3469).

7022

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giormente profilata, in particolare per la funzione che ha assunto di maggiore attore mediatore nella crisi in Ucraina, per il ruolo centrale che ha ricoperto negli sforzi internazionali di allentamento delle tensioni in tale conflitto e per il ruolo operativo che ha assunto nel quadro della concretizzazione degli accordi tra le parti in conflitto. Nel 2014, anno della presidenza svizzera, è emerso che, nell'attuale contesto, l'OSCE è l'unica organizzazione regionale che gode del consenso necessario per la gestione di conflitti in Europa.

Nel 2014 la Svizzera ha assunto per la seconda volta la presidenza dell'OSCE (la prima risale al 1996). La Svizzera ha elaborato un programma presidenziale comune con la Serbia, la quale ha ricoperto tale carica nel 2015. La presidenza è la carica più importante dell'OSCE e prevede la responsabilità globale delle attività operative dell'organizzazione. Lo scopo della presidenza svizzera era di promuovere la sicurezza e la stabilità, migliorare le condizioni di vita delle persone e rafforzare la capacità di agire dell'OSCE. La crisi in Ucraina ha messo in secondo piano tali priorità e ha creato forti tensioni anche all'interno dell'OSCE. Ciononostante la Svizzera è riuscita a ottenere decisioni consensuali in merito a temi importanti, ad esempio per la creazione della Special Monitoring Mission in Ucraina.

L'OSCE presenta caratteristiche che saranno fondamentali anche in futuro per il miglioramento della sicurezza europea: ­

l'OSCE è l'unica organizzazione che comprende gran parte dell'emisfero nord, ovvero sia Stati europei che Stati nordamericani e asiatici. È l'unica organizzazione regionale in grado di promuovere il dialogo tra Oriente e Occidente oltre i confini politici e gli ambiti settoriali, contribuendo in questo modo alla comprensione e al rafforzamento della fiducia. Ciò è importante in considerazione della crisi in Ucraina e delle forti tensioni che ne derivano.

A tal proposito, l'attuale presenza dell'OSCE in 15 Stati rappresenta anch'essa un punto di forza.

­

L'ampio concetto di sicurezza dell'OSCE rimane moderno e orientato al futuro; esso comprende le dimensioni politico-militare, economico-ambientale e umana. L'OSCE denota in questo modo una comprensione politica della sicurezza che comprende anche garanzie statali per i diritti e le libertà dei singoli individui. È quindi in grado di affrontare minacce e pericoli sempre più complessi che vanno dall'attacco militare convenzionale, all'uso illecito delle cyberinfrastrutture fino al terrorismo. Il gran numero di tematiche rappresenta tuttavia anche una sfida a causa di una disponibilità finanziaria limitata.

­

Tutti i 57 Stati aderenti all'OSCE hanno pari diritti. Ciò implica tuttavia che posizioni diverse ­ in quasi ogni questione fondamentale ­ siano visibili quotidianamente. Le decisioni possono essere prese solamente all'unanimità e sono vincolanti sul piano politico, ma non su quello legale. Ciò rende l'organizzazione macchinosa e rallenta le riforme, ma una volta adottate, le decisioni godono di ampio sostegno. In questo modo vi sono anche migliori probabilità che tali decisioni vengano concretizzate. L'invio della Special Monitoring Mission in Ucraina dimostra che l'OSCE è in grado di agire anche in condizioni difficili.

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L'OSCE dispone di tre istituzioni indipendenti (Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani, Alto Commissario per le minoranze nazionali, Rappresentante OSCE per la libertà dei mezzi di comunicazione) che hanno il compito di sorvegliare gli impegni politici dell'OSCE. Inoltre, l'organizzazione ha stabilito dei campi d'attività (preallarme, prevenzione dei conflitti, gestione delle crisi e ricostruzione post-conflittuale) e ha elaborato degli strumenti per la diplomazia preventiva che vengono utilizzati prevalentemente nei conflitti persistenti nel Caucaso meridionale e in Europa sudorientale.

Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera La politica estera e la politica di sicurezza della Svizzera hanno tratto un elevato beneficio dalla presidenza dell'OSCE. L'impegno in seno a questa organizzazione ha consentito alla Svizzera di rafforzare ulteriormente la propria immagine di Paese competente e affidabile, la cui politica autonoma e responsabile è in grado di fornire contributi utili alla sicurezza internazionale. Nel quadro della presidenza successiva della Serbia, nel 2015 la Svizzera ha partecipato in modo determinante alle attività dell'OSCE; ad esempio, grazie all'iniziativa della Svizzera è stato possibile avviare un processo di riflessione concernente missioni di pace dell'OSCE più robuste. Il rafforzamento dell'OSCE e della sicurezza europea rimangono priorità della politica estera e della politica di sicurezza del nostro Paese.

Nell'agosto 2015 a Neuchâtel i ministri degli esteri di Germania, Austria, Liechtenstein e Svizzera hanno concordato una collaborazione più stretta in materia di politica di sicurezza, focalizzata sull'OSCE. In una dichiarazione hanno riaffermato l'ulteriore rafforzamento dell'OSCE in vista della presidenza della Germania nel 2016 e dell'Austria nel 2017. Per la futura collaborazione sono stati individuati in particolare i seguenti quattro ambiti tematici: ­

sforzi comuni dei quattro Paesi a favore della risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina: sostegno comune della missione di osservazione OSCE in Ucraina e del gruppo di contatto trilaterale con i suoi quattro gruppi di lavoro.

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Rafforzamento degli strumenti OSCE: l'organizzazione necessita di strumenti migliori sia nell'ambito del preallarme e della prevenzione dei conflitti sia nel quadro della mediazione, della riconciliazione e della gestione delle crisi.

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La presidenza svizzera ha avviato una discussione sulla sicurezza europea quale progetto comune e a tal fine ha istituito un gruppo internazionale di esperti con il compito di illustrare soluzioni per ripristinare la fiducia e promuovere la sicurezza cooperativa in Europa. I quattro Paesi hanno deciso di proseguire, sulla base delle raccomandazioni del gruppo, le discussioni in seno all'OSCE sul futuro della sicurezza europea.

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Rafforzamento della dimensione economica dell'OSCE e, in particolare, consolidamento delle misure volte a rafforzare la fiducia in ambito economico: la crisi entro e oltre i confini dell'Ucraina ha evidenziato che le questioni relative all'integrazione economica regionale hanno forti componenti politi-

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che. I quattro Paesi intendono prodigarsi affinché il maggior numero possibile di imprese e Stati dell'intera area OSCE possa approfittare dei vantaggi delle interdipendenze economiche.

Tale cooperazione con la Germania, il Liechtenstein e l'Austria permetterà alla Svizzera di fornire anche nei prossimi anni importanti impulsi in materia di politica di sicurezza. Il quadro della collaborazione è stato definito in modo sufficientemente ampio da permettere l'integrazione, l'elaborazione e la presentazione all'OSCE di ulteriori ambiti tematici.

2.3.2

NATO

La NATO comprende la maggior parte dei Stati dell'Europa occidentale e centrale.

Essa dispone di una struttura militare di comando integrata ed è un'alleanza difensiva con l'obbligo, secondo l'articolo 5 del Trattato dell'Atlantico del Nord, di assistere ogni suo Stato membro in caso di attacco armato. È inoltre impegnata nella gestione militare delle crisi, in particolare in Europa, nell'area mediterranea e in Afghanistan. La NATO ha inoltre creato i presupposti per una sicurezza cooperativa, i cui elementi centrali sono la collaborazione con gli Stati partner e organizzazioni internazionali nonché il dialogo in materia di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa 23. Una caratteristica di questa organizzazione è il principio della «porta aperta»: nel 2016 il Montenegro è stato invitato ad aderire; un ulteriore allargamento verso i Balcani nei prossimi anni non è probabile. Poiché dal punto di vista militare la NATO funge da garante della sicurezza nell'Europa occidentale, anche la Svizzera può beneficiare della sua capacità di difesa: attacchi aerei e terrestri provenienti da oltre i confini dell'Europa occidentale violerebbero dapprima l'integrità territoriale di Stati membri della NATO.

L'evoluzione della NATO e dei suoi partenariati In seguito agli eventi in Ucraina, la difesa collettiva è tornata a ricoprire un ruolo di rilievo nella NATO. Quest'ultima ha infatti adottato misure volte a rafforzare la capacità di difesa, tra cui rotazioni delle truppe nell'Europa dell'Est e la creazione di una formazione della forza di una brigata impiegabile entro una settimana.

Gli sforzi della NATO puntano ad aumentare, o perlomeno ad evitare un'ulteriore riduzione, delle spese per la difesa. L'obiettivo rimane una quota delle spese per la difesa degli Stati membri pari al 2 per cento del prodotto interno lordo entro il 2020; la decisione spetterà comunque ai singoli Stati membri. Mediante la specializzazione e lo sfruttamento delle sinergie si intende ottimizzare l'acquisto di beni d'armamento.

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Cooperazioni con Stati partner europei e Paesi provenienti dall'ex Blocco orientale (Partenariato per la pace) nonché cooperazioni nell'area mediterranea (Dialogo Mediterraneo), nella regione del Golfo (Iniziativa di Cooperazione di Istanbul) e a favore di altri Partner in tutto il mondo, in particolare Stati fornitori di truppe in operazioni condotte dalla NATO.

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Le truppe dell'International Security Assistance Force hanno lasciato l'Afghanistan alla fine del 2014. Le missioni successive sono molto più piccole e si concentrano sull'istruzione e l'allenamento. Anche in Kosovo il contingente di truppe della missione NATO Kosovo Force è sceso a 5000 militari; ulteriori riduzioni sono possibili a breve termine.

Come la NATO, anche i suoi partenariati sono in evoluzione. Nel 2011 è stata concordata una politica di partenariato ampliata dal punto di vista geografico e tematico.

A ciò si aggiungono progetti ai quali collaborano solamente una parte degli Alleati e dei partner. Per mezzo della cosiddetta sicurezza cooperativa, gli Stati partner possono sviluppare ulteriormente, individualmente e secondo il proprio livello di ambizione, la collaborazione con la NATO.

La NATO e i suoi partner condividono un interesse comune nel mantenere le capacità militari e l'interoperabilità24 conseguite con l'impiego congiunto pluriennale nel quadro di operazioni per il mantenimento della pace. Essa è uno degli obiettivi della Partnership Interoperability Initiative 25.

Partecipazione svizzera al Partenariato per la pace La Svizzera fa parte dal 1996 del Partenariato per la pace. Tale partecipazione rimane importante per il nostro Paese poiché consente un accesso istituzionale alla NATO, ai suoi membri e ad altri Stati partner e permette, o facilita, una collaborazione in materia di politica di sicurezza puntuale e secondo i propri interessi con la NATO e altri Stati partner. La collaborazione avviene su base volontaria e viene definita dal partner stesso. La Svizzera ha precisato sin dall'inizio che la partecipazione al Partenariato per la pace non è una fase preliminare in vista di un'eventuale adesione alla NATO. Tale affermazione è tuttora valida.

Nel 1997 al Partenariato della pace si è aggiunto il Consiglio di Partenariato EuroAtlantico, il quale permette un dialogo in materia di politica di sicurezza. In questo modo la Svizzera può presentare le proprie istanze: grazie a un'iniziativa della Svizzera e del CICR, la NATO ha emanato una direttiva per l'impiego di società di sicurezza e militari private in operazioni condotte dalla NATO.

La Svizzera sostiene singoli progetti. Il nostro Paese offre corsi di formazione e cittadini svizzeri partecipano a eventi di altri
Stati del Partenariato per la pace. In tale contesto ricoprono un ruolo importante il Centro ginevrino di politica di sicurezza, il Centro per il controllo democratico delle forze armate, il Centro internazionale per lo sminamento a scopo umanitario nonché il Centro per gli studi di sicurezza del Politecnico federale di Zurigo. Sul piano politico, delegazioni di entrambe le Commissioni della politica di sicurezza del Parlamento partecipano regolarmente a eventi dell'Assemblea parlamentare della NATO per discutere di temi legati alla politica di sicurezza.

Il fulcro della collaborazione tra Svizzera e NATO al di fuori del Partenariato per la pace è la partecipazione dell'Esercito svizzero alla KFOR in Kosovo, la quale è condotta dalla NATO su mandato dell'ONU. Attualmente è impiegato un contingen24 25

L'interoperabilità è la capacità di collaborare con altri eserciti.

Iniziativa sull'interoperabilità.

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te di 235 militari svizzeri. Nel 2012 alla Svizzera è stato affidato un comando regionale responsabile di team d'osservazione26. La partecipazione a questa missione di sostegno alla pace permette alla Svizzera di influire sull'ulteriore sviluppo della KFOR. In questo modo l'esercito può maturare esperienze operative.

Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera Continuare la collaborazione con la NATO è nell'interesse dell'Esercito svizzero: il più grande impegno dell'Esercito svizzero per il promovimento militare della pace è nel quadro di un'operazione condotta dalla NATO; inoltre, la collaborazione permette di rimanere al passo con gli sviluppi militari, di confrontarsi con altri eserciti e di approfittare delle conoscenze27 altrui. Tale acquisizione di conoscenze e la capacità in materia di collaborazione rafforzano la libertà d'azione della Svizzera 28.

La Svizzera partecipa alla piattaforma per l'interoperabilità (Interoperability Platform). Ciò corrisponde alle necessità dell'esercito. La Svizzera segue inoltre con attenzione gli sviluppi di diverse iniziative29 e valuta caso per caso l'eventuale partecipazione a grandi esercitazioni. Ogni partecipazione dipende dall'utilità concreta per l'esercito.

Nel 2014 è stato approvato il Framework Nations Concept: sotto la direzione di uno Stato più Paesi armonizzano e raggruppano le proprie capacità.

La Svizzera può avvalersi della NATO anche nell'ambito delle nuove sfide in materia di politica di sicurezza, in particolare per quanto riguarda la cyber sicurezza. La Svizzera può fornire il proprio contributo al centro di competenza della NATO per la cyber defence di Tallinn, ottenendo in cambio un accesso privilegiato alle relative conoscenze specialistiche.

La Svizzera si prodiga a favore del mantenimento di una piattaforma per il dialogo politico e di una cooperazione basata su valori comuni. Essa è interessata a formati flessibili per la discussione approfondita in merito a temi che la riguardano (ad es.

cyber), in particolare nella composizione NATO e partner dell'Europa occidentale (28+630). Contemporaneamente occorre continuare la collaborazione nell'ampio contesto del Partenariato della pace e del Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico.

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Joint Regional Detachment North; concerne la condotta di Liaison and Monitoring Team nel nord del Kosovo che fanno parte del sistema di preallarme allestito dalla KFOR per acquisire un quadro completo della situazione nonché per identificare tempestivamente e seguire eventuali tendenze negative.

Ad esempio negli ambiti «dottrina», «organizzazione», «istruzione», «materiale», «personale» e «prontezza».

Se, nonostante la neutralità, la Svizzera dovesse comunque essere oggetto di un attacco armato e la neutralità venisse quindi a cadere, in linea di principio l'esercito deve poter mantenere aperte entrambe le opzioni: difesa autonoma e collaborazione con altri Stati, sebbene quest'ultima presupponga l'interoperabilità. Ciò si applica anche ­ ed è maggiormente rilevante in situazioni ordinarie ­ alla partecipazione a impieghi nell'ambito del promovimento militare della pace.

Connected Forces Initiative, Smart Defence, Framework Mission Networking e Operational Capability Concept; nel caso di quest'ultimo le Forze aeree stanno valutano la partecipazione di singoli elementi poiché la metodica potrebbe essere impiegata per il controlling dell'istruzione.

Austria, Finlandia, Irlanda, Malta, Svezia, Svizzera.

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La Svizzera può anche partecipare a discussioni che non concernono la politica di sicurezza classica (ad es. protezione della popolazione civile in conflitti armati). Nel quadro della NATO è possibile perseguire la concretizzazione di tali iniziative poiché l'assunzione da parte della NATO comporta un effetto moltiplicatore nelle forze armate degli Alleati e dei partner; inoltre, in ambito militare la NATO definisce spesso lo standard globale.

In definitiva la Svizzera è interessata a contribuire all'ulteriore sviluppo della politica di partenariato. Essa intende garantire che le proprie necessità possano essere soddisfatte anche nell'ambito di nuovi programmi e formati.

Tutte le forme di collaborazione con la NATO devono conciliarsi con il diritto della neutralità e con considerazioni in materia di politica della neutralità. La Svizzera salvaguarderà in particolare la capacità di svolgere operazioni di difesa senza l'aiuto di terzi e non si impegnerà con altri Stati a fornire appoggio in caso di conflitto armato.

2.3.3

Unione europea

L'Unione europea (UE) con i suoi 28 Stati membri influenza in vario modo il contesto in materia di politica di sicurezza della Svizzera. Per quanto riguarda le ripercussioni dirette sulla politica di sicurezza, vi sono due ambiti principali: la Politica di sicurezza e di difesa comune e il cosiddetto «spazio di libertà, sicurezza e giustizia».

Politica di sicurezza e di difesa comune La Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) ha come obiettivo la definizione graduale di una politica di difesa comune e comprende:

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un obbligo di reciproca assistenza in caso di attacco a uno Stato membro dell'UE; l'assistenza non deve tuttavia essere di tipo militare e per questo motivo tale obbligo è compatibile con la neutralità;

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una clausola di solidarietà che obbliga gli Stati membri dell'UE ad agire nel caso in cui uno di loro sia colpito da un attacco terroristico31;

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missioni comuni dell'UE per il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale (cosiddette Missioni di Petersberg; queste missioni vengono svolte da Stati membri che si mettono a disposizione);

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una «collaborazione strutturata permanente» tra gli Stati membri che desiderano sviluppare ulteriormente le proprie capacità di difesa in determinati ambiti;

La clausola di solidarietà prevede un'azione comune dell'UE quando uno Stato membro è colpito da un attacco terroristico oppure da una catastrofe di origine naturale o umana.

Tuttavia vi è una relazione con la PSDC soltanto nella misura in cui sono interessate misure di difesa, ovvero nel quadro della difesa da minacce terroristiche provenienti dall'estero.

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un'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza32 che dirige il Servizio europeo per l'azione esterna, ha diritto di proposta per missioni comuni ed è responsabile del loro coordinamento;

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un'Agenzia europea per la difesa che appoggia gli Stati membri nel quadro del miglioramento delle loro capacità militari.

L'UE è un'organizzazione importante anche per quanto riguarda la promozione civile e militare della pace e la prevenzione dei conflitti nonché nell'ambito della mediazione (ad es. nei Balcani e in Iran).

Sebbene sia stata approfondita in singoli ambiti, la concretizzazione della PSDC si trova confrontata con le riserve degli Stati membri per quanto concerne la sovranità politica; un'ulteriore sfida è rappresentata dalla riduzione dei budget nazionali per la difesa a causa della crisi finanziaria ed economica. L'UE è ancora lontana da un mercato aperto per i beni d'armamento, le attività di ricerca e di sviluppo degli Stati membri sono poco coordinate e il potenziale in materia di utilizzazione comune delle capacità civili e militari non viene sfruttato interamente. Interessi nazionali divergenti e strutture organizzative complesse rendono difficoltosi anche gli impieghi per la promozione della pace.

Quale parte integrante della PSDC, l'Agenzia europea per la difesa ha il compito di identificare le lacune nelle capacità militari e di definire le priorità in materia di armamento che ne risultano. Le capacità europee in materia di difesa devono essere rafforzate promuovendo la cooperazione nel campo degli armamenti, gestendo congiuntamente l'ambito Ricerca e sviluppo e aprendo i mercati nazionali. Per poter partecipare a tali iniziative, Stati terzi hanno la possibilità di concludere accordi di collaborazione con l'Agenzia europea per la difesa. La Svizzera ha stipulato un accordo del genere nel marzo del 2012. Tale cooperazione, sinora rimasta inutilizzata, è compatibile con la neutralità poiché è la Svizzera stessa a decidere quali informazioni intende scambiare e a quali progetti e programmi vuole partecipare.

L'aggiornamento corrente della Strategia europea del 2003 in materia di sicurezza ha lo scopo di fornire una visione per l'ulteriore sviluppo della PSDC. Per quanto riguarda gli impieghi di promovimento della pace, sono in discussione una maggiore assunzione dei costi da parte dell'UE (invece che da parte degli Stati membri) e una concentrazione dell'impegno in un'area allargata comprendente le regioni limitrofe dell'UE (Caucaso, Asia centrale, area mediterranea, regione del Sahel, Corno d'Africa).

Nel 2016, l'UE ha adottato la sua «Strategia globale per la politica estera e di
sicurezza». Quest'ultima sostituisce la Strategia europea in materia di sicurezza del 2003 e si distingue in particolare per l'accento che pone sull'azione comune. I bisogni identificati concernono segnatamente il settore dell'armamento nonché il miglioramento della capacità di reazione e l'interoperabilità delle formazioni europee. Per quanto concerne gli impegni di promozione della pace, si sta discutendo di una maggiore presa a carico delle spese da parte dell'UE (piuttosto che da parte degli Stati membri partecipanti) nonché delle possibilità di cooperazione tra i vari mem32

L'Alto Rappresentante è nel contempo vicepresidente della Commissione europea e presidente del Consiglio degli affari esteri.

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bri. Nel contesto della decisione del Regno Unito di lasciare l'UE, il rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune ha ricevuto ampio sostegno da parte degli altri Stati membri. Contrariamente a Paesi come la Francia, il Regno Unito ha sempre dato prova di un certo scetticismo di fronte a una politica di difesa comune per l'UE. Non si sa se la nuova strategia in materia di politica di sicurezza condurrà veramente, in combinazione con la Brexit, a una nuova dinamica favorevole all'integrazione delle politiche di sicurezza e la collaborazione tra gli Stati membri dell'UE.

Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera Per la Svizzera l'EU è un importante quadro di riferimento in materia di politica di sicurezza. Le condizioni quadro della PSDC a corto e medio termine rimarranno pressoché invariate.

Dal 2004 la Svizzera ha partecipato a numerose operazioni civili e militari di promozione della pace dell'UE33. Il suo interesse a riguardo è duplice: da un lato, la partecipazione a impieghi UE di personale militare, esperti civili e poliziotti rafforza la stabilità e la pace, come pure la sicurezza e lo Stato di diritto in Europa e nella sua periferia; dall'altro, agendo in questo modo la Svizzera dimostra solidarietà nei confronti degli sforzi di uno dei suoi partner principali nel quadro della promozione della pace.

Da qualche tempo si pone il quesito se la Svizzera debba aspirare a un accordo quadro con l'UE in merito alla propria partecipazione a impieghi nell'ambito della PSDC. Da parte dell'UE esiste dal 2004 un relativo mandato negoziale; il Consiglio federale non ha ancora approvato un mandato in tal senso. Fintanto che non esisterà un accordo quadro del genere, per ogni partecipazione della Svizzera a un impiego civile o militare dell'UE occorrerà concludere un accordo di partecipazione separato.

Un accordo quadro disciplinerebbe le modalità fondamentali della partecipazione della Svizzera a questo tipo di impieghi e diminuirebbe l'onere amministrativo; il suo contenuto sarebbe ampiamente identico a quello degli accordi stipulati sinora dalla Svizzera con l'UE per la partecipazione a singole missioni. Anche con un accordo quadro del genere, la Svizzera continuerebbe a poter decidere autonomamente caso per caso se intende partecipare a un impiego concreto; un accordo qua33

Concluse: missione di polizia in Macedonia (PROXIMA, conclusa il 14.12.05), missione di osservazione di Aceh/Indonesia (AMM, conclusa il 15.12.06), operazione militare in Congo (EUFOR RD Congo, conclusa il 30.11.06, due medici militari non armati nell'ago.

2006), missione di polizia in Congo (EUPOL RD Congo, conclusa il 30.09.14, esperta giudiziaria svizzera tra feb. e dic. 2008), missione di polizia in Bosnia e Erzegovina (EUPM, conclusa il 30.06.12, singoli esperti tra il 2003 e il 2012), missione militare di addestramento in Mali (EUTM Mali, dall'apr. 2013, analista civile dei media tra mag.

2014 e apr. 2015). In corso: operazione militare in Bosnia e Erzegovina (EUFOR Althea, da nov. 2004, contingente armato di 20 persone nonché temporaneamente fino a sei esperti non armati nel campo delle armi di piccolo calibro, delle munizioni e delle lingue), missione sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX, dal 2008, in passato sono stati impiegati fino a 16 esperti, attualmente un esperto in diritti umani), missione d'appoggio civile per sostenere le forze di sicurezza interne del Mali (EUCAP Sahel Mali, da gen. 2014, un esperto di valutazioni), missione di consulenza civile per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ukraine, da lug. 2014, un esperto di pianificazioni e valutazioni).

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dro non prevedrebbe l'obbligo di partecipazione a singole missioni. La procedura nazionale di approvazione della partecipazione a singole missioni UE non sarebbe interessata da un eventuale accordo quadro.

La Svizzera partecipa a progetti dell'Agenzia europea per la difesa sulla base di un accordo non giuridicamente vincolante in vigore dal 2012. Il maggiore interesse e potenziale al riguardo si riscontra attualmente nei progetti in relazione con l'aviazione, la ricerca, l'acquisizione e le tecnologie.

Lo «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» La creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia 34 è un obiettivo fondamentale dell'UE. In aggiunta alle politiche di sicurezza nazionali degli Stati membri e alle forme di cooperazione tradizionali, dal 1999 si è sviluppata una sempre maggiore collaborazione e armonizzazione delle norme nell'ambito della sicurezza interna dell'UE. Si tratta in particolare dei casi in cui deve attivarsi l'UE e non soltanto i suoi Stati membri: controlli di frontiera nonché lotta alla criminalità transfrontaliera, alla criminalità organizzata e al terrorismo. Dal 2009, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l'evoluzione si è velocizzata; la maggior parte degli ambiti interessati sono ora integrati nel quadro UE sovranazionale e sono soggetti alla procedura legislativa ordinaria secondo la quale il Consiglio dell'UE decide con maggioranza qualificata e il Parlamento europeo ha diritto di codecisione. Le misure concernenti la cooperazione operativa di polizia continuano a essere di competenza esclusiva del Consiglio (decisione unanime).

La cooperazione Schengen è una parte importante di questa ampia collaborazione.

L'abolizione sostanziale di controlli delle persone alle frontiere interne, che avvengono solamente al passaggio della frontiera esterna, viene compensata con misure volte a rafforzare la sicurezza interna. Sostanzialmente si tratta di una politica comune per la protezione delle frontiere esterne, in particolare mediante l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne Frontex, di una politica comune per l'assegnazione di visti di breve durata e di una maggiore collaborazione negli ambiti «polizia» (incluso il Sistema d'informazione Schengen) e «assistenza giudiziaria in materia penale».

Oltre alla cooperazione Schengen, nello spazio UE esistono altri strumenti per la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. I loro elementi principali sono:

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l'agenzia Europol, i cui compiti principali sono lo scambio d'informazioni, il sostegno alle autorità di polizia nazionali nonché la promozione della collaborazione tra di esse;

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la cooperazione nell'ambito del trattato di Prüm per lo scambio di dati relativi a profili DNA e impronte digitali nonché di dati iscritti nei registri dei veicoli;

Tale spazio interessa diversi ambiti: migrazione, asilo, cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, sicurezza interna. In questa sede vengono considerati gli aspetti inerenti alla sicurezza interna.

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l'utilizzo dei dati dei passeggeri aerei (API35/PNR36) per la lotta al terrorismo e ad altre forme gravi di criminalità;

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l'agenzia Eurojust, che sostiene le autorità giudiziarie nazionali nel caso di inchieste e procedimenti penali che interessano più Stati;

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l'Accademia europea di polizia CEPOL per la formazione di quadri della polizia;

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diversi strumenti per sviluppare nuovi metodi per il riconoscimento reciproco e l'applicazione diretta di decisioni giudiziarie che vanno oltre la tradizionale collaborazione giudiziaria. Uno di questi strumenti è il mandato d'arresto europeo che prevede una procedura di estradizione semplificata.

Gli orientamenti strategici adottati dal Consiglio europeo nel mese di giugno 2014 per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2015­2019 si incentrano sul consolidamento di quanto realizzato e il miglioramento della concretizzazione delle normative vigenti allo scopo di promuovere la fiducia reciproca tra gli Stati partecipanti.

La crescente pressione migratoria ha messo a dura prova non soltanto singoli Stati europei, bensì l'intero sistema Schengen. Vari Stati sono stati obbligati a reintrodurre temporaneamente controlli alle frontiere interne al fine di verificare chi entra nel loro territorio. Anche se questi controlli sono stati adottati fondandosi su basi legali esistenti e sono quindi conformi a Schengen, evidenziano in che misura sono messi alla prova il sistema Schengen e la sua principale conquista, i viaggi esenti da controlli.

Nell'ambito degli orientamenti strategici decisi nel 2014 e a seguito delle nuove sfide, nell'ambito della collaborazione Schengen e anche oltre sono state fatte diverse proposte. Si tratta principalmente della gestione delle frontiere esterne (in particolare il rafforzamento del ruolo e l'aumento dei fondi dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne Frontex) e del rafforzamento delle misure contro la migrazione illegale (cooperazione con i Paesi di origine e di transito, lotta contro il traffico e la tratta di esseri umani, politica di rimpatrio). Il compito principale di Frontex è l'assistenza operativa degli Stati membri per quanto riguarda la sorveglianza e la messa in sicurezza delle frontiere esterne dello spazio Schengen (ad es. tramite la messa a disposizione coordinata di ulteriore personale del Corpo delle guardie di confine o di materiale e misure per il miglioramento della prontezza all'impiego come, ad esempio, l'istruzione o l'allestimento di analisi dei rischi). Quanto i suoi compiti siano connessi agli altri ambiti tematici rilevanti per la sicurezza è oggetto delle attuali discussioni relative alle attività dei passatori.

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API = Advance Passenger Information; i dati API comprendono le generalità del passeggero aereo (cognome, nome, sesso, data di nascita, cittadinanza) nonché indicazioni sul suo documento di viaggio (numero, Stato di rilascio, passaporto o carta d'identità) che vengono rilevate dalla parte leggibile elettronicamente del passaporto. I dati API sono rilevanti per Schengen e servono in primo luogo ai fini del controllo di frontiera.

PNR = Passenger Name Records; i dati PNR sono indicazioni sul passeggero che le compagnie aeree tengono nei loro sistemi di prenotazione e di disbrigo delle formalità.

I dati forniscono ad esempio chiarimenti su indirizzo di residenza, indirizzo di posta elettronica, numero di telefono, dati inerenti al pagamento e al viaggio, itinerario del viaggio, bagagli che il passeggero porta con sé, scelta del posto a sedere nonché ufficio viaggi che ha proceduto alla prenotazione.

