05.092 Messaggio concernente l'unificazione del diritto processuale penale del 21 dicembre 2005

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, i disegni di Codice di diritto processuale penale svizzero e di legge federale di diritto processuale penale minorile.

Nel contempo, vi proponiamo di togliere di ruolo l'intervento parlamentare seguente: 2001

P

01.3288

Possibilità per chi sopravvive a un genocidio e per i suoi discendenti di costituirsi parte civile (N Mugny, 5.10.2001)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

21 dicembre 2005

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Samuel Schmid La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2005-2318

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Compendio In Svizzera il diritto penale materiale è unificato da tempo, mentre la procedura penale è disciplinata da 29 atti normativi diversi, ossia 26 codici cantonali e tre leggi federali. Questa dispersione normativa è riconducibile alla vecchia ripartizione costituzionale delle competenze, secondo cui, in linea di principio, ai Cantoni spettava disciplinare la procedura e l'organizzazione giudiziaria mentre alla Confederazione competevano soltanto la procedura applicabile al perseguimento e al giudizio di determinati reati gravi del diritto penale ordinario nonché la procedura penale militare e la procedura penale amministrativa.

Nel 2000 Popolo e Cantoni hanno accettato a stragrande maggioranza la modifica costituzionale che conferisce alla Confederazione la competenza generale di legiferare in materia di procedura penale (art. 123 cpv. 1 Cost.). In tal modo hanno confermato la fondatezza di un progetto che negli ultimi due decenni ha ottenuto un sostegno viepiù marcato anche a livello politico: alla stregua di quanto previsto in numerosi altri Stati, in futuro in Svizzera i reati saranno perseguiti e giudicati non soltanto in virtù di un Codice penale unico bensì anche conformemente a norme procedurali uniformi applicabili in tutto il Paese. Tra i molti fattori che hanno contribuito a far maturare l'idea dell'unificazione occorre segnatamente menzionare i principi dell'uguaglianza giuridica e della certezza del diritto, il fatto che la giurisprudenza concernente la Costituzione federale e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo influenzano da tempo il diritto processuale penale favorendo l'armonizzazione dei diversi ordinamenti procedurali, una criminalità sempre più mobile, professionale e specializzata, i vantaggi e le opportunità che un diritto processuale unificato comporta per la dottrina, l'insegnamento e gli avvocati, l'impiego intercantonale di personale da parte delle autorità penali e la collaborazione a livello internazionale. Il Consiglio federale intende concretizzare quest'idea il più rapidamente possibile. Il presente progetto si aggiunge alla riforma dell'organizzazione giudiziaria federale, già adottata, e al progetto di unificazione della procedura civile, attualmente in fase di elaborazione, e costituisce pertanto il terzo pilastro di una revisione completa del
diritto processuale della Confederazione.

Il progetto consta di due disegni di legge: un disegno di Codice di diritto processuale penale svizzero (CPP) e un disegno di legge federale di diritto processuale penale minorile (PPMin). La PPMin è concepita come una «lex specialis» rispetto al CPP; vi figurano quindi soltanto tutte le norme di procedura penale minorile che derogano al CPP.

Le due nuove leggi sostituiranno gli attuali 26 codici di procedura penale cantonali, comprese le disposizioni concernenti la procedura penale minorile; il CPP sostituirà inoltre la legge federale sulla procedura penale (PP), alquanto datata. Almeno per il momento, la procedura penale militare e la procedura penale amministrativa disciplinata nella legge federale sul diritto penale amministrativo non sono interessate dall'unificazione del diritto processuale penale. Nella nuova normativa saranno invece integrate numerose disposizioni di procedura penale figuranti attualmente

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in altre leggi federali ma che disciplinano materie che rientrano nel campo di applicazione di un codice processuale penale.

I disegni proposti non pretendono né di realizzare una sintesi dei 27 ordinamenti processuali né di instaurare per la Svizzera una procedura penale totalmente nuova.

Non ricalcano un ordinamento processuale ben preciso bensì si ispirano a procedure e istituti vigenti nella misura in cui gli stessi si siano rivelati appropriati. Laddove necessario e opportuno, tali procedure e istituti sono tuttavia stati perfezionati.

L'obiettivo è di creare un quadro legale che consenta di conseguire in ogni singolo caso un giusto equilibrio tra gli interessi diametralmente opposti delle persone e delle autorità implicate nel procedimento penale. A tal fine, i disegni cercano di proporre soluzioni equilibrate per questioni fondamentali, come ad esempio il ruolo della polizia durante la procedura preliminare, la definizione dei diritti di difesa dell'imputato, lo statuto della vittima, le condizioni cui sono subordinati l'adozione di provvedimenti coercitivi e il controllo della loro esecuzione nonché la definizione dei mezzi di ricorso.

Riprendere quanto ha dato buona prova non significa rifiutarsi di innovare. I disegni propongono anche normative sinora non previste in Svizzera o adottate soltanto da taluni Cantoni. Tali innovazioni comprendono l'introduzione di un principio di opportunità più esteso, possibilità di accordo tra autore del reato e vittima e tra imputato e pubblico ministero, un rafforzamento dei diritti della difesa, l'ampliamento di taluni diritti della vittima, un'estensione della portata delle misure di protezione dei testimoni nell'ambito del procedimento penale e, quale nuovo provvedimento coercitivo, la sorveglianza di relazioni bancarie. Si rinuncia invece a introdurre taluni istituti che si scostano eccessivamente dalla nostra tradizione giuridica (interrogatorio incrociato durante il dibattimento) o che suscitano riserve sotto il profilo dei principi dello Stato di diritto (normativa sui pentiti o «collaboratori di giustizia»).

L'unificazione del diritto processuale non implica che si debba obbligatoriamente uniformare anche l'intera organizzazione giudiziaria. Del resto, in virtù della Costituzione federale l'organizzazione giudiziaria resta di competenza dei
Cantoni (art. 123 cpv. 2 Cost.). Non è tuttavia possibile unificare la procedura penale senza uniformare anche taluni aspetti essenziali dell'organizzazione giudiziaria. L'unificazione processuale richiede infatti l'adozione di un modello di perseguimento penale unitario, una definizione uniforme della competenza per materia dei giudici penali e l'unificazione del sistema dei rimedi giuridici.

I settori sopraccitati sono quelli che richiederanno i maggiori adeguamenti. L'entità di tali adeguamenti varierà tuttavia a seconda dell'organizzazione giudiziaria attuale nei singoli Cantoni. L'adozione del modello «pubblico ministero» proposto dal Consiglio federale comporterà una revisione della procedura preliminare in seno alla Confederazione e nei Cantoni che prevedono anche l'istituto del giudice istruttore. Il sistema delle impugnazioni proposto ­ che comprende il reclamo, la revisione e l'appello e nel quale l'appello è considerato un mezzo di ricorso al contempo sufficiente e necessario ­ esigerà adeguamenti in singoli Cantoni (e in seno alla Confederazione). Infine, l'istituto del giudice dei provvedimenti coercitivi comporterà talune modifiche di carattere organizzativo.

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Affinché le due leggi che unificano il diritto processuale penale possano entrare in vigore occorrerà procedere a questi e ad altri adeguamenti. A tal fine, la Confederazione e i Cantoni dovranno emanare leggi d'applicazione. La Confederazione dovrà inoltre adottare diverse ordinanze di esecuzione del CPP per disciplinare soprattutto dettagli di natura tecnica.

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Indice Compendio 1 Punti essenziali del progetto 1.1 Situazione iniziale 1.2 Oggetto dell'unificazione 1.3 I molteplici motivi dell'unificazione 1.3.1 Grado di armonizzazione viepiù elevato grazie alla giurisprudenza delle giurisdizioni supreme 1.3.2 Rafforzamento della certezza del diritto e dell'uguaglianza giuridica 1.3.3 Agevolazione dell'impiego intercantonale di personale 1.3.4 Vantaggi per la dottrina e l'insegnamento 1.4 Genesi del progetto 1.4.1 Commissione peritale (1994­1997) 1.4.2 Elaborazione degli avamprogetti (1999­2001) 1.4.3 Procedura di consultazione (2001­2003) 1.4.4 Rielaborazione degli avamprogetti (2003­2005) 1.5 Grandi linee del disegno di Codice di diritto processuale penale svizzero (D-CPP) 1.5.1 Direttrici generali 1.5.1.1 Un disegno che si riallaccia allo statu quo 1.5.1.2 Una codificazione completa 1.5.1.3 Limitata ingerenza nell'organizzazione giudiziaria della Confederazione e dei Cantoni 1.5.1.4 Tentativo di creare normative equilibrate 1.5.1.5 Armonizzazione con altre leggi procedurali federali 1.5.2 Modello di perseguimento penale unitario 1.5.2.1 I quattro modelli di base 1.5.2.2 Scelta del modello di perseguimento penale: pareri in procedura di consultazione 1.5.2.3 Motivi che giustificano l'adozione del modello «pubblico ministero II» 1.5.3 Forme e strumenti processuali: innovazioni 1.5.4 Istituti processuali non previsti 1.5.4.1 Procedimento su azione penale privata 1.5.4.2 Istituto dei pentiti 1.5.4.3 Avvocato degli animali 1.5.4.4 Interrogatorio incrociato durante il dibattimento 1.5.4.5 Procedure speciali concernenti l'esame o l'ammissione dell'accusa 1.5.5 Svolgimento di un procedimento penale ordinario secondo il D-CPP 1.6 Grandi linee del disegno di legge federale di diritto processuale penale minorile (D-PPMin) 1.6.1 Una legge specifica 1.6.2 Situazione attuale

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1.6.3 L'avamprogetto del 2001 1.6.4 Scelta del modello: pareri in procedura di consultazione 1.6.5 Mantenimento in linea di massima del modello «giudice dei minorenni» 1.6.6 Altri punti importanti del disegno 1.7 Diritto comparato 1.7.1 Introduzione 1.7.2 Statuto di Roma 1.7.3 Diritto dell'UE 1.7.3.1 Diritti procedurali 1.7.3.2 Statuto della vittima nel procedimento penale 1.7.3.3 Protezione dei testimoni e disciplina dell'istituto dei pentiti 1.7.3.4 Sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni 1.8 Attuazione 1.8.1 Considerazioni generali 1.8.2 Istituzione di una giurisdizione d'appello a livello federale 1.9 Interventi parlamentari 2 Commento ai singoli articoli del D­CPP 2.1 Titolo primo: Campo d'applicazione e principi 2.1.1 Capitolo 1: Campo d'applicazione e amministrazione della giustizia penale (art. 1 e 2) 2.1.2 Capitolo 2: Principi del diritto processuale penale (art. 3­11) 2.2 Titolo secondo: Autorità penali 2.2.1 Capitolo 1: Attribuzioni 2.2.1.1 Sezione 1: Disposizioni generali (art. 12­14) 2.2.1.2 Sezione 2: Autorità di perseguimento penale (art. 15­17) 2.2.1.3 Sezione 3: Autorità giudicanti (art. 18­21) 2.2.2 Capitolo 2: Delimitazione delle competenze tra Confederazione e Cantoni (art. 22­28) 2.2.3 Capitolo 3: Foro 2.2.3.1 Sezione 1: Principi (art. 29 e 30) 2.2.3.2 Sezione 2: Fori speciali (art. 31­36) 2.2.3.3 Sezione 3: Determinazione del foro (art. 37­40) 2.2.4 Capitolo 4: Assistenza giudiziaria nazionale 2.2.4.1 Sezione 1: Disposizioni generali (art. 41­46) 2.2.4.2 Sezione 2: Atti procedurali eseguiti su domanda della Confederazione o di un altro Cantone (art. 47­49) 2.2.4.3 Sezione 3: Atti procedurali in un altro Cantone (art. 50 e 51) 2.2.5 Capitolo 5: Assistenza giudiziaria internazionale (art. 52 e 53) 2.2.6 Capitolo 6: Ricusazione (art. 54­58) 2.2.7 Capitolo 7: Direzione del procedimento (art. 59­63) 2.2.8 Capitolo 8: Norme procedurali generali 2.2.8.1 Sezione 1: Oralità; lingua (art. 64­66) 2.2.8.2 Sezione 2: Pubblicità (art. 67­70) 2.2.8.3 Sezione 3: Segreto, informazione del pubblico, comunicazioni ad autorità (art. 71­73) 2.2.8.4 Sezione 4: Verbali (art. 74­77) 994

1024 1024 1024 1025 1026 1026 1027 1027 1028 1029 1029 1030 1031 1031 1032 1033 1033 1033 1033 1034 1040 1040 1040 1042 1043 1047 1048 1048 1049 1050 1050 1051 1052 1053 1054 1055 1057 1058 1058 1059 1060 1062

2.2.8.5 Sezione 5: Decisioni (art. 78­81) 2.2.8.6 Sezione 6: Comunicazione delle decisioni e notificazione (art. 82­86) 2.2.8.7 Sezione 7: Termini e date d'udienza (art. 87­92) 2.2.8.8 Sezione 8: Trattamento di dati (art. 93­97) 2.2.8.9 Sezione 9: Gestione, esame e conservazione degli atti (art. 98­101) 2.3 Titolo terzo: Parti e altri partecipanti al procedimento 2.3.1 Capitolo 1: Disposizioni generali 2.3.1.1 Sezione 1: Definizione e statuto (art. 102­106) 2.3.1.2 Sezione 2: Atti procedurali compiuti dalle parti (art. 107 e 108) 2.3.2 Capitolo 2: L'imputato (art. 109­112) 2.3.3 Capitolo 3: Il danneggiato, la vittima e l'accusatore privato 2.3.3.1 Sezione 1: Il danneggiato (art. 113) 2.3.3.2 Sezione 2: La vittima (art. 114 e 115) 2.3.3.3 Sezione 3: L'accusatore privato (art. 116­119) 2.3.3.4 Sezione 4: Azione civile (art. 120­124) 2.3.4 Capitolo 4: Patrocinio 2.3.4.1 Sezione 1: Principi (art. 125) 2.3.4.2 Sezione 2: Il difensore (art. 126­133) 2.3.4.3 Sezione 3: Gratuito patrocinio per l'accusatore privato (art. 134­136) 2.4 Titolo quarto: Mezzi di prova 2.4.1 Capitolo 1: Disposizioni generali 2.4.1.1 Sezione 1: Raccolta e utilizzabilità delle prove (art. 137­139) 2.4.1.2 Sezione 2: Interrogatori (art. 140­143) 2.4.1.3 Sezione 3: Diritto di partecipare all'assunzione delle prove (art. 144 e 145) 2.4.1.4 Sezione 4: Misure protettive (art. 146­153) 2.4.2 Capitolo 2: Interrogatorio dell'imputato (art. 154­158) 2.4.3 Capitolo 3: Testimoni 2.4.3.1 Sezione 1: Disposizioni generali (art. 159­164) 2.4.3.2 Sezione 2: Diritto di non deporre (art. 165­173) 2.4.3.3 Sezione 3: Interrogatorio dei testimoni (art. 174) 2.4.4 Capitolo 4: Persone informate sui fatti (art. 175­178) 2.4.5 Capitolo 5: Periti (art. 179­188) 2.4.6 Capitolo 6: Mezzi di prova materiali (art. 189­192) 2.5 Titolo quinto: Provvedimenti coercitivi 2.5.1 Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 193­198) 2.5.2 Capitolo 2: Citazione, accompagnamento coattivo e ricerca di persone 2.5.2.1 Sezione 1: Citazione (art. 199­204) 2.5.2.2 Sezione 2: Accompagnamento coattivo (art. 205­207) 2.5.2.3 Sezione 3: Ricerca di persone (art. 208 e 209) 2.5.3 Capitolo 3: Privazione della libertà, carcerazione preventiva e di sicurezza

1064 1065 1066 1066 1068 1070 1070 1070 1072 1073 1076 1076 1077 1078 1079 1082 1083 1084 1087 1088 1088 1088 1091 1093 1094 1097 1101 1101 1103 1111 1112 1115 1117 1119 1119 1121 1121 1124 1125 1125 995

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 210­213) Sezione 2: Fermo di polizia e inseguimento (art. 214 e 215) Sezione 3: Arresto provvisorio (art. 216­218) Sezione 4: Carcerazione preventiva e di sicurezza: disposizioni generali (art. 219­222) 2.5.3.5 Sezione 5: Carcerazione preventiva (art. 223­227) 2.5.3.6 Sezione 6: Carcerazione di sicurezza (art. 228­232) 2.5.3.7 Sezione 7: Esecuzione della carcerazione preventiva e di sicurezza (art. 233­235) 2.5.3.8 Sezione 8: Misure sostitutive (art. 236­239) 2.5.4 Capitolo 4: Perquisizioni e ispezioni 2.5.4.1 Sezione 1: Disposizioni generali (art. 240­242) 2.5.4.2 Sezione 2: Perquisizione domiciliare (art. 243 e 244) 2.5.4.3 Sezione 3: Perquisizione di carte e registrazioni (art. 245­247) 2.5.4.4 Sezione 4: Perquisizione di persone e oggetti (art. 248 e 249) 2.5.4.5 Sezione 5: Ispezioni corporali (art. 250 e 251) 2.5.4.6 Sezione 6: Ispezione di cadaveri (art. 252 e 253) 2.5.5 Capitolo 5: Analisi del DNA (art. 254­258) 2.5.6 Capitolo 6: Rilevamenti segnaletici, campioni calligrafici e vocali (art. 259­261) 2.5.7 Capitolo 7: Sequestro (art. 262­267) 2.5.8 Capitolo 8: Misure di sorveglianza segrete 2.5.8.1 Sezione 1: Sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (art. 268­278) 2.5.8.2 Sezione 2: Sorveglianza mediante apparecchi tecnici di sorveglianza (art. 279 e 280) 2.5.8.3 Sezione 3: Osservazione di persone e cose (art. 281 e 282) 2.5.8.4 Sezione 4: Sorveglianza delle relazioni bancarie (art. 283 e 284) 2.5.8.5 Sezione 5: Inchiesta mascherata (art. 285­297) 2.6 Titolo sesto: Procedura preliminare 2.6.1 Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 298­304) 2.6.2 Capitolo 2: Procedura investigativa della polizia (art. 305 e 306) 2.6.3 Capitolo 3: Istruzione da parte del pubblico ministero 2.6.3.1 Sezione 1: Compiti del pubblico ministero (art. 307­310) 2.6.3.2 Sezione 2: Svolgimento dell'istruzione (art. 311­315) 2.6.3.3 Sezione 3: Conciliazione e mediazione (art. 316 e 317) 2.6.3.4 Sezione 4: Chiusura dell'istruzione (art. 318 e 319) 2.6.4 Capitolo 4: Abbandono del procedimento e promozione dell'accusa 2.6.4.1 Sezione 1: Abbandono del procedimento (art. 320­324) 2.6.4.2 Sezione 2: Promozione dell'accusa (art. 325­328) 2.7 Titolo settimo: Procedura dibattimentale di primo grado 2.7.1 Capitolo 1: Pendenza della causa, preparazione del dibattimento e disposizioni generali sul dibattimento (art. 329­335) 2.7.2 Capitolo 2: Svolgimento del dibattimento 2.5.3.1 2.5.3.2 2.5.3.3 2.5.3.4

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1126 1128 1129 1132 1133 1137 1139 1139 1140 1140 1141 1141 1143 1143 1144 1144 1146 1148 1151 1151 1155 1156 1157 1158 1161 1161 1164 1166 1166 1168 1170 1173 1175 1175 1178 1180 1181 1184

2.7.2.1 Sezione 1: Autorità giudicante e partecipanti al procedimento (art. 336­338) 2.7.2.2 Sezione 2: Inizio del dibattimento (art. 339 e 340) 2.7.2.3 Sezione 3: Procedura probatoria (art. 341­347) 2.7.2.4 Sezione 4: Discussione e chiusura del contraddittorio (art. 348 e 349) 2.7.2.5 Sezione 5: Sentenza (art. 350­353) 2.7.3 Capitolo 3: Udienza di revoca (art. 354) 2.8 Titolo ottavo: Procedure speciali 2.8.1 Capitolo 1: Procedura del decreto d'accusa (art. 355­360) 2.8.2 Capitolo 2: Procedura penale in materia di contravvenzioni (art. 361­364) 2.8.3 Capitolo 3: Procedura abbreviata (art. 365­369) 2.8.4 Capitolo 4: Procedura in caso di decisioni giudiziarie indipendenti successive (art. 370­372) 2.8.5 Capitolo 5: Procedura contumaciale 2.8.5.1 Sezione 1: Presupposti e svolgimento (art. 373 e 374) 2.8.5.2 Sezione 2: Nuovo giudizio (art. 375­378) 2.8.6 Capitolo 6: Procedura indipendente in materia di misure 2.8.6.1 Sezione 1: Cauzione preventiva (art. 379­381) 2.8.6.2 Sezione 2: Procedura applicabile agli imputati penalmente incapaci (art. 382 e 383) 2.8.6.3 Sezione 3: Procedura indipendente di confisca (art. 384­386) 2.9 Titolo nono: Mezzi di ricorso 2.9.1 Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 387­400) 2.9.2 Capitolo 2: Reclamo (art. 401­405) 2.9.3 Capitolo 3: Appello 2.9.3.1 Sezione 1: Disposizioni generali (art. 406­409) 2.9.3.2 Sezione 2: Procedura (art. 410­414) 2.9.3.3 Sezione 3: Decisione sull'appello (art. 415 e 416) 2.9.4 Capitolo 4: Revisione (art. 417­422) 2.10 Titolo decimo: Spese procedurali, indennità e riparazione del torto morale 2.10.1 Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 423­428) 2.10.2 Capitolo 2: Spese procedurali (art. 429­436) 2.10.3 Capitolo 3: Indennizzo e riparazione del torto morale 2.10.3.1 Sezione 1: Imputato (art. 437­440) 2.10.3.2 Sezione 2: Accusatore privato e terzi (art. 441 e 442) 2.10.3.3 Sezione 3: Disposizioni particolari (art. 443 e 444) 2.11 Titolo undicesimo: Giudicato ed esecuzione delle decisioni penali 2.11.1 Capitolo 1: Giudicato (art. 445 e 446) 2.11.2 Capitolo 2: Esecuzione delle decisioni penali (art. 447­452) 2.12 Titolo dodicesimo: Disposizioni finali 2.12.1 Capitolo 1: Abrogazione e modifica del diritto vigente 2.12.1.1 Modifica del diritto vigente (allegato, cifra II) 2.12.2 Capitolo 2: Disposizioni transitorie

1184 1185 1186 1189 1190 1191 1191 1192 1195 1197 1200 1202 1202 1204 1206 1206 1207 1208 1209 1209 1214 1216 1216 1218 1220 1221 1225 1225 1227 1231 1231 1233 1234 1234 1235 1235 1237 1237 1238 1254

997

2.12.2.1 Sezione 1: Disposizioni generali (art. 454 e 455) 2.12.2.2 Sezione 2: Procedura dibattimentale di primo grado e procedure speciali (art. 456­458) 2.12.2.3 Sezione 3: Procedura di ricorso (art. 459 e 460) 2.12.2.4 Sezione 4: Opposizione contro i decreti d'accusa; procedimenti su azione penale privata (art. 461 e 462)

1254 1255 1255 1256

3 Commento dei singoli articoli del D-PPMin 3.1 Capitolo 1: Oggetto e principi (art. 1­5) 3.2 Capitolo 2: Autorità penali minorili (art. 6­9) 3.3 Capitolo 3: Norme procedurali generali (art. 10­18) 3.4 Capitolo 4: Parti e difesa 3.4.1 Sezione 1: Parti (art. 19­22) 3.4.2 Sezione 2: Difesa (art. 23­25) 3.5 Capitolo 5: Procedura 3.5.1 Sezione 1: Istruzione (art. 26­32) 3.5.2 Sezione 2: Dibattimento (art. 33­36) 3.6 Capitolo 6: Mezzi di ricorso (art. 37­40) 3.7 Capitolo 7: Esecuzione delle sanzioni (art. 41 e 42) 3.8 Capitolo 8: Spese (art. 43 e 44) 3.9 Capitolo 9: Disposizioni finali 3.9.1 Sezione 1: Modifica del diritto vigente (art. 45) 3.9.2 Sezione 2: Disposizioni transitorie (art. 46­52)

1256 1256 1260 1262 1266 1266 1268 1269 1269 1271 1273 1275 1275 1276 1276 1276

4 Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale 4.1 Per la Confederazione e per i Cantoni 4.1.1 Adozione del modello «pubblico ministero» 4.1.1.1 Ripercussioni sull'organizzazione delle autorità istruttorie e delle autorità d'accusa 4.1.1.2 Ripercussioni sui costi della giustizia 4.1.2 Designazione o istituzione di autorità giudiziarie 4.1.2.1 Giudice dei provvedimenti coercitivi 4.1.2.2 Giurisdizione d'appello 4.1.3 Soppressione di autorità giudiziarie esistenti 4.2 Ripercussioni economiche 4.3 Altre ripercussioni

1278 1278 1280 1280 1281 1283 1283 1284 1285 1285 1285

5 Programma di legislatura e piano finanziario

1286

6 Aspetti giuridici 6.1 Costituzionalità 6.2 Compatibilità con gli impegni internazionali della Svizzera 6.3 Delega di competenze legislative

1286 1286 1287 1290

Codice di diritto processuale penale svizzero (Disegno) Legge federale di diritto processuale penale minorile (Disegno)

1921 1457

998

Messaggio 1

Punti essenziali del progetto

1.1

Situazione iniziale

Gli albori del dibattito sull'unificazione del diritto processuale penale risalgono al 1942, anno in cui è entrato in vigore il Codice penale svizzero. All'epoca gli esponenti della dottrina si erano già chiesti se, oltre al diritto materiale, non occorresse unificare anche il diritto penale formale, ossia la procedura penale. L'idea non fu tuttavia approfondita in modo serio. Il rischio che la molteplicità di normative processuali penali (una per Cantone) potesse ostacolare eccessivamente l'applicazione uniforme del Codice penale non fu considerato tanto grande da fugare le riserve di carattere federalistico e indurre a modificare la ripartizione costituzionale delle competenze tra Confederazione e Cantoni. I Cantoni hanno quindi conservato la competenza di disciplinare l'organizzazione giudiziaria e la procedura anche dopo l'unificazione del diritto penale materiale (cfr. il vecchio art. 123 cpv. 3 Cost.1). Di conseguenza, oggi in Svizzera continuano a coesistere 26 codici di procedura penale cantonali, oltre alle tre leggi che disciplinano il diritto processuale a livello federale2.

Benché i notevoli inconvenienti dovuti all'assenza di una procedura penale unitaria non si manifestino in modo generalizzato nell'operato quotidiano delle autorità che lottano contro la criminalità, è innegabile che negli ultimi anni si sia considerevolmente accresciuta l'esigenza di norme procedurali unificate. Lo dimostrano soprattutto gli sforzi profusi dai Cantoni per agevolare le relazioni intercantonali in materia di procedura penale3 e la crescente attività legislativa della Confederazione in questioni di diritto processuale penale. Oggi questioni fondamentali quali lo statuto della vittima nel procedimento penale, la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni, l'impiego di agenti infiltrati e l'utilizzazione di profili del DNA sono disciplinate in leggi federali speciali vincolanti per i Cantoni.

È inoltre innegabile che la dispersione normativa può ostacolare una lotta efficace contro la criminalità, soprattutto in casi complessi che trascendono le frontiere cantonali e nazionali. Ciò vale segnatamente per le nuove forme di criminalità che si sono viepiù sviluppate anche in Svizzera a partire dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso: riciclaggio di denaro, crimine organizzato, casi estremamente complessi di criminalità economica e, più recentemente, gravi casi di «criminalità in 1

2

3

Cfr. anche l'art. 64bis cpv. 2 della vecchia Costituzione federale del 29.5.1874 («L'ordinamento dei tribunali, la procedura giudiziaria e l'amministrazione della giustizia restano di competenza dei Cantoni»). Nel relativo messaggio del 28.11.1896 (concernente la revisione della Costituzione federale volta a unificare il diritto civile e penale), il Consiglio federale aveva accennato all'«importante questione dell'unificazione della procedura» (trad.). Aveva tuttavia motivato la scelta di limitarsi a unificare il diritto penale materiale rilevando che non erano stati effettuati i necessari lavori preliminari e che la Svizzera non disponeva di funzionari formati in modo uniforme (FF, ediz. ted. 1896 IV 734 seg.; ediz. franc. 1896 IV 575).

Legge federale del 15.6.1934 sulla procedura penale (PP, RS 312.0); legge federale del 22.3.1974 sul diritto penale amministrativo (DPA, RS 313.0); procedura penale militare del 23.3.1979 (PPM, RS 322.1).

Cfr. segnatamente il Concordato sull'assistenza giudiziaria e la cooperazione intercantonale in materia penale (RU 1993 2876) entrato in vigore nel 1993, cui hanno aderito tutti i Cantoni.

999

rete» di portata internazionale. Una lotta efficace contro queste nuove forme di criminalità richiede non soltanto l'adozione di pertinenti disposizioni di diritto materiale4 bensì anche che si coordinino e si concentrino maggiormente le risorse per quanto concerne il perseguimento penale. Mediante il «progetto efficienza» si è in parte già tenuto conto di questa esigenza trasferendo alla Confederazione talune competenze in materia di perseguimento penale5. Nella misura in cui i Cantoni rimangono competenti in questi settori, la necessità di norme procedurali uniformi resta tuttavia un problema attuale.

La diffusione di queste nuove forme di criminalità ha fatto maturare anche a livello politico l'idea di un'unificazione del diritto processuale penale. Nel 1993 e nel 1994 sono stati presentati diversi interventi parlamentari in cui si chiedeva di armonizzare i codici cantonali6 o di unificare la procedura penale a livello nazionale7. Negli anni successivi sono state depositate sette iniziative cantonali nelle quali i Cantoni interessati hanno manifestato la loro ferma volontà di unificare il diritto processuale penale8. Le Camere federali hanno deciso a grande maggioranza di dar seguito a tali interventi. Infine, il 12 marzo 2000 Popolo e Cantoni hanno accettato il decreto federale sulla riforma giudiziaria e acconsentito quindi a una modifica della ripartizione costituzionale delle competenze in materia di diritto penale. Il nuovo articolo 123 capoverso 1 Cost., in vigore dal 1° aprile 2003, conferisce espressamente alla Confederazione la competenza di disciplinare non soltanto il diritto penale materiale bensì anche l'intera procedura penale. La netta approvazione del progetto da parte di Popolo e Cantoni9 testimonia dell'ampio consenso di cui gode oggi l'idea di fondo di unificare il diritto processuale penale a livello federale lasciando sostanzialmente ai Cantoni la competenza di disciplinare la loro organizzazione giudiziaria.

1.2

Oggetto dell'unificazione

Il presente progetto mira a creare un Codice di diritto processuale penale svizzero e una legge federale di diritto processuale penale minorile destinati a sostituire gli attuali 26 codici di procedura penale cantonali, comprese le disposizioni speciali concernenti la procedura penale minorile, nonché la legge federale del 15 giugno 193410 sulla procedura penale (PP).

4

5 6 7 8 9

10

A tal proposito la Svizzera ha raggiunto un livello di normazione considerevole; cfr. le considerazioni nel messaggio relativo al «progetto efficienza», FF 1998 1095, segnatamente pagg. 1098 seg. È inoltre in elaborazione una modifica del Codice penale concernente la criminalità in rete (http://www.bj.admin.ch/bj/it/home/themen/kriminalitaet/gesetzgebung/netzwerkkriminalitaet.

html).

Nuovo art. 340bis CP, in vigore dal 1.1.2002.

Postulato del Gruppo popolare democratico del 18.6.1993 (Boll. Uff. 1993 N 2533 seg.).

Mozione Rhinow del 17.6.1994 (Boll. Uff. S 1995 329 segg.) e mozione Schweingruber del 31.5.1994 (Boll. Uff. 1995 N 2194 segg.).

BS, SO, SG, BL, AG, TG (Boll. Uff. 1996 S 244 segg.; N 2374 segg.) e GL (Boll. Uff.

1997 S 590).

Il progetto sulla riforma giudiziaria è stato accettato dall'86,4 % dei votanti e da tutti i Cantoni. Si tratta di un risultato nettamente superiore a quello ottenuto dal progetto di unificazione del diritto penale materiale (votazione del 13.11.1898: progetto accettato dal 61,5 % dei votanti e da 16½ Cantoni contro 5½).

RS 312.0

1000

L'unificazione non riguarda invece la procedura penale militare e la procedura penale amministrativa11. In linea di principio, nulla osterebbe a che le relative leggi siano integrate in un'unica codificazione del diritto processuale penale svizzero, come del resto ben espresso dal titolo del rapporto «Aus 29 mach 1» (a tal proposito, cfr. n. 1.4.1). Almeno per il momento, è tuttavia opportuno rinunciare a una siffatta integrazione. Le due leggi federali in questione prevedono infatti disposizioni procedurali assai specifiche che ­ dato il loro campo di applicazione personale e materiale ­ si distinguono per molti versi dalle norme della procedura penale ordinaria. La loro inclusione nel Codice di procedura penale ritarderebbe oltremisura i lavori di unificazione12. Talune altre materie che non pertengono specificamente al diritto processuale penale (segnatamente la grazia, l'esecuzione delle pene e il diritto del casellario giudiziale) sono pure sostanzialmente escluse dall'unificazione.

Occorre invece integrare nella nuova procedura penale unificata numerose disposizioni procedurali che figurano attualmente in altri atti normativi. Si tratta ­ per citare solo gli atti più importanti ­ del Concordato del 5 novembre 199213 sull'assistenza giudiziaria e la cooperazione intercantonale in materia penale nonché di parti della legge federale del 4 ottobre 199114 concernente l'aiuto alle vittime di reati, della legge federale del 20 giugno 200315 sull'inchiesta mascherata, della legge federale del 6 ottobre 200016 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni, della legge del 20 giugno 200317 sui profili del DNA e, nella misura in cui contemplano disposizioni procedurali, del Codice penale18 e della futura legge federale sul diritto penale minorile19.

1.3

I molteplici motivi dell'unificazione

Le nuove forme di criminalità e la necessità di adottare misure speciali per combatterle sono senz'altro state il fattore che ha maggiormente influito sulla decisione di unificare il diritto processuale penale. Ulteriori motivi rendono tuttavia necessaria, o perlomeno auspicabile, una siffatta unificazione. Tali motivi sono indipendenti dal tipo di criminalità e dalla gravità dei reati e valgono per la procedura penale nel suo complesso20.

11 12

13 14 15 16 17 18 19 20

Procedura penale militare del 23.3.1979 (PPM, RS 322.1); legge federale del 22.3.1974 sul diritto penale amministrativo (DPA, RS 313.0).

Cfr. anche Aus 29 mach 1 ­ Konzept einer eidgenössischen Prozessordnung. Bericht der Expertenkommission «Vereineitlichung des Strafprozessrechts», DFGP, Berna, dicembre 1997, pagg. 42 seg. e 69 segg.; cfr. inoltre il rapporto esplicativo concernente il Codice di procedura penale svizzero, DFGP/Ufficio federale di giustizia, Berna, giugno 2001, pagg. 8 seg. Entrambi i rapporti possono essere consultati nel sito Internet http://www.bj.admin.ch/bj/it/home/themen/sicherheit/gesetzgebung/strafprozess.html.

RU 1993 2876 RS 312.5 RS 312.8 RS 780.1 RS 363 RS 311.0 FF 2003 3844 A tal proposito, cfr. anche il messaggio del 20.11.1996 concernente la revisione della Costituzione federale, FF 1997 I 1, segnatamente pagg. 485 seg.

1001

1.3.1

Grado di armonizzazione viepiù elevato grazie alla giurisprudenza delle giurisdizioni supreme

Negli ultimi decenni il Tribunale federale, la Corte europea dei diritti dell'uomo e, a suo tempo, la Commissione europea dei diritti dell'uomo hanno determinato ­ mediante la loro giurisprudenza ­ un avvicinamento considerevole delle diverse normative processuali penali, soprattutto per quanto concerne la disciplina della carcerazione, l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici penali e le basi legali in materia di provvedimenti coercitivi, in particolare di misure di sorveglianza segrete.

Questa influenza esercitata dalla giurisprudenza delle giurisdizioni supreme perdura.

È completata da norme internazionali concernenti il diritto processuale penale quali quelle previste nel Patto internazionale del 16 dicembre 196621 relativo ai diritti civili e politici (Patto ONU II), nella Convenzione del 20 novembre 198922 sui diritti del fanciullo o nelle Convenzioni dell'ONU e del Consiglio d'Europa concernenti la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti23, strumenti cui la Svizzera ha aderito24.

Quest'evoluzione a livello internazionale e la legislazione federale più recente su aspetti del diritto processuale penale (cfr. n. 1.1) hanno già consentito di conseguire una certa armonizzazione in settori importanti. L'unificazione formale delle diverse leggi di procedura penale prevista nel presente progetto è unicamente volta a completare e portare a compimento questo processo di armonizzazione. Nella misura in cui in futuro occorrerà adeguare il nostro diritto procedurale ­ per esempio a seguito dell'evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ­, tale compito sarà assolto da un unico legislatore e non più, come avvenuto sinora, da più legislatori.

1.3.2

Rafforzamento della certezza del diritto e dell'uguaglianza giuridica

Una volta realizzata l'unificazione del diritto processuale, i reati ­ oltre ad essere definiti in modo uniforme per l'intera Svizzera ­ saranno anche perseguiti e giudicati secondo le medesime norme procedurali. Sovente il diritto penale materiale e quello processuale sono indissolubilmente legati; occorre pertanto che siano armonizzati tra loro nel miglior modo possibile. Benché non si possa affermare che l'attuale frammentazione giuridica comporti gravi lacune, è indubbio che l'applicazione uniforme del diritto penale federale sarebbe meglio garantita unificando la

21 22 23

24

RS 0.103.2 RS 0.107 Convenzione del 10.12.1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, RS 0.105; Convenzione europea del 26.11.1987 per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, RS 0.106.

Sia il Comitato dei diritti dell'uomo dell'ONU (per quanto concerne il Patto ONU II) sia il Comitato dell'ONU contro la tortura hanno del resto invitato a più riprese la Svizzera a intensificare i suoi sforzi al fine di unificare la procedura penale: Observations finales du Comité des droits de l'homme dell'8.11.1996 e del 12.11.2001, concernenti rispettivamente il primo e il secondo rapporto della Svizzera, n. 24 e n. 12; Observations finales du Comité contre la torture del 27.11.1997 concernente il terzo rapporto della Svizzera, n. 95: www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf.

1002

procedura penale25. La dispersione delle norme processuali costituisce inoltre un inutile ostacolo per le parti in causa ed è sovente fonte di inconvenienti anche per gli avvocati. In un piccolo Paese come la Svizzera, la coesistenza di normative differenti nuoce alla certezza del diritto. In singoli casi, può persino pregiudicare sensibilmente i diritti dei partecipanti al procedimento; si pensi per esempio ai casi di carcerazione in cui non è in un primo tempo chiaro quali siano l'autorità competente per territorio e il diritto processuale applicabile26.

1.3.3

Agevolazione dell'impiego intercantonale di personale

L'unificazione del diritto processuale penale agevola l'impiego intercantonale delle persone operanti nei settori del perseguimento e della giustizia penali. Oggi chi opera in tali settori è in ampia misura legato al Cantone di cui padroneggia la procedura. Non è escluso che tali persone possano svolgere la loro attività in un altro Cantone, ma la situazione giuridica attuale non agevola loro il compito. L'unificazione contribuirebbe quindi a sopprimere le barriere che le frontiere cantonali comportano per gli operatori di giustizia, il che offrirebbe loro prospettive di carriera più attrattive e garantirebbe ai Cantoni maggiori possibilità di scelta tra professionisti qualificati ed esperti.

1.3.4

Vantaggi per la dottrina e l'insegnamento

L'unificazione comporterebbe infine vantaggi per lo studio scientifico del diritto processuale penale e per la formazione universitaria in questa materia. La molteplicità delle normative impedisce da sempre, anche a chi ben conosce le diverse leggi di procedura, di avere una visione globale del diritto processuale penale svizzero. È significativo che la maggior parte dei grandi trattati di procedura penale si concentrino in ampia misura o esclusivamente sul codice di un determinato Cantone. Risulta pertanto difficile offrire agli studenti un quadro globale dell'ordinamento processuale penale vigente nel nostro Paese27.

25 26

27

Cfr. il messaggio del 20.11.1996 concernente la revisione della Costituzione federale, FF 1997 I 1, segnatamente pag. 495.

Cfr. la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa R.M.D. contro la Svizzera, Recueil des arrêts et décisions, 1997-VI 2003 segg., segnatamente pagg. 2015 seg., n. 52 segg.

Vanno inoltre segnalate le difficoltà che i rappresentanti della Svizzera incontrano in seno a organismi specializzati internazionali, sia in ambito scientifico sia nel quadro della cooperazione intergovernativa. Anche in tali ambiti la molteplicità delle normative processuali vigenti nel nostro Paese si rivela non di rado un ostacolo per una collaborazione proficua.

1003

1.4

Genesi del progetto

1.4.1

Commissione peritale (1994­1997)

Nel mese di maggio del 1994 l'allora capo del DFGP istituì una commissione peritale incaricandola di esaminare «se, al fine di garantire l'efficacia del perseguimento penale, in particolare nei settori della criminalità economica e del crimine organizzato, sia opportuno unificare in tutto o in parte il diritto processuale penale o adottare altre misure adeguate». Più precisamente, la Commissione avrebbe dovuto elaborare uno o più modelli normativi «che rispondano alle esigenze di un perseguimento penale efficace e garantiscano nel contempo la protezione dei diritti dell'imputato e l'affidabilità delle decisioni giudiziarie». (trad.)

All'inizio del 1995 la Commissione peritale presentò un rapporto intermedio in cui indicò i settori nei quali sarebbe stato necessario legiferare ed evidenziò l'influenza che la giurisprudenza delle giurisdizioni supreme esercita sul diritto processuale penale. Nel mese di dicembre del 1997, la Commissione espose i risultati del suo lavoro nel rapporto «Aus 29 mach 1»28, in cui abbozzò le grandi linee di una procedura penale unificata. I periti proposero di non limitarsi ad adottare una semplice legge quadro bensì di disciplinare la materia in modo esaustivo, salvaguardando tuttavia il più possibile la sovranità organizzativa dei Cantoni. Per quanto concerne la procedura preliminare, la Commissione peritale si espresse a favore di un modello che combinasse l'intervento di giudici istruttori indipendenti e del pubblico ministero.

In seguito il rapporto è stato oggetto di diverse indagini conoscitive presso rappresentanti dei Cantoni, degli addetti ai lavori e della dottrina29. Da tali hearing è emerso un consenso unanime sulla proposta della Commissione peritale di procedere a un'unificazione integrale delle norme processuali. Per quanto concerne il modello di perseguimento penale, si è tuttavia manifestata una tendenza assai netta a favore di una soluzione diversa da quella proposta dai periti, ossia di un modello in cui si rinunci alla funzione del giudice istruttore (modello «pubblico ministero II», n. 1.5.2).

1.4.2

Elaborazione degli avamprogetti (1999­2001)

Nel mese di marzo del 1999 il DFGP ha incaricato Niklaus Schmid, professore emerito dell'Università di Zurigo, di elaborare un avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero (AP-CPP) e il relativo rapporto esplicativo. Nel mandato si precisava che il diritto processuale penale minorile doveva essere integrato in modo adeguato nel progetto di unificazione facendo capo a un ulteriore perito. All'inizio del 2000 l'Ufficio federale di giustizia ha incaricato Jean Zermatten, allora presidente del Tribunale dei minorenni del Cantone del Vallese, di elencare i problemi che avrebbe posto l'unificazione del diritto processuale penale minorile e di indicare le possibili soluzioni. Il perito ha presentato il relativo rapporto nel mese di aprile del 28

29

Aus 29 mach 1 ­ Konzept einer eidgenössischen Prozessordnung. Bericht der Expertenkommission «Vereinheitlichung des Strafprozessrechts», DFGP, Berna, dicembre 1997 (in seguito: Aus 29 mach 1).

Compendiati in: Aus 29 mach 1 ­ Hearings zum Bericht der Expertenkommission «Vereinheitlichung des Strafprozessrechts», Ufficio federale di giustizia, Berna, luglio 1998 (in seguito: Hearings).

1004

2000. Anche tale documento è stato oggetto di un'indagine conoscitiva circostanziata. In seguito Jean Zermatten è stato incaricato di elaborare un avamprogetto di disposizioni concernenti la procedura penale minorile (AP-PPMin) e il relativo rapporto esplicativo.

I due periti hanno consegnato i loro avamprogetti e rapporti esplicativi rispettivamente alla fine del 2000 e all'inizio del 2001; nel mese di giugno del 2001 i testi, leggermente rimaneggiati, sono stati pubblicati nelle tre lingue ufficiali per la procedura di consultazione30.

1.4.3

Procedura di consultazione (2001­2003)

Nel mese di giugno del 2001 abbiamo incaricato il DFGP di indire una procedura di consultazione concernente i due avamprogetti sopraccitati. Nei documenti posti in consultazione è stato incluso il rapporto intermedio di una commissione peritale incaricata della revisione totale della legge federale del 4 ottobre 199131 concernente l'aiuto alle vittime di reati. Il rapporto intermedio conteneva proposte alternative in merito alle disposizioni sullo statuto della vittima previste nell'AP-CPP32.

Complessivamente, fino al marzo 2002 sono pervenuti 110 pareri, pari a un totale di circa 2000 pagine. Si sono pronunciati tutti i Cantoni, il Tribunale federale, 7 partiti politici e 76 organizzazioni interessate. I pareri sono sintetizzati e valutati in un rapporto dettagliato del mese di febbraio del 200333.

In linea di principio l'idea di unificare il diritto processuale penale ha praticamente raccolto un consenso unanime. Il progetto è considerato importante, necessario e prioritario e se ne sottolineano i vantaggi sotto il profilo della certezza del diritto, dell'uguaglianza giuridica e dei principi dello Stato di diritto. La stragrande maggioranza dei partecipanti alla consultazione approva la proposta di disciplinare la procedura penale applicabile agli adulti e quella minorile in due leggi distinte: concepita come una lex specialis, la legge concernente la procedura penale minorile dovrebbe contenere soltanto tutte le norme che derogano al diritto processuale penale applicabile agli adulti. Come previsto, la questione del modello di perseguimento penale ha suscitato un vasto interesse. La maggioranza degli interpellati ­ e in particolare dei Cantoni ­ approva i modelli di perseguimento penale proposti nei due avamprogetti, ossia il modello «pubblico ministero II» (rinuncia all'istituto del giudice istruttore) per quanto concerne la procedura penale applicabile agli adulti e il modello «giudice dei minorenni» (che conferisce a tale giudice, concepito quale autorità specializzata, 30

31 32

33

Avamprogetti di Codice di procedura penale svizzero e di legge federale sulla procedura penale minorile svizzera e relativi rapporti esplicativi, DFGP/Ufficio federale di giustizia, Berna, giugno 2001. I quattro documenti sono consultabili nel sito Internet http://www.bj.admin.ch/bj/it/home/themen/sicherheit/gesetzgebung/strafprozess.html.

LAV, RS 312.5 Rapporto intermedio della commissione peritale per la revisione della legge concernente l'aiuto alle vittime di reati ­ Parere e proposte sull'avamprogetto di Codice di procedura penale svizzero, febbraio 2001 (http://www.bj.admin.ch/bj/it/home/themen/sicherheit/gesetzgebung/strafprozess.html).

Compendio dei risultati della procedura di consultazione relativa agli avamprogetti di Codice di procedura penale svizzero e di legge federale sulla procedura penale minorile svizzera, DFGP/Ufficio federale di giustizia, Berna, febbraio 2003 (in seguito: Compendio dei risultati della procedura di consultazione) (http://www.bj.admin.ch/bj/it/home/themen/sicherheit/gesetzgebung/strafprozess.html).

1005

ampie competenze in materia di istruzione penale, giudizio ed esecuzione) per quanto riguarda il diritto processuale penale minorile34.

A prescindere da questa questione di principio e dalle numerose e molteplici critiche di dettaglio, entrambi gli avamprogetti sono stati giudicati basi valide per il seguito dei lavori.

1.4.4

Rielaborazione degli avamprogetti (2003­2005)

Con decisione del 2 luglio 2003 abbiamo preso atto dei risultati della procedura di consultazione e incaricato il DFGP di rielaborare gli avamprogetti e di preparare un messaggio concernente l'unificazione del diritto processuale penale svizzero. I disegni di legge elaborati dall'Ufficio federale di giustizia sono stati discussi con gli autori degli avamprogetti. Anche l'armonizzazione delle disposizioni speciali concernenti la procedura penale minorile con quelle del diritto processuale penale applicabile agli adulti è stata oggetto dell'esame congiunto dell'UFG e dei due periti.

Nel mese di agosto del 2005 si è svolto, sotto la direzione del capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia, un colloquio tra rappresentanti delle autorità di perseguimento penale, della dottrina penalistica e dell'amministrazione vertente su alcune questioni specifiche35. A seguito di questo incontro i due disegni sono stati rielaborati in taluni punti.

1.5

Grandi linee del disegno di Codice di diritto processuale penale svizzero (D-CPP)

1.5.1

Direttrici generali

1.5.1.1

Un disegno che si riallaccia allo statu quo

Il disegno non è volto a introdurre un diritto processuale penale totalmente nuovo per la Svizzera. Si ispira a procedure e istituti vigenti nella misura in cui gli stessi si siano rivelati appropriati. Laddove necessario e sensato, tali istituti e procedure sono tuttavia stati perfezionati, in parte anche alla luce del diritto di rango superiore (p. es.

Costituzione federale, CEDU e Patto ONU II), al fine di creare una normativa processuale penale uniforme e applicabile in tutta la Svizzera che consenta di adeguarsi alla futura evoluzione del diritto e della società.

34 35

Per informazioni più circostanziate riguardo ai diversi modelli di perseguimento penale e ai relativi risultati della procedura di consultazione, cfr. n. 1.5.2 e 1.6.5.

Ruolo della polizia nella procedura preliminare, ammissibilità di accordi conclusi tra il pubblico ministero e l'imputato, «avvocato della prima ora», diritto di presentare istanze probatorie, proponibilità dell'appello contro sentenze del Tribunale penale federale, obbligo delle autorità operanti nel settore della giustizia penale minorile di specializzarsi e di operare soltanto in tale settore.

1006

1.5.1.2

Una codificazione completa

Il presente disegno non mira soltanto a codificare una parte più ampia possibile del diritto processuale, sinora disperso in numerosi atti normativi cantonali e federali (n. 1.2), ma è anche volto a disciplinare questa materia nel modo più completo possibile. Questo spiega la sua mole relativamente voluminosa (circa 460 articoli talvolta assai dettagliati). Benché rispetto all'avamprogetto del 2001 il testo sia stato snellito e semplificato sotto il profilo linguistico, il disegno continua a presentare un'elevata densità normativa. Si tratta di una scelta consapevole dettata dall'intento di rafforzare l'effetto unificatore: occorre infatti che le nuove norme possano essere applicate il più presto possibile e in modo uniforme in tutta la Svizzera senza porre grandi problemi di interpretazione. È inoltre opportuno che il diritto processuale, che concerne in ampia misura diritti e obblighi delle autorità e delle persone implicate nel procedimento penale, sia disciplinato in un unico atto di rango legislativo. Di conseguenza, a livello di ordinanza saranno disciplinate soltanto questioni d'importanza secondaria e di carattere piuttosto tecnico, quali per esempio questioni di dettaglio concernenti il calcolo delle spese procedurali (art. 431) e le pubblicazioni ufficiali (art. 452). Il principio secondo cui il diritto processuale penale deve in linea di massima essere codificato in una legge e disciplinato mediante ordinanza soltanto per quanto concerne aspetti «marginali» è del resto conforme alla tradizione legislativa svizzera36 e a quella dei Paesi limitrofi37.

1.5.1.3

Limitata ingerenza nell'organizzazione giudiziaria della Confederazione e dei Cantoni

L'unificazione del diritto processuale non implica necessariamente quella delle autorità penali operanti a livello federale e cantonale. L'organizzazione delle autorità penali ­ che si è evoluta nell'arco dei secoli ­ varia considerevolmente nei diversi Cantoni, non da ultimo per motivi inerenti alle loro dimensioni. Sarebbe pertanto sbagliato stabilire in dettaglio di quali autorità debbano disporre i Cantoni. Del resto, in virtù dell'articolo 123 capoverso 2 Cost. l'organizzazione giudiziaria resta di competenza cantonale, salvo diversa disposizione della legge.

Non va tuttavia trascurato il fatto che l'unificazione della procedura penale non può essere conseguita senza un minimo di uniformità in materia di organizzazione giudiziaria. Un determinato diritto processuale presuppone infatti, fino a un certo livello, una determinata organizzazione delle autorità. Conformemente a quanto proposto nel rapporto peritale «Aus 29 mach 1»38 e in occasione delle indagini conoscitive39, il presente disegno si limita agli interventi necessari per garantire l'unificazione del 36

37

38 39

Vanno tuttavia segnalate due eccezioni, ossia: la normativa del Cantone dei Grigioni, che comprende un numero relativamente elevato di ordinanze in materia di diritto processuale penale e, a livello federale, l'ordinanza del 24.10.1979 concernente la giustizia penale militare (RS 322.2).

Il CPP tedesco, riveduto a più riprese, consta di oltre 500 articoli; il nuovo CPP austriaco, adottato di recente, ne contiene 517. Le leggi di procedura penale dei nostri vicini latini sono altrettanto voluminose, anche a prescindere da diverse materie che in Svizzera non saranno disciplinate nel CPP (Francia: 802 articoli; Italia: 748 articoli).

Pag. 34.

Hearings, pagg. 69, 79 e 80. Durante le indagini conoscitive, taluni interpellati hanno tuttavia anche chiesto un'unificazione dell'organizzazione delle autorità; cfr. p. es.

pag. 132.

1007

diritto processuale penale. Tale soluzione rappresenta un compromesso tra un disciplinamento esaustivo dell'organizzazione delle autorità e un regime che accordi alla Confederazione e ai Cantoni una libertà totale in questo settore. In tal senso, il disegno prescrive a Confederazione e Cantoni, in termini schematici, quali autorità debbano istituire, per esempio una polizia, un pubblico ministero, tribunali di primo grado e talune giurisdizioni di ricorso. Il compito di determinare la composizione e la denominazione di tali autorità e di definirne le competenze per materia è tuttavia lasciato in ampia misura alla Confederazione e ai Cantoni (cfr. n. 2.2.1.1 ad art. 14).

1.5.1.4

Tentativo di creare normative equilibrate

Il presente disegno cerca di stabilire un giusto equilibrio tra gli interessi diametralmente opposti presenti nel procedimento penale, ossia gli interessi dello Stato, detentore del monopolio dell'azione penale, dell'imputato e della vittima. Rinuncia a soddisfare istanze troppo radicali, che possono essere formulate per tutelare unilateralmente determinati interessi ma che non tengono conto dell'antinomia tra interessi collettivi e individuali insita nel processo penale. Simili richieste sono state avanzate anche durante la procedura di consultazione, per esempio riguardo al ruolo della polizia nella procedura preliminare, ai diritti di difesa dell'imputato o allo statuto della vittima nel procedimento penale. Le diverse posizioni assunte a tal proposito sono sovente inconciliabili, il che riflette le antinomie proprie del processo penale.

Si tornerà su questi aspetti nel commento delle singole disposizioni.

1.5.1.5

Armonizzazione con altre leggi procedurali federali

L'unificazione della procedura penale non è l'unico progetto di diritto processuale di cui si sta occupando la Confederazione. Parallelamente sono in corso i lavori di unificazione della procedura civile40; il Parlamento ha inoltre già adottato la nuova legge del 17 giugno 200541 sul Tribunale federale (LTF), che entrerà verosimilmente in vigore il 1° gennaio 2007, e la legge del 17 giugno 200542 sul Tribunale amministrativo federale.

L'unificazione del diritto processuale penale consentirà di uniformare in ampia misura una terminologia oggi caratterizzata da una molteplicità di nozioni talvolta fuorviante. Il progetto offre inoltre l'occasione propizia per conseguire una certa armonizzazione delle normative procedurali federali. Diverse materie di diritto processuale sono infatti disciplinate in tutte le leggi di procedura. Tuttavia, le relative normative differiscono sovente tra loro, sia sotto il profilo formale sia dal punto di vista materiale, senza che tali differenze siano giustificate da motivi oggettivi.

La legge sul Tribunale federale recentemente adottata e gli attuali lavori di unificazione della procedura civile e del diritto processuale penale hanno offerto l'occasione per individuare le materie disciplinate in tutte le leggi procedurali e armonizzare nel modo più ampio possibile le relative disposizioni. Sono segnatamente state armonizzate le disposizioni concernenti: 40 41 42

Il relativo messaggio è previsto per la metà del 2006.

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

FF 2005 3689; futuro numero RS 173.61.

1008

­

la ricusazione;

­

il diritto di non deporre;

­

il gratuito patrocinio per l'accusatore privato;

­

la notificazione;

­

i termini (inosservanza e restituzione); e

­

l'interpretazione, la rettifica e la revisione.

Nei settori sopraccitati, le disposizioni proposte sono talvolta identiche e talvolta soltanto simili. A volte è stato necessario mantenere alcune differenze in materie che sono per il resto disciplinate in modo uniforme. L'armonizzazione è limitata in due casi, ossia se la struttura e la sistematica del testo di legge impongono differenze formali e se le differenze che contraddistinguono gli oggetti del procedimento e i principi che reggono quest'ultimo rendono necessaria l'adozione di norme specifiche.

1.5.2

Modello di perseguimento penale unitario

Il modello di perseguimento penale informa la procedura preliminare, ossia le fasi del procedimento che precedono la procedura giudiziaria vera e propria. La procedura preliminare comprende quindi le indagini di polizia e l'istruzione penale, che si conclude con un decreto d'abbandono o con la promozione dell'accusa. Con la scelta del modello di perseguimento penale si determina anzitutto in che modo vadano riuniti e sottoposti al giudice i fatti e le prove essenziali per la sentenza di merito. I vari modelli differiscono tra loro soprattutto per quanto concerne i rapporti reciproci tra le autorità che intervengono nella procedura preliminare (polizia, giudice istruttore e pubblico ministero) e il ruolo delle stesse in tale procedura.

I modelli di perseguimento penale attualmente previsti in Svizzera variano da Cantone a Cantone; con le debite semplificazioni, possono nondimeno essere classificati in quattro modelli di base, denominati comunemente modelli «giudice istruttore I e II» e modelli «pubblico ministero I e II»43.

1.5.2.1

I quattro modelli di base

Nel modello «giudice istruttore I» l'istruzione penale è diretta da un giudice istruttore indipendente. A tale giudice è subordinata anche la polizia giudiziaria, il che elimina la bipartizione in indagini di polizia e istruzione propriamente detta. In tal senso la procedura preliminare è «unipersonale»: il giudice istruttore la avvia di propria iniziativa e la polizia giudiziaria sottostà alle sue istruzioni. Il pubblico ministero non può impartire istruzioni al giudice istruttore; interviene nella procedura preliminare soltanto in qualità di parte. Chiusa tale procedura, deve formulare

43

Aus 29 mach 1, pagg. 29 segg. e rapporto esplicativo concernente l'AP-CPP, pagg. 14 segg. La denominazione «modello pubblico ministero I» può dar adito a malintesi, giacché in tale modello il giudice istruttore partecipa al procedimento. Sarebbe quindi preferibile suddividere i modelli di base in tre modelli «giudice istruttore» e un modello «pubblico ministero».

1009

l'accusa e sostenerla in giudizio. Attualmente cinque codici processuali cantonali prevedono ancora questo sistema44.

Dieci Cantoni prevedono oggi il modello «giudice istruttore II»45. Nella procedura preliminare intervengono sia il giudice istruttore sia il pubblico ministero. A differenza di quanto previsto nel modello «giudice istruttore I», il giudice istruttore non è tuttavia indipendente dal pubblico ministero ed è vincolato alle sue istruzioni. Il grado di vincolatività delle istruzioni del pubblico ministero varia da un Cantone all'altro a seconda della legislazione e della prassi. Anche le forme di cooperazione tra giudice istruttore e pubblico ministero differiscono: in taluni Cantoni il giudice istruttore è competente per decidere l'abbandono del procedimento o la messa in stato d'accusa mentre in altri ha soltanto poteri istruttori e, tuttalpiù, la competenza di abbandonare il procedimento. Nella maggioranza dei Cantoni l'accusa è promossa e sostenuta in giudizio unicamente dal pubblico ministero.

Il modello «pubblico ministero I», derivante dal diritto francese, è caratterizzato dall'intervento di un giudice istruttore indipendente e dalla bipartizione della procedura preliminare. Questo secondo aspetto distingue tale modello dal modello «giudice istruttore I»: prima che intervenga il giudice istruttore, la polizia giudiziaria svolge le indagini sotto la direzione del pubblico ministero. Questi chiede in seguito al giudice istruttore di aprire l'istruzione. Alla stregua di quanto previsto nel modello «giudice istruttore I», durante tale fase il pubblico ministero ha soltanto i diritti di una parte e non ha il potere di impartire istruzioni. Chiusa l'istruzione, il giudice istruttore trasmette il fascicolo al pubblico ministero, che decide se promuovere l'accusa o abbandonare il procedimento. Questo sistema è oggi previsto soprattutto nella procedura penale federale46, ma anche in cinque Cantoni47.

Il modello «pubblico ministero II» è caratterizzato dall'assenza di un giudice istruttore. Il pubblico ministero dirige l'intera procedura preliminare, che non è scissa in due parti. Di conseguenza, dirige la procedura investigativa della polizia, conduce l'istruzione penale, promuove l'accusa e la sostiene in giudizio. Solitamente, dirige anche la polizia giudiziaria o ha perlomeno il
potere di impartirle istruzioni. Il fatto che le indagini, l'istruzione penale e la promozione dell'accusa siano di competenza di un'unica autorità consente di accrescere l'efficienza del perseguimento penale. In un siffatto sistema occorre tuttavia prevedere misure, quali l'istituzione di un giudice dei provvedimenti coercitivi e un rafforzamento dei diritti della difesa, volte a controbilanciare i poteri molto ampi di cui dispone il pubblico ministero. Negli ultimi anni quattro Cantoni hanno abbandonato il sistema precedentemente adottato per passare al modello «pubblico ministero II», oggi previsto in sei Cantoni48. Proponiamo di adottare tale modello anche nel nuovo Codice di diritto processuale penale svizzero.

44

45

46 47 48

GL, ZG, FR, VD e VS. Sino a poco tempo fa anche SO prevedeva tale modello; lo ha tuttavia abbandonato per adottare il modello «pubblico ministero II» (nuovo CPP, in vigore dal 1.8.2005).

BE, LU, SZ, OW, NW, BL (in parte), SH, AR, GR, TG. Tre Cantoni (AI, SG, ZH) il cui sistema di perseguimento penale poteva ancora recentemente essere incluso in modo più o meno univoco in tale modello hanno ora adottato il modello «pubblico ministero II».

Art. 108 PP.

UR, AG, NE, GE e JU.

BS, TI, SG, AI, SO, ZH. BL lo prevede per il perseguimento dei reati di criminalità economica.

1010

1.5.2.2

Scelta del modello di perseguimento penale: pareri in procedura di consultazione

Date la sua importanza e l'incidenza che può avere sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione e dei Cantoni, la questione del modello di perseguimento ha suscitato vasto interesse durante la procedura di consultazione: quasi tre quarti dei partecipanti hanno espresso il loro parere in merito. Il modello «pubblico ministero II» proposto nell'avamprogetto è stato approvato da oltre il 60 per cento degli interpellati. È tuttavia anche stato respinto da quasi il 40 per cento degli interpellati.

Per quanto concerne i Cantoni, 15 si sono dichiarati favorevoli e 11 contrari49. I motivi addotti dai sostenitori di tale modello sono di varia natura: la maggioranza di loro approva la scelta operata nell'avamprogetto poiché è del parere che il modello «pubblico ministero II» rappresenti la migliore soluzione, mentre una minoranza è favorevole a tale scelta poiché ritiene che, dato lo stato di avanzamento dei lavori, sarebbe inopportuno rimettere in discussione il modello proposto50. Diversi partecipanti alla consultazione hanno rilevato che la scelta del modello riveste un'importanza relativa e hanno invece sottolineato la necessità di dotare gli organi di perseguimento penale di personale e mezzi adeguati51 o di prevedere una procedura sufficientemente improntata ai principi dello Stato di diritto52.

Agli interpellati è stato anche chiesto quale modello andasse, se del caso, preferito al modello «pubblico ministero II»: 11 interpellati (tra cui cinque Cantoni) si sono pronunciati a favore del modello «giudice istruttore I»53, 12 (tra cui 7 Cantoni) per il modello «giudice istruttore II»54 e 4 per il modello «pubblico ministero I»55.

1.5.2.3

Motivi che giustificano l'adozione del modello «pubblico ministero II»

Va anzitutto rilevato che è assolutamente necessario adottare un modello di perseguimento ben preciso. Nell'ambito dell'unificazione del diritto processuale penale non si può prescindere dallo stabilire quali autorità penali siano responsabili della procedura preliminare e quali competenze vadano attribuite a tali autorità. Il contenuto di numerose norme procedurali di fondamentale importanza dipende infatti dalla soluzione data a questa questione. Senza una decisione a tal proposito si indebolirebbe sensibilmente l'effetto unificatore perseguito con il presente progetto.

Questa opinione non concorda soltanto con quella espressa dai periti e dalla stra-

49

50 51 52 53 54 55

Favorevoli: AR, AI, BL, BS, BE, GE, GR, SH, SZ, SO, SG, TI, UR, ZG, ZH, ZH, PCS, PPD, PLR, PLS, PS, economiesuisse, SwissBanking, SSDP, FSA, MP GE, CAIS, MP AG, Neustart, Polizia comunale BE, Polizia comunale ZH, Università di SG, UFP, CFQF, HEV, SUISA, PSA. Contrari: AG, FR, GL, JU, LU, NE, NW, OW, TG, VD, VS, PES, UDC, CP, FRSP, CVAM, AJP, Ordine degli avvocati GE, IKS, CCPCS, Polizia VD, Polizia comunale Losanna, Polizia comunale SG, SSV, Università di Losanna.

Minoranza: BE, GE, PLS, MP GE, MP AG.

GL, OW, PLS, CAPP.

GDS, FSA, ASP.

AG, GL, JU, VD, VS, PES, CP, CVAM, AJP, Polizia VD, Università di Losanna.

BE, FR, LU, NE, NW, OW, TG, UDC, IKS, CCPCS, Polizia comunale SG, FSFP.

PLS, FRSP (che ammetterebbe anche il modello «giudice istruttore I»), Ordine degli avvocati GE, FSA (qualora il modello «pubblico ministero II» non dovesse essere adottato).

1011

grande maggioranza dei partecipanti alla consultazione56; in occasione di un colloquio vertente sui risultati della procedura di consultazione57, anche la Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale si è infatti dichiarata nettamente favorevole all'adozione di un unico modello di perseguimento, rilevando che tale modello costituisce un elemento essenziale della procedura preliminare.

La scelta del modello di perseguimento non deve tuttavia essere elevata a «dogma» e la portata di questa decisione non va sopravvalutata, giacché in definitiva tutti i modelli di perseguimento penale attualmente previsti in Svizzera potrebbero servire da fondamento per una procedura penale sufficientemente efficace e rispettosa dei principi dello Stato di diritto. Molto dipende anche dal modo in cui i singoli modelli sono concretamente applicati, da come le autorità di perseguimento penale interpretano il loro compito e dalle risorse di cui esse dispongono.

Per quanto concerne la procedura penale applicabile agli adulti, riteniamo che il modello «pubblico ministero II» vada preferito agli altri modelli poiché siamo convinti che tale scelta rappresenti, sotto il profilo procedurale, la soluzione meglio atta a consentire ­ sia attualmente sia in futuro ­ una lotta efficace contro la criminalità. Le considerazioni qui appresso hanno influito in modo determinante sulla scelta di questo modello di perseguimento:

56 57 58 59

­

l'obiettivo fondamentale è di migliorare l'efficienza del perseguimento penale tutelando nel contempo gli interessi legittimi dei privati implicati nel procedimento. Il fatto che il modello «pubblico ministero II» sia il modello meglio atto ad accrescere l'efficienza dell'azione penale sembra del resto incontestato58;

­

efficienza dell'azione penale non significa strapotere delle autorità di perseguimento. L'obiettivo non è giudicare l'imputato nell'ambito di un procedimento il più celere possibile. Si tratta piuttosto di ottimizzare l'iter della procedura preliminare: il fatto che il pubblico ministero sia responsabile dell'istruzione penale dall'apertura della stessa sino alla promozione dell'accusa consente di evitare i doppioni, inevitabili invece nei modelli di perseguimento in cui pubblico ministero e ufficio del giudice istruttore si alternano (talvolta anche a più riprese). In taluni casi quest'alternanza comporta oneri supplementari non irrilevanti59;

­

nonostante i vantaggi sopraesposti, il modello «pubblico ministero II» presenta anche taluni svantaggi. Comporta infatti una forte concentrazione dei poteri nelle mani del pubblico ministero e quindi una maggiore responsabilità dello stesso. Ciò ha come conseguenza la rinuncia al principio del «duplice esame» e, in taluni casi, segnatamente nelle cause penali di una certa portata, il rischio che i rapporti tra pubblico ministero e imputato diventino estremamente conflittuali. Questi inconvenienti possono tuttavia essere comAus 29 mach 1, pagg. 34 seg. e Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 16 e 19 segg.

Promosso dall'allora capo del DFGP e tenutosi il 18.11.2002.

Nel rapporto «Aus 29 mach 1» (pag. 33), anche i periti si pronunciano in tal senso per quanto concerne le procedure senza giudice istruttore.

È significativo che taluni Cantoni (LU e SZ) prevedano che nei casi di piccola e media criminalità al giudice istruttore compete non soltanto l'istruzione bensì anche la promozione dell'accusa. Prima di adottare il modello «pubblico ministero II», anche ZH prevedeva tale soluzione. Sostanzialmente quest'ultima pone in essere un sistema molto simile al modello «pubblico ministero II».

1012

pensati con misure appropriate: rafforzamento dei diritti della difesa, garantiti sin dall'inizio del procedimento, istituzione di un'autorità giudiziaria competente per disporre i provvedimenti coercitivi e controllarne l'esecuzione, introduzione di un diritto di reclamo contro le decisioni e gli atti procedurali del pubblico ministero (e della polizia che gli è subordinata), imposizione dell'obbligo di ricusazione anche al pubblico ministero, estensione del principio dell'immediatezza nell'ambito del dibattimento e attuazione di una vigilanza efficace nei riguardi del pubblico ministero. Per quanto concerne in particolare il principio del duplice esame, occorre rilevare che quest'ultimo non va totalmente abbandonato neppure in caso di adozione del modello di perseguimento proposto nel presente messaggio. Ad esempio, la costituzione di gruppi di magistrati per l'istruzione delle cause importanti dovrebbe consentire un certo esame incrociato dei casi;

60 61

­

alla stregua dei pubblici ministeri, i giudici istruttori sono anzitutto autorità di perseguimento penale. Sovente non sono quindi in grado di soddisfare le attese riposte nell'indipendenza giudiziaria ed è incerto se il loro statuto di giudice migliori la situazione dell'imputato, non soltanto sotto il profilo formale ma anche di fatto. V'è segnatamente da chiedersi se e in che misura i giudici istruttori siano in grado di fungere, durante la procedura preliminare, anche da giudice incaricato di disporre provvedimenti coercitivi e di controllarne l'esecuzione, il che renderebbe superflua l'istituzione di un giudice dei provvedimenti coercitivi60. La speranza che il loro statuto permettesse ai giudici istruttori di esercitare anche la funzione di giudice dell'arresto si è rivelata illusoria. La Corte di Strasburgo ha del resto stabilito che sia il giudice istruttore subordinato alle istruzioni del pubblico ministero sia, in taluni casi, il giudice istruttore indipendente non sono in grado di assolvere tale funzione poiché non sono sufficientemente imparziali61;

­

lo svantaggio maggiore dei due modelli in cui sono previsti giudici istruttori indipendenti (modello «giudice istruttore I» e modello «pubblico ministero I») risiede nella difficoltà di creare, soprattutto nei Cantoni più grandi, sezioni specializzate ed efficaci, dirette da persone esperte (il che presuppone un'organizzazione gerarchizzata), incaricate di intervenire contro le forme di criminalità più gravi. Per definizione, giudici istruttori indipendenti non possono essere integrati in una struttura gerarchizzata. Una siffatta gerarchia è tuttavia indispensabile, segnatamente se occorre istituire sezioni specializzate nella lotta contro determinate forme di criminalità;

Cfr. il rapporto esplicativo concernente l'AP-CPP, pag. 15 con rimandi alle indagini conoscitive (Hearings).

Sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo nelle cause Jutta Huber contro la Svizzera del 23.10.1990, Série A vol. 188 (procuratore distrettuale ZH), e H.B. contro la Svizzera del 5.4.2001 (giudice istruttore SO). Cfr. inoltre la sentenza nella causa I.O. contro la Svizzera dell'8.3.2001 (giudice istruttore BE) (composizione amichevole). Tutte le sentenze possono essere consultate nel sito Internet www.echr.coe.int. Di recente il Tribunale federale si è fondato su tale giurisprudenza per dichiarare contrario alla CEDU anche un ordine di carcerazione pronunciato dal giudice istruttore (Amtstatthalter) di Lucerna: DTF 131 I 36. Sembra quindi che la giurisprudenza tenda a esigere che non solo la competenza di statuire sulla legalità della detenzione (secondo l'art. 5 par. 4 CEDU) bensì anche quella di disporre la detenzione (secondo l'art. 5 par. 3 CEDU) siano riconosciute esclusivamente a magistrati che non sono coinvolti nell'istruzione penale propriamente detta.

1013

62 63 64 65 66 67

­

il modello «pubblico ministero II» proposto nel presente messaggio presenta il vantaggio di poter essere attuato in modo flessibile. È evidente che in un piccolo Cantone il pubblico ministero sarà strutturato in modo diverso da quanto previsto in un Cantone popoloso particolarmente colpito da talune forme di criminalità. In particolare, la possibilità di istituire un pubblico ministero superiore o un pubblico ministero generale garantirà alla Confederazione e ai Cantoni il margine di manovra necessario per dare alle rispettive autorità di perseguimento penale un'organizzazione adeguata alle loro esigenze. Confederazione e Cantoni potranno pertanto istituire autorità inquirenti e requirenti organizzate gerarchicamente e vincolate a istruzioni, ottimizzandone quindi sia l'efficienza sia la direzione e la vigilanza;

­

benché manchino dati numerici affidabili, è lecito prevedere che l'adozione del modello «pubblico ministero II» comporterà ­ rispetto agli altri modelli, soprattutto al modello «giudice istruttore I» preferito dalla Commissione peritale ­ una diminuzione degli oneri finanziari e in materia di personale. La soppressione dei doppioni consentirà risparmi; inversamente, l'istituzione di un giudice dei provvedimenti coercitivi (le cui funzioni sono già oggi assolte, perlomeno in parte, da autorità giudiziarie) non comporterà oneri supplementari se non quelli che dovrebbero essere presto o tardi assunti anche qualora si optasse per un altro modello di perseguimento penale62;

­

sulla scelta del modello «pubblico ministero II» ha influito anche la constatazione che i Cantoni e gli Stati che hanno modificato o intendono modificare il loro sistema di perseguimento penale hanno optato per tale modello. La tendenza in questa direzione è netta. In Svizzera, il modello «pubblico ministero II» è stato adottato alcuni anni or sono dal Cantone Ticino, più di recente dai Cantoni di San Gallo e Appenzello Interno e ultimamente dai Cantoni di Soletta e Zurigo63. Per quanto concerne gli Stati vicini, la Germania ha già da tempo rinunciato all'istituto del giudice istruttore. L'Italia lo ha fatto più di recente e l'Austria ultimamente. Anche lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 199864, ratificato dalla Svizzera, si fonda sul modello «pubblico ministero II»;

­

infine, il risultato della procedura di consultazione ha influito in modo decisivo sulla soluzione adottata per questa delicata questione: oltre ai sei Cantoni che hanno già scelto il modello «pubblico ministero II», nove ulteriori Cantoni che prevedono ancora un sistema di perseguimento penale diverso si sono pronunciati a favore di tale modello65. Lo stesso vale per diversi organismi specializzati attivi a livello nazionale66. La decisione è inoltre stata agevolata anche dal fatto che non si è delineata alcuna netta maggioranza a favore di un modello alternativo67.

Per informazioni più circostanziate sulle ripercussioni che la scelta del modello di perseguimento avrà per la Confederazione e i Cantoni, cfr. n. 4.1 e 4.2.

Fa eccezione il Cantone del Giura, che nel 1990 è passato dal modello «giudice istruttore I» al modello «pubblico ministero I».

Art. 53 segg. dello Statuto (RS 0.312.1); cfr. il messaggio del Consiglio federale in FF 2001 311, segnatamente pagg. 346 e 461 segg.

AR, BL, BE, GE, GR, SH, SZ, UR e ZG.

Società svizzera di diritto penale, Federazione svizzera degli avvocati, Conferenza delle autorità inquirenti svizzere.

Cfr. n. 1.5.2.2 in fine.

1014

1.5.3

Forme e strumenti processuali: innovazioni

Come rilevato a titolo introduttivo nel numero 1.5.1.1, il disegno si ispira in ampia misura a istituti e sistemi processuali già esistenti nelle leggi di procedura federali e cantonali. Ci si può quindi limitare a migliorare singoli aspetti e ad adeguarli alle esigenze poste dalla giurisprudenza delle giurisdizioni supreme o all'evoluzione delle concezioni. Si propongono pure normative non previste nelle leggi vigenti o contemplate soltanto in singoli ordinamenti. Queste innovazioni perseguono due obiettivi: sviluppare in modo adeguato i diritti procedurali delle parti e, di conseguenza, il principio dell'immediatezza del dibattimento e contribuire ad accrescere l'efficacia del perseguimento penale.

Il disegno introduce le seguenti innovazioni principali: ­

recepisce il modello di procedura preliminare «unipersonale», ossia il modello «pubblico ministero II»;

­

sviluppa il principio di opportunità già previsto nella nuova parte generale del Codice penale (n. 2.1.2.2);

­

rafforza i diritti della difesa mediante diverse misure quali l'ammissione del difensore dell'imputato agli interrogatori di polizia («avvocato della prima ora»), il diritto dell'imputato di essere assistito dal difensore in tutte le fasi del procedimento, il diritto di tacere e l'obbligo di fornire talune informazioni all'imputato anche durante la procedura investigativa della polizia (n. 2.3.2.2, 2.3.4.2, 2.4.1.2, 2.4.1.3, 2.4.2.2);

­

disciplina in modo circostanziato lo statuto della vittima nel procedimento e, rispetto a quanto previsto nella vigente legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati, lo rafforza parzialmente (n. 2.3.3.2);

­

soddisfa le esigenze di protezione dei testimoni, estendendo tuttavia il campo di applicazione delle pertinenti disposizioni a tutte le persone che devono essere interrogate nell'ambito del procedimento penale, eccettuato l'imputato (n. 2.4.1.4);

­

obbliga la Confederazione e i Cantoni a istituire un giudice dei provvedimenti coercitivi competente per approvare tali provvedimenti e per disporre i provvedimenti coercitivi più incisivi quali la carcerazione preventiva (n. 2.2.1.3). Al fine di soddisfare esigenze manifestatesi in un periodo recente, aggiunge inoltre all'elenco dei provvedimenti coercitivi tradizionali l'osservazione disposta dalla polizia nel procedimento penale (n. 2.5.8.3) e la sorveglianza delle relazioni bancarie (n. 2.5.8.4);

­

seguendo l'esempio di talune normative cantonali, prevede che il pubblico ministero e l'imputato possono, a determinate condizioni, concludere accordi (cosiddetta procedura abbreviata, n. 2.8.3);

­

prevede modi alternativi di risoluzione delle controversie: in caso di reati perseguibili a querela di parte, il pubblico ministero può convocare le parti a un'udienza di conciliazione; se entra in considerazione un'impunità poiché l'autore ha risarcito il danno o ha intrapreso tutto quanto si poteva ragione-

1015

volmente pretendere da lui per riparare al torto causato (art. 53 nCP68), il pubblico ministero è obbligato a indire una siffatta udienza. Può inoltre far capo in qualsiasi momento a un mediatore, il quale deve cercare di favorire una soluzione che sia il frutto di una libera negoziazione tra gli interessati (n. 2.6.3.3); ­

nelle disposizioni concernenti il dibattimento rafforza la portata del principio dell'immediatezza. Se il pubblico ministero chiede una pena detentiva senza la condizionale o una misura privativa della libertà, le parti possono domandare che durante il dibattimento si proceda alla riassunzione di prove raccolte nella procedura preliminare. Il giudice può prescindere da una siffatta riassunzione di prove soltanto a condizioni alquanto restrittive. Nei casi di lieve gravità può, a determinate condizioni, disporre l'assunzione semplificata delle prove, ossia una procedura che si svolge in linea di massima per scritto (n. 2.7.2.3);

­

consente al giudice di scindere il dibattimento in due parti; in tal caso, nella prima parte sono trattate soltanto le questioni concernenti i fatti o quelle relative ai fatti e alla colpevolezza e nella seconda le conseguenze di un responso di colpevolezza o di un'assoluzione (n. 2.7.2.3);

­

semplifica il sistema delle impugnazioni a livello cantonale; oltre alla revisione, rimedio giuridico speciale, prevede soltanto il reclamo e l'appello.

Non recepisce invece il ricorso per cassazione o per nullità previsto in taluni Cantoni. Nella procedura penale unificata, la revisione, il reclamo e l'appello sono considerati mezzi di ricorso sufficienti e nel contempo necessari. Di conseguenza occorrerà garantire la possibilità di interporre appello anche contro le sentenze del Tribunale penale federale (n. 4.1.2.2);

­

dato che in primo grado riconosce maggiore rilevanza al principio dell'immediatezza, in secondo grado, segnatamente in sede di appello, consente di utilizzare più frequentemente la procedura scritta e di limitare l'assunzione di nuove prove o la riassunzione di prove già assunte dinanzi alla giurisdizione inferiore (n. 2.9.3.2).

1.5.4

Istituti processuali non previsti

Già nell'avamprogetto del 2001 si era rinunciato a recepire diversi istituti processuali previsti in taluni codici cantonali o di cui si era discusso all'inizio dei lavori di unificazione della procedura penale. Tenuto conto dei risultati della procedura di consultazione, occorre rinunciare anche a ulteriori normative previste nell'avamprogetto.

68

Nel presente messaggio gli articoli del Codice penale nel tenore del 13.12.2002 (Modifica del Codice penale svizzero [Disposizioni generali, introduzione e applicazione della legge]), FF 2002 7351, sono citati con l'abbreviazione «nCP». Le disposizioni del Codice penale vigente sono invece citate con l'abbreviazione usuale «CP». La modifica del CP menzionata nelle righe precedenti entrerà verosimilmente in vigore il 1.1.2007.

1016

1.5.4.1

Procedimento su azione penale privata

Molti Cantoni prevedono, per i reati contro l'onore o altri reati punibili a querela di parte, il cosiddetto procedimento su azione penale privata. Con tale istituto, lo Stato lascia in un certo qual modo al danneggiato il compito di condurre il perseguimento penale. Spetta infatti al danneggiato promuovere l'accusa, produrre le prove necessarie, sopportare le spese ecc. In altri termini, quest'ultimo deve attuare autonomamente il procedimento penale e assumersi i rischi che ne derivano in materia di spese. In alcuni Cantoni simili reati a querela di parte sono perseguiti con procedimento d'ufficio, il quale è tuttavia preceduto da un tentativo di conciliazione dinanzi al giudice di pace. Altri Cantoni prevedono che il procedimento su azione penale privata si svolga nelle forme del processo civile. Infine, diversi Cantoni, segnatamente quelli romandi, non prevedono tale istituto.

Al fine di semplificare la procedura penale, il disegno rinuncia al procedimento su azione penale privata. Nel titolo ottavo figurano soltanto le procedure speciali necessarie sotto il profilo materiale (p. es. la procedura indipendente in materia di misure, n. 2.8.4) o dalle quali v'è da attendersi un contributo notevole in termini di alleggerimento del procedimento penale ordinario (p. es. la procedura del decreto d'accusa, n. 2.8.1.1). Per quanto concerne il procedimento su azione penale privata, tale contributo è pressoché irrilevante se si considera complessivamente il carico di lavoro che l'istituto comporta per le autorità penali (pubblico ministero e giudici). A seconda dei Cantoni, il procedimento su azione penale privata presenta caratteristiche mutuate in modo più o meno marcato dal processo civile, soprattutto nei casi in cui, analogamente a quanto previsto dal diritto processuale civile, l'istruzione penale dev'essere preceduta da un tentativo di conciliazione dinanzi al giudice di pace.

Questa commistione di elementi della procedura civile e del diritto processuale penale è discutibile, segnatamente nei casi in cui devono intervenire ulteriori autorità (giudice di pace, mediatore) che non assolvono alcun'altra funzione nel procedimento penale.

Taluni aspetti positivi del procedimento su azione penale privata (sottolineati da due partecipanti alla procedura di consultazione69) sono tuttavia stati ripresi
ed estesi a tutti i reati perseguibili a querela di parte: in presenza di siffatti reati, il disegno consente al pubblico ministero e al giudice di convocare le parti a un'udienza di conciliazione (n. 2.6.3.3). Se il tentativo di conciliazione fallisce, le parti possono inoltre essere obbligate, in casi motivati, a prestare una cauzione per le spese e indennità.

1.5.4.2

Istituto dei pentiti

L'istituto dei pentiti (o «collaboratori di giustizia») è uno strumento probatorio originariamente concepito dal diritto angloamericano. Per pentiti s'intendono persone che, pur essendo in linea di massima corresponsabili del reato in questione, accettano di testimoniare contro loro coimputati in cambio della garanzia dell'impunità o di altri vantaggi processuali70. L'Italia si avvale di questo istituto, e lo considera anzi uno strumento indispensabile per la lotta contro le forme più gravi di 69 70

SG, TG. Dal canto suo, JU si è rallegrato del fatto che si sia rinunciato a introdurre il procedimento su azione penale privata.

Cfr. Aus 29 mach 1, pagg. 54 segg.

1017

criminalità, segnatamente contro il crimine organizzato. La Germania lo ha utilizzato sino alla fine del 1999.

È indubbio che l'impiego di pentiti può rivelarsi estremamente importante o addirittura decisivo, segnatamente al fine di sgominare organizzazioni criminali71. Sotto il profilo dei principi dello Stato di diritto, tale istituto suscita tuttavia notevoli perplessità. Innanzitutto, nella tradizione giuridica dell'Europa continentale, e soprattutto della Svizzera, il ruolo di imputato e quello di testimone sono incompatibili: l'imputato o l'indiziato non può essere testimone in una causa che lo concerne.

L'istituto dei pentiti viola inoltre il principio dell'uguaglianza dinanzi alla legge sancito nell'articolo 8 capoverso 1 Cost. e il principio di legalità che ne discende, giacché a taluni imputati sono concessi vantaggi processuali a scapito di altre persone implicate nel reato. È infine lecito dubitare della credibilità di dichiarazioni a carico di altri imputati ottenute in tal modo e che sia rispettato il diritto a un equo processo ai sensi dell'articolo 6 paragrafo 1 CEDU72.

In Germania, le attese riposte nell'istituto dei pentiti sono manifestamente state deluse. Lo dimostra il fatto che tale istituto è stato utilizzato molto raramente ed è poi stato soppresso. Tenuto conto delle serie riserve da esso suscitate73 e del fatto che nella prassi non si è sinora mai manifestata la necessità concreta di introdurre l'istituto dei collaboratori di giustizia, si è rinunciato a tale innovazione. Tale scelta andrebbe rimeditata soltanto qualora l'evoluzione della criminalità in Svizzera dovesse provocare un vero e proprio «stato di emergenza» sotto il profilo investigativo74. I periti ritenevano che la possibilità di tenere maggiormente conto dell'aiuto fornito dagli imputati ai fini dell'accertamento dei fatti ­ o, in altri termini, di attenuare le pene in considerazione della loro disponibilità a cooperare e confessare ­ meritasse di essere esaminata75. Si tratta tuttavia di una questione che concerne principalmente la commisurazione delle pene e quindi il diritto penale materiale76.

Alla stregua del procedimento su azione penale privata, l'istituto dei pentiti non era previsto nell'avamprogetto del 2001. Di conseguenza, pochissimi partecipanti alla procedura di consultazione si sono pronunciati in proposito. Gli interpellati che hanno espresso il loro parere hanno tuttavia approvato la scelta di non introdurre tale istituto77.

71 72

73 74 75 76

77

Per quanto concerne i vantaggi di questo istituto, cfr. Aus 29 mach 1, pagg. 57 seg.

Su quest'ultimo aspetto cfr. la decisione pronunciata dalla Commissione europea dei diritti dell'uomo il 21.10.1993 nella causa Alvaro Baragiola contro la Svizzera, GAAC 58.106.

A tal proposito, cfr. anche Aus 29 mach 1, pagg. 53 segg. e Hearings, pagg. 9, 14, 32, 37, 40, 43, 50, 63 seg., 71, 81, 101, 137, 151, 159 nonché n. 131.2 in fine e 122.

Cfr. anche Aus 29 mach 1, pag. 53.

Aus 29 mach 1, pagg. 59 seg.; proposta accolta favorevolmente da alcuni partecipanti alle indagini conoscitive, cfr. Hearings, p. es. pagg. 50 (in fine) e 101.

In generale, cfr. art. 47 segg. nCP. Un caso speciale di attenuazione della pena è già previsto nel vigente art. 260ter n. 2 CP (organizzazione criminale); a tal proposito cfr. Aus 29 mach 1, pag. 54.

JU, economiesuisse, FRSP.

1018

1.5.4.3

Avvocato degli animali

L'avamprogetto del 2001 non prevedeva neppure l'istituzione di un «avvocato degli animali». Attualmente previsto nel Cantone di Zurigo, tale avvocato è incaricato di tutelare gli interessi degli animali nell'ambito del procedimento penale, in cui assume lo statuto di un danneggiato. Nella procedura di consultazione due organizzazioni78 hanno chiesto di inserire tale istituto anche nel Codice di diritto processuale penale svizzero.

Anche l'iniziativa popolare federale «gli animali non sono cose!» esigeva l'istituzione di «adeguati patrocinatori» incaricati di tutelare i diritti degli animali. Nel relativo messaggio, il nostro Collegio si è dichiarato contrario all'introduzione di un tale strumento sostenendo che lo stesso avrebbe dovuto essere previsto a livello di legge e non in una disposizione costituzionale e che la normativa proposta avrebbe costituito un'ingerenza non del tutto giustificabile nell'autonomia di cui godono i Cantoni in materia di esecuzione e organizzazione79. In seguito l'iniziativa è stata ritirata80, poiché il suo obiettivo principale (riconoscere agli animali uno statuto giuridico diverso da quello di cose) è stato conseguito grazie all'attuazione di un'iniziativa parlamentare81. Concretamente, lo statuto giuridico dell'animale è stato migliorato mediante talune modifiche del diritto materiale (segnatamente di disposizioni del CC e del CO); l'idea di istituire un avvocato specificamente incaricato di difendere gli interessi degli animali non è invece stata ripresa82.

In linea di principio, i Cantoni continueranno a beneficiare della sopraccitata autonomia in materia di esecuzione e organizzazione anche in un ordinamento processuale penale unificato. Al fine di tutelare efficacemente in giudizio i diritti degli animali, possono essere adottati diversi provvedimenti. Oltre all'istituzione di un «avvocato degli animali» secondo il modello zurighese, è possibile prevedere che talune autorità di perseguimento penale si specializzino nelle cause in cui sono lesi gli interessi degli animali. È anche ipotizzabile stabilire che nei relativi procedimenti penali sia riconosciuto lo statuto di parte a determinate autorità cantonali incaricate di salvaguardare interessi pubblici83. Il presente disegno lascia ai Cantoni un margine di manovra sufficiente per adottare entrambe le
soluzioni. In virtù dell'articolo 14, i Cantoni disciplinano la composizione, l'organizzazione e le attribuzioni delle loro autorità penali; l'articolo 102 capoverso 2 consente inoltre loro di conferire diritti di parte ad autorità diverse dal pubblico ministero alle quali spetta la tutela di interessi pubblici. Di conseguenza, non appare opportuno imporre a livello nazionale

78 79 80 81 82

83

PSA, Tier im Recht. Il Cantone di Zurigo non si è pronunciato poiché è direttamente interessato dalla questione.

FF 2001 2219, segnatamente pag. 2237.

FF 2002 6365 Iniziativa parlamentare (Marty Dick) del 22.12.1999: Gli animali nell'ordinamento giuridico svizzero (99.467).

Cfr. il rapporto della Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati del 25.1.2002, FF 2002 3734 segg., e il parere del Consiglio federale del 27.2.2002 su tale rapporto, FF 2002 5207 segg.

Nel Codice di procedura penale riveduto del Cantone di San Gallo (in vigore dal 1.7.2000) sono state adottate entrambe le soluzioni. Si è infatti istituito un funzionario incaricato di istruire, in tutto il Cantone, le cause concernenti reati commessi contro gli animali e l'ambiente; nel contempo al Dipartimento cantonale dell'economia è stata riconosciuta la facoltà di costituirsi parte civile in caso di infrazioni alla legge sulla protezione degli animali (art. 50 CPP SG).

1019

l'istituzione di un avvocato degli animali quale quello previsto dalla legislazione zurighese.

A prescindere da quanto precede, va anche rilevato che l'adozione di una normativa speciale applicabile a determinate categorie di reati o di vittime suscita talune riserve. Altri gruppi d'interesse potrebbero infatti invocare tale normativa per rivendicare l'istituzione di autorità inquirenti, requirenti o giudiziarie «tagliate su misura» per le loro esigenze, per esempio di autorità incaricate di perseguire e giudicare i reati commessi sui fanciulli o a danno dell'ambiente. Per quanto concerne in particolare il pubblico ministero, non va dimenticato che tale organo è «responsabile dell'esercizio uniforme della pretesa punitiva dello Stato» (art. 16 cpv. 1). Questa responsabilità comporta non soltanto il diritto ma anche l'obbligo di perseguire i reati ogniqualvolta nessun motivo di opportunità chiaramente definito induca a rinunciare al perseguimento penale.

1.5.4.4

Interrogatorio incrociato durante il dibattimento

L'avamprogetto del 2001 prevedeva la possibilità di procedere a un interrogatorio incrociato durante il dibattimento (art. 378 AP-CPP). In virtù di tale istituto, i testimoni citati dalle parti sono interrogati direttamente dalle stesse anziché dal giudice, come invece in genere previsto in Svizzera. Questo tipo di interrogatorio mette in risalto il fatto che il processo penale è caratterizzato dal confronto tra due parti. Può prevenire il rischio che, tramite l'interrogatorio, il giudice si trasformi in accusatore.

Può inoltre agevolare la valutazione del valore probatorio e della veridicità delle deposizioni da parte del giudice.

Nella procedura di consultazione, la proposta di introdurre l'istituto dell'interrogatorio incrociato è stata respinta a netta maggioranza. Taluni interpellati vi si sono opposti risolutamente84. Gli oppositori della proposta hanno sottolineato che l'interrogatorio incrociato è estraneo alla nostra tradizione giuridica, comporta una perdita di obiettività e nuoce all'accertamento della verità. Hanno inoltre rilevato che vi è il rischio che il processo penale finisca per diventare uno spettacolo che permette al pubblico di divertirsi a scapito della dignità dell'imputato e dei testimoni.

Considerata l'opposizione recisa manifestata nella procedura di consultazione, si rinuncia a introdurre l'interrogatorio incrociato.

1.5.4.5

Procedure speciali concernenti l'esame o l'ammissione dell'accusa

Come già proposto nell'avamprogetto del 2001, la decisione del pubblico ministero di mettere l'imputato in stato d'accusa non dev'essere oggetto di un esame specifico da parte di un'autorità giudiziaria indipendente dal giudice di merito. L'esame dell'accusa incombe anzi a tale giudice (art. 330). Questo sistema è previsto, pur con

84

Per informazioni più dettagliate, cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 76 seg.

1020

talune varianti, in numerosi codici di procedura vigenti in Svizzera85. Ha in linea di massima dato buoni risultati ed è quindi stato ripreso anche nel presente disegno. Si distingue dai sistemi procedurali nei quali il pubblico ministero può soltanto proporre la messa in stato d'accusa86, in cui la promozione dell'accusa è oggetto di una procedura speciale di ammissione87 o in cui l'atto d'accusa può essere impugnato con ricorso88. La concentrazione delle competenze presso il pubblico ministero e l'esame dell'accusa ad opera del giudice investito della causa dovrebbero verosimilmente consentire di realizzare gli obiettivi perseguiti con l'introduzione del modello «pubblico ministero», ossia una semplificazione delle vie di ricorso, uno snellimento delle fasi del procedimento precedenti la procedura in giudizio e un incremento dell'efficienza delle autorità di perseguimento penale.

Questa semplificazione è stata approvata dalla maggioranza degli interpellati, in particolare dalla stragrande maggioranza dei Cantoni89.

1.5.5

Svolgimento di un procedimento penale ordinario secondo il D-CPP

Nelle righe seguenti descriviamo per sommi capi come si svolge un procedimento penale ordinario conformemente al presente disegno.

Di norma la polizia compie le prime indagini a seguito di una denuncia presentata da privati o da autorità (art. 300 e 301). Il pubblico ministero può tuttavia avviare e attuare la procedura preliminare anche senza tali indagini (art. 308 cpv. 1 lett. a). La polizia assicura le tracce del reato (art. 305 cpv. 2) e procede se del caso ad arresti provvisori (art. 216). I risultati delle indagini sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero (art. 306), che decide se occorre aprire l'istruzione (art. 308).

Una volta aperta, l'istruzione è svolta dal pubblico ministero (art. 311 segg.), che interroga l'imputato e le altre persone che possono fornirgli prove (art. 154 segg.), assume le altre prove necessarie (art. 189 segg.) e dispone se del caso provvedimenti coercitivi (p. es. art. 268, 279, 283 e 285), sempreché la disposizione degli stessi non competa al giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 18). Le decisioni e gli atti procedurali della polizia e del pubblico ministero (nonché delle eventuali autorità penali delle contravvenzioni) sono impugnabili con reclamo alla giurisdizione di reclamo (art. 401 cpv. 1 lett. a); quest'ultima giudica anche i reclami interposti contro i provvedimenti coercitivi autorizzati dal giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 401 cpv. 1 lett. c).

Chiusa l'istruzione, il pubblico ministero decide se occorre promuovere l'accusa (art. 325 segg.) o abbandonare il procedimento (art. 320 segg.). Il decreto d'abban-

85

86 87 88 89

Promozione dell'accusa e abbandono del procedimento da parte delle autorità incaricate dell'istruzione penale e senza l'intervento di altre autorità, segnatamente nei Cantoni di AI, AG, AR, BL, BS, FR, LU, OW, SH, TG, ZH.

Tale è il caso nei Cantoni di GE, GL, NE, SO, VD.

Soluzione prevista dalla Confederazione e nel Cantone di ZH (per le cause dinanzi alla Corte d'assise e al Tribunale cantonale).

Cantoni FR e TI.

Ossia da 22 Cantoni. Vi si sono opposti: FR, GE (che ha chiesto l'introduzione di una procedura di esame preliminare dell'accusa), VD e TI (che ha chiesto di introdurre la possibilità di ricorrere contro l'atto d'accusa).

1021

dono può essere impugnato con reclamo (art. 323 cpv. 2). La promozione dell'accusa non è invece impugnabile (art. 325 cpv. 2).

L'atto d'accusa è trasmesso direttamente (ossia senza una previa procedura speciale d'esame) al tribunale di primo grado. A seconda della gravità dei reati da giudicare, tale tribunale è monocratico o collegiale. Il tribunale di primo grado verifica se l'atto d'accusa e il fascicolo sono stati allestiti regolarmente (art. 330) e indice il dibattimento (art. 332). Il modo in cui si svolge concretamente il dibattimento dipende essenzialmente dalle sanzioni chieste nell'atto d'accusa: in linea di principio, se il pubblico ministero chiede una pena detentiva senza la condizionale o una misura privativa della libertà, il tribunale assume esso stesso le prove. Se sono soddisfatte determinate condizioni, nei casi di lieve gravità è invece possibile procedere a un'assunzione semplificata delle prove, nella quale il tribunale può limitarsi a interrogare l'imputato (art. 345).

Contro la sentenza del tribunale di primo grado può essere proposto appello al tribunale d'appello (art. 406 segg.). Le altre decisioni che pongono fine al procedimento, quali le decisioni di non luogo a procedere o di abbandono, sono invece impugnabili con reclamo (art. 401 segg.). In linea di principio, la procedura di reclamo è scritta (art. 405). Anche in appello la procedura può essere svolta per scritto, purché siano riunite determinate condizioni (art. 413). Nella procedura di reclamo o di appello sono determinanti (fatte salve talune restrizioni) le prove assunte nel corso della procedura preliminare e della procedura dibattimentale di primo grado (art. 397). Il terzo mezzo di ricorso previsto dal Codice è la revisione, che consente di impugnare le sentenze passate in giudicato qualora emergano nuove prove (art. 417 segg.). Le decisioni pronunciate nell'ambito dei ricorsi previsti nel presente disegno possono essere deferite al Tribunale federale conformemente agli articoli 78 e seguenti della legge del 17 giugno 200590 sul Tribunale federale.

1.6

Grandi linee del disegno di legge federale di diritto processuale penale minorile (D-PPMin)

1.6.1

Una legge specifica

Così come le disposizioni relative alle sanzioni che possono essere inflitte ai minori non sono più contenute nel Codice penale ma sono oggetto di una legge specifica91, anche le regole del diritto processuale penale minorile non vanno integrate nel Codice di procedura penale ordinario ma devono essere oggetto di una legge speciale. Questa legge, come quella che disciplina la condizione penale dei minori, deve tener conto delle specificità del diritto penale minorile, specificità che giustificano due regolamentazioni materialmente distinte e che devono figurare in due testi separati. Per il diritto penale minorile al centro vi è la persona del minore e non gli atti punibili che si tratta di chiarire.

Secondo il disegno che vi sottoponiamo, la procedura penale minorile è concepita come lex specialis rispetto al Codice di procedura penale. Contiene di conseguenza soltanto le norme che derogano ad esso (art. 3 D-PPMin; cfr. n. 3.1). Sotto il profilo 90 91

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

Legge federale del 20.6.2003 sul diritto penale minorile (Diritto penale minorile, DPMin), FF 2003 3844. Tale legge entrerà verosimilmente in vigore il 1.1.2007; futuro numero RS 311.1.

1022

della tecnica legislativa altre soluzioni sarebbero state possibili: per esempio disciplinare l'insieme del diritto processuale penale minorile in una legge distinta o, come prevedeva l'avamprogetto del 2001, in un titolo specifico del Codice di procedura penale. Dalla consultazione è scaturito però che la grande maggioranza dei partecipanti era favorevole a una legge separata. Una maggioranza si è inoltre pronunciata in favore di una lex specialis92. Questo sistema, applicato attualmente, almeno in parte, in oltre la metà dei Cantoni93, deve pertanto essere ripreso nell'ambito dell'unificazione del diritto processuale penale.

Come in passato la parte generale del CP, il nuovo diritto penale minorile statuisce alcuni principi processuali importanti per un'applicazione uniforme delle disposizioni materiali del diritto penale minorile. Queste norme procedurali devono essere riprese nella nuova procedura penale minorile.

1.6.2

Situazione attuale

Fino all'entrata in vigore, il 1° aprile 2003, del nuovo articolo 123 della Costituzione federale94, anche il diritto processuale penale minorile (ossia il diritto processuale penale applicabile alle persone che commettono un atto punibile prima del compimento del 18° anno di età95) era di competenza esclusiva dei Cantoni. Su questa base i Cantoni96 hanno legiferato in materia, creando procedure molto diverse da un Cantone all'altro, ma che possono essere raggruppate in due modelli di base:

92 93 94 95 96 97 98

­

il modello «giudice dei minorenni»: adottato prevalentemente dai Cantoni romandi97, questo modello prevede un'unione personale tra chi conduce l'istruzione, emana una decisione e sorveglia l'esecuzione di questa decisione. Si tratta dunque di un sistema volto in primo luogo a personalizzare il trattamento del minore: la decisione viene presa dalla persona che conosce meglio l'imputato, ossia dal giudice che ha condotto l'istruzione. Nel corso dell'istruzione il giudice dei minorenni chiarisce i fatti e determina la personalità del minore. Durante la fase del giudizio funge da giudice unico nei casi meno gravi o interviene come membro del tribunale dei minorenni in caso di reati di una certa gravità. Durante la fase dell'esecuzione della decisione il giudice dei minorenni funge da autorità di controllo ai fini di una corretta esecuzione e prende le decisioni che si rendono necessarie nel corso dell'esecuzione;

­

il modello «procuratore dei minorenni»: diffuso soprattutto nella Svizzera tedesca98, questo modello prevede ­ almeno in parte ­ una separazione delle funzioni più netta rispetto a quella prevista nel modello «giudice dei minorenni». L'istruzione penale è affidata a un magistrato (procuratore dei minorenni) incaricato di chiarire i fatti e determinare la personalità dell'autore. Il Per i dettagli, cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 16 seg.

Elencazione degli atti legislativi cantonali nel rapporto esplicativo concernente l'AP-PPMin, pagg. 10 seg.

RS 101; RU 2002 3147 Questa definizione risulta dall'articolo 1 cpv. 1 lett. a DPMin (FF 2003 3844).

La Confederazione non ha adottato una legge di diritto processuale penale minorile; i procedimenti penali contro i minori vendono generalmente condotti da autorità cantonali.

FR, GE, JU, VD, VS, nonché BE e TG.

AG, AR, BL, GL, GR, LU, NW, OW, SG, SH, SO, SZ, UR, ZG, ZH.

1023

giudizio è di competenza del procuratore dei minorenni in caso di reati non gravi, di un tribunale ordinario (il tribunale dei minorenni) in caso di reati di una certa gravità. In quest'ultimo caso il procuratore dei minorenni sostiene la causa dinanzi al tribunale, fungendo nel contempo da pubblica accusa e da difensore del minore. Come nel modello «giudice dei minorenni», l'esecuzione delle decisioni prese dal procuratore dei minorenni o dal tribunale spetta al procuratore dei minorenni.

1.6.3

L'avamprogetto del 2001

Tra i due modelli appena descritti, nell'avamprogetto si era optato per il modello «giudice dei minorenni». Al fine di tener conto delle riserve ­ dettate segnatamente da considerazioni concernenti i principi fondamentali dello Stato di diritto ­ sollevate dal doppio ruolo di magistrato inquirente e di giudice investito della causa in seno al tribunale dei minorenni, l'avamprogetto prevedeva tra l'altro il diritto incondizionato del minore imputato di ricusare il giudice.

1.6.4

Scelta del modello: pareri in procedura di consultazione

A differenza di quanto successo per l'AP-CPP, l'interesse dei partecipanti alla consultazione non si è focalizzato sulla questione del modello (giudice dei minorenni o procuratore dei minorenni). Il punto controverso è stato invece il cumulo di funzioni nelle mani di un unico magistrato che nel caso normale interviene in tutte le fasi del procedimento. Secondo alcuni partecipanti quest'unione personale non è accettabile poiché rimette in causa l'esigenza dell'indipendenza del giudice; secondo altri, questo cumulo di funzioni riveste invece un'importanza primordiale se si tiene conto delle specificità del diritto penale minorile e se si vogliono infliggere sanzioni «su misura» ai minori che hanno commesso un reato. Per quanto concerne le misure previste nell'avamprogetto ­ in particolare la possibilità di ricusare semplicemente il giudice dei minorenni in quanto membro del tribunale dei minorenni ­ per controbilanciare la concentrazione dei poteri tra le mani dello stesso giudice, esse sono state ritenute insufficienti dalla maggioranza di chi si opponeva al modello «giudice dei minorenni»99.

1.6.5

Mantenimento in linea di massima del modello «giudice dei minorenni»

Nonostante le differenze che distinguono i due modelli appena descritti e i 26 ordinamenti cantonali, non bisogna tuttavia dimenticare che tutte queste procedure di perseguimento dei minori poggiano sulla medesima idea di fondo: una giustizia umana che tenga conto della situazione personale, familiare e scolastica o professionale del minore per poterlo aiutare ad uscire dalla situazione che l'ha condotto a

99

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 96 segg.

1024

commettere un reato. Sullo stesso pensiero di base si fonda evidentemente il presente disegno di procedura penale minorile unificata.

Partendo dalla constatazione che la grande maggioranza dei partecipanti alla consultazione considera il proposto modello «giudice dei minorenni» adeguato per permettere di raggiungere gli obiettivi specifici della procedura penale minorile, proponiamo di prendere questo modello come base. La controversia relativa all'unione personale, ossia se sia opportuno mantenerla in misura tanto ampia, non dev'essere risolta in un senso o nell'altro. È al contrario opportuno lasciare ai Cantoni la libertà di determinare se il giudice dei minorenni che ha condotto l'istruzione possa essere membro del tribunale dei minorenni nel corso del dibattimento successivo.

A favore di questa soluzione vi sono essenzialmente tre ragioni. Innanzitutto, sotto il profilo dell'accettabilità per le persone imputabili, i due modelli non presentano praticamente alcuna differenza. Inoltre, nello stato attuale del diritto, anche il sistema che prevede un'unione personale tra il magistrato inquirente e il giudice investito della causa non è incompatibile con gli impegni presi dalla Svizzera a livello internazionale100. Decisivo è infine che, indipendentemente dal modello in vigore, l'istruzione nell'ambito della procedura penale minorile è condotta già oggi ­ a differenza della procedura penale ordinaria ­ da un solo magistrato (procuratore dei minorenni o giudice dei minorenni; procedura preliminare unipersonale) che, in oltre il 90 per cento dei casi, giudica anche il minore. Rimangono quindi soltanto alcuni casi gravi che devono essere deferiti al tribunale dei minorenni. Il giudice dei minorenni che ha condotto l'istruzione deve partecipare al giudizio di questi casi? La risposta a questa domanda deve essere lasciata al libero apprezzamento dei Cantoni.

1.6.6

Altri punti importanti del disegno

Qui di seguito presentiamo alcuni altri punti importanti del D-PPMin. Sono dettati dalle particolarità del diritto penale minorile e dipendono in parte dal modello scelto:

100

­

come gli attuali codici cantonali, fino alla sentenza di primo grado il disegno distingue quattro funzioni assunte dalle autorità pubbliche nell'ambito della procedura penale minorile, ossia l'istruzione penale, la promozione dell'accusa, il giudizio e la sorveglianza dell'esecuzione. Il disegno prescrive imperativamente queste quattro funzioni, senza tuttavia imporre né escludere un'unione personale tra le diverse autorità. Vi è soltanto un'eccezione in questo ambito: chi ha sostenuto l'accusa dinanzi al tribunale dei minorenni non può essere membro di detto tribunale (art. 6 e 7; cfr. n. 3.2);

­

la decisione di principio appena citata permetterà ai Cantoni di conservare la loro organizzazione, con alcune restrizioni: i partigiani del modello «giudice dei minorenni» potranno conservare il loro sistema dell'unione personale, Per i dettagli, cfr. il rapporto esplicativo concernente l'avamprogetto del 2001, pagg. 44 segg. ­ Nelle sue osservazioni finali del 13.6.2002 relative al rapporto della Svizzera concernente la Convenzione sui diritti del fanciullo (RS 0.107), il Comitato dei diritti del fanciullo dell'ONU ha raccomandato al nostro Paese di riconsiderare la riserva formulata su questo punto. Il Comitato ritiene che l'esigenza secondo cui il caso del fanciullo dev'essere giudicato da un'autorità o istanza giudiziaria indipendente e imparziale [art. 40 par. 2 cpv. b) iii)] non implica necessariamente e in ogni circostanza che il giudice istruttore e il giudice di merito non possano essere la stessa persona (par. 7e delle Osservazioni finali, documento CRC/C/15/Add. 182).

1025

con l'obbligo però di prevedere la possibilità che il pubblico ministero minorile partecipi al dibattimento (art. 6 cpv. 2 e art. 22, cfr. n. 3.2 e 3.4.1). I Cantoni che hanno adottato il modello «procuratore dei minorenni» potranno continuare a prevedere un tribunale dei minorenni in cui il procuratore dei minorenni non interviene come membro del tribunale ma sostiene l'accusa in quanto pubblico ministero minorile; ­

il presente disegno designa come autorità di perseguimento penale la polizia, il giudice dei minorenni e il pubblico ministero minorile (art. 6 cpv. 1). Non prevede invece le autorità amministrative ancora oggi esistenti in alcuni Cantoni (attive segnatamente nelle procedure contro fanciulli). Inoltre, a differenza dell'avamprogetto del 2001, non prevede autorità penali delle contravvenzioni. Di conseguenza, anche in caso di contravvenzioni, il perseguimento penale spetterà esclusivamente alle autorità enumerate nell'articolo 6 (cfr. n. 3.2);

­

dalle considerazioni che precedono risulta che anche nella procedura penale minorile vi è un pubblico ministero. Egli ha tuttavia un ruolo limitato, non paragonabile a quello previsto dalla procedura penale ordinaria. In particolare egli non è incaricato di condurre l'istruzione (art. 19 lett. c, 22 e 27; cfr.

n. 3.4.1);

­

un'altra differenza rispetto al disegno di Codice di procedura penale è che la legge di diritto processuale penale minorile non conosce la figura del giudice dei provvedimenti coercitivi. La sua funzione sarà assunta ­ come è già il caso nella maggior parte dei Cantoni ­ dal giudice istruttore ovvero, secondo il disegno proposto, dal giudice dei minorenni (art. 27 cpv. 3 lett. a, cfr.

n. 3.5.1);

­

il disegno contiene altre disposizioni che si scostano dalla regolamentazione prevista nel disegno di Codice di procedura penale, al fine di tener conto delle specificità della procedura penale minorile. Tra queste disposizioni citiamo quelle che conferiscono maggiori possibilità in materia di conciliazione e mediazione (art. 17 e 18, cfr. n. 3.3) o il principio secondo il quale il procedimento penale contro minori si svolge a porte chiuse (art. 15, cfr. n. 3.3).

Oggetto di una regolamentazione specifica sono parimenti le condizioni alle quali è subordinata la difesa obbligatoria (art. 24, cfr. n. 3.4.2) e quelle che disciplinano la carcerazione preventiva e la sua esecuzione (art. 30 e 31, cfr.

n. 3.5.1) o la procedura contumaciale (art. 35, cfr. n. 3.5.2).

1.7

Diritto comparato

1.7.1

Introduzione

Il sistema svizzero, nel quale il diritto penale materiale è unificato ma la procedura penale è disciplinata dai singoli Cantoni, costituisce un'eccezione. La Svizzera è attualmente l'unico Stato d'Europa che non dispone di un ordinamento processuale penale unico per l'insieme del suo territorio. A livello europeo si tende al contrario verso un'accresciuta armonizzazione sovranazionale di taluni aspetti della procedura

1026

penale101. Questo vale sia per il diritto dell'UE (cfr. n. 1.7.3) sia, in modo particolarmente marcato, per la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (n. 6.2).

