06.096 Messaggio concernente l'approvazione del Protocollo facoltativo del 6 ottobre 1999 alla Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (OP CEDAW) del 29 novembre 2006

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale che approva il Protocollo facoltativo del 6 ottobre 1999 alla Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (OP CEDAW).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

29 novembre 2006

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2005-2440

8961

Compendio Il 23 agosto 1995, il Consiglio federale aveva sottoposto all'Assemblea federale per adozione il messaggio concernente la Convenzione internazionale del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW). La Convenzione, che nel frattempo è stata ratificata da 180 Stati parte, è fra quelle che hanno suscitato il più vasto assenso in tutto il mondo.

Il 6 ottobre 1999, la 54a Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato per consenso il testo di un Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (OP CEDAW). Tale Protocollo contiene, in sostanza, due nuovi elementi: una procedura di comunicazione e una procedura d'inchiesta. In caso di violazione dei diritti enunciati nella Convenzione, si devono, in primo luogo, esaurire i rimedi giuridici del diritto nazionale. In seguito le vittime possono comunicare la violazione al Comitato ONU per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne. La procedura d'inchiesta conferisce al Comitato, al ricevimento di informazioni affidabili indicanti violazioni gravi o sistematiche dei diritti esposti dalla Convenzione ad opera di uno Stato parte, la facoltà di effettuare un'inchiesta.

Pur non essendo giuridicamente vincolanti per il governo dello Stato parte interessato ­ a differenza, per esempio, delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH) ­ le osservazioni e le raccomandazioni del Comitato contribuiscono a promuovere un consenso di base universale circa il contenuto e la portata dei singoli diritti dell'uomo e ad alimentare il dialogo con gli Stati interessati.

Il Protocollo facoltativo scaturisce dalla convinzione che l'allestimento di strumenti di controllo efficaci è indispensabile per promuovere l'attuazione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sanciti dalla normativa internazionale. Non contiene disposizioni sostanzialmente nuove, bensì s'ispira a procedure esistenti di altre convenzioni sui diritti dell'uomo già in vigore per la Svizzera. Finora il Protocollo facoltativo è stato ratificato da 71 Stati, in particolare da tutti i Paesi dell'Unione europea.

8962

Indice 1 Parte generale 1.1 Introduzione 1.2 Genesi del Protocollo facoltativo

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2 La Svizzera e il Protocollo facoltativo 2.1 La posizione del Consiglio federale 2.2 Iter dell'affare 2.3 La procedura di consultazione

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3 Parte speciale: tenore e campo d'applicazione del Protocollo facoltativo 3.1 Tenore del Protocollo facoltativo 3.2 Le disposizioni del Protocollo facoltativo 3.2.1 La competenza del Comitato (art. 1) 3.2.2 La procedura di comunicazione individuale (art. 2 segg.)

3.2.3 Disposizioni formali (art. 3) 3.2.4 Esame della ricevibilità di una comunicazione (art. 4) 3.2.5 Provvedimenti temporanei nei casi d'urgenza (art. 5) 3.2.6 Scambio di informazioni (art. 6) 3.2.7 Esame del merito (art. 7) 3.2.8 La procedura d'inchiesta (art. 8 segg.)

3.2.9 Meccanismi di follow-up della procedura d'inchiesta (art. 9) 3.2.10 Clausola di «opting-out» (art. 10) 3.2.11 Obbligo di protezione e di informazione (art. 11 segg.)

3.2.12 Obblighi di rapporto del Comitato (art. 12) 3.2.13 Divulgazione dei contenuti della Convenzione e del Protocollo facoltativo (art. 13) 3.2.14 Norme procedurali (art. 14) 3.2.15 Disposizioni finali (art. 15­21) 3.3 Concorso di procedure di controllo internazionali

8972 8972 8974 8974 8975 8977 8977 8980 8980 8981 8982 8983 8983 8984 8984 8985 8985 8985 8986

4 Il Protocollo facoltativo e l'ordinamento giuridico svizzero 4.1 Natura degli obblighi di diritto internazionale 4.2 Disposizioni esecutive

8987 8987 8987

5 Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

8989

6 Programma di legislatura

8990

7 Costituzionalità

8990

8 Conclusione

8991

8963

Decreto federale che approva il Protocollo facoltativo del 6 ottobre 1999 alla Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (OP CEDAW) (Disegno)

8993

Protocollo facoltativo del 6 ottobre 1999 alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna

8995

8964

Messaggio 1

Parte generale

1.1

Introduzione

I diritti fondamentali della donna sono ormai riconosciuti come parte integrante e inalienabile dei diritti dell'uomo. La Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (qui di seguito la «Convenzione» e/o la CEDAW)1, ratificata dalla Svizzera il 27 marzo 1997 ed entrata in vigore per il nostro Paese il 26 aprile 19972, è la prima convenzione sui diritti umani ad abbracciare tutti gli aspetti della vita della donna. Oggi costituisce uno dei principali strumenti giuridici sui diritti della donna a livello mondiale. Oggi 184 Stati l'hanno ratificata o vi hanno aderito (stato: 11 agosto 2006).

Come nel caso di altre convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo, tra gli strumenti di controllo della Convenzione figurano la procedura di esame del rapporto3 come pure la procedura di ricorso interstatale4. A differenza delle altre convenzioni ONU sui diritti dell'uomo, tuttavia, la Convenzione non era finora dotata di altri strumenti di controllo, come per esempio una procedura di comunicazione individuale o una procedura d'inchiesta5.

Il Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (qui di seguito: «Protocollo facoltativo» o l'OP CEDAW), entrato in vigore secondo il diritto internazionale il 22 dicembre 2000, completa la Convenzione per quanto concerne queste due procedure di controllo.

Con il Protocollo facoltativo, l'Organizzazione delle Nazioni Unite conferisce al Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (Com1

2 3

4

5

RS 0.108. cfr. il messaggio concernente la Convenzione del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna del 23 agosto 1995 (FF 1995 IV 809).

RU 1999 1579 L'obbligo di rapporto è disposto dall'articolo 18 CEDAW («Gli Stati parte si impegnano a presentare al Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, per esame da parte del Comitato, un rapporto sulle misure di ordine legislativo, giudiziario, amministrativo o di altro genere, che hanno adottato per dar seguito alle disposizioni della presente Convenzione e sui progressi realizzati in merito [...]»). L'autorità di verifica è il Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne, al quale deve essere presentato un rapporto ogni quattro anni, oppure su richiesta. Il Rapporto iniziale e il Secondo rapporto della Svizzera dovevano essere presentati il 26 aprile 1998 e, rispettivamente, il 26 aprile 2002. Il 20 febbraio 2002, la Svizzera ha sottoposto un rapporto cumulativo, presentato il 14 e 17 gennaio 2003 a New York (CEDAW/C/CHE/1-2).

Il terzo rapporto deve essere presentato il 26 aprile 2006. I rapporti sono disponibili in Internet all'indirizzo http://www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/reports.htm.

L'articolo 29 CEDAW recita: «ogni controversia tra due o più Stati parte concernente l'interpretazione o l'applicazione della presente Convenzione, che non sia regolata per via negoziale, sarà sottoposta ad arbitrato, a richiesta di una delle parti. Se nei sei mesi che seguono la data della domanda di arbitrato le parti non giungono ad un accordo sull'organizzazione dell'arbitrato, una qualsiasi delle parti può sottoporre la controversia alla Corte Internazionale di Giustizia, depositando una richiesta conforme allo Statuto della Corte».

La maggior parte delle Convenzioni dell'ONU, in particolare i Patti I e II, prevedono quale unica procedura obbligatoria di controllo internazionale delle misure prese dalle Parti sul piano nazionale una procedura di esame dei rapporti degli Stati.

8965

mittee on the Elimination of Discrimination against Women [CEDAW], qui di seguito il «Comitato», già istituito conformemente a quanto disposto nella Parte V della Convenzione) la facoltà di ricevere comunicazioni di persone o di gruppi di persone che sostengono di essere state vittime di una violazione dei diritti enunciati nella Convenzione ad opera di uno Stato parte e di prenderle in esame nell'ambito di una procedura disciplinata dettagliatamente nel Protocollo facoltativo (procedura di comunicazione individuale, art. 2 segg. OP CEDAW).

Grazie alla procedura d'inchiesta parimenti prevista dal Protocollo facoltativo, al ricevimento di informazioni attendibili indicanti violazioni gravi o sistematiche dei diritti enunciati nella Convenzione, il Comitato può intervenire di propria iniziativa, invitando lo Stato parte interessato a esprimersi. Questa procedura d'inchiesta costituisce un complemento importante della procedura di comunicazione individuale (procedura d'inchiesta, art. 8 seg. OP CEDAW).

1.2

Genesi del Protocollo facoltativo

L'Organizzazione delle Nazioni Unite si è impegnata per la parità della donna fin dalla sua fondazione. Il principio dell'uguaglianza dei diritti tra donna e uomo è contenuto già nel preambolo dello Statuto delle Nazioni Unite del 26 giugno 19456.

L'articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo7, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 10 dicembre 1948, contiene il divieto generale di qualsiasi discriminazione, quindi anche della discriminazione basata sul sesso. Il principio della parità giuridica tra donna e uomo è ribadito anche nell'articolo 3 del Patto internazionale del 16 dicembre 1966 relativo ai diritti civili e politici (qui di seguito Patto II dell'ONU)8 e nell'articolo 2 paragrafi 2 e 3 del Patto internazionale del 16 dicembre 1966 relativo ai diritti economici, sociali e culturali (qui di seguito Patto I ONU)9. Il riconoscimento nel diritto internazionale dell'uguaglianza tra i sessi, sancito in queste convenzioni generali sui diritti dell'uomo, è espresso anche in una serie di altre convenzioni che vertono specificamente sui diritti della donna, ma la cui portata è limitata a determinati ambiti.

Basti citare a titolo d'esempio la Convenzione di New York del 31 marzo 1953 sui diritti politici delle donne10, l'uguaglianza fra donna e uomo nel contrarre matrimonio nell'ambito della Convenzione aggiuntiva del 7 settembre 1956 sull'abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni o pratiche assimilabili alla schiavitù11; la Convenzione del 20 febbraio 1957 sulla nazionalità delle donne sposate12 come pure la Convenzione del 10 dicembre 1962 sul consenso al matrimonio, l'età minima per il matrimonio, e la registrazione dei matrimoni o la Convenzione del 29 giugno 1951 sulla parità di rimunerazione, per lavoro uguale, tra manodopera maschile e femminile13.

6 7 8 9 10 11 12 13

RS 0.120 Res. 217 (III) UN doc. A/810; in: FF 1982 II 715­721 RS 0.103.2 (RU 1993 750) RS 0.103.1 (RU 1993 725) UNTS vol. 193 pag. 135.

UNTS vol. 266 pag. 40.

A/RES/1040 (XI), 1957.

Convenzione OIL n. 100 (UNTS vol. 165, pag. 303; RS 0.822.720.0).

8966

Nel novembre 1967, l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato una Dichiarazione sull'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna14 che, insieme ai risultati della Conferenza mondiale dell'ONU sulle donne tenutasi dal 19 giugno al 2 luglio 1975 a Città del Messico, costituisce la base della Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW).

La Convenzione, che si compone di un preambolo e di 30 articoli, definisce la discriminazione contro le donne (art. 1 CEDAW) e la condanna in tutte le sue forme (cfr. art. 2 CEDAW)15. Comprende altresì una serie di disposizioni esecutive dettagliate che obbligano gli Stati parte a adottare tutte le misure legislative e ogni altro mezzo adeguato per l'eliminazione delle ineguaglianze giuridiche o di fatto, in particolare a livello politico, economico, sociale, culturale, civile o in ogni altro ambito (art. 2­16 CEDAW). L'adozione, da parte degli Stati, di misure temporanee speciali, tendenti ad accelerare il processo di instaurazione di fatto dell'eguaglianza tra gli uomini e le donne non è considerato atto discriminatorio ai sensi della Convenzione (art. 4 CEDAW).