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A causa dei conflitti in Iraq e in Siria nonché degli attentati di Parigi e Bruxelles, la lotta al terrorismo ha riacquistato importanza nei dibattiti all'interno dell'Europa sul sistema Schengen. In primo piano vi è il fenomeno dei cosiddetti foreign terrorist fighters, ovvero combattenti di matrice jihadista che potenzialmente potrebbero far rientro nei propri Paesi d'origine (spesso si tratta di cittadini di Stati europei). Il Consiglio dei ministri della giustizia e degli affari interni ha deciso di intensificare i controlli alle frontiere esterne anche per i cittadini europei e ha elaborato un relativo adeguamento del codice frontiere Schengen, la cui adozione è prevista per il 2016. È stata già adottata la direttiva sullo scambio dei dati dei passeggeri aerei che obbliga le compagnie aeree a trasmettere alle autorità competenti tali dati per la prevenzione e il perseguimento penale di atti terroristici o forme gravi di criminalità. Tale obbligo va oltre gli obblighi di notificazione esistenti.

Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera Lo sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia ha trasformato profondamente il contesto di sicurezza della Svizzera. A causa della sua posizione geografica e dell'importanza degli scambi con gli Stati membri dell'UE, la Svizzera è interessata direttamente dalle ripercussioni dell'intensificazione della collaborazione all'interno dell'UE. Da un lato, è interessata da minacce come la criminalità transfrontaliera o il terrorismo non appena queste riguardano il continente europeo, dall'altro, può profittare delle misure di sicurezza dei suoi partner e dell'UE. Una sfida particolare per la Svizzera è trovare il proprio posto in un contesto nel quale le forme tradizionali di collaborazione, e in particolare la collaborazione bilaterale, vengono sostituite sempre più dalla cooperazione multilaterale a livello europeo, alla quale la Svizzera, non essendo membro dell'UE, non ha accesso senza un corrispondente accordo con quest'ultima.

In base al suo accordo di associazione con l'UE, nell'ambito Schengen la Svizzera partecipa a tutti gli strumenti di questa collaborazione. Il nostro Paese ha accesso al Sistema d'informazione di Schengen (SIS II) e partecipa alla politica comune in materia di visti nonché agli sforzi per la sicurezza alle
frontiere esterne dello spazio Schengen, in particolare mediante contributi, rispettivamente, al Fondo per le frontiere esterne e allo strumento che lo sostituisce, il Fondo per la sicurezza interna nei settori delle frontiere esterne e dei visti, nonché mediante il sostegno finanziario e la partecipazione personale a impieghi di Frontex. La Svizzera collabora anche all'ulteriore sviluppo di Schengen. Ciò comprende la proposta di introdurre un sistema con il quale, mediante automatizzazione, si intende realizzare in modo più efficace i controlli di ingresso e uscita. Per quanto riguarda l'elaborazione di future disposizioni per lo spazio Schengen, il diritto di partecipazione (decision shaping) della Svizzera le permette di partecipare alla procedura legislativa dell'UE, senza tuttavia avere diritto di voto.

Al di fuori di Schengen la Svizzera ha concluso accordi di collaborazione con Europol, Eurojust e CEPOL allo scopo di rafforzare la cooperazione nella lotta contro la criminalità e il terrorismo nell'ambito della polizia e del perseguimento penale.

Oltre alla cooperazione Schengen vi sono altri strumenti dell'UE per la collaborazione a disposizione degli Stati che non ne sono membri. La Svizzera valuta caso per 7033

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caso l'utilità di un'eventuale partecipazione. Si tratta di ponderare, da un lato, l'utilità di questi strumenti per le autorità di polizia e di perseguimento penale e, dall'altro, i costi e gli obblighi che ricadrebbero sulla Svizzera nel caso in cui aderisse alle regolamentazioni dell'UE. A tal proposito occorre notare che tali regolamentazioni possono evolvere ulteriormente.

La Svizzera ritiene che gli attuali strumenti di collaborazione in materia giudiziaria e penale siano utili; attualmente, quindi, l'adozione di ulteriori strumenti per il riconoscimento e l'applicazione diretta di decisioni giudiziarie estere o del mandato d'arresto europeo non si impongono, ma andrebbero riesaminate in un secondo tempo. È tuttavia nell'interesse della Svizzera collaborare con l'UE anche al di fuori di Schengen nella lotta al terrorismo. Attualmente si sta discutendo in merito alla partecipazione al sistema, scaturito dalla direttiva PNR, per la trasmissione alle autorità competenti dei dati completi dei passeggeri da parte delle compagnie aeree. Non è ancora deciso se e in quale misura la Svizzera vi aderirà. La Svizzera mira invece a partecipare alla cooperazione nell'ambito del trattato di Prüm per lo scambio di dati relativi a profili DNA e impronte digitali che negli ultimi anni è diventato uno strumento importante per la lotta alla criminalità transfrontaliera. Inoltre, la partecipazione alla cooperazione nell'ambito del trattato di Prüm rappresenta una condizione affinché le autorità di perseguimento penale svizzere possano ottenere l'accesso alla banca dati Eurodac. Nel 2014 il Consiglio federale ha approvato il mandato negoziale per l'accesso delle autorità di perseguimento penale alla banca dati Eurodac, nel 2015 quello per una partecipazione svizzera alla cooperazione nell'ambito del trattato di Prüm. Da parte sua, nel giugno del 2016 l'UE ha approvato il mandato negoziale per il trattato di Prüm con la Svizzera e ora i negoziati vanno conclusi il più rapidamente possibile.

2.3.4

Consiglio d'Europa

Il Consiglio d'Europa, e in particolare la Corte europea dei diritti dell'uomo, hanno visto aumentare l'importanza del proprio ruolo di garanti dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto. Numerosi strumenti creati dal Consiglio d'Europa contribuiscono a rafforzare la pace e la sicurezza in Europa e quindi anche in Svizzera. Tra queste figurano la Convenzione di Budapest sulla cibercriminalità, ratificata dalla Svizzera nel 201137, la Convenzione per la prevenzione del terrorismo, firmata dalla Svizzera nel 201238, nonché il relativo protocollo del 201539 che rende illegali, tra l'altro, i viaggi all'estero con finalità terroristiche. La Convenzione sulla cibercriminalità40 è lo strumento di diritto internazionale più importante per il miglioramento della collaborazione internazionale nell'ambito della cybercriminalità. Essa agevola l'assistenza giudiziaria internazionale, definisce procedure che permettono la rapida messa in sicurezza di prove e obbliga gli Stati contraenti a gestire 24 ore su 24 una rete di interlocutori.

37 38 39 40

RS 0.311.43 Consultabile all'indirizzo www.coe.int/it/ > Ufficio trattati > Lista completa > No. 196.

Consultabile all'indirizzo www.coe.int/it/ > Ufficio trattati > Lista completa > No. 217.

Consultabile all'indirizzo www.coe.int/it/ > Ufficio trattati > Lista completa > No. 185.

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Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera Ulteriori convenzioni elaborate recentemente, o ancora in fase di elaborazione, hanno lo scopo di sostenere la lotta contro i traffici illegali e il crimine organizzato: in particolare la Convenzione Medicrime (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla contraffazione dei prodotti medicali e reati simili che implicano una minaccia alla salute pubblica), la Convenzione del Consiglio d'Europa contro la tratta degli organi umani nonché la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive. La Svizzera collabora all'elaborazione di tali convenzioni e a tempo debito deciderà in merito alla loro ratifica, tenendo conto degli interessi nazionali e nell'ottica di una cooperazione europea efficace.

2.3.5

Nazioni Unite

A livello globale, le Nazioni Unite (ONU) sono l'organizzazione più importante in materia di politica di sicurezza; solo il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha la facoltà di legittimare l'impiego della forza militare per scopi che esulano dall'autodifesa. Le Nazioni Unite dispongono inoltre di una serie di strumenti per la prevenzione dei conflitti, la ricostruzione post-conflittuale e la cooperazione allo sviluppo. Ciò permette un approccio globale e contributi sostanziali a favore della stabilità a lungo termine di regioni teatro di conflitti. Le ripercussioni di conflitti armati sono percepibili a livello mondiale. La sicurezza della Svizzera trae quindi spesso benefici dagli impieghi dell'ONU, anche quando non avvengono nelle sue immediate vicinanze.

Negli ultimi anni il contesto in cui avvengono gli impieghi di promovimento della pace dell'ONU è mutato. I mandati sono diventati più complessi e variati e il contesto delle missioni è più pericoloso. Le truppe di pace dell'ONU vengono impiegate sempre più spesso in situazioni di conflitto che coinvolgono molteplici attori statali e non statali. L'imparzialità dell'ONU non viene sempre riconosciuta da tutti gli attori.

Alcuni di questi prediligono lo status quo e non sono interessati a una pace duratura; inoltre, le missioni ONU sono spesso obiettivo d'attacchi. Ciò si ripercuote sul tipo di impegno militare dell'ONU. Le truppe di pace vengono impiegate sempre più per scopi che esulano dai compiti tradizionali delle forze militari delle missioni ONU.

Nel 2013 nella Repubblica democratica del Congo è stata impiegata per la prima volta una brigata d'intervento con il mandato di neutralizzare gruppi armati. Parallelamente le formazioni regolari della missione ONU hanno continuato a eseguire i propri compiti di protezione della popolazione civile e di appoggio al governo congolese nell'ambito della stabilizzazione e del consolidamento della pace; tra questi figuravano, tra l'altro, la promozione di un dialogo politico caratterizzato da trasparenza e spirito di coinvolgimento nonché il monitoraggio delle violazioni dei diritti dell'uomo. Sebbene la brigata d'intervento costituisca un caso isolato e conformemente al Consiglio di sicurezza rappresenti chiaramente un'eccezione, le esperienze maturate in tale contesto incideranno sull'impostazione di
impieghi futuri.

Poiché le situazioni di conflitto diventano sempre più complesse e le missioni ONU si trovano talvolta confrontate con parti in conflitto ben equipaggiate, l'ONU è tenuta a modernizzare l'equipaggiamento delle proprie truppe di pace. Essa punta 7035

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maggiormente sulle tecnologie moderne (ad es. droni da ricognizione o equipaggiamento per la protezione da ordigni esplosivi improvvisati), in parte anche per compensare il sempre maggiore fabbisogno di personale. I mezzi necessari sono tuttavia molto costosi e l'ONU dipende da Stati che conoscono e mettono a disposizioni tali tecnologie. Verosimilmente aumenterà la pressione sugli Stati europei per un maggiore impegno di questo genere.

Attualmente più di 125 000 uomini e donne provenienti da 121 Paesi prestano servizio in 16 missioni ONU per il mantenimento della pace, di cui 105 000 sono personale in uniforme (ca. 90 000 militari, 13 000 poliziotti, 2000 osservatori militari) e i rimanenti sono personale civile41. Mai prima d'ora era stato impiegato così tanto personale e malgrado ciò la maggior parte delle missioni continua a essere sottodotata. Sono aumentate in particolare le missioni nel Vicino Oriente, in Nord Africa e nel Sahel, ovvero in regioni che interessano direttamente la sicurezza dell'Europa. I futuri contributi provenienti dall'Europa saranno verosimilmente di natura finanziaria, materiale e tecnica, completati dall'invio di specialisti militari.

All'ONU vengono affidati più compiti che lo Stato interessato non riesce più a svolgere. La protezione della popolazione civile fa parte della maggior parte dei mandati del Consiglio di sicurezza dell'ONU, ciò che rende il promovimento della pace ancora più complesso. A tal fine i mezzi militari devono spesso essere completati dall'impegno politico e da mezzi civili. Ciò è anche una conseguenza di minacce non militari come, ad esempio, la criminalità organizzata, per lottare contro la quale occorrono capacità civili, in particolare dall'ambito della giustizia e dalla polizia.

Nel quadro di conflitti complessi la componente militare deve assumere in primo luogo funzioni di stabilizzazione e di protezione. Una ricostruzione post-conflittuale duratura necessita tuttavia di un vasto impegno gestito a livello civile e volto alla costituzione di una struttura statale. Nella medesima direzione mira la tendenza a una maggiore prevenzione: l'individuazione di violazioni sistematiche dei diritti dell'uomo deve essere rafforzata affinché sia possibile individuare e impedire sul nascere possibili conflitti. Anche in questo caso si tratta principalmente
di rafforzare e migliorare il coordinamento delle capacità civili dell'ONU.

A causa dei mutamenti nel contesto delle operazioni di pace, il Segretario generale dell'ONU ha creato un gruppo indipendente di esperti con il compito di esaminare gli sforzi civili e militari dell'ONU a favore della pace. Tale gruppo raccomanda quattro orientamenti fondamentali:

41

­

primato della politica: il rapporto sottolinea che per una pace duratura si devono perseguire in primo luogo soluzioni politiche. Sebbene l'impiego di mezzi militari risulti necessario in diversi casi, non può essere l'unica e definitiva misura dell'ONU.

­

Missioni gestite in funzione del fabbisogno: le missioni di pace dell'ONU devono considerare in misura ancora maggiore le necessità della situazione specifica. In futuro nell'ampia nozione di «UN Peace Operations» occorrerà tenere conto in modo più flessibile delle esigenze degli attori locali, regionali e internazionali.

La maggior parte dei contingenti proviene da Paesi asiatici o africani; gli Stati occidentali mettono a disposizione una quota relativamente esigua di tale effettivo di personale.

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­

Rafforzamento di partenariati: il rapporto consiglia un'architettura di sicurezza globale e regionale ottimizzata. L'ONU deve assumere maggiormente il ruolo di intermediaria e promotrice, affinché sia possibile collocare in modo ideale le organizzazioni regionali. A causa delle numerose missioni in Africa, la collaborazione con l'Unione africana è prioritaria.

­

Focalizzazione sulle persone e sulla missione sul campo: il Segretariato dell'ONU deve essere più pragmatico e orientarsi maggiormente alle necessità delle missioni civili e militari.

Nel suo rapporto d'attuazione (settembre 2015) il Segretario generale dell'ONU indica tre elementi fondamentali del suo piano d'azione:42 ­

maggiore attenzione e maggiori risorse per la prevenzione dei conflitti.

L'identificazione precoce dei potenziali conflitti e una reazione rapida rimangono le funzioni principali dell'ONU.

­

L'ONU deve collaborare maggiormente con organizzazioni regionali, ma anche direttamente con singoli Stati43 o istituzioni specializzate44. In futuro questo tipo di partenariati con l'assegnazione di compiti e di ruoli su misura potrebbe diventare la regola.

­

La pianificazione e l'esecuzione di missioni di pace dell'ONU deve diventare più veloce, più reattiva e deve tenere conto in misura maggiore delle esigenze dei Paesi e delle parti interessate. A tale riguardo il Segretario generale dell'ONU prevede riforme del Segretariato dell'ONU.

Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera Nel 2010 il Consiglio federale ha deciso, previa consultazione delle Commissioni della politica estera delle Camere federali, di candidare la Svizzera a un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il periodo 2023­2024.

L'elezione avrà luogo nel 2022 in seno all'Assemblea generale. Un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza permetterebbe alla Svizzera di perseguire la propria politica estera e di sicurezza nonché di contribuire agli sforzi di tale organo a favore della sicurezza internazionale. Il nostro Paese proseguirà e incrementerà il proprio impegno per promuovere la pace e la sicurezza nell'ambito ONU.

L'ONU ricopre un ruolo centrale per l'impegno della Svizzera nella promozione della pace. Nell'ambito della risoluzione non militare dei conflitti, il nostro Paese continuerà a perseguire vari obiettivi nell'ambito dell'ONU tra i quali il rafforzamento delle capacità di quest'ultima nell'ambito della prevenzione dei conflitti, il miglioramento della coerenza e del coordinamento del sistema delle Nazioni Unite e il rafforzamento dei partenariati con organizzazioni regionali. La Svizzera si adopera

42 43 44

Attualmente non è ancora chiaro quali raccomandazioni del gruppo di esperti saranno effettivamente concretizzate.

Ad esempio, nel Mali e nella Repubblica centrafricana la Francia, con il consenso dell'ONU, si è impegnata militarmente prima o parallelamente a un impiego dell'ONU.

Un esempio è la missione comune dell'ONU e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche in Siria.

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inoltre per l'elaborazione del passato, il rafforzamento della partecipazione delle donne e per il rispetto dei diritti umani.

La Svizzera continuerà a offrire i suoi buoni uffici quale Paese ospitante di colloqui di pace a guida ONU di varie parti in conflitto, così da fornire un contributo alla stabilità internazionale. Essa continuerà a impegnarsi anche nell'ambito della mediazione.

La Svizzera partecipa regolarmente a missioni dell'ONU con esperti civili, poliziotti ed esperti nell'ambito delle dogane nonché osservatori militari, ufficiali di collegamento e altri esperti militari. L'esistenza di un mandato dell'ONU, o eventualmente dell'OSCE, è una condizione giuridicamente vincolante per impieghi dell'esercito a favore del promovimento della pace; ciò si applica anche agli impieghi che non vengono condotti direttamente dall'ONU (ma dalla NATO o dall'UE su incarico dell'ONU, come in Kosovo e in Bosnia e Erzegovina). I militari vi partecipano su base volontaria. Una volta terminate le missioni della NATO in Kosovo e dell'UE in Bosnia e Erzegovina, che per quanto riguarda il personale attualmente rappresentano l'80 per cento dei contributi svizzeri al promovimento della pace, gli impieghi futuri della Svizzera nell'ambito del promovimento militare della pace potrebbero svolgersi prevalentemente nel quadro di missioni condotte direttamente dall'ONU. Verosimilmente in futuro le operazioni, in particolare quelle di più ampia portata, saranno condotte principalmente dall'ONU invece che dalla NATO o dall'UE poiché tali operazioni hanno luogo fuori dall'Europa, l'interesse della NATO a condurre grandi impieghi è diminuito e a causa delle forti tensioni tra Russia e Occidente la condotta degli impieghi di ampia portata non è praticamente più assegnata a organizzazioni occidentali, come è invece stato il caso durante gli ultimi due decenni.

Il rafforzamento dell'impegno svizzero nel quadro del promovimento militare della pace è incentrato principalmente su contributi di elevato valore. Particolarmente richiesti dall'ONU sono contributi negli ambiti seguenti: logistica, trasporti terrestri e aerei, genio, sanità, acquisizione di informazioni, polizia militare, sminamento umanitario, immagazzinamento e distruzione sicuri di armi di piccolo calibro e munizioni, esperti per la riforma del settore della
sicurezza nonché consulenza e supporto all'istruzione in tali ambiti. La neutralità della Svizzera, l'elevato standard d'istruzione e tecnologico dell'esercito, il plurilinguismo e la vicinanza alla popolazione ottenuta tramite il sistema di milizia rendono l'Esercito svizzero particolarmente idoneo per determinate missioni ONU. È quindi ipotizzabile che in futuro l'ONU chieda alla Svizzera di fornire, in misura ancora maggiore, contributi nell'ambito del promovimento della pace.

È nell'interesse della Svizzera che l'ONU svolga impieghi per il promovimento della pace poiché quest'ultimi contribuiscono a stabilizzare regioni di conflitto e ciò si ripercuote positivamente anche sulla sicurezza della Svizzera. Tali impegni possono avere luogo unicamente se gli Stati membri dell'ONU sono disposti a fornire il proprio contributo. È quindi anche nell'interesse della Svizzera contribuire a tali impieghi. Il fatto che il maggior numero possibile di Paesi fornisca truppe per una missione di promovimento della pace incrementa inoltre la credibilità di detta missione.

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2.3.6

Interpol

Con i suoi 190 Stati membri, l'Interpol è la più grande organizzazione internazionale di polizia al mondo. Il suo obiettivo è un'ampia assistenza reciproca tra tutte le autorità di polizia giudiziaria nel quadro delle leggi nazionali e nel rispetto dei diritti umani conformemente alle convenzioni internazionali. La sede dell'Interpol è a Lione; nel 2015 è stata inaugurata una seconda sede globale a Singapore.

L'Interpol promuove e sostiene attività per la prevenzione e la lotta contro i reati attraverso lo scambio di informazioni di polizia giudiziaria mediante una rete di comunicazione globale, banche dati, l'assistenza operativa nonché la formazione e la formazione continua di polizia. Gli avvisi di ricerca tramite l'Interpol sono uno strumento essenziale degli Stati membri per rintracciare e arrestare all'estero persone ricercate.

Ogni Paese designa un ufficio centrale nazionale; in Svizzera tale funzione è esercitata dall'Ufficio federale di polizia (fedpol). Fedpol è competente per la collaborazione con le autorità svizzere di polizia e di perseguimento penale, con gli uffici centrali nazionali di altri Stati e con il Segretariato generale di Interpol.

La Svizzera ha esercitato un influsso mirato sulle recenti accese discussioni in merito al finanziamento esterno di Interpol. Concretamente la Svizzera ha chiesto che i donatori privati di Interpol siano compatibili con gli obiettivi e le attività dell'organizzazione, che l'indipendenza sia garantita e che vi sia trasparenza per quanto riguarda le sovvenzioni. Sulla base dell'intervento della Svizzera è stato avviato un processo che disciplina in modo preciso i contributi finanziari a Interpol e li assoggetta all'obbligo di diligenza (due diligence).

Possibilità di una maggiore partecipazione della Svizzera La seconda sede globale di Interpol a Singapore è attualmente in fase di allestimento. Presso questa sede l'Interpol intende intensificare la lotta alla cybercriminalità nonché rafforzare la ricerca e il sostegno nell'ambito delle tecnologie dell'informazione. L'obiettivo è di mettere a disposizione delle autorità di polizia di tutto il mondo gli strumenti e le capacità necessarie per affrontare in modo efficace le attuali sfide sempre più impegnative ed evolute poste dalla criminalità internazionale.

Una partecipazione attiva alla sede
di Singapore è aperta anche alla autorità svizzere di perseguimento penale, segnatamente mediante l'invio di esperti e la partecipazione a gruppi di lavoro specializzati o a formazioni.

Un'ulteriore possibilità per una maggiore partecipazione è la promozione mirata della lotta ad ambiti criminali prioritari. La Svizzera sta pianificando per la fine del 2016 una conferenza Interpol globale incentrata sulla lotta contro la tratta di esseri umani. Quale Paese organizzatore la Svizzera può influire sulla definizione dei temi e ha la possibilità di creare una piattaforma per i contatti internazionali e lo scambio di conoscenze specialistiche.

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2.3.7

Ulteriori ambiti della collaborazione internazionale

Così come l'Interpol nella lotta contro la criminalità organizzata, altre organizzazioni attive a livello globale svolgono un ruolo importante per quanto riguarda determinate minacce. Lo stesso dicasi per gli accordi multilaterali, in particolare nell'ambito del controllo degli armamenti e del disarmo. Le organizzazioni internazionali con un influsso indiretto sulla sicurezza, come ad esempio l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, non vengono considerate nel presente rapporto.

Controllo degli armamenti e disarmo Il controllo degli armamenti e il disarmo contribuiscono idealmente a ridurre i costi della prontezza militare, la probabilità di conflitti armati nonché le conseguenze devastanti di quest'ultimi. Da soli non sono in grado di impedire o risolvere conflitti, ma possono rafforzare altri strumenti di prevenzione, gestione delle crisi e ricostruzione post-conflittuale. I relativi accordi ­ se il loro rispetto viene accuratamente controllato ­ possono creare fiducia, ridurre il livello degli armamenti e limitare o addirittura proibire determinate categorie di armi.

La Svizzera, in linea con la sua tradizione umanitaria, si impegna a favore di accordi multilaterali che oltre alla sicurezza, alla stabilità e alla libertà mirano anche a rafforzare il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti dell'uomo, a mitigare le sofferenze causate dai conflitti armati, a proteggere la popolazione civile e a promuovere in generale la sicurezza umana.

Armi di distruzione di massa Con «armi di distruzione di massa» sono intese le armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Per quanto riguarda queste armi, esistono diversi accordi multilaterali e bilaterali (Russia­USA). Dal 2010 sono stati fatti progressi unicamente in due ambiti: l'arsenale dichiarato di armi chimiche della Siria è stato eliminato e tra i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU (più la Germania) e l'Iran è stato stipulato un accordo. Quest'ultimo limita le attività nucleari dell'Iran e prevede in compenso la revoca delle attuali sanzioni.

Tra Russia e USA non sono stati stipulati nuovi accordi in merito alla limitazione o alla diminuzione delle rispettive armi nucleari; le forti tensioni tra Russia e Occidente, inasprite dalla situazione in Ucraina, rendono improbabili ulteriori
accordi di questo genere nei prossimi anni. Anche gli altri Stati in possesso di armi nucleari seguono la logica della deterrenza nucleare modernizzando o addirittura ampliando i propri arsenali. Per quanto riguarda il rischio di un impiego involontario o affrettato di armi nucleari, il loro numero è probabilmente meno rilevanti rispetto allo stato di prontezza in cui vengono mantenute. Alcuni Stati dotati di armi nucleari mantengono il proprio arsenale, o parti di esso, pronto a essere impiegato in pochi minuti.

Per quanto riguarda le armi chimiche e biologiche, vi sono due esigenze principali: la migliore attuazione degli accordi esistenti e gli sforzi volti a promuovere l'adesione di altri Stati a tali accordi, affinché diventino universali. Nel caso delle armi chimiche ci sono due sfide principali: concludere la distruzione comprovata dei rimanenti arsenali di armi chimiche (tra l'altro di Russia e USA) e impedire il riac7040

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cendersi di questa minaccia, in particolare nel Vicino Oriente. Per quanto riguarda le armi biologiche si intende integrare l'accordo per il divieto di queste armi con misure volte a rafforzare la fiducia nonché esaminare sistematicamente le ripercussioni sulla sicurezza internazionale della rapida evoluzione nel campo delle biotecnologie.

Con il Laboratorio Spiez la Svizzera è impegnata in ambiti importanti del controllo tecnico-scientifico degli armamenti: ad esempio il pluriennale sostegno all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) e all'Organizzazione del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBTO), la creazione di capacità in materia di scienze forensi nucleari nell'ambito dell'iniziativa mondiale per combattere il terrorismo nucleare nonché il rafforzamento del meccanismo del Segretario generale dell'ONU per le indagini sul presunto uso di armi chimiche e biologiche, il quale ha dato buoni frutti anche nel caso della Siria. In particolare, in futuro si intende rafforzare il ruolo dei laboratori riconosciuti a livello internazionale nell'ambito della biologia: la prova dell'impiego di armi biologiche deve avvenire secondo criteri qualitativi rigorosi e riconosciuti a livello internazionale affinché gli esiti delle indagini delle missioni ONU vengano accettati a livello internazionale, come già avviene per le armi chimiche.

Armi convenzionali I trattati sulle armi convenzionali in Europa sono in una situazione di crisi. Numerosi Stati hanno sospeso l'applicazione delle disposizioni del Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa45. Un altro trattato, ovvero quello sui «cieli aperti»46, sta perdendo credibilità poiché le parti contraenti non riescono ad accordarsi sulla sua corretta applicazione a causa di limitazioni unilaterali da parte di singoli Stati. Il Documento di Vienna47, il quale contrariamente agli altri due trattati è valido anche per la Svizzera, è stato applicato in Ucraina in una situazione molto tesa.

L'ulteriore sviluppo del documento, necessario per tenere conto delle realtà militare, è tuttavia bloccato da alcuni anni. Nei prossimi anni il Trattato sui cieli aperti e il Documento di Vienna dovranno essere adeguati all'evoluzione delle minacce e delle tecnologie nonché al mutamento della realità della situazione in
materia di sicurezza in Europa rispetto all'inizio degli anni novanta. A breve termine si tratta di creare mediante contatti informali una base comune per negoziati futuri.

La diffusione non regolamentata di armi di piccolo calibro, armi leggere e munizioni è una minaccia per la pace, la sicurezza e la stabilità di intere regioni. In particolare in Stati fragili tali armi generano molta violenza, con importanti ripercussioni per lo sviluppo di questi Paesi. Il Trattato internazionale sul commercio delle armi dell'ONU48, ratificato dalla Svizzera nel 2015 e il cui Segretariato permanente è a 45 46 47 48

Consultabile all'indirizzo www.osce.org/it/library/14090.

Consultabile all'indirizzo www.osce.org/it/library/14130.

Consultabile all'indirizzo www.osce.org/it/fsc/86602.

Trattato del 2 aprile 2013 sul commercio delle armi, RS 0.518.61. Il Trattato internazionale sul commercio delle armi dell'ONU definisce per la prima volta a livello mondiale gli standard da rispettare nel quadro del commercio transfrontaliero di armi convenzionali.

Tali standard hanno lo scopo di promuovere un commercio internazionale delle armi responsabile e arginarne il commercio illegale, diminuendo nel contempo la sofferenza umana causata da quest'ultime.

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Ginevra, ha lo scopo di ridurre la diffusione incontrollata di armi convenzionali, impedendo in questo modo la destabilizzazione regionale e attenuando le sofferenze umane. La Svizzera appoggia gli sforzi per indurre altri Stati ad aderire a questo trattato e ad applicarlo in modo efficace.

In linea con la sua tradizione umanitaria, la Svizzera si adopera anche per l'applicazione corretta e l'ulteriore universalizzazione delle convenzioni internazionali per la proibizione delle mine antiuomo49 e delle bombe a grappolo50. Le conseguenze umanitarie ed economiche di questi mezzi di combattimento sono disastrose anche molto tempo dopo la fine di un conflitto armato.

Il progresso tecnologico permette la modernizzazione delle armi esistenti e lo sviluppo di nuove armi. È diventato possibile automatizzare sempre di più le armi e in parte, per un tempo limitato, consentirne il funzionamento quasi autonomo. Nel quadro della convenzione ONU del 1980 sulle armi convenzionali 51 viene discusso il potenziale in materia di sviluppo di sistemi d'arma automatici letali e la loro portata. La Svizzera si adopera affinché gli Stati debbano verificare la compatibilità con il diritto internazionale di nuove armi e di nuovi mezzi o metodi di condotta della guerra.

Collaborazione internazionale nella lotta contro la pirateria Per affrontare i problemi causati dalla pirateria, la comunità internazionale organizza operazioni di polizia multinazionali o tra singoli Stati in determinate zone marittime, si impegna in sforzi a lungo termine per eliminare le cause della pirateria ed elabora norme di sicurezza nel quadro dell'Organizzazione marittima internazionale. Tali misure devono essere accompagnate da progetti volti a rafforzare gli Stati delle regioni interessate e la loro economia. È nell'interesse della Svizzera ­ la quale dispone di una flotta di alto mare, è sede di numerose compagnie armatrici e la cui economia dipende in larga misura dalle esportazioni ­ che la sicurezza della navigazione venga garantita e la lotta alla pirateria venga condotta in modo più efficace.

Collaborazione internazionale per la sicurezza dello spazio Attualmente l'utilizzo militare dello spazio non è disciplinato dal diritto internazionale, fatta eccezione per il divieto di stazionamento delle armi nucleari e di altre armi di distruzione
di massa nell'orbita terrestre o su corpi celesti. Oggi numerosi Stati dispongono di satelliti per appoggiare le proprie operazioni militari, ma sembrerebbe che nessuno di loro abbia collocato armi nello spazio. La Cina, gli Stati Uniti e verosimilmente anche la Russia dispongono tuttavia delle capacità per distruggere satelliti in orbita e molti altri Stati sono in grado di pregiudicare il funzionamento di satelliti di altri Stati, con conseguenze per le applicazioni militari e civili.

