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N° 49 Si pubblica di regola una volta la settimana. Abbonamento annuo fr. 12, con allegata la Raccolta delle leggi federali. -- Rivolgersi alla Tipografia Grassi e Co.

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9359 Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente l'approvazione di trattati di conciliazione, regolamento giu¬ diziàrio e arbitrato, conchiusi dalla Svizzera con Camerun, Costa Rica, Costa d'Avorio, Gran Bretagna, Israele, Liberia, Madagascar e Niger (Del 23 novembre 1965)

Onorevoli signori Presidente e Consiglieri, Abbiamo l'onore di proporre alla vostra approvazione gli otto primi trattati di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato, conchiusi nell'ambito della nostra recente iniziativa d'estensione degli istituti di pacifica composizione delle controversie internazionali.

1.

I

La storia del nostro Paese appare, già dal patto del 1291, stretta¬ mente vincolata al principio del regolamento arbitrale delle controversie: numerose sono infatti state, durante tutto l'arco di cinquecento anni, le ver¬ tenze risolte, per questa via, fra i membri della vecchia Confederazione.

Guidata da questa sua tradizióne ed ammaestrata dalla sua ricca esperienza, la Svizzera ha preso attivamente parte alle conferenze della pace, convocate all'Aia, nel 1889 e nel 1907, per impostare un primo tentativo di fondare, su una base veramente ampia, le procedure di pacifica soluzione dei litigi Foglio Federale, <1965, Voi, III

114 internazionali. Il nostro Paese ha firmato le convenzioni approntate in dette conferenze, inclusa quella istituente la Corte permanente d'arbitrato detta dell'Aia. Da allora la Svizzera ha partecipato a tutte le iniziative dirette a potenziare la giurisdizione internazionale; essa è stata fra le prime Na¬ zioni che hanno aderito allo statuto della Corte permanente di giustizia internazionale, elaborato anche grazie alla sua attiva collaborazione, e che hanno riconosciuto la giurisidizione obbligatoria della Corte stessa. Più tardi il nostro Paese aderiva all'atto generale per il regolamento pacifico delle controversie internazionali, conchiuso, a Ginevra, il 26 settembre 1928, sotto gli auspici della Società delle Nazioni (CS 11, 222 - BUA).

Allorché, nel 1946, alla Corte permanente di giustizia internazionale fu sostituita la Corte internazionale di giustizia, la Svizzera di nuovo è stata fra i primi, anzi il primo Stato non membro delle Nazioni Unite, ad ade¬ rire allo statuto della nuova Corte, riconoscendone nel contempo la giurisdi¬ zione obbligatoria (RU 1948,1007 e segg. - B II B).

Recentemente, poi, il nostro Paese ha ratificato la Convenzione europea per il regolamento pacifico delle controversie, conchiusa a Strasburgo il 29 aprile 1957, nel quadro del Consiglio d'Europa (FF 1965 I, 381).

Anche sul piano bilaterale la Svizzera ha curato di estendere l'ambito di applicazione della procedura arbitrale. La Società delle Nazioni, cui il nostro Paese aderiva nel 1920, aveva imposto agli Stati membri l'obbligo di sottoporre all'arbitrato o all'esame del Consiglio i conflitti suscettivi di .

condurre ad una rottura. Il Consiglio della Società delle Nazioni era però, innanzi tutto, un organo politico, ond'è che la Svizzera si vide spinta a sta¬ bilire dei trattati particolari d'arbitrato con il maggior numero possibile di Stati al fine di poter sottoporre le eventuali controversie ad up organo, giudiziario' o arbitrale, giudicante secondo il diritto e non già secondo una valutazione politica. Seguendo questa direttiva, il nostro Paese era giunto a stabilire, alla vigilia della seconda guerra mondiale, ben 23 trattati d'arbi¬ trato, per la maggior parte ancora in vigore oggi. La principale caratteri¬ stica di questi trattati risiede nel fatto che le procedure di composizione pacifica delle
controversie sono definite come obbligatorie ed implicano dunque la possibilità, per ciascuna delle Parti, di sottoporre unilateralmente il litigio alla procedura conciliativa, arbitrale o giudiziaria, senza che oc¬ corra stipulare all'uopo un ulteriore accordo particolare.

2.

Il 20 febbraio 1959, decidemmo di ampliare e di completare il si¬ stema dei trattati bilaterali di arbitrato, posto sinora in atto. Abbiamo quindi incaricato il Dipartimento politico di prendere le necessarie disposizioni per preparare la conclusione dei nuovi atti internazionali. A questa nostra azione siamo stati mossi da considerazioni di diversa natura.

Se anche l'istituto dell'arbitrato internazionale non suscita ormai più l'eco che suscitava negli anni del primo dopoguerra, segnatamente per aver

115 deluso chi lo vedeva incontrastato mezzo universale di composizione dei litigi, anzi delle grandi vertenze politiche fra gli Stati, esso cionondimeno, conserva pur sempre una grande utilità per la soluzione di quei conflitti che, ancorché di minore portata, incidono pur tuttavia assai sullo svolgimento normale delle relazioni internazionali.

L'arbitrato si presenta, in particolare, come uno strumento prezioso per gli Stati minori i quali, logicamente, hanno tutto l'interesse ad assicurarne il massimo sviluppo. In proposito giova richiamare le considerazioni fatte dal prof. Max Huber nel rapporto dell'I 1 dicembre 1919, presentato dal Con¬ siglio federale alle Camere per spiegare le direttive della nostra politica d'ar¬ bitrato. Ne citiamo un passo particolarmente perspicuo: «Tutto ben ponderato, non sono forse proprio gli Stati materialmente deboli quelli che più possono beneficiare della procedura arbitrale? Non vengono essi forse a trovarsi, quando vi ricorrono, in una situazione ben più favorevole di quella in cui si troverebbero qualora, per salvaguardare i loro diritti o contrastare pretese ingiustificate, non disponessero d'altri mezzi se non di quelli offerti dai negoziati diplomatici o dai provvedimenti pro¬ tettivi apprestabili unilateralmente? La forza d'un piccolo Stato è avantutto il suo buon diritto e proprio l'arbitrato, nonostante gli inconvenienti che può recar seco, è in grado d'assicurare, a quel buon diritto, la più ef¬ ficace protezione ».

Bisogna qui, comunque, rilevare che la qualità di «parte contraente» dell'atto generale del 1928 e della convenzione europea del 1957, nonché il riconoscimento della giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia, integrano ben poco il nostro Paese nella comunità internazionale, e ciò sia dal profilo dell'estensione quantitativa, sia dal profilo dell'effi¬ cacia dell'impegno giurisdizionale.

Infatti, Yatto generale, concepito come modello dei trattati bilaterali d'arbitrato, consente agli Stati aderenti d'escludere uno o due dei mezzi di regolamento pacifico che esso stesso prevede (il regolamento arbitrale o i regolamenti arbitrale e giudiziario). Orbene, sui 20 Stati che hanno aderito all'atto generale, più della metà hanno fatto uso di questa facoltà; ne viene che l'alto stesso è stato in gran parte svuotato
d'efficacia. Esso è poi stato riveduto nel 1949, ad opera dell'Assemblea generale delle Na¬ zioni Unite, e solo quattro Stati; che già v'aderivano, ne hanno accettato il testo riveduto.

Quanto all'accettazione della giurisdizione obbligatoria della Corte in¬ ternazionale di giustizia, va detto ch'essa ha, senza alcun dubbio, un'im¬ portanza maggiore di quella rivestita dall'atto generale. Gli Stati aderenti allo statuto della Corte internazionale di giustizia, firmando quella che è ormai detta la «clausola facoltativa» (art. 36, § 2 dello statuto) ricono¬ scono come obbligatoria, verso ogni altro Stato, parimente firmatario, la giurisdizione della Corte per tutte le controversie di ordine giuridico.

116 Tuttavia, sui 117 Stati che, sinora hanno aderito allo statuto (fra essi 114 membri dell'ONU, aderenti già in virtù di questa loro qualità), solo 40 Stati, cioè poco più di un, terzo, hanno firmato la «clausola facoltativa». Inoltre non pochi Stati hano fatto, all'atto della firma, delle riserve, tra le quali, assai frequente, quella diretta ad escludere le questioni rientranti nell'am¬ bito della competenza nazionale, qual è definita dal firmatario stesso; ri¬ serva che, ovviamente, ha per effetto di rendere inoperante alla radice il riconoscimento della giurisdizione della Corte.

Resta la convenzione europea per il regolamento pacifico delle con¬ troversie. Ma questo testo internazionale è accessibile solo ai membri del Consiglio dell'Europa: dei 19 Stati che attualmente ne fanno parte, 17 hanno firmato la convenzione e soltanto 9 l'hanno ratificata. Oltre a questa limitatezza numerica, occorre poi rilevare la limitatezza materiale prove¬ niente dal fatto che la convenzione consente ad uno Stato di dichiarare per sé inapplicabile il capitolo terzo sull'arbitrato, oppure i capitoli secondo e terzo sulla conciliazione e l'arbitrato. Aggiungasi che uno Stato può esclu¬ dere dall'applicazione della convenzione le controversie vertenti su casi particolari o addirittura su interi settori determinati, nonché aderire alla convenzione con le stesse riserve fatte nell'accettare la giurisdizione ob¬ bligatoria della Corte internazionale di giustizia.

