Esame del funzionamento delle autorità di perseguimento penale della Confederazione Rapporto della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 5 settembre 2007

2007-2289

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Compendio Le autorità di perseguimento penale della Confederazione, e in particolare il Ministero pubblico della Confederazione, sono state oggetto nel 2006 di quattro indagini. La Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-N), che ha anche seguito l'evoluzione delle autorità di perseguimento penale nel corso degli ultimi cinque anni, ha esaminato i motivi, la realizzazione e i risultati di queste quattro indagini. La cooperazione tra il DFGP e la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale nella loro veste di autorità di vigilanza rispettivamente amministrativa e giudiziaria del MPC e i fatti legati alle dimissioni del procuratore generale della Confederazione nell'estate del 2006 sono diventate sempre più importanti mano a mano che l'esame avanzava. Dato che le critiche pubbliche vertenti sul ruolo del procuratore generale della Confederazione nel caso dell'impiego di Ramos come persone di fiducia non accennavano a placarsi, la CdG-N ha esaminato in modo approfondito le questioni che si sono poste a tale proposito.

I quattro rapporti di indagine 1.

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (non pubblicato) del 14 luglio 2006 verte sull'esiguo numero di atti d'accusa trasmessi fino a quel momento dal Ministero pubblico della Confederazione al Tribunale penale federale (n. 2.1). Prima di procedere all'indagine, il presidente della Corte dei reclami penali ha chiesto che il DFGP lo incaricasse anche di chiarire determinati aspetti di natura di vigilanza amministrativa e di riferirne al Dipartimento. In una nota informativa preliminare indirizzata al DFGP, il presidente della Corte dei reclami penali ha sottolineato, senza fondamento obiettivo, le lacune secondo lui drammatiche in materia di conduzione di un Ministero pubblico della Confederazione che non utilizzava nel modo migliore le risorse a sua disposizione. Al momento dei fatti, il DFGP stava esaminando le soluzioni che consentissero di allontanare dalla sua funzione il procuratore generale della Confederazione. Questa informazione ha anticipato e pregiudicato la decisione della Corte dei reclami penali. Nelle sue conclusioni, il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» rimprovera al procuratore generale della Confederazione il fatto di non essere sufficientemente informato degli affari del Ministero pubblico che dirigeva e presunte lacune in materia di conduzione; il rapporto gli addossava la maggior parte di responsabilità per il numero «manifestamente insufficiente» di atti d'accusa trasmessi al Tribunale penale federale.

Sulla base dei risultati del suo esame, la CdG-N accerta che il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» formula giudizi su aspetti concernenti il Progetto efficacia e sulla conduzione che non rientrano nel campo di competenza della vigilanza giudiziaria, bensì in quello della vigilanza amministrativa. La Corte dei reclami penali si è dunque sostituita all'autorità di vigilanza amministrativa senza disporre di una base legale per farlo e ha oltrepassato le sue competenze. Occorre inoltre constatare che il rapporto

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di indagine non ha rilevato elementi obiettivi che giustificassero le censure rivolte alla persona del procuratore generale della Confederazione. La CdG-N constata inoltre che nella realizzazione dell'indagine non sono stati rispettati i diritti processuali, in particolare il diritto di essere sentito. La commissione non può trarre conclusioni sufficienti sul funzionamento del Ministero pubblico della Confederazione a causa delle lacune procedurali e materiali che inficiano i risultati del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa». La CdG-N rileva da ultimo che le conclusioni dei rapporti «Lüthi» e «Uster» (n. 2.3 e 2.4) contraddicono quelle del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa».

2.

Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (finora non pubblicato) del 18 settembre 2006 esamina questioni legate alla liceità dell'impiego di Ramos come persone di fiducia da parte della Polizia giudiziaria federale (PGF) (n. 2.2). In seguito a un articolo pubblicato il 1° giugno 2006 dalla Weltwoche che rivolgeva pesanti critiche al procuratore generale della Confederazione riguardo all'impiego dell'ex trafficante di droga colombiano Ramos e al ruolo da questi svolto nel procedimento penale contro il banchiere privato H., il 5 giugno 2006 il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali si erano accordati, nell'ambito della loro funzione di vigilanza amministrativa e giudiziaria, di procedere a un esame straordinario dell'attività del Ministero pubblico della Confederazione. L'incarico di svolgere l'indagine era stato assegnato ai giudici del Tribunale penale federale Bernard Bertossa e Andreas J. Keller.

Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos», di cui il presente rapporto contiene ampi estratti, giunge alla conclusione che la PGF e il Ministero pubblico della Confederazione non hanno violato il diritto applicabile tacendo l'esistenza di Ramos e non facendo menzione del ruolo da lui svolto nei rapporti destinati all'incarto del procedimento. Le informazioni raccolte da Ramos non sono state utilizzate nel procedimento diretto contro H. né in altri procedimenti come mezzi di prova a carico dei prevenuti interessati. Il rapporto accerta inoltre che la missione che incaricava Ramos di raccogliere informazioni non era contraria al diritto svizzero e che niente permette di affermare che nel suo agire Ramos abbia violato il diritto. Il rapporto precisa in particolare che niente permette di dedurre che la PGF o il Ministero pubblico della Confederazione fossero a conoscenza di fatti che potessero far pensare che Ramos non avesse rispettato il divieto di comportarsi da agente provocatore e che avesse con il suo comportamento o i suoi atti indotto chicchessia a infrangere la legge penale. Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» giunge alla conclusione che il Ministero pubblico della Confederazione non ha violato la legge avviando la procedura investigativa sulla base delle informazioni fornite da Ramos.