49 50 51

Consultabile all'indirizzo treaties.un.org > État des traités déposés auprès du Secrétaire général > Chapitre XXVI > 5.

Consultabile all'indirizzo treaties.un.org > État des traités déposés auprès du Secrétaire général > Chapitre XXVI > 6.

Consultabile all'indirizzo treaties.un.org > État des traités déposés auprès du Secrétaire général > Chapitre XXVI > 2.

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Inoltre, il numero crescente di detriti spaziali rappresenta un pericolo per i satelliti, le stazioni spaziali e i servizi spaziali.

Alla luce di tali sfide, l'ONU si adopera per elaborare direttive volte a garantire a lungo termine l'utilizzo pacifico dello spazio. Parallelamente le iniziative della Conferenza di Ginevra sul disarmo hanno lo scopo di impedire lo stazionamento di armi nello spazio nonché la messa in pericolo della sicurezza di sistemi spaziali.

L'UE ha proposto un codice di comportamento per incrementare la sicurezza nello spazio, il quale viene attualmente discusso a livello internazionale.

La Svizzera partecipa a diversi programmi spaziali e approfitta in modo sostanziale dell'accesso a informazioni e applicazioni spaziali. Ha inoltre interesse che venga impedito lo stazionamento delle armi nello spazio e vengano garantite condizioni che permettano di gestire i satelliti in modo sicuro e duraturo. Per questo motivo la Svizzera appoggia i lavori in corso presso l'ONU e contribuisce agli sforzi dell'UE volti all'elaborazione di un codice di comportamento internazionale per le attività nello spazio.

2.3.8

Conclusioni

La collaborazione multilaterale è sottoposta a pressioni anche nell'ambito della politica di sicurezza. Si osserva una tendenza a una maggiore politica egemonica e a formati ad hoc dedicati alla crisi e a temi specifici. Essi possono aiutare a preparare soluzioni multilaterali nel difficile contesto politico mondiale attuale. Esiste però anche il pericolo che il multilateralismo ne risulti minato.

Nei prossimi cinque a dieci anni la collaborazione multilaterale nelle organizzazioni e negli ambiti rilevanti dal punto di vista della politica di sicurezza si svilupperà probabilmente in modi differenti. Le organizzazioni regionali più omogenee tenderanno principalmente a promuovere l'integrazione tra i loro membri. Verosimilmente l'UE amplierà ulteriormente le proprie capacità in materia di giustizia e polizia, nonché nell'ambito della politica di sicurezza. Inoltre, la dura prova alla quale è attualmente sottoposta Schengen dovrebbe rafforzare ulteriormente la tendenza a un'intensificazione della collaborazione. La NATO manterrà l'attuale importanza: nel settore della difesa potrebbe addirittura accrescere la propria influenza, mentre potrebbe avere un profilo meno incisivo nel sostegno alla pace. Sebbene l'OSCE risenta delle visioni divergenti dei propri membri che a differenza dell'UE e della NATO sono più eterogenei è destinata a rimanere l'unico forum globale in materia di politica di sicurezza in Europa. L'evoluzione dell'ONU comporterà verosimilmente un maggiore fabbisogno di esperti civili e contributi militari di elevato valore (e di regola armati) per impieghi volti alla stabilizzazione e alla creazione di sicurezza. Probabilmente tali impieghi avverranno anche in regioni con un'importanza diretta per la Svizzera.

Per il nostro Paese la collaborazione multilaterale continua a essere il modo migliore per promuovere soluzioni cooperative. Il rafforzamento della capacità di agire dell'OSCE e dell'ONU fa parte delle priorità della Svizzera in materia di politica estera e di sicurezza. Laddove possibile e sensato, essa parteciperà anche agli sforzi di pace dell'UE. Inoltre, proseguirà le proprie attività nell'ambito del Partenariato 7043

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per la pace, utilizzandolo quale strumento per il dialogo in materia di politica di sicurezza e la promozione della capacità a collaborare. La Svizzera promuoverà inoltre le attività del Consiglio d'Europa rilevanti dal punto di vista della politica di sicurezza. Per finire, essa continuerà ad adoperarsi per un rafforzamento del regime di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione.

Alla luce della tendenza generale a un'intensificazione delle cooperazioni in materia di sicurezza per la difesa da minacce che non rispettano i confini, i Paesi che si isolano corrono il rischio che la loro sicurezza diminuisca rispetto a quella di altri Stati.

Per quanto riguarda le minacce e i pericoli è possibile affermare quanto segue in merito all'architettura di sicurezza: Per quanto riguarda l'acquisizione illegale e la manipolazione di informazioni una minaccia caratterizzata da aspetti cibernetici le attività in seno all'ONU, all'OSCE, all'EU e, in misura minore, alla NATO contribuiscono a incrementare la sicurezza e la stabilità dei sistemi. La Svizzera si impegnerà in favore dell'elaborazione di norme e del rafforzamento della fiducia e della trasparenza. A livello tecnico, lo sfruttamento reciproco di offerte formative e lo scambio di esperienze (Svizzera e NATO, in futuro anche con l'UE) contribuiscono a sviluppare competenze adeguate in tale ambito; la Svizzera sfrutterà queste opportunità. Ciò può comprendere lo scambio di conoscenze, la partecipazione a programmi di ricerca e di sviluppo, standard ed esercitazioni comuni. Per quanto concerne i progetti specifici per la protezione dei sistemi, essi devono essere principalmente nazionali; tuttavia la collaborazione bilaterale con altri Stati può sostenere tali sforzi.

Per quanto riguarda il terrorismo, l'estremismo violento e la criminalità, la collaborazione nel quadro dell'Interpol e dell'UE (in particolare nel contesto Schengen) permette un rafforzamento generale delle capacità della Svizzera di difendersi da queste minacce transfrontaliere. Grazie a un accesso migliore e più veloce a informazioni utili, la partecipazione della Svizzera a strumenti come la cooperazione nell'ambito del trattato di Prüm (dati relativi a profili DNA e impronte digitali) significherebbe un notevole guadagno in termini di sicurezza, per cui si persegue
la partecipazione. La partecipazione ai relativi lavori dell'OSCE e del Consiglio d'Europa contribuisce anch'essa al rafforzamento delle capacità della Svizzera nella lotta contro il terrorismo, l'estremismo violento e la criminalità. In relazione alla lotta al terrorismo e all'estremismo violento, mediante lo scambio di informazioni e «best practices» il Forum mondiale contro il terrorismo (Global Counterterrorism Forum), l'OSCE e l'ONU permettono di rafforzare le capacità degli organi responsabili per la difesa da tali minacce. A livello internazionale, la Svizzera rafforza il suo impegno a sostegno di Stati nella prevenzione dell'estremismo violento.

Per quanto riguarda la minaccia rappresentata da un attacco armato, la partecipazione al Partenariato per la pace è utile poiché incrementa le capacità dell'Esercito svizzero di collaborare, in caso di necessità, con altri eserciti, ciò che va a beneficio della libertà d'azione della condotta politica. Il proposito di partecipare all'Air Situation Data Exchange agevolerebbe una polizia aerea efficiente. La collaborazione con l'Agenzia europea per la difesa può contribuire ad acquisti d'armamenti efficienti. Le decisioni in merito alla partecipazione a questo tipo di programmi e 7044

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progetti includono sempre riflessioni concernenti il diritto della neutralità e la politica di neutralità.

Gli accordi internazionali e le collaborazioni sono divenute un elemento centrale delle misure contro le perturbazioni dell'approvvigionamento.

Per catastrofi e situazioni d'emergenza la Svizzera ha concluso accordi bilaterali a livello nazionale con i Paesi limitrofi, così come i Cantoni di frontiera con le regioni vicine. Tali accordi vengono integrati da misure nel quadro del Partenariato per la pace volte ad agevolare l'aiuto transfrontaliero e da strumenti dell'ONU. Per completare il quadro della situazione rilevante per la protezione della popolazione potrebbe risultare utile anche l'EU Civil Protection Mechanism.

2.4

Attuali parametri della politica di sicurezza

La politica di sicurezza deve orientarsi alle minacce, ai pericoli e agli sviluppi del contesto in materia di politica di sicurezza. Inoltre deve essere e rimanere adattabile.

Solo in questo modo la politica di sicurezza può creare protezione e sicurezza per il Paese e la popolazione nonché offrire, mediante i propri strumenti, soluzioni per le sfide attuali e future. Se non è in grado di reagire a sviluppi determinanti, la capacità di agire e l'efficacia andranno persi.

Oltre alla capacità di evolvere e di adeguarsi, è importante anche il principio della continuità: una politica di sicurezza credibile deve essere orientata al lungo termine e deve attuare gli adeguamenti necessari in modo chiaro, altrimenti vi è il pericolo che perda l'appoggio della popolazione. Per la politica di sicurezza della Svizzera ciò significa che saranno mantenuti gli elementi fondamentali della politica di sicurezza che risultano tuttora orientati al futuro, mentre saranno adeguati o abbandonati gli elementi obsoleti.

Come in ogni ambito politico, anche per quanto riguarda la politica di sicurezza la Svizzera ha un'autoconsapevolezza sviluppatasi nel corso della storia che influenza l'impostazione della politica. Ciò include l'autopercezione di essere un Paese economicamente forte e con importanti contatti a livello internazionale, nelle cui relazioni e attività internazionali l'universalità e la neutralità svolgono un ruolo fondamentale. La Svizzera si è posizionata come attore globale disposto a contribuire alla stabilità anche oltre i propri interessi più stretti, ad esempio mediante buoni uffici e mediazioni, la promozione dei diritti dell'uomo, il promovimento della pace con mezzi civili e militari e la cooperazione allo sviluppo. Tale posizionamento è parte integrante dell'orientamento fondamentale in materia di politica di sicurezza della Svizzera.

In determinati ambiti della politica di sicurezza esterna la Svizzera si è tuttavia imposta un certo riserbo, in particolare nell'ambito militare. Negli ultimi 20 anni, ovvero dopo la fine della Guerra fredda, la Svizzera ha adeguato e ampliato la propria collaborazione in materia di politica di sicurezza con altri Stati e organizzazioni.

Non facendo parte né della NATO né dell'UE, il nostro Paese presenta tuttavia una situazione di partenza in materia di politica di sicurezza diversa dalla maggior parte degli Stati del contesto più immediato.

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La Svizzera fa parte di quegli Stati che non ritengono l'esercito uno strumento per perseguire obiettivi e interessi egemonici oltre i confini nazionali. La politica di sicurezza della Svizzera non è tuttavia orientata unicamente verso l'interno ­ e questo già da diversi decenni. Già prima della fine della Guerra fredda vi era una cosiddetta «componente allargata», la quale, mediante l'impegno all'estero, aveva lo scopo di ridurre i rischi per la Svizzera in materia di sicurezza. In seguito questo aspetto della politica di sicurezza è stato intensificato. Negli ultimi tre decenni vi è quindi stata un'apertura in tal senso: all'inizio degli anni novanta la Svizzera ha incominciato ad appoggiare impieghi per il promovimento della pace su mandato dell'ONU, ha aderito alle sanzioni dell'ONU e in seguito alle sanzioni internazionali dell'UE nei confronti di Stati illegittimi e ha consentito l'attraversamento o il sorvolo del territorio svizzero a truppe con un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU. A ciò si sono aggiunte ­ tramite la partecipazione al Partenariato per la pace ­ un rapporto strutturato con la NATO, senza tuttavia l'intenzione di aderirvi, e partecipazioni ad hoc a impieghi per la pace dell'UE. Nel frattempo tali elementi sono diventati una componente fondamentale della politica di sicurezza della Svizzera; la cooperazione internazionale prosegue ormai da almeno 60 anni se, ad esempio, si prende in considerazione l'invio di osservatori militari per la sorveglianza dell'armistizio in Corea (insieme alla Svezia, alla Polonia e all'allora Cecoslovacchia).

Per quanto riguarda la politica di sicurezza, da oltre mezzo secolo la Svizzera persegue un compromesso tra autonomia e integrazione. Essa ha descritto tale compromesso come sicurezza attraverso la cooperazione. Ciò significa che la Svizzera aspira a una cooperazione efficace ed efficiente all'interno del Paese nonché ­ ovunque lo ritenga necessario od opportuno dal punto di vista della politica di sicurezza ­ anche con altri Stati e organizzazioni, allo scopo di prevenire o respingere, congiuntamente e il più precocemente possibile, minacce e pericoli. Sulla base di tale principio la Svizzera ha perseguito l'obiettivo di reagire, mediante una collaborazione rafforzata, alla perdita di importanza delle frontiere e delle distanze,
senza tuttavia rinunciare alla propria indipendenza.

La struttura federale della Svizzera è un ulteriore elemento caratterizzante. In Svizzera le competenze in materia di sicurezza sono distribuite in modo capillare, sia verticalmente che orizzontalmente. La politica di sicurezza è un compito congiunto di Confederazione, Cantoni e Comuni. Tutti e tre i livelli, con i loro ruoli e mezzi, sono importanti per la sicurezza del Paese e della popolazione. Questa forte decentralizzazione, caratterizzata da competenze diverse per singoli strumenti, aumenta l'onere di coordinamento. Il vantaggio è tuttavia dato dalla mobilità, robustezza e resilienza del sistema globale.

3

Strategia

Ogni strategia si occupa delle modalità e dei mezzi con i quali, partendo dalla situazione esistente, debba essere raggiunto un obiettivo. Non è diverso nella strategia della Svizzera in materia di politica di sicurezza. Si tratta di delineare come i mezzi in materia di politica di sicurezza devono essere impiegati per raggiungere gli 7046

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obiettivi in tale ambito e favorire i relativi interessi. Ciò comprende la prevenzione, la difesa e la gestione di minacce e pericoli per la Svizzera, la sua popolazione e gli interessi del Paese. Per la prevenzione, si tratta di mantenere il livello di sicurezza, abituale in Svizzera ed elevato nel raffronto internazionale. Se il Paese subisce attentati, crisi, conflitti o catastrofi, nella fase della difesa ne vanno per quanto possibile combattuti i responsabili o limitate le ripercussioni. Superare la crisi significa impiegare gli strumenti della politica di sicurezza per evitare ulteriori danni e per eliminare quelli subiti, nonché per ripristinare lo stato normale.

Una particolarità della politica svizzera in materia di sicurezza consiste nel fatto che esiste tutta una gamma di mezzi di politica di sicurezza per i quali sono responsabili differenti livelli dello Stato (Confederazione, Cantoni, Comuni) e che a seconda delle minacce, dei pericoli e della fase devono fornire prestazioni differenti.

3.1

Obiettivi e interessi in materia di politica di sicurezza

Interessi e obiettivi sono strettamente connessi tra loro: di norma, gli interessi sono intesi in modo ampio sotto il profilo materiale e non limitati sotto quello temporale.

Gli obiettivi sono più concreti: sono una scelta e una concretizzazione degli interessi e talvolta vanno raggiunti entro un determinato termine. Sia per gli interessi in materia di politica di sicurezza che per gli obiettivi in materia di politica si sicurezza, si tratta di definire ciò che va preservato, raggiunto o impedito affinché le persone possano vivere in sicurezza ­ in primo luogo in Svizzera, ma in secondo luogo anche in altri Paesi e su altri continenti.

3.1.1

Interessi in materia di politica di sicurezza

Gli interessi in materia di politica di sicurezza della Svizzera, da un lato, corrispondono a esigenze universali (ossia quelle che possono valere tanto per altri Paesi quanto per il nostro) e, dall'altro, risultano da sue peculiarità specifiche.

L'interesse cruciale universale in materia di politica di sicurezza è che le dispute tra Stati o al loro interno vengono composte con mezzi pacifici e che la violenza non viene né minacciata né usata. È legittimo unicamente l'uso della violenza per autodifesa o sulla base di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Le disposizioni del diritto internazionale devono essere rispettate; in particolare, i confini non possono essere spostati con la violenza e contro la resistenza delle persone interessate. Gli Stati devono potere decidere autonomamente sulle proprie questioni, sia con riferimento a quelle interne, sia all'impostazione delle proprie relazioni con gli altri Stati e le organizzazioni internazionali. Il rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia fanno parte degli interessi ampliati in materia di politica di sicurezza. Violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani così come l'applicazione arbitraria di leggi e la mancanza di legittimazione democratica tendono, prima o poi, a creare conflitti. Se ha luogo un conflitto armato, è nell'interesse delle persone in questione e della comunità internazionale che vengano rispettate le regole del diritto umanitario internazionale. Impedire la proliferazione di armi 7047

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di distruzione di massa è un ulteriore interesse quasi universale in materia di politica di sicurezza; in particolare, gruppi non statali non devono assolutamente accedere a simili armi.

Taluni di questi interessi valgono ancora di più per la Svizzera che per tanti altri Stati. È un Paese geograficamente piccolo, nella media europea quanto alla popolazione, forte economicamente, assai interconnesso a livello internazionale, plurilingue, strutturato in maniera federalista e impostato sulla democrazia diretta. Deve puntare sulla forza del diritto, non sul diritto della forza. In quanto Stato che percorre una via indipendente, la Svizzera deve respingere ogni uso o anche solamente minaccia di pressione o violenza da parte di altri Stati, non soltanto quando la riguardano direttamente, bensì anche tra Stati terzi. In quanto democrazia diretta che vive di cittadini impegnati e ben informati, la Svizzera deve condannare con particolare fermezza la propaganda e la disinformazione; sono veleno per il dibattito democratico. In quanto Paese dalla molteplicità linguistica, culturale e religiosa la Svizzera è sinonimo di tolleranza e integrazione e contro l'isolamento e l'emarginazione.

In fondo, è anche nell'interesse della Svizzera che organizzazioni internazionali rilevanti dal punto di vista della politica di sicurezza o alleanze nel suo contesto siano in grado di agire, per impedire sia controversie tra i membri sia aggressioni dall'esterno.

Nell'ambito della discussione riguardo alla politica di sicurezza vengono spesso citati anche altri interessi, quali la prosperità economica e l'incremento del benessere, gli aspetti occupazionali e l'accesso ai mercati, una società liberale, istituzioni politiche funzionanti, le pari opportunità, l'identità, la coesione e la pluralità. Si tratta nella fattispecie di interessi nazionali, ma non di interessi in materia di sicurezza in senso stretto. Per esempio, non è compito della politica di sicurezza provvedere al buon funzionamento delle istituzioni politiche. Essa deve tuttavia impedire che il buon funzionamento di queste istituzioni venga compromesso da politiche egemoniche o dalla criminalità. L'estensione degli interessi in materia di politica di sicurezza all'intera gamma degli interessi nazionali è da ritenersi inopportuna perché metterebbe in dubbio la
competenza specifica di altri ambiti politici, ma anche per il fatto che sarebbe contraria agli sforzi miranti a suddividere la politica globale in settori gestibili dal profilo pratico.

Talvolta la neutralità viene ritenuta come interesse od obiettivo in materia di politica di sicurezza, o addirittura quale totalità della strategia della Svizzera in materia di politica di sicurezza. La neutralità è una massima consolidata della Svizzera in materia di politica di sicurezza e di politica estera; la Svizzera è e rimane neutrale.

La neutralità è però un mezzo, non un obiettivo. È al servizio di obiettivi superiori quali l'indipendenza e la sicurezza del Paese.

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3.1.2

Obiettivi in materia di politica di sicurezza

Conformemente all'articolo 2 della Costituzione federale52 (Cost.), la Confederazione Svizzera tutela la libertà e i diritti del Popolo e salvaguarda l'indipendenza e la sicurezza del Paese. Promuove la prosperità comune, lo sviluppo sostenibile, la coesione interna e la pluralità culturale del Paese. Provvede affinché i cittadini abbiano opportunità per quanto possibile uguali. Infine si impegna per la conservazione duratura delle basi naturali della vita e per un ordine internazionale giusto e pacifico.

La politica di sicurezza è un ambito della politica globale e come tale è legata ai medesimi obiettivi. Essa non è tuttavia di pari importanza per tutti gli obiettivi del Paese. La politica di sicurezza ha una rilevanza diretta per la protezione della libertà, dell'indipendenza e della sicurezza e fornisce un importante contributo in tal senso; tuttavia, per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, le pari opportunità e la pluralità culturale la sua rilevanza è minima o nulla. La sicurezza è però il fondamento per realizzare anche questi obiettivi, sebbene in senso stretto non abbiano nulla a che fare con la politica di sicurezza.

Per quanto concerne l'obiettivo della politica di sicurezza non vi è motivo di modificare la formulazione dell'ultimo rapporto53: La politica di sicurezza svizzera ha come obiettivo di proteggere dalle minacce e dai pericoli diretti e indiretti la capacità di agire, l'autodeterminazione e l'integrità della Svizzera e della sua popolazione, come pure le loro basi esistenziali, nonché di fornire un contributo alla stabilità e alla pace al di là delle nostre frontiere.

Sostanzialmente lo scopo della politica di sicurezza è di garantire che la Svizzera disponga delle procedure e dei mezzi necessari per salvaguardare la sua capacità di agire e l'autodeterminazione, per proteggere il Paese, la sua popolazione e i suoi interessi, per gestire le catastrofi naturali e tecnologiche nonché per fornire un contributo alla stabilità e alla sicurezza all'estero. I mezzi a disposizione della Svizzera a tal fine devono essere impiegati in modo efficiente ed efficace nonché con accortezza e con ragionevoli prospettive di successo. Uno Stato federale come la Svizzera richiede un'intensa cooperazione tra i dipartimenti a livello federale nonché tra la Confederazione, i Cantoni e i Comuni,
un'interazione ben armonizzata tra i singoli strumenti di sicurezza e la cooperazione internazionale. Ciò è sempre valido; quello che cambia nella politica di sicurezza è la risposta alle domande «come» e «dove» la Svizzera debba impiegare i propri strumenti per raggiungere tale obiettivo e come quest'ultimi debbano essere adeguati per rimanere efficaci.

L'utilità della politica di sicurezza dipende dalla sua capacità di offrire risposte e soluzioni a problemi di sicurezza attuali o prevedibili. La politica di sicurezza e i suoi strumenti devono essere adeguati alle minacce e ai pericoli attuali nonché a quelli che si stanno delineando, nello sforzo costante di ottimizzarli in considerazione delle minacce e dei pericoli concreti per la sicurezza della Svizzera e della sua popolazione. Le sorprese sono sempre possibili; non è tuttavia possibile prepararsi in 52 53

RS 101 FF 2010 4511, in particolare pag. 4520

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anticipo contro tutti gli eventi immaginabili se non dimostrando flessibilità di pensiero e nella gestione degli strumenti della politica di sicurezza nonché rafforzando la capacità di resistenza e di rigenerazione dello Stato, dell'economia e della società.

3.2

Elementi della strategia: cooperazione, autonomia e impegno

Dal 2000 il concetto chiave della strategia in materia di politica di sicurezza della Svizzera è stata la cooperazione ­ all'interno del Paese così come con l'estero.

La cooperazione è e rimane importante; è però soltanto uno degli elementi della strategia in materia di politica di sicurezza. Altri due sono necessari per una strategia globale, realistica e promettente: autonomia e impegno. Questi tre concetti fondamentali riassumono l'intero ventaglio della strategia in materia di politica di sicurezza della Svizzera. I due elementi «autonomia» e «impegno» non motivano una strategia fondamentalmente diversa o nuova; sono l'espressione di un panorama di sicurezza divenuto poco chiaro, nel quale, per una navigazione che conduca alla meta, è necessario qualcosa di più del solo concetto di cooperazione.

La Svizzera stabilisce di volta in volta, alla luce di situazioni e problemi concreti, in che misura vuole impegnarsi o trattenersi e dove vuole ponderare tra autonomia e cooperazione. Non esiste una soluzione universale per ogni caso.

3.2.1

Cooperazione

Per quanto riguarda la politica di sicurezza, la cooperazione è una necessità all'interno del Paese così come nei rapporti con altri Stati e con organizzazioni internazionali. Numerosi problemi possono essere affrontati con prospettive di successo unicamente tramite il raggruppamento delle risorse dei Cantoni, della Confederazione o di altri Stati oppure mediante la ripartizione del lavoro (ad es. ampie sfide come la stabilizzazione dei Balcani occidentali o compiti concreti come la sicurezza durante l'annuale World Economic Forum di Davos). La cooperazione è tuttavia anche un concetto ampio che può esprimere intensità molto diverse di una collaborazione: da semplici contatti e consultazioni, al coordinamento, alla partecipazione di caso in caso a progetti comuni fino a una ripartizione strutturata del lavoro a lungo termine.

La collaborazione in materia di politica di sicurezza all'interno del Paese è ormai da tempo una prassi consolidata e ampiamente riconosciuta. In uno Stato federale con competenze decentralizzate, una politica di sicurezza efficiente ed efficace può essere realizzata unicamente mediante la collaborazione. Questa viene già consigliata dall'articolo 57 capoverso 1 Cost.: «Nell'ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni provvedono alla sicurezza del Paese e alla protezione della popolazione.» e capoverso 2: «Coordinano i loro sforzi nel settore della sicurezza interna.» L'intensità e la strutturazione concreta di questa collaborazione sono tuttavia cambiate negli ultimi 20 anni. La Rete integrata Svizzera per la sicurezza, come è stata strutturata negli ultimi cinque anni, corrisponde alle necessità e alle condizioni politiche: coordinamento e consultazione in uno spirito di coinvolgimen7050

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to, ma con responsabilità chiaramente definite. Nei prossimi anni si tratterà di approfondire questa collaborazione, di precisarne ulteriormente i processi e di verificarla con esercitazioni.

La collaborazione in materia di politica di sicurezza con altri Stati e organizzazioni internazionali prevede principalmente la lotta contro minacce transfrontaliere. Ciò è particolarmente importante quando coloro che minacciano la sicurezza della Svizzera sono mobili e possono quindi sottrarsi alla cattura fuggendo in altri Paesi, quando operano da grande distanza e pertanto non è possibile catturarli in Svizzera, come pure quando le dimensioni di un problema superano le possibilità di un singolo Stato, quando vengono pregiudicati gli interessi della Svizzera all'estero o quando l'adozione autonoma di misure comporterebbe costi insostenibili o risulterebbe inefficiente. Se la Svizzera fornisce contributi civili e militari utili alla sicurezza internazionale è in grado di posizionarsi come partner affidabile.

Nel contempo la cooperazione è un concetto molto ampio, i cui limiti sono rappresentati dagli estremi dell'isolamento in materia di politica di sicurezza da un lato e dell'integrazione, nel senso di un'adesione a un'alleanza, dall'altro. A sfavore dell'isolamento vi è in primo luogo il fatto che difficilmente sarebbe più possibile prevenire, respingere e gestire la maggior parte delle minacce e dei pericoli (p. es.

terrorismo, criminalità organizzata, perturbazioni dell'approvvigionamento). A sfavore di un'integrazione in un'alleanza vi sono invece la necessità di mantenere l'attuale identità in materia di sicurezza nonché dubbi in merito all'utilità dell'integrazione per la sicurezza della Svizzera. Tutto ciò che si situa tra l'isolamento e l'integrazione rientra nel concetto di cooperazione. Ne consegue che quest'ultima può essere sviluppata in modi molto diversi a seconda dell'oggetto, degli obiettivi, dei partner, del genere, della portata e del quadro politico o giuridico.

Il margine di manovra per quanto concerne la cooperazione in materia di politica di sicurezza viene definito sulla base di riflessioni concernenti i benefici, i costi e i rischi di progetti di cooperazione concreti. La neutralità pone dei limiti alla cooperazione. Essa ammette la cooperazione in materia di politica di sicurezza
e di difesa (ad es. acquisto d'armamenti dall'estero, cooperazione in materia d'istruzione e partecipazione a impieghi di promovimento della pace), ma esclude qualsiasi tipo di collaborazione connessa direttamente con obblighi di assistenza militare e scoraggia le collaborazioni e le ripartizioni del lavoro che si spingerebbero a tal punto da impedire all'Esercito svizzero di effettuare autonomamente, nel caso concreto, operazioni di difesa. Non bisogna dimenticare che la neutralità non è fine a se stessa, ma deve essere al servizio della sicurezza della Svizzera.

3.2.2

Autonomia

Per quanto riguarda praticamente tutti gli ambiti vitali (ad es. economia, mercato finanziario e del lavoro, protezione dell'ambiente, scienza, tecnologie, cultura, turismo) la Svizzera è collegata e interconnessa con strutture internazionali e in parte globali. Ciò fa sì che per mantenere il proprio stile di vita abituale la Svizzera e la sua popolazione dipendono da numerosi attori esteri. In questa realtà si aspira quindi all'indipendenza: l'indipendenza è e rimane un obiettivo. La completa indipendenza 7051

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rappresentata da un'autarchia è tuttavia un'opzione unicamente per quegli Stati e quei popoli disposti a rinunciare ai vantaggi degli scambi internazionali di persone, idee, capitali e beni; la Svizzera non ne fa parte. Il nostro Paese deve piuttosto cercare di evitare dipendenze unilaterali.

Nonostante tali limitazioni la Svizzera può e vuole essere autonoma nell'ambito della politica di sicurezza (così come in altri ambiti politici) per quanto riguarda il proprio posizionamento verso l'esterno e la strutturazione concreta dei suoi strumenti all'interno del Paese. La Svizzera vuole essere in grado di farsi un proprio quadro della situazione, di decidere autonomamente in merito ai propri affari e di stabilire liberamente se, dove, quando, come e con chi intende cooperare o impegnarsi.

Autonomia significa occuparsi direttamente (per quanto realisticamente possibile) della propria sicurezza e fare affidamento (tanto quanto basta) sugli altri laddove ciò risulti necessario per motivi di efficacia e opportuno per motivi di efficienza. Autonomia significa tuttavia anche disporre di capacità e mezzi propri e di svilupparli ulteriormente secondo gli standard attuali affinché possano essere affrontate le sfide in materia di politica di sicurezza; questa è anche la condizione per cooperare con altri attori ­ in una cooperazione, solo chi dispone di capacità e mezzi propri può profilarsi come un vero partner.

L'autonomia inizia con la disponibilità e la capacità di acquisire informazioni, analizzarle e valutarle. Ciò può portare in numerosi casi a conclusioni e valutazioni simili a quelle di altri Stati, ma anche laddove la Svizzera valuta qualcosa in maniera simile ad altri Stati è importante che ciò sia il risultato delle proprie analisi e valutazioni.

Autonomia significa anche che la Svizzera decide liberamente come, con quali mezzi e con quali partner intende affrontare le sfide e le minacce alla sua sicurezza.

Ciò non è incompatibile con la cooperazione e l'impegno, bensì è la premessa affinché questi ultimi siano affrontati in modo consapevole e quindi fondati su basi solide. L'autonomia diminuisce il rischio di rimanere coinvolti in sviluppi o impieghi internazionali senza una ponderazione approfondita; vi è tuttavia il pericolo di ignorare le tendenze attuali e di essere considerati da altri
Stati come degli opportunisti.

