06.064 Rapporto Europa 2006 del 28 giugno 2006

Onorevoli presidenti e consiglieri, ci pregiamo sottoporvi il Rapporto Europa 2006, pregandovi di prenderne atto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

28 giugno 2006

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2006-1744

6223

Indice Elenco delle abbreviazioni

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1 Introduzione 1.1 Contesto 1.2 Obiettivo 1.3 Struttura del rapporto

6233 6233 6234 6234

2 Principi e obiettivi della politica europea della Svizzera 2.1 La politica estera e la tutela degli interessi 2.2 I fondamenti della politica europea della Svizzera 2.3 Gli strumenti di politica europea 2.3.1 Introduzione 2.3.2 Adattamento del diritto svizzero al diritto comunitario 2.3.3 Gestione e aggiornamento degli accordi esistenti 2.3.4 Altri possibili settori oggetto di negoziati bilaterali 2.3.5 Unione doganale 2.3.6 Miglioramento del quadro istituzionale 2.3.7 Associazione bilaterale 2.3.8 Spazio economico europeo 2.3.9 Un'altra forma di associazione multilaterale 2.3.10 Possibilità d'adesione differenziata 2.3.11 L'adesione

6235 6235 6236 6237 6238 6239 6240 6241 6243 6244 6244 6244 6247 6247 6250

3 Bilancio della situazione 3.1 La relazione Svizzera ­ Unione europea 3.1.1 Panoramica 3.1.2 Gli accordi bilaterali I 3.1.2.1 Aspetti materiali 3.1.2.2 Aspetti istituzionali 3.1.3 Gli accordi bilaterali II 3.1.3.1 Aspetti materiali 3.1.3.2 Aspetti istituzionali 3.1.4 Riduzione delle disparità economiche e sociali nell'Unione europea allargata 3.2 Le caratteristiche essenziali dell'Unione europea 3.2.1 Il funzionamento istituzionale 3.2.1.1 La vocazione dell'Unione europea 3.2.1.2 Le istituzioni in breve 3.2.1.3 Il diritto comunitario e i suoi strumenti in sintesi 3.2.1.4 Panoramica sul dopo-Nizza 3.2.1.5 Il sistema di voto al Consiglio 3.2.1.6 La codecisione in Parlamento 3.2.1.7 Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa 3.2.1.8 Futuri allargamenti

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3.2.2 Le politiche dell'Unione europea 3.2.2.1 Introduzione 3.2.2.2 Mercato interno 3.2.2.2.1 Introduzione 3.2.2.2.2 Libera circolazione delle merci 3.2.2.2.3 Libera circolazione delle persone 3.2.2.2.3.1 Cittadinanza e circolazione delle persone 3.2.2.2.3.2 Sicurezza sociale 3.2.2.2.3.3 Riconoscimento dei diplomi 3.2.2.2.4 Libera circolazione dei servizi 3.2.2.2.5 Libera circolazione dei capitali 3.2.2.3 Politiche comuni 3.2.2.3.1 Unione monetaria/euro 3.2.2.3.2 Politica economica 3.2.2.3.3 Politica della concorrenza 3.2.2.3.4 Politica dei trasporti 3.2.2.3.4.1 Trasporti terrestri 3.2.2.3.4.2 Trasporti aerei 3.2.2.3.5 Politica agricola comune 3.2.2.4 Altre politiche 3.2.2.4.1 Politica dell'occupazione e politica sociale 3.2.2.4.2 Protezione dei consumatori 3.2.2.4.3 Protezione dell'ambiente 3.2.2.4.4 Politica di sviluppo sostenibile 3.2.2.4.5 Politica fiscale 3.2.2.4.6 Politica dei mercati finanziari 3.2.2.4.7 Ricerca 3.2.2.4.8 Altre infrastrutture (telecomunicazioni, energia, posta) 3.2.2.4.9 Coesione economica e sociale 3.2.2.5 Politiche di sostegno 3.2.2.5.1 Sanità pubblica 3.2.2.5.2 Educazione, gioventù e formazione 3.2.2.5.3 Cultura, media audiovisivi 3.2.2.5.4 Altre azioni di sostegno (turismo, sport, protezione civile ecc.)

3.2.2.6 Giustizia e affari interni 3.2.2.6.1 Asilo e migrazione 3.2.2.6.2 Cooperazione in materia di polizia e di giustizia 3.2.2.6.3 Terrorismo 3.2.2.7 Relazioni estere 3.2.2.7.1 Politica commerciale comune 3.2.2.7.2 Politica estera e di sicurezza comune (PESC) 3.2.2.7.3 Politica dei diritti dell'uomo 3.2.2.7.4 Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) 3.2.2.7.5 Politica di sviluppo

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3.2.2.8 Conclusione 3.2.3 Il finanziamento dell'UE 3.2.3.1 Bilancio 3.2.3.2 Prospettive finanziarie 4 Analisi degli effetti dei principali strumenti di politica europea relativi ai temi chiave 4.1 Introduzione 4.2 Gli effetti generali degli strumenti della cooperazione bilaterale 4.2.1 Aspetti politici/istituzionali 4.2.1.1 Democrazia diretta 4.2.1.2 Federalismo 4.2.1.3 Altri aspetti istituzionali 4.2.2 Mercato del lavoro, politica sociale, ricerca e sanità 4.2.2.1 Mercato del lavoro e protezione dei lavoratori 4.2.2.2 Politica sociale 4.2.2.3 Ricerca e formazione 4.2.2.4 Sanità e protezione dei consumatori 4.2.3 Economia e finanze 4.2.3.1 Agricoltura 4.2.3.2 Prodotti industriali 4.2.3.3 Servizi 4.2.3.4 Relazioni economiche esterne e unione doganale 4.2.3.5 Livello dei prezzi 4.2.3.6 Fiscalità 4.2.3.7 Piazza finanziaria 4.2.3.8 Politica monetaria 4.2.3.9 Ripercussioni finanziarie sul preventivo 4.2.4 Infrastrutture 4.2.4.1 Trasporti 4.2.4.2 Telecomunicazioni 4.2.4.3 Energia 4.2.4.4 Posta 4.2.4.5 Ambiente 4.2.5 Sicurezza e giustizia 4.2.5.1 Sicurezza esterna 4.2.5.2 Neutralità 4.2.5.3 Sicurezza interna 4.2.5.4 Giustizia 4.3 Gli effetti generali degli strumenti della cooperazione multilaterale 4.3.1 Aspetti politici ed istituzionali 4.3.1.1 Democrazia diretta 4.3.1.2 Federalismo 4.3.1.3 Altri aspetti istituzionali 4.3.2 Mercato del lavoro, politica sociale, ricerca e sanità 4.3.2.1 Mercato del lavoro e protezione dei lavoratori 4.3.2.2 Politica sociale

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4.3.2.3 Ricerca e formazione 4.3.2.4 Sanità e protezione dei consumatori 4.3.3 Economia e finanze 4.3.3.1 Agricoltura 4.3.3.2 Prodotti industriali 4.3.3.3 Servizi 4.3.3.4 Relazioni economiche estere e unione doganale 4.3.3.5 Livello dei prezzi 4.3.3.6 Fiscalità 4.3.3.7 Piazza finanziaria 4.3.3.8 Politica monetaria 4.3.3.9 Ripercussioni finanziarie sul preventivo 4.3.4 Infrastrutture 4.3.4.1 Trasporti 4.3.4.2 Telecomunicazioni 4.3.4.3 Energia 4.3.4.4 Posta 4.3.4.5 Ambiente 4.3.5 Sicurezza e giustizia 4.3.5.1 Politica estera e di sicurezza 4.3.5.2 Neutralità 4.3.5.3 Sicurezza interna e giustizia 4.4 Gli effetti generali degli strumenti di un'adesione 4.4.1 Aspetti politici/istituzionali 4.4.1.1 Democrazia diretta 4.4.1.2 Federalismo 4.4.1.3 Altri aspetti istituzionali 4.4.2 Mercato del lavoro, politica sociale, ricerca e salute 4.4.2.1 Mercato del lavoro e protezione dei lavoratori 4.4.2.2 Politica sociale 4.4.2.3 Ricerca e formazione 4.4.2.4 Salute e protezione dei consumatori 4.4.3 Economia e finanze 4.4.3.1 Agricoltura 4.4.3.2 Prodotti industriali 4.4.3.3 Servizi 4.4.3.4 Relazioni economiche esterne e unione doganale 4.4.3.5 Livello dei prezzi 4.4.3.6 Fiscalità 4.4.3.7 Piazza finanziaria 4.4.3.8 Politica monetaria 4.4.3.9 Ripercussioni finanziarie sul preventivo 4.4.4 Infrastrutture 4.4.4.1 Trasporti 4.4.4.2 Telecomunicazioni 4.4.4.3 Energia 4.4.4.4 Posta 4.4.4.5 Ambiente

6329 6330 6331 6332 6332 6333 6333 6333 6334 6336 6337 6337 6340 6340 6341 6341 6343 6343 6343 6344 6344 6344 6344 6344 6345 6347 6349 6351 6351 6352 6353 6354 6355 6357 6357 6358 6358 6359 6360 6365 6365 6367 6377 6377 6378 6379 6380 6380 6227

4.4.5 Sicurezza e giustizia 4.4.5.1 Sicurezza esterna 4.4.5.2 Neutralità 4.4.5.3 Sicurezza interna 4.4.5.4 Giustizia 5 Valutazione

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6381 6381 6382 6384 6385 6385

Elenco delle abbreviazioni ACP AELS AIE AIEA ALCP AMM art.

ASEAN ASEM BCE BEI BNS CdC CE CECA CEDU CEE CEPCM CEPOL CEPT CGAI CGCE CHF ComCom CEPS Cost.

cpv.

CTE DATEC DFAE DFE DFF DFGP

Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico Associazione europea di libero scambio (anche: «EFTA») Agenzia internazionale dell'energia Agenzia internazionale dell'energia atomica Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681) Aceh Monitoring Mission (Missione di vigilanza in Aceh) articolo/articoli Association of South East Asian Nations (Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale) Asia Europe Meeting (Riunione Asia-Europa) Banca centrale europea Banca europea d'investimento Banca nazionale svizzera Conferenza dei governi cantonali Comunità europea Comunità europea del carbone e dell'acciaio Convenzione europea dei diritti dell'Uomo Comunità economica europea Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (anche: «ECDC») European Police College (anche: Accademia europea di polizia «AEP») Conferenza europea delle Amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni Cooperazione in materia di giustizia e di affari interni Corte di giustizia delle Comunità europee franco svizzero Commissione federale delle comunicazioni Comitato europeo della protezione sociale Costituzione federale della Confederazione svizzera del 18 aprile 1999 (RS 101) capoverso/capoversi Cooperazione territoriale europea Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Dipartimento federale degli affari esteri Dipartimento federale dell'economia Dipartimento federale delle finanze Dipartimento federale di giustizia e polizia 6229

DOC EASA ECDC EEA EFSA EFTA EIONET EMCDDA EMEA ESA ESB ETS EUFOR EUPM Euratom Eurodac Eurojust Europol EUROSTAT FES FESR FF FMO FRONTEX FSE GAFI GOPE GPS

6230

Denominazione di origine controllata European Aviation Safety Agency (Agenzia europea per la sicurezza aerea) European Centre for Disease Prevention and Control (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie; anche: «CEPCM») European Environment Agency (Agenzia europea per l'ambiente) European Food Safety Authority (Autorità europea per la sicurezza alimentare) European Free Trade Association (Associazione europea di libero scambio; anche: «AELS») European Environment Information and Observation NETwork (Rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale) European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze) European Medicines Agency (Agenzia europea di valutazione dei medicinali) European Space Agency (Agenzia spaziale europea) Encefalopatia spongiforme bovina Emission Trading Scheme (Sistema di scambio internazionale dei diritti di emissione di gas a effetto serra) European Union Force in Bosnia and Herzegovina (Forza dell'Unione europea in Bosnia e Erzegovina) European Union Police Mission in Bosnia and Herzegovina (Missione di polizia dell'Unione europea in Bosnia e Erzegovina) Comunità europea dell'energia atomica EUROpean DACtylography (Sistema per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti l'asilo e degli immigranti clandestini) Coordinamento delle attività svolte dalle autorità nazionali competenti in materia penale Ufficio europeo di polizia Ufficio di statistica dell'Unione europea Fondo europeo di sviluppo Fondo europeo di sviluppo regionale Foglio federale Financial Mechanism Office (Ufficio del meccanismo finanziario) Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne Fondo sociale europeo Gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio di denaro Grandi orientamenti delle politiche economiche Global Positioning System (Sistema americano di navigazione satellitare)

GU ha IGP INTERREG

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ettaro Indicazione geografica protetta Iniziativa comunitaria di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale IVA Imposta sul valore aggiunto LApEl Legge federale sull'approvvigionamento elettrico LEne Legge del 26 giugno 1998 sull'energia (RS 730.0) LENu Legge federale del 21 marzo 2003 sull'energia nucleare (RS 732.1) LFPC Legge federale del 22 dicembre 1999 sulla partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1) LOTC Legge federale del 6 ottobre 1995 sugli ostacoli tecnici al commercio (RS 946.51) LIE Legge federale del 24 giugno 1902 concernente gli impianti elettrici a corrente forte e a corrente debole (RS 734.0) LITC Legge federale del 4 ottobre 1963 sugli impianti di trasporto in condotta di combustibili e carburanti liquidi o gassosi (RS 746.1) LIVA Legge federale del 2 settembre 1999 concernente l'imposta sul valore aggiunto (RS 641.20) LOGA Legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010) LOP Legge federale del 30 aprile 1997 sull'organizzazione dell'azienda delle poste della Confederazione (RS 783.1) LPO Legge del 30 aprile 1997 sulle poste (RS 783.0) LTC Legge del 30 aprile 1997 sulle telecomunicazioni (RS 784.10) MAC Metodo aperto di coordinamento MERCOSUR Mercado commun del sur (Mercato comune del Sud) MISSOC Mutual Information System on Social Protection (Sistema d'informazione reciproca sulla protezione sociale) NATO North Atlantic Treaty Organisation (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) NPR Nuova politica regionale NTFA Nuove trasversali ferroviarie alpine OASD Organizzazione di accompagnamento Schengen/Dublino OCSE Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OEDT Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze OGM Organismi geneticamente modificati OLAF Office européen de lutte anti-fraude (Ufficio europeo per la lotta antifrode) OMC Organizzazione mondiale del commercio ONG Organizzazione non governativa ONU Organizzazione delle Nazioni Unite OPA Offerta pubblico di acquisto OSCE Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa 6231

PA 2011 PAC par.

PESC PESD PF PIL PQRS PNL RAPOLSIC REACH R&S RNL RS SARS SEC 95 SECO SEE SES SIFIM SILAS SIS II SPG SST TCE TEN TIC TTPCP TUE UE UE UFAG URA UST

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Politica agricola 2011 Politica agricola comune paragrafo/paragrafi Politica estera e di sicurezza comune Politica europea di sicurezza e di difesa Prospettive finanziarie Prodotto interno lordo Programma quadro di ricerca e di sviluppo Prodotto nazionale lordo Rapporto sulla politica di sicurezza della Svizzera Registration, Evaluation and Authorisation of CHemicals (Sistema integrato unico di registrazione, di valutazione e di autorizzazione delle sostanze chimiche) Ricerca e sviluppo Reddito nazionale lordo Raccolta sistematica del diritto federale Severe Acute Respiratory Syndrom (Sindrome respiratoria acuta grave) Sistema europeo di conti economici integrati Segreteria di Stato dell'economia Spazio economico europeo Strategia europea di sicurezza Servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati Sistema settoriale d'informazione e previsione per l'agricoltura svizzera Sistema d'informazione Schengen di seconda generazione Sistema di preferenze tariffarie generalizzate Sistemi di stabulazione particolarmente rispettosi degli animali Trattato che istituisce la Comunità europea Rete transeuropea di trasporto Tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni Tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni Trattato sull'Unione europea Unione europea Unione economica e monetaria Ufficio federale dell'agricoltura Uscita regolare all'aperto degli animali da reddito Ufficio federale di statistica

Rapporto 1

Introduzione

1.1

Contesto

Nel suo programma di legislatura 2003­2007 del 25 febbraio 20041, il Consiglio federale ha manifestato la volontà di presentare un rapporto sulle conseguenze di un'eventuale adesione della Svizzera all'Unione europea (UE). A seguito dell'approvazione popolare dell'associazione della Svizzera agli Accordi di Schengen/Dublino il 5 giugno e dell'estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi Stati membri dell'UE il 25 settembre 2005, il 26 ottobre 2005 il Consiglio federale si è riunito in una seduta straordinaria dedicata alla politica europea al fine di esaminare la materia e decidere le tappe future. In tale occasione, ha confermato il mandato affidato all'amministrazione federale di redigere un rapporto che non si limiti ad analizzare la semplice questione dell'adesione, ma che esamini anche tutte le possibili vie per salvaguardare gli interessi della Svizzera nei suoi rapporti con l'UE. Al contempo ha confermato la propria volontà di concretizzare e consolidare la via bilaterale sinora perseguita nelle relazioni con l'UE, che ha garantito la tutela degli interessi del nostro Paese. Ha deciso invece di non prendere decisioni che potrebbero pregiudicare le scelte politiche future in materia. Il Consiglio federale ha pertanto deciso di perseguire la ratifica degli accordi bilaterali, l'attuazione del contributo svizzero alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata nonché i colloqui preliminari su determinati temi d'interesse comune, in vista di successivi negoziati. Inoltre, il Consiglio federale, in risposta a diversi interventi parlamentari, si è espresso contro il ritiro della richiesta di adesione all'UE, congelata dopo il voto popolare del 1992 contro l'adesione allo Spazio economico europeo (SEE).

Il presente rapporto viene pubblicato a sette anni di distanza dal Rapporto sull'integrazione del 19992; ciò permette di integrare all'analisi di allora gli sviluppi sopravvenuti nel frattempo in Svizzera e nell'UE. Per quel che concerne la Svizzera, è doveroso citare la crescente e diffusa interdipendenza con l'UE e le sue conseguenze dirette e indirette: il recepimento del diritto comunitario nella legislazione svizzera mediante accordi bilaterali o in maniera autonoma, la continuazione delle riforme economiche interne e la soluzione dei diversi problemi che
emergono periodicamente nelle relazioni tra la Svizzera e il suo principale partner. Più specificamente, ricordiamo l'approvazione da parte del popolo degli Accordi bilaterali I e le prime esperienze maturate, la conclusione degli accordi bilaterali II e l'approvazione popolare degli accordi di associazione a Schengen3/Dublino4 e del Protocollo sull'estensione della libera circolazione delle persone5. È stato preannunciato un referendum contro la nuova legge sull'aiuto ai Paesi dell'Est6, legge che costituisce la

1 2 3 4 5 6

FF 2004 969 1000 Svizzera ­ Unione europea: Rapporto sull'integrazione 1999, del 3 febbraio 1999 («Rapporto sull'integrazione 1999»), FF 1999 3391.

FF 2004 5747; RS 0.360.268.1 FF 2004 5777; RS 0.142.392.68 FF 2004 5203 5253; RS 0.142.112.681 FF 2006 3273

6233

base giuridica per il contributo della Svizzera alla riduzione delle disparità economiche e sociali dell'UE.

Per quel che riguarda l'UE, è necessario menzionare la ratifica e l'applicazione del Trattato di Nizza, l'introduzione della moneta unica, l'adesione di dieci Stati dell'Europa orientale e meridionale, numerose novità negli ambiti della sicurezza interna, della politica estera e della sicurezza comune nonché la firma del Trattato costituzionale. Nonostante l'entità dei nuovi sviluppi, i rapporti precedenti (in particolare quello del 1999) permangono validi: tanto le fondamenta dell'UE quanto le relazioni tra quest'ultima e la Svizzera rimangono essenzialmente invariate.

1.2

Obiettivo

L'obiettivo del presente rapporto è presentare in modo approfondito i diversi strumenti politici di cui dispone la Svizzera nell'ambito delle sue relazioni con l'UE, con particolare attenzione alla prospettiva della tutela degli interessi del nostro Paese. Il rapporto analizza le conseguenze che ciascuno dei principali strumenti avrebbe sui temi centrali per il modello svizzero. Il rapporto si concentra volutamente sugli strumenti: in questo modo si sottolinea più chiaramente la natura evolutiva della relazione tra la Svizzera e l'UE, relazione che deve adeguarsi a continui cambiamenti interni ed esterni. In quest'ottica il presente rapporto si prefigge di fungere da documento di riferimento e da base per un dibattito sul futuro delle relazioni tra la Svizzera e l'UE e sulla forma concreta verso cui tali relazioni dovranno evolvere per salvaguardare al meglio gli interessi del nostro Paese. Il rapporto permette infine di rispondere a diversi interventi parlamentari.

1.3

Struttura del rapporto

Nel capitolo 2 il rapporto descrive gli obiettivi della politica europea attuata dalla Svizzera collocandoli nel contesto più ampio degli obiettivi generali di politica estera. Presenta altresì un ampio ventaglio di strumenti per la definizione di una politica ottimale di salvaguardia degli interessi nei confronti dell'UE.

Nel capitolo 3 sono delineati lo stato attuale e le principali caratteristiche delle relazioni tra la Svizzera e l'UE. Questa sezione ha essenzialmente lo scopo di illustrare il campo d'attività sempre più ampio dell'UE e il potenziamento della sua rete di accordi con la Svizzera.

Nel capitolo 4 il rapporto presenta un'analisi degli effetti dei principali strumenti (nella loro globalità) su una ventina di temi centrali quali la democrazia diretta, il federalismo, il mercato del lavoro, le finanze pubbliche, la fiscalità, la politica delle infrastrutture, i prodotti industriali, i servizi, l'agricoltura, la neutralità e la sicurezza interna. L'analisi riprende osservazioni basate su modelli noti, ossia sulle possibilità offerte dagli strumenti della cooperazione bilaterale, della cooperazione multilaterale e dell'adesione, conformemente alla decisione del Consiglio federale del 26 ottobre 2005. Questa struttura semplificata ha lo scopo di facilitare la descrizione degli effetti in funzione dell'impatto dei vari strumenti sui temi centrali. Essa non è tesa a circoscrivere il numero degli strumenti, né a contrapporli, né a escluderne altri che potrebbero essere sviluppati e utilizzati in un futuro più o meno prossimo.

Infine, il rapporto si conclude con una valutazione di ordine generale (capitolo 5).

6234

2

Principi e obiettivi della politica europea della Svizzera

2.1

La politica estera e la tutela degli interessi

La politica estera svizzera mira a salvaguardare gli interessi elvetici sia sul piano materiale (preservazione dell'indipendenza e della sicurezza, della prosperità, salvaguardia degli interessi economici all'estero ecc.) sia su quello ideale (promozione del diritto internazionale, dei diritti dell'uomo, coesistenza pacifica dei popoli ecc.). Nel contempo la politica estera è anche l'espressione della responsabilità che il Paese si assume in qualità di membro della comunità internazionale.

Prima di affrontare il tema specifico della politica europea della Svizzera e dei vari strumenti impiegati a tal fine, è necessario situarla nel contesto più ampio della politica estera, in quanto le finalità del nostro Paese nei confronti dell'UE si intrecciano con quelle più globali della politica estera.

La politica estera svizzera non si limita solamente alla salvaguardia degli interessi del Paese ma costituisce anche l'espressione della responsabilità che questo si deve assumere in quanto membro della comunità internazionale7.

La salvaguardia degli interessi del Paese si manifesta in due aspetti: la difesa degli interessi materiali e quella dei suoi valori e ideali. Questi due aspetti dipendono l'uno dell'altro e la difesa dell'uno non può essere efficace senza prendere in considerazione l'altro. Come indicato negli articoli 54 e 101 della Costituzione federale8, la Svizzera non vuole solo preservare la propria indipendenza, sicurezza e prosperità e in particolare gli interessi economici all'estero, ma anche promuovere i propri valori come il rafforzamento del diritto internazionale, la promozione della democrazia e il rispetto dei diritti umani. A questo proposito, la preservazione dell'indipendenza e della sicurezza non ostacola una politica attiva di cooperazione in seno alle cerchie europee e internazionali, ma può invece rendersi benefica per la realizzazione dei nostri scopi costituzionali.

La politica estera si caratterizza quindi per il suo carattere globale, la sua capacità di perseguire contemporaneamente diversi interessi e la sua spiccata facoltà d'adattamento in un ambiente in costante trasformazione. In futuro sarà ancora più importante trovare risposte multidimensionali a questioni complesse e sviluppare nuove strategie di cooperazione9.

7

8 9

Rapporto sulla politica estera 2000 del 15 novembre 2000, Presenza e cooperazione: tutela degli interessi in un contesto di crescente integrazione internazionale («Rapporto sulla politica estera 2000»), FF 2001 201 235.

RS 101 Rapporto sulla politica estera 2000, FF 2001 201.

6235

2.2

I fondamenti della politica europea della Svizzera

La politica europea è parte integrante della politica estera. Come quest'ultima, essa si definisce come politica di salvaguardia degli interessi elvetici, sia sul piano materiale che su quello degli ideali. Dal punto di vista materiale, tale politica mira al costante miglioramento delle condizioni quadro economiche, politiche e sociali tra la Svizzera e l'UE, senza per questo pregiudicare le decisioni future. A tal fine, è ineluttabile la via del rafforzamento dei legami con l'UE, fino al giorno d'oggi percorsa mediante lo strumento degli accordi bilaterali.

L'approccio bilaterale ha permesso da una parte di risolvere i problemi che sorgono di volta in volta e dall'altra di creare una rete di accordi nei settori di interesse comune. Attualmente questa politica gode del sostegno del popolo svizzero, come dimostrano le votazioni popolari degli ultimi anni. La politica europea della Svizzera è anche improntata a valori largamente condivisi dall'UE come ad esempio la promozione dei diritti dell'uomo, dello Stato di diritto e dello sviluppo sostenibile. D'altronde, la politica europea rispecchia anche l'espressione delle responsabilità della Svizzera nei confronti dell'Europa: per giovarsi appieno della sua posizione geografica nevralgica in Europa, la Svizzera si impegna da anni a favore della stabilità e della prosperità del continente. In passato, la posizione della Svizzera nei confronti della cerchia internazionale si è spesso definita passando attraverso il filtro dell'appartenenza istituzionale (aderire o meno) anziché quello della salvaguardia pragmatica degli interessi. È in questa seconda ottica che il presente rapporto intende offrire una base per il dibattito sulla relazione tra la Svizzera e l'UE alla luce degli strumenti che il nostro Paese ha a disposizione per tutelare al meglio i propri interessi.

A causa della posizione geografica del nostro Paese e degli stretti rapporti economici, politici, scientifici e culturali intrattenuti con l'UE, la politica europea costituisce una delle principali sfide da affrontare per la Svizzera. Per questo motivo la tutela e lo sviluppo di relazioni strette e privilegiate con l'UE, il cui contributo alla stabilità politica ed economica è essenziale, resta la priorità assoluta della politica estera svizzera.

Come la politica estera in generale di cui
la politica europea fa parte, quest'ultima si definisce come una politica di salvaguardia degli interessi svizzeri nei confronti dell'UE, sia sul piano materiale che su quello degli ideali.

Da un punto di vista materiale, consiste nel costante miglioramento delle condizioni quadro economiche, politiche e sociali che definiscono le relazioni tra la Svizzera e l'UE senza per questo compromettere le decisioni future in materia di politica europea. Essenziale ai fini del miglioramento delle condizioni quadro è intrattenere legami stretti con l'UE. Anche la politica della Svizzera in Europa è improntata a valori ampiamente condivisi dall'UE, come la promozione dello Stato di diritto, della democrazia, del diritto internazionale e dei diritti dell'uomo, della sicurezza e stabilità in Europa e nel mondo nonché della prosperità, della solidarietà e dello sviluppo sostenibile.

La Svizzera si trova in una comunità di destini con i suoi vicini europei ed è nel suo interesse che questi ultimi godano di una certa prosperità ed è anche nel suo interesse intrattenere con essi rapporti stabili e di buon vicinato. La Svizzera contribuisce 6236

da tempo con impegno e costanza alla stabilità, alla sicurezza e alla prosperità del continente.

Fino ad oggi, la conclusione di accordi bilaterali con l'UE ha contribuito a realizzare questi obiettivi. In questo modo si è potuto risolvere in maniera pragmatica i problemi che puntualmente, quasi naturalmente, insorgono tra vicini con relazioni così strette e anche sviluppare una serie di accordi nei campi di interesse reciproco. Allo stato attuale, questa politica gode del sostegno del popolo svizzero come hanno dimostrato le varie votazioni popolari degli ultimi anni.

In passato, la discussione sulla posizione della Svizzera nei confronti del contesto internazionale ed europeo è stata distorta dal peso eccessivo attribuito alla questione dell'appartenenza istituzionale. Anziché mettere l'accento sulla salvaguardia degli interessi del Paese e sull'esame degli strumenti a disposizione, la questione dell'avvicinamento alle organizzazioni internazionali è stata posta soprattutto in termini istituzionali. Il mondo odierno impone un superamento di questa questione di appartenenza politica altamente simbolica e soggettiva. In tale ottica, è esemplificativa l'adesione della Svizzera all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Il dibattito politico e istituzionale degli anni ottanta ha lasciato progressivamente il posto ad un approccio pragmatico della salvaguardia degli interessi, traducendosi in una piena adesione della Svizzera all'ONU. L'esperienza dimostra che la nostra partecipazione all'ONU è benefica per il Paese.

È allineandosi a tale spirito che il presente rapporto si prefigge di oggettivare la questione europea e di incentivare il dibattito sulla relazione tra la Svizzera e l'UE alla luce degli strumenti che essa ha a disposizione per salvaguardare al meglio i propri interessi.

2.3

Gli strumenti di politica europea

Gli strumenti a disposizione della Svizzera nel quadro delle relazioni con l'UE sono numerosi, in evoluzione e non devono essere contrapposti gli uni agli altri.

Essi sono le tappe intermedie di un processo in atto che in definitiva punta a trovare la soluzione che permetta alla Svizzera di salvaguardare al meglio i propri interessi in ogni situazione. Qui di seguito verranno descritti i principali strumenti di politica europea. L'adattamento autonomo del diritto permette di garantire l'eurocompatibilità di beni e servizi indigeni, fondamentale per la competitività delle imprese svizzere. Tuttavia non sempre si tratta di uno strumento giustificato: in materia di fiscalità o di politica estera, la Svizzera può essere interessata a preservare una rotta diversa da quella dell'UE. Nel quadro della cooperazione bilaterale, le relazioni tra la Svizzera e l'UE implicano la gestione e l'aggiornamento degli accordi bilaterali vigenti, al fine di adeguare il quadro attuale in funzione delle esperienze fatte. Tale aspetto può includere negoziati nel quadro degli accordi esistenti onde garantire ad esempio la partecipazione a certi programmi. La Svizzera e l'UE possono inoltre definire in ogni momenti nuovi temi di negoziazione, qualora esista un interesse comune.

Attualmente sono in corso colloqui esplorativi su nuovi temi quali l'elettricità, il riconoscimento delle denominazioni di origine controllata, il sistema di navigazione satellitare Galileo o la sanità. Nel settore agricolo e alimentare la Svizzera

6237

studia attualmente l'opportunità e la fattibilità di un accordo di libero scambio con l'UE. Un'unione doganale figura tra gli strumenti che possono essere presi in considerazione; essa implicherebbe la soppressione completa dei dazi doganali e dei controlli frontalieri delle merci nonché dei relativi costi, ma farebbe perdere alla Svizzera la sua autonomia in materia di politica economica estera e la obbligherebbe ad adottare nei confronti di Stati terzi la tariffa doganale dell'UE, in media più elevata di quella svizzera. La Svizzera potrebbe anche tentare la via del miglioramento del quadro istituzionale, che potrebbe concretizzarsi in un accordo quadro volto a facilitare la gestione e la coordinazione dei numerosi accordi che legano il nostro Paese all'UE e dei relativi comitati misti. La Svizzera potrebbe inoltre considerare un'associazione bilaterale con l'UE, finalizzata a rafforzare il dialogo politico e a fungere quale piattaforma per lo sviluppo delle relazioni future. Come forma di cooperazione multilaterale, un'adesione allo Spazio economico europeo (SEE) renderebbe possibile una partecipazione estesa al mercato europeo. La Svizzera applicherebbe in tal caso le quattro libertà del mercato interno nonché il patrimonio normativo comunitario legato alla sua realizzazione e le politiche orizzontali e d'accompagnamento. Un Accordo SEE non implicherebbe né un'unione doganale o monetaria né l'adesione alle politiche commerciali e agricole comunitarie. Il progetto «SEE bis» presentato dal Parlamento europeo offre la possibilità di includere, con una geometria variabile, diversi Stati che non possono o non desiderano aderire nell'immediato. Esistono inoltre in seno all'UE forme di «integrazione differenziata», ossia forme di cooperazione alle quali non partecipano (ancora) tutti gli Stati (ad es. negli ambiti della sicurezza interna (Schengen), dell'unione monetaria o della politica di difesa). L'adesione permetterebbe di partecipare a pieno titolo alle istituzioni e di essere coinvolti nei processi decisionali dell'UE. In relazione alle adesioni all'UE avvenute sinora, i relativi negoziati concernevano soltanto le modalità particolari di applicazione del patrimonio normativo o la definizione di misure transitorie.

2.3.1

Introduzione

La Svizzera dispone di diversi strumenti nel quadro delle proprie relazioni con l'UE, il cui successo comunque poggia sulla volontà di quest'ultima di prenderli in considerazione. Questo sarà il tema affrontato nella presente sezione, in cui verranno inoltre illustrate le varie modalità di cooperazione disponibile. Gli effetti dei principali strumenti sui vari temi chiave saranno analizzati nel capitolo 4. Gli strumenti a disposizione non sono fissi. Le importanti e costanti evoluzioni a cui è soggetta l'UE e, in misura minore, la Svizzera, rendono necessaria una relazione fluida. I citati strumenti possono dunque evolvere e nuove possibilità di relazioni non ancora considerate potrebbero affiorare. Gli strumenti disponibili non devono più essere intesi in opposizione gli uni agli altri: essi infatti non si escludono a vicenda e possono essere considerati come tappe intermedie di un processo in costante evoluzione che in ultima analisi deve permettere di trovare di volta in volta la soluzione più consona agli interessi della Svizzera.

6238

2.3.2

Adattamento del diritto svizzero al diritto comunitario

Il 3 febbraio e il 18 maggio 1988 il Consiglio federale ha deciso di dotare tutti i messaggi alle Camere federali e le proposte di ordinanze del Consiglio federale di un capitolo in cui vengono prospettati i risultati della cosiddetta eurocompatibilità10. Il rilevamento del diritto comunitario nel diritto svizzero (come risultato di questa verifica) può avvenire autonomamente o per trattato.

Il cosiddetto adeguamento autonomo viene perseguito laddove gli interessi economici (accresciuta competitività) lo richiedono o giustificano. Visto che la Comunità Europea ammette sul proprio mercato sostanzialmente soltanto prodotti fabbricati secondo le norme del diritto comunitario o tutt'al più secondo norme equivalenti, affinché la Svizzera risulti concorrenziale quale luogo di produzione e di lavoro è determinante che il nostro diritto sia eurocompatibile. Oltre al tradizionale settore della circolazione delle merci o al campo d'applicazione della legge federale sugli ostacoli tecnici al commercio (art. 4 cpv. 2 LOTC11), la compatibilità del nostro diritto a quello europeo diventa sempre più importante anche in altri settori. Pertanto sono state adattate al diritto comunitario la legge sugli avvocati12, la legge sugli agenti terapeutici13, la legge sulla navigazione aerea14, la legge sulla parità di trattamento tra uomo e donna15, la legge sul mercato interno16, la legge sulla banca nazionale17 e la legge sui fondi d'investimento18. Anche le norme relative agli esperimenti di creazione e diffusione di organismi geneticamente modificati (direttiva europea sulle biotecnologie 98/44/CE19) e il diritto in materia di brevetti, il diritto d'autore nonché le disposizioni in materia della sicurezza generale dei prodotti sono ispirati alle normative vigenti a livello dell'UE, senza tuttavia ricalcarle fedelmente. Sono invece chiaramente improntate agli interessi svizzeri.

In questo senso, anche nei suoi accordi con l'UE la Svizzera ha adottato le emanazioni del diritto comunitario (regolamenti, direttive ma anche la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE)20. Tuttavia, tali accordi non comportano per la Svizzera un obbligo di diritto internazionale pubblico di conformarsi sistematicamente o di rilevare la legislazione UE futura (o la giurisprudenza della CGCE).

10 11

12 13 14 15 16 17 18 19 20

Cfr. FF 1988 III 209 335. Vedi anche messaggio del 24 febbraio 1993 sul programma da seguire dopo il rifiuto dell'accordo SEE, FF 1993 I 609 624 seg.

Legge federale del 6 ottobre 1995 sugli ostacoli tecnici al commercio (RS 946.51). Gli ostacoli tecnici al commercio possono provocare zone di prezzi falsati. Diversio interventi parlamentari (mozione 04.3473 Hess, postulato 04.3390 Leuthard) esigono perciò l'applicazione diretta del diritto europeo (principio «Cassis de Dijon») nell'ambito della LOTC.

RS 935.61 RS 812.21 RS 748.0 RS 151.1 RS 943.02 RS 951.11 RS 951.31 GU L 213 del 30.7.1998, p. 13.

L'elenco completo delle disposizioni del diritto comunitario determinanti per la Svizzera sul piano degli accordi bilaterali I e II, può essere consultato nel registro elettronico della Cancelleria federale all'indirizzo internet: http://www.admin.ch/ch/i/eur/search.html.

6239

Nei settori di importanza sovrannazionale il Consiglio federale tenta pertanto di garantire che non sussistano difformità inutili e infondate tra l'ordinamento giuridico svizzero e il diritto comunitario. Tale principio è valido solo nella misura in cui vada a vantaggio degli interessi della Svizzera. In alcuni ambiti, quali la politica fiscale, agraria o estera, ma anche in importanti campi come il mercato interno, il diritto svizzero non recepisce il diritto comunitario. Difatti, in questi settori la Svizzera attua una politica autonoma, come per esempio per quel che concerne il mantenimento di un tasso dell'IVA particolarmente basso.

L'armonizzazione con il diritto comunitario avviene quindi per lo più per motivi economici onde agevolare l'accesso al mercato interno. Un altro motivo a favore dell'adeguamento è il mantenimento della competitività dell'economia svizzera, ad esempio in relazione con misure di liberalizzazione inevitabili. Tuttavia in molti casi soltanto la conclusione di un accordo bilaterale con le CE permette di dotare le agevolazioni di una base giuridica sicura e reciproca. L'emanazione di un diritto eurocompatibile permette infatti soltanto di attenuare le discriminazioni rispetto agli Stati dell'UE, ma non di eliminarle del tutto; la conclusione di un accordo garantisce invece che le agevolazioni nello scambio di merci e servizi e nella circolazione delle persone siano accordate reciprocamente. Nella pratica questo significa che, nella misura del possibile, gli adeguamenti al diritto comunitario dovrebbero essere effettuati non autonomamente ma tramite accordi specifici. Più fitta diventa la rete di accordi che legano la Svizzera alle CE, maggiore diventa l'interesse a un disciplinamento contrattuale dei rapporti. Per fungere da strumento per la politica europea, l'adeguamento della legislazione svizzera al diritto comunitario deve avvenire in modo coordinato e coerente.

2.3.3

Gestione e aggiornamento degli accordi esistenti

Le attuali relazioni tra le Svizzera e l'UE sono gestite sulla base di una cooperazione bilaterale. Tale politica implica la sorveglianza dell'applicazione degli accordi in vigore, il loro sviluppo e la gestione degli affari correnti che ne conseguono; essa può inoltre includere negoziati aggiuntivi nel quadro dello sviluppo degli accordi bilaterali vigenti, ad esempio al fine di assicurarsi la partecipazione a determinati programmi.

Per quel che concerne gli accordi vigenti, la Svizzera e l'UE dispongono di una importante rete contrattuale composta da una ventina di accordi settoriali principali e un centinaio di accordi sussidiari. La maggior parte degli accordi principali prevede l'istituzione di comitati misti incaricati della sorveglianza dell'applicazione degli accordi stessi e degli eventuali adattamenti. Tali comitati sono composti da una parte da membri dell'amministrazione federale in rappresentanza degli uffici interessati nonché da rappresentanti dei Cantoni per i temi che rientrano nel loro ambito di competenza e dall'altra da rappresentanti delle CE. I rappresentanti si riuniscono periodicamente per fare il punto della situazione ed eventualmente intraprendere gli adeguamenti necessari dell'accordo. In tale occasione, si è soliti procedere a un recepimento dei nuovi atti comunitari; ciò avviene in modo non automatico ma di comune accordo tra le parti. I nuovi atti concernono di norma degli adattamenti tecnici, ma talvolta anche sviluppi più sostanziali (cfr. n. 3.1.2.2).

6240

Oltre alla sorveglianza dell'applicazione degli accordi e ai vari adattamenti legislativi, la gestione degli accordi bilaterali implica anche la soluzione dei diversi problemi che di volta in volta si presentano. A tale proposito, può essere menzionata la problematica emersa recentemente a seguito della revisione da parte dell'UE del suo Codice doganale e l'introduzione di un obbligo di preavviso (denominato comunemente «regola delle 24 ore»), secondo cui tutte le esportazioni di merci verso l'UE devono essere notificate in anticipo, misura che, nel caso della Svizzera, provocherebbe notevoli ingorghi alle frontiere e rilevanti perdite economiche. Per la Svizzera si tratta dunque di negoziare con l'UE una soluzione che garantisca che il traffico transfrontaliero delle merci possa continuare a svolgersi senza impedimenti. Ancor più recentemente, la Commissione ha invocato l'Accordo di libero scambio del 197221 in relazione a certi regimi fiscali dei Cantoni applicabili alle imprese che, a suo avviso, potrebbero costituire degli aiuti statali in grado di falsare la concorrenza e pertanto in violazione di tale accordo.

Talvolta la Svizzera deve risolvere delle difficoltà legate all'entrata in vigore in seno all'UE di nuove normative comunitarie che possono arrecare indirettamente pregiudizio al commercio dei prodotti elvetici. A tale proposito si possono citare ad esempio le nuove normative concernenti l'igiene e la sicurezza alimentari, entrate in vigore ultimamente22. La Svizzera desidera integrare tali modifiche in un'appendice dell'Accordo sul commercio dei prodotti agricoli23 in vigore per non causare pregiudizio ai suoi prodotti (segnatamente latticini) destinati all'esportazione. Altri esempi da citare sono la partecipazione della Svizzera a programmi comunitari come quelli di ricerca e i programmi MEDIA. In occasione di ogni rinnovo di tali programmi, la partecipazione della Svizzera deve essere oggetto di nuovi negoziati, che possono causare ritardi nella sua partecipazione. Ciò vale anche per la futura partecipazione della Svizzera ai programmi di educazione, di formazione professionale e per la gioventù.

2.3.4

Altri possibili settori oggetto di negoziati bilaterali

Oltre allo sviluppo degli accordi vigenti e alla gestione degli affari correnti, il perseguimento della cooperazione bilaterale può includere anche dei negoziati aggiuntivi vertenti sul campo d'applicazione degli accordi bilaterali vigenti, nonché un ampliamento a nuovi settori di cooperazione. La cooperazione bilaterale resterà nel quadro istituzionale del diritto internazionale pubblico classico. Gli accordi saranno amministrati e, laddove necessario, sviluppati di comune accordo con le Parti.

Attualmente si stanno svolgendo colloqui preliminari in diversi ambiti d'interesse comune della Svizzera e dell'UE, ad esempio per l'elettricità, il sistema di navigazione satellitare Galileo, le denominazioni di origine controllata (DOC) e la sanità.

Nel settore agroalimentare, la Svizzera sta valutando l'opportunità e la fattibilità di un accordo di libero scambio con l'UE.

21 22

23

RS 0.632.401 La prima parte delle disposizioni riprese, concernenti il latte bovino e i prodotti derivati del latte, è entrata in vigore il 1° gennaio 2006, mentre per gli altri prodotti di origine animale è in corso una valutazione per permettere l'entrata in vigore delle modifiche il 1° gennaio 2007.

RS 0.916.026.81

6241

Elettricità Nel campo dell'elettricità, la Svizzera e l'UE considerano attualmente la possibilità di una soluzione che dovrebbe disciplinare il transito, l'accesso al mercato ed il riconoscimento dei certificati d'origine dell'elettricità prodotta da fonti di energia rinnovabile. A livello formale, dovrebbe trattarsi di un protocollo all'accordo di libero scambio del 197224 che avrà come obiettivo la garanzia dell'approvvigionamento grazie ad un'apertura dei mercati fondata su principi e norme convenuti, e dovrebbe basarsi sulla futura legge sull'approvvigionamento elettrico (LApEl) e sulla legge sugli impianti elettrici modificata (LIE25). Il Consiglio federale ha approvato il mandato di negoziato il 17 maggio 2006.

Galileo Per quel che concerne la navigazione satellitare, la Svizzera partecipa per mezzo dell'Agenzia spaziale europea (ESA) allo sviluppo del programma Galileo, sistema civile simile al GPS americano. Il nostro Paese è stata invitato dall'UE a contribuire anche al finanziamento della parte comunitaria del programma. Sono attualmente in corso dei colloqui in merito, in vista del negoziato di un accordo per la piena partecipazione della Svizzera all'Autorità europea per la sorveglianza di Galileo, agenzia che sarà proprietaria del sistema e incaricata di sorvegliarne l'attuazione.

Denominazione di origine controllata In materia agricola, l'UE e la Svizzera hanno concordato una dichiarazione comune (nel quadro dell'Accordo sul commercio di prodotti agricoli26) secondo la quale si impegnano ad includere delle disposizioni concernenti la reciproca protezione delle denominazioni di origine controllata (DOC) e delle indicazioni geografiche protette (IGP) per i prodotti agricoli, come peraltro già avviene per vini e liquori. L'obiettivo della Svizzera è il riconoscimento reciproco dei registri DOC/IGP con l'UE.

Sanità In ambito sanitario la Svizzera e l'UE prevedono di negoziare un accordo finalizzato alla partecipazione della Svizzera ai numerosi programmi, agenzie e attività sviluppati dall'UE in questo ambito. Si tratterebbe segnatamente di partecipare al Centro europeo di prevenzione e di controllo delle malattie di Stoccolma, all'Autorità europea di sicurezza alimentare di Parma e al programma d'azione dell'UE negli ambiti della sanità. La Svizzera inoltre sarebbe integrata nella
rete d'allarme rapido dell'UE, con un'ottimizzazione della gestione dei rischi e della sorveglianza del mercato in tali campi (malattie, rischi chimici e prodotti che comportano dei rischi per i consumatori).

Libero scambio agricolo Nel campo agroalimentare, la Svizzera sta valutando l'opportunità e l'applicabilità di un accordo di libero scambio con l'UE. Un rapporto redatto dall'amministrazione su vantaggi e svantaggi economici di una liberalizzazione totale del commercio dei prodotti agricoli tra la Svizzera e l'UE, al di là dell'apertura parziale del mercato già 24 25

26

RS 0.632.401 Legge del 24 giugno 1902 sugli impianti elettrici (RS 734.0); messaggio del 3 dicembre 2004 concernente la modifica della legge sugli impianti elettrici e la legge sull'approvvigionamento elettrico, FF 2005 1447.

RS 0.916.026.81

6242

esistente in tale settore (accordo sul commercio di prodotti agricoli27 e accordo sui prodotti agricoli trasformati28), è stato sottoposto al Consiglio federale il 10 marzo 2006.

In tale occasione, il Consiglio federale ha incaricato i Dipartimenti degli affari esteri (DFAE) e dell'economia (DFE) di condurre dei sondaggi esplorativi presso la Commissione europea e fra gli ambienti interessati in Svizzera per stabilire quale appoggio politico potrebbe ricevere un simile accordo. Ne è risultato un interesse di massima propizio alla continuazione di questo progetto. Pertanto il 28 giugno 2006 il Consiglio federale ha conferito al DFAE e al DFE il mandato di intavolare discussioni con la Commissione europea vertenti sui parametri di un simile accordo e, contemporaneamente, di esaminare da vicino le incidenze sull'economia in generale e sui settori specifici in particolare. I due dipartimenti dovranno inoltre proporre opportune misure di accompagnamento. Il Consiglio federale deciderà, in base ai risultati degli incontri esplorativi e degli esami complementari, se conviene intavolare trattative su un accordo di libero scambio relativo al settore agroalimentare.

Liberalizzazione dei servizi In passato il settore dei servizi è già stato oggetto di negoziati nel quadro del secondo pacchetto di accordi bilaterali; all'epoca, l'obiettivo era l'ottenimento di un accesso reciproco e non discriminatorio ai mercati dei servizi sulla base del patrimonio normativo comunitario. Tuttavia, a causa di numerose questioni rimaste irrisolte (in particolare il grado di trasposizione del patrimonio normativo comunitario, ma anche la questione dei servizi pubblici, del diritto di concorrenza e societario, della piazza finanziaria o dei diritti di codecisione per lo sviluppo di norme future in tale ambito), i negoziati sono stati interrotti di comune accordo nel 2003. La questione di un possibile ravvicinamento settoriale per la liberalizzazione di singoli settori non è stata finora affrontata, tranne per il settore dell'energia elettrica.

Questi dossier sono esempi di settori in cui la Svizzera potrebbe cooperare in modo più stretto con l'UE. Potrebbero essere presi in considerazione anche altri ambiti di cooperazione, in base all'evoluzione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE e dei loro rispettivi interessi.

2.3.5

Unione doganale

L'idea di un'unione doganale con l'UE è stata avanzata e brevemente esaminata nel quadro delle misure atte a potenziare la crescita29. Questo tipo di unione comporterebbe la completa abolizione dei dazi doganali nonché dei controlli fisici della merce alle frontiere, l'applicazione di una tariffa esterna comune nei confronti dei Paesi terzi e l'inclusione della Svizzera nella politica commerciale dell'UE. La Svizzera perderebbe così la sua competenza in materia di politica economica estera e dovreb27 28 29

RS 0.916.026.81 RS 0.632.401.23 Cfr. SECO, Grundlagen der Wirtschaftspolitik NR. 8 D, Interdepartementale Arbeitsgruppe «Wachstum»: Massnahmen für eine Wachstumsorientierte Wirtschaftspolitik; Pt 3.4: Massnahme «Entscheidungsgrundlagen bereitstellen für einen möglichen Beitritt der Schweiz zur europäischen Zollunion», Berna 2003, http://www.seco.admin.ch/publikationen/00099/index.html?lang=de (ted.) o http://www.seco.admin.ch/publikationen/00099/index.html?lang=fr (fr).

6243

be adottare la tariffa doganale dell'UE. La questione non è mai stata affrontata con l'UE. Gli effetti di un'unione doganale saranno esaminati più approfonditamente nel quadro dell'analisi degli effetti degli strumenti sulle relazioni economiche esterne, in particolar modo nel quadro della cooperazione bilaterale (cfr. n. 4.2.3.4).

2.3.6

Miglioramento del quadro istituzionale

Nel quadro della cooperazione bilaterale, sarebbe possibile anche procedere ad un miglioramento del quadro istituzionale che potrebbe concretizzarsi con la conclusione di un accordo quadro su cui si baserebbe l'insieme degli accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e l'UE. Un accordo simile permetterebbe innanzitutto di garantire che gli accordi bilaterali vigenti e futuri siano ispirati ad un concetto globale più coerente ed efficace. La loro attuazione sarebbe così guidata da una coordinazione d'insieme. Difatti attualmente esistono una ventina di accordi bilaterali principali di cui gran parte prevedono la creazione di comitati misti. Oltre a favorire le sinergie in seno ai comitati misti e facilitare la coordinazione dei loro lavori, un accordo quadro permetterebbe una migliore visione d'insieme, con conseguente guadagno in termini di tempo ed efficacia.

2.3.7

Associazione bilaterale

Il contenuto di un accordo quadro del tipo menzionato sopra potrebbe anche andare oltre la semplice riorganizzazione istituzionale, per quanto utile essa sia, integrandovi altri aspetti, come ad esempio un'intensificazione del dialogo politico. Infatti, la Svizzera e l'UE non hanno mai concluso accordi politici nonostante l'intensità delle relazioni bilaterali e contrariamente a quanto avvenuto tra l'UE e numerosissimi altri Paesi. Attraverso la loro istituzionalizzazione, gli scambi tra la Svizzera e l'UE si rivelerebbero quindi migliorati ed intensificati. L'accordo quadro potrebbe anche svolgere la funzione di piattaforma per lo sviluppo delle relazioni future tra la Svizzera e l'UE. A condizione di possedere un carattere evolutivo e una dinamica propria, creare determinate strutture istituzionali e rafforzare i legami economici e politici, un accordo simile potrebbe costituire un accordo di associazione ai sensi dell'articolo 310 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE).

2.3.8

Spazio economico europeo

L'Accordo SEE30 prevede una partecipazione estesa al mercato interno comunitario nonché a determinate politiche d'accompagnamento, nella misura in cui queste ultime siano necessarie al funzionamento di uno spazio economico omogeneo. Da un punto di vista pratico, l'Accordo SEE crea relazioni simili a quelle che prevalgono sul mercato interno grazie all'attuazione delle quattro libertà (circolazione delle merci ­ salvo dei prodotti agricoli ­, delle persone, dei capitali e dei servizi) e agli atti adottati in vista della loro realizzazione nonché alle norme comuni nei settori del diritto della concorrenza, degli aiuti statali, dell'energia, del mercato 30

Messaggio del Consiglio federale del 18 maggio 1992 concernente l'approvazione dell'Accordo sullo Spazio economico europeo, FF 1992 IV 1.

6244

pubblico, del diritto societario e della proprietà intellettuale. Vi si aggiungono varie politiche orizzontali e di accompagnamento, quali la parità di trattamento tra uomo e donna, i diritti dei lavoratori, la partecipazione nelle imprese, la tutela dei consumatori, la protezione dell'ambiente, la formazione, la gioventù, il turismo, i programmi MEDIA e la protezione civile. Lo SEE prevede una partecipazione automatica a tutti i suddetti programmi e politiche.

I due settori importanti dell'unione doganale e della politica commerciale comune non facciano parte dello SEE. Nel settore della circolazione delle merci, al valico della frontiera continuano a essere necessarie, oltre alla presentazione dei documenti usuali, varie formalità quali la presentazione di attestati d'origine, certificati veterinari e fitosanitari, documenti di trasporto ecc. A causa delle politiche agricole diverse, alla frontiera occorre inoltre compensare le differenze di prezzo dei prodotti agricoli di base. Diversamente da quanto accade all'interno dell'UE, si deve procedere all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto al momento in cui le merci attraversano il confine. Gli scambi commerciali risultano facilitati al momento della messa in circolazione (p.es. la valutazione della conformità dei prodotti) perché nello SEE il diritto tecnico è armonizzato e viene applicato il principio «Cassis de Dijon».

Rispetto al campo materiale disciplinato dall'Accordo SEE, gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l'UE disciplinano tre settori addizionali di cooperazione: Schengen/Dublino, la fiscalità del risparmio e la lotta contro la frode. In compenso lo SEE copre alcuni settori di grande importanza che non sono disciplinati dagli accordi bilaterali, come la concorrenza (comprese le norme concernenti gli aiuti statali), il diritto societario, la libera circolazione dei servizi (compresi i servizi finanziari, le telecomunicazioni e la posta), la libera circolazione dei capitali31, la proprietà intellettuale, la tutela dei consumatori e dell'ambiente, al politica sociale (compresi la parità di trattamento tra uomo e donna e il diritto dei lavoratori), la coesione economica e sociale. In ogni caso, una partecipazione allo SEE sostituirebbe le relazioni esistenti fondate segnatamente sui seguenti accordi: l'Accordo di libero scambio del
197232, l'Accordo in materia di assicurazioni del 198933, l'Accordo sulla libera circolazione delle persone34, l'Accordo sugli appalti pubblici35, l'Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità36, gli Accordi sul trasporto aereo37 e sul trasporto di merci e di passeggeri su strada e per ferrovia38 come pure gli Accordi sulla statistica39, sui programmi MEDIA40, sull'ambiente41 e sulla ricerca42.

31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42

La libera circolazione dei capitali vale anche nei confronti di Paesi terzi come la Svizzera.

RS 0.632.401 RS 0.961.1 RS 0.142.112.681 RS 0.172.052.68 RS 0.946.526.81 RS 0.748.127.192.68 RS 0.740.72 FF 2004 5649; RS 0.431.026.81 RS 0.814.092.681 RS 0.784.405.226 RS 0.420.513.1

6245

L'Accordo SEE è un accordo di associazione tra Stati dell'Associazione europea di libero scambio (AELS) (eccetto la Svizzera) da una parte, e la Comunità europea (CE) e i suoi Stati membri dall'altra. Dal punto di vista istituzionale, vi è un associante ­ la Comunità ­ il cui ruolo portante è inevitabile, e degli associati, i Paesi dell'AELS, che non beneficiano dei medesimi diritti degli Stati membri della CE perché il diritto di codecisione non può sussistere che mediante l'adesione. Nel quadro dell'Accordo SEE, gli associati AELS devono esprimersi all'unanimità: tale condizione costituisce uno svantaggio i Paesi dell'AELS, che ovviamente hanno interessi eterogenei e risultano quindi limitati nelle loro possibilità di far valere i propri interessi specifici.

Il controllo dell'applicazione dell'Accordo SEE poggia su un sistema a due pilastri.

La Commissione e la CGCE controllano gli Stati membri della CE, mentre due nuove istituzioni (l'Autorità di vigilanza AELS e la Corte AELS) sono state fondate dai Paesi dell'AELS come organi corrispettivi a quelli comunitari. Mediante strutture e procedure complesse, le Parti all'Accordo SEE si sono sforzate di conciliare due obiettivi contradditori: la salvaguardia della propria autonomia legislativa e l'omogeneità del diritto nello SEE. L'Accordo SEE presenta quindi talune imperfezioni istituzionali, in particolare perché «non rispetta in tutti i suoi elementi il principio dell'uguaglianza delle Parti contraenti»43.

Nello SEE, i Paesi dell'AELS sono quasi obbligati a integrare gli sviluppi del patrimonio normativo comunitario pertinente per lo SEE. Dall'entrata in vigore dell'Accordo SEE, il Comitato misto competente ha così integrato oltre 3500 nuovi atti comunitari (complessivamente 5000 atti, di cui numerosi sono tuttavia obsoleti o non più in vigore). Gli Stati dell'AELS possono rifiutarsi di riprendere nello SEE un atto comunitario, ma il fatto che l'AELS debba decidere collettivamente riduce la possibilità di un tale rifiuto. Peraltro, il rigetto di un atto comporterebbe la sospensione automatica di quella parte dell'Accordo SEE in esame, salvo decisione contraria del Comitato misto dello SEE.

L'Accordo SEE ha subito molte modifiche dalla sua ratifica nel 1992. Come le Parti all'Accordo hanno rilevato nella loro dichiarazione del 1993, se la
Svizzera avesse l'intenzione di partecipare all'Accordo SEE, dovrebbe adattarsi all'accordo nella forma in cui si presenterebbe al momento del negoziato. È piuttosto improbabile che i ventotto Stati, Parti all'Accordo SEE, accetterebbero le richieste di deroga della Svizzera, dato il dogma assoluto di omogeneità dello SEE.

Dal punto di vista della procedura, la domanda di adesione allo SEE dovrebbe essere presentata al Consiglio SEE; da un punto di vista materiale, i negoziati verterebbero su un numero limitato di questioni. La Svizzera dovrebbe riprendere il patrimonio normativo pertinente SEE; questo corrisponde in ampia misura al patrimonio normativo comunitario in ambito economico che dovrebbe essere attuato in caso di adesione all'UE44, con l'importante eccezione della fiscalità indiretta e della liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli. Il messaggio relativo all'approvazione dell'Accordo SEE45 descrive le differenze tra la partecipazione allo SEE e l'adesione all'UE. Sarebbe possibile negoziare norme transitorie. Dal punto di vista 43 44 45

Messaggio del 18 maggio 1992 relativo all'approvazione dell'Accordo sullo SEE, FF 1992 IV 1 29.

Prescindendo dalle norme del secondo (politica estera e di sicurezza comune) e del terzo (cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni) pilastro dell'UE.

Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 35 e seg. (n. 4.143).

6246

istituzionale, non vi sarebbe probabilmente nessuna possibilità di negoziato e ci si dovrebbe limitare ad attuare le soluzioni del 1992 e le loro successive modifiche.

2.3.9

Un'altra forma di associazione multilaterale

Per far fronte alla richiesta di numerosi Paesi europei di diventare membri dell'UE, il Parlamento europeo ha abbozzato un possibile modello di «compromesso» tra le loro aspirazioni e la capacità d'assorbimento dell'UE. Tale modello potrebbe rappresentare una soluzione intermedia tra l'ottica dei rapporti di vicinato e la prospettiva dell'adesione, di natura multilaterale ma più intensa di un semplice partenariato privilegiato. Il Parlamento europeo ha pertanto abbozzato un concetto nuovo denominato «Spazio economico europeo plus (SEE bis)», il quale permetterebbe, con una geometria variabile, di includere diversi Stati evitando al contempo la pressione di un'eventuale adesione. Ad esempio, alcuni Paesi potrebbero desiderare di fare parte di questa nuova struttura multilaterale perché l'iter di adesione a tutti gli effetti potrebbe durare molto tempo o perché non possono o non desiderano aderire a pieno titolo. I Paesi che hanno una prospettiva d'adesione riconosciuta possono decidere liberamente se utilizzare tale strumento come tappa intermedia o meno46. Il Parlamento domanda pertanto alla Commissione ed al Consiglio di ampliare il ventaglio di possibilità concrete per l'adesione e di sottoporre a tutti i Paesi europei attualmente senza prospettiva d'adesione all'UE delle proposte per una stretta relazione multilaterale con quest'ultima. Secondo il Parlamento europeo, un simile quadro offrirebbe anche una prospettiva europea indispensabile per promuovere le numerose riforme interne richieste ai Paesi interessati. Questa idea non è stata ancora oggetto di azioni concrete. Tuttavia, questa proposta del Parlamento europeo dimostra che in futuro l'UE potrebbe prendere in considerazione nuove modalità di cooperazione con gli Stati terzi.

2.3.10

Possibilità d'adesione differenziata

Integrazione differenziata nell'UE L'integrazione europea è un processo dinamico. A causa dei diversi ordinamenti giuridici, ogni ampliamento dell'UE e ogni modifica apportata ai Trattati di fondazione innesca nuove discussioni in merito all'organizzazione razionale del processo d'integrazione, e spesso devono essere trovati nuovi mezzi e nuove strade per risolvere problemi puntuali e transitori e superare le spinte contrastanti di rafforzamento e ampliamento. Talvolta sinonimi e non sempre definiti dal punto di vista del contenuto, in questo contesto e all'insegna dell'integrazione differenziata vengono definiti i seguenti concetti:

46

­

il modello dell'«Europa dalla geometria variabile»;

­

il modello dell'«Europa dalle diverse velocità»;

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2006 sul documento di strategia per l'ampliamento 2005 della Commissione; http://www.europarl.europa.eu/activities/expert/ta.do;jsessionid=47D42EE604929D80F4 F91D47E4B58103.node1?language=IT.

