01.061 Rapporto concernente la riveduta Convenzione sulla protezione della maternità e il ritiro di cinque convenzioni (88a sessione della Conferenza internazionale del Lavoro 2000) del 15 giugno 2001

Onorevoli presidenti e consiglieri, Visto l'articolo 19 della Costituzione dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL), vi sottoponiamo un rapporto concernente la riveduta Convenzione sulla protezione della maternità (n. 183), adottata dalla Conferenza internazionale del Lavoro nella sua 88a sessione. Vi informiamo inoltre del ritiro di cinque convenzioni, proponendovi di prendere atto del rapporto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 giugno 2001

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2001-1073

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Compendio Il presente testo esamina, da un lato, se la riveduta Convenzione sulla protezione della maternità (n. 183) concorda con il nostro diritto nazionale e, dall'altro, informa in merito al ritiro di cinque convenzioni da parte della Conferenza internazionale del Lavoro (CIT).

Per quanto concerne la nuova Convenzione n. 183 sulla protezione della maternità: la revisione della vecchia Convenzione n. 103 aumenta il livello di protezione e introduce nel contempo una certa flessibilità. La protezione è estesa a tutte le donne, anche a quelle che si trovano in situazioni lavorative atipiche. Inoltre il congedo di maternità passa da 12 a 14 settimane. Alcune disposizioni possono tuttavia essere moderate dalle leggi nazionali e dopo consultazione dei partner sociali. Un esempio: il datore di lavoro potrebbe essere sollecitato direttamente, al posto delle assicurazioni, durante il congedo di maternità. Inoltre determinate categorie di donne potrebbero essere espressamente escluse dalla Convenzione.

Secondo una prassi pluriennale, la Svizzera ratifica soltanto le convenzioni dell'OIL le cui disposizioni concordano con il diritto e le pratiche nazionali. Eccezioni si sono avute soltanto per le convenzioni fondamentali dell'OIL, tutte ratificate dalla Svizzera. In seguito al risultato della votazione del 13 giugno 1999, in Svizzera non vi è ancora né un'assicurazione maternità né un congedo di maternità, per cui non è possibile ratificare la Convenzione.

Il presente rapporto è stato sottoposto alla Commissione federale per gli affari dell'OIL. Questa commissione consultiva extraparlamentare, composta da membri dell'Amministrazione e dai partner sociali, è stata istituita l'anno scorso, in occasione della ratifica della Convenzione n. 144 dell'OIL. La Commissione approva il presente rapporto.

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Rapporto 1

Introduzione

Conformemente all'articolo 19 paragrafi 5 e 6 della Costituzione dell'OIL gli Stati membri sono tenuti a sottoporre al loro Parlamento le convenzioni e le raccomandazioni internazionali del lavoro adottate in occasione delle sessioni della CIT. Essi devono farlo entro un anno dal termine della sessione della CIT. Questo termine può essere prorogato di sei mesi al massimo.

Nel presente rapporto analizziamo la Convenzione n. 183 concernente la revisione della Convenzione (riveduta) sulla protezione della maternità, del 1952, adottata il 15 giugno 2000, completata con la Raccomandazione n. 191, nonché il ritiro di convenzioni obsolete, ossia la Convenzione (n. 31) sulla durata del lavoro (miniere di carbone), del 1931; la riveduta Convenzione (n. 46) sulla durata del lavoro (miniere di carbone), del 1935; la Convenzione (n. 51) sulla riduzione della durata del lavoro (lavori pubblici), del 1936; la Convenzione (n. 61) sulla riduzione della durata del lavoro (industria tessile), del 1937; e la Convenzione (n. 66) sui lavoratori migranti, del 1939.

2

La Convenzione n. 183 concernente la revisione della Convenzione n. 103 (riveduta) sulla protezione della maternità, del 1952

2.1

Parte generale

In occasione della sua 268a sessione (marzo 1997) il Consiglio d'amministrazione dell'Ufficio internazionale del Lavoro (UIL) ha deciso di mettere all'ordine del giorno dell'87a sessione della CIT la questione della revisione della Convenzione n. 103 (riveduta) e della Raccomandazione n. 95 sulla protezione della maternità, del 1952.

