10.062 Messaggio concernente un credito quadro per l'ambiente globale del 23 giugno 2010

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di un decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

23 giugno 2010

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Doris Leuthard La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

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Compendio Il Consiglio federale chiede alle Camere federali di stanziare un credito quadro di 148,93 milioni di franchi della durata di almeno quattro anni per la quinta ricapitalizzazione del Fondo globale per l'ambiente (GEF). In quanto meccanismo ufficiale di finanziamento delle principali convenzioni per l'ambiente, il GEF svolge un ruolo importante nell'ambito della politica ambientale internazionale.

La politica ambientale internazionale rientra tra le priorità di politica estera fissate dalla Costituzione federale (art. 54 Cost.) e dal Consiglio federale nel suo Rapporto sulla politica estera 2009. Pertanto la Svizzera si impegna a favore di un sistema internazionale di governanza forte in materia ambientale come pure per un rafforzamento del ruolo attribuito alle questioni ambientali, anche nel settore dello sviluppo. Questo impegno non comporta soltanto l'adesione a precisi obiettivi multilaterali, come ad esempio la riduzione delle emissioni in ambito climatico, ma anche la partecipazione al finanziamento di programmi e progetti ambientali volti a realizzare questi stessi obiettivi nei Paesi in sviluppo o nei Paesi in transizione. A questo proposito, il Fondo globale per l'ambiente (GEF) svolge un ruolo essenziale in qualità di meccanismo ufficiale di finanziamento delle principali convenzioni ambientali.

Con il presente messaggio, il Consiglio federale sottopone alle Camere federali un credito quadro di 148,93 milioni di franchi della durata di almeno quattro anni per il finanziamento di attività nell'ambito della politica ambientale internazionale.

Questo credito quadro assicura la continuazione dell'impegno della Svizzera iniziato nel 1991 con 145 milioni di franchi del credito del giubileo per il 700esimo anniversario della Confederazione Svizzera (totale 700 mio. fr.) e proseguito con un credito quadro di 88,5 milioni di franchi nel 1998, di 125 milioni di franchi nel 2003 e di 109,77 milioni di franchi nel 2007. Il messaggio spiega le motivazioni di questo impegno e presenta l'utilizzazione dei fondi richiesti nei prossimi anni. Va ricordato che tali fondi servono a completare le risorse della cooperazione svizzera allo sviluppo.

Il credito quadro richiesto consentirà alla Svizzera di partecipare alla ricapitalizzazione del GEF e del Fondo multilaterale per l'ozono come pure di
fondi specifici nell'ambito della Convenzione sui cambiamenti climatici. La nuova ricapitalizzazione di questi fondi per l'ambiente risponde a una situazione ambientale globale in continuo deterioramento. Non vi è più alcun dubbio che i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e la scorretta manipolazione delle sostanze chimiche costituiscono una reale minaccia per l'uomo e per le basi naturali della vita. È incontestabile anche il crescente bisogno di sostegno finanziario per combattere gli effetti negativi delle aggressioni all'ambiente soprattutto nei Paesi in sviluppo o in transizione. Un sostegno che può tradursi in contributi a fondi e programmi di finanziamento dei provvedimenti che si rendono necessari. Ed è per questa ragione che alla Conferenza di Copenaghen sul clima, la comunità internazionale dei Paesi donatori ha assunto, con l'Accordo di Copenhagen, impegni di ampia portata volti a finanziare la lotta contro i cambiamenti climatici e l'adeguamento ai loro effetti nei Paesi

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in sviluppo o in transizione. Inoltre, sono ormai imminenti nuove decisioni finanziarie sia in tema di salvaguardia della biodiversità (Conferenza degli Stati contraenti di Nagoya) sia in tema di impiego delle sostanze chimiche pericolose per l'uomo e per la natura. La politica ambientale internazionale contribuisce anche a ridurre i problemi di ordine sociale ed economico, i conflitti violenti legati all'utilizzo delle risorse naturali nonché il problema dei rifugiati.

L'aumento del credito quadro rispetto al 2007 è giustificato dalla decisione della comunità internazionale dei Paesi donatori di accrescere i mezzi a disposizione del Fondo globale per l'ambiente e dei fondi specifici per il clima. La Svizzera condivide questo impegno. Grazie ai suoi contributi al GEF, al Fondo per l'ozono e ai fondi specifici per il clima, analoghi a quelli dei Paesi europei paragonabili, alla sua partecipazione attiva e pluriennale a questi fondi nonché alle sue strutture decisionali trasparenti e partecipative, la Svizzera può influire largamente sulle decisioni strategiche e operative.

Inoltre, è sicuramente nell'interesse della Svizzera, sia come Stato ospite sia per la posizione che occupa in seno ad altre istituzioni quali la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, condurre una politica ambientale internazionale attiva e costruttiva che le permetta di essere un partner credibile e di conservare la sua capacità di influire sulle organizzazioni e sui processi decisionali internazionali.

Il GEF rappresenta attualmente lo strumento di finanziamento globale più rilevante per l'applicazione delle convenzioni e dei protocolli nel settore ambientale. Dalla sua istituzione nel 1991, il GEF ha finanziato con 8,7 miliardi di dollari di mezzi propri 2389 progetti in 140 Paesi in sviluppo o in transizione e in sei settori prioritari: clima, biodiversità, acque internazionali, deterioramento dei suoli, inquinanti organici persistenti e ­ limitatamente ai Paesi in transizione ­ protezione dello strato di ozono. Con questi investimenti sono stati mobilitati oltre 39 miliardi di dollari supplementari in cofinanziamenti provenienti da diverse fonti. L'obiettivo del GEF consiste nell'ottenere un effetto catalizzatore mediante i progetti innovativi ed efficienti che finanzia per mobilitare altre risorse e per
promuovere il rispetto dell'ambiente in tutto il mondo.

Il Protocollo di Montreal del settembre 1987 concernente le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono delinea la tabella di marcia verso la rinuncia alle sostanze che distruggono lo strato di ozono stratosferico che protegge dai raggi UV ed è quindi d'importanza vitale. Esso impegna sia i Paesi industrializzati sia i Paesi in sviluppo. Per sostenere i Paesi in sviluppo nei loro sforzi per la rinuncia completa e definitiva a queste sostanze, il Fondo per l'ozono deve poter continuare a disporre delle risorse necessarie. Alla fine di luglio del 2009, aveva versato quasi 2,3 miliardi di dollari a 148 Paesi in sviluppo per la realizzazione di 6000 progetti con l'obiettivo di ridurre sia la produzione di sostanze che distruggono lo strato di ozono sia il loro utilizzo in ambiti come la refrigerazione e il condizionamento, le materie plastiche espanse, gli agenti estintori e i solventi.

Il Consiglio federale, rilevata l'efficacia del GEF, del Fondo per l'ozono e dei fondi per il clima, che il messaggio tratta in dettaglio, è convinto che questi meccanismi di finanziamento debbano essere ricapitalizzati. Essi sostengono obiettivi già presenta-

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ti dal Consiglio federale nei seguenti rapporti: rapporto del 7 marzo 1994 sulle relazioni Nord-Sud della Svizzera negli anni Novanta (Linee direttrici Nord-Sud; FF 1994 II 1099), rapporto del 15 novembre 2000 sulla politica estera 2000 e sulla tutela degli interessi attraverso una presenza rafforzata (FF 2001 201), «Obiettivi di Sviluppo del Millennio ­ Rapporto intermedio della Svizzera 2005» del 25 maggio 2005 (Consiglio federale svizzero 2005)1, rapporto del 21 maggio 2008 sulle relazioni della Svizzera con l'Organizzazione delle Nazioni Unite e con le organizzazioni internazionali che hanno sede in Svizzera (FF 2008 5291), rapporti sulla politica estera della Svizzera del 2007 e del 2009 (FF 2007 5087 e FF 2009 5463) e rapporto del 1° ottobre 1990 relativo alla politica di sicurezza della Svizzera (FF 1990 III 684)2.

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Il nuovo rapporto sarà disponibile nel luglio del 2010.

Il nuovo rapporto sarà disponibile nel luglio del 2010.

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Indice Compendio

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1 Situazione iniziale e condizioni quadro 1.1 Situazione iniziale 1.2 Evoluzione dell'ambiente mondiale 1.3 Cooperazione con i Paesi in sviluppo o in transizione 1.4 Convenzioni sull'ambiente e settori che beneficiano del sostegno del GEF e del Fondo per l'ozono 1.4.1 La Convenzione sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto 1.4.2 La Convenzione sulla biodiversità e il Protocollo di Cartagena 1.4.3 La Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono 1.4.4 La Convenzione POP 1.4.5 La Convenzione per la lotta contro la desertificazione 1.4.6 Acque internazionali 1.4.7 Influsso del GEF su altri accordi ambientali internazionali 1.4.8 Prospettive 1.5 Integrazione del credito quadro nella politica estera della Svizzera 1.5.1 Regime ambientale internazionale 1.5.2 Impegno della Svizzera per il rafforzamento del sistema ambientale globale e delle istituzioni ambientali 1.5.3 Il GEF quale meccanismo centrale di finanziamento per l'applicazione degli accordi ambientali multilaterali 1.5.4 Il Fondo multilaterale per l'applicazione del Protocollo di Montreal (Fondo per l'ozono): primo meccanismo di finanziamento per l'attuazione nei Paesi in sviluppo di convenzioni multilaterali concernenti l'ambiente 1.5.5 Coerenza tra le politiche ambientali, climatiche e di sviluppo della Svizzera 1.6 Caratteristiche del GEF e del Fondo per l'ozono 1.6.1 Struttura e funzionamento del GEF 1.6.2 Struttura e funzionamento del Fondo per l'ozono 1.7 Effetti dei progetti e dei programmi del GEF e del Fondo per l'ozono 1.7.1 GEF 1.7.2 Fondo per l'ozono 1.8 Fondi per il clima 1.9 Finanziamento per il clima

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2 Contenuto del decreto di finanziamento 2.1 Importo e utilizzazione del credito quadro 2.2 Il contributo della Svizzera al GEF 2.2.1 Fabbisogno di risorse per il GEF-5 2.2.2 I risultati dei negoziati sul GEF-5 ­ il contributo della Svizzera 2.2.3 Modalità dei pagamenti per il GEF-5

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2.3 Il nuovo contributo della Svizzera al Fondo per l'ozono 2.4 Portata dell'impegno in ambito climatico (fondi per il clima) 2.5 Rapporto tra contributi al GEF e ai fondi per il clima e aiuto immediato nel settore del clima 2.6 Credito per l'esecuzione

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3 Ripercussioni 3.1 Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale 3.2 Subordinazione al freno alle spese 3.3 Ripercussioni per l'economia 3.4 Competenze

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4 Programma di legislatura

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5 Aspetti giuridici 5.1 Basi legali 5.2 Forma dell'atto

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Allegati: 1 Esempi di progetti del GEF e loro effetto 2 Tabelle 1­10 3 Bibliografia e fonti

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Decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale (Disegno)

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Messaggio 1

Situazione iniziale e condizioni quadro

1.1

Situazione iniziale

In occasione del vertice sulla Terra di Rio de Janeiro nel 1992, i più alti rappresentanti politici della comunità internazionale hanno riconosciuto che i problemi ambientali globali minacciano l'umanità e che solo una cooperazione internazionale efficace consente di trovare soluzioni. In questa storica Conferenza dell'ONU sull'ambiente e lo sviluppo, sono state firmate importanti convenzioni inerenti all'ambiente globale: la Convenzione sui cambiamenti climatici, la Convenzione sulla biodiversità e la Convenzione sulla lotta contro la desertificazione. Già un anno prima, nel 1991, era stato istituito il Fondo globale per l'ambiente (Global Environment Facility, GEF) per sostenere le misure a favore dell'ambiente globale adottate dai Paesi in sviluppo. Il Fondo per l'ozono esiste invece dal 1990. È dunque a partire dagli inizi degli anni Novanta che la comunità internazionale, grazie all'adozione di processi e istituzioni per la lotta contro la distruzione dell'ambiente globale, è riuscita a conseguire importanti successi che si aggiungono ai precedenti quali il Protocollo di Montreal del 1987 per la protezione dello strato di ozono.

Queste attività non devono tuttavia far dimenticare che lo stato dell'ambiente mondiale si degrada continuamente. Il Millenium Ecosystem Assessment del 2005 e il Global Environment Outlook del 2007 sono i più vasti programmi internazionali intrapresi per valutare lo stato dell'ambiente a livello mondiale e le conseguenze dei cambiamenti per l'uomo. I due programmi documentano il modo in cui l'uomo ha notevolmente trasformato quasi tutti gli ecosistemi sulla Terra soprattutto nel corso degli ultimi cinquant'anni, in particolare il clima. L'impatto dell'attività umana sull'ambiente continuerà ad aumentare nei prossimi decenni se gli Stati, l'economia privata e le istituzioni internazionali non adotteranno le misure necessarie per garantire la sopravvivenza delle generazioni future. Particolarmente drammatici saranno sia l'aumento delle catastrofi naturali dovuto all'accelerazione del riscaldamento planetario sia la riduzione delle risorse idriche (Global Environment Outlook 2007).

La comunità internazionale si è ripetutamente pronunciata a favore di un ulteriore rafforzamento della governanza ambientale internazionale, soprattutto in occasione del vertice mondiale
sullo sviluppo sostenibile nel 2002 e del vertice mondiale dei capi di Stato e di governo, svoltosi sotto l'egida dell'ONU nel 2005. Nel 2009, il PNUA ha avviato un processo di elaborazione di misure concrete volte a rafforzare la governanza ambientale internazionale. Questo processo fornirà un contributo importante al vertice mondiale dell'ONU sullo sviluppo sostenibile, che si terrà in Brasile nel 2012 in occasione del ventennale del vertice di Rio.

È di conseguenza urgente che la comunità internazionale raddoppi gli sforzi per proteggere l'ambiente mondiale, per preservare e migliorare la coerenza del regime internazionale per l'ambiente e per applicare e sviluppare le convenzioni esistenti.

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1.2

Evoluzione dell'ambiente mondiale

Negli ultimi anni l'attenzione si è concentrata soprattutto sui cambiamenti climatici.

A livello mondiale gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi mai registrati, esclusi il 1996 e il 2000. La temperatura media della superficie terrestre è aumentata nell'ultimo secolo di circa 0,6 gradi Celsius, con un notevole incremento dal 1976 (OMM, 2006). Questo surriscaldamento è attribuito all'accumulo di gas a effetto serra nell'atmosfera terrestre, provocato dalle crescenti emissioni dovute all'attività dell'uomo e in particolare all'utilizzazione di combustibili fossili, quali il carbone, il petrolio e il gas naturale, nonché alla deforestazione.

Le ricerche più recenti hanno stabilito che entro il 2100 l'atmosfera terrestre si surriscalderà in media da 1,4 a 5,8 gradi Celsius (IPCC, 2007).

Gli scienziati sono quasi unanimi nel ritenere che il surriscaldamento della superficie terrestre darà luogo a numerosi mutamenti climatici, talvolta con effetti drammatici sugli ecosistemi, e di conseguenza sugli habitat dell'uomo, degli animali e delle piante, nonché sulle attività umane. Da alcuni anni, i fenomeni meteorologici eccezionali si sono moltiplicati. A lungo termine, non sono minacciosi solo i cambiamenti noti nelle nostre regioni (in particolare il problema del permafrost), ma anche la crescente desertificazione e l'aumento del livello del mare che compromette seriamente il futuro delle zone costiere. Inoltre, l'intensità degli eventi estremi, quali i periodi di siccità e le inondazioni, rischia di aumentare, con un potenziale distruttivo proporzionale. Secondo le previsioni, i Paesi in sviluppo più poveri saranno maggiormente colpiti dalle conseguenze di questi cambiamenti climatici, perché spesso non disporranno dei mezzi necessari per farvi fronte.

Gli scienziati sono concordi nell'attribuire alle attività umane la causa del crescente degrado degli ecosistemi che è all'origine del drammatico aumento dell'estinzione delle specie e della scomparsa degli habitat naturali. Secondo i più recenti rapporti globali, quali il Millenium Ecosystem Assessment (MEA, 2005) e il Global Environment Outlook Report (GEO-4, PNUA, 2007), i cambiamenti nelle componenti importanti della biodiversità sono stati più rapidi negli ultimi 50 anni che mai in precedenza nella storia delle civilizzazioni umane. Da questi due studi derivano in particolare i dati seguenti: ­

tra il 1950 e il 1980, la conversione di territori in terreni agricoli è stata maggiore che non tra il 1700 e il 1850; nel 2005 il 25 per cento delle terre era utilizzato a scopi economici (MEA, 2005);

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tra il 1990 e il 2005, la superficie boschiva globale ha subito una riduzione pari allo 0,2 per cento annuo e altre superfici boschive sono state trasformate da foreste primarie in foreste secondarie (GEO-4);

­

negli ultimi vent'anni, circa il 35 per cento delle mangrovie è stato distrutto, il 20 per cento delle barriere coralline è scomparso e un ulteriore 20 per cento è stato fortemente danneggiato (MEA, 2005);

­

nel corso degli ultimi secoli, le attività umane hanno inoltre causato un tasso di estinzione delle specie 1000 volte più elevato dell'evoluzione naturale; in particolare, tra i gruppi tassonomici più studiati e documentati, il 12 per cento degli uccelli, il 23 per cento dei mammiferi e il 25 per cento delle conifere sono minacciati di estinzione; inoltre il 32 per cento degli anfibi sta scomparendo (MEA, 2005);

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­

a livello genetico, anche la diversità intraspecifica è diminuita in modo drammatico; dal 1960, la «rivoluzione verde», con l'intensificazione dell'attività agricola e della selezione di caratteristiche genetiche ha provocato un'importante riduzione della diversità genetica delle specie animali domestiche e delle varietà vegetali coltivate; questa perdita è preoccupante per diverse ragioni: minaccia la capacità di adattamento delle specie e provoca una riduzione del potenziale globale delle risorse genetiche utili a ottenere nuove caratteristiche nell'agricoltura e nell'alimentazione; inoltre, può limitare la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare; infine occorre osservare che i principi attivi di molti farmaci sono oggi di origine naturale (MEA, 2005);

­

oggi, il 12 per cento delle terre emerse è in qualche modo protetto, mentre nel caso degli ecosistemi oceanici tale percentuale è inferiore all'1 per cento.

