10.096 Messaggio concernente l'approvazione del Protocollo n. 3 alla Convenzionequadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali relativo ai gruppi euroregionali di cooperazione (GEC) del 17 novembre 2010

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale concernente il Protocollo n. 3 alla Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali relativo ai gruppi euroregionali di cooperazione (GEC).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

17 novembre 2010

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Doris Leuthard La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

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Compendio Il Protocollo n. 3 alla Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle autorità o collettività territoriali si prefigge di consolidare il quadro giuridico multilaterale del Consiglio d'Europa nell'ambito della cooperazione transfrontaliera e interterritoriale.

Sulla base del Protocollo, le collettività locali e regionali dei differenti Paesi d'Europa potranno istituire organismi di cooperazione transfrontaliera o interterritoriale che saranno denominati «Gruppi euroregionali di cooperazione» (GEC). Per rafforzare la loro azione, i GEC saranno dotati di personalità giuridica e disporranno di capacità giuridica.

Il ricorso alle norme previste dal Protocollo è comunque facoltativo, anche per le collettività locali e regionali degli Stati contraenti. Gli attuali organismi continueranno a svolgere la loro attività e potranno essere costituiti altri organismi diversi dai GEC.

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Messaggio 1

Parte generale

1.1

Situazione iniziale

Il Protocollo n. 3 alla Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali relativo ai gruppi euroregionali di cooperazione (GEC) rientra nell'insieme degli strumenti giuridici multilaterali del Consiglio d'Europa relativi alla cooperazione transfrontaliera e interterritoriale. Si tratta della Convenzione-quadro del 21 maggio 1980 sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Convenzione-quadro di Madrid, RS 01.131.1), del Protocollo addizionale del 9 novembre 1995 sugli aspetti giuridici (RS 0.131.11) e del Protocollo n. 2 del 5 maggio 1998 relativo alla cooperazione interterritoriale (RS 0.131.12). La Svizzera ha ratificato tutti questi trattati multilaterali.

Il Protocollo n. 3 è stato aperto alla firma il 16 novembre 2009 a Utrecht in occasione della Conferenza dei ministri europei responsabili delle collettività locali e regionali. Finora è stato sottoscritto dall'Armenia, dalla Germania, dal Belgio, dalla Francia, dalla Lituania, dal Lussemburgo, dal Montenegro, dai Paesi Bassi e dalla Slovenia ed entrerà in vigore con la ratifica da parte di almeno quattro Paesi (art. 19 par. 2).

Il Consiglio federale ha deciso di firmare il Protocollo n. 3 nelle settimane successive all'adozione del presente messaggio.

Il Consiglio d'Europa riveste un ruolo importante nell'ambito della cooperazione transfrontaliera e interterritoriale. L'apertura delle frontiere in Europa negli ultimi due decenni ha evidenziato ancora maggiormente la necessità di disporre di un quadro di riferimento riguardante il regime giuridico degli organismi di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale. Il Protocollo n. 3 risponde a queste aspettative.

1.2

Significato del Protocollo per la Svizzera

La Svizzera è molto attiva nel campo della cooperazione transfrontaliera. L'adesione a questo strumento giuridico del Consiglio d'Europa permetterà di completare l'attuale quadro giuridico. La Svizzera ha partecipato a questo processo avviato già con la Convenzione-quadro e i due Protocolli addizionali. Lungo le frontiere della Svizzera, su iniziativa dei Cantoni e delle autorità locali, è stata attivata un'ampia rete di relazioni transfrontaliere. Il DFAE sostiene queste attività, segnatamente partecipando all'elaborazione del diritto internazionale sulla cooperazione transfrontaliera e offrendo il suo sostegno politico e giuridico ai Cantoni in questo ambito specifico.

I Cantoni sono competenti in materia di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale in tutti i settori di loro competenza. La Costituzione federale prevede esplicitamente per i Cantoni la possibilità di concludere accordi con le autorità straniere infrastatali (art. 56 cpv. 1). Gli articoli 61c e seguente della legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA, RS 172.010) nonché gli arti7259

coli 27o e seguenti della relativa ordinanza (OLOGA, RS 172.010.1) disciplinano nel caso specifico le modalità d'informazione delle autorità federali e degli altri Cantoni. La legge federale sulla pianificazione del territorio (RS 700), nell'articolo 7 capoverso 3, prevede per esempio esplicitamente che i Cantoni di frontiera collaborino con le autorità straniere dei Paesi limitrofi nell'ambito dei progetti che possono ripercuotersi oltre confine.