L'autonomia non concerne unicamente aspetti internazionali della politica di sicurezza; essa è di fondamentale importanza anche per quanto riguarda questioni interne alla Svizzera poiché è l'espressione degli sforzi intrapresi per gestire, per quanto possibile autonomamente, i propri affari. Su questo principio si basa anche la sussidiarietà tipica della politica di sicurezza della Svizzera: i compiti vengono svolti, per quanto possibile, dal livello statale più basso e il livello superiore fornisce appoggio o interviene unicamente quando il livello inferiore non è più in grado di far fronte da solo ai suoi compiti per mancanza di personale, materiale o tempo.

3.2.3

Impegno

Per quanto riguarda l'impegno si tratta di rafforzare direttamente o indirettamente la sicurezza della Svizzera con contributi mirati. L'impegno in materia di politica di sicurezza è presente all'interno del Paese tra Comuni e Cantoni, ma anche tra Con7052

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federazione e Cantoni. Ciò poggia in parte su tradizioni esistenti da tempo. Consta di contributi che vanno oltre quanto prescritto da leggi o in un contratto. Siffatto impegno si riscontra ad esempio nella protezione della popolazione, dove nel caso di catastrofi e situazioni d'emergenza ogni volta viene fornito rapidamente e senza complicazioni sostegno solidale al di là dei confini comunali e cantonali.

Anche l'impegno in materia di politica di sicurezza oltre i confini non è una novità.

Già prima della fine della Guerra fredda vi era una «componente allargata» della politica di sicurezza: quando le minacce in materia di politica di sicurezza si situano sempre di più al di fuori del Paese e buona parte di esse non possono essere respinte alla frontiera, è opportuno impegnarsi a contrastarle al di là dei confini nazionali.

Ciò può avvenire in diversi modi, ad esempio mediante la cooperazione allo sviluppo, i buoni uffici (mediazioni o mandati di rappresentanza degli interessi di altri Stati, come quelli degli Stati Uniti in Iran o della Federazione Russa in Georgia e viceversa) o il promovimento della pace con mezzi civili e militari e partenariati di migrazione.

L'impegno in materia di politica di sicurezza all'estero può essere gestito in modo flessibile per quanto concerne il luogo, il tempo, i mezzi e i partner. La Svizzera può ad esempio rinunciare a determinate attività in un Paese o trattenersi se lo ritiene più opportuno a causa della neutralità o di impegni in corso (ad es. mandati di protezione diplomatici). Può altresì rinunciare a un impegno se esiste un rischio elevato che con un intervento concreto aumenterebbe la probabilità di attacchi in Svizzera o nei confronti di obiettivi svizzeri all'estero. Tale gestione flessibile dell'impegno può tuttavia comportare anche svantaggi, ad esempio per quanto riguarda la percezione della Svizzera come attore affidabile.

La presidenza OSCE nel 2014 è stata l'occasione per un forte impegno della Svizzera a favore della pace e della sicurezza. Un seggio della Svizzera nel Consiglio di sicurezza dell'ONU potrebbe valorizzare in misura ancora maggiore tale impegno.

Il promovimento militare della pace è uno strumento importante dell'impegno in materia di politica di sicurezza della Svizzera54. Già più di 60 anni fa il nostro Paese si è impegnato
in tal senso nel quadro di sforzi internazionali di pace. Insieme ad altri tre Stati ha partecipato, inizialmente con oltre 90 militari, alla Commissione di supervisione delle nazioni neutrali sull'armistizio in Corea. La partecipazione a questa commissione di supervisione è tuttora in corso e negli ultimi decenni si sono aggiunti ulteriori impieghi55.

54

55

Il promovimento militare della pace viene menzionato in modo particolare poiché rappresenta un buon esempio dell'impegno della Svizzera in materia di politica della sicurezza e non può essere associato a un'unica minaccia. Il n. 3.3 illustra come i singoli strumenti della politica di sicurezza contribuiscono a prevenire e contrastare minacce e pericoli. In tale capitolo il promovimento militare della pace viene menzionato solo in modo marginale poiché per l'appunto non è specifico a una sola minaccia, ma contribuisce alla prevenzione di diverse minacce.

Gli impieghi dell'esercito per il promovimento della pace necessitano di un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU o dell'OSCE. La partecipazione a un impiego è volontaria e la partecipazione a combattimenti per l'imposizione della pace è esclusa. Se un impiego armato coinvolge più di 100 militari o dura più di tre settimane è necessaria l'approvazione dell'Assemblea federale.

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Il promovimento militare della pace ha l'obiettivo di creare un contesto sicuro: intende impedire i combattimenti o bloccarne la continuazione. Cerca anche di proteggere la popolazione e di eliminare gli effetti collaterali dei conflitti (ad. es. le mine e gli ordigni inesplosi, il commercio illegale di armi di piccolo calibro e di munizioni).

In questo modo si intendono creare le condizioni affinché i processi di pace politici diano i frutti sperati e gli attori civili del promovimento della pace possano svolgere il proprio lavoro. Il promovimento militare della pace contribuisce così alla prevenzione o alla riduzione di diverse minacce: la creazione di un contesto sicuro può comportare che la popolazione indigena si senta meno costretta a lasciare il proprio territorio; ciò mitigherebbe la problematica della migrazione e i relativi problemi come, ad esempio, la criminalità. Mediante la stabilizzazione e la risoluzione di conflitti violenti, il promovimento militare della pace contribuisce a contrastare o a impedire l'insorgenza, il radicamento e la propagazione del terrorismo. Con la stabilizzazione delle regioni di crisi e la protezione delle vie di comunicazione è inoltre in grado di contribuire anche alla prevenzione o alla riduzione delle perturbazioni dell'approvvigionamento. Infine, tramite il contenimento dei conflitti armati può anche contribuire a ridurre il rischio che questi ultimi si aggravino e interessino la Svizzera. È evidente che, da solo, il promovimento militare della pace da parte della Svizzera non consente di ottenere molti risultati. Gli sforzi congiunti di numerosi Paesi permettono invece di essere molto efficaci; per far sì che ciò accada è tuttavia necessaria anche la collaborazione della Svizzera.

Vi sono diverse tendenze che interessano il promovimento militare della pace. Il numero di parti coinvolte in un conflitto è aumentato; spesso non vi sono più parti in conflitto organizzate, ma unicamente piccoli gruppi armati. Il limite tra criminalità e terrorismo è confuso. I rischi per le truppe di pace sono aumentati. Di norma ormai devono essere armate per proteggere se stesse e poter adempiere il proprio compito56. La sicurezza, e di conseguenza la questione dell'armamento, acquistano quindi maggiore importanza per valutare se un determinato impiego può essere
considerato dalla Svizzera o meno. Ciò non concerne gli osservatori militari dell'ONU e dell'OSCE, che per definizione non sono armati.

Se da un lato il fabbisogno di unità di fanteria è ampiamente coperto, dall'altro vi è un'elevata necessità a livello internazionale di contributi di valore elevato come, ad esempio, capacità in materia di trasporto aereo, droni da ricognizione, mezzi di condotta e capacità nel campo dell'intelligence. Sono inoltre richieste prestazioni nell'ambito della logistica, dei trasporti, della sanità e del genio nonché contributi particolari come capacità nell'ambito dello sminamento e dell'eliminazione di ordigni inesplosi. A ciò si aggiungono l'appoggio nel quadro della riforma del settore della sicurezza e nel quadro di programmi per il disarmo nonché il rafforzamento delle capacità delle forze regionali di promovimento della pace. Anche il sostegno nel quadro dell'immagazzinamento sicuro e della distruzione di armi e munizioni continua a essere richiesto, addirittura in maniera ancora maggiore.

L'esercito svizzero dispone di punti di forza nel quadro del promovimento militare della pace: la neutralità favorisce la sua accettazione nelle regioni di crisi e di conflitto, il sistema di milizia facilita i contatti con la popolazione civile e le conoscenze 56

Vedi anche n. 2.3.5

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del francese sono particolarmente richieste. Il Consiglio federale mira anche in futuro a un aumento qualitativo e quantitativo del promovimento militare della pace, ponendo l'accento sull'impiego di mezzi di elevato valore. Intende inoltre poter continuare a impiegare contemporaneamente fino a 500 militari. Sono determinanti le esigenze concrete delle singole missioni di pace e le capacità dell'esercito. Gli sforzi si concentrano sulle prestazioni nell'ambito della logistica e dei trasporti nonché su piccoli distaccamenti e prestazioni di nicchia quali il servizio informazioni, la consulenza sulla sicurezza, il genio, lo sminamento. l'appoggio per quanto concerne l'immagazzinamento sicuro e la distruzione di scorte di armi e di munizioni, il sostegno alla riforma del settore della sicurezza e a programmi di disarmo nonché lo sviluppo di capacità regionali per il promovimento della pace. La maggior parte delle prestazioni dell'esercito può continuare a essere svolta da personale di milizia; per quanto riguarda le prestazioni di trasporto aereo, ad esempio, bisogna invece impiegare il personale professionista civile e militare delle Forze aeree.

L'attuale struttura dell'esercito permette impieghi dell'entità di un contingente nella nostra zona climatica e in quelle limitrofe, mentre l'invio di piccoli distaccamenti e di esperti è possibile a livello globale.

3.2.4

Relazione con le minacce e i pericoli

Un'azione efficace contro le minacce e i pericoli richiede di regola una combinazione di autonomia, cooperazione e impegno. A seconda della minaccia o del pericolo possono tuttavia essere definite priorità diverse.

Acquisizione illegale e manipolazione di informazioni La cooperazione svolge un ruolo importante nella lotta contro l'acquisizione illegale e la manipolazione di informazioni: in Svizzera, ad esempio, mediante l'esercizio della Centrale d'annuncio e d'analisi per la sicurezza dell'informazione e la partecipazione alle sue attività nonché mediante la creazione di un gruppo di esperti; all'estero mediante lo scambio di informazioni con altri Stati (anche per la difesa dallo spionaggio) nonché lo scambio nell'ambito delle conoscenze specialistiche e della formazione. Nell'ambito della ricerca e della formazione cibernetiche vi è una stretta collaborazione tra il settore civile (servizio informazioni, perseguimento penale, politica estera) e l'esercito. A livello internazionale la Svizzera si impegna a rafforzare la collaborazione nella lotta contro la criminalità in Internet (ad es. Convenzione del Consiglio d'Europa sulla cibercriminalità) e a ridurre il rischio di attacchi informatici, appoggiando gli sforzi volti ad aumentare la stabilità e la sicurezza del cyberspazio (ad es. mediante misure cooperative e destinate a rafforzare la fiducia). Soprattutto nell'ambito del servizio informazioni e del perseguimento penale è indispensabile la cooperazione con partner esteri (ad es. European Cybercrime Center, Interpol) per chiarire e perseguire crimini commessi tramite Internet.

L'autonomia è necessaria in questo ambito poiché è emerso che nelle proprie attività di spionaggio informatico alcuni Stati perseguono interessi propri e la fiducia in altri Stati è possibile solo in misura limitata. È stato altresì chiaramente dimostrato che spesso le attività di spionaggio informatico non sono isolate, ma avvengono in 7055

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combinazione con altri metodi di spionaggio. In tal senso l'autonomia riguarda le capacità di controspionaggio nonché la protezione dei propri sistemi (cyberdifesa) e lo sviluppo di competenze offensive nel settore «cyber». All'interno del Paese l'autoresponsabilità è un'importante linea guida della Strategia nazionale per la protezione della Svizzera contro i cyber-rischi. Tutte le organizzazioni e le imprese devono conoscere i cyber-rischi e in linea di principio sono direttamente responsabili delle proprie misure di protezione. Lo Stato fornisce appoggio sussidiario.

La Svizzera si impegna a livello internazionale per accelerare la definizione di norme di comportamento nel cyberspazio. Sono parte integrante di questo approccio le misure per rafforzare la fiducia e promuovere una concezione condivisa dalla comunità internazionale per quanto concerne l'impiego a livello statale del cyberspazio e i relativi limiti.

Terrorismo ed estremismo violento Il terrorismo e l'estremismo violento sono spesso minacce transfrontaliere. La difesa richiede quindi in particolare anche la cooperazione sotto forma di un efficiente scambio internazionale di informazioni sulle minacce, una collaborazione a livello di intelligence, di polizia e di assistenza giudiziaria per quanto riguarda l'individuazione di piani terroristici e il perseguimento di terroristi nonché, ad esempio, lo scambio di dati sulla situazione aerea per individuare precocemente velivoli con un comportamento insolito. Nel quadro della collaborazione nella lotta contro il terrorismo a livello internazionale la Svizzera partecipa all'elaborazione e all'ulteriore sviluppo delle norme internazionali per la lotta contro il terrorismo e applica sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Quale membro dell'ONU, del Global Counterterrorism Forum, del Consiglio d'Europa e dell'OSCE, la Svizzera si impegna a favore un'architettura efficiente della lotta internazionale al terrorismo, che tenga conto di un ampio concetto di sicurezza.

L'autonomia della Svizzera è data dalla disponibilità di mezzi propri con i quali è possibile gestire l'intera gamma di minacce terroristiche ai diversi livelli di gravità.

Autonomia significa anche che in Svizzera si impedisce la creazione di un terreno fertile per il terrorismo e l'estremismo violento; ciò richiede altresì
una stretta collaborazione all'interno del Paese. Gli sforzi che la Svizzera intraprende per impedire che venga sfruttata per la pianificazione, la preparazione e il finanziamento di atti terroristici contribuiscono alla lotta globale contro il terrorismo. Autonomia significa anche che la Svizzera adotta unicamente le liste di sanzioni antiterrorismo dell'ONU, ma non le liste nazionali di altri Stati che includono organizzazioni terroristiche designate o proibite. La Svizzera mostra difatti un certo riserbo in particolare per quanto riguarda il divieto di organizzazioni e sinora ha vietato unicamente i gruppi «Al-Qaïda» e «Stato islamico» nonché le organizzazioni a loro associate. Nel quadro del suo impegno in campo umanitario e nell'ambito della politica di pace, in particolare a favore della protezione della popolazione civile, la Svizzera è quindi anche più disposta a cercare il dialogo con tutti gli attori rilevanti di un conflitto, inclusi gruppi non governativi, armati e potenzialmente violenti, della maggior parte degli altri Paesi.

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La Svizzera si impegna affinché il suo territorio non venga sfruttato né per il finanziamento né per l'appoggio logistico e la pianificazione di attività terroristiche nel Paese o all'estero. Impedendo i viaggi con finalità terroristiche, gli sforzi svizzeri mirano inoltre a evitare che il terrorismo venga esportato dal suo territorio. La Svizzera lotta globalmente contro il terrorismo e utilizza tutti i mezzi conformi agli standard internazionali secondo il principio di proporzionalità. Inoltre si impegna affinché nel quadro della lotta al terrorismo vengano rispettati in tutto il mondo i diritti dell'uomo e ­ nel caso di conflitti armati ­ il diritto internazionale umanitario.

Si prodiga inoltre affinché vengano affrontate a livello globale le cause e i fenomeni del terrorismo e dell'estremismo violento e mediante la cooperazione allo sviluppo, il rafforzamento delle capacità e il promovimento della pace ­ in particolare in Stati fragili ­ fornisce un contributo duraturo a tal fine. La Svizzera non teme inoltre di evidenziare dove vi potrebbero essere conflitti d'interesse e come potrebbero essere risolti. Ciò riguarda in particolare l'impegno umanitario e il dialogo con gruppi armati che, nell'ambito di attività umanitarie e del promovimento della pace, è necessario coinvolgere in alcuni casi per trovare soluzioni sostenibili.

Attacco armato Se la Svizzera dovesse comunque essere oggetto di un attacco armato e la neutralità venisse quindi a cadere, in linea di principio l'esercito deve poter disporre di entrambe le opzioni: la difesa autonoma e la collaborazione con altri Stati, la quale presuppone l'interoperabilità. Anche in questo ambito politicamente sensibile si evidenzia così l'interazione tra autonomia e cooperazione: l'esercito deve essere in grado di concretizzare entrambe57. La cooperazione è importante anche all'interno del Paese: quando si tratta di respingere o gestire un attacco armato vengono impiegati, in modo coordinato, praticamente tutti gli strumenti della politica di sicurezza.

L'autonomia svolge un ruolo importante nella maggior parte delle misure volte a favorire la sicurezza militare. Ciò risulta principalmente dalle ripercussioni legali e politiche della neutralità nonché dal fatto di non essere membri né della NATO né dell'Unione Europea. La Svizzera intende disporre
delle capacità necessarie per difendersi autonomamente da un attacco armato.

Anche a livello internazionale si stanno compiendo ampi sforzi per diminuire la probabilità e le conseguenze di un attacco armato: promovimento militare e civile della pace, controllo degli armamenti e disarmo, misure per il rafforzamento della fiducia o iniziative per la messa al bando di determinati mezzi d'impiego (ad es.

munizioni a grappolo, mine antiuomo).

Criminalità La necessità di cooperazione nella lotta contro la criminalità è dovuta al fatto che le risorse delle autorità di polizia svizzere sono predisposte per la gestione di situazioni normali. In situazioni particolari o straordinarie, i concordati di polizia e l'accordo 57

La cooperazione può anche favorire l'incremento dell'autonomia. Ciò avviene quando tramite la cooperazione (ad es. nell'istruzione) vengono sviluppate capacità che non sarebbero altrimenti concretizzabili, ma che sono importanti per una difesa autonoma.

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sugli interventi intercantonali di polizia (IKAPOL) rappresentano una forma di collaborazione ben collaudata tra i Cantoni, i quali in caso di necessità sono tenuti a 58 sostenersi reciprocamente . Organi intercantonali come la Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (CDDGP) e la Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali della Svizzera (CCPCS) provvedono a un rapido processo decisionale a livello politico e operativo. Nel caso in cui gli sforzi congiunti dei Cantoni non dovessero bastare, la Confederazione fornisce appoggio in modo sussidiario. Anche tra la Confederazione e i Cantoni si è instaurata una stretta cooperazione. L'esigenza di cooperazione nell'ambito del perseguimento penale è dovuta al fatto che spesso i reati legati alla criminalità organizzata, al finanziamento del terrorismo e alla criminalità economica vengono perpetrati al di là delle frontiere cantonali e nazionali. In questi casi a fedpol e al Ministero pubblico della Confederazione vengono accordate competenze in materia d'indagini e di perseguimento penale. Fedpol è competente per la cooperazione e l'appoggio di polizia a livello nazionale nonché per la cooperazione internazionale con autorità di polizia estere. Nell'ambito della lotta contro la criminalità, negli ultimi anni la Svizzera ha concluso accordi di polizia con Stati particolarmente rilevanti sotto il profilo dello sviluppo della criminalità e ha aderito a Schengen.

In Svizzera la tutela della tranquillità e dell'ordine all'interno del Paese e la lotta alla criminalità sono in primo luogo compito dei Cantoni. La Confederazione è competente unicamente per forme di criminalità complesse e transfrontaliere. Alcuni Cantoni hanno delegato una parte di queste competenze alle Città e ai Comuni o all'Amministrazione federale delle dogane e quindi al Corpo delle guardie di confine. Ciò mostra l'autonomia tipica della sussidiarietà. In linea di principio le competenti autorità di polizia e di perseguimento penale dei Cantoni svolgono questi compiti in modo globale e definitivo.

Nel quadro del promovimento della pace e dei diritti umani la Svizzera si impegna anche a favore della creazione di strutture statali e quindi a favore della lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione in contesti fragili. Ad
esempio, esperti di polizia e guardie di confine svizzere vengono impiegati in missioni di pace internazionali (ONU, OSCE e UE) che collaborano alla creazione di istituzioni conformi allo Stato di diritto. In senso lato anche l'impegno civile e militare all'estero favorisce la lotta contro la criminalità in Svizzera, se contribuisce a dare delle prospettive alle persone in loco.

Perturbazioni dell'approvvigionamento Da tempo la Svizzera ha adottato, in uno spirito di autonomia, i provvedimenti necessari per gestire le perturbazioni dell'approvvigionamento. Mezzi tradizionali a tal fine sono, tra l'altro, le scorte e l'elaborazione di provvedimenti regolatori della domanda. Nell'ultimo ventennio questo approccio piuttosto statico è tuttavia stato ridimensionato a favore della cooperazione economica e delle regolamentazioni 58

In caso di necessità i corpi di polizia cantonali possono essere appoggiati anche da funzionari di polizia di altri Stati. Gli accordi di polizia con Germania, Austria/Liechtenstein e Francia prevedono esplicitamente che, sotto la direzione del relativo corpo di polizia svizzero, funzionari di questi Stati possano assumere competenze ufficiali.

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internazionali. Tale concezione si adatta meglio alle catene logistiche moderne, in particolare perché vincola nettamente meno risorse nelle aziende e permette ai partner interessati di reagire in modo flessibile alle perturbazioni dell'approvvigionamento.

Catastrofi e situazioni d'emergenza Un esempio della cooperazione è il sistema integrato di protezione della popolazione (polizia, pompieri, sanità pubblica, servizi tecnici, protezione civile), il quale viene impiegato in modo coordinato da organi di condotta comuni. Lo Stato maggiore federale NBCN ha un ruolo fondamentale nel coordinamento dei diversi strumenti e mezzi a livello nazionale. Il ricorso alla cooperazione internazionale avviene soprattutto nel caso di operazioni di soccorso all'estero con mezzi civili e militari o se, a causa di un evento estremo, la Svizzera dovesse dipendere dall'aiuto estero. A ciò si aggiunge anche l'aiuto reciproco, per il quale la Svizzera ha concluso accordi con gli Stati limitrofi che regolano l'aiuto transfrontaliero in caso di grandi catastrofi e situazioni d'emergenza. La cooperazione tra i Cantoni è assicurata secondo varie modalità e va da convenzioni sulle prestazioni intercantonali alle piattaforme, che si riuniscono regolarmente, degli attori responsabili nel sistema integrato di protezione della popolazione, passando per lo svolgimento di esercitazioni intercantonali.

Fondamentalmente la Svizzera è caratterizzata da un approccio «bottom-up» che rispecchia la sussidiarietà e promuove l'autonomia al livello più basso possibile. Ciò vale tanto per i privati, i Comuni, le Regioni, i Cantoni e la Confederazione quanto per la polizia e i servizi tecnici.

La cooperazione e l'impegno si manifestano ad esempio nella politica climatica e nella prevenzione e nella lotta alle pandemie.

3.3

Mezzi: gli strumenti della politica di sicurezza e i loro contributi alla prevenzione, alla difesa e alla gestione delle minacce e dei pericoli

Gli strumenti della politica di sicurezza della Svizzera comprendono: ­

la politica estera,

­

l'esercito,

­

la protezione della popolazione,

­

il Servizio delle attività informative,

­

la polizia,

­

la politica economica,

­

l'amministrazione delle dogane,

­

il servizio civile.

Gli strumenti della politica di sicurezza comprendono pertanto sia elementi operativi (esercito, protezione della popolazione, Servizio delle attività informative, polizia, 7059

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amministrazione delle dogane e servizio civile) sia settori politici (politica estera e politica economica). L'esercito, la protezione della popolazione, il Servizio delle attività informative e la polizia si occupano quasi unicamente della sicurezza della Svizzera, della sua popolazione e delle sue infrastrutture. Per la politica estera, la politica economica, l'amministrazione delle dogane e il servizio civile la sicurezza è, per contro, soltanto uno dei molti campi di attività. Agli strumenti elencati vanno ad aggiungersi ulteriori organi che, pur contribuendo alla sicurezza del Paese, non sono annoverati tra gli strumenti della politica di sicurezza, ad esempio l'Organo direzione informatica della Confederazione e l'Ufficio federale dell'informatica e della telecomunicazione, determinanti per il settore «cyber» e la sua sicurezza, oppure la polizia dei trasporti, che viene impiegata per la sicurezza e l'ordine nei trasporti pubblici. Nel novero degli strumenti della politica di sicurezza del Paese non figurano, inoltre, le società di sicurezza private, nonostante il ruolo sempre maggiore che rivestono in questo ambito.

Nell'impiego degli strumenti della politica di sicurezza si possono distinguere tre fasi: prevenzione, difesa e gestione.

­

Prevenzione significa innanzitutto anticipazione: le minacce e i pericoli devono essere riconosciuti precocemente, gli strumenti della politica di sicurezza essere impostati su di loro e la condotta della politica di sicurezza va regolata o adeguata. Viene poi la prontezza: gli strumenti della politica di sicurezza devono essere moderni e interamente equipaggiati, ben addestrati e impiegabili rapidamente. Gli strumenti e la condotta della politica di sicurezza vengono verificati tramite esercitazioni. Della prontezza fa parte anche l'incremento mirato della capacità di resistenza e della capacità di rigenerazione (resilienza). Un ulteriore elemento della prevenzione è l'impiego di strumenti della politica di sicurezza per ridurre la probabilità che si verifichino minacce e pericoli, ad esempio in Svizzera mediante una presenza della polizia aumentata in funzione della situazione o a livello internazionale mediante il promovimento civile e militare della pace.

­

In caso di minaccia, si tratta innanzitutto di difendersi. Si tratta di una protezione passiva: strumenti della politica di sicurezza vengono impiegati per tenere lontano o limitare i danni. Ne fanno parte la sorveglianza e la custodia di infrastrutture critiche e altri immobili e locali, ma anche l'occupazione di rifugi. Se le minacce diventano concrete o addirittura si verificano, si tratta di interventi attivi: questi consistono nell'impiegare strumenti della politica di sicurezza contro i responsabili di una minaccia, al fine di limitarne o di eliminarne la capacità di causare ulteriori danni. Esempi in tal senso sono gli interventi della polizia contro i terroristi o un intervento di difesa dell'esercito per respingere un attacco armato.

­

La gestione di una minaccia o di un pericolo consiste nell'impiego degli strumenti della politica di sicurezza per assicurare innanzitutto che non si verifichi un ulteriore danno e in seguito eliminare i danni subiti e ripristinare lo stato normale.

Gli strumenti della politica di sicurezza ­ compresi i compiti, le prestazioni, le strutture e i piani di sviluppo rispettivi ­ sono stati descritti singolarmente nei precedenti 7060

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rapporti sulla politica di sicurezza. Nel presente rapporto si opta per una descrizione diversa; sulla scorta delle singole minacce e dei singoli pericoli si illustra come ognuno degli strumenti di politica di sicurezza contribuisca a prevenirli, a respingerli e a gestirli59. L'ordine in cui sono menzionati gli strumenti nei vari capitoli corrisponde all'importanza del rispettivo contributo alla lotta contro la minaccia o il pericolo trattati. Tale articolazione presenta il vantaggio di illustrare le interconnessioni dirette tra minacce e strumenti e di fornire una descrizione concreta dei singoli compiti.

3.3.1

Acquisizione illegale e manipolazione di informazioni

Prevenzione Per tener conto della crescente minaccia rappresentata dai rischi informatici, il Consiglio federale ha licenziato nel 2012 la Strategia nazionale per la protezione della Svizzera contro i rischi informatici, ora in fase di concretizzazione. La Strategia ha portato a un maggiore interesse per la tematica della sicurezza informatica e a una migliore interconnessione degli attori determinanti del settore, a un miglioramento della collaborazione a livello nazionale e internazionale e a un'intensificazione dello scambio di informazioni tra politica, economia e esercito. La capacità di resistenza nei confronti di cyberattacchi è stata incrementata, tra l'altro, mediante il potenziamento delle capacità e l'ottimizzazione dei processi. La strategia nazionale sottolinea il principio dell'autoresponsabilità nella protezione delle infrastrutture di informazione e di comunicazione dai cyberattacchi; in ragione degli sviluppi in ambito cibernetico a questo principio sono però anche posti limiti che andranno considerati al prossimo aggiornamento della strategia.

Con il sostegno dei Cantoni, il controspionaggio rientra nella sfera di competenza del Servizio delle attività informative della Confederazione, anche nel cyberspazio.

Il Servizio segue e si sforza di anticipare l'evoluzione dei metodi di spionaggio e di sabotaggio nel mondo reale e nel cyberspazio. Inoltre, acquisisce informazioni e allestisce previsioni sugli attori di rilievo e sui rispettivi moventi. Per ottenere una visione d'insieme delle attività e delle eventualità nel cyberspazio, ha luogo un'analisi costante degli incidenti cibernetici. Il caso Snowden, ad esempio, ha consentito di acquisire conoscenze supplementari sul modo di procedere di determinati Stati e servizi informazioni, conoscenze che hanno consentito di trarre insegnamenti per i propri provvedimenti di protezione. Nella prevenzione dei cyberattacchi svolge un ruolo di rilievo la Centrale d'annuncio e d'analisi per la sicurezza dell'informazione (MELANI), che allestisce analisi della situazione della minaccia nel cyberspazio e intrattiene un rapporto di stretta collaborazione con l'economia basato sullo scambio di informazioni e sulla sensibilizzazione ai rischi informatici 60. La sensibilizzazione 59

60

Per prevenzione si intendono tutte le misure e attività di politica di sicurezza precedenti un possibile evento; per risposta e gestione tutte le misure e attività concomitanti o successive a un evento.

MELANI comprende un settore operativo, integrato nel Servizio delle attività informative della Confederazione, e un settore strategico, integrato nell'Organo direzione informatica della Confederazione.

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delle aziende e degli istituti di ricerca e universitari ai rischi correlati allo spionaggio è realizzata nel quadro del programma Prophylax, gestito dal Servizio delle attività informative della Confederazione.

La politica estera è volta a promuovere regolamentazioni internazionali atte a migliorare la protezione del cyberspazio nonché a ostacolare o, perlomeno, a limitare i relativi abusi. Tale obiettivo è perseguito in primo luogo per mezzo di negoziati multilaterali (per es. ONU, OSCE, Consiglio d'Europa) nonché mediante la ricerca di rapporti di collaborazione con Stati e organizzazioni di orientamento affine. In seno all'OSCE la Svizzera ha per esempio contribuito all'adozione di misure di consolidamento della fiducia finalizzate a ridurre il rischio di equivoci o congetture errate nel cyberspazio. A livello di politica estera sono inoltre in atto sforzi volti a far sì che regolamentazioni di diritto internazionale vigenti siano applicate anche al cyberspazio e a promuovere la sicurezza e la stabilità nel cyberspazio mediante norme comportamentali a livello politico.

Nel quadro della concretizzazione della Strategia nazionale per la protezione delle infrastrutture critiche, licenziata dal Consiglio federale nel 2012, l'Ufficio federale della protezione della popolazione e l'Ufficio federale per l'approvvigionamento economico del Paese identificano i rischi da cyberminaccia ai quali sono esposte le infrastrutture critiche e si adoperano per migliorarne la resilienza. L'obiettivo è individuare le attività di manipolazione nei confronti dei sistemi delle infrastrutture critiche e di prevenire perturbazioni o interruzioni. I sistemi protetti per la diffusione di allarmi, la comunicazione e la rappresentazione della situazione, gestiti dall'Ufficio federale della protezione della popolazione, sono stati concepiti per far fronte anche a cyberattacchi.

