06.061 Rapporto sulla politica estera svizzera dei diritti dell'uomo (2003­2007) (In risposta al postulato «Rapporto periodico sulla politica estera svizzera dei diritti dell'uomo» della Commissione della politica estera del Consiglio nazionale, del 14 agosto 2000) del 31 maggio 2006

Onorevoli presidenti e consiglieri, vi sottoponiamo il rapporto sulla politica estera svizzera dei diritti dell'uomo (2003­2007) invitandovi a prenderne atto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

31 maggio 2006

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2004-0981

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Compendio La protezione internazionale dei diritti dell'uomo ha registrato, in questi ultimi anni, considerevoli progressi in alcuni settori, a cominciare dal numero crescente di Stati che hanno ratificato le principali convenzioni internazionali sui diritti dell'uomo o dai nuovi strumenti che sono venuti a completare le convenzioni già esistenti, rafforzando i diritti che vi sono affermati I progressi realizzati non devono tuttavia far dimenticare che i diritti umani sono ancora oggi nel mondo messi alla prova e che le sfide che la politica internazionale dei diritti umani è chiamata a raccogliere rimangono considerevoli. I governi, sempre più numerosi ad assumere impegni giuridicamente cogenti in favore della protezione dei diritti dell'uomo, non vogliono o non possono adempiere i loro obblighi. Nel mondo vi sono circa 70 Stati che praticano ancora regolarmente la tortura o che infliggono altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, per punire o umiliare. Nel 2004, in 78 Stati vigeva ancora la pena di morte. Migliaia di persone continuano a «scomparire» nel mondo senza lasciare traccia o sono detenute arbitrariamente. Due terzi della popolazione mondiale vive nella povertà e non può sempre far valere il diritto che le spetta al cibo, all'acqua, alle cure sanitarie o alla formazione, e ancor meno alla partecipazione alla vita politica e alle pari opportunità.

In seguito agli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti e poi in Stati come l'Indonesia, il Marocco, la Spagna e il Regno Unito, la lotta contro il terrorismo internazionale è diventata una delle priorità della politica internazionale. Taluni Stati, poco scrupolosi in materia di diritti dell'uomo e di diritto internazionale umanitario, colgono il pretesto della lotta contro il terrorismo per irrigidire il loro sistema di repressione interno o per ridurre al silenzio i gruppi d'opposizione non violenti.

Ma la lotta contro il terrorismo non è la sola ad essere chiamata in causa, vi sono altri fenomeni che modificano le condizioni operative per gli attori della politica dei diritti dell'uomo: i conflitti, la migrazione, la povertà, il deficit di democrazia e le lacune dello Stato di diritto, il ruolo svolto dalle società transazionali, le conquiste della biotecnologia e della medicina, che propongono sfide che
la politica estera dei diritti dell'uomo, nell'accezione più ampia del termine, deve prendere in considerazione.

Il Consiglio federale è persuaso che tali sfide possono essere raccolte adeguatamente soltanto nel quadro di partenariati con altri Stati di diritto, organizzazioni internazionali e attori non governativi. Parallelamente, considera suo obbligo verificare con regolarità le sue strategie e i suoi strumenti e, se opportuno, adeguarli. Reputa che la maggior parte delle sue priorità tradizionali rimangano valide e debbano essere preservate, siano esse la promozione mirata dei diritti fondamentali dell'uomo e della protezione dei gruppi particolarmente vulnerabili oppure il radicamento dei diritti umani in altri settori della politica («mainstreaming») e lo sviluppo di partenariati.

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Il presente rapporto si articola nelle seguenti parti: l'introduzione è seguita dall'illustrazione delle condizioni generali che gli attori della politica dei diritti dell'uomo devono affrontare. In seguito viene presentata la politica estera svizzera dei diritti dell'uomo: i principi generali, gli obiettivi, gli strumenti e le sfide di ordine concreto, operativo o concettuale. Questo rapporto vuole essere prospettico, in altre parole privilegia le riflessioni sul presente e sull'avvenire.

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Indice Compendio

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1 Introduzione

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2 Il contesto

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3 Generalità e sfide 3.1 Le donne e i bambini, principali gruppi vulnerabili 3.2 Diritti dell'uomo e lotta contro il terrorismo 3.3 Diritti dell'uomo e mondializzazione 3.4 Diritti dell'uomo e cooperazione allo sviluppo 3.5 Diritti dell'uomo e conflitti armati 3.6 Diritti dell'uomo e migrazione 3.7 Tendenze della politica multilaterale in materia di diritti dell'uomo

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4 La politica svizzera dei diritti dell'uomo 4.1 Principi 4.2 Impegno nel settore dei diritti dell'uomo elementari 4.2.1 Diritto alla vita, alla sicurezza e all'integrità 4.2.2 Liberà di religione, d'espressione e d'associazione 4.2.3 I diritti delle donne 4.2.4 I diritti del bambino 4.2.5 Divieto di discriminazione, razzismo e minoranze 4.2.6 I diritti economici, sociali e culturali 4.2.7 Meccanismi di sanzione delle violazioni gravi 4.3 La dimensione trasversale della politica dei diritti dell'uomo 4.3.1 Promozione dei diritti dell'uomo e lotta contro il terrorismo 4.3.2 Diritti dell'uomo, conflitti e migrazione 4.3.3 Diritti dell'uomo e sviluppo 4.3.4 Sviluppo della scienza e delle tecniche 4.4 Le attività della Svizzera concernenti in modo particolare i diritti dell'uomo 4.4.1 Principi d'azione 4.4.2 Rafforzamento del sistema multilaterale dei diritti dell'uomo

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5 Conclusioni: concentrazione, credibilità e coerenza

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Introduzione

Il postulato della Commissione della politica estera del Consiglio nazionale del 14 agosto 2000, accettato dal nostro Consiglio il 13 settembre 2000, è all'origine del presente rapporto. Il tenore di questo postulato è il seguente: «Il Consiglio federale è incaricato di sottoporre al Parlamento una volta per legislatura un rapporto che renda conto delle misure prese, attuate o che intende prendere per promuovere una politica della Svizzera in materia di diritti dell'uomo efficace e coerente: ­

quali sono gli obiettivi fissati e le misure prese dalla Svizzera in materia di diritti dell'uomo e qual è la valutazione della loro efficacia;

­

come viene tenuto conto dei diritti dell'uomo nelle diverse politiche (in particolare: sviluppo, commercio estero, migrazioni e promozione della pace), come sono trattati i conflitti d'interesse tra diritti dell'uomo e le altre priorità;

­

quali sono le misure messe in atto per rafforzare l'efficacia e la coerenza dell'attività della Svizzera in materia di politica estera e di commercio estero, quali sono le misure che potrebbero rafforzarle;

­

come partecipano o come è possibile far partecipare la società civile, le imprese e gli ambienti scientifici allo sviluppo dei diritti dell'uomo.»

Il presente documento è il primo rapporto che il nostro Consiglio sottopone nel corso della legislatura 2003­2007, mentre gli altri rapporti in preparazione comprenderanno le informazioni sulle azioni concrete già realizzate, in particolare sui diversi crediti quadro che il Parlamento ha accordato nel settore delle relazioni estere.

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Il contesto

Il 16 febbraio 2000 abbiamo sottoposto al Parlamento, con il titolo «Rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo», una concezione operativa volta a facilitare la presa di decisioni delle autorità svizzere in materia di diritti umani. Il testo fornisce dati sui principi applicabili, gli strumenti disponibili, gli attori implicati ­ governativi e non governativi ­ e da ultimo sulle condizioni generali dell'attuazione della politica svizzera dei diritti dell'uomo nel quadro della politica estera della Svizzera.

Da allora, la politica estera svizzera dei diritti dell'uomo è stata riaffermata e sviluppata a più riprese. I testi di riferimento seguenti sono particolarmente significativi: ­

la Costituzione federale del 18 aprile 1999 cita la promozione dei diritti dell'uomo e della democrazia come uno dei cinque principali obiettivi della politica estera svizzera, mentre i quattro altri scopi sono la lotta contro la povertà nel mondo, la promozione della pace, la salvaguardia delle basi naturali della vita e la difesa degli interessi dell'economia svizzera all'estero (art. 54 cpv. 2 e 101 Cost.). Ne consegue che, di principio, i diritti dell'uomo sono fattori da tenere in considerazione in tutte le attività della Svizzera all'estero;

­

il Rapporto sulla politica estera 2000, del 15 novembre 2000, riafferma espressamente che il rispetto dei diritti dell'uomo è un obiettivo della politica estera della Svizzera. Ci siamo impegnati a raddoppiare gli sforzi in 5603

favore del rispetto e della promozione dei diritti umani e a prendere i provvedimenti appropriati; ­

uno dei risultati di tali sforzi è stata la legge federale su misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo (RS 193.9), in vigore dal 1° maggio 2004. Sulla base di questa legge, è stato stanziato un credito quadro dell'ammontare di 200 milioni di franchi per finanziare misure appropriate negli anni 2004­2007. Tale credito mira direttamente alla promozione dei diritti dell'uomo. Inoltre, abbiamo messo a disposizione della Direzione dello sviluppo e della cooperazione e della Direzione del diritto internazionale pubblico altri crediti per l'attuazione, nei loro rispettivi settori di competenza, della politica estera della Svizzera in materia di diritti dell'uomo. Una tabella che ricapitola gli importi accordati tra il 2003 e il 2005 dal Dipartimento federale degli affari esteri per questo sforzo di promozione e sui diversi crediti di cui dispone a tale scopo figura nell'allegato II al presente rapporto;

­

nel quadro dei nostri obiettivi annuali, abbiamo sempre riaffermato e concretizzato le strategie definite nei documenti sopramenzionati. A diverse riprese, abbiamo anche approfittato delle risposte a interpellanze parlamentari per fornire spiegazioni sulle questioni concettuali e strategiche. Basti citare, a titolo d'esempio, la possibilità e l'opportunità di creare un'istituzione nazionale dei diritti dell'uomo, che abbiamo attualmente allo studio in risposta a un postulato del Consiglio degli Stati e in seguito a diversi suggerimenti provenienti dalla società civile;

­

i diritti dell'uomo assumono anche un significato sempre maggiore nel quadro della cooperazione allo sviluppo. Abbiamo riaffermato questo concetto nei messaggi sulla continuazione dei crediti quadro per la cooperazione con i Paesi del Sud, dell'Europa dell'Est e della CSI, e il Parlamento ha approvato questi messaggi rispettivamente nel 2003 e nel 2004;

­

inoltre, l'adesione della Svizzera all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il 10 settembre 2002, si è rivelata di importanza fondamentale per lo sviluppo della politica estera svizzera in materia di diritti umani. Non soltanto quest'organizzazione rappresenta il quadro di riferimento determinante per gli attori politici nel campo dei diritti umani, ma l'esperienza mostra anche che essa offre a un Paese come la Svizzera numerose tribune che le permettono di far valere efficacemente, a livello internazionale, le proprie preoccupazioni in materia di diritti dell'uomo.

3

Generalità e sfide

Da quando una cinquantina di anni fa hanno cominciato a formarsi norme internazionali in materia di diritti dell'uomo, la constatazione è sempre la stessa: la grande distanza che esiste tra la visione di una società rispettosa dei diritti umani e la realtà non si è ridotta. La trasposizione dei grandi ideali nella realtà di ogni Paese è un dovere al quale gli Stati devono costantemente rispondere su basi che si rinnovano.

È vero che la situazione dei diritti umani è problematica in numerosi Paesi. Elencare le violazioni dei diritti dell'uomo è un'impresa complessa; da un lato, non esiste un inventario affidabile per tutti i Paesi e, d'altro lato, non tutti i dati disponibili hanno 5604

la stessa pertinenza. I dati in questione sono frequentemente manipolati, soprattutto nei periodi di conflitti armati e di disordini in un Paese. Paragonando dati e statistiche approntati dalle organizzazioni internazionali, è tuttavia possibile tracciare un quadro generale dell'ampiezza attuale delle violazioni dei diritti umani.

Si stima che circa settanta Stati utilizzino ancora regolarmente la tortura o altre pratiche crudeli, inumane o degradanti per estorcere confessioni a persone, punirle, umiliarle o annientarne la volontà. Nessuno Stato è del tutto al riparo da queste pratiche. In tempo di guerra e in tempo di pace, milioni di persone, vittime esse stesse o legate in qualche modo alle vittime, soffrono nel mondo del fenomeno della sparizione forzata. Inoltre, decine di migliaia di persone nel mondo sono ogni anno detenute arbitrariamente, alcune per il semplice motivo che hanno esercitato un diritto fondamentale quale la libertà di espressione. Altre persone sono incarcerate senza mandato d'arresto né capo d'imputazione né sentenza pronunciata da un tribunale indipendente, o rimangono incarcerate benché abbiano scontato la pena loro inflitta. Secondo Amnesty International, tra i 196 Stati che il nostro pianeta annovera, 73 Paesi mantengono e applicano ancora la pena di morte. Per contro, il numero di Paesi che procedono ogni anno effettivamente a esecuzioni capitali è molto più limitato. Nel corso del 2004, sono stati giustiziati 3797 detenuti in 25 Paesi e territori; 7395 persone sono state condannate alla pena capitale in 64 Paesi e territori. Il 97 per cento delle esecuzioni di cui si ha notizia hanno avuto luogo in Cina, negli Stati Uniti, in Iran e in Vietnam.

I due terzi della popolazione mondiale vivono in povertà. Queste persone non hanno accesso all'alimentazione, all'acqua, alle cure e all'educazione e sono private di partecipazione alla vita politica e di uguaglianza davanti alla legge. Ciò significa che più di un miliardo di persone devono sopravvivere con meno di un dollaro al giorno.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), un bambino su cinque nel mondo non arriva a terminare il ciclo di insegnamento primario. Circa 800 milioni di persone ­ ovvero il 15 per cento della popolazione mondiale ­ soffre di fame cronica.

La povertà non si definisce
unicamente con la carenza di redditi, essa è anche conseguenza della discriminazioni di cui sono vittima le persone in questa situazione, che sono in grande misura escluse dalla vita economica, sociale e politica. Gli strumenti di protezione dei diritti umani sono importanti e godono di una reale legittimità internazionale; essi permettono di combattere i molteplici aspetti della povertà: il divieto di discriminazione e i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali costituiscono il quadro di riferimento internazionale che la grande maggioranza degli Stati hanno adottato ratificando le norme internazionali. Gli Stati devono proteggere tutti i cittadini e le cittadine dall'abuso di potere e permettere l'accesso dei gruppi di popolazione sfavoriti al mercato, alle prestazioni e alle risorse pubbliche nonché al potere politico. La concretizzazione, per tutte e per tutti, di questo obbligo e l'attuazione dei diritti umani per i gruppi sfavoriti rappresenta la principale sfida sottesa a ogni impegno nel settore dei diritti dell'uomo internazionali.

3.1

Le donne e i bambini, principali gruppi vulnerabili

Le donne e i bambini sono i principali gruppi vulnerabili che rischiano di diventare vittime di violazioni dei diritti umani. Le statistiche della Divisione della promozione della donna dell'ONU e del Relatore speciale dell'ONU sulla violenza nei con5605

fronti delle donne evidenziano l'ampiezza del fenomeno e le principali ragioni per le quali le donne non possono esercitare i loro diritti: circa il 70 per cento degli 1,3 miliardi di persone che vivono in povertà sono donne, l'80 per cento dei 35 milioni di persone rifugiate e sfollate all'interno del proprio Paese sono donne e bambine. Esse sono particolarmente esposte agli abusi e allo sfruttamento. La violenza nei confronti delle donne è un fenomeno ampiamente diffuso, che concerne in particolare le donne che si trovano in una situazione di dipendenza economica, sociale, famigliare o psichica. Frequentemente, le donne sono vittime di discriminazione non soltanto in ragione del loro sesso, ma anche a causa della loro appartenenza a una minoranza etnica o religiosa. Si stima che un terzo delle donne nel mondo ­ il 10 per cento in Svizzera secondo uno studio pubblicato nel 2005 ­ sono vittime di violenze sessuali e/o psichiche commesse dal loro partner. Secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), 85­115 milioni di donne e di bambine hanno subito, in diverse forme, mutilazioni genitali e soffrono delle conseguenze di questi atti inumani. Ancora oggi, circa due milioni di ragazze sono ogni anno vittime di queste pratiche. Gli stupri sono diffusi in situazioni di conflitto armato e di disordini in un Paese. A tale riguardo, occorre sottolineare il carattere particolarmente perfido della pratica che consiste nel violentare donne della parte avversa in conflitto per terrorizzare e disumanizzare il gruppo rivale. Conseguenza diretta di queste violenze, le donne sono le principali vittime del virus dell'HIV/AIDS. Nonostante la ratifica quasi universale della Convenzione internazionale sull'eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle donne, numerose di esse si vedono sempre rifiutato l'accesso alla vita economica e politica (le donne rappresentano il 16 per cento dei deputati parlamentari nel mondo).

Le violazioni dei diritti dei bambini sono anch'esse diffuse in tutto il mondo. In questi ultimi dieci anni, sono stati uccisi due milioni di bambini nel quadro di conflitti armati, milioni di altri bambini sono stati feriti, mutilati o hanno subito traumi psichici. Il numero di bambini soldati nel mondo ­ maschi e femmine ­ ammonta almeno a 300 000. Secondo
le informazioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), 246 milioni di bambini sono impiegati nel quadro di attività che infrangono le norme legali vigenti. Si contano, tra di essi, 180 milioni di bambini sottoposti alle forme più gravi di sfruttamento (schiavitù, lavori pericolosi, prostituzione e pornografia). Inoltre, alcuni Stati continuano ad applicare la pena di morte ai minorenni. Milioni di bambini soffrono degli effetti dell'estrema povertà o sono abbandonati a se stessi. I bambini della strada, per esempio, sono spesso vittime di discriminazione, di esecuzioni extra-giudiziarie o del traffico di organi umani.

L'epidemia di HIV/AIDS, la cui ampiezza supera i pronostici più pessimisti fatti negli anni Novanta del secolo scorso, in certi Paesi ha già annientato gli sforzi per migliorare le condizioni di vita e la dignità di milioni di esseri umani. È in particolare il caso dell'Africa subsahariana, per la quale il livello d'accesso alle cure e alla speranza di vita sono regrediti di svariate decine di anni. Secondo ONUAIDS, nel 2003 in questa regione vivevano almeno due milioni di bambini di meno di 15 anni portatori del virus dell'HIV/AIDS. ONUAIDS e UNICEF stimano inoltre che questa regione conti 11 milioni di orfani di meno di 15 anni di età che hanno perduto un genitore o entrambi in seguito all'HIV/AIDS. I rischi di discriminazione, di esclusione e di sviluppo della malattia sono particolarmente elevati per questi bambini.