Le riserve messe innanzi dalla maggioranza degli Stati contro un rico¬ noscimento pieno della giurisdizione obbligatoria favoriscono, checché sulle prime possa sembrare, gl'estensione dell'arbitrato bilaterale. Occorre infatti distinguere fra l'istituzione dell'arbitrato o della giurisdizione inter¬ nazionale mediante trattati multilaterali e quella mediante convenzioni bi¬ laterali. È comprensibile che uno Stato s'astenga dal vincolarsi sul piano ge¬ nerale (firmando ad esempio la sopraccitata clausola facoltativa) per non doversi vedere poi citato davanti alla Corte da un altro firmatario qualsiasi in .una qualsiasi controversia. La situazione è invece ben diversa quando il vincolo riposi su un trattato bilaterale con un piccolo Stato, meglio ancora se neutro, come la Svizzera, con il quale i conflitti possonp essere presunti rarissimi e comunque non
profondamente incidenti su questioni di impor¬ tanza vitale.

Se si contano tutti i trattati bilaterali d'arbitrato, la convenzione eu-.

ropea del 1957, l'atto generale del 1928 e la clausola facoltativa dello statuto della Corte internazionale di giustizia, si constata che il nostro Paese si è obbligato - verso 53 Stati a sottoporre le controversie ad una procedura giudiziaria o arbitrale. Orbene, su questi 53 Stati, 21 sono europei, 12 latino-americani e 5, benché extra-europei, fan parte di quello che è comunemente detto il mondo occidentale (Sud-Africa, Australia, Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda). Nel novero, l'Asia,è rappresentata soltanto da 8 Stati e l'Africa, tralasciando il Sudafrica, da 6. ' Questa particolare distribuzióne geografica appare in modo ancora più rietto allorché si contano i soli trattati bilaterali (trattati specifici d'arbi-

117 trato, ma anche trattati più generici d'amicizia e di commercio recanti però una clausola generale per il regolamento pacifico delle controversie).

La Svizzera, con questo computo, si trova vincolata con 18 Stati europei, uno extra-europeo, ma rientrante nel mondo occidentale (gli Stati Uniti), 3 latinoamericani e tre asiatici; nessuno africano.

Una ripartizione geografica così caratterizzata riflette puntualmente la situazione attorno al 1918. Il'nascere di nuovi Stati in Africa e in Asia, negli anni successivi alla. seconda guerra mondiale, è venuto però a modificare profondamente la composizione e la struttura della comunità internazionale. Questo mutamento esplicita una realtà politica di cui bi¬ sogna assolutamente tener conto anche nell'ambito particolare dell'istituto dell'arbitrato internazionale.

La nuova struttura assunta dalla comunità internazionale giustifica quindi pienamente l'iniziativa da noi presa d'estendere all'Africa e all'Asia il nostro sistema di trattati bilaterali d'arbitrato. Quest'estensione inoltre appare anche sommamente opportuna, e da una duplice veduta..

Innanzi tutto la conclusione di tali trattati con i giovani Stati africani ed asiatici contribuisce alla salvaguardia degli interessi Svizzeri in regioni la cui importanza, specialmente economica, non cesserà di crescere. In¬ fatti, l'approntamento di procedure sperimentate di composizione pacifica delle controversie consentirà senz'altro di prevenire l'insorgere di diffi¬ coltà, sempre ardue da risolvere per la via dei negoziati diplomatici e so¬ vente suscettive di originare vere fratture.

In secondo luogo, l'inclusione nel sistema svizzero d'arbitrato degli Stati di nuova indipendenza assume già di per sè un notevole significato politico generale. I nuovi trattati di conciliazione, regolamento giudiziario e arbitrato verranno a comporre l'adeguato quadro giuridico entro il quale.

ài collaborazione, che il nostro Paese intende instaurare con queste Nazioni, avrà modo di esplicarsi alla luce del concetto di uguaglianza che noi sem¬ pre propugniamo. È inoltre presumibile che questi trattati contribuiranno a formare un clima di reciproca fiducia che investirà poi, oltre l'arbitrato, anche altri numerosi settori. Segnaliamo infine il vantaggio di familiariz¬ zare gli Stati giovani coi fondamentali istituti
di manteniménto della pace e di difesa del diritto, onde permettere loro d'inserirsi in modo più agevole nella comunità internazionale, retta dal diritto delle genti. < ' Abbiamo poi colto quest'occasione dell'estensione ai nuovi Stati del nostro sistema dei trattati d'arbitrato, per colmarne alcune lacune re-' siduali. Pensiamo, per fare un solo esempio, alla lacuna costituita dall'as¬ senza della Gran Bretagna, la quale sinora si era sempre astenuta dall'accettare le nostre proposte in vista d'un trattato d'arbitrato veramente obbligatorio; il rifiuto britannico pesava assai in quanto si riverberava sul¬ l'atteggiamento degli Stati del Commonwealth, i quali avevano pure sem¬ pre declinato le nostre offerte in merito.

118 Essendoci dunque, deliberati a procedere all'estensione ed al comple¬ mento, come abbiam detto qui sopra, abbiamo pènsato che convenisse rivolgerci a tutti gli Stati, senza distinzione nè discriminazione alcuna, e ciò ancorché fossimo certi che la nostra iniziativa non avrebbe potuto aver successo presso ciascuno degli Stati invitati.

3.

Quanto al contenuto dei nuovi trattati, rinviamo alle considera¬ zioni esposte nel già citato rapporto dell'I 1 dicembre 1919 sui trattati in¬ ternazionali d'arbitrato. Due sono i punti che assumono qui particolare importanza e che, conseguentemente, vanno esaminati con maggiore atten¬ zione; trattasi dell'instaurazione di una procedura di conciliazione e del con. ferimento del carattere obbligatorio al regolamento giudiziario o arbitrale.

Per quanto attiene al primo punto, dobbiamo sottolineare che l'espe¬ rienza ha dimostrato che le possibilità d'ottenere una composizione sod¬ disfacente delle controversie risultano maggiori allorché, esperiti invano ' i negoziati diplomatici, si possa adire un organo intermedio innanzi che si abbia ad avviare la procedura arbitrale o giudiziaria propriamente detta.

È interessante notare che questo metodo preliminare di conciliazione era già largamente praticato dai membri dell'antica Confederazione i quali affi¬ davano agli arbitri la cura di cercare dapprima un regolamento «in Minne», vale a dire bonale; solo dopo il regolamento bonale, gli arbitri dovevano, permanendo la controversia, procedere a giudicare secondo le norme del diritto. Il ricorso a questa procedura preliminare rivela quanto già fosse acuta la conoscenza'della particolare natura delle divergenze interstatali.

Identica preoccupazione ha indotto il Consiglio federale ad, evidenziare, nel suo rapporto dell'I 1 dicembre 1919, la necessità di prevedere una pro cedura introduttiva di conciliazione in tutti i trattati d'arbitrato. Riprodu¬ ciamo qui di seguito l'argomentazione svolta allora in proposito: «Si dovrebbe ognora ricorrere, innanzi tutto, alla procedura con¬ ciliativa. Essa consente di raggiungere lo scopo essenziale, quello cioè di sottoporre la vertenza a persone imparziali^ dopo che i negoziati condotti per comporta si siano rivelati inconcludenti. La conciliazione permette inol¬ tre d'evitare ogni risentimento di natura politica, possibile sia per il fatto stesso che una delle parti si vede costretta a sottomettersi ad una sentenza che le dà torto, sia per la tentazione dell'uno o dell'altro Stato in causa a sottrarsi all'arbitrato. La procedura conciliativa offre ogni latitudine di re¬ cedere da una posizione intransigente, pur lasciando impregiudicata la que- stione di principio».
Dei 23 trattati conchiusi dal nostro Paese nel primo dopoguerra, ben 21 prevedono la procedura liminare di conciliazione: alcuni fra essi la definiscono come procedura parallela "a quella dell'arbitrato, i conflitti d'or¬ dine giuridico cadendo sotto quest'ultimo, e quelli non giuridici sotto la conciliazione; altri, e sono la maggioranza, definiscono le diverse pro-

119 cedure -- di conciliazione, d'arbitrato o di composizione giudiziaria : come fasi successive, la conciliazione precedendo però pur sempre le altre due.. Questo delle fasi successive è senz'altro l'assetto che meglio realizza le intenzioni svizzere, manifestate a partire dal 1919, relativamente all'isti¬ tuto dell'arbitrato internazionale. . .

Per quanto concerne il secondo punto, è palese che il carattere obbli¬ gatorio è irrinunciabile se si vuole che un trattato di conciliazione, rego¬ lamento giudiziario e arbitrato conservi la necessaria piena efficacia, in ogni circostanza. Come l'abbiamo detto qui sopra, la maggior parte dei trattati svizzeri in materia risponde a questo requisito, è imprescindibile che esso sia soddisfatto anche nei nuovi testi, i quali, in difetto, si vedreb¬ bero privati d'ogni funzionalità e quindi d'ogni utilità pratica.

Circa la questione dell'articolazione delie procedure, abbiamo con¬ statato che la maggioranza dei trattati, conchiusi dopo la prima guerra mondiale, contemplano sia la procedura di conciliazione sia le procedure giudiziaria e arbitrale. L'attuazione di queste ultime procedure non è, invero, disciplinata in modo uniforme: alcuni testi mettono l'accento su una sola, altri lasciano alle Parti la cura di scegliere l'una o l'altra, altri infine conséntono il cumulo delle due.

Ci si poneva pertanto il problema a sapere quale fosse la soluzione ideale da adottare nei nuovi testi.

