10.077 Messaggio sulla modifica della legge federale sulla esecuzione e sul fallimento (procedura di risanamento) dell'8 settembre 2010

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di modifica della legge sulla esecuzione e sul fallimento (procedura di risanamento).

Vi proponiamo nel contempo di togliere di ruolo i seguenti interventi parlamentari: 2001

M

01.3673

Dopo Swissair. Modifîcare la legge federale sulla esecuzione e sul fallimento?

(S 17.11.2001, Lombardi; S 18.3.2002)

2002

P

02.3474

Convergenza dei diversi interessi nel quadro del processo di risanamento (S 19.9.2002, CdG-S; S 12.12.2002)

2002

P

02.3475

Orientamento della LEF in funzione della procedura di risanamento (S 19.9.2002, CdG-S; S 12.12.2002)

2002

P

02.3045

Analisi giuridica conseguente al «disastro Swissair» (S 12.3.2002, Wicki; S 5.6.2002)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

8 settembre 2010

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Doris Leuthard La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2010-1531

5667

Compendio Con il presente progetto s'intende sottoporre a revisione le norme in materia di insolvenza e migliorare in particolare alcuni aspetti della procedura concordataria. Punto di partenza della revisione è la constatazione che le norme svizzere in materia di insolvenza sono certo idonee e applicabili in caso di risanamento delle imprese, ma presentano pure qualche lacuna che occorre colmare.

I punti principali del progetto di revisione sono i seguenti.

­

Con il nuovo approccio, la moratoria concordataria - come nel caso del Chapter Eleven della legislazione statunitense - non sfocia più obbligatoriamente in un concordato o in un fallimento, ma può essere accordata anche soltanto come un mero differimento.

­

Il differimento del fallimento previsto dal diritto societario (art. 725a CO) è abrogato e integrato nella procedura concordataria della LEF. Così facendo tutte le forme societarie in futuro potranno beneficiare della moratoria (e non soltanto la società anonima, la società in accomandita per azioni, la società a garanzia limitata e la società cooperativa come avviene attualmente).

­

I diritti di partecipazione dei creditori durante la moratoria concordataria sono rafforzati, in particolare per tutelarli da atti di liquidazione affrettati.

In concreto si propone quindi l'istituzione di una delegazione rappresentativa dei creditori che ha il compito di esercitare la vigilanza sul commissario.

Inoltre, a determinate condizioni, il commissario è tenuto a convocare un'assemblea dei creditori straordinaria.

­

Le condizioni per omologare un concordato sono semplificate; l'obbligo di garantire il soddisfacimento dei crediti collocati in terza classe non costituisce più una condizione imperativa per la sua omologazione. Nella prassi corrente, l'obbligo di garantire il soddisfacimento dei creditori privilegiati comportava sovente il blocco di mezzi finanziari determinanti per il risanamento, ostacolando così notevolmente l'esito positivo di un concordato. È inoltre stato previsto che i titolari di quote di partecipazione siano tenuti a contribuire in modo proporzionale al risanamento nel quadro del concordato ordinario per instaurare una certa parità di trattamento tra i creditori.

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L'idea di creare un diritto in materia di insolvenza specifico per i gruppi di società è stata accantonata, ma la questione dei rapporti all'interno del gruppo di società è comunque stato tenuto in debita considerazione (ad es.

nuove regole per l'onere della prova in caso di azione revocatoria (azione pauliana), coordinamento delle procedure).

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Il progetto disciplina pure la sorte dei rapporti obbligatori di durata in caso di insolvenza. In tale contesto si intende distinguere tra un caso di liquidazione in senso stretto (fallimento o concordato con abbandono dell'attivo) e una moratoria concordataria allo scopo di risanare e proseguire l'attività

5668

aziendale. Mentre nel primo caso si rinuncia a introdurre un diritto di disdetta straordinario a beneficio della massa del fallimento o della massa in liquidazione, nel secondo caso si intende consentire al debitore di disdire, in via straordinaria, un rapporto obbligatorio di durata con il consenso del commissario; in tal caso alla controparte spetta un indennizzo integrale.

­

La revocazione (azione pauliana) del trasferimento di attivi all'interno di un gruppo è agevolata.

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La revocazione di un negozio giuridico è esclusa se gli organi di esecuzione competenti lo hanno espressamente autorizzato. Tale misura consente di creare la sicurezza giuridica di cui la prassi necessita.

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È soppresso il diritto di ritenzione del locatore di locali commerciali, nonché quello di albergatori e padroni di stalle o della comunione di comproprietari. Anche tale misura consentirà di agevolare il risanamento nel caso specifico.

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Viene a cadere l'obbligo di trasferire automaticamente tutti i rapporti di lavoro in caso di cessione aziendale per stato di insolvenza. È preferibile negoziare caso per caso la ripresa dei rapporti di lavoro.

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Per compensare l'indebolimento dei diritti dei lavoratori, il progetto propone di introdurre nel Codice delle obbligazioni un obbligo generale di allestire un piano sociale. Tale nuovo obbligo si applica alle imprese che impiegano oltre 250 collaboratori, intendono licenziarne almeno 30 e non si trovano in stato di insolvenza.

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Per consentire i risanamenti anche in futuro, è abrogato il privilegio nel fallimento entrato in vigore il 1°gennaio 2010 a favore di crediti provenienti dall'imposta sul valore aggiunto.

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Indice Compendio

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1 Punti essenziali del progetto 1.1 Situazione iniziale 1.2 Gruppo di esperti Fase 1 1.3 Gruppo di esperti Fase 2 1.4 L'avamprogetto del Consiglio federale 1.4.1 Punti essenziali dell'avamprogetto 1.4.2 Procedura di consultazione 1.5 Il disegno del Consiglio federale 1.5.1 Visione d'insieme della sistematica 1.5.2 Prestiti di risanamento: nessun disciplinamento specifico 1.6 Diritto comparato 1.7 Interventi parlamentari

5671 5671 5671 5672 5672 5672 5674 5676 5676 5678 5679 5680

2 Commento ai singoli articoli 2.1 Organizzazione 2.2 Ferie 2.3 Dichiarazione di fallimento 2.4 Effetti del fallimento 2.5 Disposizioni speciali per pigioni e affitti 2.6 Revocazione 2.7 Moratoria concordataria provvisoria 2.8 Moratoria definitiva 2.9 Effetti della moratoria concordataria 2.10 Moratoria concordataria 2.11 Disposizioni generali sul concordato 2.12 Concordato nella procedura di fallimento 2.13 Modifiche del Codice civile svizzero 2.14 Modifiche del Codice delle obbligazioni 2.15 Modifica di altre leggi federali

5680 5680 5681 5682 5683 5687 5687 5689 5693 5696 5699 5699 5702 5703 5703 5711

3 Ripercussioni 3.1 Ripercussioni per la Confederazione 3.2 Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni 3.3 Impatto economico

5711 5711 5711 5711

4 Programma di legislatura

5712

5 Costituzionalità e legalità

5712

Bibliografia

5713

Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento (LEF) (Disegno)

5717

5670

Messaggio 1

Punti essenziali del progetto

1.1

Situazione iniziale

Il diritto svizzero vigente in materia di risanamento risale all'ultima grande revisione della legge federale dell'11 aprile 1889 sulla esecuzione e sul fallimento (LEF)1, entrata in vigore il 1° gennaio 1997. Le disposizioni applicabili al risanamento sono state adottate in seguito alla grave crisi economica sopraggiunta all'inizio degli anni Novanta: per la prima volta l'obbiettivo dichiarato del Legislatore non era soltanto di consentire lo svolgimento regolare della liquidazione aziendale, bensì anche di agevolare il risanamento in senso stretto (inteso come recupero dell'azienda).

1.2

Gruppo di esperti Fase 1

A seguito della crisi di Swissair2 nel 2001, numerosi interventi parlamentari hanno chiesto di esaminare se le norme svizzere sull'insolvenza necessitassero una revisione. Nell'estate del 2003, l'Ufficio federale della giustizia ha pertanto istituito un gruppo di esperti incaricato di esaminare, in qualità di gruppo di riflessione, la necessità di rivedere le norme sull'insolvenza. Ne facevano parte: Dominik Gasser, avvocato, Ufficio federale di giustizia (presidente); Daniel Hunkeler, dr. iur., avvocato, Zurigo e Baden; Franco Lorandi, dr. iur., avvocato, professore, Zurigo; Isaak Meier, dr. iur., avvocato, professore, Zurigo; Henry Peter, dr. iur., avvocato, professore, Lugano; Daniel Staehelin, dr. iur., avvocato e notaio, professore, Basilea; Karl Wüthrich, lic.iur., avvocato, Zurigo; Monique Albrecht, avvocato, Ufficio federale di giustizia, lic.iur., Berna. Per le questioni inerenti al diritto del lavoro, il collegio peritale ha fatto capo al dr. Rémy Wyler, avvocato, Losanna.

La valutazione della necessità di modificare la legge si è principalmente concentrata sulla procedura di risanamento, alla luce delle soluzioni procedurali adottate all'estero (ad esempio il Chapter Eleven del Bankruptcy Code statunitense) e delle raccomandazioni della UNCITRAL. Nell'aprile 2005 il gruppo di esperti ha presentato all'Ufficio federale di giustizia il rapporto sulla necessità di legiferare3.

1 2

3

RS 281.1 Per la cronologia dei principali avvenimenti, cfr. il rapporto del 19.9.2002 della Commissione della gestione del Consiglio degli Stati (CdG-S) sul ruolo del Consiglio federale e dell'amministrazione federale nell'ambito della crisi Swissair; FF 2003 4663 segg., in particolare 4732 segg.).

Ist das schweizerische Sanierungsrecht revisionsbedürftig? Thesen und Vorschläge aus der Sicht der Unternehmenssanierung». Rapporto del gruppo di esperti «procedura concordataria», aprile 2005 (qui di seguito citato come rapporto Fase 1). Il testo può essere scaricato da Internet in tedesco e francese (www.bj.admin.ch).

5671

1.3

Gruppo di esperti Fase 2

Nel corso della prima fase il collegio peritale si è limitato a formulare delle tesi.

Nell'agosto 2006 l'Ufficio federale di giustizia ha dunque restituito il gruppo di esperti «procedura concordataria» incaricandolo di elaborare un avamprogetto nonché un rapporto tenendo conto dei risultati emersi nel corso della prima fase. Per questa seconda fase, al gruppo di esperti si è aggiunto un rappresentante della Conferenza degli ufficiali di esecuzione e fallimenti della svizzera (Stephan Bölli, notaio, Wetzikon). Nel giugno 2008 il collegio peritale ha consegnato il suo avamprogetto completo di rapporto esplicativo4.

1.4

L'avamprogetto del Consiglio federale

Alla luce delle specifiche necessità di revisione individuate dal collegio peritale, nel gennaio 2009 il nostro Consiglio ha posto in consultazione l'avamprogetto leggermente rielaborato e il rapporto esplicativo5.

1.4.1

Punti essenziali dell'avamprogetto

Il gruppo di esperti è giunto alla conclusione che le norme svizzere in materia di insolvenza sono idonee e applicabili anche al risanamento delle imprese e che dunque non è necessario sottoporle a una revisione totale. Nel contempo ha tuttavia individuato alcune carenze del diritto vigente in materia di risanamento. Nell'avamprogetto sono dunque stati proposti alcuni adeguamenti per colmare tali lacune.

L'avamprogetto (AP) si fondava sui seguenti principi direttivi:

4

5

6 7

­

agevolare l'accesso alla moratoria concordataria: con il nuovo approccio - come nel caso del Chapter Eleven del Bankruptcy Code statunitense - la moratoria concordataria non sfocerà più automaticamente in un concordato giudiziario o in un fallimento, bensì potrebbe venir concessa a meri fini di differimento;

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rinunciare a proporre un nuovo disciplinamento dell'avviso obbligatorio di indebitamento secondo l'articolo 725 e seguenti del Codice delle obbligazioni (CO)6: nell'avamprogetto il collegio peritale aveva formulato proposte concrete per rivedere le pertinenti disposizioni. Già nel messaggio del 21 dicembre 20077 concernente la modifica del Codice delle obbligazioni (diritto della società anonima e diritto contabile), il nostro Collegio aveva presentato proposte a tal fine e ora vi rinvia esplicitamente;

Revisione della legge sull'esecuzione e sul fallimento (LEF): procedura di risanamento ­ rapporto esplicativo e avamprogetto, giugno 2008 (qui di seguito citato come rapporto Fase 2). Ambedue i testi possono essere scaricati da Internet (www.bj.admin.ch).

Revisione della legge sull'esecuzione e sul fallimento (LEF): procedura di risanamento ­ rapporto esplicativo e avamprogetto, Berna, dicembre 2008. Ambedue i testi possono essere scaricati da Internet (www.bj.admin.ch).

RS 220 FF 2008 1321 segg.

5672

8

9 10

­

integrare i vantaggi del differimento del fallimento previsto dal diritto della società anonima (art. 725a CO) nella procedura concordataria della LEF8: la procedura concordataria dev'essere il solo e unico procedimento di risanamento, motivo per cui il differimento del fallimento ai sensi dell'articolo 725a e seguenti CO va integrato nelle disposizioni sulla procedura concordataria. Così facendo, in avvenire potrebbero accedere alla moratoria tutte le forme societarie (e non soltanto, come nel diritto vigente, la società anonima, la società in accomandita per azioni, la società a responsabilità limitata e la società cooperativa);

­

rafforzare la partecipazione dei creditori durante la moratoria concordataria: il collegio peritale ha ritenuto insufficienti i diritti di partecipazione che la legislazione vigente conferisce ai creditori durante la fase moratoria. Visto che sono proprio quest'ultimi a sopportare le conseguenze dell'insolvenza, è necessario rafforzare i loro diritti di partecipazione segnatamente per tutelarli da atti di liquidazione affrettati9. Per tale motivo è stata proposta l'istituzione di una delegazione rappresentativa dei creditori che eserciti la vigilanza sul commissario. A determinate condizioni il commissario deve inoltre convocare un'assemblea dei creditori;

­

modificare le condizioni per l'omologazione del concordato: secondo il diritto vigente, l'omologazione del concordato presuppone che l'esecuzione sia sufficientemente garantita (art. 306 cpv. 2 n. 2 LEF). L'avamprogetto proponeva che l'obbligo di garantire il soddisfacimento dei crediti collocati in terza classe non costituisse più una condizione per omologare il concordato, poiché nella pratica comporta sovente il congelamento di notevoli mezzi finanziari ostacolando considerevolmente l'esito positivo del concordato.

Inoltre è stato proposto di obbligare i titolari di quote di partecipazione a contribuire in modo congruo al risanamento in occasione del concordato ordinario al fine di instaurare una certa parità di trattamento con i creditori;

­

rinunciare a istituire un diritto in materia di insolvenza specifico per i gruppi di società: secondo il collegio peritale non è necessario istituire una vera e propria legislazione speciale per i fallimenti di ampia portata (tipo il fallimento di un gruppo di società)10. In linea di principio le norme sull'insolvenza non devono derogare a quanto prescritto e tutelato dal diritto materiale. È pertanto stato proposto di mantenere il sistema attuale, continuando ad applicare il diritto procedurale generale anche ai tracolli di gruppi di società (approccio «atomistico» anziché consolidamento materiale). Tuttavia, è comunque possibile tenere debito conto dei rapporti all'interno del gruppo di società, ad esempio agevolando la produzione di prove in caso di azione pauliana e prevedendo un obbligo di coordinamento delle procedure;

­

introdurre procedimenti coordinati per i fallimenti di gruppi di società: anche se il collegio peritale ha respinto l'istituzione di una vera e propria legislazione speciale per i fallimenti di ampia portata, ha tuttavia individuato una reale necessità di coordinare i procedimenti nel caso in cui occorra avviare Nel messaggio concernente la modifica del Codice delle obbligazioni tale punto è stato espressamente escluso dalla revisione del diritto della società anonima in corso, cfr.

FF 2008 1321, in particolare 1420 Cfr. rapporto Fase 1, pag. 25 e 27 segg.

Rapporto Fase 1, pag. 4, 46 segg.

