01.052 Messaggio concernente il riconoscimento della competenza del Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione razziale (CERD) di ricevere e esaminare comunicazioni conformemente all'articolo 14 della Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 29 agosto 2001

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, un disegno di decreto federale concernente il riconoscimento della competenza del Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione razziale (CERD) di ricevere e esaminare comunicazioni conformemente all'articolo 14 della Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

29 agosto 2001

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2001-0703

5307

Compendio Il 2 marzo 1992 il Consiglio federale aveva sottoposto alle Camere federali il messaggio concernente l'adesione della Svizzera alla Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Questo strumento, ratificato finora da 158 Stati, è una delle convenzioni più riconosciute a livello universale. 34 Stati hanno inoltre accettato la procedura individuale facoltativa di comunicazione prevista dall'articolo 14 della Convenzione, mentre altri seguiranno prossimamente.

Per la Svizzera la Convenzione è entrata in vigore il 29 dicembre 1994, dopo che con la revisione del diritto penale il sistema giuridico svizzero è stato adattato alle esigenze della stessa. La Convenzione non si prefigge però soltanto di prevedere sanzioni penali per determinati atti di discriminazione razziale, bensì vuole avere anche un approccio globale nella lotta a ogni forma di razzismo. Determinante è in questo contesto la tutela dei diritti delle vittime di atti di discriminazione razziale.

Anche se la procedura individuale di comunicazione ha un carattere sussidiario e può essere applicata soltanto dopo aver esaurito le istanze nazionali, occorre tenere questo strumento a disposizione delle vittime di discriminazione e intolleranza dettate da razzismo e xenofobia, e questo anche nell'interesse della credibilità della politica svizzera in materia di diritti dell'uomo. Già oggi la Svizzera è tenuta a combattere attivamente ogni forma di discriminazione innanzitutto in virtù del suo diritto nazionale, segnatamente dell'articolo 8 della Costituzione federale, ma anche per gli impegni presi nell'ambito di diverse convenzioni universali o regionali sui diritti dell'uomo. Una politica estera svizzera credibile che preveda un impegno a livello mondiale in favore dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto richiede non da ultimo anche l'applicazione e il rispetto degli strumenti giuridici all'interno del Paese. In tal modo la Svizzera rafforza la sua volontà, già più volte espressa, di combattere attivamente ogni forma di razzismo, antisemitismo e intolleranza.

5308

Messaggio 1

Introduzione

1.1

La lotta al razzismo

Tutti gli esseri umani sono uguali per quanto concerne la dignità e i diritti, indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle, dalla nascita e dalla provenienza nazionale o etnica. Questo principio fondamentale ha un'importanza particolare proprio per un Paese che vanta una grande molteplicità culturale. Da sempre la Svizzera garantisce infatti i principi della parità e della non discriminazione, e già nel messaggio concernente l'adesione della Svizzera alla Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale il nostro Collegio aveva potuto rimandare a tutta una serie di convenzioni e dichiarazioni internazionali alle quali la Svizzera aveva già aderito o stava per aderire1.

Negli ultimi anni la protezione dei diritti dell'uomo in generale e il divieto della discriminazione razziale in particolare hanno beneficiato di un'attenzione sempre maggiore a livello nazionale e internazionale. Essi sono stati sanciti innanzitutto nella nuova Costituzione federale approvata da popolo e Cantoni il 18 aprile 1999 e entrata in vigore il 1° gennaio 20002. Questa ancora tra i suoi diritti fondamentali (art. 7-36 Cost.), accanto a diritti fondamentali elementari quali il diritto alla vita e alla libertà personale, basi costituzionali capitali per la lotta contro il razzismo, segnatamente nelle disposizioni degli articoli 7 (tutela della dignità umana) e 8 (divieto generale di discriminazione).

Su scala internazionale la Svizzera ha rafforzato in questi ultimi anni il suo impegno aderendo alle principali convenzioni dell'ONU sui diritti dell'uomo. Vanno ricordati a livello universale innanzitutto i due Patti dell'ONU del 16 dicembre 1966 sui diritti dell'uomo, ossia il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (denominato qui di seguito «Patto ONU I») e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (denominato qui di seguito «Patto ONU II»), entrati in vigore per la Svizzera il 18 settembre 19923. Entrambi i Patti impegnano gli Stati a garantire che i diritti in essi enunciati verranno esercitati senza discriminazione alcuna (art. 2 par. 2 del Patto ONU I; art. 2 par. 1 e art. 26 del Patto ONU II). La Svizzera è inoltre divenuta Parte contraente di altri importanti strumenti delle Nazioni Unite per la protezione dei
diritti dell'uomo, che si occupano di forme specifiche di discriminazione. Vanno citate in particolare la Convenzione del 20 novembre 19894 sui diritti del fanciullo con il suo articolo 2 o la Convenzione internazionale del 18 dicembre 19795 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna. Inoltre le Convenzioni di Ginevra del 1949 vietano anch'esse le discriminazioni con il loro articolo 3, comune a entrambe. Le Camere federali hanno 1

2 3 4 5

Cfr. il messaggio del Consiglio federale del 2 marzo 1992 concernente l'adesione della Svizzera alla Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e la conseguente revisione del Codice penale (FF 1992 III 217), n. 21.

RS 101 (FF 1999 4968, RU 1999 2555).

RS 0.103.1 (RU 1993 725) e RS 0.103.2 (RU 1993 750).

RS 0.107 (entrata in vigore per la Svizzera il 26 marzo 1997).

RS 0.108 (entrata in vigore per la Svizzera il 26 aprile 1997).

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infine deciso il 24 marzo 2000 l'adesione della Svizzera alla Convenzione del 9 dicembre 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e la relativa revisione del Codice penale6; questa Convenzione è entrata in vigore per la Svizzera il 6 dicembre 2000.

La Svizzera ha aderito inoltre a diverse convenzioni per la protezione dei diritti dell'uomo con carattere regionale. Fra queste, la più importante è la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)7.

Nelle loro decisioni i tribunali svizzeri fanno sempre più spesso riferimento alle sue disposizioni. Per quanto concerne gli ultimi anni vanno citati segnatamente i due strumenti regionali seguenti: da un lato la Carta europea del 5 novembre 1992 delle lingue regionali e minoritarie, ratificata il 23 dicembre 1997 e entrata in vigore per la Svizzera il 1° aprile 19988, e dall'altro la Convenzione-quadro del Consiglio d'Europa del 1° febbraio 1995 per la protezione delle minoranze nazionali, firmata nel medesimo giorno dalla Svizzera e ratificata il 21 ottobre 1998, entrata in vigore per la Svizzera il 1° febbraio 19999.

La Svizzera partecipa inoltre attivamente agli sforzi intrapresi al fine di rafforzare e ampliare i meccanismi di controllo esistenti a livello internazionale per il rispetto dei diritti dell'uomo10. In questo contesto va citata la collaborazione della Svizzera con i tribunali internazionali contro i criminali di guerra, ossia la Corte penale internazionale per la Ex Jugoslavia (ICTY) istituita il 25 maggio 1993 all'Aja e il Tribunale internazionale per il Ruanda (ICTR) istituito l'8 novembre 1994. Il perseguimento dei crimini compiuti nella Ex Jugoslavia e in Ruanda e dettati spesso da motivi razziali contribuisce indirettamente all'attuazione della Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale11. La Svizzera si è inoltre impegnata sin dall'inizio a favore dell'istituzione della Corte penale internazionale permanente12.

1.2

La Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale

1.2.1

Gli obblighi risultanti dalla Convenzione

Il 29 novembre 1994, con la sua adesione alla Convenzione internazionale del 1965 per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (denominata qui di se6 7 8 9 10

11

12

Cfr. il messaggio concernente la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e la relativa revisione del diritto penale, FF 1999 4611.

RS 0.101.

Cfr. in merito il messaggio del Consiglio federale (FF 1997 I 1053) e il relativo decreto federale (FF 1997 I 1069).

Cfr. il messaggio del Consiglio federale del 19 novembre 1997 (FF 1998 903).

Cfr. in merito il Rapporto sulla politica estera 2000 «Presenza e cooperazione: tutela degli interessi in un contesto di crescente integrazione internazionale» del 15 novembre 2000 (FF 2001 201), n. 3.2.2.2. nonché il Rapporto del Consiglio federale del 16 febbraio 2000 sulla politica svizzera dei diritti dell'uomo (FF 2000 2312), n. 2.1 e 2.2.2.