1.7.2

Statuto di Roma

Dopo diversi tentativi compiuti in passato, lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale rappresenta oggi un ordinamento processuale penale elaborato su scala universale e ratificato da un gran numero di Stati102. Lo Statuto costituisce la base legale per una Corte penale internazionale permanente competente a giudicare crimini particolarmente gravi, quali il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità, che concernono l'intera comunità internazionale. Nel relativo messaggio del 15 novembre 2001103, avevamo definito il disciplinamento del procedimento penale davanti alla Corte penale internazionale «il risultato del riuscito tentativo di fondere in un insieme funzionale il meglio dei diversi sistemi giuridici, in particolare delle aree del common law e del civil law»104. Tenuto conto del contesto particolare, dello statuto della Corte penale internazionale ­ organo sussidiario rispetto alle autorità penali nazionali ­ e della natura dei reati da perseguire, le disposizioni procedurali dello Statuto di Roma possono essere comparate solo parzialmente con le norme di procedura penale nazionali. Nella misura in cui è tuttavia possibile effettuare raffronti, si possono constatare ampie convergenze su aspetti di importanza capitale. Ciò vale anzitutto per lo statuto e i diritti dell'imputato e della vittima (art. 55 seg., 67 e 68 dello Statuto), la procedura di arresto (art. 58 dello Statuto) e le funzioni della «Camera preliminare» nella procedura preliminare, in cui non intervengono giudici istruttori (art. 53 seg. e 57 dello Statuto). Lo Statuto di Roma presenta tuttavia una differenza fondamentale rispetto al presente disegno poiché prevede una procedura speciale di convalida dell'accusa: prima che il caso sia sottoposto al giudizio della Camera di primo grado, le accuse devono infatti essere convalidate dalla Camera preliminare (art. 61 dello Statuto). Il presente disegno rinuncia invece a questa procedura intermedia (n. 1.5.4.6). Un'altra differenza tra la normativa proposta e lo Statuto di Roma risiede nel fatto che quest'ultimo non consente la conclusione di accordi tra il pubblico ministero e l'imputato (art. 61 par. 4 e 65 par. 5 dello Statuto).

1.7.3

Diritto dell'UE

Dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, uno degli obiettivi fondamentali dell'UE è la creazione di uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia». La normativa europea sviluppata in modo dinamico in funzione di questo obiettivo mira in partico101

A tal proposito, cfr. Jean-Marc Verniory, Les droits de la défense dans les phases préliminaires du procès pénal, tesi GE, Berna 2005, pagg. 60 segg. («Bientôt une procédure pénale européenne?»); Robert Esser, Rahmenbedingungen der Europäischen Union für das Strafverfahrensrecht in Europa, Zeitschrift für europäische Studien, 2004, pagg. 289 segg.

102 La Svizzera lo ha ratificato il 12.10.2001; RS 0.312.1.

103 Messaggio del 15 novembre 2000 concernente lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, la legge federale sulla cooperazione con la Corte penale internazionale e una revisione del diritto penale, FF 2001 311.

104 FF 2001 311, segnatamente pag. 346.

1027

lare a estendere considerevolmente la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale; di conseguenza, le competenze attribuite all'UE in questi settori sono relativamente ampie. Vanno oltre l'assistenza giudiziaria internazionale e l'estradizione e si estendono sia al diritto penale materiale (armonizzazione minima delle norme concernenti la criminalità organizzata, il terrorismo e il traffico di stupefacenti) sia al diritto processuale penale e agli aspetti ad esso connessi (art. 31 TUE105). In entrambi i settori sopraccitati, il diritto dell'UE si fonda in particolare sul «principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie»106, la cui prima applicazione importante è stata il mandato d'arresto europeo107. In futuro questo principio svolgerà un ruolo fondamentale ai fini dell'agevolazione della cooperazione giudiziaria108.

Attualmente il diritto dell'UE influisce solo parzialmente sul diritto processuale penale degli Stati membri. L'Unione europea prevede tuttavia di realizzare un'armonizzazione (minima) più estesa degli ordinamenti processuali (penali) nazionali, al fine di rafforzare la fiducia reciproca degli Stati membri nella legislazione nazionale di ciascun partner. L'evoluzione sopradescritta non avrà ripercussioni dirette per la Svizzera, giacché sotto il profilo istituzionale esplica i suoi effetti al di fuori della cooperazione instaurata da Schengen.

Gli atti normativi dell'UE concernenti il diritto processuale penale riguardano diversi aspetti procedurali. Sono concepiti come norme minime, il che spiega la loro portata giuridica differenziata. L'evoluzione in questo settore si muove lungo talune direttrici cui sono dedicate le righe che seguono.

1.7.3.1

Diritti procedurali

La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea109, integrata nella futura Costituzione dell'UE (Parte II)110, sancisce il diritto a un equo e pubblico processo da celebrare entro termini ragionevoli, il diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare, il diritto al patrocinio a spese dello Stato e il diritto al rispetto dei diritti della difesa. Questi diritti sono riconosciuti anche in Svizzera, giacché sono previsti in disposizioni della CEDU111 e della Costituzione federale112, delle quali si è tenuto conto durante l'elaborazione disegno113.

Al fine di migliorare i diritti degli indagati e degli imputati, la Commissione ha elaborato una proposta di decisione quadro del Consiglio in materia di determinati 105 106 107

108

109 110 111 112 113

Trattato sull'Unione europea (versione consolidata; GU C 325 del 24.12.2002, pag. 5).

Programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10).

Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13.6.2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1).

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 19.5.2005, sul reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale e il rafforzamento della reciproca fiducia tra Stati membri (COM [2005] 195 def.).

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1).

Art. 61­114 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (GU C 310 del 16.12.2004, pag. 1).

RS 0.101 RS 101 Cfr. n. 6.1 e 6.2.

1028

diritti processuali in procedimenti penali nel territorio dell'Unione europea114.

Terminata la consultazione del Parlamento europeo, la proposta è stata sottoposta per parere al Consiglio. Il testo proposto disciplina il diritto all'assistenza legale, il diritto all'assistenza gratuita di un traduttore o interprete, il diritto delle persone che non possono comprendere o seguire il processo di beneficiare di un'attenzione particolare, il diritto a comunicare e l'obbligo di informare per scritto l'indagato sui suoi diritti. La disciplina di tali diritti e obblighi è influenzata dall'accresciuta mobilità degli abitanti dell'Unione. Di conseguenza, essi sono talvolta molto più sviluppati di quelli contemplati nel presente disegno, segnatamente per quanto concerne l'impiego di un traduttore e la registrazione del procedimento nei casi in cui si fa capo a un interprete. Il disegno proposto prevede tuttavia garanzie corrispondenti.

1.7.3.2

Statuto della vittima nel procedimento penale

Lo statuto della vittima nel procedimento penale è disciplinato in dettaglio nella decisione quadro del Consiglio 2001/220/GAI115. Tale decisione prevede segnatamente disposizioni concernenti l'audizione e la produzione di prove, l'informazione della vittima, le garanzie in materia di comunicazione, l'assistenza specifica alla vittima e il diritto alla protezione. Ulteriori disposizioni concernono lo statuto delle vittime residenti in un altro Stato membro e la cooperazione tra Stati membri. La decisione quadro stabilisce criteri minimi che gli Stati membri sono tenuti ad attuare. Il presente disegno soddisfa tali criteri, anche se taluni aspetti non sono disciplinati espressamente. Nella decisione quadro si prevede ad esempio che la vittima sia interrogata soltanto per quanto necessario al procedimento penale. Il disegno non contiene una siffatta norma generale; contempla soltanto una disposizione che disciplina specificamente l'interrogatorio dei minorenni (art. 151). L'iscrizione nella legge dell'obbligo di tutelare i diritti della personalità della vittima (art. 149 cpv. 1) e dei principi generali del rispetto della dignità umana e della correttezza (art. 3) consente tuttavia di ottenere lo stesso risultato perseguito dalla decisione quadro. Contrariamente alla stessa, il presente disegno non esige espressamente che nell'allestire i locali, segnatamente i locali giudiziari, si tenga conto delle particolari necessità della vittima. L'articolo 149 prevede tuttavia che le autorità penali devono tutelare i diritti della personalità della vittima e che, se questa lo domanda, devono evitarle di incontrare l'imputato (art. 149 cpv. 3), il che implica che i locali siano allestiti in modo adeguato. Il presente disegno non contiene dunque disposizioni contrarie alla decisione quadro.

1.7.3.3

Protezione dei testimoni e disciplina dell'istituto dei pentiti

In una risoluzione del 23 novembre 1995116, il Consiglio ha invitato gli Stati membri a garantire un'adeguata protezione dei testimoni e ha definito gli orientamenti da seguire a tal fine: i testimoni e i loro congiunti devono essere protetti, prima, durante e dopo il 114 115

COM (2004) 328 def.

Decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15.3.2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1).

116 Risoluzione del Consiglio del 23.11.1995 relativa alla protezione dei testimoni nella lotta contro la criminalità organizzata internazionale (GU C 327 del 7.12.1995, pag. 5).

1029

processo, da tutte le forme di minaccia, pressione o intimidazione, dirette o indirette. In caso di minacce particolarmente gravi, è possibile autorizzare tali persone a cambiare identità. Tra i mezzi di protezione da prendere in considerazione figura la possibilità di deporre in un luogo diverso da quello in cui si trova la persona inquisita, ricorrendo se necessario a procedimenti audiovisivi. Nell'articolo 146 del presente disegno sono previste misure protettive generali che possono essere adottate nell'ambito di atti procedurali; si tratta segnatamente della possibilità di garantire l'anonimato alla persona da proteggere (art. 147), di svolgere interrogatori o accertare le generalità senza la presenza delle parti o a porte chiuse, di modificare l'aspetto o la voce di persone o di schermare persone da proteggere. L'articolo 153 consente inoltre di prevedere misure applicabili dopo la chiusura del procedimento. Le misure previste nel disegno corrispondono sostanzialmente alle linee direttrici definite nella risoluzione sopraccitata.

Dal momento che l'elenco delle misure di cui all'articolo 146 non ha carattere esaustivo, è inoltre possibile adottare ulteriori provvedimenti protettivi.

Il 20 dicembre 1996117 il Consiglio ha invitato gli Stati membri ad adottare misure appropriate per incoraggiare a diventare collaboratori di giustizia coloro che partecipano o hanno partecipato a un'associazione per delinquere o ad altra organizzazione criminale di qualsiasi tipo e a valutare la possibilità di concedere, a determinate condizioni, benefici a tali persone. Il disegno non prevede una normativa concernente la collaborazione con le autorità giudiziarie di persone implicate in attività criminali; si è in particolare rinunciato a introdurre l'istituto dei pentiti118. Il diritto penale materiale (art. 260ter n. 2 CP) prevede invece benefici, ai sensi della risoluzione del Consiglio del 20 dicembre 1996, nell'ambito di reati commessi dalla criminalità organizzata.

1.7.3.4

Sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni

Il 17 gennaio 1995 il Consiglio ha adottato una risoluzione sull'intercettazione legale delle telecomunicazioni119, in cui ha invitato gli Stati membri a sostenere l'applicazione di determinati requisiti elencati nell'allegato della risoluzione. Questi ultimi rappresentano una sintesi delle esigenze dei servizi competenti per l'esecuzione tecnica delle misure di sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni.

L'esecuzione di tale sorveglianza continuerà a essere disciplinata nella legge federale sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT120) anche dopo l'entrata in vigore del Codice di diritto processuale penale svizzero; il presente disegno non contempla modifiche della normativa prevista nella LSCPT.

L'azione comune relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, adottata dal Consiglio il 24 febbraio 1997121, fa segnatamente obbligo agli Stati membri di adottare le misure necessarie ad assicurare che ­ oltre ai provvedimenti coercitivi ordinari quali la perquisizione e la confisca ­ siano disponibili mezzi e tecniche investigative adeguati per poter indagare e perse117 118 119 120 121

Risoluzione del Consiglio del 20.12.1996 relativa ai collaboratori di giustizia nella lotta contro la criminalità organizzata internazionale (GU C 10 dell'11.1.1997, pag. 1).

I motivi di tale scelta sono esposti nel n. 1.5.4.2.

GU C 329 del 4.11.1996, pag. 1.

RS 780.1 GU L 63 del 4.3.1997, pag. 2.

1030

guire efficacemente tali reati. Il D-CPP prevede che la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni, la sorveglianza con apparecchi tecnici di sorveglianza e l'inchiesta mascherata possono essere disposte soltanto per perseguire determinati reati elencati in modo esaustivo (art. 268, 280 e 285). I reati interessati dall'azione comune sono compresi in tale elenco. Il presente disegno soddisfa pertanto anche a tal proposito le esigenze poste dall'azione comune adottata dal Consiglio.

1.8

Attuazione

1.8.1

Considerazioni generali

I disegni di Codice di procedura penale e di legge federale di diritto processuale penale minorile sono volti a disciplinare in modo completo e circostanziato il diritto processuale penale svizzero (n. 1.5.1.2). L'autonomia concessa dai disegni in materia di organizzazione giudiziaria e la necessità di normative complementari che essi comportano in taluni settori obbligheranno tuttavia la Confederazione e i Cantoni ad adottare leggi di applicazione o lasceranno perlomeno loro un margine di manovra sufficiente per emanare siffatte leggi. Soprattutto il D-CPP fa sovente riferimento a una legislazione di applicazione ­ facoltativa od obbligatoria ­ della Confederazione o dei Cantoni. L'entrata in vigore dell'ordinamento processuale unificato presuppone che siano previamente adottate le necessarie leggi applicative federali e cantonali e che la Confederazione emani diverse ordinanze di esecuzione. La Confederazione e i Cantoni dovranno provvedere affinché le rispettive disposizioni di esecuzione possano entrare in vigore simultaneamente al Codice di diritto processuale penale svizzero e alla legge federale di diritto processuale penale minorile.

L'unificazione della procedura penale obbligherà la Confederazione e ­ in modo più o meno marcato ­ tutti i Cantoni ad abrogare normative con cui hanno dimestichezza e ad adottarne di nuove. A tal proposito meritano particolare attenzione gli adeguamenti cui occorrerà procedere per quanto concerne l'organizzazione giudiziaria.

Questi ultimi comprendono le modifiche che occorrerà apportare all'organizzazione delle autorità penali a seguito dell'adozione del modello «pubblico ministero»122 e l'istituzione di un apposito giudice dei provvedimenti coercitivi. Saranno necessari adeguamenti anche laddove non è ancora possibile interporre appello contro le sentenze di primo grado (n. 1.8.2).

Benché queste questioni organizzative rivestano una notevole importanza, l'entità e la portata degli adeguamenti necessari non vanno sopravvalutate. Sovente sarà infatti possibile procedere a tali adeguamenti fondandosi sullo status quo e sulle strutture esistenti. Nei casi in cui ciò si rivelerà impossibile, il netto consenso riscosso dal progetto di unificare la procedura penale dovrebbe verosimilmente garantire che sia fatto quanto necessario per consentire di porre in essere
tale progetto. Del resto, numerosi partecipanti alla procedura in consultazione si sono dichiarati disposti ad agire in tal senso.

Per informazioni più dettagliate riguardo alla legislazione di esecuzione e ai necessari adeguamenti organizzativi, si rinvia al commento delle disposizioni interessate.

122

Per quanto concerne le esperienze fatte dai Cantoni che hanno di recente già proceduto a tali adeguamenti e le ripercussioni finanziarie degli stessi, cfr. n. 4.2.

1031

Inoltre, nel numero 4 del presente messaggio sono fornite ulteriori informazioni in proposito.

1.8.2

Istituzione di una giurisdizione d'appello a livello federale

Come già rilevato, l'appello costituirà, unitamente al reclamo e alla revisione, uno dei tre mezzi di ricorso sufficienti e nel contempo necessari dell'ordinamento processuale unificato. La nuova codificazione sostituirà non soltanto i codici cantonali bensì anche la vigente procedura penale federale. Non sarebbe pertanto oggettivamente giustificato obbligare i Cantoni a istituire una giurisdizione d'appello dispensando tuttavia la Confederazione da tale obbligo. La protezione giuridica garantita nei casi penali gravi e complessi non dev'essere meno estesa di quella assicurata nei casi meno gravi e più semplici123. Nel suo parere concernente l'AP-CPP, anche il Tribunale federale si è pronunciato a favore dell'istituzione di un tribunale d'appello federale, da esso considerato «indispensabile sotto il profilo dello Stato di diritto» o «imprescindibile».

Per stabilire come vada concretamente configurata una tale giurisdizione d'appello, occorre anzitutto decidere se si intende limitarsi a introdurre la possibilità di proporre appello nella procedura penale della Confederazione oppure istituire a livello federale un sistema delle impugnazioni identico a quello previsto negli ordinamenti procedurali cantonali.

Qualora si opti per la seconda soluzione, occorrerebbe prevedere che le sentenze pronunciate dal Tribunale penale federale siano impugnabili dinanzi a una giurisdizione d'appello (da creare) le cui sentenze possono in seguito essere oggetto di un ricorso in materia penale presso la Corte di cassazione del Tribunale federale. In tal caso, a livello federale vi sarebbero ­ analogamente a quanto previsto per le cause penali che sottostanno alla giurisdizione cantonale ­ tre autorità giudiziarie, di cui due dotate di pieno potere di cognizione e una con un potere cognitivo limitato alle questioni giuridiche124. Sotto il profilo organizzativo, si potrebbe istituire una giurisdizione d'appello distinta; in linea di principio sarebbe tuttavia anche possibile creare una corte d'appello specifica in seno al Tribunale penale federale.

L'altra soluzione (soltanto due autorità) consisterebbe nel prevedere che la Corte di cassazione penale del Tribunale federale riesamini non soltanto le questioni di diritto bensì anche quelle di fatto, ossia nel trasformare in un certo qual modo l'attuale ricorso in
materia penale in un ricorso in appello, nella misura in cui sia interposto contro le sentenze pronunciate dal Tribunale penale federale.

Nell'ambito del presente progetto non è necessario stabilire per quale delle due (o di ulteriori) varianti occorra optare. L'elaborazione della legge volta a consentire l'applicazione del nuovo Codice di procedura penale a livello federale offrirà l'occasione propizia per riesaminare tale questione e adottare le necessarie modifiche legislative. Nel frattempo sarà possibile disporre di dati più affidabili circa il numero

123

Cfr. anche il messaggio concernente la revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale, FF 2001 3764, segnatamente pag. 3873.

124 L'art. 191a cpv. 3 Cost. rappresenta la base costituzionale necessaria per l'istituzione di ulteriori autorità giudiziarie penali della Confederazione.

1032

di cause trattate in primo grado e fare previsioni sul numero di appelli che saranno verosimilmente interposti.

1.9

Interventi parlamentari

Gli unici due interventi parlamentari pendenti che concernono l'unificazione del diritto processuale penale saranno esaminati nel commento delle pertinenti disposizioni del D-CPP125. Proponiamo di togliere di ruolo uno di questi interventi (postulato Mugny 01.3288).

2

Commento ai singoli articoli del D­CPP

2.1

Titolo primo: Campo d'applicazione e principi

2.1.1

Capitolo 1: Campo d'applicazione e amministrazione della giustizia penale (art. 1 e 2)

Art. 1

Campo d'applicazione

In virtù del capoverso 1, il futuro Codice di diritto processuale penale svizzero si applicherà in linea di principio a tutti i procedimenti penali, dalla fase delle indagini di polizia a quella del dibattimento dinanzi ai tribunali di primo grado e alle giurisdizioni di ricorso, passando per l'istruzione da parte del pubblico ministero. Il diritto processuale previsto dal presente Codice disciplinerà i procedimenti dinanzi alle autorità penali cantonali e federali, quindi anche quelli sinora retti dalla legge federale del 15 giugno 1934126 sulla procedura penale (PP).

Il capoverso 2 precisa che sono fatte salve talune eccezioni. Oltre alle norme procedurali di cui alla legge federale sul diritto penale amministrativo (DPA)127 e alla procedura penale militare (PPM)128, già menzionate nel numero 1.2, si tratta delle disposizioni speciali della legge federale di diritto processuale penale minorile (n. 1.6.1), della procedura della multa disciplinare prevista nella legge del 24 giugno 1970129 sulle multe disciplinari (LMD) nonché dell'attività esercitata dal Tribunale federale quale giurisdizione di ricorso in applicazione della legge del 17 giugno 2005130 sul Tribunale federale. È inoltre esclusa la procedura in caso di violazione del diritto penale cantonale, riservata ai Cantoni dall'articolo 335 nCP131, segnatamente la procedura in caso di reati fiscali. Spetterà come in precedenza al diritto cantonale definire tale procedura; è tuttavia auspicabile che nella loro legislazione d'applicazione i Cantoni prevedano che il Codice di diritto processuale penale

125

126 127 128 129 130 131

Cfr. n. 2.4.3.2 (ad art. 168) in merito a P 00.3344 (Hollenstein: Segreto professionale.

Adeguamenti) e n. 2.3.1.1 (ad art. 102) in merito a P 01.3288 (Mugny: Possibilità per chi sopravvive a un genocidio e per i suoi discendenti di costituirsi parte civile).

RS 312.0 RS 313.0 RS 322.1 RS 741.03 FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

FF 2002 7351

1033

svizzero sia applicabile (in tutto o almeno in parte) al perseguimento e al giudizio dei reati puniti dal diritto cantonale132.

Art. 2

Amministrazione della giustizia penale

Il presente articolo sancisce il monopolio dello Stato in materia di giustizia penale.

Quest'ultima compete esclusivamente allo Stato e non può essere delegata a privati mediante accordi.

I procedimenti penali sottostanno al principio del rigore formale. Non possono quindi essere evasi in modo informale, per esempio mediante una semplice annotazione agli atti del loro stralcio dal ruolo. Le autorità penali possono avvalersi soltanto delle possibilità previste a tal fine dalla legge, segnatamente della sospensione o dell'abbandono (art. 314 e 320 segg.), della promozione dell'accusa (art. 325 segg.)

o del decreto d'accusa (art. 355 segg).

2.1.2

Capitolo 2: Principi del diritto processuale penale (art. 3­11)

Il diritto processuale penale è informato a una serie di principi che impongono alle autorità penali taluni obblighi fondamentali e garantiscono nel contempo ai privati implicati nel procedimento, soprattutto all'imputato, diritti di primaria importanza.

Questi principi del diritto processuale penale sono perlopiù previsti nel diritto di rango superiore, in particolare negli articoli 7­9 e 29­32 della Costituzione federale133, negli articoli 5 e 6 della Convenzione europea del 4 novembre 1950134 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e negli articoli 9, 11 e 14 del Patto internazionale del 16 dicembre 1966135 relativo ai diritti civili e politici (Patto ONU II). Sono inoltre regolarmente menzionati all'inizio dei codici di procedura penale moderni. I principi del diritto processuale penale di cui agli articoli 3­11 corrispondono materialmente ai principi sopraccitati. Sono inoltre concretati da numerose norme del disegno.

Art. 3

Rispetto della dignità umana e correttezza

La presente disposizione recepisce un'idea fondamentale della concezione moderna dello Stato: vocazione essenziale dello Stato e del suo ordinamento giuridico non sono lo Stato stesso e i suoi obiettivi intesi come un fine a sé stante, bensì il benessere e la protezione dell'individuo. La comunità statale e l'insieme dei suoi valori poggiano sul rispetto della dignità della persona136. Il rispetto della dignità umana assume particolare importanza nel diritto penale e nella sua espressione procedurale, poiché in tale ambito lo Stato può utilizzare i mezzi coercitivi più incisivi per garantire l'osservanza degli obiettivi da esso perseguiti. Va rispettata la dignità di tutti i privati implicati nel procedimento, segnatamente quella dell'imputato e del danneggiato.

132 133 134 135 136

In tal senso anche Aus 29 mach 1, pag. 71.

RS 101 RS 0.101 RS 0.103.2 Art. 7 Cost.

1034

Il capoverso 2 concretizza quanto sancito nel capoverso 1: con l'iscrizione nel CPP del principio della buona fede e del divieto dell'abuso di diritto (lett. a e b) si estendono espressamente al diritto processuale penale i principi fondamentali previsti nell'articolo 2 CC per il diritto civile. La lettera c sancisce l'altrettanto fondamentale principio della correttezza del procedimento, già previsto nell'articolo 29 capoverso 1 Cost.137, nell'articolo 6 paragrafo 1 CEDU e nell'articolo 14 paragrafo 1 Patto ONU II. Da quest'obbligo di correttezza, che non può essere definito astrattamente, si evince in modo generale che le autorità devono trattare correttamente le persone implicate nel procedimento, rispettandone la dignità. Soprattutto l'imputato è particolarmente esposto nei confronti delle autorità di perseguimento penale e necessita pertanto di protezione. Il diritto di essere sentiti garantito ai partecipanti al procedimento (lett. c) è strettamente connesso con l'obbligo di correttezza sopraccitato.

Anche tale diritto è concretizzato per le diverse fasi del procedimento da numerose disposizioni del disegno. La lettera d precisa infine che è vietato raccogliere prove con metodi lesivi della dignità umana. È evidente che la tortura e i metodi analoghi (quali p. es. la privazione del cibo o del sonno) sono assolutamente inammissibili138.

Sono tuttavia vietati anche i metodi che, pur non raggiungendo il livello di gravità della tortura, sono atti a ridurre o ad annullare la facoltà di autodeterminazione dei partecipanti al procedimento. Ciò vale ad esempio per l'impiego della narcoanalisi o di macchine della verità, a prescindere dal fatto che gli interessati siano o meno consenzienti (cfr. art. 138).

Art. 4

Indipendenza

Anche il principio dell'indipendenza del giudice è previsto nel diritto di rango superiore139. Garantisce ai partecipanti al procedimento di essere giudicati da un giudice indipendente e imparziale. L'indipendenza e l'imparzialità sono garantite se l'attività dell'autorità penale è fondata soltanto sul diritto e l'equità e non è soggetta all'influenza di fattori estranei alla causa né a istruzioni di altre autorità. Anche una chiara separazione delle funzioni esclude l'eventuale prevenzione dei giudici e contribuisce quindi a evitare il rischio di parzialità.

L'indipendenza di cui al capoverso 1 concerne tutte le autorità penali previste dal Codice, quindi anche le autorità di perseguimento penale elencate nell'articolo 12, in particolare il pubblico ministero. La disposizione precisa inoltre espressamente che tale indipendenza riguarda l'applicazione del diritto, il che esclude qualsiasi ingerenza delle autorità politiche nell'attività di perseguimento penale svolta dal pubblico ministero.

L'indipendenza delle autorità di perseguimento penale non esclude il potere di impartire istruzioni. Simili istruzioni possono servire a concretizzare la vigilanza amministrativa e, segnatamente per quanto concerne il pubblico ministero, a garantire il primato di quest'ultimo nella procedura preliminare. Il potere d'impartire istruzioni deve essere previsto dalla legge (cpv. 2). Le istruzioni concernenti la direzione della procedura preliminare da parte del pubblico ministero sono disciplinate nel presente Codice140; in virtù dell'articolo 14 capoverso 5, quelle inerenti alla vigilan137 138

«... diritto alla parità ed equità di trattamento ...».

Art. 10 cpv. 3 e 36 cpv. 4 Cost.; art. 3 in combinato disposto con l'art. 15 par. 2 CEDU; art. 7 in combinato disposto con l'art. 4 par. 2 Patto ONU II.

139 Art. 30 cpv. 1 Cost., art. 6 par. 1 CEDU e art. 14 par. 1 Patto ONU II.

140 Cfr. p. es. art. 15 cpv. 2, 306 cpv. 2 o 312 cpv. 1.

1035

za sulle autorità di perseguimento penale devono invece essere disciplinate dalla Confederazione e dai Cantoni in atti normativi distinti.

Art. 5

Obbligo di celerità

Il principio della celerità del procedimento141 riveste particolare importanza nel procedimento penale. L'imputato ha diritto ­ e i danneggiati e gli altri partecipanti al procedimento hanno perlomeno interesse ­ a che i fatti contestati siano senza indugio accertati e, se del caso, sottoposti a giudizio. Prendendo a modello i codici di procedura penale cantonali più recenti, il capoverso 2 sottolinea che soprattutto i casi concernenti persone in stato di carcerazione vanno trattati prioritariamente.

Art. 6

Principio della verità materiale

Le autorità penali sono tenute a raccogliere d'ufficio tutte le prove necessarie per il giudizio, sia riguardo al reato sia riguardo all'imputato (cpv. 1). L'obiettivo del procedimento penale è l'accertamento della verità materiale (storica); le autorità penali non possono quindi accontentarsi delle dichiarazioni delle parti o assumere prove soltanto ad istanza delle stesse. Soprattutto per le autorità di perseguimento penale, tale principio comporta il compito non solo di raccogliere le prove a carico dell'imputato bensì anche di verificare con la medesima cura gli elementi a suo discarico (cpv. 2). Occorre prevedere espressamente quest'obbligo nel Codice di diritto processuale penale svizzero anche perché nel sistema proposto la responsabilità della procedura preliminare è affidata all'autorità cui compete pure, dopo la chiusura dell'istruzione, la promozione dell'accusa (cfr. n. 1.5.2).

Qualora si proceda con rito abbreviato secondo gli articoli 365 e seguenti (n. 2.8.3), il principio della verità materiale può subire talune restrizioni (lo stesso vale per il principio di legalità sancito nell'art. 7).

Art. 7

Obbligo di procedere

Come in linea di massima previsto in tutte le leggi di procedura penale vigenti nel nostro Paese, il presente disegno è imperniato sul principio dell'intervento d'ufficio (o principio del perseguimento d'ufficio): il perseguimento penale spetta allo Stato e le autorità penali devono esercitare d'ufficio la pretesa punitiva dello stesso, a prescindere dal fatto che i privati interessati abbiano o meno sporto denuncia. Il capoverso 1 sancisce il principio di legalità dell'azione penale, strettamente connesso con il principio sopraccitato. Il principio di legalità obbliga le autorità di perseguimento penale ad avviare e attuare un procedimento ogniqualvolta vengano a conoscenza di indizi che permettano di presumere che sia stato commesso un reato e, qualora gli indizi siano confermati, a promuovere accusa affinché il caso sia sottoposto a giudizio.

Il capoverso 2 recepisce sostanzialmente l'articolo 347 capoverso 2 nCP142. In senso lato, sia la lettera a (limitazione o esclusione della responsabilità penale per espressioni usate nel Parlamento cantonale) sia la lettera b (perseguimento penale di 141

Iscritto quale diritto fondamentale dell'imputato segnatamente negli art. 29 cpv. 1 e 31 cpv. 2 e 3 Cost., negli art. 5 par. 3 e 4 e 6 par. 1 CEDU nonché negli art. 9 par. 3 e 14 par. 3 lett. c Patto ONU II.

142 FF 2002 7351

1036

membri delle autorità amministrative e giudiziarie superiori subordinato all'autorizzazione di un'autorità extragiudiziaria) riguardano impedimenti al perseguimento penale. Questo comune denominatore giustifica che entrambi i casi siano come sinora disciplinati nella stessa legge143. Sotto il profilo materiale, la normativa proposta nella lettera a diverge soltanto in un punto da quella prevista nel CP: oltre alle autorità legislative, comprende infatti anche il Governo e le autorità giudiziarie.

Questa modifica tiene conto del fatto che anche tali autorità possono essere chiamate a esprimersi in Parlamento. Per il resto, la disposizione concerne come in precedenza sia le dichiarazioni fatte in Parlamento sia quanto dichiarato nelle commissioni parlamentari. A differenza del diritto vigente, nella lettera b si rinuncia a consentire ai Cantoni di prevedere che dopo il rilascio dell'autorizzazione a procedere il giudizio sia deferito a un'autorità speciale. Tale autorizzazione offre una protezione sufficiente contro procedimenti penali ingiustificati o inopportuni, mentre il giudizio da parte di autorità speciali appare problematico sotto diversi aspetti.

Art. 8

Rinuncia al procedimento penale

Nel recente passato il sovraccarico cronico delle autorità penali e considerazioni inerenti al principio della proporzionalità hanno indotto a limitare la portata dell'obbligo di procedere. Il principio di legalità cede viepiù il passo al principio di opportunità. Il presente disegno segue questa evoluzione. A differenza di taluni codici di procedura penale cantonali, non prevede tuttavia un principio di opportunità illimitato, che consentirebbe alle autorità penali di decidere secondo la propria discrezione se rinunciare o meno ad avviare un procedimento penale. Conformemente a quanto auspicato dalla Commissione peritale144, si propone anzi di adottare un principio di opportunità limitato quale quello attualmente previsto, in forme diverse, nella maggior parte dei Cantoni.

Il capoverso 1 rinvia a motivi di opportunità già previsti nel diritto materiale federale, menzionando quali casi di applicazione più importanti gli articoli 52­54 nCP145.

Il capoverso 2 deroga al principio di legalità in quattro ulteriori casi. Questi ultimi sono già previsti, con talune varianti, in alcuni codici di procedura penale cantonali e figuravano pure nelle proposte dei periti146. Si tratta sostanzialmente di casi nei quali l'imputato è già (o è già stato) oggetto di un'istruzione penale e appare superfluo perseguirlo ulteriormente per lo stesso o per altri reati. Diversamente da quanto previsto nel capoverso 1, in tali casi si può prescindere dal procedimento penale soltanto se interessi preponderanti dell'accusatore privato non vi si oppongono.

Quest'ultimo può segnatamente avere interesse a che siano giudicate le sue pretese civili o, in casi particolarmente gravi, le sue querele penali (p. es. nei casi in cui la violazione della legge federale del 19 dicembre 1986147 sulla concorrenza sleale [LCSl] è perseguita a seguito di una querela della Confederazione [art. 23 LCSl in combinato disposto con l'art. 10 cpv. 2 lett. c LCSl]). Sia nella normativa proposta nel capoverso 1 sia in quella di cui al capoverso 2 la rinuncia al procedimento penale

143

144 145 146 147

La normativa uniforme introdotta nel nuovo Codice di procedura penale consentirà di abrogare totalmente l'art. 347 nCP (le ulteriori deroghe menzionate nel cpv. 1 di tale disposizione sono disciplinate in altre leggi federali).

Aus 29 mach 1, pagg. 46 segg.

FF 2002 7351 Aus 29 mach 1, pagg. 47 seg.

RS 241

1037

è obbligatoria se sono adempiute le condizioni previste148. In entrambi i casi la relativa decisione spetta inoltre al pubblico ministero e al giudice.

Il capoverso 3 precisa che anche nei casi sopradescritti si applica il principio di cui all'articolo 2 capoverso 2 e che la rinuncia al procedimento penale può quindi essere disposta soltanto in forma di decreto di non luogo a procedere o di decreto d'abbandono, entrambi impugnabili con reclamo.

Art. 9

Principio accusatorio

Il processo penale moderno è un processo accusatorio. A prescindere dalla procedura del decreto d'accusa e dalla procedura penale in materia di contravvenzioni (art. 355 segg. e 361 segg.), può essere celebrato soltanto se un'autorità distinta da quella giudicante ha dapprima raccolto, nell'ambito di una procedura preliminare, gli elementi di fatto e le prove rilevanti e ha in seguito sottoposto al giudizio di un giudice i reati contestati all'imputato in un atto d'accusa (principio accusatorio). Il giudice può pronunciarsi soltanto sui reati contestati nell'atto d'accusa. In linea di massima, l'accusa non può più essere modificata durante la procedura giudiziaria (principio d'immutabilità); l'articolo 334 prevede tuttavia talune eccezioni.

Art. 10

Presunzione d'innocenza e valutazione delle prove

Tra i principi del diritto processuale penale contemplati nel titolo primo figura anche la presunzione d'innocenza («in dubio pro reo») di cui al capoverso 1. Principio fondamentale di una procedura penale conforme alle esigenze dello Stato di diritto, essa è già iscritta nella Costituzione federale (art. 32 cpv. 1 Cost.), in diversi trattati internazionali concernenti i diritti dell'uomo (art. 6 par. 1 CEDU, art. 14 par. 2 Patto ONU II, art. 40 par. 2 cpv. b) i) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo), nello Statuto di Roma (art. 66 e 67 par. 1 cpv. i) e nei codici di procedura penale cantonali più recenti.

Dalla presunzione d'innocenza derivano anzitutto regole concernenti l'assunzione delle prove: in quanto regola sull'onere probatorio, tale principio significa che è compito dell'autorità requirente provare la colpevolezza dell'imputato e che non spetta a quest'ultimo dimostrare la propria innocenza. Se l'autorità requirente non è in grado di fornire tale prova, lo Stato deve sopportarne le conseguenze. Quale regola sulla valutazione delle prove, la presunzione d'innocenza implica che l'imputato deve essere assolto anche se nell'ambito di tale valutazione rimangono dubbi considerevoli e insormontabili riguardo alla sua colpevolezza; in tal caso il giudice deve fondarsi sulla fattispecie oggettiva più favorevole all'imputato149. Il principio della presunzione di innocenza è inoltre per esempio concretizzato dal divieto di rilasciare dichiarazioni che equivalgono a un verdetto di condanna anticipato o fanno sorgere dubbi riguardo all'innocenza di una persona assolta (art. 72 cpv. 3), nonché dalle condizioni restrittive cui è subordinata la condanna dell'imputato alle spese in caso di sua assoluzione o di abbandono del procedimento (art. 433 cpv. 2).

148

Messaggio concernente la revisione della parte generale del CP, FF 1999 1669, segnatamente pagg. 1749 e 1751.

149 DTF 127 I 38, 40 seg. Separazione esplicita tra norme concernenti l'onere probatorio e norme inerenti alla valutazione delle prove nell'art. 66 par. 2 e 3 dello Statuto di Roma.

1038

La norma sulla valutazione delle prove di cui al capoverso 1 è ripresa e concretizzata nel capoverso 3: i dubbi possono concernere soltanto gli elementi di fatto del reato contestato. Si tratta delle caratteristiche oggettive e soggettive della fattispecie incriminata e dei presupposti processuali del procedimento penale quali la querela o la prescrizione. Gli eventuali dubbi riguardo all'apprezzamento giuridico della fattispecie non entrano invece in linea di conto; in altri termini, il giudice non deve fondare la sua sentenza sull'interpretazione del diritto più favorevole all'imputato.

La norma prevista nel capoverso 2, secondo cui il giudice valuta liberamente le prove, è strettamente connessa con la regola sulla valutazione delle prove sopraccitata. Sotto il profilo materiale, tale norma è stata recepita dal vigente articolo 249 PP.

È espressione e corollario del principio della verità materiale (art. 6) ed esige che il giudice valuti le prove fondandosi non su regole probatorie prestabilite e fisse (p. es.

secondo il numero o la «gerarchia» dei mezzi di prova) bensì sul convincimento che si è personalmente fatto sul caso in base alle prove assunte. La disposizione prevede espressamente che a tal fine il giudice deve tener conto non soltanto delle prove assunte durante il dibattimento bensì anche di quelle raccolte dal pubblico ministero nella procedura preliminare. Gli articoli 344 e 345 stabiliscono in che misura occorra osservare il principio dell'immediatezza o quello della mediatezza (cfr. n. 2.7.2.3).

La libertà nella valutazione delle prove è limitata dalle norme che vietano l'utilizzazione di determinati mezzi di prova, o la ammettono soltanto in misura ristretta, al fine di tutelare interessi pubblici o privati degni di protezione (art. 139; cfr. n. 2.4.1.1).

Art. 11

Divieto di un secondo procedimento

Le persone condannate o assolte in Svizzera con decisione passata in giudicato non possono esservi nuovamente sottoposte a procedimento penale per il medesimo reato (effetto preclusivo della regiudicata, ne bis in idem). Anche il divieto di un secondo procedimento è un principio fondamentale del diritto penale già sancito da norme di rango superiore (art. 8 Cost.150, art. 4 del protocollo addizionale n. 7 alla CEDU, art.

14 par. 7 Patto ONU II; cfr. anche l'art. 20 dello Statuto di Roma). Un nuovo procedimento è escluso se vi è identità dell'autore e del fatto. L'identità del fatto va determinata con precisione nell'ambito dell'accertamento del diritto151.

Il capoverso 1 precisa già che il divieto si applica soltanto in caso di procedimenti conclusi in Svizzera. In linea di principio, il perseguimento e il giudizio da parte di un'autorità estera non precludono un nuovo giudizio in Svizzera152; in tal caso vanno tuttavia rispettate le restrizioni di cui agli articoli 3­7 nCP153.

Il capoverso 2 elenca le eccezioni al divieto di un secondo procedimento. Si tratta dei casi in cui un procedimento penale chiuso con decisione passata in giudicato deve essere riaperto (art. 324 e art. 310 cpv. 2 in combinato disposto con l'art. 324; art. 417 segg.). Tali eccezioni sono conformi al diritto di rango superiore.

150 151

DTF 128 II 355, 367 A tal proposito, cfr. Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 84 n. 21 segg.; sentenze della Corte eur. DU concernenti l'art. 4 del settimo protocollo addizionale (segnatamente: Fischer contro l'Austria del 29.5.2001; Oliveira contro la Svizzera del 30.7.1998, Rec. 1998-V 1990; Gradinger contro l'Austria del 23.10.1995, série A vol. 328-C).

152 Sono eccettuate le condanne pronunciate dalla Corte penale internazionale; cfr. art. 20 par. 2 dello Statuto di Roma.

153 FF 2002 7351

1039

2.2

Titolo secondo: Autorità penali

Il presente titolo concerne le diverse autorità penali della Confederazione e dei Cantoni, la loro competenza, le rispettive attribuzioni, i motivi di ricusazione e gli atti procedurali di loro spettanza. La normativa proposta riguarda soltanto le autorità penali previste nel Codice di diritto processuale penale svizzero. Non concerne l'attività esercitata dal Tribunale federale in quanto giurisdizione di ricorso nelle cause penali, disciplinata infatti nella legge sul Tribunale federale. L'attività del Tribunale penale federale è interessata soltanto nella misura in cui quest'ultimo è chiamato a giudicare ricorsi ai sensi del presente Codice, per esempio quale giurisdizione di reclamo contro le decisioni del pubblico ministero della Confederazione.

2.2.1

Capitolo 1: Attribuzioni

2.2.1.1

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 12­14)

Nel presente disegno si utilizza l'iperonimo «autorità penali» per designare le autorità federali e cantonali operanti nell'ambito del procedimento penale. Questa nozione comprende da un lato le autorità di perseguimento penale secondo l'articolo 12, ossia la polizia, il pubblico ministero e le autorità penali delle contravvenzioni e, dall'altro, le autorità giudicanti secondo l'articolo 13, vale a dire il giudice dei provvedimenti coercitivi, il tribunale di primo grado, la giurisdizione di reclamo e il tribunale d'appello.

Il disegno si limita a tracciare le grandi linee e lascia alla Confederazione e ai Cantoni il compito di disciplinare i dettagli154. Questa autonomia in materia di organizzazione giudiziaria si concretizza sostanzialmente nelle disposizioni seguenti:

154 155

­

l'articolo 14 capoverso 1 conferisce a Confederazione e Cantoni la competenza di decidere quali autorità debbano assolvere le funzioni delle autorità penali elencate negli articoli 12 e 13 e di determinarne le rispettive denominazioni. La Confederazione e i Cantoni possono per esempio stabilire quali categorie di funzionari opereranno nell'ambito del perseguimento penale; possono attribuire le funzioni del pubblico ministero a un ufficio dei giudici istruttori, quelle dell'autorità penale delle contravvenzioni a una prefettura e quelle del tribunale di primo grado a un tribunale distrettuale o circondariale.

In virtù di questa disposizione, possono inoltre denominare il tribunale d'appello «Tribunale cantonale», «Tribunale superiore», «Corte d'appello» ecc.

Come sottolineato anche durante la procedura di consultazione, è tuttavia auspicabile che si possa conseguire quanta più uniformità possibile delle designazioni a livello nazionale155;

­

eccezion fatta per la giurisdizione di reclamo e per il tribunale d'appello, la Confederazione e i Cantoni possono istituire più autorità penali dello stesso tipo. In tal caso devono definire, nei limiti delle norme sul foro previste dal presente Codice, la competenza per materia e per territorio di ciascuna di esse (art. 14 cpv. 4). Per quanto concerne le autorità giudicanti collegiali, la

Cfr. n. 1.5.1.3.

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 22.

1040

Confederazione e i Cantoni devono stabilire anche il numero dei membri del collegio giudicante (art. 14 cpv. 2); ­

l'articolo 14 capoverso 2, di fondamentale importanza, prevede che la Confederazione e i Cantoni emanino anche norme concernenti la nomina, la composizione, l'organizzazione e le attribuzioni delle autorità penali, per quanto tali aspetti non siano già disciplinati in modo esaustivo nel presente Codice o in altre leggi federali. I tribunali di primo grado possono per esempio essere organizzati in modo decentrato ed è possibile attribuire loro competenze specialistiche. Lo stesso vale per analogia per quanto concerne l'organizzazione del pubblico ministero. A tal proposito, l'articolo 14 capoverso 3 precisa espressamente che la Confederazione e i Cantoni possono prevedere pubblici ministeri superiori o generali156. Ciò rende anche possibile la creazione di una struttura a tre livelli, nel senso che per esempio i pubblici ministeri di una determinata regione saranno subordinati a un pubblico ministero superiore a sua volta subordinato al pubblico ministero generale del Cantone. A livello di pubblico ministero, la libertà concessa in materia di disciplinamento dell'organizzazione e delle attribuzioni delle autorità penali potrebbe di per sé consentire anche di operare una distinzione tra membri inquirenti e membri requirenti157. È tuttavia evidente che una simile separazione delle funzioni non sarebbe conforme, perlomeno se attuata sistematicamente, alla concezione di base del modello «pubblico ministero» che sarà applicato in Svizzera. In tal modo andrebbero persi vantaggi essenziali di questo modello158;

­

a complemento di quanto previsto nell'articolo 14 capoverso 2, il capoverso 5 lascia stabilire alla Confederazione e ai Cantoni in che modo intendono disciplinare, nel rispetto del principio dell'indipendenza (art. 4), la vigilanza sulle rispettive autorità penali;

­

per quanto concerne talune autorità penali, la Confederazione e i Cantoni sono liberi di decidere se creare tali autorità o affidarne i compiti ad autorità esistenti. Per esempio, l'istituzione di una o più autorità penali delle contravvenzioni è facoltativa (cfr. art. 17 cpv. 1);

­

i Cantoni possono infine istituire autorità giudiziarie intercantonali. Questa possibilità sarà espressamente prevista nell'articolo 191b capoverso 2 Cost.159. Più Cantoni di piccole dimensioni potrebbero per esempio istituire un tribunale penale economico intercantonale o un tribunale dei minorenni comune.

156

Un sistema comprendente siffatti pubblici ministeri superiori o generali presenterebbe talune similitudini con il modello «giudice istruttore II» (cfr. n. 1.5.2.1). Diversamente da quanto previsto in tale modello, l'abbandono del procedimento e la promozione dell'accusa competerebbero tuttavia sempre al pubblico ministero (nella terminologia attuale: giudice istruttore), non quindi al pubblico ministero superiore o generale (secondo la terminologia del disegno).

157 In tal senso André Kuhn, L'avant-projet de Code de procédure pénale unifiée balaie-t-il véritablement les diversités socioculturelles?, in: Unification de la procédure pénale, fédéralisme et organisation judiciaire ­ Actes du Colloque organisé le 4 avril 2003 à Neuchâtel, Publication de l'Institut du Fédéralisme Fribourg Suisse, Etudes et colloques, volume 23, Basilea, Ginevra, Monaco 2003, pagg. 31 e 44. Traduzione tedesca in: Schweizerische Anwaltsrevue, 8/2004, pagg. 272 segg.

158 N. 1.5.2.3. Cfr. anche il rapporto esplicativo, pagg. 20 seg.

159 FF 1999 7454; il decreto entrerà verosimilmente in vigore il 1.1.2007.

1041

Il modello proposto per quanto concerne le autorità penali presenta quindi la flessibilità necessaria affinché sia possibile prevedere un'organizzazione adeguata alle dimensioni dei singoli Cantoni e tener conto dell'evoluzione storica delle loro strutture. L'obiettivo principale del progetto, ossia un'unificazione il più possibile completa del diritto procedurale propriamente detto, non è compromesso dal margine di manovra concesso ai Cantoni riguardo all'organizzazione delle loro autorità. Tale autonomia consentirà anzi di introdurre il Codice di procedura penale fondandosi su un'organizzazione adeguata alle peculiarità cantonali, il che dovrebbe agevolare quanto ci si propone.

2.2.1.2 Art. 15

Sezione 2: Autorità di perseguimento penale (art. 15­17) Polizia

Il capoverso 1 precisa che il nuovo Codice di procedura penale è vincolante per l'attività della polizia soltanto nella misura in cui quest'ultima indaga su reati («nell'ambito del perseguimento penale»). Le altre attività, per esempio quelle svolte nel settore della polizia di pubblica sicurezza, non soggiacciono al presente Codice.

Il capoverso 2 descrive per sommi capi i compiti principali della polizia. Questa deve anzitutto indagare sui reati, ossia assicurare le tracce del reato e individuare gli autori dello stesso nell'ambito del «primo intervento». I dettagli sono principalmente disciplinati negli articoli 305 e 306 nonché nelle disposizioni che definiscono il ruolo della polizia in materia di provvedimenti coercitivi (p. es. art. 195, 205 segg.

e 214 segg.).

Secondo il modello «pubblico ministero», quest'ultimo è responsabile dell'istruzione e delle indagini. Ciò implica che la polizia sottostia alla vigilanza e alle istruzioni del pubblico ministero (cpv. 2 secondo per.). Questa subordinazione non presuppone tuttavia che la polizia giudiziaria sia integrata nel pubblico ministero o sia aggregata amministrativamente allo stesso, come per esempio previsto nel modello del Cantone di Basilea Città. Conformemente alla concezione di base di cui all'articolo 14, una siffatta organizzazione è possibile ma non obbligatoria160.

Dopo la promozione dell'accusa, il controllo del procedimento passa al giudice competente (art. 329). Se è ancora necessario un intervento della polizia, tale giudice può quindi impartirle le relative istruzioni (cpv. 3).

Art. 16

Pubblico ministero

Il ruolo del pubblico ministero è già stato descritto nella parte del presente messaggio in cui abbiamo motivato la scelta del modello di perseguimento penale proposto161. Il suo compito generale consiste nel garantire l'esercizio uniforme della pretesa punitiva dello Stato (cpv. 1), in osservanza al principio dell'intervento d'ufficio e al principio di legalità dell'azione penale (art. 7 cpv. 1). Il capoverso 2 160

Nella procedura di consultazione, la maggioranza degli interpellati ha respinto l'idea che la polizia giudiziaria sia subordinata amministrativamente al pubblico ministero; cfr.

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 20.

161 Cfr. n. 1.5.2.

1042

elenca le tre funzioni nell'ambito delle quali il pubblico ministero assolve tale mandato ossia: la direzione della procedura preliminare, lo svolgimento dell'istruzione e la promozione dell'accusa.

Art. 17

Autorità penali delle contravvenzioni

Essendo un aspetto che pertiene all'organizzazione giudiziaria, spetta alla Confederazione e ai Cantoni decidere a quali autorità compete il perseguimento e il giudizio delle contravvenzioni; questo compito può essere attribuito ad autorità amministrative quali prefetti, giudici di polizia o altre unità amministrative designate a tal fine162 oppure al pubblico ministero e ai giudici ordinari. Il diritto vigente riconosce già ai Cantoni questa libertà di scelta163. L'articolo 17 consente anche l'adozione di sistemi misti. I Cantoni possono per esempio incaricare del perseguimento delle contravvenzioni determinate autorità amministrative poste sotto la direzione di un pubblico ministero centrale delle contravvenzioni oppure affidare l'intero settore contravvenzionale a un pubblico ministero ad hoc.

Come il pubblico ministero, le autorità penali delle contravvenzioni applicano il diritto in piena indipendenza (art. 4 cpv. 1).

In linea di principio, il procedimento dinanzi alle autorità penali delle contravvenzioni è retto dalle disposizioni concernenti il decreto d'accusa (art. 361 cpv. 2; cfr.

n. 2.8.1.2).

2.2.1.3 Art. 18

Sezione 3: Autorità giudicanti (art. 18­21) Giudice dei provvedimenti coercitivi

Nel nuovo ordinamento processuale penale, il giudice dei provvedimenti coercitivi rappresenta un necessario contrappeso alla polizia e al pubblico ministero. Suo «precursore» è in un certo qual modo il giudice dell'arresto, istituto attualmente previsto dalla maggior parte dei codici di procedura penale cantonali. Il giudice dei provvedimenti coercitivi proposto nel presente disegno non si limiterà tuttavia a disporre la carcerazione preventiva e di sicurezza e a controllarne l'esecuzione. La sua competenza si estende infatti anche ad altri provvedimenti coercitivi previsti nel Codice. Più precisamente, in tale ambito164 gli spettano i compiti seguenti: ­

ordinare la carcerazione preventiva e di sicurezza e controllarne l'esecuzione (art. 225 e 228);

­

approvare la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (art. 271), l'intervento di agenti infiltrati (art. 288), l'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza (art. 280 cpv. 3 in combinato disposto con l'art. 271), lo svolgimento di indagini a tappeto mediante analisi del DNA (art. 255) e la sorveglianza di relazioni bancarie (art. 283).

162 163

Soluzione adottata nel diritto penale amministrativo federale; cfr. art. 20 segg. DPA.

Art. 339 nCP, che sostituisce l'art. 345 n. 1 secondo comma CP (cfr. FF 1999 1669, segnatamente pag. 1840). Il diritto cantonale vigente contempla entrambi i modelli.

164 Tra le ulteriori competenze del giudice dei provvedimenti coercitivi vi è anche quella di approvare la concessione della garanzia dell'anonimato (art. 147 cpv. 2).

1043

L'avamprogetto del 2001 attribuiva al giudice dei provvedimenti coercitivi un'estesa funzione di controllo. Fatte salve poche eccezioni, gli riconosceva infatti la competenza di giudicare i reclami contro gli atti procedurali e le decisioni della polizia, del pubblico ministero e delle autorità penali delle contravvenzioni. Considerato il chiaro dissenso manifestato nella procedura di consultazione, si è rinunciato ad adottare tale soluzione nel presente disegno165; il giudizio dei reclami sopraccitati competerà pertanto alla giurisdizione di reclamo (art. 20 e 401 segg.).

La libertà accordata alla Confederazione e ai Cantoni in materia di organizzazione delle autorità penali (art. 14) offre loro un grande margine di manovra anche per quanto concerne il giudice dei provvedimenti coercitivi. La Confederazione e i Cantoni sono in gran parte liberi di decidere a quale autorità giudicante attribuire le funzioni del giudice dei provvedimenti coercitivi. Giacché in determinati casi le decisioni del giudice dei provvedimenti coercitivi possono essere impugnate mediante reclamo (cfr. art. 221 cpv. 2, 278 cpv. 3, 280 cpv. 3 in combinato disposto con l'art. 278 cpv. 3, 297 cpv. 3), sarebbe logico prevedere un'organizzazione decentrata secondo cui tale organo è insediato al livello dei tribunali di primo grado.

Una siffatta organizzazione non è tuttavia obbligatoriamente necessaria. Soprattutto nei piccoli Cantoni è ipotizzabile anche un'organizzazione centralizzata. In tal caso va garantito che possano essere esperiti i reclami previsti dal presente Codice. Qualora decidano di insediare il giudice dei provvedimenti coercitivi al livello dei tribunali di primo grado, la Confederazione e i Cantoni potranno scegliere se attribuire i compiti di tale organo a un giudice dei provvedimenti coercitivi distinto dalle altre autorità giudicanti di primo grado, a una camera del tribunale di primo grado, a chi dirige il procedimento o a un giudice unico (art. 19 cpv. 2). Va da sé che anche il disciplinamento dell'organizzazione interna dell'autorità che funge da giudice dei provvedimenti coercitivi spetta alla Confederazione e ai Cantoni. Qualora sia istituita un'autorità giudicante collegiale, è quindi possibile riservare determinate decisioni al collegio e prevedere che altre (p. es. la prima decisione che dispone
la carcerazione preventiva) competano a un membro di tale autorità.

Onde fugare sin dall'inizio eventuali dubbi circa l'imparzialità dell'autorità incaricata di giudicare nel merito166, il capoverso 2 prevede che chi funge da giudice dei provvedimenti coercitivi non può essere giudice del merito nella medesima causa. Il disegno prevede quindi una separazione (perlomeno personale) delle funzioni di giudice dei provvedimenti coercitivi e di membro del tribunale di primo grado167.

Va da sé ­ è non è quindi necessario specificarlo nel CPP ­ che un membro dell'autorità che funge da giudice dei provvedimenti coercitivi non può in seguito neppure essere membro della giurisdizione di reclamo chiamata a giudicare i reclami interposti contro le decisioni di tale autorità.

165 166

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 24.

Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte di Strasburgo, il giudice dell'arresto non è sistematicamente escluso dal giudizio di merito. La parzialità del giudice di merito va tuttavia ammessa se questi, in veste di giudice dell'arresto, ha p. es.

respinto un'istanza di scarcerazione fondandosi su valutazioni che avvalorano la tesi della colpevolezza dell'imputato o ha disposto la carcerazione richiamandosi a indizi di reato particolarmente gravi. Il fatto che l'imparzialità dei giudici del merito che svolgono anche la funzione di giudice dell'arresto sia costantemente oggetto di controversie rappresenta un motivo sufficiente per prevedere ­ alla stregua di diversi codici di procedura penale cantonali ­ una netta separazione delle funzioni.

167 Per quanto concerne il tribunale d'appello si rinuncia invece a prevedere una siffatta separazione delle funzioni; cfr. art. 231 e n. 2.5.3.6.

1044

Art. 19

Tribunale di primo grado

La Confederazione e i Cantoni devono istituire tribunali di primo grado incaricati di giudicare tutte le cause penali per le quali non sono previste altre autorità (cpv. 1); devono inoltre definire la competenza per materia e ­ nei limiti degli articoli 29 e seguenti ­ la competenza per territorio di tali tribunali (art. 14). Possono istituire più tribunali regionali o distrettuali e prevedere nel contempo un unico tribunale di primo grado incaricato di occuparsi, per l'intero territorio nazionale o cantonale, di determinate forme di criminalità, per esempio quella economica.

In linea di massima, la formulazione generica degli articoli 13 e 14 non escluderebbe l'istituzione di una corte d'assise. Di fatto, la creazione di un siffatto collegio giudicante non è tuttavia più possibile poiché le disposizioni di cui agli articoli 336 e seguenti concernenti la procedura dibattimentale di primo grado (che devono essere considerate esaustive) non contemplano le norme procedurali specifiche indispensabili per l'attività di una corte d'assise.

Il capoverso 2 amplia ulteriormente il margine di manovra di cui dispongono la Confederazione e i Cantoni in materia di organizzazione delle autorità penali, giacché consente loro di prevedere giudici unici incaricati di giudicare quali tribunali di primo grado. La maggior parte dei Cantoni prevede già simili giudici monocratici.

Nella procedura di consultazione questa proposta ha ottenuto il consenso unanime degli interpellati per quanto attiene al suo principio. Riguardo alle sanzioni che possono essere irrogate dal giudice unico, nel capoverso 2 si è tenuto conto delle critiche di cui è stata oggetto la soluzione prevista nell'avamprogetto del 2001 (art. 24)168. Secondo la disposizione proposta nel presente disegno, al giudice unico competono il giudizio delle contravvenzioni, le pene detentive non superiori a 2 anni (anziché a 3 anni, come invece previsto nell'avamprogetto) e determinate misure privative della libertà (la competenza di pronunciare siffatte misure non è quindi riservata esclusivamente ai tribunali collegiali). Il limite di due anni di pena detentiva è stato fissato in considerazione dell'articolo 42 capoverso 1 nCP169, che consente di sospendere condizionalmente pene detentive sino a tale limite170. Per quanto concerne le misure privative della
libertà, oltre all'internamento, anche il trattamento in un'istituzione chiusa (art. 59 cpv. 3 nCP), ossia la misura più simile all'internamento, rimane di competenza dei tribunali collegiali.

Se la Confederazione o i Cantoni si avvarranno della possibilità di istituire giudici unici, si applicherà dunque la norma di competenza di cui al capoverso 2. È indispensabile adottare una normativa unitaria anche perché, per quanto concerne il principio dell'immediatezza e quello della mediatezza, le disposizioni del presente disegno relative al dibattimento prevedono criteri differenti (cfr. art. 344 e 345) ­ e procedure diverse in materia d'appello (art. 413 cpv. 2 lett. b) ­ a seconda del fatto che il caso debba essere giudicato da un giudice unico o da un'autorità collegiale.

168 169 170

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 25 seg.

FF 2002 7351 Del resto, anche il limite triennale previsto nell'avamprogetto si fondava sul disegno di revisione della parte generale del Codice penale, in cui si prevedeva un limite massimo di tre anni; cfr. il rapporto esplicativo concernente l'AP-CPP, pag. 42.

1045

Art. 20

Giurisdizione di reclamo

Oltre al rimedio giuridico speciale della revisione (art. 417 segg.), indispensabile in qualsiasi codice processuale penale, il presente disegno prevede soltanto due mezzi di ricorso: l'appello, proponibile in sintesi soltanto contro le sentenze assolutorie o di condanna dei tribunali di primo grado (art. 406), e il reclamo, che può essere interposto contro tutte le altre decisioni dei tribunali di primo grado, contro gli atti procedurali e le decisioni della polizia, del pubblico ministero e delle autorità penali delle contravvenzioni nonché contro determinate decisioni del giudice dei provvedimenti coercitivi (cpv. 1). Alla giurisdizione di reclamo sono quindi attribuite competenze attualmente esercitate da un'apposita camera del tribunale cantonale superiore (camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello ecc.), dal tribunale medesimo o, a livello federale, dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale.

Spetterà come in precedenza ai Cantoni decidere a quale autorità superiore attribuire le funzioni della giurisdizione di reclamo. Oltre all'istituzione di un'autorità distinta, è possibile conferire le attribuzioni di tale giurisdizione al tribunale d'appello ai sensi del presente Codice (cpv. 2), ossia ­ a livello cantonale ­ al tribunale cantonale superiore (Tribunale cantonale, Tribunale d'appello ecc.). Qualora i Cantoni optino per questa soluzione, l'articolo 21 capoverso 3 esige, analogamente all'articolo 18 capoverso 2, che in ogni singola causa sia garantita la separazione delle funzioni di membro della giurisdizione di reclamo e membro del tribunale d'appello.

Art. 21

Tribunale d'appello

Il codice di procedura penale unificato prevede in linea di principio due gradi di giurisdizione. Fatte salve talune restrizioni, le sentenze di primo grado possono quindi essere impugnate mediante appello dinanzi a un'autorità giudiziaria superiore (denominata tribunale d'appello nel presente disegno). Affinché la procedura sia unificata anche per quanto concerne i rimedi giuridici, è necessario che tale principio si applichi pure ai casi che sottostanno alla giurisdizione federale (cfr. n. 1.8.2).

Il tribunale d'appello deve non soltanto giudicare gli appelli bensì anche fungere da autorità di revisione (cpv. 1 lett. b). Possono inoltre essergli conferite le attribuzioni della giurisdizione di reclamo (art. 20 cpv. 2). Secondo la giurisprudenza concernente l'articolo 6 paragrafo 1 CEDU e l'articolo 30 capoverso 1 Cost., il principio dell'indipendenza non è violato se il giudice che ha pronunciato la sentenza di merito statuisce in seguito su un'istanza di revisione concernente la medesima sentenza. Questo dovrebbe valere anche nei casi in cui un giudice di secondo grado deve dapprima statuire su reclami interposti contro decisioni procedurali e giudicare in seguito un appello concernente la medesima causa. Al fine di garantire una corretta separazione delle funzioni, è tuttavia opportuno obbligare la Confederazione e i Cantoni a distinguere in modo adeguato ­ anche solo sul piano dell'organizzazione interna dei tribunali ­ le funzioni di giudice dell'appello, del reclamo e della revisione (cpv. 2 e 3)171. Questa separazione dovrebbe poter essere attuata anche nei Cantoni più piccoli mediante la creazione di una camera dei reclami e della revisione distinta ­ per quanto concerne i membri ­ dalla sezione d'appello.

171

Anche l'art. 17 cpv. 3 della legge sul Tribunale penale federale (RS 173.71) prevede una siffatta separazione interna delle funzioni (divieto di fungere sia da membro della Corte dei reclami penali sia da membro della Corte penale nella medesima causa).

1046

2.2.2

Capitolo 2: Delimitazione delle competenze tra Confederazione e Cantoni (art. 22­28)

Le disposizioni del presente capitolo recepiscono prevalentemente la normativa disciplinante l'attuale ripartizione dei compiti tra la Confederazione e i Cantoni, modificata per l'ultima volta nell'ambito del «progetto efficienza»172, nonché le vigenti norme relative al trasferimento della competenza giurisdizionale, modificate in occasione dell'adozione della legge sul Tribunale penale federale173: ­

l'articolo 22 sostituisce l'articolo 338 nCP174;

­

l'articolo 23 sostituisce l'articolo 336 nCP175;

­

l'articolo 24 sostituisce l'articolo 337 nCP; il nuovo capoverso 3 è volto a chiarire taluni aspetti sinora dubbi e a garantire l'efficacia della procedura;

­

l'articolo 25 capoverso 1 sostituisce l'articolo 18 capoversi 1 e 3 PP;

­

l'articolo 25 capoverso 2 sostituisce l'articolo 18bis PP introducendo tuttavia una modifica materiale: proponiamo di rinunciare alla possibilità di delegare alle autorità cantonali l'istruzione e il giudizio di casi semplici di genocidio.

Date le fattispecie di reato descritte nell'articolo 264 CP, simili casi non sono infatti concepibili;

­

l'articolo 26 capoverso 1 sostituisce l'articolo 254 capoverso 2 PP. A fini di semplificazione, proponiamo tuttavia di derogare parzialmente alla normativa di cui all'articolo 254 capoverso 2 PP e di consentire soltanto la delega dell'istruzione e del giudizio da parte del pubblico ministero della Confederazione;

­

l'articolo 26 capoverso 2 sostituisce l'articolo 18 capoverso 2 PP;

­

l'articolo 26 capoverso 4 riprende (modificandone parzialmente il testo) l'articolo 107 PP;

­

l'articolo 28 sostituisce gli articoli 18 capoverso 4, 18bis capoverso 2 e 260 PP.

La normativa di cui all'articolo 27 (competenza per le prime indagini) è nuova.

Disciplina due casi: il capoverso 1 autorizza i Cantoni a compiere atti d'indagine e d'istruzione urgenti ­ purché le autorità penali della Confederazione non siano ancora intervenute ­ anche se i reati in questione sottostanno alla giurisdizione federale. Inversamente, il capoverso 2 conferisce la competenza per le prime indagini alla Confederazione. In un certo senso, quest'ultima disposizione si rifà all'articolo 259 PP. A differenza di quanto previsto da tale articolo, la possibilità d'intervento della Confederazione non è tuttavia motivata da un suo diritto di alta vigilanza bensì dal fatto che, segnatamente in caso di reati commessi in tutto o in parte in più Cantoni o all'estero, può in un primo tempo non essere chiaro se sia competente la Confederazione o un Cantone. Il passato più recente ha dimostrato 172 173 174 175

FF 2000 76 RS 173.71 FF 2002 7351 Integrando l'art. 336 cpv. 2 nCP (genocidio) nell'elenco di cui al cpv. 1; cfr. art. 23 cpv. 1 lett. g.

1047

che in simili casi può essere necessario l'intervento immediato e coordinato di un'autorità centrale176. Quest'esigenza non dipende dal fatto che la Confederazione abbia o meno un diritto di alta vigilanza nel settore interessato.

Diversamente da quanto previsto nell'articolo 24 capoverso 3, un siffatto intervento della Confederazione non determina la competenza giurisdizionale federale. Limitando la competenza alle prime indagini, si chiarisce del resto che l'intervento delle autorità penali federali termina non appena il caso può essere affidato a un Cantone.

2.2.3

Capitolo 3: Foro

Contrariamente a quanto previsto per gli articoli 340 e seguenti nCP177, nel presente disegno le disposizioni concernenti la competenza per territorio delle autorità penali sono riunite sotto il termine «foro». Tale termine corrisponde alle denominazioni utilizzate nelle lingue tedesca (Gerichtsstand) e francese (for). Nelle grandi linee, le norme vigenti sono recepite materialmente immutate dagli articoli 340 e seguenti nCP; sono proposte modifiche soltanto in taluni settori secondari.

2.2.3.1

Sezione 1: Principi (art. 29 e 30)

L'articolo 29 capoversi 1 e 2 recepisce, sotto la rubrica «Foro del luogo del reato», l'articolo 340 nCP178. Per quanto concerne le modifiche redazionali, va sottolineato che nel capoverso 2 la nozione di «istruzione», troppo restrittiva, è sostituita con il termine «atti di perseguimento». Questa formulazione è impiegata anche in altre disposizioni del presente capitolo (art. 31 cpv. 2, 32 cpv. 1 e 33 cpv. 2 e 3). Il capoverso 4 si ispira a norme figuranti in diversi codici di procedura penale cantonali.

Prevede espressamente che il giudice e il pubblico ministero possono, per motivi sostanziali, sia disgiungere procedimenti penali sia riunire procedimenti penali che dovrebbero essere svolti separatamente. Per esempio, l'imminente prescrizione di singoli reati giustifica la disgiunzione dei procedimenti mentre l'esistenza di uno stretto legame oggettivo tra diversi reati depone a favore di una riunione dei procedimenti179.

L'articolo 30 corrisponde materialmente all'articolo 342 nCP; la sua rubrica è stata completata (foro in caso di reati commessi all'estero o di incertezza circa il luogo del reato) rispetto al titolo marginale dell'articolo 342 nCP. Conformemente alla prassi vigente, la disposizione menziona ora espressamente tra i criteri di collegamento il domicilio e la dimora abituale.

176 177 178 179

P. es. in materia di criminalità in rete.

FF 2002 7351 FF 2002 7351 Per quanto concerne il secondo caso, cfr. anche l'art. 20 cpv. 3 DPA.

1048

2.2.3.2

Sezione 2: Fori speciali (art. 31­36)

Art. 31­32 Anche queste disposizioni si rifanno ­ benché rielaborate sotto il profilo linguistico ­ alla vigente normativa del Codice penale: l'articolo 31 (foro in caso di concorso di più persone) corrisponde materialmente all'articolo 343 nCP180 mentre i capoversi 1 e 3 dell'articolo 32 (foro in caso di concorso di reati commessi in luoghi diversi) corrispondono all'articolo 344 nCP.

L'articolo 32 capoverso 2 contempla invece una nuova norma. Tale disposizione (unitamente alle norme parallele di cui agli art. 38 cpv. 2 e 40 cpv. 3) stabilisce fino a quando può essere operata e chiesta la riunione di procedimenti aperti in luoghi diversi, questione che pur non essendo disciplinata chiaramente dal diritto vigente è di rilevanza pratica. Rispetto alla giurisprudenza attuale relativa all'articolo 350 CP, anticipa tale momento: consente infatti di riunire i procedimenti non sino alla sentenza di primo grado181, bensì solo finché nel procedimento con cui si intende operare la riunione non è ancora stata promossa l'accusa. A favore di questa soluzione depone il fatto che i casi penali passano dalle autorità di perseguimento penale al giudice già con la promozione dell'accusa. L'obbligo di assumere anche i procedimenti che sono già in primo grado potrebbe ritardare eccessivamente la conclusione degli stessi.

Art. 33­35 Le presenti disposizioni concernono tre ulteriori fori speciali.

L'articolo 33 (foro in caso di reati commessi mediante i mass media) recepisce l'articolo 341 capoversi 1 e 2 nCP182 apportandovi lievi modifiche formali.

Si può invece rinunciare a riprendere l'articolo 341 capoverso 3 nCP. Tale disposizione va messa in relazione con l'articolo 356 capoversi 2 e 3 nCP, in virtù del quale la consegna di un imputato o di un condannato può essere negata in caso di reati politici o di reati commessi mediante i mass media. Se la consegna è rifiutata, l'articolo 341 capoverso 3 nCP prevede, quale foro sussidiario, il foro del luogo di dimora dell'autore del reato. Questa norma non ha mai rivestito un'importanza pratica. Dal 1993 il Concordato sull'assistenza giudiziaria e la cooperazione intercantonale in materia penale183 obbliga inoltre i Cantoni a prestarsi assistenza giudiziaria reciproca; anche sotto il profilo giuridico non v'è quindi più alcuna necessità di mantenere questa disposizione184. Nel
contempo occorre abrogare anche l'articolo 356 capoversi 2 e 3 nCP185.

L'articolo 34 introduce una nuova norma concernente il foro in caso di reati nell'esecuzione per debiti e nel fallimento e in caso di procedimenti penali contro 180 181 182 183

FF 2002 7351 Cfr. DTF 127 IV 135, con rimandi.

FF 2002 7351 RU 1993 2876. Nell'ambito dell'unificazione del diritto processuale penale, le disposizioni di tale Concordato sono sostanzialmente sostituite dal capitolo del D-CPP concernente l'assistenza giudiziaria nazionale (cfr. n. 2.2.4).

184 Cfr. FF 1999 1669, segnatamente pag. 1842.

185 Come già sottolineato nel messaggio concernente la revisione della Costituzione federale (rinuncia all'art. 67 vCost.), FF 1997 I 1, segnatamente pag. 320.

1049

imprese. La soluzione prevista nel capoverso 1 è conforme alla giurisprudenza attuale: i reati commessi nell'esecuzione per debiti e nel fallimento vanno perseguiti nel loro «luogo d'origine», ossia in linea di principio nel luogo di domicilio del debitore; oggi si tratta di norma del luogo di sede dell'impresa interessata. Nel luogo in questione le prove possono infatti essere raccolte più facilmente. Il capoverso 2 estende questo principio a tutti i reati commessi nell'ambito dell'attività di imprese.

L'articolo 35 capoverso 1 codifica la prassi attuale, secondo la quale le confische indipendenti ai sensi degli articoli 58­60 CP (art. 69­72 nCP) devono essere eseguite nel luogo in cui si trovano gli oggetti o i valori patrimoniali da confiscare. Il capoverso 2 recepisce materialmente immutato l'articolo 350bis cpv. 2 CP.

Art. 36

Determinazione di un foro derogatorio

La presente disposizione si fonda sugli articoli 262 capoverso 3 e 263 capoverso 3 PP, nonché sulla giurisprudenza concernente gli articoli 340 e seguenti e 345 CP e l'articolo 264 PP. Se motivi pertinenti lo giustificano, tale giurisprudenza consente alle autorità penali di derogare alle norme sul foro previste dalla legge e di convenire che la conduzione del procedimento sia affidata a un Cantone di per sé non competente.

Tale possibilità va segnatamente garantita anche alle autorità giudicanti. Soprattutto nelle regioni più piccole, deve per esempio essere possibile incaricare del giudizio di un caso un tribunale di primo grado non competente per territorio se ­ data la persona dell'imputato ­ il tribunale competente ratione loci non appare completamente imparziale. La giurisdizione di reclamo può procedere a una siffatta rimessione ad istanza di parte o d'ufficio.

2.2.3.3

Sezione 3: Determinazione del foro (art. 37­40)

Attualmente la procedura applicabile in caso di conflitti intercantonali in materia di foro è disciplinata soltanto in modo molto sommario negli articoli 345 nCP186 e 264 PP. Nell'ambito dell'unificazione del diritto processuale penale, tali norme vanno riunite e precisate alla luce dell'attuale giurisprudenza e tenendo conto delle esigenze degli addetti ai lavori.

2.2.4

Capitolo 4: Assistenza giudiziaria nazionale

Le disposizioni concernenti l'assistenza giudiziaria nazionale riuniscono, apportandovi lievi modifiche di natura formale, le norme relative all'assistenza che devono prestarsi le autorità penali svizzere, sinora disseminate in diversi atti normativi. Tali norme sono previste negli articoli 356­362 nCP187, negli articoli 252 e 253 PP e nel Concordato del 5 novembre 1992188 sull'assistenza giudiziaria e la cooperazione intercantonale in materia penale (in seguito: Concordato). Il loro trasferimento nel Codice di diritto processuale penale svizzero consente di disciplinare la materia in 186 187 188

FF 2002 7351 FF 2002 7351 RU 1993 2876

1050

modo sistematico. Le disposizioni che non concernono l'assistenza giudiziaria propriamente detta sono state integrate in altre parti del presente disegno189, mentre quelle che non hanno più alcuna rilevanza devono essere stralciate190.

Si rinuncia invece a riprendere le disposizioni concernenti l'assistenza in materia di polizia (art. 349­354 nCP) e quelle della legge federale del 7 ottobre 1994191 sugli Uffici centrali di polizia giudiziaria della Confederazione. Il futuro Codice di diritto processuale penale svizzero non dovrà infatti contemplare disposizioni che non sono di natura meramente procedurale bensì pertengono alla tecnica di polizia. Il testo più adeguato per disciplinare tale materia è la legge sulla polizia (della Confederazione), attualmente in elaborazione.

2.2.4.1

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 41­46)

L'articolo 41 descrive il campo d'applicazione del capitolo 4 (cpv. 1­3) e definisce la nozione di assistenza giudiziaria nazionale in materia penale (cpv. 4). In pratica, si tratta principalmente dell'assistenza giudiziaria che si prestano reciprocamente i pubblici ministeri, le autorità penali delle contravvenzioni e le autorità giudicanti.

L'assistenza giudiziaria nazionale comprende inoltre gli atti procedurali eseguiti dalla polizia su istruzione delle autorità sopraccitate. Include tuttavia anche le prestazioni attualmente fornite a tali autorità da altre autorità della Confederazione o dei Cantoni (comprese le autorità comunali) in virtù dell'obbligo loro imposto dall'articolo 27 capoverso 1 PP. Il capoverso 3 autorizza l'assistenza giudiziaria diretta tra autorità di polizia, purché non concerna provvedimenti coercitivi. Se sono necessari simili provvedimenti, spetta al pubblico ministero o al giudice disporre le pertinenti misure di assistenza giudiziaria.

L'articolo 42 recepisce il principio generale sancito nell'articolo 356 capoverso 1 nCP192, secondo il quale la Confederazione e i Cantoni, come pure i Cantoni tra di loro, sono tenuti a prestarsi assistenza giudiziaria nel perseguimento dei reati previsti dal diritto federale. L'articolo 2 numero 1 del Concordato prevede il medesimo principio. L'articolo 1 del Concordato precisa, a titolo programmatico, che tale obbligo è volto a rendere più efficace la lotta contro la criminalità193.

Si rinuncia invece a integrare nel codice di procedura penale unificato anche l'articolo 2 numero 2 del Concordato. In virtù di tale disposizione, i Cantoni sono liberi di estendere l'obbligo di prestarsi assistenza giudiziaria al perseguimento di reati previsti dal diritto cantonale. Il motivo di questa rinuncia è di natura formale e non materiale: il Codice di diritto processuale penale svizzero disciplinerà infatti esclusivamente il perseguimento e il giudizio dei reati previsti dal diritto federale (art. 1 cpv. 1); l'estensione sopraccitata ­ assolutamente sensata sotto il profilo materiale ­ deve quindi essere prevista nelle leggi cantonali di applicazione.

189 190

191 192 193

P. es. l'inseguimento (art. 360 nCP) è disciplinato nelle disposizioni concernenti il fermo di polizia (art. 215).

P. es. l'art. 362 nCP (obbligo delle autorità istruttorie di informare l'ufficio centrale federale istituito per la repressione della pornografia se accertano che oggetti pornografici sono stati fabbricati all'estero o importati).

RS 360 FF 2002 7351 Nello stesso contesto va menzionato anche l'obbligo di altre autorità cantonali ed extracantonali di mettere a disposizione atti per un procedimento penale (art. 191 cpv. 2; cfr.

n. 2.4.6).

1051

L'articolo 43 (sostegno) obbliga i Cantoni a mettere a disposizione delle autorità penali della Confederazione i locali necessari per garantire l'esercizio della loro attività ufficiale e alloggiare le persone in carcerazione preventiva. Li obbliga inoltre a prendere i provvedimenti necessari per garantire la sicurezza dell'attività ufficiale di tali autorità (p. es. il mantenimento della sicurezza da parte della polizia durante le udienze giudiziarie). La disposizione corrisponde materialmente ai vigenti articoli 28 e 29 PP.

L'articolo 44 (rapporti diretti tra autorità) recepisce nei capoversi 1 e 2 le norme di cui all'articolo 357 capoverso 1 nCP194 e all'articolo 15 numero 1 del Concordato. Il capoverso 3 prevede che nei casi in cui non è chiaro quale sia l'autorità competente in seno al Cantone richiesto, l'autorità richiedente deve indirizzare la sua domanda di assistenza giudiziaria al pubblico ministero supremo di tale Cantone.

L'articolo 45 concerne l'assunzione delle spese causate dall'assistenza giudiziaria nazionale. Si ispira alla normativa contemplata nell'articolo 358 nCP195 e negli articoli 14 e 23 del Concordato, tentando tuttavia di semplificarla il più possibile. Va anzitutto rilevato che il capoverso 1 recepisce il principio della gratuità dell'assistenza giudiziaria previsto dal diritto vigente. In virtù delle norme vigenti, talune spese devono peraltro essere rimborsate al Cantone richiesto (art. 358 cpv. 1 nCP e art. 23 n. 1 del Concordato)196. Nella prassi questa imputazione delle spese è tuttavia sovente percepita come un inutile onere amministrativo; il capoverso 2 prevede quindi che le spese sono sopportate dall'ente pubblico richiesto (Confederazione o Cantone) e devono essere comunicate all'ente pubblico richiedente soltanto affinché possano essere addossate alle parti condannate alle spese. Il capoverso 3 concerne infine gli obblighi di indennizzo derivanti da provvedimenti coercitivi adottati da un Cantone a seguito di una domanda di assistenza giudiziaria della Confederazione o di un altro Cantone. Conformemente a quanto previsto dalla giurisprudenza197, tali obblighi sono a carico dell'ente pubblico richiedente.

2.2.4.2

Sezione 2: Atti procedurali eseguiti su domanda della Confederazione o di un altro Cantone (art. 47­49)

Le presenti disposizioni concernono i casi in cui autorità penali della Confederazione o dei Cantoni, anziché compiere esse stesse i necessari atti procedurali, chiedono ­ mediante una domanda di assistenza giudiziaria ­ ad autorità penali di altri Cantoni o della Confederazione di eseguire tali atti in loro vece. Originariamente questa materia era disciplinata in modo alquanto sommario nell'articolo 352 CP. Per quanto concerne l'assistenza giudiziaria intercantonale, oggi gli articoli 15­23 del Concordato prevedono tuttavia disposizioni più dettagliate. Tali disposizioni sono state rielaborate sotto il profilo redazionale e recepite nel presente disegno.

194 195 196

FF 2002 7351 FF 2002 7351 Sono soprattutto interessati gli atti procedurali eseguiti dalle autorità di un Cantone su domanda della Confederazione o di un altro Cantone titolari del procedimento (art. 47­49).

197 Cfr. DTF 108 Ia 17, 118 Ia 336 e 119 IV 90.

1052

L'articolo 47 capoverso 1 precisa che le autorità richieste della Confederazione o dei Cantoni sono tenute a eseguire gli atti procedurali domandati. In altri termini, non possono partire dal principio secondo cui le autorità penali richiedenti potrebbero compiere direttamente esse stesse tali atti in applicazione dell'articolo 50. Il secondo periodo della disposizione sottolinea ­ riprendendo in tal senso quanto previsto nell'articolo 19 numero 2 del Concordato ­ che gli atti d'istruzione domandati sono eseguiti sotto la responsabilità dell'autorità richiedente della Confederazione o del Cantone. Se la relativa domanda rispetta le formalità prescritte, l'autorità federale o cantonale richiesta deve darvi seguito senza esaminare la necessità, la correttezza o altri aspetti di tali provvedimenti; di norma un siffatto esame non sarebbe del resto neppure possibile. Di conseguenza, spetta all'ente pubblico richiedente (Confederazione o Cantone) versare le eventuali indennità dovute a causa dei provvedimenti d'assistenza giudiziaria (art. 45 cpv. 3). Il capoverso 2 recepisce la normativa di cui all'articolo 19 numero 2 del Concordato.

L'articolo 48 concerne i provvedimenti coercitivi disposti per il tramite dell'assistenza giudiziaria e recepisce in parte l'articolo 357 nCP198 e gli articoli 20 e 21 del Concordato.

L'articolo 49 capoverso 1 recepisce la norma di cui all'articolo 17 numero 1 del Concordato. Le parti, i loro patrocinatori e l'autorità richiedente possono partecipare agli atti procedurali eseguiti nel Cantone richiesto in quanto il presente Codice lo consenta (cfr. art. 144 seg.). Al fine di poter esercitare tale diritto, le persone e autorità interessate devono ricevere tutte le informazioni necessarie da parte dell'autorità richiesta, come già previsto attualmente nell'articolo 17 numero 2 del Concordato (cpv. 2).

2.2.4.3

Sezione 3: Atti procedurali in un altro Cantone (art. 50 e 51)

Queste due disposizioni recepiscono ­ in forma semplificata ­ il contenuto essenziale degli articoli 3­14 (capitolo II) del Concordato. Da alcuni anni, quest'ultimo consente alle autorità penali di un Cantone di eseguire atti procedurali sul territorio di un altro Cantone senza previa autorizzazione dello stesso, contrariamente a quanto invece previsto nell'articolo 359 nCP199. Grazie all'unificazione del diritto processuale penale, diverse materie disciplinate nel capitolo II del Concordato non necessitano di essere integrate separatamente nelle disposizioni del presente disegno concernenti l'assistenza giudiziaria nazionale. Questo vale segnatamente per le lingue ufficiali (art. 5 e 13 del Concordato, ripresi negli art. 44 cpv. 2 e 65), la notificazione di atti giudiziari (art. 7 del Concordato, ripreso nell'art. 83), le citazioni (art. 8 del Concordato, ripreso negli art. 199 segg.), le perquisizioni e i sequestri (art. 10 del Concordato, ripreso negli art. 240 segg. e 262 segg.) nonché le comunicazioni obbligatorie secondo l'articolo 11 del Concordato (ripreso nell'art. 301 cpv. 1).

L'articolo 50 capoverso 1 recepisce i principi di cui agli articoli 3 e 9 del Concordato. Le autorità del Cantone in cui s'intende eseguire gli atti procedurali devono come in precedenza esserne preavvisate (cpv. 2); diversamente da quanto previsto nel 198 199

FF 2002 7351 FF 2002 7351

1053

Concordato, tale avviso non è tuttavia più necessario se l'atto procedurale consiste soltanto nella richiesta di informazioni e documenti (operazione frequente p. es. nei confronti delle banche).

La normativa in materia di spese e indennità di cui al capoverso 3 corrisponde a quella prevista nell'articolo 14 del Concordato; è in sintonia con gli articoli 45 capoverso 3 e 47 capoverso 1 secondo periodo, che attribuiscono la responsabilità per i provvedimenti d'assistenza giudiziaria al Cantone richiedente (e, nella presente disposizione, esecutore).

L'articolo 51 (impiego della polizia) corrisponde infine all'articolo 6 del Concordato; la relativa domanda dovrà tuttavia essere sempre indirizzata al pubblico ministero del Cantone richiesto e non più all'«Autorità giudiziaria del luogo di esecuzione».

2.2.5

Capitolo 5: Assistenza giudiziaria internazionale (art. 52 e 53)

L'assistenza giudiziaria internazionale è già disciplinata in modo relativamente esauriente dal diritto federale. A tal proposito vanno da un lato menzionati la legge federale del 20 marzo 1981200 sull'assistenza internazionale in materia penale (assistenza in materia penale, AIMP) e la relativa ordinanza del 24 febbraio 1982201 e, dall'altro, numerosi trattati internazionali e talune leggi federali adottate per consentire l'applicazione di tali trattati, come per esempio la legge federale del 3 ottobre 1975202 relativa al Trattato conchiuso con gli Stati Uniti d'America sull'assistenza giudiziaria in materia penale. In virtù dell'articolo 52, questi atti normativi prevalgono sul Codice di diritto processuale penale svizzero, le cui disposizioni si applicano quindi soltanto a titolo sussidiario all'assistenza giudiziaria internazionale.

L'articolo 53 prevede diverse norme di competenza.

Il capoverso 1 designa il pubblico ministero (eventualmente il pubblico ministero superiore o generale) quale autorità competente a livello cantonale in caso di estradizione (art. 32 segg. AIMP), di altra assistenza (art. 63 segg. AIMP), di perseguimento penale in via sostitutiva (art. 85 segg. AIMP) nonché di esecuzione da parte della Svizzera di decisioni penali straniere o di delega a uno Stato estero dell'esecuzione di una decisione penale svizzera (art. 94 segg. AIMP). L'articolo 53 prevede tuttavia due eccezioni. La prima riguarda le autorità di esecuzione penale. In virtù del capoverso 3, tali autorità possono domandare esse stesse ­ per il tramite dell'Ufficio federale di giustizia ­ l'estradizione di condannati. La seconda eccezione concerne le autorità giudicanti (cpv. 2); durante la procedura dibattimentale queste possono per esempio domandare ­ sempre per il tramite dell'Ufficio federale di giustizia ­ l'interrogatorio di un testimone all'estero. Va tuttavia rilevato che in simili casi è sovente possibile comunicare direttamente con l'autorità richiesta.

Per quanto concerne i casi in cui l'AIMP esige il concorso di un'autorità giudiziaria, il capoverso 4 si limita a prevedere che l'unica autorità cantonale o federale competente è la giurisdizione di reclamo. In virtù della nuova normativa dell'AIMP, adot-

200 201 202

RS 351.1 RS 351.11 SR 351.93

1054

tata congiuntamente alla legge del 17 giugno 2005203 sul Tribunale amministrativo federale, le decisioni cantonali e federali in materia di assistenza giudiziaria potranno essere impugnate direttamente dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale204. Nei casi particolarmente importanti, tali decisioni potranno essere impugnate con ricorso al Tribunale federale205. È pertanto inutile prevedere un rimedio giuridico a livello cantonale, come invece disposto nell'ex articolo 23 AIMP.

In conformità con la giurisprudenza e la dottrina relative al Concordato, il capoverso 5 precisa che le disposizioni concernenti l'assistenza giudiziaria nazionale (art. 41 segg.) sono applicabili se un'autorità penale cantonale investita di una domanda di assistenza giudiziaria esegue atti procedurali in altri Cantoni.

2.2.6

Capitolo 6: Ricusazione (art. 54­58)

La ricusazione di membri delle autorità penali è oggi perlopiù disciplinata nei codici di procedura penale. Talvolta è tuttavia disciplinata anche nella legislazione concernente l'organizzazione giudiziaria con disposizioni applicabili sia alla procedura civile, sia alla procedura penale sia eventualmente ad altri settori del diritto processuale. Al fine di garantire un'unificazione il più possibile completa, nel Codice di diritto processuale penale svizzero occorre prevedere anche norme unitarie sulla ricusazione. Nella prospettiva dell'adozione di un Codice di procedura civile svizzero, è inoltre opportuno adoperarsi affinché le norme sulla ricusazione previste nei due codici presentino un grado di similarità il più elevato possibile. Per il rimanente, le disposizioni in materia di ricusazione proposte nel presente disegno si ispirano a quelle previste nella legge del 17 giugno 2005206 sul Tribunale federale (LTF).

In numerose leggi di procedura vigenti e nei testi della dottrina dedicati al diritto processuale penale il termine «ricusazione» è utilizzato come nozione generica. A tal proposito si è soliti distinguere tra motivi di astensione e motivi di ricusazione.

Per motivi di astensione si intendono quelli che impediscono in modo assoluto a una persona operante in seno a un'autorità penale di esercitare la propria funzione (cosiddetto iudex incapax o inhabilis). Tale è per esempio il caso se il membro dell'autorità penale ha stretti legami di parentela con una delle parti. Le leggi di procedura prevedono inoltre motivi di ricusazione: i membri di autorità penali possono essere ricusati, benché non siano riunite le condizioni più severe contemplate nelle norme sull'astensione, in presenza di circostanze tali da dar loro l'apparenza di prevenzione nella causa (cosiddetto iudex suspectus). A differenza dall'astensione, in caso di ricusazione chi opera in seno a un'autorità penale può essere esonerato dall'esercizio della sua funzione soltanto se la relativa domanda è ammessa.

Art. 54

Motivi di ricusazione

Conformemente a quanto previsto nella normativa di cui all'articolo 34 capoverso 1 LTF, l'articolo 54 riunisce le due categorie di motivi sopradescritte nella nozione generale di «motivi di ricusazione» ed elenca i casi più importanti nelle lettere a­d.

203 204 205 206

FF 2005 3689 Cfr. il nuovo art. 25 cpv. 1 AIMP.

Art. 84 della legge sul Tribunale federale; FF 2005 3643.

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110, art. 34­38.

1055

L'elenco è completato dalla clausola generale di cui alla lettera e, che comporta la ricusazione in tutti i casi in cui vi sia sospetto di prevenzione.

La lettera b concerne il caso in cui il ricusando si sia precedentemente occupato della stessa causa in altra veste. In linea di principio, il giudice che ha già partecipato alla medesima causa deve ricusarsi. Questa regola rafforza uno dei principi su cui poggia il presente Codice, ossia il principio secondo il quale le differenti funzioni esercitate durante il procedimento devono essere assolte da autorità distinte (cfr.

n. 2.2.1.3 ad art. 18 e 19). Non può tuttavia essere applicata senza eccezioni. Per esempio, il tribunale d'appello può talvolta decidere esso stesso riguardo alla carcerazione di sicurezza (art. 231) e i membri di un'autorità giudicante non sono tenuti a ricusarsi se un'autorità superiore annulla una decisione da essi pronunciata e la rinvia loro affinché statuiscano nuovamente (art. 405 cpv. 2, 416 cpv. 1 e 421 cpv. 2). Queste eccezioni sono necessarie per motivi di economia processuale e in considerazione del rango occupato dalle singole autorità giudicanti nella gerarchia delle giurisdizioni207; sono inoltre compatibili con la giurisprudenza relativa all'articolo 30 Cost. e all'articolo 6 CEDU (diritto di essere giudicati da un giudice indipendente e imparziale)208.

Art. 56

Domanda di ricusazione

L'articolo 56 concerne le domande di ricusazione presentate dalle parti. La normativa proposta corrisponde sostanzialmente a quella prevista nella legge sul Tribunale federale (art. 36 LTF). Le domande devono essere motivate e sottostanno a talune limitazioni in materia di termini (cpv. 1). Il capoverso 2 obbliga il ricusando a pronunciarsi sulla domanda.

Art. 57

Decisione

La soluzione proposta nel capoverso 1 costituisce un compromesso tra un sistema nel quale le domande di ricusazione incontestate comportano automaticamente la ricusazione delle persone interessate209 e un sistema in cui le autorità menzionate nelle lettere a­d devono decidere anche sulle domande non controverse.

Quest'ultimo sistema è volto a evitare il rischio che una persona operante in seno a un'autorità penale si ricusi precipitosamente e senza motivi validi o non si opponga alla domanda presentata da una parte per disfarsi di un procedimento a lei poco gradito. Di norma, tale rischio sussiste tuttavia soltanto nei casi menzionati nell'articolo 54 lettere a ed e, la cui formulazione è generica. Di conseguenza, il capoverso 1 prevede che la domanda deve essere obbligatoriamente esaminata da un'autorità soltanto in tali casi. L'esame è svolto a prescindere dal fatto che la do-

207

Per esempio, durante la procedura d'appello occorre che la carcerazione di sicurezza possa essere disposta dal tribunale d'appello anziché dal giudice dei provvedimenti coercitivi, di per sé competente per una siffatta decisione.

208 Per quanto concerne l'esercizio da parte della stessa persona delle funzioni di giudice del merito e di giudice dell'arresto, cfr. p. es. la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte eur. DU) nella causa Hauschildt contro la Danimarca, série A vol. 154, n. 48; riguardo a un nuovo giudizio in procedura ordinaria a seguito di una sentenza contumaciale, cfr. p. es. la sentenza della Corte eur. DU nella causa Thomann contro la Svizzera, Rec. 1996, pag. 806, n. 32 segg.

209 Soluzione proposta nell'art. 65 AP­CPP.

1056

manda sia stata presentata dalla persona interessata o da una parte. Nel secondo caso vi si procede inoltre anche se il ricusando non si oppone alla domanda.

Le autorità di cui al capoverso 1 effettuano infine tale esame se l'interessato si oppone a una domanda di ricusazione presentata da una parte che invoca uno dei motivi previsti nell'articolo 54 lettere b­d.

Il capoverso 3 precisa che fino alla decisione il ricusando può e deve continuare a esercitare la sua funzione. Questa norma è segnatamente volta a impedire che il procedimento sia interrotto da una domanda di ricusazione manifestamente infondata presentata immediatamente prima della procedura dibattimentale.

Art. 58

Conseguenze della violazione delle norme sulla ricusazione

La presente disposizione corrisponde in ampia misura alla normativa prevista nella LTF (art. 38). Qualora una persona operante in un'autorità penale si ricusi o sia ricusata conformemente all'articolo 57, gli atti ufficiali ai quali ha partecipato sono ripetuti soltanto se una parte lo domanda (cpv. 1). La domanda deve essere presentata entro cinque giorni da quello in cui la parte è venuta a conoscenza del fatto che tale persona si è ricusata o è tenuta a ricusarsi.

2.2.7

Capitolo 7: Direzione del procedimento (art. 59­63)

Nelle versioni tedesca e francese del presente disegno le espressioni «Verfahrensleitung» e «direction de la procédure» sono ancipiti: designano sia le persone responsabili della conduzione del procedimento in una determinata fase processuale (art. 59), sia l'attività e i compiti di tali persone, disciplinati negli articoli 60­62 e in numerose altre disposizioni del Codice. Il testo italiano usa invece due espressioni distinte ossia, rispettivamente, «chi dirige il procedimento» e «direzione del procedimento».

Le competenze in materia di polizia delle udienze (art. 61) mirano a consentire a chi dirige il procedimento di prendere le misure necessarie per garantire la sicurezza, la tranquillità e l'ordine in ogni fase procedurale, segnatamente durante le udienze.

Questa normativa, unitamente a quella di cui all'articolo 62 concernente i poteri disciplinari conferiti a chi dirige il procedimento, corrisponde alle norme in genere previste nella legislazione svizzera vigente. L'unica sanzione irrogabile è tuttavia la multa disciplinare, e non anche l'arresto, come invece previsto da taluni codici di procedura penale cantonali e suggerito dai periti210. Secondo la concezione che sottende alla nuova parte generale del CP, non sarà più possibile irrogare sanzioni privative della libertà neppure in caso di contravvenzioni (art. 103 nCP211). Siffatte sanzioni appaiono ancor meno giustificabili in caso di semplici infrazioni disciplinari. Nei casi di cui all'articolo 61 capoverso 4 (allontanamento di una parte) va tenuto conto dell'articolo 106 capoverso 5 (concessione del diritto di essere sentiti).

Conformemente alle norme generali previste nel presente disegno (art. 401 cpv. 1 lett. a), le disposizioni ordinatorie del pubblico ministero e delle autorità penali delle contravvenzioni sono impugnabili con reclamo. A chi dirige il procedimento in giudizio si applica invece l'articolo 63: in linea di principio, le sue disposizioni 210 211

Aus 29 mach 1, pag. 98.

FF 2002 7351

1057

ordinatorie possono essere impugnate soltanto insieme con la decisione finale (cpv. 2); in caso di autorità giudicante collegiale, durante il dibattimento le parti possono tuttavia chiedere che le disposizioni ordinatorie prese prima dello stesso da chi dirige il procedimento siano annullate o modificate (cpv. 1).

2.2.8

Capitolo 8: Norme procedurali generali

2.2.8.1

Sezione 1: Oralità; lingua (art. 64­66)

L'articolo 65 (lingue ufficiali) prevede disposizioni concernenti le lingue che devono essere utilizzate nel procedimento penale, che si svolge in linea di principio oralmente (cfr. art. 64).

Il capoverso 1 rimanda anzitutto alle normative della Confederazione e dei Cantoni.

Se del caso, questi ultimi determineranno nella loro legislazione d'applicazione le lingue ufficiali delle rispettive autorità penali. Potranno adottare norme speciali per le regioni e i distretti giudiziari plurilingui. Attualmente simili norme sono in particolare già previste nei Cantoni di Berna, di Friburgo e del Vallese. Per quanto concerne i procedimenti dinanzi alle autorità penali della Confederazione, occorrerà ovviamente fondarsi sulle norme oggi contemplate nella legge federale sulla procedura penale (art. 97 cpv. 1 PP) e nella legge sul Tribunale federale (art. 54 cpv. 1 LTF212).

Alla stregua di quanto disposto dalla maggior parte delle leggi processuali vigenti in Svizzera, l'articolo 66 capoverso 1 sancisce l'obbligo di far capo a un traduttore o a un interprete213 se un partecipante al procedimento non padroneggia la lingua ufficiale in cui si svolge il medesimo. Il secondo periodo consente di rinunciare al traduttore o all'interprete nei casi semplici (p. es. se nell'ambito di una procedura penale in materia di contravvenzioni occorre interrogare un teste di lingua straniera) e nei casi urgenti, a condizione che chi dirige il procedimento e l'estensore del verbale padroneggino sufficientemente la lingua dell'interessato. Tale deroga dovrebbe tuttavia essere applicata con riserbo.

Il capoverso 2 rinvia ai diritti particolari dell'imputato risultanti sostanzialmente dall'articolo 32 capoverso 2 Cost., dall'articolo 6 paragrafo 3 lettere a ed e CEDU, dall'articolo 14 paragrafo 3 lettere a ed f Patto ONU II e dalla pertinente giurisprudenza214. L'imputato ha anzitutto diritto di essere immediatamente informato in modo circostanziato, in una lingua a lui comprensibile, dei reati contestatigli. Ha inoltre diritto alla traduzione degli atti procedurali che deve assolutamente comprendere per poter beneficiare di un equo processo. In tale categoria rientrano informazioni fondamentali quali quelle sul contenuto essenziale delle deposizioni testimoniali, delle perizie e di ulteriori mezzi di prova rilevanti, dell'atto
d'accusa, delle arringhe e delle conclusioni principali nonché del testo del dispositivo e, se del caso, dei passaggi più importanti della decisione pronunciata. Nel secondo periodo, la 212 213

FF 2005 3643 Per semplificare il testo del disegno sotto il profilo redazionale, nelle versioni tedesca e francese si è rinunciato a operare una distinzione tra gli interpreti (traduzione orale) e i traduttori (traduzione scritta) e si è utilizzato esclusivamente il termine «traduttore». Tale termine designa comunque entrambe le funzioni, come del resto risulta nel testo italiano del disegno.

214 A tal proposito, cfr. Aus 29 mach 1, pagg. 96 seg.

1058

disposizione codifica tuttavia anche il principio giurisprudenziale secondo cui non può essere pretesa la traduzione della totalità degli atti procedurali compiuti dall'autorità o da privati né, qualora l'imputato sia patrocinato da un avvocato, la traduzione dell'intera sentenza.

Il capoverso 4 completa la norma contemplata nel vigente articolo 6 capoverso 3 della legge federale del 4 ottobre 1991215 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV). Prevede infatti che la vittima di un reato contro l'integrità sessuale può esigere che il suo interrogatorio sia non solo svolto bensì anche tradotto da persone del suo stesso sesso.

Per quanto concerne i traduttori e gli interpreti, il capoverso 5 rinvia infine alle disposizioni concernenti i periti. In particolare, i traduttori e gli interpreti sottostanno quindi all'obbligo del segreto (art. 71 e 181 cpv. 2 lett. e), hanno in linea di principio lo statuto di partecipanti al procedimento (art. 103), devono rispettare le norme sulla ricusazione di cui all'articolo 54 (art. 180 cpv. 3) e sono puniti penalmente in caso di falsa traduzione (art. 181 cpv. 2 lett. f).

2.2.8.2 Art. 67

Sezione 2: Pubblicità (art. 67­70) Principi

Il capoverso 1 iscrive nel codice di procedura penale unificato la garanzia della pubblicità delle udienze sancita nell'articolo 30 capoverso 3 Cost., nell'articolo 6 paragrafo 1 CEDU e nell'articolo 14 paragrafo 1 Patto ONU II. In linea di principio, possono pertanto assistere alle udienze giudiziarie non soltanto i partecipanti al procedimento bensì anche persone che non sono di per sé interessate dallo stesso. La nozione di «udienze» implica peraltro che il procedimento si svolga oralmente. In virtù del presente disegno, la procedura è sempre orale dinanzi al tribunale di primo grado (art. 336 segg.); sono invece previste talune restrizioni per quanto concerne la procedura dinanzi al tribunale d'appello (art. 412 e 413).

Il capoverso 2 elenca i casi in cui il procedimento penale non è pubblico. La procedura dinanzi al giudice dei provvedimenti coercitivi è menzionata separatamente nella lettera b al fine di sottolineare che tale procedura non è pubblica neppure nei casi in cui è svolta un'udienza (cfr. art. 224 cpv. 1 e 226 cpv. 6). Questa normativa è compatibile con le esigenze poste dalle norme di rango superiore menzionate nel paragrafo precedente poiché, contrariamente ai tribunali di primo e di secondo grado, il giudice dei provvedimenti coercitivi non deve statuire su un'accusa penale (ai sensi, p. es., dell'art. 6 par. 1 CEDU). Lo stesso vale per la procedura dinanzi alla giurisdizione di reclamo (lett. c). Nell'ambito della procedura d'appello può invece rivelarsi indicato consentire al pubblico di assistere alle udienze; la lettera c è quindi stata formulata in modo aperto («in quanto si svolga per scritto»; cfr. art. 413). La lettera d prevede infine che la procedura del decreto d'accusa non è pubblica. È vero che in tale procedura il pubblico ministero statuisce su un'accusa penale; affinché le esigenze poste dal diritto di rango superiore siano soddisfatte, basta tuttavia che l'interessato abbia in seguito la possibilità di sottoporre la decisione pronunciata a un giudice216.

215 216

RS 312.5. L'art. 6 cpv. 3 LAV è dal canto suo stato integrato nell'art. 150 cpv. 1 D-CPP.

DTF 124 IV 238

1059

Il capoverso 4 è volto a soddisfare i diritti legittimi di terzi all'informazione; prevede che gli interessati possono prendere visione delle sentenze emesse nell'ambito di una procedura scritta o comunque non pubblica. Questa norma codifica la giurisprudenza secondo cui in caso di rinuncia alla comunicazione pubblica della sentenza si deve garantire che il pubblico possa prenderne conoscenza in altro modo, per esempio consultandola presso la cancelleria del tribunale217. Per poter prendere visione della sentenza non è necessario comprovare effettivamente di avere un interesse alla consultazione.

Art. 68

Restrizioni e porte chiuse

Le eccezioni contemplate nel capoverso 1 corrispondono a quelle generalmente previste nelle normative vigenti in Svizzera. Per quanto concerne la lettera a, concretizzano a livello di legge i principi sanciti dalla Costituzione federale e dal diritto internazionale (segnatamente dall'art. 30 cpv. 3 Cost., dall'art. 6 par. 1 CEDU e dall'art. 14 par. 1 Patto ONU II). La lettera a menziona espressamente gli interessi della vittima affinché il giudice li prenda in considerazione d'ufficio e in ogni caso.

Anche la decisione di procedere a porte chiuse al fine di tutelare la vittima implica tuttavia che il giudice abbia previamente ponderato gli interessi in gioco. Ciò vale anche per i procedimenti concernenti reati contro l'integrità sessuale. Da un lato, questa disposizione sottolinea che la direzione e lo svolgimento di un processo penale spettano a chi dirige il procedimento e non alle parti o ad altri partecipanti.

Dall'altro lato, consente di tener conto del fatto che la pubblicità delle udienze giudiziarie non comporta soltanto effetti favorevoli o sfavorevoli per le parti o per altri partecipanti al procedimento, bensì assolve anche una funzione di controllo dell'amministrazione della giustizia. La decisione di procedere a porte chiuse concerne quindi non soltanto interessi privati bensì anche interessi pubblici. Di conseguenza, non può essere lasciata alla discrezione di una parte; il giudice deve anzi procedere a una ponderazione degli interessi in causa.

Nella maggior parte dei casi si dovrebbe già poter evincere dal principio della proporzionalità che la tutela di determinati interessi non esclude la comunicazione della sentenza in udienza pubblica. Il capoverso 4 prevede quindi che le sentenze devono essere comunicate in tal modo anche se si è proceduto a porte chiuse. Qualora la tutela di determinati interessi imponga eccezionalmente che si rinunci alla comunicazione in udienza pubblica, la sentenza va se del caso resa nota in un'altra forma appropriata, per esempio mediante un comunicato stampa.

2.2.8.3

Sezione 3: Segreto, informazione del pubblico, comunicazioni ad autorità (art. 71­73)

In virtù dell'articolo 67 capoverso 2 lettera a, la procedura preliminare non è pubblica. In linea di principio, ciò vale anche per determinati atti compiuti in altre fasi del procedimento. Questi obblighi di serbare il segreto ­ la cui inosservanza può comportare l'inflizione di una delle pene previste nell'articolo 320 CP (violazione del segreto d'ufficio) ­ nonché le relative restrizioni sono disciplinati negli articoli 71­73.

217

Anche a tal proposito cfr. DTF 124 IV 239 seg.

1060

Art. 71

Obbligo del segreto

L'articolo 71 sancisce anzitutto il principio del mantenimento del segreto. A tal proposito è determinante la nozione di segreto di cui all'articolo 320 CP; se ne evince che l'obbligo del segreto non riguarda i fatti di dominio pubblico218. Di conseguenza, l'obbligo previsto nel capoverso 1 o imposto in virtù del capoverso 2 decade riguardo ai fatti di cui chi dirige il procedimento ha informato il pubblico.

L'obbligo di cui al capoverso 1 deve essere rispettato sia dai membri delle autorità penali e dai loro collaboratori sia dai periti nominati dall'autorità penale (ma non da quelli designati dalle parti a titolo privato). Concerne anche i traduttori e gli interpreti, poiché la loro attività è retta dalle stesse disposizioni applicabili ai periti (cfr.

art. 66 cpv. 5). Il capoverso 2 è necessario nonostante l'articolo 293 CP. Tale articolo punisce il fatto di rendere pubbliche istruttorie o udienze segrete di un'autorità; la sua applicazione presuppone tuttavia che segreti siano resi «pubblici», ossia resi noti a un gran numero di persone. Esso non si applica pertanto alla rivelazione di fatti segreti tra singole persone. Il capoverso 2 colma questa lacuna e consente di obbligare anche altri partecipanti al procedimento (art. 103) e i loro patrocinatori a serbare il segreto se lo scopo del procedimento o la tutela di un interesse privato lo richiede. Per quanto concerne i testimoni, la facoltà dell'autorità penale di imporre il segreto è ribadita nell'articolo 162. A differenza di quanto previsto nella presente disposizione, tale facoltà è tuttavia conferita all'autorità interrogante anziché a chi dirige il procedimento. Di conseguenza, anche la polizia può obbligare testimoni a serbare il segreto sugli interrogatori, purché siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 140 capoverso 2. Il presente disegno prevede una norma speciale per quanto concerne la sorveglianza delle relazioni bancarie (disciplinata negli art. 283 segg.): secondo tale norma, spetta infatti al giudice dei provvedimenti coercitivi ­ e non a chi dirige il procedimento ­ imporre l'obbligo del segreto a banche o a istituti analoghi (art. 284 cpv. 1 lett. b). I mass media non possono invece essere obbligati a serbare il segreto in virtù del capoverso 2. Per loro il divieto di divulgare fatti che sono oggetto di procedure non pubbliche (cfr. art. 67 cpv. 2) deriva dall'articolo 293 CP.

Art. 72

Informazione del pubblico

Il capoverso 1 disciplina le eccezioni all'obbligo del segreto. Nel complesso tali eccezioni corrispondono a quelle usualmente previste nelle leggi processuali vigenti in Svizzera. L'informazione del pubblico compete al pubblico ministero e al giudice nonché, con il loro consenso, alla polizia. Quest'ultima può inoltre diramare gli usuali comunicati su incidenti e reati (cpv. 2).

Il capoverso 3 stabilisce taluni criteri generali concernenti le modalità e il contenuto dell'informazione. Le autorità penali devono in particolare rispettare il principio della presunzione di innocenza, ossia astenersi dall'esprimere giudizi anticipati sulla colpevolezza delle persone in questione. Sono inoltre tenute a rispettare i diritti della personalità degli interessati. Questo implica segnatamente che possono essere divulgate soltanto le informazioni necessarie per conseguire gli obiettivi di cui al capoverso 1.

218

Dopo la chiusura del procedimento, non è invece escluso che fatti di cui si è discusso nell'ambito di un'udienza giudiziaria pubblica diventino segreti; cfr. DTF 127 IV 129.

1061

Il capoverso 4 recepisce l'articolo 5 capoverso 2 LAV, apportandovi tuttavia due modifiche di carattere materiale. In primo luogo, consente di divulgare non soltanto l'identità della vittima bensì anche informazioni che ne consentano l'identificazione.

Secondariamente, subordina la divulgazione delle informazioni non soltanto al consenso della vittima bensì anche, in caso di decesso, a quello dei suoi congiunti superstiti219.

Art. 73

Comunicazioni ad altre autorità

L'obbligo del segreto di cui all'articolo 71 vieta di comunicare informazioni non soltanto a privati bensì anche, in linea di principio, ad altre autorità. L'articolo 73 prevede tuttavia una serie di casi in cui le autorità penali sono tenute, se oggettivamente giustificato, a informare altre autorità riguardo a procedimenti penali pendenti. La normativa proposta non è esaustiva. Ulteriori diritti e obblighi di informare autorità sono infatti previsti nelle legislazioni cantonali e in quella federale (cfr. p.

es. art. 351 o 368 nCP220) nonché in norme cantonali che obbligano le autorità penali a fornire informazioni alla competente autorità di sorveglianza, per esempio in caso di reati commessi da avvocati, medici, funzionari, studenti ecc. (cpv 4).

In virtù del capoverso 2, se necessario per proteggere l'imputato o il danneggiato, le autorità penali devono informare le autorità sociali e tutorie riguardo ai procedimenti penali avviati e alle decisioni pronunciate.

Il capoverso 3 recepisce la norma di cui all'articolo 363 nCP, precisando tuttavia che l'obbligo d'informazione da esso previsto concerne tutti i reati in cui sono coinvolti minorenni e non solo quelli commessi contro minorenni.

2.2.8.4

Sezione 4: Verbali (art. 74­77)

Nel procedimento penale vige l'obbligo di documentazione, incluso quello di verbalizzazione: tutti gli atti procedurali delle autorità penali e delle parti non eseguiti per scritto devono essere messi a verbale. L'obbligo di documentazione, combinato con quello di allestire i fascicoli in modo ordinato (art. 98), riveste grande importanza.

Da un lato, assolve una funzione «mnemonica» o «di perpetuazione», nel senso che gli atti procedurali sono registrati in vista di ulteriori fasi del procedimento, segnatamente della pronuncia della sentenza e della procedura di ricorso. Dall'altro lato, l'obbligo di documentazione ha anche una funzione di garanzia, poiché consente di verificare a posteriori se il procedimento si è svolto nel rispetto delle norme processuali e delle forme prescritte.

La normativa proposta negli articoli 74­77 poggia sulla convinzione che un'efficace unificazione del diritto processuale penale implichi anche l'adozione di norme uniformi in materia di verbalizzazione. Le normative cantonali vigenti si differenziano notevolmente le une dalle altre; queste differenze sono ancor più marcate nelle modalità d'applicazione di tali disposizioni. Il presente disegno prevede pertanto una normativa relativamente dettagliata. Considerate le critiche espresse nella procedura 219

Entrambe le modifiche corrispondono a proposte della Commissione peritale incaricata della revisione della LAV; tali proposte sono state accolte favorevolmente dai partecipanti alla procedura di consultazione (cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 29).

220 FF 2002 7351

1062

di consultazione221, le disposizioni sono pertanto state snellite il più possibile e la sistematica è stata semplificata.

Art. 74

Disposizioni generali

Il capoverso 1 sancisce l'obbligo di documentazione, più precisamente quello di verbalizzazione. Tale obbligo deve essere osservato in tutte le fasi del procedimento, quindi anche durante la procedura investigativa della polizia.

I capoversi 2 e 3 disciplinano le responsabilità in materia di verbalizzazione.

