Rapporto concernente la valutazione dell'efficacia della legge sulla parità dei sessi, in adempimento della mozione 02.3142 (Vreni Hubmann), trasformata in postulato dal Consiglio nazionale il 21 giugno 2002 del 15 febbraio 2006

Onorevoli presidenti e consiglieri, in adempimento della mozione Vreni Hubmann (02.3142) del 22 marzo 2002, intitolata «Nessun licenziamento di ritorsione contro donne che si difendono» e trasformata in postulato dal Consiglio nazionale il 21 giugno 2002, vi sottoponiamo il presente rapporto affinché ne prendiate atto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 febbraio 2006

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2005-3134

2941

Compendio Il presente rapporto è stilato in adempimento di una mozione presentata il 22 marzo 2002 dalla consigliera nazionale Vreni Hubmann (02.3142), che chiede di prolungare la protezione dal licenziamento e di considerare nullo il licenziamento ritorsivo di donne che si difendono da discriminazioni sessuali sul posto di lavoro.

Nel suo parere del 22 maggio 2002, il Consiglio federale espresse le sue riserve in merito a un'estensione della protezione dal licenziamento, dichiarandosi tuttavia disposto a esaminare la richiesta nell'ambito di una valutazione dell'efficacia della legge sulla parità dei sessi (LPar). Propose infine di trasformare la mozione in postulato, proposta cui il Consiglio nazionale aderì.

Nel dicembre del 2003, l'Ufficio federale di giustizia (UFG), in collaborazione con l'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (UFU), commissionò la valutazione a vari enti esterni. Il sondaggio si prefiggeva di esaminare a fondo l'efficacia della LPar e di appurare se occorreva una riforma. Tra gennaio del 2004 e la primavera del 2005 furono effettuate quattro inchieste scritte (presso i tribunali, gli uffici di conciliazione, le organizzazioni particolarmente impegnate per la parità dei sessi o vicine ai lavoratori e i responsabili del personale di vari datori di lavoro). Nel corso di un'inchiesta orale furono raccolti i pareri di rappresentanti dei sindacati, delle associazioni professionali, delle organizzazioni femminili, dei consultori specializzati e degli uffici dell'uguaglianza, come pure di avvocati specializzati nel campo della discriminazione. Infine, fu analizzato il contenuto di tutte le decisioni in materia di parità dei sessi pronunciate dal Tribunale federale e dai tribunali di alcuni Cantoni (Zurigo, Vaud, Svitto e Grigioni). Nell'aprile del 2005, i risultati di tali inchieste confluirono in un rapporto di sintesi.

Il rapporto di sintesi propone un'analisi qualitativa e quantitativa approfondita e pluridisciplinare dell'efficacia della LPar, analisi che consente di tracciare un bilancio e quindi di valutare l'attuabilità del diritto all'uguaglianza nel mondo lavorativo. Permette di vagliare, con cognizione di causa, la necessità e l'eventuale opportunità di adottare strumenti o di adeguare la LPar per promuovere la parità dei sessi, garantita dalla Costituzione,
nel mondo del lavoro.

Considerata tale valutazione, il Consiglio federale trae la conclusione che la LPar produce effetti positivi, in quanto mette a disposizione dei lavoratori discriminati strumenti di difesa adeguati. Non sono emersi svantaggi di rilievo, e non è stata rilevata alcuna necessità di riforma urgente. Tuttavia, la LPar da sola non basta a garantire la parità nel mondo del lavoro: da un lato, le condizioni quadro devono mutare radicalmente, e dall'altro, anche le imprese vanno responsabilizzate. Il Consiglio federale considera prioritari l'informazione e la sensibilizzazione in materia di uguaglianza, come pure la creazione di incentivi per le imprese. Per contro, respinge la richiesta della mozione Hubmann di ampliare la protezione dal licenziamento.

2942

Indice Compendio

2942

1 Situazione iniziale 1.1 Mozione Hubmann 1.2 Programma di legislatura 1.3 Mandato di valutazione 1.4 Portata della valutazione

2945 2945 2945 2945 2946

2 Obiettivo della valutazione 2.1 Quesiti posti 2.2 Metodologia

2947 2947 2947

3 Risultati delle inchieste 3.1 Decisioni giudiziali 3.2 Uffici di conciliazione 3.3 Organizzazioni vicine ai lavoratori 3.4 Responsabili del personale 3.5 Analisi del contenuto delle decisioni giudiziali nei Cantoni dei Grigioni, di Svitto, di Vaud e di Zurigo 3.6 Inchiesta orale tra i sindacati, le associazioni professionali, le organizzazioni femminili, i consultori specializzati, gli uffici dell'uguaglianza e gli avvocati

2948 2948 2949 2950 2951

4 Valutazione dei principali strumenti della LPar 4.1 Assunzione delle prove 4.2 Diritto delle organizzazioni di intentare un'azione 4.3 Molestie sessuali 4.4 Licenziamento discriminatorio e licenziamento ritorsivo 4.5 Analisi salariale

2953 2953 2954 2954 2955 2956

5 Parere degli interpellati 5.1 Grado di conoscenza della LPar 5.2 Giudizio generale 5.3 Necessità d'intervento

2957 2957 2957 2958

6 Valutazione dei risultati da parte dei mandatari e raccomandazioni 6.1 Timore di perdere il lavoro 6.2 Atti discriminatori non ritenuti tali e conoscenze insufficienti in materia 6.3 Scarsa trasparenza salariale e difficoltà di accedere alle informazioni 6.4 Inadeguati gli strumenti per promuovere l'uguaglianza 6.5 Potenziale degli uffici di conciliazione sfruttato in modo poco uniforme e talora insufficiente 6.6 Durata eccessiva del procedimento 6.7 Insufficienti le possibilità di difesa efficiente dalle discriminazioni strutturali

2958 2958 2959 2960 2960

2952

2953

2961 2962 2962 2943

7 Diritto comparato

2962

8 Parere del nostro Collegio 8.1 Giudizio generale 8.2 Esame delle raccomandazioni del mandatario 8.2.1 Estensione della protezione dal licenziamento 8.2.2 Estensione del diritto delle organizzazioni di intentare azione 8.2.3 Inasprimento delle sanzioni 8.2.4 Autorità dotate di competenze inquirenti ed esecutive 8.2.5 Informazione, sensibilizzazione e formazione 8.2.6 Trasparenza salariale, alleviamento dell'onere probatorio e perizie 8.2.7 Incentivi 8.2.7.1 Aiuti finanziari secondo la LPar 8.2.7.2 Marchio di parità 8.2.7.3 Acquisti pubblici 8.2.8 Obbligo legale delle imprese di adottare strumenti di promozione 8.2.9 Utilizzo più efficiente del potenziale inerente agli uffici di conciliazione 8.3 Le misure da noi proposte in sintesi

2965 2965 2966 2966 2967 2967 2968 2969 2970 2970 2971 2971 2972 2972

2944

2973 2974

Rapporto 1

Situazione iniziale

1.1

Mozione Hubmann

La legge federale del 24 marzo 1995 sulla parità dei sessi (LPar; RS 151.1) è in vigore dal 1° luglio 1996. Si prefigge di agevolare l'applicazione del diritto costituzionale a un salario uguale per un lavoro di pari valore e proibisce le discriminazioni sessuali nella vita professionale. Tra le altre cose, potenzia la protezione dai licenziamenti ritorsivi nel settore privato, ossia quelli pronunciati in seguito a un reclamo presentato per discriminazione, dichiarandoli impugnabili (art. 10 LPar).

Nella sua mozione 02.3142 «Nessun licenziamento di ritorsione contro donne che si difendono», la consigliera nazionale Vreni Hubmann chiedeva che i licenziamenti ritorsivi nei rapporti di lavoro di diritto privato fossero considerati nulli anziché impugnabili e che la durata della protezione dal licenziamento venisse prorogata (modifica dell'art. 10 LPar). La consigliera nazionale Hubmann ritiene che sono in primo luogo i licenziamenti ritorsivi a trattenere le donne dal far valere con maggior determinazione i propri diritti sul posto di lavoro. Esprimendo il nostro parere, il 22 maggio 2002, abbiamo sottolineato quanto l'impugnabilità sia più conveniente della nullità per i lavoratori, dal momento che l'impugnazione permette di stabilire in sede giudiziaria se il licenziamento è stato pronunciato in ritorsione di una discriminazione denunciata, o per altri motivi. Abbiamo inoltre segnalato la possibilità delle organizzazioni di intentare azione, strumento sancito nella LPar per permettere agli interessati di non esporsi in prima persona. Inoltre dubitavamo che prorogare la protezione dal licenziamento avrebbe sortito l'effetto desiderato quando il rapporto di lavoro era ormai deteriorato. Ci siamo tuttavia detti disposti a esaminare la richiesta dell'autrice della mozione nell'ambito di una valutazione dell'efficacia della legge sulla parità. Il 21 giugno 2002, il Consiglio nazionale trasformò in postulato la mozione Hubmann.

1.2

Programma di legislatura

La valutazione dell'efficacia della legge sulla parità dei sessi figura tra gli oggetti annunciati nelle linee direttive del rapporto sul programma di legislatura 2003­2007 (FF 2004 983).

1.3

Mandato di valutazione

D'intesa con l'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (UFU), la conduzione del progetto fu affidata all'Ufficio federale di giustizia (UFG). Il gruppo di lavoro interdipartimentale incaricato di seguire i lavori comprendeva, oltre all'UFU, anche il Segretariato di Stato dell'economia (seco) e l'Ufficio federale di statistica (UST). Nell'estate del 2003, l'UFG stilò uno schema di valutazione da sottoporre a varie università, istituti e uffici di valutazione per la stesura di un'offerta. Alla scadenza del termine di concorso erano giunte sette offerte. Esaminati accuratamente 2945

i vari progetti proposti, alla fine di dicembre del 2003, l'UFG stipulò un contratto di valutazione con il consorzio «Büro für arbeits- und sozialpolitische Studien (Büro BASS), Büro für arbeits- und organisationspsychologische Forschung und Beratung (büro a&o) und Elisabeth Freivogel, Advokatin» (qui di seguito: mandatario). Il mandatario svolse le inchieste tra gennaio del 2004 e la primavera del 2005, presentando il rapporto di sintesi nell'aprile del 20051.

Il presente rapporto è stato redatto in base ai risultati dell'inchiesta illustrati nel rapporto di sintesi.

1.4

Portata della valutazione

Il mandato dell'UFG si fondava sulla citata mozione Hubmann. Poiché la problematica legata al licenziamento ritorsivo emerge soltanto se considerata alla luce di altri aspetti inerenti alla LPar, abbiamo acconsentito a una valutazione approfondita degli effetti di tale normativa, al fine di metterne in risalto potenziali carenze e di appurare l'eventuale necessità di rivederla.

L'evaluando non comprendeva tuttavia l'attività e il settore di attività dell'UFU, come pure gli aiuti finanziari secondo la LPar, dal momento che entrambe le tematiche erano state oggetto di valutazioni precedenti.2 Gli aiuti finanziari verranno inoltre valutati una seconda volta, e i risultati saranno presentati nell'autunno del 2006.

1

2

Evaluation der Wirksamkeit des Gleichstellungsgesetzes. Synthesebericht der Arbeitsgemeinschaft Büro BASS, büro a&o und Elisabeth Freivogel, Advokatin, Berna e Binningen, aprile 2005. Il rapporto di sintesi riunisce sei rapporti parziali riguardanti singoli rilevamenti e analisi: ­ Befragung der zuständigen Gerichte und statistische Grobauswertung der Gerichtsurteile, Heidi Stutz, Büro BASS, Berna, gennaio 2005; ­ Schriftliche Befragung der Schlichtungsstellen, Heidi Stutz, Büro BASS, Berna, novembre 2004; ­ Schriftliche Befragung von Gewerkschaften, Berufsverbänden, Frauen- und Männerorganisationen, spezialisierte Beratungsstellen sowie Gleichstellungsbüros, Marianne Schär Moser/Jürg Baillod, büro a&o, Berna, settembre 2004; ­ Schriftliche Befragung privat- und öffentlichrechtlicher Arbeitgeberinnen und Arbeitgeber in der Schweiz, Heidi Stutz/Jürg Guggisberg, Büro BASS, Berna, gennaio 2005; ­ Inhaltsanalytische Auswertung der Gerichtsfälle in den Kantonen Graubünden, Schwyz, Waadt und Zürich, Elisabeth Freivogel, Advokaturbüro, Basilea/ Binningen, in collaborazione con Judith Wissmann-Lukesch, Zurigo, febbraio 2005 ­ Mündliche Befragung von Gewerkschaften, Berufsverbänden, Frauenorganisationen, spezialisierten Beratungsstellen, Gleichstellungsbüros sowie Anwält/innen, Marianne Schär Moser, büro a&o, Berna, gennaio 2005.