La produttività di interi ecosistemi è compromessa a causa della perdita di alcune loro componenti. Il mare e gli oceani sono sottoposti a una pressione crescente, dovuta tra l'altro alla pesca eccessiva e all'immissione di sostanze tossiche in acque costiere.

La biodiversità è distribuita in modo molto irregolare sul nostro pianeta. È più ricca nei Paesi tropicali e più scarsa nelle zone temperate. In molti Paesi industrializzati, la quota di foreste vergini originarie è regredita drasticamente. In Europa, ad esempio, esse costituiscono attualmente soltanto il 2 per cento delle foreste. La maggior parte della biodiversità del pianeta si trova nelle foreste vergini residue di alcuni Paesi in sviluppo. In molti di essi, quali le Filippine, il Costarica e la Costa d'Avorio sussistono solo frammenti del patrimonio originario.

Nel 2002, la Convenzione sulla biodiversità si era posta l'obiettivo di ridurre entro il 2010 in modo significativo, a livello globale, nazionale e regionale, la perdita di biodiversità, contribuendo quindi alla lotta contro la povertà e al benessere di ogni forma di vita sul pianeta. Senza dover attendere la pubblicazione del rapporto conclusivo della Convenzione, si può affermare che questo obiettivo non è stato raggiunto.

La deforestazione continua e crescente, in particolare nelle foreste tropicali, è causata dai cambiamenti nell'utilizzazione del suolo (conversione in terre agricole), nonché dall'assenza di fonti energetiche alternative al legno. È pertanto indispensabile gestire in modo sostenibile le foreste per salvaguardare tutti i loro servizi ecosistemici (assorbimento di carbonio, acqua pulita, fissazione del suolo ecc.) e la biodiversità. Le foreste svolgono un ruolo importante nell'adattamento ai cambiamenti climatici e nell'attenuazione dei loro effetti: consentono, infatti, di resistere meglio a questi cambiamenti assorbendo carbonio. La sola deforestazione è responsabile di quasi il 20 per cento del totale delle emissioni di gas a effetto serra.

La distruzione dello strato di ozono stratosferico e il conseguente aumento dei raggi ultravioletti contribuiscono all'aumento dei casi di cancro della pelle e di cataratta, a una diminuzione della produzione di biomassa marina e al degrado accelerato di materiali sintetici. Questi fenomeni sono stati scoperti alla
metà degli anni Settanta e attualmente sembrano stabilizzati a seguito dell'attuazione del Protocollo di Montreal. Ciò nonostante, i modelli scientifici prevedono un ritorno alla situazione precedente al 1980 al più presto a partire dal 2065, a condizione che il Protocollo di Montreal venga attuato completamente e in assenza di altri influssi negativi sull'ambiente.

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Altri problemi ambientali a livello globale acquistano sempre maggiore rilievo. Nel 2010, la metà della popolazione mondiale vive in regioni sottoposte a stress idrico, dovuto sia alla mancanza che all'eccesso d'acqua. Le cause della crisi idrica vanno attribuite alla cattiva gestione del ciclo idrologico e alla distruzione degli ecosistemi.

Per garantire l'approvvigionamento in acqua della popolazione mondiale, è necessario prendere in considerazione l'intero ciclo dell'acqua, in tutti i suoi aspetti. In effetti sono le foreste, il suolo e le zone umide che captano, filtrano, immagazzinano e ridistribuiscono con parsimonia l'acqua verso valle. La protezione e l'utilizzazione sostenibile degli ecosistemi a monte sono quindi essenziali (approccio ecosistemico). L'approvvigionamento sufficiente di acqua potabile per la crescente popolazione mondiale diventerà sempre più difficile.

Un altro problema crescente è costituito dal deterioramento della qualità del suolo, che ne diminuisce la fertilità e compromette ovunque la produzione delle derrate alimentari, anche se è nei Paesi più poveri e nelle zone aride che le conseguenze per la popolazione sono più nefaste.

La produzione, l'impiego e la lavorazione di prodotti chimici nei Paesi in sviluppo sono in continuo aumento. Solo pochi di questi Paesi possono garantire un impiego sostenibile di queste sostanze pericolose per l'ambiente e per l'uomo. Il rapido aumento dell'impiego di prodotti chimici può portare a un accumulo e a un deposito inadeguato di rifiuti tossici. Inoltre, le sostanze tossiche persistenti inquinano a livello globale l'ambiente e la catena alimentare, rappresentando una minaccia crescente per l'uomo e per molte specie animali. Anche il consumo di prodotti elettronici, in aumento in tutto il mondo, e specialmente il loro smaltimento, cui si aggiunge il trasporto transfrontaliero dei rifiuti derivati da tali prodotti, costituiscono una sfida globale sempre più importante per l'uomo e l'ambiente.

Queste persistenti tendenze ambientali negative vanno collocate nel contesto di una popolazione mondiale in rapido aumento e di una necessità di sviluppo che rimane considerevole. In questi ultimi anni, la popolazione mondiale è in effetti aumentata di circa 76 milioni di persone l'anno, per raggiungere i 6,8 miliardi di abitanti (gennaio
2010). Secondo le previsioni dell'ONU, nel 2050 dovrebbe situarsi tra i 7,6 e i 10,6 miliardi, raggiungendo i 9 miliardi con un tasso di crescita media. Questa evoluzione demografica riguarda quasi esclusivamente i Paesi in sviluppo. Logicamente, aumenterà la pressione sulle risorse naturali del nostro pianeta.

1.3

Cooperazione con i Paesi in sviluppo o in transizione

Oggi è generalmente riconosciuta la stretta relazione esistente tra politiche climatiche, ambientali e dello sviluppo. Molti dei problemi ambientali menzionati colpiscono duramente la popolazione povera dei Paesi in sviluppo, non da ultimo a causa del loro alto grado di dipendenza dalle risorse naturali. Tale popolazione soffre soprattutto del crescente inquinamento atmosferico e idrico che provoca la diffusione di numerose malattie. Il peggioramento dello stato dell'ambiente e l'aumento delle catastrofi ambientali comportano anche conseguenze economiche negative per le popolazioni di questi Paesi, tra l'altro un incremento dell'emigrazione. Secondo il CICR, nel 1998 il numero dei rifugiati a causa di catastrofi ambientali è stato per la prima volta superiore a quello dei profughi di guerra (CICR, 1999). Nel solo 2009 le catastrofi naturali hanno costretto alla fuga 36 milioni di persone, di cui 20 milioni per cause riconducibili ai cambiamenti climatici. Nell'ultimo decennio, le catastrofi 4204

naturali hanno colpito oltre due miliardi di persone, vale a dire cinque volte più dei conflitti armati. Questa cifra è quindi triplicata rispetto al periodo precedente. La vulnerabilità delle persone interessate è inoltre aumentata (IRIN, 2005; UNHCR, 2006). I conflitti per l'accesso alle risorse naturali vergini sono in netto aumento e costituiscono un rischio crescente per la sicurezza. Una ricerca dell'Università di Berkeley in California (novembre 2009) prevede che nel 2030 i cambiamenti climatici faranno aumentare del 50 per cento, rispetto al 1990, il rischio di guerre civili in Africa.

Di conseguenza, molti Paesi in sviluppo sono sempre più consapevoli dell'importanza dei problemi ambientali. Le loro preoccupazioni in questo ambito sono rivolte soprattutto ai problemi che hanno un'incidenza diretta sulla salute e sulla qualità della vita (inquinamento atmosferico e idrico, scarsità di acqua potabile, smaltimento dei rifiuti e trattamento delle acque di scarico, erosione del suolo e salinità dei terreni coltivati): molti abitanti dei Paesi in sviluppo o in transizione non percepiscono ancora i cambiamenti climatici o la scomparsa di specie animali e vegetali senza utilità economica visibile come una vera e propria minaccia, nonostante l'importanza di questi fattori per l'ambiente globale. Gli sforzi che s'impongono in tali settori dipendono quindi in molti casi da un finanziamento esterno, soprattutto nei Paesi più poveri. Negli ultimi anni, tuttavia, proprio i Paesi più poveri e gli Stati insulari si sono resi conto dell'importanza assunta dai cambiamenti climatici e dai loro effetti dannosi, e questo a seguito della maggiore frequenza di catastrofi naturali quali le inondazioni, lo scioglimento dei ghiacciai e l'aumento del livello dei mari.

Alcuni Paesi in sviluppo approfittano in maniera crescente di investimenti privati diretti, provenienti da Stati industrializzati, e registrano di conseguenza una crescita economica relativamente forte, ma la grande maggioranza dei Paesi in sviluppo non fruisce ancora di tali flussi finanziari. Le esigenze di questi Paesi in materia di sviluppo saranno molto elevate ancora per decenni. Soddisfare tali bisogni senza distruggere ulteriormente l'ambiente costituisce una sfida molto importante. Bisognerà sostenere detti Paesi nei loro sforzi volti a
sensibilizzare la popolazione ai problemi ambientali e a incoraggiarla a risparmiare le risorse naturali e a vivere di conseguenza.

La stessa situazione grava sui Paesi in transizione, dove la distruzione, già perpetrata, e le minacce che incombono sull'ambiente, in molti casi un'eredità del socialismo reale, richiedono un intervento di grande portata. La Svizzera svolge in merito un ruolo particolare, in quanto collabora con alcuni di questi Paesi nel suo gruppo di voto in seno alla Banca mondiale e al FMI. Questa collaborazione si estende inoltre, a seguito di una decisione del Consiglio federale del 20 ottobre 1999, anche al gruppo di voto della Svizzera in seno al GEF. Quest'ultimo comprende oggi Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.

Forti sinergie collegano i già citati forum mondiali dato che, con l'assegnazione di crediti e altri finanziamenti, istituzioni finanziarie internazionali quali la Banca mondiale, ma anche il programma di sviluppo dell'ONU, negli ultimi anni hanno maggiormente tenuto conto dello stretto legame tra ambiente e sviluppo e, in particolare, tra ambiente e povertà, e intendono continuare a farlo anche in futuro.3 Un'ulteriore sinergia è costituita dal fatto che i progetti GEF realizzati dalla Banca 3

Negli ultimi anni la Banca mondiale ha tenuto conto di questo legame istituendo fondi specializzati, chiamati Fondi di Investimento per il Clima (CIF) e destinati a finanziare uno sviluppo neutro per il clima.

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mondiale sono, di norma, progetti regolari della Banca mondiale sostenuti da un finanziamento supplementare del GEF per migliorare la protezione globale dell'ambiente.

Inversamente, i progetti del GEF a favore dell'ambiente globale offrono notevoli possibilità di migliorare i redditi e le condizioni di vita della popolazione locale come pure di estendere la sua partecipazione politica. I progetti per la protezione della biodiversità offrono sovente possibilità di reddito per la popolazione locale, derivanti dall'utilizzazione sostenibile delle risorse naturali. Anche i progetti di elettrificazione delle regioni rurali mediante le energie rinnovabili comportano un miglioramento concreto della qualità di vita della popolazione interessata e contribuiscono a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Altri progetti nel settore del clima, che servono in primo luogo a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, contribuiscono non solo a contenere l'inquinamento atmosferico nelle città ma hanno anche effetti benefici per la salute degli strati di popolazione più poveri che spesso vivono nelle zone dove l'aria è maggiormente inquinata. I progetti ambientali del GEF, di respiro internazionale, perseguono obiettivi locali e globali al tempo stesso.

Analogamente, i progetti di attuazione del Protocollo di Montreal finanziati dal Fondo multilaterale per l'ozono hanno consentito importanti miglioramenti delle strutture industriali e artigianali, del livello di formazione e delle istituzioni in circa 140 Paesi in sviluppo.

Il primo meccanismo di finanziamento per il sostegno ai Paesi in sviluppo nell'adozione di provvedimenti a favore dell'ambiente globale è stato il Fondo multilaterale per l'ozono istituito nel 1990. L'avvio della fase pilota del GEF è seguita nel 1991. La costituzione dei due Fondi è basata sul riconoscimento del principio di una responsabilità comune ma diversificata dei Paesi industrializzati e dei Paesi in sviluppo, sancito nelle Convenzioni sulla protezione del clima e sulla biodiversità come pure nel Protocollo di Montreal. Quattro riflessioni sottendono a questo principio: 1.

un peggioramento a livello mondiale delle basi vitali nei Paesi in sviluppo, oltre alle possibili conseguenze dirette sul benessere degli abitanti degli Stati industrializzati, ha implicazioni di ampia portata sull'economia e la sicurezza di tutti gli Stati; un'alterazione dell'ambiente nei Paesi poveri aumenta anche la pressione migratoria sul mondo industrializzato;

2.

i problemi ambientali globali conosciuti attualmente sono dovuti storicamente e in larga misura ai Paesi industrializzati;

3.

i Paesi in sviluppo, rispetto ai Paesi industrializzati, dispongono di risorse finanziarie molto inferiori e spesso non sono nemmeno in grado di realizzare gli obiettivi nazionali di sviluppo urgenti;

4.

le ripercussioni della distruzione dell'ambiente globale colpiscono i Paesi in sviluppo più rapidamente e direttamente dei Paesi industrializzati, anche perché i primi hanno meno mezzi a disposizione per adeguarsi alle mutate condizioni dell'ambiente.

Si riconosce oggi generalmente che la salvaguardia delle risorse naturali è indispensabile per uno sviluppo economico e sociale sostenibile. La Svizzera ha sancito il principio della sostenibilità nella Costituzione federale. Principio che il Consiglio federale annovera tra le priorità di politica estera e pone alla base delle vigenti «Linee direttrici Nord-Sud». L'appartenenza della Svizzera al GEF e al Fondo per 4206

l'ozono nonché il presente messaggio a favore della loro ricapitalizzazione sono strumenti che permetteranno al nostro Paese di realizzare i principi e gli obiettivi politici che si è dato.

1.4

Convenzioni sull'ambiente e settori che beneficiano del sostegno del GEF e del Fondo per l'ozono

Il Fondo globale per l'ambiente (GEF) è considerato dalla comunità degli Stati il meccanismo formale di finanziamento della Convenzione sul clima, della Convenzione sulla biodiversità e della Convenzione sugli inquinanti organici persistenti (POP). Il GEF, nella determinazione dei suoi programmi e progetti, segue le direttive delle Conferenze delle Parti contraenti di queste Convenzioni.

Il GEF sostiene anche ­ con riferimento alla Convenzione sulla lotta contro la desertificazione ­ progetti volti a evitare il deterioramento dei suoli e a promuovere la gestione forestale, e di conseguenza a combattere la crescente deforestazione. Inoltre, partecipa ad attività relative alla protezione delle acque internazionali, spesso basandosi su trattati regionali sulle acque.

Il Fondo per l'ozono era stato istituito in precedenza come meccanismo di finanziamento per l'attuazione, nei Paesi in sviluppo, del Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono. Doveva consentire a questi Stati di aderire pienamente alle misure vincolanti del Protocollo.

Come la maggior parte dei Paesi industrializzati e molti Paesi in sviluppo, la Svizzera ha già ratificato le diverse convenzioni menzionate e i loro accordi aggiuntivi.

Con i suoi contributi al GEF e al Fondo per l'ozono, essa adempie agli obblighi che le spettano nei confronti dei Paesi in sviluppo o in transizione secondo queste convenzioni e i relativi protocolli.

1.4.1

La Convenzione sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto

La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), entrata in vigore nel 1994, ha istituito gli inventari nazionali delle emissioni di gas a effetto serra e dei pozzi di CO2 nonché i rapporti sulle misure prese a livello nazionale per la protezione del clima. Nel dicembre del 1997, nella città giapponese di Kyoto, è stato approvato, dopo difficili trattative, un protocollo aggiuntivo che stabilisce obiettivi quantificabili di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei Paesi industrializzati. Il Protocollo di Kyoto ha però lasciato aperti importanti interrogativi circa la sua applicazione. Essi sono stati finalmente chiariti nel novembre del 2001, in occasione della 7a Conferenza delle Parti contraenti (COP 7) a Marrakech. Sono state così istituite le condizioni necessarie per la ratifica e la sua entrata in vigore. Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore nel 2005, nonostante il ritiro degli Stati Uniti, e i primi risultati sono già stati osservati nel settore dei meccanismi flessibili. Le Parti hanno già manifestato la loro intenzione di adottare un nuovo regime del clima, che definirà una riduzione più marcata delle emissioni di gas a effetto serra a partire dal 2012.

4207

Il GEF è il meccanismo ufficiale di finanziamento della Convenzione sui cambiamenti climatici e sussidia progetti nei Paesi in sviluppo o in transizione nei seguenti settori: promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, sistemi di trasporto sostenibili e a basse emissioni, misure di adeguamento ai cambiamenti climatici, promozione delle tecnologie che producono poche emissioni. In questi Paesi, favorisce inoltre con i suoi contributi i rapporti e gli inventari nazionali nonché le misure di formazione e di rafforzamento delle istituzioni.

Alla Conferenza di Copenaghen sul clima è stata presentata per la prima volta la richiesta di costituire un fondo («Copenhagen Green Climate Fund»), che dopo il 2012 dovrebbe affiancarsi al GEF come meccanismo ufficiale di finanziamento per rispondere al nuovo e considerevole fabbisogno finanziario nel settore del clima.

Tuttavia, dal 2010 al 2012 e nell'ambito degli attuali sforzi per reperire nuovi finanziamenti nel settore climatico4, il ruolo del GEF-5 resta importante. Per quanto riguarda il finanziamento del regime del clima successivo al 2012, la Svizzera ritiene che sia da prendere in considerazione il criterio della complementarità tra meccanismi di finanziamento già esistenti ed eventuali nuovi meccanismi. Del resto è possibile che il GEF possa continuare a svolgere una funzione importante anche all'interno del nuovo regime e servire addirittura da modello per l'organizzazione delle nuove istituzioni. Su questi aspetti comunque sono ancora in corso negoziati.

1.4.2

La Convenzione sulla biodiversità e il Protocollo di Cartagena

La Convenzione sulla biodiversità è entrata in vigore nel 1993 e comprende attualmente 193 Parti contraenti. Rappresenta l'unico strumento internazionale per la protezione su scala planetaria della varietà genetica e di quella delle specie e degli ecosistemi.

I primi due obiettivi della Convenzione sono la conservazione e l'utilizzazione sostenibile della diversità biologica. Il secondo persegue la gestione sostenibile della biodiversità in tutti i settori economici, quali l'agricoltura, la selvicoltura, la pesca (utilizzazione e gestione degli ecosistemi acquatici e marini), il turismo e lo sviluppo delle infrastrutture (elenco non esaustivo).

