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Iniziativa parlamentare Riforma del Parlamento Parere del Consiglio federale del 3 giugno 1991

Onorevoli presidenti e consiglieri, Ci pregiamo sottoporvi il nostro parere sul rapporto del 16 maggio 1991 della commissione del Consiglio nazionale. Basandosi sull'iniziativa parlamentare Petitpierre, la commissione vi propone un primo pacchetto di misure per la riforma del Parlamento. Per l'esposizione delle argomentazioni che seguiranno ci siamo attenuti all'articolazione del rapporto (n. 1-9). Nell'allegato figurano le nostre proposte.

I

Introduzione

II Consiglio federale accoglie con soddisfazione gli sforzi messi in atto dal Parlamento per adattare il suo lavoro alle esigenze attuali ed in particolare per trovare anche mezzi che consentano di migliorare lo svolgimento e la pianificazione delle attività parlamentari e della procedura legislativa. A tal fine la commissione propone misure di diversa natura, che in certi settori incidono sull'attività del Consiglio federale e dell'amministrazione. Il nostro parere si limita essenzialmente ad osservazioni relative alle parti del progetto di riforma che influiscono direttamente sui rapporti Governo-Parlamento e sull'attività del Consiglio federale e dell'amministrazione.

Prima di affrontare i singoli punti della questione, ci sembra opportuno premettere alcune osservazioni di principio. Giova sottolineare in primo luogo che i presenti progetti di riforma non vanno dissociati dagli sforzi attualmente promossi dall'Esecutivo. In questo senso, il pacchetto di riforme proposto, fedele ai principi fondamentali della vigente Costituzione, sembra muoversi nella medesima direzione delle prime misure immediate che il Consiglio federale ha sottoposto alle Camere con il suo messaggio del 17 settembre 1990 concernente la revisione parziale della legge sull'organizzazione dell'amministrazione (FF 1990 III 553). In alcuni punti, per esempio nell'ambito della politica estera, la riforma parlamentare mira però ad innovazioni più fondamentali. Il Governo ha compiuto un primo passo affidando ad un gruppo d'esperti l'incarico d'esaminare l'insieme del sistema governativo e legislativo. Al termine dei suoi la640

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vori, svolti sotto la direzione del prof. Eichenberger di Basilea, detto gruppo dovrebbe formulare proposte di riforma, il cui tenore ed importanza sono attualmente difficilmente prevedibili. I primi risultati saranno presentati verso la fine di quest'anno e benché non avranno carattere definitivo, costituiranno già una risposta ai desideri espressi dalla commissione del Consiglio degli Stati che ha trattato le diverse iniziative parlamentari riguardanti la riforma del Governo; quest'ultima infatti domanda che siano presentate entro breve termine le prime proposte e modelli. Il Consiglio federale auspica che la rapidità del ritmo imposto dal Parlamento per i lavori di questa riforma non pregiudichi la scrupolosa attenzione che ciascuna delle due parti coinvolte deve dedicarvi.

Per quanto concerne il presente parere, è d'altronde necessario rilevare che l'esiguità del tempo a disposizione non ci ha consentito di analizzare a fondo tutte le conseguenze e le possibili incidenze delle riforme proposte. // Consiglio federale si riserva dunque la possibilità di riesaminare, se necessario, singoli punti e di completare il suo parere una volta terminato il dibattito al Consiglio nazionale.

L'armonizzazione dei progetti di riforma presentati dal Parlamento e quelli del Governo deve anche garantire il mantenimento dell'equilibrio dei poteri. Bisogna evitare che tale equilibrio possa essere minacciato da innovazioni precipitate ed unilaterali. Rievocheremo questo problema esaminando alcuni singoli punti. Sarebbe inoltre auspicabile, a questo proposito, che anche il Tribunale federale, quale rappresentante del potere giudiziario, si pronunci su alcuni aspetti della riforma proposta.

Occorre poi evitare qualsiasi commistione di competenze tra un potere e l'altro.

Il sistema secondo cui le commissioni parlamentari esercitano un controllo permanente dell'attività amministrativa non fa che accentuare tale rischio. Nel disciplinamento di questa materia sarà dunque necessario far prova di scrupolosità e procedere con la massima cautela. È soprattutto nell'ambito della politica estera che l'attuale regolamentazione presenta evidenti lacune.

Si dovrà infine tener conto ugualmente delle ripercussioni che il potenziamento dell'attività e dell'infrastruttura parlamentare avrà sulla mole di lavoro dell'amministrazione
federale. Quest'ultima dovrà indubbiamente far fronte ad oneri supplementari, le cui esatte proporzioni sono oggi difficilmente prevedibili. Il Consiglio federale da quindi per scontato che a tempo debito le Camere accorderanno con la necessaria comprensione gli indispensabili mezzi finanziari come pure il personale corrispondente.

2

Riforma del sistema delle commissioni

In linea di principio il Consiglio federale è favorevole alla riforma proposta.

Esso vi scorge in particolare vantaggi legati ad un 'evasione più rapida e più competente dei suoi progetti da parte delle Camere federali. Il fatto di non dover costituire, in una sessione successiva, una commissione speciale per esaminare un progetto sottoposto dal Consiglio federale, permetterà una prima economia di tempo, poiché il progetto potrà essere affidato entro breve termine ad una commissione permanente. Quest'ultima, inoltre, grazie alla competenza 641

acquisita nel settore specifico, potrà affrontare direttamente e con la dovuta precisione l'analisi del progetto senza attardarsi nella lunga fase d'entrata in materia.