Cfr. in merito ad es. il decreto federale del 21 dicembre 1995 concernente la cooperazione con i tribunali internazionali incaricati del perseguimento penale delle violazioni gravi del diritto internazionale umanitario (RS 351.20).

Il Consiglio federale ha approvato il 15 novembre 2000 il messaggio concernente lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, la legge federale sulla cooperazione con la corte penale internazionale e una revisione del diritto penale (FF 2001 311 segg.).

5310

guito «Convenzione»), la Svizzera ha reiterato la sua volontà di non tollerare i comportamenti razzisti e gli atti testimonianti il disprezzo della persona umana13. Per la Svizzera la Convenzione è entrata in vigore il 29 dicembre 199414.

La Convenzione impegna gli Stati contraenti a prendere misure concrete in favore della lotta contro la discriminazione razziale e i pregiudizi di natura razzista. L'articolo 2 descrive in maniera generale gli impegni degli Stati contraenti mentre gli articoli 3-7 concretizzano e presentano in modo dettagliato una parte di essi. Per quanto il presente messaggio si riferisca ai fondamenti della Convenzione, rimandiamo, per quanto concerne il campo di applicazione nonché il tipo e la portata degli impegni da essa risultanti per la Svizzera, al messaggio del 199215 e, per quanto concerne la loro attuazione, ai rapporti periodici della Svizzera16.

1.2.2

I meccanismi di controllo in generale

1.2.2.1

Il Comitato (CERD)

La Convenzione, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 196517, è stata il primo strumento creato dalle Nazioni Unite nell'ambito dei diritti dell'uomo che dispone di un meccanismo internazionale di sorveglianza proprio.

L'articolo 8 paragrafo 1 della Convenzione istituisce un Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale (Committee on the Elimination of Racial Discrimination [CERD]; denominato qui di seguito «Comitato»), composto da 18 esperti che partecipano a titolo personale. Questo Comitato si riunisce di regola due volte all'anno (in marzo e agosto), a Ginevra, e ha i seguenti compiti: esaminare i rapporti periodici presentati dagli Stati contraenti (art. 9), ricevere i ricorsi che uno Stato intende indirizzare a altri Stati (i cosiddetti «ricorsi statali», disciplinati agli art. 11-13, una procedura che finora non è mai stata utilizzata), nonché ricevere e esaminare le comunicazioni di singole persone o gruppi di persone (art. 14).

1.2.2.2

Il sistema del rapporto

Giusta l'articolo 9 della Convenzione gli Stati contraenti si impegnano a presentare rapporti periodici sulle misure di carattere legislativo, giudiziario, amministrativo e di altro genere da essi prese per dare effetto alle disposizioni della Convenzione. Gli Stati devono presentare al Comitato il loro primo rapporto entro un anno dalla loro adesione alla Convenzione, i rapporti seguenti ogni due anni.

13 14 15 16

17

RU 1995 1163 seg.; FF 1992 III 217.

RS 0.104.

Cfr. il messaggio del Consiglio federale del 2 marzo 1992 (nota 1), n. 4 segg.

Cfr. il Primo Rapporto della Svizzera al Comitato dell'ONU per l'eliminazione della discriminazione razziale del 18 dicembre 1996 (Doc. ONU CERD/C/270/Add. 1) nonché il Secondo e il terzo Rapporto periodici della Svizzera al Comitato dell'ONU per l'eliminazione della discriminazione razziale del maggio 2000 (consultabile all'indirizzo www.eda.admin.ch).

A/RES/2106 A (XX) del 21 dicembre 1965.

5311

Il 18 dicembre 1996 abbiamo adottato e pubblicato il Primo Rapporto della Svizzera18. Detto Rapporto è stato esaminato dal Comitato nel corso della sessione di marzo 1998 tenutasi a Ginevra. Il Rapporto è stato presentato da una delegazione svizzera composta da esperti dell'Amministrazione federale e della Commissione federale contro il razzismo (CFR), che ha risposto alle domande poste dal Comitato. In seguito il Comitato ha redatto le sue osservazioni finali19, nelle quali ha giudicato il testo presentato dalla Svizzera. Queste osservazioni finali sono state pubblicate il 30 marzo 1998. Il Secondo Rapporto della Svizzera, che doveva essere presentato inizialmente per il 31 dicembre 1997, e il Terzo Rapporto, che doveva essere presentato per il 31 dicembre 1999, sono stati riuniti in un documento comune e verranno presentati al Comitato in occasione della sua 60a seduta nel marzo 200220.

Nel numero 15 delle osservazioni finali del 30 marzo 1998 relative al Primo Rapporto della Svizzera, il Comitato ha constatato che la Svizzera non ha ancora fatto la dichiarazione prevista dall'articolo 14 della Convenzione in merito alla procedura individuale di comunicazione. Alcuni membri del Comitato hanno pertanto invitato la Svizzera a prevedere la possibilità di fare siffatta dichiarazione21.

1.2.2.3

La procedura individuale di comunicazione giusta l'articolo 14

Giusta l'articolo 14 ogni Stato contraente può dichiarare in ogni momento di riconoscere al Comitato la competenza di ricevere e esaminare comunicazioni o petizioni22 provenienti da persone o da gruppi di persone sotto la propria giurisdizione che si lamentino di essere vittime di una violazione, da parte del detto Stato contraente, di uno qualunque dei diritti sanciti dalla Convenzione.

L'articolo 14 doveva fungere da modello per disposizioni analoghe riprese più tardi in altre convenzioni internazionali, segnatamente nel Primo Protocollo facoltativo 18 19 20

21

22

Documento ONU CERD/C/270/Add. 1.

Documento ONU CERD/C/304/Add. 44.

I punti principali del Rapporto sono i seguenti: introduzione nella nuova Costituzione federale di un divieto generale di tutte le forme di discriminazione (art. 8 Cost.); introduzione e applicazione rigorosa di disposizioni sulla discriminazione razziale come stato costitutivo di un atto perseguibile penalmente (art. 261bis CP e art. 171c CPM) nonché adozione di una serie di misure legislative a ogni livello (Confederazione, Cantoni e Comuni), al fine di combattere qualsiasi forma di discriminazione per motivi di razza, colore della pelle, origine nonché provenienza nazionale o etnica (ad es. l'abrogazione, il 9 marzo 1998, del decreto del Consiglio federale concernente i discorsi politici tenuti da stranieri; inoltre gli sforzi intrapresi dalle autorità e dalle ONG per sensibilizzare e informare la popolazione nonché la creazione di istituzioni volte a promuovere la comprensione tra le persone di razza, colore della pelle, origine e provenienza nazionale o etnica diverse (ad es. la Commissione federale contro il razzismo [CFR]; la Fondazione «Un futuro per i nomadi svizzeri»).

Da quando, nel 1991, fa una dichiarazione sotto forma di «Osservazioni finali» dopo aver esaminato i rapporti presentati dagli Stati, il Comitato prevede in queste anche rinvii standard all'articolo 14. Il tenore è il seguente: «Si constata che lo Stato contraente non ha ancora fatto la dichiarazione di cui all'articolo 14 della Convenzione; alcuni membri del Comitato chiedono pertanto di prendere in considerazione la possibilità di siffatta dichiarazione.» Cfr. in merito il Rapporto del CERD della 54a sessione dell'Assemblea generale (1999), Doc. A/54/18, n. 44 (Austria) o n. 105 (Portogallo).

Il messaggio segue la terminologia utilizzata nelle versioni originali francese e inglese della Convenzione («petitioner/pétitionnaire» risp. «communication»).

5312

del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (Patto ONU II)23, nell'articolo 22 della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT)24 e recentemente nel Protocollo facoltativo della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW)25.

2

Genesi della procedura di comunicazione giusta l'articolo 14

La Convenzione del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale è stata, come accennato nel numero 1.2.2., la prima convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo a disporre di un meccanismo internazionale di sorveglianza proprio. La procedura individuale di comunicazione prevista dall'articolo 14 è stata il risultato di trattative lunghe e complesse che hanno avuto luogo in seno all'Assemblea generale dell'ONU nel 196526.