Fondandosi sulle conclusioni adottate nel corso della prima discussione nel giugno 1999, l'UIT, conformemente all'articolo 39 del Regolamento della Conferenza, ha preparato i progetti per una convenzione e una raccomandazione che sono serviti da base per la seconda discussione durante l'88a sessione della CIT. Il 15 giugno 2000 la CIT ha adottato la Convenzione n. 183 concernente la revisione della Convenzione (riveduta) sulla protezione della maternità, del 1952, e la relativa Raccomandazione n. 191. Questa Convenzione sostituisce la Convenzione n. 103 (riveduta) sulla protezione della maternità, del 1952 (cfr. art. 13 della Convenzione n. 183), ratificata soltanto da pochi Stati.

L'adozione di una nuova convenzione sulla protezione della maternità è il risultato di importanti sforzi fatti dall'UIL a partire dalla metà degli anni Ottanta al fine di valutare l'importanza e l'efficacia delle norme internazionali in materia di lavoro, per determinare se sono ancora adeguate alla situazione attuale. Infatti dall'adozione della Convenzione n. 103 nel 1952 il ruolo della donna nella società è cambiato, la struttura dell'occupazione ha subito una grande evoluzione e la percentuale di donne

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attive è aumentata in modo considerevole, per cui è aumentata anche la necessità di proteggere la maternità.

La nuova Convenzione porta con sé notevoli progressi estendendo la protezione accordata alle donne durante la gravidanza e l'allattamento, anche se in alcuni settori introduce, con un rinvio alla legislazione e alle pratiche nazionali, una flessibilità più ampia al fine di conseguire un numero maggiore di ratifiche. A questo proposito la Svizzera può aderire agli obiettivi perseguiti con questo nuovo strumento.

2.2

Parte speciale

2.2.1

Spiegazione delle disposizioni e posizione della Svizzera nei confronti della Convenzione

La Convenzione n. 183 contiene 21 articoli, dei quali soltanto i primi undici sono disposizioni materiali. Per sapere se la Svizzera adempie le esigenze della Convenzione occorre comparare le disposizioni della Convenzione con la legislazione e la prassi svizzere, segnatamente con le disposizioni del Codice delle obbligazioni (CO; RS 220), della legge del 13 marzo 1964 sul lavoro (LL; RS 822.11) e delle sue ordinanze d'esecuzione, in particolare l'ordinanza 1 (OLL 1; RS 822.11), della legge del 24 marzo 1995 sulla parità dei sessi (LPar; RS 151.1) e della legge del 18 marzo 1994 sull'assicurazione malattie (LAMal; RS 832.10).

Giusta l'articolo 1 della Convenzione, il termine «donna» designa tutte le persone di sesso femminile, senza discriminazione alcuna. Si tratta di una definizione molto ampia. Il termine «discriminazione» dev'essere inteso nel senso della Convenzione n. 111 sulla discriminazione nell'impiego e nella professione, del 1958. Queste definizioni si ritrovano inoltre nella Convenzione del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (RS 0.108) e nella Convenzione del 21 dicembre 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (RS 0.104), entrambe ratificate dalla Svizzera. Inoltre la Convenzione n. 183 esclude qualsiasi discriminazione fondata sulla situazione matrimoniale, riprendendo il contenuto dell'articolo 2 della Convenzione n. 103. La definizione del termine «bambino» è ricalcata su quello di «donna». In particolare essa comprende anche il bambino adottivo. Tuttavia, le disposizioni della Convenzione non garantiscono al bambino una protezione specifica. In maniera generale l'articolo 8 della Costituzione federale garantisce la parità di trattamento e la non discriminazione; inoltre, la Svizzera ha ratificato la Convenzione n. 111 (cfr. messaggio in FF 1960 I 49) dell'OIL, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 14; RS 0.101) e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (art. 26; RS 0.103.2). Detta disposizione della Convenzione n. 103 non pone pertanto alcun problema per il diritto svizzero.