L'obiettivo di professionalizzare il lavoro delle commissioni potrà d'altra parte essere raggiunto in modo ottimale limitando ai casi strettamente eccezionali il ricorso a commissioni speciali, o commissioni ad hoc.

Al fine di migliorare ulteriormente le attività commissionali, gioverà inoltre stabilire un calendario annuale delle sedute di commissione. Riguardo al modello presentato nell'iniziativa parlamentare, il Consiglio federale osserva quanto segue. Una prima conseguenza del progetto è l'aumento dell'onere di lavoro dell'amministrazione, in particolare per le commissioni di politica estera. Una rigida regolamentazione può inoltre provocare alcune incompatibilità con le scadenze di conferenze internazionali alle quali la Svizzera è rappresentata da uno o più consiglieri federali. D'altra parte, sedute di due giorni e mezzo interferirebbero con le sedute settimanali del Consiglio federale. Queste nuove disposizioni non presenterebbero invece problemi particolari qualora il Parlamento accettasse di attuare la nostra proposta di una più ampia rappresentazione dei membri del nostro Collegio da parte di segretari generali o di direttori d'ufficio. A questo proposito, proponiamo di modificare il tenore dell'articolo 65bis della legge sui rapporti tra i Consigli (RS 171.11) sostituendo l'inizio del capoverso 1 («D'intesa con il presidente della commissione») con una formula stipulante che il presidente della commissione sia informato per tempo. La nuova formulazione del capoverso 1 dell'articolo 65bis figura nell'allegato al presente testo.

Il Consiglio federale ritiene opportuno accogliere con estrema prudenza l'intenzione espressa nel rapporto della commissione di seguire permanentemente l'attività del Governo e dell'amministrazione. Una simile pratica comporta il rischio d'una confusione di competenze tra i poteri. Tale «accompagnamento» parlamentare rischia inoltre di trasformarsi in una vera e propria funzione di controllo che eccederebbe ampiamente il principio d'alta sorveglianza previsto dalla Costituzione e potrebbe tradursi, in casi estremi, in forme di codecisione.

Una simile evoluzione non tutela gli interessi del
Governo, ma nemmeno quelli del Parlamento, visto che oltre ad essere privato della propria autonomia rispetto all'Esecutivo, esso dovrebbe assumersi anche una parte di responsabilità nelle decisioni governative. Considerato il breve tempo a disposizione per il presente parere e vista l'importanza del problema concernente il controllo e l'alta sorveglianza, il Consiglio federale si riserva di riesaminare l'argomento a tempo debito e di sottoporre alle Camere ulteriori osservazioni.

Restano ugualmente poco valutabili per il momento tutte le conseguenze delle riflessioni presentate dalla commissione riguardo la procedura legislativa. Anche in questo caso occorre tener conto del rischio di trasferimenti di competenze e di incidenze sull'equilibrio fra i poteri. Per quanto la commissione sottolinei il fatto che la procedura legislativa si limita per il Parlamento ad un mero esame dei progetti governativi, un eventuale rimedio a questa situazione non deve tuttavia violare il principio secondo cui il Consiglio federale dirige la 642

procedura legislativa preliminare (art. 7 della legge sull'organizzazione dell'amministrazione; RS 172.010). Oltre alla possibilità dell'iniziativa parlamentare, le Camere dovrebbero poter continuare a beneficiare della mozione e del postulato quali strumenti per esercitare la loro influenza su singoli oggetti. In ogni caso, le riforme proposte non dovrebbero privare la procedura legislativa preliminare dell'importanza che la caratterizza.

Il rafforzamento del ruolo del Parlamento nella procedura legislativa mediante l'istituzione di commissioni permanenti dovrebbe effettuarsi in modo da permettergli di seguire l'evoluzione in un ambito specifico con maggiore regolarità e conoscenza in materia. I dibattiti sui disegni di legge e la formulazione di interventi parlamentari risulterebbero così più fondati. Riteniamo sensata la possibilità menzionata dalla commissione di attribuire in futuro maggiore importanza alla procedura legislativa post-parlamentare (settore della legislazione delegata). Gli esempi stranieri di commissioni dotate di ampi poteri che il rapporto cita a confronto non giustificano invece, a nostro parere, una modificazione dei rapporti esistenti in questo ambito in Svizzera. Tutti i Paesi citati come esempi dispongono di organi esecutivi forti, che giustificano un maggiore coinvolgimento del Parlamento e delle sue commissioni. A questo proposito occorre ancora una volta ricordare l'importanza di coordinare la procedura di riforma del Governo e quella del Parlamento: tutte le proposte miranti ad un rafforzamento dell'organo esecutivo hanno ripercussioni dirette sull'organizzazione dell'attività parlamentare.

Non è del tutto chiaro che cosa si debba intendere con l'istituzione di una commissione peritale parlamentare. Ci chiediamo se questo nuovo strumento non si riveli problematico anche per lo stesso Parlamento, nella misura in cui comporterebbe una singolare associazione tra esperti e responsabili politici. Pure la sua funzione nello svolgimento degli affari parlamentari appare alquanto vaga.