Accanto alle loro attività di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale, i Cantoni, per il tramite della legislazione cantonale sui Comuni, sono responsabili della definizione degli ambiti e della portata delle competenze assegnate ai Comuni in questo campo. Il Protocollo n. 3 non implica alcuna modifica della ripartizione interna delle competenze fra i livelli istituzionali di uno Stato.

L'adesione del nostro Paese al Protocollo n. 3 è opportuna e auspicabile, anche se la legge e la prassi svizzera permettono già di creare un organismo di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale con le caratteristiche di un GEC. Si tratta innanzitutto di lanciare un segnale politico in favore delle iniziative del Consiglio d'Europa nello sviluppo dell'acquis giuridico in materia. L'adesione della Svizzera si impone anche per garantire la sicurezza giuridica necessaria ai fini di una collaborazione proficua con i partner esteri dei Cantoni, in particolare nei nostri Paesi limitrofi con i quali intratteniamo relazioni molto intense su progetti concreti.

Considerato che la cooperazione transfrontaliera e l'applicazione del Protocollo nel nostro Paese sono di competenza cantonale, i Cantoni, per il tramite della Conferenza dei Governi cantonali (CdC), sono stati consultati formalmente dal DFAE (lettera del 24 febbraio 2010) in previsione dell'adesione della Svizzera. Nella sua risposta del 31 maggio 2010, la CdC ha fatto sapere che i diciassette Cantoni che hanno preso posizione si sono espressi in favore dell'adesione della Svizzera.

1.3

Portata del Protocollo

Aderendo al Protocollo n. 3, gli Stati contraenti si impegnano a permettere l'istituzione di organismi di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale secondo le regole previste, nel rispetto delle procedure vigenti nei differenti Paesi. Gli organismi creati sulla base del Protocollo n. 3 saranno denominati «Gruppi euroregionali di cooperazione» (GEC).

Le collettività regionali e locali, in Svizzera i Cantoni e i Comuni, saranno chiamati a decidere se istituire tali gruppi.

Il Protocollo prevede che i GEC siano dotati di personalità giuridica secondo il diritto dello Stato nel quale i membri fondatori decideranno di stabilire la sede del GEC. Altre disposizioni riguardano la sua composizione, le modalità della sua istituzione, gli statuti di cui il GEC dovrà dotarsi, i suoi compiti e il campo d'azione, le forme di responsabilità, il controllo amministrativo e giurisdizionale della sua azione nonché la sua durata.

Si deve ricorrere al Protocollo unicamente per l'istituzione di un GEC, vale a dire che le collettività e autorità territoriali, anche quelle di uno Stato contraente del Protocollo n. 3, saranno libere di istituire organismi di cooperazione transfrontaliera o interterritoriale facendo capo a forme diverse da quelle definite nel Protocollo n. 3.

Gli organismi esistenti continueranno ovviamente a svolgere le loro attività secondo gli statuti, le convenzioni e altri atti costitutivi.

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I differenti livelli istituzionali negli Stati a struttura federale sono esplicitamente considerati nell'articolo 16 capoverso 2 del Protocollo, mentre l'articolo 18 recita che la terminologia utilizzata ha lo stesso significato di quella contenuta nella Convenzione di Madrid e dei suoi Protocolli addizionali.

Il termine «Stato» utilizzato nel Protocollo si riferisce sia alla Confederazione sia ai Cantoni, così come i termini «legislazione nazionale/diritto nazionale» definiscono tanto il diritto federale quanto quello cantonale.

2

Commento agli articoli

Art. 1 Questo articolo prevede che un organismo di cooperazione transfrontaliera o interterritoriale possa essere istituito sotto forma di «Gruppo euroregionale di cooperazione» (GEC) alle condizioni definite nel Protocollo n. 3 (par. 1).