L'articolo 2 descrive il campo d'applicazione personale della Convenzione.

Conformemente al paragrafo 1 dell'articolo 2 la Convenzione si applica a tutte le donne occupate, comprese le donne
inserite nelle forme atipiche di lavoro dipendente. L'espressione «donne occupate» comprende tutte le donne impegnate in un rapporto di lavoro, indipendentemente dalla forma del contratto di lavoro (orale o scritta, formale o tacita) o dal tipo di rimunerazione. Determinante è il rapporto di lavoro indipendentemente dal genere di lavoro o dal luogo di lavoro. La LL si appli5264

ca di massima a tutte le imprese pubbliche o private che impiegano uno o più lavoratori occupati stabilmente o temporaneamente (art. 1 cpv. 1 e 2 LL). Secondo il CO, con il contratto individuale di lavoro il lavoratore si obbliga a lavorare al servizio del datore di lavoro per un tempo determinato o indeterminato e il datore di lavoro a pagare un salario; nella nozione di contratto di lavoro rientra anche il lavoro a tempo parziale (art. 319 CO). Il campo d'applicazione della Convenzione comprende pertanto quello della LL e del CO, per cui il paragrafo 1 può essere accettato.

Il paragrafo 2 dell'articolo 2 autorizza l'esclusione parziale o totale dal campo d'applicazione della Convenzione di categorie limitate di lavoratori nel caso in cui l'applicazione a tali categorie sollevasse problemi specifici di particolare rilevanza.

Il paragrafo 3 dell'articolo 2 prevede le modalità d'applicazione del paragrafo precedente.

La LL esclude dal suo campo d'applicazione non soltanto alcune categorie di persone (in particolare i lavoratori a domicilio, cfr. art. 3 LL), bensì anche determinati tipi di aziende (segnatamente le aziende agricole, i trasporti pubblici e le amministrazioni pubbliche, cfr. art. 2 LL). Per le amministrazioni pubbliche, occorre precisare che, in virtù dell'articolo 3a LL, l'articolo 35 LL relativo alla tutela della salute durante la maternità è applicabile all'amministrazione federale nonché alle amministrazioni cantonali e comunali. La clausola di flessibilità prevista al paragrafo 2 è sufficiente per poter accettare questo paragrafo? Questa questione può essere lasciata aperta visto che altre disposizioni del presente strumento non sono compatibili con il diritto svizzero (cfr. qui di seguito).

L'articolo 3 della Convenzione è una disposizione generale relativa alla tutela della salute di madre e bambino. Esso esige che ogni Stato membro, dopo aver sentito le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, adotti le misure necessarie affinché le donne incinte o allattanti non siano costrette a svolgere un lavoro pregiudizievole per la loro salute o per quella del loro bambino o che comporti un rischio significativo per la salute della madre o del bambino. Sulla base della competenza conferita al Consiglio federale dall'articolo 35 capoverso 2 LL, l'articolo
62 OLL1 disciplina l'esercizio dei lavori pericolosi o gravosi in caso di gravidanza o maternità, lavori che sono permessi soltanto se in base a una valutazione dei rischi non risultano minacce concrete per la salute della madre e del bambino o se è possibile ovviare a tali minacce mediante adeguate misure di protezione. L'articolo 3 può essere accettato.

L'articolo 4 della Convenzione tratta il congedo di maternità. Ogni donna alla quale la Convenzione si applica ha diritto ad un congedo di maternità della durata di almeno 14 settimane (par. 1). Il congedo di maternità deve comprendere un periodo di congedo obbligatorio di sei settimane dopo il parto, a meno che a livello nazionale non si sia convenuto diversamente tra le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori (par. 4). La LL non prevede un congedo di maternità in quanto tale (che sottintenda l'idea della rimunerazione); essa vieta l'impiego delle donne durante le otto settimane successive al parto; in seguito, e fino alla sedicesima settimana, esse possono essere occupate soltanto con il loro consenso (art. 35a cpv. 3 LL). L'articolo 4 non può pertanto essere accettato.