5673

contemporaneamente varie procedure per insolvenza concernenti diverse società di un gruppo. È stato dunque proposto l'obbligo ­ per gli organi di esecuzione forzata e le autorità di vigilanza e giudiziarie coinvolte ­ di coordinare nel limite del possibile i loro atti; ­

disciplinare esplicitamente la sorte dei rapporti obbligatori di durata: in linea di principio, in base al diritto vigente in caso di insolvenza (fallimento, procedura concordataria), i rapporti obbligatori di durata esistenti rimangono immutati. L'avamprogetto proponeva invece di distinguere tra un caso di liquidazione in senso stretto (fallimento e concordato con abbandono dell'attivo) e una moratoria concordataria per il risanamento con successivo prosieguo dell'attività aziendale. Mentre per la prima eventualità si rinunciava a introdurre un diritto di disdetta straordinario a beneficio della massa del fallimento, ovvero della massa in liquidazione, per la seconda s'intendeva consentire al debitore di disdire in via straordinaria un rapporto obbligatorio di durata. I contratti di durata, che ostacolano un risanamento, possono dunque venir disdetti in ogni istante e con effetto immediato. In tale caso alla controparte spetta comunque un indennizzo integrale;

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precisare la posizione dei lavoratori in caso di cessione aziendale nel corso di una procedura per insolvenza: secondo il diritto vigente, in caso di alienazione dell'azienda i rapporti di lavoro passano per legge all'acquirente (art. 333 cpv. 1 CO). Dal momento che tale normativa pone notevoli problemi pratici, l'avamprogetto proponeva di escludere il trasferimento automatico dei rapporti di lavoro in caso di acquisto di un'azienda; l'eventuale ripresa dei rapporti di lavoro e la sua portata sarebbero state oggetto di trattative e di un accordo tra le parti;

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eliminare il diritto di ritenzione del locatore di locali commerciali: l'avamprogetto proponeva di eliminarlo poiché sovente ostacola il risanamento di un'impresa;

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semplificare l'azione revocatoria all'interno di un gruppo di società: l'avamprogetto proponeva inoltre di imporre al beneficiario vicino al debitore di dimostrare, nel caso di una pauliana per donazioni, che non vi è disproporzione tra prestazione e corrispettivo. Anche per la pauliana per insolvenza è stata proposta la presunzione dell'intento di procurare vantaggi se vi è un rapporto di prossimità con il debitore. Ambedue le proposte intendevano agevolare le azioni revocatorie all'interno del gruppo di società;

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escludere l'azione revocatoria per atti autorizzati: il diritto vigente consente l'avvio di un'azione pauliana contro un negozio giuridico anche se gli organi di esecuzione competenti lo hanno espressamente autorizzato. Ciò crea grande incertezza giuridica ed è insoddisfacente; per tale motivo l'avamprogetto proponeva che gli atti autorizzati dagli organi di esecuzione competenti in futuro non fossero più revocabili.

1.4.2

Procedura di consultazione

Il 28 gennaio 2009 il Consiglio federale ha avviato la consultazione sull'avamprogetto del dicembre 2008. La procedura di consultazione si è conclusa l'8 maggio 2009. Sono stati invitati a esprimersi il Tribunale federale, i Cantoni, i partiti rappre5674

sentati nell'Assemblea federale, le facoltà di diritto della Svizzera, nonché altre organizzazioni interessate. Si sono pronunciati 26 Cantoni, 4 partiti politici e 31 organizzazioni. Inoltre due partecipanti non invitati ufficialmente hanno inviato spontaneamente il loro parere.

La revisione parziale proposta per la LEF è stata accolta favorevolmente dalla maggioranza dei consultati. Molti partecipanti alla consultazione hanno condiviso il parere del collegio peritale secondo cui le norme svizzere vigenti in materia di insolvenza sono idonee e applicabili anche al risanamento delle imprese, e dunque non è necessario sottoporle a revisione totale11.

In molti hanno fornito commenti dettagliati in merito a singoli aspetti della revisione sollevando anche alcune critiche riguardo a quanto proposto nell'avamprogetto:

11

12 13 14 15

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procedura di risanamento12: la nuova normativa applicabile alla moratoria concordataria è stata in linea di principio reputata adeguata; per taluni aspetti specifici sono tuttavia state formulate proposte di miglioramento. Ha ricevuto un'accoglienza sostanzialmente favorevole la proposta di rinunciare a differire il fallimento, integrandolo nella procedura concordataria. Lo stesso dicasi per il rafforzamento della moratoria provvisoria. Ha invece suscitato critiche la proposta di rinunciare alla pubblicazione della moratoria provvisoria poiché, all'atto pratico, ne deriverebbe tutta una serie di problemi. Ha pure sollevato riserve la normativa proposta per la cessione di crediti, dato che in questo modo si rischia di favorire ancora di più il debitore rispetto ai creditori;

­

disdetta straordinaria dei rapporti obbligatori di durata13: la proposta di introdurre un diritto di disdetta straordinario ha in parte suscitato pareri discordanti. In particolare è stato criticato che la soluzione proposta interferisce notevolmente nei rapporti contrattuali esistenti e incentiva il ricorso alla procedura concordataria per liberarsi di contratti indesiderati pregiudicando in modo eccessivo i diritti di determinati creditori. Critiche puntuali sono altresì state rivolte alla disdetta anticipata dei contratti di locazione o di lavoro;

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eliminazione del diritto di ritenzione del locatore di locali commerciali14: le cerchie direttamente interessate si sono opposte con veemenza alla proposta di eliminare il diritto di ritenzione. Ritengono infatti che oggi il diritto del locatore costituisce una garanzia rapida e semplice nel caso in cui un conduttore o un affittuario sia in arretrato con i pagamenti. Inoltre, le garanzie da prestare in alternativa all'eliminazione del diritto di ritenzione, possono raggiungere cifre ragguardevoli, obbligando molte imprese a indebitarsi per poter reperire tale denaro;

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sorte dei contratti di lavoro in caso di insolvenza15: molti partecipanti alla consultazione hanno respinto la proposta di rinunciare al trasferimento Revisione della legge sulla esecuzione e sul fallimento (LEF): procedura di risanamento.

Rapporto concernente i risultati della procedura di consultazione, Berna 2009 (qui di seguito citato come rapporto di consultazione), pag. 2. Il testo può essere scaricato da Internet in tedesco e francese (www.bj.admin.ch).

Rapporto di consultazione, pag. 5 segg.

Rapporto di consultazione, pag. 15 segg.

Rapporto di consultazione, pag. 18 segg.

Rapporto di consultazione, pag. 17 seg.

5675

automatico dei rapporti di lavoro in caso di acquisto di un'azienda (art. 333 cpv. 1 CO) poiché indebolirebbe ulteriormente i diritti dei lavoratori, già pesantemente coinvolti in caso di insolvenza. All'atto pratico, inoltre, una deroga del genere risulta superflua, poiché gli accordi tra vecchio e nuovo datore di lavoro nonché con i partner sociali sono usuali in caso di trasferimenti d'azienda in quanto permettono di tenere conto di tutti gli interessi in campo e di stemperare le situazioni difficili che possono derivare dall'applicazione dell'articolo 333 CO; ­

nuove proposte16: vari consultati hanno inoltre formulato proposte riguardo a determinati punti non trattati dall'avamprogetto, ma che secondo loro sarebbe il caso di prendere in considerazione nella corrente revisione, come ad esempio un disciplinamento specifico dei prestiti di risanamento, una revisione dell'appuramento bonale dei debiti mediante trattative private oppure l'obbligo di allestire un piano sociale.

1.5

Il disegno del Consiglio federale

1.5.1

Visione d'insieme della sistematica

Il presente disegno riprende essenzialmente l'avamprogetto del 2008 posto in consultazione nel 2009 che a sua volta corrispondeva in ampia misura all'avamprogetto presentato dal collegio peritale. È stato comunque necessario modificare l'avamprogetto in alcuni punti per tenere debitamente conto delle reazioni pervenute in sede di consultazione. Si tratta in particolare dei punti seguenti:

16

­

le condizioni che consentono di chiedere una moratoria concordataria provvisoria sono state precisate (art. 293 lett. a): deve segnatamente emergere chiaramente se la moratoria concordataria sfocerà in un concordato o se si tratta di una semplice moratoria provvisoria. Inoltre, se la domanda è presentata dal debitore, è necessario allegarvi anche un piano di risanamento provvisorio;

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la possibilità di rinunciare alla pubblicazione della moratoria provvisoria è stata rielaborata (art. 293c cpv. 2): ora la rinuncia alla pubblicazione deve costituire l'eccezione ed essere ordinata soltanto se viene nominato un commissario. Il richiedente è inoltre tenuto a illustrare il motivo per cui auspica rinunciare alla pubblicazione della moratoria;

­

la moratoria provvisoria deve in linea di principio essere concessa per una durata adeguata consentendo anche una proroga. La durata complessiva della moratoria provvisoria non deve tuttavia superare i quattro mesi (art. 293a cpv. 2);

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la proposta di eliminare il diritto di ritenzione del locatore di locali commerciali è mantenuta ed estesa anche agli altri diritti di ritenzione atipici, segnatamente quello degli albergatori e dei padroni di stalle (art. 491 CO) e della comunione dei proprietari per piani (art. 712k CC). È stata aggiunta una disposizione transitoria per dare la possibilità ai creditori interessati di adeguarsi alla nuova situazione giuridica; Rapporto di consultazione, pag. 4 seg.

5676

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i contratti di lavoro sono stati espressamente esclusi dalla nuova normativa prevista dall'articolo 297a sul diritto di disdetta straordinario dei rapporti obbligatori di durata;

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la dichiarazione automatica del fallimento prevista nell'avamprogetto in caso di rigetto del concordato (art. 309 AP) è sostituita con una dichiarazione d'ufficio del fallimento;

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l'articolo 333b capoverso 1 CO proposto nell'avamprogetto è mantenuto.

Contrariamente a quanto previsto nell'avamprogetto (art. 333b cpv. 2 AP), il nostro Consiglio rinuncia invece a limitare l'obbligo di consultare e informare i lavoratori previsto dall'articolo 333a CO in caso di trasferimento dell'azienda a seguito di fallimento o concordato con abbandono dell'attivo;

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i rimandi al concordato contenuti nel diritto federale sono stati aggiornati.

Nel disegno sono state inoltre inserite due proposte suppletive che non figuravano nell'avamprogetto.

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in sede di consultazione, la revisione dell'articolo 333 CO proposta nell'avamprogetto è stata aspramente criticata dalle associazioni dei lavoratori. Il nostro Consiglio è tuttavia del parere che tale proposta sia irrinunciabile ai fini di un diritto in materia di risanamento veramente efficace. Per compensare questa innovazione propone pertanto un obbligo generale di allestire un piano sociale.

Il piano sociale è un insieme di misure che consentono di evitare o ridurre i licenziamenti o di attenuarne gli effetti. Il nuovo obbligo di allestire un piano sociale si applicherebbe a tutti i casi in cui si procede al licenziamento di un elevato numero di collaboratori, ad eccezione dei casi di insolvenza. Infatti è particolarmente difficile allestire un piano sociale quando un'impresa si trova in stato di insolvenza poiché, da un canto, essa non dispone più dei mezzi sufficienti e, dall'altro, tale impiego dei capitali penalizzerebbe gli altri creditori. Per sopraggiunta, il deflusso di capitali che ne risulta ostacola notevolmente il risanamento. Occorre di conseguenza distinguere due casi.

Al di fuori della procedura di insolvenza (fallimento o procedura concordataria), il datore di lavoro che prevede di licenziare un numero consistente di lavoratori sarà sottoposto all'obbligo generale di intavolare trattative con i sindacati, l'eventuale rappresentanza dei lavoratori o i lavoratori per negoziare direttamente l'allestimento di un piano sociale. Se le trattative falliscono, il piano sociale è allestito da un tribunale arbitrale con decisione obbligatoria. Va comunque impedito che si perpetrino abusi e che i costi del piano sociale pregiudichino l'esistenza dell'impresa e i restanti posti di lavoro.

Invece, se è già stata avviata una procedura di insolvenza, sarebbe illusorio imporre l'obbligo di allestire un piano sociale dal momento che nella maggior parte dei casi l'impresa non dispone più dei fondi necessari. In questa situazione l'allestimento di un piano sociale non farebbe altro che ostacolare un risanamento duraturo. Se tuttavia l'impresa o parte di essa viene trasferita ai sensi dell'articolo 333 CO e non tutti i rapporti di lavoro vengono ripresi, occorre almeno (contrariamente a quanto proposto nell'avamprogetto posto in consultazione) mantenere i diritti di partecipazione dei lavoratori conformemente all'articolo 333a CO e (se le condizioni sono adempite) anche quelli dell'articolo 335f CO. Ciò consente ai lavoratori o ai loro rappresen5677

tanti di proporre agli organi coinvolti nella procedura d'insolvenza (amministrazione del fallimento, organi rappresentanti i creditori, liquidatori) misure destinate ad attenuare gli effetti di un licenziamento. Spetta poi a tali organi decidere se e in che misura i costi possono venir addebitati alla massa fallimentare e se è possibile negoziare il piano sociale in un secondo tempo.

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Infine, il nostro Consiglio propone di eliminare nuovamente il privilegio per i crediti provenienti dall'imposta sul valore aggiunto collocati in seconda classe dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2010, della nuova legge sull'IVA. Infatti tale privilegio ostacola o impedisce molti risanamenti che invece sarebbero stati possibili con il vecchio diritto. Qualora tale privilegio restasse in vigore si rischierebbe di vanificare la presente revisione poiché le ripercussioni negative del privilegio superano di gran lunga gli effetti positivi attesi dalla presente revisione.

1.5.2

Prestiti di risanamento: nessun disciplinamento specifico

Durante la prima fase, il collegio peritale ha esaminato se i prestiti concessi prima di promuovere una procedura di insolvenza per il risanamento dovevano essere privilegiati in caso di insolvenza al fine di favorire il risanamento extragiudiziario17. Il collegio peritale aveva tuttavia rinunciato a formulare una proposta in tal senso, decisione accolta con rammarico in sede di consultazione18. In merito alla possibilità di ravvisare, nell'azione revocatoria, l'intento di causare un danno, il Tribunale federale ha inoltre accennato a un eventuale trattamento speciale per i prestiti di risanamento, precisando tuttavia che si riferiva a fondi concessi allo specifico scopo di risanare l'impresa e non al mero scopo di investire denaro a corto termine e a tassi d'interesse elevati19.

Dopo un esame approfondito del problema, il nostro Consiglio rinuncia comunque a disciplinare in modo specifico i prestiti di risanamento. L'argomento principale addotto in favore di un trattamento speciale dei prestiti di risanamento è che in mancanza di questo non vengono concessi prestiti, il che rende impossibile i risanamenti. Occorre tuttavia evidenziare che privilegiare questo tipo di prestiti comporta anche il rischio di ritardare l'avvio della procedura di insolvenza. Inoltre mal si comprende per quale motivo debbano essere privilegiati soltanto i prestiti in caso di insolvenza; esistono anche altre forme contrattuali in grado di agevolare un risanamento senza che siano previsti privilegi per i crediti che ne risultano. Infine un notevole problema è costituito dalla definizione dei criteri legali per i prestiti che potrebbero beneficiare di tale privilegio. Gli effetti positivi attesi dal trattamento speciale di tali crediti possono manifestarsi unicamente se i creditori, al momento del versamento del prestito, hanno la certezza che il loro credito beneficerà effettivamente di un privilegio. All'atto pratico la definizione del privilegio in una clausola generale non sarebbe di grande aiuto.

Il presente disegno propone una soluzione soddisfacente sia per la richiesta di un trattamento privilegiato sia per quella di certezza del diritto. Infatti propone una 17 18 19

Rapporto Fase 1, pag. 43.

Rapporto di consultazione, pag. 4.

DTF 134 III 452 458.

5678

strategia che facilita l'accesso alla procedura concordataria e permette inoltre di utilizzare la moratoria concordataria allo scopo di risanare un'impresa. Il debitore che auspica rifinanziarsi può dunque ricorrere alla procedura concordataria (anche senza eccedenza di debiti in senso stretto), il che gli consente di sottoscrivere prestiti con il consenso del commissario. I debiti contratti in tal modo sono considerati debiti della massa privilegiati d'ufficio (art. 310 cpv. 2), per cui offrono al mutuante la certezza giuridica auspicata. Inoltre, visto che la moratoria concordataria provvisoria non deve più essere pubblicata, non sussiste neppure più il rischio che l'apertura di una procedura concordataria comprometta la reputazione del debitore.

1.6

Diritto comparato

Durante la preparazione del presente messaggio, l'Ufficio federale di giustizia (UFG) e la Segreteria di stato dell'economia (SECO) hanno commissionato congiuntamente tre studi scientifici sulla procedura di insolvenza, tra cui anche uno studio di diritto comparato20.

In occasione di tale studio il diritto svizzero vigente in materia di insolvenza è stato messo a confronto con cinque altri ordinamenti giuridici esteri (Austria, Belgio, Norvegia, Singapore e Stati Uniti). Questi cinque Paesi sono stati scelti in base a uno studio della Banca mondiale21, la quale, partendo da un caso specifico, ha esaminato la procedura di insolvenza nei vari ordinamenti giuridici, analizzando in particolare la durata e i costi della procedura. I cinque ordinamenti giuridici scelti si sono rivelati particolarmente efficienti per quanto concerne la procedura in materia di insolvenza. Lo studio di diritto comparato ha consentito di trarre le conclusioni seguenti:

20 21 22 23

­

alla stregua di quanto proposto nel presente disegno, Belgio, Singapore, Austria e Norvegia non prevedono una procedura speciale in materia di fallimento per gruppi di società. Gli Stati Uniti conoscono una sola regola: la procedura di fallimento di una filiale può essere promossa dinanzi allo stesso giudice che tratta il fallimento della società madre;

­

in tutti gli ordinamenti giuridici esaminati, il debitore è autorizzato, del tutto o in parte, a gestire l'impresa anche dopo la dichiarazione di insolvenza («debtor in possession»). Il giudice competente può limitare tale diritto. Il vantaggio di una tale soluzione consiste nel fatto che il debitore continua a mettere a disposizione dell'azienda le sue conoscenze e la sua esperienza, il che a volte facilita il risanamento22;

­

lo studio ha pure esaminato gli effetti di un risanamento sui rapporti obbligatori di durata esistenti. È emerso che tutti gli ordinamenti giuridici analizzati prevedono una forma di disdetta per questo tipo di contratto, alla stregua di quanto proposto nell'avamprogetto23. La soluzione prevista nel presente disegno (art. 211a e art. 297a) soddisfa dunque le esigenze di un moderno diritto in materia di risanamento;

Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 13 segg.

Djankow/Hart/McLiesh/Shleifer 2008.

Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 32 ; cfr. sul tema anche UNCITRAL, pag. 162 segg.

Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 33 seg.

5679

­

riguardo alla proposta di rinunciare alla pubblicazione della moratoria concordataria (art. 293c cpv. 2), il confronto mostra che tutti gli ordinamenti giuridici analizzati prevedono tale possibilità;

­

si è rivelato molto utile anche il confronto dei privilegi nel fallimento previsti nei vari ordinamenti giuridici. In tutti i Paesi esaminati, tali privilegi sono piuttosto limitati rispetto alla Svizzera. Oltre che per i costi veri e propri della liquidazione o del risanamento, soltanto i lavoratori e i creditori pignoratizi beneficiano talvolta di un privilegio del genere;

­

la proposta formulata nell'avamprogetto di non trasferire automaticamente i rapporti di lavoro a un acquirente (art. 333b CO), corrisponde alla normativa vigente in Belgio, negli Stati Uniti e a Singapore.

Lo studio di diritto comparato ha dunque confermato le lacune del diritto svizzero, già individuate dal collegio peritale. Le modifiche proposte con la presente revisione consentiranno di ottimizzare il diritto svizzero in materia di risanamento conferendogli un'efficacia paragonabile a quella degli ordinamenti giuridici stranieri analizzati.

1.7

Interventi parlamentari

Vi proponiamo di togliere dal ruolo in quanto adempiuti i seguenti interventi parlamentari: ­

01.3673 Mozione Lombardi. Dopo Swissair. Modifîcare la legge federale sulla esecuzione e sul fallimento?

­

02.3474 Postulato CdG-S. Convergenza dei diversi interessi nel quadro del processo di risanamento

­

02.3475 Postulato CdG-S. Orientamento della LEF in funzione della procedura di risanamento

­

02.3045 Postulato Wicki. Analisi giuridica conseguente al «disastro Swissair»

2

Commento ai singoli articoli

2.1

Organizzazione

Art. 4a

Coordinamento

Le procedure di insolvenza simultanee concernenti diverse società di un gruppo celano il rischio di doppioni. Ciò nonostante il diritto vigente non sancisce un obbligo esplicito di coordinare i vari procedimenti. L'articolo 4 LEF si limita a un disciplinamento generico dell'assistenza giudiziaria cantonale e intercantonale tra gli uffici d'esecuzione e gli uffici dei fallimenti. È pertanto opportuno chiedersi se tutti questi procedimenti vadano riuniti in un'unica procedura nell'ambito di un cosiddetto consolidamento materiale oppure se occorra affrontare il problema in altro modo.

Nel suo primo rapporto il collegio peritale aveva già avuto modo di esaminare in modo approfondito l'introduzione di un consolidamento materiale, giungendo tutta5680

via alla conclusione che tale soluzione sarebbe stata opportuna soltanto in alcuni casi speciali di fallimento, ma inadeguata alla procedura concordataria24. Il collegio peritale motivò tale posizione con il fatto che un consolidamento potrebbe coinvolgere nella procedura di insolvenza anche le società solvibili facenti parte di un gruppo, con il rischio di dover procedere alla liquidazione di società finanziariamente sane, effetto decisamente indesiderato dal punto di vista economico. Inoltre il diritto societario svizzero si fonda sull'autonomia giuridica delle singole società di un gruppo. Questa struttura stabilita dal diritto materiale va rispettata poiché il diritto procedurale è diritto strumentale. Per poter introdurre il consolidamento materiale occorrerebbe quindi prima istituire le pertinenti basi legali nel diritto societario. Del resto l'assenza del consolidamento materiale corrisponde agli ordinamenti giuridici oggetto di analisi approfondita nello studio di diritto comparato25.

Nel corso della fase 2, il gruppo di esperti ha nuovamente esaminato il consolidamento materiale proponendo alla fine l'obbligo di coordinare i procedimenti materialmente connessi26. Gli organi d'esecuzione, le autorità di vigilanza e giudiziarie interessate dovrebbero dunque coordinare i loro atti nel limite del possibile. Il nesso materiale risulta dai rapporti esistenti all'interno del gruppo. Come sinora tuttavia i singoli procedimenti restano separati. Tale proposta è stata accolta molto favorevolmente in sede di consultazione27.

Visti la necessità imperativa di coordinare i procedimenti e l'esito della consultazione, viene mantenuto quanto proposto nell'avamprogetto. Il nostro Collegio è consapevole del tenore molto generico e poco vincolante della disposizione proposta. Non è tuttavia possibile definire in modo astratto le circostanze e le modalità concrete di un eventuale coordinamento. È necessario tenere conto delle circostanze specifiche del caso, lasciando alle autorità coinvolte un margine di apprezzamento sufficiente per decidere se e in che misura sia opportuno coordinare i procedimenti. L'articolo 4a del disegno non definisce pertanto la forma concreta da dare a tale coordinamento. Obbliga tuttavia le autorità coinvolte a esaminare seriamente l'opportunità di coordinare i procedimenti e a
procedere in tal senso qualora le circostanze lo consentano. Le opportunità di coordinamento sono innumerevoli: ad esempio, è possibile nominare un unico commissario per sovrintendere a vari procedimenti. L'articolo 4a capoverso 2 consente alle autorità giudiziarie e di vigilanza interessate, previo accordo, di designare un'unica autorità competente per tutti le procedimenti. Ciò corrisponde al disciplinamento previsto agli articoli 125 lettera c e 127 del Codice di procedura civile (CPC)28.

2.2

Ferie

Art. 56

Abrogazione dell'art. 56 LEF rev

Quando approvarono il Codice di procedura civile, le Camere federali modificarono pure l'articolo 56 LEF conformando le ferie estive a quelle giudiziarie fissate nell'articolo 145 CPC (dal 15 luglio al 15 agosto anziché dal 15 al 31 luglio). Con il 24 25 26 27 28

Cfr. in merito il rapporto Fase 1, pag. 48 segg.

Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 41.

Rapporto Fase 1, pag. 29 seg.

Rapporto di consultazione, pag. 20 seg.

RS 272

5681

tempo è tuttavia emerso che allungare di due settimane le ferie esecutive avrebbe comportato notevoli problemi di applicazione. Da un sondaggio svolto lo scorso anno presso le autorità di sorveglianza cantonali commissionato su incarico del servizio di alta vigilanza in materia di LEF in seno al Dipartimento di giustizia e polizia, è risultato che la maggioranza dei Cantoni accoglieva con grande scetticismo le nuove ferie esecutive. In particolare è stato criticato che, sospendendo per quattro settimane ogni atto esecutivo, gli uffici di esecuzione e fallimento, soprattutto quelli più grandi, si vedrebbero confrontati con una notevolissima mole di lavoro una volta terminate le ferie, anche perché molti creditori tendono a smaltire le pendenze prima delle ferie estive, motivo per cui quel periodo è già di per sé caratterizzato da un elevato numero di domande d'esecuzione da trattare. Terminate le ferie esecutive, gli uffici competenti si troverebbero a dover sbrigare tutte le procedure simultaneamente. I medesimi problemi di sovraccarico si ripresenterebbero poi nelle fasi procedurali successive (prosecuzione, pignoramento). Il disbrigo degli incarti pendenti al rientro dalle ferie estive costituisce già un problema non indifferente, almeno per gli uffici più grandi, ma un raddoppio della durata delle ferie esecutive causerebbe addirittura gravi ritardi procedurali. Tale eventualità sarebbe in contraddizione con l'imperativo di celerità del diritto dell'esecuzione forzata e rischierebbe di pregiudicare gli interessi dei creditori. Per sopraggiunta si porrebbe pure il problema di come occupare i collaboratori degli uffici di esecuzione durante le ferie.

Vari uffici hanno fatto notare che si vedrebbero presumibilmente obbligati a imporre ferie forzate ai loro dipendenti. Questi problemi di carattere pratico non sarebbero in alcun modo compensati da eventuali vantaggi risultanti da ferie giudiziarie e ferie esecutive simultanee. Infine occorre rilevare che le ferie esecutive rivestono una funzione completamente diversa rispetto a quelle giudiziarie e che nella prassi nulla ne giustifica la simultaneità. In considerazione di quanto precede, il nostro Consiglio non ha posto in vigore l'articolo 56 LEF riveduto e ora propone di mantenere tale disposizione nel tenore attuale.

2.3

Dichiarazione di fallimento

Art. 173a

Dichiarazione di fallimento in assenza di possibilità di risanamento o di omologazione del concordato

Se contestualmente all'avviso di indebitamento ai sensi dell'articolo 725 CO non è presentata una richiesta di moratoria concordataria, il giudice del fallimento procede secondo l'articolo 173a LEF, ossia trasmette gli atti al giudice del concordato qualora la conclusione di un concordato appaia possibile. Il presente disegno non intende modificare tale deroga al principio dispositivo, che ha lo scopo di evitare il fallimento di imprese risanabili. Le prospettive di omologazione devono tuttavia essere manifeste. In nessun caso il giudice è tenuto ad appurare l'esistenza di suddetti elementi ogni qual volta esamina una domanda di fallimento se non vi sono validi motivi. Per differire la decisione di fallimento è sufficiente che la conclusione di un concordato appaia attuabile29. In questo caso il giudice del concordato concede la moratoria provvisoria; tuttavia dichiara d'ufficio il fallimento se il risanamento o l'omologazione di un concordato appaiono manifestamente improbabili (art. 293a cpv. 3). La ritrasmissione degli atti al giudice del fallimento non è più necessaria 29

Cfr. Vollmar, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 293N 18 seg.

5682

poiché costituisce un'inutile complicazione. L'articolo 173a capoverso 3 può dunque venir abrogato. Alla procedura si applica per analogia l'articolo 171 e seguenti.

Art. 174

Impugnazione

La dichiarazione di fallimento secondo l'articolo 171 può essere impugnata ai sensi dell'articolo 174. Tale disposizione va adeguata dal momento che ormai il riferimento al giudice del fallimento non è più necessario. Il tenore dell'articolo viene inoltre adeguato al CPC.

Art.190 cpv. 1 n. 3

Dichiarazione di fallimento su istanza di un creditore

Dal momento che il nuovo articolo 309 prevede una dichiarazione d'ufficio del fallimento in caso di rigetto del concordato, il rinvio previsto all'articolo 190 può essere stralciato.

Art. 192

Dichiarazione di fallimento d'ufficio

Nella sua versione vigente tale articolo si riferisce soltanto al diritto della società anonima e alle disposizioni del diritto della società in accomandita per azioni, della società con garanzia limitata nonché della società cooperativa. Dal momento che il presente disegno prevede ulteriori casi di dichiarazione di fallimento d'ufficio (art. 293a cpv. 3; art. 309), applicabile anche ad altri creditori, la disposizione viene adeguata.

2.4

Effetti del fallimento

Art. 211a

Rapporti obbligatori di durata

Si parla di rapporto obbligatorio di durata quando un contratto non si limita a uno scambio di prestazioni e controprestazioni puntuali bensì è caratterizzato da uno scambio continuo e ripetuto di prestazioni (ad es. contratti di lavoro, di locazione, di leasing e i mutui)30. Salvo in alcuni casi, il diritto materiale non prevede che l'insorgere dell'insolvenza (fallimento, procedura concordataria) comporti per principio la cessazione di tale rapporto obbligatorio di durata31. Il diritto dell'esecuzione forzata non contiene alcuna regola che prevede lo scioglimento d'ufficio di un simile contratto32. Di norma, in caso di insolvenza, i rapporti obbligatori di durata rimangono dunque immutati, il che può decisamente ostacolare o rendere addirittura impossibile il risanamento (ad es. il leasing molto oneroso e a lungo termine di macchinari non più necessari in caso di ridimensionamento dell'azienda).

Il collegio peritale ha esaminato se e a quali condizioni i rapporti obbligatori di durata in caso di insolvenza possono venir disdetti in via straordinaria ed è giunto alla conclusione che un tale diritto di disdetta generale, in particolare a ragione 30 31

32

Gauch/Schluep/Schmid/Rey 2008, n. marg. 94; DTF del 20 agosto 2007, n. 4A_141/2007, consid. 4.1.

Cfr. tuttavia le deroghe a questo principio; è segnatamente il caso del contratto di affitto (art. 297a CO), il mandato (art. 405 cpv. 1 CO), il contratto d'agenzia (art. 418s cpv. 1 CO) nonché la società semplice (art. 545 cpv. 1 n. 3 CO).

Lorandi 2004, pag. 1211.

5683

dell'indennizzo limitato destinato alla controparte, costituirebbe un'ingerenza eccessiva nel diritto materiale. Ha pertanto proposto un distinguo tra la società destinata alla liquidazione (fallimento e concordato con abbandono dell'attivo) e quella da salvare (moratoria concordataria e concordato ordinario). Per la prima eventualità, il collegio peritale ha proposto di mantenere l'attuale normativa e di inserire nella LEF soltanto una norma a carattere dichiaratorio, mentre per la seconda ha proposto di consentire al debitore di disdire, in ogni istante, in via straordinaria un rapporto obbligatorio di durata. La controparte avrebbe ovviamente dovuto essere indennizzata, ma il rispettivo credito sarebbe stato considerato un semplice credito concordatario.

In sede di consultazione tale proposta è stata molto controversa33, ma il tenore della normativa proposta in caso di fallimento (articolo 211a) non ha riscontrato praticamente alcuna opposizione.

Il nostro Consiglio mantiene dunque l'impostazione presentata nell'avamprogetto e opta per la soluzione applicata attualmente, ossia rinunciare all'introduzione di un diritto di disdetta straordinario a beneficio della massa del fallimento o in liquidazione in caso di liquidazione (fallimento e concordato con abbandono dell'attivo).

Nel contempo è tuttavia necessario precisare le modalità per trattare ed eventualmente liquidare un rapporto obbligatorio di durata in maniera corretta dal punto di vista del diritto materiale ed esecutivo. Possono configurasi tre casi:

33

­

l'amministrazione del fallimento o i liquidatori hanno in un primo tempo l'opportunità di subentrare in un rapporto obbligatorio di durata esistente e di beneficiare delle prestazioni risultanti dal contratto esistente. Tale opportunità è già prevista in forma generale nel diritto vigente (art. 211 cpv. 2), ma il disegno la precisa per i rapporti obbligatori di durata (art. 211a cpv. 2).

Qualora si dovesse far uso di tale diritto di surrogazione, i pertinenti crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento sono considerati debiti della massa.

I vecchi crediti ­ ossia quelli sorti prima della dichiarazione di fallimento ­ possono invece essere insinuati soltanto come crediti ordinari. Tale precisazione non è del tutto nuova, ma ha il pregio di sancire che tali obbligazioni possono trasformarsi in debiti della massa soltanto dopo l'insorgere dell'insolvenza (in particolare dopo la dichiarazione di fallimento). Il tenore della norma precisa inoltre che in caso di fruizione parziale di una controprestazione, i relativi crediti sono considerati crediti della massa soltanto fino a concorrenza delle prestazioni di cui il debitore ha effettivamente beneficiato nel caso specifico;

­

d'altro canto l'amministrazione del fallimento o i liquidatori hanno la possibilità di disdire il rapporto obbligatorio di durata entro il prossimo termine legale o contrattuale. In tal caso i crediti risultanti dal rapporto contrattuale sono considerati crediti nel fallimento;

­

in molti casi tuttavia manca sia la disdetta sia la ripresa esplicita del contratto. In tal caso i contratti continuano semplicemente a essere validi in virtù del diritto civile. Eppure sussiste una notevole incertezza sulla sorte da riservare ai rapporti obbligatori di durata e alle singole prestazioni nel quadro della procedura di insolvenza. L'articolo 211a capoverso 1 precisa dunque la situazione: il cocontraente ha la facoltà di far valere le proprie pretese come Rapporto di consultazione, pag. 15 segg.

5684

se fossero crediti ordinari nel fallimento, ma al più tardi entro il prossimo termine di disdetta o fintantoché non sia scaduta la durata determinata del contratto e sempreché non si tratti di un caso di cui al capoverso 2. In altre parole, l'eventuale inattività dell'organo di esecuzione forzata comporta le medesime conseguenze della disdetta (ordinaria) del rapporto obbligatorio di durata. Rimangono ovviamente salve eventuali disposizioni speciali concernenti la sorte dei contratti in caso di insolvenza.

L'articolo 211a capoverso 1 precisa dunque espressamente che i creditori interessati saranno tenuti a lasciarsi imputare eventuali vantaggi conseguiti durante tale periodo. È ben vero che l'imputazione dei vantaggi è un principio generale applicabile a tutto il diritto privato, ma possono sorgere difficoltà nel caso in cui un contratto è retto da una legislazione straniera che non prevede tale principio. Dal punto di vista formale, un simile disciplinamento dell'imputazione dei vantaggi andrebbe inserito nella legge federale del 18 dicembre 1987 sul diritto internazionale privato (LDIP)34.

Tuttavia è più facile da reperire e comprendere nel contesto della LEF.

La procedura di insolvenza nei confronti di ditte individuali non riguarda soltanto i debiti commerciali del titolare dell'impresa bensì anche quelli della sua sfera privata. Conseguentemente, la legge deve prevedere una normativa speciale (art. 211a cpv. 3): il debitore ha la possibilità di continuare a sue spese i rapporti obbligatori di durata delle cui prestazioni usufruisce a titolo privato (ad es. giornali in abbonamento, cassa malattia, canone di locazione dell'abitazione).