La CdG-N ha
inoltre fatto luce su un certo numero di questioni supplementari riguardanti, da un lato, le accuse pubblicate sui media secondo cui Ramos sarebbe stato un agente doppio al soldo delle autorità americane, e,

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d'altro lato, il ruolo del procuratore generale della Confederazione e le responsabilità del Ministero pubblico della Confederazione e della PGF nel reclutamento e nella gestione di Ramos. Per quanto concerne l'affermazione secondo cui durante il suo soggiorno in Svizzera Ramos sarebbe stato un agente doppio, l'indagine della CdG-N non ha fornito elementi che permettano di concludere che questi avrebbe lavorato anche per le autorità di perseguimento penale americane o che abbia agito per loro conto. A tale proposito, la CdG-N ha sottoposto a due analisi indipendenti l'una dall'altra alcuni documenti americani di fonte anonima, che un consigliere nazionale aveva consegnato al presidente della Corte dei reclami penali e ai quali diversi media avevano avuto accesso. Tali analisi giungono alla conclusione che i documenti sono il risultato di indagini private svolte per conto di un committente anonimo implicato nel procedimento penale contro H. Secondo le analisi, tali documenti non permettono di avvalorare l'ipotesi secondo cui Ramos avrebbe lavorato per le autorità di perseguimento penale americane durante il suo soggiorno in Svizzera. La CdG-N è stupita che, fondandosi soltanto su questi documenti di origine americana e di fonte anonima, la Corte dei reclami penali abbia aggiunto nel rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» l'affermazione che Ramos, durante il suo soggiorno in Svizzera, lavorasse anche per le autorità di perseguimento penale americane. Dato che il rapporto a quel momento era già stato adottato, il Ministero pubblico della Confederazione e la PGF non hanno potuto esprimere il loro parere né su questi documenti di fonte anonima, né sulla valutazione che ne era stata fatta. Con questa affermazione non verificata, il rapporto ha creato un terreno favorevole alle congetture sul doppio ruolo di Ramos.

Per quanto concerne il ruolo del procuratore generale della Confederazione nell'affare Ramos, la CdG-N accerta che Ramos è stato trasferito dagli Stati Uniti su iniziativa del procuratore generale per servire da persona di fiducia alla PGF, ma che quest'ultima si è assunta da sola la responsabilità della sua gestione e del suo impiego. La CdG-N non può giudicare sull'opportunità della reclutamento di Ramos; la risposta su questo punto dipende infatti dal punto di vista e dalle priorità
definite in materia di perseguimento penale. In modo generale, la CdG-N reputa che il margine di manovra nell'impiego di persone di fiducia sia molto ampio, che il reclutamento e il controllo delle persone di fiducia oltrepassino il quadro di una semplice direttiva della PGF, e che dunque vi è la necessità di istituire una base legale formale che, da un lato, operi una distinzione netta tra persone di fiducia e agente infiltrato e, d'altra parte, disciplini chiaramente le condizioni di impiego e il controllo delle persone di fiducia.

3.

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Lo scopo dell'indagine amministrativa in seno al Ministero pubblico della Confederazione svolta dall'avvocato bernese Rolf Lüthi, il cui rapporto è stato pubblicato il 15 settembre 2006 (rapporto «Lüthi», n. 2.3), è in particolare di esaminare, in una prima fase, l'attuazione e il modo di lavoro della task force Guest della PGF che ha gestito e assistito Ramos e poi, in una seconda fase, di rispondere alle domande concernenti l'organizzazione e la conduzione del Ministero pubblico della Confederazione. Il rapporto

«Lüthi» conferma che la PGF ha gestito e assistito Ramos conformemente alle proprie direttive. Esso rileva inoltre che il procuratore generale della Confederazione ha fatto domanda alla PGF di avvalersi di Ramos come persona di fiducia, che egli ha partecipato alla decisione di principio dopo le verifiche della PGF e che ha messo a disposizione della PGF un procuratore per servire, se necessario, come consulente giuridico. Il rapporto sottolinea inoltre che il Ministero pubblico non ha avuto altra funzione nell'ambito dell'impiego di Ramos e che non gli ha corrisposto denaro. Esso conclude in particolare che il rapido sviluppo iniziale del Ministero pubblico della Confederazione e della PGF e il successivo congelamento del piano di sviluppo hanno provocato alcuni problemi. L'indagine ha tuttavia accertato che, nonostante questo quadro difficile, il Ministero pubblico della Confederazione funziona correttamente e che la sua attuale organizzazione gli permette di svolgere correttamente i suoi compiti. Il rapporto di indagine evidenzia anche i potenziali miglioramenti.

4.

Nella sua valutazione dello stato attuale, l'Analisi della situazione EffVor del 31 agosto 2006 (rapporto «Uster» pubblicato il 29 settembre 2006, n. 2.4) giunge a conclusioni simili a quelle del rapporto «Lüthi» e conferma che le autorità di perseguimento penale della Confederazione funzionano correttamente nel settore delle nuove competenze e che è stato fatto un lavoro sostanziale in quello dello sviluppo. Il rapporto «Uster» propone di proseguire nello sviluppo applicando il modello detto della «Concentrazione delle forze» sulla base del bilancio attuale. Da allora, l'attuazione delle proposte è stata concretizzata nel quadro dell'EffVor2 e approvata dal Consiglio federale. Questo processo di attuazione sarà terminato entro la fine del 2007. Riguardo alla limitazione delle risorse e all'intenzione di definire priorità che permettano di scegliere i casi che verranno trattati, la CdG-N sottolinea che la conduzione delle autorità di perseguimento penale incentrata unicamente sulle gestione delle risorse potrebbe entrare in conflitto con la massima dell'ufficialità e il principio di legalità. La CdG-N invita il Tribunale penale federale a dare una priorità elevata alla riduzione dei casi pendenti presso l'Ufficio federale dei giudici istruttori e si aspetta dal Consiglio federale che vegli affinché le autorità di perseguimento penale siano messe in grado di adempiere il loro compito con la necessaria diligenza nei settori sottoposti alla competenza obbligatoria della Confederazione. La CdG-N continuerà a seguire l'attuazione dell'EffVor2.

