143

10645 Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente il testo italiano degli atti legislativi (modificazione della legge sui rapporti fra i Consigli) (Del 7 luglio 1970)

x

Onorevoli signori, presidente e consiglieri, ci pregiamo di proporvi un disegno di legge (modificazione) inteso ad assicurare la presenza del testo italiano degli atti legislativi nelle fasi principali del lavoro parlamentare e, segnatamente, a far sì che, degli atti ap¬ provati dalle due Camere, si abbia ad allestire pure un originale italiano, af¬ finché esso venga poi, assieme agli altri due originali, firmato dai presidenti e dai segretari delle due Camere per essere in seguito trasmesso all'Esecu¬ tivo.

L'attuazione del predetto scopo comporta la modificazione dell'articolo 66 della legge federale del 23 marzo 1962 sui rapporti fra i Consigli (RU *962 831; 1966 1753 1363).

Tale modificazione testuale, ancorché lieve, ritiene un valore giuridicoPolitico importante assai, dacché corregge una condizione insoddisfacente c he i costituzionalisti, commentando l'articolo linguistico della Costitu¬ zione federale (il 116), non hanno mancato di segnalare, nonché talora di vivamente deprecare; vedasi, segnatamente, Mario Pedrazzini: La lingua italiana nel diritto federale svizzero (tesi di laurea), Locamo 1952; Cyril Hegnauer: Der Sprachenrecht der Schweiz (tesi di laurea), Zürich 1947; Fleiner Giacometti: Schweizerisches Bundesstaatsrecht, Zürich 1949. A queste opere faremo frequenti rinvìi.

1. Posizione del problema nella mozione Franzoni Il problema della assenza del testo italiano dalle deliberazioni parla¬ mentari, già sollevato in dottrina dagli specialisti del diritto linguistico e già Portato in Consiglio nazionale a più riprese (specialmente dall'on. Franco pispoli col suo «postulato sulle stirpi» del 1963) è stato riproposto all'at¬ tenzione del Legislativo con la mozione presentata il 20 dicembre 1968 dal°n. Enrico Franzoni, consigliere nazionale, accolta poi dal Consiglio na-

144 zionale il 6 marzo 1969 e, dal Consiglio degli Stati, il 9 giugno dello stesso anno.

La mozione Franzoni, a differenza degli interventi precedenti centrati essenzialmente sul significato nazionalitario della lingua, tocca esclusiva¬ mente il problema giuridico. La mozione ha il tenore seguente: «In virtù dell'articolo 55 (ora 66) della legge federale del 23 marzo 1962 sui rapporti fra i Consigli, l'esemplare originale degli atti legislativi appro¬ vati dai due Consigli, stabilito dalla Segreteria dell'Assemblea federale, fir¬ mato dai presidenti e dai segretari di ambedue i Consigli e trasmesso dal Consiglio prioritario al Consiglio federale per la pubblicazione e l'esecu¬ zione dell'atto legislativo è approntato solo in tedesco e in francese. Ne con¬ segue che del testo italiano degli atti legislativi, il quale è esso pure un ori¬ ginale ed è pubblicato come tale nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti federali, non esiste propriamente un esemplare originale. Invito, quindi, il Consiglio federale a presentare un disegno di modificazione del¬ l'articolo 66 della legge sui rapporti fra i Consigli nel senso che sia appron¬ tato anche un esemplare originale italiano degli atti legislativi approvati dai due Consigli. Da questa modificazione dovrebbe poi derivare, in parti¬ colare, che gli atti legislativi siano decretati dai due Consigli non soltanto in tedesco e in francese come sinora ma anche in italiano e, quindi, che il lesto italiano sia presente nella misura del possibile in tutti i lavori parla¬ mentari (commissioni e Camere)».

jua mozione contiene due domande assai nettamente distinte e gerarchizzate: la domanda principale di far allestire anche l'originale italiano dell'atto legislativo per la firma e la successiva trasmissione all'Esecutivo e la domanda sussidiaria di far sì che il testo italiano sia presente in tutto l'arce» dei lavori parlamentari.