In un certo senso, tuttavia, la minuzia con cui sono descritti gli obblighi è relativizzata dal fatto che l'articolo 28 CEDAW consente agli Stati, al momento della ratifica o dell'adesione, di formulare riserve («reservations») contro singoli articoli16.

Numerosi Stati hanno fatto uso di questa possibilità, formulando però anche riserve incompatibili con l'oggetto e lo scopo della Convenzione, nonostante siano esplicitamente vietate dall'articolo 28 paragrafo 2 CEDAW (per es. tutte le riserve concernenti l'applicazione del diritto islamico [sharia]). Le critiche sugli abusi in materia, più volte espresse nel corso degli anni dal Comitato, non hanno purtroppo avuto successo duraturo. Nel frattempo, però, diversi Stati parte hanno cominciato ad avvalersi della possibilità di protestare contro le riserve fatte in violazione dell'articolo 28 paragrafo 2 CEDAW in virtù di quanto disposto dall'articolo 29 CEDAW.

Come già menzionato, gli strumenti di controllo della Convenzione si limitano all'esame del rapporto (art. 18 CEDAW) e al ricorso interstatale (art. 29 CEDAW).

La Convenzione non prevede per il momento altri strumenti di controllo, quali la procedura di comunicazione individuale o la procedura d'inchiesta.

14 15

16

GA Res. 2263 (XXII) del 7 novembre 1967.

Circa la storia e il contenuto della Convenzione cfr. anche le spiegazioni del messaggio concernente la Convenzione del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna del 23 agosto 1995 (FF 1995 IV 809) n. 12, 22 come pure 32 e 33.

Alla ratifica della Convenzione la Svizzera ha formulato tre riserve (cfr. art. 1 del DF del 4 ottobre 1996 [RU 1999 1577]): ­ riserva relativa all'articolo 7 lettera b CEDAW (diritto di ricoprire cariche pubbli che) ritirata in aprile 2004 (la legislazione militare svizzera vietava alle donne di e sercitare funzioni che prevedono l'uso delle armi al di là della legittima difesa); ­ riserva relativa all'articolo 16 paragrafo 1 lettera g CEDAW (eguaglianza di diritti dei coniugi per quanto riguarda la scelta del cognome coniugale) poiché secondo l'art. 160 cpv. 1 CC il cognome coniugale è quello del marito; ­ riserva relativa all'articolo 15 paragrafo 2 CEDAW (parità della capacità giuridica) e all'articolo 16 paragrafo 1 lettera h CEDAW (parità di diritti dei coniugi in materia di proprietà, di amministrazione e di vendita o donazione dei beni), perché in ragio ne di determinate disposizioni transitorie del diritto matrimoniale, ai coniugi sposati secondo il diritto previgente la revisione del 1984 dava la possibilità di mantenere il regime dei beni matrimoniali da esso previsto.

8967

Nel 1993, la Dichiarazione del Vertice mondiale di Vienna sui diritti dell'uomo ha spronato all'eliminazione di questa lacuna normativa che costituisce un punto debole rispetto a strumenti di legge analoghi, esplicitando che i diritti fondamentali della donna sono parte integrante e inalienabile dei diritti dell'uomo. Il diritto della donna alla tutela contro la violenza, i pregiudizi e la discriminazione è così assurto a preoccupazione collettiva della comunità dei popoli. La dichiarazione finale di Vienna ha chiesto espressamente l'elaborazione di un diritto di petizione nell'ambito di un Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna17. Lo stesso dicasi della Piattaforma d'azione e della Dichiarazione finale della quarta Conferenza mondiale sulle donne del 1995 a Pechino, che hanno ribadito la necessità di riconoscere i diritti fondamentali della donna quale parte integrante e inalienabile dei diritti dell'uomo, chiedendo che fosse elaborato, il più rapidamente possibile, un Protocollo facoltativo18.

Nel 1995, il Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne, basandosi sui lavori preliminari di una riunione di esperti all'Università di Limburg (Paesi Bassi), ha presentato una raccomandazione sull'eventuale contenuto del Protocollo facoltativo. La raccomandazione insisteva sulla procedura di comunicazione individuale e sulla procedura d'inchiesta come elementi di grande importanza nel caso di ricevimento di informazioni attendibili indicanti forme di discriminazione sistematica nei confronti delle donne. In base alla risoluzione del Consiglio economico e sociale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ECOSOC) del luglio 1995, si sono avviate nel 1996 le discussioni sul Protocollo facoltativo in seno a un gruppo di lavoro appositamente istituito, la Commissione ONU sulla condizione della donna (Commission on the Status of Women, CSW). I lavori sono stati portati a termine con successo dopo appena quattro anni, il 10 marzo 1999, con l'approvazione di un progetto di Protocollo facoltativo da parte della 43a sessione della Commissione sulla condizione della donna (UN Doc. E/CN.6 1999/WG/L.2). La Svizzera ha partecipato ai lavori in maniera costruttiva, contribuendo al loro esito positivo.

Il progetto
di Protocollo facoltativo è stato adottato per consenso dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite il 6 ottobre 1999 (UN Doc.

A/54/L.4 [1999]; il 10 dicembre dello stesso anno è stato aperto alla firma e siglato da 26 Stati ( fra i quali Austria, Belgio, Bolivia, Cile, Germania, Francia, Colombia, Costa Rica, Repubblica Ceca, Danimarca, Italia, Liechtenstein, Paesi Bassi e Islanda).

Conformemente a quanto disposto dall'articolo 16 paragrafo 1, il Protocollo facoltativo è entrato in vigore, per gli Stati che vi hanno aderito o lo hanno ratificato, il 22 dicembre 2000, tre mesi dopo il deposito del decimo documento ufficiale di ratifica o di adesione. Attualmente, 71 Stati hanno già ratificato il Protocollo facolta-

17 18

UN Doc. A/CONF. 157/23 (1993).

UN Doc. A/CONF. 177/20 (1995) marg. 230/k.

8968

tivo; fra essi figurano, in particolare, tutti gli Stati dell'Unione europea (UE) (cfr. lo stato attuale presso il sito www.un.org./womenwatch/daw/cedaw/sigop.htm)19.

2

La Svizzera e il Protocollo facoltativo

2.1

La posizione del Consiglio federale

Il nostro Consiglio considera il Protocollo facoltativo (OP CEDAW) un apporto fondamentale per la salvaguardia dei diritti della donna.

L'obiettivo primario, a livello nazionale come a livello internazionale, della salvaguardia dei diritti dell'uomo è la prevenzione delle violazioni. Benché, viste le innumerevoli, gravi e sistematiche violazioni dei diritti dell'uomo verificatesi all'inizio di questo secolo e in quello scorso, il postulato della prevenzione possa apparire ancora utopico, nei decenni dopo la fine della Seconda Guerra mondiale e vieppiù dopo la fine del conflitto Est-Ovest si sono compiuti notevoli progressi verso la realizzazione di questo ideale. Il presente Protocollo facoltativo consente ormai alle donne di avvalersi di una procedura di comunicazione individuale comparabile agli standard delle altre convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo, ovvero accorda loro, dopo l'esaurimento dei rimedi giuridici interni, la possibilità di sottoporre singoli casi di discriminazione al Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna. Inoltre, al ricevimento d'informazioni attendibili indicanti gravi o sistematiche violazioni dei diritti esposti nella Convenzione, il Comitato può agire di propria iniziativa, invitando lo Stato parte interessato a presentare le proprie osservazioni in merito. La procedura d'inchiesta è un complemento importante della procedura di comunicazione individuale e contribuisce, non da ultimo, a garantire standard universali in materia di diritti dell'uomo.

Negli ultimi anni il nostro Consiglio ha perseguito a titolo prioritario la ratifica o l'adesione a diverse convenzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che considera strumenti fondamentali per il rispetto e la promozione dei diritti dell'uomo.

Ritiene altresì che l'allestimento di strumenti di controllo efficienti sia indispensabile per la promozione e l'attuazione dei diritti dell'uomo20. Il controllo è un elemento decisivo di qualsiasi politica intesa a migliorare la salvaguardia dei diritti dell'uomo.

La Svizzera partecipa quindi attivamente agli sforzi volti a rafforzare i meccanismi

19

20

Albania, Andorra, Austria Azerbaigian, Bangladesh, Bielorussia, Belgio, Belize, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Brasile, Camerun, Canada, Costa Rica, Cipro, Croazia, Danimarca, Ecuador, Federazione Russa, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Guatemala, Kazakistan, Kirghizistan, Irlanda, Islanda, Isole Salomone, Italia, Lesotho, Lituania, Libia, Lussemburgo, Macedonia, Mali, Messico, Mongolia, Namibia, Niger, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Panama, Paesi Bassi, Paraguay, Perù, Principato del Liechtenstein, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Romania, Senegal, Serbia e Montenegro, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Svezia, Thailandia, Timor Est, Turchia, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Venezuela. Altri 76 Stati hanno firmato il Protocollo facoltativo.

Cfr. il parere del Consiglio federale sulla mozione Maury Pasquier «Protocollo facoltativo alla Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna. Firma e ratifica della Svizzera», del 5 ottobre 2000 (CN 00.3527), accolta sotto forma di postulato.

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di controllo internazionali esistenti in questo ambito e a svilupparli21. Il nostro Consiglio ha ribadito questa volontà nelle risposte a diversi interventi parlamentari, affermando ripetutamente che un consolidamento pertinente dei meccanismi di controllo internazionali era auspicabile22. L'adesione al presente strumento corrisponde quindi all'intenzione da noi espressa in diversi pareri di adoperarsi in favore di strumenti internazionali efficaci volti alla salvaguardia dei diritti dell'uomo.

Per giunta, l'adesione a questo strumento non può che rafforzare la posizione di quei Paesi che parimenti si adoperano per il progresso dei diritti dell'uomo in generale e di quelli della donna in particolare. Sul piano internazionale tale adesione conforterebbe, non da ultimo, la posizione della Svizzera e la credibilità del suo impegno in questo senso. Senza contare, infine, che anche il Comitato, dopo aver esaminato il Primo e Secondo rapporto periodico della Svizzera, ha esortato il nostro Paese a ratificare il Protocollo facoltativo alla Convenzione23.

2.2

Iter dell'affare

Il 10 dicembre 1999 la Svizzera non era tra i primi firmatari del Protocollo facoltativo, anche se già al momento dell'apertura alla firma il nostro Consiglio considerava auspicabile firmare e ratificare tale Protocollo.

La ratifica del Protocollo facoltativo corrisponderebbe all'attuale politica di parità dei sessi sostenuta dalla Svizzera anche nei confronti dell'estero e, in particolare, alla convinzione che i diritti fondamentali delle donne devono essere promossi in quanto parte integrale e inalienabile dei diritti dell'uomo in generale, come stabilito anche nel Piano d'azione della Svizzera «Parità tra donna e uomo» (1999). Di conseguenza, l'obiettivo della firma e della ratifica del Protocollo facoltativo figura anche nel rapporto del Consiglio federale sul programma di legislatura 1999­2003.