Art. 219 cpv. 4, seconda classe lett. e

Abrogazione del privilegio nel fallimento a favore dell'imposta sul valore aggiunto

Dopo che il 28 gennaio 2009 il nostro Collegio ha avviato la consultazione, si è verificata una nuova situazione di notevole rilevanza politica: il 12 giugno 2009 l'Assemblea federale ha approvato la nuova legge sull'IVA (LIVA)35, entrata poi in vigore il 1° gennaio 2010. Allo stesso momento è anche stato istituito un nuovo privilegio in seconda classe a favore della Confederazione per i crediti fiscali risultanti dall'imposta sul valore aggiunto (art. 219 cpv. 4, seconda classe lett. e). Nel dicembre 2009, i membri del gruppo di esperti «procedura concordataria» si sono rivolti al nostro Consiglio con una lettera debitamente motivata chiedendoci di eliminare tale nuovo privilegio. Anche in Parlamento si sono levate voci preoccupate circa gli effetti del nuovo privilegio36. Lo studio di diritto comparato ha inoltre evidenziato che la legislazione svizzera privilegia molti crediti che invece all'estero non beneficiano di alcun privilegio37. Per questo motivo il nostro Consiglio ha deciso di riesaminare gli effetti del privilegio per i crediti risultanti dall'imposta sul valore aggiunto.

La procedura di fallimento è volta principalmente a garantire la parità di trattamento di tutti i creditori: l'insieme del patrimonio del debitore è liquidato e i creditori vanno soddisfatti in modo simultaneo ed equo. Il diritto a un soddisfacimento preferenziale deve dunque costituire l'eccezione. Il Legislatore deve essere cosciente del fatto che privilegiando determinate categorie di creditori ne svantaggia altre38.

34 35 36 37 38

RS 291 RS 641.20 Domanda CN Bischof, 09.5508 Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 39.

Amonn 1989, pag. 343 segg.

5685

L'ultima grande revisione della LEF, in occasione della quale la riduzione delle pretese privilegiate costituì uno dei punti centrali, si fondava giustappunto su tale riflessione39. Per motivare tale richiesta, nel messaggio si precisava: «Nell'intento di garantire l'equità materiale, rimangono privilegiati unicamente crediti il cui titolare abbisogna di una tutela specifica e individuale (lavoratori, beneficiari di rendite, invalidi, vittime di infortuni, creditori di alimenti, figli) in ragione della posizione di dipendenza in cui si trova. È necessario che sia per lo meno assicurato il soddisfacimento dei bisogni correnti di queste persone»40. In tale occasione è stato tra l'altro abolito il privilegio per l'imposta preventiva a motivo che «la nostra legislazione non conosce, in linea di principio, privilegi per i crediti d'imposta»41. Tuttavia, già nel corso della revisione del 24 marzo 2000, sono stati reintrodotti i privilegi per i crediti delle assicurazioni sociali, aboliti nel 199742.

Adottando questo privilegio per i crediti risultanti dall'imposta sul valore aggiunto nella revisione entrata in vigore il 1° gennaio 2010, il Legislatore si è dunque nuovamente scostato dall'obbiettivo originale che consisteva nell'eliminare i privilegi in materia di fallimento, in particolare quelli fiscali. I crediti derivanti dall'imposta sul valore aggiunto costituiscono generalmente una parte non indifferente dei crediti in caso di insolvenza. Tale situazione è da ricondurre al fatto che le imprese in carenza di liquidità tendono a pagare in primis i fornitori che consentono loro di continuare l'attività aziendale, mentre i debiti d'imposta non vengono onorati e si accumulano.

Il collocamento in seconda classe dei crediti risultanti dall'imposta sul valore aggiunto aumenta quindi sensibilmente la proporzione di crediti privilegiati. Di conseguenza si moltiplicano i casi in cui i creditori collocati in terza classe vengono privati del dividendo già piuttosto scarno di loro spettanza (nel 95 % dei casi a tali creditori non viene distribuito alcun dividendo43) e a volte persino i creditori di seconda classe si vedono ridurre i dividendi in misura significativa. Visto che per omologare un concordato occorre che ne sia sufficientemente garantita l'esecuzione, compreso l'integrale soddisfacimento dei
creditori privilegiati ammessi (art. 306 cpv. 2 n. 2), l'aumento della parte spettante ai crediti privilegiati può comportare l'impossibilità di concludere un concordato. A ciò si aggiunge che, nella pratica, l'entità esatta dei crediti derivanti dall'imposta sul valore aggiunto rimane incerta per molto tempo, poiché in caso di insolvenza la deduzione dell'imposta preventiva per i periodi precedenti non può più essere compiuta retroattivamente44. Finché tali crediti venivano collocati in terza classe, per gli altri creditori non valeva la pena contestarli. Il loro collocamento in seconda classe tuttavia ribalta la situazione poiché il ritardo cagionato da un'eventuale procedura di ricorso rende più difficile anche la conclusione di un concordato45.

In tale contesto va pure evidenziato che la soppressione di tale privilegio comporterà notevoli perdite finanziarie per la Confederazione (cfr. n. 3.1). Inoltre, diversamente da quanto succede per altre imposte, il debitore, soggetto all'imposta, ha riscosso

39

40 41 42 43 44 45

Messaggio dell'8 maggio 1991 concernente la revisione della legge federale sulla esecuzione e sul fallimento (LEF), FF 1991 III 1 (qui di seguito citato come messaggio 1991), pag. 91.

Messaggio 1991, FF 1991 III 93.

Messaggio 1991, FF 1991 III 95 seg.

RU 2000 2531 Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 51.

Art. 40 cpv. 2 della Legge del 12 giugno 2009 sull'IVA (LIVA), RS 641.20.

Duc 2010, pag. 32.

5686

l'IVA dal consumatore ed esercita una mera funzione fiduciaria46. In termini economici, l'imposta sul valore aggiunto non costituisce dunque un attivo del fallito e non è destinata a essere distribuita ai creditori.

In termini quantitativi occorre infine rilevare che gli effetti positivi attesi dalla presente revisione della procedura concordataria sono stati annullati dall'introduzione del nuovo privilegio, le cui ripercussioni sono di una portata tale da rendere praticamente superflua la revisione del diritto in materia di risanamento in atto dal 2003 qualora si decidesse di mantenere tale privilegio. Per tale motivo, nella lettera indirizzata nel dicembre 2009 al Consiglio federale, i membri del gruppo peritale «diritto in materia di risanamento» erano giunti alla conclusione che, in molti casi (piccole e medie imprese), il privilegio per i crediti risultanti dall'imposta sul valore aggiunto rende praticamente impossibile il risanamento in sede di procedura concordataria. Per attuare gli obiettivi della presente revisione, ossia agevolare effettivamente il risanamento di un'impresa, è dunque inevitabile abrogare tale privilegio.

2.5

Disposizioni speciali per pigioni e affitti

Art. 283 e 284

Disposizioni speciali per locazione e affitto

L'eliminazione dei diritti di ritenzione su pigioni e affitti rende obsolete le disposizioni della LEF che vi fanno riferimento e possono dunque essere abrogate.

2.6

Revocazione

Art. 285 cpv. 3

Azione revocatoria per atti compiuti durante la moratoria

Nel diritto vigente l'autorizzazione del giudice del concordato di effettuare un negozio giuridico lo rende lecito in termini di diritto civile ed esecutivo (art. 298 cpv. 2).

L'azione pauliana secondo l'articolo 285 e seguenti LEF rimane comunque possibile47, il che crea una situazione di grande incertezza per la controparte48. Si propone dunque di eliminare tale incertezza giuridica, che può decisamente nuocere alla prassi del risanamento: in futuro gli atti autorizzati dagli organi di esecuzione competenti non saranno più revocabili.

Art. 286 cpv. 3 e 288 cpv. 2

Inversione dell'onere della prova nell'azione pauliana

La legge stabilisce che l'attore deve provare la fattispecie oggettiva cui fa riferimento, sia nella pauliana per donazioni ai sensi dell'articolo 286 LEF sia in quella per insolvenza (o azione revocatoria per insolvenza) ai sensi dell'articolo 288 LEF49.

Nel caso della pauliana per donazioni, ciò significa che incombe all'attore dimostrare la sproporzione tra prestazione e controprestazione. Nel caso della pauliana per insolvenza, la parte attrice è invece tenuta a provare, oltre alla fattispecie oggettiva, 46 47 48 49

Decisione del 23 dicembre 2002, n. 2A.344/2002, consid. 2.1.

DTF 134 III 273 282 seg.

Fatzer 2010, pag. 28.

Cfr. Gilliéron, n. marg. 2951 segg.

5687

anche quella soggettiva: deve insomma provare l'intento del debitore di arrecare un danno ai creditori o di favorirne alcuni, nonché la possibilità per la controparte di individuare tale intenzione. La legge stessa non prevede alcuna presunzione a svantaggio del convenuto50. Il Tribunale federale ha invece riconosciuto, almeno per l'azione revocatoria per insolvenza, l'esistenza di una presunzione naturale, secondo cui il beneficiario con il quale vi sono legami di parentela stretta o altri rapporti intensi sia al corrente della situazione finanziaria precaria del debitore51. In generale i rapporti personali tra debitore e beneficiario della prestazione sono considerati un indizio per il fatto che quest'ultimo fosse al corrente della situazione finanziaria precaria del primo52. Per contro si ritiene che all'interno di un gruppo di società non occorra distinguere tra l'intento di nuocere del debitore e la riconoscibilità di tale intento da parte del beneficiario a ragione della presunta conoscenza imputabile alla direzione complessiva del gruppo53; secondo alcuni pareri, all'interno di un gruppo di società la presunzione andrebbe addirittura estesa agli aspetti soggettivi della fattispecie54. Eppure, nonostante tale agevolazione, sovente le prove fornite non consentono di far valere le pretese revocatorie in assenza di una soluzione bonale55.

È segnatamente il caso nella pauliana per insolvenza (art. 288). Talvolta è ad esempio molto difficile, se non addirittura impossibile, ravvisare se sia stata comunque fornita in altro modo una controprestazione a prima vista inesistente56. Per tale motivo l'avamprogetto proponeva di facilitare l'onere della prova per chi promuove un'azione revocatoria. Il presente disegno riprende in toto il disciplinamento dell'avamprogetto:

50 51 52 53 54 55 56 57 58

­

pauliana per donazioni (art. 286 ): se il beneficiario dei vantaggi è una persona vicina al debitore, è il beneficiario a dover addurre la prova che non vi è sproporzione tra prestazione e controprestazione. All'atto pratico può rivelarsi estremamente difficile per un terzo non coinvolto dimostrare il valore effettivo di una prestazione dal momento che sovente manca un mercato e dunque anche un valore di riferimento o che il bene trasferito è immateriale (consulenze, risultati di ricerche scientifiche, licenze, marchi)57. Per contro le parti direttamente interessate dal trasferimento patrimoniale dovrebbero essere in grado di illustrare i criteri applicati per determinare il prezzo corrisposto per tali prestazioni58. Il tenore dell'articolo precisa a tale proposito che sono considerate «persone vicine» anche le società di un gruppo (art. 286 cpv. 3);

­

pauliana per insolvenza (art. 288): se il beneficiario dei vantaggi è una persona vicina al debitore (anche in questo caso, la prossimità è determinata dai rapporti all'interno del gruppo) si presume adempita la fattispecie soggettiva di tale azione revocatoria nei confronti del convenuto (intento di nuocere procurando vantaggi nonché possibilità di ravvisare tale intento). In tal caso Amonn/Walther 2008, § 52 N 25.

DTF 40 III 293 298; cfr. anche Staehelin, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 288 N 20.

Peter, in: Dallèves/Foëx/Jeandin 2005, art. 288 N 10.

Peter, in: Dallèves/Foëx/Jeandin 2005, art. 288 N 17.

Peter, in: Dallèves/Foëx/Jeandin 2005, Art. 288 N 18 con ulteriori rimandi.

Von Büren 2005, pag. 593; Peter 1989, pag. 2, 7, 14.

Von Büren 2005, pag. 595 con ulteriori rimandi.

Peter 1989 pag. 7.

Peter 1989 pag. 7, secondo il quale tale obbligo risulta già de lege lata dall'art. 222 cpv. 1, 229 e 244 LEF.

5688

la parte attrice deve unicamente comprovare i fatti oggettivi che arrecano danno ai creditori nonché l'esistenza di un rapporto di prossimità.

È necessario chiarire cosa s'intenda con il concetto di «persona vicina». In origine proviene dal diritto fiscale e dopo la revisione del 1991 si ritrova anche nel diritto societario (art. 628 cpv. 2, 663bbis cpv. 5, 663c cpv. 3 e 678 cpv. 1 CO), nell'articolo 4ter della legge federale dell'8 novembre 1934 sulle banche e le casse di risparmio59 nonché nell'articolo 51c della legge federale del 25 giugno 198260 sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità. Per persona vicina s'intendono sia le persone fisiche sia quelle giuridiche; oltre ai parenti e agli amici, sono considerate persone vicine anche le società di un gruppo come pure i grandi azionisti e gli azionisti di maggioranza61. Occorre tuttavia rammentare che è possibile stabilire l'eventuale vicinanza di una persona soltanto nell'esaminare un caso specifico62. È per tale motivo che si è optato per una formulazione generica al fine di lasciare alla giurisprudenza un consono margine di apprezzamento. Non ne risulta alcuna incertezza giuridica irragionevole per i beneficiari di prestazioni poiché i pertinenti trasferimenti patrimoniali sono già revocabili. L'inversione dell'onere della prova obbliga semplicemente le parti a meglio chiarire l'ammissibilità di tali trasferimenti in quanto le disposizioni proposte renderanno più facile promuovere un'azione pauliana se sussistono le condizioni per la revocazione.

Art. 292

Prescrizione dell'azione revocatoria

Secondo l'attuale articolo 292, l'azione revocatoria «è perenta» due anni dopo la dichiarazione di fallimento. Tale disposizione è errata e presumibilmente dovuta a una svista del Legislatore63. Occorre dunque parlare di un termine di prescrizione (che può essere interrotto). L'articolo 292 va dunque opportunamente modificato.

2.7

Moratoria concordataria provvisoria

Durante la moratoria provvisoria si esamina attentamente la situazione finanziaria del debitore e le possibilità di procedere in vista del risanamento.

Come nel diritto vigente sarà possibile promuovere la procedura concordataria in tre modi: su richiesta del debitore, su richiesta dei creditori o d'ufficio (art. 293).

Art. 293 lett. a

Introduzione su richiesta del debitore

Ogni persona fisica o giuridica escutibile in via di fallimento o di pignoramento ha la possibilità di promuovere una procedura concordataria (art. 293 lett. a). In particolare il debitore può presentare domanda di concordato anche in occasione dell'avviso di indebitamento (art. 725 CO).

Non è richiesto alcun motivo particolare di insolvenza. Il disegno riprende dunque il diritto vigente. S'intende così sostenere l'obiettivo della revisione di non dover attendere fino all'ultimo momento per avviare una procedura concordataria, bensì 59 60 61 62 63

RS 952.0 RS 831.40 Kurer, in: Honsell/Vogt/Watter 2008, art. 678 N 7 seg.

Cfr. pure Watter/Maizar, in: Honsell/Vogt/Watter 2008, art. 663bbis N 32.

Cfr. Gilliéron 2005, n. marg. 2963 seg. Fritzsche/Walder 1984/1993, art. 67 n. marg. 15.

5689

aver modo di farne domanda già in un primo tempo al fine di migliorare le opportunità di risanamento del debitore.

Rispetto al diritto vigente, il debitore non è più tenuto a presentare al giudice una proposta di concordato. Tale soluzione esenta il debitore dal doversi consultare preventivamente con i suoi creditori e dunque dal fornire informazioni in merito alla sua situazione finanziaria. Il debitore deve tuttavia motivare opportunamente la sua domanda per consentire al giudice di decidere con cognizione di causa in merito alla concessione della moratoria concordataria. Il nuovo piano di risanamento provvisorio previsto dalla legge ha proprio tale funzione. Dal documento si deve poter chiaramente evincere se la moratoria viene chiesta per mettere in atto misure di risanamento oppure per preparare un concordato. Nel primo caso il debitore è tenuto a mettere in evidenza come intende procedere al risanamento affinché il giudice del concordato sia in grado di determinare se esistono prospettive reali di successo, per quanto tempo occorra concedere la moratoria provvisoria e quali compiti competano a un eventuale commissario. Il disegno riprende essenzialmente i requisiti attualmente applicabili al differimento del fallimento.

Inoltre il debitore deve, come sinora, allegare i documenti che permettono di evincerne lo stato patrimoniale o reddituale. La legge non esige che tali documenti siano stati oggetto di revisione contabile, ma il giudice del concordato può subordinare l'approvazione della domanda o una sua successiva proroga alla presentazione di cifre rivedute. Il disegno precisa che non fa stato soltanto la situazione attuale, bensì anche ­ e soprattutto ­ quella futura. Il debitore è dunque tenuto a fornire un piano di liquidità che metta a confronto le entrate e le uscite mensili; dalla differenza risulta la liquidità disponibile per adempiere gli obblighi finanziari della società. È stato invece soppresso l'obbligo di allegare l'elenco dei libri contabili.

