16.058 Messaggio sull'approvazione del Protocollo del 2014 relativo alla Convenzione n. 29 concernente il lavoro forzato od obbligatorio del 24 agosto 2016

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale che approva il Protocollo del 2014 relativo alla Convenzione n. 29 concernente il lavoro forzato od obbligatorio.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

24 agosto 2016

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Johann N. Schneider-Ammann Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2016-0430

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Compendio Il Protocollo concernente il lavoro forzato adottato dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel 2014 adegua la Convenzione n. 29 concernente il lavoro forzato od obbligatorio del 1930, che è stata ratificata dalla Svizzera, alle forme contemporanee di lavoro forzato come ad esempio la tratta di esseri umani.

Il Protocollo costituisce una tassello fondamentale nella lotta contro il lavoro forzato. Per i Governi, i datori di lavoro e i lavoratori si tratta di un impegno vincolante in favore di una soppressione effettiva e duratura del lavoro forzato od obbligatorio.

La Convenzione n. 29 dell'OIL, ratificata dalla Svizzera nel 1940, è considerata una norma fondamentale dell'OIL. Il Protocollo è legato alla Convenzione e possiede lo stesso carattere fondamentale. Nel suo messaggio del 21 settembre 1998, il Consiglio federale aveva manifestato la volontà di ratificare l'insieme delle norme fondamentali dell'OIL.

Il Protocollo riconosce il ruolo fondamentale che la Convenzione n. 29 concernente il lavoro forzato od obbligatorio e la Convenzione n. 105 concernente la soppressione del lavoro forzato rivestono nella lotta contro questo fenomeno, e rafforza il quadro giuridico internazionale creando nuovi obblighi. Chiede ai Governi di adottare misure per prevenire il lavoro forzato, proteggere le vittime e dar loro accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento, sottolineando il ruolo che datori di lavoro e lavoratori rivestono in questa lotta.

Il Protocollo lascia una certa libertà agli Stati membri per quanto riguarda le misure concrete da adottare allo scopo di mettere in atto i principi enunciati.

La bozza del presente messaggio è stata sottoposta alla Commissione tripartita inerente alle attività dell'OIL, commissione extraparlamentare consultiva che raggruppa i rappresentanti dell'Amministrazione federale e delle parti sociali svizzere.

La Commissione ne ha preso atto senza voti contrari il 26 febbraio 2015. L'organo direttivo del Servizio di coordinazione nazionale contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT) dell'Ufficio federale di polizia (fedpol) è stato consultato il 13 novembre 2015 e ha preso atto della ratifica del Protocollo senza voti contrari.

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Messaggio 1

Punti essenziali del Protocollo

1.1

Situazione iniziale

La lotta contro il lavoro forzato e la promozione del lavoro dignitoso per tutte le categorie di lavoratori sono parti integranti del mandato costitutivo dell'OIL.

Quest'ultima ha pertanto adottato, a meno di quindici anni dalla sua istituzione (avvenuta nel 1919), la Convenzione n. 29 del 28 giugno 19301 concernente il lavoro forzato od obbligatorio (qui di seguito Convenzione n. 29), che la Svizzera ha in seguito ratificato nel 1940. La Convenzione n. 29 è una delle otto convenzioni fondamentali dell'OIL che sanciscono i principi e i diritti fondamentali nel lavoro e costituiscono la base sociale universalmente riconosciuta che vincola tutti gli Stati membri dell'Organizzazione, anche qualora non abbiano ratificato alcune delle convenzioni fondamentali. Il Protocollo è legato alla Convenzione n. 29 ed è una norma fondamentale dell'OIL. Nel suo messaggio del 21 settembre 1998 concernente la Convenzione (n. 98) sul diritto sindacale e sul diritto di negoziazione collettiva, del 1949, e la Convenzione (n. 138) sull'età minima di ammissione all'impiego, del 19732, il Consiglio federale indica che la ratifica delle convenzioni fondamentali dell'OIL si iscrive nel contesto dei lavori successivi al Vertice mondiale per lo sviluppo sociale di Copenaghen (6­11 marzo 1995) e delle discussioni avviate presso l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e l'OIL sulla globalizzazione dell'economia, che hanno evidenziato la necessità da parte degli Stati di ratificare un certo numero di convenzioni fondamentali dell'OIL. Tale impegno si giustifica ancora oggi e la ratifica del Protocollo si inserisce in un contesto di coerenza delle politiche.

Eppure, a oltre 80 anni dall'adozione della Convenzione n. 29 e nonostante la sua ratifica quasi universale ­ ad oggi l'hanno ratificata 179 dei 187 Stati membri dell'OIL ­ il lavoro forzato rimane una realtà, con forme però essenzialmente diverse rispetto all'inizio del XX secolo. Secondo l'OIL, al mondo almeno 21 milioni di persone sono vittime del lavoro forzato. Numerosi Paesi hanno adottato leggi e misure per contrastare il fenomeno e le pratiche ad esso associate. La persistenza e la frequenza delle violazioni evidenziano tuttavia lacune significative nell'attuazione delle misure a livello
mondiale. Il lavoro forzato imposto dalle autorità continua a destare preoccupazione in alcuni Paesi; oggi si riscontra però soprattutto un aumento del lavoro forzato imposto da privati e imprese che non rispettano lo Stato di diritto.

1 2

RS 0.822.713.9 FF 1999 I 447; Convenzione n. 98: RS 0.822.719.9; Convenzione n. 138: RS 0.822.723.8

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1.2

Svolgimento dei negoziati

Una riunione organizzata dall'OIL a inizio 2013 e presieduta dalla Svizzera ha visto riuniti 23 esperti governativi, datori di lavoro e lavoratori che hanno proposto di adottare misure supplementari intese a colmare le grandi lacune che permangono nell'attuazione e sradicare il lavoro forzato in tutte le sue forme. Secondo gli esperti, la soluzione consisterebbe in un'azione normativa volta a rafforzare le misure di prevenzione, di protezione e di indennizzo delle vittime del lavoro forzato.

1.3

Risultato dei negoziati

Sulla base dei lavori degli esperti la Conferenza internazionale del lavoro (CIL) ha quindi adottato l'11 giugno 2014, in occasione della sua 103 a sessione e con il sostegno della Svizzera secondo le istruzioni del Consiglio federale del 30 aprile 2014, il Protocollo relativo alla Convenzione n. 29 concernente il lavoro forzato. In applicazione dell'articolo 19 paragrafo 5 lettera b della Costituzione dell'OIL, il Consiglio federale deve sottoporre al Parlamento, entro un anno, le norme adottate in occasione delle sessioni della CIL perché siano convertite in legge o siano presi provvedimenti di altro genere.

1.4

Sintesi del contenuto del Protocollo

Il Protocollo aggiorna la Convenzione n. 29 del 1930 per adeguarla alle forme odierne di lavoro forzato, come la tratta di esseri umani. Constata che il contesto e le forme del lavoro forzato od obbligatorio sono cambiati, e segna un'importante tappa nella lotta contro questo fenomeno. Per i Governi, i datori di lavoro e i lavoratori il Protocollo costituisce un impegno vincolante in favore di una soppressione effettiva e duratura del lavoro forzato od obbligatorio.