Le circostanze delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione Nel presente rapporto, la CdG-N rende pubbliche le circostanze e i retroscena che hanno portato il procuratore generale della Confederazione a rassegnare le sue dimissioni il 5 luglio 2006 (n. 3). La nutrita documentazione esaminata dalla CdG-N permette di concludere che le dimissioni del procuratore generale della Confederazione non siano state spontanee. Nel novembre del 2004, il capo del DFGP ha inflitto al procuratore generale della Confederazione un primo ammonimento scritto in relazione al caso Achraf (il procuratore generale della Confederazione aveva lasciato che il suo portavoce partecipasse a un incontro con la stampa nonostante

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che il capo del dipartimento avesse vietato di tenere conferenze stampa) e lo ha minacciato di licenziamento in caso di recidiva. Tre giorni dopo il week-end di Pentecoste del 2006, week-end durante il quale il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale avevano concordato, in seguito alle accuse pubblicate dalla Weltwoche in merito all'impiego di Ramos, di procedere a un esame straordinario dell'attività del Ministero pubblico nei loro settori di competenza rispettivi, il capo del Dipartimento ha comunicato al procuratore generale della Confederazione che gli era diventato impossibile continuare a lavorare con lui e che intendeva porre fine al rapporto di lavoro. Egli ha inflitto al procuratore generale della Confederazione un avvertimento e un severo biasimo per rifiuto di informare, irreperibilità, rifiuto di dialogo e atteggiamento sleale, accompagnato da una minaccia di disdetta del rapporto di lavoro. Gli ha inoltre vietato di organizzare incontri con la stampa senza aver prima consultato il Dipartimento.

Dall'incarto personale del procuratore generale della Confederazione risulta che il DFGP stava in quel momento studiando la possibilità di disdire il rapporto di lavoro, pur essendo cosciente che non vi erano motivi di disdetta a carico del procuratore generale della Confederazione. In seguito, il Dipartimento ha intrapreso con il procuratore generale della Confederazione la negoziazione di una convenzione e di un'indennità di partenza. Dai documenti consultati dalla CdG-N risulta che il capo del DFGP non ha informato il Consiglio federale in merito alle note di biasimo inflitte al procuratore generale della Confederazione e alle minacce di licenziamento.

La CdG-N giunge alla conclusione che il capo del DFGP ha posto fine al rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione per mezzo di una convenzione, senza che esistessero motivi di disdetta ai sensi della legge sul personale.

L'indennità di partenza è stata corrisposta al procuratore generale in assenza di una base legale corrispondente. Considerata l'indipendenza del procuratore generale della Confederazione, questo modo di agire pone problemi dal profilo di principio che reggono lo Stato di diritto. Con il suo modo di agire nei confronti del procuratore generale della
Confederazione, il capo del DFGP ha eluso il Consiglio federale che, nella sua veste di organo di nomina, è il solo competente per disdire il rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione. Il capo del DFGP ha oltrepassato le sue competenze. Per quanto concerne l'informazione del pubblico sui procedimenti di indagine in corso, ha impartito al procuratore generale della Confederazione istruzioni in merito, senza essere autorizzato a farlo. Sanzionando disciplinarmente il procuratore generale per inosservanza di tali istruzioni, il capo del DFGP ha recato pregiudizio alla sua indipendenza giudiziaria.

Benché i segnali di conflitto tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione fossero visibili già da un certo tempo, il Consiglio federale non si è assunto le responsabilità che gli incombono nella sua veste di autorità di nomina e di vigilanza del procuratore generale della Confederazione.

La CdG-N raccomanda al Consiglio federale di affrontare senza indugio e in modo attivo la problematica del Ministero pubblico della Confederazione e di prendere misure che garantiscono l'indipendenza del Ministero pubblico della Confederazione dal profilo istituzionale e altresì l'indipendenza dei magistrati che lo compongo-

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no. La CdG-N domanda inoltre al Consiglio federale di chiarire la delimitazione tra la libertà di informare del Ministero pubblico della Confederazione e l'attività di informazione della sua autorità di tutela amministrativa (DFGP).

Problemi relativi alla bipartizione della vigilanza esercitata sul Ministero pubblico della Confederazione Visti i problemi affrontati nel presente rapporto, la CdG-N si è occupata anche della questione dell'attuale bipartizione della vigilanza esercitata sul Ministero pubblico della Confederazione, volta a garantirne l'indipendenza (n. 4). Essa giunge alla conclusione che i fondamenti legali che disciplinano questa vigilanza sono lacunosi e mancano di chiarezza. La CdG-N ritiene di conseguenza che sia necessario chiarire la delimitazione e il coordinamento tra le autorità di vigilanza nonché la portata della vigilanza amministrativa e di quella della vigilanza giudiziaria e di disciplinarle a livello di legge. In linea di principio, gli accertamenti riferiti nel presente rapporto dovranno essere tenuti in considerazione nel quadro dei lavori attualmente in corso in vista del riassetto della vigilanza sul Ministero pubblico della Confederazione.

