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Messaggio sull'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro» e sulla revisione delle disposizioni in materia di risoluzione del rapporto di lavoro nel Codice delle obbligazioni del 9 maggio 1984

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi proponiamo di sottoporre al popolo e ai Cantoni, senza controprogetto diretto, l'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro», raccomandando loro di respingerla.

Vi proponiamo parimente di: - approvare il nostro disegno di revisione delle disposizioni del Codice delle obbligazioni inerenti alla risoluzione del rapporto di lavoro; - togliere di ruolo i seguenti postulati: 1975 P 75.439 Contratto di lavoro. Protezione dalle disdette (N 18.12.75, Schmid-San Gallo) 1975 P 75.442 Contratto di lavoro. Protezione dalle disdette (N 17.12.75, Welter) 1976 P 75.434 Protezione dei lavoratori dai licenziamenti (N 4.3.76, Trottmann) 1978 P 77.462 Protezione dalle disdette (N 17.1.78, Dirren) 1980 P 79.532 Protezione dei lavoratori (N 6.3.80, Deneys) 1980 P 79.555 Diritto del contratto di lavoro. Licenziamento immediato (N 6.3. 80, Leuenberger) 1980 P 79.543 Protezione dei lavoratori dai licenziamenti (N 2.6.80, Muheim) 1980 P 80.484 Contratto di lavoro. Procedura civile (art. 343) (S 16.12.80, Weber) 1981 P 81.365 Conflitti del lavoro. Valore litigioso (N 19.6.81, Ziegler-Soletta) 1983 P 83.324 Conflitti del lavoro. Procedura (N 7.10.83, Darbellay)

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1984 -- 340

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

9 maggio 1984

In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Schlumpf II cancelliere della Confederazione, Buser

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Compendio // 26 ottobre 1981, la Confederazione dei sindacati cristiani della Svizzera ha depositato un'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro», sorretta da 118 586 firme valide. L'iniziativa chiede l'emanazione di disposizioni sulla protezione dei lavoratori dai licenziamenti, ispirate segnatamente ai seguenti principi: a richiesta del lavoratore, il datore di lavoro deve motivare per scritto il licenziamento; un licenziamento ingiustificato, segnatamente quello conseguente all'esercizio di diritti fondamentali da parte del lavoratore o non corrispondente ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro, deve poter essere impugnato dal lavoratore; nel caso in cui un licenziamento giustificato abbia conseguenze particolarmente gravose per il lavoratore o la sua famiglia, il rapporto di lavoro deve poter essere protratto; devono essere dichiarati inammissibili i licenziamenti durante i primi sei mesi di un'incapacità lavorativa derivante da malattia o infortunio o fintanto che il lavoratore malato o infortunato ha diritto al salario o a indennità giornaliere dell'assicurazione malattie, infortuni o militare; sono inoltre inammissibili i licenziamenti durante la gravidanza e nelle dieci settimane dopo il parto; infine, il Legislatore deve disciplinare la protezione dei lavoratori dai licenziamenti collettivi per motivi economici.

Vi proponiamo di respingere l'iniziativa. Un disciplinamento della protezione dai licenziamenti a livello costituzionale sarebbe infatti inadeguato e fuor di luogo visto che la Confederazione è già competente a legiferare in questo campo (art. 64 e 34ter Cast.). Inoltre, la Costituzione non dovrebbe perdersi in particolari che possono essere disciplinati a livello legislativo.

Per questi stessi motivi, rinunciamo a presentarvi un controprogetto diretto.

Sostanzialmente, l'iniziativa va troppo lontano, e per un duplice aspetto. In primo luogo, conferisce al giudice la possibilità di protrarre i rapporti di lavoro anche quando la disdetta sia giustificata, ma abbia conseguenze particolarmente gravose per il lavoratore e la sua famiglia. Una tal soluzione è inattuabile. In caso di richiesta di protrazione, la decisione non potrebbe intervenire prima della scadenza del termine
ordinario di disdetta, talché sussisterebbe incertezza quanto al mantenimento del rapporto di lavoro. Si addosserebbero così al datore di lavoro oneri che, secondo il diritto sociale vigente, devono essere invece sopportati dallo Stato, segnatamente dalle assicurazioni sociali. In secondo luogo, l'iniziativa vieta al datore di lavoro di licenziare il lavoratore malato o infortunato fintanto che questi riceve indennità giornaliere dall'assicurazione malattie, infortuni o militare. Orbene, con una tal disciplina il datore di lavoro non potrebbe mai conoscere la durata massima del divieto di licenziamento.

Occorre riconoscere per contro che la disdetta del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro può comportare svantaggi assai gravosi per il lavo-

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rotore. In periodo di condizioni favorevoli sul mercato del lavoro e di alta congiuntura, il lavoratore perde i vantaggi connessi con l'anzianità di servizio (p. es. ulteriore riscossione del salario in caso di malattia o di infortunio, vacanze più lunghe, termini di disdetta più lunghi, indennità di partenza); se il mercato del lavoro è favorevole, il lavoratore si trova inoltre esposto al rischio della disoccupazione. Parimente, la paura di un licenziamento può trattenerlo dal far valere pretese legali e contrattuali verso il datore di lavoro.

Riteniamo che la protezione del lavoratore dalle disdette e dai licenziamenti immediati possa essere migliorata senza pertanto pregiudicare gravemente la posizione del datore di lavoro e senza provocare effetti secondari sfavorevoli al lavoratore medesimo; per questo motivo, vi proponiamo una revisione del Codice delle obbigazioni intesa ad estendere protezione siffatta.

Tale revisione si attiene al principio della libertà di disdetta. La volontà di una parte di por fine al rapporto di lavoro dev'essere per principio rispettata.

L'estensione della protezione attuale non deve dunque implicare una limitazione essenziale dei diritti di una parte contraente. Appena notificata, la disdetta diviene pienamente efficace, sempre che non si tratti di disdetta data in tempo inopportuno. Lo scioglimento del rapporto di lavoro non è dunque subordinato ad alcuna condizione di validità. Il disegno che vi proponiamo enumera i casi più importanti di disdette abusive. Anche se la disdetta è abusiva, il destinatario non può chiederne l'annullamento, bensì pretendere un' indennità pecuniaria.

Il disegno di revisione disciplina paritariamente la protezione dalle disdette; in particolare, per le due parti valgono gli stessi termini di disdetta. Una deroga a tal principio è ammessa soltanto se giustificata dalle circostanze, per esempio per proteggere i membri di una rappresentanza dei lavoratori in seno all'azienda, ovvero se richiesta dalla diversa natura delle prestazioni delle due parti.

Come il diritto vigente, anche la revisione accorda al giudice un ampio potere d'apprezzamento, segnatamente per la determinazione dell'indennità dovuta in caso di disdetta abusiva o in caso di licenziamento immediato senza causa grave.

Inoltre, il disegno è caratterizzato dai punti
seguenti: - riconoscimento del diritto alla motivazione della disdetta, nel senso di una prescrizione d'ordine; - introduzione di una protezione dalle disdette date per o durante il compimento del servizio militare femminile o del servizio della Croce Rossa; - estensione ad un massimo di 360 giorni, compresi in un periodo di tre anni, della protezione dalla disdetta in caso di malattia o infortunio del lavoratore; - estensione della protezione dalla disdetta all'intera durata della gravidanza e alle sedici settimane successive al parto;

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- introduzione di una protezione dalle disdette per i membri delle rappresentanze dei lavoratori in seno all'azienda; - riconoscimento del diritto a un'indennità pecuniaria per il lavoratore licenziato immediatamente senza gravi motivi; - rinuncia a disciplinare a livello legale la protezione dai licenziamenti collettivi per motivi economici.

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I

Aspetti formali

II

Tenore dell'iniziativa

II 26 ottobre 1981 è stata depositata un'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro» (iniziativa contro i licenziamenti). Presentata in forma di progetto elaborato, essa recita: La Costituzione federale è completata come segue: Art. 34 octies (nuovo) 1 La Confederazione emana disposizioni sulla protezione dei lavoratori dai licenziamenti, ispirandosi segnatamente ai seguenti principi: a. A richiesta del lavoratore, il datore di lavoro deve motivare per scritto il licenziamento.

b. Il licenziamento ingiustificato può essere impugnato dal lavoratore. Il licenziamento è in particolare ingiustificato se conseguente all'esercizio di diritti fondamentali da parte del lavoratore o non corrispondente ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro.

e. Se un licenziamento giustificato ha conseguenze particolarmente gravose per il lavoratore o la sua famiglia, il rapporto di lavoro può essere protratto.

d. In caso di malattia o infortunio, il lavoratore non può essere licenziato durante i primi sei mesi dell'incapacità lavorativa o fintanto che ha diritto a prestazioni derivanti dal contratto di lavoro o a indennità giornaliere dell'assicurazione malattie, infortuni o militare. Il licenziamento è parimenti inammissibile durante la gravidanza e nelle dieci settimane dopo il parto.

2 II legislatore disciplina la protezione dei lavoratori dai licenziamenti collettivi per motivi economici.

12

Riuscita formale

Con decisione del 23 novembre 1981, la Cancelleria federale ha accertato che l'iniziativa aveva raccolto 118586 firme valide ed era dunque formalmente riuscita (FF 1981 III 897).

13 u

Termine termine

II termine ter assegnato al nostro Collegio per sottoporvi il relativo messaggio scade il 25 ottobre 1984 (art. 29 cpv. 1 della legge sui rapporti fra i Consigli).

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2

Validità

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Unità di forma e di materia

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Unità di forma

Un'iniziativa può essere presentata in forma di proposta generale o di progetto già elaborato (art. 121 cpv. 4 Cost); forme miste non sono ammesse (art. 75 cpv. 3 della legge federale sui diritti politici). La presente iniziativa è stata presentata- unicamente in forma di progetto già elaborato e salvaguarda pertanto l'unità di forma.

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Unità di materia

Un'iniziativa deve vertere su una sola materia (art. 121 cpv. 3 Cost.). L'unità di materia è rispettata quando vi è un rapporto intrinseco tra le diverse parti dell'iniziativa (art. 75 cpv. 2 della legge federale sui diritti politici).

L'iniziativa di cui si tratta esige che la Confederazione emani disposizioni intese a proteggere i lavoratori dai licenziamenti (cpv. 1) e, in particolare, dai licenziamenti collettivi per motivi economici (cpv. 2). I principi della protezione generale dai licenziamenti sono enunciati nel capoverso 1: il lavoratore deve poter pretendere la motivazione scritta del licenziamento (lett, a) e poter impugnare un licenziamento ingiustificato, in particolare un licenziamento conseguente all'esercizio dei suoi diritti fondamentali o non corrispondente ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro (lett. b). Inoltre, se un licenziamento giustificato ha conseguenze particolarmente gravose per il lavoratore, il rapporto di lavoro deve poter essere protratto (lett. e). Sono infine dichiarati illeciti i licenziamenti pronunciati durante la gravidanza e nelle dieci settimane dopo il parto, durante i primi sei mesi di un'incapacità lavorativa derivante da malattia o da infortunio o -- se l'incapacità dura più di sei mesi -- fintante che il lavoratore ha diritto al salario o a indennità giornaliere versate da un'assicurazione (lett. d).

Stando così le cose, l'unità di materia è rispettata.

3

Protezione dalle disdette: diritto comparato

31

In Svizzera

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°

Disciplinamento legale

Nel Codice delle obbligazioni, il disciplinamento inerente alla risoluzione del contratto di lavoro poggia su tre principi: l'assenza di forma, la libertà di disdetta e la parità. La disdetta non è subordinata né a forma speciale né a motivazione, e la stessa disciplina, in particolare la stessa protezione dalle disdette, vale sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro, fatti salvi due casi (cfr. art. 336c CO inerente alla risoluzione del contratto di lavoro agricolo con comunione domestica e l'art. 336d CO concernente il «rapporto di lavoro di lunga durata»). La strutturazione paritaria di tale normativa va 500

ricondotta all'epoca in cui fu emanata: il legislatore voleva tenere conto del fatto che lavoratore e datore di lavoro non procedono a un semplice scambio tra lavoro e salario, ma sono tenuti a una collaborazione di una certa durata e dunque implicante maggiori attenzioni reciproche (cfr. messaggio sulla revisione del contratto di lavoro del 25 agosto 1967, FF 7967 II, ediz.

frane. 288 e ediz. ted. 281); inoltre, in periodo di pieno impiego e di sovraoccupazione, come esisteva al momento dei lavori di revisione degli anni sessanta, non sarebbe più il lavoratore che deve cercare un impiego, bensì il datore di lavoro che sarebbe costretto a cercare manodopera (cfr. messaggio del 25 agosto 1967, FF 1967 II, ediz. frane. 282 e ediz. ted. 274).

La validità della risoluzione del rapporto di lavoro dipende principalmente dalla mera osservanza di determinate scadenze e termini di disdetta. I termini di disdetta legali divergono secondo la durata del rapporto di lavoro (cfr. art. 334, 336-3360 CO); possono essere modificati per contratto, ma, per il rapporto di lavoro di durata superiore ad un anno, non possono essere inferiori ad un mese (art. 336b cpv. 2 CO). La legge prevede per le due parti gli stessi termini di disdetta, poco importa se stipulati per contratto (art. 336 cpv. 2 CO).

Giusta l'articolo 336e CO, durante determinati periodi, il lavoratore fruisce di una protezione temporale dalle disdette. Il datore di lavoro non può cioè disdire il rapporto di lavoro: durante il servizio obbligatorio svizzero, militare o di protezione civile, del lavoratore e, in quanto tale servizio duri più di dodici giorni, nelle quattro settimane precedenti e seguenti; nelle prime quattro settimane e, dal secondo anno di lavoro, nelle prime otto settimane di incapacità lavorativa del lavoratore per infortunio o malattia non imputabili a sua colpa; nelle prime quattro settimane di un servizio compiuto dal lavoratore, per ordine dell'autorità federale competente, nell'ambito dell' aiuto all'estero. Inoltre, le lavoratrici beneficiano di un periodo di protezione di otto settimane prima e dopo il parto. La disdetta data durante uno di questi periodi è nulla; se, invece è data prima, ma il termine non è ancora giunto a scadenza, questo è sospeso e riprende a decorrere soltanto dopo la fine del periodo.

L'articolo 336g
CO offre una protezione sostanziale dalle disdette date per causa di servizio militare o di protezione civile: il lavoratore che ha ricevuto la disdetta per un tale motivo può, entro un termine determinato, fare opposizione per scritto presso il datore di lavoro. Se l'opposizione è valida e le parti contraenti non si accordano sulla continuazione del rapporto di lavoro, la disdetta diviene pienamente efficace; tuttavia, il lavoratore ha diritto a un' indennità pecuniaria che, determinata dal giudice, non può superare la somma corrispondente al salario di sei mesi. Questa pretesa decade se non è fatta valere, mediante azione giudiziaria o esecuzione, entro 30 giorni dalla fine del rapporto di lavoro.

Il Codice delle obbligazioni ha rinunciato a una protezione generale sostanziale dalle disdette e ha riservato alla giurisprudenza la facoltà di applicare per analogia l'articolo 336g (cfr. messaggio del 25 agosto 1967, FF 1967 II, ediz. frane. 395 e ediz. ted. 385), facoltà che non è stata tuttavia utilizzata.

Non ha d'altronde trovato applicazione pratica nemmeno la protezione gene501

raie conferita dall'articolo 2 capoverso 2 CC 1 '*'. Secondo questa disposizione, la disdetta del rapporto di lavoro -- come d'altronde l'esercizio di qualsiasi diritto -- non è protetta dalla legge se costituisce un manifesto abuso del proprio diritto. Secondo la dottrina, tale è il caso se la disdetta è data senza interesse oggettivamente giustificato, è volta al conseguimento di uno scopo illecito o arreca al destinatario un pregiudizio non legittimato dagli interessi di chi l'ha data 2 '. I negozi giuridici comportanti un manifesto abuso del proprio diritto sono di regola nulli; la disdetta abusiva di un rapporto di lavoro sarebbe dunque inoperante: il rapporto persisterebbe e il lavoratore avrebbe diritto alla reintegrazione nell'impiego. La continuazione del rapporto di lavoro contro la volontà del recedente non è tuttavia praticamente attuabile ed è invero poco ragionevole 3) . Per questo motivo, la dottrina ritiene che, in caso di disdetta abusiva, il lavoratore abbia diritto a un'indennità secondo l'articolo 336g CO 4) ovvero a un risarcimento per violazione del contratto 5) o eventualmente per atto illecito 6) .

Abbiamo già ricordato che, nella prassi, i tribunali non hanno mai applicato per analogia l'articolo 336g CO o dichiarato abusiva una disdetta. Il motivo principale risiede certamente nelle difficoltà connesse all'onere della prova: poiché non vi è obbligo di motivare la disdetta, per il lavoratore è praticamente impossibile dimostrare che i motivi che hanno indotto il datore di lavoro a recedere dal contratto non meritino protezione giuridica 7) .

Gli articoli 336e, 336f e 336g CO sono compresi nel novero delle disposizioni assolutamente imperative (art. 361 cpv. 1 CO). Ci si deve chiedere dunque se sia possibile derogare al disciplinamento legale in materia di protezione dalle disdette per mezzo di contratti tipo, di contratti collettivi o di contratti individuali di lavoro.

La questione è controversa. La dottrina sostiene unanimemente che la protezione legale non può essere limitata in via convenzionale 8> ; per contro, i pareri divergono quanto all'ammissibilità di un'estensione contrattuale 9).

La maggioranza degli autori ritiene che pattuizioni più favorevoli del disciplinamento legale siano lecite soltanto se la protezione di cui si tratta vale in ugual misura per le
due parti 10 >.

Riferendosi al nostro messaggio del 25 agosto 1967 (FF 1967 II, ediz. frane.

392 e ediz. ted. 382)11), il Tribunale federale ha giudicato che le disposizioni elencate nell'articolo 361 CO sono assolutamente imperative soltanto laddove siano intese a proteggere entrambe le parti; per contro, deroghe alle disposizioni volte a proteggere una sola parte sono ammissibili se convenute non già a scapito di questa parte, bensì dell'altra 12>. Ne consegue che deroghe all'articolo 336e CO sono ammissibili soltanto in favore del lavoratore e deroghe all'articolo 336/ soltanto in favore del datore di lavoro.

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Contratti collettivi di lavoro

Nella prassi dei contratti collettivi di lavoro si riscontrano deroghe al disciplinamento legale sulla protezione dalle disdette 13).

*' Le note sono date alla fine del messaggio.

502

Certamente, la maggior parte di essi non contemplano disposizioni in materia, in quanto riprendono il disciplinamento legale o vi rinviano 14) ; tuttavia, vi si ritrovano anche clausole che restringono la protezione legale o che l'estendono in favore del lavoratore, del datore di lavoro o di ambedue 15).

Trattasi soprattuto di disposizioni che prolungano i periodi di protezione legali in caso di incapacità lavorativa conseguente a malattia o a infortunio o in caso di gravidanza o di parto, che considerano le vacanze come periodi di protezione o che vietano il licenziamento per appartenenza a un sindacato o per attività sindacale ovvero per l'esercizio di diritti legali o contrattuali.

Nello stesso ordine di idee, segnaliamo che alcuni contratti collettivi prevedono tanto la forma scritta per la disdetta quanto il diritto del lavoratore d'essere informato del motivo del licenziamento.

Infine, occorre rilevare che alcune convenzioni tra le parti sociali prevedono l'obbligo per i datori di lavoro di informare e consultare i rappresentanti dei lavoratori prima di procedere a licenziamenti per motivi economici16). Queste convenzioni tendono a contenere quanto possibile il numero dei licenziamenti e le loro conseguenze negative per i lavoratori. Non rappresentano però una protezione dalle disdette nell'accezione stretta del termine; nondimeno, non si deve sottovalutarne l'importanza poiché servono parimente alla garanzia del posto di lavoro.

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Contratti normali di lavoro

Mediante il contratto normale di lavoro possono essere fra l'altro stabilite disposizioni circa la fine dei rapporti di lavoro (art. 359 cpv. 1 CO). Come già detto, i contratti normali di lavoro possono derogare al disciplinamento legale, temporale o sostanziale, in materia di protezione dalle disdette.

I contratti normali di lavoro emanati dal nostro Collegio non prevedono tuttavia norme più estese in materia di protezione dalle disdette. Quattro di questi contratti disciplinano la fine del rapporto di lavoro: il contratto normale di lavoro per il personale dei caseifici, dell'I 1 gennaio 1984 (RS 221.215.329.2)17), che non contiene però alcuna disposizione in materia di protezione dalle disdette; il contratto normale di lavoro per i giardinieri privati, dei 3 dicembre 1979 (RS 221.215.329.3), e quello per gli educatori negli istituti e nei convitti, dell'I 1 giugno 1970 (RS 221.215.324.1), che recepiscono la norma legale sulla protezione temporale dalle disdette; ed infine il contratto normale di lavoro per il personale sanitario, del 23 dicembre 1971 (RS 221.215.328.4), che rinvia a quella medesima norma. Questi contratti normali di lavoro -- eccettuato quello per i giardinieri privati -- prescrivono inoltre che la disdetta dev'essere data per scritto.

Anche la maggior parte dei contratti normali di lavoro cantonali per l'agricoltura e il servizio domestico rinunciano a un disciplinamento della protezione dalle disdette, rinviando al disciplinamento legale o riprendendolo letteralmente. A volte, prevedono anch'essi la disdetta scritta e, in qualche caso, una più estesa protezione dalle disdette in favore dei lavoratori coniugati o delle lavoratrici incinte 18).

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Protezione dalle disdette in altri Paesi europei

320.1

Introduzione

La complessità della materia, in particolare il fatto che la protezione dalle disdette sia spesso disciplinata in diverse leggi con campo d'applicazione eterogeneo, ci obbliga a semplificare. Nondimeno, la seguente panoramica di diritto comparato dovrebbe poter agevolare il raffronto fra gli ordinamenti esteri e fra questi ultimi e il diritto svizzero.

Prima di esaminare il disciplinamento della forma della disdetta e della protezione dalle disdette nei diversi Paesi, ci sembra opportuno esaminare le norme inerenti ai termini di disdetta. Ci si può in tal modo render particolarmente conto della molteplicità delle soluzioni offerte dal diritto comparato.

Nella maggior parte dei Paesi, il datore di lavoro che intende licenziare un lavoratore deve attenersi a termini di disdetta che dipendono dalla durata del rapporto di lavoro (Repubblica federale di Germania, Danimarca, Francia, Italia, Austria, Svezia, Spagna: in quest'ultimo Paese si richiede tuttavia la presenza di un motivo oggettivo) o dal genere di lavoro (Belgio, Repubblica federale di Germania, Italia, Paesi Bassi e Austria). Nei Paesi Bassi e in Svezia, i termini di disdetta sono inoltre graduati secondo l'età del lavoratore. In Austria, divergono secondo l'ammontare del salario e secondo le scadenze del medesimo. In Belgio, in Danimarca e nei Paesi Bassi, i termini di disdetta per il datore di lavoro sono più lunghi di quelli previsti per il lavoratore. In Belgio e in Italia, i termini di disdetta per il datore di lavoro non possono in nessun caso essere abbreviati; nella Repubblica federale di Germania, nei Paesi Bassi e in Svezia, possono essere abbreviati soltanto mediante contratto collettivo di lavoro. Clausole contrattuali che prevedono termini di disdetta più lunghi per il datore di lavoro sono autorizzate in Belgio, in Danimarca, in Francia, in Italia e in Svezia; in Danimarca, tuttavia, i termini di disdetta validi per il lavoratore -- che sono più brevi -- devono essere protratti nella stessa proporzione. Nei Paesi Bassi, i termini di disdetta applicabili al datore di lavoro sono, per legge, due volte più lunghi di quelli previsti contrattualmente per il lavoratore; nella Repubblica federale di Germania, i termini di disdetta contrattuali devono essere di ugual durata per le due parti. Infine, in Portogallo il datore di lavoro
non è tenuto ad osservare un vero e proprio termine di disdetta: deve nondimeno attenersi a una procedura speciale e può recedere dal contratto soltanto per gravi motivi.

320.2

Belgio

In Belgio, la validità della disdetta data dal datore di lavoro è subordinata alla forma scritta, ma non dev'essere né motivata né consentita da un'autorità.

Una protezione dalle disdette è prevista soltanto per i lavoratori che svolgono principalmente un lavoro manuale («ouvriers»): il datore di lavoro che 504

licenzia un lavoratore per motivi che non attengono né alla condotta o alle capacità di quest'ultimo né alle necessità dell'impresa, dell'aziènda o del servizio deve versargli un'indennità pari a sei mesi di salario.

Una protezione temporale dalle disdette è prevista nondimeno durante gli impedimenti lavorativi dovuti a servizio militare, servizio di protezione civile o servizio civile (obiettori di coscienza), nonché durante i primi sei mesi di un'incapacità di lavoro per malattia o infortunio; durante questi periodi, il termine di disdetta non decorre o è sospeso. Un'analoga protezione è prevista in caso di gravidanza.

Il licenziamento immediato dev'essere notificato per lettera raccomandata, con indicazione dei motivi; il datore di lavoro può invocare soltanto motivi a lui noti da tre o più giorni. In caso di licenziamento immediato, gli «ouvriers» fruiscono della stessa protezione come in caso di disdetta ordinaria.

320.3

Repubblica federale di Germania

La disdetta è valida senza osservanza di una forma speciale, senza motivazione e senza il consenso di un'autorità.

Una protezione generale dalle disdette è prevista per i lavoratori che sono da almeno sei mesi al servizio di un'impresa sottoposta alla legge sull'organizzazione delle imprese, ossia di un'impresa che occupa almeno sei lavoratori. I lavoratori che fungono da rappresentanti di una persona giuridica in qualità di organo della medesima non fruiscono però di questa protezione.

In ogni impresa sottoposta alla detta legge sull'organizzazione vi è una commissione aziendale (Betriebsrat). Quest'ultima dev'essere consultata prima di qualsiasi licenziamento, salvo ove trattasi del licenziamento di un impiegato direttivo, altrimenti la disdetta è inefficace e il lavoratore ha il diritto di continuare a lavorare. La commissione aziendale può consentire esplicitamente o tacitamente la disdetta, può emettere critiche o fare opposizione. La legge prevede tre motivi d'opposizione: quando il datore di lavoro non ha o non ha sufficientemente tenuto conto dei fattori sociali nella scelta del lavoratore da licenziare, quando la disdetta viola le direttive legali sulla scelta dei lavoratori e quando il lavoratore può occupare un altro posto di lavoro nella stessa impresa.

11 lavoratore può impugnare la disdetta se socialmente ingiustificata, ossia quando non sia ascrivibile a motivi legati alla sua persona o alla sua condotta o a necessità imperiose dell'impresa ovvero allorché il datore di lavoro non abbia sufficientemente tenuto conto dei fattori sociali nella scelta del lavoratore licenziato. La disdetta è parimente impugabile se contrasta con le direttive legali sulla scelta dei lavoratori ovvero quando il lavoratore può occupare un altro posto nella stessa impresa; in entrambi i casi, la disdetta può essere impugnata dal lavoratore soltanto se la commissione aziendale ha fatto opposizione.

Nelle tre settimane dal ricevimento della disdetta, il lavoratore può far accertare dal giudice che la disdetta è socialmente ingiustificata. Se non agisce, 33

Foglio federale. 67° anno. Voi. II

505

la disdetta diviene pienamente efficace, eccetto che sia nulla per altri motivi, per esempio perché contraria al buon costume. Se la commissione aziendale ha fatto opposizione alla disdetta, il lavoratore può continuare a lavorare fino alla sentenza definitiva, sempre che l'azione abbia probabilità di successo, la continuazione del rapporto di lavoro sia economicamente possibile per il datore di lavoro o l'opposizione non sia manifestamente infondata.

Se la commissione aziendale non ha fatto opposizione, la continuazione del rapporto di lavoro può essere ordinata soltanto mediante decisione provvisoriaria secondo il codice di procedura civile.

In caso di fondatezza dell'azione, il tribunale accerta che la disdetta non ha posto fine al contratto di lavoro; conseguentemente, il lavoratore ha diritto al salario per il periodo posteriore alla disdetta. Tuttavia, il tribunale può, in vece di pronunciare la sentenza d'accertamento, por fine al contratto di lavoro per una data, da esso determinata, a decorrere dalla quale il lavoratore non ha più diritto al salario; in questo caso, accorda al lavoratore un' equa indennità, pari al massimo a dodici mesi di salario ovvero, per i lavoratori anziani con un elevato numero di anni di servizio, pari al massimo a diciotto mesi di salario. L'indennità può essere concessa soltanto se una delle parti chiede la risoluzione del rapporto di lavoro. In tal caso, il datore di lavoro -- sempre che il lavoratore non sia un impiegato direttivo -- può domandare la cessazione dei rapporti di lavoro soltanto in presenza di motivi che rendano impossibile una collaborazione fruttuosa per l'andamento dell'impresa.

Una protezione speciale dalle disdette è prevista fra l'altro per i membri della commissione aziendale, per le donne incinte e le puerpere, nonché per le persone astrette al servizio militare. I membri delle commissioni aziendali non possono essere licenziati durante la loro funzione, nonché nell'anno successivo alla fine del loro mandato. Sono per principio inammissibili le disdette date durante la gravidanza e durante i quattro mesi successivi al parto, durante un eventuale congedo di maternità nonché durante i due mesi successivi. Il lavoratore non può essere licenziato dal momento in cui ha ricevuto l'ordine di marcia sino alla fine del servizio militare.
Il licenziamento immediato non è subordinato a forma speciale. I motivi devono però essere comunicati immediatamente e per scritto al lavoratore che ne faccia domanda; se il datore di lavoro non indica i motivi, il licenziamento rimane nondimeno valido e il lavoratore ha allora diritto a un risarcimento. Nei casi in cui si applica la legge sull'organizzazione delle imprese, ossia quando l'impresa occupa almeno sei persone, il licenziamento immediato è efficace soltanto se la commissione aziendale è stata previamente consultata. Quest'ultima può però soltanto esprimere eventuali critiche contro il licenziamento. Il lavoratore può impugnare il licenziamento immediato allo stesso modo di una disdetta ordinaria, facendo valere ch'esso è socialmente ingiustificato; inoltre, può esigere il pagamento ulteriore del salario o la continuazione del rapporto di lavoro.

Una protezione speciale dai licenziamenti è garantita fra l'altro ai membri delle commissioni aziendali (che possono essere licenziati soltanto con il previo consenso della commissione medesima) nonché alle donne incinte e 506

alle puerpere; quest'ultime possono essere licenziate soltanto in casi eccezionali e soltanto con il consenso dell'autorità.

320.4

Danimarca

In Danimarca, la forma scritta è una condizione di validità della disdetta.

Se lo chiede, il lavoratore ha diritto d'essere informato dei motivi. Per contro, non è necessaria l'approvazione di un'autorità.

La protezione legale dalle disdette si applica agli impiegati di commercio e di ufficio occupati in settori d'acquisto o di vendita, o in settori commerciali con attività corrispondenti a lavori di ufficio, nonché ai lavoratori che eseguono prestazioni d'assistenza tecnica o clinica e ai macchinisti. Se la disdetta non è giustificata né da imperativi aziendali, né da motivi inerenti al lavoratore, questi ha diritto a un'indennità, sempre che abbia almeno vent'anni d'età e più di un anno di anzianità di servizio.