Tutti i documenti possono essere consultati all'indirizzo: www.bj.admin.ch (in tedesco) L'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo: valutazione dell'efficacia dopo dieci anni di attività. Rapporto della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 18 novembre 1999, FF 2000 1357; parere del Consiglio federale del 28 giugno 2000 in merito alle raccomandazioni della CdG-N.

Valutazioni quantitative e qualitative degli aiuti finanziari (1999 e 2000): ­ Aiuti finanziari in base alla legge sulla parità dei sessi ­ Valutazione quantitativa del primo periodo di concessione dei sussidi 1996-1998. Social Insight, Zurigo, 1999; ­ Aiuti finanziari in base alla legge sulla parità dei sessi ­ Valutazione qualitativa dei progetti conclusi nel 1999. Social Insight, Zurigo, 2000.

2946

Nella primavera del 2004, l'UST e l'UFU hanno lanciato un concorso separato per l'analisi statistica dell'evoluzione salariale e della posizione professionale di donne e uomini, analisi che fornisce un indicatore importante per lo stato di attuazione della parità dei sessi.3 Il presente rapporto tiene altresì conto dei risultati di tale sondaggio (cfr. n. 4.5).

2

Obiettivo della valutazione

2.1

Quesiti posti

Nell'ambito della valutazione si intendeva innanzi tutto chiarire gli effetti generali della LPar, verificando in che misura la legge è nota ai lavoratori, ai datori di lavoro, ai responsabili del personale e ai sindacati e in che modo influisce sulle trattative di lavoro collettive e la politica del personale delle singole aziende.

La domanda sull'attuabilità del diritto all'uguaglianza mirava a individuare il numero di azioni intentate sin dall'entrata in vigore della LPar, suddivise per decisioni, istanze, durata processuale e fattispecie di discriminazione.

Interessavano altresì i motivi per cui non è stato registrato alcun aumento del numero di azioni. Inoltre occorreva esaminare se i rapporti di lavoro venivano mantenuti una volta intentata un'azione e appurare l'importanza del licenziamento ritorsivo in seguito a denuncie di discriminazioni sul posto di lavoro.

Andava poi verificato se la procedura di conciliazione prevista dalla LPar produce gli effetti desiderati.

Sono inoltre stati valutati l'assunzione delle prove, l'azione intentata da un'organizzazione, le molestie sessuali e la protezione dal licenziamento in generale.

2.2

Metodologia

Nel valutare l'efficacia della LPar, il mandatario ha optato per un approccio modulare, al fine di rilevare un ampio spettro informativo e di integrare i vari punti di vista degli operatori coinvolti. Ai fini della valutazione sono state abbinate procedure analitiche incentrate sulla qualità, sulla quantità e sul contenuto. Sono stati effettuati sei rilevamenti e analisi in tutto.

In occasione di un primo rilevamento integrale tra le circa 200 corti civili e di diritto pubblico competenti in Svizzera, sono state rilevate, registrate sistematicamente e analizzate tutte le decisioni inerenti alla LPar (stato: primavera 2004).

In occasione di un secondo rilevamento integrale tra i circa 60 uffici di conciliazione cantonali competenti, sono stati registrati tutti i casi di conciliazione (stato: primavera 2004); sono altresì stati rilevati i disciplinamenti istituzionali di tali uffici e le loro esperienze nello svolgere la funzione attribuita loro dalla LPar.

3

«Vergleichende Analyse der Löhne von Frauen und Männern anhand der Lohnstrukturerhebungen 1998, 2000 und 2002. Untersuchung im Rahmen der Evaluation der Wirksamkeit des Gleichstellungsgesetzes.» Rapporto congiunto del 22 agosto 2005 del Büro für arbeits- und sozialpolitische Studien BASS AG e dell'Istituto di economia nazionale dell'Università di Berna, prof. Michael Gerfin.

2947

Il punto di vista dei lavoratori è stato rilevato indirettamente nel corso di una vasta inchiesta scritta tra circa 1500 operatori a loro vicini appartenenti a varie organizzazioni (sindacati, associazioni professionali, organizzazioni femminili e maschili, consultori specializzati, uffici dell'uguaglianza). Per motivi finanziari e organizzativi, si è rinunciato a interrogare direttamente i lavoratori.

Il punto di vista dei datori di lavoro nei settori pubblico e privato è stato rilevato nel corso di un'inchiesta scritta rappresentativa tra circa 5700 aziende private e istituti di diritto pubblico (responsabili del personale). Le domande poste in questo contesto corrispondevano a quelle rivolte agli operatori vicini ai lavoratori.

L'effettiva applicazione della LPar è stata esaminata, sul piano giuridico, analizzando nei dettagli il contenuto di decisioni pronunciate dai tribunali di tutte le istanze nei Cantoni di Zurigo, di Vaud, dei Grigioni e di Svitto.

Con l'ausilio di un'inchiesta orale, il mandatario ha infine approfondito il punto di vista degli operatori vicini ai lavoratori, esaminando più a fondo alcuni casi specifici di discriminazione. A tal scopo, sono state raccolte le esperienze specifiche maturate da 20 persone scelte tra gli addetti dei sindacati, delle associazioni professionali, delle organizzazioni femminili, dei consultori specializzati e degli uffici dell'uguaglianza, come pure tra gli avvocati specializzati nel campo della discriminazione.

3

Risultati delle inchieste

3.1

Decisioni giudiziali

Dal rilevamento integrale di tutte le decisioni in materia di parità pronunciate dalle corti civili e di diritto pubblico competenti, fino alla primavera del 2004, risultano 269 decisioni giudiziali valutabili, tra cui 245 sentenze e 21 stralci. È stato possibile attribuire le decisioni a 176 casi specifici, in parte dibattuti in varie istanze4.

La ripartizione geografica delle decisioni giudiziali è molto asimmetrica. Quasi un terzo dei casi proviene dal Cantone di Zurigo, e anche i Cantoni di Ginevra, di Vaud e di Soletta presentano un numero sproporzionato di casi. In sei Cantoni (AI, AR, GL, NW, SH, UR) non è mai stata pronunciata alcuna decisione in materia.

Una buona metà delle decisioni giudiziali (54 %) vertono su rapporti di lavoro di diritto pubblico, il rimanente 46 per cento su rapporti di lavoro di diritto privato.

32 decisioni concernono azioni intentate da organizzazioni; tali azioni, ad eccezione di due casi nella Svizzera romanda, attengono esclusivamente al settore pubblico.

La maggior parte delle decisioni giudiziali verte su questioni di discriminazione salariale (153 decisioni su 269, ossia il 57 %). Al secondo posto figurano le molestie sessuali (57 decisioni, ossia il 21 %) e al terzo i licenziamenti discriminatori (50 decisioni, ossia il 19 %). Il licenziamento ritorsivo è stato oggetto di 14 decisioni (pari al 5 %).

4

I risultati sono esposti nel dettaglio nel rapporto parziale «Befragung der zuständigen Gerichte und statistische Grobauswertung der Gerichtsurteile» (Heidi Stutz, Büro BASS, Berna, gennaio 2005).

2948

Nel settore pubblico, pressoché l'80 per cento delle discriminazioni denunciate riguarda il salario, seguito dal licenziamento discriminatorio (8 %) e dalle molestie sessuali (4 %). Una sola decisione verte sul licenziamento ritorsivo.

Nel settore privato, le discriminazioni denunciate con maggiore frequenza sono le molestie sessuali (40 %), seguite dalla disparità salariale (34 %) e dal licenziamento discriminatorio (31 %). I licenziamenti ritorsivi sono stati oggetto dell'11 per cento delle decisioni.

Nella Svizzera tedesca prevalgono le azioni per discriminazione salariale, in quella romanda le azioni per molestie sessuali.

Poco più di ogni quinta decisione riguarda professioni sanitarie, pressappoco ogni quinta concerne il settore dell'insegnamento (maestre d'asilo, insegnanti in lavori manuali e in economia domestica, maestre professionali nel settore infermieristico).

Le azioni intentate da professionisti della sanità, da insegnanti, quadri e persone altamente specializzate, come pure da operatori mediatici, vertono in prevalenza su discriminazioni salariali, mentre il personale d'ufficio, di vendita e della ristorazione denuncia principalmente molestie sessuali.

La quota maschile nelle azioni secondo la LPar non raggiunge il cinque per cento.

Il 40 per cento soltanto dei rapporti di lavoro continua ad azione intentata. Almeno la metà dei lavoratori adisce le vie legali soltanto una volta terminato il rapporto di lavoro. Alla pronuncia della decisione giudiziale, da metà a due terzi dei rapporti di lavoro non sussistono più.

Per quanto attiene all'esito dei procedimenti, va evidenziato che la maggior parte delle decisioni rese risulta sfavorevole ai lavoratori; il 44 per cento delle decisioni si è risolto a totale sfavore del lavoratore, il 14 per cento risulta in prevalenza negativo.

Soltanto il 16 per cento delle decisioni rese si è risolto a completo favore del lavoratore, mentre risulta prevalentemente positivo il 26 per cento.

3.2

Uffici di conciliazione

Dal rilevamento integrale di tutti i casi sottoposti agli uffici di conciliazione cantonali fino alla primavera del 2004, sono emerse informazioni in merito a 355 procedure di conciliazione5. Dal 1999, il numero di procedure avviate ogni anno è aumentato soltanto di lieve misura. In alcuni Cantoni, i casi sono addirittura diminuiti (BS, TI), mentre in altri il loro numero è rimasto invariato (BE, ZH) o è aumentato repentinamente (GE). Nel settore pubblico, i casi sono letteralmente lievitati, presumibilmente a causa dell'aumento delle azioni in seguito a determinate decisioni politiche. Nel settore privato, per contro, il numero di casi ha conosciuto una crescita continua, ma dal 2000 subisce una stasi, tranne che nel Cantone di Ginevra.

I casi più frequenti riguardano la discriminazione salariale (37 %), seguita dalle molestie sessuali sul posto di lavoro (26 %) e dal licenziamento discriminatorio (17 %). Soltanto il cinque per cento dei casi sottoposti agli uffici di conciliazione verte su un licenziamento ritorsivo.

5

I risultati sono esposti nel dettaglio nel rapporto parziale «Befragung der Schlichtungsstellen nach Gleichstellungsgesetz und Auswertung der Schlichtungsfälle» (Heidi Stutz, Büro BASS, Berna, novembre 2004).

2949

Nel settore pubblico, al primo posto figurano le disparità salariali (59 %), mentre nel settore privato prevalgono le molestie sessuali (31 %). Nel settore privato, soltanto il 29 per cento dei casi sottoposti a conciliazione verteva su controversie salariali.

Le domande di conciliazione sono in maggioranza individuali (95 %) e soltanto il cinque per cento di tale quota è inoltrato da uomini.

Nel 40 per cento dei casi è stato possibile raggiungere un'intesa; nel 53 per cento dei casi non vi è stata alcuna intesa, ma, talvolta, è stato possibile formulare raccomandazioni o impartire istruzioni. Poco più della metà dei casi irrisolti vengono portati in giudizio (54 %). L'otto per cento delle procedure di conciliazione si conclude con il ritiro della domanda. La durata media della procedura è di 4,8 mesi.

Il 28 per cento dei lavoratori che chiedono una conciliazione svolge una professione commerciale. In questo ambito non prevalgono le professioni tipiche del settore pubblico (sanità, insegnamento, opere sociali).

Gli insegnanti, i quadri e le persone altamente qualificate denunciano soprattutto discriminazioni salariali, mentre per le lavoratrici, le persone meno qualificate e gli impiegati nel settore della ristorazione appaiono più rilevanti le molestie sessuali. Il licenziamento discriminatorio e quello ritorsivo si sono rivelati importanti sia per i quadri e le persone altamente qualificate sia per il personale d'ufficio e della ristorazione.

All'inizio della procedura di conciliazione, sussiste il 37 per cento dei rapporti di lavoro; una volta conclusa la procedura non ne resta che il 29 per cento. Emerge tuttavia una notevole differenza tra settore pubblico e privato: mentre, nel 60 per cento dei casi, i rapporti di lavoro di diritto pubblico sussistono ancora a conciliazione avvenuta, per quelli privati tale valore si situa attorno al 15 per cento.

3.3

Organizzazioni vicine ai lavoratori

Nel corso di una vasta inchiesta scritta, sono stati interpellati 1510 operatori tra sindacati, associazioni professionali, organizzazioni femminili e maschili, consultori specializzati, uffici dell'uguaglianza (qui di seguito: associazioni dei lavoratori) per rilevare in che misura è conosciuta la LPar e raccogliere le esperienze maturate finora con tale legge. Il tasso di risposta è stato del 32,6 per cento6.