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Indice Compendio

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Elenco delle abbreviazioni

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1 Contesto e oggetto dell'esame 1.1 Riassunto dei fatti 1.2 Modo di procedere 1.3 Oggetto dell'esame 1.4 Limiti del presente esame e delimitazione rispetto alle competenze di altre autorità

1698 1698 1699 1699 1700

2 I quattro rapporti d'inchiesta 1701 2.1 Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale 1701 2.1.1 Introduzione 1701 2.1.2 Osservazioni preliminari sullo svolgimento della procedura penale federale 1701 2.1.3 Motivi e genesi: cronologia 1702 2.1.4 Contenuto e conclusioni del rapporto 1708 2.1.5 Parere del 26 giugno 2006 del procuratore generale della Confederazione sul progetto di rapporto intermedio di vigilanza 1712 2.1.6 Replica della Corte dei reclami penali al parere del 26 giugno 2006 del procuratore generale della Confederazione 1716 2.1.7 Domanda del MPC all'autorità di vigilanza 1717 2.1.7.1 Oggetto della domanda 1717 2.1.7.2 Competenza delle CdG 1718 2.1.7.3 Metodo e indagini delle CdG 1718 2.1.7.4 Risultati e conclusioni 1719 2.1.8 Risultati delle audizioni e dei pareri scritti in merito al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» 1719 2.1.9 Altre reazioni al rapporto 1721 2.1.10 Accertamenti e valutazioni della CdG-N 1722 2.1.11 Conclusioni della CdG-N riguardo al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» 1727 2.2 Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» della Corte dei reclami penali del TPF 1728 2.2.1 Motivi e genesi 1728 2.2.2 Contenuto e conclusioni del rapporto 1729 2.2.3 Altre notizie pubblicate da alcuni media su Ramos e indagini complementari della CdG-N 1739 2.2.4 Risultato delle audizioni e dei pareri scritti in merito al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» 1740 2.2.5 Accertamenti e valutazioni della CdG-N 1744

1694

2.3

2.4

2.5 2.6 2.7

2.2.6 Conclusioni della CdG-N in merito al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» 1746 L'indagine amministrativa in seno al Ministero pubblico della Confederazione (rapporto «Lüthi») 1747 2.3.1 Motivi e genesi 1747 2.3.2 Conclusioni del rapporto 1747 2.3.3 Reazioni delle autorità interessate 1749 L'analisi della situazione EffVor (rapporto «Uster») 1750 2.4.1 Motivi e genesi 1750 2.4.2 Conclusioni del rapporto 1750 2.4.3 Reazioni delle autorità interessate 1752 Accertamenti e valutazioni della CdG-N in merito ai quattro rapporti d'indagine 1753 Conclusioni della CdG-N 1756 Raccomandazioni della CdG-N 1756

3 Le circostanze delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione 1757 3.1 Fatti 1757 3.1.1 Introduzione 1757 3.1.2 Cronologia del conflitto tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione 1757 3.1.2.1 Ammonimento scritto del 9 novembre 2004 dopo il caso «Achraf» 1757 3.1.2.2 Minaccia di una nuova sanzione disciplinare nella primavera del 2006 1759 3.1.2.3 Pubblicazione sul caso Ramos e indagini straordinarie nell'estate del 2006 1760 3.1.2.4 Avvertimento e severo biasimo dell'8 giugno 2006 1764 3.1.2.5 Informazione del Consiglio federale nella seduta del 9 giugno 2006 1765 3.1.2.6 Preparativi della segreteria generale del DFGP in vista della partenza del procuratore generale della Confederazione 1766 3.1.2.7 Competenze in materia di convenzione di partenza e per l'insediamento di un capo ad interim del MPC 1767 3.1.2.8 Annuncio delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione del 5 luglio 2006 1768 3.1.2.9 Certificato di lavoro del 15 novembre 2006 1769 3.1.3 Risultati delle audizioni e dei pareri scritti in merito alle dimissioni del procuratore generale della Confederazione 1769 3.2 Accertamenti e valutazioni della CdG-N 1773 3.3 Conclusioni e raccomandazioni della CdG-N 1780 4 Problemi riguardo alla bipartizione della vigilanza esercitata sul MPC 4.1 Accertamenti 4.2 Conclusioni della CdG-N

1781 1781 1784

1695

5 Compendio delle conclusioni e raccomandazioni della CdG-N

1784

6 Passi futuri

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Allegato Elenco delle persone sentite

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1696

Elenco delle abbreviazioni CaF CdG CdG-N CP CPF CPP DelCG DFGP DFI DTF EffVor Fedpol LFIM LParl LPers LSEE LTPF MPC OLOGA OPers Org DFGP PGF PPF PS 03 RDS RPS SAP TPF UFG UFPER UGI

Cancelleria federale Commissione(i) della gestione Commissione della gestione del Consiglio nazionale Codice penale svizzero del 21 dicembre 1939, RS 311.0 Codice penale francese Codice di procedura penale (disegno) Delegazione delle Commissioni della gestione Dipartimento federale di giustizia e polizia Dipartimento federale dell'interno Decisioni del Tribunale federale svizzero Progetto efficienza Ufficio federale di polizia Legge federale del 20 giugno 2003 sull'inchiesta mascherata, RS 312.8 Legge federale del 13 dicembre 2002 sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento), RS 171.10 Legge del 24 marzo 2000 sul personale federale, RS 172.220.1 Legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, RS 142.20 Legge del 4 ottobre 2002 sul Tribunale penale federale, RS 173.71 Ministero pubblico della Confederazione Ordinanza del 25 novembre 1998 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione, RS 172.010.1 Ordinanza del 3 luglio 2001 sul personale federale, RS 172.220.111.3 Ordinanza del 17 novembre 1999 sull'organizzazione del Dipartimento federale di giustizia e polizia, RS 172.213.1 Polizia giudiziaria federale Legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale, RS 312.0 Programma di sgravio 03 Rivista di diritto svizzero Rivista penale svizzera Servizio di analisi e prevenzione Tribunale penale federale Ufficio federale di giustizia Ufficio federale del personale Ufficio dei giudici istruttori federali

