03.050 Messaggio concernente il Secondo Protocollo del 26 marzo 1999 relativo alla Convenzione dell'Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato del 20 agosto 2003

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi sottoponiamo per approvazione il disegno di decreto federale concernente il Secondo Protocollo del 26 marzo 1999 relativo alla Convenzione dell'Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

20 agosto 2003

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Pascal Couchepin La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2003-0725

5299

Compendio Con questo messaggio, il Consiglio federale sottopone alle Camere federali per approvazione il Secondo Protocollo del 26 marzo 1999 relativo alla Convenzione dell'Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato. Il Secondo Protocollo, elaborato nell'ambito dell'UNESCO, tiene in considerazione gli sviluppi nei settori del diritto internazionale umanitario, del diritto penale internazionale e del diritto per la protezione del patrimonio culturale. Il Secondo Protocollo presenta le seguenti innovazioni essenziali rispetto alla Convenzione dell'Aia del 1954: l'introduzione, per la prima volta, di disposizioni penali dettagliate relative alle infrazioni contro beni culturali. Tutte le disposizioni del Secondo Protocollo sono applicabili anche in caso di conflitti armati non internazionali. Il Secondo Protocollo contiene inoltre un elenco di misure preventive per la salvaguardia dei beni culturali che gli Stati debbono adottare già in periodo di pace. Esso migliora altresì la protezione dei beni culturali più importanti per l'umanità.

L'ordinamento giuridico svizzero adempie le esigenze del Secondo Protocollo. La violazione di prescrizioni che sanciscono la protezione di beni culturali è punita dal Codice penale militare e le misure preventive sono disciplinate nell'ordinanza d'esecuzione della legge federale per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato.

La ratifica del Secondo Protocollo non avrà alcuna ripercussione finanziaria diretta prevedibile per Confederazione e Cantoni. Un eventuale contributo volontario da parte della Svizzera al Fondo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato previsto dal Secondo Protocollo potrà essere preso in considerazione solo dopo l'istituzione di detto fondo e alla luce delle circostanze vigenti.

La Svizzera, che ha partecipato in maniera determinante all'elaborazione del Secondo Protocollo nel quadro della conferenza diplomatica, lo ha firmato il 17 maggio 1999. La ratifica del Secondo Protocollo si iscriverebbe nella tradizione umanitaria della Svizzera.

5300

Messaggio 1

Parte generale

1.1

Introduzione

La Convenzione dell'Aia del 14 maggio l954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (in seguito detta Convenzione/Aia)1 è intesa a prevenire danni e perdite irrimediabili di beni culturali come quelli registrati nel corso della Seconda Guerra mondiale. La Convenzione, elaborata sotto l'egida dell'UNESCO, è il primo strumento riconosciuto a livello mondiale che si prefigge esclusivamente la protezione dei beni culturali. Per beni culturali, nell'accezione adottata dalla Convenzione, si intendono, da un lato, beni mobili o immobili quali monumenti architettonici, artistici o storici, religiosi o laici, luoghi archeologici, insiemi di costruzioni che, come tali, offrono un interesse storico o artistico, opere d'arte, manoscritti, libri e altri oggetti d'interesse artistico, storico o archeologico, collezioni scientifiche e collezioni importanti di libri, di archivi o di riproduzioni di tali beni2.

Dall'altro gli edifici destinati a conservare o esporre i beni mobili e i luoghi in cui si accentri una quantità di beni culturali3. La Convenzione è entrata in vigore per la Svizzera il 15 agosto 1962. Agli inizi di giugno del 2003, gli Stati contraenti erano 103.

Dal 1954, anno in cui è stata approvata la Convenzione, la normazione del diritto internazionale umanitario ha subìto sviluppi notevoli. Il 7 giugno 1977, sono stati approvati i due Protocolli aggiuntivi4 relativi alle Convenzioni di Ginevra del 19495 (in seguito denominati Protocollo aggiuntivo I/PA I e Protocollo aggiuntivo II /PA II), che hanno consolidato la tutela prevista dalle Convenzioni di Ginevra. Essi contengono anche disposizioni volte alla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato internazionale e non internazionali. L'articolo 53 PA I e l'articolo 16 PA II vietano ogni atto di ostilità diretto contro beni culturali protetti e la loro utilizzazione a sostegno di interventi militari. Questi divieti sono tuttavia relativizzati dal fatto che i due protocolli aggiuntivi sono subordinati alle disposizioni della Convenzione dell'Aia del 1954. Essi estendono la definizione di bene culturale ai luoghi di culto.

In base al Protocollo aggiuntivo I6, gli attacchi contro beni culturali che costituiscono patrimonio culturale o spirituale dei popoli e ai quali sia stata concessa una protezione speciale
sono considerati infrazioni gravi e rientrano nei crimini di guerra (art. 85 par. 5 PA I). Alle disposizioni di diritto penale relative agli attacchi contro 1 2 3 4

5

6

RS 0.520.3 Art. 1 comma a CA.

Art. 1 commi b e c CA.

Protocollo aggiuntivo dell'8 giugno 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, RS 0.518.521; Protocollo aggiuntivo dell'8 giugno 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali, RS 0.518.522.

Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 per la protezione delle vittime della guerra (di seguito denominata Convenzione di Ginevra/CG) costituita da quattro convenzioni, contenute in: RS 0.518.12, 0.518.23, 0.518.42, 0.518.51.

Art. 85 par. 4 c. d PA I.

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beni culturali in caso di conflitto armato sono state affiancate quelle concernenti la lotta al trasferimento illegale di beni culturali sancite dalla Convenzione dell'UNESCO del 19707.

All'inizio degli anni Novanta, in occasione della guerra nella ex Jugoslavia, la problematica della protezione dei beni culturali è ritornata d'attualità. Il bombardamento del centro storico di Dubrovnik, che figura nell'elenco del patrimonio mondiale, come pure le distruzioni di Mostar e Vukovar, sono così diventati, grazie ai media, argomento d'interesse internazionale. La distruzione sistematica del patrimonio culturale di gruppi etnici è una tattica bellica sempre più applicata allo scopo di privare gli avversari della loro identità, di umiliarli, demoralizzarli e, talvolta, costringerli persino all'esilio.

Lo Statuto del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY) del 1993, prevede sotto il titolo «Violazione delle leggi e delle consuetudini della guerra» il reato di violazione di alcuni beni culturali8. Nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998, l'articolo 8 annovera la violazione di determinati beni culturali tra i crimini di guerra9.

In tale contesto, occorre illustrare brevemente l'evoluzione del Secondo Protocollo alla Convenzione dell'Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (in seguito Secondo Protocollo/SPCA).

1.2

Le origini del Secondo Protocollo

1.2.1

I motivi del processo di revisione

Diverse sono le cause che hanno determinato l'evoluzione a livello internazionale del principio della tutela dei beni culturali sancito nel 1954 dalla Convenzione dell'Aia. I conflitti armati succedutisi dopo l'approvazione della Convenzione hanno assunto un carattere sempre più regionale quindi non internazionale. Di questo fatto aveva già tenuto conto nel 1977 l'articolo 16 PA II anche se un vero e proprio disciplinamento generale circa l'applicabilità di norme relative alla protezione dei beni culturali nel caso di conflitti armati non internazionali non era ancora stato elaborato. Inoltre, il sistema della protezione speciale previsto dalla Convenzione non si era ancora affermato ed era stato applicato solo in alcuni casi sporadici10. In occasione dei conflitti che hanno travagliato l'ex Jugoslavia, è emersa la mancanza di specifiche norme di diritto penale atte a perseguire violazioni sistematiche dell'integrità di beni culturali protetti. E soprattutto, come abbiamo menzionato nell'introduzione, l'evoluzione del diritto internazionale in generale aveva fatto

7

8 9 10

Convenzione UNESCO del 14 novembre 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà di beni culturali. Il 21 novembre 2001 il Consiglio federale ha sottoposto al Parlamento il messaggio concernente la Convenzione UNESCO 1970 e la legge federale sul trasferimento internazionale dei beni culturali (LTBC) (FF 2002 457).

Art. 3 dello Statuto del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia.

RS 0.312.1 Cfr. n. 2. 3, articolo 10

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prendere coscienza della necessità di migliorare la protezione sancita dalla Convenzione11.