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3.2

Diritti dell'uomo e lotta contro il terrorismo

Da qualche anno, argomenti quali il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia, l'antisemitismo e l'intolleranza che ne consegue occupano il proscenio della scena internazionale. Il fenomeno della discriminazione multipla a causa del sesso o di un'appartenenza etnica, religiosa o culturale si è accentuato e gli appelli su Internet all'odio razziale si sono moltiplicati. Nel quadro della lotta contro il terrorismo, si constata una tendenza ad allestire profili razziali in ragione di caratteristiche estetiche quali il colore della pelle o i tratti del volto.

Gli atti terroristici sono lesivi dei diritti fondamentali dell'essere umano. Gli Stati hanno dunque il diritto e il dovere di proteggere la loro popolazione contro tali attacchi. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, un numero crescente di Paesi ha adottato leggi antiterrorismo o ha inasprito le leggi già esistenti. Se la difesa contro l'aggressione terroristica è di principio giustificata, alcune delle nuove leggi antiterrorismo sono in contraddizione con gli obblighi derivanti dalle norme internazionali in materia di diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario, poiché restringono in modo inammissibile i diritti dell'individuo. Questa tendenza aumenta il rischio di incarcerazioni arbitrarie, di torture e di maltrattamenti, di discriminazioni nei confronti di taluni gruppi di popolazione e di violazioni della sfera privata. Poco rispettosi dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario, alcuni governi abusano della situazione attuale per accrescere la repressione, ridurre al silenzio gruppi di opposizione non violenti e attribuirne la responsabilità ai difensori dei diritti umani. È inaccettabile spregiare i diritti fondamentali con il pretesto della lotta contro il terrorismo, qualunque siano le circostanze. Le linee direttive sui diritti dell'uomo e la lotta contro il terrorismo del Consiglio d'Europa dell'11 luglio 2002 costituiscono al riguardo un buon riferimento per gli Stati. Nel caso della Svizzera, gli eventi di questi ultimi anni hanno messo in evidenza l'insufficienza del dispositivo legale anti-terrorismo e la necessità di adattarlo alle forme attuali di terrorismo.

Se è vero che la legge federale che istituisce misure volte al mantenimento della sicurezza interna necessita di una revisione, le misure previste in questo quadro si iscrivono nel rispetto dei diritti fondamentali e degli obblighi internazionali della Svizzera.

3.3

Diritti dell'uomo e mondializzazione

Sotto numerosi aspetti, la mondializzazione ha ripercussioni positive sui diritti dell'uomo. Non soltanto essa apre attraverso il rafforzamento del commercio mondiale nuove prospettive di miglioramento del livello di vita su scala planetaria, ma permette anche, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, lo scambio di idee democratiche, incoraggiando la trasmissione di conoscenze sui diritti umani e permettendo alla società civile di contribuire più facilmente alla protezione e alla promozione di tali diritti nel quadro di iniziative prese su scala internazionale.

Tuttavia, la mondializzazione, fenomeno diffuso e difficile da tenere sotto controllo, può anche avere effetti negativi. Infatti, la logica economica che questo fenomeno persegue rappresenta una minaccia per i diritti umani, in particolare per i diritti economici e sociali. L'ignoranza dei diritti umani, voluta o no, da parte degli attori che partecipano a questo sviluppo costituisce un rischio accresciuto di violazione di questi ultimi. Il fenomeno della globalizzazione deve di conseguenza diventare 5607

oggetto di un approccio basato sul diritto e la sensibilizzazione dei diversi attori.

Con una simile prospettiva, lo Stato rafforza la sua capacità di assumere in pieno i propri obblighi di rispetto e di protezione, di rafforzare la democrazia e la coesione tra le diverse culture e tradizioni locali.

Il sistema internazionale dei diritti dell'uomo è sempre più percepito come un complemento essenziale della mondializzazione economica. Gli standard minimi esistenti in materia di diritti dell'uomo sono strumenti che permettono di porre rimedio alle conseguenze negative della mondializzazione economica e di definire responsabilità minime. Essi affidano in primo luogo agli Stati interessati il difficile compito di proteggere la propria popolazione contro le violazioni di questi diritti.

Per controllare gli effetti negativi della mondializzazione, diversi attori economici che operano su scala internazionale operano da qualche anno a favore di una nuova presa di coscienza. Numerosi attori, quali le imprese private, si accorgono infatti che l'impegno, per esempio, in favore del mantenimento della stabilità economica e sociale, della salvaguardia dei diritti umani oppure della protezione dell'ambiente è nel loro interesse a lungo termine. Questa nuova presa di coscienza ha fatto evolvere le relazioni tra i governi, la società civile e le imprese rivolte al progresso: tali relazioni si trasformano in un dialogo fondato sulla nozione di partenariato. A tale riguardo, la Svizzera sostiene attivamente il patto mondiale dell'ONU (Global Compact) e incoraggia il settore privato a tener conto e a partecipare all'attuazione dei diritti umani. Oltre a membri della società civile e delle imprese, alcune organizzazioni internazionali quali l'ONU, l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL, organizzazione tripartita che riunisce governi e partner sociali), ma anche la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale (FMI), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), prendono parte a questo dialogo. Esse sono coscienti che una mondializzazione sostenibile e dal volto umano è possibile soltanto se tutti gli attori pubblici e privati incoraggiano e applicano valori e regole valide dappertutto nel mondo.

Dopo la Conferenza mondiale dell'OMC
a Singapore (1996), l'OIL è riconosciuta come una degli organi competenti per garantire la dimensione sociale della mondializzazione dell'economia. Garantire un lavoro decente per tutti è anche una delle raccomandazioni centrali del rapporto della commissione mondiale sulla dimensione sociale della mondializzazione: «Una mondializzazione giusta, creare opportunità per tutti», pubblicato nel febbraio 2004 e discusso nel giugno 2004 in occasione della Conferenza internazionale del lavoro. Il perseguimento di questo obiettivo continuerà ad essere al centro delle discussioni tra i costituenti dell'OIL. L'attuazione della dimensione sociale della mondializzazione costituisce una priorità per la Svizzera.

Tra diritti dell'uomo e mondializzazione, occorre garantire la transizione da un'economia e da una società mondializzate verso un «governo mondiale». Dato che le possibilità di influenza su scala nazionale sembrano relativamente limitate, appaiono sempre più necessari una messa in rete e una guida su scala mondiale, con la partecipazione di tutti gli attori internazionali importanti. La realizzazione di un ordine mondiale giusto è un modo di procedere che comprende altre dimensioni.

Tuttavia, i diritti dell'uomo, universalmente riconosciuti offrono una base accettata da tutti i Paesi e un contesto al tempo stesso legale e operativo per la trattazione delle problematiche sociali e politiche della mondializzazione.

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3.4

Diritti dell'uomo e cooperazione allo sviluppo

Benché la cooperazione allo sviluppo e la politica dei diritti dell'uomo debbano rispondere, di principio, allo stesso obiettivo ­ che consiste nel garantire la dignità umana a tutti ­ per molto tempo gli stretti legami esistenti tra lo sviluppo e i diritti umani sono stati ignorati. Nel corso degli ultimi anni, è stata fatta la constatazione seguente: è impossibile concepire lo sviluppo senza i diritti umani e, inversamente, i diritti umani senza lo sviluppo. Le esperienze fatte in materia di politica di sviluppo hanno permesso di mettere in evidenza che lo sviluppo economico e sociale è durevole soltanto laddove le condizioni quadro giuridico e politiche sono state definite a tal scopo. La conformità e i principi del buon governo e il rispetto dei diritti dell'uomo ne fanno parte. La politica internazionale in materia di diritti dell'uomo ha riconosciuto che le sanzioni internazionali prese in seguito a violazioni dei diritti dell'uomo e gli interventi abituali effettuati puntualmente in favore dei diritti civili e politici contribuiscono solo in modo molto limitato a migliorare la situazione dei diritti dell'uomo in un Paese. Si è in effetti imposta la convinzione secondo cui i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali sono legati in modo molto stretto e non possono essere dissociati l'uno dagli altri.

Numerosi esperti e organizzazioni si sono chinati, in questi ultimi anni, sul problema di come includere i diritti dell'uomo e la cooperazione allo sviluppo. In collaborazione con diversi Paesi donatori, l'ONU ha formulato i principi esposti qui di seguito, esprimendo un consenso di base sul modo in cui i diritti dell'uomo debbano essere integrati nel quadro di un approccio dello sviluppo fondato sui diritti umani nella cooperazione allo sviluppo: ­

tutte le attività nell'ambito della cooperazione allo sviluppo devono garantire la salvaguardia dei diritti dell'uomo;

­

la pianificazione e la realizzazione di programmi devono tener conto dei diritti dell'uomo;

­

la cooperazione allo sviluppo ha lo scopo di rafforzare gli Stati, responsabili della concretizzazione dei diritti dell'uomo, ma anche gli individui e i gruppi che ne beneficiano.

Questi principi fondamentali esprimono l'accresciuta presa di coscienza, in seno all'ONU, dei legami esistenti tra diritti umani, povertà e sviluppo durevole. Questa presa di coscienza è sottolineata per esempio nel rapporto del 21 marzo 2005 del Segretario generale Kofi Annan sul progetto di riforma dell'ONU, intitolato «In una libertà più grande: sviluppo, sicurezza e diritti umani per tutti». Il Segretario generale riassume gli stretti legami che intercorrono tra la pace, lo sviluppo e i diritti dell'uomo in tre tipi di libertà: la libertà di essere al riparo dal bisogno, la libertà di essere al riparo dalla paura e la libertà di vivere nelle dignità.

Gli strumenti internazionali vincolano gli Stati a tre tipi d'obblighi: quello di non violare essi stessi i diritti dell'uomo (obbligo di rispetto), quello di impedire a terzi o singoli individui di osteggiare i diritti dell'uomo (obbligo di protezione) e quello di prendere misure che permettano la piena attuazione dei diritti dell'uomo (obbligo di attuazione). Tradizionalmente, la cooperazione allo sviluppo si occupa di settori nei quali si tratta di applicare in modo effettivo (obbligo di attuazione) i diritti umani nei Paesi beneficiari. In altri termini, essa promuove e sostiene la creazione di istituzioni e di capacità volte a garantire il rispetto dei diritti umani per tutti. Queste esperienze 5609

si rivelano inoltre utili per una politica dei diritti dell'uomo che non si limiti più alla critica, alla condanna e alla sanzione delle violazioni di questi diritti, il cui obiettivo è di aiutare i Paesi partner a tutelare i diritti fondamentali di gruppi di popolazione marginalizzati e di elaborare strutture conformi al rispetto dei diritti dell'uomo.

I diritti umani sono strettamente legati agli sforzi che sono profusi in materia di cooperazione allo sviluppo per migliorare le condizioni quadro giuridiche e politiche («governance») nei Paesi in sviluppo. Nel corso di questi ultimi anni, sono state prese misure per aiutare i Paesi partner, in particolare nei seguenti settori: ­

presa di decisioni politiche nel quadro di processi trasparenti e partecipativi e nell'ottica di un'utilizzazione efficace delle risorse pubbliche;

­

chiara attribuzione delle responsabilità («accountability») e gestione integra dei compiti dello Stato;

­

prestazioni pubbliche efficaci, che tengano conto dei bisogni dei gruppi di popolazione marginalizzati;

­

sistema legale fondato sulla nozione di Stato di diritto, accessibile, professionale e indipendente, che permette uno sviluppo fondato sull'economia di mercato e definisce le responsabilità degli attori privati e pubblici;

­

controllo politico esercitato da un opinione pubblica critica.

Questi settori che concernono la governance hanno tutti una dimensione che riguarda i diritti umani. Per esempio, i diritti civili e politici, indispensabili per una presa di decisione trasparente e partecipativa e per il controllo della gestione degli affari pubblici da parte di un'opinione pubblica pluralista, costituiscono la base di ogni Stato di diritto. Ma i diritti economici, sociali e culturali svolgono anche un ruolo, nella misura in cui offrono un quadro di riferimento che permetta alle autorità statali di fornire prestazioni che rispondano ai bisogni e che siano efficaci ed esenti da qualsiasi discriminazione.

Attualmente, i diritti dell'uomo sono nello stesso tempo lo scopo e lo strumento di una politica di sviluppo efficace. Le convenzioni relative ai diritti dell'uomo sono legittime poiché costituiscono la base cogente, convenuta in modo volontario, dell'impegno degli Stati donatori e degli Stati beneficiari nel miglioramento delle condizioni quadro politiche e giuridiche («governance») e nella lotta contro la povertà.

3.5

Diritti dell'uomo e conflitti armati

La pace è il terreno più fertile per un'attuazione integrale dei diritti dell'uomo.

Parallelamente, il rispetto dei diritti dell'uomo e l'esistenza di uno «Stato di diritto» costituiscono la base per qualsiasi forma di pace durevole. Spesso le violazioni sistematiche dei diritti umani sono il segno precursore di un conflitto imminente; nello stesso tempo, esse contribuiscono ad esacerbare le tensioni tra i differenti gruppi e a favorire lo scatenarsi di torbidi interni o addirittura di scontri armati. È dunque importante agire subito a partire dai primi segni di violazione massiccia dei diritti fondamentali. È proprio a questo stadio precoce che i sistemi nazionali di protezione dei diritti dell'uomo svolgono un ruolo molto importante, sia che si tratti delle istituzioni nazionali dei diritti umani o delle commissioni parlamentari per i diritti dell'uomo. Il ventaglio delle disposizioni che permettono l'individuazione 5610

precoce delle violazioni dei diritti dell'uomo nelle regioni soggette ai conflitti deve essere completato da misure destinate ad essere applicate dopo la fine delle ostilità e da misure mirate di prevenzione.

Si constata che quasi tutti i conflitti armati ­ internazionali o non internazionali ­ sono oggi accompagnati da violazioni gravi dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario (esecuzioni extragiudiziali, stupri e altre forme di violenza sessuale o di tortura). Spesso i conflitti interni sono accompagnati dalla delinquenza di Stato, ciò che implica che quest'ultimo non è più in grado di garantire le sue funzioni fondamentali e di assicurare il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario. I gruppi armati prendono il posto dello Stato e adempiono una funzione protettrice in favore della popolazione civile in nome dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario ­ sempre che vogliano farlo ­ soltanto per una minoranza della popolazione, commettendo spesso essi stessi violazioni dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario, di cui la maggior parte rimangono impunite. Le popolazioni civili sono divenute bersaglio deliberato delle parti nei conflitti armati contemporanei, dato che costituiscono, secondo le stime, circa il 90 per cento delle vittime.

È estremamente difficile rimediare a queste violazioni e garantire o imporre un comportamento conforme ai diritti dell'uomo, soprattutto nei Paesi con strutture statali deboli o che sono caduti nella delinquenza, nei quali occorre innanzitutto creare le istituzioni responsabili e le capacità necessarie per migliorare la situazione.

La comunità internazionale non ha potuto far cessare i massacri né in Bosnia Erzegovina, né in Ruanda, né nel Darfur o nella Repubblica democratica del Congo.

L'obiettivo principale della comunità internazionale deve essere quello di migliorare concretamente la protezione delle popolazioni civili nei conflitti armati. È in questo quadro che è stata elaborata la concezione di «responsabilità di proteggere» le popolazioni civili contro il genocidio, i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e la pulizia etnica. In occasione del vertice mondiale del settembre 2005 a New York, i governi hanno approvato questa concezione sottolineando la responsabilità
di ogni Stato di proteggere la popolazione presente sul suo territorio contro i crimini più odiosi. Quando uno Stato non vuole o non può più rispettare questa responsabilità, è compito della comunità internazionale agire, se necessario anche mediante un'azione collettiva nel quadro del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite.

Nondimeno, diversi esempi mostrano che l'intervento internazionale in caso di crisi non è sufficiente. La cooperazione internazionale deve aiutare attivamente lo Stato in questione a erigere nuove strutture politiche amministrative che siano in grado di rispettare i diritti umani e di metterli in atto.

A tale riguardo, il modo di affrontare l'«eredità» del conflitto, le violazioni dei diritti dell'uomo, i crimini di guerra o i crimini contro l'umanità è in molti casi determinante. Occorre dunque trovare rapidamente disposizioni legali e istituzionali che permettano di sanzionare le violazioni particolarmente gravi del diritto, ma nello stesso tempo che non ostacolino la riconciliazione nazionale e la ricerca della verità.

Da qualche anno, le operazioni di mantenimento della pace dell'ONU e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) pongono in modo particolare l'accento sulla necessità di sviluppare strutture statali in grado di resistere alle situazioni di crisi poiché si fondano sui principi dei «diritti dell'uomo» e dello «Stato di diritto».

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3.6

Diritti dell'uomo e migrazione

I movimenti migratori globali si trovano in rapporto con i diritti umani sotto vari aspetti. Per esempio, le violazioni dei diritti dell'uomo rientrano, in un modo molto generale, tra le cause principali della migrazione forzata. Inoltre, i migranti, rifugiati, profughi interni o vittime della tratta di esseri umani sono il bersaglio privilegiato delle aggressioni razziste e di altre forme di discriminazione nonché di abusi sessuali. Essi rappresentano in generale un gruppo estremamente vulnerabile ai rischi di violazioni dei diritti dell'uomo.

I movimenti migratori internazionali contemporanei sono complessi e, di conseguenza, la loro gestione riveste un'importanza crescente per gli Stati. L'obiettivo principale è di impegnarsi a massimizzare gli effetti positivi della migrazione, da un lato, e a combattere e a prevenire i movimenti migratori forzati, d'altro lato. La migrazione forzata può avere diverse origini, compresa e tra le più frequenti le violazioni dei diritti dell'uomo. Una parte dei migranti e dei migranti involontari cerca di ottenere l'entrata e un permesso di soggiorno nei Paesi industrializzati per mezzo del sistema del diritto d'asilo. La maggior parte di loro, invece, rimane nella propria regione d'origine e va ad aggiungersi al numero crescente dei flussi migratori interni nel Paese in sviluppo o in transizione. Queste persone non sfuggono soltanto le persecuzioni nel loro Paese d'origine, ma anche un ambiente nel quale i loro diritti civili, politici, economici, sociali e culturali sono limitati.

I rifugiati sono protetti dalla Convenzione del 1951 sullo statuto dei rifugiati e al suo Protocollo addizionale del 1967. Non tutti gli Stati sono parte a questi strumenti giuridici e l'attuazione effettiva di questa Convenzione è ineguale, il più spesso delle volte a scapito di persone particolarmente vulnerabili. Inoltre, finora, si stima in non meno di 25 milioni il numero di persone sfollate nel loro proprio Paese. Queste persone sono particolarmente esposte agli abusi e alla privazione dei loro diritti fondamentali. I principi direttivi relativi allo sfollamento di persone nel proprio Paese costituiscono standard internazionali volti a facilitare la realizzazione per i profughi interni dei loro diritti, ma sono utilizzati in modo ineguale dai governi direttamente interessati.
La tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento commerciale, forma particolarmente inquietante della migrazione forzata, è progredita in modo sensibile e concerne ogni anno circa 900'000 donne, uomini e bambini. Le vittime sono oggetto di abusi diversi quali la prostituzione, lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù, l'adozione illegale e il traffico d'organi.