Riconosce il ruolo fondamentale che la Convenzione n. 29 e la Convenzione n. 105 del 25 giugno 19573 concernente la soppressione del lavoro forzato rivestono nella lotta contro il lavoro forzato, e rafforza il quadro giuridico internazionale creando nuovi obblighi. Chiede ai Governi di prendere misure per prevenire l'utilizzo del lavoro forzato, assicurare alle vittime una protezione e l'accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento, e sottolinea il ruolo dei datori di lavoro e dei lavoratori nella lotta contro il lavoro forzato.

Il Protocollo lascia una certa libertà agli Stati membri per quanto attiene alle misure concrete intese ad attuare i principi enunciati.

È un trattato di diritto internazionale sottoposto a ratifica, e soltanto gli Stati che hanno ratificato la Convenzione n. 29, come la Svizzera, possono ratificarlo. Ogni Stato membro dell'OIL che ratifica un Protocollo che completa una Convenzione s'impegna a rispettarlo e ad attuarlo conformemente agli obblighi che ne derivano. Il Protocollo n. 29 comprende un totale di dodici articoli, cinque dei quali costituisco3

RS 0.822.720.5

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no le consuete disposizioni finali (art. 8­12). Secondo l'articolo 8 capoverso 2, il Protocollo entrerà in vigore dodici mesi dopo che le ratifiche di due membri saranno state registrate dal Direttore Generale dell'OIL. Il Protocollo n. 29, ratificato da sette Stati membri dell'OIL (Niger, 14 maggio 2015; Norvegia, 9 novembre 2015; Regno Unito, 22 gennaio 2016; Mauritania, 9 febbraio 2016; Mali, 12 aprile 2016; Francia, 7 giugno 2016, Repubblica ceca, 9 giugno 2016), entrerà in vigore il 9 novembre 2016 e, per la Svizzera, dodici mesi dopo il deposito del suo strumento di ratifica.

Per poter esaminare il contenuto del Protocollo occorre innanzitutto menzionare gli obblighi internazionali assunti dalla Svizzera.

Nel preambolo del Protocollo viene spiegato che, tra gli strumenti dell'OIL, sono particolarmente pertinenti: la Convenzione n. 87 del 9 luglio 19484 concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, la Convenzione n. 98 del 1° luglio 19495 concernente l'applicazione dei principi del diritto sindacale e di negoziazione collettiva, la Convenzione n. 100 del 29 giugno 19516 sulla parità di rimunerazione, per lavoro uguale, tra manodopera maschile e femminile, la Convenzione n. 111 del 25 giugno 19857 concernente la discriminazione nell'impiego e nella professione, la Convenzione n. 138 del 26 giugno 19738 concernente l'età minima di ammissione all'impiego, la Convenzione n. 182 del 17 giugno 19999 concernente il divieto delle forme più manifeste di sfruttamento del fanciullo sul lavoro e l'azione immediata volta alla loro abolizione, la Convenzione n. 97 sui lavoratori migranti (riveduta), la Convenzione n. 143 sulle migrazioni in condizioni abusive, la Convenzione n. 189 del 16 giugno 201110 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, la Convenzione n. 181 sulle agenzie per l'impiego private, la Convenzione n. 81 dell'11 luglio 194711 concernente l'ispezione del lavoro nell'industria e nel commercio e la Convenzione n. 129 sull'ispezione del lavoro nell'agricoltura. Tra gli altri strumenti dell'OIL non soggetti a ratifica, il preambolo menziona inoltre la pertinenza della Dichiarazione dell'OIL del 1998 inerente ai principi e diritti fondamentali del lavoro e della Dichiarazione del 2008 dell'OIL sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa,
entrambe adottate dalla CIL per emanare una dichiarazione formale normativa e ribadire l'importanza che le parti attribuiscono ad alcuni principi e valori. Di tutte le convenzioni dell'OIL menzionate, la Svizzera ha ratificato le otto fondamentali (n. 29, n. 87, n. 98, n. 100, n. 105, n. 111, n. 138, n. 182), nonché la n. 81 e la n. 189. Le due dichiarazioni sono state presentate alle Camere federali12.

Nel preambolo vengono identificati altri strumenti internazionali pertinenti, in particolare la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il Patto internazionale del 16 dicembre 196613 relativo ai diritti civili e politici, che rende il divieto del 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

RS 0.822.719.7 RS 0.822.719.9 RS 0.822.720.0 RS 0.822.721.1 RS 0.822.723.8 RS 0.822.728.2 RS 0.822.728.9 RS 0.822.719.1 FF 2000 277, in particolare pag. 342, 2012 3751, in particolare pag. 3797 RS 0.103.2

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lavoro forzato garanzia assoluta dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale del 16 dicembre 196614 relativo ai diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione del 25 settembre 192615 concernente la schiavitù, l'Accordo addizionale del 7 settembre 195616 concernente l'abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù, la Convenzione del 15 novembre 200017 delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il Protocollo addizionale del 15 novembre 200018 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini (qui di seguito Protocollo di Palermo) e il Protocollo del 15 novembre 200019 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, la Convenzione internazionale del 18 dicembre 1990 sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, la Convenzione del 10 dicembre 198420 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la Convenzione del 18 dicembre 197921 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e la Convenzione del 13 dicembre 200622 sui diritti delle persone con disabilità.

La Svizzera ha aderito a tutti questi strumenti internazionali fatto salvo per la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990). Ha altresì aderito alla Convenzione del 16 maggio 200523 del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani.

Inoltre, l'esame del Protocollo deve essere effettuato alla luce dei pertinenti testi legali e normativi svizzeri e in particolare il Codice penale (CP)24, il Codice civile (CC)25, il Codice delle obbligazioni (CO)26, il Codice di procedura penale (CPP)27, la legge federale del 16 dicembre 200528 sugli stranieri (LStr), la legge federale del 23 marzo 200729 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV), la legge del 13 marzo 196430 sul lavoro (LL) e le sue ordinanze; la legge del 23 dicembre 201131 sulla protezione extraprocessuale dei testimoni (LPTes), la legge dell'8 ottobre 199932 sui lavoratori distaccati (LDist), la legge federale dell'11 aprile 198933 sulla 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33

RS 0.103.1 RS 0.311.37 RS 0.311.371 RS 0.311.54 RS 0.311.542 RS 0.311.541 RS 0.105 RS 0.108 RS 0.109 RS 0.311.543 RS 311.0 RS 210 RS 220 RS 312.0 RS 142.20 RS 312.5 RS 822.11 RS 312.2 RS 823.20 RS 281.1

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esecuzione e sul fallimento (LEF), l'ordinanza del 23 ottobre 2013 34 contro la tratta di esseri umani, l'ordinanza del 20 ottobre 201035 sul contratto normale di lavoro per il personale domestico (CNL personale domestico), i contratti normali cantonali; l'ordinanza del 6 giugno 201136 sui domestici privati (ODPr); la legge del 6 ottobre 198937 sul collocamento (LC); la legge federale del 16 dicembre 199438 sugli acquisti pubblici (LAPub); la legge del 21 giugno 199639 sull'imposizione degli oli minerali (LIOm) e l'ordinanza del 24 ottobre 200740 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa (OASA).

La raccomandazione n. 203 sulle misure complementari in vista dell'effettiva soppressione del lavoro forzato completa il Protocollo e la Convenzione n. 29. È stata adottata dalla CIL con il sostegno della Svizzera, parallelamente al Protocollo.