Conformemente alla sua prassi attuale, tuttavia, la Svizzera non intraprende alcuna iniziativa volta alla firma di una convenzione internazionale finché non è sicura di poterla anche ratificare in un secondo tempo. All'epoca, la portata del Protocollo facoltativo e le conseguenze della sua esecuzione sotto il profilo della normativa svizzera erano difficilmente determinabili. A differenza della Convenzione, il Protocollo esclude qualsiasi riserva; si è perciò ritenuto che occorresse in primo luogo esaminare in maniera approfondita il suo impatto sull'ordinamento giuridico nazionale. Per questo, il 6 dicembre 1999, il nostro Consiglio ha deciso di rinunciare, per il momento, alla firma del Protocollo facoltativo per esaminare in un primo tempo le ripercussioni della sua ratifica sul diritto svizzero. Inoltre la questione della firma e della ratifica del Protocollo facoltativo doveva essere sottoposta per consultazione ai

21

22

23

Cfr. in merito, per esempio, il rapporto sulla politica estera 2000 «Presenza e cooperazione: tutela degli interessi in un contesto di crescente integrazione internazionale» del 15 novembre 2000 (FF 2001 201), n. 3.2.2.2. come pure il rapporto del Consiglio federale sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo del 16 febbraio 2000 (FF 2000 2312), n. 2.1 e 2.2.2.

Cfr. per esempio il parere del Consiglio federale sulla mozione Teuscher «Ratifica del Protocollo n. 12 sull'eliminazione della discriminazione» del 13 dicembre 2000 (CN 00.3674).

Osservazioni finali del Comitato del 31 gennaio 2003 (CEDAW/C/2003/I/CRP.3/Add.1/Rev.1), n. 52.

8970

Cantoni, come previsto dalla legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (LFPC)24.

2.3

La procedura di consultazione

In vista dell'elaborazione del presente messaggio, il 25 gennaio 2006 il nostro Consiglio ha incaricato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di indire una procedura di consultazione sul Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna. I Cantoni, i partiti politici, i due Tribunali federali, le organizzazioni mantello nazionali dei Comuni, delle città, delle regioni di montagna e dell'economia, come pure altre 38 organizzazioni e cerchie interessate sono stati invitati a esprimere un parere.

La procedura di consultazione è durata fino al 30 aprile 2006. Complessivamente sono pervenuti 56 pareri, di cui 6 da parte di enti che non figuravano tra i destinatari della consultazione, mentre alcuni destinatari hanno comunicato per scritto che rinunciavano a esprimere un parere o che non intendevano partecipare formalmente alla consultazione (i due Tribunali federali, i Cantoni di Appenzello Interno e Uri, nonché il Centro di consulenza per le donne straniere e le loro famiglie [BAFFAM]).

A eccezione dell'UDC e dell'Unione svizzera degli imprenditori, tutti i partecipanti alla consultazione hanno approvato, in sostanza, la ratifica del Protocollo facoltativo.

Un'ampia maggioranza, conscia del notevole contributo di questo strumento alla salvaguardia dei diritti della donna a livello mondiale, vi ha ravvisato un importante progresso per la realizzazione della parità tra donna e uomo. Inoltre, da più parti, si è osservato che la ratifica delle Svizzera avrebbe una funzione di segnale nei confronti di altri Stati e se ne è ribadita la necessità per consolidare la credibilità del nostro Paese nell'ambito dei diritti dell'uomo.

Alcuni partecipanti alla consultazione hanno approvato esplicitamente l'intenzione del nostro Consiglio di rinunciare a una clausola di «opting-out», riconoscendo così alla procedura d'inchiesta una portata illimitata. Solo il Centre Patronal si è espresso in maniera contraria.

Singoli partecipanti hanno deplorato il carattere essenzialmente programmatico delle disposizioni della CEDAW. L'Unione degli imprenditori, per giunta, teme che il Comitato, in futuro, possa estendere la prassi della comunicazione individuale, per cui questa procedura finirebbe per essere applicata anche a disposizioni programmatiche.
Numerosi sono stati i pareri sulla natura delle raccomandazioni del Comitato. In alcuni si auspica che queste raccomandazioni siano integrate, per quanto possibile, nell'ordinamento e nella prassi giuridici svizzeri, mentre in altri ci si rallegra esplicitamente del loro carattere giuridicamente non vincolante.

Il Consiglio federale è stato altresì invitato da più parti a provvedere affinché le necessarie informazioni sulla CEDAW e sul Protocollo facoltativo siano elaborate e diffuse tenendo conto dei diversi destinatari.

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RS 138.1

8971

L'UDC ha motivato la propria posizione negativa evocando, in particolare, le esperienze problematiche già fatte con il Comitato nell'ambito delle procedure dei rapporti degli Stati e si è dichiarata contraria, in generale, all'ampliamento dell'impegno statale per la parità tra la donna e l'uomo.

L'UDC si riferiva, segnatamente, a una raccomandazione del Comitato nella quale si evocano possibili problemi nell'attuazione della Convenzione in ragione della strutture federaliste e dei processi di democrazia diretta svizzeri. Di conseguenza, il Comitato raccomanda di provvedere all'attuazione uniforme della Convenzione mediante un coordinamento efficiente. Il fatto di emettere raccomandazioni di questo tenore non costituisce, di per sé, una critica del sistema svizzero, bensì rientra nei compiti basilari del Comitato.

L'Unione degli imprenditori si è pronunciata contro la ratifica del Protocollo facoltativo temendo una troppo grande influenza del Comitato sul sistema giuridico svizzero, in particolare perché non sarebbe ancora chiaro a quali diritti della Convenzione si applichi la procedura di comunicazione individuale.

Come già menzionato, tuttavia, il Comitato può emettere unicamente raccomandazioni prive di valore vincolante.

3

Parte speciale: tenore e campo d'applicazione del Protocollo facoltativo

3.1

Tenore del Protocollo facoltativo

Il Protocollo facoltativo completa i meccanismi di verifica della Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) con due procedure di controllo.

Da un lato, conferisce al Comitato istituito in virtù dell'articolo 17 CEDAW la facoltà di ricevere comunicazioni di persone o di gruppi di persone che sostengono di essere vittime di violazioni di uno dei diritti enunciati dalla Convenzione ad opera di uno Stato parte (art. 2 OP CEDAW) e di prendere in esame tali comunicazioni nell'ambito di una procedura regolata dettagliatamente negli articoli 3­7 del Protocollo facoltativo.

Dall'altro, conferisce al Comitato, al ricevimento di informazioni affidabili indicanti violazioni gravi o sistematiche dei diritti enunciati nella Convenzione, la facoltà di avviare di propria iniziativa una procedura d'inchiesta (art. 8 e 9 OP CEDAW), anche se gli Stati contraenti non sono tenuti a riconoscere tale procedura (art. 10 OP CEDAW, clausola di «opting-out»). Va aggiunto in proposito che, finora, solo tre degli Stati parte che hanno ratificato il Protocollo facoltativo si sono avvalsi di questa possibilità (Belize, Bangladesh e Cuba).

Il Protocollo facoltativo non contiene norme di diritto materiale, bensì prevede un semplice strumentario per le procedure di comunicazione e d'inchiesta, ispirato, in entrambi i casi, da norme procedurali esistenti nell'ambito di altre convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo. Si ricordi in proposito che sostanzialmente chiunque può denunciare agli organi e alle istituzioni dell'ONU un problema relativo alla salvaguardia dei diritti dell'uomo.

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Nella storia del diritto internazionale la possibilità della singola persona di rivendicare i propri diritti a livello internazionale è un fenomeno recente. Oltre alle procedure regionali come per esempio la procedura di ricorso individuale presso la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH), dagli anni Settanta si sono sviluppati meccanismi di comunicazione o di ricorso individuale sul piano internazionale: al momento attuale, oltre al presente Protocollo facoltativo anche l'articolo 1 del Primo protocollo facoltativo al Patto II dell'ONU, l'articolo 22 della Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT)25, l'articolo 14 della Convenzione internazionale del 21 dicembre 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (CERD)26 e l'articolo 77 della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (CMW)27 prevedono una procedura di comunicazione individuale, ovvero la possibilità per la persona vittima di violazioni dei diritti dell'uomo di presentare una comunicazione scritta all'organo di controllo pertinente, previo esaurimento dei rimedi di diritto interno28. Le modalità di queste procedure di comunicazione sono regolamentate, in parte, dalle singole convenzioni; in altri casi, invece, come in quello presente, sono disposte da cosiddetti Protocolli facoltativi per evidenziarne la natura facoltativa.

In ragione della maniera in cui sono concepite, come pure, in parte, per il fatto che sono trattate da singoli comitati, le procedure di comunicazione individuale dell'ONU sono un misto di procedure giudiziarie e diplomatiche. Che non si tratta di rimedi giuridici è evidente già per il fatto che la persona interessata non intenta causa o ricorso bensì informa della violazione della convenzione l'organo di controllo competente mediante comunicazione («communication»). D'altro canto, come in una procedura giudiziaria, il Comitato esamina la ricevibilità («admissibility») e il merito («merits») di una comunicazione sulla base della convenzione in questione e del relativo regolamento procedurale29.

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RS 0.105 RS 0.104 La Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, (International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of their Families [CMW]) è entrata in vigore il 1o luglio 2003. L'organo di controllo corrispondente, composto di 10 esperti indipendenti, ha iniziato la propria attività nel marzo 2004.

Finora la Svizzera riconosce la procedura di comunicazione facoltativa ai sensi dell'art. 22 CAT, come pure, con effetto a datare dal 19 giugno 2003, la procedura di comunicazione individuale ai sensi dell'art. 14 CERD (cfr. il messaggio del 29 agosto 2001 concernente il riconoscimento della competenza del Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione razziale [CERD) di ricevere e esaminare comunicazioni conformemente all'articolo 14 della Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, FF 2001 5307­5327). Numerosi Stati hanno invece già ratificato il Primo Protocollo facoltativo al Patto II dell'ONU (attualmente 104 Stati parte su 149; uno specchietto aggiornato delle ratifiche è disponibile all'indirizzo http://www.unhchr.ch/pdf/report.pdf).

Le regole di procedura dell'OP CEDAW (qui di seguito: RP CEDAW) si trovano nella terza parte (regole 56­91) del regolamento del Comitato, cfr. il rapporto annuo del Comitato all'attenzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 2001 (UN Doc. A/56/38, allegato I) come pure: http://www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/cedawreport-a5638RulesOfProcedure.htm#part3.

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I meccanismi di comunicazione individuale sono completati dalla procedura di comunicazione alla Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU (segnatamente dalla cosiddetta procedura 150330) e alla Commissione sulla condizione femminile (CSW)31. Tali procedure, alle quali partecipano organi statali politici e i loro rappresentanti, sono fra la più vecchie del sistema dell'ONU. Le loro priorità divergono notevolmente da quelle della Convenzione in questione: pur essendo aperte al pubblico, le comunicazioni alle Commissioni si riferiscono a elementi sistematici ricorrenti e a tendenze relative alle violazioni dei diritti dell'uomo (per es. gravi violazioni dei diritti dell'uomo nei confronti di una minoranza in un Paese) e possono essere espresse contro qualsiasi Stato al mondo.

Il regolamento della procedura d'inchiesta del Protocollo facoltativo (art. 8 e 9 OP CEDAW) si ispira all'articolo 20 della Convenzione dell'ONU contro la tortura (CAT); la procedura disposta da tale articolo è già vincolante per la Svizzera.

3.2

Le disposizioni del Protocollo facoltativo

3.2.1

La competenza del Comitato (art. 1)

In virtù dell'articolo 1 OP CEDAW, gli Stati parte riconoscono la competenza del Comitato a ricevere e prendere in esame le comunicazioni in conformità con quanto previsto dal Protocollo stesso. La disposizione, che corrisponde alle norme di altre procedure di comunicazione individuale delle Convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo, è volta ad assicurare la continuità della competenza del Comitato in merito alla Convenzione e a sfruttare la competenza specialistica di un consesso già esistente.