Gli interpellati giudicano da mediocri a buone le proprie conoscenze in materia. Il fatto più conosciuto è che la LPar obbliga i datori di lavoro a tutelare i collaboratori dalle molestie sessuali, quello meno conosciuto invece che le procedure previste dalla LPar sono gratuite. Poco conosciuta è anche la protezione dal licenziamento.

Lo sviluppo in materia di uguaglianza nella vita professionale è ritenuto piuttosto buono. La situazione non è considerata peggiorata rispetto a dieci anni fa, ossia prima che entrasse in vigore la LPar. Il cambiamento più gradito è la prevenzione delle molestie sessuali sul posto di lavoro. C'è chi attribuisce alla legge anche l'accresciuta parità salariale e sensibilità per l'argomento.

6

I risultati sono esposti nel dettaglio nel rapporto parziale «Schriftliche Befragung von Gewerkschaften, Berufsverbänden, Frauen- und Männerorganisationen, spezialisierten Beratungsstellen sowie Gleichstellungsbüros» (Marianne Schär Moser/Jürg Baillod, büro a&o, Berna, settembre 2004).

2950

Gli interpellati ritengono preminente intervenire in materia di parità salariale, mentre soltanto uno su otto considera ancora necessario intervenire nell'ambito delle molestie sessuali sul posto di lavoro.

Secondo una larga maggioranza degli interpellati, la realizzazione di un'uguaglianza effettiva all'interno delle aziende è ostacolata maggiormente dal fatto che le discriminazioni non vengono ritenute tali. Sono considerati ostacoli anche la scarsa utilità e i costi troppo elevati per l'azienda, come pure lo scarso interesse dei lavoratori. Un interpellato su cinque giudica poco incisive le disposizioni della LPar.

Circa la metà degli interpellati si è imbattuta in casi di discriminazione. La maggior parte riguarda donne che rivendicano la parità salariale. Risultano frequenti altresì la mancata promozione per motivi discriminatori, le molestie sessuali sul posto di lavoro e la discriminazione nell'attribuzione dei compiti. Rari invece i licenziamenti ritorsivi.

Gli interpellati ritengono che, nel più dei casi (poco meno del 50 %), non sia stato fatto nulla per affrontare le discriminazioni denunciate. Al secondo e al terzo posto figurano la discussione interna infruttuosa e la disdetta inoltrata dalle vittime (ca.

40 % per ciascuna voce). Le soluzioni costruttive, quali i provvedimenti interni, seguono quasi a pari passo con il licenziamento del molestatore (entrambe le voci attorno al 25 %).

La possibilità delle associazioni di intentare un'azione è considerata un'opportunità.

Nel complesso, gli interpellati giudicano sufficiente la protezione dal licenziamento prevista dalla LPar. Per quanto riguarda l'alleviamento dell'onere della prova, la maggioranza ritiene che, nonostante tale strumento, è quasi impossibile dimostrare una discriminazione.

Stando agli interpellati, il mancato aumento delle azioni è riconducibile innanzi tutto al timore di essere licenziati e di esporsi, e in secondo luogo all'insufficiente trasparenza dei salari e al timore di subire atti di mobbing.

Per attuare in modo più efficace la LPar, gli interpellati punterebbero in primo luogo su una maggiore informazione e sensibilizzazione. In secondo luogo chiedono la trasformazione delle condizioni quadro nella società e nelle imprese (trasparenza salariale, promozione del lavoro a tempo parziale, maggiori possibilità di custodia dei figli, ecc.) e infine propongono modifiche alla LPar e alla sua applicazione.

3.4

Responsabili del personale

Nel corso di un'inchiesta scritta rappresentativa sono stati interpellati oltre 5700 responsabili del personale di imprese private e di istituzioni di diritto pubblico per rilevare le esperienze maturate con la LPar. Il tasso di risposta è stato del 36 per cento7.

I responsabili del personale interpellati dispongono di conoscenze da mediocri a buone in materia. La maggior parte sa che le ditte sono obbligate a tutelare i loro collaboratori dalle molestie sessuali sul posto di lavoro (97 %); per contro, soltanto 7

I risultati sono esposti nel dettaglio nel rapporto parziale «Schriftliche Befragung privat- und öffentlichrechtlicher Arbeitgeberinnen und Arbeitgeber» (Heidi Stutz/ Jürg Guggisberg, Büro BASS, Berna, gennaio 2005).

2951

il 38 per cento è a conoscenza del fatto che chiunque intenti azione è protetto dal licenziamento nei sei mesi successivi alla fine della procedura.

I responsabili del personale, in maggioranza, ritengono che la politica attiva in materia di uguaglianza dei sessi conferisca un vantaggio competitivo sul mercato del lavoro. Ciononostante, il 57 per cento ammette che la propria azienda non attua alcuna politica attiva in materia. Nel settore pubblico e nelle grandi imprese, una tale politica è più frequente che nel settore privato in genere e nelle aziende più piccole.

Due terzi delle imprese, secondo gli interpellati, non hanno adottato strumenti atti a prevenire le molestie sessuali. Si sono mosse soprattutto le grandi imprese, di cui circa la metà ha emanato un regolamento speciale in materia di molestie sessuali.

Gli interpellati sono del parere che, negli ultimi dieci anni, la situazione in materia di parità non è peggiorata. Il lavoro a tempo parziale è stato giudicato in termini particolarmente positivi. La maggior parte ritiene tuttavia che non vi è stato alcun miglioramento per quanto riguarda la sensibilizzazione in fatto di parità, la prevenzione delle molestie sessuali e la custodia extrafamiliare dei figli. Gli interpellati pensano che la LPar abbia inciso soltanto marginalmente sul corso degli eventi.

Poco meno di due terzi dei responsabili del personale interpellati non giudicano necessario intervenire. Il terzo rimanente ritiene importante intervenire sulla sensibilizzazione in fatto di parità, l'aiuto alla custodia extrafamiliare dei figli e gli orari di lavoro compatibili con gli impegni familiari (11 % per ciascuna voce).

Una larga maggioranza ritiene che l'effettiva uguaglianza nella propria azienda non è intralciata, in quanto è già realizzata. Gli altri citano come ostacoli il fatto che le discriminazioni non vengono ritenute tali e che le donne non vogliono assumere maggiori responsabilità.

Sono pochi i responsabili del personale che finora si sono imbattuti in casi di discriminazione; la forma più frequente è la discriminazione salariale (43 %), seguita dalla discriminazione nell'attribuzione dei compiti (36 %), dalle molestie sessuali (30 %) e dalla mancata promozione per motivi discriminatori (18 %). Gli interpellati indicano la discussione interna come metodo prevalente
per affrontare la discriminazione.

Il 40 per cento dei responsabili del personale interpellati, rispondendo a una domanda aperta, propone misure atte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi della LPar. Il 24 per cento delle proposte verte sull'informazione e la sensibilizzazione; il 32 per cento sulle condizioni quadro (migliore compatibilità tra vita familiare e professionale, maggiori possibilità di lavoro a tempo parziale per gli uomini e i quadri). Si ritiene inoltre necessario intervenire sulla parità e la trasparenza salariali.

3.5

Analisi del contenuto delle decisioni giudiziali nei Cantoni dei Grigioni, di Svitto, di Vaud e di Zurigo

È stato analizzato il contenuto di 71 decisioni giudiziali raccolte in tutta la Svizzera (42 %). L'analisi illustra l'attuazione e l'applicazione della LPar, in particolare per quanto riguarda la parità salariale, l'alleviamento dell'onere della prova, la protezione dal licenziamento, il diritto delle organizzazioni di intentare un'azione o un 2952

ricorso, le molestie sessuali sul posto di lavoro, l'iter ricorsuale, la durata della procedura e il successo o il fallimento delle azioni per discriminazione e i possibili motivi alla base dell'esito riscontrato8. I risultati sono illustrati al numero 4 qui di seguito.

3.6

Inchiesta orale tra i sindacati, le associazioni professionali, le organizzazioni femminili, i consultori specializzati, gli uffici dell'uguaglianza e gli avvocati

Nell'ambito di un'inchiesta orale sono state raccolte le esperienze in materia di discriminazione maturate da una cerchia selezionata di avvocati e di addetti dei sindacati, delle associazioni professionali, delle organizzazioni femminili, dei consultori specializzati, degli uffici dell'uguaglianza. Analizzando il contenuto delle venti interviste svolte, è stato possibile mettere in luce il contesto e i retroscena degli atti discriminatori e illustrare in maniera chiara e comprensibile le situazioni problematiche. I risultati dell'analisi sono esposti al numero 5.

4

Valutazione dei principali strumenti della LPar

4.1

Assunzione delle prove

La LPar prevede la massima inquisitoria (art. 12 cpv. 2), in quanto il giudice è tenuto ad accertare i fatti d'ufficio e non soltanto su richiesta delle parti. L'analisi del contenuto dei casi giudiziari selezionati nei vari Cantoni ha evidenziato che la massima inquisitoria è poco rispettata, soprattutto per quanto attiene al salario e al licenziamento. Inoltre, taluni giudici sembrano ignorare che la massima inquisitoria si applica anche allorché non è previsto l'alleviamento dell'onere probatorio, ossia in caso di molestie sessuali e di mancata assunzione per motivi discriminatori.

Per attenuare le difficoltà nell'assumere le prove, la LPar prevede l'alleviamento dell'onere delle prove (art. 6 LPar)9, uno strumento per lo più noto alle associazioni dei lavoratori e ai responsabili del personale. La maggioranza dei rappresentanti dei lavoratori lo ritiene utile, pur deplorando che, sebbene l'onere probatorio sia alleviato, le discriminazioni restano quasi impossibili da dimostrare.

L'analisi del contenuto delle decisioni giudiziali evidenzia che di rado viene fatta la distinzione tra la verosimiglianza delle discriminazioni denunciate dalla vittima e le prove a discarico o la giustificazione incombenti interamente al datore di lavoro.

Inoltre è raro che un giudice ordini mezzi probatori di sua iniziativa. Dalle decisioni analizzate emergono forti divergenze nel definire le esigenze poste alla verosimiglianza. L'analisi evidenza altresì che non vi è molta chiarezza sulle esigenze poste 8

9

I risultati sono esposti nel dettaglio nel rapporto parziale «Inhaltsanalytische Auswertung der Gerichtsfälle in den Kantonen Graubünden, Schwyz, Waadt und Zürich» (Elisabeth Freivogel, Advokaturbüro, Basel/Binningen, in collaborazione con Judith WissmannLukesch, Zurigo, febbraio 2005).

Basta che una discriminazione sia resa verosimile. Se la persona interessata non riesce a rendere verosimile la discriminazione, l'azione va subito respinta; altrimenti il giudice procede con la seconda fase dell'assunzione delle prove: l'azienda incriminata, che non beneficia di alcun alleviamento dell'onere probatorio, deve dimostrare di non commettere discriminazioni.

2953

alle giustificazioni; in particolare i giudici civili di prima istanza tendono ad accettare come giustificazione qualsiasi motivo che d'acchito possa sembrare razionale, mentre ormai la giurisprudenza delle istanze superiori chiede, in aggiunta, che il datore di lavoro dimostri anche l'effettiva rilevanza dei motivi obiettivi addotti e la loro applicazione coerente ed equa a tutti i collaboratori.

4.2

Diritto delle organizzazioni di intentare un'azione

Le organizzazioni hanno il diritto di intentare un'azione per evitare a chi intende difendersi da una discriminazione di esporsi in prima persona (art. 7 LPar). Fino a presente, è stato fatto scarso uso di tale strumento; dalla valutazione emerge infatti che le organizzazioni hanno intentato un'azione o un ricorso in 32 casi su 269. 29 di queste azioni riguardano il settore pubblico, tre quello privato. Tutte le decisioni, ad eccezione di quattro, vertono sulla parità salariale.

Finora, l'azione intentata dalle organizzazioni è impiegata in prevalenza per rafforzare un ricorso individuale nell'ambito di un procedimento collettivo nel settore pubblico. Nel complesso, le decisioni rese in risposta ad azioni o ricorsi intentati da organizzazioni si risolvono generalmente a sfavore dei lavoratori, contrariamente alle decisioni rese in risposta ad azioni o ricorsi individuali (25 % favorevoli, 53 % sfavorevoli). Tuttavia, le impugnazioni sono frequenti. Spesso si tratta di procedimenti complessi in materia di parità salariale con ripercussioni ad ampio raggio.

Le azioni collettive e quelle intentate da organizzazioni in combinazione con azioni individuali di lavoratori attivi in professioni tipicamente femminili hanno trasformato la struttura salariale, in particolare quella dei Cantoni.

I rappresentanti dei lavoratori conoscono e giudicano in prevalenza positiva la possibilità delle organizzazioni di intentare un'azione. Tuttavia, ritengono che tale strumento faccia senso soltanto a condizione che le vittime aderiscano alla causa. È così che spiegano in parte lo scarso uso fatto finora di tale possibilità, in quanto l'adesione comporta una certa esposizione e quindi inficia i vantaggi offerti da questo strumento. Anche i responsabili del personale conoscono in prevalenza il diritto delle organizzazioni di intentare un'azione.