Tenuto conto di questa complessità, le questioni di migrazione sono trattate nel quadro delle organizzazioni competenti delle Nazioni Unite quali l'Alto Commissariato per i rifugiati e nelle organizzazioni internazionali quali l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). Esse sono anche parte del piano di lavoro di tutte le organizzazioni di difesa dei diritti dell'uomo quali il Consiglio d'Europa, del quale le questioni della migrazione sono diventate una delle preoccupazioni maggiori.

5612

3.7

Tendenze della politica multilaterale in materia di diritti dell'uomo

Le condizioni quadro descritte sopra e le prospettive pongono gli attori della politica internazionale dei diritti dell'uomo di fronte a nuove sfide. Si tratta da un lato di garantire l'attuazione dei diritti umani in condizioni quadro in evoluzione, d'altro lato, di mettere a punto nuovi strumenti applicabili a fenomeni nuovi. L'organizzazione delle Nazioni Unite e le sue istituzioni specializzate (come per esempio l'OIL, che riunisce governi, datori di lavoro e lavoratori) come pure organizzazioni regionali come il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e l'Unione europea (UE) svolgono in questo contesto un ruolo primordiale, insieme alle diverse organizzazioni non governative nazionali e internazionali. A questi si aggiungono altre organizzazioni e reti quali l'Organizzazione internazionale della francofonia, la Rete della sicurezza umana, il Patto mondiale dell'ONU (Global Compact) o il Patto di stabilità per l'Europa del Sud-Est. Tali organizzazioni costituiscono piattaforme di discussioni utili in vista del rafforzamento, dello sviluppo e del rispetto dei diritti umani.

A livello mondiale, l'ONU si situa al primo posto. Fino alla sua ultima sessione del marzo 2006, le questioni relative ai diritti dell'uomo sono state in gran parte trattate dalla Commissione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, parallelamente al Consiglio di sicurezza e all'Assemblea generale. Questo ruolo di primo piano è rafforzato a partire dal 2006 mediante la sostituzione della Commissione con un Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU. L'istituzione di questo nuovo organo riflette la volontà del Segretario generale delle Nazioni Unite, già espresse nel 2002 nel quadro del suo programma «Rafforzare le Nazioni Unite: un'agenda per maggiori cambiamenti», di riformare l'Organizzazione. Sulla base delle raccomandazioni formulate nel dicembre 2004 dal Gruppo di personalità di alto livello sulle minacce, le sfide e il cambiamento, il Segretario generale Kofi Annan ha pubblicato il 21 marzo 2005 un rapporto dal titolo «In una libertà più grande: sviluppo, sicurezza e diritti dell'uomo per tutti». Sulla base di questo rapporto, è stato avviato un importante processo di riforma che è sfociato il 15 marzo 2006 nell'adozione da parte dell'Assemblea generale della risoluzione
sull'istituzione del Consiglio dei diritti dell'uomo, che porrà diritti dell'uomo, sicurezza e sviluppo su un livello egualitario in seno alla gerarchia dell'ONU.

Altre organizzazioni internazionali hanno anch'esse preso provvedimenti in vista di raccogliere le sfide attuali. Il Consiglio d'Europa intende promuovere una protezione dei diritti dell'uomo più efficace e più completa. A tal scopo, continua a prendere iniziative specifiche di educazione e di sensibilizzazione. Il Commissario per i diritti dell'uomo, da parte sua, pone l'accento sulle lacune della legislazione e della pratica degli Stati membri. Il Consiglio d'Europa continua a concentrare i propri lavori sull'evoluzione del diritto e il controllo giuridico e politico del rispetto degli impegni che gli Stati membri contraggono aderendo o ratificando una delle 200 convenzioni del Consiglio d'Europa. Inoltre, il Consiglio d'Europa continua a sostenere i Paesi dell'Europa centrale, dell'Europa dell'Est e del Caucaso meridionale nell'attuazione e nella consolidamento dei processi politici di riforma e delle riforme costituzionali e legislative.

Nel corso degli ultimi anni, l'OSCE ha continuato a porre l'accento sulla dimensione umana. Tale politica è criticata da taluni Stati parte, i quali reputano che questa evoluzione avvenga a scapito della dimensione politico-militare ed economico5613

ambientale. Il lavoro effettuato dalle missioni e la presenza sul terreno, per mezzo dei collaboratori nelle istituzioni «tecniche» tradizionali ­ ovvero l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell'uomo, l'Alto Commissario per le minoranze nazionali e la Rappresentante dell'OSCE per la libertà dei media ­ come pure la Rappresentante speciale per la lotta contro la tratta degli esseri umani, nominata nel 2004, ha permesso di proseguire e di ampliare le attività dell'OSCE nei settori dell'osservazione, dell'allarme precoce, dell'intervento critico e del sostegno tecnico I diritti dell'uomo, la democrazia e i principi dello Stato di diritto sono parte anche dei valori fondamentali dell'Unione europea. Sanciti nei trattati di Maastricht, essi sono stati riconfermati e rafforzati dall'adozione, nel 2000, della Carta europea dei diritti fondamentali. Nel rapporto dell'11 aprile 2006 del Primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker sulle relazioni tra l'UE e il Consiglio d'Europa, l'UE è chiamata ad aderire alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. L'UE si impegna a favore della protezione e della promozione dei diritti dell'uomo sia all'interno delle sue frontiere sia nei confronti di Stati terzi. A livello internazionale, l'Unione Europea è diventata uno degli attori più importanti in questa materia. Al pari della Svizzera, l'UE intrattiene un dialogo sui diritti umani con la Cina e l'Iran, considera il rispetto dei diritti dell'uomo come parte integrante della cooperazione con Stati terzi e sostiene, con misure positive, gli Stati partner che promuovono riforme.

4

La politica svizzera dei diritti dell'uomo

I diritti dell'uomo sono l'espressione normativa di valori fondamentali, universalmente riconosciuti. Essi si fondano sul principio di umanità volto alla realizzazione di un mondo nel quale la dignità, il rispetto nei confronti della diversità umana, la libertà individuale, il benessere e la sicurezza siano garantiti per tutte e per tutti. Tale principio è profondamente radicato nei valori del nostro Paese e in quelli delle nostre cittadine e cittadini. Esso è concretizzato nella Costituzione federale e in altri testi fondamentali e costituisce il quadro di base della politica estera della Svizzera in materia di diritti dell'uomo.

4.1

Principi

La strategia della Confederazione è fondata sui principi seguenti: Il diritto internazionale pubblico: un riferimento essenziale La nostra politica estera in materia di diritti dell'uomo ha come quadro di riferimento le convenzioni internazionali e il diritto consuetudinario. Il nostro Collegio valuta la situazione mondiale alla luce del rispetto di cui beneficiano le norme internazionali. Fondiamo il nostro impegno su tali norme e ci adoperiamo per rafforzarle e concretizzarle mediante la nostra azione. Nel medesimo tempo, prendiamo attivamente parte alle discussioni che hanno luogo in seno agli organi politici e giuridici internazionali incaricati dell'applicazione del diritto internazionale pubblico.

Vegliiamo affinché le decisioni, i progetti e i programmi svizzeri non violino queste norme, ma contribuiscano a realizzarle.

5614

La Svizzera è convinta che anche la credibilità della sua politica dei diritti dell'uomo è strettamente legata alla ratifica delle convenzioni internazionali in materia e alla loro applicazione nel quadro del suo ordinamento giuridico. Essa ha aderito alle principali convenzioni europee e internazionali sui diritti dell'uomo e, dal 2000, ha ampliato i suoi impegni internazionali ratificando nuovi strumenti di diritto internazionale e ritirando delle riserve.

Articolo 54 capoverso 2 della Costituzione federale della Confederazione Svizzera La politica estera della Svizzera in materia di diritti dell'uomo è definita nell'articolo 54 capoverso 2 della Costituzione federale e si iscrive interamente nella sua tradizione umanitaria. Quando si adopera, per esempio, a favore delle vittime di violenze, lo fa a favore della dignità di queste persone, senza tener conto della loro nazionalità, del contesto politico, economico e sociale del loro Paese d'origine e della sua relazione con il nostro Paese.

Salvaguardia a lungo termine degli interessi Oltre alla linea direttrice umanitaria, l'impegno in favore dei diritti dell'uomo risponde anche agli interessi della Svizzera. La sua politica estera in materia di diritti dell'uomo si fonda sulla convinzione che la pace, lo sviluppo e la stabilità possono essere solidi e durevoli soltanto se tutti gli Stati garantiscono l'applicazione dei diritti fondamentali della persona e rispettano i principi della democrazia e dello Stato di diritto. L'esperienza ha mostrato che questi Stati sono meno soggetti a crisi che richiedono aiuti d'urgenza, protezione dei rifugiati e missioni di pace. Gli Stati in cui i diritti umani sono solidamente radicati sono anche partner commerciali più affidabili e, per questo, più interessanti.

Universalità dei diritti dell'uomo La Svizzera si adopera in favore del rispetto dei diritti dell'uomo a livello mondiale.

Per il nostro Paese, tali diritti sono la condizione sine qua non di un mondo stabile e pacifico. Promuovendo un dialogo bilaterale sui diritti umani, favorendo la ricerca di consenso in seno ai forum multilaterali, incoraggiando la partecipazione delle popolazioni locali allo sviluppo di progetti e diffondendo una cultura generale dei diritti umani, la Svizzera si applica a rafforzare, in uno spirito di continuità, la base
comune a tutti i Paesi per quanto concerne la protezione e la promozione di questi diritti.

Il nostro Consiglio riconosce che l'attuazione dei diritti dell'uomo non può essere fatta secondo un modello generale, ma si oppone a che siano rimesse in causa le basi legali finora elaborate, siano queste revisioni causate da motivi di ordine sociale, economico, culturale, politico o religioso.

Impegno in favore dei diritti dell'uomo e della realizzazione concreta La Svizzera si adopera nello stesso modo a favore dell'insieme dei diritti umani: i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Essa ne afferma l'indivisibilità e reputa tutti i diritti importanti. La Svizzera si impegna affinché gli altri Stati e istituzioni rispettino i loro obblighi in materia di diritti umani e cerca nello stesso tempo di adempiere i suoi.

Ratificando le convenzioni relative ai diritti dell'uomo, tutti gli Stati contraenti (la Svizzera compresa) hanno accettato di rispettare obblighi di ogni genere. Le autorità statali devono rispettare i diritti dell'uomo, proteggere i gruppi vulnerabili contro le violazioni e trasporli nella realtà sociale. L'impegno della Svizzera necessita di 5615

diversi strumenti per promuovere il rispetto e la protezione dei diritti dell'uomo in tutti i Paesi e aiutare altri Stati negli sforzi da essi profusi per realizzare i diritti umani. Parallelamente alla politica internazionale in materia di diritti dell'uomo, esistono numerosi altri settori politici in cui svolgono un ruolo determinate esigenze in materia di rispetto di tali diritti, anche se esse non si situano sempre in primo piano (importanza trasversale dei diritti umani). Il nostro Consiglio si metterà all'opera per integrare sistematicamente la dimensione dei diritti umani in altri settori della sua politica estera, allo scopo di approfittare delle nuove possibilità offerte dalla mondializzazione per rafforzare le norme internazionali riguardanti i diritti fondamentali.

4.2

Impegno nel settore dei diritti dell'uomo elementari

Anche se ha fatto suoi i principi dell'universalità e dell'indivisibilità dei diritti dell'uomo, il nostro Consiglio ha dovuto determinare priorità privilegiando taluni temi. Si tratta dei diritti o settori di maggiore importanza nell'ottica della protezione internazionale dei diritti dell'uomo e del loro sviluppo, ai quali la Svizzera può apportare un contributo efficace (cfr. qui di seguito).

4.2.1

Diritto alla vita, alla sicurezza e all'integrità

Diritto alla vita Il diritto alla vita è il diritto umano più elevato e fondamentale. Costituisce la pietra angolare di tutti gli altri diritti umani e pertanto, parallelamente alla politica propriamente detta dei diritti dell'uomo, costituisce uno degli obiettivi centrali di altri settori d'attività della Svizzera in materia di politica estera, per esempio la cooperazione allo sviluppo o l'aiuto umanitario. I conflitti armati, la violenza politica, la deportazione, la povertà e l'esclusione sociale minacciano la vita e la sicurezza di un gran numero di persone. Nella maggior parte dei casi, gli Stati in questione non vogliono o non possono proteggere la vita e la sicurezza dei gruppi di popolazione vulnerabili. La Svizzera, tramite la cooperazione allo sviluppo e l'aiuto umanitario, fornisce, in diverse forme, un aiuto in diversi Paesi in vista di garantire al maggior numero di persone il diritto alla vita e l'accesso alle risorse vitali nelle situazioni di crisi (acqua, cibo, tetto, sicurezza personale).

Accordando un significato particolare al rispetto e al rafforzamento del diritto alla vita, abbiamo fatto della lotta contro la pena di morte una delle priorità della nostra politica estera in materia di diritti dell'uomo. Ci pronunciamo con fermezza contro il principio della pena capitale, contro ogni forma di esecuzione extragiudiziale, sommaria o arbitraria, tra cui quelle commesse da individui e tollerate dagli Stati, come i delitti d'onore o l'omicidio a causa dell'orientamento sessuale della vittima. Entro i limiti delle nostre possibilità, ci adoperiamo in favore dell'abolizione della pena di morte, o almeno di una moratoria sull'esecuzione delle pene, primo passo verso la sua abolizione. Insistiamo presso i Paesi che mantengono questa pena affinché rispettino le garanzie minime del diritto internazionale pubblico.

Nel corso dei prossimi anni, ci sforzeremo di accordare la priorità assoluta al rispetto senza restrizioni del diritto alla vita. Intendiamo proseguire e intensificare il nostro impegno a favore dell'abolizione della pena di morte a livello bilaterale e multilate5616

rale, oltre che la nostra lotta contro le esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie. La nostra azione si dirigerà in particolare verso i Paesi che partecipano a conflitti armati o soggetti a importanti disordini interni.

Divieto della tortura Ogni essere umano ha il diritto inalienabile di non essere sottoposto a tortura. Questo diritto non può in nessun caso essere sospeso. Per questo motivo, qualsiasi tentativo volto a dichiarare ammissibile l'esercizio della pressione fisica o psichica negli interrogatori è dal profilo legale assolutamente irricevibile. Questo divieto assoluto concerne anche le strategie applicate nel quadro della lotta contro il terrorismo.

Ormai da molti anni la lotta contro la tortura è un elemento fondamentale della politica estera della Svizzera in materia di diritti dell'uomo. Il nostro impegno in proposito si fonda sul diritto internazionale pubblico che sancisce un divieto assoluto della tortura. Ci adoperiamo a favore del perseguimento penale degli autori di torture e ci battiamo per il diritto delle vittime a ottenere riparazione e risarcimento. Poniamo in particolare l'accento sulle misure di prevenzione. In altri termini, chiediamo un accesso rapido a un avvocato nel corso delle prime ore seguenti all'arresto, nonché una verifica regolare delle condizioni di carcerazione da parte di osservatori indipendenti. Il Protocollo facoltativo alla Convenzione dell'ONU contro la tortura, adottato dall'Assemblea generale il 18 dicembre 2002, è a tal proposito uno strumento di prevenzione fondamentale e universale. Con il Costarica e con l'Associazione per la prevenzione della tortura, la Svizzera si è impegnata durante più di due decenni a favore di questo Protocollo che garantisce a una commissione internazionale di esperti indipendenti l'accesso permanente a tutti i luoghi di carcerazione degli Stati parte. Un nostro messaggio che ne propone la ratifica è in corso di elaborazione e dovrebbe essere presentato al Parlamento entro la fine del 2006.

Sparizioni forzate e arresti arbitrari La sparizione forzata è una privazione della libertà commessa da agenti dello Stato o con l'autorizzazione o la tolleranza dello Stato, seguita dal diniego del riconoscimento di questa privazione di libertà o della dissimulazione della sorte della persona sparita, che viene così
sottratta alla protezione della legge. Di regola, la pratica di questo grave crimine si accompagna a maltrattamenti e termina spesso con un'esecuzione capitale. La pratica della sparizione forzata di persone viola dunque un gran numero di diritti la cui protezione è considerata dalla Svizzera prioritaria, tra cui per esempio il diritto alla libertà e alla sicurezza, il diritto a un equo processo e, in molti casi, il diritto di non essere sottoposti a tortura e il diritto alla vita. Questo crimine provoca terribili conseguenze, anche per i parenti della persona sparita, per i quali la sofferenza non termina mai. E, ciò che più è grave, queste sparizioni ostacolano gli sforzi di pace e di riconciliazione e attizzano la paura e il risentimento.

Per questo motivo, il nostro Consiglio sostiene il progetto di Convenzione sulla protezione di tutte le persone contro le sparizioni forzate adottate da un gruppo di lavoro della Commissione dei diritti dell'uomo, il 23 settembre 2005, strumento provvisto di un meccanismo di controllo efficace. Inoltre, continueremo a intervenire affinché la questione delle persone sparite durante i conflitti armati o sotto regimi arbitrari rimanga in prima fila tra le preoccupazioni della politica internazionale.

5617

Nelle situazioni di crisi e di conflitto, la popolazione civile, che deve regolarmente sopportare gli attacchi delle parti belligeranti, è esposta a una grande insicurezza.

Una pacificazione durevole della situazione è possibile soltanto laddove la sicurezza delle regioni toccate dal conflitto può essere migliorata. Mediante gli sforzi che profonde a favore dello sviluppo e della politica di pace, la Svizzera cerca di accordare particolare attenzione alla sicurezza della popolazione civile e contribuisce così a fare in modo che il diritto alla sicurezza personale divenga una realtà per i gruppi di popolazione che vivono nelle regioni in crisi.

4.2.2

Liberà di religione, d'espressione e d'associazione

Libertà di pensiero, di coscienza e di religione Al pari del divieto della tortura, i diritti che garantiscono la libertà di pensiero, di coscienza e di religione sono diritti intangibili. Spesso le differenze di religione e di opinione sono considerate come la fonte principale delle tensioni. Orbene, nella maggior parte dei casi, i valori fondamentali sottesi alle diverse posizioni religiose e ideologiche sono molto vicini. Il nostro Consiglio cerca di riavvicinare i gruppi con convinzioni divergenti portandoli a una comprensione comune di questi valori fondamentali. Il nostro obiettivo è di convincerli che prospettive diverse possono costituire un arricchimento. Ci esprimiamo a favore in particolare della tolleranza e della comprensione nei confronti dei movimenti religiosi, senza per questo accettare violazioni alla protezione di tutti i diritti umani nel mondo. In questo spirito è stato istituito nel 2004 in seno al Dipartimento federale degli affari esteri un gruppo di lavoro denominato «cantiere islamismo» che ha lo scopo di chinarsi sulla questione dei movimenti islamisti. Esso si prefigge di analizzare questi gruppi ma anche di ricercare un dialogo e attuare un certo numero di progetti.