1.2.2

Lavori preliminari

Alla fine del 1992, il Governo dei Paesi Bassi e il Consiglio esecutivo dell'UNESCO avevano commissionato una ricerca volta ad analizzare le modalità di attuazione della Convenzione e a elaborare proposte di miglioramento per adeguarla alla nuova situazione. I risultati della ricerca, pubblicata nel 1993, hanno evidenziato che le lacune in materia di esecuzione della Convenzione andavano attribuite soprattutto agli Stati contraenti. Lo studio proponeva diverse misure atte a migliorare l'attuazione che vennero però quasi ignorate dagli Stati parte. In seguito, su iniziativa del Segretariato dell'UNESCO e sulla base di questo studio, furono indetti tre incontri di esperti12 le cui conclusioni sono state raccolte nel «Documento di Lauswolt» che, al posto di provvedimenti pratici d'attuazione, illustrava le prime proposte di modifica della Convenzione. Le Alte Parti contraenti della Convenzione dell'Aia ritennero pertanto necessario che esperti governativi si incontrassero per analizzare questo documento. L'incontro degli esperti governativi si tenne tra il 24 e il 27 marzo 1997 a Parigi e si concluse con un «documento di Lauswolt modificato».

Tuttavia, nel corso di un ulteriore incontro lo stesso anno, gli Stati contraenti non trovarono un accordo su alcuni punti essenziali. Su richiesta del presidente olandese di tale incontro tra gli Stati contraenti, l'Austria organizzò un incontro aperto a tutti gli Stati e organizzazioni interessati svoltosi a Vienna dall'11 al 13 maggio 1998.

All'ordine del giorno figuravano i punti essenziali del processo di revisione: la forma del nuovo strumento, la protezione speciale, la necessità militare, la questione della giurisdizione e della responsabilità per le violazioni della Convenzione e alcune questioni istituzionali. Il Segretariato dell'UNESCO riunì i risultati di questo incontro viennese di esperti in un documento di lavoro che inviò agli Stati contraenti per consultazione. Questo documento avrebbe rappresentato la base per le trattative in seno alla conferenza diplomatica del 1999.

1.2.3

Conferenza diplomatica

In nome del Direttore generale dell'UNESCO e del Governo olandese, fu indetta all'Aia, dal 14 al 26 marzo 1999, una conferenza diplomatica. Vi parteciparono i rappresentanti di 93 Stati, tra cui 19 delegazioni di osservatori di Stati non contraenti della Convenzione dell'Aia, come pure il Comitato internazionale della Croce Rossa e l'organizzazione non governativa «Comitato internazionale dello Scudo Blu». I singoli temi e capitoli del progetto del futuro Secondo Protocollo presentato dall'UNESCO furono discussi in seno a gruppi di lavoro. I testi proposti dai gruppi di lavoro furono in seguito sottoposti al plenum per l'approvazione. Dopo la modifica della versione da parte del comitato di redazione diretto dalla Svizzera, il Secondo Protocollo, nelle versioni francese e inglese, fu approvato per consenso il 26 marzo 1999.

11

12

Thomas Desch, The Second Protocol to the 1954 Hague Convention for the protection of cultural property in the event of armed conflict, in «Yearbook of international law», vol. 2, 1999, pag. 64. Vedi anche il preambolo del Secondo Protocollo.

L'Aia, luglio 1993; Lauswolt, febbraio 1994; Parigi, marzo 1994.

5303

Le innovazioni più importanti del Secondo Protocollo elaborate nel corso della conferenza si possono riassumere come segue: tutte le disposizioni del Secondo Protocollo sono applicabili anche in caso di conflitti armati non internazionali. Le misure preventive da adottare in tempo di pace per la protezione dei beni culturali e i casi eccezionali esclusi dalla protezione generale dei beni culturali sono stati precisati; sono state sancite disposizioni penali individuali dettagliate in caso di violazione dei principi del Secondo Protocollo e della Convenzione dell'Aia; infine, è stata prevista una nuova protezione speciale per i beni culturali degni di particolare protezione13.

La Svizzera ha svolto un ruolo attivo nell'elaborazione del Secondo Protocollo nell'ambito della conferenza diplomatica. Essa si è impegnata, nei limiti del possibile, affinché il Secondo Protocollo si inserisse coerentemente nel quadro delle altre convenzioni del diritto internazionale umanitario propugnando altresì l'introduzione del principio di universalità da applicare alle violazioni più gravi dell'integrità dei beni culturali.

2

Parte speciale

2.1

Capitolo 1: Introduzione

L'articolo 1 contiene diverse definizioni volte a chiarire il testo. Una di esse, ossia la definizione di «obiettivo militare» alla lettera f, è particolarmente interessante. Il Secondo Protocollo si riallaccia qui alla definizione di cui all'articolo 52 paragrafo 2 PA I.

L'articolo 2 esplicita la relazione tra il Secondo Protocollo e la Convenzione. Nel corso della Conferenza diplomatica, si è posto il problema di stabilire se i nuovi elementi introdotti fossero di portata materiale tale da determinare un emendamento della Convenzione dell'Aia, trovando così applicazione l'articolo 39 CA. L'entrata in vigore avrebbe presupposto il consenso e la ratifica da parte di tutti gli Stati contraenti. Se, invece, le nuove disposizioni avessero assunto il carattere di complemento, la forma appropriata sarebbe stata il Protocollo. Conformemente all'articolo 41 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati14, le nuove disposizioni entrano in vigore dopo che un determinato numero di Stati le hanno ratificate e unicamente per questi Stati. Secondo l'articolo 2, soltanto gli Stati parte alla Convenzione possono pertanto firmare e ratificare il Secondo Protocollo o aderirvi. Inoltre, tutte le definizioni contenute nella Convenzione si applicano anche al Secondo protocollo, purché quest'ultimo non preveda altrimenti.

Conformemente all'articolo 3 paragrafo 1, tutte le disposizioni si applicano ai conflitti armati sia internazionali sia non internazionali. In tal senso, il Secondo Protocollo si spinge oltre la Convenzione, la quale prescrive che nei conflitti armati non internazionali le Parti in conflitto sono tenute ad applicare almeno le disposizioni 13

14

La Convenzione disciplina la protezione generale dei beni culturali (art. 1 segg.) e prevede pure una protezione speciale per beni culturali degni di particolare protezione (art. 8 segg.). Il Secondo Protocollo contiene disposizioni complementari riguardanti la protezione generale e un'ulteriore protezione speciale, definita «protezione rafforzata» (art. 10 segg.). Cfr. anche le spiegazioni ai numeri 1.2.1 e 2.1.3.1.

Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati, RS 0.111.

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della Convenzione che si riferiscono al rispetto dei beni culturali15. L'articolo 3 evidenzia inoltre che determinate disposizioni si applicano anche in tempo di pace16.

L'applicabilità del Secondo Protocollo tra gli Stati parte e gli Stati non vincolati è disciplinata nell'articolo 3 paragrafo 2 SPCA. Esso stabilisce infatti che gli Stati parte sono vincolati nelle loro relazioni con uno Stato parte che non è vincolato dal secondo Protocollo, se quest'ultimo ne accetta e applica le disposizioni17.

L'articolo 4 comma b prevede una deroga al principio sancito nell'articolo 2, nel senso che la protezione rafforzata ora prevista nel Secondo Protocollo18 sostituisce il sistema di protezione speciale contenuto nella Convenzione19. Tale disciplinamento si applica tuttavia soltanto nelle relazioni tra le Parti al Secondo Protocollo. Ne consegue che, dopo l'entrata in vigore del Secondo Protocollo, vi saranno due elenchi per l'iscrizione di beni culturali degni di particolare protezione: il Registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale e l'Elenco internazionale dei beni culturali sotto protezione rafforzata.

2.2

Capitolo 2: Disposizioni generali concernenti la protezione

Art. 5 Già l'articolo 3 della Convenzione obbliga gli Stati contraenti a predisporre, in tempo di pace, la tutela dei beni culturali situati sul loro territorio prendendo tutte le misure che considerano appropriate. Mancano tuttavia indicazioni precise in merito a tali misure appropriate.

L'articolo 5 SPCA specifica ora le singole misure. Sono elencate in particolare le seguenti: ­

l'allestimento di inventari;

­

la pianificazione di misure urgenti per garantire la protezione dei beni contro i rischi d'incendio o di crollo di edifici;

­

la preparazione della rimozione dei beni culturali mobili o la fornitura di una protezione in situ adeguata di detti beni;

­

la designazione di autorità competenti responsabili della tutela dei beni culturali.