Bisogna assolutamente evitare che il suo lavoro si sovrapponga a quello delle commissioni peritali del Consiglio federale (commissioni extraparlamentari), soprattutto qualora si voglia ricorrere sovente a questo nuovo organo. Per il nostro Collegio, non è inoltre ammissibile che funzionari
federali entrino a far parte delle commissioni, poiché ciò provocherebbe nuovamente una commistione di competenze. L'amministrazione opera in primo luogo al servizio del Governo. Se le Camere desiderano sostegno da parte dell'amministrazione, questo è vincolato all'autorizzazione del Consiglio federale. Per dipanare la questione, proponiamo una nuova formulazione dell'articolo 8sexies capoverso 2 della legge sui rapporti fra i Consigli (cfr. allegato).

Per quanto concerne // numero dei membri e l'ambito di competenza delle commissioni permanenti il Consiglio federale ritiene che il raggruppamento in una sola commissione di tutti i settori attinenti alla politica estera può presentare alcuni vantaggi a condizione che si formino sottocommissioni di proporzioni ragionevoli che permettano un migliore coordinamento di quanto non sia il caso attualmente. Ciò è tuttavia discutibile. D'altra parte, ne risulterà un alleviamento per l'Esecutivo soltanto se ogni commissione non insisterà sulla presenza di un consigliere federale. Queste considerazioni valgono pure per la Commissione dell'economia e dei tributi, il cui ambito d'attività è parimenti molto vasto. Nel settore delle finanze reputiamo che le entrate e le spese deb643

bano essere giudicate globalmente. Oltre ai decreti relativi a crediti e ai conti di Stato, le commissioni delle finanze dovrebbero pertanto trattare in futuro anche il piano finanziario della legislatura e in particolare anche le questioni fiscali e di regime finanziario. Il campo d'attività della futura commissione dell'economia e dei tributi sarebbe in questo modo ridimensionato. È peraltro certo che tra economia e finanze federali esiste un rapporto di reciproca influenza, del quale occorre tener conto intensificando la collaborazione tra le commissioni. La legge dovrebbe inoltre prevedere uno statuto particolare per la Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni, nel senso che a quest'ultima dovrebbe essere assegnata l'alta vigilanza sulla gestione e sulle finanze delle FFS e delle PTT. L'attuale commissione dei trasporti e del traffico esercita già sinora l'alta vigilanza sulle FFS: questo ruolo non si limita ad una funzione legislativa, ma comprende anche specifici compiti di gestione imprenditoriale. Dal momento che l'attività dell'amministrazione federale generale si distingue sensibilmente da quella delle due imprese in regìa per quanto concerne il mandato e il margine d'azione, sembra ragionevole istituire un regime di competenze che consenta di stabilire paragoni e controlli paralleli. Dal profilo politico, le questioni strategiche e di analisi del mercato sono preponderanti per entrambi le aziende. Nell'allegato proponiamo un'adeguata riformulazione degli articoli 47ter e 48 della legge sui rapporti fra i Consigli.

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Politica estera: migliore partecipazione del Parlamento

II Consiglio federale ritiene che le proposte di riforma concernenti la politica estera meritino particolare attenzione.

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In genere

Come in altri settori della direzione dello Stato, la Costituzione federale attribuisce i compiti di politica estera sia al Consiglio federale che all'Assemblea federale. Anche in questo ambito vi è dunque fra Governo e Parlamento un rapporto di cooperazione permanente e di reciproca interdipendenza. Ognuno di questi organi partecipa al processo di politica estera secondo la sua vocazione e le sue specifiche funzioni. Il Consiglio federale rappresenta la Confederazione all'estero, assume gli impegni di diritto internazionale e veglia a preservare gli interessi della Confederazione all'estero (art. 102 numero 8 Cost.). Grazie alla sua competenza di prendere misure per garantire la sicurezza esterna e per il mantenimento dell'indipendenza (art. 85 numero 6 Cost.), al diritto d'approvare i trattati internazionali (art. 85 n. 5 Cost.), come pure ai suoi ampi poteri in ambito legislativo, finanziario e di controllo (esame del rapporto della gestione e del rapporto sulla politica economica estera), l'Assemblea federale dispone dei mezzi adeguati per assicurare la sua partecipazione alla politica estera. Essa è soprattutto coinvolta nella definizione degli obiettivi e dei mezzi essenziali della politica estera come pure nel processo decisionale concernente questioni fondamentali e risoluzioni di grande portata.

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Giova inoltre ricordare che nella condotta di negoziati internazionali il Consiglio federale non gode affatto d'una libertà d'azione assoluta, ma è vincolato da tutta una serie di direttive parlamentari (grandi linee della politica estera, pianificazione politica, pareri e decisioni anteriori del Parlamento, legislazione, finanze, interventi parlamentari). D'altro canto, il fatto che il Parlamento disponga del potere di approvare i trattati internazionali influisce sull'azione del Governo: al tavolo dei negoziati il Consiglio federale deve tener conto degli obiettivi fissati dall'Assemblea federale se non vuole che il trattato concluso sia poi respinto.

Se nonostante tali possibilità d'esercitare la propria influenza, l'Assemblea federale risente un certo malessere riguardo al suo ruolo in materia di politica estera, la causa non è da ricercare in una carente attribuzione di competenze a livello costituzionale.

Il Consiglio federale perseguirà i propri sforzi per coinvolgere ampiamente l'Assemblea federale nell'elaborazione della politica estera svizzera. Occorre tuttavia rilevare che a tale cooperazione sono imposti determinati limiti di ordine giuridico (principi costituzionali, separazione dei poteri) o di natura fattuale (esigenze e particolarità delle relazioni internazionali).