Giusta l'articolo 14 della Convenzione il Comitato ha la competenza, dopo aver dichiarato ricevibile una comunicazione individuale, di esaminarla tenendo conto di tutte le informazioni che ha ricevuto dallo Stato contraente interessato e dall'autore della petizione (par. 7 lett. a) e di inviare in seguito i propri suggerimenti e le eventuali raccomandazioni allo Stato contraente interessato e all'autore della petizione (par. 7 lett. b). Queste competenze del Comitato sono molto più estese di quelle previste nelle proposte anteriori presentate durante la fase di progetto in seno all'Assemblea generale dell'ONU. In base a dette proposte al Comitato avrebbe dovuto essere assegnata una semplice funzione di buca delle lettere; il Comitato avrebbe semplicemente dovuto trasmettere le petizioni agli Stati contraenti interessati senza poter prendere alcuna misura27. Per poter raccogliere un ampio consenso in favore di questa versione dell'articolo 14 si è dovuti giungere al compromesso del carattere facoltativo della procedura di comunicazione. La procedura si applica di conseguenza soltanto per gli Stati contraenti che hanno dichiarato di riconoscere al Comitato la competenza di ricevere e esaminare comunicazioni provenienti da persone o da gruppi di persone sotto la propria giurisdizione che si lamentino di essere vittime di una violazione, da parte del detto Stato contraente, di uno qualunque dei diritti sanciti dalla presente Convenzione (art. 14 par. 1).

23 24 25 26

27

A/RES/2200 A (XXI) del 16 dicembre 1966.

A/RES/39/46 del 10 dicembre 1984.

A/RES/54/4 del 10 dicembre 1999.

L'articolo 14 è stato adottato sotto forma di clausola facoltativa in seno alla Terza Commissione dell'Assemblea generale dell'ONU con 66 voti favorevoli, nessun contrario e 19 astensioni (Paesi dell'Europa dell'Est, alcuni Stati africani e asiatici, e la Francia). Cfr. in merito anche Theo van Boven, «The Convention of the Elimination of All Forms of Racial Discrimination», in: International Spectator 20 (1966), p. 655-666.

Van Boven, op. cit., p. 665.

5313

Introducendo nell'articolo 14 le disposizioni dei capoversi 2-528 si voleva inoltre venire incontro a chi avanzava riserve contro un diritto internazionale di petizione.

Queste disposizioni alquanto complesse prevedono la possibilità ­ sono quindi di natura facoltativa ­ di designare un'istanza nazionale avente la competenza di ricevere e esaminare le comunicazioni prima che queste vengano trasmesse al CERD.

Cfr. in merito anche il numero 5.2.

Un importante fattore politico che ha favorito l'introduzione della procedura di comunicazione nella Convenzione è stato il desiderio di numerosi Paesi africani e asiatici di fare della Convenzione uno strumento efficace per la lotta contro il colonialismo e l'apartheid. Convinti dell'esistenza di un chiaro nesso tra razzismo e colonialismo, essi ritenevano il diritto di petizione un importante strumento nell'ambito del sistema dell'amministrazione fiduciaria e del processo di decolonizzazione29. Per questo motivo esso è stato inserito nella Convenzione. Considerazioni analoghe hanno portato all'introduzione dell'articolo 15, che si occupa delle petizioni provenienti dagli abitanti di territori sotto amministrazione fiduciaria o non autonomi o di ogni altro territorio al quale si applichi la Risoluzione 1514 (XV) del 14 dicembre 1960 dell'Assemblea generale ­ la Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai Paesi e ai popoli coloniali. L'articolo 15 ha attualmente perduto gran parte della sua importanza, poiché attualmente rimangono soltanto pochi Paesi non autonomi, la maggior parte dei quali di piccole dimensioni. Inoltre negli ultimi anni il Comitato non ha più ricevuto copie delle petizioni di cui all'articolo 15 paragrafo 2 lettera a30.

L'articolo 14 paragrafo 9 prevede che «il Comitato ha la competenza di adempiere le funzioni di cui al presente articolo soltanto se almeno dieci Stati parti della Convenzione sono legati da dichiarazioni fatte in conformità del paragrafo 1 del presente articolo»31. Nonostante la Convenzione sia entrata in vigore già il 4 gennaio 1969 (trenta giorni dopo la data del deposito del ventisettesimo strumento di ratifica o di adesione conformemente all'art. 19 par. 1 della Convenzione) si è dovuto attendere il 3 dicembre 1982, data nella quale il decimo Stato ha fatto la dichiarazione di cui all'articolo 14 paragrafo
1, per aprire la possibilità di avviare la procedura di comunicazione contro uno dei dieci Stati contraenti che avevano fatto detta dichiarazione.

Infine il Comitato ha iniziato a svolgere le sue funzioni giusta l'articolo 14 nel 1984, nel corso della 13a sessione. Come già accennato, erano passati oltre tredici anni dall'entrata in vigore della Convenzione prima che nel 1982 fosse raggiunto il numero determinante di dieci dichiarazioni. Il 1° luglio 2001 34 dei 158 Stati con-

28

29 30 31

Cfr. anche Theodor Meron, «The Meaning and Reach of the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination», in: American Journal of International Law 79 (1985), p. 283 segg. Come Meron sottolinea giustamente (p. 313 seg.) e come risulta dalla giurisprudenza attuale, la designazione e l'esistenza di un'istanza nazionale sono facoltative e non costituiscono pertanto una condizione affinché la procedura sia presentata dinanzi a un'istanza internazionale (CERD).

Cfr. A/RES/1514 (XV) del 14 dicembre 1960 e 1654 (XVI) del 27 novembre 1961.

Cfr. i rapporti annui del Comitato per il 1998 e il 1999 (Doc. A/53/18 n. 489 e Doc.

A/54/18 n. 555).

Cfr. art. 22 par. 8 CAT, conformemente al quale il numero richiesto è di cinque; l'art. 16 CEDAW e l'art. 9 del Protocollo facoltativo del Patto ONU II richiedono dieci ratifiche.

5314

traenti avevano accettato la procedura prevista dall'articolo 1432. Tra questi Stati vi sono tra l'altro undici degli attuali 15 Stati membri dell'Unione europea nonché nove Stati dell'Europa dell'Est33. Il numero delle comunicazioni di cui all'articolo 14 ricevute e esaminate dal Comitato è finora rimasto relativamente ristretto: fino ad oggi sono state venti34. Si può tuttavia constatare un continuo aumento del numero delle comunicazioni presentate al Comitato.

3

La posizione svizzera nei confronti della procedura individuale di comunicazione

3.1

La posizione delle autorità federali

In questi ultimi anni il nostro Collegio si è prefisso prioritariamente la ratifica o l'adesione a diverse convenzioni alle quali esso dà importanza fondamentale in quanto strumenti universali delle Nazioni Unite per la protezione e la promozione dei diritti dell'uomo. Riteniamo che l'istituzione di strumenti di controllo efficaci sia un mezzo indispensabile per favorire l'affermarsi dei diritti dell'uomo35. Il controllo è infatti un elemento determinante di ogni politica volta a garantire una migliore protezione dei diritti dell'uomo. Abbiamo reiterato la nostra intenzione nelle risposte a diversi interventi parlamentari, sottolineando a varie riprese l'auspicabilità di rafforzare i meccanismi internazionali di controllo e annunciando tra l'altro il presente messaggio36.

Al momento dell'adesione alla Convenzione per la Svizzera si è posta la questione dell'opportunità di fare la dichiarazione di cui all'articolo 14, riconoscendo in tal modo la competenza del Comitato di ricevere e esaminare comunicazioni provenienti da persone o gruppi di persone37. In quel momento soltanto quattordici dei 130 Stati contraenti avevano riconosciuto la competenza del Comitato di cui all'articolo 1438. Nel nostro messaggio del 2 marzo 1992 avevamo pertanto proposto di

32

33 34

35 36

37 38

Si tratta dei seguenti Stati con, tra parentesi, la data dell'entrata in vigore della loro dichiarazione di riconoscimento: Algeria (12.9.1989); Australia (28.1.1993); Belgio (10.10.2000); Bulgaria (12.5.1993); Cile (18.5.1994); Cipro (30.12.1993); Corea (5.3.1997); Costa Rica (8.1.1974); Danimarca (11.10.1985); Ecuador (18.3.1977); Finlandia (16.11.1994); Francia (16.8.1982); Irlanda (28.1.2001); Islanda; (10.8.1981); Italia (5.5.1978); Repubblica federale di Jugoslavia (27.6.2001); Lussemburgo (22.7.1996); Macedonia (29.12.1999); Malta (16.12.1998); Norvegia (23.1.1976); Paesi Bassi (9.1.1972); Peru (27.11.1984); Polonia (1.12.1999); Portogallo (2.3.2000); Repubblica Ceca (11.10.2000); Russia (1.10.1991); Senegal (3.12.1982); Slovacchia (17.3.1995); Spagna (13.1.1998); Sudafrica (9.1.1999); Svezia (5.1.1972); Ucraina (28.7.1992); Ungheria (13.9.1990); Uruguay (11.9.1972).

