16.009 Rapporto sulla politica estera 2015 del 13 gennaio 2016

Onorevoli presidenti e consiglieri, vi sottoponiamo, affinché ne prendiate atto, il rapporto sulla politica estera 2015.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

13 gennaio 2016 In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Johann N. Schneider-Ammann Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

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Compendio Il rapporto sulla politica estera 2015 offre una panoramica della politica estera svizzera nell'anno in rassegna. Nella forma e nella struttura è conforme alla decisione del Consiglio federale del 2011 che conferisce al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) il mandato di sottoporgli ogni anno un resoconto sulle attività di politica estera condotte dalla Svizzera. Conformemente al postulato della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (06.3417), che chiedeva un compendio di tutti i rapporti concernenti la politica estera pubblicati periodicamente, il presente rapporto è inoltre completato da un allegato sulle attività della Svizzera nel Consiglio d'Europa.

In adempimento della mozione 10.3212 Chiaro orientamento strategico della politica estera, nel febbraio del 2012 il Consiglio federale ha adottato il rapporto sugli indirizzi strategici della politica estera per la legislatura (strategia di politica estera 2012­2015). Nel rapporto figurano gli indirizzi strategici seguenti: relazioni con gli Stati confinanti, rapporti con l'Unione europea (UE), stabilità in Europa e nel resto del mondo, partenariati strategici extraeuropei e governance globale. Una buona parte del rapporto sulla politica estera 2015 è strutturata in funzione di tali indirizzi e illustra le modalità con cui nell'anno in rassegna si è provveduto alla loro attuazione. Inoltre, comprende un capitolo introduttivo che riassume e analizza la politica estera della Svizzera nel 2015 e un capitolo sull'attuale tema centrale, l'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Il sottocapitolo «Asia-Pacifico» risponde al postulato 14.3263 Aeschi La Svizzera nell'era asiatica.

Nel corso del 2015 le crisi e i conflitti si sono accumulati e sono aumentati in termini d'intensità e di effetti negativi. Questi avvenimenti non sono né «accidentali», né isolati, ma piuttosto l'espressione di una fase di transizione. Fanno parte della realtà politica internazionale e si ripercuotono sempre più direttamente anche sulla Svizzera. Per tale motivo, con la ricerca di soluzioni durevoli nelle relazioni tra la Svizzera e l'UE, l'impegno per la pace e la sicurezza ha costituito un'altra priorità della politica estera della Svizzera.

Capitolo introduttivo Il capitolo
introduttivo del presente rapporto fornisce in primo luogo una panoramica dei principali sviluppi in materia di politica internazionale. Presenta poi i contributi della politica estera della Svizzera per individuare soluzioni al conflitto siriano, risolvere la crisi migratoria, lottare contro il terrorismo e infine prevenire l'estremismo violento. Riassume infine concisamente l'applicazione della strategia di politica estera per il periodo di legislatura 2012­2015.

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Tema centrale: l'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario La promozione e la difesa dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario fanno parte delle fondamenta della politica estera svizzera. Sin dal principio la Svizzera ha partecipato ai principali sviluppi del diritto internazionale in materia.

Attualmente la sfida più pressante consiste nell'assicurare un miglior rispetto delle regole esistenti e riconosciute dagli Stati. In altri termini, si tratta di ridurre lo scarto tra il diritto e la realtà. Nonostante i progressi innegabili compiuti negli ultimi decenni, resta ancora molto da fare per ridurre questo scarto.

In numerose regioni del mondo si commettono violazioni gravi dei diritti umani.

Talvolta dissimulate da un'apparente stabilità politica o una certa prosperità economica, costituiscono spesso una bomba a orologeria che in men che non si dica può far esplodere disordini interni o un conflitto armato. Anche le regole del diritto internazionale umanitario sono oggetto di gravi violazioni nella maggior parte dei conflitti armati in corso, come testimoniano le guerre in Siria, in Iraq o nel Sudan del Sud. Le popolazioni civili pagano un tributo particolarmente pesante. Sono esposte in prima persona quando i combattimenti si svolgono nelle zone densamente abitate e i combattenti si mescolano alla popolazione. Inoltre, puntualmente sono prese di mira, in violazione del diritto internazionale umanitario. Queste violazioni reiterate dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario nonché le distruzioni causate dalla violenza spingono sempre più persone a scappare dalle loro case. Nel 2015 le esigenze umanitarie globali hanno raggiunto un livello senza precedenti dalla fine della Seconda guerra mondiale.

L'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario tiene conto di queste realtà ed è strettamente legato agli altri obiettivi di politica estera. È definito in un'ottica trasversale poiché punta a contribuire alla stabilità, alla sicurezza e alla prosperità del nostro Paese e del contesto internazionale in cui opera. Il diritto internazionale costituisce l'ossatura dell'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. La Svizzera si appella
agli impegni internazionali assunti dagli Stati e utilizza il diritto internazionale come lingua universalmente riconosciuta per legittimare e strutturare le sue iniziative bilaterali e multilaterali in materia.

Il presente rapporto descrive per sommi capi alcune tendenze attuali in rapporto con i diritti umani e il diritto internazionale umanitario, ovvero l'accelerazione degli sviluppi, soprattutto tecnologici, la crescente importanza degli attori non statali, la complessità dei conflitti armati contemporanei e la tentazione di un isolamento identitario. Nel suo impegno a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, la Svizzera tiene debitamente conto sia delle tendenze e delle sfide attuali, sia dei suoi punti di forza. Il rapporto sulla politica estera 2015 presenta diversi progetti e iniziative in corso, che gravitano intorno a tre indirizzi strategici: 1) preservare l'universalità e l'adeguatezza del quadro di protezione; 2) migliorare il rispetto delle regole esistenti dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; 3) coinvolgere tutti gli attori determinanti.

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Stati confinanti Ancora una volta nel 2015 le visite ufficiali a Berna del presidente della Repubblica francese e della cancelliera tedesca, così come i frequenti colloqui e gli scambi con l'Austria, l'Italia e il Liechtenstein hanno ribadito l'importanza e l'intensità delle relazioni tra la Svizzera e gli Stati confinanti. Tutti questi incontri hanno permesso in particolare di illustrare più in dettaglio l'attuazione del nuovo articolo costituzionale 121a e di ottenere il sostegno degli uni e degli altri nella ricerca di soluzioni nel campo della migrazione. Sul piano bilaterale, il dialogo fiscale con l'Italia e la Francia è continuato e, con quest'ultima, si sono potuti compiere importanti passi avanti nelle questioni fiscali relative al dossier dell'aeroporto di Basilea-Mulhouse.

Con l'Italia è stato firmato un accordo globale sulla fiscalità. Alla fine dell'anno si è riusciti a risolvere anche la questione dell'imposizione dei frontalieri. Sempre in materia fiscale, in gennaio la Svizzera e il Liechtenstein hanno concluso i negoziati per una nuova convenzione contro le doppie imposizioni. In vista della presidenza austriaca dell'OSCE nel 2017, la Svizzera ha proceduto a uno scambio di conoscenze con l'Austria e, nell'ambito di questa organizzazione, ha inoltre deciso di rafforzare la propria cooperazione con i vicini germanofoni. Per concludere, nel 2015 la partecipazione della Svizzera all'esposizione universale di Milano ha contribuito sensibilmente a intensificare la collaborazione con l'Italia.

Politica europea Nel contesto dell'attuazione dell'articolo costituzionale 121a, le relazioni tra la Svizzera e l'UE si sono focalizzate sulla ricerca di una soluzione per la libera circolazione delle persone che consenta alla Svizzera di gestire meglio la propria immigrazione, consolidando e sviluppando la via bilaterale. Nel secondo semestre del 2015, le consultazioni avviate in febbraio con la Commissione europea sulla libera circolazione delle persone si sono intensificate, la struttura negoziale svizzera è stata rafforzata e si sono rilanciate le trattative sulle questioni istituzionali. In dicembre il Consiglio federale ha definito le grandi linee del messaggio sull'attuazione dell'articolo costituzionale 121a. Ha confermato che la sua priorità rimane quella di raggiungere un'intesa con l'UE
sulla libera circolazione delle persone.

Una soluzione del genere garantirebbe la certezza del diritto e il mantenimento degli acquis della via bilaterale. Consentirebbe inoltre di estendere l'accordo sulla libera circolazione delle persone alla Croazia, che è una delle condizioni per la partecipazione della Svizzera al programma di ricerca «Horizon 2020» dopo il 2016. In mancanza di una soluzione concertata con l'UE, il Consiglio federale proporrà al Parlamento di prevedere una clausola di salvaguardia unilaterale per i cittadini dell'UE/AELS.

L'afflusso senza precedenti di richiedenti l'asilo in Europa ha spinto l'UE a prevedere risposte comuni nel campo dell'accoglienza e della ripartizione dei rifugiati.

La Svizzera ha partecipato a questi sforzi, sia finanziariamente, sia in termini di personale, impegnandosi nelle operazioni dell'agenzia FRONTEX e fornendo sostegno all'Italia e alla Grecia, Paesi di prima accoglienza. Ha inoltre partecipato al primo programma di ridistribuzione dei migranti deciso dall'UE e ha approvato il principio di una partecipazione al secondo programma.

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Stabilità in Europa e nel resto del mondo Il 2015 è stato un anno difficile per la pace e la stabilità in tutto il mondo. Nei primi mesi dell'anno il perdurare del conflitto in Siria e l'espansione dell'organizzazione estremista «Stato islamico» sul territorio iracheno e siriano hanno spinto milioni di persone a fuggire. Altri conflitti a sud e a est dell'Europa sono rimasti irrisolti e hanno avuto dure ripercussioni sulla popolazione civile. La Svizzera ha sostenuto, tra gli altri, gli sforzi di pace dell'ONU in Siria, nello Yemen e in Libia. Nel quadro dell'OSCE ha collaborato attivamente per trovare una soluzione politica alla crisi in Ucraina e per risolvere la crisi della sicurezza in Europa. Numerosissime sono state le richieste per ottenere il sostegno dei buoni uffici e delle conoscenze svizzere in materia di promozione della pace. Inoltre, la Svizzera si è altresì impegnata al massimo nella prevenzione contro l'estremismo violento. Le altre priorità durante l'anno in rassegna sono state la promozione dei diritti umani e il rafforzamento del diritto internazionale umanitario.

Nei settori in cui le necessità delle persone interessate sono state particolarmente pressanti, in particolare nel Vicino e Medio Oriente, come pure nelle zone di crisi dell'Africa subsahariana, la Svizzera ha rafforzato il proprio aiuto umanitario.

Dopo una decisione in materia del Consiglio federale in settembre, la Svizzera ha potuto destinare prima dell'inverno 25 milioni di franchi alle vittime in Siria e nei Paesi limitrofi, cinque milioni alla crisi umanitaria in Iraq e 19 milioni al Corno d'Africa. La Delegazione delle finanze del Parlamento aveva sostenuto l'urgenza di questa misura. In totale, dal 2011 la Svizzera ha stanziato 203 milioni di franchi per aiutare le vittime della guerra in Siria nel loro Paese.

In settembre la Svizzera ha accolto favorevolmente l'adozione da parte dell'ONU dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, che fissa le priorità su scala mondiale per i prossimi quindici anni. Il nostro Paese si è impegnato a fondo per elaborare un'Agenda 2030 ambiziosa e definire obiettivi completi nei settori della pace, dello Stato di diritto, delle risorse idriche, della sanità e della parità dei sessi. Ha inoltre contribuito a inserire in questa nuova Agenda obiettivi legati a questioni
importanti quali la migrazione, la riduzione dei rischi di catastrofe e la sostenibilità in materia di produzione e di consumo. La Svizzera ha inoltre assunto un ruolo pionieristico durante i negoziati sull'elaborazione di un meccanismo adeguato per controllare l'attuazione del programma a livello mondiale.

Partenariati strategici e temi globali Il disgelo nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba ha comportato per la Svizzera la fine del mandato di protezione degli interessi cubani a Washington e la fine del mandato di protezione degli interessi americani a L'Avana. Questo evento ha inaugurato una nuova era per Cuba, che la Svizzera ha proposto di accompagnare in futuro. Con il Messico, che è un importante membro del G-20, è stata firmata una dichiarazione comune che permette di approfondire la cooperazione bilaterale. In generale, la ripresa economica e sociale della regione Asia-Pacifico offre opportunità importanti per la Svizzera in termini di commercio, d'investimenti e di scambi; un dinamismo incarnato dalla conclusione dei negoziati della Trans-Pacific Partnership in ottobre. Per quanto riguarda l'Asia, la Svizzera e la Cina hanno organiz-

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zato in marzo un incontro bilaterale in materia di diritti umani e, nello stesso periodo, una delegazione tripartita ha condotto colloqui in materia di lavoro e occupazione. In agosto si è tenuta in Svizzera la prima riunione del comitato misto dell'Accordo di libero scambio tra la Svizzera e la Cina. La Cina, che dal 1° dicembre presiede il G20, ha invitato la Svizzera a partecipare agli incontri dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei Paesi del G20. In Africa, come altrove nel mondo, la Svizzera si è impegnata a difesa di numerosi temi globali (democrazia, diritti umani, promozione della pace, sviluppo ecc.).

L'anno trascorso ha inoltre visto la Svizzera accedere a due importanti organismi dell'ONU: il Consiglio dei diritti umani (2016­2018) e la vicepresidenza del Comitato ECOSOC (2016). Questi impegni e lo strumento che rappresenta per la Svizzera la Ginevra internazionale rafforzano l'attuazione della sua politica estera. La Svizzera si è impegnata affinché tutti gli Stati ratificassero il Trattato sul commercio delle armi (TCA) e ha contribuito a predisporre le basi istituzionali e procedurali destinate a garantirne l'applicazione. Ha ottenuto il privilegio di accogliere il segretariato del TCA, che avrà sede a Ginevra. In giugno il Parlamento ha approvato a vasta maggioranza il messaggio che punta a consolidare e a sviluppare durevolmente il ruolo di Stato ospite della Svizzera, soprattutto per il tramite della Ginevra internazionale. Prevede in particolare di migliorare le infrastrutture immobiliari e tecnologiche e di promuovere una migliore interazione tra i vari attori internazionali e nazionali.

Sostegno ai cittadini svizzeri all'estero e servizi consolari Quale interlocutore centrale, la rete delle rappresentanze svizzere, congiuntamente con la Direzione consolare del DFAE, mette a disposizione dei cittadini svizzeri all'estero un'offerta completa di servizi. Questa offerta, che comprende misure di prevenzione e di assistenza, è completata dal Centro di gestione delle crisi. Il 1° gennaio 2015, conformemente al principio dell'interlocutore centrale, la sezione Aiuto sociale agli Svizzeri all'estero è stata trasferita dall'Ufficio federale di giustizia (UFG) alla Direzione consolare. Forte di questa nuova sezione, la Direzione consolare assiste oramai
i cittadini svizzeri che viaggiano o risiedono all'estero in maniera uniforme e sotto la propria responsabilità. Dal 1° gennaio 2015, in seguito all'integrazione di due unità organizzative (Sicurezza e Geoservizi), il Centro di gestione delle crisi del DFAE è in grado di fornire prestazioni ancora più ampie nei settori della prevenzione, della preparazione e della gestione delle crisi. Oltre a un monitoraggio particolarmente attento in svariate regioni e Paesi del mondo, il Centro di gestione delle crisi ha posto l'accento su misure preparatorie per affrontare eventuali problemi, nel contesto tra l'altro di avvenimenti di grande portata.

Ha inoltre coordinato e contribuito a gestire la risposta svizzera a varie crisi (p. es., epidemia di Ebola, terremoto in Nepal, catastrofe aerea della compagnia Germanwings, attacchi terroristici, disordini politici in Africa ecc.).

Informazione e comunicazione La comunicazione internazionale pone l'accento sui punti di forza della Svizzera.

Nel 2015, la partecipazione della Svizzera all'Expo di Milano («Nutrire il pianeta, energia per la vita») ha costituito una priorità. Il Padiglione Svizzera ha registrato

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un afflusso medio di 11 400 visitatori al giorno. Le torri riempite di prodotti alimentari in quantità limitata hanno spronato i visitatori a riflettere sul loro comportamento alimentare. La Svizzera si è presentata all'Italia e a tutto il mondo come un Paese aperto, solidale e responsabile sul piano alimentare. Anche i messaggi chiave in termini di comunicazione sono giunti al pubblico mediante numerosi altri canali.

Parallelamente a una presenza crescente sulle reti sociali, si sono organizzate varie manifestazioni, per esempio in occasione degli incontri di fotografia di Arles e del carnevale di Rio. Spesso queste attività sono condotte in stretta cooperazione con la rete esterna. Con lo slogan «Solar Impulse, un'idea nata in Svizzera», il DFAE ha così sostenuto l'impresa dell'aereo solare di compiere il giro del mondo. Gli eventi organizzati nei Paesi in cui Solar Impulse ha fatto tappa hanno messo in evidenza le innovazioni svizzere nel settore dell'energia.

Risorse e rete esterna La rete esterna svizzera, attualmente costituita da 170 rappresentanze all'estero, è adeguata costantemente alle esigenze della Svizzera e alla situazione internazionale.

A causa delle misure di risparmio, il Consiglio federale ha deciso di chiudere l'ambasciata svizzera in Paraguay. Per la prima volta nel 2015, la Svizzera ha ospitato il Toronto Group, una piattaforma informale che raggruppa alti rappresentanti dei ministeri degli affari esteri di 30 Paesi e del Servizio europeo per l'azione esterna dell'UE. Questo forum ha offerto l'occasione di discutere di risorse e organizzazione in materia di politica estera, ma anche di possibilità di collaborazione con il settore privato e le istituzioni scientifiche, con le quali la Svizzera lavora già a stretto contatto. Nella rete esterna, la cooperazione si è intensificata ulteriormente con partner interni (p. es. SEFRI, Swissnex) ed esterni all'Amministrazione federale (p. es. con «Switzerland Global Enterprise» per rafforzare gli «Swiss Business Hubs» nelle rappresentanze svizzere e con Pro Helvetia per le sue succursali e i suoi programmi di scambi culturali), allo scopo di sfruttare maggiormente le sinergie. Durante l'anno in rassegna, si è inoltre sviluppata una serie di progetti che prevedono l'utilizzo di uno stesso edificio da parte di rappresentanze diplomatiche e/o consolari di diversi Paesi.

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Indice Compendio

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Politica estera svizzera nel 2015: bilancio e prospettive 1.1 Linee di sviluppo della politica mondiale 1.1.1 Peggioramento dell'impatto delle crisi nel contesto regionale europeo 1.1.2 Gestione delle crisi in un mondo multipolare 1.1.3 Progressi nell'impostazione della globalizzazione: Agenda 2030 e accordo sul clima 1.2 Il conflitto siriano e le sue conseguenze segnatamente per la politica estera svizzera 1.2.1 Sfide complesse ­ politica estera sotto forte pressione 1.2.2 Contributo alla gestione della crisi dei rifugiati 1.2.3 Contributo alla lotta contro il terrorismo 1.2.4 Contributo alla ricerca di una soluzione al conflitto siriano 1.3 Attuazione della strategia di politica estera 2012­2015 1.3.1 Approfondimento delle relazioni con gli Stati limitrofi e ricerca di soluzioni 1.3.2 Intensa ricerca di una soluzione con l'UE 1.3.3 Impegno globale a favore dello sviluppo, della pace e del diritto internazionale pubblico 1.3.4 Promozione della Ginevra internazionale e della governance mondiale L'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario 2.1 Introduzione 2.2 I capisaldi dell'impegno svizzero 2.2.1 Profonde radici storiche 2.2.2 Al servizio della pace, della sicurezza e della prosperità 2.2.3 Il diritto internazionale: colonna portante del nostro impegno 2.2.4 I punti di forza elvetici 2.3 Sfide e tendenze attuali 2.3.1 Accelerazione dei processi di sviluppo e rapida evoluzione delle tecnologie 2.3.2 L'importanza crescente degli attori non statali 2.3.3 La complessità dei conflitti armati in corso 2.3.4 La tentazione di chiusure identitarie 2.4 Assi strategici dell'impegno svizzero 2.4.1 Preservare l'universalità e l'adeguatezza del quadro normativo di protezione 2.4.2 Migliorare il rispetto delle regole esistenti 2.4.3 Coinvolgere tutti gli attori determinanti

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Attività di politica estera della Svizzera nel 2015 3.1 Paesi confinanti 3.2 Politica europea 3.2.1 Unione europea 3.2.2 Relazioni con i Paesi di Europa, Caucaso e Asia centrale 3.3 La stabilità in Europa e nel mondo 3.3.1 OSCE 3.3.2 Consiglio d'Europa 3.3.3 Sicurezza internazionale 3.3.4 Cooperazione internazionale 3.3.5 Promozione della pace e della sicurezza umana 3.3.6 Diritto internazionale, diritto internazionale umanitario, giurisdizione penale e lotta contro il terrorismo 3.4 Partenariati strategici e tematiche globali 3.4.1 Rapporti bilaterali con Stati extraeuropei e organizzazioni regionali 3.4.2 L'ONU e la Ginevra internazionale 3.4.3 Sviluppo sostenibile 3.4.4 Politiche estere settoriali 3.5 Sostegno ai cittadini all'estero e servizi consolari 3.6 Informazione e comunicazione 3.7 Risorse e rete esterna

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Elenco delle abbreviazioni

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Allegato: Informazioni complementari riguardanti il Consiglio d'Europa

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Politica estera svizzera nel 2015: bilancio e prospettive

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Linee di sviluppo della politica mondiale

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Peggioramento dell'impatto delle crisi nel contesto regionale europeo

Nel 2015 le situazioni di crisi hanno continuato influire nel contesto regionale europeo e svizzero. Negli Stati ai confini meridionali dell'Europa l'instabilità è ulteriormente aumentata. Nell'anno in rassegna diversi Stati arabi sono stati segnati da conflitti armati. Nell'Europa orientale, a febbraio, è stato possibile allentare la tensione militare nella crisi ucraina; il cessate il fuoco e il processo di pace restano tuttavia precari. Una soluzione rapida non si delinea né per la crisi ucraina né per la crisi legata alla sicurezza europea.

La violenza armata continua ad aumentare confermando la tendenza in atto. Stando alle stime, dal 2008 il numero delle vittime dovute a conflitti armati è più che triplicato. Nel 2014 hanno causato la morte di circa 180 000 persone, mentre attualmente sono in fuga oltre 60 milioni di persone ­ in assoluto il valore più elevato dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il sistema umanitario internazionale mostra sempre più i suoi limiti.

Particolarmente preoccupante è la situazione in diverse parti del Vicino e Medio Oriente. Secondo i dati dell'ONU il conflitto armato in Sira ha già causato oltre 250 000 vittime. Solo nel 2015 più di un milione di siriani ha lasciato il Paese.

Complessivamente, nelle regioni limitrofe sono stati registrati circa 4,3 milioni di profughi siriani, di cui più della metà bambini. Tra il 2011 e novembre 2015 circa 800 000 siriani hanno chiesto asilo in Europa. Solo nei primi tre trimestri del 2015, sono giunte in Europa circa 380 000 persone provenienti da questo Paese. Inoltre, in Siria 13,5 milioni di persone dipendono dall'aiuto umanitario, 6,5 milioni di queste sono da considerare profughi interni.

Anche in Libia e nello Yemen sono proseguiti i conflitti armati che, come per la Siria, sono sorti sulla scia della cosiddetta Primavera araba. Nel 2015 in Iraq la violenza armata ha causato la morte di oltre 2100 civili, il Paese conta inoltre 3,5 milioni di sfollati. Da gennaio a ottobre 2015 43 500 iracheni hanno chiesto asilo in Europa. Iraq e Yemen, con Siria e Sudan del Sud, sono i quattro Paesi che l'ONU ha classificato nel 2015 al massimo stadio di emergenza umanitaria. Il conflitto israelopalestinese, che si protrae da decenni, non sembra trovare via d'uscita. L'assenza di progressi nel processo di negoziazione per il
riconoscimento di due Stati non fa che accrescere il rischio di una nuova esacerbazione della violenza.

La concomitanza di fattori quali la persistenza dei conflitti armati, la fragilità istituzionale, la corruzione a livello governativo come anche la mancanza di prospettive economiche hanno reso il terreno fertile per la diffusione del terrorismo di stampo jihadista negli archi di crisi a sud dell'Europa. A questo proposito, il cosiddetto Stato 478

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islamico (ISIS) è stato al centro della cronaca del 2015. Il suo progetto di creazione di uno Stato sul confine siriano-iracheno, basato su principi religiosi e di egemonia politica, si è scontrato con una resistenza sempre più forte da parte della comunità internazionale. Tuttavia, nell'anno in rassegna, non è stato possibile sgretolare le fondamenta di questa milizia terrorista che agisce con estrema brutalità. L'attrattiva dell'ISIS per i combattenti stranieri resta immutata.

Si può al contrario osservare che il raggio d'azione dell'ISIS non ha fatto che aumentare. Nel contesto regionale l'organizzazione terroristica ha perpetrato attentati particolarmente gravi per numero di vittime, segnatamente in Egitto, Libia, Tunisia, Yemen e Libano. In Libia e altrove ha inoltre ripetutamente tentato di creare nuove basi operative. Analogamente a quanto successo ad esempio con Boko Haram nell'Africa occidentale, con Al-Shabaab nel Corno d'Africa e con i Talebani in Afghanistan e in Pakistan, vi è il rischio che l'ISIS estenda sempre più la sua influenza a regioni intere, dal Nord Africa all'Asia sud-occidentale.

Nel 2015 anche l'Europa è entrata nel mirino del terrorismo di stampo jihadista.

Dopo gli attentati di Parigi di gennaio, di Copenaghen il mese successivo e lo sventato attacco terroristico su un treno ad alta velocità ad agosto, la minaccia terrorista ha raggiunto una nuova dimensione in novembre, con gli attentati coordinati nella capitale francese. Nel corso dell'anno in rassegna l'ISIS si è evoluto in un'organizzazione terroristica in grado di agire sul piano globale, che lotta sia contro il nemico «vicino» sia contro quello «lontano» (principalmente nei Paesi occidentali). La minaccia costituita dal terrorismo per le società liberali dei Paesi europei è manifestamente aumentata. Misure come la forte limitazione delle attività imposta per giorni agli abitanti di Bruxelles a causa dello stato di allerta massimo hanno evidenziato come questa piaga possa ripercuotersi sulla vita quotidiana.

L'esistenza di un rapporto di stretta interdipendenza tra la sicurezza nel Mediterraneo e la sicurezza dell'Europa era stata già evidenziata oltre un quarantennio fa nell'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE) di Helsinki. Il terrorismo jihadista manifestatosi in
Europa non è che una conseguenza della crescente instabilità che regna negli Stati ai confini meridionali.

Ma anche l'aumento considerevole del flusso migratorio verso l'Europa è in gran parte riconducibile alla minore stabilità e alla crescente mancanza di prospettive in questa regione del mondo. All'inizio dell'anno la migrazione sud-nord ha seguito la tendenza del 2014, con un elevato numero di sbarchi in Italia attraverso la rotta centrale del Mediterraneo. Poi però, dalla metà del 2015, le vie d'accesso maggiormente impiegate sono state prima quella del Mediterraneo orientale e poi quella dei Balcani occidentali. Migliaia di profughi e di migranti hanno tentato di raggiungere l'Europa passando attraverso la Turchia e i Balcani. La maggior parte di loro era in fuga dalla guerra e dalla violenza.

Anche la crisi dei profughi tocca essenzialmente gli Stati a sud e ad est del Mediterraneo, in quanto accolgono la maggior parte di queste persone. Tuttavia, considerata l'ampiezza di questo fenomeno migratorio imprevedibile, anche l'Europa si trova a confrontarsi con enormi sfide. Gli sforzi di solidarietà nella ripartizione dei profughi e dei migranti, una sorveglianza rafforzata delle frontiere esterne allo spazio Schengen e la questione legata al futuro del sistema di Dublino mettono l'Unione europea a dura prova.

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Il maggior flusso di profughi colpisce l'Europa proprio in un momento in cui l'UE si trova già a misurarsi con numerose altre sfide. Sia la crisi del debito e dell'euro al suo interno sia i numerosi focolai di crisi nei Paesi vicini attendono una soluzione.

La frammentazione politica in Europa è aumentata, l'esito del referendum britannico sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione europea resta incerto.

In ogni caso, nel corso del processo di unificazione, l'UE ha sviluppato anche una certa capacità di resistenza alle crisi, che è sempre stata in grado di gestire. La frequenza delle riunioni ministeriali e dei vertici straordinari tenutisi a Bruxelles nel 2015 testimoniano non solo la molteplicità e la complessità delle attuali sfide ma anche instancabile volontà di portare avanti un'azione comune.

Nonostante tutte le difficoltà l'UE resta la chiave di volta della stabilità e del benessere in Europa. La salvaguardia della sua capacità di agire è dunque anche nell'interesse della Svizzera. Certo è che nel contesto delle sfide attuali è praticamente impossibile prevedere come evolverà l'UE in futuro. Si possono immaginare sia ulteriori passi in direzione di un consolidamento sia modelli di integrazione più flessibili e differenziati. È tuttavia chiaro che la permanenza della Gran Bretagna nell'UE costituisce una priorità per Bruxelles e per molti Stati membri.

1.1.2

Gestione delle crisi in un mondo multipolare

Come già il 2014, anche l'anno in rassegna si è svolto all'insegna della diplomazia di gestione delle crisi. A questo proposito il conflitto siriano ha occupato un posto sempre più rilevante nell'agenda politica mondiale. Le pesanti ripercussioni che ne conseguono per l'Europa spiegano in parte l'intensificazione degli sforzi profusi per tentare di trovare una soluzione politica a questo conflitto.

E proprio in relazione alla situazione siriana è emerso quanto possa essere laboriosa e complessa la diplomazia di gestione delle crisi in un mondo segnato dall'emergere di nuove potenze, da una chiaro ritorno a politiche egemoniche, da una messa in questione degli ordinamenti e delle norme stabiliti, da un deficit di gestione a livello globale e da una proliferazione di attori non statali facenti ricorso alla forza.

Il conflitto siriano racchiude in sé diversi elementi: è una guerra civile con un'opposizione frammentata, una guerra geopolitica svolta per conto di poteri regionali, improntata su valori religiosi e in parte etnici, nonché un pomo della discordia tra grandi potenze. I contenuti di una soluzione pacifica di questo conflitto avranno ripercussioni anche su una riorganizzazione della regione.

In questo contesto la costituzione nel 2015 del Gruppo di sostegno internazionale per la Siria, che riunisce tutti gli attori regionali e internazionali rilevanti, può essere ritenuto un importante passo avanti. Il processo negoziale tra i diversi attori siriani dovrebbe prendere il via a inizio 2016 come stabilito nella risoluzione 2254 approvata dal Consiglio di sicurezza dell'ONU lo scorso 18 dicembre. Le probabilità di successo di questi negoziati svolti sotto l'egida dell'ONU dipenderanno tra l'altro dalla capacità degli attori chiave implicati di sviluppare una visione comune circa il futuro del presidente al-Assad. Resta inoltre da vedere se sarà possibile giungere a

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un mandato internazionale esteso per lottare contro l'ISIS oppure se la lotta armata continuerà a far capo alle numerose coalizioni con interessi contrastanti.

Nella crisi ucraina la diplomazia è in una fase più avanzata rispetto alla situazione siriana. Con il «formato Normandia» (Ucraina, Russia, Germania, Francia), il Gruppo di contatto trilaterale istituito nel 2014 sotto la presidenza svizzera dell'OSCE (Ucraina-Russia, OSCE) e la Special Monitoring Mission (SMM) esiste un quadro istituzionale per la gestione della crisi. Sulla base del pacchetto di misure di Minsk del febbraio 2015 è stato possibile allentare la tensione nella zona a partire dall'estate. Tuttavia il cessate il fuoco è rimasto precario sino alla fine dell'anno e il processo politico si è rivelato più lento di quanto previsto inizialmente. Per un'applicazione integrale degli accordi di Minsk tutte le parti coinvolte dovranno dare prova di maggiore volontà politica e di disponibilità a scendere a ulteriori compromessi.

Le sfide legate alla crisi ucraina restano importanti. Nell'anno in rassegna, i colloqui tra Kiev, Mosca e Bruxelles sul libero scambio tra Ucraina e UE a partire dal 2016 non hanno permesso di giungere a un consenso. Anche sul futuro statuto dell'Ucraina (e degli altri Stati post-sovietici geograficamente vicini sia alla NATO che alla Russia) in materia di sicurezza politica non si delinea un'intesa. Le tensioni tra l'Ucraina e la Russia permangono, anche per quanto concerne il futuro della penisola della Crimea annessa dalla Russia in violazione del diritto internazionale. Parallelamente, la situazione in Ucraina è caratterizzata da un'incessante pressione circa l'attuazione di riforme, difficoltà finanziarie e una polarizzazione della politica interna.

Anche la crisi concernente il moderno ordinamento di pace paneuropeo potrà essere risolta solo a medio-lungo termine. La mancanza di fiducia tra la Russia e l'Occidente come anche le gravi violazioni dei principi di Helsinki commesse nel quadro della crisi ucraina ipotecano fortemente la sicurezza europea. È comunque positivo il fatto che, nonostante queste divergenze, la Russia e i Paesi occidentali si mostrano disposti a cooperare in presenza di interessi comuni. Per scoprire le altre interazioni tra la crisi ucraina e la crisi siriana bisognerà attendere.
L'accordo sul programma nucleare iraniano siglato lo scorso mese di luglio dimostra che, anche in un contesto polarizzato come quello attuale, la diplomazia di gestione delle crisi, con pazienza e perseveranza, è in grado di trovare soluzioni. Dieci anni dopo i primi negoziati su questo programma, i Paesi membri dell'ONU con diritto di veto come anche la Germania e l'UE hanno concluso con l'Iran un accordo che in un certo senso segna una tappa negli sforzi profusi nell'ambito della non proliferazione nucleare e apre le porte a nuove prospettive per la sicurezza regionale nel Vicino e Medio Oriente.

Nell'anno in rassegna bisogna tuttavia constatare che le tensioni e le divergenze di interessi tra le grandi potenze si sono costantemente frapposte alla gestione duratura delle crisi. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU è certamente giunto a un consenso su misure importanti in diversi dossier, ad esempio per quanto concerne le missioni di mantenimento della pace dell'ONU nell'Africa subsahariana oppure il ruolo delle donne nei conflitti nel quadro del 15° anniversario della risoluzione 1325 sulle donne, la pace e la sicurezza. Tuttavia si è mostrato diviso e poco influente su aspetti centrali di politica internazionale, per esempio concernenti l'Ucraina o la Siria; si

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spera tuttavia che per quanto concerne la Siria, la citata risoluzione 2254 in cui il Consiglio di sicurezza ha trovato per la prima volta un'intesa circa una via politica per risolvere il conflitto, possa rappresentare un punto di svolta.

1.1.3

Progressi nell'impostazione della globalizzazione: Agenda 2030 e accordo sul clima

Nonostante la diplomazia di gestione delle crisi sia fortemente sollecitata, trovare risposte concertate alle sfide globali resta un compito centrale della politica estera.

Anche questo compito orientato al lungo termine richiede, nel nostro mondo multipolare, molti sforzi. Nell'anno in rassegna ne è un esempio la fallita Conferenza d'esame del trattato di non proliferazione nucleare. Attualmente è difficile far avanzare gli sforzi multilaterali per il disarmo e la non proliferazione nucleare.

Nel 2015 sono tuttavia stati fatti notevoli progressi sul fronte dell'impostazione della globalizzazione, in primo luogo con l'adozione, in occasione del vertice ONU a New York, dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile. Dopo tre anni di lavori preparatori e negoziati, i capi di Stato e di governo hanno approvato un quadro globale ambizioso per lo sviluppo sostenibile. Con la sua validità universale e il suo approccio globale che integra le tre dimensioni della sostenibilità ­ società, economia e ambiente ­ l'Agenda 2030, impostata su 17 obiettivi, costituisce un importante cambio di paradigma. Il suo valore dipende anche dal fatto che considera i rapporti di causa-effetto tra lo sviluppo e la pace, tiene debitamente conto degli attori non statali e si basa su un concetto di finanziamento innovativo.

Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nella lotta contro la povertà. La quota di popolazione che vive in estrema povertà è diminuita passando dal 43 per cento nel 1990 al 14 per cento nel 2015. Grazie agli Obiettivi del Millennio il numero di bambini non scolarizzati si è quasi dimezzato. Anche in ambito sanitario sono stati osservati alcuni importanti miglioramenti, ad esempio nella lotta contro la tubercolosi o per quanto concerne la diminuzione della mortalità infantile. L'Agenda 2030 costituisce una solida base di partenza per ridurre ulteriormente la povertà e garantire uno sviluppo sostenibile.

Il 2015 è stato un anno fruttuoso anche per la politica climatica internazionale. Dopo diversi anni di preparativi i rappresentanti di 195 Paesi riuniti a Parigi per la Conferenza sul clima sono giunti a un accordo su un nuovo regime climatico per il dopo 2020. Per la prima volta nella storia tutti gli Stati hanno acconsentito a fissare obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto
serra. Anche se questi obiettivi non sono giuridicamente vincolanti e anche se saranno indispensabili ulteriori misure per raggiungere l'obiettivo comune di limitare a meno di due gradi l'aumento della temperatura globale, l'accordo di Parigi lascia intravedere importanti nuove prospettive.

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1.2

Il conflitto siriano e le sue conseguenze segnatamente per la politica estera svizzera

1.2.1

Sfide complesse ­ politica estera sotto forte pressione

Le situazioni di crisi sul piano interazionale toccano anche la Svizzera. Per la Svizzera ­ Paese fortemente globalizzato e con un'economia d'esportazione ­ e in particolare per la sua sicurezza e il suo benessere sono essenziali un contesto stabile e un ordine internazionale sostenibile e giusto. Negli ultimi anni, nel quadro della sua politica estera indipendente e partecipativa, ha potuto dimostrare di saper apportare preziosi contributi alla gestione delle crisi e allo sviluppo di soluzioni comuni alle sfide globali. Proprio in periodi di insicurezza e crisi è nell'interesse della Svizzera contribuire, con il suo impegno esteso e creativo, a definire e rendere più sicuro il contesto in cui opera.

Nel mondo multipolare che sta per nascere la Svizzera non appartiene a uno dei centri di potere. È un Paese europeo che condivide valori europei, ma la sua politica estera è indipendente. Nel mondo attuale questa indipendenza è impegnativa ma offre anche delle opportunità. Grazie a una politica estera indipendente la Svizzera può infatti costruire ponti dove altri si sono arenati, cooperare con svariati partner e lanciare proprie iniziative. Per far questo essa dispone di una rete esterna con oltre 170 rappresentanze in tutto il mondo che agisce in base al principio dell'universalità.

Il particolare ruolo della Svizzera in materia di politica estera è caratterizzato dai tre elementi seguenti: la non appartenenza a un blocco, l'assenza di un passato coloniale e la reputazione di Paese affidabile e credibile. In quest'ottica la Svizzera non può essere considerata un piccolo Stato, ma una potenza di media taglia in grado di far cambiare le cose. Essa fa parte delle venti maggiori economie mondiali e in Europa si situa al settimo posto. È ad esempio all'avanguardia nel campo dell'innovazione, non solo tecnologica ed economica, ma anche in materia di politica estera.

Nell'anno in rassegna anche la Svizzera è stata sollecitata su più fronti in ambito di politica estera. In particolare si è impegnata a favore della pace e della sicurezza e ha dovuto gestire l'impostazione delle sue relazioni con l'UE. Qui di seguito sono presentati i principali assi di sviluppo della politica estera della Svizzera secondo quanto fissato dalla strategia sulla politica estera del Consiglio federale per il periodo 2012­20151.
Conviene però anzitutto illustrare i contributi apportati dalla Svizzera per affrontare le sfide connesse al conflitto in Siria e le sue ripercussioni in Europa e nel nostro Paese. Anche per la Svizzera questo complesso tema si è fatto sempre più rilevante nel corso dell'anno in rassegna. Sia per quanto concerne la crisi dei profughi che la minaccia terroristica, le poste in gioco sono molteplici e complesse e possono essere affrontate in modo efficace solo combinando misure di politica interna con misure di politica estera e unicamente cooperando con la comunità internazionale. Non esistono soluzioni facili e rapide né per la crisi dei profughi né per la minaccia terroristica, come anche non esiste una risposta politica immediata al conflitto siriano. Per con-

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tribuire alla risoluzione dei problemi in questi tre ambiti tematici, la Svizzera si è adoperata sul fronte della politica estera con misure globali per certi versi inedite.

1.2.2

Contributo alla gestione della crisi dei rifugiati

La crisi dei profughi costituisce una sfida articolata: praticamente né l'inizio né l'ampiezza del fenomeno potevano essere anticipati, la sua evoluzione è difficilmente prevedibile. In un contesto così complesso la politica estera elvetica ha reagito in modo rapido e globale, occupandosi sia dei sintomi che delle cause, puntando sempre sulla cooperazione, vero e proprio principio guida del suo operato. Per gestire al meglio la crisi dei profughi è necessario unire le forze e impegnarsi sul lungo periodo.

La risposta della Svizzera in materia di politica estera si articola in quattro settori distinti. In primo luogo, partecipa alle iniziative volte ad assicurare una gestione comunitaria più efficace dei flussi migratori verso l'Europa in virtù dei principi di solidarietà e di condivisione delle responsabilità. La Svizzera ha dunque partecipato al Programma comune di reinsediamento (resettlement) dell'UE accogliendo 519 persone bisognose di protezione provenienti direttamente dalla Siria e dalla regione circostante. Questa misura è stata attuata nel quadro della decisione del Consiglio federale del 6 marzo 2015 che permette di offrire rifugio in Svizzera a 3000 vittime della guerra siriana bisognose di protezione. Il 18 settembre 2015 l'Esecutivo ha inoltre deciso di partecipare al primo programma europeo di ricollocazione (relocation) di persone bisognose di protezione e di accogliere fino a 1500 richiedenti l'asilo registrati provenienti dalla Grecia e dall'Italia. La partecipazione a un secondo programma di ricollocazione è stata in linea di massima decisa, i Cantoni devono però ancora essere consultati.

L'efficacia di una governance della migrazione coordinata sul piano europeo dipende dal rispetto e, all'occorrenza, dall'adeguamento degli Accordi di Schengen e di Dublino come anche da un miglior controllo delle frontiere esterne dell'Europa. La Svizzera assiste pertanto gli Stati situati ai margini delle frontiere esterne dello spazio Schengen nell'adempimento di mansioni imposte a livello di prima accoglienza. Partecipa alle attività di gestione dei centri di identificazione e smistamento (hotspot), sostenuti dall'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex), dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (UESA), dall'Unità preposta alla
cooperazione giudiziaria dell'Unione europea e dall'Ufficio europeo di polizia (Europol).

In secondo luogo il Consiglio federale ha annunciato un rafforzamento dell'aiuto umanitario per migliorare le condizioni delle persone bisognose di protezione nelle regioni di guerra, soluzione che contribuisce a ridurre anche la pressione migratoria verso l'Europa. Ancora prima dell'arrivo dell'inverno, la Svizzera si è impegnata a versare 25 milioni di franchi per le persone in difficoltà in Siria e nei Paesi vicini, 5 milioni di franchi per la crisi umanitaria in Iraq e 19 milioni di franchi per il Corno d'Africa. Complessivamente, dal 2011, la Svizzera ha destinato 203 milioni di franchi agli aiuti in loco per le vittime del conflitto siriano. Per il 2016 sono stati assegnati ulteriori 20 milioni di franchi, 7 dei quali per il conflitto siriano.

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La Svizzera ha in seguito sottolineato la necessità di apportare un sostegno finanziario più importante alle organizzazioni umanitarie internazionali che, vista l'ampiezza dei bisogni con cui si trovano confrontate, sono fortemente sottofinanziate. Con la Siria e l'Iran ha inoltre portato avanti un dialogo umanitario trilaterale che si prefigge di facilitare l'accesso degli attori umanitari alle popolazioni vittime del conflitto siriano.

In terzo luogo la Svizzera ha intensificato il suo impegno in materia di politica migratoria. In questo ambito partecipa a processi di dialogo in cui gli Stati coinvolti sviluppano congiuntamente strategie e misure, come ad esempio nel processo di Khartoum per il Corno d'Africa e nel processo euro-africano di Rabat. In occasione del vertice euro-africano sulla migrazione tenutosi a Malta il 12 novembre 2015, la Svizzera ha annunciato la sua partecipazione a un nuovo EU Trust Fund per l'Africa volto a migliorare la situazione migratoria nell'area del Mediterraneo.

Inoltre la Svizzera dispone di una vasta gamma di programmi e progetti bilaterali in materia di politica migratoria estera riguardanti temi variegati quali la riammissione, l'aiuto al ritorno, la lotta contro la tratta di esseri umani o ancora il rafforzamento delle capacità delle autorità nazionali e degli attori della società civile nell'ambito della migrazione. Quale esempio per questo ultimo punto si può citare il sostegno che la Svizzera fornisce da due anni alla Turchia per la l'istituzione di un'autorità nazionale preposta alle questioni migratorie.

Un altro aspetto della politica estera svizzera in materia di migrazione sono le attività per la protezione dei migranti nelle loro regioni di provenienza («protection in the region»). In questo ambito fornisce assistenza ai Paesi di prima accoglienza, come gli Stati vicino alla Siria e gli Stati nel Corno d'Africa, per migliorare le loro capacità di protezione e ricezione. Un sistema di asilo efficiente nonché migliori condizioni di vita (protezione, servizi di approvvigionamento, integrazione economica) dovrebbero far sì che i migranti non si sentano costretti a proseguire il viaggio verso l'Europa. In questo contesto, la Svizzera ha aumentato il suo aiuto a favore dell'Etiopia in cui vivono oltre 700 000 profughi, di cui molti provenienti dalla
Somalia e dall'Eritrea.

Uno strumento innovativo della politica estera svizzera in materia di migrazione sono i partenariati migratori bilaterali, la cui validità è stata confermata da uno studio indipendente del 2015. Grazie a questo approccio a 360 gradi basato sul principio del do ut des, la Svizzera ha ottenuto buoni risultati. Al momento sono in atto partenariati con la Bosnia e Erzegovina, la Serbia, il Kosovo, la Nigeria e la Tunisia. È in questo modo che, per far fronte ai flussi migratori sulla rotta dei Balcani occidentali, la Svizzera è riuscita ad esempio a fornire un sostegno rapido e pragmatico ai suoi tre partner della regione, in particolare nella realizzazione di centri d'accoglienza. In questi Stati ha inoltre sostenuto importanti attività dell'ACNUR e di ONG. Nel quadro della sua politica estera in materia di migrazione e del suo programma di aiuto umanitario 2015, la Svizzera ha contribuito a una migliore gestione dei flussi migratori anche in altri Stati situati sulla via d'accesso all'Europa, quali la Croazia, la Slovenia e la Grecia.

Il quarto fronte sul quale la politica estera svizzera interviene nell'ambito della gestione della crisi dei profughi è la lotta contro le cause stesse della loro fuga. Al di

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là degli aspetti strettamente migratori inerenti a questa politica, le iniziative di promozione della pace e di cooperazione allo sviluppo costituiscono misure a medio e lungo termine d'importanza centrale per ridurre la migrazione forzata verso l'Europa. L'impegno della Svizzera nel processo di risoluzione del conflitto siriano sarà trattato in seguito nel quadro del presente capitolo. Anche le attività della cooperazione allo sviluppo saranno ulteriormente approfondite nel presente rapporto.

Qui resta solo da sottolineare che la Svizzera, con il suo impegno globale a favore della pace, della sicurezza e dei diritti umani, del buon governo, della riduzione delle tensioni politiche e sociali e di uno sviluppo sostenibile e generalizzato sotto il profilo economico, sociale e ambientale, contribuisce in modo essenziale agli sforzi della comunità internazionale per ridurre la pressione migratoria sud-nord.

1.2.3

Contributo alla lotta contro il terrorismo

Come nel contesto della crisi dei rifugiati, l'impegno della Svizzera a favore della pace e dello sviluppo rappresenta anche una forma di contributo strutturale alla lotta contro il terrorismo. Analogamente a quanto fatto nel settore della migrazione, la Svizzera ha sviluppato anche attività di politica estera specificatamente orientate alla tematica del terrorismo. Sulla scia del crescente pericolo dovuto al terrorismo di stampo jihadista, nell'anno in rassegna queste attività hanno acquisito un'importanza sempre più rilevante.

La prevenzione dell'estremismo violento è così divenuta una delle priorità di politica estera della Svizzera. La strategia globale anti-terrorismo ONU del 2006 sottolineava già allora l'estrema importanza della prevenzione, a complemento di misure di repressione e protezione, per combattere in modo durevole il terrorismo. Con l'avanzamento dell'ISIS e l'aumento del fenomeno dei cosiddetti «foreign terrorist fighter» ­ combattenti terroristi stranieri tra le cui fila si contano pure circa 5000 giovani provenienti dall'Europa ­ la prevenzione e quindi anche le questioni di politica sociale, economica, di integrazione e di sviluppo sono divenute di grande attualità sul piano internazionale. È stato riconosciuto che l'attrattiva dell'ISIS non risiede solo in una rude promessa di salvezza eterna e di vittoria militare ma trova un fondamento anche nelle disparità politiche, sociali, religiose ed economiche. A questo proposito, la prevenzione dell'estremismo violento mira soprattutto a rafforzare la resistenza degli individui e delle comunità a una radicalizzazione propensa alla violenza. Si tratta di un compito complesso tanto quanto lo sono i motivi della radicalizzazione stessa. L'obiettivo è agire sulle cause dell'estremismo violento e offrire prospettive alternative per il futuro.

Nel 2015 la Svizzera ha contribuito molto attivamente al dibattito sulla prevenzione dell'estremismo violento. Ha in particolare partecipato al White House Summit on Countering Violent Extremism a febbraio come anche alle conferenze successive sul tema. Si è inoltre offerta di ospitare nella primavera 2016 una conferenza internazionale a Ginevra in vista dell'attuazione del piano d'azione dell'ONU per la prevenzione dell'estremismo violento.

Analogamente all'ONU anche la Svizzera sviluppa per la sua politica estera un piano d'azione del DFAE per prevenire l'estremismo violento. Si tratta in particolare 486

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di mettere a frutto i punti di forza specifici della Svizzera in questo ambito. Dal 2012, ad esempio, ha permesso a circa 50 000 giovani di beneficiare di una formazione professionale nel quadro della cooperazione svizzera allo sviluppo. In futuro simili misure di promozione dovranno essere adottate anche in contesti in cui esiste un elevato rischio di radicalizzazione propensa alla violenza. Nel 2016 la Svizzera organizzerà un incontro internazionale sulle possibilità di rafforzare la resistenza all'estremismo violento mediante la formazione professionale.

La Svizzera accorda grade importanza al Global Community Engagement and Resilience Fund (GCERF). Questo strumento finanziario creato nel 2014, con sede a Ginevra, mira a sostenere progetti locali di prevenzione della radicalizzazione propensa alla violenza in cui sono coinvolti attori sia della società civile che del settore privato. Per i Paesi pilota Bangladesh, Mali e Nigeria sono stati messi a disposizione, nel quadro di un primo finanziamento, complessivamente quasi 15 milioni di dollari per tre anni. I primi progetti saranno realizzati a partire dalla primavera 2016.

Un secondo gruppo di Paesi partner comprenderà il Kenya, il Kosovo e il Myanmar.

Oltre che sulla prevenzione, la politica estera svizzera punta sul rispetto del diritto internazionale e in particolare dei diritti fondamentali e dei diritti umani nella lotta contro il terrorismo. La Svizzera si impegna ad esempio da anni a favore di procedure eque e trasparenti in relazione a sanzioni mirate contro persone fisiche e organizzazioni che si trovano sulla lista del regime di sanzioni contro al-Qaida e i talebani.

Nel 2015 ha inoltre lanciato un'iniziativa concernente il diritto penale minorile nel contesto della lotta contro il terrorismo che mira a meglio considerare i bisogni dei giovani in quanto vittime, autori o testimoni.

Il DFAE offre inoltre un certo numero di servizi, come il portale con i consigli di viaggio, per informare i cittadini che si recano all'estero sui rischi di natura terroristica e di altro tipo. Il Centro di gestione delle crisi è stato potenziato in modo da permettere, ad esempio, di gestire al meglio i sequestri di cittadini svizzeri da parte di terroristi o gli attentati terroristici con vittime svizzere.

Con la legge del 26 settembre 20142 sugli
Svizzeri all'estero, entrata in vigore il 1° novembre 2015, il DFAE ha introdotto una nuova base legale uniforme per apportare, conformemente agli obiettivi strategici del Consiglio federale, un aiuto ai cittadini svizzeri che risiedono o viaggiano all'estero. Gli Svizzeri all'estero dispongono ora di un servizio di contatto centrale presso il DFAE al quale possono rivolgersi in qualsiasi momento, per qualsiasi richiesta.

Come nell'ambito della migrazione, la politica estera della Svizzera contribuisce alla lotta contro il terrorismo mediante la cooperazione. La Svizzera orienta il suo agire alla strategia globale dell'ONU in materia; partecipa inoltre ad altri organismi internazionali quali l'OSCE, il Consiglio d'Europa e il Global Counter Terrorism Forum contribuendo in modo considerevole allo scambio di informazioni e allo sviluppo di norme e misure comuni. Parallelamente, nella lotta contro il terrorismo, il Consiglio federale attribuisce grande importanza a un'azione coordinata su scala nazionale e al coordinamento delle misure di politica interna ed estera. Con la strategia della Sviz-

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RU 2015 3857; RS 195.1

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zera per la lotta contro il terrorismo, adottata lo scorso settembre, il governo ha gettato le basi necessarie a questo scopo.

1.2.4

Contributo alla ricerca di una soluzione al conflitto siriano

Una delle priorità dell'agenda politica internazionale del 2015 in relazione alla crisi dei profughi come anche alla lotta contro il terrorismo ha riguardato la soluzione dei conflitti armati negli Stati ai confini meridionali dell'Europa. Nel quadro di questi sforzi intrapresi per agire sulle cause, l'attenzione si è concentrata sul conflitto siriano. Anche in Libia e nello Yemen la diplomazia ha operato per ottenere un cessate il fuoco e una soluzione politica; nel caso della Libia è stato appunto possibile compiere un importante passo avanti con la firma, in dicembre, di un trattato di pace mediato dall'ONU. In tutti e tre i casi la Svizzera ha partecipato alle iniziative a favore della pace, in particolare apportando un sostegno all'ONU e mettendo a disposizione come sede per il dialogo e le negoziazioni la Ginevra internazionale.

Nel caso dello Yemen la Svizzera ha fornito un'esperta all'ufficio dell'inviato speciale dell'ONU Ismail Ould Scheich Ahmed. Inoltre, nel giugno e nel dicembre dell'anno in rassegna, si sono svolti colloqui di pace tra le parti in conflitto. In Libia la Svizzera ha fornito un sostegno finanziario all'ONU. Diversi cicli di colloqui volti a mettere fine al conflitto si sono svolti a Ginevra.

Per la diplomazia svizzera, il dossier centrale è stato tuttavia quello inerente il conflitto siriano. L'impegno del nostro Paese a favore di una soluzione politica risale agli inizi delle ostilità. Dal 2012 la Svizzera mette un esperto a disposizione dell'ufficio dell'inviato speciale dell'ONU (dal 2014 Staffan de Mistura) e, secondo le circostanze e i bisogni, fornisce all'ONU ulteriori servizi sulla base delle sue competenze tecniche. La Svizzera ha inoltre sostenuto l'ONU organizzando la conferenza internazionale sulla Siria nel 2012 a Ginevra e nel 2014 a Montreux come anche i colloqui tra le parti al conflitto siriano tenutisi a Ginevra nella primavera 2014. Il Communiqué di Ginevra adottato nel 2012 resta ancora oggi una base fondamentale per i negoziati a favore della pace.

Nel corso dell'anno in rassegna la Svizzera ha fornito un apporto finanziario e logistico alle «consultazioni di Ginevra» durante le quali l'inviato speciale dell'ONU per la Siria ha condotto colloqui con oltre 350 persone connesse al conflitto siriano al fine di rilanciare i negoziati di pace. Essa
si è inoltre adoperata energicamente per sostenere i successivi sforzi di de Mistura volti a lanciare un processo negoziale tra le parti siriane coinvolte. La Svizzera si è detta pronta a mettere a disposizione le sue competenze in materia di mediazione e a fornire il supporto logistico per i negoziati organizzati sotto l'egida dell'ONU tra le parti siriane, previsti a inizio 2016.

Il capo del DFAE ha inoltre promosso la creazione di un gruppo di contatto internazionale dedicato alla Siria, segnatamente dinnanzi al Consiglio di sicurezza dell'ONU in ottobre ma anche in altri contesti. Inoltre, sia dinnanzi all'Assemblea generale che al Consiglio dei diritti umani dell'ONU, la Svizzera ha nuovamente invitato il Consiglio di sicurezza a deferire gli autori di crimini di guerra o di crimini contro l'umanità alla Corte penale internazionale. A questo proposito considera la 488

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lotta contro l'impunità in Siria una condizione importante per garantire una pace duratura.

1.3

Attuazione della strategia di politica estera 2012­2015

Nell'anno in rassegna la strategia di politica estera del Consiglio federale per il periodo 2012­2015 è stata attuata nel rispetto dei termini. Anche nell'ultimo anno della passata legislatura questa strategia ha funto da bussola in un contesto in cui le relazioni tra la Svizzera e l'UE hanno svolto un ruolo particolarmente importante.

Qui di seguito sono presentate le principali linee di sviluppo secondo i quattro indirizzi strategici della politica estera identificati dal Consiglio federale. I singoli temi saranno approfonditi nella parte del rapporto concernente le attività dell'anno in rassegna (v. n. 3).

1.3.1

Approfondimento delle relazioni con gli Stati limitrofi e ricerca di soluzioni

Anche nel 2015 le relazioni con gli Stati limitrofi sono state prioritarie per il Consiglio federale, come testimonia l'elevata frequenza degli scambi bilaterali avvenuti ad alto livello. I contatti bilaterali ufficiali a livello di Consiglio federale e di segretari di Stato hanno rappresentato oltre la metà degli incontri con gli Stati europei e quasi un quarto dei contatti su scala mondiale.

Le relazioni con il Liechtenstein sono ottime e molteplici. Nel corso dell'anno i membri del Consiglio federale si sono nuovamente incontrati con rappresentanti del governo del Principato. Con gli altri quattro Stati limitrofi è positivo il fatto che, fatta eccezione per il presidente italiano e il primo ministro francese, si sono svolte riunioni con tutti i capi di Stato e di governo. Per la prima volta da sette anni, ad aprile il presidente della Repubblica francese François Hollande ha effettuato una visita di Stato in Svizzera e, in settembre, è stata la volta della cancelliera tedesca Angela Merkel. La sua ultima visita ufficiale risaliva al 2008. Entrambi gli eventi testimoniano come, dopo alcuni anni di relativo nervosismo, durante la scorsa legislatura è stato possibile raggiungere un allentamento delle tensioni nelle relazioni bilaterali.

I rapporti che intrattiene attualmente la Svizzera con i suoi Paesi limitrofi sono caratterizzati da una stretta collaborazione basata sulla fiducia. Naturalmente non tutti i problemi sono stati ancora superati. Tuttavia le relazioni proseguono in modo costruttivo, alla ricerca di soluzioni. Alla luce della loro qualità e quantità riflettono ora nuovamente la stretta interdipendenza esistente tra il nostro Paese e questi Stati.

Per quanto riguarda le questioni fiscali, l'anno in rassegna ha visto la Svizzera raggiungere un accordo in materia con l'Italia. Con la Germania è stato trovato un terreno d'intesa concernente l'attuazione dell'Accordo di accesso al mercato nell'ambito delle prestazioni transfrontaliere di servizi finanziari. Negoziati con finalità analoghe sono in corso con l'Italia. Con questo Paese devono essere ancora disciplinati i det489

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tagli dell'imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri anche se in questo ambito sono stati fatti importanti progressi. La questione dell'imposizione dei frontalieri è stata infine risolta nel secondo semestre.

Sul fronte delle questioni transfrontaliere, nel 2015 sono stati fatti importanti passi avanti nel dossier concernente l'EuroAirport Basilea-Mulhouse. Resta ancora da ratificare il trattato internazionale sulle procedure di avvicinamento all'aeroporto di Zurigo per i vettori in arrivo dalla Germania. Inoltre bisognerà accordare un'attenzione particolare al ritardo accumulato nella realizzazione del raccordo nord alla galleria di base del San Gottardo la cui inaugurazione è prevista nel 2016. La partecipazione della Svizzera a Expo Milano 2015 è stata un successo. Il Padiglione elvetico, che ha presentato la Svizzera come un Paese innovativo e nel contempo ancorato alla tradizione e consapevole delle proprie responsabilità, ha accolto circa 2,1 milioni di visitatori. Questo spazio ha inoltre funto da piattaforma per approfondire i contatti bilaterali sul piano politico, economico e sociale tra Svizzera e Italia.

Nel corso degli ultimi anni la cooperazione bilaterale e regionale con i Paesi limitrofi si è considerevolmente intensificata nell'ambito della pace e della sicurezza. Con la Germania è proseguita la stretta cooperazione, fondata sulla fiducia, nell'ambito della crisi ucraina e della crisi della sicurezza europea. Essa si è iscritta nel quadro della troika dell'OSCE di cui entrambi gli Stati sono membri. Anche con l'Austria, a cui la Germania passerà la presidenza dell'OSCE nel 2017, si è sviluppata un'intesa collaborazione sulle questioni legate a questa organizzazione. Svizzera, Germania e Austria e aggiuntivamente Liechtenstein intendono in futuro cooperare strettamente sulle questioni legate all'OSCE anche nel quadro di incontri dei ministri degli affari esteri dei Paesi germanofoni.

Con la Francia si è sviluppata una stretta cooperazione in particolare nella lotta contro l'ebola e contro i cambiamenti climatici. Nel caso dell'Italia la collaborazione si è intensificata nell'ambito della migrazione. Va inoltre menzionato che, con la firma di un nuovo trattato nel dicembre 2015, l'Austria è diventata uno dei principali partner della Svizzera per le questioni consolari.
Infine le questioni in sospeso concernenti le relazioni tra la Svizzera e l'UE hanno costituito un tema centrale dei contatti con i Paesi limitrofi. A questo proposito il Consiglio federale intrattiene con la Germania, la Francia, l'Italia e l'Austria un dialogo particolarmente intenso. Con questi Stati vi è infatti una forte convergenza di interessi per trovare una soluzione concertata e lungimirante. Un terzo delle esportazioni svizzere e quasi due terzi degli scambi con l'UE avvengono con i nostri Paesi limitrofi. Il volume degli scambi commerciali tra la Svizzera e il BadenWürttemberg corrisponde esattamente a quello tra il nostro Paese e gli USA. Da parte sua la Svizzera si situa sempre tra i dieci principali partner commerciali di tutti i suoi Paesi confinanti. Esistono inoltre legami umani molto stretti. Oltre 750 000 cittadini di questi Stati vivono e lavorano in Svizzera la quale accoglie anche 290 000 lavoratori frontalieri.

Risolvere la questione della libera circolazione delle persone nonché consolidare e rinnovare la via bilaterale non si limita dunque ad essere una priorità della politica estera della Svizzera, ma è anche nell'interesse dei nostri Paesi vicini. Nel 2016 il

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Consiglio federale si impegnerà a portare avanti una stretta collaborazione in questo ambito con tutti gli Stati membri dell'UE e in particolare con gli Stati limitrofi.

1.3.2

Intensa ricerca di una soluzione con l'UE

Gli accordi bilaterali con l'UE sono di grande importanza per la Svizzera. Costituiscono un indiscutibile fattore di successo per l'economia nazionale e forniscono un quadro giuridico su misura che tiene conto delle strette relazioni esistenti tra la Svizzera e l'UE come anche della posizione geografica del nostro Paese nel cuore dell'Europa. La via bilaterale consente alla Svizzera di preservare il benessere e l'indipendenza di cui gode. A questo proposito il Consiglio federale ritiene tale via molto più vantaggiosa rispetto ad altre varianti, quali un accordo di libero scambio globale, un'adesione allo Spazio economico europeo (SEE) o all'UE. Inoltre, da anni, risulta essere l'unica opzione in ambito di politica europea in grado di beneficiare del sostegno della maggioranza e confermata più volte in votazione dalla popolazione.

È tuttavia necessario far sì che la via bilaterale resti percorribile a lungo termine. È quindi nell'interesse di entrambe le parti consolidare l'esteso sistema di accordi tra la Svizzera e l'UE e fissare meccanismi di interpretazione e di adeguamento del diritto nell'ambito dell'accesso al mercato. Senza un accordo istituzionale la Svizzera non sarà in grado di adeguare gli accordi esistenti allo sviluppo del diritto, né di concludere nuovi accordi di accesso al mercato. Un'ulteriore incertezza concernente la futura impostazione della via bilaterale è venuta ad aggiungersi nel febbraio 2014 con il nuovo articolo 121a della Costituzione federale (Cost.)3 che prevede una maggiore regolazione dell'immigrazione da parte del Consiglio federale.

Tenuto conto di queste evoluzioni, la scelta del Consiglio federale di accordare ampio spazio alla questione europea nella sua strategia di politica estera per la legislatura 2012­2015 si è rivelata corretta oltre che necessaria. Dall'estate 2014 il governo persegue così l'obiettivo strategico di meglio gestire la migrazione e di consolidare e rinnovare la via bilaterale. Anche negli anni a venire la realizzazione di questo obiettivo costituirà, insieme ad un maggiore impegno per la promozione della pace e della sicurezza, una priorità assoluta della politica estera del nostro Paese.

Nell'anno in rassegna i rapporti tra la Svizzera e l'UE sono stati oggetto di oltre 70 incontri tra consiglieri federali e segretari di Stato, da un lato,
e rappresentanti delle istituzioni dell'UE e di Stati membri, dall'altro. L'obiettivo principale era quello di trovare una soluzione che avrebbe permesso di conciliare l'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC)4 con il nuovo articolo costituzionale sull'immigrazione. Lo scorso febbraio il Consiglio federale ha adottato un mandato negoziale per l'adeguamento dell'ALC. L'UE è tuttavia rimasta salda sulla posizione comunicata nel luglio 2014 rifiutandosi di negoziare una revisione di tale Accordo. Si è 3 4

RS 101 Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, RS 0.142.112.681

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tuttavia dichiarata disposta a discutere su aspetti riguardanti la sua applicazione. In questo contesto la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker hanno deciso di avviare una serie di consultazioni volte ad appurare se esiste una soluzione praticabile per entrambe le parti che consenta di applicare l'articolo 121a della Costituzione federale e nel contempo di preservare la via bilaterale.

Nei numerosi colloqui svolti sono stati discussi diversi modelli e opzioni. Parallelamente la ricerca di una soluzione è stata portata avanti a livello politico, segnatamente con le istituzioni UE e con i Paesi limitrofi. Il colloqui si sono rivelati costruttivi e caratterizzati da uno spirito di buona volontà. Il compito resta comunque arduo ed è divenuto ancora più complicato con la crisi dei profughi e con l'avvio dei negoziati tra l'UE e la Gran Bretagna in vista del referendum sulla sua permanenza nell'Unione europea.

Per poter rispettare le scadenze temporali prescritte dal nuovo articolo costituzionale 121a il Consiglio federale sottoporrà al Parlamento un messaggio corrispondente entro marzo 2016. In vista di questo termine, lo scorso mese di dicembre il Consiglio federale ha adottato una serie di decisioni. Oltre alle misure volte a permettere un migliore sfruttamento del potenziale di lavoratori indigeni e a lottare contro gli abusi sul mercato del lavoro, l'Esecutivo ha deciso in particolare di gestire l'immigrazione delle persone che rientrano nel campo d'applicazione dell'ALC mediante una clausola di salvaguardia. Ha così ribadito la sua volontà di trovare una soluzione consensuale con l'UE. Dal punto di vista della Svizzera le consultazioni che si sono svolte sino ad ora con l'Unione europea lasciano supporre che sarà possibile giungere a un'interpretazione comune della clausola generale di salvaguardia dell'ALC in modo da permettere un'applicazione dell'articolo costituzionale in questione.

Una soluzione soddisfacente per la Svizzera e l'UE in materia di libera circolazione delle persone consentirebbe di ristabilire la certezza del diritto, stabilizzare la via bilaterale e migliorare notevolmente la situazione di partenza per altri dossier negoziali ancora in sospeso. Inoltre permetterebbe di siglare e ratificare il protocollo
III relativo all'estensione dell'ALC alla Croazia, una delle condizioni da soddisfare affinché la Svizzera possa continuare a partecipare pienamente al programma quadro di ricerca dell'UE Horizon 2020. Tale partecipazione è sia nell'interesse della Svizzera che dell'UE.

Se non sarà possibile concordare una soluzione con l'UE, il Consiglio federale ha deciso di proporre, nel messaggio e nel disegno di legge concernente la modifica della legge sugli stranieri, una clausola di salvaguardia unilaterale per i cittadini degli Stati membri dell'UE e dell'AELS. Tale soluzione sarebbe conforme alla Costituzione ma violerebbe le disposizioni dell'ALC se la Svizzera decidesse di attivare la clausola e adottare le misure corrispondenti. Questo scenario ridurrebbe la certezza del diritto e renderebbe incerto il futuro dell'ALC e degli altri Bilaterali I; potrebbe anche indurre l'UE ad adottare misure unilaterali e rendere più difficoltoso consolidare e rinnovare la via bilaterale. I primi mesi del 2016 saranno dunque ampiamente dedicati alla ricerca di una soluzione con l'UE.

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Esistono altri dossier sui quali il Consiglio federale si sforza di portare avanti i colloqui e i negoziati con l'UE. L'estate scorsa ha deciso di potenziare la sua struttura di negoziazione nominando un capo negoziatore. Dall'autunno si sono poi svolti altri cicli negoziali concernenti un accordo quadro istituzionale.

Un accordo istituzionale permette di prevenire l'erosione dei trattati esistenti, proteggere gli attori del mercato da discriminazioni e concludere nuovi accordi di mercato migliorando nel contempo la certezza del diritto per l'economia svizzera.

Per il consolidamento e il rinnovo della via bilaterale, e quindi della sua percorribilità a lungo termine, il quadro istituzionale auspicato è essenziale.

Delle tre varianti di soluzione istituzionale identificate con l'Unione europea, il Consiglio federale ha optato nei suoi negoziati con l'UE per quella che offre alla Svizzera la miglior garanzia di sovranità. I cicli negoziali svolti fino ad ora hanno permesso di trovare un accordo su punti cruciali. Ad esempio la sorveglianza del rispetto degli accordi bilaterali dovrà restare una competenza delle autorità di ciascuna parte e la Svizzera non sarà sottoposta a un organo di controllo sovranazionale (come invece lo sarebbe stata se si fosse accostata alle istituzioni del SEE). In futuro le nuove disposizioni rilevanti di diritto europeo saranno integrate in modo dinamico; in merito la Svizzera conserverà però una totale libertà di decisione. Una trasposizione automatica resta esclusa. L'ordine costituzionale e le istituzioni democratiche della Svizzera non saranno rimesse in discussione. Inoltre rappresentanti svizzeri saranno coinvolti nei lavori di elaborazione di nuovi atti giuridici rilevanti. Una tale partecipazione al processo decisionale (cosiddetto decision-shaping) è importante per la Svizzera affinché possa difendere i propri interessi sin dall'inizio.

Altri negoziati hanno per oggetto l'impostazione concreta della risoluzione delle controversie. Il Consiglio federale intende insistere sul fatto che, anche se la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) interpreta su richiesta dell'UE o della Svizzera il diritto europeo in modo vincolante, in definitiva la controversia giudicata deve essere regolata sul piano politico nel comitato misto. Quale Stato non membro dell'UE la
Svizzera conserverà la possibilità di non applicare un'interpretazione della CGUE; anche le misure compensative da applicare in tali casi sono ancora oggetto di negoziati.

Nel 2015 le discussioni concernenti la questione europea con le istituzioni di Bruxelles nella loro nuova composizione e con i numerosi rappresentanti dei governi nazionali, si sono globalmente svolte in un clima di buona volontà, con scambi costruttivi e improntati alla ricerca di soluzioni. L'attuazione del nuovo articolo costituzionale sull'immigrazione ha potuto essere concretizzata, sia sul piano politico interno che estero, e integrata nel contesto generale della politica europea. In questo ambito restano però aspetti imponderabili. A questo proposito il Consiglio federale darà massima priorità e si impegnerà anche in futuro affinché l'articolo costituzionale possa essere attuato nel rispetto dei tempi e la Svizzera possa parallelamente consolidare e rinnovare la via bilaterale consolidata con l'UE.

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1.3.3

Impegno globale a favore dello sviluppo, della pace e del diritto internazionale pubblico

Promuovere lo sviluppo, la pace e la sicurezza come anche il rispetto dei diritti umani per contribuire alla stabilità del contesto regionale e globale è uno degli obiettivi prioritari della strategia di politica estera per la legislatura di cui è stato ampiamente tenuto conto nell'anno in rassegna.

A livello multilaterale la partecipazione all'elaborazione dell'Agenda 2030 ha costituito un tema prioritario per la Svizzera. Grazie alla sua validità universale e ai suoi obiettivi concreti e ambiziosi è stato possibile tenere conto delle principali aspettative del Consiglio federale. I singoli obiettivi proposti dalla Svizzera negli ambiti della salute, della pace, delle società inclusive, delle risorse idriche e dell'uguaglianza di genere sono stati integrati in questo documento tenendo debitamente conto dei pareri espressi dalla delegazione svizzera di negoziazione.