Art. 293 lett. b

Introduzione su richiesta dei creditori

Oltre al debitore, anche un creditore può chiedere l'apertura della procedura concordataria (art. 293 lett. b). Il presupposto è, come nel diritto vigente, che abbia portato avanti l'esecuzione nei confronti del debitore fino al punto da poter presentare domanda di fallimento. Rimane legittimato anche il creditore autorizzato a chiedere la dichiarazione di fallimento senza preventiva esecuzione (art. 190)64. Dal momento che il creditore solitamente non conosce in dettaglio la situazione del debitore, occorre prevedere requisiti meno severi di quelli richiesti per la domanda del debitore, il che è conforme al diritto vigente.

Nella pratica saranno comunque piuttosto rari i casi in cui i creditori chiedono l'apertura della procedura concordataria. Di norma un creditore presenterà piuttosto domanda di fallimento e spetterà in seguito al giudice del concordato procedere, se tutti i requisiti sono adempiti, conformemente all'articolo 173a capoverso 2.

Art. 293 lett. c

Domanda d'ufficio

L'avvio d'ufficio della procedura concordataria è possibile: ­

64

in occasione dell'avviso di indebitamento, se il debitore medesimo non ha presentato alcuna domanda di concordato; Cfr. Vollmar, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 293 N 16; Jaeger/Walder/Kull/ Kottmann 1997/2001, art. 293 N 39 seg.

5690

­

in seguito alla domanda di fallimento di un creditore (dopo un'esecuzione in via di fallimento o per un motivo materiale) mediante trasmissione degli atti al giudice del concordato (art. 173a).

Art. 293a

Concessione della moratoria provvisoria

Il giudice del concordato decide in merito alla moratoria provvisoria senza indugio non appena è stata presentata la domanda o il giudice del fallimento gli ha trasmesso gli atti (art. 293a cpv. 1). Il giudice del concordato decide in procedura sommaria (art. 251 lett. a CPC). Esamina d'ufficio le condizioni per la moratoria concordataria. Non è obbligato a sentire i creditori, tuttavia, nel caso in cui sia un creditore a presentare la domanda di concordato, solitamente sente il debitore. Occorre evitare condizioni troppo severe per la concessione della moratoria provvisoria, ma è possibile subordinarla all'anticipazione delle spese per l'onorario del commissario. Il giudice del concordato dichiara il fallimento soltanto quando manifestamente non sussiste alcuna possibilità di risanamento o di omologazione di un concordato (art. 293a cpv. 3).

La moratoria provvisoria deve dunque obbligatoriamente precedere quella definitiva (diversamente da quanto accade nel diritto vigente). In tal modo l'accesso alla moratoria risulta notevolmente agevolato. È inoltre possibile mettere fine alle prassi divergenti dei Cantoni per quanto riguarda la durata intercorrente tra domanda e concessione. Il disegno prevede di associare, all'occorrenza, la moratoria provvisoria a provvedimenti atti a preservare il patrimonio65.

La moratoria provvisoria viene concessa per un massimo di quattro mesi; nel caso concreto la durata effettiva va fissata in funzione degli obiettivi perseguiti concedendo la moratoria concordataria provvisoria (art. 293a cpv. 1). Il termine massimo di due mesi previsto dal diritto vigente (art. 293 cpv. 2 ) è troppo breve per esaminare in modo approfondito i casi complessi. Inoltre, dal momento che è stato soppresso l'obbligo del debitore di abbinare una proposta di concordato alla domanda di moratoria, occorre concedere più tempo al giudice per chiarire la situazione. Resta in linea di principio possibile la proroga della moratoria concordataria provvisoria, ma la sua durata complessiva non deve superare i quattro mesi (art. 293a cpv. 2). In tal modo, il giudice del concordato ha la possibilità di concedere in una prima fase una moratoria provvisoria più breve e di far dipendere un'eventuale proroga, ad esempio, dal raggiungimento di determinati obiettivi intermedi.

Art. 293b

Nomina di un commissario provvisorio

Al momento della concessione della moratoria concordataria provvisoria, il giudice del concordato può nominare un commissario provvisorio. In via eccezionale può derogare a tale regola (art. 293b cpv. 2), in particolare se non vi sono in gioco interessi di terzi o se la nomina di un commissario ridurrebbe il substrato economico disponibile al punto da rendere impossibile un risanamento. Il commissario riveste una funzione diversa a dipendenza dello scopo della moratoria concordataria provvisoria: se questa si prefigge la conclusione di un concordato, il commissario, nel quadro della moratoria concordataria provvisoria, deve innanzitutto esaminare se un siffatto concordato entra in linea di conto e quali potrebbero essere le sue caratteri65

Cfr. in merito in particolare Vollmar, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 293 N 30 seg.

5691

stiche. Se invece la moratoria provvisoria (analogamente all'attuale differimento del fallimento) ha lo scopo di accordare una tregua al debitore affinché possa attuare le misure di risanamento, il compito principale del commissario durante la moratoria concordataria provvisoria consiste innanzitutto nel preparare tali misure e, all'occorrenza, nel sorvegliarne la realizzazione. In ambedue i casi si tratta di esercitare una vigilanza sul debitore e fare in modo che non vengano compromessi interessi di terzi, garantendo nel contempo che il substrato economico disponibile non si riduca.

Art. 293c

Effetti della moratoria provvisoria

In molti casi un risanamento può essere coronato da successo soltanto se gli sforzi profusi non sono resi di pubblico dominio. Il debitore deve poter beneficiare di una certa tranquillità per trovare una soluzione con i creditori. Il diritto vigente esige però la pubblicazione della moratoria. Non è invece così per il differimento del fallimento, da pubblicare soltanto se la tutela di terzi lo esige (art. 725a cpv. 3 CO).

Anche in questo caso il motivo di tale rinuncia va ricercata nel fatto che la pubblicazione del differimento del fallimento può produrre effetti negativi per la società66.

Rinunciare alla pubblicazione consente di mantenere la fiducia del pubblico nell'impresa, il che può rivelarsi determinante sia per il prosieguo dell'attività economica sia per il risanamento che s'intende concretizzare. La rinuncia a pubblicare la moratoria provvisoria non deve però compromettere eventuali interessi di terzi. In particolare le società quotate in borsa sono tenute a informare il pubblico in merito alla moratoria (pubblicità ad hoc)67.

L'avamprogetto proponeva dunque, in analogia con l'articolo 725a capoverso 3 CO, che la moratoria provvisoria non venisse pubblicata se la tutela di terzi era garantita (art. 293c cpv. 2 AP). In sede di consultazione tale proposta è stata vivamente criticata68, sia perché la rinuncia alla pubblicazione potrebbe pregiudicare gli interessi di terzi, in particolare quelli di eventuali nuovi creditori sorti durante la moratoria, sia perché il creditore che promuove esecuzione si trova ad affrontare spese suppletive e ingiustificate in quanto non ha la possibilità di portare avanti l'esecuzione durante la moratoria provvisoria.

In sostanza conviene mantenere il principio secondo cui la moratoria provvisoria concede al debitore una tregua, durante la quale sono sospese le azioni dei creditori, purché lo ordini il giudice del concordato; ciò implica altresì che la moratoria provvisoria non debba venir pubblicata (art. 293c cpv. 2). Proprio nei casi in cui la moratoria concordataria provvisoria non sfocia in un concordato, bensì si prefigge semplicemente di offrire una moratoria temporanea all'impresa, questa possibilità è indispensabile. La proposta dell'avamprogetto va però precisata nel senso che la pubblicazione costituisce la regola, mentre la rinuncia l'eccezione69. Ne
consegue che il richiedente deve formulare una domanda circostanziata nella quale espone le ragioni per le quali è opportuno rinunciare alla pubblicazione, indicando nel contempo pure se sono in corso o previste trattative in vista del risanamento.

66 67 68 69

Hardmeier 1997, art. 725a N 1341; Schönenberger 2002, 181.

Art. 72 del regolamento di quotazione della Borsa Svizzera SWX.

Rapporto di consultazione, pag. 8 seg.

Così apparentemente anche la prassi sinora applicata al differimento del fallimento, cfr. Lorandi, 2005, pag. 226; di parere contrario Peter, in: Thévenoz/Werro 2003, art. 725a N 52.

5692

Sotto il profilo temporale, la rinuncia alla pubblicazione va ponderata con cura: il giudice del concordato può in particolare disporla per un breve periodo soltanto, prevedendo la possibilità di concedere una proroga. Anche la pubblicazione non ritenuta necessaria in un primo momento può, nel corso della moratoria provvisoria, rivelarsi essere indispensabile; in tal caso il giudice dovrà ordinare la pubblicazione a posteriori. È possibile rinunciare alla pubblicazione soltanto in caso di moratoria provvisoria. Dal momento che questa ha una durata massima di quattro mesi (art. 293a cpv. 2), il debitore avrà l'interesse di concludere la procedura il più rapidamente possibile.

Infine, in caso di rinuncia alla pubblicazione della moratoria provvisoria, occorre comunque nominare un commissario provvisorio (art. 293c cpv. 2 lett. d). Soltanto così facendo è possibile tutelare sufficientemente gli interessi dei creditori. In questo caso il commissario funge da «braccio secolare» del giudice; spetta a lui chiedere la pubblicazione a posteriori della moratoria concordataria se lo ritiene necessario per tutelare gli interessi dei creditori70.

Per il resto è mantenuta la concezione alla base dell'avamprogetto: se si procede alla pubblicazione, la moratoria provvisoria ha i medesimi effetti della moratoria definitiva (art. 293c cpv. 1). In determinati ambiti, tuttavia, gli effetti divergono se la moratoria provvisoria è portata avanti senza pubblicazione (art. 293c cpv. 2): non si procede ad esempio alla comunicazione agli uffici. Dal momento che i creditori e l'ufficio d'esecuzione ignorano la moratoria provvisoria, è ancora possibile promuovere un'esecuzione contro il debitore. Questi ha però la facoltà di far valere la concessione della moratoria provvisoria mediante ricorso previsto dalla LEF (art. 17), interrompendo così l'esecuzione. Se questa si trova già in fase di prosecuzione, il debitore può dare notizia della moratoria provvisoria all'ufficio d'esecuzione. Inoltre l'effetto giuridico di cui all'articolo 297 capoverso 2bis si esplica soltanto al momento in cui la moratoria provvisoria è comunicata al cessionario.

Art. 293d

Rimedi giuridici

Nell'ambito della moratoria provvisoria i creditori non dispongono di alcun rimedio giuridico contro la decisione di concessione della moratoria come tale o contro la decisione di nomina del commissario (art. 293d). Ciò è dovuto al fatto che la procedura di concessione della moratoria provvisoria è unilaterale; i creditori non sono sentiti. Soltanto la decisione definitiva del giudice del concordato può essere impugnata con reclamo (cfr. art. 295b). Regole analoghe si applicano ai provvedimenti superprovvisionali (art. 265 CPC) e alla concessione del sequestro (art. 272).

2.8

Moratoria definitiva

Art. 294

Concessione della moratoria definitiva

Prima che scada la moratoria provvisoria, il giudice del concordato decide in merito all'ulteriore sorte del debitore. A tal fine convoca d'ufficio un'udienza. Una nuova domanda del debitore o del creditore richiedente non è necessaria. La procedura è retta dall'articolo 248 e seguenti CPC: come nel diritto vigente, vanno sentiti il 70

Mabillard 2009, 371 seg.

5693

debitore e, all'occorrenza, il creditore che ne faccia richiesta. Il giudice può convocare anche altri creditori. Il commissario provvisorio presenta un rapporto orale o scritto. Visto che la decisione si fonda su una valutazione sommaria, l'articolo 294 capoverso 2 ha soltanto un valore dichiaratorio.

Se durante la moratoria provvisoria appare probabile un risanamento o l'omologazione del concordato, il giudice concede la moratoria in via definitiva (art. 294 cpv. 1). Tale prospettiva va valutata in base a criteri oggettivi. Qualora si punti a un concordato con abbandono dell'attivo, la procedura concordataria deve tutelare meglio gli interessi dei creditori di quanto non succederebbe in caso di fallimento71.

La moratoria definitiva è concessa per altri quattro a sei mesi. Su domanda del commissario, la moratoria può essere prorogata fino a 12 mesi e, nei casi particolarmente complessi, fino a un massimo di 24 mesi (art. 295b).

Se invece non vi è alcuna prospettiva di risanamento o di omologazione del concordato, il giudice dichiara d'ufficio il fallimento (art. 294 cpv. 3). Non occorre che il creditore ne faccia richiesta72.

Art. 295

Commissario

Nel caso in cui la moratoria è concessa a titolo definitivo, il giudice del concordato nomina uno o più commissari (art. 295 cpv. 1). Se in precedenza è stato nominato un commissario provvisorio, questi può venir riconfermato. Le attribuzioni del commissario corrispondono a quelle previste dal diritto vigente. In particolare egli esercita le funzioni attribuitegli dalla legge (art. 295 cpv. 2 lett. c). Agisce anche in qualità di organo di vigilanza (art. 295 cpv. 2 lett. b) e presenta i rapporti intermedi (art. 295 cpv. 2 lett. d). Il disegno precisa infine che il commissario provvede ad allestire il progetto di concordato, sempreché ciò si riveli necessario (art. 295 cpv. 2 lett. a).

Art. 295a

Delegazione dei creditori

Ove le circostanze lo richiedano, il giudice del concordato istituisce una delegazione rappresentativa dei creditori già durante la moratoria concordataria (art. 295a cpv. 1). Il giudice decide con libero apprezzamento se occorra effettivamente istituire una delegazione dei creditori tenendo debitamente conto della complessità del caso. In linea di principio il giudice si pronuncia in merito nell'ambito della concessione della moratoria definitiva. Se non è escluso che la delegazione dei creditori possa venir istituita successivamente, è invece impossibile istituirla prima o durante la moratoria provvisoria perché quest'ultima dovrebbe svolgersi in modo tacito e perché il giudice non dispone ancora di una panoramica completa dei creditori al momento della concessione della moratoria provvisoria.

I creditori collocati nelle diverse classi devono essere adeguatamente rappresentati in seno alla delegazione. Si pensi in particolare ai rappresentanti dei lavoratori, delle assicurazioni sociali, delle casse pensioni, delle banche, dei fornitori di merci o servizi, dello Stato e degli obbligazionisti. Per garantire una composizione equilibrata della delegazione, spetta al giudice del concordato nominare i singoli delegati.

Deve fare in modo che il numero dei delegati sia adeguato alle circostanze e non 71

72

Lo stesso dicasi per il diritto vigente; cfr. in merito Vollmar in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 295 N 1; sul differimento del fallimento Peter, in: Thévenoz/ Werro 2003, art. 725a N 38 con ulteriori rimandi.

Cfr. anche art. 296b.

5694

risulti troppo elevato. Infine il commissario deve avere l'opportunità di intrattenere contatti regolari con l'insieme della delegazione.

La delegazione dei creditori esercita la vigilanza sul commissario, che la informa periodicamente sullo stato e sulle prospettive della procedura; la delegazione può impartirgli istruzioni (art. 295a cpv. 2). Infine la delegazione dei creditori autorizza, in luogo del giudice del concordato, gli atti che necessitano del consenso di cui all'articolo 298 capoverso 2 (art. 295a cpv. 3). Tale competenza garantisce segnatamente il diritto di partecipare alle decisioni riguardanti gli attivi fissi del debitore. La delegazione dei creditori non ha però alcun diritto di veto, per cui le sue competenze sono meno ampie di quelle previste nel quadro del fallimento (cfr. art. 237cpv. 3).

Art. 295b

Proroga della moratoria

La moratoria definitiva può durare da quattro a sei mesi, anche se è possibile una proroga a 12 o a 24 mesi. Per i singoli creditori la proroga significa che, per un lasso di tempo abbastanza prolungato, resteranno all'oscuro sia della situazione finanziaria effettiva del debitore sia dell'esito auspicato della procedura. Un'incertezza tanto prolungata non è tollerabile. Ecco perché, se la proroga dura più di dodici mesi, il commissario è tenuto a convocare un'assemblea dei creditori da tenersi entro nove mesi dalla concessione della moratoria definitiva (art. 295b cpv. 2).

Durante l'assemblea straordinaria, il commissario informa i creditori sullo stato della procedura, i motivi della proroga e le modalità di prosieguo. I creditori hanno la facoltà di revocare uno o tutti i delegati nominati dal giudice del concordato. Possono inoltre nominare un nuovo commissario (art. 295b cpv. 3). Tale disposizione esercita una certa pressione sul commissario affinché proceda celermente, poiché altrimenti deve temere che l'assemblea straordinaria nomini una delegazione dei creditori. Se esiste già un progetto di concordato, il commissario può avviare direttamente la procedura d'approvazione. In tale caso, in vece dell'assemblea straordinaria dei creditori, interviene quella ordinaria di cui all'articolo 302. Il debitore è tenuto a intervenire per dare i chiarimenti che gli venissero chiesti (art. 295b cpv. 3 in combinato disposto con l'art. 302 cpv. 2).

Art. 295c

Rimedi giuridici

La decisione del giudice del concordato può essere impugnata con reclamo secondo l'articolo 319 e seguenti CPC. A differenza del diritto vigente, il disegno permette ai creditori di ricorrere sia contro la concessione della moratoria definitiva sia contro la nomina del commissario (art. 295c cpv. 1) rafforzando così notevolmente la posizione dei creditori. Il reclamo contro la decisione di concessione della moratoria concordataria non può avere effetto sospensivo (art. 295c cpv. 2)73.

Se il giudice del concordato dichiara il fallimento poiché non vi è alcuna prospettiva di risanamento o di omologazione di un concordato, il reclamo è retto dall'articolo 174.

73

Cfr. per contro l'art. 323 cpv. 2 CPC.