Un elenco aggiornato è consultabile in Internet: www.unhchr.ch/html/menu2/8/stat4.htm.

Cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 2000 (Doc. A/55/18, cap. IV), stato attualizzato al 1° marzo 2001 (cfr. note 50-55 nonché la pubblicazione delle comunicazioni all'indirizzo www.unhchr.ch).

Cfr. in merito la nota 10.

Cfr. il parere del Consiglio federale in merito alla mozione Teuscher del 13 dicembre 2000 «Ratifica del Protocollo n. 12 riguardante il divieto della discriminazione» (CN 00.3674).

Cfr. il messaggio del Consiglio federale del 2 marzo 1992 (nota. 1), n. 9.

Algeria, Costa Rica, Danimarca, Ecuador, Francia, Islanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Peru, Senegal, Svezia, Ungheria e Uruguay.

5315

riconoscere la procedura individuale di comunicazione soltanto dopo che la Svizzera avesse fatto le prime esperienze con i suoi rapporti periodici.

Dalla sua prima seduta del 1970, il Comitato ha ricevuto oltre mille rapporti regolari e oltre cento rapporti complementari. Inoltre al Comitato sono state presentate finora 20 procedure individuali di comunicazione, per dieci delle quali si è giunti a una decisione (cfr. n. 4). Inoltre con il consolidamento democratico degli Stati dell'Europa centrale e orientale si registra un'evoluzione positiva: a partire dagli anni Novanta essi hanno utilizzato sempre più spesso questa procedura. Diversi Stati dell'Europa occidentale hanno seguito questo esempio e numerosi Stati contraenti valutano l'opportunità di fare la dichiarazione di cui all'articolo 14. Inoltre negli ultimi anni diversi avvocati che si occupano dei diritti dell'uomo e importanti organizzazioni non governative, che dispongono di ampie conoscenze nell'ambito della materia della Convenzione, mostrano un interesse attivo per l'articolo 14 e sostengono il ricorso alla procedura di comunicazione.

Anche se le possibilità di riuscita della procedura possono apparire piuttosto ridotte, la sua accettazione da parte di un numero per quanto elevato possibile di Stati ­ compresa la Svizzera ­ contribuirà a migliorare la protezione dei diritti dell'uomo a livello mondiale. La Svizzera si impegna per promuovere l'applicazione dello standard internazionale dei diritti dell'uomo, al fine di garantirne l'osservanza. La credibilità internazionale del nostro Paese dipende in larga misura dalla ratifica di diversi strumenti giuridici in questo settore nonché dalla loro applicazione nella nostra legislazione. La dichiarazione di riconoscimento oggetto del presente messaggio rafforza inoltre la posizione dei Paesi che lottano in favore della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo. A livello internazionale la Svizzera disporrà pertanto, in quanto Parte contraente, di una base legale che le permetterà di intervenire attivamente presso gli Stati contraenti che non rispettano gli impegni della Convenzione39.

3.2

La procedura di consultazione

Dopo che il nostro Collegio, con decisione del 20 dicembre 1989, aveva già condotto una procedura di consultazione in merito all'adesione della Svizzera alla Convenzione e a una corrispondente revisione del diritto penale, il Dipartimento federale degli affari esteri si è limitato, per la questione del deposito della dichiarazione di riconoscimento conformemente all'articolo 14 della Convenzione, a una consultazione dei Cantoni e delle organizzazioni interessate vertente sui soli aspetti tecnici.

Le risposte sono state prevalentemente positive. Tutti i Cantoni che si sono espressi si sono detti favorevoli al riconoscimento della competenza del Comitato di ricevere comunicazioni individuali, al fine ­ come hanno sottolineato alcuni Cantoni ­ di promuovere lo standard internazionale dei diritti dell'uomo e migliorare la credibilità della Svizzera a livello internazionale. Tre Cantoni hanno messo in dubbio l'opportunità di istituire un organo per il ricevimento delle petizioni40. Anche la grande

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Cfr. art 11 della Convenzione.

I Cantoni di Neuchâtel, Soletta e Turgovia.

5316

maggioranza delle organizzazioni interessate si è detta favorevole al deposito della dichiarazione di riconoscimento quale passo conseguente verso l'attuazione della Convenzione.

4

Analisi della procedura individuale di comunicazione

4.1

Il regolamento

Le procedure individuali di comunicazione previste dall'articolo 14 della Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, nel Primo Protocollo facoltativo del Patto ONU II, dall'articolo 22 della CAT e nel Protocollo facoltativo della CEDAW contengono diversi elementi analoghi, segnatamente per quanto concerne le condizioni di ricevibilità e i requisiti materiali presentati nelle singole convenzioni e precisate nei relativi regolamenti41,42.

Il Regolamento del CERD43 prevede che le comunicazioni di cui all'articolo 14 devono essere indirizzate al Segretario generale delle Nazioni Unite, che le trasmette al Comitato ­ eventualmente dopo aver raccolto ulteriori informazioni ­ (art. 80-85 del Regolamento). In una prima fase procedurale il Comitato ­ le cui sedute non sono pubbliche (art. 88 del Regolamento) ­ deve decidere in merito alla ricevibilità delle comunicazioni; le condizioni di ricevibilità coincidono con quelle di altri organi internazionali che si occupano di diritti dell'uomo (nessuna comunicazione anonima, sufficiente descrizione dei motivi, compatibilità della comunicazione con le disposizioni della Convenzione, esaurimento del corso delle istanze nazionali)44. L'autore della petizione deve presentare la comunicazione entro sei mesi dall'esaurimento di tutti i ricorsi interni disponibili, salvo in caso di circostanze eccezionali debitamente provate (art. 14 par. 5 della Convenzione; art. 91 lett. f del Regolamento)45. Il Comitato può, attraverso il Segretario generale, richiedere ulteriori informazioni sia all'autore della petizione sia allo Stato interessato (art. 92 del Regolamento).

Le comunicazioni non hanno effetto sospensivo; il Comitato può però chiedere allo Stato di prendere misure provvisionali al fine di evitare che sorgano pregiudizi irreparabili per l'autore della petizione (art 94 par. 3 del Regolamento).

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43 44 45

Cfr. ad es. Michael O'Flaherty, «Human Rights and the UN Practice Before the Treaty Bodies», Londra 1996, in part. il cap. IV, 7 riguardante la procedura di comunicazione del CERD (p. 104-109).

Cfr. il Patto ONU II: Primo Protocollo facoltativo e art. 78-94 del Regolamento del Comitato dell'ONU per i diritti dell'uomo (CCPR); Convenzione del 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT): art. 22 e art. 96-112 del Regolamento nonché il Protocollo facoltativo della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) (in vigore dal 22 dicembre 2000). Altre procedure di ricorso individuale sono in fase di elaborazione: quelle relative al patto ONU I o alla Convenzione sui diritti dei lavoratori migranti (Convenzione OIT n. 169, art. 17).

Cfr. art. 80 segg. del Regolamento del CERD (CERD/C/35/Rev. 3).

Art. 14 par. 5-7 della Convenzione; art. 91-93 del Regolamento.

La Spagna ha formulato una riserva in merito all'art. 14 par. 5 della Convenzione e prevede un termine di tre mesi per trasmettere le comunicazioni al CERD (cfr. i commenti figuranti nel 14° e nel 15° Rapporto periodico del 12 ottobre 1998 [CERD/C/338/Add.6]).

5317

Se una comunicazione è dichiarata ricevibile dal Comitato, lo Stato interessato deve presentare entro tre mesi e per scritto le proprie giustificazioni o dichiarazioni in merito alla fattispecie, indicando se del caso le misure eventualmente adottate per porre rimedio alla situazione (art. 14 par. 6 lett. b della Convenzione; art. 94 par. 2 del Regolamento). Questi dati vengono trasmessi per parere all'autore della petizione. Sulla scorta di tutte le informazioni presentate dall'autore della petizione o dallo Stato interessato il Comitato prende la sua decisione e, attraverso il Segretario generale, trasmette questo parere, insieme alle sue eventuali proposte e raccomandazioni, a entrambe le parti (art. 14 par. 7 lett. b della Convenzione; art. 95 par. 3 del Regolamento).