6247

­

l'«integrazione flessibile»;

­

il «rafforzamento della cooperazione».

Si tratta di forme di collaborazione organizzata tra gli Stati membri dell'UE a cui non aderiscono (ancora) tutti gli Stati membri. Occorre distinguerle dalle soluzioni concordate in virtù di un trattato che hanno come oggetto l'applicazione parziale del diritto comunitario per gli Stati non membri: questo tipo di collaborazione non dà agli Stati terzi interessati nessun diritto di partecipazione ai processi decisionali a livello dell'UE.

Dopo Amsterdam, soltanto il concetto del rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri è stato inserito espressamente nel Trattato UE e CE. Il Trattato di Nizza ha semplificato in parte le direttive per la cooperazione: il numero minimo di Stati membri per l'avvio di un procedimento (finora la maggioranza) è stato fissato ad otto e il settore d'applicazione è stato ampliato includendo la Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Tuttavia resta il fatto che le disposizioni concernenti il procedimento e la successiva partecipazione di uno Stato membro (cosiddetto «opt-in») sono disciplinate in modo diverso nei tre «pilastri» e presentano globalmente un quadro piuttosto complicato. In ogni caso il concetto di «rafforzamento della cooperazione» è finalizzato a potenziare l'integrazione in seno all'UE e non è per contro inteso come piattaforma per lo sviluppo duraturo di soluzioni speciali. La regolamentazione di eccezioni del quadro istituzionale o del patrimonio normativo comunitario è esclusa. Del resto anche altre normative speciali di lunga durata per un singolo Stato membro (cosiddetto «opt-out») sono rare e ammesse esclusivamente nei casi in cui non arrechino pregiudizio alla cooperazione e all'integrazione.

Dal modello del rafforzamento della cooperazione occorre distinguere le differenziazioni sotto forma di prescrizioni transitorie legate al processo di ampliamento, la possibilità degli Stati membri di prevedere (sotto forma di dichiarazioni e protocolli ai Trattati) deroghe all'applicazione o alla validità uniformi del diritto comunitario nonché il rafforzamento dell'integrazione mediante accordi di diritto internazionale tra gli Stati membri o con Stati terzi.

Esempi d'integrazione differenziata Il processo d'integrazione europeo ha conosciuto tutta una serie di differenziazioni che sono state accolte in diverse forme: come soluzioni opt-in o opt-out oppure come eccezioni nei Trattati o nei Protocolli ai Trattati o nel progetto costituzionale o negli atti d'adesione47:

47

­

normative transitorie o speciali al momento dell'adesione di Stati membri (p.es. disposizioni speciali che posticipano fino a 7 anni l'introduzione della libera circolazione dei lavoratori nel caso dell'adesione della Polonia; disposizioni speciali per Ceuta e Melilla nel caso dell'adesione della Spagna o per le Isole Åland nel caso della Finlandia; politiche agrarie, fiscali e degli aiuti statali: eccezioni p.es. per Finlandia, Austria);

­

riconoscimento di normative speciali e eccezionali per singoli Stati membri (p.es. normative relative al patrimonio normativo di Schengen e al controllo delle frontiere come pure alle politiche dei visti e di asilo: eccezioni per Regno Unito, Irlanda e Danimarca; unione monetaria: eccezioni per Regno Per una panoramica, cfr. segnatamente i Protocolli del progetto costituzionale, GU C 310 del 16.12.2004, p. 1.

6248

Unito, Danimarca, Svezia48; politica di difesa: eccezioni per Danimarca, Cipro e Malta; mantenimento di particolari disposizioni giuridiche per l'acquisto di seconde case in Danimarca); ­

la possibilità di emanare clausole di salvaguardia o di potenziamento della salvaguardia (p.es. garanzia di disposizioni più severe in materia di ambiente per i Paesi nordici) o la transitoria differenziazione nell'introduzione del mercato interno ai sensi degli articoli 14 e 15 del Trattato CE.

Sviluppo della politica dell'UE nei confronti di Stati terzi Riserve e scetticismo nei confronti di tutte le forme di differenziazione dell'integrazione continuano ad essere grandi. Soprattutto gli Stati membri più piccoli temono di perdere peso decisionale e di avere di conseguenza grandi difficoltà a far valere i propri interessi. Finora vi è unanimità sul fatto che una maggiore flessibilità non debba indebolire o addirittura intaccare il patrimonio normativo comunitario e la struttura istituzionale.

Tuttavia i negoziati e gli atti d'adesione degli ultimi ampliamenti, il progetto di una Costituzione europea ma anche le discussioni in merito all'eventuale adesione della Turchia o la ratifica di accordi settoriali bilaterali tra l'UE e Paesi terzi come la Svizzera (associazione Schengen) mostrano che l'argomento dell'integrazione differenziata continua ad essere d'attualità. Con il crescente ampliamento dell'UE sussiste una crescente necessità di flessibilità e soluzioni ad hoc. Volendo semplificare, in futuro si prospettano due soluzioni tendenzialmente divergenti:

48

49 50

­

da un lato, considerate le riserve citate all'inizio, lo strumento del rafforzamento della cooperazione ammetterà discrepanze nell'integrazione dei singoli Stati membri soltanto con un chiaro approccio «opt-in», ossia sotto forma di misure transitorie. L'obiettivo del rafforzamento della cooperazione in questo senso sarà sempre il coinvolgimento, seppur differenziato dal punto di vista temporale, di tutti gli Stati membri nella collaborazione. Non è pertanto da escludere che in futuro questi principi rigidi vengano applicati anche ad altre forme di integrazione differenziata quali le normative speciali e di transizione nel quadro di un'adesione o un'associazione o ad altri tipi di collaborazione basate sul diritto internazionale. In quest'ottica, il potenziale futuro delle soluzioni flessibili che prevedono una normativa ad hoc a lungo termine rimarrebbe esiguo;

­

dall'altro, proprio le crescenti dimensioni dell'UE, almeno in settori delicati come la politica di sicurezza e difesa comuni49 o la politica monetaria50, potrebbero per contro col passare del tempo favorire soluzioni opt-out, per Le normative speciali per Regno Unito e Danimarca da una parte e Svezia dall'altra poggiano su diversi modi di procedere. Le prime sono il risultato di un processo di negoziati annotato nei relativi Protocolli al Trattato CE. Invece la normativa speciale per la Svezia è ascrivibile alla politica unilaterale di questo Paese tollerata dall'UE: finché la Svezia si astiene dal rendere compatibile il proprio corpus di leggi con le disposizione del Trattato UE in materia di unione monetaria e banca centrale, per questo Stato continua a valere la normativa speciale.

Cfr. in particolar modo art. I-41 cpv. 2 e cpv. 6, art. III-312 nonché Protocollo n. 23 e 24 progetto costituzionale che prevede una soluzione opt-out per Stati neutrali.

Il progetto costituzionale prevede disposizioni particolari per gli Stati membri che hanno adottato l'euro come valuta: art. III-194 ­ art. III-196 nonché Protocollo n. 12 del progetto costituzionale.

6249

non bloccare totalmente il progredire dell'integrazione. In questa prospettiva è ragionevole attendersi che il potenziale futuro di soluzioni flessibili e durature sarà piuttosto elevato almeno nei settori in cui la mancata adesione a causa di sensibilità particolari dovesse interessare soltanto uno Stato membro o comunque un numero ristretto di Stati membri.

Il processo di ampliamento dell'UE è oggetto di una crescente resistenza in seno all'UE e agli stessi Paesi membri. La domanda che si pone è la seguente: una UE in costante espansione, sarà in grado di garantire un corretto funzionamento delle istituzioni? In futuro, l'UE offrirà agli Stati terzi modelli di integrazione più flessibili che istituiranno una partecipazione più stretta rispetto agli accordi classici di cooperazione senza tuttavia portare a un'adesione? Non è escluso che in futuro, nei rapporti con Stati terzi, l'UE preveda nuove possibilità intermedie tra l'adesione e le relazioni tradizionali con Stati terzi. Questo avrebbe ripercussioni anche sulle relazioni future tra la Svizzera e l'UE.

2.3.11

L'adesione

Conformemente all'articolo 49 del Trattato sull'Unione europea (TUE), ogni Stato europeo che rispetti i principi di libertà e democrazia come anche i diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e i principi dello Stato di diritto può candidarsi per diventare membro dell'UE. I nuovi Stati membri entrano automaticamente a fare parte della Comunità europea e di Euratom. Non è possibile aderire separatamente ai tre organismi o aderire solo alle due Comunità e non all'UE.

La caratteristica fondamentale dell'adesione è la piena partecipazione alle istituzioni e ai processi decisionali. La Svizzera parteciperebbe pertanto al Consiglio dell'UE, disporrebbe di un certo numero di seggi al Parlamento europeo, potrebbe designare un commissario indipendente in seno alla Commissione europea (cfr. n. 3.2.1.2) e disporrebbe di un giudice alla CGCE.

I candidati all'adesione devono soddisfare tre tipi di requisiti che sono stati definiti dal Consiglio dell'UE nel 1993 e a cui la Commissione fa sempre riferimento nei propri pareri sulle domande d'adesione51. Innanzitutto, i requisiti politici richiedono che Paesi candidati dispongano di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, il primato del diritto, i diritti dell'uomo e il rispetto e la protezione delle minoranze.

In secondo luogo, i requisiti economici prescrivono l'esistenza di un'economia di mercato vitale nonché la capacità di affrontare la pressione concorrenziale e le forze del mercato interno dell'Unione. Infine, il requisito del patrimonio normativo esige dal candidato che sia in grado di assumersi gli obblighi derivanti dall'adesione e dal patrimonio normativo comunitario (ossia dalla legislazione dell'Unione) e di realizzare gli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria.

Dagli albori dei negoziati d'adesione alla fine degli anni sessanta, le istituzioni comunitarie e gli Stati membri hanno imposto ai candidati il principio della trasposizione di tutto il patrimonio normativo comunitario in vigore al momento dell'adesione. Tale patrimonio normativo si amplia ogni anno e, in seguito all'entrata in vigore del Trattato UE, include i trattati, la legislazione, la giurisprudenza, le azioni e proposte in materia di politica estera e di sicurezza comune e in materia di giusti51

Parere della Commissione del 10 febbraio 2003, GU L 236 del 23 settembre 2003, p. 3.

6250

zia e affari interni nonché gli accordi internazionali che legano la Comunità e/o gli Stati membri nell'ambito delle attività comunitarie. Fino ad oggi, i negoziati d'adesione hanno avuto per oggetto soltanto le modalità particolari di applicazione del patrimonio normativo o l'individuazione di misure transitorie limitate nel tempo e nell'ambito di applicazione materiale e non invece, contrariamente a quanto numerosi candidati avrebbero auspicato, eventuali deroghe permanenti o modifiche delle norme esistenti.

La procedura di ampliamento è suddivisa in tre fasi. La fase preliminare è affidata alle istituzioni comunitarie che svolgono colloqui informali con lo Stato che ha presentato la propria richiesta di adesione al Consiglio dell'UE. Quest'ultimo risponde incaricando la Commissione di stilare un rapporto che esponga i meriti della candidatura rispetto ai tre tipi di criteri summenzionati. Tale rapporto si basa sulle risposte fornite dai candidati ai questionari della Commissione concernenti questi criteri. Nel rapporto vengono esposte le conseguenze politiche, economiche, giuridiche ed istituzionali dell'adesione dello Stato candidato.

Il Consiglio dà quindi il via alla seconda fase decidendo di aprire i negoziati intergovernativi bilaterali tra i rappresentanti (ministri o ambasciatori) dei venticinque Stati membri da un lato e quelli del candidato dall'altro. I negoziati vertono sulle condizioni ed eventuali modalità in cui il patrimonio normativo comunitario deve essere applicato al nuovo Stato membro. Si procede con un esame dettagliato dell'intero corpus del patrimonio normativo: il candidato deve dimostrare sistematicamente che dispone della legislazione e delle istituzioni necessarie per attuare ognuno degli elementi del patrimonio normativo, suddiviso in 31 capitoli al fine di facilitare la procedura. I parlamenti nazionali vengono costantemente aggiornati in merito allo svolgimento dei negoziati.

L'esito positivo dei negoziati porta alla firma di un trattato d'adesione. Le istituzioni dell'UE sono ora chiamate ad esprimersi in merito alla richiesta d'adesione. Dopo il parere della Commissione e quello conforme del Parlamento europeo, spetta al Consiglio pronunciarsi all'unanimità dei Venticinque. Il trattato d'adesione è di norma costituito da tre soli articoli, ma comprende altri
documenti dettagliati: l'atto che definisce le condizioni d'adesione, le appendici, i protocolli, le dichiarazioni comuni o unilaterali delle Parti contraenti. Per ogni candidato, le disposizioni pertinenti superano il centinaio di pagine.

La procedura di ratifica del trattato d'adesione costituisce la terza e ultima tappa.

Tutte le Parti contraenti, cioè da un lato tutti gli Stati membri dell'UE e dall'altro il candidato, devono ratificare il trattato conformemente alle proprie disposizioni costituzionali. In Svizzera l'adesione all'UE richiederebbe imperativamente l'approvazione del popolo e dei Cantoni (art. 140 cpv. 1 Cost52).

La durata complessiva di una procedura d'adesione dipende sia dalle circostanze concrete che da considerazioni di ordine politico. Al riguardo si possono citare due esempi estremi: Cipro e Malta sono diventati membri quattordici anni dopo la loro richiesta di adesione, mentre la Norvegia avrebbe potuto aderire già due anni dopo la propria richiesta se il popolo norvegese avesse approvato il trattato d'adesione del 1994.

52

RS 101

6251

Sotto l'aspetto istituzionale, occorre rilevare che una volta avviati i negoziati, lo Stato candidato viene consultato sull'insieme dei lavori delle CE al fine di anticipare ­ o, idealmente, prevenire ­ i problemi legati all'evoluzione del diritto dell'UE. A partire della firma del trattato d'adesione, il futuro membro partecipa formalmente alle riunioni del Consiglio dell'UE e del Consiglio dell'UE.

In relazione all'adesione all'UE spesso viene posta la questione della possibilità di recedere dall'Unione. I trattati costitutivi non prevedono espressamente tale eventualità; tuttavia il diritto di recesso è stato formulato esplicitamente nel Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa (art. I-60). In effetti non è politicamente immaginabile che uno Stato sovrano possa essere costretto a restare nell'UE contro la propria volontà. Tale eventualità è anzi addirittura una necessità per l'UE giacché tutte le modifiche devono essere sancite da ogni Stato membro. In questo contesto si possono menzionare due avvenimenti: nel 1975, ossia tre anni dopo l'entrata del loro Paese nelle CE, i cittadini britannici hanno dovuto confermare tale adesione mediante votazione popolare; tale votazione dimostra che il Regno Unito prendeva in considerazione la possibilità di uscire dalle CE. Inoltre nel 1982 i cittadini della Groenlandia (territorio esterno della Danimarca che gode di autonomia interna) hanno deciso in una votazione popolare di uscire dalle CE. Da un punto di vista giuridico, l'adesione prende la forma di un trattato internazionale. Il diritto di recesso è pertanto ampiamente riconosciuto dalla dottrina. Di fatto, la capacità di recesso è però molto limitata.

3

Bilancio della situazione

3.1

La relazione Svizzera ­ Unione europea

3.1.1

Panoramica

Data la sua posizione geografica, nel cuore stesso dell'UE, e di fronte al forte ruolo di quest'unione di 25 Stati e di 460 milioni di abitanti, è nell'interesse della Svizzera intrattenere stretti rapporti con il suo vicino, con cui non condivide soltanto alcuni momenti della storia bensì anche valori, culture e lingue comuni. L'interdipendenza tra la Svizzera e i suoi vicini europei è evidente sia dal punto di vista economico sia da quello politico, sociale, scientifico o culturale. All'incrocio dei grandi assi stradali e ferroviari, la Svizzera vede ogni giorno 700 000 persone varcare le sue frontiere nei due sensi. In Svizzera vivono quasi 870 000 cittadini dell'UE, il che rappresenta più del 12 per cento della popolazione, mentre nei Paesi dell'UE sono domiciliati pressoché 380 000 svizzeri. L'UE è pertanto il partner principale della Svizzera sotto tutti gli aspetti, non da ultimo quello economico: l'Unione assorbe infatti il 60 per cento circa delle nostre esportazioni fornendo a sua volta l'80 per cento circa delle nostre importazioni.

Consapevole della crescente importanza dell'UE, la Svizzera si è sforzata già da sempre di intrattenere ottime relazioni con essa e di sviluppare una rete di accordi al fine di poter difendere meglio i propri interessi. Questa rete è costituita da una ventina di accordi principali e da un centinaio di accordi secondari. La prima pietra di quest'edificio è l'Accordo di libero scambio del 197253 per la liberalizzazione degli scambi di prodotti industriali e di prodotti agricoli trasformati. Nel 1978 e nel 53

RS 0.632.401

6252

1986 vengono conclusi due importanti accordi in materia di cooperazione. Si tratta rispettivamente dell'Accordo di cooperazione nel campo della fusione termonucleare54 e dell'Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica55. Nel 1989 si giunge a un accordo in materia di assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita56. Questo accordo garantisce alle agenzie e alle succursali stabilite in Svizzera e nell'UE condizioni identiche necessarie per accedere all'attività dell'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita o per esercitare tale attività sul territorio delle due parti. Il 17 gennaio 1989 l'allora presidente della Commissione europea, Jacques Delors, lancia un appello all'indirizzo degli Stati appartenenti all'Associazione europea di libero scambio (AELS), di cui la Svizzera è membro dalla sua fondazione nel 1960, in vista di una nuova forma d'associazione mirante alla fusione delle due organizzazioni. L'AELS risponde favorevolmente a tale proposta dando così il via ai negoziati in vista della creazione di uno Spazio economico europeo (SEE) fondato sulle quattro libertà perseguite dall'UE (circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali). L'accordo che ne risulta viene firmato dalla Svizzera nel maggio del 1992. Seguendo l'esempio di tre dei suoi partner dell'AELS, la Svizzera presenta nel mese stesso all'UE una domanda d'adesione.

Quest'ultima viene tuttavia congelata in seguito al rifiuto espresso dal popolo e dai Cantoni il 6 dicembre 1992 nei confronti dell'Accordo SEE57. Al fine di compensare la sua non-adesione allo SEE, a partire dal 1994 la Svizzera partecipa a negoziati (bilaterali I) che conducono a sette accordi bilaterali riguardanti interessi di ordine economico, firmati nel 1999 ed entrati in vigore nel 2002, dopo essere stati approvati dal popolo a larga maggioranza58. Nello stesso tempo viene avviato un secondo ciclo di negoziati (bilaterali II) conclusosi nel 2004, dal quale risulta un pacchetto di nove accordi riguardanti, oltre agli interessi economici, anche quelli di ordine politico, scientifico e culturale59. Soltanto gli accordi d'associazione a Schengen60/Dublino61 sono oggetto di un referendum e vengono approvati dal popolo. Alcuni mesi più tardi è accettata in votazione popolare anche l'estensione della libera
circolazione delle persone (contenuta nel primo pacchetto degli accordi bilaterali) ai nuovi Stati membri appartenenti all'UE dal maggio del 2004, concludendo così la procedura d'approvazione degli accordi bilaterali sul lato svizzero. Nello stesso tempo, a testimonianza della solidarietà della Svizzera in seno al continente europeo, e in occasione dell'integrazione nell'UE dei suoi dieci nuovi Stati dell'Est e del Sud, il Consiglio federale decide di versare in maniera autonoma un contributo a favore della riduzione delle disparità economiche e sociali presenti in questa UE allargata.

Un'ulteriore prova dell'intensificazione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE è data dalla decisione della Commissione europea di istituire nel corso dell'anno 2006 una rappresentanza a Berna.

54 55 56 57 58 59

60 61

RS 0.424.11 RS 0.420.518 RS 0.961.1 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1.

Messaggio del 23 giugno 1999 relativo all'approvazione degli accordi settoriali tra la Svizzera e la CE (Messaggio accordi bilaterali I), FF 1999 5121.

Messaggio del 1° ottobre 2004 relativo all'approvazione degli accordi bilaterali tra la Svizzera e l'Unione europea, compresi gli atti legislativi riguardanti la trasposizione degli accordi (Messaggio accordi bilaterali II), FF 2004 5273.

FF 2004 5747; RS 0.360.268.1 FF 2004 5777; RS 0.142.392.68

6253

3.1.2

Gli accordi bilaterali I

3.1.2.1

Aspetti materiali

I sette accordi bilaterali I tra la Svizzera e l'UE, ad eccezione di quello sulla ricerca, vertono soprattutto sull'apertura reciproca dei mercati. Ciò vale per gli accordi sulla libera circolazione delle persone, sugli ostacoli tecnici al commercio, sugli appalti pubblici, sull'agricoltura nonché sui trasporti aerei e terrestri.

L'Accordo sulla libera circolazione delle persone62 concretizza l'apertura a tappe dei mercati del lavoro che avverrà progressivamente fino al 2007, rispettivamente fino al 2011 per quanto riguarda i nuovi Stati membri. In virtù della clausola di salvaguardia convenuta tra le due Parti, in caso di forte immigrazione dagli Stati dell'UE la Svizzera potrà applicare misure restrittive al più tardi fino al 2014. Dal momento che questo accordo è stato concluso per una durata iniziale di sette anni, spetterà al Consiglio federale e al Parlamento pronunciarsi sul suo prolungamento entro il 2009. Tale decisione è soggetta ad un referendum facoltativo. In caso di approvazione da parte della Svizzera, l'accordo resterà valido per una durata indeterminata. In effetti, l'UE ha già annunciato che continuerebbe ad applicarlo tacitamente.

La soppressione degli ostacoli tecnici al commercio (Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità63) facilita gli scambi di prodotti industriali. Gli scambi di prodotti agricoli vengono semplificati da un lato attraverso la riduzione dei dazi doganali e dall'altro attraverso l'equivalenza delle prescrizioni nei settori della medicina veterinaria, della protezione fitosanitaria e dell'agricoltura biologica (Accordo sul commercio di prodotti agricoli64). Inoltre è stato migliorato l'accesso reciproco ai mercati delle imprese di trasporti stradali, ferroviari e aerei grazie agli Accordi sui trasporti aerei e terrestri65. Nel settore dei trasporti terrestri, la Svizzera ha aumentato il limite di peso per i mezzi pesanti da 28 a 40 tonnellate.

Quale contromisura l'UE ha accettato l'introduzione della tassa sul traffico pesante su strada commisurata alle prestazioni (TTPCP), il cui ammontare salirà progressivamente in media a 325 franchi per un viaggio di un autoveicolo di 40 tonnellate su un percorso di 300 chilometri attraverso la Svizzera (Basilea-Chiasso). La liberalizzazione riguarda infine gli appalti pubblici,
dal momento che l'Accordo sugli appalti pubblici66 estende ai Comuni e al settore dei trasporti ferroviari l'obbligo di indire una gara d'appalto pubblico a livello internazionale per ogni nuovo acquisto o per ogni costruzione che superi un certo valore.

Di questi sette accordi settoriali del 1999, soltanto l'Accordo sulla ricerca67 non comporta una reale dimensione economica di apertura dei mercati. Questo accordo regola la partecipazione della Svizzera ai programmi comunitari nel settore della ricerca scientifica. Dovrà essere rinnovato nei prossimi mesi in vista dell'associazione della Svizzera al 7° programma quadro comunitario di ricerca e di sviluppo PQRS (2007­2014). L'Accordo sulla ricerca, rinnovato il 1° gennaio 2004, rappresenta inoltre un'eccezione non essendo più collegato giuridicamente con gli altri sei accordi bilaterali I (partecipazione al 6° PQRS 2004­2006).

62 63 64 65 66 67

RS 0.142.112.681 RS 0.946.526.81 RS 0.916.026.81 RS 0.740.72 e RS 0.748.127.192.68 RS 0.172.052.68 RS 0.420.513

6254

Tramite questi accordi, la Svizzera ha raggiunto nell'insieme un certo livello d'equivalenza riguardo all'acquis comunitario.

3.1.2.2

Aspetti istituzionali

Tutti gli accordi conclusi tra la Svizzera e le Comunità europee o l'UE sono basati sulla classica cooperazione intergovernativa. Sono gestiti da comitati misti in seno ai quali le Parti contraenti prendono le loro decisioni di comune accordo, dunque all'unanimità. Ad eccezione dell'Accordo sulla cooperazione scientifica, gestito dal comitato misto dell'Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica del 198668, tutti gli accordi bilaterali I prevedono nuovi comitati misti. L'Accordo relativo agli scambi di prodotti agricoli69 ne prevede perfino due: uno di competenza generale, l'altro di competenza esclusiva in campo veterinario.

In generale le regole riguardanti questi comitati sono tutte uguali. I comitati misti dispongono di un potere decisionale unicamente per i casi previsti dagli accordi.

L'esecuzione delle decisioni spetta alle Parti contraenti secondo le loro proprie regole.

I comitati misti possono decidere di modificare gli allegati degli accordi. Il loro contenuto in generale è di ordine tecnico (p.es. elenchi delle legislazioni e delle autorità delle Parti, elenchi dei prodotti). In questo caso si tratta di una delega delle competenze al Consiglio federale approvata dalle Camere federali.

Per quel che concerne le modifiche delle disposizioni degli accordi stessi e in particolare l'introduzione di nuovi obblighi per le Parti, l'approvazione da parte di queste ultime deve avvenire secondo le loro rispettive procedure interne.

La procedura da applicare per l'approvazione degli emendamenti degli accordi viene stabilita di volta in volta a seconda del tipo di modifica. Nella maggior parte dei casi si tratta della procedura semplificata70 svolta dal Consiglio federale in virtù della sua competenza di incaricare i rappresentanti svizzeri in seno ai comitati misti di deliberare le modifiche degli allegati e delle appendici degli accordi.

L'Accordo sul trasporto aereo71 costituisce un caso particolare di accordo d'integrazione parziale: esso definisce infatti quale normativa comune delle Parti l'intero acquis comunitario riguardante questo settore e conferisce alle istituzioni comunitarie l'incarico di sorvegliare l'applicazione delle regole di concorrenza. Le violazioni di queste regole sono sanzionate all'occorrenza dalla Commissione e dalla Corte di giustizia delle Comunità europee
(CGCE). Per quanto riguarda invece gli aiuti di Stato nel settore dei trasporti aerei, ognuna delle Parti contraenti vigila sull'osservanza delle regole dell'accordo sul proprio territorio.

In generale il processo decisionale di questi comitati è complesso, dal momento che le Parti contraenti devono seguire le loro procedure interne d'approvazione prima di giungere a una decisione finale. Tuttavia le Parti hanno anche la possibilità di delegare le competenze interne, il che permette di accelerare, per esempio, le decisioni di 68 69 70 71

RS 0.420.518 RS 0.632.401.23 A differenza della procedura ordinaria davanti al Parlamento. Vedi l'articolo 7a della legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA, RS 172.010).

RS 0.748.127.192.68

6255

contenuto essenzialmente tecnico. Inoltre le decisioni possono essere prese per iscritto.

La maggior parte degli accordi bilaterali I è basata sull'equivalenza delle legislazioni delle Parti. Come ha sottolineato il Consiglio federale nel suo messaggio relativo agli accordi del 1999, la Svizzera è interessata a mantenere l'equivalenza della sua legislazione riguardo all'acquis comunitario72. Se non si tenesse regolarmente conto dell'evoluzione del diritto comunitario nei settori contemplati dai relativi accordi, le divergenze tra le regole svizzere e quelle comunitarie ostacolerebbero la buona applicazione degli accordi in questione.

Due accordi, quello sul trasporto aereo e quello sulla libera circolazione delle persone, si riferiscono alla giurisprudenza della CGCE anteriore alla data della firma degli stessi (1999). Per l'applicazione degli accordi è comunque nell'interesse stesso della Svizzera tenere conto anche della giurisprudenza posteriore alla data della firma.

Sebbene gli accordi bilaterali siano concepiti come accordi di natura statica, per motivi di competitività e di sicurezza del diritto in molti casi è necessario il continuo adeguamento all'evoluzione del diritto comunitario come pure l'aggiornamento degli allegati degli accordi, senza tuttavia che il nostro Paese possa usufruire pienamente del diritto di codecisione nei confronti delle istituzioni comunitarie. Perfino nei settori non coperti dagli accordi bilaterali, è nell'interesse della Svizzera seguire le grandi evoluzioni del diritto comunitario per rimanere euro-competitivi.

Del resto, conviene ricordare che questi accordi sono giuridicamente collegati tra di loro tramite una cosiddetta «clausola ghigliottina» e che ogni modifica importante (per es. nell'ambito dell'estensione della libera circolazione delle persone) può rimettere in questione l'insieme degli accordi bilaterali I.

3.1.3

Gli accordi bilaterali II

3.1.3.1

Aspetti materiali

Gli accordi bilaterali II73 vanno oltre gli interessi essenzialmente economici perseguiti dagli accordi bilaterali I aprendo la via a nuove cooperazioni in diversi settori politici importanti come la sicurezza, l'asilo, la formazione, l'ambiente o la cultura.

Soltanto l'Accordo concernente i prodotti agricoli trasformati74 segue la logica di un miglior accesso ai mercati, sebbene altri accordi, come gli Accordi sull'associazione a Schengen75/Dublino76 e quello sulla fiscalità del risparmio, corrispondano pure ad interessi economici di maggiore importanza per la Svizzera (turismo, piazza finanziaria).

La Svizzera ha corrisposto alle richieste dell'UE nei dossier concernenti la fiscalità del risparmio, la lotta contro la frode e la doppia imposizione dei funzionari pensionati delle istituzioni delle CE residenti in Svizzera77. Tramite l'Accordo sulla tassa-

72 73 74 75 76 77

Messaggio Accordi bilaterali I del 23 giugno 1999, FF 1999 5121, n. 148.5.

Messaggio Accordi bilaterali II del 1° ottobre 2004, FF 2004 5273.

RS 0.632.401.23 FF 2004 5747; RS 0.360.268.1 FF 2004 5777; RS 0.142.392.68 RS 0.672.926.81

6256

zione dei redditi da risparmio78, la Svizzera partecipa al nuovo sistema europeo di tassazione transnazionale dei redditi da risparmio. Conformemente all'Accordo sulla lotta contro la frode79, la Svizzera e l'UE vogliono inoltre rafforzare i loro strumenti d'assistenza giudiziaria e amministrativa per quanto riguarda i reati gravi in materia di fiscalità indiretta (frode all'IVA, contrabbando di sigarette ecc.). Per contro l'UE ha accettato le richieste della Svizzera in particolare per quanto riguarda la sua partecipazione alla cooperazione nei settori della giustizia, della polizia, dell'asilo e della migrazione, regolata negli Accordi d'associazione a Schengen/Dublino.

Schengen renderà più fluido il traffico dei viaggiatori alle frontiere e offrirà alla Svizzera nuovi strumenti di cooperazione nella lotta contro la criminalità transfrontaliera. Dublino permetterà di identificare le domande multiple d'asilo e di evitare in tal modo un'esplosione dei costi in materia d'asilo in Svizzera.

In base alle soluzioni parallele definite nei dossier concernenti la fiscalità del risparmio, la lotta contro la frode e Schengen/Dublino, la Svizzera e gli Stati membri dell'UE vogliono intensificare i loro scambi d'informazione per combattere meglio la criminalità, il contrabbando, la truffa e la frode fiscale. Una deroga garantisce alla Svizzera la salvaguardia del suo segreto bancario nell'ambito della fiscalità diretta.

Ai tre dossier più importanti degli accordi bilaterali II si aggiungono i temi lasciati in sospeso dei negoziati precedenti (left-overs) e i dossier per i quali la Svizzera e l'UE avevano previsto ulteriori negoziati. Essi concernono tra l'altro la cooperazione in campo statistico80 tra la Svizzera e l'UE, finalizzata a garantire la comparabilità dei dati statistici, la partecipazione della Svizzera all'Agenzia europea dell'ambiente81, la sua partecipazione ai programmi di promozione del cinema europeo MEDIA82 come pure la partecipazione ai programmi comunitari nel campo della formazione (ancora da concretizzare tramite la conclusione di un accordo propriamente detto). Questi dossier che vertono su temi disparati ben illustrano il costante ampliamento dei campi di attività dell'UE e confermano la necessità per la Svizzera e l'UE di trovare soluzioni comuni per molteplici questioni di ordine internazionale.

3.1.3.2

Aspetti istituzionali

Gli accordi bilaterali II sono gestiti da comitati misti secondo le modalità previste per gli accordi bilaterali I. Fanno eccezione due accordi, quello sulla fiscalità del risparmio83 e quello per evitare la doppia imposizione dei funzionari in pensione residenti in Svizzera84, i quali sono gestiti di comune intesa direttamente dalle autorità competenti dei Paesi contraenti, all'occorrenza sotto riserva dell'adempimento delle rispettive procedure d'approvazione.

78 79 80 81 82 83 84

RS 0.641.926.81 FF 2004 5801; RS 0.351.926.81 FF 2004 5649; RS 0.431.026.81 FF 2004 5677; RS 0.814.092.681 FF 2004 5697; RS 0.784.405.226.8 RS 0.641.926.81 RS 0.672.926.81

6257

Incaricati di vigilare sul buon funzionamento degli accordi, i comitati misti facilitano gli scambi d'informazione e le consultazioni tra le Parti. I comitati misti gestiscono gli Accordi d'associazione a Schengen85/Dublino86 osservando costantemente, con riferimento all'acquis ripreso in questi accordi, l'evoluzione della giurisprudenza della CGCE e dei tribunali svizzeri. Bisogna considerare la natura particolare di questi comitati misti Schengen/Dublino che partecipano a tutti i gruppi di lavoro fino al livello ministeriale e che si riuniscono sotto forme diverse e a un ritmo elevato.

Lo scambio sugli sviluppi dell'acquis di Schengen avverrà sotto forma di notificazioni secondo una procedura particolare adeguata alle procedure interne svizzere (il termine di scadenza per il recepimento può essere di due anni in caso di referendum).

Per quanto riguarda l'aggiornamento degli allegati e delle appendici concernenti tali accordi, potranno essere ugualmente applicate le procedure utilizzate nell'ambito degli accordi bilaterali I (cfr. n. 3.1.2.2).

Dato che i negoziati sono stati conclusi nel 2004 e che certi accordi non sono potuti entrare in vigore rapidamente, nel frattempo sono intervenuti numerosi cambiamenti (spesso solo dettagli, ma non per questo poco importanti). Questi accordi necessiteranno pertanto di un aggiornamento già al momento dell'entrata in vigore.

A differenza degli accordi bilaterali I, gli accordi bilaterali II non sono collegati giuridicamente tra di loro. Sono già entrati o entreranno in vigore secondo un calendario proprio ad ogni accordo: tre di loro sono entrati in vigore già nel 2005 (Accordo sui prodotti agricoli trasformati87 il 30 marzo, quello sulle pensioni il 31 maggio e quello sulla fiscalità del risparmio il 1° luglio), due nel 2006 (ambiente e MEDIA, ambedue il 1° aprile 2006), mentre l'Accordo sulla statistica entrerà in vigore il 1° gennaio 2007. L'attuazione degli Accordi d'associazione a Schengen/Dublino richiederà più tempo dato che per ragioni pratiche essi potranno essere applicati solamente a partire dal 2008 (installazione del Sistema d'informazione Schengen di seconda generazione SIS II, valutazione dell'attuazione ecc.). Comunque la Svizzera partecipa già ai comitati misti e alla comitologia88 sin da quando ha firmato questi accordi.

3.1.4

Riduzione delle disparità economiche e sociali nell'Unione europea allargata

Pochi giorni dopo l'adesione all'UE di dieci Paesi principalmente appartenenti all'Europa centro-orientale, il Consiglio federale ha deciso il 12 maggio 2004 ­ previa approvazione da parte del Parlamento ­ di fornire un contributo alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata. Questa iniziativa apporta alla politica europea della Svizzera un elemento che non verte direttamente sulla soluzione di questioni bilaterali di comune interesse, ma che serve da incoraggiamento al 85 86 87 88

FF 2004 5747; RS 0.360.268.1 FF 2004 5777; RS 0.142.392.68 RS 0.632.401.23 Nell'ambito delle sue competenze d'esecuzione, la Commissione fissa nuove misure in consultazione con i comitati speciali composti da rappresentanti degli Stati membri, designati per assisterla in questo compito.

6258

processo d'integrazione europea in quanto tale. Il Consiglio federale è convinto che il recente allargamento dell'UE costituisce un passo importante verso maggiore sicurezza, stabilità e benessere per tutta l'area europea, a vantaggio di tutti i Paesi e degli abitanti dell'intero continente. Questo allargamento dell'UE, il più rilevante nella sua storia, rappresenta nello stesso tempo una sfida eccezionale per la comunità degli Stati europei, dato che per motivi storici esiste un considerevole divario economico e sociale in termini di livello di vita tra gli Stati dell'Europa occidentale e quelli dell'Europa orientale. Ciò contrasta le pari opportunità e di conseguenza anche il pieno sviluppo delle possibilità di promuovere il benessere nell'ambito del mercato interno europeo.

Al fine di realizzare l'obiettivo ancorato nel Trattato sull'UE, che prevede la riduzione delle disparità economiche e sociali tra i nuovi e i vecchi Stati membri, l'UE stanzierà tra il 2007 e il 2013 in media 34 miliardi CHF all'anno per la costruzione di strutture concorrenziali e per la creazione di condizioni quadro favorevoli nei nuovi Stati membri. È nell'interesse stesso della Svizzera incoraggiare questi sforzi.

Per questa ragione la Svizzera si impegna a sostenere durante un periodo di cinque anni e per un totale di 1 miliardo di franchi nei dieci nuovi Stati membri progetti e programmi che saranno scelti e realizzati sul posto insieme ai relativi partner. Le modalità generali di questa iniziativa sono state stabilite insieme all'UE in un Memorandum d'intesa non vincolante ai sensi del diritto internazionale. L'attuazione concreta si baserà sugli accordi bilaterali di cooperazione conclusi con i dieci nuovi Stati membri. La realizzazione avverrà da un lato in conformità alla legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est, approvata dal Parlamento nella primavera del 2006, e dall'altro in base al credito quadro sottoposto all'approvazione. Contro la legge federale è stato lanciato un referendum.

Attraverso il suo contributo alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata, la Svizzera dimostra la sua volontà e la sua disponibilità in qualità di partner affidabile dando un fondamento stabile al cammino bilaterale della sua politica europea.

3.2

Le caratteristiche essenziali dell'Unione europea

3.2.1

Il funzionamento istituzionale

3.2.1.1

La vocazione dell'Unione europea

Frutto d'un processo di portata storica, l'UE è un'organizzazione sovranazionale sui generis attualmente comprendente 25 Stati membri, chiamata ad allargarsi ancora.

Con i suoi 460 milioni di abitanti, il suo livello di vita elevato, le sue conoscenze e il suo savoir-faire, essa è divenuta un attore che non può essere ignorato, e non solo sul continente europeo, ma anche sulla scena mondiale. Prima potenza economica al mondo davanti agli Stati Uniti e al Giappone, essa è pure una portatrice della pace e una promotrice della democrazia, dei diritti umani e della giustizia internazionale come pure la prima fornitrice d'aiuto allo sviluppo. Data la sua estensione geografica, il rafforzamento delle sue competenze e l'approfondimento delle sue politiche, essa è chiamata a svolgere un ruolo sempre più importante nella vita dei cittadini europei e nella gestione delle relazioni internazionali.

6259

Creata formalmente nel 1992 dal Trattato di Maastricht, l'UE costituisce il prolungamento delle Comunità europee fondate nel 1951 e nel 1957, rispettivamente dal Trattato di Parigi (Comunità europea del carbone e dell'acciaio CECA, dissolta nel 2002) e di Roma (Comunità economica europea CEE e Comunità europea dell'energia atomica Euratom). La creazione di queste Comunità è l'espressione della volontà di alcuni uomini politici dell'epoca di porre fine alle guerre fratricide che per secoli hanno devastato il continente europeo, sviluppando condizioni economiche di base comuni, realizzando strutture sovranazionali e creando possibilità concrete per una solidarietà reale tra le nazioni europee. La loro idea era di integrare progressivamente sul piano giuridico gli Stati europei istituendo la condivisione delle sovranità nazionali, in primo luogo attraverso una gestione comune delle risorse strategiche rappresentate all'epoca dal carbone e dall'acciaio, in secondo luogo attraverso l'integrazione economica e politica. Dopo il 1954, in seguito al rifiuto del progetto di una Comunità europea di difesa, è stato l'aspetto economico a fungere da motore di questa integrazione, che nel 1993 ha poi condotto alla creazione del mercato interno. Una volta raggiunto tale obiettivo, i capi di Stato e di governo europei hanno perseguito sul cammino dell'integrazione introducendo una moneta unica e creando un'unione comprendente le Comunità europee, le politiche intergovernative in materia di politica estera e di sicurezza e la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. In seguito alla caduta del Muro di Berlino e al crollo del sistema comunista, l'UE ha messo fine nel 2004 alla divisione del continente allargandosi, con grandi sforzi finanziari, ai Paesi dell'Est e del Sud dell'Europa.

Essendosi consacrata alla volontà di stabilire la pace tra i popoli e gli Stati europei, avendo assunto l'incarico di promuovere il loro benessere e di garantire la stabilità in Europa, l'UE rappresenta una costruzione in costante evoluzione, come lo testimoniano i suoi allargamenti successivi89 e il suo sviluppo istituzionale e giuridico.

Sebbene questi progressi non avvengano sempre senza contrasti o dubbi, sono tuttavia reali e conducono il continente europeo verso un insieme sempre più integrato e solidale.

3.2.1.2

Le istituzioni in breve

L'UE, istituita dal Trattato di Maastricht, posa su tre pilastri: ­

la Comunità europea o CE (in passato CEE) e l'Euratom, dotate di personalità giuridica;

­

la Politica estera e di sicurezza comune (PESC);

­

la Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.

Mentre il primo pilastro è essenzialmente di carattere sovranazionale, gli ultimi due funzionano piuttosto secondo le modalità di cooperazione intergovernativa. Sebbene l'UE disponga di un quadro istituzionale unico, le funzioni delle sue istituzioni variano a seconda del pilastro in cui esercitano le loro attività. Le cinque istituzioni dell'UE sono le seguenti: 89

Ai sei membri originari ­ ossia Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Belgio, Germania e Italia ­ si sono aggiunti nel 1973 la Gran Bretagna, la Danimarca e l'Irlanda, nel 1981 la Grecia, nel 1986 la Spagna e il Portogallo, nel 1995 l'Austria, la Svezia e la Finlandia, e nel 2004 la Lettonia, la Lituania, l'Estonia, la Polonia, l'Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Slovenia, Malta e Cipro.

6260

­

La Commissione europea. In qualità di custode dei Trattati, ha il compito di promuovere gli interessi generali dell'Europa. È detentrice del monopolio d'iniziativa nei confronti dei settori appartenenti al primo pilastro. Vigila sul rispetto del diritto comunitario e delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità (CGCE). È anche un organo d'esecuzione nella misura in cui stabilisce le modalità di esecuzione di certe disposizioni e amministra i fondi destinati alle attività della CE. La Commissione agisce collegialmente e delibera a maggioranza semplice. Essa è composta attualmente da altrettanti membri quanti ne conta l'UE. I membri della Commissione devono essere tutti di diversa cittadinanza ed esercitano la loro attività in piena indipendenza (art. 213 TCE). Se il numero di Stati membri dell'Unione dovesse salire a 27, il numero dei membri della Commissione sarà inferiore al numero degli Stati90. Questo significa che alla Commissione non apparterrà più un cittadino di ogni Stato membro; in tal caso, i membri dovranno essere eletti sulla base di un'equa rotazione.

­

Il Consiglio dell'UE. Rappresenta gli interessi degli Stati membri. Si riunisce in varie formazioni (affari generali e relazioni estere, agricoltura, trasporti ecc.) e comprende i ministri di ogni Stato membro competenti per le rispettive materie. La presidenza è esercitata a turno da ogni Paese per una durata di sei mesi. Il Consiglio dell'UE dispone di competenze legislative e decisionali. Quattro volte all'anno si riunisce a livello dei capi di Stato e di governo prendendo allora il nome di Consiglio dell'UE. Questo organo informale fissa le grandi priorità dell'Unione e fornisce gli impulsi necessari per il suo funzionamento.

­

Il Parlamento europeo. Rappresenta gli interessi dei cittadini europei. Dal 1979 è composto da 732 deputati eletti a suffragio universale. Nel corso dell'evoluzione dei trattati, l'influsso del Parlamento europeo è andato crescendo, al punto che oggi in alcuni ambiti esso ha, in quanto colegislatore, una posizione quasi di parità nei confronti del Consiglio. Il Parlamento europeo rappresenta un elemento centrale della legittimità democratica dell'UE.

­

La Corte di giustizia delle Comunità (CGCE). Composta da un giudice per Stato membro, ha il compito di assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto comunitario. È affiancata da un Tribunale di primo grado competente per certe procedure particolari.

­

La Corte dei conti. Anch'essa composta da un rappresentante per Stato membro, ha il compito di assicurare il controllo dei conti e risponde della legalità e della regolarità dell'esecuzione del bilancio.

3.2.1.3

Il diritto comunitario e i suoi strumenti in sintesi

All'interno dell'UE, la legislazione avviene soprattutto nell'ambito del primo pilastro (cioè essenzialmente nella CE). I suoi organi possono emanare atti giuridicamente vincolanti (vedi art. 249 TCE); in questo caso si tratta sostanzialmente di 90

Cfr. articolo 4 del protocollo approvato a Nizza il 21 febbraio 2001 sull'allargamento dell'Unione europea.

6261

regolamenti e di direttive. Concretamente, i regolamenti CE comprendono il diritto direttamente applicabile; le direttive CE stabiliscono gli obiettivi degli Stati membri e vanno trasposte nell'ordinamento nazionale, lasciando tuttavia uno spazio di manovra per quanto riguarda la scelta dei mezzi. Per quanto riguarda la legislazione, è possibile osservare pure un netto aumento delle attività nell'ambito del terzo pilastro (decisioni quadro, art. 34 TUE). Come guida per la scelta del tipo d'emendamento vale la «legislazione migliore» ai sensi del principio della sussidiarietà e della proporzionalità91, principio cui è attribuita grande importanza a livello dell'UE.

Il diritto comunitario prevale sul diritto nazionale. Tale prevalenza è vincolante per tutti gli organi statali a tutti i livelli e va osservata nella legislazione, nell'esecuzione del diritto come pure nell'applicazione del diritto. Le disposizioni di diritto comunitario possono essere direttamente applicabili negli Stati membri e, in quanto tali, fondare diritti e obblighi. Ciò avviene nei casi in cui sono sufficientemente precise e incondizionate e quando, per la loro attuazione, non sono necessarie ulteriori misure (p.es. regolamenti). Di conseguenza anche una disposizione di una direttiva può avere effetto immediato. Nei casi dubbi occorre interpretare la normativa in questione, all'occorrenza ricorrendo al Tribunale europeo.

3.2.1.4

Panoramica sul dopo-Nizza

Il Trattato istitutivo della Comunità europea e il Trattato sull'Unione europea sono stati ripetutamente modificati e completati. L'ultima modifica è avvenuta in base al Trattato di Nizza del 2001, in vigore dal 1° febbraio 2003. Con tale modifica si è voluto creare le premesse istituzionali per l'adesione dei dieci Stati dell'Europa centro-orientale, avvenuta il 1° maggio 2004. Le nuove disposizioni riguardano la composizione degli organi comunitari e, nell'ambito del Consiglio, la ponderazione dei voti (cfr. n. 3.2.1.5). Inoltre, il Trattato prevede un ampliamento del sistema di votazione a maggioranza qualificata e delle possibilità di rafforzare la cooperazione.

Sin dall'inizio, il Trattato di Nizza è stato criticato per la sua limitatezza. Secondo il parere generale non riesce a rispondere in modo soddisfacente alla sfida più urgente, ossia l'accompagnamento del processo di allargamento. Secondo l'opinione prevalente, è necessario da un lato assicurare il funzionamento e il finanziamento di una Unione in continua crescita e dall'altro realizzare una maggiore vicinanza ai cittadini, pur tenendo conto delle differenze delle culture giuridiche e dello stato dello sviluppo economico. Il Trattato costituzionale europeo varato nel dicembre 2004 (cfr. n. 3.2.1.7) mira proprio a questi obiettivi. Nel 2005 questo trattato è tuttavia stato respinto dalla Francia e dai Paesi Bassi. Come già più volte nella sua storia, 91

Da un'analisi risulta che dal punto di vista materiale i regolamenti riguardano in particolare la politica agricola comune, la politica commerciale comune e le attività doganali. Le direttive riguardano in particolar modo il settore del mercato interno e la politica agricola comune. In media (periodo 1999­2004) gli organi competenti hanno emanato in totale 843 regolamenti e 103 direttive all'anno. La maggior parte dei regolamenti (in media 656) sono regolamenti di esecuzione della Commissione; il Consiglio ne ha emanati in media 164, il Consiglio e il Parlamento insieme 23 all'anno. Non è possibile riconoscere in questo periodo una certa tendenza all'aumento o alla diminuzione degli atti normativi. Il loro numero, calcolato per anno, rimane invece relativamente stabile. Per una visione generale dell'attività legislativa dell'UE per il periodo 1994­2004 cfr. Yearly statistical survey of the legislation in the EU, Swedish Institute for European Policy Studies, www.sieps.se.

6262

l'UE si trova in una fase di profondo cambiamento. Le occorrerà del tempo per sperimentare e applicare regole adeguate di cooperazione politica (in particolare per quanto riguarda la composizione e il funzionamento degli organi). Sebbene il processo di ratifica della costituzione sia stato interrotto, si continua a discutere sulla possibilità di ancorare tali regole adeguate in una costituzione europea.

3.2.1.5

Il sistema di voto al Consiglio

Il Consiglio adotta le sue decisioni secondo tre modi di votazione: la maggioranza semplice, l'unanimità o la maggioranza qualificata.

In genere le deliberazioni del Consiglio sono approvate a maggioranza semplice (art. 205 cpv. 1 TCE), ovvero se la metà degli Stati membri più uno ha dato il suo consenso. Questa regola tuttavia non vale nei casi in cui le disposizioni del TCE prevedono un altro tipo di procedura, il che corrisponde alla maggioranza dei casi.

Di conseguenza il ricorso alla maggioranza semplice avviene in pratica soltanto eccezionalmente92.

In molti casi, le deliberazioni del Consiglio sono approvate all'unanimità (art. 205 cpv. 3 TCE): se il voto di uno Stato è contrario, l'atto non può esse adottato; per contro un'astensione non ostacola la sua adozione. Ciò vale in particolare per le decisioni adottate nell'ambito del 2° e del 3° pilastro come pure nel settore della fiscalità indiretta, dell'avvicinamento delle legislazioni nazionali, della coesione economica e sociale, della sicurezza sociale e dell'ambiente.

Il sistema di voto maggiormente utilizzato è comunque quello della maggioranza qualificata (art. 205 cpv. 2 e 4 TCE). Le deliberazioni del Consiglio devono raccogliere almeno 232 dei 321 voti accordati agli Stati secondo la ripartizione attuale seguente: Germania, Francia, Regno Unito e Italia: 29 voti ciascuno; Spagna e Polonia: 27; Paesi Bassi: 13; Belgio, Portogallo, Grecia, Repubblica Ceca e Ungheria: 12; Svezia e Austria: 10; Danimarca, Finlandia, Irlanda, Slovacchia e Lituania: 7; Lussemburgo, Lettonia, Estonia, Slovenia e Cipro: 4; Malta: 3. La minoranza di blocco è dunque di 90 voti. Inoltre, se la decisione è presa su proposta della Commissione, la maggioranza dei membri (almeno 13 Stati) deve aver votato a favore, mentre negli altri casi devono aver votato a favore almeno due terzi dei membri (almeno 17 Stati). In più, la maggioranza qualificata deve rappresentare almeno il 62 per cento della popolazione totale dell'UE. Il controllo del rispetto di quest'ultima condizione non avviene automaticamente ma viene effettuato soltanto a richiesta di uno Stato.

Nel corso degli allargamenti successivi è cambiata l'influenza degli Stati nelle votazioni che richiedono la maggioranza qualificata dei voti. I grandi Stati hanno perso la loro possibilità di influire sulle
decisioni sia per quanto riguarda la soglia della maggioranza qualificata, sia quella della minoranza di blocco. Se nel 1958 bastava che tre di loro votassero in favore di un progetto affinché le deliberazioni venissero approvate a maggioranza qualificata, col passare del tempo i grandi Stati hanno avuto sempre maggiormente bisogno del sostegno dei piccoli Stati. Attualmente, i sei grandi Stati devono contare sul sostegno di 62 voti di piccoli Stati affin92

P.es. adozione del suo regolamento interno (art. 207 cpv. 3 TCE); definizione dello statuto giuridico dei comitati previsti dal trattato (art. 209 TCE).

6263

ché una decisione venga adottata. Per quanto riguarda la minoranza di blocco, due grandi Stati riuscivano a bloccare un progetto nel 1958, oggi invece i quattro grandi Stati devono allearsi per giungere allo stesso risultato.

Per quanto concerne i piccoli Stati, un'alleanza tra di loro non ha mai permesso di raggiungere la soglia della maggioranza qualificata. Questi infatti hanno da sempre avuto bisogno del sostegno di grandi Stati (2 nel 1958, attualmente 3). Per quanto riguarda la minoranza di blocco, sono per contro divenuti più influenti dal momento che gli allargamenti successivi hanno comportato l'adesione di un numero sempre più elevato di piccoli Stati all'UE. Se nel 1958 un'alleanza tra i piccoli Stati non permetteva di raggiungere la minoranza di blocco, oggi invece questi ultimi dispongono di 151 voti, ossia di un numero ben superiore a quello necessario per bloccare una decisione (90 voti).

In definitiva, nonostante il numero dei voti attribuiti ai grandi Stati sia rimasto costante tra il gennaio 1973 e il maggio 2004, si può constatare, sia da un punto di vista individuale sia globale, che l'influenza diretta dei grandi Stati in pratica è diminuita a causa dell'aumento del numero totale dei piccoli Stati in seno all'UE.

Mentre nel 1958 i grandi Stati rappresentavano il 70,6 per cento dei membri dell'UE, tale percentuale si limitava al 45,2 per cento nel maggio 2004. La distribuzione dei voti in vigore dal 1° novembre 2004 ha permesso loro di aumentare leggermente al 53 per cento la loro possibilità di influire sulle decisioni.

Per quanto riguarda i piccoli Stati, il numero dei voti a loro attribuiti dal gennaio 1973 fino al maggio 2004 è rimasto ugualmente costante. Nonostante la loro influenza individuale sia diminuita col passare del tempo, in pratica il gruppo di questi piccoli Stati ha guadagnato peso dal momento che ne fanno parte 19 dei 25 Stati membri. Mentre nel 1958 si trattava del 29,4 per cento dei membri dell'UE, nel maggio 2004 questa percentuale è aumentata al 54,8 per cento. Ad eccezione dei Paesi Bassi, il cui peso è rimasto invariato tra il maggio e il novembre 2004, l'influenza degli altri piccoli Stati è leggermente diminuita: in merito all'influenza complessivo del gruppo dei piccoli Stati si constata un calo dal 54,8 per cento nel maggio 2004 al 47 per cento
a partire dal novembre 2004.

Malgrado l'aumento delle procedure a maggioranza qualificata, l'esperienza di questi ultimi anni dimostra che una gran parte delle decisioni viene presa per consenso. Una valutazione dei risultati delle votazioni effettuate nel Consiglio durante il periodo 2000­2005 dimostra in effetti che più dell'80 per cento delle decisioni per le quali era richiesta la maggioranza qualificata sono state adottate per consenso93.

93

Considerando in media (anni 2000­2005) 188 casi all'anno (atti legislativi definitivamente adottati), il Consiglio ha deliberato nel modo seguente: 55 decisioni all'unanimità e 133 a maggioranza qualificata. Dei 133 atti legislativi adottati a maggioranza qualificata, in media 112 sono stati emanati per consenso, ossia l'85 % circa. In circa 11 casi la decisione è stata adottata con il voto contrario/i voti contrari di uno o più grandi Stati membri: in altre parole l'8 % circa di tutte le deliberazioni a maggioranza qualificata è stato adottato mettendo i grandi Stati membri in minoranza. In circa 10 casi la decisione è stata adottata con il voto contrario/i voti contrari di uno o più piccoli Stati membri, mettendo dunque i piccoli Stati membri in minoranza nel 7,5 % circa dei casi; la frequenza di questa situazione tende a aumentare.

6264

3.2.1.6

La codecisione in Parlamento

Introdotta nel 1993, la procedura di codecisione conferisce al Parlamento la qualità di co-legislatore. Essa rappresenta pertanto una componente importante della legittimità democratica dell'UE. Congiuntamente al Consiglio, il Parlamento è autorizzato a proporre emendamenti alle decisioni della Commissione e a esercitare un diritto di veto. Se una delle due istituzioni si oppone all'adozione dell'atto, questo non potrà essere adottato. Questa procedura è stata progressivamente allargata alla maggior parte dei settori nei quali vengono adottati gli atti comunitari94. Le misure di politica agricola comune e quelle riguardanti il settore della fiscalità, come pure il 2° e il 3° pilastro, non sono sottoposti alla procedura di codecisione il cui svolgimento è disciplinato dall'articolo 251 del TCE.

Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (cfr. n. 3.2.1.7) propone un ulteriore ampliamento del campo d'applicazione della procedura di codecisione, qualificandola come procedura legislativa ordinaria, che tuttavia non esclude le procedure legislative speciali (adozione da parte del Parlamento previa consultazione del Consiglio, e viceversa). Solamente il settore della politica estera e di sicurezza comune non sarà sottoposto alla codecisione.

3.2.1.7

Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa

Nell'anno 2000, sulle orme del Trattato di Nizza, il Consiglio dell'UE ha deciso di avviare un processo in vista della profonda riforma dell'UE al fine di renderla più efficace, più democratica, più federale, più trasparente e più visibile, sia sulla scena internazionale sia nei confronti dei cittadini europei. Tale processo ha condotto al Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa95 (più comunemente chiamato Trattato costituzionale oppure Costituzione europea).

Per entrare in vigore, il Trattato deve essere ratificato da tutti gli Stati membri. Sino ad oggi è stato ratificato da più della metà; tuttavia in due Stati, la Francia e i Paesi Bassi, è stato respinto in sede di referendum. Di conseguenza, il Consiglio dell'UE riunitosi nel giugno 2005 ha deciso di osservare un periodo di riflessione sul Trattato e sull'avvenire dell'UE in generale, affidando ad ogni Stato membro la responsabilità di adattare, se necessario, il proprio calendario di ratifica. Durante questa pausa il Parlamento europeo, la Commissione e la Presidenza austriaca dell'UE si sono impegnati a favore di un dialogo a tutti i livelli sull'avvenire dell'UE e della sua Costituzione. Il 15 e il 16 giugno 2006 il Consiglio dell'UE, dopo aver fatto il punto sulle diverse iniziative intraprese fino a quella data, ha deciso di prolungare il periodo di riflessione. Spetterà alla Presidenza tedesca (1° semestre 2007) presentare un rapporto al Consiglio dell'UE, lo scopo essendo quello di trovare una soluzione al più tardi alla fine del 2008, con la Presidenza francese. Nel frattempo i governi hanno deciso di seguire l'approccio proposto dalla Commissione nella sua «Agenda per il cittadino», presentata nel maggio 2006, la quale preconizza, in attesa di una soluzione alla crisi ministeriale, di proseguire l'integrazione sfruttando le possibilità offerte dai trattati esistenti.

94

95

P.es. il divieto di discriminazione fondata sulla nazionalità (art. 12 TCE), la realizzazione della libera circolazione dei lavoratori (art. 40 TCE) e della libertà di soggiorno (art. 44 TCE), la politica dei trasporti (art. 71 TCE).

GU C 310 del 16 dicembre 2004, p. 1

6265

Il Trattato costituzionale riprende la materia dei trattati precedenti, sintetizzandoli, semplificandoli e modificandoli con l'aggiunta di nuove clausole. Le principali novità contenute nel Trattato sono in particolare le seguenti: la struttura a tre pilastri è riunita in un'unica struttura e all'UE è conferita la personalità giuridica a scapito della Comunità europea che sparisce come tale; l'UE sarà dotata di un presidente eletto dai capi di Stato e di governo per un periodo di 2 anni e mezzo, rinnovabile una volta, e inoltre di un ministro degli affari esteri (ugualmente vicepresidente della Commissione); la Commissione conserva un commissario per Stato membro fino al 2014, data in cui la sua struttura corrisponderà a due terzi degli Stati membri secondo il principio di rotazione egalitaria; il Parlamento europeo può avere un massimo di 750 membri, con un minimo e un massimo di rispettivamente 6 e 96 seggi per Stato; la maggioranza qualificata, ridefinita come doppia maggioranza pari al 55 per cento degli Stati membri e al 65 per cento della popolazione totale dell'UE, è estesa a nuovi settori; le procedure legislative e gli strumenti giuridici sono semplificati e il loro numero è ridotto; la ripartizione delle competenze tra l'UE e i suoi Stati membri risulta più precisa e più semplice, e il ruolo dei parlamenti nazionali viene rafforzato; la Carta dei diritti fondamentali diventa parte integrante del Trattato e l'UE si impegna ad aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo; la Costituzione prevede un diritto di iniziativa, in base al quale un milione di cittadini possono incaricare la Commissione di presentare una proposta al Consiglio; infine, il Trattato contiene una clausola di solidarietà che prevede la mobilitazione degli Stati membri in caso di attacchi terroristici o di catastrofe, come pure una clausola di difesa reciproca che tuttavia non pregiudica la politica di neutralità degli Stati membri.

3.2.1.8

Futuri allargamenti

L'adesione dei dieci Stati Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Cipro, avvenuta il 1° maggio 2004, costituisce l'allargamento più grande mai compiuto dall'UE che da allora comprende 25 Stati membri. L'adesione di questi Paesi prevalentemente appartenenti all'Europa centrale ed orientale, soltanto 15 anno dopo la caduta del Muro di Berlino, è di dimensione storica: questo passo simbolizza infatti il superamento definitivo della divisione dell'Europa durante la guerra fredda. Di conseguenza «l'allargamento verso est» è di grande importanza per tutti gli Stati europei, indipendentemente dal fatto se si tratta di membri dell'UE o meno.