La Svizzera ha anche contribuito sensibilmente allo sviluppo di un nuovo quadro internazionale per la prevenzione e la riduzione dei rischi di catastrofi, firmato in marzo in Giappone nell'ambito di una conferenza mondiale dell'ONU dedicata a questo argomento. Ha pure contribuito in diversi modi all'Accordo sul clima di Parigi. Ha ad esempio preso parte alla costituzione e al finanziamento del Fondo verde per il clima (Green Climate Fund). Con l'iniziativa Nansen, lanciata con la Norvegia nel quadro di un processo di consultazione globale, ha contribuito inoltre a definire un'agenda per proteggere le persone costrette a lasciare il proprio Paese in seguito a catastrofi naturali. Questo programma di protezione è stato presentato in ottobre a Ginevra.

Oltre che sul tema del cambiamento climatico la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) può contare su altri programmi globali nei settori della sicurezza alimentare, della migrazione e dello sviluppo, della salute e dell'acqua. Questi programmi globali tematici costituiscono uno strumento innovativo per contribuire, nel dialogo politico internazionale e con progetti concreti, a una globalizzazione che promuove lo sviluppo. Nell'anno in rassegna la Svizzera si è ad esempio impegnata a favore di iniziative volte a fare in modo che l'acqua non diventi fonte di conflitti ma che, al contrario, promuova la cooperazione. A questo proposito non solo ha pubblicato linee d'azione sul
tema dell'acqua e della sicurezza ma ha anche lanciato a Ginevra un panel mondiale di alto rango sull'acqua e sulla pace. Questo gruppo dovrà sottoporre entro due anni proposte per la creazione di strumenti e una struttura di governance per evitare, sul piano globale e regionale, conflitti dovuti all'acqua.

Il nesso esistente tra sviluppo e pace si è fatto in generale sempre più evidente: non può esserci sviluppo senza pace, né pace senza sviluppo. A questo proposito la Svizzera rientra tra i primi Paesi donatori ad essersi occupata delle conseguenze negative della violenza armata e della fragilità di uno Stato sul suo sviluppo. Oggi quasi la metà delle persone povere a livello mondiale vive in contesti fragili, ovvero in Stati che non sono in grado o non hanno la volontà di fornire servizi essenziali sul piano della sicurezza, dello Stato di diritto e dell'assistenza sociale di base. Stando a stime dell'OCSE, nei prossimi quindici anni, questa quota potrebbe raggiungere i due terzi del totale delle persone povere.

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Il nostro Paese reagisce a questa involuzione rafforzando il suo impegno nei contesti fragili e toccati da conflitti. Attualmente già la metà dei partner in materia sviluppo della Svizzera sono Stati fragili. Con il suo impegno la Svizzera contribuisce a lottare contro le cause di questa fragilità e ad aumentare la capacità di resistenza alle crisi. In questo ambito la cooperazione in materia di sviluppo si prefigge anche la promozione della pace e dei diritti umani. Il Consiglio federale intende inoltre tenere conto delle relazioni esistenti tra sviluppo e pace sottoponendo al Parlamento, nel 2016, un messaggio sulla cooperazione internazionale 2017­2020 che conterrà per la prima volta misure di promozione della pace e della sicurezza umana.

L'OSCE ha fornito alla Svizzera un quadro d'azione importante per la promozione della pace e della sicurezza, anche un anno dopo la presidenza elvetica di questa organizzazione. Quale membro della troika la Svizzera resta implicata nella direzione dell'OSCE. Nell'anno in rassegna ha continuato ad occuparsi ampiamente della crisi ucraina. Da un lato ha partecipato al processo di gestione della crisi avviato dall'OSCE. In questo contesto ha messo a disposizione, fino all'estate, gli inviati speciali della presidenza dell'OSCE per il Gruppo di contatto trilaterale. Ha inoltre garantito il coordinamento del gruppo di lavoro sulle questioni umanitarie, la direzione della missione di monitoraggio delle frontiere e la direzione supplente della missione d'osservazione, per la quale ha messo a disposizione circa una dozzina di osservatori.

Dall'altro, con la sua nuova strategia di cooperazione per l'Ucraina 2015­2018, la Svizzera ha anche rafforzato il suo impegno bilaterale. È stata inoltre l'unico Paese ad aver fornito un aiuto umanitario diretto al di là e al di qua della cosiddetta linea di contatto. I tre convogli contrassegnati da bandiere svizzere, che nel corso degli anni si sono recati nelle regioni situate all'est dell'Ucraina, sono diventati un simbolo della credibilità della politica estera della Svizzera e dell'imparzialità del suo aiuto umanitario.

La Svizzera si impegna anche a promuovere una discussione sulle possibili modalità di risoluzione della crisi che minaccia attualmente la sicurezza europea. A questo scopo il Panel of Eminent Persons on
European Security as a Common Project, avviato con gli altri Stati membri della troika (Serbia e Germania), ha fornito, in due rapporti pubblicati, una serie di possibili approcci e idee di grande valore. In occasione del Consiglio dei ministri dell'OSCE tenutosi in dicembre a Belgrado, la Svizzera, riferendosi ai prossimi anni, ha dichiarato di voler proseguire a livello ministeriale il dialogo sul futuro della sicurezza europea avviato dal panel. Parallelamente ha avanzato una serie di idee sui contenuti, volte tra l'altro a promuovere la sicurezza mediante una maggiore connettività economica nell'area OSCE e ad aumentare la capacità d'azione dell'OSCE attraverso un potenziamento delle sue capacità per le operazioni di pace.

Altri obiettivi cruciali della Svizzera hanno riguardato la migliore attuazione degli obblighi dell'OSCE a livello della dimensione umana e la promozione di risposte concertate alle sfide transnazionali. In quest'ottica la Svizzera ha ad esempio partecipato allo sviluppo di misure di trasparenza e norme di comportamento per le attività on line. In occasione delle conferenze annuali dell'OSCE con gli Stati partner asiatici e del Mediterraneo, tenutesi in Corea del Sud e in Giordania, la Svizzera ha nuovamente presentato proposte per permettere anche a regioni che non fanno 495

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parte dello spazio OSCE di beneficiare di una maggiore sicurezza grazie a elementi derivanti da pratiche coordinate in questo ambito.

Su invito formulato dalla Svizzera durante la sua presidenza dell'OCSE, i presidenti dell'Armenia e dell'Azerbaigian si sono incontrati a Berna il 19 dicembre 2015 per un vertice sul conflitto nel Nagorno Karabach. Da tempo la Svizzera si impegna a favore di una soluzione dei conflitti nel Caucaso meridionale e dal 2014 mette a disposizione un inviato speciale dell'OSCE per questa regione.

Nell'anno in rassegna, la Svizzera si è impegnata a favore della pace e della sicurezza in numerosi contesti anche al di fuori dello spazio OSCE. Nel Vicino e Medio Oriente non si è limitata a partecipare alla ricerca di una soluzione dei conflitti in Siria, nello Yemen e in Libia, ma ha sostenuto ad esempio gli sforzi per una conciliazione interna della Palestina, una condizione indispensabile affinché con Israele possa essere adottata la soluzione dei due Stati. In Africa la Svizzera ha ad esempio partecipato alle iniziative condotte in Burundi per risolvere la crisi politica. Con la Somalia ha invece intrattenuto scambi sul tema del federalismo. In Asia ha portato avanti il suo impegno volto a promuovere la pace in Myanmar e nello Sri Lanka. La Svizzera ha poi svolto un importante ruolo nel processo di pace tra il governo filippino e il Fronte islamico di liberazione Moro nell'ambito del quale, su domanda di entrambe le parti, esercita dal 2014 la presidenza della Commissione di giustizia transizionale e riconciliazione per il processo di pace nella regione del Bangsamoro.

Anche in America latina la Svizzera conduce missioni puntuali di promozione civile della pace. Nell'anno in rassegna ha ad esempio fornito il suo sostegno al processo negoziale in Colombia.

Negli ultimi 15 anni la Svizzera ha sviluppato diversi strumenti per la promozione della pace e della sicurezza particolarmente innovativi e adeguati alle sfide che caratterizzano i complessi conflitti attualmente in atto. Il fatto che la Svizzera sia particolarmente sollecitata sul piano internazionale ne è una conseguenza. Nell'anno in rassegna è stata coinvolta in processi di mediazione in oltre 20 diversi contesti.

Attualmente è pertanto in corso un potenziamento delle sue capacità in questo ambito.

A lungo termine
il numero di mandati di potenza protettrice della Svizzera dovrebbe mantenersi a un livello basso. Considerata l'attuale configurazione dei conflitti, un'interruzione delle relazioni diplomatiche accade solo raramente. La ripresa delle relazioni diplomatiche tra USA e Cuba nel 2015 ha messo fine al più vecchio mandato di potenza protettrice della Svizzera. Oggi il nostro Paese è incaricato di quattro mandati: per l'Iran in Egitto, tra la Georgia e la Russia nonché per gli Stati Uniti in Iran. Unicamente la rappresentanza degli interessi americani in Iran si basa su un mandato generale.

L'impegno totale della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario sarà oggetto del capitolo successivo. In questa sede conviene comunque ricordare la fine del processo di consultazione durato quattro anni e svolto dalla Svizzera congiuntamente al CICR allo scopo di garantire un maggiore rispetto del diritto internazionale umanitario. Nonostante diversi anni di intensi preparativi, la Conferenza internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna Rossa, riunitasi nel dicembre 2015 a Ginevra, non è stata in grado adottare una risoluzione volta a creare

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un'assemblea di tutti gli Stati parte alle Convenzioni di Ginevra e quindi nemmeno di colmare un'importante lacuna istituzionale. È stato tuttavia possibile trovare un accordo su un mandato negoziale che permetterà di continuare ad approfondire la questione. La Svizzera, unitamente al CICR, agevolerà questi negoziati e continuerà ad impegnarsi per promuovere la creazione di un'assemblea. In un mondo che sempre più spesso deve confrontarsi con lotte di potere e conflitti violenti l'impegno a favore del diritto internazionale pubblico non è mai stato così importante.

La Svizzera ha dato un importante segnale in materia di politica estera e di diritto internazionale pubblico varando la nuova legge del 18 dicembre 20155 sui valori patrimoniali di provenienza illecita. Questa legge aumenta la certezza del diritto, la prevedibilità e la trasparenza in materia e rafforza pertanto la reputazione della piazza finanziaria elvetica. Parallelamente lancia un segnale contro l'impunità. Sulla base della sua vasta esperienza la Svizzera intende stimolare lo sviluppo di norme internazionali in questo ambito.

1.3.4

Promozione della Ginevra internazionale e della governance mondiale

Conformemente alla sua strategia di politica estera per la legislatura 2012­2015, nell'anno in rassegna il Consiglio federale ha promosso il ruolo della Svizzera quale Stato ospite, mettendo in particolare l'accento sulla Ginevra internazionale. Grazie all'eccezionale concentrazione di attori, organizzazioni e competenze presenti nella città sul Lemano rispetto ad altri siti, la Svizzera può contribuire attivamente al superamento delle numerose sfide che necessitano di un'azione coordinata.

Per continuare a esistere in un contesto internazionale sempre più agguerrito, il Consiglio federale ha adottato misure volte a permettere alla Ginevra internazionale quale centro della governance globale di continuare a far valere in modo efficace gli interessi e i vantaggi della Svizzera. Il messaggio corrispondente6, approvato dal Parlamento lo scorso mese di giugno7, prevede soprattutto un miglioramento delle infrastrutture nonché la promozione di una migliore interazione degli attori internazionali e nazionali. In questo contesto, lo scorso settembre la Confederazione, il Cantone e la Città di Ginevra hanno concesso un prestito senza interessi di 400 milioni di franchi per il rinnovo e il risanamento totale del Palazzo delle Nazioni a Ginevra. Il 23 dicembre, l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato formalmente il relativo progetto di risanamento, ossia il cosiddetto Piano strategico patrimoniale (Strategic Heritage Plan, v. n. 3.4.2).

Il fatto che il Segretariato del Trattato del 2 aprile 20138 sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty, ATT) sia basato a Ginevra contribuisce a rafforzare la posizione della Svizzera in quanto Stato sede e ospite. La Svizzera si è battuta per questo trattato sin dall'inizio. In giugno ha organizzato a Ginevra una conferenza preparatoria per la prima conferenza degli Stati contraenti e quando quest'ultima si è effetti5 6 7 8

FF 2015 7903 FF 2014 7963 FF 2015 4447 RS 0.518.61

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vamente tenuta in Messico ad agosto, si è imposta nella scelta dell'ubicazione del Segretariato.

Anche nell'anno in rassegna la Svizzera è stata un'importante sede di negoziati, consultazioni e colloqui politici. Oltre ai già menzionati incontri svolti nel quadro degli sforzi di pace dell'ONU per lo Yemen, la Libia e la Siria e il vertice tra Armenia e Azerbaigian tenutosi a Berna, vanno menzionati i negoziati relativi al programma nucleare iraniano ospitati durante otto giorni a Losanna e sfociati all'inizio di aprile in un ambizioso accordo di massima. Dal 2008 in Svizzera si sono tenuti oltre una dozzina di colloqui ad alto livello su questo dossier.

Anche a livello dell'ONU il nostro Paese ha continuato ad adoperarsi su numerosi fronti. Nella Commissione delle Nazioni Unite per il consolidamento della pace presiede la Configurazione «Burundi» ed è membro della Configurazione per la Repubblica Centrafricana. Con l'obiettivo di rafforzare la capacità d'azione essa guida un gruppo di 27 Stati che si prefigge di migliorare i metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza. La Svizzera si impegna anche per l'attuazione di riforme nel processo di pianificazione e di allestimento del bilancio dell'ONU. Nell'ottica di una prevenzione efficace dei conflitti promuove inoltre migliori condizioni quadro per le cosiddette missioni politiche speciali dell'ONU.

Nel 2015 la Svizzera ha partecipato a una valutazione effettuata a livello mondiale sui progressi fatti nel campo dell'attuazione della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulle donne, la pace e la sicurezza. Organizzando una conferenza internazionale sul tema alla Maison de la Paix ha sottolineato l'importanza della sede svizzera dell'ONU per la politica di pace e di sicurezza in relazione alla risoluzione menzionata.

La Svizzera è stata eletta per la terza volta nel Consiglio dei diritti umani dell'ONU per il periodo 2016­2018. Anche nell'anno in rassegna si è inoltre adoperata per preparare la sua candidatura a un seggio non permanente del Consiglio di sicurezza per il biennio 2023­2024. Il Consiglio federale ha presentato al Parlamento un rapporto in merito.

Per la seconda volta dal 2013, nel 2016 la Svizzera parteciperà, su invito della presidenza cinese del G20, ai lavori concernenti il ramo finanziario (Finance Track).
Avrà quindi la possibilità di prendere parte agli incontri dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali nonché a sedute di gruppi di lavoro in ambito finanziario. Il coinvolgimento della Svizzera testimonia l'alta considerazione di cui gode a livello internazionale in campo finanziario.

Come previsto nella strategia di politica estera per la legislatura, la Svizzera non si limita a impegnarsi per promuovere una governance globale efficace ma fa in modo anche di consolidare le proprie relazioni internazionali. Rafforzando e diversificando i suoi partenariati tiene conto degli spostamenti di potere a livello globale.

La Svizzera intrattiene relazioni molto strette con gli USA, il suo principale partner commerciale dopo l'UE. Tra i numerosi temi in cui si sviluppa questa intensa cooperazione figurano tra l'altro la difesa degli interessi in Iran, la prevenzione dell'estremismo violento e la formazione professionale. Con i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) è stato possibile intensificare le relazioni nel corso della precedente legislatura. Negli ultimi anni, i contatti con la Russia si sono foca498

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lizzati sulla ricerca di soluzioni concernenti la crisi ucraina, la crisi della sicurezza europea e il conflitto siriano.

Il nostro Paese accorda un'importanza particolare ai mercati emergenti in Asia.

Intende aderire alla Banca asiatica d'investimento per le infrastrutture quale membro fondatore9. Oltre alle strette relazioni con la Cina, il suo terzo partner commerciale a livello mondiale, e con il Giappone e la Corea del Sud, la Svizzera mira a potenziare le sue relazioni con i Paesi dell'Associazione delle Nazioni dell'Asia del Sud-Est (ASEAN). Negli anni passati la Svizzera aveva già consolidato le sue relazioni istituzionali con le organizzazioni regionali in Africa e in America latina; nel 2015 si è quindi avvicinata all'ASEAN.

Una forte presenza della Svizzera a livello mondiale costituirà una priorità anche nella strategia di politica estera del Consiglio federale per la prossima legislatura.

Questa strategia all'insegna della continuità terrà però anche conto del contesto in costante mutazione. Il Consiglio federale presenterà la nuova strategia di politica estera nell'ambito del programma di legislatura 2016­2019 nel corso del primo trimestre del 2016.

2

L'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario

2.1

Introduzione

La promozione e la difesa dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario sono capisaldi della politica estera svizzera. Il nostro Paese si è prodigato per lo sviluppo di un quadro di protezione basato sul diritto internazionale e per il suo adeguamento ­ laddove necessario ­ all'evoluzione delle società odierne e dei conflitti armati. Dall'adozione, nel 1864, della prima Convenzione di Ginevra, il diritto internazionale umanitario è evoluto considerevolmente e si è adeguato, in più tappe successive, al mutamento di metodi e mezzi bellici come pure all'esigenza di garantire una migliore protezione della popolazione civile e di tutti coloro che non partecipano (più) alle ostilità. Progressi considerevoli sono stati realizzati anche in materia di diritti umani, in particolare dopo l'adozione, nel 1948, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Nell'arco di alcuni decenni, gli Stati hanno adottato una fitta rete di convenzioni universali e regionali per la protezione dei diritti umani e hanno messo a punto svariati meccanismi internazionali. Oggigiorno le regole del diritto internazionale in ambito umanitario e in materia di diritti umani sono nell'insieme sufficienti e adeguate per far fronte alle necessità.

L'obiettivo più pressante ora non è continuare ad adottare nuove regole bensì garantire un'attuazione efficace di quelle esistenti. Si tratta, in altre parole, di ridurre il divario tra norme di diritto e realtà dei fatti; in tal senso, molto resta da fare. Giorno dopo giorno siamo testimoni di gravi involuzioni e dei loro effetti destabilizzanti. Le violazioni dei diritti umani che alcuni Stati commettono sul loro territorio sono a volte dissimulate da un'apparente stabilità politica o una certa prosperità economica, 9

Decreto federale del 18 dicembre 2015, FF 2015 7963

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ma improvvisamente possono scatenare disordini interni e condurre persino a un conflitto armato. Nei Paesi in balia di conflitti di questo tipo non si registrano solo gravi restrizioni del rispetto dei diritti umani, ma spesso anche violazioni gravi e ripetute del diritto internazionale umanitario. [I conflitti armati che affliggono la Siria, l'Iraq e lo Yemen sono particolarmente devastanti. Altri Paesi, come l'Afghanistan, il Sudan del Sud, la Repubblica Centrafricana, la Somalia, la Libia o la Repubblica democratica del Congo, sono impantanati in conflitti armati che durano ormai da tempo].

Nella maggior parte dei conflitti attuali, le popolazioni civili soffrono le pesanti conseguenze dirette o indirette delle ostilità. Esse sono particolarmente esposte quando i combattimenti hanno luogo in aree densamente abitate e i combattenti si mescolano alla popolazione. In barba al diritto internazionale umanitario, inoltre, i civili sono regolarmente presi di mira. Troppo spesso metodi e mezzi bellici impiegati non rispettano né il principio della distinzione tra beni/popolazioni civili e obiettivi militari, né il principio di proporzionalità e tantomeno il divieto di impiegare determinate armi.

Il ripetersi di queste violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e le distruzioni causate dalla violenza spingono sempre più persone a fuggire.

Nel 2015 i bisogni umanitari globali hanno raggiunto livelli senza precedenti. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che quasi la metà della popolazione siriana sia sfollata a causa del conflitto: quasi 8 milioni di persone hanno cercato rifugio in altre zone del Paese e oltre 3 milioni sarebbero fuggite all'estero. Attorno al lago Ciad, gli sfollati tra il nord della Nigeria, il Camerun, il Ciad e il Niger sarebbero 2­3 milioni. Alla fine del 2015, si contavano a livello mondiale, circa 60 milioni di persone sfollate, la cifra più elevata mai registrata dai tempi della fine della Seconda guerra mondiale.

Le sofferenze patite dalle popolazioni civili, gli sfollamenti forzati e i movimenti migratori sono le dirette conseguenze delle gravi violazioni del diritto internazionale e dimostrano ­ se ce ne fosse ancora bisogno ­ quanto sia importante fare di più per garantire ovunque nel mondo il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

2.2

I capisaldi dell'impegno svizzero

La Svizzera vanta una solida tradizione storica in termini di impegno in favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. L'importanza di questo impegno va ricercata non soltanto nella natura dei valori che la Svizzera intende proteggere, bensì anche nella dimensione trasversale di tale impegno in quanto concorre a garantire la stabilità, la sicurezza e la prosperità del nostro Paese e del suo contesto internazionale. Il diritto internazionale e le specificità elvetiche sono i pilastri sui quali poggia l'impegno del nostro Paese.

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2.2.1

Profonde radici storiche

L'impegno internazionale della Svizzera in ambito umanitario ha una lunga tradizione storica. Il nostro Paese è la patria di Henry Dunant e del Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa nonché la culla del diritto internazionale umanitario. In qualità di Stato Parte alle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera si adopera da tempo, sia in prima linea sia attraverso il sostegno al Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e a tutta una serie di altre organizzazioni umanitarie svizzere e internazionali, per fornire assistenza e garantire protezione alle vittime dei conflitti. L'impegno internazionale elvetico in favore dei diritti umani è più recente, ma nondimeno è intimamente legato alla storia del nostro Paese e a i principi che nel corso dei secoli ne hanno progressivamente forgiato l'organizzazione politica e sociale: la protezione della libertà e dei diritti fondamentali, il rispetto dello Stato di diritto, la democrazia, il federalismo, la coesistenza pacifica e il rispetto delle espressioni religiose, linguistiche, etniche e culturali dei vari gruppi sociali.

Il particolare profilo assunto dalla Svizzera è legato anche al ruolo storico di Ginevra nello sviluppo del diritto internazionale umanitario e nella promozione dei diritti umani. La vocazione internazionale di Ginevra nasce con l'istituzione, nel 1863, del Comitato di Ginevra (divenuto poi il CICR), e si afferma stabilmente con la fondazione della Società delle Nazioni e dell'Organizzazione internazionale del lavoro dopo la Prima guerra mondiale e dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati al termine del Secondo conflitto mondiale. Oggi Ginevra è a tutti gli effetti una capitale internazionale dei diritti umani e degli affari umanitari.

2.2.2

Al servizio della pace, della sicurezza e della prosperità

La Costituzione federale del 1999 contiene un elenco di diritti fondamentali fortemente ispirato alle garanzie sancite nei trattati internazionali di protezione dei diritti umani, primo fra tutti, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo10. La legge fondamentale del nostro Stato riconosce la crescente importanza della promozione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario nella nostra politica estera e pone questa promozione sullo stesso piano degli altri obiettivi di tale politica11. Essa riconosce altresì la valenza trasversale di questo impegno e il suo contributo alla pace, alla sicurezza e alla prosperità del nostro Paese e del contesto internazionale in cui si muove.

L'esperienza dimostra che il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto costituisce un presupposto essenziale per il buon funzionamento delle istituzioni di un Paese e per la sua stabilità e prosperità. Promuovere attivamente i diritti umani e lo Stato di diritto significa contribuire anche al raggiungimento di altri obiettivi di politica 10

11

Esperienze e prospettive a 40 anni dall'adesione della Svizzera alla CEDU, rapporto del Consiglio federale del 19 nov. 2014 in adempimento del postulato Stöckli 13.4187 del 12 dic. 2013, FF 2015 355, in particolare pag. 385 Si vedano in particolare gli art. 2 e 54 cpv. 2 Cost.

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estera, segnatamente alla riduzione della povertà e dei flussi migratori, alla prevenzione dei conflitti, dell'estremismo violento e del terrorismo. Questa dimensione è palese anche nella promozione dei diritti delle donne e dell'uguaglianza di genere, la cui protezione costituisce uno strumento di politica di pace oltre che di sviluppo economico. Parte integrante della politica di pace è anche l'adeguata protezione delle minoranze etniche, linguistiche o religiose poiché attraverso il rispetto del principio generale della non discriminazione e delle garanzie proprie di una società democratica oppure attraverso il riconoscimento di diritti specifici ai membri delle minoranze si contribuisce alla stabilità di un Paese e alla prevenzione di conflitti interni o con Paesi vicini.

La missione del diritto internazionale umanitario è diversa: consiste nel limitare gli effetti dei conflitti armati per ragioni umanitarie disciplinando il comportamento delle parti in conflitto e garantendo la protezione delle persone che non partecipano (più) alle ostilità. In un certo qual modo, dunque, anche il diritto internazionale umanitario concorre a garantire la stabilità e la sicurezza internazionale. Il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di chi partecipa a un conflitto armato può aiutare a prevenire l'inasprimento del conflitto, ad avviare (e portare a buon fine) un processo di pace e ad accelerare la riconciliazione e la ricostruzione postbellica. Al contrario, le violazioni del diritto internazionale umanitario tendono ad aggravare i conflitti e a estenderne gli effetti al di là delle zone strettamente implicate e delle frontiere nazionali.

L'attualità dimostra come uno Stato che non rispetti le libertà fondamentali e il diritto internazionale umanitario rappresenti una minaccia non solo per la propria popolazione ma anche per gli Stati e le regioni circostanti, addirittura per il mondo intero. Il mancato rispetto dei diritti umani può, in modo rapido e improvviso, catalizzare una situazione di disordine intestino o un conflitto armato. Un conflitto inizialmente localizzato può degenerare in un conflitto armato su larga scala con conseguenze sull'intera regione e oltre i suoi confini. In altre parole, vi è uno stretto legame di dipendenza tra sicurezza internazionale e sicurezza umana. Di
questo legame intrinseco tra pace e sicurezza, sviluppo, diritti umani e affari umanitari si è tenuto debitamente conto nella nuova Strategia di politica estera 2016­2019, nonché nel messaggio sulla cooperazione internazionale 2017-2020, che sarà presentato alle Camere federali all'inizio del 2017 e che, per la prima volta, contempla tutti gli aspetti della cooperazione internazionale del nostro Paese. L'interrelazione fra queste diverse dimensioni è illustrata anche nel Rapporto sulla politica estera in materia di diritti dell'uomo: bilancio 2011­2014 e prospettive che costituisce la base della strategia del DFAE in materia di diritti umani attualmente in corso di finalizzazione e i cui assi strategici corrispondono a quelli illustrati nel presente capitolo.

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2.2.3

Il diritto internazionale: colonna portante del nostro impegno

La Svizzera ritiene da sempre che il diritto internazionale sia un elemento strutturante fondamentale delle relazioni internazionali e un baluardo della lotta contro la legge del più forte. La promozione di un mondo basato su un maggiore rispetto del diritto internazionale rappresenta un imperativo strategico per un Paese come il nostro che non può semplicemente confidare nei rapporti di forza per vedere garantite la propria indipendenza, prosperità e sicurezza. Anche se non sufficientemente rispettato, il diritto internazionale fornisce un quadro giuridico indispensabile per l'organizzazione della comunità internazionale.

L'importanza del diritto internazionale è palese soprattutto in ambito umanitario e in materia di diritti umani. La Svizzera partecipa sin dagli inizi ai principali sviluppi del diritto internazionale in questi ambiti. Nel 1864, il generale Dufour presiedette la conferenza diplomatica che portò all'adozione della prima Convenzione di Ginevra per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti in guerra. Il nostro Paese ha ospitato le grandi conferenze diplomatiche che hanno portato alla conclusione delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dei Protocolli aggiuntivi del 1977 e ne ha assunto il ruolo di depositario. La Svizzera ha anche partecipato attivamente all'elaborazione delle principali convenzioni di protezione dei diritti umani sia sul piano regionale (in particolare in seno al Consiglio d'Europa) sia su quello universale. Non da ultimo ha rivestito un ruolo importante nello sviluppo delle istituzioni internazionali in questo ambito, segnatamente del Consiglio dei diritti umani dell'ONU.

Il diritto internazionale è la colonna portante dell'impegno del nostro Paese in favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. La Svizzera basa le proprie iniziative bilaterali e multilaterali sul diritto internazionale. Si appella agli impegni internazionali assunti dagli Stati e impiega il diritto internazionale in qualità di linguaggio universalmente convenuto per legittimare e strutturare le proprie iniziative.

L'esistenza di disposizioni di diritto internazionale in vari ambiti, tra cui quello dei diritti umani, giova al nostro Paese. Grazie all'adesione della Svizzera alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo12 e ad altre convenzioni internazionali,
il catalogo dei diritti fondamentali di cui godono i suoi abitanti è stato infatti progressivamente ampliato in numerosi ambiti importanti. La Costituzione federale del 1999 ha recepito diversi elementi di diritto internazionale e continua ad essere completata e arricchita attraverso nuove convenzioni ratificate dal nostro Paese, tra cui, da ultimo, la Convenzione del 13 dicembre 200613 sui diritti delle persone con disabilità.

12 13

Convenzione del 4 nov. 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, RS 0.101 RS 0.109

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2.2.4

I punti di forza elvetici

Nel suo impegno in favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario la Svizzera può avvalersi del suo particolare profilo e dei suoi punti di forza specifici.

Fra questi, sono particolarmente importanti la tradizione umanitaria, la tradizione dei buoni uffici e della mediazione, il ruolo storico di Ginevra nell'ambito del diritto internazionale umanitario, della promozione della pace e dei diritti umani, nonché la sua comprovata esperienza in questi settori. Sotto il profilo dei diritti umani la credibilità della Svizzera è rafforzata dal valore esemplare delle sue istituzioni, dalla sua cultura democratica, dal rispetto dello Stato di diritto, dalla priorità accordata al dialogo, dall'arte del compromesso e dal rispetto delle diversità. È tuttavia essenziale preservare questa credibilità garantendo la coerenza tra la politica interna ed estera nonché tra i vari indirizzi di quest'ultima. Sulla scena internazionale, inoltre, la neutralità, l'assenza di un passato coloniale o di un'agenda politica segreta conferiscono al nostro Paese un profilo particolarmente apprezzato e ricercato nel contesto attuale.

2.3

Sfide e tendenze attuali

Nello spazio di poche generazioni sono stati realizzati progressi considerevoli in materia di affermazione e riconoscimento dell'universalità dei dritti umani e del diritto internazionale umanitario. Eppure, in un contesto internazionale di tensioni e sviluppi in parte contradditori, alcuni di questi progressi si rivelano fragili e, in alcuni casi, si assiste a vere e proprie involuzioni.

Qui di seguito sono descritte quattro tendenze attuali che incidono sui diritti umani e sul diritto internazionale umanitario: 1) l'accelerazione dei processi di sviluppo, compresi quelli tecnologici; 2) la crescente importanza degli attori non statali; 3) la complessità dei conflitti armati; e 4) la tentazioni di chiusure identitarie.

2.3.1

Accelerazione dei processi di sviluppo e rapida evoluzione delle tecnologie

In un mondo globalizzato e ipercollegato si assiste all'accelerazione dei processi di sviluppo sociale, politico ed economico. L'informazione circola più rapidamente e incide sulla concatenazione degli eventi e sulle diverse letture che ne sono date. La Primavera araba dimostra in modo emblematico come ­ attraverso la diffusione istantanea dell'informazione e l'amplificazione da parte dei media moderni e delle reti sociali ­ un evento localizzato possa avere rapidamente un impatto importante su scala nazionale e successivamente anche in altri Paesi e contesti.

L'accelerazione dei processi di sviluppo e l'impiego delle nuove tecnologie influiscono sia positivamente sia negativamente sui diritti umani e sul diritto internazionale umanitario. Nell'era dei media sociali, la società civile può mobilitarsi più facilmente e spontaneamente per dare voce alle proprie rivendicazioni a livello nazionale e nei confronti delle istituzioni internazionali. È divenuto più facile anche denuncia-

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re, documentare e chiedere conto di violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Ma queste stesse tecnologie pongono anche importanti sfide come dimostrano la sorveglianza di massa o lo stoccaggio elettronico dei dati personali. Vi è tuttavia anche chi abusa di Internet e dei media sociali utilizzandoli come strumenti di propaganda, pressione o destabilizzazione. In alcuni conflitti armati, i belligeranti producono informazione come fossero giornalisti con un conseguente maggior rischio di manipolazione dell'informazione. Un gruppo armato come l'ISIS (Daech in arabo), ad esempio, fa grande uso dei media sociali a scopo di reclutamento e propaganda e non esita a inscenare gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

2.3.2

L'importanza crescente degli attori non statali

L'importanza crescente dei diversi attori non statali (settore privato, rappresentanti della società civile, organizzazioni criminali, gruppi armati ecc.) incide sull'effettivo godimento dei diritti umani e sull'applicazione del diritto internazionale umanitario.

Sul piano politico e giuridico, lo Stato continua ad essere il primo responsabile della protezione della sua popolazione, ma di fatto questa sua responsabilità è relativizzata dall'azione dei diversi attori non statali.

L'esistenza di una società civile indipendente è vitale per ogni democrazia, in Svizzera come nel resto del mondo. Una società civile attiva, risoluta e i cui membri siano connessi fra loro è essenziale per monitorare l'azione del governo e chiedergliene conto. Sempre più spesso, tuttavia, alcuni Stati percepiscono questa attitudine critica come una minaccia. In numerosi Paesi, i rappresentanti della società civile sono vittime di varie forme di repressione (intimidazioni, carcerazioni, sparizioni forzate o addirittura esecuzioni sommarie). In altri casi la società civile deve fare i conti con misure tese a limitare in modo più subdolo la sua libertà d'azione. Non di rado cavilli amministrativi o giuridici vengono impiegati per ostacolare la registrazione di un'organizzazione, per impedire che riceva finanziamenti dall'estero, per vietarle di comunicare attraverso canali pubblici o di fare lobbismo.

In un mondo in cui vi sono multinazionali che hanno cifre d'affari superiori al prodotto interno lordo di alcune tra le economie più avanzate, è importante tenere conto anche del ruolo del settore privato. Buona parte delle imprese è consapevole della necessità di rispettare le leggi nazionali dei Paesi nei quali operano, comprese quelle in ambito sociale e ambientale. Tuttavia, alcuni settori sensibili quali l'industria estrattiva, il commercio delle materie prime o la sicurezza privata richiedono precauzioni specifiche. Del resto, alcune multinazionali svolgono la loro attività in Paesi guidati da governi deboli o repressivi o in regioni teatro di conflitti armati e devono pertanto badare a non divenire complici di violazioni dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario.

L'importanza di attori non statali è palese anche nell'ambito dei conflitti armati in corso. Le guerre oggi sono raramente il confronto
diretto su un campo di battaglia tra eserciti regolari. La maggior parte dei conflitti armati coinvolge uno o più gruppi armati non statali e assume la forma di conflitti di tipo asimmetrico o ibrido. La guerra, inoltre, tende a privatizzarsi, in particolare nei Paesi dove le strutture dello 505

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Stato sono deboli o inesistenti. In Somalia, in Afghanistan, nella Repubblica democratica del Congo o nella zona del Sahel si contano tra i belligeranti gruppi ribelli «tradizionali», ma anche, sempre più spesso, signori della guerra, milizie armate, gruppi terroristici o organizzazioni mafiose. Questi gruppi armati traggono profitto dalla guerra attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali, il traffico di droga, la tratta di essere umani, la presa d'ostaggi, i furti e i saccheggi. Nel corso degli ultimi decenni si è assistito, ad esempio in Iraq e in Afghanistan, a un vero e proprio boom di aziende militari e di sicurezza privata le quali, a volte, assumono funzioni militari di prima linea, ad esempio quando ricevono l'incarico di far funzionare sistemi bellici complessi, di interrogare detenuti o di scortare convogli militari. Sebbene non siano vietate dal diritto internazionale, le attività di queste imprese sollevano diverse questioni riguardo al diritto applicabile e alle responsabilità di tali imprese e dello Stato.

La recrudescenza degli atti terroristici in tutto il mondo è un ulteriore esempio del ruolo crescente degli attori non statali e delle sfide che ne conseguono. Questi gruppi terroristici minacciano le libertà fondamentali e l'essenza delle nostre democrazie e spesso, quando sono coinvolti in conflitti armati, si macchiano di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. Costringendo gli Stati a rafforzare le misure di protezione della popolazione, tali gruppi pongono le nostre società democratiche di fronte al doloroso dilemma tra esigenze di sicurezza e protezione dei diritti fondamentali14. In effetti, misure adottate in nome della lotta al terrorismo conducono, a volte, a involuzioni preoccupanti in materia di rispetto dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario, come nel caso di esecuzioni extragiudiziarie, di sparizioni forzate, di detenzioni arbitrarie o di ricorso alla tortura o a trattamenti disumani e degradanti. Violazioni di questo tipo non fanno che rendere ancora più fertile il terreno di instabilità e radicalizzazione che favorisce il terrorismo.

2.3.3

La complessità dei conflitti armati in corso

Il mondo non è necessariamente meno sicuro di quanto lo fosse alla fine della Guerra fredda; il numero totale dei conflitti armati sembra essere addirittura diminuito nel corso dell'ultimo decennio15. In questo stesso arco di tempo, tuttavia, i conflitti armati sono divenuti più cruenti oltre che più complessi e difficili da comprendere e risolvere.

14

15

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Testimoniano questo dilemma in particolare le linee direttrici sui diritti umani e sulla lotta contro il terrorismo e le linee direttrici sulla protezione delle vittime di atti terroristici (adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa rispettivamente l'11 lug. 2002 e il 5 mar. 2005).

Riguardo all'evoluzione dei conflitti armati, si vedano i censimenti realizzati dall'Accademia di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di Ginevra, nel suo progetto Rules of Law in Armed Conflicts (RULAC), e dall'Istituto internazionale di studi strategici di Londra (Armed Conflict Database ­ Monitoring Conflicts Worldwide).

Quest'ultimo ha recensito 42 conflitti armati nel mondo nel 2014, 21 in meno rispetto al 2008. Nonostante la diminuzione del numero dei conflitti armati, il numero delle vittime nel 2014 (180 000 morti) è triplicato rispetto al 2008. Ciò è dovuto principalmente al conflitto siriano ­ che ha fatto 70 000 vittime nel 2014 ­ e alla recrudescenza del livello di violenza in Afghanistan.

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Questa maggiore complessità si manifesta a più livelli: ­

Al livello degli attori coinvolti poiché la maggior parte dei conflitti armati vede la partecipazione di forze governative, di uno o più gruppi armati non statali e spesso di Stati terzi. In Siria o attorno al lago Ciad, ad esempio, sono decine se non addirittura centinaia i gruppi armati coinvolti. Questa frammentazione dei gruppi armati, la loro relativa autonomia, l'assenza di chiare linee di comando in grado di imporre regole di disciplina sono d'ostacolo all'attuazione del diritto internazionale umanitario e al lavoro sul campo delle organizzazioni umanitarie. Questa atomizzazione costringe a discutere o negoziare con decine di attori diversi, aumentando i rischi per la sicurezza e i problemi che la popolazione civile e gli operatori umanitari devono affrontare.

­

Al livello dei fattori all'origine dei conflitti armati poiché il moltiplicarsi degli attori comporta inevitabilmente una diversificazione delle motivazioni e degli obiettivi della guerra. Spesso si è in presenza di un intrico di motivazioni politiche, economiche o sociali, di rivalità etniche o religiose, di una competizione per l'accesso alle risorse naturali e di obiettivi criminali o di arricchimento personale. A tutto ciò si aggiungono gli interessi dei Paesi terzi, poiché la maggior parte dei conflitti armati in corso si iscrivono nel quadro di rivalità regionali o geostrategiche.

­

Al livello del diritto applicabile in quanto nelle situazioni di conflitto armato il diritto internazionale in materia di diritti umani e il diritto internazionale umanitario sono applicati in modo concomitante. Pur avendo ognuno le proprie specificità, i due corpus normativi interagiscono e si completano nell'ottica di un obiettivo comune che è quello di proteggere la vita, la salute e la dignità dell'essere umano16.

La pluralità degli attori coinvolti nei conflitti in corso e la diversità delle loro motivazioni concorrono a prolungare le ostilità. Alcuni conflitti armati durano ormai da numerosi decenni, in un alternanza di fasi più o meno intense e senza la ragionevole speranza di una fine imminente. Altri conflitti sono «congelati» senza essere stati risolti e rischiano di riaccendersi in qualunque istante. Va detto, infine, che guerra e pace spesso si confondono, soprattutto in situazioni di occupazione (come in vaste zone della Cisgiordania, sulle pendici del Golan o in Crimea).

Questa accresciuta complessità e le rivalità geostrategiche delle grandi potenze nonché delle potenze regionali emergenti ostacolano i tentativi della comunità internazionale di porre fine ai conflitti armati in corso. Il Consiglio di sicurezza è troppo spezzo paralizzato, come nel caso della Siria, dai disaccordi tra i suoi membri per-

16

Riguardo alle interazioni tra diritti umani e diritto internazionale umanitario e alle sfide attuali in materia di diritto internazionale umanitario, si vedano il rapporto del CICR dell'ottobre 2015 («Le droit international humanitaire et les défis des conflits armés contemporains») presentato alla 32a Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa; doc. 32IC/15/11), nonché il rapporto del Consiglio federale del 17 sett.

2010 in risposta al postulato 08.3445 della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati.

507

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manenti. Anche quando evolvono positivamente, i processi di pace si rivelano fragili e possono incepparsi rapidamente a causa di atti di violenza mirati.

2.3.4

La tentazione di chiusure identitarie

La globalizzazione e la facilità con cui le informazioni circolano concorrono ad avvicinare le varie parti del mondo. Si tratta tuttavia di una globalizzazione a due velocità poiché all'interno di vari Paesi aumenta il divario tra ricco e povero. Inoltre, il riposizionamento degli Stati Uniti, della Russia e della Cina e lo scoppio di nuovi conflitti destabilizzano il contesto internazionale. Ciò favorisce dibattiti e aspirazioni di tipo identitario che possono rimettere in discussione la validità universale delle norme di protezione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

Nel contesto della globalizzazione si assiste da alcuni anni ad un'involuzione del concetto di universalità dei diritti umani e la loro stessa attuazione fa registrare, in determinati contesti, tensioni crescenti. L'antico dibattito sulla questione se occorra dare la priorità ai diritti civili e politici o invece ai diritti economici, sociali e culturali non si è ancora concluso malgrado l'indivisibilità dei diritti umani sia stata sia stata ripetutamente affermata. Nel garantire i diritti umani, inoltre, alcuni Stati si appellano a valori tradizionali che ritengono superiori o ad altre specificità identitarie di tipo politico, sociale, religioso o culturale. Questa nuova forma di relativismo può servire, ad esempio, a giustificare discriminazioni nei confronti delle donne, a pregiudicare le libertà fondamentali delle persone omosessuali o a legittimare metodi crudeli e degradanti di applicazione della pena di morte. Il rimando frequente alle differenze culturali o religiose è un freno alla protezione dei diritti delle donne, in particolare in materia di salute sessuale e riproduttiva, di proprietà fondiaria e di successione o di lotta contro le varie forme di violenza, quali il matrimonio precoce e forzato.

Il relativismo di cui sopra incide anche sul diritto internazionale umanitario. Ne sono una prova i tentativi di negare la pertinenza di tale diritto adducendo pretesti di tipo religioso o culturale, sebbene le regole e i principi umanitari abbiano radici profonde nelle principali culture e religioni del mondo. Anche la flagrante inosservanza delle regole esistenti in determinati contesti alimenta la tendenza al relativismo e può condurre a dubitare dell'efficacia e pertinenza di tali regole, a relativizzare
la loro validità universale e la loro portata concreta o a reclamare modifiche o aggiornamenti normativi pretendendo l'insufficiente adeguatezza del diritto internazionale alla realtà contemporanea. A fronte di queste velleità è importante ricordare che ad essere insufficiente o inadeguato non è il quadro normativo bensì la sua attuazione.

Non bisogna neppure temere di ripetere che i due corpus normativi del diritto internazionale sono universalmente accettati e poggiano su principi fondamentali di umanità e di rispetto della dignità umana che sono svincolati da qualunque cultura o ideologia particolare.

A dispetto della globalizzazione, esistono comunque evidenti differenze nei riferimenti ideologici e religiosi come pure nella visione del mondo tra le varie società e ciò impone a coloro che si adoperano per la promozione dei diritti umani e partecipano all'azione umanitaria (Stati, organizzazioni internazionali, organizzazioni non 508

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governative) di tenere conto delle sensibilità specifiche dei Paesi nei quali operano, senza rimettere in discussione la validità universale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Ciò implica la necessità di avvalorare eventuali denominatori comuni e di dialogare con maggiore assiduità con le autorità governative e con le varie parti che compongono la società civile.

Per certi versi, i diritti umani sono vittima del loro stesso successo. Non vi è praticamente più situazione o crisi politica che non faccia riferimento alla dimensione dei diritti umani sia per spiegarne le cause, sia per formulare le proposte di soluzione. Si tratta di un'evoluzione sicuramente positiva poiché fa sì che si tenga maggiormente conto dei diritti umani nell'ambito della governance mondiale. Purtroppo però, negli ultimi anni essa è accompagnata da una crescente politicizzazione del dibattito sui diritti umani. Nei consessi internazionali ci si accusa reciprocamente di tenere conto dei diritti umani solo in modo selettivo e di strumentalizzarli a scopi politici, economici o geopolitici. Su alcuni temi si sono aperte ­ e tendono addirittura ad allargarsi ­ vere e proprie fratture segnatamente tra Stati democratici e autocratici e tra Paesi occidentali e alcuni Paesi in sviluppo.

2.4

Assi strategici dell'impegno svizzero

Nel definire gli assi strategici del suo impegno e delle sue priorità, la Svizzera tiene conto delle sfide e tendenze attuali.

Obiettivi e priorità elvetici sono definiti in diversi documenti strategici, segnatamente nella recente Strategia di politica estera 2016­2019, nella strategia per la protezione della popolazione civile nei conflitti armati 2013­2017, e nella strategia del DFAE sui diritti umani 2016­2019. La Svizzera privilegia le iniziative nelle quali grazie alla propria esperienza può fornire un contributo sostanziale, può avere un impatto concreto e apportare effettivo valore aggiunto. Essa fa dunque affidamento sui propri funti di forza in questo ambito (vedi sopra) e grazie ad essi può fungere da precursore di nuove idee e gettare ponti fra i vari attori restando pur sempre fedele ai propri valori e interessi. La Svizzera è altresì sempre attenta alla complementarità del suo impegno con quello degli altri attori sia per sviluppare sinergie, sia per suddividersi i compiti. Una certa continuità dell'impegno attorno a priorità strategiche e tematiche è necessaria. Queste priorità non devono tuttavia impedire al nostro Paese di reagire rapidamente in situazioni di emergenza e di mettere a frutto le proprie particolari capacità anche in altri ambiti, se ciò risulta utile.

2.4.1

Preservare l'universalità e l'adeguatezza del quadro normativo di protezione

In un contesto in rapida evoluzione, la Svizzera deve innanzitutto garantire l'adeguatezza e la coerenza del quadro di protezione e, laddove il diritto internazionale è messo in discussione, difendere le conquiste universali.

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Preservare l'universalità dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario L'universalità dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario è una conquista importante, ma fragile, che la Svizzera si impegna attivamente a promuovere e preservare.

Il nostro Paese incoraggia la ratifica universale dei principali trattati di protezione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e si adopera in favore della codificazione del diritto consuetudinario internazionale. Sostiene inoltre attività tese a divulgare i contenuti delle regole convenzionali e consuetudinarie e il loro carattere universale.

Esempi: ­

la Svizzera invita regolarmente gli Stati che non vi hanno ancora provveduto ad aderire alle principali convenzioni universali e regionali di protezione dei diritti umani, ai Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra, allo Statuto di Roma ­ che istituisce la Corte penale internazionale ­ e ad altri trattati che vietano l'impiego di certe armi. Partecipa inoltre all'iniziativa per la ratifica universale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura entro il 2024 e per il miglioramento dell'attuazione di detta Convenzione e del suo protocollo facoltativo.

­

La Svizzera promuove attivamente la diffusione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario presso attori non statali, compresi i gruppi armati. Sostiene varie iniziative tese a spiegare i contenuti del diritto internazionale in questi due ambiti e le sue conseguenze pratiche per gli attori non statali.

Garantire l'adeguatezza e la coerenza del quadro normativo di protezione La Svizzera si adopera affinché il quadro normativo di protezione sia adeguato alle esigenze attuali e future. Supporta i tentativi di codificare o sviluppare il diritto internazionale laddove emergano lacune. Se l'adozione di una nuova convenzione internazionale appare un obiettivo irrealistico, non apporterebbe alcun valore aggiunto oppure servirebbe unicamente a chiarire il quadro giuridico, la Svizzera sostiene iniziative volontarie per la messa a punto e l'applicazione di strumenti giuridici non vincolanti. Questo approccio consente di dare le indicazioni normative necessarie e di agevolare l'attuazione del diritto internazionale in quanto fornisce una visione pratica di come gli Stati dovrebbero affrontare una determinata questione nella legislazione e nelle pratiche interne.

Il nostro Paese cerca anche di lottare contro le conseguenze negative della crescente frammentazione del diritto internazionale e analizza, in modo critico, gli sviluppi che portano all'indebolimento di principi riconosciuti o a conflitti tra i ordinamenti giuridici diversi. Fa inoltre sì di evitare o limitare i conflitti di competenza tra istituzioni internazionali che potrebbero condurre a divergenze d'interpretazione e d'applicazione delle norme internazionali.

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Esempi:

17

­

nell'aprile 2015 la Svizzera ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi, il quale prevede la messa a punto di un sistema di controllo dei trasferimenti (di armi convenzionali, munizioni, parti e componenti) in base a criteri precisi e tenendo conto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Il Trattato vieta i trasferimenti qualora possano servire a commettere crimini di guerra, crimini contro l'umanità, violazioni di altri impegni internazionali o di decisioni d'embargo prese dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Svizzera ha contribuito attivamente all'elaborazione del Trattato e, in occasione della ratifica, ha formulato una dichiarazione interpretativa per evidenziarne le disposizioni umanitarie. Nell'agosto del 2015, data in cui si è tenuta la prima Conferenza degli Stati Parte, la Svizzera ha ottenuto la designazione di Ginevra quale sede del segretariato del Trattato. Il suo impegno è ora finalizzato all'applicazione efficace del Trattato e al rapido insediamento della segreteria.

­

Nel corso dell'ultimo decennio, l'approccio «classico» consistente nell'adottare una nuova convenzione è stato privilegiato anche rispetto a due altre tematiche importanti: i diritti delle persone disabili e la lotta contro le sparizioni forzate. La Svizzera ha collaborato attivamente all'elaborazione di queste due convenzioni e nell'aprile del 2014 ha aderito alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Quanto alla Convenzione per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, il Parlamento ne ha approvato la ratifica nel dicembre del 2015.

­

In materia di responsabilità sociale delle imprese è stato privilegiato un approccio meno convenzionale, basato piuttosto sulla soft law. La Svizzera ha sostenuto l'elaborazione e sostiene l'applicazione dei Principi guida delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani nonché delle Linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali. Si impegna inoltre in iniziative multilaterali su temi più specifici. In collaborazione con il CICR, ad esempio, la Svizzera ha guidato un processo che nel 2008 ha portato all'adozione del Documento di Montreux sulle imprese militari e di sicurezza private. Il Documento in questione descrive il diritto internazionale applicabile alle attività delle imprese menzionate e recensisce le buone pratiche che possono aiutare gli Stati ad adottare misure nazionali utili per adempiere i loro obblighi di diritto internazionale. Nel dicembre del 2014, la Svizzera e il CICR hanno dato vita, con altri 52 Paesi, al Forum del Documento di Montreux, che funge da piattaforma di scambio e coordinamento delle misure di regolamentazione nazionale adottate in questo ambito. Sul piano interno, infine, la Svizzera ha confermato il proprio impegno adottando la legge federale del 27 settembre 201317 sulle prestazioni di sicurezza private fornite all'estero (LPSP), entrata in vigore il 1° settembre 2015. Fra gli obiettivi della nuova legge vi è quello di garantire il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario (art. 1 lett. d LPSP).

RS 935.41

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­

La Svizzera partecipa attivamente alla lotta contro il terrorismo, essenziale per garantire la protezione della popolazione e la difesa dei diritti fondamentali dell'essere umano. Secondo la Strategia della Svizzera per la lotta al terrorismo (adottata dal Consiglio federale il 18 settembre 2015), la lotta al terrorismo è portata avanti nel quadro della Costituzione e del diritto internazionale tenendo conto in particolar modo dei diritti fondamentali e dei diritti umani. A livello internazionale la Svizzera è considerata un partner affidabile e prudente che rispetta gli obblighi assunti nell'ambito del diritto internazionale. La Svizzera contribuisce attivamente al rafforzamento del quadro normativo internazionale necessario per la lotta al terrorismo e sostiene le organizzazioni internazionali e altri Stati nello sviluppo delle capacità indispensabili per una lotta efficace e giuridicamente legittima al terrorismo che rispetti e promuova i diritti umani e il diritto internazionale umanitario. La Svizzera pone un accento particolare sulla prevenzione dell'estremismo violento e si adopera affinché le nuove regole internazionali adottate nel quadro della lotta al terrorismo non siano in contraddizione con i diritti umani e il diritto internazionale umanitario. Con altri Paesi partner ha difeso, ad esempio, la necessità di un migliore rispetto delle garanzie procedurali per persone o enti a cui il Consiglio di sicurezza ha inflitto sanzioni.

­

La Svizzera partecipa alle riflessioni in corso sulle sfide che l'impiego delle nuove tecnologie rappresentano per i diritti umani e il diritto internazionale umanitario. Prende parte segnatamente ai dibattiti internazionali sul tema della cyberguerra, dei sistemi d'arma autonomi, della sorveglianza di massa o dello stoccaggio elettronico dei dati personali.

­

La Svizzera ha sostenuto la revisione delle regole minime delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti e ha contribuito al raggiungimento nel 2015 di un consenso su questi standard, ormai noti come le «Mandela Rules». Si è adoperata in particolare affinché la revisione del testo del 1955 prendesse in considerazione i progressi realizzati da allora in materia di protezione dei diritti umani, ad esempio nella lotta contro la tortura e contro i trattamenti disumani o degradanti.

­

In collaborazione con il CICR, con l'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), con l'organizzazione Conflict Dynamics International (CDI), la Svizzera ha elaborato un manuale sul quadro normativo che disciplina l'accesso umanitario. Insieme all'OCHA e alla CDI ha altresì redatto delle direttive a uso degli operatori sul campo. Queste due pubblicazioni sono opere di riferimento per la formazione del personale delle organizzazioni umanitarie.

Lottare contro il relativismo e la strumentalizzazione abusiva La Svizzera lotta per preservare la validità delle norme universali e contro i tentativi di relativismo culturale. Si impegna attivamente affinché determinati diritti umani e il diritto internazionale umanitario non siano rimessi in discussione in nome di «valori tradizionali» che si pretendono superiori o di altre specificità identitarie di

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qualunque tipo esse siano. A tal fine il nostro Paese si rifà alle regole esistenti di portata universale.

Più in generale, la Svizzera si adopera per far sì che le discussioni multilaterali si svolgano in modo costruttivo, anche se risentono di una crescente polarizzazione. Il suo impegno è volto in particolare a smorzare le tensioni e, restando fedele ai suoi valori e alle esigenze del diritto internazionale, a gettare ponti e avvicinare le diverse posizioni. La Svizzera si prodiga altresì per intessere ­ quando possibile ­ alleanze transregionali attorno a temi specifici.

Esempi: ­

la Svizzera si mobilita attivamente per far sì che ovunque nel mondo si abolisca la pena di morte o che, quantomeno, si decida una moratoria mondiale delle esecuzioni entro il 2025. Al riguardo, si avvale degli strumenti universali e regionali che aboliscono la pena di morte o che limitano la sua applicazione ai crimini più gravi e la vietano nei confronti dei minori. Si basa inoltre sul movimento internazionale per l'abolizione della pena capitale, nonché sul fatto che quasi 160 Paesi l'hanno già abolita de jure o de facto.

Nel settembre 2015, la Svizzera è stata all'origine, insieme ad altri Paesi, di una risoluzione adottata dal Consiglio dei diritti umani che pone l'accento sulle violazioni dei diritti umani della persona condannata e dei suoi familiari commesse in relazione all'applicazione della pena di morte.

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Nel promuovere i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere la Svizzera si fonda sulla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e sugli altri strumenti internazionali pertinenti in modo tale da contrastare le argomentazioni ideologiche, culturali o religiose addotte da alcuni Paesi. Il suo impegno bilaterale e multilaterale pone l'accento sul rafforzamento dell'autonomia politica ed economica della donna, sulla partecipazione paritaria ai processi decisionali, sulla lotta contro ogni forma di violenza (compreso il matrimonio precoce e forzato) nonché sulla protezione della salute sessuale e riproduttiva e dei diritti riproduttivi. La Svizzera si adopera altresì in favore di una migliore protezione delle donne nei conflitti armati, anche in riferimento ai rischi di violenza sessuale. Sostiene infine iniziative volte ad agevolare la partecipazione delle donne ai processi di pace e alla ricostruzione postbellica.

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La Svizzera si prodiga per rendere maggiormente noto il carattere universale di regole e principi umanitari e per evidenziare le loro radici nelle varie culture e religioni del mondo. Cerca inoltre di favorire una migliore comprensione dei principi di imparzialità, neutralità e indipendenza, il cui obiettivo è preservare uno spazio non politicizzato per l'azione umanitaria nell'interesse delle popolazioni da soccorrere. Nel 2015 la Svizzera si è impegnata affinché la riaffermazione dei principi fondamentali dell'azione umanitaria fosse una delle priorità della 32a Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Il nostro Paese perseguirà questo obiettivo anche in occasione del Vertice umanitario mondiale che si terrà a Istanbul nel maggio del 2016.

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La Svizzera organizza corsi internazionali affinché soprattutto comandanti e consiglieri giuridici delle forze armate approfondiscano le loro conoscenze del diritto internazionale umanitario. Al riguardo, collabora con il CICR, il Centro ginevrino per la politica di sicurezza e l'Istituto internazionale di diritto umanitario di San Remo.

2.4.2

Migliorare il rispetto delle regole esistenti

Il quadro internazionale di protezione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario è, nell'insieme, adeguato e sufficiente per rispondere ai principali bisogni. La sfida più importante ora è garantire l'applicazione efficace delle regole esistenti in modo da ridurre il divario tra norme di diritto e realtà dei fatti.

Rafforzare le istituzioni nazionali La Svizzera si adopera per rafforzare l'architettura istituzionale di protezione dei diritti umani e dello Stato di diritto sia sul piano nazionale che locale, sostenendo il potenziamento delle capacità delle istituzioni statali esistenti e la creazione di istituzioni indipendenti. In generale, incoraggia lo sviluppo di meccanismi di partecipazione, di buon governo e di controllo in grado di influenzare positivamente la situazione dei diritti umani. Questo suo impegno si traduce nella collaborazione con diversi attori (ministeri, istituzioni giudiziarie, parlamenti, società civile ecc.) a livello nazionale e locale.

In materia di diritto internazionale umanitario, la Svizzera sostiene altresì il potenziamento delle capacità nazionali, in particolare finanziando corsi di formazione, dialogando con altri Paesi a proposito delle misure attuative di tipo legislativo e regolamentare e favorendo i contatti con le commissioni nazionali per il diritto internazionale umanitario.

Esempi: ­

la Svizzera opera in numerosi Paesi per rafforzare le istituzioni nazionali di protezione dei diritti umani. In Bolivia e Pakistan, ad esempio, sostiene progetti che puntano ad accelerare i procedimenti giudiziari pendenti e a migliorare l'accesso alla giustizia delle popolazioni che vivono in regioni discoste. In Tanzania, l'accento è posto sul rafforzamento dei media, della libertà d'espressione e delle autorità di controllo elettorale, mentre in Macedonia e Serbia, l'obiettivo è potenziare le autorità parlamentari nazionali e regionali. In Myanmar, la Svizzera ha sostenuto nel 2015 il processo di transizione e l'organizzazione delle elezioni.

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La Svizzera incoraggia l'istituzione di commissioni nazionali per il diritto internazionale umanitario. Collabora con il CICR all'organizzazione, alla fine del 2016, di un'assemblea di tutte le commissioni nazionali esistenti, con l'obiettivo di favorire lo scambio di esperienze e i contatti.

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In Svizzera, un comitato interdipartimentale incaricato di promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario garantisce dal 2009 lo scambio di informazioni e il coordinamento delle attività intraprese. Rappresentanti

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della Croce Rossa Svizzera e del CICR sono invitati alle sedute ordinarie della commissione. In materia di diritti umani, un Centro svizzero di competenza è operativo dal 2009 in qualità di progetto pilota. Nel 2015 il suo mandato è stato prorogato di cinque anni e si stanno ora vagliando varie opzioni per una sua regolamentazione duratura.

Rafforzare le istituzioni globali e regionali La Svizzera si impegna per consolidare il ruolo delle istituzioni multilaterali a livello globale e regionale in materia di attuazione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

A livello globale, la Svizzera ha avuto un ruolo di primo piano nella creazione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, che nel 2006 ha sostituito la Commissione dei diritti umani. Essa continua ad impegnarsi per migliorare l'efficacia delle procedure e degli strumenti del Consiglio e per sviluppare le capacità d'intervento del sistema onusiano sul terreno, segnatamente attraverso gli uffici ONU regionali o nazionali. La Svizzera segue altresì i lavori di altri organi e istituzioni delle Nazioni Unite il cui mandato non riguarda esclusivamente i diritti umani, ma che non per questo hanno in questo ambito un ruolo meno importante (Consiglio di sicurezza, Consiglio economico e sociale, la Commissione sulla condizione delle donne, agenzie onusiane specializzate ecc.).

A livello regionale, la Svizzera si adopera per favorire le attività di promozione e attuazione dei diritti umani delle organizzazioni di cui è membro, quali il Consiglio d'Europa, la Corte europea dei diritti dell'uomo o l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Essa promuove iniziative volte a potenziare il lavoro sul campo di queste istituzioni, in particolare nei settori nei quali vantano una posizione strategica e danno man forte alle organizzazioni dell'ONU. In questi settori d'intervento prioritari, la Svizzera avvia altresì cooperazioni mirate con organizzazioni regionali di altri continenti di cui non è membro.

In materia di diritto internazionale umanitario, la Svizzera assume le funzioni istituzionali di depositario delle Convenzioni di Ginevra e dei rispettivi Protocolli aggiuntivi. In questa funzione e in qualità di Stato Parte alle Convenzioni, la Svizzera gioca un ruolo particolare nella promozione del diritto
internazionale umanitario. Essa sostiene altresì attivamente il CICR, il Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa come pure organizzazioni non governative o istituzioni accademiche attive in questo ambito [come l'Accademia di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di Ginevra e i tre Centri per la politica di sicurezza (GCSP), per lo sminamento umanitario (GICHD) e per il controllo democratico delle forze armate (DCAF)].

In generale, la Svizzera sostiene un'integrazione trasversale adeguata dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in seno alle diverse istituzioni multilaterali. In quest'ottica si impegna in particolare nelle organizzazioni che la contano fra i principali Paesi donatori (UN-Women, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati).

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Esempi: ­

in collaborazione con il CICR, la Svizzera ha condotto un processo di consultazione degli Stati e di altri attori interessati dal quale è emerso che i meccanismi esistenti per l'attuazione del diritto internazionale umanitario sono insufficienti viste la natura e la complessità dei conflitti armati attuali.

Inoltre, le parti consultate lamentano l'assenza di una conferenza degli Stati Parte o di un forum istituzionale simile in seno al quale gli Stati possano discutere dei problemi di applicazione e delle sfide concrete. La Svizzera si adopera per colmare queste lacune. A dicembre del 2015, si è deciso nel corso della 32a Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa di avviare un processo di negoziazione intergovernativo, sotto l'egida della Svizzera e del CICR, per definire funzioni e modalità di un nuovo forum statale di promozione del diritto internazionale umanitario.

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Dal gennaio 2016 il nostro Paese presiederà per la terza volta il Consiglio dei diritti umani per un mandato di 3 anni (la prima volta fu dal 2006 al 2009, la seconda dal 2010 al 2013). La Svizzera si adopererà segnatamente per l'abolizione universale della pena di morte, il divieto della tortura, il potenziamento del ruolo della società civile, la protezione dei difensori dei diritti umani, il rispetto dei diritti umani nel contesto di manifestazioni pacifiche, la promozione dei diritti delle donne e dell'infanzia, nonché per un più severo perseguimento penale delle violazioni gravi dei diritti umani. La Svizzera si impegnerà in favore di un Consiglio dei diritti umani credibile, capace di rispondere a situazioni preoccupanti e in grado di contribuire attraverso le proprie attività a prevenire i conflitti.

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Nel quadro dell'elaborazione dell'Agenda 2030, la Svizzera si è adoperata con successo per far figurare la promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto tra i nuovi obiettivi dello sviluppo sostenibile. Essa ha ottenuto che l'accesso per tutti all'acqua e ai servizi igienici nonché la gestione sostenibile delle risorse idriche fossero contemplati in un obiettivo specifico (obiettivo 6). Si è inoltre prodigata per vedere incluso l'accesso alla giustizia e la promozione dello Stato diritto negli obiettivi di sviluppo sostenibile (obiettivo 16) e ha vegliato affinché si tenesse debitamente conto dell'uguaglianza di genere sia in quanto obiettivo specifico (obiettivo 5) sia in qualità di tema trasversale.

Proteggere i gruppi più vulnerabili Nell'ambito del proprio impegno multilaterale e bilaterale la Svizzera presta un'attenzione particolare alla protezione dei gruppi più vulnerabili, badando tuttavia a che nel tenere conto delle esigenze specifiche di tali gruppi non si violino principi fondamentali quali quello del godimento non discriminatorio dei diritti umani o dell'imparzialità dell'azione umanitaria, che deve essere orientata ai bisogni e non all'appartenenza a un gruppo specifico.

La Svizzera presta un'attenzione particolare ai diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose. Si adopera affinché le persone appartenenti a minoranze non siano discriminate e i loro diritti e le loro libertà non siano limitati; si adopera inoltre affinché la validità universale dei diritti umani non sia pervertita dalla volontà di 516

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applicare in modo uniforme i diritti umani ignorando le esigenze specifiche delle minoranze. L'attuale situazione nel Vicino Oriente dimostra come le minoranze etniche o religiose siano particolarmente vulnerabili quando scoppia un conflitto armato. La Svizzera lancia o partecipa a iniziative tese a migliorare il rispetto del diritto internazionale umanitario e a lottare contro l'impunità dei crimini di guerra o dei crimini contro l'umanità, di cui sono vittime soprattutto le minoranze.

Esempi: ­

la Svizzera è stato il primo Paese a dotarsi, nel 2009, di una strategia per la protezione della popolazione civile nei conflitti armati. Questa strategia, aggiornata nel 2013, contempla le misure adottate dal nostro Paese in tre ambiti prioritari: promozione del rispetto del quadro giuridico, attività operative in favore delle persone da proteggere e potenziamento dell'impegno multilaterale.

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La Svizzera appoggia progetti tesi a favorire la reintegrazione dei bambini soldato e a migliorarne le prospettive per il futuro. Nel 2014 ha adottato un piano d'azione il cui obiettivo è migliorare il rispetto delle regole di protezione esistenti, rafforzare l'azione multilaterale in tale ambito e dare vita a partenariati sul terreno.

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Per quanto riguarda la protezione delle minoranze, il nostro Paese condivide la propria esperienza con altri Paesi e si adopera in favore delle minoranze particolarmente vulnerabili, ad esempio delle minoranze religiose nel Vicino Oriente e dei Rom nei Balcani. Nel 2015 l'impegno della Svizzera per il miglioramento delle condizioni abitative e di vita dei Rom in Serbia è stato premiato da UN Habitat. [In Svizzera sono state adottate misure concrete per mettere in atto la Convenzione-quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali. La Svizzera ha riconosciuto come minoranze nazionali ai sensi della Convenzione-quadro, le minoranze linguistiche nazionali, i membri della comunità ebraica e i nomadi, che in Svizzera sono soprattutto Jenisch e Sinti/Manouche.]

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Nel 2012, la Svizzera e la Norvegia hanno lanciato l'iniziativa Nansen il cui obiettivo è migliorare la protezione delle persone costrette a cercare rifugio all'estero in seguito a catastrofi naturali riconducibili ai cambiamenti climatici. Attraverso un ciclo di consultazioni è stato definito un programma di protezione che nel corso di una riunione globale tenutasi a Ginevra nell'ottobre del 2015 ha raccolto il consenso di oltre un centinaio di governi.

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La Svizzera partecipa al processo multilaterale lanciato nel 2012 dal CICR con l'obiettivo di migliorare il quadro di protezione giuridico delle persone detenute nell'ambito di conflitti armati.

Reagire con coerenza alle violazioni La Svizzera si sforza, dove opportuno, di reagire alle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in modo coerente e non selettivo. Essa tratta le

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violazioni commesse con lo stesso grado di preoccupazione a prescindere dal luogo che ne sono teatro e dagli autori.

Per quanto riguarda i diritti umani, la Svizzera svolge periodicamente un'analisi della situazione in ogni Paese e presta particolare attenzione alle evoluzioni nella legislazione e nella prassi che potrebbero risultare in grave contraddizione con i diritti umani. Nei suoi interventi in seno agli organismi multilaterali e presso altri Stati sottolinea le lacune in sede di attuazione fondandosi sugli obblighi internazionali e sugli impegni assunti dai vari Stati. Sollevando casi individuali, sia in termini confidenziali presso lo Stato implicato sia pubblicamente ad esempio in consessi multilaterali, la Svizzera da regolarmente un volto umano ai suoi interventi politici e, se del caso, alle omissioni che denuncia.

Nell'ambito del diritto internazionale umanitario, l'impegno della Svizzera si basa sul primo articolo delle quattro Convenzioni di Ginevra, il quale prevede in tutti e quattro i testi che le Alte Parti contraenti si impegno a rispettare e a far rispettare le Convenzioni in ogni circostanza. La Svizzera denuncia pubblicamente le violazioni gravi e/o ripetute del diritto internazionale umanitario. Rivolge appelli alle diverse parti di un conflitto e, se utile, intraprende passi diplomatici.

Esempi: ­

nel corso di ogni sessione del Consiglio dei diritti umani, la Svizzera prende la parola al punto 4 dell'ordine del giorno («situazioni in materia di diritti umani che richiedono l'attenzione del Consiglio»), al fine di denunciare situazioni urgenti o violazioni particolarmente gravi dei diritti umani in certi Paesi. La Svizzera si adopera per garantire un equilibrio regionale riguardo ai Paesi che cita in tale contesto.

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La Svizzera denuncia pubblicamente le violazioni gravi o ripetute del diritto internazionale umanitario e lancia regolarmente appelli alle parti in conflitto per un migliore rispetto del diritto internazionale umanitario.

Rafforzare il monitoraggio e costringere gli autori delle violazioni a renderne conto A livello sia regionale che globale la Svizzera si prodiga per rafforzare l'autorità e l'impatto dei meccanismi di monitoraggio. Sostiene, in particolare, gli organi istituiti dai trattati onusiani e i comitati del Consiglio d'Europa incaricati di sorvegliare l'adempimento di impegni specifici.

L'impegno della Svizzera nel settore della giustizia penale e della lotta contro l'impunità costituisce un aspetto importante della sua azione in favore dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Il nostro Paese si adopera per potenziare il ruolo e l'efficacia dei tribunali internazionali, segnatamente della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte penale internazionale. Oltre agli sforzi intrapresi in materia di perseguimento penale, la Svizzera promuove iniziative tese ad accertare i fatti e a fornire riparazione alle vittime, segnatamente nel quadro della giustizia transizionale. Si impegna inoltre presso i Paesi partner per promuovere e accompagnare le riforme legislative e istituzionali che vanno nella direzione di un miglioramento dei meccanismi di responsabilità, accesso alla giustizia e resa dei conti.

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Esempi: ­

la Svizzera si adopera in favore di un migliore funzionamento della Corte europea dei diritti dell'uomo e della continuazione delle riforme tese a preservare l'efficacia di un meccanismo che ha consentito alla popolazione dei Paesi membri del Consiglio d'Europa di raggiungere un livello di protezione internazionale che, ad oggi, non ha paragoni. Sostiene inoltre le riforme che mirano a incrementare l'efficacia dei comitati d'esperti previsti dalle convenzioni ONU e, a sostegno del loro lavoro, ha lanciato nel 2015 una piattaforma elettronica in collaborazione con l'Accademia di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di Ginevra.

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L'accertamento dei fatti è un aspetto essenziale. La Svizzera assicura la segreteria della Commissione internazionale di accertamento dei fatti istituita con il primo Protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra.

Quando necessario, appoggia l'istituzione di commissioni internazionali d'inchiesta ad hoc per accertare i fatti nel caso di presunte violazioni dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario. In collaborazione con l'Università di Harvard ha elaborato un manuale di buone pratiche e di metodologie delle commissioni internazionali d'inchiesta, che è stato messo a disposizione delle varie istituzioni interessate (ONU, Unione Africana, OSCE, Organizzazione degli Stati americani).