Tale raccomandazione è uno strumento non vincolante e non soggetto a ratifica inteso a guidare l'azione politica in vista dell'attuazione della Convenzione n. 29 e del Protocollo. Contiene orientamenti concreti per la concezione e la messa in atto di misure efficaci volte a prevenire il lavoro forzato, a proteggere le vittime e a dare loro accesso a meccanismi di risarcimento.

Il testo della raccomandazione è presentato all'Assemblea federale a titolo informativo.

1.5

Valutazione

Il lavoro forzato costituisce una violazione dei diritti umani e un'offesa alla dignità di milioni di donne e di uomini, di ragazze e di ragazzi. Contribuisce a perpetuare la povertà e ostacola la concorrenza leale tra i datori di lavoro come pure la realizzazione del lavoro dignitoso nel mondo intero. Attualmente le vittime del lavoro forzato nel mondo sono circa 21 milioni e, secondo le stime dell'OIL, nell'economia privata le forme moderne di schiavitù generano ogni anno 150 miliardi di dollari di profitti illegali.

Il Protocollo ribadisce la definizione del lavoro forzato od obbligatorio contenuta nella Convenzione n. 29: «[...] l'espressione designerà qualsiasi lavoro o servizio che si esige da un individuo sotto la minaccia di una pena e per il quale detto individuo non si è offerto di sua spontanea volontà». La CIL ha così voluto precisare che le misure alle quali si riferisce il Protocollo devono includere un'azione specifica contro la tratta di persone a fini di lavoro forzato od obbligatorio. La Conferenza ha volutamente evitato di parlare di «tratta di persone a fini di sfruttamento del lavoro», poiché nel contesto dell'OIL le condizioni di sfruttamento (salari bassi, troppe ore di lavoro, ecc.) non costituiscono necessariamente lavoro forzato: quest'ultima tipologia è infatti caratterizzata dalla coazione.

34 35 36 37 38 39 40

RS 311.039.3 RS 221.215.329.4 RS 192.126 RS 823.11 RS 172.056.1 RS 641.61 RS 142.201

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Il Protocollo di Palermo, ratificato dalla Svizzera, precisa che l'espressione: « indica il reclutamento, trasporto, trasferimento, l'ospitare o accogliere persone, tramite l'impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l'asservimento o il prelievo di organi».

Le definizioni di lavoro forzato e di tratta di esseri umani coincidono in misura significativa. Esistono tuttavia forme di lavoro forzato che non derivano dalla tratta (p. es. il lavoro obbligatorio nelle prigioni e alcuni casi di servitù per debiti) come pure forme di tratta di persone che non rientrano nella definizione di lavoro forzato (p. es. tratta di persone al fine di prelevarne gli organi e alcuni casi di matrimonio forzato o di adozione forzata).

Tenuto conto delle definizioni summenzionate, il nostro Collegio analizza le disposizioni del Protocollo partendo dal principio che le situazioni di lavoro forzato nell'economia privata rientrano nella definizione di tratta di esseri umani. Le misure adottate nella lotta contro questo fenomeno si iscrivono anche nel quadro della lotta contro il lavoro forzato ai sensi del Protocollo. L'analisi che segue si riferisce dunque direttamente alle misure pertinenti adottate in Svizzera nel contesto della lotta contro la tratta di esseri umani.

Il Protocollo costituisce un trattato di diritto internazionale contenente disposizioni importanti che stabiliscono norme di diritto e pertanto sottostà a referendum (v.

n. 5.2). La questione di un'eventuale procedura di consultazione si è posta nei termini che seguono.

I trattati internazionali dell'OIL hanno carattere speciale: ciò è dovuto alla struttura tripartita dell'organizzazione, in virtù della quale non è necessario indire una procedura di consultazione ai sensi dell'articolo 3 capoverso 1 lettera c della legge del 18 marzo 200541 sulla consultazione (LCo). In effetti,
le parti sociali hanno partecipato in modo diretto all'elaborazione del Protocollo e hanno votato in favore della sua adozione. Non v'è da attendersi nessuna nuova informazione poiché le posizioni degli ambienti interessati sono note (art. 3a cpv. 1 lett. b LCo). I trattati dell'OIL vengono adottati nell'ambito di una procedura di «doppia discussione» nel corso di due sessioni successive della CIL. La ratifica avviene soltanto in seguito all'approvazione da parte dell'Assemblea federale. Tali principi derivano dalla Costituzione dell'OIL, che è stata ratificata dalla Svizzera, e rimangono in applicazione. Inoltre, la bozza del presente messaggio è stata sottoposta alla Commissione tripartita inerente alle attività dell'OIL, una commissione consultiva extraparlamentare formata da rappresentanti dell'Amministrazione federale e dei partner sociali svizzeri. La commissione ne ha preso atto senza voti contrari il 26 febbraio 2015. L'organo direttivo dello SCOTT, che dipende da fedpol, è stato consultato il 13 novembre 2015 e ha preso atto della ratifica del Protocollo senza voti contrari.

41

RS 172.061

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1.6

Versioni linguistiche del Protocollo

Le versioni originali del Protocollo sono quella in inglese e quella in francese. Le versioni in tedesco e in italiano sono traduzioni ufficiali redatte dall'OIL d'intesa con i Paesi interessati.

2

Commento ai singoli articoli del Protocollo

Art. 1 L'articolo 1 definisce gli obiettivi del Protocollo, ossia che gli Stati membri adottino misure efficaci per prevenire e sopprimere il ricorso al lavoro forzato od obbligatorio, assicurare alle vittime una protezione e l'accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento adeguati come l'indennizzo, e per reprimere i responsabili del lavoro forzato od obbligatorio.

Per raggiungere questi obiettivi ciascuno Stato membro, in consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, deve elaborare una politica nazionale e un piano di azione nazionale per la soppressione effettiva e duratura del lavoro forzato od obbligatorio. All'occorrenza, le autorità statali competenti agiscono in coordinamento con le organizzazioni dei datori di lavoro, come pure con altri gruppi interessati.

Infine, l'articolo 1 ribadisce la definizione del lavoro forzato od obbligatorio contenuta nella Convenzione n. 29 (v. n. 1.5) e precisa che le misure alle quali si riferisce il Protocollo devono includere un'azione specifica contro la tratta di persone a fini di lavoro forzato od obbligatorio.

In Svizzera la lotta contro la tratta di esseri umani si basa sulla definizione internazionale contenuta all'articolo 3 del Protocollo di Palermo del 15 novembre 2000 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. La Svizzera ha ratificato il Protocollo di Palermo nell'ottobre del 2006, adattando al contempo a tale definizione le disposizioni del CP che condannano la tratta di esseri umani. In Svizzera quest'ultima fattispecie è punita dall'articolo 182 CP, che sanziona ogni forma di tratta di esseri umani che rientri nella definizione internazionale summenzionata. Un unico atto nei confronti di un'unica persona costituisce già un reato. La pena privativa della libertà può giungere fino a 20 anni. Se la vittima è minorenne o se l'autore fa mestiere della tratta di esseri umani, la pena è una pena detentiva non inferiore a un anno. In materia di tratta di esseri umani, l'eventuale consenso della vittima allo sfruttamento pianificato non è determinante qualora la situazione economica precaria della vittima sia stata usata per ottenere il suo consenso. La tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento ed effettuata a titolo professionale è punita dall'articolo 182 CP e il
promovimento della prostituzione è vietato dall'articolo 195 CP: ciò permette di sanzionare i rapporti lavorativi che hanno per oggetto l'induzione di una persona alla prostituzione nonostante la sua opposizione o il suo mantenimento nella prostituzione.