5695

Art. 296

Pubblicazione

La concessione della moratoria definitiva va pubblicata (art. 296). Il disegno riprende dunque il diritto vigente. Il disegno precisa che la concessione della moratoria non va soltanto pubblicata e comunicata senza indugio all'ufficio d'esecuzione e al registro fondiario, bensì anche al registro di commercio (art. 296). Tale misura appare giustificata vista la limitata capacità di disporre del debitore durante la moratoria concordataria ai sensi dell'articolo 298.

Art. 296a

Sospensione

Se durante la moratoria concordataria il risanamento va a buon fine, il giudice del concordato interrompe la moratoria (art. 296a cpv. 1). Sebbene la concessione della moratoria concordataria sospenda il corso degli interessi (cfr. art. 297 cpv. 3), i creditori non sono tenuti a rinunciare alle loro pretese. Generalmente un risanamento andrà dunque a buon fine soltanto in caso di versamento degli interessi. La revoca della moratoria concordataria equivale alla pubblicazione della concessione.

Il giudice del concordato decide in una procedura sommaria ai sensi dell'articolo 248 e seguenti CPC. Convoca pertanto le parti a un'udienza. Si applica altresì il principio inquisitorio limitato (art. 296a cpv. 2). Come per l'articolo 294 capoverso 2, tale disposizione ha un valore puramente dichiarativo.

La decisione del giudice del concordato può essere impugnata (art. 296a cpv. 3). Di principio il reclamo non ha effetto sospensivo, ma l'autorità di ricorso può accordarlo, il che dovrebbe essere opportuno nella maggior parte dei casi (cfr. art. 325 CPC).

Art. 296b

Dichiarazione di fallimento d'ufficio

Secondo il disegno, il fallimento è dichiarato d'ufficio se è necessario preservare il patrimonio del debitore (art. 296b lett. a) o se manifestamente non è possibile risanare l'impresa od omologare il concordato (art. 296b lett. b). Infine il giudice del concordato dichiara d'ufficio il fallimento se il debitore oltrepassa il suo potere dispositivo o contravviene alle istruzioni del commissario (art. 296b lett. c). In questi casi il diritto vigente prevede la revoca della moratoria e la possibilità, per i creditori, di chiedere la dichiarazione di fallimento senza preventiva esecuzione (art. 295 cpv. 5 e 298 cpv. 3 in combinato disposto con l'art. 309, nonché art. 190 cpv. 1 n. 3).

La soluzione proposta dal disegno ha il vantaggio che i creditori non devono presentare domanda di fallimento, e quindi non sono chiamati ad anticipare le spese procedurali e a rispondere per le spese del fallimento (cfr. art. 194 in combinato disposto con l'art. 169). La tutela dei diritti dei creditori ne esce notevolmente rafforzata.

2.9

Effetti della moratoria concordataria

Art. 297

Effetti sui diritti dei creditori

Il disegno propone di conformare gli effetti della moratoria sui diritti dei creditori a quelli del fallimento, per favorire le prospettive di risanamento74.

74

Cfr. rapporto Fase 1, pag. 25 e 26 seg.

5696

­

Durante la moratoria non si può promuovere né proseguire alcuna esecuzione contro il debitore (art. 297 cpv. 1). A differenza di quanto statuito dal diritto vigente, tale regola si applica anche ai creditori privilegiati, il cui soddisfacimento è tutelato dall'obbligo di prestare garanzie (cfr. art. 306 cpv. 2). Non vi è motivo di concedere loro anche il diritto di promuovere un'esecuzione. Viene invece mantenuta l'esecuzione in via di realizzazione del pegno per crediti garantiti da pegno immobiliare. L'articolo 199 capoverso 2 si applica per analogia ai beni già pignorati (art. 297 cpv. 1bis).

­

Secondo il disegno, se sono esclusi ulteriori atti esecutori, lo sono anche i procedimenti civili (art. 297 cpv. 2ter). Come nel caso del fallimento, ne consegue la sospensione dei processi durante la moratoria concordataria.

­

Il disegno esclude anche il sequestro e altre misure cautelari per i crediti della moratoria (art. 297 cpv. 2). Per altre misure cautelari s'intende ad esempio la compilazione di un inventario, l'emanazione di divieti di pagamento o il sequestro di oggetti.

­

Come nel diritto vigente, durante la moratoria rimane sospeso sia il decorso di tutte le prescrizioni e perenzioni (art. 297 cpv. 2quater) sia il corso degli interessi (art. 297 cpv. 3). Restano applicabili i divieti di compensazione in materia di diritto fallimentare (art. 297 cpv. 4 in combinato disposto con gli art. 213­214).

­

Il disegno prevede una norma per la cessione di crediti futuri (art. 297 cpv. 2bis).

­

Infine la procedura concordataria riveduta prevede anche la possibilità di esigere la conversione delle pretese da pegno reale in crediti pecuniari nel quadro della moratoria (art. 297 cpv. 5). La conversione presuppone tuttavia che il commissario lo comunichi al contraente. Il commissario decide dunque se il debitore debba adempiere realmente l'obbligazione oppure se il creditore possa insinuare il credito soltanto come credito concordatario. In tal modo è possibile instaurare una certa parità di trattamento tra titolari di crediti reali e titolari di crediti pecuniari aumentando nel contempo le prospettive di risanamento: l'impresa può infatti soddisfare debiti reali sfavorevoli limitandosi a distribuire il dividendo concordatario.

Nel diritto attuale, gli effetti della moratoria concordataria sui diritti dei creditori si esplicano con la decisione di concedere la moratoria, quelli che limitano la capacità di disporre del debitore invece soltanto con la pubblicazione75. A tal proposito il disegno prevede una semplificazione: per tutti gli effetti fa stato la data della concessione della moratoria76. Come nel caso del fallimento, la decisione di concessione ha dunque effetto immediato. Restano salvi, contrariamente a quanto avviene nel caso del fallimento, i diritti dei terzi di buona fede (art. 298 cpv. 2bis). La buona fede decade con la pubblicazione della moratoria. Dal momento che il ricorso contro la concessione della moratoria concordataria non ha effetto sospensivo (cfr. art. 295c cpv. 2), la moratoria diviene effettiva anche nel caso in cui la decisione di concessione fosse impugnata.

75 76

Cfr. Vollmar in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 297 N 3 e art. 298 N 13.

Lo stesso dicasi per i divieti di compensazione (art. 297 cpv. 4).

5697

Gli effetti della moratoria non cessano finché non viene sospesa a ragione di un risanamento andato a buon fine (art. 296a), non scade inutilizzato il termine di ricorso contro la decisione di omologazione o non è conclusa la procedura di ricorso (art. 308 lett. c) oppure non è stato dichiarato d'ufficio il fallimento (art. 296b).

Art. 297a

Effetti sui rapporti obbligatori di durata nel corso della moratoria concordataria

Come già evidenziato per l'articolo 211a, i rapporti obbligatori di durata esistenti possono ostacolare notevolmente il risanamento poiché impegnano il debitore per molto tempo e vincolano risorse che egli potrebbe utilizzare altrove in modo più efficiente.

Il collegio peritale aveva proposto di fare un distinguo tra società destinate alla liquidazione (fallimento e concordato con abbandono dell'attivo) e quelle da salvare (moratoria concordataria e concordato ordinario). I periti avrebbero voluto rendere possibile la disdetta in via straordinaria dei rapporti obbligatori di durata soltanto nel secondo caso e a condizione di indennizzare integralmente la controparte; l'indennizzo sarebbe stato considerato un semplice credito concordatario. Molti interpellati hanno accolto favorevolmente tale proposta, mentre altri l'hanno decisamente respinta, in particolare perché la ritengono una notevole ingerenza nel rapporto contrattuale esistente. Alcuni dei partecipanti alla consultazione hanno pure evidenziato il rischio d'abuso che potrebbe risultarne.

Tuttavia il nostro Consiglio mantiene la proposta dell'avamprogetto, che consente al debitore di disdire, in ogni istante, in via straordinaria un rapporto obbligatorio di durata che ostacola il risanamento (art. 297a). In tal caso, alla parte contraria spetta un indennizzo integrale. I principi stabiliti a questo proposito dall'articolo 211a capoverso 1 si applicano per analogia. Occorre però rilevare che l'indennizzo è considerato un semplice credito del concordato, soddisfacibile versando dividendi.

Il nostro Collegio è consapevole che tale diritto di disdetta in via straordinaria interferisce notevolmente con il diritto materiale poiché consente al debitore di sottrarsi a impegni preesistenti sfavorevoli o indesiderati. Dal momento che l'indennizzo della controparte che ne risulta è considerato un semplice credito del concordato, pertanto soddisfacibile versando dividendi, la controparte deve accettare l'eventualità di subire una perdita se il contratto viene sciolto. Se però si vogliono veramente accrescere le prospettive di risanamento, è indispensabile poter disdire in via straordinaria e immediata tali obbligazioni77: anche il collegio peritale ha ripetutamente sottolineato come una tale soluzione sia irrinunciabile e costituisca il perno della
revisione, poiché in molti casi è l'unico provvedimento che renda possibile il risanamento78. In alternativa all'impresa spesso non resta che il fallimento, con svantaggi uguali se non addirittura maggiori per la controparte del rapporto obbligatorio di durata. Da ultimo occorre evidenziare che anche gli altri ordinamenti giuridici esaminati79 e le raccomandazioni dell'UNCITRAL80 prevedono soluzioni simili.

È altresì indispensabile prevenire gli abusi. L'esercizio del diritto di disdetta non va quindi impostato come prerogativa esclusiva del debitore, ma vincolato al consenso 77 78 79 80

Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 33 seg.

Rapporto Fase 2. pag. 20 segg.; cfr. anche Duc 2010, pag. 32.

Dunant e altri autori, in: SECO 2010, pag. 33 seg.

Cfr. UNCITRAL, pag.120 segg.

5698

del commissario. Sarebbe invece eccessivo esigere il consenso del giudice del concordato rendendo così la disdetta più difficile e burocratica. Si è inoltre voluto rinunciare a vincolare la disdetta straordinaria a condizioni materiali (ad es. buon esito del risanamento) per evitare di dar luogo a lunghe controversie giudiziarie.

Infine, è stata prevista una deroga per i contratti di lavoro poiché altrimenti si correrebbe il rischio di inficiare la protezione dal licenziamento risultante dal contratto di lavoro.

Art. 298

Effetti sui diritti dei debitori

Come nel diritto vigente, la moratoria definitiva esplica effetti diretti sulla capacità di disporre del debitore (art. 298). Dal momento che il disegno consente al giudice del concordato di istituire una delegazione dei creditori già durante la moratoria concordataria e che quest'ultima ha la competenza di autorizzare, in luogo del giudice del concordato, l'alienazione o l'ipotecamento di immobilizzazioni (cfr. art. 295a cpv. 3), l'articolo 298 capoverso 2 va opportunamente completato. A tale proposito va rilevato che il disegno elimina la facoltà di impugnare gli atti autorizzati dal giudice del concordato o dalla delegazione dei creditori (art. 285 cpv. 3). Come sinora il giudice del concordato può, all'occorrenza, privare totalmente il debitore della facoltà di disporre dei suoi beni. Se l'arbitrarietà del debitore assume proporzioni tali da compromettere durevolmente la conservazione del patrimonio, il fallimento va dichiarato d'ufficio (art. 298 cpv. 3). Il disegno non prevede più un vero e proprio diritto di revoca della moratoria.

2.10 Art. 299-304

Moratoria concordataria Ulteriore procedura della moratoria

L'ulteriore procedura della moratoria (art. 299-304) corrisponde al diritto vigente.

Soltanto per la diffida ai creditori, il disegno prevede un termine più lungo di quello attuale. I creditori disporranno ora di un mese di tempo, e non più di 20 giorni, per insinuare i loro crediti (art. 300 cpv. 1). Inoltre il rinvio che figura nell'articolo 301 capoverso 2 è formulato con maggiore precisione.

2.11 Art. 305 cpv. 1

Disposizioni generali sul concordato Accettazione del concordato da parte dei creditori

Le modifiche proposte sono d'ordine essenzialmente redazionale e mirano a precisare le disposizioni attuali.

Art. 306 cpv. 1 n. 1bis

Best interest test

La condizione del diritto vigente, secondo cui i ricavi realizzati o la somma offerta da terzi in caso di concordato con abbandono dell'attivo devono superare il ricavo conseguibile con una liquidazione in via di fallimento (cosiddetto «best interest test»), è l'applicazione concreta della conformità del concordato secondo l'articolo 306 capoverso 1 numero 1. La disposizione può pertanto essere soppressa.

5699

Art. 306 cpv. 1 n. 2

Crediti collocati in terza classe: nessuna garanzia

Secondo il diritto vigente, l'omologazione del concordato presuppone tra l'altro che l'esecuzione del concordato, il soddisfacimento dei creditori privilegiati e i debiti della massa siano sufficientemente garantiti (art. 306 cpv. 2 n. 2). L'obbligo di garantire il soddisfacimento dei creditori privilegiati comporta sovente il blocco di capitali determinanti ai fini del risanamento, ostacolando così notevolmente l'esito positivo di un concordato81. Ecco perché il presente disegno propone di limitare tale obbligo a favore delle prospettive di risanamento: l'esecuzione del concordato e, conseguentemente, il soddisfacimento dei creditori collocati in terza classe non vanno più garantiti (art. 306 cpv. 1 n. 2). Rimane invece immutato l'obbligo di prestare garanzie per i restanti debiti della massa, poiché altrimenti risulterebbe più difficile reperire gli investitori sovente indispensabili per il risanamento e il mantenimento dell'attività commerciale dell'impresa durante la moratoria concordataria. È pure mantenuto l'obbligo di prestare garanzie per i crediti privilegiati.

Per i crediti privilegiati contestati, si propone di applicare per analogia l'articolo 305 capoverso 3. Una garanzia è dunque richiesta soltanto nella misura in cui la fondatezza del credito appaia verosimile. Il giudice del concordato esamina sommariamente il credito senza anticipare la decisione materiale.

Art. 306 cpv. 1 n. 3

Contributo dei titolari di quote di partecipazione

In generale ogni concordato va a scapito dei diritti dei creditori, i quali rinunciano a una parte dei loro crediti o concedono una moratoria a favore di un risanamento o, nel caso del concordato con abbandono di una parte dell'attivo, rinunciano a una parte delle loro pretese. Il diritto vigente per contro non prevede alcun contributo dei titolari di quote di partecipazione, il che può risultare sconcertante nei casi di concordato con proposta di dividendo82. Il disegno propone di ovviare a tale ingiustizia obbligando i titolari di quote di partecipazione83 a contribuire in modo proporzionale al risanamento nell'ambito del concordato ordinario (art. 306 cpv. 1 n. 3). Il contributo in questione potrebbe, ad esempio, consistere nell'approvazione, da parte degli azionisti, di un aumento di capitale preceduto da una riduzione del capitale.

All'occorrenza è tuttavia possibile rinunciare al contributo dei titolari di quote di partecipazione purché gli interessi dei creditori risultino meglio tutelati che nel quadro del fallimento.

Art. 307

Impugnazione

La decisione di omologazione del concordato può essere impugnata mediante reclamo (art. 307 cpv. 1). In deroga al principio generale del diritto di procedura (cfr. art. 325 CPC), tale reclamo ha però effetto sospensivo (art. 307 cpv. 2). Tuttavia l'autorità d'impugnazione può revocare l'effetto sospensivo su domanda. Pertanto il debitore è soggetto alla moratoria concordataria anche in sede di reclamo contro la decisione di omologazione. Il concordato o il fallimento è possibile soltanto una volta scaduto inutilizzato il termine di reclamo o conclusa la procedura di reclamo.

81 82 83

Cfr. rapporto Fase 1, pag. 26 e 29.

Cfr. rapporto Fase 1, pag. 26 e 30.

Il concetto di titolare di quote è ripreso dall'art. 2 lett. g della legge del 3 ottobre 2003 sulla fusione (LFus), RS 221.301.

5700

In caso di rigetto del concordato, il fallimento è considerato dichiarato per legge (art. 309).

Art. 308

Comunicazione e pubblicazione della decisione

La decisione di omologazione va pubblicata non appena è esecutiva e comunicata ai pertinenti uffici, tra cui ora figura anche l'ufficio dei fallimenti (art. 308 lett. a. e b).

Anche gli effetti della moratoria cessano non appena il concordato è esecutivo (art. 308 lett. c). In questo caso il disegno si scosta dal diritto vigente, secondo cui gli effetti della moratoria cessano soltanto con la pubblicazione della decisione di omologazione.

Art. 309

Effetti in caso di rigetto del concordato

Rigettando il concordato, ora il giudice del concordato dichiara il fallimento d'ufficio (art. 309). Tale dichiarazione di fallimento non può dunque venir impugnata, poiché contro la decisione di rigetto del concordato esiste già un rimedio giuridico. È per tale motivo che il fallimento non viene dichiarato semplicemente «uno actu» con il rigetto del concordato, bensì soltanto una volta scaduto inutilizzato il termine d'impugnazione o alla fine della procedura d'impugnazione contro il rigetto del concordato.