Il terzo obiettivo, non meno importante, della Convenzione riguarda l'accesso alle risorse e l'equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro sfruttamento. La Convenzione prevede che i Paesi e i partner ­ specialmente i Paesi in sviluppo che possiedono e conservano una parte importante delle risorse genetiche del pianeta ­ siano resi partecipi dei benefici derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche. Per definire le misure di attuazione di questo obiettivo, in seno alla Convenzione si stanno svolgendo negoziati per elaborare «un regime internazionale di accesso alle risorse genetiche e di ripartizione dei benefici». Questo regime riveste anche una grande importanza per garantire l'accesso alle risorse genetiche all'industria e alla ricerca di Paesi come la Svizzera che dispongono di un importante settore biotecnologico e farmaceutico. Il regime dovrebbe essere adottato dalla 10a Conferenza delle Parti che si terrà a Nagoya, in Giappone, dal 18 al 29 ottobre 2010.

4

È attualmente in discussione un aiuto immediato come soluzione transitoria in attesa dello stanziamento di importanti mezzi finanziari aggiuntivi nel periodo successivo al 2012.

4208

Il GEF dovrebbe essere chiamato a fornire un contributo maggiore per il rafforzamento delle capacità di attuazione del regime internazionale di accesso alle risorse genetiche e di ripartizione dei benefici, una volta che tale regime sarà adottato.

Fra gli obblighi che la Convenzione stabilisce per gli Stati contraenti vi sono l'inventario della varietà biologica nazionale e l'allestimento di programmi d'azione per la sua protezione e utilizzazione sostenibile. Per l'espletamento di questi impegni, i Paesi in sviluppo o in transizione devono ancora poter ricorrere al finanziamento del GEF. Nell'ambito di questa Convenzione, è entrato inoltre in vigore nel 2003 il Protocollo di Cartagena sulla sicurezza biologica (Biosafety-Protocol), che conta attualmente 157 Parti contraenti. Esso persegue la sicurezza dell'utilizzazione degli organismi geneticamente modificati e dei loro movimenti transfrontalieri che possono avere effetti negativi sulla diversità biologica. In particolare, il Protocollo disciplina l'importazione e l'esportazione di organismi geneticamente modificati prendendo in considerazione anche i rischi per la salute. Tenuto conto del numero crescente di Parti al Protocollo, il GEF dovrà essere in grado di aumentare il suo sostegno alle attività di attuazione del Protocollo di Cartagena nei Paesi in sviluppo o in transizione.

1.4.3

La Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono

La Convenzione di Vienna e il relativo Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono hanno lo scopo, come indicano i loro titoli, di proteggere l'ozono stratosferico contro le sostanze di sintesi che lo distruggono, principalmente i clorofluorocarburi (CFC), gli halon, il tetracloruro di carbonio, i clorofluorocarburi parzialmente alogenati (HCFC) e il bromuro di metile. Questi due trattati, firmati rispettivamente nel 1985 e nel 1987, sono entrati in vigore il primo nel 1988 e il secondo nel 1989. Ratificati universalmente a partire dal mese di ottobre 2009 (da 196 Stati), sono considerati come un successo della cooperazione internazionale nel settore dell'ambiente. In effetti, è stata registrata una rapida diminuzione dell'impiego di sostanze che distruggono lo strato di ozono, dal momento che i Paesi industrializzati ­ responsabili dell'80 per cento delle emissioni ­ hanno rinunciato a questi composti. Il loro consumo e la loro produzione sono così passati da circa 1,3 milioni di tonnellate di equivalenti di CFC nel 1986 a 6800 tonnellate soltanto nel 2007. In questo stesso anno, i Paesi in sviluppo hanno ridotto il loro consumo di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono (ad eccezione degli HCFC ancora autorizzati) in misura superiore al 90 per cento (da 290 000 a 23 000 tonnellate di equivalenti di CFC). La tabella 1 dell'allegato 2 riassume gli obiettivi differenziati in materia di riduzione delle emissioni. Nell'atmosfera, la concentrazione di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono ha cominciato a diminuire, specialmente quella delle sostanze meno stabili. Tuttavia grandi quantità di queste sostanze a lunga durata di vita continuano a raggiungere la stratosfera a partire dalle scorte esistenti.

Pertanto gli scienziati prevedono che lo strato di ozono tarderà a ricostituirsi per raggiungere, solo entro 60 anni circa, la sua densità precedente al 1980. Ciò a condizione tuttavia che il Protocollo e i suoi accordi aggiuntivi siano applicati integralmente da parte dei Paesi in sviluppo o in transizione e che il clima mondiale non subisca cambiamenti significativi in quel periodo. Alcune stime indicano però che le eccezioni tollerate e certe deboli misure previste dal Protocollo per determinate sostanze che impoveriscono lo strato di ozono potrebbero comportare un futuro 4209

aumento di circa 100 000 tonnellate l'anno della produzione, del consumo e delle emissioni di queste sostanze. Di conseguenza, l'Assemblea delle Parti ha deciso nel 2007 di rafforzare le disposizioni del Protocollo di Montreal concernenti gli HCFC e sta attualmente discutendo le misure necessarie per evitare che si producano emissioni a partire dalle scorte esistenti.

Le Parti al Protocollo di Montreal hanno deciso nel corso della loro riunione del 1990 di istituire il Fondo per l'ozono allo scopo di finanziare, nei Paesi in sviluppo, le misure che consentono di rinunciare alle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono nei processi industriali e artigianali e di favorire quindi l'adesione di questi Stati al Protocollo. Il GEF finanzia misure analoghe nei Paesi in transizione dell'Europa dell'Est e dell'Asia centrale, che non sono coperte dal Fondo per l'ozono.

1.4.4

La Convenzione POP

La Convenzione POP di Stoccolma è entrata in vigore nel 2004. Raggruppa oggi 168 Stati membri. I POP (persistent organic pollutants) sono inquinanti organici persistenti, quindi prodotti tossici di lunga durata provocati dall'attività umana, tra cui si annoverano sostanze quali l'insetticida DDT, i bifenili policlorurati (PCB) contenuti nei trasformatori e nei condensatori nonché le diossine clorurate quali sottoprodotti della combustione. Questi prodotti non sono degradabili e si diffondono in tutto il mondo attraverso l'aria, l'acqua e la catena alimentare rappresentando, lontano dalle loro fonti di emissione, un pericolo per l'uomo e per l'ambiente. La Convenzione POP ha lo scopo di proteggere la salute umana e l'ambiente da queste sostanze tossiche. Il suo meccanismo ufficiale di finanziamento è il GEF, che sostiene i Paesi in sviluppo o in transizione nell'applicazione degli obblighi derivanti da questa Convenzione e nell'attuazione di progetti essenzialmente nei settori della formazione, degli inventari nazionali e dei programmi d'azione.

La Convenzione contiene attualmente un elenco di 21 POP. Le Parti contraenti s'impegnano a vietare la produzione e l'utilizzazione di queste sostanze. Tuttavia, un impiego limitato è possibile per tre POP (il DDT, l'acido perfluorottano sulfonato e i suoi sali nonché il floruro di perfluorottano e sulfonile). La produzione e l'impiego di DDT sono ancora possibili nella lotta contro la malaria. Anche l'acido perfluorottano sulfonato può essere ancora utilizzato ad esempio nelle schiume antincendio o nei prodotti farmaceutici.

Gli Stati industrializzati hanno già adottato o avviato su larga scala le misure richieste. Sforzi considerevoli sono per contro attesi da parte dei Paesi in sviluppo o in transizione, specialmente dopo che l'inclusione di nove nuove sostanze tra quelle vietate dovrebbe far aumentare il numero delle misure finanziate dal GEF.

Nell'ambito della quinta ricapitalizzazione del GEF, invece di centrare gli interventi sui soli POP («POPs Focal Area»), è stato istituito un nuovo sistema di investimento generale per prodotti chimici. Questo nuovo sistema di investimento è destinato ad attività finora finanziate attraverso due sistemi distinti (ozono e POP) e quindi serve sia all'attuazione della Convenzione di Vienna e del Protocollo di Montreal
per la protezione dello strato di ozono nei Paesi in transizione dell'Europa dell'Est e dell'Asia centrale sia all'attuazione della Convenzione POP nei Paesi in sviluppo e in quelli emergenti. Inoltre, attraverso questo nuovo sistema di investimento, il GEF 4210

estende la sua attività a sostegno dei progetti pilota previsti per l'ormai prossima realizzazione di una Convenzione sul mercurio.

1.4.5

La Convenzione per la lotta contro la desertificazione

La Convenzione dell'ONU per la lotta contro la desertificazione (UNCCD) è in vigore dal dicembre del 1996 e raggruppa 193 Parti contraenti (192 Stati + la CE).

Obiettivo della Convenzione è lottare contro la desertificazione e/o attenuare gli effetti della siccità nei Paesi gravemente colpiti da questi problemi, in particolare in Africa. La Convenzione pone l'accento sull'effettiva partecipazione delle popolazioni locali alla definizione e all'applicazione dei programmi d'azione nell'ambito di processi permanenti di concertazione, monitoraggio e valutazione.

L'attuazione della Convenzione avviene principalmente attraverso programmi d'azione nazionali, regionali e sub-regionali, ma anche numerosi progetti e programmi di agenzie di cooperazione e di ONG danno il loro contributo. Inoltre, i Paesi colpiti sono tenuti a inserire la lotta contro la desertificazione tra le priorità nazionali. L'attuazione dell'UNCCD è altresì guidata dal piano strategico 2008­ 2018, adottato nel 2007, e più precisamente da quattro obiettivi strategici e cinque obiettivi operativi fissati in questo piano, che definiscono i risultati attesi per quanto riguarda le condizioni quadro e in materia di progressi scientifici e tecnici nonché di mobilitazione delle risorse. Questo piano strategico presenta in modo molto esplicito i collegamenti con l'adeguamento ai cambiamenti climatici. Ancor prima dell'entrata in vigore della Convenzione per la lotta contro la desertificazione, il GEF, nel quadro dei settori prioritari relativi ai cambiamenti climatici e alla biodiversità, ha prestato particolare attenzione ai temi dell'erosione e dell'impoverimento del suolo, ad esempio con misure contro la deforestazione. Dal 2004, con l'istituzione del nuovo settore prioritario «deterioramento dei suoli», il GEF fornisce un maggiore sostegno all'attuazione della Convenzione. In Africa, il GEF assicura un finanziamento sostanziale nell'ambito dell'iniziativa TerrAfrica della Banca mondiale.

La lotta contro la desertificazione è al primo posto dell'agenda ambientale non solo per l'Africa ma anche per i Paesi dell'Asia centrale appartenenti al gruppo di voto della Svizzera nel Consiglio esecutivo del GEF.

1.4.6

Acque internazionali

Il settore delle acque internazionali del GEF riguarda i sistemi di acque transfrontalieri, come i bacini di raccolta di fiumi, laghi e acque sotterranee, le zone costiere e i grandi ecosistemi marini condivisi da più Paesi. Il GEF aiuta quindi i Paesi confinanti a collaborare per prevenire i conflitti, migliorare la sicurezza e promuovere un'utilizzazione sostenibile delle risorse, a sostegno degli obiettivi del Millennio per lo sviluppo e di quelli del piano d'azione di Johannesburg.

Il programma GEF-5 mira a promuovere sia la gestione collettiva dei sistemi di acque transfrontalieri e l'attuazione di riforme politiche, giuridiche e istituzionali sia gli investimenti che contribuiscono all'utilizzazione sostenibile e al mantenimento dei servizi ecosistemici. Con riferimento ai cambiamenti climatici, tratta i temi seguenti: cooperazione transfrontaliera nella gestione delle acque superficiali e delle acque sotterranee per bacino che tenga conto dei cambiamenti climatici; cooperazio4211

ne internazionale volta a ridurre l'inquinamento delle coste e dei grandi ecosistemi marini e a ricostruire i fondali di pesca; sostegno alla formazione e alla ricerca nella gestione transfrontaliera delle acque basata sugli ecosistemi, nonché promozione della gestione delle zone marittime poste al di fuori della giurisdizione nazionale, congiuntamente al programma sulla biodiversità (studi pilota riguardanti la riduzione delle sostanze endocrine condotti in collaborazione con il programma sui prodotti chimici).

I progetti riguarderanno in particolare la prevenzione delle minacce e la riparazione dei danni agli ecosistemi acquatici, come pure l'utilizzazione integrata del suolo e dell'acqua, nell'ambito della gestione integrata delle risorse idriche. Il GEF non solo consente di operare sul territorio, ma anche di promuovere l'apprendistato e la formazione mirata. Sostiene inoltre progetti esemplari per condividere le esperienze.

1.4.7

Influsso del GEF su altri accordi ambientali internazionali

Le attività finanziate dal GEF hanno un impatto positivo anche sull'applicazione di diversi altri accordi ambientali. L'effetto catalizzatore del GEF è dovuto a provvedimenti mirati che servono a creare risorse a livello istituzionale, analitico, sistematico e di personale nel settore ambientale, come pure alla capacità di riuscire con i suoi mezzi a mobilitare cofinanziamenti provenienti da altre fonti. L'importo del cofinanziamento rappresenta il quadruplo dei fondi propri versati dal GEF. Dalla sua istituzione nel 1991, il GEF ha versato 8,7 miliardi di dollari in 2389 progetti realizzati in 140 Paesi in sviluppo o in transizione. Questi investimenti hanno attirato più di 39 miliardi di dollari supplementari sotto forma di cofinanziamenti.

1.4.8

Prospettive

Dalla Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite del 1992 nuovi problemi ambientali si sono imposti all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale. Per questa ragione si è reso necessario estendere gradualmente la portata del mandato del GEF. Mentre, in un primo momento, questo Fondo fungeva da meccanismo ufficiale di finanziamento per le Convenzioni per la protezione della biodiversità e per la lotta contro i cambiamenti climatici, progressivamente si è occupato anche della Convenzione POP, del Protocollo di Cartagena nonché della Convenzione per la lotta contro la desertificazione. Questa tendenza si sta consolidando.

Alla Conferenza di Copenaghen sul clima nel dicembre 2009, la grande maggioranza degli Stati contraenti ha riconosciuto nell'Accordo di Copenhagen la necessità, a partire dal 2020, di un cospicuo fondo aggiuntivo che potrà arrivare fino a 100 miliardi di dollari l'anno per finanziare provvedimenti di protezione del clima e di adeguamento ai cambiamenti climatici nei Paesi in sviluppo o in transizione. Nel periodo fino al 2012, serviranno mezzi supplementari per un importo pari a 30 miliardi di dollari, per i quali saranno utilizzati i canali di finanziamento esistenti, tra cui il GEF e i Fondi speciali per il clima.

Inoltre è prossima la Conferenza delle Parti contraenti alla Convenzione per la protezione della biodiversità che si terrà a Nagoya nell'ottobre del 2010. In questa sede saranno discusse le conseguenze del fallimento dell'obiettivo che prevedeva di 4212

arginare entro il 2010 la perdita di biodiversità. Già fin da ora si può prevedere che la Conferenza affiderà al GEF l'incarico di mettere a disposizione nuove risorse finanziarie per favorire un maggior impegno nei Paesi in sviluppo o in transizione.

Nel frattempo, il divieto riguardante gli inquinanti organici persistenti è stato esteso a nove nuove sostanze (attualmente il totale è di 21). Si può affermare inoltre che oggi l'opinione pubblica è consapevole dei rischi che l'umanità corre con la diffusione e la scorretta manipolazione di numerosi altri prodotti chimici nei Paesi in sviluppo o in transizione. Per questa ragione si sta discutendo la possibilità di attribuire al GEF la funzione di meccanismo di finanziamento anche della Convenzione sul mercurio di imminente realizzazione, nonché della «Strategic Alliance on International Chemicals Management» (SACIM), che ha l'obiettivo di ridurre al minimo gli effetti negativi dei prodotti chimici sull'uomo e sull'ambiente. La Svizzera sostiene questi sforzi insieme ai Paesi scandinavi.

La protezione e l'utilizzazione sostenibile ed efficiente delle risorse naturali costituiscono le condizioni fondamentali dello sviluppo sostenibile, della realizzazione degli obiettivi del Millennio per lo sviluppo e del benessere generale. Il GEF offre un meccanismo di finanziamento che favorisce la collaborazione internazionale necessaria per l'effettiva protezione dell'ambiente e la sua corretta utilizzazione. I fondi che la Svizzera investe nel GEF permettono non solo di finanziare infrastrutture per l'ambiente, necessarie per fronteggiare in modo efficace i pericoli naturali, ma anche di ridurre i problemi di ordine sociale ed economico, i conflitti violenti legati all'utilizzo delle risorse naturali nonché il problema dei rifugiati. Infine, serve al nostro Paese per mantenere il seggio nel Consiglio del GEF e rafforzare la sua posizione in seno al gruppo di voto.

1.5

Integrazione del credito quadro nella politica estera della Svizzera

1.5.1

Regime ambientale internazionale

Negli ultimi anni, importanti istituzioni, accordi e meccanismi sono nati a livello ambientale internazionale quale risposta ai crescenti problemi ambientali globali e alle interdipendenze ecologiche. Esiste pure tutta una serie di accordi e istituzioni ambientali indipendenti, dotati di conferenze delle Parti contraenti, di gruppi tecnico-scientifici e di segretariati propri. Il regime ambientale globale è relativamente giovane e molto dinamico, ma al tempo stesso presenta anche punti deboli a livello istituzionale. In effetti, la nascita di istituzioni e accordi indipendenti, centrati su temi e problemi specifici, ha portato a una frammentazione, a doppioni e a un'insufficiente coerenza. Gli accordi ambientali internazionali sono spesso fondati su obiettivi vaghi, sovente privi di impegni concreti, scadenze d'applicazione precise, meccanismi efficaci di composizione delle controversie e possibilità di sanzioni in caso di violazioni contrattuali. Essi sono inoltre ratificati in maniera molto differenziata e, in parte, implementati in modo incompleto. Alcune eccezioni, soprattutto nel settore della politica internazionale in materia di prodotti chimici, sono costituite ad esempio dal Protocollo di Montreal per la protezione dello strato di ozono, dalla Convenzione di Rotterdam concernente la procedura di assenso preliminare con conoscenza di causa per taluni prodotti chimici e antiparassitari pericolosi nel commercio internazionale (Convenzione PIC) e dalla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti (Convenzione POP). Il regime ambientale internazionale presen4213

ta ancora lacune in diversi settori centrali (ad es. acqua e foreste) e la sua struttura istituzionale appare debole se confrontata ad esempio con quella dell'OMC. In particolare, manca un organo centrale che coordini effettivamente la politica ambientale internazionale, corregga doppioni e contrasti, assicuri coerenza e sinergie e stabilisca obiettivi superiori e linee politiche. Il sostegno finanziario per l'applicazione degli accordi da parte dei Paesi in sviluppo o in transizione è disciplinato in maniera non unitaria. Inoltre, lo sviluppo dinamico del regime ambientale internazionale, l'adozione di nuovi impegni, soprattutto nel settore della politica internazionale sui prodotti chimici e sui rifiuti, e le sfide crescenti cui ci si trova confrontati nei settori dei cambiamenti climatici e della biodiversità rendono sempre più evidente l'insufficienza dell'attuale sostegno finanziario per garantire l'efficace applicazione degli accordi menzionati.