Conformemente all'articolo 17 della Convenzione, il Comitato si compone di 23 esperti di alta autorità morale e di grande competenza nel campo d'applicazione della Convenzione. I membri sono eletti a scrutinio segreto da una lista di candidati presentati dagli Stati per un incarico di quattro anni. Il Comitato ha già svolto una funzione importante nell'interpretazione della Convenzione. Oltre ad esaminare i rapporti degli Stati conformemente all'articolo 20 paragrafo 1 CEDAW, il Comitato può, in virtù dell'articolo 21 paragrafo 1 CEDAW, formulare suggerimenti e raccomandazioni generali basate sull'esame dei rapporti.

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31

Istituita dalla risoluzione 1503 (XLVIII) del Consiglio economico e sociale del 27 maggio 1970 sulla procedura per il trattamento di comunicazioni concernenti violazioni dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Si tratta in questo caso di una procedura confidenziale, puramente diplomatica, priva di forza vincolante. Cfr. Michael Schaefer, Brückenbau ­ Herausforderung an die Menschenrechtskommission, in: Gerhart Baum/Eibe Riedel/Michael Schaefer (editore), Menschenrechtsschutz in der Praxis der Vereinten Nationen, Baden-Baden 1998, pag. 57 segg., pag. 77 seg.

Mentre la procedura 1503 della Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU (CHR) è stata elaborata per scoprire gravi violazioni dei diritti dell'uomo in determinati Paesi, la procedura confidenziale di ricorso della Commissione sulla condizione femminile dell'ONU (Commission on the Status of Women, CSW) è stata concepita per individuare tendenze e elementi globalmente ricorrenti nell'ambito dei diritti della donna. La procedura è stata istituita in seguito a una serie di risoluzioni del Consiglio economico e sociale e serve alla Commissione per l'esame di ricorsi confidenziali e non confidenziali (Res. 76 [V] del 5 agosto 1947; 304 I [XI] del 14 e 17 luglio 1950; 1983/27 del 26 maggio 1983; 1992/19 del 30 luglio 1992 e 1993/11 del 27 luglio 1993 del Consiglio economico e sociale). Come nella procedura 1503, anche in questa l'obiettivo primario non è procurare aiuto diretto alle vittime delle violazioni dei diritti dell'uomo.

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3.2.2

La procedura di comunicazione individuale (art. 2 segg.)

L'articolo 2 OP CEDAW disciplina innanzitutto la legittimazione attiva, ossia definisce la cerchia delle persone che secondo il Protocollo facoltativo possono presentare comunicazioni al Comitato (cfr. regola 68 RP CEDAW). Stabilisce inoltre quali disposizioni della Convenzione possono essere oggetto di una procedura di comunicazione individuale.

Il Protocollo facoltativo estende la capacità di presentare comunicazioni al Comitato non solo a singole persone bensì anche a gruppi di persone32. Le relative comunicazioni possono essere presentate anche dai loro rappresentanti, a condizione che ci sia un'implicazione diretta e personale: la persona che redige la comunicazione (o la persona rappresentata) deve essere vittima della presunta violazione di un diritto; deve cioè provare di essere personalmente e direttamente lesa da un atto o da un'omissione, eventualmente anche da una disposizione legale dello Stato parte.

L'implicazione viene meno se la persona che redige la comunicazione non è soggetta alla giurisdizione dello Stato parte interessato per quanto concerne l'atto in questione (per es. disposizione o sentenza): il Comitato non interviene in base a reclami astratti formulati a nome di un numero imprecisato di terzi contro una legge in quanto tale o contro una politica o una prassi statale (non è cioè prevista l'actio popularis).

La possibilità di essere rappresentate è particolarmente importante perché molte donne, specialmente nei Paesi in sviluppo, spesso non hanno le conoscenze giuridiche e tecniche né le risorse finanziarie necessarie per presentare una comunicazione.

La disposizione consente, in particolare, di conferire a gruppi internazionali attivi nell'ambito dei diritti della donna o dei diritti umani il mandato di inoltrare una comunicazione al Comitato a nome di queste donne, nel qual caso i rappresentanti non devono essere soggetti alla giurisdizione dello Stato parte in questione. Tenuto conto delle condizioni di vita delle donne, questa modalità garantisce l'applicazione effettiva del Protocollo facoltativo.

Allorché una comunicazione è presentata a nome di una persona o di un gruppo di persone, occorre il loro consenso esplicito o il conferimento di mandato. Si può tuttavia immaginare che, per ragioni pratiche, potenziali ricorrenti non possano dare un consenso formale
(per es. in caso di totale isolamento della persona interessata, o qualora le siano vietati contatti con estranei oppure per paura di rappresaglie contro membri della sua famiglia). In questi casi il secondo periodo dell'articolo 2 OP CEDAW prevede, in via eccezionale, che la comunicazione possa essere presentata 32

Per analogia con la disposizione dell'art. 14 CERD, che parimenti autorizza ad agire «singole persone o gruppi di persone» che sostengono di essere vittime di una violazione, mentre l'art. 1 del Protocollo facoltativo al Patto II dell'ONU e l'art. 22 CAT menzionano esclusivamente «singole persone». Di conseguenza, l'art. 2 OP CEDAW e l'art. 14 CERD prevedono esplicitamente che una procedura per violazione di una disposizione della Convenzione possa essere avviata anche da gruppi. Occorre sempre, tuttavia che vi sia un'implicazione personale e diretta: non si tratta qui di una «actio popularis» contro una politica statale generale (cfr. Fact Sheet n. 7/Rev. 1 dell'Office of the High Commissioner for Human Rights, Communications Procedures, 5, come pure espressamente la decisione del Comitato CERD in merito alla Comunicazione n. 28/2003, n. 6.5 seg. [The Documentation and Advisory Centre on Racial Discrimination vs. Denmark], che il Comitato CERD ha considerato irricevibile in ragione dell'assenza di una persona direttamente implicata identificabile come vittima).

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anche da terzi nella misura in cui l'autore della comunicazione possa comunque dimostrare di rappresentare la persona o il gruppo di persone interessate33. In questi casi il Comitato non esige un mandato formale (cfr. regola 68 n. 2 RP CEDAW).

L'articolo 2 OP CEDAW dispone inoltre che la competenza del Comitato è limitata al ricevimento di comunicazioni concernenti presunte violazioni dei diritti esposti nella Convenzione ad opera di uno Stato parte. La Convenzione stabilisce in primo luogo obblighi per gli Stati parte che devono trasporre nel diritto nazionale la Convenzione e i diritti delle donne ivi riconosciuti. Dal momento che l'articolo 2 del Protocollo facoltativo parla di «violazione di uno dei diritti esposti nella Convenzione ad opera dello Stato parte interessato» sono intese e possono essere oggetto di una comunicazione solo quelle disposizioni della Convenzione che già a livello di attuazione corrispondono a diritti soggettivi e quindi giudicabili. Occorre fare una distinzione, invece, per le disposizioni che prescrivono obiettivi programmatici, la cui attuazione consente allo Stato parte un certo margine di manovra sotto il profilo dell'assetto politico34.

Questo punto di vista è confortato non soltanto dall'enunciato dell'articolo 2 OP CEDAW, bensì anche dalla storia delle trattative, durante le quali si era perfettamente consapevoli della differenza tra diritti (rights) e altre disposizioni (provisions).

Come già esplicitato nel messaggio concernente la Convenzione35, il nostro Consiglio parte dal presupposto che le disposizioni in essa contenute sostanzialmente non

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Dopo l'adozione del Protocollo facoltativo nel marzo 1999 la Delegazione tedesca, che all'epoca esercitava la presidenza dell'UE, ha fatto, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri come pure degli Stati dell'AELS compresa la Svizzera, la seguente dichiarazione in merito all'articolo 2 del Protocollo facoltativo: «(...) (a) le delegazioni summenzionate interpretano il secondo periodo dell'articolo 2 alla luce della prassi degli organi esistenti nell'ambito dei diritti dell'uomo, prassi riflessa dai loro regolamenti di procedura, in particolare dal regolamento procedurale del Comitato sui Diritti Umani, regola 90 (b), dal regolamento procedurale del Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale, regola 91 (b) e da quello del Comitato contro la tortura, regola 107 (1) (b).

(b) Noi, le delegazioni summenzionate, fondandoci sui principi generali del diritto internazionale, interpretiamo il riferimento a «violazione» nel primo periodo dell'articolo 2 e il riferimento a «violazioni» di qualsiasi diritto esposto nella Convenzione nel primo paragrafo dell'articolo 8 come comprendenti sia un'azione, sia l'omissione di un'azione da parte dello Stato interessato. (cfr. il Rapporto della 43a Commissione sulla condizione femminile delle Nazioni Unite [E/1999/27 CSW], pag. 63 seg.).

Alla lettera a della dichiarazione si stabilisce che la giustificazione della rappresentazione senza mandato esplicito va intesa nel senso degli altri strumenti dell'ONU sui diritti umani, e che la formulazione del secondo periodo dell'articolo 2 OP CEDAW non è volta a introdurre esigenze formali più elevate in materia. La lettera b della dichiarazione stabilisce altresì che la violazione di uno dei diritti esposti nella Convenzione può insorgere sia per un'azione sia per un'omissione dello Stato parte interessato. Il Comitato terrà conto di questa dichiarazione nell'esame delle comunicazioni.

Sulla questione della natura degli obblighi insorgenti dai diritti umani in relazione con la questione della procedibilità in materia di diritti umani sociali e economici cfr. il Messaggio del Consiglio federale sull'adesione della Svizzera ai due Patti internazionali del 1966 concernenti i diritti dell'uomo (FF 1991 I 925).

Cfr. in proposito il messaggio concernente la Convenzione del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna del 23 agosto 1995 (FF 1995 IV 809), n. 31.

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siano direttamente applicabili36. Tuttavia, già a suo tempo non si era escluso che almeno in parte gli articoli 9 (acquisto e perdita della cittadinanza) e 15 CEDAW (parità di fronte alla legge, capacità giuridica e capacità contrattuale nel diritto civile e processuale, diritto di circolare liberamente e di scegliere il proprio domicilio), ed eventualmente anche gli articoli 7 CEDAW (vita politica e pubblica) e 16 CEDAW (matrimonio e rapporti familiari) potrebbero essere dichiarati direttamente applicabili dal Tribunale federale37. Incomberà inoltre al Comitato spiegare quali disposizioni contengono sufficienti diritti concreti per essere oggetto di comunicazione ai sensi del Protocollo facoltativo, e quali riguardano gli altri obblighi degli Stati contraenti, che devono essere considerati nell'ambito dell'esame ordinario dei rapporti periodici degli Stati (parte V della Convenzione).

3.2.3

Disposizioni formali (art. 3)

L'articolo 3 OP CEDAW prescrive le esigenze formali per le comunicazioni al Comitato e disciplina la legittimazione passiva. Le comunicazioni devono sempre essere presentate in forma scritta e non possono essere anonime (cfr. regola 56 RP CEDAW). Data la natura facoltativa del Protocollo, possono essere presentate solo comunicazioni riguardanti gli Stati parte. Di conseguenza, possono essere presentate solo comunicazioni contro uno Stato (contraente) che ha ratificato la Convenzione e il Protocollo facoltativo e ha così riconosciuto la competenza del Comitato a ricevere comunicazioni di singole persone o di gruppi di persone. Il Protocollo facoltativo è vincolante solo per gli Stati; ai privati non è conferita legittimazione passiva.

Queste disposizioni riflettono i parametri delle procedure di comunicazione individuale di altre convenzioni dell'ONU sui diritti umani (cfr. art. 22 CAT e art. 14 CERD).