I regolamenti procedurali del CERD coincidono essenzialmente con quelli delle altre procedure di ricorso individuali previste dalle convenzioni dell'ONU in materia di diritti dell'uomo; rispetto agli strumenti internazionali citati all'inizio vanno però sottolineati tre aspetti che differenziano l'articolo 14:

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49

­

Il primo concerne gli autori delle comunicazioni. L'articolo 14 della Convenzione si riferisce a «persone o gruppi di persone» che si lamentino di essere vittime di una violazione, mentre l'articolo 1 del Protocollo facoltativo del Patto ONU II e l'articolo 22 della CAT si riferiscono elusivamente a «singole persone»46. Di conseguenza l'articolo 14 prevede espressamente la possibilità che siano gruppi ad avviare una procedura in relazione con violazioni di una disposizione della Convenzione.

­

Un secondo aspetto determinante dell'articolo 14 è il fatto che al Comitato non si impedisce di esaminare comunicazioni che sono all'esame dinanzi a un'altra istanza o sulle quali un'altra autorità incaricata di ricerche e controlli a livello internazionale ha già statuito47. Questo si applica, anche se non è detto espressamente, anche per le convenzioni regionali come la CEDU48. Ritorneremo su questo aspetto nel numero 4.3.

­

Un terzo aspetto importante è che il Comitato, dopo aver esaminato la fondatezza della comunicazione, invia i suoi suggerimenti e le eventuali raccomandazioni allo Stato contraente interessato e all'autore della petizione (art. 14 par. 7 lett. b della Convenzione; art. 95 par. 3 del Regolamento).

Non si tratta pertanto di «constatazioni» (views) come nel Protocollo facoltativo del Patto ONU II (art. 5 par 4) e nella CAT (art. 22 par. 7)49. Nonostante i rispettivi organi competenti (Comitato per i diritti dell'uomo [CCPR] e Comitato contro la tortura) diano al termine «constatazioni» un senso generale, in modo tale da comprendere le richieste relative a indennità e le misure conseguenti, il margine di apprezzamento del CERD è, come vedremo, molto più ampio. Il Comitato può infatti indicare allo Stato con-

Il Protocollo facoltativo della CEDAW contiene invece anch'esso la formulazione «persone o gruppi di persone» (art. 2).

Cfr. in merito l'art. 5 par. 2 lett. a del Protocollo facoltativo del patto ONU II; l'art. 22 par. 4 lett. a CAT e l'art. 4 par. 2 lett. a CEDAW.

Natan Lerner, «The UN Convention on the Elimination of all Forms of Racial Discrimination», Alphen aan de Rijn 1980, p. 90 f.; Egon Schwelb, «The International Convention on the Elimination of all Forms of Racial Discrimination», in: The International an Comparative Quarterly 15/1966, p. 1048.

Nel Protocollo facoltativo della CEDAW troviamo la formula «constatazioni... accompagnate eventualmente da raccomandazioni» (art. 7 par. 3).

5318

traente interessato proposte e raccomandazioni che vanno oltre alla semplice constatazione di una violazione della Convenzione, cosa che può comportare conseguenze politiche più importanti.

4.2

La prassi del Comitato

4.2.1

In generale

Fino alla 57a sessione (31 luglio-25 agosto 2000) il Comitato ha ricevuto venti comunicazioni conformemente alla procedura di cui all'articolo 1450. Quattro casi sono stati dichiarati irricevibili51; un caso è stato dichiarato ricevibile e trasmesso allo Stato contraente interessato affinché si pronunci in merito alla fondatezza52, mentre in cinque casi si sta attualmente ancora esaminando la ricevibilità53. Dieci casi sono stati conclusi con un parere in merito alla fondatezza54; in cinque di essi il Comitato ha constatato una violazione della Convenzione e ha sottoposto agli Stati interessati corrispondenti raccomandazioni55.

I casi conclusi con un parere in merito alla fondatezza o per i quali è stata presa una decisione in merito alla ricevibilità ­ i pareri e le decisioni sono stati resi noti nei

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55

In merito allo stato attuale della prassi del Comitato cfr. la homepage dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, dove è possibile consultare tutte le comunicazioni: http://www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf.

Comunicazione n. 5/1994 (Ch. Payne vs. Danimarca), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1995 (Doc. A/50/18, Allegato VIII); Comunicazione n. 7/1995 (Barbaro vs. Australia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1997 (Doc. A/52/18, Allegato III); Comunicazione n. 9/1997 (D.S. vs. Svezia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1998 (Doc. A/53/18, Allegato III) nonché Comunicazione n. 12/1998 (Barbaro vs. Australia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 2000 (Doc. A/55/18, Allegato IV) (secondo esame).

Comunicazione n. 11/1998 (Lacko vs. Slovacchia).

Comunicazione n. 14/1998 (D. Sidlo vs. Svezia); n. 15/1999 (Fernand vs. Paesi Bassi); n. 18/2000 (Ali vs. Norvegia); n. 19/2000 (Mostafa vs. Danimarca); n. 20/2000 (Burmeister vs. Danimarca).

Comunicazione n. 1/1984 (Yilmaz-Dogan vs. Paesi Bassi), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1988 (Doc. A/43/18, Allegato IV); Comunicazione n. 2/1989 (Demba Talibe Diop vs. Francia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1991 (Doc. A/46/18, Allegato VIII); Comunicazione n. 3/1991 (Michel L.N. Narrainen vs. Norvegia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1994 (Doc. A/49/18, Allegato IV); Comunicazione n. 4/1991 (L. Karim vs. Paesi Bassi), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1993 (Doc. A/48/18, Allegato IV); Comunicazione n. 6/1995 (Z.U.B.S. vs. Australia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1999 (Doc. A/54/18, Allegato III); Comunicazione n. 8/1996 (B.M.S.

vs. Australia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1999 (Doc. A/54/18, Allegato III); Comunicazione n. 10/1997 (Ziad Ben Ahmed Habassi vs. Danimarca), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 1999 (Doc. A/54/18, Allegato III); Comunicazione n. 13/1998 (Koptova vs. Slovacchia), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 2000 (Doc. A/55/18, Allegato IV) nonché Comunicazione n. 16/1999 (Kashif Ahmad vs. Danimarca) e Comunicazione n. 17/1999 (B. Jebelly vs. Danimarca), cfr. Rapporto annuo del Comitato per il 2000 (Doc. A/55/18, Allegato IV).

Comunicazione n. 1/1984 (Yilmaz-Dogan vs. Paesi Bassi); comunicazione n. 4/1991 (L. Karim vs. Paesi Bassi); comunicazione
n. 10/1997 (Ziad Ben Ahmed Habassi vs. Danimarca); comunicazione n. 13/1998 (Koptova vs. Slovacchia), nonché comunicazione n. 16/1999 (Kashif Ahmad vs. Danimarca). Saltuariamente il Comitato emana tuttavia raccomandazioni anche nei casi in cui non sono state constatate violazioni della Convenzione (cfr. ad es. la comunicazione n. 17/1999 [B. Jebelly vs. Danimarca]).

5319

rapporti annui del Comitato conformemente all'articolo 14 paragrafo 8 ­ mostrano alcuni aspetti interessanti56.

Va rilevato che nella maggioranza dei casi si tratta di ricorsi contro violazioni dei principi della parità e del divieto di discriminazione nell'ambito dei diritti economici e sociali (art. 5 lett. e della Convenzione), riguardanti segnatamente il diritto al lavoro e alla libera scelta del luogo di lavoro (art. 5 lett. e [i]) (Yilmaz-Dogan, Diop, il caso C.P., Barbaro, il caso D.S., il caso Z.U.B.S.) e il diritto all'alloggio (art. 5 lett.

e [iii]) (il caso L.K.). Si è trattato inoltre di presunte violazioni del diritto alla parità di trattamento dinanzi ai tribunali (art. 5 lett. a) e del diritto a una protezione e a un mezzo di gravame effettivi (art. 6) (Narrainen, il caso L.K. e Ziad Ben Ahmed Habassi).