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Principi costituzionali, separazione dei poteri

Le proposte della Commissione in materia di politica estera suscitano alcuni interrogativi fondamentali riguardanti le disposizioni costituzionali. Disponendo di poco tempo, il Consiglio federale non è per ora in grado di rispondere esaurientemente a tali questioni, ma se ne riserva l'esame approfondito in un'eventuale futura occasione. Ci limiteremo pertanto ad alcune osservazioni di principio.

Sulla scorta del disciplinamento normativo dell'Assemblea federale, è andata via via affermandosi una precisa prassi, ormai pluridecennale e pressoché incontestata, sulla ripartizione delle competenze tra Consiglio federale e Assemblea federale nell'ambito della condotta degli affari esteri. Questa prassi, peraltro conforme alla Costituzione, non può essere sconvolta mediante una semplice modificazione della legge sui rapporti fra i Consigli. Occorrerebbe piuttosto domandarsi se non si giustifichi una revisione formale della Costituzione.

Il principio della separazione dei poteri e l'ordinamento delle funzioni stabilito dalla Costituzione ripartiscono le funzioni statali secondo il principiò della separazione dei poteri sia dal punto di vista organizzativo che da quello delle persone. Nessuno di questi due poteri deve assumere le funzioni dell'altro o limitarne eccessivamente l'azione. La condotta della politica estera è in gran parte attribuita all'Esecutivo, a cui spetta la rappresentanza della Svizzera nelle relazioni internazionali e la gestione ordinaria degli affari esteri. Tale prerogativa non deve perdere la propria consistenza assegnando al Legislativo ampi poteri direttivi e di cogestione. La Costituzione attribuisce al Parlamento precise competenze incaricandolo di fissare gli obiettivi e i mezzi della politica estera, ma non gli consente d'assumere un ruolo operativo nella condotta effettiva della stessa. L'esecuzione della politica estera, come pure l'elaborazione di norme 645

giuridiche a livello nazionale, è affidata al Consiglio federale. Una modificazione di questa ripartizione delle competenze mette in dubbio l'intero equilibrio tra Esecutivo e Legislativo sancito dalla Costituzione. Inoltre, essa comporta la commistione tra le competenze dei due poteri.

Se il Parlamento partecipa ai negoziati su un trattato internazionale, esso ne assume già dall'inizio una parte di responsabilità. Ciò significa che durante la fase finale d'approvazione da parte delle Camere, esso non potrà più giudicare da un punto di vista neutro e decidere in modo obiettivo. L'approvazione parlamentare perde in questo modo la sua funzione di controllo prevista dalla Costituzione. Le responsabilità devono essere chiaramente definite e restare tali, in modo che ad ogni stadio si sappia a chi va attribuita una determinata responsabilità. Secondo il sistema attuale, per esempio, il Consiglio federale, in qualità di organo mandante, è responsabile dell'incarico che affida ad una delegazione per i negoziati, e mantiene la responsabilità fino al momento in cui il Parlamento esamina i risultati dei negoziati. Una modifica di questa procedura comporterebbe un'inammissibile commistione delle competenze e delle responsabilità.

La Costituzione federale non attribuisce alle commissioni parlamentari in quanto tali alcuna competenza in materia di politica estera. Le proposte presentate dalla commissione suscitano pertanto gli interrogativi seguenti: può il plenum delegare alla Commissione degli affari esteri poteri di cooperazione previsti dalla Costituzione? Le decisioni, proposte e suggerimenti di detta Commissione sono vincolanti per il plenum, oppure devono essere considerate come semplici opinioni da cui non deriva alcun impegno?

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Peculiarità dei negoziati diplomatici

Contrariamente al processo relativamente autonomo d'elaborazione di norme giuridiche a livello nazionale, i negoziati diplomatici e la conclusione di accordi internazionali devono sempre tener conto degli interlocutori stranieri e dei loro interessi sovente contrastanti. Per rendere possibile un compromesso, ogni parte in causa deve fare alcune concessioni. Se le delegazioni fossero vincolate da direttive dettagliate ed imperative, i negoziati sarebbero spesso destinati a fallire. La proposta e la presentazione di un tema di negoziato come pure l'istruzione e la condotta delle trattative esigono conoscenze approfondite della materia e l'instaurazione di buone relazioni con gli interlocutori. Essendo un processo di dialogo con interlocutori stranieri, la condotta di negoziati suppone meccanismi di decisione permanenti, flessibili e rapidi. Il fatto di non sapere chiaramente a chi incombe la direzione dei negoziati costituirebbe una difficoltà supplementare: i negoziati sarebbero diretti dalle commissioni, dai loro presidenti, dalla maggioranza o dalla minoranza delle commissioni, e quale sarebbe il ruolo del Consiglio federale? In queste condizioni, la chiara e precisa condotta dei negoziati risulterebbe non solo inutilmente ostacolata, ma anche del tutto irrealizzabile.

