07.455 Iniziativa parlamentare Ratifica della Convenzione sulla protezione della maternità (n. 183) dell'OIL Rapporto della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale del 10 novembre 2011

Onorevoli presidente e consigliere, con il presente rapporto vi sottoponiamo il progetto di decreto federale, che trasmettiamo nel contempo per parere al Consiglio federale.

La Commissione propone di approvare il progetto di decreto allegato.

10 novembre 2011

In nome della Commissione: La presidente, Thérèse Meyer

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Compendio La Convenzione n. 183 sulla protezione della maternità garantisce una protezione estesa a tutte le donne salariate, comprese quelle che si trovano in situazioni di lavoro atipiche. La durata del congedo di maternità è fissata dalla Convenzione a 14 settimane. Alcune disposizioni possono tuttavia essere attenuate dalle leggi nazionali previa consultazione dei partner sociali. Per esempio, durante il congedo di maternità, invece delle assicurazioni potrebbe essere il datore di lavoro a essere chiamato direttamente a rispondere. Inoltre determinate categorie di donne potrebbero essere espressamente escluse dalla Convenzione.

Nel suo rapporto del 15 giugno 2001 (FF 2001 5261) il Consiglio federale aveva esaminato la Convenzione n. 183 ma non aveva potuto proporne la ratifica poiché a quell'epoca in Svizzera mancava un'assicurazione maternità. Da allora la situazione è cambiata e la ratifica di questa Convenzione dell'OIL è ora possibile. Di fatto il diritto svizzero soddisfa le esigenze della Convenzione quasi senza eccezioni.

L'unica lacuna ­ peraltro marginale ­ che rimane, è colmata per ragioni di certezza del diritto inserendo una volta per tutte nella legge federale sul lavoro il principio della retribuzione delle pause destinate all'allattamento.

Il presente rapporto è stato sottoposto alla Commissione federale tripartita per gli affari dell'OIL. Questa commissione extraparlamentare, composta da membri dell'Amministrazione federale e dei partner sociali svizzeri, ha preso atto del rapporto.

I datori di lavoro hanno espresso il loro disaccordo circa la ratifica della Convenzione n. 183 e la modifica della legge sul lavoro e dell'OLL 1. I lavoratori hanno sostenuto la ratifica della Convenzione n. 183 e le modifiche legislative proposte nel rapporto.

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Rapporto 1

Genesi del progetto

Il 5 novembre 2008 la Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSSS-N) ha dato seguito, con 12 voti contro 8 e 3 astensioni, all'iniziativa parlamentare presentata il 22 giugno 2007 dalla consigliera nazionale Liliane Maury Pasquier (07.055 n). Il 15 febbraio 2010 la commissione omologa del Consiglio degli Stati ha seguito la decisione della CSSS-N con 5 voti contro 2 e 3 astensioni. Il 14 ottobre 2010 la CSSS-N ha incaricato la propria segreteria e l'amministrazione di elaborare un decreto federale e un rapporto esplicativo. Il 12 maggio 2011, la Commissione ha approvato i due documenti con 12 voti contro 11 e ha avviato la procedura di consultazione, che è durata fino al 31 agosto 2011.

I risultati della consultazione rispecchiano in parte il punto di vista della Commissione tripartita. 18 Cantoni sono favorevoli alla ratifica della Convenzione e due sono contrari. Per quanto riguarda i partiti, l'UDC e il Gruppo liberale radicale auspicano che la Convenzione non sia ratificata mentre gli altri partiti che hanno preso parte alla consultazione sostengono questa opzione. Le organizzazioni dei lavoratori, dal canto loro, sono chiaramente favorevoli alla ratifica, contrariamente alle organizzazioni dei datori di lavoro e di alcune associazioni economiche che vi si oppongono nettamente. Le posizioni sono quasi identiche anche per quanto concerne la modifica proposta della legge sul lavoro.

Dopo aver preso atto dei risultati della consultazione, la Commissione ha approvato, il 10 novembre 2011, il progetto di atto normativo e il rapporto summenzionato, che sono sottoposti per esame al Consiglio nazionale e per parere al Consiglio federale.

Una minoranza propone di non entrare in materia.

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Punti essenziali del progetto

La Convenzione n. 183 rappresenta una revisione della Convenzione (n. 103) sulla protezione della maternità del 1952.

L'adozione della Convenzione sulla protezione della maternità è il risultato di importanti sforzi intrapresi dall'UIL a partire dalla metà degli anni Novanta al fine di valutare l'importanza e l'efficacia delle norme internazionali in materia di lavoro e determinare se sono ancora adeguate alla situazione attuale. Dall'adozione della Convenzione n. 103 nel 1952 il ruolo della donna nella società è cambiato, la struttura dell'occupazione ha subito una grande evoluzione e la percentuale di donne attive è aumentata in modo considerevole, determinando la necessità di proteggere la maternità.

La Convenzione n. 183 introduce notevoli progressi estendendo la protezione accordata alle donne durante la gravidanza e l'allattamento: accorda a tutte le donne salariate, comprese quelle inserite nelle forme atipiche di lavoro dipendente, un congedo di maternità di almeno 14 settimane. Contiene inoltre norme sullla protezione della salute, sul congedo in caso di malattia o di complicazioni, sulle prestazioni mediche e in denaro, sulla tutela dell'impiego e sulla non discriminazione, nonché sulla protezione delle madri allattanti.

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La Convenzione n. 183 introduce, con un rinvio alla legislazione e alle prassi nazionali, una flessibilità più ampia al fine di conseguire un numero maggiore di ratifiche.