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Rapporto 1

Contesto e oggetto dell'esame

1.1

Riassunto dei fatti

A partire dal 2002, le autorità federali di perseguimento penale, ossia la Polizia giudiziaria federale (PGF), il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) e l'Ufficio dei giudici istruttori federali (UGI) sono stati considerevolmente rafforzati e il 1° aprile 2004 è entrato in funzione il nuovo Tribunale penale federale (TPF) a Bellinzona. Tale rafforzamento è conseguenza del cosiddetto «Progetto Efficienza»1 (EffVor), in seguito al quale il Parlamento ha affidato alla Confederazione nuove competenze in materia di perseguimento penale. Si tratta di una competenza obbligatoria per i reati in materia di crimine organizzato, riciclaggio di denaro sporco e corruzione, di una competenza facoltativa per quanto concerne la criminalità economica, i casi complessi di dimensione nazionale o internazionale (art. 337 CP2; art. 340bis fino a tutto il 2006). Il piano di attuazione del Progetto Efficienza, allestito nel 2000, prevedeva un'attuazione progressiva, entro il 2006 circa, delle nuove strutture per le autorità federali di perseguimento penale in seno al MPC, alla PGF e all'UGI nonché la creazione di 942 posti supplementari, con un bilancio annuo di 142 milioni di franchi. Questo piano è stato rispettato fino al 2003. Con l'adozione del programma di sgravio 2003 (PAB 03), il Parlamento ha congelato le spese per lo sviluppo delle strutture. Dopo il congelamento dell'attuazione del piano di sviluppo durato fino al 2006, occorreva rivalutare l'EffVor per deciderne l'ulteriore sviluppo.

Nel 2006 l'effettivo dell'EffVor comprendeva 565 posti, con un bilancio di 110 milioni di franchi.

Nel febbraio 2006 il capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) ha istituito un organismo di progetto con l'incarico di analizzare la situazione e formulare proposte sul modo di procedere nel settore EffVor a partire dal 2007, ovvero allo scadere del periodo di congelamento del progetto. Il comitato di progetto «Analisi della situazione EffVor» ha presentato il 31 agosto 2006 le sue conclusioni, accompagnate da raccomandazioni (rapporto «Uster», v. n. 2.4).

Nel corso del 2006 sono state svolte tre altre inchieste vertenti sul MPC e sulle autorità penali della Confederazione. Dato che nell'aprile 2006 il Tribunale penale federale aveva constatato che il Ministero pubblico della Confederazione da sei mesi
non aveva più presentato atti d'accusa, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, nella veste di autorità di vigilanza giudiziaria sul MPC, ha condotto un'inchiesta volta ad appurare perché il numero degli atti d'accusa trasmessi al TPF rimaneva inferiore alle attese iniziali. La Corte dei reclami penali ha riferito i suoi accertamenti in un rapporto intermedio di vigilanza (rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» del 14 luglio 2006, v. n. 2.1). Dopo che un articolo della Weltwoche del 1° giugno 2006 aveva rivolto gravi accuse al procuratore generale della Confederazione riguardo all'impiego di Ramos come persona di fiducia e al caso H., e che nei giorni seguenti da parte di alcuni media e attori politici erano giunte severe 1

2

Modifica del 22.12.1999 del Codice penale svizzero (Istituzione di nuove competenze procedurali della Confederazione nei settori della criminalità organizzata e della criminalità economica; FF 2000 70).

Codice penale svizzero del 21.12.1937 (CP, RS 311.0).

1698

critiche nei confronti del procuratore generale della Confederazione, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale e il capo del DFGP hanno ordinato un'inchiesta, ognuno nel rispettivo settore di competenza. I risultati di tali indagini sono riassunti nel rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» presentato dalla Corte dei reclami penali al DFGP il 18 settembre 2006 (v. n. 2.2) e nel rapporto sull'inchiesta amministrativa in seno al Ministero pubblico della Confederazione del 15 settembre 2006 (rapporto «Lüthi», v. n. 2.3).

1.2

Modo di procedere

Il 26 giugno 2006 la Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-N) ha incaricato la sua sottocommissione DFGP/CaF di esaminare i vari rapporti di inchiesta sul MPC e le altre autorità penali della Confederazione e, se necessario, di procedere a indagini supplementari.

Dalla fine dell'agosto 2006 al gennaio 2007, la sottocommissione DFGP/CaF3 della CdG-N (di seguito: sottocommissione) ha sentito i rappresentanti di tutte le autorità interessate nonché gli autori dei rapporti d'inchiesta4. La sottocommissione ha inoltre domandato al procuratore generale della Confederazione, al MPC, alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale e ai suoi presidenti, al capo del DFGP e al suo segretario generale di esprimersi per scritto su questioni aperte e di produrre un certo numero di documenti. La sottocommissione si è riunita dodici volte nel quadro del presente esame.

Il 9 luglio 2007 la sottocommissione ha sottoposto per parere il suo progetto di rapporto al capo del DFGP, alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale al MPC e al procuratore generale della Confederazione. La sottocommissione ha esaminato i pareri il 14 agosto 2007 e ne ha parzialmente tenuto conto nel presente rapporto.