È certo che il regolamento arbitrale presenta dei grandi vantaggi, se¬ gnatamente in quanto, il tribunale essendo costituito caso per caso dalle parti stesse, è dato ad esse di scegliere come arbitri le persone dotate delle qualità e delle conoscenze richieste dalla natura della controversia. Con che, trovasi realizzata la condizione principale per garantire, almeno in teoria, la massima oggettività alla sentenza.

Diversamente stanno le cose rispetto al regolamento giudiziario. Se- , guendo questa via, le Parti si trovano di fronte ad un tribunale permanente, la Corte internazionale di giustizia, sulla cui composizione esse non hanno modo d'interferire se non quando trattasi di rinnovare periodicamente i giudici, ed anche allora con scarsa o nulla influenza, il rinnovo avvenendo ad opera del Consiglio di Sicurezza e dell'Assemblea generale delle Na¬ zioni Unite.

Va poi
aggiunto che la Corte internazionale di giustizia è stata toc¬ cata dalla crisi recente del diritto internazionale. La ristrettezza dell'am¬ bito assegnato sinora alla giurisdizione obbligatoria della Corte a ca¬ gione dell'atteggiamento alquanto negativo della maggioranza degli Stati, riflette assai bene il discredito in cui sono cadute oggigiorno, specialmente rispetto agli Stati nuovi, molte delle istituzioni del diritto internazionale classico.

La Corte rimane comunque a tutt'oggi l'organo più qualificato per giudicare le vertenze fra gli Stati, segnatamente quando siano di natura

120 giuridica. Inoltre la coerenza e la continuità della giurisprudenza costitui¬ scono senz'altro una garanzia notevole per le parti, garanzia che manca nell'opera del tribunale arbitrale, istituito di volta in volta per dirimere controversie ben determinate. La continuità consente invece alla Corte di stabilire un'interpretazione e un'applicazione uniformi delle regole giu¬ ridiche internazionali e^ di conservare, per ciò stesso, una certa organi¬ cità nel sistema del diritto delle genti. La giurisdizione della Corte dev'essere quindi apprezzata come fattore notevole di stabilità e di sicurezza del di¬ ritto. Ogni obbligo inteso a riconoscere, sul piano bilaterale o multilaterale, la competenza obbligatoria della Corte, rafforza l'autorità di quel diritto e contribuisce allo sviluppo armonioso del medesimo. Tutto ciò collima perfettamente con gli interessi ben compresi del nostro Paese.

I vantaggi presentati sia dalla procedura giudiziaria sia dalla pro¬ cedura arbitrale, e posti qui sopra in evidenza, ci hanno indotti ad in¬ serire negli stipulandi trattati tanto l'una quanto tl'altra procedura: abbiamo previsto di far competente la Corte internazionale di giustizia per le con¬ troversie! di natura giuridica e di riservare di massima al Tribunale arbi¬ trale le controversie non giuridiche.

Hanno carattere giuridico le vertenze che consistono nella contesta¬ zione reciproca di un diritto, più precisamente, della sua effettualità op¬ pure della sua portata. Per loro natura, infatti, queste controversie richie¬ dono una soluzione giuridica, una soluzione cioè fondata sulle norme, internazionali, convenzionali e consuetudinarie. Non sono invece di na¬ tura giuridica le controversie che vertono sulla creazione, la modifica o la soppressione di un diritto. In questi casi non v'è spazio per una soluzione puramente, giuridica, in quanto, nel primo caso, si tratta di regolare uno stato di fatto non ancora investito dalle norme giuridiche e, negli altri due casi, di mutare o di sopprimere un rapporto di diritto che più non cor¬ risponde all'evoluzione fattuale o a determinati interessi'statuali. Qui,la soluzione della vertenza non può essere ottenuta mediante l'applica¬ zione del diritto in senso proprio ma soltanto richiamandosi ad elementi extra-giuridici, quali l'equità; la considerazione degli
interessi delle parti ecc. Occorre pertanto che l'istanza adità della controversia abbia ogni possibilità di riferirsi ad essi.

II progetto-tipo di trattato di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato, allestito, dal Dipartimento politico come base dei negoziati, non disciplina affatto in modo rigido le procedure di conciliazione, di regolamento giudiziario ed arbitrato, bensì le articola in modo che pos¬ sano venir attuate secondo le circostanze, del tutto diverse, che accom¬ pagnano le divergenze fra gli Stati. Ci è sembrato specialmente indicato di riservare la libertà delle parti per quanto concerne la scelta dei mezzi idonei a risolvere 'le vertenze. Esporremo più sotto, in modo particolareggiato, il sistema che abbiamo prescelto come base del progetto-tipo.

121 II L'offerta di conchiudere dei trattati di conciliazione, regolamento giu¬ diziario ed arbitrato è stata indirizzata, nell'estate del 1960, a tutti gli Stati, cui non ci leghi già un accordo bilaterale o multilaterale per la composi¬ zione pacifica dei conflitti internazionali (cioè trattati di conciliazione, di regolamento giudiziario ed arbitrato e firma della clausola facoltativa dello statuto della Corte internazionale di giustizia). Ovviamente abbiamo tra¬ lasciato di rivolgerci a quegli Stati coi quali il nostro Paese non ha rela¬ zioni diplomatiche o consolari. Tenuto conto di queste limitazioni di fatto, la nostra iniziativa è stata presentata a 39 Stati situati nei 5 continenti.

Poscia, nell'autunno del'1961, abbiamo indirizzato la nostra offerta an¬ che ai 9 Stati africani e asiatici ed allo Stato europeo (Cipro) che avevano frattanto raggiunto l'indipendenza. Ci riserviamo di inviare prossimamente analogo invito agli altri Stati divenuti autonomi a contare dall'autunno del 1961. , Le prime reazioni a questa. nostra iniziativa sono state in genere fa: vorevoli: soltanto 7 Stati hanno declinato l'offerta di conchiudere un trattato bilaterale e cioè l'Argentina, la Bulgaria, la Cina popolare, il Guatemala, l'Indonesia, il Messico e la Repubblica Araba Unita. Tredici Stati, per con¬ tro; si sono dichiarati interessati alla nostra proposta ed 11 hanno avviato dei negoziati sulla base del nostro progetto-tipo di trattato. Questi nego¬ ziati hanno condotto alla firma degli 8 trattati che ci pregiamo oggi di sottopórre, col presente messaggio, alla vostra approvazione.

L'offerta svizzera è stata accolta con particolare favore dagli Stati africani. È appunto con questi Stati che siamo riusciti a concludere i 4 primi accordi: con la Costa d'Avorio, il 22 ottobre 1962 a Abidjan, con il Camerun, il 22 gennaio 1963 a Jaundé, con la Liberia, il 23 luglio 1963 a Monrovia ed infine con il Niger, il 2 agosto 1963 a Niamey. Il quinto trattato è stato firmato con un paese latinoamericano, la Costa Rica, a.

San José, il 15 gennaio 1965, e il sesto a Tananarive, I'll maggio 1965 con uno Stato africano, il Madagascar.

Israele è stato fra i primi a rispondere favorevolmente alla proposta elvetica, ma ancorché questo governo abbia di massima accettato di con¬ chiudere un trattato sulla base del
progetto-tipo da noi presentato, esso ha tuttavia proposto di modificarlo alquanto, fortunatamente però su temi minori. I negoziati con Israele hanno avuto luogo principalmente in Berna, all'occasione del soggiorno svizzero di un giureconsulto del Ministero israe¬ liano degli esteri, giunto nel nostro Paese per partecipare ai lavori della Com¬ missione di diritto internazionale dell'ONU, adunantesi a Ginevra ogni pri¬ mavera. Abbiamo avuto modo, grazie all'opportunità di questi contatti, di allestire l'intero trattato, firmato poi a Gerusalemme il 2 agosto 1965.

Abbiamo detto, qui innanzi, che la Gran Bretagna aveva sempre de¬ clinato la nostra offerta di conchiudere un trattato bilaterale d'arbitrato.

122 Dobbiamo ora precisare che questo rifiuto inglese non concerneva unica¬ mente il nostro Paese, ma si poneva sul piano molto generale della po¬ litica tradizionale del Governo britannico in materia di trattati interna¬ zionali. Nonostante questa tradizione, però, la nostra iniziativa dell'estate del 1960 ebbe successo e il Governo inglese comunicò ufficialmente all'Am¬ basciata di Svizzera a Londra, il 3 maggio 1962, d'essere pronto ad avviare .

dei negoziati per conchiudere un trattato a condizione che l'arbitrato non vi fosse esteso alle controversie non giuridiche ma vi rimanesse strettamente limitato al campo delle vertenze giuridiche. Questa condizione, invero, sovvertiva assai il tessuto del nostro progetto-tipo di trattato, cionondi¬ meno abbiamo reputato conveniente d'accettare la riserva inglese pur di poter avviare con quel Governo i tanto auspicabili negoziati.

Del resto, detta riserva riflette un atteggiamento tradizionale del Go¬ verno britannico ed è stata formulata dalla .Gran Bretagna anche in re¬ lazione alla convenzione europea per il regolamento pacifico delle contro¬ versie, conchiusa, comè abbiamo detto sopra, il 29 aprile del 1957 nel qua¬ dro del Consiglio d'Europa. La puntigliosa cura d'escludere dall'arbitrato i li¬ tigi non propriamente giuridici deriva dall'importanza assunta dal Regno Unito per entro la comunità internazionale e dalla preminenza degli in¬ teressi che esso, per ciò stesso, è chiamato a difendervi.