Dei 18 Stati che l'hanno finora ratificata, 12 fanno parte dell'Unione europea: Austria, Bulgaria, Cipro, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

La Convenzione n. 183 consta di 21 articoli, dei quali soltanto i primi undici sono disposizioni materiali. Per sapere se la Svizzera adempie le esigenze della Convenzione occorre paragonare le disposizioni della Convenzione con la legislazione e la prassi svizzere, segnatamente con le disposizioni del Codice delle obbligazioni (CO; RS 220), della legge del 13 marzo 1964 sul lavoro (LL; RS 822.11) e delle sue ordinanze d'esecuzione, in particolare l'ordinanza 1 (OLL 1; RS 822.111), della legge del 24 marzo 1995 sulla parità dei sessi (LPar; RS 151.1), della legge del 18 marzo 1994 sull'assicurazione malattie (LAMal; RS 832.10) e della legge federale del 25 settembre 1972 sulle indennità di perdita di guadagno per chi presta servizio e in caso di maternità (LIPG; RS 834.1).

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Commento dei singoli articoli della Convenzione

Art. 1 Conformemente all'articolo 1 della Convenzione, il termine «donna» designa tutte le persone di sesso femminile, senza discriminazione alcuna. Si tratta di una definizione molto ampia. Il termine «discriminazione» dev'essere inteso nel senso della Convenzione del 1958 (n. 111) sulla discriminazione nell'impiego e nella professione, ratificata dalla Svizzera (RS 0.822.721.1). Queste definizioni si ritrovano inoltre nella Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (RS 0.108) e nella Convenzione del 21 dicembre 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (RS 0.104), entrambe ratificate dalla Svizzera. Inoltre la Convenzione n. 183 esclude qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla situazione matrimoniale. La definizione del termine «bambino» è ricalcata su quello di «donna». In particolare essa comprende anche il bambino adottivo. Tuttavia, le disposizioni della Convenzione non garantiscono al bambino una protezione specifica. In maniera generale, l'articolo 8 della Costituzione federale garantisce la parità di trattamento e la non discriminazione; inoltre, la Svizzera ha ratificato la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 14; RS 0.101) e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (art. 26; RS 0.103.2). La disposizione della Convenzione n. 183 non pone pertanto alcun problema per il diritto svizzero.

Art. 2 L'articolo 2 descrive il campo d'applicazione personale della Convenzione.

Conformemente alll'articolo 2 paragrafo 1 la Convenzione si applica a tutte le donne occupate, comprese le donne attive nelle forme atipiche di lavoro dipendente.

L'espressione «donne occupate» comprende tutte le donne impegnate in un rapporto di lavoro, indipendentemente dalla forma del contratto di lavoro (orale o scritta, formale o tacita) o dal tipo di rimunerazione. Determinante è il rapporto di lavoro indipendentemente dal genere di lavoro o dal luogo di lavoro. La legge sul lavoro 1506

(LL) si applica di massima a tutte le imprese pubbliche o private che impiegano uno o più lavoratori occupati stabilmente o temporaneamente (art. 1 cpv. 1 e 2 LL).

Secondo il CO, con il contratto individuale di lavoro il lavoratore si impegna a lavorare al servizio del datore di lavoro per un tempo determinato o indeterminato e il datore di lavoro a pagare un salario; nella nozione di contratto di lavoro rientra anche il lavoro a tempo parziale (art. 319 CO). Il campo d'applicazione della Convenzione comprende pertanto quello della legge sul lavoro e del CO.

Il paragrafo 2 dell'articolo 2 autorizza l'esclusione parziale o totale dal campo d'applicazione della Convenzione di categorie limitate di lavoratori nel caso in cui l'applicazione a tali categorie sollevasse problemi specifici di particolare rilevanza.

La legge sul lavoro esclude dal suo campo d'applicazione non soltanto alcune categorie di persone (in particolare i lavoratori a domicilio, cfr. art. 3 LL), bensì anche determinati tipi di aziende (segnatamente le aziende agricole, i trasporti pubblici e le amministrazioni pubbliche, cfr. art. 2 LL). Per le amministrazioni pubbliche occorre tuttavia precisare che, in virtù dell'articolo 3a LL, l'articolo 35 LL relativo alla tutela della salute durante la maternità si applica all'Amministrazione federale nonché alle amministrazioni cantonali e comunali.

L'articolo 2 paragrafo 3 prevede le modalità d'applicazione del paragrafo precedente.

La Svizzera si avvarrà della possibilità di escludere le categorie di lavoratrici non contemplate dalla legge sul lavoro per quanto concerne le misure previste nell'articolo 3 ed eventualmente nell'articolo 10 della Convenzione n. 183.

Art. 3 L'articolo 3 della Convenzione è una disposizione generale che tutela la salute di madre e bambino. Esso esige che ogni Stato membro, dopo aver sentito le organizzazioni rappresentative padronali e sindacali, adotti le misure necessarie affinché le donne incinte o allattanti non siano costrette a svolgere un lavoro pregiudizievole per la loro salute o per quella del bambino o che comporti un rischio significativo per la salute della madre o del bambino.