1.5.2

Impegno della Svizzera per il rafforzamento del sistema ambientale globale e delle istituzioni ambientali

Nell'ambito della sua politica estera, la Svizzera opera da molti anni per il rafforzamento delle strutture istituzionali nel campo dell'ambiente. I suoi obiettivi prioritari in questo settore sono i seguenti: 1.

rafforzamento degli accordi ambientali: la Svizzera si impegna per la ratifica, l'implementazione e l'applicazione sollecite delle convenzioni esistenti, il proseguimento dei lavori avviati nonché il superamento delle lacune in seno al regime ambientale internazionale; negli ultimi anni la Svizzera ha operato con successo a favore dell'elaborazione di una strategia globale sui prodotti chimici e dell'avvio di negoziati per una Convenzione sul mercurio;

2.

riduzione della frammentazione e miglioramento della coerenza in campo ambientale: la Svizzera si impegna per un migliore sfruttamento delle sinergie e per il miglioramento e la semplificazione del coordinamento e della cooperazione grazie all'integrazione istituzionale tra le convenzioni e i processi esistenti nel settore dell'ambiente; il potenziamento del GEF, quale strumento centrale di finanziamento per il regime ambientale globale, deve incentivare la coerenza e le sinergie di finanziamento per l'applicazione dei trattati ambientali nei Paesi in sviluppo o in transizione, assicurando al tempo stesso una stretta collaborazione con le principali convenzioni e istituzioni;

3.

4214

potenziamento del PNUA: la Svizzera si impegna per un potenziamento del programma dell'ONU per l'ambiente, PNUA, fondato nel 1972 dopo la Conferenza dell'ONU sull'ambiente umano (United Nations Conference on the Human Environment) al fine di coordinare, incentivare e controllare, in nome dell'organo delle Nazioni Unite competente per la protezione dell'ambiente, gli sforzi internazionali in questo settore; l'obiettivo del rafforzamento istituzionale del PNUA è di garantire che esso, quale istituzione centrale e di massima importanza del regime ambientale internazionale, possa svolgere effettivamente anche la sua funzione di coordinamento e di gestione; premessa in tal senso è la garanzia di una base finanziaria per il PNUA, adeguata e stabile a lungo termine; al contempo, il PNUA rafforzerà

il suo ruolo anche sul piano politico elaborando un elenco di obiettivi ambientali globali superiori che, analogamente agli obiettivi del Millennio per lo sviluppo, forniranno un orientamento comune e assicureranno maggiore visibilità e un sostegno politico più forte alle questioni ambientali; 4.

1.5.3

miglioramento della coerenza tra il regime ambientale internazionale e gli altri settori, soprattutto quello economico: nell'ambito degli attuali negoziati dell'OMC, ciclo di Doha, la Svizzera chiede che si definiscano chiaramente le relazioni tra le convenzioni economiche e quelle ambientali; si impegna inoltre a favore del miglioramento e dell'approfondimento della cooperazione tra il PNUA e il Programma di sviluppo dell'ONU (UNDP) per evitare doppioni e integrare gli obiettivi ambientali prioritari nei progetti dell'UNDP.

Il GEF quale meccanismo centrale di finanziamento per l'applicazione degli accordi ambientali multilaterali

Di fronte a un sistema di governanza in materia ambientale molto ramificato con le sue numerose convenzioni e protocolli, strutture gestionali e competenze talvolta completamente diverse, il rafforzamento della coerenza complessiva costituisce una priorità. I meccanismi di applicazione e di finanziamento delle convenzioni e dei protocolli ambientali svolgono un ruolo centrale in questo senso. Massimo rilievo assume pertanto la loro organizzazione efficiente e improntata alla coerenza.

La concentrazione su pochi strumenti di finanziamento ben funzionanti è una garanzia supplementare di coerenza ed efficienza. In tal senso, il GEF rappresenta oggi lo strumento di finanziamento globale più importante per l'applicazione delle convenzioni e dei protocolli in campo ambientale. La sua trasparente struttura finanziaria, volta a evitare eccessi burocratici e costi elevati delle transazioni, consente di impiegare le risorse con la massima efficienza.

In base ai risultati delle diverse valutazioni indipendenti sul GEF, il Consiglio federale è giunto alla conclusione che il Fondo, nonostante le risorse limitate, sia riuscito a esplicare un effetto considerevole e abbia fornito un efficace contributo per la protezione e il miglioramento dell'ambiente globale. Il GEF presenta inoltre le condizioni chieste dai Paesi donatori per la sua nuova, quinta fase di ricostituzione, vale a dire che dispone delle strutture necessarie per aumentare ulteriormente la sua efficacia nell'attuazione di progetti e nello stanziamento delle sue risorse a favore dell'ambiente mondiale. La Svizzera ha collaborato molto attivamente, sin dalla fase pilota, allo sviluppo delle direttive strategiche e programmatiche del GEF. Essa persegue, nell'ambito del Consiglio del GEF e degli organi esecutivi delle organizzazioni incaricate dell'implementazione, l'obiettivo di un continuo consolidamento di questo Fondo quale pilastro centrale di importanti accordi ambientali multilaterali e, pertanto, strumento essenziale nella lotta contro la distruzione progressiva dell'ambiente a livello globale. In tal senso, è quindi opportuno lavorare anche in futuro per sviluppare ulteriormente il GEF quale strumento di finanziamento centrale del regime ambientale internazionale. Ciò non esclude che questo meccanismo di finanziamento possa essere, all'occorrenza, affiancato da meccanismi supplementari specificamente orientati a sfide e problemi concreti.

4215

1.5.4

Il Fondo multilaterale per l'applicazione del Protocollo di Montreal (Fondo per l'ozono): primo meccanismo di finanziamento per l'attuazione nei Paesi in sviluppo di convenzioni multilaterali concernenti l'ambiente

Attivamente sostenuta dal Consiglio federale, la costituzione nel 1990 del Fondo per l'ozono ha svolto un ruolo pionieristico nell'ambito dei meccanismi finanziari multilaterali nel settore dell'ambiente. Ha sancito la nozione di responsabilità comune ma differenziata, pur non avendone avviato l'applicazione, e ha reso possibile l'adesione dei Paesi in sviluppo a un trattato multilaterale vincolante in materia di protezione dell'ambiente. Il Fondo per l'ozono ha inoltre consentito e favorito il trasferimento verso i Paesi in sviluppo di tecnologie rispettose dell'ambiente.

1.5.5

Coerenza tra le politiche ambientali, climatiche e di sviluppo della Svizzera

I problemi climatici e ambientali colpiscono molto duramente i Paesi poveri e ne pregiudicano fortemente le possibilità di sviluppo. Le politiche ambientali, climatiche e di sviluppo non possono quindi essere considerate separatamente, ma devono essere armonizzate e coerenti. La politica di sviluppo della Confederazione è una componente della sua politica estera e, in quanto tale, è fortemente impegnata nella soluzione di problemi globali come le questioni ambientali e i cambiamenti climatici. Un legame tra politica di sviluppo e GEF è rappresentato anche dal contributo svizzero per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio per lo sviluppo, che mirano a combattere la povertà e quindi a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più povere del pianeta. Uno dei sette obiettivi per lo sviluppo riguarda la protezione del nostro ambiente naturale e punta a invertire la tendenza alla perdita di biodiversità e a migliorare l'accesso all'acqua potabile pulita.

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) è incaricata dell'assistenza tecnica e finanziaria, dell'aiuto umanitario, dell'aiuto in caso di catastrofe e, dal 1995, dell'assistenza tecnica ai Paesi dell'Europa dell'Est e della Comunità degli Stati indipendenti (CSI). Coordina inoltre la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est.

Nell'ambito della cooperazione allo sviluppo economico con i Paesi in sviluppo o in transizione, la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) sostiene l'espansione del settore privato (in particolare delle piccole e medie imprese) e l'integrazione di questi Paesi nel mercato mondiale. Fornisce inoltre contributi per la realizzazione e il risanamento di infrastrutture legate, ad esempio, all'approvvigionamento idrico, all'evacuazione delle acque di scarico o all'elettricità. Aiuta infine i Paesi più poveri ad attuare programmi di riforma economica, grazie ad aiuti al budget e a misure di sdebitamento. Con i suoi programmi fornisce un sostegno al miglioramento della situazione ambientale dei Paesi partner sia in modo diretto, come nel caso dei Cleaner Production Centers, sia in modo indiretto promovendo la realizzazione delle condizioni politiche necessarie o risanando le infrastrutture inquinanti. Inoltre, per l'attuazione di provvedimenti rilevanti per il clima,
è molto importante l'impegno della Svizzera in altri meccanismi, e soprattutto nelle istituzioni internazionali di finanziamento come la Banca mondiale e le banche di sviluppo.

4216

I meccanismi di finanziamento multilaterali presentati in questo messaggio, che rientrano nella sfera di competenza dell'UFAM, completano i programmi ambientali della DSC e della SECO e, grazie anche all'impegno del DFAE/Divisione politica V, favoriscono la coerenza tra gli obiettivi prioritari della politica estera svizzera.

1.6

Caratteristiche del GEF e del Fondo per l'ozono

Il Fondo globale per l'ambiente (Global Environment Facility ­ GEF) è un meccanismo multilaterale che finanzia, nei Paesi in sviluppo o in transizione dell'Europa dell'Est e dell'Asia centrale, l'applicazione di misure approvate dalla comunità internazionale per proteggere l'ambiente mondiale. Mediante i contributi che versano al GEF, i Paesi donatori assicurano un sostegno finanziario a questi Paesi, onorando in tal modo gli impegni presi con la firma delle convenzioni presentate nel numero 1.4.

La fase pilota del GEF è stata lanciata nel 1991, grazie a contributi volontari complessivi di 800 milioni di dollari. L'istituzione del GEF è avvenuta nell'ambito dei negoziati in corso di svolgimento per la conclusione della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici e della Convenzione sulla biodiversità. Con la prima ricapitalizzazione, nel 1994, sono stati stanziati circa 2 miliardi di dollari. La seconda (GEF-2, 1998­2002) è stata negoziata dai Paesi donatori nel 1998 e ha raggiunto anch'essa la somma di 2 miliardi di dollari. La terza (GEF-3, 2002­2006) è seguita quattro anni dopo e ha portato a stanziare 3 miliardi di dollari. Gli Stati donatori si sono contemporaneamente impegnati a fornire nuovi fondi per un importo di 2,25 miliardi di dollari. Infine con la quarta ricapitalizzazione (GEF-4, 2006­2010) sono stati stanziati 3,1 miliardi di dollari.

Il Fondo per l'ozono ha come unico scopo di sostenere i Paesi in sviluppo nell'applicazione del Protocollo di Montreal. Finanzia i costi aggiuntivi dovuti alle misure adottate per sostituire le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono nei processi industriali e artigianali. Sostiene, oltre a progetti di investimento, l'elaborazione di programmi nazionali, la realizzazione di studi regionali, misure di sostegno tecnico adeguate e attività di informazione e di formazione.

Il Fondo per l'ozono è già stato ricostituito sette volte per periodi di tre anni dalle Parti al Protocollo di Montreal (cfr. tabella 7 dell'allegato 2).

Il GEF completa il Fondo per l'ozono nella misura in cui favorisce la realizzazione di obiettivi di protezione dello strato di ozono nei Paesi in transizione. Le risorse finanziarie dei due fondi servono in generale a coprire i costi aggiuntivi (costi incrementali) che consentono di integrare misure a favore dell'ambiente mondiale nei progetti ordinari di sviluppo.

1.6.1

Struttura e funzionamento del GEF

L'organismo di sorveglianza del GEF è il suo Consiglio esecutivo che si riunisce due volte l'anno per definire le direttive strategiche e programmatiche e per approvare le fasi del programma GEF. La distribuzione dei seggi nel Consiglio del GEF assicura l'equa rappresentanza di Paesi industrializzati e di Paesi in sviluppo con un totale di 32 gruppi di voto (14 per gli Stati dell'OCSE, 16 per i Paesi in sviluppo e 2 4217

per i Paesi in transizione). La Svizzera rappresenta un gruppo di voto che include anche Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. I 181 Stati membri del GEF si riuniscono ogni 3­4 anni in un'assemblea plenaria per fare il bilancio della situazione e approvare le decisioni fondamentali e orientative per il successivo periodo di ricapitalizzazione. L'ultima assemblea plenaria si è tenuta nel maggio del 2010 in Uruguay.

Direttamente subordinato al Consiglio esecutivo del GEF è il Segretariato GEF che funge da organo di collegamento tra il Consiglio del GEF e le organizzazioni d'implementazione. Il Segretariato GEF coopera strettamente con i segretariati delle Convenzioni e presenta regolarmente alle Parti contraenti delle Convenzioni un rapporto sull'attività del GEF nei settori prioritari.

Dal 2006, il GEF dispone inoltre di un ufficio indipendente per il monitoraggio e la valutazione, che informa direttamente il Consiglio dei risultati delle sue analisi, attira l'attenzione sui possibili miglioramenti all'interno del GEF e formula proposte in questo senso.

L'attività operativa del GEF è fondata sulla collaborazione fra tre organizzazioni internazionali che assicurano l'attuazione dei programmi occupandosi di identificare, sviluppare e realizzare i progetti. Le tre organizzazioni sono la Banca mondiale (27 % delle finanze GEF), il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, UNDP (41 %) e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, PNUA (11 %). Il restante 21 per cento è versato ad altre organizzazioni che hanno un accesso facilitato alle risorse del GEF: quattro banche di sviluppo regionali, la FAO (Organizzazione dell'ONU per l'alimentazione e l'agricoltura), la UNIDO (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale) e l'IFAD (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo). Questa apertura, in atto dal 1999, si prefigge di estendere la base operativa del GEF e di accrescere l'offerta di progetti di alta qualità.

Il Consiglio esecutivo del GEF ha preso una decisione importante per il futuro funzionamento del Fondo, vale a dire che l'approvazione dei progetti deve seguire in futuro un nuovo dispositivo di stanziamento delle risorse. I Paesi beneficiari riceveranno importi forfettari per ogni fase di ricapitalizzazione, in base alla loro
capacità di contribuire alla protezione dell'ambiente mondiale e al loro indice di performance, in particolare per quanto concerne la governanza nel settore ambientale. I Paesi beneficiari avranno diritto a questi contributi a condizione che i progetti da loro proposti siano approvati dal Consiglio esecutivo del GEF. In un primo tempo, questo sistema sarà applicato in due settori prioritari, il clima e la biodiversità. La nuova formula consente in particolare ai grandi Paesi, che giustificano buone prestazioni e una governanza efficace, di elaborare, in collaborazione con le organizzazioni di implementazione, programmi coerenti per i progetti finanziati dal GEF. In previsione del GEF-5, il Consiglio esecutivo ha apportato una serie di correzioni destinate a semplificare il sistema e a facilitarne l'accesso ai Paesi piccoli che presentano un potenziale elevato di realizzazione di progetti ambientali. Al contempo, a partire dal GEF-5, il sistema sarà esteso alle misure per la lotta contro desertificazione.

Considerando la gestione e il potenziale in materia ambientale degli Stati beneficiari, il Consiglio esecutivo del GEF ha deciso che, al momento di stanziare le risorse, valuterà secondo criteri misurabili gli sforzi dei Paesi in sviluppo o in transizione nei settori determinanti per la riuscita dei progetti (politica e istituzioni nazionali nel settore dell'ambiente, trasparenza e lotta contro la corruzione). Questo nuovo siste-

4218

ma intende aumentare l'efficacia dell'impegno dei Paesi donatori e di conseguenza il risultato dei progetti sostenuti dal GEF.

1.6.2

Struttura e funzionamento del Fondo per l'ozono

Il Fondo è amministrato da un Comitato esecutivo, composto da rappresentanti di sette Paesi in sviluppo e sette Paesi industrializzati. I rappresentanti sono scelti in seno ai 14 gruppi di voto (constituencies) che comprendono tutte le Parti al Protocollo di Montreal secondo una ripartizione regionale e sono eletti per un mandato di due anni rinnovabile. La Svizzera appartiene al gruppo dei Paesi membri storici dell'AELS (Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Austria, Svezia), che ha rappresentato dal 1997 al 1998 e rappresenta di nuovo nel 2010 e 2011. Di regola, il Comitato esecutivo adotta decisioni per consenso; qualora ricorra al voto, è necessaria una doppia maggioranza, costituita dai rappresentanti dei Paesi in sviluppo e dei Paesi industrializzati. Il Comitato definisce la politica operativa e i criteri di elaborazione dei progetti, approva i programmi di lavoro delle organizzazioni d'implementazione e i progetti d'investimento. Il suo Segretariato è a Montreal. Quattro organizzazioni internazionali fungono da organizzazioni d'implementazione: il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), il Programma dell'ONU per l'ambiente (PNUA), l'Organizzazione dell'ONU per lo sviluppo industriale (UNIDO) e la Banca mondiale. Queste organizzazioni sostengono i Paesi in sviluppo nella stesura di programmi nazionali, studi di fattibilità e progetti. Esse offrono anche assistenza tecnica per l'elaborazione e l'esecuzione delle proposte di progetti.

I Paesi donatori possono inoltre impegnare bilateralmente fino al 20 per cento del loro contributo per progetti che rispondono ai criteri di eleggibilità del Fondo. La Svizzera (UFAM, in collaborazione con la DSC) ha utilizzato questa possibilità per finanziare con successo progetti pilota volti a promuovere tecnologie ecologiche sostitutive.