Il capoverso 4 consente di registrare gli atti procedurali (quindi anche gli interrogatori disciplinati nell'art. 76) mediante dispositivi tecnici. Le registrazioni non possono tuttavia sostituirsi alla verbalizzazione scritta, bensì soltanto completarla. In altri termini, occorre attenersi al principio secondo cui gli atti procedurali devono in linea di massima essere registrati per scritto.

Art. 76

Verbali d'interrogatorio

In virtù del capoverso 2, il verbale è in linea di principio steso nella lingua in cui si svolge il procedimento, ossia nella lingua ufficiale utilizzata dall'autorità interessata.

Va anzitutto rilevato che l'articolo 65 capoverso 2 secondo periodo prevede un'eccezione generale a tale principio. Chi dirige il procedimento può inoltre disporre che le deposizioni essenziali ­ in cui la dichiarazione originale riveste un'importanza fondamentale ­ siano verbalizzate non soltanto nella versione tradotta bensì anche nella lingua in cui si è espresso l'interrogato. Questo modo di procedere dovrebbe tuttavia essere possibile soltanto per quanto concerne le lingue più correnti quali il tedesco, il francese, l'inglese o lo spagnolo. Sarà inoltre sempre possibile (e auspicabile) verbalizzare i passaggi essenziali di una deposizione rilasciata in dialetto nella loro versione dialettale.

Il capoverso 3 si ispira alla prassi recepita nella maggior parte delle leggi processuali vigenti in Svizzera secondo la quale ­ diversamente da quanto previsto in altri ordinamenti giuridici come per esempio quello angloamericano ­ le domande e le risposte non sono in linea di principio verbalizzate testualmente bensì in forma riassuntiva, omettendo talvolta le domande o sintetizzando più risposte. Questo modo di procedere, che può essere giustificato dalla necessità di garantire che i verbali siano chiari e intelligibili, non è esente da problemi, giacché può comportare una deformazione delle deposizioni. La normativa proposta si limita a imporre alle autorità penali di verbalizzare testualmente le domande e le risposte determinanti. È infatti opportuno che la definizione più precisa di quest'obbligo resti di spettanza della prassi.

221

Cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 29 seg.

1063

2.2.8.5

Sezione 5: Decisioni (art. 78­81)

Ogni codice processuale penale deve prevedere disposizioni concernenti le forme in cui va chiuso il procedimento penale. Tali norme figurano negli articoli 78­81.

Art. 78

Forma

Nel presente disegno il termine generico «decisione» (tedesco: Entscheid; francese: prononcé) è utilizzato per designare tutte le decisioni dell'autorità concernenti una questione di diritto materiale o formale. Qualora si statuisca su una questione di diritto materiale, segnatamente sul merito della causa stessa, la decisione è denominata sentenza (tedesco: Urteil; francese: jugement). Tutte le altre decisioni (finali o incidentali) rivestono la forma dell'ordinanza (tedesco: Beschluss; francese: décision), se pronunciate da un'autorità collegiale, o del decreto (tedesco: Verfügung; francese: ordonnance), se pronunciate da un'autorità monocratica.

I capoversi 2 e 3 sanciscono taluni principi generali applicabili alle decisioni. I requisiti formali di cui al capoverso 2 sono mitigati nel capoverso 3. Per esempio, se durante il dibattimento non viene ammesso l'interrogatorio di un ulteriore testimone, tale decisione può essere motivata sommariamente e comunicata oralmente. In simili casi sono giustificabili forme semplificate, tanto più che la questione oggetto della decisione ordinatoria può essere riesaminata nell'ambito di un ricorso interposto contro la decisione finale.

Art. 79

Contenuto delle decisioni finali

L'articolo 79 è volto a uniformare il contenuto delle decisioni finali. Elenca quindi in modo relativamente dettagliato gli elementi che tali decisioni devono contenere.

Art. 80

Limitazioni dell'obbligo di motivazione

Il diritto alla motivazione delle sentenze ­ che figura tra i diritti fondamentali ­ non è «assoluto», poiché in determinate circostanze i partecipanti al procedimento possono rinunciarvi. Per motivi di economia processuale, diverse leggi procedurali federali e cantonali prevedono che nei casi semplici è possibile rinunciare a motivare la sentenza se le parti non esigono espressamente una motivazione. L'articolo 80 si ispira a queste normative, dimostratesi appropriate: consente di non motivare la sentenza se sono cumulativamente soddisfatte le condizioni elencate nel capoverso 1. Il capoverso 2 prevede un'ulteriore limitazione: prendendo a modello le normative cantonali, esige che sia successivamente notificata una sentenza motivata se una parte lo domanda entro dieci giorni o interpone ricorso. Giacché il termine per interporre appello decorre dalla consegna o dalla notificazione del dispositivo (art. 392 lett. a), la notificazione della sentenza motivata non comporta l'inizio di un nuovo termine di appello. Nei casi che sottostanno alla giurisdizione federale, casi in cui il pubblico ministero della Confederazione è legittimato a ricorrere (art. 389 cpv. 4), il dispositivo va comunicato anche a quest'ultimo in quanto parte (e tale notificazione determina l'inizio del termine di appello); anche il pubblico ministero della Confederazione può quindi esigere una sentenza integralmente motivata. La normativa prevista nell'articolo 267 capoversi 2 e 3 PP perde pertanto la sua ragion d'essere.

1064

Anche la disposizione di cui al capoverso 4 è dettata da motivi di economia processuale e consente alle autorità di ricorso di rimandare alla motivazione della giurisdizione inferiore, purché la condividano.

Art. 81

Interpretazione e rettifica delle decisioni

Il dispositivo di una sentenza può talvolta essere poco chiaro, incompleto o contraddittorio. Per consentire di ovviare a tali lacune in modo relativamente semplice e al di fuori di una procedura di ricorso, le leggi processuali prevedono di norma l'istituto dell'interpretazione e della rettifica. L'articolo 81 riprende tale istituto, che ha dato buoni risultati.

2.2.8.6

Sezione 6: Comunicazione delle decisioni e notificazione (art. 82­86)

Le disposizioni proposte corrispondono nel complesso alle normative previste nelle leggi processuali vigenti in Svizzera.

L'articolo 82 capoverso 4 concretizza l'obbligo di celerità (art. 5): di norma le sentenze motivate devono essere notificate entro 60 giorni. Eccezionalmente tale notificazione può essere effettuata entro 90 giorni. L'eccezione è tuttavia giustificata soltanto nelle cause penali straordinariamente complesse. Giacché il capoverso 4 concerne soltanto le sentenze, è inutile specificare che sono fatti salvi termini più brevi quali quelli applicabili alle decisioni in materia di carcerazione (cfr. art. 225 cpv. 1, 226 cpv. 5 e 227 cpv. 4).

L'articolo 84 consente di effettuare le notificazioni per via elettronica. La normativa proposta corrisponde a quella prevista nell'articolo 60 capoverso 3 LTF. Siffatte notificazioni richiedono il previo assenso dell'interessato. In linea di principio, il consenso vale soltanto per il procedimento pendente. Può tuttavia avere anche una portata generale, per esempio nel caso degli avvocati che comunicano regolarmente con le autorità penali. Spetterà al Consiglio federale disciplinare i dettagli concernenti la notificazione per via elettronica (art. 463). Alla stregua di quanto previsto per le memorie e istanze di cui all'articolo 108 capoverso 2, occorrerà segnatamente determinare il formato dei documenti elettronici da notificare.

In virtù dell'articolo 85 capoverso 2, le parti che vivono all'estero devono designare un recapito in Svizzera presso il quale possano essere loro fatte validamente le notificazioni. Questa norma, che molti Cantoni non prevedono, è volta ad ovviare alle difficoltà che comporta la notificazione di comunicazioni a persone residenti all'estero. Il capoverso 4 persegue del resto il medesimo obiettivo.

Per quanto concerne l'articolo 86 capoverso 4, va rilevato che i decreti d'abbandono e i decreti d'accusa sono reputati notificati, anche se non pubblicati, appena è realizzata una delle condizioni di cui al capoverso 1 lettere a­c.

1065

2.2.8.7

Sezione 7: Termini e date d'udienza (art. 87­92)

Le disposizioni di questa sezione concernono i termini e le date d'udienza, il computo dei termini, il loro rispetto e la loro proroga. Sono poi disciplinate l'inosservanza, le conseguenze dell'inosservanza e la restituzione di termini inosservati e di udienze mancate. La normativa qui proposta corrisponde anche in questo caso essenzialmente alle procedure vigenti e non necessita dunque di particolari commenti. L'articolo 89 capoverso 3 (termine in caso di trasmissione elettronica) corrisponde all'articolo 44 capoverso 2 LTF. I presupposti per la trasmissione elettronica sono disciplinati nell'articolo 108 capoverso 2.

Per quanto concerne la restituzione secondo l'articolo 92 (restitutio in pristino) occorre stabilire se essa va garantita soltanto in caso di inosservanza senza alcuna colpa oppure anche in caso di lieve negligenza. Il disegno propone di garantire la restituzione di termini legali o giudiziari alla parte che rende verosimile che né essa stessa né il suo rappresentante hanno colpa dell'inosservanza o di averne soltanto in lieve misura (cpv. 1). La competenza di trattare istanze di restituzione spetta all'autorità presso cui avrebbe dovuto essere compiuto l'atto procedurale omesso. Per i termini di ricorso, questa competenza spetta alle autorità di ricorso, mentre nel caso delle opposizioni nella procedura del decreto d'accusa essa spetta al pubblico ministero o all'autorità penale delle contravvenzioni, in quanto devono occuparsi della causa dopo che è stata fatta opposizione.

2.2.8.8

Sezione 8: Trattamento di dati (art. 93­97)

Secondo l'articolo 2 capoverso 2 lettera c della legge federale del 19 giugno 1992222 sulla protezione dei dati (LPD; RS 235.1) la LPD non è applicabile ai procedimenti pendenti; lo stesso principio vale a livello cantonale. Ciononostante, la maggior parte dei codici di procedura penale cantonali non contemplano principi generali relativi al trattamento dei dati. Il trattamento e la protezione dei dati sono per lo più disciplinati da singole disposizioni, ad esempio quelle concernenti gli obblighi di comunicazione a margine di misure coercitive segrete, il diritto di esaminare gli atti o il principio della procedura preliminare segreta. Queste disposizioni permettono tuttavia in primo luogo di tutelare adeguatamente gli interessi dell'imputato. Non bisogna comunque trascurare che, soprattutto nella fase di ricerca di indagati, un perseguimento penale moderno non è possibile senza poter trattare informazioni relative a persone che anche in seguito non saranno parti nel procedimento.

Per questo occorre sancire nel Codice di procedura penale svizzero un certo numero di principi fondamentali, senza tuttavia statuire una disciplina dettagliata come ad esempio quella figurante nel diritto tedesco (§§ 98a segg. CPP tedesco).

La normativa corrisponde essenzialmente all'articolo 29bis della procedura penale federale (PP).

Art. 93

Raccolta di dati personali

Il capoverso 1 corrisponde all'articolo 29bis capoverso 2 PP, il capoverso 2 al capoverso 3 del medesimo articolo.

222

RS 235.1

1066

Art. 94

Comunicazione e utilizzazione in procedimenti pendenti

Il capoverso 1 sancisce un semplice diritto di comunicare e trasmettere dati e corrisponde all'articolo 29bis capoverso 4 PP. Il capoverso 2 disciplina la questione risolta in modo controverso dal ministero pubblico della Confederazione, da una parte, e dall'Ufficio federale di polizia, d'altra parte, di quale sia il rapporto tra l'obbligo di informare secondo la legislazione federale sulle misure per garantire la sicurezza interna e il diritto all'informazione secondo la procedura penale federale.

È ora stabilito chiaramente che gli obblighi di informazione valgono anche per le autorità penali.

Art. 95

Diritti d'informazione durante la pendenza del procedimento

Questa disposizione stabilisce a quali condizioni durante un procedimento un'autorità penale è tenuta ad informare chi lo domanda in merito al trattamento di dati personali che lo concernono. Contrariamente alla normativa vigente sinora e sancita nell'articolo 102bis PP relativo alla procedura federale, il diritto di informazione viene limitato nell'interesse di un perseguimento penale efficace: non più tutte le persone potranno domandare informazioni, ma soltanto le parti e gli altri partecipanti al procedimento ai sensi dell'articolo 103. Fino a che punto l'autorità penale debba informare di moto proprio sul trattamento di dati personali risulta dall'articolo 93 capoverso 2 e dalle disposizioni sugli obblighi di comunicazione nelle singole misure coercitive (segrete).

I concetti di «dati personali» e di «trattamento» vanno intesi conformemente alla definizione di cui all'articolo 3 lettere a ed e LPD.

L'informazione concerne indicazioni su quali dati personali sono stati trattati, in che modo e da chi. Può essere fornita garantendo l'esame degli atti corrispondenti oppure mediante una risposta senza che siano presentati gli atti. L'importante è che nel fornire le informazioni non vengano elusi i limiti del diritto di esaminare gli atti.

Art. 96

Rettifica di dati

Questa disposizione poggia sul principio sancito dall'articolo 5 LPD secondo cui l'esattezza dei dati personali deve essere garantita da chi li tratta e ogni interessato può chiedere la rettifica dei dati personali inesatti. Va comunque rilevato, quale particolarità del procedimento penale, che talvolta non è possibile stabilire inequivocabilmente l'esattezza o meno di taluni dati. Uno dei compiti del procedimento può anzi consistere (anche) nel chiarire questo aspetto. Il capoverso 1 va quindi inteso nel senso che sono rettificati soltanto i dati personali la cui inesattezza è certa.

Considerato che, come appena rilevato, nel procedimento penale talvolta la controversia concerne proprio l'esattezza di determinati dati e tenuto conto del fatto che la procedura penale, contrariamente ad esempio all'articolo 25 capoversi 2­4 LPD, non prevede una procedura distinta per stabilire l'esattezza dei dati, il capoverso 2 rinuncia a fissare un obbligo di informazione in caso di contestazione dell'esattezza di dati. Se le autorità penali avessero l'obbligo di comunicare senza indugio ad altre autorità la contestazione dell'esattezza di dati, ne risulterebbero notevoli difficoltà pratiche.

Se, dopo che il procedimento si è concluso, i dati risultano inesatti o se la persona interessata contesta la loro esattezza, la procedura e i diritti corrispondenti sono retti

1067

dal pertinente diritto della protezione dei dati della Confederazione e dei Cantoni (cfr. art. 97).

Art. 97

Trattamento e conservazione dei dati personali dopo la chiusura del procedimento

Il capoverso 1 costituisce una sorta di pendant alla norma sancita nei disposti di protezione dei dati e secondo cui questi ultimi non sono applicabili ai procedimenti penali pendenti. Chiuso il procedimento trovano applicazione non solo le norme relative ai diritti di informazione, ma anche tutte le disposizioni concernenti la protezione dei dati contemplate nei pertinenti atti normativi federali e cantonali, segnatamente quelli sulla procedura e la protezione giuridica.

Capoverso 2: i dati raccolti nel quadro di un procedimento penale devono essere acquisiti agli atti, poiché la costituzione di dossier «paralleli» non è ammessa.

L'unica eccezione a questo riguardo sono i documenti segnaletici e i profili del DNA, i quali possono essere conservati separatamente dal fascicolo (cfr. art. 260 e art. 258 in combinato disposto con gli art. 10­13 della legge federale del 20 giugno 2003223 sui profili del DNA) e per i quali valgono termini di cancellazione particolari (cfr. art. 260 e 258 in combinato disposto con gli art. 16 e 17 della legge sui profili del DNA). Per altri tipi di dati la durata di conservazione corrisponde a quella dell'insieme degli atti.

La riserva di cui al capoverso 3 intesa a far salva la legge federale del 7 ottobre 1994224 sugli uffici centrali di polizia giudiziaria della Confederazione (LUC) risolve la questione controversa nel diritto vigente se prevalgono le disposizioni concernenti il trattamento, la conservazione e l'informazione contemplate nella LUC o quelle del diritto procedurale (in particolare l'art. 29bis della legge federale del 15 giugno 1934225 sulla procedura penale).

2.2.8.9

Art. 98

Sezione 9: Gestione, esame e conservazione degli atti (art. 98­101) Gestione degli atti

In tutti i procedimenti penali occorre costituire un fascicolo che oltre ai verbali procedurali e d'interrogatorio contenga tutti gli atti scritti e altri mezzi di prova materiali, che sono stati acquisiti agli atti. Il fascicolo deve essere ordinato in modo sistematico, senza per questo dover essere necessariamente disposto in ordine cronologico. In cause di una certa entità, soprattutto quelle che concernono più reati, può segnatamente essere opportuno adottare un'altra sistematica.

Capoverso 2: un fascicolo allestito in modo ordinato presuppone un indice o un sommario che permetta di prendere rapidamente visione del contenuto del fascicolo e di controllare i documenti disponibili, in particolare quando si permette di esaminare gli

223 224 225

RS 363 RS 360 RS 312.0

1068

atti. Si rinuncerà ad allestire un siffatto indice soltanto nelle cause semplici in cui vi siano anche pochi atti, che possono dunque essere disposti in ordine cronologico.

Art. 99

Esame degli atti di un procedimento pendente

Il diritto di esaminare gli atti spettante ai partecipanti al procedimento è parte integrante del diritto di essere sentiti sancito dall'articolo 29 capoverso 2 Cost. La norma prevista dai codici di procedura penale meno recenti secondo cui il diritto di esaminare gli atti sussiste soltanto una volta conclusa l'istruzione226 non è più in sintonia con le attuali concezioni dei diritti procedurali delle parti. I più recenti codici di procedura penale concedono l'esame degli atti quando ciò non pregiudica lo scopo dell'istruzione.

Il capoverso 1 definisce in modo più preciso il momento in cui nasce tale diritto.

Concretamente ciò significa che ad esempio in un caso di stupro, l'esame degli atti va garantito una volta che l'imputato e la vittima sono stati interrogati dal pubblico ministero. Considerato che l'imputato e il suo difensore possono essere presenti all'interrogatorio di testimoni e possono porre domande supplementari, nei casi come quello appena citato può essere utile concedere alla difesa l'esame degli atti già prima dell'interrogatorio della vittima, in quanto senza una buona conoscenza degli atti è spesso difficile esercitare il diritto di porre domande supplementari. Il mancato esame degli atti può non di rado rendere necessario un altro interrogatorio dei testimoni, il che non giova né all'economia processuale né alla protezione della vittima. Va inoltre rilevato che nella procedura di carcerazione sussiste il diritto illimitato di esaminare gli atti in possesso del giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 224 cpv. 2).

La concessione dell'esame degli atti ad altre autorità (cpv. 2) o a terzi (cpv. 3) presuppone una ponderazione degli interessi. Occorre considerare in particolare l'interesse pubblico ad uno svolgimento rapido e senza interruzioni del procedimento.

Art. 100

Procedura in caso di domanda di esame degli atti

Come risulta dal fatto che la competenza venga assegnata a chi dirige il procedimento e dalla sua posizione sistematica, questa disposizione è applicabile esclusivamente all'esame degli atti di un procedimento pendente.

Capoverso 1: a seconda della situazione si possono immaginare diversi provvedimenti per evitare abusi e atti dilatori oppure per tutelare il segreto; l'esame degli atti può ad esempio essere concesso soltanto sotto vigilanza per prevenire la distruzione di atti, oppure nei riguardi di terzi o altre autorità può essere limitato a determinati elementi del fascicolo per tutelare interessi di mantenimento del segreto.

Il capoverso 2 riprende la norma ampiamente diffusa secondo cui gli atti vanno solitamente consultati presso la sede dell'autorità penale e soltanto i patrocinatori delle parti e altre autorità hanno il diritto al recapito degli atti. Nulla impedisce tuttavia all'autorità penale di inviare gli atti anche ad altre persone (ad es. alle parti stesse o ai patrocinatori di altri partecipanti al procedimento). D'altra parte, si può anche derogare al principio della trasmissione degli atti ad altre autorità o ai patrocinatori, ad esempio nei casi in cui gli atti sono molto voluminosi oppure se l'autorità 226

Cfr. ad es. art. 119 cpv. 2 PP.

1069

di perseguimento penale o il giudice necessita urgentemente e contemporaneamente degli atti (ad es. in casi di carcerazione).

2.3

Titolo terzo: Parti e altri partecipanti al procedimento

2.3.1

Capitolo 1: Disposizioni generali

2.3.1.1

Sezione 1: Definizione e statuto (art. 102­106)

Art. 102

Parti

Conformemente alla proposta della commissione peritale, l'articolo 102 riserva il concetto di «parte» innanzi tutto ai principali partecipanti privati al procedimento penale, ossia all'imputato e all'accusatore privato (cpv. 1 lett. a e b); nella procedura dibattimentale e in quella di ricorso assume lo statuto di parte anche il pubblico ministero (lett. c).

Il concetto di «parte» descrive invero solo insufficientemente il vero statuto dei partecipanti al procedimento penale; in particolare, i partecipanti privati non sono comparabili alle parti in un processo civile, giacché difettano del potere dispositivo della parte. Nel presente disegno si è tuttavia usato il concetto di parte per designare detti partecipanti, soprattutto per ragioni di semplificazione concettuale e terminologica227. La scelta corrisponde del resto all'uso nelle lingue romanze, nella quali è invalso il concetto di «parte» ma non quello di «partecipante al procedimento».

Il capoverso 2 si riallaccia alle normative vigenti in alcuni Cantoni e secondo le quali, ad esempio, le autorità di assistenza, di consulenza sociale o delle protezione dell'ambiente possono interporre ricorso in caso di reati concernenti i rispettivi settori.

In relazione al capoverso 2 si pone la questione se oltre che alle autorità, vadano riconosciuti diritti procedurali o addirittura lo statuto di parte anche ad associazioni che si prefiggono di tutelare interessi generali. Si tratta ad esempio delle associazioni di protezione dell'ambiente o degli animali, oppure di organizzazioni attive nella lotta contro il razzismo. La questione è stata anche oggetto di due interventi parlamentari: la mozione Schwaab del 13 giugno 2000 invitava il nostro Collegio ad esaminare se riconoscere la legittimazione ricorsuale alle associazioni di lotta contro il razzismo nei procedimenti penali per violazione dell'articolo 261bis CP (discriminazione razziale)228; nella stessa direzione muoveva la mozione Mugny, con cui il nostro Collegio veniva tra l'altro invitato a riconoscere nei procedimenti penali per violazione dell'articolo 261bis capoverso 4 CP (disconoscenza, minimizzazione o giustificazione di genocidio) lo statuto di accusatore privato alle associazioni antirazzismo e a quelle che rappresentano le vittime di genocidi o i loro familiari229. Il presente disegno rinuncia a riconoscere lo statuto di parte alle associazioni e pertanto a conferir loro il diritto di interporre ricorso. Come avevamo rilevato nel nostro 227

Cfr. a questo proposito le istanze di semplificazione dell'attuale «scompiglio di designazioni delle parti» formulate nel rapporto peritale Aus 29 mach 1, pag. 84: «Der in den heutigen Strafprozessgesetzen herrschende Wirrwarr von Parteibezeichnungen soll durch ein einheitliches Begriffssystem ersetzt werden».

228 00.3268.

229 01.3288.

1070

parere in merito alle due citate mozioni, a differenza di altri ambiti del diritto che prevedono la legittimazione attiva delle associazioni (ad es. nell'ambito della concorrenza sleale, art. 10 LCSl230), nel diritto penale e in quello processuale penale opera un'autorità, il pubblico ministero, tenuta a tutelare interessi collettivi e generali e a far valere d'ufficio la pretesa punitiva (cfr. art. 7 e 16 del disegno e relativo commento, n. 2.1.2 e 2.2.1.2). Qualora le autorità di perseguimento penale non aprano di moto proprio un procedimento, qualsiasi persona o società di persone che constati tali reati può sporgere denuncia e provocare in tal modo un'istruzione penale (art. 300). L'introduzione di diritti procedurali a favore di tali associazioni contraddirebbe inoltre il principio generalmente dominante nel diritto processuale penale svizzero secondo cui di massima la qualità di parte spetta soltanto all'imputato, all'accusatore privato e allo Stato perseguente (cpv. 1). L'ammissione di altre parti provocherebbe maggiore farraginosità del procedimento, il che annullerebbe i vantaggi che ci si prefiggono con questo provvedimento.

Art. 103

Altri partecipanti al procedimento

Muovendo dal concetto di parte che si limita all'imputato e all'accusatore privato, l'articolo 103 capoverso 1 elenca gli altri privati che possono assumere un ruolo nel procedimento penale. È menzionato in primo luogo il danneggiato e dunque anche la vittima (cfr. il commento all'art. 116). In sintonia con l'attuale legislazione, il capoverso 2 riconosce a dette persone i diritti di parte nella misura in cui siano interessate da atti procedurali delle autorità e per quanto necessario alla tutela dei loro interessi.

La descrizione dei singoli partecipanti al procedimento e la definizione dei rispettivi diritti e obblighi sono oggetto di discipline dettagliate in diverse parti del disegno.

Art. 105

Diritto di essere sentiti

L'articolo 105 capoverso 1 menziona i principali elementi costitutivi del diritto di essere sentiti come sono contemplati oggi in tutte le leggi processuali. Il capoverso 2 statuisce espressamente l'obbligo per le autorità penali di rendere attente ai loro diritti le parti prive di conoscenze giuridiche, ossia di regola chi non è patrocinato da un avvocato. Il termine generico di «autorità penali» evidenzia che tale obbligo sussiste anche nella procedura investigativa della polizia e nell'ambito di una procedura penale in materia di contravvenzioni.

Art. 106

Restrizioni del diritto di essere sentiti

L'articolo 106 disciplina nel suo capoverso 1 le condizioni alle quali è lecito sottoporre a restrizioni il diritto di essere sentiti. In entrambi i casi la restrizione comprende anche l'esclusione di un partecipante al procedimento che non è parte (cfr.

art. 103 cpv. 2).

Il primo caso (lett. a) è l'abuso di diritto. La restrizione motivata in tal modo è lecita quando vi è il sospetto fondato che una parte o il suo patrocinatore abusi dei suoi diritti. La condizione menzionata in molti codici processuali ma poco chiara di «compromissione di interessi del procedimento» non è dunque di per sé più sufficiente per limitare il diritto di essere sentiti, soprattutto nella fase iniziale della 230

In merito alla legittimazione ricorsuale di tali associazioni professionali od organizzazioni di categoria cfr. DTF 120 IV 154.

1071

procedura preliminare. Il secondo caso (lett. b) concerne la sicurezza delle persone e la tutela di interessi pubblici o privati al mantenimento del segreto. Si tratta qui di motivi di esclusione generali; misure di protezione particolari sono previste altrove, ad esempio in relazione alla pubblicità dei dibattimenti (art. 68) e allo svolgimento di interrogatori di testimoni ecc. (art. 146 segg.) e prevalgono su questa disposizione generale di protezione.

Le eccezioni di cui al capoverso 1 vanno applicate con cautela e nel rispetto del principio di proporzionalità. Il capoverso 3 esige pertanto che tali restrizioni siano autorizzate soltanto per un periodo determinato, per singoli atti procedurali oppure in relazione a singoli elementi del fascicolo. Spesso la causa all'origine della restrizione del diritto di essere sentiti risiede nella parte e non nel suo patrocinatore. Se ad esempio una perizia psichiatrica contiene informazioni confidenziali di terzi che non dovrebbero essere portate a conoscenza dell'esaminando, ad esempio dunque dell'imputato, è allora ragionevole precludere a quest'ultimo il diritto di consultare la perizia; non vi è tuttavia motivo di negare tale diritto al difensore dell'imputato231.

In altri termini, le restrizioni riguardo ai patrocinatori sono autorizzate soltanto se i motivi che li giustificano ineriscono anche o esclusivamente alla loro persona (cpv. 2).

Se il diritto di essere sentiti non può essere garantito, vi è il diritto di rimediarvi adeguatamente una volta che il motivo della restrizione viene meno, di regola consultando posteriormente gli atti in questione. È pure ipotizzabile che, ad esempio per motivi inerenti alla protezione della personalità, taluni documenti (ad es. una perizia) non siano accessibili per tutta la durata del procedimento. In questi casi è possibile fondarsi sul mezzo di prova in questione soltanto se esso è stato reso noto alla parte almeno mediante un estratto o nelle conclusioni (cpv. 4 e 5).

2.3.1.2

Sezione 2: Atti procedurali compiuti dalle parti (art. 107 e 108)

Gli articoli 107 e 108 sono il pendant degli articoli 64­101, che disciplinano gli atti procedurali delle autorità penali. Le normative generali possono comunque restare snelle, poiché aspetti essenziali del ruolo delle parti private e di altri partecipanti al procedimento penale sono disciplinati altrove.

L'articolo 107 concede alle parti, quale corollario del diritto di essere sentiti, il diritto di influire sul procedimento penale con memorie e istanze.

L'articolo 108 dispone che, salvo disposizioni legali derogatorie (ad es. concernenti la presentazione di ricorsi, cfr. art. 393 o 398 cpv. 1), non sono previste prescrizioni di forma per gli atti procedurali dei privati. Le memorie e le istanze possono dunque essere presentate per scritto (anche per telescrivente) oppure oralmente a verbale. Un codice processuale che di massima non conosce l'obbligo di patrocinio232, necessita di tale libertà formale affinché anche le persone prive di esperienza giuridica o forense possano esercitare i loro diritti procedurali.

231

Tanto più che in virtù dell'art. 100 cpv. 1 gli può essere impartita l'istruzione di non lasciar esaminare la perizia all'imputato.

232 Cfr. a questo proposito il n. 2.3.4.1.

1072

Il capoverso 2 consente la trasmissione elettronica di istanze e memorie. Si tratta di una facoltà conferita alle autorità penali e non di un obbligo. Le autorità penali non sono dunque tenute a mettere a disposizione un'infrastruttura per la trasmissione elettronica. Nel caso in cui lo facciano, il capoverso 2 definisce a quali condizioni.

La disposizione segue a tal fine la soluzione prevista nell'articolo 42 capoverso 4 LTF. Le istanze e memorie trasmesse elettronicamente devono essere corredate di una firma elettronica riconosciuta che ne certifichi dunque la completezza ed autenticità. Devono inoltre essere trasmesse in un formato leggibile per l'autorità penale.

Essendo una questione più che altro tecnica, la definizione del formato della trascrizione sarà disciplinata dal nostro Collegio. Il formato sarà identico per tutti i Cantoni e potrà essere coordinato con quello che sceglierà il Tribunale federale.

2.3.2 Art. 109

Capitolo 2: L'imputato (art. 109­112) Definizione

Il disegno recepisce la proposta della commissione peritale e utilizza, a fini di semplificazione, per l'intero procedimento fino alla sentenza la nozione di «imputato» (tedesco «beschuldigte Person», francese «prévenu»)233 per designare le persone contro cui è diretto un procedimento penale. Vengono pertanto meno le differenze che si riscontrano in taluni codici processuali penali che, a seconda della fase del procedimento, adottano nozioni diverse: secondo la terminologia uniforme qui proposta, chi in un atto procedurale è indiziato, incolpato o accusato di un reato è considerato imputato. Di massima, il disegno designa inoltre come imputato anche chi è stato condannato fin tanto che la sentenza non è passata in giudicato. Per evitare ambiguità, in alcune disposizioni si discorre tuttavia di «condannato» invece che di «imputato», anche se la sentenza non è ancora passata in giudicato234.

Il capoverso 2 sottolinea che la posizione di imputato spetta anche alle persone il cui procedimento, già concluso, è riaperto a tenore dell'articolo 324 (riassunzione dell'istruzione preliminare dopo abbandono) o degli articoli 417 e seguenti (revisione di una sentenza passata in giudicato). In caso di una procedura di riassunzione o di revisione, contro tali persone non è diretto alcun procedimento ai sensi del capoverso 1 ed è dunque opportuno menzionarle specificamente.

Art. 110

Procedimento penale contro imprese

Il diritto penale e il diritto processuale penale erano originariamente concepiti in funzione della responsabilità del singolo. Conformemente al principio secondo cui societas delinquere non potest le persone giuridiche non erano ritenute punibili e non potevano di conseguenza essere soggetti attivi nell'illecito penale e figurare in qualità di imputati in un procedimento penale.

233 234

Aus 29 mach 1, pag. 86.

Ad esempio, nell'art. 230 cpv. 1 l'uso del termine «condannato» chiarisce che il giudice di primo grado può disporre la carcerazione di sicurezza in vista della procedura d'appello soltanto se l'imputato è stato riconosciuto colpevole.

1073

Recentemente questo principio è stato abbandonato anche nel diritto penale svizzero.

L'articolo 102 nCP235, «responsabilità dell'impresa», ha introdotto la punibilità dell'impresa per determinati illeciti. A suo tempo ci eravamo limitati a proporre una norma che definisse a quali condizioni il reato commesso da un impiegato di un'impresa possa essere ascritto all'impresa stessa236. Le nostre proposte non contenevano tuttavia alcuna disposizione che tenesse conto delle particolarità del procedimento contro imprese. Una norma processuale fu poi creata nell'ambito dei dibattiti parlamentari (art. 102a nCP), pur limitandosi, nel senso di normativa minima, a stabilire chi rappresenta l'impresa nel procedimento penale. A prescindere da una piccola aggiunta nell'articolo 102 nCP, anche il nuovo tenore di queste disposizioni nell'ambito della legge federale del 21 marzo 2003237 che modifica il Codice penale e la legge sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (Finanziamento del terrorismo) e la loro rinumerazione in articolo 100quater e 100quinquies non ha modificato nulla238.

Da un lato, la disciplina processuale minima creata con l'articolo 100quinquies CP non è soddisfacente, perché i procedimenti penali contro le imprese derogano per certi aspetti a quelli contro singole persone. D'altro lato, riteniamo tuttavia che sarebbe eccessivo voler disciplinare per legge tutti i problemi connessi ai procedimenti penali contro imprese. Ad esempio, non pare opportuno prescrivere espressamente la procedura da seguire qualora un'impresa coinvolta in un procedimento penale faccia fallimento o proceda a una fusione con un'altra ditta. Limitarsi a poche norme essenziali è anche giustificato dal fatto che i procedimenti penali contro imprese dovrebbero restare alquanto rari239. Come evidenziano gli esempi del fallimento o della fusione, le questioni che restano aperte sono verosimilmente di natura materiale e pertengono dunque più al Codice penale che non al Codice processuale penale.

Per quanto il presente disegno non contenga norme speciali per i procedimenti contro imprese, si presuppone che a siffatti procedimenti sono applicabili le prescrizioni processuali generali, concepite di per sé per i procedimenti contro persone fisiche, oppure che possono essere applicate
per analogia. In questo senso, oltre che nell'articolo 100quinquies CP (che va trasposto nell'art. 110 del disegno), proponiamo di menzionare le particolarità di tali procedimenti solo in due altre disposizioni: nell'articolo 34 capoverso 2 che disciplina il foro per i procedimenti contro imprese e l'articolo 175 lettera h, secondo il quale il rappresentante dell'impresa è interrogato come persona informata sui fatti.

Per quanto concerne il vigente articolo 100quinquies CP, esso va ripreso possibilmente immutato quale articolo 110 del disegno. È innanzi tutto il caso del capoverso 1, secondo il quale l'impresa deve per prima cosa designare chi la rappresenta nel procedimento penale. Il rappresentante va scelto tra le persone autorizzate a rappresentare illimitatamente la società in materia civile. Nelle società anonime entrano pertanto in linea di conto innanzi tutto i direttori, i membri del consiglio di ammini235

236 237 238 239

FF 2002 7351. In merito all'origine e all'importanza dell'art. 102 nCP cfr. Alain Macaluso, Quelques aspects procéduraux de la responsabilité pénale de l`entreprise, ZStrR 123 (2005) 79 segg.; Niklaus Schmid, Strafbarkeit des Unternehmens: die prozessuale Seite, recht 21 (2003) 203 segg.

Messaggio del Consiglio federale del 21.9.1998, FF 1999 1669.

In vigore dal 1.10.2003, RU 2003 3043.

All'entrata in vigore della parte generale riveduta del Codice penale queste due disposizioni figureranno negli art. 102 e 102a.

Nei due anni di vigenza dell'art. 100quater CP vi è stato un unico caso.

1074

strazione, gli amministratori delegati ecc. Soltanto nel caso in cui l'impresa non designa il suo rappresentante entro un termine adeguato, chi dirige il procedimento designa chi, nella cerchia delle citate persone autorizzate, rappresenta l'impresa nel procedimento (cpv. 2). Il capoverso 3 corrisponde al vigente articolo 100quinquies capoverso 3 CP; la disposizione stabilisce che per evitare conflitti di interesse il rappresentante non puo essere chi è indagato per i medesimi fatti o per fatti connessi a quelli contestati all'impresa.

Il capoverso 4 è invece una novità. Qualora per il medesimo fatto o per fatti connessi si proceda separatamente contro una persona fisica e contro l'impresa, è auspicabile che i due procedimenti siano riuniti. La riunione non è imperativa; è ammesso mantenere distinti i procedimenti se opportuno per motivi di economia procedurale.

Il capoverso 2 del vigente articolo 100quinquies CP non va trasposto nel suo tenore attuale nel nuovo Codice di procedura penale. Questa disposizione conferisce al rappresentante i medesimi diritti e obblighi dell'imputato (primo periodo); inoltre prevede per le persone che secondo il capoverso 1 entrano in considerazione quali rappresentanti dell'impresa, il diritto di non deporre. La questione dell'obbligo di rispondere per le persone di un'impresa è ora disciplinata nell'articolo 175 lettera h, secondo la quale il rappresentante dell'impresa ai sensi dell'articolo 110 capoversi 1­3 ha la qualità processuale di persona informata sui fatti, come pure i suoi collaboratori diretti (cfr. il commento relativo all'art. 175 lett. h, n. 2.4.4). In virtù dell'articolo 177 capoverso 3, queste persone possono rifiutare di deporre, né hanno peraltro l'obbligo di collaborare.

Il presente disegno rinuncia pure a statuire qualsivoglia obbligo processuale o di collaborazione dell'impresa stessa, come è ad esempio il caso nel Cantone di Berna a livello di ordinanza240. Riteniamo infatti che nel loro ruolo di entità imputate le imprese devono poter disporre degli stessi diritti processuali delle persone fisiche imputate e quindi, ad esempio, anche del diritto di rifiutare una collaborazione attiva al procedimento. Si può tuttavia rinunciare a sancire espressamente tale principio nel presente Codice: tali obblighi di collaborazione presuppongono infatti
una base legale e quindi è sufficiente omettere la statuizione esplicita di questi obblighi.

Inoltre, va da sé che l'impresa, in quanto entità imputata in un procedimento penale, può invocare gli altri principi processuali come il diritto di essere sentiti, il principio accusatorio o la presunzione di innocenza.

Art. 111

Posizione giuridica

Fino al momento in cui la sentenza passa in giudicato vige la presunzione di innocenza di cui all'articolo 10 capoverso 1. Concretamente ne risulta, tra l'altro, che le autorità penali sono tenute ad esaminare con la stessa attenzione le circostanze a carico e quelle a discarico dell'imputato (cfr. art. 6 cpv. 2), che devono trattare l'imputato altrettanto correttamente che le altre parti e astenersi da qualsiasi ascrizione di colpa precipitata. La presunzione di innocenza non esclude tuttavia che per l'apertura di un procedimento penale da parte della polizia e del pubblico ministero,

240

Einführungsverordnung vom 25. Juni 2003 zur Änderung vom 21. März 2003 des Schweizerischen Strafgesetzbuchs (Verantwortlichkeit des Unternehmens) (BSG 311.11).

In merito alla problematica connessa con questa disposizione cfr. Niklaus Schmid, Strafbarkeit des Unternehmens: die prozessuale Seite, recht 21 (2003) 206 segg. che menziona pure opere di autori con opinioni divergenti.

1075

ma anche per la disposizione di provvedimenti coercitivi, sia sufficiente un indizio di reato.

L'imputato è tenuto a tollerare l'apertura di un procedimento penale e i relativi atti procedurali, compresi eventuali provvedimenti coercitivi, ma non è invece obbligato a promuovere attivamente il procedimento e a deporre a proprio carico. Non è in particolare tenuto a deporre o a collaborare in altro modo (ad esempio fornendo oggetti); tale diritto è sancito espressamente nel capoverso 1. Il capoverso 2 dispone che il procedimento prosegue indipendentemente da un'eventuale assenza di collaborazione dell'imputato; è una conseguenza dell'obbligo di celerità di cui all'articolo 5 capoverso 1.

Art. 112

Capacità dibattimentale

Ad eccezione delle misure nei riguardi di persone incapaci di discernimento, un procedimento penale è di massima possibile soltanto contro imputati che dispongono di capacità dibattimentale e che sono in grado di sostenere un interrogatorio. La punibilità dipende dalla colpa dell'autore ed è quindi esclusa se quest'ultimo è irresponsabile e incapace penalmente (art. 19 nCP241).

Una condanna presuppone che l'autore possa esprimersi liberamente sul reato e sulla pena prospettata. Non è pertanto possibile condurre un procedimento penale contro chi per ragioni psichiche o fisiche non può essere interrogato (cpv. 1). Se tuttavia, ad esempio per un infortunio o per malattia, l'imputato non è idoneo al dibattimento ma taluni atti procedurali non possono essere differiti, è sufficiente la presenza del difensore (cpv. 2; cfr. anche l'art. 144).

A tenore del capoverso 3, un'incapacità dibattimentale può avere diverse conseguenze: se ci si può aspettare che la capacità potrà essere riacquisita, il procedimento è sospeso ai sensi dell'articolo 314; altrimenti esso va abbandonato (art. 320 segg.).

Il secondo periodo del capoverso 3 fa salve le disposizioni speciali relative al procedimento contro imputati penalmente incapaci (art. 382 segg.; più in particolare n. 2.8.6.2).

2.3.3

Capitolo 3: Il danneggiato, la vittima e l'accusatore privato

Nel terzo capitolo sono definite tre categorie simili ma non necessariamente identiche di partecipanti privati al procedimento.

2.3.3.1

Sezione 1: Il danneggiato (art. 113)

Per definire la figura del danneggiato (talora designato anche «parte lesa» e denominato in francese «le lésé» e in tedesco «die geschädigte Person») il Codice di procedura penale unificato recepisce la definizione invalsa nelle leggi processuali penali vigenti e accettato dalla dottrina più autorevole: l'aspetto centrale è la lesione diretta degli interessi giuridicamente protetti dell'interessato (cpv. 1). Nel caso di fattispecie penali che tutelano beni giuridici come la vita e l'integrità fisica, il patrimonio, 241

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7357.

1076

l'onore ecc. si parla della persona lesa di fatto. Il capoverso 2 precisa che la persona lesa legittimata a sporgere querela a tenore dell'articolo 30 capoverso 1 nCP242 è considerata in ogni caso come danneggiata.

La disposizione rinuncia a risolvere questioni aperte riguardanti la nozione di danneggiato. Riteniamo infatti che la definizione di danneggiato sia di spettanza della dottrina e della giurisprudenza, come è ad esempio il caso per la fattispecie della discriminazione razziale di cui all'art. 261bis CP, in particolare il suo quarto comma che tra l'altro definisce punibili la disconoscenza, la minimizzazione o la giustificazione di genocidi o di altri crimini contro l'umanità. La mozione Mugny243 aveva invitato il nostro Collegio a presentare una modifica legislativa che consentisse ai superstiti di un genocidio e ai loro discendenti di costituirsi parte civile in siffatti procedimenti penali. Nel 2001 il Cantone di Ginevra ha introdotto una normativa di questo tipo nel suo codice processuale penale244. Stando alla prassi del Tribunale federale, la fattispecie di cui all'articolo 261bis quarto comma seconda frase è tuttavia un reato contro la pace pubblica. I beni giuridici individuali, per contro, vengono tutelati indirettamente e non, come è necessario nel caso del concetto del danneggiato, in modo diretto.245 Altra sarebbe la decisione se, in sintonia con una parte della dottrina e contrariamente alla sistematica del Codice penale, si considerasse come bene giuridico tutelato direttamente dalla fattispecie in questione non la pace pubblica ma la dignità umana. In tal caso occorrerebbe considerare come direttamente lesi, e quindi ammessi a costituirsi parte civile, non solo i superstiti e i discendenti delle vittime del genocidio, ma tutti i loro congiunti.

2.3.3.2

Sezione 2: La vittima (art. 114 e 115)

Dall'adozione della legge federale del 4 ottobre 1991246 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV) la figura della vittima assume una posizione particolare nel diritto processuale penale svizzero. Secondo l'articolo 114 capoverso 1, che a questo proposito riprende l'articolo 2 capoverso 1 LAV, è considerato vittima il danneggiato che a causa del reato è stato direttamente leso nella sua integrità fisica, sessuale o psichica. La nozione di vittima è dunque più ristretta di quella del danneggiato: ogni vittima è anche danneggiato, ma non tutti i danneggiati sono anche vittime.

Da quanto precede risulta che la vittima può far valere tutti i diritti spettanti al danneggiato. Quando nel presente disegno si parla dei diritti del danneggiato si intende anche la vittima. La vittima è menzionata esplicitamente soltanto quando ci si riferisce a diritti procedurali speciali che le sono esclusivamente attribuiti. Questi diritti particolari sono qui menzionati nel senso di un breve compendio non esaustivo (art. 115). Il novero di tali diritti si riallaccia alla disciplina vigente nella LAV, ma la precisa e la estende per diversi aspetti. A tal fine si è tenuto ampiamente conto 242 243

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7359.

Mozione 01.3288 del 7.1.2001: Possibilità per chi sopravvive a un genocidio e per i suoi discendenti di costituirsi parte civile. Il 5.10.2001 il Consiglio nazionale ha accolto la mozione in forma di postulato. In merito a questo intervento cfr. anche n. 2.3.1.1.

244 Art. 25 cpv. 2 del Codice di procedura penale del Cantone di Ginevra.

245 DTF 129 IV 95, 105 che conferma la giurisprudenza precedente e rinvia alla dottrina «pur dominante». Cfr. il nostro messaggio relativo all'art. 261bis CP, FF 1992 III 245.

246 RS 312.5

1077

delle proposte della commissione peritale. Occorrerà ritornare su diverse di queste normative nel commento concernente le relativa materia.

2.3.3.3

Sezione 3: L'accusatore privato (art. 116­119)

La qualità di danneggiato è riconosciuta ex lege alla persona lesa. La questione se questa posizione giuridica acquisita automaticamente sia sufficiente per poter esercitare i diritti procedurali che vi sono connessi trova risposte differenziate nelle pertinenti normative processuali cantonali. Diverse leggi rispondono affermativamente, con la conseguenza che il danneggiato può avvalersi in qualsiasi fase del procedimento, eventualmente anche solo al momento del ricorso, della sua posizione anche senza aver partecipato alle precedenti fasi del procedimento. Altri codici processuali concedono il diritto di parte soltanto se il danneggiato dichiara esplicitamente di voler esercitare tali diritti. Questa seconda soluzione fa capo regolarmente al concetto di accusatore privato, da cui risulta che qui il danneggiato unitamente all'azione deve dichiarare di voler partecipare al procedimento e di voler esercitare i suoi diritti.

Con la normativa statuita nell'articolo 116 il disegno segue di massima il secondo modello. Per l'autorità penale e per l'imputato esso ha il vantaggio di chiarire in una fase relativamente precoce, ossia al più tardi entro la conclusione della procedura preliminare (cfr. cpv. 3), se il danneggiato intende partecipare attivamente al procedimento o meno. La partecipazione è possibile cumulativamente o alternativamente con una azione penale e/o civile (art. 117 cpv. 2).

Visto che tali diritti procedurali sono riconosciti soltanto ai danneggiati che si sono esplicitamente costituiti accusatori privati (art. 116 cpv. 1), è necessario prevedere una serie di norme relativamente dettagliate concernenti il contenuto, la forma e il termine entro cui effettuare tale dichiarazione. Queste figurano negli articoli 116­119 e non necessitano di ampi commenti. Per quanto concerne la forma della dichiarazione (art. 117), ci si può aspettare che siano elaborati moduli appositi da consegnare automaticamente al danneggiato già all'apertura del procedimento; un simile modulo può essere connesso anche con gli obblighi d'informazione di cui all'articolo 304.

Per quanto attiene al rapporto tra querela e accusatore privato va rilevato che la querela è equiparata alla costituzione quale accusatore privato (art. 116 cpv. 2). A complemento degli articoli 30 capoverso 5 e 33 nCP247, l'articolo 118 capoverso
3 statuisce che la rinuncia all'azione penale (art. 117 cpv. 2 lett. a) è considerata come rinuncia o ritiro della querela; se dunque il querelante rinuncia in seguito alla sua azione privata, si considera che la querela sia ritirata, a meno che l'interessato non limiti il ritiro o la rinuncia all'azione civile. Ne risulta che il fatto di sporgere querela equivale a costituirsi sia quale accusatore privato nel procedimento penale sia parte civile. Chi rinuncia o ritira la querela perde anche lo statuto di accusatore privato, poiché in tal caso non viene condotto un procedimento penale per il reato in questione. La rinuncia e il ritiro della querela sono definitivi (art. 118 cpv. 1 secondo periodo), fermo restando che l'azione civile resta proponibile entro i limiti dell'articolo 120 capoverso 4.

247

FF 2002 7351

1078

La surrogazione nei diritti del danneggiato è l'oggetto dell'articolo 119. Qualora mentre era in vita il danneggiato abbia rinunciato ai sensi dell'articolo 118 capoverso 1 a costituirsi accusatore privato, tale rinuncia è definitiva, ossia i congiunti non possono, neanche entro i termini ancora correnti, ritornare sulla decisione. Se invece il danneggiato non aveva ancora rilasciato questa dichiarazione oppure aveva dichiarato di volersi costituire accusatore privato, i congiunti subentrano nei relativi diritti ai sensi dell'articolo 110 capoverso 1 nCP248 nell'ordine della loro successibilità (cpv. 1). Il capoverso 2 disciplina le conseguenze della surrogazione, ossia del trasferimento per legge di determinati diritti a persone che non sono danneggiate. A tenore dell'articolo 14 capoverso 2 LAV le pretese della vittima nei riguardi dell'autore passano al Cantone fino a concorrenza dell'ammontare dell'indennità o della riparazione morale assegnata dall'autorità ai sensi degli articoli 11 e seguenti LAV. Vanno inoltre menzionati i casi di surrogazione previsti dal diritto delle assicurazioni, come quelli di cui all'articolo 72 capoverso 1 della legge federale del 2 aprile 1908249 sul contratto d'assicurazione (LCA), all'articolo 41 della legge federale del 20 marzo 1981250 sull'assicurazione contro gli infortuni (LAINF), o quelli contemplati da taluni Cantoni per le prestazioni delle assicurazioni contro gli incendi di edifici. In questi casi, gli aventi diritto possono annunciare e far valere pretese civili nel procedimento penale. Dispongono tuttavia unicamente dei diritti procedurali necessari per attuare le pretese civili. Concretamente ciò significa ad esempio che possono essere consultati soltanto gli atti necessari per fondare l'azione civile.

2.3.3.4

Sezione 4: Azione civile (art. 120­124)

Visto che di norma le pretese civili costituiscono il fulcro degli interessi del danneggiato, pare opportuno disciplinare separatamente e in modo approfondito l'azione civile.

L'articolo 120 riunisce sotto la rubrica disposizioni generali alcune regole notorie dei codici processuali vigenti. Il capoverso 1 conferma il principio invalso nel diritto processuale penale svizzero secondo cui il danneggiato può far valere le pretese di diritto civile desunte dal reato non solo in un processo civile normale ma anche in via adesiva nel procedimento penale.

Il capoverso 2 riprende la normativa di cui all'articolo 2 capoverso 2 LAV che legittima i congiunti della vittima (cfr. art. 114 cpv. 2) a far valere di massima le loro pretese civili contro l'autore nel procedimento penale.

Il capoverso 3 corrisponde alla normativa applicata nel processo civile secondo cui l'azione è pendente non appena una parte sollecita in una determinata forma la protezione giuridica di un tribunale. Occorre distinguere la questione della litispendenza da quella del momento in cui le pretese devono essere quantificate e giustificate. Il capoverso 4 è invece più magnanimo di taluni codici processuali civili: nel diritto processuale civile il ritiro dell'azione, secondo alcuni codici di procedura, è ammesso solo limitatamente e in parte solo con il consenso del convenuto251. Consi248 249 250 251

FF 2002 7351 RS 221.229.1 RS 832.20 Come prevede pure quanto proposto al riguardo nella procedura civile unificata (onere di prosecuzione).

1079

derato il ruolo particolare del processo in via adesiva pare giustificato rinunciare a queste conseguenze severe; l'accusatore privato che ritira la sua azione civile prima della chiusura del dibattimento in prima istanza deve avere la possibilità di riproporre l'azione nel foro civile. Questa possibilità dovrebbe comportare un certo sgravio del procedimento penale dalle azioni civili che l'attore altrimenti dovrebbe proporre alla fine per non essere pregiudicato nei suoi diritti.

L'articolo 121 statuisce l'onere di quantificare e motivare quanto prima l'azione civile come pure di menzionare i mezzi di prova invocati. Se non l'adempie, l'accusatore privato subisce soltanto limitatamente conseguenze negative: se la motivazione e la quantificazione restano insufficienti fino alla conclusione del procedimento, l'azione civile è rinviata al foro civile secondo l'articolo 124 capoverso 2 lettera b, senza la conseguenza incisiva di una reiezione. Va inoltre notato che l'accusatore privato ­ come le altre parti ­ può presentare istanze probatorie nella procedura dibattimentale (art. 332 cpv. 2 e 3) e quindi apportare anche i necessari mezzi di prova per giustificare le pretese civili. La quantificazione e la motivazione dell'azione civile possono del resto avvenire anche nel corso delle arringhe (cpv. 2) Non sono ammesse comunque nuove prove (cfr. art. 347: «Prima di chiudere la procedura probatoria ... »).

L'articolo 122 disciplina questioni di competenza e aspetti procedurali. La competenza è retta unicamente dalla competenza materiale del giudice. Se il giudizio dell'accusa compete a un giudice unico, quest'ultimo giudica anche le azioni civili indipendentemente dal loro importo, anche se a norma della procedura civile per l'azione corrispondente dovrebbe essere competente un'altra autorità, segnatamente un tribunale giudiziario collegiale (cpv. 1).

Va da sé che l'imputato deve poter avere l'opportunità di esprimersi in forma adeguata in merito all'azione civile. A questo proposito, il capoverso 2 statuisce semplicemente che il diritto di essere sentito va garantito il più tardi nella procedura dibattimentale di primo grado. Visto che nella maggior parte dei casi l'accusatore privato quantificherà e motiverà le sue pretese nel quadro del dibattimento, e segnatamente prima della difesa (cfr. art. 348),
la risposta all'azione civile costituirà anche regolarmente parte dell'arringa della difesa. All'imputato che non è patrocinato, chi dirige il procedimento deve dare l'opportunità nel corso dell'interrogatorio personale di esprimersi sulle pretese civili.

Articolo 123: la possibilità di far valere in via adesiva pretese civili in un procedimento penale offre all'accusatore privato vantaggi che non avrebbe qualora perseguisse le sue pretese nel quadro di un processo civile. Viene segnatamente meno l'obbligo usuale nella procedura civile di prestare un anticipo delle spese giudiziarie; nella procedura penale i fatti di rilevanza penale, che costituiscono la base delle pretese civili, sono chiariti d'ufficio e (per lo meno in un primo tempo) a spese dello Stato. Ciononostante non è il caso di prevedere grandi vantaggi per l'accusatore privato rispetto a un procedimento civile, tali ad esempio da svantaggiare l'imputato rispetto alla posizione che avrebbe quale convenuto in un processo civile. Per questa ragione l'articolo 123 riprende l'istituto, noto nella procedura civile, della garanzia per le spese processuali, che l'accusatore a determinate condizioni e su domanda dell'imputato è tenuto a prestare. Analogamente a quanto previsto nelle norme processuali civili, l'imputato può chiedere la prestazione di garanzie per le spese processuali se vi sono motivi che permettono di presumere che l'accusatore privato qualora perda la causa (cfr. art. 434) non onorerà gli obblighi di indennizzo nei riguardi dell'imputato. Come risulta dal capoverso 2 («Chi dirige il procedimento in 1080

giudizio ... »), l'istanza di garanzia per le spese processuali può essere presentata soltanto quando il procedimento è pendente in giudizio. Ciò è in sintonia anche con le conseguenze della mancata prestazione delle garanzie fissate: secondo l'articolo 124 capoverso 2 lettera c, in tal caso l'azione civile è rinviata al foro civile.

L'articolo 124 disciplina in quattro capoversi le condizioni alle quali il tribunale penale può, è autorizzato o deve giudicare le pretese civili.

La sentenza in via adesiva è di massima imperativa in due casi: in primo luogo se l'imputato è dichiarato colpevole (fatta salva la procedura del decreto d'accusa) e l'azione civile è sufficientemente motivata e quantificata e, in secondo luogo, se l'imputato è assolto e la causa è istruita, ossia se in base alle prove raccolte nel procedimento si può decidere sulle pretese civili senza ulteriori complicazioni (cpv. 1 lett. a e b in combinato disposto con il cpv. 2 lett. b). Se l'imputato è assolto e l'azione civile è giudicata, può accadere che un'azione civile non sia giudicata dal tribunale del domicilio del convenuto, il che contraddice il principio del foro nel domicilio del convenuto di cui all'articolo 30 capoverso 2 primo periodo Cost. Il secondo periodo della medesima disposizione costituzionale ammette tuttavia deroghe stabilite per legge. Il capoverso 2 descrive invece i casi nei quali la sentenza in via adesiva è esclusa e l'azione civile va rinviata al foro civile: ­

il procedimento penale è abbandonato oppure concluso nella procedura del decreto d'accusa (lett. a); un eventuale riconoscimento delle pretese civili va menzionato nella decisione che conclude il procedimento, conformemente all'articolo 122 capoverso 3;

­

l'azione civile non è sufficientemente motivata o quantificata (lett. b); in questo caso sarebbe di per sé anche ipotizzabile respingere l'azione con conseguente perdita del diritto. Considerando il carattere particolare di questa procedura adesiva, non totalmente comparabile a una procedura civile, analogamente alla disciplina della rinuncia all'azione civile secondo l'articolo 118 o del suo ritiro secondo l'articolo 120 capoverso 4, pare opportuno prevedere conseguenze poco severe per questa omissione;

­

l'imputato è assolto ma la fattispecie non è ancora istruita (lett. d). Nei vigenti codici processuali questa eventualità è disciplinata in modo differenziato o addirittura non disciplinata affatto. Alcuni prevedono che in tal caso non si entri nel merito dell'azione civile mentre altri non escludono un giudizio delle pretese civili nonostante l'assoluzione.

Nei capoversi 3 e 4 sono disciplinati i casi nei quali il tribunale penale giudicante dispone di un certo margine di apprezzamento quanto al giudizio circa le pretese civili. Il capoverso 3 pone una restrizione generale rispetto al capoverso 1 e ripresa dall'articolo 9 capoverso 3 LAV. La possibilità di limitarsi a pronunciare una decisione di principio sussiste d'ora in poi indipendentemente dal fatto che chi ha promosso azione civile sia o no vittima ai sensi della LAV. L'onere sproporzionato che consente di giudicare le pretese civili soltanto quanto al principio deve riferirsi all'assunzione delle prove e non al giudizio giuridico. Sussiste dunque ad esempio quando nel caso vi siano lesioni corporali occorrono lunghe perizie per stabilire l'entità del danno quando il processo di guarigione non è ancora concluso oppure se si possono presumere postumi a lungo termine. In questi casi il tribunale penale può limitare il giudizio dell'azione civile alla questione se e per quale motivo giuridico

1081

all'accusatore privato siano da riconoscere pretese civili252; spetta invece al foro civile stabilire l'importo dei diritti.

Il capoverso 4 si riallaccia alla disciplina attuale di cui all'articolo 9 capoverso 2 LAV prevedendo una bipartizione della procedura dibattimentale. Rispetto al capoverso 3 si tratta di una norma speciale che consente al tribunale penale di giudicare completamente pretese civili anche quando ne risulti un grande onere, per il quale altrimenti il giudizio dell'entità delle pretese sarebbe rinviato al foro civile a tenore del capoverso 3. Il capoverso 4 è applicabile soltanto alle azioni civili di una vittima, privilegiando dunque quest'ultima rispetto al «normale» accusatore privato. Questa differenza si fonda sul fatto che l'adire un tribunale civile per stabilire l'entità delle sue pretese può costituire un notevole onere per la vittima, confrontandolo nuovamente con quanto è accaduto e con quanto sta tentando di elaborare. La possibilità della bipartizione, ma del giudizio completo dell'azione civile nel procedimento penale intende ovviare a questo pericolo e deve essere tenuta in debita considerazione dal tribunale quando giudica se sia il caso di ripartire il procedimento. Nell'ottica di una semplificazione del diritto vigente si propone che anche nei procedimenti dinanzi a tribunali collegiali, nella seconda fase chi dirige il procedimento decida quale giudice unico circa le pretese civili. In tal modo si dovrebbe accelerare la conclusione del procedimento, non da ultimo anche nell'interesse della vittima, poiché di regola la fissazione del termine di un'udienza è più complicato se l'autorità giudicante è collegiale invece che unica. L'assegnazione del caso a un giudice unico dovrebbe in generale facilitare l'applicazione del capoverso 4; è lecito ritenere che le autorità giudicanti collegiali faranno più spesso uso della possibilità di ripartire il dibattimento quando possono rimettere il giudizio dell'azione civile a chi dirige il procedimento in quanto giudice unico che non quando devono giudicare esse stesse.

2.3.4

Capitolo 4: Patrocinio

I partecipanti (privati) al procedimento possono in linea di principio stare in giudizio da soli in un procedimento penale; per la loro assistenza, e in parte per la loro rappresentanza possono tuttavia anche far capo ad altre persone, soprattutto ad avvocati.

A questo proposito occorre distinguere diverse forme di assistenza. Il difensore assiste l'imputato nella tutela dei suoi interessi ma, ad eccezione degli aspetti civili, non può rappresentarlo. Se una parte non imputata fa capo all'ausilio di terzi negli aspetti civili e penali, si parla di patrocinatore strictu sensu. Come nel caso della difesa, il ruolo di quest'ultimo è limitato nel senso che può rappresentare la parte per gli aspetti civili ma non per quelli penali. Se il ruolo del terzo si limita ad assistere l'accusatore privato nell'attuare le pretese civili, è possibile una rappresentanza propriamente detta, come nel processo civile.

Basandosi su queste distinzioni, nell'avamprogetto del 2001 si erano utilizzate le tre categorie distinte della difesa, del patrocinio e della rappresentanza253. Il presente disegno rinuncia a tali distinguo e propone il concetto unico di patrocinio (tedesco: 252

Secondo la DTF 125 IV 157 segg. (con ulteriori rinvii) nel dispositivo della sentenza il tribunale deve chiaramente indicare ciò che è già stato giudicato e ciò che può essere sottoposto al foro civile per decisione. Vi è pure inclusa la colpevolezza di un responsabile non solo sotto il profilo penalistico, ma anche nella prospettiva della responsabilità civile.

253 Art. 133 segg. AP-CPP 2001.

1082

Rechtsbeistand, francese: conseil juridique), che si presta meglio degli altri a costituire un iperonimo comprendente sia la difesa sia la rappresentanza in senso lato.

Argomenti decisivi a favore di questa semplificazione è stato l'intento di non ostacolare oltremodo la leggibilità del testo di legge, come pure la difficoltà di definire nelle tre versioni linguistiche i tre concetti in modo preciso e congruente.

2.3.4.1

Sezione 1: Principi (art. 125)

Il capoverso 1 sancisce dapprima il principio secondo cui i partecipanti al procedimento possono avvalersi del patrocinio. La formulazione potestativa sottolinea che il patrocinio non è obbligatorio, salvo il caso della difesa obbligatoria (art. 128).

Il capoverso 2 lascia alla parti private, ossia all'imputato e all'accusatore privato, la possibilità di far capo anche a più patrocinatori. Soprattutto in cause complesse vi può essere un legittimo interesse a far capo a più avvocati specializzati in ambiti diversi. Per scongiurare il rischio di lungaggini processuali, questa possibilità è subordinata alla condizione che il procedimento non ne risulti indebitamente ritardato. Per gli stessi motivi la parte deve designare uno di questi avvocati quale rappresentante principale, di modo che soltanto questi riceve le convocazioni alle udienze e altre comunicazioni.

Il capoverso 4 consente in linea di massima, come sinora, al medesimo patrocinatore di curare gli interessi di più partecipanti al medesimo procedimento. Sono fatti salvi i limiti posti dal diritto sull'avvocatura in senso lato, fra cui evidentemente la condizione secondo cui tra i vari partecipanti al procedimento non deve esserci nessun conflitto di interessi o neanche solo la parvenza di un siffatto conflitto. Che ciò sia il caso può essere giudicato solo di volta in volta nel singolo caso.

A livello legislativo occorre poi stabilire fino a che punto il patrocinio debba essere prerogativa esclusiva degli avvocati patentati. Il diritto processuale penale svizzero non conosce l'obbligo della difesa tecnica e questo anche nel senso che non ovunque occorre far capo ad avvocati per il patrocinio. Di massima, invece, ogni persona avente l'esercizio dei diritti civili, di buona reputazione e degna di fiducia può assumere questa funzione. Questo principio è statuito nel capoverso 4. La riserva relativa a disposizioni contrarie del diritto sull'avvocatura fa tuttavia salve le restrizioni sinora vigenti, ad esempio il patrocinio a titolo professionale da parte di avvocati.

Considerata l'importanza della difesa dell'imputato, il disegno propone a questo riguardo una soluzione per certi versi contraria: di massima tale compito va riservato agli avvocati che secondo il diritto sull'avvocatura sono autorizzati ad esercitare in Svizzera o nel rispettivo
Cantone (cpv. 5 primo periodo). Sono in primo luogo gli avvocati che a tenore della legge federale del 23 giugno 2000254 sulla libera circolazione degli avvocati (legge sugli avvocati, LLCA) sono autorizzati a rappresentare una parte dinanzi ad autorità giudiziarie, ossia gli avvocati svizzeri iscritti in un registro cantonale degli avvocati e, alle condizioni di cui agli articoli 21 e seguenti LLCA, gli avvocati di Stati dell'UE e dell'AELS. Occorre inoltre tener presente che i Cantoni hanno tuttora la possibilità di creare una patente cantonale di avvocato concessa soltanto agli avvocati attivi nel Cantone interessato e che abiliti anche al 254

RS 935.61

1083

patrocinio dinanzi alle autorità penali del Cantone (cfr. art. 3 cpv. 2 LLCA). Il capoverso 5 seconda frase prevede un'eccezione a questo principio in favore del diritto cantonale nell'ambito del diritto di contravvenzione penale. Eventualmente i Cantoni preferiscono in tale ambito ammettere anche non avvocati.

2.3.4.2

Sezione 2: Il difensore (art. 126­133)

In questa sezione si definiscono i differenti tipi di difesa ­ disciplinati in modo differenziato nei vigenti codici processuali ­ e si disciplinano gli aspetti necessari relativi alle modalità per l'esercizio della difesa.

Art. 126

Posizione giuridica

All'inizio figura la definizione dei compiti essenziali del difensore valida per tutti i tipi di difesa e corrispondente all'attuale ripartizione dei ruoli. Il difensore è certo una parte dell'amministrazione della giustizia e servitore del diritto, ma contrariamente alle autorità penali (cfr. art. 6 cpv. 2) agisce unilateralmente per conto dell'imputato. In questo senso la disposizione sottolinea l'obbligo per il difensore di operare unicamente nell'interesse dell'imputato, entro i limiti del diritto e delle norme deontologiche.

Art. 127

Difensore di fiducia

Il capoverso 1 precisa dapprima il principio generale di cui all'articolo 125 capoverso 1: in ogni procedimento penale e in ogni grado del procedimento l'imputato ha di massima il diritto di difendersi da sé o di affidare la sua difesa a un avvocato ai sensi dell'articolo 125 capoverso 5. Soltanto il diritto di difendersi da sé è subordinato a una riserva, segnatamente quella dei casi in cui l'imputato deve obbligatoriamente essere difeso (difesa obbligatoria, art. 128).

L'articolo 127 stabilisce dunque un principio fondamentale della procedura penale in uno Stato di diritto, peraltro garantito anche dal diritto sovraordinato nell'articolo 32 capoverso 2 Cost., nell'articolo 6 paragrafo 3 CEDU e nell'articolo 14 paragrafo 3 lettera b Patto ONU II. Se l'imputato designa un difensore scelto liberamente si parla di difensore di fiducia o di difensore fiduciario o ancora di difensore liberamente scelto (in opposizione al difensore designato dall'autorità, il difensore d'ufficio, art. 130 segg.). Tipici corollari della figura del difensore di fiducia sono la libertà dell'imputato nella scelta e nella sostituzione del difensore e l'obbligo, viceversa, di assumere personalmente le spese del medesimo.

Art. 128­129 La qui proposta disciplina della difesa obbligatoria (talvolta definita anche «difesa necessaria») figura essenzialmente anche nei vigenti codici processuali penali svizzeri: i motivi per prevedere una difesa obbligatoria (e quindi, se del caso, di ordinarla anche contro la volontà dell'imputato) possono risiedere sia nella gravità del reato contestato (art. 128 lett. b), nella persona dell'imputato (lett. c e d) oppure nella situazione processuale nella quale egli si trova (lett. a, e ed f). Nel dettaglio le normative cantonali sono assai divergenti, sicché pare opportuno definire uniformemente i presupposti di questo istituto.

1084

La lettera a rappresenta un compromesso tra le soluzioni vigenti, le quali in caso di carcerazione preventiva dichiarano obbligatoria la difesa in parte subito, ma di regola solo dopo un determinato periodo (fino a un mese). Il periodo di dieci giorni proposto nel disegno corrisponde all'opzione che ha riscosso i maggiori consensi in sede di consultazione255. Considerata la situazione particolare nella quale si trovano gli imputati incarcerati, segnatamente all'inizio della carcerazione preventiva, ci si può tuttavia chiedere se la difesa obbligatoria non sia necessaria già prima. Ciò potrebbe anche contribuire a rendere più prudente l'applicazione di questo provvedimento coercitivo. Il disegno tiene conto di tali perplessità prevedendo che nel caso di una carcerazione preventiva che è durata più di tre giorni si può comunque disporre una difesa d'ufficio per gli imputati privi di mezzi (art. 130 cpv. 2 lett. a).

Pure nel senso di soluzione mediana tra le discipline vigenti, la lettera b prevede la difesa obbligatoria qualora sia richiesta o si prospetti una pena detentiva superiore a un anno oppure una misura privativa della libertà. Di conseguenza, l'opportunità di una difesa obbligatoria può anche darsi nei casi penali che rientrano nelle competenze del giudice unico (cfr. art. 19 cpv. 2), ossia quando vi è da attendersi una pena detentiva da uno a due anni oppure misure privative della libertà la cui disposizione non è riservata a un tribunale collegiale. Anche per quanto concerne la gravità della pena si può accennare alla possibilità supplementare di nominare un difensore d'ufficio di un imputato privo di mezzi qualora non si tratti di un caso bagattellare (cfr. art. 130 cpv. 2 lett. b).

Anche i casi a cui si riferiscono le lettere c e d corrispondono a discipline note nei vigenti codici processuali. Nella lettera d vi è un'interferenza con la lettera b nella misura in cui i presupposti affinché il pubblico ministero debba intervenire personalmente per sostenere l'accusa (cfr. art. 338 cpv. 3 e 4) sono identici ai presupposti secondo la lettera b e quindi la difesa è comunque obbligatoria. La lettera d assume importanza soltanto qualora, in applicazione dell'articolo 338 capoverso 1, il pubblico ministero intende comparire personalmente in giudizio senza esservi obbligato, oppure se chi
dirige il procedimento lo invita a sostenere personalmente l'accusa a tenore dell'articolo 338 capoverso 4.

La necessità della difesa obbligatoria nel caso di un rito abbreviato (art. 365 segg.) a tenore della lettera e intende evitare che l'imputato sia troppo avvantaggiato nei negoziati e negli accordi con il pubblico ministero.

Conformemente all'importanza dei casi che giustificano la difesa obbligatoria, occorre pure stabilire regole che garantiscano la tempestiva designazione del difensore nel caso concreto. È questo lo scopo dell'articolo 129, il cui capoverso 3 chiarisce la questione, importante sotto il profilo pratico, ma sinora solo raramente disciplinata, della validità delle prove assunte nei casi di difesa obbligatoria ma prima della designazione di un difensore. Secondo la soluzione qui proposta occorre distinguere se al momento dell'assunzione delle prove la difesa era palesemente necessaria o no. Nella prima ipotesi le prove sono inutilizzabili e l'assunzione va ripetuta in presenza della difesa, a meno che l'imputato non rinunci alla ripetizione.

Nel secondo caso, ad esempio se all'inizio della procedura preliminare la portata del caso penale non era ancora ravvisabile e sempre che siano rilevanti per la decisione sulla difesa obbligatoria, le prove assunte permangono invece valide.

255

Contrariamente alla soluzione proposta quale variante principale nell'avamprogetto (art. 136 lett. a AP-CPP) che prevedeva 5 giorni, cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 39.

1085

Art. 130­133 L'articolo 130 disciplina le condizioni alle quali all'imputato viene fornito un difensore designato dallo Stato (difensore d'ufficio).

Il difensore d'ufficio è designato in primo luogo quando, pur dovendo essere difeso, l'imputato non designa un difensore (cpv. 1 lett. a n. 1) oppure quando il mandato del suo difensore di fiducia si estingue senza che l'imputato faccia capo a un nuovo difensore (cpv. 1 lett. a n. 2).

Il capoverso 1 lettera b prevede poi un difensore d'ufficio (su richiesta dell'imputato o d'ufficio) qualora l'imputato non disponga dei mezzi necessari e la difesa s'imponga per la tutela dei suoi interessi. Questa disposizione s'impronta alla giurisprudenza delle massime autorità giudiziarie quanto all'applicazione dell'articolo 29 capoverso 3 Cost. (art. 4 della vecchia Cost.) e dell'articolo 6 paragrafo 3 lettera c CEDU. Quali esempi principali («segnatamente») il capoverso 2 menziona il caso di una carcerazione preventiva di tre o più giorni (lett. a) come pure casi penali che non possono essere qualificati come casi bagattellari e, cumulativamente, che presentano in fatto e in diritto difficoltà cui l'imputato non potrebbe far fronte da solo (lett. b). Il capoverso 3 fornisce alcuni elementi per l'interpretazione della nozione di caso bagattellare. Questi spunti si fondano da un lato sulla prassi invalsa sinora di situare il limite critico nelle pene detentive dai tre ai cinque mesi e, d'altro lato, sul nuovo sistema di sanzioni previsto nella parte generale del Codice penale, secondo il quale un giorno di pena detentiva equivale a quattro ore di lavoro di pubblica utilità e a un'aliquota giornaliera di pena pecuniaria (art. 39 cpv. 2 nCP256).

L'articolo 131 disciplina i dettagli della designazione del difensore d'ufficio. La competenza spetta a chi dirige il procedimento, ossia nella procedura preliminare al pubblico ministero e, nella procedura dibattimentale, al giudice investito della causa (cpv. 1). Eventuali preoccupazioni secondo cui chi dirige il procedimento, e in particolare il pubblico ministero, potrebbe essere tentato di designare un difensore a lui gradito possono essere fugate interpretando correttamente il capoverso 2, a tenor del quale nel designare il difensore d'ufficio occorre possibilmente tenere conto dei desideri dell'imputato. Considerate
la prospettiva di una procedura penale unificata e la libera circolazione degli avvocati garantita dalla legge sull'avvocatura, in futuro dovrebbe essere viepiù possibile soddisfare il desiderio di designare un patrocinatore di un altro Cantone.

L'articolo 132 capoverso 1 stabilisce che chi dirige il procedimento dichiara estinto il mandato non appena il motivo che ha giustificato la nomina di un difensore d'ufficio viene meno. Ne consegue, viceversa, che la difesa d'ufficio va garantita fintanto che sussistono le condizioni della sua concessione, ossia in particolare fin tanto che una difesa pare opportuna nell'interesse dell'amministrazione della giustizia257. Il capoverso 2 disciplina la sostituzione del difensore d'ufficio, un aspetto importante sotto il profilo pratico ma quasi mai espressamente chiarito nella legislazione attuale. La sostituzione va ammessa se il rapporto di fiducia con l'imputato è notevolmente deteriorato oppure se per altri motivi non è più garantita una difesa efficace. Questa normativa va quindi per certi aspetti oltre la prassi attuale258, nella misura in cui tiene conto del fatto che una difesa impegnata ed efficiente può essere 256 257 258

FF 2002 7351 Cfr. DTF 129 I 129 (Procedura di ricorso).

La sostituzione deve essere giustificata da motivi oggettivi, cfr. DTF 116 Ia 105, 114 Ia 101.

1086

compromessa non solo mediante una violazione oggettiva dei relativi doveri da parte del difensore, ma già in caso di deterioramento del rapporto di fiducia, ossia anche nei casi in cui un imputato che dispone di un patrocinatore privato provvederebbe alla sostituzione del difensore.

Infine, l'articolo 133 contempla alcuni principi concernenti la retribuzione del difensore d'ufficio. Il difensore d'ufficio è retribuito secondo le tariffe d'avvocatura applicabili al procedimento in questione. In tal modo, a seconda del Cantone il difensore d'ufficio percepisce lo stesso onorario di un avvocato di fiducia oppure un onorario ridotto, ufficiale.

In tutti i casi il difensore d'ufficio è retribuito dallo Stato, quindi anche nel caso in cui viene disposto un difensore d'ufficio per motivi diversi della mancanza di mezzi dell'imputato (art. 130 cpv. 1 lett. b). Il capoverso 4 intende chiarire che l'imputato a cui è stato assegnato un difensore d'ufficio non viene avvantaggiato rispetto a chi ha designato personalmente il suo mandatario. Occorre tuttavia distinguere due situazioni: da un lato quella in cui all'imputato privo di mezzi viene assegnato un difensore d'ufficio (art. 130 cpv. 1 lett. b); in questo caso l'imputato deve rimborsare allo Stato la retribuzione versata non appena le sue condizioni economiche lo consentono. Alle stesse condizioni, il difensore d'ufficio può pretendere dall'imputato la rifusione della differenza tra la tariffa ufficiale e quella normale. Il secondo caso è quello di cui all'articolo 130 capoverso 1 lettera a numero 1: la difesa è obbligatoria ma l'imputato non designa un difensore di fiducia. L'imputato dispone sin dall'inizio dei necessari mezzi finanziari, ragion per cui al termine del procedimento viene condannato (nella decisione o nella sentenza) al rimborso delle spese della difesa d'ufficio.

2.3.4.3

Sezione 3: Gratuito patrocinio per l'accusatore privato (art. 134­136)

L'articolo 29 capoverso 3 Cost. garantisce alla parte che non dispone dei mezzi necessari la gratuità della procedura e il gratuito patrocinio. L'articolo 134 definisce le condizioni e l'entità di questo diritto in sintonia con la prassi adottata sinora259 in rapporto all'accusatore privato. Il riferimento all'azione civile evidenzia il fatto che di massima viene accordato il gratuito patrocinio soltanto se l'accusatore fa valere pretese civili nel procedimento penale. Questo non esclude tuttavia che il patrocinatore (più di quanto potrebbe fare un semplice rappresentante legale) possa intervenire anche in merito agli aspetti penali. Il gratuito patrocinio è escluso soltanto nel caso in cui l'accusatore privato intenda partecipare esclusivamente all'aspetto penale (cfr. art. 117 cpv. 2 lett. a); l'esclusione è motivata dal fatto che la pretesa punitiva spetta in linea di principio allo Stato, rappresentato dal pubblico ministero260.

L'articolo 136 capoverso 1 chiarisce che l'assunzione delle spese da parte dello Stato nel caso del gratuito patrocinio non è definitiva. Come già nel diritto procedurale attuale, la decisione circa queste spese è di massima presa nella decisione finale (cfr. art. 428). I costi possono, a seconda dei casi, essere accollati all'imputato oppure all'accusatore privato.

259 260

Ad es. DTF 123 I 145.

In merito alla rinuncia al procedimento su azione penale privata cfr. n. 1.5.4.1.

1087

Il capoverso 2 concerne il caso in cui l'imputato deve versare un'indennità processuale all'accusatore privato secondo l'articolo 441. L'indennità è devoluta alla Confederazione o al Cantone fino a copertura delle spese da essi assunte per il gratuito patrocinio.

2.4

Titolo quarto: Mezzi di prova

Si possono distinguere due categorie di mezzi di prova: quella delle cosiddette prove personali, che comprendono le dichiarazioni orali e le spiegazioni scritte fornite da persone (ad esempio perizie), e quella delle prove materiali. In quest'ultima categoria rientrano tutte le cose, località, stati o eventi che in virtù della loro percettibilità sensoriale hanno funzione probatoria. Le disposizioni generali (capitolo 1) sono seguite ­ come d'uso nel diritto processuale penale svizzero ­ dalle disposizioni sulle prove personali (capitoli 2­5) e quindi dal capitolo 6 sulle prove materiali.

2.4.1

Capitolo 1: Disposizioni generali

2.4.1.1

Sezione 1: Raccolta e utilizzabilità delle prove (art. 137­139)

Art. 137

Principi

Il capoverso 1 esprime le conseguenze dei principi della libera valutazione delle prove (art. 10 cpv. 2) e della verità materiale (art. 6 cpv. 1): non vi è un numerus clausus dei mezzi di prova. In questo senso, per la ricerca della verità possono essere utilizzati tutti i mezzi di prova immaginabili entro i limiti posti dal diritto, anche se non (ancora) previsti espressamente nei codici procedurali. Fatta salva l'esigenza di una base legale per giustificare limitazioni dei diritti fondamentali, possono quindi essere utilizzati anche mezzi di prova nuovamente sviluppati dalla scienza senza che per questo sia necessario completare la legge.

I capoversi 2 e 3 dispensano le autorità penali dal raccogliere prove su determinati fatti e dall'impiego di taluni mezzi di prova. L'effettiva presenza dei presupposti per rinunciare alla raccolta delle prove o all'uso di mezzi di prova, segnatamente il fatto di stabilire se un fatto è irrilevante o già comprovato sotto il profilo giuridico, va valutato nell'ambito della cosiddetta valutazione preliminare delle prove, la quale, pur essendo ammessa dalla giurisprudenza del Tribunale federale261, va effettuata col dovuto riserbo262.

Art. 138

Metodi probatori vietati

Il fatto che non vi sia un numerus clausus dei mezzi di prova non significa che tutti i metodi probatori siano ammessi. Alcuni metodi di raccolta delle prove sono infatti inconciliabili col rispetto della dignità umana (cfr. art. 3). Nella raccolta delle prove non è ammesso, ad eccezione delle misure coercitive consentite dalla legge, ricorrere 261 262

DTF 124 I 284 segg.

Jürg Aeschlimann, Einführung in das Strafprozessrecht, Berna ecc. 1997, n. 829; Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 291.

1088

alla violenza fisica o psichica. Sono inoltre vietati i metodi che pregiudicano le facoltà mentali e la libera volontà dell'interessato, ad esempio porre una persona sotto l'influsso dell'alcool o di stupefacenti263, la narcoanalisi o l'impiego di macchine della verità264.

Qualora i metodi menzionati nel capoverso 1 fossero ammessi con il consenso dell'interessato ne risulterebbe una coercizione indiretta nei suoi riguardi. Vi sarebbe il rischio che un suo eventuale rifiuto di questi metodi sia interpretato come sospetto.

Il capoverso 2 statuisce pertanto un divieto indipendentemente dall'assenso dell'interessato.

Art. 139

Utilizzabilità delle prove acquisite illegittimamente

Le conseguenze di una violazione delle norme sull'assunzione delle prove sono sinora raramente disciplinate nei vigenti codici processuali penali. Il disegno pone pertanto alcuni principi che lasciano tuttavia alla prassi i margini necessari per regolamentare i singoli dettagli265. L'articolo 139, comunque, non disciplina esaustivamente la problematica dell'utilizzabilità delle prove acquisite illecitamente, ma soltanto per i casi nei quali già l'assunzione della prova era viziata. La questione del divieto di usare determinate prove può tuttavia anche porsi nel caso in cui le prove siano state raccolte lecitamente ma mettono in luce elementi che non sono in rapporto con il reato da elucidare né con l'imputato. Questa problematica è nota in generale con il termine di «reperto casuale».

Il capoverso 1 proibisce in generale l'uso di prove raccolte con metodi vietati, anche quelle a favore dell'imputato.

Qualora le autorità penali abbiano raccolto prove in violazione di norme meno fondamentali, secondo il capoverso 2 l'uso delle medesime non è assolutamente proibito, ma sottostà a determinate condizioni. È il caso in primo luogo per le prove che le autorità penali hanno raccolto in modo penalmente illecito; nella misura in cui la pratica punibile costituisce pure un metodo vietato a tenore dell'articolo 138 capoverso 1, l'utilizzabilità delle prove è evidentemente esclusa (cpv. 1). L'utilizzabilità è esclusa anche quando la legge stessa dichiara inutilizzabili determinati esiti probatori (ad es. art. 147 cpv. 3, art. 155 cpv. 2). Il capoverso 2 è tuttavia applicabile ai casi in cui sia stata violata «solo» una norma penale senza però ricorrere ad un metodo vietato di raccolta delle prove, ad esempio nella perquisizione di una casa senza un relativo ordine. Le prove possono essere utilizzate anche quando siano state raccolte in violazione di norme che ne condizionano la validità; tali norme che definiscono condizioni di validità vanno distinte dalle semplici prescrizioni d'ordine, la cui violazione non incide sull'utilizzabilità delle prove (cpv. 3). Qualora la legge non designi espressamente una disposizione quale norma che definisce condizioni di validità a pena di nullità, questa distinzione deve essere operata dalla prassi fondandosi innanzi tutto sullo scopo tutelare della norma: se per la tutela
degli interessi della parte in questione la norma procedurale riveste un'importanza tanto rilevante che essa può raggiungere il suo scopo soltanto se la sua inosservanza comporta l'invalidità dell'atto procedurale, si tratta di una norma che definisce condizioni di

263 264 265

Come già in DTF 90 I 29 segg.

Sull'inammissibilità di narcoanalisi e macchine della verità cfr. DTF 109 Ia 289.

Nell'ambito delle procedura di consultazione la disciplina è stata di massima prevalentemente accolta, cfr. il relativo Compendio dei risultati, pag. 41.

1089

validità266. L'utilizzazione presuppone pertanto che le prove siano indispensabili per far luce su gravi reati. In questi casi possono essere prove indispensabili non solo quelle a carico dell'imputato, ma anche quelle a suo favore.

Il capoverso 4 disciplina la questione dell'effetto indiretto delle prove illecite, sinora pressoché ignorato dalla legislazione. Mentre nel diritto processuale penale angloamericano vige il principio dell'inutilizzabilità di elementi raggiunti soltanto grazie a prove non utilizzabili, nel diritto dell'Europa continentale le conseguenze di questa violazione indiretta delle norme in materia di prove sono controverse: a favore dell'effetto indiretto vi è l'argomento che altrimenti le norme sulle prove sarebbero svuotate della loro sostanza. Vi si oppone tuttavia la constatazione che il divieto di utilizzare indirettamente le prove può ostacolare la ricerca della verità materiale e sfociare nell'assoluzione (sconcertante) di persone manifestamente colpevoli267. A tenore del capoverso 4 la seconda prova è inutilizzabile soltanto se non avrebbe potuto essere raccolta senza la prima, ossia solo quando quest'ultima è la conditio sine qua non della seconda. Sarebbe quindi ad esempio utilizzabile la dichiarazione di un testimone individuato in base a una dichiarazione dell'imputato, inutilizzabile perché l'imputato non era stato reso attento ai suoi obblighi. Questo perché il testimone avrebbe potuto essere individuato anche senza la dichiarazione (inutilizzabile) dell'imputato. Sarebbe invece inutilizzabile la perizia che si basasse su dichiarazioni inutilizzabili dell'imputato.

Il capoverso 5 statuisce una soluzione mediana al problema di cosa si debba fare dei documenti e registrazioni relativi a prove non utilizzabili, ossia quelle assunte in violazione dell'articolo 138 o dell'articolo 139 capoverso 2. Le due soluzioni estreme che consistono nel distruggere obbligatoriamente e subito tali documenti oppure nel lasciarli negli atti con il divieto tuttavia di considerarli paiono entrambe inadeguate: la distruzione immediata eliminerebbe gli atti necessari ad un esame della questione dell'utilizzabilità da parte di un'autorità di grado superiore. Inoltre, tali atti potrebbero assumere importanza come mezzi di prova in un procedimento penale o disciplinare contro l'autorità
penale che abbia assunto prove servendosi di metodi proibiti, in modo penalmente punibile o in violazione di norme che definiscono condizioni di validità. Qualora invece tali documenti possano restare negli atti senza poter essere considerati vi sarebbe il rischio che le prove inutilizzabili influenzino comunque la decisione. Per questa ragione si è previsto l'obbligo di conservarli in sede separata e sotto chiave ­ ossia, a seconda dell'entità, in busta sigillata o in vani chiusi ­ fino alla conclusione del procedimento passata in giudicato e in seguito di eliminarli.

Per la distinzione cfr. Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 44 n. 51; Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 608 seg.

267 Cfr. Jürg Aeschlimann, Einführung in das Strafprozessrecht, Berna ecc. 1997, n. 196; Niklaus Oberholzer, Grundzüge des Strafprozessrechts, Berna 1994, pagg. 248 segg.; Hauser/ Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 60 n. 16 segg.; Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 610; Gérard Piquerez, Procédure pénale suisse, Zurigo 2000, n. 1994 segg.

266

1090

2.4.1.2 Art. 140

Sezione 2: Interrogatori (art. 140­143) Autorità penali competenti

Per tenere conto delle particolarità cantonali il capoverso 1 autorizza deroghe al principio secondo cui gli interrogatori sono effettuati dal pubblico ministero, dalle autorità penali delle contravvenzioni e dal giudice. Mediante un disciplinamento espresso, la Confederazione e i Cantoni possono conferire la competenza di effettuare interrogatori anche ad ausiliari, ad esempio a cancellieri o segretari giudiziari.

In linea di principio la polizia si limita ad interrogare imputati e persone informate sui fatti, non può dunque procedere ad interrogatori in cui vige l'obbligo di testimoniare e di dire la verità sotto comminatoria penale. L'imputato e le persone informate sui fatti non hanno l'obbligo di rispondere, come risulta dall'articolo 155 capoverso 1 lettera b e, rispettivamente, dall'articolo 177. A tenore del capoverso 2 di quest'ultima disposizione, l'accusatore privato che va interrogato quale persona informata sui fatti (cfr. art. 175 lett. a) è tenuto a rispondere soltanto dinanzi al pubblico ministero o al giudice ma non davanti alla polizia, mentre le persone informate sui fatti di cui all'articolo 177 capoverso 1 non sottostanno a tale obbligo dinanzi a nessuna autorità penale. In virtù dell'articolo 141 capoverso 1 lettera c la polizia è tenuta ad informare tutte le persone da interrogare sui loro diritti e obblighi, e pertanto anche le persone informate sui fatti. Questo obbligo è ribadito nell'articolo 178 capoverso 1.

Poiché rientra nella tradizione di diversi Cantoni di consentire a taluni agenti di polizia di effettuare anche interrogatori di testimoni (ad es. ai membri della police judiciaire nella Svizzera romanda), il capoverso 2 pone una riserva a favore di relative discipline. Nel caso sussistano tali regolamentazioni, la polizia ha la facoltà, nell'ambito dei cosiddetti interrogatori delegati effettuati su mandato del pubblico ministero secondo l'articolo 312 capoverso 2, di interrogare testimoni subordinati all'obbligo di rispondere e di dire la verità. Considerata la sua prossimità alla figura del testimone, anche l'accusatore privato che va interrogato quale persona informata sui fatti è tenuto a rispondere negli interrogatori effettuati dalla polizia su delega (art. 177 cpv. 2).

Art. 141

Svolgimento dell'interrogatorio

Le regole basilari stabilite in questo articolo vanno osservate non solo nel primo, ma in tutti gli interrogatori. L'interrogazione e l'informazione di cui al capoverso 1 avvengono ­ come del resto tutto l'interrogatorio ­ in una lingua comprensibile all'interrogato.

Benché secondo l'articolo 259 capoverso 2 l'autorità penale possa disporre il rilevamento segnaletico di una persona al fine di accertarne l'identità, occorre il disposto del capoverso 3 che crea la base legale per ulteriori accertamenti da parte dell'autorità penale relativi all'identità, come ad esempio la raccolta di informazioni presso altre autorità.

Capoverso 6: come risulta dall'articolo 189 capoverso 2, è possibile fare copie degli originali e acquisire solo le copie agli atti.

1091

Art. 142

Rapporti scritti

Gli interrogatori si svolgono di norma oralmente e sono acquisiti agli atti mediante verbale. Soprattutto nei casi di reati complessi può essere utile, per risparmiare tempo, procurarsi rapporti scritti. L'articolo 142 consente ad esempio nel caso di un reato con centinaia di danneggiati di inviare un questionario. Può però essere opportuno raccogliere rapporti scritti anche qualora occorra raccogliere informazioni tecniche, che si comunicano meglio per scritto che oralmente. Considerato che la redazione di siffatti rapporti può richiedere a seconda dei casi più tempo rispetto ad un interrogatorio, l'autorità penale può soltanto invitare l'interessato a scrivere un rapporto ma non obbligarlo. Benché il diritto di presentare un rapporto scritto possa essere concesso a tutte le persone da interrogare, e quindi anche all'imputato, occorre fare un uso prudente di questa possibilità in particolare verso l'imputato e verso altre persone per le quali l'impressione personale riveste una certa importanza.

La consegna di rapporti scritti non deve comportare una restrizione dei diritti delle parti; se l'imputato lo esige, i testimoni che hanno presentato rapporti scritti vanno interrogati anche oralmente. Dal canto suo, l'autorità penale non può sottrarsi al suo dovere di accertare la verità sancito nell'articolo 137 capoverso 1 e di chiarire le contraddizioni di cui all'articolo 141 capoverso 5: se sussistono dubbi circa l'esattezza di un rapporto oppure se l'autorità penale vuole farsi una propria idea della persona da interrogare, deve procedere almeno ad un interrogatorio complementare.

Infine, l'invito a consegnare un rapporto scritto non deve svuotare la sostanza dei diritti di non deporre: gli interessati devono pertanto essere informati in merito.

Art. 143

Interrogatorio di più persone e confronti

Il capoverso 2 crea un'eccezione al principio dell'individualità degli interrogatori stabilito nel capoverso 1. Più persone da interrogare possono essere confrontate tra loro e devono pertanto esprimersi in presenza di altre persone: in tal modo la credibilità delle persone può sovente essere meglio giudicata rispetto agli interrogatori individuali. Evidentemente, chi ha il diritto di non rispondere può opporlo anche nel caso di un interrogatorio collettivo; come in quello individuale, il diritto di non rispondere non esonera tuttavia l'interessato dal comparire. Il capoverso 2 è inoltre anche la base legale per procedere a confronti destinati a riconoscere o scagionare determinate persone.

Una situazione in cui può sussistere un conflitto di interessi ai sensi del capoverso 4 lettera a potrebbe ad esempio darsi qualora un minorenne si presenti all'interrogatorio davanti al pubblico ministero accompagnato da un genitore. Se il pubblico ministero pone domande circa l'atmosfera in famiglia oppure sui rapporti tra il giovane e i genitori, vi è il rischio che l'interrogato, per timore nei riguardi del genitore presente, non risponda in modo veritiero o completo. In questi casi il pubblico ministero deve aver la possibilità di svolgere l'interrogatorio senza la presenza del genitore. Le stesse considerazioni valgono per i casi in cui la vittima, per la presenza di una persona di fiducia (cfr. art. 149 cpv. 2), si trova in un conflitto di interessi tra una dichiarazione veritiera e completa, da un lato, e il rispetto o il timore nei riguardi di chi l'accompagna, d'altro lato. La norma di esclusione di cui al capoverso 4 lettera b intende evitare qualsivoglia influenza o collusione tra gli interessati.

1092

2.4.1.3

Art. 144

Sezione 3: Diritto di partecipare all'assunzione delle prove (art. 144 e 145) In generale

Questa disposizione disciplina i diritti di partecipazione delle parti all'assunzione delle prove da parte del pubblico ministero o del giudice. In virtù dell'articolo 312 capoverso 2, tali diritti vanno rispettati anche dalla polizia quando, una volta aperta l'istruzione, raccoglie prove su mandato del pubblico ministero. Se la polizia agisce invece nell'ambito della procedura investigativa di cui agli articoli 305 e 306, le parti non hanno di massima il diritto di partecipare all'assunzione delle prove. Tale principio è comunque relativizzato dall'articolo 156, secondo cui il difensore ha il diritto di presenziare all'interrogatorio dell'imputato. Il diritto di partecipare non è di per sé limitato agli interrogatori, ma è applicabile a tutte le acquisizioni di prove, ad esempio anche alle ispezioni oculari o alle ricostruzioni dei fatti. Spetta pertanto a tutte le parti ai sensi dell'articolo 102. Si presuppone evidentemente che l'interessato abbia nel procedimento in questione lo statuto di parte, il che non è il caso, segnatamente, per l'accusatore privato nella procedura dinanzi al giudice dei provvedimenti coercitivi.

Il fatto che oltre alla parte anche il suo patrocinatore possa presenziare all'assunzione delle prove risulta già dall'articolo 125 capoverso 1. Interpretata stricto sensu, questa disposizione non consente tuttavia di dedurre un diritto per il patrocinatore di presenziare all'interrogatorio del suo cliente; il riconoscimento esplicito di tale diritto nel capoverso 1 consente di fugare eventuali dubbi in proposito. Il diritto di partecipazione può tuttavia subire restrizioni, da un lato nelle situazioni di cui all'articolo 106, d'altro lato nel caso in cui siano disposte misure protettive ai sensi degli articoli 146 e seguenti. Il diritto di partecipazione comprende il diritto di presenziare e il diritto di porre domande alle persone interrogate. Quest'ultimo non è tuttavia illimitato; in virtù del suo compito di garantire uno svolgimento del procedimento appropriato e conforme alla legge (art. 60 cpv. 1), chi dirige il procedimento ha la facoltà (e il dovere) di non ammettere talune domande, ad esempio quelle indebite o non pertinenti alla causa.

Il capoverso 2 sottolinea che se sussiste un diritto di partecipare all'assunzione delle prove, questo non obbliga il pubblico
ministero o il giudice a procedere ad assunzioni delle prove soltanto in presenza delle parti.

Il capoverso 3 sottopone comunque quest'ultimo principio a una restrizione: occorre di massima ripetere l'assunzione delle prove qualora né la parte né il suo patrocinatore abbiano potuto assistervi contro la loro volontà e per motivi cogenti. Si considerano motivi cogenti ad esempio la malattia, il soggiorno temporaneo all'estero, ma anche restrizioni alla partecipazione di cui agli articoli 106 o 146 e seguenti. Si può rinunciare ad una ripetizione soltanto se essa è impossibile (ad esempio se il testimone interrogato è nel frattempo deceduto o non è più reperibile) o dovesse comportare oneri sproporzionati (ad es. se il testimone dovesse a tal fine intraprendere un lungo viaggio). Nell'ultimo caso è ammesso rinunciarvi soltanto se si può tenere conto in altro modo del diritto della parte di essere sentita, ad esempio se il testimone risponde alle domande complementari per il tramite dell'assistenza giudiziaria. Se neppure questo è possibile, le prove raccolte non possono essere utilizzate a carico della parte che era assente (cpv. 4).

1093

Art. 145

Nella procedura di assistenza giudiziaria

Questa disposizione disciplina i diritti di partecipazione nei casi in cui si raccolgono prove all'estero. In caso di assistenza giudiziaria all'estero la parte ha innanzi tutto il diritto di formulare domande che dovranno essere poste all'autorità estera richiesta.

Inoltre, dopo aver consultato il verbale dell'assunzione delle prove effettuata su rogatoria può porre domande complementari. Se chi dirige il procedimento vi acconsente, ad esse sarà risposto mediante rogatoria.

Per quanto le autorità si prestino assistenza giudiziaria a livello nazionale (ad es.

mediante commissione rogatoria), sono applicabili i diritti di partecipazione di cui all'articolo 144 capoversi 1­3. In tal caso le parti hanno il diritto di partecipare ma non di far differire l'atto procedurale. Il diritto di partecipare comprende tuttavia anche quello di presentare istanze o memorie scritte. Una parte può ad esempio presentare a chi dirige il procedimento domande scritte da porre nell'interrogatorio su rogatoria. Di regola, il diritto di porre domande complementari viene meno poiché il suo esercizio comporterebbe l'esigenza di effettuare un nuovo interrogatorio.

2.4.1.4

Sezione 4: Misure protettive (art. 146­153)

La necessità di prevedere misure destinate a proteggere determinati partecipanti al procedimento è giustificata da più ragioni: in primo luogo, una raccomandazione del 10 settembre 1997268 del Consiglio d'Europa esorta ad adottare misure a tutela dei testimoni, d'altra parte diversi procedimenti svolti in Svizzera contro criminali di guerra stranieri hanno messo in luce l'esigenza di un disciplinamento legale delle misure di protezione dei testimoni e motivato poi la revisione del Codice di procedura penale militare269. La necessità di misure protettive non si limita tuttavia né soltanto alla procedura penale militare né solo ai testimoni. Il presente disegno prevede pertanto anche misure che si riallacciano a quelle contemplate dal Codice di procedura penale militare ma che possono essere adottate non solo a tutela delle persone che partecipano al procedimento in veste di testimoni. Si rinuncia invece a disciplinare i cosiddetti programmi o misure di protezione extraprocessuali, anche se a tenore dell'articolo 153 capoverso 1 la Confederazione e i Cantoni possono prevederli.

In quanto possono limitare i diritti delle parti, segnatamente quelli della difesa, le misure protettive necessitano di una base giuridica.

Art. 146

In generale

Capoverso 1: il presupposto per disporre misure protettive è il fatto di ritenere che il diretto interessato o una delle persone di cui all'articolo 165 capoversi 1­3 sono esposti a un grave pericolo per la vita e l'integrità fisica oppure a un altro grave pregiudizio. In questo senso, anche una messa in pericolo del patrimonio può giustificare misure protettive, per quanto debba essere considerata un «grave pregiudizio».

268

Recommandation R(97)13 sur la protection des témoins contre toute manoeuvre d'intimidation et les droits de la défence.

269 Modifica del Codice di procedura penale militare (Protezione dei testimoni) del 19.12.2003, in vigore dal 1.6.2004 (RU 2004 2691 2694; FF 2003 671).

1094

Questo sarebbe ad esempio il caso se il testimone rischia che la sua casa di vacanza venga fatta esplodere.

La competenza di disporre misure protettive spetta a chi dirige il procedimento presso l'autorità giudicante o davanti al giudice dei provvedimenti coercitivi oppure al pubblico ministero. In questo ambito la polizia non dispone invece di nessuna competenza; se nell'ambito della procedura investigativa ritiene necessarie misure protettive, la polizia deve proporne l'adozione al pubblico ministero. Qualora il pubblico ministero garantisca ad una persona l'anonimato, questo provvedimento è subordinato all'avallo del giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 147).

Il capoverso 2 enumera senza pretesa di esaustività possibili misure protettive che possono essere disposte singolarmente o cumulativamente. Visto che queste misure comportano una limitazione dei diritti procedurali, secondo il capoverso 5 le autorità penali sono tenute a garantire in altro modo alle parti il diritto di essere sentite, in particolare i diritti di difesa dell'imputato. Quest'ultimo deve ad esempio avere la possibilità, nonostante le misure protettive, di porre domande complementari a un testimone che depone a suo carico. Il principio di proporzionalità esige inoltre che a seconda delle circostanze, in determinati casi si limiti soltanto il diritto di essere sentito dell'imputato, ma non pure quello del suo difensore.

Art. 147

Garanzia dell'anonimato

Il fatto di garantire l'anonimato significa che le generalità dell'interessato non sono rese note nel procedimento e che la sua vera identità non risulta neppure negli atti.

Solitamente negli atti si ricorre a un numero o a un nome di copertura. L'attuazione della garanzia dell'anonimato nel procedimento esige spesso anche l'applicazione delle misure di cui all'articolo 146 capoverso 2. Contrariamente alla disposizione «normale» di misure protettive, la garanzia dell'anonimato concessa o approvata deve essere rispettata da tutte le autorità penali investite della causa (cpv. 4).

Capoverso 2: considerata tale lunga vincolatività, l'anonimato deve poter essere garantito in via definitiva soltanto da un'autorità giudiziaria. Se il pubblico ministero concede l'anonimato, tale decisione necessita poi dell'avallo del giudice dei provvedimenti coercitivi. La decisione di quest'ultimo è definitiva, ma ciò non esclude che chi conduce il procedimento in giudizio conceda più tardi l'anonimato quand'anche il giudice dei provvedimenti coercitivi avesse respinto la concessione proposta dal pubblico ministero. È quanto risulta dal capoverso 4, secondo il quale soltanto la garanzia approvata ­ e non la garanzia negata ­ vincola tutte le autorità penali.

Capoverso 3: naturalmente le prove sono inutilizzabili anche quando il pubblico ministero non domanda neppure l'avallo. Non possono essere utilizzate soltanto le prove ricavate dalla persona alla quale è stato concesso l'anonimato. Se ad esempio il giudice dei provvedimenti coercitivi nega l'anonimato che il pubblico ministero aveva concesso a un traduttore, ciò non significa che tutti gli interrogatori ai quali ha partecipato il traduttore siano inutilizzabili. Il trattamento delle registrazioni concernenti prove divenute inutilizzabili per mancanza di avallo è disciplinato nell'articolo 139 capoverso 5: le registrazioni vanno tolte dal fascicolo e tenute sotto chiave in sede separata fino a quando il procedimento è chiuso con decisione passata in giudicato, e in seguito distrutte.

1095

Col termine «autorità penali» nel capoverso 4 s'intendono le autorità di cui agli articoli 12 e 13. È quindi escluso il Tribunale federale. È comunque fatta salva anche un'eventuale revoca ai sensi del capoverso 6.

L'anonimato viene meno soltanto in due casi: se l'interessato vi rinuncia (cpv. 5) oppure se l'esigenza di protezione non è più data (cpv. 6). La possibilità di revocare l'anonimato per quest'ultimo motivo risulta dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo270.

Art. 148

Misure per la protezione di agenti infiltrati

Questa disposizione prende spunto dalle norme relative all'inchiesta mascherata di cui agli articoli 285­297 e definisce i diritti spettanti agli agenti infiltrati in virtù della concessione dell'anonimato (cpv. 1). Il capoverso 2 rimanda alle misure menzionate nell'articolo 146 capoverso 2.

Art. 149­151 Le misure generali per la protezione delle vittime (art. 149) come pure le misure speciali per la protezione delle vittime di reati contro l'integrità sessuale (art. 150) corrispondono al vigente disciplinamento nella legge federale del 4 ottobre 1991271 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV). L'obbligo di rispettare l'esigenza menzionata nell'articolo 150 capoverso 1 che l'interrogatorio sia effettuato da una persona dello stesso sesso vale per tutte le autorità.

Essenzialmente ciò vale anche per le misure per la protezione delle vittime minorenni (art. 151). Per quanto concerne la protezione dei minorenni vittime di reati, in base alle esperienze e alle difficoltà riscontrate nell'applicazione degli articoli 10a­10c LAV, si è rinunciato a riprendere il diritto vigente nei seguenti punti:

270 271

­

la concessione o meno alla vittima di misure speciali di protezione per minorenni non si decide più in funzione dell'età all'apertura del procedimento penale (come disposto dall'art. 10a LAV), bensì in funzione dell'età al momento dell'interrogatorio o del confronto (art. 151 cpv. 1). Qualora ci si fondasse sul momento dell'apertura del procedimento, vi può essere il caso che le misure speciali previste per i minorenni debbano poi essere applicate a persone che sono maggiorenni già da tempo e che dunque non necessitano più di alcuna protezione speciale;

­

secondo il diritto vigente, qualora la vittima sia un minorenne occorre imperativamente disporre le misure speciali per l'interrogatorio previste nell'articolo 10c capoverso 2 LAV (segnatamente interrogatorio con il concorso di uno specialista; videoriprese; rapporto particolare su determinate constatazioni). Ciò comporta ingenti oneri anche nei casi di reati minori (contravvenzioni, infrazioni della circolazione o infrazioni dovute a negligenza) o nei casi in cui tali misure non servono né alla protezione della vittima né ad assicurare le prove. L'articolo 151 capoverso 4 subordina pertanto le misure speciali alla condizione che manifestamente «l'interrogatorio o il confronto esporrebbero il minorenne a una grave pressione psicologica». La formulazione utilizzata («...appaia che ... potrebbero esporre ...») intende sottoliSentenza nella causa Visser contro Paesi Bassi del 14.2.2002 (ricorso n. 26668/95).

RS 312.5

1096

neare che le esigenze circa la certezza non sono elevate; nei casi dubbi occorre adottare le misure protettive; ­

considerata la rigidità summenzionata dell'attuale normativa e degli elevati oneri che ne risultano, alcuni Cantoni rinunciano alle videoriprese nei casi in cui il minorenne o il suo rappresentante legale vi rinuncino. Una siffatta prassi pare però problematica se si considera lo scopo protettivo delle videoriprese: la ripresa non serve in primo luogo a proteggere il minorenne, bensì a garantire all'imputato il diritto di difendersi. Tale diritto viene limitato proibendo il confronto e prevedendo due soli interrogatori del minorenne durante tutto il procedimento,. In questo senso, la rinuncia alla videoripresa pare giustificata soltanto se (almeno anche) l'imputato vi rinunci;

­

l'articolo 151 capoverso 4 lettera d propone tuttavia un'altra soluzione: se non si procede a un confronto, l'interrogatorio deve essere necessariamente oggetto di videoripresa. Quest'ultima non serve tuttavia soltanto a garantire i diritti della difesa, ma può anche contribuire all'accertamento della verità, nel senso che consente una valutazione ottimale delle prove. Per questo, in virtù dell'articolo 74 capoverso 4, può essere disposta una videoripresa anche se vi è stato un confronto.

Art. 152

Misure per la protezione di persone affette da turba psichica

La possibilità prevista nel capoverso 2 di incaricare specialisti dell'interrogatorio di persone affette da turba psichica è già contemplata in diversi codici procedurali penali cantonali. Anche in questi casi occorre redigere un verbale dell'interrogatorio.

A seconda dei casi può essere necessario interrogare ulteriormente quali testimoni la persona incaricata di effettuare l'interrogatorio o altre persone presenti all'interrogatorio.

Le persone di fiducia o i periti a cui chi dirige il procedimento può far capo per l'interrogatorio sono ad esempio il tutore, il personale di cura o uno psichiatra.

2.4.2 Art. 154

Capitolo 2: Interrogatorio dell'imputato (art. 154­158) Principio

Il capoverso 2 prevede per l'imputato il diritto di esprimersi in modo circostanziato sui reati che gli sono contestati; non vi è tuttavia l'obbligo di deporre o di collaborare.

Art. 155

Informazioni nel primo interrogatorio

In virtù di norme sovraordinate gli imputati già dispongono del diritto di essere informati sulle imputazioni loro contestate e sui diritti loro spettanti: la Costituzione federale e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo differenziano tali diritti a seconda che l'interessato si trovi in libertà o in stato di privazione della libertà.

Secondo l'articolo 32 capoverso 2 Cost. «l'accusato ha diritto di essere informato il più presto possibile e compiutamente sulle imputazioni contestategli». Chi è privato della libertà va inoltre informato sui motivi di tale privazione e sui diritti che gli spettano (art. 31 cpv. 2 Cost. e art. 6 par. 3 lett. a CEDU).

1097

Il capoverso 1 concretizza tali principi e si spinge in parte anche oltre: l'obbligo di informare sui diritti non sussiste solo nei riguardi di chi è stato privato della libertà, ma verso tutti gli imputati. Ciò corrisponde ­ in ogni caso per quanto concerne l'informazione sul diritto di non rispondere ­ al diritto cantonale vigente ed è stato postulato anche dalla Commissione peritale272. Quanto al momento in cui nasce l'obbligo ne risulta che già la polizia è tenuta a fornire queste informazioni. Non si tratta solo degli interrogatori che la polizia effettua secondo l'articolo 312 capoverso 2 su mandato del pubblico ministero dopo l'apertura dell'istruzione; dal tenore del capoverso 1 lettera a («... è stata avviata una procedura preliminare ...») risulta che le informazioni vanno fornite già nel primo interrogatorio nell'ambito delle indagini autonome della polizia. L'obbligo d'informazione vige comunque solo per gli interrogatori, ossia per gli esami inquisitori messi a verbale e non per i casi in cui, ad esempio dopo un incidente stradale, la polizia pone alcune domande per farsi un'idea di quanto è accaduto. In tali situazioni capita spesso che la posizione processuale dell'interessato non sia neppure chiara. Inoltre, l'obbligo d'informazione è limitato al primo interrogatorio; l'informazione fornita dalla polizia non deve essere ripetuta ulteriormente dal pubblico ministero.

Le lettere a­d definiscono più precisamente il contenuto delle informazioni: dall'informazione secondo la lettera a l'interrogando deve venire a conoscenza che è oggetto di imputazioni; queste vanno descritte in modo possibilmente circostanziato.

In questo senso l'imputazione sommaria di traffico di stupefacenti o in generale di infrazione alla legge sugli stupefacenti non è sufficiente; occorre contestare all'imputato che determinati atti compiuti in un luogo e ad un'ora precisi significano un tale reato. Occorre pertanto contestare un fatto possibilmente generale e il reato che vi è connesso, senza fornirne già la valutazione giuridica. La lettera b si riferisce all'articolo 111 capoverso 1 che tutela l'imputato dall'obbligo di deporre a suo carico e di collaborare a suo sfavore. La lettera c concreta gli articoli 127­130, la lettera d l'articolo 66.

A tenore del capoverso 2, il fatto di non fornire le informazioni
di cui al capoverso 1 comporta l'inutilizzabilità dei risultati dell'interrogatorio. Risulta pertanto chiaro che l'obbligo di informazione non è una semplice norma che definisce condizioni di validità la cui infrazione non escluderebbe totalmente l'utilizzabilità dell'interrogatorio secondo l'articolo 139 capoverso 2. L'utilizzabilità sarebbe in ogni caso esclusa. Considerate tali conseguenze, l'informazione va messa a verbale e sarebbe anzi consigliabile consegnare all'imputato appositi moduli in una lingua a lui comprensibile e verbalizzarne l'avvenuta consegna.

Art. 156

Interrogatori di polizia nella procedura investigativa

In virtù dell'articolo 140 capoverso 2 e dell'articolo 156 anche la polizia può interrogare l'imputato e questo pure nell'ambito della procedura investigativa di polizia.

Ci si può domandare quali diritti di difesa vadano garantiti all'imputato in questa fase precoce del procedimento e, più concretamente, a partire da quale momento il difensore di un imputato può presenziare all'assunzione delle prove e quando debba essergli garantito il diritto di conferire direttamente con l'imputato privato della libertà. Queste due questioni rientrano nella controversa problematica dell'«avvocato della prima ora».

272

Aus 29 mach 1, pag. 110.

1098

Soltanto pochi codici processuali penali cantonali consentono al difensore di essere presente agli interrogatori di polizia dell'imputato già nella procedura investigativa.273. Pure molto caute sono le norme concernenti il momento a partire dal quale l'imputato e il suo difensore possono conferire liberamente: per quanto tale garanzia sia prevista prima del primo interrogatorio, il libero contatto è garantito dal momento in cui è stata presentata la proposta di carcerazione preventiva, oppure al momento in cui è notificata la decisione di carcerazione. Sinora il Tribunale federale ha sempre rifiutato di dedurre direttamente dalla Costituzione federale o dall'articolo 6 paragrafo 3 CEDU il diritto immediato di chi è arrestato di conferire liberamente con il suo difensore274. Per contro, il Comitato dei diritti dell'uomo dell'ONU, il Comitato dell'ONU contro la tortura come pure il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti raccomandano da anni alla Svizzera di consentire alle persone arrestate un contatto immediato con la difesa275. Rispondendo a tal esortazioni la Svizzera ha indicato a questi comitati internazionali di voler esaminare e disciplinare la questione del libero contatto con la difesa nell'ambito dell'elaborazione della procedura penale svizzera276.