L'articolo 35 capoverso 1 LL prevede che il datore di lavoro occupi le donne incinte e le madri allattanti in modo e in condizioni di lavoro tali che la loro salute
o la salute del bambino non sia pregiudicata. L'articolo 35 capoverso 2 LL stabilisce inoltre che l'ordinanza possa vietare o subordinare a condizioni particolari, per motivi di salute, l'occupazione di donne incinte e madri allattanti in lavori gravosi o pericolosi. Secondo l'articolo 62 capoverso 3 dell'ordinanza 1 del 10 maggio 2000 concernente la legge sul lavoro (OLL 1) sono considerati «lavori pericolosi o gravosi» tutti quei lavori che, per esperienza, si ripercuotono negativamente sulla salute delle donne incinte e delle madri allattanti o sulla salute dei loro bambini. Questi lavori sono oggetto di approfondimento e di valutazione in un'ordinanza specifica (Ordinanza del DFE del 20 marzo 2001 sui lavori pericolosi o gravosi durante la gravidanza e la maternità; RS 822.111.52). La tutela che il diritto positivo svizzero garantisce alla donna incinta adempie le esigenze poste dall'articolo 3 della Convenzione n. 183.

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Art. 4 L'articolo 4 della Convenzione tratta il congedo di maternità. Ogni donna alla quale la Convenzione si applica ha diritto a un congedo di maternità della durata di almeno 14 settimane (par. 1). Il congedo di maternità deve comprendere un periodo di congedo obbligatorio di sei settimane dopo il parto, a meno che a livello nazionale non si sia convenuto diversamente tra le organizzazioni rappresentative padronali e sindacali (par. 4).

L'articolo 329f CO prevede un congedo di maternità di almeno 14 settimane dopo il parto. Il diritto svizzero non prevede un congedo di maternità prima del parto.

L'obbligo di prevedere una parte del congedo di maternità prima del parto non emerge chiaramente dalla Convenzione n. 183 anche se lo si potrebbe dedurre dall'articolo 4 paragrafo 5 secondo cui la durata del congedo prenatale deve essere prolungata con un congedo equivalente al periodo trascorso tra la data effettiva e quella presunta del parto. Per evitare ogni malinteso in merito, il 5 dicembre 2007 abbiamo chiesto un parere giuridico all'Ufficio internazionale del lavoro (UIL) a Ginevra. Il 24 gennaio 2008 l'UIL ci ha comunicato la sua risposta: la Convenzione non prevede l'introduzione di un congedo prenatale e non obbliga gli Stati a prevederne uno.

La LL vieta l'impiego delle donne durante le otto settimane successive al parto; in seguito, e fino alla sedicesima settimana, esse possono essere occupate soltanto con il loro consenso (art. 35a cpv. 3 LL).

Il diritto positivo svizzero adempie le esigenze poste dall'articolo 4 della Convenzione n. 183.

Art. 5 Conformemente all'articolo 5 della Convenzione un congedo dev'essere accordato in caso di malattia, complicazioni o rischio di complicazioni derivanti dalla gravidanza o dal parto. In Svizzera, un tale congedo non dipende dall'ordinamento delle indennità di perdita di guadagno, ma è disciplinato dal CO (cfr. n. 3.6 ad art. 6).

Art. 6 L'articolo 6 della Convenzione disciplina la questione del versamento di prestazioni in denaro o in natura durante il congedo secondo gli articoli 4 e 5.

Mentre l'articolo 6 paragrafo 1 enuncia il principio, i paragrafi 2­4 stabiliscono i criteri relativi al livello delle prestazioni in denaro da corrispondere: esso dev'essere tale che la donna possa provvedere al suo sostentamento e a quello del suo bambino in
buone condizioni di salute e secondo un livello di vita adeguato (par. 2). Se le prestazioni versate a titolo di congedo conformemente all'articolo 4 sono determinate sulla base della precedente rimunerazione, il loro ammontare non deve essere inferiore ai due terzi della rimunerazione precedente della lavoratrice o della rimunerazione presa come parametro per il calcolo delle prestazioni (par. 3). Se le prestazioni sono determinate in modo differente, il loro ammontare deve essere dello stesso ordine di grandezza di quello che risulta in media dall'applicazione del paragrafo 3 (par. 4). Ogni Stato membro deve assicurare che le condizioni richieste per

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beneficiare di dette prestazioni possano essere adempiute dalla maggior parte delle donne alle quali la Convenzione si applica (par. 5).

Per quanto concerne le prestazioni in denaro versate durante il congedo menzionato nell'articolo 4 (ossia il congedo di maternità), si applicano gli articoli 16b e seguenti LIPG. Dalla revisione di questa legge, entrata in vigore nel luglio 2005, l'ordinamento delle indennità per perdita di guadagno prevede un'indennità di maternità per le donne che esercitano un'attività lucrativa pari all'80 per cento del reddito lavorativo conseguito prima del parto. Questa percentuale è superiore a quella prevista dalla Convenzione n. 183.

Per quanto concerne le prestazioni in denaro versate durante il congedo di cui all'articolo 5 (congedo in caso di malattia o di complicazioni) si applica il CO.

Conformemente all'articolo 324a capoverso 3 CO, una donna che durante la gravidanza è impedita di lavorare ha diritto al proprio salario per un certo periodo di tempo, in funzione della durata del rapporto di lavoro. Se tuttavia questa donna ha già beneficiato del diritto al salario durante l'anno di gravidanza, questo diritto può subire una riduzione o addirittura estinguersi. In quest'ultimo caso la lavoratrice non avrebbe diritto ad alcuna prestazione in denaro. Va tuttavia ricordato che numerose lavoratrici beneficiano di un'assicurazione per perdita di guadagno o di condizioni più vantaggiose previste da un contratto collettivo di lavoro (CCL). Non è certo che la protezione garantita dal diritto svizzero in caso di congedo per malattia o per complicazioni soddisfi le esigenze dell'articolo 6 della Convenzione n. 183. Anche a questo proposito abbiamo chiesto spiegazioni all'OIL, che ci ha fatto pervenire il suo parere il 24 gennaio 2008. Secondo l'OIL, su questo punto la legislazione svizzera adempie le condizioni stabilite dalla Convenzione n. 183, dal momento che accorda un congedo malattia pagato di almeno tre settimane all'anno. Infine l'articolo 35a capoverso 2 LL permette in ogni caso alla donna incinta di assentarsi dal proprio lavoro mediante semplice avviso.