L'articolo 5 della Convenzione disciplina l'eventualità di una malattia, di complicazioni o di un rischio di complicazioni derivanti dalla gravidanza o dal parto. In siffatti casi dev'essere accordato un congedo supplementare. Questo congedo non fa 5265

parte del congedo di maternità di cui sopra, ma dev'essere accordato nelle circostanze precise indicate, prima o dopo il periodo di congedo di maternità. La natura e la durata massima di detto congedo possono essere precisate conformemente alla legislazione e alla pratica nazionali. In Svizzera si tratta di un congedo per malattia. Il fatto che al termine del suo congedo di maternità una donna si assenti dal suo posto di lavoro a causa di malattia non crea problemi. Tuttavia, la questione della rimunerazione accordata durante questo «congedo supplementare» si pone nei medesimi termini che all'articolo 4 (cfr. qui di seguito ad art. 6).

L'articolo 6 della Convenzione disciplina la questione della concessione di prestazioni in denaro o in natura durante il congedo di cui agli articoli 4 e 5.

Mentre il paragrafo 1 dell'articolo 6 enuncia il principio, i paragrafi 2-4 stabiliscono i criteri relativi al livello delle prestazioni in denaro. Il livello delle prestazioni dev'essere tale che la donna possa provvedere al suo sostentamento e a quello del suo bambino in buone condizioni di salute e secondo un livello di vita adeguato (par. 2). Qualora le prestazioni versate a titolo di congedo secondo l'articolo 4 siano determinate sulla base della precedente rimunerazione, l'ammontare di queste prestazioni non deve essere inferiore ai due terzi della rimunerazione precedente della lavoratrice o della rimunerazione presa come parametro per il calcolo delle prestazioni (par. 3). Se le prestazioni sono determinate in modo differente, l'ammontare di dette prestazioni deve essere dello stesso ordine di grandezza di quello che risulta in media dall'applicazione del paragrafo 3 (par. 4). Ogni Stato membro deve assicurare che le condizioni richieste per beneficiare di dette prestazioni possano essere adempiute dalla maggior parte delle donne alle quali la Convenzione si applica (par. 5).

L'articolo 324a capoverso 3 CO prevede che in caso di gravidanza e di puerperio della lavoratrice, il datore di lavoro ha gli stessi obblighi di versare il salario durante un tempo limitato come in caso di malattia o di infortunio (art. 324a cpv. 1 e 2).

L'obbligo del datore di lavoro di versare il salario è tuttavia limitato nel tempo: a 3 settimane durante il primo anno di servizio e, in seguito, a un periodo adeguatamente più
lungo, secondo la durata del rapporto di lavoro e le circostanze particolari. Per motivi di semplificazione alcuni tribunali (Berna, Zurigo e Basilea) hanno messo a punto scale che indicano il numero di settimane di salario al quale hanno diritto le lavoratrici in funzione degli anni di servizio, scale che servono ora da riferimento. Le prestazioni in denaro previste dal CO non consentono sempre alla donna di provvedere al suo sostentamento e a quello del suo bambino. Succede infatti che anche le otto settimane durante le quali è vietato lavorare, come previsto dalla LL, non siano pagate completamente. Per esempio, secondo la «scala bernese», è necessario essere nel terzo anno di servizio affinché il datore di lavoro sia obbligato a versare il salario durante le otto settimane durante le quali la LL prevede un divieto di lavorare (nel decimo anno di servizio, per avere 16 settimane pagate). Inoltre, se durante l'anno di servizio la lavoratrice è stata malata ­ indipendentemente dal fatto che questo sia in relazione con la gravidanza ­ il suo diritto al versamento del salario viene ridotto del numero dei giorni di malattia.