Il medesimo discorso vale per quanto concerne il raggiungimento di un consenso intergo vernati vo. Se si vuole che i negoziati internazionali abbiano successo è necessario assegnare agli organi incaricati di condurre le trattative un certo margine d'azione per permetter loro di adeguarsi debitamente agli interlo646

cutori e alla situazione concreta. Tale necessità è d'altronde accentuata dal fatto che ogni negoziato sviluppa la sua propria dinamica tutt'altro che prevedibile. L'attribuzione di una certa libertà di decisione e d'azione tutela anche gli interessi dello Stato, poiché pone i negoziatori in una situazione che permette loro, se le trattative sono condotte abilmente, di far accettare alle migliori condizioni possibili il loro punto di vista. Essi possono cogliere l'opportunità del momento per imporre l'interesse del Paese e, facendo uso di fermezza o flessibilità, esercitando pressioni o facendo concessioni, raggiungere compromessi soddisfacenti e stipulare dunque un accordo favorevole. Simili considerazioni si applicano in particolare nei casi in cui le esigenze di cooperazione conducono a conferenze non solo bilaterali ma anche multilaterali oppure a decisioni nell'ambito di organizzazioni internazionali. In questi complessi meccanismi di conferenze e di organizzazioni le possibilità d'influenza di ogni singolo Stato sono estremamente limitate e vanno pertanto sfruttate nel miglior modo avvalendosi d'una condotta flessibile dei negoziati. Inoltre, per essere efficace la conduzione di negoziati deve poter svolgersi con particolare confidenzialità e discrezione. Non è infatti auspicabile che l'interlocutore conosca perfettamente le nostre concezioni e intenzioni, o le concessioni che siamo disposti a fare.

In virtù della loro struttura, del loro metodo di lavoro e della loro funzione, l'Assemblea federale e le sue commissioni possono essere maggiormente coinvolte nei negoziati diplomatici soltanto in misura estremamente limitata. La procedura parlamentare, la quale necessita ovviamente di lungo tempo sfocia in disposizioni vincolanti e opera sotto gli occhi dell'opinione pubblica, non è certamente adeguata in questo contesto. Né il Parlamento, né le commissioni si riuniscono permanentemente; esse non sono pertanto in grado di assegnare alle delegazioni entro alcuni giorni, o addirittura alcune ore, nuove direttive o di estenderne le competenze. Inoltre, ciò complicherebbe ulteriormente la conduzione dei negoziati, resa oggi già difficile dalla natura particolare delle nostre istituzioni (sistema collegiale del Consiglio federale, governo multipartitico, soggezione dei trattati internazionali al
referendum). D'altra parte, le rivalità e le divergenze fondamentali che emergono frequentemente tra Governo e Parlamento, come pure tra il Parlamento e le sue commissioni, rischierebbero di compromettere i negoziati e di mettere in dubbio la credibilità della Svizzera quale interlocutrice.

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Riepilogo

È incontestabile che nell'ambito degli affari esteri la Costituzione prevede l'attribuzione parallela di alcune competenze al Consiglio federale e alle Camere.

Indubbiamente, nell'interesse del Paese è proprio in questo settore che deve esistere una stretta collaborazione tra Esecutivo e Legislativo. Tale cooperazione non deve tuttavia né tradursi in una commistione delle responsabilità né pregiudicare la libertà d'azione dell'Esecutivo. In quest'ottica possiamo accettare l'idea di un potenziamento dell'informazione reciproca tra Parlamento e Consiglio federale. Quando però si esige che il Consiglio federale, prima di affidare mandati di negoziati, deve consultare la Commissione degli affari esteri e tener 647

conto della sua posizione (cfr. art. 47bis capoverso 4 del disegno di revisione della legge sui rapporti fra i Consigli) o quando si prevede che le commissioni inviano osservatori alle conferenze internazionali (art. 47bis cpv. 6), riteniamo che si ecceda la misura. Queste due proposte riguardano i poteri dell'Esecutivo e influiscono sull'attività governativa; esse modificherebbero sensibilmente il disciplinamento delle competenze nell'ambito della politica estera, contraddicendo così gli intenti dichiarati al numero 331 del rapporto della commissione.

Mentre il nuovo testo legislativo vorrebbe costringere il Consiglio federale a tener conto delle posizioni delle commissioni per i mandati di negoziato, il numero 333 del rapporto recita: «II Consiglio federale continua a definire il mandato di negoziato e può discostarsi dalle raccomandazioni delle commissioni competenti». Questo è solo un primo indizio, peraltro assai significativo, delle contraddizioni e dubbi legati alla ripartizione delle competenze de lege lata.

Inoltre, resterebbe ancora da definire chiaramente lo statuto e la funzione di un osservatore parlamentare ai negoziati. Ragioni legate al diritto internazionale imporrebbero in questo caso di includere l'osservatore nella delegazione; d'altra parte però egli non sarebbe tenuto ad attenersi alle direttive del capo delegazione e perseguirebbe i propri interessi nel quadro del suo mandato parlamentare. Ne risulterebbe una situazione talmente intricata da rendere pressoché impossibile la tutela degli interessi svizzeri nelle conferenze internazionali.

Conformemente a quanto precede, ci permettiamo di sottomettere nell'allegato una versione parzialmente riformulata dell'articolo 47bis a della legge sui rapporti fra i Consigli.

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Migliore cooperazione fra i due Consigli

II Consiglio federale è favorevole alla semplificazione della procedura d'appianamento delle divergenze, all'introduzione di sedute commissionali in comune e alla formazione di commissioni miste. Queste proposte contribuiscono sicuramente ad un'accelerazione della procedura. In particolare, l'applicazione dell'idea di procedere ad audizioni comuni dei rappresentanti del Governo avrebbe un sensibile effetto di sgravio.