Nell'avamprogetto era stato previsto un diritto di partecipazione incondizionato della difesa soltanto per gli interrogatori di polizia di imputati in stato di arresto provvisorio. In altri interrogatori, si dava la facoltà alla polizia di decidere sull'eventuale partecipazione della difesa. Qualora detta partecipazione fosse stata negata, le dichiarazioni dell'imputato avrebbero potuto essere utilizzate soltanto se l'imputato avesse confermato tali dichiarazioni in presenza del suo difensore (art. 168 AP-CPP).

Nell'ambito della procedura di consultazione questa normativa era di massima stata accolta dalla maggioranza (scarsa) dei Cantoni, da tutti i partiti e da una minoranza delle organizzazioni interessate277.

Ad uno sguardo più attento, la normativa risulta piuttosto scomoda, poiché la polizia ha il diritto di negare alla difesa la partecipazione a interrogatori di persone non arrestate, ma l'utilizzabilità delle dichiarazioni resta in sospeso finché l'interessato non le confermi
dinanzi al pubblico ministero o al giudice in presenza del suo difensore. Tale cautela è problematica per due motivi: in primo luogo limita di fatto la libertà della polizia di decidere circa l'ammissione o meno della difesa. D'altra parte, possono nascere difficoltà qualora l'imputato non confermi in seguito le sue dichiarazioni. In tal caso ci si domanda cosa si debba fare con gli elementi probatori raccolti in base alle dichiarazioni (non più utilizzabili) dell'imputato. Pare inoltre poco coerente che negli atti figurino dichiarazioni dell'imputato di cui il pubblico ministero e il giudice possono prendere conoscenza, senza poterne però tenere conto.

273 274 275

276

277

Art. 7 cpv. 2 CPP/SO; nella pratica del Cantone di Argovia, in virtù dell'art. 57 in combinato disposto con gli art. 123 cpv. 1 e 126 CPP/AG.

DTF 126 I 153.

Rapporti del Comitato dei diritti dell'uomo dell'ONU dell'8.11.1996 (CCPR/C/79 Add.70) n. 13 e 24 e del 12.11.2001 (CCPR/CO/73/CH) n. 12; Rapporto del Comitato dell'ONU contro la tortura (CAT) del 27.11.1997 (A/53/44) n. 91 e 96; Rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del 5.3.1992 n. 121, del 30.9.1996 n. 45 e del 9.8.2001 n. 29 e 30. Cfr.

anche n. 6.2.

Pareri del Consiglio federale sui rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del 2.6.1997, pag. 15, e del 27.2.2002, n. 39.

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 44.

1099

Per questi motivi la normativa proposta non distingue più tra la partecipazione agli interrogatori di imputati arrestati e interrogatori di imputati che si trovano in libertà.

La difesa ha invece il diritto di partecipare a tutti gli interrogatori di polizia e di porre domande. Nella prassi questa normativa non dovrebbe comportare grossi cambiamenti rispetto a quanto previsto nell'avamprogetto, perché anche in quel caso la polizia avrebbe di regola accolto la richiesta di poter partecipare all'interrogatorio per evitare che le dichiarazioni non possano essere utilizzate.

Capoverso 1: il difensore ha certo il diritto di partecipare agli interrogatori, ma deve farlo valere. La polizia non è obbligata a convocare o invitare spontaneamente un avvocato anche se sa chi difende normalmente l'imputato. Del resto, il diritto del difensore di partecipare è limitato agli interrogatori del suo mandante; non può invece partecipare ad altri interrogatori come ad esempio quelli delle persone informate sui fatti o dei coimputati.

Considerando che un arresto provvisorio dura al massimo 24 ore (art. 218 cpv. 4) e che l'interrogatorio di polizia di chi si trova in stato di arresto provvisorio deve avvenire entro tempi brevi, il capoverso 2 stabilisce che il difensore non ha il diritto di esigere il differimento di un interrogatorio. Il difensore potrebbe altrimenti presentare domande di differimento e far passare il termine massimo dell'arresto provvisorio senza che si sia potuto procedere all'interrogatorio. Anche per gli imputati che non si trovano in stato di arresto non sussiste il diritto al differimento. Occorre tuttavia tenere conto delle disponibilità del difensore; il capoverso 2 non deve essere applicato nel senso di privare di contenuto il diritto di partecipazione. Se il difensore che ha chiesto di partecipare è disponibile in tempo utile, si attenderà fino a quel termine prima di procedere con l'interrogatorio.

Il diritto di conferire liberamente di cui al capoverso 3 è strettamente connesso con l'interrogatorio: se nell'intento di potenziare i diritti della difesa si consente al difensore di essere presente già al primo interrogatorio di polizia, il difensore deve anche avere la possibilità di conferire con l'imputato prima dell'interrogatorio o durante una sua pausa. Nel caso contrario, l'efficacia
della difesa sarebbe notevolmente limitata. Trattandosi di interrogatori svolti durante l'arresto provvisorio la cui durata massima non supera le 24 ore, i contatti tra l'imputato e il suo difensore devono comunque restare assai brevi. Altrimenti, con ripetute richieste di colloquio, l'imputato e il difensore potrebbero lasciar decorrere il termine di arresto provvisorio senza che si possa provvedere ad un interrogatorio.

Art. 157

Interrogatorio di un imputato reo confesso da parte del pubblico ministero e del giudice

Una confessione può concernere solo un fatto e non una qualificazione giuridica.

Questa disposizione stabilisce chiaramente che i fatti vanno accertati anche se l'imputato ha ammesso le imputazioni che gli sono addebitate. L'interrogatorio ulteriore dell'imputato e la raccolta delle prove intese a confermare l'esattezza della confessione servono anche a garantire gli elementi probatori contro un'eventuale ritrattazione di quanto confessato; d'altra parte si evitano in tal modo le false confessioni.

A seconda della plausibilità della confessione e degli altri elementi probatori, il pubblico ministero e il giudice potranno limitare all'essenziale l'interrogatorio del-

1100

l'imputato. Si può ad esempio ipotizzare che il giudice si concentri sul chiarimento degli elementi rilevanti per la commisurazione della pena.

Art. 158

Esame delle condizioni personali nella procedura preliminare

Questa disposizione si basa sull'assunto che le domande concernenti le condizioni personali toccano la sfera privata dell'imputato. Fin tanto che non è stabilito che l'istruzione sfoci nella promozione dell'accusa o nell'emissione di un decreto d'accusa, il pubblico ministero non può di massima interrogare l'imputato sulle sue condizioni personali. Sono ammesse tuttavia eccezioni; può essere ad esempio necessario conoscere le condizioni personali dell'imputato per chiarire in che misura altre persone da interrogare dispongano del diritto di non deporre.

Nella fase della procedura dibattimentale non sono più applicabili le restrizioni di cui all'articolo 158; la protezione della sfera privata dell'imputato da chiarimenti non necessari delle condizioni personali è possibile grazie a una scissione del procedimento in due parti secondo l'articolo 343.

La menzione esplicita del pubblico ministero evidenzia il fatto che gli interrogatori della polizia sulle condizioni personali dell'imputato possono avvenire soltanto su mandato del pubblico ministero secondo l'articolo 312.

2.4.3

Capitolo 3: Testimoni

2.4.3.1

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 159­164)

Art. 160

Capacità e obbligo di testimoniare

Chi non adempie una delle condizioni di cui al capoverso 1 deve essere interrogato quale persona informata sui fatti (art. 175 cpv. 1 lett. b e c). La capacità di discernimento si determina secondo i criteri definiti nell'articolo 16 CC278; anche nella procedura penale la capacità di discernimento è dunque un concetto relativo. Per accertamenti circa la capacità di discernimento può essere disposta una perizia da parte di uno specialista (art. 161 cpv. 2).

Capoverso 2: l'obbligo di testimoniare comporta due elementi: l'obbligo di deporre in quanto tale e l'obbligo di fare dichiarazioni veritiere.

Art. 161

Accertamenti riguardo ai testimoni

Il capoverso 1 è concepito a tutela della personalità dei testimoni. Il riserbo di cui occorre far prova nell'esame delle condizioni personali dell'imputato (cfr. art. 158) deve essere applicato almeno in pari misura nei riguardi dei testimoni, che normalmente non sono indiziati.

Il capoverso 2 crea la necessaria279 base legale per sottoporre i testimoni a perizia.

La possibilità di disporre una perizia per chiarire la capacità di discernimento non è naturalmente limitata ai soli testimoni in senso stretto. La perizia mira a stabilire se 278 279

RS 210 In merito alla necessità di una base legale cfr. Robert Hauser, Der Zeugenbeweis im Strafprozess mit Berücksichtigung des Zivilprozesses, Zurigo 1974, pagg. 121 seg.

1101

sussiste uno dei requisiti della qualità di testimone, ossia la capacità di discernimento. La perizia può pertanto essere disposta anche per persone che, per la loro limitata capacità di discernimento, si ritiene dover interrogare quali persone informate sui fatti (cfr. art. 175 lett. c).

Una perizia può inoltre essere disposta per esaminare se il testimone è affetto da turba psichica. Può essere importante per determinare l'esistenza di un danno psichico causato dal reato e in particolare per stabilire se il testimone è credibile. Occorre tuttavia tener presente che l'esame della credibilità dei testimoni è uno dei compiti più peculiari del giudice nell'ambito della valutazione delle prove. Le perizie a tal fine sono indicate soltanto se il giudice necessita di conoscenze speciali per disporre degli elementi che gli consentano di valutare la cerdibilità del testimone.

Il fatto di ordinare una perizia su un testimone incide sui suoi diritti della personalità e deve pertanto rispettare rigorosamente il principio di proporzionalità. La disposizione ne tiene conto sotto diversi aspetti: in primo luogo la perizia può essere ordinata soltanto se l'importanza del procedimento lo giustifica; si presuppone dunque che siano perseguiti reati di una certa gravità e che nel caso di semplici casi bagattellari tali perizie siano escluse. Inoltre, la testimonianza in questione deve essere importante per l'accertamento della verità. Infine, sono ammesse soltanto perizie ambulatoriali; eventuali perizie in sede nosocomiale possono essere effettuate soltanto con il consenso dell'interessato.

Art. 162

Obbligo del testimone di serbare il segreto

Se s'interrogano più persone in merito agli stessi fatti, nell'interesse dell'accertamento della verità spesso è necessario intimare ai testimoni di serbare il segreto in merito all'interrogatorio oppure addirittura riguardo al semplice fatto di essere stati chiamati a deporre. Secondo la maggior parte dei codici cantonali di procedura penale le autorità hanno soltanto la facoltà di invitare i testimoni a serbare il silenzio, ma non di obbligarli.

È lecito imporre il mantenimento del segreto a un testimone soltanto se vi è effettivamente il pericolo di subornazione che possa compromettere l'accertamento della verità. La comminatoria penale non deve di conseguenza essere una componente usuale della citazione del testimone.

Art. 163

Interrogatorio del danneggiato

La persona danneggiata dal reato rientra nella definizione del testimone di cui all'articolo 159 e va quindi interrogata in veste di testimone (cpv. 1).

Capoverso 2: se nel corso del procedimento si costituisce accusatore privato, il danneggiato assume la posizione di parte (art. 102 cpv. 1 lett. b). Considerato che quest'utima ha un interesse diretto all'esito del procedimento, ci si può domandare se non sia il caso di interrogare le parti sottoponendole all'obbligo di dire la verità sotto comminatoria penale. Un tale interesse sussisterà in particolare se l'accusatore privato si costituisce anche parte civile. In tal caso le pretese civili sono regolarmente in primo piano e la posizione dell'accusatore privato è assimilabile a quella di una delle parti nel processo civile, nel quale l'interrogatorio di una parte nelle vesti di testimone non è ammesso280. Per questo motivo, nel processo penale l'accusatore 280

Cfr. l'art. 160 dell'avamprogetto di Codice di procedura civile svizzero del giugno 2003.

1102

privato va interrogato in quanto persona informata sui fatti, il che consente pure di evitare situazioni conflittuali nelle quali quest'ultimo potrebbe incorrere qualora dovesse decidere tra la tutela dei suoi interessi e l'obbligo di dire la verità imposto sotto comminatoria penale. Contro l'interrogatorio in veste di persona informata sui fatti si potrebbe obiettare che in tal modo andrebbero sovente persi gli unici testimoni che, posti sotto l'obbligo di dire la verità, siano in grado di contribuire in modo essenziale, se non decisivo, all'accertamento della verità. A questo argomento si può replicare che a priori le dichiarazioni di una persona informata sui fatti non hanno meno valore di quelle di un testimone. Entrambe vanno valutate con cura dal giudice. Va poi aggiunto che secondo l'articolo 177 capoverso 2 anche in veste di persona informata sui fatti l'accusatore privato è tenuto a deporre. Vero è che, contrariamente al testimone, tale obbligo di deporre non è protetto penalmente, ma se l'accusatore privato rifiuta di deporre senza invocare un diritto di non deporre, il suo comportamento può essere valutato a suo sfavore. Infine, anche la persona informata sui fatti è avvisata delle conseguenze di false dichiarazioni (art. 178 cpv. 2).

2.4.3.2

Sezione 2: Diritto di non deporre (art. 165­173)

L'obbligo di deporre di cui all'articolo 160 capoverso 2 viene meno se sussiste uno dei diritti di non deporre menzionati nella presente sezione. Il novero è esaustivo.

La disciplina riprende sostanzialmente i diritti di non deporre contemplati nei codici processuali penali cantonali. Rispetto alla maggior parte di questi ultimi, nell'interesse dell'accertamento della verità, è stata posta una restrizione nel senso che il diritto di non deporre per legami personali (art. 165) e per proteggere persone vicine all'interrogando (art. 166 cpv. 2) decade nel caso in cui siano perseguiti reati gravi (art. 165 cpv. 4 e art. 166 cpv. 2 seconda frase).

Art. 165

Per legami personali

Il diritto qui in questione intende evitare alle persone che hanno stretti legami con l'imputato il conflitto di dover decidere se collaborare attivamente alla prova della colpevolezza di un prossimo oppure se rilasciare una falsa testimonianza (art. 307 CP)281.

I capoversi 1­3 enumerano esaustivamente le persone che in virtù della loro vicinanza all'imputato possono rifiutare di deporre. La cerchia di persone interessate corrisponde sostanzialmente a quelle menzionate nei vigenti codici processuali penali svizzeri. Come proposto nel rapporto peritale282, si rinuncia a riconoscere il diritto di non deporre in caso di fidanzamento; invece le persone che convivono di fatto con l'imputato hanno il diritto di non deporre (cpv. 1 lett. a). Il concetto di convivenza di fatto è stato introdotto in diverse leggi processuali in seguito all'adozione della legge del 18 giugno 2004283 sull'unione domestica. Con tale concetto s'intende la comunione simile al matrimonio tra due persone dello stesso sesso o di sesso diverso che non hanno tuttavia deciso di stringere né un matrimonio né un'unione domestica registrata. Per quanto concerne il diritto di non deporre, la convivenza di fatto non esplica comunque gli stessi effetti del matrimonio o 281 282 283

Cfr. DTF 118 IV 180.

Aus 29 mach 1, pag. 101.

FF 2004 2755; futuro numero RS 211.231.

1103

dell'unione registrata. La mancata menzione della convivenza di fatto nel capoverso 2 implica che il diritto di non deporre spetta soltanto al partner che convive di fatto con l'imputato, ma non ad esempio ai suoi fratelli o sorelle né ai suoi genitori.

Inoltre, tale diritto non sussiste dopo che la convivenza di fatto è stata sciolta, mentre per il matrimonio e per l'unione registrata il diritto permane anche dopo il rispettivo scioglimento (cpv. 3). La ragione essenziale di questa differenza risiede nelle possibili difficoltà di provare la durata della convivenza: mentre la durata di un matrimonio o di un'unione registrata può senz'altro essere provata in base alle registrazioni presso lo stato civile, può risultare difficile dimostrare la durata di una convivenza di fatto.

Il capoverso 1 lettera b prevede il diritto di non deporre per le persone che hanno figli in comune con l'imputato. Non è necessario che l'interessato e l'imputato convivano; non è però sufficiente che l'interrogando pretenda semplicemente di avere figli in comune con l'imputato, poiché si presuppongono rapporti di filiazione ai sensi del Codice civile.

Capoverso 1 lettera c: la parentela per adozione è equiparata alla parentela in base all'articolo 267 CC. Per quanto concerne la parentela acquisita, il rapporto tra un figliastro e il suo patrigno o la sua matrigna (ad es. il figlio rispetto al secondo marito della madre) rientra nel rapporto di affinità ai sensi dell'articolo 21 capoverso 1 CC. Necessita invece una menzione particolare il rapporto tra fratellastri e sorellastre (cfr. cpv. 1 lett. d ed e).

Il capoverso 4 pone al diritto di non deporre una restrizione contemplata solo da pochi codici processuali penali cantonali e suggerita dalla Commissione peritale284.

Questa restrizione va ricondotta alla convinzione secondo cui a fronte di determinati reati gravi perpetrati all'interno della cerchia familiare, gli interessi di perseguimento dello Stato debbano prevalere rispetto al diritto di non deporre. La restrizione è applicabile tuttavia soltanto nei procedimenti contro i reati menzionati esaustivamente nella lettera a. Si presuppone dunque che il testimone vada interrogato in ogni procedimento in cui si debba fare luce su un reato di cui alla lettera a, ad esempio quando si tratta di interrogare la figlia nel
procedimento contro il padre imputato dell'assassinio della moglie e madre della testimone.

La restrizione del diritto di non testimoniare non è tuttavia applicabile neppure nei casi di cui alle lettere a e b per le vittime alle quali vengono poste domande concernenti la loro sfera intima; a tenore dell'articolo 166 capoverso 4 in tal caso il diritto della vittima di non rispondere prevale («... ha in ogni caso il diritto di non rispondere alle domande concernenti la sua sfera intima»).

Art. 166

Per autoprotezione o protezione di persone vicine

Il diritto di non deporre di cui ai capoversi 1 e 2 si fonda sulle medesime considerazioni che giustificano il diritto di non rispondere spettante all'imputato: nessuno deve essere tenuto a fornire dichiarazioni che originino elementi a suo carico. I capoversi 1 e 2 vanno però oltre: in primo luogo, per poter opporre il diritto di non deporre è sufficiente che con la deposizione del testimone vi sia il pericolo di imputare a una persona a lui vicina una responsabilità ai sensi dell'articolo 165; d'altra parte, è sufficiente il rischio di imputare una semplice responsabilità di diritto civile, ad esempio di svantaggi patrimoniali. Non è invece sufficiente invocare il pericolo 284

Aus 29 mach 1, pag. 101.

1104

che la testimonianza possa offendere esclusivamente l'onore del testimone. La garanzia del diritto di non deporre per il rischio di una responsabilità di diritto civile presuppone comunque che gli interessi patrimoniali invocati prevalgano rispetto all'interesse del perseguimento penale. Su questo punto deve decidere ­ a seconda della fase procedurale ­ l'autorità che procede all'interrogatorio o il giudice (art. 171 cpv. 1).

Per quanto concerne la possibile messa in pericolo di una persona vicina, il capoverso 2 fa salvo l'articolo 165 capoverso 4. In tal modo si evita che i testimoni tenuti, in forza dell'articolo 165 capoverso 4, a deporre in un procedimento contro una persona a loro vicina oppongano il diritto di non deporre per autoprotezione secondo l'articolo 166. Va comunque ricordato che l'articolo 165 capoverso 4 prevale sul diritto di non deporre per propria protezione soltanto negli interrogatori in procedimenti contro una persona vicina al testimone imputata di un reato di cui all'articolo 165 capoverso 4 lettera a285.

Il diritto di non deporre secondo il capoverso 3 per proteggere la propria vita e integrità fisica da un grave pericolo o per evitare un altro grave svantaggio può essere invocato soltanto in situazioni eccezionali nelle quali l'interrogando non può essere protetto in altro modo, segnatamente non con i provvedimenti di cui agli articoli 146­150. Le persone per la cui protezione sono state disposte tali misure non possono appellarsi a questo diritto di non deporre.

Il tenore del capoverso 4 («... in ogni caso ... ») sottolinea chiaramente che il diritto di non deporre spettante alla vittima prevale sia sull'obbligo di deporre secondo il capoverso 2 sia su quello di cui all'articolo 165 capoverso 4.

Art. 167

Per segreto d'ufficio

A tenore dell'articolo 320 CP e del diritto amministrativo applicabile, i funzionari e i membri di autorità sottostanno al segreto d'ufficio; è loro proibito riferire in veste di testimoni sui fatti di cui sono venuti a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni.

Secondo il capoverso 2 il diritto di non deporre non sussiste tuttavia in ogni caso.

Decade in caso di obbligo di denuncia risultante dalla presente legge (cfr. art. 301) o da altre leggi. L'obbligo di denuncia sancito nell'articolo 301 ha come conseguenza che i membri delle autorità di perseguimento penale sono tenuti a deporre in merito a quanto hanno constatato, ad esempio gli agenti di polizia su quanto hanno potuto constatare sul luogo del reato. Viene dunque a cadere la necessità che l'autorità superiore sciolga dal segreto d'ufficio l'interessato, come previsto in numerosi Cantoni. Una siffatta liberazione dal segreto d'ufficio è tuttavia necessaria per le deposizioni relative a fatti ai quali non è applicabile l'obbligo di denuncia o per le persone che non vi sottostanno.

285

Esempio: nel procedimento contro X per furto si interroga una collega di X quale testimone. Questa dichiara di ricordare molto bene che la sera del furto X non era a casa sua.

Il suo ricordo è preciso poiché proprio quella sera suo padre, in una lite, aveva tentato di uccidere sua madre. Tutta la sua famiglia aveva sinora serbato il silenzio sull'accaduto.

Nel suo interrogatorio nel procedimento contro X, la testimone può opporre il diritto di non deporre per propria protezione alla domanda del pubblico ministero sulle ragioni per cui si ricorda precisamente di quella sera, e quindi non deve fornire elementi a carico del padre in quanto non è interrogata nel quadro di un procedimento contro il padre.

1105

In sintonia con la dottrina e la giurisprudenza invalse sinora, il capoverso 3 obbliga le autorità a rilasciare l'autorizzazione di deporre quando l'interesse all'accertamento della verità prevale su quello al mantenimento del segreto.

Art. 168

Per segreto professionale

Questo tipo di diritto di non deporre concerne secondo il capoverso 1 tutte le persone menzionate nell'articolo 321 CP, ad eccezione dei revisori tenuti al segreto secondo il CO. Tale eccezione corrisponde alla dottrina e alla prassi dominanti e non contraddice altre disposizioni del diritto federale, poiché l'articolo 321 numero 3 CP pone espressamente una riserva a favore delle disposizioni della legislazione federale sull'obbligo di testimoniare in giudizio.

Le persone invece che non sono comprese nel novero di cui all'articolo 321 CP non dispongono del diritto di non deporre secondo questa disposizione. Occorre certo considerare che anche ad altri professionisti che non sottostanno al segreto professionale protetto dal diritto penale sono confidati segreti degni di protezione. Si pensi ad esempio agli psicoterapeuti o agli psicologi del settore paramedico. In una mozione del 22 giugno 2000286 la consigliera nazionale Pia Hollenstein chiedeva del resto una modifica dell'articolo 321 CP per sottoporre tutti gli operatori professionisti del settore della sanità all'obbligo del segreto professionale. Vi era connessa anche l'esigenza che le persone del settore della sanità soggette all'obbligo del segreto professionale secondo l'articolo 321 CP dispongano anche del diritto di non testimoniare. Nell'ambito della modifica del Codice penale il nostro Collegio, proprio in riferimento a queste istanze, aveva rilevato che l'estensione dell'articolo 321 CP sarebbe stata effettuata nel quadro dell'unificazione del diritto processuale penale287.

Ciononostante nel presente disegno si è rinunciato ad inserire altri professionisti nell'articolo 321 CP e a garantir dunque loro il diritto di non deporre, e questo per le seguenti ragioni: contrariamente alle persone menzionate nell'articolo 321 CP e aventi il diritto di non deporre secondo l'articolo168, i professionisti summenzionati non sottostanno in ogni caso ad un'autorità di vigilanza ai sensi dell'articolo 321 numero 2 CP che può liberarle dall'obbligo del segreto professionale. Non disponendo di competenza legislativa, la Confederazione non può inoltre prevedere un'autorità di vigilanza per tutte le persone che potrebbero essere integrate nel novero dell'articolo 321 CP. Qualora tuttavia venisse garantito a queste persone lo stesso diritto di non deporre
riconosciuto alle persone menzionate nell'articolo 168, le persone che non soggiacessero a nessuna autorità di vigilanza sarebbero obbligate a deporre soltanto se liberate dal titolare del segreto. Di conseguenza, la posizione del paziente di uno psicologo sarebbe più vantaggiosa di quella del paziente di un medico: egli potrebbe decidere da solo se sciogliere lo psicologo dal segreto professionale e quindi decidere dell'obbligo di quest'ultimo di testimoniare, mentre il medico potrebbe essere obbligato a deporre anche contro la volontà del suo paziente, per quanto l'autorità di vigilanza lo abbia liberato dall'obbligo del segreto. Ora, non vi sono giustificazioni oggettive per una tale differenza.

286 287

2000 P 00.3344 Messaggio del 21.9.1998 concernente la modifica del Codice penale svizzero (Disposizioni generali, introduzione e applicazione della legge) e del Codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile, FF 1999 1669.

1106

Inoltre, l'istanza di conferire il diritto di non deporre ad altri professionisti oltre a quelli menzionati nell'articolo 321 CP e quindi di tutelare informazioni confidenziali concernenti loro clienti può essere adeguatamente soddisfatta anche in altro modo che non includendo altre categorie professionali nell'articolo 321 CP o prevedendo un diritto di non testimoniare per segreto professionale.

Il ragionamento muove dall'assunto che anche i professionisti che non sono inclusi nel novero dell'articolo 321 CP sono tenuti al segreto sotto comminatoria penale. La disposizione più importante a questo riguardo è l'articolo 35 della legge federale del 19 giugno 1992288 sulla protezione dei dati, la quale si applica pure agli psicologi, agli psicoterapeuti, agli operatori sociali, al personale di cura, ai dietisti e agli educatori289.

Questi motivi sarebbero sufficienti per respingere la mozione Hollenstein (2000 P 00.3344. Vi rinunciamo in considerazione dei lavori attualmente in corso relativi a una legge federale sulle professioni psicologiche, il cui avamprogetto del maggio 2005 prevede di sottoporre gli psicologi al segreto professionale secondo l'articolo 321 CP. L'esito dei dibattiti parlamentari relativi a questa legge mostrerà se le critiche summenzionate (in particolare l'assenza di un'autorità di vigilanza) saranno screditate al punto da far apparire giustificata una equiparazione degli psicologi alle altre persone cui è riconosciuto il diritto di non deporre di cui all'articolo 168. In tal caso occorrerebbe adeguare l'articolo 168.

Occorre tuttavia rilevare che le citate categorie professionali dispongono già a tenore del presente disegno di un diritto di non deporre, benché più limitato: i professionisti che sottostanno all'obbligo del segreto secondo l'articolo 35 LPD hanno il diritto di non deporre in virtù dell'articolo 170. Certi codici processuali penali cantonali prevedono già il diritto di non deporre per taluni professionisti non inclusi nel novero dell'articolo 321 CP, ma le differenze tra le varie discipline cantonali fa in modo, ad esempio, che le persone tenute a serbare il segreto in virtù dell'articolo 35 LPD non dispongano in tutta la Svizzera del diritto di non deporre. L'unificazione del diritto processuale penale consente di eliminare questa ingiustificata disparità
di trattamento.

Il capoverso 2 pone alcune restrizioni al diritto di non deporre. Chi sottostà a un obbligo di denuncia è tenuto a deporre in qualità di testimone nell'ambito interessato dall'obbligo di denuncia. È ad esempio il caso per i medici che sono obbligati a notificare decessi anormali. L'obbligo di deporre sussiste inoltre, fatto salvo il capoverso 3, quando l'autorità di vigilanza o il detentore del segreto svincola l'interessato dall'obbligo del segreto.

Se riferita agli avvocati, questa disciplina contraddice il vigente tenore dell'articolo 13 capoverso 1 della legge del 23 giugno 2000290 sugli avvocati (LLCA), secondo il quale anche se sciolto dal segreto professionale, l'avvocato non è tenuto a divulgare quanto gli è stato confidato. Riteniamo che la garanzia di un siffatto diritto di non deporre, poziore persino alla volontà del cliente, non sia oggettivamente giustificata, e proponiamo pertanto la modifica dell'articolo 13 capoverso 1 LLCA. Ne consegue che, nel caso di una dispensa dall'obbligo del segreto, gli avvocati sottostanno come gli altri detentori del segreto all'obbligo di deporre. Va comunque ricordato che la normativa di cui all'articolo 13 capoverso 1 LLCA fu introdotta soltanto in sede 288 289 290

RS 235.1 FF 1999 1829 RS 935.61

1107

parlamentare dal Consiglio nazionale, mentre il Consiglio degli Stati aveva adottato la disposizione soltanto nel quadro dell'appianamento delle divergenze, peraltro più per evitare l'abbandono dell'oggetto che per reale convinzione. La Commissione del Consiglio degli Stati invitò del resto espressamente il Dipartimento federale di giustizia e polizia «à étudier à fond le problème du secret professionnel et du refus de témoigner dans le cadre de l'unification des procédures civiles et pénales et, si nécessaire, à ne pas hésiter à modifier la norme que nous adoptons aujourd'hui à contrecoeur»291.

Contro la garanzia a favore degli avvocati di un diritto assoluto al mantenimento del segreto milita tra l'altro l'argomento secondo cui non si vede perché soltanto questa categoria di professionisti debba essere privilegiata e non tutte le altre menzionate nell'articolo 321 CP. L'argomento avanzato in Parlamento a sostegno dell'articolo 13 capoverso 1 LPD e secondo cui anche in caso di esonero da parte del cliente gli avvocati devono poter decidere se svelare o meno un segreto professionale in quanto solo loro sono in grado di valutare la portata di una eventuale rivelazione292 potrebbe applicarsi anche ad altri detentori di segreti professionali. Sarebbe tuttavia sbagliato lasciare alla discrezione di tutti i detentori di segreti professionali se rinunciare a deporre o meno nonostante siano sciolti dall'obbligo del segreto. Una siffatta decisione ­ come per tutti gli altri diritti di non deporre ­ deve spettare alle autorità penali o, se del caso, alla giurisdizione di reclamo (cfr. art. 171 cpv. 2). In caso contrario, la ponderazione tra gli interessi al mantenimento del segreto, da un lato, e gli interessi all'accertamento della verità, dall'altro, sarebbe demandata esclusivamente a un privato. L'argomento dell'incognita delle conseguenze di un esonero dall'obbligo del segreto non tiene inoltre conto del fatto che proprio gli avvocati hanno l'obbligo di informare i loro clienti sulle possibili conseguenze di un siffatto esonero. Qualora ciononostante il titolare del segreto non sia in chiaro sulle conseguenze dello scioglimento dal segreto professionale e una dichiarazione del detentore del segreto potesse risultare a suo svantaggio, il capoverso 3 prevede la possibilità di derogare all'obbligo di deporre.
Per tutti questi motivi, qualora siano liberati dall'obbligo del segreto professionale anche gli avvocati sono di massima tenuti a deporre.

Il capoverso 3 limita nuovamente tale obbligo di deporre una volta che l'interessato è liberato dal segreto. Si può ad esempio ipotizzare il caso in cui un paziente liberi il suo medico dall'obbligo del segreto, ma l'esposizione completa della diagnosi al momento dell'interrogatorio del medico rischi di comportare un peggioramento del decorso della malattia. Il capoverso 3 può certo essere applicato anche quando l'autorità di vigilanza ha disposto la liberazione dall'obbligo del segreto, ma l'importanza pratica di questi casi dovrebbe restare esigua. È lecito presupporre che nella sua decisione l'autorità di vigilanza tenga già conto di eventuali ragioni che si oppongano all'esonero. Qualora renda plausibile un siffatto rischio, il medico può rifiutarsi di deporre. Quanto alla credibilità, non si dovrebbero porre esigenze troppo elevate poiché altrimenti vi sarebbe il rischio che l'interessato debba svelare il segreto per motivare il suo rifiuto di deporre. A tenore dell'articolo 171 la decisione spetta, a seconda della fase procedurale, all'autorità che procede all'interrogatorio o al giudice.

291 292

Intervento del consigliere agli Stati Dick Marty, Boll. Uff. 2000 398.

Intervento del consigliere agli Stati Samuel Schmid, Boll. Uff. 2000 240.

1108

Art. 169

Tutela delle fonti degli operatori dei mezzi di comunicazione sociali

Questa disposizione corrisponde materialmente alla vigente disciplina di cui all'articolo 28a nCP293.

Art. 170

Per altri obblighi di segreto

L'articolo 168 limita il diritto di non deporre per segreto d'ufficio alle persone menzionate nell'articolo 321 CP. Recentemente sono stati tuttavia creati ulteriori segreti professionali per lo più protetti penalmente e disciplinati nel CP stesso (art. 321bis e 321ter) o in altre leggi (segnatamente nell'art. 35 della legge sulla protezione dei dati). L'articolo 170 ne tiene conto in modo differenziato: Alle persone menzionate nel novero esaustivo del capoverso 1 viene riconosciuta una posizione di forza, nel senso che possono di massima rifiutare di deporre. Sono obbligati a farlo soltanto se l'interesse dell'accertamento della verità prevale su quello del mantenimento del segreto, il che va deciso da chi dirige il procedimento.

In questo modo, e contrariamente alla disciplina attuale, anche per chi è attivo nell'assistenza delle vittime o delle puerpere il diritto di non deporre viene fatto dipendere da una ponderazione di interessi. Si tiene in tal modo conto del fatto che ogni estensione dei diritti di non deporre ostacola l'accertamento della verità294.

Inoltre, una siffatta soluzione pare appropriata anche se riferita al diritto di non deporre di altre persone: a seconda delle circostanze, anche i congiunti dell'imputato (cfr. art. 165 cpv. 5) o altri professionisti possono essere tenuti a deporre contro la loro volontà o contro quella del titolare del segreto (cfr. art. 167 cpv. 2 e 3).

Il capoverso 2 estende i diritti di non deporre per ragioni professionali alle persone che in quanto detentrici di segreti sono tutelate in virtù del diritto federale o cantonale, segnatamente in virtù dell'articolo 35 LPD o dell'articolo 321ter CP. Mentre le persone menzionate nel capoverso 1 hanno di massima il diritto di non deporre, i professionisti di cui al capoverso 2 devono di regola deporre. Vi sono esonerati soltanto se così esplicitamente disposto. Se necessario, l'autorità a cui spetta decidere sull'ammissibilità del diritto di non deporre secondo l'articolo 171 può esigere che il professionista interessato esponga in che misura l'interesse al mantenimento del segreto prevalga su quello dell'accertamento della verità. Il riconoscimento del diritto di non deporre dipende pertanto, come nel capoverso 1, da una ponderazione di interessi. Tale soluzione non si prefigge tuttavia di derogare alla
dottrina e alla giurisprudenza, che hanno quasi sempre unanimemente avversato di riconoscere il diritto di non deporre fondato su obblighi del segreto di natura prevalentemente economica295: anche in futuro, né il segreto bancario di cui all'articolo 47 della legge sulle banche296, né il segreto di revisione (art. 730 CO297, art. 321 CP298, art. 54 della legge sui fondi d'investimento299), né il segreto di fabbrica o commer-

293 294 295

296 297 298 299

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7359.

Scetticismo in merito all'estensione del diritto di non deporre mostrava anche la Commissione peritale in Aus 29 mach 1, pag. 101.

DTF 123 IV 166; 119 IV 175; Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 645; Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 62 n. 28; Gérard Piquerez, Procédure pénale suisse, Zurigo 2000, n. 2163 segg.

RS 952.0 RS 220 RS 311.0 RS 951.31

1109

ciale di cui all'articolo 162 CP o il segreto professionale di cui all'articolo 43 della legge sulle borse300 potranno di massima giustificare un diritto di non deporre.

Infine, chi è vincolato soltanto contrattualmente da un segreto, non può avvalersi del diritto di non deporre.

Art. 171

Decisione sull'opponibilità del diritto di non deporre

Capoverso 1: nel corso della procedura preliminare è possibile procedere ad interrogatori di testimoni soltanto dopo che il pubblico ministero ha aperto l'istruzione, ma non nell'ambito delle indagini di polizia. Di massima, i testimoni sono interrogati dal pubblico ministero. In questi casi, è il pubblico ministero che decide dell'opponibilità del diritto di non deporre. È però anche possibile che gli interrogatori siano delegati alla polizia, qualora i Cantoni o la Confederazione abbiano designato agenti di polizia abilitati a interrogare testimoni (art. 140 cpv. 2). In questi casi la decisione sull'opponibilità del diritto di non deporre spetta alla polizia. Vista la possibilità di un relativo giudizio dell'autorità di reclamo (cpv. 2) e considerato l'effetto del reclamo secondo il capoverso 3, questa soluzione appare senz'altro ragionevole.

Nella procedura dibattimentale gli interrogatori sono effettuati da chi dirige il procedimento (art. 342 cpv. 1), mentre gli altri membri dell'autorità giudicante hanno il diritto di porre domande completive (art. 342 cpv. 2). Per i suoi effetti, la decisione sull'opponibilità del diritto di non deporre è assimilabile a quella sulle istanze probatorie. Sembra pertanto opportuno, come in quel caso (cfr. art. 344 cpv. 2 e 3), conferire la competenza di decidere non esclusivamente a chi dirige il procedimento, ma all'autorità giudicante.

Occorre tuttavia considerare che né il pubblico ministero e la polizia né l'autorità giudicante dispongono della competenza per decidere nei casi di cui agli articoli 167 capoverso 2 e 168 capoverso 2: i testimoni sottostanti al segreto d'ufficio o professionale che vi sono stati liberati dall'autorità superiore, dal titolare del segreto o dall'autorità di vigilanza sono tenuti a deporre per legge.

La possibilità contemplata nel capoverso 2 di sottoporre ad esame la decisione sull'opponibilità del diritto di non deporre potrebbe risultare in alcuni casi dall'articolo 13 CEDU: se il diniego del diritto di non deporre lede diritti garantiti dalla CEDU (si può pensare segnatamente al diritto al rispetto della vita familiare e privata secondo l'art. 8 CEDU), l'articolo 13 CEDU esige che vi sia la possibilità di esperire un ricorso effettivo.

Soltanto il testimone può domandare che la decisione sia vagliata; il pubblico ministero
o le altre parti non dispongono di tale prerogativa. Sono pertanto impugnabili soltanto le decisioni che negano un diritto di non deporre che si è fatto valere, poiché soltanto in questo caso il testimone subisce un aggravio. Benché la pronuncia spetti all'autorità di reclamo, l'istanza in questione non è un reclamo nel senso proprio del termine, giacché questo non è ammesso contro le decisioni ordinative del tribunale di primo grado (cfr. art. 401 cpv. 1 lett. b). Ciononostante, la procedura sarà retta essenzialmente dalle norme sulla procedura di reclamo, tenendo comunque conto del fatto che la decisione deve essere pronunciata rapidamente poiché altrimenti l'impugnazione della negazione del diritto di non deporre può in alcuni casi bloccare tutto il procedimento.

300

RS 954.1

1110

Il capoverso 3 garantisce che il diritto di non deporre non sia svuotato della sua sostanza qualora il testimone e chi dirige il procedimento non siano d'accordo circa la sussistenza o meno del diritto di non deporre. Il fatto che l'interrogando dispone del diritto di non deporre fino alla decisione dela guirisdizione di reclamo può comportare l'interruzione dell'interrogatorio di un testimone.

Art. 172

Esercizio del diritto di non deporre

Anche se il capoverso 1 non lo esplicita, il testimone può in ogni momento rinunciare al diritto di non deporre fatto precedentemente valere.

Capoverso 2: le dichiarazioni che un testimone rilascia dopo essere stato informato del diritto di non deporre possono essere utilizzate anche se in seguito l'interessato fa valere il diritto di non deporre. Quello di non deporre è pertanto un diritto che ha effetto soltanto per il futuro, ma non rende inutilizzabili le dichiarazioni già fatte. Se invece l'informazione su tale diritto è stata omessa, l'utilizzabilità delle dichiarazioni è stabilita secondo l'articolo 174 capoverso 1: l'interrogatorio è invalidato e le dichiarazioni possono essere utilizzate soltanto secondo i criteri di cui all'articolo 139 capoverso 2, ossia soltanto se indispensabili per far luce su reati gravi.

Art. 173

Rifiuto illegittimo di deporre

Si rinuncia a prevedere la carcerazione coattiva («Beugehaft») quale sanzione in caso di rifiuto illegittimo di deporre. In tal modo si tiene conto delle riserve del Tribunale federale riguardo a questa sanzione e in particolare del fatto che secondo la sua giurisprudenza una carcerazione coattiva di una certa durata può essere disposta soltanto in un procedimento pubblico ai sensi dell'articolo 6 paragrafo 1 CEDU301. Nella procedura preliminare questa esigenza può essere difficilmente soddisfatta302. Gli strumenti a disposizione per punire il rifiuto illegittimo di deporre si limitano pertanto all'inflizione di multe disciplinari e, in caso di recidiva, ad una punizione per disobbedienza a decisioni dell'autorità secondo l'articolo 292 CP.

Capoverso 1: l'ingiunzione a deporre è una disposizione ordinatoria ai sensi dell'articolo 62 capoverso 1. L'importo della multa disciplinare ammonta quindi a 1000 franchi al massimo. Il ripetuto rifiuto di deporre è disciplinato nel capoverso 2.

I «costi» (cpv. 1) comprendono ad esempio anche quelli per i traduttori e interpreti convocati per l'interrogatorio; per indennità s'intendono in primo luogo gli oneri delle parti, segnatamente i costi assunti per i patrocinatori o i difensori inutilmente comparsi all'interrogatorio.

2.4.3.3

Sezione 3: Interrogatorio dei testimoni (art. 174)

Art. 174 La disposizione disciplina in particolare l'obbligo spettante all'autorità che procede all'interrogatorio di informare i testimoni e le conseguenze di una eventuale omissione dell'informazione.

301 302

DTF 117 Ia 491 Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 650.

1111

Secondo il capoverso 1 l'autorità interrogante, ossia il pubblico ministero, il giudice o ­ per quanto siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 140 capoverso 2 ­ la polizia, è tenuta ad informare il testimone circa l'obbligo di dire la verità e sulle conseguenze penali di una falsa testimonianza. Se l'avviso su uno di questi punti è omesso, le dichiarazioni non sono valide. A tenore dell'articolo 139 capoverso 2, potranno essere utilizzate soltanto se indispensabili per far luce su reati gravi. Nel caso in cui siano utilizzate, nella valutazione delle prove si terrà conto del fatto che il testimone ha deposto senza essere stato avvisato dell'obbligo di dire la verità e delle conseguenze di una falsa testimonianza.

Il capoverso 2 stabilisce su cosa i testimoni vanno interrogati all'inizio del loro primo interrogatorio. Evidentemente, l'interrogatorio può svolgersi soltanto se l'interrogato non fa valere diritti di non deporre. Le domande sulle sue relazioni con le parti vanno poste all'inizio del primo interrogatorio appunto perché ne possono risultare motivi a sostegno del diritto di non deporre.

Capoverso 3: le informazioni che vanno fornite all'inizio di ogni interrogatorio comprendono sempre anche la menzione del diritto di non deporre per propria protezione secondo l'articolo 166. L'informazione sugli altri diritti di non deporre va invece fornita solo se l'autorità che procede all'interrogatorio deve ritenere, in base agli atti o nel corso dell'interrogatorio (segnatamente dopo le domande circa i rapporti tra le parti), che l'interrogato potrebbe far valere tali diritti.

Se l'informazione circa il diritto di non deporre è omessa e in seguito l'interrogato lo invoca le conseguenze sono più rigorose dell'omissione di informare l'interrogato sull'obbligo di dire la verità: le dichiarazioni non possono essere utilizzate e vanno trattate conformemente all'articolo 139 capoverso 5. Qualora l'omissione dell'informazione sul diritto di non deporre comportasse soltanto l'invalidità delle dichiarazioni, ne conseguirebbe che in virtù dell'articolo 139 capoverso 2 tali dichiarazioni potrebbero essere utilizzate per far luce su reati gravi, ovvero proprio nel caso in cui il testimone avrebbe un interesse particolare a rifiutare di deporre303.

2.4.4

Capitolo 4: Persone informate sui fatti (art. 175­178)

La veste nella quale una persona è interrogata nell'ambito di un procedimento penale dipende in primo luogo dagli indizi a suo carico: se l'interessato è indiziato, sarà trattato e interrogato quale imputato; se è al di sopra di ogni sospetto, sarà interrogato in qualità di testimone. In alcuni casi questa limitazione a due sole qualità processuali pare troppo restrittiva, soprattutto per i diritti e gli obblighi che vi sono connessi. Può ad esempio darsi il caso che contro una persona da interrogare non vi siano sufficienti indizi per farla comparire in veste di imputato, pur non potendo tuttavia assolutamente escludere una sua partecipazione al reato. Se l'interessato fosse interrogato in veste di testimone, l'obbligo di dire la verità potrebbe porlo in conflitto tra il fatto di deporre a suo carico e la violazione dell'obbligo di deporre e di dire la verità. Inoltre, non sarebbe opportuno interrogare come testimone, sottoposto in quanto tale all'obbligo di dire la verità, una persona incapace di discernimento,

303

Ad esempio, l'interesse della moglie dell'imputato a non fornire elementi a carico del marito sarà normalmente maggiore nel caso di omicidio che non nell'imputazione di inquinamento delle acque.

1112

poiché l'incapacità di discernimento escluderebbe una sanzione in caso di falsa testimonianza.

Per queste ragioni pare necessario creare nel procedimento penale una figura che abbia uno statuto intermedio tra l'imputato e il testimone, appunto la persona informata sui fatti. Gli obblighi di quest'ultima dipendono dal fatto se nel singolo caso la sua situazione è più vicina a quella dell'imputato o a quella del testimone.

Art. 175

Definizione

Il novero figurante in questa disposizione è esaustivo.

La lettera a riprende quanto stabilito dall'articolo 163 capoverso 2. Vista la sua posizione di parte, l'accusatore privato ha un interesse immediato all'esito del procedimento; per il possibile conflitto tra la salvaguardia dei propri interessi e la veridicità delle sue dichiarazioni non pare dunque opportuno che sottostia all'obbligo di dire la verità applicabile al testimone.

Lettera b: chi ha soltanto limitate capacità di discernimento non va interrogato in qualità di testimone sottoposto all'obbligo di verità. Per limitare il numero di accertamenti a tal fine, si è fissato un limite di età per rivestire la qualità di testimone. I giovani di età inferiore ai 15 anni, indipendentemente dalla loro maturità mentale, non vanno interrogati quali testimoni ma quali persone informate sui fatti. Questa disposizione corrisponde del resto a quella dell'articolo 160 capoverso 1, secondo cui chi ha meno di 15 anni non ha la capacità di testimoniare.

A tenore dell'articolo 160 capoverso 1 le persone incapaci di discernimento riguardo all'oggetto dell'interrogatorio non hanno la capacità di testimoniare. La lettera c stabilisce che vanno interrogate in qualità di persone informate sui fatti. A questo proposito giova ricordare che vi è la possibilità di disporre una perizia per accertare la capacità di discernimento del testimone (art. 161 cpv. 2).

Lettera d: segnatamente all'inizio di un procedimento, se l'autore del reato non è noto, vi possono essere numerose persone che possono entrare in considerazione quali autori, compartecipi, senza che riguardo all'interrogando sussista un indizio sufficiente di reato, tale da farne un imputato. In queste situazioni nessuno deve essere obbligato ad ascrivere elementi a proprio carico o a fare falsa testimonianza, sicché dette persone vanno interrogate quali persone informate sui fatti.

La lettera e si riferisce alla situazione in cui una persona è chiamata a deporre in un procedimento contro reati contestati ad altri coimputati ma ai quali non ha partecipato; ad esempio, in un procedimento contro una banda di ladri uno dei suoi membri è interrogato su un furto al quale non ha partecipato.

La lettera f concerne i compartecipi o i partecipanti al reato da elucidare che sono tuttavia imputati in un altro
procedimento. Queste persone non possono essere interrogate in qualità di imputati perché non hanno tale statuto nel procedimento nel quale sono interrogate. Un interrogatorio quali testimoni non entra in considerazione, poiché il loro obbligo di deporre e di dire la verità potrebbe entrare in conflitto con l'interesse che tentano di salvaguaredare nel proprio procedimento. Lo stesso rischio esiste quando nei due procedimenti si perseguono non gli stessi reati ma reati connessi. È ad esempio il caso per la ricettazione o il riciclaggio di denaro, ma anche quando la persona da interrogare o interrogata in qualità di testimone viene accusata di aver formulato una denuncia mendace o di falsa testimonianza ai danni dell'imputato (lett. g).

1113

Lettera h: nel procedimento penale contro l'impresa il diritto vigente conferisce al rappresentante dell'impresa, nell'articolo 102a capoverso 2 primo periodo nCP304, gli stessi obblighi e diritti spettanti nella procedura normale all'imputato. Questa normativa muove dal fatto che l'impresa assume il ruolo dell'imputato e che i diritti e gli obblighi del rappresentante devono corrispondere a questo status. Occorre soprattutto evitare che il rappresentante sia obbligato a sostenere attivamente le autorità di perseguimento penale, vuoi con dichiarazioni vuoi ad esempio producendo atti a suo carico (cfr. n. 2.3.2 ad art. 110). L'articolo 102a capoverso 2 nCP non si pronuncia tuttavia sulla questione della veste in cui il rappresentante dell'impresa è interrogato dalle autorità penali. Da un lato non può essere interrogato in qualità di imputato perché, come già rilevato, imputato è l'impresa e non lui stesso. Se ci si attiene alla concezione del diritto vigente secondo cui il rappresentante non deve sostenere attivamente il procedimento contro l'impresa e non deve deporre a suo carico, non entra in considerazione nemmeno un interrogatorio in veste di testimone.

È invece giustificato conferire al rappresentante dell'impresa il ruolo di persona informata sui fatti, tanto più che nel procedimento penale, come altre categorie di persone informate sui fatti, egli assume una posizione ibrida305. Se si considera il rappresentante una persona informata sui fatti, l'obiettivo dell'articolo 102a capoverso 2 nCP di tutelarlo dall'obbligo di partecipare attivamente al procedimento penale e soprattutto dall'obbligo di deporre (art. 177 cpv. 2) è pienamente raggiunto.

Nell'elaborazione del vigente diritto penale delle imprese fu discussa la questione se oltre al rappresentante si dovesse riconoscere un diritto di non deporre e di non partecipare anche ad altri membri dell'impresa. In definitiva il Parlamento si limitò a riconoscere tale diritto, oltre al rappresentante effettivamente designato, soltanto alle persone che potrebbero essere designate rappresentanti, ossia alle persone autorizzate a rappresentare autonomamente l'impresa. Proposte di maggiore estensione dei beneficiari di tale diritto furono respinte306. Riesaminando la problematica, il nostro Collegio ritiene che rispetto al diritto vigente la cerchia
delle persone autorizzate a rifiutare di deporre debba essere ampliata. Sarebbe certo eccessivo riconoscere a tutti i membri di un'impresa il diritto di non rispondere, come previsto nell'avamprogetto del 2001307, perché in tal modo le possibilità degli organi di perseguimento penale di chiarire le responsabilità dell'impresa sarebbero oltremodo limitate. Pare però corretto, in sintonia con chi detiene segreti professionali di cui all'articolo 321 numero 1 CP, riconoscere il diritto di non rispondere ai collaboratori diretti del rappresentante designato o potenziale. Ci si riferisce qui agli ausiliari ai sensi dell'articolo 321 numero 1 CP, anche se tale termine un po' antiquato va sostituito con quello più corrente di collaboratore. Senza l'estensione a queste persone, il diritto di non rispondere spettante ai rappresentanti non avrebbe effetto, giacché al loro posto si potrebbero interrogare i loro collaboratori, sovente ugualmente informati sugli eventi in questione. Nel contesto particolare del diritto penale delle imprese detti collaboratori sono per lo più segretarie e assistenti di direzione, ma anche 304 305

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7389 seg.

La dottrina assegna al rappresentante dell'impresa la qualità di persona informata sui fatti già in base al diritto vigente; cfr. Niklaus Schmid, Strafbarkeit des Unternehmens: die prozessuale Seite, recht 21 (2003), pagg. 217 seg.

306 Cfr. le discussioni in proposito nel Consiglio nazionale in Boll. Uff. 2001 N 600 seg.

307 AP-CPP, art. 186 cpv. 1 lett. f. Recentemente postulato anche da Alain Macaluso, Quelques aspects procéduraux de la responsabilité pénale de l'entreprise, ZStrR 123 (2005), pag. 87 in cui si sottolinea il margine estremamente esiguo esistente tra l'impresa e l'impiegato.

1114

estensori di verbali del consiglio d'amministrazione. Come risulta da questi esempi, la qualità di collaboratore ai sensi di questa disposizione presuppone di regola una cooperazione diretta e personale con i dirigenti che potrebbero entrare in considerazione come rappresentanti secondo l'articolo 110 capoverso 1. Se non dispongono di questa stretta e lunga collaborazione, i membri dell'impresa sono tenuti a rispondere.

È il caso ad esempio per i membri dei servizi che prestano consulenza alla direzione, come i servizi giuridici o di controllo della conformità (cosiddetti servizi di compliance).

Art. 177

Posizione giuridica

A tenore dei codici processuali penali cantonali le persone informate sui fatti non sono tenute a deporre. Il capoverso 1 riprende il principio di tale normativa ma crea un'eccezione per l'accusatore privato, nel senso che questi è tenuto a deporre quando è interrogato dal pubblico ministero, dal guidice o dalla polizia nell'ambito di un interrogatorio su delega secondo l'articolo 312 capoverso 2. Il tal modo la posizione dell'accusatore privato nel procedimento penale viene equiparata a quella della parte nella procedura civile; la parte è di regola obbligata a deporre, con la conseguenza che un rifiuto ingiustificato di rispondere può essere considerato a suo sfavore nella valutazione delle prove. L'obbligo di deporre tiene conto anche del fatto che l'accusatore privato riveste regolarmente la qualità di testimone, pur non potendo essere interrogato in quanto tale poiché parte al procedimento.

La stretta connessione dell'accusatore privato con la figura del testimone giustifica anche l'applicazione per analogia delle relative disposizioni. L'accusatore privato può segnatamente rifiutare di deporre se dispone del diritto di non testimoniare.

Contrariamente al testimone, tuttavia, in caso di rifiuto di deporre l'accusatore privato non deve temere le sanzioni di cui all'articolo 173 e non sottostà neppure all'obbligo di dire la verità.

2.4.5 Art. 179

Capitolo 5: Periti (art. 179­188) Presupposti per far capo a un perito

Il ricorso a periti è prerogativa riservata al pubblico ministero e al giudice. Di massima, la polizia non dispone di questa facoltà, anche se a titolo eccezionale può ordinare l'allestimento di un profilo del DNA a partire da tracce (art. 254 cpv. 2 lett. b).

Se difettano delle conoscenze o delle capacità per chiarire i fatti, il pubblico ministero e il giudice sono tenuti a far capo a un perito.

Art. 180

Requisiti del perito

Secondo il capoverso 1 può essere nominata perito qualsiasi persona fisica che disponga delle conoscenze necessarie. È invece esclusa la nomina di persone giuridiche. Se si designa come perito un impiegato di una persona giuridica, gli obblighi del perito concernono l'interessato e non il suo datore di lavoro (cfr. art. 182 cpv. 1).

Non sono necessari attestazioni, autorizzazioni giudiziarie o particolari diplomi.

1115

Il capoverso 2 riprende la normativa invalsa in diversi Cantoni secondo cui per determinati campi si dispone permanentemente di periti, ad esempio i medici distrettuali per le perizie mediche in caso di decessi straordinari.

Art. 181

Nomina e mandato

Il fatto che a tenore del capoverso 2 il mandato debba essere scritto va inteso come prescrizione disciplinare e non come condizione di validità, dalla quale si può eccezionalmente derogare. Qualora sia impartito oralmente, il mandato va messo a verbale negli atti secondo l'articolo 75.

Se il mandato peritale viene revocato secondo il capoverso 5, il perito ha diritto a un'indennità per l'attività svolta sino alla revoca. Non vi è tuttavia diritto all'indennità se la revoca è dovuta ad inadempienza secondo l'articolo 188.

Il capoverso 7 è importante soprattutto quando l'accusatore privato sollecita una perizia che rientra innanzi tutto negli interessi delle pretese civili.

Art. 182

Elaborazione della perizia

La responsabilità personale del perito di cui al capoverso 1 vale anche se il perito, con il consenso di chi dirige il procedimento, fa capo ad altre persone (art. 181 cpv. 2 lett. b) oppure se elabora la perizia in qualità di impiegato di una persona giuridica.

Di massima il perito non ha la facoltà di effettuare atti istruttori; per elaborare la sua perizia deve fondarsi sui documenti e sugli oggetti che gli sono stati messi a disposizione (cfr. art. 181 cpv. 4). Questo principio può tuttavia essere relativizzato, innanzi tutto considerando che il perito ha il diritto di chiedere a chi dirige il procedimento «complementi agli atti» (cpv. 3). Non si tratta soltanto della possibilità di completare gli atti procedurali con documenti già disponibili ma non ancora versati agli atti, ma anche della facoltà del perito di domandare lo svolgimento di ulteriori provvedimenti probatori. D'altra parte, previo consenso di chi dirige il procedimento, il perito può anche porre direttamente domande alla persona da interrogare (cpv. 2).

Il capoverso 4 consente addirittura al perito di effettuare da sé accertamenti. Tale norma risulta da esigenze pratiche soprattutto quando è necessario elaborare perizie psichiatriche. Nel caso contrario, chi dirige il procedimento sarebbe presto oltremodo oberato se dovesse provvedere da sé all'interrogatorio di persone da periziare.

Anche il tempo necessario per questi interrogatori mancherebbe per consentire a chi dirige il procedimento di procedere a tali interrogatori, i quali viste le conoscenze specifiche che necessitano sarebbero comunque svolti dal perito stesso, a tenore del capoverso 2. Il perito deve pertanto avere la facoltà di svolgere da sé accertamenti, pur entro certi limiti: i periti possono effettuare soltanto gli accertamenti specialistici necessari all'adempimento del mandato peritale («strettamente connessi con il mandato»). Gli è dunque proibito elucidare globalmente i fatti. Inoltre, per effettuare personalmente altri accertamenti il perito necessita dell'autorizzazione di chi dirige il procedimento. Tale autorizzazione può essere rilasciata unitamente al mandato, segnatamente quando ­ come per le perizie psichiatriche ­ è prevedibile che il perito dovrà effettuare accertamenti specialistici; può essere tuttavia rilasciata anche nel corso dell'elaborazione
della perizia, se il perito lo domanda.

La facoltà del perito di effettuare accertamenti comporta anche il diritto di convocare le persone necessarie a tal fine. Se gli interessati non danno seguito alla convoca1116

zione, il perito può proporre a chi dirige il procedimento di citarle a comparire e, se del caso, a sottoporle ad accompagnamento coattivo.

Art. 183

Ricovero per perizia

Il ricovero ai fini di perizia può essere disposto soltanto nei riguardi di un imputato, mentre per chi non è imputato è possibile soltanto una perizia ambulatoriale secondo l'articolo 161 capoverso 2.

Se l'imputato si trova in libertà, il ricovero avviene conformemente alle disposizioni applicabili alla carcerazione preventiva e di sicurezza (cpv. 5). Ne risulta che l'imputato deve essere indiziato di crimine o delitto. Invece di un motivo di carcerazione particolare, occorre che il ricovero sia necessario per l'elaborazione della perizia medica (cpv. 1). Se l'imputato si trova già in stato di carcerazione preventiva o di sicurezza, chi dirige il procedimento può disporre il ricovero per perizia. Nella procedura preliminare la competenza spetta dunque al pubblico ministero, senza che sia necessaria una decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi. Se l'imputato si trova invece in libertà, nella procedura preliminare la decisione spetta al giudice dei provvedimenti coercitivi su proposta del pubblico ministero (cpv. 2). Nella procedura dibattimentale e in quella di ricorso non è necessaria una decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi, poiché è competente sempre il giudice investito della causa. Questa differenza nella competenza per disporre la carcerazione di sicurezza, che nella procedura di primo grado spetta al giudice dei provvedimenti coercitivi (cfr. art. 228), è giustificata dal fatto che il ricovero in ospedale è un intervento meno incisivo che la disposizione della carcerazione di sicurezza.

Art. 184

Forma della perizia

Capoverso 2: le prescrizioni da osservare nel caso in cui una perizia sia effettuata, spiegata o completata oralmente, in analogia a quelle applicabili all'interrogatorio di un testimone, comprendono segnatamente la diffida a dire la verità con l'indicazione delle conseguenze penali di una falsa perizia (art. 307 CP), le domande sulle relazioni con le parti (art. 174 cpv. 2) e l'informazione sul diritto di non deporre per propria protezione ai sensi dell'articolo 166.

2.4.6 Art. 189

Capitolo 6: Mezzi di prova materiali (art. 189­192) Reperti probatori

Per reperti probatori ai sensi del capoverso 1 s'intendono tutte le cose che, in quanto riconoscibili dai sensi, consentono di raccogliere informazioni rilevanti per la sentenza e che sono direttamente a disposizione delle autorità penali. Quanto ai «documenti» di cui al capoverso 2, il concetto qui non corrisponde alla nozione propria al diritto materiale definita nell'articolo 110 capoverso 4 CP, bensì al concetto proprio del diritto processuale che comprende qualsiasi scritto con un determinato contenuto

1117

informativo308. Per «altre registrazioni» s'intendono ad esempio registrazioni video o sonore come pure radiografie o registrazioni di dati.

Art. 190

Ispezione oculare

Per la loro natura, determinati oggetti non possono essere versati agli atti, come neppure i luoghi o gli eventi. Se tuttavia occorre prenderne visione o diretta percezione ai fini dell'accertamento dei fatti, occorre effettuare un'ispezione oculare. A dispetto della sua denominazione, quest'ultima non si limita soltanto alla percezione visiva. Le ispezioni oculari sono di regola disposte dal pubblico ministero e dal giudice. Nell'ambito delle sue attività investigative autonome anche la polizia può procedere a ispezioni oculari ma deve limitarsi ai casi semplici. Spetterà al pubblico ministero stabilire quali casi possano essere considerati «semplici». A tenore dell'articolo 312, il pubblico ministero può inoltre incaricare la polizia di effettuare ispezioni oculari.

Per quanto concerne il diritto di partecipare spettante alle parti è applicabile l'articolo 144.

Capoverso 5: un'ispezione oculare può essere associata all'interrogatorio di testimoni oppure all'audizione di periti (lett. a). Se l'ispezione è associata ad una ricostruzione dei fatti o a un confronto (cfr. art. 143), tutte le persone interessate sono obbligate a parteciparvi, fermo restando il loro eventuale diritto di non deporre, non collaborare e non testimoniare (lett. b).

Art. 191

Acquisizione di altri atti

Considerato che determinati atti relativi ad altri procedimenti possono rivestire notevole importanza per l'elucidazione di reati, il capoverso 1 prevede che alcune autorità sono tenute ad acquisire siffatti atti. In questo contesto, il concetto di «altri procedimenti» va inteso in senso lato: non si tratta soltanto di atti concernenti procedimenti giudiziari, ma anche di atti di autorità amministrative (ad esempio autorità dell'assistenza sociale). L'acquisizione di tali atti procedurali è riservata al pubblico ministero e al giudice. Alla polizia è invece proibito esigere ad esempio gli atti giudiziari di una procedura di divorzio.

Il capoverso 2 funge da pendant del capoverso 1 in quanto obbliga le autorità richieste a fornire gli atti. La possibilità di negare la fornitura degli atti per salvaguardare interessi pubblici o privati preponderanti al mantenimento del segreto è da intendere quale ultima ratio. In ogni caso va esaminato se questi interessi non possano essere tutelati con misure meno drastiche, ad esempio espungendo alcuni atti da quelli forniti oppure cancellando determinati passaggi o nomi dai documenti.

Art. 192

Richiesta di rapporti e informazioni

Contrariamente agli atti di cui all'articolo 191, che al momento della richiesta già esistono, i rapporti e le informazioni secondo la presente disposizione devono essere ancora elaborati. A tenore del capoverso 1, tutte le autorità penali, ossia anche la polizia, possono esigere rapporti ufficiali e certificati medici. Va tuttavia rilevato che 308

Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 681; Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 66 n. 1; Gérard Piquerez, Procédure pénale suisse, Zurigo 2000, n. 2262.

1118

il fatto che un'autorità penale richieda un rapporto o un certificato medico non svincola dall'obbligo del segreto.

Se i rapporti e le informazioni concernono la situazione personale dell'imputato, il diritto di richiederle spetta esclusivamente al pubblico ministero e al giudice (cpv. 2).

2.5

Titolo quinto: Provvedimenti coercitivi

Il procedimento penale è incentrato sulla ricerca della verità materiale (art. 6) con l'ausilio dei mezzi di prova di cui al titolo quarto. Vi è tuttavia il rischio che l'assunzione delle prove sia compromessa o addirittura vanificata dal comportamento dell'imputato o di terzi. Le autorità penali necessitano pertanto di strumenti per assicurare lo svolgimento dell'assunzione delle prove anche contro la volontà dell'interessato. Del resto, occorre pure garantire che la decisione finale possa essere eseguita. I provvedimenti coercitivi sono concepiti a tal fine.

2.5.1 Art. 193

Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 193­198) Definizione

Un provvedimento coercitivo in ambito processuale penale è definito come un provvedimento che lede diritti fondamentali dell'interessato e persegue uno degli scopi di cui alle lettere a­c. I provvedimenti coercitivi non presuppongono dunque necessariamente l'opportunità di contrastare una resistenza al provvedimento; decisiva è la qualità del provvedimento in quanto ingerenza in un diritto tutelato dalla Costituzione, come traspare ad esempio nelle misure di sorveglianza segrete (ad es.

sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni secondo gli art. 268 segg. o inchiesta mascherata secondo gli art. 285 segg.). Non costituiscono invece provvedimenti coercitivi processuali penali atti intesi esclusivamente a proteggere da un pericolo o ad evitare un reato, poiché in questo caso non si persegue uno degli scopi di cui alle lettere a­c. I provvedimenti coercitivi devono mirare almeno a uno di questi scopi; è però possibile che un provvedimento persegua contemporaneamente più scopi. Ad esempio, la carcerazione preventiva può servire sia ad assicurare le prove sia a garantire la presenza dell'imputato nel procedimento.

I provvedimenti coercitivi possono ledere diversi diritti e libertà fondamentali: in caso di privazione della libertà o di prelievo di campioni di sangue, la libertà personale (art. 10 cpv. 2 Cost.; art. 5 par. 1 CEDU; art. 9 Patto ONU II); in caso di sequestro, la garanzia della proprietà (art. 26 Cost.); in caso di perquisizioni domiciliari o di sorveglianza della corrispondenza o del traffico delle comunicazioni, il diritto alla protezione della sfera privata (art. 13 Cost.; art. 8 CEDU; art. 17 Patto ONU II).

Art. 194

Principi

Considerato che ingeriscono in diritti fondamentali, i provvedimenti coercitivi sono ammessi soltanto a determinate condizioni. A tenore dell'articolo 36 Cost., le restrizioni dei diritti fondamentali devono avere una base legale, essere giustificate da un 1119

interesse pubblico, essere proporzionate allo scopo e non toccare l'essenza dei diritti fondamentali.

L'articolo 194 richiama tali limiti costituzionali e ribadisce in particolare il principio della proporzionalità, ossia, nel caso in esame, la gravità del reato e il livello degli indizi di reato. Il capoverso 1 lettera b stabilisce chiaramente che per ogni provvedimento coercitivo devono esserci sufficienti indizi di reato e che questa condizione viene valutata in funzione dell'incisività del provvedimento in questione. Per i due provvedimenti particolarmente gravi della carcerazione preventiva e della sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle comunicazioni sono necessari sempre gravi indizi di reato (cfr. art. 220 o art. 268). Il capoverso 2 va considerato alla luce del fatto che i provvedimenti coercitivi sono diretti in primo luogo contro l'indiziato, perché proprio quest'ultimo perturba l'ordinamento giuridico con l'indizio di reato. Se i provvedimenti coercitivi concernono persone che non sono imputate, viene a mancare l'indizio di reato come elemento di legittimazione del provvedimento. In questi casi occorre pertanto agire con grande cautela. Evidentemente tale limitazione vale soltanto se risulta chiaramente che sono lesi diritti di persone che non sono imputate. Quando ad esempio si sequestrano oggetti in possesso dell'imputato si constata sovente soltanto in seguito che si trattava di oggetti di proprietà di terzi.

Art. 195

Competenza

La norma di competenza stabilita nel capoverso 1 va intesa come regola generale, alla quale è possibile derogare in singoli provvedimenti coercitivi, ad esempio nel caso della carcerazione preventiva che deve essere disposta dal giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 225).

Per quanto la legge conferisca alla polizia la facoltà di adottare provvedimenti coercitivi, tale competenza spetta di massima a tutti i membri del corpo di polizia ai sensi dell'articolo 15. Il capoverso 2 tiene conto delle normative vigenti in alcuni Cantoni e consente ai Cantoni e alla Confederazione di limitare la competenza di disporre ed eseguire provvedimenti coercitivi a determinati agenti di polizia, ad esempio quelli che hanno il grado di ufficiale oppure i capiservizio, capisettore o capi di circondario.

Art. 197

Uso della forza

Nel diritto amministrativo è controverso se il fatto di ripristinare la situazione conforme alla legge mediante misure coercitive necessiti di una base legale specifica309.

L'articolo 197 costituisce la base legale per l'esecuzione di provvedimenti coercitivi in ambito processuale penale, anche se va rilevato che la molteplicità delle situazioni rende impossibile disciplinare in dettaglio i singoli provvedimenti coercitivi e il loro impiego. Ci si limita pertanto a sancire il rispetto del principio di proporzionalità.

Art. 198

Reclamo

La possibilità di interporre reclamo contro la disposizione e l'esecuzione di provvedimenti coercitivi risulta già dalle disposizioni sull'ammissibilità del reclamo e sui 309

Ulrich Häfelin/Georg Müller, Allgemeines Verwaltungsrecht, 4a ed., Zurigo 2002, n. 1144 con ulteriori rinvii.

1120

motivi di reclamo di cui all'articolo 401. Questa possibilità viene qui tuttavia esplicitamente menzionata visti il carattere incisivo dei provvedimenti coercitivi e quindi l'importanza dei relativi rimedi giuridici.

2.5.2

Capitolo 2: Citazione, accompagnamento coattivo e ricerca di persone

2.5.2.1

Sezione 1: Citazione (art. 199­204)

Con la citazione, l'autorità penale invita una persona a comparire personalmente allo svolgimento di un atto procedurale. Considerate le conseguenze relativamente incisive di una mancata comparizione (oltre alla multa disciplinare e altri pregiudizi giuridici), il citato subisce una certa coercizione per dar seguito alla citazione. Le prescrizioni relative alla citazione sono dunque state scientemente collocate nel titolo concernente i provvedimenti coercitivi.

Vanno citate soltanto le persone la cui presenza è necessaria per l'atto procedurale e che pertanto sono obbligate a parteciparvi. Se in virtù dei suoi diritti procedurali una persona ha soltanto il diritto di partecipare ad atti procedurali (ad esempio il difensore agli interrogatori di testimoni), occorrerà informarla dell'atto procedurale non mediante citazione ma in altro modo, ad esempio inviandole copia della citazione con l'avviso del suo diritto di partecipare, oppure mediante comunicazione telefonica. In ogni caso, dagli atti deve risultare che la comunicazione è avvenuta (cfr.

art. 74 seg.).

Art. 199

Forma e contenuto

Questa disposizione disciplina i requisiti relativi al contenuto di una citazione; la normativa è assai dettagliata, in quanto intende uniformare l'attuale realtà giuridica piuttosto variegata.

Le prescrizioni concernenti il contenuto di una citazione valgono per il pubblico ministero, per l'autorità penale delle contravvenzioni e per il giudice. Qualora la polizia compia indagini su mandato del pubblico ministero (art. 312) e citi persone a tal fine, le disposizioni sulla forma e il contenuto sono pure applicabili. Le citazioni che la polizia emana nell'ambito della procedura investigativa sono invece disciplinate dall'articolo 204.

L'esigenza della forma scritta non è applicabile alle eccezioni di cui all'articolo 201.

L'obbligo statuito nel capoverso 2 lettera a di designare le persone che compiranno l'atto procedurale intende garantire che eventuali motivi di ricusazione (art. 54) e il diritto della vittima di reati contro l'integrità sessuale di essere interrogata da una persona dello stesso sesso (art. 150 cpv. 1) possano essere fatti valere per tempo. La cerchia delle persone da designare è del resto stabilita in funzione di questi scopi. Se una volta emessa la citazione risulta che (anche) altre persone compiranno l'atto procedurale (ad esempio qualora la composizione di un'autorità giudicante collegiale sia modificata) non è necessario emanare una nuova citazione ma occorre comunicarlo in forma adeguata alle parti ­ eventualmente anche solo all'inizio del dibattimento.

1121

L'obbligo di cui alla lettera b di specificare la qualità in cui il citato è chiamato a partecipare consente al citato di prepararsi all'atto procedurale e di chiarire se dispone del diritto di non deporre. Qualora dopo l'emissione della citazione risulti che il citato debba essere trattato in modo diverso da quanto scritto, non è necessaria una nuova citazione. La qualità del citato può mutare anche nel corso dell'atto procedurale stesso, ad esempio se con le sue dichiarazioni una persona interrogata in veste di testimone si rende a tal punto indiziata da dover essere interrogata in qualità di persona informata sui fatti. Nel caso in cui la qualità processuale del citato non è chiaramente stabilita al momento della citazione, si possono indicare diverse possibilità (ad es. «il signor X. Y. è citato in veste di testimone, eventualmente di persona informata sui fatti»).

Il «motivo della citazione» di cui alla lettera c significa da un lato indicazioni più dettagliate sul procedimento penale al quale il citato è chiamato a partecipare (ad es. «istruzione penale contro X. per truffa professionalmente organizzata») e, d'altro lato, l'atto procedurale al quale viene citato (ad es. «interrogatorio nel dibattimento»).

Lettera f: le conseguenze di una comparizione ritardata o di una mancata comparizione ingiustificata sono disciplinate più in dettaglio nell'articolo 203. Potrebbe essere opportuno riprodurre questa disposizione nella citazione.

Art. 200

Termini

Il capoverso 1 riprende i termini di preparazione o di riflessione noti nella maggior parte dei Cantoni.

Il capoverso 2 completa quanto disposto nell'articolo 86 sulla pubblicazione nel foglio ufficiale specificando il termine da rispettare.

Art. 201

Deroghe

A tenore del capoverso 1 lettera a in casi urgenti è lecito derogare alla regolare forma e ai termini della citazione. Si può pensare ad esempio a un caso di carcerazione nel quale il pubblico ministero deve chiarire senza indugio l'esistenza di un sufficiente indizio di reato e il sussistere di motivi di carcerazione (art. 223 cpv. 1).

In questi casi è dunque lecito invitare per telefono un testimone a comparire immediatamente per essere interrogato.

Art. 202

Salvacondotto

La possibilità di citare persone che si trovano all'estero per interrogarle in Svizzera assume attualmente viepiù importanza. Spesso gli interessati sono disposti a comparire dinanzi a un'autorità penale svizzera soltanto se viene data loro la garanzia che non saranno né arrestati né sottoposti ad altre misure privative della libertà (ad es.

una misura sostitutiva ai sensi degli art. 236 seg.). Conformemente a quanto stabilito nell'articolo 12 della Convenzione europea del 20 aprile 1959310 di assistenza giudiziaria in materia penale è escluso l'arresto per atti o condanne anteriori alla partenza dell'interessato.

310

RS 0.351.1

1122

Il salvacondotto può essere vincolato a condizioni, che non devono tuttavia contraddire i diritti processuali. Sarebbe ad esempio inammissibile subordinare il salvacondotto di chi è citato in veste di testimone alla condizione di non far valere nessun diritto di non testimoniare. Sono invece ammesse condizioni relative al luogo e alla durata del soggiorno in Svizzera.

La competenza di rilasciare il salvacondotto spetta a chi dirige il procedimento; nella procedura preliminare dunque al pubblico ministero.

Art. 203

Obbligo di comparire, impedimento e mancata comparizione

L'obbligo di comparire dando seguito a una citazione sussiste indipendentemente dal fatto che il citato debba collaborare all'atto processuale in questione. A prescindere da eventuali diritti di non deporre, chi è citato in veste di imputato, testimone o persona informata sui fatti deve pertanto comparire.

Quali gravi motivi ai sensi del capoverso 3 entrano in considerazione ad esempio la malattia o l'obbligo di prestare servizio militare.

Capoverso 4: oltre all'inflizione di una multa disciplinare secondo l'articolo 62 e all'accompagnamento coattivo (art. 205 segg.) entrano in considerazione quali sanzioni l'imputazione delle spese procedurali generate dalla mancata comparizione e indennità (art. 424).

L'accompagnamento coattivo non presuppone l'urgenza né una seconda citazione ma è già possibile se il citato non dà seguito alla prima citazione.

Il capoverso 5 rimanda alla procedura di cui agli articoli 373 e 374.

Art. 204

Citazioni da parte della polizia

La polizia può emettere citazioni in due casi: nell'ambito di una procedura investigativa e in relazione con accertamenti svolti su mandato del pubblico ministero giusta l'articolo 312. La possibilità di rinunciare a formalità e termini particolari prevista nel capoverso 1 è ammessa soltanto per le citazioni a scopo di interrogatori, accertamenti dell'identità o rilevamento dei dati segnaletici nella procedura investigativa di polizia. È giustificata in questo caso dal fatto che l'interessato non sottostà all'obbligo di deporre e di dire la verità. Quando invece la polizia effettua interrogatori nell'ambito di un mandato del pubblico ministero, la citazione deve di massima soddisfare le esigenze di cui all'articolo 198. In caso contrario il pubblico ministero potrebbe eludere le esigenze formali semplicemente incaricando la polizia di svolgere una determinata misura. Inoltre, alle condizioni di cui all'articolo 140 capoverso 2, la polizia può interrogare testimoni su mandato del pubblico ministero; i testimoni sono tenuti a dire la verità anche dinanzi alla polizia, il che rende necessario il rispetto delle prescrizioni formali di cui all'articolo 199. Anche la polizia può derogare alle prescrizioni relative alla forma e ai termini nei casi di cui all'articolo 201.

Il capoverso 2 anticipa implicitamente le norme di competenza di cui all'articolo 205 capoverso 2 e disciplina le conseguenze del fatto di non dar seguito a una citazione della polizia, sia nell'ambito di una procedura investigativa di polizia sia nel quadro di provvedimenti fondati su un mandato del pubblico ministero. In quest'ultimo caso, l'esigenza della comminatoria scritta sarà regolarmente adempiuta. In siffatti casi è anche immaginabile che, già al momento di conferirle il mandato,

1123

il pubblico ministero autorizzi la polizia ad accompagnare coattivamente l'interessato qualora non si presenti.

2.5.2.2

Sezione 2: Accompagnamento coattivo (art. 205­207)

L'accompagnamento coattivo implica per l'interessato la privazione della libertà. Di conseguenza, tale provvedimento potrebbe rientrare anche nel capitolo concernente la «privazione della libertà». Visto però lo stretto nesso con la citazione, le disposizioni relative all'accompagnamento coattivo sono state poste in questo capitolo.

Art. 205

Presupposti e competenze

Capoverso 1: il principio di proporzionalità impone una certa cautela nel ricorrere alla possibilità offerta dalla lettera b di procedere direttamente a un accompagnamento coattivo rinunciando alla citazione. Il provvedimento pare opportuno ad esempio quando l'interessato dichiara sin dall'inizio di non voler dar seguito ad una citazione oppure se nel procedimento in corso o in procedimenti anteriori ha regolarmente ignorato le citazioni che gli sono state notificate.

La lettera c concerne i casi in cui l'imputato, ma anche persone informate sui fatti ed eccezionalmente testimoni, debbano essere interrogati immediatamente per evitare rischi di collusione. Anche di questa possibilità occorrerà fare un cauto uso.

La lettera d sarà sovente applicata quale fase preliminare dell'apertura di un procedimento nel caso in cui si disponga la carcerazione preventiva. Concerne soprattutto i casi in cui non si è proceduto all'arresto da parte della polizia, ma gli indizi di reato e i presunti motivi di carcerazione si basano ad esempio su una denuncia penale pervenuta direttamente al pubblico ministero.

Capoverso 2: l'accompagnamento coattivo può essere disposto esclusivamente dal pubblico ministero, dall'autorità penale delle contravvenzioni e da chi dirige il procedimento in giudizio oppure dal giudice dei provvedimenti coercitivi. La polizia non dispone pertanto di tale competenza, neppure nella procedura investigativa. In quest'ultimo contesto può certo comminare tale provvedimento, ma per eseguirlo necessita di un mandato del pubblico ministero.

Art. 206

Forma del mandato di accompagnamento

Capoverso 2: naturalmente nel mandato di accompagnamento coattivo non occorre menzionare le conseguenze di un'assenza ingiustificata (art. 199 cpv. 2 lett. f).

Art. 207

Procedura

Il concetto di «persone coinvolte» di cui al capoverso 1 non si riferisce soltanto alla persona da accompagnare coattivamente, ma anche ai suoi familiari, segnatamente bambini piccoli.

L'obbligo di cui al capoverso 2 di tradurre senza indugio l'interessato dinanzi all'autorità sussiste fatta salva un'eventuale disposizione contraria da parte di questa stessa autorità. In quanto dirige la procedura preliminare, il pubblico ministero può ad esempio disporre che l'interessato sia prima tradotto in polizia per primi accerta-

1124

menti. In mancanza di un ordine specifico, l'interessato è invece tradotto senza indugio dinanzi al pubblico ministero.

L'atto procedurale di cui al capoverso 3 sarà nella maggior parte dei casi un interrogatorio. Sono tuttavia ipotizzabili tutti gli altri atti per i quali può essere emanata una citazione o disposto un accompagnamento coattivo, ad esempio il confronto tra l'imputato e un testimone.

2.5.2.3 Art. 208

Sezione 3: Ricerca di persone (art. 208 e 209) Principi

La disposizione distingue due scopi del mandato di ricerca: individuazione del luogo di dimora (cpv. 1) oppure arresto e accompagnamento coattivo (cpv. 2).

Il capoverso 1 ammette il mandato di ricerca per tutte le persone di ignota dimora e la cui presenza al procedimento è necessaria. Può pertanto essere diramato un mandato di ricerca anche per reperire il luogo di dimora di testimoni, affinché si possa far loro pervenire una citazione.

A tenore del capoverso 2 il mandato di cattura o di accompagnamento coattivo può invece essere diramato soltanto nei confronti di imputati, fermo restando che oltre a gravi indizi di reato devono presumersi anche motivi di carcerazione, ad esempio pericolo di fuga. La competenza di diramare siffatti mandati di cattura o di accompagnamento coattivo è la stessa di quella per diramare mandati di ricerca secondo il capoverso 1. Per garantire la presenza al procedimento di una persona che non è imputata occorre pertanto diramare dapprima un mandato di ricerca secondo il capoverso 1 inteso ad individuare il luogo di dimora, affinché l'interessato possa essere citato oppure, alle condizioni di cui all'articolo 205, sottoposto a un accompagnamento coattivo.

La legge si limita a definire le condizioni cui sono subordinate le ricerche, ma non menziona gli strumenti da usare a tal fine. La sede più appropriata per questi ultimi sono il diritto di polizia e il diritto amministrativo. Il capoverso 3 rispetta tale principio nel senso che considera eccezionali le disposizioni specifiche per un mandato di ricerca da parte del pubblico ministero, delle autorità penali delle contravvenzioni e del giudice. Di regola è la polizia stessa a stabilire i mezzi e i provvedimenti per le ricerche.

2.5.3

Capitolo 3: Privazione della libertà, carcerazione preventiva e di sicurezza

Anche se la presente legge disciplina misure privative della libertà anche altrove, ad esempio l'accompagnamento coattivo (art. 205 segg.), il presente capitolo contempla disposizioni concernenti i provvedimenti coercitivi più significativi. Distingue questi ultimi a seconda della fase del procedimento e a seconda del grado di indizio di reato sussistente contro l'interessato in fermo di polizia, arresto provvisorio, carcerazione preventiva e carcerazione di sicurezza. Le sezioni relative ai singoli provvedimenti

1125

sono poi completate con disposizioni generali nonché prescrizioni sull'esecuzione della carcerazione e sulle misure sostitutive.

2.5.3.1 Art. 210

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 210­213) Principi

Sono qui rievocate due norme già sancite altrove: in primo luogo il principio statuito espressamente nell'articolo 9 numero 3 secondo periodo Patto ONU II, secondo il quale durante un procedimento giudiziario gli imputati devono essere lasciati in stato di libertà; d'altra parte la condizione, già sancita nell'articolo 194 capoverso 1 lettera a, della base legale. Il capoverso 2 lettera c e il capoverso 3 ribadiscono il principio di proporzionalità.

Art. 211

Immobilizzazione

L'immobilizzazione è lecita soltanto nei riguardi di un imputato ed esclusivamente per i motivi menzionati esaustivamente nella presente disposizione. Evidentemente, nel singolo caso vi possono essere più motivi simultaneamente. Ad esempio, il fatto che qualcuno si opponga ad una misura privativa della libertà (lett. a) lascia spesso presumere un pericolo di fuga (lett. b). Nel caso in cui vengano trasportate più persone vi sarà sovente il pericolo di fuga oppure l'esposizione di terzi a pericolo (lett. c).

I limiti e la portata effettiva dell'immobilizzazione sono stabiliti nel singolo caso nel rispetto del principio di proporzionalità (anche qui è applicabile l'art. 210 cpv. 1 lett. c) e tenendo conto del divieto di trattamenti degradanti sancito dall'articolo 7 Cost. e dall'articolo 3 CEDU. Tale divieto assume particolare importanza quando la persona immobilizzata appare in pubblico.

Art. 212

Accesso a spazi non accessibili al pubblico

Il capoverso 1 rimanda a quanto disposto negli articoli 243 e 244. Considerato che le persone da fermare o da arrestare sono sempre «persone ricercate» ai sensi dell'articolo 243 capoverso 2 lettera a, l'accesso agli spazi non accessibili al pubbilco è possibile non soltanto con l'accordo dell'avente diritto, ma anche con un mandato di perquisizione. Nella misura in cui per tradurre con la forza una persona occorre accedere a spazi non accessibili al pubblico, sono applicabili le condizioni di cui agli articoli 206 e 207 capoverso 4.

Il capoverso 2 si spinge anche oltre e consente l'accesso a spazi non accessibili al pubblico per fermare o arrestare una persona anche senza mandato di perquisizione qualora vi sia pericolo nel ritardo.

Art. 213

Avviso

Secondo l'articolo 31 capoverso 2 terzo periodo Cost., chi è privato della libertà ha il diritto di far avvisare i suoi stretti congiunti. Il capoverso 1 va oltre tale diritto costituzionale e obbliga l'autorità penale ad avvisare i congiunti dell'interessato, sempre che, a norma del capoverso 2, l'interessato non vi rinunci espressamente oppure che l'istruzione non ne risulti compromessa. In pratica, tuttavia, non vi 1126

saranno molte differenze rispetto a una normativa che prevede il diritto dell'interessato di avvisare i suoi congiunti: in virtù del diritto di opporsi all'avviso previsto nel capoverso 2, l'interessato va comunque informato su quanto l'autorità intende fare in adempimento del suo obbligo di avvisare.

La pretesa o il diritto all'avviso dei congiunti sussiste in caso di carcerazione preventiva o di sicurezza, ma già anche nel caso di un arresto provvisorio secondo gli articoli 216 e seguenti e va pertanto rispettato pure dalla polizia.

Il capoverso 2 menziona le ragioni per le quali è lecito rinunciare a un avviso; l'opposizione dell'interessato o il rischio di compromettere lo scopo dell'istruzione.

L'opposizione dell'interessato deve essere esplicita ed è anzi raccomandato mettere a verbale la sua volontà. Quanto alla tutela dello scopo dell'istruzione, essa impedisce di procedere all'avviso quando questo potrebbe comportare un rischio di inquinamento; il semplice rischio di fuga non è invece sufficiente, poiché vi si può ovviare in altro modo. Benché la legge non preveda una durata massima per il differimento dell'avviso per tutela del rischio dell'istruzione, le autorità penali sono tenute ad eliminare quanto prima i motivi del differimento.

L'obbligo di avvisare i servizi sociali secondo il capoverso 3, contrariamente al corrispondente obbligo di cui al capoverso 1, non è subordinato al consenso dell'interessato o alla tutela dello scopo dell'istruzione. L'interesse di garantire l'esistenza delle persone che dipendono dall'imputato prevale sia sul diritto di veto dell'interessato sia sull'interesse di tutelare lo scopo dell'istruzione da eventuali inquinamenti. Il conflitto tra quest'ultimo interesse e l'obbligo di avviso è attenuato dal fatto che l'avviso secondo il capoverso 3 non deve avvenire immediatamente, bensì soltanto quando una persona che dipende dall'imputato sia messa in difficoltà.

Di regola, ad eccezione del caso in cui l'imputato sia genitore in una famiglia monoparentale, ciò è il caso soltanto un certo tempo dopo l'arresto o la carcerazione preventiva o di sicurezza, di modo che l'autorità penale dispone di sufficiente tempo per effettuare i necessari accertamenti. L'obbligo di avvisare i servizi sociali nasce non appena in base alle circostanze vi è da presumere che le
persone che dipendono dall'imputato possano trovarsi in difficoltà. Non è invece compito delle autorità penali effettuare accertamenti approfonditi a tal riguardo.

Il capoverso 4 tiene conto da un lato degli interessi delle vittime ai sensi dell'articolo 114, nella misura in cui prevede che debbano essere informate quando l'imputato è stato posto in carcerazione preventiva o quando è stato rimesso in libertà. A questo proposito il fatto che la vittima si sia o meno costituita accusatore privato pare irrilevante. L'informazione spetta all'autorità che dispone la carcerazione preventiva o la carcerazione di sicurezza (ossia il giudice dei provvedimenti coercitivi) o, rispettivamente, che le revoca (ossia, a seconda dei casi, il pubblico ministero, il giudice dei provvedimenti coercitivi o il giudice investito della causa). In caso di fuga, il compito di informare spetta a chi dirige il procedimento nell'autorità presso cui il procedimento è pendente al momento della fuga.

Il secondo periodo del capoverso 4 tutela gli interessi dell'imputato nel senso che qualora questi sia esposto a seri pericoli da parte della vittima o di persone della sua cerchia si può rinunciare all'informazione.

1127

2.5.3.2 Art. 214

Sezione 2: Fermo di polizia e inseguimento (art. 214 e 215) Fermo di polizia

Quando procede al fermo di una persona (occasionalmente definito anche controllo d'identità o dei documenti oppure ancora, in tedesco, «Sistierung»), nell'ambito delle sue facoltà investigative la polizia ne limita per breve tempo la libertà di movimento. A tal fine pare pertanto opportuno creare un'apposita base legale come è stato fatto in diversi codici processuali penali cantonali. Il fermo avviene principalmente in luoghi pubblici; dall'articolo 212 si evince tuttavia che può avvenire anche in spazi non accessibili al pubblico, nel rispetto delle prescrizioni applicabili alla perquisizione domiciliare. Il fermo serve a stabilire e accertare l'identità di una persona, verificare se ha commesso un reato o se ha una relazione con questo, in base a osservazioni dirette oppure perché in possesso di oggetti ricercati.

L'applicazione di questa norma comprende anche la facoltà di condurre se necessario le persone fermate al posto di polizia. Nel suo effetto, il fermo risulta pertanto simile ad un arresto ad opera della polizia secondo l'articolo 216, ponendo dunque la questione delle effettive differenze tra i due istituti. Contrariamente al fermo, l'arresto concerne esclusivamente persone contro le quali sussistono concreti indizi di reato. Nel fermo, invece, occorre dapprima chiarire chi possa essere indiziato di un determinato reato. Qualora sia condotta al posto di polizia una persona indiziata di reato, il seguito della procedura è retto dalle norme sull'arresto. Un arresto effettuato a titolo di fermo non sarebbe invece ammissibile. Nello stesso ordine di idee si può giudicare anche quanto possa durare un fermo nel corso del quale l'interessato sia condotto al posto di polizia: se da un breve interrogatorio (ricordando che non solo l'interrogatorio ma tutta la durata di permanenza al posto di polizia deve essere breve) non risulta alcun indizio concreto, la persona va immediatamente rilasciata; nel caso contrario occorre disporre l'arresto. Per quanto concerne la durata va rilevato che in caso di sospetto di contravvenzione se dura più di tre ore l'arresto deve essere disposto da un agente di polizia di grado superiore (art. 218 cpv. 5). Ne risulta che il fermo in cui l'interessato è condotto al posto di polizia ­ dal momento che concerne una persona contro la quale non sussistono indizi concreti
di reato ­ deve complessivamente durare molto meno di tre ore.

Il capoverso 2 crea una base legale chiara per gli obblighi cui sottostanno le persone fermate e per eventuali limitazioni dei loro diritti fondamentali. Gli obblighi concernono tutte le persone fermate, indipendentemente dal fatto che siano indiziate o meno. Gli imputati non sono tenuti ad esprimersi in merito a quanto è loro imputato, ma devono fornire le loro generalità. L'obbligo di esibire i documenti d'identità e altri oggetti come pure di aprire contenitori e veicoli è corroborato dall'articolo 249 capoverso 3 in combinato disposto con l'articolo 240 capoverso 1, secondo cui la polizia può perquisire gli indumenti, gli oggetti o i veicoli delle persone fermate.

La possibilità di cui dispone la polizia di ingiungere a privati di collaborare al fermo (cpv. 3) non significa tuttavia che i privati siano obbligati a prestare la loro assistenza alla polizia. Contrariamente a quanto previsto da alcuni codici processuali penali cantonali, non si può ragionevolmente esigere da un privato di esporsi contro la sua volontà ai pericoli inerenti a un fermo. Qualora invece coadiuvino la polizia e subi-

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scano danni nell'ambito di queste attività i privati hanno il diritto a riparazione del torto morale e indennizzo secondo l'articolo 442.

La particolarità del provvedimento di cui al capoverso 4, denominato talvolta «retata», consiste nel fatto che può essere disposto anche se si debba ritenere che gran parte delle persone interessate non hanno alcuna relazione con il reato da elucidare.

La disposizione intende precisare che il principio di proporzionalità non ostacola a priori una siffatta misura. Naturalmente occorre prestare la dovuta attenzione al rispetto di tale principio come pure all'esistenza di un interesse pubblico sufficiente; sarebbe ad esempio ammissibile bloccare gli accessi e le uscite di un parcheggio in cui una o più persone siano state gravemente ferite, mentre di regola non sarebbe invece lecito bloccare un aeroporto dopo il furto di un portamonete. Il capoverso 4 consente semplicemente di bloccare gli accessi a un determinato luogo e di fermare persone; qualora occorra accedere a spazi non accessibili al pubblico va rispettato l'articolo 212.

Art. 215

Inseguimento

Con il concetto di inseguimento s'intende il diritto della polizia di sconfinare oltre il proprio settore di competenza territoriale per inseguire un imputato ingerendo nella sfera di sovranità di un altro corpo di polizia. Sinora tale istituto era disciplinato nell'articolo 356 CP (art. 360 nCP311); vista tuttavia la sua natura procedurale occorre integrarlo nel Codice di procedura penale.

La disposizione riprende essenzialmente l'articolo 356 CP. Il capoverso 1 estende le possibilità d'inseguimento all'estero secondo quanto previsto da taluni accordi internazionali (ad es. la Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 14 ottobre 1985312; l'Accordo di polizia tra la Svizzera e la Germania del 27 aprile 1999313; l'Accordo dell'11 maggio 1998314 tra il Consiglio federale svizzero e il Governo della Repubblica francese sulla cooperazione transfrontaliera in materia giudiziaria, di polizia e doganale).

L'inseguimento ad opera della polizia autostradale è disciplinato nell'articolo 57a capoverso 2 della legge federale del 19 dicembre 1958315 sulla circolazione stradale.

2.5.3.3

Sezione 3: Arresto provvisorio (art. 216­218)

L'arresto provvisorio è una privazione della libertà disposto di regola per iniziativa della polizia o, raramente, di privati (art. 217). A differenza della carcerazione preventiva o di sicurezza non si basa su un ordine del giudice dei provvedimenti coercitivi.

Stricto sensu si potrebbe considerare arresto provvisorio la fase di privazione della libertà nella quale la polizia arresta dapprima persone in applicazione degli articoli 216 e 218 e dopo aver svolto le prime indagini le rimette in libertà o le deferisce al pubblico ministero. Il disegno muove tuttavia da un senso più lato del concetto di 311 312 313 314 315

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7412.

FF 2004 6343 RS 0.360.136.1 RS 0.360.349.1 RS 741.01

1129

arresto provvisorio: visto che la privazione della libertà durante la procedura di carcerazione del pubblico ministero non è disciplinata né designata in modo particolare, anche la privazione di libertà nel lasso di tempo tra il deferimento al pubblico ministero e la decisione di carcerazione del giudice dei provvedimenti coercitivi rientra nel concetto di arresto provvisorio.

Art. 216

Ad opera della polizia

L'arresto può essere effettuato da tutti gli agenti di polizia ai sensi dell'articolo 15; a tal fine non è necessario rivestire un grado particolare né disporre di un'autorizzazione speciale. Deve comunque essere disposto da un agente di grado superiore e appositamente autorizzato dalla Confederazione o dal Cantone, se avviene in caso di presunta contravvenzione e dura più di tre ore (art. 218 cpv. 5).

Se coglie in flagranza l'autore di un delitto o di un crimine o lo sorprende immediatamente dopo che abbia commesso un siffatto reato oppure riconosce una persona colpita da mandato di cattura, la polizia è tenuta, secondo il capoverso 1, a procedere all'arresto. Gli agenti di polizia sono esonerati da tale obbligo se il fatto di ottemperarvi li esponesse ad un immediato pericolo. È ad esempio il caso quando la polizia si trova in minoranza numerica rispetto ai delinquenti oppure quando l'agente infiltrato constata crimini o delitti nel contesto in cui conduce la sua inchiesta mascherata. Se gli indizi di reità non risultano da constatazioni della polizia, secondo il capoverso 2 questa dispone soltanto del diritto di procedere all'arresto. In entrambi i casi l'arresto ha lo scopo di stabilire l'identità dell'arrestato, chiarire gli indizi di reato ed esaminare se vi sono motivi di carcerazione (art. 218).

Qualora la polizia constati semplicemente una contravvenzione, in virtù del principio di proporzionalità l'arresto è ammesso soltanto a determinate condizioni. Il capoverso 3 enumera pertanto esaustivamente i casi in questione. Quello di cui alla lettera a serve all'accertamento dei fatti, quello di cui alla lettera b mira a garantire l'esecuzione e quello di cui alla lettera c intende ovviare al pericolo di recidiva.

Considerato che chi è in arresto provvisorio deve entro 24 ore dall'arresto o dal fermo essere deferito al pubblico ministero affinché questi disponga un'eventuale carcerazione preventiva (art. 218 cpv. 4) e che nel caso di una contravvenzione la carcerazione preventiva è esclusa (cfr. art. 220 cpv. 1), l'arresto in caso di indizio di contravvenzione può durare al massimo 24 ore.

Art. 217

Ad opera di privati

Come la maggior parte dei codici processuali il capoverso 1 consente a singoli privati di procedere all'arresto di altre persone. Nel caso dei privati, tuttavia, tale diritto è più limitato rispetto alle facoltà di cui dispone la polizia: in primo luogo, è sussidiario a quello della polizia e può essere esercitato soltanto quando non si può far capo per tempo all'intervento della polizia. Inoltre, l'arresto ad opera di privati è limitato ai casi in cui la persona è colta in flagrante o immediatamente dopo aver commesso il reato. Infine, l'arresto ad opera di privati è escluso qualora vi sia soltanto indizio di contravvenzione. In caso di reati di esigua entità316, ad esempio il 316

A tenore dell'art. 172ter CP i reati contro il patrimonio sono considerati mere contravvenzioni se concernono elementi patrimoniali di poco valore o danni di esigua entità. Il Tribunale federale ha fissato a 300 franchi la soglia per determinare se l'elemento in questione è di poco valore (DTF 121 IV 261; 123 IV 113).

1130

furto di oggetti di un valore inferiore a 300 franchi, i privati non hanno dunque il diritto di procedere ad un arresto. Se è al corrente dell'esiguo valore dell'oggetto in questione, il privato dispone esclusivamente degli strumenti della protezione della proprietà (art. 926 CC) e della legittima difesa (art. 52 cpv. 3 CO) del diritto civile.

Se sussistono invece motivi per ritenere che non si tratta soltanto di un esiguo danno, il privato può far valere il diritto di procedere all'arresto.

Contrariamente ai casi in cui la polizia ingiunge ai privati di prestarle aiuto (art. 214 cpv. 3), quando i privati procedono ad un arresto secondo la presente disposizione non agiscono quali «ausiliari» della polizia, bensì sotto la propria responsabilità e a proprio rischio. In caso subiscano un danno non possono pertanto far valere i diritti di cui all'articolo 442.

Art. 218

Procedura della polizia

Visto che secondo il capoverso 1 è tenuta ad accertare «senza indugio» l'identità dell'arrestato, la polizia deve pure adottare in primo luogo provvedimenti per stabilire le generalità dell'interessato, procedere dunque a un interrogatorio o cercare i suoi documenti di identità. L'accertamento (inequivocabile) dell'identità non è tuttavia una condizione preliminare per poter compiere le ulteriori operazioni previste in questa disposizione; d'altra parte, l'obbligo di accertare immediatamente l'identità non impedisce alla polizia di ordinare altri provvedimenti intesi a stabilire l'identità dell'interessato, ad esempio l'allestimento di un profilo del DNA.

Il capoverso 2 rimanda all'articolo 156, secondo cui il difensore ha il diritto di presenziare all'interrogatorio dell'imputato. Si tratta qui semplicemente del diritto di partecipare, e non del divieto di effettuare interrogatori in assenza del difensore. Un eventuale impedimento del difensore non esclude pertanto lo svolgimento dell'interrogatorio. Considerata la durata massima dell'arresto provvisorio, un'altra soluzione non sarebbe realistica.

A norma del capoverso 4, la durata massima dell'arresto provvisorio è 24 ore dal momento del fermo o dell'arresto. Il fatto di computare nel termine anche la durata del fermo consente di evitare le incertezze dovute alla distinzione non sempre chiara tra il fermo (in particolare quando l'interessato è condotto al posto di polizia) e l'arresto provvisorio e quindi le incertezze nel calcolo dei termini con il rischio di aggiungere ore alla privazione della libertà. Ne risulta inoltre che per stabilire la durata massima dell'arresto è irrilevante se questo è stato effettuato dalla polizia o da privati ai sensi dell'articolo 217, giacché anche quest'ultimo implica una limitazione della libertà di movimento. Nel caso in cui sia tradotto dinanzi al pubblico ministero, l'interessato deve trovarsi entro il termine dinanzi al procuratore pubblico. Se l'interessato è ad esempio stato arrestato nella val Bregaglia, non è dunque sufficiente consegnarlo entro 24 ore al servizio incaricato del suo trasporto dinanzi al pubblico ministero competente di Ginevra.

Il capoverso 5 fissa norme più severe per l'arresto connesso ad una contravvenzione.

1131

2.5.3.4

Art. 219

Sezione 4: Carcerazione preventiva e di sicurezza: disposizioni generali (art. 219­222) Definizioni

Distinguendo tra carcerazione preventiva e carcerazione di sicurezza la legge stabilisce chiaramente in quale fase del procedimento una determinata carcerazione viene disposta o eseguita: fino alla conclusione dell'istruzione si tratta della carcerazione preventiva, mentre da quando la causa diventa pendente presso il giudice di primo grado (art. 329 cpv. 1) si parla di carcerazione di sicurezza. Mentre la carcerazione preventiva assicura in primo luogo gli scopi della procedura preliminare, la carcerazione di sicurezza mira a garantire la disponibilità dell'imputato durante il procedimento di primo grado e nel corso della procedura di ricorso come pure, eventualmente, l'esecuzione di sanzioni privative della libertà.

La carcerazione preventiva di cui al capoverso 1 può essere disposta unicamente durante l'istruzione del pubblico ministero (art. 307 segg.) e non nel corso di una procedura investigativa della polizia secondo gli articoli 305 e seguente. La liberazione può avvenire su domanda (art. 227) oppure d'ufficio qualora vengano meno i motivi di carcerazione. Quanto all'«inizio di una sanzione privativa della libertà», si tratta sempre di un'esecuzione anticipata ai sensi dell'articolo 235 in quanto difetta della sentenza passata in giudicato.

Art. 220

Presupposti

Il capoverso 1 consente la carcerazione preventiva o di sicurezza esclusivamente nel caso del perseguimento di crimini o delitti, menziona la condizione necessaria del grave indizio di reato e nelle lettere a­c enumera i motivi di carcerazione particolari; almeno uno di questi deve sussistere cumulativamente al grave indizio di reato.

Le lettere a e b menzionano i «classici» motivi di carcerazione contemplati in tutti i codici processuali penali svizzeri: il pericolo di fuga, di collusione o d'inquinamento delle prove.

Non tutti ma gran parte dei codici processuali penali menzionano, anche se in forme diverse, il pericolo di recidiva quale motivo di carcerazione. Esso è giustificato da due ragioni: in primo luogo deve contribuire a permettere la conclusione di un procedimento pendente, impedendo che l'imputato differisca o renda impossibile la fine del procedimento commettendo sempre nuovi atti di delinquenza317. In secondo luogo, può servire soltanto per prevenire pericoli; in questo senso si tratta di un provvedimento coercitivo di sicurezza della polizia. Visto che il capoverso 1 lettera c non esige che l'imputato abbia commesso un reato mentre era pendente il procedimento, il pericolo di recidiva quale motivo di carcerazione va inteso in questo secondo senso. Per escludere che siano poste in carcerazione preventiva persone in base a supposizioni poco fondate, il Codice prevede diversi presidi: in primo luogo vi è l'esigenza fondamentale del grave indizio di aver commesso un crimine o un delitto. L'imputato deve poi già aver commesso in precedenza reati (quindi almeno due) analoghi, ossia della stessa natura di quelli di cui «vi è seriamente da temere» 317

Questo [ ad esempio lo scopo delle disposizioni del Codice di procedura penale bernese; cfr. Jürg Aeschlimann, Einführung in das Strafprozessrecht, Berna ecc. 1997, n. 1113; Thomas Maurer, Das bernische Strafverfahren, Berna 2003, pag. 296.

1132

che possa commettere. Deve pertanto esserci analogia soltanto tra i reati commessi in precedenza e quelli temuti e non tra il reato a cui si riferisce il grave indizio e quelli commessi precedentemente o quelli temuti. Di regola i timori che l'interessato commetta altri reati si fonda tuttavia sul fatto di cui l'imputato è gravemente indiziato. L'esigenza di analogia non significa che debba trattarsi esattamente della stessa fattispecie, anche perché in questa fase essa non è ancora determinabile con precisione.

Il motivo di carcerazione di cui al capoverso 2 è noto in alcuni codici processuali penali e previsto espressamente nell'articolo 5 paragrafo 1 lettera c CEDU. Il Tribunale federale ha peraltro dichiarato ammissibile la carcerazione preventiva disposta per pericolo di esecuzione di minacce e fondata sul § 58 capoverso 2 del Codice di procedura penale del Cantone di Zurigo318. Nell'ambito della procedura di consultazione la possibilità di disporre la carcerazione preventiva nel caso in cui vi sia da temere che l'imputato ponga in atto le minacce proferite era stato ampiamente discusso ma non aveva dato adito a opposizioni fondamentali319. La carcerazione per questo motivo si basa sul fatto che si prevede la commissione di un grave crimine mentre manca il rapporto con reati commessi in precedenza, ragione per cui in questo caso manca l'esigenza del grave indizio di reato. Si esige pertanto il rischio concreto che il grave crimine venga commesso («vi è seriamente da temere»). In difetto di relazione con un presunto reato già commesso, non si discorre in questo capoverso né di «imputato» né di «carcerazione preventiva». Per la carcerazione basata sul timore che quanto minacciato venga posto in atto occorre tuttavia applicare per analogia le prescrizioni relative alla carcerazione preventiva (segnatamente per quanto concerne la disposizione, la liberazione, la proroga e l'esecuzione).

Art. 222

Contatti con il difensore

Visto che l'articolo 218 capoverso 2 in combinato disposto con l'articolo 156 consente la partecipazione del difensore già nell'ambito dell'arresto provvisorio, pare giustificato prevedere tale diritto anche nella procedura di carcerazione. L'esame degli atti in questa fase è disciplinato dall'articolo 224 capoverso 2.

Il capoverso 2 si riferisce soltanto ai casi in cui non è stata ancora ordinata né la carcerazione preventiva né la carcerazione di sicurezza, ma la rispettiva procedura è ancora in corso. In questi casi vi è un diritto assoluto a consultare il difensore.

Durante la carcerazione e nella procedura per la sua proroga tale diritto è disciplinato dall'articolo 234 capoverso 4.

2.5.3.5 Art. 223

Sezione 5: Carcerazione preventiva (art. 223­227) Procedura dinanzi al pubblico ministero

Il pubblico ministero procede secondo quanto disposto nel capoverso 1 quando l'imputato è sottoposto ad accompagnamento coattivo dalla polizia ma anche quando vuole porre in stato di carcerazione una persona citata oppure una persona che ricerca di moto proprio.

318 319

DTF 125 I 361 Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 51 seg.

1133

Il capoverso 2 obbliga il pubblico ministero ad allegare soltanto gli atti essenziali a sostegno della sua proposta di carcerazione, ma non gli proibisce di conservare altri atti. Ciò può essere opportuno in particolare per evitare che in virtù del diritto di esaminare gli atti di cui all'articolo 224 capoverso 2 l'imputato venga a conoscenza di elementi che per motivi tattici dovrebbero ancora restargli oscuri.

Capoverso 3: la competenza di ordinare misure sostitutive secondo gli articoli 236 e seguenti spetta pure al giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 236 cpv. 4). Qualora il pubblico ministero rimetta in libertà l'imputato quest'ultimo non è più sottoposto a una privazione della libertà per carcerazione preventiva, ma non per questo riacquista necessariamente la piena libertà di movimento. Si può ad esempio immaginare che il pubblico ministero deferisca l'interessato ad un'altra autorità che sia a sua volta autorizzata a limitare la libertà dell'imputato, ad esempio per espellerlo dalla Svizzera o per eseguire un'altra pena o misura.

Art. 224

Procedura dinanzi al giudice dei provvedimenti coercitivi

L'articolo 5 paragrafo 3 CEDU e l'articolo 31 capoverso 3 Cost. prescrivono che chi viene carcerato a titolo preventivo deve essere prontamente tradotto davanti al giudice, che decide la continuazione della carcerazione o la liberazione. La disciplina dell'esame della carcerazione da parte del giudice dei provvedimenti coercitivi attua tali principi costituzionali e pattizi, e sotto certi aspetti va anche oltre.

Capoverso 1: l'udienza va disposta convocando l'imputato, il suo difensore e il pubblico ministero. Mentre a tenore dell'articolo 203 capoverso 1 l'imputato deve in ogni caso comparire, in virtù degli articoli 144 capoverso 1 e 222 capoverso 1 il difensore ha soltanto il diritto di partecipare. Pure il pubblico ministero dispone soltanto del diritto di partecipare, a meno che il giudice dei provvedimenti coercitivi non lo abbia espressamente obbligato a presenziare.

Il diritto di esaminare gli atti di cui al capoverso 2 è illimitato, fermo restando che si riferisce esclusivamente agli atti allegati all'istanza di carcerazione e non a tutti gli atti procedurali del pubblico ministero.

Capoverso 3: le persone che per un motivo legittimo non si presentano all'udienza sono quelle che non sono tenute a presenziarvi, ossia il difensore e il pubblico ministero, per quanto non siano stati obbligati a comparirvi dal giudice dei provvedimenti coercitivi, e quelle dispensate dall'obbligo di comparire. L'evasione delle domande di dispensa non deve comunque comportare il superamento del termine di decisione di 48 ore a tenore dell'articolo 225 capoverso 1.

Taluni codici processuali penali prescrivono l'assunzione delle prove nel corso della procedura di carcerazione, altri invece la escludono. La relativa prassi del Tribunale federale implica un certo allentamento di tale esclusione320 e induce ad ammettere entro certi limiti una procedura probatoria come prevista nel capoverso 4. Si tratta soprattutto di acquisire agli atti la prova dell'alibi fatta valere dall'imputato e immediatamente disponibile.

A tenore delle summenzionate disposizioni della Costituzione federale e della CEDU l'interessato deve obbligatoriamente essere tradotto davanti al giudice, ossia senza che ne faccia richiesta. La rinuncia alla comparizione può pertanto essere

320

DTF 124 I 210 seg.; DTF del 12.9.1996 in: plädoyer 1/1997 pag. 56.

1134

ammessa soltanto se esplicitamente voluta dall'imputato, come prevede il capoverso 5.

Art. 225

Decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi

Sono qui disciplinati diversi dettagli relativi alla prima decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi concernente la carcerazione preventiva, che trovano però, in virtù del rimando nell'articolo 227 capoverso 4, applicazione per analogia anche alla decisione in merito a una domanda di scarcerazione. Tra il fermo o l'arresto e la decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi possono intercorrere al massimo 96 ore: 24 ore tra il fermo o l'arresto e la traduzione dinanzi al pubblico ministero (art. 218 cpv. 4) e 24 ore tra la traduzione e la proposta del pubblico ministero al giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 223 cpv. 2), e poi al massimo 48 ore tra la ricezione della proposta e la decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi secondo il capoverso 1. Pur essendo relativamente lungo, questo lasso di tempo è giustificato dal fatto che il capoverso 1 prevede già per la procedura dell'ordine di carcerazione (e non solo per l'esame giudiziario della carcerazione, art. 226 e 227) una procedura alla quale oltre al pubblico ministero e all'imputato può partecipare anche il difensore, il che richiede una certa preparazione (cfr. art. 226 cpv. 2). Termini più brevi sarebbero concepibili soltanto se si limitasse la procedura all'accompagnamento coattivo e all'interrogatorio dell'imputato con un esame sommario senza procedura probatoria.

Capoverso 2: l'obbligo di comunicare senza indugio la decisione discende dall'articolo 31 capoverso 3 Cost. e dall'articolo 5 paragrafo 3 CEDU. Di regola il giudice dei provvedimenti coercitivi comunica la sua decisione oralmente subito dopo l'udienza. La decisione è comunicata per scritto quando in seguito alla rinuncia dell'imputato di cui all'articolo 224 capoverso 5, non si è tenuta udienza oppure nei riguardi di partecipanti che non hanno potuto presenziare all'udienza orale. Quando l'imputato è patrocinato, la decisione e le motivazioni devono essere comunicate sia a lui che al difensore.

L'avviso di cui al capoverso 3 è fatto simultaneamente alla comunicazione orale o scritta della decisione di carcerazione.