Prestazioni in denaro possono essere accordate in caso di maternità anche nell'ambito della LAMal. L'assicurazione d'indennità giornaliera è però facoltativa. Nell'ipotesi che abbia concluso siffatta assicurazione, la donna ha diritto a prestazioni di maternità se al momento del parto era assicurata da almeno 270 giorni senza interruzione superiore a tre mesi. L'assicuratore deve versare le prestazioni durante sedici settimane, di cui almeno otto dopo il parto. Dette prestazioni non possono essere 5266

computate nella durata di versamento delle indennità giornaliere in caso di malattia e devono essere pagate anche dopo la scadenza di questa durata (art. 74 LAMal). Se però è malata al termine del congedo di maternità e ha esaurito il suo diritto a indennità giornaliere in caso di malattia (art. 72 cpv. 3 LAMal), la donna non beneficia più di prestazioni in denaro dell'assicurazione malattia durante il congedo supplementare di cui all'articolo 5 della Convenzione.

Per quanto concerne l'estensione delle prestazioni, gli assicuratori stabiliscono l'ammontare dell'indennità giornaliera assicurata d'intesa con gli stipulanti l'assicurazione (art. 72 cpv. 1 LAMal). Gli assicuratori non sono tenuti a proporre un importo minimo per l'indennità. Le casse limitano spesso l'assicurazione individuale d'indennità giornaliera ai sensi della LAMal a 6, 10 o 30 franchi al giorno.

Siccome le nostre prescrizioni nazionali non adempiono le esigenze della Convenzione, i paragrafi 2, 3, 4 e 5 non possono essere accettati.

Il paragrafo 6 dell'articolo 6 enuncia il principio secondo il quale un'assistenza sociale dev'essere garantita alle donne che non soddisfano le condizioni previste per beneficiare delle prestazioni in denaro. Il diritto di ricevere un aiuto in situazioni di bisogno figura all'articolo 12 della Costituzione federale. In Svizzera l'assistenza sociale rientra nella competenza dei Cantoni; essa interviene in maniera complementare e sussidiaria e prende a carico soltanto le persone che non sono coperte dalle assicurazioni sociali, che non lo sono più o il cui reddito è insufficiente. Il diritto svizzero in materia di assistenza sociale è compatibile con le esigenze della Convenzione, per cui il paragrafo 6 può essere accettato.

Giusta il paragrafo 7 dell'articolo 6 alla madre e al bambino devono essere assicurate prestazioni mediche conformemente alla legislazione o a quanto previsto dalla prassi nazionale. Queste prestazioni devono prevedere le cure prenatali, le cure legate al parto, le cure postnatali e le cure ospedaliere se necessarie. In caso di maternità, la LAMal prevede prestazioni in natura accordate nell'ambito dell'assicurazione delle cure medico-sanitarie (assicurazione obbligatoria per tutta la popolazione). Quest'assicurazione assume i costi degli esami di controllo durante e dopo la
gravidanza, effettuati da un medico o da una levatrice o prescritti da un medico; il parto a domicilio, all'ospedale o in un istituto semiospedaliero, come pure l'assistenza del medico o della levatrice; un contributo di 100 franchi per un corso collettivo di preparazione al parto organizzato da una levatrice; la necessaria consulenza per l'allattamento fornita da una levatrice o da un'infermiera con formazione speciale in questo ambito (art. 29 LAMal). Se è ammalata durante la gravidanza o dopo il parto, la madre ha diritto alle prestazioni generali in caso di malattia. La durata dell'assunzione delle cure mediche e farmaceutiche è illimitata. La legislazione svizzera sull'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (LAMal, titolo 2) è compatibile con questo paragrafo.

Il paragrafo 8 dell'articolo 6 prevede, da un lato, che le prestazioni relative al congedo devono essere erogate attraverso un'assicurazione sociale obbligatoria, attraverso il prelievo su fondi pubblici o in un modo previsto dalla legislazione o dalla prassi nazionale. Dall'altro, questa disposizione prescrive che il datore di lavoro non può essere ritenuto personalmente responsabile del costo diretto di qualsiasi prestazione finanziaria di questo genere dovuta a una donna impiegata presso di lui, senza il suo consenso espresso. Vi sono però due eccezioni: innanzitutto uno Stato membro che disponeva di siffatto sistema prima del 15 giugno 2000 (data di adozione

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della Convenzione) può conservarlo e ratificare la Convenzione senza dover modificare la sua legislazione; secondariamente, uno Stato membro che ha ratificato la Convenzione può adottare siffatto sistema successivamente, a condizione che il Governo abbia il consenso delle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori. La Convenzione presenta una grande flessibilità a questo proposito e permette di tener conto di diversi sistemi.