Il paragrafo 2 definisce lo scopo del GEC che consiste nel promuovere, sostenere e sviluppare la cooperazione transfrontaliera e interterritoriale tra i propri membri.

Questo capoverso precisa altresì che la legislazione interna dei rispettivi Stati contraenti debba già conferire ai futuri membri di un GEC le competenze necessarie. In questo senso, il Protocollo n. 3 non conferisce alle collettività regionali o locali competenze supplementari rispetto a quelle definite dalla legislazione interna, ma nemmeno le limita.

Art. 2 Questo articolo prevede che un organismo di cooperazione transfrontaliera istituito sotto forma di GEC sia dotato di una personalità giuridica e che il GEC, in relazione alla personalità e alla capacità giuridiche, sia retto dal diritto dello Stato in cui ha la propria sede (par. 1 e 2).

Il diritto applicabile dovrà essere precisato nell'accordo istitutivo del GEC (par. 3). I membri del GEC possono scegliere in piena libertà la persona giuridica per l'organismo di cooperazione che intendono istituire.

È sancito anche il principio dell'autonomia budgetaria di un GEC (par. 4), vale a dire che i suoi membri sono tenuti a mettere a disposizione del GEC i mezzi finanziari necessari per lo svolgimento dei suoi compiti e per il suo funzionamento.

L'articolo riporta infine (par. 5) un elenco non esaustivo delle altre facoltà giuridiche che devono essere conferite a un GEC (conclusione di contratti, assunzione di personale, acquisto di beni mobili e immobili, capacità di stare in giudizio).

Art. 3 Questo articolo verte sulla composizione di un GEC e menziona dapprima le collettività o autorità territoriali. Un organismo che intende costituirsi sotto forma di GEC deve necessariamente annoverare tra i suoi membri gli enti pubblici a livello regionale o locale. In Svizzera si tratta dei Cantoni e dei Comuni. Anche gli Stati possono diventare membri di un GEC (par. 1, seconda frase). Per la Svizzera, oltre alle autorità cantonali, anche le autorità federali possono dunque far parte di un GEC.

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Anche altri organismi dotati di personalità giuridica e istituiti per soddisfare bisogni di interesse generale (come p. es. le camere di commercio, le organizzazioni per la protezione dell'ambiente, le istituzioni di ricerca o le associazioni culturali al di qua e al di là della frontiera) possono diventare membri di un GEC se sono collegati a un ente pubblico secondo le condizioni menzionate nella terza frase del paragrafo 1.

Questa disposizione assicura che l'istituzione di un GEC rimanga appannaggio delle collettività pubbliche. Le persone fisiche non possono essere membri di un GEC (par. 1, quarta frase).

Il paragrafo 2 allarga la collaborazione nel quadro di un GEC a uno Stato non contraente del Protocollo n. 3 a condizione che a tale scopo venga concluso uno specifico accordo interstatale.

Il paragrafo 3 chiede che il controllo di un GEC sia affidato alle collettività pubbliche, per cui queste ultime devono detenere la maggioranza dei voti in seno al GEC.

Questo concetto è ripreso nell'articolo 8 paragrafo 2, che prescrive lo scioglimento del GEC qualora le collettività o autorità territoriali non costituiscano più la maggioranza dei suoi membri.

Art. 4 L'articolo indica le modalità di istituzione di un GEC. È richiesto un accordo scritto tra i suoi membri fondatori (par. 1).

Il paragrafo 2 prescrive la presentazione di tutti i documenti attestanti che i membri dispongono delle competenze necessarie in materia di cooperazione transfrontaliera e interterritoriale. Questa disposizione è volta a garantire che i potenziali membri rispettino tutte le procedure ai sensi della loro legislazione nazionale.

L'accordo dovrà precisare la denominazione, l'indirizzo della sede, la durata, lo scopo e i compiti del GEC nonché il suo campo di applicazione territoriale. Nella denominazione del GEC si dovrà inoltre menzionare se la responsabilità dei membri nei confronti di terzi è limitata (par. 3; cfr. al riguardo l'art. 9 par. 4).