L'articolo 6 paragrafo 6 enuncia il principio secondo il quale alle donne che non soddisfano le condizioni previste per beneficiare delle prestazioni in denaro dev'essere garantita un'assistenza sociale. In
Svizzera l'assistenza sociale è di competenza dei Cantoni (art. 115 Cost.). Essa interviene in maniera complementare e sussidiaria e prende a carico soltanto le persone che non sono coperte dalle assicurazioni sociali, che non lo sono più o il cui reddito è insufficiente. Il diritto di ricevere un aiuto in situazioni di bisogno è sancito nell'articolo 12 della Costituzione federale. Il diritto svizzero in materia di assistenza sociale soddisfa le esigenze poste dalla Convenzione.

Secondo il paragrafo 7 dell'articolo 6, alla madre e al bambino devono essere assicurate prestazioni mediche conformemente alla legislazione o a quanto previsto dalla prassi nazionale. Queste prestazioni devono prevedere le cure prenatali, le cure legate al parto, le cure postnatali e le cure ospedaliere se necessarie. In caso di maternità, la LAMal prevede prestazioni in natura accordate nell'ambito dell'assicurazione delle cure medico-sanitarie (assicurazione obbligatoria per tutta la popolazione). Quest'assicurazione assume i costi degli esami di controllo durante e dopo la gravidanza, effettuati da un medico o da una levatrice o prescritti da un medico; il parto a domicilio, all'ospedale o in una casa per partorienti, come pure l'assistenza del medico o della levatrice; un contributo di 100 franchi per un corso collettivo di preparazione al parto organizzato da una levatrice; la necessaria consulenza per l'allattamento fornita da una levatrice o da un'infermiera con formazione speciale in questo ambito; i costi delle cure e della degenza del neonato sano, finché soggiorna 1509

con la madre all'ospedale (art. 29 LAMal). Se è ammalata durante la gravidanza o dopo il parto, la madre ha diritto alle prestazioni generali in caso di malattia. La durata dell'assunzione delle cure mediche e farmaceutiche è illimitata. La legislazione svizzera sull'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (LAMal, titolo 2) soddisfa quanto richiesto da questo paragrafo.

L'articolo 6 paragrafo 8 prevede, da un lato, che le prestazioni relative al congedo devono essere erogate attraverso un'assicurazione sociale obbligatoria, attraverso il prelievo su fondi pubblici o in un modo previsto dalla legislazione o dalla prassi nazionale. Dall'altro, questa disposizione prescrive che il datore di lavoro non può essere ritenuto personalmente responsabile del costo diretto di qualsiasi prestazione finanziaria di questo genere dovuta a una donna impiegata presso di lui, senza il suo consenso esplicito. Vi sono però due eccezioni: innanzitutto uno Stato membro che disponeva di tale sistema prima del 15 giugno 2000 (data di adozione della Convenzione) può conservarlo e ratificare la Convenzione senza dover modificare la sua legislazione; secondariamente, uno Stato membro che ha ratificato la Convenzione può adottare questo sistema successivamente, a condizione che il Governo abbia il consenso delle organizzazioni rappresentative padronali e sindacali. La flessibilità della Convenzione su questo punto permette di tener conto dei diversi sistemi.

Le prestazioni in natura sono garantite dall'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie e le prestazioni in denaro durante il congedo di maternità dall'ordinamento delle indennità per perdita di guadagno; entrambi sono assicurazioni sociali obbligatorie. Per quanto concerne le prestazioni versate durante il congedo in caso di malattia o di complicazioni, l'articolo 324a CO addossa al datore di lavoro il versamento del salario. Poiché l'articolo 324a CO nell'attuale tenore è in vigore dal 1972, si può applicare l'eccezione prevista nell'articolo 6 paragrafo 8 lettera a della Convenzione. L'articolo 324a capoverso 4 CO autorizza inoltre il datore di lavoro a concludere un'assicurazione d'indennità giornaliera in caso di malattia il cui finanziamento può essere addossato per metà al dipendente.

Art. 7 L'articolo 7 della Convenzione introduce
una clausola che prevede una certa flessibilità a favore dei Paesi la cui economia e il cui sistema di sicurezza sociale non sono sufficientemente sviluppati. La Svizzera non può avvalersi di quest'articolo.

Art. 8 L'articolo 8 della Convenzione è volto a garantire una sufficiente tutela dell'impiego.

Secondo il paragrafo 1 dell'articolo 8, il datore di lavoro non può licenziare una donna durante la gravidanza, il congedo di maternità o il congedo in caso di malattia o complicazioni né durante un periodo successivo al suo ritorno dal congedo, che va determinato dalla legislazione nazionale, salvo per motivi non legati alla gravidanza, alla nascita del bambino e alle sue conseguenze, o all'allattamento. L'onere della prova incombe al datore di lavoro. In virtù dell'articolo 336c capoverso 1 lettera c CO, il datore di lavoro non può disdire il rapporto di lavoro durante la gravidanza e nelle sedici settimane dopo il parto della lavoratrice. La disdetta data durante questo periodo è nulla (art. 336c cpv. 2 CO). Per contro è possibile recedere dal rapporto di lavoro per cause gravi. È considerata causa grave, in particolare, ogni circostanza 1510

che non permetta per ragioni di buona fede di esigere da chi dà la disdetta che abbia a continuare nel contratto (art. 337 cpv. 2 CO). Il datore di lavoro deve produrre la prova dell'esistenza di cause gravi. La nostra legislazione interna soddisfa le condizioni poste dalla Convenzione.