Il licenziamento immediato sottosta al disciplinamento applicabile alla disdetta ordinaria.

320.5

Francia

In Francia, le condizioni formali della disdetta divergono secondo la grandezza dell'impresa e secondo l'anzianità di servizio del lavoratore. Nelle imprese che occupano più di dieci persone, il datore di lavoro che intende licenziare un lavoratore con più di due anni di servizio deve avvertirlo per scritto e fissargli una data per un colloquio preliminare («entretien préliminaire»). Nel corso di questo colloquio, il datore di lavoro informa il lavoratore sui motivi del licenziamento e questi ha il diritto di esporre le proprie ragioni. Se mantiene la disdetta, il datore di lavoro deve informare per scritto il lavoratore dopo un termine di riflessione di almeno un giorno. A richiesta scritta di quest'ultimo, il datore di lavoro deve indicare per scritto anche le cause reali e serie («causes réelles et sérieuses») del licenziamento.

Se questa procedura è disattesa, ma si è nondimeno in presenza di motivi che giustificano il licenziamento, il lavoratore ha diritto a un'indennità che, stabilita liberamente dal giudice, non può superare un. mese di salario. L'indennità per inosservanza della procedura non è dovuta quando la disdetta è ingiustificata; in tal caso, si applicano le disposizioni sulla protezione sostanziale dalle disdette.

La stessa procedura si applica, indipendentemente dalla grandezza dell'impresa, quando il lavoratore ha da uno a due anni di anzianità di servizio. Se il lavoratore ha meno di un anno di servizio o se l'impresa occupa meno di undici persone, è obbligatorio soltanto il colloquio preliminare. In tutti questi casi, il lavoratore ha diritto a un'indennità («indennité pour rupture abusive») stabilita dal giudice in funzione del danno subito e indipendentemente dal fatto che la disdetta sia o no giustificata.

507

In caso di licenziamenti individuali o collettivi per motivi economici, il datore di lavoro deve attenersi a una procedura speciale, che diverge fra l'altro a seconda della grandezza dell'impresa e del numero dei lavoratori. In tutti i casi, è necessaria un'autorizzazione ufficiale. Il datore di lavoro che disattenda questa procedura è responsabile penalmente e deve al lavoratore un risarcimento per rottura abusiva del contratto, nonché eventuali indennità legali o contrattuali.

Anche il disciplinamento della protezione generale dalle disdette diverge secondo la grandezza dell'impresa e secondo l'anzianità del lavoratore. Indipendentemente dalla grandezza dell'impresa, il lavoratore licenziato dopo due anni di servizio ha diritto a un'indennità («indemnité de licenciement») pari al decimo del salario mensile o al salario di venti ore di lavoro per ogni anno di servizio. Nelle imprese che occupano più di dieci persone, il datore di lavoro può licenziare un lavoratore con almeno due anni di servizio soltanto per una causa reale e seria («cause réelle et sérieuse»). È reale una causa oggettiva connessa all'adempimento del contratto e inerente alla persona del lavoratore e alla sua capacità lavorativa, ovvero all' organizzazione o al funzionamento dell'impresa, e determinante per il licenziamento. È seria una causa che rende impossibile, senza danni per l'impresa, la continuazione del rapporto di lavoro.

Nelle imprese che occupano meno di undici persone, come anche, indipendentemente dalla grandezza dell'impresa, ove trattasi di lavoratori con meno di due anni di servizio, il datore di lavoro che licenzia senza causa reale e seria deve versare al lavoratore un'indennità corrispondente al danno subito.

Una protezione speciale dalle disdette è garantita fra l'altro ai membri delle commissioni aziendali, ai delegati del personale e dei sindacati, alle donne incinte e alle puerpere, nonché alle persone astrette al servizio militare.

Durante il loro mandato e nei sei mesi successivi, i membri della commissione aziendale e i delegati del personale e dei sindacati possono essere licenziati soltanto con il consenso della commissione aziendale o dell'ispettore del lavoro. Sono nulle le disdette date durante la gravidanza della lavoratrice e durante le dodici settimane dopo il parto, nonché quelle date per
servizio militare; se la disdetta è data per un altro motivo, il termine di disdetta è sospeso durante l'intero servizio militare.

Il licenziamento immediato è ammesso soltanto in caso di colpa grave («faute grave»). La procedura è quella prevista per la disdetta ordinaria. Se non vi è colpa grave, il lavoratore con più di due anni di anzianità di servizio ha diritto a un'indennità per mancata osservanza del termine di disdetta («indemnité compensatrice de. préavis»), a un'indennità di licenziamento «indemnité de licenciement») come pure alla reintegrazione o a un'indennità pecuniaria pari ad almeno sei mesi di salario, ovvero a un risarcimento qualora il licenziamento non poggi su alcuna causa reale e seria. Nelle otto settimane prima del parto e nelle sei successive, la lavoratrice non può essere licenziata immediatamente nemmeno in caso di colpa grave.

508

320.6

Italia

La disdetta dev'essere data per scritto e, se richiestone, il datore di lavoro deve indicarne per scritto i motivi; il presupposto è che si tratti di un lavoratore al servizio di un datore di lavoro che occupa almeno trentasei persone o di un lavoratore occupato in un'unità produttiva, comprendente almeno sedici persone (nell'agricoltura, almeno sei), di un'impresa industriale o commerciale, ovvero quando l'impresa, indipendentemente dalla grandezza dell' unità produttiva, occupa almeno sedici persone (nell'agricoltura almeno sei) nello stesso Comune.

Alle stesse condizioni -- ed anche qui esclusi gli impiegati direttivi -- è prevista una protezione generale dalle disdette. Il lavoratore può impugnare il licenziamento se intimatogli disattendendo prescrizioni formali o senza «giustificato motivo», oggettivo o soggettivo, ossia senza che sia legittimato da una grave violazione del contratto da parte del lavoratore o da necessità imperiose dell'impresa. Infine, indipendentemente dalla grandezza dell'impresa e dell'unità produttiva, il licenziamento è ingiustificato se dato a causa di convinzioni religiose o politiche o a causa di appartenenza a un sindacato o di esercizio di attività sindacali («licenziamento di rappresaglia»).

Le conseguenze dell'annullamento del licenziamento divergono a seconda della grandezza dell'impresa. Il licenziamento intimato da un datore di lavoro che occupa almeno trentasei persone è nullo se non rispetta le forme prescritte o se si tratta di un «licenziamento di rappresaglia»; in questi casi, il rapporto di lavoro continua e il lavoratore ha ancora diritto al salario.

Quando la suddetta condizione inerente alla grandezza dell'impresa è adempiuta e non vi sia un «giustificato motivo», il datore di lavoro può riassumere il lavoratore o versargli una somma pecuniaria che varia da 2% a 14 mensilità secondo la grandezza dell'impresa, l'anzianità di servizio e il comportamento delle parti. Se, in un'unità produttiva di un'impresa industriale o commerciale che occupa almeno sedici .persone (nell'agricoltura almeno sei) o in un'impresa industriale o commerciale che, indipendentemente dalla grandezza delle unità produttive, occupa almeno sedici persone nello stesso Comune (nell'agricoltura almeno sei), il datore di lavoro licenzia un lavoratore, il giudice deve pronunciarne
la reintegrazione qualora sia realizzata una delle tre cause d'annullamento del licenziamento (inosservanza delle esigenze formali, mancanza di un «giustificato motivo» e «licenziamento di rappresaglia»). Per il periodo intercorrente tra la disdetta e la reintegrazione, il datore di lavoro deve versare al lavoratore un'indennità forfettaria pari ad almeno cinque mensilità e risarcire, se del caso, gli altri danni arrecati. Se non ottempera alla sentenza di reintegrazione, il datore di lavoro deve continuare a pagare il salario; inoltre, se il lavoratore esercitava funzioni sindacali, deve versare al fondo pensioni una somma equivalente al salario.

Una protezione speciale dai licenziamenti è prevista segnatamente per le donne incinte e per le madri, per i lavoratori malati o infortunati, nonché per le persone astrette al servizio militare. Le donne incinte e le madri con un figlio nel suo primo anno di vita non possono essere licenziate salvo 509

che si tratti di lavoratrici a domicilio e di impiegate domestiche; questa protezione è inoperante in caso di licenziamenti conseguenti a una chiusura d'azienda. Il lavoratore malato o infortunato non può essere licenziato fintante che ha diritto al salario in virtù della legge, del contratto, dell'uso o dell'equità. È parimente illecito il licenziamento intimato a un lavoratore in servizio militare o a un obiettore di coscienza che compie un servizio civile sostitutivo di quello militare.

Il licenziamento immediato sottosta alle stesse condizioni formali del licenziamento ordinario. Il licenziamento immediato di un lavoratore è possibile soltanto se vi è «giusta causa«, ossia in caso di violazione particolarmente grave del contratto da parte del lavoratore. Il datore di lavoro che licenzia immediatamente un lavoratore senza giusta causa deve versargli un'indennità pari al salario dovutogli a decorrere dal termine di preavviso non rispettato. Inoltre, il lavoratore può far valere le pretese grantitegli dalla legge in caso di violazione delle disposizioni sulla protezione dai licenziamenti.

320.7

Paesi Bassi

La legge non prescrive alcuna forma per la disdetta. Tuttavia, la motivazione è praticamente obbligatoria per le due parti visto che una disdetta non motivata è considerata ingiustificata.

Quando la disdetta è manifestamente ingiustificata, la parte che recede dal contratto deve all'altra un'equa indennità, stabilita dal giudice. Come già detto, la disdetta è in particolare ingiustificata se intimata senza indicazione dei motivi. Invece di assegnare un'indennità, il giudice può decidere la riassunzione del rapporto di lavoro. A prescindere dalle persone sottostanti a rapporti di lavoro di diritto pubblico, dai docenti e dai professori, dagli ecclesiastici e dal personale domestico, le disdette date dal datore di lavoro o dal lavoratore devono essere autorizzate dall'ufficio del lavoro. Se manca una tale autorizzazione, la persona che ha ricevuto la disdetta può, entro sei mesi, domandare al giudice di dichiararne la nullità. Di regola, il datore di lavoro ottiene l'autorizzazione qualora provi che è costretto a ridurre l'effettivo del personale e che le misure già prese sono state infruttuose, qualora provi che il lavoratore non dispone manifestamente delle capacità richieste per l'impiego di cui si tratta e non può essere occupato altrimenti dall'azienda ovvero qualora provi che la continuazione del rapporto di lavoro non può essergli ragionevolmente imposta.

Il datore di lavoro che intende licenziare trenta o più lavoratori nell'arco di tre mesi deve informarne l'ufficio del lavoro e il sindacato. La domanda d'autorizzazione può essere trattata soltanto un mese dopo tale informazione. Nel corso di una procedura complicata, cui partecipano con voce consultiva le commissioni aziendali e il ministero degli affari sociali, si cerca quanto possibile di evitare i licenziamenti in massa, di trovare posti di lavoro per i licenziati e di creare congrue condizioni di licenziamento.

Una protezione speciale dalle disdette è prevista fra l'altro nei primi due anni di incapacità lavorativa dovuta a malattia, durante un impedimento al 510

lavoro risultante da gravidanza o da parto, nonché durante il servizio militare di un lavoratore maggiorenne o di un lavoratore minorenne, nel caso in cui il rapporto di lavoro sia già durato almeno un anno al momento dell' entrata in servizio. In tutti questi casi, il lavoratore può, entro due mesi, far valere la nullità della disdetta presso il datore di lavoro.

Il licenziamento immediato non è subordinato ad alcuna condizione di forma né ad alcuna autorizzazione ufficiale. Come per la disdetta ordinaria, la motivazione del licenziamento immediato è però praticamente obbligatoria visto che altrimenti il licenziamento sarebbe considerato ingiustificato. La parte che recede dal contratto senza grave motivo deve versare all'altra una somma pecuniaria. La controparte può optare per il risarcimento integrale del danno o per un'indennità. Tuttavia, il giudice può pronunciare anche la riassunzione del rapporto di lavoro.

320.8

Austria

In Austria, la disdetta non è subordinata né a forma speciale, né a motivazione, né a consenso dell'autorità.

Eccezion fatta per gli impiegati direttivi e per i membri della famiglia del datore di lavoro, una protezione generale dalle disdette è prevista per i lavoratori occupati in un'impresa obbligata a costituire una commissione aziendale, ossia in un'impresa che occupa almeno cinque persone. Il datore di lavoro che intenda licenziare un lavoratore deve informarne la commissione aziendale. Entro un termine determinato, quest'ultima può opporsi esplicitamente o tacitamente al licenziamento o consentirvi esplicitamente. Sono nulli i licenziamenti intimati senza l'accordo o prima del parere della commissione aziendale ovvero prima della scadenza del termine previsto a tal fine. Se la commissione aziendale acconsente al licenziamento, la disdetta può essere validamente intimata e diviene pienamente efficace. Per contro, se la commissione vi si oppone -- esplicitamente o tacitamente -- la disdetta può essere impugnata sia dalla commissione medesima, qualora abbia fatto esplicitamente opposizione e la persona licenziata domandi l'annullamento del licenziamento, sia dal lavoratore, nel caso in cui la commissione non abbia fatto esplicitamente opposizione, abbia ritirato la propria istanza d'annullamento o non abbia dato seguito all'istanza d'annullamento presentata dal lavoratore.

Il licenziamento è annullabile quando è dovuto a un motivo illecito od è socialmente ingiustificato; nel secondo caso, occorre nondimeno che il rapporto di lavoro sia durato almeno sei mesi. I motivi illeciti che rendono annullabile il licenziamento sono l'appartenenza a un sindacato e l'attività sindacale, la convocazione dell'assemblea aziendale, l'attività svolta nell'ambito delle elezioni della commissione aziendale, il fatto di candidarsi o di appartenere alla commissione aziendale, l'attività svolta nell'ufficio di conciliazione o in qualità di persona di fiducia preposta alla sicurezza e l'eventuale attività svolta anteriormente in una commissione giovanile. Rileviamo inoltre che i licenziamenti intimati in seguito all'esercizio di diritti fonda511

mentali, come l'appartenenza o l'attività politica o religiosa, sono contrari al buon costume e, pertanto, nulli. Il licenziamento è inoltre annullabile se socialmente ingiustificato. Tale è il caso quando pregiudica interessi essenziali del lavoratore e non è giustificato né da circostanze intrinseche alla persona del lavoratore e nocive agli interessi dell'impresa, né da necessità economiche dell'impresa medesima. Il licenziamento è dunque praticamente giustificato soltanto qualora non si possa esigere ragionevolmente dal datore di lavoro di protrarre il rapporto di lavoro oltre il termine di disdetta.

Certe categorie di lavoratori non possono essere licenziate, o possono esserlo soltanto con il consenso dell'autorità, fintante che hanno bisogno di protezione speciale. In via eccezionale, questa protezione impedisce persino la cessazione del rapporto di lavoro di durata determinata. Una protezione temporale dalle disdette è prevista fra l'altro per i membri delle commissioni aziendali durante il loro mandato e nei tre mesi successivi, per le donne durante la gravidanza e nei quattro mesi dopo il parto ovvero nelle quattro settimane successive al congedo di maternità, che può durare un anno al massimo, nonché per le persone astrette al servizio militare a contare dal momento del ricevimento dell'ordine di marcia fino alla scadenza di un dato termine che decorre dalla fine del servizio militare.

II licenziamento immediato del lavoratore non sottosta a forma speciale né a motivazione. Una protezione generale e una protezione speciale permettono nondimeno di impedire l'elusione delle norme protettive ordinarie.

320.9

Portogallo

II datore di lavoro deve comunicare per scritto al lavoratore, e se del caso alla commissione aziendale, la sua intenzione di licenziare e i motivi della disdetta. Il lavoratore dispone di un breve termine per far valere le sue ragioni. In un termine altrettanto breve, la commissione aziendale deve pronunciarsi sul licenziamento. Trascorso questo termine, il datore di lavoro ha il diritto di licenziare il lavoratore con dichiarazione scritta notificata al lavoratore medesimo e alla commissione aziendale. Laddove non vi sia commissione aziendale o questa si sia pronunciata contro il licenziamento, il lavoratore può esigere la sospensione provvisoria degli effetti della disdetta.

La disdetta è nulla se data per motivi politici o ideologici o senza grave motivo. È considerato grave motivo un comportamento del lavoratore che, per la sua gravita o le sue conseguenze, renda impossibile la continuazione del rapporto di lavoro. Quali esempi di gravi motivi la legge cita esplicitamente l'inosservanza ingiustificata degli ordini dei superiori, la ripetuta mancanza di interesse e di diligenza nell'esecuzione del lavoro e l'anormale calo della produttività del lavoratore.

La disdetta data in dispregio delle norme procedurali o senza grave motivo è nulla. Conseguentemente, il lavoratore ha diritto d'essere reintegrato nell' impiego e di riscuotere il salario per il periodo intercorrente tra la disdetta e la reintegrazione. In vece di quest'ultima, il lavoratore può chiedere un' 512

indennità pari ad un mese di salario per anno di servizio, ma in ogni caso non inferiore a tre mensilità.

Una procedura particolare, con l'intervento di un'autorità, è prevista per i licenziamenti collettivi conseguenti a chiusure d'aziende o a riduzioni di personale per motivi strutturali,' tecnologici o congiunturali. I licenziamenti operati in dispregio di detta procedura sono nulli. Il lavoratore licenziato ha comunque diritto a un'indennità pari ad un mese di salario per anno di servizio, ma in ogni caso non inferiore a tre mesi di salario.

Una protezione speciale dai licenziamenti è assicurata alle donne incinte, ai sindacalisti e'ai membri delle commissioni aziendali.

La legge non differenzia tra disdetta ordinaria e licenziamento immediato.

Nei due casi è offerta la stessa protezione.

320.10

Svezia

In Svezia, i lavoratori che occupano una posizione direttiva, i membri della famiglia del datore di lavoro e gli impiegati domestici sono esclusi dalla protezione dai licenziamenti. Gli altri lavoratori possono essere licenziati soltanto con una lettera indicante le condizioni d'impugnabilità della disdetta. A richiesta del lavoratore, la disdetta deve essere motivata.

Il datore di lavoro che intende recedere dal contratto per motivi inerenti alla persona del lavoratore deve informarne il lavoratore medesimo e il sindacato almeno due settimane prima della notificazione della disdetta; il lavoratore e il sindacato hanno il diritto di discutere con lui del licenziamento previsto.

La stessa procedura si applica in caso di licenziamento per mancanza di lavoro; in questo caso, però, l'intenzione di licenziare dev'essere comunicata soltanto al sindacato e con almeno un mese di anticipo.

Il lavoratore può impugnare la disdetta che non poggi su motivi oggettivi, ossia su motivi che, inerenti alla persona del lavoratore, rendano impossibile, per il datore di lavoro, la continuazione del rapporto di lavoro. È per altro considerato motivo oggettivo anche la mancanza di lavoro.

Se il lavoratore impugna la disdetta, il rapporto di lavoro continua durante l'intera procedura, dunque, in determinate circostanze, anche al di là del termine di disdetta. La disdetta data senza motivo oggettivo è dichiarata nulla dal tribunale. Il datore di lavoro che rifiuti di riassumere il lavoratore licenziato deve versargli un'indennità pari a 16, 24 o 32 mesi di salario, secondo che il lavoratore abbia meno di cinque, da sei a dieci ovvero dieci o più anni di anzianità di servizio. Per i lavoratori di 60 e più anni, l'indennità è pari a 24, 36 o 48 mesi di salario.

Una protezione speciale è prevista in caso di disdette date per servizio militare, congedo di formazione o di perfezionamento professionali o congedo parentale.

Il datore di lavoro può licenziare immediatamente il lavoratore soltanto in caso di grave violazione degli obblighi contrattuali. Le condizioni formali e 513

le conseguenze dell'annullamento giudiziale del licenziamento immediato sono le stesse di quelle dell'annullamento della disdetta ordinaria.

320.11

Spagna

In Spagna, la protezione legale dalle disdette non si applica ai consulenti e agli organi delle persone giuridiche, ai lavoratori che occupano una posizione direttiva, agli impiegati domestici, agli sportivi professionisti e agli artisti ed attori che si esibiscono in pubblico.

La disdetta dev'essere data per scritto e con indicazione dei motivi; simultaneamente, il datore di lavoro deve accordare al lavoratore un'indennità pari a venti giorni di salario per anno di servizio, ma al massimo pari a dodici mensilità. Se la disdetta è giustificata, l'indennità rimane al lavoratore; se la disdetta è ingiustificata, l'indennità è rimborsata al datore di lavoro, sempre che questi riassuma il lavoratore, ovvero è dedotta dall'indennità per disdetta ingiustificata. In caso d'inosservanza di queste prescrizioni formali, la disdetta è nulla.

La disdetta è giustificata soltanto se data per un motivo oggettivo, ossia, fra l'altro, allorquando il lavoratore sia incapace di eseguire il lavoro o non sia ragionevolmente in grado di adattarsi entro due mesi a una modificazione tecnica introdotta nell'azienda.

Se la disdetta è ingiustificata, il datore di lavoro può, entro cinque giorni, optare per la riassunzione del lavoratore (in caso di silenzio del datore di lavoro la riassunzione è presunta) ovvero per il pagamento di un'indennità pari a 45 giorni di salario per anno di servizio, ma in ogni caso non superiore a 42 mensilità. Nelle imprese che occupano meno di 25 lavoratori, l'indennità è ridotta all'80 per cento (il 40% di questa somma è a carico di un fondo di garanzia salariale). In caso di licenziamento di un rappresentante dei lavoratori, il suddetto diritto di opzione non spetta al datore di lavoro bensì al rappresentante medesimo.

I licenziamenti per motivi tecnologici o economici presuppongono trattative con i rappresentanti dei lavoratori durante un periodo minimo di trenta giorni e possono intervenire soltanto con il consenso dell'autorità. Se il consenso è accordato, il lavoratore ha diritto a un'indennità pari a venti giorni di salario per anno di servizio, ma in ogni caso non superiore a dodici mensilità.

Una protezione speciale dalle disdette è prevista per i membri delle commissioni aziendali o delle commissioni operaie come anche per le donne incinte e le puerpere.

II licenziamento immediato
è subordinato alla forma scritta e all'indicazione dei motivi; in caso di inosservanza di queste prescrizioni formali, il licenziamento è nullo e il lavoratore ha diritto alla reintegrazione e al salario per il periodo intercorrente tra il licenziamento e la reintegrazione. Il licenziamento immediato può intervenire soltanto in caso di violazione grave e colpevole del contratto. Se non vi è una tal violazione, il datore di lavoro deve, 514

entro cinque giorni, optare per la riassunzione del lavoratore (in caso di silenzio da parte del datore di lavoro la riassunzione è presunta) ovvero per il pagamento di un'indennità. Quest'ultima consta del salario per il periodo intercorrente tra il licenziamento e la sentenza del tribunale o l'entrata in servizio in un nuovo posto di lavoro, nonché di una somma pari a 45 giorni di salario per anno di servizio, ma in ogni caso non superiore a 42 mensilità; nelle imprese che occupano meno di 25 lavoratori, l'indennità è ridotta all' 80 per cento (il 40% di questa somma è a carico di un fondo di garanzia salariale). Anche qui è previsto che, in caso di licenziamento immediato di un rappresentante dei lavoratori, il diritto d'opzione spetta a quest'ultimo e non al datore di lavoro.

33

Consiglio d'Europa, Comunità europee e Organizzazione internazionale del lavoro

331

Consiglio d'Europa

La Carta sociale europea, di cui vi abbiamo già proposto la ratificazione (FF 1983 II 1209 segg.), può essere considerata l'espressione di uno standard europeo medio per quanto concerne la protezione dei lavoratori dai licenziamenti. Secondo la Carta, i datori di lavoro devono attenersi a un ragionevole periodo di preavviso per por fine al rapporto di lavoro (art. 4 par. 4). Il licenziamento immediato è nondimeno autorizzato in caso di colpa grave del lavoratore (cfr. l'allegato alla Carta sociale). Infine, è considerato illegale il licenziamento notificato a una lavoratrice durante l'assenza per maternità o in una data tale che il periodo di preavviso termini durante detta assenza (art. 8 par. 2).

332

Comunità europee

II 17 febbraio 1975, il Consiglio delle Comunità europee ha emanato una Direttiva concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai licenziamenti collettivi. In caso di licenziamenti collettivi, ossia di licenziamenti di un certo numero di lavoratori di un'impresa 19 ', il datore di lavoro è tenuto a consultare i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere a un'intesa. La consultazione verte per lo meno sulle possibilità di evitare o di ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze; al fine di permettere ai rappresentanti dei lavoratori di formulare proposte costruttive, il datore di lavoro è tenuto a fornir loro le informazioni necessarie, in particolare circa i motivi del licenziamento (art. 2). Le stesse informazioni deve darle all'autorità cui è tenuto a comunicare i licenziamenti previsti (art. 3). I licenziamenti collettivi così preannunciati diventano efficaci soltanto dopo un certo termine durante il quale l'autorità pubblica competente cerca soluzioni atte a porvi rimedio (art. 4). Gli Stati membri avevano due anni a disposizione per conformarsi alla direttiva (art. 6) e due anni supplementari per trasmettere i dati necessari all'allestimento di un rapporto sull'applicazione della medesima (art. 7).

515

333

Organizzazione internazionale del lavoro

Nel 1963, la Conferenza internazionale del lavoro ha emanato la raccomandazione (n. 119) (FF 1964 I, ediz. frane. 84 segg.) concernente la cessazione dei rapporti di lavoro. Nel frattempo, la legislazione, la giurisprudenza e la prassi dei contratti collettivi di lavoro sono fortemente mutati in parecchi Paesi: particolare attenzione è stata dedicata ai problemi insorti a causa dei cambiamenti economici, tecnologici e di analoga natura.

All'ordine del giorno della 67a e della 68" sessione della Conferenza internazionale del lavoro (1981 e 1982) figurava il punto «cessazione del rapporto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro». Nell'ultima di queste sessioni, sono state approvate la convenzione (n. 158) e la raccomandazione (n. 166) concernenti la cessazione dei rapporto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro (FF 1983 II 1122 segg.), che hanno sostituito la suddetta raccomandazione n. 119. Questi due strumenti internazionali sono il frutto della cooperazione tra i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori in seno alla commissione tecnica della Conferenza. Le disposizioni sono state redatte in termini elastici onde permettere al maggior numero possibile di Stati di ratificare la convenzione.

La convenzione n. 158 comprende, oltre alle usuali disposizioni finali, 14 articoli. Si applica per principio a tutti i rami dell'attività economica ed a tutti i lavoratori dipendenti (art. 2). Tuttavia, la legislazione nazionale può prevedere eccezioni per i lavoratori che fruiscono di una protezione dai licenziamenti almeno pari a quella accordata dalla convenzione, nonché per i lavoratori cui la convenzione non potrebbe applicarsi senza porre problemi di una certa importanza a causa delle loro particolari condizioni d'impiego ovvero della grandezza o della natura dell'impresa. Per altro, la legislazione nazionale può prevedere che tutte o certe disposizioni della convenzione non si applicano ai lavoratori assunti per un tempo o una mansione determinati, a titolo di prova o occasionalmente per una breve durata, nonché ai lavoratori che non abbiano ancora l'anzianità di servizio richiesta; la legislazione nazionale deve tuttavia impedire che la tutela derivante dalla convenzione medesima venga elusa facendo ricorso a contratti di lavoro di durata determinata.

Il lavoratore può essere
licenziato soltanto se ve ne sono validi motivi, ossia motivi inerenti all'incapacità o al comportamento del lavoratore ovvero alle necessità dell'attività aziendale (art. 4). Non sono invece validi motivi, per esempio, l'appartenenza a un sindacato o la partecipazione ad attività sindacali (art. 5), nonché l'assenza dal lavoro dovuta a malattia o infortunio ritenuti temporanei dalla legislazione nazionale (art. 6).

In caso di licenziamento per condotta colpevole o cattivo rendimento, il lavoratore deve poter difendersi contro le accuse formulate, a meno che non ci si possa con ragionevolezza attendere dal datore di lavoro che tale possibilità gli venga offerta (art. 7).

Il lavoratore che ritenga di essere stato oggetto di un licenziamento ingiustificato ha il diritto di ricorrere a un organismo imparziale (art. 8); quest' 516

ultimo, se giunge alla conclusione che il licenziamento è ingiustificato, deve obbligare il datore di lavoro a versare un'adeguata indennità o a riparare il danno in qualsiasi altra forma appropriata qualora l'annullamento del licenziamento e/o il reintegro del lavoratore non sembri opportuno o non sia previsto dalla legislazione nazionale (art. 10). Il diritto interno può disporre che l'onere di provare l'esistenza di un motivo valido di licenziamento spetta unicamente al datore di lavoro ovvero prescrivere una procedura che permetta all'organismo imparziale di formarsi una convinzione riguardo ai motivi del licenziamento, previo esame degli elementi di prova forniti dalle parti (art. 9).

Quando la cessazione del rapporto di lavoro non è addebitabile a una colpa grave del lavoratore, il datore di lavoro deve attenersi a un preavviso di durata ragionevole o versare un'indennità sostitutiva (art. 11). Il lavoratore licenziato ha parimente il diritto di ricevere un'indennità finanziata dal datore di lavoro e/o prestazioni di sicurezza sociale (art. 12).

Disposizioni complementari sono previste per i licenziamenti dovuti a motivi economici, tecnologici, strutturali o simili: i rappresentanti dei lavoratori interessati devono essere informati in tempo utile sui motivi e l'estensione dei licenziamenti previsti; devono inoltre avere l'occasione, per quanto possibile in anticipo, di essere consultati sulle misure preventive (art. 13).

Se la legislazione nazionale lo prevede, l'autorità competente ha il diritto d'essere informata come i rappresentanti dei lavoratori (art. 14).

La convenzione n. 158 è completata dalla raccomandazione n. 166 che ha lo stesso campo d'applicazione (cpv. 2). La raccomandaziozne precisa le misure atte ad impedire un'eventuale elusione della protezione convenzionale mediante stipulazione di contratti di lavoro di durata determinata: uno dei mezzi preconizzati consiste nell'assimilare i contratti di lavoro di durata determinata, che siano stati rinnovati una o più volte, a contratti di lavoro di durata indeterminata (cpv. 3). Secondo la raccomandazione, non costituisce motivo valido di licenziamento l'età del lavoratore o la sua assenza dal lavoro per servizio militare (cpv. 5). Il licenziamento dev'essere inoltre notificato per scritto (cpv. 12) ed il lavoratore deve avere
il diritto di essere informato sui motivi del licenziamento (cpv. 13). Durante il periodo di preavviso, il lavoratore dovrebbe beneficiare di periodi di tempo libero di durata ragionevole, e senza perdita di salario, per poter cercare un altro impiego (cpv. 16). Alla fine del contratto, dovrebbe in oltre avere il diritto di esigere dal datore di lavoro un certificato che indichi la natura e la durata dei rapporti di lavoro o che valuti la sua condotta e il suo lavoro (cpv. 17).