Riassumendo, il paragrafo 6 non può essere accettato poiché il diritto svizzero non conosce ancora il congedo di maternità pagato.

L'articolo 7 della Convenzione introduce una clausola che prevede una certa flessibilità in favore dei Paesi la cui economia e il cui sistema di sicurezza non sono sufficientemente sviluppati. Questo articolo non è applicabile alla Svizzera.

L'articolo 8 della Convenzione è volto a garantire una sufficiente tutela dell'impiego.

Giusta il paragrafo 1 dell'articolo 8 il datore di lavoro non può licenziare una donna durante la gravidanza, il congedo di maternità o il congedo in caso di malattia o complicazioni né durante un periodo successivo al suo ritorno dal congedo che va determinato dalla legislazione nazionale, salvo per motivi non legati alla gravidanza, alla nascita del bambino e alle sue conseguenze, o all'allattamento. In virtù dell'articolo 336c capoverso 1 lettera c CO, il datore di lavoro non può disdire il rapporto di lavoro durante la gravidanza e nelle sedici settimane dopo il parto della lavoratrice. Possibile è soltanto la disdetta per cause gravi ai sensi dell'articolo 337 CO. È considerata causa grave, in particolare, ogni circostanza che non permetta per ragioni di buona fede di esigere da chi dà la disdetta che abbia a continuare nel contratto (art. 337 cpv. 2 CO). La disdetta data durante uno di questi periodi è nulla (art. 336c cpv. 2 CO). Di conseguenza, a meno che non vi sia una causa grave, un datore di lavoro soggetto al diritto svizzero non può disdire il contratto di lavoro durante il periodo di protezione, anche se il suo motivo non è in relazione con la gravidanza, la nascita del bambino e le sue conseguenze o l'allattamento. La disdetta per motivi economici sarebbe ad esempio nulla in Svizzera, mentre sarebbe ammissibile secondo la Convenzione n. 183. Siccome la nostra legislazione protegge
meglio le lavoratrici rispetto alla Convenzione, questo paragrafo può essere accettato.

Il paragrafo 2 dell'articolo 8 prescrive che al ritorno dal congedo di maternità la donna deve essere sicura di ritrovare lo stesso posto o un posto equivalente con la medesima retribuzione. Il fatto di non ritrovare il proprio posto di lavoro o un posto equivalente sarebbe considerato come una modifica del contratto di lavoro; nel diritto svizzero, è insita nella nozione stessa di contratto che tutte le modifiche che intervengono dopo la stipulazione del contratto di lavoro devono risultare dalla manifestazione concorde della volontà delle parti. Se le parti non concordano sulla modifica del contratto ­ qui dunque sul fatto che la donna non ritrova il suo posto o un posto equivalente ­, il datore di lavoro che ha proposto la modifica del contratto deve disdirlo. In caso contrario rimangono in vigore le vecchie condizioni che le parti avevano concordato (art. 320 CO; DTF 109 II 327). L'articolo 3 LPar vieta inoltre la disdetta che, anche dopo i periodi di protezione di cui all'articolo 336c capoverso 1 lettera c CO, si fonda su una discriminazione a causa del sesso, segnatamente con riferimento alla situazione familiare o a una gravidanza (art. 3 cpv. 1 e 2 LPar). Alla lavoratrice interessata basterebbe pertanto rendere verosimile l'esistenza di una discriminazione perché questa sia presunta (art. 6 LPar). La violazione del divieto

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della discriminazione può in questo caso determinare un'indennità pari fino a sei mesi di salario (art. 5 cpv. 2 e 4 LPar). Di conseguenza è possibile considerare che la protezione garantita dal CO corrisponde in questo punto alle esigenze del paragrafo 2.

