96.464 Iniziativa parlamentare Atti di violenza commessi su donne, punibili d'ufficio Modifica dell'articolo 123 CP 96.465 Iniziativa parlamentare Atti di violenza sessuale commessi su un coniuge, punibili d'ufficio Modifica degli articoli 189 e 190 CP Rapporto della Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale del 28 ottobre 2002

Onorevoli presidenti e consiglieri, Conformemente all'articolo 21quater capoverso 3 della legge sui rapporti fra i Consigli (LRC), vi sottoponiamo il presente rapporto, che trasmettiamo nel contempo per parere al Consiglio federale.

La Commissione propone di approvare il progetto di legge allegato.

28 ottobre 2002

In nome della Commissione: La presidente, Anita Thanei

1732

2002-2548

Compendio L'ambiente sociale prossimo è per principio un luogo di fiducia, di comprensione e di assistenza. In realtà, però, questa situazione può essere oggetto di abusi.

Un'indagine del Fondo nazionale condotta nel quadro del programma nazionale di ricerca, intitolato «Donne, diritto e società», è giunta a conclusioni preoccupanti: più di una donna su cinque è stata vittima, durante la sua vita, di atti di violenza corporale o sessuale da parte del proprio partner.

La normativa esistente prevede il perseguimento a querela di parte per un gran numero di reati commessi nell'ambito della comunità domestica. Se l'autore è sposato con la vittima o vive con essa, la coazione sessuale e la violenza carnale, ma anche le lesioni semplici, le vie di fatto reiterate e le minacce sono perseguite unicamente a querela di parte.

Con il deposito di due iniziative parlamentari nel dicembre 1996, la consigliera nazionale Margrith von Felten ha chiesto che la normativa concernente le violenze nell'ambito domestico, ossia le lesioni semplici, la coazione sessuale e la violenza carnale, sia modificata in modo tale che questi reati siano perseguibili d'ufficio. Su proposta della Commissione degli affari giuridici, il 15 dicembre 1997 il Consiglio nazionale ha deciso di dar seguito a tali iniziative.

Sulla base di questa decisione, la Commissione ha elaborato una proposta di modifica delle relative disposizioni del Codice penale svizzero. Essa intende introdurre il perseguimento d'ufficio per la coazione sessuale e la violenza carnale commessi nell'ambito del matrimonio, finora perseguibili unicamente a querela di parte. Lo stesso vale in caso di lesioni semplici, vie di fatto reiterate e minacce commessi tra partner coniugati o conviventi. Esiste tuttavia il rischio che vi possano essere procedimenti avviati e portati a termine anche quando una valutazione globale della situazione concreta nonché l'interesse di ambedue i partner consiglierebbero diversamente. Per questo motivo, la Commissione prevede una disposizione che permetta, con il consenso della vittima, di porre fine al procedimento penale per i reati di minore entità.

Visto che nel diritto penale militare i delitti connessi con la violenza domestica sono già oggi perseguiti d'ufficio, la revisione del codice penale militare verte essenzialmente sulla possibilità di sospendere il procedimento.

1733

Rapporto 1

Parte generale

1.1

Situazione iniziale

Il 13 dicembre 1996, Margrith von Felten, consigliera nazionale, ha depositato due iniziative parlamentari che mirano a modificare il Codice penale svizzero (CP)1. La prima (96.464) chiede la modifica dell'articolo 123 CP in modo tale che il colpevole, qualora sia coniuge della vittima o conviva con essa in concubinato, sia perseguito d'ufficio e non più a querela di parte come avviene attualmente. La seconda iniziativa (96.465) mira a sopprimere l'esigenza del deposito di una querela nei casi di coazione sessuale (cfr. art. 189 cpv. 2 CP) e di violenza carnale (cfr. art. 190 cpv. 2 CP) in seno alla coppia.

Il 15 dicembre 1997, il Consiglio nazionale, su proposta della Commissione degli affari giuridici, ha deciso di dare seguito alla prima iniziativa (96.464) con 72 voti contro 70 e alla seconda (96.465) con 82 voti contro 662.

1.2

I lavori della Commissione degli affari giuridici

Conformemente all'articolo 21quater capoverso 1 della legge sui rapporti fra i Consigli3, il Consiglio nazionale ha incaricato la sua Commissione degli affari giuridici di elaborare un progetto di atto legislativo.

L'11 gennaio 2000, la Commissione ha incaricato una sottocommissione di preparare la trattazione di ambedue le iniziative. Detta sottocommissione, composta dei consiglieri nazionali Thanei (presidente), Leuthard, Chiffelle, Gendotti e Siegrist, ha approntato, in occasione delle sue tre sedute di febbraio, marzo e agosto 2000, un avamprogetto da sottoporre alla Commissione. Il 20 novembre 2000, la Commissione ha adottato l'avamprogetto e incaricato il Consiglio federale di avviare una procedura di consultazione. L'8 luglio 2002, ha preso conoscenza dei risultati della consultazione e rielaborato l'avamprogetto alla luce di questi ultimi. Il disegno di legge è stato adottato il 3 settembre 2002 con 13 voti favorevoli e un'astensione.

2

Grandi linee del progetto

2.1

Violenza tra coniugi e tra partner

L'ambiente sociale prossimo dovrebbe essere in genere un luogo di fiducia, di comprensione e di assistenza. Ciò nonostante la realtà è spesso diversa. Un'indagine del Fondo nazionale condotta nel quadro del programma di ricerca intitolato «Donne, diritto e società» è giunta a risultati sorprendenti. Dagli studi pubblicati recente-

1 2 3

RS 311.0 Boll. uff. 1997 N 2633 RS 171.11

1734

mente su questo tema4, che hanno esteso l'inchiesta a tutta la popolazione del nostro Paese, risulta che il 12,6 per cento delle donne ha subito nel corso della propria vita atti di violenza fisica da parte del loro partner. In particolare, il 20,7 per cento delle donne è stato vittima di atti di violenza fisica o sessuale da parte del proprio partner, il che rappresenta ­ come rileva l'autrice delle iniziative parlamentari ­ più di una donna su cinque. La violenza tra coniugi e tra partner è caratterizzata dalla stretta relazione esistente tra l'autore e la vittima. Essa oppone persone strettamente vincolate da sentimenti, diritti e doveri. Per atto di violenza non si intendono unicamente le aggressioni fisiche, psichiche e sessuali visibili, ma anche le forme, spesso molto subdole, di umiliazione e di denigrazione, di sfruttamento e avvilimento, di diffamazione e discriminazione in tutti i settori. Molti di questi atti di violenza costituiscono reati penali, ma in generale sono perseguiti solo a querela di parte e ­ come spiega l'autrice delle iniziative parlamentari ­ è difficile per le vittime sporgere una querela penale o mantenerla, dato che l'autore di questi atti o altri membri della famiglia possono facilmente fare pressione sulla vittima.

2.2

Disciplinamento attuale

I reati che entrano più sovente in considerazione sono le lesioni semplici (art. 123 CP), le vie di fatto (art. 126 CP), le minacce (art. 180 CP), la coazione sessuale (art. 189 CP) e la violenza carnale (art. 190 CP). Se l'autore è sposato con la vittima e se convive con essa, la coazione sessuale e la violenza carnale sono perseguite unicamente a querela di parte. Le lesioni semplici, le vie di fatto e le minacce non sono soggette ad alcun disciplinamento speciale quando si tratta di relazioni coniugali; sono pertanto perseguite a querela di parte. È incontestabile che in molti casi la vittima non depone una querela o la ritira. I motivi sono molteplici: il primo è sicuramente legato alla paura di subire altri atti di violenza e minacce. Il partner violento utilizza spesso la forza per costringere la vittima a non avviare un perseguimento penale o a non parteciparvi. A ciò si aggiungono i sensi di colpa e di pudore della vittima, la dipendenza sociale, emotiva ed economica, la speranza, i timori per la propria vita e la paura per i figli.

2.3

Diritto comparato

2.3.1

Germania

La coazione sessuale e la violenza carnale sono considerate crimini e come tali sono perseguibili d'ufficio, a prescindere dalla relazione esistente tra l'autore e la vittima (coniugi, concubini, coppie omosessuali, stranieri).