Capoverso 4: dal disposto di cui all'articolo 226 capoverso 1, secondo cui in caso di durata illimitata della carcerazione preventiva il pubblico ministero deve presentare una domanda di proroga dopo tre mesi, si può dedurre la durata
massima alla quale il giudice dei provvedimenti coercitivi può ridurre la carcerazione preventiva secondo la lettera a: tre mesi. Oltre a ridurre la durata massima della carcerazione preventiva, il giudice dei provvedimenti coercitivi può anche incaricare il pubblico ministero di procedere a determinati atti istruttori (lett. b). Questa possibilità non contraddice al principio della separazione delle funzioni tra autorità inquirente e pubblica accusa da un lato, e giustizia d'altro lato. Attribuendo un siffatto incarico il giudice dei provvedimenti coercitivi indica quali elementi a suo avviso siano importanti per un'eventuale proroga della carcerazione. Evidentemente il giudice dei provvedimenti coercitivi non può imporre immediatamente l'esecuzione del suo incarico; può però respingere la domanda di proroga della carcerazione, qualora il pubblico ministero non abbia ottemperato.

A tenore della lettera c il giudice dei provvedimenti coercitivi ha la possibilità di ordinare misure sostitutive anche senza relativa proposta del pubblico ministero.

1135

Non può invece ordinare la carcerazione preventiva se il pubblico ministero propone semplicemente misure sostitutive.

Capoverso 5: la liberazione deve avvenire immediatamente dopo la decisione. Non è pertanto necessario attendere la stesura della motivazione.

Art. 226

Domanda di proroga della carcerazione

Nel suo secondo periodo, il capoverso 1 limita a tre mesi la durata della prima carcerazione.

Capoverso 2: per stabilire il termine entro il quale la domanda di proroga della carcerazione deve essere presentata occorre considerare due interessi: da un lato occorre garantire che il giudice dei provvedimenti coercitivi possa ordinare una proroga provvisoria della carcerazione preventiva prima del termine della carcerazione (cfr. cpv. 4), perché senza una tale disposizione l'imputato dovrebbe essere rilasciato al termine della durata di carcerazione ed eventualmente prima della decisione sulla proroga della carcerazione per mancanza di motivi validi di carcerazione. D'altro lato, questo termine non deve essere troppo anticipato, poiché altrimenti il giudice dei provvedimenti coercitivi dovrebbe decidere sulla proroga in base a fatti non più sufficientemente attuali. Il termine di quattro giorni prima della scadenza della durata della carcerazione tiene sufficientemente conto di entrambi gli interessi. Il pubblico ministero resta evidentemente libero di presentare la sua domanda di proroga della carcerazione già prima (al limite anche alcune settimane prima della scadenza del termine di carcerazione), ma così facendo corre il rischio di veder negata la sua domanda in quanto non riesce a provare sufficientemente che al momento della scadenza della durata della carcerazione vi saranno motivi sufficienti per una proroga.

Capoverso 4: considerato il diritto dell'imputato di pronunciarsi entro tre giorni e tenuto conto del termine di cinque giorni per la decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi, la decisione sulla domanda di proroga è pronunciata di regola soltanto dopo che la durata della carcerazione è scaduta. Scaduta la durata di carcerazione viene tuttavia meno il motivo della privazione della libertà. Per evitare che imputati debbano essere liberati prima ancora che si sia deciso sulla eventuale proroga della loro carcerazione, il giudice dei provvedimenti coercitivi ha la possibilità, quale misura cautelativa, di ordinare la proroga provvisoria della carcerazione preventiva. Essa può basarsi unicamente sulla domanda di proroga del pubblico ministero e dura fino alla decisione sulla medesima.

Capoverso 7: si ha un caso eccezionale, che giustifica una proroga della carcerazione preventiva
di sei mesi, qualora sia manifesto sin dall'inizio che il motivo di carcerazione sussiste anche dopo più di tre mesi, ad esempio in caso di pericolo di collusione in un procedimento in cui occorre valutare grandi quantità di documenti sequestrati o interrogare numerosi testimoni. Il pubblico ministero non deve necessariamente porre un'unica domanda di proroga, ma quante ne vuole, rispettando tuttavia ogni volta il termine di quattro giorni prima della scadenza della durata della carcerazione (prorogata).

Art. 227

Domanda di scarcerazione

Capoverso 4: per quanto l'articolo 227 non prescriva altrimenti, la procedura corrisponde a quella applicabile all'ordine di carcerazione. Il giudice dei provvedimenti 1136

coercitivi può dunque limitare la durata di carcerazione in deroga alla sua decisione di carcerazione o di proroga della carcerazione e incaricare il pubblico ministero di procedere a determinati atti istruttori.

Capoverso 5: soltanto nel caso in cui la domanda di scarcerazione sia rifiutata, e non quando la carcerazione viene ordinata o prorogata, il giudice dei provvedimenti coercitivi può fissare un termine durante il quale l'imputato non può presentare altre domande di scarcerazione. Il Tribunale federale non ha dichiarato generalmente inammissibile questa misura, intesa innanzi tutto ad evitare domande di scarcerazione abusive321. Questa limitazione va tuttavia imposta soltanto con molta cautela, anche perché il giudice dei provvedimenti coercitivi ha comunque la possibilità di non entrare nel merito di domande abusive o temerarie e di respingere con motivazioni sommarie quelle manifestamente prive di prospettive di successo. Il termine è tuttavia necessario, giacché ogni domanda di scarcerazione obbliga il pubblico ministero a formulare un parere (cfr. cpv. 2), generando quindi un certo onere. La presentazione continua di domande di scarcerazione potrebbe in definitiva impedire al pubblico ministero di svolgere le sue attività principali.

2.5.3.6 Art. 228

Sezione 6: Carcerazione di sicurezza (art. 228­232) Decisione

Una volta promossa l'accusa, la responsabilità del procedimento passa dal pubblico ministero al giudice di primo grado o, rispettivamente, a chi vi dirige il procedimento. La competenza e la procedura per ordinare la carcerazione di sicurezza vanno pertanto disciplinate separatamente. A tal fine entrano in considerazione tre soluzioni: (1) la competenza può spettare al giudice di primo grado o a chi vi dirige il procedimento oppure (2) essere trasmessa ad un'autorità speciale di esame dell'atto d'accusa o (3) al giudice dei provvedimenti coercitivi. Il disegno adotta quest'ultima opzione, che consente di evitare che con la sua decisione sull'arresto il giudice di primo grado si esponga al rimprovero di essersi già formato un'opinione sulla questione della colpevolezza da decidere nel merito della causa e che sia pertanto prevenuto. Tale opzione pare opportuna anche alla luce delle competenze nella procedura preliminare: in entrambe le fasi spetta a chi dirige il procedimento proporre l'arresto al giudice dei provvedimenti coercitivi.

Il capoverso 1 si riferisce soltanto a quando viene ordinata la carcerazione di sicurezza nella fase tra la procedura preliminare e la procedura dibattimentale di primo grado, non però alla fase tra quest'ultima e la procedura d'appello. Se quando promuove l'accusa ritiene che dopo la procedura preliminare sussistono ancora motivi di carcerazione il pubblico minisetro presenta unitamente all'atto d'accusa una relativa richiesta al giudice dei provvedimenti coercitivi. A tenore dell'articolo 328 capoverso 2, il pubblico ministero deve allegare alla domanda un esemplare dell'atto d'accusa. Visto che per definizione la carcerazione preventiva termina con il deposito dell'atto d'accusa presso il tribunale di primo grado (art. 219 cpv. 1), il pubblico ministero deve presentare una domanda di carcerazione di sicurezza anche se la durata della carcerazione preventiva autorizzata nell'ambito della procedura preliminare non è ancora scaduta.

321

DTF 123 I 231; 126 I 26

1137

Art. 229

Scarcerazione nel procedimento di primo grado

La liberazione dalla carcerazione di sicurezza può avvenire senza apposita decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi qualora sia il pubblico ministero sia chi dirige il procedimento vi acconsentano. In tutti gli altri casi la decisione spetta al giudice dei provvedimenti coercitivi.

Art. 230

Carcerazione di sicurezza dopo la sentenza di primo grado

Capoverso 1: qualora nella sentenza occorra decidere anche sulla carcerazione di sicurezza non è necessario l'intervento del giudice dei provvedimenti coercitivi, poiché in questa fase non sussiste più il pericolo che la decisione sulla carcerazione di sicurezza desti il sospetto di prevenzione. L'espressione «il condannato» va intesa in senso lato: non è necessaria una sentenza passata in giudicato. Non è dunque decisivo se viene pronunciato un verdetto di colpevolezza, ma piuttosto se viene disposta una sanzione privativa della libertà. La carcerazione di sicurezza è pertanto ammissibile anche nei riguardi di chi è stato assolto per incapacità penale ma che vista la sua pericolosità deve essere internato.

Si rinuncerà alla carcerazione di sicurezza se il suo scopo può essere raggiunto in altro modo, sia con misure sostitutive sia con l'esecuzione anticipata di pene e misure secondo l'articolo 235.

Il capoverso 2 consente al pubblico ministero di opporsi alla liberazione di una persona assolta qualora ritenga che la sentenza sia ingiusta. A titolo di esempio si può pensare alla situazione in cui sia stata pronunciata un'assoluzione che il pubblico ministero intende impugnare in appello. In tal caso, considerato che l'assolto deve essersi trovato in carcerazione di sicurezza fino alla decisione di primo grado («di prorogare la carcerazione di sicurezza»), è sufficiente, quale misura immediata, la semplice proposta del pubblico ministero affinché l'interessato resti in carcerazione di sicurezza. Questo diritto di proposta del pubblico ministero è limitato alla procedura di primo grado.

Art. 231

Carcerazione di sicurezza durante la procedura dinanzi al tribunale d'appello

Nella procedura d'appello chi dirige il procedimento in seno al tribunale d'appello deve decidere in tre casi: (1) secondo l'articolo 230 capoverso 2, sulla proroga della carcerazione di sicurezza di una persona assolta quale misura cautelativa; (2) su domande di scarcerazione, qualora la carcerazione sia stata ordinata dal giudice di primo grado secondo l'articolo 230 capoverso 1 in proroga della carcerazione di sicurezza oppure dal tribunale d'appello secondo l'articolo 231 capoverso 2. (3) Inoltre la disposizione è pure applicabile per ordinare la carcerazione di sicurezza in una procedura di revisione (cfr. art. 420 cpv. 4). Contrariamente al giudice di primo grado, chi dirige il procedimento nel tribunale d'appello ha la competenza di disporre la carcerazione di sicurezza durante una procedura di appello o di revisione.

Considerata la posizione dei differenti organi giudiziari sarebbe poco indicato rimettere al giudice dei provvedimenti coercitivi la decisione su una proposta di un tribunale gerarchicamente superiore come quello d'appello.

1138

2.5.3.7

Art. 234

Sezione 7: Esecuzione della carcerazione preventiva e di sicurezza (art. 233­235) Esecuzione della carcerazione

Capoverso 2: sottostanno ad autorizzazione in particolare i contatti personali e verbali, ossia le visite e le chiamate telefoniche, ad esclusione tuttavia della corrispondenza postale. Quest'ultima, fatte salve alcune eccezioni, è sorvegliata (cpv. 3).

Capoverso 4: questa disposizione vieta i controlli quanto al contenuto dei colloqui, della corrispondenza e delle conversazioni telefoniche ma non vieta, sempre che sia rispettato il principio della proporzionalità, l'installazione di un vetro di separazione nel locale di visita o il controllo della borsa portata dal difensore. Una limitazione delle relazioni con il difensore non è di principio incompatibile con l'articolo 6 paragrafo 3 lettera b CEDU, ma rappresenta nondimeno una notevole ingerenza nei diritti della difesa. È pertanto necessario stabilire criteri severi per quanto concerne la prova dell'esistenza di un rischio di abuso. Una simile limitazione deve inoltre essere approvata dal giudice dei provvedimenti coercitivi e può essere ordinata soltanto temporaneamente.

Art. 235

Esecuzione anticipata di pene e misure

Capoverso 1: l'esecuzione anticipata di una pena o una misura è possibile solo se l'imputato ne ha fatto domanda e chi dirige il procedimento ha concesso l'autorizzazione. Durante la procedura preliminare tale autorizzazione può essere concessa solo se la presenza dell'imputato non è più necessaria per il procedimento, in altri termini se l'istruzione è in gran parte conclusa. Non è invece indispensabile che l'imputato abbia reso una confessione. Chi dirige il procedimento dovrà tener conto del fatto che il rischio di collusione è più difficile da evitare durante il regime di esecuzione penale che durante la carcerazione preventiva.

Capoverso 2: poiché l'esecuzione anticipata di una misura rischia di avere un'influenza sulla sanzione inflitta, il pubblico ministero deve avere l'opportunità di pronunciarsi in merito alla sanzione che intende chiedere nel dibattimento, in modo che chi dirige il procedimento ne sia informato.

2.5.3.8 Art. 236

Sezione 8: Misure sostitutive (art. 236­239) Disposizioni generali

Capoverso 1: le misure sostitutive sono ordinate alle stesse condizioni della carcerazione preventiva e della carcerazione di sicurezza. Deve pertanto esservi in particolare un grave indizio di reato a carico dell'imputato.

L'elenco non esaustivo nel capoverso 2 corrisponde essenzialmente alle liste di misure sostitutive previste nei codici di procedura penale cantonali. Per soddisfare le numerose richieste formulate nell'ambito della procedura di consultazione è stata aggiunta la lettera c, che trova applicazione in particolare in caso di reati di violenza domestica.

1139

Il capoverso 3 costituisce la base legale per la «sorveglianza elettronica» nell'ambito del procedimento penale.

Per «nuove circostanze» (cpv. 5) che possono indurre il giudice a ordinare la carcerazione preventiva o di sicurezza si intende, per esempio, il venir meno di una cauzione o la scadenza del termine di una garanzia bancaria limitata nel tempo.

2.5.4

Capitolo 4: Perquisizioni e ispezioni

Le perquisizioni e le ispezioni hanno lo scopo di trovare o mettere al sicuro mezzi di prova, valori patrimoniali o persone. Il termine ispezione è sempre riferito a persone (vive o morte); il termine perquisizione è usato per spazi, oggetti, carte, registrazioni e anche per le persone. La perquisizione di una persona si differenzia da un'ispezione per la minore intensità dell'intervento: si perquisiscono la superficie del corpo, gli orifizi e le cavità corporee visibili (p. es. la cavità orale), mentre l'ispezione comprende il controllo degli orifizi e delle cavità corporee non visibili.

2.5.4.1 Art. 240

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 240­242) Mandato

La competenza per disporre simili misure è disciplinata nell'articolo 195, ossia nelle disposizioni generali relative ai provvedimenti coercitivi. In base a esse le perquisizioni e le ispezioni possono essere disposte dal pubblico ministero, dall'autorità giudicante e nei casi urgenti da chi dirige il procedimento in giudizio nonché ­ nei casi previsti dalla legge ­ dalla polizia.

Capoverso 3: se vi è pericolo nel ritardo la polizia può ordinare autonomamente l'ispezione di orifizi e cavità corporei non visibili; l'esecuzione deve tuttavia essere affidata a una persona menzionata nell'articolo 251. Le semplici perquisizioni possono invece essere eseguite dalla polizia stessa se vi è pericolo nel ritardo (p. es. in caso di perquisizione domiciliare urgente).

Il capoverso 4 disciplina un caso speciale di pericolo nel ritardo. Contrariamente a quanto previsto nella disposizione generale del capoverso 2, la polizia non è tenuta a informare le autorità penali della perquisizione e dell'ispezione di una persona fermata o arrestata.

Art. 241

Esecuzione

Oltre a questa disposizione devono essere osservate le prescrizioni di esecuzione concernenti le diverse misure specifiche, per esempio in materia di perquisizione domiciliare (art. 244) o di perquisizione di persone (art. 249).

Art. 242

Reperti casuali

Un'ispezione o una perquisizione è disposta in base a indizi della comissione di un determinato reato. Il risultato della misura non è necessariamente in relazione con tale reato, ma può concernere anche un altro reato ­ già perseguito oppure ancora sconosciuto ­ commesso dall'imputato o da un terzo. Pochi codici di procedura 1140

penale cantonali disciplinano come trattare simili reperti casuali e la possibilità di impiegarli in altri procedimenti penali. Il disegno consente espressamente l'utilizzazione dei reperti casuali senza tuttavia derogare al divieto di ricerca generalizzata e indiscriminata di prove (la cosiddetta «fishing expedition»), ossia l'organizzazione di una perquisizione o di un'ispezione ­ senza che vi sia previamente un indizio di reato ­ volta a raccogliere elementi per la motivazione di un indizio.

Capoverso 2: il rapporto deve essere trasmesso a chi dirige il procedimento nell'ambito del quale si è svolta la perquisizione o l'ispezione. A seconda della situazione, chi dirige il procedimento deve avviare o fare avviare uno nuovo procedimento oppure informare l'autorità penale presso cui è pendente il procedimento relativo al quale i reperti rinvenuti si riferiscono.

2.5.4.2

Sezione 2: Perquisizione domiciliare (art. 243 e 244)

Le disposizioni sulla perquisizione domiciliare corrispondono ampiamente al diritto vigente a livello federale e nella maggior parte dei Cantoni. La competenza di ordinare e di eseguire una perquisizione risulta dall'articolo 195 in combinato disposto con l'articolo 240.

Art. 243

Principio

Con l'espressione «persone ricercate» di cui al capoverso 2 lettera a non si intendono soltanto gli imputati; una perquisizione domiciliare è per esempio ammessa anche per ottenere la comparizione di una persona citata quale testimone.

Art. 244

Esecuzione

In caso di necessità, il capoverso 4 consente di procedere a una perquisizione in assenza del detentore degli spazi da perquisire o di altre persone.

2.5.4.3

Sezione 3: Perquisizione di carte e registrazioni (art. 245­247)

Le regole particolari di questa sezione devono essere osservate anche quando ­ nell'ambito di una perquisizione domiciliare o di una persona ­ sono perquisite carte e registrazioni, poiché è possibile che la misura rappresenti una minaccia particolare per informazioni segrete del detentore o di terzi degne di essere protette.

Art. 245

Principio

Sono considerate carte o registrazioni tutte le informazioni su carta, su supporto visivo o sonoro o su un altro supporto di dati, in particolare quelle salvate in apparecchi per il trattamento o l'immagazzinamento di dati. La competenza di ordinare e di eseguire una perquisizione di carte e registrazioni risulta dall'articolo 195 in combinato disposto con l'articolo 240.

1141

Art. 246

Esecuzione

Per ragioni pratiche la possibilità di essere sentiti prevista nel capoverso 1 è conferita unicamente ai detentori delle carte e registrazioni, ossia alle persone che le possiedono effettivamente. I detentori non hanno soltanto il diritto di esprimersi sul contenuto di carte e registrazioni, ma possono anche chiedere l'apposizione di sigilli.

Capoverso 2: come nella procedura di apposizione di sigilli, le carte e le registrazioni rilevanti per il procedimento o dal contenuto protetto devono essere separate dalle altre. A tale scopo è possibile fare capo a un esperto. Il mandato dell'esperto può essere limitato al semplice sostegno dell'autorità di perseguimento penale ma può anche giungere fino all'esecuzione autonoma della cernita e alla redazione del relativo rapporto.

Capoverso 3: i detentori di carte e registrazioni possono essere obbligati ­ sotto comminatoria della pena prevista nell'articolo 292 CP (disobbedienza a decisioni dell'autorità) ­ a produrre copie o versioni stampate delle informazioni immagazzinate. Poiché la nozione di carte e registrazioni comprende anche le informazioni immagazzinate su supporti di dati o in sistemi di trattamento elettronico di dati, l'obbligo di produrre copie non è limitato ai documenti cartacei, ma è esteso anche alla fornitura di copie su supporti di dati.

Art. 247

Apposizione di sigilli

L'apposizione di sigilli è una misura immediata con la quale l'avente diritto può evitare temporaneamente che l'autorità penale prenda conoscenza e utilizzi carte, registrazioni e altri oggetti. La persona effettivamente in possesso delle carte, delle registrazioni o di altri oggetti (p. es. una banca) o che ne può legalmente disporre (p. es. il titolare di un conto bancario) deve addurre che si oppone alla perquisizione o al sequestro facendo valere il diritto di non rispondere o il diritto di non deporre (cfr. art. 263 cpv. 3) oppure altri motivi (se p. es. asserisce che gli oggetti in questione contengono segreti privi di rilevanza per il procedimento). Considerato il carattere provvisorio della misura, è sufficente la verosimiglianza di siffatti motivi. Per evitare che l'autorità penale prenda conoscenza del contenuto dei documenti o degli oggetti nonostante l'apposizione di sigilli, nella procedura preliminare la competenza per esaminare la domanda di dissigillamento è stata attribuita al giudice dei provvedimenti coercitivi. Il termine di un mese stabilito nel capoverso 3 per la decisione in merito alla domanda di dissigillamento è un semplice termine ordinatorio che può essere prorogato, per esempio, se il volume di lavoro per l'esame dei documenti è notevole o se la procedura richiede il parere di periti. Il fatto che il presente Codice indichi un termine significa che il procedimento non deve poter essere bloccato dall'esame di una domanda di dissigillamento e che al contrario si deve fare il possibile per consentire una decisione in proposito entro un mese.

1142

2.5.4.4 Art. 248

Sezione 4: Perquisizione di persone e oggetti (art. 248 e 249) Principio

La nozione di perquisizione di persone è definita nell'articolo 249 capoverso 1. La perquisizione di oggetti può essere invece definita negativamente: si tratta della perquisizione di beni mobili non soggetti alla perquisizione domiciliare (p. es. una roulotte) e che una persona non ha con sé. Si pensi per esempio alla perquisizione di un'imbarcazione tirata in secco.

Una delle condizioni alternative per la perquisizione di una persona o di un oggetto è l'esistenza della presunzione che si potranno rinvenire oggetti da sequestrare. Tale disposizione vieta la perquisizione se vi è da supporre che porterà alla luce soltanto oggetti che non possono essere sequestrati conformemente all'articolo 263. Secondo l'articolo 263 capoverso 1 lettera c il diritto di non deporre può in certi casi influire sull'ammissibilità della perquisizione.

2.5.4.5 Art. 250

Sezione 5: Ispezioni corporali (art. 250 e 251) Principio

L'ispezione corporale si distingue dalla perquisizione sia per quanto concerne l'intensità ­ gli interventi nella sfera dell'integrità fisica della persona esaminata sono infatti più seri poiché possono essere controllati anche orifizi e cavità corporei non visibili ­ sia per quanto concerne lo scopo della misura; non si tratta infatti di trovare oggetti o tracce, ma di esaminare lo stato fisico o mentale della persona.

Le ispezioni corporali possono essere ordinate dal pubblico ministero, dall'autorità giudicante e nei casi urgenti da chi dirige il procedimento in giudizio (cfr. art. 195).

Considerata la maggiore intensità dell'intervento rispetto alla perquisizione, per l'esecuzione di un'ispezione corporale devono essere soddisfatte condizioni più severe. Questo si evince dal capoverso 3 secondo cui gli interventi nella sfera dell'integrità fisica dell'imputato possono essere ordinati soltanto se non gli arrecano dolori particolari né compromettono la sua salute. Conformemente all'articolo 183, l'imputato può essere ricoverato in ospedale se necessario per l'esecuzione di una perizia medica.

Secondo il capoverso 4 per le ispezioni corporali di persone non imputate devono essere soddisfatte condizioni ancora più restrittive. Esse possono infatti essere obbligate a subire un'ispezione corporale, ossia un esame dello stato fisico o mentale, ma soltanto se è indispensabile per far luce su determinati reati e se la misura non arreca dolori particolari né compromette la salute.

Art. 251

Esecuzione

Il ricovero in ospedale per l'esecuzione di un esame è un caso speciale disciplinato nell'articolo 183.

1143

2.5.4.6 Art. 252

Sezione 6: Ispezione di cadaveri (art. 252 e 253) Decessi dovuti a cause sospette o ignote

L'annuncio di un decesso sospetto da parte del personale medico è preceduto da un primo esame del cadavere finalizzato alla constatazione della morte. L'obbligo di annunciare i casi di decesso sospetti previsto nel diritto cantonale ha la conseguenza di evitare che tale comunicazione sia consideratata una violazione del segreto professionale da parte del personale medico (cfr. art. 321 n. 3 CP). Un decesso è ritenuto sospetto se vi sono indizi che lasciano supporre la commissione di un reato.

Devono pertanto essere annunciati anche i casi di decesso riconducibili a un errore medico o all'omissione di un trattamento necessario anche se, in tali casi, la morte può a prima vista sembrare dovuta a cause naturali.

Secondo il capoverso 1 il pubblico ministero deve disporre una prima ispezione (ispezione esterna da parte di un medico specializzato in medicina legale) anche nel caso in cui l'identità del cadavere sia ignota poiché spesso è difficile escludere un intervento esterno quando non si conosce nulla della persona deceduta. Per questo per poter dare il nulla osta alle esequie è necessario che l'identità del cadavere sia stata accertata (cpv. 2).

In caso di autopsia (cpv. 3) il pubblico ministero è tenuto ad autorizzare le esequie non appena i fatti siano stati sufficientemente chiariti.

2.5.5

Capitolo 5: Analisi del DNA (art. 254­258)

In questo capitolo sono trasposte nel presente Codice le disposizioni della legge federale del 20 giugno 2003322 sull'utilizzo di profili del DNA nel procedimento penale e per l'identificazione di persone sconosciute o scomparse (legge sui profili del DNA), nella misura in cui l'utilizzazione di profili del DNA avvenga nell'ambito della procedura penale. Taluni adeguamenti sono tuttavia necessari, poiché la legge sui profili del DNA è stata concepita quale legge speciale volta a completare la procedura federale e quelle cantonali e doveva pertanto tenere conto dei vari modelli e regolamentazioni. D'ora in poi le disposizioni in materia di analisi del DNA dovranno essere integrate in una sola e unica procedura penale, senza tuttavia contraddire le rimanenti disposizioni. Questo rende necessaria una regolamentazione più precisa delle analisi del DNA.

La legge sui profili del DNA conserva la sua validità. Continua ad essere applicabile alle procedure penali non disciplinate dal presente Codice nonché all'utilizzazione dei profili del DNA in ambiti che esulano dai procedimenti penali. Essa continua inoltre a disciplinare il sistema d'informazione basato sui profili del DNA.

Art. 254

Condizioni in generale

Capoverso 1: la competenza per ordinare l'allestimento di un profilo del DNA è disciplinata nell'articolo 195; sono dunque competenti il pubblico ministero, l'autorità giudicante e, nei casi urgenti, chi dirige il procedimento in giudizio. Tale regolamentazione è giustificata dalla grande affinità con le ispezioni corporali, che 322

RS 363

1144

possono essere ordinate dalle stesse autorità. Una regolamentazione speciale per i prelievi non invasivi, in particolare il prelievo di uno striscio della mucosa orale, è tuttavia giustificata. Considerata l'esigua invasività, una simile misura può essere disposta ed eseguita autonomamente dalla polizia (cpv. 2 lett. a). Ordinare l'analisi del campione prelevato spetta invece al pubblico ministero. Ci si può chiedere del resto se non si dovrebbe autorizzare anche la polizia a ordinare e a eseguire autonomamente il prelievo e l'analisi di campioni da persone decedute. Il conferimento di una simile competenza alla polizia è tuttavia inutile: se si tratta di un'analisi del profilo del DNA relativa a un decesso sospetto (p. es. a fini di identificazione), l'affare è in ogni modo di competenza del pubblico ministero (cfr. art. 252 cpv. 1); se si sospetta che vi sia un rapporto tra il defunto e la commissione di un reato, si tratterà sempre di un reato grave, che la polizia dovrà notificare al pubblico ministero. Quest'ultimo sarà pertanto chiamato a condurre le indagini (cfr. art. 308 cpv. 1 lett. c).

Conformemente al capoverso 2 lettera b la polizia ha nondimeno la competenza di allestire un profilo del DNA a partire da tracce. Tale disposizione è conforme all'articolo 305 capoverso 2 lettera a in cui si prevede che la polizia, durante la sua attività investigativa, non deve soltanto assicurare le tracce ma deve anche valutarle.

Poiché l'analisi del DNA deve essere svolta da un laboratorio specialistico, la competenza della polizia di ordinare una simile analisi è una norma speciale che fa eccezione alla regola secondo cui in linea di massima la competenza di far capo a un perito spetta al pubblico ministero o all'autorità giudicante (art. 179).323 Art. 255

Indagini a tappeto

Si procede a un'indagine a tappeto quando vi è un indizio relativo a un atto determinato, ma non a una persona determinata. Si tratta dei casi in cui vi sono indicazioni troppo imprecise concernenti il presunto autore del reato per poter sospettare concretamente una o più persone. Deve nondimeno essere possibile supporre che l'autore presenti determinate caratteristiche proprie di un gruppo di persone. Tali caratteristiche devono avere un rapporto con la commissione del reato; il colore della pelle, per esempio, non è una caratteristica sufficientemente precisa. Ordinare un'indagine a tappeto è utile soltanto se è possibile paragonare i profili del DNA così allestiti con le tracce rinvenute dalla polizia.

Poiché le indagini a tappeto coinvolgono nell'istruzione persone contro le quali non vi sono indizi di reato, tali indagini sono limitate al perseguimento di reati e devono essere autorizzate dal giudice dei provvedimenti coercitivi.

Art. 256

Prelievi effettuati su condannati

La possibilità per il giudice di disporre il prelievo di campioni non è limitata alle persone condannate. Come già constatato per l'articolo 230 capoverso 1 la nozione di «condannato» deve essere considerata in senso lato: comprende infatti anche le persone prosciolte per incapacità penale ma che sono tuttavia state internate o sottoposte a una misura terapeutica. Contrariamente alla carcerazione di sicurezza dopo la sentenza di primo grado, l'analisi del DNA disposta nella sentenza può essere svolta soltanto quando quest'ultima è passata in giudicato.

323

A tal proposito, cfr. Felix Bommer, DNA­Analyse zu Identifizierungszwecken im Strafverfahren, ZBJV 118 (2000) 131, 146 segg.

1145

Art. 257

Esecuzione dei prelievi di campioni

Occorre distinguere tra prelievi non invasivi (segnatamente lo striscio della mucosa orale) e prelievi invasivi (segnatamente il prelievo del sangue). I prelievi invasivi devo essere eseguiti da personale medico specializzato, mentre gli altri posso essere eseguiti anche dalla polizia. Se l'analisi verte su tracce (art. 254 cpv. 1 lett. d) non è necessario procedere previamente al prelievo di campioni; il materiale biologico rinvenuto (p. es. capelli) può invece essere analizzato direttamente.

Art. 258

Applicabilità della legge sui profili del DNA

Il presente Codice deve contenere unicamente le disposizioni relative ai profili del DNA direttamente applicabili nell'ambito della procedura penale. Le altre disposizioni rimangono pertanto nella legge sui profili del DNA. Si tratta in particolare delle disposizioni relative alla scelta dei profili del DNA da inserire nel sistema d'informazione basato sui profili di DNA e delle condizioni alle quali tali profili devono essere cancellati.

2.5.6

Art. 259

Capitolo 6: Rilevamenti segnaletici, campioni calligrafici e vocali (art. 259­261) Rilevamenti segnaletici

Capoverso 1: il rilevamento segnaletico si limita ad accertare o a misurare le caratteristiche fisiche esterne di una persona (p.es. per mezzo di una fotografia), quali l'altezza, l'aspetto, il peso, le impronte digitali nonché le impronte delle mani, delle orecchie, dei piedi, dei denti e di altre parti del corpo. Il prelievo di sangue, di urina, del contenuto dello stomaco, di capelli o simili è disciplinato invece dalle disposizioni concernenti le ispezioni corporali o l'analisi del DNA. Il prelievo di elementi estranei al corpo o separati da questo (p. es. tessili, residui trovati sotto le unghie, capelli o simili) è disciplinato dalle disposizioni concernenti la perquisizione di persone.

Capoverso 2: il rilevamento segnaletico in quanto tale324 non rappresenta una lesione significativa dei diritti della persona interessata. Può pertanto procedervi anche la polizia. Il rilevamento segnaletico rientra già oggi nella procedura usuale della polizia nei casi in cui gli indizi concernenti una persona arrestata temporaneamente sono confermati. Poiché il rilevamento segnaletico rappresenta soltanto un'esigua lesione dei diritti della persona, tale misura può essere applicata anche ai non imputati.

Questo può per esempio essere necessario per mettere in correlazione le tracce trovate nel luogo del reato con le persone non imputate. Conformemente al principio della proporzionalità è tuttavia necessario agire con prudenza, poiché in queste circostanze manca l'indizio di reato, ossia l'elemento che legittima la misura. Occorre pertanto prendere in considerazione la gravità del reato sul quale far luce e le maggiori difficoltà che vi sarebbero ad accertare i fatti senza tale misura. Il rileva-

324

Se non si tiene conto della gravità della lesione rappresentata dall'impiego e dalla conservazione dei risultati.

1146

mento segnaletico è infatti destinato a consentire l'accertamento dei fatti, che comprende in particolare la constatazione dell'identità della persona interessata.

Il capoverso 4 si applica unicamente ai casi in cui il rilevamento segnaletico è stato disposto autonomamente dalla polizia nell'ambito di una procedura investigativa.

Non è invece necessario che il pubblico ministero decida una seconda volta se esso stesso ha ordinato la misura (art. 312). Se conferma l'ingiunzione della polizia, il pubblico ministero emette una citazione o un mandato di comparizione, sempre che le condizioni di cui all'articolo 205 siano soddisfatte. Se il pubblico ministero dispone il rilevamento segnaletico nei confronti di una persona che si era rifiutata di sottoporvisici, quest'ultima ha la possibilità, conformemente all'articolo 198, di interporre reclamo. La stessa possibilità esiste anche quando la misura è stata direttamente disposta dal pubblico ministero.

Art. 260

Conservazione e impiego di documenti segnaletici

Anche se il rilevamento segnaletico rappresenta soltanto una lesione minima dei diritti della persona interessata, l'impiego dei risultati ottenuti può avere conseguenze molto più gravi, soprattutto se avviene molto tempo dopo il rilevamento e in un altro contesto. L'interesse delle persone interessate a ottenere la distruzione immediata del dossier contenente i loro rilevamenti segnaletici è contrapposto all'interesse dello Stato a disporre di banche dati il più possibile complete che gli consentano di far luce rapidamente su reati futuri. Il presente disegno cerca di trovare un compromesso tra questi due interessi, tenendo in considerazione anche la giurisprudenza del Tribunale federale325. Per evitare gli abusi e in particolare una generalizzazione dell'applicazione della clausola d'eccezione di cui al capoverso 2, il disegno prevede che per la conservazione dei rilievi segnaletici oltre la durata ordinaria è necessario il consenso di chi dirigeva il procedimento nell'autorità che per ultima si è occupata della causa.

Questa disposizione si applica unicamente ai documenti segnaletici che non figurano nel fascicolo ai sensi dell'articolo 98. Finché i risultati di rilievi segnaletici si trovano nel fascicolo, l'impiego e la distruzione di questi sono disciplinati dalle disposizioni in materia di gestione degli atti (art. 98­101).

Art. 261

Campioni grafologici e vocali

Per questi importanti strumenti criminologici impiegati per l'accertamento dei fatti è necessaria una base legale speciale, poiché non possono essere paragonati né ai provvedimenti coercitivi né ai rilevamenti segnaletici. A differenza di quanto avviene per questi ultimi, per l'ottenimento di un campione grafologico e vocale è necessaria la cooperazione dell'interessato. Sotto questo profilo vi sono tuttalpiù similitudini con l'ispezione corporale volta a esaminare lo stato mentale di una persona.

L'ottenimento di campioni grafologici e vocali si differenzia invece dall'ispezione corporale per il fatto che non si tratta di un esame medico.

Secondo il capoverso 1 l'imputato, i testimoni e le persone informate sui fatti possono essere tenuti a fornire campioni grafologici e vocali. Prevedere una pena per le persone che si rifiutano di fornire siffatti campioni sarebbe tuttavia contrario a taluni diritti di non rispondere. Si può per esempio citare il caso dell'imputato ­ dal quale 325

DTF 109 Ia 157; 120 Ia 151

1147

non ci si può attendere che partecipi attivamente alla dimostrazione della sua reità ­ che dispone di un diritto incondizionato di non rispondere. Il diritto di restare in silenzio delle persone informate sui fatti si fonda sulla stessa riflessione. Nel caso dei testimoni la situazione è invece differente: il diritto di non deporre per legami personali (art. 165) e quello per propria protezione (art. 166) sono fondati sul fatto che in tali casi non si può esigere una loro partecipazione attiva. Negli altri casi il diritto di non deporre è volto a preservare particolari relazioni di fiducia nelle quali lo Stato non può intromettersi o può farlo soltanto a determinate condizioni326. Per quanto concerne i campioni grafologici e vocali questo significa che possono essere puniti conformemente al capoverso 2 soltanto coloro il cui diritto di non deporre non è fondato su legami personali o su motivi inerenti la loro protezione. Un medico, per esempio, non può rifiutarsi di fornire un campione grafologico invocando il diritto di non deporre in virtù della sua qualità di medico dell'imputato. Tale diritto è infatti riconosciuto unicamente se si tratta di fatti di cui è venuto a conoscenza nell'ambito della sua attività professionale; poiché la fornitura di un campione grafologico non ha nessun rapporto con l'attività professionale del medico, quest'ultimo può esservi obbligato sotto comminatoria di una multa disciplinare.

2.5.7 Art. 262

Capitolo 7: Sequestro (art. 262­267) Principio

Capoverso 1: il sequestro può essere definito come la sospensione temporanea del diritto di disporre o come una messa al sicuro provvisoria. Il sequestro per garantire la copertura delle spese ai sensi della lettera b è disciplinato più in dettaglio nell'articolo 267. La lettera c contiene la base legale per il cosiddetto sequestro in vista della restituzione ai danneggiati. La restituzione è disciplinata sotto il profilo del diritto materiale nell'articolo 70 capoverso 1 nCP327 (art. 59 n. 1 primo comma CP).

Secondo la giurisprudenza328 e la dottrina329 il sequestro è limitato ai valori patrimoniali sottratti direttamente al danneggiato mediante il reato. Da un lato, si tratta per esempio degli oggetti sottratti all'avente diritto in occasione della commissione di un reato (furto, appropriazione indebita o truffa) e, d'altro lato, dei conti bancari alimentati mediante il reato.

Capoverso 2: il sequestro deve in linea di massima essere disposto con un ordine scritto. Non deve tuttavia essere in un documento separato ma può figurare, per esempio, sul mandato di perquisizione.

Conformemente all'articolo 195 il sequestro può in linea di massima essere ordinato dal pubblico ministero e dall'autorità giudicante. Secondo il capoverso 3, se vi è pericolo nel ritardo, la polizia ­ per esempio in occasione di una perquisizione ­ o privati ­ per esempio in occasione di un arresto secondo l'articolo 217 ­ sono pure autorizzati a mettere provvisoriamente al sicuro oggetti o valori patrimoniali. Gli

326

Per quanto concerne i beni protetti dal diritto di non deporre, cfr. Peter Goldschmid, Der Einsatz technischer Überwachungsgeräte im Strafprozess, tesi, Berna 2001, pagg. 134 segg.

327 FF 2002 7351 328 DTF 116 IV 204; 117 Ia 424 329 Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 69 n. 22; Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 753.

1148

oggetti o i valori patrimoniali devono in seguito essere consegnati al pubblico ministero o al giudice, per consentirgli di ordinare il sequestro.

Art. 263

Limitazioni

Capoverso 1: il sequestro di oggetti in possesso dell'imputato non contravviene al divieto di obbligare quest'ultimo ad ascrivere elementi a suo carico, poiché il sequestro è una misura che l'imputato deve tollerare, ma alla quale non è tenuto a partecipare attivamente. Lo stesso vale anche per le persone che possono far valere il diritto di non deporre per ragioni inerenti la loro protezione o la protezione di persone a loro vicine. Il sequestro è soggetto a talune restrizioni quando si tratta di proteggere la sfera privata o particolari rapporti di fiducia dell'imputato (p. es. il rapporto tra medico e paziente). Gli oggetti e i valori patrimoniali di cui alle lettere a­c non possono essere sequestrati a prescindere dal luogo in cui si trovino.

Art. 264

Obbligo di consegna

Capoverso 1: diversamente dal sequestro, per la consegna è necessaria la partecipazione attiva del detentore. Le persone che hanno il diritto di non rispondere o di non deporre non possono pertanto essere obbligate alla consegna. La liberazione da tale obbligo non può tuttavia andare oltre il diritto di non rispondere o di non deporre.

Un operatore dei media, per esempio, non è liberato dall'obbligo di consegnare oggetti indispensabili per far luce su un reato ai sensi dell'articolo 169 capoverso 2 lettera b.

I capoversi 2 e 3 stabiliscono le misure che possono essere ordinate nella procedura di sequestro e concretano in tal modo il principio della proporzionalità. Alle persone tenute alla consegna deve in primo luogo essere imposto un termine per procedervi; soltanto se l'ingiunzione di consegna è disattesa è possibile prendere provvedimenti coercitivi (p. es. una perquisizione domiciliare).

Art. 265

Esecuzione

La regolamentazione prevista dal Consiglio federale in base alla competenza attribuitagli nel capoverso 6 renderà vincolanti le «Richtlinien der Arbeitsgruppe Wirtschaftskriminalität der Konferenz der Kantonalen Justiz- und Polizeidirektoren (KKJPD) über die Verwaltung beschlagnahmter Vermögenswerte» del 24 marzo 1999 nonché la «Rundschreiben Nr. 1429 D der Schweizerischen Bankiervereinigung» del 26 marzo 1999; tali regolamentazioni sono attualmente osservate dalle autorità penali e dalle banche ma non sono ancora vincolanti.

Art. 266

Decisione in merito agli oggetti e ai valori patrimoniali sequestrati

L'autorità penale deve decidere non soltanto in merito agli oggetti e ai valori patrimoniali che sono stati sottratti agli aventi diritto con la forza, ma anche in merito a quelli consegnati in virtù di un'ingiunzione senza che sia stato fatto uso della forza.

Per il dissequestro secondo il capoverso 1 è competente l'autorità presso cui è pendente il procedimento. Per la restituzione degli oggetti o dei valori patrimoniali ai sensi del capoverso 1 è necessario che sia stato trovato l'avente diritto; tali oggetto o valori non devono inoltre essere stati reclamati da più persone. In linea di massima

1149

ci si atterrà alla presunzione di proprietà di cui all'articolo 930 CC e si restituiranno gli oggetti e i valori patrimoniali alla persona che li possedeva in precedenza.

Il capoverso 2 disciplina il dissequestro di oggetti o valori patrimoniali per la restituzione al danneggiato (art. 262 cpv. 1 lett. c). Questo caso deve essere disciplinato da una disposizione speciale, poiché il motivo del sequestro è la restituzione in quanto tale e non può pertanto venire meno come previsto nel capoverso 1. La restituzione deve avvenire il più rapidamente possibile, sempre che non sia contestata dall'imputato o da un terzo e che l'oggetto non debba essere conservato per scopi probatori. In caso di contestazione o se più persone avanzano pretese si applicano i capoversi 3­5.

Sono considerate decisioni finali ai sensi del capoverso 3 le sentenze o altre decisioni che concludono il procedimento (decisione di non luogo a procedere e di abbandono).

I capoversi 4 e 5 stabiliscono come procedere nel caso in cui più persone avanzano pretese su un oggetto o su un valore patrimoniale. In linea di massima l'autorità penale non deve essere obbligata a decidere in merito a pretese di diritto civile vertenti su oggetti o valori patrimoniali sequestrati. Il capoverso 4 autorizza nondimeno una simile decisione, a condizione che sia presa dal giudice, poiché si tratta della determinazione di diritti e di doveri di carattere civile ai sensi dell'articolo 6 paragrafo 1 CEDU. Il giudice può, ma non è obbligato a decidere in merito all'attribuzione definitiva. Quest'ultima sarà presa in considerazione nel momento in cui la situazione giuridica sarà stata chiarita. Se il giudice non decide in via definitiva deve procedere secondo il capoverso 5, ossia attribuire l'oggetto o il valore patrimoniale a una persona e impartire alle altre persone che hanno avanzato pretese un termine per promuovere azione civile. Soltanto se il termine scade inutilizzato è possibile consegnare l'oggetto o il valore patrimoniale alla persona indicata nella decisione. Contrariamente al giudice, il pubblico ministero può procedere direttamente secondo il capoverso 5 nel caso in cui l'oggetto o il valore patrimoniale sia rivendicato da più persone.

Art. 267

Sequestro a copertura delle spese

La possibilità di sequestrare il patrimonio dell'imputato per l'esecuzione della sentenza è prevista nella maggior parte dei codici di procedura penale cantonali. Il sequestro può essere ordinato unicamente per garantire la copertura delle spese del procedimento, delle pene pecuniarie e delle multe che dovranno verosimilmente essere pagate nonché delle indennità dovute all'accusatore privato secondo l'articolo 440. Il sequestro non può essere ordinato per garantire pretese civili.

Anche nel caso del sequestro a copertura delle spese, come per tutte le misure coercitive, deve essere osservato il principio della proporzionalità. Quest'ultimo deve essere preso in considerazione in primo luogo quando si tratta di decidere in merito all'opportunità di un simile sequestro. Devono esservi indizi che lasciano supporre che la misura sia necessaria, per esempio nei casi in cui l'imputato ­ senza aver fornito le necessarie garanzie ­ procede a trasferimenti di beni per evitare il sequestro o cerca di fuggire per sottrarsi al procedimento. Il principio della proporzionalità deve in seguito essere preso in considerazione al momento della determinazione del valore dei beni da mettere sotto sequestro. Tale aspetto è disciplinato nei capoversi 2 e 3: mentre il capoverso 3 permette soltanto di determinare il valore massimo dei

1150

beni patrimoniali da mettere sotto sequestro, il capoverso 2 obbliga se del caso l'autorità penale a prendere in considerazioni altri elementi.

2.5.8

Capitolo 8: Misure di sorveglianza segrete

2.5.8.1

Sezione 1: Sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (art. 268­278)

Le disposizioni di questa sezione sono fondate sulle norme di procedura penale contenute nella legge federale del 6 ottobre 2000330 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT), in vigore dal 1° gennaio 2002. Quest'ultima rimarrà vigente anche dopo l'entrata in vigore del Codice di diritto processuale penale svizzero, poiché le disposizioni che disciplinano l'esecuzione della sorveglianza ­ in particolare i compiti degli offerenti di servizi postali e di telecomunicazione nonché del servizio di sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni gestito dalla Confederazione ­ non saranno riprese nel nuovo Codice.

Le disposizioni di procedura penale della LSCPT sono invece essenzialmente riprese nel presente Codice. Sono state apportate soltanto le modifiche indispensabili per l'integrazione di tali disposizioni, segnatamente per quanto concerne la designazione delle autorità e delle fasi del procedimento. Le disposizioni sono inoltre state armonizzate con quelle che disciplinano altre misure coercitive, in particolare le norme relative all'inchiesta mascherata. Infine sono stati chiariti certi passaggi della LSCPT e certe imperfezioni rilevate dalla dottrina, laddove la critica è stata considerata giustificata.

Art. 268

Condizioni

La sorveglianza può essere disposta soltanto dal pubblico ministero, dunque dall'autorità inquirente, come previsto già nell'articolo 6 lettera a LSCPT per la Confederazione. Il capoverso 1 lettera a prevede «soltanto» l'esistenza del grave sospetto che sia stato commesso un reato, mentre l'articolo 3 capoverso 1 lettera a LSCPT menziona anche la partecipazione alla commissione di un reato. Concretamente questa differenza non ha nessuna ripercussione: come nel caso della carcerazione preventiva, in cui la partecipazione a un reato non è parimenti menzionata espressamente (cfr. art. 220 cpv. 1), è possibile la sorveglianza sia degli autori che dei partecipanti.

La lista dei reati di cui al capoverso 2 è stata leggermente modificata. È stata anzitutto armonizzata con quella allestita per l'inchiesta mascherata. D'ora in poi tutti i reati che possono essere oggetto di una misura di sorveglianza segreta possono essere oggetto anche di sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. La lista di cui al capoverso 2 è inoltre stata completata con reati la cui mancanza era giustamente stata fatta notare dalla dottrina331 (p. es. la discriminazione razziale secondo l'art. 261bis CP e il genocidio secondo l'art. 264 CP).

330 331

RS 780.1 Thomas Hansjakob, BÜPF/ VÜPF. Kommentar zum Bundesgesetz und zur Verordnung über die Überwachung des Post- und Fernmeldeverkehrs, San Gallo 2002, art. 3 n. 40 segg.

1151

Il capoverso 3 si riferisce alla regolamentazione di cui all'articolo 221 del Codice penale militare332: se una persona è accusata di più reati ­ di cui alcuni di competenza della giurisdizione militare e altri di quella ordinaria ­ il Consiglio federale può deferirli tutti al giudizio o del tribunale militare o del tribunale ordinario. È pertanto immaginabile che il pubblico ministero debba disporre la sorveglianza della corrispondenza postale o del traffico delle telecomunicazioni nell'ambito del perseguimento di un reato previsto dal Codice penale militare.

Art. 269

Oggetto della sorveglianza

Per quanto concerne l'oggetto della sorveglianza il presente Codice riprende la regolamentazione della LSCPT333. In quest'ultima la definizione dell'oggetto risulta dall'articolo 3 capoverso 1 lettera a e dall'articolo 4, mentre nel presente Codice vi è una sola disposizione in proposito. Si è inoltre rinunciato a menzionare espressamente i posti pubblici di telecomunicazione o i collegamenti non attribuibili a una persona conosciuta (cfr. art. 4 cpv. 2 LSCPT), poiché tali installazioni sono coperte dalla nozione di collegamento di telecomunicazione di terzi ai sensi della lettera b numero 1.

Si considera che l'imputato utilizza l'indirizzo postale o il collegamento di telecomunicazione di terzi ai sensi della lettera b numero 1 soltanto se lo usa come se fosse il suo. È pertanto esclusa la sorveglianza del collegamento di un terzo basata soltanto sulla supposizione che l'imputato potrebbe chiamare. In tal modo si aggirerebbero infatti le condizioni previste nella lettera b numero 2 per la sorveglianza di terzi.

Art. 270

Salvaguardia del segreto professionale

Capoverso 1: le persone tenute al segreto professionale possono essere sorvegliate se sono imputate oppure nei due casi seguenti: in primo luogo se ricevono determinate comunicazioni per conto dell'imputato o se trasmettono a terzi comunicazioni di quest'ultimo e in secondo luogo se consentono all'imputato di servirsi del loro indirizzo o del loro collegamento di telecomunicazione. Alla regolamentazione prevista nell'articolo 4 capoverso 3 lettera b LSCPT viene così aggiunta la possibilità di sorvegliare gli intermediari. Si intende in tal modo impedire per quanto possibile all'imputato di aggirare le disposizioni legali.

Le informazioni raccolte nell'ambito della sorveglianza di persone tenute al segreto professionale devono essere cernite da un'autorità giudiziaria. Spetta ai Cantoni e rispettivamente alla Confederazione, nel caso delle procedure federali, la competenza di designare tale autorità giudiziaria. Può trattarsi anche del giudice dei provvedimenti coercitivi. L'autorità giudiziaria designata non deve necessariamente procedere alla cernita, può limitarsi a dirigerla.

L'esigenza secondo cui devono essere eliminate le informazioni non concernenti il motivo per cui la persona interessata è posta sotto sorveglianza può obbligare in talune circostanze l'autorità giudiziaria a eliminare anche informazioni rilevanti per il procedimento. Questo può capitare per esempio nel caso in cui è sorvegliato il 332 333

RS 321.0 Per maggiori dettagli sulla definizione dell'oggetto, cfr. Thomas Hansjakob, BÜPF/ VÜPF. Kommentar zum Bundesgesetz und zur Verordnung über die Überwachung des Post- und Fernmeldeverkehrs, San Gallo 2002, Vorbemerkungen zum BÜPF n. 1 segg.

1152

collegamento di telecomunicazione di un medico, se vi sono ragioni di credere che tale collegamento sia utilizzato dall'imputato. Le informazioni concernenti quest'ultimo e rilevanti per il procedimento raccolte durante un colloquio tra il medico e un terzo dovranno pertanto essere eliminate, poiché il motivo che ha indotto a disporre la sorveglianza verteva sull'utilizzazione del collegamento da parte dell'imputato.

Va da sé che i segreti professionali non devono giungere a conoscenza né del pubblico ministero né dei membri della polizia coinvolti nelle indagini.

Capoverso 2: in caso di intercettazioni via collegamento diretto la cernita delle informazioni non è possibile. Tali intercettazioni sono pertanto ammissibili soltanto se la persona tenuta al segreto professionale è sorvegliata in qualità di imputato e se ragioni particolari lo esigono (p. es. la necessità di ottenere le informazioni il più rapidamente possibile).

Il capoverso 3 segue la stessa logica dei diritti di non deporre di cui agli articoli 167­170: si tratta di proteggere una relazione di fiducia particolare che le autorità penali non hanno in linea di massima diritto di conoscere. Questa disposizione è destinata segnatamente a preservare la confidenzialità delle conversazioni telefoniche tra l'imputato e il suo avvocato.

Art. 271

Obbligo d'approvazione e autorizzazione di massima

I capoversi 2 e 3 corrispondono essenzialmente all'articolo 4 capoverso 4 LSCPT. Si è tuttavia rinunciato a menzionare espressamente l'obbligo del pubblico ministero di comunicare al servizio ogni cambiamento tramite un ordine di sorveglianza, poiché in ogni caso senza comunicazione non viene effettuato nessun cambiamento.

Art. 272

Dati relativi alle comunicazioni e alla fatturazione, identificazione degli utenti

Questa disposizione è applicabile soltanto se i dati in questione possono essere raccolti esclusivamente per il tramite dei servizi postali o di telecomunicazione. In caso contrario, per esempio se i dati sono registrati in un telefono cellulare, si applicano le disposizioni in materia di perquisizione e di apposizione di sigilli.

Capoverso 1: anche le informazioni concernenti i cosiddetti dati marginali rappresentano una violazione del segreto delle telecomunicazioni. Tale lesione dei diritti fondamentali è tuttavia meno grave rispetto all'ascolto e alla registrazione di comunicazioni per il tramite di installazioni di telecomunicazioni (in particolare le conversazioni telefoniche). La raccolta di informazioni concernenti i dati marginali deve pertanto essere ammessa a condizioni meno severe: è infatti ammessa se vi è il grave sospetto che sia stato commesso un reato di cui all'articolo 268 capoverso 2, ma in generale anche ogni volta che vi sono indizi che sia stato commesso un crimine o un delitto. Vi è così un cambiamento rispetto alla regolamentazione vigente: secondo l'articolo 5 capoverso 1 LSCPT è possibile esigere informazioni concernenti dati marginali soltanto se la persona interessata è sospettata di aver commesso un reato figurante nella lista. Nel messaggio concernente la LSCPT avevamo giustificato tale regolamentazione come segue: «L'identificazione degli utenti con effetto retroattivo, soprattutto, costituisce un intervento di portata considerevole nella sfera segreta personale, mentre l'identificazione continua mediante sorveglianza non accresce l'intensità dell'intervento. Bisogna perciò attenersi all'ordine di sorveglianza alle

1153

condizioni di cui all'articolo 3» 334. Non è più possibile continuare a sostenere tale punto di vista, poiché non tiene sufficientemente conto delle differenze nell'intensità delle lesioni dei diritti fondamentali. Appare inoltre contraddittorio considerare che ­ da sola ­ la raccolta di dati marginali rappresenta una lesione della stessa gravità rispetto alla sorveglianza delle comunicazioni, negando nel contempo che la gravità della lesione è maggiore se alla sorveglianza si aggiunge anche la raccolta di dati marginali.

La raccolta di dati marginali rimane tuttavia una lesione non trascurabile dei diritti fondamentali. Per questo il capoverso 2 prevede che l'ordine di fornire le informazioni sottostà all'approvazione del giudice dei provvedimenti coercitivi.

Il capoverso 3 riprende la regolamentazione prevista nell'articolo 5 capoverso 2 LSCPT secondo cui le informazioni possono essere richieste con effetto retroattivo fino a sei mesi. Forse sarà necessario aumentare tale termine, a dipendenza del risultato della trattazione del postulato 05.3006 della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati del 21 febbraio 2005 «Lottare più efficacemente contro il terrorismo e il crimine organizzato». Tale postulato chiede infatti al Consiglio federale di esaminare la possibilità di prorogare la durata di conservazione dei dati relativi alle conversazioni telefoniche.

Art. 277

Reperti casuali

La regolamentazione che disciplina i cosiddetti reperti casuali è più restrittiva rispetto a quella dell'articolo 9 LSCPT. Essa è fondata sul principio secondo cui possono essere utilizzate soltanto le informazioni che avrebbero potuto essere ottenute se al momento in cui è stata disposta la sorveglianza vi fossero già stati indizi contro un'altra persona o su un altro reato. La possibilità di utilizzare le informazioni prevista nell'articolo 9 capoverso 1 lettera a LSCPT è pertanto esclusa nella presente disposizione per i reati non passibili di sorveglianza, anche se il reato scoperto per caso si è aggiunto a uno di tali reati. La regolamentazione adottata nella LSCPT non si giustifica, poiché la persona la cui reità è stata provata per il reato per cui era indiziata è sfavorita nei confronti della persona indiziata unicamente di un reato non menzionato nell'articolo 268 capoverso 2 e che pertanto non può essere sorvegliata.

Art. 278

Comunicazione

Questa regolamentazione corrisponde materialmente a quella dell'articolo 10 capoversi 2­6 LSCPT.

334

FF 1998 3319, segnatamente pag. 3345

1154

2.5.8.2

Art. 279

Sezione 2: Sorveglianza mediante apparecchi tecnici di sorveglianza (art. 279 e 280) Scopo dell'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza

Finora le normative processuali penali si sono limitate ad autorizzare l'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza senza fornire molte precisazioni sullo scopo di tale impiego. Considerata da un lato l'imprecisione della nozione di «apparecchi tecnici di sorveglianza» e, d'altro lato, la gravità delle ingerenze nei diritti fondamentali occasionate dall'impiego di tali apparecchi, una siffatta regolamentazione non è sufficiente per soddisfare l'esigenza di precisione delle norme volte a limitare i diritti fondamentali. L'articolo 279 è stato concepito per colmare questa lacuna.

Mentre i tipi di sorveglianza di cui alle lettere a e b sono difficilmente percepibili (e per cui l'esigenza di una base legale appare chiara), spesso è possibile accertare il luogo in cui si trovano persone o cose (lett. c) senza che sia necessario introdursi nella sfera privata o segreta. Sotto il profilo della protezione dei diritti fondamentali l'impiego di mezzi tecnici che consentono in ogni tempo di determinare il luogo in cui si trova una persona o una cosa (p. es. la borsa o il veicolo dell'imputato), e pertanto di seguirne i movimenti, è una questione molto delicata. Le misure di questo tipo necessitano pertanto di una base legale.

Art. 280

Condizioni ed esecuzione

Le condizioni da soddisfare e la procedura che consente di disporre e di autorizzare la misura coincidono con quelle applicabili nell'ambito della sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (cpv. 3). Contrariamente a quest'ultima, che può essere disposta anche nei confronti di terzi (cfr. art. 269 lett. b n. 2), la sorveglianza mediante apparecchi tecnici è possibile unicamente nei confronti dell'imputato.

Secondo il capoverso 2 vi sono nondimeno due casi in cui l'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza non è ammesso neppure nei confronti dell'imputato. Conformemente alla lettera a l'impiego di tali apparecchi non può essere disposto per osservare e registrare il comportamento dell'imputato in carcerazione preventiva per usarne i risultati a scopo probatorio. Una simile misura sarebbe infatti contraria all'essenza stessa del diritto alla libertà personale (art. 10 cpv. 2 Cost.) e della protezione della sfera privata (art. 13 cpv. 1 Cost.)335. Questo divieto non si applica tuttavia all'osservazione di una persona per ragioni di sicurezza (p. es. nei casi in cui vi è rischio di suicidio). La limitazione di cui alla lettera b è fondata sulla presunzione secondo cui gli eventi registrati in spazi o veicoli in presenza dell'imputato potrebbero rientrare nel campo d'applicazione delle disposizioni relative al diritto di non deporre delle persone tenute al segreto professionale. In caso di sorveglianza lo scopo del diritto di non deporre sarebbe vanificato.

335

Peter Goldschmid, Der Einsatz technischer Überwachungsgeräte im Strafprozess, tesi, Berna 2001, pagg. 37 segg.

1155

2.5.8.3

Sezione 3: Osservazione di persone e cose (art. 281 e 282)

Per osservazione si intendono la sorveglianza sistematica di eventi e di persone nei luoghi accessibili al pubblico durante un lasso di tempo determinato nonché la registrazione dei risultati in vista dell'utilizzazione nell'ambito del procedimento penale336. La giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell'uomo non ha ancora definito se l'osservazione costituisce una lesione dei diritti fondamentali della persona interessata. La dottrina più recente propende per una risposta affermativa, per lo meno quando l'osservazione dura a lungo337. Giacché anche la Commissione peritale ha ritenuto che fosse necessario disciplinare l'osservazione nell'ambito del diritto processuale penale338, il presente disegno prevede una base legale in proposito.

Art. 281

Condizioni

L'osservazione può essere svolta nell'ambito della procedura investigativa della polizia su ordine di quest'ultima. Vi si può tuttavia fare ricorso anche dopo l'apertura dell'istruzione; in tal caso la competenza per ordinarla appartiene al pubblico ministero. Lo strumento dell'osservazione non è invece utilizzabile durante gli accertamenti preliminari, poiché il pubblico ministero non è autorizzato a ordinare misure coercitive in questa fase (cfr. art. 309 cpv. 1 secondo per.).

Capoverso 1: anche se può essere ordinata già nella fase della procedura investigativa ­ in un momento in cui per l'apertura di un'istruzione non è ancora necessario che vi siano sufficienti indizi di reato ­ l'osservazione non può essere utilizzata per motivare gli eventuali indizi di reato. La lettera a stabilisce infatti che per ordinare la misura l'autorità penale deve avere indizi concreti della commissione di un crimine o di un delitto. Anche se l'articolo 194 capoverso 1 lettera b prevede che per ordinare un provvedimento coercitivo deve esservi un sufficiente indizio di reato, appare utile rammentare questa condizione generale anche in questa circostanza. La lettera a enuncia chiaramente che l'osservazione deve essere ordinata esclusivamente per far luce sui reati commessi e non a scopo preventivo. Le osservazioni volte a evitare un pericolo devono essere disciplinate dalla legislazione in materia di polizia.

I risultati dell'osservazione possono essere registrati su supporti video e audio. La registrazione di eventi che non si sono svolti in luoghi accessibili al pubblico sottostà tuttavia alle disposizioni concernenti l'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza (art. 279).

Capoverso 2: trattandosi di una misura che non costituisce una lesione particolare dei diritti fondamentali, l'osservazione deve poter essere ordinata senza autorizzazione. Questa regola non si applica tuttavia quando l'osservazione è disposta dalla polizia e la durata eccede due settimane. Per la decorrenza del termine è determinante l'inizio effettivo dell'attività di osservazione e non il momento in cui questa è 336

Per quanto concerne le diverse proposte di definizione, cfr. Roberto Zalunardo-Walser, Verdeckte kriminalpolizeiliche Ermittlungsmassnahmen unter besonderer Berücksichtigung der Observation, tesi, Zurigo 1999, pagg. 47 segg.

337 Roberto Zalunardo-Walser, Verdeckte kriminalpolizeiliche Ermittlungsmassnahmen unter besonderer Berücksichtigung der Observation, tesi, Zurigo 1999, pagg. 50 segg. con ulteriori rimandi.

338 Aus 29 mach 1, pag. 127.

1156

disposta; per il calcolo del termine di due settimane non si prendono in considerazione le eventuali interruzioni dell'osservazione. La competenza per l'approvazione spetta al pubblico ministero, poiché la polizia sottostà alla sua vigilanza durante la procedura investigativa (cfr. art. 15 cpv. 2 secondo per.).

Art. 282

Comunicazione

Capoverso 1: i «diretti interessati» devono essere messi al corrente dell'osservazione. Si intendono le persone contro cui è rivolta la misura e in particolare l'imputato. Devono tuttavia essere informati anche i terzi non imputati ­ per esempio persone particolarmente vicine all'imputato ­ dall'osservazione dei quali ci si attendeva di poter far luce sul reato. Le persone coinvolte per caso nell'attività di osservazione non devono invece esserne informate, per esempio le persone che abitano in un immobile posto sotto osservazione.

Capoverso 2: le condizioni per il differimento della comunicazione o per la rinuncia a quest'ultima sono le stesse che in caso di sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (cfr. art. 278 cpv. 2). Il pubblico ministero ha tuttavia il potere di decidere autonomamente; non necessita infatti dell'autorizzazione del giudice dei provvedimenti coercitivi. Questa differenza si spiega con il fatto che anche il pubblico ministero ha la competenza di disporre un'osservazione.

2.5.8.4

Sezione 4: Sorveglianza delle relazioni bancarie (art. 283 e 284)

Attualmente non esiste una base legale per la sorveglianza delle relazioni bancarie future. Esistono infatti soltanto direttive non vincolanti339. L'obbligo di consegna secondo l'articolo 264 ­ cui sottostanno anche le banche ­ e la possibilità di sequestro concernono unicamente i documenti già esistenti. Benché in teoria sarebbe già possibile intervenire presso una banca a intervalli regolari (p. es. ogni due giorni) per ingiungerle di fornire documenti concernenti le sue relazioni con l'imputato (p. es.

estratti conto), tale procedura laboriosa deve essere semplificata mediante l'introduzione di una possibilità di sorveglianza delle relazioni bancarie. Tale sorveglianza consiste in pratica nell'ingiungere a una banca di fornire all'autorità penale informazioni e documenti che non esistono ancora, ma che esisteranno in un futuro prossimo. Per poter obbligare le banche a collaborare è necessaria una base legale; questa necessità esiste tuttavia anche perché la sorveglianza lede la sfera privata dei clienti delle banche. La creazione di un simile strumento di sorveglianza è inoltre raccomandata anche nell'articolo 4 numero 2 della Convenzione del Consiglio d'Europa dell'8 novembre 1990340 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, ratificata dalla Svizzera.

339

«Empfehlungen der Kommission Wirtschaftkriminalität der Konferenz der Kantonalen Justiz- und Polizeidirektoren an die kantonalen Strafverfolgungsbehörden betr. Kontosperren und Schweigepflicht der Bank» del 7.4.1997 e «Rundschreiben der Schweizer Bankiervereinigung Nr. 1286» dell'8.4.1997.

340 RS 0.311.53

1157

Art. 283

Principio

La sorveglianza ha per oggetto «le relazioni tra l'imputato e una banca o un istituto analogo». Più precisamente si tratta di obbligare la banca a fornire registrazioni o documenti concernenti tali relazioni. Si intendono in particolare gli estratti concernenti conti o depositi, ma anche altri documenti quali contratti o corrispondenza. Per quanto concerne la definizione di banca si rinvia alla legge federale dell'8 novembre 1934341 sulle banche e le casse di risparmio e alle relative ordinanze, ossia l'ordinanza del 17 maggio 1972342 su le banche e le casse di risparmio e l'ordinanza del 21 ottobre 1996343 concernente le banche estere in Svizzera.

Contrariamente alla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni, che è disposta dal pubblico ministero ma deve essere autorizzata dal giudice dei provvedimenti coercitivi, la sorveglianza delle relazioni bancarie è disposta da quest'ultimo. La differenza di regolamentazione è giustificata dal fatto che la sorveglianza delle relazioni bancarie non deve di regola essere disposta con urgenza, poiché le informazioni e i documenti possono essere ottenuti anche in seguito con un'ingiunzione di consegna o con il sequestro.

Art. 284

Esecuzione

Il giudice dei provvedimenti coercitivi non è incaricato unicamente di disporre la misura, bensì anche di precisarne le modalità d'esecuzione344. Per questo deve fondarsi essenzialmente sulle considerazioni fornite dal pubblico ministero nella sua richiesta, ma ha anche la possibilità di stabilire condizioni più restrittive, per esempio riducendo la durata della misura. Per «provvedimenti da prendere per la tutela del segreto» si intendono le indicazioni impartite alla banca in merito alla misura e al comportamento che essa deve osservare affinché l'imputato non si accorga della sorveglianza.

Dal rinvio all'articolo 278 contenuto nel capoverso 2 si evince che l'informazione è di competenza del pubblico ministero. Le banche sono così liberate dallo sgradevole compito di informare i loro clienti della sorveglianza di cui sono stati oggetto.

2.5.8.5

Sezione 5: Inchiesta mascherata (art. 285­297)

Le disposizioni in materia di inchiesta mascherata corrispondono essenzialmente alle disposizioni di procedura penale della legge federale del 20 giugno 2003345 sull'inchiesta mascherata (LFIM). Sono state modificate per consentire una migliore integrazione nel presente Codice, così come le disposizioni in materia di sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. In seguito sono pertanto commentate soltanto le disposizioni che divergono dalla regolamentazione prevista nella LFIM. Diversamente dalla LFIM, il presente Codice non distingue le due fasi dell'inchiesta mascherata, ossia la fase della procedura penale (art. 14 segg.

341 342 343 344

RS 952.0 RS 952.02 RS 952.111 Per quanto concerne l'esecuzione della sorveglianza di conti bancari, cfr. Christiane Lentjes Meili, Zur Stellung der Banken in der Zürcher Strafuntersuchung, tesi, Zurigo 1996, 277 segg.

345 RS 312.8

1158

LFIM) e la fase in cui la direzione del procedimento non spetta ancora alle autorità di perseguimento penale. La regolamentazione della LFIM appare così un poco contraddittoria. L'intervento di agenti infiltrati prima dell'apertura di un procedimento penale presuppone infatti che si debba far luce su uno dei reati elencati (art. 4 LFIM). Per questo è tuttavia necessaria l'esistenza di sospetti fondati su determinati fatti che nel contempo rappresentano la condizione per l'apertura di un procedimento penale. In altri termini, le condizioni previste nella LFIM per l'inchiesta mascherata prima di un procedimento penale sono identiche a quelle che devono essere riunite per l'apertura di quest'ultimo. Dopo un esame più attento si può pertanto affermare che non vi è più spazio per l'inchiesta mascherata prima dell'apertura di un procedimento penale, così come previsto nella LFIM. Nel presente Codice di procedura penale si è dunque preferito rinunciarvi. Questo non esclude tuttavia che si possa ordinare un'inchiesta mascherata anche se non vi sono ancora indizi di reato relativi a una persona determinata, ma soltanto relativi a fatti, circostanza che condurrebbe all'apertura di un'istruzione contro ignoti. Autorizzare l'inchiesta mascherata nei casi in cui non sussiste ancora un indizio di reato sufficiente per l'apertura di un procedimento penale sarebbe invece problematico sotto il profilo dei valori dello Stato di diritto, poiché equivarrebbe ad autorizzare la vera e propria ricerca generalizzata e indiscriminata di indizi di reato.

Art. 285

Condizioni

Capoverso 1: le condizioni sono definite secondo lo stesso schema delle condizioni per la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. Le differenze concernono i punti descritti in seguito.

Mentre per la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni è necessario un grave sospetto, per poter ordinare un'inchiesta mascherata basta un sospetto «ordinario», che deve tuttavia essere sufficiente (cfr. art. 194 cpv. 1 lett. b). Tale misura è pertanto possibile in una fase più precoce del procedimento rispetto alla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. Questo può portare al caso in cui viene svolta un'inchiesta mascherata senza che vi sia contemporaneamente sorveglianza delle telecomunicazioni; considerata la diversa intensità della lesione della sfera privata; la differenziazione in funzione della gravità dell'indizio di reato è tuttavia indicata. Inoltre le liste di reati che giustificano le due misure non sono identiche. Tutti i reati della lista prevista per l'inchiesta mascherata sono elencati anche nell'altra lista; questo consente di «accompagnare» l'inchiesta mascherata con la sorveglianza delle telecomunicazioni, nella misura in cui il sospetto è grave. La lista dei reati che giustificano la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni è più lunga di quella prevista nella LFIM per due ragioni: da un lato l'inchiesta mascherata non è idonea per far luce su determinati reati (p. es. l'interruzione della gravidanza senza il consenso della gestante ai sensi dell'art. 118 cpv. 2 CP) e, d'altro lato, l'inchiesta mascherata è ammessa unicamente per far luce su reati gravi, qualificati o perseguibili d'ufficio; si compensa in tal modo il fatto che per quest'ultima ­ contrariamente a quanto previsto per la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni ­ non è necessario un grave sospetto. L'inchiesta mascherata deve poter essere possibile in una fase relativamente precoce del procedimento, ma unicamente in caso di reati gravi.

1159

Il capoverso 3 si riferisce alla regolamentazione dell'articolo 221 del Codice penale militare346: «se alcuno è accusato di più reati spettanti gli uni alla giurisdizione militare e gli altri a quella ordinaria, il Consiglio federale può deferirli tutti al giudizio o del tribunale militare o del tribunale ordinario». È pertanto immaginabile che il pubblico ministero debba ordinare la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni con l'obiettivo di perseguire un reato previsto nel Codice penale militare.

Art. 287

Identità fittizia e garanzia dell'anonimato

Le misure per la protezione degli agenti infiltrati in occasione degli interrogatori sono disciplinate in dettaglio nell'articolo 148.

Art. 288

Procedura di approvazione

La procedura di approvazione corrisponde a quella applicabile in materia di sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. L'approvazione è accordata per dodici mesi al massimo. Può tuttavia essere prorogata di volta in volta per un periodo di sei mesi (cpv. 5).

Art. 289

Istruzioni prima dell'intervento

Secondo l'articolo 11 capoverso 1 LFIM, chi dirige il procedimento non ha la possibilità di entrare direttamente in contatto con l'agente infiltrato; le istruzioni devono pertanto essere impartite prima dell'intervento per il tramite della persona di contatto. Tale regolamentazione appare alquanto inopportuna poiché la responsabilità dell'intervento, che spesso si rivela delicato, appartiene al pubblico ministero (il quale dirige il procedimento). È dunque importante conferire a quest'ultimo la possibilità di istruire direttamente l'agente infiltrato, in modo da potersi fare anche un'idea della persona incaricata dell'intervento. L'istruzione diretta è particolarmente necessaria quando l'agente infiltrato designato è un membro di un corpo di polizia straniero, il quale secondo l'articolo 286 capoverso 3 è di regola istruito dalla sua usuale persona di contatto. In questo caso chi dirige il procedimento deve infatti aver la possibilità di istruire direttamente sia l'agente infiltrato sia la persona di contatto di quest'ultimo, in modo da poter attirare la loro attenzione sulle peculiarità del diritto svizzero che dovranno tenere presenti durante l'intervento. Istruire unicamente la persona di contatto o consegnarle istruzioni scritte all'indirizzo dell'agente infiltrato non equivale certamente all'istruzione impartita direttamente. Quest'ultima presenta in particolare il vantaggio di offrire la possibilità di porre domande o di chiedere precisazioni.

Art. 295

Reperti casuali

Quando un'inchiesta mascherata permette di ottenere informazioni concernenti un reato diverso da quelli previsti nell'ordine d'inchiesta, tali informazioni possono essere utilizzate soltanto se l'inchiesta mascherata avrebbe potuto essere disposta per far luce su un simile reato. La struttura della disposizione corrisponde a quella della disposizione che disciplina i reperti casuali nell'ambito della sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (art. 277). Nell'ambito 346

RS 321.0

1160

dell'inchiesta mascherata la situazione è tuttavia più semplice in quanto tale misura può essere disposta contro chiunque. È pertanto inutile prevedere l'obbligo di chiedere una nuova autorizzazione allorquando si allarga la cerchia delle persone sospettate di aver commesso lo stesso reato.

Art. 297

Comunicazione

Questa disposizione è quasi identica a quella contenuta nell'articolo 278 capoverso 2 lettera b concernente la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. Nel capoverso 2 lettera b i motivi per il differimento o la rinuncia alla comunicazione menzionati nell'articolo 22 capoverso 2 LFIM347 sono riassunti nella formulazione «per salvaguardare interessi pubblici o privati preponderanti».

2.6

Titolo sesto: Procedura preliminare

Se si prescinde dalle procedure speciali disciplinate nel titolo ottavo, un procedimento penale inizia con la procedura preliminare. Quest'ultima si compone della procedura investigativa della polizia e dell'istruzione da parte del pubblico ministero. Il modello di perseguimento penale scelto nel presente disegno è caratterizzato dall'unità della procedura preliminare: la procedura investigativa della polizia e l'istruzione da parte del pubblico ministero sono infatti considerati tutt'uno348.

Poiché il disegno conferisce la responsabilità per l'investigazione e per l'istruzione nonché il potere di decidere l'abbandono del procedimento o la promozione dell'accusa al pubblico ministero, esso deve necessariamente beneficiare di una posizione forte in questa prima fase. Tale forte posizione deve essere adeguatamente controbilanciata349; devono inoltre essere disciplinate la procedura investigativa della polizia e la sua delimitazione rispetto all'istruzione svolta dal pubblico ministero, così come chiesto dai periti350 e come è risultato dagli hearing351.

2.6.1 Art. 298

Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 298­304) Definizione e scopo

Questa disposizione introduttiva definisce il carattere della procedura preliminare, i suoi elementi costitutivi e i compiti principali dell'autorità di perseguimento penale.

Quando vi è un indizio della commissione di un reato da parte di una persona nota o ignota occorre effettuare i necessari accertamenti e raccogliere le prove in modo che il procedimento possa essere chiuso il più rapidamente possibile con un decreto d'accusa, con la promozione dell'accusa o con l'abbandono. Tali attività sono svolte dal pubblico ministero o sotto la sua direzione (cfr. art. 15 cpv. 2).

347 348 349 350 351

RS 312.8 Per maggiori dettagli cfr. n. 1.5.2.1.

Cfr. n. 1.5.2.2.

Cfr. Aus 29 mach 1, pagg. 121 segg.

P. es. Hearings, pagg. 55 seg., 76 seg., 87, 146.

1161

Art. 299

Avvio della procedura preliminare

Questa disposizione prevede chiaramente che la procedura preliminare non è avviata soltanto dalla decisione formale del pubblico ministero (cpv. 1 lett. b; cfr. art. 308 cpv. 3), ma anche dall'inizio dell'attività investigativa della polizia conformemente all'articolo 305 (lett. a). Dal momento in cui inizia l'attività investigativa il procedimento sottostà alle disposizioni del presente Codice; si devono in particolare prendere in considerazione i diritti e i doveri dei partecipanti al procedimento risultanti dalle disposizioni del titolo terzo. Quale altra ripercussione pratica di questa regolamentazione si può citare il fatto che il pubblico ministero, quale autorità che dirige la procedura preliminare, può in ogni tempo impartire istruzioni alla polizia o avocare a sé il procedimento conformemente all'articolo 306 capoverso 2.

Il capoverso 2 disciplina la questione dell'impugnazione. Per assicurare la celerità del procedimento il presente disegno non consente in linea di massima l'impugnazione dell'avvio della procedura preliminare, sia che quest'ultimo sia dovuto all'inizio delle investigazioni sia che sia stato deciso formalmente352. In questa fase del procedimento l'impugnazione può vertere unicamente sulla questione se esiste un indizio di reato sufficiente a motivare l'apertura di una procedura preliminare, ossia su una questione che detta fase si prefigge appunto di dirimere. Vi è tuttavia un'eccezione a tale principio: l'obiezione secondo la quale l'avvio del procedimento viola il divieto di un secondo procedimento (ne bis in idem, art. 11) deve essere esaminata immediatamente all'inizio, se del caso nell'ambito di un rimedio giuridico. Questa regola vale nonostante il fatto che un procedimento parallelo all'estero non ostacola necessariamente l'avvio di un procedimento in Svizzera (cfr. art. 3 segg. CP).

Art. 300­301 Conformemente a quanto previsto nella normativa vigente in materia di procedura penale l'articolo 300 capoverso 1 istituisce un diritto generale di denuncia. Secondo la maggior parte dei codici di procedura penale esistenti in Svizzera tale denuncia non conferisce nessun diritto supplementare al denunciante, e in particolare nessun diritto procedurale, se questo non è né danneggiato né accusatore privato. Questa regola è esplicitata nel capoverso 3. Il capoverso 2 impone
all'autorità penale di informare il denunciante, su sua richiesta, sul seguito che ha avuto la denuncia. Sotto questo aspetto il presente disegno va oltre quanto previsto dalle norme legali e dalla giurisprudenza attuali. L'autorità penale deve comunicare se un procedimento penale è stato avviato e se si è concluso con un decreto d'accusa, con la messa in stato d'accusa o con l'abbandono; non deve per contro fornire dettagli né motivazioni.

L'obbligo di denuncia dei funzionari e dei membri delle autorità è disciplinato in modo più o meno esteso nei codici di procedura penale vigenti. Il presente disegno si limita a imporre nell'articolo 301 capoverso 1 un obbligo di denuncia alle autorità ai sensi degli articoli 12­21: quale corollario dell'obbligo di procedere (art. 7), esse sono obbligate a perseguire i reati constatati o a denunciarli alle autorità competenti.

Per esempio, il giudice che constata un reato è tenuto a denunciarlo al pubblico ministero. L'obbligo di denuncia concerne anche reati commessi in un altro Cantone. Sotto questo profilo il capoverso 1 riprende l'obbligo previsto nell'articolo 11 del Concordato sull'assistenza giudiziaria e la cooperazione intercantonale in materia penale. Per quanto concerne l'obbligo di denuncia dei membri delle altre autorità 352

Come chiesto anche in Aus 29 mach 1, pag. 132.

1162

il capoverso 2 lascia alla Confederazione e ai Cantoni la competenza di disciplinarlo, poiché si tratta di una regolamentazione concernente più il diritto amministrativo che la procedura penale. Il capoverso 3 rammenta che l'obbligo di denuncia non può essere imposto alle persone titolari del diritto di non rispondere o di non deporre.

Tale limitazione si applica anche all'obbligo di denuncia disciplinato dai Cantoni e dalla Confederazione in applicazione del capoverso 2.

L'obbligo di denuncia si distingue dall'obbligo di informazione o di notifica che incombe a persone appartenenti a talune categorie professionali. Dopo l'adozione del presente Codice tali obblighi continueranno a essere disciplinati dai Cantoni nella misura in cui avranno la competenza di legiferare nell'ambito delle categorie professionali in questione. I Cantoni continueranno per esempio a definire quali membri del personale medico hanno l'obbligo di annunciare alle autorità penali decessi dovuti a cause sospette o ignote.

Art. 303

Forma della querela

La querela è in linea di massima disciplinata negli articoli 30­33 nCP353 e dunque dal diritto federale. Il diritto cantonale disciplina invece la forma della querela e l'autorità dinanzi alla quale deve essere presentata. Il diritto processuale penale unificato prevede che la querela deve essere presentata alla polizia, al pubblico ministero o all'autorità penale delle contravvenzioni, per scritto oppure oralmente a verbale (cpv. 1). Lo stesso vale per la rinuncia alla querela o il suo ritiro (cpv. 2).

Art. 304

Informazione della vittima sui suoi diritti

Il capoverso 1 riprende l'articolo 8 capoverso 2 LAV (diritti processuali) e concerne l'informazione della vittima sui suoi diritti nella procedura preliminare; questa disposizione è completata dall'articolo 331 capoverso 3, concernente l'obbligo di informazione nella procedura dibattimentale. Tale obbligo di informazione va ben oltre quello previsto nel diritto vigente, poiché la polizia e il pubblico ministero devono informare la vittima in modo completo sui suoi diritti e obblighi durante il primo interrogatorio, come peraltro già previsto in generale nell'articolo 141 capoverso 1 lettera c. Se la vittima è interrogata sia dalla polizia sia dal pubblico ministero, entrambe le autorità la informano dei suoi diritti.

Il capoverso 2 riprende l'articolo 6 capoverso 1 LAV (informazione concernente i consultori). Contrariamente al capoverso 1, l'obbligo di fornire informazioni non incombe alle autorità di perseguimento penale, ma alla polizia o al pubblico ministero; questo significa che è sufficiente che l'informazione sia data una sola volta. L'informazione è trasmessa dal pubblico ministero se esso procede all'interrogatorio della vittima la prima volta. Va inoltre segnalata un'altra differenza rispetto all'articolo 6 capoverso 1 LAV: l'informazione in merito ai consultori (lett. a) e alle prestazioni finanziarie ai sensi della LAV (lett. b) non deve essere dettagliata poiché tale compito incombe ai consultori stessi.

Il capoverso 3 riprende integralmente l'articolo 6 capoverso 2 LAV (vigente). Il fatto che le autorità in questione debbano informare la vittima che essa ha la possibilità di rifiutare che il suo nome e indirizzo siano comunicati a un consultorio (così

353

FF 2002 7351

1163

come prevede la pertinente disposizione della LAV) non necessita di spiegazioni supplementari rispetto a quanto detto per il capoverso 1.

Il capoverso 4 va invece oltre quanto previsto nella LAV; la messa a verbale ha lo scopo di fugare eventuali dubbi concernenti il rispetto di quanto previsto nei capoversi 1­3.

2.6.2 Art. 305

Capitolo 2: Procedura investigativa della polizia (art. 305 e 306) Compiti della polizia

I capoversi 1 e 2 definiscono i compiti della polizia nell'ambito della procedura investigativa. Tali compiti sono già previsti nei codici di procedura penale esistenti e nella letteratura specialistica. Le indagini sono avviate da denunce o querele di privati, da mandati del pubblico ministero o da accertamenti propri. L'avvio di indagini autonome da parte della polizia non necessita di una decisione formale354.

Secondo il capoverso 2 lettera b la polizia ha il compito di interrogare i danneggiati e gli indiziati di reato. Il termine «interrogare» è impiegato quale termine generico per coprire l'interrogatorio informale, ma anche quello formale ai sensi dell'articolo 140 capoverso 2 e disciplinato in dettaglio negli articoli 141 e seguenti, 154 e seguenti e 163.

Il capoverso 3 impone alla polizia di attenersi ­ nell'ambito della sua attività ai sensi dei capoversi 1 e 2 ­ alle prescrizioni in materia di istruzione, mezzi di prova e provvedimenti coercitivi applicabili al pubblico ministero, fatte salve disposizioni contrarie del presente Codice. La natura stessa delle indagini della polizia impone talvolta la necessità di derogare a tali disposizioni. L'attività della polizia può essere subordinata a condizioni più restrittive rispetto a quelle applicabili al pubblico ministero e ai giudici (p. es. art. 195 per quanto concerne la competenza di ordinare provvedimenti coercitivi; art. 140 cpv. 2 per l'interrogatorio di testimoni,) oppure a condizioni meno severe (p. es. art. 204 per quanto concerne la citazione di persone; art. 212 cpv. 2 per la perquisizione domiciliare in caso di pericolo nel ritardo).

Proponendo una definizione tradizionale delle competenze della polizia nell'ambito della procedura preliminare, il presente disegno sottolinea che l'intervento della polizia in questa fase del procedimento risponde all'interesse di un perseguimento penale efficace e a bisogni pratici. Forte delle sue competenze specialistiche e della sua prossimità agli avvenimenti, la polizia deve poter svolgere le prime indagini senza il mandato del pubblico ministero. Considerata l'importanza dell'attività della polizia nell'ambito investigativo, appare logico subordinare tale attività, così come quella del pubblico ministero in materia di istruzione, a un controllo esteso e non soltanto a un controllo basato
sul diritto di sorveglianza. Tale controllo è garantito dalla possibilità di impugnare le decisioni e gli atti procedurali della polizia (cfr. in generale art. 401 cpv. 1 lett. a).

Per il rimanente il presente disegno prevede diverse misure per ovviare al rischio di un'espansione eccessiva e incontrollata delle attività investigative della polizia a scapito dell'istruzione. In questo ambito vanno citate anzitutto le regole sulla colla354

A tal proposito cfr. Aus 29 mach 1, pag. 123.

1164

borazione della polizia con il pubblico ministero previste nell'articolo 306. La polizia è inoltre tenuta a rispettare le prescrizioni in materia di istruzione (cpv. 3); tale vincolo è volto a impedire che le regole stabilite per la protezione delle parti, in particolare l'imputato, siano eluse per il tramite di un'estensione della procedura investigativa. Va inoltre sottolineata l'importanza dell'articolo 312 capoverso 1, che dispone che i mandati imposti dal pubblico ministero alla polizia durante l'istruzione sono limitati ad accertamenti definiti in modo preciso.

Art. 306

Collaborazione con il pubblico ministero

In una procedura preliminare unipersonale, come nel modello «pubblico ministero» del presente disegno, occorre garantire al pubblico ministero la possibilità di esercitare efficacemente la sua funzione di direzione. Deve pertanto essere dotato di strumenti idonei che rappresentino nel contempo una limitazione dell'autonomia della polizia nell'esercizio della sua attività investigativa.

Il capoverso 1 prevede che la polizia deve informare senza indugio il pubblico ministero in merito a reati gravi (crimini e delitti gravi). Un'informazione immediata (in generale per telefono) deve essere trasmessa anche in caso di altri eventi rilevanti quali incidenti o incendi gravi, anche se non è immediatamente evidente che sono dovuti da un comportamento delittuoso. L'obbligo di informazione garantisce che il pubblico ministero si presenti immediatamente in loco per assumersi la direzione della procedura preliminare. Questo modus operandi corrisponde al sistema previsto già in molti Cantoni, denominato servizio di picchetto o anti-incendio. Per poter rispondere ai diversi imperativi, la Confederazione e i Cantoni devono poter disciplinare dettagliatamente tale obbligo di informazione.

La funzione direttiva del pubblico ministero risulta chiaramente dal fatto che esso può in ogni fase del procedimento ­ nei casi gravi menzionati e negli altri casi penali ­ sia impartire istruzioni e conferire mandati alla polizia sia avocare a sé il procedimento (cpv. 2 primo per.). Quando il pubblico ministero fa uso della seconda possibilità, si passa di fatto dalla fase investigativa a quella dell'istruzione355. Il capoverso 2 secondo periodo obbliga il pubblico ministero a procedere personalmente ai primi interrogatori sostanziali in caso di reati gravi, ossia nei casi di cui al capoverso 1 dei quali è immediatamente informato e per i quali si è recato in loco. In particolare, in caso di commissione di reati gravi, i primi interrogatori rivestono una grande importanza. Devono essere condotti dall'autorità responsabile della procedura preliminare. Evidentemente tale regola non può sempre essere rispettata, segnatamente se vi è un gran numero di persone da interrogare.

Di regola la polizia redige rapporti scritti sulle indagini svolte (cpv. 3). La redazione di tali rapporti risponde all'obbligo di documentare gli atti
procedurali previsto nell'articolo 74. I rapporti di polizia e tutti gli allegati quali i verbali degli interrogatori, gli oggetti e i valori patrimoniali sequestrati devono essere consegnati immediatamente al pubblico ministero. Tale trasmissione deve essere effettuata immediatamente dopo le prime indagini, in modo da consentire al pubblico ministero di assumere senza indugio la direzione del procedimento.356 Il capoverso 4 disciplina l'unica eccezione all'obbligo di stendere un rapporto e trasmetterlo al pubblico ministero, ossia se ­ considerate le circostanze ­ non vi è 355 356

A tal proposito cfr. Aus 29 mach 1, pag. 129.

Come chiesto anche in Aus 29 mach 1, pagg. 123 e 128.

1165

manifestamente alcun motivo che il pubblico ministero intraprenda altri passi procedurali (lett. a). Questo accade nei numerosi casi in cui l'identità dell'autore non è nota o quando, nonostante le ricerche effettuate, non è stato possibile accertare la reità di una persona. La comunicazione automatica in tali casi genererebbe soltanto oneri amministrativi. In dette condizioni appare più razionale archiviare tali fascicoli e trasmetterli al pubblico ministero soltanto quando l'autore è stato identificato o quando è trascorso il termine di prescrizione. La possibilità di rinuncia alla stesura di un rapporto è soggetta a una condizione supplementare: non devono essere stati presi provvedimenti coercitivi o non devono essere stati compiuti altri atti d'indagine formalizzati (lett. b). Quest'ultima condizione concerne per esempio i casi in cui un indiziato è stato arrestato in un primo momento e in seguito è stata dimostrata la sua innocenza ed è stata continuata l'inchiesta contro ignoti. La persona che è stata arrestata ha diritto a che le accuse sollevate contro di lei siano formalmente dichiarate prive di fondamento. Questo vale anche per le persone interrogate in qualità di imputati dalla polizia e le cui dichiarazioni sono state verbalizzate, ma non per le persone interrogate in modo informale sul luogo del reato.

2.6.3

Capitolo 3: Istruzione da parte del pubblico ministero

2.6.3.1

Sezione 1: Compiti del pubblico ministero (art. 307­310)

Art. 307

Definizione e scopo dell'istruzione

L'istruzione è la parte della procedura preliminare nella quale, in base ai risultati delle indagini di polizia, l'imputazione di reato viene accertata sotto il profilo dei fatti e degli aspetti giuridici mediante la raccolta delle relative prove in modo tale da poter decidere (art. 319) se la procedura preliminare vada conclusa con un decreto d'accusa, con la promozione dell'accusa o con l'abbandono.

Se vi è da attendersi che occorrerà statuire sulla pena nell'ambito di una procedura giudiziaria o del decreto d'accusa è necessario accertare adeguatamente anche la situazione personale dell'imputato (cpv. 2). Il pubblico ministero deve pertanto tenere conto anche dei cosiddetti atti relativi alla persona (accertamenti sul curricolo dell'imputato, rapporti su precedenti penali, certificati di buona condotta ecc.). Tali accertamenti devono essere proporzionali all'importanza del caso penale; se si prospetta un decreto d'accusa, saranno adeguatamente limitati.

Capoverso 3: considerando soprattutto la possibilità di svolgere in sede di dibattimento una procedura di assunzione semplificata delle prove (art. 345, n. 2.7.2.3), gli atti di causa devono contenere tutti gli elementi che consentano al giudice di statuire sulla colpevolezza e sulla pena senza dover assumere prove supplementari. Questa disposizione sottolinea pertanto che la possibilità prevista nel presente disegno di limitare l'immediatezza del procedimento in giudizio (art. 344 cpv. 2, 345 cpv. 1) presuppone che gli atti trasmessi al giudice siano sufficientemente completi per consentire una pronuncia.

1166

Art. 308

Apertura dell'istruzione

Il capoverso 1 definisce i casi in cui il pubblico ministero è tenuto ad aprire un'istruzione. Il caso più corrente è quello menzionato nella lettera a, ossia l'esistenza di sufficienti indizi di reato.

Qualora al momento della ricezione degli atti di polizia o della denuncia non vi siano sufficienti indizi di reato, il pubblico ministero può trasmettere (o rinviare) alla polizia gli atti affinché questa compia indagini supplementari (cpv. 2). Tale possibiltà dovrebbe tuttavia essere sfruttata con una certa cautela. Nel dubbio occorre aprire l'istruzione, giacché anche dopo l'apertura vi è la possibilità di incaricare la polizia di svolgere indagini supplementari (art. 312). Se invece risulta dagli atti che neanche accertamenti supplementari permetterebbero di corroborare gli indizi necessari per l'apertura dell'istruzione, che vi sono impedimenti a procedere o che per motivi di opportunità occorre rinunciare al perseguimento penale, il pubblico ministero emette un decreto di non luogo a procedere (art. 310). La terza opzione oltre al rinvio alla polizia e al non luogo a procedere è lo svolgimento di accertamenti preliminari, la cui procedura è disciplinata nell'articolo 309.

L'istruzione va aperta anche quando il pubblico ministero intende disporre provvedimenti coercitivi quali ad esempio la carcerazione preventiva, perquisizioni o ispezioni, perquisizioni domiciliari, la sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni ecc. (lett. b), ma anche nei casi in cui è stato informato di eventi gravi ai sensi dell'articolo 306 capoverso 1 (servizio di picchetto o guardia antincendio) (lett. c).

Qualora si presenti una delle situazioni di cui al capoverso 1, il pubblico ministero apre l'istruzione mediante decreto formale (cpv. 3). Questo decreto, d'importanza meramente interna, serve a chiarire il contenuto del fascicolo e stabilisce contro chi è aperta l'istruzione e quali fattispecie penali sono interessate. L'imputato viene a conoscenza dell'apertura dell'istruzione partecipando agli atti istruttori delle autorità (citazioni ecc.), di modo che si può rinunciare a una comunicazione (cpv. 3)357. La motivazione non è necessaria, visto che l'istruzione può essere aperta soltanto se vi sono sufficienti indizi di reato.

Art. 309

Accertamenti preliminari

L'istituto degli accertamenti preliminari è entrato a far parte della prassi processuale penale svizzera soltanto recentemente. È contemplato soltanto in alcuni codici cantonali, mentre taluni Cantoni lo hanno adottato nella prassi358. In presenza di reati complessi e inizialmente poco chiari, gli accertamenti preliminari consentono, prima dell'apertura formale dell'istruzione, di fare luce su un indizio di reato insufficientemente fondato (cpv. 1). Questa procedura è indicata soprattutto per i reati di criminalità economica, come operazioni insider o di riciclaggio di denaro, per i quali solitamente non vi è una vittima e non si può dunque contare su una denuncia da parte del danneggiato. Nel caso in cui una siffatta denuncia fosse invece sporta, la procedura degli accertamenti preliminari non sarebbe possibile poiché il procedimento dovrebbe per lo meno essere evaso formalmente con un decreto di non luogo a procedere o con un decreto d'abbandono.

357 358

Contro la comunicazione dell'apertura anche Aus 29 mach 1, pag. 132.

Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 75 n. 1 segg.

1167

Per distinguere chiaramente questa procedura dall'istruzione, il capoverso 1 secondo periodo prevede che nell'ambito degli accertamenti preliminari sia ammesso raccogliere informazioni soltanto in modo informale. Si possono pertanto chiedere informalmente informazioni scritte od orali, mentre gli interrogatori ai sensi degli articoli 140 e seguenti non sono ammessi, neppure se l'interessato è interrogato a titolo di persona informata sui fatti. Pure esclusi sono i provvedimenti coercitivi: nessuno è tenuto a partecipare a siffatti accertamenti, un diritto di cui gli interessati vanno avvertiti (cpv. 2).

Per sua natura, la procedura degli accertamenti preliminari non esige una conclusione formale. Se dagli accertamenti preliminari emergono sufficienti indizi di reato, il pubblico ministero apre un'istruzione secondo l'articolo 308. Gli atti raccolti nell'ambito degli accertamenti preliminari sono integrati a quelli dell'istruzione (cpv. 3). Qualora invece il pubblico ministero giunga alla conclusione che neppure gli accertamenti preliminari hanno sufficientemente corroborato gli indizi di reato, la procedura può essere chiusa in modo informale e senza notifica ad eventuali interessati. Ciononostante, il pubblico ministero può, segnatamente se sono state interrogate persone oppure se il caso ha avuto una certa eco nell'opinione pubblica, emettere un decreto di non luogo a procedere secondo l'articolo 310. In deroga all'articolo 310 capoverso 2 in combinato disposto con l'articolo 323, tale decreto non è impugnabile. Il diritto di esaminare gli atti è limitato alle informazioni che concernono direttamente la stessa persona interessata.

Art. 310

Decreto di non luogo a procedere

Non appena riceve gli atti, il pubblico ministero emette un decreto di non luogo a procedere se gli elementi costitutivi di reato o i presupposti processuali non sono adempiuti, se vi sono impedimenti a procedere (cpv. 1 lett. a e b) oppure se per motivi di opportunità occorre rinunciare a un procedimento penale (lett. c). Il decreto di non luogo a procedere è emesso senza che il pubblico ministero abbia proceduto ad atti istruttori veri e propri; se vi ha invece proceduto, occorre emettere un decreto d'abbandono. È lecito emettere un decreto di non luogo a procedere per difetto degli elementi costitutivi del reato soltanto se risulta fin dall'inizio che nessuna fattispecie penale è realizzata. Un siffatto decreto non è quindi ammissibile se la realizzazione della fattispecie penale o la possibilità di provare il reato sono soltanto dubbie.

2.6.3.2 Art. 311

Sezione 2: Svolgimento dell'istruzione (art. 311­315) Raccolta delle prove ed estensione dell'istruzione

A tenore del capoverso 1 primo periodo, il pubblico ministero raccoglie di massima personalmente le prove. Il secondo periodo prevede una prima eccezione: in alcuni Cantoni è invalsa la prassi, soprattutto per sgravare l'accusatore pubblico, di assegnare lo svolgimento di determinati atti istruttori a collaboratori del pubblico ministero, ossia ad inquirenti, segretari, praticanti o altri funzionari del pubblico ministero. Si tratta in genere di interrogatori semplici di partecipanti al procedimento, segnatamente in vista di un imminente decreto d'accusa. La Confederazione e i Cantoni devono poter continuare a disporre di questa possibilità, fermo restando che gli atti istruttori essenziali (come ad es. istanze di carcerazione al giudice dei prov1168

vedimenti coercitivi, promozione dell'accusa) restano prerogativa esclusiva del pubblico ministero stesso.

Art. 312

Conferimento di mandati alla polizia

Conformemente a una prassi invalsa, il pubblico ministero può incaricare la polizia di procedere ad accertamenti supplementari anche dopo l'apertura dell'istruzione (cpv. 1) ­ il che costituisce una seconda eccezione al principio di cui all'articolo 311 capoverso 1. Dotata di servizi ben preparati ed equipaggiati, la polizia giudiziaria è infatti spesso più idonea del pubblico ministero per effettuare accertamenti di dettaglio. Il pericolo che in tal modo la fase dell'istruzione venga privata di sostanza diventando una sorta di indagine nell'istruzione è arginato da due presidi specifici: in primo luogo, una volta aperta l'istruzione non è più ammesso conferire mandati d'indagine generali359. Ci si riferisce qui alla prassi riscontrata occasionalmente secondo cui il pubblico ministero trasmette alla polizia gli atti con l'ordine generico di procedere alle indagini ancora necessarie. A tenore del capoverso 1 secondo periodo, in questa fase sono ammessi soltanto mandati precisi, impartiti di regola per scritto. D'altra parte, il capoverso 2 garantisce che negli interrogatori su delega i partecipanti al procedimento dispongano degli stessi diritti procedurali che spetterebbero loro se interrogati dal pubblico ministero360.

Art. 313

Raccolta delle prove in relazione ad azioni civili

Il procedimento penale serve in primo luogo per far valere la pretesa punitiva dello Stato. Ciononostante, il diritto processuale penale, come pure il presente disegno, prevedono per il danneggiato la possibilità di assumere la veste di accusatore privato e d promuovere azioni civili in via adesiva (art. 120 segg.). È quindi logico che nel raccogliere le prove relative agli aspetti penali, il pubblico ministero consideri anche le esigenze probatorie concernenti gli aspetti civili e soddisfi, per quanto possibile, le relative istanze probatorie. La raccolta di questo tipo di prove non deve tuttavia ritardare od ostacolare oltremodo il procedimento penale (cpv. 1).

Il capoverso 2 dà inoltre al pubblico ministero la possibilità di esigere dall'accusatore privato un anticipo delle spese per la raccolta di prove che servono esclusivamente o in primo luogo a far luce sugli aspetti civili; qualora l'accusatore privato sia una vittima occorre far prova di cautela nel ricorrere a questa possibilità.

Art. 314

Sospensione

Se constata che il procedimento penale non può per il momento essere portato avanti, ad esempio perché il luogo di soggiorno dell'imputato è ignoto, poiché questi è gravemente malato o per altri motivi, il pubblico ministero sospende il procedimento emettendo un decreto. La nozione di sospensione è qui utilizzata soltanto per questa forma d'interruzione, denominata in taluni codici processuali sospensione provvisoria o temporanea. I casi contemplati nel capoverso 1 corrispondono al diritto vigente.

359

Soluzione condivisa anche dai periti in Aus 29 mach 1, pagg. 129 seg. e da alcuni partecipapanti alle indagini conoscitive, cfr. Hearings, pag. 146.

360 Cfr. Art. 141. ­ La medesima norma è applicabile naturalmente negli interrogatori secondo l'art. 311 cpv. 1 secondo periodo.

1169

Il capoverso 2 disciplina il caso particolare in cui un procedimento è sospeso perché è in corso una procedura di conciliazione o di mediazione. In questi casi pare opportuno limitare nel tempo la sospensione. In tal modo si può infatti favorire un esito positivo della conciliazione o della mediazione e, d'altra parte, qualora gli interessati non raggiungano un'intesa, si evita di ritardare oltremodo il procedimento. Giova peraltro rilevare che la conciliazione e la mediazione sono possibili anche nell'ambito della procedura giudiziaria (cfr. art. 333 cpv. 2).

Il capoverso 3 riprende la norma applicata in tutta la Svizzera secondo cui le prove che rischiano di andare perse vanno raccolte immediatamente.

Art. 315

Riattivazione

Con la riattivazione (nel diritto vigente designata talvolta anche riapertura) il pubblico ministero riprende in mano l'istruzione senza un atto formale specifico (cpv. 1). Contro questa decisione non possono essere esperiti rimedi giuridici (cpv. 2); in una siffatta situazione non dovrebbero infatti essere in gioco interessi degni di protezione.

2.6.3.3

Sezione 3: Conciliazione e mediazione (art. 316 e 317)

La conciliazione e la mediazione sono procedure negoziali tra il danneggiato e l'imputato che mirano a raggiungere un terreno d'intesa soddisfacente per entrambe le parti. Sino ad oggi la nostra concezione della giustizia, in particolare di quella penale, muove dall'assunto della contrapposizione tra interessi individuali; i conflitti nascono quando gli interessi di una persona collidono con quelli di un'altra (o anzi li pregiudicano). La giustizia è chiamata a dirimere tali conflitti e a ripristinare l'equilibrio tra i differenti interessi.

Un'altra concezione della giustizia ­ su cui poggiano numerosi sistemi giuridici non occidentali ­ postula invece che i diversi interessi individuali si sovrappongano reciprocamente e costituiscano le parti di una sola ed unica struttura sociale. In caso di conflitto, alcuni interessi individuali si dissociano dall'assetto generale provocando una lacerazione nel tessuto sociale. Secondo questa concezione, il compito della giustizia consiste nel riavvicinare gli interessi disgiunti361.

La giustizia penale impone la sua soluzione, solitamente una sanzione, sia all'imputato sia al danneggiato. Tuttavia non sempre lo Stato ha interesse ad un perseguimento penale: in alcuni casi le parti stesse possono trovare una soluzione del conflitto loro più confacente di una sanzione penale. Capita anzi che la condanna penale lasci insoddisfatto non solo il condannato, ma anche il danneggiato. Usando un concetto della gestione aziendale si potrebbe parlare in questi casi di un risultato di reciproco svantaggio (cosiddetta logica «loose-loose»), per opposizione ai casi ideali di reciproco vantaggio (logica «win-win») nei quali entrambe le parti possono trarre vantaggio dall'accordo raggiunto. Una via per raggiungere questo obiettivo può consistere nella procedura facoltativa di conciliazione o di mediazione come disciplinata negli articoli 316 e 317 anche per il procedimento penale applicabile agli

361

André Kuhn, La médiation pénale, in: Journal des Tribunaux 2002 I 99­109 e i riferimenti bibliografici ivi citati.

1170

adulti362. L'avamprogetto del 2001 prevedeva già entrambe le possibilità, pur prospettando una forma di mediazione limitata rispetto all'attuale articolo 317 (soltanto nei casi di riparazione ai sensi dell'art. 53 nCP363). Il riscontro positivo ottenuto da queste proposte nella procedura di consultazione364 ci ha indotti a integrarle anche nel presente disegno e ad ampliare le opportunità di applicazione della mediazione.

Per quanto concerne sia la conciliazione sia la mediazione va rilevato che nelle negoziazioni in questione non si tratta in nessun caso di discutere in merito alla colpevolezza dell'imputato. Contrariamente all'istituto del «plea-bargaining» previsto negli ordinamenti giuridici anglosassoni, né la conciliazione né la mediazione presuppongono che l'imputato si dichiari colpevole nel senso penalistico. L'oggetto della negoziazione è unicamente la migliore soluzione del conflitto.

Art. 316

Conciliazione

Numerosi ordinamenti cantonali prevedono già oggi per i reati a querela di parte una procedura di conciliazione. Chi dirige il procedimento tenta di indurre il querelante e l'imputato a raggiungere un'intesa, di modo che il primo ritiri la querela e che si possa rinunciare al perseguimento penale. Il capoverso 1 propone questa procedura di conciliazione anche per la procedura penale unificata. Si ritiene in generale che il pubblico ministero sia di massima tenuto a sfruttare questa possibilità365, tranne nei casi in cui una composizione non entri sin dall'inizio in considerazione.

Nella pratica, la conciliazione esige solitamente un confronto tra il danneggiato e l'imputato. Prima del confronto, il pubblico ministero può tuttavia sentire separatamente le due parti ­ se necessario anche più volte ­ per facilitare il raggiungimento di un'intesa. Se la conciliazione fallisce oppure se l'imputato non compare all'udienza di conciliazione senza un valido motivo (atteggiamento considerato come una chiara mancanza di volontà di conciliazione), si continua il procedimento (cpv. 4).

Se invece si raggiunge un'intesa, oppure se il querelante non compare senza un valido motivo (il che equivale al ritiro della querela), il procedimento è abbandonato (cpv. 1 e 3), il che consente un sensibile sgravio della giustizia. Per evitare che la querela sia ritirata troppo presto (art. 33 cpv. 2 nCP366), il pubblico ministero può anche sospendere il procedimento in applicazione dell'articolo 314 capoverso 1 lettera c, ad esempio fino a quando l'imputato abbia ottemperato ai suoi obblighi.

Il capoverso 2 concerne la conciliazione nell'ambito di una riparazione: l'articolo 53 nCP prevede che si prescinda dal procedimento penale qualora siano adempiute determinate condizioni e l'autore abbia risarcito il danno o intrapreso tutto quanto si poteva ragionevolmente pretendere per riparare il torto da lui causato. Questa disposizione del diritto materiale presuppone che il pubblico ministero, in tutti i casi nei quali una siffatta rinuncia al procedimento possa entrare in considerazione, deve tentare nel corso del procedimento di raggiungere un'intesa. Se una delle due parti non compare ingiustificatamente all'udienza di conciliazione, si considera che esprima in tal modo il suo rifiuto di cercare un terreno d'intesa per la conciliazione; 362 363 364 365

Per quanto concerne la procedura penale minorile, cfr. art. 17 e 18 D-PPMin.

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7366.

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pagg. 67 seg.

Nell'art. 346 dell'avamprogetto il tentativo di conciliazione era dichiarato obbligatorio.

Tale soluzione è stata contestata dalla maggior parte dei partecipanti alla consultazione, cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 67.

366 FF 2002 7351, segnatamente pag. 7360.

1171

in tal caso l'istruzione prosegue senza indugio. Contrariamente alla conciliazione nei reati a querela di parte, la mancata comparizione del danneggiato non viene equiparata al ritiro della querela. Se l'intesa è raggiunta, il pubblico ministero la mette a verbale e stralcia il procedimento dal ruolo oppure lo sospende per il tempo necessario alla riparazione.

In taluni rari casi il pubblico ministero può obbligare il querelante a prestare una cauzione per le spese e le indennità. Si tratta soprattutto dei casi in cui la conciliazione fallisce manifestamente a causa della temerarietà o di pretese sproporzionate del querelante e questo atteggiamento provoca elevate spese processuali. Questo provvedimento straordinario deve essere motivato dal pubblico ministero. Non è necessario prevedere una norma particolare per l'eventualità che la conciliazione fallisca per manifesta temerarietà dell'imputato (caso già contemplato nell'art. 424).

Art. 317

Mediazione

Se la conciliazione mira in primo luogo ad una certa economia processuale, la mediazione ha altri obiettivi. La distinzione risiede nel fatto che la conciliazione è un atto procedurale interno svolto da un'autorità penale; la mediazione è invece una procedura speciale che può svolgersi all'esterno del procedimento penale, a volte parallelamente a questo, a volte anche durante una sua sospensione. In questo senso, la mediazione rientra sempre nella responsabilità di una persona (il mediatore) estranea al procedimento penale vero e proprio.

Il mediatore assume una posizione neutrale rispetto alle parti. Contrariamente alla conciliazione, nella quale il rapporto tra chi cerca di promuoverla e le parti è impostato gerarchicamente, nella mediazione il rapporto che si stabilisce tra il mediatore e le parti è orizzontale. Il mediatore deve essere liberamente accettato da entrambe le parti e queste devono anche essere animate dalla volontà di tentare una mediazione.

Il ruolo del mediatore esterno deve limitarsi a favorire la soluzione negoziata liberamente tra le parti che si delinea nel corso della mediazione. A tal fine, il mediatore dovrà dirigere il colloquio in modo da creare le condizioni che consentano di creare e mantenere la necessaria comunicazione tra le parti, il che presuppone dapprima che si instauri un clima di fiducia e uno spazio per il dialogo e il reciproco ascolto367.

In altri termini, la mediazione è una forma più «mite» di giustizia il cui approccio si basa sul consenso invece che sul conflitto, su cui solitamente poggia il diritto penale.

Essa induce inoltre l'autore a prendere maggiore coscienza del danneggiato e dei suoi diritti e lo sensibilizza sulle sue responsabilità, due effetti che sono altrettante premesse irrinunciabili di un'efficace prevenzione. D'altro canto, la mediazione coinvolge attivamente la vittima; l'incontro con l'autore e un'eventuale riparazione, simbolica o finanziaria (scuse, indennità), le faciliterà l'elaborazione del reato.

La mediazione penale non pretende sostituirsi alla giustizia tradizionale; in molti casi può tuttavia apportarvi un valido complemento. Essa s'inserisce in questo senso negli intenti volti a differenziare le risposte della società alla criminalità.

367

In merito alla distinzione tra conciliazione e mediazione cfr. ad es. F. Denat, La médiation pénale, in La médiation, un mode alternatif de résolution des conflits?, Zurigo 1992, come pure J. Knoepfler, Quelles sont les possibilités actuelles de médiation dans la justice pénale en Suisse? Quelles sont les évolutions envisageables? in Médiation: Une voie à suivre dans la justice pénale (a c. di F. Riklin), pag. 103.

1172

Secondo il capoverso 1, il pubblico ministero può in ogni momento, con l'assenso delle parti, far capo a un mediatore; questa possibilità sussiste, indipendentemente dalla gravità del reato contestato, fin tanto che il pubblico ministero ritenga che la mediazione possa essere utile per il danneggiato, per l'imputato e per la società.

L'azione penale permane sotto la responsabilità del pubblico ministero (cpv. 2); egli può in particolare continuare a portarla avanti parallelamente alla mediazione.

L'articolo 314 capoverso 1 lettera c prevede anche la possibilità di sospendere il procedimento durante la procedura di mediazione.

Il mediatore deve provvedere affinché la mediazione sia effettivamente la ricerca di una soluzione liberamente negoziata tra le parti e non una trattativa tra i loro rappresentanti. Inoltre, l'assoluta confidenzialità dei colloqui è garantita, anche nei riguardi del pubblico ministero. Il mediatore non deve divenire un collaboratore ausiliario del pubblico ministero (cpv. 3).

Al termine della mediazione, il mediatore ne comunica l'esito al pubblico ministero.

Se la procedura ha avuto successo, la comunicazione contiene il testo dell'accordo raggiunto e la prova della sua esecuzione. Se la mediazione fallisce, al pubblico ministero viene comunicato soltanto l'esito negativo della stessa senza nessun'altra precisazione (cpv. 4). In tal modo, nessuna delle parti può valersi dinanzi al pubblico ministero delle dichiarazioni fatte dall'altra parte nel corso della procedura di mediazione e il mediatore è tenuto a serbare il segreto (cpv. 6).

