12.078 Messaggio concernente l'approvazione della proroga dell'impiego dell'esercito in servizio d'appoggio all'estero per la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli del 24 ottobre 2012

Onorevoli presidenti e consiglieri, conformemente all'articolo 70 capoverso 2 della legge militare, vi sottoponiamo per approvazione il disegno di decreto federale concernente l'approvazione della proroga dell'impiego dell'esercito in servizio d'appoggio all'estero per la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

24 ottobre 2012

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Eveline Widmer-Schlumpf La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

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Compendio L'Assemblea federale ha approvato, con decreto federale del 15 marzo 2012, la proposta del Consiglio federale di affidare la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli a un distaccamento dell'esercito. Secondo l'articolo 1 capoverso 2 del decreto menzionato, lo spiegamento dell'esercito è limitato a sei mesi; il Consiglio federale è tuttavia autorizzato a prolungare il mandato di altri sei mesi se la situazione di sicurezza in loco lo esige. L'impiego delle forze speciali è stato prorogato di sei mesi fino a fine gennaio 2013 in virtù della decisione del Consiglio federale del 4 luglio 2012.

Dal profilo della sicurezza la situazione in Libia rimane tesa; alcune recenti aggressioni contro rappresentanze e organizzazioni straniere mostrano che queste ultime sono ancora esposte a rischi reali e in alcuni casi seri. Al momento non si constata dunque un cambiamento di paradigma positivo.

D'altra parte non esistono ancora servizi libici incaricati di assicurare la protezione delle rappresentanze straniere.

Il Consiglio federale ritiene dunque necessario rinnovare il mandato delle forze speciali dell'esercito per un ulteriore periodo di sei mesi, rinnovabile dal Consiglio federale se la situazione in loco lo esige. Se nel corso dei prossimi sei mesi o dei sei mesi successivi il Consiglio federale constata che l'impiego non è più necessario, lo interromperà o vi porrà fine.

Il personale del distaccamento proviene dal comando delle forze speciali dell'esercito e, più precisamente, dal distaccamento d'esplorazione dell'esercito 10 e dal distaccamento speciale della polizia militare.

Il Consiglio federale giudica positiva l'esperienza maturata nei primi otto mesi di protezione. Il dispositivo instaurato soddisfa le esigenze ed è costantemente adeguato all'evoluzione della situazione.

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Messaggio 1

Situazione iniziale

L'Assemblea federale ha approvato, con il decreto federale del 15 marzo 20121 che approva l'impiego dell'esercito in servizio d'appoggio all'estero per la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli, la nostra proposta di affidare la protezione dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli a un distaccamento dell'esercito. Il personale di tale distaccamento proviene dal comando delle forze speciali dell'esercito e, più precisamente, dal distaccamento d'esplorazione dell'esercito 10 e dal distaccamento speciale della polizia militare.

Secondo l'articolo 1 capoverso 2 del decreto menzionato, lo spiegamento dell'esercito è limitato a sei mesi; il nostro Consiglio è tuttavia autorizzato a prolungare il mandato di altri sei mesi se la situazione di sicurezza in loco lo esige. Ai sensi dell'articolo 2 del decreto, possiamo decidere in ogni momento d'interrompere l'impiego o porvi fine se lo giudichiamo necessario.

L'impiego delle forze speciali è stato prorogato di sei mesi fino a fine gennaio 2013 in virtù della nostra decisione del 4 luglio 2012.

Riteniamo che a tutt'oggi esistano rischi concreti e reali ai quali il personale dell'Ambasciata è e sarà esposto nei prossimi mesi; constata inoltre che le autorità libiche non sono ancora in grado di assicurare la protezione delle rappresentanze straniere a Tripoli e nel resto del Paese. Altri Paesi con un grado di esposizione simile a quello della Svizzera sono tutelati da unità di protezione proprie di dimensioni analoghe a quelle del distaccamento svizzero.

Riteniamo dunque necessario rinnovare il mandato delle forze speciali dell'esercito per un ulteriore periodo massimo di sei mesi, rinnovabile dal nostro Consiglio se la situazione in loco lo esige. In tal caso il Consiglio federale informa le Commissioni della politica estera e le Commissioni della politica di sicurezza di entrambe le Camere. Se nel corso dei primi sei mesi o dei sei mesi successivi il nostro Consiglio constata che l'impiego non è più necessario, lo interromperà o vi porrà fine. Con il presente messaggio chiediamo una nuova autorizzazione all'Assemblea federale.