Le lesioni semplici sono perseguite solo a querela di parte, a meno che l'autorità preposta al perseguimento ritenga necessario procedere d'ufficio perché esiste un interesse pubblico preponderante.

4

«Domination et violence envers la femme dans le couple»; autrici: Lucienne Gillioz, Jacqueline De Puy, Véronique Ducret; Editions Payot Lausanne, 1997 ­ e «Beziehung mit Schlagseite», Editions eFeF Berna, pubblicato nel quadro della campagna «Halt Gewalt gegen Frauen in Ehe und Partnerschaft»; ed.: Conferenza svizzera delle delegate alla parità fra donne e uomini.

1735

In presenza di crimini, il giudice del divorzio è tenuto a denunciare l'autore.

Se si tratta di crimini, non esistono circostanze che possano giustificare una sospensione del procedimento, nemmeno se la vittima non ha interesse al procedimento penale.

2.3.2

Austria

La violenza carnale e la coazione sessuale ai danni di un coniuge o di un concubino sono perseguite a querela di parte. Se la vittima intende proseguire la comunione di vita con l'autore, la pena può essere attenuata.

Le lesioni semplici sono perseguite d'ufficio, ma colui che ferisce il proprio coniuge senza grave colpa da parte sua non è punibile.

Di regola, il giudice del divorzio è tenuto a denunciare alle autorità preposte al perseguimento penale i reati perseguiti d'ufficio di cui viene a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni.

Il giudice penale deve applicare le leggi e non può quindi desistere dal procedimento per motivi di opportunità.

2.3.3

Italia

La violenza carnale e la coazione sessuale sono punite allo stesso modo, siano esse commesse ai danni di un coniuge, di un concubino o di un altro partner. Questi reati sono perseguiti a querela di parte, la quale deve tuttavia essere sporta entro sei mesi.

La querela è irrevocabile. Anche in questo caso non si può prescindere dal procedimento per ragioni di opportunità, segnatamente per mancanza d'interesse della persona lesa.

Per contro, il delitto di maltrattamenti nei confronti di un coniuge è perseguito d'ufficio. Nella fattispecie, il procedimento penale è obbligatorio. Il giudice che viene a conoscenza di un siffatto reato è tenuto a denunciarlo al pubblico ministero.

2.3.4

Spagna

Le vie di fatto e gli abusi sessuali sono perseguiti a querela di parte, mentre la violenza carnale è perseguibile d'ufficio, indipendentemente dal fatto che la vittima desideri avviare un procedimento o no.

Le lesioni semplici ai danni di un coniuge, di un concubino o di un altro partner sono perseguite d'ufficio.

1736

2.3.5

Francia

La violenza carnale, la coazione sessuale e le lesioni semplici ai danni di un coniuge, concubino o partner omosessuale sono di regola perseguiti a querela di parte.

L'avvio di un'azione civile davanti al giudice d'istruzione dà alle vittime la possibilità di avviare da sé il perseguimento. Se non è stata sporta querela, il procuratore può perseguire d'ufficio il reato, ma non è tenuto a farlo.

Il giudice del divorzio non ha l'obbligo di denunciare la violenza carnale, la coazione sessuale o le lesioni semplici di cui viene a conoscenza.

Il giudice penale adito non ha l'obbligo di avviare il procedimento penale e il pubblico ministero può prescindervi per ragioni di opportunità.

2.4

Consultazione

In generale, i partecipanti alla procedura di consultazione hanno accolto favorevolmente l'avamprogetto. Si sono espressi tutti i Cantoni, il Tribunale federale, il PRD, il PS, l'UDC, il PLS e I Verdi, nonché 45 organizzazioni interessate.

La maggioranza dei Cantoni5 e delle organizzazioni interessate6 nonché due partiti politici7 approvano la proposta di perseguire d'ufficio le lesioni semplici (art. 123 CP), le vie di fatto (art. 126 CP), la minaccia (art. 180 CP), la coazione sessuale (art. 189 CP) e la violenza carnale (art. 190 CP) commessi su un coniuge o tra partner eterosessuali o omosessuali. Molti nutrono tuttavia dubbi in merito all'efficacia di queste nuove norme, segnatamente a causa della difficoltà a raccogliere le prove.

Essi insistono inoltre sul fatto che il diritto penale non può risolvere da solo il problema della violenza domestica e che sarebbe opportuno adottare anche altre misure (istituzione di centri di accoglienza, campagne di prevenzione, allestimento di strutture di mediazione, formazione di unità di polizia specializzate, modifica dei procedimenti cantonali, della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati e del diritto di polizia, espulsione dell'autore ecc.).

5 6

7

ZH, BE, LU, SZ (Governo), NW, GL, ZG (rifiuto dell'art. 180 AP-CP), FR, BS, BL, SG, TG, TI, VD, VS, NE.

Giuristi democratici svizzeri, Gruppo di lavoro psichiatria forense (rifiuto dell'art. 180 AP-CP), Violence et Famille, Commissione federale per le questioni femminili, Federazione svizzera delle Psicologhe e degli Psicologi, Unione svizzera delle donne cattoliche, Società svizzera di psicologia, FMH (rifiuto dell'art. 180 AP-CP), Chiesa cattolica cristiana della Svizzera, Anello bianco, Pink Cross, Associazione svizzera dei magistrati, Nottelefon Beratungsstelle für Frauen, Università di Losanna, Limita Schweiz, Accademia svizzera delle scienze mediche, Unione delle contadine svizzere, Dachorganisation der Frauenhäuser, Conferenza svizzera delle delegate alla parità fra donne e uomini, Interventionsprojekte und ­stellen gegen häusliche Gewalt, Alleanza delle società femminili svizzere, Federazione delle Chiese protestanti della Svizzera, Federazione svizzera delle donne protestanti, Associazione svizzera per i diritti della donna, Zürcher Frauenzentrale, Società di utilità pubblica delle donne svizzere (SGF), Association Suisse des Psychothérapeutes (SPV-ASP), Thurgauer Frauenzentrale, Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali svizzere, Opferhilfe Aargau, Vires.

PS, I Verdi.

1737

Sei Cantoni8, un partito9 e tre organizzazioni10 si oppongono alla soppressione dell'esigenza della querela per le violenze domestiche (art. 123, 126 e 180 CP), ma sono favorevoli in caso di coazione sessuale (art. 189 CP) e di violenza carnale (art.190 CP). Ritengono infatti che questi due ultimi reati siano gravi e che debbano pertanto essere perseguiti d'ufficio, a prescindere dalla relazione esistente tra l'autore e la vittima.

Inversamente, un Cantone11 e un partito12 sono a favore del perseguimento d'ufficio per le violenze domestiche (art. 123, 126 e 180 CP), ma sono contrari per la coazione sessuale (art. 189 CP) e la violenza carnale (art. 190 CP) viste le difficoltà che pone l'amministrazione delle prove.

Sei Cantoni13, due partiti14 e undici organizzazioni15 si sono pronunciati a favore della soluzione proposta dalla minoranza II nell'articolo 66ter CP.

Infine, tre Cantoni16, un partito17 e due organizzazioni18 si oppongono alla revisione in generale. Considerano infatti che lo Stato non debba intervenire eccessivamente nell'intimità della coppia19. A loro parere, il diritto attuale garantisce una sufficiente protezione, tanto più che il progetto creerebbe problemi d'applicazione, segnatamente in materia di prove20. Il diritto penale deve essere utilizzato come ultima ratio, le soluzioni vanno cercate altrove, soprattutto nel miglioramento dell'assistenza alle vittime21.

8 9 10 11 12 13 14 15

16 17 18

19 20 21

SO, SH, AR, GR, AG, GE.

PRD.

Centre patronal, Università di Ginevra, Conferenza svizzera dei procuratori pubblici.

UR (rifiuto dell'art. 180 AP-CP).

PLS.

GL, TG, NE, ZH, ZG, FR.

I Verdi, PS.