La lotta contro la tratta di esseri umani non consiste unicamente nel perseguimento dei suoi autori: è una sfida multidisciplinare, che attribuisce grande importanza al 6301

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sostegno alle vittime. Per questo motivo la Svizzera ha adottato una strategia e un piano d'azione nazionale. La strategia di lotta contro la tratta di esseri umani si basa su quattro pilastri: prevenzione, perseguimento penale degli autori, protezione delle vittime e collaborazione. Sia la Confederazione che i Cantoni sono competenti in materia. Lo SCOTT, il cui ufficio di direzione permanente dipende da fedpol, garantisce che a livello svizzero si agisca in maniera coordinata nella lotta contro la tratta di esseri umani, elaborando strumenti e strategie, mettendo in contatto tra loro i protagonisti di questa lotta, analizzando la situazione e trasmettendo informazioni. Il piano d'azione nazionale permette alla Svizzera di conformarsi alla tendenza osservata a livello internazionale, che consiste nel presentare le misure da adottare su scala nazionale nell'ambito di piani d'azione, allo scopo di informare i cittadini in modo dettagliato circa gli obiettivi strategici e gli sforzi intrapresi nella lotta contro la tratta di esseri umani.

Per quanto riguarda la servitù per debiti, la nostra legislazione assicura in generale la protezione della personalità agli articoli 27 e 28 CC e, più nello specifico, quella del lavoratore, all'articolo 328 CO. Mentre il pagamento di un salario è garantito dall'articolo 320 capoverso 2 CO per qualsiasi lavoro la cui prestazione secondo le circostanze non può attendersi senza salario, la trattenuta e la compensazione del salario con credito del datore di lavoro sono soggette a restrizioni (art. 323a cpv. 2 e 323b cpv. 2 CO). La LL disciplina le condizioni di lavoro e le misure sotto il profilo dell'igiene e della salute che il datore di lavoro deve adottare e rispettare nelle imprese soggette alla legge. Per quanto attiene al CP potrebbero essere applicabili l'articolo 157, che punisce l'usura, e l'articolo 181, che vieta la coazione. Nel diritto civile, l'articolo 21 CO (lesione) permette di non mantenere un contratto in caso di sproporzione manifesta tra le prestazioni, fondata sull'abuso dei bisogni, della inesperienza o della leggerezza. Inoltre, gli articoli 29 e 30 CO consentono di liberarsi da un contratto concluso in seguito a una minaccia che grava sulla persona o sui beni di una delle parti. Infine, in materia d'esecuzione e fallimenti alcuni beni rimangono
impignorabili (art. 92 LEF): il pignoramento non deve infatti privare il debitore o la sua famiglia dei mezzi indispensabili a garantire una qualità minima di vita. La LEF classifica alcuni beni come impignorabili e l'ufficio d'esecuzione emana norme circa l'impignorabilità che forniscono le indicazioni per calcolare il necessario a garantire una qualità minima di vita. I beni limitatamente pignorabili (come il salario) possono invece essere pignorati qualora «a giudizio dell'ufficiale, non siano assolutamente necessari al sostentamento del debitore e della sua famiglia» (art. 93 LEF), ossia se non si tratta di beni considerati come necessari a garantire una qualità minima di vita. Infine, in Svizzera non è possibile nascere indebitati e in situazione di servitù a causa di debiti contratti dai propri parenti in linea ascendente. Di conseguenza, in Svizzera la servitù per debiti non è possibile. Inoltre, la LEF garantisce che l'esercizio dell'obbligo compete unicamente agli organi statali.

Gli altri aspetti relativi alla LDist e alla LC sono esposti in relazione all'articolo 2 del Protocollo.

Per quanto attiene al lavoro nei carceri, gli articoli 81­83 CP disciplinano le condizioni lavorative dei detenuti in Svizzera. Il detenuto è obbligato al lavoro e tale lavoro deve corrispondere quanto possibile alle sue capacità, alla sua formazione e alle sue inclinazioni. Per il suo lavoro il detenuto riceve una retribuzione corrispon6302

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dente alle sue prestazioni e adeguata alle circostanze. Mentre sconta la pena, egli può disporre liberamente soltanto di una parte della retribuzione. Una parte del peculio (tra 1/6 e 1/3) rimane su un conto bloccato fino alla liberazione del detenuto, e una quantità uguale di denaro è trattenuta su un conto per spese correlate alla liberazione, mentre il detenuto può disporre liberamente dell'importo restante. Se vi acconsente e se il suo statuto o le modalità d'esecuzione della pena lo consentono, il detenuto condannato può essere occupato presso un datore di lavoro privato, sulla base di un contratto di lavoro ordinario. In questo modo il lavoro è parte integrante del trattamento del detenuto condannato e mira in modo prioritario alla reintegrazione di quest'ultimo e al suo reinserimento sociale, occupandolo, formandolo e abituandolo a svolgere un'attività regolare. È altresì possibile che i detenuti lavorino in carcere per conto di un'impresa privata. Le condizioni di lavoro nell'atelier di uno stabilimento carcerario sono soggette a controlli da parte dei servizi sanitari e penitenziari, sotto la responsabilità dell'organo cantonale competente per l'esecuzione delle pene.

I lavoratori domestici sono considerati particolarmente a rischio di ritrovarsi vittime del lavoro forzato. In Svizzera, le condizioni di lavoro dei domestici del personale diplomatico sono disciplinate dall'ODPr. Gli altri lavoratori domestici impiegati nel nostro Paese sono soggetti alle disposizioni del CO e ai vari CNL in vigore a livello federale e cantonale. Infine, il 12 novembre 2014 la Svizzera ha ratificato la Convenzione n. 189 dell'OIL sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici.

Le cerchie interessate e le associazioni mantello vengono consultate nell'ambito delle procedure di elaborazione legislativa in materia di lotta contro la tratta di esseri umani. Infine, per mettere in atto le consultazioni con le organizzazioni delle parti sociali richieste dalla Convenzione, la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) assicurerà il necessario coordinamento con la Commissione tripartita inerente alle attività dell'OIL, guidata dalla SECO stessa. L'organo direttivo dello SCOTT garantisce il coordinamento degli aspetti multidisciplinari.

Art. 2 L'articolo 2 tratta le misure da prendere per prevenire
il lavoro forzato od obbligatorio.

In Svizzera le misure preventive adottate nel contesto della lotta contro la tratta di esseri umani riguardano soprattutto l'economia privata. Il divieto imposto alle autorità per quanto riguarda il ricorso al lavoro forzato non rende necessaria l'adozione di provvedimenti particolari in materia di prevenzione. In generale, la Confederazione s'impegna affinché il lavoro di prevenzione e di sensibilizzazione per lottare contro la tratta di esseri umani sia portato avanti in modo permanente e a lungo termine.

Con l'ordinanza del 23 ottobre 2013 contro la tratta di esseri umani, la Svizzera si è dotata di una base giuridica globale che permette alla Confederazione di adottare misure preventive o di appoggiare i provvedimenti messi in atto da organizzazioni della società civile. Dal 2015 a tale scopo vengono messi a disposizione 400 000 franchi ogni anno. Sul totale dell'importo, 300 000 franchi sono destinati alle orga6303

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nizzazioni della società civile che s'impegnano contro la tratta di esseri umani, mentre i restanti 100 000 franchi sono stanziati a favore di misure individuali legate a un progetto specifico.