Il capoverso 5 prevede che le autorità penali tengano adeguatamente conto dell'esito positivo di una mediazione. In determinati casi la mediazione può costituire ad esempio un motivo per attenuare la pena o rendere possibile l'abbandono del procedimento o sua la sospensione per la durata dell'esecuzione degli obblighi risultanti dall'accordo raggiunto.

Per quanto concerne le spese della procedura di mediazione occorre distinguere: se la mediazione ha successo, il procedimento è abbandonato e, fatto salvo l'articolo 433 capoverso 2, l'imputato non deve assumere alcuna spesa. Se la procedura fallisce, le spese sono assunte dallo Stato, fatto salvo l'articolo 433 capoverso 4.

2.6.3.4 Art. 318

Sezione 4: Chiusura dell'istruzione (art. 318 e 319) Interrogatorio finale

In sintonia con diversi codici processuali cantonali, l'articolo 318 prevede la possibilità di un interrogatorio finale dell'imputato. Esso serve in primo luogo a fare il punto in modo chiaro e sintetico sui capi d'accusa e a sentire a questo proposito il parere dell'imputato; l'autorità penale che nel seguito del procedimento sarà investita della causa potrà farsi immediatamente un'idea del caso fondandosi su questo interrogatorio finale. Questo atto procedurale consente d'altro canto al pubblico ministero di controllare se i fatti contestati all'imputato sono stati suficientemente accertati.

Art. 319

Chiusura dell'istruzione

In taluni Cantoni l'istruzione si conclude senza formalità particolari; l'autorità competente emette senza ulteriori formalità e avvisi il decreto d'abbandono, il decreto d'accusa o l'atto d'accusa. Altri codici processuali prevedono che la fine 1173

dell'istruzione sia notificata alle parti mediante una decisione finale, offrendo loro il più delle volte la possibilità di presentare istanze probatorie complementari.

L'articolo 319 prevede una siffatta decisione finale (cpv. 1)368; essa è comunicata alle parti di cui si conosce il domicilio e indica (senza che ciò sia vincolante per la decisione che sarà poi effettivamente presa) se il procedimento sarà probabilmente concluso con l'atto d'accusa, con un decreto d'accusa o con un decreto d'abbandono. Contrariamente a quanto previsto a suo tempo nell'avamprogetto (art. 349 cpv. 2 AP-CPP) il capoverso 1 non fissa un termine per presentare istanze probatorie. In questo senso, il termine fissato dal pubblico ministero non è un termine legale e, su richiesta, può essere prorogato (art. 87 cpv. 1 e contrario). Si tiene in tal modo conto del fatto che, soprattutto nei casi di una certa entità, un termine improrogabile di dieci giorni non consentirebbe di esercitare efficacemente i diritti di difesa e di partecipazione369.

I fatti rilevati nell'atto d'accusa e le prove a loro sostegno rivestono grande importanza per la procedura dibattimentale. In base all'atto d'accusa e agli atti di causa il giudice si fa una prima idea del caso, la quale, come risaputo, può essere determinante. Occorre pertanto offrire alle parti, segnatamente all'imputato e al suo difensore, l'opportunità di contribuire alla definizione di questa idea con istanze e con l'assunzione di ulteriori prove. Affinché questo diritto sia quanto possibile ampio, i motivi che consentono al pubblico ministero di respingere istanze probatorie sono alquanto limitati. Corrispondono in pratica a quelli per i quali, in generale, il pubblico ministero può rinunciare ad assumere prove (art. 137 cpv. 2). La decisione del pubblico ministero concernente le istanze probatorie va motivata, anche se nei casi in cui l'istanza è accolta si può rinviare semplicemente alla motivazione della stessa.

L'esigenza di una motivazione intende garantire che il giudice che sarà investito della causa prenda conoscenza dei motivi e possa tenerne conto e valutarli quando la parte riproporrà nella procedura dibattimentale le istanze probatorie che erano state respinte (cpv. 2). Nonostante l'importanza che rivestono le istanze probatorie prima della chiusura dell'istruzione,
la decisione con cui il pubblico ministero respinge un'istanza probatoria non è impugnabile (cpv. 3). L'ammissione di reclami in questa fase procedurale potrebbe in primo luogo causare notevoli ritardi procedurali.

D'altro canto, la norma è giustificata anche dal fatto che, come già rilevato, le istanze possono essere riproposte nella procedura dibattimentale. Contro la possibilità di un'impugnazione milita anche il fatto che ben difficilmente un'autorità non ancora investita di una causa può in tempo utile farsi un quadro sufficiente del caso per controllare la correttezza della valutazione anticipata delle prove effettuata dal pubblico ministero. Si può pertanto ipotizzare che un'eventuale giurisdizione di reclamo confermerebbe nella maggior parte dei casi le decisioni negative del pubblico ministero, di modo che per la parte interessata non ne risulterebbero, tranne un ritardo della procedura, vantaggi rilevanti.

368 369

Come raccomandato anche dai periti in Aus 29 mach 1, pag. 136.

Per una critica alla normativa prevista nell'avamprogetto cfr. Niklaus Ruckstuhl, 514 Gesetzesartikel als Mogelpackung, plädoyer 5/2001, pag. 23; e, dello stesso autore, Das Strafverfahren nach dem Vorentwurf zu einer eidgenössischen Strafprozessordnung vom Juni 2001, Anwaltsrevue/revue de l'avocat, 5/2002, pagg. 10, 15.

1174

2.6.4

Capitolo 4: Abbandono del procedimento e promozione dell'accusa

Il presente capitolo concerne l'ultima fase della procedura preliminare370, nella quale si decide se e in che modo il procedimento debba essere continuato. Concretamente l'autorità competente deve stabilire se occorra abbandonare il procedimento oppure evaderlo mediante un decreto d'accusa o promuovendo l'accusa.

La competenza di pronunciare questa decisione spetta al pubblico ministero. Nessun altra autorità, se si eccettuano le possibilità di reclamo contro il decreto d'abbandono (art. 323) e l'esame dell'accusa da parte del giudice adito (art. 330), può dunque pronunciarsi in merito all'abbandono e alla promozione dell'accusa. Tale normativa, già definita «sistema svizzero»371 figura con alcune varianti in molti codici processuali svizzeri. Sinora ha fondamentalmente dato buoni risultati ed è anche stata bene accolta dalla maggior parte dei partecipanti alla procedura di consultazione372. Deve pertanto trovare posto anche nel diritto processuale penale unificato. Si differenzia dalle discipline processuali secondo cui, seguendo il modello francese, il pubblico ministero può unicamente proporre il rinvio a giudizio, ad esempio alla Camera d'accusa, oppure dal sistema angloamericano, che prevede una vera e propria procedura di esame dell'ammissibilità dell'accusa, oppure ancora dal modello austriaco, che ammette l'opposizione o il reclamo contro l'accusa, i quali sono giudicati da un giudice indipendente rispetto al giudice investito della causa. La concentrazione delle competenze nella figura del pubblico ministero consente di attendersi una semplificazione dell'iter ricorsuale, uno snellimento delle fasi processuali predibattimentali e un aumento dell'efficienza del perseguimento penale.

2.6.4.1

Sezione 1: Abbandono del procedimento (art. 320­324)

L'abbandono porta alla chiusura definitiva del procedimento penale. Come appena rilevato, la competenza è attribuita al pubblico ministero e non a un'autorità giudiziaria come ad esempio un'autorità di rinvio o una camera d'accusa, conformemente alla normativa contemplata già oggi in molti codici processuali cantonali. L'ampia competenza di cui dispone il pubblico ministero in materia di abbandono del procedimento è controbilanciata dal diritto di reclamo di cui all'articolo 323.

Art. 320

Motivi

I motivi di abbandono elencati nel capoverso 1 corrispondono a quelli contemplati nei vigenti codici processuali penali, per quanto vi siano disciplinati in dettaglio, o nella dottrina. Si tratta in generale di motivi che dinanzi al giudice porterebbero sicuramente, o con molte probabilità, all'assoluzione o a un esito dagli effetti equivalenti. Il commento può limitarsi ad alcune indicazioni relative alle lettere a ed e.

370

In taluni codici processuali disciplinata quale fase processuale distinta («procedura intermedia»).

371 Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 79 n. 12.

372 Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 69.

1175

Il motivo di cui alla lettera a entra in considerazione quando dall'istruzione non è emerso alcun indizio di reato da cui potrebbe discendere una condanna. Se le prove si contraddicono, non spetta al pubblico ministero procedere ad una loro valutazione; in tal caso, segnatamente, non è applicabile il principio in dubio pro reo (art. 10 cpv. 3), ma vale piuttosto il principio contrario in dubio pro duriore, con la conseguenza che siffatti casi vanno sottoposti con atto d'accusa al giudice competente affinché pronunci.

La lettera e prevede l'abbandono nei casi in cui secondo disposizioni del diritto materiale o del diritto processuale si debba rinunciare al perseguimento penale o all'inflizione di una sanzione. L'abbandono è quindi ad esempio possibile nel caso di reati commessi da stranieri o all'estero secondo l'articolo 3 capoverso 3 nCP373 (... non è più perseguito in Svizzera ...), in caso di tentativo secondo l'articolo 22 capoverso 2 nCP (... è esente da pena), per i motivi d'impunità secondo gli articoli 52­54 nCP (... prescinde dal procedimento penale ... ), in diverse fattispecie della parte speciale del Codice penale (in cui è designato per lo più con l'espressione prescindere dalla pena)374 oppure in applicazione del principio di opportunità secondo l'articolo 8;.

L'elenco dei motivi di abbandono è completato nel capoverso 2 dall'abbandono in caso di esito positivo della mediazione ­ abbandono facoltativo, contrariamente a quello di cui al capoverso 1. Un abbandono totale o parziale per tale motivo costituisce una delle possibilità previste all'articolo 317 capoverso 5 di tenere conto dell'esito positivo di una mediazione.

Il capoverso 3 riprende la normativa dell'articolo 10d capoverso 1 della legge federale del 4 ottobre 1991375 concernente l'aiuto alle vittime di reati, che dovrà essere abrogato con l'entrata in vigore del Codice di dirito processuale penale svizzero.

Art. 321

Decreto di abbandono

In sintonia con la prassi in alcuni Cantoni, secondo il capoverso 2 secondo periodo il pubblico ministero può, nell'ambito dell'abbandono, disporre la confisca di oggetti e valori patrimoniali (art. 69­72 nCP376), compresa l'assegnazione a favore dei danneggiati (art. 73 nCP). In questi casi diventa pertanto superfluo avviare una procedura indipendente di confisca secondo gli articoli 384 e seguenti. Le persone colpite dalla confisca hanno la possibilità di interporre reclamo secondo l'articolo 401, il che consente di tenere adeguatamente conto del diritto legale ad una decisione giudiziaria.

Quando un procedimento penale è abbandonato, viene meno anche la base per giudicare eventuali pretese civili fatte valere in via adesiva. Il capoverso 3 stabilisce chiaramente che una volta che il decreto d'abbandono è passato in giudicato, l'accusatore privato può far valere le sue pretese al foro civile, anche l'azione civile dovesse già essere pendente nel procedimento penale in virtù dell'articolo 120 capoverso 3.

373 374

FF 2002 7351 Ad es. art. 171 cpv. 2, 192 cpv. 2, 193 cpv. 2, 305 cpv. 3 CP; cfr. ad es. anche art. 100 n. 1 secondo periodo LCStr.

375 RS 312.5 376 FF 2002 7351, segnatamente pagg. 7377 seg.

1176

Il capoverso 4 sottolinea che i decreti di abbandono non impugnati o impugnati senza successo passano in giudicato formalmente e materialmente in modo simile a una decisione assolutoria. Considerato che tali decreti non sono emessi da un'autorità giudiziaria e poggiano solitamente su atti di causa non sempre completi, il giudicato materiale è limitato nel senso che la riassunzione del procedimento è più facilmente possibile rispetto che in caso di assoluzione (art. 324).

Art. 322 Notificazione Il decreto di abbandono va notificato alle parti, ossia all'imputato e all'accusatore privato, alla vittima come pure ai partecipanti al procedimento direttamente toccati dal decreto, ossia alle persone i cui oggetti e valori patrimoniali sono in questione oppure alle quali sono imputate spese secondo l'articolo 433, oppure tenute a versare indennità (cpv. 1 lett. a­c). La lettera d è in rapporto con l'articolo 323, che conferisce al pubblico ministero superiore o generale (cfr. art. 14 cpv. 3) il diritto di impugnare il decreto d'abbandono. Oltre ai destinatari enumerati nel capoverso 1 occorre pure ricordare la disposizione generale di cui all'articolo 82 capoverso 6 che prevede una comunicazione anche alle autorità designate dal diritto federale o cantonale.

Per quanto concerne le formalità della notificazione, il capoverso 3 rimanda a quanto disposto negli articoli 82­86. Il rimando chiarisce tra l'altro che qualora una notifica non sia possibile, il decreto d'abbandono non deve necessariamente essere pubblicato (cfr. 86 cpv. 4).

Art. 323

Approvazione e reclamo

La possibilità per il pubblico ministero superiore o generale di interporre reclamo secondo il capoverso 2 presuppone evidentemente che questi organi esistano; il pubblico ministero superiore o generale non può tuttavia interporre reclamo se il decreto d'abbandono sottostà all'obbligo di approvazione secondo il capoverso 1.

Quali possibilità di esame del decreto d'abbandono, la Confederazione e i Cantoni possono pertanto prevedere alternativamente l'approvazione o il reclamo.

Art. 324

Riassunzione

A tenore del capoverso 1 i procedimenti conclusi con decreto di abbandono possono essere riaperti qualora emergano nuovi mezzi di prova o fatti. In questi casi si dispone la riassunzione (talvolta detta anche riapertura) del procedimento. I nuovi mezzi di prova o fatti possono concernere la questione se vi sia stato effettivamente reato oppure gli indizi di reità che suffragano la colpevolezza dell'imputato.

Per stabilire quali fatti o mezzi di prova debbano essere considerati «nuovi», il disegno si basa sul criterio della loro notorietà precedente, ossia se sono menzionati negli atti del procedimento abbandonato (cpv. 1 lett. b). Ne consegue che i mezzi di prova menzionati o addirittura assunti in tale procedimento ma non sfruttati in rapporto alla totalità della tematica probatoria non sono considerati nuovi377. Viceversa, non si può esigere di considerare nuovo un fatto o un mezzo di prova soltanto se nel primo procedimento non poteva essere noto al pubblico ministero neppure 377

Se ad esempio nel rapporto di polizia su un incidente figura che il signor X. Y. ha assistito all'accaduto e X.Y. non viene interrogato quale testimone, non si può giustificare una riassunzione allegando che, da quanto è in seguito risultato, questa persona potrebbe fornire dichiarazioni essenziali sull'incidente.

1177

usando la necessaria diligenza. Un simile approccio sarebbe troppo restrittivo giacché, considerata la quantità dei procedimenti penali che le autorità inquirenti devono evadere, vi è una naturale propensione all'abbandono e non si possono porre esigenze troppo elevate in quanto a diligenza.

È ipotizzabile che nel primo procedimento il pubblico ministero o una delle parti (soprattutto l'accusatore privato) fossero a conoscenza di una prova o di un fatto rilevante non li abbiano scientemente prodotti per una qualsiasi ragione. In tal caso, la riapertura del procedimento a detrimento dell'imputato dovrebbe di norma essere impedita dal principio della buona fede o dal divieto dell'abuso di diritto.

2.6.4.2 Art. 325

Sezione 2: Promozione dell'accusa (art. 325­328) Principi

Qualora la procedura preliminare non si sia conclusa con l'abbandono del procedimento o con un decreto d'accusa, occorre promuovere l'accusa dinanzi al giudice competente per materia e per territorio (cosiddetta competenza ratione materiae e ratione loci). L'accusa, talvolta denominata anche decreto di rinvio a giudizio, deve essere promossa se in base alla procedura preliminare risultano sufficienti indizi di reato che secondo il pubblico ministero rendono verosimile una condanna.

La questione se contro la promozione dell'accusa sia possibile il reclamo è già stata evocata nell'introduzione del presente capitolo. In taluni ordinamenti giuridici la promozione dell'accusa è impugnabile, in altri no. I periti volevano prevedere il reclamo contro la promozione dell'accusa378. Il fatto che nel capoverso 2 si rinunci a questa possibilità mira soprattutto a garantire la celerità del procedimento. La rinuncia è giustificata poiché l'articolo 330 esige che chi dirige il procedimento nel tribunale adito esamini immediatamente dopo aver ricevuto l'atto d'accusa se questo e il pertinente fascicolo sono stati allestiti regolarmente. Inoltre, rientra nei compiti specifici dell'autorità giudicante stabilire se i capi d'accusa sono giustificati.

Art. 326

Contenuto dell'atto d'accusa

L'accusa è promossa per scritto e riveste la forma dell'atto d'accusa. Il capoverso 1 lettere a­e elenca talune indicazioni che devono figurare nell'atto d'accusa al fine di evitare che sussistano dubbi riguardo alle parti e alle autorità penali partecipanti al procedimento.

Le lettere f e g disciplinano il nucleo essenziale dell'atto d'accusa, ossia i capi d'accusa contestati all'imputato. Attualmente la disciplina del contenuto dell'atto d'accusa o della decisione di rinvio a giudizio è assai variata nella Confederazione e nei Cantoni. Vi sono codici processuali che definiscono l'atto d'accusa come un rapporto finale relativamente circostanziato in cui non ci si limita ad elencare i fatti contestati all'imputato ma si riassumono anche i risultati dell'istruzione e si enunciano i motivi a sostegno di una condanna e quali sanzioni debbano essere irrogate.

Altri codici prevedono invece che l'atto d'accusa descriva succintamente i fatti

378

Aus 29 mach 1, pag. 138; proposta caldeggiata anche da una minoranza nella procedura di consultazione, Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 69.

1178

senza alcun riferimento alla procedura preliminare, alle prove raccolte o alle motivazioni a sostegno della colpevolezza o della pena.

Il disegno segue quest'ultimo modello. Una descrizione concisa dei capi d'accusa consente non solo alle parti ma anche al giudice di capire immediatamente e in modo chiaro quali reati siano contestati all'imputato. Una formulazione stringata va privilegiata anche perché, secondo il principio accusatorio (art. 9), il procedimento giudiziario e la sentenza conclusiva possono fondarsi unicamente sui fatti indicati nell'atto d'accusa. A tal fine occorre che: ­

l'atto d'accusa descriva «in modo quanto possibile succinto, ma preciso» i fatti contestati all'imputato (lett. f); le affermazioni o le descrizioni non necessarie per avvalorare la realizzazione della fattispecie vanno omesse. La descrizione comprende indicazioni quanto possibile precise riguardo al luogo e al momento del reato. È inoltre essenziale descrivere la dinamica del reato esopnendo tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie penale che il pubblico ministero ritiene realizzata. Se l'accusa verte su forme particolari di responsabilità penale come il tentativo, la correità o la partecipazione, occorre indicare quali imputati li abbiano realizzati e in che modo;

­

siano indicate le fattispecie penali che i fatti contestati realizzano (lett. g). Il pubblico ministero deve dunque indicare con precisione le fattispecie penali a suo avviso adempiute dai fatti illustrati. Qualora nutra dubbi sulla qualifica dei fatti, può presentare un atto d'accusa subordinato, che nei casi in cui l'accusa principale venga respinta, attenua solitamente le imputazioni.

Il fatto che l'atto d'accusa si limiti ai punti menzionati nel capoverso 1 conferma che la procedura penale unificata persegue la concezione surriferita di un atto d'accusa sintetico e limitato all'essenziale. L'atto d'accusa non ha il compito di giustificare o comprovare in qualsivoglia modo le affermazioni del pubblico ministero (segnatamente quelle di cui alle lett. f e g). La decisione in merito alla pertinenza delle affermazioni dell'atto d'accusa va presa nel quadro del dibattimento in base alle prove ivi prodotte, agli atti dell'istruzione preliminare e alla discussione (art. 10, 341 segg.). L'atto d'accusa non è dunque la sede per accogliere indicazioni relative a prove o affermazioni a sostegno dell'accusa sotto il profilo materiale o riguardanti la colpevolezza o aspetti giuridici. L'unica eccezione a questo principio è prevista nell'articolo 327 capoverso 2, che consente al pubblico ministero che non sostiene personalmente l'accusa di allegare all'atto d'accusa un rapporto finale.

Come già previsto in alcuni codici processuali e auspicato dalla dottrina processualpenalistica, il capoverso 2 ammette la possibilità per il pubblico ministero di presentare atti d'accusa alternativi. Questa possibilità può realizzarsi in molteplici varianti.

Ciò che caratterizza tipicamente tali atti d'accusa alternativi (e le relative sentenze alternative) è l'impossibilità di chiarire i fatti in questione nonostante si sia fatto capo a tutte le informazioni a disposizione e benché sia indubbio che è stato commesso un reato. Una tale possibilità si apre ad esempio quando un testimone ha rilasciato dichiarazioni contraddittorie in due interrogatori distinti; una delle due deposizioni deve per forza essere falsa, ma non è possibile accertare quale. Un'altra situazione classica è quella dell'imputato che, alla luce della situazione probatoria, può essersi procurato un oggetto soltanto con il furto o con la ricettazione, senza che sia tuttavia possibile accertare quale di queste fattispecie sia realizzata.

1179

Art. 327

Altre indicazioni e richieste

Con modalità diverse, i codici processuali penali svizzeri prevedono che l'atto d'accusa stesso o un allegato contenga elenchi e resoconti concernenti le operazioni essenziali della procedura preliminare, affinché il giudice e le parti acquisiscano subito gli elementi essenziali della causa senza dover procedere a lunghe ricerche all'interno degli atti, a volte voluminosi, per poter preparare il dibattimento e la sentenza (cpv. 1). A seconda dell'informazione da trasmettere si possono utilizzare elenchi o moduli prestampati.

Il capoverso 2 riconosce al pubblico ministero la facoltà di allegare all'atto d'accusa un rapporto finale nel quale è pure possibile esprimersi sull'apprezzamento delle prove. Tale rapporto consente al giudice, ma anche alle parti, di farsi rapidamente un'idea sui fatti contestati all'imputato e sugli atti procedurali compiuti sinora. Per evitare tuttavia che il pubblico ministero possa pronunciare una sorta di requisitoria anticipata, tale possibilità va limitata ai casi in cui il pubblico ministero non sostiene personalmente l'accusa in giudizio.

Art. 328

Notificazione dell'atto d'accusa

Visto che il rinvio a giudizio è di esclusiva spettanza del pubblico ministero, è pure compito di quest'ultimo notificare l'atto d'accusa, non appena sia stato stilato, in primo luogo all'imputato e al giudice competente. Il capoverso 1 disciplina i dettagli.

L'articolo 228 attribuirsce al giudice dei provvedimenti coercitivi la competenza di disporre la carcerazione di sicurezza una volta che la procedura preliminare e la promozione dell'accusa siano concluse. Se ritiene che la carcerazione debba essere mantenuta, il pubblico ministero deve dunque presentare al giudice dei provvedimenti coercitivi, contemporaneamente al rinvio a giudizio, l'istanza scritta di carcerazione di sicurezza (cpv. 2).

2.7

Titolo settimo: Procedura dibattimentale di primo grado

Il presente titolo disciplina la procedura dinanzi all'autorità di primo grado ai sensi dell'articolo 19 (tribunale di primo grado). Le disposizioni in esso previste si applicano quindi a prescindere dal fatto che tale autorità sia un giudice unico, un giudice collegiale o un giudice speciale (p. es. un tribunale penale economico).

La procedura dibattimentale di primo grado inizia al momento della ricezione dell'atto d'accusa da parte tribunale e termina con la comunicazione della sentenza.

Occorre distinguere tra la nozione di «procedura dibattimentale» e quella di «dibattimento», poiché quest'ultimo costituisce soltanto una fase dell'intera procedura dibattimentale di primo grado.

1180

2.7.1

Art. 329

Capitolo 1: Pendenza della causa, preparazione del dibattimento e disposizioni generali sul dibattimento (art. 329­335) Pendenza della causa

In virtù del capoverso 2, con la pendenza della causa i poteri concernenti il procedimento passano al giudice. A contrario, ciò significa che da tale momento il pubblico ministero non dirige più il procedimento. Resta inteso che nella procedura giudiziaria dinanzi a un'autorità giudicante collegiale il procedimento sarà diretto dal presidente del collegio (art. 59 lett. c).

Art. 330

Esame dell'accusa; sospensione e abbandono del procedimento

Poiché la promozione dell'accusa spetta esclusivamente al pubblico ministero (art.

325 cpv. 1) e non è impugnabile (art. 325 cpv. 2), è essenziale che l'atto d'accusa pervenuto all'autorità giudicante sia oggetto di un primo esame da parte di chi dirige il procedimento. Occorre anzitutto verificare se l'atto d'accusa soddisfa le esigenze di cui all'articolo 326 (cpv. 1 lett. a). Il capoverso 1 lettera b esige inoltre che si esamini se sono adempiuti i «presupposti processuali», ossia se il comportamento contestato all'imputato è punibile penalmente e se sussistono sufficienti indizi a sostegno dell'accusa. Chi dirige il procedimento esamina questi punti solo sommariamente; va da sé che spetterà esclusivamente all'autorità giudicante decidere se le prove prodotte bastano per un verdetto di colpevolezza. Per «impedimenti a procedere» ai sensi del capoverso 1 lettera c s'intendono i presupposti processuali «negativi», chiamati anche «impedimenti processuali»: si tratta per esempio della sopravvenienza della prescrizione, della morte dell'imputato o dell'incapacità dibattimentale dello stesso. L'esame non è svolto nell'ambito di una procedura formale conclusa con una decisione di ammissibilità o di inammissibilità dell'accusa. Di conseguenza, la presente disposizione non dà espressamente alle parti la possibilità di pronunciarsi. Le parti sono tuttavia libere di presentare istanze su punti che devono essere esaminati da chi dirige il procedimento. Questa disciplina della procedura d'esame non pone problemi poiché la mancata formulazione di eccezioni concernenti gli elementi da esaminare in virtù del capoverso 1 non comporta alcun pregiudizio giuridico. La mancanza o l'esistenza di presupposti processuali e di impedimenti a procedere può infatti essere invocata anche in fasi ulteriori della procedura dibattimentale sollevando questioni pregiudiziali o incidentali (cfr. art. 339 cpv. 2­5).

I capoversi 2­4 disciplinano la procedura da seguire nei casi in cui dall'esame secondo il capoverso 1 risulta che l'accusa è lacunosa, che determinati presupposti processuali non sono adempiuti o che vi sono impedimenti a procedere. In questi casi spetta all'autorità giudicante, e non a chi dirige il procedimento ed ha effettuato l'esame sopraccitato, determinare il seguito della procedura. Se l'autorità giudicante
è collegiale, chi dirige il procedimento deve informare gli altri membri del collegio riguardo all'esito del proprio esame e presentar loro una proposta concernente il seguito del procedimento. Il presente Codice non esige che la relativa decisione dell'autorità giudicante sia pronunciata in udienza pubblica o in presenza delle parti; può quindi anche essere presa mediante circolazione degli atti.

In virtù del capoverso 2, il procedimento dev'essere sospeso se non può ancora essere pronunciata una sentenza di merito. Tale è il caso se l'atto d'accusa presenta vizi sanabili o se la mancanza di presupposti processuali o l'esistenza di impedimen1181

ti a procedere è solo temporanea; la sospensione entra tuttavia in linea di conto anche per motivi per i quali una procedura preliminare dovrebbe essere sospesa in virtù dell'articolo 314 capoverso 1. L'esistenza di motivi di sospensione può essere constatata sia nell'ambito dell'esame dell'accusa di cui al capoverso 1 sia in una fase ulteriore della procedura dibattimentale. La decisione di sospendere il procedimento è una decisione ordinatoria e va quindi comunicata alle parti (cfr. art. 78 cpv. 3).

Capoverso 3: talvolta i codici di procedura penale cantonali vigenti non precisano se in caso di sospensione del procedimento con rinvio dell'accusa al pubblico ministero la causa rimanga pendente presso il giudice adito. Dalla soluzione di tale questione dipende la competenza per disporre provvedimenti coercitivi (p. es. la scarcerazione) in questa fase intermedia. L'obbligo dell'autorità giudicante di pronunciarsi espressamente a tal proposito è volto a garantire la necessaria chiarezza. È per esempio sensato che il giudice mantenga pendente presso di sé la causa se il completamento o la rettifica dell'accusa cui deve procedere il pubblico ministero comporta un dispendio di lavoro e di tempo limitato. Se è invece prevedibile che sarà necessario più tempo, può essere opportuno ritrasferire la direzione del procedimento al pubblico ministero.

Capoverso 4: se gli impedimenti a procedere sono insormontabili o i presupposti processuali continuano a non essere adempiuti, il procedimento va abbandonato. A differenza di quanto previsto per la sospensione di cui al capoverso 2, le persone interessate dall'abbandono hanno diritto di essere sentite. Si tratta delle parti e dei terzi aggravati dall'abbandono, in particolare di quelli colpiti dalla confisca di oggetti o valori patrimoniali. Il capoverso 4 si applica anche nei casi in cui i motivi di abbandono si manifestano soltanto durante il dibattimento.

Per motivi di economia processuale, il capoverso 5 consente di pronunciare l'abbandono riguardante soltanto singoli capi d'accusa insieme con la sentenza.

Sempre per motivi di economia processuale, in tali casi potrebbe tuttavia essere opportuno che l'autorità giudicante comunichi il più presto possibile la sua intenzione di abbandonare il procedimento riguardo a determinati capi d'accusa: questo
consentirebbe infatti alle parti di ridurre le loro arringhe allo stretto necessario.

Art. 331­332 La preparazione del dibattimento compete essenzialmente a chi dirige il procedimento: questi stabilisce la data del dibattimento, fa circolare gli atti e determina chi dovrà esservi interrogato e quali prove saranno assunte durante lo stesso. Affinché le parti possano se del caso chiedere l'assunzione di ulteriori prove, chi dirige il procedimento deve comunicare loro quali prove intende assumere (art. 332 cpv. 1) e impartir loro un termine per presentare eventuali istanze probatorie (art. 332 cpv. 2).

L'obbligo di comunicare tempestivamente in quale composizione si riunirà l'autorità giudicante (art. 332 cpv. 1) è volto a garantire che le parti invochino il più rapidamente possibile gli eventuali motivi di ricusazione e che il dibattimento non debba pertanto essere rinviato. Le domande di ricusazione sono giudicate conformemente agli articoli 54 e seguenti.

Una volta statuito sulle eventuali istanze probatorie delle parti (art. 332 cpv. 3), chi dirige il procedimento fissa la data del dibattimento e cita a comparire le parti nonché i testimoni, le persone informate sui fatti e i periti che devono essere interrogati (art. 332 cpv. 4). Deve anche decidere se intende obbligare il pubblico ministero a sostenere personalmente l'accusa in giudizio (art. 338 cpv. 4).

1182

Art. 333

Udienze preliminari

Prendendo a modello taluni codici di procedura penale cantonali, e conformemente a quanto auspicato dalla Commissione peritale379, il presente disegno prevede la possibilità di svolgere un'udienza preliminare prima dell'apertura del dibattimento.

Vi sono ammesse soltanto le parti. Essa serve a regolare questioni organizzative (cpv. 1), quali per esempio lo svolgimento del dibattimento, il tempo necessario per lo stesso o la necessità di far capo a un traduttore o a un'interprete.

In virtù del capoverso 2, chi dirige il procedimento può svolgere udienze di conciliazione o far intervenire un mediatore, purché siano rispettate le condizioni di cui agli articoli 316 e 317. Se, in caso di reati perseguibili a querela di parte, tali provvedimenti portano al ritiro della querela, l'autorità giudicante deve abbandonare il procedimento conformemente all'articolo 330 capoverso 4.

Capoverso 3: la possibilità di assumere prove prima del dibattimento riveste importanza soprattutto se occorre assicurare prove in pericolo, per esempio se un testimone è gravemente malato o una persona informata sui fatti sta per emigrare oltreoceano. La possibilità di demandare l'assunzione di prove al pubblico ministero va utilizzata con estremo riserbo, poiché quest'ultimo partecipa alla procedura dibattimentale in qualità di parte e l'assunzione di prove ad opera di una parte deve restare un fatto assolutamente eccezionale.

Art. 334

Modifica e completamento dell'accusa

Capoverso 1: la descrizione dei fatti e il loro apprezzamento giuridico nell'atto d'accusa si influenzano reciprocamente: il pubblico ministero concentrerà la sua esposizione sugli elementi di fatto che realizzano la fattispecie di reato contestata all'imputato. Poiché è talvolta estremamente difficile distinguere tra diverse fattispecie di reato, è possibile che un atto d'accusa descriva i fatti soltanto in relazione a una determinata fattispecie penale e non esponga gli elementi tramite i quali gli stessi fatti possono essere costitutivi di un altro reato. Esempio380: l'imputato è accusato di appropriazione indebita qualificata. Il giudice ritiene che il comportamento contestato potrebbe realizzare anche gli elementi costitutivi del reato di truffa. Constata tuttavia che l'atto d'accusa non spiega per esempio in che modo l'imputato avrebbe agito subdolamente. Manca quindi un elemento di fatto necessario per qualificare giuridicamente il comportamento contestato come truffa. In simili casi, il capoverso 1 consente al giudice di invitare il pubblico ministero a modificare l'atto d'accusa. A tal fine, il giudice deve impartire un termine al pubblico ministero, che non è tuttavia tenuto a procedere alla modifica.

Il capoverso 2 ammette una deroga al rigoroso principio accusatorio di cui all'articolo 9 capoverso 1 consentendo di completare l'accusa se durante la procedura dibattimentale si viene a conoscenza di altri reati commessi dall'imputato. La possibilità di completare l'atto d'accusa permette di evitare una nuova procedura preliminare e una nuova procedura giudiziaria, il che risponde al principio di economia processuale, segnatamente in caso di reati in serie. Qualora occorra decidere se consentire o meno al pubblico ministero di completare l'accusa, il giudice deve segnatamente tener conto del capoverso 3. In virtù di tale disposizione, l'accusa non 379 380

Aus 29 mach 1, pag. 140.

Secondo Georges Greiner, Akkusationsprinzip und Wirtschaftsstrafsachen, ZStrR 123 (2005) 120.

1183

può essere completata se i reati scoperti durante la procedura dibattimentale rendono necessarie ulteriori e considerevoli misure probatorie o qualora si sospetti l'esistenza di coautori o la partecipazione di terzi («connessione oggettiva»). In tali casi il pubblico ministero deve avviare una procedura preliminare.

Art. 335

Rimessione

Il caso più frequente di rimessione è quello in cui il giudice unico presso cui è pendente una causa giunge alla conclusione che entri in linea di conto una pena o una misura che eccede la sua competenza. È tuttavia anche ipotizzabile che un giudice collegiale dotato di una competenza limitata rimetta la causa a un'altra autorità giudicante collegiale.

La rimessione non è invece possibile se il giudice investito della causa ­ sia direttamente sia mediante rimessione ai sensi della presente disposizione ­ intende pronunciare una pena o una misura che sarebbe di competenza di un giudice dotato di una competenza meno estesa.

2.7.2

Capitolo 2: Svolgimento del dibattimento

2.7.2.1

Sezione 1: Autorità giudicante e partecipanti al procedimento (art. 336­338)

Art. 336

Composizione dell'autorità giudicante

In virtù del capoverso 3, chi dirige il procedimento può convocare membri supplementari incaricati di assistere al dibattimento. Tale norma, che recepisce una proposta della Commissione peritale381, dovrebbe essere applicata soprattutto nei casi che richiedono dibattimenti complessi e di lunga durata. Affinché possa se del caso sostituire un membro dell'autorità giudicante, il membro supplente deve non soltanto assistere al dibattimento bensì anche essere associato alla procedura per circolazione degli atti ai sensi dell'articolo 331 capoverso 2.

Art. 337

Imputato e difensore d'ufficio

In virtù del capoverso 4, se l'imputato ingiustificatamente non compare al dibattimento sono applicabili le disposizioni concernenti la procedura contumaciale. Prima che sia avviata una siffatta procedura, chi dirige il procedimento può tuttavia disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato (art. 205­207).

Art. 338

Pubblico ministero

In virtù del capoverso 1, il pubblico ministero può presentare istanze scritte al giudice o comparire personalmente al dibattimento. La possibilità di scelta è tuttavia limitata dal capoverso 3, che stabilisce i casi in cui il pubblico ministero deve obbligatoriamente partecipare al dibattimento. Tale obbligo è alquanto incisivo. È stato previsto in considerazione del fatto che nella procedura preliminare il pubblico 381

Aus 29 mach 1, pag. 140.

1184

ministero occupa una posizione relativamente rilevante che comporta una grande responsabilità. Deve pertanto assumersi questa responsabilità sino alla fine partecipando personalmente al dibattimento.

2.7.2.2 Art. 339

Sezione 2: Inizio del dibattimento (art. 339 e 340) Apertura; questioni pregiudiziali e incidentali

Il capoverso 1 esige che chi dirige il procedimento accerti che le persone citate a comparire siano presenti: si tratta naturalmente soltanto delle persone citate all'inizio del dibattimento e non di quelle che devono comparire ulteriormente (p. es.

testimoni o periti da interrogare).

Il capoverso 2 elenca taluni temi che possono dar adito a questioni pregiudiziali.

L'elenco non è esaustivo. Per stabilire se una questione debba essere considerata pregiudiziale o incidentale, occorre esaminare se il giudice di primo grado è o meno competente per statuire sulla stessa (cfr. cpv. 3). Per esempio, le domande di ricusazione di cui all'articolo 56 capoverso 1 devono essere presentate non appena si sia a conoscenza del motivo di ricusazione, quindi se possibile subito dopo la comunicazione della composizione dell'autorità giudicante; non vanno tuttavia trattate come questioni pregiudiziali poiché la decisione sulle domande di ricusazione spetta alla giurisdizione di reclamo (art. 57 cpv. 1 lett. b). La lettera a fa riferimento alle esigenze poste dagli articoli 326 e 327 per quanto concerne l'atto d'accusa. Le questioni pregiudiziali concernenti i «presupposti processuali» (lett. b) possono per esempio vertere sulla competenza dell'autorità giudicante, mentre quelle relative agli «impedimenti a procedere» (lett. c) possono riguardare la prescrizione.

Dopo la trattazione di una questione pregiudiziale o incidentale, il seguito del procedimento dipende dalla decisione presa riguardo alla questione sollevata: se accerta per esempio la mancanza di un presupposto processuale o l'esistenza di impedimenti a procedere, il giudice deve sospendere o abbandonare il procedimento conformemente all'articolo 330 capoverso 2 o 4.

Art. 340

Seguito del dibattimento; lettura dell'atto d'accusa

Il capoverso 1 menziona talune conseguenze dell'avvenuta trattazione di eventuali questioni pregiudiziali. Riveste particolare importanza soprattutto la lettera b, secondo cui l'accusa non può più essere ritirata né, in linea di principio, modificata.

Tale divieto concerne soltanto il pubblico ministero. Se ne evince inoltre che dopo la promozione dell'accusa l'imputato può in linea di massima soltanto essere assolto o condannato. Sono tuttavia fatti salvi i casi in cui il procedimento è abbandonato. Si pensi per esempio al ritiro di una querela durante il dibattimento, possibilità ammessa poiché il ritiro non è deciso dal pubblico ministero. Con il ritiro della querela viene meno uno dei presupposti processuali, il che comporta l'abbandono del procedimento secondo l'articolo 330 capoverso 4.

Capoverso 2: solo le parti presenti al dibattimento hanno diritto di rinunciare alla lettura dell'atto d'accusa. Considerato il principio di pubblicità, appare opportuno che chi dirige il procedimento riassuma brevemente l'atto d'accusa ­ al fine di informare il pubblico presente in aula ­ anche nei casi in cui le parti rinunciano alla lettura dello stesso.

1185

2.7.2.3

Sezione 3: Procedura probatoria (art. 341­347)

Una delle questioni fondamentali che deve risolvere un codice di procedura penale è stabilire se il giudice investito di una causa debba fondare il proprio convincimento sull'opinione che si è fatto durante il dibattimento (principio dell'immediatezza) o sulle prove raccolte nella procedura preliminare (principio della mediatezza).

Per quanto concerne il diritto di rango superiore, né la Cost. né la CEDU né il Patto ONU II esigono una procedura immediata dinanzi all'autorità giudicante. In virtù dell'articolo 6 paragrafo 3 lettera d CEDU, l'imputato ha diritto di «interrogare o far interrogare i testimoni a carico». Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale382 e della Corte europea dei diritti dell'uomo383, questo non implica tuttavia l'obbligo di svolgere il dibattimento conformemente al principio dell'immediatezza; è anzi ammissibile fondare sentenze su prove assunte durante la procedura preliminare.

A livello federale e in taluni Cantoni la procedura dibattimentale è informata al principio dell'immediatezza. Altri codici di procedura penale cantonali autorizzano il giudice investito della causa a fondarsi sulle prove assunte durante il dibattimento e nella procedura preliminare. A seconda della prassi adottata, in tali casi si può parlare di una predominanza del principio della mediatezza o di un'«immediatezza limitata». Si constata che nei codici processuali penali vigenti nel nostro Paese ci si scosta viepiù dall'immediatezza assoluta per adottare normative differenziate tendenti verso un'immediatezza limitata. In virtù di tali normative, il giudice investito della causa si fonda in linea di principio sulle prove raccolte durante la procedura preliminare ma può procedere alla riassunzione delle prove rilevanti ai fini della decisione riguardo alla colpevolezza o alla pena o dalle quali dipende il suo intimo convincimento.

Conformemente a quanto raccomandato dalla Commissione peritale384, il presente disegno recepisce il principio dell'immediatezza limitata, differenziando tuttavia la procedura probatoria applicabile durante il dibattimento a seconda della gravità del caso da giudicare: di norma prevale il principio dell'immediatezza della procedura dibattimentale (art. 344); tuttavia, se il pubblico ministero non chiede né una pena detentiva senza la condizionale né una misura privativa della libertà, il giudice può in linea di massima fondarsi sulle prove raccolte nella procedura preliminare (art. 345).

Art. 342

Interrogatori

Gli interrogatori competono a chi dirige il procedimento. Lo stesso vale per le domande completive di altri membri dell'autorità giudicante o delle parti (cpv. 2): anche quando questi sono autorizzati a porre di persona le domande, la decisione definitiva riguardo all'ammissibilità delle stesse spetta a chi dirige il procedimento, che può per esempio vietare le domande suggestive o retoriche o le domande che non hanno alcun nesso con i fatti da giudicare. Non si può tuttavia vietare una domanda soltanto perché non ha un legame diretto con l'oggetto di domande già 382 383

DTF 113 Ia 422 e 116 Ia 289.

Rimandi in: Haefliger/Schürmann, Die Europäische Menschenrechtskonvention und die Schweiz, Berna 1999, pagg. 239 segg.

384 Aus 29 mach 1, pag. 143.

1186

poste. Il termine «domande completive» va inteso in senso lato, ossia più nel senso di «ulteriori domande» che in quello di «domande connesse». Nonostante il capoverso 2 menzioni gli «altri membri dell'autorità giudicante», va da sé che le parti possono porre domande completive anche se il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica (giudice unico). Per quanto concerne infine l'autorità giudicante, il diritto di porre domande spetta soltanto ai membri ordinari e non al membro supplente di cui all'articolo 336 capoverso 3, che assiste alle udienze a titolo precauzionale.

Capoverso 3: il principio secondo cui all'inizio della procedura probatoria l'imputato dev'essere interrogato in modo dettagliato riguardo alla sua persona non è applicabile nei casi in cui è ordinata la bipartizione del dibattimento ai sensi dell'articolo 343. In tali casi la situazione personale dell'imputato ­ accertata anche grazie all'interrogatorio sopraccitato ­ può infatti essere oggetto del dibattimento soltanto se l'imputato è riconosciuto colpevole (art. 343 cpv. 3).

Art. 343

Bipartizione del dibattimento

Di recente, la possibilità di scindere il dibattimento in due parti è stata introdotta in un numero crescente di codici di procedura penale cantonali. La bipartizione è volta a tutelare la personalità dell'imputato, poiché questi è tenuto a fornire pubblicamente informazioni concernenti la sua sfera personale ­ necessarie ai fini della fissazione della pena o della misura ­ soltanto in caso di responso di colpevolezza. Essa evita inoltre al difensore di dover presentare in via subordinata proposte sulla commisurazione della pena dopo aver chiesto in via principale l'assoluzione dell'imputato (cosiddetto dilemma del difensore). La bipartizione del dibattimento presenta infine vantaggi sotto il profilo dell'economia processuale, poiché non occorre dibattere sulle conseguenze di un responso di colpevolezza non ancora emesso.

Capoverso 1: se è chiesta la bipartizione del dibattimento, il giudice statuisce sull'istanza nell'ambito di una questione pregiudiziale (cfr. art. 339 cpv. 2 lett. f).

L'accusatore privato non può presentare una siffatta istanza. Inoltre il giudice non è obbligato a disporre la bipartizione del dibattimento. Prima di decidere deve anzi ponderare i vantaggi ­ segnatamente quelli sopradescritti ­ e i possibili svantaggi di tale soluzione (p. es. un rallentamento del procedimento). Il giudice può scindere il dibattimento in due modi. Secondo la lettera a, può stabilire che nella prima parte si esamini se si è in presenza di un comportamento penalmente punibile e se la reità dell'imputato va considerata dimostrata (questioni concernenti i fatti) nonché se quest'ultimo è imputabile (questione della colpevolezza). In tal caso, nella seconda parte si tratteranno le conseguenze di un responso di colpevolezza o di un'assoluzione. La lettera b consente invece al giudice di separare le questioni concernenti i fatti da quella della colpevolezza. Se il giudice opta per questa soluzione, la prima parte è dedicata esclusivamente alle questioni concernenti i fatti mentre sia l'imputabilità sia le conseguenze di un responso di colpevolezza o di un'assoluzione sono oggetto della seconda parte.

In virtù del capoverso 4, la prima parte del procedimento si conclude con le arringhe (limitate alle questioni concernenti i fatti e la colpevolezza o alle sole questioni riguardanti i fatti) e con la comunicazione delle decisioni deliberate in camera di consiglio. In seguito il dibattimento riprende e continua nella seconda parte del procedimento.

1187

Art. 344

Assunzione ordinaria delle prove

La presente disposizione si applica nei casi in cui il pubblico ministero chiede una pena detentiva senza la condizionale o una misura privativa della libertà. Qualora il pubblico ministero non chieda una siffatta sanzione, si applicano invece le norme concernenti l'«assunzione semplificata delle prove» (art. 345). Il capoverso 2 stabilisce le condizioni alle quali si può prescindere da una riassunzione di prove. Questo istituto consente di provare nuovamente, con mezzi probatori già esperiti in precedenza, fatti di per sé già noti. La riassunzione può per esempio rivelarsi necessaria qualora occorra che il giudice si faccia un'opinione immediata per valutare una prova. Le condizioni alle quali è possibile prescindere da una riassunzione di prove (lett. a­c) sono cumulative.

Il capoverso 3 concerne l'assunzione di nuove prove, ossia l'impiego di nuovi mezzi probatori (p. es. l'interrogatorio di un nuovo testimone) e i complementi di prova, ossia la riutilizzazione di mezzi di prova già esperiti volta ad accertare nuovi fatti.

La rinuncia all'assunzione di nuove prove e a complementi di prova sottostà alle medesime condizioni cui è subordinata la rinuncia all'assunzione di prove (art. 137 cpv. 2).

Va rilevato che l'articolo 342 capoverso 3 esige che l'imputato sia comunque interrogato durante il dibattimento, a prescindere dal fatto che sia stato chiesto un nuovo interrogatorio dello stesso o un interrogatorio volto a consentire l'assunzione di complementi di prova.

Se durante il dibattimento risulta che l'assunzione di determinate prove non è più necessaria (p. es. perché è stato possibile risolvere definitivamente una contraddizione che avrebbe reso necessaria un'ulteriore assunzione di prove), il giudice può rinunciarvi previo assenso delle parti presenti (cpv. 4).

Art. 345

Assunzione semplificata delle prove

L'articolo 344 si fonda sul principio dell'immediatezza del dibattimento e ne prevede talune limitazioni (cpv. 2). Nei casi in cui il pubblico ministero non chiede né una pena detentiva senza la condizionale né una misura privativa della libertà, si applica invece il principio della mediatezza del dibattimento. Anche in tali casi va tuttavia rispettata la disposizione di cui all'articolo 342 capoverso 3, in virtù della quale l'imputato deve comunque essere interrogato durante il dibattimento.

Contrariamente all'articolo 344, l'articolo 345 non menziona espressamente il diritto delle parti di chiedere l'assunzione di prove. Le parti possono tuttavia domandare la riassunzione di determinate prove anche nei casi in esso previsti. Per motivare la loro istanza, devono invocare il mancato adempimento delle condizioni di cui al capoverso 1 lettera a o b, che consente al giudice di fondarsi sulle prove raccolte nella procedura preliminare.

Il capoverso 2 stabilisce le condizioni alle quali il giudice può assumere nel dibattimento prove che non sono state raccolte nella procedura preliminare.

Art. 346

Apprezzamento giuridico divergente

A un più attento esame, la presente disposizione esige che il giudice segnali alle parti anche solo la semplice possibilità che egli si scosti dall'apprezzamento giuridico dei fatti formulato dal pubblico ministero nell'atto d'accusa. La comunicazione 1188

deve avvenire il più tardi prima della discussione, ma se possibile anche prima. Va inoltre effettuata a prescindere dal fatto che l'apprezzamento giuridico divergente possa comportare l'inflizione di una sanzione più severa385 o influisca su altre parti della sentenza.

Art. 347

Chiusura della procedura probatoria

Una volta chiusa la procedura probatoria, l'assunzione di prove è possibile soltanto alle condizioni di cui all'articolo 351 («complementi di prova»). Subito prima della chiusura di tale procedura, chi dirige il procedimento deve pertanto offrire alle parti la possibilità di proporre ulteriori assunzioni di prove. Nelle autorità giudicanti collegiali, tale possibilità va concessa anche agli altri membri del collegio. Il giudice statuisce sulle relative istanze conformemente alle disposizioni concernenti l'assunzione ordinaria o l'assunzione semplificata delle prove (art. 344 e 345). La procedura probatoria può essere chiusa soltanto se non sono presentate istanze probatorie o se quelle presentate sono respinte.

2.7.2.4

Art. 348

Sezione 4: Discussione e chiusura del contraddittorio (art. 348 e 349) Discussione

Chiusa la procedura probatoria, si procede alle arringhe, nelle quali le parti e i terzi colpiti da una confisca possono esporre e motivare le loro conclusioni. Le persone menzionate nel capoverso 1 possono esprimersi soltanto nella misura in cui hanno il diritto di presentare conclusioni. Di conseguenza, l'accusatore privato non può esprimersi in merito alla commisurazione della pena e i terzi menzionati nella lettera c sono autorizzati a esporre le loro considerazioni soltanto in quanto le stesse concernano la confisca dalla quale sono colpiti.

Nella misura in cui la decisione o la sentenza può vertere soltanto sui fatti contestati all'imputato (completati se del caso durante il dibattimento), il pubblico ministero è vincolato a tali fatti. È tuttavia libero di chiedere l'assoluzione per uno o per tutti i capi d'accusa nonostante gli stessi abbiano determinato la promozione dell'accusa.

Un siffatto modo di procedere è segnatamente opportuno nei casi in cui nella procedura probatoria svolta durante il dibattimento non si sia riusciti a dimostrare l'esistenza di indizi di reato sufficienti per un responso di colpevolezza. Di conseguenza, il pubblico ministero non è vincolato neppure dalle sue proposte di sanzione formulate nell'atto d'accusa. A seconda delle risultanze della procedura probatoria, il pubblico ministero può infine scostarsi dall'apprezzamento giuridico dei fatti figurante nell'atto d'accusa. Una condanna fondata su un siffatto apprezzamento giuridico divergente presuppone tuttavia che il giudice si sia riservato tale possibilità secondo l'articolo 346.

385

DTF 126 I 23

1189

2.7.2.5 Art. 350

Sezione 5: Sentenza (art. 350­353) Deliberazione della sentenza

In sintonia con la maggior parte dei codici di procedura penale cantonali, ma a differenza di quanto di norma disposto nelle leggi di procedura civile, il capoverso 1 prevede che le deliberazioni dell'autorità giudicante si svolgono in camera di consiglio, quindi in assenza delle parti e del pubblico. Giacché le sentenze pronunciate dal giudice penale possono limitare i diritti fondamentali più gravemente di quelle del giudice civile, nel procedimento penale il rischio di rappresaglie contro membri dell'autorità giudicante è più elevato di quanto non lo sia nel processo civile. Se i giudici penali fossero tenuti a deliberare in pubblico, potrebbe sorgere il rischio che non vi sia quasi più alcun laico disposto a diventare membro di un'autorità giudicante.

Il capoverso 2 recepisce una proposta della Commissione peritale386. Alla stregua del cancelliere, i membri supplenti designati conformemente all'articolo 336 capoverso 3 assistono alla deliberazione della sentenza. A differenza del cancelliere, non hanno tuttavia voto consultivo.

Art. 351

Complementi di prova

La previsione della possibilità di completare le prove nella fase delle deliberazioni corrisponde a una proposta della Commissione peritale387. Tale possibilità è inoltre già prevista in taluni codici di procedura penale cantonali. Il completamento delle prove è disposto mediante decisione del giudice. Le prove sono completate nell'ambito di una nuova procedura probatoria. Di conseguenza, il giudice deve riaprire il dibattimento. Quest'ultimo non è tuttavia ripreso integralmente, bensì è limitato ai complementi di prova. Una volta assunte le prove, le parti possono pronunciarsi sui complementi di prova nell'ambito di nuove arringhe.

Art. 352

Carattere vincolante dell'accusa, elementi alla base della sentenza

La sentenza concerne i fatti risultanti dall'atto d'accusa presentato all'autorità giudicante e da eventuali modifiche e complementi apportati allo stesso durante la procedura dibattimentale (art. 334). L'autorità giudicante è invece libera per quanto concerne l'apprezzamento giuridico dei fatti. Se intende scostarsi dall'apprezzamento giuridico formulato nell'atto d'accusa, deve tuttavia annunciarlo conformemente all'articolo 346.

Art. 353

Pronuncia e comunicazione della sentenza

Capoverso 1: nella presente disposizione, il termine «sentenza» va inteso in senso lato; comprende infatti non soltanto le decisioni di merito su questioni penali e civili (ossia le «sentenze» descritte nell'art. 78 cpv. 1) bensì anche le sentenze processuali con le quali si dispone l'abbandono del procedimento (cfr. art. 330 cpv. 4).

Se il caso è maturo per la decisione, è pronunciata una sentenza di colpevolezza o di assoluzione. In caso di responso di colpevolezza, il giudice deve pronunciarsi anche 386 387

Aus 29 mach 1, pag. 145.

Aus 29 mach 1, pag. 145.

1190

sulle sanzioni. A prescindere dal fatto che l'imputato sia riconosciuto colpevole o assolto, il giudice deve inoltre decidere sulle altre conseguenze della sentenza, quali per esempio quelle in materia di spese, indennità e pretese civili.

Se non è adempiuto un presupposto processuale necessario per la sentenza di merito o se subentra un impedimento a procedere (p. es. ritiro della querela o sopravvenienza della prescrizione), il giudice abbandona il procedimento conformemente all'articolo 330 capoversi 4 e 5.

Spetta a chi dirige il procedimento stabilire l'ordine dei punti sui quali l'autorità giudicante è chiamata a deliberare nonché l'ordine dei votanti. L'obbligo di votare (cpv. 2) combinato con l'assenza di una disposizione concernente le conseguenze in caso di parità di voti implica che le autorità giudicanti collegiali devono constare di un numero dispari di membri.

2.7.3

Capitolo 3: Udienza di revoca (art. 354)

L'udienza di revoca va svolta soltanto se nel dibattimento l'imputato è stato riconosciuto colpevole del reato contestatogli. Durante tale udienza, il giudice deve esaminare se occorra revocare la sospensione condizionale di una pena precedentemente inflitta. L'udienza di revoca si svolge immediatamente dopo la comunicazione della sentenza. Le parti hanno la possibilità di presentare e motivare le loro conclusioni sulla questione della revoca. In seguito l'autorità giudicante delibera in camera di consiglio. Infine, essa comunica e motiva la sua decisione.

Capoverso 2: l'udienza di revoca si svolge soltanto se il dibattimento si è concluso con un responso di colpevolezza. Il fatto che lo svolgimento di tale udienza dipende dall'esito del dibattimento può essere segnalato nella citazione a comparire specificando che la notificazione è fatta «per un'eventuale udienza di revoca».

2.8

Titolo ottavo: Procedure speciali

Conformemente alla sua tradizione, la procedura penale svizzera prevede oltre al normale svolgimento del procedimento, che si estende dalla procedura preliminare del pubblico ministero alla procedura dibattimentale di primo grado, anche forme processuali speciali. Queste tengono conto delle peculiarità dell'autore del reato (ad es. la sua età oppure la sua assenza nell'ambito della procedura contumaciale), del reato stesso (ad es. il suo carattere bagattellare o la sua natura di contravvenzione nella procedura del decreto d'accusa) o delle sanzioni (nella procedura indipendente in materia di misure). Questi tipi particolari di procedura rientrano indubbiamente nella materia che deve essere disciplinata nel diritto processuale penale unificato388.

È nondimeno lecito chiedersi quali di questi tipi particolari di procedura debbano essere integrati nel presente Codice. Stando ai chiari risultati della procedura di consultazione, il diritto processuale penale minorile va disciplinato in una legge distinta, analogamente alla distinzione operata nel diritto penale materiale389. Occorre rinunciare del tutto al procedimento su azione penale privata che figura oggi in

388 389

Opinione condivisa anche dai periti in Aus 29 mach 1, pag. 150.

N. 1.6.1.

1191

taluni codici processuali cantonali390. Nel Codice è stata invece inserita la procedura abbreviata, che è disciplinata soltanto in tre Cantoni. In tal modo, il Codice prevede tre possibilità per abbreviare il procedimento penale ordinario: la procedura del decreto d'accusa, la procedura penale in materia di contravvenzioni e la procedura abbreviata.

I tipi particolari di procedura contemplati nel presente Codice sono applicabili a titolo eccezionale soltanto nei casi appositamente previsti dalla legge. Per quanto il titolo ottavo non preveda alcuna norma particolare, le disposizioni generali restano applicabili anche a queste procedure speciali.

2.8.1

Capitolo 1: Procedura del decreto d'accusa (art. 355­360)

Nella procedura del decreto d'accusa (tedesco: Strafbefehl o anche Strafverfügung, Strafmandat o Strafbescheid, francese: ordonnance pénale) il caso penale è il più delle volte evaso non da un giudice ma dall'autorità inquirente o d'accusa mediante una decisione che le parti possono o accettare oppure impugnare con un'opposizione e sottoporre all'esame del giudice. Negli ultimi tempi i Cantoni hanno fatto viepiù ricorso a tale possibilità. Questo tipo di procedura va indubbiamente integrato nel codice processuale penale unificato391, soprattutto perché consente di accelerare i procedimenti nei casi di piccola criminalità Art. 355

Presupposti

Occorre in primo luogo stabilire se l'imputato deve aver ammesso in un interrogatorio i fatti che gli sono contestati. Soltanto pochi Cantoni esigono una siffatta confessione (che comprende eventualmente anche la qualificazione giuridica dei fatti); per la maggior parte è sufficiente che la colpevolezza risulti chiaramente dal fascicolo, anche se a tal fine ci si riferisce talvolta pure a quanto ammette l'imputato.

Il capoverso 1 segue essenzialmente quest'ultimo modello: il pubblico ministero può emettere un decreto d'accusa se dagli atti risulta che l'imputato ha effettivamente compiuto il reato in questione, anche se non vi è stata nessuna confessione. È ad esempio il caso quando l'interessato è accusato di guida in stato di ebbrezza e al momento dell'interrogatorio di polizia non si dispone ancora dei risultati del test di alcolemia ma questi risultati e altri atti di causa confermano inequivocabilmente la colpevolezza dell'imputato. In tal caso può essere emesso un decreto d'accusa senza procedere a ulteriori interrogatori, fatto salvo l'articolo 356.

Un'altra questione è quella di sapere fino a quale pena debba essere ammesso il decreto d'accusa. Nella più recente evoluzione della procedura penale si delinea la tendenza ad aumentare progressivamente la sanzione massima possibile. Se in passato erano possibili soltanto pene privative della libertà molto brevi, oggi in alcuni Cantoni è possibile pronunciare una pena detentiva fino a 6 mesi. In sintonia con la proposta dei periti e della maggior parte dei partecipanti alla procedura di consultazione392, il disegno tiene conto di quest'evoluzione prevedendo una soglia 390 391 392

N. 1.5.4.1.

Stessa posizione in Aus 29 mach 1, pag. 153.

Aus 29 mach 1, pag. 153; Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 84.

1192

massima di 6 mesi di pena detentiva (lett. d) o una soglia equivalente pari a 180 aliquote giornaliere di pena pecuniaria (lett. b) o 720 ore di lavoro di pubblica utilità (lett. c)393. Nel calcolo della pena massima di cui alle lettere b­d occorre includere l'eventuale revoca di una liberazione condizionale o della sospensione condizionale di sanzioni394. In tal modo si propone una sorta di via mediana tra la soluzione che esclude l'emissione di un decreto d'accusa nei casi in cui va revocata la sospensione condizionale di sanzioni e quella che ammette per questi casi una pena globale che eccede la pena massima prevista per il decreto d'accusa. Questa soluzione consente di avvalersi della procedura del decreto d'accusa in casi semplici anche qualora entri in linea di conto una revoca della sospensione condizionale.

Art. 356

Interrogatorio

Conformemente alla natura della procedura, l'assunzione di prove prima dell'emissione del decreto d'accusa non è di per sé necessaria. Qualora nonostante la confessione dell'imputato il pubblico ministero nutra dubbi sulla sua reità o colpevolezza, potrà emettere il decreto d'accusa soltanto dopo aver fugato i suoi dubbi con l'acquisizione di ulteriori prove. Concretamente questo significa per esempio che il pubblico ministero interrogherà l'imputato se la confessione rilasciata alla polizia pare contraddittoria e non vi sono altri elementi probatori che confermino la reità.

L'interrogatorio s'impone inoltre quando con il decreto d'accusa viene pronunciata una pena detentiva da scontare o è inflitto un lavoro di pubblica utilità da prestare.

Questo interrogatorio non è pubblico.

Art. 357

Contenuto e notificazione del decreto d'accusa

Il contenuto del decreto d'accusa (cpv. 1) corrisponde essenzialmente a quello di una sentenza (art. 79). Contrariamente a questa, la motivazione (lett. e ed f) si limita tuttavia alla sanzione e all'eventuale revoca della sospensione condizionale. Queste motivazioni possono essere estremamente brevi.

Nella procedura del decreto d'accusa le azioni civili vengono considerate soltanto nella misura in cui nel decreto stesso sia annotato che l'interessato ha riconosciuto le pretese. Questa menzione corrisponde in realtà ad una constatazione da parte del pubblico ministero. Qualora non sia interposta opposizione contro il decreto d'accusa, tale constatazione passa in giudicato. Se le pretese civili sono state riconosciute non solo sul principio ma anche per quanto concerne la loro entità, il decreto d'accusa costituisce titolo di rigetto definitivo ai sensi dell'articolo 80 della legge federale dell'11 aprile 1889395 sull'esecuzione e sul fallimento (LEF). Se l'imputato le contesta, le pretese civili sono rinviate al foro civile (cpv. 2). La medesima procedura è applicabile alle pretese della vittima, che attualmente non vanno necessariamente esaminate nell'ambito della procedura del decreto d'acusa (art. 9 cpv. 4 LAV).

L'emissione e la notifica del decreto d'accusa sono rette, ad eccezione della disciplina sommaria di cui al capoverso 3, dalle norme generali di cui agli articoli 82­86.

393

Commutazione conformemente agli art. 36 cpv. 1 e 39 cpv. 2 nCP (180 aliquote giornaliere di pena pecuniaria = 720 ore di lavoro di pubblica utilità = 6 mesi di pena detentiva).

394 Se con il decreto d'accusa viene irrogata una multa (lett. a), il problema del cumulo delle in caso di revoca non si pone, giacché le contravvenzioni non possono comportare la revoca della sospensione condizionale (art. 46 nCP).

395 RS 281.1

1193

Art. 358

Opposizione

Il decreto d'accusa costituisce fondamentalmente una proposta per risolvere il caso penale in modo extragiudiziario. Può quindi essere impugnato soltanto mediante l'opposizione, che non è un mezzo di ricorso stricto sensu, ma consente unicamente di avviare il procedimento giudiziario nel quale si stabilirà se le imputazioni figuranti nel decreto d'accusa sono giustificate.

A tenore del capoverso 1 sono legittimati a fare opposizione le parti, eventualmente il pubblico ministero superiore o generale, come pure i terzi, questi ultimi nella misura in cui siano toccati nei loro interessi dal decreto d'accusa (ad es. persone alle quali sono stati sequestrati oggetti o beni patrimoniali che devono essere confiscati in virtù del decreto d'accusa).

Le opposizioni vanno presentate per scritto e motivate. Quella dell'imputato non deve essere motivata (cpv. 2): le sue possibilità di fare opposizione non devono essere ostacolate, soprattutto se l'interessato non è patrocinato.

Se non viene fatta alcuna (valida) opposizione, il decreto d'accusa diviene sentenza passata in giudicato ed esecutiva (cpv. 3), conformemente a quanto previsto anche dal diritto vigente.

Art. 359

Procedura in caso di opposizione

Se è fatta opposizione, il caso passa nuovamente nelle mani del pubblico ministero.

Questi svolge dapprima una vera e propria procedura preliminare, nella quale assume le prove necessarie (cpv. 1). Una volta assunte le ulteriori prove (oppure, se non vi sono ulteriori prove da assumere), il pubblico ministero dispone delle possibilità menzionate nel capoverso 3. Deve pertanto decidere se confermare il decreto d'accusa oppure se evadere il caso promuovendo l'accusa, abbandonando il procedimento o emanando un nuovo decreto d'accusa. Ne risulta che, per quanto concerne i reati perseguiti e le sanzioni da irrogare, il pubblico ministero non è vincolato al decreto d'accusa oggetto dell'opposizione.

Art. 360

Procedura dinanzi al tribunale di primo grado

Se dopo aver proceduto alla debita procedura probatoria il pubblico ministero conferma il decreto che aveva emesso (art. 359 cpv. 3 lett. a), e se l'opposizione non è ritirata, il caso è trasmesso al tribunale di primo grado. In tal caso, il decreto d'accusa assume la funzione di atto d'accusa (cpv. 1).

A tenore del capoverso 2 il tribunale deve dapprima esaminare se il decreto d'accusa e l'opposizione sono validi. Qualora ad esempio sia stato emesso un decreto d'accusa comportante sanzioni che eccedono i limiti fissati dall'articolo 355, viene a mancare la base per un procedimento giudiziario e, a fortiori, per una sentenza. Il caso viene rinviato al pubblico ministero, che deve svolgere una nuova procedura preliminare (cpv. 5).

Se l'opposizione non è ad esempio valida perché tardiva oppure se gli opponenti privati396 non si presentano al dibattimento senza valido motivo, non si entra nel merito dell'opposizione (cpv. 4). Non viene quindi svolta una procedura contuma396

Se l'opponente è un'autorità (ad es. il pubblico ministero superiore secondo l'art. 358 cpv. 1 lett. d), non è tenuto a comparire in tribunale, ma presenta le sue conclusioni per scritto.

1194

ciale e si conferma il decreto d'accusa. Contrariamente a quanto disposto dall'articolo 359 capoverso 2, la parte interessata (anche l'imputato, per quanto chi dirige il procedimento non esiga la sua comparizione) può farsi rappresentare.

La procedura d'opposizione è di massima scritta quando l'opposizione concerne soltanto aspetti marginali come le spese, indennizzi, confische ecc. Sono fatti salvi i casi in cui l'opponente domandi espressamente una procedura orale. In questo modo, nei casi in cui è applicabile l'articolo 6 paragrafo 1 CEDU, è garantito che la procedura sia conforme alla CEDU. Visto che in questa procedura di opposizione limitata non si deve statuire sulla colpevolezza, la decisione riveste la forma dell'ordinanza o del decreto. Di conseguenza, essa potrà essere impugnata non con l'appello, ma soltanto con reclamo (art. 401 cpv. 1 lett. b).

2.8.2

Capitolo 2: Procedura penale in materia di contravvenzioni (art. 361­364)

Trattandosi di un aspetto attinente all'organizzazione giudiziaria, pare opportuno lasciare ai Cantoni la decisione se affidare il perseguimento delle contravvenzioni al pubblico ministero oppure, come previsto sinora all'articolo 345 numero 1 secono comma CP, ad un'autorità amministrativa («autorità penale delle contravvenzioni», cfr. art. 17)397. La stessa possibilità, anche se praticamente di poca importanza, esiste per la Confederazione398. Qualora si sfrutti questa possibilità, sono applicabili le disposizioni speciali del presente capitolo; in caso contrario (ossia se al pubblico ministero è affidato anche il giudizio delle contravvenzioni), sono applicabili le disposizioni generali del presente Codice.

Art. 361

Disposizioni generali

La presente disposizione prevede espressamente che quando operano quali autorità penali delle contravvenzioni, le autorità amministrative dispongono delle facoltà del pubblico ministero (cpv. 1), e che la procedura dinanzi a queste autorità è fondamentalmente retta dalle prescrizioni applicabili alla procedura del decreto d'accusa (cpv. 2).

Eventuali deroghe risultano dagli articoli seguenti del presente capitolo e da altre disposizioni del presente Codice, per quanto prevedano particolarità procedurali nel caso di contravvenzioni (ad es. art. 125 cpv. 5 relativo al difensore; art. 216 cpv. 3 relativo all'arresto provvisorio; art. 389 cpv. 3, 403 lett. a, 406 cpv. 4, 413 cpv. 1 lett. c concernenti la procedura di ricorso).

Art. 362

Apertura della procedura

La procedura penale in materia di contravvenzioni è aperta su denuncia della polizia, o su denuncia, solitamente alla polizia, di privati o autorità (cpv. 1). Si tiene in tal modo conto della prassi invalsa in numerosi Cantoni secondo cui le denunce perve-

397

Pur non essendo menzionata esplicitamente, questa possibilità continua a sussistere anche nel nuovo diritto penale (art. 339 nCP), cfr. FF 1999 1669, segnatamente pag. 1840.

398 Di competenza federale secondo l'art. 23 cpv. 1.

1195

nute all'autorità penale delle contravvenzioni sono normalmente trasmesse alla polizia affinché proceda alle indagini necessarie.

Il capoverso 2 costituisce un sunto degli articoli 305 e 306. La polizia ha il compito di acertare i fatti, individuare i responsabili, eventuali testimoni ecc. e riferire in merito all'autorità competente.

Prima che l'autorità penale delle contravvenzioni emetta il decreto penale occorre garantire al denunciato il diritto di essere sentito. Il capoverso 3 non precisa le modalità in cui questo obbligo debba realizzarsi: di regola viene garantito dalla polizia nell'ambito della procedura investigativa, eccezionalmente già dall'autorità denunciante (prima della denuncia), o al più tardi dalla stessa autorità penale delle contravvenzioni quando è investita del caso. Le autorità penali sono assai libere anche per quanto concerne la scelta della forma in cui deve esprimersi il denunciato (interrogatorio, confronto orale con i fatti contestati messo a verbale, notificazione della denuncia penale con l'invito a pronunciarsi per scritto). Se il denunciato non esercita il diritto di essere sentito, questo non impedisce il prosieguo della procedura e l'emissione di un decreto penale (cpv. 4).

Art. 363

Decisione

Qualora ritenga che la fattispecie contravvenzionale sia realizzata, l'autorità penale delle contravvenzioni emette un decreto penale. Conformemente alla definizione di contravvenzione (cfr. art. 103 nCP399), con il decreto penale potrà essere inflitta soltanto una multa, fatta salva l'irrogazione, a titolo di sanzione sostitutiva secondo l'articolo 107 nCP, di un lavoro di pubblica utilità. Di regola il decreto penale sarà emesso senza che sia svolta una vera e propria istruzione, anche se l'autorità penale delle contravvenzioni è libera di procedervi. Quanto al contenuto del decreto penale, è applicabile per analogia l'articolo 357 capoverso 1, con la differenza che anche per la multa non è necessaria una motivazione (cpv. 1). L'autorità penale delle contravvenzioni può comunque allegare una motivazione se lo ritiene necessario.

Se la fattispecie contravvenzionale non è realizzata, l'autorità penale delle contravvenzioni emana, in applicazione per analogia dell'articolo 321, un decreto d'abbandono. Questo va motivato in modo succinto: di regola sono sufficienti due o tre frasi (cpv. 2). La comunicazione avviene analogamente a quanto previsto nella procedura del decreto d'accusa (art. 357 cpv. 3).

Il caso va rimesso al pubblico ministero (cpv. 3) anche quando oltre alla contravvenzione devono essere giudicati crimini o delitti (cfr. art. 17 cpv. 2).

Art. 364

Procedura dinanzi al tribunale di primo grado

Una volta che l'autorità penale delle contravvenzioni ha emesso un decreto penale, il seguito della procedura è retto dalle disposizioni concernenti la procedura del decreto d'accusa, ossia sono applicabili per analogia gli articoli 358 e 359.

Pure la procedura dinanzi al tribunale di primo grado corrisponde essenzialmente a quella di cui all'articolo 360. Ne risulta, tra l'altro, che la procedura giudiziaria secondo l'articolo 360 capoverso 6 si svolge per scritto (salvo che una parte chieda

399

FF 2002 7351

1196

espressamente un'udienza) se l'opposizione verte soltanto sulle conseguenze finanziarie.

Il capoverso 1 costituisce una particolarità rispetto alla procedura del decreto d'accusa svolta dal pubblico ministero: contrariamente a quanto stabilito dall'articolo 360 capoverso 1 secondo periodo, il decreto penale emesso dall'autorità penale delle contravvenzioni non è considerato atto d'accusa per il procedimento giudiziario. In questo caso il principio accusatorio non vale. Questa soluzione s'impone non da ultimo anche perché il più delle volte l'autorità penale delle contravvenzioni redige i decreti penali in modo molto succinto, sicché questi difficilmente potrebbero avere un contenuto paragonabile a quello dell'atto d'accusa di cui all'articolo 326. Il tribunale può piuttosto giudicare gli imputati colpevoli delle contravvenzioni risultanti dagli atti disponibili e dalle udienze. Naturalmente, occorre prima garantire adeguatamente agli interessati il diritto di essere sentiti (cpv. 2).

2.8.3

Capitolo 3: Procedura abbreviata (art. 365­369)

Secondo le norme generali del diritto processuale penale, una sentenza penale può essere pronunciata soltanto se il pubblico ministero ha messo in stato d'accusa l'imputato dopo una procedura preliminare completa ­ nella quale sono segnatamente state raccolte le prove necessarie ­ e se il giudice ha in seguito esaminato l'accusa in modo esauriente nell'ambito della procedura dibattimentale. Il processo meramente civile è invece retto dal principio della verità formale e dal principio dispositivo: le parti possono concludere un accordo vincolante per il giudice e decidere liberamente se far valere le rispettive pretese o rinunciarvi. In altri termini, possono porre fine in ogni tempo al procedimento mediante transazione, desistenza o acquiescenza.

Eventuali accordi conclusi tra il pubblico ministero e l'imputato riguardo ai fatti da sottoporre a giudizio e alle sanzioni da chiedere al giudice lederebbero principi del diritto processuale penale su cui poggia anche il presente Codice. Siffatti accordi sarebbero in particolare contrari, da un lato, al principio della verità materiale (art. 6), secondo cui le autorità penali devono accertare d'ufficio tutti i fatti rilevanti per il giudizio, sia riguardo al reato sia riguardo all'imputato, nonché, d'altro lato, all'obbligo di procedere (art. 7), secondo il quale le autorità penali sono tenute ad avviare e attuare un procedimento se sussistono sufficienti indizi di reato.

Fondandosi su queste considerazioni giuridico-istituzionali, la Commissione peritale si era espressa contro l'introduzione di una normativa che consenta la conclusione di accordi tra il pubblico ministero e l'imputato, anche perché riteneva che vi fossero altre soluzioni per semplificare la procedura (più ampia applicazione del principio di opportunità e introduzione della procedura del decreto d'accusa)400.

Nonostante queste importanti riserve espresse dalla Commissione peritale, proponiamo l'adozione di una procedura che consenta alle parti che si sono accordate riguardo alla colpevolezza, alla pena e alle pretese civili di sottoporre il caso al giudizio del giudice competente omettendo talune fasi del procedimento, soprattutto della procedura preliminare. I motivi che depongono a favore dell'introduzione di una siffatta procedura abbreviata possono essere riassunti come segue.

400

Aus 29 mach 1, pagg. 50 segg.

1197

Attualmente tre Cantoni (Ticino, Basilea Campagna e Zugo) consentono di concludere accordi quali quelli proposti nel presente disegno. Salvo per quanto concerne il Cantone Ticino, le esperienze fatte con tali normative sembrano essere piuttosto positive. È tuttavia lecito supporre che anche in altri Cantoni sprovvisti di una pertinente normativa siano conclusi accordi informali tra le autorità incaricate dell'istruzione penale e gli imputati. Soprattutto nel settore della lotta alla criminalità economica, il sovraccarico di lavoro delle autorità di perseguimento penale dovrebbe accrescersi ulteriormente, poiché i casi sono complessi, richiedono molto materiale probatorio e sono talvolta poco chiari sotto il profilo giuridico. Questo potrebbe accrescere la propensione e la disponibilità a concludere simili accordi, anche in assenza di una normativa legale, al fine di semplificare la procedura. Riteniamo sia più corretto introdurre norme che consentano di concludere tali accordi ­ e di eliminare pertanto le «zone grigie» attualmente esistenti ­ anziché tollerare un siffatto modo di procedere nella prassi pur non prevedendolo nella legge. La normativa proposta è stata approvata, perlomeno in linea di principio, dalla stragrande maggioranza dei partecipanti alla procedura di consultazione (in particolare da quasi tutti i Cantoni)401.

Art. 365

Principi

Spetta all'imputato prendere l'iniziativa di chiedere che si proceda con rito abbreviato. Il pubblico ministero non può invece esercitare pressioni sull'imputato, facendogli promesse che lo inducano ad accettare l'apertura di una procedura abbreviata.

Una siffatta procedura può essere attuata se l'imputato ha ammesso i fatti essenziali ai fini dell'apprezzamento giuridico e le eventuali pretese civili, riconoscendo l'esistenza o anche l'entità delle stesse. Tale riconoscimento può rivestire la forma di una dichiarazione a verbale o di una transazione con l'accusatore privato.

Dal massimale di pena previsto nel capoverso 2 (cinque anni di pena detentiva) si evince che la procedura abbreviata può senz'altro entrare in linea di conto anche per reati di media gravità. Il suo campo di applicazione è quindi molto più ampio di quello della procedura del decreto d'accusa.

È lecito supporre che l'imputato non presenti la richiesta di procedere con rito abbreviato sin dall'inizio della procedura investigativa della polizia ma attenda che la sua responsabilità penale cominci a delinearsi in modo più preciso. È probabile che sovente tale richiesta sia presentata soltanto se le parti (segnatamente il pubblico ministero e l'imputato) hanno raggiunto un'intesa riguardo agli elementi essenziali dell'accusa, soprattutto riguardo ai fatti contestati e alla pena. Questo accordo presuppone negoziati informali che non devono essere disciplinati nel presente Codice.

Art. 366

Apertura della procedura

Il capoverso 1 subordina l'apertura della procedura abbreviata all'assenso del pubblico ministero. Questi può negare il proprio consenso senza motivare la sua decisione, che non è impugnabile. Se il pubblico ministero acconsente all'attuazione della procedura abbreviata, l'imputato deve essere assistito da un difensore (art. 128 lett. e).

401

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 79: FR, SG e VD hanno espresso grandi riserve; JU e sette ulteriori interpellati hanno totalmente respinto la normativa proposta.

1198

Capoverso 2: la specificazione delle pretese civili e delle pretese d'indennizzo rappresenta la condizione preliminare per la liquidazione delle stesse ai sensi dell'articolo 367 capoverso 1 lettere f e g. Se non specifica le sue pretese entro il termine impartito, l'accusatore privato non potrà più farle valere nella procedura abbreviata e dovrà adire il foro civile.

Art. 367

Atto d'accusa

La previsione dell'irrevocabilità dell'accettazione dell'atto d'accusa (cpv. 2) è volta a garantire che l'imputato non utilizzi l'istituto del rito abbreviato a fini dilatori, concludendo dapprima un accordo con il ministero pubblico e rifiutandolo poi all'ultimo istante, il che ritarderebbe lo svolgimento di una procedura ordinaria.

Capoverso 3: la procedura ordinaria va svolta non soltanto in caso di mancata accettazione dell'atto d'accusa ad opera di una parte bensì anche se una parte non fa alcuna dichiarazione. Il fatto che l'imputato non accetti l'atto d'accusa non esclude che in un secondo tempo ­ dopo l'assunzione di ulteriori prove ­ egli presenti una nuova domanda di rito abbreviato.

Art. 368

Dibattimento

Se le parti accettano l'atto d'accusa, il tribunale di primo grado svolge un dibattimento. In linea di principio, il dibattimento è pubblico. Ciò garantisce che il tribunale esamini pubblicamente (coram populo) l'ammissibilità dell'applicazione di questa procedura speciale.

Art. 369

Sentenza o decisione di diniego

La natura stessa della procedura abbreviata limita il potere di cognizione del tribunale, giacché l'atto d'accusa si fonda solitamente su indagini e atti d'istruzione sommari. Il tribunale esamina pertanto: ­

se il pubblico ministero ha avviato e attuato correttamente la procedura e se i diritti delle parti sono stati rispettati (cpv. 1 lett. a);

­

se l'accusa concorda formalmente e materialmente con gli atti di causa (alquanto sommari). Il tribunale deve verificare se il fascicolo contiene elementi sufficienti per dimostrare l'esistenza dei reati menzionati nell'atto d'accusa. È inoltre tenuto a esaminare gli altri punti dell'atto d'accusa; deve per esempio sincerarsi che la liquidazione delle pretese civili corrisponda a quanto convenuto tra l'imputato e l'accusatore privato (cpv. 1 lett. b);

­

se sono chieste sanzioni adeguate alla colpa (cpv. 1 lett. c).

Capoverso 2: se approva l'atto d'accusa, il tribunale lo recepisce nella sentenza.

Dato che il potere di cognizione del tribunale è limitato, la motivazione della sentenza consiste unicamente nell'esposizione sommaria delle ragioni per le quali le condizioni della procedura abbreviata sono adempiute.

Capoverso 3: se ritiene che non siano adempiute le condizioni del giudizio con rito abbreviato, il tribunale pronuncia una decisione (ordinanza o decreto) di diniego e rinvia la causa al pubblico ministero. I motivi del diniego del giudizio con rito abbreviato possono essere sia di carattere formale (p. es. se la dichiarazione di cui all'art. 367 cpv. 2 presenta vizi) sia di carattere materiale (p. es. se il tribunale ritiene 1199

che non vi sia un nesso sufficiente tra i reati descritti nel fascicolo dell'istruzione e quelli menzionati nell'atto d'accusa). Il tribunale deve inoltre rifiutare di giudicare con rito abbreviato se ritiene che la pena ai sensi dell'articolo 367 capoverso 1 lettera b sia inappropriata. Se le parti vi acconsentono dinanzi al tribunale, questo può tuttavia scostarsi dalle sanzioni chieste nell'atto d'accusa. Con l'assenso delle parti, può anche modificare l'accusa e l'apprezzamento giuridico dei fatti contestati all'imputato. La decisione di diniego del giudizio con rito abbreviato non è impugnabile.

Se il tribunale ha rifiutato di giudicare con rito abbreviato, le dichiarazioni fatte dalle parti in considerazione della procedura abbreviata (confessioni dell'imputato, dichiarazioni del pubblico ministero concernenti i fatti contestati all'imputato, rinuncia al perseguimento di determinati reati, transazioni con l'accusatore privato, se concluse nell'ambito della procedura abbreviata, ecc.) perdono la loro validità; non vincolano quindi più le parti e non possono essere utilizzate nella successiva procedura ordinaria.

Il capoverso 4 limita le possibilità di impugnare la sentenza di primo grado. Questa limitazione è legata al carattere sommario della procedura abbreviata. Giacché le parti accettano l'atto d'accusa pienamente consapevoli delle conseguenze, in particolare per quanto concerne il responso di colpevolezza e le sanzioni, la limitazione dei motivi d'appello risulta accettabile sotto il profilo dei principi che informano lo Stato di diritto. In secondo grado, la parte che interpone appello contro una sentenza pronunciata con rito abbreviato può far valere soltanto di non aver accettato l'atto d'accusa o che la sentenza non corrisponde allo stesso. L'imputato non può per esempio far valere che, pur avendo accettato il rito abbreviato, non ha in realtà ammesso la propria colpevolezza, oppure che i fatti contestatigli non sono stati provati o che non sono realizzati gli elementi costitutivi del reato. Con l'accettazione dell'atto d'accusa, le parti rinunciano in linea di principio ad avvalersi dei mezzi di ricorso (art. 367 cpv. 1 lett. h). Una successiva revisione della sentenza è pertanto esclusa. In un secondo tempo l'imputato non può quindi produrre mezzi di prova che sembrano scagionarlo.

2.8.4

Capitolo 4: Procedura in caso di decisioni giudiziarie indipendenti successive (art. 370­372)

Il diritto penale prevede, soprattutto nell'ambito dell'esecuzione delle pene, l'obbligo per il giudice di completare posteriormente la sua sentenza oppure la possibilità di modificarla. Queste decisioni giudiziarie indipendenti successive (talvolta denominate anche decisioni successive o procedure di revoca) sono nell'ordinamento giuridico attuale decisioni concernenti:

402

­

l'inflizione di una pena detentiva sostitutiva (art. 36 nCP402);

­

la commutazione di un lavoro di pubblica utilità in una pena pecuniaria o detentiva (art. 39 nCP);

­

la protrazione di una misura terapeutica stazionaria (art. 59 cpv. 4 nCP);

­

la protrazione del trattamento di una dipendenza (art. 60 cpv. 4 nCP); FF 2002 7351

1200

­

la protrazione del periodo di prova in caso di liberazione condizionale (art. 62 cpv. 4 nCP);

­

l'inflizione di un'altra misura invece dell'esecuzione della pena in caso di soppressione della misura (art. 62c cpv. 3 nCP);

­

la disposizione dell'internamento (art. 62c cpv. 4 nCP);

­

la protrazione del trattamento ambulatoriale (art. 63 nCP);

­

il computo nella pena della privazione della libertà connessa a un trattamento ambulatoriale (art. 63b cpv. 4 nCP);

­

la disposizione di una misura terapeutica stazionaria invece dell'esecuzione della pena (art. 63b cpv. 5 nCP);

­

la protrazione del periodo di prova in caso di liberazione condizionale dall'internamento (art. 64a cpv. 2 nCP);

­

il ripristino dell'internamento (art. 64a cpv. 3 nCP);

­

la disposizione di una misura terapeutica stazionaria ai sensi dell'articolo 65 nCP;

­

la disposizione di misure ai sensi dell'articolo 95 capoversi 4 e 5 nCP.

Art. 370

Competenza

Le decisioni summenzionate non possono essere emesse con una sentenza poiché ­ ad eccezione della revoca del differimento o della sospensione condizionale di sanzioni e della revoca della liberazione condizionale dall'esecuzione di sanzioni, decise in seguito a nuovi reati ­ non viene pronunciata una nuova sentenza di merito.

Ciò significa che siffatte decisioni devono essere emesse in una procedura distinta, appunto indipendente. Tale decisione ulteriore spetta al giudice che ha pronunciato la sentenza originaria (cpv. 1). Se si realizza una delle eccezioni menzionate, le disposizioni del presente capitolo non sono applicabili. Il pubblico ministero inoltra piuttosto le istanze corrispondenti unitamente all'atto d'accusa (art. 327 cpv. 1 lett. g). Il giudice statuirà su tali istanze nell'ambito della procedura dibattimentale e in sede di pronuncia (art. 79 cpv. 4 lett. d).

Se le decisioni successive sono pronunciate in seguito a un decreto d'accusa o un decreto penale, a norma del capoverso 2 la relativa competenza spetta al pubblico ministero o, rispettivamente, all'autorità penale delle contravvenzioni. È il caso per la revoca della sospensione condizionale di una pena oppure per la decisione di commutazione di multe secondo l'articolo 106 capoverso 2 nCP403. La decisione successiva è dunque emessa sotto forma di decreto d'accusa o penale, contro cui è data opposizione.

Il capoverso 3 chiarisce che nel presente capitolo sono disciplinate soltanto le decisioni successive che spetano a un'autorità giudiziaria. Quando il Codice penale parla di «autorità competente» (cfr. ad es. art. 62d, 63 cpv. 3, 63a cpv. 1 nCP) e le corrispondenti decisioni, soprattutto quelle relative all'esecuzione della pena, competono a un'autorità esecutiva amministrativa, è applicabile il diritto esecutivo penale federale (cfr. art. 372­381 nCP) o quello del Cantone interessato (art. 447 cpv. 1).

403

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7390.

1201

Art. 371­372 Le disposizioni procedurali contemplate nell'articolo 371 corrispondono essenzialmente alle norme previste dalla legislazione vigente o applicate nella prassi. La procedura è di regola avviata d'ufficio dalle autorità ed è solitamente scritta, anche se eventualmente può essere disposto un dibattimento orale. Qualora la decisione successiva sia emessa unitamente a una nuova sentenza di merito, la relativa pronuncia avviene nella medesima procedura, ossia in un dibattimento pubblico, e la decisione è notificata oralmente insieme alla sentenza.

I mezzi di ricorso disponibili sono corrispondenti alla natura della procedura: contro una decisione indipendente successiva pronunciata sotto forma di ordinanza o decreto e, di norma, in procedura scritta (art. 372 cpv. 2), è dato reclamo. Se invece la decisione successiva è pronunciata unitamente a una nuova decisione di merito e se quest'ultima viene impugnata, senza dichiarazione contraria dell'appellante sono considerati impugnati anche l'ordinanza o il decreto emessi con la decisione di merito (cfr. art. 407 cpv. 4 lett. g).

2.8.5

Capitolo 5: Procedura contumaciale

2.8.5.1

Sezione 1: Presupposti e svolgimento (art. 373 e 374)

Art. 373

Presupposti

La definizione dei presupposti della procedura contumaciale (detta anche procedura in contumacia) si riallaccia alle normative previste oggi nei codici processuali penali più recenti, ma tiene anche conto della dottrina processualpenalistica, secondo cui l'applicazione di questo tipo di procedura deve essere subordinata a restrizioni, soprattutto in considerazione delle esigenze poste dalla CEDU.

Quale primo presupposto il capoverso 1 esige che l'imputato che non si è presentato nonostante regolare citazione (a tal proposito cfr. gli art. 199 segg. e 332 cpv. 4) sia citato una seconda volta a comparire o accompagnato coattivamente404. Questa normativa tiene conto dell'importanza che la giurisprudenza attribuisce alla presenza dell'imputato al dibattimento405. Ne consegue che il giudice deve adoperare tutti i mezzi ragionevolmente esigibili per assicurare la presenza dell'imputato.

Qualora anche il secondo tentativo di citazione o accompagnamento coattivo resti infruttuoso, si può procedere in contumacia. Il giudice dispone tuttavia di un certo potere discrezionale, in quanto può anche sospendere la causa sino a quando non si reperisca l'imputato (cpv. 2). Di regola occorrerà procedere in contumacia qualora vi sia un interesse pubblico (rischio di prescrizione, caso che ha suscitato scalpore nell'opinione pubblica) alla rapida conclusione del caso.

Il capoverso 3 disciplina il caso eccezionale dell'imputato che si pone intenzionalmente in situazione di incapacità dibattimentale o che rifiuta di essere tradotto dal carcere al dibattimento. In questi casi si può procedere immediatamente in via contumaciale.

404

Qualora l'imputato compaia ma il difensore non si presenti, occorre aggiornare l'udienza senza pregiudizio per l'imputato.

405 DTF 126 I 36, con rimandi alla giurisprudenza di Strasburgo.

1202

Il capoverso 4 contempla le premesse materiali centrali che devono essere soddisfatte affinché lo svolgimento di una procedura contumaciale sia conciliabile con le esigenze di un equo processo: la via contumaciale è esclusa se nella procedura preliminare l'imputato non ha potuto essere sufficientemente interrogato sia, ad esempio, perché già irreperibile, sia perché non ha potuto esercitare adeguatamente i suoi diritti di difesa (lett. a). In simili casi, dopo aver assicurato le prove essenziali o eventualmente dopo aver ordinato le necessarie misure di ricerca, la procedura preliminare va sospesa in applicazione dell'articolo 314. La procedura contumaciale è inoltre esclusa se, nonostante nella procedura preliminare l'imputato abbia avuto sufficienti occasioni per esprimersi sui reati che gli sono contestati, la situazione probatoria non consente di pronunciare una sentenza senza che l'interessato sia presente (lett. b). In altri termini, si può procedere in assenza dell'imputato se è possibile giudicare il caso basandosi soltanto sugli atti di causa ed eventualmente su quanto addotto dalla difesa (art. 374 cpv. 1).

Art. 374

Svolgimento e decisione

È essenziale che, indipendentemente dall'assenza dell'imputato, si svolga un dibattimento conforme alle norme usuali. Una qualsivoglia discriminazione della posizione dell'imputato non sarebbe conforme alla concezione odierna. Di conseguenza, le parti e i loro patrocinatori, segnatamente il difensore, devono essere ammessi alla discussione (cpv. 1)406. Qualora poi la difesa sia obbligatoria (art. 128), la presenza del difensore è imperativa: in caso di sua assenza, l'udienza va aggiornata407. Con questa normativa in materia di diritti del contumace e del difensore ­ in sintonia con la più recente evoluzione della dottrina e della giurisprudenza ­ il disegno si scosta dalla prassi ampiamente diffusa e anzi prevista da talune normative secondo cui nella procedura contumaciale il difensore non debba essere ammesso alla discussione.

La procedura e la sentenza in contumacia si basano sugli atti istruttori e sulle risultanze del dibattimento (cpv. 2). Normalmente non vengono assunte prove supplementari, ma il giudice è libero, in applicazione delle disposizioni generali sulla procedura dibattimentale (che il cpv. 4 dichiara applicabili), di procedere dal canto suo all'assunzione di siffatte prove.

Una volta conclusa la procedura dibattimentale il giudice pronuncia una sentenza, come previsto negli articoli 350 e seguenti per la procedura ordinaria. Anche in questa fase, il giudice può tuttavia (ad es. perché nel deliberare la sentenza risulta che il caso non è ancora maturo per la pronuncia di merito) sospendere il procedimento secondo l'articolo 314 (cpv. 3).

Il rimando nel capoverso 4 sottolinea tra l'altro che la sentenza in questione è una decisione finale ordinaria, la cui notificazione avviene secondo le prescrizioni generali di cui agli articoli 82 e seguenti.

406 407

DTF 126 I 36, 39, con rimandi alla giurisprudenza di Strasburgo.

DTF 113 Ia 222.

1203

2.8.5.2 Art. 375

Sezione 2: Nuovo giudizio (art. 375­378) Istanza di nuovo giudizio

Se il luogo di soggiorno dell'imputato è stato individuato oppure se quest'ultimo è stato reperito in altro modo, il dispositivo della sentenza contumaciale gli viene notificato personalmente. Se non accetta la sentenza, a tenore del capoverso 1 l'imputato può domandare entro 10 giorni dalla notificazione un nuovo giudizio408.

Per poter essere giudicata, una tale domanda deve essere brevemente motivata, oralmente o per scritto (cpv. 2). Qualora manchi la motivazione, occorre fissare un termine suppletorio.

Il capoverso 3 disciplina le condizioni alle quali occorre accogliere l'istanza. Nell'odierna legislazione la disciplina è assai differenziata. Vi sono codici processuali penali che esigono da parte dell'imputato la prova che l'assenza al dibattimento era dovuta a motivi imperativi. Altri ammettono un nuovo giudizio senza subordinarlo a condizioni particolari, ossia non esigono che l'imputato non abbia colpa per la mancata comparizione al primo dibattimento409. Pur essendo poco problematica sotto il profilo delle garanzie di uno Stato di diritto, questa seconda soluzione può incitare all'abuso, giacché non comparendo al dibattimento l'imputato può provocare una ripetizione dello stesso e quindi, in taluni casi, un sensibile ritardo nel procedimento senza per questo dover temere alcun pregiudizio410.

Di conseguenza, secondo il capoverso 3 un nuovo giudizio non è ammesso qualora pur essendo stato citato regolarmente, l'imputato non si è presentato al dibattimento senza valido motivo. Questa soluzione ha riscosso ampi consensi anche nell'ambito della procedura di consultazione411. La disposizione concerne soprattutto casi in cui l'imputato che si trova in stato di carcerazione si rifiuta di comparire al dibattimento oppure nei quali, in base alle dichiarazioni dell'interessato, è praticamente certo che non darà seguito a una citazione. Spetta comunque allo Stato provare che l'imputato è responsabile della mancata comparizione al dibattimento412. L'istanza di nuovo giudizio va dunque accolta se non è accertato inequivocabilmente che l'imputato non si è presentato al dibattimento ingiustificatamente. Con queste garanzie, la ripetizione del dibattimento può essere respinta anche secondo la relativa giurisprudenza degli organi giudiziari di Strasburgo413. In pratica questa soluzione è molto simile alla prassi dei Cantoni più generosi che non subordinano un nuovo giudizio a condizioni particolari, ma esclude tuttavia gli abusi manifesti.

408 409 410

411 412

413

L'espressione «nuovo giudizio» mira a sottolineare che questo istituto è tutt'altra cosa che la restituzione dei termini di cui all'art. 92 o la riattivazione di cui all'art. 315.

Soluzione sostenuta anche dai periti, Aus 29 mach 1, pag. 152.

Siffatti casi di crasso abuso ­ soprattutto il clamoroso caso di corruzione del funzionario Raphael Huber ­ avevano indotto il Cantone di Zurigo ad abrogare nel 1995 la disposizione corrispondente (art. 197 CPP ZH).

Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 77.

Secondo la giurisprudenza degli organi giudiziari di Strasburgo, sarebbe contrario alla CEDU addossare in questo caso l'onus probandi all'imputato; cfr. la sentenza Colozza contro l'Italia, série A vol. 89.

Cfr. a questo proposito la sentenza Colozza menzionata nella nota precedente, come pure la sentenza Medenica contro la Svizzera, CEDH 2001-VI, pag. 95, n. 57; inoltre DTF 106 Ib 400, 127 I 215 seg.

1204

Se respinge l'istanza, il giudice pronuncia secondo l'articolo 78 capoverso 1 un'ordinanza formale (autorità collegiale) o un decreto (autorità monocratica), contro cui è dato reclamo a norma delle disposizioni generali (art. 401 cpv. 1 lett. b).

Art. 376

Procedura

Questa disposizione disciplina i particolari della procedura, nella misura in cui questi non risultino da altre disposizioni del presente Codice.

L'esame dell'istanza è fatto senza seguire una procedura formale specifica. Se il giudice intende accogliere l'istanza, chi dirige il procedimento fissa un nuovo dibattimento. La composizione dell'autorità giudicante può restare la medesima del primo procedimento; secondo la giurisprudenza attuale, in questo caso non sussiste il motivo di ricusazione della prevenzione414. Il fatto che l'istanza sia stata accolta non significa ancora che la sentenza in contumacia sia annullata. Ciò avviene soltanto quando il nuovo giudizio è concluso e la nuova sentenza è passata in giudicato (art. 377 cpv. 2). In tal modo si evita che per un qualsiasi motivo (ad es. qualora l'imputato non si presenti nemmeno al nuovo dibattimento, cfr. cpv. 4) la sentenza in contumacia sia annullata senza che possa esserne pronunciata una nuova.

Chi dirige il procedimento adotta le disposizioni necessarie per quanto riguarda l'effetto sospensivo e la carcerazione di sicurezza (cpv. 3). La normativa d'eccezione (carcerazione disposta dall'autorità giudicante stessa) rispetto alla giurisprudenza di cui all'articolo 228 (carcerazione disposta dal giudice dei provvedimenti coercitivi) pare giustificata in quanto la procedura di nuovo giudizio (contrariamente al caso usuale di carcerazione di sicurezza nell'ambito della promozione dell'accusa) è già stata preceduta da una sentenza di condanna.

Il capoverso 4 sottolinea che una nuova sentenza può essere pronunciata soltanto se l'imputato non resta di nuovo assente ingiustificatamente. Non può esservi una seconda procedura contumaciale, né il giudice entra nel merito di una domanda di nuovo giudizio presentata ulteriormente. La condanna pronunciata in contumacia permane, come pure le decisioni sugli eventuali ricorsi interposti dalle altre parti al procedimento. Queste conseguenze devono essere menzionate nella citazione (cfr.

art. 199 cpv. 2 lett. f). Le procedure di ricorso eventualmente sospese a tenore del capoverso 2 sono riprese.

A tenore del capoverso 5, fino alla chiusura delle udienze dibattimentali è possibile ritirare l'istanza di nuovo giudizio. In tal caso l'imputato deve tuttavia assumere tutti i relativi oneri; è applicabile la medesima normativa prevista in caso di ritiro di un ricorso (cfr. art. 435 cpv. 1).

Art. 377

Nuova sentenza

Il nuovo dibattimento termina con una sentenza che, non appena passata in giudicato, sostituisce quella precedente pronunciata in contumacia. Unitamente alla sentenza in contumacia decadono anche le eventuali decisioni emesse su ricorsi interposti dalle altri parti. Concretamente questo significa che se non sono d'accordo con la nuova sentenza, le altre parti devono impugnarla.

414

DTF 116 Ia 32; 121 IV 344; sentenza Thomann contro la Svizzera, Rec. 1996, 806; Aus 29 mach 1, pag. 153.

1205

Art. 378

Rapporto con l'appello

Se non intende accettare la sentenza, chi è stato condannato in contumacia può, entro il termine previsto di 10 giorni, presentare appello parallelamente o invece dell'istanza di nuovo giudizio (cpv. 1). Qualora scelga esclusivamente l'appello, perde un grado di giudizio; se opta unicamente per il nuovo giudizio corre il rischio che non si entri nel merito della sua istanza perché i presupposti di cui all'articolo 373 capoverso 4 non sono adempiuti. In quest'ultimo caso non gli resterebbe addirittura più alcun rimedio giuridico.

Dal capoverso 2 risulta che se i due rimedi giuridici sono esperiti cumulativamente, l'istanza di nuovo giudizio va trattata prioritariamente. L'appello è trattato soltanto se non si entra nel merito di un'istanza di nuovo giudizio. Tale subordinazione regge anche nei confronti di eventuali ricorsi delle altre parti (art. 376 cpv. 2 e 377 cpv. 2).

2.8.6

Capitolo 6: Procedura indipendente in materia di misure

Le misure nel senso di sanzioni penali sono di norma inflitte unitamente a una sentenza penale e sono quindi connesse a un giudizio di colpevolezza concernente determinati reati. In questo caso sono applicabili le prescrizioni procedurali generali di cui ai titoli sesto e settimo del presente Codice. Qualora invece siano irrogate misure al di fuori di un procedimento penale ­ ad esempio perché gli autori del reato non sono noti, sono d'ignota dimora o sono stati condannati all'estero ­ occorre svolgere una procedura indipendente in materia di misure. A seconda della misura in questione, detta procedura presenta caratteristiche peculiari rispetto a un procedimento penale ordinario. Tali peculiarità sono disciplinate nel presente capitolo.

2.8.6.1

Sezione 1: Cauzione preventiva (art. 379­381)

Sinora la cauzione preventiva si è rivelata in pratica assai poco efficace e per questo non ha mai acquisito grande importanza. È stata tuttavia ripresa nella nuova parte generale del Codice penale415, più precisamente nell'articolo 66416. Occorre dunque inserire nella procedura penale unificata alcune disposizioni concernenti questo istituto, disciplinato solo in parte dalla normativa cantonale vigente.

L'articolo 66 nCP prevede la cauzione preventiva in due casi: quando qualcuno ha proferito la minaccia di commettere un crimine o un delitto oppure quando chi è già stato condannato per un crimine o un delitto manifesta l'intenzione di ripeterlo.

Entrambi i casi sono anche motivi di carcerazione ai sensi dell'articolo 220 (pericolo di recidiva; art. 220 cpv. 1 lett. c; pericolo di esecuzione della minaccia: art. 220 cpv. 2). L'articolo 379 capoverso 2 disciplina il rapporto tra la cauzione preventiva e una siffatta carcerazione preventiva o di sicurezza disposta per pericolo di recidiva o di esecuzione. Qualora sia già stata disposta la carcerazione di sicurezza, la cauzione preventiva non entra in considerazione. Questa disposizione non va tuttavia intesa nel senso che la cauzione preventiva non debba essere ordinata quando vi siano i presupposti per disporre la carcerazione preventiva o di sicurezza. In questi 415 416

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7375.

Cfr. FF 1999 1669; segnatamente pag. 1784.

1206

casi, anzi, la cauzione preventiva può essere una valida misura sostitutiva della privazione della libertà (cfr. art. 236 cpv. 2, contenente un elenco non esaustivo di misure sostitutive).

La procedura per disporre la prestazione di una cauzione preventiva muove dal pubblico ministero (art. 380), cui è presentata la relativa istanza, e passa al giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 381). Quest'ultimo ha la facoltà di far promettere all'interessato che non eseguirà quanto minacciato, di fargli versare un'adeguata garanzia per mantenere la promessa e, se del caso, di disporre la carcerazione.

La competenza spetta come sinora alle autorità del luogo in cui è stata proferita la minaccia o in cui è stata espressa l'intenzione di recidiva (art. 379 cpv. 3).

2.8.6.2

Art. 382

Sezione 2: Procedura applicabile agli imputati penalmente incapaci (art. 382 e 383) Presupposti e procedura

Il capoverso 1 definisce i presupposti per l'applicazione di una procedura indipendente in materia di misure agli imputati che sono penalmente incapaci ai sensi dell'articolo 19 capoverso 1 nCP417 e che di conseguenza non possono essere puniti.

Questa procedura non è applicabile se l'imputato va punito per i motivi di cui all'articolo 19 capoverso 4 nCP (actio libera in causa) o all'articolo 263 CP (atti commessi in stato di irresponsabilità colposa) e ancor meno ­ trattandosi di una procedura indipendente ­ qualora il pubblico ministero consideri l'imputato penalmente capace e promuova l'accusa ma il giudice giunga alla conclusione opposta. In questo caso si svolge una procedura ordinaria secondo le disposizioni di cui ai titoli sesto e settimo che si conclude con l'assoluzione oppure con la constatazione dell'incapacità penale e la disposizione delle misure necessarie (cfr. art. 19 cpv. 3 nCP).

Contrariamente a precedenti normative processuali cantonali, che lasciavano la decisione all'autorità di perseguimento penale418, la competenza di disporre una misura indipendente spetta al tribunale di primo grado. Dalla disciplina delle competenze di cui all'articolo 19 capoverso 2 lettera b risulta in quali casi il tribunale può decidere in composizione monocratica.

Nell'interesse di una procedura quanto possibile semplice, il presente disegno rinuncia a un abbandono a priori per incapacità penale. Il pubblico ministero riferisce direttamente al tribunale di primo grado e propone l'adozione di misure. Si potrebbe evidentemente sostenere che le parti debbano avere il diritto a che si dirima preliminarmente la questione dell'imputabilità mediante una decisione di abbandono impugnabile. Visto tuttavia che il tribunale deve comunque esaminare la questione nella successiva procedura in materia di misure (art. 383 cpv. 1), ne risulterebbe un inutile doppione.

417 418

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7357.

Prassi che non solo contraddice gli art. 43 e 44 CP (art. 56 segg. nCP), che riservano la competenza di ordinare siffatte misure al giudice, ma è anche inconciliabile con la CEDU (art. 5 par. 1 e 4 come pure art. 6 par. 1).

1207

I capoversi 2 e 3 disciplinano sommariamente la procedura giudiziaria, retta per il rimanente (cpv. 4) dalle disposizioni del titolo settimo (art. 329 segg.). Le differenze principali, giustificate dalla particolarità di questa procedura, concernono l'obbligo per l'imputato di comparire e il principio di pubblicità.

Art. 383

Decisione

Se ritiene che la reità e l'incapacità penale siano provate, il tribunale lo conferma nella sua sentenza419 e dispone le misure necessarie (cpv. 1). Qualora siano ordinate misure, il tribunale si pronuncia anche sulle eventuali pretese civili conformemente alle disposizioni di cui agli articoli 120 e seguenti (cpv. 2).

Qualora giunga alla conclusione che non vi siano i presupposti per ordinare una misura indipendente in quanto l'imputato è penalmente capace (anche solo in misura scemata) oppure è punibile in virtù dell'articolo 19 nCP420 o dell'articolo 263 CP, il tribunale respinge la proposta del pubblico ministero senza trattare le pretese civili (cpv. 3)421. Il pubblico ministero riprende la procedura preliminare e la conclude con un abbandono oppure promuovendo l'accusa. È escluso un nuovo procedimento secondo gli articoli 382 e seguente. Qualora sia promossa accusa, il tribunale non è comunque vincolato alle decisioni precedenti pronunciate nell'ambito della procedura indipendente in materia di misure; potrebbe dunque, discostandosi dal suo precedente giudizio, confermare l'incapacità penale dell'imputato e ordinare misure.

2.8.6.3 Art. 384

Sezione 3: Procedura indipendente di confisca (art. 384­386) Presupposti

Se nell'ambito di un procedimento penale la confisca di beni e valori patrimoniali secondo gli articoli 69­73 nCP422 non può essere trattata quale aspetto marginale (detto anche procedura di confisca in personam, o procedura di confisca accessoria)423, essa devessere oggetto di una procedura indipendente di confisca (detta anche procedimento in rem).

Art. 385

Procedura

Il pubblico ministero esamina se vi sono i presupposti della confisca: i beni e i valori patrimoniali che dovranno presumibilmente essere confiscati vanno sequestrati (cpv. 1). Se i presupposti sembrano adempiuti, concede all'interessato il diritto di essere sentito (cfr. art. 105 e 107); nel caso contrario, emette un decreto d'abbandono (cpv. 3).

419 420 421

422 423

La forma della sentenza (impugnabile in appello) è giustificata dalla portata delle potenziali sanzioni.

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7357.

Il Codice non disciplina espressamente gli altri casi in cui l'istanza debba essere respinta, ad esempio quando il tribunale, pur ritenendo l'imputato penalmente incapace, non riesce a convincersi della sua reità oppure quando ammette l'incapacità penale ma non dispone misure.

FF 2002 7351, segnatamente pagg. 7377­7378.

Una trattazione accessoria può avvenire anche in caso di abbandono del procedimento, art. 321 cpv. 2.

1208

La procedura è retta essenzialmente dalle norme applicabili alla procedura del decreto d'accusa, con la differenza che nel caso in cui sia fatta opposizione al decreto di confisca il giudice pronuncia la sua decisione non nella forma di una sentenza ma in quella di un'ordinanza o di un decreto.

Art. 386

Assegnamenti al danneggiato

Secondo l'articolo 73 capoverso 1 lettera b nCP424 gli oggetti e i beni confiscati possono essere devoluti, a sua richiesta, al danneggiato. Siffatte istanze vanno pure trattate nell'ambito della procedura indipendente di confisca, dal pubblico ministero nel decreto di confisca oppure dal giudice nell'ordinanza o decreto di confisca (art. 385).

2.9

Titolo nono: Mezzi di ricorso

I mezzi di ricorso sono stati previsti dal legislatore per ovviare agli errori giudiziari e riparare le ingiustizie. Le procedure di ricorso consentono alla parte soccombente di impugnare le sentenze pronunciate contro di essa e farle esaminare per ottenerne la modifica parziale o totale oppure per far annullare la decisione impugnata.

Il presente disegno prevede un sistema di ricorso relativamente semplice. A complemento della revisione, già caratterizzata a livello federale da una certa uniformità essendo disciplinata nell'articolo 397 CP, proponiamo ora soltanto il reclamo e l'appello. Col termine reclamo il disegno riunisce diversi mezzi di ricorso trattati oggi separatamente da vari codici processuali cantonali. Benché il disegno rinunci all'istituto del ricorso per cassazione, la disciplina dell'appello contiene taluni elementi simili a questo mezzo di ricorso.

Il disegno disciplina i mezzi di ricorso alle giurisdizioni cantonali superiori e il reclamo a una giurisdizione federale per i casi che rientrano nella competenza della Confederazione.

2.9.1 Art. 387

Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 387­400) Norme applicabili

Non essendo disciplinata in tutti i suoi dettagli, alla procedura di ricorso sono di massima applicabili le norme procedurali generali.

Art. 388

Decisioni definitive o non impugnabili

La disposizione si riferisce alle decisioni che il presente disegno designa come definitive o non impugnabili (ad es. art. 319 cpv. 3; 325 cpv. 2). Visto che il rimedio giuridico straordinario del ricorso per cassazione non è previsto e che nelle differenti fasi è consentito esperire una sola volta lo stesso mezzo di ricorso (art. 402 lett. c), a tenore del presente Codice contro queste decisioni non vi sono mezzi di ricorso. In futuro sarà tuttavia esperibile il ricorso in materia penale secondo l'articolo 78 della 424

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7378.

1209

legge del 17 giugno 2005425 sul Tribunale federale (LTF), che subentra al ricorso federale per cassazione (art. 220 e 268 PP) e al ricorso di diritto pubblico (art. 84 segg. OG).

Art. 389

Legittimazione del pubblico ministero

Il capoverso 1 riprende il principio generalmente riconosciuto secondo cui il pubblico ministero può ricorrere a favore o a pregiudizio dell'imputato (art. 6 cpv. 2). Se ritiene che la decisione emessa debba essere modificata, a favore o a pregiudizio dell'imputato, il pubblico ministero è legittimato a ricorrere.

I capoversi 2 e 3 sono strettamente connessi nel senso che il disegno designa solo in termini generali le autorità penali principali che devono essere istituite dalla Confederazione e dai Cantoni. Considerato che la Confederazione e i Cantoni possono optare per una struttura gerarchica (n. 2.2.1.1), spetta a loro stabilire quale pubblico ministero sia legittimato a ricorrere.

Il capoverso 4 disciplina la legittimazione a ricorrere del pubblico ministero della Confederazione contro decisioni cantonali. La disposizione corrisponde materialmente al diritto vigente (art. 266 lett. a e c, 267 e 270 lett. d n. 1 e 3 PP)426.

Art. 390

Legittimazione delle altre parti

Questa disposizione contiene una definizione generale della legittimazione a ricorrere che corrisponde grossomodo a quella contemplata nei vigenti codici processuali penali.

Il capoverso 1 non contiene un elenco esaustivo delle parti legittimate a ricorrere. La nozione di parte va intesa ai sensi degli articoli 102 e 103. Oltre all'imputato e all'accusatore privato viene dunque riconosciuta la legittimazione a ricorrere anche agli altri partecipanti al procedimento, per quanto abbiano partecipato al procedimento di primo grado e possano far valere un interesse giuridicamente protetto.

Come già rilevato in relazione all'articolo 103, nel disegno si rinuncia a garantire diritti di parte e la legittimazione a ricorrere alle associazioni.

A tenore della norma generale di cui al capoverso 2, l'accusatore privato può impugnare la sentenza sia sui punti relativi alla colpevolezza sia su quelli riguardanti gli aspetti civili427. Contrariamente a quanto previsto da talune leggi processuali, egli non è dunque limitato soltanto agli aspetti civili. Grazie a questa disciplina relativamente liberale viene meno l'insoddisfacente distinzione tra la legittimazione a ricorrere del «normale» accusatore privato e quella della vittima (cfr. art. 8 cpv. 1 LAV). Il disegno rinuncia invece a riconoscere all'accusatore privato (e dunque anche alla vittima) la legittimazione a ricorrere sugli aspetti penali, giacché di regola questa non incide sul giudizio relativo alle pretese civili. Ne risulta che soltanto il pubblico ministero è legittimato a interporre ricorso contro la pena inflitta.