Opferhilfe AG, Federazione svizzera delle Psicologhe e degli Psicologi, Unione svizzera delle donne cattoliche, Nottelefon Beratungsstelle für Frauen, Federazione svizzera delle donne protestanti, Federazione delle Chiese protestanti della Svizzera, Associazione svizzera per i diritti della donna, Association suisse des Psychothérapeutes (SPV-ASP), Commissione federale per le questioni femminili, Giuristi democratici svizzeri, Interventionsprojekte und ­ stellen gegen häusliche Gewalt.

OW, AI e JU (nonché la polizia cantonale di SZ).

UDC.

USAM, Società svizzera di diritto penale (i membri della SSDP hanno tuttavia divergenze d'opinione in merito al perseguimento d'ufficio della coazione sessuale e della violenza carnale).

USAM.

UDC.

AI; Società svizzera di diritto penale.

1738

3

Commento delle modifiche apportate al CP

3.1

Perseguimento d'ufficio dei reati di violenza domestica

3.1.1

Perseguimento d'ufficio delle lesioni semplici

3.1.1.1

Articolo 123 numero 2, terzo e quarto comma (nuovi)

Il numero 2 dell'articolo 123 CP (lesioni semplici) è completato da un terzo e un quarto comma aventi il seguente tenore: 2. La pena è della detenzione e il colpevole è perseguito d'ufficio 3

se egli è il coniuge della vittima o ha agito durante il matrimonio o nell'anno successivo al divorzio, 4

se egli è il partner eterosessuale o omosessuale della vittima, a condizione che essi vivevano in comunione domestica per un tempo indeterminato e l'atto sia stato commesso durante questo tempo o nell'anno successivo alla separazione.

3.1.1.2

Coppie sposate

Il nuovo terzo comma dell'articolo 123 numero 2 offre una protezione speciale alla vittima sposata con il colpevole. Il criterio per l'applicazione del terzo comma è il vincolo matrimoniale, poco importa se i coniugi hanno domicili separati22 o se sono separati ai sensi degli articoli 117 e seguenti del Codice civile23.

3.1.1.3

Condizioni della comunione di vita per i concubini

Una protezione speciale d'ufficio della vittima al di fuori del matrimonio si giustifica soltanto se l'autore delle lesioni e la vittima formano una comunione di vita24, la quale presuppone che siano soddisfatte due condizioni:

22 23 24

Dall'entrata in vigore del nuovo diritto matrimoniale (LF del 5 ottobre 1984, in vigore dal 1° gennaio 1988), ognuno dei coniugi è autorizzato ad avere un domicilio indipendente.

RS 210 Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale in materia civile, per concubinato in senso stretto si intende una comunione di vita di un lungo periodo, se non addirittura durevole, di due persone di sesso opposto, a carattere esclusivo, che presenta sia una componente spirituale-intellettuale, sia fisica ed economica e che potrebbe essere in qualche modo definita come una comunità di tetto, di tavola e di letto. Le tre componenti non rivestono tuttavia la medesima importanza. Se manca la coabitazione o la componente economica, ma i due partner vivono nondimeno una relazione di coppia stabile ed esclusiva, sono fedeli l'uno all'altra e si accordano reciproca assistenza, occorre ammettere che si tratta di una comunità di vita simile al matrimonio. I giudici federali hanno posto la presunzione di fatto, secondo cui un concubinato che dura da cinque anni costituisce una comunità di vita analoga a quella del matrimonio (DTF 118 II 237/238; cfr. anche Henri Deschenaux e Pierre Tercier, Le mariage et le divorce, La formation et la dissolution du lien conjugal, 3a ed., Berna 1985, n. 892).

1739

­

Il colpevole deve essere il partner eterosessuale o omosessuale della vittima.

La protezione non deve limitarsi unicamente alle coppie sposate. Il nuovo quarto comma dell'articolo 123 numero 2 estende la protezione ai partner non sposati, dato che attualmente l'unione libera acquisisce sempre maggiore importanza25. Il colpevole deve intrattenere relazioni intime con la vittima, il che esclude gli altri membri della famiglia (p. es. la nonna o i figli) che vivono sotto lo stesso tetto26. Il perseguimento d'ufficio dovrebbe inoltre avvenire se i partner hanno sospeso le reciproche relazioni sessuali. Formulata in maniera neutra, questa disposizione dovrebbe includere anche i casi, peraltro rari, in cui la donna maltratta l'uomo.

L'inclusione delle coppie omosessuali si giustifica per motivi di parità di trattamento poiché la revisione mira a inglobare le violenze subite in una relazione in cui esiste un rapporto di dipendenza. Simili rapporti esistono sia nell'ambito del matrimonio e del concubinato, sia all'interno di una relazione stabile tra persone dello stesso sesso.

­

Il colpevole deve vivere in comunione domestica con la vittima per un tempo indeterminato.

Una protezione speciale si giustifica soltanto in caso di violenza domestica, vale a dire quando il colpevole vive in comunione domestica con la vittima.

Infatti, la vittima che vive sotto lo stesso tetto del colpevole si trova spesso in una relazione di dipendenza, materiale o psichica, che le impedirà di decidere liberamente se è opportuno sporgere denuncia27. Per contro, in caso di domicilio separato, la vittima dovrebbe avere sufficiente indipendenza da poter decidere di perseguire penalmente l'autore e pertanto non necessita di particolare protezione. L'esigenza della comunione di vita si applica soltanto ­ come propone l'iniziativa parlamentare28 ­ ai concubini e non alle coppie sposate.

I partner devono aver formato una comunione di vita destinata a durare tutta la vita o quanto meno per un periodo assai lungo. È opportuno escludere le relazioni passeggere o qualsiasi altro rapporto limitato nel tempo. Proponiamo quindi di precisare che il colpevole deve vivere in comunione domestica con la vittima «per un tempo indeterminato».

25 26 27 28

Cfr. Henri Deschenaux e Pierre Tercier, op.cit., 3a ed., Berna 1985, n. 886 segg.

Le lesioni semplici sono attualmente già perseguite d'ufficio se la vittima è un fanciullo (art. 123 n. 3 cpv. 2 CP).

Cfr. Ulrich Weder, Gewalt gegen Frauen in Ehe und Partnerschaft: Zusammenfassung und Ausblick, conferenza presentata il 12 ottobre 1997, p. 5.

Iniziativa parlamentare. Atti di violenza commessi su donne, punibili d'ufficio. Modifica dell'art. 123 CP (96.464).

1740

3.1.1.4

Perseguimento d'ufficio dopo il divorzio o la separazione dei concubini

L'iniziativa parlamentare29 chiede di perseguire d'ufficio le lesioni semplici anche quando l'autore ha commesso i fatti dopo lo scioglimento dell'unione, poiché ­ come diversi studi dimostrano ­ le donne sono particolarmente minacciate dopo la rottura della relazione di coppia.

Il periodo successivo alla separazione o al divorzio è spesso caratterizzato da forti emozioni e tensioni tra i due partner. La protezione estesa fino a un anno dopo la sentenza di divorzio e a un anno dopo la fine della comunione domestica nel caso di partner non sposati permette di tenere conto della situazione talvolta precaria e fragile di una potenziale vittima dopo lo scioglimento definitivo della relazione di coppia.

3.1.2

Perseguimento d'ufficio della coazione sessuale e della violenza carnale (art. 189 e 190 CP)

Attualmente, la coazione sessuale (art. 189 CP) e la violenza carnale (art. 190 CP) sono perseguite d'ufficio, fatto salvo il capoverso 2 secondo cui l'atto è punito solo a querela di parte se l'autore è il coniuge della vittima e vive con essa in comunione di vita.

Se, come propone l'iniziativa parlamentare30, si vuole perseguire d'ufficio la coazione sessuale e la violenza carnale tra coniugi, è sufficiente abrogare il capoverso 2 di questi due articoli, che costituisce un'eccezione al principio del perseguimento d'ufficio. I reati contemplati da queste due disposizioni sarebbero quindi in ogni caso ­ e ovviamente anche dopo il divorzio ­ perseguiti d'ufficio.