Con ciò il processo d'allargamento dell'UE tuttavia non è concluso: presumibilmente all'inizio del 2007 aderiranno la Bulgaria e la Romania; con la Croazia e la Turchia sono in corso dal 3 ottobre 2005 trattative sull'adesione; la Macedonia ha ottenuto il 16 dicembre 2005 lo status di candidato all'adesione all'UE; e agli altri Paesi dei Balcani occidentali ­ Albania, Bosnia ed Erzegovina come pure Serbia e Montenegro ­ l'UE ha prospettato una successiva adesione se questi Paesi corrisponderanno ai relativi criteri richiesti.

Ciononostante l'ulteriore decorso del processo d'allargamento dell'UE non è scevro di insicurezze e questioni irrisolte. In molti Stati membri i cittadini hanno manifestato negli ultimi mesi un certo disagio nei confronti di una crescita troppo rapida dell'UE. Si teme che un continuo aumento del numero di Stati membri dell'UE possa ripercuotersi negativamente sulle strutture istituzionali e sulla forza economica 6266

dell'Unione. L'eventuale adesione della Turchia crea inoltre timori riguardo alle conseguenze risultanti per l'UE dall'integrazione di questo Paese. Infine non è da escludere che anche altri Stati confinanti possano pretendere dall'UE una prospettiva d'adesione.

Di fronte a questi interrogativi, l'UE vuole condurre un dibattito di fondo sul suo futuro allargamento basato sui criteri di consolidamento, di condizionalità e di comunicazione. Ciò comporta tre prerogative: primo, la capacità dell'UE di accogliere nuovi membri deve rimanere intatta; secondo, i candidati all'adesione devono attenersi a tutti i criteri richiesti per l'adesione; terzo, i cittadini europei dovranno essere informati meglio a proposito dei motivi e dei vantaggi dell'allargamento dell'UE.

3.2.2

Le politiche dell'Unione europea

3.2.2.1

Introduzione

La portata delle competenze attribuite alle istituzioni comunitarie per l'esercizio delle loro politiche può variare considerevolmente a seconda del settore considerato.

In primo luogo esistono ambiti in cui l'UE dispone di una competenza esclusiva.

Questo è il caso per un numero limitato di settori (politica commerciale comune, unione doganale e politica monetaria in particolare). Nella maggior parte dei settori (p.es. mercato interno, agricoltura, trasporti, energia, giustizia e affari interni) le competenze sono concorrenti: gli Stati membri restano competenti fintanto che la Comunità non interviene tramite l'adozione di un atto legislativo. Infine, esistono settori in cui la Comunità ha la sola missione di coordinare e d'incoraggiare l'azione degli Stati membri. In questi settori (impiego, educazione, cultura e salute pubblica in particolare) l'azione comunitaria è complementare a quella degli Stati membri e non può sostituire quest'ultima; in tali ambiti gli Stati membri conservano dunque la loro piena libertà d'azione.

3.2.2.2

Mercato interno

3.2.2.2.1

Introduzione

Il principio della creazione di un mercato interno (nominato anche mercato unico) è ancorato nel Trattato di Roma (1957). La sua realizzazione è avvenuta a tappe, innanzitutto con l'abolizione progressiva delle tasse doganali (anni sessanta), poi con l'eliminazione degli ostacoli tecnici al commercio (anni settanta) e infine con la soppressione di ogni tipo di ostacolo alla circolazione di merci, persone, servizi e capitali. Ci sono voluti 35 anni per realizzare il mercato unico (1993), e ancora oggi molti atti legislativi vengono adottati per perfezionare il suo funzionamento.

L'obiettivo finale della realizzazione del mercato unico è di contribuire alla prosperità dei cittadini europei, alla mobilità dei lavoratori e alla competitività delle economie europee.

6267

3.2.2.2.2

Libera circolazione delle merci

L'obiettivo della libera circolazione delle merci è garantire uno scambio di merci non ostacolato nell'ambito del mercato interno dell'UE. Il produttore ha la possibilità di vendere anche negli altri Stati membri i prodotti fabbricati a norma di legge in uno Stato membro. In tal modo si permette ai consumatori di accedere a un'offerta transfrontaliera.

Il Trattato CE prevede due percorsi per realizzare questi obiettivi. Da un lato vengono stipulati divieti riguardanti regole o misure nazionali considerate incompatibili con la libera circolazione delle merci. Si può citare in questo contesto il divieto di imposizione di dazi oppure il divieto di restrizioni quantitative (art. 25 seg. TCE).

D'altra parte, la Comunità dispone della competenza di eliminare tramite un'armonizzazione delle prescrizioni tecniche gli ostacoli al commercio risultanti dalla differenza tra le prescrizioni giuridiche o amministrative nazionali («settore armonizzato», vedi art. 95 TCE). Su questa base giuridica verrà creato un sistema di registrazione, valutazione e autorizzazione di sostanze chimiche (REACH96) e un'Agenzia europea delle sostanze chimiche. Il sistema REACH comprende gli aspetti riguardanti il mercato interno, la salute, la protezione del consumatore e l'ambiente. La corrispondente prescrizione sostituirà i più di 40 atti normativi esistenti in questo settore.

Per i prodotti non sottoposti a regole comunitarie vale il principio dell'equivalenza delle rispettive legislazioni degli Stati membri («settore non armonizzato»). Tale principio ­ denominato principio «Cassis de Dijon» in seguito ad una sentenza formulata dalla CGCE ­ implica che ogni prodotto fabbricato e commercializzato a norma di legge in uno Stato membro debba sostanzialmente essere ammesso al mercato degli altri Stati membri. Eccezioni sono consentite soltanto a certe condizioni (esigenze tassative di tutela come p.es. l'ordine pubblico, la sicurezza, la salute, la lealtà delle prassi commerciali).

3.2.2.2.3

Libera circolazione delle persone

3.2.2.2.3.1

Cittadinanza e circolazione delle persone

La nozione di cittadinanza europea (art. 17 seg. TCE) introdotta dal Trattato di Maastricht (1992) viene a completare quella relativa alla libera circolazione delle persone. Ogni cittadino dell'UE, vale a dire ogni persona che ha la cittadinanza di uno Stato membro, ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri a certe condizioni previste dal Trattato e dal diritto derivato. Le attuali disposizioni concernenti la libera circolazione sono sostituite dalla nuova direttiva 2004/38/CE97 che disciplina il diritto in materia, ad eccezione del regolamento CEE 1612/6898 sulla libera circolazione dei lavoratori di cui sono sostituite solamente le disposizioni relative al ricongiungimento familiare. Questa direttiva riunisce in un solo testo legislativo le regole concernenti l'accesso e il soggiorno dei cittadini dell'UE e dei membri della loro famiglia, disciplinate fino allora da nove atti diversi. Essa facilita l'esercizio del diritto alla libera circolazione e al soggiorno 96 97 98

Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals GU L 158 del 30.4.2004, p. 77 GU L 257 del 19.10.1968, p. 2

6268

riducendo le formalità amministrative, ridefinisce lo status dei membri della famiglia, istituisce un diritto di soggiorno permanente dopo cinque anni di soggiorno e definisce le condizioni per rifiutare o mettere fine al soggiorno. Il termine di scadenza per la sua trasposizione è trascorso il 30 aprile 2006.

Con l'entrata in vigore di questa nuova direttiva, il soggiorno dei cittadini dell'UE in un altro Stato membro resta sottoposta a certe condizioni: oltre ad esercitare un'attività economica, essi devono disporre di risorse sufficienti e di un'assicurazione malattia oppure seguire degli studi o una formazione professionale. La carta di soggiorno per i cittadini dell'Unione è soppressa. Per quanto riguarda i soggiorni permanenti, ogni cittadino dell'Unione acquisisce il diritto al soggiorno permanente nello Stato membro d'accoglimento dopo avervi legalmente risieduto durante un periodo ininterrotto di cinque anni.

Quanto al ricongiungimento familiare, la definizione di membro della famiglia è stata ampliata comprendendo anche il partner registrato se la legislazione dello Stato membro d'accoglienza considera l'unione domestica registrata equivalente al matrimonio. I membri della famiglia che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro beneficiano di un trattamento preferenziale.

La cittadinanza europea comporta anche altri diritti (diritto al voto e all'eleggibilità alle elezioni comunali dello Stato membro di residenza e alle elezioni del Parlamento europeo, protezione diplomatica e consolare, diritto di petizione presso il Parlamento europeo, diritto alle prestazioni del mediatore civico).

3.2.2.2.3.2

Sicurezza sociale

Il settore della sicurezza sociale è di competenza degli Stati membri. L'UE svolge tuttavia un ruolo di coordinazione al fine di assicurare la protezione dei cittadini europei per quanto riguarda la libera circolazione delle persone. Il regolamento (CEE) 1408/7199, in base al quale attualmente viene stabilita questa coordinazione, sarà sostituito al più presto entro il 2008 dal nuovo regolamento (CE) 883/2004100, destinato a codificare l'insieme delle regole di coordinazione, di semplificarle e di colmare certe lacune. Esso riguarda ugualmente le persone senza attività lucrativa, comprende le disposizioni concernenti il pensionamento anticipato e disciplina la coordinazione in materia d'assicurazione contro la disoccupazione. Sarà accompagnato da un nuovo regolamento di esecuzione.

3.2.2.2.3.3

Riconoscimento dei diplomi

Al fine di facilitare la libera circolazione delle persone e di rafforzare la flessibilità sul mercato del lavoro, la Comunità ha creato un sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali che permette ai beneficiari di accedere, nello Stato membro di accoglienza, alla professione regolamentata per la quale sono qualificati e di esercitarla alle stesse condizioni valide per i cittadini dello Stato membro. La direttiva 2005/36/CE101 ha consolidato in un solo atto legislativo una materia fino allora 99 100 101

GU L 149 del 5.7.1971, p. 2 GU L 166 del 30.4.2004, p. 1 GU L 255 del 30.9.2005, p. 22

6269

disciplinata in quindici atti diversi. La nuova regolamentazione permette una maggiore liberalizzazione della prestazione di servizi, una maggiore automaticità riguardo il riconoscimento delle qualifiche come pure la semplificazione delle procedure amministrative.

3.2.2.2.4

Libera circolazione dei servizi

La libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi transfrontalieri sono considerate nell'UE come due libertà fondamentali, essenziali per il buon funzionamento del mercato interno (art. 43 seg. TCE). Il principio della libertà di stabilimento permette a un operatore economico di esercitare un'attività economica in modo stabile e duraturo in uno o in diversi Stati membri. Il principio della libera prestazione di servizi permette a un operatore economico che presta i suoi servizi in uno Stato membro di assumere incarichi temporanei in un altro Stato membro, senza dovervisi stabilire.

Considerati i numerosi ostacoli che hanno sinora limitato queste due libertà, la Commissione ha presentato nel 2004 un'importante proposta di direttiva quadro sui servizi nel mercato interno (la cosiddetta direttiva «Bolkestein»). Da un lato questo progetto prevedeva di favorire la libertà di stabilimento creando «sportelli unici» ed eliminando le esigenze giudicate superflue (come gli esami della necessità economica). Dall'altro lato proponeva di facilitare l'offerta di servizi transfrontalieri basandosi sul principio del Paese d'origine; questo principio si fonda sul reciproco riconoscimento e sulla fiducia degli Stati membri, per cui i prestatori di servizi degli altri Stati membri sono ritenuti essere sorvegliati in maniera adeguata nel loro Paese d'origine.

La proposta della Commissione ha tuttavia suscitato una certa controversia in seno al Consiglio dei ministri e al Parlamento europeo, in particolare per quanto riguarda le sue conseguenze sociali. Nel febbraio del 2006, il Parlamento ha dunque riscritto in prima lettura la proposta di direttiva. L'obiettivo iniziale, ossia l'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione dei servizi assicurando nello stesso tempo il rispetto dei diritti sociali dei lavoratori stabiliti dalle disposizioni nazionali, è rimasto invariato ma è stato eliminato il principio alla base della direttiva, cioè la regola riguardante il Paese d'origine. Al suo posto è stata inserita una clausola di libera circolazione dei servizi che assoggetta gli Stati membri all'obbligo di rispettare il diritto del prestatore di fornire servizi e di garantirgli il libero accesso all'attività dei servizi come pure il libero esercizio sul suo territorio. Questa garanzia viene rafforzata
dal divieto di una serie di ostacoli alla libera circolazione dei servizi. Per quanto riguarda lo stabilimento in un altro Paese membro, verrà applicata la legislazione del Paese d'accoglienza. L'idea dello sportello unico è stata mantenuta, le sue competenze sono state tuttavia allargate. In genere il campo d'applicazione della direttiva è stato ridimensionato e certi servizi, come per esempio i servizi sociali, sono stati esclusi.

La Commissione ha tenuto conto ampiamente di queste obiezioni e ha presentato nell'aprile del 2006 una proposta modificata. Gli Stati membri dell'UE hanno raggiunto in seno al Consiglio dei ministri un accordo politico sulla proposta di direttiva riguardante la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno dell'UE. Per quanto riguarda il contenuto, i ministri hanno in larga misura confermato il compromesso raggiunto dal Parlamento europeo nel febbraio in prima lettura, compromesso che 6270

ridimensionava fortemente la proposta originaria della Commissione europea. La questione sarà ora esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura.

3.2.2.2.5

Libera circolazione dei capitali

La libera circolazione dei capitali rappresenta una prerogativa indispensabile per la realizzazione del mercato unico e dell'unione monetaria (art. 56 seg. TCE). Essa mira a un investimento ottimale del risparmio nelle attività economiche. Le ultime restrizioni della libera circolazione dei capitali sono state eliminate nell'ambito della prima tappa verso l'unione economica e monetaria (all'inizio degli anni novanta).

Questo principio viene applicato sia per transazioni tra Stati membri, sia per transazioni tra Stati membri e Paesi terzi. Tuttavia, se non sono discriminatorie, sono ammesse eccezioni nell'applicazione di questo principio, in particolare nei settori della fiscalità o della vigilanza prudenziale.

3.2.2.3

Politiche comuni

3.2.2.3.1

Unione monetaria/euro

L'unione monetaria rappresenta la conseguenza logica della realizzazione di un mercato interno secondo il principio «un mercato, una moneta» e costituisce una tappa importante verso la costruzione europea. Ad eccezione del Regno Unito, della Danimarca e della Svezia, tutti gli anziani Stati membri fanno parte dell'unione monetaria. L'obiettivo è estendere questa zona a tutti i membri dell'UE. Secondo una decisione del Consiglio dell'UE del 16 giugno 2006 la Slovenia è ammessa alla zona euro a partire dal 1° gennaio 2007.

La competenza in materia di politica monetaria degli Stati che hanno già adottato l'euro è stata trasferita nel 1999 alla Banca centrale europea (BCE). Il Patto di stabilità e di crescita è parte integrante dell'unione monetaria. Nell'ambito di questo Patto, gli Stati membri s'impegnano a perseguire una politica durevole in materia di bilancio, evitando in particolare i deficit eccessivi e mirando a un bilancio equilibrato, ossia eccedentario. Il disavanzo pubblico non dovrebbe superare il 3 per cento del prodotto interno lordo (PIL) e l'indebitamento pubblico il 60 per cento del PIL.

Per far fronte alle situazioni economiche eccezionali e temporanee, dal 2005 gli Stati membri dispongono di uno spazio di manovra più ampio per correggere i loro deficit eccessivi.

3.2.2.3.2

Politica economica

Contrariamente alla politica monetaria, sottoposta al controllo comunitario per quel che concerne i Paesi della zona euro, gli Stati membri rimangono responsabili per quanto riguarda la conduzione di altri ambiti della loro politica economica. Sono comunque chiamati a considerare quest'ultima come settore d'interesse comune e a coordinarla con quella degli altri Stati membri. L'elemento centrale di questa coordinazione è rappresentato dai «grandi orientamenti delle politiche economiche» (GOPE) che contengono le raccomandazioni per la politica economica della Comunità e degli Stati membri.

6271

Per far fronte alla necessità di procedere a profonde riforme economiche, il Consiglio dell'UE, riunitosi nel marzo del 2000, ha lanciato la Strategia di Lisbona, come stimolo al miglioramento della situazione economica, sociale e ambientale nell'UE.

In seguito ai risultati limitati di questa Strategia, il Consiglio dell'UE, riunitosi nel marzo del 2005, ha provveduto al suo rilancio incentrandola sulla crescita e sull'occupazione in Europa.

Per poter realizzare la Strategia di Lisbona, l'UE ha adottato una serie di «linee guida integrate» per la crescita e l'occupazione. Queste raggruppano i GOPE e le «linee guida per l'occupazione» in un unico testo, coerente e semplificato, a favore di un rafforzamento della coerenza globale e dell'apporto di una chiara visione strategica alla posizione europea a livello macroeconomico, microeconomico e occupazionale. Su questa base, gli Stati membri hanno presentato alla fine del 2005 i «programmi nazionali di riforma» corrispondenti alle loro necessità e alla loro situazione specifica. In base a questi programmi, gli Stati membri sono chiamati ad assumersi maggiori responsabilità riguardo la realizzazione della Strategia di Lisbona. In questo contesto, l'UE ha inoltre definito un quadro politico per favorire la competitività dell'industria manifatturiera europea.

3.2.2.3.3

Politica della concorrenza

Affinché il mercato unico possa funzionare e gli interessi nazionali non interferiscano sui meccanismi del mercato, è indispensabile introdurre un certo numero di regole concorrenziali (art. 81 seg. TCE). Queste si basano sul divieto in materia di cartelli e di abuso di posizione dominante e sul controllo delle fusioni. Nel 2004, è stata realizzata un'importante opera di riforma con l'obiettivo di restituire alle autorità nazionali più vaste competenze in questo settore, di responsabilizzare maggiormente gli attori economici e di permettere così alla Commissione di concentrarsi sul perseguimento delle infrazioni gravi. La Commissione intende mettere ora l'accento sulla riforma del quadro degli aiuti di Stato che, secondo la sua opinione, dovranno essere più finalizzati e meno numerosi.

3.2.2.3.4

Politica dei trasporti

3.2.2.3.4.1

Trasporti terrestri

La politica dei trasporti è di carattere comunitario (art. 154 seg. TCE). Nel libro bianco del 2001 sulla politica europea dei trasporti, l'UE si propone di orientare la sua politica dei trasporti fino al 2010 maggiormente verso la domanda e i bisogni degli utenti. Tenendo conto di un aumento del trasporto delle merci e delle persone rispettivamente del 38 per cento e del 24 per cento circa, essa vuole rafforzare il traffico ferroviario più ecologico a scapito del traffico stradale più concorrenziale, promuovendo inoltre la navigazione marittima e la navigazione interna e ampliando il traffico intermodale. Per l'allargamento della rete transeuropea di trasporto (TEN) attribuisce un gran valore alla sicurezza, all'efficienza e alla qualità dei mezzi di trasporto. Per raggiungere tale obiettivo mira a un sistema trasparente di addebitamento delle spese agli utenti.

6272

I nuovi sviluppi nell'ambito dell'UE (l'allargamento, l'attuale debole crescita economica, l'elevato prezzo del petrolio) sono integrati nella pianificazione del sistema europeo di trasporto sostenibile come pure la loro compatibilità con la protezione dell'ambiente. Il trasporto ferroviario in Europa subisce un'ulteriore apertura dei mercati con il secondo e il terzo pacchetto ferroviario; nel traffico stradale, dopo lunghi dibattiti, i sistemi di pedaggio adottati nei vari Stati per il traffico pesante sono ora soggetti a un'armonizzazione comunitaria (Eurovignetta).

3.2.2.3.4.2

Trasporti aerei

Di tutti i mezzi di trasporto, il traffico aereo nell'ambito dell'UE ha subito negli ultimi 20 anni il maggiore aumento. Questa crescita irrefrenabile continua nonostante le serie difficoltà risultanti dall'attacco terroristico dell'11 settembre 2001, raggiungendo i limiti di capacità degli aeroporti e causando sovraccarichi del sistema di controllo del traffico aereo. Come primo obiettivo, l'UE vuole dunque creare uno spazio aereo uniforme («Single European Sky»). Quale autorità europea di sicurezza e di vigilanza indipendente è stata istituita l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA).

La qualità del settore dei trasporti aerei viene costantemente migliorata tramite la regolazione dei servizi, delle conseguenze dei ritardi e degli elevati standard di sicurezza. L'ampliamento delle capacità degli aeroporti, reso necessario in particolare dall'allargamento dell'UE, viene completato da misure atte a ridurre l'inquinamento acustico e ambientale dovuto al traffico aereo.

3.2.2.3.5

Politica agricola comune

La politica agricola comune (PAC) è fondata su tre principi: organizzazione comune dei mercati (libera circolazione delle merci all'interno dell'UE), preferenza comunitaria combinata con una politica commerciale estera comune (margine preferenziale per la commercializzazione delle merci originarie dell'UE e importazioni disciplinate mediante protezione doganale) e solidarietà finanziaria (art. 33 seg. TCE). Le misure applicate nell'ambito della PAC sono suddivise in due pilastri: le organizzazioni dei mercati che disciplinano i settori specifici e il sostegno della produzione formano il 1° pilastro, mentre il 2° pilastro comprende le misure atte a promuovere la sostenibilità e l'evoluzione dello spazio rurale.

La prima profonda riforma del 1992 (riforma Mac Sharry) ha permesso innanzitutto di controllare i costi. Gli obiettivi della seconda riforma del 2003 (riforma Fischler) vertono piuttosto sulle esigenze della società di maggiore sostenibilità, di maggiore sicurezza degli alimenti e di maggiore vicinanza al consumatore. Per il periodo 2007­2013 sono stati adottati i seguenti provvedimenti: la dissociazione del sostegno diretto nell'ambito del 1° pilastro, ossia il pagamento unico per azienda, indipendentemente dal tipo e dal volume di produzione (pagamento unico per azienda o per superficie); il collegamento tra questo pagamento e il rispetto delle norme in materia ambientale, di sicurezza alimentare, di salute degli animali e delle piante, del benessere degli animali negli allevamenti e della sicurezza del lavoro (ecocondizionalità); la riduzione dei pagamenti diretti (modulazione) destinati alle grandi aziende per disporre di fondi supplementari a favore del sostegno rurale (2° pilastro) ­ 6273

inoltre in futuro gli Stati membri potranno utilizzare fino al 20 per cento dei fondi provenienti dal 1° pilastro per il 2° pilastro ­ e infine gli adeguamenti della politica di sostegno del mercato mediante riduzioni dei prezzi asimmetrici nel settore del latte102.

Per l'anno 2008 è prevista una verifica dal punto di vista agricolo e finanziario del nuovo ordinamento della PAC, introdotto nel 2003. Tuttavia non ci si deve attendere un cambiamento fondamentale dell'attuale politica agricola dell'UE. Certo, la realizzazione dell'attuale trattativa con l'OMC dovrebbe condurre anche nell'ambito dell'UE a una riduzione considerevole della protezione esterna, all'abolizione di tutte le sovvenzioni all'esportazione e con ciò a un ulteriore cambiamento del sistema di sostegno del mercato (intervento). A partire dal 2013 sarà inoltre possibile ridurre gli stanziamenti a favore della PAC.

3.2.2.4

Altre politiche

3.2.2.4.1

Politica dell'occupazione e politica sociale

Inizialmente incentrata sul mercato del lavoro (p.es. salute e sicurezza sul posto di lavoro, protezione e sicurezza sociale), l'attività della CE in ambito sociale è stata ampliata (art. 136 seg. TCE) in base al Trattato di Maastricht (1992). Alcuni obiettivi principali della politica sociale dell'UE sono il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il rafforzamento del dialogo sociale tra i sindacati e i datori di lavoro, la promozione della parità tra uomini e donne come pure la lotta contro la discriminazione sociale di ogni genere. Per raggiungere questi obiettivi, l'UE dispone fondamentalmente di tre strumenti: nell'ambito della legislazione europea può fissare i criteri minimi lasciando agli Stati membri la scelta degli strumenti atti alla realizzazione. Inoltre si adopera a favore della coordinazione dei sistemi sociali nazionali e delle politiche occupazionali. Infine sostiene agenzie, iniziative e programmi appositi (in particolare con l'aiuto dei fondi europei strutturali). Le priorità dell'Agenda sociale 2005­2010 sono la piena occupazione e le pari opportunità.

3.2.2.4.2

Protezione dei consumatori

La protezione dei consumatori (art. 153 TCE) completa le regole del mercato interno. In particolare per quanto riguarda i beni di consumo esistono misure di protezione assai severe. Per le prestazioni di servizi non esiste alcun quadro generale. Sono stati avviati lavori legislativi in materia di credito ai consumatori e di forme di pagamento senza contanti. Nell'ambito del settore riguardante la salute, la protezione dei consumatori svolge un ruolo importante, in particolare in materia di sicurezza alimentare. Gli abusi come pure i generi alimentari e gli altri prodotti dannosi alla salute possono essere comunicati a tutti gli Stati membri mediante sistemi d'allarme rapido. Alla crisi dovuta all'ESB e a quella relativa alla diossina l'UE ha risposto all'inizio del 2002 mediante un regolamento quadro riguardante la sicurezza alimentare, su cui si fonda anche la nuova Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). In questo processo sono stati ridefiniti i principi fondamentali, ossia la 102

Riduzione del prezzo d'intervento del 25 % per il burro entro il 2006 e del 15 % per il latte magro in polvere entro il 2005

6274

rintracciabilità degli organismi geneticamente modificati come pure degli alimenti in genere e i principi della prevenzione, della responsabilità e della gestione delle situazioni di crisi; inoltre è stato definito il concetto di genere alimentare. Il settore alimentare viene regolato soprattutto orizzontalmente (etichettatura, igiene, sostanze additive, concessione dell'uso di organismi geneticamente modificati).

3.2.2.4.3

Protezione dell'ambiente

Dagli anni ottanta l'UE persegue una politica ambientale sempre più intensa e in seguito al Trattato di Amsterdam (1997) tiene conto di tale aspetto nell'ambito di tutte le sue politiche come pure di tutti i provvedimenti introdotti (art. 174 seg.

TCE). Una crescita economica socialmente giusta che rispetti l'aspetto ecologico richiede una legislazione ambientale coerente e coordinata a livello comunitario. I dati necessari e paragonabili a tale proposito vengono forniti dall'Agenzia europea dell'ambiente. Essa sorveglia anche le condizioni ambientali avvertendo in tempo in caso di eventuali problemi. La politica ambientale dell'UE si fonda su programmi d'azione in cui vengono stabiliti gli obiettivi, i principi e le priorità. L'attuale 6° programma d'azione ambientale per gli anni 2002­2012 fissa gli obiettivi per una pianificazione a lunga scadenza concernente i settori prioritari del clima, della natura e della biodiversità, dell'ambiente e della salute come pure delle risorse naturali e dei rifiuti. A condizione che ciò non comporti delle distorsioni di concorrenza, gli Stati membri possono applicare norme ambientali più severe degli standard minimi prescritti dall'UE.

3.2.2.4.4

Politica di sviluppo sostenibile

Nell'ambito dell'UE la politica di sviluppo sostenibile si trova al centro di diversi processi politici contrapposti. Con il Processo di Cardiff, avviato nel 1998, il Consiglio dell'UE mirava segnatamente all'integrazione di aspetti ambientali negli altri settori politici. Con il Processo di Lisbona, avviato nel 2000, stabiliva obiettivi strategici riguardanti i settori dell'occupazione, della riforma economica e della coesione sociale. Al fine di rendere questi processi più coerenti, nel 2002 la Commissione europea ha deciso, in vista del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, di adottare a lunga scadenza una strategia per lo sviluppo sostenibile incentrata sulle seguenti tematiche: cambiamento del clima ed emissione di gas di serra; salute pubblica; povertà ed emarginazione sociale; gestione dei problemi dovuti all'invecchiamento della popolazione; salvaguardia della biodiversità e delle risorse naturali; mobilità ed evoluzione del territorio. Nel 2006 questa strategia sarà attualizzata. In particolare verrà integrata la lotta contro la povertà nei Paesi del Sud, finora trattata separatamente in relazione alla politica di sviluppo. Nel frattempo, quasi tutti gli Stati dell'UE dispongono di proprie strategie per lo sviluppo sostenibile a livello nazionale. Fino ad oggi nell'ambito dell'UE non è stata prevista alcuna armonizzazione o standardizzazione di tali strategie. In vista del continuo sviluppo delle strategie, la Commissione chiede tuttavia uno scambio attivo d'informazione e di esperienza al fine di favorire miglioramenti qualitativi.

6275

3.2.2.4.5

Politica fiscale

Le competenze dell'UE in materia di fiscalità sono limitate. Non esiste un'imposta europea e il Consiglio può adottare misure fiscali soltanto all'unanimità. L'UE si preoccupa essenzialmente d'armonizzare la fiscalità indiretta (rispetto ai prodotti e alle transazioni) per assicurare la creazione e il funzionamento del mercato interno.

Armonizzazione tuttavia non significa unificazione: i tassi dell'IVA non sono identici in tutta l'UE, gli Stati membri sono soltanto tenuti ad applicare un tasso minimo del 15 per cento. Un numero limitato di attività economiche beneficia tuttavia di un tasso ridotto che deve ammontare al minimo al 5 per cento.

Al livello comunitario, il dibattito sulla fiscalità indiretta evolve attualmente in due direzioni: 1) affermazione del principio di tassazione al posto del consumo e 2) semplificazione degli obblighi degli operatori (sportello unico). Sebbene l'armonizzazione della fiscalità diretta non sia ancorata nel Trattato CE, diverse misure sono state adottate in questo ambito, dopo anni di trattative, per assicurare un migliore funzionamento del mercato unico. In questo contesto bisogna menzionare le misure comunitarie adottate a favore della lotta contro la concorrenza fiscale dannosa: a.

un codice di condotta relativo alla fiscalità delle imprese103;

b.

la direttiva 2003/49/CE104 (direttiva «interessi e canoni») con l'obiettivo di sopprimere le ritenute alla fonte per i pagamenti d'interessi e di canoni fra società consociate di diversi Stati membri; e

c.

la direttiva sulla tassazione dei risparmi 2003/48/CE105 che prevede uno scambio d'informazioni tra le autorità fiscali oppure una ritenuta alla fonte su alcuni redditi da risparmio.

Accanto a questo pacchetto di misure fiscali meritano d'essere menzionati altri sforzi compiuti in vista di un'armonizzazione della politica fiscale europea riguardante la tassazione delle imprese, come l'emanazione della direttiva 90/435/CEE106 («società madri e figlie») oppure della direttiva 90/434/CEE107 sulle fusioni. La Commissione europea ha proposto inoltre l'introduzione di una base imponibile consolidata per tutte le attività di una società. Infine, la Corte di giustizia, attraverso l'applicazione del principio di non-discriminazione, interviene sempre più spesso nell'ambito delle legislazioni fiscali nazionali o nell'ambito degli accordi sulla doppia imposizione conclusi tra gli Stati membri.

3.2.2.4.6

Politica dei mercati finanziari

La politica dei mercati finanziari costituisce l'elemento principale del mercato unico volto a garantire un investimento ottimale del risparmio tramite investimenti redditizi, e disciplinato da regole di vigilanza adeguate ai rischi. Al fine di migliorare l'integrazione e la competitività dei mercati finanziari, l'UE ha lanciato nel 1999 un piano d'azione ambizioso. Quest'ultimo ha permesso di adottare, durante un periodo di cinque anni, una quarantina di misure. Si tratta soprattutto di direttive concernenti 103 104 105 106 107

GU C 2 del 6.1.1998, p. 1 GU L 157 del 26.6.2003, p. 49 GU L 157 del 26.6.2003, p. 38 GU L 225 del 20.8.1990, p. 6 GU L 225 del 20.8.1990, p. 1

6276

i mercati degli strumenti finanziari, le offerte pubbliche d'acquisto (OPA), l'informazione finanziaria, la realizzazione dell'accordo di «Basilea II» sulla dotazione di capitali propri, le fusioni transfrontaliere di società di capitale oppure la riassicurazione. Progressi considerevoli sono stati compiuti anche nei settori del governo d'impresa e del diritto societario, della contabilità e della revisione.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, la Commissione europea intende porre l'accento sulla realizzazione e sul consolidamento delle regole esistenti in questo settore (banca, assicurazione, beni immobili e gestione patrimoniale), sul rafforzamento della cooperazione e della convergenza in materia di sorveglianza come pure sull'eliminazione degli ultimi ostacoli significativi dal punto di vista economico. La Commissione europea non prevede nuovi pacchetti di misure legislative. Peraltro intende dare maggiore peso al mercato al dettaglio dei servizi finanziari.

3.2.2.4.7

Ricerca

L'UE promuove il campo della ricerca mediante programmi sempre più impegnativi e più vasti, ossia i programmi quadro di ricerca (art. 163 seg. TCE). Attualmente questi non superano tuttavia il cinque per cento circa della promozione pubblica della ricerca in Europa. L'obiettivo dei programmi è di rafforzare lo spazio europeo di ricerca attraverso un collegamento reticolare tra i ricercatori di diversi Stati.

Inoltre, nell'ambito dei programmi di ricerca nazionale vengono dati impulsi atti a favorire la cooperazione. A partire dal 2007, un Consiglio europeo di ricerca provvederà a promuovere la ricerca di alto livello.

Quale elemento cardine della Strategia di Lisbona, alla ricerca spetta il compito di promuovere la crescita in Europa. Nei rapporti di ricerca gli Stati presentano alla Commissione le loro strategie e illustrano le modalità di realizzazione dell'obiettivo comune di investire nel 2010 il 3 per cento del prodotto interno lordo nella ricerca (2003: UE 1,93 %, 2004: Svizzera 2,94 %).

3.2.2.4.8

Altre infrastrutture (telecomunicazioni, energia, posta)

Telecomunicazioni Per l'UE la società dell'informazione e delle tecnologie di informazione e di comunicazione (TIC) costituisce un settore economico molto promettente. Per il rilancio dell'economia digitale ha presentato nell'anno scorso l'iniziativa i2010 destinata a promuovere la crescita e l'occupazione nella società dell'informazione e dell'industria mediatica. L'iniziativa i2010 si fonda su tre pilastri: in base alla deregolamentazione e alla liberalizzazione avvenute in questo ambito negli ultimi anni, si vuole creare un mercato europeo interno aperto e competitivo per i servizi offerti in questo settore, aumentare gli investimenti dell'UE destinati al settore TIC e promuovere l'accesso alla società dell'informazione e la sua utilizzazione (e-accessibility).

6277

Energia Nel novembre 2000, la Commissione ha illustrato in un libro verde i punti strutturalmente deboli dell'approvvigionamento d'energia nell'ambito dell'UE e ha definito i tratti fondamentali della strategia da adottare a lunga scadenza nel settore della politica energetica. Nel marzo 2002 il Consiglio dell'UE ha deciso di portare a termine la realizzazione del mercato interno dell'energia e di procedere ad un'apertura graduale dei mercati. Il libro verde sull'efficienza energetica propone fino all'anno 2020 misure atte a risparmiare, con una ripercussione positiva sui costi, il 20 per cento del consumo d'energia incoraggiando i consumatori a cambiare le proprie abitudini e impiegando tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico.

Al centro si trova il dialogo con i Paesi produttori. Un elemento importante della politica energetica sarà in futuro la promozione delle energie rinnovabili.

Posta L'11 giugno 1992 la Commissione ha pubblicato un libro verde sullo sviluppo del mercato unico per i servizi postali. Questo libro verde preconizza la creazione di un servizio universale destinato a coprire l'insieme del territorio, accessibile a tutti, ad un prezzo ragionevole e di buona qualità. La direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997108 ha ripreso i punti principali del libro verde, introducendo in particolare la nozione del servizio universale e stabilendo un diritto esclusivo riservato alle amministrazioni postali nazionali per spedizioni fino a 350 grammi. L'UE ritiene che l'obiettivo fondamentale, ossia la necessità di preservare a lunga scadenza un servizio universale di qualità, richieda un alto grado d'efficienza che, a sua volta, è raggiungibile tramite un'apertura progressiva e controllata del mercato. In quest'ottica la direttiva 2002/39/CE del 10 giugno 2002109 ha portato avanti l'apertura del mercato, limitando il diritto speciale delle amministrazioni postali alle spedizioni fino a 100 (nel periodo 2003­2006) rispettivamente 50 grammi (a partire dal 2006). Inoltre è previsto confermare, mediante un'apposita direttiva, la data del 2009 per la realizzazione del mercato interno dei servizi postali.

3.2.2.4.9

Coesione economica e sociale

La politica regionale mira alla riduzione delle differenze del livello di sviluppo nelle varie regioni (art. 158 seg. TCE). Nel 2000­2006 sono stati stanziati a favore della politica regionale 213 miliardi di euro, il che corrisponde a un terzo circa dei fondi dell'UE. Il nuovo orientamento della politica regionale, previsto per il periodo 2007­2013, si fonda su una nuova pianificazione finanziaria (308 miliardi di euro oppure il 36 % circa dei fondi dell'UE) e su nuove linee guida strategiche. Fondamentalmente l'attuale politica regionale verrà perseguita anche dopo il 2007. I fondi verranno stanziati solamente a favore di tre obiettivi principali: l'81,9 per cento dei fondi sarà destinato all'obiettivo della «convergenza» per le regioni strutturalmente deboli dell'UE; il 15,7 per cento è previsto per l'obiettivo della «competitività e dell'occupazione regionale» a favore delle regioni dell'UE più benestanti e il 2,4 per cento sarà dedicato alla «collaborazione territoriale europea», ossia al proseguimento dell'attuale collaborazione interregionale, alla quale partecipa anche la Svizzera.

108 109

GU L 15 del 21.1.1998, p. 14 GU L 176 del 5.7.2002, p. 21

6278

3.2.2.5

Politiche di sostegno

3.2.2.5.1

Sanità pubblica

La salute pubblica rimane, nella maggior parte dei casi, di competenza degli Stati membri. All'UE spetta soltanto un compito di tipo sostenitivo (art. 152 TCE) che, considerando le minacce recenti e il peso del settore della salute pubblica, diventa tuttavia sempre più importante: la minaccia dell'antrace, i casi di SARS (sindrome acuta respiratoria grave), l'influenza aviaria e il pericolo costante di una pandemia influenzale hanno indotto a istituire appositi sistemi d'allarme per la lotta contro le pandemie e contro le minacce biologiche oppure chimiche. Nel maggio del 2005 è stato istituito inoltre il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (CEPCM). Il programma d'azione comunitario riguardante il settore della salute pubblica e il programma successivo servono da base per i progetti e i gruppi di lavoro destinati a proteggere i cittadini contro le minacce che gravano sulla loro salute e a promuovere le misure atte a migliorare la salute. La Commissione europea ha elaborato diverse linee guida strategiche e ha avviato programmi d'azione concernenti le seguenti tematiche: abuso di tabacco e di alcool, salute psichica, consumo di droghe, HIV/AIDS, alimentazione sana e lotta contro l'obesità. Anche l'assistenza nel campo della sanità assume un'importanza crescente visto l'aumento della mobilità dei pazienti110, rendendo necessaria una cooperazione sempre più stretta segnatamente per quanto riguarda l'assistenza transfrontaliera, la sicurezza dei pazienti, i centri di riferimento e la sanità elettronica (e-health).

3.2.2.5.2

Educazione, gioventù e formazione

In virtù degli articoli 149 e 150 del TCE, l'UE è attiva nel settore della formazione lanciando programmi sempre più vasti, ai quali, a certe condizioni, possono partecipare anche Paesi terzi. Il programma d'azione riguardante l'apprendimento durante tutta la vita sostituirà a partire dal 2007 i programmi Socrates e Leonardo e finanzierà la cooperazione e la mobilità nell'ambito della formazione scolastica, professionale, universitaria e degli adulti. Altri programmi prevedono la concessione di borse di studio agli studenti con eccellenti risultati di studio, provenienti da Paesi dell'UE candidati o confinanti o da tutto il mondo. Inoltre i ministri dell'educazione dell'UE definiscono i loro obiettivi in seno al Consiglio. Le loro attività nell'ambito della formazione mirano tra l'altro anche a rendere più semplice, a livello europeo, il passaggio da un'istituzione di formazione professionale all'altra.

Ai giovani in Europa l'UE offre un programma di cooperazione («Gioventù in azione») che consente la realizzazione di progetti comuni.

110

Vedi n. 3.2.2.2.3.2. In base ad alcune sentenze pronunciate dalla CGCE a certe condizioni viene data ai pazienti la possibilità di fare appello alla libera circolazione dei servizi anche nell'ambito del settore sanitario. Ciò significa che in caso di necessità i pazienti possono recarsi per trattamenti ambulatori in un altro Stato dell'UE senza dover chiedere prima un'apposita autorizzazione, COM(2004) 301 def.

6279

3.2.2.5.3

Cultura, media audiovisivi

Attraverso il programma «Cultura», l'UE intende promuovere uno spazio culturale comune dei popoli europei (art. 151 TCE). Innanzitutto si tratta di incoraggiare il dialogo (inter)culturale, le attività culturali come pure la cooperazione tra creatori d'arte e istituzioni culturali, anche in collaborazione con Paesi terzi (p.es. programmi MEDIA).

Considerati i ritmi serrati dello sviluppo della tecnologia e dei mercati convergenti nell'ambito audiovisivo, la Commissione europea ha proposto alla fine del 2005 una revisione della direttiva 89/552/CEE «Televisione senza frontiere»111. Questa nuova politica mira a promuovere la creazione di un mercato interno per i servizi audiovisivi lineari e non lineari come pure per la produzione di contenuti europei. Innanzitutto si tratta di rendere più flessibili le prescrizioni sulla pubblicità, di estendere l'applicazione delle prescrizioni ai servizi audiovisivi non lineari (servizi a richiesta) indipendentemente dalla tecnologia utilizzata e di definire norme minime valide in tutta l'UE in materia di tutela dei minori e di razzismo.

3.2.2.5.4

Altre azioni di sostegno (turismo, sport, protezione civile ecc.)

Le attività dell'UE si estendono a numerosi altri settori:

111

­

sport: l'UE non conosce una vera e propria politica in materia di sport. Tuttavia, la libera circolazione delle persone si ripercuote per esempio sui regolamenti relativi ai trasferimenti, mentre la politica della salute incide sui regolamenti relativi al doping. È attualmente al vaglio l'avvio di un programma di promozione sportiva;

­

turismo: per gli Stati dell'UE, il settore turistico offre ottime possibilità di guadagno. Per tale ragione la Commissione si occupa, nell'ambito della politica regionale, di questioni riguardanti il turismo;

­

protezione civile: mediante le ricerche specifiche condotte in questo campo, l'adozione di prescrizioni sulla sicurezza delle merci, la legislazione ambientale o l'introduzione del numero di soccorso 112 valido su tutto il territorio europeo, l'UE svolge un ruolo anche nell'ambito della protezione civile. È prevista l'istituzione di un fondo di sostegno in caso di catastrofe;

­

protezione degli animali: la politica commerciale, sanitaria e agricola come pure le direttive riguardanti la protezione degli animali negli allevamenti permettono alla legislazione dell'UE di influire direttamente sulla protezione degli animali.

GU L 298 del 17.10.1989, p. 23

6280

3.2.2.6

Giustizia e affari interni

3.2.2.6.1

Asilo e migrazione

Bisogna attendere la fine degli anni novanta per assistere all'attuazione di una politica d'asilo comune in seno all'UE, politica che fino allora era di stretta competenza degli Stati membri. Il Programma dell'Aia del 2004 ha lo scopo di creare uno spazio europeo di libertà, di sicurezza e di giustizia e sottolinea l'obiettivo mirante all'istituzione di un sistema d'asilo europeo comune. Attraverso questa politica comune si vuole rispondere alle nuove sfide poste dall'asilo (in particolare gli abusi e la prassi della presentazione di domande d'asilo in più Stati), sempre più difficili da risolvere soltanto a livello nazionale. Fino al 2005, l'UE ha compiuto la prima parte dei lavori mirando a un'armonizzazione minima concernente: 1.

le condizioni d'accoglienza;

2.

la determinazione dello Stato responsabile dell'esame di una domanda d'asilo (Dublino) e il sistema di confronto delle impronte digitali al fine di permettere l'applicazione efficace di Dublino (sistema Eurodac);

3.

il riconoscimento dello status di rifugiato; e

4.

le procedure d'asilo.

A questi strumenti legislativi si aggiunge il Fondo europeo per i rifugiati che ha lo scopo di assistere gli Stati membri dell'UE nell'accogliere i rifugiati e gli sfollati.

Seguirà una seconda fase nel 2008 che mira all'armonizzazione ulteriore delle politiche nazionali degli Stati membri fino al 2010.

Nell'ambito del settore migratorio, si tratta innanzitutto di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri (p.es. sistemi e pattuglie di sorveglianza, rete comune di satelliti di sorveglianza) e la cooperazione con certi Paesi d'origine, di transito e di destinazione in Africa al fine di gestire meglio i flussi migratori sulle rotte principali scelte per l'immigrazione. L'UE assisterà questi Paesi, in particolare quelli dell'Africa del Nord, che si sforzano di regolare i movimenti migratori. La gestione della migrazione legale ed economica è oggetto di discussioni importanti. Tre direttive in materia di condizioni di entrata e di soggiorno di persone provenienti da Paesi terzi ­ 2003/86/CE112, 2003/109/CE113 e 2004/114/CE114 ­ sono già state adottate e riguardano rispettivamente il ricongiungimento familiare, lo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti da lungo periodo e l'ammissione degli studenti. Per quanto riguarda l'immigrazione irregolare, è previsto trattare in maniera prioritaria un progetto di direttiva sulle norme minime riguardanti il rimpatrio e il rafforzamento dell'azione dell'UE in relazione con la riammissione da parte del Paese d'origine.

3.2.2.6.2

Cooperazione in materia di polizia e di giustizia

L'abolizione dei controlli sistematici alle frontiere interne nell'ambito dello spazio Schengen ha dovuto essere compensata, per ragioni di sicurezza, tramite un rafforzamento della cooperazione in materia di polizia e in seguito anche in materia di 112 113 114

GU L 251 del 3.10.2003, p. 12 GU L 16 del 12.1.2004, p. 44 GU L 375 del 23.12.2004, p. 12

6281

giustizia. A tale proposito sono stati avviati diversi progetti, tra cui il sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II), il rafforzamento della cooperazione alle frontiere interne dell'UE, un progetto per la creazione di un fondo europeo riguardante le frontiere esterne e lo sviluppo del sistema d'informazione visti. A questi progetti si aggiungono gli organi seguenti: Europol (Ufficio europeo di polizia), Eurojust (cooperazione tra le autorità di perseguimento penale) e CEPOL (Collegio europeo di polizia).

La cooperazione in materia di polizia e di giustizia è stata intensificata tramite la realizzazione del principio della reciproca fiducia. Da ciò risultano il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie (in altre parole, le decisioni devono essere riconosciute ed eseguite negli altri Stati membri senza ulteriori misure; un esempio in questo ambito è il mandato d'arresto europeo) e uno scambio d'informazioni facilitato tra le autorità di polizia (principio della disponibilità). Per contro, è prevista l'uniformizzazione delle regole applicabili alla protezione dei dati in ambito giudiziario e di polizia.

Il principio del reciproco riconoscimento è il concetto fondamentale della cooperazione giudiziaria in materia civile. Sono al vaglio nuove proposte, ad esempio volte a facilitare il recupero delle pensioni alimentari in seno all'UE oppure in materia di aggiornamento delle regole che stabiliscono il diritto applicabile agli obblighi contrattuali («Roma I») e di adozione di nuove regole per gli obblighi non contrattuali («Roma II»).

Il rafforzamento della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale svolge un ruolo sempre più importante ed è parte integrante del Programma dell'Aia. Durante gli ultimi anni, la Comunità europea ha accelerato la realizzazione di uno spazio civile europeo. Questa cooperazione vuole completare la realizzazione del mercato interno garantendo procedure giudiziarie transfrontaliere efficaci. Grazie alla competenza esterna attribuitale ultimamente in questo campo, la Comunità europea intende inoltre sviluppare progressivamente la sua cooperazione con Paesi terzi. La revisione della Convenzione di Lugano del 1998 sulla competenza giudiziaria e sull'esecuzione di decisioni in materia civile e commerciale ­ in base alla quale questo
strumento viene adeguato al nuovo regolamento CE 44/2001115 ­ costituisce un pilastro di questa cooperazione. Altri settori potranno essere in futuro l'oggetto di simili convenzioni.

3.2.2.6.3

Terrorismo

In seguito agli attacchi dell'11 settembre 2001, la lotta contro il terrorismo è divenuta una priorità per l'UE. Gli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid, poi a Londra nel luglio 2005, hanno sottolineato questa priorità comportando una maggiore cooperazione tra i 25 Stati membri dell'UE in materia di lotta contro il terrorismo. In relazione a questi sforzi, il Consiglio dell'UE, riunitosi nel dicembre del 2005, ha adottato una nuova strategia in materia di lotta contro il terrorismo. Questa strategia si fonda su diversi principi: la prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento, la protezione dei cittadini e delle infrastrutture, lo smantellamento di reti logistiche dei terroristi e le contromisure da adottare in seguito ad atti terroristici. Inoltre alla

115

GU L 12 del 16.1.2001, p. 1

6282

fine del 2005 è stato adottato un piano d'azione concernente la radicalizzazione e il reclutamento di gruppi terroristici.

L'UE prevede la creazione di una struttura non permanente che comprenderebbe in particolare la Presidenza di turno, il coordinatore antiterrorismo dell'UE, l'alto rappresentante per la PESC, il presidente della Commissione e i rappresentanti degli Stati maggiormente colpiti da una situazione di crisi provocata da attentati terroristici mediante l'uso di armi biologiche o chimiche. L'obiettivo è permettere all'UE di reagire meglio nelle situazioni di crisi di questo tipo.

3.2.2.7

Relazioni estere

3.2.2.7.1

Politica commerciale comune

La politica commerciale dell'UE fa parte delle politiche comunitarie perseguite fin dall'inizio (art. 131 seg. TCE). A seguito dell'unione doganale, la politica commerciale comune risulta in un primo momento incentrata sul traffico delle merci e sulle misure «alla frontiera». Il settore dei servizi e la politica «al di là della frontiera» sono stati sottoposti all'azione comunitaria solo gradualmente. I fattori decisivi sono l'integrazione economica e giuridica come pure l'obiettivo di evitare le distorsioni di concorrenza tra le imprese nell'ambito dell'UE.

Per quanto riguarda le relazioni estere dell'UE, la politica commerciale svolge un ruolo centrale ed è orientata in misura crescente su motivi diversi da quelli meramente economici. Essa ha diverse dimensioni. A livello globale, l'UE mira in particolare nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) a un'apertura e nello stesso tempo a un miglior funzionamento dei mercati sempre più integrati. Nel quadro della sua politica economica estera l'UE ha creato, in primo luogo con gli altri Stati europei e dell'area mediterranea, una rete di accordi di libero scambio. Di recente, questa rete è stata estesa a partner commerciali in tutto il mondo. Attualmente sono in corso trattative concernenti accordi commerciali con altri mercati comuni regionali quali il Mercosur oppure il Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo. Basandosi sul Sistema di preferenze generalizzate (SPG), l'Unione concede ai Paesi in via di sviluppo come pure alle economie nazionali in fase transitoria l'accesso preferenziale al suo mercato.

3.2.2.7.2

Politica estera e di sicurezza comune (PESC)

La politica estera e di sicurezza comune dell'UE (PESC), istituita e sviluppata ulteriormente in base ai Trattati di Maastricht (1992) e di Amsterdam (1997), è strettamente legata alla politica commerciale estera. La crescente importanza dell'UE in ambito economico richiede un rafforzamento del quadro generale dei rapporti con l'estero. Nel contempo, tramite la sua politica estera l'UE è portatrice dei valori fondamentali della Comunità ­ pace, democrazia, Stato di diritto e diritti dell'uomo ­ verso l'esterno e agisce a livello globale.

La PESC mantiene, quale secondo pilastro dell'Unione, il suo carattere di cooperazione intergovernativa, realizzata tramite istituzioni e strumenti speciali (art. 11 seg.

TUE). Con la nomina dell'alto rappresentante per la PESC l'UE ha acquistato un

6283

chiaro profilo. La politica estera viene definita e legittimata tramite strategie, azioni, punti di vista e dichiarazioni oppure mediante accordi internazionali.

L'aumento del numero di dichiarazioni comuni riguardanti gli avvenimenti politici o delle sanzioni nei confronti di certi Paesi come pure la presenza comune nell'ambito di organizzazioni internazionali quali l'ONU oppure l'OSCE hanno rafforzato considerevolmente l'identità e l'influenza dell'UE in questi ambiti. La nomina di inviati speciali dell'alto rappresentante per la PESC, p.es. per il Vicino Oriente oppure per i Balcani, contribuisce a dare maggior peso alla politica estera dell'UE adottata in certe regioni di particolare rilevanza. L'UE conduce dialoghi con Paesi terzi oppure con organizzazioni di Stati, per esempio con gli USA oppure con l'ASEAN (ASEM), e avvia inoltre trattative in situazioni di conflitto come per esempio quelle con l'Iran concernenti il dossier nucleare (UE-3).

3.2.2.7.3

Politica dei diritti dell'uomo

Anche per quanto riguarda la politica dei diritti dell'uomo, l'UE si è profilata nell'ambito dei fori multilaterali quali l'ONU oppure il Consiglio d'Europa, e nei dialoghi specializzati sui diritti dell'uomo con Stati come la Cina oppure la Russia.

Al fine di concretizzare le condizioni quadro, negli ultimi anni il Consiglio ha emanato direttive riguardanti la pena di morte (1998), la tortura (2001), i dialoghi sui diritti dell'uomo con Paesi terzi (2001), i bambini coinvolti in conflitti armati (2003) e i difensori dei diritti umani (2004). Con la nomina di un rappresentante personale per i diritti umani nel gennaio del 2005, l'alto rappresentante ha chiaramente sottolineato il significato della politica dei diritti dell'uomo per l'UE. Completando le Presidenze alternanti, il suo mandato è simbolo di continuità e nello stesso tempo un elemento importante affinché, sul piano politico estero, i diritti dell'uomo vengano integrati anche in altri campi d'azione.

3.2.2.7.4

Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD)

La destabilizzazione della regione e i flussi di profughi negli anni novanta risultanti dai conflitti nei Balcani, hanno rivelato la debolezza dell'UE nel reagire a situazioni di crisi. Nel 1999 il Consiglio europeo ha proposto l'adozione di una politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), in applicazione del Trattato di Amsterdam. La PESD rappresenta l'elemento operativo della PESC e mira alla realizzazione dei «compiti di Petersberg», ossia alla lotta contro il terrorismo e le armi di distruzione di massa e alla cooperazione nel settore degli armamenti. I «compiti di Petersberg» comprendono missioni umanitarie o di evacuazione dei cittadini, come pure missioni di forze armate ai fini della gestione della crisi, ivi comprese operazioni di ripristino della pace. Il trattato costituzionale mira alla realizzazione progressiva di una politica di difesa comune comprendente anche l'obbligo alla difesa collettiva dei membri.

Per l'attuazione delle operazioni di ripristino della pace, rilevanti dal punto di vista militare, l'UE ha fissato l'obiettivo comunitario 2010 concernente le forze armate (European Headline Goal 2010) che prevede la possibilità di dislocare un certo contingente di soldati e introduce il concetto di truppe da combattimento mobili («Battle Groups»), disponibili entro cinque giorni per brevi missioni in caso di crisi.

L'Accordo «Berlino plus» stipulato con la NATO nel dicembre del 2003, prevede 6284

una cooperazione nelle missioni di forze armate ai fini della gestione della crisi. Lo sviluppo delle capacità militari dell'UE è comunque ancora agli inizi. La decisione di inviare dei contingenti di soldati resta di competenza dei singoli Stati membri.

Tramite la strategia europea per la sicurezza «un'Europa sicura in un mondo migliore», l'UE ha stabilito nel dicembre del 2003 gli obiettivi principali della sua politica di sicurezza. L'UE aspira a essere un'attrice globale pronta ad assumere una maggiore responsabilità. A tale proposito si avvale di un concetto moderno riguardante la sicurezza umana che risponde ai rischi e alle sfide di un mondo globalizzato mediante una combinazione di strumenti civili e militari atti alla gestione di situazioni di crisi. A partire dal 2003, l'UE ha applicato questo concetto sul luogo, durante quindici operazioni di ripristino della pace (situazione febbraio 2006). In particolare in Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Congo, Indonesia oppure nei Territori autonomi palestinesi. L'efficacia delle missioni verrà rafforzata tramite un approccio integrale comprendente la combinazione con altri strumenti, per esempio la cooperazione allo sviluppo.

3.2.2.7.5

Politica di sviluppo

La cooperazione allo sviluppo è un elemento centrale delle relazioni esterne dell'UE (art. 177 seg. TCE). Infatti, l'UE e i suoi Stati membri stanziano 30 miliardi di euro circa, il che corrisponde a più della metà dei fondi internazionali destinati allo sviluppo. Nel maggio del 2005, gli Stati membri hanno espresso la volontà di dedicare entro il 2010 lo 0,56 per cento dei rispettivi redditi nazionali lordi (RNL) alla cooperazione allo sviluppo e di aumentare tale quota allo 0,7 per cento entro il 2015. I loro obiettivi sono la lotta contro la povertà nei Paesi in sviluppo, il loro sviluppo sostenibile in campo economico e sociale e la loro graduale integrazione armonizzata nell'economia mondiale. Per realizzare questi obiettivi, l'UE ha tracciato le sue tappe alla fine del 2005 tramite un documento di strategia (il «consenso europeo»), fondato sulla realizzazione degli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite per il nuovo millennio. Il «consenso europeo» è incentrato sul miglioramento del coordinamento degli aiuti dei donatori e sul rafforzamento degli sforzi profusi dai Paesi partner medesimi. Attualmente l'UE partecipa al finanziamento di vari progetti realizzati complessivamente in 168 Paesi, tra cui in particolare i Paesi dell'Africa meridionale.

3.2.2.8

Conclusione

Come dimostra la vasta gamma delle politiche dell'UE descritte in precedenza, l'Unione svolge oggi attività nei settori più svariati della società. Indipendentemente dalle competenze concrete dell'UE nei singoli settori, le sue attività riguardano ormai numerosi temi riservati in passato agli Stati membri e determinano così un crescente influsso dell'UE sulla vita quotidiana dei suoi cittadini, consentendo nel contempo all'Unione di svolgere un ruolo sempre più importante sulla scena mondiale.

6285

3.2.3

Il finanziamento dell'UE

3.2.3.1

Bilancio

Le politiche e le attività dell'UE sono finanziate mediante un bilancio comune che ammonta nel 2006 a 112 miliardi di euro (175 miliardi di franchi circa), ovvero l'1,01 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) dei 25 Stati membri (cioè per abitante ca. 0.65 euro al giorno o 1 franco svizzero). Le spese dell'UE, secondo il bilancio attuale, si articolano nelle seguenti rubriche: ­

politica agricola comune (45,5 %)

­

misure strutturali (31,6 %)

­

politiche interne (7,9 %)

­

azioni esterne (4,8 %)

­

strategia di preadesione in relazione con l'allargamento (2,6 %)

­

amministrazione (5,9 %)

­

garanzie, riserve, compensazioni (1,4 %).

I principali beneficiari di questo bilancio sono gli agricoltori, le regioni economicamente deboli, i centri di ricerca, gli studenti, i Paesi terzi, le ONG e le piccole imprese.

L'UE dispone di queste «risorse proprie» per il finanziamento delle proprie spese.

Ciò significa che le risorse proprie sono entrate che le spettano di diritto senza che occorrano ulteriori negoziati annuali con gli Stati membri per ridefinire i loro contributi. L'importo totale richiesto per finanziare il bilancio risulta automaticamente dal livello delle spese totali autorizzate. I contributi richiesti ai singoli Stati membri sono calcolati in base a modalità di finanziamento stabilite di comune accordo.

Il bilancio dell'UE deve essere in pareggio tra entrate e spese. Di conseguenza le entrate devono coprire il totale delle spese; esse provengono da tre fonti principali: ­

le risorse proprie tradizionali (12,7 % del bilancio), costituite in primo luogo da dazi doganali prelevati sui prodotti importati da Paesi terzi. Esse corrispondono ad un'entrata di circa 14 miliardi di euro;

­

le risorse basate sull'imposta sul valore aggiunto (IVA) (14,2 % del bilancio), costituite da un'aliquota uniforme (0,31 %) prelevata sulla base imponibile dell'IVA di ogni Stato membro e armonizzata secondo le regole dell'UE. La risorsa IVA corrisponde all'incirca a 15,9 miliardi di euro;

­

le risorse basate sul reddito nazionale lordo (RNL) (72 % del bilancio), costituite da un'aliquota uniforme prelevata sul RNL di ogni Stato membro.

Sebbene si tratti di un elemento di compensazione, questa risorsa costituisce attualmente la principale fonte di guadagno e corrisponde a 80,56 miliardi di euro.

Il bilancio non è finanziato interamente con le risorse proprie, bensì vi concorrono anche imposte e prelievi effettuati sui redditi del personale dell'UE, contributi di Paesi terzi ad alcuni programmi comunitari ecc. Tutte queste risorse corrispondono all'incirca all'1 per cento del bilancio, vale a dire a un miliardo di euro circa.

6286

Da diversi anni ormai, la Commissione si dichiara favorevole all'introduzione di una nuova risorsa fiscale che servirebbe a coprire circa metà del bilancio e che permetterebbe di evitare lunghe trattative concernenti il bilancio, imposte agli Stati membri ogni sette anni.

Le entrate destinate a finanziare il bilancio non sono calcolate in maniera interamente proporzionale al benessere dello Stato membro: si deve infatti tenere conto della natura delle due risorse proprie già menzionate, dello sconto concesso al Regno Unito, adeguato in occasione del Consiglio dell'UE del 15­16 dicembre 2005, e delle riduzioni dei pagamenti accordate ai Paesi Bassi, alla Svezia, alla Germania e all'Austria nell'ambito dello stesso vertice.

Del resto nemmeno gli stanziamenti vengono distribuiti agli Stati membri in maniera proporzionale, bensì conformemente alle priorità stabilite dall'UE in base alle necessità. Alcuni Stati si trovano così nella posizione di contribuente netto mentre altri in quella di beneficiario netto.

In generale bisogna menzionare ancora due aspetti riguardanti il bilancio, ossia il controllo finanziario e la lotta contro la frode.

Al fine di garantire la buona esecuzione del bilancio, l'UE dispone di un sistema di controllo a diversi livelli. Prima di tutto esiste un controllo interno al livello di ogni Direzione generale della Commissione; poi un controllo esterno, affidato alla Corte dei conti europea che, in qualità di istituzione indipendente, esamina tutti i conti dell'UE; e infine una procedura di discarico di competenza del Parlamento europeo. Quest'ultima rappresenta la parte politica del controllo esterno dell'esecuzione del bilancio e prende la forma di decisione di scarico tramite la quale il Parlamento europeo, su raccomandazione del Consiglio, concede il discarico alla Commissione, chiudendo così la gestione finanziaria. Una sola volta, nel 1998, il Parlamento si è rifiutato di concedere il discarico alla Commissione, il che, alcuni mesi dopo (15 marzo 1999), ha condotto alla dimissione dell'intera Commissione presieduta da Jacques Santer.