Nello svolgimento della mozione, l'autore precisava il proprio pensiero e, segnatamente, includeva nella domanda principale anche la presenza del testo italiano alla votazione finale.

Nel seguito della trattazione della mozione, la domanda principale (votazione e promulgazione15 includenti anche l'italiano) e quella sussidia· ria (presenza dell'italiano nelle altre fasi del lavoro parlamentare) sono state costantemente tenute
distinte. Mentre, però, la domanda principale trovava immediato unanime favore, quella sussidiaria suscitava qualche riserva, detn La procedura li firma e trasmissione della legge all'Esecutivo è denominata dal Pedrazzini (op. cit. pag. 146) «promulgazione». Stessa terminologia in Guhl, Affolter, Schollcnberger, Burckhardt e Giacometti. Pur seguendo in questo messaggio Pedrazzini e Giacometti noi riteniamo che il termine di «promulgazione» meglio convenga al decreto, del Consiglio federale, firmato dal Cancelliere e recato in calce alle leggi, mediante il quale si dispone la pubblicazione del testo indicando, quando occorre, anche la data d'entrata in vigore del medesimo. t

145 tata segnatamente dal timore dell'introduzione di un pieno trilinguismo nei lavori parlamentari, laddove già il bilinguismo risulta sovente pesante e complesso. Questa posizione differenziata si trova riflessa sia nella rela¬ zione fatta in Consiglio degli Stati, il 9 giugno 1969, dal presidente della Commissione incaricata di trattare la mozione, sia nelle risposte del rap¬ presentante dell'Esecutivo, in Consiglio nazionale ed in Consiglio degli Stati.

2. Il testo italiano in votazione finale e nella promulgazione (esame giuridico della domanda principale) Per intendere la portata esatta della domanda principale, occorre in¬ nanzi tutto ritracciare brevemente l'evoluzione della formula del Foglio fe¬ derale. Occorre poi vedere quale lavoro di adeguamento, dell'italiano agli altri due testi già si svolga durante la fase parlamentare.

Il 5 ottobre 1917, il Dipartimento ticinese di giustizia e polizia chiese che si pubblicasse anche un'edizione italiana del «Bundesblatt» ed il 20 no¬ vembre dello stesso anno, riconoscendo l'esistenza della lacuna, il Consiglio federale decise di soddisfare tale domanda, seppure incompiutamente.

Da allora però la formula del Foglio federale è venuta costantemente migliorando nel senso di portare l'edizione italiana sempre più vicina alle edizioni tedesca e francese. L'Esecutivo prese, giusta tale direttiva, la deci¬ sione del gennaio 1959 (non pubblicata) e, soprattutto, in seguito ad una mozione Maspoli (citata sopra in nota), la decisione del 1° febbraio 1963 (FF 1963 394) la quale ha dato alla edizione italiana del Foglio federale l'attuale sua sistemazione, pienamente soddisfacente.

Quanto alla presentazione dei testi italiani per l'inizio dei lavori parla¬ mentari, la situazione, oggi, è dunque la seguente: I progetti delle leggi federali e dei decreti federali d'obbligatorietà generale, 1 Progetti dei decreti d'approvazione di accordi internazionali, coi relativi testi, nonché i messaggi che illustrano tutti questi atti, sono approntati an¬ che in italiano e giungono quindi alle soglie del Parlamento. Sono inoltre tradotti anche quei decreti federali che non hanno obbligatorietà generale concernono la Svizzera italiana (stanziamento di sussidi, lavori, ecc.)

oppure, anche se non concernono la Svizzera italiana, che rivestono una ^portanza politica o
culturale notevole (esempio, strutturazione delle ri¬ creile scientifiche, ecc.). Anche in questi casi, oltre al progetto di decreto, e tradotto il messaggio.

Per i decreti federali che non rientrano nelle predette categorie (es.

Cediti per costruzioni postali in un Cantone svizzero tedesco) il Fo¬ glio federale porta invece solo un breve sunto del messaggio. Va tuttavia a Wertito che, proprio in questi casi, i decreti sono generalmente brevissimi, cosicché non richiederebbero un gran lavoro di traduzione.