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Gestione e pianificazione delle attività del Parlamento

II Consiglio federale è pure favorevole ad una migliore pianificazione, la quale, oltre a permettere una semplificazione organizzativa, faciliterebbe anche la collaborazione tra Consiglio federale e Parlamento. In questo senso, il raggruppamento di organi parlamentari e una più precisa definizione delle competenze significherebbe, a nostro parere, facilitare la pianificazione comune rendendo la collaborazione più efficace e coerente.

Per quanto concerne l'istituzione di una Conferenza di coordinamento, occorre interrogarsi sull'opportunità dell'articolo 8ter capoverso 7 della legge sui rapporti fra i Consigli, secondo il quale il presidente della Confederazione e il cancelliere partecipano di regola, e con voto consultativo, alle sedute della stessa.

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Una partecipazione del presidente della Confederazione, con tutti i diritti e doveri che ne risultano, sarebbe difficilmente compatibile con il principio della separazione dei poteri, anche nella sua accezione più lata. Ciò spiega verosimilmente il fatto che nel rapporto della commissione si attribuisca al presidente della Confederazione soltanto il diritto di voto consultivo. Questa disposizione dovrebbe essere più flessibile. Nell'allegato proponiamo dunque una formulazione secondo cui il presidente della Confederazione e il cancelliere possono partecipare alle sedute di detta Commissione, disponendo inoltre del diritto di presentare proposte.

L'introduzione di un termine massimo di un anno tra la conclusione dell'esame preliminare di un'iniziativa parlamentare e il suo esame preliminare da parte del Consiglio significa per il Consiglio federale una facilitazione della coordinazione della procedura legislativa. L'attuale procedura d'esame preliminare ha l'inconveniente che il Consiglio federale è invitato a prendere posizione relativamente tardi, quando alcune decisioni importanti sono già state prese.

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Calendario delle sessioni

Condividendo il parere della commissione, il nostro Collegio ritiene che l'attuale scadenzario delle sessioni non sia da modificare. In particolare, il sistema di concentrare le sessioni in particolari periodi intercalati da pause non dovrebbe subire cambiamenti.

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Miglioramento della situazione finanziaria dei deputati

II nostro Consiglio condivide il parere della commissione del Consiglio nazionale secondo cui i deputati alle Camere devono essere correttamente retribuiti per la crescente mole di lavoro svolta. Esso accoglie pure favorevolmente la rinuncia alla proposta contenuta nell'iniziativa parlamentare «Riforma del Parlamento» che permetteva ai deputati di scegliere tra attività parlamentare a tempo pieno e a tempo parziale. L'attuazione di una simile proposta avrebbe creato un Parlamento a due livelli e leso il principio della parità di trattamento dei deputati.

La soluzione prescelta dalla commissione è dunque migliore, ma non risolve tuttavia tutti i problemi. Infatti, anche se, grazie all'aumento sostanziale dell'indennità forfettaria e della diaria, otterrà un reddito annuo di circa 120 000 franchi, il deputato potrà ancora scegliere se esercitare o no un'altra attività professionale oltre al suo mandato parlamentare. In pratica ciò significa che questa soluzione presenta il medesimo difetto della proposta dell'iniziativa parlamentare. Si tratta dunque d'una soluzione ambigua: vi saranno parlamentari che svolgeranno il loro mandato a titolo professionale e altri a titolo accessorio, ciò che creerà necessariamente le disparità che si volevano evitare. Per finire, non avremmo un Parlamento interamente professionale, pur se l'insieme dei costi sarebbe quasi equivalente a quelli necessari per un Parlamento di questo tipo.

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Ritieniamo inoltre doveroso sottolineare che una professionalizzazione anche solo parziale del Parlamento dovrebbe coniugarsi con un chiaro disciplinamento concernente le incompatibilità, peraltro tutt'ora mancante nelle proposte della commissione del Consiglio nazionale.

Considerazioni analoghe s'impongono a proposito delle indennità per funzioni speciali. Pur essendo giustificate in rapporto all'onere di lavoro che comportano tali incarichi, esse tendono inevitabilmente ad una quasi totale professionalizzazione delle funzioni speciali. Il rapporto della commissione lo rivela d'altronde esplicitamente quando sottolinea che la presidenza di un consiglio, di gruppi parlamentari o d'importanti commissioni permanenti esige una totale presenza e disponibilità da parte dei titolari. In altri termini, ciò significa che tali funzioni possono essere assunte soltanto da deputati che rinunciano ad una ulteriore attività professionale, suscitando problemi di fondo che il rapporto risolve soltanto parzialmente.

Queste osservazioni critiche non hanno lo scopo di sminuire gli aspetti positivi della riforma, ampiamente descritti nel rapporto, ma intendono fornire un contributo al dibattito vertente su un problema fondamentale che è anche di capitale importanza per il funzionamento futuro delle nostre istituzioni parlamentari e la cui soluzione devra essere trovata dal Parlamento stesso.

Per quanto riguarda i contributi alla cassa pensioni, la soluzione proposta dalla commissione gode del nostro sostegno. Occorrerebbe comunque considerare l'indennità di previdenza professionale del 20 per cento a titolo di contributo del datore di lavoro. Si potrebbe così evitare che il parlamentare paghi l'AVS sulla sua parte di contributi. Il contributo del 20 per cento corrisponde circa all'ammontare dei contributi dell'impiegato e del datore di lavoro presso la Confederazione.

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Miglioramento dell'infrastnittura del Parlamento

In generale il nostro Consiglio condivide gli obiettivi del rapporto e ritiene che il Parlamento debba disporre di un'infrastruttura più adeguata per lo svolgimento del suo alto mandato. Per il resto ci limiteremo ad alcune osservazioni riguardanti le proposte suscettibili d'influire sul lavoro del Consiglio federale e su quello dell'amministrazione.