Libertà di espressione, liberta d'associazione, e libertà di riunione La libertà d'espressione (incluso il diritto all'informazione), la libertà d'associazione e la libertà di riunione pacifica sono condizioni essenziali per l'attuazione degli altri diritti dell'uomo e costituiscono un pilastro centrale di ogni società pluralista e democratica. A certe condizioni e conformemente a regole ben definite, una restrizione della libertà d'espressione, della libertà d'associazione e della libertà di riunione può giuridicamente essere ammessa. Ma spesso, questa possibilità viene utilizzata in modo abusivo, per esempio quando taluni Stati limitano in modo sproporzionato queste libertà.

I difensori dei diritti dell'uomo sono le prime vittime di questo tipo di misura.

Denunciando le violazioni di questi stessi diritti, essi si espongono, con i loro parenti, a grandi pericoli. Continueremo a preoccuparci dei difensori dei diritti dell'uomo, senza il cui coraggio e impegno la politica internazionale dei diritti dell'uomo non sarebbe pensabile, e continueremo a intervenire in favore della loro protezione.

4.2.3

I diritti delle donne

I diritti delle donne e delle bambine sono parte integrante dei diritti umani universali e inalienabili. Essi sono protetti da diversi strumenti giuridici, in particolare dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discrimina5618

zione contro le donne (CEDAW). La Svizzera ha presentato nel gennaio 2003 al comitato competente il suo primo e secondo rapporto sull'attuazione della CEDAW.

Il terzo rapporto verrà presentato nel corso del 2006.

La ratifica da parte della Svizzera del Protocollo facoltativo alla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne costituirebbe un contributo importante per una protezione effettiva delle donne contro la discriminazione. Tale Protocollo prevede tra l'altro una procedura di comunicazione individuale che conferisce alle donne, a certe condizioni, la possibilità di informare il comitato CEDAW sulle violazioni dei diritti di cui sono oggetto.

Un messaggio concernente la rettifica di questo Protocollo facoltativo sarà prossimamente sottoposto alle Camere federali.

In occasione del seguito della 4a Conferenza mondiale sulle donne (Pechino+10, New York 2005), il consigliere federale Pascal Couchepin ha ribadito il sostegno della Svizzera ai Piani d'azione di Pechino e del Cairo, mettendo in evidenza il legame tra la realizzazione dell'uguaglianza tra i sessi e la protezione dei diritti delle donne in materia di salute sessuale. Ha inoltre enunciato le priorità del Governo svizzero per la legislatura in corso, ossia la lotta contro la tratta delle donne e la partecipazione delle donne alla vita economica.

Il nostro Collegio accorda una priorità particolare all'integrazione sistematica del gender mainstreaming nelle attività bilaterali e multilaterali della Svizzera. In determinati settori politici, per esempio nella sua politica di promozione della pace e nella strategia 2010 per la cooperazione allo sviluppo, la Svizzera ha posto un accento particolare sull'eguaglianza tra uomo e donna e il rafforzamento dei diritti della donna in tutte le attività bilaterali e multilaterali della sua politica estera. In molti Paesi partner, la Svizzera si impegna a promuovere l'accesso delle donne alle risorse e la loro partecipazione attiva allo sviluppo, fondandosi sul principio della non discriminazione e sui diritti delle donne garantiti a livello internazionale.

4.2.4

I diritti del bambino

La Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del bambino è la pietra angolare della protezione a livello internazionale dei bambini e dei giovani di meno di 18 anni. Con 191 Stati parte, questo testo è la convenzione sui diritti dell'uomo più ratificata nel mondo. Fino al 2002 la comunità internazionale si è applicata a sviluppare norme complementari a questa convenzione allo scopo di meglio proteggere i bambini dagli abusi particolarmente gravi come il lavoro forzato o la pedofilia. Essa è ora tenuta a mettere in pratica questi diritti nel corso del presente decennio.

Abbiamo constatato in passato che i diritti del bambino sono un tema particolarmente sensibile a livello internazionale, soprattutto perché toccano la famiglia. In effetti, la nozione di famiglia differisce enormemente a seconda dell'origine culturale e i valori, tra cui quelli religiosi, che quest'ultima veicola. Come per tutti gli altri diritti umani, dedichiamo anche una grande attenzione ai diversi valori culturali e religiosi in materia di diritti del bambino. Ma, nello stesso tempo, rimaniamo persuasi che la protezione dei bambini dallo sfruttamento sessuale, dalla prostituzione infantile, dalla pornografia infantile, dal lavoro minorile o la loro protezione in caso di conflitti armati è un valore inerente a tutte le culture e a tutte le religioni. Forti di questa convinzione, intendiamo proseguire il nostro impegno in favore del rafforzamento 5619

degli strumenti giuridici e politici pertinenti e della loro applicazione in tutti i Paesi.

La cooperazione allo sviluppo proseguirà anche il suo impegno a favore dei bambini particolarmente vulnerabili. Uno dei principali strumenti giuridici è il Protocollo facoltativo alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino concernente la vendita di bambini, la prostituzione infantile e la pornografia che mette in scena bambini, che intende ratificare quanto prima. Tale Protocollo prevede in particolare un rafforzamento della cooperazione internazionale perseguendo penalmente le pratiche proibite dalla convenzione; mira così a incoraggiare l'unificazione del diritto e la solidarietà a livello internazionale. Il nostro Consiglio si adopererà inoltre affinché il principio della non partecipazione dei bambini ai conflitti armati goda di una maggior attenzione a livello internazionale e continuerà a impegnarsi per far cessare il reclutamento di bambini da parte delle truppe armate, siano esse governative o non statali. A livello multilaterale, intendiamo sostenere con forza i lavori dell'ONU sulla protezione dei bambini dalla violenza, dallo sfruttamento sessuale, compresa la pornografia su Internet, nonché dagli abusi in seno alla famiglia.

4.2.5

Divieto di discriminazione, razzismo e minoranze

Divieto di discriminazione «Tutti gli esseri umani nascono uguali per dignità e diritti», questo è il principio che sottende i diritti umani e che figura in tutte le convenzioni del settore. Su di esso si fonda il divieto di discriminazione. Secondo questo divieto, uno Stato non ha il diritto di operare differenze di trattamento tra esseri umani sulla base delle caratteristiche personali per cui alcune persone o gruppi si distinguono gli uni dagli altri (quali la razza e il sesso, l'appartenenza o l'origine etnico-religiosa, le opinioni, il patrimonio). Il divieto di discriminazione costituisce un elemento centrale di qualsiasi Stato moderno attento al benessere di tutte le sue cittadine e di tutti i suoi cittadini.

In molti casi, un gruppo umano definisce la propria identità e la propria particolarità culturale delimitandosi rispetto agli altri. Il diritto alla differenza è dunque una condizione fondamentale per l'esistenza di una società sempre più diversificata.

Detto questo, lo Stato deve vegliare affinché, in ragione della sua appartenenza a un gruppo determinato, nessuno sia trattato in modo ineguale o sfavorito senza giustificazione fondata.

La cooperazione allo sviluppo ha preso coscienza che la povertà e l'esclusione sociale sono strettamente legate alla discriminazione. I gruppi sfavoriti cadono spesso in un circolo vizioso di povertà, esclusione sociale e di discriminazione legale e politica, un circolo difficile da spezzare. In numerosi Paesi, la cooperazione svizzera allo sviluppo propone ai gruppi sfavoriti un sostegno che permette loro di uscire da questo ingranaggio e contribuisce alla realizzazione di prestazioni statali non discriminatorie.

Lotta contro il razzismo e l'antisemitismo La discriminazione e l'intolleranza sono ancora presenti, o addirittura in recrudescenza, in numerosi Paesi di tutto il mondo. Esse sono praticate o tollerate talvolta in modo intenzionale, talvolta in modo non intenzionale. La Svizzera si adopera per mettere in rilievo e combattere queste tendenze a livello internazionale e nazionale.

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La Conferenza mondiale contro il razzismo, tenutasi a Durban nel 2001, è stato l'incontro internazionale più importante che mai abbia avuto luogo su questo argomento nel corso degli ultimi anni. In qualità di rappresentante di un Paese europeo senza passato coloniale, la delegazione svizzera è stata in grado di intercedere tra gruppi di Stati che propugnavano posizioni antagonistiche. I lavori che seguiranno la Conferenza mondiale di Durban costituiscono una priorità dell'agenda internazionale. L'istituzione nel 2001, con decisione del nostro Consiglio, di un servizio di lotta contro il razzismo e l'apertura di un credito per finanziare progetti di lotta contro il razzismo nel 2005 testimoniano la volontà internazionalmente riconosciuta della Svizzera di concretizzare la dichiarazione e il piano d'azione adottati nel quadro di questa Conferenza. Tenuto conto della portata mondiale del fenomeno del razzismo e dell'antisemitismo, nonché delle opposizioni decise che separano i membri della comunità internazionale, la Svizzera proseguirà i suoi sforzi volti a proporre compromessi accettabili per tutte le parti e a superare gli antagonismi. Nel corso degli anni passati, la Commissione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite si è rivelata essere un forum in cui la Svizzera ha potuto realmente svolgere un ruolo di intermediario. Occorre inoltre menzionare che nel 2003 la Svizzera ha riconosciuto la competenza del Comitato dell'ONU per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale di ricevere ed esaminare le comunicazioni provenienti da persone o da gruppi di persone rientranti nella sua giurisdizione che sostengono di essere vittime di una violazione di uno dei diritti enunciati nella Convenzione. Inoltre, la Svizzera ha accordato a tutti i procedimenti speciali della Commissione dei diritti dell'uomo un invito permanente a effettuare missioni di valutazione in Svizzera. Essa ha dunque ricevuto nel mese di gennaio 2006 la visita di Doudou Diène, relatore speciale dell'ONU sulle forme contemporanee di razzismo, di discriminazione razziale, di xenofobia, e dell'intolleranza che accompagna quest'ultima. In quest'occasione, egli ha incontrato un gran numero di attori, statali e non statali, nelle regioni tedesca, romanda e ticinese. Il rapporto finale sulla sua visita non è ancora stato
pubblicato, ma una nota preliminare in merito può essere consultata sul sito dell'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo dell'ONU (www.ohchr.org).

Da ultimo, la Svizzera si adopera nella lotta contro l'antisemitismo in qualità di membro, dal dicembre del 2004, di un gruppo d'azione internazionale per la cooperazione sull'educazione, la memoria e la ricerca sull'Olocausto, istituita nel 1998 su iniziativa della Svezia. Per garantire il coordinamento tra la delegazione svizzera e il lavoro sul terreno, le associazioni svizzere attive in questo settore sono inoltre invitate a riunirsi in un gruppo d'accompagnamento.

I diritti dei membri delle minoranze La Svizzera, comunità multiculturale, si impegna in modo particolare a favore delle minoranze. La sua esperienza storica mostra che la promozione dell'identità culturale, religiosa e linguistica dei membri delle minoranze e la loro equa partecipazione alla vita politica e sociale contribuiscono a favorire la stabilità e il benessere di un Paese e a prevenire i conflitti armati. Nondimeno, non tutti gli attori della comunità internazionale vedono di buon occhio i diritti delle minoranze. Per molti Paesi, riconoscere l'esistenza delle minoranze potrebbe attizzare le correnti separatiste sul territorio nazionale e minacciare l'integrità dello Stato.

Il nostro Collegio si impegna a favore del riconoscimento di determinate forme d'autonomia e del principio di sussidiarietà in quanto mezzo di promozione e di protezione dell'identità delle minoranze all'interno di frontiere comuni. Si adopera 5621

per far condividere le esperienze della Svizzera, rimanendo cosciente del fatto che i problemi delle minoranze si esprimono in diversi modi a seconda del Paese e, per questo, abbisognano di soluzioni differenziate. Nel quadro delle sue attività in materia di gestione civile dei conflitti, di politica della migrazione, di cooperazione allo sviluppo e di aiuto umanitario, nei quali i diritti dei membri delle minoranze svolgono un ruolo non trascurabile, questo metodo prudente e aperto all'autocritica ci ha permesso di raccogliere esperienze positive. Il principio di non discriminazione delle minoranze rimane un fondamento importante per l'impegno della Svizzera.

La protezione dei gruppi minoritari e delle loro famiglie è uno dei problemi più importanti del diritto internazionale pubblico e della protezione internazionale dei diritti dell'uomo. Ne è prova il gran numero di conflitti violenti nati da antagonismi etnici o religiosi. Nel corso dei prossimi anni il interverremo a favore del rafforzamento dei meccanismi internazionali di protezione e sosterremo il dispiegamento di strumenti efficaci nel quadro delle Nazioni Unite.

Popoli autoctoni e tribali Nei cinque continenti, i popoli autoctoni raggruppano circa 300 milioni di persone, che formano circa 5000 comunità sparse in più di 70 Paesi. Un buon numero di queste persone faticano a trovare il loro posto nel mondo odierno, sia perché non godono dell'autonomia auspicata, sia perché sono tenute discoste dal gruppo sociale dominante. Da più di un decennio, il nostro Consiglio sostiene i diritti di questi popoli e lotta contro la loro discriminazione. Questo sostegno si esprime in primo luogo per mezzo dei programmi nei Paesi interessati. D'altro lato, prendiamo prende parte attiva da molti anni ai negoziati in vista di una dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli autoctoni e partecipiamo, in qualità di osservatore, al gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle popolazioni autoctone. Inoltre, il nostro Consiglio esaminerà nel corso della presente legislatura, le conseguenze di una eventuale ratifica della Convenzione 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro sui popoli indigeni e tribali, in merito alla situazione dei nomadi in Svizzera.

Il campo d'applicazione di questo strumento a tale categoria della popolazione non sembra
infatti escluso. È stato dunque allestito un rapporto sulla situazione dei nomadi in Svizzera.

Da tempo la cooperazione svizzera allo sviluppo è molto attenta ai bisogni dei popoli autoctoni. Occorre evitare le misure di sviluppo che avrebbero ripercussioni negative sui diritti e sulle condizioni di vita di questi popoli, senza tuttavia negligere i bisogni legittimi delle popolazioni che si sono orientate verso stili di vita moderni.

4.2.6

I diritti economici, sociali e culturali

I diritti economici, sociali e culturali sono sanciti dal Patto internazionale del 1966 recante la stessa denominazione, entrato in vigore per la Svizzera il 18 settembre 1992. Questi diritti comprendono tra gli altri il diritto al lavoro in condizioni eque e soddisfacenti, il diritto alla sicurezza sociale, il diritto all'educazione, il diritto a un livello di vita sufficiente (alimentazione, abbigliamento, alloggio) e il diritto di godere del miglior stato di salute possibile. Spesso i diritti economici, sociali e culturali sono considerati come meno cogenti per il fatto che, contrariamente ai diritti civili e politici, non sarebbero sufficientemente concreti per avvalersene in procedimenti giudiziari (diritti non giustiziabili). In questi ultimi anni, si è imposta 5622

la prospettiva secondo cui i diritti umani implicano obblighi di grado variabile: obbligo di rispetto, obbligo di protezione e obbligo di attuazione. Di regola, le raccomandazioni rivolte agli Stati concernenti i due primi livelli, ovvero l'obbligo di rispettare e di proteggere, sono meglio definite che quelle relative all'attuazione, che è ancora oggetto di numerose controversie causate dalle difficoltà di applicazione che essa comporta. I diritti economici, sociali e culturali impongono agli Stati obblighi principalmente di attuazione progressiva. Gli Stati dispongono di regola di grandi margini di manovra nel loro modo di trasporre questi diritti nella realtà del proprio Paese. Benché i diritti economici, sociali e culturali non possano, nella maggior parte dei casi, essere ancora oggetto di procedimenti di ricorso individuale di protezione giuridica, rimangono pur sempre cogenti e obbligano gli Stati a garantirli per tutti e a svolgere una politica attiva in favore della loro attuazione (dimensione programmatica di questi diritti). Essi vietano inoltre agli Stati di discriminare i gruppi di popolazione marginalizzati nei settori economici, sociali e culturali.

Concentrata da sempre sulla lotta contro la povertà, la cooperazione svizzera allo sviluppo ha sostenuto per anni programmi e progetti che, direttamente o indirettamente, hanno giovato all'attuazione dei diritti economici, sociali e culturali delle persone sfavorite nei Paesi partner. In futuro, la cooperazione svizzera allo sviluppo fonderà le sue attività in modo ancora più esplicito e più diretto sui principi dei diritti umani e contribuirà pertanto in misura ancor maggiore all'attuazione dei diritti economici, sociali e culturali.

I diritti economici, sociali e culturali fanno parte dei diritti umani più soggetti ad evolvere. Le opportunità offerte dalla mondializzazione potranno concretizzarsi soltanto se i diritti dell'uomo vengono posti al centro del dibattito internazionale. Il nostro Consiglio è risoluto nel sostenere il potenziale di sviluppo di tali diritti, sia nel quadro dei programmi bilaterali di lotta contro la povertà, di democratizzazione, di rispetto dei principi dello Stato di diritto o di promozione della pace, sia nel quadro delle sue politiche multilaterali.

4.2.7

Meccanismi di sanzione delle violazioni gravi

L'istituzione nel 1998 della Corte penale internazionale (entrata in vigore il 1° luglio 2002) è espressione della volontà della comunità degli Stati di porre termine all'impunità delle violazioni più gravi dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario. Tale violazioni costituiscono reati penali. Citiamo a titolo d'esempio i genocidi, i crimini contro l'umanità o i crimini di guerra, come gli attacchi armati contro le popolazioni civili, lo stupro utilizzato come arma di guerra, la tortura, la schiavitù e l'apartheid. Essi costituiscono crimini di diritto internazionale pubblico e implicano la responsabilità penale dei loro autori. I tribunali nazionali e internazionali che pongono quest'ultimi di rendere conto di queste violazioni contribuiscono in modo considerevole a ristabilire la dignità delle vittime, a riconciliare con le loro autorità le società traumatizzate, a prevenire future violazioni dei diritti umani e, da ultimo, a permettere un'evoluzione pacifica della situazione.

La lotta contro l'impunità è una preoccupazione centrale dell'impegno della Svizzera a favore dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario. È per questa ragione che il nostro Consiglio si è adoperato con costanza per il miglioramento e il rafforzamento delle basi legali e istituzionali volte alla repressione delle violazioni gravi del diritto e ha preso le misure necessarie per adattare il diritto svizzero alle 5623

norme internazionali. Nel corso dei prossimi anni, intendiamo fare tutto il possibile affinché la Corte penale internazionale sia efficace e divenga per quanto possibile universale. Inoltre, intendiamo mantenere il nostro sostegno ai tribunali penali internazionali ad hoc per l'ex Jugoslavia e il Ruanda fintanto che i principali responsabili dei crimini commessi negli anni Novanta siano arrestati e puniti. Il nostro atteggiamento in merito alla sanzione delle violazioni gravi è coerente e senza compromessi e cerchiamo di fare in modo che sia seguito anche dai governi dei Paesi partner.