In via preliminare si devono informare le autorità nazionali oppure ottenerne l'autorizzazione secondo le prescrizioni del diritto interno (par. 4). In Svizzera, se i partner di un GEC sono dei Cantoni, le relazioni dei Cantoni con l'estero e la procedura d'informazione della autorità federali sono definite in base ai precitati articoli della legislazione sull'organizzazione
del Governo e dell'Amministrazione. Per la conclusione di trattati fra le autorità cantonali e le autorità estere infrastatali non occorre alcuna autorizzazione (cfr. art. 56 Cost.).

Nei casi in cui un Paese preveda un'autorizzazione preliminare per la conclusione dell'accordo istitutivo del GEC, il paragrafo 5 precisa che in caso di rifiuto questo deve essere motivato.

Ai sensi del paragrafo 6 gli Stati possono dichiarare di rinunciare all'obbligo interno di autorizzazione o d'informazione. Le autorità federali ritengono che la procedura prevista dalla LOGA abbia dato buoni risultati, ciò che non giustifica la rinuncia all'informazione per l'istituzione di un GEC che annovera autorità cantonali fra i suoi membri. Le autorità cantonali non hanno avanzato richieste in questo senso. La Svizzera non farà pertanto una dichiarazione secondo il paragrafo 6. Per un GEC che annovera autorità comunali fra i suoi membri fa stato la legislazione cantonale.

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Il paragrafo 7 prevede la pubblicazione dell'accordo istitutivo del GEC nelle forme previste nei singoli Stati. La disposizione prevede la registrazione o la pubblicazione dell'accordo sia nello Stato in cui il GEC ha deciso di insediarsi sia in tutti gli Stati a cui appartengono i suoi membri.

Il paragrafo 8 ribadisce la necessità di informare le autorità superiori dell'istituzione ufficiale di un GEC, e più precisamente dell'entrata in vigore dell'accordo istitutivo.

L'accordo sulla creazione del GEC deve essere redatto nella lingua o nelle lingue dello Stato in cui il GEC ha la propria sede e nella lingua o nelle lingue dei membri (par. 9).

Art. 5 Ai sensi di questo articolo, il GEC deve dotarsi di statuti che costituiscono parte integrante dell'accordo istitutivo. La menzione dei punti che devono figurare negli statuti (cfr. par. 3) non è esaustiva; si tratta di esigenze minime.

Art. 6 Qualsiasi emendamento all'accordo e qualsiasi emendamento sostanziale agli statuti sarà adottato seguendo la stessa procedura di quella prevista per l'istituzione dell'accordo e degli statuti. Per emendamento sostanziale agli statuti si intende un emendamento che comporta una modifica dell'accordo.

Art. 7 I compiti di un GEC sono definiti dai membri fondatori e devono essere compatibili con le competenze loro devolute a norma delle loro rispettive legislazioni nazionali.

Detti compiti devono essere elencati nell'accordo e negli statuti (par. 1).

Il paragrafo 2 prevede che le decisioni adottate dal GEC siano applicate nel territorio coperto dal suo raggio d'azione (prima frase). Ai sensi della seconda frase, i membri devono agevolare l'attuazione delle decisioni del GEC nel proprio territorio nell'ambito della loro sfera di competenza.

Il paragrafo 3 fissa i limiti d'azione di un GEC: è segnatamente escluso che un GEC possa adottare provvedimenti suscettibili di incidere sui diritti e sulle libertà dei singoli o imporre prelievi di natura fiscale.

Secondo il paragrafo 4, i membri di un GEC non possono conferire al GEC una determinata competenza che è stata loro delegata dall'autorità statale superiore senza il consenso di quest'ultima.

Art. 8 Questo articolo (par. 1) prevede che l'accordo e gli statuti debbano precisare se il GEC è istituito per una durata determinata o indeterminata. La scelta compete
ai membri fondatori.

Il paragrafo 2 prescrive lo scioglimento obbligatorio alla scadenza del termine per la sua durata o se le collettività o autorità territoriali non costituiscono più la maggioranza dei suoi membri. Un GEC può inoltre essere sciolto su decisione dei membri presa all'unanimità.