1.7

Effetti dei progetti e dei programmi del GEF e del Fondo per l'ozono

1.7.1

GEF

Efficacia dei progetti Dal 1991 ad oggi, il GEF ha investito 8,7 miliardi di dollari di mezzi propri per 2389 progetti in 140 Paesi. In aggiunta a ciò, il GEF ha mobilitato oltre 39 miliardi di dollari di cofinanziamenti, provenienti in parte dal settore privato, ciò che evidenzia la funzione di precursore e la forza di mobilitazione di questo meccanismo di finanziamento. La tabella 2 dell'allegato 2 indica gli investimenti di mezzi propri del GEF nei vari settori prioritari e i relativi cofinanziamenti. Per i progetti, il GEF dispone di diversi margini di finanziamento per raggiungere un impiego ottimale delle risorse (cfr. tabella 3 dell'allegato 2). Il suo fondo separato per la preparazione dei progetti consente di rimediare a uno stadio precoce agli ostacoli importanti che si presentano in fase di identificazione e pianificazione di nuovi progetti. In media il GEF investe 8 milioni di dollari in un progetto regolare. L'allegato 1 fornisce una visione di insieme dei progetti illustrando alcuni esempi rappresentativi.

4219

Il GEF si è inoltre dotato di un ufficio indipendente per il monitoraggio e la valutazione, incaricato di verificare l'efficacia dei progetti che finanzia. Le attività del GEF sono peraltro sottoposte, ogni quattro anni, prima della nuova ricapitalizzazione della cassa del Fondo, a una valutazione esterna approfondita e indipendente. A proposito dei progetti, il quarto bilancio globale del GEF concluso nel 2009 (4th Operational Performance Study ­ OPS4, 2009) certifica l'elevato livello dei risultati, l'evidente efficacia nel raggiungimento degli obiettivi ambientali globali e la fondamentale importanza per l'attuazione delle convenzioni e per i Paesi beneficiari.

Risultati particolarmente apprezzabili sono stati registrati nei settori d'intervento dei cambiamenti climatici, della biodiversità, delle acque internazionali e della protezione dello strato di ozono.

­

I progetti del GEF hanno consentito di ridurre o di rallentare notevolmente l'impoverimento della biodiversità. Il GEF è il maggior Fondo a livello planetario per le zone protette: complessivamente ne finanzia 1600, pari a una superficie totale di 360 milioni di ettari.

­

Il GEF ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Inoltre, ha svolto un ruolo importante di catalizzatore sviluppando e trasformando i mercati dell'energia e dei trasporti nei Paesi in sviluppo, in particolare grazie al portafoglio di progetti di miglioramento del rendimento energetico.

­

I progetti sostenuti dal GEF nei bacini del Mar Nero, del Danubio e del Lago Vittoria hanno comportato una limitazione delle aggressioni all'ambiente.

Altri progetti non sono ancora così avanzati, ma lasciano sperare in miglioramenti nel settore delle acque internazionali.

­

Gli obiettivi di protezione dello strato di ozono sono raggiunti in ampia misura: gli impegni di riduzione del consumo e delle emissioni di sostanze nocive nei Paesi in transizione sono stati rispettati al 99 per cento. Si tratta ora di eliminare altri composti che impoveriscono lo strato di ozono (idroclorofluorocarburi e bromuro di metile).

Nei settori di intervento più recenti come la desertificazione e gli inquinanti organici persistenti (POP) il GEF è già riuscito a sollecitare interventi migliorativi in alcuni Paesi. Sembra anche ben posizionato per ottenere risultati significativi in futuro, traendo vantaggio dalle conoscenze acquisite nei settori tradizionali. Per quanto concerne i POP, sono stati fatti progressi considerevoli grazie al finanziamento di programmi nazionali di applicazione e di attuazione nei Paesi in sviluppo o in transizione; questi risultati sono promettenti per l'applicazione delle direttive della Convenzione sui POP.

Efficacia della strategia del GEF Le attività del GEF si basano sulla strategia dei settori prioritari (focal area strategy), approvata dal Consiglio esecutivo nel 2007 ed elaborata in collaborazione con esperti ambientali di fama internazionale, rappresentanti del GEF e delle convenzioni. La strategia dei settori prioritari, che sostituisce la «strategia operativa» progettata nel 1995, definisce su incarico delle convenzioni per l'ambiente i settori in cui stanziare i fondi del GEF per raggiungere il massimo risultato a favore dell'ambiente. Questa nuova impostazione permette per la prima volta di orientare in modo strategico il programma globale del GEF e di includervi settori trasversali quali l'economia forestale sostenibile e la gestione razionale dei prodotti chimici. Il 4220

bilancio globale indipendente del GEF (Operational Performance Study, OPS) prende in esame l'efficacia della strategia seguita e serve da base per ogni nuova ricapitalizzazione. Inoltre, le attività del GEF devono allinearsi alle priorità e alle politiche nazionali, garantire una protezione a lungo termine dell'ambiente globale, produrre un effetto leva, coinvolgere altri attori, nazionali e internazionali, ed essere sostenibili a livello sociale e finanziario.

La valutazione (OPS-4) relativa al GEF-4 giunge alle seguenti constatazioni: ­

il GEF, in confronto ad altre istituzioni di finanziamento, raggiunge risultati superiori alla media con i suoi progetti e programmi;

­

il GEF ha ormai raggiunto il limite delle capacità operative consentito dalla sua attuale dotazione finanziaria e, nei settori dell'adeguamento ai cambiamenti climatici e dei POP, è riuscito troppo raramente a introdurre i necessari cambiamenti nei Paesi in sviluppo più poveri;

­

l'armonizzazione degli interventi del GEF con le strategie nazionali per l'ambiente può essere migliorata;

­

il GEF, nella sua qualità di meccanismo di finanziamento delle grandi convenzioni sull'ambiente, ha rispettato le condizioni enunciate in questi trattati; tuttavia, in assenza di mezzi ulteriori, presto non sarà più in grado di soddisfare i crescenti bisogni di finanziamento per l'ambiente globale nei Paesi in sviluppo o in transizione;

­

regole, procedure e istanze, dalla formulazione e dall'approvazione fino all'attuazione dei progetti, dovrebbero essere ulteriormente semplificate per consentire un accesso facilitato alle risorse del GEF specialmente da parte dei Paesi piccoli;

­

la rete è, anche per il futuro, il modello istituzionale adeguato del GEF che gli consente di raggiungere il suo obiettivo, ossia la protezione dell'ambiente globale.

Partendo da queste constatazioni, i Paesi donatori hanno deciso di dotare il GEF nella sua forma istituzionale attuale di maggiori mezzi e di rafforzarne le prestazioni e l'efficienza attraverso alcuni interventi correttivi.

1.7.2

Fondo per l'ozono

Grazie alla costituzione del Fondo per l'ozono e ai mezzi così disponibili, i Paesi in sviluppo si sono impegnati a rinunciare completamente ai CFC e agli halon entro il 2010 e ad altre sostanze che impoveriscono lo strato di ozono entro il 2015 o il 2040 (cfr. tabella 1 dell'allegato 2).

Fino a luglio 2009, il Fondo per l'ozono ha stanziato quasi 2,3 miliardi di dollari per più di 6000 progetti in 148 Paesi in sviluppo. Questi progetti per la riduzione del consumo e della produzione delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono sono fondati su 141 programmi nazionali, con il Fondo per l'ozono che copre i costi per una conversione della produzione e un utilizzo di sostanze alternative che non danneggiano lo strato di ozono. Inoltre, il Fondo per l'ozono finanzia anche programmi di formazione, programmi di sostegno istituzionali e i costi di gestione di

4221

cosiddetti «Uffici per l'ozono» nazionali responsabili dell'attuazione del Protocollo di Montreal in 143 Paesi in sviluppo.

La completa attuazione dei progetti, autorizzati finora mediante il Fondo per l'ozono, dovrebbe impedire il consumo annuo di quasi 260 000 tonnellate di equivalenti di CFC e la produzione annua di più di 195 000 tonnellate di equivalenti di CFC. Fino alla fine del 2008, sono state già realizzate riduzioni di quasi 240 000 tonnellate nel consumo e di più di 175 000 tonnellate nella produzione di dette sostanze. Dal novembre 1991, il Comitato esecutivo del Fondo per l'ozono si occupa di monitorare i progetti. Dal 1995, per ogni progetto viene redatto un rapporto annuale che si occupa dei risultati raggiunti e dei progressi compiuti. Sempre nel 1995 il Comitato esecutivo ha iniziato a occuparsi della valutazione dei progetti, emanando anche direttive in merito. Ha nominato un responsabile della valutazione e del monitoraggio dei progetti assegnandogli un ruolo indipendente in seno al Segretariato del Fondo per l'ozono. Da allora, ogni progetto concluso è sottoposto a una valutazione, i cui risultati sono comunicati tutti gli anni al Comitato esecutivo; finora sono state effettuate già quasi 60 valutazioni settoriali. Inoltre la 15a Assemblea delle Parti del 2003 ha deciso una valutazione globale del Fondo per l'ozono, che ha riguardato il processo decisionale del Comitato esecutivo, l'azione del Segretariato del suddetto Fondo, le attività di istituzioni bilaterali e multilaterali e la gestione del Fondo.

Secondo tali verifiche, il Fondo per l'ozono impiega efficacemente le sue risorse e svolge un ruolo centrale negli sforzi dei Paesi in sviluppo intesi a rinunciare alle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono.

Il 2010 costituisce una scadenza decisiva per i Paesi in sviluppo perché è l'anno in cui è prevista la fine della produzione e del consumo delle principali sostanze che impoveriscono lo strato di ozono (CFC, halon, CC14). Grazie ai risultati finora ottenuti, si può sperare che solo un numero molto limitato di Paesi in sviluppo non riesca a rispettare gli impegni presi nei tempi previsti (cfr. tabella 1 dell'allegato 2).

In effetti, alcuni Paesi hanno ratificato il Protocollo di Montreal solo nel 2008 e nel 2009 e sono quindi in ritardo per quanto concerne
l'allestimento e l'attuazione dei programmi nazionali e la definizione dei dati che fungono da base per progetti d'investimento concreti. Inoltre i problemi politici di un Paese possono ostacolare ulteriormente il finanziamento dei progetti d'investimento da parte del Fondo per l'ozono e la loro realizzazione.

Questa constatazione potrebbe portare alla conclusione che il Fondo per l'ozono ha raggiunto gli obiettivi di sostegno ai Paesi in sviluppo. Tuttavia, non si deve dimenticare che restano diversi compiti da portare a termine: il bromuro di metile è ancora largamente utilizzato come pesticida e la rinuncia all'utilizzo controllato è prevista per il 2015. Una parte consistente delle sue applicazioni non rientra ancora nei controlli previsti dal Protocollo di Montreal. Alcune applicazioni industriali del tetracloruro di carbonio (CC14) e del bromuro di metile, che non sono adeguatamente controllate e provocano emissioni dell'ordine delle decine di migliaia di tonnellate l'anno, potrebbero essere sottoposte in futuro a misure restrittive supplementari.

D'altro canto, nel 2007, le Parti hanno notevolmente rafforzato le disposizioni del Protocollo riguardanti il divieto degli HCFC (cfr. tabella 1 dell'allegato 2). In tale occasione, le Parti hanno deciso di assicurare ai Paesi in sviluppo un sostegno finanziario stabile e sufficiente per l'applicazione delle nuove disposizioni del Protocollo e hanno convenuto che la rinuncia accelerata agli HCFC avrebbe permesso di ottenere anche una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Queste nuove disposizioni cominceranno a produrre effetti per i Paesi in sviluppo a partire dal 2013 e 4222

saranno progressivamente rafforzate per oltre 20 anni. Tenuto conto che l'attuazione dei progetti di eliminazione delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono richiede da due a tre anni, è stato necessario avviare la preparazione dei programmi e dei progetti di eliminazione degli HCFC già a partire dal 2009 nel quadro del Fondo per l'ozono. Infine, diverse centinaia di migliaia di tonnellate di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono sono ancora stoccate in impianti (ad es. di refrigerazione) e infrastrutture (ad es. isolazioni termiche) e costituiscono un pericolo per lo strato di ozono nel caso in cui si verifichino emissioni nell'atmosfera. Preso atto di questa situazione, le Parti al Protocollo hanno iniziato a definire le misure appropriate e il finanziamento necessario per distruggere questi depositi di sostanze che impoveriscono lo strato di ozono. Nel corso della prossima fase, oltre al finanziamento dei progetti d'investimento, il Fondo per l'ozono porrà l'accento sul miglioramento e l'adeguamento dei programmi nazionali nonché sul potenziamento delle unità nazionali per l'ozono. Alcuni Paesi presentano problemi con il commercio illegale di CFC e la loro utilizzazione anche in impianti già equipaggiati per sostanze alternative. Il perseguimento di infrazioni di questo tipo necessita di risorse adeguate che consentano di svolgere senza preavviso visite di controllo nelle imprese industriali e di rafforzare i controlli alla frontiera al fine di sventare il commercio illegale di CFC.

1.8

Fondi per il clima

In occasione della ripresa della 6a Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici nel luglio 2001 a Bonn (COP 6bis) è stata raggiunta una soluzione politica che ha permesso la ratifica del Protocollo di Kyoto e la sua entrata in vigore. La COP 7 del novembre 2001 a Marrakech ha consolidato i risultati di Bonn e ha adottato decisioni vincolanti. Nell'ambito della Convenzione sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto sono stati istituiti tre nuovi fondi specializzati la cui gestione è stata assegnata al GEF: ­

Adaptation Fund: tale Fondo, sancito nel Protocollo di Kyoto e istituzionalizzato alla Conferenza di Copenaghen sul clima nel dicembre 2009, accorderà ai Paesi in sviluppo o in transizione un sostegno finanziario destinato a provvedimenti concreti contro le conseguenze nocive dei cambiamenti climatici; il Fondo è alimentato mediante una tassa del 2 per cento sui certificati commerciali risultanti dai progetti del «Clean Development Mechanism»;

­

Special Climate Change Fund SCCF: tale Fondo mette a disposizione dei Paesi in sviluppo o in transizione mezzi supplementari previsti nella Convenzione per i provvedimenti intesi a proteggere il clima;

­

Least Developed Countries Fund LDCF: tale Fondo si occupa dei bisogni specifici dei Paesi meno sviluppati; si tratta in particolare dei Paesi africani più poveri e degli Stati insulari per i quali i cambiamenti climatici e le loro conseguenze nefaste (in particolare la desertificazione e l'innalzamento del livello del mare) rappresentano una sfida particolarmente aspra; nell'autunno del 2009 una valutazione indipendente ha confermato la grande importanza di questo Fondo.

Per la capitalizzazione dello SCCF e del LDCF, il presidente dei negoziati sui cambiamenti climatici aveva proposto nell'aprile 2001 un nuovo sistema di finanziamen4223

to che si fonda sul principio di causalità e contribuisce ad affermarne l'applicazione a livello internazionale. La chiave di ripartizione per i nuovi impegni di pagamento dei Paesi donatori si basa sulle emissioni relative di CO2 dei Paesi industrializzati nel 1990, anno di riferimento del Protocollo di Kyoto. Per la Svizzera risulta una quota dello 0,3 per cento. Nel corso della COP 6bis, gli Stati donatori si sono accordati su una dichiarazione politica comune relativa ai nuovi impegni di pagamento.

La Svizzera ha aderito a tale dichiarazione, firmata, oltre che dagli allora 15 Stati dell'UE, anche da Canada, Nuova Zelanda, Norvegia e Islanda. Tale documento fissa l'ammontare complessivo dei fondi da stanziare a 410 milioni di dollari l'anno.

Sulla base della decisione delle Camere concernente il precedente credito quadro per l'ambiente globale la Svizzera ha partecipato, conformemente alla propria quota, alla fase di lancio di questi fondi.

Gli Stati partecipanti alla Conferenza di Copenaghen sul clima si sono trovati d'accordo sulla crescente necessità di finanziare misure per facilitare l'adeguamento ai cambiamenti climatici, in particolare nei Paesi in sviluppo più poveri e perlopiù svantaggiati. Inoltre, i Paesi donatori hanno convenuto che i fondi aggiuntivi siano gestiti dalle istituzioni esistenti. I fondi per il clima SCCF e LDCF, che hanno svolto un ruolo pionieristico nel finanziamento di progetti per l'adeguamento ai cambiamenti climatici, assumono pertanto un'importanza particolare. Per la prima volta, gli Stati Uniti hanno assicurato lo stanziamento di 50 milioni di dollari diventando, insieme alla Germania, il maggior Paese donatore di questi Fondi. Anche altri Stati europei, quali la Svezia e la Danimarca, hanno prospettato lo stanziamento di sostanziali contributi aggiuntivi. La maggior parte dei Paesi europei non si attiene più alla scala dei contributi a suo tempo concordata (base: quota di emissione) e già oggi paga contributi nettamente superiori a quelli versati dalla Svizzera.

Con il suo contributo complessivo ai due Fondi, la Svizzera oggi occupa solo l'11° posto tra i 16 Paesi europei finanziatori5. Paesi paragonabili alla Svizzera, quali Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca, hanno versato ai fondi per il clima contributi dal 60 al 300 per cento superiori. Per
non diventare il fanalino di coda dei Paesi europei, la Svizzera deve aumentare del 50 per cento il suo contributo annuo, che attualmente è pari a circa 1,5 milioni di franchi (6,15 mio. per il periodo 2007­2010).

1.9

Finanziamento per il clima

La 15a Conferenza delle Parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Copenaghen ha preso atto dell'Accordo di Copenhagen (CA) che ha ricevuto l'appoggio della grande maggioranza degli Stati contraenti6. In seguito 113 Paesi, tra cui anche la Svizzera, e l'Unione Europea hanno aderito ufficialmente al CA. Pertanto il CA rappresenta un segnale politico forte della comunità degli Stati a favore di un'azione comune nel settore del clima. Il CA riconosce, tra l'altro, la necessità di stanziare cospicui mezzi supplementari per il finanziamento di provvedimenti che favoriscano l'adeguamento ai cambiamenti 5

6

Oltre alla Svizzera, versano contributi i seguenti Paesi: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia.

Pochi Stati contraenti hanno rifiutato categoricamente di aderire all'Accordo.