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La Svizzera è fortemente impegnata in favore della giustizia penale internazionale. Promuove attivamente il riconoscimento della giurisdizione dei tribunali internazionali, incoraggiando ad esempio l'adesione allo Statuto di Roma. La Svizzera ha altresì promosso il deferimento alla Corte penale internazionale di situazioni nelle quali si presumono gravi violazioni (Siria, Iraq, Corea del Nord). Parallelamente, si adopera per migliorare il funzionamento della Corte penale internazionale. Indicatori concreti sono stati sviluppati in occasione di una conferenza organizzata nel 2014 a Glion su invito della Svizzera. Queste raccomandazioni e questi indicatori sono stati discussi nel novembre del 2015 nel quadro dell'Assemblea degli Stati Parte allo Statuto di Roma e sono in corso d'applicazione.

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La Svizzera sostiene progetti e iniziative nell'ambito dell'elaborazione del passato e della prevenzione delle atrocità di massa, in particolare nei Paesi reduci da un conflitto o da un regime autoritario, come le Filippine o la Colombia.

Rafforzare il ruolo di Ginevra quale polo prioritario della cooperazione globale Ginevra è una vera e propria capitale internazionale dei diritti umani e degli affari umanitari. In ambito umanitario, Ginevra ospita segnatamente l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il CICR e la Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Il polo dei diritti umani è invece formato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, dal Consiglio dei diritti umani e dagli svariati comitati d'esperti istituiti dai trattati internazionali di protezione dei diritti umani. Questo pilastro della Ginevra internazionale trae ampio profitto dalle istituzioni accademiche e dalle numerose organizzazioni non governative presenti o attive a Ginevra.

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La Svizzera appoggia le attività d'interesse strategico del polo diritti umani/affari umanitari e favorisce gli scambi intersettoriali con altri poli della Ginevra internazionale, per esempio con quello della salute. Sostiene altresì l'interazione con le istituzioni accademiche, le organizzazioni non governative e il settore privato, allo scopo di potenziare il ruolo di Ginevra quale centro di riflessione di primo piano in materia di governance dei diritti umani e degli affari umanitari.

Esempi: ­

la Svizzera difende la necessità di aumentare e ristrutturare le risorse delle istituzioni che rivestono un ruolo chiave nella governance dei diritti umani e degli affari umanitari, segnatamente dell'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo, dell'Alto Commissariato per i rifugiati e di ONU Donne.

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La Svizzera coopera strettamente con le istituzioni accademiche e i tre Centri per la politica di sicurezza (GCSP), per lo sminamento umanitario (GICHD) e per il controllo democratico delle forze armate (DCAF) affinché la Ginevra internazionale diventi un centro d'eccellenza in materia di diritti umani e di diritto internazionale umanitario.

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La Svizzera sostiene l'organizzazione della Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, che ogni quattro anni riunisce gli Stati Parte alle Convenzioni di Ginevra e le varie componenti del Movimento (società nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, il CICR e la Federazione internazionale). Nel dicembre del 2015 il nostro Paese ha altresì ospitato a Ginevra la 32a Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e ha messo a disposizione un commissario per portare avanti e garantire lo svolgimento senza intoppi dei lavori. Nel mese di ottobre del 2015, sempre a Ginevra, la Svizzera ha ospitato e co-organizzato con l'ONU le consultazioni globali in vista del Vertice umanitario mondiale che si terrà a Istanbul nel maggio del 2016.

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Insieme a Terre des hommes, la Svizzera ha organizzato, nel gennaio del 2015, il primo Congresso mondiale sulla giustizia minorile, al quale hanno partecipato le delegazioni di oltre sessanta Stati e che ha permesso l'adozione di raccomandazioni concrete per il miglioramento della protezione dei minori nell'ambito della giustizia penale.

2.4.3

Coinvolgere tutti gli attori determinanti

Fedele al principio dell'universalità, al quale sono improntate le sue relazioni internazionali, la Svizzera è pronta a dialogare con tutti gli Stati sui mezzi da utilizzare per rafforzare i diritti umani e il rispetto del diritto internazionale umanitario. Del resto, il nostro Paese si adopera in favore di nuove forme di cooperazione atte a coinvolgere l'insieme degli attori interessati.

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Dialogare con gli Stati In una comunità internazionale articolata attorno a Stati sovrani, questi ultimi continuano a rivestire un ruolo centrale nell'attuazione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

La Svizzera cerca attivamente il dialogo con altri Stati, in funzione dei suoi interessi e obiettivi. Cerca in particolare di sfruttare le opportunità di dialogo con i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, con i Paesi che hanno un'influenza regionale o il potenziale di giocare un ruolo chiave in una discussione internazionale, nonché con i Paesi emergenti che vantano un'influenza crescente in seno alle istituzioni multilaterali. La Svizzera abborda questioni riguardanti i diritti umani e il diritto internazionale umanitario anche con gli Stati con cui la cooperazione tende ad essere più difficile. Quando è possibile, la Svizzera costruisce tale dialogo sulla base di una relazione bilaterale privilegiata già esistente.

Quasi sempre nell'ambito delle consultazioni bilaterali con altri Paesi la Svizzera affronta le questioni d'attualità riguardanti i diritti umani e il diritto internazionale umanitario. Esse fanno parte di un capitolo specifico dell'agenda delle consultazioni politiche bilaterali o sono trattate nel quadro di consultazioni specifiche. Per quanto riguarda il dialogo sui diritti umani, la Svizzera vi si impegna solo se il Paese in questione manifesta la propria disponibilità a condurre un dialogo serio, critico e costruttivo e se un interesse per una cooperazione rafforzata esiste sul piano bilaterale e multilaterale anche in ambiti diversi da quello dei diritti umani. Una condizione essenziale del ricorso a questo strumento è per la Svizzera il coinvolgimento della società civile in alcune attività svolte sotto l'egida di tale dialogo.

Il nostro Paese si prodiga altresì per fare in modo che la questione del rispetto dei diritti umani sia integrata nella cooperazione bilaterale relativa ad altri ambiti, ad esempio, quello commerciale, migratorio o giudiziario.

Esempi: ­

nell'ambito dei dialoghi in corso sul tema dei diritti umani, nel 2015 la Svizzera ha condotto ripetute consultazioni bilaterali con la Cina, la Nigeria, la Russia, il Senegal, il Vietnam e il Tagikistan. In ognuno di questi Paesi ha altresì sostenuto progetti e scambi di esperti nell'uno o nell'altro ambito dei diritti umani.

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Nel 2015, la Svizzera ha avviato nuove consultazioni sulla politica in materia di diritti umani con l'Africa del Sud, il Messico e la Corea del Nord.

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Il nostro Paese intrattiene anche dialoghi bilaterali specifici sulla pena di morte con Paesi che valutano l'opzione di abolirla o che potrebbero andare in questa direzione, ma ancora esitano.

Rafforzare il coinvolgimento della società civile Nell'ambito del rispetto, della promozione e dello sviluppo dei diritti umani la società civile occupa un posto di centrale importanza. Il suo ruolo è essenziale per assicurare il buon funzionamento delle istituzioni democratiche, il monitoraggio critico dell'azione di governo e la difesa degli interessi di certi gruppi della popolazione.

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La Svizzera si adopera in favore della partecipazione della società civile alle attività che appoggia sul piano bilaterale e multilaterale. Ritiene infatti importante coinvolgere tutti gli attori della società civile nei suoi progetti sul campo, sebbene sia consapevole che a volte la collaborazione con i membri della società civile possa risultare problematica, in particolare se questi sono poco rappresentativi della popolazione nel suo insieme o del segmento che sostengono di rappresentare. La Svizzera promuove il potenziamento delle capacità della società civile e i contatti fra i suoi membri, con la società civile di altri Paesi della regione e all'interno del nostro stesso Paese. La Svizzera contribuisce alla diffusione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario attraverso strumenti quali la cultura, il cinema o la formazione ai diritti umani. Promuove infine l'impegno dei giovani e le loro opportunità professionali nelle organizzazioni non governative.

Esempi: ­

la Svizzera opera attivamente in favore dei difensori dei diritti umani, che sono regolarmente esposti a minacce e devono spesso temere per la loro vita o integrità fisica. Linee direttrici sono state adottate nel 2013 per guidare il lavoro in questo ambito del DFAE e delle rappresentanze svizzere all'estero.

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La Svizzera incoraggia la partecipazione della società civile ai consessi multilaterali, favorendone il coinvolgimento nel processo decisionale della governance dei diritti umani, stimolando le organizzazioni non governative ad assistere e partecipare direttamente, in particolare a Ginevra, ai colloqui multilaterali e offrendo loro il supporto necessario. La Svizzera offre inoltre sostegno finanziario alle organizzazioni non governative che hanno sede a Ginevra e che contribuiscono al dinamismo e al buon funzionamento delle istituzioni dei diritti umani.

Responsabilizzare gli attori economici In quanto sede di alcune fra le più importanti imprese transnazionali del mondo, la Svizzera può giocare un ruolo importante in materia di sensibilizzazione di queste imprese alla loro responsabilità sociale in materia di rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Ciò vale in modo particolare per alcuni settori sensibili quali l'industria estrattiva, il commercio di materie prime o la sicurezza privata.

Il nostro Paese promuove iniziative multilaterali tese a informare e stimolare le imprese del settore privato a rispettare gli standard internazionali. Al riguardo, incoraggia il dialogo tra il settore privato, la società civile, le istituzioni accademiche e i governi. Si adopera inoltre per dare vita a partenariati pragmatici con le imprese del settore privato, in particolare a quelle che operano in contesti fragili, al fine di offrire loro consulenza riguardo alle loro responsabilità.

Esempi: ­

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la Svizzera ha partecipato all'elaborazione dei Principi guida delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani e si impegna attivamente per la loro applicazione, sostenendo in particolare le attività dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo e del gruppo di lavoro ONU preposto

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a questa tematica. La Svizzera appoggia altresì le pertinenti attività di altre organizzazioni internazionali, segnatamente del Consiglio d'Europa.

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La Svizzera ha anche contribuito all'elaborazione ­ e ora ne sorveglia l'attuazione ­ delle Linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali e dei suoi complementi, quali la Due Diligence Guidance (guida OCSE sul dovere di diligenza delle imprese che estraggono materie prime in zone di conflitto o ad alto rischio). Aiuta le imprese a rispettare i diritti umani nelle loro catene globali di approvvigionamento e a evitare di concorrere ai conflitti.

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La Svizzera riveste un ruolo fondamentale nell'applicazione dei Principi volontari sulla sicurezza e i diritti umani. Adottati nel 2000, questi Principi forniscono alle imprese del settore estrattivo (petrolio, gas e prodotti minerari) un quadro di riferimento concreto per gestire le proprie responsabilità in questo ambito. Nel febbraio del 2015 risultavano avere aderito all'iniziativa 28 imprese, 10 ONG, 9 governi (tra cui il nostro) e 7 osservatori.

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Nel quadro dell'attuazione delle raccomandazioni contenute nel Rapporto di base del Consiglio federale sulle materie prime, la Svizzera ha avviato nel 2005 un processo multilaterale per elaborare una guida di attuazione dei Principi guida delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani per il settore del commercio delle materie prime.

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La lotta contro la corruzione, che rappresenta una sfida importante ovunque nel mondo, presuppone il consolidamento dello Stato di diritto e dei diritti umani. La Svizzera si adopera in seno al Consiglio dei diritti umani affinché nell'ambito della lotta contro la corruzione l'accento non sia posto solo sugli autori degli atti di corruzione bensì anche sui diritti delle vittime.

Tener conto degli attori non statali Una politica coerente di promozione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario deve tenere conto del ruolo che giocano altri attori non statali, segnatamente i gruppi armati. In qualità di parti al conflitto, tali gruppi sono vincolati alle regole del diritto internazionale umanitario. Inoltre, poiché esercitano spesso un controllo di tipo territoriale, hanno responsabilità particolari nei confronti della popolazione civile che vive in tali territori.

La Svizzera difende la necessità di preservare le possibilità di contatto con i gruppi armati affinché questi ultimi siano motivati a rispettare il diritto internazionale umanitario, a garantire l'accesso umanitario per le vittime dei conflitti armati e a lasciare la porta aperta alla mediazione politica, laddove questa risulti possibile e opportuna. Al centro dell'azione del nostro Paese vi è la prospettiva delle vittime.

Per questo, è secondario sapere se il responsabile delle ingiustizie è un attore governativo o non governativo. Allo stesso modo, quando si tratta di assicurare l'accesso umanitario, sapere chi controlla i territori è secondario rispetto ai bisogni della popolazione colpita.

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Esempi: ­

la Svizzera partecipa attivamente ai dibattiti dei consessi multilaterali sulle responsabilità degli attori non statali, in particolare dei gruppi armati, e sui mezzi per incoraggiarne il rispetto del diritto internazionale umanitario. Essa bada a che le violazioni commesse dai gruppi armati siano trattate in modo adeguato e senza diluire la responsabilità degli Stati coinvolti.

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La Svizzera incoraggia la diffusione del diritto internazionale umanitario presso tutte le parti coinvolte in conflitti armati. Tenuto conto del ruolo crescente dei gruppi armati non statali nei conflitti attuali, il nostro Paese difende l'importanza di preservare le possibilità di contatto e dialogo con tali gruppi sul tema del rispetto del diritto internazionale umanitario e su altre questioni umanitarie. Sostiene le attività in questo ambito del CICR e dell'organizzazione non governativa «Appel de Genève».

­

La lotta al terrorismo è una sfida importantissima che occorre affrontare con determinazione per proteggere le nostre libertà e la sicurezza della popolazione. Occorre tuttavia assicurarsi che le misure adottate per lottare contro il terrorismo non risultino in contraddizione con i diritti umani e il diritto internazionale umanitario. Criminalizzando ad esempio ogni forma di sostegno ai gruppi armati considerati terroristici, alcune misure legislative o regolamentari possono ostacolare considerevolmente la diffusione del diritto internazionale umanitario e condurre così alla criminalizzazione di attività umanitarie il cui obiettivo è venire incontro ai bisogni essenziali delle vittime dei conflitti armati. La Strategia della Svizzera per la lotta al terrorismo (adottata dal Consiglio federale il 18 settembre 2015), prevede esplicitamente che l'azione umanitaria (aiuto e tutela) non sia intaccata dalla lotta al terrorismo. La Svizzera incoraggia il dibattito internazionale sui rischi di una potenziale criminalizzazione dell'azione umanitaria.

3

Attività di politica estera della Svizzera nel 2015

3.1

Paesi confinanti

L'importanza assolutamente particolare dei Paesi confinanti per la politica estera svizzera si è nuovamente confermata nel 2015, in particolare sul piano della politica europea. Dopo l'accettazione da parte del Popolo il 9 febbraio 2014 dell'iniziativa popolare «Contro l'immigrazione di massa», la strategia del Consiglio federale per l'attuazione del nuovo articolo 121a della Costituzione federale (Cost.)18 prevede un loro stretto coinvolgimento nelle discussioni condotte con l'Unione europea (UE) sull'Accordo del 21 giugno 199919 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC). La Francia, l'Italia, la Germania e l'Austria, in particolare a causa dell'elevato numero di loro cittadini, residenti o frontalieri, che beneficiano di diritti derivanti dall'ALC sul territorio svizzero, sono particolarmente interessate a far 18 19

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RS 101 RS 0.142.112.681

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considerare la situazione dei loro concittadini nella ricerca di soluzioni. In più occasioni l'anno trascorso ha dunque permesso uno scambio con i Paesi confinanti, soprattutto durante la visita del presidente francese François Hollande in Svizzera in aprile o la visita della cancelliera tedesca Angela Merkel a Berna a inizio settembre.

In materia di sicurezza in Europa e nel mondo, i Paesi confinanti della Svizzera occupano una posizione di primo piano sullo scacchiere internazionale. Coinvolte direttamente nei negoziati che l'hanno preceduto, la Francia e la Germania hanno firmato a Vienna il 14 luglio l'accordo sul nucleare iraniano. Questi due Paesi sono inoltre gli ideatori del «Gruppo Normandia», di cui fanno parte anche la Russia e l'Ucraina, che è stato particolarmente attivo nel 2015 per risolvere la crisi in Ucraina. Nel 2016 la Germania, seguita dall'Austria nel 2017, assumerà la presidenza dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Forte della sua esperienza a capo dell'organizzazione nel 2014, nel quadro dell'OSCE la Svizzera ha scelto di rafforzare la propria collaborazione con i vicini germanofoni in materia di politica di sicurezza. Una dichiarazione in questo senso è stata adottata dai ministri degli affari esteri dei Paesi germanofoni (Germania, Austria, Liechtenstein, Svizzera) il 16 agosto a Neuchâtel. Prevede in particolare un impegno comune nell'ambito dell'OSCE a favore della risoluzione del conflitto in Ucraina, lo sviluppo degli strumenti a disposizione dell'organizzazione in materia di prevenzione dei conflitti nonché il rafforzamento della connettività economica degli Stati membri.

Nel settore fiscale, le relazioni con i Paesi confinanti sono state caratterizzate a livello bilaterale dalla continuazione del dialogo avviato con la Francia e l'Italia e, a livello multilaterale, dalla firma il 27 maggio dell'accordo Svizzera-UE volto a introdurre la norma internazionale di scambio automatico d'informazioni. L'attuazione di questa norma prevista per il 2017 si ripercuoterà direttamente sulle relazioni fiscali tra la Svizzera e i suoi Stati confinanti.

La Germania, l'Austria e il Liechtenstein fanno parte degli Stati dotati di sistemi di formazione professionale comparabili a quello della Confederazione. La decisione presa nel 2015 di creare
per l'anno venturo un comitato congiunto di donatori in materia di formazione professionale duale («Geberkomitee Duale Berufsbildung»), al quale parteciperanno le agenzie di sviluppo di questi tre Paesi e della Svizzera, ribadisce la volontà di rafforzare la collaborazione e le sinergie a favore della promozione della formazione duale all'estero.

Nel mese di aprile la visita di Stato in Svizzera di François Hollande ha costituito l'evento faro dell'anno nei rapporti bilaterali con la Francia. La visita ha confermato non solo la forza dei legami di amicizia franco-svizzeri, ma ha aperto anche diverse nuove piste di collaborazione tra i due Paesi. Ambiti quali la formazione professionale, i cambiamenti climatici o la sicurezza internazionale sono stati identificati per future collaborazioni e occupano oramai le discussioni tra le amministrazioni competenti. François Hollande ha inoltre espresso il sostegno e l'interesse della Francia, dettato soprattutto dai suoi numerosi lavoratori frontalieri, di trovare una soluzione tra la Svizzera e l'UE in rapporto all'ALC. Da lungo tempo motivo per gettare ombre sulle relazioni bilaterali tra i due Stati, le questioni fiscali non hanno tuttavia fornito materiale per discussioni approfondite. Il dialogo sulla questione, iniziato nel novembre del 2013, è continuato nel corso dell'anno e attualmente riguarda principalmente l'accesso ai mercati finanziari e l'assistenza amministrativa.

525

FF 2016

In dicembre si è svolta a Parigi la 21a Conferenza delle parti sul clima (COP21) (cfr.

n. 3.4.4). La Svizzera ha collaborato a stretto contatto con la Francia per preparare l'evento. In febbraio a Ginevra si è svolta una riunione preliminare del gruppo di lavoro internazionale. Su invito della Svizzera e degli Stati Uniti, i ministri dei Paesi che finanziano le misure climatiche internazionali si sono riuniti a inizio settembre a nella capitale francese.

Nel 2015 si sono approfondite le discussioni tecniche con la Francia per la firma di un accordo-quadro nel settore della sanità. Quest'ultimo punta a facilitare la conclusione di progetti di cooperazione sanitaria transfrontaliera da parte delle autorità regionali competenti dei due Paesi.

Nel dossier sull'aeroporto di Basilea-Mulhouse si sono compiuti importanti progressi durante tutto l'anno e si è riusciti a trovare soluzioni per la maggior parte delle questioni fiscali in sospeso. In un primo tempo, la dichiarazione franco-svizzera adottata in aprile dai ministri degli affari esteri ha posto le basi per una soluzione su tre dei quattro punti ancora aperti, ovvero l'applicazione dell'IVA svizzera nel settore doganale svizzero dell'aeroporto, la fiscalità diretta dell'aeroporto e la remunerazione dei costi della Direzione generale dell'aviazione civile francese nel settore doganale svizzero. In seguito, una valutazione dell'onere fiscale delle imprese del settore svizzero dell'aeroporto, in caso di passaggio al regime d'imposizione francese, è stata svolta in estate e si sono potute discutere proposte di soluzione, sebbene rimanga aperta la questione del prelievo delle tasse locali e di altri tributi.

Successivamente si è potuto siglare un accordo anche sull'imposizione diretta delle imprese nel settore svizzero dell'aeroporto.

Nella cooperazione transfrontaliera con la Francia è iniziata a Ginevra una nuova fase di rinnovo istituzionale degli organi transfrontalieri; si tratta di renderli più visibili per la popolazione e di accrescere la trasparenza della loro cooperazione. La cooperazione in essere dal 2006 nell'agglomerato urbano di Doubs è stata istituzionalizzata. A seguito di uno studio universitario sono iniziati colloqui tecnici sulla gestione quantitativa delle acque del bacino imbrifero del Rodano. In settembre, ad Annemasse,
si è inaugurato Tango, il servizio autobus all'avanguardia cofinanziato dalla Confederazione.

Così come per le relazioni con gli altri Paesi confinanti, le relazioni bilaterali con l'Austria sono state contrassegnate dalle questioni di politica europea, in particolare dall'attuazione del nuovo articolo costituzionale in campo migratorio. Il 6 maggio 2015 la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga si è recata in visita ufficiale a Vienna, per incontrarvi il presidente austriaco Heinz Fischer e il cancelliere Werner Faymann. In questa occasione, le discussioni si sono focalizzate sulle relazioni della Svizzera e su quelle dell'Austria con l'UE, sulla politica migratoria e sulla situazione dei rifugiati in Europa. Sul piano bilaterale sono continuate le consultazioni sulle modalità del passaggio dall'accordo d'imposizione alla fonte20, entrato in vigore nel 2013, allo standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni a fini fiscali.

20

526

Convenzione del 13 apr. 2012 tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica d'Austria concernente la collaborazione in ambito di fiscalità e di mercati finanziari, RS 0.672.916.33

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Paese ospite dell'OSCE, l'Austria è un partner privilegiato della Svizzera nelle questioni di sicurezza. Nell'ottica della presidenza austriaca del 2017, durante l'anno tra i due Paesi sono avvenuti scambi di buone prassi e di informazioni. Anche la situazione dei Paesi dei Balcani occidentali è stata al centro di buona parte dei dibattiti. L'Austria dispone in effetti in questa regione di esperienze e contatti particolari.

I contatti con il governo federale tedesco hanno dato il via a numerosi incontri di alto livello. L'ultima visita ufficiale di lavoro della cancelliera tedesca Angela Merkel risaliva già a sette anni fa; la sua visita del 3 settembre a Berna è stata un segnale forte nelle relazioni bilaterali e ha mostrato chiaramente che gli scambi tra i due Paesi presentano molteplici sfaccettature e toccano numerosi interessi comuni nel campo del trasporto di merci (la Germania è il più importante partner commerciale della Svizzera), dell'energia e dei trasporti, ma anche delle scienze e della ricerca. La Germania è dunque un partner prezioso della Svizzera per arrivare ad una soluzione che consenta l'attuazione delle nuove disposizioni costituzionali in materia di migrazione e per sviluppare una discussione costruttiva in seno agli organi dell'UE. I colloqui ufficiali hanno riguardato in ampia misura le questioni migratorie in Europa. Anche il dialogo finanziario è proseguito nel 2015, soprattutto in vista della presidenza tedesca del G20 nel 2017. In luglio, ultimi chiarimenti sono stati apportati al memorandum concernente la fornitura di servizi finanziari transfrontalieri, un protocollo di accordo concluso nel 2013 tra il ministro delle finanze svizzero e quello tedesco: le banche svizzere hanno a disposizione una procedura semplificata che le dispensa dal passare da un istituto di credito autorizzato in Germania per proporvi servizi finanziari transfrontalieri.

La stretta cooperazione bilaterale che si era instaurata con la Germania nel 2014 nel campo della pace e della sicurezza è continuata in occasione della presidenza svizzera dell'OSCE. Nel 2015 la Germania si è adoperata di nuovo attivamente alla ricerca di una soluzione al conflitto ucraino. La sua cooperazione con la Svizzera in seno alla troika dell'OSCE è stata eccellente (cfr. n. 3.3.1). I ministri degli affari esteri si
sono incontrati in svariate occasioni. Il capo del DFAE, che era stato invitato nel 2014 a Berlino per la conferenza degli ambasciatori di Germania, ha invitato a sua volta il ministro tedesco degli affari esteri, Frank-Walter Steinmeier, alla conferenza degli ambasciatori di Svizzera, riunitasi nel 2015 a Berna. Nella lunga storia della conferenza, era la prima volta, che un ministro straniero degli affari esteri vi partecipava. Nel quadro dei rapporti con la Germania si è tenuto anche debitamente conto dell'importanza politica ed economica del Land del Baden-Württemberg per la Svizzera. Tra il ministro-presidente del Land e la presidente della Confederazione svizzera si è tenuta una riunione di lavoro riguardante, in particolare, la libera circolazione delle persone, ma anche la cooperazione in materia energetica. Per quanto concerne lo spazio transfrontaliero, i temi affrontati hanno riguardato in particolare l'infrastruttura dei trasporti aerei e ferroviari, nonché la cooperazione in materia di sanità (cfr. cap. 3.4.4).

La cooperazione con l'Italia è stata nuovamente intensa nel 2015. L'esposizione universale Expo Milano 2015 ha attirato l'attenzione di tutto il mondo e ha permesso numerosi incontri e riunioni ufficiali a margine dell'evento, reso ancora più impor-

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tante per la Svizzera a causa della vicinanza geografica. Cinque consiglieri federali si sono recati a Milano per visitare l'esposizione e incontrare i loro interlocutori.

La Svizzera e l'Italia hanno compiuto un notevole passo avanti in ambito fiscale e finanziario: il 23 febbraio a Milano i due Paesi hanno firmato un accordo fiscale estremamente importante per l'insieme delle loro relazioni bilaterali; esso prevede in particolare una regolamentazione degli averi non dichiarati, prima dell'introduzione dello scambio automatico d'informazioni. La questione dell'imposizione dei frontalieri è stata infine risolta nel secondo semestre. I rapporti tra la Svizzera e l'UE sono stati onnipresenti negli incontri, durante i quali si è discusso anche degli interessi comuni nel settore dell'energia e dei trasporti. L'aggravarsi della crisi migratoria nel Mediterraneo ha occupato una posizione centrale nella politica interna ed europea dell'Italia. La Svizzera ha fornito il proprio sostegno in qualità di Stato associato agli accordi di Schengen e di Dublino. Anche l'infrastruttura dei trasporti ha costituito un dossier di rilievo nelle relazioni transfrontaliere con l'Italia settentrionale (cfr. n. 3.4.4). La Confederazione ha peraltro sostenuto l'impegno profuso dal Cantone Ticino per migliorare le sue relazioni con l'Italia settentrionale. In questo contesto ha tenuto conto delle specificità del Cantone Ticino e del suo mercato del lavoro, in rapporto alla questione dei lavoratori frontalieri italiani. Il Cantone Ticino e la Lombardia hanno adottato in giugno una dichiarazione comune di cooperazione.

Le relazioni tradizionalmente strette con il Liechtenstein sono state intrattenute e rafforzate durante l'anno in rassegna nel corso di numerosi incontri e visite di alto livello. Anche nel 2015 tutti i membri del Consiglio federale hanno incontrato membri del governo del Principato. I negoziati per una convenzione contro le doppie imposizioni si sono conclusi a inizio anno e la convenzione, firmata il 10 luglio, dovrebbe entrare in vigore all'inizio del 2017. Un accordo concernente l'assicurazione contro i danni causati dagli elementi naturali è stato firmato nella stessa occasione.

Oltre che sotto forma di cooperazioni bilaterali e regionali e nel quadro dei rapporti con l'UE, la cooperazione con i Paesi
confinanti è stata intensa anche in termini multilaterali e trasversali. Nel 2015 si sono tenuti svariati incontri ministeriali tra i Paesi germanofoni: i ministri degli affari esteri, delle finanze, dell'economia, dell'interno, della sanità, della giustizia e dell'ambiente di Svizzera, Germania, Austria e Liechtenstein si sono riuniti a tre o a quattro per approfondire le relazioni tra Paesi che, al di là di una lingua e di una cultura, condividono valori comuni. Occorre in particolare menzionare l'incontro dei quattro ministri degli affari esteri dei Paesi germanofoni, invitati dal capo del DFAE il 16 agosto a Neuchâtel.

3.2

Politica europea

3.2.1

Unione europea

Sviluppi all'interno dell'UE e implicazioni per la Svizzera Nel 2015 l'UE si è trovata ad affrontare quattro sfide principali, ossia la gestione della situazione migratoria, la crisi del debito, le esigenze di riforma avanzate dal Regno Unito e il conflitto in Ucraina. Dopo gli attentati di Parigi e l'invocazione da 528

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parte della Francia della clausola di mutua assistenza, anche la lotta contro il terrorismo e la gestione delle frontiere esterne sono diventati temi prioritari. Queste crisi, migratoria, economica, politica e di sicurezza hanno occupato buona parte del lavoro delle istituzioni dell'UE e costituito lo scenario sul quale i rapporti Svizzera-UE si sono sviluppati.

Durante tutto l'anno trascorso l'UE ha dovuto far fronte a un flusso migratorio eccezionale. Circa 1,5 milioni di persone sono giunte clandestinamente in Europa nel 2015, in particolare attraverso il Mediterraneo o i Balcani. Visti la portata della situazione e gli innumerevoli drammi in mare, la Commissione europea ha proposto un'agenda per la migrazione e si sono predisposte nuove misure. Le operazioni in mare, coordinate dall'agenzia FRONTEX, sono state rafforzate allo scopo di minimizzare i rischi di drammi in mare e si è fornito maggiore sostegno ai Paesi di prima accoglienza, in particolare all'Italia e alla Grecia. Nello specifico, l'UE ha adottato due programmi di ricollocazione prima di 40 000, poi di 120 000 migranti, registrati soprattutto in Grecia e in Italia e ha inoltre deciso il trasferimento di oltre 20 000 rifugiati.

La Commissione europea ha poi proposto ­ a integrazione dell'acquis di Dublino ­ di creare un meccanismo di ripartizione da mettere in atto in situazioni di crisi.

L'UE ha inoltre lanciato un'operazione militare battezzata EUNAVFOR MED per lottare contro i trafficanti di esseri umani in mare. Da ottobre questa operazione ribattezzata «Operazione Sophia» è entrata in una seconda fase e prevede la possibilità di fermare con la forza, ispezionare, sequestrare e distruggere navi sospettate di essere utilizzate per il traffico di esseri umani in alto mare. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato la risoluzione 2240/2015 che autorizza queste operazioni in alto mare al largo delle coste libiche.

La Svizzera è intervenuta attivamente e ha partecipato, tanto finanziariamente quanto in termini di personale, alle operazioni dell'agenzia FRONTEX e offerto sostegno all'Italia e alla Grecia. In particolare, si è impegnata a contribuire con 1500 posti al primo programma di ricollocazione di 40 000 migranti e ha approvato il principio di una partecipazione al secondo programma. Inoltre, ha deciso di mettere a
disposizione 519 posti di accoglienza nell'ambito del Programma comune europeo di reinsediamento.

Nonostante i segnali di miglioramento della congiuntura economica tangibili nella maggior parte degli Stati membri della zona euro, la difficoltà delle discussioni sul rifinanziamento del debito greco ha ricordato la fragilità dell'unione monetaria, al punto tale che a luglio è diventato verosimile un «GREXIT» (uscita della Grecia dall'unione monetaria). La volontà politica degli Stati membri di evitare un precedente del genere ha permesso infine di trovare un accordo in extremis su un terzo piano di aiuto ad Atene. La soluzione prescelta non offre tuttavia garanzie su una risoluzione duratura del problema del debito greco.

Per sostenere la ripresa della crescita nella zona euro, in marzo la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di lanciare un programma di acquisto di debiti pubblici per mille miliardi di euro entro settembre 2016. Queste misure hanno rafforzato la pressione al ribasso dell'euro con l'abbandono in gennaio del tasso fisso da parte della Banca nazionale svizzera (BNS).

529

FF 2016

Dopo la vittoria dei conservatori del primo ministro David Cameron alle elezioni generali di maggio, gli elettori britannici si pronunceranno entro il 2017 sul mantenimento del loro Paese nell'UE. In vista dello scrutinio, il capo del governo britannico ha proposto alcune riforme dell'UE, soprattutto nei settori della concorrenza, della lotta contro gli abusi in materia di libera circolazione, ma anche per una maggiore sussidiarietà tra Bruxelles e gli Stati membri e contro il principio di un'unione sempre più stretta. Sulla base di queste proposte, le istituzioni europee hanno aperto un dialogo con il governo britannico.

Dal mese di novembre i negoziati tra il Regno Unito e l'UE si sono intensificati. La loro conclusione è attesa per i primi mesi del 2016. Questo ha portato l'UE a mostrarsi ancora più prudente nella ricerca di una soluzione con la Svizzera nel campo della libera circolazione delle persone. Durante l'intero anno si è tuttavia ricordato che i contesti, le rivendicazioni e l'agenda politica della Svizzera e del Regno Unito differiscono sotto molti aspetti.

Nel 2015 la politica estera dell'UE è stata dominata dalla gestione della crisi ucraina e dai rischi per la sicurezza corsi da tutta la regione. In tale contesto gli Stati membri dell'UE sono rimasti uniti sulla politica sanzionatoria nei confronti della Russia, nonostante importanti divergenze di opinioni sull'atteggiamento da adottare nei confronti di Mosca. Gli Stati si sono accordati per vincolare la sospensione di queste sanzioni all'attuazione completa degli accordi di Minsk di febbraio. Durante tutto l'anno sono inoltre continuate le discussioni trilaterali con la Russia in materia di energia e per l'attuazione dell'accordo di libero scambio UE-Ucraina. Sotto la mediazione dell'UE, in settembre le parti hanno concluso un accordo sulla fornitura di gas russo all'Ucraina per l'inverno 2015.

La cooperazione è rimasta stretta tra la Svizzera e l'UE nella gestione di questa crisi, in particolare in seno all'OSCE (cfr. n. 3.3.1). Pur senza allinearsi alle sanzioni previste dall'UE nei confronti della Russia, il Consiglio federale ha adottato misure affinché il territorio svizzero non possa servire a sottrarvisi.

La situazione nell'Est del continente ha segnato profondamente la politica del Partenariato orientale dell'UE
(PaO). Il fatto che il vertice di Riga di maggio si sia concluso senza grandi impegni ha illustrato la difficoltà per l'UE di rassicurare i propri partner in Europa orientale e al contempo di evitare di provocare reazioni negative da parte della Russia.

Nello stesso periodo l'UE ha rafforzato la sua cooperazione in materia migratoria con i Paesi di provenienza e di transito delle persone in cerca di protezione. A La Valletta, in particolare, si è tenuto un vertice di capi di Stato di governo europei e africani dal quale sono scaturiti una dichiarazione comune e un piano d'azione.

Inoltre, in questa occasione si è istituito un fondo fiduciario di emergenza per 1,8 miliardi di euro a favore della stabilità e della lotta contro le cause della migrazione irregolare in Africa. È prevista la partecipazione della Svizzera a questo fondo, previa conferma da parte delle autorità nazionali. Dato il ruolo chiave della Turchia come Paese di transito, l'UE e la Turchia hanno elaborato un piano d'azione per affrontare la situazione dei rifugiati. Parallelamente si è deciso di accelerare il processo di liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e di aprire nuovi capitoli negoziali per quanto riguarda l'adesione della Turchia all'UE.

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FF 2016

L'accordo stipulato in luglio sul nucleare iraniano, dopo un negoziato in cui l'alta rappresentante dell'UE ha avuto un ruolo chiave (cfr. n. 3.4.1), e i progressi registrati nel dialogo tra la Serbia e il Kosovo sotto l'egida dell'UE sono stati i due principali successi dell'UE in materia di politica estera.

La politica di allargamento dell'UE ha subito un rallentamento dopo la comunicazione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, secondo cui nessun nuovo Stato dovrebbe aderire all'UE nei prossimi cinque anni. In parallelo, il governo islandese ha informato l'UE nel mese di marzo che il Paese non intendeva continuare i negoziati in vista di un'adesione. Tuttavia, in dicembre il Consiglio europeo ha deciso di aprire due primi capitoli negoziali con la Serbia. In ottobre, il Kosovo e l'UE hanno firmato un accordo di stabilizzazione e di associazione.

Evoluzione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE Nel 2015 le relazioni tra la Svizzera e l'UE sono state contraddistinte dalla ricerca di una soluzione per rispondere all'obiettivo prefissato dal Consiglio federale di gestire meglio l'immigrazione, consolidando e sviluppando la via bilaterale, dopo l'accettazione da parte del Popolo e dei Cantoni del nuovo articolo 121a della Costituzione. I lavori si sono concentrati sull'elaborazione di una soluzione con l'UE in materia di libera circolazione delle persone (LCP) conforme a questo obiettivo.

Nel primo semestre i lavori di attuazione dell'articolo costituzionale (121a Cost.)

sono proseguiti. In febbraio il Consiglio federale ha approvato il progetto di legge per l'attuazione dell'articolo costituzionale basato sul piano adottato nel giugno del 2014 e che prevede di fissare tetti massimi e contingenti annui per gestire l'immigrazione basandosi al contempo sulle esigenze annunciate dai Cantoni e sulle analisi di un organo consultivo al quale sono associate le parti sociali. Il Consiglio federale ha inoltre disposto misure complementari in vista di un migliore sfruttamento del potenziale di manodopera indigena. Ha adottato peraltro un mandato di negoziazione per rivedere l'ALC con l'UE, affinché la Svizzera possa gestire e limitare in maniera autonoma l'immigrazione, tenendo conto degli interessi globali dell'economia e in maniera tale da preservare la via bilaterale.

In parallelo,
la presidente della Confederazione e il presidente della Commissione europea hanno deciso di avviare consultazioni intense sulla LCP. Tra febbraio e giugno diversi incontri tra il segretario di Stato della migrazione e il consigliere diplomatico del presidente della Commissione europea hanno consentito di elaborare possibili soluzioni di natura tecnica.

Dato che l'UE subordinava la conclusione di nuovi accordi a una soluzione per la LCP, nello stesso periodo si sono registrati pochi sviluppi significativi nelle altre trattative in corso. In particolare, i negoziati sulle questioni istituzionali, che condizionano anche la conclusione di nuovi accordi di accesso al mercato, non sono progrediti nel primo semestre. Le trattative su un possibile accordo temporaneo nel campo dell'elettricità sono state sospese: per il momento non è possibile un'applicazione provvisoria di un accordo del genere.

In maggio il Consiglio federale ha approvato l'apertura dei negoziati sulla partecipazione della Svizzera all'Agenzia ferroviaria europea (ERA). L'UE tuttavia non si è

531

FF 2016

ancora attribuita alcun mandato negoziale per il fatto che vincola questo dossier alla questione della libera circolazione delle persone e ai negoziati istituzionali.

Da giugno le relazioni Svizzera-UE sono entrate in una nuova fase. Il Consiglio federale ha confermato l'impegno preso dalla presidente della Confederazione e dal presidente della Commissione europea di continuare le consultazioni sulla LCP e di prendere atto dei primi risultati in autunno. In questa ottica, il Consiglio federale ha espresso la necessità di ampliare la cerchia dei partecipanti a queste consultazioni, di coinvolgere maggiormente gli Stati confinanti nella ricerca di una soluzione e di rilanciare tutte le discussioni o le trattative sugli altri dossier. A tal fine e allo scopo di giungere a un risultato globale corrispondente agli obiettivi stabiliti nei mandati esistenti, in agosto il Consiglio federale ha adottato una struttura per la gestione globale dei negoziati e designato un capo negoziatore.

Alla fine di ottobre il Consiglio federale ha preso atto dei principali elementi della consultazione21 sulla modifica della legge federale del 16 dicembre 201522 sugli stranieri (LStr), dei risultati delle consultazioni Svizzera-UE sulla LCP, dello stato dei negoziati istituzionali e della valutazione del capo negoziatore sulla totalità dei dossier aperti. Su questa base, in dicembre il Consiglio federale ha definito le grandi linee del messaggio sull'attuazione dell'articolo 121a Cost., che trasmetterà al Parlamento all'inizio del 2016.

L'immigrazione in provenienza di Stati terzi sarà gestita secondo i principi definiti nel progetto di legge deciso in febbraio. Per i cittadini dell'UE/AELS, il Consiglio federale ha confermato che la sua priorità rimane quella di raggiungere un'intesa con l'UE sulla libera circolazione delle persone. Una soluzione del genere garantirebbe la certezza del diritto e la prevedibilità necessarie per una piazza economica svizzera competitiva e per il mantenimento degli acquis della via bilaterale. Consentirebbe inoltre l'estensione dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone alla Croazia, che è una condizione per la partecipazione della Svizzera all'ottavo programmaquadro di ricerca Horizon 2020 dopo il 2016. Questo programma comprende il programma di ricerca della Comunità europea
dell'energia atomica (Euratom) e il progetto ITER (reattore termonucleare sperimentale internazionale).

Pertanto, alla fine di dicembre la presidenza dell'UE, il presidente della Commissione europea e la presidente della Confederazione hanno deciso d'intensificare gli scambi per giungere a una soluzione basata sull'interpretazione dell'ALC.

Nel caso in cui comunque non si giungesse a una soluzione del genere, il Consiglio federale proporrebbe al Parlamento, entro marzo 2016, di prevedere una clausola di salvaguardia unilaterale per i cittadini dell'UE/AELS. Una clausola del genere rispetterebbe la Costituzione federale, ma non risolverebbe l'incertezza giuridica che aleggia sul futuro dell'ALC e degli altri accordi bilaterali I. Questa situazione potrebbe provocare misure di compensazione da parte dell'UE e compromettere l'obiettivo di consolidare e sviluppare la via bilaterale. Nei primi mesi del 2016 tutti

21

22

532

I documenti sono disponibili al seguente indirizzo: www.admin.ch > Diritto federale > Procedure di consultazione > Procedure di consultazione ed indagini conoscitive concluse > 2015 > DFGP RS 142.20

FF 2016

gli sforzi si concentreranno dunque sulla conclusione di un'intesa con l'UE nel campo della libera circolazione delle persone.

Dall'autunno si sono potuti rilanciare anche i negoziati istituzionali. Alla fine dell'anno le due parti disponevano di un testo di accordo grazie al quale accordarsi sulla maggior parte dei capitoli negoziali e i cui punti ancora aperti sono in particolare il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) nella composizione delle controversie e le conseguenze in caso di controversie persistenti. I negoziati riprenderanno in gennaio 2016 allo scopo di risolvere queste questioni. Un accordo del genere restituirà stabilità e prevedibilità alle relazioni tra la Svizzera e l'UE.

Consentirà inoltre di concludere nuovi accordi di accesso al mercato e permetterà così il consolidamento e lo sviluppo futuro della via bilaterale. La sua conclusione rimane tuttavia condizionata a un'intesa tra la Svizzera e l'UE nel campo della LCP.

Il voto del 9 febbraio 2014 non ha avuto un impatto profondo sulle relazioni tra la Svizzera e l'UE nel settore della giustizia e degli affari interni e neppure sulle questioni fiscali. Il Consiglio federale ha adottato in marzo un mandato negoziale che punta alla partecipazione della Svizzera alla cooperazione di Prüm (scambio automatico di impronte digitali e di dati relativi al DNA). I mandati di negoziazione della Commissione europea per la partecipazione della Svizzera alla cooperazione di Prüm e per l'accesso delle autorità di perseguimento penale svizzere alla banca dati EURODAC dovrebbero essere adottati all'inizio del 2016. Nel dicembre del 2015 il Parlamento europeo ha approvato l'accordo sulla partecipazione della Svizzera all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO). Dato che l'Assemblea federale l'ha approvato nel 2015, tale accordo potrà entrare in vigore all'inizio del 2016. I negoziati sulla partecipazione della Svizzera ai fondi per la sicurezza interna ISF sono terminati nel 2015, mentre sono alle battute finali quelli sulla partecipazione della Svizzera all'agenzia eu-LISA che gestisce i principali sistemi informatici e le banche dati dell'UE.

In novembre il governo ha inoltre adottato il messaggio relativo all'accordo sull'introduzione dello scambio automatico di informazioni in materia fiscale23 che la Svizzera e
l'UE avevano firmato già in maggio. Una volta predisposte le necessarie basi legali, si prevede di raccogliere i dati bancari a partire dal 2017 e di scambiarli a partire dal 2018. Questo accordo sostituirà l'accordo sulla fiscalità e il risparmio stipulato con l'UE nel 200424.

23 24

FF 2015 4467 Accordo del 26 ott. 2004 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea che stabilisce misure equivalenti a quelle definite nella direttiva del Consiglio 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (RS 0.641.926.81) e Accordo del 26 ott. 2004 in forma di scambio di lettere del 26 ottobre 2004 tra la Comunità europea e la Confederazione Svizzera relativo alla data di applicazione dell'Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione Svizzera che stabilisce misure equivalenti a quelle definite nella direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giu. 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (RS 0.641.926.811)

533

FF 2016

3.2.2

Relazioni con i Paesi di Europa, Caucaso e Asia centrale

Europa occidentale e centrale Il Consiglio federale ha curato contatti con tutti gli Stati membri dell'UE al fine di spiegare la propria intenzione di mettere in atto i risultati della votazione popolare del 9 febbraio 2014, consolidando e sviluppando la via bilaterale con l'UE.

Diversi colloqui si sono svolti con la presidenza di turno del Consiglio dell'UE, assunta nel primo semestre dalla Lettonia. In gennaio, il ministro degli affari esteri Edgars Rinkevics è stato ricevuto a Berna. La presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga e il consigliere federale Didier Burkhalter si sono poi recati in Lussemburgo, che ha presieduto il Consiglio da luglio a dicembre. Infine, in novembre la presidente della Confederazione si è recata all'Aia per una visita di lavoro, in vista della presidenza olandese del primo semestre 2016.

La presidente della Confederazione si è recata in Polonia e in Spagna in luglio e poi in Slovenia in settembre. A inizio ottobre ha ricevuto a Berna la presidente della Lituania Dalia Grybauskaite. Nel corso dell'anno, il capo del DFAE ha accolto a Berna i propri omologhi polacco, irlandese, ceco, islandese e slovacco e ha svolto visite di lavoro in Svezia e in Finlandia.

Le discussioni sono inoltre continuate con diversi Stati europei allo scopo di rafforzare la cooperazione tra sedi diplomatiche, in termini di condivisione delle infrastrutture, di cooperazione sul piano amministrativo o ancora in materia di reciproca rappresentanza nel rilascio dei visti Schengen.

Europa del Sud-Est Da molti anni la Confederazione è attiva nei Balcani occidentali (Bosnia e Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Macedonia e Albania), una regione che giudica prioritaria nel quadro della sua politica estera e dalla quale provengono circa 400 000 persone che vivono sul suo territorio. Questi stretti legami interpersonali spiegano, e in parte giustificano, l'interesse della Svizzera di contribuire alla pace, alla stabilità e alla prosperità dei diversi Stati che compongono i Balcani occidentali.

Diversi incontri a più livelli si sono svolti nel corso dell'anno in rassegna. La presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga ha ricevuto a Berna il proprio omologo kosovaro e il primo ministro bulgaro, mentre il consigliere federale Johann Schneider-Amman è stato ospite del primo ministro
serbo. Dal canto suo, il segretario di Stato Rossier ha svolto consultazioni politiche con la Serbia. Si è inoltre intrattenuto, in occasione di visite ufficiali di lavoro, con le autorità del Kosovo e della Bosnia e Erzegovina.

La Svizzera ha inoltre contribuito alle operazioni di mantenimento della pace della Kosovo Force (KFOR) dispacciandovi circa 220 militari (SWISSCOY). Due squadre di collegamento e di sorveglianza con un massimo di 20 membri delle forze armate svizzere e sei esperti militari di armi leggere e munizioni sono rimasti di stanza in Bosnia e Erzegovina nel quadro della missione di stabilizzazione dell'UE EUFOR ALTHEA. Queste operazioni sono state accompagnate da un'intensificazione dell'aiuto alla transizione.

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Anche la cooperazione nel quadro dei partenariati migratori con la Bosnia e Erzegovina, la Serbia e il Kosovo è continuata con il sostegno della Svizzera, presente in diversi progetti quali la partecipazione della diaspora allo sviluppo del Paese, l'integrazione delle minoranze, la costruzione di alloggi per le persone sfollate dalle inondazioni del 2014, la predisposizione d'infrastrutture e il rafforzamento delle capacità nel settore dell'asilo. Questo partenariato si è poi intensificato ulteriormente con lo scoppio della crisi migratoria in Europa e grazie al sostegno rapido che la Svizzera ha fornito sia direttamente alle autorità sia a organizzazioni internazionali o a progetti di ONG attive nei Paesi interessati o ancora a rappresentanti della società civile.

Turchia Nella sua decisione del 15 ottobre la Corte europea dei diritti dell'uomo ha confermato un primo parere espresso nel 2013. Secondo la Grande Camera, con la condanna di Dou Perinçek la Svizzera aveva violato la libertà di espressione di questo cittadino turco. Dou Perinçek aveva espresso pubblicamente in Svizzera l'opinione secondo cui le deportazioni di massa e i massacri subiti dagli Armeni all'interno dell'Impero ottomano nel 1915 e negli anni successivi non costituissero un genocidio. Il parere espresso dalla Corte di Strasburgo è definitivo. L'epilogo di questa procedura dovrebbe autorizzare il progressivo approfondimento delle relazioni con la Turchia, che la Svizzera reputa prioritarie, in uno spirito di apertura, di dialogo e di cooperazione.

La Turchia è un partner importante con cui le relazioni sono numerose e diversificate. La situazione attuale in Turchia e il suo ruolo nella regione rendono dunque interessante non solo la cooperazione bilaterale, ma anche la collaborazione in termini di politica di pace e di impegno multilaterale.

Da un punto di vista economico, la Turchia è un partner importante. Il volume complessivo degli scambi commerciali ha raggiunto 3,3 miliardi di franchi nel 2014.

Con il sostegno fornito dalla Svizzera allo sviluppo delle capacità del Directorate General on Migration Management e una stretta cooperazione in seno al Global Forum on Migration and Development, la cooperazione in materia migratoria è divenuta un elemento significativo delle relazioni bilaterali attuali. In maggio a Berna si
è svolta una seconda tornata negoziale per un accordo di riammissione, a buon punto sebbene rimangano aperte alcune questioni. Nel contesto del conflitto che perdura in Siria e della conseguente crisi migratoria, uno scambio stretto con la Turchia ha acquisito notevole importanza per l'Europa e di riflesso per la Svizzera.

È opportuno inoltre ricordare la cooperazione instaurata con la Turchia nell'ottica del World Humanitarian Summit.

Alcune questioni riguardanti il Medio Oriente (Siria, Iraq, Israele/Palestina; assistenza umanitaria nelle migrazioni, Foreign Terrorist Fighters, energia ecc.), i Balcani o il Caucaso del Sud interessano la Turchia a più livelli e rendono questo Paese un interlocutore prezioso. A tale riguardo, la stretta cooperazione in materia di lotta contro il terrorismo, soprattutto nell'ambito del forum globale dell'antiterrorismo (GCTF) è nell'interesse della Svizzera e del suo impegno a favore di pace e sicurezza.

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Caucaso del Sud Oltre a rappresentare gli interessi russi in Georgia e gli interessi georgiani in Russia, la Svizzera si concentra nel Caucaso del Sud sulla cooperazione politica, economica e tecnica, nonché sulla promozione dei diritti umani e della pace. Dopo l'adesione della Russia all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel 2012, l'impegno comprende in particolare l'attuazione dell'accordo tra la Russia e la Georgia relativo all'amministrazione delle dogane e al controllo della circolazione delle merci. Un accordo bilaterale Svizzera-Georgia di protezione degli investimenti è entrato in vigore in aprile e in settembre si sono aperti i negoziati per un accordo di libero-scambio tra la Georgia e l'AELS. Nella regione, la Svizzera continua inoltre a sostenere il processo di normalizzazione tra la Turchia e l'Armenia. Per concludere, l'Azerbaigian resta un partner importante per la Svizzera a livello economico e nel gruppo di voto comune in seno alle istituzioni di Bretton Woods.

Russia Dal 2007 si tengono periodicamente consultazioni bilaterali con la Russia su vari aspetti. La crisi ucraina ha frenato in certa misura il ritmo delle visite diplomatiche nel corso dell'anno, soprattutto per quanto riguarda i contatti politici di alto livello e gli scambi nel settore militare. Le consultazioni tecniche invece sono continuate, per esempio nel campo della sicurezza e in quello dei diritti umani. In materia di giustizia minorile si è instaurata una cooperazione estremamente interessante.

I ministri degli affari esteri si sono incontrati a New York a margine della 70a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. La Russia è un importante interlocutore della Svizzera considerato l'impegno profuso da quest'ultima a favore della pace in Ucraina e in Siria. La continuità della comunicazione tra i due Paesi è molto utile anche nell'ottica del duplice mandato di potenza protettrice assunto dal nostro Paese, che rappresenta gli interessi georgiani in Russia e gli interessi russi in Georgia.

Asia centrale La Svizzera ha mantenuto la propria cooperazione con gli Stati dell'Asia centrale.

Una cooperazione alla quale attribuisce grande importanza a causa del peso economico e politico della regione, del suo posto nelle questioni di sicurezza e di migrazione, nonché dell'appartenenza di questi
Paesi al suo gruppo di voto in seno alle istituzioni di Bretton Woods. È per queste stesse ragioni che continua a impegnarsi per la cooperazione allo sviluppo nell'Asia centrale, soprattutto nei settori della distribuzione di acqua, della sanità, della promozione del settore privato, dell'aiuto umanitario e dei diritti umani. La cooperazione è particolarmente positiva con il Kirghizistan, come confermato in primavera dalla visita a Berna del suo presidente Almazbek Atambayev. La Svizzera ha intensificato il proprio impegno in Kirghizistan in vista delle elezioni legislative e presidenziali. Il Consiglio federale ha inoltre deciso che la Svizzera parteciperà all'esposizione universale Astana Expo 2017, in Kazakistan. Per concludere, in autunno si sono svolte consultazioni con il Tagikistan su questioni riguardanti i diritti umani.

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3.3

La stabilità in Europa e nel mondo

3.3.1

OSCE

Troika dell'OSCE 2015 Nel 2015 la Svizzera ha formato insieme alla Serbia, che presiedeva l'OSCE, e alla Germania, che la presiederà nel 2016, la troika a capo dell'organizzazione. I tre Paesi hanno condotto una collaborazione molto stretta: i tre ministri degli affari esteri si sono incontrati cinque volte (il 7 febbraio a Monaco, il 28 aprile a Belgrado, il 10 luglio a Helsinki, a margine delle festività per commemorare il 40° anniversario della firma dell'atto finale di Helsinki, il 19 settembre a Magdebourg e il 3 dicembre a Belgrado). I responsabili delle task force e gli ambasciatori accreditati a Vienna si sono incontrati rispettivamente ogni mese e ogni settimana. Questa collaborazione ha permesso di guidare le principali attività politiche dell'OSCE: la gestione del conflitto ucraino, compreso lo sviluppo della missione speciale di osservazione, e la creazione del Gruppo di contatto trilaterale sono state preparate in seno alla troika. Quest'ultima ha inoltre provveduto a nominare il gruppo di esperti di alto livello sulla sicurezza europea e a seguire i suoi lavori, così come a verificare le operazioni per la pace condotte dall'OSCE. La troika è inoltre servita alla presidenza serba come organismo permanente di consultazione per le questioni politicamente sensibili, quali la nomina di capi missione e di altri responsabili importanti o la preparazione delle decisioni e delle dichiarazioni la cui adozione è stata proposta durante l'incontro ministeriale di Belgrado.

Dato che la Serbia era succeduta alla Svizzera alla presidenza dell'OSCE e che il lavoro si basava su un piano biennale, i due Paesi avevano già collaborato a stretto contatto sul piano tematico. La Germania si è mostrata molto interessata alle esperienze fatte dalla Svizzera a capo dell'organizzazione. L'operato all'interno della troika ha rappresentato per il nostro Paese l'occasione per contribuire alla continuità degli orientamenti dell'OSCE e rafforzare una serie di iniziative lanciate nel 2014 sotto la presidenza svizzera.

Intensificazione della collaborazione con Germania, Austria e Liechtenstein Il 16 agosto 2015 i ministri degli affari esteri di Germania, Austria, Liechtenstein e Svizzera hanno adottato una dichiarazione comune per rafforzare la cooperazione dei loro Stati in materia di sicurezza in seno all'OSCE. Dato
che la Germania e poi l'Austria presiederanno a breve l'organizzazione, la Svizzera si è adoperata affinché i quattro Paesi s'impegnino insieme per rafforzare e continuare le iniziative lanciate sotto la presidenza svizzera. La dichiarazione ministeriale menziona quattro ambiti di cooperazione: impegno in Ucraina per una soluzione pacifica del conflitto, miglioramento degli strumenti dell'OSCE nel ciclo del conflitto, discussione sulla sicurezza europea in seno all'OSCE e rafforzamento della seconda dimensione a favore della connettività economica. Questi quattro ambiti sono stati oggetto degli incontri nel secondo semestre del 2015.

Presidenza svizzera del gruppo di contatto con i partner asiatici Nel 2015 la Svizzera ha presieduto il gruppo di contatto dell'OSCE con l'Asia. A tale titolo ha preparato, in collaborazione con i partner asiatici (Afghanistan, Austra537

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lia, Corea del Sud, Giappone e Tailandia), un programma di lavoro che copre ambiti quali la situazione nella penisola coreana, la cybersicurezza, la prevenzione delle catastrofi in rapporto con la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi, riunitasi a Sendai, nonché il potenziamento del ruolo delle donne nel processo di transizione in Afghanistan. Presieduta dalla Svizzera, la Conferenza asiatica 2015 dell'OSCE ha identificato alcune possibilità di cooperazione tra l'organizzazione e diversi Paesi e/o organismi asiatici di sicurezza, in particolare nella lotta contro il terrorismo, nella prevenzione delle catastrofi e nella cybersicurezza. I partecipanti hanno inoltre approvato scambi tra l'OSCE e alcune istituzioni regionali asiatiche. La cooperazione prevista è stata lanciata rapidamente poiché l'OSCE è stata invitata a partecipare come partner all'incontro intergovernativo del 28 ottobre 2015 dell'iniziativa per la pace e la cooperazione nel Nord-Est asiatico (Northeast Asia Peace and Cooperation Initiative, NAPCI).

La crisi ucraina La crisi in Ucraina e nelle zone limitrofe ha segnato profondamente i lavori dell'OSCE durante l'anno in rassegna. Mentre il conflitto armato si aggravava tra gennaio e febbraio, non lasciando alcun margine di manovra all'OSCE, quest'ultima è riuscita, nel corso dell'anno, a potenziare il proprio ruolo nel tentativo di fornire una soluzione al conflitto. La Svizzera ha continuato a partecipare attivamente a questo processo politico a favore della pace, sia nell'ambito della troika dell'OSCE, sia inviando rappresentanti nelle agenzie dell'OSCE in Ucraina.

Dopo lunghi negoziati secondo il Formato Normandia (Germania, Francia, Russia e Ucraina) e nell'ambito del Gruppo di contatto trilaterale (che riunisce rappresentanti di Russia, Ucraina e OSCE), il 12 febbraio 2015 le diverse parti sono riuscite ad accordarsi sull'adozione di un pacchetto di misure per concretizzare gli accordi conclusi a Minsk nel 2014. Questo pacchetto prevedeva un cessate il fuoco dal 15 febbraio 2015, seguito dal ritiro delle armi pesanti. La missione speciale di osservazione dell'OSCE è stata incaricata di verificare l'applicazione di queste misure. Il pacchetto di Minsk comprendeva anche tappe politiche quali uno statuto speciale, una riforma costituzionale
ed elezioni locali conformi alle regole dell'OSCE.

I colloqui in seno al Gruppo di contatto trilaterale si sono intensificati all'inizio di marzo. In rapporto all'iniziativa dell'ambasciatrice Heidi Tagliavini sono stati istituiti quattro gruppi di lavoro a inizio maggio, al fine di vagliare i seguenti settori: sicurezza, politica, questioni umanitarie ed economia. Grazie a questa iniziativa, l'OSCE è riuscita a rafforzare la propria posizione: in un primo tempo contestata, la partecipazione dei suoi rappresentanti è stata poi riconosciuta e ha garantito il coordinamento dei quattro gruppi. La Svizzera rimane coinvolta da vicino nel processo, dal momento che l'ambasciatore Toni Frisch è stato inviato in loco per coordinare il gruppo di lavoro dedicato alle questioni umanitarie, mentre Alexander Hug, viceresponsabile della missione speciale di osservazione dell'OSCE, co-coordina oramai il gruppo di lavoro sulla sicurezza. La Svizzera ha inoltre contribuito alle attività del gruppo di lavoro sulla politica mettendo a disposizione esperti. Ha mantenuto il proprio impegno anche dopo che in luglio l'ambasciatrice Heidi Tagliavini ha passato il testimone all'ambasciatore austriaco Martin Sadjik.

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Sostenuti da un'attività intensa nel «Formato Normandia», gli sforzi del Gruppo di contatto trilaterale hanno fornito risultati concreti da inizio settembre: il rispetto del cessate il fuoco è stato nettamente migliore rispetto al passato. Si sono potuti stipulare altri accordi sul ritiro delle armi, che tuttavia non sono stati interamente rispettati.

I colloqui sul processo politico sono stati intensi, anche se alla fine dell'anno non si era ancora raggiunta un'intesa sulle elezioni locali. Pertanto, il processo di Minsk continuerà anche nel 2016.

Durante l'anno in rassegna, l'OSCE ha rafforzato le proprie attività in Ucraina anche al di fuori del Gruppo di contatto trilaterale: con decisione del 12 marzo 2015 la missione speciale di osservazione è stata prolungata sino a fine marzo 2016. La Svizzera ha fornito il proprio sostegno a questa missione al termine del 2015, inviando 15 osservatori sul posto. È stato inoltre possibile prolungare il mandato della missione di osservazione della frontiera in due posti-frontiera russi, di cui da novembre 2015 è responsabile un cittadino svizzero. Durante lo stesso mese, la Svizzera ha partecipato alla missione di osservazione dell'OSCE delle elezioni locali, inviando due osservatori a lungo termine e sette osservatori a breve termine.

Tramite la sua gestione della crisi ucraina, l'OSCE ha provato le proprie qualità di organizzazione flessibile e inclusiva capace di reagire alle difficoltà e di contribuire ampiamente alla loro risoluzione. Il successo dei suoi sforzi si fonda naturalmente sulla volontà delle parti di negoziare, che è migliorata sensibilmente durante l'anno trascorso. Tuttavia, l'OSCE ha anche sviluppato i propri mezzi di azione e ha potuto fornire risposte appropriate all'evoluzione del conflitto.

Le relazioni bilaterali con l'Ucraina sono state contraddistinte dal lancio della nuova strategia comune di cooperazione 2015­2018 da parte della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), della Segreteria di Stato dell'economia (SECO) e della nuova Divisione Sicurezza umana (DSU). Questa strategia tiene conto della situazione attuale e attribuisce un'importanza speciale a un approccio globale in Ucraina, pur riservando un'attenzione particolare alla situazione nell'Est del Paese. Punta così ad accrescere la coesione nazionale e a
promuovere la pace. La Svizzera è stata il primo Stato terzo a inviare convogli umanitari nell'Est dell'Ucraina, da entrambe le parti della linea di contatto. Da aprile, l'Aiuto umanitario (DSC/AU) svizzero ha consegnato materiale medico e prodotti chimici destinati a trattare l'acqua nella regione del Donbass (cfr. n. 3.3.4).

In marzo, per la prima volta dal 2011 si sono tenute consultazioni politiche con l'Ucraina che hanno permesso di esaminare l'impegno svizzero nel suo insieme con i rappresentanti ucraini. La visita del segretario di Stato Yves Rossier a Kiev in ottobre ha poi permesso di approfondire le relazioni bilaterali.

La sicurezza in Europa e il Panel of Eminent Persons La crisi ucraina ha compromesso la sicurezza in Europa, minando progressivamente i rapporti di fiducia tra la Russia e l'Occidente. La ricerca di una soluzione politica alla crisi è strettamente legata agli sforzi comuni compiuti da tutti gli Stati dell'OSCE per preservare la sicurezza in Europa. Quando ha presieduto l'OSCE nel 2014, la Svizzera ha lanciato, in stretta collaborazione con la Germania e la Serbia, un ampio dibattito sui mezzi per rafforzare la sicurezza e riunito a tal fine un gruppo di esperti indipendenti (Panel of Eminent Persons on European Security as a Com539

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mon Project). In giugno questo panel di personalità di spicco ha presentato un rapporto intermedio sui lavori, seguito da un rapporto finale in novembre. Dedicato alla crisi ucraina, il rapporto intermedio ha formulato raccomandazioni per permettere all'OSCE di accrescere le proprie capacità operative. Il rapporto finale presentato all'incontro ministeriale di Belgrado ha messo in luce la crisi della sicurezza europea nel suo insieme e presentato all'OSCE proposte per ristabilire la fiducia e il dialogo in seno all'organizzazione. Le raccomandazioni del panel saranno discusse in seno all'OSCE nel 2016, sotto la presidenza tedesca.

Connettività economica La crisi in Ucraina e nelle regioni limitrofe ha evidenziato come la politica stia nuovamente aumentando il proprio influsso sugli scambi commerciali e sulle relazioni economiche. Al termine della Guerra fredda, ha prevalso l'ipotesi che i Paesi dell'Est e dell'Ovest avrebbero seguito un'evoluzione simile, fondata sulla democrazia e sull'economia di mercato e che l'adesione di tutti gli Stati all'OMC avrebbe messo fine a tutti i conflitti commerciali. Questa ipotesi non si è realizzata. La Svizzera si è allora fissata l'obiettivo di incoraggiare l'OSCE ad assumere un ruolo nella promozione della fiducia reciproca sul piano economico e a favorire la connettività economica. Questi sforzi avevano due orientamenti di massima: si trattava da una parte di risolvere i problemi economici e di eliminare le linee di separazione tracciate dai conflitti armati in seno a certi Stati; dall'altra si voleva porre fine alle tensioni interstatali e in particolare tra i diversi progetti d'integrazione economica. In particolare si sono condotti studi in Ucraina, nella Repubblica di Moldova e in Georgia, serviti poi come base per avviare le discussioni sulla connettività con rappresentanti ed esperti nazionali, al fine d'identificare possibili mezzi d'azione.

L'idea di creare un centro di competenza dell'OSCE in materia economica è andata avanti.

Missioni di mantenimento della pace In passato l'OSCE ha cercato a più riprese di adattare le proprie missioni di mantenimento della pace alle sfide attuali e di rafforzarle. Le esperienze raccolte nell'ambito della missione speciale di osservazione dell'OSCE in Ucraina hanno mostrato la necessità di progressi e la possibilità
di un ulteriore miglioramento delle capacità dell'OSCE sul terreno. Su iniziativa della Svizzera, la troika ha dunque incaricato il segretariato generale dell'OSCE di realizzare uno studio sulle missioni di mantenimento della pace. Inoltre, un evento organizzato a livello ministeriale il 1° ottobre 2015 a New York a margine dell'Assemblea generale dell'ONU è stato dedicato alle operazioni di pace dell'OSCE. Questo avvenimento faceva seguito al rapporto pubblicato dall'ONU sulle missioni di mantenimento della pace e sul ruolo di organizzazioni regionali quali l'OSCE. La presidenza tedesca porterà avanti questo tema, che rientra nel rafforzamento delle capacità dell'OCSE nel ciclo del conflitto.

Caucaso del Sud Nel 2015 la Svizzera ha continuato a occupare un ruolo di primo piano nel Caucaso del Sud, grazie ad Angelo Gnädinger, rappresentante speciale dell'OSCE nella regione. La Svizzera e la Serbia hanno in effetti concluso un accordo che ha permes540

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so all'ambasciatore di continuare il proprio mandato fino al termine del 2015 sotto la presidenza serba. In collaborazione con rappresentanti dell'UE e dell'ONU ha assicurato la mediazione politica durante i colloqui di Ginevra sul conflitto georgiano e diretto, insieme al capo della missione di osservazione dell'UE, le sedute del dispositivo di prevenzione e di risoluzione degli incidenti alla frontiera amministrativa di Ergneti (Georgia). Questa mediazione internazionale ha contribuito a calmare una situazione che minacciava di destabilizzarsi nell'estate del 2015.

Nel 2016 la Svizzera continuerà a partecipare alla mediazione internazionale nella regione poiché il ministro tedesco degli affari esteri Frank-Walter Steinmeier ha nominato Günther Bächler, ex ambasciatore della Svizzera a Tiflis, al posto di rappresentante speciale per il Caucaso del Sud della presidenza tedesca 2016 dell'OSCE.

Repubblica di Moldova Offuscato dalla crisi ucraina, il processo per risolvere la questione della Transnistria è passato assolutamente inosservato, benché sia entrato in una fase difficile e il futuro del Paese sia incerto. Data la crisi politica interna, le tensioni al confine con l'Ucraina e la retorica bellicosa della Transnistria, non è stato possibile riavviare i colloqui ufficiali nella composizione «5+2» (OSCE, Russia, Ucraina, Moldova, Transnistria, UE e Stati Uniti) e pertanto si è dovuti ricorrere alla spola diplomatica.

Capitanati dal rappresentante speciale serbo dell'OSCE, Radojko Bogojevic, e dalla sua squadra elvetico-serba, i tentativi di mediazione hanno puntato da una parte a convincere il governo moldavo dell'utilità di integrare le minoranze, di rispettare l'autonomia accordata alla provincia di Gagaouzia e di elaborare una strategia di reintegrazione della Transnistria. Gli forzi diplomatici hanno inoltre cercato di convincere la Transnistria dei vantaggi della via negoziale, di aiutare la regione secessionista a far valere i propri interessi legittimi e di evitare così un'esacerbazione del conflitto.

Balcani occidentali Nei Balcani occidentali e in linea con la politica condotta durante la presidenza dell'OSCE nel 2014, la Svizzera ha continuato a sostenere i processi di riconciliazione di cooperazione regionale. L'ambasciatore Gérard Stoudmann, in veste di rappresentante speciale
della presidenza serba dell'OSCE per la regione, ha contribuito in particolare al corretto svolgimento delle visite del presidente serbo Nikoli nei sei Paesi della regione in cui si sono svolte operazioni a nome dell'OSCE. Peraltro, in considerazione della crisi politico-istituzionale in Macedonia, ha incoraggiato gli sforzi dell'OSCE per prevenire un'escalation della crisi e la sua etnicizzazione.

Inoltre, la sua raccomandazione alle parti di ricorrere all'assistenza tecnica dell'OSCE in materia elettorale per preparare il terreno alle elezioni legislative anticipate di aprile 2016 è stata ripresa nell'accordo di uscita dalla crisi concluso sotto l'egida dell'UE tra la coalizione governativa e l'opposizione.

Le tre dimensioni dell'OSCE Nel quadro della lotta contro il terrorismo, che s'iscrive nella prima dimensione politico-militare dell'OSCE, la Svizzera ha preconizzato l'attuazione delle dichiara-

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zioni ministeriali adottate a Basilea sui rapimenti a scopo di riscatto e sui combattenti stranieri. Nella seconda dimensione, economico-ambientale, la presidenza serba ha attribuito la priorità alla gestione delle risorse idriche. Si è dunque riallacciata alle priorità della Svizzera, che aveva posto la gestione delle catastrofi naturali al centro delle preoccupazioni. La Svizzera ha fornito un solido sostegno alla Serbia nell'applicazione della sua priorità tematica. Il capo del DFAE, ad esempio, ha pronunciato l'allocuzione di apertura del forum economico e ambientale a Praga.

Nella terza dimensione, umana, la Svizzera ha continuato a impegnarsi al fine di assicurare un'attuazione esaustiva degli obblighi specifici in questo campo. Si è inoltre impegnata affinché questa tematica sia presa in considerazione nel quadro della cooperazione rafforzata tra la Svizzera, la Germania, l'Austria e il Liechtenstein. Fondandosi sulle priorità del suo anno presidenziale, nel 2015 la Svizzera ha continuato la stretta collaborazione con alcuni rappresentanti della società civile.

Infine, ha continuato a promuovere la lotta contro la tortura e la protezione dei difensori dei diritti umani, soprattutto sostenendo lo sviluppo dell'azione dell'OSCE in questi ambiti.

3.3.2

Consiglio d'Europa

La crisi in Ucraina ha segnato profondamente le attività del Consiglio d'Europa (CdE). Il Comitato dei ministri ha adottato diverse raccomandazioni per spronare le parti al conflitto a rispettare i rispettivi obblighi in materia di diritti umani; sia quelli presi nei confronti del CdE dalla loro adesione, sia quelli derivanti dagli accordi di Minsk. La Svizzera, che ha partecipato attivamente ai dibattiti, ha ricordato sistematicamente gli impegni a tutte le parti e si è schierata puntualmente a favore dell'indipendenza, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina.