425 426

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

La possibilità supplementare prevista nell'art. 266 lett. b PP è decaduta con l'entrata in vigore della legge del 4.10.2002 sul Tribunale penale federale (RS 173.71; modifica dell'art. 18 cpv. 3 secondo periodo PP, secondo cui il pubblico ministero della Confederazione poteva sostenere l'accusa dinanzi alle giurisdizioni cantonali).

427 Evidentemente, il danneggiato che non si è ancora potuto costituire accusatore privato ai sensi degli art. 116 segg. (ad es. perché è stato emesso un decreto di non luogo a procedere) può interporre ricorso.

1210

Il capoverso 3 disciplina la legittimazione dei congiunti degli imputati o accusatori privati deceduti a interporre ricorso o a continuare procedure di ricorso già avviate. I congiunti ai sensi dell'articolo 110 capoverso 1 nCP428 possono in genere interporre ricorso, conformemente al principio generale della successione nei diritti di cui all'articolo 119 capoverso 1. Questa normativa va comunque oltre a quanto previsto da molti codici processuali penali vigenti e anche oltre al disposto dell'articolo 270 lettera b PP, che limita espressamente ai congiunti dell'imputato il diritto di ricorrere per cassazione.

Art. 391

Cauzione

L'accusatore privato dispone di ampi diritti in materia di ricorso; la contropartita è costituita dagli articoli 434, 435 e 440, secondo cui può essere obbligato ad assumere spese o a versare indennità. Affinché le pretese che ne risultano possano effettivamente essere realizzate quando le decisioni finali passano in giudicato, il capoverso 1 prevede che chi dirige il procedimento nella giurisdizione di ricorso può esigere dall'accusatore privato la prestazione di una cauzione corrispondente. L'obbligo sancito dall'articolo 6 paragrafo 1 CEDU di garantire un'udienza dinanzi a un tribunale impone tuttavia un uso prudente di tale normativa. In analogia con l'articolo 134, il fatto che l'accusatore privato si trovi in una situazione economica precaria non deve impedirgli di interporre ricorso. Per non limitare ingiustificatamente i suoi diritti di difesa, dall'imputato non si esigono cauzioni, neppure per i reati a querela di parte.

Art. 393

Motivazione e forma

Per quanto attiene al suo contenuto, la dichiarazione di ricorso non sottostà di massima ad alcuna prescrizione formale. È sufficiente che dal ricorso risulti che la parte in questione non accetta la decisione impugnata. Se tuttavia il presente Codice esige che il ricorso sia motivato, occorre soddisfare le esigenze di cui al capoverso 1 lettere a­c. Benché l'autorità di ricorso non sia vincolata dalle conclusioni delle parti, nell'interesse di una giustizia efficace ci si può aspettare che queste ultime motivino sufficientemente le loro conclusioni.

I capoversi 2 e 3 sanciscono il principio, già parzialmente formulato nella legge (ad es. art. 273 cpv. 2 PP) o nella giurisprudenza, secondo cui l'autorità peccherebbe per eccessivo formalismo se dichiarasse viziato un atto procedurale nonostante l'irregolarità fosse subito riconoscibile e si avesse potuto fornire alla parte l'occasione di sanare il vizio (cpv. 2). Del pari, l'errata designazione di un ricorso non reca pregiudizio alla parte (cpv. 3).

Art. 394

Rinuncia e ritiro

Il capoverso 1 riprende una normativa ampiamente diffusa nel diritto processuale svizzero secondo la quale chiunque è legittimato a ricorrere può, una volta ricevuta comunicazione della decisione impugnabile, rinunciare a presentare ricorso. Prima della comunicazione della decisione la rinuncia non ha effetto, giacché l'interessato non può rinunciare vincolativamente a un diritto di cui non può conoscere con precisione la portata. La rinuncia ha effetto soltanto quando vi si esprime chiaramen428

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7391.

1211

te la volontà di rinunciare al diritto di interporre un ricorso. La rinuncia deve essere esplicita, ossia formulata con dichiarazione scritta od orale, e va messa a verbale.

Il capoverso 2 stabilisce che ogni ricorso può essere ritirato. La dichiarazione di ritiro può essere fatta per scritto oppure, analogamente a quanto previsto nel capoverso 1, oralmente.

La rinuncia e il ritiro sono definitivi (cpv. 3), a meno che non siano stati indotti da un vizio della volontà. Se l'autorità ha fornito un'informazione errata, la parte non deve essersi trovata nella situazione di poter riconoscere immediatamente l'inesattezza dell'informazione.

Art. 395

Effetto sospensivo

A tenore della presente disposizione i ricorsi non hanno di massima effetto sospensivo. Ne consegue che la sentenza impugnata può essere eseguita durante tutta la durata della procedura di ricorso, anche se l'autorità superiore non ha deciso o il ricorso non è stato ritirato. Quale eccezione, è previsto l'effetto sospensivo soltanto per l'appello (art. 409). Chi dirige il procedimento può tuttavia conferire l'effetto sospensivo anche a un reclamo.

Art. 396

Provvedimenti cautelari e ordinatori

La disposizione menziona i casi in cui chi dirige il procedimento adotta provvedimenti cautelari e ordinatori. Il novero non è esaustivo. I provvedimenti devono essere indifferibili. I provvedimenti cautelari ­ che servono ad assicurare mezzi di prova o ad impedire che l'imputato si sottragga al procedimento ­ sono applicabili soltanto per la durata della procedura di ricorso. Terminata quest'ultima, devono essere revocati o possono essere tramutati in provvedimenti ordinari. La carcerazione (lett. b) può essere ordinata anche nei riguardi di chi è stato assolto, segnatamente se il pubblico ministero ha proposto appello contro la sentenza e vi è pericolo di fuga o di collusione, oppure se la sentenza deve essere annullata nell'ambito di una procedura di revisione poiché nuovi fatti rendono altamente verosimile una condanna della persona assolta e questa potrebbe dunque avere interesse a fuggire.

Art. 397

Complementi di prova

Stante che le prove sono già state assunte nel corso della procedura preliminare e dal tribunale di primo grado, in ossequio al principio di celerità e di efficienza, di regola l'autorità di ricorso non ripete l'assunzione di tali prove (cpv. 1).

Il capoverso 2 enumera alternativamente i casi in cui occorre ripetere l'assunzione delle prove.

Visto che nella procedura penale è applicabile il principio della verità materiale, le autorità penali assumono un ruolo attivo nella acquisizione delle prove (cpv. 3). Le prove sono necessarie se possono influenzare l'esito della procedura.

Art. 398

Procedura scritta

Il presente disegno prevede una procedura parzialmente o totalmente scritta non solo per il reclamo (art. 401 segg.), ma anche per l'appello (art. 406 segg.) e per la revi-

1212

sione (art. 417 segg.). L'articolo 398 contiene alcune regole generali per tale procedura scritta.

I capoversi 2 e 3 costituiscono una sorta di concretizzazione del diritto di essere sentiti sancito dall'articolo 29 Cost. e dall'articolo 6 paragrafo 1 CEDU. Secondo la giurisprudenza di Strasburgo, la nozione di equo processo comprende di massima anche il diritto delle parti di esaminare tutti gli atti e le allegazioni e di esprimersi in merito429.

Nonostante il fatto che la procedura sia scritta, il capoverso 5 consente di convocare un'udienza d'ufficio o ad istanza di parte. In base a questa disposizione, chi dirige il procedimento può ad esempio disporre, in applicazione dell'articolo 6 CEDU, che si tenga un'udienza invece di una procedura scritta in caso di contravvenzione (art. 361 cpv. 2 in combinato disposto con l'art. 357) se ritiene che un importante interesse pubblico lo imponga oppure se una parte lo richiede.

Art. 399

Decisione

Il capoverso 1 concretizza il principio della verità materiale e il principio di legalità che informano la procedura penale (art. 6 e 7). Questi principi si applicano anche alla procedura di ricorso: la giurisdizione di ricorso prende la sua decisione indipendentemente dalle conclusioni e dalle motivazioni delle parti. Questo principio, tranne per quanto concerne la procedura riguardante gli aspetti civili (cfr. cpv. 1 lett.

b) è doppiamente limitato: in primo luogo, in sede di appello il tribunale d'appello esamina soltanto i punti censurati della sentenza di primo grado (art. 411 cpv. 1). In secondo luogo, la piena cognizione della giurisdizione di ricorso è limitata dal divieto di reformatio in peius (cpv. 2). Pur non avendo rango costituzionale, questo principio è già sancito dalla maggior parte dei codici processuali penali svizzeri.

Consente all'imputato o al condannato di interporre ricorso senza dover temere che la sentenza sia modificata a suo sfavore per quanto riguarda gli aspetti penali o civili. Il senso della disposizione tutela il condannato non solo contro i rischi di una condanna più severa, ossia contro un inasprimento della sanzione irrogata nel dispositivo della sentenza o contro la scelta di un altro tipo di sanzione più severo, ma anche contro una modifica più severa della qualificazione giuridica dei fatti. Il divieto della reformatio in peius è però limitato dal secondo periodo del capoverso 2. Sarebbe infatti sconcertante non poter utilizzare ­ anche a pregiudizio dell'imputato ­ fatti, atti o prove di cui si è venuti a conoscenza solo dopo la sentenza di primo grado.

Considerato che in questo caso è vincolata alle conclusioni (cpv. 1), quando il ricorso è interposto unicamente dall'accusatore privato, la giurisdizione di ricorso può modificare la sentenza soltanto nel suo interesse (cpv. 3). Può soltanto accogliere o respingere le conclusioni dell'accusatore privato oppure confermare la sentenza impugnata.

Art. 400

Estensione degli effetti dell'accoglimento di un ricorso

La disposizione esige che il campo di applicazione delle sentenze che accolgono il ricorso di un imputato o di un condannato sia esteso agli altri imputati o condannati 429

Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 18.2.1997 nella causa NideröstHuber contro la Svizzera, Rec. 1997-I, 110, n. 24.

1213

che non hanno interposto ricorso. In tal modo si evita che in seguito vengano presentate domande di revisione. La norma è applicabile soltanto se l'autorità valuta diversamente i fatti e se la modifica o l'annullamento della decisione impugnata concerne anche gli altri imputati o condannati che non hanno ricorso.

2.9.2 Art. 401

Capitolo 2: Reclamo (art. 401­405) Ammissibilità e motivi

Il capoverso 1 definisce ciò che può essere oggetto di reclamo.

Le lettere a­c enumerano gli atti e le decisioni che possono essere impugnati con reclamo.

Le decisioni e gli atti procedurali della polizia secondo la lettera a sono segnatamente l'arresto provvisorio, il sequestro, la perquisizione domiciliare ecc. Quanto alle decisioni e agli atti procedurali del pubblico ministero e delle autorità penali delle contravvenzioni vi sono in primo luogo i provvedimenti coercitivi. A tenore della lettera a, ogni atto procedurale può essere impugnato, anche ogni omissione, fra cui figura segnatamente il diniego di giustizia. Anche il decreto di non luogo a procedere (art. 310) e il decreto di abbandono del pubblico ministero o dell'autorità penale delle contravvenzioni sono impugnabili con reclamo (art. 323).

Secondo la lettera b, i decreti e le ordinanze dei tribunali di primo grado ­ che non sono sentenze (art. 78) ­ possono essere impugnati con reclamo. Si tratta ad esempio di provvedimenti coercitivi o di decisioni finali pronunciate nella procedura indipendente in materia di misure (art. 379 segg.). La limitazione di cui alla lettera b in fine è intesa a evitare che il dibattimento sia interrotto dall'impugnazione separata di decisioni ordinatorie. Per tali casi, la disposizione esclude il reclamo immediato. Gli eventuali vizi di tali decisioni incidentali possono tuttavia essere censurati impugnando la decisione finale, sempre che abbiano inciso su quest'ultima.

Le decisioni del giudice dei provvedimenti coercitivi sono di massima definitive.

Fanno eccezione il reclamo contro decisioni relative alla carcerazione preventiva o di sicurezza, quando questa è durata almeno tre mesi (art. 221 cpv. 2), il reclamo dopo la comunicazione dei motivi e della durata di una sorveglianza del traffico postale e delle telecomunicazioni (art. 278 cpv. 3) e il reclamo contro l'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza (art. 280 cpv. 3) e contro un'inchiesta mascherata (art. 297 cpv. 3).

A tenore del capoverso 2 il reclamo è un mezzo di ricorso di ampia portata che serve a censurare anche particolari tipi di comportamento per i quali singoli codici processuali cantonali prevedono rimedi giuridici speciali. Il reclamo può essere interposto senza limitazioni. La giurisdizione di reclamo dispone di pieno potere cognitivo e il reclamo viene esaminato sia sotto il profilo dei fatti sia sotto quello del diritto.

Art. 402

Inammissibilità

Il capoverso 1 lettera a ribadisce il carattere sussidiario del reclamo rispetto all'appello (art. 20 cpv. 1). Per non ritardare la procedura di reclamo, il disegno esclude, in deroga alla norma generale di cui all'articolo 401 capoverso 1 lettera a, il reclamo contro la reiezione di istanze probatorie da parte del pubblico ministero o dell'au1214

torità penale delle contravvenzioni qualora l'istanza possa essere riproposta dinanzi al tribunale di primo grado (lett. b, cfr. art. 332 cpv. 3).

La lettera c stabilisce che le decisioni su reclamo sono definitive. Si tratta di un caso di applicazione del principio generale di cui all'articolo 388.

Art. 403

Giurisdizione di reclamo collegiale

Questa disposizione mira a semplificare la procedura. I reclami relativi a casi di lieve entità vanno trattati non dal plenum ma da chi dirige il procedimento, che statuisce quale giudice unico quando il reclamo concerne contravvenzioni (lett. a) o le conseguenze economiche accessorie di una decisione (spese, indennità, confische ecc.), purché il valore litigioso non superi i 5 000 franchi (lett. b).

Art. 404

Forma e termine

Il reclamo esige la forma scritta. I requisiti relativi alla forma scritta e alla motivazione sono disciplinati negli articoli 393 e 398. Il termine per presentare reclamo è di dieci giorni, tranne in casi di reclamo per denegata giustizia formale o materiale, non subordinati al rispetto di alcun termine.

Art. 405

Procedura e decisione

A tenore del capoverso 1 la procedura è scritta. A titolo eccezionale, la giurisdizione di reclamo può convocare un'udienza (art. 398 cpv. 5).

Il reclamo può avere effetto devolutivo o cassatorio (cpv. 2). In quest'ultimo caso l'autorità di reclamo rinvia la causa alla giurisdizione inferiore, situazione che si verifica ad esempio se la decisione impugnata poggia su un accertamento incompleto dei fatti, è insufficientemente motivata o contiene contraddizioni che non possono essere risolte mediante interpretazione.

Il capoverso 3 disciplina il caso eccezionale in cui la giurisdizione di reclamo accoglie un reclamo contro un decreto d'abbandono. La ragione di una tale decisione può risiedere nella convinzione della giurisdizione di reclamo che occorra promuovere l'accusa oppure che sarebbe necessario assumere altre prove. Di massima, l'attività delle autorità penali è retta esclusivamente dal diritto e non sottostà a nessuna istruzione da parte di altre autorità (art. 4). Il capoverso 3 costituisce un'eccezione a questo proposito poiché nell'interesse dell'efficienza processuale la giurisdizione di reclamo può impartire al pubblico ministero e all'autorità penale delle contravvenzioni istruzioni in merito al seguito del procedimento. Una siffatta competenza è pure giustificata qualora si constati un caso di denegata giustizia formale, segnatamente per evitare che sia mantenuto l'atto d'accusa promosso contro l'imputato e che la situazione d'incertezza perduri.

1215

2.9.3

Capitolo 3: Appello

2.9.3.1

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 406­409)

Art. 406

Ammissibilità e motivi

Il capoverso 1 definisce il campo d'applicazione dell'appello. L'appello è il principale mezzo di ricorso per impugnare le sentenze dei tribunali di primo grado ed è ammesso soltanto contro le sentenze di un'autorità giudiziaria. Sono impugnabili tutte le sentenze pronunciate da un tribunale di primo grado che pongono fine a questioni di diritto materiale. Di regola si tratta di sentenze di condanna o di assoluzione, ma l'appello non si applica soltanto a questi casi, giacché si possono censurare anche decisioni con cui il tribunale penale ha accolto di massima un'azione civile.

I casi di grave criminalità, che a tenore degli articoli 23 e 24 sottostanno alla giurisdizione federale, sono pure impugnabili mediante appello (cfr. n. 1.8.2).

Nei procedimenti relativi a crimini o delitti l'appello costituisce un mezzo di ricorso completo con il quale si possono far valere motivi di fatto e di diritto (cpv. 2 e 3).

L'appello consente di far riesaminare la causa nel merito da parte della giurisdizione di grado superiore.

Nel diritto vigente l'appello è regolarmente escluso per i casi di lieve gravità. Il presente disegno lo consente a determinate condizioni anche nei casi di contravvenzione (cpv. 4), ma l'esame dei fatti da parte del tribunale d'appello è allora limitato.

In questo ambito l'appello è simile al ricorso per cassazione contemplato nel vigente diritto federale e in alcuni Cantoni. La qualifica di contravvenzione non dipende dall'esito della sentenza impugnata, ma dall'oggetto del procedimento di primo grado. Se il pubblico ministero contestava un delitto all'imputato ma il giudice ha dichiarato quest'ultimo colpevole soltanto di contravvenzione, la limitazione di cui al capoverso 4 non è applicabile.

Affinché le pretese civili fatte valere in via adesiva nel procedimento penale non beneficino di mezzi di ricorso maggiori rispetto a quanto previsto dalla procedura civile, a tenore del capoverso 5 l'appello è pure limitato se concerne unicamente i punti relativi agli aspetti civili; è infatti ammesso soltanto se possibile in virtù del diritto processuale civile applicabile nel luogo del tribunale di primo grado. Inoltre, il tribunale di primo grado deve aver statuito, almeno sul principio, sulle pretese civili (art. 124). Qualora queste ultime siano state rinviate al foro civile, l'appello non è ammesso. Tali limitazioni non sono applicabili se la sentenza è stata impugnata anche riguado alla colpevolezza o alla pena.

Art. 407

Annuncio e dichiarazione d'appello

La procedura d'appello comprende due parti.

Secondo il capoverso 1, la parte che intende proporre appello deve annunciarlo. La possibilità dell'annuncio orale costituisce una deroga alla norma generale di cui all'articolo 393 e si riallaccia al caso, assai rilevante nella prassi, nel quale la parte che intende proporre appello rilascia la relativa dichiarazione immediatamente dopo la comunicazione orale della sentenza. La dichiarazione è messa a verbale. Una volta redatta, la sentenza motivata è trasmessa alle parti e, unitamente all'annuncio del ricorso in appello, al tribunale d'appello.

1216

Dopo che la sentenza motivata le è stata notificata, la parte che ha annunciato di voler ricorrere in appello dispone di venti giorni per far pervenire al tribunale d'appello una dichiarazione d'appello scritta. I capoversi 3 (lett. a) e 4 si riallacciano al principio sancito in alcuni codici processuali cantonali secondo cui è ammessa una limitazione dell'appello. Il presente disegno riprende tale principio per motivi di economia processuale, ma anche in considerazione del fatto che se la parte può rinunciare del tutto a interporre ricorso, deve potervi rinunciare anche parzialmente.

Nell'appello occorre indicare quali parti della sentenza si intende impugnare e le istanze probatorie supplementari che si vuole proporre. Il capoverso 4 enumera esaustivamente quali parti di una sentenza possono essere impugnate separatamente e stabilisce definitivamente l'oggetto dell'appello. La portata dell'appello può essere successivamente limitata mediante ritiro parziale dell'appello, ma non può essere estesa.

Art. 408

Esame preliminare e appello incidentale

La disposizione riprende la norma sancita nell'articolo 393 capoverso 2. Ricevuta la dichiarazione di appello, il tribunale d'appello la esamina per stabilire se adempie le condizioni di cui all'articolo 407. Se non è il caso, concede all'appellante un termine supplementare per precisare la dichiarazione di appello.

I capoversi 2 e 3 garantiscono alle altre parti il diritto di essere sentite: esse ricevono una copia della dichiarazione di appello che soddisfa le esigenze di cui all'articolo 407 (cpv. 2) e possono entro venti giorni presentare un'istanza motivata affinché non si entri nel merito dell'appello (cpv. 3 lett. a) oppure interporre appello incidentale (cpv. 3 lett. b).

Le parti che interpongono un appello incidentale devono anche indicare quali parti della sentenza impugnano (cpv. 4). Qualora l'accusatore privato impugni la decisione con appello incidentale, sono applicabili per analogia le limitazioni di cui all'articolo 391 capoverso 2. Nel diritto vigente taluni Cantoni non conoscono affatto l'istituto dell'appello incidentale, altri prevedono che esso può essere interposto indipendentemente dai punti impugnati nell'appello principale, oppure che può concernere soltanto questi ultimi. Benché anche il presente disegno si fondi sul carattere accessorio dell'appello incidentale (cpv. 6), non lo limita all'oggetto dell'appello principale, salvo quando quest'ultimo è interposto dall'imputato o dall'accusatore privato e concerne soltanto gli aspetti civili trattati nella sentenza di primo grado. In questo caso l'appello incidentale è limitato a questo punto.

Art. 409

Effetti dell'appello

Contrariamente al reclamo e alla revisione, l'appello ha effetto sospensivo. Soltanto i punti della sentenza che non sono impugnati nella dichiarazione di appello passano in giudicato e divengono esecutori. Chi dirige il procedimento accerta il passaggio in giudicato e l'esecutorietà della sentenza riguardo a questi punti, segnatamente ai punti principali, quando l'appello si limita a contestare gli aspetti civili o aspetti accessori.

1217

2.9.3.2 Art. 410

Sezione 2: Procedura (art. 410­414) Entrata nel merito

Analogamente all'articolo 330, il capoverso 1 disciplina gli usuali accertamenti relativi all'ammissibilità (lett. a­c) che il tribunale d'appello, ad istanza di chi dirige il procedimento o di una parte, deve effettuare quando riceve la dichiarazione di appello. Il tribunle esamina segnatamente se l'appello è stato annunciato e dichiarato entro i termini prescritti, se è motivato e se vi è prescrizione. Le decisioni di entrata nel merito sono emesse con procedura scritta; per garantire il diritto di essere sentiti (cpv. 2), il tribunale d'appello offre alle parti l'opportunità di pronunciarsi.

Se non entra nel merito dell'appello, il tribunale d'appello ne dà comunicazione scritta alle parti con decisione motivata (cpv. 3). L'esigenza della forma scritta è giustificata dal fatto che, se del caso, le parti possono impugnare questa decisione dinanzi al Tribunale federale. Se la questione dell'entrata nel merito non è controversa oppure se il tribunale d'appello entra nel merito nonostante istanze contrarie di chi dirige il procedimento o delle parti, queste ultime non ricevono una decisione formale. Questa soluzione, intesa a garantire l'economia processuale, è giustificata dal fatto che le decisioni sull'entrata nel merito non sono impugnabili.

Se non vi sono motivi per non entrare nel merito, l'autorità adotta le disposizioni necessarie allo svolgimento della procedura scritta od orale (cpv. 4). Sono applicabili per analogia gli articoli 336 e seguenti. Il fatto che nell'ambito dell'esame di cui al capoverso 1 non sia stata emessa una decisione di non entrata nel merito non impedisce di riaffrontare in seguito la questione dell'entrata in materia e di decidere a proposito.

Art. 411

Estensione dell'esame

A tenore del capoverso 1 il tribunale d'appello è vincolato alle conclusioni delle parti e non può esularvi.

Questa disposizione è tuttavia relativizzata dal fatto che il tribunale d'appello può esaminare anche altri punti se ciò va a favore dell'imputato (cpv. 2).

Art. 412

Procedura orale

La procedura d'appello è di regola orale. Il dibattimento in appello è retto dalle disposizioni relative al dibattimento di primo grado (cpv. 1).

I capoversi 2­4 disciplinano la partecipazione delle parti al dibattimento in appello.

Per mantenere il carattere contraddittorio del procedimento penale il diritto di partecipazione al processo spettante alle parti si estende anche alla procedura d'appello.

Su istanza, l'imputato e l'accusatore privato possono essere dispensati dal partecipare al dibattimento, il che può essere il caso qualora la loro partecipazione non sia indispensabile.

Secondo il capoverso 3 lettera a, nei casi di cui all'articolo 338 capoversi 3 e 4, ossia quando propone una pena detentiva senza sospensione condizionale o una misura privativa della libertà oppure quando vi è obbligato da chi dirige il procedimento, il pubblico ministero deve partecipare al dibattimento in appello (lett. a).

L'obbligo di partecipare sussiste anche nel caso in cui il pubblico ministero abbia interposto appello o appello incidentale (lett. b); in tal modo si dovrebbero poter 1218

limitare i non rari casi in cui viene interposto appello incidentale soltanto per indurre l'imputato a ritirare il suo appello.

Qualora non sia tenuto a partecipare personalmente al dibattimento, il pubblico ministero può presentare conclusioni per scritto oppure rinunciarvi. Qualora non abbia interposto né appello né appello incidentale, dimostrando un certo «disinteresse» per la causa, non può, contrariamente a quanto previsto nella procedura dibattimentale di primo grado (cfr. art. 338 cpv. 1), partecipare al dibattimento in appello.

Art. 413

Procedura scritta

Nell'interesse di un certo sgravio dei tribunali, il disegno prevede in determinati casi la possibilità di una procedura esclusivamente scritta. Questa eventualità è tuttavia subordinata a condizioni molto rigorose poiché potrebbe ledere il diritto ad un procedimento pubblico sancito dall'articolo 6 paragrafo 1 CEDU e dall'articolo 14 paragrafo 1 Patto ONU II.

I casi in cui tale possibilità è applicabile sono enumerati nelle lettere a­e.

La nozione di «questioni giuridiche» di cui alla lettera a comprende ad esempio la questione della prescrizione dei fatti contestati all'imputato oppure la qualificazione dei reati, per opposizione alle circostanze di fatto.

Secondo le lettere d ed e l'appello è proponibile contro le conseguenze accessorie di una sentenza e contro le misure ai sensi degli articoli 66­73 nCP430. Nel diritto vigente questi casi sono impugnabili con reclamo o ricorso per cassazione, già trattati con procedura scritta.

Il capoverso 2 prevede poi la possibilità della procedura scritta, subordinata al consenso delle parti, in due ulteriori casi (lett. a e b). Chi dirige il procedimento può infatti ordinare una procedura scritta se la presenza dell'imputato non è indispensabile, segnatamente se questi non deve essere interrogato personalmente. La discussione può in tal caso essere sostituita da uno scambio di memorie. La rinuncia alla procedura scritta può inoltre essere giustificata quando il caso non sia stato giudicato da un'autorità giudicante collegiale ma da un giudice unico e pertanto la causa riveste relativamente minore importanza.

A tenore del capoverso 3, nella procedura scritta le parti sono tenute a presentare istanze e memorie scritte (art. 398). La parte che intende interporre appello incidentale deve motivarlo nella sua risposta all'appello principale. La procedura ulteriore è retta dall'articolo 398 capoversi 2­4.

Art. 414

Contumacia e mancata presentazione della memoria

Il presente articolo stabilisce le conseguenze dell'omissione, ad opera delle parti, di determinati atti procedurali. Tali conseguenze differiscono da quelle di cui agli articoli 373 e seguenti sulla procedura contumaciale.

A tenore del capoverso 1 si considera che l'appello o l'appello incidentale è ritirato qualora la parte che lo ha interposto soddisfa una delle condizioni di cui alle lettere a­c. Dalla lettera a si evince che la persona che non si presenta all'udienza ma vi si fa rappresentare non è considerata contumace. La lettera b menziona il caso in cui una parte privata (l'imputato o l'accusatore privato) dispensata dal comparire 430

FF 2002 7351

1219

all'udienza non presenta una memoria scritta (art. 412 cpv. 2 e 413 cpv. 3). Questa disposizione non è applicabile al pubblico ministero, il quale contrariamente alle parti private non è tenuto a presentare memorie (art. 412 cpv. 4). È equiparato alla contumacia l'omissione il caso in cui la parte in questione non può essere citata in quanto, in violazione dell'articolo 85, ha omesso di designare un recapito (lett. b).

I capoversi 2 e 3 disciplinano la procedura da adottare in caso di contumacia dell'imputato. Se quest'ultimo non compare al dibattimento nell'ambito di un appello interposto dal pubblico ministero o dall'accusatore privato, si avvia una procedura contumaciale secondo gli articoli 373 e seguenti. Se non si presenta soltanto il difensore, l'udienza va aggiornata. Lo stesso vale peraltro nel caso di assenza necessaria del pubblico ministero.

Se l'appello è limitato agli aspetti civili, si può statuire in base agli atti (cpv. 3).

2.9.3.3 Art. 415

Sezione 3: Decisione sull'appello (art. 415 e 416) Nuova sentenza

Questa disposizione, secondo cui qualora entri nel merito il tribunale d'appello pronuncia una nuova sentenza, sottolinea il carattere devolutivo* dell'appello. Considerata la possibilità di limitare la dichiarazione di appello a determinati punti della sentenza, l'effetto devolutivo* («reformatorische Wirkung») concerne soltanto i punti impugnati e menzionati nella procedura d'appello.

Art. 416

Annullamento e rinvio

Eccezionalmente l'appello ha effetto cassatorio: il tribunale d'appello non pronuncia una nuova sentenza ma annulla la decisione impugnata e rinvia la causa al tribunale di primo grado per nuovo giudizio. In sintonia con taluni codici processuali vigenti, l'annullamento ha luogo in caso di importanti vizi procedurali per i quali in prima istanza alle parti non è stato garantito un procedimento regolare e quindi il trattamento materiale dell'appello significherebbe praticamente privare le parti interessate di un grado di giudizio. Si tratta soprattutto di casi in cui alle parti non è stato garantito il diritto di essere sentite. La causa è rinviata alla giurisdizione inferiore anche quando quest'ultima non ha trattato correttamente tutti i capi d'accusa o gli aspetti civili (cpv. 1).

Se annulla la sentenza di primo grado, il tribunale d'appello impartisce alla giurisdizione inferiore istruzioni vincolanti circa gli atti procedurali da ripetere o integrare (cpv. 2).

Il tribunale di primo grado è vincolato ai considerandi del tribunale d'appello (cpv. 3).

*

Terminologia propria alla concezione mutuata dalla dottrina tedesca e secondo cui «devoluzione significa il trasferimento della cognitio causae ad un giudice di grado superiore a quello che ha emanato la decisione impugnata», cfr. Novissimo Digesto Italiano, Torino 1968, vol. I, pag. 766.

1220

2.9.4

Capitolo 4: Revisione (art. 417­422)

Indipendentemente dalle garanzie previste dal legislatore, come il doppio grado di giurisdizione e la possibilità del ricorso in materia penale dinanzi al Tribunale federale, in una sentenza giudiziaria non è mai possibile escludere totalmente un errore sui fatti. Può capitare che una sentenza passata in giudicato e contro la quale non è più esperibile alcun mezzo di ricorso sia in realtà un errore giudiziario. Visto che le sentenze delle autorità giudiziarie comportano gravi conseguenze segnatamente per chi è condannato a una pena o a una misura, tutti i codici processuali penali svizzeri contemplano l'istituto delle revisione (cfr. art. 385 nCP431).

Art. 417

Ammissibilità e motivi di revisione

A tenore del capoverso 1 è data revisione contro le sentenze passate in giudicato pronunciate da un'autorità giudicante di qualsiasi grado. Sono pure impugnabili le sentenze emesse in una procedura semplificata, come la procedura del decreto d'accusa (art. 355 segg.) o la procedura penale in materia di contravvenzioni (art. 361 segg.), giacché proprio in tali casi possono essere stati trascurati fatti o mezzi di prova rilevanti. Una procedura di revisione può inoltre essere avviata contro una decisione giudiziaria successiva, come ad esempio la decisione sull'esecuzione di una pena sospesa condizionalmente. Può concernere anche la questione della colpevolezza o gli aspetti civili, ma non le spese o le indennità.

La revisione è un mezzo di ricorso sussidiario: non è ammessa contro le decisioni che possono essere modificate con un altro mezzo di ricorso perché non è intesa quale strumento per ricuperare un mezzo di ricorso non esperito. Di conseguenza, benché un decreto d'abbandono passato in giudicato sia equiparato ad un'assoluzione, non può essere impugnato con revisione, poiché la procedura preliminare conclusa con il decreto d'abbandono può essere riassunta se il pubblico ministero viene a conoscenza di nuovi fatti o di nuovi mezzi di prova (art. 324).

Le persone legittimate a chiedere la revisione sono enumerate negli articoli 389 e 390; ne risulta che pure il pubblico ministero può chiedere la revisione. La revisione può di massima essere effettuata non solo a favore dell'imputato ma, alle medesime condizioni, anche a suo sfavore. Non si riprende dunque la limitazione, prevista in alcuni codici processuali, ai casi di revisione a favore dell'imputato né la distinzione contemplata in alcune leggi tra la revisione a favore e la revisione a sfavore dell'imputato.

I motivi che possono giustificare una revisione sono enumerati esaustivamente nelle lettere a­c e nel capoverso 2. Corrispondono ai motivi di annullamento di una sentenza, previsti da molti codici processuali penali e proposti anche dai periti432.

La prima parte della lettera a riprende quanto stabilito dall'articolo 385 nCP433.

Subordinando la domanda di revisione a una doppia esigenza, questa disposizione corrisponde alla definizione dei motivi che giustificano l'annullamento di una sentenza e sanciti in numerosi codici processuali:
i fatti o i mezzi di prova devono non essere stati noti all'autorità e devono essere rilevanti. Per «fatto» s'intende qualsivoglia circostanza di cui si possa tenere conto nell'esposizione dei fatti nella sentenza.

431 432 433

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7421.

Aus 29 mach 1, pagg. 160 seg.

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7421.

1221

Sono segnatamente nuovi fatti indizi, l'autenticità di un documento, la falsa testimonianza di un testimone oppure dichiarazioni fatte dopo che la sentenza sia stata pronunciata. I mezzi di prova sono quelli menzionati nel titolo quarto del disegno.

Tali fatti e mezzi di prova sono considerati non noti se non erano stati sottoposti alla giurisdizione inferiore in un modo o nell'altro, ma non nel senso che, pur essendo stati esaminati dal giudice, questi non ne aveva tratto le debite conclusioni o non era consapevole di ciò che il fatto o il mezzo di prova potevano evidenziare. Non sono poi considerati non noti i fatti subentrati posteriormente alla sentenza di cui si chiede la revisione. I fatti o i mezzi di prova devono inoltre essere rilevanti, ossia tali da comportare una significativa modifica della qualificazione giuridica o dell'entità della pena.

La lettera a va oltre quanto statuito dall'articolo 385 nCP, poiché ammette che la domanda di revisione possa essere a favore o a sfavore dell'imputato. In quest'ultimo caso, se nel procedimento di primo grado l'imputato è stato riconosciuto colpevole e gli sono state inflitte sanzioni, la revisione sarà effettuata soltanto se i nuovi fatti o mezzi di prova lasciano prospettare una pena sensibilmente più severa434.

Il motivo di revisione di cui alla lettera b sussiste ad esempio quando due o più persone sono state condannate per lo stesso reato in due sentenze penali che si contraddicono nel senso che, in presenza degli stessi fatti, se una persona è stata riconosciuta colpevole l'altra non può che essere considerata innocente. La contraddizione può riguardare soltanto un elemento di fatto. Una contraddizione nell'applicazione del diritto o una modifica successiva della giurisprudenza non sono sufficienti.

Affinché siano soddisfatte le condizioni di cui alla lettera c non è necessario che il reato che ha influito sull'esito del procedimento sia stato accertato con una sentenza (ad es. reato caduto in prescrizione, imputato deceduto o penalmente incapace); è sufficiente che il giudice sia persuaso che il reato sia stato commesso. Dal fatto che nel presente disegno le situazioni di cui alle lettere c ed a siano disciplinate separatamente risulta che non deve necessariamente esserci un nesso causale tra il reato e la sentenza impugnata. Vi può
segnatamente essere un reato secondo la lettera c qualora un giudice sia corrotto, poiché in tal caso ha perso la propria autorità morale indipendentemente dall'esito della decisione.

Il motivo di revisione di cui al capoverso 2 figura nei codici processuali più recenti o modificati recentemente. La disposizione riprende i presupposti precisati dalla giurisprudenza435 e recepiti nell'articolo 122 LTF436. Una sentenza va sottoposta a revisione se la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto un ricorso individuale contro la Svizzera per violazione della CEDU. In tal caso la revisione sarà tuttavia effettuata solo se le conseguenze della violazione non possono essere riparate con un indennizzo e se la revisione è necessaria per l'attuazione concreta della decisione sovranazionale.

434

Evidentemente il motivo (assoluto) di revisione di cui al cpv. 1 lett. a (ad es. falsa testimonianza) può portare a una revisione anche se la pena inflitta era troppo mite, ma in questo caso il presupposto secondo cui la pena prevista con la revisione deve essere notevolmente più severa non deve essere soddisfatto.

435 DTF 125 III 185 436 FF 2005 3643

1222

Secondo il capoverso 3 la revisione a favore dell'imputato può anche essere chiesta se il reato in questione è prescritto oppure se la pena non è più esecutoria o è già stata eseguita. Questa disposizione intende tutelare l'interesse sovraordinato della giustizia. E contrario, la revisione a sfavore dell'imputato può essere chiesta soltanto se quest'ultimo è ancora in vita e se l'azione penale non è ancora prescritta.

Il capoverso 4 riprende la normativa già menzionata nell'articolo 406 capoverso 5 secondo cui la revisione degli aspetti civili di una sentenza va giudicata conformemente alle norme processuali civili applicabili al luogo della giurisdizione che ha emesso la decisione di cui si chiede la revisione.

Art. 418

Forma e termine

Il capoverso 1 definisce quale autorità di revisione il tribunale d'appello. Il disegno adotta pertanto il sistema vigente nella maggior parte dei Cantoni, giacché la competenza di esaminare una sentenza in sede di revisione non spetta all'autorità giudicante che ha emesso la sentenza impugnata. Per le sentenze del Tribunale penale federale questo significa che la giurisdizione di revisione è il Tribunale federale, il quale applicherà la LTF. Qualora la domanda di revisione concerna una decisione pronunciata in appello, i Cantoni devono adottare le misure necessarie affinché i membri del tribunale d'appello non siano chiamati a giudicare sulla domanda di revisione nella medesima causa (art. 21 cpv. 2). Le esigenze relative al contenuto e alla forma scritta sono rette dall'articolo 398, applicabile per analogia.

L'istanza di revisione non è di massima subordinata al rispetto di un termine specifico (cpv. 2). Il lasso di tempo intercorrente tra il motivo di revisione e l'istanza di revisione è irrilevante. Ogni istanza di revisione presentata conformemente agli articoli 417 capoverso 1 lettera b e 417 capoverso 2 sottostà a un termine di 90 giorni, in sintonia con la soluzione adottata nella LTF (art. 124 cpv. 1 lett. c e d LTF).

Art. 419

Esame preliminare ed entrata nel merito

La revisione di una sentenza è possibile soltanto se sono soddisfatte determinate premesse formali e materiali. La procedura di esame preliminare è avviata con istanza scritta (cpv. 1). L'esame serve innanzi tutto ad accertare se i motivi allegati a sostegno della revisione sono verosimili. Nella domanda di revisione occorre ­ pena la non entrata nel merito ­ formulare conclusioni e i motivi di revisione nonché menzionare tutti i fatti e i mezzi di prova sui quali essa si fonda. Se queste premesse sono soddisfatte e se sussiste uno dei motivi di revisione elencati esaustivamente nell'articolo 417 capoverso 1, il tribunale d'appello è tenuto a procedere ad un esame preliminare della domanda di revisione.

Un motivo di revisione già respinto in una precedente procedura di revisione non può di massima essere fatto valere in una seconda procedura (cpv. 2). Può tuttavia essere invocato in aggiunta ad altri fatti o mezzi di prova per una valutazione globale.

Se le premesse di un'entrata nel merito sono date (cpv. 3), l'istanza di revisione è trasmessa alle altre parti interessate invitandole a presentare per scritto le loro osservazioni. Contrariamente a diverse normative cantonali, il presente disegno non prevede alcun dibattimento nella procedura di revisione; in applicazione dell'artico-

1223

lo 398 capoverso 5, il tribunale d'appello può tuttavia disporre che si tenga un'udienza.

A tenore del capoverso 4 il tribunale d'appello dispone soltanto i provvedimenti cautelari non urgenti e i necessari complementi di prova, giacché secondo l'articolo 396 la competenza per i provvedimenti cautelari indifferibili, come ad esempio l'ordine di carcerazione, il sequestro di mezzi di prova, la sorveglianza di polizia ecc. spetta a chi dirige il procedimento. Se vengono presentati complementi di prova, prima della decisione l'autorità deve garantire alle parti il diritto di essere sentite.

Art. 420

Decisione

Se entra nel merito di una domanda di revisione, il tribunale d'appello deve valutarne la fondatezza. Qualora dall'esame risulti che i motivi di revisione addotti non sussistono (cpv. 1), il tribunale emette una decisione di reiezione. Quest'ultima è definitiva, ossia non può più essere impugnata secondo le disposizioni del presente Codice437. La sentenza impugnata resta valida e gli eventuali provvedimenti cautelari sono revocati.

Se la domanda di revisione è fondata (cpv. 2), la sentenza impugnata è oggetto di una decisione di parziale o totale annullamento. Può capitare che in base agli atti disponibili il tribunale d'appello possa emettere una nuova decisione (lett. b). In tal caso l'effetto devolutivo si giustifica nell'interesse della celerità e dell'efficacia della giustizia, segnatamente se la revisione è fatta a favore del condannato.

Se invece la domanda di revisione è fondata ma lo stato degli atti non consente la pronuncia di una nuova decisione (lett. a), il tribunale d'appello procede secondo i capoversi 3 e 4. Dispone di un margine di apprezzamento assai ampio per stabilire quali punti della sentenza impugnata sono interessati dalla revisione. Deve anche decidere quale autorità penale deve riassumere la causa e in quale fase del procedimento. Se la procedura di revisione necessita complementi di prova di una certa entità e che incidono sull'accusa, la causa viene rinviata al pubblico ministero.

Qualora invece i complementi di prova abbiano poca o nessuna incidenza sull'accusa, la causa può essere rinviata alla giurisdizione di primo grado. Si tiene un nuovo dibattimento orale e contraddittorio e l'autorità designata emette una nuova decisione.

Secondo il capoverso 4, il tribunale d'appello decide se porre o mantenere l'imputato in carcere di sicurezza. La carcerazione disposta dal tribunale d'appello è mantenuta fin tanto che il pubblico ministero (ad es. nel caso di un rinvio alla fase dell'istruzione preparatoria) abbia esaminato se sia opportuna una nuova carcerazione preventiva secondo gli articoli 223 e seguenti e, se del caso, abbia presentato al giudice dei provvedimenti coercitivi la relativa istanza.

Art. 421

Nuovo procedimento

La disposizione rinvia implicitamente a disposizioni della procedura penale ordinaria (art. 319 cpv. 1, 320 segg. e 341 segg.). L'autorità deve basarsi sul diritto penale vigente al momento in cui la sentenza impugnata è stata pronunciata.

437

È fatto comunque salvo il ricorso al Tribunale federale secondo l'art. 78 LTF (FF 2005 3643).

1224

Art. 422

Effetti della nuova decisione

Il capoverso 1 è applicabile soltanto ai casi in cui la revisione è stata domandata dall'accusatore privato o dal pubblico ministero, poiché l'imputato, in ossequio al divieto della reformatio in peius, non può essere condannato a una pena più severa se l'istanza di revisione è stata presentata esclusivamente a suo favore (art. 399 cpv. 2). La pena scontata nell'esecuzione della prima sentenza è computata nella pena pronunciata dal giudice a cui è stata rinviata la causa. Se la pena non è ancora stata scontata e la nuova pena inflitta è caduta in prescrizione al momento della sentenza, essa non potrà più essere scontata; questa eventuale circostanza deve essere oggetto di una constatazione del giudice.

Il capoverso 2 è applicabile alla revisione a favore del condannato e disciplina la questione dell'indennizzo nel caso in cui la procedura di revisione si concluda con un'assoluzione, con l'abbandono del procedimento o con l'inflizione di una pena più mite. In questa eventualità lo Stato deve rifondere all'imputato la parte non dovuta delle multe o delle pene pecuniarie già pagate, unitamente ai relativi interessi. In caso di assoluzione o di abbandono del procedimento, l'interessato è reintegrato in tutti i suoi diritti a norma della garanzia di cui alla CEDU (art. 3 del Protocollo n. 7 alla CEDU) e al Patto ONU II (art. 14 par. 6). Se la pena inflitta con la nuova sentenza è più mite di quella originaria, il condannato può essere indennizzato secondo le disposizioni dell'articolo 444 capoverso 4.

2.10

Titolo decimo: Spese procedurali, indennità e riparazione del torto morale

Un procedimento penale cagiona spese sia allo Stato sia alle parti. Il diritto processuale deve pertanto stabilire chi debba assumere tali oneri, e in particolare in che misura possano essere addossati alle singole persone che partecipano al procedimento in qualità di parti. Occorre pure determinare se e in che misura le parti possano esigere il rimborso delle loro spese procedurali, ossia il versamento di un'indennità, dallo Stato o dalla parte avversa, per le perdite patrimoniali subite.

Tutti i vigenti codici processuali svizzeri contemplano disposizioni relative alle spese procedurali e alle indennità. Soprattutto nei codici meno recenti tali normative sono tuttavia spesso lacunose, il che ha talvolta creato anche difficoltà in taluni Cantoni: secondo la concezione si considera in generale che per poter addossare le spese procedurali a una parte sia necessaria una base legale.

2.10.1 Art. 423

Capitolo 1: Disposizioni generali (art. 423­428) Campo d'applicazione

L'articolo definisce il campo d'applicazione delle disposizioni del presente titolo.

Nel campo d'applicazione sono incluse le procedure speciali disciplinate nel titolo

1225

ottavo. Per quanto concerne i mezzi di ricorso al Tribunale federale che saranno previsti nella LTF438, saranno applicabili le disposizioni speciali ivi contemplate.

Art. 424

Onere delle spese derivanti da atti procedurali viziati

La presente disposizione concretizza il principio secondo cui le spese e le indennità riconducibili a omissioni o altri atti procedurali viziati (ad es. assenza di un citato con conseguente aggiornamento dell'udienza) possono essere addossate alla persona (parte, testimone ecc.) che le ha causate, e questo a prescindere dall'esito del procedimento per l'interessato. La medesima norma è applicabile ad altre spese risultanti dalla violazione di una norma legale, ad esempio la produzione tardiva di prove (art. 332 cpv. 2).

Art. 425

Partecipazione di più persone e responsabilità di terzi

Se più persone partecipano a un procedimento, per esempio in qualità di imputati, le spese procedurali vanno assunte in primo luogo da chi ne è all'origine. Va da sé, ad esempio, che le spese per il difensore d'ufficio devono essere assunte dall'imputato per il quale il difensore è stato designato. Le spese che invece sono state causate non da uno ma da più partecipanti al procedimento vanno ripartite proporzionalmente tra loro (cpv. 1). Se dunque nell'ambito di un procedimento relativo a un reato commesso da tre persone occorre sentire un testimone o elaborare una perizia, ogni autore del reato assume un terzo delle relative spese. Una siffatta ripartizione costituisce la regola, ma non è escluso che si possa considerare anche la gravità del reato imputato ad ogni singolo reo.

Il capoverso 2 consente all'autorità penale di disporre che le persone tenute al pagamento delle spese ­ di regola gli imputati ­ rispondano in solido delle spese da esse causate congiuntamente. Questa possibilità esiste già nel diritto attuale. La disposizione concerne principalmente i casi di partecipazione o di correità nei quali ­ in analogia con la norma di cui all'articolo 50 CO439 ­ per ragioni di equità pare opportuno che gli interessati rispondano in solido. Se ad esempio un istigatore benestante ha indotto una persona priva di mezzi a commettere un reato, nella responsabilità in solido deve essere tenuto ad assumere anche le spese addossate all'indigente.

Il capoverso 3, secondo cui l'autorità penale può obbligare terzi ad assumere solidalmente le spese, è segnatamente applicabile quando l'imputato ha commesso il reato a vantaggio o su istruzione di terzi (non coinvolti nel procedimento penale) ed eventualmente di persone giuridiche. Sono applicabili per analogia gli articoli 55 o 333 CC440 come pure gli articoli 50 o 55 CO. Tale possibilità è prevista già oggi in numerosi codici processuali.

Art. 426

Onere delle spese per persone non imputabili

In analogia con l'articolo 54 capoverso 1 CO, le persone incapaci di discernimento possono essere tenute ad assumere le spese procedurali e le indennità. Simili disposizioni figurano attualmente anche in numerosi codici processuali cantonali. La loro 438 439 440

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

RS 220 RS 210

1226

applicazione presuppone una ponderazione degli interessi in gioco ed entra in considerazione soltanto se l'interessato gode di una buona situazione economica.

Art. 427

Regresso

Questa disposizione conferisce alla Confederazione o al Cantone interessato la possibilità di esercitare il regresso nei confronti delle persone che intenzionalmente o per negligenza grave hanno cagionato spese o indennità a carico dello Stato.

Trattandosi di pretese di indennizzo e di riparazione del torto morale avanzate dall'imputato, la norma realizza il principio dell'esclusività dell'obbligo di risarcimento dello Stato: soltanto la Confederazione o il Cantone titolare del procedimento è tenuto a versare le indennità e la riparazione fatte valere dall'imputato. L'imputato non può ad esempio procedere personalmente contro il testimone che si è macchiato di una falsa testimonianza.

È comunque fatto salvo il regresso dell'ente pubblico nei confronti di suoi impiegati che agiscono a nome o a carico di un'autorità. Le relative normative non vanno tuttavia introdotte nel diritto processuale unificato, ma figurano nel diritto amministrativo federale e cantonale.

Art. 428

Decisione sulle spese

Il capoverso 1 obbliga le autorità penali a statuire d'ufficio, nella decisione finale, sulle spese e su eventuali pretese di indennizzo e riparazione del torto morale. Prima di una tale decisione l'autorità deve procurarsi i documenti necessari e ingiungere alle parti che potrebbero vantare siffatte pretese di notificarle. Tale norma è valevole anche qualora fosse applicabile l'articolo 441 capoverso 2, secondo cui l'accusatore privato è tenuto a far valere, a quantificare e a comprovare le sue pretese.

In caso di decisioni incidentali, decisioni sull'abbandono parziale del procedimento e decisioni su ricorsi interposti contro tali decisioni le spese sono riportate alla causa principale; in altri termini, la decisione sulle spese e sulle indennità è differita alla pronuncia della decisione principale. Ciò corrisponde a quanto stabilito in diversi codici processuali o praticato da talune autorità cantonali. Il capoverso 2 prevede tuttavia la possibilità per l'autorità penale di determinare già nelle decisioni summenzionate le conseguenze in materia di spese e indennità, il che pare ad esempio opportuno quando l'accusatore privato si è dichiarato tale soltanto in relazione a singoli reati e la procedura viene abbandonata per quanto attiene a questi reati.

2.10.2 Art. 429

Capitolo 2: Spese procedurali (art. 429­436) Definizione

Il capoverso 1 si riallaccia alla distinzione invalsa in Svizzera tra le spese generali di amministrazione della giustizia e le spese connesse a una determinata causa penale.

Di massima le spese generali sono assunte dallo Stato. Quest'ultimo riscuote invece emolumenti da chi ricorre alla giustizia; conformemente ai principi di copertura dei costi e dell'equivalenza, tali emolumenti non possono essere superiori alle spese assunte dallo Stato per la fornitura della prestazione in questione. Gli emolumenti devono essere congrui al valore oggettivo della prestazione e contenuti entro limiti ragionevoli.

1227

Il capoverso 2 menziona a titolo di esempio alcuni tipi di disborsi che non necessitano di ulteriori spiegazioni. La lettera e permette di computare nelle spese istruttorie le spese di atti istruttori compiuti da determinate istituzioni statali come i servizi scientifici della polizia o istituti di medicina legale.

Art. 430

Principi

La norma di cui al capoverso 1 secondo la quale l'autorità che ha condotto il procedimento (Confederazione o Cantone) assume le relative spese procedurali ha come conseguenza che le parti private possono essere tenute a rifondere spese o a versare indennità soltanto alle condizioni previste dalla legge. Nella maggior parte dei Cantoni vige già oggi la regola secondo la quale ad esempio in caso di assoluzione le spese procedurali non vengono addossate al pubblico ministero. Il giudice le addebita allo Stato e ne tiene un conteggio. Non riscuote emolumenti giudiziari. Qualora lo Stato, rappresentato dal pubblico ministero, vinca la causa, non ha diritto a indennità.

Il capoverso 2 si riferisce al caso in cui la Confederazione delega a un Cantone un procedimento di sua spettanza (art. 25). Secondo il diritto vigente, la Confederazione può rifondere ai Cantoni le spese straordinarie (art. 257 PP). In virtù della sua competenza esecutiva generale (art. 463), il Consiglio federale disciplinerà i dettagli e in particolare il calcolo delle spese straordinarie.

Il capoverso 3 riprende la norma di cui all'articolo 106 capoverso 2 PP che prevede il rimborso delle spese procedurali straordinarie dei Cantoni qualora un procedimento condotto dalla Confederazione venga abbandonato.

Art. 432

Sospensione e condono

Entro i limiti dell'ordinanza che sarà emanata dal Consiglio federale, l'autorità competente potrà fissare gli emolumenti secondo il suo libero apprezzamento, tenendo tuttavia conto delle spese cagionate allo Stato. Per gli emolumenti e per i disborsi vale il principio secondo cui l'autorità può tenere conto della situazione finanziaria della persona che vi è assoggettata.

Art. 433

Spese a carico dell'imputato e di altri partecipanti al procedimento

La norma secondo cui l'imputato che è stato condannato è tenuto ad assumere le spese procedurali (cpv. 1) è comune a tutti i codici processuali penali svizzeri. Per quanto attiene alle spese della difesa d'ufficio, che a tenore dell'articolo 430 capoverso 2 lettera a sono incluse nelle spese procedurali, è applicabile la norma speciale di cui all'articolo 133.

Il capoverso 2 disciplina l'assunzione delle spese in caso di abbandono del procedimento o di assoluzione fondandosi sul principio di cui all'articolo 430 capoverso 1 secondo il quale, salvo disposizione contraria, le spese sono assunte dalla Confederazione o dal Cantone che ha condotto il procedimento. Stando alla giurisprudenza degli organi della CEDU e del Tribunale federale, ma anche in virtù delle nuove norme introdotte in alcuni codici processuali penali svizzeri e della dottrina, nei casi menzionati le spese procedurali possono essere addossate all'imputato soltanto se questi ha provocato l'apertura del procedimento in modo illecito e colpevole oppure ne ha ostacolato lo svolgimento. Il Codice di diritto processuale penale svizzero riprende tale principio.

1228

La disposizione secondo cui all'imputato non possono essere addossate le spese di traduzione (cpv. 3 lett. b) figura in numerosi codici processuali cantonali. Recepisce le esigenze poste nell'articolo 6 paragrafo 3 lettera e CEDU. In seguito al ritiro delle riserve e delle dichiarazioni interpretative della Svizzera concernenti l'articolo 6 CEDU441, tale disposizione è oggi applicabile incondizionatamente, di modo che il diritto all'assistenza gratuita di un traduttore libera definitivamente l'interessato dalle relative spese. Come la CEDU, anche l'articolo 433 capoverso 3 lettera b prevede la gratuità soltanto per l'imputato. Qualora i partecipanti al procedimento siano assoggettati alle spese, è possibile addossare loro le spese di traduzione.

L'obbligo dell'imputato di assumere le spese della difesa d'ufficio è disciplinato nell'articolo 133 capoverso 4.

Il capoverso 5 estende il campo d'applicazione dell'articolo 433 agli altri partecipanti al procedimento. Le spese possono pertanto essere addossate in particolare alle persone contro le quali è stata condotta una procedura indipendente in materia di misure, ad esempio una procedura indipendente di confisca ai sensi degli articoli 384 e seguenti, oppure contro le quali è stata emessa una decisione giudiziaria successiva successiva.

Art. 434

Spese a carico dell'accusatore privato

Questo articolo si iscrive nell'intento fondamentale del presente disegno consistente nell'estendere i diritti procedurali dell'accusatore privato addossandogli, d'altro canto, maggiori spese. Ci si può chiedere se l'accusatore privato debba assumere tutte le spese cagionate dalle sue istanze in caso di abbandono del procedimento, di assoluzione o di rinvio delle pretese al foro civile. Di per sé una siffatta soluzione sarebbe ipotizzabile. Occorre tuttavia ricordare che il fatto di accogliere le istanze dell'accusatore privato e di attuarle a livello procedurale trasforma ipso facto le stesse in atti procedurali dell'autorità, la cui responsabilità spetta in line di principio allo Stato. Nei casi citati sarà dunque lo Stato ad assumere le spese procedurali, indipendentemente dall'origine di tali atti procedurali. Per questo motivo il presente disegno rinuncia a sancire un obbligo generale per l'accusatore privato di assumere le spese. Limita infatti tale obbligo alle spese procedurali connesse alle sue istanze in merito agli aspetti civili (cpv. 1) e alla procedura concernente i reati a querela di parte (cpv. 2). La norma ha carattere dispositivo; il giudice può derogarvi qualora la situazione lo giustifichi. Può ad esempio essere opportuno far prova di cautela nei riguardi delle vittime.

Il capoverso 4 disciplina i casi in cui una querela viene ritirata in seguito a conciliazione o mediazione (cpv. 3). Di regola un siffatto accordo comprende anche le spese procedurali e le indennità connesse con l'abbandono del procedimento. Capita sovente che l'imputato assuma le spese procedurali che in caso di ritiro della querela dovrebbero essere assunte dall'accusatore privato (cpv. 2). Per impedire che si concludano siffatti accordi affinché le spese siano addossate a una parte che non è in grado di assumerle e che quindi lo Stato perda i rimborsi ai quali avrebbe diritto, il disegno subordina tali accordi all'approvazione dell'autorità che dispone l'abbandono del procedimento.

441

RU 2002 1143

1229

Art. 435

Assunzione delle spese nella procedura di ricorso

La norma contemplata nel capoverso 1, secondo la quale le parti sono tenute a sostenere le spese della procedura di ricorso nella misura in cui soccombono nella causa, ha attecchito soprattutto nei più recenti codici processuali. Se una singola persona interpone un ricorso e prevale nella causa, le spese procedurali sono assunte dallo Stato.

I codici processuali vigenti e l'attuale giurisprudenza prevedono che a determinate condizioni l'autorità competente può derogare alla regola generale di cui al capoverso 1. Il capoverso 2 riprende in parte tali eccezioni. L'applicazione di questa disposizione è facoltativa, sicché il giudice può eventualmente decidere secondo il suo apprezzamento. La lettera a menziona i casi nei quali le condizioni che hanno permesso a una parte di prevalere nella causa sono state create soltanto nella procedura di ricorso. Qualora ad esempio un imputato abbia sottaciuto una prova per farla valere soltanto in appello, oppure abbia realizzato soltanto poco prima dell'esame dell'appello le condizioni che consentono all'autorità competente di prescindere dal procedimento secondo l'articolo 53 nCP (riparazione)442, sarebbe sconcertante che lo Stato debba sostenere le spese.

Il capoverso 4 si riferisce al caso in cui la giurisdizione di ricorso annulla una decisione e rinvia la causa alla giurisdizione inferiore per nuovo giudizio. Il fatto che una decisione di primo grado sia annullata significa che l'autorità che l'ha pronunciata ha in generale commesso errori. Per questo motivo, il disegno prevede che le spese della procedura di ricorso siano assunte dallo Stato. Per quanto concerne le spese della giurisdizione inferiore, lo Stato assume in particolare le spese connesse con gli atti procedurali viziati. Non sarebbe invece giusto accollare allo Stato le spese risultanti ad esempio da un'assunzione delle prove effettuata correttamente (interrogatorio di un testimone, perizia), poiché tali prove possono essere utilizzate dopo il rinvio della causa alla giurisdizione inferiore e consentono di ridurre l'onere finanziario della procedura. Per queste ragioni, il presente disegno prevede che la giurisdizione di ricorso decide sulle spese della giurisdizione inferiore secondo il suo libero apprezzamento e conformemente alla situazione del caso specifico.

Qualora una domanda di
revisione venga accolta e la causa sia rinviata per nuovo giudizio, le spese della procedura di revisione sono dapprima assunte dallo Stato conformemente al capoverso 1. La decisione definitiva sulla ripartizione delle spese spetta all'autorità che è investita del trattamento della causa dopo l'accoglimento dell'istanza di revisione e che pronuncia una nuova sentenza di merito. La ripartizione delle spese deve avvenire secondo considerazioni di equità (cpv. 5).

Art. 436

Impugnazione

La possibilità di impugnare la decisione sulla ripartizione delle spese prevista nel presente articolo consente di impugnare anche l'importo degli onorari del difensore d'ufficio.

442

FF 2002 7351, segnatamente pag. 7366.

1230

2.10.3

Capitolo 3: Indennizzo e riparazione del torto morale

2.10.3.1

Sezione 1: Imputato (art. 437­440)

Art. 437

Pretese

La presente disposizione disciplina le pretese dell'imputato per quanto concerne le indennità e la riparazione del torto morale in caso di abbandono del procedimento o di assoluzione. Si tratta delle spese sostenute e dei pregiudizi subiti dalle parti. In caso di condanna l'imputato sostiene generalmente le spese procedurali (cfr.

art. 433). L'indennizzo o la riparazione del torto morale entra in linea di conto soltanto se sono adempiute le condizioni di cui all'articolo 439.

La base legale per il diritto al risarcimento dei danni e alla riparazione del torto morale è stata concepita nel senso di una responsabilità causale. I motivi menzionati nelle lettere a e b corrispondono al diritto processuale vigente. Lo Stato deve riparare la totalità del danno che presenta un nesso causale con il procedimento penale ai sensi del diritto della responsabilità civile. Le spese da rimborsare a tenore della lettera a sono essenzialmente le spese per un difensore di fiducia. La presente disposizione traspone la giurisprudenza in base alla quale lo Stato si assume queste spese soltanto se il patrocinio era necessario a causa della complessità del caso sotto il profilo materiale o giuridico e se il volume di lavoro, e di conseguenza l'onorario dell'avvocato, erano giustificati. Giusta la lettera b, l'imputato dev'essere risarcito per il danno economico risultante dalla partecipazione necessaria al procedimento.

Si tratta principalmente della perdita di salario o di guadagno subita a causa della carcerazione provvisoria o della partecipazione agli atti procedurali, nonché delle spese di viaggio.

Se a causa del procedimento ha subìto lesioni particolarmente gravi dei suoi interessi personali ai sensi degli articoli 28 capoverso 3 CC o 49 CO, l'imputato ha diritto a una riparazione del torto morale (lett. c). Questa è concessa regolarmente se l'imputato è stato posto in carcerazione preventiva o di sicurezza.

L'imputato ha inoltre diritto a un'indennità e a una riparazione del torto morale se è stato solo parzialmente assolto o se il procedimento nei suoi confronti è soltanto parzialmente abbandonato (cfr. cpv. 1). In questo caso le spese non possono essere semplicemente suddivise proporzionalmente. Occorre anzi verificare se l'imputato ha diritto a un'indennità e a una riparazione del torto morale per i reati
per i quali è stato assolto o il procedimento è stato abbandonato. In caso di assoluzione parziale le spese a carico dell'imputato possono essere compensate con le indennità e la riparazione per torto morale assegnate (art. 450 cpv. 4).

Art. 438

Riduzione e rifiuto dell'indennizzo e della riparazione del torto morale

In linea di principio l'obbligo di sostenere le spese (art. 433 segg.) e l'assegnazione di un indennizzo si escludono a vicenda. Chi ha provocato in modo illecito o colpevole l'apertura di un procedimento penale o ne ha ostacolato lo svolgimento ed è pertanto stato condanato alle spese procedurali non può pretendere né un indennizzo né una riparazione del torto morale; è fatto salvo il caso speciale dell'abbandono parziale del procedimento o dell'assoluzione parziale.

1231

Il capoverso 1 prevede che l'autorità penale può ridurre o non accordare l'indennizzo o la riparazione del torto morale in tre casi. La lettera a fa riferimento al caso in cui l'imputato ha provocato in modo illecito e colpevole l'apertura del procedimento penale o ne ha ostacolato lo svolgimento. Siffatto comportamento esclude in generale qualsiasi obbligo di indennizzo o di riparazione del torto morale da parte dello Stato. Se invece la colpa è soltanto lieve, può entrare in linea di conto una riduzione dell'indennizzo o della riparazione del torto morale.

La lettera b rinvia all'articolo 440, secondo cui a determinate condizioni l'accusatore privato può essere tenuto a versare all'imputato un indennizzo e una riparazione del torto morale.

La lettera c riprende un principio largamente diffuso nei diversi codici di procedura penale vigenti in Svizzera: soltanto le spese di una certa entità devono essere rimborsate. Gli inconvenienti minori quali l'obbligo di comparire una o due volte a un'udienza non danno pertanto diritto a un indennizzo.

Il capoverso 2 precisa che nella procedura di ricorso l'indennizzo e la riparazione del torto morale possono inoltre essere ridotti o negati se sono adempiute le condizioni che permettono di addossare le spese procedurali a una parte ricorrente che ottiene una decisione a lei più favorevole (cfr. art. 435 cpv. 2).

Art. 439

Provvedimenti coercitivi ingiustificati

Il capoverso 2 disciplina il caso principale in cui la carcerazione ha una durata eccessiva. La carcerazione preventiva o la carcerazione di sicurezza ha una durata eccessiva se eccede la durata della pena o della privazione della libertà pronunciata in seguito. In una certa misura la presente disposizione comprende i casi in cui l'imputato, dopo aver scontato una carcerazione preventiva o di sicurezza, è condannato soltanto al pagamento di una multa. Siffatte situazioni potrebbero essere frequenti in futuro, poiché gli articoli 34 e seguenti nCP443 prevedono la pena pecuniaria, destinata a sostituire in ampia misura le pene detentive di breve durata. La questione dell'indennizzo e della riparazione del torto morale in seguito a una privazione della libertà di durata eccessiva è attualmente disciplinata soltanto in pochi Cantoni. In assenza di una regolamentazione la questione è controversa.

Una privazione della libertà di durata eccessiva deve se del caso essere dapprima computata nelle sanzioni inflitte per altri reati, nel medesimo o in un altro procedimento. La carcerazione preventiva o di sicurezza può essere computata anche nelle pene pecuniarie (art. 34 nCP), nel lavoro di pubblica utilità (art. 37 nCP) o nelle multe (art. 103 nCP); in questi casi si applicheranno i tassi di commutazione previsti negli articoli 35, 36, 39 e 106 nCP. Se possibile, la carcerazione di durata eccessiva sarà computata anche nelle misure privative della libertà. Spetterà alla giurisprudenza procedere di caso in caso a un computo appropriato.

L'indennizzo e la riparazione del torto morale sono concesse dallo Stato in base al libero apprezzamento dell'autorità competente. Questa può rinunciare a concedere un indennizzo o una riparazione del torto morale se l'eccesso di carcerazione è insignificante (cpv. 3 lett. a) o è dovuto a circostanze da cui l'imputato non potrebbe trarre profitto (p. es. una riduzione della pena pronunciata da parte della giurisdizione di grado superiore a causa della lunghezza del procedimento).

443

FF 2002 7351

1232

Art. 440

Pretese nei confronti dell'accusatore privato

Si tratta di determinare se l'accusatore privato dev'essere obbligato a risarcire l'imputato che ha vinto la causa. Siffatto obbligo sarebbe sicuramente immaginabile, almeno nei casi in cui le istanze procedurali dell'accusatore privato hanno causato all'imputato spese o un danno economico. A causa della loro attuazione nel procedimento queste istanze vanno equiparate agli atti dell'autorità. Di principio spetta dunque allo Stato versare un indennizzo o una riparazione per torto morale in relazione con detti atti. Di conseguenza il disegno limita l'obbligo di risarcimento dell'accusatore privato alle spese sostenute per far fronte alle istanze relative agli aspetti civili e permette al giudice di obbligare l'accusatore privato a risarcire l'imputato in caso di reati a querela di parte, se questi viene giudicato non colpevole.

Questa soluzione è in sintonia con quella prevista dall'articolo 433 in materia di imputazione delle spese.

2.10.3.2 Art. 441

Sezione 2: Accusatore privato e terzi (art. 441 e 442) Accusatore privato

Se accerta l'esistenza di un obbligo d'indennizzo e accoglie le pretese dell'accusatore privato, l'autorità competente è tenuta a riscuotere il suo credito direttamente presso il debitore. Al contrario di quanto previsto all'articolo 440 capoverso 3, il disegno non prevede la possibilità di far valere l'indennizzo presso lo Stato se esso non può essere ottenuto presso la parte tenuta al pagamento. Questa differenza è giustificata, poiché l'accusatore privato non dev'essere privilegiato, se fa valere pretese nell'ambito del procedimento penale, rispetto al caso in cui utilizza la via del diritto processuale civile, che non prevede una regolamentazione di questo tipo.

Il capoverso 2 precisa che l'accusatore privato deve quantificare e comprovare le proprie pretese prima della fine del procedimento, altrimenti perde i propri diritti. La perenzione interviene tuttavia soltanto se l'accusatore privato ha avuto la possibilità di far valere le sue pretese nel corso del procedimento.

Art. 442

Terzi

Gli atti procedurali possono causare un danno diretto a terzi, segnatamente se essi subiscono provvedimenti coercitivi quali perquisizioni domiciliari o la sorveglianza telefonica o a causa del fatto di aver prestato assistenza alle autorità penali, ad esempio nel corso di un fermo. Il diritto vigente prevede spesso in questo ambito un indennizzo e una riparazione del torto morale. Il Codice di procedura penale unificato crea una base legale per le pretese di risarcimento del danno e riparazione del torto morale di terzi (cpv. 1). Questo evita ai terzi di dover cercare una base legale al di fuori del diritto processuale e permette loro di far valere le loro pretese nell'ambito del procedimento penale.

1233

2.10.3.3 Art. 443

Sezione 3: Disposizioni particolari (art. 443 e 444) Prescrizione

La norma secondo cui le pretese di indennizzo e di riparazione del torto morale si prescrivono in dieci anni, prevista da molti codici cantonali, corrisponde a quanto sancito dall'articolo 60 CO. Può essere interrotta un numero indeterminato di volte.

La stessa regola si applica alla prescrizione delle pretese connesse alle spese procedurali.

Art. 444

Indennizzo e riparazione del torto morale nell'ambito della procedura di ricorso

Nell'ambito della procedura di ricorso si applicano le disposizioni degli articoli 437 e seguenti (cpv. 1). Il capoverso 2 riconosce all'imputato il diritto a un indennizzo che va oltre i casi previsti dall'articolo 437 se questi ottiene ragione su altre questioni, segnatamente su un punto accessorio, o è condannato a una pena meno severa.

Per quanto concerne più particolarmente l'articolo 438, qualora per esempio il pubblico ministero interponga ricorso senza però ottenere successo, l'imputato non è in linea di principio tenuto a pagare le spese della procedura di ricorso e ha diritto a un indennizzo in relazione con quest'ultima, anche se le condizioni di cui all'articolo 433 capoverso 2 erano adempiute per quanto concerne il procedimento di primo grado. In altre parole, è necessario verificare separatamente per ogni fase del procedimento se questa è stata provocata da un comportamento illecito e colposo dell'imputato.

Giusta l'articolo 3 del Protocollo n. 7 alla CEDU e l'articolo 14 paragrafo 6 del Patto ONU II, lo Stato deve versare un indennizzo per le pene scontate se la condanna a dette pene viene in seguito annullata in una procedura di revisione. Numerosi codici di procedura penale cantonali prevedono una regolamentazione di questo tipo.

Alcuni codici, che l'articolo 444 capoverso 4 segue, prevedono inoltre un diritto alla riparazione del torto morale. Conformemente al principio sancito nell'articolo 439 capoverso 2, le sanzioni privative della libertà espiate a torto devono in primo luogo essere computate nelle sanzioni pronunciate per altri reati, e possono dar luogo a un indennizzo soltanto se il computo non è possibile. Spetterà alla giurisprudenza determinare in quale misura le nuove sanzioni previste nel Codice penale quali il lavoro di pubblica utilità o la semiprigionia (o il lavoro esterno) possano dar luogo a un indennizzo e a una riparazione del torto morale.

2.11

Titolo undicesimo: Giudicato ed esecuzione delle decisioni penali

Il procedimento penale si conclude definitivamente al momento del passaggio in giudicato della decisione. Occorre pertanto che il Codice di procedura penale preveda una normativa concernente il passaggio in giudicato e l'accertamento del giudicato. Il disciplinamento dell'esecuzione delle decisioni compete invece ai Cantoni. La Confederazione può dichiararsi competente in materia invocando l'articolo 123 capoverso 2 della Costituzione federale. Nel presente Codice tale facoltà deve tuttavia essere esercitata con estremo riserbo. L'esecuzione delle decisioni penali va infatti principalmente disciplinata nelle leggi di applicazione cantonali. Il D-CPP si 1234

limita quindi a prevedere le disposizioni necessarie per garantire un'applicazione uniforme del diritto penale.

2.11.1 Art. 445

Capitolo 1: Giudicato (art. 445 e 446) Passaggio in giudicato

Il capoverso 1 recepisce la disciplina del giudicato formale prevista in diversi codici di procedura penale cantonali: il passaggio in giudicato comporta la fine dell'iter processuale della causa in questione, l'immutabilità della decisione finale e quindi anche la sua esecutività. La dichiarazione di ritiro del ricorso o di rinuncia allo stesso (lett. b) può essere presentata per scritto oppure oralmente a verbale, per esempio subito dopo la comunicazione della sentenza (cfr. art. 394). Una volta presentata, tale dichiarazione è irrevocabile444.

La norma di cui al capoverso 2, secondo la quale il giudicato retroagisce al giorno in cui la decisione è stata emanata, è prevista in numerosi codici processuali penali cantonali. La data determinante non è quindi quella della comunicazione, poiché in caso di comunicazione scritta tale data può variare a seconda delle parti e creare confusione circa il momento esatto del passaggio in giudicato.

Il capoverso 3 concerne segnatamente le decisioni su ricorso. I ricorsi che devono essere trattati dal Tribunale federale non impediscono il passaggio in giudicato. Il principio secondo cui le decisioni passano in giudicato il giorno in cui sono pronunciate concorda in particolare con la normativa prevista nell'articolo 61 della legge sul Tribunale federale (LTF)445.

Art. 446

Accertamento del giudicato

Capoverso 1: il passaggio in giudicato va annotato nella sentenza stessa segnatamente se tutte le parti legittimate a ricorrere hanno dichiarato durante il dibattimento e prima della notificazione del dispositivo di rinunciare a interporre ricorso.

Capoverso 3: se un'autorità penale accerta il passaggio in giudicato della sentenza in applicazione del capoverso 1, è ipotizzabile che sia controverso il giudicato stesso oppure il momento della sua formazione.

2.11.2 Art. 449

Capitolo 2: Esecuzione delle decisioni penali (art. 447­452) Prescrizione della pena

Il capoverso 3 disciplina la procedura da seguire qualora il condannato sostenga che la pena è prescritta e l'autorità d'esecuzione sia del parere contrario. Tali controversie sono decise dalla giurisdizione di reclamo del Cantone la cui autorità d'esecuzione ha emesso l'ordine d'esecuzione. Il presente disegno non prevede provvedimenti cautelari durante questa procedura. La carcerazione di sicurezza di cui all'articolo 448 è esclusa, 444 445

DTF 113 Ia 30 consid. b.

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

1235

poiché dev'essere disposta dall'autorità d'esecuzione e non dalla giurisdizione di reclamo. Vi sono tuttavia casi che giustificano l'esecuzione immediata di una pena detentiva o di una misura privativa della libertà (art. 447 cpv. 3) o la carcerazione di sicurezza (art. 448); nella decisione concernente l'effetto sospensivo del reclamo va tenuto conto di tali circostanze. Spetta alla Confederazione e ai Cantoni disciplinare gli ulteriori dettagli della procedura. Occorrerà segnatamente definire la forma in cui dev'essere sollevata l'eccezione di prescrizione, designare l'autorità presso cui questa può essere proposta, stabilire quali autorità debbano essere sentite prima della decisione e determinare la forma della procedura decisionale.

L'indennità e la riparazione del torto morale previste nel capoverso 4 sono riconosciute d'ufficio al condannato che ha scontato una sanzione privativa della libertà caduta in prescrizione; non è quindi necessario che questi ne faccia domanda.

Art. 450

Esecuzione delle decisioni concernenti le spese procedurali e le altre prestazioni finanziarie

La compensazione delle pretese secondo il capoverso 4 entra per esempio in linea di conto nei casi in cui l'imputato è totalmente o parzialmente assolto, e ha quindi diritto al risarcimento della totalità o di parte delle spese per la difesa, ma deve nel contempo assumersi spese procedurali a causa della sua condotta processuale o poiché riconosciuto colpevole di taluni capi d'accusa. La compensazione non concerne tutte le prestazioni finanziarie di cui al capoverso 1. Le pretese dell'ente pubblico per spese procedurali possono infatti essere compensate soltanto con le pretese d'indennizzo della parte ma non con l'importo riconosciutole a titolo di riparazione morale. Spetta all'autorità incaricata della riscossione delle spese procedurali, che non deve necessariamente essere un'autorità penale ai sensi degli articoli 12 e 13, stabilire se procedere alla compensazione.

Per quanto concerne la copertura delle spese procedurali, va inoltre rilevato che l'articolo 266 capoverso 3 prevede che nella decisione finale occorre anche stabilire se valori patrimoniali sequestrati debbano essere utilizzati per coprire le spese. Le spese procedurali possono quindi essere compensate non soltanto con pretese d'indennizzo bensì anche con valori patrimoniali sequestrati. Tuttavia, solo l'autorità che pronuncia la decisione finale può avvalersi di questa possibilità. Spetta infatti a tale autorità statuire definitivamente ­ nella decisione finale ­ in merito alla sorte dei valori patrimoniali sequestrati.

1236

2.12

Titolo dodicesimo: Disposizioni finali

2.12.1

Capitolo 1: Abrogazione e modifica del diritto vigente

Art. 453 Nella cifra I dell'allegato cui rimanda il capoverso 1 è disposta l'abrogazione della legge federale del 15 giugno 1934446 sulla procedura penale (PP) e della legge federale del 20 giugno 2003447 sull'inchiesta mascherata (LFIM).

A livello federale, il CPP sostituisce la PP. Nella misura in cui la PP prevede disposizioni concernenti l'organizzazione delle autorità penali, in un secondo tempo occorrerà tuttavia anche adottare una «legge di attuazione del Codice di procedura penale», una «legge concernente l'organizzazione delle autorità penali» o un'altra legge con un titolo simile destinata a sostituire tali disposizioni. Per quanto concerne i codici di procedura penale cantonali, va rispettato il principio sancito nell'articolo 49 capoverso 1 Cost., secondo cui il diritto federale prevale su quello cantonale contrario. La competenza della Confederazione di legiferare nel campo della procedura penale (art. 123 cpv. 1 Cost.) è una competenza con forza derogatoria successiva (competenza «concorrente»). Il Codice di diritto processuale penale svizzero potrà quindi entrare in vigore anche senza che i Cantoni abroghino formalmente i loro codici di procedura penale.

Con l'adozione della LFIM la Confederazione ha parzialmente anticipato l'unificazione del diritto processuale penale. Dal momento che le disposizioni della LFIM sono state integrate nel Codice di procedura penale, tale legge non ha più ragion d'essere nella misura in cui disciplina l'inchiesta mascherata nell'ambito dei procedimenti penali ordinari. Nel suo campo d'applicazione rientrerebbe quindi ormai soltanto la procedura penale militare, giacché l'elenco dei reati di cui all'articolo 4 LFIM non consente di disporre l'inchiesta mascherata nel quadro di procedimenti di diritto penale amministrativo. Appare tuttavia inopportuno adottare una legge specifica volta soltanto a disciplinare un unico provvedimento coercitivo del diritto processuale militare. Si è quindi deciso di modificare la procedura penale militare al fine di integrarvi la normativa sull'inchiesta mascherata. Di conseguenza, l'intera LFIM diviene caduca e va pertanto abrogata.

La legislazione federale contiene numerosi rimandi alla legge federale sulla procedura penale. Vi è quindi il rischio che si sia inavvertitamente omesso di modificare taluni di questi rinvii,
benché gli stessi siano in contraddizione con il nuovo Codice di diritto processuale penale svizzero. Si pensi soprattutto a disposizioni non incluse, seppur involontariamente, nell'allegato del D-CPP. Per consentire di rimediare a tali sviste, il capoverso 2 conferisce all'Assemblea federale la competenza di adeguare le leggi interessate mediante ordinanza. Una siffatta soluzione è prevista anche nella legge del 4 ottobre 2002448 sul Tribunale penale federale, nella legge del 17 giugno

446

CS 3 286; RU 1959 921, 1965 907, 1971 777, 1974 1857, 1978 688, 1979 1170, 1992 288 2465, 1993 1993, 1997 2465, 2000 505 2719 2725, 2001 118 3071 3096 3308, 2003 2133, 2004 1633, 2005 5683 447 RU 2004 1409 448 RS 173.71

1237

2005449 sul Tribunale amministrativo federale e nella legge del 17 giugno 2005450 sul Tribunale federale.

2.12.1.1

Modifica del diritto vigente (allegato, cifra II)

1. Legge federale del 21 marzo 1997451 sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna Art. 15 cpv. 4, primo periodo, e 6, frase introduttiva e lett. b Nel capoverso 4 l'espressione «procedura delle indagini preliminari della polizia giudiziaria» è sostituita con l'espressione «procedura preliminare secondo il Codice di procedura penale». Inoltre, il termine «polizia giudiziaria» è sostituito con il termine «autorità di perseguimento penale».

Nel capoverso 6 l'espressione «procedure delle indagini preliminari» è sostituita con «procedure preliminari secondo il Codice di procedura penale».

Già attualmente il rinvio all'articolo 66 capoverso 1ter della legge federale sulla procedura penale è errato, poiché tale disposizione è stata abrogata dalla legge federale del 6 ottobre 2000452 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT). Dal momento che la sezione 2 della LSCPT sarà abrogata poiché le sue disposizioni saranno integrate nel Codice di procedura penale, nella lettera b si rinvia a tale Codice.

2. Legge del 14 marzo 1958453 sulla responsabilità Art. 15 cpv. 6 Il rimando all'articolo 105 della legge federale sulla procedura penale non ha più ragion d'essere. Il presente capoverso è pertanto abrogato.

3. Legge del 17 giugno 2005454 sul Tribunale federale Art. 81 cpv. 1 lett. b n. 4, 5 e 7 (nuovo) nonché cpv. 2 Il CPP non recepisce il procedimento su azione penale privata. L'attuale numero 4 è pertanto abrogato.

Nel numero 5 viene introdotta la figura dell'accusatore privato, che comprende anche la vittima (cfr. art. 114 cpv. 1 e 116 cpv. 1 CPP). L'accusatore privato ha diritto di interporre ricorso in materia penale nella misura in cui è legittimato a ricorrere in virtù del CPP. Secondo l'articolo 390 capoverso 2 CPP, egli può impugnare i punti della decisione relativi alla colpevolezza e agli aspetti civili. Il Tribunale federale esamina tuttavia soltanto le decisioni concernenti le pretese civili trattate unitamente alla causa penale (art. 78 cpv. 2 lett. a LTF).

449 450 451 452 453 454

FF 2005 3689; futuro numero RS 173.61.

FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

RS 120 RS 780.1 RS 170.32 FF 2005 3643; futuro numero RS 173.110.

1238

Numero 7: nelle cause penali amministrative secondo la legge federale del 22 marzo 1974455 sul diritto penale amministrativo (DPA), il pubblico ministero della Confederazione e l'amministrazione interessata possono (ciascuno a titolo indipendente) interporre ricorso in materia penale. Questa disposizione recepisce la normativa vigente (cfr. il commento relativo all'abrogazione dell'articolo 83 DPA).

Il capoverso 2 è adeguato alla disposizione di cui all'articolo 389 capoverso 4 CPP.

Art. 123 cpv. 2 lett. b Le condizioni cui è subordinata la revisione in materia penale sono definite nell'articolo 417 capoversi 1 lettere a e b e 2 CPP. La modifica è volta a sostituire l'attuale rimando all'articolo 229 numero 1 o 2 della legge federale sulla procedura penale, che sarà abrogata.

Art. 128 cpv. 3 In luogo del vigente articolo 237 della legge federale sulla procedura penale, che sarà abrogata, si applicherà per analogia l'articolo 422 CPP.

4. Legge del 4 ottobre 2002456 sul Tribunale penale federale Nel presente disegno ci si limita ad adeguare la legge sul Tribunale penale federale (LTPF) alle nuove disposizioni procedurali del CPP. Le ulteriori modifiche che occorrerà apportare alla LTPF, segnatamente all'articolo 28 (concernente le competenze della Corte dei reclami penali), saranno elaborate nell'ambito della legge federale di attuazione del Codice di procedura penale. In particolare, tale legge disciplinerà l'organizzazione della giustizia penale a livello federale conformemente ai principi stabiliti nel CPP. Entrerà in vigore simultaneamente al CPP. In considerazione della nuova parte generale del Codice penale, occorrerà adeguare anche l'articolo 27 LTPF (concernente la composizione della Corte penale).

Art. 26 lett. a Attualmente è il Codice penale a stabilire quali reati sottostanno alla giurisdizione federale. Dall'entrata in vigore del Codice di procedura penale, tale questione sarà disciplinata negli articoli 23 e 24 CPP. L'attuale rinvio al Codice penale va pertanto modificato di conseguenza.

Art. 30 Dall'entrata in vigore del diritto processuale unificato, la procedura dinanzi al Tribunale penale federale sarà retta dal CPP. La legge federale sulla procedura penale, che disciplina attualmente tale procedura, sarà abrogata.

5. Codice civile457 Art. 139 cpv. 3 Il Codice civile vigente
riconosce a coloro che hanno operato in veste di consulenti in materia matrimoniale o familiare oppure in veste di mediatori in materia familiare un diritto incondizionato di rifiutarsi di testimoniare e fornire informazioni. Nei 455 456 457

RS 313.0 RS 173.71 RS 210

1239

procedimenti penali un siffatto diritto non è giustificato, poiché potrebbe impedire, o perlomeno ostacolare, l'accertamento della verità e l'esercizio della pretesa punitiva dello Stato anche in presenza di reati molto gravi. L'articolo 170 capoverso 1 CPP accorda pertanto alle persone sopraccitate un diritto limitato di rifiutare la testimonianza, che consente di procedere a una ponderazione tra l'interesse al mantenimento del segreto e quello all'accertamento della verità. L'articolo 139 capoverso 3 del Codice civile va quindi adeguato di conseguenza.

6. Legge federale del 16 dicembre 1983458 sull'acquisto di fondi da parte di persone all'estero Art. 35 cpv. 3 Questa disposizione rinvia agli articoli 258 e 259 della legge federale sulla procedura penale. L'articolo 258 non ha mai assunto alcuna importanza nella prassi e non è quindi stato ripreso nel Codice di procedura penale. Il testo dell'articolo 259 è invece stato modificato e integrato nell'articolo 27 capoverso 2 CPP.

7. Legge federale del 19 dicembre 1986459 contro la concorrenza sleale Art. 19 cpv. 4 La riserva a favore delle disposizioni cantonali di procedura penale non ha più ragion d'essere e va pertanto soppressa.

8. Codice penale460 Art. 336­348 La delimitazione tra giurisdizione federale e giurisdizione cantonale, la competenza per materia e per territorio e la procedura saranno disciplinate esclusivamente dal CPP. Le pertinenti disposizioni del Codice penale vanno pertanto abrogate.

Art. 356­363 Quanto rilevato nelle righe che precedono vale anche per l'assistenza giudiziaria e l'obbligo delle autorità di perseguimento penale di informare le autorità di tutela nell'ambito dei procedimenti inerenti a reati commessi contro minorenni.

9. Legge federale del 4 ottobre 1991461 concernente l'aiuto alle vittime di reati Art. 1 cpv. 2 lett. b Tutte le disposizioni della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV) che riguardano la protezione e i diritti della vittima nel procedimento penale sono trasferite nel CPP. L'oggetto della LAV, priva ora di tali disposizioni, va pertanto ridefinito.

458 459 460 461

RS 211.412.41 RS 241 RS 311.0 RS 312.5

1240

Art. 2 cpv. 2 lett. b L'intera sezione 3 della LAV, compresi gli articoli 8 e 9, sarà abrogata al momento dell'entrata in vigore del CPP. Il rimando di cui all'articolo 2 capoverso 2 lettera b va pertanto soppresso.

Art. 4 cpv. 1 L'articolo 4 capoverso 1 della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati riconosce alle persone che lavorano per un consultorio un diritto incondizionato di rifiutarsi di testimoniare e di fornire informazioni. Nei procedimenti penali un siffatto diritto non è giustificato, poiché potrebbe impedire, o perlomeno ostacolare, l'accertamento della verità e l'esercizio della pretesa punitiva dello Stato anche in presenza di reati molto gravi. L'articolo 170 capoverso 1 CPP accorda pertanto alle persone sopraccitate un diritto limitato di rifiutare la testimonianza, che consente di procedere a una ponderazione tra l'interesse al mantenimento del segreto e quello all'accertamento della verità. L'articolo 4 capoverso 1 LAV va quindi adeguato di conseguenza.

Sezioni 3 e 3a (art. 5­10d) Queste disposizioni sono riprese materialmente nel CPP, segnatamente negli articoli 66 capoverso 4, 68 capoversi 1 e 2, 72 capoverso 4, 149­151, 166 capoverso 4, 304, 322 capoverso 1 lettera b, 331 capoverso 3 e 336 capoverso 4.

Art. 11 cpv. 1 Secondo periodo: l'articolo 346 CP (art. 340 nCP462) è abrogato e le norme da esso previste sono recepite nell'articolo 29 CPP.

10. Legge federale del 22 marzo 1974463 sul diritto penale amministrativo Art. 22 cpv. 1, primo periodo, e cpv. 2, primo periodo Capoverso 1 primo periodo: le norme sul foro figureranno nel Codice di procedura penale anziché nel Codice penale.

Capoverso 2 primo periodo: la competenza del Tribunale penale federale di statuire sui conflitti in materia di foro tra Cantoni è ora disciplinata nell'articolo 38 capoverso 2 CPP.

Art. 24 Questa disposizione subisce una modifica redazionale volta ad adeguare la terminologia a quella utilizzata nel Codice di procedura penale: il termine «procuratore generale» è stato sostituito con «pubblico ministero».

Art. 30 cpv. 2, secondo periodo e cpv. 3 Capoverso 2 secondo periodo: gli articoli 168­170 CPP prevedono ulteriori forme di segreto professionale rispetto a quelle contemplate nell'articolo 77 della legge federale sulla procedura penale, che sarà abrogata.

Capoverso 3: l'assistenza giudiziaria è ora disciplinata negli articoli 41­46 CPP anziché nel Codice penale.

462 463

FF 2002 7351 RS 313.0

1241

Art. 31 cpv. 2 Nella procedura giudiziaria i termini saranno retti dal Codice di procedura penale.

Art. 41 cpv. 2 All'interrogatorio dei testimoni si applicheranno per analogia le pertinenti disposizioni del Codice di procedura penale. L'indennità dei testimoni continuerà a essere retta per analogia dall'articolo 48 della legge del 4 dicembre 1947 di procedura civile federale. Per questo motivo non si rinvia all'articolo 164 CPP.

Art. 43 cpv. 2, secondo periodo Alla nomina dei periti e ai loro diritti e doveri si applicheranno per analogia le pertinenti disposizioni del Codice di procedura penale. Non si rimanda agli articoli 183 CPP (ricovero per perizia) e 185 CPP (parere delle parti) poiché tali disposizioni non concernono il lavoro e lo statuto dei periti. L'indennità dei periti continuerà a essere disciplinata dall'articolo 61 della legge del 4 dicembre 1947 di procedura civile federale; non le si applicherà quindi l'articolo 187 CPP.

Art. 58 cpv. 3 Negli articoli 233­235 CPP sono previsti principi applicabili all'esecuzione della carcerazione preventiva e della carcerazione di sicurezza. In virtù dell'articolo 234 capoverso 5 CPP, i Cantoni devono disciplinare i diritti e gli obblighi degli incarcerati, le loro possibilità di reclamo, i provvedimenti disciplinari e la vigilanza sugli stabilimenti carcerari.

Art. 60 cpv. 2, primo periodo Alla liberazione sotto cauzione si applicheranno per analogia gli articoli 237­239 CPP. Essa non sarà più disciplinata dagli articoli 53­60 della legge federale sulla procedura penale, giacché tale legge sarà abrogata.

Art. 73 cpv. 3 I codici di procedura penale cantonali saranno sostituiti dal CPP.

Art. 74 cpv. 1, 75 cpv. 4 e 78 cpv. 1 Le presenti disposizioni subiscono modifiche redazionali volte ad adeguare la terminologia a quella utilizzata nel CPP.

Art. 80 Capoverso 1: i rimedi giuridici esperibili contro le decisioni dei tribunali cantonali non saranno più disciplinati dal diritto cantonale bensì nel CPP.

Capoverso 2: il primo periodo subisce una modifica redazionale volta ad adeguare la terminologia a quella utilizzata nel CPP: il termine «procuratore generale» è sostituito con il termine «pubblico ministero della Confederazione». Il secondo periodo è invece abrogato, poiché i termini di impugnazione e le condizioni di forma saranno retti dal
Codice di procedura penale.

Capoverso 3: questo capoverso è abrogato. L'articolo 80 capoverso 2 CPP disciplinerà infatti la notificazione successiva di una sentenza motivata alle parti per i casi in cui il tribunale di primo grado abbia dapprima rinunciato a motivare la sentenza.

In virtù dell'articolo 74 DPA, anche l'amministrazione interessata è parte nella

1242

procedura giudiziaria. L'articolo 80 capoverso 2 DPA consente inoltre a tale amministrazione di avvalersi a titolo indipendente dei rimedi giuridici previsti dal CPP.

Art. 82 Sia la procedura davanti ai tribunali cantonali sia quella davanti al Tribunale penale federale saranno rette dal CPP, nella misura in cui la legge federale sul diritto penale amministrativo non disciplini essa stessa la procedura giudiziaria.

Art. 83 L'ammissibilità dei ricorsi al Tribunale federale contro decisioni dei tribunali cantonali e del Tribunale penale federale è disciplinata dagli articoli 78­81 della legge sul Tribunale federale (ricorso in materia penale). L'articolo 83 va pertanto abrogato.

Occorre tuttavia anche adeguare l'articolo 81 capoverso 1 lettera b della legge sul Tribunale federale al fine di garantire che il pubblico ministero della Confederazione e l'amministrazione interessata possano come sinora interporre (ciascuno a titolo indipendente) ricorso in materia penale.

Art. 89 Capoverso 1: il CPP prevede un solo rimedio giuridico contro le sentenze passate in giudicato, ossia la revisione. La riassunzione ai sensi dell'articolo 324 CPP concerne procedimenti penali conclusi con decreto di abbandono del pubblico ministero. Nella procedura penale amministrativa tali decreti sono tuttavia emessi dall'autorità amministrativa interessata. La riassunzione di un procedimento penale amministrativo abbandonato è disciplinata dagli articoli 84 e seguenti della legge federale sul diritto penale amministrativo.

Capoverso 2: il presente capoverso va abrogato poiché i codici di procedura penale cantonali saranno sostituiti dal CPP.

Capoverso 3: in virtù dell'articolo 74 capoverso 2, le persone colpite da confisca fruiscono degli stessi diritti di parte e degli stessi rimedi giuridici dell'imputato. Il presente capoverso può pertanto essere abrogato.

Art. 97 cpv. 1 Le spese del procedimento giudiziario e la loro ripartizione saranno in linea di principio disciplinate dal CPP.

11. Procedura penale militare del 23 marzo 1979464 Art. 15 cpv. 3 La presente disposizione è completata al fine di attribuire al sostituto del presidente del tribunale militare di cassazione due ulteriori competenze, ossia la competenza di disporre la sorveglianza con appositi apparecchi tecnici (lett. c) e quella di ordinare le inchieste
mascherate (lett. d); l'attuale lettera c diventa lettera e.

Art. 48 cpv. 2, secondo periodo (nuovo) Questa disposizione corrisponde a quella prevista nell'articolo 68 capoverso 1 lettera a CPP. È necessario introdurla poiché dopo l'entrata in vigore del presente progetto i diritti della vittima nel procedimento saranno disciplinati nella procedura penale 464

RS 322.1

1243

militare e non più ­ tramite rinvio ­ nella legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati.

Art. 70­70k Il vigente articolo 70 prevede che la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni è retta dalla legge federale del 6 ottobre 2000465 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT) e precisa che tale legge si applica per analogia all'impiego di apparecchi tecnici di sorveglianza.

La sezione 2 della LSCPT (art. 3­10), che stabilisce le condizioni alle quali può essere disposta la sorveglianza e disciplina la procedura di sorveglianza, sarà abrogata al momento dell'entrata in vigore del Codice di procedura penale. Per quanto concerne i procedimenti penali ordinari, le condizioni che devono essere adempiute affinché possa essere ordinata la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni e la relativa procedura saranno disciplinate in modo esauriente nel Codice di procedura penale. Giacché tale normativa si applica soltanto ai reati puniti dal diritto penale ordinario ed è stata concepita per le autorità previste dal Codice di procedura penale, non basta introdurre nella procedura penale militare una disposizione che renda applicabili per analogia le norme del diritto processuale penale ordinario. Occorre piuttosto inserire nella procedura penale militare una normativa distinta ma il più possibile corrispondente a quella contemplata nel CPP.

Di conseguenza, gli articoli 70­70k corrispondono agli articoli 268­278 CPP; prevedono tuttavia che compete al giudice istruttore disporre la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni e al presidente del tribunale militare di cassazione approvare tale sorveglianza (mentre il CPP attribuisce queste competenze rispettivamente al pubblico ministero e al giudice dei provvedimenti coercitivi). La cernita delle informazioni effettuata al fine di salvaguardare segreti professionali (art. 70b cpv. 1) è svolta sotto la direzione del presidente del tribunale militare (secondo il D-CPP tale cernita si svolge invece sotto la direzione di un'autorità giudiziaria). Anche l'elenco dei reati per i quali può essere disposta la sorveglianza differisce dalla normativa prevista nel CPP: l'articolo 70 capoverso 2
riprende infatti l'elenco di cui all'articolo 4 capoverso 2 lettera b della legge federale del 20 giugno 2003466 sull'inchiesta mascherata. L'articolo 70 capoverso 3 è connesso con la normativa di cui all'articolo 221 del Codice penale militare del 13 giugno 1927467 (CPM): se una persona è accusata di più reati che sottostanno in parte alla giurisdizione ordinaria e in parte a quella militare, il Consiglio federale può deferirli tutti al giudizio del giudice militare o del giudice ordinario. È pertanto ipotizzabile che un giudice istruttore militare debba disporre la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni al fine di perseguire un reato punito dal diritto penale ordinario.

Art. 71­71c Le considerazioni riguardo alla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni valgono anche per la normativa concernente la sorveglianza con strumenti tecnici di sorveglianza: tale normativa corrisponde sostanzialmente a quella prevista dal CPP; per quanto concerne le autorità compe465 466 467

RS 780.1 RS 312.8 RS 321.0

1244

tenti e i reati per cui può essere disposta la sorveglianza, tiene tuttavia conto delle peculiarità della procedura penale militare.

Art. 73a­73n La legge federale del 20 giugno 2003468 sull'inchiesta mascherata (LFIM) disciplina l'intervento di agenti infiltrati nell'ambito del perseguimento di reati previsti dal Codice penale e dal Codice penale militare. Nella misura in cui concerne reati puniti dal diritto penale ordinario, l'inchiesta mascherata è disciplinata nel CPP. Non sarebbe sensato mantenere una legge distinta soltanto per le inchieste mascherate disposte nell'ambito del perseguimento di reati puniti dal diritto penale militare, giacché una siffatta normativa può essere integrata nella procedura penale militare.

Anche tale normativa corrisponde sostanzialmente a quella prevista nel CPP. Per quanto concerne le autorità cui compete disporre e approvare le inchieste mascherate, tiene tuttavia conto delle peculiarità della procedura penale militare.

Titolo prima dell'art. 74 Sezione 11: Testimoni e persone informate sui fatti Nella legge vigente, la sezione 11 reca il titolo «Testimoni, persone chiamate a dare informazioni e vittime». Poiché i diritti della vittima saranno disciplinati in una sezione specifica (sezione 11a), è necessario adeguare il titolo della presente sezione.

Titolo prima dell'art. 84a (nuovo) Sezione 11a: Vittima e congiunti della vittima Il vigente articolo 84a prevede che determinate disposizioni della legge federale del 4 ottobre 1991469 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV) si applicano anche nell'ambito dei procedimenti penali militari. Poiché simili rinvii ad altri atti normativi rendono più gravosa la lettura di una legge, le disposizioni sui diritti della vittima saranno integrate nella procedura penale militare. Gli articoli 84a­84i, 104 capoverso 3 e 118 capoverso 2 corrispondono sostanzialmente alla normativa prevista nel CPP. Anche a tal proposito si è tuttavia tenuto conto delle peculiarità della procedura penale militare (segnatamente per quanto concerne l'organizzazione delle autorità).

12. Assistenza in materia penale del 20 marzo 1981470 Art. 5 cpv. 2 La presente disposizione subisce una modifica redazionale: il rinvio all'articolo 229 della legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale ­ che sarà abrogata ­ è sostituito con un rimando alla pertinente disposizione del CPP.

468 469 470

RS 312.8 RS 312.5 RS 351.1

1245

Art. 9, secondo periodo Anche la presente disposizione subisce una modifica redazionale: il rinvio all'articolo 69 della legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale è sostituito con un rimando alle pertinenti disposizioni del CPP.

Art. 15 cpv. 1 In virtù del presente capoverso, le disposizioni federali o cantonali si applicano per analogia all'indennità dovuta per l'ingiusta carcerazione e per gli altri pregiudizi subiti dalla persona perseguita. Tale indennità sarà disciplinata dal Codice di procedura penale. Occorre pertanto sostituire il rinvio alle disposizioni federali e cantonali con un rimando ai pertinenti articoli del CPP.

Art. 16 cpv. 2 L'articolo 53 capoverso 1 del Codice di diritto processuale penale svizzero prevede che se un Cantone si occupa di un caso di assistenza giudiziaria internazionale i compiti che ne derivano competono al pubblico ministero di tale Cantone. L'articolo 16 capoverso 2 perde pertanto la sua ragion d'essere e va abrogato.

Art. 18a

Sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni

L'entrata in vigore del Codice di procedura penale comporterà l'abrogazione di diverse disposizioni della legge federale del 6 ottobre 2000471 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (LSCPT), il che richiede che siano apportati taluni adeguamenti all'articolo 18a AIMP. Gli «altri casi di assistenza giudiziaria» menzionati nel capoverso 2 possono anzitutto competere al pubblico ministero della Confederazione o del Cantone interessato; in tal caso la competenza di ordinare la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni spetta al pubblico ministero investito della domanda (lett. a). L'articolo 79a in combinato disposto con l'articolo 17 capoverso 5 AIMP prevede tuttavia che, a determinate condizioni, l'Ufficio federale di giustizia può eseguire esso stesso la domanda di assistenza giudiziaria; in tali casi, la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni dev'essere ordinata da tale Ufficio (lett. b).

Il capoverso 3 riprende la ripartizione delle competenze prevista dal CPP per quanto concerne l'approvazione dell'ordine di procedere alla sorveglianza e stabilisce che gli ordini di sorveglianza ai sensi del capoverso 1 devono essere sottoposti per approvazione al giudice federale dei provvedimenti coercitivi se emanano da autorità della Confederazione. Per «giudice cantonale dei provvedimenti coercitivi» ai sensi della lettera b s'intende il giudice designato tale dalla legislazione sull'organizzazione giudiziaria del Cantone interessato.

Art. 48 cpv. 2 La legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale verrà abrogata e non potrà quindi più essere applicata per analogia al reclamo dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Il rimando a tale legge è pertanto sostituito con un rinvio alle pertinenti disposizioni del CPP.

471

RS 780.1

1246

Art. 50 cpv. 4, 79 cpv. 1, secondo periodo, 87 e 105 I rinvii alla legge federale sulla procedura penale e al Codice penale sono sostituiti con rimandi alle pertinenti disposizioni del CPP.

13. Legge federale del 22 giugno 2001472 sulla cooperazione con la Corte penale internazionale Art. 15 cpv. 1 La norma secondo cui si applicano per analogia le disposizioni del diritto federale in materia di indennità per carcerazione ingiustificata e altri pregiudizi sofferti è sostituita con un rimando alle pertinenti disposizioni del CPP.

Art. 19 cpv. 4 La legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale sarà abrogata e non potrà quindi più essere applicata per analogia ai reclami interposti dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Il rinvio a tale legge è pertanto sostituito con un rimando alle pertinenti disposizioni del CPP.

Art. 20 cpv. 2, quarto e quinto periodo La legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale sarà abrogata e non potrà quindi più essere applicata per analogia ai reclami interposti dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Il rinvio a tale legge è pertanto sostituito con un rimando alle pertinenti disposizioni del CPP.

Art. 21 cpv. 4 Il rinvio alla legge federale sulla procedura penale è sostituito con un rimando alle pertinenti disposizioni del CPP.

14. Legge federale del 7 ottobre 2004473 sugli Uffici centrali di polizia giudiziaria della Confederazione Art. 7 cpv. 2 e 3 Capoverso 2: la locuzione «il procuratore generale della Confederazione può aprire un'inchiesta (art. 340bis del Codice penale)» è sostituita con l'espressione «il pubblico ministero della Confederazione può aprire una procedura preliminare (art. 24 del Codice di procedura penale474)».

Capoverso 3: L'espressione «secondo le disposizioni della legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale» è sostituita con l'espressione «secondo le disposizioni del Codice di procedura penale».

472 473 474

RS 351.6 RS 360 RS ...; RU ... (FF 2006 1291)

1247

15. Legge del 20 giugno 2003475 sui profili del DNA Art. 1 cpv. 1 e 3 Il CPP stabilisce le condizioni e le modalità secondo le quali possono essere allestiti profili del DNA nell'ambito dei procedimenti penali da esso disciplinati. La legge sui profili del DNA non sarà pertanto più applicabile a tal riguardo. Riveste tuttavia ancora importanza per quanto concerne le condizioni alle quali è subordinato l'allestimento di profili del DNA nei procedimenti penali militari, nei procedimenti penali amministrativi e, al di fuori del procedimento penale, nei casi in cui occorre identificare persone sconosciute, scomparse o decedute mediante il confronto di profili del DNA. Il Codice di diritto processuale penale svizzero non disciplina inoltre l'organizzazione dell'analisi del DNA, il sistema d'informazione basato sui profili del DNA e tutte le altre materie oggetto delle sezioni 3­8 della legge sui profili del DNA.

Tenuto conto di quanto precede, occorre adeguare il capoverso 1 sopprimendo il termine «condizioni». La norma di cui al vigente capoverso 3 è inoltre integrata nel capoverso 1 lettera c.

Art. 1bis (nuovo)

Campo d'applicazione

Come già rilevato, gli articoli 254­258 CPP stabiliscono le condizioni e le modalità secondo le quali possono essere utilizzati profili del DNA. La sezione 2 della legge sui profili del DNA non riveste quindi più alcuna importanza per i procedimenti svolti secondo il Codice di procedura penale. Nella disposizione concernente il campo d'applicazione della legge sui profili del DNA occorre tener conto di questo fatto.

16. Legge federale del 9 marzo 1978476 sulla protezione degli animali Art. 32 cpv. 1, secondo periodo L'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP477.

Il rimando a tale disposizione va pertanto soppresso.

17. Legge dell'8 ottobre 1982478 sull'approvvigionamento del Paese Art. 57 cpv. 2 L'espressione «L'articolo 79 della legge federale sulla procedura penale» è sostituita con l'espressione «L'articolo 166 del Codice di procedura penale479».

475 476 477 478 479

RS 363 RS 455 Cfr. n. 6.

RS 531 RS ...; RU ... (FF 2006 1291)

1248

18. Legge federale del 14 dicembre 1990480 sull'imposta federale diretta Art. 183 cpv. 2, secondo periodo L'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP481.

Il rimando a tale disposizione va pertanto soppresso.

Art. 188 cpv. 2 e 4 Nel capoverso 2, l'espressione «norme del diritto processuale cantonale» è sostituita con l'espressione «norme del Codice di procedura penale482 (CPP)».

Capoverso 4: l'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP483. Il rimando a tale disposizione va pertanto soppresso.

Art. 192 cpv. 3, secondo periodo Giacché la legge federale sulla procedura penale sarà abrogata, il rinvio alle sue disposizioni è sostituito con un rimando ai pertinenti articoli (art. 165, 166, 168 e 169) del CPP.

Art. 194 cpv. 3 L'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP484.

Il rimando a tale disposizione va pertanto soppresso.

19. Legge federale del 12 giugno 1959485 sulla tassa d'esenzione dall'obbligo militare Art. 44 cpv. 1 La presente disposizione subisce una modifica redazionale: il rinvio alle pertinenti disposizioni della legge federale sulla procedura penale è sostituito con un rimando al CPP.

20. Legge federale del 19 dicembre 1958486 sulla circolazione stradale Art. 55 cpv. 5 Se sono ordinati poiché si sospetta che sia stata commessa un'infrazione alle disposizioni della legge federale sulla circolazione stradale o ad altre leggi, i provvedimenti volti ad accertare l'inattitudine alla guida sono misure probatorie ai sensi del CPP. Quest'ultimo determina anche le autorità competenti per ordinare ed eseguire tali misure. L'articolo 55 capoverso 5 della legge federale sulla circolazione stradale non ha quindi più alcuna rilevanza. Se non sono ordinati per far luce su un reato (il che sembra ammissibile secondo il tenore del cpv. 1), simili provvedimenti sono invece misure del diritto di polizia. Il loro disciplinamento è comunque di competenza dei Cantoni; il capoverso 5 è quindi superfluo anche da questo punto di vista.

480 481 482 483 484 485 486

RS 642.11 Cfr. n. 6.

RS ...; RU ... (FF 2006 1291) Cfr. n. 6.

Cfr. n. 6.

RS 661 RS 741.01

1249

21. Legge federale del 20 dicembre 1957487 sulle ferrovie Art. 15 cpv. 3, secondo periodo Giacché la legge federale sulla procedura penale sarà abrogata, il rinvio a tale legge è sostituito con un rimando al Codice di procedura penale.

22. Legge federale del 18 febbraio 1878488 sulla polizia delle strade ferrate Art. 11 Il rimando ai codici di procedura penale cantonali è sostituito con un rinvio al Codice di diritto processuale penale svizzero.

23. Legge federale del 23 settembre 1953489 sulla navigazione marittima sotto bandiera svizzera Art. 57 cpv. 1 e 2 Capoverso 1: la terminologia è adeguata a quella utilizzata nel CPP. L'espressione «il capitano ha le competenze di un giudice istruttore» è sostituita con «il capitano ha le competenze della polizia nei limiti del perseguimento penale». Il capitano non dirige inoltre più l'«istruzione preparatoria» bensì le «indagini».

Capoverso 2: l'attuale rinvio a determinate disposizioni della legge federale sulla procedura penale è sostituito con un rimando al pertinente articolo del CPP.

24. Legge federale del 21 dicembre 1948490 sulla navigazione aerea Art. 26b cpv. 3 Poiché la legge federale sulla procedura penale sarà abrogata, il rinvio a tale legge è sostituito con un rimando al CPP.

25. Legge federale del 6 ottobre 2000491 sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni Sezione 2 (art. 3­10) La sezione 2 della legge federale sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni stabilisce le condizioni alle quali può essere disposta tale sorveglianza e disciplina la procedura di sorveglianza. Giacché queste questioni saranno disciplinate negli articoli 268­278 CPP, gli articoli 3­10 LSCPT non hanno più ragion d'essere per quanto concerne i procedimenti penali ordinari.

Inoltre, dato che disposizioni corrispondenti sono state integrate anche nella procedura penale militare e che la legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale è pure stata debitamente completata, l'intera sezione 2 della legge federale

487 488 489 490 491

RS 742.101 RS 742.147.1 RS 747.30 RS 748.0 RS 780.1

1250

sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni non riveste più importanza alcuna e va pertanto abrogata.

Art. 11 cpv. 1 lett. a Le condizioni alle quali può essere ordinata la sorveglianza saranno disciplinate nelle leggi processuali penali (Codice di procedura penale o procedura penale militare). Per verificare la legittimità della sorveglianza nei singoli casi occorrerà pertanto fondarsi sulle pertinenti disposizioni di tali leggi.

Art. 13 cpv. 1 lett. a ed f Quanto rilevato riguardo all'articolo 11 capoverso 1 lettera a vale anche per l'articolo 13 capoverso 1 lettera a. Poiché gli articoli 4 e 7 saranno abrogati, nella lettera f occorre inoltre sopprimere il rimando a tali disposizioni.

26. Legge del 3 ottobre 1951492 sugli stupefacenti Art. 15 cpv. 2, secondo periodo Le condizioni alle quali le persone menzionate nel capoverso 2 possono rifiutarsi di testimoniare saranno disciplinate nell'articolo 170 capoverso 1 CPP. Il secondo periodo va pertanto abrogato.

Art. 29 cpv. 2 e 4 Poiché la legge federale sulla procedura penale sarà abrogata, nel capoverso 2 il rinvio a tale legge è sostituito con un rimando alle pertinenti disposizioni del Codice di procedura penale.

L'articolo 259 della legge federale sulla procedura penale non è stato ripreso nel CPP. Il capoverso 4 va pertanto abrogato.

27. Legge federale del 6 ottobre 2000493 sulla parte generale del diritto delle assicurazioni sociali Art. 79 cpv. 1 Poiché l'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale sarà abrogato494, il rinvio a tale disposizione non ha più ragion d'essere e va pertanto soppresso.

492 493 494

RS 812.121 RS 830.1 Cfr. n. 6.

1251

28. Legge federale del 25 giugno 1982495 sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità Art. 78

Perseguimento e giudizio

La rubrica subisce una modifica redazionale.

Giacché l'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale sarà abrogato496, il rinvio a tale disposizione, attualmente previsto nel secondo periodo, non ha più ragion d'essere e va pertanto soppresso.

29. Legge federale del 9 ottobre 1981497 sui consultori di gravidanza Art. 2 cpv. 1 Il vigente articolo 2 capoverso 1 riconosce ai collaboratori dei consultori di gravidanza un diritto incondizionato di rifiutarsi di deporre. Nei procedimenti penali un siffatto diritto non è giustificato, poiché potrebbe impedire, o perlomeno ostacolare considerevolmente, l'accertamento della verità e l'esercizio della pretesa punitiva dello Stato anche in presenza di reati molto gravi. Alla stregua di quanto previsto per i collaboratori dei consultori per le vittime di reati, l'articolo 170 capoverso 1 lettera d CPP accorda pertanto alle persone sopraccitate un diritto limitato di rifiutare la testimonianza, che consente e implica una ponderazione degli interessi in causa. A tali persone è tuttavia garantito un diritto incondizionato di rifiutarsi di deporre in altri procedimenti, segnatamente nei processi civili, e dinanzi ad autorità diverse da quelle penali. La legge federale sui consultori di gravidanza va quindi modificata di conseguenza.