3.2.4

Esame della ricevibilità di una comunicazione (art. 4)

Le condizioni di ricevibilità di una comunicazione ai sensi di Protocollo facoltativo si fondano sulle esperienze delle altre procedure di comunicazione dell'ONU. I motivi di irricevibilità sono sanciti dall'articolo 4 OP CEDAW e ricalcano il modello generale delle procedure menzionate (CERD; CAT; Primo Protocollo facoltativo al Patto II dell'ONU). Vanno tuttavia rilevate divergenze su due punti: in primo luogo, il Comitato, al pari del Comitato contro la tortura (CAT), dichiarerà irricevi36

37

Questo fatto è criticato dal Comitato nelle sue osservazioni finali sul Primo e Secondo rapporto della Svizzera (CEDAW/C/CHE/1-2), dove si constata con preoccupazione che il Consiglio federale continua a ritenere che la natura della Convenzione sia essenzialmente pragmatica (cfr. estratto del rapporto A/58/38 [Parte I], par. 87­141; n. 20).

Cfr. DTF 125 I 21, consid. 4 b, nella quale il Tribunale federale stabilisce che in materia di provvedimenti speciali temporanei volti a promuovere l'integrazione delle donne, in particolare nella politica (per es. il trattamento preferenziale o il sistema di quote), la Convenzione non contiene obblighi concreti, ma lascia agli Stati parte la scelta dei mezzi con cui intendono porre rimedio alla sottorappresentazione delle donne nella vita politica e pubblica. Cfr. Christina Hausammann/Erika Schläppi, Menschenrechte und Frauenrechte ­ Das UNO-Übereinkommen zur Beseitigung jeder Form von Diskriminierung der Frau und seine Bedeutung für die Schweiz, GAC 1995, pagg. 32­46, pag. 38 e pag. 44.

8977

bile una comunicazione expressis verbis, nel caso in cui la medesima questione sia già stata esaminata nell'ambito di un'altra procedura di indagine o di composizione.

Inoltre il Comitato ha la competenza esplicita di respingere anticipatamente le comunicazioni palesemente infondate, o, in altre parole, ingiustificate.

L'articolo 4 paragrafo 1 OP CEDAW (regola 69 n. 6 RP CEDAW) stabilisce, in secondo luogo, la condizione abituale delle procedure internazionali in materia di diritti umani, ovvero che, affinché il Comitato proceda all'esame di una comunicazione, è imperativo l'esaurimento di tutti i mezzi di ricorso disponibili (regola dell'exhaustion of local remedies)38.

I rimedi giuridici interni sono decisi di volta in volta, tenuto conto della legislazione dello Stato interessato e delle circostanze di fatto. Si tratta, insomma, di esaurire tutte le vie giuridiche e amministrative che offrono un'opportunità verosimile di soluzione. Per eventuali comunicazioni concernenti la Svizzera ciò significa che il Comitato si può occupare di questi casi solo se sono passati in giudicato e un ricorso di diritto pubblico è stato respinto (art. 84 segg. OG39).

Sul principio dell'esaurimento dei rimedi giuridici disponibili, i comitati dell'ONU sono piuttosto severi: per esempio, il Comitato CERD ha dichiarato irricevibile un ricorso per mancato esaurimento dei rimedi giuridici interni solo perché l'avvocato della parte aveva lasciato scadere il termine. Il Comitato ha argomentato di non poter citare lo Stato parte, perché l'avvocato era stato nominato dall'autore stesso della comunicazione (Comunicazione n. 5/1994, n. 6.2). I ricorrenti non possono neppure addurre semplicemente l'inefficacia dei rimedi giuridici disponibili: agli occhi dei comitati, i dubbi circa l'efficacia delle vie di ricorso offerte dalla legislazione nazionale non costituiscono motivo di estinzione dell'obbligo di esaurirli.

Alcune eccezioni, di entità limitata, sono ammesse, in particolare nel caso in cui l'esaurimento dei rimedi giuridici causi un ritardo sproporzionato, non produca alcun risultato efficace o non siano disponibili altre vie di ricorso. Incombe tuttavia al ricorrente provare in maniera dettagliata l'inapplicabilità della regola generale. La comunicazione deve descrivere gli sforzi compiuti per esaurire i rimedi
giuridici di diritto interno (procedure, dati, risultati) e motivare perché una siffatta eccezione deve essere accordata.

Secondo l'articolo 4 paragrafo 2 lettera a OP CEDAW, una comunicazione è irricevibile che il Comitato ha già esaminato oppure che è già stata o che è oggetto di un esame nell'ambito di un'altra procedura d'inchiesta o di composizione internazionale. Questo divieto di cumulo mira a evitare inutili doppioni con procedure di comunicazione in virtù di altre convenzioni sui diritti dell'uomo. La disposizione s'ispira a quelle di altre convenzioni dell'ONU in materia di diritti umani, per es. l'articolo 22 paragrafo 2 lettera a della Convenzione contro la tortura (CAT)40.

38

39 40

Tradizionalmente, la funzione di questo principio è di proteggere la sovranità di uno Stato contro ingerenze eccessive da parte di un altro Stato mediante la rivendicazione di pretese per conto di un privato (il cosiddetto esercizio della protezione diplomatica). Questo principio è stato introdotto nel diritto internazionale pubblico per evitare la minaccia di un peggioramento delle relazioni internazionali e per mantenere il principio della sovranità dello Stato. Si è inoltre ritenuto che una procedura di diritto interno fosse più appropriata a fornire pronta soddisfazione alla persona lesa.

RS 173.110 Cfr. le spiegazioni qui appresso al n. 3.3.

8978

L'articolo 4 paragrafo 2 lettera a OP CEDAW limita così expressis verbis l'applicazione di altri meccanismi di controllo internazionali (contrariamente, per esempio, all'art. 14 CERD, in merito al quale la Svizzera ha apportato una dichiarazione di precisazione). Del resto, la prassi degli organi di vigilanza dell'ONU è chiaramente ispirata al principio di diritto internazionale della parità gerarchica di tutte le istanze giuridiche e di controllo internazionali: si vuole così evitare che, a causa di un ricorso, un'autorità internazionale possa giudicare la decisione di un'altra.

In virtù dell'articolo 4 paragrafo 2 lettera b, una comunicazione può essere respinta nel caso in cui sia incompatibile con le disposizioni della Convenzione. Dato che l'articolo 2 limita l'oggetto delle comunicazioni ai diritti esposti nella Convenzione, le comunicazioni concernenti presunte violazioni di altri diritti sono, ratione materiae, incompatibili con le disposizioni della Convenzione.

Irricevibile ai sensi dell'articolo 4 paragrafo 2 lettera c sono anche le comunicazioni manifestamente infondate o non sufficientemente motivate (obbligo di sostanziare).

Si tratta, segnatamente, delle comunicazioni nelle quali la presunta violazione non è sostanziata dai fatti, o non lo è in maniera sufficiente. Sono quindi dichiarate irricevibili le comunicazioni che non forniscono informazioni da cui poter presumere un'eventuale violazione della Convenzione. In genere, tuttavia, i comitati dell'ONU esaminano spontaneamente l'eventualità che anche altre disposizioni della convenzione in questione, non menzionate nella comunicazione, siano interessate.

L'articolo 4 paragrafo 2 lettera d dichiara irricevibili le comunicazioni che costituiscono un abuso del diritto di presentare siffatte comunicazioni. Questo motivo può essere invocato allorché la comunicazione abbia palesemente un carattere querelante (per esempio contesti più volte e inutilmente il medesimo fatto) o sia consapevolmente fondata su indicazioni false, volte a trarre in errore il Comitato.

Infine, l'articolo 4 paragrafo 2 lettera e dispone che le comunicazioni non possono avere effetto retroattivo: fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore del Protocollo facoltativo e che non sono continuati anche dopo tale data non possono essere oggetto di una comunicazione
ai sensi dell'articolo 2 OP (campo d'applicazione temporale [ratione temporis])41. Eccezionalmente, tuttavia, i comitati delle Nazioni Unite esaminano tutte le circostanze di un caso allorché gli effetti del fatto in discussione potrebbero estendersi fino al momento dell'entrata in vigore della procedura di comunicazione.

41

Il 14 luglio 2004 il Comitato si è pronunciato sul suo primo caso (Comunicazione n. 1/2003, Ms. B.-J.contro Germania). La comunicazione, datata 20 agosto 2002, è stata dichiarata irricevibile per motivi formali. La 57enne autrice della comunicazione si era occupata per 30 anni dei suoi tre figli, rinunciando, per desiderio del coniuge, a un reinserimento professionale. Nel 2002 è stato pronunciato il divorzio, e la donna ha addotto che la legge tedesca sul divorzio era discriminatoria perchè teneva scarsamente conto del lavoro di custodia non pagato e delle conseguenti scarse opportunità delle donne sul mercato del lavoro. Il Comitato ha dichiarato l'irricevibilità della comunicazione, da un lato per motivi di tempo (il Protocollo facoltativo è entrato in vigore per la Germania il 15 aprile 2002) e, dall'altro, perchè le vie di ricorso del diritto nazionale non erano state esaurite (al momento della decisione non si conosceva l'importo della pensione alimentare dovuta dal marito).

8979

3.2.5

Provvedimenti temporanei nei casi d'urgenza (art. 5)

L'articolo 5 paragrafo 1 OP CEDAW, che corrisponde alla regola 63 del regolamento procedurale del Comitato, gli conferisce facoltà di chiedere provvedimenti temporanei. Le comunicazioni non avendo effetto sospensivo, il Comitato può, in qualsiasi momento dopo il ricevimento, e prima di prendere una decisione in merito, trasmettere allo Stato parte interessato una richiesta per esame immediato, esigendo che adotti i provvedimenti cautelari necessari per evitare che le vittime della presunta violazione subiscano un danno irreparabile.

Per valutare se un danno può essere considerato irreparabile, il Comitato dispone di un certo margine di manovra. Nella pratica, tale margine si ispira alle regole sui «provvedimenti temporanei» contenute nei regolamenti di procedura di altre convenzioni sui diritti umani (cfr. regola 108 paragrafo 2 del regolamento di procedura della CAT42; regola 94 paragrafo 3 del regolamento di procedura della CERD43).

Secondo queste regole, i criteri che permettono di presumere un «danno irreparabile» sono la gravità e l'irreversibilità delle conseguenze per la o le vittime, qualità che potrebbero rendere obsoleta una successiva decisione del Comitato sul fatto stesso44.

Si noti che una richiesta di provvedimenti temporanei appropriati da parte del Comitato non ha effetto vincolante per lo Stato parte interessato. Inoltre, il paragrafo 2 dell'articolo 5 OP CEDAW precisa anche che la richiesta di provvedimenti temporanei non implica alcuna decisione circa la ricevibilità della comunicazione o sul merito del caso in questione.

3.2.6

Scambio di informazioni (art. 6)

L'articolo 6 paragrafo 1 OP CEDAW contiene ulteriori disposizioni procedurali sulla trattazione delle comunicazioni ricevibili. Ricevuta una comunicazione, il Comitato la sottopone a titolo confidenziale allo Stato parte interessato (cfr. regola 69 numero 1 RP CEDAW), a condizione che la o le vittime della presunta violazione di un diritto esposto nella Convenzione acconsentano a rivelare la propria identità al suddetto Stato parte. Se la vittima rifiuta, la procedura finisce qui.

Ai sensi dell'articolo 6 paragrafo 2, lo Stato parte interessato presenta per scritto al Comitato, entro un termine di sei mesi, spiegazioni o dichiarazioni che delucidino l'affare in questione e indica, se del caso, le misure correttive che sono state adottate (cfr. regola 69 numero 3 RP CEDAW). Anche questa norma riflette lo standard di altre convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo, per es. l'articolo 4 paragrafo 2 del Primo protocollo facoltativo al Patto II dell'ONU. Nel suo parere lo Stato parte può esprimersi sia sul merito sia sulla ricevibilità della comunicazione ai sensi dell'articolo 4 OP CEDAW. Il Comitato riesaminerà il caso alla luce di tale risposta.