I negoziati, avviati a Londra nell'autunno del 1962, giunsero in porto nella primavera del 1965 con l'allestimento di un testo di trattato che dopo essere stato sottoposto ad attento esame nelle capitali interessate, riceveva l'approvazione del 2 Governi ed era così firmato a Londra il 7 luglio 1965.

Ili I trattati firmati con il Camerun, la Costa d'Avorio e il Niger ripe¬ tono testualmente i disposti del nostro progetto-tipo. Quelli conchiusi con Costa Rica, Gran Bretagna, Israele, Liberia e Madagascar se ne scostano invece assai; il testo meno conforme al nostro progetto è, come, abbiamo già accennato, quello convenuto con la Gran Bretagna.

Vogliamo qui di seguito analizzare le disposizioni del testo tipo che ci è servito di fondamento in tutti i negoziati. In un secondo paragrafo sottoporremo ad esame le disposizioni divergenti, recepite nei trattati
con Costa Rica, Gran Bretagna, Israele, Liberia e Madagascar. .

1.

; Il progetto-tipo elvetico comprende 35 articoli ripartiti in 5 capitoli: il primo stabilente la norma delia composizione pacifica delle controversie (art. 1); il secondo, il terzo e il quarto recanti i disposti applicabili rispetti¬ vamente alla conciliazione (art. da 2 a 13), al regolamento giudiziario (art.

14) ed al regolamento arbitrale (art. da 15 a 24). L'ultimo capitolo, il quin. to, definisce alcune disposizioni generali (art. da 25 a 35).

123 L'artìcolo 1 prevede l'obbligo per le parti di sottoporre a procedura conciliativa tutte le controversie, di qualunque natura, che dovessero sorgere fra di loro e non potessero essere risolte in via diplomatica (nu¬ mero 1). Qualora la procedura conciliativa fosse esperita invano le contro¬ versie dovranno essere sottoposte al regolamento giudiziario o all'arbitrato, giusta il dispositivo del numero 2. Il numero 3 di questo articolo primo pre¬ vede tuttavia che le parti possano convenire di tralasciare la procedura di conciliazione; in questo caso la vertenza dev'essere proposta direttamente o alla Corte internazionale di giustizia oppure al tribunale arbitrale. ' Gli articoli disciplinanti la conciliazione ripetono i disposti che già erano stati definiti, una prima volta, nell'ambito di quel disciplinamentò esaustivo dei diversi modi di composizione pacifica ch'è stata la conven¬ zione dell'Aia del 29 luglio 1899, modificata poi e completata dalla Con¬ venzione omonima del 18 ottobre 1907. Trattasi di norme sperimentate in una pratica d'oltre mezzo secolo e, come tali, recepite nella maggior parte dei trattati d'arbitrato conchiusi dai membri delle Società delle Nazioni; sono norme che noi troviamo puntualmente rispecchiate nei trattati fir¬ mati, in quell'epoca, dal nostro Paese.

La procedura di conciliazione è affidata a un organo permanente detto «Commissione permanente di conciliazione», composta di 5 membri (articolo 2). Si è prescelto il sistema della commissione permanente per¬ chè l'esperienza fatta coi trattati d'arbitrato anteriori alla seconda guerra mondiale, i quali prevedevano una commissione da istituirsi' caso per caso, era risultata deludente ai fini di un regolamento rapido dei conflitti; una funzionale rapidità è ottenibile proprio soltanto grazie ad una com¬ missione permanente, pronta ad entrare immediatamente in funzione.

Gli articoli dal 2 al 5 trattano della costituzione della commissione: ogni Parte nomina un commissario, che può essere uno dei propri cittadini; i rimanenti tre commissari vanno designati di comune accordo dalle Parti, le quali li devono scegliere fra i cittadini di Stati terzi in modo che ri¬ sultino di-, cittadinanza diversa; il presidente della commissione è scelto dalle Parti fra i commissari di nomina comune (articolo 2, numeri 2 c i); i commissari,
di nomina propria o comune, sono eletti per tre anni; qualora non fossero sostituiti alla scadenza di questo termine, il loro mandato è re¬ putato rinnovato tacitamente per altri 3 anni (articolo 3)\ questo stesso articolo, nei numeri 2 e 3, dispone che si debbano togliere al più presto possibile le vacanze, provvedendo a rimediarvi giusta il sistema previsto per le nomine; durante le sessioni della commissione dev'essere designato un supplente (articolo 3, numeri 2 e 3) per quel membro che fosse im- .

pedito di partecipare alle sedute.'

L'articolo 4 stabilisce che ciascuna Parte può, dopo aver adito la com¬ missione, sostituire al commissario di propria nomina qualsiasi altra per¬ sona che essa reputi specialmente versata nella materia che è oggetto della controversia.

124 L'articolo 5 dispone che la Commissione permanente di conciliazione dev'essere'istituita entro 6 mesi dall'entrata in vigore dei trattati. Qualora, entro questo termine, le Parti non siano riuscite ad accordarsi sulla scelta dei commissari di nomina comune, oppure non abbiano nemmeno eletto il commissario di nomina propria, sia l'una sia l'altra possono chie¬ dere che il presidente della Corte internazionale di giustizia abbia a prov¬ vedere alle nomine oppure, avverandosi determinati impedimenti, che vi provvedano il vice-presidente della Corte, o il membro anziano. Analoga procedura s'applica qualora un commissario non sia sostituito entro 3 mesi dall'insorgenza d'una vacanza. Essa s'applica inoltre nel caso in cui, nominati che siano i 5 commissari, non si riuscisse a designare il presidente nel corso del bimestre successivo. Lo scopo dell'articolo 5 è quello di im¬ pedire che una parte abbia ad ostacolare la messa in atto della procedura conciliativa col ricorrere a manovre dilatorie o ostruzionistiche nelle no¬ mine di sua competenza.

- Gli articoli dal 6 al 12 regolano le modalità della conciliazione.

La Commissione di conciliazione è adita mediante istanza fatta da una Parte al. presidente, istanza che la Parte stessa è tenuta a notificare im¬ mediatamente all'altra (articolo 6). Con ciò non si vuol per nulla pre¬ cludere alle Parti l'inoltro di un'istanza comune, la quale è senz'altro am¬ missibile in diritto. In realtà'lo Stato intenzionato a sottoporre una contro¬ versia alla conciliazione avrà cura d'informarne per semplice norma di cor¬ tesia, la controparte nonché di esaminare con questa la possibilità di adire la commissione mediante un atto comune.

, L'articolo 8 stabilisce che le Parti possono, ma qui solo di comune ac¬ cordo, definire la procedura della Commissione. Qualora le Parti tralascino di prevalersi di quésta facoltà, la commissione curerà di darsi in modo auto¬ nomo le norme necessarie. Resta comunque stabilito che la procedura,deve essere contraddittoria, e ciò per garantire, in ciascuna delle-sue fasi, la piena parità delle Parti. Quanto alla fase inquisitoria, la commissione do¬ vrà applicare, se non decìde altrimenti all'unanimità, i disposti pertinenti già stabiliti nella Convenzione dell'Aia del 18 ottobre 1907, citata qui sopra;-trattasi dei disposti figuranti
nel titolo terzo relativo alle commis¬ sioni internazionali d'inchiesta, e disciplinanti tutta la materia in modo molto particolareggiato.

L'articolo 9 stabilisce che le Parti siano rappresentate in commissione da agenti deputati a servire d'intermediari nonché da consulenti e periti di loro nomina. È inoltre concesso alle Parti di chiedere l'escussione d'ogni teste ch'esse ritenessero utile. Analoga facoltà è concessa alla Commis¬ sione la quale però, per i testi, abbisogna dell'accordo delle Parti.

L'articolo 10 riserva il diritto delle Parti di definire le norme del voto in seno alla commissione. Qualora le Parti non usino di questo diritto, il disposto prevede che le decisioni commissionali siano prese a maggioranza

125 dei voti. Per le questioni procedurali basta la maggioranza dei. membri effettivamente presenti.

L'articolo 11 stabilisce l'obbligo delle Parti di agevolare i lavori della Commissione apportandole il loro pieno concorso. Per la citazione e l'escus¬ sione dei testi, nonché per i sopralluoghi sul territorio delle Parti, la com¬ missione è tenuta a conformarsi alle norme legali ivi vigenti.

' Le finalità della conciliazione differiscono radicalmente da quelle as¬ segnate al regolamento giudiziario o alla composizione arbitrale: mentre questi ultimi sono ordinati a decidere il litigio, la procedura conciliativa è indirizzata soltanto a ricercare una soluzione da proporre alle parti, la¬ sciandole pienamente libere se accettarla- o no. È questo il senso dell'ar¬ ticolo 13 il quale stabilisce nel suo primo numero che la Commissione ha il compito preminente di chiarire le questioni controverse, radunando al¬ l'uopo tutte le informazioni utili, e di tentare di conciliare le Parti. Men¬ tre la Corte internazionale di giustizia emana un decreto e il tribunale arbi¬ trale pronuncia una sentenza, la Commissione di conciliazione si limita a compilare un rappòrto corredandolo, ma solo, qualora le circostanze e la natura del litigio lo permettono, di un progetto di composizione pacifica. La Commissione deve di massima allestirò il rapporto entro 6 mesi da quando è stata adita della controversia. Resta tuttavia in facoltà delle Parti di pro¬ rogare il termine (numero 2). Le Parti, non appena abbiano ricevuto il rapporto, devono pronunciarsi, circa, le proposte contenute in esso, entro il termine loro impartito dalla Commissione; questo termine non deve su¬ v perare i 3 mesi (numeri 3 e 4).