Parallelamente, intendiamo fornire sostegno ai processi di riconciliazione nelle società devastate dalla guerra. Nel quadro della 61esima sessione della Commissione dei diritti dell'uomo del 2005, abbiamo ­ per la prima volta nella storia della Svizzera ­ sottoposto a dibattito una risoluzione tematica sui diritti dell'uomo e sulla giustizia in periodo di transizione. La risoluzione è stata adottata per consenso dai membri della Commissione, ponendo così un primo promettente pilastro per il suo impegno futuro in questo settore.

Aggiungiamo tuttavia che l'impunità, quando è largamente diffusa, può essere combattuta soltanto nei Paesi che ne sono colpiti. Per rimediarvi, questi Paesi abbisognano di tribunali che funzionino sulle basi dello Stato di diritto, che siano integri, competenti, indipendenti e accessibili a tutti gli interessati. In numerosi Paesi con istituzioni statuali deboli, è spesso difficile e molto oneroso istituire simili tribunali, anche quando vi è una reale volontà politica. È dunque necessario , in particolare in questi Stati «fragili», un sostegno internazionale al momento in cui vengono istituiti i tribunali. La Svizzera ha già fin d'ora fornito il suo aiuto in Paesi di questo tipo quando si è trattato di approntare strutture statali e risorse di personale.

4.3

La dimensione trasversale della politica dei diritti dell'uomo

Soltanto qualche anno fa, le nostre strategie in materia di diritti dell'uomo si concentravano principalmente sul rafforzamento e sulla promozione dei diritti civili e politici. Oggi si pensa invece che esse non vadano abbastanza lontano per avere un impatto sulle interazioni complesse tra sistemi politici e pace, sviluppo sostenibile, crescita economica e gestione delle migrazioni. Occorre rivalutare i diritti economici, sociali e culturali. È dunque necessario rafforzare l'attuazione di questi diritti, rendendo più efficaci i meccanismi esistenti. Il nostro Consiglio contribuisce al conseguimento di questo obiettivo quando sostiene i lavori di riforma dell'ONU.

Come constatato dal segretario dell'ONU Kofi Annan nel suo rapporto sulla realizzazione degli Obiettivi del millennio per lo sviluppo, la pace, la sicurezza, i diritti dell'uomo e lo sviluppo economico sono strettamente interrelati. Secondo le sue parole, «non c'è sviluppo senza sicurezza, non c'è sicurezza senza sviluppo, e non può esserci né sicurezza né sviluppo se i diritti dell'uomo non sono rispettati». In questo senso, le strategie che li accompagnano non possono più essere dissociate le une dalle altre. Dal profilo dei diritti dell'uomo, ciò significa che occorre avere la larghezza di vedute e la tenacia necessarie per garantire che le azioni svolte nel quadro della lotta contro il terrorismo, della gestione dei conflitti, della cooperazione allo sviluppo, del commercio estero, della scienza e della tecnologia, nonché delle migrazioni non restano solo compatibili con le norme in vigore in materia di diritti dell'uomo, ma rafforzino inoltre la loro realizzazione in tutti i Paesi del mondo.

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Organizzazioni internazionali come l'ONU, l'OIL, la Banca mondiale, l'FMI, l'OCSE e l'OMC esaminano oggi come consolidare i diritti dell'uomo in altri settori politici, secondo un asse trasversale e per mezzo di un approccio integrato delle politiche economiche e sociali. D'ora in poi, anche noi dovremo concepire strategie di politica estera che riflettano una politica estera svizzera molto ampia dei diritti dell'uomo. I capitoli seguenti espongono come il nostro Consiglio intende assumere questa responsabilità in un certo numero di settori chiave.

4.3.1

Promozione dei diritti dell'uomo e lotta contro il terrorismo

Le strategie antiterroristiche devono essere compatibili con il diritto internazionale umanitario, le convenzioni sui rifugiati e i trattati sui diritti dell'uomo, tra cui la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Un Paese è autorizzato a derogare a taluni diritti quando un pericolo eccezionale ­ che può essere il terrorismo ­ ne minaccia l'esistenza. È tuttavia tenuto a procedere in modo trasparente e a prendere misure proporzionate, di breve durata e nel rispetto dei diritti dell'uomo, ai quali non è possibile in nessun caso derogare.

La Svizzera accorda grande importanza alla lotta contro il terrorismo; ma reputa nel medesimo tempo che a livello nazionale e internazionale sia essenziale che le strategie e le corrispondenti misure tutelino i diritti umani e il rispetto della dignità umana. Per questa ragione, continueremo in particolare a opporci a ogni tentativo di rimettere in questione il divieto della tortura. Siamo del resto convinti che provvedimenti a breve termine non potrebbero avere la meglio sulla minaccia terrorista; bisogna svolgere un'azione di ampio respiro, affrontando le radici stesse del male: miseria e carestia, ineguaglianze stridenti, assenza di prospettive sociali e politiche, diritti e democrazia sbeffeggiate, inosservanza delle identità culturali, rifiuto del dialogo. Tutto ciò costituisce un terreno fertile per le idee radicali e fanatiche di gruppi criminali ed estremisti. La lotta contro il terrorismo non si limita dunque soltanto a misure legislative e di polizia, è anche importante almeno promuovere la ricerca di soluzioni pacifiche ai conflitti, sostenere modelli di sviluppo durevoli e consolidare la protezione dei diritti dell'uomo, lo Stato di diritto e la democrazia.

Continueremo dunque ad adoperarci nelle istituzioni internazionali quali l'ONU, l'OSCE e il Consiglio d'Europa affinché le misure di lotta contro il terrorismo rispettino sistematicamente i diritti umani e siano attuati efficaci meccanismi internazionali di controllo. In questo contesto, giudichiamo molto importanti le linee direttive del Consiglio d'Europa sui diritti dell'uomo e la lotta contro il terrorismo, e auspichiamo che esse acquisiscano, per quanto possibile, valore universale. La Svizzera è stata anche tra i principali
promotori della risoluzione della Commissione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite che ha istituito nel 2005 un nuovo mandato di Rappresentante speciale del Segretario generale per il rispetto dei diritti umani nella lotta contro il terrorismo. Su scala bilaterale, sosteniamo i nostri Paesi partner nei loro sforzi di lotta contro il terrorismo nel rispetto del diritto internazionale, dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo. La Svizzera proseguirà i suoi passi bilaterali e le altre forme di intervento presso i Paesi che mettono la lotta contro il terrorismo al di sopra dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario; essa svolge per esempio un dialogo critico con gli Stati Uniti sui detenuti di Guantánamo Bay.

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4.3.2

Diritti dell'uomo, conflitti e migrazione

Diritti dell'uomo e promozione della pace I Paesi che difendono la pace e i diritti dell'uomo devono talvolta affrontare scelte delicate: condannare pubblicamente le violazioni dei diritti dell'uomo, con il rischio di compromettere il proprio ruolo nella mediazione di un processo di pace; insistere affinché i diritti dell'uomo figurino in un accordo di pace, con il rischio di sgretolare il consenso tra le parti. Quando la Svizzera si impegna in un processo di pace, fa chiaramente capire alle parti che il regolamento del conflitto passa attraverso il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario, o che qualsiasi processo di trasformazione deve imperativamente sfociare nel rispetto dei diritti dell'uomo. Nella pratica, certe fasi di un processo di pace permettono un margine di manovra politico e tattico nel calendario delle azioni relative ai diritti dell'uomo o alla pace; la Svizzera utilizza questo margine di manovra privilegiando la ricerca di un impatto massimo in un determinato momento, senza mai contravvenire ai suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale, né accordare nessun tipo di concessione che comporti violazioni dei diritti dell'uomo o del diritto internazionale umanitario.

Non serve a nulla distinguere con dogmatismo i diritti dell'uomo da altre attività della Svizzera nelle zone di conflitto. Tutte le attività perseguono obiettivi analoghi, ossia il miglioramento della «sicurezza umana» delle persone in pericolo e la fiducia che esse possono avere nella supremazia del diritto. La Svizzera opera per il rispetto e il rafforzamento dei diritti dell'uomo durante tutto il ciclo di un conflitto; quest'azione ha un effetto preventivo quando è svolta prima che il conflitto scoppi.

Durante il conflitto, la Svizzera si adopera in particolare a favore del rispetto del diritto internazionale umanitario e, durante la fase della ricostruzione, essa cerca soprattutto di costruire e rafforzare le strutture dello Stato di diritto e di favorire il lavoro sul passato. Nel settore dello sviluppo del diritto, la Svizzera ha avviato nel 2003 un processo di riflessione sulle ripercussioni sul diritto internazionale umanitario delle nuove forme di conflitto. Persuasa dell'importanza che riveste il rispetto dei diritti dell'uomo per l'instaurazione di una pace durevole, la
Svizzera ha sostenuto a fianco della Norvegia la pubblicazione di uno studio sui diritti dell'uomo gli accordi di pace, pubblicato nel marzo 2006 dall'International Council on Human Rights Policy. Intitolata «Negoziare la giustizia? Diritti dell'uomo e accordi di pace», questa ricerca propone un'analisi del ruolo costruttivo che i diritti umani possono assicurare in questo contesto.

Politica migratoria Nel corso degli ultimi anni, la Svizzera è stata all'origine di due processi internazionali importanti nel settore della migrazione internazionale: l'Iniziativa di Berna, lanciata nel 2002, è riuscita a fissare l'Agenda internazionale per la gestione delle migrazioni, che tiene debitamente conto della dimensione dei diritti dell'uomo. La Commissione mondiale sulle migrazioni internazionali (CMMI) avviata congiuntamente con la Svezia su domanda del Segretario generale dell'ONU, ha pubblicato il suo rapporto nell'ottobre 2005. Il quinto principio d'azione di questo rapporto invita gli Stati a rafforzare il quadro legale e amministrativo applicabile ai migranti internazionali per meglio proteggere i diritti umani dei migranti. Siamo convinti che il rispetto delle norme regionali internazionali esistenti garantisce la protezione dei diritti di tutti i migranti in Svizzera. La Svizzera si impegna affinché le raccomandazioni di questo rapporto ricevano l'appropriata attenzione ed è persuasa che potranno 5626

influenzare in modo significativo le future discussioni sui temi migratori a livello internazionale. Inoltre, l'impegno della Svizzera nella prevenzione dei conflitti, nella cooperazione allo sviluppo e nella promozione dei diritti dell'uomo ha anche un impatto sulla prevenzione dei flussi migratori involontari. La Svizzera è impegnata a condurre un dialogo sulle questioni migratorie con gli Stati d'origine per allacciare un partenariato migratorio. Questa politica intende anche migliorare la protezione dei migranti e la prevenzione della migrazione forzata.

Protezione dei rifugiati Il regime internazionale attuale di protezione dei rifugiati, al pari della situazione dei profughi interni all'interno del proprio Paese, sono insoddisfacenti sotto diversi aspetti. Tenuto conto dell'ampiezza delle migrazioni forzate ­ 10 milioni di rifugiati e 25 milioni di profughi interni a causa di conflitti e catastrofi naturali ­ si tratta anzitutto di garantire le norme minime del diritto internazionale dei rifugiati, da un lato, e dei diritti umani d'altro lato, affinché queste norme siano rispettate nelle crisi attuali. Ciò implica anche misure di rafforzamento delle capacità di protezione nelle regioni d'origine di queste persone. La Svizzera si impegna in seno all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR) nell'elaborazione delle conclusioni del suo comitato esecutivo, che costituiscono standard internazionali volti a rafforzare il sistema di protezione istituito dalla Convenzione del 1951. D'altra parte, la Svizzera sostiene la diffusione e l'attuazione nel loro Paese degli standard fondamentali di protezione per i profughi interni, ossia i Principi direttivi relativi agli sfollati all'interno del proprio Paese, e sostiene in particolare il mandato del Rappresentante del Segretario generale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei profughi interni, il professor Walter Kälin dell'Università di Berna. Inoltre, la Svizzera fornisce da tempo un appoggio concreto e significativo alla protezione dei diritti fondamentali dei rifugiati e dei profughi interni e alle vittime di conflitti nel mondo attraverso contributi che essa accorda agli attori umanitari internazionali titolari di un mandato di protezione, come l'Altro Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR) e il Comitato
internazionale della Croce Rossa (CICR) in particolare.

La tratta di esseri umani La tratta di esseri umani combina in modo particolarmente perverso i problemi dei diritti dell'uomo e delle migrazioni. Il nostro Collegio vi scorge una grave violazione dei diritti dell'uomo e della dignità umana. Auspichiamo che venga instaurata su scala internazionale una politica coordinata in materia. Per questo motivo lavoriamo alla prevenzione della tratta e alla protezione delle sue vittime in seno ad agenzie globali e regionali specializzate dell'ONU, all'OSCE e al Consiglio d'Europa. Nel marzo 2003 il DFAE ha adottato «Direttive sulle misure di prevenzione della tratta di esseri umani con effetti all'estero e sulla protezione delle vittime». Questo documento definisce i grandi assi della sua futura politica e individua un certo numero di priorità: prevenzione, in particolare mediante la formazione e la sensibilizzazione del personale delle ambasciate e per mezzo di un'informazione fornita alle persone che domandano un visto turistico o un permesso L (ballerine di night-club); rafforzamento della capacità delle ONG e dei governi di lottare contro la tratta e attuare programmi di rientro volontari e di reinserimento delle vittime. Conformemente alle raccomandazioni del rapporto interdipartimentale del 2002 sulla tratta di esseri umani in Svizzera, è stato istituito l'anno seguente un servizio di coordinamento contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti. Tale servizio, che dipende 5627

dallo Stato maggiore dell'Ufficio federale di polizia, assume un ruolo chiave di informazione, di coordinamento e di analisi per la Confederazione e i Cantoni, sviluppa strategie e mette in atto misure di prevenzione, di repressione e di protezione delle vittime. Sul piano normativo, le Camere federali dovrebbero decidere nel corso della presente legislatura in merito alla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, nonché due protocolli contro la tratta degli esseri umani e il traffico illecito di migranti. La Svizzera sta anche ratificando il Protocollo facoltativo alla Convenzione sui diritti del fanciullo concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione infantile e la pedopornografia. In questo quadro, l'articolo 196 del nostro Codice penale sulla tratta di esseri umani verrà adattato sotto forma di un'estensione del suo campo d'applicazione al prelievo d'organi e al lavoro forzato. La firma della Convenzione del Consiglio d'Europa contro la tratta di esseri umani, alla cui negoziazione la Svizzera ha attivamente partecipato è attualmente allo studio dei dipartimenti competenti.

4.3.3

Diritti dell'uomo e sviluppo

A partire dal 1997, ben prima di altri donatori, la Svizzera si è dotata di linee direttrici concernenti i diritti dell'uomo e lo sviluppo, sottolineando l'importanza che essa accorda alle loro interdipendenze e ricavandone principi concreti. La valutazione svolta nel 2003 ha mostrato che queste linee direttrici non erano ancora applicate in modo sistematico a livello operativo e che era indispensabile attualizzarle alla luce dell'esperienza acquisita.

Il rilievo attribuito ai diritti dell'uomo è costantemente aumentato in questi ultimi anni nella cooperazione allo sviluppo e nei programmi operativi e nel dialogo politico, su scala bilaterale e multilaterale. La maggior parte delle attività della cooperazione svizzera allo sviluppo tocca i settori dei diritti economici e sociali e ne favorisce l'attuazione concreta e durevole nei Paesi partner. In questi ultimi anni, i diritti civili e politici hanno anch'essi assunto una maggiore importanza: l'accresciuta attenzione rivolta alle strutture legali e politiche nei Paesi partner ha per effetto che, in certi Paesi, la cooperazione svizzera allo sviluppo incoraggia ora direttamente l'attuazione di strutture e di capacità conformi ai diritti dell'uomo e ai principi dello Stato di diritto. Attualmente, la promozione del buon governo rappresenta una parte importante dei programmi in quasi tutti i Paesi prioritari della cooperazione allo sviluppo, sia in quelli del Sud che nel quadro della cooperazione con i Paesi in transizione.

La Svizzera si basa attualmente sull'approccio internazionale dello sviluppo orientato sui diritti dell'uomo, a cui si ispirano tutti i suoi documenti strategici recenti. La Svizzera, nel settore della cooperazione allo sviluppo, ha attualizzato le sue linee direttrici «promozione dei diritti dell'uomo e cooperazione allo sviluppo» nel marzo 2006. Tenendo conto di una situazione in mutazione ­ da un lato la riduzione della povertà conseguente alla promozione dei diritti umani, d'altro lato, un accresciuto impegno del settore della promozione del buon governo ­ essa ha adottato una politica dei diritti dell'uomo attualizzata, che è incentrata sull'approccio dell'ONU dello sviluppo, che integra la dimensione dei diritti dell'uomo e che considera la promozione, il rispetto e la protezione dei diritti umani come un aspetto trasversale della cooperazione allo sviluppo.

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Cooperazione con l'Europa dell'Est e la CSI La promozione dei diritti dell'uomo costituisce da sempre una componente considerevole dei programmi che la Svizzera dedica ai paesi dell'Europa centrale e dell'Est.

In Russia, per esempio, uno di questi programmi appoggia dal 1994 le organizzazioni non governative russe e concorre alla riforma del sistema penitenziario. Nel Tagikistan, la Svizzera asseconda il governo nella preparazione dei rapporti che quest'ultimo deve periodicamente presentare conformemente a diverse convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo. In Ucraina e in diversi altri Paesi dell'Europa del Sud-Est e dell'Europa centrale, la Svizzera ha sostenuto con diverse formazioni e misure di seguito il processo legislativo e la riforma del diritto.

Cooperazione allo sviluppo con il Sud La promozione del buon governo e dei diritti dell'uomo rappresenta anch'essa un aspetto importante della cooperazione con i partner tradizionali della Svizzera nel Sud. Se tutti i programmi le riservano un ampio spazio, la forma concreta di tale sforzo varia in funzione dei bisogni e dei partner nei Paesi in questione. In alcuni Paesi, per esempio nel Vicino Oriente e nel Medio Oriente, il buon governo e il rispetto dei diritti dell'uomo sono al centro della cooperazione svizzera allo sviluppo. Analogamente, la promozione del buon governo fa parte dei programmi prioritari in America latina, nell'Africa australe e in Asia. In funzione del contesto e del programma specifico al Paese, le attività comprendono il sostegno alle riforme amministrative e giuridiche (ciò che include l'accesso alla giustizia e il diritto penale dei delinquenti minorenni), il sostegno agli uffici di mediazione e di conciliazione e agli organismi di difesa dei diritti dell'uomo, ai procedimenti d'arbitrato giudiziario ed extra-giudiziario e ai processi di riconciliazione, la lotta contro la criminalità e la corruzione, la promozione di determinati diritti, in particolare quelli delle donne e dei bambini, il diritto alla formazione e il divieto di discriminazione, l'aiuto giudiziario e l'assistenza giuridica e il sostegno a organizzazioni non governative locali di salvaguardia dei diritti dell'uomo.