La Libia sta attraversando una fase decisiva di transizione verso la democrazia; per ottenere il buon esito di questo difficile processo è necessario il sostegno della comunità internazionale. Desideriamo mantenere o sviluppare
la nostra presenza in Libia: analogamente alle rappresentanze svizzere negli altri Paesi dell'Africa del Nord, l'Ambasciata di Tripoli è parte integrante del «Programma svizzero per il Nord Africa per il periodo 2011­2016», che concretizza il nostro mandato teso a rafforzare l'impegno svizzero in tale regione. Oltre agli aspetti politici, economici e commerciali, tale impegno prevede attività in ambiti quali l'aiuto umanitario e la sicurezza umana.

Il mantenimento di una presenza svizzera è dunque necessario. Non essendo particolarmente esposta, l'Ambasciata svizzera può proseguire le proprie attività senza dover far fronte a ostacoli insormontabili; dovrà tuttavia mantenere il livello di

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protezione odierno. Allo stato attuale non vi sono motivi per auspicare la chiusura dell'Ambasciata di Svizzera a Tripoli.

Il dispositivo di protezione istituito ha dato ottimi risultati ed è stato regolarmente adeguato all'evoluzione della situazione. L'impegno dell'esercito per la protezione dell'Ambasciata rappresenta una soluzione appropriata ed economica. Non è pertanto necessario prendere in considerazione il ricorso a una società di sicurezza privata.

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Situazione attuale in Libia

Dal profilo della sicurezza la situazione in Libia è relativamente stabile e rimane tesa; alcune recenti aggressioni contro rappresentanze e organizzazioni straniere mostrano come queste ultime debbano ancora affrontare rischi reali e a volte seri. Al momento non si constata dunque un cambiamento di paradigma positivo. Nella città di Tripoli, in cui si concentra la maggior parte dell'attività del personale diplomatico, la situazione è relativamente calma, seppur tuttora volatile. Il resto del territorio è teatro di situazioni di conflitto a volte marcate.

2.1

Situazione politica e di sicurezza

L'elezione dei membri del «Congresso nazionale generale» (CNG, Parlamento provvisorio) è stata un'importante tappa nel processo che dovrà consentire al sistema libico di acquisire quella legittimità che mancava ampiamente al Consiglio nazionale di transizione.

La procedura di elezione del capo del nuovo Governo e di costituzione dell'intero esecutivo rappresenta un ulteriore passo particolarmente delicato, soprattutto in considerazione dei requisiti formulati dai vari attori politici in materia di rappresentanza e della loro mancanza di esperienza politica. La formazione del gruppo incaricato di redigere la Costituzione nazionale rappresenta un'altra tappa difficile e nel contempo una sfida importante.

Tale processo di sviluppo verso uno Stato di diritto e democratico, accompagnato da una tabella di marcia che ne fissa le tappe, è positivo anche se rappresenta una sfida enorme. Parallelamente all'aumento del grado di legittimità popolare del Governo, le aspettative della popolazione libica in materia di sicurezza diventano sempre più pressanti. Organizzando numerose manifestazioni, la popolazione esprime la sua crescente esasperazione; essa esige dalle autorità progressi più visibili in tale ambito e la predisposizione di forze di sicurezza capaci di garantire la sua protezione.

In tale ottica la distruzione di numerosi luoghi sacri sufiti nonché l'uccisione dell'ambasciatore degli Stati Uniti e la distruzione del consolato USA di Bengasi hanno svolto un ruolo di catalizzatore. Esposte alle pressioni esercitate dalla popolazione e dall'estero, le autorità libiche hanno intensificato la loro azione allo scopo di garantire migliori condizioni di sicurezza. Le iniziative tese al disarmo e allo scioglimento delle milizie «illegali» (che sfuggono al controllo delle autorità) o la messa sotto tutela di certe milizie mediante la sostituzione dei loro capi possono essere lette in tale prospettiva.