, Se le Parti accettano la soluzione suggerita dalla Commissione, il con¬ flitto che le opponeva è, risolto; qualora invece il conflitto permanga esse potranno ricorrere agli altri modi di composizione pacifica previsti nel trat¬ tato.

Notiamo ancora che, riservata ogni diversa disposizione delle Parti, né il rapporto né i verbali dei lavori commissionali possono essere pubblicati (articolo 12). È questa una norma dettata dall'esperienza la quale ha am¬ piamente provato che il carattere confidenziale di tutta la procedura è preminente condizione di successo.

L'articolo 14 tratta del regolamento giudiziario delle controversie.
Il litigio dev'essere portato innanzi alla Corte internazionale di giustizia, allorché la procedura di conciliazione non ha avuto successo oppure le Parti avevano sin dall'inizio convenuto di non esperirla. La Corte è adita in base ad un accordò fra le Parti o, in difetto, mediante una domanda uni¬ laterale dell'una o dell'altra Parte. Viene con ciò consacrato il carattere obbligatorio del regolamento giudiziario (numero 1).

Là Corte è competente, di massima, nel settore delle vertenze giudi¬ ziarie. L'articolo le definisce riprendendo l'elenco contenuto nell'artico-

126 lo 36, paragrafo 2, dello statuto della Corte, il quale elenca le vertenze d'ordine giuridico. Sono tali quelle che hanno per oggetto: a. l'interpretazione di una convenzione; b. una questione di diritto internazionale; . c. l'accertamento di un fatto che costituirebbe una violazione d'un ob¬ bligo internazionale; d. la specie e l'entità di una riparazione dovuta per trasgressione d'un obbligo internazionale.

L'elenco, recepito già nell'articolo 13 del patto della Società delle Nazioni, , è tassativo: ciò risulta dal dettato stesso dell'articolo 36, para¬ grafo 2, dello statuto della Corte, nonché dall'unanime interpretazione della dottrina e della giurisprudenza, le quali insistono sul fatto che non sono dati altri conflitti giuridici oltré a quelli espressamente elencati in questo disposto.

Qualora fra le Parti sorgesse una contestazione circa alla natura della controversia ed una delle due negasse la competenza della Corte, al¬ legando che la controversia esula dall'elencazione dell'articolo 14, numero 1, la Corte stessa deve pronunciarsi in merito (numero 2).

Le Parti possono convenire di sottoporre alla Corte anche delle ver¬ tenze non giuridiche. La Corte, in questo caso e previo l'accordo delle Parti, procede a statuire ex aequo et bono (numero 3). Occorre notare in ·proposito che, conformemente all'articolo 38, numero 2, . dello statuto, la Corte ha sempre la facoltà di pronunciarsi per equità allorché le Parti abbiano dato il loro assenso; per contro essa non ha nessun obbligo di farlo anche se le Parti glielo dovessero prescrivere.

r .

L'articolo 15 tratta dell'attuazione del regolamento arbitrale. Se la procedura conciliativa è stata svolta senza successo, le controversie non giuridiche possono essere proposte ad un Tribunale arbitrale, ad hoc (nu¬ mero 1). Questa disposizione accenna soltanto al caso in cui la concilia¬ zione abbia fallito lo scopo; resta però chiaro che sta nella piena facoltà delle Parti di ricorrere direttamente all'arbitrato, tralasciando di proposito la fase conciliativa (vedasi il numero 3 dell'articolo 1). Benché il Tribunale arbitrale sia per definizione l'organo competente a dirimere le controversie non giuridiche, esso può tuttavia essere richiesto dalle Parti, operanti di co¬ mune accordo, d'occuparsi anche di conflitti giuridici (numero 2). Tro¬
viamo qui il disposto esattamente simmetrico a quello recato dal numero 3 dell'articolo 14, secondo il quale le Parti possono accordarsi e convenire di sottoporre anche un conflitto non giuridico al regolamento giudiziario. Gli articoli 14 e 15, letti contestualmente all'articolo 1, garantiscono quindi l'armonica rispondenza delle tre procedure, articolandole con la necessaria elasticità, onde consentire alle Parti di dare la risposta più adeguata alle più diverse circostanze fattuali.

127 Gli articoli 16 e 17 descrivono la costituzione del Tribunale arbitrale.

Non abbiamo in essi dei disposti imperativi, le Parti rimanendo pur sem¬ pre libere di regolare altrimenti la composizione del Tribunale e le mo¬ dalità di nomina dei suoi membri (articolo 15, numero 1).

Tranne accordo contrario fra le Parti, il Tribunale arbitrale consta di 5 arbitri; ogni Parte nomina un proprio arbitro, i tre rimanenti essendo designati in comune dalle Parti fra i cittadini di Stati terzi; parallelamente ai membri della Commissione di conciliazione designati in comune, anche gli arbitri così eletti devono risultare di differenti nazionalità, senza re¬ sidenza abituale sul territorio delle' due Parti contraenti e senza alcun rapporto di servizio con esse (articolo 16, numero 1). Quanto al Presidente del Tribunale arbitrale, esso è eletto dalle Parti, le quali lo scelgono fra i membri di designazione comune (articolo 16, numero 2).

L'articolo 17 è, mutatis mutandis, il parallelo dell'articolo 5. Esso pre¬ senta le disposizioni applicabili alla nomina degli arbitri quando le Parti non riescano ad attuarla. L'articolo dispone infatti, come l'articolo 5 per i membri della Commissione, che gli arbitri nazionali e quelli di designa¬ zione comune siano, in tal caso, scelti dal presidente della Corte interna¬ zionale di giustizia oppure, quando questi sia impedito o risulti essere cit¬ tadino, dell'una delle Parti, dal vice-presidente della Corte, poscia dal membro anziano della Corte che non sia impedito. Ciascuna delle Parti può far uso di questa procedura ove, nel trimestre successivo alla domanda da essa indirizzata all'altra Parte di costituire un tribunale arbitrale, que¬ st'ultima non abbia ancora eletto il proprio arbitro od abbia ostacolato la designazione degli arbitri di nomina comune, rifiutando il proprio coricorso (numeri 1 e 2). Queste modalità di nomina trovano applicazione an¬ che quando manchi la designazione del presidente del Tribunale, ad opera delle due Parti, benché siano trascorsi due mesi a contare dalla costituzione del medesimo (numero 3).

· Secondo l'articolo 18, il Tribunale arbitrale permane nella composi¬ zione originaria sino a sentenza resa. Tuttavia ciascuna Parte può sostituire l'arbitro di propria nomina fintanto che la procedura innanzi al Tribunale' non è ancora avviata,
cioè fino al momento in cui il presidente del Tribu¬ nale emana la sua prima ordinanza. A partire da questo momento, la sosti¬ tuzione d'un arbitro è possibile soltanto per comune accordo fra le Parti.

L'articolo 19 indica come si debba procedere a sostituire gli arbitri in ca¬ so di vacanza (numero 1) o di impedimento momentaneo (numero 2). Trat¬ tasi di disposti strettamente paralleli a quelli recati dai numeri 2 e 3 dell'ar¬ ticolo 3 per la sostituzione dei membri della Commissione.

Il Tribunale arbitrale è ordinariamente adito in base ad un accordo spe¬ cifico fra le Parti, detto compromesso (articolo 20). Il compromesso deve contenere gli elementi necessari affinchè il Tribunale possa statuire in piena conoscenza di causa, esso deve cioè specificare l'oggetto della controversia, v

128 la competenza del Tribunale e la procedura da seguire. Quanto all'interpre¬ tazione del compromesso stesso, la competenza spetta' al tribunale (articolo 21).

Laddove il compromesso sia silente o impreciso, il Tribunale'deve far ricorso all'analogia ed applicare le disposizioni del capo terzo (procedura) dello statuto della Corte internazionale di giustizia, nonché quelle del titolo secondo (procedura contenziosa) del regolamento della Corte (articolo 22).

Se le Parti non riescono ad accordarsi in merito al compromésso nel trimestre successivo alla costituzione^ del Tribunale arbitrale, ciascuna di esse è libera di proporre unilateralmente la controversia al Tribunale (iarti¬ colo 23). Questo disposto garantisce il carattere obbligatorio al regolamento arbitrale.

L'articolo 24 regge l'importante questione delle norme applicabili dal Tribunale alla soluzione delle vertenze. Sono norme che variano assai se¬ condo la natura delle controversie convenute in arbitri: per i litigi non giu¬ ridici (numero 1) il Tribunale pronuncia secondo equità, ed è soluzione lo¬ gica in quanto tali litigi non richiedono per loro natura una soluzione radi¬ cata nel diritto -- la libertà d'azione del Tribunale è però limitata dall'obbligò di tener conto dei principi giuridici basilari nonché dei giusti interessi delle Parti in causa --; per i litigi di natura giuridica, il numero 2 dispone che il Tribunale applichi, nell'ordine gerarchico delle fonti del diritto inter¬ nazionale'(come al numero 1 dell'articolo 38 dello statuto della Corte inter¬ nazionale di giustizia), le convenzioni internazionali, generali e speciali, de¬ finenti regole esplicitamente riconosciute dalle parti, la consuetudine inter¬ nazionale, a prova d'una prassi generalmente assunta come norma giuridica, i fondamentali principi del diritto riconosciuti dalle nazioni civili ed infine, come mezzi ausiliari, la giurisprudenza e la dottrina presentata dai pubblici¬ sti meglio qualificati sul piano internazionale.