Da un paio d'anni, le istituzioni comunitarie e gli Stati membri attribuiscono una grande importanza alla protezione degli interessi finanziari dell'UE. Ciò ha condotto in particolare all'istituzione, nel 1999, dell'Ufficio europeo per la
lotta antifrode (OLAF). Questo organo ha il compito di proteggere gli interessi finanziari dell'UE e di lottare contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illegale, comprese quelle compiute in seno alle istituzioni europee. L'OLAF gode di uno speciale statuto di indipendenza per quanto riguarda le sue funzioni investigative, sia all'interno che all'esterno delle istituzioni comunitarie, e assiste anche le autorità competenti degli Stati membri nelle loro attività antifrode. L'OLAF contribuisce inoltre all'elaborazione della strategia antifrode dell'UE prendendo le iniziative necessarie per rafforzare la legislazione in questo settore. Del resto gli spetta anche la competenza di negoziare appositi accordi con Paesi terzi (tra cui la Svizzera).

Dalle ultime valutazioni delle attività dell'OLAF risulta che un numero sempre maggiore di indagini condotte da questo Ufficio producono risultati concreti, il che si traduce in particolare in un aumento degli importi sequestrati.

6287

3.2.3.2

Prospettive finanziarie

Le prospettive finanziarie indicano il massimale e la composizione delle spese iscritte nel bilancio annuale prevedibili in genere per un periodo di sette anni. Esse traducono in termini finanziari le priorità stabilite per l'attuazione delle politiche dell'UE oltre ad essere uno strumento atto alla pianificazione e al rafforzamento della disciplina di bilancio.

Data la scadenza dell'attuale quadro finanziario (2000­2006) alla fine del 2006, per il piano 2007­2013 si è giunti a un accordo il 4 aprile 2006, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel maggio 2006. Le prospettive finanziarie 2007­2013 prevedono un bilancio di 864 miliardi di euro (ovvero l'1,45 % del PNL dell'UE). In base alle prospettive finanziarie, la politica di coesione e la politica agricola comune (PAC) costituiscono anche in futuro la rubrica maggiormente considerata (rispettivamente il 36 % e il 35 %).

Per il 2009 è previsto un profondo riesame di tutte le spese e di tutte le entrate del bilancio, in particolare riguardo alla PAC e allo sconto britannico. Già sin d'ora appare chiaro che il Regno Unito collegherà la revisione dello sconto a suo favore alla riduzione delle spese della PAC. Il rapporto stilato dalla Commissione servirà da base alle future riforme delle politiche dell'UE e ai lavori preparatori concernenti le prospettive finanziarie dopo il 2013.

4

Analisi degli effetti dei principali strumenti di politica europea relativi ai temi chiave

4.1

Introduzione

Si presenta qui un'analisi degli effetti per la Svizzera dei principali strumenti di politica europea su una ventina di temi chiave scelti in funzione del loro impatto sul dibattito europeo in Svizzera e che riflettono le domande fondamentali che i cittadini svizzeri si pongono regolarmente.

Per facilitare l'analisi gli strumenti sono stati raggruppati in tre categorie generali che coprono realtà giuridiche esistenti: la cooperazione bilaterale e multilaterale con l'UE, nonché gli strumenti di adesione all'UE. Affinché l'analisi possa essere utile e precisa, deve poggiare su modelli conosciuti. È tuttavia importante ricordare che tali strumenti non si escludono l'un l'altro e che possono comprendere alcuni elementi modulabili sia da un punto di vista del campo d'applicazione che da quello del periodo d'applicazione. Gli Accordi bilaterali, ad esempio, offrono possibilità di sviluppo, sia sul piano istituzionale, sia su quello materiale, tramite il negoziato di nuovi accordi che trattano di importanti ambiti dell'acquis (p.es. la libera prestazione di servizi). Possono inoltre portare a una forma associativa più stretta che si fonderebbe su di una nuova base. Benché quello dell'adesione sia lo strumento più completo ­ perché conferisce alle istituzioni le basi di una partecipazione piena e totale con, in controparte, una ripresa integrale dell'acquis comunitario in tutti gli ambiti d'attività dell'UE ­ ciò non esclude la possibilità di considerare forme differenziate di partecipazione all'UE in ambiti specifici limitati, anche se attualmente l'UE non offre un tale modello di partecipazione ai nuovi Stati aderenti. L'UE è in costante evoluzione, il che influisce anche sulle relazioni che essa intrattiene con la Svizzera. Questi elementi modulabili nel limite del possibile sono stati introdotti 6288

nell'analisi dando così un punto di vista più sfumato o una visione prospettica di un possibile o auspicato sviluppo in un ambito specifico. Infatti, dal momento in cui i due partner hanno interessi comuni sembra essere possibile sia lavorare con gli strumenti già esistenti, sia crearne congiuntamente dei nuovi. La creatività tuttavia ha i suoi limiti nella volontà dell'altro partner.

L'analisi mira a presentare concretamente e oggettivamente gli effetti dei tre principali strumenti sui temi chiave. Mette in evidenza gli effetti in termini di autonomia decisionale e di efficienza economica. Ove opportuno o necessario, l'analisi suggerisce sviluppi ed eventuali riforme interne auspicabili.

4.2

Gli effetti generali degli strumenti della cooperazione bilaterale

4.2.1

Aspetti politici/istituzionali

La cooperazione bilaterale non comporta per la Svizzera alcuna modifica degli strumenti di democrazia diretta. Gli accordi bilaterali sono trattati di diritto internazionale sistematicamente sottoposti al referendum facoltativo se comprendenti disposizioni importanti che contengono norme di diritto o se per la loro attuazione è necessaria l'adozione o la modifica di leggi federali. Se l'attuazione di questi trattati richiede modifiche di legge, queste sono sottoposte a referendum facoltativo. Lo stesso vale per un accordo bilaterale che prevede una delega di competenze al Consiglio federale (ad esempio per modifiche tecniche di un accordo); tale delega deve figurare in un atto sottoposto a referendum facoltativo. Anche le strutture federalistiche permangono: i Cantoni sono coinvolti nel processo di negoziazione degli accordi bilaterali. Sono consultati e informati per il tramite della Conferenza dei governi cantonali (CdC). Spesso sono rappresentati direttamente in seno alle delegazioni svizzere. Negli ambiti di loro competenza, i Cantoni sono responsabili dell'attuazione. Inoltre i Cantoni prendono parte alla fase di sviluppo degli accordi quando si tratta di definire la posizione della Svizzera, per esempio nei gruppi di lavoro Schengen. Attualmente la cooperazione bilaterale non richiede alcuna riforma delle istituzioni in Svizzera.

4.2.1.1

Democrazia diretta

La cooperazione bilaterale non implica nessuna modifica degli strumenti della democrazia diretta. Il referendum facoltativo può essere applicato nelle seguenti situazioni: ­

trattati bilaterali. Si tratta di trattati di diritto internazionale. Se comprendenti disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione dei quali è necessaria l'adozione di leggi federali, la loro conclusione o successiva modifica sottostà a referendum facoltativo (art. 141 cpv. 1 lett. d n. 3 Cost.);

6289

­

leggi di attuazione. Se l'attuazione di un trattato necessità l'adozione o la modifica di leggi, tali modifiche sottostanno a referendum facoltativo (art. 141 cpv. 1 lett. a Cost., o disposizioni cantonali a riguardo). Le modifiche legislative necessarie all'attuazione del trattato possono essere incluse nel decreto di approvazione del trattato (art. 141a cpv. 2 Cost.);

­

norme di delega di competenze. Gli accordi possono contenere norme di delega che autorizzano i comitati misti a modificare determinati allegati o appendici dell'accordo. Anche gli accordi o le leggi di attuazione possono contenere norme di delega che autorizzano il Consiglio federale a concludere ulteriori accordi. Infine le leggi di attuazione possono autorizzare il Consiglio federale ad emanare disposizioni complementari. Le norme di delega devono soddisfare i requisiti costituzionali di ammissibilità; in particolare le deleghe legislative devono rivestire la forma di atto sottostante a referendum.

Il principio dell'equivalenza degli ordinamenti legislativi contenuto nell'Accordo così come esigenze pratiche rendono necessario un aggiornamento costante, al fine di garantire il buon funzionamento dell'Accordo e la certezza del diritto. Come precedentemente menzionato, a tal scopo esistono deleghe di competenza legislativa al Consiglio federale o ai comitati misti. Gli accordi Schengen/Dublino prevedono inoltre il recepimento dell'evoluzione futura dell'acquis comunitario da parte della Svizzera. Il recepimento di nuove leggi rappresenta tuttavia un trattato di diritto internazionale, che deve essere approvato dall'organo competente e che, a seconda del suo contenuto, sottostà a referendum. Il nostro Paese non è tenuto a recepire i nuovi sviluppi della legislazione relativa a Schengen/Dublino. Di fatto, tuttavia, una non adozione potrebbe rivelarsi difficile poiché legata al rischio, in ultima ratio, di far decadere l'intero Accordo.

Talvolta tra gli accordi esiste un legame giuridico (cosiddetta «clausola ghigliottina»; ad esempio i bilaterali I). Anche in questo caso l'approvazione dei singoli trattati internazionali sottostà alla procedura ordinaria di diritto interno e, a seconda del contenuto del trattato, a referendum. De facto il legame giuridico restringe il margine di manovra a disposizione della Svizzera.

4.2.1.2

Federalismo

La collaborazione a livello federale nel quadro dell'approccio bilaterale può basarsi sulle esperienze fondamentalmente positive fatte con i Bilaterali I e II: ­

partecipazione al momento dei negoziati. Nel quadro degli Accordi bilaterali I e II i Cantoni sono stati ampiamente informati e consultati sia prima che durante i negoziati da parte della Confederazione per il tramite della CdC.

I periti nominati dalla CdC hanno partecipato ai negoziati in veste di membri della delegazione svizzera. I pareri dei Cantoni sono stati presi in considerazione al momento dei negoziati (ad esempio: applicabilità dei meccanismi legislativi esistenti in caso di recepimento della futura legislazione Schengen/Dublino);

­

partecipazione al momento dell'attuazione. I trattati menzionati finora concernono prevalentemente competenze della Confederazione. In particolare gli ambiti del trasporto terrestre (ad es. pianificazione e gestione del traffi-

6290

co), della libera circolazione delle persone (ad es. assegni famigliari), di Schengen/Dublino (polizia) e degli appalti pubblici concernono anche importanti competenze dei Cantoni. Nei rispettivi settori i Cantoni devono poter garantire l'attuazione degli Accordi bilaterali. In tale contesto rientra anche l'adeguamento alle modifiche del diritto europeo. Gli Accordi bilaterali sono concepiti come accordi statici. Per motivi pratici (in particolare problemi di informazione e attuazione all'interno dell'area UE) nella misura del possibile si evita che il diritto risultante dai Bilaterali si distacchi dal diritto europeo in mutazione (modifica della legislazione comunitaria derivata, decisioni della CdCCE nel quadro dell'attività dei comitati misti). Poiché anche i Cantoni sono interessati da questo tipo di modifiche, è necessario che si informino costantemente sugli sviluppi della legislazione europea. Per questo motivo partecipano tanto ai gruppi di lavoro della Confederazione quanto ai lavori dei comitati misti; ­

partecipazione ai futuri sviluppi degli accordi. Gli Accordi Schengen/ Dublino prevedono procedure di recepimento del nuovo diritto europeo da parte del nostro Paese. La Svizzera ­ e negli ambiti in ci le loro competenze sono interessate, anche i Cantoni ­ è coinvolta nel processo decisionale per l'elaborazione della nuova legislazione comunitaria. Attraverso il nuovo incaricato dell'informazione Schengen/Dublino presso il Dipartimento federale di giustizia e polizia, i rappresentanti dei Cantoni presso l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE e presso la missione svizzera all'UE a Bruxelles nonché con l'organizzazione d'accompagnamento Schengen/Dublino della CdC, si garantisce che i Cantoni siano costantemente e ampiamente informati dei nuovi sviluppi del dossier Schengen/Dublino e che le loro preoccupazioni e richieste siano tenute in considerazione nei gruppi di lavoro del Consiglio e della Commissione.

È possibile che ulteriori accordi bilaterali concernano maggiormente i Cantoni e richiedano una collaborazione più intensa tra Confederazione e Cantoni. Se del caso, può anche rivelarsi opportuno nominare incaricati dell'informazione dei Cantoni in altri Dipartimenti federali. Andrebbe inoltre verificata, sulla base dell'articolo 55 Cost. e della legge sulla partecipazione116, l'eventualità di concludere un accordo quadro Confederazione-Cantoni sulla collaborazione nell'ambito della politica europea. Il decreto federale del 17 dicembre 2004 relativo agli Accordi bilaterali fra la Svizzera e l'Unione europea sull'associazione a Schengen e Dublino prevede un accordo del genere in questo campo117.

116

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (LFPC, RS 138.1).

117 Art. 1 cpv. 2 del decreto federale del 17 dicembre 2004 che approva e traspone nel diritto svizzero gli Accordi bilaterali con l'UE per l'associazione della Svizzera alla normativa di Schengen e Dublino, FF 2004 6343.

6291

4.2.1.3

Altri aspetti istituzionali

La cooperazione bilaterale non necessita attualmente alcuna modifica delle istituzioni svizzere sancite dalla Costituzione.

La cooperazione con l'UE nel quadro degli Accordi bilaterali segue le regole della classica cooperazione tra Stati, secondo cui le decisioni sono prese su base consensuale. La maggior parte degli accordi prevede l'istituzione di comitati misti che vigilano sull'applicazione degli accordi e sugli sviluppi del diritto negli Stati contraenti, sono talvolta autorizzati a modificare allegati degli accordi e ad esercitare talune funzioni di appianamento di eventuali divergenze tra gli Stati contraenti.

Questi comitati misti decidono sulla base del consenso, quindi all'unanimità. Seppur in misura diversa, gli accordi prevedono inoltre una partecipazione della Svizzera al processo decisionale interno dell'UE (decision shaping).

Le esperienze maturate finora nel quadro degli Accordi bilaterali non hanno fatto emergere la necessità di apportare modifiche strutturali né al Consiglio federale né al Parlamento, né presso i Tribunali. Tuttavia nel caso in cui la via della cooperazione bilaterale fosse portata avanti e la collaborazione si intensificasse, andrebbe valutata la necessità di eventuali modifiche tanto a livello governativo che in Parlamento innanzitutto nel quadro legislativo vigente. In tal caso può essere necessaria anche una maggiore collaborazione tra Confederazione e Cantoni, il che ­ in parte a livello embrionale ­ è già il caso.

4.2.2

Mercato del lavoro, politica sociale, ricerca e sanità

Gli effetti sul mercato del lavoro del passaggio al sistema della libera circolazione delle persone hanno rispecchiato le previsioni ma anche le esigenze dell'economia. Dopo l'entrata in vigore i contingenti di autorizzazioni di soggiorno di lunga durata (5 anni) sono stati esauriti, i contingenti di permessi di breve durata (fino a 12 mesi) sono invece stati richiesti per i primi 2 anni e mezzo fino al 60 per cento poi nel 2005 fino al 68 per cento. Evolvendo soprattutto in funzione di fattori congiunturali, il tasso di disoccupazione non è stato influenzato in modo significativo dalla libera circolazione. I controlli effettuati dimostrano che nella grande maggioranza dei casi gli standard salariali e di lavoro sono rispettati. Non si è potuto constatare nessun effetto di riduzione salariale né a livello generale né nei diversi settori economici. Secondo alcuni studi, neanche l'immigrazione proveniente dai nuovi Stati membri dovrebbe avere effetti significativi sui salari, ma sarà contenuta e non sostituirà la mano d'opera locale. La libera circolazione delle persone sarà pienamente liberalizzata soltanto alla fine del periodo transitorio, in un momento in cui la popolazione attiva inizierà a diminuire in seguito all'evoluzione demografica. Nel 2009 il popolo svizzero avrà la possibilità di pronunciarsi sul mantenimento della libera circolazione delle persone. Allo stesso modo, esso potrà chiedere un referendum su qualsiasi decisione del Parlamento mirante ad estendere la libera circolazione ad un nuovo Stato membro dell'UE. Ad eccezione della coordinazione dei sistemi nazionali di sicurezza sociale, disciplinata nel quadro della libera circolazione delle persone, gli altri aspetti della politica sociale non sono regolati dagli

6292

Accordi bilaterali. Sulla base dell'Accordo bilaterale sulla cooperazione scientifica, la Svizzera partecipa ai programmi-quadro di ricerca dell'UE. Questo Accordo è già stato rinnovato per permettere la partecipazione al 6° programmaquadro (2003­2006) a partire dal 1° gennaio 2004. Sarà nuovamente rinnovato in vista dei 7° programmi-quadro (2007­2013). La partecipazione della Svizzera ai programmi comunitari in materia di formazione per il periodo 2007­2013 deve pure essere negoziata. Il fatto di dover negoziare la partecipazione svizzera per ogni nuova generazione di programmi espone il nostro Paese al rischio di ritardi. Nell'ambito della sanità pubblica, la Svizzera sta attualmente esplorando la possibilità di un'eventuale partecipazione in seno all'Autorità europea di sicurezza alimentare e al Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie.

4.2.2.1

Mercato del lavoro e protezione dei lavoratori

L'accesso al mercato del lavoro dei cittadini dell'UE residenti in Svizzera (e viceversa) è disciplinato dall'Accordo del 21 giugno 1999118 sulla libera circolazione delle persone (ALC) e dal Protocollo d'estensione del 26 ottobre 2004, entrato in vigore il 1° aprile 2006119. L'obiettivo di questi atti è l'introduzione della libera circolazione delle persone attraverso un processo d'apertura graduale. I cittadini dei primi quindici Stati membri dell'UE (UE-15) nonché di Malta e di Cipro sono ancora sottoposti a contingentamento fino al 31 maggio 2007; i cittadini dei nuovi Stati membri dell'UE (esclusi Malta e Cipro) saranno sottoposti a quote fino al 30 aprile 2011, data fino alla quale la Svizzera potrà anche mantenere la priorità del lavoratore integrato nel mercato del lavoro e il controllo preventivo delle condizioni salariali e di lavoro120.

Parallelamente alla fine della priorità dei lavoratori indigeni e dei controlli delle condizioni di lavoro e dei salari nei confronti dei 15 Stati membri dell'UE (1° giugno 2004) la Svizzera ha introdotto una serie di misure collaterali volte a impedire un dumping salariale e sociale. Tali misure permettono, tra l'altro, di agevolare l'obbligatorietà generale delle convenzioni collettive di lavoro e d'introdurre, per una durata limitata, salari minimi obbligatori tramite contratti normali di lavoro.

Peraltro, le misure collaterali disciplinano le condizioni di lavoro dei lavoratori distaccati provenienti dall'estero.

Il bilancio121 dei due anni e mezzo seguenti l'entrata in vigore dell'ALC il 1° giugno 2002 è globalmente positivo. L'evoluzione dei flussi migratori verso la Svizzera è 118 119

RS 0.142.112.681 FF 2004 5203 5863. Con riferimento agli Stati membri dell'AELS (Norvegia, Islanda e Liechtenstein), nel quadro della Convenzione AELS riveduta è stata anche concordata la graduale introduzione della libera circolazione fino al 2007. Il Liechtenstein gode di un regime speciale (contingenti restrittivi duraturi).

120 A questo proposito, Malta e Cipro costituiscono un'eccezione poiché sono sottoposti al medesimo regime transitorio dei 15 Stati membri dell'UE.

121 SECO, UFM, UST: Effetti della libera circolazione delle persone sul mercato del lavoro svizzero: un primo bilancio, Berna, 28 giugno 2005.

http://www.europa.admin.ch/ba/weiter/pers/f/pr_050628_1.pdf; SECO, ODM, OFS, Conséquences de la libre circulation des personnes sur le marché du travail suisse: 2e rapport de l'Observatoire sur l'ALCP Suisse-UE pour la période du 1er juin 2002 au 31 décembre 2005, Berna 2006.

6293

stata conforme alle aspettative e ha soddisfatto ai bisogni della piazza economica svizzera. L'immigrazione di persone provenienti dai 15 Stati membri dell'UE e dai Paesi dell'AELS è aumentata leggermente. Per contro, il numero di persone provenienti da Paesi terzi è diminuito. Nell'insieme l'immigrazione è regredita, un tipico fenomeno di un periodo di bassa congiuntura.

Considerando l'evoluzione economica globale, la domanda di manodopera proveniente dall'Europa dei 15 e dai Paesi dell'AELS è stata relativamente elevata. I contingenti relativi ai permessi di lunga durata si sono esauriti nonostante la priorità data ai lavoratori indigeni mentre i contingenti dei permessi di breve durata sono stati utilizzati solamente nella misura del 60 per cento (nel 2005 fino al 68 %); questo fatto indica che esisteva la necessità di un ulteriore recupero nel reclutamento di lavoratori stranieri con un permesso di lunga durata. Ciò dimostra che l'economia svizzera ha un fabbisogno di manodopera estera e che l'ALC permette di soddisfare a questa domanda.

L'introduzione della libera circolazione delle persone non ha avuto un influsso determinante sul tasso di disoccupazione; si è invece rivelata determinante la congiuntura. I settori contraddistinti dal più alto tasso di manodopera proveniente dall'UE non hanno registrato un tasso di disoccupazione superiore alla media. Peraltro, benché il loro numero sia aumentato del 60 per cento rispetto al 2004, i controlli effettuati nel 2005 nel quadro delle misure d'accompagnamento contro il dumping salariale e sociale hanno mostrato che, nella maggior parte dei casi, le condizioni di salario e di lavoro sono rispettate. Soltanto nel 6,7 per cento delle imprese, rispettivamente nel 16 per cento circa delle persone controllate, si sono riscontrate infrazioni o casi di presunto abuso in materia salariale122. Poiché le misure collaterali si applicano a tutti i lavoratori, gli abusi registrati possono concernere sia lavoratori indigeni, sia quelli comunitari o provenienti da Stati terzi.

Il 1° aprile 2006 è entrato in vigore il Protocollo relativo all'estensione dell'ALC ai nuovi Stati membri dell'UE123. Uno studio sul possibile impatto che l'allargamento dell'Unione Europea potrebbe avere sul mercato del lavoro svizzero dimostra che, a lungo termine, l'immigrazione
proveniente dai nuovi Stati membri dell'UE rimarrà insignificante. Non è necessario prevedere un rilevante incremento della disoccupazione e la pressione sui salari rimarrà prevalentemente debole124.

Le informazioni sui primi tre anni di applicazione dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone non mostrano importanti scostamenti dell'evoluzione generale dei salari rispetto al tipico andamento della congiuntura. Nell'evoluzione generale e nell'evoluzione dei salari nei settori specifici non si riscontra alcun effetto frenante dei salari dovuto all'ALC. Tra il 2002 e il 2005 nei settori con un alta dinamica migratoria vi sono stati settori con aumenti salariali superiori alla media (quali i settori immobiliare, dell'informatica, R&S, delle prestazioni di servizi per imprese, 122

SECO: Rapporto concernente l'attuazione della misure d'accompagnamento alla libera circolazione delle persone nel 2005, Berna, 20 aprile 2006.

http://www.seco.admin.ch/imperia/md/content/news/medienmitteilungen/berichtflamfrint ernet.pdf 123 FF 2004 5203 5863 124 Une analyse des effets sur le marche suisse du travail de l'élargissement de la libre circulation des personnes aux nouveaux pays membres de l'UE, realizzato sotto la direzione del professor Yves Flückiger, Ginevra, 15 ottobre 2005.

http://www.seco.admin.ch/imperia/md/content/news/medienmitteilungen/berichtflamfrint ernet.pdf.

6294

il settore alberghiero o quello di altre prestazioni di servizi) sia settori con aumenti salariali inferiori alla media, quali l'insegnamento e l'edilizia. Il proseguimento dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone, abbinato alle misure collaterali, non dovrebbe avere influenze negative a questo proposito.

Finora gli Accordi bilaterali I e II non hanno avuto alcuna ripercussione sulle disposizioni svizzere relative alla protezione dei lavoratori e al loro diritto di partecipazione.

L'estensione dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone (p.es. alla Bulgaria e alla Romania) dovrà essere oggetto di ulteriori negoziati in previsione della conclusione di un protocollo che verrà sottoposto al Parlamento e sottostante a referendum facoltativo. Nel 2009 il popolo svizzero avrà inoltre la possibilità di pronunciarsi sul mantenimento della libera circolazione delle persone. In caso di rifiuto la Svizzera rischierà, in applicazione della «clausola ghigliottina», l'abrogazione dell'Accordo e quindi dell'insieme degli Accordi bilaterali I.

4.2.2.2

Politica sociale

Il campo della politica sociale s'intreccia con quello di numerose politiche settoriali che presentano una dimensione sociale.

L'odierna politica sociale svizzera mira in particolare a trovare soluzioni ai problemi posti dall'evoluzione demografica. In quest'ottica, il consolidamento delle assicurazioni sociali costituisce una priorità. Si dovranno adottare provvedimenti volti a garantire a lungo termine la previdenza per la vecchiaia, contenere meglio i costi del sistema sanitario e stabilizzare le spese dell'assicurazione invalidità. Un'altra priorità consiste nel rafforzare la coesione sociale conciliando meglio famiglia e professione e integrando i lavoratori anziani. Anche l'integrazione sociale e professionale, in particolare quella dei giovani adulti, rappresenta un obiettivo importante strettamente connesso con la politica della formazione e con quella del mercato del lavoro.

A tal fine attualmente viene data particolare importanza al miglioramento della collaborazione tra le istituzioni interessate.

Nonostante le numerose attività svolte dall'UE in questo ambito, la politica sociale e l'organizzazione dei sistemi di sicurezza sociale rimangono in ampia misura di competenza degli Stati membri.

Soltanto il coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale rientra nel campo d'applicazione dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP). I diversi sistemi di sicurezza sociale sono coordinati in modo che i lavoratori che cambiano impiego per svolgere un'attività in un altro Stato non debbano temere di perdere le prestazioni cui hanno diritto. Affinché il coordinamento funzioni, la Svizzera riprende regolarmente gli adeguamenti e gli aggiornamenti dell'ordinamento giuridico comunitario e segue l'evoluzione della prassi amministrativa e dell'abbondante giurisprudenza della CGCE. Le modifiche sono approvate mediante decisione del Comitato misto ALCP (v. n. 3.1.2.2).

La Svizzera fa parte anche del gruppo MISSOC (Mutual Information System on Social Protection) dell'UE, che consiste in una rete di corrispondenti nazionali incaricati di dare informazioni aggiornate sui sistemi di sicurezza sociale dei 25 Stati membri e dei 4 Stati dell'AELS.

6295

Fatta eccezione per il coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale, che costituisce una condizione per la libera circolazione delle persone, gli altri aspetti della politica sociale non comprendono gli elementi di protezione dei lavoratori.

4.2.2.3

Ricerca e formazione

L'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica del 1999 è stato rinnovato in vista della partecipazione integrale della Svizzera al 6° Programma quadro di ricerca (PQR) 2003­2006125. Provvisoriamente applicato dal 1° gennaio 2004, esso è entrato formalmente in vigore il 15 maggio 2006 in seguito alla sua ratifica da parte dell'UE. Anche questo accordo è connesso alla durata del relativo PQR e sarà rinnovato in vista della partecipazione al 7° PQR (2007­2013). Ogni nuovo PQR richiede nuovi negoziati relativi alla partecipazione della Svizzera. La Svizzera corre pertanto il rischio, tra un PQR e l'altro, di perdere per uno o più anni le sue prerogative ritrovandosi relegata a «Stato terzo», come accaduto nel 2003 nella fase di transizione tra il 5° e il 6° PQR, a causa del ritardo nel rinnovo dell'accordo di cooperazione.

Le disposizioni della nuova versione dell'accordo dovrebbero corrispondere a quelle contemplate nel testo del 2004.

Grazie alla partecipazione della Svizzera ai PQR, i ricercatori svizzeri beneficiano degli stessi diritti dei loro colleghi degli Stati dell'UE. Possono accedere a tutti i settori dei PQR e ricevono i finanziamenti direttamente dalla Commissione europea.

Tra i nuovi diritti acquisiti figura in particolare la possibilità di assumere la direzione di progetti. La valutazione sulla partecipazione della Svizzera al 5° e 6° PQR, commissionata nel 2005 dalla Segreteria di Stato per l'educazione e la ricerca, ha evidenziato che oltre il 70 per cento dei partecipanti si dichiara molto soddisfatto soprattutto per i vantaggi che ne sono derivati sul piano scientifico, economico e cooperativo.

Dal punto di vista della politica della ricerca, l'accordo è vantaggioso soprattutto perché garantisce la possibilità di partecipare ai lavori degli organi direttivi e consultivi. La Svizzera non dispone di alcun diritto di voto, ma lo statuto di osservatore con diritto di parola nei comitati direttivi dei programmi specifici, negli organi superiori che consigliano la Commissione e il Consiglio dei ministri, e nel comitato amministrativo del Centro comune di ricerca dell'UE. Essa può pertanto influenzare i bandi di concorso e impegnarsi nei progetti di rilievo per i propri interessi nazionali.

Il contributo svizzero al budget del 6° PQR è vincolato al PIL e corrisponde al 2,9 per
cento del totale. Negli anni 2004­2006 i versamenti svizzeri a Bruxelles ammontavano in media a 218 milioni di franchi all'anno. Le ricadute finanziarie di questi mezzi in Svizzera potranno essere quantificate definitivamente solo dopo la conclusione del 6° PQR. Le prime stime prospettano un risultato positivo. I dati forniti finora dalla Commissione europea, che coprono tuttavia appena un quarto degli obblighi pianificati, indicano un tasso di successo per gli Svizzeri superiore alla media dei Paesi dell'UE. La quota di questi obblighi che va ai partecipanti svizzeri raggiunge (proporzionalmente) quasi lo stesso importo del contributo svizzero al budget del 6° PQR. La partecipazione della Svizzera al 7° PQR dell'UE

125

RS 0.420.513.1

6296

costerà tra 245 e 470 milioni di franchi all'anno, il contributo medio annuo ammonta a 350 milioni di franchi.

La Svizzera continua a prendere parte ai programmi di educazione, formazione professionale e per la gioventù dell'UE secondo la modalità «progetto per progetto».

La collaborazione a progetti e la partecipazione alle attività di mobilità si fondano su accordi bilaterali tra i partecipanti svizzeri, da un lato, i coordinatori dei progetti UE e le istituzioni partner dell'UE, dall'altro, e sono finanziate con mezzi nazionali.

Questa situazione cambierà probabilmente nei prossimi anni. Nell'ambito degli Accordi bilaterali II la Svizzera e l'UE hanno dichiarato l'intenzione di considerare l'associazione della Svizzera alla prossima generazione di programmi UE di educazione, formazione professionale e per la gioventù (2007­2013).

La Svizzera si aspetta dall'associazione a questi programmi gli stessi vantaggi ottenuti nel settore della ricerca, ovvero la possibilità dei ricercatori svizzeri di partecipare con gli stessi diritti dei loro colleghi degli Stati membri dell'UE, dunque con facoltà di lanciare e dirigere progetti e di attingere a tutte le informazioni126.

Anche nei programmi di educazione la Svizzera, entrando a far parte dei relativi organi decisionali, influirebbe, seppure senza diritto di voto ma con statuto di osservatore, sulla scelta dei contenuti e sugli indirizzi strategici.

4.2.2.4

Sanità e protezione dei consumatori

Gli Accordi bilaterali I e II concernono solo marginalmente il settore della sanità pubblica; in quest'ambito, la collaborazione fra la Svizzera e l'UE avviene soprattutto attraverso canali informali.

Gli accordi sulla libera circolazione delle persone (riconoscimento dei diplomi nel settore della sanità) e Schengen/Dublino (viaggiatori malati) disciplinano solo alcuni aspetti della sanità pubblica. Determinati progetti di ricerca svizzeri nel settore della sanità e della protezione dei consumatori possono beneficiare di un sostegno finanziario nell'ambito del 6° Programma quadro di ricerca (6° PQR) dell'Unione europea, al quale partecipa anche la Svizzera.

Regolamentazioni comparabili in materia di servizi sanitari nell'UE sono previste nell'accordo sulla libera circolazione delle persone unicamente per quanto riguarda il coordinamento transfrontaliero dei sistemi di sicurezza sociale. Relativamente alla sicurezza dei pazienti e ai centri di riferimento, invece, la Svizzera non partecipa ai nuovi sviluppi in atto nell'UE.

Nel settore della protezione dei consumatori (sicurezza alimentare, oggetti d'uso, prodotti chimici, radioprotezione), la Svizzera ha provveduto ad armonizzare le proprie normative al diritto CE nel quadro dell'accordo bilaterale sul commercio di prodotti agricoli (latte, prodotti del latte, bevande spiritose, vino e igiene), dell'accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità (MRA) e a seguito dell'adeguamento autonomo alle disposizioni comunitarie.

Nonostante queste armonizzazioni, in determinati settori mancano sia accordi che disciplinano l'intero ambito della protezione dei consumatori, sia una clausola evolutiva completa. Nel settore della radioprotezione, la Svizzera non partecipa 126

Sulle conseguenze finanziarie di questa partecipazione si veda n. 4.2.3.9.

6297

attualmente ai comitati Euratom incaricati di definire le norme di base per la radioprotezione, poiché non è membro della Comunità europea dell'energia atomica (EURATOM).

Attualmente sono in corso colloqui esplorativi su possibili negoziati bilaterali fra la Svizzera e l'UE in materia di sanità127. Tale dossier sanitario concerne in particolare la partecipazione svizzera al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), a diversi sistemi di allarme rapido e al programma d'azione comunitario nel settore della salute e della tutela dei consumatori (2007­2013). Alcune iniziative di questo programma d'azione si basano su progetti che rientrano nel programma quadro di ricerca. Per poter sfruttare le sinergie è importante garantire il coordinamento fra i due programmi, in particolare con il 7° PQR che sarà imperniato su temi della sanità. Per il momento, una partecipazione all'Agenzia europea dei farmaci (EMEA) non rientra fra gli obiettivi perseguiti.

In futuro potrebbero essere oggetto di colloqui esplorativi anche altri ambiti. Fra questi, un eventuale accordo di libero scambio fra la Svizzera e l'UE nel settore dell'agricoltura e delle derrate alimentari (cfr. n. 4.2.3.1), che avrebbe come conseguenza l'armonizzazione totale delle disposizioni nel settore delle derrate alimentari.

Sarebbero, tra l'altro, adottati il principio di precauzione, il concetto di «derrata alimentare», le prescrizioni in materia di OGM, la vigilanza alimentare, le prescrizioni sulle sostanze estranee e i componenti, così come le disposizioni su nuovi alimenti e alimenti dietetici.

Nel settore dei prodotti chimici, la prevista introduzione nell'UE del sistema REACH (un sistema integrato unico di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche) potrebbe causare nuovi ostacoli tecnici al commercio dei prodotti chimici fra la Svizzera e la CE e non sarebbero escluse discriminazioni. Una soluzione su base contrattuale per l'adozione del sistema REACH permetterebbe di adeguare il livello di protezione svizzero a quello vigente nell'UE e di ridurre gli ostacoli tecnici al commercio. Un'altra possibilità è costituita dalla trasposizione unilaterale operata dalla Svizzera attraverso l'adeguamento autonomo alle normative comunitarie,
anche se questa soluzione potrebbe comportare costi supplementari rispetto alla prima.

In considerazione della complessità degli strumenti europei che regolano la protezione della salute e dei consumatori si potrebbe ipotizzare anche una collaborazione, in questi settori, definita congiuntamente su base contrattuale. Tale soluzione permetterebbe di accrescere l'efficienza in termini di personale e di finanze e contribuirebbe a una maggiore chiarezza e certezza del diritto.

4.2.3

Economia e finanze

Gli accordi bilaterali permettono di evitare in larga misura la discriminazione delle imprese svizzere sul mercato interno europeo, dovuta al fatto che la Svizzera non fa parte dell'UE e dello SEE. L'accordo di libero scambio del 1972

127

In merito alle possibili ripercussioni finanziarie di questo dossier, cfr. n. 4.2.3.9.

6298

sopprime i dazi doganali per l'insieme dei prodotti industriali. La questione degli ostacoli tecnici al commercio è specificamente oggetto di uno dei negoziati bilaterali I. Nell'interesse dell'industria di esportazione è necessario favorire le soluzioni che mirano all'armonizzazione. Un'applicazione unilaterale del principio «Cassis de Dijon» potrebbe essere considerata ai fini di un rafforzamento della concorrenza e di una riduzione dei prezzi. Una corrispondente proposta di modifica della legge sugli ostacoli tecnici al commercio è in elaborazione. La progressiva liberalizzazione degli scambi di prodotti agricoli, di base o trasformati, è disciplinata nell'accordo sul commercio di prodotti agricoli e nel nuovo protocollo n. 2 relativo all'accordo di libero scambio. La clausola evolutiva nell'accordo sul commercio di prodotti agricoli permette di intraprendere nuovi passi concreti verso un'apertura reciproca dei mercati. Il Consiglio federale sta esaminando la fattibilità e l'opportunità di un libero scambio integrale in questo settore. Affinché un accordo simile vada a vantaggio anche degli agricoltori, la liberalizzazione dovrebbe interessare le cerchie a monte e a valle della produzione agricola e portare a una soppressione degli ostacoli sia tariffali che non tariffali. Nel settore dei servizi, la Svizzera non dispone di un accordo che le garantisca un accesso generalizzato al mercato europeo. In assenza di un tale accordo, non è tenuta a riprendere le norme comunitarie vigenti in materia di concorrenza. Queste regole, e il ritardo della Svizzera per quanto riguarda la liberalizzazione di alcuni settori, sono di ostacolo alla conclusione di un accordo bilaterale sui servizi. Fra i diversi fattori all'origine dei prezzi notevolmente elevati in Svizzera rispetto all'UE, l'assenza di concorrenza è sicuramente uno dei principali. Dato che stimolano un'apertura reciproca dei mercati, gli accordi bilaterali tendono a ridurre questo scarto nei relativi settori. La conclusione di nuovi accordi potrebbe estendere questo effetto a nuovi settori finora protetti. La cooperazione bilaterale permette alla Svizzera di mantenere la propria politica commerciale, p.es. in seno all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) o in relazione a Paesi terzi. Nel caso di un'unione doganale, essa perderebbe tale
autonomia. Grazie alle economie sostanziali derivanti dalla soppressione completa dei controlli alle frontiere, un'unione doganale avrebbe invece vantaggi economici. Gli accordi bilaterali non hanno grande incidenza sulla politica fiscale svizzera. A seguito dell'apertura reciproca dei mercati, in questi ultimi anni la Svizzera ha conosciuto un calo delle proprie entrate doganali. Né l'IVA né le tasse speciali sul consumo (oli minerali, tabacco, birra ecc.) sono per contro interessate da questo fenomeno. La Svizzera è legata all'UE in materia di fiscalità da due accordi: quello sulla fiscalità del risparmio e quello sulla doppia tassazione delle pensioni. Gli accordi bilaterali non incidono sull'autonomia fiscale della Svizzera o dei suoi Cantoni. Ciò non ha tuttavia impedito alla Commissione europea di esprimere riserve riguardo alla compatibilità di alcuni regimi fiscali cantonali con le disposizioni dell'accordo di libero scambio del 1972. La politica monetaria della Svizzera rimane autonoma. L'impatto sul budget della Confederazione è legato agli impegni finanziari assunti nel quadro della partecipazione ai programmi comunitari (ricerca, educazione, MEDIA), alle cooperazioni (Schengen/Dublino) e alle agenzie dell'UE (ambiente, statistica). Tale impegno potrebbe ammontare a più di 440 milioni di franchi l'anno per il periodo 2007­ 2013. Una gran parte delle spese per la partecipazione a questi programmi potrebbe generare indotti finanziari, fino al 100 per cento a favore dei partecipanti svizzeri. Vi si aggiungerebbe il contributo svizzero alla riduzione delle disparità

6299

sociali ed economiche nell'UE allargata, pari a 1 miliardo di franchi per un periodo d'impegno di cinque anni. Poiché la realizzazione concreta dei progetti durerà più a lungo, i versamenti dovrebbero essere scaglionati su un decennio circa. L'UE chiederà probabilmente alla Svizzera, in relazione all'adesione di Bulgaria e Romania, un sostegno a questi due Paesi sotto forma di contributo addizionale.

4.2.3.1

Agricoltura

Il 1° giugno 2002 è entrato in vigore l'Accordo tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul commercio di prodotti agricoli (Accordo agricolo)128. Esso mira a migliorare il reciproco accesso al mercato per determinati prodotti agricoli attraverso la parziale riduzione di dazi, sussidi alle esportazioni e ostacoli tecnici al commercio; allinea un certo numero di prescrizioni tecniche in materia di protezione fitosanitaria, agricoltura biologica e, parzialmente, le prescrizioni in ambito veterinario nonché le norme di qualità per frutta, verdura, eccetera. L'elemento principale della parte dedicata alle tariffe è la completa liberalizzazione del commercio caseario a partire dal 1° giugno 2007.

Il Protocollo 2 dell'Accordo del 1972 sul libero scambio (ALS)129 tra la Svizzera e l'UE disciplina il commercio di prodotti di trasformazione ottenuti da prodotti agricoli (p.es. cioccolato, biscotti, caramelle, zuppe, salse e pasta). Il Protocollo rivisto nel quadro degli Accordi bilaterali II (in vigore dal 1° febbraio 2005), oltre a comprendere una più vasta gamma di prodotti, garantisce ai prodotti importati dall'UE un accesso al mercato significativamente migliore. Tuttavia i cosiddetti prodotti sensibili continueranno ad essere gravati da dazio. D'altro canto tutti i prodotti d'esportazione svizzeri possono venir immessi sul mercato UE esenti da dazio.

Grazie a questo approccio bilaterale, in Svizzera saranno determinanti anche in futuro le disposizioni di legge interne. I risultati dei negoziati dell'OMC influenzeranno in modo decisivo per entrambe le parti l'ulteriore sviluppo della politica agricola portando avanti il mutamento strutturale. Con l'applicazione dei risultati scaturiti dal ciclo di Doha ci si attende che la differenza di prezzo tra i prodotti agricoli svizzeri e quelli dell'UE si ridurrà, dato che la Svizzera deve ridurre i dazi doganali in maniera più significativa rispetto all'UE.

Sulla scorta della clausola evolutiva prevista nell'Accordo agricolo, in alcuni casi sarà possibile aprire parzialmente e in modo progressivo le frontiere, per esempio per quel che concerne altri latticini o specialità di carne.

Questa clausola evolutiva consentirà pure la completa liberalizzazione degli scambi di prodotti agricoli. In tal caso per i dazi dovranno essere concordati termini
transitori (o anche contingenti quantitativi preferenziali) con scadenze diverse a dipendenza dei prodotti. L'ambito non tariffario è parzialmente armonizzato mediante l'Accordo agricolo. Nel quadro di negoziati occorre trovare soluzioni equivalenti per quanto riguarda gli altri ostacoli non tariffari al commercio come le prescrizioni tecniche, i 128 129

RS 0.916.026.81 RS 0.632.401.23

6300

mezzi di produzione brevettati, gli organismi geneticamente modificati (OGM), le norme di commercializzazione per prodotti agricoli, le norme di igiene e altre disposizioni per le derrate alimentari, le norme di commercializzazione per derrate alimentari e prodotti di trasformazione, l'etichettatura di prodotti alimentari, le disposizioni relative a residui di prodotti fitosanitari e di medicinali veterinari, le disposizioni facoltative sulla designazione e le prescrizioni sul trasporto internazionale di animali. Il libero scambio in ambito agricolo sarebbe pienamente efficace soltanto se riguardasse tutti i livelli della catena di valore aggiunto del settore agroalimentare e se tutti gli ostacoli non tariffari al commercio venissero smantellati. A tal proposito, sono in corso colloqui esplorativi con le cerchie interessate.

Su incarico del Consiglio federale, i Dipartimenti degli affari esteri (DFAE) e dell'economia (DFE) hanno proceduto ad una prima analisi minuziosa dei vantaggi e degli inconvenienti economici nonché della fattibilità di un accordo di libero scambio con l'UE nel settore agroalimentare. I Dipartimenti hanno anche condotto dei sondaggi esplorativi presso la Commissione europea nonché effettuato delle consultazioni in Svizzera fra gli ambienti interessati allo scopo di stabilire quale appoggio politico potrebbe ricevere un simile accordo. Ne è risultato un interesse di massima alla prosecuzione di questo progetto. Di conseguenza, il 28 giugno 2006, il Consiglio federale ha conferito al DFAE e al DFE il mandato di intavolare discussioni con la Commissione europea vertenti sui parametri principali di un simile accordo e, contemporaneamente, di esaminare da vicino le incidenze sull'economia in generale e sui comparti specifici in particolare. I due dipartimenti dovranno inoltre proporre le opportune misure collaterali. Il Consiglio federale deciderà, in base ai risultati degli incontri esplorativi e degli esami complementari, se conviene intavolare trattative su un accordo di libero scambio relativo al settore agroalimentare.

4.2.3.2

Prodotti industriali

Nel settore secondario la Svizzera beneficia dell'Accordo di libero scambio, concluso con la CE nel 1972130, che ha permesso l'abolizione dell'insieme dei dazi per i prodotti industriali nei confronti del suo partner europeo. Tuttavia, sono stati mantenuti controlli sistematici delle merci da parte delle autorità doganali, che causano costi agli operatori economici (cfr. n. 4.2.3.4). Questo accordo è soddisfacente per tutte le parti da oltre trent'anni e offre una piattaforma che permette a un comitato misto di discutere i problemi specifici che possono sorgere sporadicamente. Nel quadro degli accordi settoriali conclusi tra la Svizzera e la CE nel 1999 è stata creata la base che permette di eliminare mutuamente gli ostacoli tecnici al commercio.

Nell'interesse dell'economia d'esportazione è importante favorire prioritariamente quelle soluzioni che, tramite accordi, permettono di assicurare ai prodotti svizzeri l'accesso al mercato della CE.

A complemento di questo approccio contrattuale può essere prevista un'apertura unilaterale del mercato se portasse vantaggi all'economia svizzera contribuendo a intensificare la concorrenza e a ridurre i prezzi sul mercato interno (cfr. n. 4.2.3.5)131.

130 131

RS 0.632.401 Vedi il rapporto del Consiglio federale sul principio «Cassis de Dijon», settembre 2005.

http://www.seco.admin.ch/news/00650/index.html?lang=it

6301

4.2.3.3

Servizi

Paragonata al contesto europeo, la Svizzera è altamente specializzata nelle prestazioni di servizi. Oltre il 70 per cento del valore aggiunto dell'economia svizzera è realizzato nel settore dei servizi e oltre il 70 per cento dei lavoratori impiegati in Svizzera sono attivi in questo settore. Non è possibile fare asserzioni precise a causa di mancanza di dati statistici ma è lecito ritenere che gli Stati membri dell'UE sono di gran lunga i partner commerciali più importanti della Svizzera nel settore dei servizi. I servizi finanziari sono particolarmente importanti per il nostro Paese. In questo contesto vi è una Convenzione di domicilio per il settore assicurativo concernente l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita, del 1989 (il cosiddetto accordo assicurativo132, in vigore dal 1993).

Nel 2003 le trattative relative a un accordo specifico esaustivo in materia di servizi tra UE e Svizzera sono state sospese. I problemi sono sorti dal desiderio della UE di rilevare la politica orizzontale (concorrenza, sussidi statali, diritto societario) e a causa della rapida liberalizzazione di determinate infrastrutture (energia). Per quanto concerne le prestazioni di servizi transfrontaliere la Svizzera non ha quindi alcun accesso al mercato interno europeo cautelato a livello contrattuale. Permane dunque un rischio di discriminazione che concretamente si manifesta in alcuni settori (p.es.

la mancata possibilità di vendita diretta dalla Svizzera di alcuni servizi finanziari quali le assicurazioni). D'altro canto, l'essere al di fuori del sistema comunitario permette alla Svizzera di trovare soluzioni normative autonome e vantaggiose. Per contro, in materia di trasporti terrestri e di trasporto aereo tra UE e Svizzera, l'accesso al mercato è già cautelato a livello contrattuale133. Allo stesso modo, una clausola dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e UE autorizza a prestare servizi transfrontalieri legati alle persone per una durata non superiore a 90 giorni per anno civile e non sottostante a permesso (ma soggetta ad autorizzazione).

Nonostante la Svizzera abbia importanti interessi economici ad acquisire un accesso al mercato interno dei servizi dell'UE, cautelato a livello contrattuale, rimangono alcune questioni aperte che dovranno essere trattate al
momento della conclusione di un accordo esaustivo con l'UE. Tra di esse si annoverano ad esempio i monopoli d'assicurazione immobiliare di alcuni cantoni e, dal punto di vista della concorrenza, alcuni privilegi delle banche cantonali quali le garanzie di Stato nonché, se comparato alle pertinenti direttive, il ritardo della Svizzera nella liberalizzazione dei servizi d'infrastruttura della Posta, dell'elettricità e delle telecomunicazioni. Il dubbio in merito alle trattative contrattuali relative alle pratiche d'apertura del mercato nel settore dei servizi potrebbe anche sorgere qualora si attuasse una politica orizzontale (diritto della concorrenza, fiscalità), a condizione che la Svizzera richiedesse l'adozione integrale del diritto comunitario in questi ambiti.

Il rapporto sulla liberalizzazione dei servizi in Svizzera e nell'UE134 fornisce dà una panoramica sulle direttive rilevanti e sui differenti tipi di liberalizzazione. Esso 132

Accordo del 10 ottobre 1989 tra la Confederazione Svizzera e la CEE concernente l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita; RS 0.961.1.

133 Cfr. Accordo sui trasporti terrestri (RS 0.740.72) e Accordo sul trasporto aereo (RS 0.748.127.192.68) 134 Cfr. SECO, Rapport comparatif sur la libéralisation des services en Suisse et dans l'UE, du 29 novembre 2005, http://www.seco.admin.ch/publikationen/00521 (disponibile in tedesco e francese)

6302

mostra che la Svizzera stessa ha già liberalizzato ulteriormente alcuni mercati (p.es.

il traffico merci su rotaia e i servizi bancari), come se fosse stato richiesto mediante delle direttive dell'UE. Al contempo dimostra che nella liberalizzazione orientata verso l'UE di quei settori nei quali la Svizzera è in ritardo rispetto all'UE, per il nostro Paese risiede un significativo potenziale di crescita economica.

4.2.3.4

Relazioni economiche esterne e unione doganale

Per quanto riguarda l'organizzazione e il perseguimento degli interessi commerciali, la via bilaterale lascia alla Svizzera un'autonomia giuridica e formale.

Rispetto all'UE, ciò significa che, come sinora, la Svizzera deve elaborare nuovi accordi settoriali compatibili con le norme dell'OMC. La via bilaterale non inciderà sulla relazione con l'AELS (Convenzione AELS). Nelle relazioni con Stati terzi essa permetterà anche in futuro alla Svizzera di poter regolare le relazioni commerciali sia sola, sia in collaborazione con gli Stati membri dell'AELS. Tranne qualche eccezione, la Svizzera finora ha negoziato e concluso i suoi accordi di libero scambio con Stati terzi in collaborazione con gli Stati dell'AELS che, in quanto gruppo, ha un peso negoziale più importante. Recentemente la Svizzera ha potuto concludere, tra l'altro, un accordo con la Corea del Sud, un partner con il quale l'UE non ha concluso alcun accordo preferenziale. I partner potenziali possono essere interessati a concludere un accordo di libero scambio con l'AELS in quanto gruppo e, per questo motivo, al contempo anche con l'UE, ottenendo così una copertura paneuropea del mercato (ciò è particolarmente rilevante in relazione con Euromed).

Il caso particolare dell'unione doganale È comunque ipotizzabile che, mediante convenzione, la Svizzera entri a far parte di un'unione doganale con l'UE. Le ripercussioni sulle relazioni economiche esterne della Svizzera sarebbero le stesse di quelle che si avrebbero in caso di un'adesione all'UE (cfr. n. 4.4.3.4). Un'adesione all'Unione doganale europea non richiederebbe soltanto un assoggettamento alla politica economica esterna dell'UE. Di fatto, ad esempio, vi sarebbero strettamente connessi ­ a seconda della forma di unione doganale ­ i settori dell'agricoltura, della protezione del diritto industriale e della protezione dei consumatori. In questi settori la Svizzera dovrebbe adottare diverse direttive europee o, perlomeno, parte di esse. Affinché i benefici di un'unione doganale possano avere un effetto totale, anche gli ostacoli non tariffari dovrebbero essere aboliti completamente. Ciò può essere raggiunto unicamente tramite un'adozione completa delle prescrizioni europee sui prodotti nonché un trattato che disciplini l'applicazione reciproca del principio «Cassis de Dijon». Prescrizioni
di natura istituzionale quali il diritto di partecipazione e la procedura di presa in considerazione dell'evoluzione del pertinente diritto comunitario sarebbero pure oggetto di negoziati relativi a un'unione doganale.

L'unione doganale implica inoltre l'abolizione di tutti i dazi tra gli Stati membri. I dazi sui prodotti industriali sono già stati aboliti nel 1973135, all'entrata in vigore dell'Accordo di libero scambio tra Svizzera e CE. Tuttavia, i prodotti agricoli non vi sono compresi. Considerato isolatamente, questo aspetto dell'unione doganale ha un

135

RS 0.632.401

6303

impatto sul settore agricolo e sull'economia nel suo insieme simile a quello di un accordo di libero scambio agricolo (cfr. n. 4.2.3.1).

Oltre ad abolire i dazi sull'insieme del commercio di merci, l'unione doganale abolisce anche i controlli fisici alle frontiere, che finora sono stati mantenuti. Tali controlli hanno un onere economico in termini di onere amministrativo e causano una perdita di tempo al momento di varcare le frontiere. L'unione doganale permette di diminuire tali costi. Secondo alcune stime del 1997 della Commissione europea, abolire i controlli alle frontiere permetterebbe un risparmio dell'1 per cento sul valore del commercio esterno. A titolo indicativo, le importazioni e le esportazioni di merci verso i 25 Stati membri dell'UE nel 2005 ammontavano rispettivamente a 118,6 e 94,1 miliardi di franchi. Ciò rappresenta due miliardi di franchi di costi diretti ai quali vanno aggiunti i costi indiretti generati dalla limitazione della concorrenza. Uno studio più recente136 ha stimato che i costi generati dal controllo delle merci alle frontiere svizzere (sdoganamento, tempi d'attesa, attestazioni di provenienza e autorizzazione per prodotti) ammontano a 4 miliardi di franchi, ossia il 0,85 per cento del PIL. Senza formalità doganali e se anche i tempi d'attesa causati dalle attestazioni di provenienza e dall'ammissione dei prodotti venissero soppressi le esportazioni progredirebbero dell'1,7 per cento e le importazioni del 2,4 per cento.

Ciò nonostante, l'unione doganale implica anche inconvenienti. Comporta la ripresa della gran parte della politica dell'UE in materia di commercio esterno, il che ha due conseguenze. In primo luogo la Svizzera perderebbe la competenza di concludere trattati in maniera autonoma nel quadro dell'OMC e accordi preferenziali nel quadro dell'AELS (cfr. n. 4.4.3.4). In secondo luogo, malgrado che le importazioni provenienti da Paesi terzi, extracomunitari, si limitino al 17,2 per cento (2005), in alcuni settori i dazi aumenterebbero fino al doppio. Lo svantaggio concorrenziale per le imprese che importano i loro fattori produttivi e l'incidenza sui flussi commerciali (effetti di creazione e deviazione del commercio) che ne deriverebbe sono difficilmente quantificabili. Infine, la creazione di un'unione doganale comporterebbe anche dei costi, in particolare
a causa dell'introduzione del doppio sistema di rilevamento delle statistiche del commercio esterno, Intrastat e Extrastat.

Né va escluso che un'unione doganale con l'UE può implicare per la Svizzera un allineamento alle aliquote europee dell'IVA. Di fatto una tale armonizzazione potrebbe essere considerata necessaria per assicurare il buon funzionamento dell'unione doganale, in particolare per poter lottare efficacemente contro gli abusi (p.es. commerci che eludono la legge). Va comunque rilevato che anche all'interno dell'UE le aliquote dell'imposta non sono uniformi. L'aliquota d'imposta normale si situa, a seconda del Paese, tra il 15 e il 25 per cento.

Nel quadro della via bilaterale la conclusione di un'unione doganale con l'UE, pur comportando determinati vantaggi, avrebbe anche degli inconvenienti.

136

Minsch R. e P. Moser (Avenir Suisse), Die Kosten der Zollschranken ­ die Volkswirtschaftlichen Auswirkungen der Handelshemmnisse im Warenverkehr mit der EU, Zurigo 2006; http://www.avenir-suisse.ch/download.php?id=3547

6304

4.2.3.5

Livello dei prezzi

Diversi studi sul livello elevato dei prezzi in Svizzera (Svizzera, isola dei prezzi alti) sono arrivati alla conclusione che, da soli, i salari elevati non spiegano l'alto livello dei prezzi in Svizzera. In diversi settori economici le strutture di produzione e di commercializzazione devono essere adattate alla concorrenza internazionale. Non sono solamente i consumatori ad essere lesi direttamente da prezzi elevati ­ a causa di una riduzione del potere d'acquisto ­ ma anche le imprese, che potrebbero economizzare fino a 65 miliardi di franchi annui se potessero comperare le prestazioni intermedie nazionali o estere al prezzo in vigore nell'UE (studio Infras)137. Il prezzo elevato dei fattori produttivi penalizza l'industria esportatrice sul piano internazionale. Questi costi evidenziano che intervenire sui prezzi stimolando la concorrenza aumenta la competitività del Paese.

Secondo lo studio citato, sono sei i fattori che determinano il divario dei prezzi esistente tra Svizzera e UE: l'intensità della concorrenza, la legislazione in materia ambientale e sociale, i salari, i costi del capitale e i fattori legati al luogo e alla qualità. Tuttavia, la mancanza di concorrenza spiega da sola quasi la metà del divario dei prezzi. È risaputo che l'intensità della concorrenza influisce in gran parte sull'integrazione dei mercati. Lo studio mostra che se si dovesse eliminare la componente del divario dei prezzi con l'UE, imputabile alla mancanza di concorrenza sul mercato interno, e se gli altri fattori non variassero, i consumatori spenderebbero 19 miliardi di franchi in meno per l'acquisto di beni di consumo.

Le ripercussioni dell'integrazione europea sui prezzi in Svizzera rimangono difficilmente quantificabili. Infatti, l'effetto del rafforzamento della concorrenza dovuto all'integrazione (particolarmente nei settori finora protetti) permette una riduzione dei prezzi all'importazione, alla produzione e al consumo. Tuttavia, grazie a una più elevata dinamica economica ­ generata tra l'altro da esportazioni più competitive e da un accesso facilitato al mercato ­ la domanda sarebbe in crescita, almeno a breve termine, e farebbe aumentare altri prezzi. Ciononostante, l'Ufficio federale di statistica (UST) conclude che le ripercussioni degli Accordi bilaterali I e II a medio e lungo termine inducono una
tendenza al ribasso degli indicatori dei prezzi138.

Tenendo presente quanto precede, la conclusione di nuovi accordi bilaterali avrebbe un impatto molto significativo sui prezzi nei settori sinora protetti (p.es. il settore agricolo o determinati servizi).

Senza dubbio anche gli ostacoli tecnici al commercio hanno una ripercussione sui prezzi. L'attuale strategia della Svizzera nelle sue relazioni con la CE, ha mirato ad abolire gli ostacoli tecnici al commercio tramite la miglior possibile armonizzazione delle prescrizioni svizzere sui prodotti con il diritto della CE e a garantire convenzionalmente l'accesso dei prodotti svizzeri al mercato CE. Quest'ultimo caso vale soprattutto per quei settori di capitale importanza per i quali il diritto della CE prevede una valutazione della conformità dei prodotti da parte di un servizio indipendente o prescrive un'autorizzazione ufficiale. Nell'interesse dell'economia d'esportazione, anche in futuro si opterà per soluzioni di reciprocità.

137

Iten R., Peter M., Vettori A., Menegale S. (Infras), Hohe Preise in der Schweiz: Ursachen und Wirkung, SECO, Rapporto sulle strutture economiche n. 19, Berna 2003; http://www.seco.admin.ch/publikationen/00074/index.html?lang=de 138 UST, Statistica dei prezzi 2005 ­ inventario delle misure politiche che incidono sui prezzi, Neuchâtel, dicembre 2005; http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/fr/index/themen/preise.html

6305

Nei settori in cui ciò non è possibile la Svizzera ­ in applicazione del principio «Cassis de Dijon» in vigore nella CE ­ in futuro potrebbe aprire il mercato svizzero ai prodotti che possono circolare liberamente nella CE139.

Il cosiddetto principio «Cassis de Dijon» discende da una pronuncia del 1979 della Corte di giustizia delle Comunità europee (CdGCE). Secondo questo principio, nella Comunità europea è lecito mettere in commercio qualsiasi prodotto importato da un altro Stato membro se detto prodotto è stato fabbricato secondo le prescrizioni di quest'ultimo Stato e ivi messo legalmente in commercio. Qualora mancassero disposizioni comunitarie relative alla libera circolazione di un prodotto possono essere adottate prescrizioni nazionali contrarie alla commercializzazione di tale prodotto soltanto se è riconosciuto che sono necessarie per soddisfare esigenze determinate dai principi della tutela della sanità pubblica, dal principio della protezione della buona fede negli affari e della protezione dei consumatori. In breve, il principio «Cassis de Dijon» rappresenta un complemento al principio di equivalenza delle prescrizioni nazionali (armonizzazione) e non una sua sostituzione.

Attualmente si sta esaminando l'introduzione autonoma di tale principio nel diritto svizzero nell'ambito di una revisione della legge federale sugli ostacoli tecnici al commercio (LOTC)140. Questo ulteriore strumento può completare l'attuale strategia del Consiglio federale volta a eliminare gli ostacoli tecnici al commercio e intende ravvivare la concorrenza interna e ridurre i costi delle imprese e i prezzi al consumo.

L'entità dell'impatto di questa misura sui prezzi non è ancora stata oggetto di studi approfonditi.

Anche l'ammissibilità di importazioni parallele può avere una ripercussione sui prezzi. Questa questione si pone in prevalenza nel settore della proprietà intellettuale poiché in questo ambito (tradizionalmente: diritto dei brevetti, diritto dei marchi e diritto d'autore) in Svizzera esistono diverse norme. Mentre, in materia di diritto dei marchi e di diritto d'autore, il Tribunale federale ha deliberato a favore dell'esaurimento internazionale e quindi a favore dell'ammissibilità di importazioni parallele di merci protette dal diritto dei marchi e dal diritto d'autore provenienti da un qualsiasi
Paese terzo, in materia di diritto dei brevetti, in assenza di basi legali esplicite sulle quali basarsi, ha statuito il principio dell'esaurimento nazionale. All'interno dell'UE e dello SEE vige l'esaurimento regionale. L'attuale revisione del diritto dei brevetti attualmente in corso intende attenersi al principio dell'esaurimento regionale. In questo contesto, le importazioni parallele di prodotti protetti dal diritto dei brevetti quali medicinali, prodotti fitosanitari, novità vegetali o medicinali veterinari anche in futuro non saranno ammesse.