La cooperazione svizzera allo sviluppo si adopererà negli anni a venire per integrare sistematicamente l'approccio orientato verso i diritti
dell'uomo nella lotta contro la povertà e di concepire metodi che permettano un'interpenetrazione ancora più sistematica di questi due settori. Una delle priorità prese in considerazione è l'accesso dei gruppi di popolazione sfavoriti e delle minoranze allo sviluppo nonché alle risorse e alle istituzioni dello Stato di diritto, oltre che il rafforzamento delle capacità della società civile e delle autorità governative nel Paese partner. Inoltre, l'accento è anche posto sull'accesso dei Paesi in sviluppo alle catene di commercio e di produzione globale allo scopo di permettere loro di partecipare ai mercati mondiali.

Questi sforzi di incentrare le nostre politiche sui diritti dell'uomo non si limiteranno all'azione bilaterale. Anche su scala multilaterale la Svizzera si impegna a favore di un'integrazione sistematica dei diritti dell'uomo nella cooperazione allo sviluppo, per esempio nel quadro della lotta contro la povertà condotta dalle istituzioni di Bretton Woods e nell'attuazione della Dichiarazione del Millennio nonché dei suoi obiettivi dello sviluppo, compreso il dibattito tra Paesi industrializzati e Paesi in sviluppo sull'attuazione del «diritto allo sviluppo». Diverse organizzazioni specializzate dell'ONU (PNUS, UNICEF, UNIFEM, UNFPA, ONUAIDS, FAO, OMS) attuano, nel quadro della cooperazione allo sviluppo, l'approccio dell'ONU che integra la dimensione dei diritti dell'uomo. L'accesso all'acqua, al cibo e alle cure, 5629

ma anche il diritto fondamentale alla non discriminazione, sono diventati valori di riferimento importanti per la Svizzera, la quale sostiene finanziariamente tutte queste organizzazioni.

Economia e diritti dell'uomo Attività economiche e promozione dei diritti dell'uomo si completano e sono, sotto diversi aspetti, necessari l'una all'altra. Un sistema politico aperto, democratico e responsabile, un quadro giuridico credibile e riconosciuto e il rispetto dei diritti umani favoriscono uno sviluppo economico e sociale durevole, che non è fondato sullo sfruttamento di alcuni gruppi sfavoriti. Il commercio e l'investimento possono nello stesso tempo favorire il dialogo sui diritti dell'uomo nella misura in cui essi poggiano su relazioni regolari e mutui interessi. La mondializzazione ha rafforzato questa interdipendenza e ha accresciuto l'importanza del ruolo degli attori economici e il loro statuto nella promozione e nella protezione dei diritti umani; le organizzazioni economiche internazionali si trovano di fronte a nuove sfide e prendono coscienza che il rispetto e la promozione dei diritti dell'uomo giovano anche all'attività economica e rientrano dunque nella loro missione. Tuttavia, numerosi attori economici integreranno quest'imperativo nelle loro decisioni soltanto se non ne sarà in alcun modo erosa la loro competitività. Occorre dunque promuovere su scala internazionale il rispetto dei diritti umani da parte degli attori economici affinché questi ultimi adottino strategie che siano nello stesso tempo responsabili e durevoli piuttosto che incentrate sulla sola ricerca del profitto a breve termine.

Un'impresa cosciente delle proprie responsabilità si interroga sull'impatto delle sue decisioni sulla società dei Paesi partner; essa si rende conto che il suo interesse legittimo è di non limitare le sue preoccupazioni alla sola produttività economica. Le grandi imprese con attività transfrontaliere devono ormai contribuire a far emergere una governance globale, incentrata sui diritti dell'uomo, lavorando di concerto con i governi, le organizzazioni internazionali, le reti e le organizzazioni non governative.

Si può constatare con soddisfazione che il dibattito su diversi aspetti della governance globale tra gli attori della società civile e le imprese diventa sempre più costruttivo e collaborativo. Un
numero importante di iniziative sono volte a definire regole ed etiche di comportamento che le imprese devono rispettare nella loro attività all'estero, accettate volontariamente o no. La Svizzera sostiene un tale sviluppo. Il patto mondiale («Global Compact») lanciato nel 2000 dal Segretario generale dell'ONU ne è senza dubbio l'illustrazione più conosciuta. In effetti, attualmente, più di 2'500 imprese nel mondo , di cui 25 in Svizzera, si sono impegnate ad applicarne i dieci principi relativi ai diritti umani, alle norme sul lavoro, all'ambiente e alla lotta contro la corruzione. Inoltre, sono state sviluppate iniziative più mirate, per esempio nel settore della lotta contro la corruzione. Il nostro Consiglio sostiene tutti questi sforzi ­ spontanei ­ delle Nazioni Unite, del settore privato e della società civile. Esso constata che le imprese svizzere vi partecipano attivamente. Un passo importante è stato fatto in occasione della 61esima sessione della Commissione dei diritti dell'uomo, con la nomina di John Ruggie a Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per le questioni riguardanti i diritti dell'uomo, le società transnazionali ed altre imprese commerciali. Il mandato di questo Rappresentante speciale consiste in particolare nel precisare le norme relative alla responsabilità delle imprese in materia di diritti dell'uomo. La Svizzera si è fortemente impegnata a favore della risoluzione e sosterrà il lavoro del Rappresentante speciale.

5630

Gli sforzi bilaterali e multilaterali profusi dalla Svizzera in favore della coerenza e della complementarità tra economia e diritti dell'uomo si amplieranno negli anni a venire. A titolo d'esempio, si può menzionare la visita nel marzo 2006 di una delegazione di rappresentanti dell'economia cinese nel quadro del dialogo sui diritti dell'uomo che la Svizzera intrattiene con la Cina. In tale occasione, i partecipanti hanno visitato imprese svizzere e seguito un seminario sulle questioni legate all'economia e ai diritti dell'uomo. A livello teorico, occorrerà studiare i contributi, il ruolo e le responsabilità spettanti ai diversi attori ­ Stato, settore privato, organismi finanziari internazionali ­ e le norme auspicabili in questo quadro. Parteciperemo attivamente a questo processo e veglieremo in modo attento affinché esso non venga sviato verso direzioni che allontanerebbero i Paesi dagli obblighi che hanno stipulato in materia di diritti dell'uomo.

Cooperazione economica Talune lacune strutturali possono ostacolare la piena attuazione dei diritto dell'uomo in un Paese. È a questo livello che operano gli strumenti della cooperazione economica, in particolare l'aiuto alla bilancia dei pagamenti e le misure di sdebitamento.

Quando si avvale di questi strumenti, la Svizzera si attende dal governo partner che rispetti i diritti umani. Se la stabilità economica è un obiettivo a lungo termine nei Paesi dell'Est e del Sud, utilizziamo anche a questo scopo strumenti più immediati.

Desiderosi di sapere che il nostro aiuto economico e le altre misure di lotta contro la povertà raggiungono tutti gli attori della società, incoraggiamo per esempio una gestione trasparente, responsabile e sana degli affari pubblici, la lotta contro la corruzione o l'attuazione di meccanismi di partecipazione e di consultazione.

La revisione della procedura di garanzia dei rischi all'esportazione, lanciata nel 2003, và nello stesso senso. Non si tratta soltanto di rendere questa assicurazione più efficace, ma anche di fare in modo che essa tenga conto degli imperativi che appartengono ad altri campi politici. La garanzia sarà d'ora in poi concessa soltanto ad attori economici i cui progetti sono conformi agli impegni di diritto internazionale sottoscritti dalla Svizzera.

4.3.4

Sviluppo della scienza e delle tecniche

La scienza e le tecniche sono uno dei settori nei quali la mondializzazione introduce veri e propri rivolgimenti. Alcune delle grandi scoperte scientifiche di questi ultimi anni sollevano questioni fondamentali riguardo i diritti umani, particolarmente nella biotecnologia, nelle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione e nella protezione dell'ambiente.

Biotecnologia e bioetica Nella ricerca biologica e medica sono stati raggiunti progressi considerevoli in questi ultimi dieci anni. Talune tecniche recenti, come la procreazione medicalmente assistita, i trapianti o la ricerca sul genoma umano, e in particolare la clonazione riproduttiva e terapeutica, sollevano tuttavia questioni etiche e giuridiche che riguardano la dignità umana. Il nostro Consiglio ha preso posizione nel 2002 su alcuni di questi aspetti firmando il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina relativa al trapianto degli organi e di tessuti di origine umana del Consiglio d'Europa. Nell'ONU, partecipiamo in seno alla sesta Commis5631

sione dell'Assemblea generale alla preparazione di un progetto di convenzione volta a vietare la clonazione riproduttiva di esseri umani. Reputiamo che la clonazione di esseri umani a fini riproduttivi debba essere qualificata di crimine contro l'umanità e faremo tutto il possibile per rilanciare i negoziati ­ che da qualche tempo si sono arenati. Infatti, la 59esima sessione dell'Assemblea generale non ha permesso ai membri delle Nazioni Unite di raggiungere un consenso su questo progetto di convenzione e pertanto il gruppo di lavoro si è riunito nuovamente nel febbraio 2005 e ha adottato a debole maggioranza una dichiarazione non obbligatoria sulla clonazione degli esseri umani. Il nostro Consiglio ha votato a favore di questa dichiarazione e continuerà a battersi per una procedura in due tempi: divieto immediato della clonazione riproduttiva e dibattito distinto sulla regolamentazione della clonazione terapeutica.

Nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione Le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione racchiudono un potenziale enorme nella prospettiva dei diritti dell'uomo, in particolare nell'ottica della libertà d'espressione e del diritto all'informazione. L'accesso di gruppi poveri o vulnerabili (donne, popoli autoctoni, handicappati ecc.) a queste tecnologie potrebbe contribuire alla libertà d'espressione e di religione. Il nostro Consiglio si sforza di metterla a profitto: prevediamo infatti nei nostri programmi di cooperazione allo sviluppo attività volte a migliorare l'accesso a tali tecnologie per i gruppi svantaggiati. Ma le nuove tecnologie minacciano i diritti umani, facilitando per esempio la propaganda razzista o la diffusione della pornografia infantile per mezzo di Internet e prestandosi alle violazioni alla sfera privata. Auspichiamo di combattere questi effetti perversi sforzandoci di ottenere nei consessi multilaterali che i settori di protezione dei diritti umani siano ampliati nelle direzioni volute. In occasione del Vertice mondiale dell'informazione, la cui seconda parte si è tenuta a Tunisi nel novembre 2005, i diritti dell'uomo costituivano già uno dei temi prioritari che la Svizzera ha affrontato con i suoi partner tunisini.

Diritti dell'uomo e protezione dell'ambiente Il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg
nel 2002 ha permesso di approfondire la riflessione sull'interdipendenza tra il rispetto dei diritti dell'uomo e la protezione dell'ambiente. Il degrado ambientale può compromettere il diritto alla vita, alla salute, all'alimentazione, a condizioni di lavoro decenti o, nel caso di popoli autoctoni, alla cultura. Per contro, il diritto nazionale e internazionale ­ come la Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998 ­ accorda sempre più frequentemente ai cittadini il diritto all'informazione, la possibilità di partecipare alle decisioni e l'accesso alla giustizia.

Reputiamo che, al pari dei diritti dell'uomo, la protezione dell'ambiente sia uno strumento essenziale di lotta contro la povertà, di sviluppo sostenibile e di sicurezza umana. È un'opinione che abbiamo sostenuto nella Commissione dei diritti dell'uomo, in seno alla quale la Svizzera è stata una delle principali promotrici della risoluzione sui diritti dell'uomo e l'ambiente in quanto elementi dello sviluppo sostenibile. Inoltre, manifesteremo la nostra volontà di coerenza raccomandando alle Camere federali di ratificare nel corso della presente legislatura la Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.

5632

4.4

Le attività della Svizzera concernenti in modo particolare i diritti dell'uomo

La realizzazione efficace dei nostri obiettivi in materia di diritti dell'uomo impone da un lato un'utilizzazione giudiziosa delle risorse e, d'altro lato, attribuisce un'importanza maggiore alla collaborazione con partner governativi o non governativi.

4.4.1

Principi d'azione

Priorità tematiche e geografiche Per trarre il miglior profitto dalle risorse disponibili, abbiamo definito alcune priorità. Ci concentreremo sui temi nei quali la Svizzera può portare un contributo particolarmente utile, considerata la sua esperienza e le convenzioni che essa ha ratificato.

Tre aspetti emergono come prioritari: 1) difesa e promozione dei diritti umani di carattere imperativo o inderogabili in periodo di stato d'urgenza; 2) protezione dei gruppi particolarmente vulnerabili; 3) contributo allo sviluppo e all'applicazione delle norme nei settori sensibili direttamente toccati dalla mondializzazione.

Geograficamente, è riconosciuto un rango prioritario ai Paesi nei quali effetti di sinergia possono essere ottenuti con attività sviluppate da attori in seno all'amministrazione o da partner esterni. Si sono rilevati particolarmente fecondi in questo contesto i partenariati realizzati con attori economici o gli approcci integrati con gli attori della cooperazione allo sviluppo o della gestione civile dei conflitti. Dato che la Svizzera inserisce in generale le sue attività nel quadro di uno scambio critico e costruttivo con le autorità del Paese in questione, sulle modalità del partenariato anche la capacità e la volontà di dialogo rappresentano un criterio importante.

Principi generali di partenariato Ogni Paese è primo responsabile dell'attuazione dei diritti dell'uomo sul suo territorio. Ma nell'attuale mondo internazionalizzato, questa missione non spetta più soltanto agli organi governativi, ma è un compito che tocca tutta la società.

La Svizzera ne è cosciente e sostiene dunque determinati attori non governativi nel settore dei diritti dell'uomo, a livello internazionale e a livello dei Paesi interessati.

Essa spinge a nuove forme di collaborazione tra tutte le parti interessate, come nel caso del Vertice mondiale sulla società dell'informazione, che ha raccolto nel dicembre 2003 a Ginevra governi, organizzazioni internazionali, il settore privato e la società civile. Ma, in materia di partenariati, le sue decisioni dipendono in modo decisivo dalla volontà politica di riforma dei diritti dell'uomo che essa ritrova nei suoi partner governativi e dalla capacità di questi Paesi di realizzare simili riforme.

Parallelamente alle organizzazioni non governative, i media, gli ordini
degli avvocati, i sindacati e le autorità religiose svolgono un ruolo importante nella realizzazione dei diritti dell'uomo, nella formazione dell'opinione pubblica, nell'informazione della popolazione e nell'assistenza alle vittime. Nei Paesi del Sud e dell'Est, queste organizzazioni sono spesso anche partner della cooperazione svizzera allo sviluppo. Il nostro Consiglio le sostiene finanziariamente, nei limiti delle sue capacità di bilancio e mantiene un dialogo regolare con le ONG nazionali e internazionali residenti o rappresentate in Svizzera.

5633

Gli attori economici svizzeri , soprattutto quelli che godono di un certo prestigio internazionale, sono vieppiù coscienti della loro responsabilità sociale quando operano investimenti all'estero.

La Confederazione svolge allora il ruolo di interfaccia tra i diritti umani e l'attività economica; essa favorisce il dialogo tra le cerchie economiche e la società civile. Le competenze e le nuove idee che scaturiscono dalle università svizzere permettono al nostro Paese di aumentare la sua influenza internazionale nella promozione dei diritti umani. Numerose posizioni e strategie della Svizzera si fondano su studi affidati a istituti scientifici.

Utilizzazione differenziata degli strumenti della politica dei diritti dell'uomo Nel nostro Rapporto sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo del 16 febbraio 2000, abbiamo abbozzato un quadro degli strumenti di cui disponiamo in questo settore, La situazione non è cambiata da allora, anche se taluni strumenti ­ come il dialogo sui diritti umani ­ sono stati affinati e altri vi si sono aggiunti. Attualmente abbiamo a disposizione strumenti diplomatici, come il dialogo politico, il dialogo sui diritti umani e il dialogo locale, gli interventi e i passi politici bilaterali e multilaterali, le dichiarazioni del nostro Consiglio e le misure protocollari o diplomatiche di valore simbolico. Si aggiungono inoltre azioni più positive: programmi di sostegno, progetti, invii di esperti. Disponiamo inoltre di strumenti giuridici, come il nostro apporto a processi di codificazione e di sviluppo dei diritti umani, l'adesione a convenzioni e la loro ratificazione o l'uso dei mezzi di ricorso previsti nelle convenzioni.

I dialoghi bilaterali sui diritti dell'uomo occupano un posto a parte tra tutti questi strumenti. Rivolti al medio e al lungo termine, essi danno luogo a visite regolari di delegazioni ufficiali, accompagnate da diverse misure positive che sostengono la riforma delle istituzioni o lo sviluppo delle capacità professionali nel Paese. Lo sforzo politico e le risorse umane che esso domanda impongono tuttavia di concentrarsi su un piccolo numero di Paesi partner. Per questo motivo la Svizzera ha elaborato altri strumenti più flessibili che permettono di condurre discussioni sui diritti umani tenendo nel contempo conto delle risorse e delle specificità dei
partner in questione, per esempio in occasione di un dialogo locale condotto dall'ambasciata svizzera in un determinato Paese. Poiché pone l'accento in modo particolare su problemi di diritti dell'uomo in certi Paesi, il dialogo politico rappresenta per la Svizzera uno strumento prioritario.

A seconda della situazione, è possibile servirsi di questi strumenti combinandoli o distribuendoli nel tempo. Nell'insieme, le nostre strategie in materia si fondono su una relazione di partenariato con le autorità del Paese interessato. Se la cooperazione rimane senza effetto, vi sono a nostra disposizione altri strumenti ­ come i passi politici ­ per far sentire la nostra voce.

Cerchiamo di integrare sistematicamente la visione e i principi dei diritti dell'uomo in altri settori politici come la cooperazione allo sviluppo, l'economia esterna, la sicurezza, la protezione dell'ambiente, l'aiuto umanitario, la migrazione, l'assistenza giudiziaria internazionale e gli scambi culturali, secondo modalità che rafforzano la protezione internazionale dei diritti dell'uomo.

5634

4.4.2

Rafforzamento del sistema multilaterale dei diritti dell'uomo

Il nostro Consiglio ha accumulato in questi ultimi anni una ricca esperienza grazie al suo impegno bilaterale al sevizio della pace e dei diritti umani nella zona di conflitto, per esempio nell'Europa del Sud-Est, nel Vicino Oriente, in Colombia, in Guatemala, in Messico e nello Sri Lanka. L'esperienza dimostra che gli aspetti dei diritti dell'uomo costituiscono elementi importanti per qualsiasi processo di pace e sono cruciali per la costruzione di legittime strutture statali, capaci di risolvere conflitti politici mediante mezzi pacifici. E proprio quest'esperienza che ci sforziamo di mettere a frutto nei consessi multilaterali. Gli esperti civili e militari svizzeri della pace impiegati in missioni multilaterali sono anch'essi molto apprezzati.