Dopo gli attentati di Parigi e Copenhagen, il tema del terrorismo è entrato a far parte dell'ordine del giorno del 125° incontro ministeriale tenutosi in maggio a Bruxelles.

In questa occasione, i ministri dei 47 Stati membri hanno adottato un protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea del 27 gennaio 197725 per la repressione del terrorismo, in relazione ai combattenti stranieri. La Svizzera ha partecipato con impegno alla preparazione del protocollo, che ha firmato all'apertura della conferenza sul terrorismo di Riga in ottobre.

In occasione di questo stesso incontro ministeriale, il segretario generale del CdE ha presentato il suo secondo rapporto sulla situazione della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto in Europa. Ne emerge come la mancanza d'indipendenza della giustizia e l'ambiente sempre meno favorevole alla libertà dei media in numerosi Paesi europei rappresentino oggi importanti sfide per le società democratiche. La Svizzera ha sostenuto la proposta del segretario generale di definire rapidamente un piano di azione e di concentrare i futuri programmi del CdE su questi temi.

Nel 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha pubblicato dieci sentenze relative a ricorsi contro la Svizzera. Queste sentenze riguardavano principalmente il diritto

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RS 0.353.3

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alla libertà di espressione, alla libertà e alla sicurezza, al rispetto della vita privata e familiare nonché il diritto a un equo processo.

Tra queste sentenze è degna di particolare nota la decisione della Grande Camera nella causa Perinçek contro la Svizzera, riguardante la negazione da parte di un cittadino turco dell'esistenza del genocidio armeno del 1915. La Corte ha effettivamente constatato una violazione della libertà di espressione del ricorrente.

Per la Svizzera il CdE costituisce un forum di discussione e di scambio di primaria importanza in seno al quale beneficia di una reputazione di partner affidabile, credibile ed efficace. Lo deve in particolare alla politica di ricerca del consenso che vi promuove, ma anche al sostegno finanziario non indifferente che apporta all'organizzazione di cui è uno dei principali contribuenti per i programmi esterni al budget ordinario. Sostenendo progetti chiave su temi che non rientrano direttamente nei mandati degli organi del CdE, la Svizzera funge da pioniera nello sviluppo delle norme democratiche. Il sostegno apportato ai diritti delle persone omosessuali, bisessuali, transgender e intersex (LGBTI) e a quelli dei bambini migranti ne sono due esempi di scottante attualità.

L'allegato al presente rapporto fornisce informazioni complementari sulle attività del CdE in relazione con la Svizzera durante l'anno in rassegna.

3.3.3

Sicurezza internazionale26

In materia di sicurezza esterna rimane essenziale un rafforzamento della cooperazione internazionale per affrontare le sfide in termini di sicurezza che la Svizzera è chiamata ad affrontare e la cui natura è sempre più transnazionale. Nel 2015 la Svizzera ha concentrato il proprio impegno in materia di sicurezza internazionale sulla promozione della concertazione con gli altri Paesi, sull'identificazione di nuovi mezzi e sull'attuazione di misure per rispondere efficacemente alle minacce e rafforzare la sicurezza del Paese e dei suoi cittadini.

Partecipazione della Svizzera al Partenariato per la pace (PpP) L'Organizzazione del trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) figura, insieme all'UE e all'OSCE, tra le tre organizzazioni più importanti per la sicurezza in Europa. In seguito agli avvenimenti in Ucraina, la questione della difesa collettiva ha guadagnato nuovamente importanza all'interno della NATO. Al contempo, con la fine della missione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (FIAS) in Afghanistan e la sua sostituzione con la missione Resolute Support, le forze dispiegate nelle grandi operazioni di gestione delle crisi sono state ulteriormente ridotte.

Nel 2015 la politica di partenariato della NATO è stata all'insegna dell'elaborazione dell'iniziativa per l'interoperabilità con i partner, lanciata ufficialmente nel 2014 in occasione del vertice del Galles. La Svizzera partecipa alla piattaforma di interoperabilità della NATO al fianco di altri 24 Stati partner. L'interoperabilità, altrimenti detta la capacità di cooperare, è importante per l'esercito svizzero poiché ne accresce 26

Le attività internazionali della Svizzera nel campo della lotta al terrorismo sono illustrate al n. 3.3.6.

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la libertà d'azione. L'impegno principale del nostro esercito a favore della promozione militare della pace si iscrive nel quadro di un'operazione diretta dalla NATO, ovvero la missione KFOR.

La Svizzera è altresì interessata a mantenere un'ampia piattaforma di dialogo politico con la NATO. Nel 2015, insieme ad altri partner, si è impegnata per consolidare il modello di discussione tra l'organizzazione e i suoi partner dell'Europa occidentale (Finlandia, Irlanda, Austria, Malta, Svezia e Svizzera).

La Svizzera ci tiene a fondare la sua cooperazione con la NATO su valori comuni.

Nel 2015 ha dunque continuato a impegnarsi nel campo della sicurezza umana. La NATO assume un ruolo importante nell'attuazione di questo genere di temi, dato il suo effetto moltiplicatore all'interno delle forze armate alleate e partner; fissa inoltre norme che spesso figurano come norme mondiali nel settore militare. La Svizzera ha anche continuato a sostenere ambiti di attività in cui dispone di particolari competenze (riforme nel campo della sicurezza, distruzione di munizioni, sorveglianza). In cambio può approfittare delle offerte di formazione e degli esercizi multilaterali del PpP. Per concludere, il nostro Paese beneficia inoltre del suo partenariato con la NATO in rapporto alle nuove sfide che devono affrontare le politiche di sicurezza, in particolare nel campo della cybersicurezza. Durante l'anno in rassegna si è discusso in particolare di un progetto pilota di cooperazione con il centro di competenza in materia di cyberdifesa, con base a Tallinn.

Sicurezza nel cyberspazio La riduzione dei cyberrischi presuppone una cooperazione internazionale efficace, le cui fondamenta sono una fiducia reciproca e regole mondialmente accettate. La Svizzera s'impegna dunque a favore dell'instaurazione di un clima di fiducia e dell'applicazione di regole chiare nel cyberspazio.

Per quanto concerne la creazione di un clima di fiducia, la Svizzera partecipa al processo dell'OSCE, che punta a rafforzare la fiducia, la trasparenza e la cooperazione tra Stati e a ridurre i rischi di conflitto. Ha formulato proposte concrete di attuazione del primo elenco di misure e partecipato attivamente ai negoziati per un secondo elenco.

Considerata la portata mondiale dei cyberrischi, la Svizzera si è impegnata anche a favore dell'instaurazione
di un clima di fiducia a livello sovraregionale. Lavorando in particolare per rafforzare la cooperazione tra le diverse organizzazioni regionali (come OSCE, Associazione delle nazioni dell'Asia del Sud-Est ANASE, Forum regionale dell'ANASE e Organizzazione degli Stati americani OSA), è riuscita a far inserire questo obiettivo nell'ordine del giorno della conferenza mondiale sul cyberspazio, che si è tenuta all'Aia. In seno all'OSCE si è attivata per una migliore integrazione dei partner asiatici dell'organizzazione nel processo di creazione di un clima di fiducia.

La Svizzera partecipa inoltre agli sforzi internazionali per promuovere l'applicazione, nel cyberspazio, di un insieme di regole accettate da tutti. Difende nello specifico la posizione secondo cui queste regole devono fondarsi sul diritto internazionale pubblico in vigore, valido anche nel cyberspazio. La Svizzera contribuisce in particolare agli sforzi intrapresi per determinare in che modo imporre il rispetto delle 544

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regole pertinenti di questo diritto, sostenendo per esempio i laboratori regionali organizzati nel quadro di un progetto dell'Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo. La Svizzera sostiene e incoraggia inoltre la definizione di norme volontarie di comportamento politico. Inoltre, per rafforzare la cooperazione internazionale, incoraggia lo sviluppo delle capacità di altri Stati, il che rientra anche nel suo stesso interesse, viste le interdipendenze relative al cyberspazio. Per tale motivo è cofondatrice del Global Forum on Cyber Expertise, il cui scopo è in particolare quello di promuovere lo sviluppo di capacità nel settore. Infine, la Svizzera è attiva nella lotta contro la cybercriminalità e si adopera in particolare per la diffusione e lo sviluppo della convenzione del Consiglio d'Europa sulla cybercriminalità.

Sicurezza cooperativa in Asia In Asia orientale l'anno in rassegna è stato segnato dalle tensioni nel Mare cinese meridionale, tra le due Coree e tra la Cina e il Giappone. Le iniziative per attenuare queste tensioni hanno avuto finora effetti solo limitati. Alla Svizzera interessa che l'Asia orientale sia stabile, soprattutto per motivi economici e per questo s'impegna a favore della sicurezza cooperativa nella regione. Come membro uscente della troika dell'OSCE, la Svizzera ha presieduto il gruppo di contatto con i partner asiatici dell'organizzazione, aprendo il dibattito sulla misura in cui le esperienze maturate in Europa, soprattutto nel quadro dell'OSCE, possano essere utili agli Stati dell'Asia orientale per garantire la sicurezza nella regione. In questo contesto, a fine maggio 2015 il capo del DFAE ha partecipato al dialogo Shangri-La, la principale piattaforma di scambi informali a livello governativo sulla politica di sicurezza in Asia orientale, a Singapore, e alla conferenza asiatica dell'OSCE a Seul. La Svizzera ha chiesto d'instaurare un clima di fiducia reciproca tra gli Stati della regione, basato su una maggiore trasparenza nella gestione degli affari politici e militari. Si sono infine lanciate azioni specifiche per rafforzare la sicurezza cooperativa nella regione (cfr.

n. 3.4.1).

Controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione Complementari ad altri strumenti di politica estera, il controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione
contribuiscono al rafforzamento della sicurezza e della stabilità nel mondo. Le misure per accrescere la fiducia e la trasparenza, come la limitazione del livello di armamento e di alcune categorie di armi, favoriscono uno sviluppo più pacifico. È dunque nell'interesse della Svizzera che accordi multilaterali di controllo degli armamenti e di disarmo orientati ai risultati siano conclusi e che le organizzazioni attive in questo campo funzionino in maniera efficace. Occorre tuttavia constatare che durante l'anno in rassegna, a causa della situazione geopolitica e delle divergenze nelle finalità, ancora una volta i negoziati sono proseguiti solo puntualmente nelle istanze multilaterali competenti, all'interno della prima commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Conferenza sul disarmo di Ginevra, delle conferenze degli Stati parte agli accordi interessati o ancora a livello dei regimi di controllo delle esportazioni. Malgrado il contesto poco propizio, nelle discussioni sul disarmo la Svizzera ha cercato di apportare elementi che possano farle avanzare.

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Iniziative nel settore delle armi di distruzione di massa (nucleari, biologiche e chimiche) Tra i progressi più importanti realizzati nel campo delle armi di distruzione di massa figura la conclusione dei negoziati sul programma nucleare iraniano. L'accordo concluso il 14 luglio 2015 permette all'Iran di continuare un programma di arricchimento limitato, il cui carattere pacifico sarà verificato a favore d'ingenti misure d'ispezione. In compenso, l'Iran ha ottenuto il progressivo annullamento delle sanzioni internazionali applicate nei suoi confronti. La Svizzera ha giocato la propria parte in questo processo come vettore di idee e Paese ospite dei negoziati. Concluso a Vienna, l'accordo di luglio riprende i principali punti chiave già discussi in aprile a Losanna. Il nostro Paese ha inoltre contribuito all'attuazione del precedente accordo temporaneo di Ginevra, collaborando soprattutto al rimpatrio di fondi iraniani e contribuendo volontariamente alle attività di ispezione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA).

Dopo il fallimento della conferenza d'esame 2015 del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), è ancora più difficile avanzare sul percorso del disarmo e della non proliferazione. Durante la conferenza, la Svizzera si è adoperata per gettare ponti tra le parti, grazie a contributi innovativi e pragmatici e alla ponderazione con cui ha presieduto la sotto-commissione per il disarmo. L'adozione di un documento finale è tuttavia fallita a causa delle divergenze di vedute sul processo di creazione di una zona senza armi di distruzione di massa in Medio Oriente. La Svizzera ha continuato a fungere da motore sulla scena della diplomazia nucleare multilaterale in occasione della 70a Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ha sostenuto in particolare il lancio di un processo inclusivo dell'ONU per identificare misure di disarmo efficaci.

In febbraio, in occasione di una conferenza organizzata su proposta della Svizzera, gli Stati parte alla Convenzione sulla sicurezza nucleare (CSN) si sono accordati affinché le nuove installazioni nucleari siano conformi al più recente stato della tecnica e affinché le installazioni esistenti siano costantemente migliorate. Grazie al seggio che occupa in seno al Consiglio dei governatori dell'AIEA, la Svizzera può far valere con maggiore
forza le proprie preoccupazioni in questo e in altri ambiti.

Nel giugno del 2015, in occasione della sua riunione plenaria, il Gruppo dei fornitori nucleari (GFN), composto dai Paesi fornitori di materiale nucleare, ha deciso che la Svizzera assumerà la presidenza del gruppo nel 2017. Oggi il nostro Paese fa dunque parte della troika del GFN, con l'Argentina e la Repubblica di Corea. La presidenza del gruppo è chiamata a giocare un ruolo particolarmente importante negli anni a venire: dato che l'India desidera aderire ai diversi regimi di controllo delle esportazioni, non solo al GFN, ma anche al Regime di non proliferazione nel settore missilistico e al gruppo Australia, si dovrà risolvere la questione controversa dell'adesione di nuovi membri al GFN.

Nel contesto della Convenzione sulle armi biologiche, in vista della conferenza di esame del 2016 la Svizzera si è impegnata lanciando un'iniziativa degna di tutto rispetto. Il suo scopo è quello di assicurare una considerazione più sistematica dei progressi nel campo delle biotecnologie e dei relativi effetti sulla Convenzione, con la creazione di un gruppo di lavoro che si occupi in particolare di questa tematica.

Inoltre, dato che la Convenzione non prevede ancora meccanismi di verifica del

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rispetto delle sue disposizioni, la Svizzera ha chiesto di esaminare la questione del rispetto delle regole e l'eventuale adozione di approcci alternativi in materia di verifica. Infine, ha fornito un sostegno finanziario e tecnico al meccanismo d'indagine proposto dal Segretario generale delle Nazioni Unite in caso di presunto utilizzo di armi biologiche e chimiche, organizzando una serie di incontri nel laboratorio di Spiez.

Per quanto riguarda la Convenzione sulle armi chimiche (CAC) e l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW/OPAC), l'impegno della Svizzera si è concentrato sugli eventi connessi all'arsenale siriano di armi chimiche. In effetti, sebbene il programma di armi chimiche dichiarato dalla Siria sia stato quasi completamente smantellato, questo genere di armi è ancora in uso. La Svizzera ha dunque sostenuto ancora una volta le indagini eseguite, mettendo a disposizione il laboratorio di Spiez per l'analisi dei campioni. Si è inoltre impegnata affinché si affronti il problema delle sostanze chimiche che hanno un effetto, se non letale, almeno incapacitante (agenti chimici incapacitanti), sostenendo l'OPAC e i suoi Stati membri nel campo della formazione e nello sviluppo di capacità proprie in diversi campi.

Iniziative nel settore delle armi convenzionali Anche le armi convenzionali hanno richiesto particolare attenzione nel corso dell'anno in rassegna. Il Trattato del 2 aprile 201327 sul commercio delle armi (TCA) è entrato in vigore in Svizzera il 30 aprile e il capo del DFAE ha partecipato alla prima conferenza delle parti in agosto, a Cancún. In occasione dell'incontro, come auspicato dalla Svizzera, si è deciso di stabilire il segretariato del TCA a Ginevra, che offre condizioni ottimali per assicurare l'attuazione efficace del nuovo Trattato. In luglio la Svizzera vi aveva già organizzato l'incontro preparatorio della prima conferenza delle parti, accogliendo oltre 400 partecipanti. Il TCA è il primo trattato che fissa norme internazionali giuridicamente vincolanti in materia di regolamentazione e di controllo del commercio internazionale delle armi convenzionali.

Per quanto riguarda la Convenzione delle Nazioni Unite su certe armi convenzionali (CCW), la Svizzera si è mobilitata per continuare una discussione approfondita sui sistemi di armi letali autonomi
(SALA). Ha chiesto, in particolare, il rispetto integrale del diritto internazionale pubblico, che prevede in particolare l'obbligo di verificare qualsiasi nuova arma in relazione alla sua compatibilità con questo diritto. I progressi tecnologici conducono in effetti allo sviluppo crescente di sistemi di armi autonomi in grado non solo di manovrare, ma anche di scegliere ed eliminare obiettivi.

Infine, la Svizzera si è impegnata anche nel campo delle armi leggere e di piccolo calibro (ALPC) e in relazione con le Convenzioni per il divieto delle mine antiuomo e delle munizioni a grappolo (cfr. n. 3.3.5).

Legge federale sulle prestazioni di sicurezza private fornite all'estero La legge federale del 27 novembre 201328 sulle prestazioni di sicurezza private fornite all'estero (LPSP), entrata in vigore il 1° settembre, punta a regolamentare i 27 28

RS 0.518.61 RS 935.41

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servizi di sicurezza privati all'estero preservando la sicurezza interna ed esterna della Svizzera, la sua neutralità, i suoi obiettivi di politica estera e garantendo un quadro rispettoso del diritto internazionale. Si applica in particolare alle aziende che, dalla Svizzera, forniscono servizi di sicurezza privati all'estero o che, in Svizzera, forniscono servizi legati a un servizio di sicurezza privato fornito all'estero. Il DFAE ha predisposto gli strumenti necessari per la sua applicazione, creando in particolare un'autorità competente responsabile dell'attuazione della legge e pubblicando una guida sulla LPSP. Questo documento, che si rivolge alle aziende private, precisa determinate nozioni e illustra le diverse tappe della procedura prevista nella legge.

Durante l'estate, le aziende le cui attività sono potenzialmente interessate dalla LPSP sono state informate in merito all'entrata in vigore della legge e alle sue conseguenze. Circa la metà dei casi trattati dall'entrata in vigore della legge riguarda servizi di sicurezza classici, l'altra metà servizi legati all'esportazione di prodotti secondo la legge federale sul materiale bellico e la legge sul controllo dei beni a duplice impiego. Per quest'ultima categoria il DFAE ha stabilito, come previsto dalla legge, una procedura di dichiarazione coordinata con la SECO.

3.3.4

Cooperazione internazionale

Negli ultimi anni si sono compiuti progressi importanti in materia di riduzione della povertà. Secondo la Banca mondiale, la percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, ovvero in esterna povertà, è passata dal 43 per cento nel 1990 al 14 per cento nel 2015. Diversi scopi fissati nell'ambito degli Obiettivi del millennio per lo sviluppo (OMD), adottati nel 2000 nel contesto onusiano, sono stati raggiunti o stanno per esserlo: per esempio, tra il 2000 e il 2012 il numero di bambini non scolarizzati è diminuito da 100 a 58 milioni e il tasso complessivo di completamento della scuola primaria è aumentato dall'81 al 92 per cento. Nel 2015 il 91 per cento della popolazione mondiale utilizzava una fonte di acqua potabile migliorata, contro il 76 per cento nel 1990. Dei 2,6 miliardi di persone che hanno ottenuto l'accesso a una fonte di acqua potabile migliorata dal 1990, 1,9 miliardi avevano l'acqua corrente. Questi miglioramenti sono osservabili soprattutto nei Paesi emergenti quali la Cina, l'India e l'Indonesia ma, globalmente, si sono realizzati progressi notevoli nella maggior parte delle regioni, in particolare nell'Asia dell'Est, nell'America latina e nei Caraibi.

Tuttavia, le difficoltà da affrontare per raggiungere questi obiettivi rimangono numerose, particolarmente nell'Africa subsahariana e nell'Asia del Sud, regioni teatro di conflitti armati e in cui la popolazione denota ancora una forte crescita demografica.

Inoltre, per le persone che sono potute uscire dalla povertà, i progressi sono spesso provvisori: le crisi economiche, l'insicurezza alimentare e gli effetti dei cambiamenti climatici minacciano di vanificare i progressi faticosamente ottenuti. Attualmente circa due miliardi di persone nel mondo vivono con meno di due dollari al giorno, 1,2 miliardi delle quali sono in condizioni di estrema povertà. Circa il 70 per cento sono donne, di cui un terzo vive nei Paesi dell'Africa subsahariana. I mezzi di sussistenza delle persone povere sono più direttamente legati alle risorse naturali e siccome queste persone vivono spesso nelle zone più vulnerabili, soffrono maggiormente per la degradazione ambientale. La penuria di acqua riguarda il 40 per cento 548

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degli abitanti del pianeta e la tendenza è crescente. La deforestazione continua a compromettere le specie e i mezzi di sussistenza di milioni di persone. Le guerre in Siria e nel Sudan del Sud colpiscono in particolare la popolazione civile e trascinano le persone nella povertà estrema. Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR), oggi nel mondo si contano circa 60 milioni di sfollati. Infine, le sfide globali quali le crisi alimentari, la migrazione mondiale o i cambiamenti climatici hanno conseguenze spesso drammatiche per le popolazioni povere e necessitano di interventi a breve e a lungo termine per attenuarne gli effetti.

Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile Questo tema è trattato dettagliatamente al numero 3.4.3.

A fine settembre 2015, al termine di un processo di elaborazione e di negoziazione durato tre anni, i capi di Stato e di governo riuniti a New York in occasione del vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile hanno adottato il nuovo programma «Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile» (qui di seguito «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile», denominato in passato Agenda post 2015). Al centro di questo programma vi sono 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) ai quali si aggiungono una dichiarazione politica, un capitolo dedicato agli strumenti di attuazione e un altro al processo di monitoraggio e di esame.

L'adozione di questa ambiziosa agenda può essere definita un successo storico dal punto di vista della Svizzera. In effetti, oltre a servire da quadro di riferimento per lo sviluppo sostenibile nei prossimi quindici anni, l'Agenda 2030 riflette largamente le posizioni del nostro Paese.

L'Agenda 2030 ha un valore universale, ciò significa che tutti i Paesi devono metterla in pratica. Tiene conto delle tre dimensioni ­ economica, sociale e ambientale ­ dello sviluppo sostenibile in maniera equilibrata e le integra nei propri 17 obiettivi e 169 sotto-obiettivi. Data l'estensione degli obiettivi e delle ambizioni, l'Agenda 2030 ha una base di finanziamento e di attuazione di ampia portata e necessita non solo della mobilitazione di fondi pubblici e privati, ma anche della creazione di condizioni quadro politiche appropriate. Per questo motivo il programma di interventi approvato ad Addis Abeba a metà
luglio 2015 è parte integrante del programma. Per tre anni, sotto l'egida delle Nazioni Unite, la Svizzera ha partecipato attivamente al processo di elaborazione e di negoziazione di questo programma di interventi e ha impresso un'impronta profonda nel documento finale.

In futuro, la cooperazione internazionale della Svizzera si baserà sull'Agenda 2030 e sui suoi obiettivi per uno sviluppo sostenibile. Le modalità di attuazione dell'Agenda 2030 sul piano nazionale saranno presentate nella strategia del Consiglio federale per lo sviluppo sostenibile 2016­201929.

Attuazione del messaggio concernente la cooperazione internazionale 2013­2016 Il messaggio del 15 febbraio 201230 concernente la cooperazione internazionale 2013­2016 riguarda i quattro crediti quadro per la cooperazione internazionale della 29 30

Questa strategia è parte del messaggio sul programma di legislatura 2016­2019 FF 2012 2139

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Svizzera nei settori dell'aiuto umanitario, della cooperazione allo sviluppo e della cooperazione con l'Europa dell'Est. Messo in atto dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e dalla SECO, questo quadro strategico consente al nostro Paese di contribuire su scala mondiale allo sviluppo sostenibile e di ridurre così la povertà e i rischi globali. La Svizzera ha superato l'obiettivo fissato dalle Camere federali nel 2011 di portare il proprio aiuto pubblico allo sviluppo (APS) allo 0,5 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) entro il 2015. In effetti, dopo la revisione del RNL da parte dell'Ufficio federale di statistica (UST) nel 2014, tradottasi in un aumento duraturo di circa il 5,6 per cento del livello del prodotto interno lordo (PIL) nominale con ripercussioni anche sul RNL, la quota dell'APS ha raggiunto lo 0,51 per cento nel 2014. L'obiettivo fissato dal Parlamento è stato superato anche nel 2015.

Durante l'anno in rassegna le attività della DSC hanno continuato a concentrarsi in venti Paesi, di cui dodici sono cosiddetti Paesi fragili. La Svizzera ha intensificato la propria cooperazione con il settore privato nel quadro di partenariati pubblici-privati per lo sviluppo, come la cooperazione con Nestlé nel campo del caffè in Vietnam.

Ha inoltre incrementato il proprio influsso sulle politiche delle organizzazioni multilaterali e sui temi globali come i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, l'acqua, la migrazione e la sanità. Una valutazione indipendente dei cinque programmi globali della DSC realizzata nel 2015 ha messo chiaramente in evidenza l'influsso crescente della Svizzera nei dibattiti per migliorare il quadro normativo internazionale. Grazie a strumenti di pianificazione e di gestione efficaci e a valutazioni indipendenti realizzate su temi importanti del messaggio 2013­2016, quali i cambiamenti climatici, la formazione e la sanità, il nostro Paese ha rafforzato la gestione della propria cooperazione internazionale improntata ai risultati.

Aiuto umanitario (DSC/AU) Il 2015 è stato caratterizzato da situazioni di grave emergenza. Entrata nel quinto anno di guerra civile, la Siria è sempre teatro di una catastrofe umanitaria di ingenti dimensioni: il Paese conta 18,2 milioni di abitanti, di cui 16,2 milioni dipendono oggi dall'aiuto internazionale. I
media hanno dunque puntato i loro proiettori sul conflitto siriano, sebbene la situazione umanitaria fosse critica anche in altre regioni del mondo. L'Aiuto umanitario della DSC (DSC/AU) ha concentrato le proprie misure urgenti laddove le necessità della popolazione erano più pressanti, indipendentemente dall'interesse mediatico e politico destato. L'AU è dunque intervenuto anche in altre zone di conflitto esterne alla Siria e ai Paesi vicini, soprattutto nel Sudan del Sud, nel Sudan, nella Repubblica democratica del Congo, in Iraq e nello Yemen. L'AU è inoltre intervenuto con numerose misure urgenti dopo il sisma che ha colpito il Nepal il 25 aprile 2015.

Mezzi d'intervento dell'AU: la Svizzera dispone di diversi mezzi d'intervento che permettono di reagire alle situazioni di emergenza umanitaria nel mondo. In particolare, può condurre le proprie azioni umanitarie sul posto, per il tramite del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA). L'AU sostiene inoltre organizzazioni umanitarie partner, come il Comitato internazionale della Croce rossa (CICR), le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative (ONG) tramite

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contributi finanziari o in natura. L'aiuto svizzero ha raggiunto complessivamente circa 4,5 milioni di persone.

Catastrofe umanitaria in Siria e nei Paesi vicini: dal 2011 la Svizzera ha speso 178 milioni di franchi per le vittime della guerra civile in Siria e, dal 2014, 20 milioni per quelle della crisi irachena. Il 18 settembre 2015, visto l'ingente sotto-finanziamento delle organizzazioni umanitarie internazionali, il Consiglio federale ha annunciato che l'aiuto finanziario della Svizzera in Siria, in Iraq, negli Stati vicini e nel Corno d'Africa sarebbe aumentato di 70 milioni di franchi in totale tra il 2015 e il 2016, di cui 30 milioni destinati nel 2015 all'aiuto alle vittime della crisi siriana e irachena. Inoltre, le misure urgenti (assistenza e protezione delle persone più colpite) nella regione sono state accompagnate in particolare da progetti di approvvigionamento idrico in Libano. Questi progetti puntano a garantire l'approvvigionamento a lungo termine della popolazione. Il CICR è un partner essenziale dell'impegno elvetico in Siria poiché fa parte dei rari attori che hanno accesso a tutte le regioni del Paese. Solo tra gennaio e maggio 2015, ha svolto oltre 150 missioni sul campo, oltrepassando la linea del fronte 18 volte per fornire un aiuto vitale alle popolazioni colpite (cfr. n. 3.4.1).

Crisi dei rifugiati nel bacino mediterraneo: secondo gli ultimi dati dell'ONU, nell'anno in rassegna si contavano oltre 60 milioni di rifugiati. Solo nel 2015 un milione di siriani fuggiva dal proprio Paese. Gli effetti di questi movimenti migratori di portata storica sono percepibili anche in Europa. Il fardello dei flussi di rifugiati continua tuttavia a pesare essenzialmente sui rispettivi Stati di origine, sui Paesi vicini e sulle regioni circostanti. La Svizzera ha contribuito a gestire la crisi concentrandosi sulla fornitura di un'assistenza in loco. Ha inoltre sostenuto gli interventi umanitari nei Paesi di transito, soprattutto nell'Africa del Nord e in Grecia, dove i rifugiati soggiornano senza beneficiare di una protezione sufficiente e senza avere accesso ai beni e ai servizi più elementari.

Corno d'Africa: la Svizzera opera anche in altre regioni di provenienza dei rifugiati.

Come la maggior parte delle altre regioni africane, da diversi anni il Corno d'Africa attraversa una
grave crisi dei rifugiati, accentuata ulteriormente dall'arrivo di persone che fuggono dallo Yemen. Nel 2015 le Nazioni Unite hanno definito il Paese come il teatro di una catastrofe umanitaria di grande portata: attualmente oltre il 60 per cento della popolazione yemenita riceve l'aiuto umanitario, con 1,6 milioni di persone, tra cui 850 000 bambini che soffrono di malnutrizione acuta. La maggioranza dei rifugiati che vivono nel Corno d'Africa sono bambini e giovani che spesso sono costretti ad abbandonare prematuramente la scuola e sono reclutati con la forza come manodopera sottopagata o come bambini soldato. Nel 2015, dei 70 milioni di franchi di aiuti supplementari annunciati dal Consiglio federale il 18 settembre, 19 milioni sono stati destinati alle persone nel Corno d'Africa. L'HRC è un partner importante in tutte queste regioni in crisi. La Svizzera l'ha sostenuto per esempio in Etiopia, sia finanziariamente, sia inviando un esperto di protezione dell'infanzia. Nel 2015 il nostro Paese ha inviato 78 esperti a organizzazioni umanitarie partner in tutto il mondo, HCR incluso.

Ucraina: la Svizzera ha inviato in totale tre convogli di materiale di soccorso nelle regioni dell'Est dell'Ucraina, controllate o meno dalle forze governative. Il materiale comprendeva per esempio 760 tonnellate di prodotti chimici, che hanno permesso 551

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l'approvvigionamento di acqua potabile a circa 3,2 milioni di persone per sei mesi, a cavallo della linea di contatto. Attualmente i convogli umanitari svizzeri sono gli unici gestiti da uno Stato terzo occidentale che hanno potuto oltrepassare tale linea.

La Svizzera completa inoltre la propria azione diretta sul campo cooperando con organizzazioni umanitarie partner che collaborano alle misure urgenti da una parte e dall'altra della linea di contatto.

Nepal: la Svizzera ha inviato una squadra d'intervento rapido del CSA nelle dodici ore successive al sisma che ha devastato il Nepal e ha fornito complessivamente 38 tonnellate di materiale di soccorso. Questo materiale comprendeva moduli per trattare 200 000 litri di acqua all'ora, coprendo così il fabbisogno di circa 15 000 persone. Una squadra medica specializzata nelle cure madre-bambino è stata inoltre inviata come rinforzo in un ospedale della città di Gorkha, vicino all'epicentro.

Riduzione dei rischi di catastrofi tramite la prevenzione e la ricostruzione: oltre alle misure urgenti, l'AU contribuisce anche alla prevenzione e alla ricostruzione, ponendo l'accento in particolare sulla prevenzione e sulla riduzione dei rischi di catastrofi. La Svizzera ha avuto un ruolo determinante nell'elaborazione del nuovo programma-quadro internazionale firmato in occasione della terza Conferenza mondiale dell'ONU sulla riduzione dei rischi di catastrofe, che si è tenuta nella città di Sendai, in Giappone. In Nepal l'approccio adottato dalla Svizzera consiste nel far beneficiare i progetti di ricostruzione della DSC delle conoscenze del CSA in materia di riduzione dei rischi di catastrofe (costruzioni parasismiche). Anche nello Sri Lanka la considerazione sistematica dei rischi ha avuto un ruolo importante nei lavori di ricostruzione (innalzamento delle fondamenta delle case, tetti resistenti alle tempeste) e di riabilitazione delle comunità locali (creazione di fonti di reddito). Il nostro Paese ha così contribuito alla ricostruzione di oltre 5000 case e infrastrutture, soprattutto scuole, in particolare materne. Il programma nello Sri Lanka si è concluso nel 2015. Nel quadro della strategia di cooperazione della DSC, l'AU ha inoltre operato a favore della riduzione dei rischi di catastrofe in America centrale, dove si è impegnata affinché una coalizione
di 23 università della regione inserisse nei corsi di studio i temi della riduzione dei rischi di catastrofe e dell'adattamento ai cambiamenti climatici. Entro la fine del 2016 circa 1000 professori parteciperanno a questo programma, che interesserà quasi 40 000 studenti.

Impegno multilaterale: la comunità internazionale deve far fronte a un numero crescente di crisi sempre più gravi, più lunghe, più complesse e più violente. Gli appelli ai contributi annui delle Nazioni Unite sono quintuplicati tra il 2005 e il 2015 e hanno raggiunto i 19,7 miliardi di dollari. La comunità internazionale è chiamata a fornire risposte appropriate a questa evoluzione ed è per questo che il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha convocato un vertice umanitario mondiale nel 2016. La consultazione globale in vista di questo vertice si è tenuta nell'ottobre del 2015 a Ginevra, sotto la direzione congiunta della Svizzera e dell'Ufficio di coordinamento degli affari internazionali (OCHA). La Svizzera si è inoltre mobilitata in occasione della 32a Conferenza internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna Rossa svoltasi a Ginevra in dicembre. Si è impegnata, tra i vari aspetti, per un maggior rispetto dei principi umanitari e del diritto internazionale pubblico umanitario (cfr. n. 3.3.6).

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Cooperazione bilaterale allo sviluppo Durante l'anno in rassegna gli obiettivi strategici definiti nel messaggio concernente la cooperazione internazionale 2013­2016 sono stati ampiamente raggiunti. Le attività si sono concentrate su nove regioni e Paesi prioritari relativamente stabili e su altri dodici Paesi fragili di Africa, Asia e America latina. L'assegnazione delle risorse della cooperazione bilaterale è subordinata a diversi criteri, quali le prospettive di successo nella lotta contro la povertà, le questioni di sicurezza o ancora la volontà di riforma del governo.

Impegno in contesti fragili: anche nel 2015 i programmi di cooperazione bilaterale si sono concentrati su Paesi o regioni fragili, dove hanno contribuito allo sviluppo della pace e al consolidamento inclusivo dello Stato, sostenendo inoltre la società civile.

La natura della fragilità osservata differisce notevolmente da un Paese all'altro, come dimostrano gli esempi della Siria, dell'Iraq, del Nepal o del Myanmar. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la fragilità è un problema che tende a universalizzarsi. Anche in Paesi ritenuti stabili, situazioni di crisi non preannunciate possono richiedere l'applicazione di misure sensibili ai conflitti. A tal riguardo la Svizzera dispone di strumenti appropriati, che includono un'analisi precisa del contesto e misure di sicurezza che si contraddistinguono per la loro accettabilità e credibilità. Il suo impegno nei contesti fragili è internazionalmente riconosciuto. Inoltre, la Svizzera copresiede la rete internazionale sui conflitti e le situazioni di fragilità, in seno al Comitato di aiuto allo sviluppo dell'OCSE. Infine, ha fornito un contribuito decisivo affinché i diritti umani e l'obiettivo 16 (pace e giustizia) figurassero nell'Agenda 2030.

Africa meridionale e orientale: la cooperazione bilaterale nei Paesi prioritari (Mozambico, Tanzania e Ciad) e nelle regioni prioritarie (Africa meridionale, Grandi laghi e Corno d'Africa) si è concentrata sui settori della sanità, dello sviluppo rurale e della governance. I contesti summenzionati sono tutti più o meno fragili. Le diverse componenti della politica estera svizzera sono state ben coordinate, in stretta collaborazione con l'AU, la DSU e i servizi diplomatici, il che ne ha aumentato
l'efficacia. Questo coordinamento permette inoltre di considerare meglio la complessità della situazione a livello politico, sociale, umanitario e di sicurezza. Il nostro Paese fornisce un contributo importante alla pace e alla stabilità in questa regione del mondo.

Africa occidentale: nel 2015 i disordini ai confini dell'Africa occidentale sono continuati e non hanno risparmiato i Paesi partner della Svizzera, come il Mali, il Niger e il Ciad. Nel Burkina Faso, la mutazione politica, che progrediva pacificamente sostenuta da una società civile indubbiamente ancora giovane ma già molto forte, è stata frenata da un colpo di Stato militare in settembre. Tuttavia, i militari sono stati costretti ben presto a rientrare nelle loro caserme, senza violenze, il che lascia ben sperare per il futuro della giovane democrazia del Paese. Presente nella regione da numerosi anni, la Svizzera sostiene le iniziative prese dalla popolazione nei settori della decentralizzazione e della governance locale. Lo scopo è quello di promuovere lo sviluppo nazionale di questi Paesi in una prospettiva d'integrazione regionale e di garantirvi la sicurezza alimentare. Infine, per lottare contro l'esclusione e la radicalizzazione di alcuni gruppi di giovani, la DSC s'impegna anche nel campo della

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formazione scolastica e professionale. Le competenze acquisite nel corso degli anni hanno destato l'interesse di vari Paesi della regione.

Asia meridionale: a causa del suo peso demografico e dalla sua situazione geopolitica, la regione assume un ruolo importante sullo scacchiere internazionale. Gli Stati partner della Svizzera ­ Afghanistan, Bangladesh, Nepal e Pakistan ­ presentano una fragilità la cui natura differisce da uno all'altro, il che si ripercuote sull'impegno del nostro Paese. L'Afghanistan e il Pakistan sono fragili in termini di politica di sicurezza, con una situazione particolarmente preoccupante in Afghanistan. Il Nepal ha subito un forte regresso del suo livello di sviluppo dopo il terremoto devastante che l'ha colpito. Il Bangladesh invece vive una crisi politica interna che l'ha condotto in un vicolo cieco. La sua economia e, più ancora, quella del Nepal dipendono molto dalla migrazione di manodopera. Occorre peraltro constatare che le sfide da affrontare in materia di buona governance pubblica e di diritti umani sono importanti in tutti i Paesi partner della regione. Infine, essendo solo un attore relativamente modesto della scena umanitaria, la Svizzera può influire sullo sviluppo di settori quali la formazione professionale e l'agricoltura ­ leve di riduzione della povertà ­ solo tramite uno stretto coordinamento con altri Paesi donatori.

Asia orientale: lo sviluppo dei Paesi della regione presenta una spiccata eterogeneità, con i più poveri distanziati di molto. Inoltre, le disparità sociali sono aumentate nel 2015, in particolare la discriminazione persistente delle minoranze etniche.

L'accaparramento di terre, i cambiamenti climatici e una governance pubblica insoddisfacente hanno colpito gli strati più poveri della popolazione. La Svizzera ha reagito impegnandosi nei Paesi meno sviluppati ­ Laos, Cambogia e Myanmar ­ e lottando contro la povertà, ponendo l'accento su decentralizzazione, sicurezza alimentare, formazione professionale e sanità. Ha lavorato in collaborazione con organizzazioni partner regionali, soprattutto l'ASEAN, la Commissione del fiume Mekong e, nel campo della formazione professionale, con il settore privato. Nei contesti fragili del Myanmar e della Cambogia si è impegnata per stabilizzare una situazione politica molto volatile. In Mongolia,
la DSC ha operato cambiamenti sistemici nel processo di democratizzazione del Paese e consigliato il governo in materia di governance. La DSC può inoltre essere soddisfatta del successo dei suoi programmi nel Bhutan e in Vietnam. Visti i progressi compiuti nello sviluppo di questi Paesi, i programmi si concluderanno nel 2016.

America latina e Caraibi: la cooperazione regionale in Bolivia, in America centrale, a Haiti e Cuba è continuata nel 2015. Divenuti consapevoli del fatto che una crescita sostenibile è possibile solo se ampi strati della popolazione vi partecipano, numerosi Paesi vivono uno sviluppo economico positivo, accompagnato da una maggiore giustizia sociale. L'impegno nel campo del lavoro, dei redditi e della formazione professionale ha una forte incidenza sulla riduzione della povertà e delle disuguaglianze, soprattutto presso la popolazione rurale. Il miglioramento delle sementi e le innovazioni in materia di cultura, stoccaggio e commercializzazione dei prodotti agricoli si sono tradotti in un aumento della produttività, tanto che i redditi della popolazione sono cresciuti negli ultimi anni. Nell'Honduras la riforma del sistema di sicurezza sostenuta dalla DSC dà buoni risultati, infatti la polizia tiene conto sempre di più del principio di prossimità con i cittadini e del rispetto dei diritti umani. Per concludere, a Cuba, grazie alla DSC, si è proceduto per la prima volta a una pianifi554

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cazione partecipativa del bilancio a livello comunale, il che potrebbe promettere molto bene per lo sviluppo del Paese.

Vicino Oriente e Africa del Nord: sulla base del messaggio concernente la cooperazione internazionale 2013­2016, una parte del 5 per cento dei crediti dell'aiuto bilaterale allo sviluppo deve essere destinata alla popolazione della Palestina e al sostegno del processo di trasformazione politica in corso nell'Africa del Nord dal 2011. La regione rimane una delle principali zone conflittuali al mondo. Tenuto conto del blocco della situazione nei Territori palestinesi occupati e della stagnazione dei lavori di ricostruzione a Gaza dopo l'operazione militare israeliana del 2014, le misure umanitarie rimangono indispensabili. Nel 2015 la cooperazione svizzera allo sviluppo è stata assicurata in condizioni difficili, con il rischio permanente che i lavori intrapresi fossero interrotti o vanificati dai conflitti. L'evoluzione positiva in Tunisia e in Marocco contrasta fortemente soprattutto con la situazione in Libia, in cui le lotte interne tra fazioni politiche di diverse appartenenze e la frantumazione della società dovuta al conflitto gravano pesantemente sulla pace e sulla stabilità del Paese.

Programmi globali e ricerca I cambiamenti climatici, la crisi alimentare e idrica, i rischi sanitari e la migrazione offuscano le prospettive di sviluppo dei Paesi poveri. Con i suoi cinque programmi tematici globali ­ sicurezza alimentare, cambiamento climatico, iniziative acqua, migrazione e sviluppo, sanità ­ la DSC s'impegna a risolvere le sfide mondiali, in particolare nel contesto internazionale.

Acqua: in occasione dei negoziati dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, la Svizzera si era impegnata molto a favore delle risorse idriche e vi aveva impresso il suo contributo. Successivamente, in sede di adozione di un meccanismo di monitoraggio nell'ambito del sistema dell'ONU, è riuscita a posizionarsi come attore centrale. Anche l'acqua è una questione di sicurezza; la competizione sulle risorse idriche genera e nutre i conflitti, come avviene attualmente nel Vicino Oriente, dove l'acqua è utilizzata come arma di guerra. Elaborando le nuove linee d'intervento sull'acqua e sulla sicurezza, tutti i servizi del DFAE hanno riunito i loro sforzi affinché questa risorsa sia più un
fattore di stabilità e di sviluppo che non una causa di conflitti. Queste linee d'intervento consolidano tutte le azioni della Svizzera, dagli strumenti della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario fino alla promozione della pace e del diritto internazionale. Con la creazione di un forum mondiale di alto livello sull'acqua e sulla pace, sostenuto da una quindicina di Paesi, la Svizzera ha concretizzato il suo impegno nel settore dell'acqua e della sicurezza. Il forum si è riunito per la prima volta il 15 e il 16 novembre a Ginevra. Il nostro Paese ha inoltre continuato a fare da intermediario nella risoluzione di importanti questioni politiche sulla gestione transfrontaliera dell'acqua in Asia centrale e nel Vicino Oriente. La DSC ha inoltre sostenuto diverse iniziative innovative in materia di raccolta e di analisi di dati idrometeorologici. L'innovazione e la diffusione di tecnologie e di modelli aziendali comprovati nel campo della valorizzazione e del trattamento delle acque di scarico hanno compiuto importanti passi avanti. Infine, in Uganda e in Perù, si sono sviluppate e testate su vasta scala soluzioni promettenti di collaborazione tra la ricerca scientifica e il settore privato.

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Cambiamenti climatici: nei negoziati multilaterali sulle questioni climatiche la Svizzera s'impegna a favore della conclusione di un nuovo accordo sul clima post 2020 che sia al tempo stesso globale, vincolante ed equo. L'accordo dovrà obbligare tutti gli Stati, in funzione delle loro responsabilità e delle loro capacità. Si tratterà inoltre di aiutare i Paesi poveri a metterlo in pratica. La Svizzera fornisce già il proprio sostegno tramite diversi canali, tra cui la cooperazione internazionale e il meccanismo di finanziamento della Convenzione sul clima. Essendo rappresentata direttamente il seno al consiglio esecutivo del Fondo globale per l'ambiente (Global Environment Facility, GEF) e contribuendo non solo a questo fondo, ma anche al Fondo verde per il clima (Green Climate Fund, GCF) e al Fondo di adeguamento, la Svizzera è stata determinante nella costituzione e nella capitalizzazione di questi fondi climatici. Sostiene inoltre altri Stati nei loro sforzi di pianificazione e di attuazione di misure climatiche, tramite la cooperazione internazionale e programmi specifici.

In Cina, la Svizzera ha contribuito all'elaborazione della nuova legge sulla protezione dell'aria e all'attuazione della strategia nazionale di adeguamento. In India, ha partecipato all'organizzazione di una conferenza politica e scientifica internazionale: provenienti principalmente da India e Africa, i partecipanti vi hanno discusso dell'attuazione su scala nazionale di strategie di adeguamento efficaci a livello locale. Inoltre, nel 2015 la Svizzera si è mobilitata affinché le questioni dei cambiamenti climatici, dei danni ambientali e delle catastrofi naturali fossero integrate nelle strategie nazionali di sviluppo in Bolivia, Bosnia, Marocco, Nicaragua, Tanzania e Tunisia. Per concludere, la Svizzera ha aiutato il Tagikistan a definire un obiettivo chiaro di riduzione delle sue emissioni di gas a effetto serra in modo tale che il Paese possa aderire al nuovo accordo sul clima entro il 2020.

Sicurezza alimentare: la Svizzera ha contribuito all'attuazione della riforma del partenariato di ricerca agraria internazionale (CGIAR). Tramite l'organizzazione di diverse riunioni informative, ha inoltre sensibilizzato gli attori dei settori privati svizzeri delle finanze, delle assicurazioni e del commercio sui principi necessari
per garantire investimenti responsabili nell'agricoltura. Per quanto concerne la governance dei terreni, la Svizzera si è mobilitata per riunire attori mondiali e africani nonché rappresentanti della società civile, al fine di promuovere l'attuazione delle direttive volontarie per una governance responsabile dei regimi fondiari. Nel 2015, il Consiglio federale ha inoltre rafforzato la collaborazione svizzera con il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (FISA) portando il contributo del nostro Paese a questo fondo a 15 milioni di franchi per il periodo 2016­2018.

Sanità: la DSC ha rafforzato con successo il proprio impegno globale nel campo della sanità. Una delle priorità nel 2015 era la ricerca e lo sviluppo di approcci innovativi nel campo della lotta contro le malattie legate alla povertà. Nel caso specifico, la collaborazione con il settore privato, sotto forma di partenariati per lo sviluppo di prodotti, è essenziale e la Svizzera assume un ruolo pionieristico per elaborare un meccanismo mondiale di coordinamento e di finanziamento della ricerca e dello sviluppo di prodotti medici. I primi successi ottenuti sono la direzione di un fondo sostenibile volontario di finanziamento della ricerca e dello sviluppo nonché la realizzazione di progetti dimostrativi riguardanti lo sviluppo di medicamenti contro le malattie legate alla povertà. Nel settore della sanità e dei diritti sessuali e riproduttivi, nel 2015 il nostro Paese è riuscito, mentre era vice-presidente del consiglio esecutivo del Programma congiunto delle Nazioni Unite su HIV/AIDS 556

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(UNAIDS) a occupare una posizione di primo piano nel dialogo politico mondiale su queste questioni e a influire sullo sviluppo di nuove strategie di lotta contro l'HIV/AIDS. Nel 2016 presiederà il consiglio esecutivo dell'UNAIDS.

Migrazione e sviluppo: l'integrazione della migrazione nell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile testimonia il forte impegno della Svizzera in questo senso. Il suo ruolo pionieristico nel campo della migrazione è legittimato dall'impegno politico a livello mondiale e dalla vasta esperienza pratica nel dialogo politico. Nel 2015 una valutazione esterna dei suoi partenariati migratori con la Serbia, il Kosovo, la Bosnia e Erzegovina, la Tunisia e la Nigeria ha mostrato che il suo approccio globale nei confronti della questione è molto apprezzato dai Paesi partner e che i problemi sono trattati con metodo pragmatico. Per quanto concerne la migrazione di manodopera dall'Asia del Sud verso il Vicino e Medio Oriente, la DSC s'impegna fermamente affinché la migrazione sia riconosciuta come fattore di sviluppo e affinché si rispettino condizioni di lavoro decenti. Nello Sri Lanka, a seguito del cambio di governo avvenuto nel gennaio del 2015, la DSC svolge un ruolo importante in vista del completamento dei lavori dell'AU. Le persone che intendono emigrare beneficiano di un ampio sostegno, che permette loro di decidere con piena cognizione di causa.

Ricerca sulle sfide globali: la ricerca e l'innovazione sono determinanti nella riduzione della povertà e nella transizione verso uno sviluppo sostenibile globale, il che spiega come mai il mandato della DSC include la promozione della ricerca scientifica. L'accento è posto in particolare sulla risoluzione dei problemi globali, sulla gestione dei rischi e delle crisi nonché sulla fornitura di beni pubblici mondiali nei Paesi in via di sviluppo. Il Swiss Programme for Research on Global Issues for Development (r4d), un programma di ricerca congiunto della DSC e del Fondo nazionale svizzero (FNS), entro il 2022 investirà circa 100 milioni di franchi nella promozione di una ricerca internazionale interdisciplinare orientata alle soluzioni. Il programma r4d definisce priorità tematiche a lungo termine, quali i conflitti sociali, la sicurezza alimentare e la gestione sostenibile di ecosistemi. Ad oggi sono stati approvati 28 progetti
di partenariati di ricerca internazionali, ai quali partecipano oltre 36 Paesi di Africa, Asia e America latina, oltre a istituti di ricerca svizzeri.

Cooperazione multilaterale allo sviluppo La cooperazione svizzera allo sviluppo non si è limitata a portare avanti la stretta collaborazione con le organizzazioni partner prioritarie sul piano multilaterale, ma l'ha inoltre estesa in maniera mirata, per esempio ponendo di più l'accento sui contesti fragili. Sul terreno questa priorità è messa in atto soprattutto in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), che sostiene gli Stati fragili, in particolare nei settori della prevenzione delle crisi e della ricostruzione. Dato che le finalità del PNUS erano in perfetta sintonia con le priorità della cooperazione svizzera allo sviluppo, il Consiglio federale ha deciso di sostenere questo programma con un contributo annuo di 60 milioni di franchi dal 2015 al 2017. Ha inoltre rafforzato l'impegno della Svizzera all'interno dell'organismo delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne (UNWomen).

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Il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) è molto importante per la Svizzera, poiché al suo interno sono trattati i temi prioritari dell'ONU, quali l'attuazione dello sviluppo sostenibile. Desiderosa di accrescere il proprio influsso in seno a questo organismo, nel luglio del 2015 la Svizzera ne ha assunto la vicepresidenza per un anno. In questo periodo è stato necessario in particolare discutere della concezione a lungo termine del sistema onusiano di sviluppo. Si tratta nello specifico di identificare le modifiche da apportare al sistema operativo delle Nazioni Unite affinché contribuisca in maniera efficace all'attuazione dell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile. Nell'interesse di questo programma, il nostro Paese si è mobilitato con successo affinché il forum politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile occupi una posizione centrale nella concezione di un meccanismo efficace di controllo, di presentazione dei conti e di rendiconto in merito alla realizzazione degli obiettivi del programma. Grazie a questo impegno della Svizzera, il forum figura oggi come la principale piattaforma delle Nazioni Unite incaricata dell'Agenda 2030.

La Svizzera ha peraltro attuato il Memorandum of Understanding che il Consiglio federale ha firmato con la Polonia il 20 aprile 2012, concernente la collaborazione dei due Paesi in seno ai gruppi di voto del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale. Dopo l'applicazione, nel novembre del 2014, del sistema di rotazione tra la Svizzera e la Polonia della direzione esecutiva del FMI, si valuta anche l'adozione di un modello di rotazione del direttore esecutivo della Banca mondiale.

Anche la procedura di adesione della Svizzera alla Banca asiatica d'investimento per le infrastrutture (AIIB)31, creata di recente, è stata avviata nel 2015. In occasione del processo di fondazione, la Svizzera ha insistito in particolare sulla fissazione di norme ambientali e sociali. L'AIIB si presenta come nuovo istituto finanziario indipendente che punta a lottare contro la povertà tramite la promozione di uno sviluppo economico sostenibile in Asia. L'adesione della Svizzera all'AIIB rientra nell'ambito della sua politica economica estera e della sua politica di sviluppo.

Rinsalda inoltre i rapporti con la Cina e la regione asiatica in
generale. In particolare, dopo anni di politica dello sviluppo condotta dalla Cina in solitario, l'AIIB offre la possibilità di portare questo Paese ad avvicinarsi alle norme internazionali in materia di finanziamento e di attuazione dello sviluppo.

Nel 2015 la Svizzera ha inoltre contribuito a migliorare la stabilità finanziaria delle banche regionali di sviluppo, ad accentuarne l'orientamento ai risultati e ad accrescerne l'efficacia. Diversi progetti realizzati con la Banca africana di sviluppo e la Banca interamericana di sviluppo nei settori dell'approvvigionamento di acqua e dello smaltimento, della sicurezza dei cittadini e della sensibilità ai conflitti hanno permesso di migliorare l'accesso ai servizi da parte degli strati svantaggiati della popolazione. La Svizzera ha inoltre concluso con la Banca africana di sviluppo un partenariato di quattro anni per incoraggiare una migliore considerazione delle questioni di fragilità e di sensibilità ai conflitti nelle attività della banca. La Banca interamericana di sviluppo sta riformando il suo settore bancario privato, allo scopo 31

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Messaggio dell'11 sett. 2015 concernente l'adesione della Svizzera alla Banca asiatica d'investimento per le infrastrutture, FF 2015 6021

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di migliorare l'efficacia e l'efficienza tramite il raggruppamento di tutte le attività del settore in un'unità specializzata. Infine, la Banca asiatica di sviluppo (BAsD) ha deciso di integrare i capitali del Fondo asiatico di sviluppo (FAsD) nei fondi propri della banca, il che si è tradotto in un aumento significativo del volume dei prestiti che la BasD può concedere per finanziare progetti di sviluppo.

Cooperazione con l'Europa dell'Est Sostegno alla transizione: la Svizzera sostiene la transizione verso la democrazia e l'economia di mercato nei Balcani occidentali e in otto Paesi dell'ex Unione sovietica. Il credito quadro previsto a tal fine è utilizzato congiuntamente dalla DSC e dalla SECO.

Nel 2015 la Svizzera ha sostenuto in particolare le elezioni parlamentari in Kirghizistan. Il progetto comprendeva, da una parte, un rafforzamento della commissione elettorale nazionale per migliorare la legittimità e la trasparenza delle elezioni e, dall'altra, il sostegno di ONG per promuovere la formazione civica degli elettori e il reclutamento di osservatori locali. In reazione ai massicci flussi di rifugiati, la Svizzera ha fornito aiuto ai migranti, principalmente in due dei Paesi più interessati, ovvero la Macedonia e la Serbia. In accordo con l'Aiuto umanitario, i fondi a disposizione nel quadro dei partenariati migratori conclusi con la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) sono stati attribuiti, da un lato, alle attività umanitarie dell'UNHCR. Dall'altro, la Svizzera ha sostenuto iniziative regionali realizzate per il tramite dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) riguardanti l'allestimento di un sistema di allerta precoce e di informazione lungo il percorso migratorio e la realizzazione di uno studio sul traffico di migranti e sulla tratta di esseri umani nella regione. Tutte le attività si basavano su uno stretto coordinamento con le autorità dei Paesi interessati. In Serbia, l'OIM ha fornito il proprio contributo anche alle autorità nazionali per la registrazione dei rifugiati e la loro assistenza. È stato fornito un sostegno a ONG locali in Serbia e in Macedonia, che hanno risposto rapidamente ed efficacemente alle esigenze più essenziali dei rifugiati e hanno proposto loro assistenza psicologica e legale. In Serbia le risorse destinate a un progetto di sviluppo
comunale esistente sono state ridistribuite a favore dell'attrezzatura di un centro di accoglienza dei rifugiati al confine meridionale con la Macedonia. In novembre alcuni esperti del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) hanno svolto una missione nel campo di transito al confine tra l'Austria e la Slovenia per fornire infrastrutture adeguate alle condizioni invernali e migliorare il coordinamento tra le organizzazioni di volontari. Un convoglio di materiale di soccorso (coperte, cisterne e unità di distribuzione dell'acqua) è stato inviato sul posto.

I Paesi in transizione presentano sempre lacune democratiche ed economie relativamente deboli, accompagnate da tassi di crescita contenuti. La Svizzera li sostiene promuovendo le riforme che perseguono obiettivi nei tre settori seguenti: democratizzazione, decentralizzazione e governance locale. Il nostro Paese s'impegna anche a favore di riforme settoriali nei Paesi partner, al fine per esempio di migliorare i sistemi di sanità, la formazione professionale o l'approvvigionamento idrico. Nel campo della sanità, le riforme sostenute in Asia centrale, nei Balcani occidentali, in Ucraina e in Moldova hanno portato a un miglioramento delle prestazioni dei sistemi sanitari e a una priorizzazione delle cure mediche di base a scapito della medicina

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specializzata. In alcune località della Bosnia e Erzegovina, grazie al miglioramento delle cure sanitarie primarie, il tasso di trasferimento di pazienti negli istituti ospedalieri che offrono trattamenti costosi è diminuito del 55 per cento tra il 2005 e il 2015.

Anche le degenze delle persone affette da disturbi mentali sono diminuite del 55 per cento in tutto il Paese. I centri comunali di salute mentale garantiscono attualmente un accesso locale alle cure necessarie all'80 per cento della popolazione. Nel Kirghizistan e nel Tagikistan vari milioni di persone beneficiano di un migliore accesso alle cure sanitarie primarie. I programmi di promozione della salute e di prevenzione hanno inoltre un impatto positivo sul loro stato di salute generale. Negli ultimi anni in Ucraina e in Moldova, la Svizzera ha contribuito in maniera determinante a migliorare l'assistenza pre e post natale per le madri e i bambini. Nel 2015 in Ucraina oltre 23 000 donne hanno potuto partorire in condizioni ottimali grazie al sostegno della Svizzera, mentre in Moldova è grazie anche all'impegno del nostro Paese che si è potuto raggiungere l'obiettivo del millennio relativo alla riduzione della mortalità infantile. Nei Balcani occidentali l'aiuto della Svizzera ha consentito di orientare maggiormente i sistemi di formazione professionale verso la domanda e di migliorare le misure di consulenza e di collocamento, il che si è tradotto nell'integrazione di oltre 16 000 giovani in mercati del lavoro che rimangono tuttavia molto tesi. I cambiamenti sistemici promossi dalla Svizzera promettono inoltre di essere duraturi poiché le autorità incaricate della formazione, i servizi di collocamento e le imprese, pubbliche e private, nel frattempo hanno acquisito esperienza e collaborano in misura sempre maggiore, anche senza sostegno esterno. Il nostro Paese incoraggia a orientare i sistemi di formazione professionale alle esigenze del mercato anche in Uzbekistan e nel Caucaso meridionale.

Contributo all'allargamento: con il suo contributo all'allargamento, dal 2007 la Svizzera partecipa alla riduzione delle disparità economiche e sociali all'interno dell'UE allargata, rafforzando al contempo le fondamenta necessarie per lo sviluppo di relazioni bilaterali solide con i nuovi Stati membri. I 210 progetti a favore dei Paesi che hanno
aderito all'Unione nel 2004 (UE-10), concordati definitivamente nel 2012 e riguardanti impegni per un miliardo di franchi in totale, hanno iniziato a dare i loro frutti sul terreno. In Slovacchia, per esempio, la formazione professionale duale è stata rafforzata attraverso due misure: da una parte, una revisione incentrata sulla pratica di un numero elevato di piani di formazione e, dall'altra, l'integrazione delle unità produttive, pubbliche e private, nel processo di formazione. Nella primavera del 2015 il Parlamento slovacco ha debitamente adeguato le pertinenti basi legali. La Svizzera sostiene inoltre la Slovacchia nella promozione di fonti di energia rinnovabili. Durante il 2015 è stato così possibile un risparmio di 1840 tonnellate di CO2 e una riduzione di 2630 MWh del consumo di elettricità di vari edifici pubblici.

Si sono inoltre prodotti 2480 MWh di energia elettrica tramite installazioni fotovoltaiche. I comuni associati possono così risparmiare quasi 410 000 euro all'anno.

Anche in Romania e in Bulgaria i lavori procedono speditamente e la maggior parte dei progetti approvati sono in fase di realizzazione. Un buon numero dei progetti in cui la Svizzera è coinvolta (UE-10 + Romania e Bulgaria) stanno per concludersi.

A fine giugno 2015 la Svizzera ha inoltre firmato con la Croazia, a Zagreb, un accordo quadro bilaterale di 45 milioni di franchi riguardante la concessione di contri-

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buti all'allargamento. Primi progetti sono stati approvati provvisoriamente già a fine 2015.

Partenariati istituzionali Partenariati con ONG svizzere: le ONG svizzere sono partner istituzionali importanti per la DSC poiché dispongono di esperienza, competenze e conoscenze comprovate. I loro programmi contribuiscono alla lotta contro la povertà, all'istruzione, alla sanità, alla promozione della giustizia sociale, dei processi democratici e di modelli economici, all'impiego sostenibile delle risorse naturali, al rispetto dei diritti del bambino, dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori, alla promozione della pace e alla gestione dei conflitti, nonché alla protezione delle persone in situazione di emergenza umanitaria e alla prevenzione delle catastrofi. Attualmente, la DSC è impegnata in partenariati istituzionali con 24 ONG svizzere e sette federazioni cantonali di ONG, sulla base di contratti generalmente quadriennali (2013­2016). Nel 2015 i suoi contributi finanziari ai programmi di queste ONG hanno raggiunto un totale di quasi 120 milioni di franchi, prelevati da diversi crediti-quadro. I partenariati si fondano sui programmi che le ONG predispongono in funzione delle loro stesse priorità. La DSC promuove attivamente gli scambi di conoscenze e di esperienze nonché l'integrazione delle ONG nelle sue reti tematiche. I partenariati istituzionali e i contributi pluriennali ai programmi delle ONG permettono a queste ultime di accrescere la loro capacità d'innovazione e la loro influenza. La fondazione Terre des hommes, per esempio, è divenuta poco a poco un'organizzazione di riferimento internazionalmente riconosciuta nel settore della protezione dei bambini e dei giovani, come testimoniato in particolare dal Congresso mondiale sulla giustizia minorile organizzato per sua iniziativa nel 2015, insieme alla Svizzera.

Partenariati per lo sviluppo con il settore privato: la DSC si è impegnata a valutare forme innovative di partenariati pubblico-privato. Questo tipo di alleanze le consente di rafforzare l'impatto su larga scala delle proprie attività per la realizzazione dei suoi obiettivi di sviluppo. La DSC predispone un quadro istituzionale in grado di permetterle di allearsi in modo efficace e sicuro con partenariati privati. A tal fine ha instaurato un dialogo permanente con alcune imprese
svizzere; in particolare, si è dedicata a un'alleanza con la rete svizzera del Patto mondiale (Global Compact), in associazione con la Divisione della sicurezza umana (DSU) e la SECO. La piattaforma deve permettere ai diversi attori un dialogo sui principi del Patto mondiale e sulla responsabilità sociale delle imprese. Favorirà inoltre l'istituzione di partenariati intorno a queste sfide, sia con le multinazionali, sia con piccole e medie imprese attive nei Paesi in cui opera la DSC.

A livello operativo, la DSC s'impegna attualmente in una trentina di partenariati con aziende private per un importo annuo complessivo di circa 30 milioni di franchi.

Ciascun partner contribuisce con le proprie conoscenze, competenze e risorse. I partner difendono interessi distinti, anche se perseguono obiettivi comuni. Le iniziative sono pianificate e gestite congiuntamente e permettono di suddividere rischi e benefici.

La DSC porta avanti diversi tipi di partenariato: partenariati bilaterali, come il progetto con Nestlé e il ministero vietnamita dell'agricoltura per ridurre l'impronta idrica della produzione di caffè in questo Paese; iniziative con più attori, come la

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Swiss Capacity Building Facility con, tra gli altri, Swiss Re, Crédit Suisse o Zurich Foundation che offrono assistenza tecnica agli istituti finanziari nei Paesi in via di sviluppo e li sostengono nella ricerca di finanziamenti presso gli investitori; partecipazione a fondi globali, come la Drugs for Neglected Diseases Initiative, che riunisce decine di partner pubblici e privati per sostenere la ricerca di trattamenti contro le malattie dimenticate.

Coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile La necessità di sfruttare maggiormente le sinergie esistenti tra le diverse politiche di sviluppo sostenibile e di attenuare i loro eventuali conflitti di obiettivi ed effetti collaterali indesiderabili s'impone oggi come questione prioritaria da risolvere a livello internazionale, in rapporto per esempio con l'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile. Il rapporto sulla politica estera 201332 si occupava già della coerenza delle politiche di sviluppo sostenibile. L'esame da parte del Comitato di aiuto allo sviluppo dell'OCSE ha poi condotto a renderne conto più dettagliatamente. Si tratta nel caso specifico di soffermarsi su alcuni aspetti tematici particolari o su alcune decisioni del Consiglio federale, a seconda della loro importanza e attuabilità. I lavori chiarificatori e pianificatori necessari per assicurare un monitoraggio più sistematico delle diverse politiche di sviluppo e la scelta degli strumenti necessari sono in corso.

Dal punto di vista dei contenuti, la difficoltà principale consiste nel garantire la coerenza richiesta tra, da un lato, la cooperazione internazionale e, dall'altro, alcuni aspetti della politica commerciale e d'investimento, della politica ambientale mondiale, della politica migratoria e della politica finanziaria e fiscale. La Svizzera avvia progressivamente, durante una fase transitoria dal 2016 al 2018, l'applicazione nazionale dell'Agenda 2030. Il futuro messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017­2020, un credito quadro per l'ambiente globale 2015­201833 e le pertinenti strategie settoriali contribuiranno a questa applicazione.

Garantire la massima coerenza possibile dipende tuttavia anche ampiamente dalla gestione del Consiglio federale. Durante la preparazione delle decisioni, i contributi di diversi servizi federali ­ che riflettono i loro
rispettivi punti di vista ­ permettono in effetti al Consiglio federale di intavolare una discussione approfondita e di ponderare i diversi obiettivi e interessi che si contrappongono. Anche nel 2015 il Consiglio federale ha posto importanti basi per il futuro in materia di coerenza delle politiche di sviluppo. Le materie prime restano a tal riguardo sempre un tema di primaria importanza, come spiegato dettagliatamente dal Consiglio federale nel suo secondo resoconto sull'attuazione delle raccomandazioni formulate nel rapporto di base sulle materie prime del marzo 2013. Il rapporto descrive i progressi concreti in svariati ambiti. In particolare, sono avanzati notevolmente i lavori di elaborazione e di applicazione di norme legalmente non vincolanti che disciplinano le attività delle aziende che commercializzano materie prime. Pubblicata nell'aprile del 2015, anche la posizione del Consiglio federale in materia di responsabilità sociale delle imprese contribuisce alla coerenza delle politiche di sviluppo sostenibile.

32 33

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FF 2014 967 Messaggio del 3 sett. 2014 concernente un credito quadro per l'ambiente globale 2015­2018, FF 2014 6679

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Il punto di vista delle politiche di sviluppo sostenibile è entrato a far parte delle questioni legate alla politica finanziaria e fiscale internazionale, soprattutto la lotta contro la speculazione sulle derrate alimentari e la promozione della trasparenza di alcuni pagamenti e dati delle aziende multinazionali. In relazione con le sfide poste dalle politiche migratorie internazionali, la Svizzera ha chiesto e ottenuto l'integrazione della migrazione nell'Agenda 2030. Quest'ultima riconosce il valore del contributo dei migranti allo sviluppo e invita la comunità internazionale a fare in modo che le migrazioni avvengano in tutta regolarità e in sicurezza, per favorire una crescita economica sostenibile e la riduzione delle disparità tra i Paesi. Infine, sul piano interno, la DSC ha continuato a lavorare al coordinamento della politica di sviluppo e della politica migratoria, sui piani strategico, operativo e finanziario. La difficoltà consisteva in questo caso nel trovare un giusto equilibrio tra le esigenze delle politiche da attuare quotidianamente e quelle delle strategie orientate sul lungo periodo.

Riforme del DFAE riguardanti la DSC Le riforme avviate dal DFAE nel 2008 riguardano essenzialmente la riorganizzazione della DSC (2008­2012), l'istituzione della Direzione delle risorse (DR) come centro di servizi per la totalità del dipartimento e l'integrazione delle rappresentanze all'estero. L'attuazione delle misure definite d'intesa con le varie direzioni del DFAE non è ancora ultimata. Per quanto riguarda la cooperazione internazionale, le misure applicate nel 2015 riguardavano in particolare le rappresentanze integrate, in particolare con il raggruppamento e lo sviluppo degli strumenti di gestione e di direzione, compresa l'armonizzazione dei sistemi contabili. Nel corso del 2015 si sono compiuti passi avanti su tutti i fronti (cfr. n. 3.7).

3.3.5

Promozione della pace e della sicurezza umana

Il 2015 è stato un anno difficile per la pace e la sicurezza umana34: incessanti conflitti armati (p. es. in Siria e in Ucraina), catastrofi umanitarie (p. es. in Medio Oriente e nel Mar Mediterraneo) e il rispetto dei diritti umani in deterioramento in molti Paesi hanno rappresentato una sfida per la Svizzera. Ciò nonostante, il nostro Paese non si è lasciato sfuggire sviluppi positivi e opportunità per promuovere la pace e la sicurezza umana (p. es. nello Sri Lanka e in Colombia).

Pace e sicurezza: priorità geografiche Balcani occidentali: grazie alla mediazione svizzera, delegati serbi e kosovari hanno creato un gruppo di cooperazione informale per normalizzare le relazioni tra i rispettivi Paesi. Il dialogo politico promosso dalla Svizzera ha consentito ai negoziatori di chiarire alcuni punti controversi dell'accordo firmato a Bruxelles nel 2013. I risultati sono confluiti nel nuovo accordo negoziato ad agosto sotto il patronato dell'UE. La

34

Le attività della Svizzera in questo settore si basano sul messaggio del 29 giu. 2011 concernente il proseguimento delle misure di promozione della pace e della sicurezza umana e del relativo credito quadro 2012­2016 (FF 2012 245).

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Svizzera ha apportato ulteriori contributi alla rielaborazione del passato e all'integrazione politica delle minoranze nella regione.

Ucraina: nel 2015 la Svizzera ha pubblicato una nuova strategia di sviluppo interdipartimentale quadriennale per l'Ucraina, che tiene conto delle nuove sfide poste dal conflitto armato in tutto il Paese. Mediante attività per promuovere la pace e la sicurezza umana, questa strategia integra le azioni intraprese durante la presidenza svizzera dell'OSCE nel 2014 (cfr. n. 3.3.1). La Svizzera ha sostenuto iniziative di dialogo volte a migliorare le relazioni tra le parti in conflitto e sostenere il processo di negoziazione condotto dall'Organizzazione. In materia di diritti umani e diritto internazionale umanitario ha sostenuto diversi progetti il cui scopo è fare un reso conto regolare dell'evoluzione della situazione ed emettere raccomandazioni all'attenzione degli attori locali e internazionali, in particolare in vista della lotta contro l'impunità degli autori delle violazioni.

Caucaso: nel Caucaso meridionale la Svizzera si è concentrata sulla promozione della pace nei tre conflitti di secessione irrisolti (Abcasia, Ossezia del Sud, Nagorno Karabakh) come pure sulla promozione della democrazia e dei diritti umani. Nel Caucaso settentrionale invece la Svizzera ha sostenuto la ricerca di persone scomparse durante la guerra negli anni Novanta e la prevenzione di rapimenti.