La messa in atto di tali misure è vincolata alla disponibilità di risorse finanziarie e conoscenze tecniche. Al fine di agevolare l'applicazione, nell'articolo 29 paragrafo 1 comma a è prevista l'istituzione di un Fondo, costituito in parte anche da contributi spontanei delle Parti.

15 16 17 18 19

Art. 19 par. 1.

Art. 5, 10, 11, 14­21, 23­33, 37, nonché la maggior parte delle disposizioni finali quali gli art. 39­47 (eccetto l'art. 44) SPCA.

Cfr. anche art. 2 par. 3 CG I.

Capitolo 3 art. 10 segg. SPCA.

Capitolo 2 art. 8 segg. CA.

5305

Art. 6 L'articolo 4 paragrafo 1 della Convenzione obbliga gli Stati contraenti a rispettare i beni culturali situati sul proprio territorio o su quello di altri Stati contraenti, astenendosi dall'impiego di tali beni, dei loro dispositivi di protezione e delle loro immediate vicinanze per scopi che potrebbero esporli a distruzione o a deterioramento in caso di conflitto armato, e astenendosi da ogni atto di ostilità verso gli stessi. La Convenzione ammette una deroga a tali obblighi, qualora una necessità militare la renda necessaria (art. 4 par. 2 CA). Non è tuttavia definita la nozione di necessità militare imperativa.

L'articolo 6 SPCA precisa le condizioni che devono sussistere affinché possa essere invocata una deroga all'obbligo generale di rispettare i beni culturali protetti. Il comma a fa riferimento a uno scenario in cui un atto di ostilità è diretto contro un bene culturale. Una deroga all'obbligo generale dell'aggressore di rispettare i beni culturali è ora ammessa se, cumulativamente, il bene culturale in questione, per la sua funzione, è stato trasformato in obiettivo militare e non esiste un'alternativa possibile per ottenere un vantaggio militare equivalente. Contrariamente all'articolo 52 paragrafo 2 PA I, il contributo del bene culturale a un'azione militare è considerato rilevante soltanto in riferimento alla sua funzione, e non già in ragione della sua natura, della sua ubicazione, della sua destinazione o del suo impiego. La scelta della nozione di «funzione» rappresenta un compromesso tra l'opinione ampiamente sostenuta in occasione della conferenza diplomatica, secondo cui occorreva adottare il tenore dell'articolo 52 paragrafo 2 PA I, e l'opinione contraria, che preferiva far riferimento all'impiego20. In tal senso, la nuova definizione introdotta, il cui significato non è facile da desumere, necessita di una spiegazione. Rispetto all'elenco contenuto nel Protocollo aggiuntivo I, si tratta di una semplice sfumatura che non avrà ripercussioni sulla prassi.

L'articolo 6 comma b concerne una situazione in cui una parte in conflitto intende utilizzare un bene culturale in una zona sotto il suo controllo per scopi che possono esporlo alla distruzione o al deterioramento, per esempio qualora truppe o materiale militare vengano stazionati nel bene culturale o nelle sue immediate
vicinanze. Questa procedura è ammessa se e fintanto che un vantaggio militare equivalente non può essere ottenuto in altro modo.

Per principio, la decisione di invocare una necessità militare imperativa dev'essere presa, conformemente al comma c, soltanto dal capo di una formazione superiore, per importanza, a un battaglione. In casi eccezionali, la decisione può anche essere presa dal capo di una formazione più piccola (p. es. il comandante di una formazione operativa indipendente). Questo disciplinamento presenta il vantaggio che i capi militari, di norma, sono assistiti nelle loro decisioni da uno stato maggiore che studia vantaggi e inconvenienti delle diverse varianti giuridiche e strategiche21. In tal 20

21

Cfr. al proposito Jean-Marie Henckaerts, Nouvelles règles pour la protection des biens culturels en cas de conflit armé: la portée du Deuxième Protocole relatif à la Convention de La Haye de 1954 pour la protection des biens culturels en cas de conflit armé, in: M. T. Dutli et al. (ed.): Protection des biens culturels en cas de conflit armé, Rapport d'une réunion d'experts, CICR, Ginevra 2001, pag. 36 segg.

L'art. 4 CA non definiva a chi spettava invocare la necessità militare imperativa. In altre parole: il capo di un aggruppamento poteva decidere se occorreva revocare la protezione a un bene culturale per motivi che, a suo parere, costituivano una necessità militare imperativa.

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modo, il rischio di un deterioramento o di una distruzione di beni culturali risulta fortemente ridotto.

Secondo il comma d, un attacco dev'essere preceduto da un avvertimento con mezzi efficaci, se le circostanze lo consentono. Contrariamente all'articolo 13 paragrafo 2 comma c (ii e iii), questa disposizione non precisa se occorre concedere all'avversario un termine ragionevole per porre fine all'utilizzazione del bene culturale per scopi militari22. L'espressione «con mezzi efficaci» indica tuttavia che dall'avvertimento ci si aspetta un effetto, cosa che può essere realizzata soltanto se l'avvertimento concede tempo sufficiente per dar seguito all'ingiunzione.

Art. 7 Il presente articolo impone vari obblighi a ogni Parte contraente coinvolta in un conflitto, la quale predispone o effettua un attacco.

Occorre fare tutto il possibile per verificare che gli obiettivi da attaccare non siano beni culturali protetti dall'articolo 4 della Convenzione (comma a). Nella scelta dei mezzi e dei metodi di attacco occorre prendere tutte le precauzioni possibili al fine di evitare o in ogni caso di ridurre al minimo i danni a beni culturali protetti in virtù dell'articolo 4 della Convenzione (comma b). Non può essere lanciato un attacco se si può presumere che esso possa provocare a beni culturali danni eccessivi rispetto al vantaggio militare previsto (comma c). Un attacco dev'essere annullato o interrotto se appare evidente che l'obiettivo è un bene culturale protetto in virtù dell'articolo 4 della Convenzione o se ci si può aspettare che provochi danni eccessivi a beni culturali protetti dallo stesso articolo della Convenzione (comma d i e ii).

Art. 8 Il presente articolo obbliga gli Stati contraenti coinvolti in un conflitto armato ad allontanare i beni culturali mobili dalle vicinanze degli obiettivi militari o a fornire una protezione adeguata in situ. Gli obiettivi militari, inoltre, non devono essere collocati in prossimità di beni culturali. Tali misure precauzionali, tuttavia, devono essere rispettate solo se realizzabili nella pratica.

Art. 9 Il presente articolo ha lo scopo di precisare gli obblighi della potenza occupante nei confronti dei beni culturali situati nei territori occupati. Già la Convenzione dell'Aia del 190723 concernente la guerra per terra prevedeva l'obbligo della potenza
occupante di proteggere i beni culturali. La Convenzione dell'Aia del 1954 vieta, all'articolo 4 paragrafo 3, il furto, il saccheggio o altre appropriazioni indebite di beni culturali, come pure qualsiasi atto di vandalismo verso gli stessi, e obbliga la potenza occupante, nell'articolo 5, a sostenere gli sforzi delle autorità nazionali competenti del territorio occupato intesi a tutelare e conservare i propri beni cultu22

23

L'obbligo di avvertimento di cui al comma d è dunque meno cogente di quello contenuto nell'art. 13 par. 2 comma c, ma anche di quello previsto per il servizio sanitario (art. 21 CG I; art. 34 CG II; art. 19 CG IV; art. 13 PA I; art. 11 par. 2 PA II) e la protezione civile (art. 65 PA I ).

Art. 56 del Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra per terra (RS 0.515.112), oggi considerato diritto consuetudinario.

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rali. Il Protocollo dell'Aia del 14 maggio 195424 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (in seguito Primo Protocollo) disciplina l'esportazione di beni culturali provenienti da territori occupati, come pure l'obbligo della restituzione.

Il paragrafo 1 comma a vieta qualsiasi esportazione, altra rimozione o trasferimento di proprietà illeciti di beni culturali25. Il paragrafo 1 comma b vieta gli scavi archeologici nel territorio occupato, prevedendo una deroga qualora essi siano assolutamente indispensabili ai fini della tutela, della registrazione o della conservazione di beni culturali26. Il comma c vieta infine la trasformazione di beni culturali o il cambiamento della loro utilizzazione. Al fine di prevenire gli abusi, il paragrafo 2 obbliga la potenza occupante a operare in stretta collaborazione con le autorità nazionali competenti in caso di scavi, trasformazione o cambiamento di utilizzazione di beni culturali.