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Art. 9 Questo articolo disciplina la responsabilità del GEC e dei suoi organi per qualsiasi atto che comporta conseguenze giuridiche, compresi gli atti che non rientrano nell'ambito dei suoi compiti.

Il paragrafo 1 prevede che il GEC risponda con mezzi propri. Se questi non fossero sufficienti, è prevista una responsabilità solidale dei membri.

I paragrafi 2 e 3 definiscono la responsabilità del GEC nei confronti dei suoi membri e degli organi statutari del GEC verso quest'ultimo. L'espressione «alla legge alla quale è soggetto» si riferisce in ugual misura alla legislazione dello Stato in cui il GEC ha la sua sede, al diritto interno delle collettività in cui il GEC esercita le sue attività e all'accordo istitutivo del GEC, compresi i suoi statuti.

Ai sensi del paragrafo 4, la responsabilità dei membri può essere limitata per conformarsi alle disposizioni previste dal diritto nazionale di uno dei suoi membri.

Un'eventuale limitazione prevista deve essere menzionata negli statuti.

Secondo il paragrafo 5, lo Stato sul cui territorio un GEC intende stabilire la propria sede può opporsi alla registrazione del suddetto GEC o alla pubblicazione del suo avviso di costituzione, se uno o più membri potenziali godono di responsabilità limitata da parte della legislazione nazionale del loro Stato di riferimento.

Art. 10 I paragrafi 1 e 2 fissano le regole per la determinazione dei tribunali competenti in caso di controversie fra i membri di un GEC, o fra un GEC e soggetti terzi.

Il paragrafo 3 costituisce la base per la conclusione (facoltativa) di un accordo di arbitrato (prima frase). Un accordo di arbitrato è obbligatorio se le parti terze non risiedono o non hanno la loro sede sociale in uno Stato membro del Consiglio d'Europa (seconda frase).

I paragrafi 4 e 5 tutelano i diritti di terzi, che mantengono tutti i diritti di cui godrebbero nei confronti delle collettività o delle autorità territoriali per conto delle quali il GEC svolge determinati compiti, se detti compiti non fossero stati affidati al GEC. Inoltre, i diritti delle persone fisiche e giuridiche comprendono la facoltà di adire tutti gli organi giurisdizionali e i tribunali competenti, compresi il diritto di avere accesso a servizi nella loro lingua e il diritto di accesso alle informazioni.

Art. 11 Le decisioni e gli atti del GEC
sono oggetto delle misure di sorveglianza e di controllo previste per le collettività o autorità territoriali che ne fanno parte dalla legislazione o dalla regolamentazione interna dello Stato in cui il GEC ha la propria sede (par. 1).

A tale scopo il GEC è tenuto a fornire alle autorità competenti, comprese quelle degli altri Stati a cui appartengono le collettività o autorità territoriali membri, tutte le informazioni necessarie allo svolgimento della loro funzione di sorveglianza e controllo (par. 2).

Inoltre, gli atti delle collettività o autorità territoriali membri di un GEC sono sottoposti alla sorveglianza e al controllo amministrativo e giurisdizionale previsto dalla legislazione dello Stato da cui dipendono le suddette entità (par. 3).

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Il paragrafo 4 stabilisce che le attività di un GEC debbano conformarsi alle disposizioni relative alla pubblica sicurezza, alla salute pubblica, alla moralità pubblica e all'interesse pubblico degli Stati nei quali opera. L'autorità competente può vietare tali attività o chiedere ai membri che dipendono dalla sua giurisdizione di recedere dal GEC.

Il paragrafo 5 prevede la possibilità di scioglimento da parte dell'autorità competente della Parte contraente nella quale il gruppo ha sede, qualora si constati che il GEC svolge attività che esulano dai compiti che gli sono stati affidati.

Art. 12 L'articolo prevede un controllo finanziario sulla gestione finanziaria e il budget ad opera delle autorità responsabili conformemente alla legislazione nazionale dello Stato in cui si trova la sede del GEC.

Il paragrafo 2 prevede inoltre che questi controlli possano essere effettuati anche dalle autorità degli altri Stati nei quali il GEC svolge attività. Un intervento di questo tipo è possibile solo in osservanza delle condizioni previste dal Protocollo.