Art. 310

Effetti in caso di omologazione del concordato

Rispetto al diritto vigente, in caso di omologazione del concordato, vengono proposte due modifiche: ­

da un canto, il momento determinante per definire l'insorgere dei crediti del concordato ­ e dunque la sua obbligatorietà ­ non è più la pubblicazione della moratoria, bensì la sua concessione (art. 310 cpv. 1). Il disegno applica dunque il principio che vuole effettiva la moratoria sin dalla sua concessione;

­

dall'altro, viene stabilito che, in un concordato con abbandono dell'attivo o in un susseguente fallimento, i crediti di un rapporto obbligatorio di durata costituiscono debiti della massa, a condizione che il debitore abbia beneficiato di prestazioni previste dal contratto con il consenso del commissario (art. 310 cpv. 2). Ciò significa che tali creditori vengono soddisfatti prima di tutti gli altri creditori chirografari, attingendo alla massa non garantita da pegno84.

Art. 314 cpv. 1bis e 318 cpv. 1bis

Soddisfacimento con azioni di una società subentrante

Sovente, all'atto pratico, per «salvare» una società debitrice si ricorre a un concordato con abbandono dell'attivo abbinato alla costituzione di una società subentrante: l'impresa da risanare costituisce una filiale il cui capitale azionario viene liberato procedendo a conferimenti in natura risultanti dagli attivi liberamente disponibili della società madre. Successivamente è promossa la procedura concordataria pas84

Cfr. in merito al medesimo disciplinamento per le obbligazioni insinuate con il consenso del commissario: Hardmeier, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 310 N 19.

5701

sando dalla società madre. Tale procedura sfocerà in un concordato con abbandono dell'attivo volto a soddisfare i creditori distribuendo azioni della filiale85.

Nell'interesse di una maggiore certezza del diritto, il disegno propone una norma esplicita secondo la quale il concordato può prevedere il soddisfacimento dei creditori con quote sociali o diritti societari86 della debitrice medesima o di una società subentrante (art. 314 cpv. 1bis e 318 cpv. 1bis). Tale approccio offre una possibilità praticabile e ragionevole di trasferire la società debitrice a una nuova entità, permettendone di fatto il salvataggio. In tale contesto va tuttavia rilevato che i creditori che non hanno aderito al concordato diventeranno loro malgrado titolari di quote della società subentrante. Ciò non pone problemi nel caso di società quotate in borsa poiché di norma le azioni sono abbastanza alienabili. Se invece si tratta di società non quotate in borsa, la vendita delle azioni può a volte risultare decisamente difficile87. Per tutelare dunque gli interessi di tali creditori, il giudice è tenuto a omologare il concordato soltanto se convinto che tale modo di procedere possa costituire una soluzione congrua per i creditori che non hanno aderito al concordato (art. 306 cpv. 1 n. 1).

Art. 331 cpv. 2

Computo dei termini

Nella prassi, l'attuale articolo 331 capoverso 2 ha dato adito a molte discussioni88.

Poco chiaro è in particolare se i «termini» previsti si riferiscano soltanto al cosiddetto «periodo sospetto» conformemente agli articoli 286­288 oppure anche al termine dell'articolo 292. L'articolo 331 capoverso 2 specifica tale questione in base alla giurisprudenza del Tribunale federale89: inteso è unicamente il «periodo sospetto» secondo gli articoli 286, 287 e 288. Il termine di prescrizione di due anni dell'articolo 292, per contro, decorre soltanto dall'omologazione del concordato.

2.12 Art. 332

Concordato nella procedura di fallimento Concordato nella procedura di fallimento

Il disegno conferisce ai creditori il diritto di proporre un concordato anche in caso di fallimento (art. 332 cpv. 1), accogliendo così una delle richieste degli addetti ai lavori90.

85 86 87 88 89 90

Cfr. rapporto Fase 1, pag. 26 e 29.

Ispirato alla LFus, RS 221.301. In tal modo non viene contemplata unicamente la società anonima, bensì anche altri tipi di società.

Cfr. Fatzer 2010, pag. 29.

Cfr. per un approfondimento della giurisprudenza e della dottrina Staehelin 2006, pag. 1254 segg.

DTF 134 III 273 284 seg.

Cfr. Winkelmann/Lévy/Jeanneret/Merkt/Birchler, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 332 N 6.

5702

2.13 Art. 712k

Modifiche del Codice civile svizzero Diritto di ritenzione della comunione dei proprietari per piani

Sebbene nella pratica tale diritto rivesta minore rilevanza di quello attribuito al locatore, gli argomenti illustrati a tale proposito evidenziano l'opportunità di sopprimere anche il diritto di ritenzione della comunione dei proprietari per piani (art. 712k CC), che va dunque stralciato.

2.14 Art. 268, 268a, 268b

Modifiche del Codice delle obbligazioni Diritto di ritenzione del locatore

Secondo l'articolo 268 CO, il locatore di locali commerciali ha un diritto di ritenzione su determinate cose mobili che vi si trovano. Il collegio peritale e anche il Consiglio federale nell'avamprogetto proponevano di abolire il pertinente diritto di ritenzione in quanto garanzia eccessiva. In sede di consultazione tale proposta è però risultata molto controversa; da un canto la soppressione proposta veniva criticata, dall'altro si chiedeva anche di eliminare il diritto di ritenzione della comunione dei proprietari per piani (art. 712k CC), nonché quello degli albergatori e dei padroni di stalle (art. 491 CO).

L'attuale diritto di ritenzione del locatore previsto dalla legge può in certi casi ostacolare il risanamento e accorda un ingiusto privilegio al locatore nei confronti degli altri creditori. Dal profilo del risanamento, tale diritto di pegno può in particolare sfociare nel blocco dell'attivo fisso o circolante e dunque nella paralisi dell'impresa conduttrice. Inoltre, il diritto di ritenzione latente (ossia non ancora esercitato) comporta già di per sé dei rischi, ad esempio nell'ottica di un eventuale risanamento per il tramite di una società subentrante. Infatti il diritto di ritenzione può impedire apporti in natura, poiché vi è da temere che il locatore faccia domanda di reintegrazione di oggetti vincolati al diritto di ritenzione (art. 268b CO)91.

Oltretutto, il diritto di ritenzione del locatore ha perso la sua ragion d'essere: un tempo era usuale pagare le pigioni al termine di un periodo piuttosto lungo. In altre parole, il locatore era obbligato ad anticipare le prestazioni92. Doveva dunque poter beneficiare di garanzie. Oggi invece le pigioni vengono di regola pagate mensilmente e in anticipo. Già a suo tempo, in occasione della revisione del diritto di locazione nel 1985, era stata proposta la soppressione93 completa del diritto di ritenzione perché tale disciplinamento atipico94 comportava un ingiusto privilegio accordato al locatore nei confronti degli altri creditori. Il diritto di ritenzione del locatore di locali commerciali era poi stato reintrodotto soltanto al momento dell'esame da parte della commissione del Consiglio degli Stati. Infine, non convince nemmeno l'argomento sollevato durante la consultazione, ossia che eliminare il diritto di ritenzione com91 92 93 94

Fatzer 2010, pag. 29 Oser/Schönenberger 1936, art. 272 N 7.

Cfr. il messaggio del 27 marzo 1985 concernente la revisione del diritto di locazione (FF 1985 1268) Atipico in quanto non presuppone che il creditore sia in possesso degli oggetti da ritenere: cfr. Schnyder/Wiede, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 283 N 8 con ulteriori rimandi.

5703

porterebbe un ulteriore aumento delle cauzioni. A mero titolo di garanzia, il diritto di ritenzione non è di grande aiuto poiché non sono prevedibili né i beni concreti che saranno poi oggetto della ritenzione né l'effettiva copertura che offriranno per i crediti del locatore. Ecco perché i locatori si tutelano in altro modo, in particolare pretendendo il versamento di una garanzia conformemente all'articolo 257e CO. Vi è inoltre la possibilità di esigere il pagamento anticipato delle pigioni. Il diritto di ritenzione può costituire dunque al massimo una garanzia suppletiva e un mezzo di pressione nei confronti del debitore.

Come hanno tuttavia sottolineato alcuni consultati, eliminare il diritto di ritenzione per le locazioni e gli affitti in corso farebbe sì che i locatori che vi hanno fatto affidamento se ne vedrebbero improvvisamente privati senza poter reagire prontamente alla nuova situazione. È perciò opportuno che il diritto di ritenzione previsto da contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della presente legge continui a sussistere per un periodo limitato (art. 1 disposizioni transitorie), affinché le parti possano adeguare i contratti interessati da questa modifica Art. 299c

Diritto di ritenzione

I motivi che giustificano l'eliminazione del diritto di ritenzione del locatore valgono pure per il contratto di affitto. L'articolo 299c CO va dunque abrogato.

Art. 333b

Trasferimento del rapporto di lavoro in caso di alienazione di un'azienda

Secondo il diritto vigente, in caso di alienazione dell'azienda i rapporti di lavoro passano per legge all'acquirente. Il nuovo datore di lavoro subentra a quello vecchio a titolo particolare. Il lavoratore ha il diritto di opporsi a tale trasferimento (art. 333 cpv. 1 CO). Per contro, il nuovo datore di lavoro (ossia l'acquirente dell'azienda) non può opporvisi. Non è neppure ammissibile limitare contrattualmente la ripresa di singoli rapporti di lavoro.

Se l'azienda viene trasferita a un terzo nel corso di una moratoria concordataria o a seguito di un fallimento o di un concordato con abbandono dell'attivo, si pone la questione dell'applicabilità dell'articolo 333 capoverso 1 CO anche nel quadro della procedura di insolvenza. Parte della dottrina è favorevole a questa interpretazione95, mentre l'altra vi si oppone decisamente96. Per il momento neppure il Tribunale federale ha fatto interamente chiarezza: ha comunque deciso che la responsabilità solidale secondo l'articolo 333 capoverso 3 CO non è applicabile in caso di acquisto di un'azienda dalla massa fallimentare del precedente proprietario97. Per il resto, la questione dell'applicabilità dell'articolo 333 capoverso 1 CO è rimasta irrisolta.

Diversamente ha invece deciso il Tribunale d'appello del Cantone di Zurigo, rilevando come le disposizioni dell'articolo 333 CO, eccezion fatta per la responsabilità solidale disciplinata dal capoverso 3, vadano applicate all'acquirente anche nel caso di una ripresa dell'azienda in seguito a fallimento98. Rimane dunque una notevole

95 96 97 98

Lorandi 2000, pag. 95 segg.; Hofstetter 1998, pag. 926 segg.

Camponovo 1998 pag. 1417; Spühler/Infanger 2000, pag. 227; Vollmar, in: Staehelin/Bauer/Staehelin 1998, art. 298 N 18.

DTF 129 III 335 349.

Decisione del 10 settembre 2003, ZR 2004, N 71.

5704

incertezza giuridica, che pone notevoli problemi pratici e sovente ostacola il risanamento delle aziende.

Va rilevato che l'articolo 333 capoverso 1 CO non è in grado garantire il posto di lavoro, poiché l'acquirente è libero di licenziare i lavoratori con disdetta ordinaria a cessione avvenuta. Da un canto i lavoratori non sono tutelati, mentre dall'altro l'acquirente deve assumersi costi salariali indesiderati. In certi casi vi si aggiunge una campagna stampa negativa. Tutto ciò può rendere impossibile trovare un acquirente per un'azienda di per sé risanabile, implicando dunque irrimediabilmente la soppressione totale di tutti i posti di lavoro. La tutela del lavoratore prevista si trasforma pertanto proprio nel suo contrario.

L'avamprogetto proponeva quindi di escludere il trasferimento automatico dei rapporti di lavoro nel caso di aziende acquistate durante una moratoria concordataria o a seguito di un fallimento o di un concordato con abbandono dell'attivo (art. 333b AP-CO). L'eventuale ripresa dei rapporti di lavoro e la sua portata sarebbero stati oggetto di trattative e di un accordo tra le parti; i lavoratori interessati avrebbero mantenuto la possibilità di opporvisi. Molti interpellati hanno accolto favorevolmente tale proposta, mentre i rappresentanti dei lavoratori l'hanno aspramente criticata99.

Il nostro Consiglio resta del parere che la normativa proposta nell'avamprogetto costituisca un elemento essenziale di un diritto efficace in materia di risanamento.

Da un punto di vista puramente dogmatico e teorico, può sorgere l'impressione che tale proposta intenda indebolire la posizione dei lavoratori. La pratica ha tuttavia chiaramente mostrato che il diritto vigente non riflette la realtà, poiché i lavoratori vengono indotti a credere in una garanzia occupazionale impossibile da fornire proprio nei casi di risanamento.

Per tale motivo l'articolo 333b CO stabilisce che, in caso di trasferimento in seguito a fallimento o concordato con abbandono dell'attivo, i rapporti di lavoro passano all'acquirente soltanto se è stato convenuto. Per i rimanenti effetti, l'articolo 333b CO rinvia agli articoli 333 e 333a CO. Ne consegue in particolare che l'acquirente deve rispettare per un anno un eventuale contratto di lavoro collettivo esistente (art. 333 cpv. 1bis). Ai lavoratori rilevati si
applica inoltre l'articolo 333 capoverso 3 CO: l'acquirente condivide una responsabilità solidale con l'alienante per i crediti insoluti risultanti dai rapporti di lavoro ripresi. Ciò si scosta dalla giurisprudenza del Tribunale federale100, a beneficio sia dei lavoratori rilevati sia dell'assicurazione contro la disoccupazione, che in molti casi è tenuta a intervenire versando le indennità per insolvenza. L'acquirente dovrà dunque tutelare i propri interessi nel contratto di cessione. Per contro, l'acquirente non risponde dei crediti salariali insoluti per rapporti di lavoro da lui non ripresi. Tali crediti vanno fatti valere nel corso della procedura di insolvenza.

Infine, la protezione dei lavoratori esige il loro coinvolgimento nelle decisioni rilevanti del datore di lavoro. Il datore di lavoro che trasferisce l'azienda o parte di essa a un terzo è tenuto a informare tempestivamente i rappresentanti dei lavoratori o, in mancanza di questi, i lavoratori medesimi, prima del trasferimento (art. 333a cpv. 1 CO). L'attuale diritto viene sostanzialmente mantenuto, ma contrariamente a quanto proposto nell'avamprogetto (art. 333b cpv. 2 CO), occorre comunque consultare i rappresentanti dei lavoratori conformemente all'articolo 333a CO, sia in caso 99 100

Rapporto di consultazione, pag. 17 seg.; cfr. altresì Bianchi 2010, pag. 31.

DTF 129 III 335 349.

5705

di liquidazione dell'azienda (fallimento, concordato con abbandono dell'attivo) sia in caso di concordato ordinario. I diritti di cui beneficiano i lavoratori in quanto creditori nella procedura di insolvenza non potrebbero in alcun modo compensare la perdita del diritto di essere consultati.

Art. 335e cpv. 2

Diritti di partecipazione speciali conferiti ai lavoratori in caso di alienazione di un'azienda e di licenziamenti collettivi

Il datore di lavoro che prevede di effettuare licenziamenti collettivi ha l'obbligo di consultare i rappresentanti dei lavoratori o i lavoratori medesimi (art. 335f CO).

Conformemente all'articolo 335e capoverso 2 CO, tale disposizione non si applica però in caso di cessazione dell'attività dell'azienda a seguito di decisione giudiziaria, poiché in tal caso l'ulteriore impiego dei lavoratori non rientra più nella sfera d'influenza del datore di lavoro101. Stando alla dottrina e alla giurisprudenza maggioritaria, il concetto di «decisione giudiziaria» include anche la dichiarazione di fallimento102.

Diversa la situazione nel caso della moratoria concordataria: in questo caso i diritti di partecipazione speciali conferiti ai lavoratori sono giustificati, ragion per cui il Tribunale federale ha deciso che i diritti di partecipazione ai sensi dell'articolo 335d e seguenti CO sono applicabili durante la moratoria concordataria provvisoria103. Lo stesso deve dunque valere per la moratoria definitiva104.

Art. 335h, 335i

Obbligo di allestire un piano sociale

Se si prescinde dal personale della Confederazione105, in Svizzera non esiste l'obbligo legale di allestire un piano sociale neppure se motivi economici o aziendali inducono il datore di lavoro a licenziare numerosi lavoratori, come nel caso di un licenziamento collettivo ai sensi dell'articolo 335d OR.

Fanno eccezione i casi ­ rari ­ in cui un contratto collettivo di lavoro (CCL) prevede l'obbligo di contrattare un piano sociale in caso di cessazione totale o parziale dell'attività aziendale. In questo caso, le parti contraenti il CCL sono tenute a intavolare trattative per allestire un piano sociale secondo il principio della buona fede. Se tuttavia tali negoziazioni non sfociano in un accordo, il piano sociale può essere allestito da un collegio arbitrale, ma soltanto se il CCL prevede espressamente una procedura arbitrale o se le parti accettano questo tipo di procedura.

L'introduzione di piani sociali obbligatori è stata chiesta a più riprese in passato, l'ultima volta formalmente nell'ambito di una mozione depositata nel 2008106. Il Consiglio federale, nella sua risposta come pure in occasione di pareri107 espressi in precedenza, ha sottolineato di essere disposto a proporre misure più incisive per rafforzare la protezione dei lavoratori qualora le normative vigenti dovessero rivelarsi troppo poco efficaci. L'attuale crisi finanziaria ed economica mette in evidenza come i licenziamenti collettivi possano verificarsi in ogni istante. L'istituzione 101 102 103 104 105 106 107

Cfr. Portmann/Stöckli 2007, pag. 206 seg.

DTF 130 III 102 108; Meier/Exner, 2004, pag. 214 con ulteriori rimandi; Portmann/Stöckli 2007, pag. 206 seg.; Possa/Kreutz 2010, n. marg. 14.