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Alcune milizie sono ancora molto potenti e l'autorità libica dovrà intraprendere grandi sforzi per negoziare con esse. Se l'autorità libica è riuscita a ottenere lo scioglimento o il disarmo di un certo numero di tali milizie, altre continuano a fare resistenza (all'occorrenza armata).

Un'altra grande sfida in materia di sicurezza è legata al cambiamento della natura degli atti di violenza nel Paese. Sulla base degli esempi più recenti si constata un passaggio da atti di violenza di natura «utilitaria» (con l'obiettivo di ottenere guadagni materiali, conquiste sul terreno, monopoli di contrabbando, gestione di rapimenti ecc.) ad atti di violenza di natura ideologica e religiosa. La violenza in Libia sembra, almeno parzialmente, mutare dal banditismo al terrorismo.

L'attacco dell'11 settembre 2012 al consolato degli Stati Uniti a Bengasi, che ha provocato la morte dell'ambasciatore americano, rappresenta un avvenimento che per violenza e valenza simbolica si distanzia dalla lunga lista di atti di minore importanza. La collaborazione tra i servizi segreti degli Stati Uniti e della Gran Bretagna e i servizi di Gheddafi dell'epoca contro gli islamisti potrebbe essere uno dei motivi delle aggressioni contro questi due Paesi. Pur non costituendo un obiettivo politico specifico, Paesi come la Svizzera devono stare in guardia per non diventare un bersaglio occidentale solo perché sono un anello debole nella catena protettiva.

Dalla fine della guerra civile il Paese è stato teatro di aggressioni e incidenti di varia natura, sia nelle zone urbane sia nelle regioni rurali. Considerando i due grandi poli urbani di Tripoli e Bengasi, in termini generali si potrebbe dire che la capitale è particolarmente interessata da incidenti in cui sono implicati attori libici (scontri tra milizie, scontri tra milizie o altri ambienti dell'opposizione da una parte e rappresentanti dello Stato dall'altra); il fenomeno potrebbe accentuarsi man mano che la capitale rafforza il controllo istituzionale sul Paese. Le forme di violenza che interessano Bengasi sono invece più indirizzate contro le istituzioni che rappresentano Paesi esteri e l'Occidente. La regione è una zona ad alto rischio per i rappresentanti di Paesi stranieri.

In tale contesto la profusione di armi nel Paese rappresenta un fattore di rischio supplementare
estremamente importante.

Se la Libia riuscirà a risolvere i propri problemi relativi alle strutture di sicurezza e metterà tali strutture anche al servizio di missioni di protezione delle proprie frontiere e al servizio della lotta contro le infiltrazioni (AQMI e altre organizzazioni vicine a quest'ultima), il Paese contribuirà a stabilizzare la zona del Sahel, anch'essa attualmente teatro di forti tensioni (Mali).

La soluzione dei problemi relativi alla sicurezza è un'importante componente del processo globale di costruzione di uno Stato di diritto in Libia e si va ad aggiungere ad altri aspetti essenziali quali la riforma della giustizia. Anche una politica di sviluppo economico appropriata rappresenterà un fattore di stabilizzazione importante.

2.2

Ruolo dello Stato

Nel contesto libico spesso i timidi segnali di evoluzione positiva si alternano ad aspetti critici. L'integrazione delle milizie nelle forze di sicurezza dello Stato procede ancora lentamente, anche se l'attacco al consolato degli Stati Uniti a Bengasi ha impresso nuovo slancio al processo. Ufficiali dell'esercito sono stati piazzati a capo di un determinato numero di milizie e vari campi di milizie recalcitranti sono stati 8017

occupati dalle forze dello Stato. Alcune milizie ribelli sono state ufficialmente sciolte, anche se si teme che in alcuni casi hanno semplicemente ricomposto altrove le loro forze.

Gli Stati Uniti e vari Paesi europei hanno offerto alle autorità libiche il loro sostegno nel processo d'integrazione delle milizie.

Nonostante la registrazione di un elevato numero di armi, la loro restituzione è lungi dall'aver raggiunto l'obiettivo auspicato dalle autorità.