Nonostante il loro numero ristretto non permetta conclusioni di carattere generale, questi casi sembrano confermare il modello secondo il quale le pratiche quotidiane di discriminazione razziale si ripercuotono in maniera più diretta sull'esercizio dei diritti economici e sociali che non sull'esercizio dei diritti civili e politici. I casi esaminati dal Comitato mostrano inoltre che gli Stati devono riservare maggiore attenzione agli atti o alle pratiche di discriminazione razziale compiuti da gruppi o organizzazioni e che violano le disposizioni dell'articolo 2 paragrafo 1 lettera d della Convenzione.

4.2.2

I risultati della procedura e la loro attuazione

Lo svolgimento della procedura di comunicazione è analogo a quello di una procedura giudiziaria. È pertanto legittimo chiedersi se le decisioni del Comitato siano vincolanti o meno. La maggioranza degli organi internazionali di controllo nell'ambito della protezione dei diritti dell'uomo, sia ad esempio gli organi di sorveglianza dell'applicazione dei trattati dell'ONU, sia la Corte europea dei diritti dell'uomo, si prefiggono essenzialmente di constatare la violazione delle convenzioni57. Nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite questa constatazione, più o meno esplicita, non è però vincolante dal profilo del diritto internazionale poiché non si tratta ­ al contrario della procedura della CEDU ­ di una sentenza della Corte passata in giudicato. Come le «constatazioni» del Comitato per i diritti dell'uomo (CCPR), l'organo di controllo del Patto ONU I, i rapporti non sono vincolanti in senso giuridico stretto ma costituiscono a seconda del caso constatazioni giuridiche determinanti58. I comitati dell'ONU esercitano tuttavia, presentando e rielaborando i risultati della procedura, una pressione morale sugli Stati affinché essi rispettino detti risultati. Essi redigono ad esempio i loro «pareri» sotto forma di decisione e vegliano alla loro pubblicazione. Inoltre, invitano lo Stato interessato a presentare entro 90 giorni un rapporto sulle misure prese in relazione con i loro «pareri».

56 57 58

Per quanto concerne la questione della compatibilità della procedura con l'ordinamento giuridico svizzero cfr. il commento figurante al n. 5.

Cfr. Wolfram Karl, «Besonderheiten der internationalen Kontrollverfahren zum Schutz der Menschenrechte», in: BdDGfV 33, p. 222 seg.

Cfr. in particolare Kurt Herndl, «Zur Frage des rechtlichen Status der Entscheidungen eines Staatengemeinschaftsorgans: die «views» des Menschenrechtsausschusses», in: Völkerrecht zwischen normativem Anspruch und politischer Realität, FS für Karl Zemanek, Berlino 1994, p. 203 (205 segg.).

5320

Altro importante aspetto sono le misure prese in seguito ai pareri espressi dal Comitato conformemente all'articolo 14 paragrafo 7 lettera b. Giusta l'articolo 95 paragrafo 5 del Regolamento del Comitato lo Stato contraente viene invitato a informare il Comitato, secondo le scadenze usuali, in merito alle misure da esso prese in corrispondenza del parere da esso espresso. Un esempio: nel caso Yilmaz-Dogan il Comitato ha constatato che all'autrice della petizione non era stata garantita una protezione adeguata riguardo al suo diritto al lavoro, per cui ha ordinato allo Stato contraente di verificare se l'autrice della petizione avesse ripreso a lavorare. Ha inoltre suggerito allo Stato interessato di garantirle un sostegno adeguato. I Paesi Bassi hanno comunicato al Comitato nel loro 9° rapporto periodico che dopo essere stata licenziata, l'autrice della petizione non aveva ottenuto un nuovo impiego né aveva ricevuto prestazioni sociali, a parte per un periodo limitato. Per il periodo di disoccupazione il governo olandese aveva accettato di effettuare un pagamento volontario59.

È interessante rilevare che nei casi nei quali ha constatato che lo Stato contraente non ha garantito all'autore della petizione una protezione adeguata, il Comitato ha ordinato di prendere misure previdenziali a mo' di indennizzo (Yilmaz-Dogan, il caso L.K. e il caso Habassi). Il Comitato ha inoltre ritenuto opportuna l'applicazione di misure strutturali di natura politica che vadano oltre il caso specifico (il caso L.K.). Va sottolineato che il Comitato ha ordinato queste misure strutturali complementari nei corrispondenti casi specifici nei quali non ha constatato una violazione della Convenzione (Narrainen, i casi B.M.S. e Z.U.B.S.).

Manca inoltre un sistema coerente di controllo delle misure prese per rispondere alle proposte e alle raccomandazioni del Comitato giusta l'articolo 14 paragrafo 7 lettera b. Il Comitato dell'ONU per i diritti dell'uomo ha invece, dal 1990, ampliato e migliorato il controllo sulle misure prese in risposta ai suoi pareri relativi alle comunicazioni che esso ha accolto e esaminato conformemente al Protocollo facoltativo.

Per il controllo successivo delle sue decisioni ha assegnato a uno dei membri della sua Commissione il mandato di relatore speciale (Special Rapporteur for Follow-up on Views)60.

4.3

Concorrenza con altri organi di controllo internazionali

L'articolo 16 della Convenzione disciplina il rapporto tra le diverse procedure di controllo della presente Convenzione e le procedure di altre convenzioni internazionali. Come già esposto nel numero 4.1, l'articolo 14 non limita l'applicazione di altri meccanismi di controllo. Diversi Stati che in un primo tempo non avevano fatto la dichiarazione di riconoscimento avevano motivato la loro scelta con il timore che la procedura individuale di comunicazione potesse fare una concorrenza indeside-

59 60

9° Rapporto periodico dei Paesi Bassi, Doc. CERD/C/182/Add. 4, n. 37.

Cfr. Rapporto annuo della Commissione dei diritti dell'uomo per il 1999, Doc. A/54/40, cap. VII (Misure successive conformemente al Protocollo facoltativo). Cfr. anche Klaus Hüfner/Wolfgang Reuther, «Menschenrechtsverletzungen: Was kann ich dagegen tun?», DVGN-Texte 48, Bonn 1998, p. 51.

5321

rata a procedure di ricorso individuali esistenti a livello regionale61 o universale62.

Nonostante il doppio trattamento del medesimo caso da parte di due organi di controllo distinti possa essere escluso mediante una corrispondente dichiarazione dello Stato interessato63, gli Stati che non avevano fatto la dichiarazione avevano affermato che il trattamento di casi simili nel medesimo ambito giuridico da parte di organi di controllo diversi comportava il pericolo di permettere lo sviluppo di giurisprudenze divergenti, in conflitto tra di loro, mettendo pertanto in pericolo la certezza del diritto.

Per la Svizzera questa argomentazione sarebbe applicabile soltanto a un eventuale conflitto con la procedura individuale di ricorso della CEDU64, segnatamente in riferimento al divieto di discriminazione previsto dall'articolo 14 CEDU. In questo contesto va rilevato che la procedura individuale di ricorso prevista dalla CEDU è una procedura condotta dinanzi a un tribunale che pronuncia sentenze vincolanti giuridicamente. Il divieto di discriminazione previsto dall'articolo 14 CEDU, applicabile anche alla Svizzera, vieta la discriminazione nell'esercizio dei diritti garantiti dalla CEDU. Detto diritto non è pertanto autonomo e può essere fatto valere soltanto in relazione a diritti e libertà garantiti nell'ambito della CEDU (e dei suoi protocolli aggiuntivi)65. Al contrario della presente Convenzione, la CEDU non comprende i diritti economici e sociali. Di conseguenza, come strumento per il divieto della discriminazione, la Convenzione è molto più efficace e ha un raggio d'azione maggiore rispetto alla CEDU. Il diritto relativo alle comunicazioni giusta la Convenzione ha pertanto un'importanza propria rispetto alla procedura prevista dalla CEDU.

Soltanto l'entrata in vigore del Protocollo aggiuntivo n. 12 della CEDU, aperto alla firma il 4 novembre 2000 e che prevede una clausola autonoma di divieto della discriminazione, determinerebbe un chiaro rafforzamento della clausola dell'obbligo del divieto di discriminazione nell'ambito della CEDU. La Svizzera sta attualmente valutando se vi siano le condizioni necessarie per la firma del Protocollo aggiuntivo66.