Inoltre, il diritto svizzero va oltre la Convenzione poiché ammette la disdetta del rapporto di lavoro solo se vi sono motivi importanti, mentre la Convenzione ammette qualsiasi motivo che non sia connesso con la gravidanza, la nascita del bambino e le relative conseguenze o l'allattamento.

Tuttavia una questione ancora da esaminare riguardava sia l'articolo 8 sia l'articolo 9 della Convenzione: da un lato occorreva chiarire se la protezione contro il licenziamento prevista da queste due disposizioni per motivi di allattamento è garantita durante tutta la durata dell'allattamento o se è limitata dalla legislazione nazionale a un determinato periodo dopo il ritorno al lavoro della madre a conclusione del congedo di maternità. Dall'altro, occorreva stabilire se le sanzioni previste dal diritto svizzero sono sufficienti per conferire efficacia a questi due articoli. Ancora una volta ci siamo rivolti all'UIL, che il 16 novembre ci ha fatto pervenire il seguente parere giuridico: Per quanto concerne la protezione contro il licenziamento, in particolare per motivi di allattamento, gli articoli 8 e 9 stabiliscono sistemi giuridici complementari che si differenziano tra loro in merito alla durata e alle misure di protezione e alle sanzioni previste.

L'articolo 8 estende la protezione dell'impiego al periodo esclusivamente legato alla gravidanza, al congedo di maternità e a un periodo successivo al rientro dal congedo di maternità e che deve essere fissato dalla legislazione nazionale. La protezione sancita dall'articolo 9, per contro, si estende su un periodo più lungo che include quello previsto dall'articolo 8 poiché inizia con l'assunzione della donna e dura fino alla conclusione del rapporto di lavoro.

Questa differente applicazione temporale è il motivo per il quale gli articoli 8 e 9 stabiliscono ciascuno misure di protezione differenti contro il licenziamento e la discriminazione fondati sulla maternità. L'articolo 8 fa riferimento soltanto al licenziamento, mentre l'articolo 9 contempla tutti gli atti discriminatori
nei confronti delle lavoratrici. Per il periodo limitato, l'articolo 8 paragrafo 1 sancisce esplicitamente il principio del divieto di licenziare per motivi legati alla gravidanza. Per il periodo più esteso l'articolo 9 prescrive l'obbligo di prendere misure adeguate per garantire che la maternità (comprese le nascite precedenti) non costituisca motivo di discriminazione.

Infine anche i disciplinamenti previsti dalle due disposizioni relativi alle sanzioni e/o ai risarcimenti si differenziano fra loro. La violazione del divieto di licenziamento sancito dall'articolo 8 comporta, secondo lo spirito di questa disposizione, la nullità del licenziamento con, di regola, conseguente reintegrazione della lavoratrice nelle sue precedenti funzioni. La reintegrazione della lavoratrice nel medesimo posto di lavoro o in un posto equivalente con la medesima rimunerazione una volta scaduto il congedo di maternità rappresenta d'altro canto il caso normale contemplato espressamente dall'articolo 8 paragrafo 2 della Convenzione. Questo vale implicitamente anche in caso di licenziamento durante il periodo di protezione stabilito in questa disposizione. L'articolo 9, invece, non definisce cosa siano le «misure adeguate» a garantire che la maternità non costituisca un elemento di discriminazione. Spetta quindi a ogni Stato che ha ratificato la Convenzione dimo1511

strare, nel quadro dei suoi rapporti di cui all'articolo 22 della Costituzione dell'OIL, che le misure prese a livello nazionale sono sufficienti in pratica per dissuadere la discriminazione fondata sulla maternità nell'occupazione e nell'accesso all'occupazione.

Dalla comunicazione del Governo emerge che il diritto svizzero vieta al datore di lavoro di disdire il contratto di lavoro durante la gravidanza e nelle 16 settimane successive al parto. Un licenziamento durante questo periodo di protezione è considerato giuridicamente nullo se non è deciso per causa grave. Inoltre qualsiasi rifiuto di assunzione o qualsiasi licenziamento discriminatori danno diritto a un risarcimento di tre rispettivamente sei mesi al massimo di salario. La sanzione prevista dal diritto svizzero per un licenziamento durante la gravidanza o durante le 16 settimane successive al parto appare dunque conforme alla Convenzione, per quanto la nullità giuridica di un tale licenziamento implica, se possibile, la reintegrazione della lavoratrice licenziata nel suo posto di lavoro. Per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori decisi al di fuori dei periodi previsti dall'articolo 8, spetta allo Stato membro dimostrare ­ in caso di ratifica della Convenzione ­ che i risarcimenti previsti sono «adeguati» a prevenire comportamenti discriminatori.

Per determinare se la protezione contro il licenziamento per motivi di allattamento (art. 8 della Convenzione) valga per tutta la durata dell'allattamento o unicamente per un determinato periodo successivo al rientro della madre al posto di lavoro dopo il congedo di maternità, occorre osservare che uno degli obiettivi di questa disposizione è garantire alle donne allattanti una protezione che vada oltre il congedo di maternità consentendo loro di conciliare le nuove responsabilità familiari con le esigenze professionali nel medesimo o in un altro posto di lavoro in considerazione del loro stato di salute e dei rischi presenti sul posto di lavoro (cfr. art. 3 della Convenzione). Tuttavia, questa disposizione lascia agli Stati che ratificano la Convenzione il compito di determinare il periodo di protezione successivo al rientro professionale e non prevede un obbligo di estenderlo all'intera durata dell'allattamento. Dalla comunicazione del Governo emerge che la protezione contro il
licenziamento si estende sulle 16 settimane successive al parto (art. 336c cpv. 2 CO).