DTF 130 III 102 108; in merito Possa/Kreutz 2010, n. marg. 16.

Rapporto Fase 2, pag. 23.

Cfr. art. 31 cpv. 4 della legge del 24 marzo 2000 sul personale federale, RS 172.220.1 Mozione del gruppo socialista, 08.3734.

Pareri sulle mozioni Rechsteiner 97.3095 e Gross 99.3633.

5706

dell'obbligo di allestire un piano sociale consente altresì di tenere opportunamente conto dell'evoluzione in atto nel mondo economico: infatti, mentre ai quadri aziendali spettano indennità d'uscita pattuite contrattualmente, agli altri lavoratori generalmente non spetta nulla in caso di perdita del posto di lavoro.

La revisione proposta in questa sede vuole colmare una lacuna sconcertante del diritto vigente, obbligando il datore di lavoro a condurre d'ufficio trattative con i lavoratori ­ a determinate condizioni ­ al fine di allestire un piano sociale. Se le parti non riescono a trovare un accordo, un piano sociale potrà venir allestito mediante decisione obbligatoria di un tribunale arbitrale. La soluzione proposta si applicherà tuttavia soltanto alle grandi imprese e in caso di licenziamenti collettivi.

Art. 335h

Piano sociale: concetto e principi

Il nuovo articolo 335h capoverso 1 definisce il piano sociale come un accordo teso a stabilire le misure atte a evitare o ridurre i licenziamenti, nonché ad attenuarne le conseguenze.

La definizione del possibile contenuto di un piano sociale è di proposito concisa e generica. Ne fanno parte le misure attuabili nel periodo che va dal momento dell'annuncio dei licenziamenti fino alla fine dei rapporti di lavoro (ad es. termini di disdetta più brevi per i lavoratori che per il datore di lavoro). Altre misure invece possono essere adottate durante o dopo tale periodo (ad es. riqualificazione professionale a carico del datore di lavoro, ufficio di collocamento, compensazione del salario in caso di assegnazione di un altro lavoro, indennità per il tragitto da percorrere per recarsi al nuovo posto di lavoro, possibilità di continuare a usufruire di abitazioni di servizio). Vi sono poi misure possibili soltanto una volta che i rapporti di lavoro sono giunti al termine (ad es. indennità, pensionamento anticipato, prestazioni per i casi di rigore, gratifiche o prestazioni simili).

È pacifico, per cui non occorre una menzione esplicita, che il piano sociale non può istituire differenze fondate su criteri inaccettabili (divieto di discriminazione). È invece ammessa una distinzione in funzione degli inconvenienti presumibili e della possibilità di prevenirli. Si potrebbe dunque prevedere lo stralcio o la riduzione dell'indennità per i lavoratori che rifiutano un posto di lavoro ritenuto ragionevolmente accettabile all'interno dell'azienda o del gruppo; sarebbe altresì ammissibile circoscrivere l'indennità ai soli lavoratori che non hanno trovato un nuovo posto di lavoro prima dello scadere del periodo di disdetta.

La maggior parte delle misure previste nei piani sociali generano costi. Di conseguenza, occorre in primis che il datore di lavoro disponga dei mezzi finanziari necessari ad attuare le misure previste ossia a soddisfare le richieste dei lavoratori.

Il capoverso 2 limita pertanto la libertà delle parti ­ e il margine di apprezzamento del tribunale arbitrale (cfr. art. 335j D-CO) ­ affinché le trattative si svolgano entro limiti ragionevoli e non vengano formulate richieste eccessive e in ultima analisi controproducenti. Secondo la nuova disposizione, il piano sociale non deve arrecare pregiudizio
né alla sopravvivenza dell'impresa né ai restanti posti di lavoro. In tal modo si evita alle imprese che intendono ristrutturarsi per motivi economici di dover rinunciare ai loro progetti per via dell'obbligo legale di allestire un piano sociale.

Esigendo dal datore di lavoro di disporre dei fondi indispensabili per finanziare il piano sociale, il disegno rinuncia implicitamente a obbligare le imprese a creare un substrato economico (ad es. costituzione di riserve, assicurazioni, istituzione di un 5707

fondo aziendale o settoriale, regionale o nazionale) che consentirebbe loro di coprire i costi risultanti dalle misure previste nel piano sociale. Anzitutto, obbligare le imprese a finanziare in anticipo misure che magari non verranno mai adottate sarebbe sproporzionato e produrrebbe effetti incalcolabili sull'attività aziendale. Inoltre, in questo caso, nella legge andrebbe fissata in anticipo l'entità dell'accantonamento che il datore di lavoro dovrebbe costituire per finanziare l'eventuale piano sociale. Una normativa di questo tipo, necessariamente schematica, sarebbe tuttavia arbitraria nella misura in cui non può riallacciarsi ai provvedimenti eventualmente adottati nell'ambito del piano sociale.

Dal momento che il disegno impone al piano sociale di non pregiudicare né l'esistenza dell'azienda né i rimanenti posti di lavoro, è inutile prevedere eccezioni al campo di applicazione di questa nuova normativa in aggiunta all'articolo 335i capoverso 1 CO, applicabili ad esempio alle imprese costituite di recente.

Art. 335i

Obbligo di negoziare un piano sociale

L'obbligo legale di negoziare un piano sociale vale per tutte le imprese che occupano almeno 250 lavoratori (lett. a). Stando ai dati emersi dal censimento delle aziende del 2008108, la nuova normativa interesserà 1 154 delle 312 861 imprese recensite, ossia lo 0,37 per cento delle imprese private. In queste aziende il datore di lavoro che, entro un periodo di 30 giorni, intende licenziare per motivi economici 30 o più lavoratori (lett. b), sarà obbligato a condurre trattative con i lavoratori al fine di accordarsi su un piano sociale (fase negoziale con obbligo di giungere a un accordo).

In tale contesto vanno evidenziate le differenze tra l'obbligo di consultare i lavoratori e quello di allestire un piano sociale. La consultazione dei lavoratori è obbligatoria per le imprese che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori e che intendono licenziarne almeno 10 entro un periodo di 30 giorni per motivi economici (art. 335d n. 1 CO), per quelle che occupano da 100 a 299 lavoratori e intendono licenziarne almeno il 10 per cento entro un periodo di 30 giorni per i medesimi motivi (art. 335d n. 2 CO), nonché per quei datori di lavoro che occupano almeno 300 lavoratori e intendono licenziarne almeno 30 entro il medesimo periodo e per i medesimi motivi (art. 335d n. 3 CO). L'obbligo di allestire un piano sociale interessa invece soltanto i datori di lavoro che occupano almeno 250 lavoratori e intendono licenziarne almeno 30 entro un periodo di 30 giorni e per motivi non inerenti alla persona del lavoratore. Se emerge che il datore di lavoro intende scaglionare i licenziamenti per ripartirli su un periodo più lungo di 30 giorni, sebbene si fondino sui medesimi motivi economici, tutti i licenziamenti in questione vanno sommati in modo da determinare l'applicabilità dell'obbligo di negoziare un piano sociale.

Il capoverso 3 designa le parti da convocare in caso di licenziamento collettivo per negoziare il piano sociale. I datori di lavoro che hanno firmato un contratto collettivo di lavoro sono tenuti a negoziare con i sindacati firmatari del contratto collettivo di lavoro. Gli altri datori di lavoro devono trattare con i rappresentanti dei lavoratori della loro impresa o, qualora non ve ne fossero, direttamente con i lavoratori. In quest'ultimo caso, i lavoratori hanno la possibilità di delegare il diritto di condurre le trattative e allestire un piano sociale a uno o più sindacati. È pure pensabile che il

108

Ufficio federale di statistica, Statistica Svizzera, 6. Industria e servizi, Imprese commerciali e addetti per classe di grandezza, 2008.

5708

sindacato conduca le trattative per il piano sociale a nome del personale, che si riserva la facoltà di approvarlo.

I lavoratori che non sono toccati direttamente dal licenziamento collettivo sono quindi comunque associati ­ direttamente o indirettamente ­ al piano sociale. Ciò si giustifica nella misura in cui nel piano sociale possono figurare misure che li interessano come, ad esempio, una riduzione delle ore di lavoro per evitare o ridurre i licenziamenti.

Conformemente alla direttiva 2/56 CEE (art. 2 cpv. 2), il capoverso 4 precisa che i lavoratori o i loro rappresentanti possono far ricorso a esperti durante le negoziazioni. La disposizione è necessaria in quanto l'articolo 14 capoverso 2 lettera a della legge federale del 17 dicembre 1993109 sull'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese consente al datore di lavoro di vincolare i rappresentanti dei lavoratori, per interessi legittimi, all'obbligo di mantenere il segreto nei confronti di chiunque, comprese le persone estranee all'impresa incaricate di tutelare gli interessi dei lavoratori. Il capoverso 4 consente di evitare che il fatto di fornire informazioni ai periti costituisca una violazione di tale obbligo, pur tutelando gli interessi dei datori di lavoro, visto che i periti stessi sono tenuti a rispettare l'obbligo di discrezione nei confronti di persone estranee all'impresa.

Art. 335j

Piano sociale allestito da un tribunale arbitrale

Se le parti non riescono ad accordarsi su un piano sociale, esso dovrà essere allestito da un tribunale arbitrale secondo l'articolo 335j CO.

Questa norma attribuisce alle parti completa libertà per quanto concerne la nomina del tribunale arbitrale. Possono intervenire a questo titolo l'Ufficio di conciliazione conformemente alla legge federale del 12 febbraio 1949110 concernente l'Ufficio federale di conciliazione incaricato di comporre i conflitti collettivi del lavoro o un ufficio cantonale di conciliazione. Se il datore di lavoro è vincolato da un contratto collettivo di lavoro che prevede un organo di conciliazione o un tribunale arbitrale, è possibile affidare a quest'ultimo il compito di allestire il piano sociale. Le parti contraenti del contratto collettivo di lavoro possono anche decidere di rivolgersi a un tribunale arbitrale ad hoc o a una persona di fiducia. Infine, in una prima fase possono anche limitarsi a nominare commissione di conciliazione e a preparare adeguatamente la costituzione di un tribunale arbitrale estendendo il mandato della commissione nel caso in cui la procedura di conciliazione fallisse.

La procedura di arbitrato davanti ai tribunali arbitrali designati dalle parti è disciplinata dall'articolo 353 e seguenti CPC. Nel caso di un fallimento successivo o di un concordato con abbandono dell'attivo, il carattere obbligatorio del lodo ha come conseguenza che il piano sociale non potrà più essere contestato (res iudicata), nemmeno con un'azione pauliana (art. 285 segg.).

109 110

RS 822.14 RS 821.42

5709

Art. 335k

Soppressione dell'obbligo di allestire un piano sociale in caso di fallimento e di moratoria concordataria

L'articolo 335k CO esclude dal campo d'applicazione delle nuove disposizioni in materia di piano sociale i licenziamenti collettivi previsti nell'ambito di una procedura di insolvenza (fallimento o procedura concordataria).

Diverse ragioni giustificano tale esclusione: anzitutto la massa fallimentare ­ già insufficiente nella maggior parte dei casi ­ si troverebbe completamente svuotata della sua sostanza qualora dovesse pure servire a finanziare il piano sociale. Inoltre i crediti privilegiati collocati in prima classe risultanti dal piano sociale svantaggerebbero i creditori relegati a un rango inferiore (in particolare quelli collocati in terza classe) in misura tale da essere difficilmente giustificabile. Nel caso di questi creditori si tratta principalmente di clienti e fornitori del datore di lavoro fallito, che a loro volta potrebbero trovarsi coinvolti in difficoltà finanziarie o economiche di altra natura, con il rischio che tali difficoltà si ripercuotano poi negativamente sui loro lavoratori. Da ultimo, un obbligo identico a quello proposto al di fuori del fallimento o della procedura concordataria costituirebbe un sovraccarico per gli organi che si occupano dell'insolvenza, con il rischio di prolungare la procedura di insolvenza rendendola pure più onerosa. Per quanto concerne la procedura concordataria, occorre in particolare rilevare che un piano sociale obbligatorio ostacolerebbe ancora di più la conclusione di un concordato, poiché i crediti risultanti dal piano sociale andrebbero garantiti. Se il concordato fallisse a causa del piano sociale allestito dalle parti o da un tribunale arbitrale, sarebbero inevitabili il fallimento e la liquidazione dell'impresa, e dunque la perdita di posti di lavoro, il che non certo nell'interesse dei lavoratori.

Come illustrato in precedenza, i lavoratori o i loro rappresentanti hanno la possibilità di sottoporre agli organi competenti in materia di insolvenza (amministrazione del fallimento, delegazioni dei creditori, commissario, liquidatore) proposte di misure destinate ad attenuare gli effetti dei licenziamenti. Spetta poi a tali organi decidere se e in quale misura i costi possono essere imputati alla massa del fallimento e se sussiste il margine per negoziare un piano sociale in questa fase della procedura.

Art. 362 cpv. 1

Diritto cogente

Le nuove disposizioni proposte vanno inserite nell'elenco all'articolo 362 capoverso 1 CO. Non sarà dunque possibile derogarvi né a favore né a sfavore dei lavoratori.

Art. 491 cpv. 2

Diritto di ritenzione di albergatori e padroni di stalle

Anche se, all'atto pratico, il diritto di ritenzione degli albergatori e dei padroni di stalle (art. 491 CO) è molto meno rilevante di quello del locatore, le ragioni per abrogarlo sono identiche a quelle illustrate in precedenza. Conseguentemente, tale diritto va soppresso come in parte chiesto in sede di consultazione111.

111

5710

Rapporto consultazione, pag. 19; cfr. pure Studer 2009, pag. 1457.

Art. 725a

Differimento del fallimento

Come già illustrato precedentemente nel dettaglio, il differimento del fallimento previsto dall'articolo 725a CO va integrato nella procedura concordataria della LEF.

L'articolo va dunque abrogato.

Art. 1 delle disposizioni transitorie È previsto un periodo transitorio di tre anni, durante il quale il diritto di ritenzione dei contratti esistenti resta acquisito per consentire ai locatori le cui garanzie si fondano integralmente o parzialmente sul diritto di ritenzione previsto dalla legge di apportare le modifiche del caso.

2.15

Modifica di altre leggi federali

Dal momento che il differimento del fallimento di cui all'articolo 725a CO viene abolito, vanno modificate le disposizioni del diritto federale che vi rinviano.

3

Ripercussioni

3.1

Ripercussioni per la Confederazione

La soppressione del privilegio nel fallimento a favore dell'imposta sul valore aggiunto comporterà perdite finanziarie a carico delle casse federali. Abrogato tale privilegio, nella procedura fallimentare e concordataria la Confederazione sarà considerata un creditore ordinario collocato in terza classe, per cui subirà una perdita totale nella maggior parte dei casi. Quanto al piano finanziario corrente, le perdite su debitori riconducibili a tali misure dovrebbero aumentare di circa 50 milioni di franchi a medio termine, costituendo un aggravio per le finanze federali. Tale peggioramento del margine di manovra finanziario andrà compensato sul versante delle entrate e delle uscite.

Per il resto, il disegno non ha ripercussioni particolari per la Confederazione.

3.2

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni

Della soppressione del privilegio nel fallimento a favore dell'imposta sul valore aggiunto dovrebbero trarre profitto i Cantoni e i Comuni, che nei fallimenti e nelle procedure concordatarie sono creditori collocati in terza classe. Infatti, il calo della percentuale di crediti privilegiati comporta l'aumento del substrato di responsabilità a beneficio degli altri creditori.

Per il resto il disegno non ha ripercussioni per i Cantoni e per i Comuni.

3.3

Impatto economico

Il nostro Collegio si attende che la revisione del diritto in materia di risanamento influisca positivamente sulla crescita strutturale. Già nel nostro rapporto sulla politi5711

ca di crescita 2008-2011 abbiamo evidenziato che l'applicazione delle norme sull'insolvenza andava migliorata per ridurre la durata e i costi delle procedure e incrementare i dividendi del fallimento. Va inoltre incentivato l'esercizio di un'attività economica legale e redditizia. La revisione delle norme sull'insolvenza intende ponderare meglio sia gli interessi dell'imprenditore, che deve assumersi dei rischi e va dunque sostenuto, sia quelli dei creditori, le cui perdite devono essere quanto più contenute possibile se la situazione economica dell'impresa dovesse subire un ribaltamento. Occorre inoltre migliorare la prevenzione in materia di fallimenti112.

Il presente disegno consente di attuare tali obiettivi perlomeno in parte: le condizioni quadro per la stabilizzazione e il risanamento delle imprese vengono decisamente migliorate, il che permette di mantenere anche posti di lavoro. I diritti dei creditori in quanto gruppo vengono rafforzati. Inoltre, varie misure sono volte ad accrescere la massa dell'insolvenza, al fine di migliorare le condizioni quadro sia per gli imprenditori sia per gli investitori, contribuendo quindi a rendere più attrattiva la piazza economica svizzera.

4

Programma di legislatura

Il progetto è inserito nel messaggio del 23 gennaio 2008 sul programma di legislatura 2007-2011113.

5

Costituzionalità e legalità

Il disegno si fonda sull'articolo 122 capoverso 1 Cost. (competenza legislativa della Confederazione nel campo del diritto civile e della procedura civile).

112

Rapporto del Consiglio federale del 2 aprile 2008 sulla politica di crescita 2008-2011, pag. 77.

113 FF 2008 597, in particolare pag. 661

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