L'esercito deve poter proteggere i propri sistemi di informazione e di comunicazione e respingere cyberattacchi in ogni momento, nella normale quotidianità e in caso di crisi. Impiega i pertinenti mezzi in modo da poter proteggere se stesso e adempiere il suo mandato. La politica d'armamento fa sì che l'esercito venga rifornito delle tecnologie rilevanti per la sicurezza da esso definite. Se necessario, i mezzi dell'esercito possono essere impiegati
anche a favore di autorità civili e di gestori di infrastrutture critiche. L'esercito, inoltre, partecipa allo scambio di informazioni e di esperienze con organi civili e militari che si occupano della difesa da cyber-rischi.

Difesa e gestione Le autorità di perseguimento penale in generale e la polizia intervengono nel momento in cui sono date le condizioni per il perseguimento penale di attività di spionaggio, comprese le attività di spionaggio e le manipolazioni illegali nel cyberspazio, ad esempio, dunque, nel momento in cui informazioni riguardo a un atto di spionaggio o a una manipolazione sono tali da costituire un sospetto concreto di reato, con la conseguente necessità di avviare un procedimento penale. A questo punto la capacità di identificare gli autori rappresenta un fattore importante: nel quadro di inchieste penali le autorità di perseguimento penale possono adottare a tal fine svariate misure. Il Servizio nazionale di coordinazione per la lotta contro la criminalità su Internet in seno a fedpol, istituito dalla Confederazione e dai Cantoni, svolge al riguardo un ruolo di rilievo fungendo da organo centrale di contatto per persone 7062

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che desiderano notificare contenuti Internet sospetti. Dopo una prima verifica e la salvaguardia dei dati, le notifiche sono inoltrate alle competenti autorità di perseguimento penale in Svizzera e all'estero. Fedpol esegue inoltre ricerche in Internet al fine di individuare contenuti penalmente rilevanti e allestisce analisi sulla criminalità in rete. Un altro elemento di rilievo per il perseguimento penale è rappresentato dallo scambio di informazioni con l'European Cyber Crime Centre in seno all'Europol e con l'Interpol Global Complex for Innovation di Singapore.

Il Servizio delle attività informative ha l'incarico di identificare soggetti dediti illegalmente ad attività di intelligence in Svizzera e di adottare le misure necessarie per contrastare tali attività. Anche nel cyberspazio l'obiettivo è identificare gli attacchi e individuarne l'origine, gli autori e gli obiettivi da questi perseguiti. Il Servizio interviene principalmente in caso di attacchi contro le autorità federali, ma anche, ad esempio, per appoggiare le attività di difesa e gestione in caso di attacchi diretti contro Cantoni o singole aziende che hanno richiesto un aiuto in tal senso. In funzione di una difesa e di una gestione efficaci nonché per le attività di ricerca in caso di cyberattacco possono essere adottate, oltre a misure di protezione passive, anche contromisure offensive a seconda della gravità del singolo evento. Va infine menzionato il ruolo dello Swiss Governmental Computer Emergency Response Team in seno a MELANI che, in caso di cyberattacchi o di spionaggio, fornisce un supporto tecnico nel quadro dell'analisi e dell'elaborazione degli eventi.

A livello di politica estera è possibile intervenire o esercitare pressioni diplomatiche presso Stati che presumibilmente esercitano lo spionaggio in Svizzera o dirigono cyberattacchi contro il Paese, presso Stati che tollerano la realizzazione di simili attività a partire dal proprio territorio nonché presso Stati il cui territorio o la cui infrastruttura IT sono illecitamente impiegati a tal fine. In caso di attacco, i canali bilaterali o multilaterali possono essere utilizzati anche per collaborare, scambiare informazioni e coordinare misure con altri Stati.

In caso di necessità, l'esercito può appoggiare le autorità civili con il know-how tecnico di cui deve
disporre per proteggere i propri sistemi e le proprie infrastrutture di informazione e comunicazione e per far fronte a un eventuale conflitto armato. Al pari di quanto avviene per gli impieghi di protezione e di sicurezza «materiali», anche un simile appoggio sarebbe prestato in via sussidiaria, vale a dire se l'autorità interessata, non essendo in grado di gestire da sola un evento cibernetico e le relative conseguenze, ha chiesto all'esercito di appoggiarla. Mediante i propri mezzi di aiuto alla condotta protetti e a prova di crisi, l'esercito può appoggiare le autorità civili al fine di assicurarne la capacità di condotta in caso di cyberattacco di notevole entità e con effetti di ampia portata; con svariate altre prestazioni può inoltre contribuire alla gestione delle conseguenze.

L'inventario delle infrastrutture critiche, gestito dall'Ufficio federale della protezione della popolazione, è una delle basi decisionali per la definizione delle priorità nel quadro della gestione di cyberattacchi diretti contro infrastrutture critiche. La protezione della popolazione fornisce anche prestazioni di supporto per il mantenimento della capacità di condotta, per la distribuzione di beni e per l'assistenza a persone bisognose di aiuto.

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3.3.2

Terrorismo ed estremismo violento

Prevenzione Nel settembre 2015, il Consiglio federale ha licenziato la Strategia della Svizzera per la lotta al terrorismo, fondata sulle linee guida seguenti: in Svizzera non sono eseguiti attentati terroristici e il territorio nazionale non è utilizzato per il finanziamento, il supporto logistico o la pianificazione di attività terroristiche in Svizzera o all'estero. La lotta al terrorismo è condotta nel quadro della Costituzione e del diritto internazionale, con particolare considerazione per i diritti fondamentali e i diritti dell'uomo. La Svizzera tutela l'equilibrio tra le necessità a livello di sicurezza e le esigenze in materia libertà e, in caso di dubbio, fa prevalere le seconde. A livello internazionale, la Svizzera è considerata un attore affidabile, avveduto e rispettoso del diritto internazionale. In funzione della lotta al terrorismo, la Svizzera è attiva nei quattro settori operativi della «prevenzione», della «protezione», della «repressione» e della «preparazione alle situazioni di crisi». Nella sua politica estera la Svizzera si impegna a favore della lotta al terrorismo e alle cause che ne sono all'origine. La lotta al terrorismo è un compito congiunto della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni. In seno all'Amministrazione federale, è un compito interdipartimentale, svolto in collaborazione con l'estero. Oltre a misure di polizia repressive sono in corso anche attività per prevenire la radicalizzazione di persone. Localmente, la prevenzione dell'estremismo violento comincia dalle strutture sociali, familiari ed educative, e coinvolge le comunità interessate. In Svizzera, i Cantoni e i Comuni, grazie al buon funzionamento delle loro strutture, svolgono un ruolo fondamentale in questo ambito.

La politica estera è volta a proscrivere e a contrastare il terrorismo e l'estremismo violento in maniera efficace e globale a livello internazionale. A tal fine sono determinanti le corrispondenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, le pertinenti convenzioni internazionali e la strategia dell'ONU per la lotta al terrorismo. In questo ambito è data un'importanza crescente alla prevenzione dell'estremismo violento, la quale costituisce un punto prioritario nella strategia svizzera. In seno ad organizzazioni internazionali quali l'ONU, il Forum globale dell'antiterrorismo,
il Consiglio d'Europa e l'OSCE, la Svizzera si impegna a favore di un approccio globale e integrativo nel quadro della prevenzione e della lotta contro il terrorismo.

Quale esempio di attività di prevenzione va menzionato l'appoggio fornito al Global Community Engagement and Resilience Fund, con sede a Ginevra. Tale istituzione concentra i suoi sforzi su misure che possono essere adottate a livello di società civile e in ambito economico, costituendo pertanto un'importante interfaccia tra la cooperazione allo sviluppo, la prevenzione dei conflitti e il promovimento della pace. Nella prevenzione del terrorismo svolge un ruolo di rilievo anche l'impegno a favore di regolamentazioni per quanto possibile vincolanti in materia di esportazione di armi, disarmo e non proliferazione di armi di distruzione di massa, atte a impedire che armi finiscano nelle mani sbagliate. La partecipazione a organi e discussioni internazionali in Svizzera e all'estero consente di acquisire e scambiare nel quadro della politica estera conoscenze ed esperienze possibilmente utili alla lotta al terrorismo a livello nazionale. A favore dei cittadini svizzeri all'estero, il DFAE ha adottato misure volte a consentire l'informazione sui rischi in materia di terrorismo. Il Dipartimento allestisce inoltre «consigli di viaggio» per quasi tutti i Paesi del globo.

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Le attività di sensibilizzazione della popolazione e dell'economia svizzere al rischio di rapimenti a opera di terroristi sono state rafforzate. Il DFAE ha adeguato le proprie strutture in vista di una gestione ottimale di rapimenti di cittadini svizzeri a opera di terroristi e di attentati terroristici con vittime svizzere. Per non incentivare attività terroristiche, la Svizzera continuerà ad attenersi al principio di non versare somme di riscatto. La promozione civile della pace e la cooperazione allo sviluppo contribuiscono a prevenire il terrorismo e l'estremismo violento mediante la stabilizzazione delle regioni di conflitto e lo sviluppo di strutture statali funzionanti. La prevenzione dell'estremismo violento è una priorità di politica estera. Il DFAE ha elaborato un piano d'azione di politica estera per combattere il terrorismo mediante prevenzione. Il piano è volto a sostenere gli Stati e le comunità interessate nell'impostare il contesto sociale in modo da evitare che le persone si lascino convincere dalla propaganda violenta, di matrice politica o ideologica, o reclutare da estremisti violenti. L'elaborazione delle cause del terrorismo e dell'estremismo richiede un impegno a lungo termine e duraturo.

Il Servizio delle attività informative ha il compito, da un lato, di osservare e analizzare gli sviluppi in materia di terrorismo e di estremismo violento in Svizzera e all'estero e, dall'altro, di identificare persone e organizzazioni sospette e potenzialmente pericolose, per individuare tempestivamente piani di attentati e sventarne la realizzazione. A tal fine, coopera strettamente con fedpol, le polizie cantonali e servizi partner all'estero. Inoltre, si adopera per individuare precocemente tentativi di proliferazione di armi di distruzione di massa. Sempre nel quadro delle attività di prevenzione, a partire dal 2011 è stato rafforzato il monitoraggio della presenza jihadista in Internet, volto a identificare precocemente soggetti in fase di radicalizzazione. Se rileva possibili reati connessi con attività terroristiche o di estremismo violento, il Servizio delle attività informative inoltra le relative informazioni alle autorità di perseguimento penale.

Anche nel settore della polizia sono adottate numerose misure volte a sventare reati di stampo terroristico e di estremismo
violento. Nella sfera di competenza delle autorità federali, tale gamma di misure comprende lo scambio di informazioni operative e la segnalazione di persone a livello nazionale e internazionale, segnatamente tramite Europol, Interpol, il Police Working Group on Terrorism europeo e il Sistema d'informazione Schengen. In presenza di sospetti concreti di attività terroristiche o di estremismo violento, fedpol esegue sulla base, tra l'altro, di indicazioni del Servizio delle attività informative, indagini e analisi operative, segnatamente anche in Internet, ad esempio riguardo ad attività di matrice jihadista. Compito di fedpol è identificare organizzazioni criminali (terroristiche) ai sensi dell'articolo 260ter CP. Nel quadro di indagini condotte dal Ministero pubblico della Confederazione, fedpol raccoglie prove a carico di soggetti che appoggiano tali organizzazioni, affinché non possano portare a termine preparativi di stampo terroristico e siano perseguiti penalmente. Nella legge federale del 12 dicembre 201461 che vieta i gruppi «Al-Qaïda» e «Stato islamico» nonché le organizzazioni associate, in vigore da inizio 2015, le relative fattispecie sono state completate e precisate e le competenze in materia di perseguimento penale sono state attribuite alle autorità federali.

Nei confronti di stranieri che pregiudicano la sicurezza interna o esterna del Paese, 61

RS 122

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fedpol ha inoltre la facoltà ­ tra l'altro, anche su richiesta del Servizio delle attività informative ­ di disporre l'espulsione e di vietare l'entrata in Svizzera. Può inoltre sequestrare o confiscare materiale di propaganda di stampo terroristico o ispirato all'estremismo violento. Per contrastare questo genere di propaganda in Internet, ha la facoltà di disporre la chiusura dei siti in questione se il materiale di propaganda si trova su un server svizzero; in caso contrario, può raccomandare ai provider svizzeri il blocco di pagine web estere. Infine, fedpol adotta misure di protezione delle autorità federali, di persone protette dal diritto internazionale nonché delle missioni diplomatiche permanenti, dei posti consolari e delle organizzazioni internazionali. In tutti gli ambiti menzionati ha luogo una stretta cooperazione e coordinazione tra fedpol, il Servizio delle attività informative, le polizie cantonali e altre autorità eventualmente interessate. Per adeguare il dispositivo di difesa in caso di particolare situazione di minaccia, tutti i servizi competenti a livello di Confederazione e di Cantoni sono raggruppati in una task force. La Task Force Tetra, istituita in seguito all'aumento dei viaggi con finalità jihadista verso la Siria e l'Iraq, ha elaborato, unitamente ai Cantoni, diverse misure, raccomandando di migliorare, tra l'altro, la sensibilizzazione e l'interconnessione delle autorità locali nei Cantoni e nei Comuni, allo scopo di consentire l'identificazione precoce di simpatizzanti del jihadismo di stampo terroristico e l'interruzione dei singoli processi di radicalizzazione.

Sorvegliando il traffico transfrontaliero delle merci e delle persone, l'amministrazione delle dogane contribuisce all'individuazione precoce di attività terroristiche o connesse con l'estremismo violento. Raccoglie informazioni su persone sospette e beni potenzialmente pericolosi (per es. beni a duplice impiego e materiale bellico), che elabora in schede informative o profili dei rischi oppure immette in apposite banche dati. Particolare attenzione è data all'individuazione tempestiva di false identità e di documenti di legittimazione falsificati.

Per mezzo del controllo delle esportazioni (per es. materiale bellico e beni a duplice impiego che possono essere utilizzati anche per la produzione di armi
di distruzione di massa), la politica economica è in grado di ridurre le probabilità che materiale esportato cada in mani sbagliate e sia utilizzato per scopi terroristici. Considerazioni analoghe si applicano alle sanzioni, che pure possono contribuire a impedire che valori patrimoniali e beni sensibili siano alla portata di attori suscettibili di perseguire o appoggiare attività terroristiche.

L'esercito può appoggiare la polizia mediante misure di sorveglianza e sicurezza a favore di infrastrutture critiche e grandi manifestazioni. A tal fine è opportuno impiegare l'esercito per eventi pianificabili, allo scopo di gestire temporanei sovraccarichi di lavoro e possibilmente per breve tempo, affinché l'impiego delle truppe non venga a trovarsi in concorrenza con mezzi civili 62. In caso di minaccia terroristica ingente o durevole, l'esercito è a disposizione per compiti di protezione e di sicurezza e per rafforzare il servizio di polizia aerea. Il Consiglio federale può limitare o vietare temporaneamente o in permanenza l'utilizzazione dell'intero spazio aereo svizzero oppure il sorvolo di determinate zone. Lo spazio aereo sottoposto a 62

Gli impieghi di sicurezza in appoggio alle autorità civili hanno un notevole influsso sull'ulteriore sviluppo dell'esercito, in particolare a livello di istruzione e equipaggiamento. L'esercito conserva le capacità per il combattimento armato; nel contempo rafforza le capacità per impieghi proporzionati con mezzi non letali in un contesto civile.

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limitazione è sorvegliato con aviogetti da combattimento. Opere o settori particolarmente minacciati possono essere inoltre protetti mediante la difesa terra-aria, per mezzo della quale possono essere combattuti aeromobili in fase di attacco che non è possibile dissuadere dal loro intento con altre misure. In occasione di crisi all'estero può essere impiegato, per la protezione di rappresentanze diplomatiche svizzere, personale militare di professione specializzato, segnatamente membri della polizia militare o militari del comando forze speciali. In simili circostanze possono risultare necessarie operazioni di salvataggio e di rimpatrio di cittadini svizzeri; simili impieghi hanno di regola luogo in collaborazione con forze armate straniere. Mediante il promovimento militare della pace, l'esercito contribuisce a stabilizzare le regioni di conflitto e a impedire che in queste aree si sviluppino e attecchiscano attività terroristiche.

Difesa e gestione Nel quadro di eventi terroristici o ispirati all'estremismo violento la responsabilità dell'impiego incombe alla polizia, che ha il compito precipuo di procedere immediatamente a un'analisi della situazione e di adottare tutte le misure di protezione atte ad arginare il pericolo di ulteriori attentati o eventi. La polizia coordina le misure necessarie con i partner del settore della sicurezza. Se necessario, nel quadro della Convenzione relativa agli interventi intercantonali di polizia (convenzione IKAPOL) la polizia locale competente richiede l'appoggio di altri corpi di polizia, dello Stato maggiore di condotta nazionale della polizia gestito dalla CCPCS oppure, in caso di minaccia durevole e di ampia portata, richiede un appoggio sussidiario da parte dell'esercito. Inoltre, ha il compito di indagare riguardo alla dinamica dei fatti e agli autori e di emanare un eventuale mandato di ricerca. Nel contempo il pubblico ministero competente avvia un'inchiesta penale nel cui ambito la polizia, in quanto polizia giudiziaria, sottostà alla sua vigilanza e alle sue direttive. Il finanziamento del terrorismo, l'appartenenza o il sostegno a un'organizzazione criminale (terroristica) oppure la partecipazione e l'appoggio a crimini perpetrati da una simile organizzazione giustificano la competenza della Confederazione. In caso di indizi o di sospetti concreti
riguardo a simili reati, l'avvio di indagini e l'apertura di un'inchiesta penale competono rispettivamente a fedpol e al Ministero pubblico della Confederazione.

In caso di attentato terroristico con conseguenze non gestibili dalle sole autorità civili, l'esercito può essere impiegato per compiti di protezione e di sicurezza in vista di ulteriori tentativi di attentato nonché per impieghi sussidiari di aiuto e salvataggio. A tal fine dispone di mezzi adeguati (mezzi di trasporto aereo e di ricognizione aerea, veicoli protetti) e il suo effettivo consente di svolgere impieghi di grandi dimensioni su tempi lunghi. L'aiuto che può essere prestato dall'esercito per la gestione delle conseguenze di un grave attentato terroristico è fondamentalmente identico a quello che l'esercito è in grado di fornire nel quadro dell'aiuto in caso di catastrofe (localizzazione, recupero, salvataggio, assistenza sanitaria e trasporti, mezzi specialistici per la difesa NBC).

Il Servizio delle attività informative è in grado di garantire il monitoraggio e la valutazione permanenti di una minaccia anche dopo un attentato, in stretta collaborazione con le autorità cantonali e i servizi partner all'estero. Su richiesta può inoltre 7067

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appoggiare con informazioni di intelligence le indagini delle autorità di perseguimento penale, ad esempio con informazioni riguardo al background, al movente e agli autori.

I piani di preparazione agli eventi elaborati dall'Ufficio federale della protezione della popolazione servono a preparare alla gestione di attentati gli organi di condotta, segnatamente gli stati maggiori di condotta cantonali. I mezzi della protezione della popolazione possono in particolare essere impiegati in caso di grave attentato con ordigni nucleari, biologici o chimici. Il team di impiego del DDPS63, dotato di personale specializzato, elementi di impiego mobili e strumenti di misurazione, è in grado di appoggiare le forze d'intervento sul posto e i campioni rilevati sono analizzati dal Laboratorio Spiez. A seconda della gravità dei danni, le formazioni della protezione civile possono essere impiegate anche per l'assistenza e l'aiuto psicologico d'urgenza.

In caso di grave attentato in Svizzera, il compito di coordinare i contatti con l'estero sarebbe assunto a livello di politica estera. Contatti con l'estero potrebbero essere necessari, ad esempio, per eventuali intese con altri Stati o per eventuali misure transfrontaliere oppure per coordinare l'aiuto internazionale a favore del Paese. Nel caso in cui cittadini svizzeri fossero vittime di attentati terroristici all'estero, il DFAE coordinerebbe i necessari lavori di supporto.

Mediante controlli alle frontiere o nelle aree di confine, l'amministrazione delle dogane può, sulla base di indicazioni concrete di autorità partner, ricercare e trattenere provvisoriamente soggetti oppure informare le autorità sui loro spostamenti.

Oggetti pericolosi, contanti o materiale di propaganda rinvenuti nel corso dei controlli sono sequestrati e trasmessi alle autorità di perseguimento penale competenti.

3.3.3

Attacco armato

Prevenzione A livello di politica estera sono forniti contributi alla risoluzione pacifica di conflitti. Numerose componenti della politica estera contribuiscono, direttamente o indirettamente, alla prevenzione di conflitti: la promozione civile della pace, gli sforzi profusi in seno all'ONU e all'OSCE, la collaborazione con la NATO e l'UE e la cooperazione allo sviluppo. I contributi di carattere preventivo della politica estera comprendono inoltre gli sforzi volti all'elaborazione e all'applicazione di trattati internazionali in cui sono disciplinati, soggetti a limitazioni o vietati lo sviluppo, la detenzione, l'impiego e il trasferimento di determinate categorie di armi tra cui in particolare sistemi d'arma a forte impatto sulla popolazione civile, anche per un 63

Il team di impiego del DDPS è costituito di specialisti volontari del Laboratorio Spiez e del Centro di competenza NBC-KAMIR (eliminazione di munizioni inesplose e sminamento) dell'esercito. Dispone di elevate conoscenze specialistiche in materia di eventi e minacce in relazione con radioattività e con sostanze biologiche e chimiche. Può essere impiegato entro poche ore e, in caso di sospetta presenza o di presenza di sostanze NBC, è in grado di fornire consulenza alle autorità e alle forze di intervento e di appoggiarle sul posto con mezzi specifici. Dispone di materiale di misurazione e di protezione moderno per eventi NBC.

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lungo periodo dopo il termine di un conflitto armato, quali le mine antiuomo o le munizioni a grappolo.

Sussidiariamente agli strumenti di sicurezza civili, l'esercito può contribuire ad arginare precocemente le minacce impedendo che assumano dimensioni tali da pregiudicare l'integrità territoriale, l'intera popolazione o l'esercizio del potere dello Stato. Può inoltre contenere un avversario, impedendo un'escalation della violenza, e contribuire alla protezione di infrastrutture critiche. Anche il promovimento militare della pace svolge un ruolo preventivo contribuendo alla stabilizzazione delle regioni di conflitto e contenendo i rischi di allargamento dei conflitti armati. Le minacce e le conseguenti esigenze poste all'esercito evolvono nel tempo. Anche l'Esercito svizzero deve costantemente adattarsi all'evoluzione delle forme di conflitto e della situazione in materia di politica di sicurezza. L'efficacia delle capacità disponibili deve essere regolarmente verificata e le lacune devono essere riconosciute e colmate precocemente. La politica d'armamento si occupa dell'acquisizione di beni e servizi per l'esercito. Laddove possibile e sensato, i servizi e i beni d'armamento che per l'esercito svizzero sono rilevanti in materia di sicurezza devono poter essere coperti da una base tecnologica e industriale all'interno della Svizzera. Laddove ciò non è il caso, la politica d'armamento garantisce che le esigenze dell'esercito possano essere coperte all'estero con il minimo rischio tecnico e finanziario possibile.

Il Servizio delle attività informative segue e analizza in permanenza l'evoluzione a livello di politica di sicurezza e in ambito militare, mirando ad anticiparla. Un deterioramento della situazione in materia di politica di sicurezza deve essere individuato al più presto affinché rimanga a disposizione tempo sufficiente per adeguare gli strumenti della politica di sicurezza. Ciò vale anche per un conflitto militare di grandi dimensioni in Europa con possibili ripercussioni anche sulla Svizzera. Il Servizio delle attività informative valuta pure le oscillazioni dei corrispondenti tempi di preallarme. Inoltre, segue gli sviluppi della proliferazione di armi di distruzione di massa e dei relativi programmi e valuta le conseguenti minacce per il Paese.

Il Servizio delle attività informative
appoggia la politica economica e l'amministrazione delle dogane negli sforzi volti a individuare e a impedire le esportazioni illegali. A tal fine identifica e sensibilizza precocemente i settori minacciati della piazza industriale e del polo del sapere svizzeri.

A livello di politica economica sono adottati, per mezzo dell'approvvigionamento economico del Paese, provvedimenti preparatori in vista di grandi e durature perturbazioni dell'approvvigionamento, che si verificherebbero inevitabilmente in caso di conflitto armato in Svizzera o nel suo contesto immediato. Con il ricorso a controlli delle esportazioni e a sanzioni, la politica economica consente inoltre di impedire che sistemi d'arma o componenti di armi giungano a destinatari finali indesiderati o che beni a duplice impiego siano utilizzati per la produzione di armi di distruzione di massa e di altre armi. La politica economica presta anche attenzione al fatto che la Svizzera disponga di una capacità industriale adeguata alle esigenze della sua difesa nazionale.

La protezione della popolazione non è più primariamente concepita per far fronte a un conflitto armato. Tuttavia, anche se in misura ridotta rispetto al passato, i preparativi in vista di un eventuale conflitto armato continuano a essere predisposti, 7069

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segnatamente nell'ambito della protezione civile. Ubicazioni di condotta protette, impianti d'apprestamento, impianti del servizio sanitario e rifugi per la popolazione costituiscono tuttora mezzi efficaci, ai quali si sono nel frattempo aggiunti sistemi d'allarme e di comunicazione protetti per l'informazione alle autorità e alla popolazione. In caso di conflitto armato o di altri eventi estremi, la protezione civile può inoltre essere potenziata a livello di personale, materiale, istruzione e comunicazione.

Difesa e gestione In caso di attacco armato, l'esercito protegge settori, installazioni e assi stradali importanti, difende lo spazio aereo e, unitamente ad altri strumenti della politica di sicurezza, preserva da aggressioni il Paese, la sua popolazione e le sue infrastrutture critiche. Secondo la concezione tradizionale, la difesa consiste nel respingere un attacco militare esterno (ossia un attacco sferrato con mezzi militari ordinari da forze armate organizzate di uno Stato). L'evoluzione del carattere dei conflitti e i recenti scontri armati in Europa inducono a ripensare la tradizionale concezione di attacco armato: se militari di forze armate straniere si trovano improvvisamente all'interno del Paese, la difesa alla frontiera è insufficiente; se organizzazioni attive all'interno del Paese ricevono un appoggio esterno sotto forma di personale e armi, diventa difficile una distinzione tra disordini interni e attacco esterno. I conflitti armati internazionali possono iniziare anche con il ricorso alla violenza all'interno di un Paese.

Considerata la vulnerabilità dello Stato, della società e dell'economia, la Svizzera, al pari di altri Stati altamente sviluppati, potrebbe subire una paralisi o addirittura un tracollo senza che un avversario debba sferrare dall'esterno un attacco militare nel senso tradizionale del termine. Un avversario potrebbe conseguire i suoi obiettivi limitandosi a pregiudicare le infrastrutture determinanti per il funzionamento della condotta statale, dei processi economici e della vita sociale. A tal fine potrebbe essere impiegata tutta una gamma di mezzi che spaziano da cyberattacchi alla propaganda sino ad atti di sabotaggio da parte di forze speciali o di altri attori disposti a ricorrere alla violenza. Simili operazioni potrebbero essere condotte parallelamente
a una guerra dell'informazione comprendente anche segnali di minaccia quali spostamenti o concentrazioni di truppe.

Per decidere, nel mondo moderno, se l'esercito debba essere impiegato per la difesa o per l'appoggio sussidiario alle autorità civili non possono pertanto essere determinanti solamente l'origine dell'attacco e i mezzi impiegati, ma è necessario considerare anche l'intensità e l'estensione dell'attacco. Ciò significa che, in caso di minaccia sufficientemente intensa ed estesa, l'esercito può essere impiegato nel quadro del suo compito ordinario, la difesa, anche se all'origine dell'attacco non vi sono forze armate riconducibili a uno Stato. Per un simile impiego dell'esercito devono essere adempiuti tutti i criteri seguenti: ­

l'integrità territoriale, l'intera popolazione o l'esercizio dei pubblici poteri sono concretamente minacciati,

­

la minaccia è duratura e non temporalmente puntuale,

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­

la minaccia è estesa a tutto il Paese e non soltanto a singole località o regioni, anche se il livello di minaccia non deve essere identico in tutto il Paese,

­

si tratta di una minaccia di intensità tale (analogamente all'attacco) da poter essere combattuta soltanto con mezzi militari.

Pur non essendo misurabili con esattezza, tali criteri consentono di valutare nel complesso se sussiste un caso di difesa, vale a dire se l'esercito può essere impiegato in via ordinaria (nel quadro del suo compito di difesa) o soltanto in via sussidiaria (nel quadro del suo compito di appoggio alle autorità civili). In ogni caso la decisione concreta incombe al Consiglio federale e al Parlamento.

Per comprendere correttamente la sopraesposta definizione del concetto di difesa, è necessario tener conto degli aspetti seguenti: ­

non si tratta di una definizione completamente nuova, bensì di un aggiornamento del concetto di difesa, in conformità con la dottrina giuridica prevalente. La definizione esposta in questa sede rispecchia la suddivisione delle competenze sancita dalla Costituzione negli ambiti della sicurezza interna ed esterna; la ripartizione dei compiti e delle responsabilità non subisce alcuna modifica.

­

Attacchi di stampo terroristico o cyberattacchi potrebbero essere categorizzati come «attacco armato» unicamente se si tratta di attacchi della massima entità. A ciò si aggiunge che non tutte le minacce sono tali da costituire un caso di difesa: lo spionaggio, la criminalità, l'estremismo violento, le perturbazioni dell'approvvigionamento, le catastrofi e le situazioni d'emergenza rientrano nella categoria di minacce e pericoli che, dal punto di vista attuale, non possono costituire un caso di attacco armato.

­

Con la suddetta definizione del concetto di difesa, il Consiglio federale e le Camere federali dispongono dell'opzione, non soggetta ad alcuna costrizione, di impiegare l'esercito in via ordinaria anziché in via sussidiaria se il genere, l'entità e la durata della minaccia lo richiedono. All'impiego ordinario (per scopi di difesa e non soltanto per appoggiare le autorità civili) si applicano le normative giuridiche in vigore per il servizio di difesa nazionale (servizio attivo).

­

L'esercito è uno strumento appropriato nei casi in cui la protezione di installazioni e di settori richiede il ricorso a elevati effettivi di personale e, eventualmente, anche il ricorso alla violenza fisica. La definizione dell'entità, dell'organizzazione, dell'equipaggiamento e del finanziamento dell'esercito ha luogo in considerazione del fatto che l'esercito deve adempiere tale compito, a prescindere dalle modalità (impiego sussidiario o ordinario).