L'UIL crede di capire che la durata legale del congedo di maternità in Svizzera è di 14 settimane. Il diritto svizzero sembra pertanto conforme alla Convenzione poiché prevede per la donna allattante che riprende il proprio lavoro alla scadenza del periodo di 14 settimane di congedo di maternità il diritto di beneficiare ancora di due settimane (cioè fino alla scadenza della sedicesima settimana dopo il parto), o anche di più nel caso in cui avesse optato, come prevede la legge, per sei settimane di congedo prenatale. Inoltre, la protezione prevista dal diritto svizzero contro i licenziamenti discriminatori copre, conformemente all'articolo 9 della Convenzione, i licenziamenti per motivi di allattamento.

Il paragrafo 2 prevede che, a conclusione del congedo di maternità, la lavoratrice deve essere sicura di ritrovare lo stesso posto o un posto equivalente con la medesima retribuzione. La protezione generale sancita dal CO garantisce in particolare alla donna che riprende un lavoro dopo il parto di trovare un impiego alle stesse condizioni di cui godeva prima del parto. Infatti, secondo il diritto svizzero, una modifica del contratto di lavoro necessita dell'accordo esplicito delle parti contraenti.

In base alle considerazioni che precedono, il diritto positivo svizzero adempie le esigenze dell'articolo 8 della Convenzione n. 183.

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Art. 9 L'articolo 9 della Convenzione impone agli Stati membri di prendere misure volte a garantire che la maternità non costituisca un elemento di discriminazione in materia di impiego (par. 1). Il principio di non discriminazione di cui all'articolo 8 della Costituzione federale è stato applicato in modo particolare nella LPar, il cui articolo 3 vieta di discriminare i lavoratori a causa del loro sesso e, segnatamente se si tratta di donne, vieta discriminazioni fondate sulla gravidanza. A questo proposito rimandiamo anche agli articoli 4, 5 e 6 LPar.

Il divieto dei test di gravidanza è una delle misure enunciate nel paragrafo 2 dell'articolo 9 volte a applicare il principio di cui al paragrafo 1. Tuttavia, questa disposizione autorizza eccezionalmente test di gravidanza per ragioni di sicurezza e di salute. Secondo la legislazione svizzera, il divieto di un test di gravidanza scaturisce implicitamente dalle disposizioni sulla protezione della personalità (segnatamente dall'art. 328 CO). Inoltre, l'articolo 3 capoversi 1 e 2 LPar vieta qualsiasi discriminazione a causa del sesso al momento dell'assunzione o dell'attribuzione dei compiti, e in particolare qualsiasi discriminazione fondata sullo stato civile, la situazione familiare o la gravidanza. I test di gravidanza potrebbero tuttavia essere considerati una misura oggettivamente giustificata, e di conseguenza ammissibile, per lavori che non possono essere eseguiti da donne incinte (fotomodelle, ballerine, attività nocive per l'evoluzione della gravidanza ecc.).

In considerazione degli aspetti evidenziati nel numero 3.8 il diritto positivo svizzero adempie le esigenze dell'articolo 9 della Convenzione n. 183.

Art. 10 L'articolo 10 della Convenzione garantisce alla donna il diritto a una o più pause quotidiane o a una riduzione giornaliera della durata del lavoro per allattare il suo bambino (par. 1) che devono essere considerate tempo di lavoro e retribuite in maniera corrispondente (par. 2). Secondo il parere giuridico dell'UIL del 16 novembre 2010, il paragrafo 2 si compone di due periodi: il primo prevede che la legislazione e la prassi nazionali determinino il periodo durante il quale sono permesse le pause per allattare o la riduzione giornaliera dell'orario di lavoro, il numero e la durata di queste pause, nonché le modalità di riduzione
giornaliera del tempo di lavoro. Il secondo periodo prevede che il tempo per allattare o la riduzione giornaliera dell'orario di lavoro siano considerati tempo di lavoro e retribuiti di conseguenza, senza tuttavia affermare esplicitamente che ciò deve essere previsto dalla legislazione nazionale. L'articolo 12 prevede che la Convenzione possa essere applicata con qualsiasi mezzo come la via legislativa, la contrattazione collettiva, le sentenze arbitrali, le decisioni giudiziarie o secondo quanto previsto dalla prassi nazionale.

Per quanto concerne il tempo che le madri dedicano allattamento del bambino, l'articolo 35a capoverso 2 LL prevede che «alle madri allattanti deve essere concesso il tempo necessario all'allattamento». Le condizioni previste dall'articolo 60 capoverso 2 OLL1 precisano le circostanze nelle quali il tempo dedicato all'allattamento è computato come tempo di lavoro: durante il primo anno di vita del bambino, il tempo dedicato all'allattamento è computato integralmente come tempo di lavoro se la lavoratrice allatta all'interno dell'azienda; se la lavoratrice lascia il posto di lavoro per allattare, la metà del tempo di assenza va riconosciuto come tempo di lavoro.

1513

La LL e la OLL1 non disciplinano direttamente la questione della retribuzione del tempo dedicato all'allattamento. Per favorire la certezza del diritto vi proponiamo quindi di adeguare in questo senso la LL.