L'articolo 8 della Convenzione può essere accettato integralmente.

L'articolo 9 della Convenzione impone agli Stati membri di prendere misure volte a garantire che la maternità non costituisca elemento di discriminazione in materia di impiego (par. 1) Il principio della non discriminazione di cui all'articolo 8 della Costituzione federale è stato applicato in modo particolare nella LPar, il cui articolo 3 vieta di discriminare i lavoratori a causa del loro sesso, e, segnatamente se si tratta di donne, a causa della loro gravidanza. A questo proposito rimandiamo anche agli articoli 4, 5 e 6 LPar.

Il divieto dei test di gravidanza è una delle misure enunciate al paragrafo 2 dell'articolo 9 volte a applicare il principio di cui al paragrafo 1. Tuttavia, questa disposizione autorizza che test di gravidanza vengano eccezionalmente praticati per ragioni di sicurezza e di salute. Secondo la legislazione svizzera il divieto di un test di gravidanza scaturisce implicitamente dalle disposizioni sulla protezione della personalità (segnatamente dall'art. 328 CO). Inoltre, l'articolo 3 capoversi 1 e 2 LPar vieta qualsiasi discriminazione a causa del sesso al momento dell'assunzione o dell'attribuzione dei compiti, e in particolare qualsiasi discriminazione fondata sullo stato civile, la situazione familiare o una gravidanza. I test di gravidanza potrebbero tuttavia essere considerati una misura oggettivamente giustificata, e di conseguenza ammissibile, per lavori che non possono essere eseguiti da donne incinte (fotomodelle, ballerine, attività nocive per l'evoluzione della gravidanza, ecc.). L'articolo 9 può pertanto essere accettato integralmente.

L'articolo 10 della Convenzione garantisce alla donna il diritto a una o più pause quotidiane o a una riduzione giornaliera della durata del lavoro per allattare il suo bambino (par. 1) che devono essere considerate tempo di lavoro e retribuite in maniera corrispondente (par. 2). La LL prevede che il datore di lavoro deve concedere alle madri il tempo necessario all'allattamento (art. 35a cpv. 2); l'articolo
60 capoverso 2 LL prescrive che durante il primo anno di vita del bambino l'intero periodo che una madre dedica all'allattamento all'interno dell'azienda è considerato tempo di lavoro; se la lavoratrice lascia il posto di lavoro per allattare, la metà del tempo di assenza è riconosciuto come tempo di lavoro. Il problema della rimunerazione di queste pause non è disciplinato dalla legge; fintanto che le parti non convengano il contrario, questo periodo, considerato tempo di lavoro, è di massima rimunerato.

Determinare se il fatto che questo periodo non è rimunerato sistematicamente costituisca o meno un ostacolo alla ratifica è una questione che può rimanere aperta visti gli altri ostacoli.

Conformemente all'articolo 11 della Convenzione ogni Stato membro dovrà esaminare periodicamente, sentite le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, l'opportunità di estendere la durata del congedo di maternità e di aumentare l'importo o il tasso delle prestazioni in denaro.

Gli articoli 12-21 della Convenzione contengono le disposizioni finali abituali, che non richiedono un commento particolare. Soltanto l'articolo 13 della Convenzione merita di essere citato: esso prevede che la Convenzione n. 183 sostituisce la Convenzione n. 103, e questo a partire dalla sua entrata in vigore. Finora due Stati 5269

membri dell'OIL (l'Italia e la Slovacchia) hanno ratificato la nuova Convenzione n. 183, per cui essa entrerà in vigore il 7 febbraio 2002; a partire da questa data la ratifica della Convenzione n. 103 non sarà più possibile.

2.2.2

Posizione nei confronti della Raccomandazione

La Raccomandazione n. 191 non ha carattere vincolante, per cui la questione della ratifica non si pone. Ci limitiamo pertanto a riassumerne il contenuto senza voler determinare se essa sia o meno compatibile con la vigente legislazione svizzera.