Art. 13 In base a questo articolo, le Parti sono tenute ad adottare le misure legislative o amministrative necessarie per garantire l'applicazione del Protocollo (par. 1). Per la Svizzera non si impone alcuna misura in questo senso, né a livello federale né a livello cantonale.

Dato che in alcuni Paesi, soprattutto nei Paesi che sono entrati a far parte del Consiglio d'Europa negli ultimi venti anni, l'applicazione del Protocollo può richiedere l'adozione di una legislazione specifica o l'adeguamento della legislazione esistente, i servizi del Consiglio d'Europa redigeranno un allegato al Protocollo che proporrà un modello di legislazione confacente. La ripresa di questo allegato sarà facoltativa e il suo valore puramente indicativo (par. 2­6).

Art. 14 Il paragrafo 1 sancisce che le Parti debbano informare le loro collettività o autorità territoriali sulle misure adottate per assicurare l'applicazione del Protocollo. Ai sensi del paragrafo 2 le Parti notificano queste informazioni al Segretario generale del Consiglio d'Europa. Le Parti comunicano infine al Segretario generale del Consiglio d'Europa ogni informazione appropriata sui GEC istituiti in applicazione del presente Protocollo (par. 3).

Art. 15 Questo articolo verte sulla validità degli accordi
già in vigore e la conclusione di altri accordi fra le Parti.

Gli accordi stipulati dalla Svizzera con i Paesi limitrofi nell'ambito della cooperazione transfrontaliera conservano dunque la loro validità. Si tratta dello Scambio di lettere del 12 luglio 1973 fra la Svizzera e la Francia concernente l'istituzione di una Commissione mista consultiva franco-svizzera per i problemi di vicinato tra la Repubblica e Cantone di Ginevra e i Dipartimenti francesi dell'Ain e dell'Alta 7265

Savoia, dell'Accordo del 23 gennaio 1996 tra il Consiglio federale svizzero, in nome dei Cantoni Soletta, Basilea Città, Basilea Campagna, Argovia e Giura ­ ed esteso in seguito ai Cantoni Vaud, Vallese, Neuchâtel, Ginevra e Berna ­, il Governo della Repubblica Federale di Germania, il Governo della Repubblica Francese e il Governo del Granducato del Lussemburgo sulla cooperazione transfrontaliera tra le collettività territoriali e gli organismi pubblici locali (Accordo di Karlsruhe), dell'Accordo del 21 settembre 2000 tra il Consiglio federale svizzero, il Governo della Repubblica Federale di Germania e il Governo della Repubblica Francese sulla cooperazione nella regione del Reno superiore (questo accordo ha sostituito l'Accordo del 22 ottobre 1975 riguardante il medesimo spazio transfrontaliero), dell'Accordo del 12 ottobre 2001 tra il Consiglio federale, in nome dei Cantoni Berna, Vaud, Neuchâtel e Giura, e il Governo della Repubblica Francese relativo all'istituzione di una «Conférence TransJurassienne», ed infine dell'Accordo quadro del 24 febbraio 1993 tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana per la cooperazione transfrontaliera delle collettività ed autorità regionali e locali (RS 0.131.245.4).

Art. 16 Gli Stati possono limitare il campo d'applicazione del Protocollo escludendo determinate collettività e autorità territoriali o persone giuridiche (par. 1).

I Cantoni non hanno inoltrato alcuna domanda in questo senso e la Svizzera non intende depositare alcuna dichiarazione del genere.

Per quanto riguarda il paragrafo 2 si rimanda al precedente numero 2.1 (Portata del Protocollo) del presente messaggio.

Art. 17 Il Protocollo non prevede alcuna possibilità di ammettere riserve.

Art. 18 Come evidenziato in precedenza nel numero 2.1 (Portata del Protocollo), questo articolo ribadisce che i termini e le definizioni utilizzati nel presente Protocollo hanno lo stesso significato e le stesse finalità di quelli contenuti nella Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali nonché nel Protocollo addizionale e nel Protocollo n. 2.

Art. 19­22 Si tratta delle disposizioni finali di carattere formale sulla firma e l'entrata in vigore, l'adesione, la denuncia e le eventuali notifiche.