4.3

Molestie sessuali

La disposizione più conosciuta della LPar è il divieto delle molestie sessuali. Tuttavia, stando agli interpellati, due terzi delle imprese non hanno adottato misure preventive per evitare molestie sessuali sul posto di lavoro.

Tutti i rilevamenti individuano nelle molestie sessuali la seconda fattispecie di discriminazione dopo la disparità salariale. Non è di rilevanza statistica il fatto che l'alleviamento dell'onere probatorio non si applica in caso di molestie sessuali. In effetti, i giudici decidono un po' meno spesso a favore dei lavoratori nei casi di molestia sessuale; tuttavia, si riscontrano differenze maggiori tra fattispecie per le quali l'onere probatorio è disciplinato allo stesso modo. I rappresentanti dei lavoratori, per contro, ritengono problematica l'assenza dell'alleviamento dell'onere probatorio.

2954

Le decisioni analizzate specificano sempre che l'intero onere della prova incombe all'attore. Per contro, soltanto un'esigua parte di decisioni tematizza le misure preventive attuate dai datori di lavoro, senza peraltro precisare se e come i provvedimenti adottati siano comprovati.

Denunciare le molestie sessuali equivale in genere a perdere il lavoro. Infatti, nel 90 per cento dei casi giudiziari analizzati, il rapporto di lavoro non sussiste più, sia esso di diritto pubblico o privato. Le analisi qualitative confermano che, nei casi di denuncia delle molestie sessuali sul posto di lavoro, il mantenimento dell'impiego costituisce l'eccezione, e che non di rado sono le vittime stesse a non voler conservare il posto. Emerge inoltre che sovente insorgono gravi disturbi fisici o psichici, ma anche che molte donne non denunciano le molestie perché temono di perdere il posto di lavoro.

4.4

Licenziamento discriminatorio e licenziamento ritorsivo

L'analisi del contenuto delle decisioni giudiziali in materia di LPar evidenzia che avvocati e giudici non hanno le idee molto chiare in merito al licenziamento discriminatorio e al licenziamento ritorsivo10, che spesso non sono ritenuti tali. Di conseguenza, si applica esclusivamente il Codice delle obbligazioni (disdetta abusiva), che prevede un onere probatorio completamente diverso (più severo); la protezione dal licenziamento ritorsivo, appositamente prevista dalla LPar, viene a cadere fin dall'inizio perché non entra nemmeno in linea di conto.

La protezione dal licenziamento offerta dalla LPar non è molto conosciuta dalle associazioni dei lavoratori e dai responsabili del personale. Soltanto poco più della metà dei rappresentanti dei lavoratori e i due quinti dei responsabili del personale sapevano che chiunque intenta azione è protetto dal licenziamento nei sei mesi successivi alla fine della procedura.

Stando ai rappresentanti dei lavoratori e agli uffici di conciliazione, le vittime desistono dal denunciare le discriminazioni soprattutto per timore di perdere il lavoro.

Tuttavia, la protezione dal licenziamento è considerata, nel complesso, appena sufficiente e utile. Nel contempo, gli interpellati specificano che l'attuale protezione dal licenziamento non risolve il problema della perdita del posto.

Rispetto ai lavoratori nel settore privato, quelli del settore pubblico rischiano decisamente meno di perdere il lavoro quando denunciano le discriminazioni subite. I dati disponibili relativi ai procedimenti giudiziari dimostrano che molti lavoratori adiscono le vie legali soltanto una volta terminato il rapporto di lavoro. Fino alla decisione giudiziale, la quota continua a diminuire: nel settore privato, nemmeno un rapporto di lavoro su quattordici è mantenuto, quando in quello pubblico perlomeno resiste quasi la metà. Le esperienze maturate dai rappresentanti dei lavoratori confermano tale quadro della situazione, inducendoli alla conclusione che, nell'economia privata, è pressoché impossibile denunciare una discriminazione mantenendo l'impiego.

10

È discriminatorio il licenziamento pronunciato a causa del sesso di una persona (art. 9 LPar). È ritorsivo il licenziamento pronunciato senza motivo giustificato in seguito a un reclamo sollevato all'interno dell'azienda per presunta discriminazione (art. 10 LPar).

2955

4.5

Analisi salariale

Le disparità salariali tra donne e uomini dipendono da vari fattori. Una parte della differenza salariale si spiega con fattori obiettivi (quota giustificata). Il resto, non essendo giustificabile, è attribuibile ad atti discriminatori.

L'inchiesta commissionata dall'UST e dall'UFU11 evidenzia come negli ultimi anni, nel settore privato, la disparità salariale media tra donne e uomini (astraendo da caratteristiche individuali quali formazione, campo d'attività, ecc.) sia rimasta pressoché invariata (25,9 % nel 1996 rispetto al 25,1 % nel 2002)12. I salari stanno convergendo molto lentamente. Il 60 per cento circa delle differenze salariali è riconducibile a fattori obiettivi: le donne inserite nel mercato del lavoro sono in media più giovani, posseggono meno esperienza nell'azienda (anzianità di servizio), sono meno qualificate, lavorano in settori a basso reddito e sono mal rappresentate nelle posizioni dirigenziali e nei posti di maggiore responsabilità. Il 40 per cento circa delle disparità salariali non si spiegano però con tali fattori obiettivi e vanno pertanto considerate discriminazioni salariali.

Per quanto attiene alle discriminazioni salariali, non si registrano cambiamenti di rilievo rispetto al 1998; già allora la quota discriminatoria era del 41 per cento circa, e oggi continua a situarsi attorno a questa cifra (42 % nel 2002). Ciò significa che la riduzione della forbice salariale è dovuta soprattutto all'assottigliarsi dello scarto formativo (qualifiche migliori, crescente esperienza lavorativa delle donne).

Emergono grandi differenze settoriali, sia per quanto concerne le disparità salariali sia riguardo alle quote di discriminazione. La discriminazione salariale più esigua è registrata nelle istituzioni private della sanità e della socialità, quella maggiore nell'industria tessile e del cuoio. Nel settore terziario si rileva il fenomeno del «soffitto di cristallo», ossia il fatto che le donne, nella loro ascesa, incontrano ad un certo punto un ostacolo invisibile che impedisce loro di superare una determinata soglia (o perlomeno lo rende molto difficile). In questo settore, più sono elevati i salari, più la disparità salariale tra donne e uomini è marcata. Nel commercio al dettaglio e nella ristorazione, settori a basso salario, le differenze di salario nei segmenti salariali bassi sono riconducibili esclusivamente a discriminazione, mentre in altri settori

11

12

«Vergleichende Analyse der Löhne von Frauen und Männern anhand der Lohnstrukturerhebungen 1998, 2000 und 2002. Untersuchung im Rahmen der Evaluation der Wirksamkeit des Gleichstellungsgesetzes.» Rapporto congiunto del 22 agosto 2005 del Büro für arbeits- und sozialpolitische Studien BASS AG e dell'Istituto di economia nazionale dell'Università di Berna, prof. Michael Gerfin.

Lo studio suddivide le disparità salariali in quelle riconducibili a fattori obiettivi e in quelle che non trovano una spiegazione plausibile (discriminatorie). A tale scopo, gli autori utilizzano la differenza salariale media tra donne e uomini, ossia la differenza dei salari medi logaritmici (cfr. pag. 4 seg. e pag. 52 del rapporto). Le cifre pubblicate dall'UST in merito alle differenze salariali tra donne e uomini sono calcolate in base al mensile lordo standardizzato (mediana): gli impieghi a tempo parziale sono convertiti in impieghi a tempo pieno, sulla base di 40 ore lavorative a settimana e di 4 1/3 settimane al mese.

Anche nell'Unione Europea (UE), la disparità salariale tra donne e uomini è rimasta pressoché invariata. Nell'UE-15 le donne guadagnavano in genere il 16 per centoper cento in meno (fonte: Eurostat, stima 2003). Si presume che nell'UE-25 la disparità salariale tra donne e uomini sia del 15 per centoper cento circa e quindi leggermente inferiore (cfr.

Relazione sulla parità tra uomini e donne, Commissione delle Comunità Europee, febbraio 2005, pag. 10).

2956

(banche e assicurazioni, poste e telecomunicazioni, informatica) le discriminazioni sono soprattutto un problema dei piani alti.

Tra il 1998 e il 2002, l'entità delle discriminazioni salariali in media non è mutata, ma nei segmenti salariali bassi sono diminuite sia la disparità sia la discriminazione salariali, mentre nei segmenti alti è rimasta immutata la quota di discriminazioni e sono aumentate le disparità salariali. I motivi vanno ricercati nella crescente diffusione di componenti salariali legate ai risultati conseguiti e destinate agli impiegati in posizioni dirigenziali (e quindi soprattutto agli uomini).

Nell'Amministrazione federale e nelle imprese di cui lo Stato è azionista, la differenza salariale media è del 13 per cento circa e quindi nettamente inferiore a quella rilevata nel settore privato; inoltre si giustifica in larga misura con le qualifiche differenti dei collaboratori (e in particolare l'anzianità di servizio).

Per motivi tecnici e inerenti alla protezione dei dati, non è stato possibile esaminare il settore pubblico cantonale, particolarmente colpito da azioni per discriminazioni salariali secondo la LPar.

5

Parere degli interpellati13

5.1

Grado di conoscenza della LPar

Nel complesso, la LPar è conosciuta in misura soddisfacente. Da tutte le inchieste è però emerso che i lavoratori, cui la LPar si rivolge in primo luogo, sono i meno informati. I rappresentanti dei lavoratori non ritengono troppo complicata la LPar e giudicano buoni anche il contenuto e le procedure previste. Le imprese per contro si dicono relativamente critiche per quanto riguarda la chiarezza e comprensibilità.

5.2

Giudizio generale

Gli addetti di sindacati, associazioni professionali, organizzazioni femminili, consultori specializzati e uffici dell'uguaglianza, i rappresentanti del personale e gli avvocati specializzati nel campo della discriminazione non intravedono peggioramenti, ma nemmeno grandi miglioramenti rispetto alla situazione com'era prima che entrasse in vigore la LPar. L'analisi contestuale rivela variegate tendenze sociali, economiche e aziendali che influiscono sulla realizzazione dell'uguaglianza indipendentemente dalla LPar. Tuttavia, la direzione impressa dai vari fattori è poco chiara. A parere degli interpellati, la LPar ha influito soltanto marginalmente sull'evoluzione dell'uguaglianza effettiva. I rappresentanti dei lavoratori considerano la LPar uno strumento utile per risolvere singoli conflitti e negoziare contratti collettivi di lavoro.

Una netta maggioranza dei responsabili del personale e dei rappresentanti dei lavoratori si dicono d'accordo sul fatto che la LPar non ha comportato cambiamenti nel loro lavoro. La maggioranza degli interpellati non vede effetti controproducenti, ma 13

I risultati sono esposti nel dettaglio nel rapporto parziale «Mündliche Befragung von Gewerkschaften, Berufsverbänden, Frauenorganisationen, spezialisierten Beratungsstellen, Gleichstellungsbüros sowie Anwält/innen», Marianne Schär Moser, büro a&o, Berna, gennaio 2005.

2957

le associazioni dei lavoratori hanno fatto l'esperienza che attuare la LPar può creare tensioni all'interno dell'azienda, e il 49 per cento dei responsabili del personale condivide tale parere.

I rappresentanti dei lavoratori ritengono, più ancora dei responsabili del personale, che la realizzazione di un'uguaglianza effettiva è ostacolata soprattutto dalla scarsa utilità o dai costi troppo elevati per l'azienda.

5.3

Necessità d'intervento

Gli interpellati puntano in primo luogo sull'informazione, la sensibilizzazione e il miglioramento delle condizioni quadro nella società e nelle imprese (ad es. trasparenza salariale). Una netta maggioranza dei responsabili del personale non vede alcuna necessità d'intervento all'interno della propria azienda; un buon terzo ritiene necessario sensibilizzare il pubblico per gli argomenti inerenti alla parità dei sessi e adottare misure che permettano di conciliare vita familiare e professionale. I rappresentanti dei lavoratori sono del parere che occorra intervenire in particolare nell'ambito della parità salariale e della compatibilità di famiglia e lavoro. Propongono altresì numerose modifiche alla LPar e alla sua applicazione, in particolare per quanto riguarda la protezione di chi intenta azione, l'accesso facilitato alle informazioni e la richiesta di adottare misure attive.