Anche la raccomandazione contiene disposizioni complementari sui licenziamenti per motivi economici, tecnologici, strutturali o simili: licenziamenti di questo tipo dovrebbero essere per quanto possibile evitati (cpv. 19) ed essere pronunciati soltanto previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori (cpv. 20). I lavoratori da licenziare dovrebbero essere designati secondo criteri stabiliti per quanto possibile in anticipo (cpv. 23) e beneficiare di una certa priorità di riassunzione qualora il datore di lavoro intenda assumere nuovi lavoratori con qualifiche analoghe (cpv. 24).

517

Nel nostro rapporto sulla 68a sessione della Conferenza internazionale del lavoro (FF 1983 II 1083 segg.) vi avevano indicato le incompatibilità esistenti tra la convenzione n. 158 e il diritto svizzero; conseguentemente, avevamo rinunciato a proporvi la ratificazione di questo strumento internazionale. Si può ritenere che quest'ultimo potrebbe essere ratificato qualora l'iniziativa per la protezione dai licenziamenti fosse accettata. Tuttavia, vi proponiamo di respingere l'iniziativa e, in quanto controprogetto indiretto, di accettare una revisione del Codice delle obbligazioni che non soddisfa le esigenze della convenzione n. 158.

Oltre alla protezione generale dalle disdette accordata dalla convenzione n.

158, vi è una protezione speciale conferita da altre convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro. Rientra in quest'ambito la convenzione (n. 103) concernente la protezione della maternità, del 1952 (FF 7953 III, ediz. frane. 1094 segg.), che ha modificato la convenzione (n. 3) concernente l'impiego delle donne prima e dopo il parto, del 1919 (FF 7920 V, ediz.

frane. 487 segg.), la quale prevede che le lavoratrici hanno diritto a un congedo di maternità di almeno dodici settimane, di cui sei almeno dopo il parto (art. 3). Il datore di lavoro non può notificare validamente il licenziamento né durante il congedo di maternità né a una data tale che il termine di preavviso scada durante tale congedo (art. 6). L'articolo 1 della convenzione (n. 98) concernente l'applicazione dei prìncipi del diritto d'organizzazione e di negoziazione collettiva, del 1949 (FF 7950 II, ediz. frane. 988 segg.), protegge i lavoratori dai licenziamenti intimati per appartenenza a un sindacato o partecipazione ad attività sindacali fuori delle ore di lavoro o, con il consenso del datore di lavoro, durante le medesime. Un'analoga protezione è prevista per i rappresentanti dei lavoratori nell'impresa dall'articolo 1 della convenzione (n. 135) concernente la protezione e le agevolazioni da accordare ai rappresentanti dei lavoratori nell'impresa, del 1971 (FF 7972 II, ediz.

frane. 392 segg.). Infine, secondo l'articolo 8 della convenzione (n. 156) concernente la parità di possibilità e di trattamento dei lavoratori dei due sessi: lavoratori con responsabilità familiari (FF 1983 I 78 segg.), le responsabilità
familiari non possono, in quanto tali, costituire un motivo valido per porre fine al rapporto di lavoro. La Svizzera non ha però ratificato nessuna di queste convenzioni.

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L'iniziativa contro i licenziamenti Genesi dell'iniziativa

Nell'assemblea generale dell'ottobre 1979, la Federazione cristiana degli operai metallurgici decideva, in via di principio, di lanciare un'iniziativa intesa a migliorare la protezione dai licenziamenti. Nel maggio 1980, il comitato direttivo della Federazione svizzera dei sindacati cristiani approvava tale proposta a larga maggioranza visto che il programma d'azione della Federazione medesima prevedeva fra l'altro lo sviluppo di una protezione dai licenziamenti individuali e collettivi.

Il nullaosta all'iniziativa contro i licenziamenti fu dato il 30 settembre 1980; 518

l'iniziativa fu lanciata congiuntamente dall'Associazione svizzera dei salariati evangelici e sostenuta a livello nazionale dall'Unione svizzera dei sindacati autonomi. Già nel giugno 1981 -- dunque circa sei mesi dopo l'inizio della raccolta delle firme -- il numero delle firme superava la soglia delle centomila. Conseguentemente, i competenti organi sindacali decidevano di interrompere la raccolta senza attendere la fine del marzo 1982, data di scadenza del termine. Ricordiamo che l'iniziativa, corredata di 118 586 firme valide, è stata depositata il 26 ottobre 1981.

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Scopi dell'iniziativa

L'iniziativa chiede l'emanazione di disposizioni sulla protezione dei lavoratori dai licenziamenti. A richiesta del lavoratore, il datore di lavoro deve motivare per scritto il licenziamento. Il licenziamento ingiustificato, in particolare quello conseguente all'esercizio di diritti fondamentali da parte del lavoratore o non corrispondente ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro, può essere impugnato dal lavoratore. Anche un licenziamento giustificato può avere conseguenze particolarmente gravose per il lavoratore o la sua famiglia: in tal caso, il rapporto di lavoro deve poter essere protratto. Devono essere vietati i licenziamenti notificati durante i primi sei mesi di un'incapacità di lavoro risultante da malattia o infortunio o fintante che il lavoratore malato o infortunato ha diritto al salario o a indennità giornaliere dell'assicurazione malattie, infortuni o militare; sono inoltre inammissibili i licenziamenti durante la gravidanza e nelle dieci settimane dopo il parto.

Infine, secondo l'iniziativa, il Legislatore federale deve disciplinare la protezione dei lavoratori dai licenziamenti collettivi per motivi economici.

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Motivi degli autori dell'iniziativa

Gli autori dell'iniziativa sottolineano che la perdita del posto di lavoro ha conseguenze ben più gravi della cessazione di qualsiasi altra relazione contrattuale; essa costituisce una misura ancor più brutale in periodo di recessione economica poiché può implicare una disoccupazione passeggera o duratura. In tali casi, il licenziamento lange direttamente gli interessi vitali del lavoratore. Visto che il diritto svizzero è retto dal principio della libertà contrattuale, il motivo della disdetta sarebbe in particolare irrilevante. Diversamente dagli ordinamenti esteri, il diritto svizzero non prevede una protezione dai licenziamenti degna di tal nome. Le odierne limitazioni temporali e sostanziali del diritto di disdetta non conferiscono una vera prole-, zione poiché la disdetta rimane giuridicamente valida e può unicamente dar luogo a un'indennità, per quanto non intervenga una transazione. Parimente, l'articolo 2 CC non è praticamente di alcuna utilità visto che i tribunali esitano a riferirvisi; inoltre, è raro che ci si trovi in presenza di un manifesto abuso di diritto, che di regola è d'altronde difficile da dimostrare. Il disciplinamento attuale ha due difetti principali, ossia l'assenza dell'obbligo di 519

motivare la disdetta, il quale spalanca la porta ai licenziamenti abusivi e socialmente ingiustificati, e l'impostazione paritaria, ossia l'uguaglianza totaie di trattamento di datore di lavoro e lavoratore. Trattasi praticamente della stessa protezione dai licenziamenti che esisteva già nel 1914.

Gli autori dell'iniziativa rilevano inoltre che i numerosi tentativi dei sindacati per migliorare la protezione dai licenziamenti mediante i contratti collettivi di lavoro hanno portato a risultati assai diversi e, nel complesso, ben modesti. Un gran numero di contratti collettivi non contengono disposizioni protettive; altri hanno ripreso immutato il disciplinamento legale. I contratti collettivi che si sospingono più in là del disciplinamento previsto dal Codice delle obbligazioni hanno soprattutto consolidato la protezione delle persone malate, infortunate o incinte, protratto i periodi legali di protezione e esteso la protezione dalle disdette date per appartenenza a un sindacato o per esercizio di un'attività sindacale. Per i licenziamenti dovuti a ragioni economiche, è previsto qua e là un diritto di consultazione, di informazione o di discussione in favore della commissione aziendale o della parte sociale, nonché il diritto di elaborare un piano sociale. In genere, trattasi di contratti che attenuano le conseguenze del licenziamento senza però migliorare la garanzia dell'impiego. Anche se i contratti collettivi di lavoro offrissero una protezione più estesa, un disciplinamento legale sarebbe nondimeno necessario poiché i numerosi lavoratori non sottostanti a contratto collettivo non beneficierebbero di una tal protezione.

Gli autori dell'iniziativa chiedono un disciplinamento che si scosta invero dal principio della libertà di disdetta e che sancirebbe dunque una concezione sconosciuta al diritto svizzero. Inoltre, l'iniziativa abbandona il principio della parità del lavoratore e del datore di lavoro e cerca di compensare la superiorità de facto di quest'ultimo accordando al lavoratore diritti che non spettano al datore di lavoro.

Secondo gli autori, l'iniziativa contiene unicamente i principi basilari giusta i quali dev'essere migliorata la protezione dai licenziamenti. L'obbligo per il datore di lavoro di motivare per scritto la disdetta a richiesta del lavoratore corrisponde da un lato al
diritto legittimo di costui di sapere perché perde il suo posto di lavoro e dall'altro crea una situazione chiara nel caso in cui il lavoratore intenda adire le vie legali. Offrendo al lavoratore la possibilità di impugnare la disdetta innanzi a un'autorità giudiziaria, si vuole impedire che il datore di lavoro rimanga l'istanza suprema in materia di licenziamento. I casi di disdetta ingiustificata sono descritti in modo generico, non dunque esaustivo. Un licenziamento è ingiustificato se conseguente all'esercizio di diritti fondamentali da parte del lavoratore. È questo un fatto del tutto normale poiché chi esercita tali diritti opera nell'ambito dell'ordine giuridico e non deve patirne pregiudizi nemmeno nella vita professionale. Il licenziamento è inoltre ingiustificato se non corrisponde ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro. La protezione proposta dall'iniziativa non è dunque assoluta: essa prevede un contemperamento tra interessi del datore di lavoro al mantenimento del posto di lavoro, tenuto conto delle capacità di funzionamento dell'impresa, e interessi del lavoratore a conservare l'impiego.

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Dato che il licenziamento non tocca tutti i lavoratori nello stesso modo, il giudice deve, anche se la disdetta è giustificata, aver la possibilità di protrarre il rapporto di lavoro in certi casi particolari: per esempio quando il lavoratore non è in buona salute, ha difficoltà dovute all'età o deve far fronte a oneri familiari. Inoltre, l'iniziativa estende la protezione dai licenziamenti oggi prevista per le persone malate, infortunate e incinte, ma ritenuta del tutto insufficiente. Infine, sempre secondo gli autori dell'iniziativa, le esperienze compiute in questi ultimi anni dimostrerebbero a sufficienza la necessità di emanare disposizioni speciali sui licenziamenti collettivi per motivi economici. Tali disposizioni dovrebbero anzitutto disciplinare il diritto di consultazione e di condecisione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (commissioni aziendali e sindacati) nonché l'informazione delle autorità regionali.

L'iniziativa ha rinunciato a trattare certi punti che il Legislatore dovrebbe nondimeno risolvere. Trattasi, per esempio, delle conseguenze giuridiche nel caso in cui non si possa ragionevolmente esigere da una delle parti la continuazione del rapporto di lavoro, della definizione del «caso di rigore», della durata della protrazione del contratto nei casi di rigore e della delimitazione della disdetta ordinaria rispetto al licenziamento immediato.

5 51

Parere del Consiglio federale Reiezione dell'iniziativa per motivi formali

La Costituzione federale, in quanto fondamento giuridico dello Stato, dovrebbe limitarsi all'essenziale e non dunque perdersi nei particolari. Questo principio è stato invero spesso disatteso, ma ciò non significa che vi si debba rinunciare. La Costituzione non dovrebbe nemmeno gravarsi di norme che si restringano a fissare in modo preciso e particolareggiato l'esercizio delle competenze esistenti. In linea di massima, si può affermare che l'iniziativa contro i licenziamenti costituirebbe un corpo estraneo nella Costituzione se ha veramente lo scopo di indicare dettagliatamente al Legislatore federale il modo di esercitare le competenze costituzionali che già possiede.

Disposizioni che prevedono l'impugnabilità o la nullità di un licenziamento limitano la libertà contrattuale e -- quel che più importa -- la libertà di commercio e di industria del datore di lavoro. Questa libertà protegge infatti tra l'altro il diritto del datore di lavoro di scegliere liberamente i propri lavoratori e di determinare liberamente i rapporti di lavoro 20).

La limitazione della libertà di commercio e di industria sottosta a norme particolari che divergono in parte da quelle inerenti alla limitazione di altri diritti fondamentali. Soltanto se la Costituzione l'autorizza, la Confederazione può emanare disposizioni che non si restringano a limitare la libertà di commercio e di industria, ma anzi vi derogano. Questa autorizzazione può essere esplicita (art. 27 ter cpv. 1 lett. b, bis cpv. 3 e 3lquinquie cpv 2 Cost.), può essere inclusa in una competenza legislativa generale inerente a un settore determinato (art. 24 ter , 24quinquie cpv. 1, 26, 26bis, 28 e 37ter Cost.) o può infine risultare da provvedimenti menzionati nella Costituzione (art. 23Ms, 24quater, 31ter, 38, 39, 41 e 69 ter Cost.)21». Limitazioni della 34

Foglio federale. 67° anno. Voi. II

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libertà di commercio e di industria, se non costituiscono deroghe a questa libertà, sono ammesse secondo le norme generalmente applicabili alle limitazioni dei diritti fondamentali: devono in particolare poggiare su un fondamento legale ed essere d'interesse pubblico.

La competenza privatistica (art. 64 cpv. 1 Cost.) non autorizza la Confederazione a derogare alla libertà di commercio e di industria. L'ordinamento di diritto privato deve piuttosto creare le condizioni che permettano di esercitare effettivamente questa libertà. Sarebbe dunque escluso, fondandosi sulla competenza di diritto privato, perseguire in materia di contratto di lavoro scopi di politica strutturale o congiunturale. Trattasi pertanto di esaminare se l'iniziativa contro i licenziamenti contenga esigenze la cui attuazione significherebbe una deroga alla libertà di commercio e di industria.

Secondo la dottrina dominante e secondo la prassi del Tribunale federale, le limitazioni della libertà di commercio e di industria non costituiscono, per principio, deroghe al diritto fondamentale qualora rientrino nell'ambito dei provvedimenti di polizia, nell'ambito sociale o in quello socio-politico. Per contro, si è in presenza di deroghe -- con certe riserve che non sono qui decisive -- ove trattasi di limitazioni derivanti dalla politica economica 22).

Si può affermare a priori che le richieste formulate nell'iniziativa non sono di natura politico-economica. Non possono nemmeno essere ascritte al settore della polizia (sanitaria). Trattasi piuttosto di esigenze socio-politiche.

Stando così le cose, la loro attuazione non derogherebbe, per principio, alla libertà di commercio e di industria. Si noti tuttavia che non tutti i provvedimenti socio-politici sono compatibili con tale libertà. Il presupposto necessario è infatti il rispetto del principio della proporzionalità23'. Non è però facile dire quando tale condizione sia realizzata. La risposta è certamente più agevole se si esclude qualsiasi provvedimento implicante una minaccia per la competitivita delle imprese ma, nel caso di specie, non già di quella di produttori marginali, bensì dell'impresa media. Per appurare l'effettività della minaccia per la competitivita summenzionata, occorre ogni volta fondarsi su previsioni plausibili. Vista però qui l'impossibilità del rigore scientifico,
ha maggior voce in capitolo l'apprezzamento politico. Si può allora muovere dall'idea che le richieste formulate dall'iniziativa sarebbero sopportabili per un'impresa inedia. Non si può pertanto pretendere che un disciplinamento legale sulla protezione dei lavoratori dai licenziamenti, analogo a quello proposto dall'iniziativa, costituisca a priori una deroga alla libertà di commercio e di industria. Diversa sarebbe la situazione se, al fine di proteggere il lavoratore, si introducessero per esempio termini di disdetta più lunghi in caso di difficoltà economiche delle aziende, segnatamente difficoltà strutturali o congiunturali. Tuttavia, l'iniziativa non permetterebbe una soluzione di tal tipo. Ancorché il capoverso 2 sia formulato assai elasticamente, non si può dedurne una qualsivoglia competenza in materia di protezione dai licenziamenti collettivi per motivi economici. Questa disposizione dovrebbe essere piuttosto interpretata alla luce dell'intero corpo costituzionale al fine di giungere così a una concordanza d'insieme, segnatamente anche con la libertà di commercio e di industria.

522

Se è così, l'iniziativa contro i licenziamenti è fondamentalmente una semplice indicazione data al Legislatore circa il modo di usare della sua competenza privatistica nel campo del disciplinamento inerente alla protezione dei lavoratori dai licenziamenti e come tale non è dunque degna di rango costituzionale.

Tale valutazione presuppone che il Legislatore di diritto privato possa concretare obiettivi di natura sociale. Occorre dunque esaminare se ne abbia la competenza e in qual misura. Il motivo è che, in questo campo, il Legislatore non dispone soltanto della competenza di diritto privato, ma anche di quella fondata sull'articolo 34ter capoverso 1 lettera a Cosi., giusta il quale la Confederazione ha il diritto di legiferare sulla protezione dei lavoratori.

Questa disposizione può in ogni caso giustificare restrizioni socio-politichle alla libertà di commercio e di industra 24). Se ci si attenesse all'opinione contraria 25), giusta la quale l'articolo 34 ter capoverso 1 lettera a Cost. autorizza unicamente restrizioni legali di polizia, una gran parte della vigente legislazione in materia di protezione del lavoro dovrebbe essere considerata incostituzionale visto che la protezione dei beni oggetto dei provvedimenti di polizia (segnatamente la salute, l'integrità fisica e la vita) non costituisce, da lungo tempo ormai, il limite estremo. Non è dunque decisivo sapere se la Confederazione, fondandosi esclusivamente sull'articolo 64 Cost., possa emanare norme in materia di protezione dai licenziamenti corrispondenti a quelle dell'iniziativa. È quanto conferma in particolare il fatto che il diritto del contratto di lavoro si situa in ogni caso in una zona limite tra il diritto privato e il diritto pubblico. Sarebbe dunque più corretto fondarsi parimente sull'articolo 34 ter capoverso 1 lettera a Cost.

52

Reiezione dell'iniziativa per motivi sostanziali

La reiezione dell'iniziativa si impone però anche per motivi sostanziali.

Secondo l'iniziativa, persine un licenziamento giustificato, ossia un licenziamento corrispondente ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro, non sarebbe valido in tutti i casi: il lavoratore può chiedere una protrazione giudiziale del rapporto di lavoro allorquando un licenziamento di tal tipo abbia conseguenze particolarmente gravose per lui o la sua famiglia.

Certamente, anche una disdetta affatto valida giuridicamente può, in certi casi, per esempio in caso di malattia di un membro della famiglia del lavoratore, avere conseguenze particolarmente gravose per quest'ultimo. Se, in presenza di un tal caso di rigore, il rapporto di lavoro è protratto, gli oneri che ne risultano sarebbero ribaltati sul datore di lavoro, mentre non spetta a costui, bensì allo Stato, e in particolare alle assicurazioni sociali, di sopportarli: ed è invero lo Stato che li sopporta effettivamente quando la previdenza privata è insufficiente. Grazie all'assistenza sociale, in Svizzera non vi è nessuno che si ritrovi sprovvisto completamente di mezzi, nemmeno in caso di avversità particolarmente gravose. Conseguentemente, la responsabilità sociale del datore di lavoro può e deve limitarsi al rapporto di lavoro.

523

La soluzione proposta dall'iniziativa è inoltre impraticabile: le circostanze gravose dovrebbero essere invocate entro breve termine affinchè il datore di lavoro sappia in tempo se si richiede una protrazione del rapporto di lavoro.

Al fine di evitare un'insicurezza indesiderata quanto alla continuazione o no del rapporto di lavoro, il tribunale dovrebbe pronunciarsi prima della scadenza del termine di disdetta, generalmente breve, il che sarebbe praticamente impossibile.

Su un altro punto l'iniziativa va troppo lontano: essa prevede, per il datore di lavoro, un divieto di licenziare fintante che il lavoratore malato o infortunato riceva indennità giornaliere dall'assicurazione malattie, infortuni o militare. Un tal protezione non tiene conto del desiderio legittimo del datore di lavoro di sapere per qual durata massima non può licenziare il lavoratore; la durata delle prestazioni assicurative dipende infatti anche dal grado dell' incapacità lavorativa. La determinazione della durata concreta della protezione dai licenziamenti presuppone inoltre conoscenze approfondite delle condizioni assicurative legali e contrattuali; i problemi inerenti al contratto di lavoro dovrebbero invece, per quanto possibile, essere risolti unicamente sulla scorta del Codice delle obbligazioni, il quale dovrebbe offrire una risposta chiara e semplice. Infine, un disciplinamento che non determinerebbe nemmeno la durata massima della protezione dai licenziamenti causerebbe difficoltà suppletive al datore di lavoro in cerca di un lavoratore in grado di sostituire la persona malata o infortunata. Ed anche per quest'ultima vi sarebbe un'incertezza poco auspicabile quanto alla durata massima del vincolo contrattuale.

6 61 611

Revisione del disciplinamento inerente alla protezione dalle disdette nel Codice delle obbligazioni Parte generale Rinuncia a un controprogetto diretto all'iniziativa contro i licenziamenti

Come già detto, una disposizione che si limiti ad indicare in qual modo i lavoratori debbano essere protetti concretamente dai licenziamenti non merita rango costituzionale. Già per questo motivo, vi proponiamo di respingere l'iniziativa e non vi sottoponiamo un controprogetto diretto.

612

Revisione del Codice delle obbligazioni a titolo di controprogetto indiretto

Già prima del deposito dell'iniziativa contro i licenziamenti ci eravamo pronunciati, rispondendo ad alcuni interventi parlamentari25a), sul problema di una protezione generalizzata dai licenziamenti. Avevamo allora riconosciuto che il lavoratore può subire gravi pregiudizi in seguito alla risoluzione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro: in caso di mercato del lavoro favorevole e in periodo di alta congiuntura, il lavoratore perde i van524

taggi connessi all'anzianità di servizio (cfr. il computo dei termini di disdetta, la determinazione delle condizioni e dell'ammontare dell'indennità di partenza ecc.); in caso di mercato del lavoro sfavorevole, egli è inoltre esposto al rischio della disoccupazione. Rilevavamo pure che la paura di un licenziamento impedisce spesso al lavoratore di far valere le sue pretese legali e contrattuali di contro al datore di lavoro.

Conseguentemente, ci dichiaravamo disposti a cercare una soluzione adeguata. Affermavamo tuttavia che occorreva osservare una certa cautela poiché una tal protezione rappresenta una grave ingerenza nella libertà di disdetta del datore di lavoro. Aggiungevamo che si doveva tener conto anche della strutturazione paritaria del diritto vigente ed esaminare se la nullità fosse invero la sanzione più appropriata per lo scioglimento abusivo del rapporto di lavoro o se per tal caso non fosse invece più indicato prevedere un' indennità pecuniaria.

Il licenziamento immediato -- così affermavamo -- rappresenta il provvedimento più grave che possa colpire un lavoratore, visto che può pregiudicare gravemente la sua reputazione persino nel caso in cui si rilevasse successivamente ingiustificato2510. Per questo motivo, assicuravamo di esaminare la possibilità di sottoporre a una normativa più severa i licenziamenti immediati.

Ancor oggi, propendiamo per un consolidamento della protezione dai licenziamenti; per questo motivo, vi proponiamo una revisione del Codice delle obbligazioni a titolo di controprogetto indiretto all'iniziativa.

612.1 612.11

Genesi della revisione Lavori della commissione peritale

L'iniziativa contro i licenziamenti è stata depositata il 26 ottobre 1981. Il 21 dicembre 1981, prendendo atto della riuscita formale, incaricavamo il Dipartimento federale di giustizia e polizia, in collaborazione con il Dipartimento federale dell'economia pubblica, di esaminare la questione.

Con decisione del 10 dicembre 1982, il Dipartimento federale di giustizia e polizia istituì una commissione peritale composta di rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, nonché della scienza e dell'amministrazione. La commissione era incaricata di esaminare l'iniziativa suddetta e di determinare se lo scopo della medesima potesse essere conseguito soltanto con una revisione costituzionale ovvero con una mera revisione del Codice delle obbligazioni (controprogetto indiretto). Il 1° luglio 1983, la commissione ci ha presentato un rapporto contenente i risultati delle sue deliberazioni.

Sulla scorta di tale rapporto, il Dipartimento federale di giustizia e polizia ci ha proposto di raccomandare la reiezione dell'iniziativa e di sottoporvi una revisione del Codice delle obbligazioni.

525

612.12

Prìncipi della revisione

II 19 settembre 1983, abbiamo approvato le proposte del Dipartimento federale di giustizia e polizia e stabilito simultaneamente i punti fermi per la revisione del Codice delle obbligazioni: - diritto del lavoratore di esigere la motivazione della disdetta e del licenziamento immediato; - disciplinamento della protezione dalle disdette abusive (clausola generale, enumerazione dei casi particolari di disdette abusive date dal datore di lavoro, indennità, con ammontare massimo elevato, quale sanzione per la disdetta abusiva); - estensione della protezione dalle disdette per servizio militare e di protezione civile (art. 336g CO) a tutti i servizi connessi con la difesa del Paese; - estensione a 360 giorni, compresi in un periodo di tre anni, della protezione dalla disdetta data al lavoratore ammalato o infortunato (art. 336e cpv. 1 lett. b CO); - introduzione di una protezione dalle disdette in favore dei membri delle commissioni aziendali (inammissibilità della disdetta senza giustificato motivo); - mantenimento del principio della strutturazione paritaria della protezione dalle disdette; - estensione della protezione dai licenziamenti immediati senza grave motivo (indennità, con ammontare massimo elevato, quale sanzione supplementare); - applicazione delle disposizioni federali di procedura civile (art. 343 CO) a tutte le controversie inerenti ai rapporti di lavoro, indipendentemente dal valore litigioso.

612.13

II disegno sottoposto a consultazione

II Dipartimento federale di giustizia e polizia fu allora incaricato, in collaborazione con il Dipartimento federale dell'economia pubblica, di elaborare un progetto di messaggio e di sottoporcelo, a vostra destinazione, entro l'aprile del 1984.

A tal fine, il Dipartimento federale di giustizia e polizia elaborò un disegno di revisione del Codice delle obbligazioni tenendo conto di tutti i principi summenzionati. Tale disegno preliminare ampliava fra l'altro la protezione dei lavoratori e dei datori di lavoro dalle disdette pronunciate durante il compimento di un servizio militare o di protezione civile estendendola al periodo d'adempimento di un obbligo legale non assunto volontariamente, e limitava a questo solo caso la protezione del datore di lavoro dalle disdette date in tempo inopportuno (art. 336/ CO). Inoltre, protraeva, da quattro settimane all'intera durata del servizio, la protezione temporale prevista in favore del lavoratore che partecipa a un servizio d'aiuto all'estero (art. 336e cpv. 1 lett. d CO). Infine, stabiliva un'indennità massima uniforme (12 mesi di salario) in tutti i casi in cui era prevista un'indennità pecuniaria a titolo di sanzione, ossia in caso di disdetta abusiva, di disdetta a causa 526

d'adempimento di obblighi legali, di licenziamento di un membro di una rappresentanza dei lavoratori nell'impresa e di licenziamento immediato senza gravi motivi.

612.14

Risultati della procedura di consultazione

Con decisione del 16 novembre 1983, abbiamo autorizzato il Dipartimento federale di giustizia e polizia a consultare i governi cantonali, i partiti rappresentati nell'Assemblea federale e le organizzazioni interessate.

Nonostante la brevità del termine (scadenza il 20 gennaio 1984), hanno risposto 24 Cantoni, 8 partiti e 21 delle 26 organizzazioni interpellate. Inoltre, hanno spontaneamente inviato il loro parere anche diverse organizzazioni. Tutti questi pareri sono stati esaminati e presi in considerazione nel presente messaggio.

Parecchi partiti e le organizzazioni direttamente interessate hanno ritenuto che il disegno preliminare era troppo o troppo poco progressista e si sono pronunciate fondamentalmente per il mantenimento dello statu
Non abbiamo dunque motivo di scostarci dalla concezione del disegno preliminare e riteniamo che le nostre proposte offrano una buona base di discussione e una vera alternativa all'iniziativa contro i licenziamenti.

Questa nostra convinzione è confortata dalle risposte, date durante la procedura di consultazione, in merito a certi principi e soluzioni proposti dal disegno. Si è per esempio approvato, ma invero anche criticato, il fatto che ·i licenziamenti per motivi economici non siano stati specialmente disciplinati, che il periodo di protezione in caso di gravidanza e di parto sia stato sensibilmente protratto e che il limite del valore litigioso nelle controversie in materia di rapporto di lavoro sia stato abbandonato.

Praticamente, nessuna disposizione proposta è andata esente da critiche; in genere, tuttavia, tali critiche poggiano su motivi diametralmente opposti e non vi è dunque da stupirsi se anche le proposte di modifica percorrano vie diverse. Si è disapprovato il fatto che la disdetta debba essere motivata a richiesta del lavoratore, ma anche che la motivazione non sia una condizione di validità della medesima. Da un canto, si è ritenuto che il datore di lavoro
che receda abusivamente dal contratto debba risarcire il lavoratore e non versargli un'indennità; il massimo di quest'ultima sarebbe in ogni caso troppo elevato; d'altro canto, si è auspicato che la sanzione in caso di disdetta abusiva sia la reintegrazione del lavoratore e non un'indennità pecuniaria; inoltre, in nessun caso si dovrebbe stabilire un massimo per questa indennità. Si è ancora rimproverato che il disegno non attui coerentemente il principio della parità, ovvero che non l'abbia abbandonato completamente.

527

Talune critiche e proposte fatte durante la procedura di consultazione saranno trattate più oltre, in connessione con le disposizioni corrispondenti.

612.2

Estensione della revisione

La revisione verte principalmente sulle disposizioni del Codice delle obbligazioni concernenti il tempo di prova (art. 334 e 346 cpv. 1 CO), lo scioglimento del rapporto di lavoro di durata determinata (art. 335 CO) e lo scioglimento del rapporto di lavoro di durata indeterminata (art. 336-336# CO).

Talune disposizioni sono state recepite senza modificazione materiale (art.

335 cpv. 1 e 2, 336, 3366, 336d CO); altre, invece, con modificazioni materiali (art. 334, 336a cpv. 1, 336e, 336/ e 336 g CO).

Sono nuove invece le disposizioni inerenti alla disdetta abusiva (art. 336 e 336a), alla disdetta per adempimento di un obbligo legale che una parte non ha assunto volontariamente (art. 3366) e alla disdetta data a un rappresentante dei lavoratori nell'azienda (art. 336e). Nuovo è anche l'obbligo della parte che recede dal contratto di motivare per scritto la disdetta e il licenziamento immediato, a domanda dell'altra (art. 335 cpv. 2 e 337 cpv. 1).

Nuova infine è la disposizione concernente i licenziamenti per motivi, economici: il datore di lavoro che, per mancanza di lavoro, prevede di licenziare o ha già licenziato alcuni dipendenti, può accordare ai lavoratori la possibilità di recedere dal contratto prevedendo termini più brevi di quelli che egli è tenuto a rispettare (art. 335o cpv. 2).

Per quanto concerne la risoluzione immediata, le modificazioni vertono sulle conseguenze della medesima se avvenuta senza giustificato motivo da parte del datore di lavoro (art. 337c) nonché su quelle della non entrata in servizio o dell'abbandono ingiustificati dell'impiego da parte del lavoratore (art.

337d).