139

Cfr. Rapporto del Consiglio federale del 23 settembre 2005 sul principio detto «Cassis de Dijon», in risposta al postulato 04.3390 della consigliera nazionale Doris Leuthard, del 18 giugno 2004.

http://www.seco.admin.ch/imperia/md/content/news/medienmitteilungen/cassis_de_dijon _bericht_deutsch.pdf.

140 RS 946.51

6306

4.2.3.6

Fiscalità

Generalità La politica fiscale in ambito di imposte dirette rientra nelle competenze degli Stati membri (n. 3.2.2.4.5). Pertanto l'imposizione diretta delle persone e delle imprese non è di massima toccata dalla cooperazione bilaterale.

Dazi Nel quadro dell'Accordo di libero scambio Svizzera-CEE del 1972141 i dazi sui beni industriali sono stati completamente eliminati, mentre nell'ambito dei prodotti agricoli trasformati il provvedimento concerne soltanto la componente industriale.

Con gli Accordi bilaterali I e II è stata soppressa la protezione alla frontiera di numerosi prodotti agricoli. Nel quadro degli Accordi bilaterali I oltre all'eliminazione di ostacoli non tariffari al commercio sono state negoziate concessioni tariffarie reciproche per prodotti nei settori frutta, verdura e specialità a base di carne. Il mercato del formaggio è stato completamente liberalizzato. Nel quadro degli Accordi bilaterali II è stata estesa la copertura dell'accordo di libero scambio del 1972 ai prodotti agricoli trasformati. Inoltre, per diversi prodotti trasformati non inclusi in questa copertura, sono stati abrogati i contributi all'esportazione e i dazi.

Le minori entrate risultanti dagli Accordi bilaterali I e II ammontano a circa 210 milioni all'anno (circa 110 mio. CHF in base agli Accordi bilaterali I e circa 100 in base agli Accordi bilaterali II). Simultaneamente anche i contributi all'esportazione diminuiranno complessivamente di circa 125 milioni di CHF (65 mio in base agli Accordi bilaterali I e circa 60 mio in base agli Accordi bilaterali II).

Imposte speciali sul consumo (imposta sugli oli minerali, imposta sul tabacco, imposta sulla birra) Gli Accordi bilaterali esistenti non contengono alcuna normativa sull'imposta sugli oli minerali, l'imposta sul tabacco e l'imposta sulla birra. La via bilaterale non ha effetti né sul prelievo dell'imposta sugli oli minerali, né sulla riscossione dell'imposta sul tabacco e dell'imposta sulla birra. La Svizzera tende però sempre più a strutturare i suoi sistemi e le sue aliquote in modo eurocompatibile.

Imposta sul valore aggiunto Proseguendo sulla via bilaterale, la Svizzera rimane esclusa dal mercato interno dell'UE. Essa può continuare a fissare autonomamente l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto. L'importazione di beni è ulteriormente tassata
alla frontiera, mentre l'esenzione fiscale delle esportazioni a destinazione dell'UE viene fatta dipendere da una comprova dell'esportazione. Il maggior onere amministrativo per i contribuenti e per l'amministrazione nel contesto della compensazione fiscale alla frontiera non verrebbe soppresso.

Imposizione delle società (imposta sull'utile/capitale) Taluni accordi bilaterali con gli Stati membri (convenzioni di doppia imposizione) e l'Accordo sulla fiscalità del risparmio con la CEE142 garantiscono sgravi tra società associate in misura pressoché equivalente a quella delle Direttive europee («società 141 142

RS 0.632.401 RS 0.641.926.81

6307

madre e filiale» per il dividendo e quella «interessi e canoni» per le imprese associate). Alcuni vantaggi concessi agli Stati membri in seno all'UE non sono invece accordati agli Stati terzi, fra i quali la Svizzera (p.es. regime delle fusioni, modalità più favorevoli di imposizione dei guadagni di capitale).

Imposizione alla fonte In Svizzera tutti i proventi periodici e unici, segnatamente anche quelli provenienti da un rapporto di lavoro, sottostanno all'imposta sul reddito. L'imposta sul reddito è riscossa presso il beneficiario del reddito (cosiddetta procedura ordinaria). Nel caso dei lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno in Svizzera le leggi tributarie della Confederazione e dei Cantoni prevedono invece un'imposizione alla fonte.

Tale imposizione si applica a tutte le persone (e quindi anche ai cittadini svizzeri) che esercitano un'attività dipendente in Svizzera, ma hanno il loro domicilio o dimora fiscale all'estero. In questi casi il debitore della prestazione imponibile ha l'obbligo di trattenere l'imposta dovuta e di versarla periodicamente all'autorità fiscale competente.

L'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ACP)143 non impedisce tuttavia agli Stati contraenti di operare ­ nell'applicazione delle pertinenti disposizioni delle loro singole legislazioni tributarie ­ una differenziazione nei confronti dei contribuenti che non si trovano in situazioni paragonabili, segnatamente per quanto concerne il luogo di residenza. Nondimeno le parti contraenti, ossia le autorità competenti in Svizzera e negli Stati membri, devono garantire che i loro sistemi rispettivi di imposizione dei lavoratori stranieri non siano discriminanti ai sensi dell'Accordo.

Per l'interpretazione del concetto di discriminazione occorre riferirsi alla giurisprudenza della Corte europea di giustizia (sino alla data della firma dell'Accordo, 1999). Fino a quel momento l'Accordo non aveva alcuna ripercussione sulla struttura dell'imposizione svizzera alla fonte.

Imposizione delle operazioni con titoli Dal 1999 la Svizzera ha fondamentalmente riveduto numerosi decreti federali concernenti la tassa di negoziazione sulle transazioni di titoli. La continuazione della via bilaterale non toccherebbe la sovranità fiscale in questo ambito.

Imposta sui conferimenti di capitale La Svizzera applica una
tassa di emissione sul capitale proprio e una tassa di emissione sul capitale di terzi. Entrambi gli oggetti fiscali possono essere mantenuti nel quadro della via bilaterale.

Sovranità fiscale cantonale Gli accordi bilaterali esistenti non contengono normative che concernono la sovranità fiscale cantonale144. Cionondimeno la Commissione dell'UE ha recentemente obiettato che taluni regimi fiscali cantonali sono in contraddizione con l'Accordo di libero scambio del 1972145 tra la Svizzera e la CE. In caso di continuazione della via 143 144

RS 0.142.112.681 L'accordo per evitare la doppia imposizione dei funzionari in pensione delle istituzioni e agenzie delle Comunità europee residenti in Svizzera (RS 0.672.926.81) prevede nondimeno che a determinate condizioni i Cantoni e i Comuni non possono prelevare l'imposta sul reddito sulle pensioni di ex funzionari dell'UE residenti in Svizzera.

145 RS 0.632.401

6308

bilaterale non si può pertanto escludere che l'UE mantenga la sua richiesta ponendo l'esigenza di nuovi accordi.

Assistenza amministrativa, assistenza giudiziaria, segreto bancario La cooperazione amministrativa e giudiziaria in materia fiscale tra la Svizzera e l'UE è stata migliorata tramite la conclusione di accordi bilaterali. In ambito di imposte dirette, la Svizzera è riuscita mediante taluni accordi nel quadro dei Bilaterali II (Schengen/Dublino146, lotta con le frodi147 e fiscalità del risparmio148) a tutelare il segreto bancario. La Svizzera non ha l'obbligo di riprendere modifiche future del patrimonio normativo rilevante di Schengen che potrebbero direttamente concernere il segreto bancario a livello di imposte dirette.

4.2.3.7

Piazza finanziaria

La grande importanza delle relazioni tra la Svizzera e l'UE nel settore finanziario può essere commisurata dal fatto che questo settore ­ con una quota occupazionale del 5,6 percento ­ produce circa il 14,5 percento del valore aggiunto dell'economia svizzera. L'industria finanziaria contribuisce nella misura di quasi un quarto all'eccedenza della bilancia dei redditi. Le maggiori banche svizzere e le assicurazioni hanno sviluppato nel corso degli ultimi anni la loro presenza in loco nell'UE.

Le banche estere in Svizzera sono precipuamente filiali o succursali di banche dello spazio UE, che sfruttano prevalentemente la piazza Svizzera per operazioni di Private Banking orientate globalmente. Anche i grandi gruppi assicurativi esteri dispongono attualmente di punti d'appoggio in Svizzera. L'interdipendenza economica della Svizzera nei confronti dell'UE è pertanto stretta nel settore finanziario. In questo ambito le future relazioni tra la Svizzera e l'UE sono di grande rilevanza economica globale. Al centro di questa dinamica si situano le questioni di adeguamento della legislazione svizzera sui mercati finanziari, di compartecipazione alla definizione di norme a livello dell'UE e di accesso reciproco al mercato. Queste questioni sono discusse anche in seno ad altri organismi internazionali (p.es. GAFI, OCSE).

Nel settore delle prestazioni di servizi finanziarie non esiste alcun accordo bilaterale con l'UE, a prescindere da un Accordo del 1989 (in vigore dal 1993) in materia di libera scelta del domicilio nel settore dell'assicurazione diretta contro i danni149.

Questo status quo comporta vantaggi e inconvenienti per la Svizzera. Esso non esige la ripresa del patrimonio normativo dell'UE. Di conseguenza la Svizzera non partecipa alle discussioni dei pertinenti comitati delle autorità di regolamentazione (titoli, banche, fondi di pensione e assicurazioni) che concretizzano le direttive dell'UE. Il mantenimento di una legislazione specifica svizzera e un disciplinamento dei mercati finanziari differenziato rispetto a quello dell'UE permangono possibili e offrono opportunità agli attori della piazza finanziaria Svizzera. A questa circostanza fa riscontro il fatto che, senza un accordo bilaterale, l'accesso transfrontaliero degli offerenti al mercato non è garantito in modo illimitato e durevole, ad esempio nel settore dei fondi di investimento e dei fondi di pensioni.

146 147 148 149

FF 2004 5747 5777 FF 2004 5801 RS 0.641.926.81 RS 0.961.1

6309

La conclusione di un accordo bilaterale nel settore delle prestazioni di servizi finanziarie significherebbe l'accesso indiscriminato al mercato finanziario interno dell'UE e una maggiore concorrenza esterna. A livello di operazioni transfrontaliere si potrebbe evitare un'emigrazione selettiva di posti di lavoro e di valore aggiunto. Le ripercussioni di un simile accordo dipendono però dalla scelta dell'approccio negoziale. Ciò concerne in particolare un'eventuale inclusione delle politiche orizzontali e un'eventuale ripresa dinamica del patrimonio normativo dell'UE, nonché l'esame di esigenze dell'UE in ambito fiscale (cfr. n. 2.3.4).

4.2.3.8

Politica monetaria

La via bilaterale, qualunque ne sia la forma, non ha alcuna ripercussione dal profilo monetario. La Svizzera conserva il franco. La Banca nazionale svizzera (BNS) continua a perseguire una politica monetaria indipendente. Ciò significa che i saggi di interesse a breve scadenza sono stabiliti dalla BNS tenendo conto dei bisogni dell'economia nazionale. Quanto ai saggi di interesse a lunga scadenza, essi sono stabiliti dal mercato e rimangono tipicamente inferiori a quelli praticati all'estero (anche se questa differenza potrà diminuire con il tempo). Il corso del franco permane flessibile. L'inflazione a lungo termine continua a dipendere dalla politica monetaria della BNS.

4.2.3.9

Ripercussioni finanziarie sul preventivo

Nella valutazione delle ripercussioni finanziarie della via bilaterale occorre operare una distinzione tra gli accordi attualmente in vigore e i possibili futuri accordi aggiuntivi.

Di massima, nella valutazione delle ripercussioni finanziarie confluiscono unicamente le entrate e le uscite documentate durevolmente nel preventivo. Le ripercussioni di carattere unico, come ad esempio la soppressione di entrate doganali o i contributi puntuali di investimento, non sono potenzialmente irrilevanti, ma non svolgono un ruolo determinante se osservate sul lungo termine.

Le ripercussioni sui bilanci pubblici degli accordi bilaterali esistenti sono state presentate in modo per quanto possibile esauriente nei messaggi relativi agli Accordi bilaterali I e II. La difficoltà di effettuare previsioni infallibili è illustrata dal fatto che successivamente talune stime delle maggiori uscite o entrate si sono rivelate inesatte.

In considerazione dei numerosi fattori che possono influenzare l'evoluzione corrente del preventivo, dal profilo metodico è particolarmente difficile determinare e delimitare l'influsso effettivo degli accordi bilaterali su tale evoluzione. Per questo motivo verranno illustrate qui di seguito unicamente le ripercussioni finanziarie degli accordi bilaterali chiaramente definibili e durevolmente rilevanti ai fini del preventivo.

Ciò concerne anzitutto accordi aventi per oggetto la partecipazione della Svizzera ai programmi o alle agenzie dell'UE. I dati qui appresso si fondano su stime basate sui decreti di bilancio dell'UE per il periodo 2007­2013 e costituiscono approssimazioni sommarie degli oneri finanziari annui medi sul bilancio della Confederazione durante tale periodo.

6310

Accordi in vigore ­

Ricerca: negli anni dell'associazione al 6° Programma quadro di ricerca (2004­2006) i pagamenti svizzeri a Bruxelles sono stati in media di 218 milioni di CHF all'anno. La partecipazione della Svizzera al 7° Programma quadro di ricerca dell'UE costerà tra i 245 e i 470 milioni di CHF all'anno; sulla media del periodo i contributi annui sono di circa 380 milioni di CHF all'anno.

­

Eurostat: il contributo annuo ammonta a circa 9 milioni di CHF.

­

Agenzia per l'ambiente: l'indennità annua ammonta a circa 2 milioni di CHF.

­

Programma MEDIA: partecipazione ai costi di circa 7 milioni di CHF all'anno.

Accordi non ancora in vigore ­

Schengen/Dublino: nell'ambito dell'associazione a Schengen e Dublino la Svizzera avrebbe dovuto versare nel 2006 circa 6,4 milioni di CHF al bilancio dell'UE se gli accordi fossero già entrati in vigore nel corso di questo anno150. Quando la Svizzera avrà approvato la ripresa dell'agenzia frontaliera FRONTEX e del futuro fondo per le frontiere esterne, verranno inoltre a scadenza per il periodo 2007­2013 circa 1,9 milioni di CHF per l'agenzia di frontiera (FRONTEX)151 e circa 13 milioni di CHF per il Fondo per la protezione delle frontiere152. Il tutto corrisponderebbe a un importo di 21 milioni di CHF all'anno. Le spese d'esercizio di SIS II nonché verosimilmente i contributi all'agenzia di frontiera e al Fondo di protezione delle frontiere dovranno essere versati soltanto ad avvenuta entrata in vigore dell'accordo di associazione.

­

Formazione e gioventù: la partecipazione futura al programma dell'UE «per l'apprendimento per tutta la vita» costerà in media alla Svizzera 43 milioni di CHF e quella al programma «Gioventù» circa 7 milioni di CHF (nell'ipotesi della chiave di ripartizione dello SEE); il contributo complessivo della Svizzera sarà pertanto di circa 50 milioni di CHF all'anno.

Accordi decisi quanto al principio (da negoziare) ­

Formazione e gioventù: per la futura partecipazione al programma UE per un «apprendimento durante tutto l'arco della vita» la Svizzera dovrebbe con-

150

Nel caso di queste cifre si tratta unicamente di stime che vanno considerate con la massima prudenza. Le cifre si basano sul fattore di proporzionalità dell'anno 2005, ossia il 3,645 %. Tale importo comprende contributi a spese amministrative di Schengen (0.92 mio CHF all'anno), spese di sviluppo SIS II (circa 1.87 mio CHF, spesa unica, con scadenza all'entrata in vigore), spese d'esercizio SIS II (circa 0,28 mio CHF all'anno), costi di investimento, di gestione e operative di Eurodac (ca. 1,66 mio CHF, spesa unica, poi circa 113'000 CHF all'anno per l'esercizio) e spese di sviluppo (ca. 1,7 mio CHF150 ­ spesa unica, poi spese d'esercizio).

151 Le cifre definitive per quest'anno non sono ancora disponibili. Avamprogetto di preventivo 2007 della Commissione europea per l'agenzia: ca. 33 mio CHF.

152 Stime provvisorie secondo la chiave di ripartizione degli Stati partecipanti a Schengen a partire dal 2007 (Stati dell'UE [meno Regno Unito e Irlanda], statistiche PIL Eurostat 2005) = 3,1 %, e sulla base delle proposte rivedute della Commissione europea per il 2007­2013, che prevedono un pacchetto finanziario di 1,82 miliardi CHF su 7 anni.

L'avamprogetto di preventivo della Commissione europea prevede per il 2007 un credito di 155 milioni di euro per il Fondo.

6311

tribuire in media con 44 mio CHF, per il programma «Gioventù» con circa 5 mio CHF (chiave di ripartizione SEE); globalmente il contributo della Svizzera ammonterebbe a circa 49 mio CHF.

Complessivamente le indennità convenute contrattualmente per la partecipazione ai programmi e alle agenzie dell'UE ammontano in media per il periodo 2007­2013 a circa 472 milioni di CHF all'anno. Vi si aggiungono di caso in caso i costi di attuazione interna degli accordi, che non sono però direttamente vincolati per contratto e non sono pertanto menzionati in questa sede.

Accordi in progetto Anche gli accordi bilaterali futuri avranno ripercussioni dirette di costi sul bilancio della Confederazione se comportano la partecipazione della Svizzera a programmi o agenzie dell'UE. A titolo di possibili esempi si possono citare la partecipazione della Svizzera al progetto di satellite europeo «Galileo», la partecipazione all'Agenzia europea per la sicurezza aerea EASA153 o la partecipazione a programmi e agenzie nel settore della sanità pubblica e della protezione dei consumatori.

Una piena partecipazione a questi tre strumenti può attualmente essere stimata in 17 milioni di CHF all'anno, ripartiti come segue: Per la creazione del progetto «Galileo» la Commissione dell'UE prevede per il periodo 2007­2013 uscite pari a 1,56 miliardi di CHF. Secondo le stime la quota della Svizzera a queste spese ammonterebbe a circa 6,5 milioni di CHF all'anno.

Un'adesione della Svizzera all'EASA comporterebbe un'indennità annua di circa 1 milione di CHF.

Nel caso di un accordo bilaterale sulla cooperazione in ambito di sanità pubblica e di protezione dei consumatori, la Svizzera dovrebbe partecipare a determinati programmi e agenzie154.

Sulla scorta degli elementi budgetari noti e della chiave di ripartizione solitamente utilizzata per il calcolo dei contributi degli Stati partecipanti (modello SEE), il costo globale della partecipazione ai programmi e alle agenzie precitati potrebbe ammontare approssimativamente a 9,36 milioni di CHF. Questa stima dovrà essere riveduta a tempo debito sulla base delle previsioni budgetarie 2007­2013.

Nuovi accordi commerciali bilaterali, come ad esempio sul transito di corrente elettrica o sul libero scambio nel settore agricolo e delle derrate alimentari potrebbero avere ripercussioni finanziarie
che dipendono però interamente dal risultato concreto delle trattative, sulle quali non è pertanto possibile effettuare previsioni.

Contributo svizzero all'attenuazione delle disparità economiche e sociali A quanto precede si aggiunge il contributo svizzero all'attenuazione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata. La Svizzera si è dichiarata disposta a impegnarsi in ragione di un totale di 1 miliardo di CHF su cinque anni a favore della realizzazione di progetti e di programmi di cooperazione nei nuovi Stati membri dell'UE. Ciò corrisponde a un impegno medio annuo di 200 milioni di CHF, presu153

La partecipazione della Svizzera all'EASA sarà prevista in una modifica dell'allegato dell'Accordo bilaterale sul trasporto aereo del 1999; cfr. messaggio del Consiglio federale del 25 maggio 2005 sulla partecipazione della Svizzera all'AESA (modifica dell'allegato sull'accordo aereo Svizzera-UE e della legge sul traffico ereo, FF 2005 3479 seg.).

154 Cfr. il n. 4.2.2.4.

6312

mibilmente nel periodo 2008­2012. Dato che l'attuazione dei progetti durerà più a lungo, si conta su spese annue effettive di circa 100 milioni di CHF all'anno sull'arco di 10 anni. Nel contesto dell'adesione della Bulgaria e della Romania all'UE è probabile che l'UE richieda alla Svizzera la continuazione del sostegno svizzero a questi Paesi. Per il momento una simile richiesta non è ancora stata presentata.

Attualmente la Bulgaria e la Romania sono sostenute dalla Svizzera nel quadro dell'aiuto alla transizione. Una continuazione della cooperazione bilaterale sarebbe di massima possibile in virtù della legge federale sull'aiuto ai Paesi dell'Est, ma dovrebbe essere decisa dall'Assemblea federale sotto forma di corrispondente credito quadro aggiuntivo.

Tabella riassuntiva Nel caso di queste cifre si tratta unicamente di stime da considerare con grande prudenza. Esse non prendono in considerazione né i costi condizionati indirettamente, né gli eventuali sgravi di uscite per la Confederazione, né tantomeno gli aspetti politici e le ripercussioni macroeconomiche degli accordi.

Mio CHF all'anno

Spese (mio) fino al 2006

dal 2007 o dopo

218 ­ 1,9 ­ 7

350155 9156 2 0,2157 8,6158

a) Accordi in vigore Ricerca Eurostat Agenzia per l'ambiente Osservatorio del traffico alpino MEDIA Totale a)

369,8

b) Accordi decisi ma non ancora in vigore Schengen

6,4159

Totale b)

21160 21

c) Accordi decisi quanto al principio (da negoziare) Gioventù ed educazione Totale b) et c) Totale a), b) et c)

­

49161 70 439,8

155 156 157 158 159 160

Media annua sulla base delle previsioni rivedute per il periodo 2007­2013.

Entra in vigore il 1° gennaio 2007.

Contributo per il primo anno, poi circa 80'000 CHF all'anno.

Stima approssimativa in media annuale per il periodo 2007­2013.

Se l'entrata in vigore avviene nel 2006.

Al più presto quando le condizioni di applicazione dell'accordo di associazione e l'accettazione degli atti relativi all'Agenzia e al Fondo per la protezione delle frontiere saranno adempite.

161 A partire dal 2008.

6313

Mio CHF all'anno

Spese (mio) fino al 2006

dal 2007 o dopo

d) Accordi in progetto Galileo EASA Sanità pubblica

­ ­ ­

Totale d)

6,5 1,0 9,4162 16,9

e) Contributo della Svizzera all'attenuazione delle disparità 163 Contributo svizzero

100164

Una parte delle spese per programmi menzionate qui sopra rifluirà in Svizzera165, ad esempio sotto forma di finanziamenti di progetti per i partecipanti svizzeri.

4.2.4

Infrastrutture

Le disposizioni dell'Accordo sui trasporti terrestri, il cui obiettivo è di favorire il trasferimento del traffico di transito dalla strada alla rotaia, si sono dimostrate valide. Con questo accordo, tuttavia, la Svizzera non ha un'influenza diretta sulle decisioni dell'UE che la riguardano in materia di trasporti. Al di là di questo la Svizzera, vista la sua posizione geografica, è e continua ad essere per l'UE un importante partner in materia di trasporti. Nel settore del trasporto aereo l'Accordo in vigore estende alla Svizzera la maggior parte del diritto comunitario in materia. In seno al Comitato misto è in corso un dibattito in vista della partecipazione all'Agenzia europea per la sicurezza aerea e al progetto «Cielo unico europeo» (Single European Sky), che si prefigge di migliorare il sistema europeo di navigazione aerea. Il settore delle telecomunicazioni non è in sé oggetto di un accordo bilaterale specifico; l'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio riguarda unicamente questioni legate al mercato delle installazioni.

Ciò non è sufficiente per partecipare per esempio alla politica in materia di frequenze a livello europeo. La Svizzera sta conducendo attualmente colloqui esplorativi in vista di una piena partecipazione al progetto europeo sul sistema di navigazione satellitare Galileo. Per quanto concerne la posta, la politica svizzera di apertura del mercato segue la stessa linea dell'UE, ma con un certo ritardo.

Nel settore dell'energia la Svizzera ha definito un mandato per l'avvio di negoziati in vista di un accordo bilaterale. L'obiettivo è di regolamentare l'accesso

162

Stima da rielaborare sulla base degli importi riveduti delle previsioni budgetarie 2007­2013, non disponibili.

163 Nell'ipotesi dell'accettazione della nuova legge concernente l'aiuto ai Paesi dell'Est e del corrispondente credito quadro.

164 Ciò corrisponde a un impegno annuo medio di 200 milioni di CHF, presumibilmente nel periodo 2008­2012. Dato che l'attuazione dei progetti durerà più a lungo, si conta su spese annue effettive di circa 100 milioni di CHF all'anno sull'arco di 10 anni.

165 Riflusso prospettato: ricerca, ca. 100 %, formazione, ca. 80 %.

6314

reciproco al mercato, la questione del transito e il riconoscimento dei certificati di origine per la corrente elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Perno della rete elettrica europea, la Svizzera ha interesse a rafforzare la sua posizione sul mercato. Dal canto suo, l'UE intende estendere a Stati terzi il campo di applicazione delle sue norme, allo scopo di garantire il buon funzionamento del mercato interno. In tema di ambiente, dall'aprile 2006 la Svizzera partecipa all'Agenzia europea dell'ambiente, potendo così contribuire alla risoluzione dei problemi ambientali transfrontalieri e far valere i propri interessi. Ciò le consente di collaborare alla messa a punto di misure protettive dell'ambiente senza essersi impegnata nel senso di un'armonizzazione delle proprie norme. In futuro si prevedono altri accordi in settori come i marchi ecologici, i prodotti chimici o ancora il commercio di permessi di emissione.

4.2.4.1

Trasporti

Trasporti ferroviari e stradali La via degli accordi bilaterali consente ulteriori adeguamenti all'acquis comunitario nell'applicazione dell'Accordo sui trasporti terrestri166 (e dell'Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità167). Nel settore dei trasporti (su strada/rotaia) non si segnala per ora l'esigenza di grosse modifiche dell'Accordo sui trasporti terrestri né di un nuovo quadro normativo. Gli adeguamenti tecnici dell'Accordo sono discussi e decisi in seno al Comitato misto dei trasporti terrestri CH-CE. Si tratta tra l'altro anche di miglioramenti istituzionali per la partecipazione della Svizzera al processo della comitologia, vale a dire ai vari comitati CE e ai gruppi di esperti, nonché per l'associazione alle relative Agenzie (p.es. la «European Railway Agency»).

Le disposizioni dell'Accordo sui trasporti terrestri che mirano al trasferimento del traffico dalla strada alla ferrovia e alla protezione della regione alpina si sono rivelate valide e hanno consentito una pianificazione coordinata delle infrastrutture (NFTA). L'Accordo tiene conto, in termini di politica dei trasporti e regime dei pedaggi stradali, della particolare posizione della Svizzera nella regione alpina (potenziamento del trasferimento su rotaia dei flussi di traffico attraverso la Svizzera, mantenimento a livelli stabili o lenta riduzione del traffico stradale, mantenimento del divieto di circolazione notturno e domenicale per i mezzi pesanti) e garantisce in linea di massima ai trasportatori svizzeri pari opportunità di accesso al mercato dei trasporti.

La via degli Accordi bilaterali implica però anche che la Svizzera non ha un influsso diretto sull'elaborazione e sullo sviluppo della politica dei trasporti europea, dalla quale è però direttamente interessata. Dato che gli organi dell'UE di cui la Svizzera fa parte vanno tendenzialmente perdendo il loro potere d'influsso, essa rischia ­ a medio o lungo termine ­ di trovarsi isolata a livello di politica dei trasporti. Deve inoltre attuare autonomamente ­ ma senza diritto di codecisione in seno agli organi decisionali dell'UE ­ l'acquis comunitario, il cui recepimento è previsto conformemente all'Accordo. La Svizzera non può infine beneficiare nemmeno del finanzia166 167

RS 0.740.72 RS 0.946.526.81

6315

mento UE a favore dei grandi progetti TEN (trasporti transeuropei). È bene ricordare che la Svizzera è un partner importante dell'Unione europea in materia di transito alpino e che l'UE ha quindi interesse a cooperare.

Trasporto aereo L'Accordo sul trasporto aereo168 estende già ora alla Svizzera la maggior parte del diritto comunitario in materia, offrendo pertanto alle compagnie svizzere condizioni non discriminatorie nell'ambito dello spazio aereo europeo. Le compagnie aeree delle Parti contraenti godono delle libertà dell'aria (ad accezione dell'8a libertà, vale a dire il cabotaggio169), della libertà tariffaria, dell'assenza di limitazioni di capacità nonché della libertà di stabilimento e di investimento. La Svizzera riconosce la competenza delle istituzioni comunitarie nel settore della concorrenza (ad eccezione del settore degli aiuti statali). L'Accordo sul trasporto aereo implica che la Svizzera accetti di recepire il nuovo quadro normativo di riferimento, senza il quale le divergenze tra le norme svizzere e quelle comunitarie ostacolerebbero la corretta applicazione dell'Accordo.

La Svizzera rimane indipendente nell'ambito della costruzione, dello sfruttamento e del finanziamento delle infrastrutture aeronautiche. La Commissione, tuttavia, ­ in occasione dell'ultima riunione del Comitato misto ­ ha già chiesto alla Svizzera di impegnarsi per l'applicazione degli orientamenti comunitari concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti statali per l'avvio dell'attività delle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali (questa proposta è ancora al vaglio).

La regolamentazione europea in materia di sicurezza dell'aviazione ha comportato una serie di obblighi relativi alle singole infrastrutture e al funzionamento dei servizi aeroportuali interessati. La stessa situazione potrebbe delinearsi in materia di sicurezza in considerazione della prevista estensione al settore delle infrastrutture delle competenze dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA), di cui farà parte la Svizzera.

La partecipazione della Svizzera al progetto Cielo unico europeo (Single European Sky, SES) dovrebbe comportare una certa uniformazione nella scelta e nell'utilizzo del materiale di gestione del traffico aereo, a prescindere dal tipo di collaborazione considerata.

Se si esamina il contenzioso
tra Svizzera e Germania in merito alle procedure di avvicinamento e di decollo all'aeroporto di Kloten, risulta che la Commissione ritiene chiaramente che la Svizzera non può essere trattata alla stessa stregua di uno Stato membro.

Va infine notato che l'accordo bilaterale non pregiudica le competenze della Svizzera nell'ambito delle sue relazioni con gli Stati terzi.

Galileo Nell'ambito della costruzione delle reti transeuropee, l'UE prevede anche la costruzione di un sistema proprio di navigazione satellitare («Galileo»). Lo sviluppo tecnologico del sistema è realizzato e finanziato in collaborazione con l'Agenzia 168 169

RS 0.748.127.192.68 Cabotaggio significa che la compagnia di un altro Stato membro effettua un volo domestico. Questa libertà sarà oggetto di negoziati a distanza di 5 anni dall'entrata in vigore dell'accordo, ovvero a partire dal giugno del 2007.

6316

spaziale europea (ESA), tra i cui membri figura anche la Svizzera. Nel 2007 i diritti di proprietà e la vigilanza sul sistema saranno trasferiti a un'agenzia di diritto europeo. La Svizzera intende associarsi a questa agenzia per assicurarsi l'accesso ai servizi a condizioni di parità e taluni diritti di partecipazione alle decisioni. Sulla questione sono attualmente in corso colloqui esplorativi.

4.2.4.2

Telecomunicazioni

L'unico settore integrato in un accordo bilaterale è quello degli impianti di telecomunicazione (Allegato 7 dell'Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità170). I vantaggi che la Svizzera può trarre da questo Accordo per il proprio mercato degli impianti sono limitati. Questo settore, infatti, dipende per certi versi dalla politica europea delle frequenze, che non è coperta da nessun accordo. La Svizzera non ha quindi nessuna possibilità di partecipare alla definizione della politica delle frequenze dell'UE.

Tenuto conto delle specificità del settore dei servizi di telecomunicazione, un accordo complementare con l'UE dovrebbe fondarsi sulla ripresa integrale dell'acquis comunitario in materia (accordo-tipo d'integrazione). Tale acquis è caratterizzato dall'analisi «ex ante», da parte delle autorità di regolamentazione nazionali, della situazione di concorrenza su un dato numero di mercati pertinenti stabiliti dalla Commissione europea. Sulla base di tale analisi, dette autorità sono chiamate a imporre i dovuti obblighi ai fornitori dominanti. Tale sistema non è stato ripreso nella modifica della Legge sulle telecomunicazioni (LTC) del 24 marzo 2006171. La Commissione federale delle comunicazioni (ComCom) continuerà dunque a poter analizzare la situazione di concorrenza su un dato mercato soltanto su richiesta esplicita di un fornitore di servizi di telecomunicazione. La modifica della LTC ha invece introdotto nuovi obblighi d'accesso a carico dei fornitori dominanti, tra cui l'accesso completamente disaggregato alla rete locale, muovendosi così nel senso della regolamentazione europea sulla materia, senza tuttavia recepirla integralmente.

Nel settore delle frequenze i parametri tecnici delle decisioni della Commissione si basano attualmente sui lavori effettuati nel quadro della Conferenza europea delle amministrazioni delle poste e telecomunicazioni (CEPT), di cui la Svizzera è membro a pieno titolo. Se tale situazione dovesse cambiare, le due Parti potrebbero avere interesse a concludere un accordo nel settore delle frequenze, per garantire segnatamente l'accesso allo spettro delle frequenze nelle zone frontaliere e l'utilizzo paneuropeo dei servizi di radiocomunicazione.

Le conseguenze economiche e sociali della cooperazione bilaterale sarebbero quindi le
stesse che nel caso di un'adesione (cfr. n. 4.4.4.2 qui di seguito), senza gli effetti secondari legati all'applicazione di tutta una serie di regole orizzontali, ad esempio le regole di concorrenza. Sul piano istituzionale la conclusione di un accordo bilaterale presenterebbe vantaggi limitati, poiché l'unica rivendicazione che la Svizzera potrebbe avanzare sarebbe al massimo una partecipazione in qualità di osservatore al Comitato per le comunicazioni e al Comitato per lo spettro radio, alla stregua dei Paesi AELS membri dello SEE. Tale statuto sarebbe paragonabile a quello ottenuto dalla Svizzera nel quadro dell'Accordo bilaterale I in seno al Comitato per la valuta170 171

RS 0.946.526.81 RS 784.10

6317

zione della conformità e la sorveglianza sul mercato delle apparecchiature di telecomunicazione.

4.2.4.3

Energia

A seguito di colloqui preliminari, nel 2005 la Svizzera e l'UE hanno ribadito la loro intenzione di negoziare un accordo nel settore dell'elettricità. La Svizzera, che svolge un ruolo cardine nel commercio europeo di elettricità, ha interesse a consolidare il proprio ruolo chiave nel mercato interno europeo. Con l'estensione a Stati terzi del campo d'applicazione delle norme comunitarie, l'UE intende garantire il buon funzionamento del mercato interno dell'elettricità. Rivestono un'importanza particolare la direttiva 2003/54/CE relativa al mercato interno dell'elettricità172, il regolamento CE n. 1228/2003 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica173, la direttiva 2005/89/CE concernente misure per la sicurezza dell'approvvigionamento di elettricità174 e la direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili175. Un accordo tra la Svizzera e la Comunità europea deve in sostanza coprire questi quattro atti legislativi.

Con la legge federale sull'approvvigionamento elettrico (LApEl) e la revisione della legge del 24 giugno 1902 sugli impianti elettrici (LIE)176 nonché della legge del 26 giugno 1998 sull'energia (LEne)177, la Svizzera ha provveduto ad armonizzare il più possibile la propria legislazione alla normativa europea. A seconda dell'esito delle consultazioni parlamentari sulla LApEl e LIE, nell'accordo si dovranno negoziare disposizioni transitorie e deroghe. L'accordo dovrà fungere da Protocollo aggiuntivo all'Accordo di libero scambio del 22 luglio 1972178 . Gli adeguamenti dell'Accordo in base al futuro diritto comunitario saranno discussi in seno al Comitato misto per l'Accordo di libero scambio.

È difficile prevedere se l'UE richiederebbe alla Svizzera di recepire altre regole del diritto europeo sull'energia. Ciò sarebbe immaginabile soprattutto nei punti in cui l'UE dovesse individuare una carente reciprocità o vantaggi competitivi per la Svizzera, come p.es. per gli obiettivi a livello di emissioni di CO2.

In eventuali altre trattative bilaterali il tema dell'energia nucleare non sarà verosimilmente affrontato. Del resto, dall'entrata in vigore della legge sull'energia nucleare del 21 marzo 2003 (LENu)179, a determinate condizioni le centrali nucleari svizzere possono essere gestite anche da società estere.

172 173 174 175 176

GU L 176 del 15.7.2003, p. 37 GU L 176 del 15.7.2003, p. 1 GU L 33 del 4.2.2006, p. 22 GU L 283 del 27.10.2001, p. 33 RS 734.0. Messaggio del 3 dicembre 2004 concernente la modifica della legge sugli impianti elettrici e la legge sull'approvvigionamento elettrico, FF 2005 1447.

177 RS 730.0 178 RS 0.632.401 179 RS 732.1

6318

4.2.4.4

Posta

L'apertura del mercato postale in Svizzera segue in gran misura i principi adottati in seno all'UE. La politica svizzera si muove nella stessa direzione di quella dell'UE, ma con un certo ritardo. Il settore postale fa parte di quello dei servizi. Se la Svizzera intende allineare la competitività del proprio mercato postale agli sviluppi in corso in quello dell'Unione europea, dovrà farlo nel quadro di un accordo.

Finora la Svizzera ha perseguito una linea di apertura moderata e controllata del mercato postale: dal 1° aprile 2006 il monopolio sulle lettere in Svizzera è di 100 g, mentre nei Paesi dell'Unione è già a quota 50 g; l'UE ritiene inoltre che il 2009 potrebbe essere una data possibile per l'apertura totale del mercato. La Commissione europea presenterà prima del 31 dicembre 2006 i risultati degli studi sulla base dei quali essa sottoporrà una proposta al Parlamento. L'Unione europea, come la Svizzera, intende perseguire una linea di apertura controllata del mercato postale. Il ritardo rispetto all'UE si spiega in primis per i processi svizzeri interni, che sono più lunghi. La Posta svizzera trae vantaggi diretti da una simile situazione in quanto può sviluppare le sue attività sul mercato europeo, che è più aperto di quello svizzero.

Per il resto si segnalano divergenze rispetto all'UE nei seguenti campi: sovvenzioni trasversali, aiuti statali, indipendenza dell'autorità di regolazione. La legislazione svizzera autorizza la Posta a utilizzare la sua rendita di monopolio per sovvenzionare i settori del servizio universale aperti alla concorrenza. L'UE autorizza una simile sovvenzione trasversale unicamente quando risulta strettamente indispensabile all'adempimento degli obblighi specifici di servizio universale. La Posta beneficia inoltre di trasferimenti finanziari da parte della Confederazione (servizio universale non soggetto all'imposizione sull'utile, nessuna remunerazione dei fondi pubblici impegnati sotto forma di dotazione di capitale e garanzia della Confederazione), trasferimenti regolati da leggi più severe in seno all'Unione europea. La Svizzera, infine, ha di recente istituito un regolatore indipendente dal punto di vista tecnico, ma aggregato sul piano amministrativo alla Segreteria generale del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle
comunicazioni (DATEC).

Tale soluzione, apparsa sin dall'inizio insufficiente, è stata necessaria per consentire all'autorità di regolazione postale di entrare rapidamente in funzione. Una modifica della legge si rivela dunque indispensabile per definirne l'indipendenza e le competenze.

Le differenze attualmente riscontrabili tra la legislazione postale svizzera e quella europea potrebbero annullarsi per effetto della decisione del Consiglio federale del 3 maggio 2006 di procedere a una revisione totale della legge sulle poste (LPO)180 e della legge sull'organizzazione delle poste (LOP)181. È previsto inoltre che la Svizzera stabilisca le successive tappe della liberalizzazione del mercato fino alla completa soppressione del monopolio sulle lettere. Sarebbe in tal senso utile coordinare in un accordo le prossime tappe di riforma tra la Svizzera e l'Unione europea.

180 181

RS 783.0 RS 783.1

6319

4.2.4.5

Ambiente

Nell'ambito dei Bilaterali II la Svizzera ha concluso con la Comunità europea un accordo sulla partecipazione all'Agenzia europea per l'ambiente (AEA) e alla rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale EIONET.

L'accordo, entrato in vigore il 1° aprile 2006182, consente alla Svizzera di accedere a tutte le informazioni ambientali standardizzate a livello europeo. In questo modo dispone di una base supplementare su cui elaborare le proprie decisioni nazionali di politica ambientale e di importanti informazioni per il suo impegno a livello internazionale. Quale Stato non membro dell'UE, la Svizzera può inoltre far valere i propri interessi nell'applicazione della politica ambientale dell'UE per la risoluzione di problemi ambientali transfrontalieri in Europa, collaborando quindi alla messa a punto e all'attuazione di misure in Europa. Con questo accordo bilaterale la Svizzera non ha tuttavia contratto alcun obbligo di armonizzazione delle prescrizioni del settore.

La conclusione di altri accordi mirati potrebbe rivelarsi di un certo interesse per la Svizzera e l'UE, anche nei settori marchi di qualità ecologica (ecolabel), prodotti chimici e commercio di quote di emissione.

Entrambe le parti avrebbero ad esempio interesse a stipulare un accordo sulla partecipazione delle ditte svizzere all'ecolabel dell'UE. Il Consiglio federale ha disposto un mandato di negoziazione nel settore già nel 2001. Nel settore dei prodotti chimici è ipotizzabile un accordo sul reciproco riconoscimento dei prodotti (nel quadro dell'Accordo TBT) o un accordo distinto con pieno accesso alle informazioni.

La Svizzera ha inoltre notevole interesse a collegarsi al sistema di scambio dei diritti di emissione dell'UE (Emission Trading Scheme, EU-ETS). Entrambe le parti trarrebbero vantaggi in particolar modo dalle dimensioni del mercato e di conseguenza dall'aumento di liquidità. La direttiva 2003/87/CE sullo scambio di quote di emissioni183 prevede la possibilità di concludere un accordo di riconoscimento reciproco dei diritti di emissione con gli Stati terzi aventi ratificato il Protocollo di Kyoto. La partecipazione al sistema UE di commercio dei diritti di emissione sarà fattibile non appena la Svizzera avrà creato i presupposti per un efficiente mercato del CO2.

4.2.5

Sicurezza e giustizia

In questi ultimi anni la Svizzera ha rinsaldato la sua collaborazione con l'UE nel campo della sicurezza. Le sue cooperazioni nell'ambito della Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) sono puntuali e si svolgono al di fuori di qualsiasi cornice istituzionale, in base a partecipazioni ad hoc. Allo scopo di disciplinare e semplificare le modalità di questa partecipazione svizzera converrebbe concludere un accordo quadro PESD. Quest'ultimo non cambierebbe nulla all'autonomia della Svizzera per quanto riguarda le sue scelte di partecipare o meno a operazioni di salvaguardia della pace. Questa cooperazione con l'UE è compati-

182 183

RS 0.814.092.681 GU L 275 del 15.10.2003, p. 32.

6320

bile con la neutralità della Svizzera. Effettivamente essa non implica nessun obbligo di assistenza militare agli Stati membri dell'UE. In generale la Svizzera esige l'esistenza di un mandato dell'ONU o dell'OSCE come condizione preliminare per la partecipazione a simili operazioni. Già attualmente la Svizzera partecipa agli strumenti dell'UE nel campo della migrazione e della sicurezza interna. Questa cooperazione può essere più o meno stretta: nel caso di Schengen la Svizzera può partecipare alla formazione delle regole su base paritaria con gli Stati membri. A complemento dell'accordo con l'Ufficio europeo di polizia (EUROPOL), entrato in vigore quest'anno, una collaborazione è pure allo studio per quanto riguarda EUROJUST, rete europea delle autorità giudiziarie, allestita per meglio combattere crimini gravi. In materia di giustizia, accanto alla Convenzione di Lugano sul riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze184, prossimamente in revisione, sarebbe auspicabile uno sviluppo della collaborazione nei settori dell'assistenza giudiziaria in materia civile e di fallimenti. L'uniformizzazione delle procedure fallimentari migliorerebbe la fiducia reciproca nelle relazioni d'affari.

4.2.5.1

Sicurezza esterna

L'importanza della cooperazione in materia di sicurezza con l'estero ­ segnatamente con l'UE ­ è stata analizzata dalla Svizzera già nel Rapporto sulla politica di sicurezza (RAPOLSIC 2000) del 7 giugno 1999185 . Nello stesso anno, l'istituzione della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD186) ha portato a un rapido sviluppo della politica estera di sicurezza dell'UE, che da allora si è affermata ­ accanto ad altre organizzazioni quali l'ONU, la NATO o l'OSCE ­ quale importante attore a livello internazionale in materia di politica di sicurezza. Il ruolo dell'UE in questo ambito riveste particolare importanza segnatamente per la Svizzera, la quale, in virtù della sua posizione geografica, presenta a livello di politica di sicurezza numerose convergenze con l'Unione europea, con una conseguente vicinanza di vedute per quanto concerne l'analisi delle minacce e le misure da adottare (soprattutto in tema di prevenzione).

Conformemente alla strategia «Sicurezza attraverso la cooperazione», negli ultimi anni la Svizzera ­ analogamente alla collaborazione instaurata con altri attori internazionali ­ ha rafforzato la cooperazione con l'UE in materia di politica di sicurezza. Nell'ambito della PESD, la cooperazione ha luogo al di fuori di un quadro istituzionalizzato e concerne singole attività definite caso per caso in virtù di accordi ad hoc su base volontaria. Secondo tali modalità la Svizzera partecipa all'impiego militare di promovimento della pace a conduzione europea in Bosnia e Erzegovina (EUFOR Althea), alla missione di polizia civile dell'UE in Bosnia e Erzegovina (EUPM) e alla missione di osservazione civile ad Aceh/Indonesia (AMM). Sempre

184

Convenzione del 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale; RS 0.275.11.

185 Rapporto del 7 giugno 1999 sulla politica di sicurezza della Svizzera (RAPOLSIC 2000), FF 1999 6561.

186 La PESD è una componente integrale della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'UE. La cooperazione della Svizzera con l'Unione europea nel settore della politica di sicurezza estera ha luogo esclusivamente nel quadro della PESD.

6321

secondo tali modalità il nostro Paese ha partecipato alla missione di polizia civile dell'UE in Macedonia (Proxima) ora conclusa.

In occasione di ognuna di queste partecipazioni la Svizzera ha concluso un apposito accordo con l'UE per convenire le modalità del proprio contributo. La Svizzera ha inoltre negoziato con l'Unione un accordo sulla protezione delle informazioni, con l'obiettivo di creare le premesse tecniche per uno scambio semplificato di informazioni «classificate» in relazione ­ innanzitutto ­ con la partecipazione del nostro Paese a operazioni di pace civili e/o militari sotto la direzione UE. Al riguardo sarebbe auspicabile la conclusione di un accordo quadro PESD volto a disciplinare e semplificare i principi della partecipazione svizzera a operazioni civili e militari PESD. Tale accordo consentirebbe di non dover negoziare ogni volta ab novo le modalità di una cooperazione svizzera a operazioni PESD, fatta salva in ogni caso la possibilità per il nostro Paese di decidere autonomamente se partecipare o meno a simili operazioni.

La politica degli armamenti è un ulteriore ambito in cui l'UE ha intensificato la cooperazione interna, in particolare a partire dall'istituzione dell'Agenzia europea per la difesa (EDA) nel 2004. Da allora l'EDA ha assunto, accanto alle pertinenti attività NATO, un ruolo di primo piano nel settore della cooperazione europea in materia di armamenti.

La Svizzera sta pertanto valutando le possibilità di cooperazione saltuaria con l'EDA, cooperazione che potrebbe essere basata, ad esempio, su un accordo privo di vincoli giuridici, analogamente all'accordo amministrativo stipulato dall'EDA con la Norvegia. Ciò consentirebbe al nostro Paese di ampliare la cooperazione bilaterale in materia di armamenti, di creare sinergie e di rafforzare l'industria svizzera degli armamenti e la relativa base tecnologica.

In conclusione, nell'ambito della cooperazione bilaterale con l'UE la Svizzera può configurare la propria partecipazione ad attività inerenti alla PESD conformemente agli interessi del Paese, ricorrendo a soluzioni su misura e limitandosi a interventi di volta in volta convenuti. La cooperazione avviene pertanto su base volontaria ed è circoscritta a settori autonomamente scelti. Eventuali sviluppi futuri della PESD contrari ai principi fondamentali della
legislazione svizzera sarebbero privi di conseguenze per il nostro Paese. Evidentemente ciò comporta la mancanza di un accesso istituzionalizzato della Svizzera alla PESD, la dipendenza dalla disponibilità dei partner europei, l'assenza di un diritto alla consultazione e l'impossibilità di influire sui processi decisionali interni all'UE determinanti per la PESD.

4.2.5.2

Neutralità

La Svizzera, in quanto paese permanentemente neutrale, s'impegna a non partecipare militarmente a un conflitto armato tra due o più altri Stati, in cambio del rispetto della sua integrità territoriale da parte dei belligeranti187.

187

Lo statuto di Stato neutrale è disciplinato da due convenzioni dell'Aja: Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra (RS 0.515.21); Convenzione del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze neutrali in caso di guerra marittima (RS 0.515.22).

6322

La Svizzera può quindi cooperare internazionalmente in tutti i campi, compreso quello militare, a patto che questa cooperazione non rischi di coinvolgere il nostro Paese in un conflitto armato internazionale. La Svizzera in quanto Stato neutrale non può aderire a un'alleanza militare come la NATO, poiché fra gli oneri dei membri di un'alleanza vi è quello di assistenza militare in caso di guerra188.

La non adesione all'UE, come la non adesione a un'alleanza militare, dà alla Svizzera un certo spazio di manovra, e in certi casi dei vantaggi (per es. maggiore credibilità quando propone i suoi buoni uffici).

Accordi bilaterali La cooperazione bilaterale con l'UE, qual è attualmente ma anche quale sarà stando agli sviluppi probabili, è compatibile con lo statuto di Stato neutrale poiché, da una parte, essa non implica nessun obbligo di assistenza militare agli Stati membri dell'UE in caso di conflitto armato internazionale e, d'altra parte, non mette in discussione nessun diritto od obbligo legato allo statuto di Stato neutrale.

Sanzioni economiche dell'UE Va infine rilevato che la prassi della Svizzera di partecipare volontariamente alle sanzioni economiche decise dall'UE nell'ambito della sua Politica estera e di sicurezza comune (PESC) non presenta difficoltà sul piano della neutralità, poiché il diritto della neutralità non si applica alle sanzioni economiche189.

Esiste tuttavia un'eccezione: se uno Stato neutrale pone restrizioni contro uno Stato belligerante relative al commercio di armi, munizioni e altro tipo di materiale utile a un esercito, esso deve applicarle a tutti gli Stati in guerra190. Tuttavia questa restrizione non vale per le sanzioni economiche prese dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite191, poiché il diritto della neutralità non si applica alle misure decise da quest'ultimo in virtù del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite192. Questa restrizione vale invece per le sanzioni economiche prese dall'UE poiché quest'ultima, contrariamente all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), non rappresenta la comunità internazionale nel suo insieme ma solo un gruppo di Stati.

Ora può capitare che l'UE prenda sanzioni che toccano beni utili a un esercito contro uno Stato in guerra senza che una sanzione analoga sia decisa dal Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Benché rara,
questa situazione si è presentata nel 1999 nell'ambito del conflitto in Kosovo. La Svizzera si era associata alle sanzioni dell'UE contro la Iugoslavia, ma ha dovuto rinunciare a partecipare all'embargo sul petrolio deciso dall'UE poiché questo prodotto costituisce un materiale che può servire all'esercito. Per evitare che la Svizzera diventi un mezzo per aggirare l'embargo dell'UE, il Consiglio federale ha deciso, in applicazione del principio detto «courant normal»193, di decretare l'obbligo di notificare le transazioni allo scopo di mantenere il volume a un livello 188 189 190 191 192 193

Per es.: art. 5 del Trattato del Nord Atlantico del 4 aprile 1949.

Rapporto del Consiglio federale sulla neutralità, del 29 novembre 1993, FF 1994 I 130 207.

Articolo 9 della Convenzione dell'Aja del 18 ottobre 1907 concernente i diritti e i doveri delle Potenze e delle persone neutrali in caso di guerra per terra, RS 0.515.21 Articolo 41 dello Statuto delle Nazioni Unite del 26 giugno 1945 RS 0.120.

Rapporto del Consiglio federale sulla neutralità del 29 novembre 1993, FF 1994 I 130 205 Fissazione del volume commerciale alla media di quello di un periodo di base rappresentativo, che ha preceduto la decisione della sanzione.

6323

normale. La questione ha comunque una portata pratica limitata, poiché la Svizzera non esporta petrolio.

Qualora dovesse ripresentarsi una situazione simile, la Svizzera potrebbe ­ allo scopo di rispettare i suoi obblighi di Stato neutrale pur impedendo nel contempo che il suo territorio venga utilizzato per aggirare una sanzione dell'UE ­ comportarsi allo stesso modo, vale a dire non applicare la sanzione e attuare il principio del «courant normal».

4.2.5.3

Sicurezza interna

La cooperazione bilaterale consente fondamentalmente alla Svizzera di avere accesso agli strumenti europei di politica di migrazione e di sicurezza, sempre che questa possibilità esista o l'UE lo autorizzi. Tale cooperazione può essere più o meno intensa. Una cooperazione più intensa consiste in una partecipazione totale della Svizzera ad uno strumento europeo, ad esempio Schengen, a cui la Svizzera prende parte alla stregua di uno Stato membro UE, cooperando a livello strategico e operativo.

Una cooperazione simile nel settore Eurojust è attualmente in esame. Altri strumenti UE consentono sin dall'inizio soltanto una partecipazione parziale. Tra questi ad esempio Europol, il cui attuale Accordo con la Svizzera comprende soltanto alcune attività e non consente alcun accesso diretto alla banche dati. La Svizzera esaminerà la fattibilità di una cooperazione ad uno strumento specifico.

Negli ambiti in cui alla Svizzera è consentita soltanto una cooperazione parziale o in cui, per motivi politici, la Svizzera declina la cooperazione, la via della cooperazione bilaterale può non essere la migliore soluzione per massimizzare la sicurezza interna. Una cooperazione parziale espone la Svizzera al rischio di una pressione migratoria maggiore e di un aumento della criminalità; rischio che dovrebbe essere contrastato mediante misure interne appropriate.

4.2.5.4

Giustizia

Sarebbe auspicabile intensificare la cooperazione nel campo dell'assistenza giudiziaria in ambito civile e nel campo dell'insolvenza. Il regolamento (CE) 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza194 disciplina le competenze, gli effetti, il diritto applicabile e il riconoscimento di procedure di insolvenza e completa il regolamento (CE) 44/2001 menzionato. Un disciplinamento comune delle insolvenze con l'UE favorisce la fiducia reciproca nel commercio internazionale e contribuisce al buon funzionamento del mercato comune.

Il regolamento (CE) 1348/2000 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale195 potrebbe offrire il quadro adeguato ad una notificazione diretta tra gli Stati membri e la Svizzera. Una partecipazione svizzera a questo strumento contribuireb-

194 195

GU L 160 del 30.6.2000, p. 1 GU L 160 del 30.6.2000, p. 37

6324

be in misura notevole ad accelerare e a migliorare la cooperazione con l'UE nell'ambito giudiziario.

È ancora indeterminato in che modo la Svizzera possa prendere parte agli strumenti menzionati e ad altri strumenti europei per una cooperazione a livello giudiziario.

Dal punto di vista svizzero è evidente che convenzioni parallele si rifaranno all'esempio della Convenzione di Lugano sottoposta a revisione. Questa modalità garantisce il quadro per negoziati ­ anche materiali ­ con l'UE, che sembrano necessari dal punto di vista svizzero. Sono tuttavia possibili anche altre forme di partecipazione più snelle, come ad esempio un trattato internazionale che si limiti a rinviare alla validità della misura CE tra la Svizzera e l'Unione europea. Un esempio è l'Accordo tra la CE e la Danimarca concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Decisione del Consiglio del 20.9.2005, 2005/790/CE196), che bilateralizza il regolamento europeo sulla competenza giurisdizionale.

4.3

Gli effetti generali degli strumenti della cooperazione multilaterale

4.3.1

Aspetti politici ed istituzionali

Il diritto comunitario, nella misura in cui è parte integrante dello SEE, sarebbe sottoposto ai principi svizzeri della democrazia diretta nella misura in cui esso debba essere trasposto nel diritto svizzero (in particolare i regolamenti). Gli atti normativi direttamente applicabili del diritto comunitario (quali le ordinanze) non potrebbero invece per principio essere sottoposti a referendum. A questo livello i diritti popolari subiscono una limitazione materiale. A differenza del caso di adesione all'UE, la limitazione del campo di applicazione materiale dei diritti popolari non è compensata con nuovi diritti di codecisione a livello europeo. Anche se lo SEE avesse effetto soltanto sulle competenze della Confederazione, sarebbero interessate anche numerose competenze cantonali (ad es. servizi). I Cantoni dovrebbero orientarsi al diritto SEE nei loro ambiti di competenza.

In caso di sviluppi del diritto SEE la Confederazione coinvolgerebbe i Cantoni (come per l'Accordo Schengen/Dublino). Si dovrebbe mirare ad una più stretta collaborazione tra la Confederazione e la Conferenza dei governi cantonali (CdC). L'adesione allo SEE non richiederebbe modifiche sostanziali delle istituzioni svizzere.

4.3.1.1

Democrazia diretta

Nel 1992 l'approvazione dell'adesione allo SEE è stata sottoposta a referendum obbligatorio197. Determinanti sono stati le modifiche costituzionali connesse ad un'adesione allo SEE, il fatto che l'Accordo di libero scambio del 1972198 era già 196 197 198

GU L 299 del 16.11.2005, p. 61 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 369.

Messaggio del 16 agosto 1972, FF 1972 II 520 segg.

6325

stato sottoposto a referendum obbligatorio e il notevole peso politico ed economico del progetto. Oggi ci si può domandare se una nuova versione dello SEE sottostia nuovamente a referendum obbligatorio. Qualora il decreto di approvazione comporti modifiche costituzionali, sarebbe il caso, altrimenti il referendum è facoltativo (art. 141 cpv. 1 lett. d Cost199). La nuova Costituzione federale del 1999 non prevede alcun referendum obbligatorio sui generis in materia di trattati internazionali.

Il diritto SEE che si riferisce al diritto comunitario, sarebbe sottoposto, dopo un'adesione della Svizzera allo SEE, ai principi svizzeri della democrazia diretta nella misura in cui debba essere trasposto nel diritto svizzero, cioè se necessita a livello federale o cantonale una modifica di leggi. Sarebbe in particolare il caso con le direttive. Gli Stati contraenti sono tuttavia tenuti ad attuare le direttive, pur disponendo generalmente di un margine di manovra a livello organizzativo. Gli atti normativi direttamente applicabili del diritto comunitario non possono essere sottoposti ad alcun tipo di referendum. In questi casi i diritti popolari subiscono una limitazione materiale.

Le nuove normative del diritto comunitario confluiscono continuamente nello SEE.

Gli Stati non membri UE hanno il diritto di partecipare al processo decisionale (comitologia), ma nessun diritto di codecisione sull'adozione di nuove normative comunitarie. A differenza del caso di adesione all'UE, la limitazione del campo di applicazione materiale dei diritti popolari non è compensata con nuovi diritti di codecisione a livello europeo. Esiste tuttavia il diritto di ogni Stato contraente di adottare unilateralmente misure protettive in caso di serie difficoltà di ordine economico, sociale o ecologico. Inoltre esiste una sorta di «diritto di veto collettivo" che può essere esercitato collettivamente da tutti i membri SEE degli Stati AELS (art. 93 Accordo SEE). Entrambi possono tuttavia portare all'abrogazione di una parte o di tutto l'Accordo e comportano pertanto notevoli rischi.

4.3.1.2

Federalismo

In caso di futuri negoziati di adesione allo SEE, i Cantoni ­ sulla base dell'articolo 55 Cost. e della legge sulla partecipazione200 ­ saranno chiamati a partecipare in maniera attiva.

L'attuazione degli accordi rientra tra le competenze interne (art. 3, 5a e 46 cpv. 1 Cost.), vale a dire rientra per la gran parte tra le competenze dei Cantoni. Anche se lo SEE ha effetti soprattutto sulle competenze della Confederazione, sono parimenti interessate numerose competenze cantonali (ad es. prestazioni). I Cantoni sono tenuti ad orientarsi al diritto SEE nei loro ambiti di competenza.

In caso di sviluppi del diritto SEE la Confederazione prevede di coinvolgere i Cantoni (come nella situazione atuale per l'Accordo Schengen/Dublino), i quali possono anche dare opportuni impulsi.

In caso di adesione allo SEE, occorre mirare ad una più stretta collaborazione tra la Confederazione e la CdC e verificare se vada migliorata la collaborazione Confederazione-Cantoni attraverso incaricati dell'informazione dei Cantoni presso tutti i

199 200

RS 101 RS 138.1

6326

Dipartimenti coinvolti. Rispetto all'articolo 55 Cost. e alla legge sulla partecipazione, non sembrano necessarie modifiche costituzionali o legislative.

4.3.1.3

Altri aspetti istituzionali

L'adesione allo SEE non richiede alcuna modifica fondamentale delle istituzioni svizzere. Se il nostro Paese vuole tuttavia esercitare il suo diritto di partecipare al processo decisionale dell'UE, è necessario predisporre le adeguate risorse. Sulla base delle esperienze, tra qualche anno andrebbero esaminate modifiche a livello esecutivo e parlamentare innanzitutto nel quadro del diritto vigente.

L'Accordo SEE istituzionalizza due organi, l'Autorità di vigilanza AELS e la Corte AELS. La prima vigila anche sulla compatibilità con il diritto SEE delle misure cantonali di attuazione della legislazione SEE. I tribunali di ogni grado sarebbero tenuti ad applicare il diritto SEE. In determinati casi i tribunali cantonali sarebbero autorizzati a sottoporre in via pregiudiziale questioni relative all'applicazione del diritto SEE alla Corte AELS. Il Tribunale federale, in quanto autorità di ultimo grado, sarebbe addirittura tenuto a seguire tale procedura.