­

L'alternativa tra impiego dell'esercito in via sussidiaria e impiego dell'esercito in via ordinaria interessa soprattutto la sfera politica e giuridica. L'unica incidenza a livello di forze armate è che nel quadro di un impiego ordinario l'esercito deve essere in grado di organizzare autonomamente compiti di protezione di ampia portata, ciò che non è il caso per gli impieghi sussidiari, nel cui ambito è chiamato soltanto a mettere a disposizione personale e

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materiale. Ordinare impieghi e impartire compiti all'esercito è in ogni caso di competenza della condotta politica (Consiglio federale, Parlamento).

­

Nel presente contesto, la sopraesposta definizione del concetto di difesa e di attacco armato concerne unicamente un concetto di diritto costituzionale della Cost. e, di conseguenza, la questione, interna allo Stato, di chi debba essere impiegato in quale ruolo in un caso che minaccia in modo decisivo la sicurezza interna ed esterna della Svizzera. Sono fatte salve le definizioni vigenti a livello di diritto internazionale dei concetti di «caso di difesa» ai sensi dello Statuto delle Nazioni Unite e di «attacco armato».

L'esercito concretizza il suo compito di difesa per principio a livello difensivo ed entro i confini nazionali. Considerata la sempre più elevata densità degli insediamenti e la crescente urbanizzazione, è molto probabile che eventuali combattimenti dovrebbero essere svolti in zone edificate. Tra le caratteristiche degli impieghi militari in zone edificate figurano: linee di demarcazione spesso confuse tra le parti in conflitto, in particolare per quanto concerne la presenza simultanea, in un'area ristretta, di forze militari, popolazione civile e, eventualmente, attori irregolari; impegnative attività di esplorazione e di acquisizione di informazioni; brevi tempi di reazione; spazi di manovra limitati; condizioni di visibilità ridotta e brevi distanze di combattimento. Le azioni dell'esercito al suolo sarebbero svolte da formazioni di combattimento miste costituite, a seconda dell'impiego, da blindati, granatieri carristi, fanteria, zappatori carristi e ulteriori specialisti. Le formazioni meccanizzate sono attualmente, e per quanto prevedibile continueranno ad essere anche in futuro, il mezzo più appropriato per simili azioni. Soltanto esse dispongono di una forza di fuoco sufficiente nonché, soprattutto, della protezione e della mobilità necessarie per far fronte a tutte le minacce in un conflitto armato. Tuttavia, proprio nel quadro di impieghi in zone edificate le formazioni meccanizzate hanno spesso bisogno della protezione della fanteria, poiché l'avversario può muoversi rapidamente e al coperto, avvicinarsi a veicoli blindati e, da posizioni coperte, impiegare armi a corta distanza (per es. armi anticarro e trappole esplosive). Il fuoco indiretto con efficacia differenziata è un elemento essenziale necessario all'esercito per svolgere i propri compiti di difesa. Se le nostre truppe non dispongono di armi a traiettoria curva, non possono essere impiegate con successo su un campo di battaglia moderno. Il fuoco avversario le costringerebbe a rimanere costantemente al coperto, non potrebbero muoversi né tantomento limitare la capacità di combattimento dell'avversario e di conseguenza non potrebbero portare a termine il proprio compito. Va tuttavia precisato che in zone edificate la priorità è data all'impiego del fuoco di precisione contro singoli obiettivi puntuali; il ricorso al tiro falciante
è un'opzione soltanto ancora se non comporta possibili danni sproporzionati per le persone, il materiale e le infrastrutture vicini all'obiettivo.

La difesa aerea è il compito centrale delle Forze aeree nel respingere un attacco armato. Senza la protezione dello spazio aereo, le azioni militari al suolo e nell'aria potrebbero essere svolte con successo al massimo soltanto in casi eccezionali. Le Forze aeree devono essere in grado sia di combattere obiettivi attaccanti in volo (difesa aerea difensiva) sia di attaccare le forze aeree nemiche nel loro spazio aereo (difesa aerea offensiva). Per le azioni offensive sono impiegati, oltre a velivoli da combattimento, anche forze speciali al suolo. Per la difesa aerea difensiva sono 7072

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impiegati velivoli e sistemi DCA. In entrambi i casi i velivoli da combattimento nemici sono combattuti mediante missili a lunga gittata. Una parte dei sistemi DCA deve poter respingere anche missili da crociera in avvicinamento, missili e drone. È previsto che le Forze aeree ricostituiscano le capacità di ricognizione e di appoggio a favore delle truppe terrestri mediante velivoli da combattimento.

La Svizzera non dispone attualmente di mezzi efficaci per combattere missili e missili balistici di gittata da media a intercontinentale. La protezione autonoma dell'intero Paese da simili armi non sarebbe possibile neppure con ingenti spese. Se volesse migliorare la propria protezione attiva da attacchi missilistici extraeuropei, la Svizzera dovrebbe chiedere l'appoggio della NATO. La partecipazione a un sistema di difesa integrato della NATO equivarrebbe di fatto all'adesione a un'alleanza, poiché, a causa dei brevi tempi di preallarme, la competenza per l'avvio di misure difensive dovrebbe essere precedentemente delegata, ciò che non sarebbe compatibile con gli obblighi di neutralità.

Anche in caso di attacco armato, i mezzi della protezione della popolazione svolgono un ruolo importante per l'esercizio degli impianti di protezione, delle ubicazioni di condotta protette e dei rifugi pubblici nonché per le misure di appoggio, assistenza e approvvigionamento a favore della popolazione. La protezione civile è in grado di fornire prestazioni logistiche e di contribuire alla concretizzazione di misure di razionamento volte a superare le difficoltà di approvvigionamento. La protezione dei beni culturali assicura che i beni culturali minacciati siano oggetto di misure di protezione, di sicurezza e di rafforzamento.

Le possibilità diplomatiche della politica estera devono continuare ad essere in ogni caso sfruttate anche di fronte a un'immediata minaccia di conflitto militare per il Paese o dopo lo scoppio di un conflitto armato. In tali casi si tratterebbe di prevenire per quanto possibile un simile conflitto o, a conflitto avviato, di instaurare eventuali negoziati con attori direttamente coinvolti oppure con parti terze (per es. per ricercarne il sostegno).

A livello di politica economica è necessario tentare di attenuare, per mezzo dell'approvvigionamento economico del Paese, le conseguenze di
perturbazioni o interruzioni dell'approvvigionamento di elevata gravità o di lunga durata.

Anche in caso di imminente conflitto armato o dopo lo scoppio di un conflitto armato, il Servizio delle attività informative ha il compito di trasmettere alla condotta politica e militare informazioni e conoscenze per quanto possibile affidabili e rilevanti e di approntare un quadro della situazione costantemente aggiornato. Poiché bisogna partire dal presupposto che nel quadro di un conflitto armato abbiano luogo anche cyberattacchi, i mezzi e le capacità del Servizio delle attività informative della Confederazione sarebbero impiegati per far fronte (in maniera difensiva e offensiva) anche a questa minaccia.

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3.3.4

Criminalità

Prevenzione L'impegno della polizia nella prevenzione del crimine ha luogo secondo svariate modalità: presenza visibile nei luoghi pubblici, consulenza, campagne di sensibilizzazione ­ ad esempio nell'ambito della prevenzione dei furti con scasso, dei furti e dello «skimming»64. La polizia, in particolare, lotta anche contro la criminalità transfrontaliera mirando a prevenire i reati prima ancora che i criminali entrino in Svizzera. Nel 2012 il Consiglio federale ha licenziato una strategia per la gestione integrata delle frontiere, tesa a contrastare la migrazione illegale, il traffico di esseri umani a fini di lucro e la criminalità transfrontaliera. La lotta rapida, efficace e efficiente alla criminalità transfrontaliera non inizia alla frontiera svizzera né al confine esterno dello Spazio Schengen, bensì negli Stati d'origine. Comprende misure anche all'interno dello Spazio Schengen e, all'interno della Svizzera, necessita, per avere successo, una stretta collaborazione e un'intensa coordinazione. Nella strategia di cui sopra sono state definite come prioritarie l'ottimizzazione dello scambio delle informazioni, l'analisi della situazione nonché l'ottimizzazione e l'armonizzazione dell'istruzione, dell'equipaggiamento e delle infrastrutture in Svizzera. È inoltre perseguita un'ottimizzazione della cooperazione a livello internazionale e con attori non statali. Il piano d'azione per la concretizzazione della strategia è stato approvato dal Consiglio federale il 6 giugno 2014.

La politica estera contribuisce alla stabilizzazione delle regioni di conflitto, allo sviluppo dello Stato di diritto e alla riduzione della povertà per mezzo delle attività negli ambiti della promozione civile della pace, della cooperazione allo sviluppo e del rafforzamento della sicurezza umana. Con tali attività la Svizzera mira, tra l'altro, a ridurre la vulnerabilità e l'attrattività di Stati fragili nei confronti della criminalità (compresi la criminalità organizzata, la pirateria e il traffico illegale di armi, di esseri umani e di stupefacenti). La Svizzera appoggia inoltre le iniziative internazionali finalizzate a una lotta più efficace contro la criminalità organizzata. Nel quadro dei partenariati in materia di migrazione, i movimenti migratori sono gestiti in quanto fenomeno globale e complessivo, in funzione
di un equilibrio tra gli interessi della Svizzera e quelli degli Stati partner. In molti partenariati in materia di migrazione è previsto anche un rafforzamento della collaborazione nella lotta contro la migrazione illegale e la tratta di esseri umani. Il mercato delle materie prime è un ulteriore ambito vulnerabile a livello di criminalità: la Svizzera si è detta disposta a esaminare possibilità per standard globali in materia di trasparenza e di resoconto nel commercio delle materie prime che prevengano la corruzione.

L'amministrazione delle dogane svolge un ruolo di primo piano nella concretizzazione della strategia della gestione integrata dei confini e fornisce un contributo 64

Il termine «skimming» deriva dal verbo inglese «to skim» che significa «sfiorare». Per skimming si intende una truffa con carte di pagamento nel corso della quale gli autori copiano, memorizzano e riproducono su carte vuote i dati delle bande magnetiche originarie. Nel contempo i codici PIN sono rilevati per mezzo di videocamere o di tastiere manipolate. Con le carte di pagamento contraffatte e i relativi codici PIN i truffatori sono in grado di accedere in un secondo momento ai conti delle vittime e di eseguire prelievi di denaro. Poiché le carte originarie rimangono in loro possesso, i clienti di solito si accorgono della truffa soltanto a distanza di giorni.

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preventivo alla lotta contro la criminalità, in primo luogo grazie all'effetto dissuasivo della sua presenza. Sulla base delle sue osservazioni, l'amministrazione delle dogane provvede (per es. mediante le immissioni nelle pertinenti banche dati) a uno scambio di informazioni a livello nazionale e internazionale riguardo a persone sospette. Particolare importanza è data all'individuazione tempestiva delle false identità e di documenti di legittimazione falsificati ­ un ambito in cui il Corpo delle guardie di confine dispone di conoscenze specialistiche particolarmente approfondite.

L'individuazione di simili reati di falso documentale consente spesso di impedire o di individuare ulteriori reati (per es. reati in materia di stupefacenti, traffico di veicoli, truffe e altri reati patrimoniali, tratta e traffico di esseri umani). Le conoscenze concernenti i documenti falsificati acquisite dal Corpo delle guardie di confine giovano anche alla produzione di documenti di legittimazione in quanto contribuiscono all'ottimizzazione delle componenti di sicurezza. Grazie alla sua partecipazione all'agenzia di protezione delle frontiere Frontex, l'amministrazione delle dogane contribuisce inoltre alla lotta all'immigrazione illegale e ai relativi effetti collaterali già alle frontiere dello Spazio Schengen.

Mediante sanzioni e controlli delle esportazioni, la politica economica può contribuire a rendere inaccessibili a organizzazioni e a soggetti criminali risorse suscettibili di essere impiegate a scopi criminali.

Difesa e gestione La polizia è lo strumento principale della lotta alla criminalità quotidiana e organizzata; la sovranità in materia di polizia compete per principio ai Cantoni. I 26 corpi di polizia cantonali, assieme alle polizie comunali assicurano, conformemente al rispettivo diritto cantonale, la sicurezza pubblica sul territorio di loro competenza, provvedono autonomamente alle prestazioni basilari di polizia di prossimità e sono competenti per i compiti di polizia giudiziaria. La gamma di attività criminali presenta una grande varietà; di conseguenza, anche i mezzi e le possibilità della polizia devono essere altrettanto variegati. Per «criminalità quotidiana» si intendono infrazioni al CP (2014: ca. 530 000 reati), alla legge sugli stupefacenti (2014: ca. 80 000 casi), alla legge del 16
dicembre 200565 sugli stranieri (2015: ca. 40 000 reati) e a diverse disposizioni penali contenute nel diritto penale accessorio (2014: ca. 12 000 casi). La maggior parte dei reati registrati dalla polizia (segnatamente nel campo di applicazione del CP) sono, nella misura del 70 per cento, reati contro il patrimonio, di cui oltre la metà furti. Al secondo posto si trovano reati contro la libertà, l'integrità personale, la vita, l'onore, violazioni del segreto e della sfera privata nonché reati contro la pubblica autorità e l'integrità sessuale. La difesa e la gestione in questi ambiti hanno luogo a opera dei 26 corpi di polizia cantonali, appoggiati da circa 300 corpi di polizia comunali di diverse dimensioni e da fedpol.

I corpi di polizia operano in quanto parti integranti di un sistema globale e assicurano in stretta collaborazione reciproca la sicurezza interna della Svizzera e della sua popolazione. Per poter far fronte a sfide di livello intercantonale e internazionale, sono state instaurate diverse forme di cooperazione sulla base di quattro concordati di polizia intercantonali e di ulteriori convenzioni. La Confederazione è competente 65

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per singoli ambiti limitati di polizia e interlocutore centrale per la cooperazione di polizia a livello nazionale e internazionale. In quanto autorità di polizia della Confederazione, fedpol è segnatamente competente per la criminalità organizzata, il terrorismo, il riciclaggio di denaro e la corruzione in quanto fenomeni tipicamente transfrontalieri. Il DFGP ha il compito di individuare tempestivamente forme gravi di criminalità economica di competenza della Confederazione e, dalla legislatura 2007­2011, definisce, sulla base di una valutazione della situazione della minaccia, le priorità strategiche nella lotta alla criminalità. Al pari delle priorità per gli anni 2007­2011, anche quelle definite per la legislatura 2012­2015 sono state approvate dal Consiglio federale su proposta del DFGP d'intesa con il Ministero pubblico della Confederazione. Dalla situazione della minaccia allestita per la definizione delle suddette priorità della Confederazione è risultato che in numerosi settori della criminalità i gruppi criminali hanno conseguito negli ultimi anni una ancora maggiore mobilità. Per questo motivo la Svizzera ha intensificato a tutti i livelli la cooperazione di polizia su scala internazionale.

Un importante contributo per respingere e gestire la criminalità lo forniscono le autorità del perseguimento penale tra le quali, oltre alla polizia, si annoverano i pubblici ministeri cantonali e il Ministero pubblico della Confederazione. Esse conducono le procedure penali e dispongono indagini. Una sfida particolare per le autorità del perseguimento penale sono nuove forme di criminalità nelle quali vengono impiegate moderne tecnologie dell'informazione. La lotta contro la cybercriminalità esige che Confederazione e Cantoni si aggiornino permanentemente a livello tecnologico e di istruzione e che collaborino in maniera strutturata.

A livello globale è stata rafforzata la cooperazione con Interpol. Anche la cooperazione di polizia con l'UE è stata intensificata nel quadro della concretizzazione dell'accordo d'associazione alla normativa di Schengen. In questo ambito il sistema d'informazione di Schengen si è rivelato un efficiente strumento per mandati di ricerca estesi a tutta l'Europa. Dal 2006 la Svizzera è anche partner dell'Ufficio europeo di polizia Europol. Infine, gli accordi bilaterali
di polizia stipulati con gli Stati limitrofi, la rete di addetti di polizia svizzeri e i due Centri comuni di cooperazione di polizia e doganale istituiti con l'Italia e la Francia rendono possibile una stretta cooperazione quotidiana a livello bilaterale. Sono in agenda un adeguamento alla situazione attuale e un'ulteriore estensione della cooperazione internazionale di polizia: a livello di UE sono prioritari per la Svizzera l'associazione alle decisioni di Prüm e l'accesso delle autorità di perseguimento penale svizzere alla banca dati Eurodac. La cooperazione sulla base delle decisioni di Prüm concerne in primo luogo la semplificazione del confronto con l'estero delle impronte digitali, dei profili del DNA e dei dati relativi ai detentori di veicoli. L'accesso alla banca dati Eurodac consentirebbe alle autorità di perseguimento penale svizzere di verificare se un soggetto ha già depositato una domanda d'asilo o è stato fermato in occasione di un tentativo di immigrazione illegale.

Mediante controlli alle frontiere o nelle aree di confine, l'amministrazione delle dogane può, sulla base di indicazioni concrete, ricercare soggetti ed eventualmente trattenerli in via provvisoria a favore delle autorità di perseguimento penale competenti. La refurtiva, oggetti riconducibili a delitti oppure contanti rinvenuti nel corso dei controlli sono sequestrati e trasmessi alle autorità di perseguimento penale com7076

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petenti. I controlli del traffico transfrontaliero delle merci ostacolano la criminalità organizzata e il contrabbando di merci a scopo di lucro e organizzato. Ciò vale segnatamente per merci su cui gravano elevati tributi o di elevato valore, ma l'amministrazione delle dogane blocca anche merci vietate quali stupefacenti e armi.

Mediante il controllo degli spostamenti di persone attraverso le frontiere, l'amministrazione delle dogane contrasta la criminalità organizzata in particolare per quanto concerne il traffico di migranti e le reti di passatori, fermando sospetti passatori e le loro vittime. In tutti i settori menzionati l'amministrazione delle dogane presta anche assistenza amministrativa e giudiziaria nel quadro della cooperazione internazionale.

L'esercito può appoggiare in via sussidiaria la polizia e il Corpo delle guardie di confine soprattutto nella lotta alla criminalità transfrontaliera, ad esempio mediante l'impiego di mezzi di ricognizione aerea, contribuendo alla sorveglianza delle acque confinarie oppure, a livello di effettivi, mettendo a disposizione agenti della polizia militare.

3.3.5

Perturbazioni dell'approvvigionamento

Prevenzione L'elemento centrale della prevenzione delle perturbazioni dell'approvvigionamento è costituito dall'«approvvigionamento economico del Paese» in quanto componente della politica economica. I settori critici sono individuati in stretta collaborazione con l'economia e le misure eventualmente necessarie sono adottate assieme al ramo economico interessato, affinché carenze o interruzioni dell'approvvigionamento a livello di beni e servizi di importanza vitale possano essere gestite per quanto possibile rapidamente e anche per lunghi periodi. La costituzione di scorte svolge tuttora un ruolo di rilievo, anche se non nella stessa misura come nel periodo della Guerra fredda. Nell'odierna economia mondiale, caratterizzata da un elevato grado di interconnessione, sono sempre più importanti accordi internazionali tesi a garantire l'approvvigionamento in beni e servizi di importanza vitale e ad assicurare la collaborazione, nel settore dell'approvvigionamento, tra aziende attive a livello nazionale e internazionale.

I canali della politica estera possono essere utilizzati per negoziati volti a prevenire o contrastare perturbazioni dell'approvvigionamento, ad esempio in presenza di un incombente conflitto con ripercussioni anche per l'approvvigionamento della Svizzera con beni sensibili.

L'osservazione permanente della situazione rilevante in materia di sicurezza è uno dei compiti fondamentali del Servizio delle attività informative e comprende anche l'individuazione di perturbazioni dell'approvvigionamento potenzialmente rilevanti per la Svizzera.

In presenza di un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU, l'esercito può partecipare a impieghi volti alla composizione di conflitti suscettibili di cagionare interruzioni o perturbazioni nei Paesi di produzione o lungo le intere vie di trasporto.

Le infrastrutture critiche della Svizzera (per es. stazioni di trasbordo o centri di distribuzione) possono essere protette mediante impieghi di sicurezza.

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Nella Strategia per la protezione delle infrastrutture critiche, coordinata dall'Ufficio federale della protezione della popolazione, sono stati debitamente contemplati i processi e i servizi di approvvigionamento. I rischi sono ridotti mediante misure edili, tecniche e organizzative. Una parte importante delle infrastrutture critiche, segnatamente i gestori di reti nei settori dell'approvvigionamento energetico, dei trasporti e delle telecomunicazioni, è direttamente integrata nel sistema integrato della protezione della popolazione.

Difesa e gestione Gli sforzi nell'ambito dell'approvvigionamento economico del Paese sono concentrati su perturbazioni dell'approvvigionamento settoriali di breve e media durata. In simili circostanze si tratta in primo luogo di approvvigionare il mercato con beni vitali (energia, derrate alimentari, medicamenti) al 100 per cento e il più a lungo possibile con il ricorso a interventi regolatori dell'offerta. In caso di evento reale, le scorte obbligatorie sono rapidamente liberate e nel contempo ha luogo un'incentivazione mirata delle importazioni, eventualmente accompagnata da un adeguamento della produzione. L'approvvigionamento del mercato al 100 per cento deve poter essere mantenuto in linea di principio per un periodo di almeno sei mesi. In mancanza di una normalizzazione dei mercati in questo lasso di tempo, l'approvvigionamento non potrebbe più essere garantito a un livello così elevato. Nel caso in cui le misure sul fronte dell'offerta non fossero sufficienti per porre fine alla perturbazione dell'approvvigionamento, sarebbero adottati provvedimenti regolatori della domanda quali il contingentamento, il razionamento e misure analoghe. In casi simili l'obiettivo è garantire, a un livello ridotto, un approvvigionamento il più possibile equilibrato. L'importanza centrale del settore dei servizi in un'economia globalizzata richiede inoltre misure adeguate per garantire i trasporti vitali nonché le infrastrutture in materia d'informazione e di comunicazione. Affinché questi settori possano adempiere il proprio compito in materia di approvvigionamento anche in caso di perturbazioni e interruzioni, sono necessarie misure regolatrici e di sicurezza. Occorre parimenti mantenere adeguate capacità per la produzione in Svizzera di prodotti agricoli. In tal modo
l'approvvigionamento della popolazione svizzera con derrate alimentari è garantito, a un livello ridotto, anche in caso di gravi perturbazioni dei flussi commerciali internazionali. La forte interconnessione della propria economia con l'economia mondiale spinge sempre più la Svizzera a cooperare con l'estero anche nelle questioni legate all'approvvigionamento. I provvedimenti di disciplinamento interni devono quindi essere armonizzati con quelli dei Paesi confinanti, al fine di impedire un deflusso verso l'estero di beni divenuti scarsi. Lo scambio internazionale di informazioni e l'adesione a misure comuni rientrano negli interessi svizzeri in materia di approvvigionamento.

Mediante i suoi mezzi logistici e di trasporto, l'esercito può appoggiare in via sussidiaria le autorità civili nella distribuzione di beni in caso di perturbazione dell'approvvigionamento. Per mezzo della Farmacia dell'esercito dispone inoltre di capacità per la produzione di prodotti medicinali e il relativo approvvigionamento d'urgenza della popolazione nel quadro del servizio sanitario coordinato. Se in occasione di una perturbazione dell'approvvigionamento si verificano scontri violenti o saccheggi, l'esercito può inoltre fornire appoggio alla polizia.

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La protezione della popolazione può servirsi dell'inventario delle infrastrutture critiche come di una base per la definizione delle priorità in caso di difficoltà di approvvigionamento e contribuire alla gestione di perturbazioni dell'approvvigionamento mettendo a disposizione personale e materiale. I casi di difficoltà di approvvigionamento energetico o di interruzione di infrastrutture critiche interessano soprattutto i servizi tecnici (approvvigionamento energetico, approvvigionamento e smaltimento idrico, comunicazione, trasporti). Anche in questi casi la protezione civile può fornire appoggio e potenziare la capacità di resistenza.

Negoziati e mediazioni a livello di politica estera possono contribuire a risolvere conflitti all'origine di perturbazioni dell'approvvigionamento oppure contribuire all'elaborazione di soluzioni volte a ridurre o eliminare le conseguenze per l'approvvigionamento nonostante il proseguimento dei conflitti.

La polizia ha il compito di garantire la sicurezza pubblica anche in occasione di gravi e durature perturbazioni dell'approvvigionamento. La sicurezza pubblica potrebbe essere minacciata se in una situazione di acuta penuria dovessero verificarsi scontri violenti o saccheggi.

In caso di necessità, l'amministrazione delle dogane può favorire un approvvigionamento transfrontaliero possibilmente libero da ostacoli.

Il Servizio delle attività informative può essere impiegato per l'acquisizione di informazioni anche in caso di crisi dell'approvvigionamento.

3.3.6

Catastrofi e situazioni d'emergenza

Prevenzione Le misure di prevenzione a livello di protezione della popolazione sono adottate conformemente a quanto previsto dalla «Gestione integrale dei rischi» e in funzione di un'analisi sistematica dei rischi, nel corso di un processo comprendente, oltre alla prevenzione vera e propria, anche una fase successiva di «preparazione» (prevenzione in senso lato) e i provvedimenti inerenti alla fase dei «preparativi in vista dell'evento». Le misure di prevenzione stricto sensu hanno l'obiettivo di ridurre la vulnerabilità e la potenziale entità dei danni. Possono comprendere misure tecnicoedili e misure in materia di pianificazione del territorio quali opere di protezione contro le piene e carte dei pericoli. Le misure di prevenzione in senso lato servono a preparare la gestione di catastrofi e di situazioni d'emergenza. I sistemi di preallarme e allarme e i sistemi telematici assicurano, a tutti i livelli statali, l'informazione e la comunicazione tra le autorità responsabili e le organizzazioni di salvataggio e sicurezza nonché l'informazione e la comunicazione destinate alla popolazione.

Nelle singole formazioni d'intervento la preparazione agli impieghi ha luogo a livello di personale, di istruzione e di materiale.

Per garantire la prontezza, l'esercito appoggia le autorità civili, soprattutto gli organi di condotta cantonali, ma anche partner civili, quali i gestori di centrali nucleari, mettendo loro a disposizione reti e infrastrutture di condotta e partecipando all'istruzione del rispettivo personale alla gestione delle crisi.

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Tramite la sua politica estera la Svizzera si adopera a livello internazionale nella lotta contro i cambiamenti climatici, considerati una delle cause principali dell'aumento delle catastrofi naturali. A tal fine il nostro Paese partecipa a negoziati internazionali (per es. in tema di riduzione delle emissioni di CO2) e, nel quadro della cooperazione allo sviluppo, sostiene progetti aventi come obiettivo anche la lotta contro i cambiamenti climatici e contro le relative conseguenze, ad esempio progetti volti a promuovere l'agricoltura sostenibile. La riduzione dei rischi di catastrofi è una delle priorità della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario. Al centro dell'attenzione sono poste sia catastrofi repentine, quali le inondazioni, sia le catastrofi naturali «striscianti», quali la siccità.

Le persone che prestano servizio civile che dispongono di conoscenze specifiche sono impiegate nella prevenzione delle catastrofi e delle situazioni d'emergenza, ad esempio nell'elaborazione di piani d'emergenza e di carte dei pericoli a livello di Confederazione e di Cantoni.

Gestione La protezione della popolazione è orientata alla gestione di catastrofi e situazioni d'emergenza ed è pertanto lo strumento d'intervento primario in questo ambito. Gli impieghi sono diretti e coordinati dagli organi di condotta cantonali, regionali e comunali e dalle forze d'intervento in loco. Quest'ultime coordinano anche gli impieghi delle organizzazioni partner (polizia, pompieri, sanità pubblica, servizi tecnici, protezione civile). La popolazione è allarmata con l'apposito sistema d'allarme (Polyalert e sirene); le informazioni e le istruzioni di comportamento sono comunicate via radio. In futuro l'allarme e l'informazione saranno possibili anche tramite telefoni cellulari e ulteriori canali. Lo strumento principale per incrementare la capacità di resistenza delle organizzazioni partner è la protezione civile, che appoggia gli organi di condotta, fornisce assistenza alla popolazione colpita dall'evento o evacuata, protegge i beni culturali, svolge operazioni di localizzazione e salvataggio, provvede a limitare i danni e esegue lavori di ripristino. Alcuni Cantoni hanno scelto di impiegare determinati reparti della protezione civile come elementi di pronto intervento, oltre alle tradizionali organizzazioni in
questo ambito (pompieri, polizia, sanità pubblica). A seconda dell'entità dell'evento è necessaria una stretta cooperazione con gli organismi della Confederazione, in particolare con lo Stato maggiore federale NBCN e la Centrale nazionale d'allarme nonché ulteriori organizzazioni (per es. esercito, Croce Rossa Svizzera). La Confederazione mette inoltre a disposizione dei Cantoni mezzi specializzati: nel settore NBC, per esempio, le competenze del Laboratorio Spiez e la squadra d'intervento del DDPS. In situazioni d'emergenza nel settore dell'asilo, in futuro la protezione civile assumerà compiti di assistenza con maggiore frequenza.

La polizia assume due ruoli nella gestione delle catastrofi e delle situazioni d'emergenza. Da un lato adempie autonomamente il suo compito principale (assicurare la tranquillità e l'ordine), dall'altro è impiegata come componente della protezione della popolazione congiuntamente ai pompieri, alla sanità pubblica, ai servizi tecnici e alla protezione civile.

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L'esercito appoggia le autorità civili in caso di catastrofe o situazione d'emergenza di notevole entità. L'aiuto militare in caso di catastrofe comprende la consulenza a favore degli organi di condotta civili, la messa a disposizione di materiale e installazioni nonché l'impiego di truppe per la localizzazione, il salvataggio, l'evacuazione, la lotta antincendio, il superamento di ostacoli e di acque, la protezione dalle acque, il mantenimento dell'agibilità delle vie di comunicazione e la decontaminazione. Per mezzo dei suoi sensori (per es. ricognizione aerea) l'esercito può fornire contributi all'allestimento del quadro della situazione. Mediante il servizio sanitario, l'esercito può appoggiare la sanità pubblica se deve essere assistito un numero elevato di pazienti. La Farmacia dell'esercito può inoltre contribuire a garantire l'approvvigionamento d'urgenza della popolazione con medicamenti e altri prodotti farmaceutici66. L'esercito può inoltre appoggiare le autorità civili con una rete di comunicazione sicura e a prova di crisi. In caso di catastrofe assumono un'importanza particolare l'allarme e l'informazione della popolazione, per i quali è possibile ricorrere anche a sistemi radio fissi e mobili dell'esercito. Per gli impieghi di aiuto può risultare necessario allestire contemporaneamente un dispositivo di sicurezza. L'aiuto militare in caso di catastrofe può infine essere prestato anche in zone limitrofe di un Paese confinante oppure in una qualsiasi parte del globo quale componente dell'aiuto umanitario. L'esercito mette a disposizione della catena di salvataggio soprattutto specialisti del salvataggio e, in caso di necessità, mezzi di trasporto aereo militare.

Catastrofi o situazioni d'emergenza possono perturbare anche l'approvvigionamento. Con l'approvvigionamento economico del Paese, la politica economica dispone di uno strumento per garantire per quanto possibile l'approvvigionamento con beni e servizi vitali.