Si propone inoltre una revisione parziale della disposizione inerente alla procedura civile in caso di controversie inerenti al contratto di lavoro (art.

343 CO).

Infine, vengono rielaborati gli elenchi delle disposizioni imperative (art. 361 cpv. 1 e 362 cpv. 1 CO).

612.3 612.31

Principi della revisione Protezione dalla disdetta e libertà di recedere dal contratto

II rapporto di lavoro è un rapporto duraturo; le parti devono fornire continuativamente le prestazioni promesse: il lavoratore, la sua opera; il datore di lavoro, il salario. Il rapporto non cessa automaticamente mediante Io scambio delle prestazioni; è necessario un atto che vi ponga fine 26 '. Le parti possono stipulare un contratto di durata determinata, ossia vincolarsi per un tempo determinato, prevedibile, o obbligarsi per un tempo indeterminato. In quest'ultimo caso, ogni parte ha il diritto di recedere dal contratto mediante disdetta e l'esercizio di questo diritto è lasciato alla volontà dell'una o dell'altra. La disdetta può dunque essere data arbitrariamente 528

nell'accezione stretta del termine, ossia senza indicazione dei motivi. Ciò permette parimente di impedire che impegni illimitati nel tempo vengano a sopprimere il libero gioco dell'autonomia contrattuale, che è alla base del nostro diritto privato, e pregiudichino così il libero manifestarsi della personalità delle parti 27 '.

La revisione si attiene al principio della libertà di recedere dal contratto.

Anche se, nell'ambito di questa revisione, si estende la protezione dalle disdette, non si tratta in nessun caso di limitare essenzialmente il diritto di una parte di por fine al contratto; la volontà di una parte di por fine al rapporto di lavoro dev'essere per principio rispettata.

Giungiamo così alle idee fondamentali cui si ispira la revisione proposta: la disdetta non è vincolata da alcuna condizione obiettiva di validità; se pronunciata, diviene pienamente efficace.

La disdetta non è subordinata né a forma speciale né a motivazione; può dunque essere data anche se non vi sono motivi che la giustificano. La parte che l'ha ricevuta ha soltanto il diritto di chiederne all'altra il motivo. La violazione di quest'obbligo non implica tuttavia alcuna conseguenza giuridica diretta; spetterà al tribunale adito trame le debite conclusioni.

Inoltre, la disdetta è in ogni caso valida ed efficace, fatta salva un'eventuale risoluzione del rapporto di lavoro in tempo inopportuno. Conseguentemente, le parti hanno la certezza che la disdetta non sarà annullata dal giudice e che i rapporti di lavoro non dureranno oltre il termine di disdetta. Pertanto, il lavoratore non può, in particolare, ottenere la reintegrazione nell'impiego senza il consenso del datore di lavoro.

Se ci si vuoi attenere a questi principi e offrire nondimeno alle parti un'efficace protezione sostanziale dalle disdette, occorre trovare una sanzione che eserciti anzitutto effetti preventivi. Il disegno prevede a tal fine un'indennità pecuniaria di ammontare massimo elevato, con taluni elementi penalizzanti e taluni elementi di riparazione. Dall'aspetto materiale, la protezione dalla disdetta consiste in un concretamento dell'abuso di diritto, ossia di fattispecie di per sé già comprese nell'articolo 2 capoverso 2 CC 28) , nonché in un ampliamento del vigente articolo 336g CO.

Oltre alla protezione sostanziale, si propone di introdurre
una protezione speciale in favore delle persone che si trovassero gravemente colpite dalla disdetta a causa di una situazione personale particolare. Non ci si può però fondare in genere sull'esistenza di una situazione gravosa presso la persona che ha ricevuto la disdetta; in questo caso, infatti, il giudice dovrebbe decidere tra la situazione concreta del lavoratore e l'interesse astratto dell'impresa e controllare, se non correggere, le decisioni prese dall'imprenditore.

Per ovviarvi, il disegno enumera esaustivamente i diversi casi di rigore e prescinde da qualsiasi contemperamento di interessi da parte del giudice.

I casi più importanti di disdetta che rappresentano in abstracto un caso di rigore sono già regolati nel diritto vigente. Per questo motivo, il disegno si ispira fortemente alle disposizioni sulla risoluzione del contratto in tempo inopportuno da parte del datore di lavoro (art. 336e CO), pur estendendone il campo d'applicazione e protraendone i termini. Per contro, esso restringe 529

il campo d'applicazione della disposizione inerente alla disdetta in tempo inopportuno da parte del lavoratore (art. 336/ CO).

612.32

Impostazione paritaria

Al fine di assicurare la propria esistenza e quella della propria famiglia, il lavoratore ha interesse che il contratto duri il più possibile; per questo motivo, egli chiede una protezione assai estesa e lunghi termini di disdetta per il datore di lavoro. D'altra parte, il lavoratore desidererebbe avere la possibilità di liberarsi dal contratto rapidamente e senza difficoltà qualora abbia l'occasione di migliorare la propria situazione professionale e finanziaria.

Il datore di lavoro è per contro interessato a una grande stabilità del personale al fine di limitare le spese di formazione; desidererebbe, conseguentemente, mantenere per quanto possibile alle sue dipendenze il lavoratore capace, e vincolarlo stabilmente per contratto. Per altro, il datore di lavoro desidera che le sue decisioni concernenti il numero e la scelta dei lavoratori divengano effettive rapidamente e senza intralci.

Questi interessi sono comprensibili e legittimi; quale di essi sia determinante per una parte in un caso concreto dipende dalla congiuntura economica e in particolare dalle condizioni del mercato del lavoro. Una disciplina legale dev'essere applicabile in qualsiasi tempo e offrire una soluzione equa e ragionevole che tenga conto degli interessi in presenza, indipendentemente dalla situazione congiunturale. Tali considerazioni ci inducono a mantenere il principio della parità già realizzato dal diritto vigente. Gli stessi termini nonché la stessa protezione in materia di disdetta devono per principio applicarsi alle due parti; deroghe a tale principio sono dunque giustificate soltanto se pertinenti motivi lo esigano.

Il disegno prevede dunque per tutti i rapporti di lavoro gli stessi termini e le stesse scadenze di disdetta (art. 3356 e 335c), fatta eccezione per i contratti stipulati per più di dieci anni (art. 334 cpv. 3; cfr. art. 336d CO), e vieta per principio qualsiasi patto che stabilisca termini di disdetta diversi (art. 335a cpv. 1). Ciascuna parte può chiedere all'altra di indicarle per scritto i motivi della disdetta. Ciascuna fruisce della stessa protezione in caso di disdetta abusiva, di disdetta per servizio militare o di protezione civile, nonché di disdetta per adempimento di un obbligo legale ch'essa non ha assunto volontariamente.

Il disegno si scosta dal principio della parità soltanto laddove
la natura delle cose lo esiga -- per esempio in caso di protezione dei rappresentanti dei lavoratori nell'azienda -- o laddove ciò si imponga a causa della diversa natura delle prestazioni fornite, per esempio in caso di disdetta in tempo inopportuno e di risoluzione immediata senza gravi motivi.

612.33

Potere d'apprezzamento del giudice

II diritto del contratto di lavoro accorda al giudice un ampio potere d'apprezzamento per l'accertamento dei fatti. Basti qui ricordare il disciplina530

mento inerente alle ore di lavoro supplementari (.necessità e possibilità di farne; art. 321c cpv. 1 CO), alla protezione della vita e della salute del lavoratore (necessità e possibilità di prendere provvedimenti concreti; art. 328 cpv. 2 CO) e alla risoluzione immediata del contratto per gravi motivi (impossibilità di continuare il rapporto di lavoro; art. 337 CO). Il giudice ha un potere d'apprezzamento altrettanto esteso quando deve decidere circa le conseguenze giuridiche, per esempio per la determinazione della durata del salario in caso di malattia o di infortunio a decorrere dal secondo anno di servizio (art. 324a cpv. 2 CO), per la determinazione dell'indennità di partenza (art. 339c cpv. 2 CO) e per la restrizione di un divieto di concorrenza eccessivo (art. 340a cpv. 2 CO).

Le esperienze finora raccolte ci consentono di continuare su questa via e di accordare nuovamente ai giudici una grande libertà. È quanto fa il presente disegno sia fissando le condizioni d'applicazione della norma, sia determinando le conseguenze giuridiche in caso di violazione della medesima. Esso, per esempio, non enumera esaustivamente tutti i casi di licenziamento abusivi, ma si restringe a stabilire le categorie più importanti (art. 336 e 336a); in tal senso, prevede in genere che i membri di una rappresentanza dei lavoratori nell'azienda possono essere licenziati soltanto per un «motivo giustificato» (art. 336e).

Laddove prevede un'indennità pecuniaria a titolo di sanzione (art. 336, 3366, 336e e 337c), il disegno si restringe a stabilire un massimo uniforme elevato e ad imporre al giudice, in modo generale, l'obbligo di tener conto di tutte le circostanze concrete quando determina l'ammontare dell'indennità.

612.34

Rinuncia a un disciplinamento speciale dei licenziamenti collettivi per motivi economici

L'iniziativa chiede che il Legislatore federale disciplini la protezione dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi per motivi economci.

Occorre anzitutto ricordare che i Cantoni sono competenti ad emanare norme di diritto pubblico volte al perseguimento di scopi di politica sociale o di politica del mercato del lavoro, per quanto il diritto pubblico cantonale non invada il campo di quello privato federale e la- Confederazione non abbia fatto uso d'altre competenze legislative da lei detenute in materia. I Cantoni possono per esempio prescrivere ai datori di lavoro di comunicare a un'autorità i licenziamenti previsti per motivi economici, e ciò in vista di una miglior politica del mercato del lavoro. Un tal obbligo è per esempio sancito da alcune disposizioni cantonali 28a). Nell'ambito di questa revisione, contestiamo però la necessità e l'utilità di un disciplinamento federale in materia poiché il Legislatore cantonale è meglio in grado di valutare se tale problema debba essere regolato e, nell'affermativa, di prendere i provvedimenti più appropriati.

A nostro parere, occorre parimente respingere una normativa federale che oltrepassi le competenze pubblicistiche cantonali. Il disciplinamento delle condizioni e delle conseguenze dei licenziamenti collettivi per motivi eco531

nomici deve rimanere di competenza delle parti sociali; le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori possono infatti, nelle loro trattative, tener conto delle peculiarità delle diverse professioni ed aziende meglio di quanto non possa farlo la Confederazione per mezzo di una legge generale. I contratti collettivi di lavoro offrono inoltre agli interessati una procedura al riparo da qualsiasi intervento statale. Infine, le parti sociali hanno a disposizione mezzi sufficienti per far rispettare i loro impegni reciproci. Le esperienze compiute in questi ultimi anni mostrano parimente che soluzioni soddisfacenti hanno potuto essere trovate in via contrattuale, segnatamente mediante l'allestimento di piani sociali. Per questo motivo, un intervento dello Stato in questo campo sarebbe superfluo.

Tutte queste considerazioni ci hanno indotto a respingere un disciplinamento speciale in materia di protezione dei lavoratori dai licenziamenti collettivi per motivi economici. In un caso, tuttavia, il disegno ne tiene conto: ove trattasi di licenziamenti imminenti o già pronunciati, le parti hanno la possibilità di pattuire termini di disdetta più brevi per il lavoratore (art. 335a cpv. 2). Come si. può constatare, questa disposizione non concerne né la protezione dalle disdette né la garanzia del posto di lavoro, ma permette semplicemente alle parti, quando i rapporti di lavoro siano stati disdetti o siano divenuti precari, di abbreviare i termini di disdetta al fine di consentire al lavoratore di trovare più rapidamente un nuovo impiego.

612.4

Sistematica della revisione

Come già osservato, le disposizioni concernenti la disdetta e la protezione dalle disdette sono il cardine della presente revisione. Parecchie disposizioni del diritto vigente sono riprese con o senza modificazioni materiali. Nuova è per contro la sistematica: sono regolati anzitutto i rapporti di lavoro di durata determinata (art. 334 cpv. 1 e 2; cfr. art. 335 cpv. 1 e 2 CO), che comprendono parimente i contratti conclusi per più di dieci anni (art. 334 cpv. 3; cfr. art. 336d CO). Seguono gli articoli sulla risoluzione dei contratti di durata indeterminata, ossia quelli concernenti la disdetta (art. 335; cfr. art. 336 cpv. 1 CO), i termini di disdetta in genere (art. 335a; cfr. art.

336 cpv. 2 CO) come anche i termini di disdetta durane il tempo di prova (art. 335e; cfr. art. 334 CO) e dopo il tempo di prova (art. 335c; cfr. art.

336a cpv. 1 e 336* CO).

Fra le norme inerenti alla protezione dalle disdette (art. 336-336e) vi sono anzitutto quelle sulla disdetta abusiva: una clausola generale definisce tale disdetta (art. 336 cpv. 1) e ne disciplina le conseguenze giuridiche (art. 336 cpv. 2 e 3); inoltre, in un elenco non esaustivo sono enumerati i casi più importanti di disdette abusive date dal datore di lavoro (art. 336«).

Segue l'articolo sulla disdetta data da una parte poiché l'altra ha eseguito o sta per eseguire un servizio militare o di protezione civile, obbligatorio secondo il diritto svizzero, o poiché ha compiuto, compie o sta per compiere un obbligo legale che non ha assunto volontariamente (art. 3366 ).

Dopo le norme sulla protezione sostanziale dalle disdette, le quali valgono 532

sia per il datore di lavoro sia per il lavoratore, seguono quelle sulla protezione temporale dalle disdette, applicabili alle disdette date da parte del datore di lavoro e, in minor misura, a quelle date dal lavoratore (art. 336c e 336d).

Infine, è disciplinato il caso particolare della protezione dalle disdette per i membri di una rappresentanza dei lavoratori, protezione che per sua natura concerne unicamente i lavoratori (art. 336e).

Il disegno non riprende tre disposizioni del diritto vigente. L'articolo 335 capoverso 3 CO disciplina il caso in cui le parti hanno convenuto una disdetta per la risoluzione di un rapporto di lavoro di durata determinata: se la disdetta non è data, il contratto è reputato protratto per un tempo indeterminato. Come avremo ancora modo di esporre più dettagliatamente, trattasi, in questo caso, di un rapporto di lavoro di durata indeterminata con un tempo minimo durante il quale le parti rinunciano a far valere il loro diritto di disdetta. Non è dunque necessario prevedere una disposizione particolare nemmeno per questo tipo di contratto.

Inoltre, non è ripreso l'articolo 336 capoverso 2 CO poiché altro non fa se non accertare la poziorità, ovvia in se stessa, delle disposizioni speciali rispetto alle norme generali.

Si rinuncia infine all'articolo 336c CO, il quale disciplina la risoluzione del contratto di lavoro agricolo con comunione domestica. Questa norma, che ha creato difficoltà interpretative29', ha minima importanza pratica. La sua applicazione è subordinata a due condizioni: da un lato, occorre che si sia in presenza di un contratto di lavoro agricolo con comunione domestica e, d'altro lato, che il lavoratore abbia lavorato durante tutta l'estate o il datore di lavoro abbia mantenuto il lavoratore alle sue dipendenze per tutto l'inverno. Adempiute queste due condizioni, il lavoratore, durante i mesi di febbraio a maggio inclusi, e il datore di lavoro, durante i mesi da settembre a dicembre inclusi, possono dare la disdetta soltanto con preavviso di sei settimane, per qualsiasi scadenza.

Questo termine di sei settimane è più lungo di quello legale stabilito per i rapporti di lavoro di durata inferiore a un anno, ma per i quali è prevista una data scadenza (la fine di un mese); è nondimeno più breve di quello per la disdetta di un rapporto di lavoro di
durata superiore ad un anno (due mesi dal secondo al nono anno di servizio e tre mesi in seguito).

La protezione speciale conferita dall'articolo 336c CO è minima anche in riferimento ai termini di disdetta contrattuali; infatti, secondo la nostra proposa (ar. 355c), questi ultimi non possono in nessun caso essere inferiori ad un mese, nemmeno durante il primo anno di servizio. Se si tien conto inoltre del fatto che i contratti normali cantonali di lavoro agricolo prevedono, di regola, un termine di disdetta di due mesi e che questi contratti sono anche effettivamente applicati, diviene ancora più evidente che tale disposizione può essere abolita.

Le altre proposte di revisione concernono diverse disposizioni del titolo decimo del Codice delle obbligazioni (art. 337 cpv. 1, 337c, 337d cpv. 3 e 4, 533

343 cpv. 2 e 4, 361 cpv. 1 e 362 cpv. 1) e non esigono dunque alcuna modificazione della sistematica.

62

Commento ai singoli articoli

620.1

Articolo 334

L'articolo 334 disciplina i rapporti di lavoro di durata determinata propriamente detti, ossia quelli che terminano automaticamente, senza disdetta 30 '.

Ovvio quindi che le disposizioni sulla protezione dalla disdetta non siano applicabili.

La durata determinata di un rapporto di lavoro può essere prevista dalla legge (come per il contratto di tirocinio), può risultare dalla natura del contratto o essere convenuta tra le parti.

La durata determinata che risulti dalla natura del contratto, dallo scopo del lavoro o dal compito del lavoratore (p. es. in caso di assunzione «fino alla compilazione della contabilità» o «per la fabbricazione di mille paia di scarpe»)31' è valida -- sempre che si tratti effettivamente di un rapporto di lavoro -- soltanto se ciascuna parte ne è a conoscenza e se il lavoratore sa per qual data deve cercare un nuovo impiego 32).

Le parti possono pattuire un tempo determinato trascorso il quale il rapporto di lavoro si estingue, o prevederne la cessazione in caso di sopravvenienza di un avvenimento futuro. La durata del rapporto di lavoro può essere stabilita esplicitamente (p. es. «dal 1° al 31 luglio» o «sino alla fine dell'anno») o implicitamente (p. es. «per-la stagione invernale» o «per la durata dell' esposizione»). In quest'ultimo caso, l'inizio e la fine del rapporto di lavoro devono essere determinabili per le due parti :i3 '.

Quando le parti subordinano la cessazione del rapporto di lavoro a un avvenimento futuro34, la durata del contratto dev'essere determinabile oggettivamente e l'avvenimento risolutivo non può dipendere dall'influsso di una sola parte 35). Poiché la durata del contratto dev'essere determinabile aggettivamente, il rapporto di lavoro concluso per esempio «fino alla guarigione del lavoratore X» non è di durata determinata, bensì di durata indeterminata poiché la fine del contratto non è prevedibile 3G) , e nemmeno certa.

L'ammissibilità di tali pattuizioni è invero riconosciuta da tutti i tribunali 37 '; tuttavia, un disciplinamento legale nel senso indicato non è necessaria: in presenza di tali pattuizioni, la durata del lavoro non è determinata dallo scopo del lavoro 38) -- lo scopo del lavoro è in questo caso l'adempimento dei compiti che dovrebbero essere eseguiti da qualsivoglia lavoratore in questo posto di lavoro -- , bensì dipende
dalla sopravvenienza di un avvenimento futuro determinato: la guarigione del lavoratore. Questo avvenimento dev'essere allora certo e prevedibile.

In quest'ambito limitato e con le cautele suddette, l'interesse legittimo dei datori di lavoro e dei lavoratori a concludere contratti di durata determinata può essere salvaguardato senza tema che si producano abusi. Par questo motivo, va respinta la proposta, fatta in alcune risposte alla procedura di consultazione, di autorizzare i contratti di durata determinata-soltanto per 534

certi casi enumerati esaustivamente nella legge (p. es. sovraccarico di lavoro straordinario e passeggero o attività stagionali). Per altro, occorre parimente respingere l'idea, anch'essa proposta nella procedura di consultazione, di ammettere contratti di lavoro di durata determinata riferentisi a progetti di incerta durata.

11 capoverso 1 dichiara semplicemente che il rapporto di lavoro di durata determinata cessa senza disdetta. Una definizione legale del rapporto di durata determinata sarebbe superflua poiché la dottrina ne ha già dato uria definizione sufficientemente precisa.

Il capoverso 1 corrisponde materialmente al capoverso 1 dell'articolo 335 CO ma se ne differenzia su due punti redazionali. In primo luogo, la locuzione «rapporto di lavoro di durata determinata» evita la complicata formulazione usata dal diritto vigente 39) -- la quale inoltre non indica esplicitamente tutte le possibilità di stabilire la durata determinata di un contratto -- e consente di unificare la terminologia40).

In secondo luogo, non si menziona più esplicitamente la facoltà delle parti di subordinare la fine del rapporto di lavoro a una disdetta. Con una clausola di questo tipo, le parti pattuirebbero invero una durata massima, una durata minima o una combinazione delle due. Quando le parti pattuiscono una durata minima (p. es. «il rapporto di lavoro dura almeno sino alla fine dell'anno» o «il rapporto di lavoro inizia il 1° gennaio e può essere disdetto per.il 31 dicembre, con preavviso di un mese»), non si è in presenza di un rapporto di lavoro di durata determinata, bensì di un rapporto di lavoro di durata indeterminata (o di un contratto di durata determinata impropriamente detto); infatti, anche se la disdetta è esclusa per un periodo determinato, il contratto deve nondimeno essere sciolto mediante disdetta 41 '. Questi tipi di rapporto di lavoro sottostanno dunque agli articoli 335-335c e tutte le disposizioni sulla protezione dalle disdette sono loro applicabili poiché, per volontà delle parti, la disdetta è la conditio sine qua non della fine del contratto 42 >.

Senza disdetta, il rapporto di lavoro rimane un contratto di durata indeterminata per il quale la disdetta non è dunque più esclusa per un tempo determinato, salvo esplicito patto contrario.

Se è pattuita una durata massima (p. es. «il
rapporto di lavoro termina il più tardi il 31 dicembre 1987» o «il rapporto di lavoro può essere disdetto per la fine di un mese, con preavviso di due mesi; se nessuna parte lo disdice, termina il 30 giugno 1989») le parti possono, durante questo periodo, disdire il contratto osservando i termini e le scadenze contrattuali o legali; se nessuna delle parti da la disdetta, il rapporto di lavoro cessa automaticamente alla scadenza della durata massima pattuita 43 '. Se, durante questo periodo massimo, è invece data una disdetta, le disposizioni sulla protezione dalle disdette sono applicabili; la parte che ha ricevuto la disdetta potrà per esempio far valere che la stessa è abusiva e chiedere un'indennità per risoluzione abusiva del contratto.

Il disegno preliminare sottoposto alla procedura di consultazione prevedeva una disposizione concernente la limitazione temporale della protezione dalle disdette date in tempo inopportuno in caso di rapporto di lavoro concluso 535

per una durata massima (art. 334 cpv. 3 DP). Essa indicava che la protezione temporale dalle disdette esisteva soltanto durante questo periodo massimo. Nella procedura di consultazione, questa disposizione è stata ritenuta superflua poiché i! suo contenuto deriverebbe dalla natura stessa di questo tipo di contratto. La critica è giustificata. Si può dunque rinunciare a questa norma e attenersi alle seguenti considerazioni: in caso di rapporto di lavoro concluso per una durata massima, i termini previsti dall'articolo 336c scadono in ogni caso il giorno in cui il rapporto sarebbe terminato in ogni caso 44). Se, per esempio, il datore di lavoro disdice per la fine di ottobre del 1984 un rapporto di lavoro che deve durare al massimo sino al 31 dicembre 1984 ed il lavoratore si ammala a metà ottobre, il rapporto termina il 31 dicembre 1984 anche se il lavoratore guarisce soltanto più tardi.

Il rapporto di lavoro di durata determinata (propriamente detto) può essere prorogato tacitamente alla scadenza della durata pattuita. Il capoverso 2 contiene la presunzione secondo cui trattasi, in questo caso, di un rapporto di durata indeterminata. Questo capoverso corrisponde sostanzialmente al diritto vigente: la protrazione «per una durata determinata», prevista nell' articolo 335 capoverso 2 CO, significa che il rapporto continua non soltanto di fatto, ma anche di diritto, talché la durata determinata già trascorsa dev' essere computata ogni qualvolta una conseguenza giurìdica sia legata a un elemento temporale (cfr. p. es. art. 324a, 331a, 3316, 336a, 3366 e 3396 CO) 45) . Dato che il rapporto di lavoro di durata determinata tacitamente protratto è, salvo patto contrario, considerato di durata indeterminata, la sua cessazione è subordinata a disdetta ed in tal caso si applicano le disposizioni sulla protezione dalle disdette.

Le parti però possono anche pattuire che il contratto di durata determinata tacitamente protratto sia considerato un nuovo rapporto di durata determinata, di stessa o di diversa durata. Tali pattuizioni sono per principio autorizzate; hanno tuttavia un limite nel divieto della frode alla legge. La conclusione di tali «contratti a catena», ossia di contratti di durata determinata che si rinnovano da sé, è abusiva se volta ad eludere l'applicazione delle disposizioni sulla protezione
dalle disdette o ad impedire l'insorgere di pretese giuridiche derivanti da una durata minima del rapporto di lavoro (cfr. p. es.

art. 324a, 331a, 3316 e 3396 CO)46. In questi casi la durata determinata è irrilevante e il rapporto di lavoro è considerato di durata indeterminata: la durata del contratto è allora calcolata in funzione della somma di tutti i determinati periodi di impiego. La stessa cosa vale qualora vi siano interruzioni tra singoli contratti volti ad eludere la legge 47).

Nel'ambito della procedura di consultazione, si è chiesta una disposizione che potesse inglobare tutte le situazioni di elusione della legge. Un'enumerazione esaustiva di tutti i casi di elusione non sarebbe tuttavia possibile ed una clausola generale in merito non agevolerebbe nemmeno la soluzione del problema. Per questo motivo, rinunciamo a una tal disposizione e lasciamo al giudice la cura di decidere caso per caso se la conclusione reiterata di contratti di durata determinata sia oggettivamente giustificata. Tale sarebbe per esempio il caso per i collaboratori indipendenti della radio e della televisione quando la conclusione reiterata di contratti di lavoro di durata deter536

minata fosse indispensabile al mantenimento e al promovimento della creatività e della diversità dei programmi.

il capoverso 3 corrisponde materialmente all'articolo 336d CO. Secondo questo capoverso, il contratto di lavoro concluso per più di dieci anni può, dopo dieci anni, essere disdetto in qualsiasi tempo dal lavoratore. Poiché verte sulla risoluzione di un rapporto di lavoro di durata determinata, questa, disposizione deve -- dall'aspetto sistematico -- essere inserita nell'articolo 334.

Nella procedura di consultazione alcuni hanno chiesto di estendere codesto diritto di disdetta anche ai rapporti di lavoro conclusi per più di cinque anni ed altri che tale diritto sia conferito alle due parti. La prima proposta potrebbe forse essere giustificata dal fatto che, dopo l'adozione di questa norma -- era già in vigore nel 1912 -- la situazione si è invero mutata. Tuttavia, il disegno rinuncia a una tal modificazione poiché una presunzione legale di lesione dei diritti della personalità (art. 27 cpv. 2 CC) o di pattuizione contraria ai buoni costumi (art. 20 CO) può intervenire soltanto in caso di assai lunghi vincoli contrattuali. È parimente superfluo strutturare questo articolo secondo una concezione paritaria visto che il vincolo del datore di lavoro è essenzialmente di natura patrimoniale e la sua libertà personale non si trova considerevolmente ristretta; per contro, il vincolo del lavoratore può rovinare la sua esistenza o, quanto meno, renderla assai più difficile 47 "'.

620.2

Articolo 335

II capoverso 1 corrisponde materialmente al capoverso 1 dell'articolo 336 CO. Analogamente alla terminologia usata nell'articolo 334, si parla qui di «rapporto di lavoro di durata indeterminata».

Sono di durata indeterminata tutti i rapporti di lavoro la cui cessazione -- fatte salve la risoluzione immediata per gravi motivi e la risoluzione convenzionale -- è subordinata a disdetta. Come già detto, anche i contratti di durata determinata impropriamente detti, ossia quelli conclusi per una durata minima, sono contratti di durata indeterminata.

Il capoverso 2 conferisce alle parti il diritto di chiedere la motivazione scritta della disdetta.

Per il lavoratore, il diritto di conoscere i motivi della disdetta deriva dall' obbligo legale che incombe al datore di lavoro di proteggere la personalità del lavoratore (art. 328 cpv. 1 CO); questo diritto è parimente giustificato dal fatto che il datore di lavoro deve annunciare i motivi della disdetta alle casse di disoccupazione (art. 96 LAD; RS 837.0).

Il disegno preliminare non prevedeva per il datore di lavoro, il diritto di esigere dal lavoratore la motivazione della disdetta. Questa lacuna è stata criticata durante la procedura di consultazione per il semplice fatto che vi possono senz'altro essere casi in cui il datore di lavoro ha un interesse legittimo a conoscere i motivi della partenza di un lavoratore. In realtà, vi sono persino grandi imprese che, a tal fine, prevedono già un cosiddetto 35

Foglio federale. 67° anno. Voi. 11

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colloquio di partenza. La struttura paritaria dell'articolo 335 capoverso 2 è inoltre giustificata dal fatto che all'obbligo di motivare la disdetta corrisponde una norma deontologica valida sia per il datore di lavoro sia per il lavoratore.

La motivazione della disdetta consente inoltre alle due parti di valutare nello stesso modo le loro possibilità di successo in caso di vertenza concernente la protezione dalle disdette. Essa agevola infine anche il compito del giudice.

Diversamente dal disegno preliminare, il presente disegno prevede che la disdetta dev'essere motivata per scritto, a richiesta della parte che l'ha ricevuta. In alcune risposte date nell'ambito della procedura di consultazione, si è rettamente rilevato che sia le parti sia il giudice si troverebbero dinnanzi a difficoltà insuperabili se, in un eventuale processo, non si potesse esibire alcun documento scritto. Condividendo questi timori, proponiamo di conferire, alla parte che ha ricevuto la disdetta, la possibilità di optare tra la motivazione orale e l'indicazione scritta dei motivi. Questa soluzione non comporterà certamente per le parti né grosse difficoltà né sovraccarichi amministrativi sproporzionati. Anzitutto, ci si può attenere all'idea che la motivazione sarà richiesta soltanto in casi eccezionali visto che, in genere, una parte sa perché ha ricevuto la disdetta. Inoltre, per la parte che recede dal contratto, trattasi semplicemente di esporre le riflessioni che ogni contraente fa prima di dare la disdetta e che, nel caso concreto, hanno condotto effettivamente alla risoluzione del rapporto di lavoro.

La disdetta diviene pienamente efficace anche se la parte che l'ha data rifiuta di comunicarne per scritto il motivo all'altra. La violazione dell'obbligo di motivare la disdetta è colpita con una sanzione indiretta: in caso di processo, il giudice terrà conto del comportamento della parte che ha dato la disdetta, principalmente nell'ambito dell'assegnazione delle ripetibili.

Poiché la motivazione non è una condizione di validità della disdetta, l'obbligo di motivazione non restringe la libertà di disdetta delle parti oper lo meno non in modo considerevole.

6203

Articolo 335a

II capoverso 1 riprende testualmente il capoverso 2 del vigente articolo 336 CO.

Il capoverso 1 riprende testualmente il capoverso 2 del vigente articolo 336 di disdetta. Nella procedura di consultazione si è criticato che, secondo il diritto vigente, tale principio sia applicabile anche allorquando il datore di lavoro sta per pronunciare o ha già pronunciato licenziamenti per motivi economici. In questi casi particolari, il datore di lavoro dovrebbe avere la possibilità di pattuire, con i singoli lavoratori o con i sindacati, l'obbligo, per il lavoratore, di attenersi a termini di disdetta più brevi di quelli previsti per il datore di lavoro.