30. Legge federale dell'8 giugno 1923498 concernente le lotterie e le scommesse professionalmente organizzate Art. 52 VI. Comunicazione al pubblico ministero della Confederazione La presente disposizione va modificata sotto molti aspetti. Secondo il vigente capoverso 2, il Dipartimento federale di giustizia e polizia può interporre ricorso dinanzi al Tribunale federale. Di conseguenza, i Cantoni devono comunicare al Dipartimento le sentenze e altre decisioni pronunciate sul loro territorio (cpv. 1). Già in virtù della vigente legge federale sulla procedura penale (PP), tale diritto di ricorso spetta tuttavia al pubblico ministero della Confederazione (art. 268 segg. PP). Le sentenze e decisioni delle autorità penali cantonali vanno pertanto comunicate a quest'ultimo.

Si coglie inoltre l'occasione per precisare che la comunicazione dev'essere immediata e gratuita.

Non è più necessario sancire espressamente nella presente disposizione il diritto di ricorrere del pubblico ministero della Confederazione. Secondo l'articolo
81 capoverso 2 della legge sul Tribunale federale, il pubblico ministero è infatti legittimato a ricorrere se il diritto federale prevede che la decisione deve essergli notificata. Non occorre nemmeno disciplinare il rimedio giuridico esperibile dinanzi al Tribunale 495 496 497 498

RS 831.40 Cfr. n. 6.

RS 857.5 RS 935.51

1252

federale, poiché dall'entrata in vigore della legge sul Tribunale federale i ricorsi contro le sentenze e decisioni delle autorità cantonali saranno retti dalle disposizioni generali sull'organizzazione giudiziaria federale.

31. Legge del 23 giugno 2000499 sugli avvocati Art. 13 cpv. 1, secondo periodo Per i motivi esposti nel commento dell'articolo 170 CPP, non è oggettivamente giustificato accordare il diritto di rifiutarsi di testimoniare anche agli avvocati che sono stati dispensati dal segreto professionale. La legge sugli avvocati va pertanto modificata di conseguenza.

32. Legge del 20 giugno 1933500 sul controllo dei metalli preziosi Art. 54 cpv. 3, secondo periodo Dall'entrata in vigore del CPP, tutti i procedimenti penali saranno svolti secondo le medesime norme, a prescindere dal fatto che siano condotti dall'autorità di un Cantone o della Confederazione. La norma speciale di cui al secondo periodo, in virtù della quale ai procedimenti cantonali sono applicabili determinate disposizioni della legge federale sulla procedura penale, non ha quindi più ragion d'essere e va abrogata.

33. Legge del 23 giugno 1978501 sulla sorveglianza degli assicuratori Art. 50 n. 4, secondo periodo L'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP502.

Il rimando a tale disposizione va pertanto soppresso.

34. Legge federale del 25 giugno 1930503 sulla garanzia degli obblighi derivanti da assicurazioni sulla vita Art. 32 cpv. 6, secondo periodo L'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP504.

Il rinvio a tale disposizione va pertanto soppresso.

35. Legge del 20 marzo 1992505 sull'assicurazione contro i danni Art. 30 cpv. 6, secondo periodo L'articolo 258 della legge federale sulla procedura penale non è ripreso nel CPP506.

Il rinvio a tale disposizione va pertanto soppresso.

499 500 501 502 503 504 505 506

RS 935.61 RS 941.31 RS 961.01 Cfr. n. 6.

RS 961.03 Cfr. n. 6.

RS 961.71 Cfr. n. 6.

1253

2.12.2

Capitolo 2: Disposizioni transitorie

2.12.2.1

Sezione 1: Disposizioni generali (art. 454 e 455)

Le disposizioni transitorie sono volte a consentire che il CPP sostituisca il più rapidamente possibile le vigenti normative processuali penali cantonali e federali. In linea di principio, i procedimenti pendenti al momento dell'entrata in vigore del Codice di procedura penale saranno pertanto continuati secondo il nuovo diritto dalle autorità competenti in virtù di tale diritto. Si potrà derogare a questo principio soltanto in via eccezionale, segnatamente al fine di evitare che gli interessati subiscano un pregiudizio giuridico.

Art. 454

Diritto applicabile

Il capoverso 1 sancisce il principio (sopraesposto) secondo il quale il nuovo diritto si applica immediatamente ai procedimenti pendenti al momento della sua entrata in vigore.

Il capoverso 2 è volto a evitare che si obietti che atti procedurali eseguiti prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto non sono più validi poiché al momento in cui sono stati disposti non soddisfacevano le esigenze poste dal CPP. Questa disposizione consentirà per esempio di continuare un'osservazione di persone e cose disposta in virtù del diritto anteriore malgrado la procedura secondo cui è stata ordinata non sia conforme alle norme del CPP.

Si rinuncia scientemente a prevedere nelle disposizioni transitorie un'autorità incaricata di decidere quale sia il diritto applicabile qualora non sia chiaro se si debba applicare la vecchia o la nuova normativa. Una siffatta autorità non è necessaria poiché ­ a differenza di quanto avviene nei casi in cui non è chiaro quale sia l'autorità competente ­ simili dubbi non possono mai provocare una situazione comparabile a un conflitto negativo di competenza: l'autorità incaricata dell'applicazione del diritto non può far altro che applicare le disposizioni procedurali, siano esse vecchie o nuove. La questione se nel singolo caso siano state applicate a buon diritto le vecchie o le nuove norme va all'occorrenza sottoposta all'esame della giurisdizione di ricorso.

Art. 455

Competenza

La norma di cui al capoverso 1 risponde al secondo obiettivo prioritario delle disposizioni transitorie, ossia consentire alle nuove autorità di esercitare il più presto possibile la competenza loro conferita dal nuovo diritto.

La Confederazione e i Cantoni dovranno disciplinare le modalità del trasferimento delle cause pendenti dalle vecchie alle nuove autorità penali (cfr. art. 463). Occorrerà per esempio stabilire a quale pubblico ministero un giudice istruttore debba rimettere i propri fascicoli.

Se sia l'autorità competente in virtù del diritto anteriore sia quella competente secondo il nuovo diritto si considerano incompetenti a continuare un procedimento pendente, sorge un conflitto negativo di competenza. Una simile situazione potrebbe incidere in modo estremamente negativo sul perseguimento dei reati in questione.

Non è inoltre possibile porvi rimedio mediante ricorso, soprattutto perché l'imputato legittimato a ricorrere non ha verosimilmente alcun interesse a che tale questione sia chiarita. Per questo motivo, il capoverso 2 stabilisce da quali autorità sono decisi i 1254

conflitti di competenza. Tali decisioni non sono impugnabili a titolo indipendente.

La questione della competenza dell'autorità interessata può tuttavia essere sollevata, quale presupposto processuale, in una fase ulteriore del procedimento.

2.12.2.2

Art. 456

Sezione 2: Procedura dibattimentale di primo grado e procedure speciali (art. 456­458) Procedura dibattimentale di primo grado

Per stabilire se il dibattimento fosse già aperto al momento dell'entrata in vigore del CPP, occorre fondarsi sul diritto processuale applicabile prima dell'entrata in vigore di tale Codice.

Art. 458

Procedura contumaciale

Capoverso 1: alla stregua di quanto rilevato riguardo al dibattimento (art. 456), per stabilire se un'istanza di nuovo giudizio fosse già pendente al momento dell'entrata in vigore del CPP occorre fondarsi sul diritto anteriore.

Il capoverso 2 concerne i casi in cui una persona giudicata in contumacia secondo il diritto anteriore presenta istanza di nuovo giudizio soltanto dopo l'entrata in vigore del CPP. In tali casi, l'istanza va giudicata secondo il diritto più favorevole all'instante, il che riveste importanza soprattutto per quanto concerne i requisiti formali (p. es. forma e termini) che essa deve soddisfare.

Il capoverso 3 è conforme al principio secondo cui l'autorità competente in virtù del nuovo diritto applica tale diritto.

2.12.2.3

Sezione 3: Procedura di ricorso (art. 459 e 460)

Art. 459

Decisioni emanate prima dell'entrata in vigore del presente Codice

Per stabilire se sia applicabile il diritto anteriore e se il giudizio del ricorso spetti all'autorità competente in virtù di tale diritto (cpv. 1), occorre fondarsi unicamente sulla data di emanazione della decisione impugnata. La data di comunicazione della decisione e quella della dichiarazione di ricorso sono irrilevanti. Non è possibile fondarsi sulla data in cui la decisione è stata comunicata poiché tale data varia a seconda delle parti. Di conseguenza, il ricorso proposto da una parte dovrebbe essere giudicato secondo il diritto anteriore dall'autorità competente in virtù di tale diritto mentre quello interposto da un'altra parte dovrebbe essere giudicato conformemente al nuovo diritto dall'autorità competente secondo tale diritto. Lo stesso vale per la data della dichiarazione di ricorso; qualora ci si fondasse su tale data, si consentirebbe inoltre a una parte di determinare il diritto applicabile al suo ricorso e l'autorità competente per giudicarlo.

1255

Art. 460

Decisioni emanate dopo l'entrata in vigore del presente Codice

Il capoverso 1 ribadisce il principio di cui all'articolo 454 e lo precisa.

L'applicazione della normativa di cui al capoverso 2 presuppone che una procedura dibattimentale di primo grado aperta prima dell'entrata in vigore del CPP sia stata continuata secondo il diritto anteriore, conformemente a quanto disposto dall'articolo 456. Presuppone inoltre che un'autorità giudiziaria superiore abbia funto da autorità di primo grado. In simili casi, i codici di procedura penale cantonali prevedono in genere una giurisdizione di ricorso speciale, poiché altrimenti l'autorità di ricorso dovrebbe giudicare le decisioni pronunciate in prima istanza da un'autorità di pari grado gerarchico. La presente disposizione è per esempio applicabile ai ricorsi contro le decisioni pronunciate da un tribunale penale economico composto di membri del Tribunale cantonale.

2.12.2.4

Art. 462

Sezione 4: Opposizione contro i decreti d'accusa; procedimenti su azione penale privata (art. 461 e 462) Procedimenti su azione penale privata

Questa disposizione concerne il procedimento su azione penale privata, istituto previsto in taluni Cantoni e già esaminato nel presente messaggio507 ma non ripreso nel D-CPP. Di conseguenza, i procedimenti su azione penale privata pendenti al momento dell'entrata in vigore del CPP dovranno essere portati a termine secondo il diritto anteriore dall'autorità competente in virtù di tale diritto.

3

Commento dei singoli articoli del D-PPMin

3.1

Capitolo 1: Oggetto e principi (art. 1­5)

Art. 1

Oggetto

L'articolo 1508 sancisce che la nuova legge disciplina a livello federale il perseguimento e il giudizio dei reati commessi da minori (ossia da persone che non hanno ancora compiuto i 18 anni509), nonché l'esecuzione delle decisioni prese dalle autorità competenti. Questo appare logico per quanto concerne il perseguimento e il giudizio ed è il pendant di quanto previsto dall'articolo 1 D-CPP, che dal canto suo è applicabile a tutte le persone che hanno commesso un reato dopo i 18 anni. La questione dell'esecuzione delle sentenze è invece una peculiarità del diritto processuale penale minorile. La giurisdizione minorile deve infatti essere considerata nella sua globalità, come un processo unico che va dall'apertura dell'istruzione fino al termine dell'esecuzione. Di conseguenza la presente legge stabilisce anche le modalità dell'esecuzione e definisce le autorità competenti.

507 508

Cfr. n. 1.5.4.1.

In questa terza parte del messaggio gli articoli citati senza una menzione particolare sono quelli del presente disegno di legge federale di diritto processuale penale minorile.

509 Cfr. art. 1 cpv. 1 lett. a del diritto penale minorile del 20.6.2003 (DPMin), FF 2003 3844; futuro numero RS 311.1.

1256

Art. 2

Competenza

Il presente articolo stabilisce che, al contrario delle norme relative alla giurisdizione federale (art. 23 seg. D-CPP; art. 336 segg. nCP510), il perseguimento e il giudizio dei reati commessi da minori sono sempre di competenza delle autorità cantonali.

Questa norma s'impone non soltanto per motivi di costi ­ l'istituzione di autorità federali specializzate comporterebbe probabilmente costi smisurati ­, bensì soprattutto per ragioni educative e imperativi legati all'inserimento sociale dei minori, i quali implicano la necessità che un giovane sia giudicato vicino al luogo in cui egli dimora abitualmente da un «giudice di prossimità». Questo punto è trattato anche nel commento all'articolo 11 (foro).

Art. 3

Applicabilità del Codice di procedura penale

Il capoverso 1 sottolinea il fatto che la procedura penale minorile è una legge speciale rispetto al Codice di procedura penale. Le disposizioni di quest'ultimo si applicano in quanto la procedura penale minorile non preveda disposizioni derogatorie.

Appare opportuno applicare per analogia ai delinquenti minorenni l'insieme delle norme destinate agli adulti, sempre che queste norme siano compatibili con gli obiettivi particolari del diritto penale minorile; è tuttavia altrettanto opportuno derogarvi quando norme speciali si impongono per il trattamento penale dei minori.

Nella procedura penale minorile vi sono pertanto disposizioni speciali ma anche il capoverso 2, che enumera le disposizioni del Codice di procedura penale che non sono applicabili ai minori e per le quali nella procedura penale minorile non sono previste norme speciali.

Secondo il principio generale il Codice di procedura penale si applica pertanto ai minori, salvo se: ­

la procedura penale minorile disciplina un settore della procedura in maniera speciale, il che comporta l'inapplicabilità delle norme del Codice di procedura penale a questo settore (vale p. es. anche per le disposizioni transitorie, art. 46 segg.);

­

l'applicazione di una norma del Codice di procedura penale è esclusa dall'articolo 3 capoverso 2.

Il capoverso 2 prevede l'inapplicabilità delle disposizioni del Codice di procedura penale in sette settori:

510

­

lettera a: le norme speciali relative alle contravvenzioni (art. 361­364 D-CPP) non sono applicabili ai minori (per i dettagli cfr. n. 3.2);

­

la lettera b è la conseguenza della disposizione contenuta nell'articolo 2;

­

lettera c: siccome il diritto penale minorile è caratterizzato principalmente dalla personalizzazione del trattamento dell'imputato, il principio dell'unità della procedura non può essere applicato in modo severo. Le disposizioni della procedura penale minorile (principalmente l'art. 11) prevedono che ogni minore deve poter essere giudicato da un'autorità penale di prossimità.

Per i reati nei quali sono implicati minori di provenienza diversa una disgiunzione dei procedimenti è pertanto necessaria;

FF 2002 7351

1257

­

lettera d: uno dei principi di base del diritto processuale penale minorile è quello della non pubblicità del dibattimento (art. 15). Questo principio vieta anche ogni pubblicazione nel foglio ufficiale;

­

lettera e: la procedura abbreviata (accordi conclusi tra l'imputato e il pubblico ministero) non dev'essere applicata nella procedura penale minorile;

­

lettera f: nemmeno la cauzione preventiva, ossia un'«altra misura» ai sensi degli articoli 66 e seguenti nCP511, è stata ripresa nel disegno, per cui appare evidente che le disposizioni del D-CPP relative alla sua attuazione (art. 379 segg.) non sono applicabili ai minori;

­

lettera g: in virtù dell'articolo 10 capoverso 1 DPMin misure protettive possono essere ordinate se necessario, indipendentemente dal fatto che il minore abbia agito in modo colpevole o meno. Va pertanto da sé che le disposizioni degli articoli 382 e 383 D-CPP non sono applicabili nell'ambito del diritto processuale penale minorile.

Se secondo il principio generale il Codice di procedura penale si applica ai minori per quanto la procedura penale minorile non vi deroghi, è altrettanto importante ricordarsi sempre che le norme del Codice di procedura penale sono applicabili soltanto per analogia, e badare sempre ad agire in conformità con lo spirito e lo scopo del diritto penale minorile. Pertanto, anche quando si applica la lex generalis, non bisogna mai perdere di vista il fatto che i destinatari di queste norme procedurali non sono adulti. Per tali motivi il capoverso 3 rinvia ai principi dell'articolo 4.

Art. 4

Principi

Il presente articolo riprende gli obiettivi specifici del diritto penale minorile. La preoccupazione di rispettare questi obiettivi deve essere presente durante tutto il procedimento penale avviato contro un minore, sia che l'autorità competente applichi la procedura penale minorile sia che applichi il Codice di procedura penale.

Secondo il capoverso 1 la protezione del minore è determinante. Gli interventi penali implicano spesso l'impiego di provvedimenti coercitivi che possono avere ripercussioni negative. Si tratta pertanto di limitare per quanto possibile queste ripercussioni negative. Lo stesso capoverso cita inoltre l'educazione. Contrariamente al diritto penale ordinario, il diritto penale minorile persegue principalmente obiettivi educativi; cerca di individuare le cause del comportamento del minore al fine di educarlo e di curarlo in senso lato e di favorire il suo inserimento o reinserimento nella comunità. Il secondo periodo del presente capoverso prescrive che l'età e il grado di sviluppo del minore sono elementi da considerare in suo favore e che di conseguenza comportano un'interpretazione della norma applicata nel senso a lui favorevole.

Il capoverso 2 non ha un carattere puramente declaratorio. La disposizione secondo cui il minore deve partecipare attivamente al procedimento è conforme agli standard internazionali512, che raccomandano di assegnare al minore un ruolo attivo nel 511 512

FF 2002 7351 A tal proposito, cfr. il rapporto esplicativo dell'avamprogetto di legge federale sulla procedura penale minorile svizzera (Ufficio federale di giustizia, giugno 2001; http://www.bj.admin.ch/bj/it/home/themen/sicherheit/gesetzgebung/strafprozess.html), che tratta in maniera esaustiva tutti gli standard internazionali e gli obblighi internazionali della Svizzera.

1258

processo decisionale di cui è oggetto, al fine di prepararlo ad assumere il suo futuro ruolo di cittadino. Questa partecipazione dev'essere possibile in tutte le fasi del procedimento, poiché l'interesse del minore rappresenta il criterio principale.

Il capoverso 3 stabilisce un altro principio fondamentale, particolarmente importante nell'ambito del diritto penale minorile, ossia quello della limitazione dell'intervento penale allo stretto necessario. Questo principio deve figurare nella lex specialis per indicare che l'intervento giudiziario non deve avvenire a qualsiasi costo e deve segnatamente rispettare la sfera d'influenza dei genitori. Il diritto penale minorile deve sostituirsi ai genitori, ad esempio per mezzo di misure educative, soltanto se le lacune sono manifeste e il bisogno di cure è dimostrato. Il principio del presente capoverso può implicare che nell'ambito di una procedura penale minorile le vittime non abbiano gli stessi diritti garantiti loro nella procedura ordinaria.

Il capoverso 4 prevede che le autorità penali, qualora questo appaia opportuno e sia compatibile con gli imperativi di protezione e di educazione del minore, coinvolgano i genitori o, in loro assenza, il rappresentante legale del minore o l'autorità civile.

Queste persone hanno il diritto di essere informate su tutti i passi procedurali intrapresi contro il minore e il diritto di parteciparvi, sempre che questo non entri in conflitto con gli imperativi dell'intervento giudiziario o con gli interessi del minore.

L'autorità civile deve segnatamente partecipare al procedimento in assenza del rappresentante legale o se gli interessi del minore imputato sono in opposizione con quelli del suo rappresentante legale. Questo è ad esempio il caso quando i reati commessi dal minore vanno interpretati come segnali d'allarme in seguito a maltrattamenti compiuti dai genitori. In questi casi l'informazione dei genitori sarà sommaria e la loro partecipazione, segnatamente al dibattimento, potrà essere ridotta o addirittura esclusa.

Va citato infine il fatto che tutti gli altri principi fondamentali della procedura penale ordinaria sono applicabili anche alla procedura penale minorile, anche se in quest'ultima non sono menzionati esplicitamente.

Art. 5

Rinuncia al procedimento penale

Siccome il principio di opportunità del procedimento penale è sancito già nell'articolo 8 D-CCP, la sua applicazione è evidentemente prevista anche nel diritto processuale penale minorile, tuttavia con la limitazione per il caso in cui nei confronti del minore debbano essere prese misure protettive (cpv. 1 lett. a). Non sarebbe infatti sensato che la rinuncia al procedimento penale impedisse alle autorità penali di disporre siffatte misure. Pertanto la lettera a stabilisce che si prescinde dal procedimento penale se sussistono le condizioni per l'impunità di cui all'articolo 21 DPMin513, salvo che siano necessarie misure protettive.

Con la formulazione «...prescinde dal procedimento penale...» la disposizione va oltre la possibilità dell'abbandono del procedimento prevista dall'articolo 7 DPMin, poiché consente anche il non luogo a procedere; questa nozione è definita nell'articolo 310 D-CPP.

Il disciplinamento particolare del capoverso 2 è necessario poiché esso deroga all'articolo 8 capoverso 2 lettera d D-CPP nella misura in cui rinvia al luogo in cui il minore dimora abitualmente, ossia al luogo in cui egli potrà essere giudicato da un 513

FF 2003 3844; futuro numero RS 311.1.

1259

«giudice di prossimità». Fatta eccezione per quanto previsto nei capoversi 1 e 2, si applica tuttavia l'articolo 8 D-CPP (cpv. 3).

3.2

Capitolo 2: Autorità penali minorili (art. 6­9)

Art. 6

Autorità di perseguimento penale

Il presente articolo enumera al capoverso 1 le autorità competenti per il perseguimento dei reati, ossia la polizia, il giudice dei minorenni e il pubblico ministero minorile. Il pubblico ministero minorile è il magistrato che a seconda del caso è incaricato di sostenere l'accusa. Giusta il capoverso 2 il pubblico ministero minorile può (senza averne però l'obbligo) intervenire per sostenere l'accusa dinanzi al giudice dei minorenni, al tribunale dei minorenni, nonché alla giurisdizione di reclamo o alla giurisdizione d'appello in materia penale minorile.

Al contrario di quanto previsto dall'articolo 12 D-CPP le autorità penali delle contravvenzioni non devono essere abilitate a intervenire nei confronti dei minori.

Questa soluzione, anche se comporta un maggiore onere di lavoro per la cancelleria del giudice dei minorenni ­ compensata però da una diminuzione del lavoro in certe amministrazioni ­ può essere spiegata con le seguenti considerazioni514: ­

non tutti gli affari trattati dalle autorità amministrative sono portati a conoscenza del giudice dei minorenni, e questi può pertanto farsi soltanto con difficoltà un'immagine completa di un minore imputato che ha di fronte a lui quando quest'ultimo commette poi un reato più grave;

­

se è confrontata con un minore multirecidivo, l'autorità amministrativa si limita ad aumentare di volta in volta la multa inflitta. Il giudice dei minorenni può invece citare il minore e prendere eventualmente misure più adeguate e personalizzate;

­

l'autorità penale delle contravvenzioni si prefigge unicamente la punizione dei reati, mentre il giudice dei minorenni può intervenire con misure educative;

­

l'autorità penale delle contravvenzioni non potrebbe soddisfare le esigenze di specializzazione delle autorità attive nell'ambito della giurisdizione penale minorile.

Art. 7

Autorità giudicanti di primo grado

Il capoverso 1 elenca le due autorità giudicanti, ossia il giudice dei minorenni e il tribunale dei minorenni. Le loro competenze giudiziarie sono disciplinate negli articoli 32 e 33. La composizione del tribunale dei minorenni è disciplinata nel capoverso 2, mentre il giudice dei minorenni funge da giudice unico.

Il capoverso 3 consacra la soluzione federalistica per quanto concerne la questione del modello di giurisdizione minorile (cfr. n. 1.6.5): il giudice dei minorenni può anche essere membro del tribunale dei minorenni (modello «giudice dei minorenni») 514

Numerosi partecipanti alla procedura di consultazione l'hanno richiesto, talvolta anche con insistenza, cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 99, nota 887.

1260

o fungere da pubblico ministero minorile (modello «procuratore dei minorenni»). Va da sé che l'«o» è di natura esclusiva; è pertanto escluso di prevedere un'unione personale tra giudice dei minorenni, pubblico ministero minorile e membro del tribunale dei minorenni. Altrettanto improbabile sarebbe un modello in cui un membro del tribunale dei minorenni fungesse anche da pubblico ministero minorile.

Questa limitazione risulta da un lato dagli articoli 54 e seguenti D-CPP, dall'altro dall'articolo 10.

Art. 8

Autorità di ricorso

Il capoverso 1 si limita a elencare le autorità di ricorso. I mezzi di ricorso sono definiti più sotto, negli articoli 37 e seguenti. Per quanto concerne l'elenco delle diverse autorità di ricorso, si noti che nella procedura penale minorile manca il giudice dei provvedimenti coercitivi come previsto nella procedura penale ordinaria.

Le sue funzioni vengono svolte da altre istanze giudiziarie.

Giusta il capoverso 2 i Cantoni possono prevedere che le attribuzioni della giurisdizione di reclamo in materia penale minorile vengano conferite alla giurisdizione d'appello in materia penale minorile. Questo disciplinamento corrisponde a quello dell'articolo 20 capoverso 2 D-CPP.

Art. 9

Organizzazione

Il capoverso 1 stabilisce che l'organizzazione e il funzionamento delle autorità penali minorili sono retti dal diritto cantonale. Siccome la denominazione delle autorità penali minorili è disciplinata in modo chiaro nella presente legge, l'articolo 14 capoverso 1 D-CPP (libertà dei Cantoni per quanto concerne la denominazione delle loro autorità penali) non è applicabile. Questa ingerenza nella libertà di organizzazione dei Cantoni si giustifica con il fatto che essi possono scegliere il modello di perseguimento penale che meglio conviene loro (procuratore dei minorenni o giudice dei minorenni); una doppia libertà, nella scelta del modello e nella denominazione delle autorità, creerebbe una tale confusione che sarebbe difficile parlare di unificazione della procedura nell'ambito del diritto processuale penale minorile.

Le disposizioni del capoverso 2 concretizzano il principio della specializzazione delle autorità incaricate di applicare il diritto penale minorile515. Per quanto concerne la questione dell'organizzazione giudiziaria, siffatta specializzazione (già oggi realizzata ovunque nella persona del giudice dei minorenni o del procuratore dei minorenni, e in parte a livello dei tribunali) non dovrebbe essere prescritta ai Cantoni; viste le particolarità del diritto penale minorile, nell'ambito del quale si deve giudicare non in funzione del fatto commesso bensì dell'autore, sarebbe tuttavia auspicabile che essa venga realizzata in maniera generale anche a livello dei tribunali. La possibilità di creare autorità competenti per più Cantoni dovrebbe del resto facilitare l'istituzione di tribunali specializzati.

515

Rapporto esplicativo concernente l'avamprogetto del 2001, pag. 24; cfr. il messaggio concernente la modifica del Codice penale svizzero e del Codice penale militare nonché una legge federale sul diritto penale minorile, FF 1999 1669, segnatamente pag. 1896.

1261

3.3

Capitolo 3: Norme procedurali generali (art. 10­18)

Art. 10

Incompatibilità

L'unione personale tra il giudice dei minorenni in quanto autorità istruttoria e membro del tribunale dei minorenni permette evidentemente di individualizzare l'assistenza ai minorenni, non tiene però conto del principio dell'indipendenza del giudice, che imporrebbe di separare la magistratura giudicante da quella inquirente516. Per ovviare all'assenza di indipendenza del tribunale, il capoverso 1 prevede che il giudice dei minorenni non può essere membro del tribunale dei minorenni se ha già ordinato la carcerazione preventiva del minore, l'ha sottoposto a osservazione o ne ha ordinato il collocamento in via cautelare, se i fatti sono controversi, in particolare se il minore imputato non li ha ammessi, o se è pendente un reclamo contro atti procedurali eseguiti dal giudice dei minorenni nel corso dell'istruzione o dell'esecuzione. Queste tre condizioni sono evidentemente alternative e non cumulative.

Il capoverso 2 prevede tuttavia un'eccezione a questa norma nel caso in cui il minore imputato acconsenta a che il giudice dei minorenni sieda nel tribunale dei minorenni. Il consenso dev'essere "espresso", ossia dev'essere formulato per scritto o messo a verbale durante un'audizione.

Art. 11

Foro

La presente disposizione riprende nei tratti essenziali il contenuto dell'articolo 38 DPMin. Designa il luogo in cui il minore imputato dimora abitualmente come foro principale e vi aggiunge il foro sussidiario del luogo in cui il fatto è stato commesso nel caso in cui debbano essere compiute indagini urgenti (cpv. 1) o il minore imputato non dimori abitualmente in Svizzera (cpv. 2 lett. a). Se il fatto è stato commesso all'estero, il foro competente è quello del luogo d'origine del minore o, per il minore straniero, il luogo nel quale egli è stato reperito per la prima volta nell'ambito del perseguimento del fatto contestatogli (cpv. 2 lett. b). Al fine di garantire al minore un'assistenza per quanto possibile personale, occorre fare sempre in modo che il caso venga trattato dall'autorità più vicina al luogo in cui egli dimora abitualmente.

Il foro speciale in materia di contravvenzioni previsto nell'articolo 38 DPMin, ossia il luogo in cui sono state commesse, non viene ripreso nel presente disegno, al fine di garantire che il giudice del luogo in cui il minore dimora abitualmente abbia piena conoscenza del passato delittuoso del minore quando questi gli compare dinanzi.

Visto che il diritto processuale penale minorile non contiene disposizioni in merito, i conflitti di competenza in materia di foro vengono decisi applicando per analogia l'articolo 38 D-CPP.

Art. 12

Disgiunzione dei procedimenti

Il diritto penale minorile in Svizzera, ma anche in ogni altra parte del mondo in cui esso esiste, costituisce un «Täterstrafrecht», ossia un diritto in cui la persona dell'autore interessa l'autorità penale tanto quanto l'atto commesso, se non addirittura 516

La preoccupazione di garantire l'indipendenza dei giudici è stata espressa da numerosi partecipanti alla consultazione, cfr. Compendio dei risultati della procedura di consultazione, pag. 97, nota 866.

1262

in misura maggiore. Di conseguenza ogni procedimento viene individualizzato e subordinato all'imperativo di determinare i motivi che hanno condotto al comportamento delittuoso. L'individualizzazione implica che ogni caso venga trattato isolatamente, senza tener conto di altri criteri. Questo assume un'importanza particolare nei casi di reati commessi in banda. Nella prassi dei Cantoni ogni autore di un reato è oggetto di un dossier e ogni intervento è deciso in funzione degli avvenimenti collegati a detta persona. Ne consegue che autori che hanno commesso reati analoghi possano essere trattati in maniera molto diversa, a seconda che necessitino di misure educative o che si giustifichi l'applicazione di una sanzione. Per questi motivi e a causa della specializzazione delle autorità penali minorili è necessaria una disposizione che preveda la disgiunzione dei procedimenti contro adulti e minori che hanno commesso congiuntamente dei reati. I primi sottostanno alla competenza dei tribunali ordinari, mentre i secondi rientrano nella competenza delle giurisdizioni minorili specializzate. Il capoverso 1 prevede pertanto la disgiunzione di detti procedimenti. Tuttavia nell'interesse dell'istruzione si può eccezionalmente prescindere da tale disgiunzione (cpv. 2). Questa eccezione si applica tuttavia soltanto all'istruzione ma non al giudizio della causa.

In caso di conflitti di competenza l'articolo 38 capoverso 1 D-CPP si applica per analogia; la decisione spetta pertanto alla giurisdizione di reclamo in materia penale minorile. Se la Confederazione è coinvolta, l'articolo 28 D-CPP definisce il Tribunale penale federale come autorità di composizione dei conflitti. Se sono interessate autorità di più Cantoni (ai sensi dell'art. 11 cpv. 1 secondo per.), i conflitti vengono composti consensualmente e applicando per analogia il Codice di procedura penale.

Art. 13

Collaborazione del rappresentante legale

Il presente articolo si riferisce alla possibilità prevista dall'articolo 4 capoverso 4 di coinvolgere il rappresentante legale del minore imputato e se del caso l'autorità civile, e stabilisce che dette persone sono tenute a collaborare al procedimento se l'autorità penale minorile lo dispone (cpv. 1).

Se il rappresentante legale non collabora al procedimento nonostante questo sia stato disposto dall'autorità, il capoverso 2 prevede un'ammonizione, una denuncia all'autorità tutoria o una multa disciplinare fino a 1000 franchi, che può essere contestata presentando reclamo alla giurisdizione di reclamo.

Art. 14

Persona di fiducia

La presente disposizione prevede che il minore imputato può far capo a una persona di fiducia in tutte le fasi del procedimento, sempre che questo non contrasti con gli interessi dell'istruzione. Detta persona di fiducia viene ad aggiungersi, se del caso, al rappresentante legale o all'autorità civile.

Art. 15

Porte chiuse

Una delle caratteristiche più note della giurisdizione penale minorile è il principio della non pubblicità del dibattimento. La necessità di proteggere la vita privata del minorenne interessato è prioritaria rispetto al principio di pubblicità previsto dal diritto processuale penale ordinario (art. 67 segg. D-CPP). La procedura applicabile ai minori mira alla riservatezza e alla protezione della sfera privata del minore e della sua famiglia ed è volta principalmente a proteggere l'avvenire del minore 1263

imputato. Il Tribunale federale ha del resto indicato che per quanto concerne la pubblicità del dibattimento l'interesse del minore è determinante e che il giovane che ha commesso un reato dev'essere sottratto alla curiosità del pubblico517. Ne consegue che il principio delle porte chiuse va fissato nel diritto processuale penale minorile (cpv. 1). Per evitare per quanto possibile eccezioni a detto principio (cfr.

cpv. 2), la disposizione permette al giudice di diffondere un'informazione scritta al termine del procedimento.

Il capoverso 2 prevede la possibilità di disporre che il dibattimento sia pubblico in due casi: da un lato, se il minore imputato o il suo rappresentante legale lo richiede, e dall'altro, se l'interesse pubblico lo esige (lett. a). Tuttavia il giudice dei minorenni e il tribunale dei minorenni dovranno assicurarsi che la pubblicità del dibattimento non contrasti con gli interessi del minore imputato (lett. b).

Art. 16

Limitazione dell'esame degli atti

In materia di esame degli atti, l'articolo 99 D-CPP stabilisce la regola di base secondo la quale le parti possono in linea di massima esaminare gli atti. Oltre alle limitazioni contenute nel Codice di procedura penale, il presente articolo prevede un'ulteriore eccezione.

Giusta il capoverso 1 l'accesso a informazioni di carattere personale può essere limitato nell'interesse del minore imputato nei confronti del minore stesso, ma anche del rappresentante legale (o, in sua assenza, dell'autorità civile) e dell'accusatore privato.

Questa limitazione supplementare è giustificata dalla preoccupazione di proteggere il minore, e questo ancor di più se il contenuto degli atti è particolarmente sensibile.

Infatti, oltre ai rapporti di polizia, ai documenti giudiziari e ai verbali, questi contengono spesso ­ in ogni caso nelle cause penali che comportano una misura educativa ­ numerose informazioni relative alla persona dell'autore, alla sua sfera familiare e considerazioni sul suo comportamento, raccolte da psichiatri, psicologi, operatori sociali, insegnanti, datori di lavoro, ecc. Permettere un esame completo di questi atti porrebbe dunque un duplice problema: ­

da un lato, quello dell'accesso da parte di fanciulli o adolescenti (e dei loro genitori) ad atti che contengono informazioni difficili da comprendere o che possono essere comprese in modo errato senza un minimo di conoscenze, informazioni che spesso rivelano «segreti di famiglia» o che esprimono apprezzamenti relativamente marcati sulla persona dell'autore, o che possono rivelarsi sconvenienti per la persona che ne viene a conoscenza;

­

dall'altro, quello dell'autorità giudiziaria che deve poter contare su informazioni di qualità e complete, provenienti da specialisti o da periti, i quali non sarebbero probabilmente disposti a produrre le loro conclusioni sapendo che esse potranno essere accessibili alle persone oggetto delle loro analisi o a coloro sui quali devono esprimere un'opinione.

Anche se le parti hanno un diritto legittimo di esaminare una versione degli atti che contiene tutti gli elementi fattuali al fine di permettere al minore di conoscere tutti i fatti a suo carico e alle altre parti di farsi un'immagine obiettiva della situazione, vi è

517

DTF 108 Ia 90

1264

tuttavia anche un interesse legittimo a limitare l'accesso a informazioni di natura personale.

Il capoverso 2 prevede tuttavia che il difensore e il pubblico ministero minorile possono sempre esaminare la totalità degli atti; non possono però rivelare il contenuto dei documenti il cui esame è limitato.

Va menzionato infine che la presente disposizione è una lex specialis non soltanto nei confronti dell'articolo 99 D-CPP, bensì anche nei confronti dell'articolo 185 D-CPP. In effetti alcune perizie possono non essere rese accessibili al minore o ad altre parti.

Art. 17

Conciliazione

L'idea di mettere a confronto l'autore del reato e la vittima e di cercare una composizione amichevole può essere altamente educativa ed è in sintonia con lo spirito del diritto penale minorile. L'obiettivo secondario di non continuare un procedimento se questo non appare opportuno coincide inoltre con la preoccupazione costante di sgravare la giustizia penale. Viste queste due considerazioni il disegno prevede che il giudice dei minorenni e il tribunale dei minorenni possano sempre tentare una conciliazione tra il danneggiato e il minore imputato.

Le disposizioni del capoverso 1 si differenziano in due punti da quelle previste dal diritto processuale penale ordinario (art. 316 D-CPP): mentre la procedura penale ordinaria prevede l'obbligo di tentare la conciliazione, ma soltanto in alcuni casi518, nella procedura penale minorile la conciliazione è facoltativa in tutti i casi. Le due deroghe sono dipendenti l'una dall'altra: visto che le udienze di conciliazione sono in linea di massima possibili in tutti i casi penali, anche quelli gravi o difficili, un obbligo non sarebbe opportuno.

Il capoverso 2 prevede l'abbandono del procedimento se si giunge a una conciliazione. Il giudice dei minorenni o il tribunale dei minorenni deve tener conto di questo obbligo quando decide se dev'essere tentata una conciliazione. Il capoverso 2 prevede inoltre, come nel diritto processuale penale ordinario, che se il querelante ingiustificatamente non si presenta all'udienza di conciliazione questo vale quale ritiro della querela. Anche in questo caso il procedimento viene di conseguenza abbandonato. In tutti gli altri casi il giudice dei minorenni o il tribunale dei minorenni continua il procedimento.

Art. 18

Mediazione

La conciliazione di cui all'articolo 17 è sempre condotta dal giudice dei minorenni o dal tribunale dei minorenni. Può tuttavia capitare che competenze particolari siano necessarie per condurre a buon esito le trattative tra il danneggiato e il minore imputato. In questo caso il giudice dei minorenni e il tribunale dei minorenni possono incaricare un terzo di intervenire al loro posto. Questa procedura di mediazione corrisponde agli stessi postulati di base della conciliazione, ossia l'educazione e la limitazione dell'intervento penale allo stretto necessario. Essa va però più lontano facendo uscire l'affare dall'ambito giudiziario per affidarlo a un mediatore non 518

Giusta l'art. 316 D-CPP, le udienze di conciliazione sono previste soltanto per i procedimenti concernenti reati perseguibili a querela di parte o a seguito di riparazione secondo l'art. 53 nCP; in quest'ultimo caso il tentativo di conciliazione è obbligatorio.

1265

giudiziario che applica i propri metodi di risoluzione dei conflitti. Durante questa fase extragiudiziaria il giudice dei minorenni o il tribunale dei minorenni sospende la procedura penale.

Il mediatore dev'essere una «persona riconosciuta» nel campo della mediazione (cpv. 1). La scelta è qui più vasta che per gli adulti, poiché non è limitata alle persone che rispondono ai criteri stabiliti dalla Confederazione e dai Cantoni (come previsto nell'art. 317 cpv. 8 D-CPP), ma può essere orientata in funzione di criteri più consoni alla specificità del caso o del minore imputato.

Una mediazione è esclusa se misure protettive sono già state ordinate dall'autorità civile, se siffatte misure devono ancora essere prese o se non sussistono le condizioni per l'impunità di cui all'articolo 21 capoverso 1 DPMin (cpv. 1). Una mediazione non viene inoltre presa in considerazione se i fatti non sono stati almeno essenzialmente chiariti (come disposto espressamente nell'art. 8 cpv. 1 lett. c DPMin). In effetti non è molto sensato prevedere una mediazione se il minore imputato nega categoricamente i fatti. La possibilità della mediazione non deve tuttavia essere esclusa in maniera generale nemmeno in questo caso519.

Come per la conciliazione, il procedimento è continuato se la mediazione ha esito negativo, mentre è abbandonato se la mediazione ha successo (cpv. 2). Al contrario di quanto prevede il diritto processuale penale ordinario, l'abbandono del procedimento è obbligatorio520; per i minori viene pertanto introdotta una «forza di cosa giudicata» per il risultato della mediazione, come già previsto attualmente nell'articolo 21 capoverso 3 DPMin.

3.4

Capitolo 4: Parti e difesa

3.4.1

Sezione 1: Parti (art. 19­22)

Art. 19

Definizione

Il presente articolo enumera i differenti attori del procedimento penale dinanzi alla giurisdizione penale minorile. È il pendant dell'articolo 102 capoverso 1 D-CPP.

Come quest'ultimo, menziona l'imputato, l'accusatore privato e il pubblico ministero minorile. La differenza principale sta nell'aggiunta del rappresentante legale al fianco del minore imputato521.

Il pubblico ministero minorile ha qualità di parte soltanto se sostiene l'accusa dinanzi al tribunale dei minorenni o alla giurisdizione d'appello.

Art. 20

Minore imputato

Il minore è l'attore principale del procedimento. Nonostante sia rappresentato legalmente, egli è il responsabile principale dei suoi atti, dei quali deve rispondere personalmente, anche se non ha l'esercizio dei diritti civili. Il secondo periodo del 519

Così come nei due altri casi elencati nell'art. 8 DPMin (mediazione esclusa se non tutte le parti sono d'accordo, nonché se si è in presenza di un crimine punibile prevedibilmente con una privazione della libertà senza condizionale).

520 Giusta l'art. 317 cpv. 5 D-LPP «le autorità penali tengono debitamente conto dell'esito positivo della mediazione».

521 In merito alla partecipazione del rappresentante legale al procedimento, cfr. art. 13.

1266

capoverso 1 stabilisce che il minore imputato, nonostante la relazione con il suo rappresentante legale (menzionata nel primo per. e nell'art. 19 lett. a), può esprimere la sua opinione autonomamente.

Si noti che il minore imputato e il suo rappresentante legale possono avvalersi del patrocinio conformemente all'articolo 125 capoverso 1 D-CPP.

Il capoverso 2 prevede la possibilità di limitare il diritto del minore imputato di partecipare a determinati atti procedurali. Siffatta limitazione è già stata menzionata nell'ambito dell'esame degli atti (art. 16); essa è giustificata in considerazione dell'età e della vulnerabilità del minore. Va da sé che queste limitazioni non concernono in nessun caso il difensore.

Art. 21

Accusatore privato

Nella procedura nei confronti di minori il danneggiato può, come nella procedura penale ordinaria, intervenire come accusatore privato. L'articolo 116 capoverso 1 D-CPP contiene una definizione dell'accusatore privato che è applicabile anche nell'ambito del diritto processuale penale minorile. Per diversi motivi, tra i quali l'interesse del minore e le richieste della vittima522, appare sensato prevedere che il danneggiato possa partecipare al procedimento penale anche come parte civile. I suoi diritti procedurali sono tuttavia ampiamente limitati rispetto a quelli previsti nella procedura penale ordinaria. Con il chiaro intento di proteggere il minore imputato, l'accusatore privato può partecipare all'istruzione soltanto se questo non contrasta con l'interesse del minore imputato. La sua presenza al dibattimento è addirittura esclusa, salvo che circostanze particolari lo impongano. Queste limitazioni sono in relazione con l'esigenza delle porte chiuse di cui all'articolo 15.

Art. 22

Pubblico ministero minorile

Del pubblico ministero minorile si è già parlato nel commento dell'articolo 6. Ricordiamo qui che è auspicabile che il pubblico ministero minorile sia specializzato in materia penale minorile e che non possa intervenire anche in affari concernenti gli adulti.

Se il tribunale non esige la sua presenza, il pubblico ministero minorile è libero di partecipare al dibattimento o di rinunciare a rappresentare l'accusa dinanzi al tribunale. Se vi rinuncia, non sarà parte al dibattimento (art. 19 lett. c). Siamo qui di fronte a una lex specialis rispetto all'articolo 338 capoversi 3 e 4 D-CPP. Si noti che l'articolo 338 capoversi 1, 2 e 5 si applica anche nella procedura penale minorile.

Con «tribunale» (cpv. 2) si intendono il giudice dei minorenni nei casi in cui egli funga da giudice unico, il tribunale dei minorenni, la giurisdizione di reclamo in materia penale minorile e la giurisdizione d'appello in materia penale minorile.

522

Per i dettagli cfr. il rapporto esplicativo concernente l'avamprogetto del 2001, pagg. 80 segg., ad art. 32.

1267

3.4.2

Sezione 2: Difesa (art. 23­25)

Il diritto dell'imputato di essere assistito da un difensore fa parte dei principi fondamentali di uno Stato democratico. Se l'imputato è un fanciullo o un giovane che non dispone di conoscenze particolari del diritto e tanto meno della procedura penale, la sua situazione è ancora più delicata e il suo bisogno di essere consigliato e sostenuto ancora maggiore.

Il minore imputato o il suo rappresentante legale deve pertanto avere il diritto di affidare la difesa a un avvocato di sua scelta (art. 23). Altrettanto necessario appare attribuire al minore un difensore obbligatorio in determinate situazioni: in caso di arresto, se il caso è particolarmente grave e complicato, o se appare evidente che egli non è in grado di difendersi da solo (art. 24). Il diritto al gratuito patrocinio è garantito quando gli interessati sono sprovvisti di mezzi e determinate condizioni sono adempiute (art. 25).

Occorre tuttavia essere coscienti del fatto che la moltiplicazione delle persone che intervengono nel procedimento rallenta il processo penale, aumenta la stigmatizzazione e interrompe il legame diretto tra il giudice e il minore. Si tratta pertanto di trovare, in ogni singolo caso, un equilibrio tra il diritto di essere difeso e l'intervento sistematico dei difensori.

Art. 23

Difensore di fiducia

Il presente articolo sancisce il principio fondamentale in base al quale il minore imputato ha il diritto di scegliere liberamente il suo difensore. È il corrispettivo dell'articolo 127 D-CPP e riprende per analogia il tenore dell'articolo 40 DPMin.

Art. 24

Difesa obbligatoria

Il presente articolo riprende, nelle sue grandi linee, l'articolo 40 capoverso 2 DPMin, anche se con un tenore un po' diverso, al fine di distinguere chiaramente le diverse situazioni in cui la difesa è obbligatoria.

Anche nei casi di difesa obbligatoria il minore imputato ha il diritto di scegliere il proprio difensore. Se non fa uso di questo diritto, l'autorità competente designa un difensore d'ufficio (cfr. art. 131 D-CPP). Competente è l'autorità dinanzi alla quale la causa è pendente nel momento in cui la questione della difesa obbligatoria si pone.

Art. 25

Difesa d'ufficio con gratuito patrocinio

Se il minore e i suoi genitori non sono in grado di assumere le spese legate alla difesa, è possibile la difesa d'ufficio con gratuito patrocinio, sempre che la difesa sia obbligatoria (lett. a) o la difficoltà della causa lo giustifichi (lett. b).

In queste situazioni l'autorità competente designa un difensore d'ufficio, tenendo conto, nella misura del possibile, dei desideri del minore imputato.

1268

3.5

Capitolo 5: Procedura

3.5.1

Sezione 1: Istruzione (art. 26­32)

Art. 26

Polizia

Nonostante alcune riserve espresse nell'ambito della procedura di consultazione, appare logico che la polizia sia soggetta alle direttive dell'autorità istruttoria, nel diritto penale minorile quindi al giudice dei minorenni. La polizia rimane dunque amministrativamente subordinata alla sua propria gerarchia; tuttavia, se indaga su reati nei quali sono coinvolti minori, riceve le sue direttive dal giudice dei minorenni, eventualmente dal tribunale dei minorenni. In questo contesto va ricordato che si può trattare della stessa polizia che agisce per conto del pubblico ministero nell'ambito della procedura penale ordinaria. I Cantoni non sono in effetti tenuti a designare una polizia specializzata per i minorenni, anche se questo modello è conosciuto in diversi Cantoni.

Art. 27

Giudice dei minorenni

Spetta al giudice dei minorenni istruire il caso. Egli esercita pertanto tutte le competenze che il diritto processuale penale ordinario attribuisce al pubblico ministero in materia di procedura penale destinata agli adulti. Inoltre dispone egli stesso i provvedimenti coercitivi previsti dalla legge, comprese le misure di sorveglianza segrete; queste ultime non devono pertanto essere autorizzate da un'altra autorità. La stessa cosa vale per le misure protettive e le misure d'osservazione previste dal diritto penale minorile (art. 12­15 DPMin).

Art. 28

Collaborazione

I compiti assegnati dall'articolo 9 DPMin (inchiesta in merito alla situazione personale, osservazione e perizia) al giudice dei minorenni implicano un lavoro interdisciplinare e l'accesso a fonti di informazioni affidabili. L'articolo 28 capoverso 1 enumera pertanto in maniera esaustiva tutte le istanze ufficiali e tutte le istituzioni pubbliche o private con le quali egli deve collaborare e alle quali può chiedere le informazioni di cui necessita. Si tratta delle autorità giudiziarie, segnatamente di quelle civili, che sono ad esempio già intervenute per questioni di divorzio, dei tribunali penali che conoscono la situazione di un genitore o di coautori maggiorenni, dell'autorità tutoria che già si occupa del minorenne e dei suoi fratelli e sorelle, dei servizi di protezione dei minori, dei servizi medico-pedagogici, di tutti i servizi sociali cantonali, regionali e comunali, di diversi circoli e associazioni, dell'organizzazione scolastica evidentemente, e non da ultimo di privati (medici, consulenti di orientamento professionale, psicologi, allenatori sportivi, ecc.), che dispongono spesso di informazioni preziose.

Per il buon funzionamento di questa collaborazione, questi enti, autorità e persone sono tenuti a fornire le informazioni richieste, fatti salvi il segreto d'ufficio e il segreto professionale (cpv. 2).

Art. 29

Misure protettive cautelari e misure d'osservazione

Ai sensi degli articoli 5 e 9 DPMin l'autorità competente può disporre misure protettive cautelari e misure d'osservazione nell'ambito dell'inchiesta sulla situazione 1269

personale del minore. La presente disposizione stabilisce che dette misure devono essere disposte per scritto e motivate (cpv. 1).

Il capoverso 2 prevede che l'osservazione in un istituto, così come il periodo della carcerazione preventiva prima della sentenza, deve essere computata nella pena detentiva alla quale il minore verrà eventualmente condannato.

Art. 30

Carcerazione preventiva e carcerazione di sicurezza

La presente disposizione va letta in combinato disposto con gli articoli 219 e seguenti D-CPP. Siccome nella procedura penale minorile il giudice dei provvedimenti coercitivi non esiste, il giudice dei minorenni è competente per disporre la carcerazione preventiva. La carcerazione di sicurezza è invece di competenza del tribunale dei minorenni dinanzi al quale il caso è pendente. La decisione deve essere sempre motivata per scritto.

Le condizioni necessarie per disporre la carcerazione preventiva o la carcerazione di sicurezza non sono disciplinate separatamente; corrispondono pertanto a quelle applicate nella procedura penale ordinaria (art. 220 D-CPP). La carcerazione preventiva e la carcerazione di sicurezza di un adulto come di un minore raprpesentano misure eccezionali che implicano che l'autorità competente esamini, e questo in modo ancora più approfondito per i minori, tutte le possibili misure sostitutive prima di disporre la privazione della libertà. Per misure sostitutive si devono intendere non soltanto quelle figuranti nell'elenco ­ non esaustivo ­ dell'articolo 236 D-CPP, bensì anche tutte le misure, anche quelle più originali, che permettono al minore di evitare di trovarsi in ambito carcerario.

Il capoverso 3 prevede che una carcerazione preventiva disposta dal giudice dei minorenni non può durare più di sette giorni. Se si impone una proroga, la competenza passa al tribunale dei minorenni. Il giudice dei minorenni presenta la relativa richiesta e il tribunale dei minorenni deve decidere entro i tre giorni successivi. Al fine di evitare carcerazioni preventive eccessivamente lunghe, la proroga può essere concessa ogni volta per un mese al massimo e deve dunque essere riesaminata periodicamente. Alla scadenza del mese il giudice dei minorenni deve pertanto presentare una nuova richiesta di proroga.

Questo terzo capoverso concerne unicamente la carcerazione preventiva e non la carcerazione di sicurezza, che non è limitata nella durata. Va tuttavia da sé che il minore incarcerato può in ogni momento chiedere di essere rimesso in libertà conformemente al capoverso 4.

In seguito a una richiesta di rimessa in libertà, l'autorità che ha statuito sulla carcerazione preventiva o sulla carcerazione di sicurezza deve rendere per scritto, entro tre giorni, una decisione motivata. Quest'ultima
può in seguito essere oggetto di un reclamo, dinanzi al tribunale dei minorenni nel caso della carcerazione preventiva (cpv. 5 lett. a), dinanzi alla giurisdizione di reclamo nel caso della carcerazione di sicurezza (cpv. 5 lett. b).

Il capoverso 6 prevede infine che la decisione consecutiva a detto reclamo deve essere presa il più presto possibile ­ al massimo entro alcuni giorni ­ in seguito a un contraddittorio, ossia dopo aver offerto al minore incarcerato la possibilità di esprimersi dinanzi al giudice dei minorenni o alla giurisdizione di reclamo.

1270

Art. 31

Esecuzione della carcerazione preventiva e della carcerazione di sicurezza

Il capoverso 1 riprende quanto previsto nell'articolo 6 capoverso 2 DPMin.

Il capoverso 2 offre al minore la possibilità di svolgere un'occupazione, con lo scopo di ridurre gli eventuali effetti nefasti dell'isolamento e dell'ozio.

Art. 32

Procedura del decreto d'accusa

Il decreto d'accusa è disciplinato negli articoli 355 e seguenti D-CPP. In maniera generale queste disposizioni si applicano anche ai minori, fatte salve le eccezioni previste dal presente articolo. Un decreto d'accusa contro minori entra in linea di conto soltanto per le sanzioni che il giudice dei minorenni può infliggere come giudice unico, escluse dunque tutte le sanzioni che conformemente all'articolo 33 capoverso 2 sono riservate al tribunale dei minorenni.

A differenza della procedura penale ordinaria, il presente articolo permette di disporre anche delle misure con il decreto d'accusa (cpv. 1).

Prima di emanare un decreto d'accusa il giudice dei minorenni interroga generalmente il minore. Può tuttavia rinunciarvi, segnatamente in caso di contravvenzioni.

Il giudice dei minorenni può decidere con decreto d'accusa anche in merito a pretese civili non contestate (cpv. 3). La presente disposizione si prefigge di evitare al minore di dover comparire dinanzi a un'altra autorità giudiziaria per lo stesso caso.

Come previsto anche nella procedura penale ordinaria, il minore può impugnare il decreto d'accusa con opposizione scritta. La procedura prevista per il dibattimento è applicabile.

3.5.2

Sezione 2: Dibattimento (art. 33­36)

In linea di massima al dibattimento si applicano gli articoli 33 e seguenti e non le disposizioni della procedura penale ordinaria. Per quanto gli articoli 33 e seguenti non contengano disposizioni specifiche (segnatamente in merito alla questione dell'assunzione di prove supplementari da parte del giudice), in virtù della regola generale contenuta nell'articolo 3 si applicano per analogia le disposizioni della procedura penale ordinaria.

Art. 33

Competenza

La presente disposizione disciplina la ripartizione delle competenze tra il giudice dei minorenni e il tribunale dei minorenni. La regola generale del capoverso 1 prevede che il giudice dei minorenni giudica sempre come autorità di primo grado, ad eccezione di due casi: se è stato emesso un decreto d'accusa e questo non è oggetto di un'opposizione non vi sarà un dibattimento, né dinanzi al giudice dei minorenni né dinanzi al tribunale dei minorenni. Se invece il destinatario del decreto d'accusa fa opposizione, il caso dev'essere rimesso a un giudice di primo grado (ai sensi dell'art. 7). Il disegno prevede qui il rinvio al giudice dei minorenni, piuttosto che una rimessione al tribunale dei minorenni. Il motivo principale di questa soluzione è che in assenza di un'autorità penale competente in materia di contravvenzioni (cfr. il commento dell'art. 6) molti casi vengono risolti dal giudice dei minorenni attraverso 1271

il decreto penale, con la conseguenza inevitabile di un certo numero di opposizioni.

La rimessione di queste opposizioni al tribunale dei minorenni invece che al giudice dei minorenni provocherebbe un onere di lavoro molto maggiore (poiché il tribunale dei minorenni è composto di tre persone). Il parallelismo con il diritto applicabile agli adulti e il fatto che il minore condannato può ancora fare appello dopo che gli è stata inflitta la sanzione giustificano che sia il giudice dei minorenni a giudicare sull'opposizione (lett. b). Questa soluzione è compatibile anche con gli obblighi internazionali della Svizzera523. La seconda eccezione (lett. c) concerne tutti i casi di competenza del tribunale dei minorenni.

Il capoverso 2 elenca in modo esaustivo i reati che il tribunale dei minorenni giudica come autorità di primo grado. Si tratta dei reati per i quali entra in considerazione il collocamento (art. 15 DPMin), una multa superiore a 1000 franchi (art. 24 DPMin) o una privazione della libertà di durata superiore ai tre mesi (art. 25 DPMin)524.

Giusta il capoverso 3 se è adito con un caso per il quale la sua competenza sembrava acquisita ma che risulta in seguito di competenza del giudice dei minorenni, il tribunale dei minorenni può giudicare esso stesso il caso o rimetterlo al giudice dei minorenni.

Il capoverso 4 stabilisce che il giudice dei minorenni e, se il caso è pendente presso di esso, il tribunale dei minorenni sono competenti per disporre i provvedimenti coercitivi previsti dalla legge.

Infine il capoverso 5 permette al tribunale dei minorenni e al giudice dei minorenni di decidere in merito a pretese civili non contestate, che non necessitano un'istruzione particolare e sono mature per il giudizio. Se pretese civili richiedono un'istruzione particolare, sono contestate o non sono ancora mature per il giudizio, il caso viene trasmesso al giudice civile e il giudice dei minorenni e il tribunale dei minorenni si pronunciano soltanto sugli aspetti penali del caso.

Art. 34

Comparizione personale ed esclusione

Se è previsto un dibattimento, la comparizione personale del minore (e del suo rappresentante legale) si impone in applicazione di due principi: innanzitutto il minore deve potersi esprimere personalmente su tutte le questioni e in tutte le procedure che lo concernono (art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo525); inoltre egli risponde personalmente dei suoi reati (art. 20 cpv. 2 secondo per.). Per quanto concerne il rappresentante legale, il suo obbligo di comparire risulta dalle considerazioni fatte a proposito dell'articolo 13 (cfr. n. 3.3).

L'autorità giudicante può tuttavia rinunciare all'obbligo della comparizione personale su richiesta espressa del minore o del suo rappresentante legale (cpv. 1). Si tratta di un'eventualità rara, ma che può verificarsi nel caso di un minore che è già stato sentito più volte nel corso dell'istruzione, di un minore malato o che si trova all'estero, o se la comparizione può rivelarsi pregiudizievole per i suoi interessi contingenti.

523

Per quanto concerne la compatibilità dell'unione personale tra magistrato inquirente e giudice investito della causa, cfr. 1.6.5.

524 In merito ai motivi di questa scelta, cfr. il rapporto esplicativo concernente l'avamprogetto del 2001, pagg. 65 segg., ad art. 14.

525 Convenzione delle Nazioni Unite del 20.11.1989 sui diritti del fanciullo, RS 0.107

1272

Accanto a questo caso di dispensa, il capoverso 2 lascia aperta la possibilità al tribunale di ordinare l'esclusione di determinate persone dal dibattimento: il minore imputato, il rappresentante legale o la persona di fiducia. Quest'esclusione avverrà principalmente nell'interesse del minore.

Art. 35

Procedura contumaciale

La procedura contumaciale come è conosciuta nella procedura penale ordinaria (art. 373 segg. D-CPP) non si applica ai minori. A questa regola si può tuttavia derogare se le quattro condizioni elencate nel presente articolo sono adempiute cumulativamente: il minore imputato che non si è presentato al dibattimento dopo due citazioni infruttuose (lett. a) può essere giudicato in contumacia se durante la procedura è stato sentito almeno una volta dal giudice dei minorenni (lett. b) e lo stato delle prove permette la pronuncia di una sentenza contumaciale (lett. c). In questo caso egli viene giudicato in base ai dati contenuti negli atti, ossia in base all'insieme degli atti d'istruzione effettuati. Come quarta condizione è inoltre previsto che entri in linea di conto soltanto una pena (lett. d), per cui una misura protettiva è esclusa. Non appare infatti opportuno imporre una misura protettiva a un minore che si sottrae al giudizio del tribunale; la misura presuppone infatti un minimo accordo da parte del minore affinché possa essere eseguita e sia di conseguenza efficace.

Così come previsto per gli adulti, se un minore è stato condannato in contumacia è necessario prevedere la possibilità di ottenere un nuovo giudizio. Gli articoli 375 e seguenti D-CPP si applicano pertanto per analogia.

Art. 36

Comunicazione e notificazione della sentenza

La comunicazione orale e immediata della sentenza prevista nel capoverso 1 ha un carattere altamente educativo. È infatti l'occasione per il giudice dei minorenni o per il tribunale dei minorenni di spiegare il contenuto della decisione, il tipo, lo scopo e la durata prevista della sanzione nonché le modalità della sua esecuzione.

Il capoverso 2 disciplina le condizioni della rinuncia alla motivazione scritta e alla notificazione. Esse derogano alle disposizioni della procedura penale ordinaria (art. 80 D-CPP) e sono pertanto in questo contesto una lex specialis. Questa norma avrà una portata pratica e permetterà di sgravare le autorità giudiziarie minorili dai lavori di redazione inutili per le cause semplici, sul cui esito vi è unanimità. Va sottolineato che le condizioni per la rinuncia (lett. a­c) sono cumulative.

3.6

Capitolo 6: Mezzi di ricorso (art. 37­40)

Come nella procedura ordinaria (art. 387 segg. D-CPP), il disegno prevede tre mezzi di ricorso: il reclamo, l'appello e la revisione. Essi sono oggetto delle disposizioni del capitolo 6, che li definisce e designa le autorità competenti. Per quanto concerne le modalità di ricorso (termini, forma, ecc.), sono determinanti gli articoli 392 e seguenti D-CPP.

1273

Art. 37

Legittimazione

Visto il carattere strettamente personale dei mezzi di ricorso e dell'obbligo di assistenza del rappresentante legale, il diritto di ricorrere è riconosciuto al minore (sempre che sia capace di discernimento) e al suo rappresentante legale, indipendentemente l'uno dall'altro. Questa regolamentazione riprende la disposizione dell'articolo 41 capoverso 2 DPMin e la completa, tenendo conto dell'articolo 13 capoverso 1, con la legittimazione dell'autorità civile: anche quest'ultima può, in assenza del rappresentante legale, interporre ricorso, e questo indipendentemente da un mezzo di ricorso presentato dal minore imputato o condannato.

Se ha sostenuto l'accusa dinanzi al giudice di primo grado, il pubblico ministero minorile è legittimato a interporre appello.

Art. 38

Reclamo

I motivi di reclamo sono elencati nell'articolo 401 D-CPP e si applicano anche alla procedura penale minorile, sempre che le autorità menzionate esistano. Di conseguenza i rimandi alle autorità penali delle contravvenzioni e al giudice dei provvedimenti coercitivi non sono qui applicabili. La procedura penale minorile presenta invece alcune specificità che impongono di completare l'elenco della procedura penale ordinaria con alcuni motivi di reclamo. Il reclamo può pertanto essere interposto anche contro la disposizione in via cautelare di misure protettive (art. 5 DPMin), la disposizione di misure d'osservazione (art. 9 DPMin) e la decisione che limita la consultazione degli atti (art. 16).

Interporre reclamo contro una decisione implica sempre la rimessione della causa all'autorità superiore, quindi, al giudice dei minorenni nel caso di atti di polizia, al tribunale dei minorenni nel caso di atti procedurali del giudice dei minorenni, e all'autorità di reclamo in materia penale minorile nel caso di atti procedurali del tribunale dei minorenni.

Se è nel contempo membro del tribunale dei minorenni (art. 7 cpv. 3), il giudice dei minorenni non può, in caso di reclamo interposto contro uno dei suoi atti procedurali, essere membro del tribunale dei minorenni. Questo risulta dall'articolo 10 capoverso 1 lettera c. Lo stesso vale per gli atti effettuati durante l'esecuzione della sanzione e per i quali giusta l'articolo 41 è competente il giudice dei minorenni.

Art. 39

Appello

La giurisdizione d'appello in materia penale minorile decide sugli appelli contro sentenze di primo grado del giudice dei minorenni e del tribunale dei minorenni (cpv. 1 lett. a). La stessa giurisdizione decide anche sull'effetto sospensivo dell'appello interposto, qualora il minore sia già oggetto di una misura protettiva disposta in via cautelare (lett. b). In effetti, se talvolta appare opportuno sospendere la misura, può apparire altrettanto adeguato proseguirne l'esecuzione nonostante la dichiarazione d'appello e sopprimere l'effetto sospensivo di questo mezzo di ricorso (cfr.

art. 409 D-CPP).

Il capoverso 2 prevede che, come il giudice dei minorenni durante l'istruzione (art. 27 cpv. 3 lett. a) e il tribunale dei minorenni se il caso è pendente presso di esso (art. 33 cpv. 4), la giurisdizione d'appello in materia penale minorile dispone i provvedimenti coercitivi previsti dalla legge se un caso è pendente presso di essa.

1274

Art. 40

Revisione

Gli articoli 417 e seguenti D-CPP sulla revisione nella procedura ordinaria si applicano anche ai minori. L'articolo 40 si limita pertanto a indicare l'autorità competente, ossia il tribunale dei minorenni.

3.7 Art. 41

Capitolo 7: Esecuzione delle sanzioni (art. 41 e 42) Competenza

Negli articoli 16, 17, 19, 23, 24, 28, 29, 31, 45 e 47 il diritto penale minorile (DPMin) assegna delle competenze all'«autorità d'esecuzione». Si tratta ora di designarla più in dettaglio. La scelta cade in prima linea sul giudice dei minorenni (cpv. 1 lett. a), salvo che il tribunale dei minorenni abbia inflitto la sanzione. In questo caso la sua esecuzione spetta al presidente del tribunale dei minorenni (lett. b). L'articolo 447 D-CPP non è pertanto applicabile nell'ambito del diritto penale minorile.

Il capoverso 2 tiene conto del fatto che l'autorità d'esecuzione non può sbrigare tutto da sola; deve pertanto avere la possibilità di far capo, in caso di bisogno, a enti privati e pubblici, nonché a privati.

Art. 42

Ricorsi

Va da sé che le decisioni connesse all'esecuzione della sanzione possono avere ripercussioni importanti sulla situazione personale del minore o addirittura limitare notevolmente la sua libertà personale. Al minore e al suo rappresentante legale è pertanto data la possibilità di ricorrere contro determinate decisioni prese in materia di esecuzione. Il capoverso 1 elenca dette decisioni.

3.8

Capitolo 8: Spese (art. 43 e 44)

In questo capitolo dedicato alle spese viene fatta una distinzione tra spese procedurali e spese di esecuzione: le prime sono a carico del Cantone nel quale il minore imputato è domiciliato, le seconde sono ripartite tra il Cantone nel quale il minore imputato è domiciliato e il Cantone nel quale la sentenza è stata pronunciata.

Art. 43

Spese procedurali

Si tratta delle spese procedurali propriamente dette (indagini, spese di polizia, traduzioni, perizie, ecc.). Esse sono a carico del Cantone nel quale il minore imputato è domiciliato al momento dell'apertura del procedimento. La totalità o parte di queste spese può essere addossata al minore condannato o ai suoi genitori, se dispongono dei mezzi necessari.

Non sono invece considerate spese procedurali bensì spese di esecuzione le spese derivanti da misure di osservazione o da un collocamento in via cautelare (cfr.

art. 44 cpv. 1 lett. b).

1275

Art. 44

Spese di esecuzione

La presente disposizione riprende nelle linee principali il contenuto dell'articolo 43 DPMin. Il capoverso 1 lettera b precisa che anche le spese per misure di osservazione o per il collocamento in via cautelare disposti nel corso della procedura devono essere considerate spese di esecuzione. Queste spese possono essere anche molto elevate; questo si spiega con l'inizio precoce della misura protettiva nonché con la necessità di definire i bisogni educativi del minore. Anche queste spese sono in linea di massima, come le spese di esecuzione della sanzione inflitta, a carico del Cantone nel quale il minore è domiciliato al momento dell'apertura del procedimento (cpv. 2).

3.9

Capitolo 9: Disposizioni finali

3.9.1

Sezione 1: Modifica del diritto vigente (art. 45)

Le pertinenti disposizioni di esecuzione del Codice penale nonché del diritto penale minorile526 devono essere abrogate nella misura in cui esse sono ridondanti o contraddiscono le disposizioni della presente legge (cpv. 1). Il capoverso 2 persegue lo stesso scopo dell'articolo 453 capoverso 2 D-CPP.

3.9.2 Art. 46

Sezione 2: Disposizioni transitorie (art. 46­52) Diritto applicabile

La presente disposizione riprende lo spirito dell'articolo 455 D-CPP che prevede che il nuovo diritto si applica dalla sua entrata in vigore, fatte salve eccezioni espresse, indipendentemente dalla fase del procedimento.

Giusta la procedura penale minorile il diritto anteriore continua ad essere applicato in quattro casi specifici (art. 46 cpv. 2, art. 48 cpv. 2, art. 49 cpv. 1 e art. 50 cpv. 1).

Art. 47

Competenza

Ispirandosi all'articolo 455 D-CPP, il presente articolo dispone che le autorità competenti in virtù del nuovo diritto entrano in funzione immediatamente con l'entrata in vigore della procedura penale minorile, fatte salve eccezioni espresse.

Il disegno prevede che le autorità competenti secondo il diritto anteriore continuano la loro attività dopo l'entrata in vigore della procedura penale minorile nei casi previsti dagli articoli 48 capoverso 2, 50 capoverso 1 e 52 capoverso 1.

Il capoverso 2 della presente disposizione si riferisce alle modalità di trasferimento delle competenze dalla vecchia alla nuova autorità.

Art. 48

Procedura dibattimentale di primo grado

La presente disposizione distingue due casi: il capoverso 1 è applicabile quando il diritto cantonale prevede già un tribunale specializzato in materia di procedura penale minorile, il capoverso 2 quando non prevede ancora siffatta autorità. Nel 526

FF 2003 3844

1276

primo caso le vecchie autorità continuano ad adempiere i loro compiti, applicando il nuovo diritto (art. 46). Questo vale segnatamente per la questione dell'incompatibilità di funzione del giudice dei minorenni (art. 10), sempre che la procedura sia già pendente ai sensi dell'articolo 329 D-CPP (deposito dell'atto d'accusa presso il giudice). Se la procedura è ancora in fase d'istruzione, conformemente all'articolo 47 sono competenti le nuove autorità. Se il diritto cantonale non prevede un tribunale dei minorenni, le autorità che hanno già aperto il dibattimento in virtù dell'articolo 339 D-CPP proseguono la loro attività, applicando il diritto anteriore, fatti salvi i principi procedurali di cui all'articolo 51, applicabili in tutti i casi dopo l'entrata in vigore della procedura penale minorile.

Art. 49

Procedura contumaciale

Il capoverso 1 contiene un'eccezione alle regole generali degli articoli 46 e 47: le sentenze contumaciali pronunciate prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto sono continuate secondo il diritto anteriore dalle autorità competenti in virtù di tale diritto. Questo vale sia per quanto concerne la validità della domanda di nuovo giudizio sia per quanto concerne la procedura del nuovo giudizio. Quest'eccezione è volta a semplificare il compito delle autorità cantonali e a non imporre loro di riprendere dall'inizio procedure che sono in fase di conclusione. In questi casi vanno osservati i principi procedurali di cui all'articolo 51.

Il capoverso 2 disciplina il caso particolare dei Cantoni che non conoscono la procedura contumaciale nel diritto penale minorile. Il nuovo diritto è applicabile anche nei Cantoni che conoscono questa procedura se la sentenza contumaciale è pronunciata prima dell'entrata in vigore della procedura penale minorile.

Art. 50

Ricorsi

Il primo periodo del capoverso 1 riprende il tenore dell'articolo 459 capoverso 1 D-CPP secondo il quale i ricorsi inoltrati prima dell'entrata in vigore della presente legge sono giudicati dalle autorità competenti in virtù del diritto anteriore. Esse applicano il diritto anteriore, fatti salvi i principi procedurali di cui all'articolo 51.

Per i Cantoni che non prevedono possibilità di ricorso il capoverso 2 precisa che il nuovo diritto è applicabile alle decisioni pronunciate secondo il diritto anteriore.

Questa disposizione non si applica ai Cantoni che conoscono oggi mezzi di ricorso diversi da quelli previsti dalla procedura penale minorile (p. es. il ricorso per cassazione invece dell'appello). Il nuovo diritto è invece applicabile ai ricorsi interposti dopo l'entrata in vigore della procedura penale minorile, anche se concernono una decisione pronunciata secondo il diritto anteriore.

Il capoverso 3 rinvia alla disposizione del Codice di procedura penale che per i rinvii all'autorità inferiore per nuovo giudizio prevede espressamente l'applicazione del nuovo diritto e la competenza delle nuove autorità.

Art. 51

Riserva dei principi procedurali del nuovo diritto

La presente disposizione garantisce l'applicazione uniforme di determinati principi procedurali del nuovo diritto anche nei casi in cui dopo l'entrata in vigore della procedura penale minorile il presente disegno prevede l'applicazione del diritto anteriore (cfr. il commento dell'art. 46).

1277

Art. 52

Esecuzione

La presente disposizione si prefigge di attenuare le difficoltà legate al cambiamento dell'autorità d'esecuzione, segnatamente quando l'esecuzione di una misura volge al termine. Il secondo periodo del capoverso 1 lascia tuttavia decidere all'autorità competente quali casi debbano essere rimessi alle nuove autorità.

4

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

4.1

Per la Confederazione e per i Cantoni

Come illustrato nel numero 1 del presente messaggio, il diritto processuale penale unificato è destinato a sostituire gli attuali codici di procedura penale cantonali e la legge federale sulla procedura penale (PP)527. Questa riforma avrà ripercussioni soltanto sulle singole collettività pubbliche interessate. In altri termini, l'introduzione della nuova procedura penale nei Cantoni non avrà conseguenze, segnatamente finanziarie, per la Confederazione; inversamente, gli adeguamenti che dovranno essere operati a livello federale non avranno ripercussioni per i Cantoni.

Non è possibile prevedere con precisione l'ampiezza delle ripercussioni di questa unificazione. I costi della giustizia dipendono da una moltitudine di fattori. La legislazione è soltanto uno di questi fattori e nemmeno il più importante; vi sono altri elementi che influiscono su detti costi. Citiamo innanzitutto i comportamenti che il legislatore decide di punire, il tipo e il numero dei reati da perseguire e da giudicare, nonché la maniera in cui le autorità di perseguimento penale sfruttano il margine di manovra concesso loro dal diritto procedurale. Viste queste premesse, non vi è da attendersi che l'introduzione di una nuova procedura penale in quanto tale, ossia facendo astrazione dei fattori esterni, occasioni maggiori spese o al contrario risparmi considerevoli. In altre parole la sostituzione dei 26 codici di procedura penale cantonali e della legge federale sulla procedura penale dovrebbe in linea di massima essere un'operazione finanziariamente neutra. Quest'affermazione vale in ogni caso tenuto conto del fatto che le norme del diritto processuale penale unificato si ispirano ampiamente a procedure e istituzioni giuridiche già oggi diffuse in Svizzera.

Il nuovo diritto processuale penale contiene tuttavia alcune proposte di regolamentazione che non sono oggi previste a livello federale né nella maggioranza dei Cantoni e che potrebbero causare spese o risparmi supplementari.

Per quanto concerne anzitutto le regole procedurali vere e proprie, vanno citati:

527

­

l'introduzione di un principio di opportunità moderato (art. 8 D-CPP; art. 5 D-PPMin): tendenzialmente dovrebbe portare a dei risparmi, poiché amplierà le possibilità di rinunciare al procedimento penale;

­

la conciliazione e la mediazione (art. 316 e 317 D-CPP; art. 17 e 18 D-PPMin): tendenzialmente la nuova regolamentazione dovrebbe portare a dei risparmi. Il potenziale di risparmio sarà tanto maggiore quanto più rapidamente si riuscirà a giungere a un accordo e ad abbandonare il procedimento; RS 312.0

1278

­

la possibilità di concludere accordi tra il pubblico ministero e l'imputato (art. 365 segg. D-CPP): tendenzialmente dovrebbe portare a dei risparmi, grazie a una notevole semplificazione della procedura (l'istruzione preliminare sarà accorciata o non verrà effettuata e il caso sarà esaminato soltanto sommariamente dal giudice investito della causa);

­

l'estensione del campo d'applicazione della procedura del decreto d'accusa (art. 355 segg. D-CPP; art. 32 D-PPMin): tendenzialmente dovrebbe portare a dei risparmi poiché questa procedura potrà essere applicata anche per pene detentive fino a 6 mesi (D-CPP) o 3 mesi (D-PPMin);

­

il rafforzamento dei diritti delle parti, segnatamente dei diritti della difesa: a seconda della regolamentazione attuale dei diritti delle parti nei singoli codici di procedura sono prevedibili spese supplementari più o meno estese;

­

la stessa cosa vale per il rafforzamento del principio di immediatezza nel dibattimento (art. 344 D-CPP);

­

l'ampliamento della possibilità di esigere dati cosiddetti «accessori» nell'ambito della sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni (art. 272 D-CPP): tendenzialmente dovrebbe portare a spese supplementari per la Confederazione (Servizio dei compiti speciali del DATEC).

Anche con il diritto processuale penale unificato l'organizzazione giudiziaria rimane in ampia misura di competenza della collettività pubblica interessata (art. 14 D-CPP). Questa libertà non è tuttavia illimitata. Senza un minimo di uniformità in materia di organizzazione giudiziaria l'unificazione del diritto processuale penale è infatti impossibile528. Alcune riforme che dovranno essere effettuate per quanto concerne l'organizzazione giudiziaria presuppongono adeguamenti delle autorità penali: sotto il profilo finanziario le principali sono le seguenti (per i dettagli, cfr.

n. 4.1.1 e 4.1.2):

528

­

l'introduzione del modello «pubblico ministero» (art. 12 D-CPP): i risparmi potranno essere determinati dalla rinuncia ai giudici istruttori e al passaggio a un sistema d'istruzione preliminare unipersonale in cui le indagini, l'istruzione e la promozione dell'accusa sono di competenza del solo pubblico ministero;

­

l'istituzione del giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 13 lett. a D-CPP): in linea di massima questa innovazione dovrebbe essere neutrale per quanto concerne i costi, salvo eventualmente nei Cantoni che non prevedono ancora l'istituzione del giudice dell'arresto, competente per disporre la carcerazione preventiva;

­

la possibilità di interporre appello anche per i casi che sottostanno alla giurisdizione penale federale: l'introduzione della possibilità di interporre appello contro le sentenze del Tribunale penale federale causerà costi supplementari che non possono ancora essere valutati con precisione. La loro entità dipenderà non soltanto dall'evoluzione del numero delle cause che il Tribunale dovrà trattare e dal numero delle sentenze di prima istanza che saranno oggetto di appello, bensì anche da come la procedura d'appello sarà condotta (oralmente o per scritto). Il D-CPP prevede regole differenziate a

Cfr. n. 1.5.1.3.

1279

seconda che si scelga una variante o l'altra. Le conseguenze finanziarie dipenderanno inoltre dal modo in cui l'autorità d'appello sarà organizzata.

L'ampiezza dell'aumento o della diminuzione degli oneri finanziari dipende dalla misura in cui le citate regole procedurali e istituzioni giuridiche saranno utilizzate nella prassi. Proponendo l'adozione dei due disegni intendiamo garantire per il futuro una codificazione che dia alle autorità penali i mezzi per semplificare e accelerare i procedimenti penali, salvaguardando nel contempo gli interessi della collettività e delle parti al processo, e rispettando i valori su cui si fonda lo Stato di diritto.

Vista la tendenza generale all'aumento dei costi, questi mezzi e il potenziale di risparmio che implicano assumeranno un'importanza sempre maggiore anche nell'ambito della giustizia penale.

4.1.1

Adozione del modello «pubblico ministero»

Nell'ambito dell'unificazione del diritto processuale penale è previsto che la procedura preliminare si svolga secondo il cosiddetto modello «pubblico ministero II».

Questo modello è descritto, insieme agli altri tre modelli di perseguimento penale attualmente applicati in Svizzera, nel numero 1 del presente messaggio529. Esso è caratterizzato dal fatto che il pubblico ministero dirige la procedura investigativa della polizia, conduce l'istruzione penale, promuove l'accusa e la sostiene in giudizio, assumendo di conseguenza le funzioni che in altri modelli spettano oggi al giudice istruttore.

4.1.1.1

Ripercussioni sull'organizzazione delle autorità istruttorie e delle autorità d'accusa

È evidente che i Cantoni che praticano già oggi il modello «pubblico ministero II»530 non dovranno apportare alcuna modifica o soltanto modifiche minime al loro sistema. Negli altri Cantoni e a livello federale sarà invece indispensabile procedere a trasferimenti di competenze più o meno importanti tra gli attuali pubblici ministeri e gli attuali giudici istruttori.

I trasferimenti saranno minimi nei Cantoni che praticano già il modello «giudice istruttore II» 531; in questo caso i giudici istruttori che fungono oggi da pubblici ministeri assumeranno l'intera responsabilità delle indagini, dell'istruzione e della messa in stato d'accusa, eventualmente sotto la sorveglianza di un pubblico ministero superiore o generale.

Le riforme più incisive dovranno essere compiute nell'ambito del modello «giudice istruttore I»532 e del modello «pubblico ministero I»533, segnatamente per quanto concerne la ripartizione tradizionale dei ruoli tra i giudici istruttori in quanto autorità indipendente di perseguimento penale da un lato e il pubblico ministero in quanto autorità d'accusa dall'altra. I giudici istruttori si assumono anche in questo caso 529 530 531 532 533

Cfr. n. 1.5.2.1.

BS, TI, SG, AI, SO, ZH; in parte anche BL.

LU, SZ, BE, OW, NW, BL (in parte), AR, SH, GR e TG.

GL, ZG, FR, VD e VS.

UR, AR, NE, GE, JU e la Confederazione.

1280

l'intera responsabilità della procedura preliminare, compresa la messa in stato d'accusa e il sostegno dell'accusa dinanzi al giudice. Non sarà invece necessario modificare la regola secondo la quale la polizia agisce conformemente alle direttive del pubblico ministero.

4.1.1.2

Ripercussioni sui costi della giustizia

Per la natura stessa del settore, è difficile fare previsioni in merito alle ripercussioni finanziarie dell'introduzione del modello «pubblico ministero» a livello nazionale.

Non disponiamo di calcoli a questo proposito; del resto, questi calcoli sarebbero difficilmente realizzabili, poiché i costi dipendono non soltanto dal modello d'istruzione scelto, bensì da molti altri fattori, segnatamente dalla struttura della procedura penale in generale, dall'evoluzione del numero dei casi trattati e dalla natura dei reati da perseguire.

Questa valutazione è confermata dalle risposte a un'inchiesta che l'Ufficio federale della giustizia ha condotto nel 2003 presso i Cantoni che sono passati recentemente al modello «pubblico ministero II» o che prevedono di adottarlo534. Le risposte possono essere riassunte come segue:

534 535 536

537

538 539

­

in maniera generale i Cantoni interpellati hanno indicato che le conseguenze finanziarie e sull'effettivo del personale non potevano essere valutate a prescindere da altri fattori non connessi al cambiamento di modello. Tra questi fattori vi sono in particolare un ulteriore aumento dell'onere lavorativo dall'adozione del nuovo modello, la necessità di trattare i casi pendenti della vecchia organizzazione, nonché l'onere supplementare derivante dal rafforzamento dei diritti degli imputati e delle vittime, dalla natura dei reati535 o dalla personalità dei sospetti536. Questi fattori esterni impediscono di effettuare calcoli o previsioni precise;

­

numerosi Cantoni hanno affermato che, nonostante l'innegabile aumento dell'efficacia, il passaggio al nuovo modello ha comportato o rischia di comportare anche un onere supplementare in alcuni settori. Essi hanno citato a tal proposito l'istituzione di giudici della carcerazione537 e un aumento dei reclami contro le decisioni del pubblico ministero538;

­

a parte un'eccezione539, tutti i Cantoni sono stati concordi nel ritenere che (facendo astrazione dei fattori esterni) il nuovo modello dovrebbe, almeno a AI, BL, SG, SO, TI, ZH e ZG. Salvo SO, tutti i Cantoni hanno dato una risposta.

Il Cantone Ticino indica principalmente un aumento del numero dei casi complessi di criminalità economica.

Il Cantone di San Gallo menziona la necessità di far capo sempre più spesso a interpreti nel corso degli interrogatori o di procedere sempre più spesso agli interrogatori nei luoghi di carcerazione preventiva, per ragioni di sicurezza.

SG e AI. Il Cantone di Basilea Campagna rende attenti sul fatto che anche nel modello «pubblico ministero» il giudice dell'arresto deve conoscere il dossier nelle sue grandi linee.

AI.

Il Cantone di Zugo (che prevede parimenti di adottare il modello «pubblico ministero II»), pur sottolineando gli indiscutibili vantaggi di questo modello, ritiene che esso causerà costi supplementari in seguito all'introduzione di un sistema obbligatorio di controllo della carcerazione. Per quanto concerne la necessità di introdurre siffatto sistema anche in altri modelli di procedura penale, cfr. n. 1.5.2.3.

1281

lunga scadenza, portare a dei risparmi540. In generale essi hanno fondato questa previsione sul fatto che il nuovo sistema permetterà di evitare i doppioni e le perdite di tempo dovute al fatto che i dossier passano dall'ufficio dei giudici istruttori al pubblico ministero541. Un Cantone che è passato al modello «pubblico ministero» nell'ambito di una riorganizzazione più ampia delle autorità di perseguimento penale542 ha sottolineato inoltre che unità istruttorie più grandi hanno permesso di ripartire meglio l'onere lavorativo, impiegare il personale in modo più razionale, accrescere l'efficacia dei processi interni, creare poli di competenza in materie specialistiche, semplificare le supplenze, nonché garantire servizi di picchetto più sopportabili per il personale. A parer suo anche altri Cantoni che hanno sostituito o prevedono di sostituire piccole unità organizzative con unità più grandi potrebbero avere gli stessi vantaggi; ­

un altro Cantone543 ha infine indicato che il passaggio al nuovo modello (che non ha richiesto grandi sconvolgimenti visto lo statuto che avevano i giudici istruttori in questo Cantone) non ha avuto alcuna ripercussione sull'effettivo del personale a causa delle dimensioni molto modeste delle sue strutture.

Anche per quanto concerne la procedura penale federale riteniamo che l'adozione del modello «pubblico ministero» comporterà dei risparmi. La prassi seguita dalle autorità di perseguimento penale della Confederazione non corrisponde attualmente più alla concezione originaria della procedura penale federale; la procedura investigativa ha preso sempre più il posto dell'istruzione penale vera e propria. In tal modo è inevitabile che alcuni compiti del Ministero pubblico della Confederazione si sovrappongano a quelli dell'Ufficio dei giudici istruttori federali. La soppressione di detto ufficio permetterà di mettere fine a questa situazione. Anche se una parte delle risorse impiegate oggi per l'istruzione dovranno essere trasferite al Ministero pubblico della Confederazione, si può prevedere che sarà possibile realizzare risparmi pari ai costi causati oggi dai doppioni. Questa previsione vale sia per le risorse umane sia per quanto concerne la durata delle procedure preliminari condotte a livello federale.

540

Secondo le considerazioni espresse dall'ex consigliere di Stato ticinese Pedrazzini in occasione delle indagini conoscitive relative al rapporto peritale, l'adozione del modello «giudice istruttore I» (il modello per cui hanno optato i periti) comporterebbe il passaggio dagli attuali 15 pubblici ministeri e giudici delle misure coercitive a 30 giudici istruttori, cfr. Hearings, pag. 31.

541 Il Cantone di Zurigo ritiene che il potenziale di risparmio derivante dalla scelta del modello «giudice istruttore» oscilli tra il 10 e il 20 % a seconda della forma concreta che verrà data a questo modello.

542 SG: i 14 uffici distrettuali sono stati sostituiti con 4 uffici istruttori regionali e un ufficio dei giudici istruttori competente per tutto il territorio cantonale cui sono affidati compiti speciali (ognuna di queste nuove unità è diretta da un pubblico ministero). ­ Per i dettagli relativi a questa riforma, cfr. Andreas J. Keller, Wechsel zum Staatsanwaltschaftsmodell II im Kanton St. Gallen, AJP 2004, pagg. 70 segg.

543 AI.

1282

4.1.2

Designazione o istituzione di autorità giudiziarie

4.1.2.1

Giudice dei provvedimenti coercitivi

Il disegno prevede l'istituzione di un giudice dei provvedimenti coercitivi (art. 18).

Egli è competente per disporre e controllare la carcerazione preventiva e in parte la carcerazione di sicurezza nonché per disporre ulteriori provvedimenti coercitivi544.

Rispetto alla situazione attuale, il giudice dei provvedimenti coercitivi assumerà funzioni che i codici di procedura penale in vigore attribuiscono in parte ai giudici istruttori (disporre la carcerazione preventiva)545 o a speciali giudici dell'arresto (che dispongono parimenti la carcerazione preventiva), e in parte ad altre autorità giudiziarie quali camere d'accusa o giurisdizioni di reclamo (p. es. disporre la sorveglianza del traffico delle telecomunicazioni e controllarne l'esecuzione). In realtà le decisioni volte a disporre, prorogare e autorizzare provvedimenti coercitivi sono già oggi ampiamente di competenza di un'autorità giudiziaria546. Il disegno non apporta alcuna modifica a questa situazione; anzi esso conferisce uniformemente dette attribuzioni ai giudici dei provvedimenti coercitivi. Questo trasferimento e questa concentrazione di competenze non dovrebbero presumibilmente causare un onere supplementare alle autorità giudiziarie.

A parte qualche eccezione, le decisioni del giudice dei provvedimenti coercitivi non sono impugnabili secondo il Codice di procedura penale547. Questa norma si applica in particolare (fatto salvo l'art. 221 cpv. 2) alle decisioni relative alla disposizione o alla proroga della carcerazione preventiva o di sicurezza. Nei casi in cui il diritto cantonale consente di ricorrere contro le decisioni di carcerazione548, la regolamentazione proposta determinerà uno sgravio delle autorità giudiziarie di secondo grado dei Cantoni interessati.

Per quanto concerne la procedura penale federale, si impone di attribuire le funzioni del giudice dei provvedimenti coercitivi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Essa è già competente in virtù del diritto vigente per le decisioni relative ai provvedimenti coercitivi (art. 28 cpv. 1 lett. b della legge del 4 ottobre 2002549 sul Tribunale penale federale [LTPF]). I dettagli dovranno essere disciplinati nella legge federale che porterà all'introduzione del nuovo Codice di procedura penale.

544 545

546

547 548 549

Per i dettagli, cfr. n. 2.2.1.3.

Stando alla giurisprudenza relativa all'art. 5 par. 3 CEDU e all'art. 31 cpv. 3 Cost., occorre effettivamente chiedersi in quali casi questo sarà ancora ammissibile; cfr.

n. 1.5.2.3.

Questo vale in ogni caso per le decisioni relative alle domande di scarcerazione, quelle che dispongono sorveglianze telefoniche o l'impiego di agenti infiltrati, nonché le decisioni sui reclami interposti contro provvedimenti coercitivi.

Cfr. art. 221 cpv. 1 ­ Eccezioni (ossia le decisioni soggette a reclamo giusta il Codice di procedura penale): art. 221 cpv. 2, 278 cpv. 3, 280 cpv. 3, 284 cpv. 3 e 297 cpv. 3.

Per es. LU art. 83bis cpv. 2 e 83quater cpv. 3; FR art. 115; BL art. 85; VS art. 75 cpv. 3.

RS 173.71

1283

4.1.2.2

Giurisdizione d'appello

Come mezzi di ricorso ordinari il disegno prevede l'appello, oltre al reclamo e alla revisione. Fatta eccezione per le contravvenzioni, l'appello è concepito come mezzo di ricorso integrale, che permette dunque un riesame della decisione di primo grado sotto il profilo giuridico e dei fatti550.

Le ripercussioni di questa regolamentazione per i Cantoni dipendono dalle condizioni alle quali l'appello è ammissibile secondo i vigenti codici di procedura penale. In questo ambito le situazioni si differenziano enormemente: per i Cantoni che ammettono l'appello in misura più ampia rispetto a quanto proposto dall'articolo 406551 le giurisdizioni d'appello verranno tendenzialmente sgravate, mentre laddove le condizioni sono più severe552 è da prevedere che le giurisdizioni d'appello dovranno far fronte a un onere di lavoro supplementare.

I Cantoni Ticino e Neuchâtel dovrebbero subire le ripercussioni più importanti.

Infatti questi Cantoni non conoscono affatto l'appello; al suo posto essi prevedono il ricorso per cassazione, che non permette un riesame dei fatti quali accertati nelle sentenze di merito del giudice di primo grado. È difficile valutare l'onere supplementare che deriverà agli attuali tribunali di cassazione di questi Cantoni dalle loro nuove attività in qualità di giurisdizioni d'appello. La risposta a questa domanda dipende non soltanto dal numero di sentenze di primo grado che saranno oggetto di un appello553, bensì anche dalla forma che assumerà la procedura d'appello, in particolare se verrà prevista una procedura scritta o una procedura orale. Il presente disegno prevede infatti le due possibilità e le disciplina in modo differenziato554.

Una situazione analoga si ha a livello federale; attualmente non è possibile interporre appello contro le decisioni del Tribunale penale federale. Come esposto sopra555, riteniamo tuttavia che è necessario prevedere la possibilità di interporre appello anche per i casi soggetti alla giurisdizione federale. Per le ragioni appena citate è impossibile sapere quale sarà il carico della giurisdizione d'appello a livello federale. Vi è poi un altro fattore d'incertezza: attualmente è ancora molto difficile prevedere quale sarà l'evoluzione del numero di dossier trattati dal Tribunale penale federale. Da quest'evoluzione dipenderà la necessità di istituire, a lunga scadenza, un tribunale d'appello federale distinto556.

550 551 552 553

554 555 556

Art. 406.

P. es. UR art. 219, NW art. 154, FR art. 211, BL art. 177, AR art. 212, AI art. 142, AG art. 217.

Per es. LU art. 233, ZG art. 70, SH art. 310; VD art. 410 segg., ZH art. 428, GE art. 339 cpv. 1c, JU art. 347.

Da un'inchiesta realizzata in diversi Cantoni è risultato che si tratta in media del 10­30 % delle sentenze di primo grado. Mentre il Cantone Ticino non si è pronunciato in merito, il Cantone di Neuchâtel prevede, nella sua risposta nell'ambito della procedura di consultazione, importanti ripercussioni sui costi della giustizia e sulla durata dei procedimenti. Il Cantone di Vaud ha espresso un parere che va nello stesso senso (a causa della strutturazione della procedura d'appello prevista dall'avamprogetto del 2001).

Art. 412 e 413.

Cfr. n. 1.8.2.

Soluzione ritenuta l'unica percorribile dal Tribunale federale nell'ambito della consultazione; il TF esclude invece di poter decidere esso stesso sugli appelli, anche soltanto per un periodo transitorio.

1284

4.1.3

Soppressione di autorità giudiziarie esistenti

Nell'ambito dell'unificazione della procedura penale il reclamo, l'appello e la revisione sono mezzi di ricorso non soltanto necessari bensì anche sufficienti. Questo significa che il ricorso per cassazione che esiste attualmente in numerosi Cantoni nelle forme più diverse è destinato a scomparire in quanto mezzo di ricorso indipendente. La sua funzione sarà sostituita da quella del reclamo (art. 401 segg.) o da quella dell'appello (art. 406 segg.) a seconda del modo di applicazione del Codice di procedura penale scelto dai Cantoni. Le ripercussioni sull'organizzazione giudiziaria si faranno sentire in prima linea nei Cantoni in cui il sistema dei mezzi di ricorso proposto permette di rinunciare a giurisdizioni di ricorso esistenti.

La rinuncia ad autorità giudiziarie esistenti sembra possibile, se non addirittura indicata, anche sotto un altro profilo: il disegno non prevede alcuna disposizione particolare sulle corti d'assise557. Tiene pertanto conto di un'evoluzione che è proseguita anche recentemente: quella di attribuire ai tribunali permanenti la competenza assegnata in passato alle corti d'assise (il che non esclude in alcuni casi la partecipazione di giudici laici)558.

4.2

Ripercussioni economiche

La garanzia della via giudiziaria e l'applicazione del diritto mediante l'apparato giudiziario sono compiti specifici dello Stato che non possono essere delegati. Il funzionamento dello Stato di diritto, la pace pubblica e la certezza del diritto dipendono direttamente da un'amministrazione della giustizia indipendente, efficiente e qualitativamente elevata559. L'esercizio dell'azione pubblica di cui lo Stato ha il monopolio gli impone di esercitare il suo potere repressivo nell'ambito di una procedura conforme al diritto e di contribuire di conseguenza a ristabilire l'ordine pubblico.

I disegni di legge proposti si prefiggono di ottimizzare il sistema giudiziario della Confederazione e dei Cantoni e sono quindi utili non solo per la stabilità sociale, la tutela dei cittadini e la qualità della vita ma assicurano anche all'economia svizzera una posizione di primo piano da non sottovalutare.

4.3

Altre ripercussioni

Le altre ripercussioni dell'unificazione della procedura penale sono già state esposte nel numero 1 del presente messaggio. Si tratta principalmente delle ripercussioni positive previste per l'esercizio della professione di avvocato, dell'agevolazione dell'impiego intercantonale delle persone operanti nei settori del perseguimento e 557

Cfr. il commento dell'art. 20; Niklaus Schmid, Bewährte Formen ­ mit Neuem verknüpft, in: Aus 29 mach 1 ... unterwegs ..., Informationen des Bundesamtes für Justiz über die künftige Schweiz. Strafprozessordnung und das Jugendstrafverfahren, Berna, marzo 2001, pag. 3.

558 Per i dettagli cfr. Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 23 n. 10. Corti d'assise esistono oggi ancora nei Cantoni ZH, TI, VD, NE e GE.

559 Cfr. il messaggio concernente la revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale, FF 2001 3764, segnatamente pag. 4019.

1285

della giustizia penali e del miglioramento dei lavori scientifici dedicati al diritto processuale penale che ne conseguiranno. Ci limitiamo pertanto a rimandare a quanto già esposto560.

5

Programma di legislatura e piano finanziario

L'unificazione del diritto processuale penale svizzero figura fra gli oggetti previsti nelle direttive del rapporto del 1° marzo 2000561 sul programma di legislatura 1999­2003.

6

Aspetti giuridici

6.1

Costituzionalità

I disegni di legge si fondano sull'articolo 123 capoverso 1 della Costituzione federale, che dà alla Confederazione la competenza di disciplinare non soltanto il diritto penale materiale bensì anche l'intera procedura penale562.

Gli articoli 29­32 della Costituzione federale contengono un catalogo di garanzie procedurali che sono in parte di natura generale e in parte riguardano più specificatamente la procedura penale563. Tra le prime figurano il diritto delle parti ad essere giudicate entro un termine ragionevole (art. 29 cpv. 1 Cost.), il diritto d'essere sentite (cpv. 2), il diritto al patrocinio gratuito (cpv. 3), il diritto d'essere giudicate da un tribunale indipendente e imparziale (art. 30 cpv. 1 Cost.), nonché il diritto a una procedura penale pubblica (cpv. 3). Le garanzie che riguardano la procedura penale sono contenute nell'articolo 31 Cost. (privazione della libertà, segnatamente in caso di carcerazione a titolo preventivo) e nell'articolo 32 Cost., che sancisce tra l'altro il principio della presunzione d'innocenza (cpv. 1) e il diritto dell'imputato di essere informato il più presto possibile e compiutamente sulle imputazioni contestategli (cpv. 2).

Il presente disegno si fonda su queste garanzie costituzionali e le concretizza attraverso numerose disposizioni ripartite tra diversi titoli. Per quanto concerne in particolare il diritto garantito dalla Costituzione federale all'imputato "di far valere i suoi diritti" (art. 31 cpv. 2 e art. 32 cpv. 2 Cost.), detti diritti potranno in futuro essere definiti in maniera uniforme nel nuovo Codice di procedura penale svizzero che si applicherà sia alla Confederazione sia all'insieme dei Cantoni (in merito ai diritti dell'imputato in generale, cfr. segnatamente gli art. 99, 107, 111, 126 segg., 144 segg., 154 cpv. 2, 156, 318 seg., 332, 333, 336 cpv. 4, 339; in merito ai diritti delle persone per le quali è stata ordinata la carcerazione preventiva o questa è stata prorogata, cfr. art. 219 segg.). Affinché l'imputato possa far valere i suoi diritti occorre che ne sia informato in anticipo. L'obbligo di informare dei loro diritti le persone private della libertà (in particolare in caso di carcerazione a titolo preventi560 561

Cfr. n. 1.3.

FF 2000 2037, segnatamente pagg. 2064 e 2100. Cfr. anche il rapporto del 25.2.2004 sul programma di legislatura 2003­2007, FF 2004 969, segnatamente pag. 974.

562 Cfr. n. 1.1.

563 Cfr. il messaggio del 20.11.1996 concernente la revisione della Costituzione federale, FF 1997 I 1, segnatamente pagg. 169 segg.

1286

vo) è attualmente già sancito dalla Costituzione federale nell'articolo 31 capoverso 2. L'articolo 155 del disegno concretizza questo obbligo e lo generalizza. Il disegno prevede norme analoghe per altri partecipanti al procedimento, segnatamente le vittime (art. 105 cpv. 2, art. 304).

6.2

Compatibilità con gli impegni internazionali della Svizzera

Numerosi strumenti elaborati in seno all'ONU e al Consiglio d'Europa trattano questioni di procedura penale. Citiamo anzitutto il Patto internazionale dell'ONU del 16 dicembre 1966564 relativo ai diritti civili e politici (Patto ONU II) e, a livello europeo, la Convenzione europea del 4 novembre 1950565 sui diritti dell'uomo (CEDU). Essi contengono una serie di garanzie ampiamente concordanti che devono essere rispettate nell'ambito della procedura penale. Finora è stata la CEDU a esercitare l'influenza maggiore sulla legislazione e la giurisprudenza della Confederazione e dei Cantoni566.

Come già esposto nel numero 1 del presente messaggio (cfr. n. 1.3.1), la giurisprudenza del Tribunale federale e quella delle autorità di controllo della CEDU di Strasburgo hanno influito in maniere diverse sul contenuto delle varie leggi di procedura penale, contribuendo a un avvicinamento considerevole delle legislazioni in materia. Per la Svizzera i punti principali sono stati i seguenti:

564 565 566

­

l'estensione del campo d'applicazione delle garanzie di procedura penale a tutte le «accuse penali» ai sensi dell'articolo 6 paragrafo 1 CEDU e dell'articolo 14 paragrafo 1 Patto ONU II;

­

questioni riguardanti la carcerazione: obbligo di tradurre al più presto la persona arrestata dinanzi a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie (art. 5 par. 3 CEDU; art. 9 par. 1 Patto ONU II); limitazione della durata ammessa della carcerazione (art. 5 par. 3 CEDU; art. 9 par. 1 Patto ONU II); diritto di ogni persona arrestata di indirizzare un ricorso ad un tribunale affinché esso decida, entro brevi termini, sulla legalità della sua carcerazione (art. 5 par. 4 CEDU; art. 9 par. 4 Patto ONU II);

­

la garanzia dell'indipendenza e dell'imparzialità del tribunale penale, segnatamente il divieto per il giudice di essere prevenuto nei confronti dell'imputato (art. 6 par. 1 CEDU; art. 14 par. 1 Patto ONU II);

­

limitazioni della possibilità di addossare le spese procedurali all'imputato in caso di assoluzione o di abbandono del procedimento (art. 6 par. 2 CEDU; art. 14 par. 2 Patto ONU II);

­

i diritti della difesa dell'imputato, in particolare il diritto di interrogare o far interrogare i testimoni a carico (art. 6 par. 3 lett. d CEDU; art. 14 par. 3 lett. e Patto ONU II);

RS 0.103.2; in vigore per la Svizzera dal 18.9.1992.

RS 0.101; in vigore per la Svizzera dal 28.11.1974.

Hauser/Schweri/Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, n. 16 segg. e n. 20 seg.

1287

­

l'esigenza secondo cui ogni provvedimento coercitivo deve fondarsi su una base legale, segnatamente in caso di misure segrete di sorveglianza (art. 8 CEDU).

Va da sé che il presente disegno tenta di attuare dette esigenze (e altre, che finora sono state meno rilevanti per la Svizzera), sempre che la giurisprudenza le definisca in modo sufficientemente chiaro567. In alcuni casi la giurisprudenza lascia un margine di manovra che permette di adottare diverse soluzioni568, in altri la portata precisa di un obbligo imposto da uno strumento internazionale di cui la Svizzera è parte non è definita in maniera esplicita. Per siffatti casi il disegno prevede sempre la soluzione che sembra obiettivamente la più appropriata. Da un lato questo approccio permette di non dover scegliere automaticamente, nei casi dubbi, una soluzione che appaia ancora compatibile anche procedendo a un'interpretazione estensiva della norma che statuisce la garanzia in questione e tenendo conto dell'eventualità dell'estensione della protezione giuridica569. Dall'altro, è possibile che in alcuni punti il disegno vada oltre gli standard attuali570. Tuttavia, importante nei due casi è determinare tra più soluzioni conformi al diritto internazionale pubblico quella che obiettivamente deve prevalere, dopo aver valutato tutti i fattori determinanti571.

In questo contesto alcune disposizioni meritano di essere esaminate un po' più da vicino. Esse sono in relazione con raccomandazioni emanate da molto tempo e a varie riprese da diversi comitati internazionali dei diritti dell'uomo sulla base di convenzioni esistenti in materia cui la Svizzera ha aderito572. Si tratta dei diritti di ogni persona arrestata di beneficiare dell'assistenza di un «avvocato della prima ora», di poter avvisare uno dei suoi congiunti e di potersi far esaminare da un medico indipendente. Questi diritti costituiscono i tre pilastri della protezione contro i maltrattamenti delle persone private della libertà.

Nel suo rapporto sulla visita effettuata in Svizzera nel febbraio del 2001 il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene inumane o degradanti (CPT) ha fatto espresso riferimento all'avamprogetto del 2001573, felicitandosi per il fatto che esso ha attuato raccomandazioni del CPT in questo contesto; nel contempo ha 567 568

569

570

571

572

573

Cfr. i commenti delle pertinenti disposizioni.

Né la Costituzione federale né la CEDU o il Patto ONU II prescrivono ad esempio un modello determinato per la procedura preliminare (modello «giudice istruttore» o modello «pubblico ministero») o una procedura speciale d'ammissione dell'accusa.

Si può, ad esempio, avere dei dubbi sulle condizioni alle quali l'imputato può rinunciare a determinati diritti procedurali. Nei casi di carcerazione, gli art. 226 e 227 permettono di rinunciare al dibattimento orale dinanzi al giudice dei provvedimenti coercitivi, se la rinuncia è espressa.

Esempio: sembrerebbe in linea di massima ammissibile, almeno conformemente alla giurisprudenza vigente, che chi funge da giudice dei provvedimenti coercitivi possa essere per lo stesso caso anche membro dell'autorità penale giudicante. Nell'interesse di una chiara separazione delle funzioni il disegno rinuncia a questa forma dell'unione personale (cfr. art. 18 cpv. 2).

Per quanto concerne l'esigenza secondo la quale le norme del diritto interno vanno interpretate conformemente al diritto internazionale pubblico, cfr. DTF 125 II 417, 424 con rinvii.

Patto ONU II; Convenzione dell'ONU del 10.12.1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (RS 0.105); Convenzione europea del 26.11.1987 per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (RS 0.106).

Rapporto del CPT e parere del Consiglio federale, pubblicato dal DFGP, Ufficio federale di giustizia, Berna, marzo 2002 (può essere consultato anche all'indirizzo www.ofj.admin.ch).

1288

richiesto ulteriori precisazioni. Nella risposta a detto rapporto abbiamo indicato al CPT che queste precisazioni sarebbero state esaminate nell'ambito dei lavori di rielaborazione dell'avamprogetto e tenendo conto dei risultati della procedura di consultazione (non ancora disponibili all'epoca)574.

Per quanto concerne l'«avvocato della prima ora», il CPT aveva suggerito che l'accesso a un avvocato sia garantito non appena la persona è privata della sua libertà, dunque già al momento in cui è fermata dalla polizia. Se per «accesso a un avvocato» il CPT intende (soltanto) la possibilità che deve essere data alla persona fermata di prendere contatto con un avvocato575, il nuovo Codice di procedura penale non pone ostacoli a questa possibilità. Se invece si intende che la polizia non ha il diritto di interrogare brevemente una persona fermata (art. 214 cpv. 1 lett. b) prima che il suo avvocato sia presente, quest'esigenza potrebbe non essere adempiuta. Nell'ambito del fermo, come disciplinato nell'articolo 214, la polizia deve poter procedere alle prime, limitate indagini che si rendono necessarie senza la presenza dell'avvocato. In generale queste indagini devono essere effettuate a scadenza molto breve, per cui le esigenze del CPT non possono essere adempiute anche per ragioni pratiche576.

Per quanto concerne l'avviso dei congiunti (art. 213; art. 225 AP-CPP), il CPT ha constatato che la regolamentazione prevista adempie le esigenze; ha approvato espressamente anche la possibilità di rinunciare a questo avviso (se l'interessato vi si oppone espressamente o se lo scopo dell'istruzione lo impone). Ha tuttavia suggerito che la seconda eccezione venga definita in modo più preciso e che sia accompagnata da garanzie appropriate, per esempio che la rinuncia sia messa a verbale577. I casi nei quali lo scopo dell'istruzione si oppone a un'informazione dei congiunti sono presentati nell'ambito del commento alla pertinente disposizione (cfr. n. 2.5.3.1 ad art. 213 cpv. 2); l'interpretazione nel singolo caso dev'essere lasciata alla giurisprudenza. Per quanto concerne la messa a verbale, rinviamo all'articolo 75 lettera f, che dispone che i verbali del procedimento devono riportare il suo svolgimento e le disposizioni prese dall'autorità penale.

L'accesso dell'arrestato a un medico di sua scelta non è
disciplinato espressamente né nell'avamprogetto del 2001 né nel presente disegno. Secondo i pareri concordanti del CPT, del CAT e del Comitato dei diritti dell'uomo dell'ONU, l'arrestato deve avere il diritto, dopo ogni interrogatorio di polizia e prima di essere deferito dinanzi al giudice dell'arresto, di chiedere di essere esaminato da un medico indipendente (e di sua scelta: esigenza supplementare prevista dal CPT). Nel nostro ultimo rapporto

574

Rapporto del CPT e parere del Consiglio federale (cfr. nota precedente), pagg. 15 segg. e 13 seg.

575 Le raccomandazioni corrispondenti emanate dal Comitato dei diritti dell'uomo dell'ONU (relative al Patto ONU II) e quelle del Comitato dell'ONU contro la tortura (CAT) ci spingono a optare per questa interpretazione; conformemente a queste raccomandazioni, la persona arrestata ha il diritto di «entrer en contact» o di «se mettre en rapport» con un avvocato, cfr. Observations finales du Comité des droits de l'homme del 12.11.2001, n. 12; dell'8.11.1996, n. 24; Observations du Comité contre la torture del 27.11.1997, n. 5, par. 3.

576 Il fatto che fino all'arrivo dell'avvocato passi sempre un certo tempo invalida anche l'argomento del CPT secondo il quale la presenza dell'avvocato è necessaria già al momento del fermo, poiché il periodo che segue immediatamente la privazione della libertà è quello in cui il rischio di intimidazione e di maltrattamenti da parte della polizia è maggiore, cfr. il Rapporto del CPT, loc. cit., pag. 16.

577 Rapporto del CPT, loc. cit., pag. 15.

1289

all'attenzione del CAT578 abbiamo sottolineato che nonostante il disegno non disciplini espressamente questa questione, che di per sé non attiene al diritto processuale penale ma concerne piuttosto la libertà personale, l'arrestato ha il diritto di farsi esaminare da un medico indipendente dal momento in cui viene arrestato e ogni volta che lo desidera. Per quanto possibile, occorrerà tener conto dei desideri dell'interessato; sono fatti salvi i casi dell'indisponibilità del medico scelto e del rischio di collusione manifesta. In queste condizioni non appare indispensabile prevedere espressamente nel CPP una regolamentazione corrispondente579.

6.3

Delega di competenze legislative

Come già esposto580, il diritto processuale penale svizzero unificato deve, nella misura del possibile, essere integralmente disciplinato a livello di legge (Codice di procedura penale e procedura penale minorile). Quest'obiettivo non può tuttavia essere realizzato senza restrizioni. Da un lato la Confederazione e i Cantoni dovranno adottare, come abbiamo già rilevato, leggi di applicazione del nuovo diritto processuale penale unificato581. Queste leggi disciplineranno principalmente questioni relative all'organizzazione delle autorità penali. Dall'altro la complessità e la tecnicità della materia renderanno necessaria, per alcuni punti, l'adozione di disposizioni d'esecuzione o, almeno, lasceranno lo spazio per adottare siffatte disposizioni.

Queste norme possono, da un lato, essere pure disposizioni d'esecuzione. In questo caso la competenza normativa del Consiglio federale deriva direttamente dalla sua competenza in materia d'esecuzione (art. 182 cpv. 2 Cost.). Esso disciplinerà in particolare le modalità della notificazione per via elettronica (art. 84 e 108 cpv. 2), i dettagli relativi all'indennità di testimoni e periti (art. 164 e 187) o le modalità relative alle pubblicazioni ufficiali (art. 452). Dall'altro si può trattare di norme di diritto che il Consiglio federale emana giusta l'articolo 182 capoverso 1 della Costituzione federale sotto forma di ordinanza, per quanto ne sia autorizzato dalla Costituzione o dalla legge. La competenza del Consiglio federale di emanare siffatte norme è sancita nell'articolo 265 capoverso 6 (realizzazione di valori patrimoniali sequestrati) e nell'articolo 431 (calcolo delle spese procedurali e fissazione degli emolumenti). Queste norme di delega adempiono peraltro i requisiti legali in quanto designano esplicitamente l'oggetto e lo scopo della delega medesima.

578

Quarto rapporto del Consiglio federale, del 18.12.2002, n. 123 (può essere consultato all'indirizzo Internet www.ofj.admin.ch).

579 Dal 1998 il Codice di procedura penale del Cantone di Ginevra disciplina espressamente questa questione. Sotto il titolo «Droits de la personne entendue par la police» l'art. 107 A cpv. 3 accorda a ogni persona interrogata il diritto di chiedere un esame medico in qualsiasi momento durante l'interrogatorio e prima del deferimento dinanzi al giudice dell'arresto.

Lo stesso diritto è riconosciuto parimenti alla polizia (che in questo modo può premunirsi da false accuse da parte dell'imputato).

580 Cfr. n. 1.5.1.2.

581 Cfr. n. 1.8.1.

1290