Il servizio civile può prestare impieghi ordinari o straordinari laddove le risorse di personale necessarie per gestire una catastrofe o una situazione d'emergenza sono insufficienti o mancano del tutto. Gli impieghi straordinari devono essere ordinati dal Consiglio federale in presenza di una situazione particolare o straordinaria. In situazioni d'emergenza (per es. pandemie)
o per la gestione di importanti flussi di profughi, le persone soggette all'obbligo di prestare servizio civile con adeguata esperienza possono fornire appoggio negli ambiti delle cure e dell'assistenza. Relativamente alla gestione di catastrofi, non è necessario un ulteriore sviluppo del servizio civile per farne un'organizzazione partner supplementare nel quadro della protezione della popolazione, ma è possibile assegnare le persone soggette all'obbligo di prestare servizio civile ad altri fornitori civili di prestazioni in stato di impiego. L'offerta del servizio civile potrebbe essere ulteriormente ottimizzata in vista di futuri impieghi per la gestione di catastrofi e situazioni d'emergenza. Grazie alla sua notevole capacità di resistenza (elevato effettivo di persone soggette all'obbligo di prestare servizio civile e possibilità di svolgere impieghi di lunga durata), il servizio civile è in grado di fornire un costante appoggio per ripristinare la situazione normale durante la solitamente lunga fase di ripristino successiva a una catastrofe o a una situazione d'emergenza.

66

Per contro, l'esercito non ha più il compito di assistere i profughi. Le formazioni d'assistenza istituite a tal fine sono state sciolte nel quadro della riforma Esercito XXI. Da allora tale compito è assunto dalla protezione della popolazione.

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La politica estera è volta a coordinare i contatti con l'estero per l'adozione di misure transfrontaliere o per la coordinazione degli aiuti internazionali a favore del Paese in caso di catastrofi o situazioni d'emergenza di vasta portata in Svizzera. Nel quadro dell'aiuto umanitario la Svizzera fornisce un contributo a livello internazionale al fine di salvare vite umane e alleviare sofferenze, segnatamente aiutando popolazioni vittime di una catastrofe naturale o di un conflitto armato.

In caso di catastrofe, l'amministrazione delle dogane può regolare il traffico transfrontaliero di merci e passeggeri. Se necessario, può ridurre al minimo il traffico di passeggeri o canalizzarlo (per es. per mezzo di stazioni di quarantena in caso di pandemia). Può inoltre impedire l'importazione di merci provenienti da zone sinistrate (per es. da zone contaminate da radioattività) oppure facilitare l'importazione di mezzi di appoggio per la gestione di catastrofi.

3.3.7

Necessità di adeguare gli strumenti di politica di sicurezza

Gli strumenti della politica di sicurezza devono essere costantemente adeguati per essere orientati alle minacce e ai pericoli presenti e incombenti e affinché sussista un duraturo equilibrio tra compiti e risorse. Qui di seguito viene esposto che cosa significano le prestazioni richieste per l'orientamento a breve e medio termine e la necessità di adeguamento dei singoli strumenti. In tal senso, si mostra quali misure sono previste o sono già state intraprese per migliorare ulteriormente l'efficacia e l'efficienza degli strumenti della politica di sicurezza.

Politica estera Con la Strategia di politica estera 2016­201967 il Consiglio federale ha posto la base per un ulteriore rafforzamento del profilo della Svizzera in materia di politica estera nel promuovere la pace e la sicurezza. Conformemente alla grande domanda internazionale, il nostro Paese potenzierà le sue capacità di mediazione. Il Consiglio federale vuole altresì rafforzare ulteriormente Ginevra quale importante polo di competenze al servizio della pace e della sicurezza. Considerato l'attuale contesto politico mondiale, è particolarmente importante l'impegno della Svizzera per il diritto internazionale umanitario, per i diritti umani, a favore dell'efficienza di organizzazioni internazionali quali l'ONU e l'OSCE e in generale per un ordine internazionale basato su regole e norme. Ne fanno parte anche provvedimenti efficaci per il controllo degli armamenti e il disarmo e per un cyberspazio pacifico, sicuro e aperto. Più ancora di quanto fatto finora, la politica estera del nostro Paese terrà conto delle interazioni tra sicurezza e sviluppo. Il messaggio del 17 febbraio 201668 concernente la cooperazione internazionale 2017­20 offre per la prima volta un contesto strategico comune per l'utilizzo coordinato degli strumenti del promovimento civile della pace, della cooperazione allo sviluppo, della cooperazione con i Paesi dell'Est e dell'aiuto umanitario. Esso consente di affrontare in modo globale e duraturo le 67 68

www.eda.admin.ch > Servizi e pubblicazioni > Pubblicazioni FF 2016 2005

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cause dei conflitti violenti, dell'estremismo, della povertà e della migrazione forzata e di creare prospettive migliori per la gente sul posto mediante provvedimenti, ad esempio nell'ambito della lotta alla corruzione o del promovimento della formazione e dei posti di lavoro. Tra le priorità si possono annoverare un impegno rafforzato in contesti fragili e l'attuazione del piano d'azione di politica estera per la prevenzione dell'estremismo violento e delle linee guida del DFAE in materia di acqua e sicurezza.

Esercito L'ulteriore sviluppo dell'esercito serve a orientarlo ancora di più alle minacce e ai pericoli presenti e incombenti, secondo la descrizione del presente rapporto. In sostanza, considerata una situazione di minaccia divenuta diffusa e imprevedibile, si tratta di accrescere la prontezza all'impiego dell'esercito, di ammodernarne e completarne l'equipaggiamento, di migliorare l'istruzione pratica e di rafforzare il consolidamento regionale. Oltre a ciò, nei prossimi anni andranno anche prese decisioni in merito a un rinnovamento dei sistemi d'arma principali (p. es. velivoli da combattimento, difesa terra-aria, artiglieria) e a parti della telematica. Se l'ulteriore sviluppo dell'esercito può essere attuato come previsto, l'esercito sarà impostato per essere pronto per il futuro e in grado di fare fronte alle minacce. La globalizzazione dell'economia, il crescente consolidamento dell'armamento, le limitate capacità in materia di tecnologie di difesa e di sicurezza nazionali e le scarse risorse rendono indispensabili maggiori cooperazioni con altri Stati o in ambito multilaterale. Nel contempo si persegue il mantenimento di una base industriale e tecnologica nazionale e concorrenziale rilevante per la sicurezza.

Protezione della popolazione Nei prossimi anni la protezione della popolazione sarà incentrata sull'attuazione della Strategia della protezione della popolazione e della protezione civile 2015+. In caso di evento, l'ulteriore sviluppo della gestione delle risorse deve coordinare tutte le risorse disponibili a livello nazionale. Mediante una dottrina d'istruzione uniforme e un migliore coordinamento di istruzioni ed esercitazioni si intende migliorare la collaborazione tra i partner. L'attuazione della Strategia 2015+ non riguarda però tutte le organizzazioni partner in ugual
misura. In particolare, va ottimizzata la protezione civile. Il suo profilo delle prestazioni orientato alla gestione di catastrofi e situazioni d'emergenza va ampliato nei settori logistica e protezione NBC. Vanno accresciute anche la sua prontezza all'impiego, autonomia e mobilità. Tuttavia, nulla cambia sostanzialmente nell'attuale ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni nella protezione della popolazione; responsabilità e competenze vanno però attribuite più chiaramente.

Servizio delle attività informative Il Servizio delle attività informative della Confederazione riceverà una nuova base legale con la legge sulle attività informative. Questa è necessaria per opporsi efficacemente agli sviluppi delle minacce degli ultimi anni, causate soprattutto dal terrorismo e dallo spionaggio. Inoltre, i progressi della tecnica hanno portato a nuove 7083

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minacce nel cyberspazio. Le leggi esistenti non mettono praticamente a disposizione mezzi per respingerle. Con la nuova legge sulle attività informative il Servizio delle attività informative della Confederazione riceverà i mezzi per potere meglio riconoscere precocemente e respingere anche queste minacce moderne. In Svizzera tra questi mezzi rientrano in particolare la sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni, l'uso di apparecchi di sorveglianza tecnici o di apparecchi di localizzazione, l'infiltrazione in sistemi e reti informatici e ­ riferito all'estero ­ la ricognizione del traffico delle comunicazioni transfrontaliero nelle reti via cavo. La legge sulle attività informative definisce rigorosi presupposti e procedure di autorizzazione per l'impiego di questi nuovi mezzi di intelligence. In più, rafforza la vigilanza sul Servizio delle attività informative. Negli ultimi anni, a seguito dello sviluppo delle minacce, il Consiglio federale ha più volte potenziato l'organico del Servizio. Anche per l'attuazione della legge sulle attività informative è previsto personale supplementare.

Al momento non sussiste alcuna necessità di riforme legali supplementari.

Polizia Nell'ambito della polizia è essenziale realizzare una partecipazione agli strumenti disponibili a livello internazionale (p. es. la cooperazione realizzata nel quadro dell'UE sulla base delle decisioni di Prüm, eventualmente l'utilizzo dei dati dei passeggeri aerei per la lotta al terrorismo e ad altre forme gravi di criminalità). Vengono inoltre esaminate misure di polizia quali il divieto di lasciare il Paese o la segnalazione discreta nei sistemi di ricerca della polizia per contenere e chiarire viaggi con motivazioni terroristiche. Inoltre il trattamento di dati da parte della polizia deve diventare più efficiente ed efficace grazie all'automatizzazione delle procedure di immissione e notifica. È previsto che i mezzi delle autorità di perseguimento penale siano adeguati all'evoluzione della tecnica nel quadro della revisione della legge federale del 6 ottobre 200069 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni e del Codice di procedura penale70. Il ricorso a particolari programmi informatici consentirà in futuro di sorvegliare anche le telecomunicazioni cifrate. Con la riforma del
Codice di procedura penale vanno inoltre verificate alcune disposizioni. In primo luogo si tratta dei diritti di partecipare degli imputati nei procedimenti penali. La cooperazione tra le autorità di polizia di tutti i livelli va rafforzata con una nuova convenzione amministrativa. Quale nuovo elemento è previsto uno Stato maggiore di condotta della polizia diretto da professionisti, che coordina il lavoro della polizia in caso di eventi maggiori intercantonali ed è a disposizione quale organo di contatto centrale per tutte le autorità di polizia.

Politica economica Al momento nell'ottica della sicurezza non sussiste alcuna necessità di adeguare la politica economica o suoi sottosettori quali l'approvvigionamento economico del Paese o i controlli delle esportazioni. Le basi legali dell'approvvigionamento economico del Paese sono già state rinnovate. Non sono state apportate modifiche 69 70

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sostanziali. In ragione della mutata situazione di minaccia, per i provvedimenti dell'approvvigionamento economico del Paese non si distinguerà più, come si faceva finora, tra difesa nazionale economica e situazioni di grave penuria, bensì ci si focalizzerà su possibili perturbazioni dell'approvvigionamento, a prescindere dalla loro causa. Riguardo ai controlli delle esportazioni occorrerà continuare a badare che, ai sensi dell'articolo 1 della legge federale del 13 dicembre 199671 sul materiale bellico, si tenga conto degli obblighi internazionali della Svizzera, dei suoi principi di politica estera nonché, in questo contesto, delle esigenze della difesa nazionale.

Amministrazione delle dogane In considerazione delle sfide poste dal terrorismo e della crescente rilevanza della migrazione dal punto di vista della politica di sicurezza, ha acquisito importanza il ruolo dell'Amministrazione federale delle dogane e in particolare del Corpo delle guardie di confine. Ciò si ripercuote anche sul fabbisogno di personale di quest'ultimo; nel contempo è necessario ottimizzare anche l'impiego dei mezzi in seno all'Amministrazione federale delle dogane affinché il relativo servizio civile possa parimenti fornire il suo contributo alla sicurezza nei settori di sua competenza (traffico delle merci e traffico turistico negli aeroporti).

Per l'amministrazione delle dogane è essenziale che gli strumenti disponibili a livello internazionale possano essere utilizzati completamente. Ne fanno parte la cooperazione sulla base delle decisioni di Prüm, ma anche l'utilizzo dei dati concernenti i passeggeri delle linee aeree per la lotta al terrorismo.

Infine, nell'ambito dell'attuale ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni, occorre perseguire un'armonizzazione delle forme di cooperazione dell'Amministrazione federale delle dogane con i Cantoni nella lotta contro la criminalità, affinché tale cooperazione sia il più efficace possibile.

Servizio civile Nel suo rapporto del 15 marzo 2016 il «Gruppo di studio sul sistema dell'obbligo di prestare servizio» si occupa anche degli eventuali adeguamenti del servizio civile72.

4

Condotta in materia di politica di sicurezza e Rete integrata Svizzera per la sicurezza

Il Consiglio federale e i Governi cantonali sono responsabili, nelle rispettive sfere di competenza, della condotta politica e della gestione delle crisi.

71 72

RS 514.51 www.vbs.admin.ch > Attualità > Per saperne di più > Il futuro dell'obbligo di prestare servizio: piste di riflessione

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4.1

Confederazione

Aspetti generali della condotta a livello federale Il Consiglio federale, in quanto massima autorità direttiva ed esecutiva della Svizzera, è responsabile della condotta politica nelle questioni di portata nazionale e internazionale. I dipartimenti assumono la responsabilità gerarchica, mentre i rispettivi capi assumono anche la responsabilità politica. In casi urgenti il presidente della Confederazione, mediante decisioni presidenziali, può ordinare misure cautelative.

Simili decisioni hanno sempre carattere provvisorio e devono essere sostituite al più presto da decisioni ordinarie del Consiglio federale o del Parlamento. La comunicazione a livello di Governo federale è assicurata dal portavoce del Consiglio federale, che per il tramite della Conferenza dei servizi d'informazione coordina anche la comunicazione dei dipartimenti.

Condotta in materia di politica di sicurezza a livello federale La condotta in materia di politica di sicurezza a livello di Confederazione spetta, come nel caso di altri ambiti politici, al Consiglio federale. La condotta dei singoli strumenti della politica di sicurezza incombe invece ai capi dei dipartimenti competenti per tali strumenti: DFAE:

politica estera;

DDPS:

esercito, servizio informazioni, protezione della popolazione;

DFGP:

polizia;

DEFR:

politica economica, servizio civile;

DFF:

amministrazione delle dogane.

La Delegazione Sicurezza del Consiglio federale si compone dei capi del DDPS (presidente), del DFAE e del DFGP. Valuta la situazione rilevante dal punto di vista della sicurezza e coordina gli affari interdipartimentali concernenti la politica di sicurezza, preparandoli anche, all'occorrenza, in vista delle decisioni del Consiglio federale.

L'Organo direttivo in materia di sicurezza e lo Stato maggiore della Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza sono stati sciolti ed è stato istituito un Comitato ristretto Sicurezza formato dal segretario di Stato del DFAE, dal direttore del Servizio delle attività informative della Confederazione e dalla direttrice dell'Ufficio federale di polizia. Il Comitato ristretto Sicurezza osserva e valuta costantemente la situazione e provvede all'individuazione tempestiva di sfide nel campo della politica di sicurezza. Inoltre, sulla base dell'analisi della situazione in materia di politica di sicurezza e d'intesa con i servizi specializzati responsabili, presenta proposte alle delegazioni competenti del Consiglio federale, tra cui anche la Delegazione Sicurezza del Consiglio federale.

Una sfida attuale sotto il profilo della politica di sicurezza è la minaccia del terrorismo. La Strategia della Svizzera per la lotta al terrorismo approvata dal Consiglio federale il 18 settembre 2015 è una base comune di tutti i servizi di Confederazione e Cantoni responsabili per la lotta al terrorismo. Conformemente alla Strategia, al 7086

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fine di rafforzare la cooperazione e il coordinamento nella lotta al terrorismo, dal 2017 la Confederazione gestirà un organo di coordinamento operativo delle autorità di sicurezza con il coinvolgimento dei Cantoni. Esso si fonda sulle basi legali e le responsabilità esistenti.

Gestione delle crisi a livello federale La condotta politica è di regola pianificabile, non è soggetta a particolari pressioni temporali e si fonda su basi consolidate. In caso di crisi73, invece, la pressione decisionale e temporale nonché l'incertezza raggiungono livelli elevati. Il rischio che la situazione possa peggiorare ulteriormente qualora fosse adottata una decisione tardiva o errata mette sotto pressione la condotta. Il personale incaricato della condotta deve essere preparato a livello mentale e tecnico ad affrontare situazioni di questo genere e gli organi di supporto devono essere in grado di fornire, con le loro strutture e procedure, le prestazioni necessarie al momento giusto. Devono essere in grado di snellire e accelerare le proprie modalità di funzionamento. I principi in materia di condotta possono facilitare il disciplinamento della collaborazione e la delimitazione delle competenze, ma non sostituiscono le riflessioni preliminari sui contenuti delle sfide e l'esercitazione nell'ambito nelle strutture di condotta appositamente previste.

Conformemente all'articolo 185 Cost., il Consiglio federale prende provvedimenti a tutela della sicurezza, dell'indipendenza e della neutralità della Svizzera per far fronte a gravi turbamenti, esistenti o imminenti, dell'ordine pubblico o della sicurezza interna o esterna.

La condotta a livello federale è di principio la stessa in situazioni normali, particolari e straordinarie. La gestione delle crisi a livello di Confederazione deve, da un lato, tenere conto del sistema di governo basato sui dipartimenti e, dall'altro, essere efficiente all'interno di tale sistema. In caso di crisi, i tempi di reazione devono tuttavia essere ridotti mediante adeguamenti del comportamento e dell'organizzazione di condotta. In base alle esperienze maturate nell'ambito di crisi reali nonché agli insegnamenti tratti dall'Esercizio di condotta strategica 2013 e dall'Esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza 2014, il Consiglio federale intende affidare a uno dei suoi
membri ­ tendenzialmente a quello il cui dipartimento risulta maggiormente interessato dal punto di vista tecnico ­ la competenza per la gestione di una crisi concreta, eventualmente in collaborazione con il DDPS, che dispone di diversi strumenti di politica di sicurezza di vasta portata. La competenza può anche essere conferita al dipartimento presidenziale qualora l'evento sia correlato con quest'ultimo dal punto di vista tecnico o nel caso in cui la crisi interessi tutti i dipartimenti.

73

Non esiste una definizione universalmente valida del termine «crisi». Le crisi sono tra l'altro caratterizzate da un aggravamento degli eventi e da intensi effetti esterni. I processi decisionali ordinari di un'organizzazione risultano perturbati o impossibili e sono in gioco interessi importanti o addirittura l'esistenza stessa dell'organizzazione. La gravità della situazione impone di adottare la giusta decisione e di applicarla correttamente. Un'ulteriore sfida è rappresentata dal fatto che, sempre più spesso, le crisi possono comprendere diversi aspetti ed essere a loro volta scatenate da altre crisi riguardanti varie tematiche nonché rafforzarsi a vicenda.

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Il membro del Consiglio federale designato come competente può istituire uno stato maggiore di crisi ad hoc e adeguarlo alle esigenze della situazione74. Per fornire supporto al membro del Consiglio federale competente e allo Stato maggiore di crisi ad hoc con apposite infrastrutture e conoscenze sull'attività di stato maggiore, o addirittura per creare il nucleo dello Stato maggiore di crisi, è inoltre a disposizione lo Stato maggiore federale NBCN (per crisi che riguardano in primo luogo la protezione della popolazione, come le catastrofi e le situazioni d'emergenza).

Lo Stato maggiore federale NBCN è un organo a composizione interdipartimentale che si occupa di catastrofi e situazioni d'emergenza rilevanti per la protezione della popolazione, ossia di quegli eventi che colpiscono o mettono in pericolo una parte consistente della popolazione o le relative basi vitali e che riguardano pertanto diversi Cantoni, l'intera Svizzera o le regioni estere limitrofe. In seguito all'Esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza 2014, il Consiglio federale ha deciso di sottoporre a una verifica approfondita lo Stato maggiore federale NBCN per quanto riguarda il mandato, la funzione, la struttura, la composizione e la denominazione e di svilupparlo ulteriormente. Lo Stato maggiore federale NBCN dovrà elaborare le basi decisionali necessarie al Consiglio federale, agli uffici federali, ai Cantoni o ai gestori di infrastrutture critiche in caso di evento e, a tal fine, garantire le basi per la gestione delle crisi a livello nazionale qualora si verificassero eventi rilevanti per la protezione della popolazione, preparare all'occorrenza proposte per il dipartimento competente all'attenzione del Consiglio federale nonché fornire un supporto sul piano concettuale agli uffici federali, ai Cantoni e ai gestori di infrastrutture critiche. Dovrà inoltre garantire l'aiuto alla condotta mediante l'analisi integrata e la rappresentazione della situazione nonché tramite la gestione delle risorse. Lo Stato maggiore federale NBCN si compone di una conferenza dei direttori e di una conferenza specialistica che, insieme ai Cantoni e ad altri partner, elabora pianificazioni preventive. Gli uffici federali rilevanti per la gestione degli eventi sono rappresentati dai rispettivi direttori in seno alla conferenza
dei direttori e dai propri specialisti in seno alla conferenza specialistica, ma possono essere coinvolti anche altri servizi in funzione dell'evento specifico. In caso di evento, la conferenza specialistica diventerebbe lo stato maggiore di pianificazione e vi si aggiungerebbero anche ulteriori organi di stato maggiore competenti per l'impiego, il supporto e la strategia. In situazioni normali lo Stato maggiore federale è presieduto dal direttore dell'Ufficio federale della protezione della popolazione, mentre in caso di evento la presidenza può essere assunta dall'ufficio federale competente. È ancora da stabilire secondo quali modalità saranno coinvolti i Cantoni, ma è già stato stabilito il principio di un coinvolgimento sostanziale di questi ultimi.

Lo Stato maggiore di condotta della polizia, che nell'ambito della gestione di eventi di polizia di ampia portata può svolgere un ruolo simile a quello dello Stato maggiore federale NBCN in caso di eventi rilevanti per la protezione della popolazione, è 74

In uno stato maggiore ad hoc di questo tipo possono per esempio essere coinvolti i segretari generali in quanto rappresentanti dei rispettivi dipartimenti. Inoltre, nel quadro dei nuovi compiti in materia di gestione delle crisi attribuiti alla Cancelleria federale con la modifica della legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010; RU 2013 4549), il cancelliere della Confederazione consiglia e assiste il Consiglio federale nell'individuare tempestivamente situazioni di crisi e nel farvi fronte.

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descritto più avanti nel presente rapporto poiché la sua origine è legata alla gestione delle crisi a livello cantonale. La Confederazione vi partecipa.

Un esempio di stato maggiore dedicato a un tema specifico è lo Stato maggiore Presa d'ostaggi e ricatto, il quale si occupa di situazioni di crisi di carattere ricattatorio che rientrano nella competenza della Confederazione. In quanto stato maggiore speciale, ha una composizione interdipartimentale ed è subordinato al capo del DFGP. Vi sono rappresentati anche i Cantoni75.

Il Centro di gestione delle crisi presso il DFAE è responsabile della gestione delle crisi concernenti l'estero e interviene in caso di crisi e situazioni d'emergenza come conflitti armati, disordini politici, catastrofi naturali, incidenti di vasta portata, attentati e rapimenti. Durante la crisi, dirige e coordina tutti i mezzi impiegati dalla Confederazione per proteggere le cittadine e i cittadini svizzeri all'estero. Il Centro di gestione delle crisi può attivare in qualsiasi momento uno stato maggiore di crisi o una task force interdipartimentale comprendente tutti i servizi dell'amministrazione coinvolti nella risoluzione della crisi in questione. Le rappresentanze all'estero ricevono un'apposita formazione in materia di gestione delle crisi e sicurezza e il loro organico può essere rapidamente aumentato. L'assistenza alle cittadine e ai cittadini svizzeri all'estero e il loro rimpatrio in caso di crisi sono regolati da procedure ben definite. Negli scorsi anni il Centro di gestione delle crisi ha gestito in media dai 12 ai 16 eventi l'anno.

Informazione e comunicazione Assai importanti già in una situazione normale, nelle crisi l'informazione e la comunicazione sono d'importanza eminente per creare coesione, calma e fiducia. Le informazioni possono però anche essere distorte o utilizzate a scopi indebiti. Negli anni scorsi, soprattutto in seguito al conflitto in Ucraina e attorno a essa e le tensioni tra la Federazione Russa e l'Occidente, la disinformazione e la propaganda guidate dallo Stato sono diventate un grosso problema. Le immagini vengono falsificate, le storie completamente inventate, i fatti evidenti negati; attori interpretano il ruolo di testimoni, persone vengono pagate per animare sotto falso nome i forum di commento di pubblicazioni elettroniche. Ciò
contraddice in modo basilare l'idea che i media debbano contribuire alla libera e genuina formazione delle opinioni dei cittadini.

L'informazione ­ o più precisamente: la disinformazione ­ è diventata, se non un'arma, per lo meno uno strumento straordinario nell'ambito dei conflitti per taluni Stati o gruppi. Ciò viene ancora rafforzato dalle possibilità e dall'efficacia dei media sociali, i quali ­ guidati o incontrollati ­ possono contribuire alla rapida diffusione e alla definizione di false informazioni e voci.

Si pone così la domanda se anche la Svizzera debba annoverare l'informazione (e la comunicazione) di nuovo tra gli strumenti della politica di sicurezza, com'era il caso fino a dopo il Rapporto del Consiglio federale concernente la politica di sicurezza del 7 giugno 1999. Ma la credibilità delle informazioni dipende dalla loro neutralità: se sono considerate uno strumento, è ovvio sospettare che siano caratterizzate più da considerazioni inerenti all'utilità che non alla veridicità; in questo modo si manche75

Ordinanza del 25 nov. 1998 concernente lo Stato maggiore Presa d'ostaggi e ricatto (RS 172.213.80).

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rebbe lo scopo. Assieme al presidente della Confederazione, ad altri membri del Consiglio federale, al portavoce del Consiglio federale e al suo Stato maggiore, nonché ai responsabili della comunicazione nei Dipartimenti, la Confederazione si difenderà in ogni situazione dalla disinformazione, che danneggia la Svizzera ed è nociva per la sua sicurezza, ma senza porsi sullo stesso piano dei responsabili della disinformazione. L'informazione è la trasmissione di fatti ed elementi ai fini della loro corretta collocazione e della rettifica di affermazioni false; non è uno strumento per influenzare l'opinione pubblica, neppure nei casi in cui ciò potrebbe apparire utile sul breve periodo dal punto di vista della politica di sicurezza.

Esercizi di condotta strategica Gli esercizi di condotta strategica sono esercizi quadro di stato maggiore a livello strategico ordinati dal Consiglio federale. Dal punto di vista tematico, questi esercizi sono incentrati sulla politica globale e non soltanto sulla politica di sicurezza (1997: guerra dell'informazione e terrorismo, 2005: pandemia di influenza, 2009: blackout e penuria di energia elettrica, 2013: cyberattacco su larga scala). Gli esercizi di condotta strategica sono organizzati ogni quattro anni dalla Cancelleria federale e il relativo scenario viene di volta in volta definito dal Consiglio federale. L'obiettivo degli esercizi è discutere delle crisi con un approccio interdipartimentale e definire le misure politiche da adottare a livello federale in caso di evento. In questo modo si mira anche a valutare la collaborazione interdipartimentale, inclusi i processi di comunicazione in caso di crisi. Agli esercizi di condotta strategica partecipano il Consiglio federale e gli stati maggiori di crisi dei dipartimenti e della Cancelleria federale. Altri attori e organizzazioni al di fuori dell'Amministrazione federale (per es. gestori di infrastrutture critiche, economia, Cantoni e media) vengono di regola simulati dalla regia dell'esercizio. Questi esercizi hanno più volte fornito spunti per migliorare la preparazione alle crisi e colmare le relative lacune, per esempio nell'ambito della pianificazione concernente le pandemie nonché della sicurezza dell'approvvigionamento e della cybersicurezza in Svizzera.

Nel quadro dell'attuale pianificazione globale degli
esercizi su larga scala previsti per il periodo dal 2016 al 2023, vengono valutate possibili soluzioni per collegare tra loro, in futuro, gli esercizi di condotta strategica e le esercitazioni della Rete integrata Svizzera per la sicurezza.

Nessuno stato maggiore di crisi permanente a livello federale Una richiesta avanzata di frequente è che la Confederazione costituisca, senza considerare il tema trattato, uno stato maggiore di crisi unico e permanente per tutti i tipi di crisi, simile agli stati maggiori e alle organizzazioni di condotta cantonali.

Tuttavia, sebbene presenti alcuni vantaggi (nessun dubbio su quale sia il giusto interlocutore, livello di prontezza dello stato maggiore sempre elevato, padronanza dell'attività di stato maggiore), una soluzione di questo tipo non risulta né fattibile né ragionevole per vari motivi: ­

7090

contrariamente alla maggior parte degli altri Paesi, la Svizzera ha un Governo collegiale: il Consiglio federale. L'integrazione a livello organizzativo di uno stato maggiore di crisi supremo è tipica delle strutture gerarchiche con

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una persona al vertice, ma non di un Governo formato da sette consiglieri federali, equiparati sul piano giuridico, che sono a capo di altrettanti dipartimenti incentrati su temi diversi. A livello cantonale, l'istituzione di uno stato maggiore di questo tipo non è invece del tutto esclusa, poiché la varietà delle tematiche affrontate è leggermente inferiore e si ha una più chiara visione d'insieme dell'amministrazione. L'insediamento permanente, in seno a un dipartimento, di uno stato maggiore di crisi universale dal punto di vista tematico sarebbe possibile soltanto limitandosi alle questioni formali e delegando la gestione dei contenuti agli specialisti; ­

questo aspetto formale dell'attività di stato maggiore (strutturazione delle procedure, organizzazione dello stato maggiore, applicazione di procedimenti standardizzati) è tuttavia meno importante della competenza contenutistica in merito ai singoli problemi concreti. In caso di crisi, che richiedono una diligenza e un'oculatezza particolari, tale competenza risulta ancora più rilevante che nelle situazioni normali. Uno stato maggiore di crisi permanente potrebbe essere utile, ma soltanto per fornire supporto a livello di organizzazione e procedure. La gestione delle crisi non è un'arte che si può esercitare senza competenze specifiche e a prescindere dall'oggetto delle crisi stesse;

­

qualora, in una situazione di crisi, il personale cui è attribuita la competenza in situazioni normali fosse costretto a farsi da parte per lasciare il posto a specialisti in materia di gestione delle crisi, crescerebbe ancora di più la riluttanza a riconoscere e a trattare una crisi come tale, visto che ciò significherebbe autoescludersi;

­

se lo stato maggiore di crisi fosse attribuito al presidente della Confederazione, la sua collocazione amministrativa e organizzativa dovrebbe cambiare ogni anno, a meno di costituire vero e proprio stato maggiore presidenziale, il quale potrebbe tuttavia attribuire un peso eccessivo agli oneri amministrativi, a scapito del magistrato in questione. Inoltre, al di là delle misure cautelari in casi urgenti, rigorosamente definite, il presidente della Confederazione non dispone di maggiori competenze decisionali rispetto ai capi dei dipartimenti. Anche un'eventuale attribuzione alla Cancelleria federale appare poco vantaggiosa per quanto concerne l'efficacia di uno stato maggiore di crisi.