146

'I

t

Però la traduzione italiana, se giunge alle soglie del Parlamento, non tiene il passo coi lavori parlamentari: il progetto italiano, cioè, è messo in concordanza con i testi definitivi tedeschi e francesi, solo per la pubblica¬ zione ufficiale nel fascicolo del Foglio federale che segue immediatamente la sessione parlamentare e che raccoglie gli atti legislativi da questa emanati.

Tale «messa in concordanza» coi testi tedesco e francese (quando trat¬ tisi d'oggetti di una certa importanza) è resa possibile dall'opera della Com¬ missione parlamentare per la redazione italiana. Istituita con la legge deh 9 ottobre 1902 sui rapporti fra i Consigli, essa è stata rafforzata con il testo del 23 marzo 1962 che prevede l'aumento a 2 consiglieri nazionali e 2 con¬ siglieri agli Stati nonché la possibilità di far capo a periti. Inoltre alla Com¬ missione è stata data la possibilità di riunirsi quando occorra, con lo sganciarla dal funzionamento della Commissione di redazione tedescofrancese. Il lavoro della Commissione parlamentare di redazione italiana è risultato quanto mai prezioso: questa infatti collaziona le tre versioni parola per parola da cima a fondo e talora accade che sia in grado di proporre dei miglioramenti anche per la versione tedesca o francese. Alla Segreteria di lingua italiana altro non rimane se non apportare le modifi¬ cazioni. che i Consigli legislativi avessero introdotto dopo la seduta della Commissione. « Ma benché l'attuale ampiezza della traduzione ed il rigore del lavoro commissionale di controllo diano ogni garanzia quanto all'approntamento del testo italiano, resta nondimeno il fatto che questo testo risulta assente proprio dalle fasi formalmente più importanti del lavoro legislativo: vota¬ zione finale e promulgazione. ' Tale duplice assenza solleva un problema giuridico di notevole portata.

I ténnini estremi del problema sono ben chiari: da un lato sta la norma che i tre testi della nostra legislazione sono, tutti e tre, originali equipollenti; dall'altro sta il dettato dell'articolo 66 che restringe la promulgazione ai testi francese e tedesco, semplicemente codificando la pratica del bilingui¬ smo parlamentare.

La norma dell'originaria triplicità della legislazione deriva immedia¬ tamente dalla Costituzione (art. 116 cpv. 2), la quale, specificando come lingue ufficiali
«il tedesco, il francese e l'italiano», le eleva a strumento di espressione della volontà dello Stato centrale ed a mezzo di comunicazione del cittadino con i suoi organi. Gioverà qui ricordare che il diritto lingui¬ stico svizzero è retto dal principio territoriale; nondimeno, per i rapporti tra gli organi federali ed i cittadini, di cui qui si tratta, come anche per i rapporti interni a detti organi (come si vedrà nel capo 3), vale il principio personale. Il testo costituzionale, conferendo in assoluto a tutte e tre le lingue, tassativamente designate,. tale qualifica di «lingua ufficiale», sancisce a un tempo che solo esse rivestono pieno carattere giuridico e che stanno su un piano di completa equivalenza. Ne viene (Pedraz-

147 zini, op. cit., pag. 93) che ogni legge «assume, senza riguardo alla lingua in cui è stesa -- purché essa sia una delle tre lingue ufficiali -- il carattere di testo originale». Parimente inequivocabile è la posizione di Fleiner/Giacometti, i quali, commentando il precitato articolo costituzionale, conclu¬ dono (op. cit., pag. 398) «Die Verhandlungen der Bundesversammlung, wie das Rechtssetzungsverfahren insbesondere, und die Ausübung der politi¬ schen Rechte sind vom Grundsatz der Gleichheit der drei Amtssprachen beherrscht». Ed aggiungono l'apoftegma «Die Bundesgesetzgebung ist drei¬ sprachig».

La norma della triplicità linguistica della legislazione appare inoltre pienamente organica al nostro impianto statuale, come è ampiamente dimo¬ strato dal Pedrazzini (op. cit., spec, capo II). Essa riceve dunque, da tale sua organicità, un valore ancora maggiore.