2.3

Capitolo 3: Protezione rafforzata

Art. 10 La Convenzione prevede una cosiddetta «protezione speciale»27 per i rifugi destinati a proteggere beni culturali mobili, centri monumentali e altri beni culturali immobili di massima importanza. Tale sistema di protezione speciale contiene tuttavia diversi punti deboli, quali la condizione di una distanza sufficiente da grandi centri industriali o da importanti obiettivi militari, difficile da rispettare28. Questo è il motivo per cui esso ha trovato applicazione soltanto in pochi casi isolati29. Nel Secondo Protocollo è pertanto stata istituita una protezione speciale supplementare, definita

24 25

26

27 28 29

RS 0.520.32 Il termine «illecito» è definito nell'art. 1 comma g del Secondo Protocollo come un atto «effettuato sotto costrizione o altro, in violazione delle regole applicabili della legislazione interna del territorio occupato o del diritto internazionale». Esso è utilizzato sia nella Convenzione dell'UNESCO del 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà di beni culturali (art. 11) sia nella Raccomandazione dell'UNESCO che definisce i principi internazionali da applicare in materia di scavi archeologici (Nuova Delhi, 5 dicembre 1956).

L'esigenza di un disciplinamento degli scavi archeologici in territorio occupato esisteva già al momento della discussione della Convenzione dell'Aia del 1954, ma allora non se ne tenne conto. La Raccomandazione dell'UNESCO del 5 dicembre 1956 contiene principi internazionali che devono essere applicati in caso di scavi archeologici su territori occupati. Il gruppo di esperti incaricato di elaborare tali principi osservava, già nel 1956, che occorreva integrarli nella Convenzione dell'Aia in occasione di una revisione. Cfr. al proposito Jiri Toman, La protection des biens culturels en cas de conflit armé, Commentaire de la Convention de La Haye du 14 mai 1954, UNESCO, 1994, pag. 106 seg.

Art. 8 segg. CA.

Art. 8 par. 1 comma a CA. A questa condizione possono tuttavia derogare, a determinate condizioni, i rifugi di cui al par. 2.

A livello mondiale, sono state effettuate soltanto quattro iscrizioni nel Registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale. L'unico bene culturale in superficie sotto protezione speciale è il Vaticano. Sono inoltre posti sotto protezione speciale i seguenti rifugi: Alt-Aussee (Austria), Oberried (Germania) e tre rifugi nei Paesi Bassi.

Nel 2000, il rifugio di Alt-Aussee è stato cancellato dal Registro.

5308

«protezione rafforzata», la quale sostituisce la protezione speciale nei rapporti tra gli Stati parte al Secondo Protocollo30.

Le tre condizioni per una protezione rafforzata di cui all'articolo 10 sono le seguenti: innanzitutto, deve trattarsi di un patrimonio culturale che riveste una grande importanza per l'umanità31. Il bene culturale deve inoltre essere protetto da misure interne giuridiche e amministrative e, infine, non dev'essere utilizzato né per scopi militari né per proteggere siti militari e la Parte contraente sotto il cui controllo esso si trova deve confermare in una dichiarazione che non sarà utilizzato per tali scopi.

Il Comitato competente per accordare la protezione rafforzata (art. 27 par. 1 comma b) può esentare dall'adempimento della seconda condizione se la Parte contraente presenta una domanda di assistenza internazionale per elaborare, perfezionare o applicare leggi, disposizioni amministrative e misure (art. 11 par. 8, in corr. con l'art.

32). La terza condizione, pur appoggiandosi sul disciplinamento contenuto nell'articolo 8 paragrafo 2 CA, è più sfumata poiché non prevede più la nozione di distanza adeguata e sostituisce l'espressione «obiettivi militari» con quella più ristretta di «siti militari», che comprende unicamente gli aerodromi militari, i depositi di armi, le caserme e le basi militari.

Art. 11 Il presente articolo disciplina in dettaglio la procedura relativa alla concessione della protezione rafforzata seguita dal Comitato. Conformemente al paragrafo 2, la Parte che ha la giurisdizione o il controllo su un bene culturale può chiedere l'iscrizione di tale bene nell'Elenco dei beni culturali sotto protezione rafforzata32. La formulazione scelta per il paragrafo 2 è intesa a garantire che, in territori occupati o contesi, entrambe le parti, sia quella sotto la cui autorità effettiva il bene culturale è collocato, sia quella che vi esercita la giurisdizione, abbiano il diritto di presentare la domanda. Può invece rilasciare la dichiarazione di cui all'articolo 10 comma c soltanto la Parte che esercita il controllo effettivo sul bene culturale. Né la domanda d'iscrizione di un bene culturale nell'elenco né la sua iscrizione effettiva pregiudicano i diritti delle parti alla controversia (art. 11 par. 4).

Il Comitato ha la facoltà di invitare le Parti a
chiedere che un bene culturale sia posto sotto protezione rafforzata (par. 2). Altre Parti, il Comitato internazionale dello Scudo Blu e altre organizzazioni non governative competenti in materia possono raccomandare al Comitato un bene culturale degno di essere collocato sotto la protezione rafforzata (par. 3). Le Parti possono presentare obiezioni, nei confronti di una domanda, per quanto concerne l'adempimento dei criteri di cui all'articolo 10 (art. 11 par. 5). Dopo aver consultato organizzazioni governative e non governative, come pure esperti in materia, il Comitato è chiamato a decidere, in base ai criteri ci30

31

32

Cfr. a tal proposito le spiegazioni relative all'art. 4 (cap. 1). Poiché il Secondo Protocollo ha carattere complementare, e quindi non potendosi trattare di un emendamento della Convenzione e della relativa protezione speciale, è stato istituito il nuovo sistema di protezione con una nuova denominazione.

L'elenco del patrimonio mondiale di cui all'art. 11 par. 2 della Convenzione del 23 novembre 1972 per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale (RS 0.451.41) è riservato ai beni culturali «di valore universale eccezionale». L'esigenza di un collegamento più stretto tra l'elenco di protezione speciale della CA e l'elenco del patrimonio mondiale era sentita già nel 1984. Cfr. a tal proposito Jiri Toman, op. cit., pag. 398 in riferimento alla proposta di Stanislaw Edward Nahlik.

Art. 27 par. 1 comma b SPCA.

5309

tati, sull'iscrizione del bene culturale nell'Elenco (par. 6). La protezione rafforzata del bene culturale diventa effettiva a partire dalla sua iscrizione nell'Elenco (par. 10). La decisione è notificata senza indugio al Segretario generale delle Nazioni Unite e a tutte le Parti (par. 11).

Allo scoppio di un conflitto, può essere concessa la protezione rafforzata a titolo provvisorio in una procedura accelerata (par. 9). In tal caso, hanno il diritto di presentare la domanda le Parti coinvolte nel conflitto sotto la cui giurisdizione o il cui controllo si trova il bene culturale in pericolo.

Art. 12 Le Parti coinvolte in un conflitto garantiscono che i beni culturali sotto protezione rafforzata non siano oggetto di attacchi, come pure di non utilizzare tali beni o i loro immediati dintorni a sostegno di un'azione militare. L'articolo 12 si ispira al tenore dell'articolo 9 CA. Una differenza fondamentale tra la protezione generale e la protezione rafforzata consiste nel divieto assoluto di trasformare un bene culturale posto sotto protezione rafforzata in obiettivo militare in ragione della sua utilizzazione a scopi militari33.