L'articolo 25 circoscrive l'ambito d'applicazionè del trattato precisando che ne siano escluse le controversie sorte prima della sua entrata in vigore, nonché quelle vertenti sulle materie che, secondo il diritto internazionale, cadono nell'esclusiva competenza degli Stati. Siamo di fronte a vere clau¬ sole di stile. L'esclusione delle
controversie sorte prima dell'entrata in vigore d'un trattato è infatti già implicita nel principio dell'irretroattività; quella delle materie lasciate alla competenza statuale è qui registrata nell'intento di suscitare l'approvazione di quegli Stati i quali, avendo acquistato solo re¬ centemente una piena sovranità, ne sono custodi tanto più gelosi. Allorché una Parte asserisce che la controversia rientra in una delle due categorie defi¬ nite dall'articolo 25, mentre la controparte dissente in merito, la questione è risolta dall'organo investito della controversia stessa (Commissione di con¬ ciliazione, Corte internazionale di giustizia o Tribunale arbitrale).

L'articolo 26 consacra il principio fondamentale del diritto delle genti, proclamante la necessità di esperire innanzi tutto le istanze del diritto in-

129 terno. Ne viene che quando una vertenza concerne una questione che il diritto nazionale di una delle Parti pone nella competenza delle sue autorità giudiziarie o amministrative, le procedure di conciliazione, regolamento giu¬ diziario ed arbitrato divengono proponibili soltanto dopo che quelle auto¬ rità abbiano reso la loro decisione definitiva (numero 1). La disposizione precisa che la decisione definitiva, giudiziaria o amministrativa, dev'essere resa entro un ragionevole termine (nozione, questa, del tutto relativa, da in¬ terpretare secondo le circostanzé, segnatamente secondo le condizioni pre¬ valenti nello Stato in cui l'azione giudiziaria o amministrativa è attuata).

La norma dell'esaurimento delle istanze interne ha lo scopo di garantire allo Stato, che arrischia d'essere fatto responsabile d'un comportamento illecito, la possibilità di rimediare mediante una correzione del provvedimento in¬ criminato, operata attraverso un organo giudiziario o amministrativo na¬ zionale. Solo dopo che quest'organo ha pronunciato la propria decisione, la controversia può essere proposta alla conciliazione, al regolamento giudi¬ ziario o all'arbitrato, non oltre però i 5 anni successivi alla decisione stessa (numero 2). Questo termine di 5 anni serve ad evitare che s'abbia a ricor¬ rere alle procedure interstatali dopo un troppo lungo periodo, durante il quale la decisione interna d'una Parte era potuta sembrare accetta alla controparte.

Uarticolo 27 s'occupa delle misure provvisorie. Allorché la controver¬ sia è trattata in procedura giudiziaria o arbitrale, la Corte internazionale di giustizia, rispettivamente il Tribunale arbitrale, deve definire il, più presto possibile le misure provvisionali stimate necessarie, per impedire che la si¬ tuazione in essere al momento dell'avvio della procedura abbia a mutare.

Queste misure provvisionali ritengono un carattere imperativo e le Parti so¬ no conseguentemente tenute a conformarvisi (numero 1). Nella procedura conciliativa, invece, la Commissione ha soltanto il potere di raccomandare alle Parti i provvedimenti provvisionali ch'essa stimi utili (nùmero 2), i quali pertanto hanno un carattere solo dispositivo.

Uarticolo 28 fa obbligo alle Parti d'astenersi da ogni misura suscettiva d'aver ripercussioni pregiudizievoli all'esecuzione della sentenza
giudiziaria o arbitrale oppure all'attuazione delle proposte conciliative della Commis¬ sione. Questo stesso articolo esorta le Parti ad evitare ogni atto idoneo ad aggravare od a estendere la controversia.

Uarticolo 29 concerne l'applicazione del decreto della Corte internazio¬ nale di giustizia o della sentenza arbitrale. Esso dispone che qualora la Corte, o il Tribunale, tralascino di definire all'uopo un preciso termine, il decreto o la sentenza dev'essere eseguito immediatamente dalle Parti stesse, cui spetta non solo d'attuare i provvedimenti ordinati direttamente dal de¬ creto, rispettivamente dalla sentenza, ma anche tutte quelle misure connesse le quali risultino necessarie all'effetto pieno dei provvedimenti direttamente ordinati, Foglio Federale, 1965, Voi. Iti

10

130 L'articolo 30 si muove in un ambito più preciso, restringendosi a trat¬ tare il caso in cui l'esecuzione d'una sentenza giudiziale o arbitrale venga ad urtare contro una decisione o un provvedimento preso nell'ordine interno da una delle Parti. Qui la norma della separazione dei poteri ha l'effetto di impedire che la decisione o il provvedimento interno venga modificato o an¬ nullato, onde il decreto o la sentenza non potranno essere eseguiti. Potrebbe darsi però che il diritto interno della Parte in causa desse qualche appiglio per dirimere questa contraddizione; qualora esso consenta di farlo solo in misura imperfetta, la Corte, rispettivamente il Tribunale, dovrà provvedere a stabilire la natura e l'entità della riparazione da accordare alla Parte lesa.

U articolo 31 dispone che le difficoltà d'interpretazione del decreto del¬ la Corte internazionale di giustizia, rispettivamente della sentenza del Tri¬ bunale arbitrale, debbano essere sciolte dalla Corte o dal Tribunale che ne sono gli autori. È previsto nell'articolo che non appena insorga una diffi¬ coltà di tal fatta le parti possano richiedere alla Córte o al Tribunale di pro¬ nunciarsi, la richiesta dev'essere fatta però al più tardi 3 mesi dopo l'ema¬ nazione del decreto o della sentenza.

L'articolo 32 regge i casi d'intervento. Il suo numero 1 dispone che il trattato rimane applicabile tra le Parti nonostante gli interessi che uno Stato terzo potrebbe avere nella controversia. La facoltà d'uno Stato terzo d'in¬ tervenire nella procedura è disciplinata in modo diverso secondo la natura della medesima; Nel regolamento giudiziario o arbitrale, lo Stato terzo il quale reputi che il contrasto metta in causa un suo proprio interesse d'ordine " giuridico, può fare alla Corte internazionale di giustizia, rispettivamente al Tribunale arbitrale, un'istanza d'intervento, e la Corte o il Tribunale deci¬ dono direttamente il seguito da dare all'istanza (numeri 3 e ,4). Nella proce¬ dura conciliativa, per contro, sono le Parti che, qualora lo reputino oppor¬ tuno, procedono ad invitare, di comune accordo, lo Stato terzo ad interve· nire; qui però l'interesse fatto valere da detto Stato non deve essere di na¬ tura giuridica (numero 2).

L'articolo 33 è dedicato alla questione delle spese di procedura. Nella conciliazione o nell'arbitrato tocca
a ciascuna Parte d'assumersi, innanzi tutto, le proprie spese (risarcimento del commissariò o dell'arbitro di pro¬ pria nomina, come anche dei propri agenti, consulenti e periti). Inoltre ciascuna Parte deve accollarsi una quota uguale degli onorari versati, du¬ rante tutta la procedura, ai membri della Commissione di conciliazione o del Tribunale arbitrale di nomina comune. L'ammontare di detti onorari è sta¬ bilito assieme dalle Parti. Pure per metà sono divise le spese generali della Commissione o del Tribunale.

Nel regolamento giudiziario, le uniche spese per le Parti saranno quelle rappresentate dai loro contributi ordinari al mantenimento della Corte in¬ ternazionale di giustizia e dei suoi òrgani.

131 L'articolo 34 concerne-le controversie eventuali sull'interpretazione o sull'applicazione del trattato stesso. Queste controversie possono essere sot¬ toposte, mediante una semplice istanza di ciascuna delle Parti, alla Corte internazionale di giustizia. Il ricorso alla Corte ha effetto sospensivo. La de¬ cisione presa dalla Corte vincola le Parti, che dovranno eseguirla immedia¬ tamente e in buona fede.

L'articolo 35 precisa che il trattato dev'essere ratificato e ch'entra in vigore il giorno dello scambio degli strumenti di ratificazione. Esso è con¬ chiuso per 5 anni e, se non è disdetto 6 mesi prima dello scadere del quin¬ quennio, è considerato rinnovato per un ulteriore periodo. Si procede così di 5 in 5 anni. Allorché, alla scadenza del trattato, una procedura concilia* tiva, giudiziaria o arbitrale trovasi in corso, l'articolo prevede che essa debba essere condotta a termine applicando pur sempre le disposizioni del trattato stesso, o di qualsiasi altro testo che le Parti avessero convenuto di sostituirgli.

2.

Dobbiamo ora esaminare i testi dei trattati conchiusi con Costa Rica, Gran Bretagna, Israele, Liberia e Madagascar, i quali divergono, più o meno, dal progetto tipo che abbiamo qui innanzi esaminato.

a. Costa Rica Il trattato di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato, con¬ chiuso con la Costa Rica, differisce dal nostro progetto soltanto nel capitolo concernente le disposizioni generali. Il Governo costaricano aveva infatti espresso il desiderio d'includere nel trattato un certo numero dei disposti della convenzione interamericana del 1948, conosciuta come «Patto di Bogotà». Abbiamo potuto soddisfare questo desiderio in tutta la misura in cui le disposizioni del «Patto di Bogota» non si travavano in contrasto con il diritto internazionale. L'inclusione di queste disposizioni ha cagionato la modificazione di due articoli del progetto tipo nonché l'aggiunta di due arti¬ coli nuovi.