Il secondo periodo del capoverso 3 degli articoli 189 e 190 CP, secondo cui il colpevole che ha agito con crudeltà è in ogni caso perseguito d'ufficio, in queste condizioni non è più necessario e quindi può essere abrogato.

3.1.3

Perseguimento d'ufficio di altri reati

La violenza domestica non si limita unicamente ai reati di lesioni semplici, coazione sessuale e violenza carnale. In questo contesto, Ulrich Weder31 propone di elevare al rango di reati perseguibili d'ufficio tutti gli atti punibili commessi in seno alla famiglia contro l'integrità fisica, psichica e sessuale che sono attualmente punibili a querela di parte e in compenso di permettere al giudice di porre fine al procedimento

29 30 31

Iniziativa parlamentare. Atti di violenza commessi su donne, punibili d'ufficio. Modifica dell'art. 123 CP (96.464).

Iniziativa parlamentare. Atti di violenza sessuale commessi su un coniuge, punibili d'ufficio. Modifica degli art. 189 e 190 CP (96.465).

Ulrich Weder, op. cit., p. 5.

1741

penale a certe condizioni. Secondo Andrea Büchler32, sarebbe opportuno perseguire d'ufficio tutti gli atti di violenza commessi nell'ambiente sociale prossimo, ossia la coazione sessuale, la violenza carnale, le vie di fatto, le lesioni semplici e la minaccia.

In questo senso, la Commissione propone di estendere il perseguimento d'ufficio alle vie di fatto reiterate (art. 126 cpv. 2 CP) e alle minacce (art. 180 CP).

3.1.3.1

Perseguimento d'ufficio delle vie di fatto reiterate (art. 126 cpv. 2 CP)

L'estensione del perseguimento penale d'ufficio alle vie di fatto reiterate si giustifica principalmente per le ragioni seguenti: ­

come l'articolo 123 numero 2 capoverso 2 CP (lesioni semplici), l'articolo 126 capoverso 2 CP prevede già che il colpevole è perseguito d'ufficio se ha agito reiteratamente contro una persona, segnatamente un fanciullo, della quale aveva la custodia o doveva aver cura. Sarebbe quindi opportuno estendere ­ come nell'articolo 123 CP ­ il perseguimento d'ufficio anche alle vie di fatto reiterate se la vittima è il coniuge o il partner eterosessuale o omosessuale e vive in comunione domestica con il colpevole;

­

è sovente difficile operare una distinzione tra lesioni semplici e vie di fatto.

Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la distinzione tra le vie di fatto e le lesioni semplici, che sono nozioni giuridiche indefinite, viene effettuata in funzione dell'intensità del dolore provocato33.

L'articolo 126 capoverso 2 CP è completato come segue: 2 Il

32

33

colpevole è perseguito d'ufficio se ha agito reiteratamente: a.

contro una persona, segnatamente un fanciullo, della quale aveva la custodia o doveva aver cura; o

b.

contro il proprio coniuge durante il matrimonio o nell'anno successivo al divorzio; o

c.

contro il proprio partner eterosessuale o omosessuale, a condizione che essi vivano in comunione domestica per un tempo indeterminato e l'atto sia stato commesso durante questo tempo o nell'anno successivo alla separazione.

Andrea Büchler, Gewalt in Ehe und Partnerschaft, Polizei-, straf- und zivilrechtliche Interventionen am Beispiel des Kantons Basel-Stadt, Basilea, Ginevra e Monaco 1998, p. 211 ; dello stesso autore cfr. anche Gewalt in Ehe und Partnerschaft, in: Plädoyer 2/99, p. 28 segg.

DTF 119 IV 1, 107 IV 40.

1742

3.1.3.2

Perseguimento d'ufficio delle minacce (art. 180 CP)

È indubbio che il delitto della minaccia (che consiste nell'allarmare o spaventare una persona mediante minacce gravi) costituisce uno dei reati più frequenti commessi in seno alla coppia. Questo è il motivo per cui Andrea Büchler34 ritiene opportuno perseguire d'ufficio anche le minacce proferite contro il coniuge o il partner.

La minaccia è spesso utilizzata allo scopo di ottenere un vantaggio o un determinato comportamento approfittando della condizione di inferiorità del partner. Essa è l'espressione di una violenza psicologica esercitata sul partner. La Commissione propone di aggiungere un secondo capoverso all'articolo 180 CP con il seguente tenore: 2

Il colpevole è perseguito d'ufficio se: a.

è il coniuge della vittima e la minaccia è stata commessa durante il matrimonio o nell'anno successivo al divorzio; o

b.

è il partner eterosessuale o omosessuale della vittima, a condizione che essi vivevano in comunione domestica per un tempo indeterminato e la minaccia sia stata commessa durante questo tempo o nell'anno successivo alla separazione.

3.2

Porre fine al procedimento

3.2.1

Situazione generale

3.2.1.1

Presentazione del problema

Introducendo il perseguimento d'ufficio per i reati commessi nell'ambiente sociale prossimo, la Commissione mira a segnalare chiaramente che lo Stato non intende più considerare la violenza domestica come una semplice faccenda che rientra unicamente nella sfera privata.

La soppressione dell'esigenza della querela comporta che le autorità incaricate del procedimento di tutti i Cantoni in cui vige il principio della legalità avranno l'obbligo di avviare un procedimento non appena vengono a conoscenza di reati commessi, quali le lesioni semplici, le vie di fatto reiterate, le minacce, la coazione sessuale o la violenza carnale.

Questa conseguenza non è recepita quale reazione statale adeguata in tutti i casi.

Anche se il perseguimento d'ufficio libera la vittima dal fardello morale di sentirsi responsabile per aver avviato il procedimento penale, non tiene conto nella stessa misura di tutti gli interessi in gioco della vittima. In effetti, un procedimento penale d'ufficio migliora la protezione di quelle vittime che sono esposte senza difesa ai tentativi dell'autore di far pressione su di esse. Per contro, il fatto di rinunciare alla querela di parte mette in pericolo i legittimi interessi di quelle vittime che non auspicano una condanna del proprio partner. Possono presentarsi casi in cui 34

Andrea Büchler, Gewalt in Ehe und Partnerschaft, Polizei-, straf- und zivilrechtliche Interventionen am Beispiel des Kantons Basel-Stadt, Basilea, Ginevra e Monaco 1998, p. 211; dello stesso autore cfr. anche, Gewalt in Ehe und Partnerschaft, in: Plädoyer 2/99, p. 28 segg.

1743

un'istruzione penale automatica interviene nella sfera privata della coppia in modo tale da nuocere alla vittima più di quanto non possa aiutarla. Per esempio, la donna maltrattata dal proprio coniuge che, in un momento di crisi, chiede aiuto alla polizia dando così avvio a un perseguimento penale, se in seguito si riconcilia con il proprio partner non potrà più porre fine al perseguimento. Il perseguimento d'ufficio potrebbe avere la conseguenza paradossale di aggravare la posizione della donna maltrattata, inducendola a rinunciare a chiedere aiuto alle autorità per timore di avviare un perseguimento penale che non auspica35.

È inoltre opportuno rilevare che in molti Cantoni le autorità, segnatamente il giudice del divorzio, sono obbligate o quanto meno autorizzate a denunciare i reati di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni. Visto che la rivelazione di informazioni di questo tipo è consentita o prescritta dalla legge, non costituisce alcuna violazione del segreto d'ufficio (art. 320 CP). Sembra tuttavia che nella pratica i giudici non si avvalgano di questa possibilità.

In questo contesto occorre altresì precisare che il nuovo diritto in materia di divorzio prevede il divorzio su domanda comune, non più basata sulla nozione di colpa. Questa procedura meno contenziosa permette alle parti di presentare al giudice una convenzione accessoria al divorzio conclusa di comune accordo. Non è più necessario nemmeno fornire la prova della colpa dell'altro coniuge. Eventuali problemi che hanno compromesso la vita comune non devono più essere portati a conoscenza del giudice. Il rischio che tramite una denuncia del giudice del divorzio al giudice penale, la procedura di divorzio susciti l'avvio di un procedimento penale contro la volontà dei coniugi è pertanto attenuato dal fatto che è la coppia stessa che determina come presentare la fattispecie al giudice del divorzio. Proprio nel quadro delle misure di protezione dell'unione coniugale esiste per contro il rischio che sia fatta una denuncia al giudice penale contro l'intenzione e la volontà dei coniugi.