4224

climatici e l'attenuazione dei loro effetti nei Paesi in sviluppo. In una prima fase, ossia dal 2010 al 2012, i Paesi industrializzati si impegnano a mettere a disposizione dei Paesi in sviluppo un aiuto immediato di 30 miliardi di dollari, costituito da mezzi «nuovi e supplementari». Entro il 2020, l'aiuto a favore dei Paesi in sviluppo deve essere portato a 100 miliardi di dollari annui, costituiti da fondi sia pubblici che privati.

Il CA prescrive che l'aiuto immediato abbia un carattere addizionale. Questa «addizionalità» rispetto ai fondi attuali per l'aiuto allo sviluppo è interpretata diversamente a seconda dei Paesi donatori, ad esempio a proposito dell'anno di riferimento e della ricapitalizzazione del GEF (GEF-5). Tra i Paesi donatori esiste tuttavia un largo consenso sulla grande importanza di un'attuazione corretta e trasparente degli impegni assunti nell'ambito del CA per la continuazione dei negoziati.

I Paesi donatori sono liberi di scegliere i canali di cui intendono servirsi per mettere a disposizione questi mezzi. Molto probabilmente, a lungo termine, il Copenhagen Green Climate Fund previsto nel CA diventerà un canale importante. Le attuali istituzioni multilaterali di finanziamento e le iniziative bilaterali continueranno a svolgere un ruolo importante e, per l'aiuto immediato, fondamentale, dal momento che il Copenhagen Green Climate Fund non è ancora operativo. Il GEF (GEF-5) e i suoi fondi per il clima, insieme all'Adaptation Fund del Protocollo di Kyoto e alle attività relative ai cambiamenti climatici della Banca mondiale, rientrano tra quei Fondi che fungono da strumenti di finanziamento per l'aiuto immediato.

Alla Conferenza di Copenaghen, anche la Svizzera ha assicurato la sua partecipazione all'aiuto immediato e, nel corso del 2010, definirà i canali attraverso cui farà pervenire questi contributi e il loro ammontare. Una parte del contributo svizzero sarà messo a disposizione mediante il GEF e i fondi per il clima (cfr. n. 2.5).

2

Contenuto del decreto di finanziamento

2.1

Importo e utilizzazione del credito quadro

Sulla base del credito quadro approvato dal Parlamento in questo ambito nel 2007, il Consiglio federale propone di stanziare un nuovo credito quadro di 148,93 milioni di franchi in totale. Questo importo è destinato al finanziamento dei diversi impegni assunti dalla Svizzera a favore dell'ambiente globale: al massimo 124,93 milioni di franchi per la ricapitalizzazione del GEF-5 (2010­2014), 12 milioni di franchi per il Fondo per l'ozono del Protocollo di Montreal e 9 milioni di franchi per i nuovi impegni in ambito climatico (fondi per il clima). Per coprire le spese d'esecuzione il Consiglio federale propone ora un credito limitato a 3 milioni di franchi. Le singole componenti e somme del credito quadro vengono illustrate in dettaglio nel presente capitolo. Il credito quadro ha una durata minima di quattro anni e i primi versamenti dovrebbero essere effettuati a partire dal 2011.

Con decisione del 24 febbraio 2010, il Consiglio federale ha stabilito un massimale di 132 milioni di franchi per il GEF e di 9 milioni di franchi per i fondi specifici per il clima.

Il Consiglio federale considera che il fabbisogno finanziario del credito quadro proposto sia dimostrato ed è convinto che le istituzioni menzionate siano in grado di

4225

realizzare, nella misura degli aumenti decisi, progetti efficaci per la protezione dell'ambiente globale. La sua convinzione è motivata in questo messaggio.

La presente richiesta si allinea ai quattro crediti quadro stanziati in questo ambito dal Parlamento nel 1991, 1998, 2003 e 2007.

In occasione dei festeggiamenti per il 700esimo della Confederazione, era stato stanziato un credito quadro di 300 milioni di franchi a favore dei Paesi in sviluppo per programmi e progetti ambientali d'importanza globale. Di tale importo, 145 milioni di franchi sono stati utilizzati per i contributi ai fondi multilaterali e 155 milioni per l'applicazione di provvedimenti bilaterali e multilaterali nei Paesi in sviluppo. La Svizzera ha utilizzato tali fondi in particolare per la fase pilota del GEF e per il GEF-1 nonché per le corrispondenti fasi del Fondo per l'ozono.

Il credito quadro del 1998 per il finanziamento nei Paesi in sviluppo di programmi e progetti volti alla soluzione di problemi ambientali globali ha messo a disposizione altri 88,5 milioni di franchi (FF 1998 2871) utilizzati per finanziare il GEF-2 (1998­2002) e la corrispondente fase del Fondo per l'ozono.

Nel 2003 il Parlamento ha accordato un nuovo credito quadro per l'ambiente globale dell'ammontare di 125 milioni di franchi (FF 2003 6983) destinato alla terza ricapitalizzazione del Fondo globale per l'ambiente GEF (GEF-3, 2002­2006), alla corrispondente fase del Fondo per l'ozono e ai nuovi fondi per il clima.

Nel contempo, nel 2003 il Parlamento ha adottato un complemento alla legge del 7 ottobre 1983 sulla protezione dell'ambiente (LPAmb, RS 814.01), con il quale nell'articolo 53 capoverso 2 LPAmb è stata istituita la base legale formale per il presente credito quadro.

Da ultimo, il 21 giugno 2007 è seguito il Decreto federale concernente un credito quadro per l'ambiente globale per un ammontare di 109,77 milioni di franchi (GEF-4, 2006­2010, FF 2007 4557).

2.2

Il contributo della Svizzera al GEF

2.2.1

Fabbisogno di risorse per il GEF-5

In linea generale, i fondi multilaterali come il GEF sono finanziati in base a una ripartizione degli oneri tra i Paesi donatori calcolata secondo criteri economici.

Il GEF-1, prima fase ordinaria del GEF dal 1994 al 1998, è stato complessivamente alimentato dai Paesi donatori con un importo di 2 miliardi di dollari.

Nel quadro dei negoziati internazionali sulla ricapitalizzazione della seconda fase del GEF, ossia per il periodo 1998­2002 (GEF-2), gli Stati donatori si sono nuovamente impegnati a stanziare 2 miliardi di dollari di nuovi fondi per il GEF.

All'epoca, la comunità degli Stati aveva deciso un ampliamento del mandato del GEF. Secondo le decisioni delle Parti alla Convenzione e ai relativi Protocolli, da allora il GEF è diventato anche il meccanismo di finanziamento per la Convenzione POP (inquinanti organici persistenti), per il Protocollo di Cartagena sulla sicurezza biologica e per il nuovo settore prioritario della desertificazione e deforestazione.

In considerazione dell'espansione dei compiti del GEF, dell'ulteriore aumento dei problemi ambientali globali e delle conseguenti necessità dei Paesi in sviluppo e dei 4226

Paesi in transizione, per la terza fase del GEF (GEF-3) i Paesi donatori si sono accordati per mettere a disposizione nuovi fondi per un ammontare di 2,25 miliardi di dollari su un ammontare totale di ricapitalizzazione di 3 miliardi di dollari.

Il GEF-4 ha comportato un ulteriore consolidamento dei settori introdotti per la prima volta nel GEF-3. Il fabbisogno dei settori tradizionali del GEF è rimasto elevato.

I contributi versati finora dalla Svizzera al GEF Trust Fund sono riportati nella tabella 4 dell'allegato 2.

Il GEF si trova attualmente confrontato a costi in rapidissima ascesa nella gestione dei problemi ambientali globali. Questa situazione si spiega tenendo conto che nella Conferenza di Copenaghen sul clima i Paesi donatori si sono accordati per la prima volta su importi precisi corrispondenti al fabbisogno finanziario nel settore dei cambiamenti climatici7, che inoltre i rischi legati all'utilizzazione dei prodotti chimici nei Paesi in sviluppo o in transizione sono in aumento e che la Conferenza sulla biodiversità di Nagoya dell'ottobre del 2010 è ormai alle porte. Va anche rilevato che, a livello mondiale, la percentuale dei contributi internazionali ai Paesi in sviluppo o in transizione per la protezione dell'ambiente è in diminuzione dal 2004.

Pertanto, malgrado il persistere degli effetti della crisi economica, i Paesi donatori hanno deciso di mettere a disposizione del GEF-5 nuovi fondi per un ammontare di 3,5 miliardi di dollari su un importo totale della ricapitalizzazione di 4,2 miliardi di dollari.

Le proposte di preventivo presentate dal Segretariato del GEF per il GEF-5 hanno costituito la base per i negoziati internazionali sulla ricapitalizzazione. Esse poggiavano sulle proiezioni riguardanti l'evoluzione del fabbisogno finanziario nei settori prioritari del GEF. Nei negoziati si è inoltre tenuto conto della capacità dei Paesi beneficiari di impiegare in modo produttivo a favore di beni ambientali globali le risorse finanziarie ricevute dal GEF e della capacità delle organizzazioni d'implementazione di pianificare e realizzare progetti qualitativamente elevati con un'utilità complessiva per l'ambiente.

Le diverse valutazioni del GEF dimostrano che permane l'alta offerta di progetti di buona qualità e corrispondenti ai criteri del GEF. Continua a essere ugualmente
alta la capacità di realizzare i progetti delle organizzazioni incaricate dell'implementazione. La capacità di assorbimento delle risorse del GEF nei Paesi beneficiari è ulteriormente cresciuta.

2.2.2

I risultati dei negoziati sul GEF-5 ­ il contributo della Svizzera

I negoziati internazionali per la quinta ricapitalizzazione del GEF sono iniziati, dopo consultazioni preliminari, nell'autunno 2008 e si sono conclusi nel maggio 2010. I Paesi donatori hanno convenuto che per il GEF-5 vi sarebbero stati a disposizione mezzi per un ammontare di 4,2 miliardi di dollari, di cui 3,5 miliardi sono fondi nuovi, il che corrisponde a un aumento del 52 per cento rispetto al GEF-4. I mezzi a 7

Dal 2010 al 2012 sono previsti 30 miliardi di dollari per misure nei Paesi in sviluppo o in transizione e poi contributi in progressivo aumento fino a 100 miliardi di dollari l'anno nel 2020.

4227

disposizione del GEF fanno registrare un record storico nella fase del GEF-5. I risultati dei negoziati sono stati sottoposti per approvazione alla quarta Assemblea generale del GEF del 24­28 maggio 2010 a Punta del Este, fatta salva l'approvazione da parte degli organi decisionali nazionali. Inoltre, il GEF-5 necessita dell'approvazione dei direttori esecutivi della Banca mondiale, che continua ad amministrare in qualità di fiduciaria il Fondo globale per l'ambiente.

Durante i negoziati i Paesi donatori si sono poi accordati su una serie di principi che dovrebbero guidare il lavoro del GEF nei prossimi quattro anni. Il pacchetto di principi mira soprattutto a promuovere ulteriormente l'efficienza, gli effetti e la sostenibilità delle attività e dei progetti del GEF e attribuisce particolare importanza alla partecipazione attiva dei Paesi beneficiari nell'identificazione e nella pianificazione dei progetti del GEF nonché a una migliore efficienza del GEF stesso.

Gli Stati Uniti e il Giappone, i maggiori contribuenti, hanno di nuovo quasi raggiunto con i loro contributi al GEF-5 il livello in cui si trovavano nel GEF-3. L'aumento significativo dell'ammontare della ricapitalizzazione è reso possibile anche grazie alla disponibilità del Canada e dell'Europa a incrementare nuovamente, dopo i forti aumenti del GEF-4, il proprio contributo al GEF-5 di quasi il 60 per cento. Inoltre molti Paesi donatori europei hanno ribadito la loro disponibilità a versare, oltre a quelli di base, contributi supplementari (supplemental contributions).

Come per il GEF-4, la Svizzera adegua il suo contributo al GEF alla chiave di ripartizione dell'ultima ricapitalizzazione dell'Associazione internazionale per lo sviluppo (International Development Association ­ IDA: l'IDA è una filiale della Banca mondiale e concede crediti a condizioni particolarmente vantaggiose ai Paesi in sviluppo più poveri). Ciò porta a una riduzione rispetto al GEF-4 del contributo di base, ovvero della quota di base (basic share) della Svizzera dal 2,26 per cento al 2,10 per cento (cfr. tabella 5 dell'allegato 2). Come già nel caso dell'IDA Trust Fund della Banca mondiale, anche per il GEF vi sono ragioni storiche che impediscono alla somma delle quote di base di tutti i Paesi donatori di totalizzare il 100 per cento, facendole raggiungere
soltanto il 72,74 per cento (cfr. tabella 5 dell'allegato 2).

Questo divario strutturale del GEF è superiore a quello dell'IDA ed è dovuto al fatto che non tutti i Paesi donatori dell'IDA sono anche Paesi donatori del GEF. In sintonia con il suo forte impegno europeo, la Svizzera ha quindi prospettato un contributo di 23,55 milioni di franchi per colmare il disavanzo rimanente fino all'obiettivo di ricapitalizzazione di 4,2 miliardi di dollari.

Sulla base del mandato negoziale del 24 febbraio 2010, la Svizzera si è impegnata a versare un contributo di 124,93 milioni di franchi al GEF-5 (cfr. tabella 5 dell'allegato 2). Per questo mandato negoziale il Consiglio federale aveva stabilito che l'ammontare del contributo svizzero si sarebbe dovuto basare sulla quota di partecipazione all'IDA e avrebbe dovuto garantire il mantenimento del seggio nel Consiglio del GEF; inoltre aveva fissato un importo massimo di 132 milioni di franchi, corrispondente a un aumento del 50 per cento del contributo svizzero rispetto al GEF-4. L'importo concordato di 124,93 milioni di franchi rappresenta un aumento di 36,93 milioni di franchi rispetto al contributo svizzero al GEF-4. È quindi in sintonia con l'accresciuto impegno degli altri Paesi europei e corrisponde all'aumento medio europeo del 42 per cento.

La ricapitalizzazione è espressa in diritti speciali di prelievo (DSP), di fatto però è negoziata e amministrata in dollari. Secondo la «Trust Fund Resolution» per il

4228

GEF 5 i Paesi donatori devono versare l'importo della loro quota mediante l'emissione di una relativa obbligazione.

Con questo contributo di 124,93 milioni di franchi, e nonostante una minima riduzione della sua quota base al 2,10 per cento, la Svizzera testimonia il suo forte impegno per l'attuazione delle grandi convenzioni sull'ambiente e la sua disponibilità a osservare gli impegni presi con la loro ratifica. Il contributo consente alla Svizzera di continuare ad assumere in maniera credibile il proprio ruolo politico nell'impostare la politica ambientale globale multilaterale, solidarizzando con i Paesi beneficiari e i suoi partner europei. Inoltre, è sicuramente nell'interesse della Svizzera, sia come Stato ospite sia per la posizione che occupa in seno ad altre istituzioni quali la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, condurre una politica ambientale internazionale attiva e costruttiva che le permetta di essere un partner credibile e di conservare la sua capacità di influire sulle organizzazioni e sui processi decisionali internazionali. L'impegno della Svizzera ha sicuramente ripercussioni sulla sua posizione in seno all'OCSE e nei confronti del G-20 e dell'UE. Anche per questi motivi, il nostro Paese deve rafforzare la sua partecipazione finanziaria alla politica ambientale internazionale, mantenendosi al passo con le decisioni prese in questo ambito da altri Paesi comparabili e dall'UE.

2.2.3

Modalità dei pagamenti per il GEF-5

Occorre distinguere tra la validità ufficiale del GEF-5 (da luglio 2010 a giugno 2014, conformemente all'anno contabile della Banca mondiale e del GEF) e il versamento effettivo dei contributi che, a causa del ritardo con cui si sono conclusi i negoziati internazionali per la ricapitalizzazione, non inizierà prima del 2011 per la maggior parte degli Stati. La Banca mondiale come amministratrice dei fondi del GEF ritira i contributi secondo un piano prestabilito (cfr. tabella 6 dell'allegato 2) sull'arco di circa dieci anni.

I Paesi donatori depositano presso l'amministratrice del Fondo (Banca mondiale) un «instrument of commitment» che definisce l'importo totale del loro contributo al GEF. Successivamente, nel caso della Svizzera, il settore Istituzioni finanziarie multilaterali della SECO emette presso la Banca nazionale quattro obbligazioni di uguale entità, non negoziabili ed esenti da interessi (promissory notes). Le obbligazioni conferiscono all'amministratrice del Fondo il diritto di esigere periodicamente dalla Banca nazionale il contributo svizzero al GEF, ciò che avviene di regola mediante un pagamento trimestrale.

I pagamenti effettivi annui sono riportati nella tabella 10 dell'allegato 2.

2.3

Il nuovo contributo della Svizzera al Fondo per l'ozono

I pagamenti effettuati finora dalla Svizzera al Fondo per l'ozono sono riportati nella tabella 7 dell'allegato 2. Mentre la periodicità del GEF e del credito quadro è quadriennale, quella del Fondo per l'ozono è triennale. I suoi periodi di ricapitalizzazione non coincidono dunque con quelli dei crediti quadro.

4229

Contrariamente al GEF, il fondo multilaterale per l'ozono è amministrato dalle Nazioni Unite. La suddivisione degli oneri poggia pertanto sulla chiave di ripartizione dell'ONU, da cui poi per i 43 Paesi donatori sono estrapolate le aliquote, contenute entro un limite massimo del 22 per cento. Nel periodo 2009­2011, l'aliquota della Svizzera è pari all'1,4763 per cento. Come per il GEF, la Svizzera può contrarre i suoi impegni in franchi svizzeri, anche se il volume complessivo della ricapitalizzazione è espresso in dollari. Il tasso di cambio rispetto al dollaro per il periodo 2009­2011 è stato calcolato in precedenza su un periodo di riferimento stabilito in anticipo, in questo caso il primo semestre 2008, e vale per l'intera durata della ricapitalizzazione. Per il franco svizzero è stato fissato un tasso particolarmente favorevole, pari a 1,047 franchi per 1 dollaro. A differenza del GEF, i Paesi donatori pagano i loro contributi in tre tranche uguali, una per anno. I negoziati riguardanti la ricapitalizzazione del Fondo per l'ozono per il periodo 2009­2011 si sono conclusi nel dicembre 2008 e gli Stati hanno concordato un importo pari a 490 milioni di dollari, di cui 400 milioni di nuovi contributi. Sulla base degli elementi sopra indicati, l'impegno finanziario della Svizzera per questa ricapitalizzazione ammonta a 1,968 milioni di dollari corrispondenti a 2,062 milioni di franchi l'anno.