Il testo raccomanda segnatamente agli Stati membri di portare la durata del congedo di maternità ad almeno 18 settimane e il livello delle prestazioni in denaro ad un importo uguale alla totalità del guadagno anteriore. Essa invita inoltre gli Stati membri a adottare misure al fine di garantire la valutazione di qualsiasi rischio sul luogo di lavoro per la sicurezza e la salute della donna incinta o allattante e del suo bambino.

La Raccomandazione chiede infine di estendere la protezione a tipi diversi di congedo (congedo parentale, congedo in caso di adozione).

2.2.3

Conclusione

Questo nuovo strumento introduce alcuni miglioramenti rispetto alla Convenzione n. 103, per esempio estendendo il campo di applicazione personale e aumentando la durata del congedo di maternità. Parallelamente prevede però una certa flessibilità (in particolare l'art. 6 par. 8) al fine di ottenere un numero maggiore di ratifiche. Il diritto svizzero non è attualmente compatibile con le disposizioni della Convenzione. Rinunciamo pertanto a proporvi di ratificare la Convenzione n. 183 concernente la revisione della Convenzione (riveduta) sulla protezione della maternità, del 1952.

Vi rendiamo tuttavia attenti sul fatto che questo nuovo strumento internazionale e la presente analisi costituiscono un elemento importante del dibattito su una futura legislazione in materia di congedo di maternità. Una volta adottata detta legislazione, proponiamo che la Commissione tripartita per le questioni dell'OIL tratti nuovamente questo affare al fine di esaminare la questione della ratifica della Convenzione.

La Commissione federale tripartita per gli affari dell'OIL che, conformemente alla Convenzione n. 144, emette raccomandazioni all'attenzione del Consiglio federale in materia di affari relativi all'OIL, aderisce a questa conclusione. Mentre i rappresentanti dei lavoratori chiedevano al Consiglio federale di annunciare la sua volontà di ratificare la Convenzione a una data ulteriore, i rappresentanti dei datori di lavoro ricordavano la votazione popolare del 13 giugno 1999 e i lavori di riforma attualmente in corso. Dopo l'entrata in vigore di un'assicurazione maternità il Consiglio federale esaminerà nuovamente la Convenzione dal profilo della sua compatibilità con il diritto e la prassi svizzeri.

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3

Ritiro della Convenzione (n. 31) sulla durata del lavoro (miniere di carbone), del 1931; della riveduta Convenzione (n. 46) sulla durata del lavoro (miniere di carbone), del 1935; della Convenzione (n. 51) sulla riduzione della durata del lavoro (lavori pubblici), del 1936; della Convenzione (n. 61) sulla riduzione della durata del lavoro (industria tessile), del 1937; e dellaConvenzione (n. 66) sui lavoratori migranti, del 1939

Le convenzioni dell'OIL sono attualmente 183. Nel corso degli 80 anni di esistenza dell'Organizzazione numerose di queste convenzioni sono state rivedute e rinumerate. In occasione della sua 85a sessione, nel giugno 1997, la CIT ha completato l'articolo 19 della sua Costituzione con il paragrafo 9, che consente di abolire e ritirare le convenzioni obsolete e mai entrate in vigore.

Giusta l'articolo 19 paragrafo 9 della Costituzione dell'OIL una convenzione è ritenuta obsoleta se è divenuta priva di oggetto o non offre più alcun contributo utile all'adempimento degli obiettivi dell'Organizzazione. Le cinque convenzioni interessate erano state inoltre ratificate soltanto da un massimo di dieci Stati; la Svizzera non ne aveva ratificata nessuna. Il ritiro delle convenzioni è stato approvato dal Gruppo di lavoro sulla revisione delle norme internazionali sul lavoro del Consiglio di amministrazione dell'OIL e da 68 dei 69 Stati che hanno partecipato nel 1999 a una procedura di consultazione condotta dall'OIL. Solamente l'Indonesia ha emesso alcune riserve. L'OIL ha approvato il ritiro definitivo delle cinque convenzioni nel giugno del 2000, avviando in tal modo la prima tappa della razionalizzazione dell'apparato normativo e contribuendo a rafforzare l'organizzazione.

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