3.2.1.2

Possibilità di impedire un procedimento penale

Le possibilità della vittima di impedire l'avvio di un procedimento penale contro il proprio partner sono molto limitate.

Nei dibattiti parlamentari relativi alle iniziative von Felten, alcuni hanno affermato che la vittima potrebbe porre fine al perseguimento rifiutandosi di testimoniare. Occorre tuttavia precisare che generalmente i Codici cantonali di procedura penale dispensano dall'obbligo di testimoniare unicamente i coniugi e non i concubini e i partner omosessuali. In ogni caso, anche se questi ultimi avessero il diritto di rifiutarsi di testimoniare, il giudice potrebbe sempre avvalersi della testimonianza di un vicino, di un'amica o di un verbale di polizia.

Se ciò è necessario per tutelare determinati interessi della vittima, occorre pertanto fare in modo che sia legalmente possibile porre fine al procedimento penale.

Per questo motivo, la Commissione propone di introdurre una nuova disposizione nella parte generale del CP (nuovo art. 60ter), che nei casi di violenza domestica di

35

Martin Killias, Zweischneidiger Vergewaltigungs-Tatbestand, Scheidung ohne Schuldvorwurf ­ dafür mit Strafverfahren?, in: NZZ dell'11.02.1998, p. 15; dello stesso autore cfr. anche, Précis de droit pénale général, Berna 1998, n. 838, p. 131.

1744

minore entità autorizzi l'autorità penale competente a sospendere il procedimento con il consenso della vittima.

Anche secondo le proposte di Ulrich Weder36 e Martin Killias37, la soluzione proposta del conflitto d'interessi consiste nel prendere in considerazione il principio dell'opportunità.

3.2.1.3

Concetto alla base del nuovo articolo 66ter

La maggioranza della Commissione approva il nuovo articolo 66ter seguente: 1

In caso di lesioni semplici (art. 123 n. 2 cpv. 3 e 4), vie di fatto reiterate (art. 126 cpv. 2 lett. b e c), minaccia (art. 180 cpv. 2) e coazione (art. 181), l'autorità penale competente può sospendere provvisoriamente il procedimento se: a.

la vittima è il coniuge o il coniuge divorziato dell'autore e il divorzio è stato pronunciato da meno di un anno oppure la vittima è il partner convivente, eterosessuale o omosessuale, o l'ex partner dell'autore e la separazione è avvenuta da meno di un anno; e

b.

la vittima o, nel caso in cui essa non abbia l'esercizio dei diritti civili, il suo rappresentante legale lo richiede o acconsente alla domanda dell'autorità competente.

2

Il procedimento viene ripreso se la vittima o, nel caso in cui essa non abbia l'esercizio dei diritti civili, il suo rappresentante legale revoca il suo consenso, per scritto o verbalmente, entro sei mesi.

3

Qualora il consenso non sia revocato, l'autorità penale competente emana la decisione definitiva di non luogo a procedere.

4

Contro la decisione definitiva di non luogo a procedere presa in ultima istanza cantonale è ammissibile il ricorso per nullità alla Corte di cassazione del Tribunale federale. Sono legittimati a ricorrere l'imputato, l'accusatore pubblico e la vittima.

L'eccezione sancita nell'articolo 66ter non pone in questione l'applicazione del principio del perseguimento d'ufficio. Mira soltanto a correggere, in un certo numero di casi di reati ben definiti, le conseguenze negative che l'esecuzione del procedimento penale potrebbe avere sulla vittima.

Nella fattispecie, l'elemento preponderante è l'interesse della vittima, motivo per cui il procedimento dev'essere sospeso soltanto con l'esplicito consenso della stessa.

Tuttavia, l'autorità competente non può decidere di sospendere alla cieca (formulazione potestativa), ma deve piuttosto valutare, caso per caso, se l'interesse pubblico al procedimento non prevalga su quello privato. Ciò potrebbe essere per esempio il caso se la vittima subisce pressioni da parte dell'autore o se si può presumibilmente supporre che l'autore ha fatto false promesse alla vittima al fine di beneficiare di una sospensione del procedimento.

Se anche l'autorità competente ritiene opportuno sospendere il procedimento, ne pronuncia la sospensione provvisoria. Quest'ultima presenta il vantaggio di imporre 36 37

Ulrich Weder, op. cit., p. 5.

Martin Killias, NZZ, p. 15; Précis, n. 838, p. 131.

1745

all'autore una sorta di «periodo di prova», che offre alla vittima la possibilità di riesaminare a fondo la sua posizione e, ove necessario, di revocare il proprio consenso entro un termine di sei mesi se l'autore ha deluso le sue aspettative.

Se, entro un termine di sei mesi, la vittima rinuncia alla ripresa del procedimento, l'autorità competente decide la sospensione definitiva.

Contro la decisione definitiva di non luogo a procedere è ammissibile un ricorso per nullità al Tribunale federale, sia da parte dell'imputato sia da parte dell'accusatore pubblico o della vittima.

Visto che, in caso di decisione definitiva di non luogo a procedere, l'autorità competente non emana una sentenza nel merito (con sentenza di colpevolezza) ma prende una decisione unicamente di natura procedurale, è evidente che la decisione di non luogo a procedere non può comportare la revoca della sospensione condizionale della pena (cfr. art. 41 n. 3 CP) o della liberazione condizionale (cfr. art. 45 n. 3 CP).

3.2.2

Commento

3.2.2.1

Decisione provvisoria di non luogo a procedere

a. Reati interessati Dato che il principio dell'opportunità deve compensare la soppressione dell'esigenza della querela di parte, il nuovo disciplinamento dovrebbe applicarsi in caso di lesioni semplici (art. 123 n. 2), vie di fatto reiterate (art. 126 cpv. 2) e minaccia (art. 180). Per contro, non si giustifica se l'autore di una coazione sessuale (art. 189 cpv. 1) o di una violenza carnale (art. 190 cpv. 1) è il coniuge o il partner eterosessuale o omosessuale della vittima. In questo caso, data la gravità del reato, l'interesse pubblico al perseguimento dovrebbe prevalere sull'interesse della vittima ad archiviare il procedimento.

Una minoranza I della Commissione contesta questa argomentazione e propone di includere anche la coazione sessuale e la violenza carnale tra i coniugi nella lista dei reati che possono dar luogo a una sospensione provvisoria del procedimento, ritenendo che una simile decisione potrebbe essere nell'interesse della vittima. Dato che si tratta ormai di reati puniti d'ufficio, è senz'altro possibile che l'informazione pervenuta alle autorità incaricate del procedimento penale non sia opera del coniuge interessato o che sia addirittura stata trasmessa contro la volontà della vittima. Una moglie, per esempio, non vuole che il marito sia implicato in un procedimento penale con conseguenti ripercussioni, soprattutto finanziarie, sulla propria vita. È opportuno non sottovalutare nemmeno il pericolo che rappresentano le false accuse e le conseguenze imprevedibili che possono comportare per l'accusato (cfr. minoranza I: Baumann J. Alexander, Glasson).

Nella lista dei reati punibili di cui è possibile ordinare il non luogo a procedere rientra anche la coazione ai sensi dell'articolo 181 CP, che è già perseguita d'ufficio. Questo delitto è spesso accompagnato da lesioni corporali ed è pertanto parte integrante di questo reato (concorso di leggi imperfetto)38. Per esempio, il ma38

Cfr. Bernard Corboz, Les principales infractions, Berna 1997, n. 42 ad 181, p. 234 seg.