La piattaforma informativa dell'ufficio dello SCOTT permette altresì di mettere documenti utili a disposizione dei servizi strategici e delle unità operative, con una particolare attenzione per lo sfruttamento del lavoro, nozione che verrà chiarita nell'ambito di un testo di ausilio attualmente in fase di elaborazione che presenterà anche le misure adottate in Svizzera per lottare contro questo fenomeno. Il documento costituirà uno strumento di lavoro destinato all'uso pratico e servirà a identificare i casi di sfruttamento del lavoro.

Per quanto attiene all'informazione rivolta alle potenziali vittime, gli sforzi della Svizzera non si limitano al territorio nazionale. Il nostro è un paese di destinazione e di transito per la tratta di esseri umani e anche all'estero vengono adottate misure preventive specifiche. La Svizzera sostiene progetti e programmi mirati attuati nei Paesi d'origine da parte dei servizi partner (organizzazioni internazionali e ONG) in stretta collaborazione con le autorità locali interessate. I progetti sono ad esempio finanziati negli Stati dell'UE attraverso il contributo all'allargamento, e sono intesi a rafforzare i servizi statali o la società civile nella lotta contro la tratta di esseri umani. Riguardano principalmente l'Ungheria, la Romania e la Bulgaria. Nei Paesi d'origine l'accento è posto sui progetti volti a proteggere le potenziali vittime in modo preventivo, allo scopo di impedire che esse finiscano nel meccanismo della tratta di esseri umani e contribuire così a ridurre il numero di vittime nei Paesi di destinazione come la Svizzera.

In merito all'attuazione dell'ODPr, i datori di lavoro che beneficiano di privilegi e immunità, come pure i loro dipendenti, sono informati in modo chiaro sulle condizioni vigenti nel nostro Paese. Essi sono tenuti a firmare un contratto di lavoro scritto, sul modello stabilito dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Sin dal loro arrivo in territorio elvetico, i lavoratori domestici privati vengono accolti personalmente presso la rappresentanza svizzera nell'ambito della procedura di concessione del visto e, in seguito,
o alla Missione di Ginevra o al servizio del Protocollo del DFAE a Berna. Tali servizi verificano che i domestici privati abbiano compreso il contenuto del proprio contratto, nonché i diritti e i doveri che ne derivano, e indicano loro a chi rivolgersi in caso di difficoltà o di domande.

Per quanto riguarda l'ambito di applicazione della legislazione rilevante in materia di prevenzione del lavoro forzato od obbligatorio, in Svizzera esiste una protezione di base relativamente estesa per tutti i rapporti di lavoro, a prescindere dal settore. In effetti, le disposizioni del CO relative al contratto di lavoro si applicano indipendentemente dal settore interessato. Sebbene alcune categorie di lavoratori e di imprese siano escluse dal campo di applicazione della legislazione di diritto pubblico in materia di protezione dei lavoratori, questa copre settori molto ampi della nostra economia. I contratti collettivi di lavoro (CCL) sono negoziati liberamente dalle organizzazioni dei lavoratori e dai datori di lavoro, e coprono soltanto alcuni settori.

Il contratto normale di lavoro (CNL) viene emanato per i settori sprovvisti di CCL e nei quali si osserva che vengono offerti, in modo ripetuto e abusivo, salari inferiori a quelli usuali.

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Per quanto attiene alla prevenzione di situazioni di lavoro forzato che derivano da pratiche fraudolente nella selezione dei candidati e nel collocamento, le attività di collocamento sono regolamentate dalla LC e dalle sue ordinanze. Tali attività sono soggette all'obbligo di autorizzazione. L'ammontare della tassa d'iscrizione e della provvigione di collocamento a carico della persona in cerca di impiego sono limitate per legge. Inoltre, le indennità per prestazioni di servizio speciali, ad esempio le spese di trasporto, devono essere fatturate al costo effettivo, e in caso di infrazione sono previste sanzioni. Il collocamento diretto in Svizzera dall'estero costituisce un atto illecito. È pertanto perseguibile penalmente sia per il collocatore estero che per il suo cliente in Svizzera. In questo modo, un collocatore estero che intende selezionare lavoratori per un datore di lavoro in Svizzera è tenuto a collaborare con un collocatore autorizzato con sede nel nostro Paese. Il partner autorizzato in Svizzera deve dunque assicurare un servizio di collocamento conforme alle regole della professione. Attraverso la responsabilizzazione del cliente finale e del collocatore partner autorizzato, la LC svizzera intende altresì tutelare in modo efficace le persone in cerca d'impiego selezionate all'estero.

La LDist ha lo scopo di impedire che l'esecuzione di mandati da parte di lavoratori distaccati dia adito a salari o condizioni sociali inferiori a quelli usuali a scapito dei lavoratori in Svizzera. A tale scopo, la legge definisce le condizioni lavorative e salariali minime che devono essere garantite ai lavoratori distaccati provenienti dall'UE e da Stati terzi, stabilendo che ad essi si applica un certo numero di norme in vigore in Svizzera. Il catalogo delle norme da rispettare e dei settori interessati corrisponde a quello della direttiva 96/71/CE42, ossia: durata del lavoro e del riposo, durata minima delle ferie, tariffe minime salariali, sicurezza, salute e igiene sul lavoro, tutela di gestanti, puerpere, bambini e giovani e parità di trattamento fra uomo e donna.

L'abolizione dello statuto di artista di cabaret è effettiva dal 1° gennaio 2016 (revisione del 22 ottobre 201443 dell'ordinanza del 24 ottobre 200744 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa [OASA]). Il termine transitorio
di poco più di un anno permette alle agenzie e agli istituti di collocamento interessati di prepararsi al cambiamento. L'abolizione dello statuto è accompagnata da diverse misure a tutela delle donne. Il personale della rappresentanza elvetica all'estero sarà sensibilizzato in merito alla questione e il lavoro d'informazione sul posto sarà intensificato. In Svizzera il sostegno al lavoro preventivo delle organizzazioni a difesa delle donne è stato rafforzato attraverso l'adozione dell'ordinanza del 18 novembre 201545 sulle misure di prevenzione dei reati in materia di prostituzione in vigore dal 1° gennaio 2016. Una revisione della LStr è in fase di elaborazione. Le persone che nell'ambito della propria attività lucrativa sono vittime di reati ai sensi della LAV avranno la possibilità di chiedere un aiuto al ritorno o una regolamentazione del proprio soggiorno.

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Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1 RU 2014 3541 RS 142.201 RS 311.039.4

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Per quanto attiene al sostegno alla ricognizione delle condizioni per prevenire i rischi di lavoro forzato, occorre distinguere tra il sostegno offerto ai settori pubblici e quello fornito al settore privato. Per il settore pubblico, la Confederazione fissa requisiti minimi in materia di condizioni di lavoro e di protezione dei lavoratori nel contesto degli acquisti pubblici (art. 8 cpv. 2 LAPub e art. 7 dell'ordinanza dell'11 dicembre 199546 sugli acquisti pubblici [OAPub]) e della promozione dei biocarburanti (art. 12b LIOm), nonché nell'ambito della legge del 16 dicembre 200547 sull'assicurazione contro i rischi delle esportazioni. La Confederazione sensibilizza il settore privato attraverso un dialogo regolare con le imprese in merito alle questioni di responsabilità sociale, e sostiene le soluzioni di tipo privato offerte dai label e da altri codici di condotta allo scopo di permettere alle aziende modello di rendere pubblico il proprio impegno.