La costante certezza di tale norma ha fatto sì che anche la pratica risul¬ tasse sicura ed univoca. Il testo italiano delle leggi è sempre stato applicato, senza dubbio alcuno, come originale equipollente. Ciò appare, del resto, in modo quanto mai perspicuo nei casi di divergenza tra le tre stesure: talora, infatti, il Tribunale federale ebbe a preferire il testo italiano agli altri due >n quanto meglio riflettente il senso vero della legge.

Di fronte a questa norma, ed in contrasto con essa, sta invece Proprio l'articolo 66 della legge federale sui rapporti fra i Consigli, il cui dettato dice esplicitamente, con elencazione tassativa, che d'una legge appro¬ vata dai due Consigli si debbono stabilire «un esemplare originale in tedesco e d uno in francese» e che quei due esemplari debbono essere «firmati dai Presidenti e dai segretari di ambedue i Consigli» per essere poi trasmessi al Consiglio federale per pubblicazione ed esecuzione. Questo articolo sta-, bilisce in sostanza che il testo italiano non è promulgato, e ne infirma quin¬ di la qualità d'originale.

Ovviamente l'articolo altro non fa se non sancire la prassi del lavoro Parlamentare. In effetti il testo italiano non è nemmeno votato, il Parla¬ mento non dipartendosi dal suo bilinguismo funzionale nemmeno in que¬ sta suprema fase delle sue deliberazioni che segna la nascita della legge: solo per mera finzione giuridica il testo italiano figura dunque come appro¬ vato dal Parlamento.
Ne viene che la contraddizione tra la norma generale e l'articolo 66 della suddetta legge va ritenuta senz'altro innegabile.

Anche in merito a questa contraddizione la posizione dei nostri costi¬ tuzionalisti è inequivocabile: il Pedrazzini (op. cit., pag. 145) la depreca vivamente; in posizione sostanzialmente analoga, seppur con formulazione meno drastica, il Fleiner Giacometti (op. cit. pag. 562). Giudizio nettamente jtegativo anche nel Rapporto del Cantone Ticino, del 19 maggio 1969, per a revisione totale della Costituzione federale (marg. n. 34).

148 La palese contraddizione che siamo venuti esplicitando deve dunque essere levata.

3. Il testo italiano nelle altre fasi dell'iter parlamentare (esame giuridico della domanda sussidiaria) Anche qui, la portata della domanda sussidiaria formulata nella mo¬ zione non può essere intesa senza la descrizione del gradò attuale di pre¬ senza dell'italiano nei lavori parlamentari. La quale descrizione è presto fatta, in quanto il testo italiano degli atti legislativi raggiunge bensì le so¬ glie del Parlamento, come disegno allegato ai messaggi, ma poi scompare dall'iter parlamentare, per riapparire solo nella fase della pubblicazione sul fascicolo del Foglio che segue la sessione e che raccoglie i testi licenziati dalle Camere.

Solo gli atti più importanti hanno un loro particolare curricolo parla¬ mentare, dacché passano al vaglio della Commissione parlamentare di reda¬ zione italiana (vedi cap,. 2) che vien effettuato col testo italiano aggiornato sulle decisioni del Consiglio prioritario.

. Il fatto di tale scomparsa solleva un problema giuridico diverso, ma non meno importante, di quello esaminato nel capitolo 2. Il presente pro¬ blema sembrerebbe a prima vista immediatamente risolvibile per mezzo di una applicazione conseguente del principio personale, nell'uso delle lingue ufficiali, principio immediatamente deducibile dall'articolo 116, 2 Cost.

Questo articolo, funzionalmente diretto agli organi federali, fa mani¬ festamente sì che l'uso della lingua, riconosciuta ufficiale, sia retto dal principio personale non solo nei rapporti esterni tra gli organi statali ed il cittadino (cap. 2), bensì anche nei rapporti interni a tali organi. Ne viene che ogni parlamentare ha il diritto «di usare la propria lingua (ad eccezione del romancio), ed il diritto a che essa venga considerata nelle manifestazioni della volontà dell'Assemblea federale (Pedrazzini, op. cit., pag. 132)».