42 43 44

UN Doc. CAT/C/3/Rev. 2 (1997).

UN Doc. CERD/C/65/Rev. 3 con emendamento 1993 (UN Doc. A/48/18, allegato V).

Nel secondo caso sottopostogli per esame (Comunicazione n. 2/2003 Ms. A.T. contro Ungheria), il Comitato, fondandosi sull'art. 5 OP CEDAW, ha chiesto all'Ungheria di prendere immediatamente le necessarie misure per la protezione della vittima. La richiedente aveva dichiarato di considerarsi minacciata dalla violenza del coniuge e di temere per la propria vita.

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3.2.7

Esame del merito (art. 7)

L'articolo 7 OP CEDAW riguarda la trattazione materiale della comunicazioni individuale da parte del Comitato (esame nel merito della violazione di diritti enunciati dalla Convenzione).

Il paragrafo 1 dispone che il Comitato esamina tutte le comunicazioni ricevute nonché le spiegazioni fornite secondo l'articolo 6 dallo Stato parte interessato, tenendo conto di tutte le indicazioni fornite dalle parti, fermo restando che tali informazioni devono essere comunicate alle parti interessate. A sostegno dell'esame delle comunicazioni il Comitato può inoltre chiedere, per il tramite del Segretario generale delle Nazioni Unite o di altri organi, la trasmissione di documentazione di qualsiasi natura (cfr. regola 72 numero 2 RP CEDAW).

Questa disposizione è finalizzata a garantire che la decisione del Comitato riposi su basi il più ampie possibili, poiché l'esame non è limitato unicamente alla comunicazione e alla replica dello Stato parte, bensì deve comprendere anche tutte le informazioni supplementari fornite dalle parti e dai loro rappresentanti. La comunicazione di queste informazioni agli interessati offre loro la possibilità di esprimersi, assicurando la parità di trattamento e l'equanimità della procedura.

Secondo l'articolo 7 paragrafo 2, il Comitato deve procedere all'esame delle comunicazioni in seduta a porte chiuse (cfr. regola 74 RP CEDAW).

Conformemente all'articolo 7 paragrafo 3, dopo aver esaminato una comunicazione, il Comitato comunica alle parti interessate le sue conclusioni, accompagnate da eventuali raccomandazioni. Nel caso consideri che c'è stata violazione dei diritti enunciati nella Convenzione, il Comitato può in effetti trasmettere allo Stato parte interessato anche raccomandazioni di sostegno (cfr. regola 72 numero 5 RP CEDAW). In base alle esperienze nell'ambito delle altre procedure di comunicazione dell'ONU, le raccomandazioni e proposte possono portare su modifiche della legislazione, sul miglioramento della formazione degli organi esecutivi, sul potenziamento del lavoro di sensibilizzazione del pubblico o anche sul pagamento di indennizzi alla o alle vittime.

Tuttavia, mentre le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH) sono vincolanti in virtù del diritto internazionale, a proposito di una comunicazione il Comitato può esprimere soltanto suggerimenti
e raccomandazioni privi di qualsiasi obbligatorietà e che quindi non comportano, per gli Stati interessati, alcun obbligo legale di agire.

Il paragrafo 4 prevede dispone che lo Stato parte esamini debitamente le constatazioni e le eventuali raccomandazioni del Comitato e che, entro sei mesi, gli sottoponga una risposta scritta nella quale lo informa segnatamente di quanto ha intrapreso alla luce delle constatazioni e raccomandazioni summenzionate (cfr. regola 73 numero 1 RP CEDAW). Lo Stato parte deve rispondere anche se non ha intenzione di attuare le raccomandazioni del Comitato, esponendo i suoi motivi.

In virtù del paragrafo 5, il Comitato può invitare lo Stato parte a sottoporgli informazioni più dettagliate circa le misure adottate in seguito alle sue constatazioni e alle sue eventuali raccomandazioni e a includere queste misure, qualora il Comitato lo ritenga opportuno, nei rapporti ulteriori che lo Stato parte è tenuto a presentargli conformemente all'articolo 18 della Convenzione. (cfr. regola 73 numero 2 e 3 RP CEDAW). Questa disposizione comprende quindi un meccanismo di follow-up, 8981

volto innanzi tutto al mantenimento di un «dialogo critico» con gli Stati parte e alla valutazione delle raccomandazioni del Comitato. Poiché la maggior parte delle misure adottate da uno Stato parte in relazione con le raccomandazioni del Comitato non ha effetto a breve termine, è opportuno che il Comitato possa mantenere i contatti con lo Stato in questione. È quindi logico che il meccanismo di follow-up consenta al Comitato di chiedere allo Stato parte di fornire informazioni sull'attuazione delle raccomandazioni relative a una procedura di comunicazione individuale nel rapporto periodico che ogni Stato deve presentare in virtù dell'articolo 18 della Convenzione.

3.2.8

La procedura d'inchiesta (art. 8 segg.)

Mentre gli articoli 2­7 del Protocollo facoltativo disciplinano la procedura di comunicazione di persone o gruppi di persone, gli articoli 8­10 riguardano una procedura d'inchiesta che si rifà all'articolo 20 della Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT) (cfr.

regole 76­91 RP CEDAW).

L'articolo 8 OP CEDAW recita che l'inchiesta è confidenziale e che in tutte le fasi della procedura è sollecitata la cooperazione dello Stato parte (art. 8 par. 5).

Nella prima fase, il virtù dell'articolo 8 paragrafo 1 OP, qualora il Comitato venga a sapere, in base a informazioni attendibili, che uno Stato parte ha violato gravemente o sistematicamente i diritti enunciati nella Convenzione, invita detto Stato a discutere sugli elementi di cui è venuto a conoscenza e a presentare le proprie osservazioni in merito. All'origine dell'apertura di una procedura d'inchiesta ci sono informazioni attendibili indicanti violazioni gravi o sistematiche dei diritti delle donne. Sono considerate violazioni gravi, in primo luogo, le minacce contro la vita, l'integrità fisica e mentale o la sicurezza di una persona. Tra le violazioni sistematiche, che possono essere di gravità inferiore, figurano, in particolare, pratiche discriminatorie largamente diffuse o mirate.

Conformemente all'articolo 8 paragrafo 2 OP CEDAW, nella seconda fase della procedura il Comitato, fondandosi sulle osservazioni eventualmente formulate dallo Stato parte interessato come pure su qualsiasi altra informazione attendibile a sua disposizione, può incaricare uno o più dei suoi membri di effettuare un'inchiesta e di riferire in proposito senza indugio. Tale inchiesta può, ove giustificato e con l'accordo dello Stato parte, comportare visite sul territorio dello Stato in questione (cfr. regola 86 RP CEDAW).

Dopo aver verificato i risultati dell'inchiesta, il Comitato li comunica allo Stato parte interessato corredati, se del caso, di osservazioni e raccomandazioni, conformemente a quanto disposto dall'articolo 8 paragrafo 3 OP CEDAW. Secondo l'articolo 8 paragrafo 4 OP CEDAW, lo Stato parte presenta al Comitato il suo parere in merito entro sei mesi.

La procedura d'inchiesta costituisce un complemento importante della procedura di comunicazione, permettendo al Comitato di prendere
in esame violazioni gravi o sistematiche dei diritti delle donne anche in assenza di una comunicazione individuale. Proprio in questi casi, infatti, la presentazione di una comunicazione può rivelarsi particolarmente difficile. Nei casi di violazioni gravi o sistematiche dei diritti umani, le persone o anche i gruppi di persone interessati sono spesso in serio 8982

pericolo o esposti a minacce e ciò limita le loro possibilità di ricorrere alla comunicazione. Solo la possibilità di una procedura d'inchiesta del Comitato può contribuire a prevenire violazioni gravi o sistematiche dei diritti umani ad opera di uno Stato parte.

Mentre il Comitato contro la tortura (CAT) ha avviato, finora, procedure d'inchiesta per torture sistematiche in sei Stati parte e ha pubblicato i risultati di cinque di esse (contro Messico, Sri Lanka, Turchia, Egitto e Perù), al momento attuale, il Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna ha svolto un'unica procedura d'inchiesta ai sensi dell'articolo 8 OP CEDAW, contro il Messico. Nella fattispecie l'inchiesta verteva su rapimenti, stupri e uccisioni di donne nella regione di Chihuahua. Dopo aver inviato in Messico una sua delegazione, il Comitato ha elaborato osservazioni e raccomandazioni che sono state trasmesse al Messico per parere45.

3.2.9

Meccanismi di follow-up della procedura d'inchiesta (art. 9)

Questa disposizione prevede due cosiddetti meccanismi di follow-up della procedura d'inchiesta di cui all'articolo 8 OP CEDAW. Come l'articolo 7 paragrafo 5, l'articolo 9 paragrafo 1 del Protocollo stabilisce che il Comitato può invitare lo Stato parte interessato a includere nel rapporto da presentare conformemente all'articolo 18 della Convenzione chiarimenti sulle misure adottate in seguito alla procedura d'inchiesta conclusa e a fornire dettagli sulle eventuali misure adottate (cfr. regola 90 numero 1 RP CEDAW).

Parimenti, l'articolo 9 paragrafo 2, come già l'articolo 7 paragrafo 5 OP CEDAW, dispone un ulteriore meccanismo di follow-up: al termine del periodo di sei mesi di cui all'articolo 8 paragrafo 4, il Comitato può, se del caso, invitare lo Stato parte interessato a informarlo circa le misure adottate in seguito a detta inchiesta e, dopo il ricevimento del suo parere come disposto dall'articolo 8 paragrafo 4, mantenere i contatti con il medesimo durante la fase di attuazione delle raccomandazioni (cfr.

regola 90 numero 2 RP CEDAW).

3.2.10

Clausola di «opting-out» (art. 10)

In virtù dell'articolo 10 OP CEDAW, gli Stati parte al Protocollo facoltativo non sono obbligati a riconoscere la procedura d'inchiesta prevista dagli articoli 8 e 9 OP CEDAW (cosiddetta clausola di «opting-out»). Perciò, nonostante la disposizione dell'articolo 17 OP CEDAW, che prevede in maniera generale l'irricevibilità di riserve, ogni Stato parte può, all'atto della firma o della ratifica del Protocollo o quando vi aderisce, dichiarare di non riconoscere al Comitato la competenza conferitagli dagli articoli 8 e 9. Finora tre Stati parte (Bangladesh, Belize e Cuba) su 71 si sono avvalsi della clausola di «opting-out».

45

Le informazioni su questo caso sono disponibili all'indirizzo http://www.un.org/ womenwatch/daw/cedaw/cedaw32/CEDAW-C-2005-OP.8-MEXICO-E.pdf.

8983

Il nostro Consiglio non ha considerato opportuno fare una simile dichiarazione al momento dell'adesione. Parimenti, tutti gli Stati limitrofi come pure gli Stati membri dell'UE che hanno già ratificato il Protocollo facoltativo o vi hanno aderito (Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Repubblica Ceca) si sono astenuti dal formulare una siffatta dichiarazione al momento della ratifica.

La rinuncia alla dichiarazione di opting-out corrisponde inoltre alla posizione della Svizzera in materia di altre procedure d'inchiesta. Anche l'articolo 28 paragrafo 1 CAT comprende una possibilità di opting out, di cui la Svizzera non ha fatto uso46.

3.2.11

Obbligo di protezione e di informazione (art. 11 segg.)