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A livello regionale la CEDU (art. 34; 11° Protocollo facoltativo) e la Convenzione americana dei diritti dell'uomo (ACHR, art. 44) prevedono procedure individuali di ricorso di natura vincolante. In entrambi i sistemi una corte di giustizia emette (a titolo definitivo) una decisione vincolante. In Africa la procedura individuale di ricorso dinanzi alla Commissione africana dei diritti dell'uomo è facoltativa e ancora poco sviluppata (art. 55 della Carta africana).

Cfr. nota 42.

I seguenti Stati hanno allegato una riserva di questo tipo alla loro dichiarazione di riconoscimento: Danimarca, Ecuador, Finlandia, Irlanda, Islanda, Italia, Malta, Macedonia, Norvegia, Portogallo, Svezia.

Cfr. per es. Walter Kälin/Georgio Malinverni/Manfred Nowak, «Die Schweiz und die UNO-Menschenrechtspakte», 2a ed., Basilea/Francoforte sul Meno 1997, p. 25 seg.

Lo si definisce pertanto anche divieto di discriminazione accessorio.

Cfr. il parere del Consiglio federale in merito alla mozione Teuscher del 13 dicembre 2000 «Ratifica del Protocollo n. 12 riguardante il divieto della discriminazione» (CN 00.3674).

5322

5

Tipo e portata degli obblighi risultanti per la Svizzera

5.1

Le vie di ricorso previste a livello nazionale

Per quanto concerne gli obblighi derivanti agli Stati contraenti dalla Convenzione e la loro applicazione nell'ordinamento nazionale, si può rimandare in blocco alle considerazioni fatte nel messaggio del 1992 (n. 4 e 5) nonché ai rapporti presentati dalla Svizzera67. Con la ratifica della Convenzione e la sua applicazione in Svizzera sono state prese numerose misure che vengono descritte in modo approfondito nel rapporto della Svizzera al CERD68. Un'attenzione particolare è stata prestata in questo contesto all'attuazione dell'articolo 4 lettera a della Convenzione, che impegna gli Stati contraenti a prevedere nei loro ordinamenti giuridici una pena per la diffusione di ideologie che propagano la superiorità di una «razza» o l'odio tra «razze» e l'incitamento a atti di discriminazione razziale. La Svizzera ha adempiuto quest'obbligo emanando le disposizioni penali dell'articolo 261bis del Codice penale (CP)69 nonché l'articolo 171c ­ dal tenore identico ­ del Codice penale militare (CPM)70.

Negli ultimi anni a livello cantonale e federale si è sviluppata una prassi giudiziaria consolidata71 che per l'applicazione della disposizione si può poggiare su una dottrina scientifica riconosciuta72. Smentendo i timori avanzati nel periodo precedente l'entrata in vigore, ossia che l'articolo sarebbe troppo poco chiaro e lascerebbe alle autorità incaricate di applicare il diritto margini di apprezzamento troppo ampi, non compatibili con la precisione auspicata nell'ambito del diritto penale73, l'applicazione della disposizione non ha causato difficoltà particolari. L'applicazione dell'articolo nella prassi avviene in maniera pragmatica e coerente dal profilo dello Stato di diritto, per cui si è sviluppata una visione delle cose uniforme e generalmente accettata. La stessa cosa si può prevedere anche per quanto concerne la dichiarazione di riconoscimento prevista dall'articolo 14. Segnatamente, come è apparso evidente nell'ambito di un'accurata comparazione del diritto effettuata con gli Stati contraenti che hanno introdotto la procedura, non vi sono conseguenze di carattere legislativo, finanziario o amministrativo.

5.2

Istituzione di un organismo competente per ricevere le petizioni

Gli Stati contraenti che hanno riconosciuto la procedura individuale di comunicazione possono tuttavia, conformemente all'articolo 14 paragrafo 2 della Convenzio67 68 69 70 71 72

73

Cfr. il Primo nonché il Secondo e il Terzo Rapporto della Svizzera (nota 16).

Cfr. nota 20.

RS 311.0.

RS 321.0.

Cfr. in merito i commenti nel Secondo e nel Terzo Rapporto della Svizzera (nota 16), n. 94-115 e 301-307.

Nell'ottobre del 1966 è stato pubblicato il primo commentario relativo all'applicazione degli art. 261bis CP e 171c CPM: Niggli, «Rassendiskriminierung: Ein Kommentar zu Art. 261bis StGB und Art. 171c MStG», Zurigo 1996. Nel 1999 è stato pubblicato il volume complementare sulla giurisprudenza 1995-1998.

Cfr. p. es. Fredi Hänni, «Die Schweizerische Anti-Rassismus-Strafnorm und die Massenmedien», Dissertation Bern 1996, e «Rassendiskriminierung im Strafrecht: Eingrenzungen nötig», in: plädoyer 4/1997, p. 28 segg.

5323

ne, designare, all'interno del loro ordinamento giuridico, un organo che abbia la competenza di ricevere e esaminare le petizioni ai sensi della Convenzione. Se non riescono ad avere soddisfazione da quest'organismo, gli autori delle petizioni possono rivolgersi al Comitato.

Tra i 34 Stati che hanno accettato la procedura prevista dall'articolo 14 e fatto una corrispondente dichiarazione, ve ne sono soltanto quattro (Lussemburgo, Sudafrica, Belgio e Portogallo) che hanno designato un'istanza nazionale competente per ricevere e esaminare le comunicazioni conformemente all'articolo 14 capoversi 2-5. Tra questi, soltanto uno Stato ha istituito un nuovo organo o trasformato un organo esistente dopo aver accettato la procedura individuale di comunicazione.

La stragrande maggioranza degli Stati contraenti non ha tuttavia preso misure legislative né istituzionali per l'attuazione dell'articolo 14. La possibilità della procedura di comunicazione viene considerata un'ulteriore via di ricorso dopo aver esaurito le istanze nazionali ordinarie. Per la Svizzera, come organismo competente per ricevere le petizioni potrebbe se del caso entrare in linea di conto, viste le sue conoscenze specialistiche e la funzione di mediazione contenuta nel suo mandato, il Segretariato della Commissione federale contro il razzismo (CFR), oppure anche il servizio specializzato nella lotta al razzismo istituito recentemente in seno all'Amministrazione, senza dover creare strutture troppo care. Questo organismo avrebbe la competenza di raccogliere le petizioni ad esso indirizzate e di cercare di giungere ad un accordo amichevole tra le parti, senza però avere competenze decisionali giuridicamente vincolanti.

5.3

Principio della parità di trattamento

Come risulta dalla prassi seguita sinora dal Comitato, oggetto delle comunicazioni ad esso indirizzate sono state soprattutto violazioni dell'obbligo della parità nell'ambito dei diritti economici e sociali (art. 5 lett. e della Convenzione), segnatamente del diritto al lavoro e alla libera scelta del proprio lavoro (art. 5 lett. e [i]) nonché del diritto all'alloggio (art. 5 lett. e [iii]). Per quanto concerne il significato del principio fondamentale dell'obbligo della parità di trattamento per l'ordinamento costituzionale di uno Stato di diritto si impongono alcune spiegazioni; va però rilevato che l'ordinamento giuridico svizzero tiene conto già oggi in ampia misura degli obblighi previsti dalla Convenzione. La prova più evidente è l'obbligo della parità di trattamento previsto dall'articolo 8 della Costituzione federale.

Il principio generale dell'uguaglianza davanti alla legge e del divieto della discriminazione contenuto nell'articolo 4 della vecchia Costituzione federale ha determinato una giurisprudenza ben consolidata che è stata ripresa nella nuova Costituzione federale. Dall'articolo 8 capoverso 1 della Costituzione federale risulta chiaramente che il principio dell'uguaglianza davanti alla legge è applicabile non soltanto ai cittadini svizzeri bensì a tutte le persone. Questo adattamento tiene conto della giurisprudenza del Tribunale federale e dell'opinione sostenuta da molto tempo dalla dottrina dominante secondo cui anche gli stranieri potevano fare appello all'artico-

5324

lo 4 della vecchia Costituzione federale74. Il principio dell'uguaglianza davanti alla legge non implica tuttavia una parità di trattamento assoluta ma esige soltanto che le persone siano trattate in maniera uguale nella misura della loro similitudine e in maniera diversa nella misura della loro diversità75. Il Tribunale federale deve pertanto esaminare se un disciplinamento legale o l'interpretazione di una norma giuridica implichi criteri di differenziazione che non sono ragionevolmente spiegabili nel caso da disciplinare76 oppure tralasci differenziazioni nonostante queste si impongano dal profilo materiale. Situazioni diverse devono essere disciplinate in modo diverso tenendo conto delle loro differenze materiali77.