Occorre ammettere che tali pattuizioni sono nell'interesse di ambo le parti: il lavoratore che si trovi esposto al rischio d'essere licenziato può recedere dal contratto più rapidamente e cercare un altro posto di lavoro; il datore di 538

lavoro, dal canto suo, può pervenire più agevolmente all'auspicata riduzione di personale, fors'anche senza dover procedere alla delicata scelta dei lavoratori da licenziare e senza pronunciare licenziamenti. Per questi motivi, il disegno prevede che, in caso di licenziamenti per motivi economici, pattuizioni in deroga al principio della parità dei termini di disdetta sono lecite.

In quest'ambito ristretto, la libertà contrattuale sarà dunque poziore al principio della parità. , La formulazione di questa disposizione si ispira alla convenzione (n. 158) e alla raccomandazione (n. 166) riguardanti la cessazione del rapporto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro, adottate dalla Conferenza internazionale del lavoro (FF 1983 II 1142 segg.).

620.4

Articolo 3356

Innovando rispetto al diritto vigente, il disegno prevede che le pattuizioni contrarie al disciplinamento legale sul tempo di prova (soppressione, riduzione o protrazione del tempo di prova, modificazione dei termini e delle scadenze di disdetta -- cpv. 2 -- ) sono lecite soltanto per accordo scritto.

Questa modificazione -- come quella dell'articolo 335c capoverso 2 -- è nell'interesse della certezza del diritto 48).

Dall'aspetto sistematico, l'articolo 3356 si trova, come prima, nel novero delle disposizioni inerenti alla «fine del rapporto di lavoro». Non è più tuttavia strutturato autonomamente, bensì come caso particolare della risoluzione di un rapporto di lavoro di durata indeterminata.

I capoversi 1 e 3 del vigente articolo 334 CO sono riuniti nel capoverso 1 dell'articolo 335b del disegno. Il capoverso 2 contiene la disposizione sulla forma delle pattuizioni contrarie, che il vigente articolo 334 CO ripeteva nei tre capoversi, e la disposizione sulla durata massima del tempo di prova, che corrisponde al vigente articolo 334 capoverso 2 CO.

La nuova sistematica permette di far capo a una formulazione più semplice per il secondo periodo del capoverso 1, corrispondente al capoverso 1 dell' articolo 334 CO: non vi si menziona più esplicitamente che il tempo di prova vale, per legge, soltanto per i rapporti di lavoro di durata indeterminata.

Le parti rimangono libere di prevedere un tempo di prova, nei limiti dell' articolo 3356, per i contratti di durata determinata49': in questo caso, la durata determinata vale come durata massima alla scadenza della quale il contratto cessa ipso facto, fatta salva una risoluzione anteriore durante il tempo di prova.

Dall'aspetto redazionale, il primo periodo del capoverso 1 diverge dall'articolo 334 capoverso 3 CO: vi si precisa in particolare che la disdetta dev'essere data in modo che il termine di risoluzione del contratto scada, il più tardi, l'ultimo giorno della durata contrattuale o legale del tempo di prova. Se la disdetta è intempestiva, sono determinanti i termini e le scadenze di disdetta applicabili dopo il tempo di prova (art. 335c).

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620.5

Articolo 335c

L'articolo 335c disciplina i termini di disdetta dopo il tempo di prova, cui il diritto vigente dedica due articoli (art. 336 e 336b CO).

Rispetto al disciplinamento vigente, vi sono due innovazioni. In primo luogo, non è più ammessa la possibilità di pattuire un termine di disdetta inferiore ad un mese, nemmeno durante il primo anno di servizio.

La legge stabilisce la presunzione secondo cui il primo mese di un rapporto di lavoro vale come tempo di prova e prevede, per questo caso, un termine di disdetta di una settimana (art. 3356 cpv. 1; cfr. art. 334 cpv. 1 e 3 CO).

Le parti possono convenire di protrarre il tempo di prova a tre mesi al massimo e abbreviare o persino sopprimere i termini di disdetta durante il tempo di prova (art. 3356 cpv. 2; cfr. art. 334 cpv. 2 e 3 CO).

Dopo il tempo di prova, le parti si conoscono sufficientemente: si può dunque imporre loro imperativamente un termine di disdetta di una certa durata. La possibilità offerta dal diritto vigente di pattuire termini di disdetta assai brevi durante il primo anno di servizio o persino di sopprimerli può praticamente condurre alla trasformazione del primo anno di lavoro in tempo di prova, contrariamente a quanto disposto dall'articolo 334 capoverso 2 CO. Si è dunque previsto di sopprimere questa facoltà e di obbligare le parti a rispettare, dopo il tempo di prova, un termine di disdetta di almeno un mese. Questo termine, anche se imperativo, è sufficientemente breve per impedire il protrarsi di una collaborazione indesiderata. Esso è dunque nell'interesse delle due parti: il datore di lavoro non dovrà più cercare immediatamente un sostituto per il lavoratore che ha dato la disdetta e il lavoratore non dovrà più cercare un nuovo impiego dall'oggi al domani.

Queste considerazioni sono di natura fondamentale e generale. Pertanto, siamo contrari alla proposta, fatta nella procedura di consultazione, di prevedere un disciplinamento speciale per il lavoro temporaneo. La maggior parte dei rapporti di lavoro temporaneo durano meno di tre mesi. In questi casi, le parti possono pattuire che, durante i primi tre mesi, il rapporto di lavoro può essere sciolto in un termine assai breve o persino dall'oggi al domani. Nei rarissimi casi in cui il lavoro temporaneo duri più di tre mesi, le parti possono essere obbligate ad osservare il
termine di disdetta minimo di un mese, come per gli altri rapporti di lavoro. L'obiezione secondo cui questo obbligo può differire il passaggio dall'impiego temporaneo a un assunzione duratura si rileva inconsistente visto che le parti hanno la possibilità, in qualsiasi tempo, di porre fine al contratto in via convenzionale.

La seconda innovazione consiste nel fatto che la protrazione dei termini di disdetta durante il primo anno di servizio è permessa soltanto mediante accordo scritto. Quest'ultimo offre alle due parti la chiarezza auspicabile circa la durata del termine di disdetta e facilita l'assunzione delle prove.

Per il resto, il contenuto del capoverso 1 corrisponde al capoverso 1 dell'articolo 336a nonché al capoverso 1 dell'articolo 3366 CO; dal canto suo, il capoverso 2 corrisponde al capoverso 2 del vigente articolo 3366 CO.

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620.6

Articolo 336

Come già indicato, né l'articolo 336g CO né l'articolo 2 capoverso 2 CC hanno in pratica offerto una protezione dai licenziamenti abusivi. Si deve dunque ancora -- se si vogliono rispettare anche qui gli intenti di Eugen Huber -- negare protezione a un diritto di disdetta che sussisterebbe soltanto in apparenza e che. ad un esame più approfondito della sua giustificazione soggettiva, altro non è se non un abuso (cfr. Boll. sten. N 7906 1037).

È questo lo scopo dell articolo 336, la cui attuazione dipende dal motivo della disdetta. Se questo motivo è riprovevole, la disdetta è abusiva proprio perché pronunciata per un motivo non degno di protezione. Conseguentemente, i soli elementi determinanti sono il motivo della disdetta e la causalità tra quest'ultimo e la disdetta medesima: la disdetta non può né deve dunque essere considerata abusiva soltanto perché pronunciata per un motivo non degno di protezione. Mancando un tal nesso di causalità, la disdetta non è abusiva; il giudice deve allora proteggerla e non può né contemperare l'interesse delle parti quanto alla cessazione del contratto né esaminare se la continuazione del rapporto di lavoro possa essere ragionevolmente imposta alla parte che ha dato la disdetta.

Il capoverso 1 stabilisce quando una disdetta può e deve essere considerata abusiva e prevede, a tal fine, tre categorie. Esso tiene conto del nesso di causalità tra il motivo della disdetta e lo scioglimento del contratto, sia dall' aspetto redazionale («per», «perché») sia mediante le restrizioni previste nelle lettere a e b: quando una ragione intrinseca alla personalità del disdettato o il fatto ch'egli eserciti un diritto costituzionale ha ripercussioni sul rapporto di lavoro, la disdetta non è abusiva poiché non è data a causa di quella ragione e di quell'esercizio, bensì per motivi inerenti al contratto di lavoro.

Secondo la lettera a, la disdetta è abusiva se data per una ragione intrinseca alla personalità del disdettato. Diversamente dal disegno preliminare, il presente disegno non da alcun esempio di queste ragioni. Trattasi in particolare del sesso, dello status familiare, dell'origine, della razza e della cittadinanza (nazionalità). Rientra pure in questa categoria la disdetta data per esempio per omosessualità, età o precedenti giudiziari. Affinchè vi sia abuso, occorre
che la ragione intrinseca alla personalità del disdettato non abbia alcun nesso con i rapporti di lavoro, in particolare con l'obbligo di lavorare e con il dovere di fedeltà del lavoratore. Non sarebbe dunque abusiva la disdetta data per un cambiamenteo di status familiare o di nazionalità qualora un determinato statuts familiare o una determinata nazionalità fossero un requisito per l'assunzione del lavoratore.

Inoltre, secondo la lettera b, è abusiva la disdetta data perché il disdettato esercita un diritto costituzionale. Ci si riferisce qui in particolare alla libertà di credenza, all'appartenenza a un'associazione politica, all'esercizio, conforme al diritto, di un'atkività politica e all'organizzazione del tempo libero.

La disdetta è abusiva soltanto se l'esercizio del diritto di cui si tratta non lede alcun obbligo risultante dal rapporto di lavoro. Pertanto, la disdetta 541

data a causa della fede religiosa di un lavoratore sarebbe abusiva se non avesse influsso alcuno sugli obblighi contrattuali. La situazione sarebbe diversa se, per esempio, il lavoratore, a causa del suo credo religioso, non potesse lavorare il mercoledì e non potrebbe dunque adempiere, in tal giorno, il suo dovere lavorativo. La disdetta sarebbe invece abusiva qualora il tempo di lavoro fosse ripartito su quattro giorni per settimana, eccettuato il mercoledì. Sarebbe inoltre abusivo licenziare un operaio di fabbrica a causa della sua appartenenza a un dato partito politico. Per contro, la disdetta data da un partito politico, in quanto datore di lavoro, al segretario del partito non sarebbe abusiva se il segretario avesse aderito ad un altro partito; la disdetta sarebbe allora data non già a causa dell'appartenenza del lavoratore a un dato partito, ma a causa della violazione del dovere di fedeltà verso il datore di lavoro.

Con questa limitazione, si risolvono i problemi posti alle aziende che non svolgono principalmente un'attività economica, bensì perseguono uno scopo ideale, ossia politico, confessionale, sindacale, scientifico, artistico, assistenziale ecc. («Tendenzbetriebe»). Chi conclude un contratto di lavoro con una tale azienda accetta tacitamente un dovere di fedeltà più oneroso di quello di un lavoratore ordinario e, fuori della propria attività professionale, deve in particolare evitare ogni comportamento che possa nuocere al buon nome dell'azienda 49a).

Infine, secondo la lettera e, la disdetta è abusiva se data per vanificare l'insorgere di pretese derivanti dal rapporto di lavoro. Sarebbe per esempio abusiva la disdetta data al fine di evitare il pagamento della gratificazione al lavoratore alla fine dell'anno.

La protrazione del contratto di lavoro contro la volontà di una parte è inopportuna e persine inattuabile. Rifiutiamo dunque di prevedere come sanzione, in caso di disdette abusive, la nullità o Pimpugnabilità delle medesime, nonché la reintegrazione del lavoratore. Per questo motivo, il capoverso 2 prescrive che la parte che disdice abusivamente il rapporto di lavoro deve all'altra un'indennità. Quest'ultima è una sanzione civile con funzione penalizzante e riparatrice. Prevedendo un'indennità a titolo di sanzione, il disegno non introduce affatto un'innovazione o un
corpo estraneo nel diritto privato, come invece preteso da alcuni enti interpellati nella procedura di consultazione; esso si ispira piuttosto all'articolo 336g CO, il quale garantisce, in casi analoghi, il diritto a un'indennità al fine di evitare la conseguenza giuridica della nullità (cfr. FF 1967 II, ediz. frane. 396 seg. e ediz.

ted. 386 seg.).

L'indennità prevista nell'articolo 336 capoverso 2 non è un salano; non rientra dunque in quella assegnata in caso d'insolvenza secondo gli articoli 51 e seguenti della legge sull'assicurazione contro la disoccupazione. Poiché si tratta di una pretesa inerente ai rapporti di lavoro, essa beneficia del privilegio di prima classe nel fallimento del datore di lavoro (art. 219 LEF; RS 281.1). Non ha nemmeno il carattere di un risarcimento. Conseguentemente, il diritto all'indennità non poggia sulla prova di un pregiudizio. L'importo dell'indennità dev'essere fissato indipendentemente dal pregiudizio subito dalla parte che ha ricevuto la disdetta: esso dipende unicamente dal carattere 542

abusivo della disdetta (il pregiudizio risultante dalla disdetta in quanto tale, ossia quello conseguente a una disdetta anche non abusiva, non deve per principio essere preso in considerazione). In proposito, va rilevato che la persona che ha ricevuto la disdetta potrebbe inoltre, se del caso, far valere una pretesa giuridica di diversa titolarità. Si pensi soprattutto ai casi di cui nella lettera e del capoverso 1: se, per esempio, il datore di lavoro da la disdetta nell'intento di eyitare il pagamento di una gratificazione al lavoratore, la somma della gratificazione non sarà imputata sull'indennità per disdetta abusiva ma dovrà essere versata in sovrappiù.

Il capoverso 3 prescrive al giudice di stabilire l'indennità «tenuto conto di tutte le circostanze». Le circostanze di cui il giudice deve tener conto in un caso concreto sono, per esempio, la situazione sociale e le possibilità economiche delle due parti, la gravita dell'offesa alla personalità della parte che ha ricevuto la disdetta, la ristrettezza e la durata delle relazioni di lavoro anteriori alla disdetta, nonché il modo in cui questa è stata data. Il giudice dovrà parimente tener conto del rifiuto ingiustificato di una parte di proseguire o riprendere i rapporti contrattuali, ancorché l'altra parte si sia dichiarata disposta a farlo, spontaneamente o per esperimento di conciliazione giudiziale. È preferibile rinunciare a un'enumerazione legale di dette circostanze particolari al fine di assicurare al giudice un potere d'apprezzamento quanto ampio possibile.

È d'altronde in questo ordine di idee che, per l'indennità, si è fissato un massimo legale elevato (dodici mesi di salario). Un tale importo pone in evidenza l'effetto preventivo dell'indennità e deve impedire la contrattazione di disdette abusive.

Il diritto all'indennità per disdetta abusiva sottosta a un termine di prescrizione quinquennale (cfr. il combinato disposto degli art. 341 cpv. 2 e 128 n. 3 CO). Abbiamo rinunciato a stabilire un breve termine di perenzione per i segueni motivi: anzitutto, non si vede perché si dovrebbe prevedere un'eccezione che privilegerebbe le disdette abusive in fattispecie tanto gravi; in secondo luogo, non è certo che la disdetta abusiva possa essere accertata e provata entro breve termine; inoltre, la parte che non reagisce immediatamente e
che, anni più tardi, facesse valere la disdetta abusiva sopporterebbe da sé le difficoltà connesse alla prova dell'abuso; infine, l'articolo 2 CC offre una protezione sufficiente in caso di azione giudiziale manifestamente abusiva.

620.7

Artìcolo 336a

L'articolo 336a tratta della disdetta abusiva data dal datore di lavoro e menziona tre casi, tutti vertenti su disdette date in seguito all'esercizio di diritti costituzionali da parte del lavoratore.

Secondo la lettera a, la disdetta è anzitutto abusiva se data a causa dell'appartenenza o no di un lavoratore a un sindacato. La libertà di coalizione -- positiva o negativa -- del datore di lavoro è già coperta dalla clausola generale (art. 336 cpv. 1). Affinchè la disdetta sia abusiva, occorre che 543

l'esercizio della libertà di coalizione positiva o negativa non violi alcun obbligo derivante dai rapporti di lavoro. Una tal violazione può prodursi soltanto in caso di «Tendenzbetriebe»; negli altri casi, infatti, una clausola che vietasse o imponesse l'organizzazione sindacale sarebbe nulla. Conseguentemente, non sarebbe abusiva la disdetta data da un sindacato al proprio segretario qualora questi avesse aderito a un altro sindacato.

Il secondo caso menzionato nella lettera a è l'attività sindacale. Anche qui, trattasi unicamente delle attività del lavoratore che non costituiscono una violazione del rapporto di lavoro. L'attività sindacale è protetta soltanto se conforme al diritto, ossia se rispetta il contratto e la legge. Oltre alle disposizioni legali, segnatamente quelle del diritto penale, il lavoratore deve dunque rispettare anche le clausole dei contratti collettivi di lavoro e i regolamenti aziendali.

Infine, la lettera b concerne il caso della disdetta per rappresaglia. È abusiva la disdetta che il datore di lavoro da perché il lavoratore fa valere contro di lui una pretesa derivante dalla legge o dal contratto di lavoro. Ci si riferisce qui non soltanto ai casi in cui il lavoratore fa valere i propri diritti in via giudiziara o amministrativa, o ricorrendo a un'autorità di controllo prevista da un contratto collettivo, ma anche al caso in cu il lavoratore faccia valere direttamente le proprie pretese presso il datore di lavoro. Se si escludesse quest'ultimo caso, il lavoratore sarebbe ogni volta obbligato ad avviare un processo al fine di beneficare della protezione dalle disdette. D'altro canto, conformemente a un suggerimento fatto nell'ambito della procedura di consultazione, si precisa che tali pretese possono essere invocate soltanto se e osservato il principio della buona fede. La protezione dalle disdette esiste dunque soltanto se il lavoratore può supporre in buona fede che le pretese formulate gli spettano. È pertanto escluso che si possa far uso di questa disposizione nell'intento di bloccare il diritto del datore di lavoro di recedere dal contratto.

620.8

Articolo 336*

"L'articolo 336b ricalca il vigente articolo 336g CO; ne diverge nondimeno quanto all'estensione della protezione, all'importo dell'indennità e alla procedura.

L'articolo 336g CO disciplina la protezione dalle disdette date «per servizio obbligatorio svizzero, militare o di protezione civile, dell'altra parte contraente». Esso si riferisce alle disdette date per un servizio già prestato o da prestare; le disdette date durante il servizio sono infatti nulle (cfr. art. 336e CO). Il disegno risolve positivamente anche la controversa applicabilità dell' articolo 336g CO al servizio militare femminile 50 A dire il vero, l'esplicita menzione del servizio militare femminile non sarebbe necessaria se le vostre Camere approvassero anche il nostro disegno di revisione parziale della legge federale sull'organizzazione militare della Confederazione Svizzera (RS 510.10); tale disegno, infatti, qualifica il servizio militare femminile come servizio obbligatorio giusta l'organizzazione militare 51). La menzione del servizio militare femminile nell'articolo 3366 ci sembra nondimeno opportuna 544

nell'interesse del destinatario della norma giuridica. Occorre aggiungere che il servizio della Croce Rossa dev'essere assolutamente citato dato che, secondo l'organizzazione militare, non è considerato servizio obbligatorio.

Il capoverso 1 estende la protezione del vigente articolo 336g CO in caso di adempimento di un obbligo legale cui una parte sottosta senza iniziativa da parte sua, in particolare senza domanda volontaria; trattasi, per esempio, della funzione di tutore, di giurato o di scrutatore. Come per il servizio militare e per quello di protezione civile, la protezione concerne gli obblighi legali già compiuti o da compiere visto che, secondo il nostro disegno, anche qui le disdette date durante l'adempimento di tal obbligo sono nulle.

La parte che disdice il rapporto di lavoro perché l'altra sta adempiendo un servizio militare, un servizio di protezione civile, un servizio militare femminile o un servizio della Croce Rossa, ovvero sta adempiendo un obbligo legale, deve all'altra un'indennità. L'importo massimo di questa indennità, attualmente fissato a sei mensilità, è portato a dodici mesi di salario in virtù del capoverso 2. Esso è dunque identico a quello previsto per l'indennità in caso di disdetta abusiva (art. 336). A dire il vero, l'abusività della disdetta presuppone che il motivo della medesima non abbia alcun nesso con il rapporto di lavoro, in particolare con l'obbligo di lavorare, mentre i motivi previsti nell'articolo 3366 implicano un'assenzo del lavoratore dal luogo di lavoro. Tuttavia, quando impone obblighi legali ai cittadini, il Legislatore deve badare, come lo fa per i casi previsti nell'articolo 336, affinchè l'adempimento dei medesimi non costituisca un valido motivo di disdetta. Nei due casi, si giustifica pertanto di prevedere la stessa sanzione.

Un'indennità elevata è infine anche nell'interesse della difesa del Paese e del buon svolgimento dei compiti pubblici cui il datore di lavoro e il lavoratore sono tenuti per legge.

Contrariamente all'articolo 336g CO, l'articolo 3366 non prevede una procedura speciale per far valere questa indennità. Conseguentemente, anche le pretese dell'articolo 3366 sottostanno alle disposizioni applicabili alle altre pretese risultanti dal rapporto di lavoro (cfr. art. 341 CO). Questa soluzione è giustificata dal fatto che la procedura dev'essere identica a quella prevista in caso di disdetta abusiva.

620.9

Articolo 336c

L'articolo 336c è dedicato alla protezione del lavoratore dalle disdette date in tempo inopportuno dal datore di lavoro, protezione che è presentemente disciplinata dall'articolo 336e CO. Come già previsto dal diritto vigente, questa protezione interviene soltanto dopo il tempo di prova. Dalla sistematica legale risulta inoltre che il licenziamento immediato per gravi motivi è possibile anche durante i periodi di protezione.

Il capoverso 1 stabilisce, per le diverse fattispecie, i periodi durante i quali non può essere data la disdetta. La lettera a è dedicata all'adempimento di obblighi legali. Trattasi anzitutto, come nel diritto vigente, del servizio obbligatorio svizzero, militare o di protezione civile. Nuova è l'esplicita indi545

cazione nella legge del servizio militare femminile e del servizio della Croce Rossa; i motivi di questa innovazione sono gli stessi di quelli dell'articolo 3366 capoverso 1.

Pure nuova è l'estensione della protezione ai periodi durante i quali il lavoratore deve assentarsi dal lavoro a causa dell'adempimento di un obbligo legale che non ha assunto volontariamente. Per la protezione è dunque determinante non il tempo durante il quale il lavoratore esercita per esempio la sua funzione di tutore, bensì il tempo dell'impedimento lavorativo risultante da quest'obbligo. Questa innovazione è giustificata dal fatto che tanto la situazione dei lavoratori interessati, quando gli interessi pubblici in presenza sono qui gli stessi di quelli tutelati in caso di servizio militare o di protezione civile. L'estensione della protezione ai periodi di tempo in cui esercitano questi altri obblighi legali è inoltre giustificata dalla parità di trattamento tra le disdette date per servizio militare o di protezione civile e quelle date per adempimento degli obblighi legali previsto nell'articolo 3366.

La lunghezza dei termini di protezione (durata del servizio e, se il servizio dura più di dodici giorni, le quattro settimane precedenti e seguenti) rimane immutata.

Occorre infine rilevare che, in occasione di questa revisione, occorre correggere un errore redazionale nel testo francese, sostituendo la congiunzione «ou» alla congiunzione «et» tra servizio militare e servizio di protezione civile.

La lettera b disciplina la protezione dalle disdette in caso di malattia o di infortunio del lavoratore. Il diritto vigente tiene conto unicamente degli infortuni e delle malattie non imputabili al lavoratore. Il disegno preliminare aveva esteso questa protezione ai casi in cui il lavoratore provoca per propria colpa la malattia o l'infortunio. Nonostante le critiche espresse nella procedura di consultazione, il presente disegno si attiene a questa modificazione poiché permette di sopprimere il solo elemento soggettivo contenuto nell articolo 336e CO: questo elemento è giustificato in caso di prestazioni pecuniarie (cfr. art. 324a CO) poiché ci si può allora fondare sul grado di colpa del lavoratore; in materia di protezione dalle disdette, la colpa del lavoratore non deve invece avere alcuna importanza visto che detta
protezione si giustifica già soltanto per la situazione particolare del lavoratore, ossia per l'impedimento lavorativo conseguente alla malattia o all'infortunio. Nel dubbio, non sarebbe inoltre possibile attendersi che il giudice si pronunci sull'esistenza o no di un motivo di protezione dalla disdetta. Anche dopo l'eventuale accettazione di questa modificazione, è poco probabile che si verifichino casi di malattia o di infortunio causati volontariamente da un lavoratore al fine di beneficiare della protezione in parola. L'articolo 2 CC offre d'altronde già una sufficiente possibilità d'intervento; una riserva esplicita nella disposizione in esame non è dunque necessaria.

La lettera b mostra chiaramente che la protezione dalle disdette vale sia quando l'impedimento al lavoro dovuto a malattia o a infortunio è totale sia quando è parziale. In realtà, si tratta unicamente di ancorare nella legge quanto è già stato stabilito dalla giurisprudenza 52 la protezione dalle di546

sdette vale non già perché il lavoratore non può cercare un nuovo impiego a causa dell'impedimento lavorativo 53 ma poiché un'assunzione del lavoratore da parte di un nuovo datore di lavoro alla fine del termine di disdetta ordinario sembra altamente inverosimile a causa dell'incertezza che regna quanto alla durata ed al grado dell'incapacità lavorativa.

L'optimum, per i lavoratori, sarebbe certamente una protezione dalle disdette valida per tutta la durata dell'impedimento lavorativo dovuto a malattia od infortunio. Una tal soluzione non sarebbe tuttavia sopportabile per i datori di lavoro; essi non potrebbero infatti sapere per quanto tempo dovrebbero ricorrere a soluzioni di ripiego nell'ambito dell'azienda o procedere a nuove assunzioni. Per lo stesso motivo, non si può prevedere una protezione dalle disdette valida fintanto che il lavoratore riceva da un'assicurazione collettiva prestazioni sostitutive del salario. Una tal protezione potrebbe inoltre -- soprattutto in caso di incapacità lavorativa parziale -- durare per parecchi anni. Per questi motivi, non riteniamo opportuno estendere la protezione al di là di un massimo di 360 giorni in tre anni, contrariamente a quanto auspicato da taluni nella procedura di consultazione.

Ci rifiutiafno però anche dall'abbreviare il termine di protezione massimo di 360 giorni civili durante un periodo di tre anni poiché tale termine tiene già conto in modo equo degli interessi delle due parti. Dati statistici concernenti 318000 casi d'assenze dal lavoro dovute a malattia o ad infortunio e rappresentativi di tutta !a Svizzera mostrano che le assenze di oltre 60 giorni costituiscono soltanto il 2,9 per cento dei casi; un'assenza di oltre 360 giorni interviene soltanto in un caso su mille. Se ci si riferisce all'insieme del personale delle aziende considerate dalla statistica (120 000 persone osservate durante un periodo di tre anni), ciò significa che l'I,74 per cento dei lavoratori sono impediti di lavorare a causa di malattia o di infortunio per oltre 60 giorni e lo 0,6 per mille per più di 360 giorni. Visto che gli impedimenti lavorativi di lunga durata dovuti a malattia o-ad infortunio sono estremamente rari, la protezione dalle disdette, nel tenore da noi proposto, non implicherà oneri insopportabili per i datori di lavoro, né condurrà a una posizione
favorevole sul mercato del lavoro delle persone fisicamente o mentalmente sfavorite.

Per altro, un termine di protezione di 360 giorni faciliterà il ristabilimento del lavoratore -- con effetti positivi per le assicurazioni sociali -- e, nella maggior parte dei casi, gli garantirà il posto di lavoro sino alla decisione inerente alla sua invalidità. Il termine di protezione è stato stabilito a 360 giorni proprio perché il diritto a una rendita giusta la legge federale sull assicurazione invalidità esiste -- qualora non sia provata anzitempo un' invalidità permanente -- appena l'assicurato «è ancora incapace al guadagno di almeno la metà dopo essere stato, senza interruzione notevole, incapace al lavoro della metà in media per 360 giorni» (art. 29 cpv. 1 LAI).

Occorre inoltre tener conto che, nella determinazione della durata della protezione dalle disdette, gli impedimenti al lavoro non sono calcolati separatamente, a seconda che siano dovuti a malattia o a infortunio, ma conteggiati globalmente.

Infine, la protezione dalle disdette non interviene in extenso per ogni ma547

lattia o infortunio, ma i termini di protezione si riferiscono all'insieme dei giorni durante i quali il lavoratore è stato assente dal lavoro per malattia o infortunio in un periodo determinato.

Come il disegno preliminare, la presente revisione prevede un termine di protezione massimo di 360 giorni durante un periodo di tre anni, ma, diversamente dal disegno preliminare, disciplina esplicitamente anche i casi in cui il rapporto di lavoro è durato meno di tre anni e. per i quali occorre dunque riferirsi a un periodo d'osservazione più breve. In questi casi, sono determinanti gli anni di servizio: la durata massima della protezione è di 90 giorni per il primo anno di servizio, di 180 per i primi due e di 270 giorni per i primi tre. Per gli anni di servizio successivi, il periodo d'osservazione è di tre anni prima della disdetta o prima della malattia o dell'infortunio del lavoratore.

Da un lato, questo sistema impedisce che, dopo ogni ristabilimento, ancorché passeggero, la totalità del termine di protezione ridecorra dall'inizio, e che in tal modo il lavoratore possa protrarre la protezione dalla disdetta riprendendo il lavoro prima della scadenza del termine di protezione, ancorché egli non sia interamente ristabilito. D'altro lato, questo sistema tiene conto dell'anzianità di servizio del lavoratore, ossia di un elemento considerato anche per il disciplinamento di altri problemi (p. es. pagamento del salario in caso di malattia o di infortunio, termini di disdetta).

Nell'ambito della procedura di consultazione, questo metodo di calcolo riferito a un periodo di osservazione è stato ritenuto, non senza ragione, troppo complicato. La portata pratica di questa critica non dev'essere tuttavia sopravvalutata poiché, come già indicato, gli impedimenti al lavoro di lunga durata, dovuti a malattia o a infortunio, sono estremamente rari. I due seguenti esempi di applicazione nel caso in cui il rapporto di lavoro sia già durato più di tre anni mostrano che tale metodo, certamente non dei più semplici, è indubbiamente attuabile: il datore di lavoro da la disdetta, il 1° luglio 1986, a un lavoratore ammalato dal 21 giugno 1986. Se, durante il periodo tra il 1° luglio 1983 e il 30 giugno 1986, il lavoratore è stato assente per malattia o infortunio per 360 o più giorni, la disdetta è valida; nel caso
contrario, la disdetta è nulla. Se, per esempio, il lavoratore non è mai stato assente dal lavoro nel 1983, è stato impedito di lavorare, per malattia o infortunio, dal 1° giugno al 30 novembre 1984 (183 giorni) e dal 1° marzo al 30 giugno 1985 (122 giorni) e si ammala nuovamente il 21 giugno 1986 (come nell'ipotesi precedente), il giorno della disdetta (1° luglio 1986) egli avrà accumulato 315 giorni di assenza dal lavoro. Se la malattia dura oltre il 30 giugno, potrà essere licenziato soltanto 45 giorni dopo, ossia il 15 agosto 1986.

