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Creazione di una delegazione Iniziativa parlamentare della Commissione della gestione Parere del Consiglio federale del 20 febbraio 1991

Onorevoli presidenti e consiglieri, Vi sottoponiamo il nostro parere in merito al rapporto e alla proposta della Commissione del Consiglio degli Stati del 12 dicembre 1990, che concreta l'iniziativa parlamentare, redatta in termini generali, trasmessaci dalla commissione parlamentare d'inchiesta (CPI DFGP).

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Situazione iniziale

La CPI DFGP domanda, con la sua iniziativa, che le due Commissioni della gestione possano, con decisione presa a maggioranza qualificata da ciascuna di esse, istituire una delegazione dotata dei medesimi diritti di una commissione parlamentare d'inchiesta. I due Consigli hanno deciso all'unanimità di dar seguito all'iniziativa parlamentare (Boll. Uff. N 1989 2047, S 1989 809).

Non abbiamo partecipato ai lavori preparatori della commissione che vi sottopone la proposta. La commissione si è accontentata di dare al DFGP l'occasione di presentare un apprezzamento generale, prima che essa iniziasse le sue deliberazioni. Il segretario generale del DFGP ha in proposito esposto le nostre riserve di principio e ha ribadito che, come già affermato all'atto della discussione del rapporto della CPI DFGP, il nostro Collegio è favorevole a una vigilanza parlamentare incondizionata sui campi segreti della sicurezza dello Stato, pur ritenendo che la soluzione proposta ponga determinati problemi. Le proposte commissionali, sulle quali il nostro Consiglio ha ora per la prima volta la possibilità di esprimersi, divergono sensibilmente dalla comanda formulata genericamente.

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Presa di posizione del Consiglio federale Apprezzamento fondamentale

Secondo un principio pragmatico, una commissione deve avere la possibilità di fissare soltanto in caso di bisogno determinate questioni di procedura ed esigere che questo tipo di decisioni sia preso da una maggioranza qualificata. Per 1991 - 146

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contro, questo principio non deve valere indistintamente quando tali decisioni non si riferiscono unicamente a una questione di procedura interna, bensì vertono su un ampliamento fondamentale delle competenze di detta commissione nei confronti dell'organo più elevato di un altro potere statale.

La CPI DFGP ha giustificato la propria iniziativa dal punto di vista materiale dichiarando che l'alta vigilanza sul Ministero pubblico della Confederazione va rafforzata. Aderiamo a questa richiesta: siccome auspichiamo l'esecuzione di controlli efficaci e competenti, una delegazione speciale dei due Consigli che prenda visione in modo regolare e completo delle attività nel campo della sicurezza dello Stato sarebbe a nostro avviso preferibile a una soluzione di minor respiro, ma senza limitazione materiale delle competenze di controllo.

Nel suo rapporto del 17 novembre 1990, la commissione d'inchiesta parlamentare incaricata di chiarire i fatti di grande portata sopravvenuti al Dipartimento federale militare (CPI DMF) ha dato un suggerimento che in linea di massima riprende le nostre idee e che vi domandiamo di preferire al progetto di decisione della commissione.

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Oggetto dell'alta vigilanza parlamentare

La Costituzione federale distingue tra la vigilanza che permette l'emanazione di istruzioni e ordinamenti vincolanti e l'alta vigilanza cui non va collegato alcun diritto di dare istruzioni (vedi in proposito anche Aubert nel commentario Cost., art. 85, n. 156). La vigilanza sull'amministrazione compete al nostro Collegio; all'Assemblea federale, segnatamente per mezzo delle commissioni della gestione, spetta per contro l'alta vigilanza. Una tale ripartizione dei compiti non permette per principio di conferire a una commissione competenze di emanare istruzioni con le quali essa possa modificare l'ordine costituzionale in un caso particolare. Un'eccezione alla ripartizione costituzionale dei compiti deve essere ammessa, con l'istituzione di una commissione parlamentare, quando si tratta di chiarire avvenimenti di grande portata. Una procedura siffatta sarebbe per contro inaccettabile se divenisse strumento ordinario dell'alta vigilanza, esercitata anche in assenza di un oggetto da sottoporre a un esame dettagliato.