Art. 11 Conformemente all'articolo 11 della Convenzione ogni Stato membro dovrà esaminare periodicamente, sentite le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, l'opportunità di estendere la durata del congedo di maternità o di aumentare l'importo o il tasso delle prestazioni in denaro da corrispondere.

3.1

Disposizioni finali

Gli articoli 12­21 della Convenzione contengono le disposizioni finali abituali, che non richiedono un commento particolare. Soltanto l'articolo 13 della Convenzione merita di essere citato: esso prevede che la Convenzione n. 183 sostituisca, dalla sua entrata in vigore, la Convenzione n. 103.

3.2

Conclusione

Sei anni dopo l'entrata in vigore della modifica della legge sulle indennità di perdita di guadagno, che ha introdotto in Svizzera un assegno di maternità versato durante 14 settimane, la protezione della maternità ha in un certo senso trovato spazio nella nostra legislazione. La necessità di affermare l'importanza di una protezione efficace della maternità resta comunque attuale e la ratifica della Convenzione n. 183 dell'UIL sulla protezione della maternità offre alla Svizzera la possibilità di riaffermare sia la volontà di garantire la protezione della maternità sia di farlo affidandosi agli strumenti dell'UIL la cui sede si trova sul nostro territorio. Per favorire la certezza del diritto in merito alla retribuzione delle pause per allattare e la conformità del diritto svizzero con la Convenzione n. 183, l'articolo 35a capoverso 2 LL è modificato (cfr. n. 4.2).

4

Ripercussioni

4.1

Modifica del diritto svizzero

In considerazione delle spiegazioni di cui al numero 3.10, la presente revisione si prefigge di armonizzare il diritto federale con la Convenzione.

La retribuzione del tempo dedicato all'allattamento può essere desunta nel diritto svizzero dall'articolo 324a CO. Non vi è però ancora una giurisprudenza, in particolare del Tribunale federale, che lo affermi. Inoltre, a seconda dei casi, il diritto al salario può essere limitato o estinguersi (cfr. n. 3.6). Pertanto, non è certo che il nostro diritto positivo sia conforme alle esigenze della Convenzione n. 183. Una modifica dell'articolo 324a CO con l'obiettivo di inserirvi esplicitamente l'allattamento avrebbe potuto soddisfare in gran parte le esigenze della Convenzione.

1514

Una disposizione esplicita nell'articolo 35a capoverso 2 LL che preveda la retribuzione del tempo dedicato all'allattamento soddisferebbe appieno le esigenze della Convenzione favorendo la certezza del diritto.

Nel contempo, incarichiamo il Consiglio federale di disciplinare nel quadro del capoverso 2 dell'articolo 60 OLL1 i dettagli in merito alla durata delle pause per allattare retribuite. Un tale disciplinamento corrisponderebbe alla prassi instaurata negli Stati europei che hanno ratificato la Convenzione n. 183. Eccone alcuni esempi: L'Austria prevede una pausa per allattare di 45 minuti se la giornata lavorativa della madre allattante dura più di 4 ore e mezza nonché due volte 45 minuti o una volta 60 minuti per una giornata lavorativa di almeno 8 ore (Mutterschutzgesetz, art. 9 MSchG).

La Germania prevede una pausa per allattare di 30 minuti almeno due volte al giorno o una pausa unica di un'ora. Se la giornata lavorativa dura più di 8 ore, la madre allattante che ne fa richiesta ha diritto a due pause per allattare di almeno 45 minuti o di una pausa unica di 90 minuti al minimo (Mutterschutzgesetz, art. 7 MuSchG).

In Lussemburgo la donna allattante ha diritto, secondo la legge sul lavoro (art.

L. 336-3) a una pausa rimunerata di un'ora e mezza al giorno per allattare. Questo tempo per allattare è suddiviso in due periodi di 45 minuti ciascuno: se la giornata lavorativa è interrotta soltanto da una pausa di un'ora, questi due periodi possono essere riuniti in un unica pausa per allattare di almeno 90 minuti.

4.2

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Fatto salvo l'abituale obbligo di riferire sulle convenzioni ratificate, la ratifica della Convenzione n. 183 non avrà ripercussioni sulle finanze e sull'organico.

4.3

Altre ripercussioni

La ratifica della Convenzione n. 183 da parte della Svizzera non ha altre ripercussioni.

5

Rapporto con il diritto europeo

Attualmente, la durata minima del congedo di maternità nell'Unione europea è di 14 settimane. Alla fine di ottobre 2010 i deputati europei hanno proposto di portare a 20 settimane la durata del congedo di maternità nell'UE e hanno introdotto il principio di un congedo di paternità. La durata del congedo di maternità varia sensibilmente da un Paese europeo all'altro. Ecco qualche esempio. In Germania, la madre beneficia di un congedo di 14 settimane e riceve il 100 per cento del salario. In Belgio, il congedo è di 15 settimane (fino a 19 settimane in caso di nascite multiple); durante il primo mese è versata un'indennità dell'82 per cento del salario, che in seguito scende al 75 per cento; il padre beneficia di un congedo di 10 giorni. In 1515