Art. 13 e 14 Un bene culturale perde la protezione rafforzata qualora si verifichino le circostanze seguenti: se e fintanto che un bene culturale posto sotto protezione rafforzata non adempie più le condizioni di cui all'articolo 10, il Comitato sospende o annulla lo statuto di bene sotto protezione rafforzata stralciandolo dall'Elenco (art. 13 par. 1 comma a in corr. con l'art. 14 par. 1). Se il bene culturale è utilizzato a sostegno di azioni militari, il Comitato può sospendere la protezione rafforzata; se tale situazione persiste, la protezione può essere eccezionalmente annullata e il bene stralciato dall'Elenco (art. 13 par. 1 comma a in corr. con l'art. 14 par. 2). Il Direttore generale dell'UNESCO notifica tale decisione al Segretario generale delle Nazioni Unite e a tutte le Parti al Secondo Protocollo (art. 14 par. 3). I beni culturali possono pure perdere la protezione rafforzata automaticamente, senza che il Comitato prenda misure, se e fintanto che il bene funge da obiettivo militare in ragione della sua utilizzazione da parte dell'avversario (art. 13 par. 1 comma b). Il bene può essere oggetto di un attacco, se si tratta dell'unico mezzo praticamente possibile
per porre fine a tale utilizzazione illecita e purché siano state prese tutte le precauzioni riguardo alla scelta dei mezzi e dei metodi di attacco al fine di evitare, o comunque di ridurre al minimo, i danni causati (art. 13 par. 2 commi a e b). Salvo che le circostanze non lo consentano a causa delle esigenze di legittima difesa, l'ordine di attaccare deve inoltre essere dato al livello più alto del comando operativo, ossia in Svizzera il comandante in capo dell'esercito (art. 13 par. 2 comma c i). Vi è l'obbligo di avvertire preventivamente le forze avverse con mezzi efficaci e di concedere loro tempo sufficiente per rinunciare all'utilizzazione illecita (ii e iii).

Rispetto al disciplinamento delle deroghe in caso di protezione generale (art. 6), nell'ambito della protezione rafforzata vigono condizioni qualificate: in base all'articolo 13 paragrafo 1 comma b, un bene culturale perde la protezione rafforzata se, in ragione della sua utilizzazione, diventa un obiettivo militare, e non già per la sua 33

Cfr. Jean-Marie Henckaerts, op. cit., pag. 45.

5310

funzione, come invece prevede l'articolo 6 comma a i. La decisione di attaccare può inoltre essere presa soltanto al livello più alto del comando operativo. Alle forze avverse deve altresì essere concesso un termine ragionevole per mettere fine all'uso illecito del bene culturale.

2.4

Capitolo 4: Responsabilità penale e competenza

Art. 15 L'articolo 28 della Convenzione prevede che le Alte Parti contraenti siano tenute a istituire un dispositivo di sanzioni penali e disciplinari. Il Secondo Protocollo completa tale norma generale fornendo una chiara definizione delle violazioni gravi della Convenzione dell'Aia, ma anche dello stesso Protocollo. Il Secondo Protocollo si riallaccia agli obblighi, già contenuti nei principi sanciti dalla Convenzione, di rispettare i beni culturali (art. 4 e 9 SPCA).

Sebbene il presente Protocollo faccia parzialmente riferimento al Protocollo aggiuntivo I, l'espressione ivi contenuta di «infrazioni gravi» non è stata ripresa, poiché finora sono state definite tali soltanto determinate infrazioni contro le Convenzioni di Ginevra e il relativo Protocollo aggiuntivo I. Analogamente all'articolo 8 paragrafo 2 comma b dello Statuto di Roma, il Secondo Protocollo utilizza dunque l'espressione «violazioni gravi».

Ai sensi dell'articolo 15 paragrafo 1 SPCA, commette reato chi, intenzionalmente e in violazione della Convenzione o del Secondo Protocollo: a.

fa oggetto di un attacco un bene culturale sotto protezione rafforzata;

b.

utilizza a sostegno di un'azione militare un bene culturale sotto protezione rafforzata o i suoi immediati dintorni;

c.

distrugge o si appropria su vasta scala di beni culturali protetti dalla Convenzione e dal presente Protocollo;

d.

fa oggetto di un attacco un bene culturale coperto dalla Convenzione e dal presente Protocollo; o

e.

ruba, saccheggia o sottrae beni culturali protetti dalla Convenzione e compie atti di vandalismo contro beni culturali coperti dalla Convenzione.

Le prime due fattispecie penali (commi a e b) concernono i beni culturali posti sotto protezione rafforzata conformemente agli articoli 10 e seguenti. Tali fattispecie si fondano sui due Protocolli aggiuntivi.34 Le altre tre fattispecie indicano violazioni contro beni culturali posti sotto la protezione generale della Convenzione e del Secondo Protocollo.

Le Parti devono stabilire la loro competenza per le violazioni elencate nell'articolo 15 paragrafo 1. A tale scopo devono però rispettare diverse condizioni, menzionate nel commento degli articoli 16 e 18.

34

In particolare art. 53 commi a e b PA I, come pure art. 16 PA II.

5311

Art. 16 Le Parti contraenti sono tenute a fondare la propria competenza in merito alle infrazioni di cui all'articolo 15 nel proprio diritto nazionale. Per il perseguimento dei reati, l'articolo 16 prevede, oltre al principio di territorialità e quello di personalità attiva, anche il principio di universalità. Il principio di universalità significa che l'autore può essere perseguito penalmente, a prescindere dalla sua cittadinanza e dal luogo in cui è stato commesso il reato, se si trova sul territorio dello Stato contraente in questione. Secondo l'articolo 16 paragrafo 1 comma c, esso trova applicazione soltanto nelle violazioni contro beni culturali sotto protezione rafforzata (art. 15 par. 1 commi a e b) oppure qualora beni culturali sotto protezione generale siano oggetto di distruzione o appropriazione indebita (art. 15 par. 1 comma c). Per le altre due fattispecie penali, la Parte deve fondare la propria competenza se il reato è stato commesso sul proprio territorio nazionale o l'autore detiene la cittadinanza dello Stato parte in questione.

Il Secondo Protocollo contiene un'importante restrizione al principio di universalità per i cittadini di Stati che non ne sono parte. Uno Stato contraente, competente unicamente in ragione del principio di universalità, può perseguire penalmente cittadini di Stati che non sono parte al Protocollo soltanto in tre casi. In primo luogo, se la fattispecie penale concerne il diritto consuetudinario (art. 16 par. 2 comma a). Secondariamente, se lo Stato non vincolato interessato ha riconosciuto il Secondo Protocollo e ne applica le disposizioni (art. 16 par. 2 comma b in corr. con l'art. 3 par. 2) e, in terzo luogo, se il reato è commesso da cittadini delle forze armate di uno Stato contraente. Il principio di territorialità non è pregiudicato da tale restrizione, come peraltro risulta dall'atto finale della conferenza diplomatica35.

Art. 17 Il paragrafo 1 si riferisce al principio del diritto penale «aut dedere aut iudicare». La Parte contraente deve perseguire penalmente le violazioni che sottostanno al principio di universalità (art. 15 par. 1 commi a­c), oppure estradare l'autore. La condizione è che il presunto autore si trovi sul territorio nazionale della Parte contraente.

Se quest'ultima non procede all'estradizione, il caso dev'essere sottoposto
senza indugio alle autorità competenti del perseguimento. In virtù del paragrafo 2, devono essere garantiti almeno i principi del diritto internazionale in materia di equo procedimento.

Art. 18 L'articolo 18 paragrafo 1 disciplina l'estradizione. Le infrazioni che possono dar luogo a estradizione sono definite nell'articolo 15 paragrafo 1 commi a­c SPCA.

Giusta il paragrafo 2, le Parti che subordinano l'estradizione all'esistenza di un trattato ma che non sono legate alla Parte richiedente da un trattato di estradizione possono considerare il Secondo Protocollo come base legale. Il paragrafo 3 si applica alle Parti che non subordinano l'estradizione all'esistenza di un trattato e prevede 35

Acte final de la Conférence diplomatique sur le deuxième Protocole relatif à la Convention de La Haye sur la protection des biens culturels en cas de conflit armé (L'Aia, 15­26 marzo 1999), punto 11, quarto paragrafo: «Aucune disposition de l'article 16 (2) (b) ne peut en aucune mesure être interprétée comme portant atteinte à la mise en oeuvre de l'art. 16 (1) (a).»

5312

che queste riconoscano le infrazioni di cui all'articolo 15 paragrafo 1 commi a­c come casi di estradizione, fatte salve le condizioni previste dalla legislazione della Parte che riceve la domanda. Il paragrafo 4 mira a impedire che l'autore di un'infrazione di cui all'articolo 15 paragrafo 1 commi a­c del Protocollo possa sottrarsi all'azione penale. Altri strumenti internazionali prevedono norme analoghe36.

Art. 19 L'articolo 19 paragrafo 1 sancisce un obbligo, previsto da quasi tutti gli strumenti multilaterali e bilaterali di assistenza giudiziaria in materia penale, secondo cui le Parti devono concedersi reciprocamente la maggiore assistenza giudiziaria possibile.