Il mantenimento del segreto d'ufficio nei confronti di organi del Parlamento non è concepito come decisione lasciata al nostro margine d'apprezzamento, bensì è essenzialmente giustificato dal nostro obbligo di non svelare informazioni che devono rimanere segrete a causa di un preponderante interesse di un terzo o di un altro Stato. Secondo il diritto attuale, godiamo di un potere discrezionale più esteso soltanto se si tratta di proteggere segreti relativi alla formazione dell'opinione del nostro Collegio. L'accesso completo agli atti è negato in base al principio di collegialità, pilastro importante del nostro sistema governativo.

Teniamo a sottolineare con fermezza che in questi ultimi anni abbiamo raramente rifiutato di produrre documenti domandati dalle Commissioni della gestione. Questi casi non consentono di affermare che il disciplinamento attuale non dia buoni risultati: alcuni di essi si riferivano a documenti provenienti dalla procedura di corapporto, altri a rapporti concernenti progetti di riorganizzazione che non erano ancora stati sottoposti alla nostra decisione.

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Il compito delle Commissioni della gestione consiste nel controllare a posteriori l'attività dell'amministrazione. Esse non devono intervenire nelle procedure in corso e non devono immischiarsi nella preparazione degli affari dell'Esecutivo osservandone i lavori. Il diritto di consultare completamente e senza riserve i documenti ufficiali venne rifiutato quando si trattò di estendere i controlli sull'amministrazione in seguito all'affare dei Mirages. L'articolo vigente 47quater della legge sui rapporti fra i Consigli (LRC) ci accorda la possibilità di presentare un rapporto in vece della produzione di documenti. La protezione delle procedure amministrative in corso e della procedura preliminare degli affari del nostro Collegio è stata inoltre sottolineata nella legge, poiché « i limiti tra la sorveglianza del nostro Collegio sull'amministrazione e l'alta sorveglianza dell'Assemblea federale non devono essere cancellati» (FF ediz. ted. 1965 I 1205).

La CPI DFGP ha criticato l'interpretazione dell'espressione «procedura non ancora ultimata» (rapporto della CPI DFGP del 22 novembre 1989; FF 1990 I 596). Il DFGP ne ha tenuto conto per quanto riguarda il Ministero pubblico della Confederazione, modificando ampiamente la vecchia prassi. Non si deve invece compromettere la libera formazione della nostra opinione obbligandoci a produrre documenti relativi alla procedura preparatoria. Un tale provvedimento nuocerebbe direttamente al principio di collegialità e all'esercizio della funzione governativa. Fra gli altri, segnaliamo i seguenti svantaggi: - La procedura di corapporto, formale e scritta, è una condizione indispensabile dell'esercizio efficace dell'attività governativa. Le differenze d'opinione tra i dipartimenti vengono presentate in modo da rendere possibile un'intesa prima che l'affare sia trattato oralmente in seno al nostro Consiglio. Il modo in cui l'accordo è stato raggiunto figura soltanto parzialmente nelle prese di posizione e nelle consultazioni scritte, dato che esso risulta per lo più da contatti diretti tra i capi dei dipartimenti o i responsabili dell'amministrazione.

Pertanto, i documenti esistenti informano soltanto sulle differenze non appianate e non sulle ragioni del consenso.

- Eccezioni all'assoluta segretezza della procedura di corapporto condurrebbero a ripiegare sul
negoziato orale. Giusta l'ordinamento attuale, soltanto le questioni politiche fondamentali e le poche questioni aperte sono trattate in una seduta del nostro Collegio; una modificazione di questa pratica potrebbe condurre al trattamento unicamente orale di tutte le questioni che vogliamo tenere assolutamente segrete.