Il divieto di discriminazione previsto dall'articolo 4 capoverso 2 della vecchia Costituzione federale si riferiva unicamente alla discriminazione dei sessi. Conformemente alla nuova Costituzione federale esso comprende invece altri settori, vietando tra l'altro di discriminare una persona a causa della razza, dell'origine, della lingua o delle convinzioni religiose, ossia a causa di una caratteristica che la differenzia da un'altra persona che si trova in una situazione simile ma che non presenta detta caratteristica78. Le garanzie costituzionali contenute nell'articolo 8 capoversi 1 e 2 della Costituzione federale vietano pertanto tra l'altro di trattare in modo diverso delle persone e di conseguenza di discriminarle soltanto perché sono straniere o appartengono a una cultura o a una religione diverse. La disposizione vieta pertanto alla maggioranza di discriminare gli appartenenti a una minoranza a causa della loro origine o a causa di caratteristiche linguistiche, culturali, etniche o simili.

Evidentemente anche la prassi dei tribunali e degli organi internazionali è in continua evoluzione: sono stati messi a punto diversi approcci e modi di procedere per distinguere tra discriminazione vietata e differenziazione ammessa. Anche la prassi più recente del Tribunale federale si iscrive in questa tendenza79: la discriminazione rappresenta una forma qualificata di disparità di trattamento di persone in situazioni simili; determina un pregiudizio di una persona che può essere definito come una degradazione o un'esclusione poiché si riferisce a una caratteristica essenziale della
sua identità della quale essa non può o solo difficilmente liberarsi. Il divieto di discriminazione previsto dal diritto costituzionale svizzero non rende però assolutamente inammissibile il riferimento a una caratteristica che può suscitare riprovazione ­ quali l'origine, la razza, il sesso, la lingua e altri criteri elencati (in maniera non esaustiva) nell'articolo 8 capoverso 2 della Costituzione federale. Questo giustifica 74

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76 77

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79

L'art. 4 vCost. garantiva che «Tutti gli Svizzeri sono uguali davanti alla legge». Già nel 1888 il Tribunale federale aveva esteso agli stranieri il campo di applicazione di questa disposizione, senza restringerlo alle persone domiciliate in Svizzera (DTF 14 489 segg.).

Cfr. il Primo Rapporto della Svizzera (nota 16), n. 50 segg.

Jörg Paul Müller, «Grundrechte in der Schweiz», 3a ed., Berna 1999, p. 396 segg.; Walter Kälin/Martina Caroni, «Das verfassungsrechtliche Verbot der Diskriminierung wegen der ethnisch-kulturellen Herkunft», in: Walter Kälin (Ed.), Das Verbot ethnisch-kultureller Diskriminierung: Verfassungs- und menschenrechtliche Aspekte, Basilea/Ginevra/Monaco 1999, p. 67-94, p. 68.

P. es. DTF 123 I 1 c. 6a, p. 7; 121 I 129, c. 4d, p. 134 e altre.

Cfr. Georg Müller, art 4, in: Jean-François Aubert et al. (Ed.), «Kommentar zur Bundesverfassung der Schweizerischen Eidgenossenschaft vom 29. Mai 1874», Basilea et al.

1987 und spätere Nachlieferungen, n. 30, 39.

Mentre il principio dell'uguaglianza dinanzi alla legge esprime gli aspetti positivi del principio della parità di trattamento («Tutti sono uguali davanti alla legge» [art. 8 cpv. 1 Cost.]), il divieto della discriminazione (art. 8 cpv. 2 Cost.) esprime il lato negativo della stessa realtà.

Cfr. DTF 126 II 377, 392 segg.

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piuttosto il semplice sospetto di una differenziazione non ammessa; le disparità di trattamento che ne risultano devono pertanto essere giustificate in modo qualificato.

Si constata pertanto come la giurisprudenza del Tribunale federale assuma sempre più lo schema di esame del diritto internazionale.

Per quanto concerne l'effetto potenziale del divieto di discriminazione sui rapporti tra i privati (art. 2 par. 1 lett. c e d della Convenzione) rimandiamo alle argomentazioni contenute nel messaggio nonché nei rapporti della Svizzera80. Occorre qui rilevare che la prassi seguita finora dal Comitato è compatibile sia con le esigenze dell'ordinamento giuridico svizzero sia con la giurisprudenza del Tribunale federale.

6

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

La dichiarazione di riconoscimento non avrà ripercussioni finanziarie o sull'effettivo del personale né per la Confederazione né per i Cantoni. Inchieste condotte presso gli Stati contraenti che hanno riconosciuto la procedura non lasciano prevedere costi supplementari in seguito alla dichiarazione di riconoscimento.

7

Programma di legislatura

L'oggetto figura nel Rapporto sul programma di legislatura 1999-200381.

8

Costituzionalità

La costituzionalità del decreto federale oggetto del presente messaggio si fonda sull'articolo 54 capoverso 1 della Costituzione federale che conferisce alla Confederazione una competenza generale in materia di affari esteri. La competenza dell'Assemblea federale risulta dall'articolo 166 capoverso 2 della Costituzione federale. In occasione delle deliberazioni che avevano preceduto l'adesione alla Convenzione il Parlamento si è riservato la competenza di riconoscere unilateralmente la procedura di cui all'articolo 14 paragrafo 1 della Convenzione82.

Giusta l'articolo 141 capoverso 1 lettera d della Costituzione federale i trattati internazionali sottostanno al referendum facoltativo se sono di durata indeterminata e indenunciabili (n. 1), se prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale (n. 2) o se implicano un'unificazione multilaterale del diritto (n. 3). Come già constatato nel messaggio concernente l'adesione alla Convenzione83, la Convenzione è denunciabile conformemente all'articolo 21 e l'adesione alla stessa ovvero la dichiarazione successiva di accettazione dell'articolo 14 della Convenzione non costitui80 81 82

83

Cfr. il Primo Rapporto della Svizzera, n. 57 segg. nonché il Secondo e il Terzo Rapporto (nota 16), n. 86 segg.

FF 2000 2037, Allegato 2.

Cfr. in merito il messaggio del Consiglio federale del 2 marzo 1992 (nota 1), n. 12, e inoltre il decreto federale del 9 marzo 1995 (RU 1995 1163) e Boll. uff. 1992 N 26682672, 1993 p. 94 seg.

Cfr. il messaggio del Consiglio federale del 2 marzo 1992 (nota 1), n. 12.

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sce un'adesione a un'organizzazione internazionale. Inoltre la dichiarazione fatta conformemente all'articolo 14 paragrafo 3 della Convenzione può essere ritirata in ogni tempo per mezzo di una notifica al Segretario generale delle Nazioni Unite.

Rimane pertanto da definire unicamente se la dichiarazione di accettazione determini un'unificazione multilaterale del diritto. Secondo la prassi costante del nostro Collegio sottostanno al referendum facoltativo soltanto i trattati che contengono diritto unificato per l'essenziale direttamente applicabile e che disciplinano in modo esauriente un ambito giuridico ben delimitato, ossia devono presentare un'estensione sostanziale o formale minima, tale da giustificare anche alla stregua del diritto interno la creazione di una legge speciale (FF 1988 I 777, FF 1990 III 779, FF 1992 III 270). Il Parlamento ha precisato la prassi del Consiglio federale e deciso che in casi singoli ­ a causa dell'importanza e del tipo delle disposizioni o poiché vengono creati organi internazionali di controllo ­ vi può essere un'unificazione del diritto anche se le relative norme internazionali non sono numerose (FF 1990 III 779 e relativi rinvii).

La Convenzione, come esposto già nel messaggio del 1992 e confermato nella prassi del Comitato, contiene solo in parte disposizioni applicabili direttamente. Anche se essa concreta il divieto della discriminazione razziale in diversi settori della vita, non si tratta però di una regolamentazione globale di un determinato settore giuridico. Inoltre il Comitato non è autorizzato a interpretare la Convenzione in modo giuridicamente vincolante o a condannare giuridicamente gli Stati contraenti per aver violato le sue disposizioni. La presente dichiarazione di accettazione non comporta pertanto nuovi obblighi per la Svizzera.

Per i motivi esposti la presente dichiarazione di accettazione non sottostà al referendum facoltativo giusta l'articolo 141 capoverso 1 lettera d della Costituzione federale.

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