Nordafrica: la Svizzera si è impegnata nei processi di transizione politica ai quali partecipano tutti gli attori chiave. In Libia ha sostenuto il dialogo politico tra le parti coinvolte nel conflitto con l'obiettivo di concludere un accordo su un governo unitario nazionale. Molti degli incontri in questo processo condotto dall'ONU hanno avuto luogo a Ginevra. Nella fase introduttiva delle elezioni parlamentari in Egitto, la Svizzera ha sostenuto il dialogo tra le diverse parti e i diversi candidati politici al fine di evitare un'ulteriore polarizzazione della società. In Tunisia, invece, ha aiutato le autorità a trovare misure conformi ai diritti umani nel quadro della prevenzione dell'estremismo. Nell'ambito dei diritti umani ha incoraggiato la partecipazione politica delle donne e ha lottato contro la tortura, mediante un sostegno finanziario e corsi di formazione per difensori dei diritti umani.
Vicino e Medio Oriente: in Israele e nei territori palestinesi occupati la Svizzera si è impegnata intensamente per la soluzione dei due Stati, sostenendo l'iniziativa di Ginevra e lavorando per la conciliazione all'interno della Palestina tra Fatah e Hamas. In collaborazione con ONG israeliane e palestinesi è intervenuta a favore del rispetto del diritto internazionale, in particolare nel contesto della politica israeliana riguardo agli insediamenti. In Siria ha sostenuto l'inviato speciale dell'ONU nella creazione dei presupposti per una risoluzione politica del conflitto armato. In collaborazione con ONG siriane e internazionali, ha potenziato la capacità dei comuni di amministrare i propri affari al fine di prevenire la militarizzazione e l'estremismo violento e di promuovere la pace. In Siria e in Iraq la Svizzera si è impegnata affinché i gruppi armati rispettassero il diritto internazionale e ha lottato contro l'impunità. In Libano ha collaborato per porre termine alle tensioni e alla polarizzazione, aumentate a causa della guerra in Siria e dell'afflusso di rifugiati, sia tra i diversi gruppi di popolazione all'interno della società libanese, sia tra questi gruppi e i rifugiati.

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Grandi laghi: in Burundi la Svizzera ha sostenuto il dialogo politico e i tentativi di mediazione per contribuire a risolvere pacificamente la crisi politica. Per prevenire la violenza ha incoraggiato in particolare il dialogo tra i partiti al governo e quelli dell'opposizione, includendovi anche i relativi movimenti giovanili tradizionalmente inclini alla violenza. Anche nella Repubblica democratica del Congo la Svizzera ha favorito il dialogo inteso ad appianare i conflitti locali e regionali. In una di queste iniziative cui hanno collaborato attivamente l'intera popolazione e tutti i gruppi d'interesse principali è stato possibile disarmare circa 600 membri di una milizia locale.

Corno d'Africa: nel Sudan del Sud la Svizzera ha sostenuto i negoziati di pace attualmente in corso. Ha incoraggiato il processo di riconciliazione condotto dagli attori locali tra le parti in conflitto e diversi gruppi etnici. Ha inoltre incoraggiato le persone che per tradizione sono dotate di autorità a organizzarsi autonomamente, a prendere parte al processo di pace e a contribuire alla creazione dell'organizzazione statale.

Africa occidentale e centrale: nel Sahel la Svizzera si è mostrata molto attiva sulla tematica della riconciliazione, grazie a un accompagnamento tecnico e finanziario delle istituzioni coinvolte nella realizzazione dell'accordo di pace in Mali. Il nostro Paese ha dimostrato il medesimo impegno nei confronti degli attori coinvolti nel processo contro l'ex presidente del Ciad Hissène Habré.

Zimbabwe: in questo Paese dell'Africa meridionale la Svizzera ha organizzato un nuovo programma per la sicurezza umana basato sulla prevenzione dei conflitti. In questo contesto il nostro Paese appoggia da un lato il dialogo tra i diversi gruppi politici e sociali e sostiene le istituzioni locali impegnate nell'attuazione della nuova costituzione e dall'altro promuove una trasformazione del settore della sicurezza a livello nazionale.

Asia meridionale e Sudest asiatico: in Myanmar la Svizzera ha continuato a svolgere il suo mandato di consulente nel processo di pace per il governo e i diversi gruppi etnici armati. Conducendo dialoghi all'insegna della discrezione ha potuto superare alcuni ostacoli, al punto che a ottobre un primo di otto gruppi armati ha firmato un armistizio nazionale. Dopo il cambio di
potere nello Sri Lanka, sono migliorate le possibilità di una riforma del sistema politico e di una riconciliazione. Grazie a stretti contatti con il nuovo governo, con i partiti tamil e con la diaspora tamil, la Svizzera ha potuto organizzare diversi incontri tra le ex parti in conflitto e rendere possibile un primo passo verso la riconciliazione e la decentralizzazione. Un anno dopo il colpo di Stato militare in Tailandia la Svizzera si è avvalsa dei suoi buoni contatti con le parti in conflitto per istituire la riconciliazione, il ritorno alla democrazia e un processo di pace tra i ribelli e il governo nel Sud del Paese.

Colombia: la Svizzera ha fornito consulenza alle parti in conflitto nei negoziati di pace di L'Avana, affinché questi sfociassero più rapidamente in un accordo di armistizio e in una solida soluzione per il disarmo e la reintegrazione degli ex guerriglieri.

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Pace e sicurezza: priorità tematiche Mediazione e sostegno alla mediazione: i mediatori svizzeri si sono impegnati soprattutto in Myanmar, Siria, Sudan del Sud, Colombia e Ucraina come pure in ulteriori situazioni di conflitto in Africa, Asia ed Europa. Al contempo la Svizzera ha potenziato le sue capacità di mediazione sia dal punto di vista contenutistico che per quanto riguarda la risorse umane, aumentando così la visibilità e l'influenza delle sue attività in questo contesto. È stata portata avanti la cooperazione già consolidata con partner svizzeri e internazionali, in particolare con l'ONU, l'OSCE, il Mediation Support Project (con il PF di Zurigo e la fondazione Swisspeace) e con il Centro per il dialogo umanitario a Ginevra.

Genere, pace e sicurezza: in occasione del decimo anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulle donne, la pace e la sicurezza, la Svizzera ne ha analizzato i successi e le lacune dell'attuazione. A questo scopo il 9 settembre ha organizzato una conferenza internazionale di alto livello a Ginevra. Sul piano internazionale ha collaborato allo studio globale redatto su incarico del Consiglio di sicurezza e ha partecipato al processo di verifica a New York. Il rapporto annuo sull'attuazione del piano d'azione nazionale 1325 della Svizzera è stato sottoposto per la prima volta alle Commissioni della politica estera del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati.

Fattori religiosi, ideologie e risoluzione dei conflitti: con le sue competenze nell'ambito di religione, politica e conflitto la Svizzera ha contribuito all'impegno internazionale per arginare i conflitti nel Nordafrica, nel Sahel e nel Sudest asiatico.

In questi conflitti, in cui si scontrano attori politici con diverse ideologie o religioni, il nostro Paese ha organizzato progetti concreti di dialogo e ha sostenuto processi di mediazione. In particolare, ha avviato iniziative volte a impedire ai minorenni di cadere nell'estremismo violento; in questo contesto collabora in particolare con personalità religiose, legittimate agli occhi degli attivisti. Ha inoltre proposto una seconda edizione del corso «Religione e mediazione», un'innovativa offerta formativa internazionale.

Violenza armata e sviluppo: nel quadro del processo multilaterale per elaborare nuovi obiettivi di
sviluppo sostenibile, la Svizzera si è impegnata affinché si tenesse conto della pace e della sicurezza (cfr. n. 3.4.3). In particolare ha contribuito a depoliticizzare la discussione e a trovare il sostegno per istituire un proprio obiettivo di sviluppo in quest'ambito. L'iscrizione, a settembre, dell'obiettivo 16 nell'Agenda 2030 e l'esplicito riconoscimento della pace e della sicurezza quali fattori indispensabili per uno sviluppo sostenibile dimostrano che la Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo lanciata nel 2006 ha compiuto la sua missione.

Armi leggere, armi di piccolo calibro e munizioni: la Svizzera si è impegnata affinché l'Accordo internazionale sul commercio di armi (Arms Trade Treaty, ATT) fosse ratificato da tutti gli Stati e ha contribuito a creare le basi istituzionali e procedurali per attuarlo in modo efficace in tutto il mondo (cfr. n. 3.3.3). Si è inoltre candidata come sede del segretariato dell'ATT, che è stato stabilito a Ginevra. Nel settore delle munizioni la Svizzera ha lanciato un'iniziativa volta a colmare a livello internazionale le lacune riguardanti lo stoccaggio sicuro e la gestione globale delle munizioni. Pertanto nel 2015 ha organizzato a Ginevra una prima conferenza su

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questo tema. In diversi Paesi dell'Europa sudorientale, dell'Africa e del Medio Oriente, realizzando progetti concreti e mettendo a disposizione sul posto specialisti, la Svizzera ha contribuito a creare le capacità locali per stoccare, gestire e distruggere in modo sicuro le armi e le munizioni.

Centri ginevrini: su richiesta del Consiglio federale, il Parlamento ha approvato un credito quadro per il periodo 2016­2019, con cui la Svizzera può continuare a finanziare il Centro ginevrino per la politica di sicurezza (CGPS), il Centro internazionale di sminamento a scopo umanitario (GICHD) e il Centro per il controllo democratico delle forze armate (DCAF). I tre Centri ginevrini, la cui sede comune si trova presso la «Maison de la Paix», sono centri di competenza riconosciuti a livello mondiale, forniscono importanti contributi nella politica estera di pace e di sicurezza e promuovono la cooperazione internazionale in questi settori.

Mine antiuomo, munizioni a grappolo e altri residuati bellici esplosivi: nel quadro della strategia 2012­2015 della Confederazione in materia di mine, per prima cosa la Svizzera si è impegnata affinché i contratti internazionali sul divieto delle mine antiuomo e delle munizioni a grappolo fossero rafforzati a livello politico e istituzionale e ratificati in tutto il mondo. In questo contesto il nostro Paese ha preso parte a una prima conferenza di revisione della Convenzione di Oslo (sulla messa al bando delle munizioni a grappolo), che ha avuto luogo a settembre in Croazia, e il segretariato di questa Convenzione ha potuto iniziare i suoi lavori a Ginevra. Inoltre, la Svizzera ha sostenuto le misure concrete per rimuovere e distruggere le mine antiuomo, le munizioni a grappolo e altri residui bellici esplosivi. Ha partecipato a vari programmi di sminamento, tra l'altro in Afghanistan, in Bosnia e Erzegovina, nella Repubblica democratica del Congo, a Gaza, in Laos e in Sudan.

Promozione militare della pace: nel 2015 la Svizzera ha portato avanti l'impegno internazionale dell'esercito svizzero nel settore della promozione militare della pace impiegando circa 280 persone. La maggior parte dell'effettivo è stato impiegato nei Balcani (Kosovo, Bosnia e Erzegovina), dove i militari stanziati sono armati per autodifesa. Il più grande distaccamento (15 persone) di osservatori
militari svizzeri non armati e ufficiali di stato maggiore ha operato presso la missione ONU per la sorveglianza dell'armistizio (UNTSO) in Israele, Siria e Libano. Altri osservatori militari e ufficiali di stato maggiore sono stati inviati nella Repubblica democratica del Congo (missione MONUSCO), nel Sudan del Sud (missione UNMIS), in Mali (missione MINUSMA), nel Sahara occidentale (missione MINURSO) e nella regione indiana del Kashmir (missione UNMOGIP). La Svizzera ha ampliato le sue attività nel settore dello sminamento umanitario, della sicurezza dello stoccaggio delle munizioni e della loro distruzione. Istruttori svizzeri hanno lavorato nei centri di formazione regionali per la promozione della pace in Ghana (Kofi Annan International Peacekeeping Training Center) e in Kenia (International Peace Support Training Centre).

Operazioni civili di mantenimento della pace: l'impiego di esperti civili presso le organizzazioni internazionali e nelle operazioni per il mantenimento della pace è uno strumento consolidato della politica svizzera di pace e di diritti umani. Nell'anno in esame la Svizzera ha continuato a seguire questa linea, scegliendo i luoghi d'impiego secondo priorità geografiche e tematiche nel contesto della promozione della pace e della sicurezza umana. Nel contesto del conflitto irrisolto in Ucraina, la 567

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Svizzera ha ancora fornito personale competente alla missione speciale di osservazione dell'OSCE e alla missione di osservazione dell'OSCE presso la frontiera russo-ucraina. Inoltre ha preparato la sua partecipazione alla commissione di consulenza UE per le riforme civili del settore della sicurezza. Per consolidare la pace e ricostruire le strutture statali in Africa la Svizzera ha impiegato esperti della popolazione civile nelle operazioni di pace dell'ONU, in particolare in Mali, in Liberia, in Costa d'Avorio, nel Sudan del Sud e nella Repubblica democratica del Congo. Sta altresì preparando la sua partecipazione alla missione dell'UE per il potenziamento di capacità in Mali. Nel 2015 sono stati impiegati 193 esperti di promozione civile della pace e dei diritti umani in circa 217 missioni multilaterali o bilaterali di breve o lunga durata in 44 Paesi e cinque Stati sedi di organizzazioni internazionali. In media erano contemporaneamente in missione 112 persone (di cui il 49 % donne); 27 di queste persone erano consulenti per la sicurezza umana a livello bilaterale. Tra le attività figurano le tradizionali missioni di osservazione elettorale dell'OSCE, dell'UE e dell'Organizzazione degli Stati americani (OSA). Nell'anno in esame 38 dei 193 esperti summenzionati sono stati impiegati nel quadro di 18 missioni di osservazione elettorale (59 singoli interventi in 16 Paesi).

Democrazia, elezioni e ripartizione del potere Nel quadro della preparazione delle prime elezioni politiche in Myanmar dell'8 novembre, la Svizzera ha favorito la negoziazione di un codice di condotta tra i partiti politici e ne ha accompagnato la realizzazione. Il codice contiene un impegno volontario finalizzato a garantire una competizione elettorale più onesta e a ridurre il rischio di violenza durante le elezioni. Dopo decenni di regime militare e conflitti armati locali, quest'accordo tra i partiti politici è stato definito da tutti gli attori e osservatori del processo come un evento storico: esso ha consentito un aumento della credibilità dei partiti politici in qualità di attori responsabili e capaci di compromesso e ha favorito inoltre una maggiore apertura da parte delle autorità del Paese che ne sostengono la realizzazione. In un contesto sociale teso, questo impegno volontario aveva anche l'obiettivo di prevenire
attacchi mirati contro le minoranze religiose durante la campagna elettorale. La Svizzera si è avvalsa delle proprie competenze per organizzare i negoziati durati sei mesi e interagire nella questione elettorale, presentando opzioni affini a livello internazionale.

Anche in Nigeria, in Nordafrica e nel Corno d'Africa la Svizzera ha messo a disposizione le sue competenze per sostenere i processi elettorali e costituzionali e per incoraggiare il dialogo per rendere le procedure più universali, trasparenti e credibili.

Nel Corno d'Africa ha reso possibile dialoghi a livello locale o messo politici in contatto con rappresentanti di Paesi federalisti e con specialisti svizzeri allo scopo di sostenere le attività regionali volte a creare le strutture statali federali e decentralizzate.

Rielaborazione del passato e prevenzione delle atrocità La Svizzera ha continuato a sostenere la rielaborazione del passato e la prevenzione delle atrocità di massa nei Paesi reduci da un conflitto o da un regime autoritario.

Nelle Filippine, nel quadro della sua presidenza della Commissione di giustizia transizionale e riconciliazione, la Svizzera ha coordinato la redazione del rapporto finale della commissione, che ha successivamente presentato al governo filippino e 568

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al Fronte di Liberazione Islamico Moro, parti nell'Accordo di pace sul Bangsamoro.

Nel quadro della sua presidenza del comitato consultivo internazionale del Centro nazionale della memoria storica in Colombia, la Svizzera ha organizzato diversi workshop interni finalizzati a porre le basi per una cooperazione delle forze di sicurezza in materia di rielaborazione del passato. Rispetto alla crisi in Burundi, per la prima volta la Svizzera ha inviato un esperto per contribuire alla prevenzione delle atrocità ed ha agito in prima linea per incoraggiare il procuratore della Corte penale internazionale (CPI) a esprimersi preventivamente sulla situazione. Circa trenta rappresentanti governativi di alto rango e leader della società civile hanno partecipato al sesto corso annuale sulla rielaborazione del passato organizzato dalla Svizzera.

A livello multilaterale, il nostro Paese ha consolidato la sua cooperazione con il relatore speciale dell'ONU incaricato di promuovere la verità, la giustizia, la riparazione e la garanzia del non ripetersi delle violazioni e ha sviluppato riflessioni comuni sul rapporto tra la rielaborazione del passato e la prevenzione delle atrocità.

Inoltre ha coordinato la creazione del documento fondatore dell'iniziativa Global Action Against Mass Atrocities Crimes insieme agli altri Stati e ai membri non statali del comitato direttivo e ha contribuito alla preparazione della seconda conferenza internazionale su questo tema, prevista per l'inizio del 2016.

Protezione della popolazione civile nei conflitti armati Anche nel 2015 la popolazione civile ha patito grandi sofferenze. I conflitti diventano sempre più complessi e danno origine a nuove sfide per l'azione umanitaria. Il sistema umanitario risente sempre più della pressione e solo con difficoltà riesce a soddisfare le necessità delle persone coinvolte. È sempre più importante non solo fornire aiuto concreto in loco ma migliorare anche le condizioni quadro politiche per l'azione umanitaria e trovare soluzioni innovative per far fronte alle attuali sfide. È proprio ciò che ha fatto la Svizzera nel 2015, aumentando così la propria credibilità di importante attore nel sistema umanitario. Ha continuato ad attuare la strategia della Confederazione 2013­2017 per la protezione della popolazione civile nei conflitti armati ­ le cui
tre priorità sono la promozione del rispetto del quadro giuridico su scala globale (in particolare il diritto internazionale umanitario), l'aiuto concreto in loco e l'impegno multilaterale ­ concretizzandola in un piano d'azione.

Una delle sfide per cui la Svizzera ha sviluppato soluzioni è l'accesso all'aiuto umanitario: per gli attori del sistema umanitario è diventato particolarmente difficile raggiungere le persone coinvolte da conflitti armati. Nel 2015 sono stati distribuiti e discussi in diverse regioni un manuale realizzato in collaborazione con la Svizzera e delle linee guida per le persone attive nel sistema umanitario: lo scopo è aiutare le organizzazioni umanitarie a elaborare e attuare strategie migliori per favorire questo accesso. Inoltre, in collaborazione con esperti internazionali, la Svizzera ha sviluppato direttive e raccomandazioni per le commissioni internazionali che indagano sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e successivamente ne redigono rapporti. Questi documenti sono stati distribuiti in diversi forum.

Determinate misure adottate da altri Stati nel contesto della lotta contro il terrorismo possono ostacolare l'azione umanitaria. Se, per esempio, è vietato entrare in contatto con determinati gruppi, le organizzazioni umanitarie non possono più negoziare per

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avere accesso alla popolazione in stato di bisogno, o ancora non possono più sensibilizzare gruppi armati sul diritto internazionale umanitario. Per questa ragione la Svizzera ha sostenuto le analisi e la ricerca in questo settore e, in occasione della 32ª Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa tenutasi a dicembre a Ginevra, ha dedicato per la prima volta una discussione a questa tematica.

Nel quadro del piano d'azione del DFAE per la protezione dei bambini soldato 2014­2016, mettendo a disposizione un esperto e offrendo il suo impegno politico, la Svizzera ha aiutato l'inviato speciale dell'ONU per i bambini e i conflitti armati nella sua missione di protezione dei minori contro il reclutamento nelle forze armate governative e non governative e di reintegrazione di ex soldati bambini nella vita civile.

Promozione e protezione dei diritti umani Ultimata a fine 2015, la strategia dei diritti umani del DFAE permette di radicare tali diritti nel più ampio quadro della politica estera svizzera. Definisce gli strumenti e i principi dell'impegno svizzero in materia e ne precisa gli obiettivi strategici: in primo luogo la promozione dell'universalità, dell'interdipendenza e dell'indivisibilità dei diritti umani, in secondo luogo la coerenza del quadro di riferimento internazionale ed il consolidamento delle istituzioni e dei meccanismi dei diritti umani, ed infine il rafforzamento dell'impegno elvetico e il coinvolgimento degli attori chiave, statali e non statali, in quest'ambito. Questi fattori hanno guidato l'azione della Svizzera nell'anno in esame, mediante strumenti politici bilaterali e multilaterali e tramite il sostegno a progetti svolti nei Paesi prioritari e riguardanti tematiche d'azione prioritarie.

Per quanto riguarda le tematiche summenzionate, la Svizzera ha contribuito a rafforzare la mobilitazione internazionale a favore dell'abolizione universale della pena di morte sostenendo diversi dibattiti, processi ed eventi. A settembre ha promosso una risoluzione adottata dal Consiglio dei diritti umani che mette in evidenza le violazioni dei diritti umani della persona condannata e dei suoi cari causate dal ricorso alla pena di morte. In occasione della giornata mondiale contro la pena di morte del 10 ottobre, il consigliere federale Didier Burkhalter ha lanciato
un appello ministeriale insieme a diciassette ministri degli affari esteri di Paesi abolizionisti o di Paesi che non hanno ancora interamente o giuridicamente abolito questa pratica.

L'iniziativa ha lo scopo di promuovere il dialogo costruttivo, strumento essenziale per suscitare la riflessione e il cambiamento nei Paesi che applicano ancora la pena capitale.

La Svizzera ha continuato a impegnarsi a favore del rispetto dei diritti umani attraverso il settore privato, in particolare elaborando un piano d'azione nazionale volto ad applicare le linee guida dell'ONU per l'economia e i diritti umani. Nel quadro dell'adempimento del rapporto di base del Consiglio federale sulle materie prime, in collaborazione con organizzazioni non governative e imprese operanti nel settore, l'Amministrazione federale elabora un manuale di misure per attuare queste linee guida ad uso delle imprese citate.

Inoltre la Svizzera ha contribuito a realizzare la strategia sviluppata durante la sua presidenza del comitato direttivo dell'iniziativa Principi volontari sulla sicurezza e i 570

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diritti umani (2013­2014), sottolineando l'importanza della trasparenza e dell'obbligo di rendiconto. Infine, ha diretto con successo i lavori dell'Associazione del Codice di condotta internazionale per i servizi privati di sicurezza, facendo adottare procedure di certificazione per le imprese e perseguendo l'introduzione di funzioni di monitoraggio e trattamento delle denunce.

Sostenere i difensori dei diritti umani è una priorità per la Svizzera, in particolare da quando, a dicembre 2013, sono state adottate le linee guida per tutelarli: il nostro Paese s'impegna affinché sia concesso maggiore spazio al lavoro dei difensori dei diritti umani e affinché essi possano agire in un ambiente sicuro e il loro operato sia più riconosciuto sia a livello politico e operativo che a livello bilaterale e multilaterale. La Svizzera promuove inoltre la partecipazione di questi attori ai dibattiti internazionali, in particolare in seno al Consiglio dei diritti umani a Ginevra. Sostenendo diverse ONG locali o con sede a Ginevra, s'impegna altresì in favore dei difensori dei diritti umani che si battono per la libertà di espressione, per i diritti delle donne o i diritti fondiari. Si è dedicata ad alcuni casi specifici, come quello del blogger saudita Raïf Badaoui, condannato a 1000 frustate, o quello del difensore dei diritti umani, l'azerbaigiano Emin Huseynov, che si era rifugiato presso l'Ambasciata di Svizzera a Baku e che grazie alle negoziazioni condotte ha potuto lasciare il Paese senza rischi. Inoltre, la Svizzera continua a intensificare le sua attività a favore dell'uguaglianza di genere, dei diritti delle donne e delle persone appartenenti a minoranze religiose o etniche. In più, porta avanti le sue attività nell'ambito della prevenzione e della lotta contro la tortura e la giustizia minorile, infatti figura tra gli organizzatori del primo Congresso internazionale sulla giustizia minorile, tenutosi a Ginevra a gennaio dell'anno in esame.

Questi diversi campi d'intervento sono al centro dell'impegno svizzero sul piano multilaterale e comprendono sia iniziative che rientrano nel quadro formale dell'ONU o di gruppi regionali, che iniziative ad hoc, volte a rafforzare queste istituzioni. La Svizzera ha così organizzato il secondo Glion Human Rights Dialogue, un seminario di riflessione che si è affermato
come una piattaforma fondamentale per la riflessione sulla governance mondiale dei diritti umani. Nel quadro del suo impegno a favore delle organizzazioni regionali, a novembre 2015 la Svizzera è stata ospite della 15ª Tavola rotonda della Rete informale europea dei punti nazionali per le questioni relative ai diritti umani delle persone LGBTI, tenutasi a Ginevra. Sul piano bilaterale, nell'anno in esame la Svizzera ha condotto dialoghi o consultazioni bilaterali sui diritti umani con la Cina, la Nigeria, la Russia, il Senegal, il Vietnam e il Tajikistan. Ha avviato inoltre nuove consultazioni sulla politica dei diritti umani con alcuni Paesi chiave in materia, come il Sudafrica e il Messico. Infine, il DFAE e il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) hanno valutato diverse opzioni per stabilire una futura istituzione nazionale dei diritti umani.

Uguaglianza di genere e diritti delle donne Come ha dimostrato nel suo ruolo di animatore durante la sessione della Commissione sulla condizione delle donne dell'ONU a marzo, la Svizzera continua a portare avanti le sue attività a favore dell'uguaglianza di genere nonché dei diritti delle donne e della loro emancipazione, sia sul piano multilaterale che bilaterale. Mantiene un ruolo attivo in seno alle altre organizzazioni non governative come il Consi-

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glio dei diritti umani, la Terza commissione dell'Assemblea generale e la Commissione per la popolazione e lo sviluppo e ha integrato questi temi nei suoi scambi bilaterali. Inoltre si è adoperata con decisione affinché si tenesse conto delle questioni relative al genere e ai diritti delle donne nel processo Financing for Development e affinché si inserisse nell'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile un obiettivo specifico sull'uguaglianza di genere, associato a un approccio trasversale che integri questa tematica in altri obiettivi prefissati.

Nel contesto della celebrazione del 20° anniversario della Dichiarazione di Pechino e della relativa Piattaforma d'azione, la Svizzera ha rinnovato il suo impegno e manifestato la sua volontà di mettere in atto questi strumenti di riferimento. Anche la presidente della Confederazione si è espressa in tal senso in una dichiarazione d'impegno durante l'incontro ad alto livello sull'uguaglianza di genere e sull'autonomia delle donne, tenutosi a settembre in occasione del vertice ONU per l'adozione dell'Agenda 2030.

Migrazione e lotta contro la tratta di esseri umani.

La valutazione dei partenariati migratori in adempimento del postulato Amarelle (12.3858) ha mostrato che in questo contesto i dialoghi tenuti regolarmente e l'approccio basato sul partenariato hanno portato a un netto miglioramento delle relazioni bilaterali. Nell'anno in esame il principio di fondo dei partenariati migratori, ossia che la migrazione deve essere percepita come un fenomeno che comporta sfide e opportunità, è stato maggiormente consolidato. Inoltre è stato raggiunto un altro obiettivo: la tutela dei diritti umani dei migranti ora è considerata parte integrante di una politica estera in materia di migrazione coerente e globale e di conseguenza anche dei partenariati migratori e dei diversi progetti attuati in questo ambito.

Nei primi Stati che li accolgono, profughi, sfollati interni e migranti minacciati devono ricevere protezione il più rapidamente possibile. Occorre impedire che queste persone emigrate illegalmente in mancanza di una soluzione legale proseguano il viaggio esponendosi ai rischi della tratta di esseri umani. I progetti che sono stati realizzati nel 2015 nel Corno d'Africa e nella regione coinvolta dalla crisi siriana hanno contribuito a migliorare la protezione,
la cura e l'integrazione economica degli sfollati interni e dei migranti.

La migrazione sta diventando sempre di più un fenomeno globale. È quanto risulta dalle trattative sull'Agenda 2030. La Svizzera si è battuta affinché nel dialogo internazionale sulla migrazione la tutela dei diritti umani dei migranti avesse sempre più rilievo. Grazie al suo impegno, in futuro gli ambienti economici parteciperanno al Forum globale su migrazione e sviluppo. A dicembre si è conclusa dopo tre anni l'iniziativa Nansen, lanciata congiuntamente alla Norvegia, il cui obiettivo è migliorare la tutela delle persone che devono fuggire in altri Stati a causa di catastrofi naturali e delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Il programma di protezione ­ obiettivo principale dell'iniziativa ­ è stato presentato a ottobre in occasione di una consultazione globale della comunità internazionale. In questo contesto è stata spianata la strada per l'attuazione del programma di protezione e per il suo futuro consolidamento a livello istituzionale: un gruppo di Stati interessati proseguirà

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l'attività dell'iniziativa Nansen, sostenuta da organizzazioni internazionali attive nei relativi settori tematici, tra cui l'OIM e l'UNHCR.

La Svizzera ha potenziato le sue attività di lotta contro la tratta degli esseri umani sia a livello multilaterale che negli ambiti comuni alla politica estera e a quella interna.

A Montreux ha organizzato per la prima volta il seminario sui diritti umani del forum di discussione tra l'Europa e l'Asia (Asia­Europe Meeting, ASEM); in tal modo ha portato avanti la sua tradizione diplomatica volta a promuovere il dialogo tra gli Stati sul tema della tratta degli esseri umani e a creare i presupposti per una più intensa cooperazione tra i rispettivi esperti. Nel contesto della settimana d'azione «La Svizzera contro la tratta degli esseri umani» svoltasi a ottobre per la seconda volta, esperti internazionali hanno discusso in merito alle attuali sfide nella lotta contro la tratta di esseri umani nel nostro Paese e all'estero e hanno sviluppato possibili approcci.

3.3.6

Diritto internazionale, diritto internazionale umanitario, giurisdizione penale e lotta contro il terrorismo

Il diritto internazionale è fondamentale per il popolo svizzero. Per le autorità e i cittadini è molto importante che le relazioni tra gli Stati si fondino sul diritto e sulla cooperazione piuttosto che su rapporti di forza; rispettare le norme del diritto internazionale è una delle migliori garanzie per la stabilità mondiale. In Svizzera è radicata una tradizione umanitaria di cui il nostro Paese è orgoglioso. Le Convenzioni di Ginevra codificano i principi che proteggono le popolazioni in caso di conflitto e sono ormai inscindibili dall'identità nazionale svizzera. La pace, la sicurezza, lo sviluppo dei diritti umani sono valori protetti dal diritto internazionale e promossi dalla Svizzera. Quest'ultima contribuisce da tempo alla loro diffusione e opera a favore di un ordine giuridico internazionale stabile e una soluzione pacifica delle controversie. Il diritto internazionale è anche un eccellente mezzo per promuovere gli interessi del Paese. L'esportazione di prodotti svizzeri beneficia ampiamente degli accordi di libero scambio, che sanciscono condizioni chiare per il commercio internazionale, o di misure di agevolazioni doganali. Anche la vita quotidiana dei cittadini è plasmata dalle norme del diritto internazionale, che influenzano ambiti vari quali la ricerca e l'innovazione, i diritti umani, gli scambi commerciali, la salvaguardia dell'ambiente, le nuove tecnologie, il turismo o l'importazione di frutti esotici.

Diritto internazionale umanitario Coerente al suo impegno tradizionale, la Svizzera si pone come portavoce del diritto internazionale umanitario in molti importanti forum. La tappa più importante del 2015 è stata la conclusione del processo di consultazione durato quattro anni, condotto congiuntamente alla CICR, volto ad individuare mezzi per consolidare il rispetto del diritto internazionale umanitario. A dicembre 2015, in occasione della 32a Conferenza Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, la Svizzera e la CICR hanno presentato proposte concrete su come procedere nell'istituzione di un incontro regionale degli Stati contraenti della Convenzione di Ginevra. Tutti gli Stati 573

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si sono dichiarati disposti ad avviare negoziati sulle funzioni e sulle modalità di un tale forum per il diritto internazionale umanitario sotto la competenza della Svizzera e della CICR. Con questa novità storica un forum ad hoc si occuperà di rafforzare l'applicazione delle Convenzioni di Ginevra e dei loro Protocolli aggiuntivi.

Inoltre, a dicembre 2014 la Svizzera e la CICR, in associazione con altri 52 Stati, hanno fondato il Forum sul Documento di Montreux che riguarda le imprese militari e di sicurezza private che agiscono nei conflitti armati. Come piattaforma di scambio intergovernativo, nel 2015 il Forum ha già fornito i primi contributi al coordinamento e al consolidamento delle misure nazionali. Infine la Svizzera nel 2015 ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty, ATT) e ha presentato una dichiarazione interpretativa che ne mette in rilievo le disposizioni umanitarie.

Giurisdizione penale internazionale La Svizzera prosegue le sue attività a favore della Corte penale internazionale (CPI) e il suo impegno per accrescere l'efficienza dei procedimenti giudiziari. Oggi la Corte dispone di migliori indicatori per promuovere ed esaminare tale efficienza. Sul piano politico, su iniziativa della Svizzera ha avuto luogo a novembre 2015 un dibattito speciale nel quadro dell'assemblea dei 123 Stati contraenti dello Statuto di Roma della CPI35. A settembre la Svizzera ha ratificato inoltre le modifiche allo Statuto di Roma per quel che concerne il crimine di aggressione e i crimini di guerra. Se l'inclusione del crimine di aggressione nello Statuto contribuisce ad arginare l'utilizzo indebito della violenza tra Stati, le modifiche riguardo ai crimini di guerra, dal canto loro, migliorano la protezione nei conflitti armati interni. Indipendentemente dalla CPI, l'anno scorso la Svizzera ha promosso anche altre istituzioni della giurisdizione penale internazionale. Ha contribuito, ad esempio, tramite il budget generale dell'ONU, al finanziamento dei Tribunali penali internazionali per l'exJugoslavia e il Ruanda (e al loro meccanismo di successione) o delle Camere in seno ai tribunali cambogiani, incaricate di giudicare i crimini dei Khmer Rossi. Da ultimo ha potenziato le risorse di personale del Tribunale speciale stabilito in Senegal per punire i presunti crimini
dell'ex dittatore del Ciad Hissène Habré.

Diritti umani Su incarico del Consiglio federale, dal 25 marzo al 2 luglio il DFAE e il DFGP avevano condotto la procedura di consultazione sull'adesione della Svizzera al Protocollo facoltativo del 19 dicembre 2011 alla Convenzione del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo; il protocollo riguardava una procedura di comunicazione. Questo strumento rappresenta un importante complemento alla Convenzione sui diritti del fanciullo, prevedendo tra l'altro la possibilità, per i singoli individui, di rivolgersi al Comitato ONU per i diritti del fanciullo. L'11 dicembre il Consiglio federale ha adottato il messaggio36 destinato al Parlamento; nello stesso mese l'Assemblea federale ha ratificato la Convenzione internazionale del 20 dicembre 2006 per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate.

35 36

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Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 lug. 1998, RS 0.312.1 FF 2016 163

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La Svizzera ha continuato a sostenere il processo di riforme per migliorare l'efficienza degli organi istituiti da trattati (i cosiddetti treaty bodies), ai quali gli Stati membri rendono conto in merito all'attuazione delle Convenzioni dei diritti umani ratificate. Tra l'altro, la Svizzera ha avviato la Geneva Platform for Members of Human Rights Treaty Bodies. Realizzato in collaborazione con l'Academy of International Humanitarian Law and Human Rights, questo progetto è un contributo concreto all'attuazione della risoluzione A/RES/62/268 adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 9 dicembre 2014 e volta a rafforzare e migliorare il funzionamento del sistema degli organi nati da trattati sui diritti umani.

Alla luce dei tentativi sempre crescenti di trovare un equilibrio tra la tutela della sfera privata e la salvaguardia della sicurezza pubblica, dal 2013 all'interno degli organi a tutela dei diritti umani dell'ONU si dibatte riguardo alla protezione della sfera privata nell'era della comunicazione digitale. Sin dall'inizio la Svizzera ha partecipato in modo attivo a questo processo operando affinché a marzo il Consiglio dei diritti umani creasse il nuovo mandato di inviato speciale per il diritto alla sfera privata.

La corruzione è un problema mondiale intimamente connesso alla salvaguardia dei diritti umani. Nelle negoziazioni importanti la Svizzera si è battuta a favore di un cambio di prospettiva che all'approccio penale centrato sull'autore del reato di corruzione preferisca un approccio orientato ai diritti umani. In questo modo si sottolinea la responsabilità sistemica dello Stato (generalizzazione) e si rafforza la posizione della vittima.

Le UN Standard Minimum Rules for the Treatment of Prisoners (SMR) adottate nel 1955 sono un importante strumento di diritto internazionale a protezione delle persone private della libertà. La Svizzera ne ha sostenuto il processo di revisione necessario dando un importante contributo al consenso sulle Mandela Rules, come sarebbero poi state chiamate le SMR.

Lotta contro il terrorismo In risposta alle crescenti sfide della lotta contro il terrorismo, nell'autunno del 2015 il Consiglio federale ha varato una strategia nazionale al riguardo che comprende aspetti di politica estera e di politica interna. Conformemente alla strategia, nel contesto
della sua politica estera la Svizzera agisce per lottare contro il terrorismo e le sue cause. Essa tutela i suoi interessi sul piano internazionale; gli attori internazionali la vedono come partner sulla quale si può fare affidamento, che si impegna per difendere i diritti umani, il diritto internazionale umanitario e lo Stato di diritto e che per affrontare i problemi si investe a lungo termine, partendo dalle cause. L'impegno svizzero a livello nazionale e internazionale si basa sulla Strategia globale anti-terrorismo dell'ONU.

Gli attentati terroristici commessi in Europa hanno costretto l'UE ad agire. Da febbraio 2015 l'UE si concentra su un controllo più efficace delle frontiere con Paesi non firmatari degli Accordi di Schengen, sulla prevenzione della radicalizzazione e sul miglioramento della cooperazione internazionale. La Svizzera segue con attenzione le discussioni in corso in seno all'UE e ha potuto allinearsi alle misure adottate nel quadro di diversi organi politici e tecnici; ritiene prioritaria l'applicazione delle misure riguardanti la cooperazione nello spazio Schengen.

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Nel contesto della politica estera la Svizzera s'impegna per una prevenzione efficace e per la lotta transfrontaliera contro il terrorismo. Al centro delle sue attività in questo ambito vi è il cosiddetto terrorismo di matrice jihadista dei gruppi Al Qaeda e dello «Stato islamico» e delle organizzazioni a essi associate. Nell'anno in esame, in vari forum multilaterali come l'ONU, il Forum globale dell'antiterrorismo (Global Counterterrorism Forum, GCTF), il Consiglio d'Europa e l'OSCE, la Svizzera ha partecipato allo scambio di informazioni e allo sviluppo di misure normative e operative basate sul diritto internazionale, in particolare sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario nei conflitti armati. I temi prioritari trattati sono stati la radicalizzazione dell'estremismo armato e il fenomeno dei cosiddetti foreign terrorist fighters, con cui si designano i circa 25 000 stranieri che si sono uniti prevalentemente ai gruppi vietati «Stato islamico», Al Qaeda e Al Shabaab in Siria, Iraq e Somalia. La Svizzera dedica una particolare attenzione alla situazione dei bambini e dei giovani e nel quadro del GCTF ha lanciato un'iniziativa sul diritto penale minorile nel contesto della lotta contro il terrorismo, volta a sviluppare raccomandazioni internazionali su questa tematica.

Tra le priorità dell'impegno svizzero nella politica estera rientrano la prevenzione e la lotta contro le cause del terrorismo, la risoluzione pacifica dei conflitti e il miglioramento della situazione in Paesi fragili. Queste attività di prevenzione dell'estremismo violento devono essere concretizzate in un piano d'azione di politica estera.

Un importante strumento di prevenzione è il Global Community Engagement and Resilience Fund (GCERF), fondato nel 2014 dalla Svizzera a Ginevra con l'obiettivo di finanziare a livello locale progetti nell'ambito economico, educativo e sociale volti a prevenire la tendenza alla radicalizzazione e l'estremismo violento. In primavera il capo del DFAE ha firmato con il GCERF un accordo sui privilegi e le immunità e a settembre una convenzione sul contributo finanziario della Svizzera. I primi progetti sostenuti dal GCERF devono iniziare la loro fase pilota nel 2016 in Bangladesh, Mali e Nigeria. Il capo del DFAE ha inoltre partecipato, a febbraio, a una conferenza a
Washington dedicata alla lotta contro l'estremismo violento (White House Summit on Countering Violent Extremism) e la Svizzera ha partecipato attivamente a diverse delle successive conferenze. Con il vertice dei dirigenti per la lotta contro lo Stato islamico e l'estremismo violento (Leaders' Summit on Countering ISIL and Violent Extremism) tenutosi a fine settembre, la Svizzera ha trasferito nel quadro dell'ONU il processo avviato in occasione del White House Summit. Come seguito alla conferenza tenuta a Washington, nel 2016 la Svizzera realizzerà in incontro internazionale sulla formazione professionale come possibile strumento per impedire l'estremismo violento; si è inoltre offerta di realizzare in collaborazione con l'ONU, sempre nel 2016, una conferenza internazionale a Ginevra sulla prevenzione dell'estremismo violento.

Insieme a un gruppo di Stati con cui condivide le stesse posizioni, da anni la Svizzera s'impegna affinché nel quadro delle sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU contro la rete di Al Qaeda siano rispettati maggiormente i diritti processuali delle persone e delle entità colpite da sanzioni. Il nostro Paese si basa sulla giurisprudenza della Corte EDU e tiene conto della richiesta del Parlamento, che nella primavera dell'anno in esame ha prolungato di un anno la mozione Marty (09.3719). A novembre, insieme al gruppo di Stati summenzionato, la Svizzera ha nuovamente sottoposto proposte per rafforzare la conformità della procedura allo Stato di diritto e 576

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l'efficacia e l'indipendenza dell'organo di mediazione creato nel 2009 a cui possono rivolgersi persone ed entità colpite da sanzioni, per chiedere di essere cancellati dal relativo elenco. Inoltre la Svizzera e il gruppo di Stati che ne condivide le posizioni hanno proposto anche il miglioramento del regime di sanzioni del Consiglio di sicurezza per quanto concerne i diritti processuali delle persone e delle entità in questione. La risoluzione 2253 del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulle sanzioni contro Al Qaeda (e lo Stato islamico), adottata il 17 dicembre, contiene alcuni miglioramenti riconducibili alle proposte presentate, in particolare in merito alla persona incaricata della mediazione. La risoluzione è un importante strumento nella lotta contro Al Qaeda e lo Stato islamico, ma non soddisfa completamente le richieste della Svizzera e degli Stati di cui condivide le posizioni per quel che riguarda le garanzie procedurali delle persone sanzionate.

Restituzione degli averi dei potentati Negli ultimi 25 anni la Svizzera ha restituito averi dei potentati per un importo di circa 1,8 miliardi di franchi ai diversi Paesi di provenienza. La lunga esperienza della Svizzera nel settore del blocco e del rimpatrio di averi dei potentati e le soluzioni sviluppate in questo ambito suscitano l'interesse internazionale. La Svizzera sfrutta la sua posizione per promuovere lo sviluppo di standard globali finalizzati al rimpatrio efficace del denaro rubato, basandosi sui suoi principi di politica estera come il rafforzamento dello Stato di diritto e la lotta contro l'impunità. Al contempo coordina la politica di restituzione degli averi dei potentati con le attività nella cooperazione allo sviluppo, in particolare nell'ambito della lotta contro la corruzione, garantendo la coerenza della sua politica estera.

Di propria iniziativa e in collaborazione con l'International Center for Assets Recovery (ICAR) dell'Università di Basilea e la Banca mondiale, la Svizzera ha elaborato direttive internazionali per l'esecuzione efficiente dei casi di fondi di potentati e le ha in seguito presentate in occasione della conferenza degli Stati contraenti della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) tenutasi dal 2 al 6 novembre a San Pietroburgo. La conferenza ha preso atto di tali direttive e ha
emanato due risoluzioni sull'esecuzione degli averi dei potentati che, grazie all'impegno della delegazione svizzera, rinnovano il mandato che esorta gli Stati contraenti a continuare a sviluppare le direttive nel quadro dei seminari di Losanna.

Queste direttive mirano a rafforzare l'efficacia degli sforzi intrapresi in materia di recupero dei fondi mediante le buone prassi e l'intensificazione del coordinamento internazionale. Al contempo rappresentano un importante passo avanti nell'ottica del rafforzamento delle uguali condizioni per tutti i partner (level playing field), in quanto fanno sì che i diversi attori e centri finanziari seguano le stesse norme. A rafforzare il ruolo della Svizzera in questo processo è stata anche l'adozione, da parte dell'Assemblea federale il 18 dicembre 201537, della legge federale concernente il blocco e la restituzione dei valori patrimoniali di provenienza illecita di persone politicamente esposte.

37

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FF 2016

3.4

Partenariati strategici e tematiche globali

3.4.1

Rapporti bilaterali con Stati extraeuropei e organizzazioni regionali

Continente americano Sviluppo nella regione L'anno passato hanno iniziato a ridefinirsi le dinamiche regionali nel continente americano. Il disgelo delle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba, annunciato simultaneamente dai presidenti Barack Obama e Raúl Castro il 17 dicembre 2014, ne è indubbiamente il segno più palese. Solo sette mesi più tardi, il 20 luglio, i due Paesi hanno riallacciato le relazioni diplomatiche rafforzando ulteriormente i rapporti tra gli Stati Uniti e l'America latina. Infatti, il 30 giugno, la presidente del Brasile Dilma Rousseff si è recata in visita ufficiale a Washington, mettendo fine ­ almeno in parte ­ alle tensioni iniziate nel 2013 in occasione dell'annullamento della sua visita negli Stati Uniti in seguito allo scandalo della National Security Agency (NSA).

Al di là dei gesti politici, la ripresa di questo dialogo tra Nord e Sud deve essere valutata alla luce delle turbolenze economiche derivanti dal calo dei prezzi delle materie prime e della domanda asiatica, in particolare cinese. Le economie di Paesi come l'Argentina, il Brasile, l'Ecuador o il Venezuela sono state gravemente colpite nel 2014 e nel 2015. In particolare, la diminuzione delle rendite petrolifere del Venezuela ha causato un indebolimento dell'Alleanza bolivariana per le Americhe (ALBA) e dell'alleanza strategica di Petrocaribe stipulata tra il Venezuela e i Paesi caraibici.

In parallelo, tutti questi cambiamenti hanno innescato una dinamica relativamente favorevole per lo sviluppo delle zone di libero scambio. Negli Stati Uniti il presidente Obama è riuscito a farsi concedere dal Congresso la procedura del fast track (via rapida) nelle trattative degli accordi commerciali in corso, il che dovrebbe favorire le negoziazioni con l'UE per un Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) e ha anche contribuito a concludere il Trans-Pacific Partnership (TPP) ­ due accordi che includono quasi i due terzi dell'economia mondiale.

Un altro forum di cooperazione, l'Alleanza del Pacifico (Messico, Colombia, Perù, Cile), ha continuato a suscitare l'interesse della comunità internazionale per il suo rendimento economico superiore rispetto a quello degli altri Paesi della regione e per le opportunità legate a una cooperazione più intensa con questi Paesi. Questa vitalità è stata notata anche dall'altra
importante comunità economica del continente, il Mercato Comune del Sud (MERCOSUR), animato dal dinamismo economico del Paraguay e dell'Uruguay e da una rimessa in discussione di alcune posizioni protezioniste da parte del Brasile.

Nonostante questi tangibili sviluppi positivi, il clima di incertezza locale persiste: in Venezuela la situazione politico-economica si mantiene instabile; in Colombia il processo di pace tra il governo e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) non può ancora concludersi a causa di ostacoli; in Brasile la popolazione ha disapprovato la politica della presidente Rousseff, pur essendo quest'ultima stata 578

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rieletta a ottobre 2014; l'Argentina si è dovuta confrontare con un'insolvenza selettiva dei pagamenti verso i suoi obbligazionisti e con la conseguente esclusione dai mercati finanziari internazionali. A livello interregionale, invece, è scoppiata una crisi diplomatica tra la Colombia e il Venezuela, che ha portato alla chiusura della frontiera tra i due Paesi e al rimpatrio forzato di circa un migliaio di colombiani stabiliti in Venezuela. Nella regione caraibica, Haiti e la Repubblica Dominicana hanno avuto vivi scambi in merito alla tematica dell'immigrazione. Tra l'altro, negli Stati uniti una forte opposizione tra il presidente democratico e il Congresso repubblicano ha generato un sentimento di incertezza riguardo alla futura politica estera americana, che l'avvicinarsi delle prossime elezioni presidenziali ha solo acuito. In Canada, il Partito Liberale di Justin Trudeau ha vinto le elezioni tenutesi nell'autunno dell'anno in esame ottenendo a sorpresa una chiara maggioranza. Ci si attende dunque un nuovo orientamento nell'ambito della politica interna ed estera del Paese.

In materia di sicurezza, il continente americano ha dovuto affrontare l'immensa sfida rappresentata dalla corruzione e dall'influenza delle organizzazioni criminali.

Nel corso dell'ultimo anno la solidità delle istituzioni è stata messa a dura prova in particolare in Messico, dove la guerra contro i narcotrafficanti è stata caratterizzata da numerosi casi di sparizioni forzate ed evasioni; il Brasile è stato scosso dallo scandalo di corruzione di Petrobras; l'Argentina ha visto il suo vicepresidente Boudou indagato e il suo procuratore Nisman morto in circostanze non chiare; in Venezuela, dove la situazione della sicurezza è rimasta altamente precaria e dove a gennaio il presidente dell'Assemblea nazionale è stato accusato dal dipartimento di Stato statunitense di essere al centro di un traffico di droga, i rischi di destabilizzazione rimangono alti. Nell'America centrale, anche i Paesi del Triangolo del Nord (Guatemala, El Salvador, Honduras) hanno dovuto far fronte alla violenza e alla corruzione scatenata da gang armate legate alla criminalità organizzata (traffici di droga e di esseri umani, contrabbando ecc.). In Guatemala, in particolare, scandali di corruzione e di frode relativi al presidente Pérez Molina hanno
scatenato una crisi politica che ha portato quest'ultimo a dare le dimissioni.

Attività della Svizzera Il continente americano è d'importanza fondamentale per la Svizzera per il fatto che le due regioni condividono valori essenziali (diritti umani, democrazia) per il ruolo chiave che i diversi Paesi americani rivestono nelle questioni globali (tra cui la sicurezza, la stabilità e l'ambiente) e per l'importanza degli scambi economici. Per consolidare la propria posizione e sviluppare un'agenda condivisa, la Svizzera ha svolto consultazioni politiche con gli attori chiave: Argentina, Brasile, Cile, Costa Rica, Messico Perù e Stati Uniti. Durante l'anno in esame il capo del DFAE si è recato due volte in Messico e una volta a Cuba, al fine di trattare argomenti bilaterali e ottenere un sostegno su questioni multilaterali come l'ATT. In ottobre il segretario di Stato Rossier si è recato a Washington per trattare questioni di sicurezza e prevenzione del terrorismo. Tuttavia, in un'ottica di riduzione dei costi della sua rete all'estero, il DFAE si è visto costretto a procedere a una riorganizzazione che ha comportato la chiusura dell'Ambasciata di Svizzera in Paraguay (cfr. n. 3.7).

La Svizzera si è impegnata a favore di una migliore tutela dei diritti umani sia insieme agli Stati americani che all'interno dei Paesi che ne fanno parte. In questo

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spirito, nel 2015 ha rinnovato il suo partenariato con l'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) per sostenere l'attività del Relatore speciale sulla libertà di espressione. Questa organizzazione, presso cui la Svizzera possiede lo statuto di osservatore, costituisce la colonna portante del sistema interamericano dei diritti umani.

Poiché comprende tutti i Paesi americani ad eccezione di Cuba, può sviluppare un'azione moltiplicatrice e funge da leva all'azione della Svizzera. Altri progetti sono stati realizzati per via bilaterale (come la cooperazione con l'Argentina sulla rielaborazione del passato e in materia di prevenzione del genocidio) o mediante organizzazioni locali (come la realizzazione di uno studio sulla migrazione dei bambini dell'America centrale verso l'America del Nord, svolta in collaborazione con il Migration Policy Institute). Durante uno dei suoi viaggi in Messico, il capo del Dipartimento ha firmato una dichiarazione congiunta che costituisce un quadro per una cooperazione politica intensificata, in particolare in materia di diritti umani.

Conformemente alla sua strategia di politica estera 2012­2015, la Svizzera si è impegnata, insieme ai Paesi americani, a favore della stabilità nel mondo. Gli Stati Uniti hanno invitato la Svizzera a partecipare alla definizione di un piano d'azione globale volto a prevenire e contrastare lo sviluppo dell'estremismo violento. A febbraio il capo del Dipartimento ha partecipato al White House Summit, una conferenza tenuta a Washington dedicata a questa tematica (cfr. n. 3.3.6). In quest'occasione ha sottolineato gli effetti positivi che i progetti di formazione professionale e la creazione di opportunità d'impiego hanno nella prevenzione dell'estremismo. A ottobre 2015, il segretario di Stato Rossier e l'Under Secretary for Political Affairs hanno fatto il punto della situazione per quanto concerne le prospettive di soluzioni politiche in Ucraina e in Siria, il valore aggiunto apportato dalla Svizzera nel dialogo con l'Iran e il ruolo del nostro Paese nella prevenzione del terrorismo. Il Joint Working Group, piattaforma di dialogo politico tra il DFAE e lo State Department, consente di dare un seguito operativo a questa tematica e all'insieme delle relazioni bilaterali. In tal modo è possibile un dialogo aperto sia su temi che sono oggetto
di una cooperazione, che su temi le cui posizioni divergono o devono essere chiarite, come per esempio il rispetto delle convenzioni contro la tortura.

Tra l'altro, sul continente americano, la Svizzera ha accompagnato il disgelo delle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba, mettendo a disposizione i suoi servizi per permettere di superare ostacoli tecnici e amministrativi prima della ripresa delle relazioni diplomatiche tra questi due Paesi. In questo contesto, il 20 luglio, i mandati di protezione degli interessi tra i due Paesi, assunti dalla Svizzera, si sono ufficialmente conclusi dopo 54 anni (Stati Uniti a Cuba) e 24 anni (Cuba agli Stati Uniti). Tra il 1961 e il 1977, il mandato della Svizzera a Cuba aveva assunto un'importanza particolare e aveva richiesto intensi sforzi, in particolare nel 1962 durante la crisi dei missili. Il 14 agosto, invitato dal segretario di Stato americano Kerry, il consigliere federale Burkhalter ha partecipato alla cerimonia di riapertura dell'Ambasciata americana a L'Avana. Come primo consigliere federale a rendersi a Cuba ha reiterato la volontà della Svizzera di accompagnare il nuovo periodo che si apre per l'isola, ricordando in particolare che Cuba è un Paese prioritario per la DSC.

Ad Haiti, nel 2015 la Svizzera ha perseguito insieme all'OSA un progetto volto a universalizzare il registro civile. In un Paese dalle istituzioni fragili e dai rapporti tesi con il suo vicino, la Repubblica Dominicana, questo progetto ha rappresentato 580

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un contributo alla democrazia e alla stabilità. Sempre insieme all'OSA, la Svizzera ha preso parte ad alcune missioni di osservazione elettorale in Messico, ad Haiti e in Guatemala, promuovendo il buon funzionamento di questo meccanismo fondamentale della democrazia. In Colombia, la Svizzera ha inviato un esperto in giustizia di transizione per accompagnare la missione che dirige il processo di pace in occasione della smobilitazione dei paramilitari iniziata nel 2004.

Il partenariato con i Paesi americani ha permesso anche progressi su altri temi d'interesse globale. La Svizzera ha scelto di partecipare all'iniziativa americana Global Health Security Agenda, volta a prevenire e contrastare le malattie infettive.

Hanno avuto luogo contatti, sul posto, con gli Stati Uniti e Cuba, finalizzati ad affrontare l'epidemia di Ebola in Africa. Inoltre, un medico cubano colpito dal virus ha potuto essere curato a Ginevra e, a luglio, è stato sviluppato un vaccino sperimentale nel quadro di una cooperazione internazionale al quale hanno partecipato la Svizzera e gli Stati Uniti.

Nel 2015 gli Stati Uniti hanno continuato a essere un partner importante per la Svizzera: essi sono il secondo mercato d'esportazione per i prodotti svizzeri, con circa 29 miliardi di franchi di esportazioni nel 2014 (e un volume complessivo di scambi per 48 mia. di franchi). Il 9 luglio la Svizzera e gli Stati Uniti hanno firmato una dichiarazione d'intenti sulla formazione professionale.

Il Brasile, membro dei Paesi BRIC nonché del G20, rimane il partner commerciale principale della Svizzera nell'America latina. Insieme, i due Stati hanno continuato a intrattenere relazioni strategiche a livello politico ed economico. Presenza Svizzera (PRS) ha dedicato a questo Paese un programma di comunicazione che va dal periodo del Campionato mondiale di calcio (2014) a quello dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro (2016).

A livello multilaterale, la Svizzera ha partecipato al vertice dell'Alleanza del Pacifico, organizzato in Perù; questa partecipazione è stata l'occasione per presentare la sua proposta di dialogo negli ambiti dell'innovazione, della formazione professionale, delle dogane e dell'impronta idrica. Grazie al forte sostegno della presidenza brasiliana nel MERCOSUR, è stato instaurato un dialogo esplorativo tra l'Associazione
europea di libero scambio (AELS) e il MERCOSUR, con l'obiettivo di valutare le prospettive future di possibili negoziazioni di libero scambio.

Asia e Pacifico Il presente sottocapitolo soddisfa il postulato Aeschi 14.3263 «La Svizzera nell'era asiatica». Il rapporto sulla politica economica esterna 2015 offre spiegazioni più approfondite su alcune questioni economiche.

La Svizzera nell'era asiatica Crescente importanza dell'Asia La regione Asia-Pacifico diventerà sempre più il fulcro economico mondiale e questo comporterà anche un aumento della sua importanza in molti altri settori quali politica, scienza e innovazione, cultura e turismo. Nei 39 Stati della regione AsiaPacifico (Asia centrale esclusa) non soltanto vive il 60 per cento della popolazione mondiale (circa 4,4 miliardi) ma, ad esempio, vi si trovano anche la più grande 581

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democrazia (India), la nazione musulmana più popolosa (Indonesia), il Paese con le riserve monetarie più vaste (Cina) e sei Stati membri del G20 (Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone, India e Indonesia).

Ma soprattutto questa regione genera già quasi il 40 per cento del prodotto sociale lordo mondiale e persino i due terzi della crescita economica mondiale. Mentre la quota dell'Europa e degli Stati Uniti al prodotto sociale lordo mondiale decresce, quella dell'Asia aumenta incessantemente, sebbene la velocità della crescita in Cina stia rallentando e i Paesi più sviluppati della regione, membri dell'OCSE, presentino tassi di crescita relativamente bassi, tipici delle economie ormai sature: Giappone (terza economia mondiale, 1 %) Corea del Sud (3 %) e Australia (2,5 %). Contrariamente all'Europa e all'America, molte delle grandi economie dell'Asia, quali l'India (6­7 %), l'Indonesia (4­5 %), il Vietnam (5­6 %) o la Malaysia (4­5 %) e la stessa Cina (6,8 %) continuano a crescere di oltre il cinque per cento l'anno. Anche le economie meno sviluppate, tra cui il Bangladesh, da 15 anni con il sei per cento, crescono con una velocità superiore alla media. La regione Asia-Pacifico dovrebbe quindi rimanere la regione economicamente più dinamica, con scambi commerciali intra-asiatici che presentano una crescita smisurata.

Attualmente due delle cinque maggiori economie mondiali sono asiatiche e nel 2050 saranno presumibilmente quattro (Cina, Giappone, India e Indonesia, oltre agli Stati Uniti). Già nel 2030 l'India entrerà a far parte delle tre maggiori economie mondiali, accanto alla Cina e agli Stati Uniti. Nel 2050 ognuna di queste tre economie supererà le altre cinque maggiori economie messe insieme.

Ciò evidenzia il peso che avranno nel mondo non soltanto queste tre economie, ma tutta la regione Asia-Pacifico. Molti Paesi di questa regione si profileranno sempre più come attori globali e assumeranno la loro responsabilità anche nella soluzione delle problematiche transnazionali come la protezione dell'ambiente e il cambiamento climatico, la sicurezza e la governance economica mondiale. Non sarà più possibile trovare soluzioni sostenibili ai problemi globali in seno all'ONU, all'OMC o alle istituzioni di Bretton Woods senza la partecipazione di questi Stati e senza tenere conto dei loro interessi. In
questa nuova struttura del potere si assisterà alla nascita di un sistema fortemente multipolare e alla diminuzione relativa dell'influenza dell'Europa ­ anche se a lungo termine il reddito pro capite in Europa e negli Stati Uniti rimarrà nettamente più elevato rispetto a quello nella maggior parte dei Paesi asiatici.

La regione tra l'Hindu Kush e gli arcipelaghi dell'Oceano Pacifico è caratterizzata da una marcata diversità culturale, storica, sociale, politica ed economica e non, in primo luogo, da valori, norme e maniere europee. Una conoscenza approfondita e aperta dell'Asia e delle sue civiltà, anche mediante contatti interpersonali, permetterà di comprendere e inquadrare meglio gli sviluppi e le possibilità di questa regione e di reagire di conseguenza.

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Sfide in Asia Cambiamenti nella struttura del potere All'Asia non mancano le sfide che possono ripercuotersi sulla regione, sul mondo e sulla crescita economica. Già oggi gli sviluppi nella regione Asia-Pacifico sono fortemente marcati dalla (ri)ascesa, sotto il profilo economico ma vieppiù anche politico, della Cina quale potenza mondiale. Anche l'India sottolinea il proprio desiderio di assumersi maggiore responsabilità a livello internazionale, mentre, dal canto loro, gli Stati Uniti mantengono un ruolo centrale proprio nell'Asia orientale.

Questa situazione pone Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Russia e altri Stati in concorrenza tra loro per il potere. È quindi presumibile che cambiando la struttura del potere a favore dell'Asia gli Stati che diventeranno sempre più forti economicamente vorranno anche maggiore peso nelle organizzazioni e nei processi internazionali ma anche nel definirne le condizioni generali. È quindi necessario affrontare questi cambiamenti nel modo più pacifico possibile e nell'ambito di dialoghi, al fine di trovare un nuovo equilibrio.

Sicurezza Malgrado le interdipendenze economiche in Asia siano sempre più strette, negli ultimi anni le tensioni in particolare nel Mare cinese orientale si sono inasprite. Visto il crescente peso geostrategico e militare della Cina, questo conflitto inerente ai confini marittimi e ai relativi diritti di utilizzazione concernenti i giacimenti di petrolio e di gas nonché ai fondali minaccia l'equilibrio militare nella regione, assicurato finora anche dagli Stati Uniti. Questa situazione è fonte di grandi preoccupazioni all'interno e all'esterno dell'Asia. Nel maggio 2014, ad esempio, il confronto tra navi cinesi e vietnamite ha suscitato forti proteste, sfociate in atti di violenza in particolare contro le imprese cinesi nelle zone industriali del Vietnam. Se le controversie relative ai diversi gruppi di isole dovessero degenerare in un conflitto armato potrebbe essere pregiudicata la costante forte crescita economica nella regione, con grave ostacolo al trasporto di merci marittimo, poiché le vie navigabili centrali passano attraverso questa regione marittima. Inoltre, nei prossimi anni l'India reagirà alle insistenti mire di potere della Cina anche sull'Oceano indiano, rafforzando considerevolmente le sue forze navali.

La coesistenza
tra gli Stati asiatici è spesso ostacolata da tensioni aperte o latenti alle quali hanno contribuito anche diversi conflitti storici che non sono mai stati del tutto risolti (Cina/Giappone, Giappone/Russia, Corea/Giappone, India/Pakistan). Il decennale conflitto tra India e Pakistan continua a causare episodi di violenza alla frontiera controversa, impedendo l'integrazione regionale dell'Asia meridionale e limitando ancora fortemente lo scambio commerciale e l'infrastruttura tra i due Paesi e, più in generale, in quella regione, dove il mancato superamento dei conflitti provoca frequenti tensioni tra Corea del Sud, Cina e Giappone. Sulla penisola coreana le ostilità tra Corea del Sud e Corea del Nord, con quest'ultima in possesso di un arsenale nucleare che viola le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, rendono ancora difficile una riconciliazione. Anche la questione taiwanese rimane irrisolta.

Infine, il decennale conflitto in Afghanistan si è intensificato a causa del ritiro del grosso delle truppe internazionali, ritiro che nel 2015 ha favorito l'affermazione dello «Stato islamico».

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Altre sfide per l'Asia sono ad esempio l'inquinamento e lo sfruttamento abusivo delle risorse naturali, le catastrofi naturali e la notevole differenza tra i salari. A seconda dei Paesi vi si aggiungono la debole governance, l'instabilità politica interna e, soprattutto nell'Hindu Kush e talvolta nelle regioni vicine, l'estremismo violento e l'islamismo.

Il potenziale di conflitto e di aumento progressivo dell'impegno militare già menzionato, l'intenzione di assicurarsi i flussi commerciali e l'accesso alle fonti di materie prime e il desiderio di rafforzare la propria importanza politica a livello internazionale si sono tradotti in un considerevole riarmo militare. A differenza dell'Europa e di altre parti del mondo, l'Asia possiede pochi meccanismi e istituzioni interstatali o regionali che promuovono la diplomazia preventiva e la risoluzione pacifica dei conflitti. Contrariamente allEuropa, dopo la Seconda guerra mondiale, per motivi storici, geografici e strategici, nella regione Asia-Pacifico non vi sono stati tentativi seri di creare un'architettura inclusiva in materia di sicurezza analoga all'OSCE. I principali attori ostacolano la creazione di una simile architettura poiché per trattare le questioni legate alla sicurezza preferiscono perseguire un approccio bilaterale, piuttosto che impegnarsi in processi multilaterali. In Asia, difatti, il principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato è spesso considerato una priorità.

Integrazione regionale, in particolare nel settore economico In Asia si possono individuare tendenze all'integrazione motivate principalmente da fattori economici. I diversi partenariati economici a livello regionale e sovraregionale previsti o già esistenti si sovrappongono secondo differenti configurazioni spesso intricate e nella maggior parte dei casi procedono piuttosto a singhiozzo anche a causa del principio del consenso esercitato in maniera praticamente generalizzata.

Tuttavia, questi partenariati promuovono non soltanto contatti regolari a livello superiore, ma a lungo termine anche la cooperazione regionale e la creazione di un sistema di norme e meccanismi volto a risolvere le sfide transnazionali.

Con l'entrata in funzione il 31 dicembre 2015 della sua comunità economica («ASEAN Economic Community», AEC), l'ASEAN («Association of South East
Asian Nations») intende creare un mercato interno comune nel quale possono essere scambiati liberamente merci, investimenti, servizi, capitali e forza lavoro qualificata.

La realizzazione dell'AEC rimane un processo in corso che non si è ancora concluso e che sarà completato dagli altri due ambiti dell'integrazione dell'ASEAN nel settore della politica e della sicurezza nonché nel settore delle relazioni socioculturali.

Composta da Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam, l'ASEAN è di gran lunga la comunità regionale più avanzata dell'Asia. Vero motore dell'integrazione asiatica, il fulcro dell'ASEAN è completato da strutture regionali a geometria variabile quali l«ASEAN+3» (conferenza comune dei dieci Stati dell'ASEAN insieme a Cina, Giappone e Corea del Sud), l'«ASEAN+6» (ASEAN+3 più Australia, India, Nuova Zelanda), l'«East Asia Summit» (un vertice annuale dell'ASEAN+6 insieme a Russia e Stati Uniti su temi

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strategici) e l'«ASEAN Regional Forum» (ARF, per la promozione del dialogo sulla politica e la sicurezza nella regione)38.

Nel 2015, dopo sette anni di lavoro, si sono conclusi i negoziati per l'Accordo di partenariato transpacifico (Trans-Pacific Partnership Agreement, TPP) che comprende 12 Paesi. Su iniziativa degli Stati Uniti, hanno preso parte ai negoziati i seguenti Paesi della zona Asia-Pacifico: Giappone, Malaysia, Singapore, Vietnam, Brunei, Australia e Nuova Zelanda. L'accordo, che crea la zona di libero scambio più grande del mondo, deve ancora ottenere l'avallo di diversi parlamenti nazionali.

In futuro altri Stati potrebbero essere interessati ad aderire al TPP.

Coinvolgendo i suoi sei partner di libero scambio Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone, India e Nuova Zelanda (ASEAN+6), ma non gli Stati Uniti, l'ASEAN conduce inoltre il progetto di un partenariato economico regionale globale (Regional Comprehensive Economic Partnership, RCEP).

L'integrazione è finora meno avanzata rispetto a quella dell'ASEAN nelle altre organizzazioni asiatiche e transpacifiche quali la South Asian Association for Regional Cooperation (SAARC), il Pacific Island Forum (PIF), l'APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), con i suoi studi in corso per una «Free Trade Area of the Asia Pacific» (FTAAP), oppure la Shanghai Cooperation Organization (SCO), incentrata sulla cooperazione in materia di sicurezza e di economia tra l'Asia centrale e l'Asia orientale.

Situazione delle relazioni della Svizzera con la regione Asia-Pacifico Relazioni politiche e rete esterna La Svizzera intrattiene relazioni diplomatiche con i 39 Stati della regione AsiaPacifico. Gli interessi del nostro Paese vi sono rappresentati in loco in particolare da 17 ambasciate, sei consolati generali con altri consolati onorari, sette uffici di cooperazione della DSC, due uffici scientifici Swissnex nonché sette uffici di commercio (sei Swiss Business Hub e the Trade Office of Swiss Industries a Taiwan). Negli ultimi anni sono stati aperti l'ambasciata a Yangon (Myanmar, 2012) e, per promuovere anche le relazioni economiche, il consolato generale a Ho Chi Minh City (Vietnam, 2015). La fruttuosa collaborazione tra ricercatori e imprese provenienti dalla Svizzera e da Singapore ha permesso di chiudere nel 2015, dopo dieci anni di esercizio,
l'ufficio Swissnex a Singapore. La continuità delle attività è garantita da un ufficio per la formazione e la scienza presso l'ambasciata svizzera a Singapore. Vi si aggiungono le attività delle scuole svizzere a Singapore e Bangkok (Thailandia) nonché gli uffici di collegamento della Fondazione Pro Helvetia a Shanghai (Cina) e Nuova Delhi (India).

In linea di massima, le relazioni politiche tra la Svizzera e gli Stati asiatici-pacifici sono ottime e la sua immagine in Asia è molto positiva. A segnare in modo particolarmente durevole e positivo la percezione del nostro Paese nell'opinione pubblica asiatica sono gli elementi tradizionali quali la natura o i prodotti di qualità e di lusso (montagne, orologi, cioccolato ecc.). Anche il buongoverno, la stabilità politica e la 38

Sono membri dell'ARF i membri dell'East Asia Summit, il Bangladesch, l'Unione europea, il Canada, la Mongolia, la Corea del Nord, il Pakistan e lo Sri Lanka

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vicinanza delle istituzioni politiche ai cittadini, l'elevata qualità di vita e una marcata coscienza ambientale sono visti come punti forti della Svizzera. In questa parte del mondo apprezzano molto anche la nostra indipendenza e l'assenza di un passato coloniale e riconoscono il nostro successo politico ed economico, soprattutto la stabilità di elevato livello da lungo tempo. Infine, suscita interesse verso la politica svizzera il fatto che il nostro Paese arrivi ripetutamente, e con buoni voti, in testa alle classifiche internazionali come quello più innovativo e concorrenziale del mondo per l'efficiente contesto normativo, il buon sistema di formazione, l'eccellente infrastruttura, la protezione dell'ambiente, la qualità di vita e l'alto tasso di «felicità».

Relazioni economiche Le relazioni commerciali bilaterali tra Svizzera e Asia evolvono da anni in maniera molto dinamica e confermano lo spostamento da Occidente a Oriente del potere globale. Nel 2014 il 18,1 per cento delle esportazioni svizzere39 era destinato alla regione Asia-Pacifico (Europa: 58,1 %, America del Nord: 14,0 %, America latina: 3,2 %) ­ mentre solamente una decina di anni fa il mercato americano e quello asiatico avevano la stessa importanza. Nonostante il franco forte, negli ultimi dieci anni queste esportazioni hanno registrato una crescita significativa: l'Asia +78 per cento (per un volume totale di 35 miliardi di franchi nel 2014), la Cina +206 per cento (9 miliardi di franchi, già al sesto posto tra i partner commerciali della Svizzera e al terzo posto dopo l'UE e gli Stati Uniti), l'India +71 per cento (2 miliardi di franchi), rispetto all'Europa +23 per cento (per un volume totale di 121 miliardi di franchi) e all'America del Nord +78 per cento (per un volume totale di 29 miliardi di franchi).

Inoltre, nei prossimi anni l80 per cento della crescita mondiale della classe media avverrà nella regione Asia-Pacifico. Già nel 2030 la classe media della regione sarà cinque volte più grande di quella europea. Siccome la Svizzera e le sue imprese continueranno a godere di un'eccellente reputazione in Asia, la domanda di prodotti di elevata qualità e di lusso Made in Switzerland aumenterà notevolmente. Di conseguenza, accanto all'UE e agli Stati Uniti, questa regione acquisirà un'importanza sempre maggiore per l'economia
svizzera come mercato di vendita, piazza di investimento e produzione nonché come fonte di prodotti semilavorati industriali da trasformare in prodotti finiti. L'Accordo di libero scambio con la Cina ha già dato risultati positivi per i due Paesi, nonostante la crescita economica del gigante asiatico sia rallentata.