Il presente credito quadro copre il periodo 2011­2014. Il contributo svizzero per il 2011 è conosciuto (2,062 mio. fr.), mentre al momento attuale non è noto l'importo dei contributi svizzeri al Fondo per l'ozono per gli anni 2012­2014. Per questo periodo, l'ammontare della ricapitalizzazione verrà negoziato dalle Parti al Protocollo di Montreal soltanto nel 2011 sulla base della valutazione delle necessità dei Paesi in sviluppo. Tuttavia, alcuni parametri determinanti per i negoziati possono già essere individuati.

Rispetto degli impegni assunti in passato: nel 2007, adottando l'adeguamento del Protocollo concernente gli HCFC, le Parti, compresa la Svizzera, si sono impegnate a fornire un sostegno finanziario stabile e sufficiente ai Paesi in sviluppo in occasione delle successive ricapitalizzazioni del Fondo per l'ozono. Una riduzione del contributo attuale sarebbe molto difficile da giustificare e metterebbe
la Svizzera in una situazione di isolamento.

Rischio di cambio: se il contributo al Fondo per l'ozono rimanesse al livello attuale, un tasso di cambio franco svizzero-dollaro pari, ad esempio, a 1,25 determinerebbe un aumento del contributo svizzero di quasi il 20 per cento.

Nuovo campo di applicazione del Protocollo di Montreal e possibile aumento del contributo al Fondo per l'ozono: di recente gli Stati Uniti, il Canada, il Messico e la Micronesia hanno presentato una proposta di emendamento al Protocollo di Montreal riguardante il controllo dei gas serra sintetici (HFC). Se questa proposta ­ sostenuta anche dall'Unione Europea ­ dovesse essere adottata dalle Parti, comporterebbe un aumento significativo dei finanziamenti stanziati dal Fondo per l'ozono probabilmente già nel triennio 2012­2014.

Tenendo conto di queste considerazioni, è opportuno prevedere 3,3 milioni di franchi l'anno per il periodo 2012­2014, di cui 2 milioni destinati a coprire l'eventuale aumento del contributo al Fondo per l'ozono dovuto all'introduzione nel 2011 del controllo degli HFC nel Protocollo di Montreal. Di conseguenza, l'importo globale previsto per il Fondo per l'ozono nel presente credito quadro ammonta a 12 milioni di franchi, di cui 2 milioni destinati a coprire le spese derivanti dall'eventuale controllo degli HFC. I pagamenti annui previsti sono riportati nella tabella 10 dell'allegato 2.

4230

2.4

Portata dell'impegno in ambito climatico (fondi per il clima)

Il numero 1.8 ripercorre la storia e descrive le diverse componenti degli impegni finanziari specifici della Svizzera in ambito climatico. Questi mezzi servono a finanziare le attività svolte nell'ambito dei tre fondi per il clima. Il contributo svizzero di 6,15 milioni di franchi dell'ultimo credito quadro deve essere aumentato in misura uguale al contributo svizzero per il GEF, passando così a 9 milioni di franchi.

In questo modo la Svizzera fa riferimento ai pagamenti effettuati da Paesi europei paragonabili e non più, come avveniva finora, alla chiave di ripartizione proposta nel 2001, che non è più adeguata alle necessità odierne in materia di misure di adattamento in ambito climatico.

L'importo totale rilevante per il presente credito quadro ammonta quindi a 9 milioni di franchi. Ciò permette di rispettare le direttive del Consiglio federale in materia (decisione del Consiglio federale del 24 febbraio 2010). I pagamenti annui previsti sono riportati nella tabella 10 dell'allegato 2. I versamenti per gli anni 2011 e 2012 possono essere conteggiati come contributi svizzeri all'aiuto immediato deciso alla Conferenza di Copenaghen sul clima.

2.5

Rapporto tra contributi al GEF e ai fondi per il clima e aiuto immediato nel settore del clima

L'Accordo di Copenhagen (CA) riconosce la necessità di mettere a disposizione per gli anni 2010­2012 una somma complessiva di 30 miliardi di dollari, costituita da mezzi «nuovi e supplementari», a sostegno di provvedimenti in ambito climatico nei Paesi in sviluppo («aiuto immediato», cfr. n. 1.9). Insieme a numerosi altri Paesi industrializzati8, anche la Svizzera ha manifestato la sua disponibilità, conformemente a quanto previsto dal CA, a fornire la sua quota dei 30 miliardi di dollari di mezzi nuovi e supplementari per l'aiuto immediato. La Svizzera ha aderito formalmente a questo accordo con la decisione del Consiglio federale del 24 febbraio 2010.

Il CA non prescrive la base di calcolo delle rispettive quote e non contiene una definizione concreta dell'addizionalità («mezzi nuovi e supplementari»).

Conformemente alla decisione del Consiglio federale del 27 novembre 2009 (mandato negoziale per la Conferenza di Copenaghen), nel calcolo del finanziamento per la politica climatica la Svizzera tiene conto del principio di causalità e delle prestazioni fornite dagli Stati nonché dei contributi versati dai Paesi europei paragonabili.

Intende inoltre avvalersi delle istituzioni esistenti (GEF, fondi specifici per il clima e attività della Banca mondiale). Partendo da queste considerazioni e tenendo conto dell'evoluzione della politica climatica internazionale e del processo negoziale nell'ambito della Convenzione sul clima, la percentuale delle emissioni (0,3 %9) e la 8 9

Gli Stati membri dell'UE hanno prospettato un contributo complessivo di 7,2 miliardi di euro per l'aiuto immediato 2010­2012.

Per la capitalizzazione dello SCCF e del LDCF, il presidente dei negoziati sui cambiamenti climatici aveva proposto nell'aprile 2001 un nuovo sistema di finanziamento che si fonda sul principio di causalità e contribuisce ad affermarne l'applicazione a livello internazionale. La chiave di ripartizione per i nuovi impegni di pagamento dei Paesi donatori si basa sull'emissione relativa di CO2 dei Paesi industrializzati nel 1990, anno di riferimento del Protocollo di Kyoto. Per la Svizzera risulta una quota dello 0,3 per cento.

4231

percentuale delle prestazioni (0,8 %10) sono da considerare come basi di calcolo della quota svizzera. Per quanto riguarda l'importanza da attribuire ai due criteri, la Svizzera è a favore di una maggiore ponderazione del principio di causalità (75 %).

Si ottiene così per la Svizzera un contributo di 140 milioni di franchi per l'aiuto immediato 2010­2012 (cambio franco svizzero-dollaro pari a 1,10). Per rispettare quanto prescritto dal CA («addizionalità»), salvaguardando in tal modo la credibilità sul piano internazionale, questi nuovi fondi addizionali non possono essere stornati dal bilancio della cooperazione allo sviluppo.

Il presente messaggio consente di imputare a questo aumento di mezzi finanziari i nuovi fondi addizionali, pari a 15 milioni di franchi, destinati al credito quadro per l'ambiente globale inteso a finanziare provvedimenti in ambito climatico11. Rimangono quindi 125 milioni di franchi. Le prestazioni della Svizzera a favore dell'aiuto immediato vanno imputate all'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e possono essere fornite nell'ambito delle competenze tecniche e istituzionali. Il presente messaggio non modifica le competenze attuali nel settore climatico. I meccanismi di finanziamento multilaterali retti dalla Convenzione sul clima competono all'UFAM, com'è il caso per tutti i trattati internazionali sulla protezione dell'ambiente. La DSC e la SECO mantengono la responsabilità delle misure bilaterali di protezione del clima, con la partecipazione dell'UFAM.

I rendiconti e l'utilizzo dei mezzi finanziari da destinare all'aiuto immediato devono essere coerenti sia con gli obiettivi della politica climatica svizzera, nazionale e internazionale, sia con gli obiettivi della politica svizzera per lo sviluppo. Pertanto va assicurata la collaborazione tra l'UFAM, la DSC e la SECO.

2.6

Credito per l'esecuzione

Oltre alle voci GEF, Fondo per l'ozono e fondi per il clima, il Consiglio federale propone un contributo per l'esecuzione del credito quadro pari a 3 milioni di franchi, ossia inferiore di 500 000 franchi a quello stanziato dalle Camere federali per i crediti quadro del 1998, del 2003 e del 2007. Questa riduzione è dovuta al fatto che i due posti a tempo pieno, finanziati con i crediti quadro del 1991, 1998, 2003 e 2007, ora sono pagati con fondi del bilancio del personale e che il presente credito per l'esecuzione non prevede nuove spese per il personale. Il contributo è indispensabile per soddisfare le accresciute esigenze legate sia al controllo della qualità delle attività svolte dal GEF sia alla gestione del gruppo di voto, aspetti a loro volta determinanti per il mantenimento del seggio svizzero nel Consiglio esecutivo. Tali risorse servono inoltre a finanziare attività collaterali.

Il ruolo direttivo della Svizzera nel suo gruppo di voto in seno al GEF comporta una considerevole mole di lavoro. Questo gruppo è stato istituito dal Consiglio federale mediante decisione del 20 ottobre 1999 su iniziativa del Dipartimento federale delle finanze. In seguito a una richiesta del Kazakistan di entrare a far parte di tale gruppo di voto in seno al GEF, il 14 gennaio 2003 il nostro Consiglio ha deciso di ampliare il gruppo di voto. Oltre alla Svizzera, ne fanno parte: Azerbaigian, Kazakistan, 10 11

Percentuale della Svizzera in rapporto al PNL degli Stati dell'OCSE (Fonte: Le Panorama des Statistiques de l'OCDE 2009, sulla base del PIL in mia. di USD) Questa somma comprende le quote GEF rilevanti per il clima (ca. 1/3) e i contributi ai fondi climatici specifici SCCF e LDCF, calcolati per gli anni 2011 e 2012.

4232

Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Nel quadro del suo ruolo direttivo, la Svizzera organizza da due anni appositi incontri semestrali che comportano nuovi compiti. In futuro, la Svizzera dovrà rafforzare ulteriormente il proprio impegno per mantenere il ruolo direttivo nel gruppo di voto e il seggio nel Consiglio esecutivo.

L'aumento del contributo complessivo al GEF comporta una crescita del numero di progetti sostenuti dal Fondo. Per garantire i controlli di qualità e per permettere al rappresentante della Svizzera nel Consiglio del GEF di svolgere tutti i suoi compiti, è necessario finanziare il Réseau d'Appui GEF (RdA-GEF), esistente dal 1996, in misura corrispondente alle nuove necessità. Quest'ultimo si occupa innanzitutto della valutazione delle proposte di progetto sottoposte regolarmente al giudizio dei membri del Consiglio. Il RdA-GEF si fonda su una stretta collaborazione tra l'UFAM e la DSC e può avvalersi di periti esterni. Visto il numero crescente di progetti sostenuti dal GEF, questi compiti centrali del membro del Consiglio richiedono importanti risorse. Grazie al lavoro del RdA-GEF, la Svizzera ha un ruolo direttivo in seno al Consiglio del GEF nella valutazione critica dei progetti sostenuti finanziariamente dal GEF. Tale lavoro si traduce spesso in raccomandazioni concrete per una definizione più precisa delle priorità strategiche e degli obiettivi del GEF nei diversi settori prioritari.

Il credito per l'esecuzione è inoltre assai importante per l'accompagnamento e il sostegno dei Paesi facenti parte del gruppo di voto svizzero in seno al GEF. La consapevolezza acquisita dai Paesi facenti parte di questo gruppo, la loro importanza geostrategica e l'interesse crescente di potenze mondiali come Cina, Russia, Stati Uniti e UE per questa regione ricca di giacimenti di petrolio e gas impongono alla Svizzera di mettere regolarmente in evidenza presso i suoi partner gli indubbi vantaggi offerti dalla collaborazione con un Paese neutrale: in questo senso, già oggi la Svizzera sostiene in Asia centrale e in Azerbaigian un progetto mirante a trasmettere le conoscenze per trattare rifiuti tossici ospedalieri. Il progetto in Kirghizistan, che ha l'obiettivo di impedire la diffusione di malattie infettive dovute alla scorretta manipolazione di sostanze chimiche, diventerà
di competenza delle autorità locali alla fine del 2010. Il suo successo va attribuito all'impegno e all'interesse dimostrato dai partner locali. Un altro progetto si trova in fase di pianificazione in Tagikistan.

Inoltre, su richiesta dei suoi Stati partner nel gruppo di voto, la Svizzera aiuta i Paesi dell'Asia centrale e l'Azerbaigian nel passaggio dal sistema OVOS di valutazione dei progetti, risalente ai tempi dell'Unione Sovietica, a un sistema di esame dell'impatto ambientale rispondente alle esigenze attuali. La formazione di esperti provenienti da tutti i Paesi partecipanti ai progetti prevede applicazioni pratiche quali, ad esempio, l'utilizzazione transfrontaliera delle risorse idriche in regioni di pascolo e la costruzione di un passo per lo sfruttamento turistico di un bel paesaggio lacustre. Attualmente si stanno verificando anche possibilità di intervento volte, attraverso il GEF e altri canali, ad aiutare la regione nella lotta contro la desertificazione, il problema ambientale più importante in Asia centrale. La necessità di questo intervento è evidente, dal momento che la desertificazione non figura tra le grandi priorità dell'aiuto internazionale allo sviluppo e che la Convenzione specifica rivolge la sua attenzione soprattutto alle sfide esistenti sul continente africano. Si sta valutando pertanto un nuovo progetto patrocinato dalla Svizzera nel campo della desertificazione, che dovrebbe fungere da progetto pilota per un maggiore impegno del GEF nella regione. Questi progetti vengono realizzati in stretta collaborazione con i programmi della cooperazione svizzera allo sviluppo della DSC e della SECO.

4233

Infine, l'onere legato alla gestione del dossier GEF è considerevolmente aumentato anche a seguito della crescente complessità del settore del finanziamento ambientale multilaterale. Questo è particolarmente vero nel settore dei cambiamenti climatici, ma simili difficoltà sono previste anche nell'ambito della biodiversità e del finanziamento delle Convenzioni sui prodotti chimici. Si rendono quindi necessari maggiori sforzi di coordinamento e concertazione che implicano negoziati a diversi livelli.

Nell'ambito del Fondo per l'ozono, la Svizzera ha l'obiettivo di promuovere le tecniche e i prodotti alternativi più favorevoli dal punto di vista ambientale, per evitare che le misure di protezione dello strato di ozono abbiano a loro volta impatti in altri settori dell'ambiente (cambiamenti climatici, inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque ecc.). A questo scopo e per svolgere efficacemente il proprio mandato in seno al Comitato esecutivo, la Svizzera collabora talvolta all'organizzazione e al finanziamento di seminari destinati a divulgare l'informazione sugli sviluppi tecnici recenti. Finanzia altresì la partecipazione di esperti ai gruppi di valutazione tecnica e scientifica del Protocollo di Montreal. Questo è infatti un compito che non viene assunto dal Segretariato, bensì dalle Parti.

Il credito per l'esecuzione qui proposto è indispensabile per permettere alla Svizzera di proseguire le politiche proattive e i lavori strategici nel settore dell'ambiente globale e di dirigere in modo efficace il suo gruppo di voto nel GEF.

3

Ripercussioni

3.1

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Il nuovo credito quadro per l'ambiente globale Rubrica

Importo (in mio. fr.)

Fondo globale per l'ambiente GEF Fondo multilaterale per l'ozono Fondi per il clima Esecuzione

124,93 12,00 9,00 3,00

Totale

148,93

Il credito quadro proposto dal Consiglio federale ammonta complessivamente a 148,93 milioni di franchi. La quota maggiore è destinata agli impegni della Svizzera nell'ambito della quinta ricapitalizzazione del Fondo globale per l'ambiente con 124,93 milioni di franchi.

Gli impegni che dovranno essere assunti sulla base del presente credito quadro comportano pagamenti annui nel periodo tra il 2011 e il 2020. I fondi necessari a tal fine saranno stanziati nel preventivo 2011 e nel piano finanziario 2012­2014 alla voce di credito A2310.0126 «Fondi ambientali multilaterali» dell'UFAM.

Dei 12 milioni previsti per la ricapitalizzazione del Fondo per l'ozono, 2 milioni saranno stanziati a condizione che nel 2011 il controllo degli HFC sia introdotto nel 4234

Protocollo di Montreal. In caso contrario, questo importo non sarà né preventivato né stanziato dall'UFAM.

Con l'eccezione del credito d'esecuzione, gli importi proposti si fondano su negoziati internazionali cui partecipano tutti gli Stati donatori e sugli impegni risultanti in materia di politica estera. L'importo totale di una ricapitalizzazione è determinato di volta in volta consensualmente dai Paesi donatori. Nonostante un Paese donatore non possa essere costretto ad adempiere al suo impegno di pagamento nemmeno mediante l'applicazione del diritto internazionale, il danno politico prevedibile in caso di non rispetto o di eccessivo ritardo nel pagamento è rilevante. Per quanto concerne il GEF, problemi sono emersi finora soltanto con gli Stati Uniti e l'Italia.

Nello stesso senso le chiavi di ripartizione alla base dei negoziati internazionali sono anch'esse vincolanti. Per il GEF, l'applicazione della chiave di ripartizione dell'IDA si basa sul consenso dei Paesi donatori dato prima dei negoziati relativi al GEF-1 (1993). Inoltre, durante i negoziati sulla quinta ricapitalizzazione (GEF-5), i Paesi donatori hanno deciso di mantenere in sostanza la ripartizione degli oneri stabilita nel GEF-4. Nell'ambito del Fondo per l'ozono, i Paesi donatori hanno convenuto di applicare la chiave di ripartizione ordinaria dell'ONU.

Anche i tassi di cambio determinanti per i pagamenti nell'ambito del credito quadro proposto si basano, per quanto concerne il GEF e il Fondo per l'ozono, su accordi vincolanti tra gli Stati donatori e si riferiscono ogni volta al tasso di cambio medio registrato durante un periodo di riferimento e prima della conclusione dei negoziati.

Il tasso di cambio vincolante per il GEF-5 è riportato nella tabella 8 dell'allegato 2.

Per quanto concerne i contributi ai nuovi fondi per il clima, non è stato previsto alcun accordo sui tassi di cambio tra i Paesi donatori. Il calcolo si basa su un tasso di cambio franco svizzero-dollaro pari a 1,10.