Le grandi questioni di protezione internazionale dei diritti umani si discutono e si decidono sempre più in seno a organizzazioni multilaterali. Per fare sentire la nostra voce in queste organizzazioni è necessario un investimento dinamico. Siamo riusciti a più riprese in questi ultimi anni a indirizzare discussioni multilaterali nel senso che la Svizzera auspicava. Impegnati nel salvaguardare al meglio gli interessi del Paese in materia di diritti dell'uomo, siamo risoluti a intensificare in futuro il nostro impegno multilaterale in questo campo.

In modo isolato, difficilmente la Svizzera può agire da sola su scala multilaterale.

Dato che questo sistema si nutre di alleanze, essa moltiplica di conseguenza, da quando è membro dell'ONU, le consultazioni in seno al gruppo occidentale, ma anche con Paesi di altri gruppi regionali, allo scopo di mettere maggiormente in comune le proprie idee e influire sui processi decisionali. La collaborazione è diventata particolarmente stretta dal 2003 con alcuni governi, tra cui quello della Norvegia: i due Paesi condividono da tempo numerose strategie e azioni.

Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) L'ONU è l'organizzazione mondiale dominante nel settore dei diritti dell'uomo.

Dalla sua adesione, il 10 settembre 2002, la Svizzera partecipa più attivamente che in precedenza ai dibattiti sui diritti umani e si adopera dunque a rafforzare la protezione internazionale di questi diritti. Lo stesso vale sia per l'Assemblea generale che per il Consiglio di sicurezza; la delegazione svizzera ha preso regolarmente la
parole in questi ultimi tempi nei dibattiti pubblici del Consiglio di sicurezza a proposito della protezione delle popolazioni civili in tempo di guerra, dei bambini soldati e il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, della lotta contro il terrorismo, della giustizia e dello Stato di diritto, dei diritti umani e della giustizia di transizione, della repressione delle violazioni gravi del diritto internazionale, della lotta contro la diffusione illecita di armi leggere e di piccolo calibro o di mine antiuomo. I suoi interventi sono stati anche di rilievo sulla questione delle sanzioni che il Consiglio di sicurezza può decidere in caso di grave minaccia alla pace o alla sicurezza mondiali; essa ha sostenuto misure selettive che tocchino i responsabili, ma risparmino, nella misura del possibile, la popolazione civile e i Paesi terzi. Questa idea si ritrova nel sistema di certificazione del processo di Kimberly, volto a impedire il commercio dei diamanti di guerra ­ formula alla cui concezione la Svizzera aveva attivamente partecipato;

5635

Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU e relatori speciali Nel corso dei 60 anni che ne hanno seguito l'istituzione nel 1947, la Commissione dei diritti dell'uomo ha avuto un'evoluzione considerevole delle sue funzioni fino a diventare l'ingranaggio centrale del sistema dell'ONU in materia di protezione dei diritti dell'uomo. Nei primi 20 anni della sua esistenza, la Commissione ha svolto un ruolo molto importante nella definizione di standard riconosciuti internazionalmente nel settore dei diritti dell'uomo, culminato con l'entrata in vigore nel 1966 dei due patti relativi ai diritti economici, sociali e culturali, da un lato, e i diritti civili e politici, dall'altro. A partire dal 1967, la Commissione è stata dotata di nuovi strumenti per consentirle di superare il suo ruolo di codificatore e reagire alle violazioni dei diritti umani, in particolare grazie all'introduzione di un sistema di procedure speciali che ha portato alla nomina di esperti abilitati a effettuare missioni di valutazione sul terreno. Tramite l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, essa ha fornito consulenze e assistenza tecnica ai Paesi che ne abbisognavano, mentre la partecipazione delle ONG, delle istanze nazionali di protezione dei diritti umani e di esperti indipendenti ha fatto di questo organo una piattaforma aperta al dibattito. Da ultimo, la Commissione ha contribuito a chiarire talune questioni legate per esempio alla giustizia di transizione o alla lotta contro il terrorismo.

La Svizzera ha sostenuto questi diversi risultati, che ritiene debbano essere preservati in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo, convinzione dimostrata dal suo impegno nel lanciare due iniziative diplomatiche sulla giustizia di transizione e il Nepal, che sono state entrambe oggetto di una risoluzione in occasione della 61esima sessione della commissione.

In seno alla Commissione dei diritti dell'uomo, la Svizzera ha sempre vigorosamente sostenuto l'istituzione e la proroga dei mandati dei relatori speciali e di altri esperti. A suo avviso, questi specialisti indipendenti incaricati di esaminare la situazione dei diritti dell'uomo in determinati Paesi o per temi specifici adempiono una missione insostituibile. Essi rivolgono lo sguardo della comunità internazionale su temi particolarmente importanti e su
avvenimenti inquietanti, dando così una voce alle vittime delle violazioni dei diritti dell'uomo. Essi contribuiscono anche a rendere più oggettivi i dibattiti spesso polarizzati in seno agli organi dell'ONU. Due esperti svizzeri sono stati nominati nelle procedure speciali: il prof. Jean Ziegler, Relatore speciale sul diritto all'alimentazione, e il prof. Walter Kälin, Rappresentante del Segretario generale sui diritti umani dei profughi interni. Dal 1990 al 2005, sei personalità svizzere, di cui le due attuali, hanno svolto questo tipo di mandato.

Istituzione di un Consiglio dei diritti dell'uomo e seguito La polarizzazione dei dibattiti in seno alla Commissione dei diritti dell'uomo preoccupava già da tempo il Segretariato generale dell'ONU. Nel 2003 la Svizzera ha deciso di approfondire un'idea del Segretario generale dell'ONU volta a rendere i lavori della Commissione più obiettivi e più trasparenti. Il DFAE ha affidato all'Università di Berna il compito di procedere a uno studio in questo senso («studio Kälin»). Nel settembre 2004 la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha trasmesso al gruppo di esperti di alto livello sulle minacce, le sfide e il cambiamento nonché al Segretario generale dell'ONU la proposta svizzera di sostituire l'attuale Commissione con un Consiglio dei diritti dell'uomo. Questa proposta è stata sostanzialmente ripresa nel rapporto del dicembre 2004 del gruppo d'esperti nonché in quello del Segretario generale del marzo 2005. La Svizzera ha parimenti svolto un ruolo essenziale nel processo di negoziazione avviato dal presidente dell'Assemblea 5636

generale in vista dell'adozione di una dichiarazione finale dei capi di Stato in occasione del vertice mondiale 2005 svoltosi dal 14 al 16 settembre 2005 a New York.

Il fatto che la comunità internazionale decida, in questa dichiarazione, l'istituzione di un Consiglio dei diritti dell'uomo può essere considerato un successo della Svizzera e dei suoi partner. Un successo che è stato confermato il 15 marzo 2006 dall'adozione della risoluzione A/RES/60/251 sull'istituzione del Consiglio con 170 voti affermativi, 3 astensioni e 4 voti contrari. Pertanto, a partire dal 19 giugno 2006 data della sua prima sessione, il Consiglio sostituisce ufficialmente la Commissione dei diritti dell'uomo.

Anche se il testo della risoluzione A/RES/60/251 non riflette tutte le esigenze iniziali della Svizzera, si tratta di un buon compromesso che permette di rafforzare il sistema dell'ONU di promozione e di protezione dei diritti dell'uomo. I principali elementi che distinguono il Consiglio dalla Commissione possono essere così riassunti: 1) uno statuto istituzionale più elevato: il Consiglio diventa un organo sussidiario dell'Assemblea generale; 2) sessioni più numerose: il Consiglio terrà al minimo tre sessioni su dieci settimane almeno all'anno, ciò che dovrebbe rafforzare il dialogo e la cooperazione, e potrà riunirsi in sessioni speciali su decisione di un terzo dei suoi membri; 3) meccanismi più efficaci e più giusti: disporrà di un meccanismo di valutazione periodica universale in seno al quale sarà valutato il rispetto degli obblighi in materia di diritti umani di tutti gli Stati; 4) un numero più ristretto di membri, (47 rispetto ai 53 della Commissione) che saranno eletti a maggioranza assoluta dall'Assemblea generale per un periodo di tre anni e che non saranno rieleggibili dopo due mandati consecutivi 5) una maggiore credibilità, in particolare per il fatto che i candidati al Consiglio sono invitati a formulare impegni spontanei in materia di diritti dell'uomo. Inoltre, in caso di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani, un membro potrà essere sospeso da una maggioranza dei 2/3 dell'Assemblea generale.

Da ultimo, la Svizzera si è particolarmente impegnata affinché la sede del nuovo organismo sia stabilita a Ginevra, città di tradizioni umanitaria, sede dell'Altro Commissariato per i diritti
dell'uomo e di numerose grandi ONG internazionali.

Ginevra ospitava da più di cinquanta anni le sessioni della Commissione dei diritti dell'uomo, ma è la prima volta dalla creazione delle Nazioni Unite che un organo importante dell'ONU si stabilisce nel nostro Paese. L'elezione il 9 maggio 2006 a membro del Consiglio dei diritti dell'uomo per i prossimi tre anni permetterà alla Svizzera di concretizzare maggiormente quest'impegno e porrà certamente nuove sfide alla sua politica estera in materia di diritti dell'uomo.

Gli organi di sorveglianza dei trattati Le grandi convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo prevedono tutte comitati incaricati di verificare che gli Stati parte adempiano pienamente i loro obblighi. La Svizzera sottopone loro i suoi rapporti e mantiene un dialogo costruttivo con essi.

Per mezzo di sostegni tecnici e finanziari, essa appoggia da qualche tempo Paesi del Sud e dell'Est come la Bosnia ed Erzegovina e il Tagikistan nello svolgimento di questo difficile compito. Forte della sua esperienza concreta, la Svizzera ha proposto ai diversi comitati di uniformare i rapporti e di migliorarne gli effetti di sinergia.

Essa si trova in una buona posizione per sottoporre le sue proposte alla discussione perché può avvalersi della considerevole esperienza di tre scienziati svizzeri di fama che siedono in questi comitati: il prof. Giorgio Malinverni dell'Università di Ginevra nel Comitato dei diritti economici, sociali e culturali; il prof. Walter Kälin dell'Uni5637

versità di Berna nel Comitato dei diritti dell'uomo e il prof. Jean Zermatten nel Comitato per i diritti del bambino.

Per la Svizzera, questo vento di riforma che soffia in seno all'ONU riveste un'importanza particolare. Con il titolo di lavoro «Unified Reporting System», il DFAE sta sviluppando, a titolo di progetto pilota, un nuovo formato di rapporti periodici che potrebbe essere qualificato come «rapporti combinati» («joint reports»). La formula del rapporto combinato presenterebbe il vantaggio non soltanto di facilitare il paragone tra gli Stati mettendo in evidenza i punti forti e i punti deboli di ognuno, ma anche favorire la concretizzazione delle convenzioni e facilitare una formulazione coerente delle politiche a livello federale, cantonale e comunale nel settore dei diritti umani. Sarebbe così più facile determinare i settori che richiedono un intervento. Tutti i rapporti della Svizzera destinati a render conto dei suoi obblighi presso i diversi comitati sono inoltre pubblicati e possono essere consultati sul sito del DFAE (www.eda.admin.ch). Le conclusioni di questi comitati e altri documenti relativi ai loro lavori possono essere consultati sul sito dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo (www.unhchr.org). Nell'allegato I del presente rapporto figura inoltre una tabella ricapitolativa dei rapporti presentati dalla Svizzera da quando ha ratificato le diverse convenzioni dell'ONU in materia di diritti dell'uomo .

Partenariati in seno al sistema delle Nazioni Unite Istituito nel 1993, l'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo è diventato attualmente il primo centro di competenza, di informazione e di coordinamento al mondo in materia di diritti dell'uomo. Nel corso degli ultimi anni la Svizzera non ha mai cessato di rafforzare i legami di partenariato con quest'istituzione di cui, con i suoi contributi spontanei, figura tra i principali donatori. Al di là di questo sforzo bilaterale, la delegazione svizzera si adopera all'Assemblea generale affinché una parte più importante del bilancio ordinario dell'ONU sia accordato all'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo. Sulla base del piano d'azione elaborato da quest'ultimo, la dichiarazione finale adottata dai capi di Stato in occasione del vertice mondiale 2005 prevede di raddoppiare il bilancio ordinario
dell'Alto Commissariato. Questa decisione abbisognerà di molti sforzi in vista di un'attuazione concreta nei prossimi cinque anni. L'aumento delle risorse dell'Alto Commissariato dipende da quanto accadrà degli altri programmi prioritari per i Paesi in sviluppo. Il sostegno della Svizzera all'Alto Commissariato non si limita a contributi finanziari, dato che essa metterà anche a disposizione un nuovo strumento di lavoro, l'Human Rights Index/Indice dei diritti dell'uomo, sviluppato all'Università di Berna. Questa banca dati, accessibile al grande pubblico, permetterà di abbracciare con un solo colpo d'occhio le osservazioni, diritto per diritto, provenienti dal sistema delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti dell'uomo nel mondo.

Al di là degli organi principali dell'ONU, del Consiglio dei diritti dell'uomo e dei diversi comitati, una serie di agenzie specializzate, di programmi e di fondi svolgono un ruolo che la Svizzera reputa molto utile nel settore dei diritti umani intesi in un'accezione ampia; per questo motivo essa li sostiene finanziariamente. Si tratta per esempio del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) , del Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne (UNIFEM) e del programma comune delle Nazioni Unite sull'HIV/AIDS (ONUAIDS). Anche enti come l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimen5638

tazione e l'agricoltura (FAO) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) si occupano sempre più di questioni in relazione diretta con i diritti umani. Le delegazioni svizzere presso queste organizzazioni si sforzeranno dunque anch'esse di fare in modo che in futuro i diritti umani siano presi in considerazione nelle decisioni che li riguardano.

Come detto, la Svizzera (membro fondatore) svolge anche un ruolo attivo in seno all'OIL. Quest'organizzazione specializzata la cui strategia è incentrata sull'obiettivo «assicurare un lavoro decente a tutti» ha per mandato di promuovere la giustizia sociale e di far rispettare i diritti umani nel mondo del lavoro. La Svizzera partecipa al suo sistema tripartito di messa a punto, di messa in atto e di controllo delle convenzioni e raccomandazioni internazionali del lavoro che definiscono le norme minime da rispettare nei settori riguardanti il suo campo d'attività: libertà sindacale, diritto d'organizzazione e di negoziazione collettiva, abolizione del lavoro forzato e del lavoro infantile, parità di opportunità e di trattamento, condizioni di lavoro, sicurezza sociale ecc. Essa partecipa in particolare ai lavori della Commissione per l'applicazione delle norme della Conferenza internazionale del lavoro, che esamina ogni anno le inosservanze gravi alle norme riguardanti il suo campo d'attività.

Consiglio d'Europa, OSCE e altre reti La Svizzera riconosce una grande importanza al Consiglio d'Europa nella sua politica di difesa dei diritti dell'uomo. Essa si è molto impegnata nella riforma della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), presieduta dal nostro compatriota Luzius Wildhaber. La Corte europea dei diritti dell'uomo costituisce la chiave di volta del Consiglio d'Europa. Considerata come la più grande realizzazione del Consiglio d'Europa, essa permette a circa 800 milioni di europee e di europei di adire un tribunale internazionale la cui giurisdizione è obbligatoria e le sentenze vincolanti per gli Stati parte.

Il 13 maggio 2004 la Svizzera è stata dunque tra i primi firmatari del Protocollo n. 14 alla CEDU che ottimizza il meccanismo di filtro e la trattazione dei casi sottoposti alla Corte.

La Svizzera partecipa inoltre attivamente, in seno al Comitato dei ministri, alle procedure di seguito e di controllo concernenti in particolare i nuovi
membri. Essa si è interessata in particolare ai Paesi la cui adesione è più recente: la Bosnia ed Erzegovina, la Serbia e Montenegro, l'Armenia, l'Azerbaigian e la Georgia. I rappresentanti svizzeri nei diversi pilastri del Consiglio d'Europa hanno rivolto una particolare attenzione al regolamento del conflitto ceceno, a causa delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo commesse in questa regione della Russia. Da ultimo, la Svizzera sostiene gli sforzi del Commissario per i diritti dell'uomo, incaricato dal 1999 di promuovere il rispetto dei principi fondamentali del Consiglio d'Europa presso i suoi 46 membri. Dal 30 novembre al 3 dicembre 2004 l'ex Commissario Alvaro GilRobles ha effettuato una visita in Svizzera. L'8 giugno egli ha reso pubblico il suo rapporto 2005, che può essere consultato sul sito Internet dell'organizzazione (www.coe.int). I commenti della Svizzera in merito alle conclusioni del Rapporto in questione sono allegate al rapporto.

A nostro avviso, il Consiglio d'Europa rimane di primaria importanza per la Svizzera. Il nostro Collegio prende sul serio gli obiettivi del Consiglio d'Europa. Il ruolo chiave di quest'organizzazione in materia di rispetto dei diritti dell'uomo, di promozione dello Stato di diritto e della democrazia corrisponde appieno agli obiettivi svizzeri di politica estera.

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Sosteniamo dunque gli sforzi volti ad aumentare la visibilità del Consiglio d'Europa, organizzazione che deve cercare di reincentrare la sua attività sul suo settore d'eccellenza, ovvero lo sviluppo normativo della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo. I programmi d'assistenza aiutano gli Stati in transizione a conformarsi ai loro obblighi. Infatti, in termini di creazione del diritto, di aiuto all'elaborazione di norme accettabili negli Stati in transizione e di controllo del rispetto di tali norme, il Consiglio d'Europa è divenuto l'attore principale sul continente. Sarà dunque essenziale rendere ancor più efficaci gli strumenti e i meccanismi esistenti.

L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) rimane per la Svizzera una preziosa piattaforma dei diritti umani. Essa le offre numerose possibilità di affermare e sviluppare i suoi valori fondamentali e di condurre un dialogo con la società civile ­ che partecipa a determinate riunioni sullo stesso piano dei governi e delle organizzazioni internazionali. Essa accorderà in seno all'OSCE un'importanza particolare alla tenuta di elezioni conformi alle norme internazionali, alla promozione della tolleranza e della non discriminazione, all'uguaglianza tra uomo e donna, alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla prevenzione della tortura.

Membro fondatore della Rete di sicurezza umana (RSH), la Svizzera vi svolge un ruolo particolarmente attivo. La rete raccoglie dal 1999 tredici Paesi del mondo intero che condividono una stessa concezione della sicurezza umana fondata per la maggior parte sui diritti dell'uomo e il diritto internazionale umanitario. Laboratorio di idee e piattaforma informale di scambi, la rete si presta particolarmente a discussioni esplorative su proposte e iniziative politiche concernenti per esempio la protezione dei bambini nei conflitti armati, il coinvolgimento delle donne nei processi di pace, l'educazione ai diritti umani, l'istituzione del Consiglio dei diritti dell'uomo, il controllo delle armi leggere, la Corte penale internazionale.