- Un corapporto non da necessariamente l'opinione definitiva di un capo di dipartimento, bensì formula spesso una questione non irrisolta che deve essere portata a conoscenza di tutti i consiglieri federali. La decisione di eventualmente ritirare in una fase successiva una proposta di modificazione non viene nella maggior parte dei casi menzionata espressamente, ciò che potrebbe dar luogo a malintesi se i documenti ufficiali dovessero essere esibiti.

- I documenti provenienti dalla procedura detta di consultazione degli uffici, nel corso della quale gli uffici federali interessati espongono il loro parere e le loro proposte, possono ma non devono necessariamente corrispondere all'opinione del capo del dipartimento. L'obbligo di render note le opinioni differenti indebolirebbe il rapporto di fiducia in seno a tutta la gerarchia di un diparti74 Foglio federale. 74° anno. Voi. I

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mento. In questi ultimi tempi, si è potuto notare come alcune indiscrezioni abbiano portato a una grande perdita di credito. Inversamente, riteniamo che in molti casi l'esistenza di opinioni differenti in seno a una amministrazione non necessiti per niente la segretezza, perché serve a dimostrare che la preparazione di decisioni è oggetto di discussioni e non soltanto di direttive.

Siffatti punti in discussione irrisolti sono resi noti al pubblico dai funzionari o resi pubblici davanti a commissioni parlamentari o extraparlamentari. La produzione obbligatoria di documenti proposta dalla vostra commissione si applicherebbe soltanto ai casi in cui esista un interesse giustificato al mantenimento del segreto.

- I documenti provenienti dalla consultazione degli uffici potrebbero inoltre essere utilizzati come mezzi di pressione nei confronti del nostro Collegio o di singoli capi dei dipartimenti. Non soltanto la Commissione della gestione potrebbe criticare a posteriori decisioni e definirle sbagliate poiché noi non avremmo seguito il parere dell'amministrazione: anche l'amministrazione potrebbe citare davanti alle commissioni documenti nei quali essa rende attento il capo del dipartimento su punti che quest'ultimo non avrebbe preso in considerazione.

Con questa dettagliata esposizione della procedura che conduce alla decisione governativa intendiamo sottolineare con fermezza l'importanza che noi attribuiamo al diritto di formarci un'opinione indipendente, assumendocene la piena responsabilità. Riteniamo pertanto che la semplice eventualità che le Commissioni della gestione possano istituire l'obbligo di produrre documenti costituisca un rischio latente, ma serio, per i rapporti di fiducia che devono intercorrere tra il nostro Collegio e il Parlamento. Per non compromettere il rapporto di fiducia, proponiamo pertanto di rinunciare all'istituzione di questo problematico strumento a favore di una delegazione in materia di sicurezza.

Nel caso in cui foste di diverso avviso, bisognerebbe comunque escludere espressamente procedure in corso dall'esame da parte delle Commissioni della gestione

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Istituzione di una delegazione in materia di sicurezza

II capo del DFGP ha già espresso ai Consigli la nostra opinione (intervento di A. Koller, presidente della Confederazione, Boll. Uff. S 1990 437) secondo cui è importante e urgente rafforzare i controlli parlamentari sui campi segreti della protezione della sicurezza interna ed esterna. I lavori della CPI DMF hanno confermato questa impressione.

Una particolare urgenza spetta al controllo parlamentare nel campo della sicurezza dello Stato, anche in considerazione del fatto che parecchie cerehie consultate hanno disapprovato il progetto di ordinanza provvisoria sulla sicurezza dello Stato perché mancante degli indispensabili controlli parlamentari. Si misconoscerebbe l'urgenza del problema se si rimandasse la soluzione a un progetto commissionale da elaborare immediatamente dopo la presente iniziativa.