Dalla validità del principio linguistico personale all'interno del Legisla¬ tivo, si trae immediatamente la conclusione che tutt'e tre le lingue hanno, per tutti i lavori parlamentari, lo stesso valore e che stanno su un piano di assoluta parità. Sembrerebbe pertanto logico inferire che, quindi, il lavoro parlamentare, per ottemperare alla norma dell'articolo 116, 2 Cost., debba essere totalmente trilingue.

Sovente, invero,
si è formulato tal giudizio. Il Pedrazzini, nei diversi passi della sua opera citata, appare di questo parere; parere che sembra condiviso dall'autore stesso della mozione in esame.

Tuttavia è nel succitato Rapporto del Cantone Ticino per la revisione totale della Costituzione federale che tale posizione è presa nel modo più reciso (fine marg. n. 33).

149 Noi siamo di diversa opinione e riteniamo di poter affermare che il modo attuale del lavoro parlamentare collima perfettamente coi principi esposti, qualora vengano adeguatamente interpretati. In primo luogo va avvertito che se dal 116,2 Cost, si deduce, applicando il principio personale, il diritto paritario dei diversi parlamentari di usare la propria lingua, purché sia ufficiale, non si può invece dedurre una contraddizione tra quel diritto ed il dominante bilinguismo di fatto del Parlamento: la con¬ traddizione starebbe, semmai, solo tra quel diritto e l'impossibilità fattuale d'esercitarlo. Se, per esempio, l'Esecutivo omettesse addirittura di prepa¬ rare anche in italiano i messaggi coi relativi progetti di legge, si potrebbe certo meglio sostenere la contraddizione, poiché allora sì il deputato non avrebbe nessuna base linguistica da cui partire per i propri interventi, onde, qualora il progetto toccasse un certo grado di complessità o tecnicità, sa¬ rebbe quasi per forza tratto a servirsi del francese e del tedesco e quindi ad intervenire in quelle lingue. Ma tale non è oggigiorno il caso, dacché prati¬ camente tutti i progetti coi relativi messaggi giungono anche in italiano alle soglie del Parlamento. Indipendentemente dalla circostanza che l'italiano non è compreso da tutti i deputati, il parlamentare italofono non è per nulla privo, nel nostro Legislativo praticamente bilingue, delle basi ogget¬ tive per intervenire in italiano.

In secondo luogo va avvertito che, se dal testo costituzionale si deduce l'uguaglianza, ai fini dei lavori parlamentari, delle tre lingue ufficiali, non si può invece dedurre una contraddizione tra questo principio d'uguaglian¬ za ed il dominante bilinguismo di fatto del Parlamento, poiché proprio d principio dell'uguaglianza domanda un trattamento differenziato, ove tale differenziazione appaia un'equa risposta alla rilevante diversità delle condizioni.

Al lume di questo argomento, occorre dunque esaminare se il curri¬ colo parlamentare particolare del testo italiano (quel suo apparire in Parla¬ mento solo come progetto, poi come testo elaborato dalla Commissione Parlamentare di redazione italiana) non sia proprio la risposta differen¬ ziata, voluta dal principio dell'uguaglianza, e non garantisca, molto meglio di un curricolo astrattamente parificato su
quello degli altri due testi, la si¬ cura funzionale formazione della legge nel suo testo italiano.

L'esame è stato condotto ampiamente nell'intervento dell'on. F. Bolla durante la seduta della pertinente Commissione del Consiglio degli Stati (Lugano, 22 aprile 1969). Ne riprendiamo i passi principali, traducen¬ doli (l'intervento fu fatto in francese) dal verbale della Commissione (Pagg. 6 e 7): «Il fatto che il testo italiano sia approntato secondo una Procedura particolare non consente di concludere ch'esso sia discri¬ minato. Il punto essenziale è d'esaminare se la procedura applicata Per il tedesco ed il francese possa tornare utile alla versione italiana, rbene, una risposta negativa sembra debba scendere direttamente dalla