Il 14 agosto 2007 la sottocommissione ha deciso con 6 voti contro 4 di trasmettere il presente rapporto alla CdG-N, che lo ha adottato il 5 settembre 2007 con 16 voti contro 6 e ne ha autorizzato la pubblicazione.

1.3

Oggetto dell'esame

Nel valutare i quattro rapporti d'inchiesta, la CdG-N ha constatato che, dal profilo dell'alta vigilanza politica esercitata dal Parlamento e al di là dei risultati e delle conclusioni, le ragioni che ne sono alla base e la loro genesi sono altrettanto importanti nella prospettiva dell'alta vigilanza politica esercitata dal Parlamento. La cooperazione tra il DFGP e la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale nella loro veste di autorità di vigilanza sul MPC, ma anche un certo numero di aspetti concernenti le dimissioni del procuratore generale della Confederazione sono 3

4

La sottocommissione si componeva dei deputati seguenti: Lucrezia Meier-Schatz (presidente), Max Binder, Toni Brunner, André Daguet, Ida Glanzmann-Hunziker (partecipazione parziale), Jean-Paul Glasson, Walter Glur, Edith Graf-Litscher (partecipazione parziale), Josy Gyr-Steiner (partecipazione parziale), Brigitte HäberliKoller (partecipazione parziale), Claude Janiak, Geri Müller, Marc Suter (partecipazione parziale), Kurt Wasserfallen (partecipazione parziale).

Persone sentite: v. allegato.

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divenuti sempre più importanti con il procedere dei lavori. A causa del protrarsi delle critiche pubbliche sul ruolo del procuratore generale della Confederazione nella questione dell'impiego di Ramos come persona di fiducia, la sottocommissione si è in particolare chinata sulle questioni e sui punti seguenti: 1.

Perché sono state decise le varie inchieste e come sono state realizzate?

2.

A quali risultati sono giunte tali inchieste?

3.

Su quali punti i rapporti d'inchiesta convergono e su quali altri punti sono divergenti?

4.

Le dimissioni del procuratore generale della Confederazione.

5.

La cooperazione e i conflitti tra le diverse autorità che esercitano la vigilanza sul MPC e sulle altre autorità di perseguimento penale della Confederazione.

6.

La sottocommissione ha domandato chiarimenti approfonditi sulle accuse mosse al procuratore generale della Confederazione riguardo all'impiego di Ramos come persona di fiducia.

1.4

Limiti del presente esame e delimitazione rispetto alle competenze di altre autorità

La CdG-N ha seguito da vicino per cinque anni l'attuazione di EffVor. In merito al seguito da dare a questo progetto una volta scaduto il periodo di congelamento del programma, il 15 dicembre 2006 il Consiglio federale ha scelto il modello 2 «Concentrazione delle forze» dell'«Analisi della situazione EffVor» (rapporto «Uster», v. n. 2.4). Il DFGP ne ha affidato l'attuazione a un comitato di progetto posto sotto la presidenza dell'ex consigliere di Stato Hanspeter Uster (ZG), che il 16 aprile 2007 ha presentato un rapporto di attuazione5 al DFGP (v. n. 2.4.3). Il Consiglio federale ne ha preso conoscenza il 4 luglio 2007 e ha approvato la proposta di attuazione di EffVor2 presentata dal DFGP. Questo processo di attuazione sarà terminato entro la fine del 2007. La CdG-N non si pronuncia sulla direzione scelta dal Consiglio federale e si limita a formulare in questa sede alcune osservazioni e raccomandazioni concernenti il futuro delle autorità di perseguimento penale della Confederazione.

Nell'esame e nella valutazione della vigilanza esercitata dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale sul MPC, la CdG-N deve in particolare vegliare all'osservanza del principio della separazione dei poteri. Essa non deve dunque pronunciarsi sul merito delle decisioni della Corte dei reclami penali, bensì limitare il suo esame alla valutazione del modo in cui quest'ultima esercita la vigilanza giudiziaria nel quadro dei rapporti intermedi di vigilanza «atti d'accusa» e «Ramos», della vigilanza in generale e dei problemi di delimitazione derivanti dalla sua attuale bipartizione (vigilanza amministrativa e vigilanza giudiziaria).

5

Rapporto di attuazione; il perseguimento penale a livello federale (progetto EffVor2) del 16.4.2007 (http://www.ejpd.admin.ch/ejpd/it/home/dokumentation/mi/2007/2007-0704.html).

1700

2

I quattro rapporti d'inchiesta

2.1

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale

2.1.1

Introduzione

Il 14 luglio 2006, nel quadro dell'esercizio della vigilanza giudiziaria sul MPC, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (di seguito: Corte dei reclami penali) ha adottato un rapporto intermedio di vigilanza a destinazione della MPC nella sua veste di autorità oggetto della vigilanza, del DFGP nella sua qualità di organo di vigilanza amministrativa, delle Commissioni della gestione in qualità d'organo di alta vigilanza e del comitato di progetto «Analisi della situazione EffVor» nella persona del suo presidente Hanspeter Uster. Questo rapporto (di seguito: rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa»6) riferisce sull'indagine svolta dalla Corte dei reclami penali a proposito dell'esiguo numero di atti d'accusa trasmessi fino a quel momento dal MPC al TPF. Benché tale rapporto non sia stato pubblicato7, un'indiscrezione ha permesso ad alcuni media di prenderne conoscenza8.

Il 19 luglio 2006 il MPC si è rivolto alle sottocommissioni Tribunali delle due CdG, rendendole partecipi della sua grande perplessità in merito al contenuto del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» e al modo in cui era stato allestito. Dopo essersi concertate, le CdG hanno deciso di affidare la trattazione delle domanda del MPC alla sottocommissione DFGP/CaF della CdG-N, incaricandola di trattarla contemporaneamente all'esame in corso.