Occorre procedere in modo analogo nel caso in cui il lavoratore in buona salute sia vittima di un infortunio o di una malattia e riceva la disdetta prima della scadenza del termine; tuttavia, in questo caso, il dies a quo del periodo d'osservazione di tre anni non decorre dal giorno della disdetta, bensì da quello della malattia o dell'infortunio. Supponiamo che il datore di lavoro abbia disdetto il contratto il 20 marzo 1986 con un preavviso di 2 mesi (scadenza: 31 maggio 1986) e che il lavoratore si ammali il 1° maggio 548

1986. Occorre anzitutto determinare se ed eventualmente quanti giorni il lavoratore sia stato impedito di lavorare in seguito a malattia o infortunio durante il perìodo che va dal 1° maggio 1983 al 30 aprile 1986. Se non è mai stato assente dal lavoro durante questo periodo, il termine di disdetta, interrotto il 1° maggio 1986, decorre nuovamente dopo 360 giorni nel caso in cui il lavoratore rimanga ammalato per 360 o più giorni. Se, durante questo periodo d'osservazione di tre anni, il lavoratore è stato per esempio ammalato durante 100 giorni, la protezione dalla disdetta dura ancora 260 giorni e il termine di disdetta ridecorre dopo questi 260 giorni, presupposto che la malattia sia durata più di 260 giorni. Se, infine, il lavoratore è già stato assente 360 o più giorni durante questo stesso periodo d'osservazione, il fatto che si ammali il 1° maggio 1986 non ha alcuna incidenza sulla disdetta: il termine per la risoluzione del contratto non è interrotto e la disdetta diviene pienamente efficace il 31 maggio 1986.

Secondo la lettera e del capoverso 1, le lavoratrici fruiscono di una protezione dalla disdetta per tutta la durata della gravidanza e durante 16 settimane dopo il parto. Si tratta dunque dello stesso disciplinamento da noi già previsto nel disegno di revisione parziale dell'assicurazione malattie 54 e d'altronde conforme alle esigenze poste dall'articolo 8 numero 2 della Carta sociale europea (FF 1983 II 1314). Questa nostra proposta vale dunque soltanto per il caso in cui la presente revisione sia accettata prima della promulgazione della nuova legge federale sull'assicurazione malattie e maternità. Senza dilungarci in proposito, avvertiamo nondimeno che tale soluzione era stata respinta nella procedura di consultazione, fra l'altro perché non vi sarebbe certezza immediata quanto al momento del concepimento e perché la lavoratrice, se del caso, si accorgerebbe di essere stata incinta al momento della disdetta soltanto dopo la scadenza del termine per la risoluzione del contratto. Indipendentemente dal fatto che questi casi sono praticamente rari, si può opporre a questa obiezione che lo stesso problema si pone anche per un disciplinamento della protezione dalle disdette in caso di gravidanza che -- come il diritto vigente -- si riferisca al momento del parto; infatti, l'inizio della
protezione è allora determinabile soltanto a posteriori, ossia soltanto al momento del parto.

La lettera d del capoverso 1 disciplina la protezione dalle disdette durante l'adempimento, da parte del lavoratore, di un servizio d'aiuto all'estero ordinato dall'autorità federale competente. Il diritto vigente (art. 336e cpv. 1 lett. d CO) protegge il lavoratore durante le prime quattro settimane di servizio. Il presente disegno estende la protezione a tutta la durata del servizio e precisa che la protezione esiste soltanto quando il lavoratore si assenta dal lavoro con l'accordo del datore di lavoro; se questi ha dato il proprio accordo, il lavoratore deve beneficiare della protezione dalla disdetta per tutta la durata del servizio.

I diversi casi di protezione dalle disdette previsti nell'articolo 336c capoverso 1 si applicano cumulativamente in favore del lavoratore. Il lavoratore che, per esempio, presta servizio militare e si animala durante lo stesso anno beneficia della protezione completa dell'articolo 336c capoverso 1 lettere a eb.

549

Il capoverso 2 riprende testualmente il capoverso 2 dell'articolo 336e CO.

Le versioni francese e italiana sono adattate al testo tedesco per quanto concerne la locuzione finora mancante «bis dahin» 5S >.

Il capoverso 3 corrisponde letteralmente al capoverso 3 dell'articolo 336e CO.

620.10

Articolo 336d

s'articolo 336d disciplina la protezione del datore di lavoro dalla disdetta data in tempo inopportuno dal lavoratore.

In caso di servizio militare o di protezione civile, di malattia o di infortunio, di gravidanza o di parto, nonché in caso di servizio d'aiuto all'estero (cfr.

art. 336/ e 336e cpv. 1 CO), il diritto vigente garantisce al datore di lavoro e al lavoratore la stessa protezione dalle disdette.

Il capoverso 1 restringe considerevolmente questa protezione. La protezione è mantenuta durante l'adempimento di un servizio militare o di protezione civile e, per quanto il servizio duri più di dodici mesi, durante le quattro settimane precedenti e seguenti. Questa protezione, come quella del lavoratore (cfr. art. 336c cpv. 1 lett, a), è estesa ai periodi di servizio militare femminile e di Croce Rossa, nonché a quello d'adempimento di un obbligo legale che il datore di lavoro non ha assunto volontariamente. Trattasi, in tutti questi casi, di impedimenti al lavoro conosciuti da lungo tempo e in anticipo e che possono essere annunciati tempestivamente al lavoratore affinchè egli possa tener conto dei termini di protezione in caso di disdetta da parte sua.

Diversa è la situazione in caso di impedimenti al lavoro dovuti a malattia, infortunio o gavidanza: sono eventi, questi, che avvengono d'improvviso e che il lavoratore intenzionato a dare la disdetta non può evidentemente prevedere. Il lavoratore che abbia già trovato un nuovo impiego non può iniziare il lavoro il giorno pattuito se il vecchio datore di lavoro, ch'egli deve sostituire, si ammala durante il termine di disdetta. Nel caso inverso, il datore di lavoro dovrebbe invero pagare un salario sia al lavoratore licenziato rimessosi dalla malattia o dall'infortunio, sia al nuovo lavoratore assunto, ma potrebbe anche esigere dai due la prestazione del lavoro. L'abbandono del principio della parità è dunque giustificato qui dalla diversa natura delle prestazioni del datore di lavoro e del lavoratore. Per questo motivo, non possiamo associarci alla proposta fatta durante la procedura di consultazione di garantire la stessa protezione dalle disdette ai datori di lavoro e ai lavoratori.

Il disegno rinuncia infine a proteggere il datore di lavoro dalla disdetta datagli allorché lui stesso partecipa a un servizio d'aiuto all'estero. Il motivo
di questa rinuncia risiede nel fatto che un tal servizio è volontario. La partecipazione del datore di lavoro -- contrariamente a quella del lavoratore -- non è subordinata al consenso dell'altra parte. Non sarebbe dunque né equo né giustificato limitare la libertà di disdetta del lavoratore in quanto il datore di lavoro ha liberamente deciso di assentarsi durante un certo tempo.

550

Il capoverso 2 corrisponde al vigente capoverso 2 dell'articolo 336/ CO; il rinvio a un'altra disposizione è semplicemente dovuto alla nuova numerazione degli articoli.

620.11

Articolo 336e

L'articolo 336e disciplina la protezione speciale dalle disdette date ai membri di una rappresentanza dei lavoratori nell'azienda.

Sono «rappresentanze dei lavoratori nell'azienda» nel senso di questa disposizione le rappresentanze del tipo dei consigli e commissioni di fabbrica o aziendali che difendono gli interessi dei lavoratori di fronte ai datori di lavoro e che dispongono di diritti di partecipazione.

Ai membri di queste rappresentanze dev'essere garantita una protezione speciale affinchè il mandato loro affidato dalla legge o per contratto collettivo di lavoro possa essere esercitato senza intralci e affinchè elezioni libere non siano praticamente rese vane dall'esercizio di una specie di diritto di veto del datore di lavoro.

Una tal protezione dalle disdette deve figurare nel Codice delle obbigazioni: essa dev'essere infatti applicabile non soltanto alle rappresentanze dei lavoratori prescritte dalla legge (p. es. da un'eventuale legge sulla partecipazione), ma anche a quelle previste, senza obbligo legale, dalle parti sociali.

Il capoverso 1 prevede che il datore di lavoro può dare la disdetta ai membri di una rappresentanza dei lavoratori soltanto per un «motivo giustificato». È «giustificato» qualsiasi motivo che possa ragionevolmente dar luogo a disdetta anche se non sufficientemente grave per motivare una risoluzione immediata del contratto S8) . La nozione di «motivo giustificato è conosciuta dal diritto svizzero in materia di contratto del lavoro sin dal 1912 (cfr. per i testi tedesco e francese, l'art. 360 cpv. 2 vecchio CO e, per il testo italiano, l'art. 340c cpv. 2 CO)r;7) ed è già stata chiarificata in modo soddisfacente dalla giurisprudenza e dalla dottrina 58).

Il capoverso 2 disciplina le conseguenze giuridiche in caso di violazione delle prescrizioni contenute nel capoverso 1: il datore di lavoro che, senza motivo giustificato, abbia dato la disdetta a un membro di una rappresentanza dei lavoratori nell'azienda deve versargli un'indennità pecuniaria. Poiché l'indennità è prevista a titolo di sanzione, si ammette implicitamente che la disdetta è valida ed è pienamente efficace anche se è stata data senza motivo giustificato.

Il capoverso 3 stabilisce il massimo dell'indennità a dodici mesi di salario e prescrive al giudice di tener conto di tutte le circostanze concrete
nella determinazione della medesima.

Il capoverso 4 precisa che il datore di lavoro che da la disdetta a un membro di una rappresentanza dei lavoratori non soltanto senza motivo giustificato, ma anche abusivamente (art. 336), a causa di servizio militare o di protezione civile o d'adempimento di un obbligo legale non assunto volontariamente (art. 3366), deve versare cumulativamente l'indennità prevista nell'articolo

551

336e e quella prevista nell'articolo 336 o 3366. Questo cumulo di sanzioni è stato criticato nella procedura di consultazione in quanto comminato per una stessa fattispecie abusiva. Questa critica dimentica però che l'articolo 336e offre ai membri delle rappresentanze dei lavoratori nell'azienda una protezione speciale, ossia che la disdetta non può essere data in genere senza motivo giustificato, indipendentemente dal fatto che essa sia o no abusiva.

Per questo motivo, manteniamo il principio del cumulo affinchè il datore di lavoro che violi non soltanto l'articolo 336e, ma receda abusivamente dal contratto, debba attendersi una sanzione più severa.

620.12

Stralcio degli articoli 336/ e 336g

Le questioni disciplinate nei vigenti articoli 336/ e 336g CO sono ora rette dagli articoli 336d e 3366 del presente disegno. Per questo motivo, gli articoli 336/ e 336g CO devono essere stralciati.

620.13

Articolo 337 capoverso 1

II capoverso 1 dell'articolo 337 CO è completato nel senso che la parte che recede immediatamente 'dal contratto deve, a domanda dell'altra, comunicarne per scritto i motivi.

Quest'obbligo si fonda sugli stessi motivi che giustificano l'obbligo di motivare la disdetta ordinaria (cfr. art. 335 cpv. 2). Si aggiunga che la legge medesima (art. 337 cpv. 1 CO) esige la presenza di una causa grave quale condizione per la risoluzione immediata. Quanto ai licenziamenti immediati, occorre sottolineare che la comunicazione dei motivi del licenziamento è già prassi corrente nelle imprese che dispongono di un'amministrazione del personale ben sviluppata.

L'obbligo di motivare per scritto la disdetta è qui -- come d'altronde per la disdetta ordinaria -- una semplice prescrizione d'ordine; non è infatti opportuno esigere che la motivazione sia una condizione di validità della risoluzione immediata. In caso di licenziamento immediato, la motivazione potrebbe nuocere ancor più agli interessi del lavoratore che non in caso di disdetta ordinaria. Inoltre, una tal soluzione sarebbe fonte di incertezze che condurrebbero a difficoltà insormontabili nella prassi: la parte che ha ricevuto la disdetta non saprebbe se la motivazione (scritta) venga data o no e, dunque, se il rapporto di lavoro possa essere o no proseguito. Il lavoratore licenziato non saprebbe nemmeno se debba offrire i suoi servizi e tenersi a disposizione del datore di lavoro o se possa invece accettare un nuovo impiego senza tema di pregiudizi.

Subordinatamente alla proposta di prescrivere nella legge che l'obbligo di motivare sia una condizione di validità per la risoluzione immediata, nella procedura di consultazione si è chiesto di vietare esplicitamente nella legge l'invocazione a posteriori dei motivi del licenziamento. Riteniamo tuttavia che una tal precisazione sia inutile poiché siamo convinti, contrariamente a quanto sostenuto dalla giurisprudenza del Tribunale federale, ma confortati 552

da una parte della dottrina, che una tale possibilità sia già esclusa dal diritto vigente 59): la risoluzione immediata del contratto di lavoro presuppone l'esistenza di cause gravi, ossia di «ogni circostanza che non permetta per ragioni di buona fede di esigere da chi da la disdetta che abbia a continuare nel contratto» (art. 337 cpv. 2 CO). Si presuppone dunque la presenza di un motivo che renda possibile la continuazione delle relazioni contrattuali. Motivi che divengono palesi o intervengono dopo la risoluzione immediata non possono tuttavia aver reso impossibile già prima la continuazione del rapporto di lavoro né possono, conseguentemente, rappresentare una causa grave per il licenziamento. Un motivo che diviene palese o interviene dopo la risoluzione immediata giustifica unicamente una nuova risoluzione immediata nel caso in cui -- in aggiunta eventualmente alla causa anteriore insufficiente -- costituisca una causa grave a tenore della legge 60).

Secondo l'articolo 337 capoverso 3 CO, il giudice non può in nessun caso riconoscere come causa grave il fatto che il lavoratore sia stato impedito, senza sua colpa, di lavorare. In seguito ad alcuni suggerimenti fatti nell'ambito della procedura di consultazione, abbiamo esaminato l'opportunità di modificare questa disposizione dato che, d'ora in poi, la protezione dalle disdette date in tempo inopportuno dovrebbe esistere anche in caso di assenze colpose dovute a malattia o a infortunio del lavoratore. Una tal modificazione è tuttavia superflua: in connessione con la malattia e l'infortunio, riteniamo che risulti necessariamente dall'interpretazione della legge che un licenziamento immediato non può essere validamente fondato su motivi che, di per sé, costituiscono causa di nullità della disdetta ordinaria; quanto agli altri impedimenti al lavoro -- per esempio in caso di detenzione preventiva -- la colpa del lavoratore deve nondimeno rimanere un elemento determinante.

620.14

Articolo 337c

Come il diritto vigente, anche la presente revisione si attiene all'idea che il licenziamento immediato e ingiustificato esplichi gli effetti di una disdetta ordinaria. Questa concezione è giustificata già dal fatto che il datore di lavoro potrebbe, subito dopo il licenziamento immediato, notificare una disdetta ordinaria per essere sicuro che il rapporto di lavoro cessi il più tardi alla scadenza del termine di disdetta, anche se non vi siano cause gravi di risoluzione immediata.

Il diritto vigente accorda al lavoratore licenziato immediatamente e senza causa grave un diritto al salario per la durata del contratto, se determinata, o per la durata del termine di disdetta se il contratto è di durata indeterminata, nonché il diritto «alla sostituzione dei vantaggi derivanti dal rapporto di lavoro» (art. 337c cpv. 1 CO). Sono vantaggi nel senso di questa disposizione, per esempio, la gratificazione, la tredicesima e l'indennità di partenza cui il lavoratore avrebbe avuto diritto se il contratto fosse terminato normalmente 61).

Sulla scorta del commento contenuto nel nostro messaggio inerente all'articolo 337c CO (FF 1967 II, ediz. frane. 399 e ediz. ted. 389), la giurisprudenza del Tribunale federale considera che la risoluzione immediata senza 36

Foglio federale. 67° anno. Voi. II

553

cause gravi ponga termine di fatto, ma non di diritto, al rapporto di lavoro62 Questa giurisprudenza è stata criticata dalla dottrina poiché, in caso di licenziamento immediato senza cause gravi, il rapporto di lavoro cesserebbe di fatto e di diritto 63>.

Il disegno tiene conto di queste critiche: il capoverso 1 prevede che il lavoratore licenziato immediatamente senza causa grave può domandare al datore di lavoro di risarcirgli quanto avrebbe guadagnato se il rapporto di lavoro fosse stato sciolto rispettando il termine di disdetta o fosse terminato per lo scadere della durata determinata. Questa pretesa del lavoratore non diverge affatto, quantitativamente, da quella garantitagli dal diritto in vigore.

Differentemente da quest'ultimo però, la norma del disegno non prevede più un diritto del lavoratore al salario e esprime dunque che il rapporto di lavoro cessa sia di fatto sia di diritto. L'esistenza di una pretesa salariale presuppone infatti l'esistenza di un rapporto di lavoro, foss'anche soltanto dal mero aspetto giuridico.

Lo scopo principale di questo cambiamento è di natura pratica. Se il rapporto di lavoro cessa soltanto di fatto, si può esigere che il lavoratore offra quanto possibile i suoi servizi dopo il licenziamento per non perdere il diritto al salario64'. Orbene, è invero raccomandabile che il lavoratore si comporti in questo modo affinchè non si possa affermare che si tratti di uno scioglimento consensuale del contratto e non di un licenziamento 65); tuttavia, una tal offerta di prestazioni di lavoro non potrebbe essere una condizione d'applicabilità dell'articolo 337c; altrimenti, in numerosi casi, la norma rimarrebbe lettera morta.

La revisione del capoverso 1 dell'articolo 337c tien conto però anche di considerazioni dogmatiche: il capoverso 2 prevede, come il diritto vigente, che il lavoratore deve imputare sul suo credito quanto ha guadagnato eseguendo un altro lavoro o il guadagno cui ha intenzionalmente rinunciato. Orbene, un'imputazione di tal genere è giustificata ove trattasi di risarcimento del danno, ma non lo è relativamente al salario.

Secondo il sistema di sanzioni previsto dal presente disegno, un'eventuale colpa concomitante del lavoratore non consente alcuna riduzione della pretesa accordata al lavoratore dal capoverso 166), ancorché trattasi di una pretesa
di risarcimento. La colpa concomitante dev'essere considerata soltanto per la determinazione dell'indennità prevista nel capoverso 3.

Poiché il capoverso 1 non prevede più il diritto al salario, si afferma indirettamente la controversa immediata esigibilità dei crediti di cui all'articolo 337c Secondo il disegno, il licenziamento immediato non è subordinato ad alcuna autorizzazione (p. es. da parte del giudice o della rappresentanza dei lavoratori); come nel diritto vigente, trattasi dunque di un diritto costitutivo del datore di lavoro con effetto immediato e definitivo anche se mancano cause gravi. Inoltre, come nel diritto vigente, il licenziamento immediato non è subordinato a condizioni di validità quali la forma scritta o la motivazione.

Il licenziamento immediato costituisce d'altronde il provvedimento più incisivo nella vita del lavoratore. Offende gravemente la sua personalità e, an554

che in assenza di cause gravi, ne riduce considerevolmente le possibilità sul mercato del lavoro.

Per questi motivi, e tenuto conto del fatto che i termini di disdetta sono generalmente brevi 88), la legge deve far sì che i licenziamenti immediati siano pronunciati soltanto in casi veramente eccezionali e lo siano soltanto come ultima ratio.

È quanto si vuoi ottenere anche grazie aU'indennità prevista nel capoverso 3, la quale ha carattere penalizzante e riparatore.

Il giudice deve fissare l'indennità «tenuto conto di tutte le circostanze».

Dovrà considerare in particolare se il comportamento del lavoratore, pur non costituendo causa grave, abbia dato al datore di lavoro un motivo per recedere dal contratto.

Anche qui, il massimo dell'indennità è elevato; esso avrà effetto preventivo ed eviterà che i licenziamenti immediati vengano pronunciati per mero capriccio del datore di lavoro. Trattasi anche qui di dodici mesi di salario: non vi sono infatti motivi convincenti che giustifichino un disciplinamento diverso da quello previsto per l'indennità di cui agli articoli 336 e 337c, nonché negli articoli 3366 e 336e. Per contro, il giudice può senz'altro stabilire l'equa indennità nel singolo caso, anche se un massimo uniforme è previsto per le diverse fattispecie. Questo compito del giudice è inoltre facilitato dal fatto che il massimo è appunto elevato.

Il capoverso 4 corrisponde al capoverso 3 del vigente articolo 337c CO, il quale accorda al lavoratore licenziato immediatamente a causa di servizio militare o di protezione civile, eseguito o da eseguire, il diritto al salario secondo l'articolo 337c CO, come anche all'indennità prevista nell'articolo 336g CO. Il cumulo delle sanzioni si giustifica poiché il datore di lavoro che licenzia il lavoratore con effetto immediato per una di queste cause viola due disposizioni con un diverso scopo protettivo. Secondo il disegno, il principio del cumulo delle sanzioni si applica anche ai nuovi casi di disdetta abusiva e di disdetta data senza motivo giustificato a un rappresentante dei lavoratori nell'azienda.

620.15

Articolo 337d capoversi 3 e 4

II lavoratore che, senza causa grave, non inizia o abbandona senza preavviso l'impiego deve al datore di lavoro un'indennità ed un risarcimento (art. 337d cpv. 1 CO).

Il capoverso 3 del vigente articolo 337d CO prevede che questo diritto all' indennità decade se non è fatto valere per azione giudiziaria o esecuzione entro trenta giorni dal mancato inizio o dall'abbandono dell'impiego. Il diritto del datore di lavoro al risarcimento può invece essere esercitato nel termine legale di prescrizione poiché nessuna perenzione è prevista per questo diritto. Un diverso trattamento di questi due diritti non è giustificato: ambedue poggiano su un unico comportamento del lavoratore; esiste inoltre uno stretto legame tra il diritto al risarcimento e l'indennità poiché il datore di lavoro può chiedere soltanto il risarcimento del danno suppletivo.

555

Con lo stralcio del capoverso 3 dell'articolo 337d, la presente revisione disciplina in modo uniforme le due pretese e rinuncia a prevedere una perenzione per il diritto all'indennità del datore di lavoro. L'altra soluzione possibile, ossia l'introduzione di un breve termine di perenzione per far valere il diritto al risarcimento, toglierebbe a questo diritto qualsiasi importanza pratica poiché il danno non può essere accertato in un breve lasso di tempo.

Il disegno tiene conto del principio della parità: infatti il diritto vigente (art. 337c CO) -- come d'altronde il disegno -- non prevede alcun termine di perenzione per le pretese del lavoratore licenziato immediatamente e senza cause gravi.

Il capoverso 4 del vigente articolo 337d CO precisa che il lavoratore che non inizi o abbandoni senza preavviso l'impiego perché il datore di lavoro ha compiuto o compirà un servizio militare o di protezione civile deve al datore di lavoro non solo le prestazioni previste dall'articolo 337d capoverso 1 CO (indennità e risarcimento), ma anche l'indennità prevista dall'articolo 336g CO. Il capoverso 4 del disegno riprende il principio del cumulo delle sanzioni e lo estende, come nell'articolo 337c, alla nuova fattispecie della disdetta abusiva.

620.16

Artìcolo 343 capoversi 2 e 4

Secondo l'articolo 343 CO, i Cantoni sono tenuti a prevedere una procedura semplice e rapida per le controversie il cui valore litigioso non superi i 5000 franchi (cpv. 2); alle parti non possono essere imposte né tasse, né spese giudiziarie, fatto salvo il caso di processo temerario (cpv. 3); infine, il giudice accerta d'ufficio i fatti e apprezza liberamente le prove (cpv. 4).

Il disegno preliminare rinunciava a stabilire un limite massimo per il valore litigioso; la procedura semplice, rapida e gratuita, nonché la massima d'ufficio, erano dunque estese a tutte le controversie derivanti dal rapporto di lavoro, indipendentemente dal valore litigioso. Questa soluzione ha sollevato una viva opposizione da parte dei Cantoni. Questi ultimi ritengono infatti che un tale disciplinamento favorisca l'aumento del numero dei querelanti e comporti un onere insopportabile per i tribunali. Inoltre, per le controversie di valore elevato, una procedura semplice e rapida sarebbe inappropriata visto che i problemi posti potrebbero essere risolti in modo soddisfacente soltanto in un procedimento ordinario. Infine, un disciplinamento speciale e, in particolare, la gratuità della procedura sarebbero indicati soltanto allorché il salario rappresenti un mezzo di sussistenza, ma non quando l'attore non ne abbia urgente bisogno.

Il presente disegno tiene conto in certa misura di questo atteggiamento negativo dei Cantoni prevedendo, nel capoverso 2 dell'articolo 343, un limite del valore litigioso. Il limite è tuttavia portato da 5000 a 20 000 franchi, aumento questo che corrisponde al desiderio generale di adattare l'ammontare del valore litigioso al rincaro sopravvenuto dal 1972, come auspicato nella procedura di consultazione e in diversi interventi parlamentari (P. Weber, S 16.12.80; P. Ziegler-Soletta, N 19.6.81; P. Darbellay, N 7.10.83).

556

Occorre ancora menzionare che i Cantoni -- alcuni avevano approvato l'idea di prescindere da un importo massimo del valore litigioso -- sono competenti ad introdurre un limite più elevato o di non prevederne affatto. Essi possono d'altronde prescrivere obbligatoriamente un esperimento di conciliazione al fine di por freno, se del caso, all'elevato numero di domande giudiziali.

Il valore litigioso ha funzione soltanto in rapporto alla rapidità, alla semplicità e alla gratuità della procedura, non già in rapporto alla massima d'ufficio. A nostro parere, quest'ultima deve applicarsi a tutti i litigi inerenti ai rapporti di lavoro, indipendentemente dal valore litigioso. Vi proponiamo dunque di modificare il capoverso 4 dell'articolo 343 al fine soprattutto di impedire che le disposizioni sulla protezione dalle disdette abusive rimangano lettera morta allorquando l'esistenza di un motivo di disdetta che non merita protezione si urti alla difficoltà di doverne addurre la prova. Con il principio dell'istruzione o della massima d'ufficio, il giudice dovrà chiarire i fatti di sua propria iniziativa e -- fatto salvo l'obbligo di collaborazione delle parti -- dovrà preoccuparsi di assumere le prove necessarie e apprezzare liberamente i risultati della procedura probatoria (cfr. DTF 104 V 211).

A nostro parere, la massima d'ufficio è del tutto sufficiente per garantire alle parti una reale protezione dalle disdette abusive. Per questo motivo, sarebbe superfluo imporre al datore di lavoro Yonere della prova nei processi concernenti le disdette abusive, come si è chiesto invece più volte nella procedura di consultazione. Una tal disposizione farebbe sì che le disdette date dal datore di lavoro sarebbero considerate abusive sino a prova del contrario.

Respingiamo questa presunzione poiché in netta contraddizione con la realtà e poiché limiterebbe indebitamente il diritto di disdetta del datore di lavoro.

Sia l'aumento del valore litigioso di cui al capoverso 2, sia l'estensione della massima d'ufficio a tutte le controversie inerenti ai rapporti di lavoro profittano alle due parti poiché applicabili alle azioni promosse dal datore di lavoro e dal lavoratore e poiché è impossibile dire in anticipo quale sarà la parte vincente.

620.17

Articolo 346 capoverso 1

Giusta l'articolo 346 capoverso 1 CO, durante il tempo di prova il rapporto di tirocinio può essere disdetto in qualsiasi tempo con un preavviso di sette giorni.

Il disegno prevede che il contratto di tirocinio, come gli altri rapporti di lavoro (art. 3356), può essere disdetto, il più tardi, per la fine del tempo di prova.

620.18 Articoli 361 e 362 620.181 In generale Un'innovazione della revisione totale del diritto del contratto di lavoro del 1971 era stata la suddivisione di numerosi articoli in disposizioni assoluta557

mente imperative e relativamente imperative, enumerate negli articoli 361 e 362 CO. Si pensava in tal modo di migliorare la certezza del diritto (FF 1967 II, ediz. frane. 435 e ediz. ted. 423); tuttavia, sia la funzione di questi due elenchi sia la loro redazione si sono avverate problematiche 69).

La presente revisione ci ha fornito l'occasione per intraprendere un esame critico degli articoli 361 e 362. Abbiamo anzitutto esaminato le disposizioni del titolo decimo del Codice delle obbligazioni per le quali si può, sulla scorta del testo legale, accertare a priori se e in qual misura siano ammissibili deroghe. Laddove la legge stessa preveda la nullità di pattuizioni contrarie, una pertinente menzione anche nell'elenco delle norme assolutamente imperative dell'articolo 361 sarebbe superflua. La stessa cosa vale per le disposizioni che prevedono chiaramente in quali condizioni formali e in quali limiti materiali sia possibile una deroga; esse non devono figurare né nell' elenco delle norme assolutamente imperative (art. 361) né in quello delle norme relativamente imperative (art. 362). Infine, il problema della natura assolutamente o relativamente imperativa non si pone per le norme che non concernono le parti, bensì le autorità (art. 325 cpv. 1 secondo periodo CO) od hanno significanza soltanto nell'ambito del diritto dispositivo (art. 355 CO).

L'esito del nostro esame ci induce a proporvi di stralciare dall'elenco delle disposizioni assolutamente imperative dell'articolo 361 CO gli articoli seguenti: 321c capoverso 3, 325 capoverso 1, 339 capoversi 2 e 3, 340b capoverso 3, 347a capoversi 2 e 3 e 355. Nell'elenco delle disposizioni relativamente imperative dell'articolo 362 devono essere stralciati gli articoli seguenti: 323 capoversi 1, 2 e 3, 323a capoverso 2, 323b capoverso 3, 324a capoverso 2, 327a capoversi 2 e 3, 327c capoverso 1, 330 capoverso 2, 339c capoverso 1, 340 capoverso 2, 344a capoverso 4, 348a, 349a capoversi 2 e 3, 349d e 35la.

Le seguenti disposizioni del presente disegno non devono figurare né nell' articolo 361 né nell'articolo 362: articoli 334 capoversi 1 e 2, 335a, 335b, 335c e 343 capoversi 2 e 4.

620.182 Articolo 361 l'articolo 361 CO dovrebbe enumerare tutte le disposizioni che non possono essere né escluse né modificate in via convenzionale (FF 1967 II, ediz. frane.

298 e ediz. ted. 290). La dottrina ha tuttavia chiaramente dimostrato che parecchie disposizioni figurano nell'articolo 361 ancorché dal loro testo e dalla loro genesi risulti ch'esse sono di natura dispositiva o che vi si può derogare soltanto in favore del lavoratore70'. Anche la giurisprudenza del Tribunale federale ha relativizzato la portata dell'articolo 361 CO. Secondo questa giurisprudenza, una disposizione menzionata nell'articolo 361 è assolutamente imperativa soltanto se protegge le due parti; quanto alle disposizioni o agli elementi di disposizioni che proteggono una sola parte, è vietato derogarvi solo a scapito, non già a favore di quest'ultima 71>.