Anche il settore del turismo svizzero si rivolge sempre più al mercato asiatico. In dieci anni, il numero di pernottamenti di turisti provenienti dalla regione AsiaPacifico è raddoppiato, passando da due (2005) a quattro milioni (2014), pari all'11 per cento del totale dei pernottamenti (turisti svizzeri e stranieri) registrato in Svizzera. In particolare, in questo lasso di tempo, il numero di pernottamenti di turisti provenienti dalla Cina è più che sestuplicato (da 172 000 a 1 034 000) mentre il numero dei pernottamenti di turisti indiani è aumentato del 95 per cento (da 249 000 a 485 000). Turismo Svizzera si aspetta entro il 2022 due milioni di pernottamenti di 39

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Commercio estero senza metalli preziosi, pietre preziose e semipreziose, oggetti d'arte e antichità.

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turisti cinesi. Per sfruttare meglio questo potenziale di crescita nel turismo, è indispensabile offrire in Asia servizi che siano all'altezza della domanda. La Confederazione ha quindi aumentato il numero di uffici autorizzati a rilasciare visti turistici, in particolare trasferendo le procedure amministrative (ma non la vera e propria decisione di rilasciare il visto) a offerenti esterni. Diversi fornitori di prodotti svizzeri in Svizzera hanno inoltre sviluppato offerte mirate e adattate alle specificità culturali e alle attese dei turisti asiatici.

Collaborazione settoriale e tecnica Da alcuni anni la cooperazione con gli Stati della regione Asia-Pacifico si è fortemente sviluppata ed estesa a nuovi settori nonché a nuovi ambiti tecnici. La perizia e le competenze tecniche della Svizzera sono spesso molto apprezzate in questi Stati, poiché il nostro Paese è considerato un modello di successo. Talvolta la domanda di collaborazione tecnica supera addirittura le capacità della Svizzera.

La cooperazione tecnica bilaterale con i grandi Stati, come la Cina, verte praticamente su tutti i settori, mentre quella con gli Stati più piccoli si concentra su determinati settori. Concepita perlopiù come ponte tra gli scambi tecnici a livello ministeriale e i progetti operativi, copre numerosi settori: formazione, ricerca e innovazione, ambiente, diritti umani e democrazia, lavoro e occupazione, migrazione, sicurezza, sanità, cultura, trasporti ecc. Nel settore della scienza, l'Europa e l'America del nord dovrebbero continuare a svolgere un ruolo importante ancora per alcuni anni, ma l'Asia le sta raggiungendo. Nel settore della formazione numerosi Paesi asiatici manifestano inoltre un crescente interesse verso il modello di formazione professionale svizzero incentrato sulla pratica. In questi settori l'Asia continua a rimanere una regione prioritaria (in particolare Cina, Corea del Sud, Giappone e India) con un certo numero di compiti affidati alle rappresentanze svizzere sul posto. Inoltre, con quei quattro Paesi sono stati conclusi accordi bilaterali di cooperazione scientifica che mirano a sostenere la cooperazione tra i diversi attori del mondo scientifico (università, istituti di ricerca, imprese con un dipartimento di ricerca ecc.). Tra l'altro, negli ultimi anni delegazioni di giornalisti e altri
professionisti sono state invitate in Svizzera per scoprire i suoi punti forti nei settori della formazione, della ricerca e dell'innovazione. Infine, nel 2015, le tappe dell'aereo solare svizzero «Solar Impulse» sono state viste come un'occasione per presentare la competenza della Svizzera in questi settori e comunicare a favore delle tecnologie pulite («Cleantech»), dello sviluppo sostenibile e del nostro spirito pioneristico.

La Svizzera ha una lunga tradizione di cooperazione allo sviluppo e di aiuto umanitario con numerosi Paesi della regione Asia-Pacifico. In primo luogo, tale cooperazione concerne i Paesi prioritari della DSC (cooperazione regionale) quali Afghanistan, Bangladesh, Mongolia e Nepal, Myanmar, nonché il Mekong (programma regionale). In secondo luogo, la Svizzera sostiene programmi umanitari in Afghanistan, Pakistan, Sri Lanka (fino alla fine del 2015), Myanmar e Corea del Nord, ad esempio per i rifugiati e gli sfollati all'interno del Paese, si impegna nella ricostruzione o fornisce consulenza soprattutto nel settore della riduzione dei rischi legati a disastri. In terzo luogo, la SECO assicura la cooperazione allo sviluppo nel settore economico, in particolare nei Paesi prioritari come Indonesia e Vietnam. In quarto luogo, la Svizzera interviene (aiuto immediato) durante le catastrofi naturali che

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colpiscono regolarmente la regione Asia-Pacifico. Negli ultimi anni è stato ad esempio il caso delle inondazioni in Pakistan, dello tsunami in Thailandia, Sri Lanka e Indonesia, della triplice catastrofe in Giappone, del tifone Haiyan nelle Filippine o del terremoto in Nepal. In quinto luogo, i programmi globali della DSC continuano ad acquisire importanza, in particolare nel settore della protezione del clima, con iniziative in Cina e in India.

I diversi conflitti espliciti o latenti spingono la Svizzera a impegnarsi con tutti gli strumenti a sua disposizione nella regione Asia-Pacifico per sostenere la sicurezza umana e la promozione della pace. Dal 1953, ad esempio, la Svizzera fa parte della Commissione di supervisione delle nazioni neutrali (Neutral Nations Supervisory Commission, NNSC) sulla penisola coreana per favorire la pace e la stabilità. In Thailandia, dopo i tumulti sanguinosi del 2010 e il colpo di Stato militare del 2014, la Svizzera si è servita dei buoni contatti con le parti in conflitto per promuovere la riconciliazione, il ritorno della democrazia e l'attuazione di un processo di pace tra i ribelli e il governo, nel sud del Paese. In Sri Lanka, il cambio di governo verificatosi all'inizio del 2015 offre le migliori possibilità da molti anni a questa parte per lanciare riforme e avviare un processo di riconciliazione. Grazie ai numerosi anni di impegno, la Svizzera ha potuto ristabilire buoni contatti con il nuovo governo, i partiti tamil, la diaspora e altri attori chiavi e facilitare l'organizzazione di incontri tra gli ex belligeranti del conflitto civile (inclusa la diaspora). Ha così permesso di compiere i primi passi verso la riconciliazione e il decentramento. Nelle Filippine la Svizzera, che si impegna a favore della risoluzione del conflitto passato, ha apportato un contributo significativo all'elaborazione del progetto di legge Bangsamoro Basic Law. In Nepal, dalla firma dell'accordo di pace, un esperto svizzero sostiene le parti nella difficile attuazione dell'accordo, impegnandosi nel processo costituzionale, in particolare nelle discussioni sulla struttura federale dello Stato e sulla riforma del settore della sicurezza. In Myanmar il nostro Paese ha aiutato i partiti politici a elaborare un codice di condotta che ha notevolmente contribuito alle elezioni libere
e imparziali nel 2015. Ha inoltre consigliato il governo e i gruppi etnici nel processo di pace, scaturito nella firma di un ampio accordo di cessate il fuoco.

Infine, ha sostenuto il progetto di dialogo tra il governo e i rappresentanti dei separatisti della Papua occidentale.

Nell'ambito della sua politica dei diritti umani la Svizzera si è impegnata considerevolmente nella regione Asia-Pacifico. Sul piano multilaterale mantiene una solida attività nelle istituzioni dell'ONU e ha anche sviluppato progetti di cooperazione con l'ASEAN e l'ASEM. Sul piano bilaterale, con Cina e Vietnam esiste un dialogo istituzionalizzato sui diritti umani, svolto dalle capitali su base annua. Con l'Indonesia il dialogo è organizzato direttamente lì dall'Ambasciata di Svizzera a Giacarta. Nei progetti concreti che realizza in questo settore in Asia, la Svizzera fa affidamento anche sulla società civile locale e sulle ONG.

Desiderosa di rafforzare la sua cooperazione regionale con i Paesi del Sud-est asiatico, nel 2015 la Svizzera ha chiesto di essere riconosciuta come partner di dialogo settoriale dell'ASEAN. Già oggi la Svizzera ha un'ambasciatrice accreditata presso l'ASEAN, a Giacarta, e nel 2012 ha aderito agli incontri Asia-Europa (Asia Europe Meeting, ASEM) come Stato membro. Da allora, partecipa regolarmente, al più alto livello (presidente della Confederazione o capo del Dipartimento degli affari esteri), 588

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ai summit e agli incontri dei ministri degli affari esteri di questo forum intergovernativo informale, il più importante al mondo per il dialogo e la cooperazione tra l'Europa e l'Asia. Partecipa inoltre agli incontri ministeriali specializzati (cultura, lavoro e formazione) dell'ASEM e, nell'ambito del forum, sostiene i progetti relativi ai propri settori prioritari (p. es. diritti umani, gioventù e sviluppo sostenibile).

Membro della Banca asiatica di sviluppo (ADB) fin dal 1967, nel 2015 la Svizzera è anche divenuta membro fondatore della Banca asiatica di investimento per le infrastrutture (Asian Infrastructure Investment Bank, AIIB). Inoltre, è membro di diversi forum regionali, come il gruppo internazionale di contatto per l'Afghanistan e il Pakistan (International Contact Group on Afghanistan and Pakistan, ICG).

L'intensità e la frequenza dei contatti mostrano che nei confronti della regione AsiaPacifico la Svizzera persegue una politica che mira a rafforzare le relazioni istituzionali bilaterali, approfondisce la collaborazione con gli istituti regionali chiave e consolida una presenza solidale.

Strategia della Svizzera per l'Asia Vista la crescente importanza della regione Asia-Pacifico, la Svizzera ha interesse a integrare questa tendenza storica e ad approfondire le sue relazioni con gli Stati della regione in tutti i settori. In qualità di Paese che vanta una politica estera indipendente e universale, una buona integrazione nella comunità internazionale e imprese attive nel mondo intero, la Svizzera deve cogliere le opportunità offertegli da questa regione dinamica. Non si tratta soltanto di migliorare le condizioni quadro economiche, ma pure di esplorare nuove forme di collaborazione bilaterale e multilaterale e di costituire partenariati nell'interesse reciproco, anche al fine di affrontare le sfide globali.

A tale scopo, la Svizzera persegue una strategia di politica estera per l'Asia che si basa su tre grandi pilastri: 1)

rafforzamento delle relazioni bilaterali;

2)

rafforzamento della presenza nei forum regionali;

3)

sostegno solidale a favore dello sviluppo, della pace e dei diritti umani, compresi l'aiuto umanitario in situazioni di emergenza.

1) Rafforzamento delle relazioni bilaterali Il primo pilastro strategico consiste nell'intensificare gli scambi con gli Stati della regione Asia-pacifico a favore di contatti bilaterali più numerosi e sistematici. Si tratta dunque non soltanto di curare i contatti con i tre grandi partner, ossia Cina, Giappone e India, ma anche di sviluppare in modo mirato le relazioni con gli Stati medi e piccoli della regione, che continuano ad acquisire importanza come partner politici ed economici a tutti i livelli: regionale, mondiale, bilaterale e multilaterale. A tal fine, la Svizzera ha instaurato negli ultimi anni un dialogo politico, ogni anno o ogni due anni, con numerosi Stati della regione Asia-Pacifico. Dal 2012 sono stati firmati Memorandum of Understanding (Protocolli d'intesa) con Bangladesh, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Singapore, Myanmar e Nepal, e altri sono in preparazione. La distanza geografica tra la Svizzera e la regione Asia-Pacifico richiede una maggiore cura delle relazioni per poter difendere efficacemente i nostri 589

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interessi e per trovare partner interessati a discutere di questioni specifiche a livello bilaterale o multilaterale. Dialoghi politici a intervalli regolari con gli Stati della regione facilitano inoltre l'attuazione di una politica estera coerente e consente di far valere le proprie richieste e di prendere in considerazione quelle del partner a intervalli regolari, di portare avanti i dossier difficili, di raggrupparne, di identificare le possibilità di sviluppo della cooperazione bilaterale o multilaterale e infine di intrattenere contatti ad alto livello.

Oggi le priorità del Consiglio federale in materia di politica economica esterna e di diplomazia commerciale non vertono più soltanto su alcuni grandi Paesi come Cina e Giappone, bensì anche su altri mercati emergenti. La Svizzera persegue quindi accordi di libero scambio con tutti i Paesi emergenti a forte crescita della regione (ad es. Filippine, India, Indonesia, Malaysia, Thailandia e Vietnam). Questi accordi sono tanto più rilevanti se i Paesi interessati presentano condizioni di mercato difficili e lo Stato di diritto è ancora poco sviluppato. È quindi necessario anche non perdere di vista le conseguenze che avranno i grandi spazi economici transpacifici e transatlantici previsti.

Il Consiglio federale si impegna anche a rafforzare le condizioni istituzionali generali, soprattutto così: sviluppando convenzioni di protezione degli investimenti e contro le doppie imposizioni, rafforzando la cooperazione nel settore della proprietà intellettuale, concludendo accordi di cooperazione scientifica, approfondendo gli scambi nel settore della migrazione (compresa la cooperazione in materia di riammissione) e infine, stipulando accordi in materia di assistenza giudiziaria.

Esistono inoltre con i partner importanti quali Cina, India e Indonesia commissioni economiche miste alle quali partecipano rappresentanti del settore privato e che si riuniscono periodicamente per approfondire determinanti temi economici e domande bilaterali. Si instaurano inoltre altri dialoghi tecnici, ad esempio nel settore della proprietà intellettuale (p. es. con la Cina).

Data la crescente importanza dell'Asia anche per l'industria finanziaria, per un duplice scopo la Svizzera persegue un dialogo finanziario regolare con più Stati del G20 (Australia, Cina, India e
Giappone) e con grandi piazze finanziarie (Singapore e Hong Kong): armonizzare le posizioni difese nelle organizzazioni internazionali competenti e discutere di questioni bilaterali. Nel dialogo finanziario con la Cina la discussione verte ad esempio sul ruolo della Svizzera in quanto mercato offshore del renminbi. Nella sua veste di presidente del G20 nel 2016, il Paese asiatico invita la Svizzera a partecipare ai lavori di gruppo nel settore finanziario (G20 Finance Track), riflettendo così le strette relazioni che uniscono i due Paesi in questo settore.

La Svizzera si impegna inoltre ad approfondire le relazioni con gli Stati partner asiatici nell'ambito dell'attuazione della norma mondiale di scambio automatico di informazioni. In questo contesto, si solleva una questione particolarmente interessante per la Svizzera: come si comporteranno le piazze finanziarie asiatiche più importanti come Singapore e Hong Kong di fronte agli accordi di scambio automatico di informazioni che, in linea di massima, hanno riconosciuto?

La cooperazione bilaterale proseguirà negli stessi settori trattati finora: formazione, ricerca e innovazione, trasporti, sanità, ambiente, migrazione, sicurezza, diritti umani, lavoro e occupazione, cultura ecc. Ormai, tuttavia, non si tratta più di garan-

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tire un trasferimento delle conoscenze dalla Svizzera agli Stati destinatari, ma piuttosto di promuovere l'applicazione dei processi di apprendimento reciproco. Le competenze tecniche degli Stati della regione dell'Asia-Pacifico continuano in effetti a svilupparsi e si prospettano sempre più utili per la Svizzera.

La cooperazione della Svizzera con gli Stati della regione dell'Asia-Pacifico che condividono gli stessi valori è ancora perlopiù mirata, tranne alcune eccezioni, come in seno all'OMC e sulle questioni di protezione dell'ambiente e del clima. Oggi come oggi, nei temi sui quali il nostro Paese si impegna fortemente a livello multilaterale (p. es. sicurezza umana, promozione della pace, disarmo nucleare e politica ambientale sostenibile), rispetto all'Europa o alle Americhe nella regione AsiaPacifico gli è difficile trovare Stati che difendano le sue stesse idee. Tuttavia, la politica estera multilaterale di molti Stati della regione è chiaramente in divenire, anche se in futuro dovrebbe svilupparsi la cooperazione sulle questioni trattate a livello multilaterale.

Come già menzionato, per attuare la sua strategia per l'Asia la Svizzera si serve della sua rete di rappresentanze piuttosto ben sviluppata. È quindi indispensabile che esse siano sufficientemente dotate di personale, onde poter affrontare il carico di lavoro in costante aumento provocato dal dinamismo della regione Asia-Pacifico e difendere così in modo efficace gli interessi del nostro Paese. La crescita economica e turistica delle relazioni bilaterali si traduce inoltre nell'incremento del numero di domande di visti e dei casi di protezione consolare di cittadini svizzeri nella regione (assistenza giuridica, rapimenti, urgenze mediche).

Anche in Asia la comunicazione internazionale contribuisce a tutelare gli interessi del nostro Paese, ad accrescerne la visibilità e a presentarlo come innovativo ma rispettoso delle proprie tradizioni. Essa ne illustra inoltre a un vasto pubblico di riferimento asiatico i punti forti, la diversità e l'attrattiva, nonché ciò che sta a cuore alla Svizzera e le posizioni politiche. Vi contribuiscono anche il lavoro culturale delle rappresentanze svizzere e della Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, con le sue antenne a Shanghai e Delhi, che fa conoscere gli operatori culturali
svizzeri nella regione e rende loro accessibile nuove reti.

2) Rafforzamento della presenza nei forum regionali Pur essendo ancora nettamente meno organizzate, ad esempio, di quelle europee, nondimeno le istituzioni regionali e subregionali dell'Asia costituiscono il nucleo intorno al quale si svilupperà la futura cooperazione regionale e dove se ne decideranno i meccanismi e i partenariati. La Svizzera deve quindi cercare di avvicinarsi alle organizzazioni che presentano un interesse particolare per lei. Attualmente esamina la possibilità di rafforzare il suo impegno presso l'ASEAN e aspira inoltre a partecipare regolarmente, in qualità di osservatore, alle riunioni del Forum delle isole del pacifico (Pacific Island Forum, PIF), un'organizzazione regionale che raggruppa 14 Stati insulari del Pacifico nonché l'Australia e la Nuova Zelanda. Per contro, è al momento possibile soltanto parzialmente un avvicinamento all'Associazione dell'Asia del sud di cooperazione regionale (South Asian Association for Regional Cooperation, SAARC) che riunisce otto Stati dell'Asia del Sud, il più grande dei quali è l'India, poiché l'Associazione desidera dapprima definire con più precisione lo statuto di osservatore.

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3) Sostegno solidale a favore dello sviluppo, della pace e dei diritti umani, compresi l'aiuto umanitario in situazioni di emergenza Mediante la sua cooperazione allo sviluppo, generale ed economica, il suo aiuto umanitario e il suo impegno nei settori della sicurezza umana e della promozione della pace, la Svizzera sottolinea la sua volontà di rimanere solidale agli Stati della regione Asia-Pacifico sostenendoli nei loro sforzi profusi per uno sviluppo prospero e orientato ai valori e apportando rapidamente soccorso nelle situazioni di emergenza. In futuro l'accento sarà posto maggiormente sugli strumenti di cooperazione globale e sulla mediazione per la pace. A tale scopo, anche il consigliere federale Didier Burkhalter ha già offerto in varie occasioni i buoni servizi e la competenza della Svizzera in questi settori, anche per quanto riguarda la sicurezza cooperativa.

Attuazione della strategia per l'Asia Il DFAE e le rappresentanze svizzere sul posto, in stretta collaborazione con gli altri dipartimenti, verificheranno periodicamente la situazione in Asia per fare sì che la Confederazione tragga vantaggio dal potenziale e dalle opportunità offerte dalla regione Asia-Pacifico.

Sviluppi nella regione L'anno scorso in Asia orientale è stato contraddistinto dalle commemorazioni per il 70° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. L'evento ha condotto a un moltiplicarsi delle tensioni regionali in relazione con la gestione dell'eredità della guerra e a un divampare dei nazionalismi. Un vertice «trilaterale» tra i Capi di Stato di Cina, Giappone e Corea del Sud, svoltosi a novembre a Seoul, ha tuttavia consentito di stemperarle. L'ultimo vertice trilaterale risale a oltre tre anni e mezzo prima.

Quanto alle controversie nel Mare cinese meridionale, le Filippine hanno portato la questione innanzi alla Corte permanente di arbitrato dell'Aia. Da parte loro, per manifestare pubblicamente la propria preoccupazione per la libertà della navigazione, in estate gli Stati Uniti hanno inviato una troupe televisiva nel Mare cinese meridionale e in ottobre hanno dislocato navi da guerra nelle acque rivendicate dalla Cina. La visita di Stato del presidente cinese Xi Jinping a settembre negli Stati Uniti non ha apportato progressi significativi alla soluzione della vicenda.

Mentre ad agosto, in
seguito a gravi incidenti verificatisi lungo la linea di demarcazione, le due Coree si dichiaravano in stato di guerra imminente, i loro governi sono riusciti rapidamente a giungere a un accordo in sei punti e ad arginare così le tensioni. Grazie all'accordo è stata ripresa timidamente la questione del ricongiungimento della famiglie separate dalla guerra e sono state poste le basi per nuovi colloqui tra i due Stati nemici. Parallelamente alle commemorazioni per la presa di potere del Partito dei lavoratori, a settembre il regime di Pyongyang ha annunciato di avere riattivato le installazioni del suo principale complesso nucleare.

In Giappone, la vittoria alle elezioni della formazione politica del primo ministro Abe gli ha consentito, contro la volontà di un ampio strato della popolazione, di fare passare in Parlamento una legge che in casi particolari autorizza l'invio all'estero di truppe giapponesi. Il concetto di autodifesa collettiva, fortemente criticato da vari Stati confinanti, permetterà al Giappone di intervenire all'estero a sostegno dei suoi

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alleati, innanzitutto negli Stati Uniti, con i quali ad aprile sono stati rafforzati i trattati di cooperazione militare, nel senso della politica dell'«obiettivo sull'Asia» voluta da Washington.

Nel 2015 in Asia sono stati realizzati alcuni progressi sul fronte della democrazia.

Mentre la Mongolia commemorava il 25° anniversario delle prime elezioni libere, dopo un cambiamento politico nello Sri Lanka sono stati conseguiti progressi democratici. Il presidente Sirisena è stato eletto a gennaio e il suo governo di coalizione è stato confermato ad agosto in occasione delle elezioni legislative. Il nuovo governo ha immediatamente avviato importanti riforme democratiche per riconciliare i gruppi di popolazione nel Paese. In ambito ONU, è stato nel contempo avviato un dialogo sulla gestione del passato. Nonostante il devastante terremoto di aprile in Nepal a settembre, dopo un lungo processo durato sette anni, è stata adottata una nuova Costituzione che prevede un Nepal federalista e garantisce lo Stato di diritto. Sebbene la sua messa in atto non sia priva di problemi, il testo spiana la strada verso un Paese democratico. A novembre si sono tenute in Myanmar elezioni democratiche che confermano l'impegno del governo sulla via di riforme e di un'apertura. In settembre ha avuto luogo in Australia un cambio di governo, ma al potere è rimasta la stessa maggioranza politica. La formazione del governo in Afghanistan dopo le elezioni del 2014 è stata invece lunga e difficile: soltanto sette mesi dopo essere stato insediato il presidente ha finalmente avuto a disposizione, in aprile, un governo operativo. Dopo il ritiro della maggior parte delle truppe internazionali i Talebani e anche i gruppi alleati con l'ISIS hanno potuto gradualmente ampliare il proprio ambito di potere soprattutto nelle zone rurali del Paese. A settembre/ottobre, per la prima volta dal 2001, i Talebani hanno nuovamente conquistato una grande città. Per finire, in Thailandia il progetto di nuova Costituzione presentato dal governo è stato respinto dal Comitato delle riforme nazionale, il che sposta all'orizzonte temporale 2017 il ritorno alla democrazia nel Regno.

Attività della Svizzera Un anno dopo l'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio la Svizzera e la Cina hanno tenuto ad agosto la prima riunione del comitato misto,
incentrata sugli effetti positivi dell'accordo sugli scambi commerciali nei due sensi, nonostante il rallentamento dell'economia cinese. In ambito finanziario, sono stati portati avanti gli sforzi per fare della Svizzera un «centro offshore» della valuta cinese, il renminbi. A gennaio è stato firmato un accordo tra le banche centrali e la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf e il consigliere federale Johan Schneider-Ammann si sono recati in Cina rispettivamente a febbraio e a giugno. In occasione del suo viaggio a Pechino, il capo del DEFR ha firmato per la Svizzera il documento di fondazione della Banca asiatica di investimento per le infrastrutture (Asian Infrastructure Investment Bank, AIIB). A gennaio, durante la visita in Svizzera del primo ministro Li Keqiang, sono state rafforzate le relazioni politiche e diplomatiche, di cui nel 2015 si è celebrato il 65° anniversario. A settembre, durante la sua visita in Cina, il consigliere federale Alain Berset ha firmato un accordo di sicurezza sociale e una dichiarazione d'intenti procedurale in materia di cooperazione culturale. Oltre alla Commissione economica mista, si sono svolti come previsto i dialoghi tematici tra i due Paesi su finanze, diritti umani, proprietà intellettuale, questioni del lavoro e dell'impiego e le consultazioni su questioni del diritto internazionale pubblico. Per 593

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finire, nel dossier migratorio sono stati realizzati progressi con la firma di un accordo sulla soppressione reciproca dell'obbligo del visto per i titolari di un passaporto diplomatico e la conclusione di una convenzione sull'identificazione di presunti cittadini cinesi che soggiornano illegalmente in Svizzera.

Dopo essere stata sostituita alla presidenza dell'OSCE, nel 2015 la Svizzera ne ha presieduto il Gruppo di contatto sull'Asia, la cui conferenza annuale si è svolta a giugno in Corea del Sud. Per prepararla al meglio, a margine di conferenze internazionali il capo del DFAE ha incontrato in precedenza due volte il suo omologo sudcoreano per discutere questioni di sicurezza cooperativa in Asia. A luglio, durante il suo viaggio a Seul, la consigliera federale Doris Leuthard ha rafforzato le cooperazioni bilaterali nel settore dell'ambiente e delle tecnologie verdi.

A ottobre il segretario di Stato Mauro Dell'Ambrogio si è recato a Daejeon, Corea del Sud, e ha rappresentato la Svizzera al primo incontro dei ministri della scienza OCSE dal 2004. Dopo l'incontro, il nostro Paese è stato votato nella presidenza del Comitato OCSE, incaricato di implementare le decisioni adottate.

Il dialogo politico con la Corea del Nord si è tenuto a novembre a Berna con all'ordine del giorno, fra l'altro, i «diritti umani rafforzati». Ad agosto si è svolto un incontro preparatorio sull'argomento tra il ministro degli affari esteri nordcoreano e il segretario di Stato Yves Rossier.

A marzo il consigliere federale Didier Burkhalter si è recato in Giappone per partecipare alla Conferenza mondiale dell'ONU sulla riduzione dei rischi di catastrofe, cogliendo l'occasione per tenere colloqui bilaterali con il suo omologo nipponico.

In occasione della visita ufficiale del ministro degli affari esteri della Mongolia a novembre sono state confermate le approfondite relazioni tra la Svizzera e quel Paese, in particolare mediante l'avvio del dialogo sulle questioni della neutralità e della mediazione.

A maggio il consigliere federale Schneider-Ammann ha visitato l'India con una delegazione dell'economia e dell'innovazione e prima anche la Commissione economica mista si è incontrata a Nuova Delhi per la 14a tornata di colloqui. A settembre il segretario di Stato Rossier ha ricevuto il Foreign Secretary indiano per una
visita di lavoro a Berna, dove a metà settembre si è svolto il terzo incontro del Comitato scientifico congiunto (Indo Swiss Joint Committee on Science & Technology).

Obiettivo della visita di due giorni a marzo del consigliere federale Burkhalter nello Sri Lanka è stato in particolare di stabilire un contatto con il nuovo governo e di rafforzarne i piani di riforma e gli sforzi di riconciliazione, offrendo il sostegno della Svizzera a tale scopo. In quell'occasione è stato ricevuto dal presidente, dal primo ministro e dal ministro degli esteri. Ha inoltre visitato il nord del Paese, dove si è fatto un'idea dell'impegno della Svizzera nel settore della riabilitazione e della ricostruzione. A fine settembre, a margine della 70a Assemblea generale dell'ONU a New York, la presidente della Confederazione Sommaruga ha incontrato per un colloquio il presidente dello Sri Lanka Sirisena. Questo primo incontro al massimo livello ha offerto l'occasione per consolidare positivamente il presidente nel suo corso di riforme e di riconciliazione e per segnalare il nostro interesse in un rafforzamento e in un rilancio delle relazioni bilaterali.

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La Svizzera ha reagito immediatamente al devastante terremoto di aprile in Nepal e, vista questa catastrofe, ha inviato numerosi esperti, principalmente nei settori medicina, acqua, alloggio e logistica nelle regioni maggiormente colpite. Ha inoltre sostenuto la popolazione colpita con una grande quantità di beni di prima necessità, acquistati in loco o forniti a partire dalla Svizzera. Oltre a 5 milioni di franchi di aiuto immediato, la DSC ha investito 20 milioni di franchi per la ricostruzione. Alla Conferenza internazionale per la ricostruzione svoltasi a giugno a Kathmandu hanno partecipato anche rappresentanti della DSC.

Un'ulteriore tornata del dialogo politico con il Bhutan si è svolta a maggio e ha offerto l'occasione per festeggiare il trentennale dall'inizio dei rapporti diplomatici tra i due Stati. Con il Bangladesh, nell'ambito delle relazioni bilaterali, a marzo si è svolta a Dhaka la seconda tornata complessiva del dialogo politico.

Nel 2015 le relazioni bilaterali con Singapore sono diventate particolarmente intense. A febbraio la presidente della Confederazione Widmer-Schlumpf ha visitato la Città-Stato per preparare la prima tornata del dialogo finanziario, che si è poi svolto a maggio. Alla fine di quel mese il consigliere federale Didier Burkhalter ha visitato Singapore, dove alla Conferenza sulla sicurezza regionale «Shangri-La Dialog» ha parlato delle esperienze della Svizzera durante l'anno di presidenza OSCE. Ha inoltre incontrato il ministro degli esteri Shanmugam e il primo ministro Lee Hsien Loong per avere colloqui sulle relazioni bilaterali. La visita di lavoro della consigliera federale Leuthard a luglio è stata nel segno delle questioni energetiche e climatiche e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

Nell'ambito della preparazione delle prime elezioni di transizione in Myanmar, la Svizzera ha contribuito a facilitare i negoziati e ha trasmesso un codice di condotta tra i partiti politici. Esso contiene l'impegno volontario di svolgere una campagna elettorale leale ed elezioni pacifiche. Dopo decenni di regime militare e di conflitti armati locali, questo accordo tra i partiti politici è stato particolarmente significativo.

Con la visita di lavoro a marzo in Indonesia il consigliere federale Burkhalter ha potuto stabilire il contatto con il
governo del presidente Joko Widodo, insediatosi nell'autunno del 2014. I temi centrali dell'incontro di lavoro sono stati l'intensificazione delle relazioni bilaterali con il Paese del G20 nei settori dell'economia e della sicurezza cooperativa, il rafforzamento del quadro giuridico (assistenza giudiziaria, protezione degli investimenti) e la pena di morte. Un'ulteriore tornata del dialogo politico e della Commissione economica mista con l'Indonesia si è svolta a novembre a Berna.

Ad aprile, fra l'altro per sostenere i negoziati di libero scambio tra AELS e Indonesia, la segretaria di Stato Ineichen-Fleisch si è recata a Giakarta. Successivamente ha visitato la Malaysia, dove erano parimenti in agenda i negoziati di libero scambio.

Anche con il Vietnam, un importante partner della Svizzera nell'Asia sudorientale, nel 2015 è stato possibile coltivare intense relazioni. In occasione della sua visita a giugno il consigliere federale Burkhalter ha aperto a Ho Chi Minh City il nuovo Consolato generale di Svizzera. A Hanoi si è incontrato con due vice primi ministri per, fra l'altro, sostenere i negoziati di libero scambio in ambito AELS. Dei negoziati di libero scambio si è inoltre potuto discutere a settembre a Berna durante un incontro di lavoro tra il consigliere federale Schneider-Amman e un altro vice pre595

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mier vietnamita. A settembre è stato possibile realizzare con il Laos la terza tornata del dialogo politico e a dicembre hanno avuto luogo consultazioni politiche con Australia, Nuova Zelanda e Figi.

A novembre il consigliere federale Burkhalter ha preso parte in Lussemburgo all'incontro dei ministri degli esteri dell'Incontro Asia-Europa (Asia-Europe Meeting, ASEM).

Vicino Oriente e Africa settentrionale Sviluppo nella regione L'ondata di contestazioni iniziata in Tunisia nel 2011 per poi propagarsi nell'insieme dei Paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente non ha avuto gli effetti attesi: la speranza di cambiamenti e riforme, reclamati un po' ovunque da popolazioni animate da un forte desiderio di libertà e dignità rispetto a poteri autoritari, sono rimaste per lo più inesaudite.

Nell'anno in esame, le violenze armate si sono moltiplicate in diversi Paesi della regione. In Siria, la guerra che vede scontrarsi il regime, i ribelli, i curdi e gli jihadisti non ha avuto tregua (sono oltre 250 000 le persone uccise dall'inizio delle ostilità nel 2011). Il conflitto militare nello Yemen si è ulteriormente intensificato in seguito all'inizio delle incursioni aeree da parte dell'Arabia Saudita il 26 marzo. Di fronte alle migliaia di vittime dei combattimenti tra i ribelli sciiti Houthi e le forze governative fedeli al presidente Hadi, l'ONU si è vista costretta a decretare il massimo livello di emergenza umanitaria. In Iraq, la situazione della sicurezza è rimasta molto precaria. L'incapacità del primo ministro di fare adottare dai deputati diversi progetti di legge ha contribuito a instaurare un clima di profonda diffidenza tra le tre comunità sciita, curda e sunnita. Si sono tenute diverse negoziazioni con i principali attori politici libici, in particolare a Ginevra sotto l'egida dell'ONU. Questi incontri hanno alimentato la speranza di creare un governo unitario nazionale, ma hanno rivelato disaccordi importanti. Sul posto, i combattimenti hanno continuato a dilagare, trascinando la Libia e tutta la zona del Sahel in una grave situazione di caos. A questi diversi focolai aperti si aggiunge infine l'espansione del gruppo «Stato islamico» (ISIS) che durante tutto l'anno ha perseguito il suo obiettivo di instaurare un «califfato» a cavallo tra l'Iraq e la Siria, sostenuto da diversi
movimenti estremisti che gli hanno promesso fedeltà.

Sul piano bilaterale, le negoziazioni israelo-palestinesi, sospese da aprile 2014, non hanno dato alcun segno di ripresa. Da maggio il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahou è a capo di una coalizione fragile e di uno dei governi di più estrema destra nella storia del Paese. Per quanto riguarda la Palestina, il presidente Mahmoud Abbas ha dovuto affrontare una profonda crisi politica da cui ne è uscito indebolito. Non è stato in grado di far riconciliare politicamente il suo partito, Fatah, al potere in Cisgiordania, e il partito di Hamas, che controlla la striscia di Gaza.

Sul piano economico nel 2015 si constata un basso livello di investimenti nella regione, riconducibile a fattori che frenano la crescita dei Paesi esportatori ­ come il protrarsi dei conflitti, l'instabilità politica e il basso prezzo del petrolio ­ e alle riforme che avanzano a un ritmo relativamente lento. Il tasso di disoccupazione si è

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mantenuto a un livello elevato e per la prima volta in 4 anni tutti gli Stati della regione registrano un deficit.

Questo scenario piuttosto cupo non deve però indebolire la portata dell'accordo sul nucleare iraniano, firmato a Vienna il 14 luglio. Per quanto non siano ancora facili da misurare, le ripercussioni diplomatiche ed economiche sono potenzialmente numerose: innanzitutto l'accordo potrebbe sancire l'eventuale inizio di una cooperazione più aperta tra gli Stati Uniti e l'Iran sulle crisi in Siria e in Iraq.

Attività della Svizzera Per tutto l'anno la Svizzera ha svolto intense attività nella regione. Considerata un attore neutro e credibile, nel 2015 ha mantenuto un ritmo elevato di contatti regolari.

Visite di lavoro nell'Africa settentrionale, in Medio Oriente o in Svizzera hanno permesso di tenere un gran numero di dialoghi politici, in particolare con l'Iran, l'Oman, il Kuwait, l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Israele e l'Autorità palestinese. Il 9 marzo, tra l'altro, la Svizzera ha accolto a Berna in visita ufficiale il presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas. In occasione della 28ª sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra, il capo del DFAE ha incontrato anche, il 2 marzo, il suo omologo libanese, Gebran Bassil, e la ministra delegata presso il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione marocchino, Mbarka Bouaida.

Il 19 e il 20 ottobre, il capo del DFAE si è recato in Giordania, dove ha visitato in particolare la scuola An-Nahdah ad Amman e il campo di rifugiati di Azraq, due progetti sostenuti dalla Svizzera. Ha anche discusso riguardo alla crisi siriana con Nasser Judeh, il suo omologo giordano, durante la Conferenza mediterranea dell'OSCE.

Dall'inizio del conflitto in Siria a marzo del 2011, con la sua estensione in Iraq e l'apparizione dell'organizzazione estremista ISIS, la situazione umanitaria ha subito un continuo deterioramento. In questo contesto, nel 2015 la Svizzera ha aumentato il suo budget per l'aiuto umanitario in Siria e in Iraq di 30 milioni di franchi: 178 milioni di franchi sono stati stanziati a favore delle vittime della crisi siriana e 20 milioni di franchi a favore delle vittime della crisi irachena. Quasi la metà dell'importo stanziato per la crisi in Siria servirà a rafforzare l'aiuto e la protezione della popolazione
in Siria mentre la parte restante sarà destinata all'aiuto nei Paesi vicini.

Sul piano politico, la Svizzera ha perseguito il suo sostegno alla missione dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, che ha avviato a Ginevra una serie di discussioni con i protagonisti del conflitto e gli attori internazionali direttamente coinvolti. È stata inoltre incaricata di dirigere uno dei gruppi di lavoro creati per rilanciare il dialogo sulla situazione in Siria. Infine nel quadro dell'Assemblea generale e del Consiglio dei diritti umani dell'ONU ha invitato il Consiglio di sicurezza a deferire gli autori di crimini di guerra o di crimini contro l'umanità alla Corte penale internazionale (CPI) affinché non restino impuniti, a qualunque fronte appartengano.

Per quanto riguarda lo Yemen, a giugno e a dicembre si sono tenute consultazioni sostenute dall'ONU, senza tuttavia scaturire in un accordo. L'obiettivo di queste discussioni era porre fine al conflitto tra i ribelli Houthi e le forze fedeli al presidente in esilio, Hadi. La Svizzera ha sostenuto questa iniziativa in linea con la sua politica 597

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di ricerca di una soluzione politica al conflitto yemenita. Dall'inizio del 2015 il contributo umanitario della Svizzera per questo Paese è ammontato a dieci milioni di franchi.

A causa della precaria situazione della sicurezza in Libia, l'Ambasciata di Svizzera è stata temporaneamente chiusa il 31 luglio 2014. In assenza di progressi significativi in ambito politico e di sicurezza, è rimasta chiusa anche nel 2015. La Svizzera rimane dell'opinione che l'unica soluzione durevole alla crisi in Libia risieda in negoziati. A tale proposito ha sostenuto l'impegno del Rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU per la Libia e, pertanto, le trattative di pace organizzate durante l'anno tra le parti libiche al conflitto. L'intervento elvetico nel Paese dipende dal miglioramento della situazione della sicurezza, ma la Svizzera spera di proseguire le sue attività che comprendono innanzitutto la transizione democratica, la promozione dei diritti umani, la migrazione e la protezione della popolazione.

Nel Vicino Oriente, nonostante la sospensione totale delle negoziazioni israelopalestinesi, la Svizzera ha ricordato al presidente Abbas, in occasione della venuta in Svizzera di quest'ultimo, la sua intenzione di portare avanti l'impegno politico e umanitario a favore di una soluzione a due Stati, nonché di operare attivamente a favore della pace nella regione. Durante l'incontro le due parti hanno inoltre potuto avere uno scambio su temi in cui la Svizzera è particolarmente attiva e in cui svolge un ruolo di mediatrice, ossia da una parte il processo di riconciliazione interpalestinese tra l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e Hamas e dall'altra le attività a favore di una soluzione globale e durevole al conflitto. Il 13 ottobre 2015, durante un incontro a Berna, il consigliere federale Burkhalter ha incoraggiato l'iniziativa di Ginevra a rafforzare le seguenti priorità: sollecitare l'impegno della comunità internazionale per la soluzione a due Stati, stimolare la riconciliazione tra le fazioni palestinesi e intensificare le attività con la minoranza araba e i giovani.

Per quanto riguarda l'Iran, a giugno la Svizzera ha accolto favorevolmente la conclusione dell'Accordo di Vienna del gruppo 5+1 (anche denominato 3+3: Cina, Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Germania)
e le autorità di Teheran riguardante il programma nucleare iraniano e l'abolizione progressiva delle sanzioni economiche. Questo accordo si fonda su due tappe preliminari la cui negoziazione si è svolta in Svizzera: la prima a Ginevra il 24 novembre 2013, nel quadro di un piano d'azione comune, la seconda, stabilita da una dichiarazione comune dell'Iran e dell'Unione europea il 2 aprile 2015 a Losanna. Quest'ultima è servita in seguito come quadro generale per la firma dell'Accordo di Vienna.

In un contesto caratterizzato da una situazione demografica e condizioni economiche tese in tutta la regione e da conflitti in Siria, in Iraq, nello Yemen, in Libia e in tutta la zona del Sahel, nel 2015 le pressioni migratorie si sono intensificate. La Svizzera ha seguito con attenzione l'evoluzione della situazione, in modo da poter sostenere, insieme a tutti i partner coinvolti a livello internazionale, la gestione efficace dei flussi di popolazione sfollata o rifugiata. Finora il nostro Paese ha accolto 10 000 persone originarie della Siria e ha consentito a inizio marzo a oltre 3000 rifugiati siriani in più di entrare in Svizzera. Infine, il 18 settembre, il Consiglio federale ha deciso che la Svizzera avrebbe partecipato al primo programma europeo di ripartizione (ricollocamento) di 40 000 persone da proteggere, adottato a luglio dall'UE 598

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(cfr. n. 3.2.1). Nel contesto attuale, il ricollocamento indica il trasferimento di richiedenti l'asilo già registrati in uno Stato firmatario della Convenzione di Dublino in un altro Stato firmatario. Questo approccio ha l'obiettivo, nei periodi di forte afflusso, di alleggerire gli Stati confrontati con picchi di domande alle frontiere esterne della zona Schengen. La Svizzera accoglierà fino a 1500 persone già registrate in Italia o in Grecia. Con questa decisione partecipa allo sforzo di solidarietà intrapreso in Europa. Le persone ammesse a questo titolo saranno calcolate nel contingente di 3000 persone da proteggere, la cui accoglienza era stata decisa a marzo. Gli altri posti rimangono disponibili nel quadro del programma di ricollocamento dei rifugiati e per i visti umanitari.

Africa subsahariana Sviluppi nella regione Le sfide legate alla crescita demografica sono in continuo aumento nell'Africa subsahariana, una regione di un miliardo di abitanti la cui età media è inferiore a 20 anni. L'urbanizzazione, la mobilità interafricana e l'emigrazione verso altri continenti sono divenuti così fenomeni di portata globale. Al contempo l'Africa subsahariana è la regione del mondo che nel 2015 e negli anni precedenti ha conosciuto il più elevato tasso di crescita economica. Alcuni dei suoi Paesi dimostrano progressi notevoli, mentre altri sono soggetti all'arbitrarietà e colpiti dalla corruzione, conseguenze di gravi lacune in materia di Stato di diritto.

L'epidemia di Ebola, dilagata in Africa occidentale nel 2014 e che avrebbe potuto produrre gravi conseguenze per quanto riguarda la sicurezza, l'alimentazione e l'economia, ha potuto essere arginata durante l'anno passato. È notevole che non sia stato segnalato quasi nessun nuovo contagio di virus nei tre Paesi più colpiti, ossia Liberia, Sierra Leone e Guinea, nonostante vi siano uno o due medici ogni 100 000 abitanti e i sistemi sanitari siano estremamente poco sviluppati.

Anche nel 2015, dal Mali alla Somalia, le questioni legate alla sicurezza hanno ancora minato la pace e la stabilità di una parte del continente africano. Nonostante sia stata costituita una forza di cooperazione militare tra cinque Paesi della regione, la setta «Boko Haram» ha continuato a imperversare nella zona. Le milizie islamiste armate «Al-Shabab» in Somalia e diversi
gruppi jihadisti in Mali hanno continuato ad attaccare regolarmente le forze governative e internazionali e hanno commesso attentati terroristici. Ormai questi pericoli oltrepassano le frontiere del continente in quanto alcune di queste organizzazioni hanno giurato fedeltà all'ISIS e si riforniscono in Vicino Oriente. Nonostante alcuni accordi di pace firmati nel 2015 e le norme relative alla transizione, il Sudan del Sud e la Repubblica centrafricana sono passati da un armistizio all'altro senza però giungere a soluzioni politiche chiare. In Mali, infine, l'accordo di pace firmato tra il governo e i gruppi separatisti non è stato in grado di evitare nuovi attacchi terroristici nel Paese.

Il 2015 è stato comunque un anno importante per la democrazia in Africa, con elezioni generali organizzate in una quindicina di Stati. Anche se le elezioni in Burundi hanno scatenato una profonda crisi, lo svolgimento corretto e senza intoppi dei processi elettorali in Nigeria, Costa d'Avorio e Tanzania è stato la prova del buon funzionamento delle istituzioni di questi Stati e ha contribuito alla stabilità regionale.

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Attività della Svizzera Con le sue attività la Svizzera sostiene processi di pace in diversi Paesi africani, sia attraverso programmi di sviluppo che contribuiscono a migliorare la governance, le condizioni quadro e l'organizzazione delle elezioni, che con la partecipazione a missioni di osservazione elettorale dell'UE e dell'Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF). Nel 2015 sono stati inviati osservatori elettorali svizzeri in Nigeria, Costa d'Avorio, Tanzania e Burkina Faso. A marzo il segretario di Stato Rossier si è recato in Burundi per uno scambio con tutti gli importanti attori politici. Vista la situazione in Burundi, preoccupante e marcata dalla violenza, riconducibile a un malfunzionamento sul piano politico e istituzionale, la Svizzera ha effettuato un intervento concertato nell'ambito della sua politica di pace, del suo impegno diplomatico e del suo aiuto allo sviluppo.

In Africa la Svizzera si è impegnata anche per una cooperazione più intensa e istituzionalizzata con le organizzazioni regionali. A maggio ha avuto luogo il primo incontro formale con l'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Intergovernmental Authority on Development, IGAD), dopo che nel 2014 nel Corno d'Africa era stato firmato un memorandum d'intesa volto a rafforzare la cooperazione tra la Svizzera e l'IGAD in materia di sicurezza alimentare, migrazione, pace e sicurezza nonché scienza. Nel 2015 la Svizzera ha svolto le procedure necessarie affinché fosse accreditato un ambasciatore presso la Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale (Southern Africa Development Community, SADC), un'organizzazione alla quale appartengono 15 Stati e il cui obiettivo è promuovere la crescita economica, la pace e la sicurezza sulla via dell'integrazione dei Paesi dell'Africa meridionale. Già in precedenza la DSC, in collaborazione con il segretariato del SADC, aveva realizzato progetti volti a promuovere la sicurezza dei prodotti alimentari e la salute. Le relazioni tra la Svizzera e la Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (CEDEAO) sono caratterizzate dal molteplice sostegno nei settori della politica di pace, nel campo elettorale e nell'economia rurale. Infine, la Svizzera ha portato avanti trattative con l'Unione africana (UA), alla quale appartengono 54 Stati del continente, in vista della firma
di una dichiarazione bilaterale d'intenti.

Il lavoro dell'Amministrazione federale nella regione del Sahel è coordinato nel quadro dell'orientamento strategico dell'impegno svizzero nel Sahel 2014­2018. La Svizzera prosegue il suo intenso scambio politico in questa regione sensibile e svolge diverse attività. Dunque la DSC ha ampliato le sue attività di aiuto umanitario nelle regioni controllate da Boko Haram. Anche in Niger e in Ciad hanno avuto luogo diversi progetti nel campo della cooperazione allo sviluppo, in particolare iniziative volte a impedire la radicalizzazione dei giovani nelle regioni confinanti con la Nigeria. Il viaggio del segretario di Stato Rossier in Niger ha dimostrato in che misura la Svizzera agisce per la sicurezza e lo sviluppo socioeconomico di questo fragile Paese. Pochi mesi prima delle elezioni presidenziali nigerine e in un contesto influenzato dalla presenza di Boko Haram nel nord del Paese, la visita ha permesso di reiterare il sostegno svizzero al Niger e alle più alte istanze del Paese e di avviare diversi partenariati nel campo della cooperazione e in quello della politica di pace. In Mali la Svizzera ha sostenuto l'attuazione dell'accordo di pace tramite misure complementari per promuovere la decentralizzazione del potere, la riconciliazione e la rielaborazione del passato.

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La politica di avvicinamento e diversificazione della Svizzera nei confronti dell'Africa si sviluppa anche sul piano bilaterale nell'intento di rafforzare le relazioni con i più importanti Stati dell'Africa subsahariana. A questo scopo in primavera il consigliere federale Burkhalter ha incontrato i ministri degli affari esteri del Ghana e dell'Angola e ha firmato con loro dichiarazioni d'intenti bilaterali volte a stabilire regolari consultazioni politiche. Un documento simile è in preparazione per stabilire una cooperazione politica più intensa anche con il Mozambico.

A luglio è stato firmato con l'Etiopia un accordo quadro per l'aiuto umanitario e per una cooperazione tecnica e finanziaria. Esso prevede una maggiore cooperazione in materia di sicurezza alimentare, gestione delle risorse naturali, sviluppo sociale, protezione dei rifugiati e degli sfollati interni. All'inizio di ottobre ha avuto luogo a Friburgo il primo gruppo di consultazioni politiche, in cui è stato possibile aprire le trattative di un accordo bilaterale sul divieto della doppia imposizione e discutere delle sfide regionali e nella politica di migrazione, che hanno un impatto sulla Svizzera. A fine ottobre la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga ha effettuato una visita di due giorni in Etiopia. Il tema principale dei dialoghi con il presidente e il primo ministro dell'Etiopia sono state le questioni relative alla migrazione, il federalismo e le relazioni economiche bilaterali. Un piccolo gruppo di rappresentanti delle PMI ha accompagnato la delegazione ufficiale ad Addis Abeba.

Nonostante un rallentamento dell'economia, il Sudafrica rimane il Paese più influente del continente africano. L'appartenenza ai Paesi BRIC e al G20 gli conferiscono lo status di potenza regionale sul piano internazionale. A livello bilaterale, il Paese intrattiene uno scambio periodico con la Svizzera. All'inizio dell'anno in esame il ministro delle risorse minerarie è venuto in visita a Berna, mentre la consigliera federale Leuthard si è recata in Africa. Questi incontri hanno consentito un dialogo sulla politica energetica e climatica. A marzo ha avuto luogo a Pretoria il sesto giro di consultazioni ad alto livello tra il segretario di Stato Rossier e il viceministro degli affari esteri. In questa occasione si è deciso di istituire
un sottogruppo di lavoro espressamente per la cooperazione multilaterale nel settore dei diritti umani. I primi frutti di questa cooperazione si sono visti già in ottobre, quando la Svizzera ha presentato una risoluzione sull'abolizione mondiale della pena di morte, con il pieno sostegno politico e diplomatico del Sudafrica. Dopo le visite del segretario di Stato Dell'Ambrogio a Johannesburg e Città del Capo, nel 2015 la cooperazione economica bilaterale è stata intensificata ed è stato condotto il dialogo nell'ambito della formazione professionale.

Grazie alle consultazioni politiche e al dialogo sul tema della migrazione, la cooperazione con la Nigeria diventa più importante. In occasione delle elezioni federali del 2015, una delegazione della commissione elettorale nigeriana è venuta in visita in Svizzera per conoscere meglio il nostro sistema elettorale. A Lagos proseguono come pianificato i lavori per l'imminente apertura di un Consolato generale di Svizzera: si trova in un immobile gestito congiuntamente con la Danimarca e tra i suoi compiti vi è in particolare quello di sostenere le imprese svizzere sul posto.

Anche ad Abuja l'Ambasciata di Svizzera e quella di Danimarca sono ospitate nello stesso immobile, mentre in Angola da luglio l'Ambasciata di Svizzera ha sede nei locali dell'Ambasciata dei Paesi Bassi (cfr. n. 3.7).

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Una delegazione di scienziati di alto livello si è recata in Costa d'Avorio e in Guinea per rafforzare la cooperazione tra le istituzioni svizzere e i partner dell'Africa occidentale, in particolare con l'ausilio del Centre suisse de recherche scientifique nei pressi di Abidjan.

La Svizzera è una piazza internazionale per il commercio di materie prime.

L'Amministrazione federale s'impegna a svolgere queste attività nel rispetto della dignità umana, della democrazia e dell'ambiente. A questo scopo il DFAE esorta i Paesi africani ricchi di materie prime a rispettare i Principi volontari sulla sicurezza e i diritti umani (Voluntary Principles on Security and Human Rights, VP), volti a introdurre migliori standard nel settore delle materie prime. Dalla fine del 2015 la Svizzera accompagna l'Angola e il Ghana nell'introduzione di queste norme.

Infine la Svizzera ha lanciato diverse iniziative a favore dell'abolizione della pena di morte in Africa, tra l'altro in Madagascar e nello Zimbabwe. Anche negli incontri presidenziali tra la Svizzera e il Benin, il 19 novembre, è stata richiesta un'azione regionale di lobbying a favore dell'abolizione della pena di morte nell'Africa occidentale.

Francofonia Le priorità svizzere all'interno dell'Organizzazione internazionale della Francofonia (OIF) sono la promozione della pace, della democrazia e dei diritti umani, come pure l'educazione, la formazione e l'integrazione dei giovani. Esse corrispondono agli obiettivi dei nuovi testi strategici approvati in occasione del vertice di Dakar a novembre 2014.

La Svizzera contribuisce ai grandi eventi francofoni, come l'organizzazione della 41a sessione dell'Assemblea parlamentare della francofonia (APF) che si è tenuta a Berna a luglio. Con i 650 parlamentari presenti, quest'edizione ha battuto il record di partecipazione. La Svizzera vi si adopera per ottenere visibilità e continuerà a farlo in occasione del vertice che si terrà nel 2016 in Madagascar e dell'ottava edizione dei Giochi della Francofonia, che avranno luogo in Costa d'Avorio nel 2017.

L'incontro, avvenuto durante l'APF, tra il consigliere federale Burkhalter e la nuova segretaria generale dell'OIF, Michaëlle Jean, è stato l'occasione per confermare l'importanza di questa organizzazione per le candidature svizzere. I voti dei Paesi africani francofoni,
infatti, sono stati decisivi per eleggere la Svizzera come sede del Trattato sul commercio delle armi (ATT), soggetto trattato durante il seminario regionale sul disarmo umanitario organizzato ad Abidjan e sostenuto dal DFAE.

Durante l'anno in esame, la Svizzera ha sostenuto la designazione dell'ex presidente della Confederazione Pascal Couchepin quale inviato speciale dell'OIF per la regione dei Grandi Laghi e per una missione di valutazione in Burundi. Ha anche messo un'esperta svizzera a disposizione dell'OIF per seguire il processo elettorale in Burkina Faso e continuerà anche in futuro a partecipare a missioni elettorali e ad attività di mediazione nei Paesi in crisi nelle regioni francofone.

In materia di formazione professionale e integrazione dei giovani, la Svizzera sostiene anche l'invio di esperti per favorire il sistema di formazione professionale in Senegal, azione intrapresa sulla base di un accordo bilaterale firmato in occasione del Vertice della Francofonia a Dakar nel 2014. Per quanto riguarda invece la for602

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mazione accademica, la Svizzera beneficia di una presenza marcata in Africa con l'impegno del Politecnico federale di Losanna, in cooperazione con università africane per lo sviluppo di corsi online la cui certificazione è stata resa possibile grazie a un partenariato concluso con l'Agenzia universitaria della Francofonia (AUF).

Inoltre, la Svizzera è all'origine di una risoluzione che prevede la partecipazione dei giovani francofoni ai vertici e alle conferenze ministeriali dell'OIF.

3.4.2

L'ONU e la Ginevra internazionale

L'impegno per la pace e la sicurezza nel contesto dell'ONU Come già negli anni passati, la Svizzera si è offerta come Paese ospitante per dialoghi di pace di diverse parti in conflitto. Infatti nel 2015 a Ginevra, sotto l'egida dell'ONU, sono stati realizzati diversi processi di pace per i conflitti in Siria, Libia e Yemen. Durante il giro di dialoghi sul nucleare in Iran tenutisi a Losanna nel mese di marzo sono stati raggiunti progressi essenziali sul piano ministeriale, che costituiscono un contributo decisivo al processo complessivo. Anche in altri settori relativi alla prevenzione di conflitti la Svizzera fornisce validi contributi, come il finanziamento di un esperto nella mediazione nell'ufficio del direttore generale dell'ONU a Ginevra o il finanziamento alla «Maison de la Paix», che è diventato un apprezzato luogo d'incontro. La scelta di Ginevra come sede del Segretariato del Trattato sul commercio delle armi (ATT, cfr. n. 3.3.3) farà sì che quest'ufficio svolga il suo lavoro in un ambiente ottimale. Grazie a queste attività la Svizzera è stata in grado di rafforzare in modo considerevole il ruolo di colonna portante della politica di sicurezza che vanta la Ginevra internazionale.

Nel contesto della Commissione per il consolidamento della pace dell'ONU la Svizzera ha proseguito attivamente il suo impegno come presidente della Configurazione Burundi e come membro della Configurazione per la Repubblica centrafricana. Considerato il difficile contesto in cui si sono svolte le elezioni in Burundi durante l'estate, la Configurazione ha dovuto confrontarsi con sfide che le hanno però permesso di rivestire un ruolo di piattaforma di dialogo. Il nuovo capo della missione a New York ha continuato a portare avanti senza interruzioni l'impegno tradizionale della Svizzera.

Tra le priorità della politica svizzera nel contesto dell'ONU rientra anche la candidatura per il Consiglio di sicurezza. A questo proposito nel 2015 il Consiglio federale ha approvato e trasmesso al Parlamento il rapporto sulla candidatura della Svizzera a un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU nel periodo 2023­ 2024. Il rapporto confermava che un seggio della Svizzera nel Consiglio di sicurezza è compatibile con la sua neutralità e che un tale mandato aprirebbe al nostro Paese particolari possibilità per
contribuire alla pace, alla sicurezza e a un ordine internazionale giusto, per promuovere i suoi interessi e i suoi valori, per contribuire alla risoluzione di conflitti e per assumere la propria responsabilità con i propri mezzi, sulla base della sua politica estera autonoma.

La tematica della criminalità organizzata assume sempre più importanza in diversi forum internazionali come pure nel quadro dell'ONU e delle sue agenzie specializzate. Ad aprile, a Doha, ha avuto luogo il Congresso delle Nazioni Unite sulla pre603

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venzione del crimine e la giustizia penale (UN Congress on Crime Prevention and Criminal Justice), il cui tema è stato la creazione dello Stato di diritto per promuovere lo sviluppo sostenibile. La dichiarazione finale del congresso ha stabilito le priorità per i prossimi cinque anni, tra cui la lotta contro la corruzione negli organi di polizia e giustizia, la promozione della partecipazione delle donne in queste istituzioni e la cooperazione con la società civile nella prevenzione contro la criminalità.

La Svizzera ha sfruttato il congresso come piattaforma per promuovere l'obiettivo 16 dell'Agenda 2030 (società pacifica e inclusiva).

In occasione dei dibattiti la Svizzera ha sottolineato l'importanza di una cooperazione internazionale efficiente (anche riguardo al rimpatrio di valori patrimoniali) e si è impegnata per compiere ulteriori passi nella lotta contro la tratta e il traffico di esseri umani e per una più intensa cooperazione nella lotta contro la criminalità organizzata.

Assemblea generale dell'ONU Le svariate attività dell'Assemblea generale dell'ONU ruotano intorno all'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile che ha potuto essere approvata dopo tre anni di lavori preliminari. Per i prossimi 15 anni essa costituirà un quadro di riferimento mondiale completo per le attività dell'ONU nel campo dello sviluppo sostenibile. La Svizzera s'impegna a favore di diverse priorità tematiche e per sviluppare un meccanismo di controllo (cfr. n. 3.4.3). Il mandato di vicepresidente del Consiglio economico e sociale dell'Organizzazione dell'ONU (Economic and Social Council, ECOSOC) affidatole a luglio per la durata di un anno ha permesso alla Svizzera di ampliare il suo impegno in questo ambito e le consentirà di partecipare alla riforma del sistema di sviluppo dell'ONU, il cosiddetto dibattito «fit for purpose». Nel quadro delle discussioni sul budget la Svizzera ha agito in modo costruttivo affinché l'ONU lavorasse con la massima efficienza possibile e affinché disponesse delle risorse sufficienti per l'attuazione dei compiti che le sono attribuiti.

Diritti umani e Consiglio dei diritti umani Il Consiglio dei diritti umani con sede a Ginevra rimane l'organo più importante all'interno del sistema dell'ONU nell'ambito dei diritti umani. Ha un'importanza fondamentale per l'attuazione degli obiettivi
della politica estera. Le attività del Consiglio in crescita esponenziale sono un segno evidente del suo successo, ma hanno anche conseguenze negative: da un lato il Consiglio rivela i suoi limiti e dall'altro rivela una grave carenza di finanziamento nelle attività relative ai diritti umani nel sistema dell'ONU. Nonostante la promozione e la tutela dei diritti umani siano uno dei pilastri dell'ONU, a queste attività è destinato solo circa il tre per cento del budget regolare. Pertanto la Svizzera si è impegnata in trattative relative al budget affinché la quota dell'ONU destinata ai diritti umani fosse maggiore nella pianificazione del 2016­2017.

A ottobre l'Assemblea generale dell'ONU ha eletto la Svizzera come membro del Consiglio dei diritti umani per il periodo 2016­2018. Già in passato la Svizzera è stata, per ben due volte, membro di questo organo. In ogni caso nell'anno in esame il nostro Paese, pur non essendo membro, si è attivato intensamente per rafforzare la questione dei diritti umani sul piano istituzionale e tematico, ad esempio tramite 604

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attività volte a creare il mandato di un Relatore speciale sul diritto alla protezione della sfera privata. Questa figura deve studiare il rispetto della sfera privata nell'era digitale in un'ottica dei diritti umani. La Svizzera ha agito anche a favore del prolungamento del mandato di un Relatore speciale sul tema dei diritti umani e dell'ambiente. Inoltre, è stata tra i promotori in occasione della negoziazione di una risoluzione del Consiglio dei diritti umani che colloca la pena di morte nel contesto del divieto di tortura e di trattamento o pene inumane e degradanti. Visto che il Consiglio dei diritti umani nel 2016 compirà dieci anni, la Svizzera ha organizzato a maggio in Norvegia uno scambio in occasione del quale profondi conoscitori del sistema dei diritti umani dell'ONU hanno avuto modo di discutere sulle conquiste e sulle sfide del Consiglio dei diritti umani e su eventuali miglioramenti da apportare.

Le proposte elaborate possono influire positivamente sul funzionamento del Consiglio. Come Stato ospite del Consiglio dei diritti umani e dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, è nell'interesse della Svizzera che queste istituzioni funzionino in modo efficiente.

UNESCO Nell'anno in esame l'Organizzazione per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) si è mobilitata per far fronte al problema della distruzione intenzionale di istituzioni culturali e della loro strumentalizzazione per scopi bellici tra l'altro in Siria, in Iraq o nello Yemen. La Svizzera ha intrapreso con l'UNESCO un dialogo riguardo all'utilizzo di rifugi destinati a proteggere i beni culturali stranieri in Svizzera. La base legale per questi «depositi protetti» atti a custodire i beni culturali è la legge federale del 20 giugno 201440 sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati, catastrofi e situazioni d'emergenza (LPBC), entrata in vigore il 1° gennaio 2015. Per potenziare la partecipazione svizzera in questo ambito è attualmente in corso l'elaborazione di un'iniziativa che stabilisca un coordinamento interdipartimentale.

Nel quadro dell'Agenda 2030 l'UNESCO è responsabile dell'obiettivo di formazione e contribuirà alla realizzazione di ulteriori obiettivi nei suoi settori di competenza, ossia scienza, cultura, comunicazione. La Svizzera ha partecipato attivamente
all'elaborazione del Quadro d'azione per la formazione 2030, che ha potuto essere approvato nel 2015.

Riforme istituzionali La Svizzera ha sostenuto le diverse iniziative volte a rendere più moderna ed efficiente l'amministrazione dell'ONU. Si è dedicata in particolare a realizzare un processo mirato, efficiente e strategico riguardante la pianificazione e la definizione del budget; quest'azione di realizzazione di riforme è proseguita nel contesto di uno studio specialistico avviato dalla Svizzera in collaborazione con altri otto Paesi.

Alcune raccomandazioni hanno già avuto ripercussioni concrete sulle discussioni svolte all'interno del comitato dell'Assemblea generale dell'ONU che si occupa di questioni finanziarie e di budget, in particolare i dibattiti sul funzionamento, l'indipendenza e le condizioni di lavoro dell'Advisory Committee on Administrative and Budgetary Questions, l'importantissimo comitato competente in questioni 40

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amministrative e finanziarie. Sono stati oggetto del dibattito anche gli strumenti dell'ONU per far fronte al rischio di cambio e d'inflazione. La Svizzera figura al diciassettesimo posto tra i finanziatori delle Nazioni Unite per quanto riguarda il budget ordinario e al quattordicesimo posto per quanto riguarda il finanziamento delle operazioni di mantenimento della pace, pertanto dispone di importante voce in capitolo.

Nell'anno in esame gli Stati membri o gli organi esterni hanno esaminato approfonditamente anche le missioni di pace dell'ONU, l'architettura del consolidamento della pace dell'ONU e l'ambito tematico «donne, pace e sicurezza» (Risoluzione 1325). La Peace Operations Review è riuscita a trovare nuovi mezzi per dotare le operazioni di mantenimento della pace di strumenti adatti alle attuali condizioni quadro e per raggiungere più efficacemente gli obiettivi stabiliti. A febbraio la Svizzera ha invitato a Ginevra la commissione competente per la verifica delle operazioni di pace. In questo modo ha potuto richiamare la sua attenzione su diverse questioni relative alla prevenzione dei conflitti, sulla cooperazione all'interno di tutto il sistema dell'ONU e sulla protezione della popolazione civile, nonché promuovere lo scambio tra il panel e le organizzazioni presenti a Ginevra, in particolare quelle che operano nel campo umanitario. Inoltre la Svizzera si è impegnata per migliorare le condizioni quadro politiche e istituzionali delle cosiddette missioni politiche speciali dell'ONU. Queste assumono sempre più importanza ed è opportuno dar loro una base istituzionale più solida.

Nell'ambito del consolidamento della pace la Svizzera ha partecipato attivamente all'organizzazione del processo di esame facendo valere le sue priorità, ad esempio il tema della cooperazione tra l'ONU e la Banca mondiale. Si è inoltre impegnata affinché nella verifica dell'architettura del consolidamento della pace fosse presa in considerazione la prospettiva delle agenzie dell'ONU a Ginevra. A questo proposito ha sostenuto un processo di riflessione sul consolidamento della pace diretto da una piattaforma, la Geneva Peacebuilding Platform. La Svizzera ha partecipato con contributi sostanziali alla verifica della risoluzione 1325 dell'ONU, che nel 2015 ha compiuto 15 anni, e a settembre ha organizzato a Ginevra
una conferenza su questa tematica. Tra il 2015 e il 2017 inoltre la Svizzera stanzierà circa 16 milioni di franchi all'anno a favore di UN Women, l'agenzia dell'ONU per la parità e il rafforzamento della posizione delle donne.

Nel quadro della riforma del Consiglio di sicurezza la Svizzera ha diretto il cosiddetto gruppo ACT (accountability, coherence, transparency), i cui 27 membri si impegnano per il continuo miglioramento dei metodi di lavoro. È una richiesta tradizionale della Svizzera quella di migliorare le possibilità di partecipazione di quegli Stati che non sono membri del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Nel 2015 il gruppo si è occupato, tra l'altro, dell'elaborazione di un codice di condotta riguardante le votazioni da parte dei membri permanenti e non permanenti in caso di atrocità di massa.

Candidature e presenza svizzera nelle organizzazioni internazionali La presenza di cittadini svizzeri nelle istanze internazionali, considerata in termini di quantità e di qualità, garantisce la tutela degli interessi del nostro Paese. Anche nell'anno in esame è stata sostenuta la candidatura di cittadini svizzeri nelle organizzazioni internazionali. Infatti Martin Steinacher è stato nominato nuovo direttore 606

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dell'amministrazione dell'Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN).

È la prima volta da circa 20 anni che la Svizzera ricopre uno dei posti più alti nell'organizzazione. Roger Hermann, collaboratore presso l'Amministrazione federale delle dogane è stato nominato direttore dell'ufficio regionale europeo per lo sviluppo delle capacità dell'Organizzazione Mondiale delle Dogane (OMD) per la regione Europa a Baku. Inoltre la Svizzera è stata scelta come sede della segreteria dell'ATT a Ginevra (cfr. n. 3.3.3); in questo caso specifico sono stati determinanti per la scelta, oltre alla candidatura svizzera che si era distinta, anche le competenze disponibili a Ginevra nel settore del disarmo, del commercio e dei diritti umani. La decisione di stabilire la segreteria a Ginevra rafforza questa città come polo di politica di sicurezza e il suo ruolo di piattaforma di governance globale. Un'intensa campagna durata due anni e che ha richiesto molte risorse ha preceduto questo successo. L'esperienza acquisita in questa circostanza tornerà utile alla Svizzera per le attuali e le future campagne. Infine, nel quadro della promozione di giovani leve, la Svizzera ha potuto collocare diversi giovani titolari di diplomi universitari in diversi uffici del sistema dell'ONU.

La Ginevra internazionale La Ginevra internazionale o la «Svizzera internazionale attraverso Ginevra» rimane un luogo privilegiato per la politica estera svizzera: il nostro Paese beneficia di un maggiore influsso sul piano internazionale e può rappresentare i propri interessi in modo più convincente; inoltre, beneficia di un accesso agevolato alle istituzioni importanti e gode di un'ampia visibilità sullo scenario internazionale. La straordinaria concentrazione di diversi attori internazionali nella città di Calvino crea un importante potenziale di sinergia per la comunità internazionale. In tal modo Ginevra ha potuto svilupparsi come uno dei centri della governance mondiale riconosciuti, in cui hanno luogo conferenze internazionali e incontri diplomatici ad alto livello.

A ciò si aggiungono le importanti conferenze internazionali come le assemblee generali statutarie di agenzie specializzate dell'ONU quali l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) o l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), alle quali partecipano ogni
anno numerose personalità politiche. Questi eventi consentono alla Svizzera di tenere incontri bilaterali importanti.

La strategia per rafforzare l'attrattiva e la competitività della Svizzera come centro di governance globale, sviluppata congiuntamente dalla Confederazione e dalla Città di Ginevra a giugno 2013, è stata approvata dal Parlamento a giugno con un ampio consenso nel quadro delle deliberazioni sul messaggio del 19 novembre 201441 concernente le misure per rafforzare il ruolo della Svizzera quale Stato ospite. Il messaggio prevede soprattutto di rafforzare il dispositivo di accoglienza esistente (p.

es. sostegno ai progetti di infrastruttura e immobili, agevolazioni riguardo ai visti, accoglienza dei delegati) e di migliorare l'utilizzo delle sinergie dei diversi attori della Ginevra internazionale ­ siano essi organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative, rappresentanti permanenti, rappresentanti del mondo accademico o del settore privato ­ sia tra di loro che all'interno di gruppi tematici.

L'obiettivo è promuovere lo scambio di conoscenze, esperienze e cooperazione rendendo possibile l'elaborazione a Ginevra di soluzioni per le sfide globali della 41

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nostra epoca. In questo contesto a Ginevra è stata sottolineata l'importanza di rafforzare il processo di riflessione e analisi mediante il potenziamento degli organismi di riflessione esistenti e l'accoglienza di laboratori di think thank stranieri. Il messaggio prevede misure finanziarie destinate a favorire lo stabilirsi a Ginevra di missioni permanenti per gli Stati che non sono ancora rappresentati.

Per quanto riguarda il risanamento del parco immobiliare delle organizzazioni internazionali a Ginevra, il rinnovo dell'edificio principale dell'ONU (piano strategico patrimoniale, Strategic Heritage Plan, SHP) è uno dei principali progetti di costruzione, vista la sua importanza politica e simbolica. L'11 settembre il Consiglio federale ha approvato un prestito senza interessi pari a 400 milioni di franchi per il SHP al quale parteciperanno anche il Cantone e la Città di Ginevra. Il 23 dicembre, l'Assemblea generale ha adottato formalmente il progetto, compreso il tetto dei costi di 836,5 milioni di franchi, la portata del progetto, la ripartizione tra il rinnovo e il costruzione nonché lo scadenzario dei lavori. Inoltre il Segretario generale dell'ONU è stato autorizzato a sollecitare la Svizzera per ottenere un prestito senza interessi di 400 milioni di franchi. Per il 2016 sono stati stanziati 33 milioni di franchi dal preventivo ordinario dell'ONU per il progetto SHP. Certi elementi concernenti il finanziamento del progetto, quali le modalità e lo scaglionamento dei pagamenti nonché il rimborso del prestito da parte degli Stati membri, saranno decisi in occasione della sessione principale dell'Assemblea generale alla fine del 2016. La pianificazione dei lavori è in corso (2014­2016); i lavori di rinnovo si svolgeranno in quattro fasi di due anni (2017­2023); ciascuna fase sarà oggetto di una preparazione dettagliata immediatamente prima dell'attuazione, al fine di avere il miglior controllo possibile dei bisogni e dei costi reali del progetto.