2.1.2

Osservazioni preliminari sullo svolgimento della procedura penale federale

La procedura penale federale si svolge in più fasi. Il MPC apre una procedura delle indagini di polizia giudiziaria in caso di sospetti di reati di competenza della giurisdizione federale. Durante questa fase, il MPC e la Polizia giudiziaria federale (PGF) svolgono indagini. Se i sospetti sono confermati, il MPC trasmettere l'incarto all'UGI, che procede all'istruzione preparatoria, nel corso della quale il giudice istruttore chiarisce più approfonditamente i fatti. Una volta chiusa l'istruzione preparatoria, l'UGI rinvia il fascicolo al MPC, che decide se chiudere il procedimento oppure mettere l'imputato in stato d'accusa (promozione dell'accusa). In quest'ultimo caso, il MPC trasmette l'atto di accusa e i fascicoli di indagine e di

6

7

8

Rapporto intermedio di vigilanza. Rapporto intermedio della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale del 14.7.2006 concernenti chiarimenti riguardanti la vigilanza giuridica in merito all'esiguo numero di atti d'accusa.

La Corte dei reclami penali destina i suoi rapporti annuali ordinari di vigilanza e gli eventuali rapporti intermedi di vigilanza al MPC nella sua veste di autorità oggetto della vigilanza e alle altre autorità di vigilanza (DFGP, Alta vigilanza parlamentare). È prassi della Corte dei reclami penali non pubblicare tali rapporti.

Hanspeter Bürgin: Roschachers letztes Aufbäumen, Tages-Anzeiger del 22.9.2006; Andreas Windlinger, Andrea Bleicher e Monica Fahmy: Valentin Roschacher: Vernichtende Bilanz der Aufsichtsbehörde, SonntagsZeitung del 24.9.2006.

1701

istruzione preliminare alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale a Bellinzona.

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» verte soltanto sulla fase della preparazione dell'atto di accusa da parte del MPC che fa seguito alla chiusura dell'istruzione preparatoria da parte dell'UGI e alla trasmissione del fascicolo dall'UGI al MPC. La legge non prescrive termini per l'elaborazione dell'atto di accusa.

2.1.3

Motivi e genesi: cronologia

a) Informazioni sulle future promozioni dell'accusa Il 2 marzo 2006, in vista dell'incontro annuale con le sottocommissioni Tribunali delle due CdG, prevista per il 5 aprile 2006 e che doveva in particolare avere per tema il carico di lavoro del Tribunale, il presidente del TPF domandò al MPC di comunicargli il numero di atti d'accusa che la Corte penale avrebbe ricevuto prima della fine del mese. L'ultima promozione dell'accusa era stata depositata nell'ottobre del 2005. Il 9 marzo il MPC fece sapere che avrebbe depositato quattro atti d'accusa prima della fine del mese di marzo. Il 3 aprile 2006 (timbro postale del 31 marzo 2006), il TPF ricevette due delle quattro promozioni dell'accusa annunciate. Un terzo atto d'accusa gli pervenne il 10 aprile 2006. La quarta promozione dell'accusa non è stata verosimilmente depositata, dato che a causa di una decisione della Corte dei reclami penali occorreva ancora ottenere l'accordo del Consiglio federale (art. 105 PP9), come comunicato dal MPC al presidente del TPF a fine marzo.

b) Necessità di intervenire In occasione della sua seduta del 4 aprile 2006, la direzione del TPF domandò all'autorità di vigilanza giudiziaria del MPC, ossia alla Corte dei reclami penali, di esaminare le ragioni dell'esiguo numero di atti d'accusa promossi rispetto al numero di istruzioni preparatorie chiuse, di chiarire i motivi all'origine della carenza di affidabilità delle stime effettuate dal MPC e di proporre possibili misure per migliorare la situazione. Il giorno seguente, la direzione del TPF informò le sottocommissioni Tribunali delle due CdG sull'evoluzione del numero delle promozioni dell'accusa e della domanda che aveva rivolto alla Corte dei reclami penali. In proposito, il presidente della Corte dei reclami penali affermò che la situazione era chiaramente insoddisfacente e giustificava un intervento dell'autorità di vigilanza.

c) Decisione della Corte dei reclami penali dell'11 aprile 2006 L'11 aprile 2006 la Corte dei reclami penali decise di procedere a un'approfondita analisi della situazione. La decisione si fondava sul fatto che l'UGI nel 2005 aveva chiuso 18 istruzioni preparatorie, che il procuratore generale della Confederazione sosteneva che occorrevano al MPC da uno a tre mesi per stilare un atto d'accusa al termine di un'istruzione preparatoria (in
seguito, si è parlato di una media di tre mesi), che il MPC aveva promesso di procedere a quattro promozioni dell'accusa prima del 31 marzo 2006, che a quella data non era pervenuta al TPF nessuna promozione dell'accusa e il TPF ne aveva ricevute due il 3 aprile e una il 10 aprile 2006. Oltre che al MPC, la decisione della Corte dei reclami penali del 12 aprile 9

Legge federale del 15.6.1934 sulla procedura penale (PPF; RS 312.0).

1702

2006 venne comunicata alla direzione del TPF e al capo del DFGP in veste di autorità di vigilanza.