Danimarca, il congedo è di 18 settimane; gli uomini beneficiano di due settimane di congedo dopo la nascita; la maggior parte dei contratti collettivi di lavoro prevede il versamento di indennità ai genitori pari al 100 per cento del salario. In Spagna, il congedo è di 16 settimane di cui una parte può essere trasferita al padre; l'indennità corrisponde al 100 per cento del salario. In Francia, il congedo è di 16 settimane con indennità pari al 100 per cento del salario di base; il padre beneficia di 14 giorni di congedo (di cui 11 di congedo di paternità) e 21 in caso di nascite multiple. In Italia, il congedo dura cinque mesi, retribuiti almeno all'80 per cento del salario ma spesso pagati al 100 per cento dal datore di lavoro; esiste un congedo di paternità applicabile a determinate condizioni. Nei Paesi Bassi, il congedo è di 16 settimane con versamento del 100 per cento del salario; i padri possono beneficiare di un congedo di due giorni. In Polonia, da 22 a 40 settimane a seconda del numero di figli nati ed è rimunerato al 100 per cento del salario; recentemente è stato introdotto un congedo di paternità di una settimana. In Portogallo, il congedo dura sei mesi o cinque mesi di cui 30 giorni da condividere con il padre del bambino; il congedo parentale è retribuito all'83 per cento del salario di base. Nella Repubblica Ceca, il congedo è di 28­37 settimane (a seconda del numero di nascite) durante le quali è versata un'indennità mensile pari al 69 per cento del salario. In Romania, il congedo è di 126 giorni retribuiti all'85 per cento del salario; il padre ha diritto a cinque giorni di congedo dopo la nascita del figlio. Nel Regno Unito, il congedo di maternità è di 26 settimane, le prime sei retribuite con circa il 90 per cento del salario, le 33 rimanenti a un massimo di 125 sterline (circa 151 ); il congedo di paternità è retribuito durante due settimane con il 90 per cento del salario per un massimo di 125 sterline.

In Slovacchia, il congedo è di 28 settimane; le indennità rappresentano il 55 per cento del salario e sono limitate a circa 500 euro al mese; i padri beneficiano delle medesime condizioni. In Svezia, il congedo è di 14 settimane; la Svezia prevede un sistema di congedo parentale flessibile che può essere trasferito al padre e che può durare fino a 480 giorni, retribuiti all'80 per cento del salario.

6

Basi giuridiche

6.1

Costituzionalità e legalità

Secondo l'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione, gli affari esteri competono alla Confederazione. La competenza dell'Assemblea federale di approvare i trattati internazionali è sancita nell'articolo 166 capoverso 2 della Costituzione. Sono fatti salvi i trattati la cui conclusione è di competenza del Consiglio federale in virtù della legge o di un trattato internazionale.

In base all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numeri 1­3 Cost., i trattati internazionali sono sottoposti a referendum facoltativo se sono di durata indeterminata e indenunciabili, prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale o comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'emanazione di leggi federali.

Come tutte le convenzioni dell'UIL, la Convenzione n. 183 può essere denunciata al più presto dieci anni dopo la ratifica (art. 16). Essa non prevede l'adesione a un'organizzazione internazionale, contiene tuttavia disposizioni che implicano l'adeguamento della legge sul lavoro. Essa sottostà quindi al referendum facoltativo conformemente all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost.

1516

Il decreto federale che approva la Convenzione n. 183 sottostà al referendum e contiene, conformemente all'articolo 141a capoverso 2 Cost., la modifica della legge sul lavoro in relazione con l'attuazione della Convenzione come spiegato nel numero 4.2 del presente rapporto.

6.2

Forma dell'atto

Il decreto federale che approva la Convenzione n. 183 comprende tre articoli: il primo approva la Convenzione n. 183 e autorizza il Consiglio federale a ratificarla; il secondo contiene la modifica dell'articolo 32a capoverso 2 LL; il terzo prevede che il decreto sia sottoposto a referendum facoltativo e autorizza il Consiglio federale a determinare la data di entrata in vigore della modifica della legge sul lavoro.

6.3

Esame di convenzioni non ratificate

La Svizzera ha ratificato la Convenzione n. 144 concernente le consultazioni tripartite volte a promuovere l'attuazione delle norme internazionali del lavoro dell'UIL (FF 2000 277) e può procedere all'esame della ratifica di vecchie convenzioni non ancora ratificate.

7

Consultazione della Commissione federale tripartita per gli affari dell'OIL

Il presente rapporto è stato sottoposto alla Commissione federale tripartita per gli affari dell'OIL. Questa commissione extraparlamentare, composta da membri dell'Amministrazione federale e dei partner sociali svizzeri, ha preso atto. del rapporto.

I datori di lavoro hanno espresso il loro disaccordo circa la ratifica della Convenzione n. 183 e la modifica della LL e dell'OLL 1. I lavoratori hanno sostenuto la ratifica della Convenzione n. 183 e le modifiche legislative proposte nel rapporto.

8

Parere della minornza

Una minoranza della Commissione (Bortoluzzi, Borer, Estermann, Frehner, Kleiner.

Parmelin, Scherer, Stahl, Triponez) propone di non entrare in materia sul progetto di atto normativo. Fa notare che molti Paesi paragonabili alla Svizzera ­ fra i quali, sorprendentemente, anche i Paesi nordici ­ non hanno ancora ratificato la Convenzione mentre Paesi come la Bulgaria e la Romania l'hanno già ratificata, pertanto non è necessario precipitare il processo di ratifica.

La minoranza ritiene inoltre che una ratifica della Convenzione sarebbe in contraddizione con la prassi attuale della Svizzera, che consiste nel ratificare questo tipo di convenzioni solo quando la legislazione svizzera ha risposto integralmente alle esigenze che vi sono formulate. Nella fattispecie, tuttavia, questa condizione non è ancora soddisfatta, come risulta dall'adeguamento proposto della legge sul lavoro.

La minoranza teme che le imprese incontrino delle difficoltà se le madri allattano i

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propri figli al di fuori dell'azienda e ciò è computato e rimunerato integralmente come tempo di lavoro. È inoltre difficile determinare le conseguenze finanziarie che questo adeguamento della legge sul lavoro comporta.

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