Come previsto dal messaggio, lo sviluppo delle capacità di formazione e di analisi e il potenziamento delle competenze svizzere nell'ambito della governance globale hanno registrato progressi grazie al fatto che diversi istituti internazionali e piattaforme attive in vari ambiti tematici si sono trasferiti a Ginevra. Tra le piattaforme già attive
annoveriamo la Geneva Peacebuilding Platform (GPP), la Geneva Internet Platform (GIP), Water Pole Eau, Green Growth Knowledge Platform (GGKP), la Global Initiative against Transnational Organized Crime (GITOC) e la Geneva Health Platform (GHP). La Geneva Humanitarian Platform è stata inaugurata alla fine del 2015. Un'altra parte del messaggio riguarda l'universalità della rappresentanza degli Stati membri dell'ONU da parte di una missione permanente a Ginevra.

A ottobre del 2015 la Repubblica del Malawi ha stabilito la propria missione permanente e la Repubblica Cooperativa di Guyana ha avviato le procedure necessarie per l'apertura di una missione all'inizio del 2016.

3.4.3

Sviluppo sostenibile

Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: il 2015 è stato un anno storico per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile globale. A settembre la comunità internazionale degli Stati ha approvato un nuovo quadro di riferimento globale per lo sviluppo sostenibile intitolato Transforming our World: the 2030 Agenda for Sustainable Development (prima: Agenda post-2015 per lo sviluppo sostenibile). Questo pro-

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gramma comprende 17 obiettivi su questa tematica (Sustainable Development Goals, SDGs) e 169 obiettivi secondari. Oltre a questi obiettivi normativi, la nuova agenda comprende anche un capitolo sui mezzi per l'attuazione (finanziamento) e per il meccanismo di monitoraggio e verifica. L'Agenda 2030 sostituisce gli Obiettivi di sviluppo del Millennio che scadono alla fine del 2015.

Le negoziazioni intergovernative riguardanti l'Agenda 2030 sono iniziate a gennaio.

Si sono basate principalmente sul rapporto di un gruppo di lavoro intergovernativo elaborato tra il 2013 e il 2014 con proposte sugli OSS e sul rapporto di sintesi del Segretario generale dell'ONU pubblicato a dicembre 2014 sul processo dell'Agenda 2030. All'inizio di agosto è stato possibile concludere le negoziazioni intergovernative e a settembre, in occasione di un vertice nel quadro dell'Assemblea generale dell'ONU, i capi di Stato e di governo hanno approvato l'Agenda.

L'Agenda 2030 rappresenta un significativo cambiamento di paradigma nella cooperazione internazionale e può essere definito come un grande progresso per lo sviluppo sostenibile: non solo comprende la lotta alla povertà ma integra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (società, economia, ambiente) e i fattori di pace, sicurezza e Stato di diritto, considerando le loro interazioni; gode di una validità universale che fa sì che tutti i Paesi possano contribuire al raggiungimento degli obiettivi; per l'attuazione prevede un largo coinvolgimento degli attori statali e non statali e il progetto di finanziamento va oltre il classico finanziamento della cooperazione allo sviluppo.

La Svizzera si è impegnata intensamente nel processo dell'Agenda 2030 ed è riuscita a definire le sue richieste più importanti nel documento conclusivo. Sulla base del suo mandato stabilito dal Consiglio federale a gennaio, ha agito a favore di un'Agenda 2030 valida a livello universale con obiettivi ambiziosi che comprendono tutte le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, si basano sui diritti umani e tengono conto degli aspetti relativi alla pace, alla governance e allo Stato di diritto. I singoli obiettivi perseguiti dalla Svizzera negli ambiti dell'uguaglianza di genere, della salute, dell'acqua, della pace e della società inclusiva sono contenuti nel documento conclusivo e sono
stati fortemente influenzati dal nostro Paese.

La Svizzera è riuscita anche a far sì che temi come la prevenzione delle catastrofi, la sostenibilità nel consumo e nella produzione, come pure la migrazione e lo sviluppo avessero un posto importante nel nuovo programma. Inoltre ha sostenuto l'integrazione del programma d'azione di Addis Abeba nell'Agenda 2030 e la creazione di un meccanismo di analisi universale nel quadro del Foro politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile (High-level Political Forum on Sustainable Development). In tal modo è stata creata un'importante base per l'attuazione dell'agenda.

Il «Forum sullo sviluppo sostenibile» si riunisce ogni anno sotto l'egida dell'ECOSOC e ogni quattro anni nel quadro della cosiddetta settimana ad alto livello dell'Assemblea generale dell'ONU. Il ruolo fondamentale che questo forum ha rispetto all'Agenda 2030 è profondamente marcato dall'impronta svizzera. In veste di mediatore e nel contesto di un'iniziativa interregionale, già in una prima fase il nostro Paese ha elaborato congiuntamente ad altri sei Stati proposte sostanziali, contribuendo a creare una situazione di consenso generale. L'informazione e la trasparenza sul piano nazionale sono integrate con meccanismi regionali e tematici e

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infine realizzati sul piano globale nel Forum sullo sviluppo sostenibile. Nel contesto del forum, dal 2016 devono aver luogo, tra l'altro, verifiche periodiche sull'attuazione dell'Agenda 2030 sulla base dei rapporti sui singoli Paesi e delle discussioni tematiche.

Strettamente connessa al processo di elaborazione dell'Agenda 2030, la terza Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo ha avuto luogo a metà luglio ad Addis Abeba. Il Piano d'azione di Addis Abeba, approvato in occasione di questa conferenza, definisce il quadro per il finanziamento e l'attuazione dello sviluppo sostenibile globale, compresi gli OSS. Esso rispecchia ampiamente le principali richieste della Svizzera, sottolineando il significato della mobilitazione di risorse pubbliche interne e il coinvolgimento di attori privati nel finanziamento dello sviluppo sostenibile.

L'Agenda 2030 non è giuridicamente vincolante ma definisce un importante quadro di riferimento a cui tutti gli Stati sono invitati ad orientare le loro politiche nazionali ed internazionali nel settore dello sviluppo sostenibile. In Svizzera la «Strategia per uno sviluppo sostenibile 2016­2019», che sarà rinnovata nel quadro del programma di legislatura del Consiglio federale, stabilirà il legame con gli OSS. Se possibile occorre utilizzare le strutture esistenti. Anche il messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017­2020 è orientato all'Agenda 2030.

Consiglio artico: alla fine del 2014 la Svizzera ha presentato una richiesta formale per ottenere lo status di osservatore presso il Consiglio artico. Un tale status, concesso per decisione unanime del forum interstatale dei Paesi artici rivieraschi, consentirebbe al nostro Paese di partecipare a un forum che comprende un'area che assume un'importanza geostrategica sempre maggiore. All'incontro dei ministri tenutosi ad aprile a Iqaluit (Canada), non è stato possibile decidere in merito alle richieste relative allo status di osservatore a causa della situazione di tensione tra l'UE e la Russia. Gli Stati Uniti desiderano liquidare la questione degli osservatori durante la loro presidenza, entro il prossimo vertice che si terrà ad aprile 2017. Pertanto la domanda svizzera è ancora in sospeso.

Alpi: la Strategia macroregionale per la regione alpina (EUSALP) dell'UE fa sì che le Alpi rimangano
una delle regioni più attraenti in Europa, garantendo uno sviluppo innovativo e sostenibile. I sette Stati alpini, tra cui anche la Svizzera e il Liechtenstein che non sono membri dell'UE, intendono rafforzare la loro cooperazione transfrontaliera tramite l'EUSALP. La strategia, decisa alla fine dell'anno dalle istituzioni europee, ha creato le basi per attuare la strategia macroregionale. In Svizzera è principalmente la Conferenza dei governi dei Cantoni alpini (CGCA) che accompagna il progetto.

Economia verde: nel 2015 l'OCSE ha modificato la Strategia di crescita verde. Ora si concentra maggiormente sulle complementarietà e i conflitti tra gli obiettivi di politica economica e ambientale, su una migliore coerenza politica e sull'ampliamento delle attività tematiche. Il finanziamento sostenibile di un'economia verde rimane un tema fondamentale a livello internazionale. Lo Swiss Team for the UNEP Inquiry, composto da rappresentanti della Confederazione, del settore finanziario, dell'economia e delle ONG ha elaborato possibili procedure per creare un sistema finanziario a servizio di un'economia verde. Alla fine del 2015, le raccomandazioni

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per adeguare la politica finanziaria internazionale che risultano dall'indagine sulla progettazione di un sistema finanziario sostenibile (Inquiry into the Design of a Sustainable Financial System) sono state presentate alla comunità di specialisti e alle istituzioni internazionali quali la Banca mondiale, l'ONU, il Fondo monetario. Su invito della Svizzera, a ottobre a Davos si è riunito l'International Resource Panel (IRP) dell'UNEP contemporaneamente al World Resources Forum. Nel settore dell'agricoltura, nel 2015 è stato lanciato un programma contro lo spreco alimentare (il cosiddetto food waste) all'interno del «Programma decennale per un comportamento di consumo e di produzione sostenibile» con la significativa partecipazione della Svizzera.

3.4.4

Politiche estere settoriali

Politica finanziaria ed economica internazionale Dialoghi finanziari: la Svizzera intrattiene dialoghi relativi alla finanza e alla regolamentazione con molti Paesi del G20 e con altri Stati partner importanti, al fine di mantenere contatti periodici con le autorità degli Stati partner competenti per le questioni finanziarie e poter coordinare le rispettive posizioni nelle organizzazioni internazionali rilevanti. Nel quadro di questi dialoghi sono trattati anche temi bilaterali. Nel 2015 si sono tenuti dialoghi con i seguenti Paesi: Brasile, Cina, Germania, UE, Hong Kong, Giappone, Polonia, USA, Gran Bretagna e per la prima volta Canada e Singapore. Gli argomenti principali trattati durante il terzo dialogo finanziario con la Cina, che ha avuto luogo il 1° settembre a Pechino, sono stati l'ulteriore ampliamento della cooperazione bilaterale per le questioni finanziarie e in particolare il ruolo della Svizzera come mercato offshore per il renminbi come pure la collaborazione in seno al Fondo monetario internazionale, nel Financial Stability Board e nel G20.

Relazioni bilaterali in materia fiscale: prima della fine di ottobre, la rete delle convenzioni della Svizzera contro la doppia imposizione ha potuto ampliarsi con una clausola sull'assistenza amministrativa conforme allo standard internazionale: ora si annoverano 53 convenzioni per evitare la doppia imposizione (CDI), 46 delle quali sono in vigore, e 10 accordi sullo scambio d'informazioni in materia fiscale (Tax Information Exchange Agreement, TIEA) di cui 7 sono in vigore. Il 23 febbraio la Svizzera e l'Italia hanno firmato un protocollo che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni e una roadmap per il seguito del dialogo in materia finanziaria e fiscale. Il 23 novembre, in seguito a lunghe negoziazioni, la Svizzera ha firmato un TIEA anche con il Brasile. Con questa firma la Svizzera sarà rimossa in modo permanente dalla lista nera dei Paesi con la tassazione più bassa e insufficiente accesso alle informazioni riguardanti le partecipazioni di persone giuridiche, il che comporta una maggiore certezza del diritto e sicurezza degli investimenti per le imprese svizzere attive in Brasile.

Garanzia di conformità in materia fiscale: il 3 marzo la Svizzera e l'Australia hanno firmato una dichiarazione comune secondo cui dal 2017
avverranno scambi automatici di informazioni in materia fiscale; il primo scambio inizierà nel 2018.

L'introduzione dello scambio automatico di informazioni con l'UE è stata sancita 611

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con un accordo il 27 maggio. La Svizzera e i 28 Paesi dell'UE desiderano rilevare i dati dei conti a partire dal 2017 e scambiarli dal 2018, una volta che saranno state create le basi giuridiche necessarie.

Forum globale: la Svizzera è passata alla seconda fase della valutazione dei Paesi del Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali. In primavera il Forum globale ha approvato un rapporto supplementare che aveva riconosciuto gli importanti progressi compiuti dalla Svizzera nell'adeguamento del suo diritto interno e della sua rete di accordi conformemente allo standard internazionale. La seconda fase della valutazione è iniziata il 1° ottobre 2015 e si protrarrà presumibilmente sino a metà maggio 2016. Verte sull'attuazione dello scambio di informazioni in materia fiscale su richiesta. Una volta conclusa la seconda fase, il Forum globale pubblicherà un rapporto sulla Svizzera in cui le sarà attribuito un voto finale.

Questioni in materia fiscale dell'OCSE: i lavori intrapresi dall'OCSE e dal G20 già nel 2014, nel contesto della lotta contro l'erosione dell'imponibile e il trasferimento degli utili da parte delle imprese, è stato concluso nell'autunno dell'anno in esame. Il 5 ottobre il Consiglio dell'OCSE ha approvato il rapporto sul progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) con un piano relativo ai lavori successivi. Il pacchetto di misure costituito da 15 punti, alla cui elaborazione la Svizzera ha partecipato attivamente, è stato accolto favorevolmente e confermato dai ministri delle finanze e dai governatori delle banche centrali degli Stati del G20 l'8 ottobre e il 16 novembre. Il 5 giugno il Consiglio federale ha approvato il messaggio relativo alla legge sulla Riforma III dell'imposizione delle imprese42. L'obiettivo della riforma è adeguare l'imposizione delle imprese in Svizzera agli standard internazionali, mantenendo al contempo il più possibile l'attrattiva della piazza economica. Nel progetto sono stati già presi parzialmente in considerazione i risultati del BEPS allo scopo di potenziare la competitività della piazza imprenditoriale svizzera.

Gruppo d'azione finanziaria (GAFI): il 19 giugno il Consiglio federale ha preso atto del primo rapporto nazionale sui rischi legati al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. Questa
analisi funge da base per il quarto esame GAFI dei Paesi, che la Svizzera effettuerà nel 2016.

Sanzioni: gli interessi di politica estera hanno un ruolo importante se si tratta di scegliere se adottare, non adottare, o adottare solo parzialmente le sanzioni imposte dall'UE. Nella prassi attuale, la Svizzera ha per lo più ripreso le sanzioni stabilite dall'UE, dopo averne ponderato i vantaggi. Nel caso dell'Iran, le sanzioni sono state riprese solo parzialmente. Il 12 agosto il Consiglio federale ha deciso di revocare le sanzioni contro l'Iran che erano già sospese da gennaio 2014. Così facendo il Consiglio federale esprime il suo sostegno all'attuazione dell'accordo sul nucleare iraniano. Inoltre il 21 ottobre ha deciso, d'intesa con l'ONU e l'UE, di alleggerire le altre sanzioni della Svizzera a partire dall'Implementation Day. Nel contesto della situazione dell'Ucraina, nell'anno in esame il Consiglio federale ha portato avanti la sua politica in materia di sanzioni autonoma e fondata sulla credibilità. Il Consiglio federale ha deciso di non riprendere le sanzioni dell'UE ma di adottare tutte le misure necessarie affinché il territorio svizzero non sia utilizzato per aggirare le 42

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sanzioni internazionali stabilite contro la Russia. Le relative decisioni del Consiglio federali risalgono al 6 marzo e al 1° luglio.

G20: la priorità della presidenza turca del G20 nel 2015 erano un'ampia inclusione in termini di crescita e benessere, l'implementazione delle politiche già avviate e la promozione degli investimenti. La Svizzera ha fatto valere i suoi punti di vista riguardo a questi temi prioritari nel quadro dei contatti bilaterali con i Paesi del G20, contribuendo indirettamente al processo di formazione delle opinioni. Nel 2016, su invito della presidenza cinese, la Svizzera sarà rappresentata nel segmento finanziario del G20 per la seconda volta dopo il 2013. Sarà un'occasione per partecipare agli incontri dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali ­ e dei loro rappresentanti ­ e alle riunioni dei gruppi di lavoro del segmento finanziario.

L'inclusione della Svizzera è la prova del ruolo importante che le è attribuito nel settore finanziario a livello internazionale.

Lotta contro la corruzione: dal 2 al 6 novembre del 2015 ha avuto luogo in Russia, a San Pietroburgo, la sesta conferenza degli Stati contraenti della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (United Nations Convention Against Corruption, UNCAC). L'UNCAC è lo strumento universale per combattere la corruzione, visti il suo raggio d'azione geografico e il suo contenuto. Nel corso della conferenza, la Svizzera ha presentato una risoluzione riguardante il peer review mechanism, con cui si verifica se gli Stati contraenti rispettano gli obblighi della Convenzione. La ragione di questa risoluzione sono le numerose domande irrisolte scaturite dal passaggio dal primo al secondo ciclo di verifica. Dopo intense discussioni è stato possibile approvare la risoluzione. Di conseguenza il primo ciclo di verifica è stato trattato e concluso senza difficoltà e il secondo è stato avviato. Questo si svolgerà nel secondo semestre del 2016 e si concentrerà sui capitoli II e V della convenzione (rispettivamente «Misure preventive» e «Recupero di beni»).

Ambiente Governance ambientale internazionale: la Svizzera attribuisce una grande importanza alla promozione e all'utilizzo delle sinergie tra i diversi accordi internazionali in materia di ambiente. Dopo i progressi fatti nell'ambito delle
convenzioni sui prodotti chimici e i rifiuti su propria iniziativa, il nostro Paese ha offerto anche importanti impulsi per approfondire la cooperazione tra i diversi accordi internazionali nel settore della conservazione e dell'impiego sostenibile della biodiversità.

Acqua e foreste: anche nell'anno in esame la Svizzera si è impegnata attivamente nei forum riguardanti la governance internazionale dell'acqua e delle foreste. Nel quadro dell'elaborazione dell'Agenda 2030 si è mobilitata con successo affinché l'accesso all'acqua potabile e agli impianti sanitari fosse a pieno titolo un obiettivo del programma. Inoltre si è battuta per la riforma del Forum delle Nazioni Unite sulle foreste (United Nations Forum of Forest, UNFF), al fine di promuovere la gestione sostenibile delle foreste in tutto il mondo. A febbraio il nostro Paese ha organizzato un incontro di lavoro sul rafforzamento della governance delle foreste in collaborazione con l'Indonesia, il Messico, il Sudafrica e l'Ucraina. Esso si è tenuto a Interlaken, a monte del forum. La terza settimana europea delle foreste, un'importante piattaforma per lo scambio internazionale nella regione paneuropea, si è tenuta invece a novembre a Engelberg.

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Protezione delle specie: nel 2015 il commercio illegale di animali e piante è aumentato in modo preoccupante. La Svizzera è depositaria e sede del segretariato della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES). Come parte contraente per cui questa convenzione è particolarmente importante ­ per via della buona posizione dell'industria orologiera e dei beni di lusso ­ la Svizzera è attiva nel coordinamento internazionale della lotta contro il commercio illegale. Nel 2015, infatti, ha aderito a diverse iniziative internazionali contro il commercio illegale di animali selvatici e ha sostenuto, in qualità di cofirmataria, la risoluzione approvata dall'Assemblea generale dell'ONU contro il bracconaggio e il contrabbando di specie selvatiche. Inoltre la Svizzera si è impegnata affinché la 12ª conferenza delle parti contraenti della Convenzione sulle zone umide (Convenzione di Ramsar) approvasse un nuovo piano strategico 2016­ 2021 volto ad arginare, impedire e respingere la scomparsa e i danni alle zone umide.

Prodotti chimici e rifiuti: a maggio ha avuto luogo per la seconda volta la conferenza comune dei firmatari delle Convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma con sede a Ginevra. Il processo, avviato dalla Svizzera e volto a una migliore cooperazione e al rafforzamento delle sinergie tra le convenzioni, ha registrato uno slancio grazie all'inclusione della Convenzione di Minamata sul mercurio. A giugno la Svizzera si è candidata come sede per il segretariato di questa convenzione, con la proposta di integrare il segretariato in quello delle Convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma con sede a Ginevra. Una decisione in merito verrà presa presumibilmente nel 2017.

Clima: il 2015 è stato un anno importante per la politica climatica internazionale, in quanto a dicembre alla Conferenza internazionale di Parigi sul clima (COP21) è stato approvato un nuovo regime climatico internazionale dopo il 2020, che per la prima volta considera gli Stati in base alla loro responsabilità e capacità. Con questo accordo gli Stati si impegnano a mantenere il riscaldamento globale a un valore nettamente inferiore a 2 gradi Celsius rispetto ai valori preindustriali, e ad agire per raggiungere un limite del riscaldamento globale di 1,5 gradi
Celsius. L'accordo prevede obiettivi di riduzione giuridicamente non vincolanti per tutti gli Stati. A differenza degli accordi precedenti, sono coinvolti anche gli USA, la Cina e altri grossi Paesi emergenti. Per quanto riguarda il finanziamento, dal 2020 devono essere messi a disposizione dei Paesi emergenti che ne hanno bisogno almeno 100 miliardi di dollari all'anno.

Anche se l'accordo di Parigi non è stato in grado di soddisfare tutte le aspettative, è riuscito per la prima volta a persuadere tutti gli Stati a contribuire in modo concordato e concreto alla riduzione delle emissioni e ad andare oltre la classica divisione del mondo tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo.

Per quanto riguarda le trattative sul clima a Parigi, per tutto l'anno, oltre che in ambiti quali la foresta, l'agricoltura, l'energia, il trasferimento di tecnologia e la ricerca, la Svizzera ha portato avanti il suo impegno in ambiti quali il cambiamento climatico, i diritti umani, l'uguaglianza di genere, la salute e a favore dei rifugiati climatici nelle questioni ambientali nel quadro dell'iniziativa Nansen.

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La Svizzera è il primo Paese che ha reso pubblico il suo obiettivo di riduzione dei gas serra (Intended Nationally Determined Contribution, INDC), a fine febbraio, previa approvazione parlamentare: entro il 2030 si prevede una riduzione del 50 per cento rispetto alla situazione del 1990, in parte utilizzando certificati stranieri.

L'obiettivo definitivo ­ e ciò vale per tutti gli Stati ­ è formulato e presentato con la ratifica dell'accordo.

Sono stati determinanti per la conclusione dell'accordo le numerose trattative ripartite nel corso dell'anno. In particolare l'incontro tenutosi a Ginevra a inizio febbraio, in occasione del quale è stato elaborato il Geneva negotiating text, è stato una base di negoziazione fondamentale per il successo della conferenza di Parigi.

Nel 2015 il sudcoreano Hoesung Lee è stato nominato nuovo presidente del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico dell'ONU (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC). Nonostante il sostegno attivo del DFAE e del DATEC, il candidato svizzero Thomas Stocker non è riuscito per poco a rientrare nella rosa dei due candidati più favoriti. Al contempo lo svizzero Andreas Fischlin è stato eletto tra i vicepresidenti del secondo gruppo di lavoro dell'IPCC, che si occupano delle conseguenze e dei rischi dei cambiamenti climatici per la natura e la società.

Formazione, ricerca e innovazione (FRI) Cooperazioni scientifiche bilaterali: le cooperazioni scientifiche bilaterali sono realizzate conformemente alle priorità stabilite dalla strategia internazionale in materia di FRI, approvata dal Consiglio federale nel 2010. Grazie ai viaggi effettuati dalle delegazioni svizzere in diversi Paesi (tra gli altri Sudafrica, Costa d'Avorio, Guinea, Argentina, Brasile, Stati Uniti, India, Cina ecc.) o alla visita di delegazioni straniere in Svizzera, è stato possibile intensificare le collaborazioni esistenti o valutare più chiaramente, in alcuni casi, il potenziale dell'eventuale approfondimento di una futura cooperazione. In Europa sono state oggetto di discussione approfondita ad alto livello soprattutto le relazioni con i Paesi vicini e alcuni nuovi Stati membri dell'UE (Polonia, Bulgaria, Romania, Lituania ecc.).

La rete Swissnex ha subito una modifica nella sua composizione in quanto l'antenna per gli scambi scientifici
e tecnologici sita a Singapore è stata chiusa in autunno.

Tuttavia, è stata istituita una cellula competente presso l'Ambasciata di Svizzera a Singapore, per garantire un sostegno agli attori svizzeri della FRI. Il principio di funzionamento di Swissnex è concepito in modo flessibile, per poter reagire a seconda della necessità degli attori svizzeri nel campo della ricerca. Pertanto la priorità è creare nuove antenne nelle regioni che dimostrano di avere un potenziale particolarmente elevato per una cooperazione nel campo della ricerca e l'innovazione.

Secondo questo principio occorre comunicare se nuovi luoghi si presterebbero a essere una sede per nuovi Swissnex e si valuta l'eventualità di nuove aperture. Dal canto suo, la Commissione federale delle borse per studenti stranieri (CFBS) ha assegnato 235 borse per l'anno accademico 2015­2016.

Cooperazioni scientifiche multilaterali: come per la sua partecipazione al CERN, la Svizzera si associa ad altri Paesi per contribuire al finanziamento di programmi internazionali di ricerca scientifica di grande portata. Nel campo della ricerca di materiali e strutture biologici, il 2 luglio è stato fatto un passo decisivo: la Svizzera 615

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ha partecipato alla sessione costitutiva del consiglio dell'infrastruttura di ricerca internazionale Fonte di spallazione europea (European Spallation Source, ESS). La Svizzera figura dunque tra i 13 Stati membri fondatori di questo progetto che prevede di costruire, entro il 2019, a Lund in Svezia, la fonte di neutroni più potente del mondo. La Svizzera finanzia il 3,5 per cento del costo totale dell'ESS, preventivato per 3,7 miliardi di franchi. Inoltre la Svizzera ha confermato la sua partecipazione come membro dell'organizzazione European XFEL, dopo avervi svolto un ruolo attivo dal 2009 in poi. Questa organizzazione, che ha sede ad Amburgo ed è composta di 11 Stati membri, dal 2017 metterà a disposizione degli scienziati il laser a elettroni liberi più potente del mondo, una macchina per analizzare la materia che d'ora in poi sarà indispensabile per compiere progressi in un ampio ventaglio di ambiti scientifici, dalla biologia alla chimica passando per la fisica.

Tra giugno 2014 e luglio 2015 la Svizzera ha presieduto a EUREKA, un'iniziativa europea che sostiene progetti di cooperazione transnazionali in materia di ricerca e di sviluppo che rispondono alle aspettative del mercato. Durante la presidenza svizzera l'iniziativa EUREKA, che conta 41 Stati membri, ha celebrato i suoi 30 anni di vita in occasione di una conferenza organizzata a Lugano.

Il Consiglio federale persegue l'obiettivo di una partecipazione totale della Svizzera al programma quadro di ricerca Horizon 2020 (compresi Euratom e ITER) e al programma formativo e per giovani Erasmus+ a partire dal 2017. Nell'attesa di raggiungere questo obiettivo, che dipenderà dal seguito dell'ALC e della sua estensione alla Croazia, le misure transitorie adottate nel 2014 dal Consiglio federale a favore dei ricercatori e degli studenti svizzeri sono state nuovamente applicate nell'anno in esame.

Proprio come nell'anno precedente, anche nel 2015 il sistema di formazione professionale duale svizzero ha suscitato un grande interesse all'estero. Gli scambi con altri Paesi sono stati intensificati durante l'anno. A titolo di esempio, a luglio è stata firmata una dichiarazione congiunta con gli Stati Uniti, concernente la cooperazione e lo scambio di informazioni sulle migliori prassi nell'ambito della formazione professionale (cfr. n. 3.4.1);
o ancora, in occasione della sua visita ufficiale ad aprile, il presidente francese Hollande ha manifestato il suo interesse nei confronti della formazione duale (cfr. n. 3.1). Per promuovere il suo sistema di formazione professionale all'estero, la Svizzera può contare sul sostegno e la collaborazione dei Paesi vicini germanofoni, che conoscono un sistema simile e conducono anch'essi progetti all'estero in questo settore. La formazione professionale, in particolare, è stata oggetto di discussioni tra il capo del DFAE e i suoi omologhi in Germania, Austria e Liechtenstein in occasione dell'incontro annuale dei ministri degli affari esteri dei Paesi germanofoni, tenutosi ad agosto a Neuchâtel. Questi Paesi sono anche partner strategici con cui la Svizzera desidera intensificare la sua cooperazione in materia di formazione e formazione professionale (cfr. n. 3.1).

Nel settore spaziale, la Svizzera porta avanti il suo impegno per consentire l'accesso allo spazio e il suo utilizzo a lungo termine. Si batte costantemente altresì per impedire che possano scoppiare conflitti armati nello spazio. In particolare ha partecipato a trattative volte a elaborare nuovi strumenti internazionali, sia in seno all'ONU che nel quadro di un'iniziativa lanciata dall'Unione europea per l'elaborazione di un codice di comportamento internazionale per le attività spaziali. Nel contesto della 616

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sua copresidenza dell'Agenzia spaziale europea (European Space Agency, ESA), la Svizzera ha organizzato insieme al Lussemburgo un consiglio informale, lo Space Council, di tutti i 30 ministri degli Stati membri dell'ESA e dell'UE. La «rinascita» dell'unioc forum comune per la consulenza strategica della politica spaziale europea è di grande interesse per la Svizzera, in quanto non membro dell'UE.

Salute, trasporti ed energia Salute: in seno all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) la Svizzera si è impegnata in particolare a favore della riforma del sistema budgetario e del finanziamento, un progetto volto a migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'organizzazione, e dell'elaborazione di una normativa che disciplini le relazioni dell'OMS con gli attori non statali. Nel contesto delle trattative per un nuovo accordo climatico, la Svizzera ha portato avanti le sue attività nell'ambito del cambiamento climatico e della salute. Inoltre ha assunto un ruolo dirigente nel processo per il coordinamento e il finanziamento della ricerca e dello sviluppo di medicinali contro le malattie tropicali trascurate. In più, come vicepresidente del consiglio esecutivo dell'UNAIDS, ha partecipato al Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria.

In seno alla Commissione delle Nazioni Unite sulle droghe e i narcotici (CND) e in altri forum dell'ONU, la Svizzera si è impegnata intensamente per una politica in materia di droghe basata sulla salute e sui diritti umani e ha partecipato alla preparazione della sessione speciale 2016 dell'ONU sulle droghe (l'United Nations General Assembly Special Session, UNGASS). Nel quadro dei contatti bilaterali la Svizzera ha suscitato l'interesse duraturo di diversi Stati dell'America latina per quanto riguarda la sua politica dei quattro pilastri (prevenzione, terapia, riduzione dei danni, repressione).

In occasione dell'incontro tenutosi a Vienna dal cosiddetto quintetto della sanità (Germania, Austria, Liechtenstein, Lussemburgo, Svizzera), al quale ha partecipato il consigliere federale Berset, sono stati trattati temi quali i prezzi dei medicinali, il debellamento del morbillo e la salute in tutti i campi politici (health in all policies).

Nel 2015 è stato possibile fare notevoli progressi nei dialoghi tecnici con la Francia riguardo alla conclusione
di un accordo quadro sulla salute, volto ad agevolare la conclusione di progetti di cooperazione transfrontaliera nel settore della salute.

Infine, in Cina è stato firmato un accordo per approfondire la cooperazione tra le autorità nell'ambito dei beni alimentari, dei medicinali, dei dispositivi medici e dei cosmetici.

Parallelamente all'apertura delle trattative ufficiali con l'UE (cfr. n. 3.2.1) la Svizzera ha proseguito le trattative per approfondire la cooperazione tecnica con l'UE nel settore della salute pubblica. I dibattiti si sono concentrati sulla cooperazione in vista dell'adesione della Svizzera al dispositivo europeo contro le gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, sulla collaborazione con il Centro europeo di prevenzione e di controllo delle malattie e sulla partecipazione elvetica al programma d'azione dell'Unione in materia di salute 2014­2020.

Trasporti: la ratifica dell'accordo con la Germania sulle rotte di avvicinamento e di decollo dall'aeroporto di Zurigo è ancora pendente. Le modifiche delle procedure di avvicinamento, richieste nel 2014 dalla Svizzera, per decentralizzare l'ala Est nel nuovo regolamento dell'esercizio 2014 sono attualmente sotto esame da parte delle 617

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autorità tedesche. Nel settore dei trasporti terrestri proseguono i lavori preliminari e la pianificazione relativi ai festeggiamenti per inaugurare la galleria di base del San Gottardo a giugno 2016. Si tratta della galleria più lunga del mondo, importantissima per i collegamenti tra la Svizzera e i Paesi confinanti a Nord e a Sud. Per quanto riguarda il trasporto ferroviario transfrontaliero, sono andati avanti i dialoghi con la Germania riguardo al miglioramento dell'offerta sulla linea ferroviaria lungo il Reno (Basilea­Sciaffusa attraverso il territorio tedesco). Dal momento che si delineano ritardi nell'ampliamento della tratta Karlsruhe­Basilea (ferrovia della valle del Reno), si è convenuto di effettuare uno studio sull'aumento della capacità del trasporto merci nel breve e medio periodo. Il 6 novembre dell'anno in esame è stato firmato un accordo di finanziamento sulla costruzione di un nuovo binario per i treni svizzeri presso la stazione di Annemasse; questo accordo si basa sulla convenzione per la realizzazione del futuro collegamento ferroviario Cornavin-Eaux-Vives-Annemasse (CEVA) che collegherà Ginevra ad Annemasse. La Svizzera ha continuato a curare i contatti tecnici con la Francia e la Germania sul progetto di un collegamento ferroviario dell'aeroporto di Basilea-Mulhouse. Gli incontri bilaterali tra la Svizzera e l'Italia si sono concentrati sui lavori di potenziamento per consentire un corridoio di quattro metri per il traffico merci su rotaia. La messa in servizio del troncone ferroviario italiano della nuova linea Mendrisio­Varese è prevista per il 2017.

Nell'ambito del trasporto stradale transfrontaliero (passeggeri e merci) il Consiglio federale ha approvato il rinnovo del trattato con il Lichtenstein e le modifiche di diversi trattati. Infine, il 4 dicembre la Svizzera e l'Italia hanno raggiunto un accordo sul riconoscimento e sul cambiamento reciproco delle rispettive patenti di guida.

Energia. Nel settore dell'energia, la conclusione di un accordo sull'energia con l'UE dipende dalle questioni istituzionali e soprattutto dal seguito dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone. Pertanto, secondo la situazione attuale, un'applicazione provvisoria dell'Accordo non è possibile. In occasione della riunione ministeriale informale dell'UE di giugno sono state firmate
due dichiarazioni politiche per una maggiore cooperazione regionale nel settore della sicurezza dell'approvvigionamento energetico. Su invito dell'UE, la Svizzera ha partecipato come osservatrice a diversi incontri del Gas Coordination Group, la cui missione è coordinare le misure concernenti la sicurezza dell'approvvigionamento di gas.

Le numerose interdipendenze con i Paesi vicini nel settore dell'energia richiedono un approfondimento delle relazioni bilaterali (cfr. n. 3.1). I contatti con l'Austria, l'Italia e la Germania sono stati intensificati. Anche la Francia rappresenta una priorità per la Svizzera in questo settore. In occasione del suo incontro con la consigliera federale Leuthard, la ministra francese dell'ecologia, dello sviluppo sostenibile e dell'energia Royal ha proposto di avviare un dialogo regolare sul tema dell'energia, a livello di direzione. Inoltre, nell'anno in esame sono stati firmati due memorandum d'intesa sull'approfondimento della cooperazione bilaterale nel settore dell'energia con il Cile.

La Svizzera ha continuato le sue attività volte a rafforzare le istituzioni multilaterali tra cui l'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE), l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) dell'ONU e l'Agenzia dell'OCSE per l'energia nucleare (AEN), la Carta europea dell'energia e l'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA). A maggio è stata firmata la Carta internazionale dell'energia 618

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(International Energy Charter, IEC). Nel quadro di una conferenza diplomatica tenutasi a febbraio sulla Convenzione sulla sicurezza nucleare, tutti gli Stati partecipanti hanno manifestato la volontà comune di migliorare costantemente la sicurezza delle centrali nucleari in tutto il mondo. Quattro anni dopo l'incidente nucleare di Fukushima, in uno stress test gli esperti dell'UE hanno dato una valutazione positiva all'attuazione del piano d'azione svizzero.

Nel quadro della cooperazione allo sviluppo (programma per giovani leve della cooperazione internazionale, PGL CI), anche nel 2015 la Svizzera ha sostenuto l'accesso ai moderni servizi energetici e il miglioramento delle condizioni quadro per aumentare l'efficienza energetica e promuovere le energie rinnovabili. Il PGL CI ha sottolineato l'importanza di una gestione dell'energia nelle città rigorosa e basata sui risultati, per esempio nell'ambito della mobilità, dell'approvvigionamento idrico e dello smaltimento dell'acqua e della gestione dei rifiuti.

Società dell'informazione e governance di Internet I risultati del vertice mondiale sulla società dell'informazione (VMSI) tenutosi a Ginevra nel 2003 e a Tunisi nel 2005 costituiscono il quadro di riferimento della collaborazione internazionale per la creazione di una società dell'informazione inclusiva e orientata allo sviluppo. A dicembre 2015, una riunione di alto livello organizzata nel quadro dell'Assemblea federale dell'ONU ha consentito di fare un bilancio dell'attuazione dei risultati del VMSI (VMSI+10). La Svizzera si è impegnata affinché i diversi gruppi d'interesse continuassero a essere coinvolti nell'attuazione dei suddetti risultati.

La Svizzera si batte a favore di una governance di Internet aperta, basata sui principi di libertà, democrazia e Stato di diritto e che implichi tutti i gruppi interessati. La Geneva Internet Platform (GIP) lanciata dalla Svizzera contribuisce anche a una migliore intesa tra tutti gli stakeholder, in particolare quelli provenienti da Paesi in via di sviluppo. Nel quadro delle piattaforme di discussione create dopo il VMSI, come il Dialogo europeo sulla governance di Internet (EuroDIG) realizzato con la collaborazione della Svizzera, il nostro Paese ha fornito il proprio contributo al dibattito sugli ulteriori sviluppi di un approccio pluripartitico. Inoltre,
in stretta collaborazione con il Consiglio d'Europa, la Svizzera si è impegnata affinché i principi fondamentali dei diritti umani, del buongoverno, della trasparenza e della partecipazione dei cittadini fossero accettati come base per lo sviluppo della governance di Internet.

Per quanto riguarda l'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN), la società responsabile dell'amministrazione dei nomi dei domini di Internet, la Svizzera si è impegnata per far trasferire alla comunità globale la sorveglianza delle funzioni IANA (Internet Assigned Numbers Authority). Quale membro del comitato consultivo governativo e come titolare della presidenza dell'ICANN, la Svizzera è apprezzata per il suo contributo costruttivo.

Cultura La Svizzera sviluppa e cura intensi contatti culturali con altri Paesi. Sul piano bilaterale, il 16 e il 17 giugno il ministro austriaco della cultura Ostermayer è venuto in visita in Svizzera in occasione della fiera Art Basel, invitato dal capo del Diparti619

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mento federale dell'interno. Questa visita è stata l'occasione per i due ministri di approfondire la loro cooperazione, come da loro auspicato. Sono stati intensificati anche i contatti con la Cina. Dal 27 settembre al 1° ottobre il capo del DFI è stato a Pechino per reiterare l'interesse comune ai due Paesi di formalizzare il quadro per la loro cooperazione culturale.

La fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia ha proseguito i suoi contatti con la Russia in merito al programma tematico Swiss made in Russia ­ Contemporary Cultural Exchanges. Nel quadro degli scambi con i Paesi vicini, è stato concluso il programma «Viavai» (2014­2015) della fondazione Pro Helvetia. L'obiettivo di questa iniziativa era promuovere lo scambio creativo e produttivo tra le istituzioni e gli artisti svizzeri e lombardi attraverso 18 progetti binazionali. Il 18 e il 19 giugno la Biblioteca nazionale svizzera a Berna ha ospitato l'assemblea annuale della Conference of European National Librarians (CENL), cui partecipano tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa.

Sul piano multilaterale, i più importanti partner della Svizzera nel settore culturale sono il Consiglio d'Europa (cfr. allegato), l'UE e l'UNESCO. Sul piano regionale l'UE è il più importante organismo di promozione culturale nonché partner rilevante per la Svizzera nella politica culturale internazionale. Malgrado la votazione popolare del 9 febbraio 2014 e le sue conseguenze sulle relazioni tra la Svizzera e l'UE, nell'anno in esame è stato possibile riprendere le trattative tecniche tra le parti al fine di concludere un accordo sulla partecipazione della Confederazione al programma Europa Creativa 2014­2020 (sottoprogramma MEDIA e Cultura). L'entrata in vigore di questo futuro accordo tuttavia dipende soprattutto dal seguito che avrà l'ALC. Per compensare almeno parzialmente l'esclusione della Svizzera dal programma MEDIA, l'ordinanza del DFI del 16 giugno 2014 offre ai realizzatori di film svizzeri la possibilità di proporre la propria partecipazione a progetti europei, di garantire il proseguimento, il più possibile senza interruzioni, di progetti pluriennali e di facilitare la reintegrazione successiva della Svizzera al sottoprogramma MEDIA.

Nel quadro dell'UNESCO la Svizzera sostiene l'attuazione di convenzioni volte a preservare il patrimonio
culturale e a combatterne la distruzione. Concretamente, a maggio ha partecipato all'elaborazione di linee guida operative per l'attuazione della Convenzione del 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali.

La Conferenza internazionale dei ministri della cultura, che l'Italia ha organizzato a Milano il 31 luglio e il 1° agosto dell'anno in esame, ha permesso alla Svizzera di far conoscere l'esistenza di un «deposito protetto» (safe haven) destinato a mettere al sicuro temporaneamente beni culturali mobili minacciati da conflitti armati o catastrofi naturali. In questa occasione il nostro Paese ha anche annunciato di mettere a disposizione questo rifugio per i Paesi che ne fanno richiesta sotto il patrocinio dell'UNESCO.

Per prevenire il rischio di danni ai beni culturali mobili di Paesi terzi, che potrebbero essere minacciati da conflitti armati o catastrofi naturali, i vari servizi dell'Amministrazione federale competenti hanno elaborato un modello di ordinanza sulla base

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dell'articolo 8 capoverso 1 lettera a della legge del 20 giugno 200343 sul trasferimento dei beni culturali. Grazie a questo modello il Consiglio federale a tempo debito potrà adottare tempestivamente una legislazione temporanea adatta alle situazioni di estrema urgenza per le quali l'UNESCO lancia un'allerta di emergenza concreta, come attualmente è il caso per l'Iraq e la Siria. Riguardo a questi due casi, la Svizzera ha già emanato una legislazione speciale per proteggere meglio i beni culturali iracheni e siriani44.

Nel 2015, al termine del suo mandato di quattro anni (2012­2015), la Svizzera ha abbandonato il comitato della Convenzione del 2005 sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali. Questa partenza è avvenuta in un contesto di intense discussioni sull'impatto della rivoluzione digitale nell'ambito culturale.

Per quanto riguarda le candidature elvetiche per le liste UNESCO del patrimonio mondiale dell'umanità e del patrimonio culturale immateriale, a marzo la Svizzera ha presentato un dossier riguardante la festa dei vignaioli di Vevey per richiedere l'iscrizione di questo evento nell'elenco rappresentativo del patrimonio culturale e immateriale dell'umanità. Per una decisione si dovrà attendere la fine del 2016. Per quanto concerne l'elenco del patrimonio mondiale, la candidatura transnazionale avviata dalla Francia e alla quale sono associati altri 6 Paesi tra cui la Svizzera, che riguarda una parte dell'opera di Le Corbusier, è stata presentata a gennaio e valutata a settembre; la decisione finale è attesa per luglio 2016.

3.5

Sostegno ai cittadini all'estero e servizi consolari

Funzioni consolari In qualità di «sportello unico» («Guichet unique»), la Direzione consolare del DFAE, insieme alla rete di rappresentanze, offre agli Svizzeri all'estero un'ampia gamma di servizi, svolgendo anche attività di prevenzione e di assistenza, integrando il Centro di gestione delle crisi. In applicazione del principio del «Guichet unique», il 1° gennaio 2015 la Sezione Aiuto sociale agli Svizzeri all'estero è stata trasferita dall'Ufficio federale di giustizia alla Direzione consolare che ora offre sotto la propria responsabilità il sostegno a turisti e a cittadini svizzeri che vivono all'estero.

Quale interlocutore centrale, l'Helpline del DFAE risponde 24 ore su 24 e 356 giorni all'anno a tutte le domande rivolte da privati, autorità, fornitori privati di servizi ed altri riguardanti i servizi consolari. Con l'obiettivo di una costante ottimizzazione dei processi e di un aumento dell'efficienza e in vista di un service public ottimale, l'Helpline riveste inoltre un'importante funzione di sostegno per le rappresentanze all'estero permettendo loro di deviare le telefonate anche sulla Helpline al di fuori dell'orario di lavoro. Nel 2015 sono pervenute circa 56 000 domande, al 97 per cento delle quali hanno risposto direttamente i collaboratori dell'Helpline, esperti in 43 44

RS 444.1 Ordinanza del 7 ago. 1990 che istituisce misure economiche nei confronti della Repubblica dell'Iraq, RS 946.206; ordinanza dell'8 giu. 2012 che istituisce provvedimenti nei confronti della Siria, RS 946.231.172.7

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materia consolare e forti di un'esperienza pluriennale all'estero. Le restanti domande invece sono state trasmesse ai servizi specializzati o alle rappresentanze all'estero competenti per essere ulteriormente trattate.

Nel 2015 la Direzione consolare ha autorizzato 144 domande di rimpatrio in Svizzera e 295 di sostegno all'estero. Le spese complessive ammontano a quasi 1,5 milioni di franchi.

Il DFAE garantisce la protezione consolare ai cittadini svizzeri all'estero. Ogni anno gli Svizzeri intraprendono circa nove milioni di viaggi all'estero. Nell'ambito della protezione consolare, il DFAE offre un aiuto ampio e specializzato agli Svizzeri che si trovano all'estero in una situazione d'emergenza che non possono gestire autonomamente. I consigli di viaggio del DFAE contribuiscono alla preparazione accurata dei viaggi e alle misure preventive sulla base della responsabilità individuale dei viaggiatori. Tuttavia, i nuovi casi da trattare nell'ambito della protezione consolare sono più che raddoppiati tra il 2007 (463) e il 2015 (1168).

Grazie all'applicazione per portatili Itineris, il DFAE sostiene e informa direttamente gli Svizzeri in tutto il mondo. Fino ad oggi l'applicazione è stata scaricata 60 000 volte.

Nel 2015 il DFAE ha prestato servizi consolari in 93 circondari consolari assistiti da consolati generali o sezioni consolari di ambasciate perfettamente equipaggiati. La progressiva concentrazione di servizi nei centri consolari regionali obbliga molti Svizzeri all'estero a fare viaggi più lunghi rispetto al passato per le prestazioni che richiedono obbligatoriamente la loro presenza. Dunque dal 2012 il DFAE ha potenziato l'offerta presso stazioni mobili per il rilascio di passaporti, non collegate alla sede fissa di una rappresentanza, soprattutto nelle località d'oltremare, dove i cittadini di solito non progettano ad intervalli regolari soggiorni in patria durante i quali potrebbero rinnovare i documenti d'identità.

Per poter soddisfare la crescente domanda in tale ambito, il DFAE ha acquistato da alcuni Cantoni stazioni mobili che non venivano più utilizzate. All'estero sono ora in funzione nove di queste stazioni con cui nel 2015, nel quadro di 68 interventi in 43 Paesi, hanno potuto essere rilevati i dati biometrici di più di 5000 cittadini all'estero.

Questo significa un aumento
di circa il 25 per cento rispetto all'anno precedente.

Dato l'elevato numero di documenti d'identità che sono stati rilasciati nel 2005 e che stanno raggiungendo ora il termine di validità dopo dieci anni, è stato registrato un ulteriore aumento delle domande, prima della diminuzione prevista per il 2016.

Secondo la statistica dell'Ufficio federale di statistica sui movimenti della popolazione, nel 2014 sono emigrati all'estero 28 489 Svizzeri, mentre nello stesso periodo sono tornati in patria 26 054 connazionali. I cittadini che pianificano un soggiorno all'estero, che vorrebbero emigrare o tornare in Svizzera possono approfittare gratuitamente della vasta offerta informativa di Emigrazione Svizzera (Swissemigration), il cui sito Internet è annoverato tra le pagine del DFAE più consultate con circa 120 000 visitatori all'anno.

Collaborazione consolare Alcuni casi di protezione consolare e di procedure amministrative richiedono il contatto personale con un collaboratore del servizio competente. Le misure di rior622

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ganizzazione della rete esterna e l'introduzione degli strumenti dell'e-government tuttavia in alcuni casi hanno causato un aumento della distanza dalla rappresentanza più vicina. Al fine di ovviare a questa situazione il DFAE ha cercato nuove forme di collaborazione. Il Consiglio federale ha dunque autorizzato la conclusione di una convenzione sulla collaborazione consolare con l'Austria firmata il 3 dicembre.

Inoltre sono state svolte due consultazioni con la Turchia e la Germania nonché con l'Austria, la Slovenia ed il Liechtenstein in un ambito quadripartito. Sono stati avviati dialoghi anche con la Francia sul futuro della Convenzione d'assistenza del 1931 tra la Svizzera e la Francia. Date le diverse interpretazioni e prassi delle autorità francesi e svizzere si tratta tuttavia di un argomento potenzialmente delicato. Le fatture di svariati milioni di franchi inviate alla Francia finora non sono state saldate e sono a carico dei Cantoni che hanno concesso aiuti sociali a cittadini francesi.

Prevenzione e gestione delle crisi A causa dell'introduzione di due unità organizzative («Sicurezza» e «Geoservizi») il Centro di gestione delle crisi della Segreteria di Stato del DFAE dal 1° gennaio 2015 può mettere a disposizione un ventaglio più ampio di servizi nei settori della prevenzione delle crisi, della preparazione di attività per affrontarle e superarle. Il DFAE è ora meglio equipaggiato contro eventuali sfide che possono sorprendere all'estero i cittadini svizzeri e le rappresentanze diplomatiche svizzere, nonché i loro collaboratori.

In tale contesto le indicazioni di viaggio del DFAE continuano a rappresentare un settore centrale del lavoro del Centro di gestione delle crisi. Forniscono infatti informazioni sui rischi in merito alla sicurezza all'estero e sono aggiornate per 176 Paesi. Anche se la metà dei viaggi all'estero dei nostri connazionali è verso un Paese limitrofo, un numero considerevole di viaggi ha come destinazione Paesi colpiti in modo pesante da disordini politici, conflitti armati o catastrofi naturali.

Il Centro di gestione delle crisi ha seguito permanentemente gli sviluppi della situazione globale della sicurezza e ha tenuto sedute sui Paesi a rischio per i servizi coinvolti del DFAE e altri dipartimenti federali. Un'attenzione particolare è stata rivolta a numerose
regioni e Paesi. Il Centro ha inviato gruppi al fine di garantire la sicurezza e la preparazione alla crisi per le rappresentanze diplomatiche della Svizzera e dei cittadini svizzeri sul luogo. Il Centro ha inoltre dato importanza alle misure con cui prepararsi ad eventuali sfide nel contesto di grandi manifestazioni (esposizione mondiale a Milano, i primi giochi europei a Baku e i 15i Weltgymnaestrada a Helsinki). Il Centro ha anche coordinato le contromisure svizzere in occasione di varie crisi (epidemia di ebola, terremoto in Nepal, catastrofe aerea della Germanwings, attentati terroristici, disordini politici in Africa ecc.) aiutando a superarle.

Di importanza fondamentale per il lavoro del Centro sono i buoni rapporti con i ministeri degli esteri dei Paesi limitrofi e di altri Paesi. Nei dodici mesi scorsi il Centro ha allacciato nuovi contatti e ne ha approfondito altri con i Paesi vicini e con la Gran Bretagna, i Paesi Bassi, la Repubblica Ceca e la Norvegia organizzando incontri di lavoro in Svizzera e all'estero.

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Relazioni con gli Svizzeri all'estero Anche nell'anno in esame, la comunità degli Svizzeri all'estero è aumentata notevolmente. Dato che la crescita è stata del 2 per cento rispetto all'anno passato, attualmente i cittadini svizzeri registrati presso una rappresentanza all'estero sono circa 760 000, tre quarti dei quali con doppia cittadinanza. Due terzi vivono in Europa, di cui circa il 96 per cento nei Paesi dell'UE. Lo scorso anno il DFAE ha elaborato le disposizioni d'esecuzione relative alla legge del 26 settembre 201445 sugli Svizzeri all'estero (LSEst) entrata in vigore il 1° novembre 2015. La relativa ordinanza del 7 ottobre 201546 concretizza il settore del collegamento in rete e dell'informazione, il registro degli Svizzeri all'estero, i diritti politici, l'aiuto sociale e il sostegno a enti per Svizzeri all'estero nonché la protezione consolare per i cittadini svizzeri che si recano all'estero.

L'ordinanza sugli emolumenti del DFAE è stata sottoposta a revisione totale47 al fine di rilevare in modo più dettagliato le prestazioni della protezione consolare e di collegare gli emolumenti al principio della responsabilità personale sancito nella LSEst. Terminata la procedura di consultazione, il Consiglio federale ha messo in vigore i due atti normativi insieme alla LSEst per il 1° novembre. In questi atti sono raccolte tutte le disposizioni che riguardano gli Svizzeri che si trovano all'estero e che finora erano sparpagliate in varie leggi, ordinanze e in un regolamento. In tal modo la Confederazione può dare una forma più coerente, chiara e concreta alle relazioni con la comunità degli Svizzeri all'estero e con i concittadini che soggiornano temporaneamente al di fuori dei confini nazionali.

Su mandato della Confederazione, il DFAE sostiene finanziariamente le istituzioni che offrono prestazioni a titolo privato ai cittadini svizzeri all'estero. Nell'ambito di una convenzione sulle prestazioni, il DFAE collabora strettamente con l'Organizzazione degli Svizzeri all'estero (OSE), sua interlocutrice fondamentale, la quale ha pubblicato nell'anno in esame sei numeri della «Schweizer Revue», la rivista per la Quinta Svizzera che il DFAE sfrutta per pubblicare informazioni ufficiali e rapporti della Confederazione.

Visti Nel 2015 le rappresentanze svizzere hanno rilasciato globalmente 500
000 visti. A paragone con quella dello scorso anno, questa cifra equivale ad un aumento del 4 per cento verificatosi soprattutto in Asia e negli Stati del Golfo mentre in Russia le statistiche registrano un calo. L'importanza di assicurare un accesso facilitato alla Svizzera, sia tenendone in conto la rilevanza economica e turistica sia sotto il profilo della Ginevra internazionale, è stata ribadita in diversi contesti sia dal Consiglio federale sia dal Parlamento. Ampliare le possibilità di richiedere visti era diventato indispensabile dopo l'introduzione graduale, conclusa lo scorso anno, di visti biometrici per grandi mercati turistici quali l'India, la Cina e la Russia. Gli strumenti impiegati allo scopo sono due: lo scorporo e le rappresentanze in materia di visti Schengen. Nel quadro del sistema di scorporo il 75 per cento delle domande di visto 45 46 47

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RS 195.1 RS 195.11 RS 191.11

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per la Svizzera sono riprese dalle ditte TLS contact e VFS Global. Nel 2015 sono stati aperti nuovi centri di registrazione a Ho-Chi-Minh (Vietnam), Doha (Quatar) e Akkra (Ghana). Per quel che riguarda le rappresentanze in materia di visti Schengen, nei Paesi in cui la Svizzera non ha rappresentanze proprie il rilascio di questi visti è delegato localmente ad un altro Paese membro della zona Schengen. In data 1° novembre la Svizzera lavorava con 18 Paesi membri dell'Accordo di Schengen e ne rappresentava gli interessi in 26 casi mentre era rappresentata su 55 siti.

3.6

Informazione e comunicazione

Presenza Svizzera (PRS) ha per legge il mandato di analizzare come la Svizzera viene percepita all'estero e di sostenerne gli interessi avvalendosi degli strumenti utilizzati nelle relazioni pubbliche. Una reputazione positiva all'estero permette di ampliare lo spazio di manovra della Svizzera in ambito di politica estera. Il monitoraggio condotto da PRS mostra che anche nel 2015 la Svizzera ha goduto di una buona reputazione all'estero. Nel Nation Brand Index (NBI) ­ un confronto tra le reputazioni di cinquanta Paesi ­ è attualmente all'ottavo posto. Nel 2015 la stampa estera si è occupata della Svizzera soprattutto per l'abbandono del cambio minimo con l'euro da parte della Banca nazionale svizzera (BNS) nonché per la procedura relativa alla Federazione internazionale di calcio FIFA, ma anche i successi sportivi dei campioni di tennis svizzeri hanno trovato vasta eco.

Insieme alle esigenze e opportunità di comunicazione del momento, i risultati del monitoraggio formano la base di un impiego oculato degli strumenti di comunicazione nazionali che comprendono ad esempio la presenza a grandi manifestazioni internazionali, il sostegno alle rappresentanze svizzere all'estero nelle rispettive attività di public diplomacy, l'invito di delegazioni estere e la comunicazione sui social media. La cooperazione con partner interni ed esterni all'amministrazione costituisce un elemento importante.

Per quel che riguarda le manifestazioni di grande portata l'anno in rassegna è stato contraddistinto della partecipazione della Svizzera all'Expo di Milano dedicata al tema «Nutrire il pianeta, energia per la vita». Nel padiglione svizzero il nostro Paese si è presentato come solidale e responsabile nel settore dell'alimentazione. Quattro torri nelle quali i visitatori potevano attingere ad alcuni prodotti scelti (acqua, sale, caffè e anelli di mela), disponibili in quantità limitata, incitavano alla riflessione sulla disponibilità e sul consumo sostenibile degli alimenti. Il padiglione ha permesso ai sedici partner ufficiali e ai 22 privati (ad es. i Cantoni, le città, le aziende e le associazioni) di presentarsi efficacemente al pubblico che, insieme ai media, ha apprezzato l'iniziativa. Nei sei mesi in cui l'esposizione ha avuto luogo poco più di 2,1 milioni di persone hanno visitato il padiglione svizzero,
il 70 per cento dei quali provenienti dall'Italia. Più di 1600 articoli mediatici ne hanno parlato e circa 40 000 persone hanno seguito regolarmente su facebook, twitter e instagram le attività nel padiglione svizzero. Con la presenza in Italia, un Paese confinante cui la strategia di politica estera assegna un'elevata priorità, è stato possibile migliorare la percezione della Svizzera, come hanno dimostrato i sondaggi svolti tra i visitatori dell'Expo. Al

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contempo le strette relazioni con l'Italia hanno potuto essere consolidate, ad esempio nel quadro di incontri bilaterali.

Nell'ambito di un partenariato limitato per il momento a tre anni, PRS ha sfruttato il festival internazionale di fotografia «Les rencontres de la photographie» ad Arles per approfondire la comunicazione internazionale. Il bilancio può essere definito positivo. Il festival ha attirato più di 90 000 persone. La presenza della Svizzera, un progetto comune di Pro Helvetia, dell'Ufficio federale della cultura (UFC) e di Fotostiftung Schweiz, ha promosso la fotografia quale mezzo della public diplomacy. La manifestazione ha dato modo di intensificare lo scambio con gli enti culturali francesi. Al carnevale di Rio de Janeiro la Svizzera si è presentata come un Paese moderno e al contempo fedele alle proprie tradizioni. Una delle scuole di samba più conosciute in Brasile ha tratto ispirazione per la propria presentazione, sostenuta da PRS, dalla Svizzera. Circa 60 milioni di Brasiliani hanno seguito in diretta la parata delle scuole di samba. Questa attività ha avuto luogo nel quadro del Programma di comunicazione internazionale 2014­2016 in Brasile che verrà portato avanti con la presenza ai giochi olimpici estivi a Rio.

Al fine di garantire una comunicazione a misura di destinatario, anche nel 2015 ci si è avvalsi di diversi strumenti di comunicazione. Ad esempio, sono state tenute numerose conferenze e tavole rotonde, organizzati incontri scientifici e culturali e viaggi di delegazioni in Svizzera. Queste attività hanno permesso di curare i contatti convogliando al contempo l'attenzione sui lati positivi della Svizzera.

Le attività nell'ambito dell'energia illustrano la gamma di strumenti. In collaborazione con le rappresentanze svizzere è stata presentata in diversi Paesi la mostra itinerante «Watt d'Or» (tra gli altri USA, Colombia, Cile, Perù, Tunisia e Russia) sviluppata da Swissnex Boston e dall'Ufficio federale dell'energia (UFE) e sostenuta da PRS. La mostra ha presentato progetti e iniziative innovativi in ambito energetico. La stretta collaborazione tra PRS e le rappresentanze in loco ha fornito anche la base per sfruttare al meglio il potenziale di comunicazione del progetto di aereo solare Solar Impulse, sostenuto dalla Svizzera, nei diversi luoghi in cui ha fatto
tappa. Anche in questo caso il messaggio centrale ha riguardato l'innovativa e solida piazza di ricerca Svizzera. I viaggi delle delegazioni, svolti da PRS nel quadro della questione energetica, sono stati programmati a misura di un pubblico scelto allo scopo di posizionare la Svizzera quale centro della ricerca di punta e dell'innovazione in questo settore. In tal modo i membri di una delegazione USA, composta da giornalisti, scienziati e politici, hanno potuto conoscere gli approcci politici e tecnologici avveniristici durante un viaggio di studio durato più giorni: l'energia idrica è stata dunque al centro di una visita guidata alla centrale del Grimsel, la tecnologia solare di una visita al PF di Losanna e una panoramica della politica energetica svizzera di un incontro con esperti dell'Ufficio federale dell'energia. Inoltre i membri della delegazione hanno avuto l'opportunità di sperimentare la prassi del trasferimento di know-how in uno scambio con imprese di medie dimensioni. Queste attività hanno permesso di presentare una Svizzera efficiente e innovativa, consapevole delle sfide mondiali cui vanno incontro le generazioni future e disposta a condividere le proprie scoperte.

Inoltre PRS ha organizzato in Svizzera colloqui di approfondimento ad hoc (RöstiLunch) per giornalisti stranieri che rappresentano un pubblico importante nella loro 626

FF 2016

veste di diffusori di opinioni. In questi incontri, nel 2015 esperti riconosciuti provenienti dall'Amministrazione hanno fornito informazioni sulle posizioni svizzere in merito alla politica europea come ad esempio la restituzione di averi dei potentati.

Per lo stesso pubblico è stata svolta anche una manifestazione informativa sulle elezioni federali del 2015.

Materiale informativo e promozionale rappresenta un sostegno importante per la comunicazione internazionale: nel 2015 sono state distribuite circa 650 000 copie, in gran parte attraverso la rete esterna.

Nel settore dell'informazione è stato rinnovato e aggiornato il sito web. Le pagine www.aboutswitzerland.org e www.houseofswitzerland.org offrono informazioni di cultura generale sul nostro Paese, articoli su argomenti rilevanti e informazioni sulla partecipazione della Svizzera a grandi manifestazioni internazionali.

3.7

Risorse e rete esterna

La rete esterna svizzera ­ uno strumento centrale per l'attuazione del mandato costituzionale di politica estera ­ si basa sui principi dell'universalità, della coerenza e dell'efficienza. Al momento comprende 170 rappresentanze estere e circa 204 rappresentanze onorarie. Al fine di tenere in debito conto la rapida evoluzione degli sviluppi internazionali e le esigenze di politica estera della Svizzera, se ne valuta ad intervalli regolari l'adeguatezza e l'utilità.

Il DFAE punta anche sul ricorso a nuove tecnologie, quali la biometria mobile e soluzioni innovative come le collocazioni. Per collocazioni s'intende la sistemazione comune di rappresentanze diplomatiche o consolari di più Paesi nel medesimo edificio. Nonostante l'uso in comune di un edificio, gli interessi politici ed economici della Svizzera sono curati in maniera autonoma ed indipendente.

Anche la collaborazione con altri partner nella rete esterna è caratterizzata da un coordinamento comune sempre più stretto: questioni fiscali riguardo allo Swiss Business Hubs ad esempio vengono affrontati e decisi in comune nel quadro del relativo comitato tripartito. Il DFAE, la SECO e la Switzerland Global Enterprise hanno intensificato la propria cooperazione nel quadro di questi incontri che a partire dal 2015 hanno luogo quattro volte all'anno. Forme di cooperazione come questa, che rendono possibile il ricorso alle sinergie per tutti gli enti coinvolti, sono discusse e concretizzate anche con altri partner nella rete esterna.

Nel 2015 la Svizzera ha ospitato per la prima volta il Toronto Group, una piattaforma informale di alti rappresentanti dei ministeri degli esteri di 30 Paesi e del servizio estero europeo (EEAS) che dal 2009 si incontrano ogni due anni per discutere di questioni riguardanti l'organizzazione e le risorse della politica estera. Il quarto incontro del Gruppo, tenutosi per due giorni a Berna alla fine di aprile, è stato incentrato su due argomenti principali, ambedue connessi alla questione dell'innovazione nella rete di rappresentanze: da una parte le opportunità di collaborare con il settore privato e con gli enti scientifici, dall'altra le opportunità e le sfide dell'esternalizzazione e di nuovi tipi di modelli di cooperazione.

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Nell'anno in rassegna il DFAE ha realizzato una serie di progetti di locazione congiunta: a Mascate, con i Paesi Bassi; a Luanda, dove la rappresentanza svizzera si è trasferita nei locali della rappresentanza olandese situati in zona centrale; a Lagos, metropoli nigeriana in rapida crescita, in cui la Svizzera ha aperto un consolato generale nei locali del consolato generale di Danimarca, mentre l'ambasciata danese è ospitata nei locali dell'ambasciata svizzera ad Abuja. Inoltre è stata avviata la realizzazione di altri progetti di questo tipo con l'Austria a Dublino, con la Norvegia a Port-au-Prince, con i Paesi Bassi a Ljubljana e con la Germania a Teheran (sistemazione del reparto visti).

Le misure di risparmio decise nell'anno in rassegna dal Consiglio federale e che riguardano anche il DFAE saranno attuate nella rete esterna per quanto possibile realizzando misure di miglioramento. Tuttavia il Consiglio federale non ha potuto evitare una misura più incisiva: il 12 agosto ha deciso di chiudere la rappresentanza in Paraguay. Ormai questa competenza sarà affidata all'ambasciatore a Montevideo; inoltre viene aperto un consolato onorario incaricato di sviluppare i contatti economici, politici, culturali e scientifici. La colonia svizzera (1385 cittadini svizzeri) è seguita dall'ambasciata in Buenos Aires già dal 2012.

Il progredire della strategia «1 sito = 1 rappresentanza svizzera» e la creazione di ambasciate integrate vanno di pari passo con una maggiore coerenza nelle priorità di politica estera. Nel 2015 dai 50 siti interessati, 15 dei quali hanno già subito un processo di integrazione, sono stati avviati circa una dozzina di nuovi processi. L'integrazione presuppone l'armonizzazione di numerose procedure e l'unificazione di istruzioni, compresa la loro applicazione. Nel 2015 è stata avviata tra l'altro l'uniformazione e la fusione dei sistemi di contabilità in tutti i siti. Nei siti già integrati sono applicate le sinergie tematiche e contenutistiche che consolidano la presenza della Svizzera.

La gestione dei rischi e la sorveglianza nel DFAE hanno luogo a tre livelli. In primo luogo ogni unità organizzativa che faccia capo alla rete interna o esterna considera, valuta e tratta i propri rischi nel «Sistema di controllo interno», debitamente documentato. Singoli aspetti vengono coordinati,
sostenuti e sorvegliati da unità specializzate presso la Centrale, ad esempio nei settori della finanza o della sicurezza. Le segnalazioni su irregolarità e disfunzioni sono indirizzate ad un organo apposito. Al terzo livello la sezione incaricata delle revisioni interne del DFAE svolge mandati di consulenza e di prova basati sul rischio. Il potenziale di miglioramento nelle questioni economiche e di verifica così individuato è trasmesso alla direzione del Dipartimento. Uno scambio regolare avviene in tal senso con il Controllo federale delle finanze.

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Elenco delle abbreviazioni ACNUR

Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati

AELS

Associazione europea di libero scambio

AIA

Scambio automatico d'informazioni

ALBA

Alleanza bolivariana per le Americhe (Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América)

ALCP

Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681)

AMISOM

Missione dell'Unione africana in Somalia (African Union Mission to Somalia)

AP-CdE

Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa

APEC

Cooperazione Economica Asia­Pacifico (Asia-Pacific Economic Cooperation)

ASEF

Fondazione Asia-Europa (Asia-Europe Foundation)

ASEM

Incontri Asia-Europa (Asia-Europe Meeting)

BCE

Banca centrale europea

BRICS

Gruppo composto dai cinque grandi Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica

CAS

Comitato OCSE per l'aiuto allo sviluppo

CDA

Convenzione di doppia imposizione

CEDU

Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (RS 0.101)

CEVA

Collegamento ferroviario Cornavin­Eaux-Vives­Annemasse

CGUE

Corte di giustizia dell'Unione europea

CICR

Comitato internazionale della Croce rossa

CITES

Convenzione del 3 marzo 1973 sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione (RS 0.453) (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora)

Corte EDU

Corte europea dei diritti dell'uomo

CP

Codice penale svizzero

629

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CPI

Corte penale internazionale

CPLRE

Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa

CSA

Corpo svizzero di aiuto umanitario

DATEC

Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni

DCAF

Centro ginevrino per il controllo democratico delle Forze armate (Geneva Centre for the Democratic Control of Armed Forces)

DDPS

Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport

DEFR

Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca

DFAE

Dipartimento federale degli affari esteri

DFF

Dipartimento federale delle finanze

DFGP

Dipartimento federale di giustizia e polizia

DFI

Dipartimento federale dell'interno

DR

Direzione delle risorse

DSC

Direzione dello sviluppo e della cooperazione

EAP

Aeroporto Basilea-Mulhouse

ECOSOC

Consiglio economico e sociale dell'ONU (Economic and Social Council)

ECOWAS

Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Economic Community of West African States)

EUFOR

Forze multinazionali dell'Unione europea (European Union Force)

FATCA

Foreign Account Tax Compliance Act der USA

fedpol

Ufficio federale di polizia

FMI

Fondo monetario internazionale (anche IMF, International Monetary Fund)

FRI

Formazione, Ricerca, Innovazione

G20

Gruppo dei 20 (Stati Uniti, Giappone, Germania, Cina, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Brasile, Russia, India, Repubblica di Corea, Australia, Messico, Turchia, Indonesia, Arabia saudita, Sudafrica, Argentina, Unione europea)

GAFI

Gruppo di azione finanziaria

GCSP

Centro ginevrino per la politica di sicurezza (Geneva Centre for Security Policy)

GCTF

Forum globale dell'antiterrorismo (Global Counterterrorism Forum)

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GFATM

Fondo mondiale per la lotta contro l'aids, la tubercolosi e la malaria

GTA

Gasdotto Transadriatico

HRD

Difensori dei diritti umani (Human Rights Defenders)

IAEA

Agenzia internazionale per l'energia atomica (International Atomic Energy Agency)

IFAD

Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (International Fund for Agricultural Development)

IGAD

Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Intergovernmental Authority on Development)

JRR

Justice Rapid Response

KAIPTC

Kofi Annan International Peace Training Centre

LPAmb

Legge federale del 7 ottobre 1983 sulla protezione dell'ambiente (RS 814.01)

LPSP

Legge federale del 27 settembre 2013 sulle prestazioni di sicurezza private fornite all'estero (RS 935.41)

LSEst

Legge del 26 settembre 2014 sugli Svizzeri all'estero (RS 195.1)

MERCOSUR Mercato comune dell'America meridionale (Mercado Común del Sur) MES

Meccanismo europeo di stabilità

MINUSMA

Missione di stabilizzazione multidimensionale integrata dell'ONU in Mali (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali)

MONUSCO

Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Mission de l'Organisation des Nations Unies en République Démocratique du Congo)

MoU

Memorandum d'intesa

NATO

Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organisation)

NFTA

Nuova ferrovia transalpina

NNSC

Commissione di supervisione delle nazioni neutrali (Neutral Nations Supervisory Commission)

OAS

Organizzazione degli Stati americani (Organisation of American States)

OCHA

Ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs)

OCSE

Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico 631

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OMC

Organizzazione mondiale del commercio

OMS

Organizzazione mondiale della sanità

ONG

Organizzazione non governativa

ONU

Organizzazione delle Nazioni Unite

OPCW

Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons)

OSCE

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

OSM

Obiettivi di sviluppo del Millennio

OSS

Obiettivi per uno sviluppo sostenibile

PEP

Persona politicamente esposta (Politically exposed person)

PNUA

Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente

PNUS

Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo

PRS

Presenza Svizzera

SADC

Comunità di sviluppo dell'Africa australe (Southern African Development Community)

SECO

Segreteria di Stato dell'economia

SEFRI

Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione

SLR

Servizio per la lotta al razzismo

SWISSCOY

Contingente svizzero della Forza multinazionale per il mantenimento della pace in Kosovo (KFOR)

Swissmedic

Istituto svizzero per gli agenti terapeutici

TIEA

Accordo sullo scambio di informazioni in ambito fiscale (Tax Information Exchange Agreement)

TNP

Trattato del 1° luglio 1968 di non proliferazione nucleare (RS 0.515.03)

UA

Unione africana

UE

Unione europea

UFAM

Ufficio federale dell'ambiente

UFAS

Ufficio federale delle assicurazioni sociali

UFC

Ufficio federale della cultura

UFCOM

Ufficio federale delle comunicazioni

UFG

Ufficio federale di giustizia

UFSPO

Ufficio federale dello sport

UNAIDS

Programma congiunto delle Nazioni Unite su HIV/AIDS (Joint United Nations Programme on HIV/AIDS)

632

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UNCAC

Convenzione del 31 ottobre 2003 delle Nazioni Unite contro la corruzione (RS 0.311.56) (United Nations Convention against Corruption)

UNCITRAL

Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (United Nations Commission on International Trade Law)

UNECE

Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa (United Nations Economic Commission for Europe)

UNESCO

Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization)

UNFPA

Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (United Nations Population Fund)

UNICEF

Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (United Nations International Children's Emergency Fund)

UNODC

Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (United Nations Office on Drugs and Crime)

UNRWA

Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente

633

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Allegato

Informazioni complementari riguardanti il Consiglio d'Europa 1 1.1

Organi Comitato dei Ministri

L'inizio dell'anno è stato caratterizzato dagli attacchi contro il periodico satirico Charlie Hebdo a Parigi. Nel Comitato dei Ministri si è discusso soprattutto su come il Consiglio d'Europa possa contrastare l'estremismo violento e la radicalizzazione da cui nasce il terrorismo. Ci si è soffermati sulla prevenzione del terrorismo e sul rispetto dei diritti umani pur nella lotta al terrorismo. La Svizzera ha perorato ripetutamente il rispetto del diritto pubblico umanitario e dei diritti umani.