1746

rito che obbliga la moglie a seguirlo trascinandola violentemente e le sloga un braccio sarà punito per lesioni semplici, dato che il reato di coazione è compreso nel reato di cui all'articolo 123 CP. La decisione di non luogo a procedere è possibile anche per il reato di coazione senza che sia necessario precisarlo nella legge39. Può tuttavia accadere che l'autore si renda colpevole unicamente di coazione senza commettere una lesione semplice o una violenza carnale (p. es., il marito trascina violentemente la moglie per costringerla a seguirlo ma senza ferirla). Se la coazione non viene aggiunta all'elenco dei reati di cui al nuovo articolo 66ter, il giudice non può decidere il non luogo a procedere, il che sarebbe paradossale.

b. Autorità competente per la decisione di non luogo a procedere Adottando la formulazione «autorità penale competente» si garantisce che soltanto gli organi della giustizia penale (giudice istruttore, ministero pubblico o tribunale) ­ anziché la polizia ­ hanno la competenza di pronunciare una sospensione provvisoria del procedimento.

Una disposizione affine figura già nell'articolo 66bis capoverso 3 CP40 ed è pure prevista nell'articolo 55 capoverso 2 D-CP (disegno di revisione della parte generale del Codice penale).

Se il procedimento penale ha raggiunto lo stadio della sentenza, il giudice ­ contrariamente per esempio a quanto prevede l'articolo 66bis CP ­ sospende il procedimento purché siano soddisfatte le pertinenti condizioni. Per motivi legati alla parità di trattamento, la Commissione ha scientemente rinunciato a istituire, nei diversi stadi del procedimento, la possibilità del giudice di rinunciare a comminare una pena (sentenza di colpevolezza senza pena).

c. Vittime possibili (cpv. 1 lett. a) Benché le relazioni autore-vittima che possono dar luogo a una sospensione del procedimento provengano dall'articolo 66ter capoverso 1 e, più precisamente, dai rinvii agli articoli 123 numero 2 capoversi 2 e 4 (lesioni semplici), 126 capoverso 2 lettere b e c (vie di fatto reiterate) e 180 capoverso 2 (minaccia), è indispensabile definire questa relazione.

La Commissione ritiene infatti che il procedimento deve poter essere sospeso anche in caso di coazione. La coazione è un reato già oggi perseguito d'ufficio in virtù dell'articolo 181 CP, una disposizione che non
fa assolutamente allusione alla cerchia delle persone coinvolte nella violenza domestica.

È quindi necessario definire ancora una volta esplicitamente il campo d'applicazione personale della violenza domestica. Per motivi di carattere redazionale, la Commissione ha optato per una formulazione relativamente sobria che stabilisce chiaramente che l'autorità competente può sospendere il procedimento (reato perseguito d'ufficio) se la vittima è divorziata dall'autore da meno di un anno (coppie sposate) o è separata dallo stesso da meno di un anno (partner eterosessuale o omosessuale).

39

40

La dottrina (contra: Trechsel) ammette che in caso di violenza carnale tra coniugi, il ritiro della querela esclude anche il perseguimento per coazione (cfr. Trechsel, Schweizerisches Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo 1997, n. 14 ad 189.

Cfr. FF 1985 II 901 segg. (907 segg.)

1747

d. Consenso della vittima (cpv. 1 lett. b) Il consenso della vittima è la condizione primordiale da cui dipende la sospensione del procedimento. Conferendo all'autorità competente la possibilità di sospendere il procedimento, la nuova disposizione tiene conto proprio dei bisogni di quelle vittime che, per convinzione personale (ossia senza subire pressioni di sorta, per timore o vane speranze), non auspicano che il loro partner sia oggetto di perseguimenti penali perché l'hanno perdonato o perché temono che un procedimento penale possa compromettere la relazione di coppia.

La vittima stessa potrà chiedere la sospensione del procedimento o acconsentire a una proposta del giudice in tal senso. Se non ha l'esercizio dei diritti civili, il consenso potrà essere dato dal suo rappresentante legale. È tuttavia valido soltanto se è stato dato liberamente e non dietro minaccia.

e. Disposizione imperativa o potestativa Per poter tener conto delle circostanze specifiche di ogni caso, la decisione di sospendere il perseguimento penale è lasciata all'apprezzamento dell'autorità competente (disposizione potestativa). Secondo il disciplinamento proposto, l'autorità competente potrà quindi continuare il procedimento penale anche se sono soddisfatte le condizioni che ne permettono la sospensione, ossia anche se la vittima ha acconsentito a sospendere il procedimento. La formulazione potestativa consente, da una parte, di evitare che la vittima debba sopportare tutto il peso della sua decisione di non sospendere il procedimento. D'altro canto, essa presenta il vantaggio di permettere all'autorità competente di continuare il procedimento quando diffida delle affermazioni della vittima o delle promesse dell'autore. L'autorità competente non può tuttavia sottrarsi a un esame delle condizioni e, in particolare, dovrà motivare la sua decisione di continuare il perseguimento penale contro la manifesta volontà della vittima.

f. Motivi per rinunciare a far dipendere la sospensione del procedimento da un'ipotesi di recidiva Secondo Ulrich Weder41, si dovrebbe poter decidere il non luogo a procedere o anche solo la sospensione del procedimento se la vittima non vi ha più interesse e se esistono serie possibilità che in futuro l'autore non commetterà più reati simili, segnatamente perché si sottopone a una terapia specifica. Per
Martin Killias42, si può sopprimere l'esigenza della querela soltanto se nel contempo si introduce nella legge la possibilità di rinunciare al perseguimento penale, per esempio se la vittima non desidera più perseguire l'autore e se non vi è motivo di temere una recidiva.

Adottando questa linea, una minoranza II della Commissione propone di aggiungere al capoverso 1 dell'articolo 66ter una lettera c in cui si prevede che l'autorità competente può sospendere provvisoriamente il procedimento soltanto se «si può presumere che l'autore non commetterà più altri reati dello stesso genere, perché ha intrapreso passi per cambiare il proprio comportamento» (cfr. proposta della minoranza II: Ménétrey-Savary, Garbani, Gross Jost).

La maggioranza della Commissione è tuttavia del parere che sarebbe sbagliato far dipendere imperativamente la sospensione del procedimento da un'ipotesi favore41 42

Ulrich Weder, op. cit., p. 5.

Martin Killias, NZZ, p. 15.

1748

vole per quanto riguarda i rischi di recidiva oppure dai passi concreti intrapresi dall'autore per cambiare il suo comportamento. Anche se, nel corso della consultazione, è stato chiesto da più parti che le condizioni intese a decidere circa la sospensione del procedimento siano formulate nel modo più chiaro possibile, la maggioranza della Commissione ha scientemente rinunciato ad aggiungere l'ipotesi sui rischi di recidiva alle due prime condizioni da cui dipende la possibilità di pronunciare la sospensione provvisoria. A sostegno della propria decisione, essa fa valere i seguenti argomenti: ­

in molti casi, gli elementi di valutazione di cui si dispone non sono affatto sufficienti per formulare una tale ipotesi. Se l'autorità competente fosse nell'incapacità di stabilire un'ipotesi favorevole, secondo il tenore della disposizione proposta dalla minoranza II sarebbe tenuta a portare avanti il procedimento penale;

­

d'altro canto, tale ipotesi si basa su una condanna anticipata, il che non è ammissibile. A uno stadio della procedura in cui la colpevolezza dell'autore non è ancora stabilita, si speculerebbe già su «altri reati dello stesso genere».

Questo approccio porrebbe gravi problemi nell'ottica della presunzione d'innocenza;

­

inoltre, esigendo dagli autori che intraprendano passi concreti per cambiare il proprio comportamento, si rischia che alcuni di loro non possano più beneficiare di una sospensione del procedimento proprio quando una tale misura sarebbe stata particolarmente indicata nel loro caso. Si tratta più precisamente di persone che, di fronte a una situazione assolutamente eccezionale, sono uscite dalla legalità un'unica volta oppure di persone che sono state accusate ingiustamente. Non ha senso esigere da queste persone che intraprendano passi per cambiare il loro comportamento. Non è pertanto assolutamente opportuno fissare una norma generale che faccia dipendere la sospensione provvisoria dal fatto che l'autore abbia intrapreso simili passi;

­

si può altresì rinunciare a stabilire un'ipotesi sui rischi di recidiva per il fatto che le norme proposte conferiscono alla vittima la facoltà di chiedere che il procedimento venga ripreso. La vittima, che l'autorità competente avrà informato sui suoi diritti e sulle forme di aiuto che le sono offerte fin dallo stadio del procedimento preliminare, avrà così la possibilità di adire di nuovo le autorità incaricate del perseguimento penale prima di subire altre aggressioni da parte dell'autore. Il termine di sei mesi per revocare la sospensione permette alla vittima di optare, in piena cognizione di causa, per la soluzione che meglio si addice al suo caso.