150 composizione stessa dei due Consigli, nei quali i deputati di lingua italiana costituiscono una minoranza numericamente trascurabile. Ritengo dunque che è stata veramente cosa saggia predisporre per la redazione ita¬ liana una procedura particolare, in virtù della quale detto testo è affidato esclusivamente al controllo di parlamentari di lingua italiana. Non si può parlare d'ineguaglianza giuridica allorché la necessità d'un trattamento dif¬ ferenziato è postulato dalla situazione oggettiva stessa! La posizione del Tribunale federale è, in merito, chiarissima: l'uguaglianza (ha affermato) non è violata, in materia di legislazione, se la differenziazione giuridica trova una sua giustificazione nei fatti».

E, quanto alla garanzia di sicurezza, conferita dal curricolo particolare del testo italiano, incardinato nell'opera ideila Commissione parlamentare di redazione italiana, l'on. Bolla aggiungeva: «soprattutto ove si consideri che questo trattamento differenziato non comporta un lavoro minore, bensì un lavoro più approfondito sul testo di legge. La mia esperienza di mem¬ bro della Commissione di redazione italiana mi ha dato la certezza che i testi italiani sono sovente più aderenti, ài pensiero del legislatore, che non gli altri,due testi, per i quali viene a mancare quest'esame analitico, con¬ dotto da competenti, ben più valido dell'esame generico, unico possibile durante le deliberazioni parlamentari».

Concludendo, il funzionale bilinguismo di fatto del Parlamento e la particolarità dell'iter del testo italiano non stanno in urto con i principi costituzionali, anzi ne sono la corretta applicazione. Basterà perciò fare in modo che il diritto del parlamentare, derivabile da 116,2 Cost., all'uso della propria lingua nei lavori legislativi, non risulti vanificato dalla mancanza completa dei testi discussi. Già oggi la situazione è sufficiente; intendiamo migliorarla un poco, in questo quadro.

La domanda sussidiaria della mozione va dunque accolta solo in que¬ sta ristretta portata; indichiamo sotto (cap. 5) come intendiamo soddi¬ sfarla.

4. Attuazione della domanda principale Concludendo il capo 2 abbiamo asserito che la domanda principale della mozione (votazione finale e promulgazione paritetica dei tre testi, quindi anche dell'italiano) doveva senz'altro essere soddisfatta. L'attua¬
zione di questa domanda richiede, innanzitutto, la modificazione dell'arti¬ colo 66 della legge sui rapporti fra i Consigli.

, Nella legge predetta la votazione finale e la promulgazione dei testi non sono, quanto alle lingue, trattate parallelamente: l'articolo 66, infatti, che disciplina, la promulgazione, è il solo a far menzione delle lingue; i di¬ sposti che trattano della votazione finale, per contro, non ne recano accenno alcuno. Torna ovvio però che il bilinguismo della promulgazione, sancito in

151 detto articolo, altro non è se non il corollario del bilinguismo della fase immediatamente precedente, quella cioè della votazione finale: se, per ipo¬ tesi, il testo italiano fosse presente alla votazione finale non vi sarebbe nessuna difficoltà per promulgarlo, esattamente come gli altri due testi.

L'enunciato del bilinguismo della promulgazione vale dunque implicitamente come enunciato del bilinguismo della votazione finale. Il passaggio dall'at¬ tuale bilinguismo al trilinguismo della promulgazione significherà dunque anche il passaggio al trilinguismo della votazione finale.

Il testo attuale dell'articolo 66 è del seguente tenore: «Dopo che un atto legislativo è stato approvato dai due Consigli, la segreteria dell'Assemblea federale stabilisce un esemplare originale in te¬ desco e uno in francese, firmato dai presidenti e dai segretari di ambedue i Consigli, con indicazione della data di approvazione, e il Consiglio che aveva la priorità li trasmette al Consiglio federale, affinchè provveda alla pubblicazione e, dato il caso, all'esecuzione dell'atto legislativo».