Infine, la Svizzera promuove un'azione contro le cause profonde e i fattori che accrescono il rischio di lavoro forzato od obbligatorio. Si impegna soprattutto per migliorare il livello globale dell'educazione e combattere la povertà, in primo luogo attraverso progetti di cooperazione ma anche partecipando attivamente alla ricerca di soluzioni sul piano multilaterale.

Art. 3 L'articolo 3 si concentra sugli aspetti relativi alla protezione delle vittime. Prevede che ogni Stato che aderisce al Protocollo prenda misure efficaci per identificare, liberare, proteggere, ristabilire e riabilitare tutte le vittime del lavoro forzato od obbligatorio, come pure per prestare loro assistenza e sostegno sotto altre forme.

Essenzialmente si limita a elencare degli obiettivi, senza illustrare nel dettaglio le misure da adottare.

Le misure per proteggere le vittime hanno lo scopo di individuare le persone sfruttate, aiutarle a uscire dalla loro condizione e a far valere i propri diritti, nonché concedere loro l'aiuto alle vittime, regolamentarne la situazione di soggiorno, proteggerle dagli autori di reati e, infine, reintegrarle nella società e accertarsi che non ricadano nella spirale della tratta di esseri umani. Le vittime hanno inoltre diritto al risarcimento dei danni e a una riparazione per il torto subito. Una volta liberate dalla loro situazione di coazione,
le vittime della tratta di esseri umani, in particolare quelle oggetto di sfruttamento duraturo di tipo sessuale, si ritrovano in uno stato di precarietà. Hanno esigenze specifiche che richiedono un'assistenza mirata, che tenga conto delle circostanze e della vulnerabilità che caratterizzano la tratta di esseri umani.

La nozione di «vittima del lavoro forzato» non viene definita né più avanti nel Protocollo né nella Convenzione n. 29. Nemmeno gli studi elaborati dagli organi di controllo dell'OIL in materia di lavoro forzato forniscono indicazioni in tal senso.

Tenuto conto della definizione di lavoro forzato adottata dall'OIL e ribadita all'inizio del presente messaggio (il termine lavoro forzato od obbligatorio designa qualsiasi lavoro o servizio che si esige da un individuo sotto la minaccia di una pena e per il quale detto individuo non si è offerto di sua spontanea volontà), si può partire 46 47

RS 172.056.11 RS 946.10

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dall'idea che ogni persona che si trova in una situazione di lavoro forzato od obbligatorio è una presunta vittima.

In Svizzera le basi giuridiche che disciplinano la protezione delle vittime sono ripartite in diverse leggi federali e legislazioni cantonali. Le disposizioni essenziali si trovano nella LAV e nella LStr. Alcune disposizioni in merito alla protezione delle vittime e dei testimoni sono inoltre contenute nel CPP e nella LPTes.

Ai sensi della LAV, ogni persona la cui integrità fisica, psichica o sessuale è stata direttamente lesa a causa di un reato (vittima) ha diritto all'aiuto conformemente alla legge (aiuto alle vittime). Nonostante la LAV contenga una definizione più esigente della vittima, la legge presuppone un reato (p. es. coazione ai sensi dell'art. 181 CP o tratta di esseri umani ai sensi dell'art. 182 CP). Le vittime del lavoro forzato possono dunque, di fatto, rientrare nella definizione di vittima ai sensi della LAV. Il lavoro forzato costituisce una limitazione della libertà ed è passibile di pena (art. 180­184 CP). Le condizioni che caratterizzano il lavoro forzato (mancanza di consenso, minaccia, coazione) pregiudicano di fatto l'integrità fisica, psichica o sessuale.

L'aiuto, al quale hanno accesso anche i congiunti della vittima, comprende quali prestazioni principali: consigli, un aiuto immediato e uno più a lungo termine ­ ad esempio di tipo medico, psicologico o giuridico ­ e prestazioni finanziarie. Anche le persone vittime di un reato all'estero possono beneficiare dell'aiuto, ma a condizioni più ristrette.

Un caso ­ improbabile ­ nel quale la LAV non sarebbe applicabile è quello in cui l'unico pregiudizio arrecato alla persona soggetta al lavoro forzato sia la confisca dei frutti del suo lavoro (pregiudizio esclusivamente economico). In tal caso si applicano le disposizioni pertinenti del CP, del CO o del CC.

Non si può escludere che alcune persone provenienti dallo spazio UE/AELS che soggiornano in Svizzera legalmente siano o diventino vittime della tratta di esseri umani. Tuttavia, nella maggior parte dei casi le vittime di questo tipo di tratta e del lavoro forzato soggiornano in Svizzera in modo illegale. A tale proposito la LStr prevede alcune deroghe alle condizioni di ammissione abituali, in particolare allo scopo di disciplinare il soggiorno delle
vittime e dei testimoni della tratta di esseri umani, nonché delle persone che collaborano con le autorità di perseguimento penale nell'ambito di un programma di protezione dei testimoni svizzero, estero o di un tribunale penale internazionale. La LStr consente inoltre lo svolgimento di un esame caso per caso, per tenere conto dei casi personali particolarmente gravi o di importanti interessi pubblici. Inoltre, per le vittime e i testimoni della tratta di esseri umani che collaborano con le autorità di perseguimento penale l'OASA prevede la possibilità di svolgere un'attività lucrativa.

La LStr disciplina anche i programmi di aiuto al ritorno e alla reintegrazione, ai quali possono accedere le vittime e i testimoni della tratta di esseri umani come pure i ballerini di cabaret che sono stati oggetto di sfruttamento in Svizzera.

Entrata in vigore il 1° gennaio 2013, la LPTes crea le basi giuridiche e le strutture necessarie ad attuare programmi di protezione dei testimoni a favore delle persone minacciate nell'ambito di procedimenti penali della Confederazione e dei Cantoni.

Tale compito è affidato al Servizio di protezione dei testimoni, subordinato a fedpol.

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Il servizio garantisce che le persone minacciate che collaborano nell'ambito di un procedimento penale a livello federale o cantonale possano anch'esse beneficiare di una protezione al di fuori degli atti procedurali veri e propri e persino dopo la chiusura di un procedimento. Queste misure sono essenziali per condannare gli autori, e in tale ottica la testimonianza delle vittime si rivela spesso determinante.

Infine, in merito all'identificazione e alla liberazione delle vittime occorre fare riferimento alle varie misure adottate nel corso degli ultimi anni. A livello di polizie cantonali è stato istituito un gruppo di lavoro che consente di migliorare il coordinamento della lotta, sul piano nazionale, contro questa forma di criminalità. Sono poi state create formazioni specialistiche incentrate sulla lotta contro la tratta di esseri umani, rivolte in particolare ai collaboratori delle autorità di migrazione, dei ministeri pubblici e dei corpi di polizia. Queste formazioni rappresentano tasselli importanti della strategia di lotta contro la tratta di esseri umani e saranno portate avanti soprattutto allo scopo di garantire il contatto con gli altri attori che si battono contro il fenomeno e tenere conto delle esigenze specifiche delle vittime minorenni.