Il Consiglio federale tiene in seria considerazione la richiesta, da parte dei Cantoni, di avere interlocutori ben definiti e semplici da individuare in seno alla Confederazione. Non ritiene tuttavia realistico optare per un interlocutore unico.

4.2

Cantoni

Aspetti generali della condotta a livello cantonale Sul territorio del Cantone, il Governo cantonale detiene la responsabilità politica della sicurezza della popolazione. Le singole direzioni o i dipartimenti sono invece responsabili di determinati sottosettori dell'azione politica; la condotta in quest'am-

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bito compete ai rispettivi capi, ossia ai consiglieri di Stato. La comunicazione a livello di Governo cantonale viene di principio garantita dalle cancellerie di Stato.

Condotta in materia di politica di sicurezza a livello cantonale La condotta della politica di sicurezza a livello cantonale spetta, come nel caso di altri ambiti politici, ai Governi cantonali. La condotta dei singoli strumenti della politica di sicurezza incombe ai consiglieri di Stato delle direzioni competenti ­ indirettamente o direttamente ­ per tali strumenti. Si tratta in particolare delle direzioni responsabili degli affari militari, della protezione civile, dei pompieri 76 e della polizia.

La Conferenza governativa per gli affari militari, la protezione civile e i pompieri (CG MPP) è formata dai capi delle corrispondenti direzioni77 e si occupa di aspetti politici, organizzativi, tecnici e finanziari d'interesse comune riguardanti le questioni militari a livello cantonale nonché la protezione civile e i pompieri dei Cantoni e del Principato del Liechtenstein. Promuove inoltre la cooperazione intercantonale e la collaborazione con la Confederazione nei settori tematici di cui è responsabile.

Attività simili sono svolte dalla Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (CDDGP) nel proprio ambito di competenza.

Gestione delle crisi a livello cantonale Come la Confederazione, in caso di crisi anche i Cantoni operano, per quanto possibile, nel quadro delle loro strutture ordinarie. Tuttavia, quando diverse organizzazioni partner sono impiegate per un lungo periodo nell'ambito di un evento di grande portata, l'organo cantonale di condotta assume il coordinamento delle risorse e assicura il collegamento con gli organi governativi superiori. Coordina e dirige l'impiego della polizia, dei pompieri, della sanità pubblica, dei servizi tecnici, della protezione civile e di terzi (per es. esercito o partner civili), ma la condotta operativa delle forze d'intervento spetta alle organizzazioni di primo intervento: ciò significa, per esempio, che nessun agente di polizia dirige direttamente le forze d'intervento dei pompieri. Di regola l'organo cantonale di condotta comprende una direzione, rappresentanti dell'amministrazione e i capisettore della polizia, dei pompieri, della sanità
pubblica, dei servizi tecnici, della protezione civile e degli stati maggiori di collegamento territoriale cantonali. Se necessario vengono convocati altri specialisti.

76

77

In 19 Cantoni i pompieri rientrano sotto la responsabilità delle assicurazioni immobiliari di diritto pubblico, che contribuiscono al loro finanziamento, mentre negli altri Cantoni la competenza spetta ai servizi cantonali e il finanziamento è garantito dal settore pubblico e dalle assicurazioni private.

Forniscono supporto alla CG MPP la Conferenza dei responsabili cantonali degli affari militari, della protezione della popolazione e della protezione civile (CRMPC) con l'Associazione svizzera dei comandanti di circondario (VSK) e l'Associazione dei servizi cantonali della tassa militare (VKWV), la Coordinazione svizzera dei pompieri (CSP) con la Conferenza delle istanze (CI CSP) e la Conferenza svizzera degli ispettori pompieri (CSIP) nonché la Piattaforma intercantonale di coordinamento NBC (PICNBC).

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Nell'ambito della polizia i Cantoni collaborano nel quadro di concordati78. Quando un corpo di polizia non riesce a far fronte a un evento con i propri mezzi, in una prima fase chiede appoggio all'interno del concordato di cui fa parte. Se ciò non fosse sufficiente subentra l'Accordo IKAPOL, che disciplina i principi per l'aiuto reciproco e le compensazioni finanziarie per gli impieghi intercantonali di polizia. Il Cantone inoltra una domanda d'appoggio al Gruppo di lavoro «Operazioni» della Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali della Svizzera (CCPCS), il quale, dopo aver verificato la richiesta, la trasmette per decisione, unitamente a una proposta, al Gruppo di lavoro «Collaborazione intercantonale di polizia in caso di eventi straordinari» (GIP)79. La collaborazione intercantonale di polizia è consolidata e nell'ambito di eventi quali il WEF (annuale), EURO 2008 e altre grandi manifestazioni ha già dato buoni risultati. Il GIP è anche competente per le richieste indirizzate al Consiglio federale in vista dell'ottenimento dell'appoggio sussidiario con mezzi federali o forze d'impiego straniere e per l'attivazione della rete informativa integrata Svizzera80.

Per dirigere e coordinare la collaborazione in caso di eventi sovraregionali e nazionali che richiedono l'intervento delle forze di polizia (per es. un attentato terroristico), dall'inizio del 2015 è operativo lo Stato maggiore di condotta della polizia, che al momento è uno stato maggiore non permanente della CCPCS e, all'occorrenza, può attivarsi entro alcune ore. In caso di evento di grande portata, lo Stato maggiore di condotta della polizia fornisce appoggio alla condotta dell'impiego competente a livello cantonale, coordina la cooperazione sul piano nazionale e collabora con gli organi di crisi e di condotta della Confederazione e dei Cantoni. Le competenze cantonali per la gestione degli eventi in loco rimangono tuttavia invariate. Lo Stato maggiore di condotta della polizia integra e coordina le misure cantonali al fine di garantire una condotta unitaria degli impieghi, della rappresentazione della situazione e dei casi nonché dell'informazione e della comunicazione. Nello Stato maggiore di condotta della polizia sono rappresentati i concordati di polizia della Svizzera e i corpi della polizia cantonale del Cantone di
Zurigo e del Cantone Ticino nonché fedpol, cui è affidata la competenza per gli incarichi di polizia della Confederazione, segnatamente le ricerche nazionali e internazionali e la cooperazione internazionale in materia di polizia. Con l'istituzione dello Stato maggiore di condotta della polizia è stata colmata una lacuna nella condotta della polizia in caso di impieghi intercantonali e, a medio termine, si prevede di trasformare questo stato maggiore in una struttura permanente.

78 79

80

Il Cantone di Zurigo e il Cantone Ticino, che non fanno parte di alcun concordato di polizia, costituiscono un'eccezione.

Il GIP è presieduto dal presidente della CDDGP ed è formato dalle direttrici e dai direttori dei dipartimenti di polizia dei Cantoni interessati, dal presidente della CCPCS, dalla direttrice dell'Ufficio federale di polizia e dal direttore del Servizio delle attività informative della Confederazione.

Nel quadro della rete informativa integrata le autorità della Confederazione e dei Cantoni che si occupano di questioni concernenti la sicurezza rendono reciprocamente accessibili informazioni rilevanti per la situazione. Una simile rete informativa integrata diretta dal Centro federale di situazione del Servizio delle attività informative della Confederazione sussiste già in situazioni normali. Nel caso di un evento importante sotto il profilo della politica di sicurezza, tale rete è ampliata e viene allestito e costantemente attualizzato, coinvolgendo tutti i partner, un quadro globale della situazione accessibile a tutti gli organi collegati mediante una piattaforma elettronica protetta.

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Per quanto riguarda l'aiuto in caso di catastrofe e l'aiuto in situazioni d'emergenza, di principio si ricorre all'aiuto reciproco; in parte esistono anche accordi regionali.

La gestione di eventi catastrofici passati ha mostrato che le forze di condotta e d'intervento dei Cantoni, in particolare i pompieri e la protezione civile, sono in grado di appoggiarsi reciprocamente con rapidità, in maniera efficace e non burocratica e per un lungo periodo.

4.3

Collaborazione Confederazione-Cantoni

Il federalismo riveste una grande importanza anche nell'ambito della politica di sicurezza. Diversi strumenti fondamentali di quest'ultima sono principalmente, se non esclusivamente, di competenza dei Cantoni e dei Comuni, in particolare la polizia e i pompieri. In seguito a questa ripartizione delle competenze, per garantire una politica di sicurezza globale sono indispensabili una consultazione e un coordinamento pressoché permanenti tra i vari livelli statali e i diversi settori specialistici, nonché i gestori di infrastrutture critiche. Questo aspetto federalistico della politica di sicurezza svizzera e in particolare la sua attuazione risultano onerosi, ma consentono di adottare decisioni fondate su un ampio consenso e rafforzano la resilienza, visto che un sistema decentralizzato sarebbe più difficile da bloccare rispetto ai sistemi centralizzati.

Per una gestione efficace delle crisi occorre una stretta collaborazione tra Confederazione e Cantoni. Con importanti esercitazioni questa collaborazione viene testata e sviluppata a scadenze regolari. Così, ad esempio, per il prossimo Esercizio di condotta strategica a livello di Confederazione 2017 e per l'esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza 2019 organizzata congiuntamente da Confederazione e Cantoni è previsto uno scenario di terrorismo. La collaborazione tra Confederazione e Cantoni nell'impiego rappresenta però da decenni una prassi consolidata, come testimonia per esempio l'appoggio sussidiario fornito ripetutamente dall'esercito alla polizia per gestire i sovraccarichi di lavoro.

Rete integrata Svizzera per la sicurezza Nel Rapporto del Consiglio federale sulla politica di sicurezza della Svizzera 2010 era stata delineata una Rete integrata Svizzera per la sicurezza, che nel frattempo è stata realizzata, valutata e adeguata in base ai risultati della valutazione.

La Rete integrata Svizzera per la sicurezza comprende di principio tutti gli strumenti della politica di sicurezza della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni e i suoi organi servono a garantire la consultazione e il coordinamento necessari per le decisioni, i mezzi e le misure della Confederazione e dei Cantoni volti a far fronte alle sfide comuni in materia di politica di sicurezza. Per questo l'accento viene posto sulla sicurezza interna, che richiede
un maggior coordinamento rispetto alla sicurezza esterna, che rientra nella sfera di competenza della Confederazione. Gli organi della Rete integrata Svizzera svolgono soprattutto un ruolo di mediazione quando il coordinamento a livello di linea gerarchica non funziona in modo soddisfacente o nel caso in cui non esistano adeguati canali di coordinamento.

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La Rete integrata Svizzera per la sicurezza comprende due organi, un delegato della Confederazione e dei Cantoni con un segretariato81.

Organo

Composizione

Piattaforma politica prepara le decisioni del Consiglio federale nonché dei Governi cantonali e delle conferenze governative

Confederazione Capo del DDPS Capo del DFGP

Piattaforma operativa prepara le riunioni della Piattaforma politica e istituisce gruppi di lavoro

Delegato

Cantoni Presidente della Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia Presidente della Conferenza governativa per gli affari militari, la protezione civile e i pompieri Confederazione Cantoni Direttrice di fedpol Segretario generale della Conferenza delle direttrici e dei direttori Direttore del Servizio delle dei dipartimenti cantonali di attività informative della giustizia e polizia Confederazione Segretario generale delDirettore dell'Ufficio la Conferenza governativa per gli federale della protezione affari militari, la protezione civile e della popolazione i pompieri Capo dello Stato maggiore Presidente della Conferenza dei dell'esercito comandanti delle polizie cantonali Capo Politica di sicurezza della Svizzera del DDPS Presidente della Conferenza dei Direttore generale delle responsabili cantonali degli affari dogane o capo del Corpo militari, della protezione della delle guardie di confine popolazione e della protezione civile Rappresentanti della Società dei capi di polizia delle città svizzere Presidente della Conferenza delle istanze della Coordinazione svizzera dei pompieri Delegato della Confederazione e dei Cantoni per la Rete integrata Svizzera per la sicurezza, con segretariato

Di regola la Piattaforma politica si riunisce quattro volte all'anno e la Piattaforma operativa circa otto per discutere di affari che riguardano la Confederazione e i Cantoni (e, a livello di Confederazione, spesso diversi dipartimenti), come per esempio gli impieghi sussidiari di sicurezza dell'esercito, concentrandosi sia su impieghi concreti sia sulle linee direttrici generali per la collaborazione tra la polizia e l'esercito.

Per il momento si rinuncia alla creazione di una base legale formale concernente la Rete integrata Svizzera per la sicurezza, ma è prevista la conclusione di un accordo amministrativo tra la Confederazione e i Cantoni. Inoltre, nel 2019 al più tardi la

81

Questi organi hanno una composizione paritetica e anche i costi del segretariato sono ripartiti in parti uguali.

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Rete integrata Svizzera per la sicurezza dovrà essere sottoposta a una nuova verifica al fine di apportare ulteriori miglioramenti in base ai risultati ottenuti.

La Rete integrata Svizzera per la sicurezza serve principalmente a garantire la consultazione e il coordinamento in situazioni normali, ossia prima e dopo una crisi, ma non a gestire le crisi stesse. La gestione delle crisi deve infatti, di principio, essere garantita dalla linea gerarchica (che è comunque supportata da diversi stati maggiori permanenti o ad hoc). In seguito alla valutazione, il profilo della Rete integrata Svizzera per la sicurezza è stato perfezionato sotto questo aspetto al fine di evitare eventuali doppioni e di rafforzare invece le forme di collaborazione già esistenti.

Per una stretta collaborazione nel gestire le crisi occorre il coinvolgimento reciproco della Confederazione e dei Cantoni. Sul piano operativo, questi due aspetti sono disciplinati per quanto concerne lo Stato maggiore di condotta della polizia, mentre riguardo allo Stato maggiore federale NBCN si stanno sviluppando possibili soluzioni per coinvolgere maggiormente i Cantoni al fine di garantire, in particolare, l'analisi integrata della situazione e la gestione delle risorse a livello nazionale.

Sul piano politico, occorre considerare che gli organi della Rete integrata Svizzera per la sicurezza sono stati creati per scopi diversi dalla gestione delle crisi. Tuttavia, se il coordinamento risulta insufficiente, la Piattaforma politica può riunirsi anche durante una crisi, in particolare quando, nell'ambito della gestione di quest'ultima, emergono problemi tra la Confederazione e i Cantoni che non possono essere risolti con le normali strutture direttamente coinvolte nella gestione delle crisi.

Esercitazioni della Rete integrata Svizzera per la sicurezza Il Rapporto del Consiglio federale all'Assemblea federale sulla politica di sicurezza della Svizzera 2010 prevedeva anche che la Svizzera tornasse a svolgere regolarmente esercitazioni di grande portata. In passato, infatti, simili esercitazioni nazionali su larga scala venivano svolte ­nel quadro della difesa integrata ­ a intervalli regolari per testare l'efficienza del sistema globale della politica di sicurezza, ma dopo la fine della Guerra fredda non furono più organizzate. Rispetto a quanto
avvenuto in altri Paesi, in Svizzera è scemata la «cultura delle esercitazioni»: una tendenza che dovrà essere corretta in futuro reintroducendo esercitazioni regolari e impegnative.

Con le esercitazioni della Rete integrata Svizzera per la sicurezza si mira a reintrodurre, sulla base di scenari attuali e complessi, una verifica regolare delle interazioni dell'intera Rete (ovvero degli strumenti della politica di sicurezza della Confederazione e dei Cantoni) nell'ambito della gestione di una crisi fittizia. Si tratta di testare la collaborazione tra gli organi di condotta della Confederazione e dei Cantoni, coinvolgendo partner civili e l'esercito, e di individuare eventuali punti deboli. Gli insegnamenti tratti da queste esercitazioni dovranno servire a ottimizzare ulteriormente la Rete integrata Svizzera per la sicurezza e a migliorare la gestione intersettoriale e interregionale delle crisi in Svizzera.

Nel 2014 si è tenuta una prima esercitazione della Rete integrata Svizzera per la sicurezza. Lo scenario consisteva in una persistente penuria di energia elettrica con contemporanea propagazione di una grave pandemia d'influenza. All'esercitazione hanno partecipato tutti i dipartimenti, la Cancelleria federale, quasi tutti i Cantoni 7096

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nonché gestori di infrastrutture critiche. L'esercitazione ha permesso di ottenere risultati importanti ai fini del funzionamento e dell'ulteriore sviluppo della Rete integrata Svizzera per la sicurezza e della gestione delle crisi a livello nazionale. Ne è emerso che il sistema integrato è, di principio, ben strutturato e funzionante, ma sotto alcuni aspetti deve essere verificato e ottimizzato, per esempio per quanto concerne la composizione e i compiti esatti degli organi della Rete integrata Svizzera per la sicurezza o la funzione e la composizione dello Stato maggiore federale NBCN. L'esercitazione ha inoltre rivelato, in particolare, l'importanza di disporre di canali di comunicazione affidabili e resistenti che in caso di crisi consentano ai diversi attori e ai vari livelli statali di sintonizzarsi tra loro.

L'attuazione delle raccomandazioni formulate al termine dell'esercitazione è stata avviata a metà 2015 ed è tuttora in corso. Per quanto concerne le esercitazioni della Rete integrata Svizzera per la sicurezza in generale, il Consiglio federale ha deciso che in futuro dovranno essere svolte periodicamente (almeno ogni otto anni). Inoltre, l'Ufficio federale della protezione della popolazione è stato incaricato di seguire i lavori relativi all'attuazione delle raccomandazioni e di presentare a tale riguardo rapporti periodici al Consiglio federale.

4.4

Mezzi per la condotta in materia di politica di sicurezza

La condotta in materia di politica di sicurezza non solo deve funzionare anche in caso di guerra e di catastrofe, ma in simili contesti si rivela molto più importante che in situazioni normali. Per garantire il funzionamento della condotta in materia di politica di sicurezza in tali situazioni è necessario disporre di locali di lavoro, impianti e mezzi di comunicazione che siano protetti contro influssi fisici ed elettronici nonché contro eventuali interruzioni dell'erogazione di corrente e che consentano comunicazioni semplici, rapide e non intercettabili.

Comunicazioni sicure Per garantire comunicazioni sicure servono reti di trasmissione a banda larga efficienti e disponibili anche quando le principali infrastrutture di comunicazione di uso quotidiano, ottimizzate soprattutto dal punto di vista dell'economicità, non funzionano più, per esempio a causa dell'interruzione dell'erogazione di corrente per lunghi periodi, della persistente penuria di energia elettrica o di un cyberattacco. Affinché i collegamenti possano essere garantiti, gli utenti devono avere a disposizione infrastrutture ridondanti. È prioritario che il sistema radio di sicurezza Polycom mantenga la sua funzionalità. Nei prossimi anni, inoltre, diversi servizi di tutti i dipartimenti della Confederazione, nonché tutti i Cantoni e i gestori di infrastrutture critiche dovranno essere collegati tra loro attraverso una rete di dati sicura, incluso un sistema di accesso ai dati. Oltre a ciò, nell'intero settore dei sistemi di comunicazione e di allarme ci sarà un notevole bisogno di ammodernamento. Anche i nuovi centri di calcolo della Confederazione in cui vengono memorizzate informazioni indispensabili per la condotta in materia di politica di sicurezza soddisferanno particolari requisiti di sicurezza.

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L'esercito ha esigenze ancora più elevate per quanto concerne le proprie infrastrutture di comunicazione fisse, visto che queste ultime devono essere disponibili anche in caso di eventi bellici diretti.

Oltre alle infrastrutture di comunicazione fisse, occorrerà verificare se e come ridefinire anche la comunicazione mobile a banda larga tra le autorità e le organizzazioni che si occupano di salvataggio e sicurezza. In tale ambito viene data particolare importanza alle sinergie con progetti analoghi dell'esercito.

Per la gestione di crisi complesse e situazioni d'emergenza c'è l'esigenza di un'analisi integrata della situazione nazionale che colleghi tutti i partner della Rete integrata Svizzera per la sicurezza e che oltre a informazioni scritte renda possibile anche, ad esempio, la trasmissione di rappresentazioni grafiche, dati e immagini. Le informazioni dovrebbero potere essere preparate così che ne risulti una rappresentazione della situazione complessiva idonea per la relativa condotta dell'impiego.

Impianti protetti La Cancelleria federale, l'esercito, il Servizio delle attività informative della Confederazione e l'Ufficio federale della protezione della popolazione con la Centrale nazionale d'allarme gestiscono un certo numero di impianti (in genere sotterranei) protetti da influssi fisici ed elettronici esterni82. L'obiettivo principale di questi impianti non è proteggere le persone, ma mantenere la capacità di condotta della Confederazione e, in parte anche dei Cantoni: ­

condotta: protezione fisica della condotta e garanzia della sua capacità di funzionamento e comunicazione;

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Consiglio federale: condotta politica;

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Comando dell'esercito: condotta di formazioni militari;

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Centrale nazionale d'allarme: comunicazioni con i Cantoni e gestione delle emergenze;

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comunicazioni: collegamento all'interno delle reti di comunicazione e tra queste ultime (punti nodali), centri di calcolo;

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memorizzazione dei dati.

L'esercizio e il mantenimento di una prontezza sufficiente generano spese costanti e ingenti. Il numero degli impianti di questo tipo è notevolmente diminuito negli ultimi 15­20 anni, soprattutto in seguito allo scioglimento di formazioni dell'esercito, ed è prevista un'ulteriore riduzione degli impianti utilizzati dall'esercito.

L'utilità di questi impianti viene talvolta messa in discussione sottolineando come, essendo le minacce sempre meno fisiche, diminuisca progressivamente anche la necessità di impianti protetti contro influssi di tipo fisico. Tale argomentazione non risulta però sufficiente per diversi motivi:

82

Per motivi di tutela del segreto non è possibile indicare dettagliatamente in questa sede il numero, l'ubicazione e la funzione degli impianti in questione.

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gli impianti esistenti non proteggono soltanto da influssi fisici ma anche da altri fattori, per esempio di tipo elettronico, e possono essere utilizzati anche in caso di interruzione dell'erogazione di corrente per lunghi periodi;

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i punti nodali delle comunicazioni e alcuni centri di calcolo devono essere protetti in ogni caso e ­ nonostante i considerevoli oneri per la loro manutenzione ­ il mantenimento degli impianti esistenti rappresenta una soluzione efficiente in questo senso;

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infine, non è escluso che possano verificarsi situazioni in cui le normali postazioni di lavoro e gli impianti comunemente utilizzati non siano sufficienti per resistere a determinati influssi fisici (bombardamenti, attacchi aerei).

Occorre inoltre considerare che è molto più facile garantire la sicurezza degli attuali impianti protetti che non di infrastrutture di superficie e che tali impianti sono stati oggetto di notevoli investimenti.

Visti le minacce e i pericoli esistenti e considerando il contributo fornito dagli impianti protetti alla resilienza della condotta politica e militare, appare ragionevole preservare la capacità di funzionamento degli attuali impianti.

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Elenco delle abbreviazioni API CCPCS CDDGP CEPOL CG MPP CICR CRMPC CSIP CSP DATEC DDPS DEFR DFF DFGP Eurodac Eurojust Europol fedpol GIP IKAPOL KFOR MELANI NATO NBCN ONU OSCE PICNBC PNR UE VKWV VSK

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Advance Passenger Information Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali della Svizzera Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia Accademia europea di polizia per la formazione di quadri di polizia Conferenza governativa per gli affari militari, la protezione civile e i pompieri Comitato internazionale della Croce Rossa Conferenza dei responsabili cantonali degli affari militari, della protezione della popolazione e della protezione civile Conferenza Svizzera degli Ispettori Pompieri Coordinazione Svizzera dei Pompieri Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca Dipartimento federale delle finanze Dipartimento federale di giustizia e polizia European dactyloscopy (v. anche Glossario) European Union's Judicial Cooperation Unit (v. anche Glossario) European Police Office Ufficio federale di polizia Gruppo di lavoro «Collaborazione intercantonale di polizia in caso di eventi straordinari» Accordo sugli interventi intercantonali di polizia Kosovo Force Centrale d'annuncio e d'analisi per la sicurezza dell'informazione North Atlantic Treaty Organization nucleare, biologico, chimico, naturale Organizzazione delle Nazioni Unite Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa Piattaforma intercantonale di coordinamento NBC Passenger Name Records Unione europea Associazione dei servizi cantonali della tassa militare Associazione svizzera dei comandanti di circondario

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Glossario Agenzia europea per la difesa

Istituzione della politica estera e di sicurezza comune dell'UE volta a rafforzare la cooperazione nell'ambito dello sviluppo di capacità militari nonché in materia di armamenti e ricerca.

Air Situation Data Exchange

Sistema per lo scambio, tra la NATO e gli Stati partner, di dati filtrati dall'immagine completa della situazione aerea (soprattutto dati riguardanti i movimenti aerei civili, senza dati prettamente militari).

Beni a duplice impiego

Beni che possono essere utilizzati sia a scopi civili sia a scopi militari.

Big Data

Volumi di dati troppo grandi o complessi per poter essere analizzati manualmente e con metodi classici dell'elaborazione dati

Catastrofe

Evento improvviso che provoca un numero talmente elevato di danni e di interruzioni da sovraccaricare le risorse materiali e di personale della comunità colpita, rendendo così necessario un aiuto dall'esterno.

Cyberattacco

Atto intenzionale illecito commesso da una persona o da un gruppo nel cyberspazio al fine di compromettere l'integrità, la riservatezza o la disponibilità di informazioni e dati. A seconda del tipo di attacco, un simile atto può avere anche conseguenze fisiche.

Cybercriminalità

Insieme dei reati e delle omissioni punibili commessi nel cyberspazio.

Cyberdifesa

Tutte le misure attive e passive adottate nel cyberspazio al fine di impedire procedure originariamente non previste all'interno di componenti di sistemi d'informazione e di comunicazione.

Cyberincidente

Evento intenzionale o involontario in seguito al quale si innesca nel cyberspazio una procedura che compromette l'integrità, la riservatezza e/o la disponibilità di dati e informazioni e può causare malfunzionamenti.

Cybersabotaggio

Attività volta a perturbare o a interrompere nel cyberspazio il funzionamento affidabile e impeccabile delle infrastrutture d'informazione e comunicazione. A seconda del tipo di sabotaggio, una simile attività può avere anche ripercussioni fisiche.

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Cyberspazio

Insieme delle infrastrutture d'informazione e di comunicazione (hardware e software) che si scambiano reciprocamente dati, li registrano, li memorizzano, li trattano o li trasformano in azioni (fisiche) nonché delle interazioni tra persone, organizzazioni e Stati rese possibili da tali attività.

Cyberspionaggio

Attività volta ad accedere illecitamente nel cyberspazio a informazioni protette, a fini politici, militari o economici.

Enhanced Opportunity Program

Iniziativa della NATO volta a garantire ai partner un accesso privilegiato a informazioni e possibilità di scambio. Finora hanno aderito cinque Stati.

Eurodac

Banca dati delle impronte digitali dell'UE che serve a verificare se una persona ha già presentato una domanda d'asilo o se è già stata fermata per entrata illegale nel territorio dell'UE.

Eurojust

Agenzia dell'UE che fornisce supporto alle autorità giudiziarie nazionali in caso di indagini e procedimenti penali che riguardano più Stati.

Europol

Agenzia dell'UE (senza competenze d'indagine proprie) il cui compito principale è quello di raccogliere e scambiare informazioni nonché di promuovere la collaborazione tra le autorità di polizia.

Framework Nations Concept

Concetto volto a promuovere la cooperazione internazionale e nel cui ambito diversi Paesi, sotto la guida di uno Stato, armonizzano e raggruppano le proprie capacità militari in determinati settori.

Infrastrutture critiche

Infrastrutture la cui perturbazione, interruzione o distruzione ha gravi ripercussioni sulla società, sull'economia e sullo Stato.

Internet delle cose

L'«Internet delle cose» indica la crescente computerizzazione e il collegamento in rete di oggetti (quotidiani).

Interoperabilità

Nel contesto internazionale, capacità di cooperare militarmente con le forze armate di altri Stati; nel contesto nazionale, capacità di collaborare con altri strumenti della politica di sicurezza e altre organizzazioni d'intervento.

Interoperability Platform

Iniziativa della NATO volta a preservare e a rafforzare l'interoperabilità con gli Stati partner (per es. esercizi congiunti, istruzione). Finora hanno aderito 24 Stati, tra cui anche la Svizzera.

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Operational Capabilities Concept

Strumento di cooperazione della NATO destinato agli Stati partner con il quale questi ultimi possono registrare volontariamente capacità e risorse militari in un apposito pool e sottoporle a una valutazione secondo standard comuni.

Partnership Interoperability Initiative

Iniziativa della NATO volta a rafforzare la cooperazione con gli Stati partner. È formata dalle due iniziative Interoperability Platform ed Enhanced Opportunity Program.

Phishing

Procurarsi illegalmente dati d'accesso personali per servizi Internet (p. es. per l'Internet-banking) utilizzando siti Internet, e-mail o messaggi falsificati.

Pooling and Sharing

Letteralmente, «raggruppare e condividere»: gestione e mantenimento congiunti di capacità militari.

Prüm (Trattato di Prüm)

Strumento volto a migliorare il confronto delle impronte digitali e dei profili del DNA e ad agevolare lo scambio di dati relativi ai detentori di veicoli.

Resilienza

Capacità di un sistema, di un'organizzazione o di una società di resistere alle perturbazioni e di preservare per quanto possibile la propria capacità di funzionamento o di ripristinarla in breve tempo.

Sistema d'informazione Schengen

Banca dati dell'UE per la ricerca automatizzata di persone e oggetti nello spazio Schengen.

Situazione d'emergenza

Situazione persistente che è stata originata da una determinata evoluzione o un determinato evento e che non può essere gestita con le normali procedure poiché la sua portata è tale da eccedere le risorse materiali e di personale della comunità colpita.

Situazione particolare

Situazione nella quale determinati compiti dello Stato non possono più essere gestiti con le procedure amministrative normali e nella quale l'attività governativa, interessata soltanto in maniera settoriale, richiede la rapida concentrazione di mezzi nonché la razionalizzazione delle procedure.

Situazione straordinaria

Situazione nella quale le procedure amministrative normali non sono più sufficienti per gestire in numerosi ambiti i compiti da affrontare, per esempio in seguito a catastrofi naturali e situazioni d'emergenza che colpiscono gravemente tutto il Paese oppure in caso di conflitti armati.

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Smart Defense

Iniziativa della NATO volta a impiegare in modo più efficiente le risorse finanziarie nell'ambito delle forze armate attraverso la specializzazione di questi ultime (e rinunce in altri ambiti) e lo sfruttamento di sinergie a livello di istruzione, acquisti e impiego.

Stati fragili

Stati caratterizzati da capacità organizzative, istituzionali e finanziarie insufficienti a soddisfare i bisogni fondamentali della popolazione e a garantire le funzioni statali.

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