Le Parti che non sono legate da trattati di assistenza giudiziaria adempiono gli obblighi che incombono loro in virtù dell'articolo 19 paragrafo 1 applicando il proprio diritto interno. L'articolo 19, al contrario dell'articolo 18, si applica a tutte le fattispecie penali elencate nell'articolo 15 paragrafo 1.

Art. 20 L'articolo 20 paragrafo 1 disciplina la «depoliticizzazione» delle infrazioni di cui all'articolo 15 paragrafo 1 commi a­c in vista dell'estradizione e all'articolo 15 paragrafo 1 in vista dell'assistenza giudiziaria. La cooperazione giudiziaria non può essere rifiutata per il solo motivo che l'infrazione è di natura politica37.

Secondo il paragrafo 2 è possibile rifiutare l'assistenza giudiziaria in senso lato (compresa l'estradizione) se la domanda è intesa a punire o a sanzionare una persona per motivi di razza, religione, nazionalità, origine etnica o per le sue opinioni politiche38. Si tratta di una clausola obbligatoria di non discriminazione. Lo scopo è di evitare che lo Stato che riceve la domanda partecipi, mediante l'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, a procedimenti che non garantiscono alla persona perseguita le garanzie minime di protezione39. L'articolo 20 paragrafo 2 si differenzia dal paragrafo 1, perché dà la possibilità di esaminare la richiesta non solo in funzione della natura del reato, ma anche in funzione dei motivi che hanno indotto lo Stato richiedente a formularla. Questa clausola consente di tutelarsi contro domande abusive40. La persona perseguita secondo la procedura estera può comunque invocare le norme cogenti e vincolanti del diritto internazionale, che la Svizzera 36 37

38

39

40

Cfr. in particolare l'art. 8 par. 4 della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (RS 0.105).

Altri strumenti internazionali, ratificati dalla Svizzera, escludono, nell'ambito dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, il carattere politico dei reati cui si riferiscono: art. 3 par. 2 del Trattato d'estradizione fra la Confederazione Svizzera e gli Stati Uniti d'America (RS 0.353.933.6); art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione (RS 0.353.11); art. VII ­ in relazione con art. III ­ della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (RS 0.311.11).

Cfr. in particolare l'art. 3 par. 2 della Convenzione europea di estradizione; l'art. 5 della Convenzione europea per la repressione del terrorismo; l'art. 16 par. 14 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (non ancora ratificata).

Cfr. in particolare la definizione del livello di protezione nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici o nella CEDU, e norme dell'ordine pubblico internazionale (DTF 123 II 517, consid. 5a e riferimenti citati).

Questa disposizione costituisce una conquista della Convenzione europea per la repressione del terrorismo (art. 5; RS 0.353.3).

5313

è tenuta a rispettare a prescindere dall'esistenza di trattati bilaterali o multilaterali con lo Stato richiedente e che possono giustificare un rifiuto di cooperare41.

Art. 21 L'articolo 21 disciplina i reati che non sono considerati violazioni gravi del Secondo Protocollo. Impregiudicato l'articolo 28 CA, l'articolo 21 prescrive alle Parti l'adozione di misure legislative, amministrative o disciplinari per far cessare l'utilizzazione di beni culturali, la loro esportazione illecita o altra rimozione, oppure il trasferimento illecito di proprietà di beni culturali da un territorio occupato, se commessi intenzionalmente, in violazione della Convenzione o del Secondo Protocollo42. Disposizioni più dettagliate sono previste nella Convenzione UNESCO del 14 novembre 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà di beni culturali43.

2.5

Capitolo 5: Protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato che non presenta un carattere internazionale

L'articolo 19 CA già prevede un'applicazione limitata delle disposizioni in caso di conflitti armati non internazionali. Le parti in conflitto infatti sono tenute ad applicare almeno quelle disposizioni che si riferiscono al rispetto dei beni culturali. Le parti in conflitto possono applicare le ulteriori disposizioni stipulando accordi speciali.

Un disciplinamento globale della protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati non internazionali si è reso necessario poiché il numero dei conflitti di natura interna è in continuo aumento.

In base all'articolo 22 paragrafo 1 SPCA tutte le disposizioni si applicano anche in caso di conflitti armati senza carattere internazionale e che hanno luogo sul territorio di una delle Parti. Per quanto riguarda l'inapplicabilità del Protocollo alle situazioni di tensione e di tumulti interni, il paragrafo 2 riprende il tenore dell'articolo 1 paragrafo 2 PA II. Interpretando letteralmente l'articolo 22 paragrafo 1 SPCA, le norme previste si applicherebbero solo alle Parti, cioè agli Stati contraenti. In seguito ai dibattiti tenutisi nell'ambito della Conferenza diplomatica è tuttavia emerso che il paragrafo 1 va interpretato in modo che, in caso di conflitti armati senza carattere internazionale, le disposizioni si applichino a tutte le parti in conflitto, anche a quelle non statali44. Fanno eccezione le disposizioni che prevedono obblighi che per loro natura possono essere adempiuti solo da Stati45. Il paragrafo 6 sottolinea inoltre che l'applicazione del Secondo Protocollo alle Parti coinvolte in un conflitto armato

41 42 43 44

45

DTF 117 Ib, consid. 2a e riferimenti citati.

Cfr. anche art. 146 par. 3 IV. CG.

Cfr. messaggio concernente la Convenzione UNESCO e la legge federale del 21 novembre 2001 sul trasferimento internazionale dei beni culturali (LTBC), FF 2002 457.

Vedi Conférence diplomatique sur le deuxième Protocole relatif à la Convention de la Haye pour la protection des biens culturels en cas de conflit armé du 15 au 26 mars 1999, Comptes rendus du vendredi 26 mars 1999, riassunto del dibattito sul capitolo 5: http://www.unesco.org/culture/legalprotection/war/html_fr/precis.shtml In particolare obblighi a livello istituzionale o concernenti l'applicazione del Protocollo (cap. 6 e 8).

5314

senza carattere internazionale non influisce sul loro statuto giuridico; si riprende quindi la clausola contenuta nell'articolo 3 paragrafo 3 CG.

I paragrafi 3 e 5 dell'articolo 22 SPCA contengono clausole di salvaguardia ispirate a due principi complementari del diritto internazionale, ossia l'inviolabilità della sovranità nazionale e il divieto d'intervento. Secondo il paragrafo 3 uno Stato può difendere la propria sovranità con tutti i mezzi legittimi46. Il paragrafo 4 garantisce, quale ulteriore clausola di salvaguardia, la priorità giurisdizionale della Parte sul cui territorio ha luogo un conflitto armato senza carattere internazionale, per quanto concerne le violazioni di cui all'articolo 15. Il paragrafo 7, analogamente all'articolo 3 CG, concede infine la possibilità alle parti in conflitto di far capo ai servizi dell'UNESCO.

2.6

Capitolo 6: Questioni istituzionali

A livello istituzionale il Secondo Protocollo prevede la convocazione di un'Adunanza delle Parti, l'istituzione di un Comitato per la protezione dei beni culturali e l'istituzione di un Fondo.47 L'Adunanza delle Parti è convocata per principio ogni due anni, contemporaneamente alla Conferenza generale dell'UNESCO e in coordinazione con l'Adunanza delle Alte Parti contraenti (art. 23 par. 1). All'Adunanza delle Parti compete eleggere i membri del Comitato, approvare le linee direttrici elaborate dal Comitato, fornire gli orientamenti concernenti l'utilizzazione del Fondo e assicurarne la supervisione, nonché esaminare qualsiasi problema inerente all'applicazione del Secondo Protocollo (art. 23 par. 3).