4.3.2

Mercato del lavoro, politica sociale, ricerca e sanità

Le disposizioni dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone sono praticamente identiche a quelle previste dall'Accordo SEE. Anche qui un'adesione allo SEE avrebbe sul mercato del lavoro effetti paragonabili a quelli della cooperazione bilaterale. Dovrebbero essere soppresse alcune restrizioni nell'ambito delle prestazioni di servizi, il che potrebbe generare temporaneamente un aumento dell'offerta in questo settore. Le misure collaterali resterebbero comunque in vigore. Sul piano giuridico un accordo tipo SEE necessiterebbe di un recepimento costante dell'evoluzione del diritto comunitario e della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CdGCE) relativi al mercato interno. Sarebbe necessario apportare un determinato numero di modifiche alla legislazione sul lavoro per quanto concerne la sicurezza, la salute o alcuni diritti dei lavoratori. Poiché lo SEE riprende la legislazione europea in materia di politica sociale, la Svizzera dovrebbe introdurre un congedo parentale.

L'attuazione della direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 giugno 2003 sulle attività e sulla supervisione degli enti pensionistici aziendali201 influirebbe sulla parte sovraobbligatoria del 2° pilastro. La coordinazione dei sistemi di sicurezza sociale continuerà a funzionare secondo le stesse regole definite dall'Accordo sulla libera circolazione delle persone. Il recepimento del nuovo acquis comunitario in materia sarebbe tuttavia più dinamico.

La Svizzera manterrebbe lo stesso statuto per quanto concerne la partecipazione ai programmi-quadro di ricerca e ai programmi di formazione e beneficerebbe del vantaggio di non dover negoziare la sua partecipazione ad ogni nuova generazione di programmi. Lo SEE comporterebbe inoltre una partecipazione alle

201

GU L 235 del 23.9.2003, p. 10

6327

diverse agenzie e sistemi di allarme nonché al programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica, come attualmente auspicato dalla Svizzera in ambito bilaterale. Questa cooperazione potrebbe inoltre comprendere una partecipazione all'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (EMEA) e all'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicomanie (EMCDDA). In materia di protezione dei consumatori, la Svizzera riprenderebbe le prescrizioni largamente armonizzate nell'UE. Nei settori in cui non vi è armonizzazione delle norme, si applicherebbe in maniera reciproca il principio «Cassis de Dijon».

4.3.2.1

Mercato del lavoro e protezione dei lavoratori

Le disposizioni dell'Accordo sullo SEE relative alla libera circolazione delle persone corrispondono ampiamente a quelle contemplate nell'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC)202. Le disposizioni in esso contenute sono quasi identiche a quelle previste nell'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE)203.

Un'adesione allo SEE avrebbe quindi ripercussioni equiparabili a quelle della cooperazione bilaterale. Tuttavia, la revoca delle attuali restrizioni nel settore dei servizi204 e il recepimento a medio termine della proposta di direttiva sui servizi («Direttiva Bolkestein»; cfr. n. 3.2.2.2.4) potrebbero generare flussi di personale.

Non è escluso che si possano riscontrare pressioni sui salari delle attività poco qualificate. Tuttavia, il livello dei salari per le attività più qualificate non dovrebbe subire variazioni notevoli poiché questo tipo di attività è molto richiesta in Europa.

Difatti, le esperienze fatte nell'UE mostrano che vi sono sempre importanti differenze salariali tra i diversi Paesi. Inoltre, anche le prime esperienze fatte con la via bilaterale non hanno evidenziato un tale fenomeno. Infine, il livello generale dei prezzi dovrebbe anch'esso avere un certo impatto sul livello dei salari.

Le misure collaterali contro il dumping salariale e il deterioramento delle condizioni di lavoro rimangono comunque in vigore anche nel caso di un'adesione allo SEE.

Sul piano giuridico l'opzione SEE necessiterebbe di un recepimento regolare dell'evoluzione del diritto comunitario e della giurisprudenza della CdGCE nei settori interessati.

Infine, un'adesione allo SEE porterebbe all'adeguamento della legislazione Svizzera sul lavoro al diritto comunitario e al diritto dello SEE in materia di sicurezza e salute sul lavoro e di determinati diritti dei lavoratori (cfr. l'Allegato XVIII dell'Accordo sullo Spazio economico europeo e il n. 4.4.2.1).

202 203 204

RS 0.142.112.681 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 Concretamente, si tratta della limitazione a 90 giorni annui nei settori non disciplinati da un accordo specifico relativo alla prestazione di servizi e dell'esclusione delle attività nel quadro degli investimenti e dei servizi finanziari.

6328

4.3.2.2

Politica sociale

Lo SEE riprende la legislazione dell'UE relativa alla politica sociale. Tuttavia, dal 1999 l'UE non ha adottato nessuna direttiva in materia. In Svizzera l'introduzione, il 1° luglio 2005, dell'indennità di maternità a favore delle donne esercitanti un'attività lucrativa permette di rispondere ai requisiti della direttiva 92/85/CE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento205.

La Svizzera non ha invece introdotto il congedo di paternità, il che è incompatibile con la direttiva 96/34/CE concernente l'accordo quadro sul congedo parentale206.

Qualora, nel quadro dello SEE, la Svizzera dovesse applicare la direttiva 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, questa potrebbe incidere sul 2° pilastro svizzero. La direttiva mira in primo luogo ad instaurare un vero e proprio mercato interno dei sistemi pensionistici aziendali e professionali. A livello svizzero, si applicherebbe soltanto alla parte sovraobbligatoria del 2° pilastro. Tuttavia, visto che prevede in particolare la possibilità per le aziende di un Paese di affiliare i loro dipendenti presso un istituto di previdenza di un altro Paese, di fatto ne potrebbe risultare una divisione del 2° pilastro svizzero: la parte obbligatoria continuerebbe a sottostare esclusivamente alla legge svizzera sulla previdenza professionale207, mentre quella sovraobbligatoria sarebbe disciplinata dalla direttiva.

Per quanto attiene al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, dal punto di vista tecnico continuerebbe a funzionare secondo le stesse regole definite dall'ALCP208 (cfr. n. 4.2.2.2). La ripresa del nuovo acquis comunitario pertinente sarebbe tuttavia dinamica.

Gli Stati membri dello SEE partecipano anche ai vari programmi d'azione comunitari, in particolare al programma di lotta contro la discriminazione, che si concluderà nel 2006. I vari programmi d'azione comunitari in materia sociale dovrebbero essere raggruppati nel futuro programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale 2007­2013 (PROGRESS), destinato a finanziare attività nei cinque settori seguenti: occupazione, protezione sociale e inclusione, condizioni di lavoro, lotta contro la discriminazione e pari opportunità tra donne e uomini.

Qualora la Svizzera aderisse allo SEE, vi parteciperebbe come i tre altri Paesi dell'AELS.

4.3.2.3

Ricerca e formazione

In base all'Accordo del 16 gennaio 2004 di cooperazione scientifica e tecnologica209 la Svizzera è associata al 6° Programma quadro di ricerca (PQR). I Paesi membri dello SEE hanno nei PQR lo stesso statuto dei Paesi la cui partecipazione è disciplinata da un accordo (attualmente Svizzera e Israele). Dispongono di uno statuto 205 206

GU L 348 del 28.11.1998, p. 1 Accordo concluso dall'Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), dal Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP) e dalla Confederazione europea dei sindacati (CES); GU L 145 del 19.6.1996, p. 4.

207 RS 831.40 208 RS 0.142.112.681 209 RS 0.420.513.1

6329

equiparabile anche i cosiddetti Stati candidati (attualmente Bulgaria, Romania, Turchia e Croazia).

Con l'organizzazione attuale dei PQR e le disposizioni dell'accordo di cooperazione, l'appartenenza o meno allo SEE non comporta sostanzialmente alcuna differenza. Il contributo al budget dei PQR sarebbe all'incirca il medesimo210. L'unico svantaggio risiede nel rinnovo dell'accordo per i successivi PQR, molto più agevole per gli Stati membri dello SEE che per la Svizzera (cfr. n. 4.2.2.3).

Con l'Accordo SEE per i programmi di formazione, formazione professionale e gioventù ­ analogamente alla ricerca ­ la Svizzera avrebbe fondamentalmente lo stesso statuto e gli stessi diritti e doveri come con un accordo bilaterale. Tuttavia l'Accordo SEE anche nella formazione avrebbe il vantaggio che la partecipazione a una nuova generazione di programmi non si dovrà più negoziare dall'inizio bensì si potrà ottenere con una semplice decisione del Comitato misto

4.3.2.4

Sanità e protezione dei consumatori

Aderendo allo SEE la Svizzera potrebbe partecipare, come auspicato da entrambe le parti, a diverse agenzie e programmi (cfr. n. 4.2.2.4). Ciò consentirebbe di sfruttare le sinergie con il succitato programma quadro di ricerca (cfr. n. 4.2.2.3). L'adesione al SEE renderebbe inoltre possibile la partecipazione all'Agenzia europea dei farmaci (EMEA) e all'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA).

Se rilevanti per il mercato interno, la Svizzera potrebbe prendere parte alle misure adottate dall'UE nel settore dei servizi sanitari. In quest'ambito, tuttavia, l'UE si trova agli inizi di un processo dinamico il cui andamento e i cui possibili effetti per la Svizzera non sono al momento prevedibili.

Nel settore della protezione dei consumatori, la Svizzera potrebbe adottare le prescrizioni dell'UE sui prodotti, ormai ampiamente armonizzate. Nella parte di settore non armonizzata, l'applicazione del principio «Cassis de Dijon» sarebbe fissata in una convenzione internazionale. Nell'ambito dei prodotti chimici, inoltre, la Svizzera potrebbe aderire al nuovo sistema REACH sulla registrazione, la valutazione e l'autorizzazione delle sostanze chimiche, senza tuttavia diritto di voto sulle singole decisioni in materia di controllo dei prodotti chimici e su tutte le altre misure previste nel quadro del SEE. Nel settore della radioprotezione, l'Accordo SEE non implicherebbe alcun cambiamento di sorta.

210

La partecipazione della Svizzera al 6° PQR della Comunità europea dell'energia atomica (EURATOM) è disciplinata in base alla formula vigente nello SEE. Nella formula per il calcolo del contribuito al 6° PQR della Comunità europea il PIL della Svizzera non è invece considerato nel denominatore, ciò che determina un contributo leggermente più elevato. Questo svantaggio è però attenuato dal fatto che i versamenti della Svizzera scadono sei mesi dopo quelli degli Stati dello SEE.

6330

4.3.3

Economia e finanze

Il principale vantaggio economico derivante dalla partecipazione allo SEE risiederebbe nella libera circolazione dei servizi, una delle quattro libertà contemplate dall'accordo SEE. Gli intermediari finanziari otterrebbero per esempio pieno accesso al mercato interno, anche per le prestazioni transfrontaliere. La piazza finanziaria potrebbe in particolare trarre profitto dalle nuove opportunità legate ai fondi d'investimento e ai fondi pensione. Un'autorizzazione rilasciata a una banca o a un'assicurazione da un'autorità di vigilanza in Svizzera aprirebbe la strada a tutti i mercati. La partecipazione allo SEE non necessiterebbe di nessuna modifica della legislazione concernente lo scambio d'informazioni in materia fiscale. Ciò detto, il recepimento dell'acquis comunitario in ambito finanziario, in particolare delle disposizioni sul riciclaggio di denaro, porterebbe a un'estensione dei reati per i quali è concessa l'assistenza giudiziaria e amministrativa internazionale. Lo SEE integra l'intero acquis comunitario in materia di servizi e implica il recepimento dinamico degli sviluppi di tale acquis. Ciò permetterebbe un'integrazione più ampia nel mercato comunitario e, con essa, un'accelerazione delle riforme interne, ma complicherebbe l'ottenimento di deroghe in alcuni settori delicati. Per quanto riguarda i prodotti industriali, gli accordi bilaterali includono già una porzione importante del campo d'applicazione dell'accordo SEE. Il SEE comporterebbe tuttavia un riconoscimento più sistematico delle norme, segnatamente in virtù dell'applicabilità del principio «Cassis de Dijon», e l'adozione delle regole comunitarie sulla concorrenza. L'agricoltura, la politica comunitaria in materia di commercio estero e l'unione doganale sono escluse dal campo d'applicazione dell'accordo SEE.

Sarebbero quindi mantenuti sia i controlli sulle merci alle frontiere, sia la riscossione dell'IVA. Le ripercussioni sul livello dei prezzi sono difficilmente prevedibili. La soppressione degli ostacoli non tariffali (armonizzazione delle norme e applicazione del principio «Cassis de Dijon») rafforzerebbe la concorrenza e avrebbe quindi ricadute positive sui prezzi. Verrebbero autorizzate le importazioni parallele di prodotti protetti dai brevetti. Per quanto riguarda la produzione di beni d'investimento e alcune branche
della chimica, settori questi in cui già vige la concorrenza, non si prevedono conseguenze di rilievo, mentre gli effetti sarebbero più importanti nei settori maggiormente protetti, come quello dei beni di consumo o dei servizi.

La politica fiscale non è contemplata dall'accordo SEE. Per quanto concerne le imposte indirette, si potrebbe continuare a riscuotere in modo autonomo l'IVA e le diverse imposte speciali sul consumo (oli minerali, tabacco, birra). Per quanto riguarda l'imposizione delle imprese, la Svizzera sarebbe tuttavia assoggettata alle normative comunitarie e alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee per quanto riguarda gli aiuti governativi. Nello SEE, la Svizzera manterrebbe la propria valuta e la Banca nazionale svizzera (BNS) continuerebbe a praticare una politica monetaria indipendente. Relativamente alle ripercussioni finanziarie sul budget, i costi della partecipazione della Svizzera alle istituzioni dell'AELS, ai meccanismi di riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata e ai programmi comunitari (ricerca, formazione e innovazione) potrebbero ammontare a oltre 680 milioni di franchi all'anno (senza tenere conto dell'adesione della Bulgaria e della Romania all'UE). Gran parte degli importi versati per la partecipazione ai programmi coperti dallo SEE farebbe peraltro ritorno in Svizzera sotto forma di sussidi corrisposti ai partecipanti svizzeri.

6331

4.3.3.1

Agricoltura

L'agricoltura è stata in linea di principio esclusa dall'Accordo SEE211. Tuttavia l'articolo 19 dell'Accordo SEE prevede, in una clausola evolutiva, che a intervalli biennali vengano riesaminate le condizioni relative agli scambi di prodotti agricoli.

In tal modo si persegue l'obiettivo di una «liberalizzazione progressiva del commercio agricolo» nell'ambito delle politiche agricole nazionali, su base bilaterale o multialterale, nell'interesse reciproco e alla luce dei risultati prodotti dai negoziati dell'OMC. Finora l'UE non ha tuttavia potuto ottenere, né dalla Norvegia, né dall'Islanda, un ampliamento sostanziale del regime preferenziale nel commercio agricolo212.

Nell'Accordo agricolo bilaterale del 1999213 e nel Protocollo 2 rivisto dell'Accordo di libero scambio del 1972214 sono state previste concessioni agricole più ampie di quelle stabilite dall'Accordo SEE. Un'adesione allo SEE dovrebbe pertanto comportare la conferma sia delle attuali concessioni SEE, sia di quelle dell'Accordo agricolo bilaterale tra la Svizzera e l'UE nonché del Protocollo 2 (principio «no step back»).

4.3.3.2

Prodotti industriali

Per quanto concerne la libera circolazione delle merci, nelle quali sono compresi i prodotti industriali, l'Accordo di libero scambio tra Svizzera e CEE del 1972215 e gli Accordi bilaterali I e II permettono di abbracciare una parte importante del campo d'applicazione dell'Accordo SEE216. Riguardo agli ostacoli tecnici al commercio, la Svizzera ha intrapreso un'armonizzazione autonoma per poter preservare la concorrenzialità delle imprese nazionali. Per il tramite della cooperazione bilaterale, è riuscita ad avvicinarsi agli obiettivi perseguiti dall'Accordo SEE, in particolare per quanto concerne la libera circolazione delle merci. Benché le divergenze siano state in tal modo ridotte, lo SEE comporta un riconoscimento più sistematico delle prescrizioni nazionali nell'ambito non armonizzato, in particolare mediante il principio «Cassis de Dijon», nonché l'esaurimento nazionale nel settore della proprietà intellettuale («importazioni parallele»; cfr. n. 4.2.3.5). Alla luce delle norme dello SEE in materia di concorrenza, applicabili direttamente a tutti gli attori economici, si stabilisce inoltre secondo criteri uniformi se una determinata prassi concorrenziale relativa allo scambio di prodotti industriali sia o no conforme allo SEE. L'Accordo di libero scambio tra Svizzera e CEE del 1972 non definisce invece criteri uniformi217.

211 212 213 214 215 216 217

Messaggio del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 Alcuni prodotti (dei Paesi dell'Europa meridionale) godono di un trattamento preferenziale in virtù della politica di coesione.

RS 0.916.026.81 RS 0.632.401 RS 0.632.401 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 84 segg.

Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 234 segg.

6332

4.3.3.3

Servizi

Poiché il mercato dei capitali è ampiamente liberalizzato, il maggior vantaggio economico derivante dall'Accordo SEE218 consiste nella libera circolazione dei servizi, una delle quattro libertà contemplate nell'accordo. L'Accordo SEE integra l'insieme dell'acquis relativo ai servizi e comporta il recepimento dinamico dei suoi sviluppi. Il recepimento automatico di atti normativi comunitari è tuttavia un'arma a doppio taglio. Da un lato, permette un'integrazione più estesa nel mercato comunitario e contribuisce all'accelerazione delle riforme interne219, dall'altro ostacola la concessione di deroghe in alcuni settori importanti.

4.3.3.4

Relazioni economiche estere e unione doganale

Lo SEE non prevede né una politica comune in materia di commercio estero, né un'unione doganale.

Rispetto all'adesione all'UE, l'adesione della Svizzera allo SEE comporterebbe l'obbligo di recepire gran parte dell'acquis concernente la libera circolazione di merci, persone, capitali e servizi, nonché l'armonizzazione del diritto della concorrenza, degli aiuti pubblici, dell'energia, degli appalti pubblici e della proprietà intellettuale. Per quanto concerne la circolazione delle merci, stante l'assenza di un'unione doganale le merci continuerebbero a essere controllate alla frontiera (in particolar modo riguardo alla provenienza) e, contemporaneamente, dovrebbe essere garantita la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto su tali merci. L'armonizzazione delle norme tecnico operata in seno allo SEE e il principio «Cassis de Dijon» comporterebbero tuttavia un'agevolazione degli scambi commerciali allo stadio della commercializzazione.

Poiché attualmente tutti gli Stati membri dell'AELS, eccezion fatta per la Svizzera, sono anche membri dello SEE, l'adesione del nostro Paese allo SEE non farebbe che allineare il nostro Paese sulle posizioni degli altri Stati membri dell'AELS.

Nelle relazioni con Stati terzi, la partecipazione della Svizzera allo SEE, se confrontata con la via bilaterale, avrebbe soltanto ripercussioni limitate sulla politica commerciale esterna. Lo statuto della Svizzera nella struttura dell'OMC e la sua autonomia per quanto attiene alla conclusione di trattati internazionali rimarrebbero invariati.

4.3.3.5

Livello dei prezzi

L'Accordo SEE220 permette un'ampia integrazione in numerosi settori e, quindi, una pressione al ribasso sui prezzi. Poiché il settore della circolazione delle merci è disciplinato dalle medesime disposizioni sia nell'Accordo SEE, sia nel Trattato CE, alle importazioni e alle esportazioni si applica il cosiddetto principio «Cassis de 218 219

Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 180 segg.

SECO, «Les réformes structurelles dans l'UE et en Suisse», Berna, 2006. Disponibile in francese sul sito: http://www.seco.admin.ch/themen/zahlen/strukturanalysen/wirtschaftswachstum/index.ht ml?lang=fr 220 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 41 segg.

6333

Dijon», le cui ripercussioni sui prezzi sono tuttora oggetto di studio. Nello spazio CE/SEE vige inoltre il principio dell'esaurimento regionale dei diritti di proprietà intellettuale, una soluzione specifica prevista dall'UE ­ per il tramite della giurisprudenza della CdGCE ­ per risolvere in modo omogeneo la questione dell'esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale. Tale soluzione è parte integrante del sistema di mercato interno della CE e dello SEE, e rientra in particolare nella libera circolazione delle merci e nelle disposizioni in materia di concorrenza. Il diritto di controllare la prima messa in commercio è esaurito nello spazio UE/SEE, al cui interno sono ammesse le importazioni parallele221. L'entità della riduzione dei prezzi anche in questo caso è difficilmente valutabile. Uno studio222 ha tuttavia dimostrato che, per quanto riguarda gli effetti prevedibili di una soppressione degli ostacoli tecnici al commercio, esistono importanti differenze tra i diversi settori.

Nella produzione di beni d'investimento e in alcuni settori della chimica, già aperti alla concorrenza, non si prevedono ricadute economiche significative223. In alcuni settori con un forte legame con il mercato interno, come una parte della produzione di beni di consumo o dei servizi, si pronostica che l'apertura del mercato provocherà un abbassamento dei prezzi, anche di quelli di fabbricazione. Simili riduzioni interverrebbero in particolare per i prodotti farmaceutici. Grazie alla configurazione istituzionale, in buona parte dei settori le riforme sarebbero più ampie e rapide di quelle concordate a livello bilaterale.

4.3.3.6

Fiscalità

Generalità Il settore fiscale non costituisce di per sé parte integrante dell'accordo sullo SEE.

Questa considerazione si applica sia alle imposte dirette, sia a quelle indirette (IVA).

Dazi Lo SEE non è concepito quale unione doganale. Pertanto la legislazione doganale svizzera non è praticamente toccata dallo SEE224. In particolare lo SEE avrebbe unicamente ripercussioni minime sulle procedure doganali e sul prelievo dei dazi. Le differenze possono essere di natura tariffale (differenze tra le aliquote) e non tariffale (differenze tra le legislazioni sui veleni e tra le normative sui trasporti). In virtù dell'Accordo sullo SEE225 diversi prodotti fruirebbero dell'esenzione doganale, ma si tratterebbe pressoché esclusivamente del pesce e dei prodotti della pesca, nonché del sughero e del lino.

221

222

223

224 225

Si veda, riguardo all'introduzione dell'esaurimento regionale, il Rapporto del 3 dicembre 2004 del Consiglio federale, Importazioni parallele e diritto dei brevetti. Esaurimento regionale ­ in risposta al postulato della CET-N (03.3423) e ai postulati 04.3164 e 04.3197; http://www.evd.admin.ch/imperia/md/content/dossiers/importations_paralleles/i/rapport_f inal_envoi-wak_i_04-12-15.pdf Eichler M., Grass M., Koellreuter C., Kübler T., Preisunterschiede zwischen der Schweiz und der EU ­ Eine empirische Untersuchung zum Ausmass, zu Erklärungsansätzen und zu volkswirtschaftlichen Konsequenzen, SECO, Strukturberichterstattung n°21, Berna 2003; http://www.seco-admin.ch/publikationen/00158/index.html?lang=de.

Gli autori sottolineano tuttavia che lo studio si pone nell'ottica dei produttori e concerne soltanto i prodotti fabbricati in più paesi. Questa costatazione non si estende quindi obbligatoriamente a tutti i prodotti, né ai consumatori.

Rapporto di integrazione del 3 febbraio 1999, FF 1999 IV 3431.

Messaggio del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 79.

6334

In caso di eventuale adesione allo SEE, le minori entrate consecutive all'esenzione doganale del pesce, dei prodotti della pesca, del sughero e del lino sarebbero minime e possono pertanto essere trascurate.

Imposte speciali sul consumo (imposta sugli oli minerali, imposta sul tabacco, imposta sulla birra) Lo SEE non avrebbe ripercussione alcuna sul prelievo delle imposte sugli oli minerali, sul tabacco e sulla birra.

Imposta sul valore aggiunto La partecipazione allo SEE non avrebbe alcuna ripercussione diretta sulla legislazione in materia di imposta sul valore aggiunto. Le compensazioni fiscali alla frontiera sussisterebbero con le medesime conseguenze riscontrabili in caso di continuazione della via bilaterale con l'UE.

Imposizione delle società (imposta sull'utile/capitale) La partecipazione allo SEE non necessiterebbe di modifiche della legislazione sull'imposizione indiretta, in quanto la politica fiscale dell'UE non fa parte dell'acquis comunitario contenuto nell'Accordo sullo SEE. Nondimeno l'articolo 62 dell'Accordo sullo SEE226 («Divieto degli aiuti di Stato») riprende l'analoga disposizione del Trattato CE. Gli Stati contraenti dello SEE sono inoltre vincolati dalle pertinenti sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee ­ purché il contenuto delle disposizioni dell'Accordo sullo SSE coincida sostanzialmente con quello delle norme del Trattato CE. Ne consegue che l'assoggettamento della Svizzera alle norme dello SEE concernenti gli aiuti di Stato potrebbe indurre la Commissione a esaminare se talune normative federali227 siano compatibili con il diritto comunitario. Per quanto concerne i regimi fiscali dei Cantoni, si veda qui appresso il capitolo sulla sovranità fiscale dei Cantoni.

Imposizione alla fonte In caso di partecipazione allo SEE, non è escluso che alla luce della giurisprudenza della Corte europea di giustizia sul divieto di discriminazione, la Svizzera debba rivedere il proprio regime d'imposizione alla fonte dei redditi dei lavoratori UE risultanti da un'attività lucrativa o estenderlo a tutti i lavoratori dipendenti.

Imposizione delle transazioni di titoli Un'adesione allo SEE non limiterebbe la sovranità fiscale della Svizzera in questo ambito.

Imposta sui conferimenti di capitale Un'adesione allo SEE non limiterebbe la sovranità fiscale della Svizzera in questo ambito.

226 227

Ibid. FF 1992 IV 1 244 segg.

Per esempio nell'ambito della promozione regionale, cfr. Decreto federale del 6 ottobre 1995 in favore delle zone di rilancio economico, RS 951.93. Si veda il messaggio del 16 novembre 2005 sulla nuova politica regionale (NPR), FF 2006 221.

6335

Sovranità fiscale cantonale Un'adesione allo SSE non lederebbe direttamente la sovranità fiscale cantonale.

Qualora dovesse aderire allo SEE, la Svizzera dovrebbe nondimeno recepire l'acquis comunitario attuale e futuro, anche nei settori dei servizi, dei capitali e degli aiuti di Stato. È lecito presumere che le autorità di vigilanza sulla concorrenza dello SEE procederanno alla verifica di determinati ordinamenti fiscali cantonali, dato che la Commissione dell'UE ha recentemente affermato che taluni ordinamenti fiscali degli Stati membri equivalgono a sovvenzioni statali illecite ­ in quanto alterano la concorrenza sul mercato dei capitali ­ e ha avviato procedure corrispondenti contro una serie di Stati membri.

Assistenza amministrativa, assistenza giudiziaria, segreto bancario La partecipazione allo SEE non necessiterebbe di modifiche delle norme concernenti lo scambio di informazioni in materia fiscale. A prescindere da quanto precede, il recepimento da parte della Svizzera dell'acquis comunitario in ambito finanziario ­ segnatamente delle norme contro il riciclaggio di denaro ­ si tradurrebbe in un ampliamento delle fattispecie per le quali è concessa l'assistenza (tra le quali figurerebbe anche la sottrazione fiscale). Ciò avrebbe ripercussioni sul segreto bancario.

L'adesione allo SEE nel 1992 avrebbe presupposto un ampliamento dell'assistenza amministrativa tra autorità doganali (Protocollo n. 11), in virtù della quale l'assistenza sarebbe stata concessa anche per i casi di sottrazione (e non soltanto di frode). L'Accordo sulla frode228, concluso nel frattempo nel quadro dei negoziati bilaterali II, prevede attualmente una simile assistenza nel campo della fiscalità indiretta.

4.3.3.7

Piazza finanziaria

In caso di adesione allo SEE, la Svizzera dovrebbe recepire l'acquis comunitario attuale e futuro anche in ambito finanziario (in particolare le norme concernenti la vigilanza sui mercati finanziari e la lotta contro gli abusi). Dovrebbero inoltre essere riprese le politiche dell'UE in materia di concorrenza, segnatamente le disposizioni sulle sovvenzioni statali, e altre politiche orizzontali connesse con le quattro libertà del mercato interno dell'UE. Nel complesso, la legislazione svizzera sui mercati finanziari e quella dell'UE sono ampiamente equivalenti e un'armonizzazione sarebbe senz'altro ipotizzabile. In taluni settori permangono però notevoli differenze, le cui ripercussioni sulla piazza finanziaria Svizzera dovrebbero essere analizzate in modo approfondito.

Dal profilo della legislazione in materia di vigilanza, la Svizzera sarebbe integrata nel sistema di riconoscimento reciproco delle norme e delle prassi armonizzate messo a punto dalle autorità nazionali di vigilanza e nel sistema di controllo del Paese di origine. Ciò comporterebbe inoltre il recepimento delle norme relative allo scambio di informazioni tra autorità nazionali di vigilanza. In quanto Stato membro dello SEE, la Svizzera potrebbe partecipare come osservatore al Comitato consultivo sulla regolazione e la vigilanza del mercato finanziario (nel quadro della «procedura Lamfalussy»).

228

FF 2004 5801

6336

In caso di adesione della Svizzera allo SEE, gli intermediari finanziari svizzeri e dell'UE otterrebbero l'accesso reciproco al mercato, sia in forma di stabilimento commerciale, sia in forma di fornitura transfrontaliera di servizi. L'autorizzazione rilasciata dalle autorità svizzere di vigilanza schiuderebbe a banche e assicurazioni svizzere l'accesso ai mercati di tutti gli Stati membri («passaporto europeo» o «licenza unica»). L'accesso al mercato assumerebbe quindi la forma di una succursale o di servizi transfrontalieri. La piazza finanziaria Svizzera potrebbe in particolare trarre profitto dalle operazioni transfrontaliere con fondi di investimento e fondi di pensione (settore questo in espansione).

4.3.3.8

Politica monetaria

La partecipazione allo SEE non ha alcuna ripercussione dal profilo monetario. La Svizzera conserva la propria valuta. La BNS continua a perseguire una politica monetaria indipendente. Le ripercussioni a livello di tassi di interesse, di corso del cambio e di tasso di inflazione sono simili a quelle della via bilaterale; i tassi di interesse a breve scadenza sono stabiliti dalla BNS tenendo conto delle esigenze dell'economia nazionale; i tassi di interesse a lunga scadenza rimangono inferiori a quelli praticati all'estero; il corso del cambio del franco rimane flessibile; l'inflazione a lungo termine continua a dipendere dalla politica monetaria della BNS.

4.3.3.9

Ripercussioni finanziarie sul preventivo

In caso di partecipazione allo SEE, la Svizzera sarebbe tenuta a versare tre tipi di contributi229: i contributi alle spese di funzionamento delle tre istituzioni dell'AELS (Segreteria, Autorità di vigilanza dell'AELS e Corte dell'AELS), i pagamenti previsti nell'ambito del meccanismo finanziario e quelli previsti per la partecipazione della Svizzera ai programmi comunitari.

Le cifre riportate nel presente capitolo sono mere stime. I calcoli si fondano sulle previsioni budgetarie del 2006. I contributi effettivi dovrebbero ancora essere oggetto di negoziati.

Contributi alle tre istituzioni dell'AELS Segreteria Attualmente il contributo della Svizzera alla Segreteria dell'AELS è ridotto del 25 per cento, così da tenere conto del fatto che il nostro Paese non partecipa allo SEE.

Questa riduzione verrà probabilmente soppressa in caso di partecipazione svizzera allo SEE. Ammettendo questa soppressione, i contributi svizzeri alla Segreteria dell'AELS ammonterebbero a 14 milioni di franchi, in luogo degli attuali 9,7 milioni (dedotto l'abbuono del 25 %).

A questi importi si aggiungerebbero i costi derivanti dal distaccamento di periti svizzeri presso la Commissione europea.

229

Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 346 segg.

6337

Autorità di vigilanza dell'AELS La vigilanza sul rispetto delle disposizioni dell'accordo sullo SEE da parte delle parti contraenti e degli attori economici è primordiale affinché siano garantite condizioni omogenee di concorrenza in tutto lo Spazio economico europeo.

Stando alle stime dell'Autorità di vigilanza dell'AELS a Bruxelles, una partecipazione del nostro Paese allo SEE richiederebbe l'assunzione di 25 persone. In base alla chiave di ripartizione attuale, riveduta per tenere conto della presenza della Svizzera, il contributo del nostro Paese a questa Autorità sarebbe di 15,6 milioni di franchi.

Corte dell'AELS La Corte dell'AELS garantisce il rispetto delle disposizioni dell'Accordo sullo SEE da parte degli Stati dell'AELS.

La Corte dell'AELS ritiene che l'organico della sede di Lussemburgo dovrebbe essere potenziato di cinque persone in caso di partecipazione svizzera. Fondandosi su questa stima, il contributo del nostro Paese alle spese di funzionamento della Corte dell'AELS ammonterebbe a 4 milioni di franchi.

Financial mechanism office (FMO) I costi di partecipazione della Svizzera alle spese di funzionamento del FMO ammonterebbero a 3 milioni di franchi.

In sintesi il contributo svizzero al budget di queste tre istituzioni dell'AELS ammonterebbe a 34 milioni di franchi.

Pagamenti previsti nell'ambito del meccanismo finanziario Mediante il cosiddetto meccanismo di finanziamento (Protocollo 38 dell'Accordo sullo SEE), gli Stati dell'AELS aderenti allo SEE contribuiscono all'attenuazione delle disparità economiche e sociali. Per il periodo 2004­2009 sono previsti incentivi per un totale di 600 milioni di Euro (circa 930 milioni di franchi) per i dieci nuovi Stati membri dell'UE, nonché per la Spagna, il Portogallo e la Grecia. Come membro dello SEE la Svizzera dovrebbe erogare un contributo equivalente al meccanismo finanziario. Conformemente alle disposizioni dell'Accordo sullo SEE230, sulla base dei dati economici del 2005 è possibile calcolare per la Svizzera un fattore di proporzionalità del 2,58 per cento. Tenuto conto dell'attuale impegno degli altri Stati dell'AELS, ciò si tradurrebbe per la Svizzera in una spesa annua complessiva pari a circa 220 milioni di franchi. Se si presume che la Bulgaria e la Romania otterranno dal meccanismo finanziario dello SEE un contributo
corrispondente al loro peso demografico rispetto agli altri Stati beneficiari, con l'adesione all'UE di entrambi questi Stati l'impegno totale della Svizzera aumenterebbe di 50 milioni di franchi, per attestarsi intorno ai 270 milioni di franchi annui. A titolo di paragone, dopo l'ultimo allargamento la Norvegia è tenuta a versare, oltre alla quota parte prevista nell'ambito del meccanismo finanziario, un contributo bilaterale di 880 milioni di franchi sull'arco di cinque anni.

230

L'art. 82 dell'Accordo sullo SSE stabilisce come debba essere calcolato il cosiddetto fattore di proporzionalità, che rispecchia il peso economico relativo di un Paese membro all'interno dello SEE (in funzione del PIL a prezzi di mercato). Nel caso della Svizzera la formula è la seguente: PIBCH PIBCH = PIBEEE PIBUE + PIBNO + PIBIS + PIBLI + PIBCH

6338

Contributo di finanziamento dei programmi comunitari Il fattore di proporzionalità serve anche a determinare il contributo versato dagli Stati dell'AELS aderenti allo SSE per il finanziamento dei programmi dell'UE ai quali essi partecipano nel quadro dell'Accordo sullo SEE. Si tratta in primis dei programmi previsti in materia di ricerca, di formazione e di innovazione, ma anche di quelli inerenti alla politica sociale, come la prevenzione dell'uso di sostanze stupefacenti, la sanità pubblica e la protezione dei consumatori, il promovimento della cultura ecc. Per il periodo finanziario 2007­2013, l'UE prevede per questi programmi (in base ai costi del 2004) una spesa complessiva di 103,2 miliardi di franchi. In base al fattore di proporzionalità del 2,58 per cento231, la quota di finanziamento della Svizzera a questi programmi sarebbe superiore ai 430 milioni di franchi annui. Gran parte degli importi succitati faranno ritorno in Svizzera232, per esempio sotto forma di sussidi corrisposti ai partecipanti svizzeri.

Tabella riassuntiva Le cifre che seguono sono frutto di una stima e vanno considerate con grande prudenza. Esse non tengono conto né delle spese indirette, né di eventuali minori uscite per la Confederazione, né tantomeno degli aspetti politici o delle ripercussioni macroeconomiche dell'Accordo SEE.

Uscite in mio CHF all'anno 2007

a) Spese di funzionamento degli organi e delle istituzioni dell'AELS/SEE Segreteria dell'AELS Autorità di vigilanza dell'AELS Corte di giustizia dell'AELS Financial Mechanism Office

14233 13 4 3

Totale a)

34

b) Partecipazione al meccanismo finanziario dell'AELS Allargamento dell'UE a 25 Stati Bulgaria/Romania234

220 50

Totale b)

270

231 232 233

Dati del PIL 2005, fonte Eurostat Ritorni presumibili: ricerca circa 100 %, formazione circa 80 %.

Il contributo svizzero alla Segreteria dell'AELS ammonterebbe a 12,9 mio. di fr., in luogo degli attuali 9,7 mio. di fr. (dedotto l'abbuono del 25 % per mancata partecipazione allo SEE).

234 Se si parte dal presupposto che la Bulgaria e la Romania otterranno dal meccanismo finanziariodello SEE un contributo corrispondente al loro peso demografico rispetto agli altri Stati, con l'adesione all'UE di entrambi questi Stati, l'impegno totale della Svizzera aumenterebbe di 50 mio. di fr. Dopo l'ultimo allargamento la Norvegia è ad esempio tenuta a versare un contributo bilaterale di 880 milioni di franchi sull'arco di cinque anni (176 mio. di fr. all'anno).

6339

Uscite in mio CHF all'anno 2007

c) Partecipazione ai programmi235 Programmi e agenzie secondo il Protocollo 31 dello SEE

433

Totale a), b), c)

737

4.3.4

Infrastrutture

L'adesione allo SEE comporterebbe il recepimento dell'acquis comunitario in materia di trasporti. Come gli Stati membri dell'UE, la Svizzera potrebbe beneficiare di finanziamenti a favore di progetti infrastrutturali come la rete transeuropea dei trasporti (TEN). Essa applicherebbe le decisioni di politica dei trasporti prese a livello europeo. Alcune soluzioni negoziate per via bilaterale potrebbero essere rimesse in discussione. Per quanto riguarda il trasporto aereo, la situazione sarebbe analoga a quella sancita dall'Accordo sul trasporto aereo; l'unica differenza sarebbe costituita da una liberalizzazione nel mercato del cabotaggio (sarebbe data la possibilità di effettuare voli interni in altri paesi).

Anche nel settore delle telecomunicazioni, disciplinato integralmente dallo SEE, la Svizzera sarebbe tenuta al recepimento dinamico dell'acquis comunitario. Dal punto di vista istituzionale, essa parteciperebbe ai comitati dell'UE con lo statuto di osservatore, senza tuttavia alcun diritto di codecisione. La situazione sarebbe identica nei settori dell'energia e della posta. Le riforme in corso proseguirebbero ad un ritmo più sostenuto. In materia ambientale la situazione sarebbe quella che verrebbe a crearsi in caso di adesione all'UE, solo che in questo caso la Svizzera avrebbe meno possibilità d'influenzare le decisioni.

4.3.4.1

Trasporti

Trasporti ferroviari e stradali Con l'adesione allo SEE si rende necessario recepire anche l'acquis comunitario in materia di trasporti (cfr. allegato XIII dell'Accordo SEE236). Lo SEE garantisce alla Svizzera la parità di trattamento rispetto ai partner dell'UE nel finanziamento di infrastrutture di trasporto nazionale (contributi di promovimento, p.es. cofinanziamento di TEN, assistenza nella progettazione di infrastrutture di trasporto TEN).

Tutte le parti godono di uguali opportunità di accesso al mercato e condizioni di concorrenza. L'adesione allo SEE non conferisce però, come accadrebbe invece nel caso dell'adesione all'UE, alcun diritto di codecisione nell'elaborazione delle norme UE da recepire in materia di trasporti. Limitando la libertà di manovra nazionale nel 235

In virtù del Protocollo 31 dell'Accordo sullo SEE, gli Stati dello SEE partecipano a programmi in quattordici settori e sei agenzie.

236 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 208 segg.

6340

trinomio uomo-ambiente-trasporti potrebbero per altro sorgere conflitti in relazione al conseguimento di obiettivi politici sanciti costituzionalmente. Non è poi da escludersi che anche le soluzioni negoziate sul piano bilaterale nell'Accordo sui trasporti terrestri debbano in parte essere annullate o adattate (p.es. il sistema e l'importo della TTPCP, l'incentivazione del traffico merci su ferrovia, il divieto di circolazione notturna per mezzi pesanti). È infine ipotizzabile che si rendano necessari nuovi adeguamenti normativi nella politica di trasferimento del traffico.

Trasporto aereo La situazione sarebbe in linea di principio analoga a quella esistente sulla base dell'Accordo sul trasporto aereo237 (cfr. n. 4.2.4.1); unica differenza è che essa implicherebbe una liberalizzazione del mercato anche per l'ottava libertà (cabotaggio).

4.3.4.2

Telecomunicazioni

Lo SEE disciplina l'intero settore delle telecomunicazioni. Una partecipazione della Svizzera comporterebbe il recepimento dinamico dell'acquis comunitario. Le conseguenze sul piano economico e sociale sarebbero paragonabili a quelle che si avrebbero nel caso di adesione (cfr. n. 4.4.4.2).

Dal punto di vista istituzionale la partecipazione ai comitati UE con lo statuto di osservatore sarebbe garantita secondo modalità identiche a quelle stabilite per i Paesi AELS membri dello SEE. Lo statuto d'osservatore non comporterebbe maggiori vantaggi rispetto a quello generalmente attribuito nel quadro di un accordo bilaterale. L'impegno svizzero di recepire in maniera dinamica l'acquis comunitario non sarebbe compensato da una partecipazione al processo decisionale in materia: tale partecipazione non è infatti prevista nell'Accordo SEE238.

4.3.4.3

Energia

L'adesione allo SEE comporta il recepimento dell'acquis comunitario nelle questioni inerenti all'energia, ad eccezione del Trattato dell'Euratom e delle disposizioni di politica climatica attinenti alla politica energetica (obiettivi di emissione dei gas serra e commercio delle quote di CO2)239.

Oltre agli atti normativi dell'UE trattati al numero 4.2.4.3, l'acquis comunitario comprende numerose direttive in materia di energia. Le principali possono essere raggruppate nelle seguenti tre categorie: ­

237 238 239 240 241

direttive alle quali le disposizioni svizzere si sono già in larga misura adeguate. Molte di queste promuovono un consumo energetico razionale come le direttive 92/75/CEE240 (caratterizzazione del consumo di energia) e successive misure di applicazione, la 96/57/CE241 (requisiti di rendimento enerRS 0.748.127.192.68 Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 201 segg.

Ci si rifà in gran parte alla situazione giuridica della Norvegia, membro dello SEE.

GU L 297 del 13.10.1992, p. 16 GU L 236 del 18.9.1996, p. 36

6341

getico di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni di uso domestico), la 2000/55/CE242 (alimentatori per lampade fluorescenti), il regolamento 2422/2001243 (coordinamento dell'etichettatura relativa ad un uso efficiente dell'energia per le apparecchiature per ufficio, marchio USA Energy Star), le direttive 2003/30/CE244 (biocarburanti) e presumibilmente 2005/32/CE245 (Ecodesign dei prodotti che consumano energia). In conformità alla direttiva 68/114/CEE, nel settore petrolifero la Svizzera dovrebbe entrare a far parte del sistema d'emergenza UE, che differisce di poco da quello dell'Agenzia internazionale dell'energia (AIE), di cui la Svizzera è membro. Le misure adottate dalla Svizzera per garantire l'approvvigionamento di gas naturale (costituzione di scorte obbligatorie a titolo suppletivo sotto forma di olio da riscaldamento) sono in linea con la direttiva 2004/67/CE246 concernente la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale.

­

Altre direttive richiederebbero adeguamenti specifici da parte della Svizzera, come p.es. l'introduzione di attestati di certificazione energetica degli edifici disposta dalla direttiva 2002/91/CE247 sul rendimento energetico nell'edilizia.

­

Per quanto riguarda alcune direttive, infine, come la 2004/8/CE248 (promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile) o la direttiva sui servizi energetici249 emanata nel dicembre del 2005, la Svizzera ha terreno da recuperare. Ci si riferisce per esempio alla direttiva 2003/55/CE250 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, che ha grande valenza economica. In seguito al fallimento, nel 2002, della legge sul mercato dell'energia elettrica, in Svizzera la liberalizzazione del gas naturale è stata accantonata poiché, a differenza del settore dall'elettricità, non vi è molta necessità di intervenire, stante il mercato relativamente ridotto di cui potrebbero potenzialmente disporre i concorrenti esteri e la garanzia dell'accesso alle condutture ad alta pressione da parte di terzi, sancita dalla legge del 4 ottobre 1963 sugli impianti di trasporto in condotta (LITC251). Malgrado il disinteresse mostrato finora dall'UE nei confronti del settore svizzero del gas naturale, non va dimenticato che la legislazione svizzera non soddisfa l'acquis comunitario in termini di apertura del mercato, separazione delle attività e autorità di regolamentazione.

L'adesione allo SEE deve essere ponderata alla luce delle sempre più severe direttive UE in materia di politica energetica e della prevedibile conversione di alcune direttive in atti vincolanti (p.es. obiettivi in materia di energie rinnovabili e biocarburanti). La Svizzera parteciperebbe ad ogni modo ai comitati tecnici UE per la messa a punto di nuove direttive o per l'inasprimento di quelle esistenti (comitatologia).

242 243 244 245 246 247 248 249 250 251

GU L 279 del 1.11.2000, p. 33 GU L 332 del 15.12.2001, p. 1 GU L 123 del 17.5.2003, p. 42 GU L 191 del 22.7. 2005, p. 29 GU L 127 del 29.4.2004, p. 92 GU L 1 del 4.1.2003, p. 65 GU L 52 del 21.2.2004, p. 50 GU L 114 del 27.4.2006, p. 64 GU L 176 del 15.7.2003, p. 57 RS 746.1

6342

In termini di conseguenze, l'adesione allo SEE equivale sostanzialmente all'adesione all'UE anche per quanto concerne la politica fiscale e quella climatica (cfr.

n. 4.4.4.3). Nelle questioni di politica climatica la Svizzera manterrebbe formalmente l'autonomia, che le garantisce un'indubbia libertà di manovra nella definizione della politica climatica nazionale. Nell'ambito di negoziati internazionali concernenti questioni climatiche, tuttavia, la Svizzera ­ trovandosi sola ­ è spesso costretta ad allinearsi all'UE.

4.3.4.4

Posta

Le principali differenze tra la legislazione postale svizzera e quella dell'UE sono state illustrate in precedenza (n. 4.2.4.4) e rimangono come tali valide anche in questa sede. L'adozione di una forma di partenariato privilegiato (associazione o cooperazione multilaterale del tipo SEE) avrebbe le stesse conseguenze di quelle descritte nel caso della cooperazione bilaterale, ovvero il recepimento integrale delle direttive postali e l'accelerazione delle riforme attualmente in corso nel nostro Paese.

4.3.4.5

Ambiente

Le modifiche necessarie per l'adesione della Svizzera allo SEE252 sono state elaborate dal Consiglio federale nel 1992, nell'ambito del relativo messaggio. Parte degli adeguamenti legislativi di allora non sono più attuali. Per uniformare il diritto ambientale svizzero ai requisiti dello SEE si porrebbero gli stessi problemi dati da un'eventuale adesione all'UE (cfr. n. 4.4.4.5). Nel quadro dello SEE, la Svizzera avrebbe tuttavia minori possibilità di partecipare all'ulteriore sviluppo della politica ambientale.

4.3.5

Sicurezza e giustizia

La politica estera e di sicurezza dell'UE non fa parte dello SEE. In caso di adesione allo SEE, la collaborazione con l'UE nell'ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) si atterrebbe ai principi cui si ispira l'attuale cooperazione bilaterale. Nessuno dei settori disciplinati dallo SEE ha ripercussioni sulla neutralità. Lo SEE non comprende strumenti di cooperazione nel campo della sicurezza o della migrazione, né in quello della cooperazione giudiziaria.

Una partecipazione allo SEE non ha quindi impatto alcuno sugli attuali e futuri problemi della Svizzera in materia di sicurezza e di migrazione, e neppure sulla cooperazione giudiziaria.

252

Messaggio SEE del 18 maggio 1992, FF 1992 IV 1 267 segg.

6343

4.3.5.1

Politica estera e di sicurezza

Parte integrante della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) ­ secondo pilastro dell'UE ­, la politica estera e di sicurezza non è disciplinata dallo SEE. Se la Svizzera dovesse aderire allo SEE, la cooperazione con l'UE nel quadro della PESD continuerebbe a fondarsi sui medesimi principi dell'attuale cooperazione bilaterale (cfr. n. 4.2.2.5.1).

4.3.5.2

Neutralità

Lo SEE disciplina le modalità di partecipazione dei Paesi dell'AELS al mercato unico dell'UE, in cui beni, servizi, capitali e persone circolano liberamente. Si noti che lo SEE non comprende l'unione doganale, né la PESC o la PESD. Ciò significa che il recepimento dinamico dell'acquis comunitario, previsto dall'accordo, non pone problema alcuno in quanto coinvolge settori che non incidono minimamente sulla neutralità253.

La prassi svizzera consistente nell'aderire volontariamente alle sanzioni decretate dall'UE nell'ambito della PESD ­ prassi che rimarrebbe invariata in caso di partecipazione allo SEE ­ non pone peraltro alcun problema sotto il profilo della neutralità (cfr. n. 4.2.5.2).

Gli obblighi derivanti da un'eventuale appartenenza allo SEE sono dunque conciliabili con la neutralità, in quanto non implicano il dovere di fornire assistenza militare agli Stati membri dell'UE in presenza di un conflitto armato internazionale, né rimettono in discussione alcuno degli altri obblighi o diritti inerenti allo status di Paese neutrale.

4.3.5.3

Sicurezza interna e giustizia

Lo SEE non prevede strumenti di cooperazione in materia di sicurezza, di migrazione o di cooperazione giudiziaria. Una partecipazione allo SEE non ha dunque nessuna ripercussione sugli attuali e futuri problemi di sicurezza e migrazione della Svizzera, né sulla cooperazione giudiziaria. Una partecipazione a questi strumenti può tuttavia essere disciplinata mediante un accordo separato.

4.4

Gli effetti generali degli strumenti di un'adesione

4.4.1

Aspetti politici/istituzionali

La forma organizzativa dello Stato e delle istituzioni è di competenza degli Stati membri. Un'adesione non richiederebbe pertanto adeguamenti giuridici degli strumenti della democrazia diretta, del federalismo e di altre istituzioni. Alcuni diritti decisionali passerebbero però dalle istanze nazionali a quelle europee

253

Ibid., FF 1992 IV 1 53.

6344

(Consiglio dei Ministri, Commissione, Parlamento, Corte di giustizia/CdGCE).

In controparte la Svizzera otterrebbe pieni diritti di codecisione a livello europeo. L'assetto del governo potrebbe essere adeguato nell'ambito della libertà d'azione offerta dal diritto vigente; dopo qualche anno di appartenenza si dovrebbe esaminare se è il caso di effettuare ulteriori riforme. La riduzione della competenza dell'Assemblea federale potrebbe essere compensata in parte mediante rafforzate possibilità di compartecipazione (ad es. mediante l'istituzione di una «Commissione delle questioni europee»). La rappresentanza svizzera presso la Commissione e in seno alla CdGCE potrebbe essere nominata dall'Assemblea federale, i funzionari svizzeri presso il Parlamento europeo sarebbero eletti dal popolo. Sul piano formale l'adesione all'UE non richiede nessun adeguamento dei diritti popolari. Gli strumenti della democrazia diretta potrebbero essere mantenuti. Il campo materiale di applicazione dei diritti popolari verrebbe però limitato nella misura in cui sarebbero trasferite all'UE determinate competenze. L'adesione all'UE sottostà al referendum obbligatorio, la modifica degli Accordi UE a quello facoltativo o obbligatorio. Il referendum resterebbe possibile anche in caso di modifiche o adattamenti a livello legislativo (di norma per le direttive), mentre non lo sarebbe nel caso del diritto comunitario direttamente applicabile (per es. i regolamenti). Continuerebbero a essere possibili anche le iniziative popolari riguardanti ambiti di competenza europei.

Seppur esistente, il rischio di decisioni popolari incompatibili con il diritto europeo sarebbe limitato. Sarebbe pertanto sproporzionato introdurre la possibilità di una dichiarazione di nullità di iniziative popolari incompatibili con il diritto comunitario da parte dell'Assemblea federale o l'esclusione del referendum in caso di adattamento di leggi svizzere al diritto dell'UE. Se decisioni popolari dovessero essere in contrasto con la legislazione europea, andrebbero trovate soluzioni d'intesa con l'UE. In casi estremi potrebbe essere presa in considerazione una denuncia dell'Accordo. Le strutture federalistiche non necessiterebbero di alcuna modifica di fondo; diversi Stati dell'UE sono strutturati secondo un sistema (in parte) federalistico. Per dare
un'immagine compatta di sé, la Svizzera necessiterebbe di una stretta collaborazione tra Confederazione e Cantoni e tra i Cantoni stessi. In questa ottica le attuali strutture che fungono da intermediari (Conferenza dei Governi cantonali, incaricati dell'informazione, gruppi di lavoro cantonali) dovrebbero essere ampliate. Le disposizioni legali esistenti (art. 55 Cost. e legge sulla partecipazione) sembrano essere sufficienti.

4.4.1.1

Democrazia diretta

Con un'adesione la Svizzera trasferirebbe determinati diritti sovrani agli organi dell'UE, presso i quali godrebbe di pieni diritti di partecipazione. I suoi organi, negli ambiti di loro competenza, possono autonomamente emanare leggi che le autorità svizzere sarebbero tenute ad attuare e ad applicare.

Formalmente l'adesione all'UE non richiederebbe alcun adattamento dei diritti popolari. Gli strumenti della democrazia diretta potrebbero essere mantenuti. Il campo di applicazione materiale dei diritti popolari sarebbe tuttavia limitato dall'adesione nella sua portata, poiché determinate competenze verrebbero trasferite all'UE. Tali limitazioni corrisponderebbero alle limitazioni dei diritti del Parlamen-

6345

to. Si tratterebbe pertanto non di particolari vincoli allo strumento della democrazia diretta, bensì di perdite di sovranità dovute al passaggio di competenze all'UE.

Questa limitazione dei diritti popolari sarebbe compensata dai diritti di codecisione a livello europeo. La modifica di accordi europei richiede il consenso di tutti gli Stati membri, l'adozione di leggi di diritto secondario avviene per la maggior parte attraverso decisioni di maggioranza (cfr. n. 3.2.1.5). I diritti di codecisione al momento dell'emanazione di leggi secondarie sarebbero esercitati non dal popolo, bensì dal Consiglio federale presso il Consiglio dei Ministri UE e dal popolo mediante i suoi rappresentanti in seno al Parlamento europeo. Inoltre la Svizzera sarebbe rappresentata da un membro nella Commissione.

Sui singoli punti si può dire quanto segue: ­

Adesione all'UE. L'adesione all'UE sottostà al referendum obbligatorio (art. 140 cpv. 1 lett. b Cost.).

­

Modifiche dei trattati. L'approvazione di aggiunte o modifiche di trattati dell'UE sottostà, a seconda del contenuto delle nuove disposizioni, al referendum facoltativo o a quello obbligatorio. Modifiche ai trattati necessitano del consenso di tutti gli Stati membri. Una relativa votazione popolare può dunque assumere importanza al di fuori dei nostri confini nazionali. Non sottostanno a referendum i trattati internazionali tra l'UE e Stati terzi.

­

Atti normativi europei e loro attuazione. Se un ambito giuridico rientra nell'ambito di competenza dell'UE, i suoi organi possono emanare atti normativi. La giurisprudenza all'interno dell'UE avviene principalmente ancora nel primo pilastro (ossia principalmente nella CE). In questo contesto, i regolamenti CE contengono leggi direttamente applicabili; i regolamenti CE definiscono un obiettivo che gli Stati membri devono raggiungere e non necessitano generalmente di alcuna trasposizione a livello nazionale; nella scelta del mezzo lo Stato membro ha tuttavia un margine di manovra. La Svizzera non potrebbe opporsi agli atti normativi della CE né con un referendum legislativo né con quello sui trattati internazionali; ciò significa che un'ordinanza o una direttiva emanata dal legislatore UE non potrebbe essere oggetto di un referendum nazionale. Se la trasposizione a livello interno di un atto normativo europeo (si tratta di solito di direttive) richiedesse la promulgazione o la modifica di leggi svizzere, sarebbe invece possibile un referendum a livello cantonale o federale. Nel margine di manovra concesso agli Stati membri, il popolo potrebbe dunque decidere sul tipo di trasposizione.

Di norma sarebbero sufficienti i termini garantiti dall'UE. In caso di necessità si potrebbe fare ricorso a livello federale alla procedura accelerata o allo strumento della legge federale urgente.

­

Iniziative popolari nel campo di competenza dell'UE. Le iniziative popolari sono dichiarate nulle se sono incompatibili con le disposizioni cogenti del diritto internazionale (ius cogens, art. 139 cpv. 2, 193 cpv. 4 e 194 cpv. 2 Cost.). Il diritto comunitario non rappresenta un ius cogens (diritto cogente); in base al diritto vigente non è pertanto possibile una dichiarazione di nullità per violazione del diritto europeo. L'approvazione di un'iniziativa popolare incompatibile con il diritto europeo ­ anche in caso di interpretazione conforme al diritto comunitario ­ genererebbe un conflitto con il diritto dell'UE.

In tal caso la Svizzera dovrebbe cercare una soluzione d'intesa con l'UE. Se il contenuto di un'iniziativa mettesse palesemente in questione lo statuto di

6346

membro della Svizzera (ad es. limitazione della libera circolazione delle persone o delle merci oppure abolizione dell'IVA), anvrebbe presa in considerazione l'estrema ipotesi di un ritiro dall'UE (n. 2.3.11). Secondo le disposizioni del diritto costituzionale cantonale e del Tribunale federale, la conformità di iniziative popolari cantonali con il diritto comunitario potrebbe essere verificata e se del caso dichiarata (parzialmente) nulla.

Sarebbe immaginabile compensare la limitazione del campo di applicazione materiale dei diritti popolari con un'estensione in altri ambiti. Ad esempio con l'introduzione di un referendum amministrativo e/o sulle finanze per gli ambiti specifici di competenza della Confederazione (art. 141 cpv. 1 lett. c Cost.).

Dal punto di vista formale l'adesione all'UE non determinerebbe una soppressione degli strumenti di democrazia diretta. De facto limiterebbe tuttavia il campo di applicazione materiale dei diritti popolari. L'adesione all'UE comporterebbe ­ parimenti ad altre forme di cooperazione con l'UE ­ il rischio di decisioni popolari non conformi al diritto contrattuale o comunitario. Nel migliore dei casi potrebbero essere presi in considerazione leggeri scostamenti dal diritto comunitario gestibili analogamente alle contraddizioni che in alcuni casi sorgono tra il diritto interno e quello comunitario nei diversi Stati membri. Nei casi più gravi l'UE potrebbe avviare una procedura contro la Svizzera. Il rischio di eventuali decisioni popolari incompatibili con il diritto comunitario sembra attualmente limitato, il che non deve tuttavia far credere che in specifici ambiti non possano sorgere conflitti tra il diritto comunitario e le decisioni popolari. La possibilità per l'Assemblea federale di dichiarare nulle determinate iniziative popolari che violano il diritto comunitario da parte o l'esclusione del referendum in caso di adattamento di leggi svizzere al diritto europeo sarebbe sproporzionata e va pertanto respinta. Ciò non impedisce di analizzare ambiti conflittuali potenziali già prima di un'eventuale adesione e di individuare possibili soluzioni. Non è inoltre da escludere che, in un momento successivo all'adesione e sulla base delle esperienze maturate, risulti opportuno un adeguamento delle istituzioni della democrazia diretta.

4.4.1.2

Federalismo

In caso di adesione all'UE le istituzioni federali e il loro rapporto non richiederebbero modifiche fondamentali. Gli Stati membri mantengono la piena autonomia in materia di organizzazione delle loro istituzioni. Diversi Stati membri dell'UE (Germania, Austria Belgio, Spagna e Italia) hanno una struttura federalistica o parzialmente federalistica.

Un'adesione all'UE si ripercuoterebbe meno sulle competenze dei Cantoni che su quelle della Confederazione. Tuttavia soltanto alcune competenze cantonali rimarrebbero completamente immutate. Pur non espandendosi a macchia d'olio, il diritto comunitario andrebbe comunque a toccare in diversi punti le competenze cantonali.

Per i Cantoni un'adesione all'UE avrebbe soprattutto le seguenti ripercussioni: ­

Negoziati in vista dell'adesione. Già durante i negoziati in vista dell'adesione sarebbe necessaria una intensa partecipazione dei Cantoni. La Confederazione informerebbe e consulterebbe ampiamente i Cantoni sul mandato di negoziazione e sul proseguimento dei negoziati e, nella misura in cui riguarda le loro competenze, li coinvolgerebbe nei negoziati. I Cantoni 6347

dovrebbero reagire in tempi brevi e dare il loro contributo tecnico. In tale contesto entrerebbero in gioco le strutture che fungono da intermediari (CdC, incaricati dell'informazione, gruppi di lavoro cantonali), le quali peraltro necessiterebbero di essere ampliate.

­

Partecipazione dei Cantoni alla politica dell'UE. Dopo l'adesione i Cantoni potrebbero partecipare autonomamente a livello europeo. Potrebbero rappresentare a Bruxelles le loro lobby, anche mediante le loro rappresentanze nel Comitato delle regioni. Di maggior importanza è tuttavia la partecipazione dei Cantoni alla politica europea della Confederazione. I Cantoni dovrebbero essere ampiamente coinvolti affinché possano garantire i loro interessi, senza che il margine di manovra e il margine decisionale della Confederazione siano compromessi. La Confederazione informerebbe e consulterebbe i Cantoni. I Cantoni dovrebbero essere coinvolti in tutti i comitati che trattano le loro competenze. Se del caso assumerebbero la direzione dei negoziati e rappresenterebbero la Svizzera. Poiché gli Stati membri UE hanno successo nei negoziati soltanto quando agiscono in maniera compatta, è necessaria una stretta collaborazione tra la Confederazione e i Cantoni e tra i Cantoni stessi. In questo senso esistono già strutture che fungono da intermediari e che possono essere ampliate (in particolare la CdC, gli incaricati dell'informazione dei Cantoni). Non sembra necessario un quadro legale che vada oltre le disposizioni esistenti (art. 55 Cost. e legge sulla partecipazione). Da valutare è invece la conclusione di un accordo quadro ConfederazioneCantoni sulla partecipazione alla politica europea che disciplini le competenze e i processi.