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Servizio di traduzione del Parlamento

In linea di principio il Consiglio federale non ha nulla da obiettare riguardo la creazione di un Servizio di traduzione presso il Parlamento, in quanto ritiene che un simile servizio tenga conto della separazione dei poteri e che il principio del trilinguismo debba essere rispettato anche nei lavori del Parlamento.

I dati figuranti nel rapporto della commissione non ci consentono di esprimere un giudizio definitivo sull'opportunità e sull'efficacia di un Servizio di traduzione in seno al Parlamento, e non ci permettono di stimare esattamente il nu650

mero di traduttori necessari e i problemi pratici risultanti dalla creazione di una simile struttura.

Abbiamo incaricato un gruppo di lavoro di esaminare e di riorganizzare il settore della traduzione nell'ambito dell'amministrazione federale. In alcuni settori (assunzione di traduttori, formazione, terminologia) sarebbe auspicabile che fra i servizi del Parlamento e l'amministrazione s'instaurasse una certa collaborazione.

A nostro modo di vedere, tutti questi aspetti dovrebbero essere ampiamente chiariti per permettere al Parlamento di decidere disponendo di tutti gli elementi necessari. In proposito occorrerà tener conto delle differenze fondamentali che distinguono le professioni dell'interprete e del traduttore.

A queste condizioni il Consiglio federale non ha nulla da obiettare all'introduzione nel decreto federale del 7 ottobre 1988 sui servizi del Parlamento di un articolo 12bis che preveda la creazione di un Servizio di traduzione.

Deploriamo il fatto che per le lingue ufficiali si debba far ricorso alla traduzione simultanea. Pur riconoscendo il diritto di ogni deputato di seguire i dibattiti e di farsi capire nella propria lingua, riteniamo che una tal misura non costituisca un incoraggiamento alla reciproca comprensione tra le comunità linguistiche. La decisione in merito spetta comunque al Parlamento.

Infine il nostro Consiglio constata che, contrariamente a quanto esigerebbe l'applicazione del principio della parità delle lingue iscritto nella Costituzione, il ruolo e lo statuto della lingua italiana quale terza lingua ufficiale non è ancora chiaramente definito.

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Miglioramento dell'infrastruttura a disposizione dei deputati

II nostro Collegio rispetta la volontà espressa dai deputati di poter disporre di collaboratori personali nell'ambito scientifico o amministrativo, come previsto dall'articolo 2 del disegno della legge sull'infrastruttura. Esso è infatti convinto che una simile innovazione possa accrescere l'indipendenza personale dei deputati e l'efficienza del loro lavoro. Ritiene tuttavia che il ruolo e il lavoro preciso di detti collaboratori non sia sufficientemente definito nel rapporto, dal momento che quest'ultimo fa riferimento a direttive che devono essere ancora elaborate (art. 2 cpv. 2 del disegno del decreto federale relativo alla legge sui costi d'infrastruttura). Occorrerebbe inoltre definire chiaramente lo statuto giuridico di tali collaboratori, in particolare per quanto concerne le assicurazioni sociali.

Soltanto quando si sarà trovata una chiara soluzione a questi problemi, sui quali il nostro Consiglio desidera essere consultato, sarà possibile pronunciarci su altre disposizioni, segnatamente sull'articolo 4 capoverso 2 della legge sull'infrastruttura che assegna all'Ufficio del Consiglio la competenza esclusiva di controllare i conti. Quale variante, il Consiglio federale si domanda se non sarebbe più semplice potenziare le segreterie dei gruppi politici o dei servizi del Parlamento. Una simile soluzione comporterebbe sicuramente meno imprevisti.

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Alla luce del rapporto, non siamo in grado di pronunciarci esaurientemente e in modo definitivo su questa proposta. Temiamo tuttavia che essa provocherà un ulteriore aumento degli interventi parlamentari e quindi, un sensibile aumento della mole di lavoro a carico non solo del Consiglio federale e dell'amministrazione, ma anche del Parlamento stesso.

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Progetti edili in relazione alla riforma del Parlamento

Per quanto concerne i locali supplementari resi necessari dalla riforma del Parlamento, incomberà a quest'ultimo determinarne e giustificarne le precise esigenze.

Il rapporto propone due varianti, per la realizzazione delle quali diversi studi d'architettura sono già stati incaricati d'elaborare dei modelli.

La soluzione che prevede una nuova costruzione è estremamente delicata dal punto di vista urbanistico e implica una lunga e complessa procedura (compresa la votazione popolare nella città di Berna) per l'ottenimento del permesso di costruzione. Ne risulta, ammesso che essa sia realizzabile, che tale variante richiederà un periodo di realizzazione assai lungo e ingenti spese.

La soluzione che prevede l'utilizzazione delle due ali del Palazzo federale presuppone che siano messi a disposizione locali attualmente occupati dall'amministrazione. I dipartimenti situati attualmente in tali locali dovrebbero traslocare e poter beneficiare di nuovi uffici. Considerando che la realizzazione di tale progetto comporta due fasi interdipendenti (costruzione di nuovi locali per l'amministrazione federale, ristrutturazione delle ali per il Parlamento) è poco probabile che il Parlamento possa disporre dei nuovi locali prima del 2000.