Due vie si possono seguire per rendere questo testo atto ad esprimere il trilinguismo della promulgazione (ed, implicitamente, il trilinguismo della votazione finale): o si enunciano tutt'e tre le lingue, oppure non se ne enuncia nessuna.

. Il togliere ogni menzione della lingua dal disposto in esame può ap¬ parire allettante. Prima di tutto si instaura un parallelismo con gli altri di¬ sposti della legge (segnatamente con quelli sulla votazione finale) i quali non fanno menzione delle lingue. In secondo luogo, il trilinguismo intro¬ dotto nella votazione finale e nella promulgazione apparirebbe, sul piano normativo, come dedotto direttamente dall'articolo 116, 2 Cost.

Ma questa soluzione, per elegante che sia nonché improntata alla pre¬ minenza della carta fondamentale, postula un innegabile carattere di to¬ talità: far reggere quanto alle lingue l'attività parlamentare direttamente dal 116, 2 Cost, significa infatti che tutta intera l'attività del Legislativo è funzionalmente incardinata sul trilinguismo. Orbene tale non è il caso, ché i Consigli legislativi continueranno a svolgere anche in avvenire la massima parte del loro lavoro sulla base del bilinguismo: non si può in nessun modo passare al trilinguismo totale,
sarebbe troppo antifunzionale.

Concludendo, siccome manca la possibilità della «totalità» cui abbiamo accennato, la soluzione del «silenzio» circa le lingue, nella legge sui rap¬ porti fra i Consigli, non può essere ritenuta.

Occorre dunque formulare l'articolo 66 in modo che tutt'e tre le lingue siano enunciate. Il testo diverrà dunque: «Dopo che un atto legislativo è stato approvato dai due Consigli, la segreteria dell'Assemblea federale stabilisce un esemplare originale in tede¬ sco, uno in francese ed uno in italiano, firmato dai presidenti e dai segre¬ tari di ambedue i Consigli... (il resto dell'articolo immutato).»

152 Con questa formulazione, pur non pregiudicando il bilinguismo pratico del Parlamento, si indica chiaramente che le fasi supreme e conclusive del lavoro legislativo (votazione finale e promulgazione) concernono parita¬ riamente i tre testi. La norma costituzionale data in 116, 2 Cost, appare dunque sufficientemente soddisfatta e vien tolta l'aporia rappresentata da un originale di legge non votato né promulgato dal Legislativo. Con ciò la domanda principale, messa innanzi dalla mozione, è pienamente soddisfatta.

In parallelo con la modificazione dell'articolo 66, non occorrerà prov¬ vedere a modificare i regolamenti dei due Consigli legislativi, dal momento in cui essi non fanno riferimento alle lingue, se non per la redazione dei pro¬ cessi verbali.

Sul piano organizzativo, per assicurare in pratica la presenza del testo italiano alla votazione finale ed alla promulgazione, la base di partenza è già ora quasi apprestata, il passo che resta è breve onde può senz'altro venir fatto. La domanda principale può, in conclusione, essere oggigiorno soddi¬ sfatta senza difficoltà.

5. Attuazione della domanda sussidiaria Concludendo il capo 3 abbiamo asserito che la domanda sussidiaria della mozione (presenza dell'italiano in tutto l'arco dei lavori parlamentari) doveva essere accolta < solo nell'ambito ristretto dell'apprestamento d'una base linguistica sufficiente a rendere reale il diritto del parlamentare ita¬ lofono all'uso della propria lingua.

Se già ora la situazione può essere, in merito, ritenuta sufficiente, for¬ se non è però completamente adeguata. Il soddisfacimento della domanda sussidiaria dev'essere fissato un poco al di sopra della prassi attuale, ad un livello tale che l'accresciuto lavoro abbia a ricadere unicamente sull'ammi¬ nistrazione.

Da queste considerazioni si trae che la soluzione ideale consisterà nel far sì che per ogni sessione i testi siano pronti nelle tre lingue. Oggi il testo italiano giunge solo sino all'inizio dell'intero iter parlamentare; ci proponiamo di far sì ch'esso giunga all'inizio di ogni sessione. Occorrerà, qundi, ogni volta, volgere in italiano anche i passi nuovi frutto finale delle deliberazioni dei Consigli (non quelli invece proposti dalle Commissioni).