Una prima modificazione concerne Y articolo 25. Il trattato conchiuso con la Costa Rica si discosta dal progetto tipo in quanto prevede che solo la Corte internazionale di giustizia ha facoltà di decidere se una contro¬ versia rientri in una delle categorie elencate nel numero 1 dell'articolo stesso (controversie sorte prima dell'entrata in vigore del trattato o vertenti su materie che
il diritto delle genti attribuisce all'esclusiva competenza degli Stati).

La prima aggiunta concerne Yarticolo 26. Questo nuovo articolo ricalca il disposto del «Patto di Bogota», il quale recita che le controversie che già sono state oggetto d'un accordo fra le parti, d'una sentenza arbitrale o di una decisione di un Tribunale internazionale, non possono più essere trat-

132 tate secondo l'una o l'altra delle procedure previste, tranne quando si tratti d'una controversia vertente sull'applicazione o l'interpretazione di tali ac¬ cordi, sentenze e decisioni.

La seconda novità è quella costituita dall'arZ/co/o 27. Quest'articolo ri¬ badisce la massima che sintanto che una procedura è in corso, in virtù di un accordo fra le Parti o in esecuzione d'un trattato, nessun'altra procedura può essere avviata.

La seconda modificazione, ,di cui abbiamo fatto parola qui innanzi, si riferisce dXV articolo 28. Quest'articolo corrisponde bensì all'articolo 26 del , nostro progetto ma comporta un'aggiunta al primo numero, nel senso che una controversia la quale, secondo il diritto interno di una delle Parti, deve , essere sottoposta alle autorità giudiziarie o amministrative della medesima, non può, neanche esaurite che siano queste istanze, divenire oggetto di una delle procedure previste, salvo qualora si tratti di un diniego di giustizia o d'una violazione di norme del diritto internazionale.

b.' Gran Bretagna II. trattato di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato con¬ chiuso con il Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord è quello che maggiormente si scosta dal testo del progetto tipo.

Le autorità britanniche infatti hanno insistito affinchè la procedura di . arbitrato fosse privata d'ogni carattere obbligatorio e ristretta allò pure con¬ troversie d'ordine giuridico. Ne consegue che le divergenze non giuridiche · sono passibili d'un'unica procedura obbligatoria, quella conciliativa. Allor¬ ché quest'ultima procedura è esperita senza successo, resta unicamente la possibilità di sottoporre la controversia, di comune accordo fra le parti, alla Corte internazionale di giustizia, come detta l'articolo' 14, numero 3, del trattato.

Pure a domanda delle autorità britanniche è stato ammesso che la pro¬ cedura giudiziaria non fosse applicabile alle controversie cagionate da guer¬ ra, situazione bellica, occupazione di guerra o occupazione militare, interes¬ sante una delle Parti contraenti. Detta limitazione è contenuta in uno scam¬ bio di note allegato al trattato e rispondente alla riserva avanzata dalla Gran Bretagna allorché essa riconobbe la giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia.

Infine la Gran Bretagna ha proposto di allegare
al trattato tutt'una serie di regole procedurali sulla conciliazione e l'arbitrato. Queste regole sono contenute negli allegati I e II e sono applicabili in tutti i casi in cui le parti non ne abbiano stabilite altre. Esse corrispondono, per contenuto, alle norme che generalmente disciplinano questo settore, notiamo tuttavia, per quanto attiene alla procedura arbitrale, che talune di esse non figurano ne¬ gli allegati, bensì nel testo stesso del trattato.

133 Quanto a commenti analitici, è opportuno fare i seguenti: Nell'articolo primo, il campo d'applicazione della procedura arbitrale è ristretto alle controversie di natura giuridica {numero 3).

L'articolo 3 sulla procedura di nomina dei membri della commissione permanente di conciliazione, l'articolo 4 sulla sostituzione dei commissari mediante persone particolarmente competenti nella materia controversa e l'articolo 5 sulle modalità di costituzione della commissione, allorché una delle parti disattende ai suoi obblighi, contengono solo delle indicazioni completive in rapporto ai disposti paralleli del progetto tipo. L'articolo 7 fa un riferimento alle regole di procedura contenute nell'allegato 1.

L'articolo 10 reca un nuovo numero 2 il quale prevede che in caso d'urgenza il presidente della Commissione ha facoltà di decidere da sé le questioni procedurali. Infine l'articolo 13 presenta un nuovo numero 5, il cui contenuto rispecchia una risoluzione adottata dall'Istituto di diritto in¬ ternazionale nella sua sessione del 1961: trattasi della disposizione, qui rece¬ pita a domanda della Gran Bretagna, precisante che, qualora la concilia¬ zione non abbia avuto successo, le Parti non sono per nulla legate nò dalle proposte da esse stesse fatte durante quella procedura, né dalle proposte della Commissione di conciliazione, e, qualora la conciliazione abbia avuto successo, il fatto che una parte accetti le conclusioni della Commissione non significa punto che essa ne accetti anche le argomentazioni giuridiche e fat¬ tuali di base.

Ma è nel capitolo consacrato all'arbitrato che il testo convenuto con la Gran Bretagna maggiormente si scosta dal progetto tipo. L'articolo 15 pre¬ vede che le parti possono sottoporre, di comune accordo, le controversie giu¬ ridiche alla procedura arbitrale. Le indicazioni completive contenute negli articoli 17, 18 e 19 (nomina degli arbitri, loro sostituzione e supplenza) cor¬ rispondono a quelle parallele, figuranti agli articoli 3, 4 e 5 e concernenti la Commissione permanente di conciliazione. L'articolo 20 non contiene più il numero 2 del progetto tipo sulla possibilità di adire unilateralmente il Tri¬ bunale arbitrale. L'articolo 22 dispone che qualora il compromesso d'arbi¬ trato sia silente, dovranno essere applicate le procedure descritte nell'alle¬ gato
II. L'articolo 23 corrisponde all'articolo 9 della procedura di concilia¬ zione; l'articolo 24 corrisponde all'articolo 10 e il 25 al 12. Tutt'e tre sono nuovi e precisano dei disposti che originariamente erano contenuti nell'ai-' legato II. Anche l'articolo 27 è nuovo; esso statuisce che la sentenza arbi¬ trale sia motivata e comunicata in copia a ciascuna delle due parti. L'arti¬ colo 26 non riprende il numero 1 figurante nell'articolo 24 del progetto tipo: questo numero definiva le regole da osservarsi dal Tribunale arbitrale quanto alle controversie non giuridiche.

Il capitolo delle disposizioni generali è invece globalmente molto simile a quello del progetto tipo. Esso include tuttavia due articoli nuovi. L'arti¬ colo 35, uno dei nuovi appunto, prevede la possibilità di, una procedura di

134 revisione in tutti quei casi in cui si scopra un fatto nuovo 1^ cui conoscenza tempestiva avrebbe, potuto avere un'influenza determinante sul decreto ema¬ nato dalla Corte internazionale di giustizia o la sentenza resa dal Tribunale arbitrale. L'istanza di revisione dev'essere fatta entro il semestre successivo alla scoperta del fatto nuovo; essa non è però più proponibile scorsi che siano 10 anni dal decreto o dalla sentenza. Va notato che la procedura di conciliazione esclude, per natura, ogni possibilità di revisione.

Vartìcolo 39, il secondo articolo nuovo di questo capitolo, tratta dei territori d'oltremare, le cui relazioni internazionali sono curate dalla Gran Bretagna. L'articolo dispone che il trattato può essere ,reso applicabile ad essi mediante un pertinènte scambio di note fra le parti contraenti.

c. Israele Anche il trattato di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato conchiuso con Israele si scosta dal testo tipo. Qui le divergenze sono dovute in genere alla cura posta, da quel Governo, nell'attenersi, quanto più pun¬ tualmente possibile, alla terminologia dello statuto e del regolamento della Corte internazionale di giustizia. Ciò ci consente di limitarci a qualche ra¬ pida glossa: L'articolo 3 comporta un nuovo numero (3) il quale dispone che allor¬ ché insorge una vacanza in seno alla Commissione, per morte, dimissioni o altro impedimento, il commissario nominato in sostituzione del membro impedito, gli subentra già a compimento del mandato, se questo è tuttavia in corso.

L'articolo 24, trattando del diritto applicabile dal Tribunale arbitrale, si limita, per quanto attiene alle controversie giuridiche (1), ad un semplice riferimento all'articolo 38, § 1, dello statuto della Corte internazionale di giustizia, senza attardarsi ad elencare le differenti fonti del diritto interna^ zionale. Quanto alle controversie non giuridiche (numero 2), il Tribunale ar¬ bitrale è facoltato (e non obbligato) a pronunciarsi secondo equità. Esso inoltre non è tenuto, contrariamente al dettato del progetto tipo, ad ispirarsi alle massime generali del diritto, bastandogli di considerare i diritti e gli in¬ teressi delle parti., Mentre il progetto tipo fa obbligo al Tribunale arbitrale di statuire secondo equità, il testo conchiuso con Israele gli consente di fon¬ dare la sentenza
sul diritto esistente. Il rigore d'una tale decisione puramente giuridica è però temperato dal fatto che il Tribunale è invitato a prendere in giusta considerazione gli interessi delle parti. Ne consegue che se la sen¬ tenza arbitrale su controversie non giuridiche si differenzia per natura da una decisione giudiziaria, essa ciò non di meno si assimila a quest'ultima, in una certa misura, per merito e motivazione.