6

Valutazione dei risultati da parte dei mandatari e raccomandazioni

6.1

Timore di perdere il lavoro

Il motivo principale per il mancato aumento delle azioni intentate secondo la LPar continua a risiedere nel timore di perdere il lavoro, di esporsi e di essere ostacolati nella futura carriera. Come emerso dalle inchieste, la maggior parte dei rapporti di lavoro è già terminata allorché ha inizio il processo. Il rilevamento presso i tribunali ha evidenziato che la quota dei rapporti di lavoro ancora in essere al momento di presentare ricorso è del 40 per cento soltanto. Quando è pronunziata la decisione giudiziale, il 45 per cento dei rapporti di lavoro nel settore pubblico non sussiste più; nel settore privato la quota è del 84 per cento. Tuttavia, sia le associazioni dei lavoratori sia gli uffici di conciliazione giudicano la LPar, nel suo insieme, sufficiente e utile.

I mandatari, per contro, ritengono auspicabile migliorare la protezione dal licenziamento. Tuttavia, la proroga del termine di protezione non risolverebbe davvero il problema del timore di perdere il lavoro. Ecco perché l'estensione della protezione dal licenziamento andrebbe abbinata a ulteriori misure d'accompagnamento, quali ad esempio il diritto delle autorità di intentare azione o l'inasprimento delle sanzioni (cfr. quanto segue).

La LPar è finalizzata a eliminare gli abusi, fornendo al singolo gli strumenti per denunciare le discriminazioni. In tal modo, si grava la vittima, pur sostenendola, della competenza praticamente esclusiva per la realizzazione dell'uguaglianza.

I mandatari ritengono pertanto ipotizzabile un'estensione del diritto delle organizzazioni di intentare azione, per permettere loro di rivendicare dai convenuti, a nome 2958

proprio, ma per conto delle vittime, prestazioni a favore dei lavoratori discriminati (azione di condanna a una prestazione). Tuttavia, in assenza di misure d'accompagnamento, anche da questo strumento non scaturirebbe una soluzione improntata alla continuità. Risulterebbe molto più incisivo smettere di addossare l'attuazione della parità soltanto ai lavoratori discriminati.

Nel loro rapporto di sintesi, i mandatari propongono pertanto di istituire delle autorità dotate di competenze inquirenti adeguate e autorizzate a indagare e ad accertare i fatti di propria iniziativa. Dovrebbero avere il diritto di intervenire e di agire in giudizio autonomamente, in rappresentanza dei lavoratori discriminati o al fine di combattere le discriminazioni strutturali (diritto delle autorità di intentare azione).

I mandatari propongono inoltre di potenziare le sanzioni in caso di violazione della LPar, aumentando nettamente le indennità a favore dei lavoratori discriminati e prevedendo multe a carico dei datori di lavoro che si rendono colpevoli di discriminazioni.

6.2

Atti discriminatori non ritenuti tali e conoscenze insufficienti in materia

Dalle inchieste emerge che sovente le discriminazioni indirette non sono ritenute tali, sia dalle vittime stesse e i loro avvocati sia dai giudici14.

La qualità delle decisioni di prima istanza è molto eterogenea. Taluni giudici misconoscono completamente le basi legali; altri non temono onerose assunzioni di prove e intraprendono sforzi evidenti per acquisire le nozioni di cui non dispongono ancora. A seconda del Cantone, da uno a due terzi dei casi infine risoltisi, almeno in parte, a favore dei lavoratori hanno dovuto percorrere almeno due istanze.

Tuttavia, anche taluni avvocati non posseggono conoscenze sufficienti. L'analisi delle decisioni giudiziali evidenzia che talune azioni sono mal impostate e che qualche pretesa non viene nemmeno fatta valere. Inoltre, la LPar è poco conosciuta, soprattutto nelle piccole e medie imprese e dai lavoratori stessi.

Il rimedio suggerito dai mandatari consiste nel trinomio informazione, formazione e sensibilizzazione. Le campagne d'informazione e di sensibilizzazione andrebbero rivolte specificamente ai vari destinatari, che sarebbero i lavoratori, i datori di lavoro (in particolare PMI), i rappresentanti dei datori di lavoro, gli avvocati e i giudici. Per garantire una certa continuità, si raccomanda un'azione concertata tra enti statali, associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, avvocati e giudici.

14

Una discriminazione è considerata indiretta qualora un criterio, seppure applicabile a entrambi i sessi, rischia di essere utilizzato prevalentemente a scapito dei rappresentanti di un sesso piuttosto che dell'altro, senza che tale disparità di trattamento si giustifichi sul piano materiale.

2959

6.3

Scarsa trasparenza salariale e difficoltà di accedere alle informazioni

La scarsa trasparenza salariale e il difficile accesso alle informazioni sono determinanti per il mancato aumento delle azioni secondo la LPar. Spetta sempre ai lavoratori rendere verosimile una (presunta) discriminazione. I datori di lavoro possono sottrarsi a un'incombente azione intentata per discriminazione salariale tacendo le informazioni rilevanti. In tal modo, chi sospetta di essere discriminato non ha alcuna possibilità di verificare il proprio sospetto. In genere, i datori di lavoro sono tenuti a rivelare i dati personali e salariali soltanto nell'ambito di un procedimento giudiziario.

Affinché le organizzazioni e le persone che sospettano di subire discriminazioni possano ottenere le informazioni rilevanti per documentare da subito il loro sospetto, i mandatari suggeriscono di promuovere la trasparenza salariale. Le imprese dovrebbero essere tenute a fornire le informazioni già in un primo stadio del conflitto. Inoltre, i mandatari propongono di seguire l'esempio del Regno Unito, istituendo regole che impongono al datore di lavoro di compilare, dietro semplice richiesta, un questionario atto a fornire celermente le informazioni rilevanti in merito alla struttura dei salari dell'azienda. Andrebbero inoltre uniformate i criteri per la redazione delle perizie. Infine, i mandatari ritengono opportuno estendere l'alleviamento dell'onere probatorio alle fattispecie della mancata assunzione per motivi discriminatori e delle molestie sessuali; tuttavia, suggeriscono di abbinare tale provvedimento alle altre misure proposte, in particolare a quelle finalizzate ad aiutare le vittime a vincere la paura di denunciare le discriminazioni subite.

6.4

Inadeguati gli strumenti per promuovere l'uguaglianza

La maggior parte delle imprese finora non ha adottato strumenti specifici per promuovere l'effettiva uguaglianza. Sono in prevalenza le grandi imprese e le amministrazioni ad adottare misure preventive, soprattutto per quanto riguarda le molestie sessuali sul posto di lavoro. Il rapporto di sintesi evidenzia tuttavia che quasi i due terzi delle imprese considera una politica attiva in materia di uguaglianza un vantaggio competitivo sul mercato del lavoro. Pressoché il 75 per cento delle imprese è del parere che le azioni per discriminazione, qualora divengano di pubblico dominio, compromettono fortemente l'immagine dell'azienda.

I mandatari propongono pertanto di informare e di sensibilizzare in modo mirato le piccole e medie imprese riguardo alla problematica dell'uguaglianza tra donna e uomo. Le imprese che s'impegnano a realizzare un'uguaglianza effettiva andrebbero incentivate (ad es. concedendo loro sgravi fiscali o introducendo un marchio di parità). I mandatari suggeriscono altresì di potenziare i controlli per verificare il rispetto della LPar (ad es. negli appalti pubblici) e di prevedere sanzioni più severe a scopo dissuasivo. Infine, raccomandano di inserire nella LPar un obbligo positivo di promuovere l'uguaglianza tra i sessi e di potenziare l'offerta di assistenza e di consulenza indirizzata alle imprese.

2960

6.5

Potenziale degli uffici di conciliazione sfruttato in modo poco uniforme e talora insufficiente

Gli uffici di conciliazione per le controversie in materia di discriminazioni nella vita professionale sono stati istituiti dalla LPar; infatti, l'articolo 11 recita che ogni Cantone designa un ufficio di conciliazione che, in caso di presunta violazione della LPar, consiglia le parti e cerca di indurle all'intesa.

L'assetto degli uffici di conciliazione varia da Cantone a Cantone. Taluni hanno istituito un ufficio centrale, altri prevedono uffici separati per controversie di diritto privato e di diritto pubblico, mentre in altri ancora gli uffici sono competenti per territorio. In taluni Cantoni esistono uffici di conciliazione soltanto per il settore privato, in altri sono disciplinati anche i rapporti di lavoro di diritto pubblico. Taluni Cantoni considerano la procedura di conciliazione facoltativa per il settore privato, altri invece la ritengono obbligatoria. Talora gli uffici di conciliazione sono inseriti nei tribunali, altre volte sono organi ben distinti.

Un altro fattore è la composizione degli uffici di conciliazione: taluni Cantoni affidano tale compito a un singolo individuo, altri hanno istituito un'apposita commissione paritetica composta da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Si rilevano grandi differenze anche in merito alla procedura stessa; mentre in taluni Cantoni occorre presentare conclusioni formali, in altri, la richiesta di conciliazione non è soggetta a prescrizioni di forma e può essere fatta a voce o per scritto. Le soluzioni adottate dai Cantoni divergono anche per quanto riguarda le competenze; alcuni uffici di conciliazione sono autorizzati a mediare conflitti misti, comprendenti cioè pure questioni inerenti al diritto delle obbligazioni, mentre altri possono trattare esclusivamente conflitti secondo la LPar. Lo stesso dicasi per i mezzi probatori: in alcuni Cantoni è permesso interrogare soltanto le parti in causa, ma non eventuali terzi; in altri invece è possibile chiedere atti ufficiali e ordinare un semplice scambio di scritti. Ogni Cantone interpreta a modo suo anche il mandato di consulenza previsto dalla legge.

L'inchiesta tra gli uffici di conciliazione e l'analisi delle procedure di conciliazione evidenziano che questi organi contribuiscono in modo determinante a risolvere conflitti in materia di parità, sgravando i tribunali grazie
all'elevato numero d'intese raggiunte. Si è pertanto dimostrata valida l'idea di vincolare l'accesso ai tribunali alla previa consultazione di un ufficio di conciliazione che, in una procedura semplice e celere, aiuti a fa valere le rivendicazioni di non discriminazione. Tuttavia, le differenze istituzionali e qualitative tra i Cantoni incidono sia sull'utilizzo degli uffici sia sul numero di intese raggiunte. La quota delle intese raggiunte varia da Cantone a Cantone; è del 60 per cento per Basilea Città, Berna e Zurigo, ma soltanto del 19 per cento nel Canton Ginevra.

Un altro problema consiste nel fatto che molti uffici di conciliazione non sono autorizzati a trattare casi misti, ossia attinenti anche a violazioni del diritto delle obbligazioni. Costringendo le vittime di discriminazione a rivolgersi a vari uffici, non si fa che aumentare le loro remore a difendersi.

È inoltre emerso che, nelle questioni salariali complesse, un semplice scambio di scritti può rivelarsi utile ai fini dell'indagine. Il numero di intese raggiunte è superiore per gli uffici che possono appurare i fatti basandosi su un semplice scambio di scritti, che tuttavia non è previsto dalla LPar.

2961

Stando agli uffici di conciliazione, l'accertamento dei fatti è spesso reso ancor più difficile dalla circostanza che i datori di lavoro non hanno alcun interesse a consegnare il materiale a carico (ad es. informazioni salariali). Per il resto, i datori di lavoro appaiono in genere cooperativi.

Per tutti questi motivi, i mandatari raccomandano di definire standard minimi per gli uffici di conciliazione (procedure di conciliazione anche nel settore pubblico, richiesta di conciliazione senza formalità, competenza a mediare conflitti misti, ecc.).

6.6

Durata eccessiva del procedimento

L'analisi dei casi giudiziali ha evidenziato che i tempi sono molto lunghi, in particolare nei processi vertenti sulla parità salariale. I motivi sembrano risiedere nella scarsa formazione ed esperienza, nelle difficoltà di acquisire informazioni e mezzi probatori, nella problematica delle perizie, ecc. I mandatari suppongono che tale problema si risolva una volta adottate semplici misure tese a rendere più efficiente il rilevamento dei dati e l'iter procedurale, e man mano che aumenti l'esperienza in materia.

6.7

Insufficienti le possibilità di difesa efficiente dalle discriminazioni strutturali

La valutazione dell'efficacia della LPar ha evidenziato che, a causa delle risorse e delle competenze limitate, le offerte di consulenza e di conciliazione previste dalla legge e gli uffici dell'uguaglianza non bastano a far rispettare con successo il divieto di discriminazione. Alla luce delle esperienze maturate all'estero, i mandatari sono del parere che occorrano autorità dotate di competenze inquirenti ed esecutive (cfr.

anche il n. 6.1).