Pertanto vi sottoponiamo già con questo parere le nostre proposte.

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L'iniziativa parlamentare della CPI DMF propone che la delegazione in materia di sicurezza esamini «le attività dell'amministrazione sottoposte a un obbligo particolare di segretezza». Essa non determina quali unità amministrative oltre al Ministero pubblico della Confederazione e al Gruppo informazioni e sicurezza debbano ancora essere controllate. Queste imprecisioni potrebbero condurre a problemi di competenza con noi o altre commissioni parlamentari (CG, commissioni militari). Aderiamo tuttavia a questa formulazione, affinchè il disciplinamento resti aperto a ulteriori modificazioni (modificazioni dell'organizzazione dell'amministrazione, nuovi compiti ecc.).

Si, può, nella maggior parte dei casi, rinunciare alla salvaguardia del segreto d'ufficio; bisogna tuttavia poter mantenere la protezione delle fonti nel campo dei servizi d'informazione. Gli informatori e i servizi d'informazione esteri esigono, come condizione indispensabile, di non essere nominati. Se quest'ultima esigenza non può essere garantita, non sono più disposti a collaborare.

Abbiamo inoltre qualche dubbio per quanto concerne l'ampiezza della delegazione. Se il numero dei membri dev'essere tale da consentire l'elezione di un membro per ogni gruppo del Consiglio che ne conta il maggior numero, la delegazione, stante la situazione della legislatura 1987-1991, conterebbe 14 membri. A nostro modo di vedere, sarebbe preferibile una delegazione più piccola, della grandezza di quella delle finanze. Vi proponiamo di limitarla a tre membri per ogni Consiglio, per cui dovrebbe essere prevista una rotazione per i piccoli gruppi del Consiglio nazionale.

Il progetto sottopostovi corrisponde d'altronde alle proposte dell'iniziativa e non necessita di spiegazioni più precise.

20 febbraio 1991

In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Cotti II cancelliere della Confederazione, Buser

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Legge sui rapporti fra i Consigli

Disegno

Modificazione del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto 1' articolo 85 numeri 1 e 11 della Costituzione federale; visto il rapporto della Commissione del Consiglio degli Stati del 12 dicembre 1990"; visto il parere del Consiglio federale del 20 febbraio 19912), decreta: I

La legge sui rapporti fra i Consigli 3) è modificata come segue: 4. Delegazione in materia di sicurezza (nuovo) Art.

53bis

' È istituita una delegazione in materia di sicurezza per l'alta vigilanza sulle attività dell'amministrazione sottoposte a una particolare segretezza nell'interesse della sicurezza interna ed esterna. La delegazione in materia di sicurezza può nonostante il segreto d'ufficio o altri obblighi di mantenere il segreto, prendere conoscenza delle attività dei servizi d'informazione e di analoghe unità amministrative e, sentito il Consiglio federale, interrogare tutte le persone incaricate di questi compiti ed esaminare i documenti ufficiali relativi; è fatta salva la protezione delle fonti per le informazioni provenienti dall'estero.

2 La delegazione in materia di sicurezza è composta di tre membri di ogni Consiglio.

3 La delegazione in materia di sicurezza si costituisce da sé. Dispone di un segretariato. I membri, i segretari e gli estensori del processo verbale sono tenuti al segreto d'ufficio. La delegazione in materia di sicurezza fa rapporto annualmente ai Consigli, salvaguardando i segreti ancora degni di essere protetti.

"FF ...

-i FF 1991 I 1179 1) RS 171.11

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Legge sui rapporti fra i Consigli II 1

La presente legge sottosta al referendum facoltativo.

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II Consiglio federale, ne determina l'entrata in vigore.

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Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Creazione di una delegazione Iniziativa parlamentare della Commissione della gestione Parere del Consiglio federale del 20 febbraio 1991

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1991

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14

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89.243

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16.04.1991

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1179-1185

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