­

Attuazione del diritto comunitario. Nei loro campi di competenza i Cantoni dovrebbero garantire l'attuazione del diritto comunitario. Il diritto dell'UE direttamente applicabile sarebbe prioritario rispetto al diritto cantonale. Se per l'attuazione di regolamenti CE dovessero essere necessarie leggi interne o ordinanze, i Cantoni dovrebbero promulgarle. I Cantoni disporrebbero di norma di un margine di manovra quanto al tipo di attuazione. Anche i nuovi compiti che derivano dal diritto comunitario sarebbero di principio attuati dai Cantoni, a meno che non vi sia una sufficiente competenza federale. In singoli casi di nuove norme comunitarie, potrebbe essere opportuno completare compiti federali già esistenti. In tale contesto entrerebbero in gioco diritti di partecipazione democratici (referendum costituzionale obbligatorio, referendum legislativo). Poiché il diritto comunitario si è sviluppato secondo altre legalità rispetto alla ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni, la ripartizione dei compiti sarebbe da tenere sempre sotto controllo. In questo processo di verifica verrebbero evidentemente coinvolti da vicino anche i Cantoni.

­

Procedura in caso di violazione del diritto comunitario. Se uno Stato membro non applica il diritto comunitario o non attua le direttive, nel quadro della procedura di violazione la CdGCE può costringerlo a farlo e in ultima ratio può emanare le necessarie sanzioni. La decisione ha effetti per lo Stato membro ma non per le sue entità territoriali in ritardo. La Confederazione sarebbe pertanto responsabile anche se la decisione è riconducibile a un comportamento dei Cantoni. L'istituzione di una norma costituzionale che consenta la rivalsa sui Cantoni non è opportuna. I Cantoni sarebbero tenuti a rispettare e ad attuare il diritto comunitario con la stessa diligenza che appli-

6348

cano per il diritto federale. Gli strumenti di vigilanza esistenti a livello federale (per es. possibilità da parte della Confederazione di adottare opportune misure al posto dei Cantoni) sarebbero pertanto sufficienti.

4.4.1.3

Altri aspetti istituzionali

Da un punto di vista giuridico, l'adesione all'UE non richiederebbe l'adattamento di alcuna istituzione svizzera. Rientra nella sovranità degli Stati membri dell'UE determinare la loro forma organizzativa, come dimostra la diversità dei sistemi politici esistenti all'interno dell'UE.

Il trasferimento di competenze all'UE e l'acquisizione di diritti di codecisione avrebbe tuttavia ripercussioni fattive su tutti gli organi statali. Diverse competenze legislative rientranti finora tra le competenze dell'Assemblea federale ­ e soggette alla democrazia diretta ­ sarebbero esercitate dal Consiglio dei Ministri. In seno a tale organo, la Svizzera, rappresentata dal Consiglio federale, avrebbe potere codecisionale. La procedura legislativa avverrebbe sempre con la partecipazione del Parlamento europeo, nel quale la Svizzera sarebbe parimenti rappresentata. Il tutto si riassumerebbe in un passaggio di competenze dall'Assemblea federale (e dal popolo) al Consiglio federale e al Parlamento europeo. Sarebbe decisivo sfruttare pienamente queste possibilità di influsso all'interno dell'UE, il che richiederebbe una partecipazione attiva.

Concretamente sono prevedibili le seguenti ripercussioni sulle istituzioni:

254

­

Consiglio federale. Già la partecipazione alle numerose sedute254 del Consiglio dei Ministri supererebbe le capacità attuali del Governo. A turno il nostro Paese dovrebbe inoltre assumere la presidenza dell'UE. Queste sfide potrebbero essere affrontate sfruttando meglio il diritto vigente. Il numero dei funzionari riconosciuti in qualità di membri del Governo all'estero (segretari di Stato conformemente all'art. 46 LOGA con partecipazione alle sedute secondo l'art. 18 cpv. 4 LOGA) dovrebbe essere aumentato in proporzione, così come sarebbe parimenti possibile aumentare l'importanza della funzione presidenziale. Durante la presidenza dell'UE da parte della Svizzera, si potrebbe dare maggior peso alla funzione di vicepresidente del Consiglio federale. Dopo alcuni anni dall'adesione occorrerebbe verificare l'opportunità di modificare l'attuale rotazione della presidenza del Consiglio federale o altre particolarità dell'esecutivo svizzero.

­

Assemblea federale. La riduzione delle competenze dell'Assemblea federale in materia di legislazione e approvazione dei trattati internazionali conclusi dall'UE andrebbe compensata dal Consiglio federale mediante un rafforzamento della partecipazione del Parlamento all'esercizio dei diritti codecisionali. Andrebbero verificati l'introduzione di una «Commissione delle queIl Consiglio si riunisce in nove formazioni. Negli anni 2000-2005, vi sono stati in media 90 giorni di sedute all'anno per tutte e nove le formazioni. Le formazioni «Agricoltura e pesca» (in media 17,5 giorni di sedute all'anno), «Affari generali e relazioni estere» (16 giorni di sedute all'anno) e «Economia e finanze» (in media 13 giorni di sedute all'anno) hanno fatto registrare il maggior numero di sedute. Meno frequentemente si riuniscono le formazioni «Ambiente» (4 giorni di sedute all'anno) e «Formazione, giovani e cultura» (in media 5 giorni di sedute all'anno). Vi si aggiungono circa 4 giorni all'anno e incontri del Consiglio per sedute informali.

6349

stioni europee» delle Camere federali, il coinvolgimento delle commissioni speciali, che vada oltre la partecipazione prevista già attualmente dalla legge sul Parlamento, e nuovi strumenti che consentano all'Assemblea federale di influire sulla posizione della rappresentanza svizzera in seno al Consiglio dei Ministri.

­

Tribunali. I tribunali svizzeri di ogni grado sarebbero tenuti, in caso di adesione all'UE, ad applicare il diritto comunitario e a interpretarlo secondo la giurisprudenza della CdGCE. Atti normativi o leggi federali contrari al diritto comunitario non potrebbero essere applicati. Questo corrisponde all'attuale preminenza del diritto internazionale. La Svizzera manterrebbe la sua autonomia quanto all'organizzazione della procedura. Nel caso di questioni interpretative del diritto comunitario dinanzi a un tribunale nazionale, le istanze inferiori sarebbero autorizzate a nominare il Tribunale federale quale istanza suprema e in determinati casi addirittura tenute a sottoporre la questione alla CdGCE. Questo procedimento di decisione preliminare andrebbe inserito nel diritto procedurale.

­

Rappresentanza della Svizzera negli organi dell'UE. Oltre alla rappresentanza nel quadro del Consiglio dei Ministri ­ assunta dal Consiglio federale ­ il nostro Paese sarebbe rappresentato da uno o più membri nel Parlamento europeo. Inoltre la Svizzera nominerebbe un giudice presso la CdGCE e un membro della Commissione, da lei parimenti indipendente (cfr. n. 3.2.1.2).

L'Assemblea federale proporrebbe i candidati svizzeri della Commissione e della CdGCE. Secondo il diritto dell'UE i deputati del Parlamento sono eletti dal popolo. Secondo il Trattato di Nizza il numero massimo di rappresentanti è di 732; secondo il progetto di Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa il loro numero non può superare i 750. Sulla base del principio della proporzionalità degressiva, i Paesi di grandezza media, tenuto conto del numero di abitanti, paragonabili alla Svizzera secondo l'articolo 190 capoverso 2 dell'Accordo CE dispongono del seguente numero di rappresentanti: Belgio 24, Danimarca 14, Finlandia 14, Irlanda 13, Paesi Bassi 27, Austria 18, Portogallo 24, Svezia 19, Slovacchia 14, Repubblica ceca 24; Ungheria 24. Dall'elenco si può dedurre che in caso di futura adesione, su un numero totale di 732 oppure 750 rappresentanti e tenuto conto dei futuri nuovi membri UE, la Svizzera potrebbe nominare meno di 20 rappresentanti. Sulla base di questa stima, un'elezione separata in ciascun Cantone secondo il modello delle elezioni del Consiglio degli Stati non entrerebbe in linea di conto. In questo contesto sarebbero molto più idonei modelli dal carattere nazionale.

Con aree elettorali regionali intercantonali si potrebbe tenere conto delle diverse regioni linguistiche. Per l'esecuzione delle votazioni non esistono ancora disposizioni elettorali unitarie secondo il diritto comunitario. La Svizzera sarebbe dunque libera di scegliere le modalità elettorali, ad esempio il sistema maggioritario o quello proporzionale. Il Trattato costituzionale prevede esplicitamente che i membri del Parlamento europeo siano eletti mediante suffragio universale diretto per un periodo di cinque anni e che l'elezione avvenga secondo una procedura uniforme; le necessarie condizioni quadro dovrebbero essere create da una legge europea o da una legge quadro.

6350

4.4.2

Mercato del lavoro, politica sociale, ricerca e salute

Attualmente il mercato del lavoro è già ampiamente regolato dagli Accordi bilaterali di libera circolazione. Le ripercussioni in caso di adesione all'UE sarebbero pertanto limitate. Godendo di pieni diritti, la Svizzera potrebbe contribuire allo sviluppo delle norme comunitarie in questo ambito. La legislazione svizzera in materia di lavoro dovrebbe adeguarsi al livello di protezione europeo, per certi aspetti più elevato (per es. per quanto concerne la riduzione del numero di ore lavorative settimanali, il miglioramento della tutela dalla disdetta e l'introduzione di un congedo parentale). Questi adeguamenti potrebbero ridurre la flessibilità del mercato del lavoro. Nel campo della ricerca la Svizzera acquisterebbe, oltre all'attuale e già ampia cooperazione, un diritto di codecisione nella politica europea in materia di ricerca, ad esempio per la determinazione di linee guida per i programmi quadro di ricerca (contenuti prioritari, condizioni di partecipazione, budget). Inoltre verrebbe a cadere il rischio per la Svizzera di essere segregata al ruolo di Paese terzo nel passaggio da un programma di ricerca all'altro. Analoghi vantaggi si avrebbero con la partecipazione ai programmi di formazione dell'UE. Nel campo della salute un'adesione all'UE consentirebbe inoltre di partecipare a tutte le agenzie dell'UE e di allineare i programmi (per es. Aids, alimentazione, tabagismo, alcool) alle linee direttrici dell'UE. Le procedure centralizzate di autorizzazione dei medicinali (in particolare preparati altamente tecnologici) sarebbero eseguite dell'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (EMEA). Per quanto concerne la tutela dei consumatori un'adesione avrebbe soprattutto ripercussioni nel campo delle derrate alimentari, dei prodotti chimici e della protezione contro le radiazioni.

4.4.2.1

Mercato del lavoro e protezione dei lavoratori

Considerando che le disposizioni dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone255 (ALC) coprono ampiamente il diritto europeo in materia, le ripercussioni di un'adesione all'UE sarebbero simili a quelle di un'adesione allo SEE (cfr.

n. 4.3.2.1). Contrariamente al caso di una partecipazione allo SEE, la Svizzera potrebbe partecipare di pieno diritto al processo decisionale dell'UE in materia di norme sul mercato del lavoro.

In caso di adesione piena all'UE la libera circolazione delle persone dovrebbe essere adeguata sulle basi della direttiva 2004/38/CE256 e della giurisprudenza della CdGCE relativa alla non discriminazione dei cittadini dell'UE (cfr. n. 3.2.2.2.3.1).

Inoltre, come nel caso di un'adesione allo SEE, sarebbe necessario un adeguamento della legislazione svizzera sul lavoro alle pertinenti disposizioni europee. Gli adeguamenti sarebbero contenuti nel caso delle disposizioni minime nei settori della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori (direttiva quadro relativa alla salute e alla sicurezza sul lavoro 89/391/SEE257), della consultazione dei lavoratori

255 256 257

RS 0.142.112.681 GU L 158 del 30.4.2004, p. 77 GU L 183 del 29.6.1989, p. 1

6351

(per es. direttiva 94/45/CE258, direttiva 98/59/CE259, direttiva 2001/23/CE260 e direttiva 2002/14/CE261) e della non discriminazione. Inoltre, una parte della legislazione dell'UE va più lontano rispetto a quella svizzera in ambiti quali l'organizzazione degli orari di lavoro (direttiva 2003/88/CE262), il lavoro temporaneo o a tempo parziale (direttiva 97/81/CE263), la protezione dal licenziamento, la tutela delle donne incinte, il congedo di maternità e il congedo parentale (direttiva 96/34/CE264). La Svizzera dovrebbe adeguarsi al livello di protezione più elevato dell'UE. Concretamente ciò significherebbe, in grandi linee, una diminuzione del tempo di lavoro settimanale massimo, un miglioramento della protezione dal licenziamento e l'introduzione del congedo parentale. Tali adeguamenti causerebbero una riduzione della flessibilità del mercato del lavoro.

Le prime esperienze fatte nell'ambito della cooperazione bilaterale non hanno evidenziato un fenomeno di pressione sui salari (cfr. n. 4.2.2.1). Non si esclude tuttavia che simili pressioni possano verificarsi per le attività poco qualificate. La pressione sui salari per i lavoratori qualificati è poco probabile poiché essi sono richiesti anche nei Paesi limitrofi e percepiscono salari elevati. Le esperienze fatte nell'UE mostrano che vi sono ancora importanti differenze salariali tra i diversi Paesi. Anche l'evoluzione del livello generale dei prezzi dovrebbe avere un'influenza sul livello dei salari (cfr. n. 4.2.3.5). Le misure di accompagnamento contro il dumping salariale e il deterioramento delle condizioni di lavoro rimarranno comunque in vigore anche nel caso di un'adesione all'UE.

La Svizzera parteciperebbe inoltre al processo di definizione degli obiettivi della strategia europea in materia d'impiego, obiettivo che comunque il nostro Paese persegue già ora in ampia misura.

In caso d'adesione all'UE la Svizzera parteciperebbe anche all'elaborazione della politica delle migrazioni dell'UE nei confronti dei cittadini di Stati terzi. Perderebbe un certo margine di manovra nell'ambito della politica d'ammissione e di dimora dei lavoratori provenienti da Stati terzi, del ricongiungimento familiare e dei diritti conferiti ai residenti di lunga durata. Il progetto di una nuova legge sugli stranieri dovrebbe essere adeguato.

4.4.2.2

Politica sociale

Per raggiungere i suoi principali obiettivi prioritari ­ crescita e occupazione ­ l'UE ha sviluppato la nuova Strategia di Lisbona. Spetta all'Agenda sociale (cfr.

n. 3.2.2.3.6.1) rafforzare la dimensione sociale di questa strategia. Gli strumenti disponibili per l'attuazione dell'Agenda sociale sono la legislazione, il dialogo sociale, gli strumenti finanziari e il metodo aperto di coordinamento (MAC).

258 259 260 261 262 263 264

GU L 254 del 30. 9. 1994, p. 64 GU L 225 del 12.8.1998, p. 16 GU L 82 del 22.3.2001, p. 16 GU L 80 del 23.3.2002, p. 29 GU L 299 del 18.11.2003, p. 9 GU L 14 del 20.1.1998, p. 9 GU L 145 del 19.6.1996, p. 4

6352

Il MAC è stato presentato nel 1997 in occasione del vertice di Lussemburgo ed è ora ufficialmente aperto agli Stati membri dell'UE. È stato dapprima applicato nell'ambito della politica occupazionale e poi esteso alla lotta contro l'esclusione sociale e al settore pensionistico. Esso dovrebbe essere esteso alle cure sanitarie e a quelle di lunga durata.

È compito del Comitato di protezione sociale (CPS) ­ comitato con carattere consultivo incaricato di promuovere la cooperazione sulle politiche di protezione sociale tra gli Stati membri e con la Commissione ­ formulare e discutere gli orientamenti principali in materia. Ogni Stato membro deve poi definire un piano d'azione per il proprio territorio al fine di concretare gli orientamenti generali definiti a livello comunitario.

Il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale continuerebbe a funzionare secondo le stesse regole definite dall'ALCP265, ma la Svizzera parteciperebbe alla definizione delle nuove norme. Per quanto riguarda la ripresa e l'attuazione dell'acquis comunitario, le conseguenze sarebbero identiche a quelle di un'adesione allo SEE.

La Svizzera, analogamente agli altri Stati membri, applicherebbe il MAC nei settori di politica sociale definiti a livello comunitario. Questo implicherebbe un rafforzamento della collaborazione tra i vari organi interessati sul piano svizzero e una partecipazione dei Cantoni nei settori della politica sociale di loro competenza.

4.4.2.3

Ricerca e formazione

L'accordo del 2004 che disciplina la partecipazione della Svizzera al 6° Programma quadro di ricerca (PQR), equipara i ricercatori svizzeri ai loro colleghi degli Stati membri dell'UE: i loro diritti e obblighi sono esattamente gli stessi. Per quanto riguarda i progetti di ricerca, un'adesione della Svizzera all'UE non cambierebbe nulla rispetto alla situazione attuale: i ricercatori svizzeri attivi nei PQR non otterrebbero maggiori opportunità né diritti.

Dal punto di vista della politica della ricerca la situazione è diversa. Come esposto al numero 4.2.2.3, la Svizzera ha ottenuto di partecipare agli organi direttivi dei PQR.

Essa può pertanto prendere parte alle discussioni sull'attuazione dei PQR (concezione dei bandi di concorso e selezione dei progetti da finanziare), ma formalmente non ha alcun diritto di voto. Anche negli orientamenti generali dei programmi di ricerca, ovvero nella definizione dei contenuti dei PQR e delle regole di partecipazione, la Svizzera attualmente non ha quasi voce in capitolo. Come gli altri Stati partecipanti ai PQR la Svizzera è consultata in relazione alle proposte della Commissione e può prendere posizione ufficialmente sui testi in consultazione. Ma sulle decisioni finali adottate dal Consiglio e dal Parlamento possono influire generalmente solo gli Stati membri dell'UE.

Per quanto riguarda i PQR un'adesione della Svizzera all'UE sarebbe vantaggiosa soprattutto per la possibilità di partecipare alle decisioni delle procedure legislative.

Inoltre, la Svizzera non correrebbe più il rischio, nel momento di transizione tra un PQR e l'altro, di perdere per uno o più anni le sue prerogative trovandosi relegata a Stato terzo (cfr. n. 4.2.2.3). Si noti che oltre ai PQR, che rappresentano di gran lunga il principale strumento di promozione pubblica della ricerca nell'UE, vi sono decine 265

RS 0.142.112.681

6353

di altri progetti di ricerca dell'UE, in parte strettamente connessi ai PQR, ai quali la Svizzera può partecipare senza adesione all'UE solo ottenendo l'adesione a ciascuno di questi programmi o perlomeno riservando a livello nazionale un relativo credito.

L'adesione della Svizzera all'UE favorirebbe la già soddisfacente integrazione della Svizzera nel sempre più fitto spazio europeo della ricerca, con vantaggi significativi soprattutto nella politica della ricerca. L'importo destinato a questi programmi sarebbe stabilito nell'ambito del budget dell'UE e tenendo conto delle prospettive finanziarie e verrebbe finanziato con il contributo generale della Svizzera al budget dell'UE.

Analogamente alla ricerca, anche nei programmi di educazione, formazione professionale e per la gioventù l'adesione della Svizzera all'UE garantirebbe alcuni vantaggi nella pianificazione strategica e notevoli vantaggi dal punto di vista legislativo, perché negli organi direttivi non vi sarebbe più solo un diritto di parola, ma anche un diritto di voto formale che consentirebbe di partecipare alle procedure budgetarie e legislative che definiscono nella sostanza i programmi.

L'adesione all'UE garantirebbe inoltre una partecipazione continua, stabile ed estesa automaticamente a tutte le iniziative.

4.4.2.4

Salute e protezione dei consumatori

Anche se nel settore della sanità dispone solo di competenze limitate, l'UE definisce le linee direttrici strategiche e garantisce un elevato livello di protezione della salute in tutti i settori politici. In caso di adesione all'UE, la Svizzera potrebbe contribuire a definire queste linee direttrici, ma provvederebbe autonomamente alla loro applicazione. Per quanto ocncerne i servizi sanitari, le competenze dell'UE riguardano unicamente aspetti che toccano il mercato interno e la collaborazione tecnica. La protezione dei consumatori deve essere garantita nel quadro di diverse attività comunitarie (sicurezza alimentare, oggetti d'uso, prodotti chimici, radioprotezione).

A condizione che i colloqui esplorativi attualmente in corso fra la Svizzera e l'UE nel settore della salute e della protezione dei consumatori (programma d'azione comunitario nel settore della salute 2007­2013266, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), diversi sistemi di allarme rapido) abbiano esito positivo, un'adesione della Svizzera all'UE avrebbe anche le seguenti ripercussioni: La Svizzera dovrebbe orientare strategicamente la propria politica in materia di sanità (per es. AIDS, alimentazione, tabacco, alcol) alle linee direttrici dell'UE e parteciperebbe all'Agenzia europea dei farmaci (EMEA). L'EMEA si occuperebbe delle principali procedure di omologazione dei medicamenti (specialmente di quelle dei preparati farmaceutici prodotti mediante tecnologie di punta), mentre le altre omologazioni rimarrebbero, come sinora, di competenza di Swissmedic.

266

I progetti sussidiati in virtù del programma d'azione devono sfruttare le sinergie dei progetti sostenuti grazie al 7° Programma quadro di ricerca UE 2007­2013. La Svizzera parteciperà a questo programma di ricerca, i cui temi principali saranno la salute e la sicurezza alimentare.

6354

Nel settore dei servizi sanitari (p.es. sicurezza dei pazienti, sanità elettronica eHealth, prestazioni sanitarie transfrontaliere, centri di riferimento), la Svizzera sarebbe pienamente integrata nel processo dinamico in atto nell'UE, il cui andamento e i cui possibili effetti per il Paese non sono al momento prevedibili. La pianificazione e il finanziamento dei servizi sanitari sono di competenza dei singoli Stati membri.

Nel caso in cui le armonizzazioni nel settore delle derrate alimentari siano effettuate nel quadro di un accordo di libero scambio fra Svizzera e UE sui prodotti agricoli, gli effetti di un'adesione all'UE per quanto concerne la protezione dei consumatori si manifesterebbero soprattutto nell'ambito dei prodotti chimici e della radioprotezione. Nel settore dei prodotti chimici, la Svizzera adotterebbe integralmente il sistema REACH sulla registrazione, la valutazione e l'autorizzazione delle sostanze chimiche. Le autorità elvetiche avrebbero così accesso a tutti i dossier inoltrati agli altri Stati SEE o all'Agenzia europea centrale delle sostanze chimiche. Inoltre, il vantaggio per l'economia consisterebbe nel fatto che i prodotti notificati o autorizzati in Svizzera avrebbero automaticamente accesso al mercato europeo.

Nell'ambito della radioprotezione, la Svizzera potrebbe partecipare ai lavori del «Comitato dell'art. 31 Euratom» (fondato sull'art. 31 del Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, Euratom, le cui competenze e la cui composizione risulta dall'art. 31) per la definizione delle norme di base in questo settore. I limiti di esenzione per la radioprotezione nell'UE corrispondono al livello di protezione vigente in Svizzera. Pertanto non sarebbero necessari adeguamenti di alcun tipo.

4.4.3

Economia e finanze

Sul piano economico gli effetti negativi (perdita del cosiddetto «bonus sui tassi d'interesse», contributo netto) dovrebbero superare a breve e medio termine quelli positivi (integrazione completa del mercato); questi ultimi si faranno però sentire soltanto a lungo termine. Con l'integrazione completa nel mercato interno dell'UE, l'economia svizzera acquisirebbe un accesso non discriminatorio al mercato; nel contempo verrebbero riprese le cosiddette «politiche orizzontali» (diritto in materia di concorrenza, proprietà intellettuale, protezione dei consumatori). Nel settore del commercio di prodotti industriali sarebbero interamente abbattuti gli ostacoli tecnici al commercio (con l'armonizzazione sistematica delle norme e l'applicazione del principio «Cassis de Dijon»). Attraverso la libera circolazione dei servizi, i fornitori otterrebbero un accesso senza limitazioni al mercato interno dell'UE, anche per quel che riguarda le offerte transfrontaliere provenienti dalla Svizzera. Necessità di adeguamento si registrerebbero nel diritto in materia di concorrenza e nella liberalizzazione dei servizi legati alle infrastrutture, visto il ritardo accumulato in quest'ambito. Per l'agricoltura, un'adesione all'UE comporterebbe, oltre a un accordo di libero scambio sui prodotti agricoli, anche l'adozione della legislazione doganale dell'UE e della politica agraria comune dell'UE. I prezzi alla produzione e al consumo si ridurrebbero. I produttori svizzeri avrebbero nuove opportunità di esportazione. Sul piano della politica economica esterna, nel quadro della politica commerciale

6355

comune dell'UE, la Svizzera potrebbe certamente approfittare del peso negoziale dell'UE e contribuire a definirne le posizioni, ma risulterebbe legata ad essa e perderebbe la sua autonomia negoziale in materia di accordi commerciali.

Nell'ambito dell'unione doganale, la Svizzera dovrebbe adottare la tariffa doganale esterna dell'UE nei confronti di Stati terzi, che è nettamente più elevata per prodotti di Stati terzi (attualmente 18 % delle importazioni). Viceversa, l'abolizione dei controlli sulle merci alle frontiere consentirebbe all'economia di realizzare notevoli risparmi. L'evoluzione dei prezzi dipenderebbe da diversi fattori: per es. dagli effetti sulla concorrenza, che provocano una pressione sui prezzi (questa sarebbe, in particolare, la conseguenza dell'applicazione del principio «Cassis de Dijon», delle importazioni parallele, della liberalizzazione dei mercati agrari, dei servizi e delle infrastrutture, nonché dell'abolizione dei controlli sulle merci alle frontiere). L'aumento dell'IVA, invece, comporterebbe forse un aumento dei prezzi. Nell'ambito delle imposte indirette, le aliquote dell'IVA verrebbero parificate a quelle dell'UE, vale a dire che l'aliquota normale sarebbe rialzata ad almeno il 15 per cento, e l'aliquota speciale ad almeno il 5 per cento. Una parte dei maggiori introiti che ne conseguirebbero potrebbe essere impiegata per finanziare il contributo netto della Svizzera al budget dell'UE; in questa misura l'aliquota d'imposizione aumenterebbe. Per evitare un ulteriore aumento dell'aliquota d'imposizione e mantenere intatta l'attrattiva della piazza economica svizzera dovrebbero essere effettuate compensazioni su altre tasse.

Nel settore delle imposte dirette, gli Stati membri dell'UE conservano di norma la loro sovranità. A certe condizioni, tuttavia, le agevolazioni fiscali per le imprese sono considerate come aiuti governativi vietati. Questa disposizione del diritto in materia di concorrenza, così come il «codice di comportamento relativo all'imposizione delle imprese», potrebbero comportare una verifica della compatibilità di determinate disposizioni svizzere con il diritto comunitario.

L'adozione dell'acquis comunitario (fiscalità del risparmio, disposizioni in materia di riciclaggio di denaro) porterebbe inoltre a un'estensione dello scambio d'informazioni
(senza presupporre la doppia punibilità). Nel settore della fiscalità del risparmio, nel quadro dei negoziati per l'adesione all'UE, la Svizzera potrebbe cercare di ottenere la possibilità di mantenere l'attuale regolamentazione derogatoria (ritenuta d'imposta). Il segreto bancario fiscale verrebbe però de facto messo in discussione nella sua attuale definizione. Nell'ipotesi di una partecipazione all'unione monetaria, la politica monetaria svizzera sarebbe stabilita dalla Banca centrale europea. L'adeguamento al tasso d'interesse dell'UE (più elevato di quello svizzero), con la conseguente perdita del cosiddetto «bonus sui tassi d'interesse», causerebbe durante una fase transitoria, condizionata da effetti negativi sulle attività d'investimento, costi elevati all'economia. La Svizzera potrebbe cercare di negoziare una deroga relativamente all'introduzione dell'euro. Quest'ultima può essere ritardata a tempo indeterminato (come nel caso della Svezia) se le corrispondenti condizioni non sono adempiute (criteri di convergenza, adeguamento della legislazione nazionale). Come Stato membro dell'Unione, la Svizzera dovrebbe versare annualmente un contributo netto di circa 3,4 miliardi di franchi al budget dell'UE. In ogni caso la fissazione di questo contributo dovrebbe far parte integrante dei negoziati di adesione.

6356

4.4.3.1

Agricoltura

L'adesione della Svizzera all'UE comporterebbe la liberalizzazione del commercio agricolo con l'UE, l'integrazione nel diritto elvetico della legislazione doganale dell'UE nonché l'adozione della Politica agricola comune (PAC). Com'è stato il caso in Svizzera, dal 1992 nell'UE la PAC è stata riformata in diverse fasi (cfr.

n. 3.2.2.3.5 «Politica agricola comune»). Le due politiche si sono avvicinate anche con l'influsso dell'OMC. Sia la Svizzera che l'UE si riconoscono nel concetto di un'agricoltura multifunzionale. Nei disciplinamenti del mercato vigenti vi sono tuttavia delle differenze notevoli: per esempio, mentre la Svizzera sopprimerà il contingentamento lattiero a partire dal 2009, nell'UE esso resterà in vigore almeno fino al 2013, anche se con un ampliamento dei quantitativi di contingente e prezzi di intervento inferiori. Di fatto per ciò che riguarda i provvedimenti di sostegno del mercato, in Svizzera, con la Politica agricola 2011 verrebbe mantenuto soltanto un supplemento per la trasformazione del latte in formaggio. Con l'OMC, dal 2014 non sarà più autorizzata alcuna forma di sussidi all'esportazione, mentre il Consiglio federale vorrebbe abolire tutti i sussidi all'esportazione già a partire dal 2009, ad eccezione dei contributi all'esportazione dei prodotti agricoli trasformati. L'orientamento di base del sistema dei pagamenti diretti dell'UE è paragonabile a quello della Svizzera anche se il sistema svizzero si basa soprattutto sull'unità di superficie mentre quello dell'UE è orientato verso i premi aziendali.

Le ripercussioni di un'adesione possono soltanto venir stimate. In particolare non risulta chiaro come procederà il processo di riforma dell'UE nonché quali saranno le conseguenze dell'allargamento dell'UE. È certo che la Svizzera dovrebbe riprendere fin dal primo giorno i disciplinamenti di mercato comunitari. Per l'attuazione delle altre misure, in particolare nell'ambito dello sviluppo rurale, vi è tuttavia un certo margine di manovra a livello nazionale.

4.4.3.2

Prodotti industriali

I prodotti industriali sono sottoposti alle disposizioni sulla libera circolazione delle merci (art. 23 e segg. del Trattato CE), che prevedono divieti quali la soppressione dei dazi e dei gravami con effetto equivalente sulle importazioni e le esportazioni nonché delle restrizioni quantitative e dei provvedimenti con effetto equivalente sulle importazioni e le esportazioni. Queste disposizioni sono state oggetto di una sentenza favorevole della CdGCE. Nel caso di un'adesione all'UE, tali disposizioni devono essere adottate in particolare per far sì che l'Accordo di libero scambio Svizzera-CE del 1972267 sia esteso da «liberalizzazione degli scambi» a «logica di mercato interno». La Svizzera avrebbe i medesimi diritti (per es. con attenzione all'applicazione del principio «Cassis de Dijon») e obblighi (per es. l'obbligo di notifica nel quadro del diritto della concorrenza e del diritto di assistenza) degli altri Stati membri.

267

RS 0.632.401

6357

4.4.3.3

Servizi

Sul piano economico, l'adesione all'UE ha le stesse conseguenze dell'adesione allo SEE, poiché i servizi non sono soggetti a sdoganamento. La regolazione attuale dei servizi crea ostacoli all'accesso al mercato e limita di fatto la concorrenza. Nei due casi i servizi sarebbero sottoposti a una vasta armonizzazione del diritto applicabile, che permetterebbe una maggiore efficienza grazie a una migliore destinazione delle risorse e a un ampliamento dell'offerta dei servizi. È tuttavia difficile quantificare le ripercussioni economiche, dirette e indirette, determinate da una più grande liberalizzazione, sia a livello dei singoli settori, sia per l'economia nel suo insieme. Ciò è dovuto, da un lato, al fatto che la ricerca economica nel settore dei servizi e del commercio internazionale dei servizi è meno avanzata che per le merci, e dall'altro, alle lacune osservate in materia di dati statistici. Tuttavia, tre studi quantitativi effettuati su mandato della Segreteria di Stato dell'economia (SECO) mostrano le ripercussioni positive dirette che potrebbero spiegare l'attuazione di strategie di liberalizzazione efficaci nel settore dei servizi268.

Infine, non è possibile ignorare che le modifiche della struttura organizzativa conseguente all'adesione potrebbero occasionare costi d'adeguamento alle imprese del settore dei servizi. Se così fosse, si può presumere che questi costi sarebbero contenuti e si produrrebbero soltanto per un periodo limitato.

Un'ulteriore apertura del mercato verrebbe sicuramente percepita come un elemento dinamico del mercato interno (miglioramento parziale della qualità delle offerte di servizi per i consumatori finali). In linea di massima, con l'arrivo di attori esteri, ciò potrebbe tuttavia portare al rafforzamento della concorrenza ed eventualmente provocare un adeguamento strutturale.

Per quanto riguarda più dettagliatamente la liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni rimandiamo al numero 4.4.4.2.

4.4.3.4

Relazioni economiche esterne e unione doganale

Nelle sue relazioni economiche con Stati terzi la Svizzera parteciperebbe alla politica commerciale comune. Ciò significa che la Svizzera, in particolare nell'ambito dell'OMC, dovrebbe armonizzare la sue posizioni con quelle degli altri Stati membri dell'UE. Essa rimarrebbe ovviamente membro dell'OMC, ma in seno alle commissioni dell'OMC sarebbe rappresentata, come gli altri Stati membri dell'UE, dalla Commissione europea. Da un lato la Svizzera potrebbe trarre vantaggio dal relativo peso negoziale dell'UE (però, al contempo, con la perdita dell'autonomia relativa alla salvaguardia dei propri interessi in quei casi nei quali tali interessi non concordassero con quelli dell'UE). D'altro lato, si potrebbe partire dal presupposto che la Svizzera, in base alle sue tradizionali relazioni economiche con Stati extraeuropei, conserverebbe un peso importante nel processo decisionale di definizione di linee 268

CPB Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis, «Liberalisation of the European services market and its impact on Switzerland», Final Report, L'Aja, 2005. Copenhagen Economics, «The Economic Effects of Services Liberalisation in Switzerland», Final Report, Copenhagen, 2005. Ecoplan, «Liberalizing Services in Switzerland and with European Union», Final Report, Berna/Altdorf, 2005.

http://www.seco.admin.ch/imperia/md/content/publikationenundformulare/veroeffentlich ungsreihen/33e.pdf

6358

guida per i negoziati della Commissione europea. Inoltre parteciperebbe al processo decisionale del Consiglio dei ministri con i medesimi diritti degli altri Stati membri.

Per gli accordi dell'UE che vanno oltre l'ambito commerciale e che richiedono l'approvazione di tutti gli Stati membri la Svizzera manterrebbe un potere di codecisione.

Eventuali dazi di compensazione in caso di dumping e misure protettive dell'UE contro l'adozione di pratiche commerciali sleali da parte di Stati terzi verrebbero applicati anche per la Svizzera. Nella definizione dei contenuti fondamentali della sua politica commerciale esterna, con l'adesione all'UE la Svizzera non si piegherebbe ad alcuna richiesta relativa a un cambiamento di rotta sostanziale. Gli obiettivi della Svizzera sono comparabili a quelli dell'UE; tutte e due le parti si dichiarano favorevoli a una OMC forte e quindi al libero scambio.

La Svizzera diverrebbe attore nell'attuale grande rete di convenzioni comunitarie.

Essa dovrebbe però revocare tutti i suoi accordi di libero scambio e rescindere la Convenzione AELS. Le relazioni di libero scambio con gli Stati membri dell'AELS proseguirebbero tramite lo SEE. Le medesime disposizioni sono valide per tutti i partner di libero scambio della Svizzera con i quali anche l'UE ha concluso un accordo di libero scambio.

Nelle relazioni con l'UE ciò significa che l'area doganale svizzera diverrebbe parte costitutiva del mercato interno comunitario e quindi dell'Unione doganale europea (cfr. n. 4.4.3.6). La tariffa doganale esterna media dell'UE per i beni industriali (4,1 %) è superiore a quella elvetica (2,3 %); nel quadro del Doha-Round questo divario dovrebbe tuttavia diminuire. In quanto membro dell'unione doganale dell'UE, la Svizzera dovrebbe aumentare i dazi di determinati beni industriali provenienti da Stati terzi (attualmente essi costituiscono il 18 % delle importazioni). Per contro l'abolizione dei controlli fisici alle frontiere dovrebbe comportare risparmi per l'economia (cfr. n. 4.4.3.5).

4.4.3.5

Livello dei prezzi

Come accennato per gli altri strumenti, l'integrazione completa eserciterebbe una pressione verso il basso sui prezzi grazie all'incremento della concorrenza internazionale che deriverebbe in particolare dall'abolizione degli ostacoli non tariffari (principio «Cassis de Dijon»), dalla completa apertura del mercato dell'agricoltura, dalle importazioni parallele, dalla liberalizzazione dei servizi e delle infrastrutture e dall'abolizione dei costi amministrativi relativi al controllo doganale delle merci.

Tuttavia, in caso di adesione, l'aumento dell'IVA provocherebbe un rialzo del livello dei prezzi al consumo269. È difficile valutare in che misura questo aumento sarà compensato dall'effetto concorrenziale e quale sarà l'ampiezza di un tale aumento sulla domanda. Ciò dipenderà in particolare dal ciclo congiunturale.

269

Sul modello della tassazione del consumo, cfr. Kirchgässner G. «Konzept für ein modernes Steuer- und Abgabensystem für die Schweiz» in Liberales wirtschaftspolitisches Konzept, Berna 1999.

6359

Inoltre l'adozione dell'euro è stata sovente associata all'aumento dei prezzi270. Dal 2002 l'euro è la moneta di oltre 300 milioni di cittadini europei. Nel caso della Svizzera l'eventuale impatto sui prezzi non è molto chiaro. Da un lato, il tasso d'inflazione in Svizzera, nonostante sia in gran parte determinato dalla politica monetaria della BCE, potrebbe rivelarsi leggermente superiore alla media della zona euro a causa della tendenza negli ultimi decenni all'apprezzamento del franco in termini reali. D'altro lato, la trasparenza generata dall'euro, qualora la Svizzera lo adottasse, permetterà di paragonare direttamente i prezzi e causerà un'intensificazione, non solo della concorrenza, ma anche degli scambi.

4.4.3.6

Fiscalità

In generale L'UE non dispone di competenze in materia di imposizione dei redditi e della sostanza delle persone fisiche. La sovranità in materia di fiscalità diretta rimane agli Stati membri (aliquote, sistema di credito di imposta, base imponibile, ecc.), e comprende anche le modalità d'imposizione delle società e altre persone giuridiche. Essa dispone invece di competenze in diversi settori a livello di fiscalità indiretta (dazi doganali, IVA, imposte sul consumo).

Dazi La rinuncia alla riscossione di dazi nel traffico commerciale intracomunitario va di pari passo con l'applicazione di una tariffa doganale comune nei confronti dei Paesi terzi. La ripresa integrale della legislazione doganale comunitaria significherebbe la ripresa del codice doganale e l'introduzione della legislazione tariffale comune. Si applicherebbero pertanto la nomenclatura combinata, la tariffa integrata e il dazio sul valore. Nel settore dei beni industriali ciò provocherebbe un onere doganale maggiore sulle merci provenienti da Paesi terzi (pari al 18 % delle importazioni). La Svizzera dovrebbe riprendere gli accordi preferenziali dell'UE. A livello di politica economica esterna la Svizzera approfitterebbe del peso dell'UE nei negoziati e potrebbe partecipare alla definizione delle posizioni di quest'ultima, ma sarebbe legata ad esse. Perderebbe la sua autonomia d'azione. Le entrate doganali sarebbero trasferite alla Comunità dopo deduzione del 25 per cento dei costi di riscossione, e non confluirebbero più nel bilancio della Confederazione (cfr. n. 4.4.3.9). Con la nuova unione doganale Büsingen perderebbe il suo statuto speciale. L'ordinamento delle zone franche dell'alta Savoia e del Paese di Gex diverrebbe caduco. Il trattato di unione doganale con il Liechtenstein e l'esclusione delle vallate di Samnaun e di Sampuoir dal territorio doganale svizzero dovrebbero essere riesaminati. Nel contempo si prevedono risparmi per l'economia grazie all'abolizione dei controlli fisici alle frontiere. La ripresa del codice doganale potrebbe in definitiva risolvere simili problemi, come ad esempio quelli insorti con l'introduzione della «norma delle 24 ore» (cfr. n. 2.3.3).

270

Da quattro anni l'euro è diventato la moneta di oltre 300 milioni di Europei. Stando a un sondaggio pubblicato dalla Commissione europea nel novembre 2005, una schiacciante maggioranza di persone intervistate (93 %) dichiarano che l'introduzione dell'euro ha determinato un aumento dei prezzi. Soltanto il 5 % dei cittadini della zona euro reputa che l'introduzione dell'euro non ha avuto alcuna conseguenza sui prezzi.

6360

Imposte speciali sul consumo (oli minerali, tabacco e birra) Imposta sugli oli minerali Secondo l'articolo 1 della direttiva 2003/96/CE, del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità271, gli Stati membri tassano i prodotti energetici e l'elettricità conformemente a detta direttiva. L'allegato I della direttiva contiene le aliquote minime di imposizione applicabili a contare dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010. In Svizzera le aliquote minime di imposizione dei carburanti sono superiori a quelle applicate nell'UE. Un'adesione all'UE non comporterebbe pertanto alcun adeguamento dell'imposta sugli oli minerali sui carburanti. Le aliquote di imposizione dell'olio da riscaldamento e del gas naturale utilizzati a scopo di riscaldamento dovrebbero invece essere aumentate a concorrenza degli importi minimi secondo la direttiva dell'UE. Nel caso dell'olio da riscaldamento extra leggero l'onere fiscale passerebbe dagli attuali 3 franchi a 32.55 franchi per 1000 litri; nel caso del gas naturale utilizzato a scopi non aziendali l'onere fiscale passerebbe da 2.10 franchi a 20.15 franchi per 1000 kg (la metà in caso di utilizzazione industriale). Ne risulterebbero maggiori entrate pari a circa 180 milioni di franchi.

Imposta sul tabacco Nel quadro della sempre maggiore interazione della Svizzera con l'UE, il Consiglio federale persegue l'eurocompatibilità anche nel settore dell'imposta sul tabacco.

L'UE non ha armonizzato interamente l'imposta sul tabacco, bensì posto in sintonia le strutture dell'imposta e le aliquote minime. In virtù di questo obbligo limitato di adeguamento, gli Stati membri possono applicare in modo ampiamente autonomo i loro principi fiscali, economici e di politica della sanità.

­

Sigarette: la struttura fiscale svizzera è eurocompatibile dalla modifica del 24 marzo 1995 della legge federale sull'imposizione del tabacco272. Secondo l'articolo 10 capoverso 1 lettera a della legge, per le sigarette l'imposta è stabilita per pezzo e in per cento del prezzo al minuto. L'onere minimo previsto dall'UE è parimenti raggiunto (direttiva 2002/10/CE273).

­

Altri manufatti di tabacco diversi dalle sigarette: nel caso degli altri manufatti di tabacco diversi dalle sigarette, né la struttura fiscale, né l'onere minimo sono eurocompatibili. Il Consiglio federale intende però strutturare l'imposta in modo eurocompatibile (direttiva 1999/81/CE274) e avvicinare a medio termine l'onere fiscale all'onere minimo dell'UE (direttiva 2002/10/CE)275.

Se le vendite non subiscono modifiche, in caso di adeguamento diretto all'onere minimo dell'UE risulterebbero maggiori entrate pari a circa 30 milioni di franchi.

Imposta sulla birra Anche l'imposta sulla birra fa parte delle imposte sul consumo non interamente armonizzate a livello di UE. La legislazione comunitaria prevede disposizioni sul 271 272 273 274 275

GU L 283 del 31.10.2003, p. 51 RS 641.31 GU L 46 del 16.2.2002, p. 26 GU L 211 del 11.8.1999, p. 47 Eccettuato il tabacco finemente trinciato, il cui onere fiscale dovrebbe essere immediatamente adeguato all'onere minimo a livello di UE.

6361

sistema fiscale (direttiva 92/83/CEE276) e stabilisce aliquote minime di imposte sul consumo negli Stati membri (direttiva 92/84/CEE277).

L'onere fiscale svizzero è superiore all'aliquota minima a livello di UE e si situa nella media rispetto ai Paesi dell'Europa centrale.

Nel suo messaggio del 7 settembre 2005278 concernente la legge federale sull'imposizione della birra, il Consiglio federale propone una legge sull'imposizione della birra ampiamente eurocompatibile (sistema fiscale, aliquota minima, imposta di fabbricazione a canone). In deroga alle succitate direttive dell'UE, la legislazione svizzera ammette sgravi fiscali che dovrebbero essere revocati in caso di adesione all'UE.

Imposta sul valore aggiunto Nell'elaborazione della legge federale del 2 settembre 1999 concernente l'imposta sul valore aggiunto (LIVA)279, il legislatore si è lasciato guidare dai principi della legislazione europea di attuazione, segnatamente dalla sesta direttiva sulla legislazione in materia di imposta sul valore aggiunto. In caso di adesione all'UE, la legislazione svizzera in materia di imposta sul valore aggiunto necessiterebbe unicamente di adeguamenti puntuali. Una modifica decisiva si verificherebbe invece nell'ambito delle aliquote. L'aliquota normale dovrebbe essere aumentata almeno al 15 per cento, mentre l'aliquota ridotta e l'aliquota speciale per le prestazioni di alloggio dovrebbero essere aumentate almeno al 5 per cento. Taluni adeguamenti sarebbero inoltre necessari in ambito di cifre d'affari escluse dall'imposta.

Una parte delle maggiori entrate derivanti dall'imposta sul valore aggiunto verrebbe utilizzata per finanziare il contributo netto della Svizzera. La quota fiscale aumenterebbe in misura corrispondente. Per evitare un aumento della quota fiscale oltre questi limiti e tutelare l'attrattiva della piazza fiscale Svizzera si dovrebbero effettuare compensazioni, vale a dire sgravi, su altri tributi. In questa ipotesi si dovrebbe provvedere affinché i Cantoni dispongano ulteriormente di sufficienti fonti di finanziamento.

Nel traffico commerciale l'onere amministrativo attualmente necessario nel contesto della compensazione alla frontiera verrebbe a cadere anche per le ditte svizzere. Fino al momento del passaggio all'ordinamento definitivo, ossia al principio del Paese di origine abbinato
al diritto della deduzione dell'imposta precedente in tutta la Comunità, agli Stati membri dell'UE verrebbe applicata la procedura del rimborso dell'imposta precedente. In virtù di tale procedura l'impresa che ­ nel quadro di cifre d'affari a livello nazionale ­ acquista beni o prestazioni di servizi in un altro Stato dell'UE senza esservi contribuente all'imposta sul valore aggiunto, deve chiedere nell'ambito di detta procedura il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto che le è stata fatturata. Sono attualmente in atto sforzi per semplificare questa procedura onerosa.

La soppressione dell'elenco delle eccezioni secondo l'articolo 18 LIVA e l'introduzione di un'aliquota unitaria per tutte le prestazioni imponibili ­ come ipotizzabile nel caso di una semplificazione radicale dell'imposta sul valore aggiunto nel senso 276 277 278 279

GU L 316 del 31.10.1992, p. 21 GU L 316 del 31.10.1992, p. 29 FF 2005 5045 RS 641.20

6362

di «un'imposta ottimale sul valore aggiunto» ­ sarebbero all'origine di notevoli differenze tra l'UE e la Svizzera perché le legislazioni in materia di imposta sul valore aggiunto degli Stati circostanti prevedono pressoché le medesime eccezioni attualmente esistenti in Svizzera e perché quasi tutti gli Stati applicano diverse aliquote di imposta. Nel corso dei prossimi anni l'imposta sul valore aggiunto verrà semplificata anche nell'UE. Non si può però prevedere una semplificazione radicale a livello di UE nei prossimi anni.

Imposizione delle società (imposta sull'utile e sul capitale) Fatto salvo il paragrafo successivo, non saranno introdotte per il momento modifiche radicali delle modalità di imposizione delle società e delle altre persone giuridiche perché la sovranità in ambito di imposte dirette permane nella competenza degli Stati membri (aliquote, sistema di credito di imposta, base imponibile ecc.). Per le società associate dovrebbero essere riprese la direttiva 90/435/CEE e la direttiva 2003/49/CE in materia di imposizione alla fonte dei dividendi, degli interessi e dei canoni280 (situazione corrispondente a quella degli accordi bilaterali già esistenti) nonché la direttiva 2005/19/CE concernente le fusioni transfrontaliere in seno all'UE281 (novità: soppressione di talune disparità di trattamento).

Per quanto concerne gli aiuti statali, si applicherebbe il regime degli aiuti di Stato dell'UE con corrispondenti procedure di controllo e di autorizzazione (cfr. art. 87 del Trattato che istituisce le Comunità europee e la legislazione secondaria che concretizza la politica degli aiuti, nonché la giurisprudenza della Corte europea di giustizia). A determinate condizioni anche le agevolazioni fiscali sono considerate aiuti di Stato vietati. Questo stato di fatto e l'obbligo di rispettare il codice di comportamento in materia di imposizione delle imprese282 potrebbero indurre la Commissione a esaminare se taluni regimi federali283 sono compatibili con la legislazione comunitaria. Per quanto concerne i regimi fiscali dei Cantoni, rimandiamo al capitolo concernente la sovranità fiscale dei Cantoni.

Imposizione alla fonte In caso di adesione all'UE aumenterebbe la pressione in vista dell'adeguamento del nostro sistema di imposizione alla fonte. Siccome la Svizzera dovrebbe riprendere la
legislazione comunitaria, dovrebbero essere pienamente osservate la giurisprudenza della Corte europea di giustizia e quindi la parità di trattamento, rispettivamente la non discriminazione dei lavoratori dell'UE nell'ambito del diritto fiscale.

Imposizione delle transazioni di titoli Nell'UE non esistono direttive sulla tassa di negoziazione.

Imposta sui conferimenti di capitale La direttiva 69/335/CEE concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali284 si occupa tra l'altro dell'armonizzazione della tassa di emissione, designata come «tassa sul capitale». Alle fattispecie fiscali enumerate dettagliatamente dalla diretti-

280 281 282 283 284

GU L 225 del 20.8.1990, p. 6; GU L 157 del 26.6.2003, p. 49.

GU L 58 del 4.3.2005, p. 19 GU C 2 del 6.1.1998, p. 1 Cfr. n. 4.3.3.6 (nota n. 227) GU L 249 del 3.10.1969, p. 25

6363

va è applicata un'aliquota massima dell'1 per cento del capitale proprio. La legislazione svizzera attuale ottempera già a questa direttiva.

Sovranità fiscale cantonale In caso di adesione all'UE la sovranità fiscale dei Cantoni potrebbe di massima essere ulteriormente garantita. Potrebbero invece risultare limitazioni dai seguenti fattori: ­

i regimi fiscali cantonali che potrebbero essere qualificati come aiuti di Stato vietati ai sensi dell'articolo 87 del Trattato che istituisce le Comunità europee dovrebbero essere modificati o abrogati;

­

la Svizzera dovrebbe aderire al codice di comportamento in materia di imposizione delle imprese, ciò che a seconda delle circostanze potrebbe parimenti determinare la modifica o l'abrogazione di taluni regimi fiscali cantonali;

­

la sovranità fiscale dei Cantoni potrebbe altresì essere toccata se l'UE dovesse concordare un'armonizzazione completa o parziale dell'imposizione delle imprese;

­

l'autonomia finanziaria dei Cantoni potrebbe essere toccata a seconda della variante di compensazione dell'aumento ad almeno il 15 per cento dell'aliquota di imposta sul valore aggiunto, prescritto in caso di adesione all'UE.

Assistenza amministrativa, assistenza giudiziaria, segreto bancario Nel settore delle imposte indirette sarà applicabile il nuovo regolamento (CE) 1798/2003285 che istituisce un corpo unico di norme destinate a rafforzare la cooperazione amministrativa nell'ambito dell'IVA nella lotta contro la frode e l'evasione fiscali. Il regolamento in questione è completato dal regolamento (CE) 2073/2004286 nel settore dei diritti di accisa secondo principi paragonabili. Il rafforzamento e l'intensificazione della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri in materia di fiscalità indiretta (IVA, accise, dazi doganali) ha imposto nuovi standard all'assistenza amministrativa. L'Accordo sulla lotta contro la frode concluso tra la Svizzera e l'UE ha ripreso in ampia misura questi standard.

In materia di fiscalità diretta, sarà parimenti applicata la nuova direttiva 2004/56 sulla reciproca assistenza in materia di fiscalità287 ­ che ha recentemente sostituito la direttiva 77/799288.

La ripresa del patrimonio normativo comunitario in materia di cooperazione fiscale a livello di imposte dirette potrebbe implicare una modifica sostanziale della politica svizzera nella misura in cui le informazioni dovranno essere scambiate senza la condizione della doppia incriminazione (abbandono dell'esigenza della frode fiscale). Nondimeno non si assisterà a un abbandono automatico del segreto bancario per il solo fatto dell'estensione della cooperazione fiscale. Nel settore della fiscalità diretta la Svizzera potrebbe in teoria adottare lo standard di cooperazione più conservatore, come quello attualmente mantenuto da altri Stati dell'UE (Lussemburgo, Austria). Anche in seno all'UE sono tuttavia costanti le pressioni affinché il segreto bancario non sia di ostacolo allo scambio di informazioni. Di fatto, il segreto banca285 286 287 288

GU L 264 del 15.10.2003, p. 1 GU L 359 del 4.12.2004, p. 1 GU L 127 del 29.4.2004, p. 70 GU L 336 del 27.12.1977, p. 15

6364

rio come è definito dall'attuale legislazione svizzera sarebbe posto in forse. A prescindere da quanto precede, la ripresa del patrimonio normativo comunitario nel settore finanziario, segnatamente delle prescrizioni sul riciclaggio di denaro, potrebbe determinare un'estensione in Svizzera delle fattispecie di assistenza giudiziaria e amministrativa (tra l'altro la sottrazione fiscale).

4.4.3.7

Piazza finanziaria

Come già l'adesione allo SSE, l'adesione all'UE sarebbe vincolata alla ripresa dell'attuale e futuro patrimonio normativo comunitario nell'ambito delle prestazioni di servizi finanziarie. In controparte sarebbe garantito agli offerenti svizzeri l'accesso senza discriminazioni al mercato, fondato sul riconoscimento a livello europeo della vigilanza da parte delle autorità svizzere di vigilanza. L'integrazione del settore finanziario svizzero nel mercato finanziario interno dell'UE ne risulterebbe ulteriormente rafforzata. Comunque, grazie alle loro filali e succursali, già oggi la presenza delle banche svizzere e degli offerenti di assicurazioni è forte nell'UE.

Come membro dell'UE la Svizzera potrebbe partecipare pienamente al Comitato consultivo sulla regolazione e la vigilanza del mercato finanziario. Essa potrebbe partecipare e fruire di diritti di codecisione nei Comitati dei settori titoli, banche, assicurazioni e previdenza aziendale, nonché prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.

Le ripercussioni di un'adesione all'UE sono altresì determinate dalla misura degli adeguamenti che la Svizzera dovrebbe operare in questioni fiscali rilevanti ai fini del mercato finanziario. Le esigenze dell'UE in fatto di scambio completo di informazioni su questioni fiscali potrebbero avere ripercussioni negative sull'industria finanziaria, in particolare l'amministrazione patrimoniale. Infatti l'adesione all'UE implica di massima che i nuovi membri adottino il sistema di scambio automatico di informazioni nel campo della fiscalità del risparmio (mentre attualmente la Svizzera fruisce di un regime derogatorio di trattenuta alla fonte). In caso di adesione all'UE il mantenimento del regime derogatorio attuale dovrà essere oggetto di negoziati, di cui è impossibile conoscere l'esito in questo momento.

Si dovrebbero inoltre esaminare le conseguenze di una ripresa del codice di comportamento in materia di imposizione delle imprese. Un'eventuale adesione del nostro Paese all'Unione economica e monetaria europea avrebbe ripercussioni sull'evoluzione della piazza finanziaria Svizzera.

4.4.3.8

Politica monetaria

A meno che la Svizzera non lo auspichi e riesca a ottenere un «opting out» nel quadro dei negoziati, l'adesione all'UE implica a più o meno breve scadenza la partecipazione alla zona euro e l'adozione dell'euro. La scadenza può nondimeno essere ritardata se talune esigenze ­ criteri di convergenza economica e stato della legislazione nazionale ­ non sono adempiuti (per es. Svezia). Le conseguenze dell'adozione dell'euro sono multiple. Il franco verrebbe abbandonato. La politica monetaria della Svizzera sarebbe stabilita dalla Banca centrale europea (BCE). I saggi nominali di interesse a breve scadenza sarebbero i medesimi in Svizzera e nel 6365

resto della zona euro. La Banca nazionale perderebbe in questo modo la possibilità di reagire agli eventi che colpirebbero unicamente la Svizzera. Per quanto concerne gli averi a più lunga scadenza si verificherebbe verosimilmente una forte riduzione se non addirittura la sparizione dello scarto tra i saggi nominali di interesse. La perdita del «bonus» del saggio di interesse provocherebbe importanti costi durante la fase di transizione a causa delle ripercussioni negative sugli investimenti. In un'economia intensiva a livello di capitale, saggi di interesse bassi rappresentano un vantaggio comparativo importante. L'aggiustamento dei saggi svizzeri di interesse sui saggi europei (più elevati) eserciterà un effetto negativo sull'attività economica.

Tale impatto negativo sulla produzione nazionale dovrebbe essere compensato a più lungo termine da un aumento del rendimento del capitale risultante dalla razionalizzazione degli investimenti289.

Le fluttuazione dei cambi e gli inconvenienti legati a un'eventuale rivalutazione o a una volatilità eccessiva nei confronti dell'euro sparirebbero completamente, come gli eventuali aggiustamenti ulteriori di parità, ciò che sarebbe vantaggioso per la nostra economia. Va osservato nondimeno che la fissità del corso nominale del cambio non significa peraltro la rigidità del corso reale del cambio (nella misura in cui i tassi di inflazione dei Paesi della zona euro differiscono tra di loro), né l'assenza di fluttuazioni del corso del cambio nei confronti di valute terze. Nel medesimo modo i saggi reali di interesse possono differire all'interno della zona euro. La tendenza alla valutazione reale registrata dal franco nel corso degli ultimi decenni potrebbe proseguire sotto forma di un'inflazione leggermente più elevata in Svizzera rispetto al resto della zona euro. Per l'essenziale nondimeno, l'evoluzione del livello dei prezzi in Svizzera sarebbe ampiamente influenzata dalla politica monetaria dell'Eurosistema ­ costituito dalla BCE e dalle banche centrali nazionali.

La sparizione dell'autonomia monetaria sarebbe invero in parte compensata dalla possibilità di partecipare alle decisioni di politica monetaria dell'Eurosistema. La compensazione è però soltanto parziale perché a partire dal momento in cui la zona euro conterà oltre quindici membri verrà introdotto
un complesso sistema di rotazione e le banche centrali dei Paesi della zona euro non avranno più diritto a una rappresentanza istituzionale permanente e piena. Infine, il beneficio risultante dall'emissione di banconote sarebbe ridotto rispetto alla situazione attuale. All'interno dell'Eurosistema l'utile indotto dall'emissione di banconote è ridistribuito in percentuale della partecipazione al capitale della BCE. Dato che la partecipazione è in funzione della popolazione e del PIL, questa norma svantaggia i Paesi in cui ­ come in Svizzera ­ la quantità di banconote in circolazione rispetto al PIL è elevata nel raffronto internazionale290.

Inoltre la BNS parteciperebbe al capitale della BCE (per circa 190 miliardi di franchi) e le trasferirebbe l'oro e le divise (per circa 1,9 miliardi di franchi). Il trasferimento in questione fa nascere un credito nei confronti della BCE. Il credito ­ eccettuata la quota in oro ­ è rimunerato.

289

Amministrazione federale delle finanze, «La Suisse, un îlot de taux d'intérêt? Analyse et perspectives», agosto 2001, http://www.efv.admin.ch/d/wirtsch/studien/berichte.htm.

290 A. M. Fischer. T. Jordan, C. P. Lack, Giving up the Swiss Franc: Some consideration on seigniorage flows under EMU, Discussion Paper Series, No. 3156, Centre for Economic Policy Research, Londra, 2002. http://www.cepr.org/pubs/new-dps/dplist.asp?dpno=3156

6366

4.4.3.9

Ripercussioni finanziarie sul preventivo

Allo stadio attuale le ripercussioni finanziarie di un'adesione della Svizzera all'UE possono essere stimate soltanto in funzione di determinate ipotesi. Dal profilo metodico, tali ipotesi sono volte a limitare gli imponderabili nella stima dell'evoluzione futura. Le ipotesi di lavoro adottate a questo scopo sono le seguenti: ­

la Svizzera aderisce all'Unione europea come 28° membro;

­

le stime del PIL e del RNL dei Paesi membri dell'UE e della Svizzera si basano sulle ultime previsioni della Commissione europea (Direzione generale degli affari economici e finanziari, della primavera 2006 per l'anno 2007291);

­

l'euro è valutato in ragione di franchi 1.5561;

­

le entrate doganali poggiano sui dati dell'anno 2005.

Le cifre che figurano nel presente capitolo vanno considerate unicamente come stime fondate sulla situazione attuale. La situazione effettiva sarà verosimilmente diversa: evoluzione della situazione economica e politica in Svizzera e in seno all'UE, risultati dei negoziati, possibile riforma dei meccanismi di finanziamento dell'UE ecc.

In caso di adesione all'UE la Svizzera parteciperebbe ­ come tutti gli altri Stati membri ­ alla politica budgetaria comunitaria alimentando il sistema in risorse proprie e ottenendo restituzioni a mente delle diverse politiche comunitarie. Essa dovrebbe parimenti partecipare al capitale della Banca europea per gli investimenti.

Flussi finanziari Svizzera ­ UE Contributi al preventivo dell'UE (risorse proprie) In caso di adesione la Svizzera dovrebbe contribuire al preventivo dell'UE, ossia alle risorse proprie dell'UE, compresa la correzione britannica; se l'adesione avvenisse prima del 2014, la Svizzera dovrebbe contribuire alla riduzione dei pagamenti accordati alla Germania, ai Paesi Bassi, all'Austria e alla Svezia soltanto per il periodo 2007­2013.