7

Diritto comparato

Da uno studio di diritto comparato emerge che anche i Paesi limitrofi e quelli scandinavi, l'Irlanda, il Regno Unito, l'Australia, gli Stati Uniti e il Sudafrica vietano per legge le discriminazioni fondate sul sesso nella vita professionale. Di regola, le fattispecie di discriminazione comprendono ogni stadio del rapporto di lavoro, inclusa la tutela dalle molestie sessuali sul posto di lavoro. Le sanzioni previste differiscono a seconda della fattispecie e comportano dapprima, in genere, la cessazione della discriminazione e infine il diritto al risarcimento del danno.

Considerate le raccomandazioni formulate dai mandatari, in questa sede interessano soprattutto le esperienze maturate all'estero con gli istituti per la parità tra i sessi, gli strumenti per promuovere la trasparenza salariale e i sistemi ipotizzabili per incentivare la promozione dell'uguaglianza.

Parecchi Paesi hanno costituito istituti per la parità tra i sessi (ad es. la Francia, i Paesi Bassi, il Regno Unito, l'Irlanda, la Svezia). Le competenze e le attribuzioni di questi uffici tuttavia divergono fortemente da Paese a Paese. Tanto per fare un esempio, l'Equal Opportunities Commission nel Regno Unito è autorizzata a effet2962

tuare indagini all'interno delle imprese, ma non a intentare un'azione per discriminazione al posto del diretto interessato che non desideri adire le vie legali. Ora è previsto dotare la nuova Commission for Equality and Human Rights dei rimedi giuridici che le permettono di intervenire in modo mirato per sostenere cambiamenti strategici e far applicare le leggi (presumibilmente a partire dal 2007). Agli Equality Officers in Irlanda sono attribuite competenze inquirenti molto ampie; possono chiedere informazioni alle parti e dispongono degli strumenti per far valere tale richiesta. Taluni istituti sono autorizzati a indagare di propria iniziativa in merito a un'eventuale discriminazione, senza dover fondarsi su un reclamo specifico. Lo spunto per le indagini può essere fornito ad esempio da un servizio televisivo; un'indagine di questo tipo può basarsi sulla considerazione che la discriminazione tocca molte persone e produce effetti a lungo termine. Sono dotati di competenze inquirenti di questo tipo ad esempio la Dutch Equal Treatment Commission e l'ombudsman svedese. L'Equal Treatment Commission in Irlanda può addirittura avviare indagini in assenza di un reclamo specifico, al fine di combattere la discriminazione strutturale; nel corso di tale indagine può chiedere informazioni scritte a chiunque e citare testimoni a deporre. Se dalle indagini risulta una discriminazione, l'autorità può emanare una non-discrimination notice, che descrive l'infrazione commessa e ingiunge alla parte discriminante di cessare la discriminazione entro un termine stabilito. Ignorare una non-discrimination notice equivale a infrangere la legge. Dal 1997, nelle province canadesi dell'Ontario e del Quebec, tutte le aziende che occupano oltre 200 impiegati devono istituire comitati per la parità salariale composti di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro e incaricati di assicurare la realizzazione della parità salariale. Una commissione statale designata dal Parlamento funge da servizio di contatto in materia di abusi e provvede ai controlli e alle sanzioni15.

Le relazioni sull'evoluzione della parità, previste in vari Paesi, contribuiscono a rendere trasparenti le informazioni, che in linea di massima vanno trasmesse ogni anno a enti governativi o a uffici interni all'azienda. In Sudafrica, chi impiega
oltre cinquanta persone deve comunicare ogni anno la propria politica dei salari al Governo, per evitare eventuali disparità salariali discriminanti. In Francia, la legge impone esplicitamente alle imprese private di suddividere per sesso i dati relativi alle condizioni di lavoro e ai salari, e di comunicarli anche ai sindacati e ai collaboratori. In Svezia, le aziende che impiegano più di dieci collaboratori devono redigere ogni anno, all'attenzione dell'ombudsman per l'uguaglianza, un piano d'azione che deve altresì contenere una relazione sui salari. In Australia, le imprese con oltre cento impiegati devono trasmettere relazioni analoghe all'autorità federale competente per la parità dei sessi sul posto del lavoro. Nel Regno Unito, gli impiegati vanno informati sulla composizione del salario e sui fattori che incidono sul reddito complessivo. Qualora il datore di lavoro non assolva a tale obbligo di trasparenza, dovrà assumere l'onere probatorio: se il sistema dei salari non è trasparente, si presume l'esistenza di una discriminazione salariale, a meno che il datore di lavoro non sia in grado di provare che il proprio sistema non è discriminatorio. È stato constatato che i datori di lavoro esitano a riesaminare la propria scala dei salari per timore di provocare processi tesi a ottenere la parità salariale. L'Equal Opportunities Commission 15

Un primo bilancio evidenzia chiaramente salari in crescita per molte donne: le professioni tipicamente femminili risultano rivalutate. In una prossima tappa s'intende coinvolgere le piccole imprese. Cfr. Marie-Thérèse Chicha, L'équité salariale: mise en oeuvre et enjeux, Montréal, 2000.

2963

propone pertanto un periodo di grazia a favore dei datori di lavoro che riesaminano il proprio sistema dei salari, adeguandolo alle esigenze di non discriminazione.

Durante il periodo di grazia non sarà possibile citarli in giudizio per discriminazioni salariali; saranno altresì tutelati da azioni retroattive in materia. Introducendo l'Equal Pay Questionnaire, il Regno Unito si è inoltre dotato di uno strumento che permette di raccogliere, presso i datori di lavoro, informazioni rilevanti sui salari pagati nell'azienda. Una lavoratrice che sospetta di guadagnare meno di un suo collega uomo, pur svolgendo un lavoro analogo, può chiedere al datore di lavoro di compilare il questionario, dove vanno descritte la posizione, le mansioni e le responsabilità di entrambi. In tal modo, è possibile appurare se la donna guadagna effettivamente meno dell'uomo chiamato in causa e se il datore di lavoro ammette che i due svolgono un lavoro identico o analogo. Qualora il datore di lavoro si rifiuti di compilare il questionario, il giudice competente è autorizzato a considerare discriminatoria la differenza di salario.

La maggior parte dei Paesi conosce incentivi volti a promuovere l'uguaglianza, quali in particolare il finanziamento statale di progetti finalizzati a realizzare la parità dei sessi nelle imprese o le campagne d'informazione tese a sensibilizzare il pubblico e a favorire la presa di coscienza. In Austria, lo Stato promuove le imprese che rispettano le regole in materia di uguaglianza; tale promozione è attuata in vari ambiti, ad esempio conferendo certificazioni a carattere distintivo16. Nel Regno Unito, escono di continuo graduatorie pubblicate in collaborazione con il ministero competente, che indicano i datori di lavoro più ambiti. Una di queste graduatorie elenca le imprese particolarmente meritevoli in materia di parità dei sessi, cui vengono conferiti i «Castle Awards». La Francia ha creato un sistema di certificazione differenziato con tanto di marchio messo a disposizione per tre anni («label égalité»). Possono usufruirne le imprese che si impegnano su tre fronti, ossia che sensibilizzano i vertici aziendali e i lavoratori riguardo all'uguaglianza dei sessi in seno all'azienda, che adottano strumenti specifici per realizzare le pari opportunità in caso di perfezionamento professionale e di
promozioni e che adottano strumenti specifici per promuovere condizioni di lavoro compatibili con la vita familiare e i congedi parentali. Le imprese sono invitate a esaminare sistematicamente le condizioni di lavoro interne offerte a donne e uomini; hanno la possibilità di stipulare un contratto con le autorità locali competenti o con il ministero delle pari opportunità, impegnandosi ad adottare strumenti specifici per promuovere l'uguaglianza nella formazione e nell'occupazione. In cambio, lo Stato partecipa ai costi di formazione nella misura del 50 per cento al massimo e contribuisce nella misura del 30 per cento al massimo alle spese salariali cagionate dalle qualifiche aggiuntive. Fino al dicembre del 2003, sono stati stipulati 25 «contrats d'égalité» con varie ditte, tra cui alcune rinomate multinazionali. Il «label égalité» è conferito da una commissione paritetica per composizione di sesso, in cui siedono cinque rappresentanti dei datori di lavoro, dei sindacati e dello Stato; il conferimento è riesaminato almeno ogni tre anni.

16

www.taten-statt-worte.at

2964

8

Parere del nostro Collegio

8.1

Giudizio generale

Dall'entrata in vigore della LPar, quasi dieci anni or sono, la situazione relativa alle pari opportunità di donne e uomini nel mondo del lavoro è lievemente migliorata. Le persone interpellate dai mandatari (tra i sindacati, le associazioni professionali, le organizzazioni femminili, i consultori specializzati, gli uffici dell'uguaglianza e gli avvocati) giudicano la LPar fondamentalmente utile, adeguata e attuabile; non rilevano effetti controproducenti. Anzi, la LPar ha in genere dato buoni frutti, permettendo in particolare di incrementare nettamente la retribuzione in professioni tipicamente femminili del settore pubblico. L'unico punto negativo sollevato dagli interpellati è stato il rischio di tensioni all'interno delle aziende.

Nel settore privato, lo scarto medio tra salari femminili e maschili è rimasto pressoché invariato negli ultimi anni e continua a situarsi attorno al 25 per cento. Il 60 per cento di tale scarto si spiega con fattori obiettivi quali l'età, la formazione, l'anzianità di servizio e la scarsa presenza femminile nelle posizioni dirigenziali. Il rimanente 40 per cento non è riconducibile a fattori obiettivi, ma a discriminazioni fondate sul sesso. Esistono poi grosse differenze tra i vari settori17.

Dall'introduzione della LPar, il numero dei casi portati in giudizio ha registrato un netto aumento. Prima che la LPar entrasse in vigore, nel 1996, le azioni fondate sull'articolo costituzionale in materia di parità salariale (art. 4 cpv. 2 Cost. precedente; art. 8 cpv. 3 Cost. in vigore) erano una quindicina soltanto, in particolare nel settore pubblico18.

Le circa 270 decisioni giudiziali rese dall'entrata in vigore della LPar dimostrano che la legge costituisce uno strumento utile per denunciare una discriminazione.

Contrariamente ai timori emersi nel corso dei dibattiti parlamentari, non si è scatenata alcuna valanga di processi. Non è stato possibile, nell'ambito della presente valutazione, determinare l'incidenza avuta dalla LPar sulla realizzazione dell'uguaglianza professionale di uomo e donna in genere.

La valutazione degli effetti della LPar evidenzia per contro che non è impellente intervenire. Gli strumenti messi a disposizione dalla LPar danno in genere buoni frutti e si rivelano utili. La LPar non presenta lacune da colmare senza indugio. Le riforme chieste
nella mozione Hubmann non appaiono prioritarie.

Nonostante il sostanziale successo della LPar, taluni problemi sussistono. Il timore di perdere il lavoro continua a trattenere le vittime dal denunciare le discriminazioni subite. Resta tuttora difficile acquisire le informazioni necessarie in caso di presunta discriminazione. Inoltre è emerso che la LPar non è applicata con la dovuta frequenza. Da un lato, ciò è dovuto al fatto che si tratta di una legge relativamente recente, conosciuta sì, ma non a sufficienza. In particolare i lavoratori, cui la legge si rivolge in primo luogo, spesso ignorano gli strumenti offerti dalla LPar. Dall'altro lato, anche gli avvocati e i giudici non sono a conoscenza di tutte le possibilità previste dalla LPar, di modo che le discriminazioni, in particolare quelle indirette, non sempre sono ritenute tali. Di conseguenza, capita sovente che la LPar non venga applicata.

17 18

Cfr. n. 4.5, in particolare anche la nota 11 in merito al computo delle cifre indicate.

Cfr. Messaggio concernente la legge federale sulla parità dei sessi, FF 1993 I 987, n. 131.

2965

Dal momento che la responsabilità per la realizzazione dell'uguaglianza effettiva è deferita alle vittime, le discriminazioni sono perseguite in modo alquanto aleatorio: è infatti decisiva la volontà della persona discriminata di affrontare un processo. In assenza di una vittima disposta ad agire in giudizio, i datori di lavoro che commettono atti discriminatori non sono perseguiti. È una situazione alquanto insoddisfacente.

È inoltre emersa la necessità di ottimizzare le condizioni quadro. Stando agli interpellati, la realizzazione dell'uguaglianza all'interno dell'impresa è ostacolata soprattutto dalla politica in materia di lavoro e di famiglia (occorrerebbe pertanto agevolare il lavoro a tempo parziale, lo job sharing e il lavoro a domicilio, ampliare le offerte di custodia extrafamiliare dei figli, prevedere programmi di reintegrazione nel mondo professionale). Negli ultimi anni, la Confederazione è intervenuta in alcuni ambiti (programma d'impulso per l'istituzione di nuove strutture di custodia extrafamiliare dei figli, promozione delle pari opportunità nelle scuole universitarie superiori e nelle università, ecc.). In questa sede non disponiamo tuttavia dello spazio sufficiente per approfondire l'argomento.