558

Nell'articolo 361 si trovano dunque non solo disposizioni che non possono essere modificate, ma anche disposizioni cui si può derogare in certi limiti 72) .

Fanno parte della prima categoria le disposizioni che, pur non riferendosi direttamente ai rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, svolgono una certa funzione nei rapporti di lavoro e sono state emanate tenendo conto degli interessi pubblici (cfr. art. 325 cpv. 2, 331 cpv. 1 e 2 e 342 cpv. 2 CO). Non ammettono deroghe nemmeno le norme per cui il Legislatore, soppesati gli interessi opposti delle parti, ha optato per una soluzione definitiva (cfr. art.

321c cpv. 1, 329d cpv. 2 e 3, 337 cpv. 2, 3376 cpv. 1, 337d, 339 cpv. 1, 339a, 3406 cpv. 1 e 2, 346 e 350a cpv. 2 CO; cfr. anche gli art. 335a cpv. 1 e 336d del disegno).

Dell'altra categoria fanno parte le disposizioni che garantiscono alle parti una protezione minima. Se gli interessi protetti dalla norma esistono parallelamente, deroghe al disciplinamento legale sono ammissibili soltanto se gli accordi contrattuali favoriscono le due parti nella stessa misura (cfr. art.

336, 3366 cpv. 2, 336c e 350 CO). Negli altri casi in cui la protezione di una parte può sussistere indipendentemente dalla protezione dell'altra, deroghe al disciplinamento legale sono ammissibili anche se favorevoli a una sola delle parti; sono invece escluse le deroghe che riducessero la protezione legale minima dell'una o dell'altra parte (cfr. art. 3236 cpv. 2 336e, 336/ e 336g CO; cfr. anche gli art. 335 cpv. 2, 336, 3366 e 337 cpv. 1 del disegno).

Esuleremmo dai limiti della presente revisione se ancorassimo nella legge le diverse categorie di norme assolutamente imperative stabilite dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Una simile impresa rischierebbe inoltre di modificare involontariamente le decisioni già prese dal Legislatore nel 1971; infatti, i materiali legislativi relativi alla genesi delle singole norme non permettono sempre di accertare fedelmente lo scopo protettivo prefisso. I principi indicati più sopra permettono nondimeno di determinare se l'enumerazione di cui all'articolo 361 debba essere completata o se disposizioni ivi previste debbano esserne stralciate.

Questo esame ha dimostrato che gli articoli 323 capoverso 4, 326 capoverso 2, 331c, 343 capoverso 1 e 349c capoverso 3 devono essere inseriti
nell'elenco dell'articolo 361. Le prime tre di queste norme sono, secondo il diritto vigente, relativamente imperative.

L'articolo 323 capoverso 4 protegge il lavoratore accordandogli, a certe condizioni, ,un diritto imperativo di domandare anticipazioni al datore di lavoro; tuttavia, anche questi è protetto dalla norma poiché può rifiutare le anticipazioni che non si possano ragionevolmente pretendere da lui.

Menzionando l'articolo 326 capoverso 2 fra le disposizioni assolutamente imperative, si corregge un errore verificatosi durante le deliberazioni parlamentari 73).

L'articolo 33le prescrive il modo in cui un'istituzione di previdenza deve adempiere, alla fine dei rapporti di lavoro, la sua obbligazione nei confronti del lavoratore. Esso ha creato qualche difficoltà nella prassi visto che si è spesso asserito che, fuori dei casi disciplinati dal capoverso 4, il pagamento in contanti al lavoratore è, nel caso concreto, più favorevole della prestazione 559

di libero passaggio. Se si vuoi garantire il conseguimento degli scopi della legislazione sul secondo pilastro, occorre impedire che la soluzione di tali ed analoghe questioni dipenda unicamente dalle parti; l'articolo 33 le deve conseguentemente essere assolutamente imperativo.

Emanando l'articolo 343 capoverso 1, il Legislatore intendeva permettere alle parti di optare tra due fori, quello del domicilio del convenuto e quello del luogo di lavoro 74). Vi proponiamo di menzionare questa disposizione nell' articolo 361 al fine di garantire questo diritto di opzione delle parti e di impedire che si pattuiscano fori adibiti solo a condizioni estremamente difficili per una parte.

L'articolo 349c capoverso 3 permette al datore di lavoro, a determinate condizioni, di obbligare il viaggiatore dj commercio a lavorare nello stabilimento. In questa misura, esso protegge il datore di lavoro e deve conseguentemente essere dichiarato assolutamente imperativo.

Se si applicano i suddetti criteri alle disposizioni del presente disegno, anche gli articoli 335, 336, 336b, 336d, 337 capoverso 1 e 337d devono essere elencati nell'articolo 361.

L'esame delle singole disposizioni in materia di contratto di lavoro mostra che, riguardo al loro scopo protettivo, disposizioni oggi previste nell'articolo 361 si riferiscono soltanto alla protezione del lavoratore. Trattasi degli articoli 326 capoverso 4, 331 capoversi 3 e 4, 339d e 350a capoverso 1. Queste norme devono dunque essere stralciate dall'articolo 361 e inserite fra le disposizioni relativamente imperative di cui all'articolo 362.

L'articolo 326 capoverso 4 accorda al lavoratore a cottimo cui il datore di lavoro non può dare sufficientemente lavoro né a cottimo né a tempo il diritto a una pretesa equivalente almeno al salario dovuto in caso di lavoro pagato a tempo 75).

Il testo dell'articolo 331 capoverso 3 mostra di per sé che il datore di lavoro può versare all'istituzione di previdenza professionale contributi più elevati di quelli del lavoratore 76). L'articolo 331 capoverso 4 impone al datore di lavoro un obbligo minimo di informare il lavoratore; questa disposizione protegge soltanto il lavoratore e non esclude pertanto accordi più favorevoli a quest'ultimo 77).

Le parti possono pattuire che l'indennità di partenza sia concessa a condizioni più favorevoli
per il lavoratore nonché convenire un'indennità più elevata del massimo legale. È dunque possibile, per mezzo di siffatte pattuizioni, prevedere che il lavoratore ha diritto a un'indennità di partenza d'importo più elevato delle prestazioni versate dall'istituzione di previdenza.

Non vi è conseguentemente alcun motivo per impedire che Io stesso risultato sia conseguito direttamente da convenzioni che prevedano la non imputazione, sull'indennità di partenza, delle eventuali prestazioni dell'istituzione di previdenza professionale o di un terzo. L'articolo 339d deve dunque essere dichiarato relativamente imperativo 78).

Secondo l'articolo 350a capoverso 1, i crediti del viaggiatore di commercio inerenti alle provvigioni divengono esigibili alla fine del rapporto di lavoro.

560

Questa disposizione è volta unicamente a garantire il reddito del viaggiatore di commercio e deve dunque essere menzionata nell'articolo 362 79).

620.183 Articolo 362 L'articolo 362 deve menzionare tutte le disposizioni che offrono al lavoratore una protezione minima e il cui testo non permette, di per sé, di stabilire la validità delle deroghe in favore del lavoratore.

Come già menzionato, gli articoli 326 capoverso 4, 331 capoversi 3 e 4, 339d e 350a capoverso 1 devono essere stralciati dall'articolo 361 e inseriti nell' articolo 362.

Anche l'articolo 329 capoverso 3 deve essere menzionato nell'articolo 362.

Si corregge così un errore che si è manifestamente verificato nell'ambito dei lavori della commissione di redazione 80).

Quanto alle disposizioni del presente disegno, gli articoli 334 capoverso 3, 336a, 336c, 336e e 337c capoversi 1, 3 e 4 sono relativamente imperativi e devono dunque essere menzionati nell'articolo 362.

7

Aspetti politico-economici dell'iniziativa e della revisione del Codice delle obbigazioni

Per valutare gli aspetti politico-economici dell'iniziativa e della revisione da noi proposta occorre contrapporre gli scopi socio-economici della protezione dai licenziamenti e gli effetti che quest'ultima ha sulla capacità d'adattamento del mercato del lavoro e dell'economia. Occorre parimente esaminare in qual misura altri mezzi -- segnatamente nel campo delle assicurazioni sociali -- possano conseguire gli scopi dell'iniziativa e della revisione.

Da un lato, è certo che la disdetta intimata dal datore di lavoro implica a volte conseguenze materiali ed in genere una più o meno forte tensione psichica per il lavoratore. D'altro canto, il datore di lavoro sopporta spese supplementari se deve mantenere un rapporto di lavoro che desidera disdire per motivi connessi al funzionamento dell'impresa. Una qualsivoglia protezione dai licenziamenti intralcia necessariamente il datore di lavoro nelle sue possibilità di dare la disdetta. Alle conseguenze negative che la disdetta ha per il lavoratore si contrappongono qui i costi del datore di lavoro; una protezione dalle disdette conduce quindi indubbiamente a un'altra ripartizione degli oneri. La sua strutturazione concreta è un problema d'ottimalizzazione: trattasi di trovare la linea ideale tra due obiettivi contrapposti, ossia tra efficacia del mercato del lavoro e esigenze di politica sociale.

In raffronto agli anni d'alta congiuntura, si costata che, negli ultimi quindici anni, la disoccupazione ha assunto in tutto il mondo una tendenza ascendente continua. Questo fenomeno non può dunque essere spiegato dall'evoluzione della domanda generale dei beni e dei servizi. Altri fattori ne sono responsabili, segnatamente il forte aumento dell'offerta di lavoro (in partico561

lare negli Stati Uniti), la rapidità dei cambiamenti tecnologici e le modificazioni delle condizioni-quadro istituzionali. Fra questi ultimi fattori citiamo la legislazione sui salari minimi, il potenziamento delle assicurazioni sociali nonché le disposizioni sulla protezione dai licenziamenti. Vi sono anche studi concernenti le loro ripercussioni sulla disoccupazione. Le conclusioni, ancorché non univoche, ammettono tutte che questi diversi fattori esplicano nel complesso un influsso minimo. Un'analisi esclusivamente parziale è tuttavia problematica: da un lato, la somma di tutti i fattori considerati può deteriorare notevolmente il funzionamento e la flessibilità del mercato del lavoro; dall'altro, i diversi provvedimenti provocano relazioni incrociate e interdipendenze che sfuggono a un'analisi di tal tipo.

La capacità di funzionamento e la flessibilità del mercato del lavoro sono oggi considerate, a livello internazionale, uno dei problemi centrali della politica economica. Trattasi di migliorare nuovamente la flessibilità del mercato che è andata persa nel corso degli ultimi anni. Dal punto di vista internazionale, la Svizzera ha un tasso di disoccupazione poco elevato. Per questo motivo, sarebbe errato affermare che, nel nostro Paese, la flessibilità del mercato del lavoro si sia deteriorata. Le esperienze fatte all'estero mostrano tuttavia che non si devono sottovalutare i rischi di una protezione dalle disdette troppo estesa. Il nostro disegno tiene conto di questi timori garantendo per principio al datore di lavoro la libertà di dare la disdetta e, differentemente dall'iniziativa, non prevedendo la protrazione del rapporto di lavoro nei casi di rigore.

La principale preoccupazione della presente revisione del Codice delle obbligazioni è quella di lottare contro gli abusi, indipendentemente da considerazioni di politica dell'impiego. Ne consegue che la sanzione prevista non è il mantenimento del rapporto di lavoro bensì un'indennità pecuniaria che, per la parte che da la disdetta abusiva, abbia l'incidenza di una multa. Il massimo previsto per questa indennità è sufficientemente alto per garantire che il nuovo disciplinamento -- si tratta di una legislazione contro gli abusi -- abbia gli auspicati effetti preventivi. Se si tien conto della natura concreta di questo disciplinamento, non
vi è da temere, anche prevedendo un massimo di dodici mesi di salario, che le persone in cerca di impiego si trovino svantaggiate sul mercato del lavoro qualora, per ragioni intrinseche alla loro personalità o per le loro opinioni, possano profittare più agevolmente della protezione dalle disdette.

Per quanto concerne la protezione dalle disdette date in tempo inopportuno, trattasi di mantenere, per un certo tempo, un rapporto di lavoro che il datore di lavoro desidererebbe interrompere. Anche qui, vi è il pericolo che un datore di lavoro che abbia la possibilità di scegliere fra più candidati di pari qualità accordi la preferenza alla persona che potrà più facilmente licenziare. Questo pericolo è tuttavia indissolubilmente legato alla protezione dalle disdette date in tempo inopportuno, la quale è già prevista dal diritto vigente. Per sua natura, una tal protezione è collegata a situazioni particolari in cui i lavoratori hanno generalmente bisogno d'essere protetti. Si è dunque in presenza di un'antinomia insolubile. Da un lato, si suppone che una protezione speciale dalle disdette debba essere offerta al lavoratore in casi 562

determinati e si riconosce così implicitamente che tale protezione deve precisamente essere garantita alle persone che ne hanno maggiormente bisogno; d'altro lato, occorre ammettere che le possibilità di queste persone sul mercato del lavoro possono ridursi a causa di questa stessa protezione qualora, nonostante la medesima, esse divengano disoccupate.

Un legislatore conscio di questo problema deve proporre soluzioni che offrano agli interessati una protezione effettiva, ma che non producano effetti contrari. È quanto fa il presente disegno. Come diremo più oltre (cfr. n. 82), questa protezione non causa ai datori di lavoro costi proibitivi, talché non vi dovrebbero essere grosse ripercussioni sull'assunzione dei lavoratori. Si aggiunga che la protezione non profitta a gruppi marginali, bensì a una gran parte della forza lavoro, se non a tutti i lavoratori: conseguentemente, l'influenza di questa protezione sul mercato del lavoro è fortemente relativizzata.

L'iniziativa chiede che si emanino norme sulla protezione dai licenziamenti collettivi per motivi economici. In proposito, occorre osservare che la protezione dai licenziamenti non è l'unica possibilità per ripartire altrimenti le spese conseguenti a un licenziamento. Misure alternative non possono indubbiamente evitare i problemi psichici legali al licenziamento medesimo, ma per lo meno attenuarne le conseguenze materiali. Provvedimenti di questo tipo sono già oggi presi sulla scorta della legge sull'assicurazione contro la disoccupazione e sull'indennità in caso di insolvenza. Non si tratta unicamente delle prestazioni pecuniarie pagate ai disoccupati, ma soprattutto degli importi destinati alla riqualificazione, al perfezionamento e all'integrazione professionali, nonché dei provvedimenti presi al fine di migliorare le prospettive del collocamento. Questi provvedimenti hanno il vantaggio di facilitare gli adattamenti strutturali. Per contro, una protezione dai licenziamenti per motivi economici implicherebbe la conservazione di strutture obsolete, impedirebbe i ridimensionamenti e obbligherebbe le imprese ad occupare inutilmente lavoratori, con il rischio di pregiudicare anche unità di produzione redditive.

I fautori di una tal protezione rilevano che, in caso di fluttuazioni passeggere della domanda, i licenziamenti sono spesso pronunciati
in modo precipitoso; in questi casi, una miglior protezione dai licenziamenti eviterebbe un'inutile disoccupazione. Tuttavia, in caso di variazioni congiunturali, le prestazioni dell'assicurazione contro la disoccupazione per lavoro ridotto offrono una soluzione che anche i datori di lavoro preferiscono ad eventuali licenziamenti. Se la necessità di intraprendere modificazioni durature dovesse nondimeno farsi sentire, i licenziamenti non devono essere resi più difficili.

Anche per questi motivi, respingiamo l'idea di un disciplinamento sulla protezione dai licenziamenti collettivi per motivi economici.

563

8

Ripercussioni sull'effettivo del personale e conseguenze finanziarie

81

Confederazione, Cantoni e Comuni

La proposta revisione del Codice delle obbligazioni non implica nuovi compiti esecutivi per i poteri pubblici né incide dunque sull'effettivo del personale. La stessa cosa, in linea di massima, può essere detta per l'iniziativa, a meno che la legislazione concernente i licenziamenti collettivi per motivi economici, chiesta appunto dagli autori dell'iniziativa, non esiga una collaborazione dell'autorità.

Sia l'iniziativa sia il nostro disegno si restringono a un disciplinamento privatistico, che non è dunque applicabile ai funzionari e agli impiegati della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni.

Secondo il diritto vigente, i procedimenti giudiziari in materia di diritto del lavoro, il cui valore litigioso non superi i 5000 franchi, sono gratuiti. La presente revisione del Codice delle obbligazioni prevede la gratuità sino a un valore litigioso di 20 000 franchi. Sino a questo nuovo limite, i Cantoni devono allestire una procedura semplice e rapida. Infine, la massima d'ufficio è applicabile a tutte le controversie inerenti al contratto di lavoro, indipendentemente dal valore litigioso.

Le conseguenze finanziarie di queste modificazioni sono difficilmente valutabili. Non disponiamo infatti di dati sufficienti inerenti agli importi del valore litigioso nel diritto del lavoro, ai costi effettivi di un processo in procedura accelerata o ordinaria, nonché agli emolumenti e alle spese giudiziarie imposti alle parti nella procedura ordinaria. L'estensione della gratuità comporterà indubbiamente una riduzione degli introiti; tuttavia, la semplicità della procedura e la massima d'ufficio dovrebbero diminuire le spese effettive dello Stato. Si può dunque affermare che la revisione proposta non comporterà o quasi oneri suppletivi per le finanze della Confederazione e dei Cantoni.

82

Economia privata

Secondo l'iniziativa, un licenziamento è giustificato quando corrisponde «ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro». Si tratta certamente di interessi economici. Secondo gli autori dell'iniziativa, il datore di lavoro può dunque licenziare quando per esempio vuole sopprimere un posto di lavoro ovvero quando vuole sostituire un lavoratore le cui prestazioni siano insufficienti. Sono ingiustificati i licenziamenti conseguenti «all'esercizio di diritti fondamentali da parte del lavoratore». L'iniziativa prevede in questi casi l'impugnabilità della disdetta; la disdetta vien dichiarata inefficace e il rapporto di lavoro permane immutato. Il motivo della disdetta non ha qui alcun nesso con il rapporto di lavoro. Il datore di lavoro non subisce dunque alcuna perdita economica se la prestazione di lavoro -- necessaria e soddisfacente -- sia ancora fornita per lo stesso salario. La 564

protezione dai licenziamenti ingiustificati, proposta dall'iniziativa, non ha quindi alcuna ripercussione finanziaria sulle imprese.

Diversa è la situazione per la protrazione dei rapporti di lavoro nei casi di rigore. Il datore di lavoro dovrebbe mantenere un rapporto di lavoro ancorché auspichi porvi fine per motivi economici. Anche se il lavoratore licenziato potesse essere reintegrato a pieno tempo nell'impiego, il che non sarà possibile in tutte le imprese, il datore di lavoro subirebbe svantaggi finanziari difficilmente quantificabili (essi corrispondono ai vantaggi che il datore di lavoro si attendeva dal licenziamento).

L'iniziativa obbliga il datore di lavoro a motivare la disdetta a richiesta del lavoratore. La presente revisione del Codice delle obbligazioni prevede quest'obbligo per le due parti. Nei rari casi in cui sarà richiesta la motivazione della disdetta ne risulterà un certo sovraccarico amministrativo. Nondimeno, le spese supplementari in questo campo possono essere considerate insignificanti.

In materia di protezione dalle disdette abusive, il disegno definisce le fattispecie in modo sufficientemente preciso al fine di evitare che la protezione si applichi anche in caso di licenziamenti economici giustificati. I datori di lavoro e i lavoratori corretti non devono dunque attendersi alcun svantaggio finanziario.

L'estensione dei periodi di protezione in caso di malattia o di infortunio del lavoratore può comportare costi suppletivi per i datori di lavoro. Occorre rilevare a priori che eventuali pretese salariali da parte del lavoratore malato o infortunato non entrano assolutamente in linea di conto poiché il pagamento del salario e la protezione dalla disdetta sono disciplinati in modo indipendente sia per quanto concerne le condizioni (questione della colpa) sia per quanto concerne la durata. Trattasi dunque esclusivamente di costi destinati a mantenere libero un posto di lavoro per una persona che riassumerà il lavoro dopo 360 giorni di assenza al massimo o forse mai. Non è possibile quantificare in modo generale tali costi poiché possono variare assai da impresa ad impresa. Non è nemmeno possibile fare valutazioni secondo i diversi tipi d'impresa.

Comunque sia, si può partire dall'idea che l'assenza temporanea di un lavoratore dal posto di lavoro può essere compensata
con disposizioni prese all' interno dell'impresa, senza spese supplementari per il datore di lavoro. La durata di questi provvedimenti non può essere valutata in modo generale giacché dipende dal genere d'impresa, dall'effettivo del personale e dall'attività esercitata dal lavoratore assente. Quando l'impedimento al lavoro dura a tal punto che provvedimenti di questo tipo si rivelano impossibili, divengono allora necessarie misure implicanti un aumento dei costi. Il datore di lavoro, se suppone che l'assenza del lavoratore duri per lungo tempo, ordinerà di regola ore supplementari o assumerà un lavoratore temporaneo; nel primo caso, dovrà pagare le ore supplementari e, nel secondo, retribuire l'opera prestata dal lavoratore temporaneo. Se per contro è certo che il lavoratore rimarrà assente per lunghissimo tempo o è improbabile che questi ritorni a lavorare, egli deciderà piuttosto di assumere direttamente un 565

nuovo collaboratore. In questo caso, il datore di lavoro deve sopportare un onere supplementare in forma di spese d'assunzione e di informazione, per quanto il lavoratore malato o infortunato ritorni a lavorare. Nel caso contrario, trattasi di spese che il datore di lavoro avrebbe presto o tardi dovuto sopportare. Un onere supplementare per il datore di lavoro può parimente intervenire quando debba retribuire per un certo tempo il lavoratore ristabilito nonché il suo sostituto. Nondimeno, il pagamento dei due salari corrisponde al lavoro di due persone. Inoltre, questo duplice onere dura al massimo per il tempo necessario al licenziamento di uno dei due lavoratori.

Visto che i termini di disdetta sono brevi e visto che la data di ritorno del lavoratore assente è generalmente nota in anticipo, questo doppio impegno non durerà lungo tempo.

Se si considera infine che il diritto vigente prevede già un periodo di protezione di otto settimane a partire dal secondo anno di servizio e che meno del tre per cento degli impedimenti al lavoro dovuti a malattia o ad infortunio dura più di sessanta giorni, non vi è da temere che la proposta protezione dalle disdette date in tempo inopportuno abbia effetti proibitivi.

Per quanto concerne il periodo di protezione in caso di gravidanza e di parto, la situazione è fondamentalmente diversa in quanto normalmente la persona incinta continua a lavorare durante parte di questo periodo. Quanto detto in merito ai costi della protezione dai licenziamenti in caso di impedimenti al lavoro dovuti a malattia o ad infortunio è dunque valido qui soltanto in misura ristretta, ovvero quando la gravidanza è difficile.

9

Linee direttive della politica di governo

II presente disegno è stato annunciato nel nostro rapporto sulle linee direttive della politica di governo 1983-1987 (FF 1984 I 121, n. 431). La proposta revisione del Codice delle obbligazioni vi è presentata in quanto controprogetto indiretto all'iniziativa.

10

Costituzionalità

Vi rinviarne a quanto dettagliatamente esposto nel numero 51.

566

Appendice Note 1

) Cfr. Messaggio del 25 agosto 1967, FF 1967 II ediz. franc. 395 e ediz. ted. 385; J.

Brühwiler, Handkommentar zum Einzelarbeitsvertrag, Berna 1978, p. 196; Ch.

Hohler, Kündigungsschutz durch Gesamtarbeitsvertrag, tesi jur. Zurigo 1981, pp.

28 s. ; J.A. Konopka. La protection de l'emploi dans les rapports contractuels de travail, tesi jur. Losanna 1978, p. 101 ; M. Rehbinder, Schweizerisches Arbeitsrecht, 7» ediz., Berna 1983, p. 96; U. Sigrist, Die ordentliche Beendigung des Arbeitsverhältnisses unter besonderer Berücksichtigung des Kündigungsschutzes, tesi jur.

Basilea 1982, pp. 94 s.; P.A. Triponez, Ungleiche Kündigungsfristen und einseitige Kündigungsbeschränkungen, tesi jur. Berna 1975, pp. 62 e 136; F. Vischer, Der Arbeitsvertrag, in: Schweizerisches Privatrecht VII/1, Basilea/Stoccarda, p. 417; C. Voegeli, Le licenciement abusif, in: Kündigungsschutz im Arbeitsrecht, edito da Demokratische Juristen der Schweiz, Ginevra 1979, pp. 101 ss.

2

3

>Cfr. H. Merz, Berner Kommentar I/: Einleitungsband, Berna 1966, n. 316 ad art. 2 CC; cfr. anche Voegeli (nota 1), pp. 106 ss.

> Cfr. Hohler (nota 1), pp. 29 s.; Merz (nota 2), n. 317 ad art. 2 CC; Sigrist (nota 1), pp. 95 s.; Vischer (nota 1), p. 417. D'altra opinione è Voegeli (nota 1), pp. 112 ss., il quale riconosce primariamente al lavoratore un diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

4

> Cosi Sigrist (nota 1), pp. 96 ss.

5

> Cosi Hohler (nota 1), pp. 30 s. e 33 s.; Konopka (nota 1), p. 103; Rehbinder (nota 1), p. 96.

6

> Così H. Daxelhoffer, Untersuchungen zu den zweiseitig zwingenden Bestimmungen des Arbeitsvertragsrechts, tesi jur. Berna 1980, p. 106 nota 22 e p. 108; Merz (nota 2), n. 317 ad art. 2 CC; Vischer (nota 1), p. 417.

7

> Cfr. W. Egloff/M. Jäggi, Probleme der gerichtlichen Durchsetzung des Kündigungsschutzes, in: Kündigungsschutz im Arbeitsrecht, edito da Demokratische Juristen der Schweiz, Ginevra 1979, p. 132; Hohler (nota 1), p. 34; Rehbinder (nota 1), p. 96; Sigrist (nota 1), p. 94; Triponez (nota 1), pp. 62 s. e 137; Vischer (nota 1), p. 414.

8

> Cfr. Daxelhoffer (nota 6), p. 98 s.; Th. Geiser, Die Kündigung zur Unzeit, in: Kündigungsschutz im Arbeitsrecht, edito da Demokratische Juristen der Schweiz, Ginevra 1979, p. 64 s.; Hohler (nota 1), pp. 50 e 61 ; Konopka (nota 1), p. 191 ; Sigrist (nota 1), p. 77; Triponez (nota 1), pp. 138 e 168. Gli altri autori discutono unicamente dell'ammissibilità di introdurre, in via contrattuale, una protezione dalle disdette più estesa di quella legale e sembrano escludere la possibilità di restringerla contrattualmente. Va tuttavia rilevato che restrizioni di tal tipo ricorrono qua e là -- ancorché in rarissimi casi -- nella prassi dei contratti collettivi. Cfr. Geiser (nota 8), pp. 64 s.; Hohler (nota 1), p. 89. La stessa soluzione si ritrova nella giurisprudenza del Tribunale federale, cfr. Semaine judiciaire 1982 230 ss.

9)

Cfr. quanto all'inammissibilità di un'estensione della protezione temporale dalle disdette: Daxelhoffer (nota 6), pp. '101 s. Dello stesso parere sembra essere anche Brühwiler (nota 1), pp. 190 e 196, per il quale sarebbe praticamente impensabile che deroghe contrattuali possano esplicare effetti a sfavore né dell'una né dell'altra parte, il che sarebbe contrario all'assetto assolutamente imperativo della normativa legale.

Per altri autori, deroghe sono possibili anche se favorevoli soltanto al lavoratore: in tal senso Triponez (nota 1), pp. 138 ss. e 168 ss., e -- ma soltanto per l'esten567

sione della protezione sostanziale dalle disdette -- Hohler (nota 1), pp. 71 ss.; Voegeli (nota 1), p. 115.

10

>Cfr. Konopka (nota 1), pp. 190 s.; Rehbinder (nota 1), p. 96; Sigrist (nota 1), pp. 77 s. Nello stesso senso, ma soltanto per l'estensione della prolezione sostanziale dalle disdette: Daxelhoffer (nota 6), pp. 107 s. Per la protezione temporale dalle disdette: Geiser (nota 8), p. 64; Hohler (nota 1), pp. 50 ss., il quale tuttavia, in caso di accoglimento di nuove fattispecie di protezione temporale, non ammette la nullità della stipulazione contrattuale, bensì estende la protezione alla controparte.

"' L'inserimento degli articoli 336e e 336/nell'articolo 361 CO non esclude, secondo il messaggio, ulteriori restrizioni della disdetta pattuite in favore delle parti.

12)

Cfr. la decisione del Tribunale federale del 27 ottobre 1981, in: Semaine judiciaire 1982231.

13

> Cfr. alcuni esempi concreti in Geiser (nota 8), pp. 64 s. ; Hohler (nota 1), pp. 79 ss. ; Konopka (nota 1) pp. 191 s.; Sigrist (nota 1), p. 71 nota 8 e p. 72 note 3 e 4; Triponez (nota 1), pp. 140 s. e 170.

14)

Cfr. Hohler (nota 1), p. 79 ss.: dei 69 contratti collettivi nazionali in vigore alla fine del 1980, il 46,5 per cento derogavano alla protezione legale dalle disdette.

Questa percentuale sarebbe nettamente meno elevata se si tenesse conto anche dei contratti collettivi con campo d'applicazione più ristretto, i quali raramente disciplinano questioni fondamentali.

15

> Nella maggior parte dei casi trattasi di estensioni a favore unicamente del lavoratore; cfr. Hohler (nota 1), pp. 82 ss.

10

> Cfr. in merito Chr. Brunner-Closset, La protection contre les licenciements pour cause économique en Suisse, in: Kündigungsschtz im Arbeitsrecht, edito da Demokratische Juristen der Schweiz, Ginevra 1979, p. 47 ss.

17

> Questo contratto non si applica al Vallese.

18

> Cfr. Hohler (nota 1), pp. 41 s.; Konopka (nota 1), pp. 205 s.

19

2

> Secondo la direttiva, si è in presenza di licenziamenti collettivi se: a. vengono licenziati almeno 20 lavoratori nell'arco di 90 giorni o b. nell'arco di 30 giorni, vengono licenziati almeno 10 lavoratori nelle imprese che occupano da 20 a 100 persone, almeno il 10 per cento dei lavoratori nelle imprese che occupano da 100 a 300 persone o almeno 30 lavoratori nelle imprese che occupano 300 o più persone.

Gli Stati membri possono scegliere fra le due definizioni e pertanto fondarsi o no sulla grandezza dell'impresa (art. 1).

°> Cfr. DTF 80 I 162, 106 Ib 134; F. Gygi, Wirtschaftsverfassungsrecht, Berna 1981, p. 40; H. Marti, Die Wirtschaftsfreiheit der schweizerischen Bundesverfassung, Basilea/Stoccarda 1976, pp. 58 e 65.

21)

Cfr. inoltre il messaggio dell'I 1 giugno 1979 sull'iniziativa popolare «per la protezione dei diritti dei consumatori»; FF 1979 II 679 s.

22)

Cfr. in merito il messaggio citato nella nota 21, p. 679, nonché P. Richli, Zur Leitung der Wirtschaftspolitik durch Verfassungsgrundsätze und zum Verhältnis zwischen Wirtschaftspolitik und Handels- und Gewerbefreiheit, Berna 1983, pp. 62 ss., in particolare 94 s.