L'articolo 11 OP CEDAW prescrive un obbligo di protezione totale dello Stato nei confronti delle persone che si sono rivolte al Comitato nell'ambito di una delle due procedure o che ne sono toccate. La disposizione è finalizzata innanzi tutto a proteggere da maltrattamenti o intimidazioni le persone che presentano al Comitato una comunicazione. Lo Stato parte interessato è tenuto ad astenersi da simili azioni nei confronti di queste persone come pure a non tollerare che siano commesse da terzi.

La cerchia delle persone protette è intesa in senso lato e comprende le persone o i gruppi di persone di cui all'articolo 2, i loro rappresentanti come pure i membri del Comitato incaricati di raccogliere informazioni, per esempio nell'ambito di una procedura d'inchiesta ai sensi dell'articolo 8, e che sottostanno alla sovranità dello Stato in questione.

3.2.12

Obblighi di rapporto del Comitato (art. 12)

L'articolo 12 OP CEDAW verte sugli obblighi di rapporto del Comitato, completandoli. In conformità con l'articolo 21 della Convenzione, il Comitato deve presentare all'Assemblea generale dell'ONU, per il tramite del Consiglio economico e sociale (ECOSOC), un rapporto annuo sulle proprie attività. L'articolo 12 precisa che tale rapporto annuo deve contenere anche un riassunto delle attività svolte a norma del Protocollo facoltativo (cfr. anche regola 73 numero 7 RP CEDAW).

46

Analogamente a quanto disposto dall'articolo 10 OP CEDAW, gli Stati parte alla Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite possono escludere con una riserva speciale la procedura d'inchiesta prevista dall'articolo 20 CAT al momento della firma o della ratifica. Della clausola di opting out di cui all'articolo 28 CAT hanno fatto uso, in origine, un numero relativamente importante di Stati, principalmente i Paesi socialisti; in seguito, tuttavia, queste riserve sono state ritirate.

8984

3.2.13

Divulgazione dei contenuti della Convenzione e del Protocollo facoltativo (art. 13)

Questa disposizione dell'articolo 13 OP CEDAW, che impone agli Stati parte a divulgare e diffondere su larga scala la Convenzione e il Protocollo facoltativo, è calcata sull'articolo 42 della Convenzione del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (CRC)47. Ogni Stato parte si impegna altresì a facilitare l'accesso alle informazioni relative alle constatazioni e alle raccomandazioni del Comitato, in particolare per gli affari che concernono direttamente detto Stato parte.

La Svizzera adempie già ora compiutamente gli obblighi di informazione e di dichiarazione assunti in relazione con altre convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo. Nelle pagine Internet delle autorità federali (www.admin.ch) sono accessibili, per esempio, tutte le convenzioni in vigore per il nostro Paese nelle tre lingue ufficiali della Confederazione e il sito Internet del Dipartimento degli affari esteri (www.eda.admin.ch) contiene, sempre nelle lingue ufficiali, i più recenti rapporti della Svizzera unitamente alle relative raccomandazioni e conclusioni dei Comitati nonché altri link pertinenti. Si sono inoltre adottate misure concrete per la creazione di strumenti di divulgazione dei nostri impegni in materia di diritto internazionale in generale e di diritti dell'uomo in particolare (motori di ricerca per Internet, opuscoli informativi, compilazioni di testi e altro materiale, documentazione).

3.2.14

Norme procedurali (art. 14)

In virtù di questo articolo il Comitato adotta il proprio regolamento interno, al quale conformerà l'esercizio delle funzioni che gli sono attribuite dal presente Protocollo facoltativo. Tali norme sono state formalmente adottate dal Comitato il 26 gennaio 200148.

3.2.15

Disposizioni finali (art. 15­21)

Gli articoli 15­21 OP CEDAW contengono disposizioni finali di natura tecnicocontrattuale. In particolare disciplinano, secondo il modello di altre convenzioni, l'adesione (art. 15), l'entrata in vigore (art. 16), gli emendamenti (art. 18) e la denuncia (art. 19). Per la Svizzera, il Protocollo facoltativo entrerebbe in vigore tre mesi dopo il deposito dello strumento di ratifica. L'articolo 20 OP CEDAW stabilisce che il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite informa tutti gli Stati parte. L'articolo 21 OP CEDAW disciplina il deposito del Protocollo facoltativo in tutte le lingue ufficiali delle Nazioni Unite, come pure la trasmissione delle copie autentiche a tutti gli Stati parte.

L'articolo 17 OP CEDAW stabilisce che non sono ammesse riserve al Protocollo facoltativo, fatta salva la possibilità di «opting out» dalla procedura d'inchiesta espressamente prevista (art. 8 seg. OP CEDAW).

47 48

RS 0.107 (entrata in vigore per la Svizzera il 26 marzo 1997).

UN Doc. A/56/38, allegato I.

8985

3.3

Concorso di procedure di controllo internazionali

Il divieto di cumulo di cui all'articolo 4 paragrafo 2 lettera a OP CEDAW esclude sovrapposizioni con altre procedure d'inchiesta o di composizione internazionali.

L'articolo 4 paragrafo 2 lettera del Protocollo facoltativo corrisponde quindi a quanto prescritto nell'articolo 22 numero 5 lettera a CAT, che limita expressis verbis l'applicazione di altri meccanismi di controllo internazionali, sancendo così il principio di diritto internazionale della parità di grado di tutte le autorità giudiziarie e di controllo internazionali: si intende in tal modo evitare che un'autorità internazionale giudichi la decisione di un'altra. Questa norma serve ad evitare inutili doppioni a livello internazionale.

Il termine «internazionale» non designa soltanto procedure d'inchiesta e di composizione di pari grado delle Nazioni Unite, bensì, per esempio, anche procedure come quelle previste nel diritto europeo secondo la Convenzione europea sui diritti dell'uomo (CEDU). In particolare, dal punto di vista delle procedure della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH), si può comunque escludere qualsiasi concorso di reclami: l'articolo 35 paragrafo 2 lettera b CEDU vieta alla CEDH di prendere in esame un ricorso che «è già stato sottoposto ad un'altra autorità internazionale d'inchiesta o di composizione e non contiene fatti nuovi» (cioè nessuna procedura simultanea presso la CEDAW e la CEDH; nessuna possibilità di adire la CEDH dopo aver presentato ricorso alla CEDAW).

In sostanza, ciascuno può quindi scegliere se sottoporre il proprio reclamo alla CEDH o a un altro organo di sorveglianza internazionale (per la Svizzera il CAT o il CERD); la comunicazione, tuttavia, sarà trattata solo da uno di questi due organi.

Sembra quindi escluso nei casi che riguardano la Svizzera che entrambi gli organi possano prendere in esame una comunicazione senza sapere che anche l'altro organo internazionale in questione se ne occupa perché la Svizzera è rappresentata presso i collegi internazionali dall'Ufficio federale di giustizia e quindi il coordinamento è assicurato. Si potrebbe eventualmente ammettere che due organi internazionali trattino la stessa questione se il primo organo non è entrato in materia e quindi non c'è stata decisione nel merito.

Le osservazioni e le raccomandazioni del Comitato non sono vincolanti per il
governo dello Stato parte interessato, che non deve necessariamente prendere spunto dalle osservazioni del Comitato per adottare a livello legislativo misure sulle quali non è d'accordo. Lo Stato parte è unicamente tenuto a prendere in debita considerazione le osservazioni del Comitato e le sue eventuali raccomandazioni e a trasmettergli, entro il termine di sei mesi, una risposta scritta comprendente anche i provvedimenti presi in seguito alle sue osservazioni e raccomandazioni (art. 7 par. 4 OP CEDAW). Nelle procedure dinanzi alla CEDH in virtù dell'articolo 46 paragrafo 1 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, gli Stati parte sono invece tenuti a eseguire la sentenza definitiva della Corte in tutti gli affari giuridici che li riguardano.

8986

4

Il Protocollo facoltativo e l'ordinamento giuridico svizzero

4.1

Natura degli obblighi di diritto internazionale

Come già esplicitato, il Protocollo facoltativo non contiene norme di diritto materiale, bensì prevede un semplice strumentario procedurale per l'attuazione degli impegni comunque già assunti al momento della ratifica della Convenzione.

Una delle principali questioni inerenti l'attuazione del Protocollo facoltativo deriva dalla natura prevalentemente programmatica della Convenzione49: per agevolare il più possibile l'adesione e lasciare un ampio margine di manovra agli Stati parte, la Convenzione CEDAW, a prescindere da uno scarso numero di disposizioni direttamente applicabili, è contraddistinta da un carattere programmatico. Nel messaggio del 23 agosto 1995 concernente la Convenzione, il nostro Consiglio partiva dal punto di vista che al massimo quattro articoli avrebbero potuto essere qualificati come direttamente applicabili dal Tribunale federale (cfr. più sopra il commento al n. 3.2.2). Nell'ambito dell'elaborazione del Protocollo facoltativo si è dimostrato che la questione più controversa era proprio quella di determinare se la procedura di comunicazione individuale da esso prevista fosse valida solo per i diritti direttamente applicabili della Convenzione o anche per le disposizioni programmatiche.50 Come chiaramente evidenziato dalla documentazione, durante l'elaborazione del Protocollo facoltativo anche gli altri Stati parte non erano dell'opinione che la procedura di comunicazione individuale dovesse essere applicata anche alla parte programmatica della Convenzione51. Il risultato delle discussioni del gruppo di lavoro è stato una modifica del testo degli articoli 2 e 8, per cui può essere fatta valere solo una violazione dei diritti enunciati nella Convenzione e non delle semplici disposizioni. Data la formulazione degli articoli 2 e 8 e tenuto conto dello svolgimento delle trattative, si può considerare che la procedura di comunicazione individuale si riferisce soltanto ai diritti direttamente applicabili.

4.2

Disposizioni esecutive

Sostanzialmente l'adesione al Protocollo facoltativo non richiede alcuna disposizione esecutiva da parte della Svizzera. Contrariamente alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH), giuridicamente vincolanti, le osservazioni e raccomandazioni del Comitato non hanno effetti legali per gli Stati parte, ma sono piuttosto di natura politica. Gli organi di sorveglianza (Treaty Bodies), istituiti conformemente alle convenzioni dell'ONU, sono consessi indipendenti di esperti, ma non tribunali nel senso della CEDH, della Corte internazionale di giustizia (CIG) o della nuova Corte penale internazionale (CPI). Di conseguenza, anche le loro considerazioni circa il merito di una comunicazione non sono sentenze di diritto 49

50

51

Cfr. in proposito le spiegazioni del messaggio del 23 agosto 1995 concernente la Convenzione del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (FF 1995 IV 809), n. 31.

Discussion on justiciability, in: Elaboration of a draft optional protocol to the convention on the elimination of all forms of discrimination against women, E/CN.6/1996/15, pag 89 e in: Synthesis of replies received from governments, intergovernmental organizations and non-governmental organizations, E/CN.6/1997/5, pag. 9.

Commission on the Status of Women, Report on the forty-third session,E/CN.6/1999/10.

8987

internazionale con forza esecutiva, ma contribuiscono, nell'insieme, a promuovere un consenso di base universale sul contenuto e sulla portata delle singole disposizioni delle relative convenzioni sui diritti dell'uomo.

Come già menzionato nel numero 3.3, ne consegue che ogni Stato parte al Protocollo facoltativo non è tenuto, in seguito alle considerazioni pervenutegli dal Comitato, ad adottare misure, per esempio legislative, se non condivide l'opinione del Comitato stesso.