È indubbio che occorra informare, sensibilizzare e istruire per prevenire le discriminazioni fondate sul sesso nel mondo del lavoro. Le imprese devono rendersi conto che le discriminazioni costano19, mentre la parità dei sessi rende. Le discriminazioni al momento dell'assunzione, della retribuzione e della promozione impediscono alle donne qualificate di accedere al mercato del lavoro e non permettono di sfruttare al massimo il potenziale offerto dalla forza lavoro femminile20. Eliminando tali discriminazioni, le imprese possono trarre maggior vantaggio da quanto investito nel proprio personale e ridurre le spese di reclutamento.

Gli indicatori della parità costituiscono uno strumento indispensabile per verificare l'attuazione della LPar e seguirne l'evoluzione. Da circa dieci anni, l'UST fornisce statistiche minuziose sulla parità tra donna e uomo.

8.2

Esame delle raccomandazioni del mandatario

8.2.1

Estensione della protezione dal licenziamento

Condividiamo il parere dei mandatari quando affermano che estendere la protezione dal licenziamento, come chiesto dalla mozione Hubmann, non allevierebbe il timore delle vittime di perdere il posto. A motivo di tale timore, e giacché la parità salariale in quanto principio costituzionale impone che le donne non vengano discriminate per l'intera durata del rapporto di lavoro, nella LPar è stata inserita una protezione dal licenziamento21. La valutazione degli effetti della LPar ha tuttavia evidenziato come il timore di perdere il lavoro resti tuttora il motivo principale dello scarso numero di azioni intentate per discriminazione. Ciononostante, gli interpellati repu19

20

21

A titolo d'esempio, si parte dal presupposto che, nel 2003, nel Regno Unito sono state pagate 2,8 milioni di sterline per compensare le discriminazioni illecite fondate sul sesso.

Fonte: inchiesta dell'Equal Opportunities Commission, ottobre 2004: Britain's competitive edge: women Unlocking the potential.

Cfr. OECD Economic Studies, n. 37, 2003/2: «Labour Force Participation of Women: Empirical Evidence on the Role of Policy and other Determinants in OECD Countries», pag. 70 seg.

Cfr. Messaggio concernente la legge federale sulla parità dei sessi, commento ad art. 10 LPar.

2966

tano per lo più sufficiente la protezione dal licenziamento prevista oggi dalla LPar.

Un'ampia maggioranza degli interpellati ritiene comunque che la protezione dal licenziamento non risolve il problema legato alla perdita del posto di lavoro.

L'estensione della protezione dal licenziamento, chiesta dalla mozione Hubmann, non risolverebbe altresì il problema, ma restringerebbe la flessibilità del mercato del lavoro, impedendo in pratica di scindere il rapporto di lavoro con una lavoratrice che, ad un certo momento, ha denunciato una discriminazione. Estendere la protezione dal licenziamento comporterebbe quindi svantaggi maggiori rispetto all'utilità conseguita, in quanto limiterebbe fortemente la libertà di contrarre dei datori di lavoro. Estendere la protezione dal licenziamento potrebbe addirittura sortire effetti controproducenti per le donne; infatti, i datori di lavoro potrebbero esitare a impiegare lavoratrici per timore di non poter più scindere il rapporto di lavoro a causa di incombenti azioni per discriminazione22.

8.2.2

Estensione del diritto delle organizzazioni di intentare azione

Appare problematico sotto vari aspetti seguire le raccomandazioni dei mandatari, estendendo alle richieste di prestazioni il diritto delle organizzazioni di intentare azione. Da un lato, l'ordinamento giuridico svizzero odierno non conosce alcun diritto delle organizzazioni a intentare azione di condanna a una prestazione.

Dall'altro, con l'introduzione di tale diritto, andrebbero chiarite numerose questioni complesse, quali ad esempio l'obbligo di rimborsare le somme ricevute, la coordinazione con un'azione individuale già promossa dal lavoratore, il diritto a intentare un'azione all'insaputa o addirittura contro la volontà della vittima. Tali questioni sono tutte contrarie alla concezione svizzera dell'azione individuale, basata sull'autonomia delle parti. È un fatto emerso chiaramente anche durante i dibattiti parlamentari sul diritto delle organizzazioni di intentare azione secondo la LPar: tale diritto non deve servire a far valere interessi individuali, ma in primo luogo a chiarire questioni di principio rilevanti per un gran numero di rapporti di lavoro. La decisione di accertamento produce effetto soltanto tra l'organizzazione e il datore di lavoro convenuto, e non nei confronti dei lavoratori discriminati, che devono far valere i propri diritti a titolo individuale quando vanno in giudizio; possono tuttavia appellarsi alla decisione di accertamento, strategia che rafforza nettamente la loro posizione.

8.2.3

Inasprimento delle sanzioni

I mandatari ritengono che inasprire le sanzioni in caso di violazioni della LPar impedirebbe l'insorgere di discriminazioni. Le sanzioni previste nella LPar sono paragonabili ad altre sanzioni contemplate dal diritto del lavoro; è stata una scelta oculata, in sintonia con la concezione del diritto della popolazione svizzera. Ecco perché siamo contrari a inasprire le sanzioni previste dalla LPar; preferiamo porre

22

Cfr. 04.2029 n petizione «Azione per la giornata dei diritti umani». Migliorare la protezione contro I licenziamenti. Rapporto della Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati del 14.2.2005.

2967

l'accento su strumenti positivi (informazione, sensibilizzazione, incentivi) piuttosto che sulla repressione.

8.2.4

Autorità dotate di competenze inquirenti ed esecutive

Le inchieste evidenziano chiaramente che il timore di perdere il lavoro e di esporsi costituiscono il maggiore ostacolo alla denuncia di una discriminazione. Pertanto, i mandatari raccomandano di dotare le autorità statali di competenze inquirenti ed esecutive. Taluni Paesi che vantano una lunga tradizione liberale, in particolare quelli anglosassoni, hanno raccolto buone esperienze con questo tipo di autorità (cfr. n. 7). Del resto, anche il sistema svizzero conosce autorità dotate di competenze analoghe (cfr. ad es. l'incaricato federale della protezione dei dati).

La LPar lascia al singolo lavoratore la scelta di denunciare le discriminazioni.

Dipende dunque dalla soglia di tolleranza e dalle possibilità d'azione della vittima se un'impresa è sanzionata sulla base di una decisione giudiziale. Il controllo delle imprese è quindi affidato a circostanze perfettamente fortuite. Inoltre, le discriminazioni, in particolare quelle salariali, costituiscono problemi relativamente complessi, il che comporta grandi incertezze per le imprese, che non sono in grado di valutare con esattezza se la loro condotta sarebbe giudicata discriminatoria. Ne deriva una certa imprevedibilità per le imprese. Per contro, un'impresa che ha la «sfortuna» di essere punita per la sua condotta discriminatoria ne subisce le conseguenze finanziarie e potrebbe altresì risentirne in termini d'immagine. L'istituzione di autorità dotate di competenze inquirenti ed esecutive permetterebbe un controllo più sistematico, e le imprese potrebbero risolvere i problemi di discriminazione esistenti prima di venir sanzionate. A titolo d'esempio, nel Regno Unito gli imprenditori avranno presto la possibilità di cooperare con la Commission for Equality and Human Rights (che sostituirà l'attuale Equal Opportunities Commission), firmando un accordo con il quale si impegnano a presentare un piano d'azione scaglionato nel tempo, evitando quindi di dover reagire a comando.

L'istituzione di un'autorità del genere in Svizzera presuppone la verifica del sistema attuale e in particolare del ruolo dell'UFU. Vi sarebbe la possibilità di sviluppare una cooperazione con le imprese, ad esempio invitando anche i datori di lavoro a sedere in tali autorità; in tal modo si potrebbe attingere al bagaglio di conoscenze del mondo economico. È probabile che non
possano essere evitati costi supplementari.

Riteniamo che, in questo momento, l'istituzione di autorità del genere in Svizzera non è opportuna dal punto di vista politico, considerato che un potenziamento dell'amministrazione e spese supplementari invaliderebbero gli sforzi intrapresi dalla Confederazione e dall'Amministrazione federale per risparmiare sui costi.

Siamo tuttavia disposti a esaminare più a fondo vantaggi e svantaggi dei vari modelli, tenendo conto delle esperienze maturate all'estero e in Svizzera così come della situazione in cui versano le imprese.

2968

8.2.5

Informazione, sensibilizzazione e formazione

Dalle inchieste emerge che la LPar è poco conosciuta in particolare dai lavoratori, ma anche dai datori di lavoro, dagli avvocati e dai giudici. Pertanto i mandatari suggeriscono di lanciare campagne d'informazione e di sensibilizzazione rivolte specificamente ai vari destinatari.

Consideriamo essenziale l'informazione e la sensibilizzazione in materia di parità dei sessi. L'UFU è tenuto per legge a informare il pubblico. Considerata l'importanza che la parità riveste nella vita professionale, l'UFU privilegia tale aspetto nel suo lavoro. I destinatari principali, quali i responsabili del personale, i superiori, i lavoratori e i consulenti, vengono informati e sensibilizzati a intervalli regolari, in occasione di convegni e inchieste, con opuscoli e promemoria, in particolare per quanto riguarda la parità salariale, la valutazione senza discriminazioni dei collaboratori retribuiti al merito, le molestie sessuali e la compatibilità tra vita professionale e familiare. Inoltre, gli aiuti finanziari secondo la LPar (di cui agli art. 14 e 15) sono serviti a sostenere vari progetti di richiedenti esterni che diffondono, in forma adeguata, i contenuti della LPar a diversi gruppi di destinatari23. Nel 2005, l'UFU ha inoltre avviato il programma d'impulso per attuare la LPar nell'ambito delle molestie sessuali. Il programma, della durata di tre anni, si rivolge alle piccole e medie imprese. Per il 2007, per contro, è in programma una stretta collaborazione con il seco. Nel 2006, inoltre, l'UFU pubblicherà un opuscolo informativo destinato a un pubblico di giuristi e vertente sulla problematica delle perizie per le azioni tese a ottenere la parità salariale. Per il vasto pubblico, uscirà un opuscolo contenente un compendio dei settori in cui la LPar produce effetto. In collaborazione con la Conferenza svizzera delle delegate per la parità e l'Università di San Gallo, è inoltre in preparazione un convegno giuridico per discutere gli aspetti più ostici della legge.

All'atto di attribuire i fondi di promozione, l'accento potrebbe essere posto in maggior misura sull'informazione e la sensibilizzazione mirate in materia, in particolare per quanto riguarda gli aiuti finanziari. Tuttavia, anche le università, le cerchie giuridiche e i tribunali dovrebbero poter beneficiare di regolari sedute formative vertenti
sulla problematica dell'uguaglianza.

Infine va pure rafforzata la consapevolezza, all'interno delle aziende, che la promozione delle donne allarga il bacino di manodopera qualificata, in particolare considerando la senilizzazione della società24, che aumenterà le pressioni sul mercato del lavoro e inciderà negativamente sul tenore di vita e il bilancio pubblico. Intensificare la partecipazione femminile alla vita professionale potrebbe contribuire in maniera decisiva a risolvere tali problemi. Realizzando le pari opportunità, le imprese possono altresì profittare in maggior misura della formazione delle donne in cui hanno investito. Inoltre risparmiano perché, in fin dei conti, la discriminazione cagiona costi (obbligo di versare salari arretrati, perdita di tempo, deterioramento dell'immagine, ecc.)25. Nel complesso, si può pertanto partire dal presupposto che il

23 24

25

Banca dati dei progetti: www.topbox.ch Cfr. pure OECD Economic Studies, n. 37, 2003/2, pag. 51 segg.: «Labour Force Participation of Women: Empirical Evidence on the Role of Policy and other Determinants in OECD Countries».

«Discrimination costs. Equality pays.» cfr. analisi della Equal Opportunities Commission, ottobre 2004: Britain's competitive edge: women ­ Unlocking the potential.

2969

coinvolgimento mirato delle donne nel mondo del lavoro risponde all'interesse economico dell'impresa26.

8.2.6

Trasparenza salariale, alleviamento dell'onere probatorio e perizie

Per eliminare le difficoltà nel dimostrare una presunta discriminazione, i mandatari propongono di rendere trasparenti i salari e di obbligare le imprese a fornire i dati importanti già in un primo tempo, ad esempio nel corso di una procedura di conciliazione. Al contempo, suggeriscono di uniformare le regole per la stesura di perizie e di applicare con maggiore coerenza l'alleviamento dell'onere probatorio, estendendolo a tutte le tipologie di discriminazione.

Consideriamo importante la trasparenza dei salari ai fini della parità salariale.