Se una vittima minorenne non è accompagnata da un'autorità parentale, è considerata come persona minorenne non accompagnata. Il caso di un minorenne vittima della tratta di esseri umani rientra sia nell'ambito della protezione dei bambini che della protezione delle vittime. Le raccomandazioni facilitano la presa di decisioni circa il bene e il futuro del bambino. Infine, lo SCOTT si occupa di elaborare e attuare misure strategiche a livello svizzero contro la tratta di esseri umani. Ai fini della lotta operativa è necessario istituire tavole rotonde interdisciplinari a livello cantonale e adottare convenzioni di cooperazione che permettano alle autorità e ai servizi competenti di definire chiaramente compiti, interfacce e misure di attuazione. Ad oggi oltre la metà dei Cantoni svizzeri dispone di una tavola rotonda, e l'obiettivo è quello di creare piattaforme simili nella totalità dei Cantoni.

Occorre tuttavia ricordare che la liberazione delle vittime della tratta non può avvenire senza la cooperazione delle stesse, che talvolta può però essere
difficile da ottenere a causa delle minacce subite dalle vittime e dalle loro famiglie o della diffidenza nei confronti delle autorità dovuta al fatto che alcuni soggiornano nel Paese illegalmente e che non hanno familiarità con le istituzioni locali.

Art. 4 L'articolo 4 tratta i meccanismi di ricorso e di risarcimento. Secondo questa disposizione, ogni Stato che aderisce al Protocollo deve assicurare che tutte le vittime del lavoro forzato od obbligatorio, indipendentemente dalla loro presenza o dal loro status giuridico sul territorio nazionale (p. es. in situazione di soggiorno illegale), abbiano effettivamente accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento adeguati ed efficaci, come l'indennizzo. Inoltre, ogni Stato membro del Protocollo deve, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, prendere le misure necessarie perché le autorità competenti non siano tenute a perseguire le vittime del lavoro forzato od obbligatorio o a imporre loro sanzioni per aver preso parte a attività illecite che esse siano state costrette a svolgere come la conseguenza diretta della costrizione al lavoro forzato od obbligatorio.

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Ai sensi della LAV, le persone la cui integrità fisica, psichica o sessuale è stata direttamente lesa in Svizzera a causa di un reato hanno diritto a ricevere sostegno e aiuto, a prescindere dalla loro nazionalità e dallo statuto di soggiorno. Le vittime della tratta di esseri umani possono chiedere aiuto presso consultori pubblici o privati, che offrono un servizio di consulenza e un aiuto di tipo medico, psicologico, sociale, materiale e giuridico. Secondo le disposizioni del CPP, le vittime che testimoniano durante il procedimento penale dispongono di una serie di diritti procedurali legati alla protezione dei testimoni e delle vittime. Dal 1° gennaio 2013 la LPTes e la sua ordinanza del 7 novembre 201248 nonché il Servizio di protezione dei testimoni consentono, in caso di necessità, di proteggere i testimoni che intervengono nei procedimenti penali della Confederazione e dei Cantoni, anche al di fuori del procedimento vero e proprio e dopo la chiusura dello stesso. Inoltre, le relative disposizioni contenute nel CP e nel CC (protezione della personalità) permettono alla vittima di chiedere che le siano concesse un'indennità e una riparazione morale.

Un aspetto importante dell'aiuto alle vittime è la regolarizzazione del soggiorno, che dal 2008 si fonda sulle disposizioni in materia di diritto degli stranieri. Una volta che la vittima non è più sfruttata può venirle accordato un periodo di riflessione di 30 giorni, durante il quale la persona interessata può ristabilirsi e deve decidere se continuare a collaborare con le autorità di perseguimento penale. Alla fine di questo termine e se è disposta a collaborare con le autorità, la vittima può ricevere un permesso di soggiorno per la durata dell'inchiesta e del procedimento giudiziario. Il soggiorno può essere prolungato in casi personali particolarmente gravi (art. 36 cpv. 6 OASA). Se la vittima non desidera notificarsi ma la sua situazione personale ne impedisce tuttavia il ritorno nel Paese d'origine, tale permesso può esserle concesso (casi particolarmente gravi). La vittima può altresì essere ammessa provvisoriamente, se l'esecuzione del suo allontanamento o della sua espulsione non è possibile, ammissibile o ragionevolmente esigibile (art. 36 cpv. 6 OASA e art. 83 LStr).

Se il reato è stato commesso all'estero, le prestazioni dei consultori
sono accordate a determinate condizioni: la vittima ha diritto a un aiuto se era domiciliata in Svizzera al momento del reato e al momento in cui ha depositato la domanda; l'aiuto può inoltre essere concesso ai congiunti della vittima, se erano anch'essi domiciliati in Svizzera al momento del reato e al momento in cui hanno depositato la domanda. In linea di principio non vengono concessi indennizzi né riparazioni morali. L'aiuto è accordato solo se lo Stato sul cui territorio è stato commesso il reato non fornisce prestazioni o fornisce prestazioni insufficienti.

In materia d'indennizzo, una vittima della tratta di esseri umani può intervenire nel procedimento penale con le proprie pretese civili, partecipandovi quindi in qualità di accusatore privato. In caso di condanna, il tribunale penale deve anche decidere in merito alle pretese civili. Soltanto se il giudizio completo delle pretese civili richiede un onere sproporzionato, il tribunale penale può limitarsi a prendere una decisione di principio sull'azione civile e rinviare, per il resto, la vittima al tribunale civile.

Secondo le esperienze raccolte, è raro che la vittima della tratta di esseri umani sia completamente indennizzata dall'autore del reato. L'indennizzo delle vittime da

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RS 312.21

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parte dello Stato è assicurato, in virtù delle norme relative alle persone che hanno diritto all'indennizzo e del campo d'applicazione territoriale previsto nella LAV.

Per quanto riguarda le misure che ciascuno Stato membro del Protocollo deve adottare affinché le autorità non siano tenute a perseguire le vittime del lavoro forzato od obbligatorio, o a imporre loro sanzioni a causa di attività illecite che esse siano state costrette a svolgere, si rimanda al messaggio del 17 novembre 2010 concernente l'approvazione e la trasposizione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e alla LPTes 49. La Svizzera ha adottato una disposizione simile all'articolo 26 di tale Convenzione, dove si stabilisce che gli Stati devono prevedere la possibilità di non comminare sanzioni penali alle vittime che sono state coinvolte nelle attività illecite, quando vi sono state costrette. Il diritto penale svizzero è in linea di principio basato sulla colpa e pertanto sul principio secondo cui una persona, anche se ha commesso un reato, può essere punita soltanto se ha agito in modo colpevole (art. 19 CP). Gli articoli 52­55 CP sanciscono inoltre le premesse che consentono di concedere l'impunità oppure di archiviare un procedimento penale. Se una vittima della tratta di esseri umani commette un atto punibile per evitare a sé o ad altri una minaccia imminente e ingiusta, occorre accertare se sono dati i presupposti della legittima difesa e dello stato di necessità di cui agli articoli 15­18 CP, verificando in particolare l'eventuale esistenza di uno stato di necessità esimente.

Art. 5 L'articolo 5 evidenzia la componente transnazionale di alcune forme di lavoro forzato e impone agli Stati che hanno aderito al Protocollo di cooperare fra di loro per assicurare la prevenzione e l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato od obbligatorio.