La Svizzera sostiene inoltre diversi programmi di consolidamento del diritto in generale, della democrazia dei diritti umani in seno all'Organizzazione internazionale della francofonia, di cui essa è uno dei cinque grandi finanziatori. Grazie
a questo canale, la Svizzera può approfittare di contatti diretti con Paesi francofoni del Sud.

Le consultazioni sui diritti umani che si svolgono periodicamente tra delegazioni francofone permettono spesso di far meglio comprendere una concezione diversa dei diritti umani o riavvicinare punti di vista opposti. Da ultimo, il nostro Consiglio fornisce un appoggio politico e finanziario, fin dalla sua istituzione nel giugno 1999, al Patto di stabilità per l'Europa del Sud-Est. Il patto mira principalmente a consolidare le strutture democratiche nella regione, a sostenere la ricostruzione economica e a incoraggiare la cooperazione regionale. Nel campo della democratizzazione e dei diritti dell'uomo, promuoviamo i diritti delle minoranze e il dialogo interetnico, il ritorno sicuro e dignitoso dei rifugiati, la partecipazione delle donne alla vita politica, la coesione sociale, la lotta contro la tratta di esseri umani e lo sviluppo dei media.

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Conclusioni: concentrazione, credibilità e coerenza

Concentrazione Il nostro Consiglio garantisce la difesa degli interessi della Svizzera nella politica estera dei diritti dell'uomo e, a questo scopo, concentra le sue risorse su questioni e settori chiave, la cui importanza strategica è certa. In primo luogo, intendiamo concentrare il nostro impegno mediante misure mirate a favore dello sviluppo e della realizzazione dei diritti umani. In secondo luogo, intendiamo migliorare ulteriormente la protezione dei gruppi particolarmente vulnerabili, quali i membri delle minoranze, i bambini, le donne, gli andicappati, i rifugiati e i detenuti. In terzo luogo, vogliamo integrare sistematicamente la dimensione dei diritti umani in altri campi d'azione della politica estera, allo scopo di mettere a profitto le nuove possibilità che la globalizzazione offre per rafforzare la protezione internazionale dei diritti dell'uomo. A tale scopo, si impone una cooperazione con gli altri autori, governativi o non governativi, dal livello locale al livello mondiale.

Credibilità La politica estera della Svizzera in materia di diritti dell'uomo risulta più efficace se si sfruttano a fondo le sinergie tra le attività proprie ai diritti umani e altre attività di politica estera. È vero che, in taluni casi, possono nascere conflitti di interesse. In una simile situazione, il nostro Consiglio definisce e pondera i propri interessi caso per caso. Tiene in considerazione in primo luogo il diritto internazionale, in secondo luogo la Costituzione federale e in terzo luogo tutte le leggi federali pertinenti alla materia.

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Il diritto internazionale ­ in particolare le convenzioni dei diritti dell'uomo e il diritto internazionale consuetudinario ­ impone agli Stati obblighi che non concernono soltanto le violazioni dei diritti umani commesse sul proprio territorio. Infatti, lo Stato che sostiene determinate attività sapendo che esse favoriranno violazioni dei diritti umani da parte di un altro Stato si rende corresponsabile di questi atti. Di conseguenza, prendiamo tutte le disposizioni possibili affinché le nostre attività di politica estera non possano favorire lesioni ai diritti umani in un altro Stato. È esclusa qualsiasi ponderazione degli interessi politici di fronte agli imperativi del diritto internazionale. Al di fuori di questi imperativi, sosteniamo, secondo le possibilità, le opzioni che meglio corrispondono agli obiettivi del diritto internazionale, compresi i diritti umani.

­

Il rispetto dei diritti dell'uomo figura tra i cinque obiettivi principali della politica estera della Svizzera, quali sono definiti nell'articolo 54 capoverso 2 della Costituzione federale. Ne consegue che, di principio, i diritti dell'uomo sono fattori da tenere in conto in tutte le attività della Svizzera all'estero. La Costituzione federale precisa inoltre che la Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto internazionale, ciò che, di conseguenza, implica il rispetto dei loro obblighi in materia di diritti dell'uomo (art. 5 cpv. 4 Cost.).

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Anche a livello di legge, vigono oggi disposizioni che prevedono il controllo della protezione dei diritti dell'uomo in certi settori politici, in particolare l'esportazione di materiale bellico, l'estradizione e il trasferimento dei prigionieri e l'assistenza giuridica negli affari penali. Le leggi che disciplinano questi settori prevedono che le decisioni del nostro Consiglio siano prese sotto riserva che esse rispettino il diritto internazionale e i diritti dell'uomo.

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Abbiamo previsto una norma analoga nella nuova legge federale sull'assicurazione contro i rischi delle esportazioni (LARE). La legge del 22 marzo 2002 sugli embarghi (LEmb), in vigore dal 1° gennaio 2003, costituisce una nuova base legale in virtù della quale il nostro Consiglio può aderire a sanzioni internazionali e può prendere misure obbligatorie per far applicare il diritto internazionale e far rispettare, tra l'altro, i diritti umani. In occasione della revisione di atti legislativi, veglieremo affinché il rispetto dei diritti umani sia esplicitamente affermato in tutti i settori della politica svizzera e che a questo scopo siano previste procedure di controllo.

Coerenza garantita dell'analisi, l'informazione e la consultazione Affinché la dimensione dei diritti umani sia sistematicamente integrata in tutti i processi decisionali della politica estera, intendiamo vegliare alla trasparenza dei meccanismi interni di informazione, di consultazione e di decisione nonché alla qualità della formazione, dell'informazione e della sensibilizzazione del personale federale dal punto di vista della protezione internazionale dei diritti umani. Affronteremo queste sfide su diversi livelli: ­

in questi ultimi anni sono stati sviluppati strumenti di analisi sempre più affidabili in seno all'Amministrazione federale per valutare la situazione dei diritti dell'uomo nei Paesi interessati e per valutare l'impatto, effettivo o potenziale, delle attività della Svizzera sulla situazione dei diritti umani nei Paesi partner. Per quanto concerne i diritti umani, questi strumenti forniscono informazioni preziose che permettono, tra l'altro, di verificare la compatibilità di determinate strategie di politica estera con i diritti dell'uomo o di concepire strategie e programmi volti specificatamente a migliorare la situazione dei diritti umani;

­

abbiamo approntato un certo numero di meccanismi interni di consultazione e di decisione allo scopo di rafforzare la coerenza tra le attività in materia di diritti umani e le altre. Va segnalato il Gruppo interdipartimentale sulla politica internazionale dei diritti dell'uomo, che è aperto a tutti i dipartimenti interessati. Va inoltre rilevato che è sempre più considerato normale includere esperti dei diritti umani nelle delegazioni ufficiali che partecipano ai negoziati internazionali. Da ultimo, la collaborazione nello scambio di informazioni tra il DFAE e l'Ufficio federale della migrazione è stato migliorato in seguito all'interpellanza parlamentare del 15 giugno 2005 dell'onorevole Müller-Henni (valutazione della situazione nel Myanmar in seguito a una decisione di rinvio);

­

attribuiamo grande valore a questi meccanismi. Ne è testimonianza il modo in cui abbiamo adattato la nostra politica alla condizionalità politica. Nella nostra decisione del 9 aprile 2003 abbiamo dunque deciso il passaggio da una condizionalità piuttosto rigida a una concezione dinamica e positiva che pone in primo luogo il dialogo subordinato al rispetto dei diritti umani e alla loro protezione nonché i programmi mirati che sostengono attivamente la realizzazione dei diritti umani e della governance nei Paesi partner. Nella stessa logica, abbiamo deciso di continuare a insistere affinché gli accordi bilaterali non siano incompatibili con i nostri obblighi internazionale nel campo dei diritti dell'uomo, senza però includere una clausola sospensiva in questi accordi. Abbiamo inoltre introdotto un sistema interdipartimentale di informazione precoce e di consultazione nonché una procedura d'arbitrato,

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in caso di divergenza d'opinione, per poter reagire rapidamente se la situazione generale in un Paese partner cambia; ­

le offerte di formazione e di formazione continua sono state ampliate affinché il personale diplomatico e consolare, gli attori della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario e gli esperti della gestione civile dei conflitti siano maggiormente sensibilizzati sulle questioni che rientrano nella politica dei diritti dell'uomo. Dopo la pubblicazione del rapporto Bergier, abbiamo deciso di attuare misure di sensibilizzazione in seno all'Amministrazione federale. In seguito a questa decisione, è stato allestito un rapporto e ne sono state messe in atto le raccomandazioni. Attualmente, in ciascun dipartimento federale vi è una responsabile della formazione in materia di diritti dell'uomo.

L'articolo 54 capoverso 2 della Costituzione federale prevede che la promozione dei diritti dell'uomo è uno dei cinque obiettivi della politica estera della Svizzera. I principi e le misure di concentrazione, di credibilità e di coerenza menzionate in questo rapporto costituiscono elementi essenziali per consentirci di attuare in modo ancor più efficace gli obiettivi in materia di diritti dell'uomo sanciti dalla Costituzione.

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Periodicità: Ogni due anni ed inoltre ogni volta che il Comitato ne farà richiesta (art. 9). Nella prassi, tuttavia, il Comitato dimostra grande flessibilità.

Autorità di verifica: Il Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale è incaricato della verifica dei rapporti.

Entrata in vigore per la Svizzera: 29 dicembre 1994

RS 0.104

La Svizzera doveva presentare il rapporto iniziale entro il 29.12.1995. Rapporto inoltrato il 15.1.1997.

La presentazione è avvenuta il 3, 4 e 17 marzo 1998.

Base giuridica: Art. 9 CERD: «Gli Stati contraenti s'impegnano a presentare al Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, perché venga esaminato dal Comitato, un rapporto sulle misure di carattere legislativo, giudiziario, amministrativo o di altro genere che sono state prese per dare esecuzione alle disposizioni della presente Convenzione ...».

Convenzione internazionale del 21 dicembre 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (CERD)

Il quarto rapporto doveva essere inoltrato entro il 29.12.2001. Il Comitato attendeva il quarto e il quinto rapporto per il 29.12.2003. Esso si trova in elaborazione.

Il secondo rapporto doveva essere presentato entro il 29.12.1997 e il terzo entro il 19.12.1999. La Svizzera ha inoltrato un unico documento il 14.11.2000, poi presentato a Ginevra il 4 e 5 marzo 2002 a cura della DDIP/DFAE.

Rapporti presentati dalla Svizzera

Obbligo di presentare rapporto

Accordo

Obbligo della Svizzera di presentare rapporto nell'ambito delle Convenzioni ONU sui diritti umani

Allegato I

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Entrata in vigore per la Svizzera: 18 settembre 1992

Periodicità: Gli Stati parte al Patto I presentano i loro rapporti a intervalli regolari, secondo un programma stabilito dall'ECOSOC, entro un anno dall'entrata in vigore di tale Patto, dopo aver consultato gli Stati parte e gli istituti specializzati interessati. (art. 17)

Autorità di verifica: Nel 1985, l'ECOSOC ha istituito il Comitato dei diritti economici, sociali e culturali (CESCR), incaricato della verifica dei rapporti. Il Comitato è subordinato all'ECOSOC.

Il secondo rapporto doveva essere presentato entro il 30.6.1999.

La Svizzera doveva presentare il suo rapporto iniziale il 30.6.1994. Rapporto inoltrato il 26.6.1996. Presentazione avvenuta il 20.11 e 23.11.1998.

Base giuridica: Art. 16 Patto I: «...(2) a) Tutti i rapporti sono indirizzati al Segretario generale delle Nazioni Unite, che ne trasmette copie al Consiglio economico e sociale per esame, in conformità alle disposizioni del presente Patto.»

Patto internazionale del 16 dicembre 1966 relativo ai diritti economici, sociali e culturali (Patto I)

RS 0.103.1

Rapporti presentati dalla Svizzera

Obbligo di presentare rapporto

Accordo

5646

Entrata in vigore per la Svizzera: 18 settembre 1992

Periodicità: A richiesta del Comitato (art. 40). Nella prassi il Comitato ha dimostrato flessibilità.

Autorità di verifica: Comitato dei diritti dell'uomo.

Il terzo rapporto, che dev'essere presentato entro il 1.11.2006, è in elaborazione.

Il secondo rapporto doveva essere presentato entro il 17.9.1998. La Svizzera ha inoltrato il rapporto il 29.9.1998. La presentazione è avvenuta a Ginevra il 19.10.2001 a cura dell'Ufficio federale di giustizia (DFGP).

La Svizzera doveva presentare il suo rapporto iniziale il 17.9.1993. Rapporto inoltrato il 24.2.1995. Presentazione avvenuta il 24 e 25 ottobre 1996.

Base giuridica: Art. 40 Patto II: «Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a presentare rapporti sulle misure che essi avranno adottate per dare attuazione ai diritti riconosciuti nel presente Patto, nonché sui progressi compiuti nel godimento di tali diritti. ...»

Patto internazionale del 16 dicembre 1966 relativo ai diritti civili e politici (Patto II)

RS 0.103.2

Rapporti presentati dalla Svizzera

Obbligo di presentare rapporto

Accordo

5647

Periodicità: Ogni quattro anni o su richiesta del Comitato (art. 18).

Autorità di verifica: Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna.

Entrata in vigore per la Svizzera: 26 aprile 1997

RS 0.108

La Svizzera doveva presentare il rapporto iniziale e il secondo rapporto il 26.4.1998 e il 26.4.2002, rispettivamente.

Base giuridica: Art. 18 CEDAW: «Gli Stati parte si impegnano a presentare al Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, per esame da parte del Comitato, un rapporto sulle misure di ordine legislativo, amministrativo o di altro genere, che hanno adottato per dar seguito alle disposizioni della presente Convenzione e sui progressi realizzati in merito ...»

Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW)

Il terzo rapporto, che doveva essere presentato entro il 26.4.2006, è in elaborazione.

La presentazione si è tenuta a New York il 17 gennaio 2003 a cura dell'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (DFI).

La CH ha inoltrato un unico documento il 20.2.2002.

Rapporti presentati dalla Svizzera

Obbligo di presentare rapporto

Accordo

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Entrata in vigore per la Svizzera: 26 giugno 1987

Periodicità: Rapporti complementari quadriennali e qualunque altro rapporto richiesto dal Comitato.

Autorità di verifica: Comitato contro la tortura

Il quarto rapporto doveva essere presentato il 25.6.2000. Rapporto inoltrato il 18.12.2002.

Presentazione avvenuta il 6 e il 9 maggio 2005.

Il terzo rapporto doveva essere presentato il 25.6.1996.

Rapporto inoltrato il 7.11.1996. Presentazione avvenuta il 14.11.1997 a cura dell'Ufficio federale di giustizia (DFGP).

Il secondo rapporto doveva essere presentato il 25.6.1992. Rapporto inoltrato il 28.9.1993. Presentazione avvenuta il 20.4.1994.

La Svizzera doveva presentare il rapporto iniziale il 25.6.1988. Rapporto inoltrato il 14.4.1989. Presentazione avvenuta il 15 novembre 1989.

Base giuridica: Art. 19 CAT: «Gli Stati parte presentano al Comitato, tramite il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, rapporti sui provvedimenti da loro presi per svolgere i compiti che spettano loro in virtù della presente Convenzione, entro il termine di un anno a partire dall'entrata in vigore della Convenzione nello Stato parte interessato. Presentano in seguito rapporti complementari quadriennali su qualsiasi nuovo provvedimento preso e qualunque altro rapporto richiesto dal Comitato.»

Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT)

RS 0.105

Rapporti presentati dalla Svizzera

Obbligo di presentare rapporto

Accordo

Autorità di verifica: Comitato dei diritti del fanciullo

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Entrata in vigore per la Svizzera: 26 luglio 2002

RS 0.107.1

Periodicità: Protocollo facoltativo Ogni cinque anni (art. 44) del 25 maggio 2000 relativo alla partecipazione di fanciulli a conflitti armati

e

Entrata in vigore per la Svizzera: 26 marzo 1997

Il rapporto iniziale relativo ai «bambini soldato» doveva essere presentato entro il 26.7.2004. Il Consiglio federale ha licenziato il rapporto il 30 giugno 2004. La presentazione è avvenuta il 9 gennaio 2006 a cura della Direzione del diritto internazionale pubblico (DFAE).

Il secondo e il terzo rapporto devono essere presentati entro il 25.9.2007.

La Svizzera doveva presentare il rapporto iniziale il 23.3.1999. Rapporto inoltrato il 19.1.2001. Presentazione avvenuta a Ginevra il 29.5.2002 a cura della Direzione del diritto internazionale pubblico (DFAE).

Base giuridica: Art. 44 CRC: «Gli Stati parte si impegnano a sottoporre al Comitato, tramite il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, rapporti sui provvedimenti che essi avranno adottato per dare effetto ai diritti riconosciuti nella presente Convenzione e sui progressi realizzati per il godimento di tali diritti...»

Convenzione del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (CRC)

RS 0.107

Rapporti presentati dalla Svizzera

Obbligo di presentare rapporto

Accordo

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DDIP

«Credito quadro per misure di gestione civile dei conflitti e di promovimento dei diritti dell'uomo»

DP IV

Credito per azioni volontarie in favore del rispetto del diritto internazionale

*(in vigore soltanto dal maggio 2004)

Credito

Divisione

Progetti mirati di sostegno a istituzioni o organizzazioni non governative straniere che contribuiscono al rispetto, all'applicazione e allo sviluppo dei diritti dell'uomo.

Progetti bilaterali di sostegno all'applicazione dei diritti dell'uomo.

Organizzazione di dialoghi bilaterali in materia di diritti dell'uomo;

Elaborazione di politiche legate a temi emergenti (p.es. economia e diritti dell'uomo);

Lancio d'iniziative diplomatiche per lo sviluppo dei diritti umani, segnatamente nel quadro delle Nazioni Unite;

Natura delle attività

(CHF) 2004

240 000.­

418 000.­

*3 700 000.­ *5 600 000.­

(CHF) 2003

452 000.­

7 500 000.­

(CHF) 2005

Crediti destinati dal DFAE alla politica estera della Svizzera in materia di diritti dell'uomo, ripartiti tra la Divisione politica IV, Sicurezza umana (DP IV), la Direzione del diritto internazionale pubblico (DDIP) e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC):

Allegato II

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Credito(i) quadro per il proseguimento dell'aiuto umanitario internazionale

Programmi bilaterali intesi a promuovere i diritti giudiziari e i diritti dell'uomo;

Credito(i) quadro per il proseguimento della cooperazione rafforzata con gli Stati dell'Europa centrale e orientale

Progetti intesi a rafforzare organizzazioni di difesa dei diritti dell'uomo.

Sostegno a organizzazioni multilaterali nel settore dei diritti dell'uomo;

Programmi bilaterali intesi a rafforzare i sistemi giuridici e a promuovere lo Stato di diritto;

Credito(i) quadro concernenti il proseguimento della cooperazione tecnica e dell'aiuto finanziario

DSC

Natura delle attività

Credito

Divisione

(CHF) 2004

(CHF) 2005

21 000 000.­ 23 000 000.­ 24 000 000.­

(CHF) 2003

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