Naturalmente, anche a livello del sistema e della prassi giuridica svizzeri possono prodursi ripercussioni del Protocollo facoltativo in ragione di eventuali raccomandazioni a seguito di comunicazioni del Comitato circa procedure di comunicazione o d'inchiesta. Il nostro Consiglio, conformemente alla sua confermata prassi nel trattare le raccomandazioni di diversi organi istituiti dai trattati internazionali e sulla base degli impegni derivanti dal presente Protocollo facoltativo, esaminerà in maniera approfondita siffatte raccomandazioni, in collaborazione con tutti gli uffici competenti. Già in passato ha più volte attuato le raccomandazioni di altri organi istituiti da un trattato e continuerà a farlo anche in futuro, nella misura del possibile. Allorché non ritiene appropriate o attuabili le raccomandazioni o considera che il loro obiettivo è meglio servito da altri provvedimenti, ne informa, d'abitudine, l'organo interessato.

Secondo il nostro Consiglio, l'adesione al Protocollo facoltativo non dovrebbe dar adito a un numero significativo di comunicazioni contro la Svizzera. Finora il Comitato ha ricevuto in tutto tre comunicazioni in base all'OP CEDAW. L'apprezzamento del nostro Consiglio è inoltre confortato dalle esperienze di altre procedure di comunicazione individuale nell'ambito delle Nazioni Unite: il numero delle procedure diverge considerevolmente secondo gli strumenti, ma si può tuttavia stabilire che proprio il numero di casi presentati ai due Comitati dei quali la Svizzera ha già riconosciuto la competenza (CAT e CERD) è limitato.

­

52

A titolo di esempio, il numero assoluto di comunicazioni ai sensi dell'articolo 14 CERD finora è rimasto modesto e nessuno dei casi riguardava la Svizzera: attualmente sono pervenute da tutto il mondo 35 comunicazioni.

Tredici sono state dichiarate irricevibili52, 21 sono state chiuse con un parere

Comunicazione n. 5/1994 (Ch. Payne contro Danimarca); Comunicazione n. 7/1995 (Barbaro contro Australia); Comunicazione n. 9/1997 (D.S. contro Svezia); Comunicazione n. 12/1998 (Barbaro contro Australia) (seconda trattazione); Comunicazione n. 18/2000 (Ali contro Norvegia); Comunicazione n. 19/2000 (Mostafa contro Danimarca); Comunicazione n. 14/1998 e n. 21/2001 (D. Sidlo contro Svezia); Comunicazione n. 22/2002 (POEM e FASM contro Danimarca); Comunicazione n. 23/2002 (K.R.C. contro Danimarca); Comunicazione n. 24/2002 (Nikolas Regerat et al. contro Francia ); Comunicazione n. 25/2002 (Ahmad Najaati Sadic contro Danimarca) e infine Comunicazione n. 28/2003 (The Documentation and Advisory Centre on Racial Discrimination contro Danimarca).

8988

nel merito53; in nove di questi casi, il Comitato ha constatato una violazione della Convenzione e ha sottoposto agli Stati parte interessati le raccomandazioni pertinenti54.

­

Per quanto concerne il CAT, finora sono state esaminate 168 comunicazioni.

In 35 casi si sono accertate violazioni della Convenzione e 46 comunicazioni sono state dichiarate irricevibili. Ad oggi, sono stati presentati 57 ricorsi contro la Svizzera. Di questi 11 sono pendenti, sette sono stati dichiarati irricevibili e 11 sono stati stralciati; 28 casi sono stati giudicati nel merito. In tre di questi il CAT ha stabilito che con l'allontanamento delle persone interessate la Svizzera violerebbe la Convenzione.

Dall'inizio della sua attività, il Comitato dei diritti dell'uomo (Patto II dell'ONU) ha invece registrato 1322 comunicazioni in virtù del Primo Protocollo facoltativo (stato: 8 novembre 2004). Di queste, 481 sono state concluse con considerazioni del Comitato (di cui 373 con accertamento di violazioni della Convenzione), 377 sono state dichiarate irricevibili e 183 sono state stralciate o ritirate, mentre 281 erano ancora pendenti.

5

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

Il Protocollo facoltativo non dovrebbe avere alcuna ripercussione finanziaria diretta o sull'effettivo del personale per la Confederazione né per i Cantoni. Rilevamenti presso gli Stati parte che hanno aderito al protocollo non lasciano prevedere spese supplementari in ragione della dichiarazione di adesione. Già fin d'ora, in virtù dell'articolo 18 paragrafo 1 della Convenzione, l'Amministrazione federale è tenuta a presentare rapporti periodici sulle misure adottate dalla Svizzera ai fini dell'attuazione della Convenzione55. Anche eventuali indicazioni nei rapporti nazionali nell'ambito del cosiddetto meccanismo di follow-up non comportano misure supplementari.

Per rappresentare la Svizzera dinanzi al Comitato nel caso di comunicazioni individuali appare ovvio designare l'Ufficio federale di giustizia, che già oggi svolge i compiti corrispondenti. Questa soluzione è convalidata non soltanto da motivi di 53

54

55

Comunicazione n. 1/1984 (Yilmaz-Dogan contro Paesi Bassi); Comunicazione n. 2/1989 (Demba Talibe Diop contro Francia); Comunicazione n. 3/1991 (Michel L.N. Narrainen contro Norvegia); Comunicazione n. 4/1991 (L. Karim contro Paesi Bassi); Comunicazione n r. 6/1995 (Z.U.B.S. contro Australia); Comunicazione n. 8/1996 (B.M.S. contro Australia); Comunicazione n. 10/1997 (Ziad Ben Ahmed Habassi contro Danimarca); Comunicazione n. 13/1998 (Koptova contro Slovacchia); Comunicazione n. 16/1999 (Kashif Ahmad contro Danimarca); Comunicazione n. 17/1999 (B. Jebelly contro Danimarca); Comunicazione n. 11/1998 (Lacko contro Slovacchia); Comunicazione n. 15/1999 (Fernand contro Paesi Bassi); Comunicazione n. 26/2002 (Stephen Hagan contro Australia) come pure Comunicazione n. 27/2002 (Quereshi contro Danimarca ).

Comunicazione n. 1/1984 (Yilmaz-Dogan contro Paesi Bassi); Comunicazione n. 4/1991 (L. Karim contro Paesi Bassi); Comunicazione n. 10/1997 (Ziad Ben Ahmed Habassi contro Danimarca); Comunicazione n. 13/1998 (Koptova contro Slovacchia) come pure Comunicazione n. 16/1999 (Kashif Ahmad contro Danimarca). Di tanto in tanto il Comitato emana raccomandazioni anche in casi nei quali non ha accertato una violazione della Convenzione (cfr. per esempio Comunicazione n. 17/1999 [B. Jebelly contro Danimarca]).

Cfr. nota 3.

8989

efficienza ma anche dalla necessità di garantire un procedimento coerente nei casi in questione. Fin d'ora, grazie a questa soluzione, si può escludere che l'autore di una comunicazione si rivolga contemporaneamente a diversi organi di controllo internazionali.

6

Programma di legislatura

Il messaggio era già annunciato nel rapporto sul programma di legislatura 1999­200356 ed è stato ripreso in quanto affare da sottoporre all'Assemblea federale per approvazione nel programma di legislatura 2003­2007.57

7

Costituzionalità

La base costituzionale del decreto federale riposa sulla competenza generale del Consiglio federale in materia di politica estera ai sensi dell'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale (Cost.). In virtù dell'articolo 184 capoverso 2 Cost., il Consiglio federale può firmare e ratificare trattati internazionali. La competenza dell'Assemblea federale è sancita nell'articolo 166 capoverso 2 della Costituzione federale.

Secondo l'articolo 141 capoverso 1 lettera d Cost. sottostanno a referendum facoltativo i trattati internazionali di durata indeterminata e indenunciabili (n. 1), prevedenti l'adesione a un'organizzazione internazionale (n. 2), comprendenti disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'emanazione di leggi federali (n. 3). Come esplicitato nel messaggio concernente l'adesione alla Convenzione58, la Convenzione stessa non contiene alcuna clausola esplicita di disdetta, mentre, secondo l'articolo 19 del Protocollo facoltativo la dichiarazione di adesione può essere ritirata in qualsiasi momento mediante notifica al Segretario generale delle Nazioni Unite.

Rimane solo da stabilire se le disposizioni del presente Protocollo contengono importanti norme di diritto. Ai sensi dell'articolo 22 capoverso 4 della legge sul Parlamento, sono disposizioni contenenti norme di diritto le disposizioni che, in forma direttamente vincolante e in termini generali ed astratti, impongono obblighi, conferiscono diritti o determinano competenze. Quelle del Protocollo facoltativo sono disposizioni indirettamente vincolanti, di natura generale e astratta. Conferiscono a persone o a gruppi di persone il diritto di esporre le violazioni di cui si ritengono vittime a un comitato internazionale di esperti, nell'ambito di una procedura di comunicazione standard. Dal canto loro, gli Stati parte non sono vincolati dalle osservazioni e dalle raccomandazioni del Comitato; tuttavia le loro autorità sono vincolate da determinati obblighi di collaborazione sia nell'ambito della procedura di comunicazione individuale, sia in quello della procedura d'inchiesta. Di conseguenza, il Protocollo facoltativo sancisce diritti e doveri che, ai sensi dell'arti-

56 57 58

FF 2000 2037, allegato 2 Cfr. Programma di legislazione 2003­2007, pag. 10 (allegato 1 al rapporto del Consiglio federale sul programma di legislatura 2003­2007).

Cfr. il messaggio del Consiglio federale del 23 agosto 1995, FF 1995 IV 809, n. 6.

8990

colo 164 capoverso 1 Cost., sul piano nazionale possono essere emanati soltanto in una legge formale.

Il Protocollo facoltativo sottostà quindi a referendum facoltativo. Conformemente all'articolo 163 capoverso 2 Cost. e all'articolo 24 capoverso 3 LParl è approvato sotto forma di decreto federale.

8

Conclusione

Dal punto di vista del nostro Consiglio il Protocollo facoltativo (OP CEDAW) costituisce un importante contributo alla salvaguardia dei diritti fondamentali delle donne nel mondo. Tali diritti sono oggi riconosciuti come parte integrale e inalienabile dei diritti dell'uomo in generale. Per verificarne l'attuazione si devono allestire procedure di controllo più efficaci.

A differenza delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDH), le osservazioni e le raccomandazioni del Comitato non sono vincolanti per i governi degli Stati parte interessati, bensì hanno soltanto carattere politico. Il governo dello Stato interessato non deve necessariamente adottare misure, per esempio in ambito legislativo, se non condivide le osservazioni trasmessegli dal Comitato. Ogni Stato parte è obbligato unicamente a prendere debitamente in considerazione le osservazioni del Comitato come pure le sue eventuali raccomandazioni.

Nonostante siano prive di obbligatorietà, le raccomandazioni del Comitato contribuiscono in maniera significativa alla promozione dei diritti umani in generale e di quelli della donna in particolare. Gli strumenti del Protocollo facoltativo sono procedure istituzionalizzate a livello internazionale e al tempo stesso semplici che contribuiscono a concretizzare i contenuti dei diritti dell'uomo senza indurre costi eccessivi e ne agevolano la validità. Inoltre gli strumenti del Protocollo facoltativo tengono conto delle differenze nazionali in materia di esigenze minime internazionali pervenendo così a un consenso di base universale.

La ratifica del Protocollo facoltativo sottolinea che l'obiettivo di una maggiore salvaguardia dei diritti delle donne è energicamente sostenuto. Tale ratifica corrisponde all'impegno del nostro Consiglio, già ripetutamente confermato, in materia di diritti dell'uomo e al suo coerente adoperarsi per l'istituzione di strumenti internazionali più efficaci in questo ambito. Infine la ratifica acquista un valore di avvertimento da non sottovalutare nei confronti di quegli Stati che ancora esitano a ratificare il presente Protocollo facoltativo.

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