Così via via adeguato, il testo italiano sarà normalmente distribuito come le «Fahnen» del tedesco e del francese.

Questa nuova prassi accrescerà il lavoro, in una misura, tuttavia, pienamente ammissibile. Essa, infine, non richiede nessuna modificazione testuale, né nella legge sui rapporti fra i Consigli, né nei regolamenti delle Camere.

,

153 6. L'accoglimento delle domande e le necessità di personale L'accoglimento pieno della domanda principale e l'accoglimento ri¬ stretto della domanda sussidiaria non comportano un eccessivo incremento di lavoro. La Segreteria di lingua italiana della Cancelleria federale potrà farvi fronte senza aumentare il proprio personale (un capo e quattro tra¬ duttori). Comunque essa dovrà però dedicarsi maggiormente ai testi legi¬ slativi, in quanto una legge che oggigiorno è elaborata a 3 riprese (tradu¬ zione del messaggio e del progetto; adeguamento al testo votato dalla Camera prioritaria per esame in Commissione di redazione; adeguamento al testo definitivo per la pubblicazione sul Foglio federale) dovrà essere ela¬ borata 5 o 6 volte.

Ma ciò avrà il fausto effetto di caratterizzare viemeglio la Segreteria come ufficio di traduzione del Legislativo, dell'Esecutivo e della Cancelle¬ ria federale. D'altra parte proprio questo effetto è stato deliberatamente ricercato con la riorganizzazione della traduzione nell'Amministrazione cen¬ trale, come si desume dalle istruzioni della Cancelleria federale, del 1° febbraio 1969.

7. Costituzionalità L'attuale articolo 66 concerne già una pluralità di lingue: il tedesco ed il francese; il fatto che ora si aggiunga l'italiano non apporta dunque nessun mutamento qualitativo. Ne viene che la vecchia base costituzionale va ri¬ tenuta bastevole anche per la modificazione proposta.

8. Proposta Concludendo vi proponiamo di accogliere pienamente la domanda prin¬ cipale formulata nella mozione Franzoni (trattamento paritario dell'italiano, rispetto ai testi francese e tedesco, nella votazione finale e nella promul¬ gazione) approvando l'allegato disegno di legge.

Quanto alla domanda sussidiaria (presenza del testo italiano nelle altre fasi del lavoro parlamentare), essa sarà accolta, nel senso ristretto che ab¬ biamo indicato nei capi 3 e 5, solo qualora voi approviate il nuovo testo dell'articolo 66. La relativa prassi sarà iniziata, contemporaneamente a quella dettata dal modificato articolo, già per la sessione parlamentare im¬ mediatamente successiva all'entrata in vigore della legge modificante.

Non dovranno, per contro, essere mutati i regolamenti dei due Con¬ sigli legislativi, in quanto, rispetto ai punti interessanti l'una o l'altra do¬ manda, non fanno alcuna menzione delle lingue.

154 Come corollario di quanto esposto vi proponiamo di togliere di ruolo la mozione Franzoni, n. 1015.

Vogliate gradire, pregiati signori, presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

Berna, 7 luglio 1970.

In nome del Consiglio federale svizzero, Il presidente della Confederazione: Tschudi Il cancelliere della Confederazione: Hubcr

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente il testo Italiano degli atti legislativi (modificazione della legge sui rapporti fra i Consigli) (Del 7 luglio 1970)

In

Bundesblatt

Dans

Feuille fédérale

In

Foglio federale

Jahr

1970

Année Anno Band

2

Volume Volume Heft

29

Cahier Numero Geschäftsnummer

10645

Numéro d'objet Numero dell'oggetto Datum

24.07.1970

Date Data Seite

143-154

Page Pagina Ref. No

10 157 069

Das Dokument wurde durch das Schweizerische Bundesarchiv digitalisiert.

Le document a été digitalisé par les. Archives Fédérales Suisses.

Il documento è stato digitalizzato dell'Archivio federale svizzero.