Globalmente, la sospensione provvisoria del procedimento con il consenso della vittima offre a quest'ultima l'auspicata flessibilità, permettendole inoltre di riesaminare accuratamente la sua decisione e fornendo all'autore l'occasione di cambiare il comportamento. Grazie a un termine di riflessione, l'autorità competente non è più obbligata a basarsi su pronostici vaghi per quanto riguarda il miglioramento del comportamento dell'autore per decidere in merito alla sospensione del procedimento.

È inoltre escluso che, esaminando se sono soddisfatte le condizioni per la sospensione, l'autorità competente non prenda in considerazione il comportamento dell'autore. Infatti, entro i limiti del suo potere discrezionale, essa deve valutare in 1749

modo molto preciso se l'autore ha tentato di far pressione sulla vittima o se le ha fatto false promesse nella speranza di poter beneficiare della sospensione del procedimento.

3.2.2.2

Condizioni per consentire la ripresa del procedimento

Il carattere provvisorio della sospensione del procedimento obbliga il legislatore a disciplinare non solo le condizioni a cui deve sottostare la sospensione ma anche quelle che consentono la ripresa del procedimento.

Al fine di garantire che la vittima abbia preso la propria decisione in piena libertà, le è offerta la possibilità di riconsiderare la sua posizione.

Questo è il motivo per cui l'articolo 66ter capoverso 2 le concede un termine di sei mesi per revocare il suo consenso. Se la vittima non ha l'esercizio dei diritti, il consenso può essere revocato dal suo rappresentante legale.

Durante questo periodo, la vittima deve poter decidere, in ogni momento, di proseguire il procedimento. Può comunicare la sua decisione all'autorità competente per scritto o verbalmente. Se l'autore delude le aspettative della vittima, sarebbe infatti inconcepibile che la vittima debba aspettare la fine del periodo per revocare il suo consenso, esponendosi così di nuovo a false promesse dell'autore. Questi si vede quindi imposto, de facto, un periodo di prova di sei mesi.

Il termine di riflessione non dovrebbe tuttavia essere superiore a sei mesi al fine di evitare inutili difficoltà in materia di amministrazione della prova.

Una minoranza III della Commissione propone invece che il termine di riflessione concesso alla vittima sia limitato a tre mesi (cfr. proposta della minoranza III: Eggly, Baumann J. Alexander, Bangerter, Bosshard, Gutzwiller, Joder, Leuthard). Essa teme infatti che accordando un termine di riflessione di sei mesi il procedimento venga inutilmente trascinato per le lunghe.

La Commissione si è inoltre chiesta se non sia il caso di disciplinare la recidiva in modo specifico e di fare di quest'ultima una condizione alternativa per la ripresa del procedimento. Di per sé sarebbe assolutamente pensabile riprendere il procedimento d'ufficio se l'autore è recidivo, ossia se ha commesso un reato della stessa natura nei sei mesi successivi alla sospensione provvisoria.

Un'opzione di questo tipo pone tuttavia un problema, nel senso che se in taluni casi sono denunciati nuovi reati entro sei mesi, è raro che i loro autori possano essere oggetto di una sentenza esecutoria entro lo stesso termine. Il fatto che l'autorità sia stata adita da una denuncia non è sufficiente per giustificare una ripresa
immediata del procedimento. Se l'autorità competente rifiutasse di ordinare un non luogo a procedere definitivo per il solo motivo che è stata adita da una denuncia, anche in questo caso la sua decisione poggerebbe su una condanna in anticipo poiché, a questo stadio del procedimento, non è ancora stabilito se l'imputato ha effettivamente reiterato i reati per i quali è stato denunciato.

L'autorità competente dovrebbe quindi rinviare la decisione di ripresa del procedimento o di non luogo a procedere fino a quando l'autore sia stato giudicato definitivamente con una condanna (o un'assoluzione), ciò che ­ tenuto conto dei rimedi 1750

giuridici esistenti ­ potrebbe in taluni casi durare diversi anni. Proprio nei casi in cui il procedimento sia stato provvisoriamente sospeso allo stadio iniziale, non sarebbe affatto opportuno, visti i problemi che pone l'amministrazione della prova, riaprire l'istruzione dopo diversi anni.

Per l'esame delle condizioni che permettono una ripresa del procedimento, occorre rinunciare a una formulazione potestativa. Infatti, contrariamente a quanto vale per decidere in merito alla sospensione del procedimento, per deciderne la ripresa non è necessario concedere all'autorità competente un margine d'apprezzamento. Infatti, se la vittima revoca il suo consenso in merito alla sospensione provvisoria, il procedimento è riaperto d'ufficio.

3.2.2.3

Decisione definitiva di non luogo a procedere

Se il procedimento non è ripreso, l'autorità competente prende una decisione definitiva di non luogo a procedere.

3.2.2.4

Rimedi giuridici

La Commissione ritiene che la possibilità del ricorso per nullità dovrebbe essere garantita soltanto nei limiti fissati nell'articolo 268 numero 2 della procedura penale federale. In virtù di tale articolo, la vittima, l'accusatore pubblico o l'imputato avrebbero così a disposizione il ricorso per nullità al Tribunale federale soltanto contro la decisione definitiva di non luogo a procedere (cfr. cpv. 4).

Il rimedio del ricorso per nullità non dovrebbe così essere ammissibile in caso di sospensione provvisoria del procedimento né in caso di rifiuto della sospensione provvisoria e nemmeno in caso di ripresa del procedimento (ossia di rifiuto di pronunciare un non luogo definitivo), e questo per le seguenti ragioni: ­

quando il procedimento è sospeso provvisoriamente, non è necessario prevedere una possibilità di ricorso, poiché in questo caso il ricorso per nullità sarà sempre possibile contro la decisione definitiva di non luogo a procedere. Inoltre, generalmente non sono previsti rimedi giuridici contro le decisioni provvisorie;

­

la situazione è meno chiara a proposito del caso di rifiuto di pronunciare una sospensione provvisoria del procedimento. Si può ipotizzare che la sospensione sia rifiutata (p. es. perché l'autorità competente ritiene che l'autore eserciti pressioni sulla vittima), anche se è stata chiesta dalla vittima. Se l'autorità competente si sbaglia, la vittima non può chiedere il riesame di tale decisione, un problema che potrebbe essere risolto sopprimendo la formulazione potestativa. Questa soluzione sembra tuttavia poco opportuna, proprio in considerazione della situazione inversa (quando l'autorità non si sbaglia a proposito delle pressioni esercitate sulla vittima);

­

il fatto che il legislatore opti per il perseguimento d'ufficio di questo tipo di reato implica che anche i rimedi giuridici siano concepiti in modo restrittivo.

Dato che l'articolo 66ter CP ha carattere eccezionale, non è opportuno che i ricorsi possano essere presentati al Tribunale federale. Infatti, la vittima ha 1751

già avuto ampiamente l'occasione di esporre nei dettagli i suoi argomenti.

D'altro canto, esiste il rischio che l'autore eserciti pressioni sulla vittima affinché quest'ultima faccia ricorso contro la decisione di rifiutare la sospensione del procedimento; ­

nel caso in cui il procedimento è ripreso (il che significa che l'autorità rifiuta di pronunciare il non luogo a procedere), si può supporre che la vittima non sarà certo incline a presentare un ricorso per nullità visto che è proprio lei che ha chiesto di riprendere il procedimento.