Le risorse proprie dell'UE sono di tre diversi tipi (le cifre qui appresso si riferiscono al preventivo adottato nel 2006): ­

le risorse proprie tradizionali;

­

le risorse basate sull'imposta sul valore aggiunto (IVA);

­

le risorse basate sul reddito nazionale lordo (RNL).

Risorse proprie tradizionali (dazi doganali sui prodotti agricoli e industriali, nonché contributi zucchero e isoglucosio) Nel 2005 la Svizzera ha riscosso dazi doganali per oltre 1,2 miliardi di franchi. Su questo importo 313 milioni di franchi sono stati prelevati sulle importazioni in

291

http://ec.europa.eu/dgs/economy_finance/index_en.htm

6367

provenienza da Paesi diversi da quelli dell'UE292, 142 milioni provengono dai prodotti agricoli e 171 milioni dai prodotti industriali.

Molto probabilmente l'adesione provocherà per diverse ragioni un aumento delle importazioni in provenienza da altri Stati membri dell'UE, il tutto a scapito dei Paesi terzi. Considerata la composizione attuale delle importazioni in provenienza dai Paesi terzi, riteniamo che il calo delle importazioni agricole in provenienza da Paesi non membri dell'UE potrebbe essere dell'ordine del 20 per cento. Il calo concernerebbe soprattutto l'importazione di prodotti agricoli.

La stima è resa difficile dai due motivi seguenti: va anzitutto osservato che l'UE ha concluso accordi commerciali preferenziali con numerosi partner commerciali; tali accordi divergono da quelli conclusi dalla Svizzera sia dal profilo dei Paesi e dei prodotti interessati, sia da quello della portata delle concessioni accordate. Secondariamente occorre menzionare che l'UE applica in generale dazi calcolati sul valore delle merci (dazi ad valorem), mentre la Svizzera li riscuote in funzione del peso delle merci (dazi specifici) e che il livello dell'onere doganale medio dell'UE è superiore a quello della Svizzera.

Oltre ai dazi riscossi alla frontiera, le risorse proprie dell'UE comprendono anche i contributi zucchero e isoglucosio previsti nel quadro dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

In sintesi, le entrate doganali riscosse dalla Svizzera e retrocesse all'UE ammonterebbero secondo le stime menzionate in precedenza a circa: mio. fr. all'anno

Prelievo di dazi doganali: ­ Dazi doganali sui prodotti agricoli ­ Contributi zucchero e isoglucosio293 ­ Dazi doganali sui prodotti industriali ./. 25 % per le spese di riscossione (importo arrotondato) Totale

67 15 508 ­147 443

Entrate derivanti dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) Le entrate derivanti dall'IVA sono state create con decisione del 21 aprile 1970.

Questa risorsa complessa è stata applicata per la prima volta soltanto nel 1980. Essa è calcolata a partire da un tasso definito applicato in modo uniforme a una determinata base imponibile armonizzata. Dal 1999 la base è livellata al 50 per cento del

292

Con l'adesione all'UE i dazi doganali sul traffico merci con gli Stati dell'UE, che oggi fruttano circa 750 mio. fr., verrebbero annullati (cfr. n. 4.4.3.6). Nel contempo, l'abolizione delle sovvenzioni all'esportazione determinerebbe una minore uscita per le finanze della Confederazione. Una parte considerevole di questi effetti budgetari verrebbe tuttavia realizzata con l'attuazione della PA 2011 giusta il messaggio del CF del 17 mag. 2006 e/o in caso di conclusione del Doha-Round dell'OMC, indipendentemente dall'adesione all'UE.

293 Stima in percento del RNL e dei contributi zuccherieri dell'Austria.

6368

RNL degli Stati membri. Il tasso massimo applicabile a questa base imponibile è stato fissato allo 0,5 per cento nel 2004294.

Dato che la base per il calcolo dell'IVA svizzera ­ che ammontava a circa 270 miliardi nel 2005 ­ rappresenta oltre il 50 per cento della stima del RNB svizzero per l'anno 2005 (485 miliardi di franchi), essa è limitata al 50 per cento del RNL.

Il PNL svizzero previsto per il 2007 è di 508 miliardi di franchi; la base per il calcolo dell'IVA svizzera è pertanto limitata a 254 miliardi di franchi per il 2007. Se si applica il tasso massimo dello 0,3 per cento a questo valore di base IVA, il contributo della Svizzera alla risorsa IVA dell'UE ammonterebbe pertanto a circa 762 milioni di franchi nel 2007.

mio. fr. all'anno

­ Risorsa IVA (contributo svizzero)

762

Risorsa complementare basata sul reddito nazionale lordo (RNL) Il Consiglio dell'UE ha deciso nel 1988 la creazione di una terza fonte d'entrata propria, basata all'epoca sul prodotto nazionale lordo (PNL), e fondata attualmente sul reddito nazionale lordo (RNL), fatti salvi i servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM) nel senso del sistema europeo dei conti nazionali del 1995 (SEC 95). Questa risorsa RNL sostituisce l'IVA come risorsa di equilibrio del preventivo. Il riferimento al RNL è pure utilizzato per la determinazione del tetto delle risorse nel suo insieme, pari attualmente all'1,24 per cento del RNL dell'UE.

La risorsa RNL è ottenuta applicando all'importo totale da incassare in base a questa risorsa un tasso che rappresenta la quota del RNL di uno Stato membro rispetto al RNL comunitario. L'importo è adeguato ogni anno e corrisponde alla differenza tra le spese e il prodotto delle altre risorse proprie. La risorsa RNL ha dunque la funzione di equilibrare il preventivo. Nel 2007 la somma dei RNL dell'UE (27 Paesi membri) dovrebbe ammontare a 18'290 miliardi di franchi. Aggiungendo a questa somma 508 miliardi, pari alle previsioni del RNL svizzero per questo medesimo anno, la somma del RNL dell'UE, compresa la Svizzera, ammonterebbe a circa 18'800 miliardi di CHF. La quota della Svizzera alla somma del RNL rappresenta il 2,69 per cento. Nella lettera rettificativa N.1 al disegno di preventivo dell'UE per il 2007 l'importo del RNL da incassare dagli Stati membri è stato fissato a 124 miliardi di franchi295. Il contributo della Svizzera alla risorsa RNL ammonterebbe pertanto al 2,69 per cento dei 124 miliardi di CHF, ossia circa 3'338 milioni di franchi.

mio. fr. all'anno

­ Risorsa complementare (fondata sul RNL)

3338

294

Nelle sue conclusioni alla seduta del 15/16 dic. 2005, il Consiglio dell'UE propone di semplificare le regole di calcolo del tasso dell'IVA istituendo a partire dal 2007 un tasso fisso dello 0,3 % (ridotto tuttavia per il periodo 2007-2013 allo 0,225 % per l'Austria, allo 0,15 % per la Germania e allo 0,10 % per i Paesi Bassi e la Svezia); http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/misc/87677.pdf 295 La riduzione possibile del tasso per Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia non è stata ancora approvata e non è quindi presa in considerazione né nel presente importo né nella stima indicata piú avanti del contributo della Svizzera alla risorsa RNL.

6369

Correzione britannica e riduzione dei pagamenti di risorse proprie per i Paesi Bassi, la Svezia, la Germania e l'Austria La Gran Bretagna beneficia di una correzione degli squilibri budgetari. Il ribasso in questione dovrebbe ammontare per il 2007 a 8,17 miliardi di franchi ed essere finanziato dagli altri Stati membri secondo la loro parte nel RNL totale dell'UE; il contributo di Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia è ridotto ai ¾. La Svizzera dovrebbe versare il 4,45 per cento circa della correzione britannica, ossia circa 363 milioni di franchi.

A questo importo si aggiunge un contributo alla probabile riduzione dei pagamenti di risorse proprie per i Paesi Bassi e la Svezia durante il periodo 2007­2013 (1175 milioni di franchi, come indicato nelle conclusioni del 15/16 dicembre 2005) da finanziare dagli altri Stati membri secondo la loro parte nel RNL totale dell'UE. La Svizzera dovrebbe cosí pagare circa il 3,02 per cento di questa riduzione, ossia circa 35 milioni di franchi.

mio. fr. all'anno

­ Finanziamento della correzione britannica e riduzione dei paga- 398 menti di risorse proprie per i Paesi Bassi, la Svezia, la Germania e l'Austria Sintesi del contributo della Svizzera al preventivo generale dell'UE In quanto 28° Stato membro, la Svizzera dovrebbe contribuire al preventivo generale dell'UE con le somme seguenti: mio. fr. all'anno

­ Risorse proprie tradizionali (diritti doganali sui prodotti agricoli e industriali e contributi zucchero e isoglucosio) ­ Entrate derivanti dall'IVA ­ Entrata complementare fondata sul RNL ­ Finanziamento della correzione britannica e pagamento di risorse proprie Totale (arrotondato)

443 762 3338 398 4940

Contributi al Fondo europeo di sviluppo Oltre ai contributi alle risorse proprie della Comunità menzionate qui sopra, la Svizzera dovrebbe versare come membro dell'UE ulteriori contributi a favore del Fondo europeo di sviluppo (FES).

La cooperazione allo sviluppo con i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) è finanziata essenzialmente con il FES nel quadro della Convenzione di Lomé. Il FES non è integrato nel preventivo generale, ma finanziato dai contributi degli Stati membri e dotato di un regime autonomo: il volume del FES e l'entità dei contributi diretti degli Stati membri sono fissati da accordi interni emanati dal Consiglio. I contributi richiesti agli Stati membri per questo Fondo sono precipuamente stabiliti in funzione della loro capacità economica (RNL). Considerato che la capaci-

6370

tà economica della Svizzera è simile a quella del Belgio, il contributo annuo del nostro Paese può essere stimato a circa 220 milioni296 di franchi.

Partecipazione al capitale delle banche europee Per loro propria natura, i contributi svizzeri al capitale delle banche europee hanno un carattere diverso dai trasferimenti menzionati sopra. La partecipazione al capitale della Banca europea per gli investimenti provocherà a livello di preventivo della Confederazione una spesa unica che sarà certamente ripartita su più anni.

Partecipazione al capitale della Banca europea per gli investimenti (BEI) Come membro dell'UE la Svizzera dovrebbe sottoscrivere una quota al capitale della BEI, capitale che ammonta attualmente a 254,39 miliardi di franchi. La quota della Svizzera a questo capitale ammonterebbe al 3 per cento circa, ossia a 7,63 miliardi di franchi. Dato che la quota da liberare è stata fissata al 5 per cento del capitale liberato, la Svizzera dovrebbe procedere in 8 rate al versamento di circa 245 milioni di euro, ossia approssimativamente 381 milioni di franchi. L'importo esatto e la rateizzazione di questi versamenti devono ancora essere oggetto di negoziati. Va osservato che un simile versamento non costituisce un investimento a fondo perso. La Svizzera rimane proprietaria dei propri fondi.

Partecipazione al capitale della BCE Se la Svizzera diviene membro dell'UE e a condizione che aderisca all'Unione economica e monetaria UEM, la Banca nazionale svizzera dovrà assumere una quota del capitale della BCE e trasferirle una parte delle sue riserve monetarie (cfr.

n. 4.4.3.8). Se la Svizzera non partecipa alla zona euro, la BNS dovrà liberare una parte limitata (7 %) della sua sottoscrizione al capitale della BCE.

Flussi finanziari UE ­ Svizzera Come membro dell'UE la Svizzera parteciperebbe alle politiche dell'UE, (co)finanziate per il tramite del preventivo dell'UE. Ne conseguirebbe un riflusso di mezzi finanziari dal preventivo dell'UE alla Svizzera. L'entità dei riflussi rispetto ai versamenti dipende ­ come nel caso degli altri Stati membri ­ dalla situazione particolare della Svizzera (per es. situazione geografica, indicatori economici e sociali) e determinerebbe il volume del contributo netto al bilancio dell'UE.

Il bilancio dell'UE comprende grosso modo tre rubriche di spesa dalle quali si possono aspettare riflussi in Svizzera (quote secondo il piano di bilancio 2006): ­

agricoltura:

43 per cento

­

politica regionale:

37 per cento

­

politiche interne:

8 per cento

Con il rimanente 12 per cento del preventivo sono finanziate le politiche esterne (per es. assistenza di preadesione ai Paesi candidati) e l'amministrazione propria dell'UE.

Agricoltura Come membro dell'UE la Svizzera dovrebbe riprendere la politica agricola comune (PAC) dell'UE. Essa poggia attualmente su due grandi pilastri: 296

L'importo è determinato applicando il tasso del 3,92 % (quota del Belgio) alla media del preventivo prevista dal FES per gli anni 2003­2007 e 2007­2013.

6371

­

1° pilastro: pagamenti diretti agli agricoltori e sostegni al mercato (ca. 85 %)

­

2° pilastro: sviluppo dello spazio rurale (ca. 15 %)

Nel quadro del primo pilastro sono rilevanti per l'agricoltura svizzera soprattutto i pagamenti diretti. Essi sarebbero versati sotto forma di premi per azienda e interamente finanziati per il tramite del bilancio dell'UE. Nell'ambito del secondo pilastro in Svizzera sarebbero soprattutto impiegati mezzi per programmi ambientali e di protezione degli animali, nonché mezzi a favore delle zone svantaggiate. Questi mezzi sarebbero cofinanziati dall'UE, nel senso che la Svizzera dovrebbe fornire una parte del finanziamento attingendo al suo proprio bilancio.

Le stime dei possibili riflussi in ambito di agricoltura presentate qui di seguito si basano sulla PAC attualmente in vigore. Visto però che essa è soggetta a continui mutamenti, è possibile che al momento di eventuali negoziati di adesione valgano condizioni diverse. La struttura concreta della PAC in Svizzera dipenderà inoltre in una certa qual misura dal risultato dei negoziati di adesione, negoziati il cui esito non è affatto noto anticipatamente. Il punto di partenza dei calcoli presentati in questa sede sono da un canto i contributi di sostegno ­ che in virtù della PAC sono versati nell'UE per unità di produzione o unità di superficie ­ e, d'altro canto, la stima dei corrispondenti dati svizzeri di produzione secondo il modello SILAS297.

Secondo il metodo applicato nell'UE per determinare l'entità dei premi per azienda introdotti con la riforma della PAC del 2003, nel quadro del primo pilastro potrebbero essere impiegati circa 420 milioni di franchi. Questa somma si scompone in premi di coltivazione, premi per la produzione animale e premi per la produzione lattiera che verrebbero versati in Svizzera, come membro ipotetico dell'UE, negli anni 2000­2002 (coltivazione, produzione animale), rispettivamente nel 2004 (produzione lattiera). Riferito alla superficie coltivabile, ciò corrisponderebbe a un contributo di 400 franchi/ha.

Nel calcolo dei riflussi dal secondo pilastro si parte dall'idea che i contributi per le zone svantaggiate (zona di transizione, collinare e di montagna, superfici di estivazione) come pure per i programmi ambientali e di protezione degli animali (produzione biologica, aree di compensazione ecologica, BTS, RAUS ecc.) saranno cofinanziati nella misura del 50 per cento dal bilancio dell'UE. A questa somma si aggiunge
la partecipazione dell'UE agli aiuti agli investimenti sotto forma di riduzione degli interessi sui crediti di investimento. Secondo le stime fondate sul modello SILAS la quota dell'UE al secondo pilastro della PAC ammonterebbe a 519 milioni di franchi all'anno.

A questi riflussi con ripercussioni sul reddito delle aziende agricole in Svizzera si aggiunge inoltre una partecipazione del 35 per cento dell'UE ai contributi di miglioramento strutturale senza ripercussioni dirette sul reddito, pari a circa 30 milioni di franchi all'anno.

In una sintesi globale risulterebbero a favore dell'agricoltura svizzera le seguenti stime di versamenti dal preventivo dell'UE:

297

Il «Sistema settoriale di informazione e di previsione per l'agricoltura svizzera» («Sektorale Informations- und Prognosesystem für die schweizerische Landwirtschaft» [SILAS]) è stato sviluppato negli anni 1997­1999 dall'Istituto federale di ricerca per l'economia agraria e la tecnica del suolo (oggi Agroscope Reckenholz-Tänikon ART) e da allora è stato regolarmente utilizzato e ulteriormente sviluppato per analisi e previsioni settoriali nel settore agrario.

6372

Pagamenti PAC dell'UE

Con ripercussioni sul reddito: 1° pilastro della PAC 2° pilastro della PAC Ambiente Zone svantaggiate Aiuti agli investimenti Senza ripercussioni sul reddito: Miglioramenti strutturali Totale

(mio. fr.)

420 360 130 20 30 960

Questi pagamenti non rappresentano il sostegno complessivo all'agricoltura svizzera ad avvenuta adesione all'UE. A questi pagamenti si aggiungono le quote di cofinanziamento della Svizzera alle misure della PAC, nonché pagamenti al di fuori della PAC. Rientrano in questi ultimi sia pagamenti con ripercussioni sul reddito (per es.

pagamenti diretti con motivazioni di politica sociale, come gli assegni per i figli e i rimborsi di dazi sui carburanti), sia pagamenti senza ripercussioni sul reddito (per es.

ricerca e consulenza)298. Come nel caso dell'Austria, potrebbero essere oggetto delle trattative di adesione misure di accompagnamento limitate nel tempo e cofinanziate dall'UE per attenuare il mutamento strutturale dell'agricoltura vincolato all'adesione all'UE.

Politica regionale Sotto il titolo di politica regionale sono compendiati gli sforzi sanciti nel Trattato UE per attenuare le disparità economiche e sociali tra i diversi Stati membri e regioni dell'UE. La politica regionale dell'UE persegue all'ingrosso tre obiettivi (cfr.

n. 3.2.2.4.9):

298

­

obiettivo 1 (convergenza): riduzione del ritardo economico e sociale delle regioni meno agiate dell'UE. Sono favorite le regioni il cui prodotto interno lordo per abitante, espresso in parità del potere d'acquisto, è inferiore al 75 per cento della media dell'UE. Tali regioni si situano quasi esclusivamente alle frontiere meridionali, settentrionali e orientali dell'UE;

­

obiettivo 2 (capacità concorrenziale): rilancio delle regioni il cui livello di reddito è invero superiore al 75 per cento della media dell'UE, ma che sono toccate da un notevole mutamento di strutture a livello di industria, prestazioni di servizi e agricoltura e contrassegnate da una disoccupazione corrispondentemente forte. Si tratta praticamente di tutte le regioni dell'UE situate al di fuori dei grandi centri economici dell'Inghilterra meridionale, della Scandinavia meridionale, della Germania occidentale, dell'Italia settentrionale e della Francia centrale (Île-de-France);

Secondo le stime dell'UFAG le spese a favore dell'agricoltura potrebbero ammontare a circa 2,8 mia. di fr., di cui 960 mio. di CHF in provenienza dal preventivo agricolo dell'UE. In confronto alle spese attuali nel settore agricolo e alimentare (2005: 3,7 mia. fr.) questa minor spesa per le finanze della Confederazione potrebbe equivalere a circa 1,8 mia. fr.

6373

­

obiettivo 3 (cooperazione territoriale europea, CTE): rafforzamento della coesione economica e sociale nell'UE tramite il promovimento della cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale (prima programma INTERREG, in futuro CTE). Vi sono incluse principalmente le regioni in posizione marginale estrema e quelle lungo le frontiere nazionali. La Svizzera è integrata in questo tipo di cooperazione.

Per attuare la politica regionale sono disponibili principalmente due strumenti: il fondo strutturale (85 % dei mezzi) e il fondo di coesione (15 %). Gli attuali quattro fondi strutturali saranno in futuro riuniti in Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e in un Fondo sociale europeo (FSE); il fondo di coesione è riservato agli investimenti strutturali e ambientali negli Stati membri il cui PIL per abitante, espresso in parità del potere d'acquisto, è inferiore al 90 per cento della media dell'UE.

Qui di seguito sono stimati approssimativamente i riflussi che la Svizzera, come membro dell'UE, potrebbe prospettare ai fini della sua politica regionale dal bilancio dell'UE, sulla scorta delle attuali direttive dell'UE.

Il promovimento della convergenza (obiettivo 1) costituisce la maggiore rubrica di spese dell'UE per la politica regionale, ossia i due terzi del fondo strutturale e la totalità del fondo di coesione. Dato che presenta un livello di reddito nettamente superiore alla media dell'UE ­ il PIL per abitante, espresso in parità del potere d'acquisto, era pari al 132 per cento della media dell'UE299 nel 2005 ­ la Svizzera non ha la qualifica per ricevere pagamenti dal fondo di coesione. D'altra parte nessuna regione svizzera ­ regioni che ai sensi della politica regionale dell'UE vanno equiparate ai Cantoni300 ­ presenta un livello di reddito inferiore al 75 per cento della media dell'UE (il valore di indice più basso è raggiunto dal Cantone del Giura con il 95 %). Dal fondo strutturale non si possono pertanto aspettare riflussi a titolo di promovimento della convergenza.

Per promuovere la capacità concorrenziale regionale (obiettivo 2) l'UE ha stanziato per l'intero periodo di bilancio 2007­2013 un importo di 38 miliardi di euro (58,9 miliardi di franchi). Le norme di calcolo dei diritti delle singole regioni sono contenute nella decisione del Consiglio europeo sulle prospettive finanziarie 2007­2013; rientrano tra l'altro nei criteri di assegnazione la densità demografica, il grado occupazionale, la quota di disoccupati e il livello medio di formazione.

Secondo questi criteri la quota ai mezzi di promovimento delle regioni svizzere interessate sarebbe dell'1,4 per cento circa; ciò corrisponderebbe a un riflusso di circa 120 milioni di franchi all'anno301.

Nell'ambito della cooperazione
transfrontaliera (obiettivo 3) è disponibile per il periodo di bilancio 2007­2013 uno stanziamento di complessivi 7,3 miliardi di euro (11,3 miliardi di franchi). La Svizzera potrebbe approfittare in modo ben superiore alla media di questi mezzi di promovimento perché la maggior parte delle sue regio299

Dati: Eurostat. A titolo di confronto: Italia 103 %; Germania 108 %; Francia 109 %; Svezia 118 %; Austria, Danimarca e Paesi Bassi 124 %; Irlanda 138 %; Norvegia 154 %; Lussemburgo 244 %.

300 In modo corrispondente alla definizione di «regioni NUTS-III» secondo la direttiva CE N.

1059/2003 del 26 maggio 2003 riguardante l'allestimento di una nomenclatura comune delle unità territoriali statistiche (NUTS); GU L 154 del 21.6.2003, p. 1.

301 A titolo di confronto: Austria 160 mio fr.; Finlandia 170; Danimarca 90 all'anno secondo le decisioni del Consiglio dell'UE del 15/16 dic. 2005.

6374

ni (Cantoni) ha una frontiera comune con altri Stati membri dell'UE. Secondo le stime la quota della Svizzera allo stanziamento si aggirerebbe sul 2,3 per cento, pari a un riflusso annuo di circa 40 milioni di franchi302.

Politiche interne Sotto il titolo di politiche interne sono compendiati diversi programmi e agenzie dell'UE ai quali già oggi la Svizzera aderisce parzialmente nel quadro di accordi bilaterali di associazione. Il settore sicuramente più importante è quello della ricerca; a quest'ultimo si aggiungono tra l'altro programmi di scambio a livello di formazione, provvedimenti per la protezione della salute e dei consumatori, cooperazione nei settori giustizia, libertà e sicurezza (per es. politica armonizzata in materia di visti e di asilo, dogane, controllo delle frontiere esterne dell'UE), misure di lotta contro le frodi, promovimento di reti di trasporto e di comunicazione transeuropee.

I riflussi nell'ambito delle politiche interne sono esposti a imponderabili maggiori di quelli dell'agricoltura e della politica regionale perché non possono essere calcolati sulla base di pertinenti direttive dell'UE, ma dipendono dalle condizioni specifiche di ogni Stato membro. I fondi in provenienza dai programmi quadro di ricerca dell'UE che verrebbero assegnati ai ricercatori svizzeri non sono determinati in funzione di una rigida chiave di ripartizione per Paesi, ma si orientano sul successo relativo dei progetti svizzeri di ricerca. Sulla scorta dei primi risultati intermedi relativi al Sesto programma quadro di ricerca dell'UE ­ programma nel quale la Svizzera è pienamente integrata dal 1° gennaio 2004 ­ viene ammessa qui di seguito l'ipotesi di un riflusso del 100 per cento.

In assenza di ulteriori informazioni, questa medesima ipotesi è applicata agli altri campi delle politiche interne. Va però ribadito che i riflussi effettivi ­ ad esempio nel settore delle reti transeuropee ­ dipendono in ampia misura dai negoziati di adesione.

Ai fini delle politiche interne l'UE ha stanziato per il periodo 2007­2013 un importo globale di circa 85 miliardi di euro. Sulla media del periodo vengono stanziati quasi 12 miliardi di euro all'anno, pari a circa 18 miliardi di franchi. Secondo la chiave del RNL, la quota della Svizzera al finanziamento di questo importo è del 2,63 per cento. Ammesso che
questa quota venga interamente utilizzata per finanziare programmi e progetti in Svizzera, si potrebbe contare su un riflusso dal bilancio dell'UE pari a quasi 480 milioni di franchi all'anno.

Bilancio dei flussi finanziari tra la Svizzera e l'UE Lo scarto tra gli importi versati dalla Svizzera sotto forma di risorse proprie e i flussi finanziari di cui essa potrebbe beneficiare farebbero del nostro Paese un pagatore netto.

302

A titolo di confronto: Austria 40 mio. fr.; Finlandia 20; Danimarca 30.

6375

Flussi finanziari CH ­ UE Flussi finanziari (in mio. fr. all'anno) UE ­ CH (in mio. fr. all'anno)

Risorsa diritti doganali Risorsa IVA Risorsa RNL Correzione britannica

443 760 3340 397

Contributo lordo (arrotondato)

4940

Agricoltura Politica regionale Politiche interne

960 160 480

Riflussi Contributo netto

1600 3340

Il contributo netto della Svizzera al bilancio dell'UE corrisponderebbe allo 0,66 per cento del RNL o a 446 franchi per abitante303 e sarebbe pertanto in termini relativi il più elevato dell'UE, vicino a quello dei Paesi Bassi (0,64 % del RNL nel 2004 o 331 franchi per abitante) e prima di quello della Svezia (0,44 % del RNL nel 2004 o 213 franchi per abitante) e della Germania (0,38 % del RNL nel 2004 o 160 franchi per abitante) e nettamente distante da quello dell'Austria (0,18 % del RNL nel 2004 o 81 franchi per abitante). In ogni caso la fissazione di tale contributo dovrebbe essere oggetto di negoziati304.

A livello interno l'adesione della Svizzera all'UE esigerebbe adeguamenti in numerosi settori. Inoltre l'adesione all'UE influenzerebbe indirettamente le finanze della Confederazione a causa delle sue ripercussioni sulla crescita economica, sull'evoluzione degli interessi e sul mercato del lavoro. Attualmente è difficile quantificare e stimare queste ripercussioni, ragione per la quale non sono state prese in considerazione. Lo stesso vale per le misure di compensazione che dovranno essere adottate dopo l'aumento dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto (cfr. n. 4.4.3.6).

303

Il paragone degli importi per abitante è fatto a titolo indicativo e non prende in considerazione le differenze della parità d'acquisto.

304 I contributi netti di Paesi Bassi, Svezia, Germania e Austria sono basati sulla differenza tra i contributi e le spese di ciascun Stato membro secondo le tabelle 3g e 4f del rapporto della Commissione europea «Ripartizione delle spese dell'UE per ogni Stato membro nel 2004», disponibile all'indirizzo seguente: http://ec.europa.eu/budget/library/documents/revenue_expenditure/agenda_2000/allocrep _2004_fr.pdf . I calcoli corrispondenti in % del RNL, come pure i dati sulla popolazione corrispondono alle previsioni 2006 della Commissione europea: http://ec.europa.eu/dgs/economy_finance/index_en.htm

6376

4.4.4

Infrastrutture

Il ritardo che la Svizzera ha accumulato nel processo di liberalizzazione in svariati settori delle infrastrutture verrebbe recuperato: ciò concerne in prima linea il settore energetico (libera scelta del fornitore, accesso indiscriminato alla rete).

A differenza dello SEE, nel caso di adesione la Svizzera riceverebbe uguali diritti di codecisione in ambito di politica infrastrutturale dell'UE. In linea di massima le conseguenze pratiche sarebbero le stesse che si avrebbero nel caso di un'adesione allo SEE (recepimento dell'acquis comunitario, pari opportunità di accesso al mercato e condizioni di concorrenza uguali per tutti). Nel settore dei trasporti terrestri, la limitazione della libertà di manovra nazionale potrebbe generare conflitti in relazione agli obiettivi sanciti costituzionalmente. Non è poi da escludere che le soluzioni negoziate nell'Accordo sui trasporti terrestri debbano in parte essere adeguate (per es. sistema TTPCP e importo, divieto di circolazione notturna). Nei trasporti aerei verrebbe introdotta l'8a libertà (cabotaggio nazionale) a complemento dell'apertura già regolamentata con accordo bilaterale. Nel settore delle telecomunicazioni l'integrazione potrebbe rendere più dinamico il mercato svizzero, il che significa maggiore concorrenza, prezzi al consumo al ribasso e più innovazione. Nel settore postale la prevista revisione della legge sulle poste e della legge sull'organizzazione delle poste dovrebbe comportare sin d'ora ulteriori adeguamenti al processo di apertura del mercato postale europeo. Considerando i tempi necessari per un'adesione all'UE, esso avrebbe probabilmente meno ripercussioni sul processo di riforme in corso in Svizzera.

Nel settore dell'energia, la Svizzera riprenderebbe le norme comunitarie pertinenti del mercato interno dell'elettricità. In determinati settori (apertura del mercato, accesso alla rete per il commercio transfrontaliero di energia elettrica, sicurezza dell'approvvigionamento di elettricità e promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili) la Svizzera sta già provvedendo ad adeguare le proprie leggi alle norme europee. La politica ambientale svizzera e quella dell'UE seguono sostanzialmente gli stessi principi. Nel caso di adesione la Svizzera potrebbe impegnarsi maggiormente per la protezione dell'ambiente
nell'UE. Adeguamenti di ampia portata sarebbero inoltre necessari a livello di politica climatica (fissazione di quote di emissione per le industrie svizzere, negoziazione dell'obiettivo di emissione per il periodo post-Kyoto in seno all'UE).

4.4.4.1

Trasporti

Trasporti ferroviari e stradali A livello pratico l'adesione all'UE avrebbe le stesse implicazioni di un'adesione allo SEE, ad eccezione del diritto di concorrere all'elaborazione della politica dei trasporti europea e della possibilità di partecipare attivamente alle decisioni future in ambito di diritto dei trasporti. Alla Svizzera sarebbe garantito lo stesso trattamento riservato agli altri Stati membri sia nel finanziamento di infrastrutture di trasporto nazionali (contributi di promozione, tra cui cofinanziamento di TEN) sia nella progettazione di infrastrutture di trasporto TEN; varrebbero inoltre le stesse condizioni di concorrenza. La Svizzera andrebbe tuttavia incontro ­ come del resto nel 6377

caso di un'adesione allo SEE ­ a maggiori conflitti in relazione al raggiungimento di obiettivi politici sanciti costituzionalmente; taluni strumenti di regolamentazione fissati in accordi e finora in uso potrebbero essere giudicati controversi, così da dover essere in parte annullati o adattati (per es. sistema e importo della TTPCP, incentivazione del traffico merci su ferrovia, traffico S e sistema del contagocce, divieto di circolazione notturna per mezzi pesanti).

Trasporto aereo La Svizzera dovrebbe ovviamente applicare la totalità della regolamentazione europea in materia. La partecipazione alla politica comune dei trasporti implicherebbe più leggi da applicare e l'estensione della liberalizzazione del mercato all'8a libertà (cabotaggio). L'adesione presupporrebbe inoltre l'abolizione delle vendite esentasse negli aeroporti svizzeri per i voli effettuati all'interno della Comunità. La Comunità dovrebbe in linea di massima adottare a medio termine una regolamentazione sulla gestione degli aeroporti. Le competenze delle istituzioni comunitarie si estenderebbero segnatamente alla sorveglianza sugli aiuti statali e, in materia di concorrenza, anche alle relazioni con gli Stati terzi. In seguito alle sentenze «cielo aperto» della CdGCE, la Commissione rivendica inoltre una competenza esclusiva della CE nell'ambito della conclusione di accordi internazionali relativi ai servizi aerei.

4.4.4.2

Telecomunicazioni

L'adesione avrebbe innanzitutto conseguenze economiche dirette e indirette. Implicherebbe la ripresa dell'acquis comunitario nel settore delle telecomunicazioni e in quello della radiodiffusione. L'applicazione parallela di un insieme di regole orizzontali relative alla concorrenza, al commercio internazionale (OMC), alla sicurezza delle reti, alla protezione dei consumatori e via dicendo conferirebbe dinamismo al mercato svizzero e comporterebbe la partecipazione ai piani d'azione del settore (i2010) e ai programmi di ricerca scientifica.

La regolamentazione svizzera in materia di telecomunicazioni sarebbe in linea con quella applicata dai nostri vicini e più stretti partner commerciali. La riduzione delle barriere che ostacolano l'ingresso sul mercato dovrebbe favorire la comparsa di nuovi attori e l'iniezione di capitali nel settore. Il risultato dovrebbe essere una maggiore concorrenza, con alcuni corollari positivi: abbassamento del prezzo delle prestazioni e slancio d'innovazione sia sul piano commerciale che su quello tecnologico. Simili effetti potranno poi innescare dal canto loro un aumento della domanda, dando il via a uno sviluppo positivo.

L'adesione avrebbe anche effetti sociali. L'offerta sul mercato di una vasta gamma di servizi di telecomunicazione innovativi a prezzi competitivi contribuisce al fiorire della società dell'informazione. L'esigenza di poter beneficiare di un mercato delle telecomunicazioni il più competitivo possibile acquisterà importanza man mano che la nostra società prenderà la forma di una società del sapere in cui la produzione, la trasformazione, la divulgazione e lo stoccaggio delle informazioni hanno un ruolo fondamentale.

Sul piano politico-istituzionale, infine, l'adesione si tradurrebbe in una perdita di autonomia decisionale in materia di regolamentazione delle telecomunicazioni, autonomia che comunque non deve già oggi essere sopravvalutata data la forte interconnessione economica del settore sul piano internazionale. L'adesione non 6378

significa poi la perdita totale di autonomia da parte dell'autorità svizzera di regolamentazione: al momento, infatti, nel settore delle telecomunicazioni non esiste un regolatore sovranazionale a livello europeo. Le autorità nazionali di regolamentazione dispongono di un certo margine di manovra nell'attuazione del quadro normativo stabilito dalle istituzioni europee. Infine, invece che dover riprendere l'acquis comunitario nel quadro di un accordo bilaterale o di un'associazione multilaterale, l'adesione consentirebbe di influenzare l'elaborazione delle norme e di partecipare a pieno titolo ai vari comitati. Lo stesso accadrebbe a livello di definizione della politica in materia di spettro radioelettrico. Considerata la posizione geografica del nostro Paese, una politica comune in questo settore risulta essere vantaggiosa.

4.4.4.3

Energia

Con l'adesione all'UE, oltre al menzionato recepimento delle norme comunitarie in materia energetica legato alla partecipazione allo SEE (cfr. n. 4.3.4.3), la Svizzera dovrebbe soddisfare altri requisiti relativi agli aspetti energetici della politica climatica. Poiché la politica climatica è una prerogativa dell'UE, è chiaro che quella svizzera vi si adeguerebbe. Sulla base della direttiva 2003/87/CE305 relativa allo scambio delle quote d'emissione, a tutte le industrie svizzere verrebbero assegnate quote specifiche di emissione e in caso di mancato rispetto esse sarebbero passibili di multe stabilite in base ai singoli casi. Per l'industria del cemento, che ha sottoscritto un accordo volontario, la situazione rimarrebbe praticamente invariata. Diversi invece il caso delle raffinerie, che contrariamente a quelle europee non sono soggette a quote, e quello delle progettate centrali a gas a ciclo combinato, le cui misure di compensazione previste potrebbero risultare per certi versi dubbie agli osservatori dell'UE. La Svizzera parteciperebbe inoltre alla «bolla UE» e dovrebbe negoziare ­ in seno e solidalmente con l'UE ­ il suo obiettivo di emissione per il periodo post­Kyoto.

Con l'adesione all'UE la Svizzera entrerebbe a far parte anche del Trattato dell'Euratom. Ciò comporterebbe l'obbligo di sottoporre a vigilanza e approvazione da parte dell'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom tutti i futuri contratti di fornitura per l'acquisto di combustibili destinati ai reattori svizzeri. Le ispezioni presso le centrali svizzere non sarebbero più a carico unicamente dell'Organizzazione internazionale per l'energia atomica (OIEA), bensì anche dell'Euratom.

L'adesione all'UE avrebbe, come la partecipazione allo SEE, ripercussioni nell'ambito della politica fiscale: la direttiva 2003/96/CE306 sulla tassazione dell'energia stabilisce livelli minimi di tassazione. Attualmente questi sono inferiori a quelli svizzeri, ma il loro aumento nei prossimi anni potrebbe mettere sotto pressione il carico fiscale svizzero dell'olio da riscaldamento, estremamente basso.

Per il resto, l'adesione non avrebbe grosse conseguenze, poiché le regole svizzere rispecchiano quelle comunitarie. La Svizzera potrebbe però partecipare a pieno titolo a tutti i programmi nel settore energetico.

305 306

GU L 275 del 25. 10. 2003, p. 32 GU L 238 del 31.10.2003, p. 51

6379

4.4.4.4

Posta

Le principali differenze tra la legislazione postale svizzera e quella dell'UE sono state illustrate in precedenza e rimangono valide anche in questo settore. Il recepimento dell'acquis comunitario rilevante in materia richiederebbe un adeguamento del quadro normativo. La decisione del Consiglio federale del 3 maggio 2006 va in questa direzione, con la revisione totale della legge sulle poste (LPO)307, della legge sull'organizzazione delle poste (LOP)308 e la soppressione completa, a lungo termine, del monopolio sulle lettere. Tuttavia, contrariamente alle altre due opzioni, un'adesione all'UE avrebbe probabilmente un impatto limitato sul processo di riforme attualmente in corso in Svizzera: questo perché una tale adesione richiederebbe un certo periodo di tempo.

4.4.4.5

Ambiente

La politica ambientale svizzera e quella dell'UE si fondano sostanzialmente sugli stessi principi e perseguono obiettivi comparabili. Entrambe si prefiggono un elevato livello di protezione e hanno come obiettivo prioritario la tutela della salute umana.

Il diritto ambientale svizzero e quello dell'UE si fondano ambedue sui principi della prevenzione, della lotta ­ all'origine ­ contro l'inquinamento ambientale e del principio «chi inquina paga». Contrariamente alla partecipazione allo SEE, negli organi dell'UE la Svizzera potrebbe quindi portare avanti senza restrizioni la politica ambientale. Le singole normative del settore presentano attualmente talune differenze tra il diritto ambientale dell'UE e le regolamentazioni in Svizzera (per es. nei settori protezione dell'aria, rifiuti, biosicurezza). Per l'adesione della Svizzera all'UE occorrerebbe esaminare nel dettaglio la portata del ravvicinamento della legislazione ambientale svizzera e la necessità di mantenere separate talune regole. I seguenti settori entrerebbero sicuramente in linea di conto: assegnazione del marchio di qualità ecologica, recepimento del diritto comunitario in materia di prodotti chimici (in particolare il regolamento REACH; cfr. n. 4.4.2.4), adeguamento dell'ordinanza sulla protezione contro gli incidenti rilevanti alla cosiddetta direttiva «Seveso II» (96/82/CE309) in merito all'«informazione attiva dell'opinione pubblica» e alla «pianificazione del territorio nelle aree vicine a siti con potenziali rischi chimici», adeguamento alla politica climatica dell'UE (cfr. n. 4.3.4.3 e 4.4.4.3), recepimento della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque310 (adattamento delle circostanze e delle strutture istituzionali in vista di una gestione del comprensorio) e adattamenti nel settore della protezione dei biotopi e delle specie (per es. in base a Natura 2000, direttiva 79/409/CEE311 concernente la conservazione degli uccelli selvatici).

307 308 309 310 311

RS 783.0 RS 783.1 GU L 10 del 14.1.1997, p. 13 GU L 327 del 22.12.2000, p. 1 GU L 103 del 25.4.1979, p. 1

6380

4.4.5

Sicurezza e giustizia

L'adesione all'attuale UE non significherebbe per la Svizzera l'abbandono della sua neutralità. L'UE non è un'alleanza difensiva e non obbliga i suoi membri a partecipare a interventi militari. Nell'UE è data la possibilità di ritirarsi da singoli settori di cooperazione della Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) (per es. la Danimarca). La cooperazione si basa sempre sul principio dell'unanimità. Per quanto riguarda i contributi concreti ad attività comuni (civili e militari), non esistono inoltre obblighi. Parallelamente i membri UE non vincolati da alleanze come Svezia, Finlandia, Austria e Irlanda possono partecipare alla PESD. Lo sviluppo successivo della PESD, previsto dalla Costituzione (ora bloccata), prevede la progressiva creazione di una politica comune di difesa.

Tale alleanza nell'ambito della difesa dovrebbe essere decisa all'unanimità dagli Stati dell'UE. Un tale obbligo imposto a tutti gli Stati membri di aderire a una simile alleanza non sarebbe compatibile con la neutralità. Se e in quale forma un simile obbligo verrebbe introdotto, è una questione ancora aperta. Se gli sviluppi dovessero essere tali, la Svizzera dovrebbe riflettere se un simile sistema durevole e stabile potrebbe garantire la sicurezza del Paese tanto quanto la neutralità.

L'adesione comporterebbe inoltre la piena partecipazione alla cooperazione giudiziaria e in materia di polizia nel quadro dello Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Questo significherebbe per esempio l'applicazione dell'ordine d'arresto europeo.

4.4.5.1

Sicurezza esterna

Dall'istituzione della Politica europea di sicurezza e difesa (PESD) nel 1999, la politica estera di sicurezza dell'UE ha conosciuto un rapido sviluppo. Oggi l'UE dispone di una strategia di sicurezza comune (varata nel 2003), di diversi organi addetti alla politica di sicurezza (Comitato politico e di sicurezza, Comitato militare, Stato maggiore militare, Cellula di pianificazione civile-militare, Agenzia europea per la difesa, Istituto dell'UE per gli studi sulla sicurezza, Centro satellitare dell'UE) e di diversi strumenti civili e militari di gestione delle crisi (Battle Groups, corpi di gendarmeria, esperti di polizia e giudiziari ecc.). L'UE ha inoltre assunto la direzione di numerosi impieghi di promovimento della pace civili e militari. Con l'approvazione della strategia di sicurezza comune, l'UE ha fissato a livello programmatico l'ampliamento dei mezzi e delle capacità in materia: tale strategia è volta a realizzare un programma di sicurezza su vasta scala e comprende misure di carattere globale in cui è data una netta priorità alle attività di prevenzione, senza tuttavia escludere provvedimenti di carattere militare come ultima ratio. L'evoluzione sin qui descritta ha fatto sì che l'UE si affermasse a livello internazionale quale attore determinante in materia di politica di sicurezza, accanto a organizzazioni quali l'ONU, la NATO e l'OSCE, organizzazioni con cui l'Unione ha nel contempo intensificato la reciproca cooperazione.

Riguardo al ruolo assunto nel settore della politica di sicurezza, è determinante che l'UE si sia dotata di una vasta gamma di mezzi civili e militari creando i presupposti (nonostante talune lacune ancora rilevabili soprattutto in campo militare) per poter coprire tutto il ventaglio di esigenze in tema di promovimento della pace e di gestio6381

ne delle crisi a livello internazionale. In un prossimo futuro la cooperazione in materia di politica di sicurezza dovrebbe registrare un'ulteriore intensificazione, a prescindere dal decorso del processo di approvazione della Costituzione europea e delle disposizioni ivi contenute inerenti allo sviluppo della PESD (clausola di solidarietà, cooperazione strutturata, obblighi di assistenza reciproci, ecc.). Tra gli Stati membri vige una sostanziale unanimità per quanto concerne la necessità di incrementare le capacità di azione dell'UE nel settore della politica di sicurezza nell'attuale contesto di minaccia. Sussistono invece divergenze soprattutto riguardo alle eventuali rinunce in materia di sovranità nazionale.

In caso di adesione all'UE, per la Svizzera verrebbe a porsi la questione di fondo se partecipare a pieno titolo alla PESD oppure negoziare uno statuto particolare. In seno all'UE sussiste di principio la possibilità di esimersi da settori di cooperazione contrari agli interessi nazionali (conformemente al cosiddetto principio di «optout»). La Danimarca, ad esempio, si avvale di tale diritto per non partecipare alla PESD. Svezia, Finlandia, Austria e Irlanda ­ Paesi non allineati membri dell'UE ­ si avvalgono della partecipazione alla PESD primariamente per promuovere lo sviluppo degli aspetti civili di quest'ultima e inoltre per impedire un'evoluzione verso un obbligo di difesa collettiva. Per quanto concerne quest'ultimo punto, l'UE ha sinora sempre espresso un pieno assenso.

Se dovesse un giorno partecipare a pieno titolo alla PESD, la Svizzera sarebbe integrata nella politica estera di sicurezza dell'UE, con la conseguente possibilità di codecisione nella definizione della politica di sicurezza europea ­ concernente direttamente anche la sicurezza del nostro Paese ­ e un totale coinvolgimento nello scambio di informazioni ed esperienze tra gli Stati membri. D'altro canto, la Svizzera sarebbe in tal caso tenuta ad aderire alle decisioni adottate al termine dei processi decisionali dell'UE, ciò che comporterebbe maggiori pressioni politiche in vista di una più intensa partecipazione alle attività comuni (tra cui gli impieghi di promovimento della pace a conduzione UE). Essendo però la cooperazione nell'ambito della PESC/PESD fondata sul principio dell'unanimità, ogni Stato membro ha
un diritto teorico di veto. Inoltre, non sussistono obblighi per quanto concerne i contributi concreti di ogni singolo Stato: i Paesi membri possono decidere liberamente in quale misura partecipare alle attività comuni. Per quanto concerne il nostro Paese, andrebbe verificata la possibilità di definire un «opt-out» parziale implicante un'esenzione di principio dalla partecipazione ai meccanismi comuni di difesa. La Svizzera potrebbe così continuare a partecipare in maniera selettiva, sulla base di soluzioni ad hoc, alle operazioni di promovimento della pace nell'ambito della PESD. In tal caso la cooperazione continuerebbe a svolgersi secondo gli attuali meccanismi bilaterali.

4.4.5.2

Neutralità

Allo stato attuale un'adesione all'UE non sarebbe contraria agli obblighi legati al diritto della neutralità nella misura in cui l'UE non costituisce un'alleanza di difesa militare e non obbliga nessuno dei suoi Stati membri a partecipare a obblighi militari. Tuttavia ci saranno sviluppi in seno all'UE in questo settore. Benché sia possibile che la Costituzione europea non entrerà mai in vigore, le clausole ivi contenute riguardanti la politica europea di sicurezza e di difesa forniscono indicazioni molto pertinenti sull'evoluzione probabile dell'UE a questo proposito, indipendentemente dall'esito che avrà il Trattato costituzionale. È quindi ragionevole studiare gli ele6382

menti contenuti in questo progetto di trattato per analizzare le conseguenze sulla neutralità di un'adesione futura all'UE.

In caso di adesione gli elementi che potrebbero avere ripercussioni sulla neutralità sono essenzialmente i seguenti: ­

la clausola di solidarietà;

­

le decisioni comuni prese nell'ambito della PESD, in particolare le operazioni civili e militari dell'UE,

­

la cooperazione nel settore dell'armamento,

­

la messa in opera progressiva di una comunità di difesa.

Secondo la clausola di solidarietà, nel caso in cui uno Stato membro fosse oggetto di un'aggressione armata sul proprio territorio, gli altri Stati membri lo devono aiutare e assistere con tutti i mezzi in loro potere, conformemente all'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite. Essa non tange il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di certi Stati membri (rispetto dello statuto di neutralità di quattro Stati membri, cioè Irlanda, Finlandia, Austria e Svezia). La clausola di solidarietà dell'UE permetterebbe quindi alla Svizzera di dare il suo appoggio a esclusione di qualsiasi mezzo militare. Cosí il diritto della neutralità sarebbe rispettato nella sua sostanza. In caso di appello alla solidarietà si dovrebbe tuttavia regolare la questione del controllo delle esportazioni di beni militari importanti nonché i diritti di transito.

Il progetto di Costituzione offre all'UE la base necessaria per garantirle «una capacità operativa che possa avvalersi dei mezzi civili e militari». Essa può farne uso nelle missioni al di fuori dell'Unione allo scopo di garantire la pace, la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi dello Statuto delle Nazioni Unite. L'esecuzione di questi compiti è funzione delle capacità fornite dagli Stati membri. La Svizzera partecipa già attualmente a operazioni internazionali di salvaguardia della pace purché queste operazioni si basino su un mandato dell'ONU o dell'OSCE. Secondo la dottrina e la prassi costante le azioni militari intraprese su mandato o con l'approvazione dell'ONU non costituiscono un conflitto armato ai sensi del diritto della neutralità: esse sono provvedimenti volti a salvaguardare o a ristabilire la pace e la sicurezza. Il diritto della neutralità non si applica quindi a simili operazioni. Cosí come formulato il progetto di Costituzione lascia un margine sufficiente per essere applicato secondo i canoni della neutralità. Le decisioni riguardanti operazioni comuni sono sottoposte al principio dell'unanimità. È possibile un'astensione costruttiva. Inoltre, la disposizione non obbliga affatto gli Stati membri a partecipare militarmente a operazioni dell'UE.

D'altra parte l'UE può decidere all'unanimità sanzioni contro Stati terzi. Se la Svizzera fosse membro dell'UE sarebbe
obbligata ad attuare le decisioni rigaurdanti le sanzioni nel caso di una sua approvazione, o perlomeno a non impedirle nel caso di una sua astensione. Non c'è una differenza fondamentale rispetto alla situazione giuridica attuale: la Svizzera può, già adesso, senza mettere in pericolo la sua neutralità, partecipare a misure internazionali costrittive e non militari volte al rispetto del diritto e della pace. Nel passato essa ha preso parte a più riprese a simili misure.

Inoltre le sanzioni dell'ONU sono giuridicamente vincolanti per la Svizzera.

Nel campo della cooperazione in materia di armamento, l'Agenzia europea di difesa, essenzialmente attuata con il progetto di Costituzione, è già stata messa in opera dal Consiglio dell'UE il 12 luglio 2004. Essa mira a sviluppare le capacità 6383

militari europee, corroborare l'efficienza della ricerca europea in materia di difesa, promuovere gli acquisti di materiale bellico difensivo su piano cooperativo e favorire la creazione di un mercato europeo delle forniture difensive. La partecipazione alle attività dell'Agenzia di difesa è volontaria. La Svizzera potrebbe aderirvi senza derogare ai suoi obblighi di Stato neutrale. Essa ha del resto già siglato accordi bilaterali in materia di armamento con parecchi Stati europei.

Il progetto di Trattato costituzionale prevede inoltre che la politica di difesa comune dell'UE sbocchi progressivamente su una difesa comune, la quale avrebbe bisogno di una decisione unanime di tutti i membri dell'UE. L'obbligo per tutti i membri dell'UE di aderire a una simile alleanza non sarebbe compatibile con la neutralità.

Infatti, una simile comunità implica necessariamente l'assistenza militare in caso di attacco contro un membro dell'UE. Un'adesione all'UE sarebbe comunque possibile dal punto di vista della neutralità se una normativa permettesse alla Svizzera, a differenza di altri Stati dell'UE, di rimanere in disparte da questa comunità di difesa.

Si ignora tuttora se, quando e come l'UE definirà una difesa comune.

Questo giro d'orizzonte mostra che è possibile conciliare il diritto della neutralità e gli obblighi che derivano da un'adesione all'UE, anche in caso di approvazione della Costituzione. Ma il ragionamento giuridico deve essere completato dall'aspetto politico delle cose: il giorno in cui l'UE avrà una politica estera comune, la Svizzera non potrà più difendere le sue posizioni in modo autonomo. In fin dei conti, l'orientamento della politica estera della Svizzera è attualmente spesso conforme a quella dell'UE, poiché i valori che la Svizzera difende in materia di politica estera sono simili a quelli difesi dall'UE.

Se l'UE tende a diventare un'istituzione che permette forme di cooperazione con intensità e velocità diverse (integrazione differenziata, cfr. n. 2.3.10), la neutralità potrà continuare ad esistere. Ma se l'UE si rafforza e si unifica sul piano istituzionale, il margine di manovra lasciato alla neutralità svizzera sarà sempre più ristretto. Se l'UE dovesse consolidare la sua politica estera e di sicurezza comune al punto di creare un sistema durevole e chiuso sia all'interno sia verso l'esterno, ci si potrebbe allora chiedere se questo sistema può garantire la sicurezza della Svizzera allo stesso modo della neutralità.

4.4.5.3

Sicurezza interna

Aderendo all'UE la Svizzera non solo potrebbe bensì dovrebbe anche prendere ampiamente parte agli strumenti di cooperazione in materia di sicurezza e di migrazione europei ed essere rappresentata nelle diverse assemblee e nei diversi organi europei. Il Programma dell'Aja offre una panoramica delle misure che l'UE intende adottare nei prossimi anni per realizzare una vera e propria area di libertà, sicurezza e giustizia312. Nell'ambito delle forze di polizia, sulla base del principio della disponibilità, l'UE svilupperà una nuova filosofia in materia di scambio di informazioni.

Lo stesso vale per il settore giudiziario in cui sarà progressivamente attuato il principio del reciproco riconoscimento, che andrà a sostituire gli strumenti classici di assistenza giudiziaria. In quest'ottica la Svizzera dovrebbe partecipare ad esempio anche ai singoli strumenti, come ad esempio all'ordine di arresto europeo. Questi

312

GU C 53 del 3.3.2005 p.1.

6384

sviluppi potrebbero portare a delle modifiche della prassi svizzera in materia di assistenza amministrativa e di assistenza giudiziaria.

In qualità di membro a pieno titolo di Europol, la Svizzera ha ottenuto l'accesso diretto alle banche dati, nonché la partecipazione ad altri strumenti quali EUROJUST, l'Accademia europea di polizia (CEPOL) o la Task Force dei capi di polizia europei, assicurandosi in tal modo un'ampia rete di contatti con tutte le autorità europee di sicurezza. Un'integrazione di questa portata non può che avere effetti positivi sulla sicurezza interna.

Va inoltre osservato che diventando membro dell'unione doganale la Svizzera dovrebbe abolire i controlli delle merci alle frontiere. I controlli delle persone sono già stati aboliti con l'associazione della Svizzera a Schengen.

4.4.5.4

Giustizia

Nel campo della cooperazione giudiziaria, un'adesione all'UE comporterebbe per la Svizzera un'ampia partecipazione allo spazio della libertà, della sicurezza e del diritto e garantirebbe un'associazione a tutti gli strumenti europei esistenti e futuri di cooperazione giudiziaria. Ciò non richiederebbe alcuna modifica importante del sistema giudiziario.

5

Valutazione

Il 26 ottobre 2005 il Consiglio federale ha stabilito i principi fondamentali della sua politica europea nel modo seguente: ­

la Svizzera intrattiene con l'Unione europea rapporti fondati sui propri interessi ideali e materiali. Essa è solidale con gli altri Stati del continente europeo e con le loro istituzioni comuni e mira, insieme a loro, alla costruzione di un mondo più sicuro e più rispettoso dei valori comuni;

­

a tale scopo essa conclude con i suoi partner gli accordi necessari salvaguardando tuttavia la sua indipendenza, la sua libertà decisionale e le sue istituzioni (federalismo, democrazia diretta, ecc.);

­

la domanda d'adesione del 1992 non viene ritirata. L'adesione è considerata un'opzione a lunga scadenza.

L'analisi contenuta nel presente rapporto conferma non vi è motivo per abbandonare questi principi. Tuttavia è necessario definire con maggior precisione le linee direttive e le priorità a breve e a media scadenza nell'ambito della conduzione della politica europea.

La Svizzera deve in maniera generale definire la sua posizione in Europa e in maniera più specifica orientare le sue relazioni con l'UE al fine di poter salvaguardare in modo ottimale i propri interessi ­ sia in senso materiale che ideale ­ in base ai parametri vigenti. L'integrazione europea è stata vissuta sempre come un processo e così rimarrà anche in futuro. Tuttavia, a causa dei diversi «grandi cantieri» in atto nell'UE (Trattato costituzionale, passi verso un ulteriore allargamento), lo sviluppo del processo d'integrazione europea è più che mai incerto. Nel valutare gli interessi in un contesto politico, economico e sociale soggetto a costanti cambiamenti, biso6385

gna dunque a maggior ragione tener conto della dinamica della situazione: quanto oggi viene considerato giusto e promettente, può risultare domani inadeguato per risolvere certi problemi. Inoltre la Svizzera dev'essere consapevole del fatto che in un modo o nell'altro le sue azioni si ripercuoteranno sulla sua futura posizione.

Di conseguenza il rapporto con l'UE non può essere giudicato in base a uno schema stereotipato secondo il principio del «dentro-fuori». Si tratta meno di determinare se la Svizzera vuole o no diventare uno Stato membro dell'UE quanto piuttosto in che modo e per il tramite di quali strumenti essa può realizzare in modo ottimale i suoi obiettivi fondamentali e gli obiettivi della politica estera. In questo ambito è utile constatare che la Svizzera persegue le stesse finalità del processo d'integrazione europea ­ ossia una pace stabile e un benessere comune in Europa ­ e che si assume la responsabilità contribuendo al raggiungimento di questo obiettivo per mezzo di strumenti che le sembrano adatti a tale scopo. Nessuno di questi strumenti, raggruppati sotto i termini «via bilaterale» o «adesione», può costituire dunque il traguardo della politica europea; si tratta soltanto di mezzi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi dello Stato previsti dalla Costituzione, assumendo insieme la responsabilità per la pace, la stabilità e la prosperità nel nostro continente. Il sistema statuale svizzero si basa sulla cooperazione tra popolo e Cantoni, per cui la politica europea deve essere una tematica che riguarda tutti.

Gli strumenti a disposizione non sono rigidi. Gli sviluppi costanti e significativi fatti registrare dall'UE e in misura meno intensa anche dalla Svizzera implicano un rapporto in continua evoluzione, sia sul piano interno sia su quello esterno. Gli strumenti sono ulteriormente sviluppabili e si potranno creare nuove possibilità finora mai sperimentate nell'ambito del rapporto già esistente. Gli strumenti potrebbero essere intesi anche come tappe di un processo continuo, il cui obiettivo in fondo è trovare a ogni momento la migliore soluzione affinché la Svizzera possa salvaguardare i propri interessi in modo ottimale.

Basandosi sulla presente analisi, il Consiglio federale giunge alla conclusione che allo stato attuale i nostri obiettivi sono realizzabili in
larga misura da un lato con gli accordi attualmente esistenti, continuamente riadattati e completati a seconda delle nuove esigenze e dall'altro con le politiche autonome della Svizzera. Tuttavia, questa conclusione non vuole anticipare eventuali decisioni da prendere in futuro.

Affinché la Svizzera possa realizzare i propri obiettivi anche in futuro, è necessario che vengano soddisfatti tra l'altro i seguenti requisiti: ­

nell'ambito degli accordi bilaterali con l'UE, la Svizzera dispone di un grado di codecisione e di uno spazio di manovra per l'attuazione delle proprie politiche giudicati sufficienti da ambo le parti (partecipazione alle decisioni);

­

per quanto riguarda la sua politica applicata nei confronti dei Paesi terzi, l'UE è disposta a elaborare congiuntamente alla Svizzera soluzioni nell'ambito di accordi bilaterali settoriali (fattibilità in materia di politica estera);

­

le condizioni quadro economiche, in particolare anche nell'ambito monetario, non cambiano a svantaggio della Svizzera (condizioni quadro economiche).

La Svizzera può influire solo in parte sulla presenza di questi requisiti.

Il primo requisito (partecipazione alle decisioni), per esempio, potrebbe cambiare qualora, indipendentemente da quanto stabilito dagli accordi in materia di coopera6386

zione, l'UE dovesse imporre con più insistenza situazioni alle quali la Svizzera non sarebbe in grado di sottrarsi. Ne risulterebbe un lento indebolimento per quanto riguarda la possibilità della Svizzera di partecipare alle decisioni. Ciò comporterebbe nello stesso tempo una limitazione dello spazio di manovra per l'attuazione delle proprie politiche. La continuazione di questo processo, in parte già percepibile, indebolirebbe la posizione della Svizzera.

Il secondo requisito (fattibilità in materia di politica estera) verrà mantenuto anche in futuro se la Svizzera verrà considerata dall'UE sia come interlocutrice interessante sia come partner solidale per la realizzazione degli obiettivi comuni. Il primo elemento dipende fondamentalmente dall'interesse materiale che l'UE dimostra nei confronti di un accordo con la Svizzera. Il secondo dipende invece dalla capacità della Svizzera di dimostrare di essere un partner affidabile assumendo un atteggiamento corresponsabile nei confronti dell'Europa, segnatamente adeguando i suoi accordi in caso di un ulteriore allargamento dell'UE e partecipando anche in futuro in maniera solidale con l'UE alla costruzione di un continente stabile e sicuro.

Per quanto riguarda infine il terzo requisito (condizioni quadro economiche), le possibilità d'influenza da parte della Svizzera sono assai ridotte.

Un cambiamento dei parametri comporta dunque un adeguamento degli strumenti di politica europea.

Considerando le condizioni menzionate, le priorità a media e a lunga scadenza della politica europea svizzera possono essere realizzate tramite i seguenti passi concreti: ­

gli accordi bilaterali esistenti vanno attuati nel modo più efficace possibile e la loro continuazione garantita. Ciò riguarda sia la ratifica e la messa in vigore degli accordi che non lo sono ancora sia l'applicazione e ­ se necessario ­ l'adeguamento e il rinnovo degli accordi in vigore;

­

i rapporti basati su accordi vanno approfonditi nei settori in cui questo appare opportuno e fattibile;

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dal canto suo, la Svizzera partecipa alla riduzione delle disparità economiche e sociali in Europa.

Il controllo costante e il perfezionamento permanente degli strumenti della nostra politica europea rappresentano una sfida d'importanza centrale. Per questa ragione è molto importante che la popolazione partecipi attivamente al dibattito in corso sostenendo i passi concreti compiuti nell'ambito della politica europea. Una discussione mirata richiede un approccio possibilmente oggettivo all'intera problematica.

Con il presente rapporto intendiamo contribuire a un dibattito più oggettivo sull'Europa. Siamo consapevoli del fatto che il processo d'integrazione europea, condotto in primo luogo dall'UE, contribuisce in maniera decisiva alla pace e alla stabilità che oggi regnano nel nostro continente. Di conseguenza la Svizzera dovrà contribuire a modo suo al raggiungimento di questi obiettivi comuni.

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