Il Comitato si riunisce una volta all'anno in sessione ordinaria; è composto di esperti in rappresentanza di dodici Parti, secondo un'equa ripartizione tra le diverse regioni e culture del mondo (art. 24). Al Comitato compete elaborare le linee direttrici per l'applicazione del Secondo Protocollo, accordare, sospendere o ritirare la protezione rafforzata a beni culturali, stabilire, aggiornare e garantire la promozione dell'Elenco dei beni culturali sotto protezione rafforzata, seguire e controllare l'applicazione del Secondo Protocollo e favorire l'identificazione dei beni culturali sotto protezione rafforzata, esaminare i rapporti delle Parti48 e redigere il proprio rapporto all'indirizzo dell'Adunanza delle Parti (art. 27 par. 1 commi a­d). Riceve ed esamina le domande d'assistenza internazionale in virtù dell'articolo 32 e decide come utilizzare il Fondo (art. 27 par. 1 commi e­f). Il Comitato esercita le proprie funzioni cooperando con il Direttore generale (art. 27 par. 2). In base al paragrafo 3 è chiamato inoltre a cooperare con le organizzazioni governative e non governative internazionali e nazionali nell'ambito della protezione dei beni culturali. Il Segretariato dell'UNESCO assiste il Comitato nella preparazione della documentazione e delle sedute, nonché nell'esecuzione delle sue decisioni (art. 28).

Il Fondo è istituito allo scopo di concedere un'assistenza finanziaria o di altro genere per sostenere le misure preparatorie o di altro genere da adottare in tempo di pace, 46 47 48

Cfr. anche Sandoz/Swinarski/Zimmermann, Commentaire des Protocoles additionnels du 6 juin 1977 aux Conventions de Genève du 12 août 1949, pag. 1386 segg.

Cfr. art. 23, 24 e 29 SPCA.

Art. 37 par. 2 SPCA.

5315

ma anche di concedere un'assistenza per la protezione dei beni culturali in periodo di conflitto armato (art. 29 par. 1 commi a­b). Non esiste alcun obbligo di contribuzione al Fondo (art. 29 par. 4).

2.7

Capitoli 7, 8 e 9: Diffusione dell'informazione e assistenza internazionale, esecuzione e disposizioni finali

Le Parti si sforzano, mediante la diffusione di informazioni, di far apprezzare e rispettare meglio i beni culturali sia in ambito civile sia in ambito militare (art. 30)49.

In caso di grave violazione del Protocollo, le parti sono tenute a cooperare a livello internazionale50. Sia in periodo di conflitto armato sia in tempo di pace le Parti possono domandare al Comitato un'assistenza internazionale a favore di beni culturali sotto protezione rafforzata, nonché un'assistenza per elaborare le necessarie misure interne (art. 32 par. 1). Questa disposizione vale anche per una parte in conflitto che non è Parte al Secondo Protocollo, ma che ne accetta e ne applica le disposizioni (art. 32 par. 2). In tempo di pace l'UNESCO può fornire assistenza tecnica su richiesta delle Parti, le quali sono tenute a loro volta a fornire un'assistenza tecnica, sia bilaterale sia multilaterale (art. 33 par. 1 e 2)51.

In caso di conflitto armato il Secondo Protocollo è applicato con l'assistenza delle Potenze protettrici; questo sistema è già sancito nella Convenzione dell'Aia52. Il Secondo Protocollo prevede inoltre la possibilità che, nel caso in cui non sono state designate Potenze protettrici, il Direttore generale può offrire i suoi buoni uffici o intervenire in qualsiasi altra forma di conciliazione o di mediazione al fine di risolvere la controversia (art. 36 par. 1). Le parti in conflitto possono riunirsi su invito di una Parte o del Direttore generale (art. 36 par. 2). Analogamente a quanto stabilito nella Convenzione53, ogni quattro anni le Parti redigono un rapporto sull'attuazione del Secondo Protocollo. In base all'articolo 38 la responsabilità penale individuale non ha alcuna influenza sulla responsabilità degli Stati in materia di diritto internazionale, segnatamente in merito all'obbligo di riparazione.

Le disposizioni finali prevedono tra l'altro, in situazioni di conflitto armato, il ricorso a una procedura accelerata per l'entrata in vigore del Protocollo, nonché la dilazione di un anno della procedura di disdetta (art. 44 e 45). Il Secondo Protocollo entra in vigore tre mesi dopo il deposito del ventesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione (art. 43 par. 1).

49 50 51 52 53

Vedi anche art. 25 CA.

L'art. 31 fa riferimento allo Statuto delle Nazioni Unite.

Cfr. art. 23 CA.

Gli art. 34 e 35 SPCA equivalgono agli art. 21 e 22 CA.

Art. 26 par. 2 CA.

5316

3

Il Secondo Protocollo e l'ordinamento giuridico svizzero

3.1

Genere degli obblighi di diritto internazionale

Come tutti gli accordi internazionali, il Secondo Protocollo diventerà parte integrante del nostro ordinamento giuridico non appena sarà in vigore per la Svizzera.

Per quanto le disposizioni di uno strumento giuridico internazionale siano applicabili direttamente, i diritti da esse risultanti possono essere fatti valere dinanzi alle autorità svizzere a partire dalla data dell'entrata in vigore. Sono direttamente applicabili le disposizioni che ­ considerate nel loro contesto globale e in relazione all'oggetto e allo scopo del Secondo Protocollo ­ non contengono condizioni e sono sufficientemente definite per essere applicate a una fattispecie concreta e per costituire il fondamento di una decisione.

In linea di principio si può osservare che alcune disposizioni del Secondo Protocollo contengono norme sufficientemente definite da essere applicabili direttamente54. Le prescrizioni sulla punibilità individuale richiedono invece esplicite disposizioni d'esecuzione con relative sanzioni a livello di diritto penale interno55. Spetta dunque alle autorità che applicano il diritto decidere della giustiziabilità delle corrispondenti disposizioni del Secondo Protocollo.

3.2

Punibilità delle infrazioni al Secondo Protocollo e alla Convenzione dell'Aia

L'attuale diritto svizzero contiene già norme di diritto penale sulla violazione delle prescrizioni per la protezione dei beni culturali.

In base all'articolo 109 capoverso 1 del Codice penale militare (CPM)56 chi contravviene alle prescrizioni di convenzioni internazionali sulla condotta della guerra e sulla protezione delle persone e dei beni, nonché chi viola altre leggi di diritto internazionale consuetudinario e usi riconosciuti della guerra è punito con la detenzione, nei casi gravi con la reclusione. Il Secondo Protocollo è appunto un trattato internazionale per la protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati. La clausola generale dell'articolo 109 CPM include quindi anche le fattispecie del Secondo Protocollo. Inoltre, secondo l'articolo 3 paragrafo 1 in relazione con l'articolo 22 paragrafo 1, il Secondo Protocollo è applicabile in caso di conflitto armato che non presenta un carattere internazionale. Questa circostanza è contemplata anche dal diritto svizzero: infatti, secondo l'articolo 108 capoverso 2 CPM, la violazione di convenzioni internazionali non è punibile solo in caso di conflitti armati fra Stati, ma anche se le convenzioni prevedono un campo di applicazione più esteso. In tal modo la Svizzera adempie l'obbligo di cui all'articolo 28 CA e all'articolo 15 paragrafo 2 SPCA, garantendo il perseguimento delle infrazioni alla Convenzione e delle violazioni gravi del Secondo Protocollo. L'obbligo di cui all'articolo 21 SPCA di far cessare altre infrazioni alla Convenzione o al Secondo Protocollo è rispettato in ragione

54 55 56

P. es. l'art. 5.

Art. 15 e art. 21, ma anche l'art. 16 per quanto riguarda la costituzione della giurisdizione, nonché l'art. 18 par. 1, 3 e 4 e l'art. 19.

RS 321.0

5317

degli articoli 72, 108 e 109 CPM. La Svizzera dispone pure della competenza richiesta dall'articolo 16 SPCA. Questo vale soprattutto per i reati commessi all'estero e il cui autore si trova in Svizzera57.

La legge federale del 1966 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato58 prevede inoltre agli articoli 26­28 il perseguimento penale per chi si rende colpevole di infrazioni non incluse nel CPM: ad esempio chi impedisce o perturba l'esecuzione delle misure di protezione, chi abusa del contrassegno di protezione ecc.

Per quanto concerne l'estradizione e l'assistenza giudiziaria va rilevato che la Svizzera dispone di una legge sull'assistenza in materia penale (AIMP)59 che disciplina la procedura di estradizione60. La Svizzera fa dipendere l'estradizione da alcune condizioni, tra cui la doppia punibilità61 e le garanzie iscritte in particolare nella CEDU e nel Patto internazionale sui diritti civici e politici62. La «depoliticizzazione» di determinati reati gravi menzionata nel commento all'articolo 20 SPCA è già garantita nel diritto svizzero dall'articolo 3 capoverso 2 AIMP. L'articolo 20 paragrafo 1 SPCA si spinge oltre poiché limita, soprattutto nell'ambito dell'estradizione, il potere discrezionale del Tribunale federale, autorità preposta alla concessione o al rifiuto di un'estradizione, se la persona interessata fa valere di essere perseguita per un reato politico o se dall'istruttoria risultano seri motivi per credere che si tratti di un siffatto reato. Tuttavia, considerato che in base all'articolo 1 AIMP la legge sull'assistenza in materia penale si applica solo se altre leggi o convenzioni internazionali non dispongono altrimenti, il disciplinamento del Secondo Protocollo è compatibile con il diritto svizzero.