3.2.2.5

Collocazione della disposizione proposta

Visto che questa nuova disposizione concerne quattro reati e che si compone di quattro capoversi, inserirla negli articoli 123, 126, 180, 181 appesantirebbe eccessivamente detti. Dato che i beni giuridici protetti sono diversi, è altresì difficile farla figurare alla fine del titolo primo (dei reati contro la vita e l'integrità della persona) e del titolo quarto (dei crimini e dei delitti contro la libertà personale). La soluzione migliore è quindi di collocarla dopo l'articolo 66bis CP e di farne un nuovo articolo 66ter CP.

4

Spiegazioni relative alle modifiche del Codice penale militare

4.1

Introduzione

Come avvenuto in occasione di precedenti revisioni del Codice penale svizzero, le modifiche previste devono andare di pari passo con l'adeguamento corrispondente del Codice penale militare (CPM)43.

Il CPM non conosce il perseguimento a querela di parte ai sensi degli articoli 28­31 CP, eccetto in riferimento all'offesa all'onore (cfr. artt. 145, 146, 148 e 148a CPM nonché artt. 91­93 OGPM44). Occorre pertanto sottolineare che già attualmente i reati contemplati nel CPM (e quindi anche le lesioni semplici, le vie di fatto, la minaccia e la coazione) sono perseguiti d'ufficio. Per questo motivo, per il CPM non è necessario procedere agli adeguamenti concernenti il perseguimento d'ufficio di cui è stato oggetto il CP (cfr. i nuovi artt. 123 n. 2 cpv. 3 e 4, 126 cpv. 2, 180 cpv. 2, 189 cpv. 2 e 3 e 190 cpv. 2 e 3 CP).

Per contro, è necessario prevedere nel CPM una disposizione analoga all'articolo 66ter CP e abrogare l'articolo 155a CPM, che con la modifica prevista diventa obsoleto.

43 44

RS 321 Ordinanza del 24 ottobre 1979 concernente la giustizia penale militare (RS 322.2).

1752

4.2

Commento al nuovo articolo 47b

Il nuovo articolo 47b CPM corrisponde all'articolo 66ter CP con gli adeguamenti necessari dovuti alla specificità del Codice penale militare e della Procedura penale militare (PPM)45.

I reati di cui al capoverso 1 coincidono con quelli contenuti nell'articolo 66ter CP e gli articoli corrispondenti. Visto che nell'articolo 122 il CPM non fa alcuna distinzione tra le vie di fatto semplici e le vie di fatto reiterate, per cui il principio del perseguimento d'ufficio si applica anche alle vie di fatto semplici, la possibilità della sospensione provvisoria secondo l'articolo 47b non deve limitarsi alle vie di fatto «reiterate». Questo è il motivo per cui si rinuncia al termine «reiterato».

Una minoranza IV della Commissione propone, come per il CP, di includere anche la coazione sessuale e la violenza carnale nella lista dei reati che possono dar luogo a una sospensione provvisoria del procedimento (cfr. proposta della minoranza IV: Baumann J. Alexander, Mathys).

L'espressione «autorità penale competente» di cui all'articolo 66ter può essere precisata nel CPM: a seconda dello stadio del procedimento penale militare in cui ci si trova, sia l'uditore sia il tribunale militare possono sospendere provvisoriamente il procedimento. Per «tribunale militare» si intende sia il Tribunale militare di prima istanza (Tribunale di divisione) sia il Tribunale militare d'appello. Non è per contro possibile che sia il giudice istruttore (militare) stesso a sospendere provvisoriamente o definitivamente il procedimento (cfr. cpv. 3). Egli può tuttavia ovviamente ricevere la domanda della vittima di sospendere provvisoriamente il procedimento o di fare egli stesso la proposta alla vittima e, infine, trasmettere gli atti all'uditore per la sospensione provvisoria.

La formulazione della lettera a è un po' diversa da quella dell'articolo 66ter CP. Visto che in caso di violenza domestica il campo d'applicazione del principio del perseguimento d'ufficio è definito in modo molto chiaro negli articoli 123 numero 2 capoversi 3 e 4, 126 capoverso 2 lettere b e c, e 180 capoverso 2 CP, nell'articolo 66ter capoverso 1 lettera a del disegno CP si è optato per una formulazione un po' semplificata. Tuttavia visto che i reati corrispondenti del CPM non si riferiscono in particolare ai casi applicabili alla violenza domestica, la
relazione esistente tra l'autore e la vittima deve essere definita in modo preciso nell'articolo 47b capoverso 1 lettera a del disegno CPM.

Il capoverso 2 dell'articolo 47b CPM è identico a quello dell'articolo 66ter CP.

L'espressione «autorità penale competente» di cui al capoverso 3 dell'articolo 66ter CP deve essere precisata nel capoverso 3 dell'articolo 47b. La decisione definitiva di non luogo a procedere deve essere emanata dall'uditore o dal tribunale militare a seconda dello stadio del procedimento in cui si trova.

Anche il capoverso 4 è stato adeguato. Il ricorso al Tribunale militare di prima istanza (Tribunale di divisione) è possibile contro la decisione definitiva di non luogo a procedere dell'uditore (art. 118 PPM), mentre il ricorso al Tribunale militare di cassazione è possibile contro la decisione di non luogo a procedere emanata dal Tribunale militare di prima istanza o dal Tribunale d'appello (art. 195 PPM).

45

Procedura penale militare del 23 marzo 1979 (RS 322.1).

1753

Il capoverso 5 esclude la procedura disciplinare, ma non la pena disciplinare nei casi poco gravi (cfr. art. 122 n. 1 2° periodo, art. 149 cpv. 2 e art. 150 cpv. 2 CPM).

Il diritto disciplinare serve a mantenere la disciplina in seno alla truppa, costituendo in tal modo un mezzo a disposizione dei comandanti per trattare direttamente, e in modo visibile dalla truppa, i casi di reati di lieve entità che figurano nella parte speciale del codice penale militare. La sospensione provvisoria del procedimento (fino a sei mesi dalla domanda della vittima) contravverrebbe al principio dell'immediatezza della pena disciplinare e non sarebbe nemmeno adeguata alla durata del servizio militare. Inoltre, non spetta ai comandanti occuparsi, nell'ambito del loro servizio, delle fattispecie di cui all'articolo 47b.

Come nel diritto penale ordinario, simili casi devono essere oggetto di un procedimento penale. Attualmente, soltanto il tribunale militare potrebbe pronunciare direttamente una punizione disciplinare senza procedimento disciplinare (art. 149 PPM).

4.3

Commento relativo all'abrogazione dell'articolo 155a CPM

L'attuale articolo 155a CPM prevede che «se l'autore è il coniuge della vittima e vive in comunione di vita con lei, la coazione sessuale e la violenza carnale sottostanno al diritto penale e alla giurisdizione penale ordinari».

Visto che per la coazione sessuale e la violenza carnale viene a cadere l'esigenza della querela se l'autore è sposato con la vittima o se vive con lei in comunione di vita (abrogazione degli artt. 189 cpv. 2 e 190 cpv. 2 CP), non è più giustificato mantenere l'articolo 155a CPM. L'abrogazione di quest'ultima disposizione avrà quale conseguenza che la violenza carnale o la coazione sessuale, anche se commessa ai danni di un coniuge, sottostà alla giurisdizione militare, sempre con la riserva che l'autore sia sottoposto al diritto penale militare in virtù dell'articolo 2 CPM, segnatamente l'articolo 2 numero 1 CPM. Il perseguimento avrà luogo d'ufficio.

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Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

La modifica proposta delle disposizioni del Codice penale potrebbe comportare spese supplementari per Confederazione (Tribunale federale) e Cantoni. Infatti, i numeri di casi di cui l'autorità giudiziaria dovrà occuparsi sarà maggiore a causa dell'estensione ai delitti perseguiti d'ufficio. Attualmente è peraltro difficile valutare l'ammontare delle spese supplementari che potrebbero derivarne.

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Costituzionalità

La competenza della Confederazione ad emanare disposizioni in materia di diritto penale si basa sull'articolo 123 della Costituzione federale46.

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RS 101

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