L'attuazione della trasparenza salariale tra i lavoratori è tuttavia compito primario delle parti sociali e dei lavoratori. Nell'ambito dell'unificazione della procedura civile, intendiamo per contro proporre al Parlamento di autorizzare gli uffici di conciliazione ad assumere le prove e quindi a chiedere, per esempio, anche che venga consegnata la contabilità salariale.

Non vediamo alcuna possibilità di estendere l'alleviamento dell'onere probatorio alle fattispecie della mancata assunzione e delle molestie sessuali. Ai tempi, il Parlamento, dibattendo la LPar, aveva esplicitamente escluso queste due fattispecie dal campo d'applicazione dell'alleviamento dell'onere probatorio perché temeva che per i datori di lavoro risultasse troppo difficile dimostrare la non discriminazione in questi casi. Tale timore sussiste tuttora, in particolare per le molestie sessuali.

Le opinioni divergono su come vadano redatte le perizie salariali. Le conseguenze si manifestano sotto forma di seconde perizie e di costi supplementari a carico delle casse statali, senza contare la durata eccessiva delle procedure giudiziarie. Ecco perché riteniamo opportuno che l'UFU avvii l'elaborazione di raccomandazioni per la stesura di perizie salariali, in collaborazione con rappresentanti del mondo economico, dei tribunali e delle cerchie giuridiche. Tale accorgimento contribuirebbe a migliorare la procedura senza arginare l'indipendenza dei periti.

8.2.7

Incentivi

Le inchieste evidenziano che la maggior parte delle imprese finora non ha adottato strumenti specifici per promuovere l'uguaglianza. I mandatari propongono pertanto di creare incentivi o di istituire un vero e proprio marchio di parità e di intensificare i controlli in occasione della concessione di appalti.

26

Cfr. pure l'analisi «Familienfreundliche Unternehmenspolitik ­ Eine Kosten-NutzenAnalyse für die Wirtschaftsregion Basel», Prognos AG, ed: Gleichstellungsbüro Basel-Stadt, Basilea, ottobre 2005.

2970

8.2.7.1

Aiuti finanziari secondo la LPar

Dalla valutazione si evince che la maggior parte delle imprese finora non ha adottato strumenti tesi a realizzare l'uguaglianza. La concessione di sussidi può costituire un incentivo finanziario per l'attuazione di tali strumenti. La LPar prevede che la Confederazione può accordare aiuti finanziari a istituzioni pubbliche o private che organizzano programmi per il promovimento dell'uguaglianza fra donna e uomo nella vita professionale (art. 14). Il finanziamento diretto di programmi di promozione interni all'azienda attraverso aiuti finanziari secondo la LPar è stato esplicitamente escluso nel messaggio27. Si temeva in particolare una distorsione concorrenziale. Per tale motivo, i progetti da attuare in seno alle aziende andavano gestiti sempre in stretta collaborazione con un'organizzazione esterna (in genere un sindacato o un'associazione professionale), cui spettava la responsabilità. Di conseguenza, gli aiuti finanziari sono serviti a sostenere soltanto un numero esiguo di programmi di pari opportunità all'interno delle aziende. Tuttavia, i progetti interni hanno il vantaggio di sortire un effetto immediato sul piano dell'uguaglianza e di avere un forte carattere pratico. Pertanto, gradiremmo che in futuro ricevano maggior appoggio i progetti interni limitati nel tempo. Le eventuali misure legislative necessarie per cambiare la prassi in tal senso sono previste nel prossimo futuro. Tali cambiamenti di prassi non cagionano costi supplementari, in quanto rientrano nell'importo deciso dal Parlamento per gli aiuti finanziari. I timori relativi a un'eventuale distorsione concorrenziale possono essere fugati in altro modo: ad esempio mettendo a concorso in modo mirato i programmi di pari opportunità che la Confederazione sarebbe disposta ad appoggiare, affinché sorga una concorrenza leale tra le aziende. Inoltre, chi riceve aiuti finanziari è già tenuto a mettere a disposizione del pubblico e quindi anche delle altre imprese le conoscenze e gli strumenti tratti dai progetti finanziati; tale obbligo permette di compensare il vantaggio iniziale e di dissipare i timori citati.

8.2.7.2

Marchio di parità

Gli incentivi possono costituire uno strumento adeguato per incentivare le imprese ad adottare le misure auspicate. In particolare, si potrebbe esaminare l'introduzione di un sistema di certificazione e la creazione di un marchio di parità per chi rispetta determinati standard di qualità (cfr. n. 7, diritto comparato). La certificazione poggia su incentivi positivi piuttosto che su imposizioni o divieti. Il marchio di parità rafforzerebbe la posizione delle imprese nell'assunzione di donne qualificate: permetterebbe alle ditte di incoraggiare e fidelizzare tali lavoratrici offrendo loro condizioni di lavoro leali e interessanti prospettive di sviluppo.

Nell'ambito dell'uguaglianza nella vita professionale, non esiste ancora uno standard per la gestione della qualità. L'UFU sta attualmente appoggiando due iniziative in tal senso nell'ambito degli aiuti finanziari secondo la LPar (art. 14): uno studio di fattibilità concernente l'introduzione di un marchio di parità per le imprese (progetto «Total E-Quality CH Label») e un progetto preliminare riguardante l'introduzione di un sistema di certificazione per le imprese, che permetta loro di dimostrare la parità salariale (progetto «equal-salary»).

27

FF 1993 I 987

2971

Appare altresì interessante l'iniziativa della Società svizzera degli impiegati di commercio, che nel 2005 ha conferito già per la seconda volta il «Prix Egalité» a imprese pubbliche e private la cui politica in materia di parità dei sessi è stata giudicata particolarmente progredita, innovativa ed effettiva da una giuria indipendente composta da responsabili del personale, dirigenti aziendali e rappresentanti di università, di uffici dell'uguaglianza e di ditte di consulenza in materia di organizzazione. Conferendo il «Prix Egalité», s'intende onorare la continuità; viene infatti accertato che la politica aziendale in materia di parità non dipenda esclusivamente da determinate persone, la cui partenza rimetterebbe in questione quanto raggiunto in precedenza.

Il sistema di certificazione potrebbe eventualmente indurre le imprese ad adottare provvedimenti strutturali, ad esempio verificando la propria scala dei salari e quindi correggendo eventuali discriminazioni salariali prima ancora che venga resa una decisione giudiziale. Una tale certificazione potrebbe rivestire un grande interesse anche nell'ambito, ad esempio, degli acquisti pubblici (cfr. n. 8.3.7.3).

Siamo disposti a esaminare, in collaborazione con le parti sociali, la fattibilità di determinati incentivi, ad esempio di un marchio a favore delle imprese che promuovono l'uguaglianza. Sarebbe altresì ipotizzabile creare tali incentivi non soltanto per quanto riguarda il criterio uomo/donna, ma anche per altre caratteristiche che possono dare adito a discriminazioni, quali la provenienza o l'età.

8.2.7.3

Acquisti pubblici

La legge federale del 16 dicembre 1994 sugli acquisti pubblici (LAPub, RS 172.056.1) obbliga le imprese che ottengono commesse pubbliche a garantire il principio della parità salariale tra donna e uomo. Rilasciando una dichiarazione e firmando le condizioni generali della Confederazione, gli offerenti confermano di rispettare il principio della parità salariale. Finora, tuttavia, non è stato possibile controllare le imprese perché non esistevano gli strumenti e i procedimenti adatti a tale scopo. Dal 2004 esiste uno strumento di verifica dei salari elaborato dall'UFU in collaborazione con la Commissione degli acquisti della Confederazione; la sua utilità nella pratica è stata dimostrata nel corso di una fase pilota. L'UFU metterà tale strumento a disposizione delle imprese interessate. Nell'ambito della prevista revisione del diritto in materia di acquisti28, si intende ora creare le basi per un'applicazione più efficiente del principio della parità salariale.

8.2.8

Obbligo legale delle imprese di adottare strumenti di promozione

Non riteniamo opportuno obbligare per legge gli imprenditori a promuovere l'uguaglianza tra donna e uomo. Sarebbe molto difficile far rispettare un obbligo del genere; il controllo richiederebbe inoltre collaboratori supplementari (cfr. in merito il n. 8.2.4). Pertanto, puntiamo in primo luogo su provvedimenti volontari.

28

La procedura di consultazione è prevista per il pimo trimestre del 2006. Per altre informazioni consultare il sito www.beschaffung.admin.ch

2972

8.2.9

Utilizzo più efficiente del potenziale inerente agli uffici di conciliazione

Le numerose differenze cantonali riscontrate in termini di organizzazione e di assetto dei compiti impediscono agli uffici di conciliazione di assolvere in modo efficiente le funzioni di consulenza e di mediazione richieste. Riteniamo pertanto auspicabile creare le condizioni quadro ideali sul piano istituzionale e procedurale.

Nell'ambito dell'unificazione della procedura civile (il messaggio è atteso per la prima metà del 2006), è altresì previsto di disciplinare la procedura di conciliazione sul piano nazionale. L'avamprogetto per il Codice di procedura civile svizzero prevede una procedura di conciliazione facoltativa e gratuita nelle controversie secondo la LPar. Le autorità di conciliazione continueranno a essere disciplinate dal diritto cantonale. Tuttavia, sul piano organizzativo, il diritto federale deve prevedere che gli uffici di conciliazione secondo la LPar debbano avere una composizione paritetica con rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro, del settore pubblico e di quello privato, come pure con donne e uomini in pari numero. Per quanto attiene ai compiti, l'avamprogetto prevede che l'autorità di conciliazione, oltre a mediare nelle controversie secondo la LPar, svolge pure una funzione di consulenza. Nelle conciliazioni secondo la LPar è inoltre previsto uno scambio di scritti. Nei dibattiti di conciliazione sarà possibile presentare eventuali atti, effettuare ispezioni oculari e allegare altre prove; in tal modo, gli uffici di conciliazione avranno la possibilità di chiedere ai datori di lavoro la consegna di dati salariali e personali (cfr. n. 8.2.6). Il nuovo Codice di procedura civile prevede l'abrogazione dell'articolo 11 della LPar (procedura di conciliazione).

L'unificazione della procedura civile risolve taluni punti essenziali emersi dall'inchiesta tra le autorità di conciliazione e dall'esame dei casi di conciliazione.

Per quanto riguarda gli uffici di conciliazione, dunque, la LPar ormai non offre più grandi margini d'azione legislativa.

Tuttavia, i Cantoni conservano la possibilità di estendere la procedura di conciliazione anche ai rapporti di lavoro di diritto pubblico e di obbligare le autorità di conciliazione a mettere il pubblico al corrente dei servizi offerti. Numerosi Cantoni conoscono già tale sistema. Inoltre, possono autorizzare i loro uffici
di conciliazione a mediare anche i conflitti misti, ossia quelli inerenti sia alla LPar sia al diritto delle obbligazioni.

In risposta alla mozione Hubmann (98.3463) dell'8 ottobre 1998, una procedura di conciliazione secondo la LPar è stata istituita anche per gli impiegati della Confederazione29. La nuova commissione di conciliazione della Confederazione è paritetica in duplice misura (datori di lavoro/lavoratori, donne/uomini).

29

Modifica dell'8 ottobre 2004 della legge federale sulla parità dei sessi (art. 13 cpv. 3 LPar), FF 2004 4819; RU 2005 1023.

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8.3

Le misure da noi proposte in sintesi

Il nostro Collegio provvede affinché: ­

l'accento venga posto in maggior misura sull'informazione e la sensibilizzazione mirate in materia di LPar, in particolare per quanto riguarda gli aiuti finanziari;

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anche le università, gli avvocati e i tribunali vengano invitati a promuovere l'informazione e la formazione tecnica in materia di LPar;

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in collaborazione con il mondo scientifico, con i tribunali e gli avvocati, vengano elaborate raccomandazioni per la stesura di perizie al fine di ottimizzare le procedure giudiziali nell'ambito della parità salariale;

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in collaborazione con le parti sociali, venga esaminata la fattibilità di determinati incentivi, ad esempio di un marchio per le imprese che promuovono l'uguaglianza.

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nell'ambito della revisione della legge sugli acquisti pubblici, venga definita la procedura che permetta di verificare il rispetto delle norme legali;

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nell'ambito dell'unificazione della procedura civile, venga proposto di autorizzare gli uffici di conciliazione a chiedere la presentazione di atti, a ordinare ispezioni oculari e, a condizione di non ritardare eccessivamente la procedura, a esaminare anche le altre prove presentate nelle controversie secondo la LPar;

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alla prossima occasione, vengano attuate le misure legislative necessarie a cambiare la prassi nell'ambito degli aiuti finanziari secondo la LPar;

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vengano esaminati più a fondo i vantaggi e gli svantaggi offerti dai vari modelli di autorità dotate di competenze inquirenti, tenendo conto delle esperienze in materia raccolte in Svizzera e all'estero, come pure della situazione delle imprese.

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