Coerentemente, la lotta al terrorismo è stato uno degli argomenti principali della 125a sessione del Comitato dei Ministri del 19 maggio a Bruxelles. I ministri degli esteri degli Stati membri hanno approvato il primo pacchetto di norme internazionali vincolanti per la lotta contro i cosiddetti combattenti terroristi stranieri. Con questo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione per la prevenzione del terrorismo del Consiglio d'Europa gli Stati membri si impegnano a dichiarare punibili determinati atti, tra cui la partecipazione intenzionale a un gruppo terroristico, il fatto di aver ricevuto addestramento per il terrorismo nonché il fatto di recarsi all'estero per scopi terroristici. Il Comitato dei Ministri ha inoltre adottato una dichiarazione di lotta contro l'estremismo e la radicalizzazione e un piano d'azione triennale che illustra le diverse misure del Consiglio d'Europa per far fronte alla radicalizzazione nelle scuole, nelle prigioni e in Internet.

Anche la crisi in Ucraina è stata al centro dei dibattiti, come già nell'anno passato. È stato posto l'accento sull'indipendenza, sulla sovranità e sull'integrità territoriale dell'Ucraina all'interno dei confini internazionalmente riconosciuti nonché sull'annessione illegale della Crimea dalla Federazione russa e le parti in conflitto sono state esortate a rispettare e mettere in atto gli accordi di Minsk nell'Ucraina orientale. Inoltre è stato accolto il nuovo piano d'azione 2015­17 del Consiglio d'Europa sul sostegno delle riforme in Ucraina, in particolare nei settori del consolidamento dei diritti umani, dell'indipendenza della giustizia, delle riforme costituzionali, della decentralizzazione e del diritto elettorale. In particolare sono stati rilevati gli utili contributi della Commissione di Venezia alle questioni costituzionali. Nell'anno in
rassegna anche la Svizzera si è impegnata nella ricerca di una soluzione pacifica della crisi in Ucraina nel rispetto delle norme e dei vincoli internazionali e ha sostenuto le attività del Consiglio d'Europa in Ucraina con mezzi sostanziali, come ad esempio il piano d'azione e il gruppo internazionale di consulenza incaricato di fare luce su eventuali violazioni dei diritti umani durante le manifestazioni in Maidan a Kiev e a Odessa.

Come ulteriore argomento prioritario, il segretario generale Jagland ha presentato il suo secondo rapporto sulla situazione democratica, dei diritti umani e dello Stato di diritto in Europa in cui indaga sull'attuazione da parte dei 47 Stati membri delle cinque colonne della sicurezza democratica: una giustizia efficiente e indipendente, la libertà di espressione, la libertà di riunione, il funzionamento delle istituzioni 634

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democratiche e una società borghese democratica e inclusiva. Il rapporto giunge alla deludente conclusione che in un terzo degli Stati membri la giustizia non è completamente indipendente e che la libertà di espressione è stata messa sotto pressione più di quanto previsto. Conseguentemente, il segretario generale intende dichiarare argomenti prioritari l'indipendenza della giustizia e la libertà di espressione.

Alla fine di marzo ha avuto luogo a Bruxelles una conferenza di alto livello sull'attuazione della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) sotto la presidenza belga. Sono stati lodati espressamente gli sviluppi positivi dopo la conferenza di Interlaken e l'aumento dell'efficienza nella trattazione dei ricorsi davanti alla Corte, con conseguente, considerevole riduzione dei casi pendenti. In una dichiarazione politica i 47 Stati membri hanno affermato il principio della sussidiarietà e confermato la responsabilità condivisa degli Stati parte, della Corte europea per i diritti umani (Corte EDU) e del Comitato dei Ministri nell'attuazione della CEDU. Il relativo piano di azione prevede una serie di misure per un'applicazione rapida ed effettiva delle sentenze della Corte, il cui esame è garantito dal Comitato dei Ministri.

1.2

Assemblea parlamentare

La crisi in Ucraina è stata un argomento centrale anche durante le quattro sessioni parziali del 2015 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (AP-CdE).

Come già nell'anno precedente, l'AP-CdE ha deciso di mantenere le sanzioni contro la delegazione russa e di prolungare la sospensione del diritto di voto fino alla fine dell'anno. In risposta, la delegazione russa ha deciso di boicottare la partecipazione all'AP-CdE fino a quando non saranno ripristinati tutti i diritti.

Considerate le tragedie umane, anche la politica della migrazione è stata al centro dell'attenzione. La presidente dell'AP-CdE, Anne Brasseur, ha illustrato un viaggio informativo in Turchia e la visita ad uno del numerosi campi di rifugiati. La signora Brasseur ha invitato gli Stati membri del Consiglio d'Europa ad impegnarsi maggiormente e mostrare più solidarietà. In varie occasioni l'AP-CdE ha discusso le tragedie nel Mediterraneo, senza tuttavia arrivare ad un consenso su come si possa reagire alle sfide poste dalla crisi migratoria.

Il Segretario generale dell'ONU, Ban Ki Moon, nel suo discorso ha fatto appello all'Europa perché si assuma un ruolo di pioniere di solidarietà e collaborazione nella migrazione. Ha chiesto di cessare la retorica contro la migrazione e ha esortato a porre l'attenzione sui contributi positivi che i migranti possono apportare alla nostra società. Si è detto preoccupato delle crescenti limitazioni della società civile e ha sottolineato il rispetto dei diritti umani anche nella lotta contro il terrorismo.

L'AP-CdE ha discusso quindi tra l'altro della preoccupante situazione dei diritti umani nell'Azerbaigian e ha chiesto alle autorità azere di liberare gli attivisti dei diritti umani e i giornalisti e di garantire l'indipendenza della giustizia secondo il principio della separazione dei poteri. Per quel che riguarda la situazione in Ungheria, l'AP-CdE ha portato a termine l'osservazione speciale e ha ritenuto sufficiente il monitoraggio nel quadro della procedura usuale nel comitato ad hoc.

635

FF 2016

Anche nell'anno in rassegna la delegazione dei deputati svizzeri ha partecipato attivamente ai dibattiti in sala e ha assunto diversi mandati in veste di relatrice, osservatore elettorale e in altre attività.

Nella sessione di giugno la segretaria generale supplente, Gabriella Battaini Dragoni, è stata eletta per un secondo mandato di cinque anni. Nell'anno in rassegna il dialogo e la collaborazione tra il Comitato dei Ministri e l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sono stati intensificati.

1.3

Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa

La delegazione svizzera al Congresso ha partecipato alle due parti della sessione del 2015 incentrate sulle risposte locali alla sfide dei diritti umani: migrazione, discriminazione, inclusione sociale.

Durante la sessione di marzo il Congresso ha organizzato un dibattito urgente sulla sfida rappresentata dalla lotta al terrorismo. Il dibattito, cui ha partecipato anche il sindaco della città siriana Kobanê, era stato avviato per fare il punto sul ruolo delle città contro il terrorismo stimando le minacce interne ed esterne che dovevano affrontare.

Durante la sessione di ottobre il Congresso ha adottato una dichiarazione sull'accoglienza ai rifugiati in Europa nella quale si chiede al Comitato dei Ministri di lavorare congiuntamente con l'UE affinché la questione dell'immigrazione e del diritto d'asilo sia contemplata nelle politiche europee globali. Il testo insiste anche sulla necessità di accordare i finanziamenti necessari alle collettività territoriali.

Nell'anno in rassegna, in cui ricorreva il 30° anniversario della Carta europea dell'autonomia locale48, i membri della delegazione svizzera hanno in particolare partecipato all'osservazione delle elezioni locali in Albania e in Ucraina e contribuito all'elaborazione del rapporto concernente il rispetto della Carta da parte del Lussemburgo.

2 2.1

Diritti umani Coesione democratica ­ Questioni relative ai diritti umani/ Seguito dei lavori di Interlaken

Il Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (CDDH) ha continuato a concentrare il proprio operato sulla riforma del sistema di controllo della CEDU, un argomento su cui si è concentrata anche la Conferenza dei Ministri di Bruxelles49 del 26 e 27 marzo, alla cui preparazione ha partecipato. Inoltre si è concentrato su questioni nell'ambito dello sviluppo e della promozione dei diritti umani adottando per il Comitato dei Ministri il disegno del proprio mandato per gli anni 2016 e 2017.

48 49

636

RS 0.102 Conferenza ad alto livello sull'attuazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, una responsabilità condivisa.

FF 2016

Anche nell'anno in corso il dibattito si è concentrato sulla riforma a lungo termine del meccanismo di controllo della CEDU. I lavori di preparazione sono attualmente condotti da un gruppo di lavoro (GDR-F) subordinato al CDDH e al suo comitato di esperti (GDR, Groupe de rédaction); il progetto di rapporto conclusivo redatto dal gruppo (Projet de rapport final consolidé du Comité Directeur pour les droits de l'homme sur l'avenir à plus long terme du système de la Convention) è stato approvato a dicembre (dal 7 all'11 dicembre) dal CDDH all'attenzione del Comitato dei Ministri50. Il rapporto è suddiviso in quattro parti principali: A. applicazione della CEDU a livello nazionale; B. giurisdizione della CEDU; C. carattere vincolante delle sentenze della CEDU: esecuzione e relativa sorveglianza; D. il meccanismo di controllo della CEDU quale parte dell'ordinamento giuridico europeo. Le parti A, B e C contengono spiegazioni sulle misure di riforma che sarebbero possibili in base al sistema odierno o che presupporrebbero modifiche al sistema.

La Conferenza dei Ministri di Bruxelles è stata la terza conferenza consecutiva a quella di Interlaken (2010), dopo Brighton (2012) e Izmir (2011). La dichiarazione adottata il 27 marzo si riallaccia nella struttura e nei contenuti alle conferenze precedenti. Fra le novità si possono annoverare la maggiore insistenza sul dialogo tra la Corte e le più alte autorità giudiziarie, l'approvazione dell'intento della Corte di motivare in futuro anche le decisioni dei giudici unici, l'invito agli Stati membri di prevedere la creazione di un organo indipendente per i diritti umani, l'impegno di aumentare l'efficacia dei controlli dell'esecuzione delle sentenze e l'esortazione del Commissario per i diritti umani di affrontare i problemi nel contesto dell'esecuzione delle sentenze durante le visite agli Stati membri.

Per quanto concerne lo sviluppo e la promozione dei diritti umani, il CDDH ha preso conoscenza nell'anno in rassegna della continuazione dei lavori correntemente condotti da diversi gruppi di esperti e di redazione e ha preso posizione sulle domande sottopostegli. Questo ha riguardato in particolar modo i lavori del CDDH-CORP51, del CDDH-DC52 e del DH-BIO-psy53. Con questi lavori si prevede di completare la Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina54.
Importante infine è anche l'adozione del progetto di mandato del CDDH per gli anni 2016 e 2017. Dopo intense discussioni il Comitato ha concordato lavori nei settori seguenti: diritti sociali, mutilazioni genitali, matrimoni forzati, la libertà di espressione nell'ambito degli altri diritti umani. Dovessero esserci ancora tempo e mezzi a disposizione, potrebbero essere affrontati ulteriori lavori nei settori sia della migrazione sia della società civile.

50 51 52 53

54

Projet de rapport final consolidé du Comité Directeur pour les droits de l'homme (CDDH) sur l'avenir à plus long terme du système de la Convention Drafting Group on Human Rights and Business Drafting Group on Human Rights in Culturally Diverse Societies Drafting group on the elaboration of an additional Protocol on the protection of the human rights and the dignity of persons with mental disorders with regard to involuntary placement and treatment RS 0.810.2

637

FF 2016

2.2

La Svizzera dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU)

Nel periodo in rassegna, la Corte ha emesso dieci sentenze sui ricorsi concernenti la Svizzera. In 3 casi ha constatato almeno una violazione della CEDU. Le dieci sentenze erano (in ordine cronologico):55 ­

Papillo (27 gennaio 2015): nessuna violazione del diritto alla libertà personale e alla sicurezza (art. 5 par. 1 CEDU) del ricorrente curato in prigione per problemi psichici.

­

Haldimann e altri (24 febbraio 2015): violazione della libertà di espressione (art. 10 CEDU) dei ricorrenti (quattro giornalisti televisivi) che con un dispositivo nascosto hanno registrato il dialogo di vendita di un consulente assicurativo, hanno trasmesso il filmato dopo aver reso irriconoscibili le persone e sono stati puniti con una multa.

­

Tatar (14 aprile 2015): nessuna violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU) o del divieto di trattamento inumano o degradante (art. 3 CEDU) nel caso dell'espulsione di un delinquente verso la Turchia, il cui grave disturbo psichico può essere curato in linea di principio in Turchia.

­

K.M. (2 giugno 2015): nessuna violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) nel caso dell'espulsione di un delinquente verso l'Albania.

­

Schmid-Laffer (16 giugno 2015): nessuna violazione del diritto a un equo processo (art. 6 par. 1 CEDU) a causa dell'informazione omessa della ricorrente, in veste di persona informata, sul diritto a non rispondere e della successiva condanna della ricorrente poiché le informazioni in questione erano d'importanza secondaria.

­

A.S. (30 giugno 2015): nessuna violazione del divieto di trattamento inumano o degradante (art. 3 CEDU) nel caso di rientro di un cittadino siriano senza figli in Italia (procedura di Dublino).

­

Perinçek (15 ottobre 2015; Grande Camera): violazione della libertà di espressione (art. 10 CEDU) a causa di una condanna penale ai sensi dell'articolo 261bis CP per aver negato il genocidio contro gli Armeni (sentenza della Camera del 17.12.2013).

­

Mäder (8 dicembre 2015): violazione del diritto di controllo giudiziario della detenzione entro breve (art. 5 par. 4 CEDU) in un caso di ricovero a scopo di assistenza secondo il diritto previgente.

­

Z.H. e R.H. (8 dicembre 2015): nessuna violazione del rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) per mancato riconoscimento del matrimonio di un richiedente l'asilo con una 14enne e il suo trasferimento in Italia (procedura di Dublino).

55

638

Maggiori dettagli sui casi svizzeri (e sui casi importanti riguardanti altri Stati) sono pubblicati dal 2008 nei rapporti trimestrali dell'Ufficio federale di giustizia: www.bj.admin.ch > Stato & cittadino > Diritti dell'uomo > Giurisprudenza della CEDU.

FF 2016

­

2.3 2.3.1

G.S.B. (22 dicembre 2015): nessuna violazione del rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) per trasmissione di dati bancari di una persona con doppia cittadinanza agli Stati Uniti in base ad una domanda di assistenza degli USA; nessuna discriminazione nei confronti di altri clienti stranieri della banca (art. 8 in combinato disposto con l'art. 14 CEDU).

Discriminazione e razzismo Lotta al razzismo

L'impegno a favore dei diritti di lesbiche, omosessuali, bisessuali, transessuali e intersessuali (LGBTI) è importante per il Consiglio d'Europa. Raccomandate il 31 marzo 2010 dal Comitato dei ministri (CM/Rec (2010)05), svariate iniziative sono sorte all'interno del Consiglio d'Europa e delle sue istituzioni. La Svizzera ha partecipato a tre progetti mostrandosi disponibile ad impegnarsi ancor più per la protezione dei diritti umani di persone LGBTI.

Dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 la DSU del DFAE ha sostenuto la Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (CERI) con un contributo di 32 000 euro in favore della protezione dei diritti di persone LGBTI all'interno degli Stati membri. Dal 5° ciclo di selezione la questione della discriminazione a causa dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere è stata iscritta nel mandato della CERI che cerca ora di migliorare la situazione di queste persone per mezzo del dialogo con responsabili statali e non statali.

Il progetto di lotta contro ogni forma di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere del Consiglio d'Europa (Combating discrimination on grounds of sexual orientation or gender identity 2015­2017 (SOGI) è iniziato ufficialmente il 1° gennaio ed è stato sostenuto dalla Svizzera con un contributo di 100 000 franchi. Si basa sulle raccomandazioni e sulle procedure consolidate del progetto LGBT 2011-2013 svolto in Albania, Italia, Lettonia, Montenegro, Polonia e Serbia e svolto dal Consiglio d'Europa per attuare la raccomandazione del Comitato dei Ministri. Viene ora proseguito per tre anni con il modello conformato in Albania, Bosnia e Erzegovina, Estonia, Georgia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Moldova, Montenegro, Polonia, Serbia, Slovacchia e Turchia. Grazie a questo progetto è nata la rete LGBT Focal Points Network nei Paesi Bassi con lo scopo di scambiarsi informazioni su procedure consolidate nell'attuazione delle raccomandazioni del Comitato dei Ministri volte a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere. Tale scambio ha luogo principalmente durante gli incontri di tutti i membri che vengono organizzati due volte all'anno. La Svizzera vi partecipa attivamente e ha ospitato sia la quinta conferenza a novembre 2011 sia il 15° incontro
svoltosi dal 19 al 20 novembre. Come luogo dell'incontro è stata scelta Ginevra per la prossimità con le organizzazioni internazionali: è stato possibile coinvolgere nel dialogo in particolare l'ufficio dell'Alto commissariato dell'ONU per i diritti umani (OHCHR) e creare sinergie con Rainbow Cities. Il 29 aprile la Svizzera ha firmato la dichiarazione politica di La Valletta, già adottata antecedentemente da altri 18 membri del Consiglio d'Europa.

639

FF 2016

Una delegazione del CERI ha visitato la Svizzera dal 21 al 25 ottobre 2013. Gli argomenti principali di questo quinto ciclo di rapporti sono state questioni giuridiche, l'incitazione all'odio, la violenza e la politica di integrazione. Vi si è aggiunta la questione LGBT, come in tutti i Paesi visitati. Il rapporto e le raccomandazioni della delegazione CERI sono stati adottati il 19 giugno 2014 nella seduta plenaria della CERI e pubblicati dal Consiglio d'Europa il 16 settembre 2014.

Nell'anno in rassegna il Servizio per la lotta al razzismo (SLR) e la Commissione federale contro il razzismo (CFR), una commissione extraparlamentare, hanno proseguito le proprie attività in tutti i settori coinvolti nella lotta contro il razzismo e avviato i lavori per il rapporto intermedio su due raccomandazioni della CERI del 2014. Va in particolare menzionata la campagna della CFR contro l'incitazione all'odio razziale in Internet, sostenuta dal SLR e che si rivolge soprattutto ai giovani coinvolgendoli.

2.3.2

Protezione delle minoranze

La Svizzera riconosce le comunità linguistiche, la comunità nomade e la comunità israelitica quali minoranze nazionali ai sensi della Convenzione quadro del 1° febbraio 199556 del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali ratificata nel 1998. Come per le altre due minoranze nazionali, il 1° dicembre 2015 ha avuto luogo a Berna un convegno organizzato dal DFAE e dal DFI sulla situazione della comunità israelitica. Lo scopo del convegno era far conoscere meglio la situazione della comunità israelitica in Svizzera e i problemi che deve affrontare attualmente. Le questioni più discusse sono state il posto della religione ebraica nella società svizzera sempre più secolarizzata, in particolare per quel che riguarda le scuole e l'impegno dello Stato di fronte alle minacce e gli atti di ostilità sempre più a sfondo antisemita nei confronti delle persone di religione ebraica. Il consigliere federale Burkhalter ha ricordato in tale contesto non solo gli obblighi derivanti dalla Convenzione quadro del Consiglio d'Europa, ma anche all'impegno della Svizzera per rafforzare gli sforzi dell'OSCE nella lotta all'antisemitismo durante la presidenza elvetica nel 2014.

Il Consiglio federale ha trasmesso al Consiglio d'Europa a dicembre il 6° rapporto sull'attuazione della Carta europea delle lingue minoritarie o regionali del 5 novembre 199257 nel quale sono illustrate le misure di attuazione prese dalla Svizzera, in particolare soffermandosi sullo statuto del francoprovenzale nel nostro Paese e sull'insegnamento della lingua romancia nei Grigioni. Il rapporto presenta inoltre sia i progressi realizzati nell'attuazione della legge federale del 5 ottobre 200758 sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche, entrata in vigore nel 2010 e che ormai costituisce la base legale per la promozione delle lingue nazionali nel Paese, sia i lavori di revisione dell'ordinanza sulle lingue del 4 giugno 201059,

56 57 58 59

640

RS 0.441.1 RS 0.441.2 RS 441.1 RS 441.11

FF 2016

entrata in vigore a ottobre 2014 e che consolida le misure destinate alla promozione delle lingue nell'amministrazione federale60.

Nel 2015 la Svizzera ha continuato ad impegnarsi nel contesto del Comitato di esperti ad hoc sulle questioni rom (CAHROM). L'Ufficio federale della cultura (UFC) ha rinunciato a partecipare regolarmente alle sedute del comitato ad hoc, ma si è impegnato nel gruppo di lavoro sui nomadi che permette uno scambio di vedute tra i Paesi del CAHROM confrontati a problematiche analoghe. La Svizzera in tale ambito ha partecipato, insieme ad altri Paesi europei, ad un incontro organizzato in ottobre dalla Francia sulla formazione dei bambini nomadi. Si intende proseguire la prassi delle visite reciproche e degli scambi informali, sostenuta della Svizzera.

2.3.3

Parità fra donna e uomo

La Svizzera ha allestito un convegno del Consiglio d'Europa sull'accesso paritario delle donne alla giustizia, uno degli scopi della Strategia 2014-2017 del Consiglio d'Europa per promuovere la parità tra i sessi. Il convegno ha avuto luogo il 15 e il 16 ottobre a Berna ed è stato organizzato dalla Commissione del Consiglio d'Europa sulla parità di genere (DECS-GEC) e dall'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (UFU). Si è trattato dell'ultima di tre conferenze internazionali sull'argomento dell'accesso paritario delle donne alla giustizia.

Gli argomenti principali del convegno sono state le misure necessarie per rimuovere gli ostacoli ancora esistenti che impediscono alle donne l'accesso alla giustizia. Da un'analisi dell'accesso delle donne alla Corte europea dei diritti dell'uomo è risultato che tra il 1998 e il 2006 meno del 20 per cento dei ricorsi erano stati inoltrati da donne mentre più del 70 per cento dei ricorsi per discriminazione di genere provenivano da uomini. Ne consegue che le donne non solo devono ottenere l'accesso scevro da ostacoli nei confronti delle autorità di giustizia e degli organi di consulenza, ma che devono anche poter sperare che le violazioni dei loro diritti siano sanzionate in modo appropriato ed efficace. Nell'ambito della conferenza ne hanno dibattuto 170 esperti da più di 40 Paesi scambiandosi informazioni su esperienze e discutendo metodi consolidati ed eventuali misure. Sono anche state indicate le lacune nella ricerca ed è stato stabilito che sussiste un ritardo per quanto riguarda sia le statistiche nazionali sia i dati relativi alla prassi dei tribunali e delle autorità.

2.3.4

Prevenzione della tortura

Una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d'Europa ha effettuato la 7a visita periodica in Svizzera dal 13 al 24 aprile 2015. La delegazione, composta da 5 membri, ha visitato posti di polizia, penitenziari e unità psichiatriche nei Cantoni di Argovia, Basilea Città, Berna, Neuchâtel, Ticino e Svitto.

60

RU 2014 2987

641

FF 2016

Ha posto l'accento sulle garanzie fondamentali contro il maltrattamento delle persone arrestate o detenute, in particolare sul diritto delle persone detenute di informare un membro della famiglia o un'altra persona e di essere assistite da un avvocato e da un medico. Nei penitenziari si è concentrata in particolar modo sulle condizioni di detenzione delle persone nei cui confronti sono state ordinate misure d'internamento o terapeutiche stazionarie e sulle loro condizioni di detenzione nei reparti del massimo livello di sicurezza. Il CPT ha adottato il rapporto della visita in Svizzera durante la riunione plenaria agli inizi di novembre 2015.

A marzo, per il 25° anniversario della sua costituzione, il CPT ha organizzato a Strasburgo una conferenza incentrata sulle misure per contrastare l'impunità in seno ai servizi di polizia e nelle prigioni, sulle cure sanitarie nei penitenziari, sui detenuti di giovane età, sulle misure di isolamento e sui nuovi standard in ambito psichiatrico (The CPT at 25: taking stock and moving forward).

2.4

Bioetica

Nel periodo in rassegna il Comitato direttivo sulla bioetica (DH-Bio) ha portato avanti diversi lavori portando tra l'altro a termine un progetto di raccomandazione sul tema «prédiction, test génétique et assurance» (previsioni, test genetico e assicurazione, n.d.t.) che è stato quindi trasmesso al Comité directeur pour les droits de l'homme (CDDH). Al contempo in Svizzera è in atto la revisione la legge federale dell'8 ottobre 200461 sugli esami genetici sull'essere umano (LEGU); nel 2016 il disegno verrà sottoposto al Parlamento. L'evoluzione della raccomandazione del Consiglio d'Europa sarà seguita attentamente nel quadro dei lavori di revisione della legge; non vi sono differenze tra le normative.

La revisione della raccomandazione Rec(2006)4 del Consiglio dei Ministri sull'utilizzo di campioni biologici di origine umana per scopi di ricerca è stata ancora dibattuta nelle sedute plenarie. Il progetto di revisione ha avuto un destino sfortunato in quanto, benché originariamente concepito per regolamentare le biobanche di dati biologici, a causa delle difficoltà incontrate nel tentare di definirlo, il termine nel frattempo è sparito dai documenti. Al suo posto, per motivi sistematici e in relazione ad altri documenti del Comitato nell'ambito di applicazione, è stato aggiunto il prelievo di materiale biologico, rispettivamente il rilevamento di dati. Ciò tuttavia ha comportato una sproporzione dato che nella raccomandazione la ricerca molto meno rischiosa con materiale e dati già disponibili prende molto più spazio di quella connessa al prelievo rispettivamente al rilevamento, in cui esiste un rischio concreto di lesione. Non sussistono conflitti con la normativa svizzera riguardante la ricerca sull'essere umano nel cui ambito di applicazione rientra la raccomandazione e che disciplina questi settori in funzione dei rischi.

Per quanto riguarda l'elaborazione del nuovo protocollo addizionale alla Convenzione del 4 aprile 199762 sui diritti dell'uomo e la biomedicina del Consiglio d'Europa per la tutela della dignità e dei diritti fondamentali delle persone affette da malat61 62

642

RS 810.12 RS 0.810.2

FF 2016

tie psichiche con particolare attenzione a misure coercitive, durante la prima sessione plenaria tenutasi a maggio è stato deciso di sottoporre il testo ad un'indagine conoscitiva che ha avuto luogo da giugno a novembre.

Prima della seduta di maggio ha avuto luogo un simposio sulle tendenze nelle nuove tecniche emergenti (genetica, big data, neuroscienze, nanotecnologie) e sui relativi aspetti etici durante il quale sono stati presentati i risultati degli studi discussi quindi da esperti. In ambito tecnico si è giunti alla conclusione che i limiti tra biologia e tecnologie si stanno dissolvendo in un modo e in una dimensione finora sconosciuti.

In ambito etico, che con questa evoluzione non sono in gioco nuovi valori per l'individuo, ma emerge in primo luogo la questione sociopolitica su chi debba avere la competenza di decidere sull'implementazione di queste tecniche, cioè se nascono automatismi, processi striscianti oppure se le persone coinvolte possono decidere consapevolmente a favore o contro una data applicazione. L'Ufficio ha ricevuto il mandato di elaborare proposte al termine del simposio e sulla base dei risultati scaturitine in vista del white paper da redigere. Una prima bozza delle proposte è stata dibattuta in dicembre alla seduta plenaria.

2.5

Voto elettronico (e-voting)

Il 1° aprile il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha deciso di far rielaborare la raccomandazione Rec(2004)11 su standard giuridici, operativi e tecnici per l'e-voting e di nominare un comitato di esperti ad hoc. Il mandato prevede che il comitato sia costituito da rappresentanti degli Stati membri del Consiglio d'Europa, di organizzazioni internazionali, degli ambienti scientifici e industriali e della società civile.

La Svizzera si è espressa in una prima fase nel quadro di un questionario della segreteria competente riguardo a due possibili indirizzi nella rielaborazione della raccomandazione Rec(2004)11. Basandosi sulle risposte ricevute, la segreteria ha redatto quindi un rapporto che è stato discusso il 28 ottobre 2015 dal comitato di esperti ad hoc a Strasburgo. Nelle consultazioni la Svizzera ha apportato le proprie esperienze pratiche concernenti il voto elettronico in occasione di elezioni e votazioni e le basi giuridiche sottoposte a revisione totale nel 2014.

2.6

Media e società dell'informazione

Nell'ufficio del Comitato direttivo sui media e la società dell'informazione (CDMSI) la Svizzera è rappresentata da un membro della sezione Affari internazionali dell'Ufficio federale della comunicazione (UFCOM). Il Comitato sostituisce dal 1° gennaio 2012 il Comitato direttivo sui media e sui nuovi servizi di comunicazione (CDMC). Il nostro Paese fa anche parte del Committee of experts on cross-border flow of Internet traffic and Internet freedom (MSI-INT) incaricato di elaborare norme fondate sui diritti umani per proteggere e preservare una circolazione scevra da ostacoli dei contenuti leciti in Internet, sotto l'autorità del CDMSI.

643

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Il CDMSI ha presentato al Comitato dei Ministri, per adozione, un progetto di raccomandazione sulla protezione e sulla promozione del diritto di esprimersi e del diritto alla vita privata in relazione alla neutralità della rete.

Ha preso nota dell'adozione della Raccomandazione CM/Rec(2015)6 sulla circolazione delle informazioni e sulla libertà in Internet, della Raccomandazione CM/Rec(2015)5 sul trattamento dei dati nel contesto del rapporto di lavoro, della dichiarazione sull'ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), dei diritti umani e dello Stato di diritto e della dichiarazione sul bilancio del Vertice mondiale sulla società dell'informazione (VMSI) + 10 e dell'estensione del mandato del forum sulla governance dell'Internet.

Per quel che riguarda il MSI-INT, il CDMSI ha preso nota degli sviluppi dei lavori su un progetto di raccomandazione sulla libertà di Internet in vista dell'approvazione nella sua prossima riunione plenaria. Ha constatato i progressi realizzati nella preparazione di un progetto di rapporto sulla libertà di riunione e di associazione in Internet. In veste di membro, la Svizzera ha partecipato alla redazione di questi documenti durante l'ultima riunione del MSI-INT agli inizi di marzo.

Il CDMSI ha anche discusso se approvare un progetto di raccomandazione sulla protezione del giornalismo e sulla sicurezza dei giornalisti e di altri operatori mediatici del relativo Comitato di esperti alla prossima riunione plenaria.

Ha inoltre preso nota dell'informazione fornita dalla segreteria sullo stato di attuazione della strategia sulla governance in Internet 2012­2015 e ha discusso del progetto di strategia per il periodo successivo (2016­2019); ha ricordato che gli aspetti dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto nella governance in Internet sono prioritari per il CDMSI.

Infine ha approvato un rapporto di bilancio preparato dalla segreteria sui suoi ambiti di lavoro e discusso delle priorità e dei metodi di lavoro per il prossimo biennio. Ha sottolineato la necessità di trovare un equilibrio tra le attività normative e le altre.

Ha messo in evidenza questioni connesse al discorso di incitamento all'odio, al pluralismo dei media e alla trasparenza della proprietà dei media nonché ai ruoli ed alle responsabilità degli intermediari di
Internet. Ha sostenuto l'idea della realizzazione di studi sull'attuabilità per eventuali strumenti normativi su questioni di copertura mediatica di elezioni (ivi compresa la dimensione della parità tra i sessi) e sulle implicazioni per i diritti umani di nuovi sviluppi riguardanti Internet, ad esempio l'Internet degli oggetti e degli algoritmi. Inoltre è favorevole a scambi di informazioni e buone pratiche sulla protezione dei giornalisti, sulle questioni di depenalizzazione della diffamazione, sui media di servizio pubblico e sull'indipendenza dei media.

644

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3 3.1 3.1.1

Stato di diritto Diritto internazionale pubblico Comitato ad hoc dei consiglieri giuridici sul diritto internazionale pubblico (CAHDI)

Il Comitato ad hoc dei consiglieri giuridici sul diritto internazionale pubblico (CAHDI) è un organo del Consiglio d'Europa che riunisce due volte all'anno i consiglieri giuridici dei ministri degli affari esteri degli Stati membri per uno scambio di vedute ed esperienze. La Svizzera, rappresentata dal direttore della Direzione di diritto internazionale pubblico (DDIP), prende parte regolarmente agli incontri del CAHDI. Questa piattaforma permette alla Svizzera di dibattere i più recenti sviluppi del diritto internazionale pubblico, di discuterne il recepimento nelle legislazioni nazionali e di coordinare i propri pareri con gli altri Stati membri.

Una funzione fondamentale del CAHDI è controllare le riserve ai trattati internazionali. Al momento della ratifica uno Stato può formulare riserve a meno che il trattato non lo vieti o che la riserva sia incompatibile con l'oggetto e lo scopo del trattato.

Altri Stati parte possono esprimere dubbi sull'ammissibilità di una riserva. Spesso si tratta di questioni di interpretazione, dunque è necessario un dialogo internazionale per chiarire le questioni aperte e per promuovere l'integrità dei trattati, soprattutto nell'ambito dei diritti umani. Il CAHDI esamina dunque regolarmente un elenco di riserve che possono causare obiezioni, permettendo agli Stati rappresentati di cambiare opinione e di coordinarsi. L'obiezione ad una riserva di una parte al trattato da un determinato numero di altre parti può persuaderlo a ritirarla.

Gli scambi in seno al CAHDI sono molto utili per la Svizzera che esamina attentamente le riserve di altri Stati e fa valere le proprie obiezioni se necessario. Ad esempio, dopo una discussione in seno al CAHDI, ha obiettato nel quadro della Convenzione internazionale del 9 dicembre 199963 per la repressione del finanziamento del terrorismo al fatto che il Kuwait si riservi la possibilità di interpretare la definizione di terrorismo secondo gli impegni che gli derivano in quanto Paese arabo e musulmano limitando in tal modo il campo di applicazione della Convenzione. Analogamente ha obiettato alle riserve del Pakistan che rimandavano al contenuto della sharia islamica al momento di ratificare il Patto internazionale del 16 dicembre 196664 relativo ai diritti civili e politici e la Convenzione del 10 dicembre 198465 contro la tortura
ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Recentemente la Svizzera ha obiettato insieme a numerosi Stati europei ad una riserva della Repubblica del Salvador al Secondo protocollo facoltativo del 15 dicembre 198966 al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, volto ad abolire la pena di morte. Questa opposizione al fatto che la Repubblica del Salvador si riservi il diritto di ricorrere alla pena capitale nei casi previsti dalle proprie leggi militari rientra nell'impegno svizzero su scala internazionale in favore dell'abolizione della pena capitale ovunque e in ogni circostanza e, in maniera più generale, in favore dei 63 64 65 66

RS 0.353.22 RS 0.103.2 RS 0.105 RS 0.103.22

645

FF 2016

diritti umani. Dunque le discussioni in seno al CAHDI permettono alla Svizzera di contribuire direttamente alla salvaguardia dell'integrità del diritto internazionale e sono utili anche nelle relazioni contrattuali con gli altri Stati.

3.2 3.2.1

Diritto penale Lotta contro la tratta di esseri umani

Il 1° aprile 2013 è entrata in vigore per la Svizzera la Convenzione del Consiglio d'Europa del 16 maggio 200567 sulla lotta contro la tratta di esseri umani (RS 0.311.543). Il Gruppo di esperti indipendenti sulla lotta contro la tratta di esseri umani (GRETA) garantisce l'applicazione corretta delle disposizioni della Convenzione. Dopo la visita in Svizzera in autunno 2014, il GRETA ha presentato alla Svizzera, e più precisamente alla direzione del Servizio di coordinazione contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT), il proprio progetto di rapporto di valutazione. Dopo la consultazione dei servizi federali interessati e delle organizzazioni rappresentate in seno all'organo di pilotaggio dello SCOTT, la Svizzera ha comunicato il proprio parere al GRETA a giugno. Il rapporto definitivo di valutazione del GRETA sull'attuazione della Convenzione da parte del nostro Paese è stato pubblicato dalla Svizzera il 14 ottobre 2015; è stato discusso il 30 novembre 2015 durante la 17a riunione del Comitato delle Parti durante la quale sono state adottate le proposte di raccomandazione del GRETA.

La Svizzera ha inoltre partecipato a giugno alla conferenza di celebrazione del 10° anniversario della Convenzione e alla 16a e 17a riunione del Comitato delle Parti alla Convenzione il 15 giugno e il 30 novembre.

3.2.2

Cibercriminalità

La Convenzione del 23 novembre 200168 del Consiglio d'Europa sulla cibercriminalità è entrata in vigore per la Svizzera il 1° gennaio 2012. Si è reso necessario un adeguamento della legislazione per quanto concerne la fattispecie penale dell'accesso indebito a un sistema per l'elaborazione di dati (art. 143bis CP69, il cosiddetto «hacking») e per quanto concerne i dati relativi al traffico informatico nella cooperazione internazionale (nuovo art. 18b della legge del 20 marzo 198170 sull'assistenza internazionale in materia penale).

In concomitanza con l'entrata in vigore della Convenzione l'organo nazionale 24/7 (Centrale operativa di fedpol) e il Servizio nazionale di coordinazione per la lotta contro la criminalità su Internet (SCOCI) hanno registrato un chiaro aumento del carteggio internazionale tra gli enti di polizia. Anche le autorità di perseguimento penale sfruttano sempre più le nuove possibilità di assistenza internazionale in materia penale. Le autorità di perseguimento penale nazionali hanno potuto rispondere in 67 68 69 70

646

RS 0.311.543 RS 0.311.43 RS 311.0 RS 351.1

FF 2016

tempo e in modo professionale a domande in parte estremamente complesse di assistenza giudiziaria internazionale rivolte alla Svizzera.

La Convenzione prevede che gli Stati membri si incontrino almeno una volta all'anno per decidere insieme dell'implementazione e degli sviluppi della Convenzione.

Dal 2012 lo SCOCI partecipa ai convegni della Convention Committee on Cybercrime (T-CY) a Strasburgo: al centro degli scambi internazionali sono la questione dell'accesso oltre frontiera a dati computerizzati (art. 32 della Convenzione) e le sfide nel quadro dei servizi di cloud computing.

3.2.3

Terrorismo

Nel 2015 il Consiglio d'Europa, sottoposto ad una notevole pressione, ha adottato un protocollo aggiuntivo alla Convenzione del 16 maggio 2005 sulla prevenzione del terrorismo. La Svizzera ha partecipato attivamente alla sua elaborazione occupandosi in particolare di un moderato potenziamento della punibilità e della difesa dei principi del diritto internazionale umanitario. Il protocollo aggiuntivo completa da un lato il contenuto della Convenzione dichiarando passibile di pena viaggiare a scopi terroristici e procurare finanziamenti e sostegno e attua dall'altro i vincoli derivanti dal numero sei della Risoluzione 2178 del 24 settembre 2014 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il protocollo aggiuntivo è stato messo a disposizione il 22 ottobre a Riga per la firma. Alla fine del 2015 19 Stati membri, tra cui la Svizzera e l'UE, lo hanno firmato. La Svizzera ne sta valutando l'approvazione e l'attuazione contemporaneamente alla Convenzione.

Inoltre il Comitato dei Ministri ha adottato un piano d'azione triennale in cui presenta diverse misure del Consiglio d'Europa per superare la radicalizzazione nelle scuole, negli istituti di detenzione e in Internet.

3.2.4

Traffico di organi

La Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani, adottata a luglio 2014 dal Comitato dei Ministri, era pronta per la firma alla conferenza internazionale ad alto livello organizzata su questo argomento dalla Spagna a San Giacomo di Compostela il 25 e 26 marzo. La Svizzera ha partecipato alla conferenza e vi ha potuto discutere i vantaggi e le sfide connesse alla ratifica della Convenzione e condividere alcune esperienze e buone pratiche nella lotta al traffico di organi umani. Il nostro Paese sostiene appieno lo scopo della Convenzione e dispone già di un quadro giuridico solido in merito. È tuttavia necessario valutare in modo preciso e approfondito quali possono essere le conseguenze giuridiche della ratifica tanto per la Confederazione quanto per i Cantoni. I risultati della valutazione, attualmente in corso, permetteranno di definire le prossime fasi in vista della firma e della ratifica della Convenzione.

La conferenza è stata preceduta il 23 e 24 marzo dalla riunione del Comitato europeo sul trapianto di organi (CD-P-TO) e da una marcia organizzata dall'Organizza647

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zione mondiale della sanità (OMS), dal Consiglio d'Europa e da Swisstransplant. Il CD-P-TO in particolare ha discusso la necessità di elaborare un protocollo per lottare contro il traffico di tessuti e cellule. Inoltre sono in corso lavori volti ad aggiornare le linee guida sul trapianto di organi, tessuti e cellule, alle quali rinvia la legislazione svizzera. La riunione del CD-P-TO ha rappresentato l'occasione per la Svizzera di presentare due progetti che sono stati accolti con interesse e saranno seguiti dal Comitato: si tratta dei progetti Impact of ovocyte banking on donor situation e Data acquisition on the storage of adipose tissue for autologous clinical application.

3.2.5

Prevenzione e lotta contro la violenza domestica

La Convenzione del Consiglio d'Europa dell'11 maggio 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convezione di Istanbul) è entrata in vigore il 1° agosto 2014; si tratta del primo strumento vincolante su scala europea che protegge le donne da ogni forma di violenza, anche quella domestica. Lo scopo della Convenzione è prevenire, perseguire ed eliminare ogni forma di violenza contro le donne. Inoltre intende eliminare la discriminazione contro le donne e promuovere l'uguaglianza di genere. È dunque incentrata sui diritti, sulla protezione e sul sostegno alle vittime.

La Svizzera ha firmato la Convenzione l'11 settembre 2013. La procedura di consultazione sulla ratifica della Convenzione è stata avviata il 7 ottobre 2015.

3.3

Droghe

Il gruppo di cooperazione per la lotta contro l'abuso e il traffico illegale di sostanze stupefacenti (Gruppo Pompidou) fu fondato nel 1971 su iniziativa dell'allora presidente francese Pompidou. Nel 1980 diventò un organo del Consiglio d'Europa e conta oggi 37 Stati membri, dopo l'adesione della Bosnia e Erzegovina nel 2014.

Il Gruppo Pompidou coordina, fra gli Stati membri, aspetti della politica antistupefacenti di interesse comune. Il Gruppo ha l'incarico di fungere da ponte tra la politica, la scienza e le attività regolari nel settore. Queste piattaforme di discussione aperte, scevre di qualsiasi effetto giuridico o politico vincolante, sono di particolare importanza per gli Stati membri, poiché rappresentano un trampolino di lancio per politiche innovative. Le attività e le conferenze previste nel programma di lavoro 2014­ 2018 si concentrano sulle priorità concernenti i diritti umani nel settore della droga, l'analisi di interventi politici, la modifica di modelli di consumo nonché le opportunità e le sfide connesse ad Internet, definite alla conferenza ministeriale di novembre 2014. Un'attenzione particolare va allo scambio di informazioni ed esperienze tra le autorità sanitarie e tra le autorità di polizia, di dogana e di confine, le autorità di sorveglianza e le organizzazioni internazionali.

La Svizzera, rappresentata dall'Ufficio federale di polizia (fedpol), ha assunto dal 1° gennaio 2011 la presidenza del Gruppo Aeroporti (Airports Group) e la manterrà anche nel programma di lavoro 2015­2018. Il Gruppo è costituito da rappresentanti 648

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delle autorità doganali, di controllo delle frontiere e della polizia dei 37 Stati, 5 Stati membri della rete mediterranea (medNET ­ Algeria, Egitto, Giordania, Libano e Tunisia), quattro Stati con lo statuto di osservatore (Lituania, Messico, Ucraina e Stati Uniti) nonché Australia, Giappone, Canada, Kosovo e Bielorussia. Il suo scopo è quello di armonizzare e migliorare le misure di controllo degli stupefacenti negli aeroporti europei e nell'ambito dell'aviazione generale.

Le attività e conferenze previste dal programma di lavoro 2015­2018 del Gruppo Pompidou si concentrano soprattutto sullo scambio di informazioni, tendenze e sviluppi fra le autorità di polizia, quelle doganali e di controllo delle frontiere, le organizzazioni internazionali e gli organi di vigilanza. Nell'ambito del programma «Law Enforcement Activities» nel 2015 ha avuto luogo il 30° incontro annuale del Gruppo Aeroporti. All'incontro hanno partecipato anche rappresentanti di ex Stati membri del Gruppo Pompidou quali la Gran Bretagna, la Germania, i Paesi Bassi e la Danimarca. Sono stati inoltre organizzati una conferenza sulle nuove minacce nell'ambito dei precursori e una nell'ambito della criminalità informatica rispettivamente sul commercio online di droga. In veste di presidente del Gruppo aeroporti e membro del comitato organizzativo, fedpol ha partecipato attivamente all'organizzazione della conferenza.

Il Gruppo Pompidou rappresenta per la Svizzera l'unico organo in cui è possibile confrontarsi con gli altri Paesi europei su temi di politiche antistupefacenti. Invece, per la maggioranza degli Stati membri del Gruppo, ivi inclusi Paesi non facenti parte dell'Unione europea come la Norvegia e la Turchia, sono a disposizione anche altri forum dell'UE per lo scambio di informazioni sulle politiche antidroga. Di particolare rilevanza a questo proposito è l'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze OEDT (EMCDDA).

3.4

Cooperazione transfrontaliera

Lo scopo del Protocollo aggiuntivo alla Carta europea dell'autonomia locale del 15 ottobre 198571 è proteggere i diritti di partecipazione attiva dei cittadini alla gestione degli affari pubblici a livello comunale. Obbliga gli Stati parte a prevedere diritti come quello di chiedere il referendum contro atti normativi, a regolamentare l'accesso ai documenti delle collettività locali e a concedere ai cittadini il diritto di ricorso. La procedura di consultazione è stata avviata dal Consiglio federale a giugno 2015 in vista della ratifica del protocollo e si è chiusa ad ottobre.

71

RS 0.102

649

FF 2016

3.5

Commissione di Venezia, Consiglio consultivo dei giudici europei, Commissione europea per l'efficacia della giustizia

Il Consiglio misto di giustizia costituzionale (un organo della Commissione di Venezia) ha proseguito nel periodo in rassegna i suoi lavori di divulgazione della giurisprudenza costituzionale, alimentando il Bollettino di giurisprudenza costituzionale e la banca dati CODICE.

A ottobre il Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) ha adottato il 18° parere sulla posizione della giustizia e i rapporti con gli altri poteri dello Stato in una democrazia moderna.

La Commissione europea per l'efficacia della giustizia (CEPEG) ha pubblicato i dati statistici del 2014 in vista della pubblicazione del proprio rapporto aggiornato di valutazione dei sistemi giudiziari europei in autunno 2016. Ha inoltre proseguito le attività di cooperazione per l'ottimizzazione del funzionamento delle Corti nei Paesi membri del Consiglio d'Europa e di quelli limitrofi. Esperti svizzeri hanno presieduto i gruppi di lavoro della CEPEG sulla durata delle procedure e sulla qualità e hanno partecipato alle attività di cooperazione in particolare in Albania, Grecia, Marocco e Tunisia.

4 4.1 4.1.1

Democrazia Sanità Prodotti farmaceutici e cure

In seno al Comitato direttivo per le cure farmaceutiche (CD-P-PH/PC) la Svizzera sostiene quattro progetti specifici: uno su qualità e sicurezza dei medicamenti prodotti o preparati nelle farmacie o in altri esercizi, inclusi i presidi ospedalieri, uno sull'influsso dei farmaci tradizionali extraeuropei sulla sicurezza dei pazienti in Europa, uno sulla qualità dell'approvvigionamento (pharmaceutical care) e sullo sviluppo di indicatori e uno sulla messa a punto di raccomandazioni sull'impiego dei sistemi automatizzati di dispensa delle dosi. La Svizzera ha preso parte nel periodo in rassegna a riunioni di esperti, a formazioni continue e convegni su questi argomenti.

Per quel che riguarda i farmaci tradizionali extraeuropei, la Svizzera in veste di relatrice ha presentato un modello di curriculum e di standard minimi per la formazione di terapeuti e specialisti, presentato a giugno a tutti gli Stati membri. Da settembre coordina un nuovo progetto dedicato alla creazione di un sistema di sorveglianza e di notifica degli effetti indesiderati nel campo delle medicine e delle terapie non convenzionali.

Il 28 settembre 2011 la Svizzera ha firmato la Convenzione Medicrime del Consiglio d'Europa, che punta a impedire la diffusione di prodotti terapeutici contraffatti (farmaci e dispositivi medici) costituenti una minaccia per la sanità pubblica. Questa Convenzione, il primo strumento a livello internazionale creato per disciplinare la questione, determina le infrazioni in base alla fabbricazione, all'offerta e al commercio di prodotti contraffatti e protegge i diritti delle vittime di queste attività. Regolamenta al contempo la collaborazione nazionale e internazionale delle autorità 650

FF 2016

implicate. La procedura di ratifica, su cui vigila l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), è condotta in stretta collaborazione con Swissmedic, l'istituto svizzero per prodotti terapeutici, e altri uffici direttamente interessati, quali l'Ufficio federale di giustizia (UFG).

Nel periodo 2014­2015 la Svizzera ha detenuto la presidenza del Comitato di esperti sulla riduzione dei rischi per la salute pubblica derivanti dalla contraffazione di farmaci (CD-P-PH/CMED). Il nostro Paese si è impegnato attivamente nei progetti del Comitato, fra i quali quello per l'elaborazione di una banca dati europea per l'identificazione di farmaci contraffatti nonché per l'ulteriore diffusione di una rete operativa delle autorità dal nome «Single Points of Contact» (SPOCs). La delegata svizzera ha inoltre partecipato in veste di relatrice alla preparazione di SPOCs in Africa.

4.1.2

Farmacopea

La Farmacopea europea (Ph. Eur.) è una raccolta di prescrizioni sulla qualità dei medicamenti (compresi i principi attivi), delle sostanze ausiliarie farmaceutiche e di singoli dispositivi medici, allestita sotto l'egida del Consiglio d'Europa.

Contiene più di 2600 monografie e testi di carattere generale. Oltre all'elaborazione di nuove norme, sono aggiornate continuamente quelle già esistenti nell'ambito della Farmacopea europea. Questo adeguamento costante, e talvolta addirittura indifferibile, allo stato attuale della tecnica e della scienza consente un controllo appropriato delle materie prime e dei preparati in un mercato globalizzato fornendo un importante contributo alla lotta contro la contraffazione di farmaci.

Le monografie specifiche si sono concentrate fino ad ora su principi attivi e ausiliari, laddove le monografie su prodotti finiti coprono diversi tipi di medicinali quali vaccini, sieri immuni, radiofarmaci o preparati omeopatici. A marzo la Commissione di Farmacopea europea ha pubblicato per la prima volta una monografia per un prodotto finito contenente una sostanza chimica.

La Farmacopea europea costituisce un'opera giuridicamente vincolante nei 37 Stati parte alla Convenzione concernente l'elaborazione di una farmacopea europea e nell'Unione europea. I lavori sono diretti dalla DEQM (Direzione europea per la qualità dei medicinali) a Strasburgo. Ogni Stato parte è tenuto a parteciparvi e a trasporre nella legislazione nazionale le disposizioni sulla qualità che vengono adottate. Nel periodo in rassegna (da gennaio a dicembre) sono stati implementati i supplementi 8.3, 8.4 e 8.5 dell'ottava edizione della Farmacopea europea.

Le attività della Farmacopea europea sono seguite da vicino da otto Stati europei, 18 Stati osservatori extraeuropei, così come dalla Taiwan Food and Drug Administration (TFDA) e dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). La Farmacopea europea influisce pertanto sulla qualità di farmaci e sostanze medicinali impiegati su scala mondiale. Nell'anno in rassegna la Corea del Sud ha ottenuto lo statuto di osservatore.

L'Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic rappresenta, con la sua Divisione Farmacopea, l'autorità nazionale in materia di farmacopea. Coordina il 651

FF 2016

contributo svizzero alla Farmacopea europea, fornito dal lavoro degli specialisti svizzeri provenienti dal mondo dell'industria, delle scuole universitarie, delle farmacie e delle autorità; questi partecipano complessivamente a più di 70 comitati specializzati per l'elaborazione della Farmacopea europea, contribuendo con un effettivo totale di nove anni-persona. Oltre il 50 per cento di questi lavori è stato effettuato dai collaboratori di Swissmedic.

Il contributo fornito dalla Svizzera corrobora da una parte la ragguardevole levatura della Farmacopea e dall'altra l'expertise apportata da un Paese dotato di un'industria farmaceutica fra le più importanti al mondo.

4.1.3

Protezione sanitaria dei consumatori

La delegazione svizzera ha continuato a partecipare alle riunioni del Comitato di esperti sugli imballaggi alimentari e farmaceutici (P-SC-EMB). L'ultima risoluzione adottata è la Risoluzione (2013)9 concernente i materiali e gli oggetti in metallo e leghe destinati a venire in contatto con prodotti alimentari. Il ricorso ai valori di liberazione di determinati metalli menzionati, quali l'argento, pone le industrie di fronte ad un problema dato che spesso questi valori, a seconda delle condizioni in cui si svolge il test, sono superati. Dunque le aziende non ricevono certificati di conformità dato che i prodotti non rispettano le esigenze. È necessario trovare rapidamente una soluzione poiché le industrie che non ricevono più certificati di conformità non possono neanche vendere i propri prodotti. Una possibilità sarebbe modificare le condizioni dei test. È stato costituito un gruppo ad hoc per discutere le condizioni dei test, cioè i simulanti, le temperature e i tempi di contatto.

Le risoluzioni sugli inchiostri per imballaggi e su carta e cartone sono anch'esse in revisione. Sono stati costituiti gruppi di lavoro ad hoc per trattare questi argomenti.

La delegazione svizzera ha continuato ad offrire il proprio contributo ai lavori del Comitato di esperti sui prodotti cosmetici (P-SC-COS) che ha ultimato le raccomandazioni relative all'utilizzo degli oli essenziali specifici alla cosmesi basandosi su due pubblicazioni francesi già note al pubblico nazionale. Il documento definitivo verrà sottoposto a tutti i membri per votazione finale.

Il gruppo ad hoc su tatuaggi e trucco permanente ha ultimato nell'anno in rassegna un documento concernente i requisiti minimi per una valutazione tossicologica degli inchiostri utilizzati a tale scopo che verrà sottoposto a votazione finale. Dato il numero elevato di persone tatuate e gli attuali, deboli vincoli legali in merito, il documento apporta elementi nuovi e riveste un reale valore scientifico.

Il gruppo ad hoc sui laboratori cosmetici ufficiali di controllo (OCCL) elabora documenti generali sui principi fondamentali in seno al gruppo di lavoro per la gestione di sistemi attitudinali di prova e di studi di controllo del mercato dei cosmetici.

Nell'anno in rassegna si è occupato in particolare di sistemi attitudinali di prova (Proficiency testing
studies, PTS) concernenti il diossido di titanio nei prodotti solari, il fluoro nei dentifrici, il perossido d'idrogeno nei prodotti per sbiancare i denti e di uno studio di controllo del mercato di prodotti di quest'ultimo tipo.

652

FF 2016

4.2

Cultura, istruzione, gioventù e sport

Il Comitato direttivo della cultura (CDCULT) e quello del patrimonio culturale e del paesaggio (CDPATEP) si sono fusi nel 2012 e ne è scaturito il Comitato direttivo della cultura, del patrimonio e del paesaggio (CDCPP) che si è riunito quattro volte, l'ultima a giugno. La delegazione Svizzera si compone dei rappresentanti dell'Ufficio federale della cultura (UFC/Servizio internazionale) e dell'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM/Sezione spazio rurale). La Svizzera è stata eletta alla direzione del CDCPP per il periodo 2014­2015. Inoltre ha contribuito notevolmente ai lavori, fatto di importanza particolare nel contesto della mancata partecipazione della Svizzera al programma di promozione culturale dell'UE «Europa creativa».

4.2.1

Cultura

Nell'anno in rassegna, l'azione del CDCPP in ambito culturale è stata caratterizzata in particolare dalla revisione delle convenzioni poste sotto la sua responsabilità e dall'attuazione delle decisioni della 10a conferenza dei ministri della cultura a Mosca del 2013. In tale contesto il CDCPP ha elaborato un progetto di raccomandazione sull'Internet dei cittadini perché sia adottato dal Comitato dei Ministri.

Inoltre la Svizzera partecipa all'Accordo parziale allargato sugli itinerari culturali del Consiglio d'Europa (APA) dal 2013. In occasione della riunione annuale del Consiglio di direzione dell'APA il 28 e 29 maggio, sono stati certificati quattro nuovi itinerari; il numero degli itinerari culturali certificati dal Consiglio d'Europa è dunque salito a 33. La Svizzera non è associata direttamente a questi nuovi progetti di itinerario.

Nell'anno in rassegna il contributo della Confederazione all'APA è ammontato a circa 11 000 euro.

4.2.2

Patrimonio culturale

Il sistema HEREIN («rete europea per il patrimonio»), sostenuto dalla Svizzera da diversi anni, è stato rilanciato con successo nel 2014 e da allora è accessibile online (www.herein-system.eu). Concepito come piattaforma d'informazione e strumento di dialogo e di interconnessione fra professionisti e autorità del patrimonio culturale in Europa, il sistema HEREIN permette di garantire il controllo dell'attuazione delle convenzioni sul patrimonio della Consiglio d'Europa. La Svizzera è inoltre membro dell'Associazione internazionale senza scopo di lucro AISBL HEREIN, che mira a promuovere lo scambio di esperienze e a incoraggiare lo scambio d'informazioni sulle politiche inerenti al patrimonio culturale.

La Svizzera ha anche partecipato alla sesta conferenza dei ministri del patrimonio culturale organizzata dalla presidenza belga del Comitato dei Ministri il 23 e 24 aprile a Namur. Intitolata «Il patrimonio culturale nel 21° secolo per vivere meglio insieme», la conferenza ha permesso l'adozione della Dichiarazione di Namur che prevede l'elaborazione e l'adozione di una nuova strategia comune dei Paesi membri

653

FF 2016

del Consiglio d'Europa in ambito patrimoniale entro la fine del 2016. La definizione di questa strategia è affidata al CDCPP. Sempre nel quadro della conferenza è stato adottato l'appello di Namur con il quale i ministri del patrimonio e i loro rappresentanti hanno condannato la distruzione deliberata del patrimonio culturale e il traffico illecito di beni culturali in situazioni di conflitto.

4.2.3

Paesaggio

L'UFAM ha partecipato all'ottava conferenza del Consiglio d'Europa sull'attuazione della Convenzione europea di marzo 2015 ed ha continuato a sostenerla con un contributo di 40 000 franchi svizzeri anche nell'anno in rassegna. I lavori sostenuti concernono lo sviluppo del sistema d'informazione del Consiglio d'Europa per l'attuazione della Conferenza e la preparazione delle riunioni dei laboratori della Convenzione del 20 ottobre 200072 sulle politiche nazionali del paesaggio.

4.2.4

Media (Eurimages)

Nel 2015 il CDCPP ha approvato la revisione della Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica aggiornata al fine di adeguarla alla prassi odierna dell'industria in particolare per quel che riguarda le nuove tecnologie e la diversificazione di forme di produzione comune. In tal modo le coproduzioni con una partecipazione minima del 10 per cento (precedentemente del 20 %) possono essere riconosciute. La Convenzione così aggiornata verrà presentata all'Assemblea parlamentare durante la sessione di gennaio 2016.

La presidenza del Fondo europeo di sostegno alla coproduzione e alla diffusione di opere cinematografiche e audiovisive (Eurimages) sostiene le coproduzioni, la distribuzione di film e le sale cinematografiche in Europa. Nel 2015 sono stati selezionati e presentati per approvazione dieci progetti di coproduzione con partecipazione svizzera. Complessivamente sono stati sostenuti 4 dei 10 progetti proposti, due dei quali con una partecipazione svizzera maggioritaria. L'importo complessivo destinato da Eurimages nel 2015 a progetti cinematografici è ammontato a 22 130 000 euro, di cui circa 1 030 000 sono andati a produzioni svizzere.

A causa dell'esclusione della Svizzera dal programma comunitario MEDIA sono state inoltrate anche domande di sostegno di distribuzione di film e sale cinematografiche. Le prime riguardano soprattutto la promozione di film europei in Svizzera.

Nel 2015 sono state sostenute sette distribuzioni per il lancio di film di 39 pellicole con un contributo di 323 000 euro. Enti svizzeri hanno partecipato a 12 di questi film, in sei dei quali a livello di realizzazione. Lo scorso anno la Svizzera ha ottenuto 318 900 euro di sostegno suddivisi su 66 cinema.

Nel 2015 la Svizzera ha fornito ad Eurimages con un contributo federale di 574 626 euro mentre questo programma l'ha sostenuta con 1 736 400 euro.

72

654

RS 0.451.3

FF 2016

4.2.5

Istruzione e insegnamento superiore

Nel campo dell'insegnamento superiore, il gruppo di lavoro ad hoc creato nel 2014 per consolidare i legami con gli organi e i decisionisti ha presentato il rapporto sulla prima riunione e sugli ambiti di azione prioritaria del Consiglio d'Europa: conservare il ruolo attivo nello sviluppo dello spazio europeo dell'insegnamento superiore (sostegno dei nuovi membri), proseguire l'impegno nella promozione del riconoscimento delle qualifiche, applicare la Convenzione di Lisbona e rafforzare il proprio ruolo nel programma di promozione della missione democratica dell'insegnamento superiore ed in particolare delle istituzioni nella comunità locale.

Nell'ambito dell'istruzione il Comitato dei Ministri ha rivolto una particolare attenzione al fenomeno della radicalizzazione islamista riscontrato in una frangia della gioventù in Europa. Il CDPPE è chiamato ad occuparsi dei curricoli che potrebbero contribuire ad affrontare questa nuova sfida. La Svizzera ha proseguito il proprio impegno nei programmi concernenti le lingue vive, in particolare nei progetti elencati qui di seguito: un portafoglio europeo per gli insegnanti di giardini d'infanzia all'inizio della propria formazione, curricoli plurilingue negli istituti scolastici, migliori competenze linguistiche grazie all'apprendimento di una materia insegnata in una lingua straniera, sviluppo delle competenze linguistiche degli immigrati in particolare sul posto di lavoro. Nel quadro del programma di insegnamento di storia, la Svizzera intende lanciare un'attività sul tema della Guerra fredda, su cui hanno già avuto luogo consultazioni.

4.2.6

Gioventù

Il Comitato direttivo europeo per la gioventù (CDEG) ha continuato le proprie attività sui temi prioritari della Direzione generale della democrazia 2014­2015, ovvero: governance democratica e innovazione, diversità e partecipazione. Durante la riunione di ottobre il Comitato si è pronunciato sulla futura strategia e sugli orientamenti del settore della gioventù del Consiglio d'Europa ed ha adottato il programma di attività per il 2016/2017.

Durante l'anno in rassegna sono proseguiti i lavori di redazione del progetto di raccomandazione sull'accesso dei giovani ai diritti, la cui adozione da parte del Comitato dei Ministri è prevista per il 2016.

Il Comitato ha adottato il 21 gennaio la Raccomandazione CM/Rec(2015)3 che invita gli Stati membri a permettere l'accesso ai diritti sociali ai giovani provenienti da quartieri svantaggiati.

La campagna del Consiglio d'Europa dal nome «Movimento contro l'incitazione all'odio», lanciata nel marzo 2013, ha avuto grande successo ed è stata prolungata sino alla primavera. La Svizzera vi partecipa dagli inizi del 2014 e in questo ambito ha sviluppato fino a marzo varie attività a livello nazionale (cfr.

www.nohatespeech.ch). A maggio ha avuto luogo a Strasburgo una conferenza di valutazione della campagna. Il segretario del Consiglio d'Europa desidera integrare il discorso contro l'odio nell'agenda di lotta contro l'estremismo e la radicalizzazione quale primo passo verso il terrorismo e ha deciso di prolungare la campagna di tre 655

FF 2016

anni (2015­2017). Durante la riunione di ottobre il CDEG ha schizzato d' attuazione della nuova campagna.

4.2.7

Sport

Fino alla fine dell'anno in rassegna 36 Stati hanno aderito all'Accordo parziale allargato sullo sport (APAS); la Svizzera vi ha aderito il 1° gennaio 2008. 29 organizzazioni sportive sono rappresentate nel comitato consultivo dell'APAS.

A giugno ha avuto luogo a Baku un incontro informale dei ministri dello sport sulla sostenibilità delle grandi manifestazioni sportive. In occasione della conferenza annuale del comitato direttivo dell'APAS a maggio sono stati definiti i tempi prioritari per il 2016: l'etica nello sport, le pari opportunità per donne e uomini, la collaborazione tra l'Unione europea e il Consiglio d'Europa e l'integrazione dei nuovi immigrati grazie all'attività sportiva.

La conferenza dei ministri dello sport del 2016 avrà luogo all'inizio della seconda metà dell'anno a Budapest.

La Svizzera collabora in diversi gruppi di lavoro creati nel quadro della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il doping fornendo in tal modo il proprio contributo allo sviluppo del programma mondiale contro il doping. Gli articoli su violazioni della legislazione concernente il doping nelle varie discipline sportive che nel 2015 sono apparsi su diversi media, hanno convinto i membri del Consiglio d'Europa dell'importanza centrale della creazione di organi nazionali indipendenti antidoping.

Nel quadro del Comitato europeo ad hoc per l'Agenzia mondiale antidoping (CAHAMA), gli Stati membri del Consiglio d'Europa intendono concordare una linea comune nei confronti dell'Agenzia mondiale antidoping (AMA). Il CAHAMA si è riunito tre volte durante l'anno in rassegna per preparare le sedute dei gruppi competenti dell'AMA. Le attività del 2015 si sono basate sul codice AMA appena entrato in vigore.

Nel 1990 la Svizzera ha aderito alla Convenzione europea del 19 agosto 198573 sulla violenza e i disordini degli spettatori durante le manifestazioni sportive, segnatamente nelle partite di calcio. Un comitato permanente è stato creato al fine di sorvegliare l'attuazione della Convenzione. La Svizzera vi è rappresentata dall'Ufficio federale di polizia (fedpol) ed è membro della presidenza fino a giugno 2016.

Le modifiche alla Convenzione avviate nel 2012 e continuamente portate avanti sono state adottate in occasione della 39a riunione del Comitato permanente il 10 ottobre 2014; quindi sono state trasmesse
al GR-C Group of Rapporteurs (of the Committee of ministers on Culture, Education, Youth and Sport). Per finire, la Convenzione è stata totalmente riveduta e porterà il titolo di Council of Europe Convention on an Integrated Safety, Security and Service Approach at Football Matches and other Sports Events. Anche le raccomandazioni basate sul vecchio testo della Convenzione sono state rivedute e riunite in tre ambiti (Safety, Security und Services). La nuova Convenzione è stata adottata alla fine del 2015 dal Parla73

656

RS 0.415.3

FF 2016

mento del Consiglio d'Europa. Verrà trasmessa agli Stati membri per ratifica non appena approvata dal Comitato dei Ministri.

Nel 2015 hanno avuto luogo due sedute ordinarie ed un workshop del Comitato permanente cui ha partecipato fedpol in nome della Svizzera. Il 17 giugno si è tenuta a Bruxelles una manifestazione in ricordo della catastrofe di 30 anni fa nello stadio di Heysel da cui è scaturita la Convenzione.

4.3

Coesione sociale, dignità umana e uguaglianza

Durante la prima riunione nell'anno in rassegna, il Comitato europeo per la coesione sociale, la dignità umana e l'uguaglianza (CDDECS) ha organizzato una tavola rotonda sull'inclusione sociale di ogni persona, in particolare se in situazione di vulnerabilità, e sull'efficacia dei diritti organizzata in tre parti: garantire l'inclusione sociale riducendo la povertà, rendere i diritti realmente accessibili alle persone particolarmente vulnerabili, tener conto di queste persone nell'elaborazione della legislazione e delle politiche. In occasione della seconda riunione a dicembre ha avuto luogo una presentazione sul ruolo delle commissioni nazionali dei diritti umani, degli uffici della parità e delle persone incaricate della mediazione nella promozione della parità e dell'integrazione sociale.

Il mandato del CDDECS non è stato prolungato. Infatti era redatto in modo così completo da non rendere possibile un'elaborazione accurata delle questioni. L'argomento della coesione sociale, trattato in modo interdisciplinare in tutta l'organizzazione, verrà seguito da una nuova struttura sotto forma di piattaforma europea per la coesione sociale.

Il Comitato di esperti sulla strategia 2016­2019 del Consiglio d'Europa sui diritti del bambino (DECS-ENF), che lavora sotto la supervisione del CDDECS, si è riunito per la seconda e la terza, e ultima, volta a maggio e in ottobre. Quale base di riflessione per una nuova strategia a maggio sono state tenute svariate presentazioni e sono stati svolti dibattiti su argomenti quali la violenza e le punizioni fisiche, la giustizia su misura per i bambini, la partecipazione, l'attuazione di standard e la cooperazione, in particolare con l'UE e l'ONU. Durante l'ultima riunione ad ottobre è stato adottato un rapporto sull'attuazione dell'attuale strategia 2012­2015. La versione definitiva della Strategia 2016­2019 è stata conclusa durante la riunione di ottobre e dovrebbe essere presentata al Comitato dei Ministri per approvazione agli inizi del 2016. Ad aprile 2016 è prevista una manifestazione informativa sulla nuova strategia. Ad ottobre il Comitato dei Ministri ha deciso di costituire un comitato interstatale sui diritti del bambino il cui compito, a partire da aprile 2016, sarà di sorvegliare e coordinare l'attuazione della Strategia del bambino 2016­2021 e di valutarne
l'efficacia.

Il comitato di esperti per i diritti delle persone con disabilità (DECS-RPD), anch'esso sotto la direzione del CDDECS, ha portato a termine il piano d'azione 2006­2015 del Consiglio d'Europa per la promozione dei diritti e della piena partecipazione delle persone con disabilità alla società inteso a migliorare la qualità di vita di queste persone. Tra il 2014 e il 2015 le misure sono state valutate: sono state messe in evidenza tanto le buone pratiche sviluppate nei diversi Paesi quanto le lacune. Una 657

FF 2016

conferenza conclusiva ha avuto luogo a Dublino il 5 e 6 novembre aprendo la strada alla futura Strategia a favore delle persone disabili (post-2015). Sia il piano d'azione sia la nuova strategia sono strettamente connesse all'attuazione delle disposizioni della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

4.4

Ambiente

Nel quadro delle attività della Convenzione del 19 settembre 197974 per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa (Convenzione di Berna), la Svizzera ha riunito il 1° e il 2 luglio a Berna gli esperti degli Stati membri per l'ottava riunione sulla protezione degli anfibi e dei rettili. I delegati hanno presentato i lavori sulla protezione di questi gruppi faunistici e hanno redatto raccomandazioni adottate nella riunione del Comitato permanente.

La Svizzera ha preparato un piano d'azione per l'asprone del Rodano (Zingel asper) nel Doubs (Francia) e nel Cantone del Giura (Svizzera) con gli operatori interessati in base alla relativa Raccomandazione 169 (2013) del 6 dicembre 2013 del Comitato permanente. Il piano d'azione è stato presentato al Comitato permanente agli inizi di dicembre.

4.5

Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa

Nel periodo in rassegna, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) si è impegnata per migliorare la gestione strategica e operativa dell'istituto, con risultati concreti. In particolare si è concentrata sulla comunicazione ed i rapporti imperniati sui risultati. L'istituto ha proseguito gli sforzi al fine di migliorare la governance della Banca.

Per la prima volta nella storia della Banca, è prevista una cooperazione tra il settore pubblico e quello privato per la realizzazione di un progetto. Il 50° convegno del Consiglio amministrativo e di governance ha avuto luogo a Berlino.

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