Con la creazione del Comitato supremo della sicurezza, le autorità hanno cercato di rafforzare il loro ruolo di coordinamento tra le varie milizie e di costituire una sorta di pool di forze d'intervento in caso di bisogno. Alcuni risultati positivi si constatano nell'ambito della mobilitazione delle forze d'intervento, benché non esista ancora un vero comando unificato che inglobi le milizie armate. Le autorità si sforzano di creare centri di coordinamento delle forze di protezione nelle zone ad alto rischio (p. es. a Bengasi).

Benché le milizie abbiano restituito alcune infrastrutture importanti, spesso rimangono nei loro dintorni e continuano a esercitare un controllo indiretto su di esse.

D'altra parte non esistono ancora servizi libici incaricati di assicurare la protezione di rappresentanze straniere. Benché ufficialmente si dichiarino responsabili della sicurezza nel Paese, in varie occasioni le autorità libiche hanno mostrato le lacune del sistema attuale in tale ambito e la loro incapacità a risolvere il problema a breve termine. In quest'ottica è sintomatico constatare come le autorità non siano riuscite a garantire la sicurezza della sede del CNG, regolarmente invasa da contestatori più o meno violenti.

Al momento le rappresentanze straniere possono dunque contare unicamente sulle loro forze. Varie ambasciate straniere in Libia beneficiano della protezione garantita da forze di sicurezza del loro Paese. I Paesi che presentano condizioni di esposizione paragonabili a quelle della Svizzera sono protetti da unità le cui dimensioni corrispondono a grandi linee a quelle del distaccamento svizzero attuale.

3

Mandato del distaccamento di protezione

3.1

Bilancio (primi otto mesi dell'impiego)

Finora il personale dell'Ambasciata di Svizzera non è stato esposto a incidenti di sicurezza.

Nei primi otto mesi dell'impiego i distaccamenti di protezione avevano il compito di proteggere il personale e l'infrastruttura della rappresentanza svizzera (cancelleria, residenza). Dovevano inoltre garantire la protezione del personale d'ambasciata durante i suoi spostamenti nella capitale e in altre regioni del Paese. La loro missione prevedeva inoltre servizi di consulenza al capo della missione e ai servizi di sicurezza del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) per ottimizzare le misure di protezione in tempi normali e in situazioni di crisi. L'elenco dei compiti includeva anche il monitoraggio della situazione, l'analisi permanente dei rischi e i contatti con le forze omologhe.

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Grazie all'immediato impiego di personale locale da parte dell'Ambasciata e alla costante ottimizzazione del dispositivo di protezione, il personale militare non ha mai raggiunto il contingente operativo massimo da noi fissato.

Il nostro Consiglio giudica positivamente l'esperienza maturata nei primi otto mesi.

Il dispositivo instaurato soddisfa le esigenze ed è costantemente adeguato all'evoluzione della situazione. L'impiego ha reso possibile una migliore comprensione tra le esigenze di una rappresentanza diplomatica e gli standard delle forze speciali; una simile conoscenza reciproca ha permesso di realizzare soluzioni efficaci e pragmatiche.

3.2

Mandato per il periodo dal febbraio 2013 al luglio 2013 (rinnovabile)

Il personale dell'Ambasciata svizzera non rappresenta un bersaglio specifico, ma rimane esposto agli stessi rischi ormai noti dalla fine della guerra civile: manifestazioni violente, attacchi alle rappresentanze straniere, scaramucce o combattimenti in cui il personale dell'Ambasciata e del distaccamento di protezione potrebbe rimanere involontariamente coinvolto, rischi legati al banditismo e alla criminalità.

La missione prevista per tale periodo rientra dunque in un quadro che a grandi linee dovrebbe corrispondere a quello delle operazioni in corso. In genere i contenuti dell'ordine di operazione iniziale mantengono la loro validità; un ordine parziale sarà emesso dallo Stato maggiore di condotta dell'esercito per coprire i punti specifici legati alla proroga della missione.

Il dispositivo tattico e gli effettivi del distaccamento di protezione saranno costantemente adeguati all'evoluzione della situazione e con riferimento a due fattori essenziali: la natura delle minacce e l'intensità della protezione da una parte e il numero dei collaboratori da proteggere dall'altra.