La cooperazione tra i Paesi di destinazione, di transito e i Paesi d'origine delle vittime della tratta di esseri umani assume un'importanza crescente. In tale contesto, la cooperazione strategica riveste un ruolo fondamentale, poiché favorisce un trattamento dei casi il più efficace possibile e al di là dei confini nazionali, garantendo una collaborazione ottimale tra i servizi operativi nell'ambito dei procedimenti penali e a livello
di protezione delle vittime.

La cooperazione tra autorità e servizi operativi non è automatica. In tale contesto occorre promuovere un contatto diretto tra le autorità o i servizi competenti e il Paese interessato. Il contatto può avvenire nell'ambito di un dialogo politico portato avanti dalle ambasciate svizzere e dagli uffici di cooperazione svizzeri all'estero o, per alcuni Paesi, attraverso gruppi di lavoro specifici. Incontri regolari o tavole rotonde internazionali sulla tratta di esseri umani rafforzano il lavoro all'interno di una rete internazionale. La Svizzera fa leva soprattutto sullo strumento dei partenariati migratori, che permettono di colmare le lacune laddove le strutture di collaborazione nella lotta contro il traffico di esseri umani siano inesistenti o insufficienti. Gli effetti positivi della collaborazione strategica si manifestano attraverso procedimenti

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penali meglio coordinati e maggiormente equilibrati, nonché attraverso un ritorno facilitato e una buona reintegrazione delle vittime.

Art. 6 L'articolo 6 prevede che le misure prese in applicazione del Protocollo, e implicitamente anche della Convenzione n. 29, debbano essere determinate dalla legislazione nazionale o dall'autorità competente, in consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori interessate.

Come visto in precedenza, le misure adottate in Svizzera hanno una base giuridica formale sulla quale si fonda l'azione delle autorità competenti, siano esse di tipo giudiziario o amministrativo.

Per quanto attiene alla consultazione delle organizzazioni delle parti sociali si rimanda al commento all'articolo 1.

Art. 7 L'articolo 7 chiarisce lo statuto delle disposizioni transitorie della Convenzione n. 29 (art. 1 par. 2 e 3 e art. 3­24), sopprimendole.

Poiché la Svizzera non aveva fatto valere queste disposizioni transitorie al momento della ratifica della Convenzione n. 29, la loro soppressione non implica alcun cambiamento nell'attuazione, da parte della Svizzera, della suddetta Convenzione.

Conclusione Alla luce di quanto precede, il nostro Collegio ritiene adempiuti i presupposti perché la Svizzera ratifichi il Protocollo relativo alla Convenzione n. 29 dell'OIL concernente il lavoro forzato.

Questo impegno contro il lavoro forzato rappresenta un atto di solidarietà internazionale che conferma la storica dedizione della Svizzera a favore della ratifica delle norme fondamentali dell'OIL. Nonostante il lavoro forzato sia condannato in modo unanime, questo fenomeno rimane una realtà per circa 21 milioni di vittime nel mondo, di cui 18,7 milioni nel settore privato. I restanti 2,2 milioni vengono costretti a svolgere un determinato lavoro dallo Stato o da gruppi militari ribelli. La schiavitù di tipo tradizionale permane ancora in alcune regioni, così come il lavoro forzato sotto forma di sistemi di reclutamento coercitivi oppure di servitù per debiti. Infine, il lavoro forzato rimane un modo per punire le persone che hanno osato esprimere le proprie opinioni politiche.

La n. 29 è una Convenzione fondamentale, e di fronte alla situazione attuale la Svizzera non può permettersi di chiudere gli occhi: l'eliminazione del lavoro forzato resta pertanto una delle
grandi sfide del XXI secolo. Il lavoro forzato non rappresenta soltanto una grave violazione di un diritto umano fondamentale: è anche una delle principali cause di povertà, e compromette lo sviluppo economico. Le relative norme dell'OIL, insieme a un'assistenza tecnica mirata, costituiscono i principali strumenti di lotta a livello internazionale contro questo fenomeno.

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Ripercussioni

3.1

Ripercussioni per la Confederazione

3.1.1

Ripercussioni finanziarie

Come precisato a proposito dell'articolo 1 del Protocollo (v. n. 2), fedpol e la SECO garantiranno, attraverso i propri organi consultivi, il coordinamento necessario all'attuazione del Protocollo. La ratifica del Protocollo non ha ripercussioni sul piano finanziario.

3.1.2

Ripercussioni sull'effettivo del personale

La ratifica del Protocollo non ha ripercussioni sul personale della Confederazione.

3.2

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni, per le città, gli agglomerati e le regioni di montagna

La ratifica del Protocollo non ha ripercussioni per i Cantoni e i Comuni, per i centri urbani, gli agglomerati e le regioni di montagna.

3.3

Ripercussioni per l'economia

La ratifica del Protocollo non ha ripercussioni economiche. Non avrà effetti sulla crescita, l'occupazione, i prezzi e i salari in Svizzera. Può migliorare l'attuazione della legge e la prassi in materia di condizioni di lavoro della manodopera sfruttata.

4

Rapporto con il programma di legislatura

L'oggetto non è stato annunciato né nel messaggio del 27 gennaio 201650 sul programma di legislatura 2015­2019, né nel decreto federale sul programma di legislatura 2015­201951, poiché non è possibile prevedere quali saranno le decisioni della CIL a proposito dell'adozione di convenzioni e protocolli. Poiché il diritto positivo svizzero è conforme al testo del Protocollo, la Svizzera deve impegnarsi al più presto, su scala globale e in modo più coerente e solidale, nella lotta contro il lavoro forzato. Secondo la Costituzione dell'OIL, il Consiglio federale deve sottoporre il Protocollo all'Assemblea federale entro un anno (v. n. 1.3)

50 51

FF 2016 909 FF 2016 4605

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5

Aspetti giuridici

5.1

Costituzionalità

Il disegno di decreto federale si basa sull'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale (Cost.)52, secondo cui la Confederazione è competente per gli affari esteri.

L'articolo 184 capoverso 2 Cost. conferisce al Consiglio federale la facoltà di firmare e ratificare trattati internazionali. Secondo l'articolo 166 capoverso 2 Cost., l'Assemblea federale approva i trattati internazionali, esclusi quelli la cui conclusione è di competenza del Consiglio federale in virtù della legge o di un trattato internazionale (art. 24 cpv. 2 della legge del 13 dicembre 200253 sul Parlamento [LParl] e art. 7a cpv. 1 della legge del 21 marzo 199754 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione).

5.2

Forma dell'atto

In base all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost., i trattati internazionali sottostanno a referendum facoltativo se comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'emanazione di leggi federali. Secondo l'articolo 22 capoverso 4 LParl contengono norme di diritto le disposizioni che, in forma direttamente vincolante e in termini generali ed astratti, impongono obblighi, conferiscono diritti o determinano competenze. Sono invece importanti le disposizioni che in virtù dell'articolo 164 capoverso 1 Cost. devono essere emanate sotto forma di legge federale. Il Protocollo non esige l'emanazione di nuove leggi e nemmeno il cambiamento delle pratiche attuali. Prevede disposizioni importanti che stabiliscono norme di diritto ai sensi dell'articolo 164 capoverso 1 Cost. nel suo preambolo (v. n. 1.4) e in particolare agli articoli 1­5 (v. n. 2).

Il decreto federale concernente l'approvazione del Protocollo sottostà pertanto a referendum facoltativo ai sensi dell'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost.

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RS 101 RS 171.10 RS 172.010

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