Notiamo infine che le domande d'interpretazione d'un decreto della Corte internazionale di giustizia o d'una sentenza del Tribunale arbitrale

135 sono fatte oggetto d'un disciplinamento alquanto più particolareggiato di quello previsto nel progetto tipo (articolo 31). È qui previsto infatti un ele¬ mento nuovo é cioè il conferimento espresso al Tribunale arbitrale della facoltà d'applicare per analogia le disposizioni relative alle domande d'inter¬ pretazione dei decreti della Corte internazionale di giustizia, previste dal regolameto della medesima.

d. Liberia Il trattato di conciliazione, regolamente giudiziario ed arbitrato con¬ chiuso con la Liberia registra un'unica divergenza dal progetto tipo. La Commissione di conciliazione, infatti, non è, secondo questo trattato, un or¬ gano permanente, come il Tribunale arbitrale, ma deve essere costituita caso per caso. Nonostante i vantaggi segnalati qui sopra ed inerenti alla per¬ manenza d'un organo cui le parti possono sottoporre senza alcun indugio le controversie, noi abbiamo reputato che la domanda del Governo liberiano di fare della commissione un organo ad hoc, potesse essere accettata, tanto più che essa lasciava praticamente intatto il sistema fondamentale previsto dal nostro progetto e, soprattutto, conservava il carattere obbligatorio delle procedure di regolamento pacifico. Giova del resto richiamare in questo contesto che non pochi trattati d'arbitrato da noi conchiusi nel primo dopo guerra prevedevano pure delle commissioni di conciliazione non perma¬ nenti.

Questa particolarità del trattato firmato con la Liberia ha cagionato i ritocchi seguenti: 13articolo 2 prevede che le parti debbano stabilire, per ogni singolo caso, una Commissione di conciliazione (numero 1). La Commissione si compone, come è previsto dal testo tipo, di 5 membri, due di nomina propria e tre di nomina comune (numero 2); le parti assieme procedono poi a designare .

come presidente uno dei commissari di nomina comune (numero 3).

Dal fatto che la Commissione è costituita caso per caso, discende che il mandato dei commissari non è rinnovabile scorso che sia il periodo d'uffi¬ cio, ma cessa senz'altro col terminare della procedura di conciliazione {arti¬ colo 3).

D'altro canto diviene superfluo il disposto concernente la facoltà delle parti di sostituire i commissari propri con persone particolarmente versate nella questione controversa; Yarticolo 4 manca quindi nel testo convenuto con la Liberia.
Infine il termine entro il quale la Commissione dev'essere costituita non può ovviamente decorrere dall'entrata in vigore del trattato ma deve invece partire dal giorno in cui una delle parti ha notificato all'altra la sua inten¬ zione d'avviare la procedura conciliativa; a parte il termine a quo, la durata

1

136 resta di 3 mesi (articolo 4, numero 1). La procedura di nomina quando le parti risultino carenti resta la medesima di quella applicabile alle commis¬ sioni permanenti, tranne che l'ipotesi della sostituzione alla cessazione del mandato commissionale non entra più in linea di conto (articolo 4, numeri 3 e 4).

Per il rimanente il trattato è identico al progetto tipo.

e. Madagascar Il ..trattato di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato con¬ chiuso con il Madagascar contiene soltanto 28 articoli. Questa struttura tiene conto del desiderio delle autorità malgasce d'abbreviare al possibile le disposizioni relative alle procedure di composizione pacifica delle cóntro- .

versie. Per questo i capitoli dedicati alle procedure stésse risultano conden¬ sati mentre quello dedicato alle disposizioni generali riprende, tranne un punto su cui v'è divergenza,.il testo del nostro progetto.

Le autorità malgasce avevano all'inizio suggerito di ridurre a tre i membri della Commissione permanente di conciliazione. Ma una tale modi¬ fica avrebbe vanificato il principio secondo il quale in queste commissioni l'elemento neutro deve risultare predominante. I nostri negoziatóri sonò riusciti ad imporre il nostro punto di vista favorevole a quel principio otte¬ nendo così che nonostante la riduzione a sette degli articoli del capitolo secondo, il medesimo rispecchiasse, seppure in forma abbreviata, il testo del progetto tipo.

Quanto alla procedura giudiziaria, le autorità malgasce hanno argo¬ mentato che per uno Stato geograficamente così discosto come il Madaga¬ scar, le complicazioni amministrative e finanziarie risultavano assai consi¬ derevoli. Esse conseguentemente proposero addirittura la soppressione del capitolo terzo. Per le ragioni che ci è già accaduto di esporre qui sopra in modo particolareggiato, era escluso che noi potessimo approvare una distor¬ sione così grave del sistema previsto nel nostro progetto. Si è giunti ad una intesa col convenire che la procedura giudiziaria fosse privata d'ogni carat¬ tere obbligatorio e che le controversie, sia giuridiche sia non giuridiche, dovessero di norma essere sottoposte ad un Tribunale arbitrale (articolo 11, .numero /); quest'ultimo, mancando espresso accordo fra le parti, può però essere adito mediante istanza unilaterale {articolo 11, numero
3). Per contro una procedura giudiziaria non può essere avviata.se non di comune accordo fra le parti {quell'articolo, numero 4). La soluzione così ritrovata implicava una modificazione del titolo, il quale deve mettere l'accento sull'arbitrato, nonché, la fusione dei due capitoli in uno solo il quale viene anch'esso a ri¬ produrre l'essenziale delle norme del progetto tipo in un dettato condensato di soli 7 articoli.

137 Nell'ultimo capitolo, quello delle disposizioni generali, Yarticolo, 27, diversamente dall'articolo 34 del nostro progetto, prevede che le controver¬ sie sull'applicazione e l'interpretazione del trattato devono ordinariamente essere sottoposte al Tribunale arbitrale e non già alla Corte internazionale di giustizia la quale non può, anche in questi casi, essere adita se non di co¬ mune accordo fra le parti.

IV

Sulla base degli otto trattati che siamo venuti qui sopra commentando, possiamo ora fermare un primo bilancio della nostra iniziativa del 1959.

Questa iniziativa, l'abbiamo precisato, era essenzialmente intesa ad esten¬ dere il nostro sistema di trattati bilaterali d'arbitrato alle regioni extra europee, più precisamente agli Stati asiatici ed africani, nonché a colmare l'unica grave lacuna ancora esistente in questo sistema rispetto all'ambito europeo. Lo scopo è stato in buona misura raggiunto: da un lato abbiamo conchiuso dei trattati con 5 Stati africani, uno Stato sudamericano ed uno del Medio Oriente; d'altro lato ne abbiamo conchiuso uno con uno Stato europeo importante col quale non eravamo mai riusciti sinora a disciplinare queste materie. Solo in Asia la nostra iniziativa ha suscitato sinora reazioni insignificanti; giova tuttavia sperare che la conclusione dei trattati qui sopra menzionati induca anche qualche Stato'asiatico a discu¬ tere con noi secondo le direttive della nostra iniziativa.

Se paragoniamo gli 8 nuovi trattati con quelli attuati nel secondo dopo guerra constatiamo che il fatto d'aver negoziato ora in base ad un pro¬ getto tipo si è rilevato sommamente benefico. In effetti, anche se talora abbiamo dovuto accettare delle distorsioni del progetto tipo, ci è nondimeno stato possibile di provvedere a che tutti i trattati s'inscrivessero nel quadro generale da noi tracciato. Abbiamo così conseguito una unità di concezione che non è certo dato di ritrovare nei trattati ch'erano stati conchiusi ante¬ riormente. È questo un risultato che appare tanto più notevole se si pon mente che gli Stati parte dei nuovi trattati appartengono a civiltà molto diverse.

Visto quanto precede, abbiamo l'onore di proporvi d'approvare, adot¬ tando l'allegato disegno di decreto, i trattati di conciliazione, regolamento giudiziario ed arbitrato conchiusi con il Camerun, la Costa Rica, la Costa d'Avorio, la Gran Bretagna, Israele, Liberia, Madagascar e Niger.

La costituzionalità del disegno di decreto trova la sua radice nell'arti¬ colo 8 Cost, che autorizza la Confederazione a conchiudere trattati con gli Stati esteri. La Competenza dell'Assemblea federale riposa sull'articolo 85,

138 numero 5, Cost. Dato poi che i testi sottoposti alla vostra approvazione pos¬ sono tutti essere disdetti allo scadere di un termine di 5 anni, il decreto che noi proponiamo alla vostra approvazione, non cade sotto il disposto del¬ l'articolo 89, capoverso 4, Cost., concernente il referendum facoltativo in materia di accordi internazionali.

, Vogliate gradire, onorevoli Signori Presidente e Consiglieri, l'assicura¬ zione della nostra alta considerazione.

Berna, 23 novembre 1965.

In nome del Consiglio federale svizzero.

Il Presidente della Confederazione: Tscliudi Il Cancelliere della Confederazione: Cli. Oser

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente l'approvazione di trattati di conciliazione, regolamento giudiziario e arbitrato, conchiusi dalla Svizzera con Camerun, Costa Rica, Costa d'Avorio, Gran Bretagna, Israele, Liberia, M...

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