3.3

Misure preventive in periodi di pace

Le misure stabilite nell'articolo 5 sono già disciplinate nell'ordinanza d'esecuzione alla legge federale sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (OPBC)63.

In Svizzera la protezione dei beni culturali in ambito civile è attuata a tre livelli: Confederazione, Cantoni e Comuni o regioni. A livello federale i compiti principali 57

58 59 60

61

62 63

Cfr. messaggio del 15 novembre 2000 concernente lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, la legge federale sulla cooperazione con la Corte penale internazionale e una revisione del diritto penale, FF 2001 311, 453.

Legge federale del 6 ottobre 1966 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, RS 520.3.

Legge federale del 20 marzo 1981 sull'assistenza internazionale in materia penale (RS 351.1).

Art. 32 segg. AIMP. Tali disposizioni sono valide nell'ambito delle prescrizioni generali dell'articolo 1 segg., nella misura in cui accordi internazionali non stabiliscano altrimenti. Per le corrispondenti procedure di estradizione è competente l'Ufficio federale di giustizia.

Il reato è passibile di una sanzione restrittiva della libertà la cui durata minima, secondo l'art. 35 lett. a AIMP, deve essere di almeno un anno. Non pongono problemi le violazioni di cui all'art. 15 par. 1 commi a­c SPCA, essendo punite secondo l'art. 109 CPM con la detenzione o la reclusione.

Cfr. art. 2 lett. a AIMP.

Ordinanza del 17 ottobre 1984 sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, OPBC, RS 520.31.

5318

sono, tra gli altri, l'elaborazione delle basi legali e l'allestimento dell'Inventario svizzero dei beni culturali di importanza nazionale e regionale, la cui versione aggiornata dovrebbe uscire nel 2005. La Confederazione assicura altresì la consulenza e il sostegno ai Cantoni nell'allestimento di documentazioni di sicurezza e mette a disposizione di Cantoni o Comuni il materiale informativo e la documentazione riguardante l'istruzione. Si occupa inoltre dell'istruzione dei quadri superiori della Protezione dei beni culturali (PBC) organizzando corsi pratici della durata di una settimana. Essa sostiene finanziariamente la realizzazione di rifugi per collezioni pregiate, fondi d'archivio e di musei che risultano poco protetti. Con il corpo pompieri sta pure elaborando una strategia per l'intervento in casi d'incendio.

A livello cantonale vengono allestite le documentazioni di sicurezza per i beni culturali di importanza nazionale e regionale. Documenti d'archivio e importanti fondi bibliotecari vengono registrati su microfilm. I Cantoni si occupano di istruire una parte del personale incaricato della protezione dei beni culturali impiegato dai Comuni.

Nei Comuni i compiti di protezione dei beni culturali vengono svolti da personale incorporato nella protezione civile. Si tratta soprattutto di esperti in relazione ai beni culturali che assumono compiti di natura pratica: sostenere istituzioni locali in lavori di inventariazione, allestire piani di catastrofe per i beni culturali più importanti e, in caso di sinistro, cooperare con i servizi d'intervento locali per contenere al minimo l'entità dei danni. Vanno inoltre predisposte, e rese agibili da subito, sedi adeguate alla protezione delle collezioni di archivi, biblioteche e musei, nonché di beni culturali mobili religiosi e civili. In Svizzera le misure elencate nell'articolo 5 sono dunque già realizzate e operative. Con la riduzione dell'obbligo di prestare servizio nella protezione civile (congedo a 40 anni) rischia tuttavia di assottigliarsi il numero degli specialisti disponibili a livello locale. In quest'ambito andranno trovate nuove soluzioni: per le esigenze della protezione dei beni culturali nei Comuni si tratterà soprattutto di riuscire a far capo a specialisti attivi in istituzioni culturali.

3.4

Diffusione e assistenza

In Svizzera è la Protezione dei beni culturali del DDPS ad occuparsi della diffusione dell'informazione riguardante la protezione dei beni culturali in tempo di conflitto armato, così come previsto nell'articolo 30 SPCA. Gli aspetti più rilevanti vengono comunicati al personale civile o militare durante i periodi di istruzione, ma anche tramite i quotidiani o le riviste specializzate. Internet costituisce inoltre un mezzo efficace per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della protezione dei beni culturali64. Nel settembre 2002 la Svizzera ha organizzato a Berna un Congresso internazionale sulla protezione dei beni culturali, durante il quale i partecipanti hanno avuto modo di discutere questioni concernenti il Secondo Protocollo e di scambiarsi utili esperienze65.

La Svizzera fornisce assistenza tecnica nella predisposizione di misure di protezione, così come previsto nell'articolo 33 paragrafo 2 del Secondo Protocollo. Dispone di una notevole esperienza pratica nel campo della protezione dei beni culturali e 64 65

http://www.bevoelkerungsschutz.ch (capitolo Protezione dei beni culturali).

http://www.kulturgueterschutz.ch/

5319

della pianificazione in situazioni d'emergenza che mette a disposizione di altri Stati.

Ad esempio, dopo l'alluvione dell'agosto 2002 la Confederazione, tramite la DSC, ha fornito alla Repubblica Ceca assistenza tecnica e materiale per il recupero di libri e dati d'archivio danneggiati dall'acqua.

4

Conseguenze finanziarie e ripercussioni sull'effettivo del personale

Le misure concernenti i costi e il personale negli ambiti delle misure preventive da adottare in tempo di pace e nella diffusione della protezione dei beni culturali trovano già attuazione nella legislazione vigente. La ratifica del Secondo Protocollo non determina pertanto costi supplementari per la Svizzera. Il Secondo Protocollo prevede la possibilità di versare contributi volontari in un apposito Fondo, ancora da istituire, per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato. Un contributo della Svizzera a tale Fondo potrà essere preso in considerazione solo dopo la sua eventuale istituzione e in funzione della situazione a quel momento.

5

Programma di legislatura

Il progetto figura nel programma di legislatura 1999­200366.

6

Costituzionalità

La costituzionalità del decreto federale concernente la ratifica del Secondo Protocollo si fonda sull'articolo 54 capoverso 1 Cost., che conferisce alla Confederazione la competenza di concludere trattati internazionali. All'Assemblea federale compete, giusta l'articolo 166 capoverso 2 Cost., la sua approvazione.

In base all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numeri 1­3 Cost. i trattati internazionali sottostanno al referendum facoltativo se sono di durata indeterminata e indenunciabili (n. 1), prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale (n. 2) o se comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o la cui attuazione implica l'emanazione di leggi federali (n. 3). Il Secondo Protocollo è denunciabile (art. 45) e non prevede un'adesione a un'organizzazione internazionale.

Rimane da verificare se il Secondo Protocollo rientra nelle condizioni di cui al numero 3.

L'articolo 164 capoverso 1 lettere a­g Cost. stabilisce quali sono le disposizioni importanti che contengono norme di diritto: sono da considerare in particolare tutte le disposizioni fondamentali in materia di diritti e doveri delle persone e di compiti e prestazioni della Confederazione. I criteri sviluppati per stabilire quali disposizioni devono assumere carattere di legge formale sono di norma applicati per stabilire se un trattato internazionale sottostà all'obbligo del referendum facoltativo.

66

FF 2000 2037, Allegato 2.

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Il Secondo Protocollo comprende disposizioni importanti che contengono norme di diritto ai sensi dell'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost.: in particolare gli articoli 18­20 SPCA concernenti l'estradizione e l'assistenza giudiziaria, nonché le disposizioni penali previste nell'articolo 21 comma b in caso di esportazione illecita o altra rimozione di beni culturali, o di trasferimento illecito di proprietà di beni culturali da un territorio occupato. Il decreto federale sottoposto per approvazione sottostà pertanto al referendum facoltativo.

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