Occorre rilevare che la fornitura dei locali richiesti dal Parlamento non può effettuarsi a corto termine. Si dovrebbe pertanto procedere gradatamente, optando per una soluzione che tenga conto degli interessi sia del Parlamento che del Consiglio federale.

In una prima fase si tratterebbe d'esaminare se i locali supplementari derivanti dal progetto «LIMELIGHT DUE» siano sufficienti per coprire i bisogni del Parlamento.

Il nostro Collegio ritiene inoltre che nella ricerca di nuove soluzioni si debba tenere ugualmente conto dei legittimi bisogni dei giornalisti accreditati a Palazzo federale, i cui locali attualmente a disposizione corrispondono allo stretto necessario. Tenuto conto della funzione importante che rivestono i mezzi di comunicazione nello Stato e nella società in generale, le future soluzioni dovrebbero migliorare l'ambiente di lavoro dei giornalisti, o in ogni caso non peggiorarlo.

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Conseguenze finanziarie e sull'effettivo del personale

Le spese supplementari di circa 45 milioni di franchi annui a cui s'aggiungono ancora 5 milioni di franchi per l'attrezzatura (traduzione simultanea e informa652

tica) non sono previste nel piano finanziario. D'altra parte, i 75 milioni di franchi che dovrebbero, secondo la commissione, coprire le spese globali della riforma proposta, non comprendono i costi di costruzione di nuovi locali per i deputati.

Sulla base dei dati attualmente a disposizione è facile prevedere che il deficit del piano finanziario imporrà drastiche misure di risparmio, la cui difficoltà d'attuazione sarà accentuata dal fatto che nel contempo il Parlamento aumenterà le sue spese. Già soltanto l'aumento dell'indennità di base da 30000 a 80000 franchi e quello delle diarie di più del 30 per cento incideranno sensibilmente sul bilancio.

I 61 posti supplementari previsti per i servizi del Parlamento corrispondono ad un aumento dell'effettivo del personale del 74 per cento. La stima dei costi (100 000 franchi annui per ogni posto di lavoro) ci sembra eccessivamente modesta.

La decisione di imputare alla Confederazione la metà delle indennità dei deputati agli Stati costituirebbe un'inutile ingerenza nell'autonomia cantonale e comporterebbe ulteriori oneri per la Confederazione.

Vi proponiamo pertanto di approvare i disegni di disposizioni figuranti nell'allegato.

Vi siamo grati per averci dato occasione di esprimere il nostro parere e vi preghiamo di gradire, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

3 giugno 1991

In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Cotti II cancelliere della Confederazione, Buser

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42 Foglio federale. 74° anno. Voi. III

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Allegato

Proposte del Consiglio federale (Modifiche e complementi delle proposte presentate dalla commissione del Consiglio nazionale)

Legge sui rapporti tra i Consigli 1) Art. 8bis cpv. 7 7

II presidente della Confederazione e il cancelliere della Confederazione possono partecipare con voto consultivo alle riunioni della Conferenza di coordinamento. Essi hanno il diritto di presentare proposte.

Art. 8sexies a cpv. 2 2

Una commissione peritale parlamentare si compone di membri dei Consigli e di esperti non appartenenti né alle Camere né all'amministrazione federale. I membri dei Consigli sono la maggioranza.

Art. 47bis a cpv. 3-7 3

In caso di negoziati in seno a organizzazioni internazionali che conducono a decisioni direttamente applicabili in diritto svizzero o che implicano la modifica della legislazione svizzera, il Consiglio federale informa, nella misura in cui le circostanze lo permettano, la Commissione della politica estera sulle direttive e linee direttrici del mandato di negoziato.

4 Le commissioni possono trasmettere al Consiglio federale il loro parere sulle linee direttrici del mandato di negoziato. Il Consiglio federale informa la commissione sul proseguimento dei negoziati.

5 Su richiesta delle commissioni i capoversi 3 e 4 si applicano per analogia anche ai negoziati con Stati esteri o organizzazioni internazionali che vertono su trattati internazionali.

6 Le commissioni o, se le circostanze lo esigono, i loro presidenti sono informate quanto prima sui risultati parziali o definitivi dei negoziati.

7 Le commissioni informano le altre commissioni permanenti sugli oggetti che concernono il loro settore di competenza. (Stralciare il resto).

Art. 47" cpv. 1 1 Per l'esame dei rapporti di gestione del Consiglio federale, delle aziende e stabilimenti della Confederazione, nonché dei Tribunali federali, eccettuate le Ferrovie federali svizzere e l'azienda delle PTT, come pure per l'esame e la vigilanza circa la gestione dell'amministrazione federale e degli organi giudiziari, ogni Consiglio nomina una commissione permanente della gestione.

1> RS 171.11 654

Art. 48

Per l'esame del bilancio di previsione della Confederazione e dei conti di Stato, compresi quelli delle sue aziende e stabilimenti eccettuate le Ferrovie federali svizzere e l'azienda delle PTT, ciascun Consiglio istituisce una commissione permanente delle finanze.

Art. 65bis cpv. 1 1 Dopo averne informato per tempo il presidente della commissione, i membri del Consiglio federale possono farsi rappresentare nelle commissioni parlamentari dai propri segretari generali o capi di gruppi od uffici.

4327

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Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Iniziativa parlamentare Riforma del Parlamento Parere del Consiglio federale del 3 giugno 1991

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1991

Année Anno Band

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30

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90.228

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06.08.1991

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640-655

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