23

> Cfr. anche P. Saladin, Grundrechte im Wandel, 3a ediz., Berna 1982, pp. 241 s.

24)

Cfr. in particolare Saladin (nota 23), pp. 241 s.; F. Gygi, Die schweizerische Wirtschaftsverfassung, 2a ediz., Berna 1978, p. 159 ss.

568

26

> Cfr. in particolare Marti (nota 20), p. 92; L. Schürmann, Wirtschaftsverwaltungsrecht, 2" ediz., Berna 1983, p. 75.

25a

> Cfr. mozione Deneys del 4 ottobre 1979, Boll. uff. 1980 N 108 s., e mozione Muheim del 28 novembre 1979, Boll. uff. 1980 N 443 ss.

26IJ 26

27

>Cfr. mozione Leuenberger del 6 dicembre 1979, Boll. uff. 1980 N 114 ss.

> Cfr. P. Gauch, System der Beendigung von Dauerverträgen, Friburgo 1968, pp. 35 s.

> Cfr. K. Spoendlin, Zur Bedeutung des Kündigungsgrundes im Arbeitsvertrag, in: Rivista di diritto svizzero 1980 141; Triponez (nota 1), p. 46.

28

> Cfr. per tutti Merz (nota 2), n. 316 ad Art. 2 CC.

as») cfr |a legge ginevrina concernente la comunicazione delle disdette e dei licenziamenti del 9 novembre 1976.

29)

30

Cfr. R. Notier, Das landwirtschaftliche Arbeitsverhältnis unter besonderer Berücksichtigung des St. Galler Normalarbeitsvertrages, tesi jur. Friburgo 1976, pp. 221 ss.; U. Streiff, Leitfaden zum neuen Arbeitsvertrags-Recht, Glatlbrugg/ Zurigo 1974, p. 127.

> Cfr. T. Brender, Rechtsprobleme des befristeten Arbeitsvertrages, tesi jur. Zurigo 1976, p. 3 (con rinvii); Sigrist (nota 1), p. 8.

31

> Cfr. in merito Brender (nota 30), pp. 32 ss.

32

> Cfr. Brender (nota 30), pp. 32 s.

3a>

Cfr. Sigrist (nota 1), p. 11. La clausola «für ein Saisonjob» è stata ritenuta troppo imprecisa; cfr. Basler Juristische Mitteilungen (BJM) 1981 301.

34

> Cfr. in merito Brender (nota 30), pp. 27 ss.

35

> Cfr. DTF 108 II 115 ss., 96 II 55 ss.; Solothurnische Gerichtspraxis 1975 63 s.; Brender (nota 30), pp. 28 e 31 ; Sigrist (nota 1), p. 11.

30)

Cfr. D. Meyer, Unbeachtliche Befristungen von Einzelarbeitsverträgen im schweizerischen Recht, in: Rechtsprobleme befristeter Arbeitsverträge, edito da M. Ekonomi und M. Rehbinder, Berna 1978, p. 34. La stessa cosa vale per un impiego «fino allo scioglimento delle nevi».

37)

È stata affermata dal tribunale di appello di Basilea Città, ma negata dal tribunale dei probiviri, di questo Cantone; cfr. BJM 1981 35 s. e 301 s.

Ì18)

II tribunale di appello di Basilea Città e gli autori da lui citati si attengono a questa ipotesi; cfr. BJM 1981 35 s.

39>

«II rapporto di lavoro stipulato a tempo determinato o la cui durata risulta dallo scopo proprio del lavoro . . . » ; cfr. art. 335 cpv. 1, 334 cpv. 1 e 336 cpv. 1 CO.

40

> L'art. 335 cpv. 2 CO parla di rapporto di lavoro «stipulato a tempo determinato» e la marginale dello stesso articolo di «Durata determinata».

4l)

Cfr. Brender (nota 30), pp. 4 e 20 ss.; Sigrist (nota 1), pp. 12 s.

42

> Cfr. Brender (nota 30), p. 57; di altra opinione Brühwiler (nota 1), p. 180.

43

> Cfr. Brender (nota 30), pp. 18 ss.

44

> Cfr. Brender (nota 30), pp. 53 e 57.

37

Foglio federale. 67° anno. Voi. Il

5^9

"> Cfr. già il messaggio del 25 agosto 1967, FF 1967 II ediz. franc. 383 e ediz. ted.

373. In questo senso anche: BJM 1960 178; Brender (nota 30), p. 74 nota 51 ; Brühwiler (nota 1), p. 179; Rehbinder (nota 1), p. 88; Streiff (nota 29), p. 123; Vischer (nota 1), p. 409.

"> Cfr. Brühwiler (nota 1), p. 179; Rehbinder (nota 1), p. 88 s.; M. Rehbinder, Sachliche rechtfertigende Gründe für die Befristung von Arbeitsverträgen, in: Rechtsprobleme befristeter Arbeitsverträge, edito da M. Ekonomi e M. Rehbinder, Berna 1978, pp. 45 s. e 61 ; Schweingruber, Kommentar zum Arbeitsvertrag, Berna 1974, p. 223.

*') Cfr. Rehbinder (nota 1), pp. 89 s.

47a)

Cfr. W. Hug, Das Kündigungsrecht, volume II, Aarau 1927, pp. 218 ss., con rinvii.

"> Così il messaggio del 25 agosto 1979, FF 1967 II ediz. frane. 385 s. e ediz. ted.

376, in riferimento all'art. 336 cpv. 2 CO.

"' Cfr. Repertorio di giurisprudenza patria 1979 119.

49a>

Cfr. in merito: M. Rehbinder, Arbeitsrechtliche Schranken der politischen Betätigung von Medienschaffenden, in: Schweizerische Juristenzeitung 1974 133 ss., in particolare 134 e 138.

5

0) II nostro collegio ha già avuto modo di sostenere che il diritto al salario secondo l'art. 324a CO sussiste anche in caso di servizio militare femminile (cfr. la risposta alla mozione Huggenberger del 22 giugno 1983, Boll. uff. 1983 N 1499 ss; cfr. in tal senso anche Arbeitsrecht und Arbeitslosenversicherung 1981 68). Tale opinione conduce ad asserire l'applicabilità degli art. 336g e 336e CO anche in caso di servizio militare femminile. Tale applicabilità è tuttavia negata dalla dottrina (cfr. Brühwiler [nota 1], pp. 88 e 190; Schweingruber [nota 46], pp. 110 e 243).

51)

62

Cfr. il messaggio del 28 febbraio 1983; FF 1983 II 446 ss. e in particolare l'art.

3bis cpv. 1.

> Cfr. Blätter für Zürcherische Rechtsprechung 1980 114 s. n. 56.

63

> In questo senso Brühwiler (nota 1), p. 191, il quale esclude la protezione in caso di impedimento parziale al lavoro.

") Cfr. il messaggio del 19 agosto 1981, FF 1981 II 1057 ss.

55>

66

Cfr. in merito: Extraits des principaux arrêts rendus par les diverses sections du Tribunal Cantonal de Fribourg en 1976, p. 32 s.

> Cfr. messaggio del 25 agosto 1967, FF 1967 II ediz. franc. 412 e ediz. ted. 402 (ad art. 340c cpv. 2 CO).

"i Questa disposizione prevede che il divieto di concorrenza decade qualora il datore di lavoro disdica il rapporto di lavoro senza giustificato motivo imputabile al lavoratore ovvero qualora il lavoratore disdica il rapporto di lavoro per un giustificato motivo imputabile al datore di lavoro.

68

> Cfr. DTF 105 II 200 ss. ; A. Haefliger, Das Konkurrenzverbot im neuen schweizerischen Arbeitsvertragsrecht, tesi jur. Berna 1974, pp. 89 ss. (con rinvii).

59

> Cfr. in questo senso A.B. Brunner, Die ausserordentliche Kündigung des Arbeitsverhältnisses nach schweizerischem im Vergleich zum deutschen Recht, tesi jur.

Zurigo 1979, pp. 104 ss.; Vischer (nota 1), p. 419. La giurisprudenza del Tribunale federale ed altri autori sono però d'altra opinione: cfr. DTF 92 II 184 ss.; Brühwiler (nota 1), pp. 204 s.; Rehbinder (nota 1), p. 99; Streiff (nota 29), pp.

138 s.

570

80

» Cfr. Brunner (nota 59), pp. 109 ss.

01

> Cfr. messaggio del 25 agosto 1967, FF 1967 II ediz. franc. 399 e ediz. ted. 389.

62

> Cfr. la récente DTF 103 II 274 s. Quanto all'evoluzione della giurisprudenza del Tribunale federale, cfr. Konopka (nota 1), pp. 127 ss.

83

> Cfr. Brühwiler (nota 1), p. 209; Konopka (nota 1), pp. 130 ss.; P. Müller, Die ausserordentliche Kündigung des Arbeitsvertrages nach art. 337 OR, tesi jur.

Basilea 1977, pp. 129 ss.; Schweingruber (nota 46), p. 268.

64)

65 68

L'offerta del lavoro da parte del lavoratore è richiesta sia dai tribunali (cfr. BJM 1976 330; Jahresbericht des Arbeitsgerichts der Stadt Bern 1978 12 ss.) sia da una parte della dottrina (cfr. Brühwiler [nota 1], p. 209; Streiff [nota 29], pp.

139 s.; Vischer [nota 1], p. 420). Eccezioni: cfr. BJM 1978 281 s. (cambiamento di giurisprudenza); F. Rapp. Die fristlose Kündigung des Arbeitsvertrages, in: BJM 1978 180 s.; Rehbinder (nota 1), p. 100.

> Cfr. in questo senso Rapp (nota 64), p. 181.

> Una tal possibilità di riduzione è asserita dalla giurisprudenza (cfr. DTF 78 II 441, 444; BJM 1977 289 ss., 1978 297 ss., 1979 298; Die Praxis des Kantonsgerichtes von Graubünden 1974 24; cfr. anche in tal senso ma con grosse riserve: Extraits des principaux arrêts rendus par les diverses sections du Tribunal Cantonal de Fribourg en 1976, pp. 36 s.) e da una parte della dottrina (cfr. Brühwiler [nota 1], p. 213; Schweingruber [nota 46], pp. 270 s.; Streiff [nota 29], p. 144 e -- ma con differenzazioni -- Rapp [nota 64], pp. 184 ss.), benché, secondo il diritto vigente, trattisi di una pretesa salariale. Cfr., per l'opinione contraria, Repertorio di giurisprudenza patria 1981 373 s.; T. Guhl/H. Merz/M. Kummer, Das Schweizerische Obligationenrecht, 7" ediz., Zurigo 1980, pp. 415 s.; Müller (nota 63), pp. 133 ss.; Rehbinder (nota 1), p. 100; Vischer (nota 1), p. 421.

«') Cfr. per l'esigibilità immediata: DTF 103 II 274 ss.; Semaine judiciaire 1979 38 s.; Schweingruber (nota 46), p. 268. Questa opinione è criticata da Rapp (nota 64), p. 189 nota 85, e da Rehbinder (nota 1), pp. 100 s.

6!)

In caso di lunghi termini di disdetta e di contratti di lunga durata determinata, un correttivo è dato dal fatto che i motivi di licenziamento sono ammessi più facilmente; cfr. p. es. DTF 104 II 31.

69 > Cfr. Schweingruber (nota 46), pp. 403 s.; Streiff (nota 29), pp. 237 ss.; H.P.

Tschudi, Neue Probleme im schweizerischen Arbeitsrecht, in: Schweizerische Juristenzeitung 1982 88.

70> Cfr. Daxelhoffer (nota 6), p. 27; Schweingruber (nota 46), p. 403; Streiff (nota 29), p. 238 s.; Tschudi (nota 69), p. 88.

71

> Cfr. la decisione del Tribunale federale del 27 ottobre 1981, in: Semaine judiciaire 1982 230 ss.

72 > Cfr. in merito alla formazione di categorie: Daxelhoffer (nota 6), pp. 27 s.; Tschudi (nota 69), pp. 88 s.

"> Nel nostro disegno del 1967, l'art. 326 cpv. 2 era annoverato fra le disposizioni assolutamente imperative (cfr. FF 1967 II ediz. frane. 350, 447 e 472 e ediz. ted.

339, 434 e 460). La Commissione del Consiglio nazionale lo suddivise poi in due capoversi strutturati come norme relativamente imperative (Boll. uff. 1969 N 468 s.). Il dibattito era incentrato sulla garanzia del salario, oggi perseguita unicamente nel capoverso 3. Il capoverso 2 si riferisce invece univocamente alla protezione del datore di lavoro.

74

> Questa norma fu introdotta solamente durante i dibattiti del Consiglio degli Stati (Boll. uff. 1969 S 364). Per questo motivo, probabilmente, non fu mai sollevata la questione della sua vincolatività per le parti.

571

"' Daxelhofer (nota 6), pp. 72 s., afferma a ragione che l'inserimento dell'ar. 326 cpv. 4 fra le disposizioni assolutamente imperative è privo di senso: il datore di lavoro è bensì protetto soltanto in quanto deve pagare un salario a tempo, non già a cottimo, ma il salario a tempo è stabilito in base al salario medio pagato per un lavoro a cottimo (art. 326 cpv. 3 CO), sicché la protezione offerta al datore di lavoro dal capoverso 4 diviene illusoria; sulla scorta di questa interpretazione, l'art. 326 cpv. 4 deve necessariamente essere considerato come disposizione che garantisce una protezione minima al lavoratore.

Cfr. Daxelhoffer (nota 6), p. 80 s.; Schweingruber (nota 46), p. 403.

") Cfr. Daxelhoffer (nota 6), p. 80.

78)

Cfr. Schweingruber (nota 46), pp. 294 e 296. Della stessa opinione: Daxelhoffer (nota 6), p. 128; d'altro avviso invece: Brühwiler (nota 1), p. 228.

"> Cfr. Daxelhoffer (nota 6), pp. 148 s.

80

> La norma corrisponde all'ar. 329 cpv. 1 del nostro disegno del 1967, allora annoverata fra le disposizioni relalivamente imperalive (cfr. FF 1967 II ediz.

frane. 356, 449 e 474 e ediz. ted. 349, 436 e 462). Le voslre Camere non operarono qui alcuna modificazione (cfr. Boll. uff. 1969 N 776, 779, 787 e 816; 1970 S 332 e 366). La Commissione di redazione, però, irasformò il capoverso 1 del disegno in capoverso 3, dimenlicando verosimilmente di adallare conseguenlemenle l'elenco dell'ari. 362.

572

Decreto federale Disegno sull'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro» (Iniziativa contro i licenziamenti)

del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, esaminata l'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro», depositata il 26 ottobre

1981 »; visto il messaggio del Consiglio federale del 9 maggio 1984 2), decreta:

Art. l 1

L'iniziativa «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro» è sottoposta al voto del popolo e dei Cantoni.

2

L'iniziativa chiede che la Costituzione federale sia completata come segue : Art. 34octies (nuovo) 1 La Confederazione emana disposizioni sulla protezione dei lavoratori dai licenziamenti, ispirandosi segnatamente ai seguenti principi: a. A richiesta del lavoratore, il datore di lavoro deve motivare per scritto il licenziamento.

b. Il licenziamento ingiustificato può essere impugnato dal lavoratore. Il licenziamento è in particolare ingiustificato se conseguente all'esercizio di diritti fondamentali da parte del lavoratore o non corrispondente ad interessi preponderanti e degni di protezione del datore di lavoro.

e. Se un licenziamento giustificato ha conseguenze particolarmente gravose per il lavoratore o la sua famiglia, il rapporto di lavoro può essere protratto.

d. In caso di malattia o infortunio, il lavoratore non può essere licenziato durante i primi sei mesi dell'incapacità lavorativa o fintante che ha diritto a prestazioni derivanti dal contratto di lavoro o a indennità giornaliere dell'assicurazione malattie, infortuni o militare. Il licenziamento è parimenti inammissibile durante la gravidanza e nelle dieci settimane dopo il parto.

2 II legislatore disciplina la protezione dei lavoratori dai licenziamenti collettivi per motivi economici.

11 2)

FF 1981 III 899 FF 1984 II 494

573

Protezione dei lavoratori dai licenziamenti

Art. 2 Si raccomanda al popolo e ai Cantoni di respingere l'iniziativa.

574

Codice delle obbligazioni

Disegno

Modificazione del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto il messaggio del Consiglio federale del 9 maggio 1984 1), decreta:

I II titolo decimo del Codice delle obbligazioni 2) è modificato come segue:

G. Fine del rapporto di lavoro I. Rapporto di lavoro di durata determinata

II. Rapporto di lavoro di durata indeterminata 1. Disdetta, in generale

2. Termini di disdetta a. in generale

Art. 334 1 II rapporto di lavoro di durata determinata cessa senza disdetta, 2 Se continuato tacitamente dopo la scadenza della durata pattuita, è considerato di durata indeterminata.

3 Se stipulato per più di dieci anni, può, dopo dieci anni, essere disdetto in ogni tempo dal lavoratore per la fine di un mese, con preavviso di sei mesi.

Art. 335 1 II rapporto di lavoro di durata indeterminata può essere disdetto da ciascuna delle parti.

2 La parte che da la disdetta deve, a richiesta dell'altra, motivarla per scritto.

Art. 335a 1 Non è lecito stipulare termini di disdetta diversi per il datore di lavoro e per il lavoratore; ove siano stipulati, vale quello più lungo.

2 Tuttavia se il datore di lavoro ha disdetto il rapporto di lavoro o ha manifestato l'intenzione di disdirlo per motivi economici, tecnologici, strutturali o simili, termini di disdetta più brevi possono essere stipulati a favore del lavoratore per accordo scritto, contratto normale o contratto collettivo.

" FF 1984 II 494 RS 220

2)

575

Codice delle obbligazioni

b. durante di prova

Art.335b i Durante il tempo di prova, il rapporto di lavoro può essere disdetto per la fine di una settimana lavorativa, il più tardi però per la fine del tempo di prova, con preavviso di sette giorni ; è considerato tempo di prova il primo mese di lavoro.

2 Disposizioni contrarie possono essere convenute per accordo scritto, contratto normale o contratto collettivo; tuttavia, il tempo di prova può essere prolungato, al massimo, a tre mesi.

Art. 335c

e. dopo il tempo di prova

1

H rapporto di lavoro può essere disdetto per la fine di un mese, primo anno di servizio con preavviso di un mese, dal secondo . . . .

,. ' .

.

al nono anno di servizio incluso con preavviso di due mesi e in seguito con preavviso di tre mesi.

nei

2

Questi termini possono essere modificati per accordo scritto, contratto normale o contratto collettivo, ma non resi inferiori a un mese.

in. Protezione dalia disdetta 1. Disdetta abusiva a. in generale

Art. 336 La disdetta è abusiva se data: per.

ragione intrinseca alla personalità del disdettato e , , , ...

del tutto estranea al rapporto di lavoro; b. perché il disdettato esercita un diritto costituzionale, sempre che tale esercizio non leda alcun obbligo derivante dal rapporto di lavoro; e. per vanificare l'insorgere di pretese del disdettato derivanti dal rapporto di lavoro.

2 La parte che disdice abusivamente il rapporto di lavoro deve all'altra un'indennità.

3 L'indennità è stabilita dal giudice secondo il suo libero apprezzamento, tenuto conto di tutte le circostanze, ma non può superare l'equivalente di dodici mesi di salario del lavoratore.

1

Art. 336a b. da parte del datore di lavoro

La disdetta da parte del datore di lavoro è abusiva segnatamente .- data .

se data

a. perché il lavoratore appartiene o no a un'associazione di lavoratori o esercita lecitamente un'attività sindacale; b. perché il lavoratore fa valere in buona fede pretese derivanti dal rapporto di lavoro.

576

Codice delle obbligazioni

Art. 336b 2. Disdetta per servizio miitare o per obbi'Miï1'0 legali

La parte che disdice il rapporto di lavoro per servizio obbligatorio svizzero, militare o di protezione civile, servizio militare femminile o servizio della Croce Rossa dell'altra parte, ovvero per l'adempimento di un obbligo legale che questa non ha assunto volontariamente, le deve un'indennità.

2 L'indennità è stabilita dal giudice secondo il suo libero apprezzamento, tenuto conto di tutte le circostanze, ma non può superare l'equivalente di dodici mesi di salario del lavoratore.

Art. 336c 3. Disdetta

1

Dopo il tempo di prova, il datore di lavoro non può disdire

iSÄno

ü ra

a. da parte del datore di lavoro

a. allorquando il lavoratore sta prestando servizio obbligator io svizzero> militare o di protezione civile, servizio militare femminile o servizio della Croce Rossa, ovvero è impedito di lavorare perché sta adempiendo un obbligo legale che non ha assunto volontariamente e, in quanto tale servizio o impedimento duri più di dodici giorni, nelle quattro settimane precedenti e seguenti; b. allorquando il lavoratore è impedito di lavorare, una o più volte, in tutto od in parte, a causa di malattia o infortunio, per non oltre 90 giorni nel primo anno di servizio, per non oltre 180 nel primo biennio, per non oltre 270 nel primo triennio e, a decorrere dal quarto anno di servizio, per non oltre 360 giorni in tre anni ; e. durante la gravidanza e nelle sedici settimane dopo il parto della lavoratrice; d. allorquando, con il suo consenso, il lavoratore sta partecipando a un servizio, ordinato dall'autorità federale competente, nell'ambito dell'aiuto all'estero.

2 La disdetta data durante uno dei periodi stabiliti nel capoverso 1 è nulla; se, invece, è data prima, ma fino allora il termine non è ancora giunto a scadenza, questo è sospeso e riprende a decorrere soltanto dopo la fine del periodo.

3 Se per la cessazione di un rapporto di lavoro vale un giorno fisso, come la fine di un mese o di una settimana lavorativa, e tale giorno non coincide con la scadenza del termine prorogato di disdetta, questo è protratto sino al giorno fisso immediatamente successivo.

PP°rt°

di lavoro

dei lavoratore

1

Art. 336d Dopo il tempo di prova, il lavoratore non può disdire il rap577

Codice delle obbligazioni porto di lavoro se un suo superiore, di cui è in grado di assumere le funzioni, oppure il datore di lavoro stesso è, alle condizioni indicate nell'articolo 336c capoverso 1 lettera a, impedito di esercitare la sua attività e tale attività dev'essere assunta dal lavoratore finché dura l'impedimento.

2 L'articolo 336c capoversi 2 e 3 è applicabile per analogia.

Art. 336e 4. Rappreseti- * Se il lavoratore è membro di una rappresentanza dei lavoratori tanti dei lavoratorio lavo- nell'azienda, il datore di lavoro può dargli la disdetta soltanto nell'azienda

per motivo giustificato.

2

Se la disdetta è data senza motivo giustificato, il datore di lavoro deve un'indennità al lavoratore.

3 L'indennità è stabilita dal giudice secondo il suo libero apprezzamento, tenuto conto di tutte le circostanze, ma non può superare l'equivalente di dodici mesi di salario del lavoratore.

4 II datore di lavoro deve al lavoratore anche l'indennità di cui all'articolo 336 o 3366, qualora ne siano adempiute le condizioni.

a

Art. 336fe 336g Abrogati Art. 337 cpv. 1 II datore di lavoro e il lavoratore possono in ogni tempo recedere immediatamente dal rapporto di lavoro per cause gravi; la parte recedente deve, a richiesta dell'altra, motivare per scritto la risoluzione.

1

b. del licenziamento inguistifacto

578

Art. 337c 1 D lavoratore licenziato immediatamente senza una causa grave ha diritto a quanto avrebbe guadagnato se il rapporto di lavoro fosse cessato alla scadenza del termine di disdetta o col decorso della durata determinata del contratto.

2 II lavoratore deve lasciar dedurre quanto ha risparmiato in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro o ha guadagnato con altro lavoro o omesso intenzionalmente di guadagnare.

3 II datore di lavoro deve inoltre al lavoratore un'indennità stabilita dal giudice secondo il suo libero apprezzamento, tenuto conto di tutte le circostanze, la quale non può però superare l'equivalente di dodici mesi di salario del lavoratore.

Codice delle obbligazioni 4

II datore di lavoro deve al lavoratore anche l'indennità di cui all'articolo 336 o 3360 e quella di cui all'articolo 336e, qualora ne siano adempiute le condizioni.

Art. 337d cpv. 3 e 4 3 Abrogato 4 II lavoratore deve al datore di lavoro anche l'indennità di cui all'articolo 336 o 3366, qualora ne siano adempiute le condizioni.

Art. 343 cpv. 2 e 4 2 1 Cantoni sono tenuti a prevedere una procedura semplice e rapida per le controversie derivanti dal rapporto di lavoro, il cui valore litigioso non superi ventimila franchi; il valore litigioso è determinato dall'ammontare della domanda, indipendentemente dalle conclusioni riconvenzionali.

4 Per tutte le controversie derivanti dal rapporto di lavoro, indipendentemente dal valore litigioso, il giudice accerta d'ufficio i fatti e apprezza liberamente le prove.

Art. 346 cpv. 1 1 Durante il tempo di prova, il rapporto di tirocinio può essere disdetto con preavviso di sette giorni, il più tardi però per la fine del tempo di prova.

Art. 361 cpv. 1 Alle disposizioni seguenti non può essere derogato a svantaggio del datore di lavoro o del lavoratore mediante accordo, contratto normale o contratto collettivo di lavoro: articolo 321 e capoverso 1 (lavoro straordinario); articolo 323 capoverso 4 (anticipazioni); articolo 3236 capoverso 2 (compensazione con crediti); articolo 325 capoverso 2 (cessione e costituzione in pegno di crediti di salario); articolo 326 capoverso 2 (affidamento di lavoro); articolo 329d capoversi 2 e 3 (salario relativo alle vacanze); articolo 331 capoversi 1 e 2 (devoluzioni a scopo di previdenza a favore del personale); articolo 33le (esecuzione dell'obbligo dell'istituzione di previdenza a favore del personale); articolo 335 (disdetta del rapporto di lavoro); 1

579

Codice delle obbligazioni articolo 336 articolo 3360 articolo 336rf articolo 337 articolo 3376 articolo 337rf articolo 339 articolo 339a articolo 3406 articolo 342 articolo articolo articolo articolo articolo

343 346 349c 350 350a

(disdetta abusiva); (disdetta per servizio militare o per adempimento di obblighi legali); (disdetta in tempo inopportuno da parte del lavoratore) ; capoversi 1 e 2 (risoluzione immediata per cause gravi); capoverso 1 (conseguenze della risoluzione giustificata) ; (conseguenze del mancato inizio o dell'abbandono ingiustificati dell'impiego); capoverso 1 (esigibilità dei crediti); (obbligo di restituzione); capoversi 1 e 2 (effetti della contravvenzione al divieto di concorrenza); capoverso 2 (effetti di diritto civile del diritto pubblico); capoverso 1 (elezione di foro); (disdetta anticipata del rapporto di tirocinio); capoverso 3 (impedimento di viaggiare); (caso speciale di disdetta); capoverso 2 (obbligo di restituzione).

Art. 362 cpv. 1 1 Alle disposizioni seguenti non può essere derogato a svantaggio del lavoratore mediante accordo, contratto normale o contratto collettivo di lavoro: articolo 321a (responsabilità del lavoratore); articolo 322a capoversi 2 e 3 (partecipazione al risultato dell' esercizio); articolo 3226 capoversi 1 e 2 (inizio del diritto alla provvigione); articolo 322c (rendiconto della provvigione); articolo 3236 capoverso 1 secondo periodo (rendiconto del salario) ; articolo 324 capoverso 1 (salario in caso di mora del datore di lavoro); articolo 324a capoversi 1 e 3 (salario in caso di impedimento del lavoratore); articolo 3246 (salario in caso di assicurazione obbligatoria del lavoratore) ; articolo 326 capoversi 1, 3 e 4 (affidamento di lavoro a cottimo); articolo 326a (salario per lavoro a cottimo); articolo 327a capoverso 1 (rimborso delle spese in generale);

580

Codice delle obbligazioni articolo 3276 articolo 327c articolo 328 articolo 328a articolo articolo articolo articolo articolo articolo articolo articolo

329 329a 3296 329c 329d 330 330a 331

articolo 331a articolo 3316 articolo 332 articolo 333 articolo 334 articolo 336a articolo 336c articolo 336e articolo 337o articolo 337c articolo articolo articolo articolo articolo

338 338a 3396 339rf 340

articolo 340a articolo 340c articolo 341 articolo 345a

capoverso 1 (rimborso delle spese per uso di veicoli a motore); capoverso 2 (anticipazioni per spese); (protezione della personalità del lavoratore in generale); (protezione della personalità del lavoratore in caso di comunione domestica); capoversi 1, 2 e 3 (tempo libero); capoversi 1 e 3 (durata delle vacanze); capoversi 2 e 3 (riduzione delle vacanze) ; (continuità e data delle vacanze); capoverso 1 (salario relativo alle vacanze); capoversi 1, 3 e 4 (cauzione); (attestato); capoversi 3 e 4 (contributi e obbligo di informazione nel campo della previdenza a favore del personale) ; (credito del lavoratore verso un fondo di risparmio); (credito del lavoratore verso un ente assicuratore) ; capoverso 4 (compenso in caso d'invenzione); capoverso 3 (responsabilità in caso di trasferimento del rapporto di lavoro); capoverso 3 (disdetta del rapporto di lavoro di lunga durata); (disdetta abusiva da parte del datore di lavoro); (disdetta in tempo inopportuno da parte del datore di lavoro); (disdetta in caso di rappresentanti dei lavoratori nell'azienda); (risoluzione immediata per insolvenza del datore di lavoro); capoversi 1, 3 e 4 (conseguenze del licenziamento ingiustificato); (morte del lavoratore); (morte del datore di lavoro); (presupposti dell'indennità di partenza); (prestazioni sostitutive); capoverso 1 (presupposti del divieto di concorrenza) ; capoverso 1 (limitazioni del divieto di concorrenza) ; (cessazione del divieto di concorrenza); capoverso 1 (irrinunciabilità); (obblighi del maestro di tirocinio); 581

Codice delle obbligazioni articolo articolo articolo articolo

346o 349« 3496 349c

articolo 349e articolo 350a articolo 352a articolo 353 articolo 353a articolo 3536

(attestato di tirocinio); capoverso 1 (salario del commesso viaggiatore); capoverso 3 (pagamento della provvigione); capoverso 1 (salario in caso d'impedimento di viaggiare); capoverso 1 (diritto di ritenzione del commesso viaggiatore) ; capoverso 1 (provvigione alla fine del rapporto d'impiego); capoverso 3 (responsabilità del lavoratore a domicilio); (acccttazione del prodotto del lavoro); (pagamento del salario); capoverso 1 (salario in caso di impedimento al lavoro).

II 1 2

La presente legge sottosta al referendum facoltativo.

II Consiglio federale ne determina l'entrata in vigore

582

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio sull'iniziativa popolare «concernente la protezione dei lavoratori dai licenziamenti nel diritto del contratto di lavoro» e sulla revisione delle disposizioni in materia di risoluzione del rapporto di lavoro nel Codice delle obbligazioni de...

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Jahr

1984

Année Anno Band

2

Volume Volume Heft

24

Cahier Numero Geschäftsnummer

84.041

Numéro d'affaire Numero dell'oggetto Datum

19.06.1984

Date Data Seite

494-582

Page Pagina Ref. No

10 114 473

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