4

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Finora i costi del personale dei distaccamenti sono stati a carico del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS). Il DFAE ha messo a disposizione le risorse specificamente legate all'impiego. In particolare ha finanziato i mezzi di trasporto (aerei e sul posto), si è occupato della messa a disposizione dell'alloggio per i distaccamenti di protezione e si è fatto carico delle spese per il vitto e la comunicazione nonché dei costi delle indennità di rischio.

Grazie alla riduzione precoce del personale militare, i costi per i primi dodici mesi dell'impiego sono stati inferiori all'importo inizialmente previsto (600 000 fr. per sei mesi); essi corrispondono infatti a circa 990 000 franchi (per dodici mesi).

L'importo indicato rappresenta una stima (proiezione a fine gennaio 2013 delle spese reali sostenute dal febbraio 2012 a fine settembre 2012).

Per il nuovo periodo dei sei mesi rinnovabili, ipotizzando che a grandi linee il numero delle persone impiegate rimanga costante, l'importo previsto dovrebbe corrispondere a circa un milione di franchi.

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Un eventuale aumento delle dimensioni del distaccamento o l'insorgenza di spese supplementari importanti legate all'infrastruttura dell'Ambasciata potrebbero comportare un aumento dei costi.

Tabella ricapitolativa dei costi (stima) in CHF

Trasporto

Costi per i primi 12 mesi

Costi per i 12 mesi supplementari

Costi totali per 24 mesi

250 000

240 000

490 000

Vitto e piccole spese

210 000

180 000

390 000

Indennità di rischio

200 000

180 000

380 000

Personale locale

330 000

400 000

730 000

Totale

990 000

1 000 000

1 990 000

La ripartizione dei compiti in materia di finanziamento rimane invariata. Le risorse specifiche legate all'impiego per il periodo compreso tra febbraio 2013 e gennaio 2014 saranno iscritte nel bilancio ordinario del DFAE.

Il personale del distaccamento è stato annunciato alle autorità libiche come personale amministrativo e tecnico e come tale beneficia delle immunità garantite ai sensi dell'articolo 37 paragrafo 2 della Convenzione di Vienna del 18 aprile 19612 sulle relazioni diplomatiche. Il riconoscimento di tale statuto è stato notificato al DFAE dall'ambasciatore libico in Svizzera a nome del suo Governo (nota dell'Ambasciata libica del 10 febbraio 2012). Malgrado gli sforzi intrapresi in tal senso dall'Ambasciata di Svizzera a Tripoli, non è stato possibile ottenere una conferma diretta dal Ministero degli affari esteri o dal Protocollo libici. Anche gli altri Paesi e le organizzazioni internazionali presenti in Libia (p. es. l'ONU) si trovano sovente in una situazione analoga per ciò che concerne il riconoscimento dello statuto delle loro forze di protezione.

5

Rapporto con il programma di legislatura

Il progetto non è annunciato né nel messaggio del 25 gennaio 20123 sul programma di legislatura 20112015 né nel decreto federale del 15 giugno 20124 sul programma di legislatura 20112015.

Il messaggio è proposto all'Assemblea federale secondo la procedura straordinaria perché la decisione di approvare la proroga dell'impiego dipende strettamente dall'evoluzione della situazione in Libia. La trattazione del messaggio secondo la procedura ordinaria avrebbe significato decidere sulla base di un'analisi della situazione non più attuale.

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RS 0.191.01 FF 2012 305 FF 2012 6413

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Aspetti giuridici

6.1

Basi legali

L'impiego si fonda sull'articolo 69 capoverso 2 della legge militare del 3 febbraio 19955 (LM). In virtù dell'articolo 70 capoverso 1 LM, la chiamata in servizio di un simile impiego è di competenza del Consiglio federale. Poiché l'impiego ha una durata superiore a tre settimane, ai sensi dell'articolo 70 capoverso 2 LM è necessaria l'approvazione dell'Assemblea federale.

6.2

Forma dell'atto

Poiché non contiene norme di diritto e non sottostà a referendum (art. 163 cpv. 2 Cost.6 e art. 29 cpv. 1 della legge del 13 dicembre 20027 sul Parlamento), l'atto riveste la forma del decreto federale semplice.

5 6 7

RS 510.10 RS 101 RS 171.10

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