Nel 2011 e 2012 anche i nuovi fondi addizionali, pari a 15 milioni di franchi, destinati al credito quadro per l'ambiente globale per finanziare provvedimenti in ambito climatico, vanno conteggiati come aumenti del contributo svizzero a favore dell'aiuto immediato, che ammonterà a 140 milioni di franchi. Le prestazioni della Svizzera a favore
dell'aiuto immediato vanno conteggiate come aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e contribuiscono quindi a raggiungere l'obiettivo dello 0,5 per cento del reddito nazionale lordo.

I due posti a tempo pieno finanziati con i crediti quadro del 1991, 1998, 2003 e 2007 sono indispensabili per l'ulteriore gestione del dossier in questo settore. L'UFAM finanzia ora questi posti con fondi del bilancio del personale e non ricorre più a fondi del credito quadro; inoltre il presente credito per l'esecuzione non prevede nuove spese per il personale. Si rendono quindi disponibili risorse che servono in parte a coprire le crescenti spese di controllo della qualità delle attività del GEF e di gestione del gruppo di voto svizzero comprendente Paesi dell'Asia centrale e l'Azerbaigian, nonché a finanziare ulteriori attività a favore dei Paesi partner. Ad esempio, già da due anni si tengono incontri semestrali del gruppo di voto. È necessario inoltre incrementare il finanziamento di attività collaterali e di progetti pilota che migliorino la protezione dell'ambiente globale nei Paesi partner del gruppo di voto e che permettano di salvaguardare il ruolo direttivo della Svizzera nello stesso gruppo e il suo seggio nel Consiglio esecutivo del GEF. Questa richiesta risulta tanto più comprensibile se si tiene conto della crescente consapevolezza che questi Paesi posti al punto d'incontro tra Oriente e Occidente hanno del loro ruolo e del crescente interesse che le grandi potenze dimostrano per la loro collocazione geopolitica e per 4235

le loro grandi riserve di petrolio e di gas. L'onere legato alla gestione del dossier GEF è considerevolmente aumentato anche a seguito della crescente complessità del finanziamento ambientale multilaterale. Questo è particolarmente vero nel settore dei cambiamenti climatici, ma simili difficoltà sono previste anche nell'ambito della biodiversità e del finanziamento delle Convenzioni sui prodotti chimici. L'aumento del finanziamento complessivo va di pari passo con l'incremento del numero di progetti sostenuti dal GEF. Per assicurare i controlli di qualità e per permettere al rappresentante della Svizzera nel Consiglio del GEF di svolgere tutti i suoi compiti, è necessario finanziare il Réseau d'Appui GEF (RdA-GEF), esistente dal 1996, in misura corrispondente alle nuove esigenze. Si rendono quindi necessari anche maggiori sforzi di coordinamento e concertazione che implicano negoziati a diversi livelli.

3.2

Subordinazione al freno alle spese

Secondo l'articolo 159 capoverso 3 lettera b della Costituzione federale, le disposizioni concernenti i sussidi, nonché i crediti d'impegno e i limiti di spesa che comportano nuove spese uniche superiori ai 20 milioni di franchi o nuove spese ricorrenti superiori ai due milioni di franchi, devono essere approvate dalla maggioranza dei membri di ciascuna Camera. Di conseguenza, il presente credito quadro è subordinato al freno alle spese.

3.3

Ripercussioni per l'economia

Il credito quadro proposto non ha conseguenze dirette per l'economia nazionale. È opportuno rilevare che dal GEF derivano ordinazioni per l'industria privata svizzera.

Secondo i dati ufficiali della Banca mondiale, per il periodo fino alla metà del 2009 le aziende svizzere hanno ricevuto ordinazioni per un valore complessivo di 22,5 milioni di franchi.

3.4

Competenze

L'Ufficio federale dell'ambiente è responsabile dell'esecuzione dei provvedimenti previsti nell'ambito del credito quadro ed è responsabile anche dei negoziati internazionali nell'ambito delle Convenzioni dell'ONU sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità e sugli inquinanti organici persistenti, nonché nell'ambito del Protocollo di Montreal per i controlli delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono. La responsabilità nell'ambito della Convenzione dell'ONU sulla lotta contro la desertificazione compete alla DSC.

A livello dell'Amministrazione federale, l'UFAM collabora strettamente con la DSC nella gestione del dossier GEF e di quello dell'ozono. L'UFAM mette a disposizione il membro del Consiglio del GEF e la DSC il suo sostituto. Nell'amministrazione del credito quadro, l'UFAM può contare sulla collaborazione della DSC, della DP/DFAE, della SECO e dell'Amministrazione delle finanze, come pure sulla buona collaborazione tra gli Uffici di tutto il settore della politica ambientale internazionale. Questo messaggio non pregiudica l'organizzazione dell'Amministrazione 4236

federale e le competenze dei singoli dipartimenti, gruppi e uffici conformemente a quanto prescritto dalla legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA; RS 172.010) e dai suoi atti normativi di esecuzione.

4

Programma di legislatura

Il progetto non è annunciato né nel messaggio sul programma di legislatura 2007­ 2011 del 23 gennaio 200812 né nel decreto federale sul programma di legislatura 2007­2011 del 18 settembre 200813, dato che allora non si conoscevano ancora in dettaglio le condizioni di ricapitalizzazione del GEF e degli altri fondi.

Il progetto è integrato nell'indirizzo politico 4 «Sfruttare le risorse in modo sostenibile» e nell'indirizzo politico 5 «Consolidare la posizione della Svizzera nel mondo globalizzato» del rapporto sul programma di legislatura 2007­2011. La partecipazione finanziaria al GEF, al Fondo per l'ozono e ai fondi per il clima è molto importante poiché tali fondi sono i meccanismi di finanziamento delle Convenzioni dell'ONU sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità, sulla desertificazione, sugli inquinanti organici persistenti e sull'ozono.

5

Aspetti giuridici

5.1

Basi legali

La base giuridica del credito quadro per l'ambiente globale è costituita dall'articolo 53 della legge federale del 7 ottobre 1983 sulla protezione dell'ambiente (LPAmb).

L'articolo 53 capoverso 1 lettera d LPAmb autorizza la Confederazione ad accordare contributi a fondi per il sostegno ai Paesi in sviluppo o in transizione nell'applicazione degli accordi internazionali in materia ambientale. I contributi della Svizzera al Fondo globale per l'ambiente (GEF), al Fondo per l'ozono e ai fondi per il clima hanno lo scopo di aiutare i Paesi in sviluppo o in transizione a rispettare gli impegni derivanti dagli accordi internazionali in materia di ambiente.

I contributi vanno stanziati sotto forma di crediti quadro pluriennali (art. 53 cpv. 2 LPAmb).

La competenza dell'Assemblea federale in materia di bilancio risulta dall'articolo 167 della Costituzione federale.

5.2

Forma dell'atto

Conformemente all'articolo 163 capoverso 2 della Costituzione federale e all'articolo 25 capoverso 2 della legge del 13 dicembre 2002 sul Parlamento (LParl; RS 171.10), per l'atto da adottare è prevista la forma del decreto federale semplice che non sottostà a referendum.

12 13

FF 2008 597 FF 2008 7469

4237

Allegato 1

Esempi di progetti del GEF e loro effetto ­

Grazie al sostegno del GEF, gli Stati dell'Asia centrale, dell'Europa dell'Est e la Russia hanno ridotto del 90 per cento il consumo di sostanze chimiche che distruggono lo strato di ozono.

­

Davanti alle coste del Belize, del Ghana e dell'Indonesia, il GEF aiuta a proteggere i banchi corallini e altri ecosistemi marini da cui dipendono contemporaneamente il turismo, la pesca e l'agricoltura.

­

L'aiuto del GEF in Africa ha consentito di limitare drasticamente la crescente distruzione ambientale al Lago Vittoria e di rilanciare l'industria della pesca in declino.

­

Il sostegno del GEF ha permesso di realizzare progetti regionali di ripristino dell'equilibrio ecologico del Danubio e del Mar Nero, che hanno fra l'altro portato a estrarre dal fiume 55 tonnellate di fosforo, 1200 tonnellate di azoto e 40 000 tonnellate di sedimenti prima che si riversassero nel Mar Nero.

­

Nel complesso, 27 progetti portati a termine nel settore del clima hanno impedito all'incirca 224 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. Aggiungendo i progetti in corso, il totale aumenta a 1 miliardo circa di tonnellate di emissioni di CO2.

­

I progetti del GEF hanno contribuito in modo decisivo a realizzare un utilizzo energetico efficiente: nel 2007, nelle centrali elettriche cinesi sono stati risparmiati 53 milioni di tonnellate di carbone.

­

Un grande sforzo del GEF e dei suoi partner elimina in Africa grossi depositi di pesticidi obsoleti, inclusi gli inquinanti organici tossici che rappresentano un grave pericolo per la salute della popolazione e per l'ambiente.

­

Il complesso di progetti del GEF nei Tropici umidi, nella regione dell'Amazzonia e nel vicino altopiano della Guyana, nel Caucaso e nella catena dell'Himalaya garantisce la protezione delle più grandi superfici di foreste tropicali ancora esistenti.

­

Il GEF è il maggior Fondo a livello planetario per le zone protette: complessivamente, fino ad oggi ne ha finanziate oltre 1600 per una superficie totale di 360 milioni di ettari.

4238

Allegato 2 Tabella 1

Programma di divieto della produzione e dell'utilizzo delle principali sostanze che impoveriscono lo strato di ozono Sostanza

Programma

CFC

Paesi industrializzati: divieto dal 1996.

Paesi in sviluppo: congelamento al livello medio 1995­1997 dal 1999; riduzione del 50 % dal 2005 e dell'85 % dal 2007; divieto dal 2010.

Halon Paesi industrializzati: divieto dal 1994.

Paesi in sviluppo: congelamento al livello medio 1995­1997 dal 2002; riduzione del 50 % dal 2005; divieto dal 2010.

Tetracloruro di Paesi industrializzati: divieto dal 1996.

carbonio Paesi in sviluppo: riduzione dell'85 % rispetto al livello medio 1998­2000 dal 2005; divieto dal 2010.

Paesi industrializzati: divieto dal 1996.

Tricloroetano Paesi in sviluppo: congelamento al livello medio 1995­1997 dal 2003; riduzione del 30 % dal 2005 e del 70 % dal 2010; divieto dal 2015.

Bromuro Paesi industrializzati: congelamento al livello del 1991 dal 1995; di metile riduzione del 25 % dal 1999, del 50 % dal 2001 e del 70 % dal 2003; divieto dal 2005.

Paesi in sviluppo: congelamento al livello medio 1995­1998 dal 2002; riduzione del 20 % dal 2005; divieto dal 2015.

ClorofluoroPaesi industrializzati: congelamento al livello del 1989 (mix di carburi parzial- HCFC + CFC) dal 2004; riduzione del 75 % dal 2010, del 90 % mente alogenati dal 2015 e del 99,5 % dal 2020; divieto dal 2030.

(HCFC) Paesi in sviluppo: congelamento al livello medio 2009­2010 dal 2013; riduzione del 10 % dal 2015, del 35 % dal 2020, del 67,5 % dal 2025 e del 97,5 % dal 2030; divieto dal 2040.

Paesi industrializzati e Paesi in sviluppo: HBFC divieto dal 1996.

BromocloroPaesi industrializzati e Paesi in sviluppo: metano divieto dal 2002.

4239

Tabella 2

Importi previsti per progetti GEF dal 1991 al 29 aprile 2010 (in mio. di dollari) Settore

Fondi del GEF

Cofinanziamenti

Biodiversità Clima

2 914 2 935

8 282 18 821

Acque internazionali

1 087

6 358

340

2 614

1 152

3 801

Ozono

180

188

POP (inquinanti organici persistenti)

396

625

9 003

40 689

Deterioramento dei suoli Progetti sovrasettoriali

Total

Tabella 3

Tipi di progetti del GEF Progetti regolari

da 1 mio. di USD

Autorizzazione da parte del Consiglio del GEF come parte delle fasi del programma

Progetti di media grandezza

50 000­1 mio. di USD

Procedura d'autorizzazione accelerata

Sviluppo di capacità (adempimento degli obblighi derivanti dalle Convenzioni), ad es.

allestimento di rapporti

200 000­300 000 USD

Procedura d'autorizzazione accelerata

Fondo per la preparazione di progetti

Tipo A: 25 000 USD Tipo B: 350 000 USD Tipo C: fino a 1 mio.

di USD

Procedura d'autorizzazione accelerata

«Small Grants Program»: contributi esigui per azioni locali a favore dell'ambiente globale

fino a 50 000 USD

Gestito dall'UNDP e dai Comitati nazionali, autorizzato periodicamente dal Consiglio del GEF come grande progetto regolare. Finora sono state autorizzate oltre 11 000 azioni in 122 Paesi.

4240

Tabella 4

GEF Trust Fund e contributi versati finora dalla Svizzera Periodo GEF

Fase pilota GEF-1 GEF-2 GEF-3 GEF-4

(1991­1993) (1994­1998) (1998­2002) (2002­2006) (2006­2010)

Totale 1991­2010

Importo totale

Quota CH

In mio. di USD

In mio. di CHF

800 2 000 2 000 3 000 3 100

57 65 65 99 88

10 900

374

4241

Tabella 5

Risultati dei negoziati GEF-5 e contributo della Svizzera

4242

Tabella 6

Scadenze dei pagamenti per il GEF-5 Switzerland GEF-5 Encashment Schedule in CHF / World Bank as the Trustee of the GEF Trust Fund Fiscal Year

As a % of Total Contribution Encashment Schedule

Amount of Encashment

2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020

7,45 7,66 15,81 22,43 16,76 16,76 9,20 2,59 0,80 0,54

9 310 000 9 570 000 19 750 000 28 020 000 20 940 000 20 940 000 11 500 000 3 230 000 1 000 000 670 000

Total

100,00

124 930 000

Tabella 7

Fondo per l'ozono e contributi versati finora dalla Svizzera Periodo

1991­1993 1994­1996 1997­1999 2000­2002 2003­2005 2006­2009 2009­2011 Totale 1991­2011

Totale

Quota CH

In mio. di USD

In mio. di CHF

240 455 466 440 474 400 400

4,57 7,61 10,20 9,16 11,66 7,41 6,18

2875

56,79

4243

Tabella 8

Tassi di cambio vincolanti per il GEF-5

4244

Tabella 9

Nuovo credito quadro per l'ambiente globale Rubrica

Importo in mio. di CHF

Fondo globale per l'ambiente (GEF)

124,93

Fondo per l'ozono

12,00

Fondi per il clima

9,00

Esecuzione

3,00

Totale

148,93

4245

4246

Totale

GEF 5 Fondo per l'ozono Fondo per il clima Spese d'esecuzione

Pagamenti in CHF

3 300 000

2 250 000 600 000

2 100 000

2 250 000 600 000

14 260 000 15 720 000

9 570 000

2012

9 310 000

2011

2013

25 900 000

2 250 000 600 000

3 300 000

19 750 000

Credito quadro per l'ambiente globale

34 170 000

2 250 000 600 000

3 300 000

28 020 000

2014

21 540 000

600 000

20 940 000

2015

20 940 000

20 940 000

2016

11 500 000

11 500 000

2017

3 230 000

3 230 000

2018

1 000 000

1 000 000

2019

670 000

670 000

2020

Totale

148 930 000

9 000 000 3 000 000

12 000 000

124 930 000

Pagamenti annui provenienti dal nuovo credito quadro a carico del credito A2310.0126 «Fondi ambientali multilaterali»

Tabella 10

Allegato 3

Bibliografia e fonti ­

Tutti i documenti del GEF, inclusi gli studi di valutazione e i rapporti d'implementazione citati nel messaggio possono essere consultati in Internet: http://www.gefweb.org/

­

Informazioni sul Fondo per l'ozono sono reperibili sui seguenti siti: http://www.multilateralfund.org, http://www.unep.ch/Ozone/index.asp e http://www.unep.org/teap

Altri riferimenti: ­

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Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), 2001. Working Group I: The Scientific Basis; Working Group II: Impacts, Adaptation, Vulnerability. Working Group III: Mitigation. Internet: http://www.ipcc.ch/

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IRIN. 2010. In-Depth Gathering Storm ­ the Humanitarian Impact of Climate Change. UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs.

Nairobi, febbraio 2010. Internet: http://www.irinnews.org/IndepthMain.aspx?IndepthId=73&ReportId=78246

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Millennium Ecosystem Assessment. 2005a. Living Beyond Our Means. Natural Assets and Human Well-Being. Statement from the Board, marzo 2005.

Internet: http://www.maweb.org//en/Products.BoardStatement.aspx

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Millennium Ecosystem Assessment. 2005b. Ecosystems and Human WellBeing. Biodiversity Synthesis. Washington D.C. Internet: http://www.maweb.org//en/Products.Synthesis.aspx.

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Consiglio federale svizzero. 2005. Objectifs du Millénaire pour le développement ­ Rapport intermédiaire de la Suisse 2005 (Obiettivi di Sviluppo del Millennio­ Rapporto intermedio della Svizzera 2005; disponibile soltanto in D + F). Berna. DSC. Internet: http://162.23.39.120/dezaweb/ressources/resource_de_24899.pdf

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UNEP. 2007. Global Environment Outlook 4 (GE-4), 2007. New York: United Nations Environment Program. Internet: http://www.unep.org/publications/search/pub_details_s.asp?ID=3933

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UNHCR (2009), 2008 Global Trends: Refugees, Asylum-seekers, Returnees, Internally Displaced and Stateless Persons, Internet: http://www.unhcr.org/4a375c426.html

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Unversity of California (UC), (2009) Berkeley News, Internet: http://berkeley.edu/news/media/releases/2009/11/23_africa_climate_change.

shtml

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United Nations. 2005a. 2005 World Summit Outcome ­ Resolution adopted by the General Assembly, 24 ottobre 2005. Internet: http://www.un.org/summit2005/documents.html

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Highlights, ESA/P/WP.210. Internet: http://www.un.org/esa/population/publications/wpp2008/wpp2008_highlight s.pdf

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UNU-EHS. 2005. As Ranks of «Environmental Refugees» Swell Worldwide, Calls Grow for Better Definition, Recognition, Support. United Nations University, Institute for Environment and Human Security, Bonn. Internet: http://www.ehs.unu.edu/print.php/article:130?menu=44

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World Meteorological Organization (WMO). 2009. WMO Statement on the Status of the Global Climate in 2008. WMO-No. 1039, Ginevra, Svizzera.

Internet: http://www.wmo.int/pages/prog/wcp/wcdmp/documents/WMO1039_EN_w eb.pdf

4248