Possono aderire al Protocollo n. 3 solo
gli Stati che hanno aderito alla Convenzionequadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (art. 19).

La denuncia del presente Protocollo ad opera di una Parte non inciderà sulla personalità giuridica o sulla capacità giuridica dei GEC istituiti prima della denuncia (art. 21 par. 2). Questa disposizione è finalizzata a salvaguardare gli interessi di soggetti terzi che intrattengono una relazione contrattuale con un GEC.

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Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale della Confederazione

L'adesione della Svizzera al Protocollo non avrà alcuna ripercussione né a livello finanziario né per il personale della Confederazione.

4

Programma di legislatura

Il progetto non è menzionato né nel messaggio del 23 gennaio 2008 (FF 2008 597) né nel decreto federale del 18 settembre 2008 (FF 2008 7469) sul Programma di legislatura 2007­2011. Rientra comunque nel ruolo che la Svizzera svolge in seno al Consiglio d'Europa per la promozione della cooperazione transfrontaliera e lo sviluppo del quadro giuridico in questo ambito.

5

Rapporto con il diritto europeo

Il diritto europeo prevede l'istituzione di gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) sulla base del Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006. Si tratta di uno strumento di politica regionale dell'Unione europea (UE), che ha lo scopo di favorire la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, secondo la terminologia utilizzata dalle istanze di Bruxelles.

La costituzione di GECT con partner svizzeri è possibile. Tuttavia, dal momento che un GECT può essere costituito solo se sono coinvolti partner di almeno due Stati appartenenti all'UE, il Regolamento CE non rappresenta una soluzione sostitutiva al Protocollo n. 3 del Consiglio d'Europa. In effetti, se un GECT può essere uno strumento adeguato nello spazio trinazionale di Basilea (Svizzera, Francia, Germania) o nella regione trinazionale dell'Espace Mont-Blanc tra Svizzera, Italia e Francia, non può essere utilizzato nella maggior parte degli spazi frontalieri svizzeri, essendo questi binazionali. Il Protocollo n. 3 del Consiglio d'Europa che prevede l'istituzione di GEC permette pertanto di facilitare la cooperazione transfrontaliera in tutte le regioni della Svizzera.

Il Protocollo n. 3 è stato redatto tenendo conto della regolamentazione dell'UE. Da notare che, come per il Protocollo n. 3 per quanto riguarda l'istituzione di un GEC, il ricorso a un GECT in base al Regolamento CE rimane facoltativo.

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Costituzionalità

6.1

Approvazione

La competenza della Confederazione per l'adesione al presente Protocollo è data dall'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale, ai sensi del quale gli affari esteri competono alla Confederazione. La competenza dell'Assemblea federale per l'approvazione dei trattati internazionali si basa sull'articolo 166 capoverso 2 Cost.

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6.2

Referendum

In base all'articolo 141 capoverso 1 lettera d Cost., i trattati internazionali sono sottoposti a referendum facoltativo se sono di durata indeterminata e indenunciabili, prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale o comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'emanazione di leggi federali.

Il Protocollo n. 3 può essere denunciato (art. 21), non prevede l'adesione a un'organizzazione internazionale e la sua attuazione non necessita l'emanazione di leggi federali.

Resta da esaminare se il Protocollo n. 3 comprende disposizioni importanti che contengono norme di diritto. Secondo l'articolo 22 capoverso 4 della legge sul Parlamento del 13 dicembre 2002 (RS 171.10), contengono norme di diritto le disposizioni che, in forma direttamente vincolante e in termini generali ed astratti, impongono obblighi, conferiscono diritti o determinano competenze. È importante, alla luce dell'articolo 164 capoverso 1 Cost., la disposizione il cui oggetto ha nel diritto interno valore di disposizione fondamentale. Diverse disposizioni del Protocollo, in particolare quelle sull'istituzione di un gruppo, sui membri, sul contenuto degli statuti o sulla responsabilità, contengono norme di diritto e devono essere ritenute importanti. Il decreto federale di approvazione del Protocollo n. 3 è pertanto sottoposto a referendum facoltativo secondo l'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost.

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