La Corte dei reclami penali domandò al procuratore generale della Confederazione di fornirle, prima del 20 aprile 2006, una copia dei rapporti finali dei 18 procedimenti chiusi nel 2005 dall'UGI e informazioni sulle date in cui il MPC aveva ricevuto questi rapporti, sui passi che quest'ultimo aveva poi intrapreso e sullo stato di questi procedimenti. Inoltre, la Corte dei reclami penali invitò il procuratore generale della Confederazione a recarsi alla sede del TPF il 27 aprile 2006 allo scopo di dare il suo parere in merito alle questioni sollevate e, se necessario, su altri punti.

d) Risposta del MPC del 20 aprile 2006 Il 20 aprile 2006, dunque entro il termine che gli era stato impartito, il MPC fornì alla Corte dei reclami penali le informazioni richieste. Tali informazioni riguardavano 17 dei 18 procedimenti chiusi nel 2005 dall'UGI. A proposito del 18esimo procedimento, il MPC riferì che, secondo il suo sistema di controllo, l'UGI aveva chiuso soltanto 17 procedimenti. In seguito, è stato appurato che l'UGI aveva, senza informarne il MPC, stralciato un singolo caso da un procedimento per trasmetterlo al Cantone di Zurigo. Il MPC non disponeva dunque di nessun rapporto finale dell'UGI su questo 18esimo caso. Per quanto concerne i 17 procedimenti, il MPC fornì informazioni sulla chiusura dell'istruzione preparatoria e sullo stato della procedura al 18 aprile 2006. Tali informazioni hanno permesso di accertare che, a quella data, il MPC aveva proceduto a 10 promozioni dell'accusa10 presso il TPF, che un procedimento era stato sospeso e che un altro procedimento era stato trasmesso al Cantone di Vaud. A proposito dei rimanenti 5 procedimenti, il MPC sostenne che uno di questi sarebbe sicuramente sfociato in una sospensione e che in un altro caso la Spagna aveva presentato una domanda di delega del perseguimento penale. Il MPC allegò i rapporti finali sui sette casi che non avevano ancora dato luogo a una promozione dell'accusa, mentre per i rapporti concernenti i 10 altri procedimenti rinviò a quelli già in possesso della Corte penale.

Per quanto riguarda il tempo necessario alla redazione degli atti d'accusa, il MPC sottolineò di avere sempre detto che si sforzava di stilarli entro un termine
medio di tre mesi, ma che regolarmente si presentavano casi nei quali il procedimento doveva essere sospeso oppure trasferito a un cantone o a uno Stato estero. Il MPC insistette sul fatto che non tutte le istruzioni preparatorie chiuse sfociano necessariamente in una promozione dell'accusa e che non sempre è possibile redigere un atto d'accusa in meno di tre mesi a contare dal ricevimento dei fascicoli trasmessi dall'UGI poiché il tempo necessario dipende, da un lato, dall'ampiezza e dalla complessità del caso e, d'altro lato, del tempo che il procuratore interessato deve dedicare anche ad altre indagini. Per quanto concerne i 10 atti d'accusa promossi nel periodo in questione, il MPC rilevò che questo termine era stato di due mesi per quattro casi, di due mesi e mezzo per un caso, di tre mesi per due casi, di tre mesi e mezzo per un caso e di sei mesi per due casi, ciò che corrisponde a un termine medio di 3,2 mesi.

10

Sette promozioni dell'accusa sono state depositate prima della fine di ottobre del 2005, due sono state depositate il 3 aprile e una il 10 aprile 2006.

1703

e) Contatto tra il DFGP e la Corte dei reclami penali Prima dell'audizione del procuratore generale della Confederazione prevista per il 27 aprile 2006, il presidente della Corte dei reclami penali prese contatto con il segretario generale del DFGP. Ritenendo che l'esame comprendesse anche aspetti amministrativi, il presidente della Corte dei reclami penali gli domandò se non volesse assistere all'audizione del procuratore. Il segretario generale del DFGP declinò l'offerta del presidente. La vigilia dell'audizione, quest'ultimo trasmise per fax al segretario generale del DFGP un progetto di lettera destinata alla Corte dei reclami penali. Il segretario generale riprese alla lettera il progetto e, il 27 aprile 2006, la rispedì per fax al presidente della Corte dei reclami penali. La lettera cominciava con i ringraziamenti per la comunicazione della decisione dell'11 aprile 2006 sull'analisi approfondita delle regioni all'origine del numero esiguo di atti d'accusa promossi dal MPC. Sostanzialmente, questa lettera confermava quanto già espresso a voce, ossia la sorpresa del DFGP per il numero insignificante di atti d'accusa promossi fino ad allora dal MPC e l'opinione che, nella sua veste di organo incaricato della vigilanza amministrativa sul MPC, il Dipartimento avrebbe dovuto far luce su questa inattesa situazione. La lettera pregava inoltre la Corte dei reclami penali di far pervenire al Dipartimento, una volta terminato l'esame, una rapporto sulla base del quale quest'ultimo avrebbe potuto valutare l'opportunità di eventuali misure amministrative. La lettera precisava anche che, a fini di obiettività, il rapporto non doveva contenere informazioni dettagliate sui diversi procedimenti interessati e che la partecipazione del segretario generale all'udienza del procuratore generale era inopportuna.

f) Audizione del procuratore generale della Confederazione e del suo sostituto alla sede del TPF il 27 aprile 2006 In vista della sua audizione prevista per il 27 aprile alla sede del TPF a Bellinzona, il procuratore generale della Confederazione telefonò al presidente della Corte dei reclami penali per informarsi sugli argomenti che non figuravano nella decisione dell'11 aprile 2006 e sul seguito che avrebbe avuto l'audizione. Il presidente rispose che il seguito della procedura non era ancora stato deciso.
Dal verbale letterale dell'audizione del 27 aprile 2006 risulta che il presidente della Corte dei reclami penali ha dapprima affrontato la questione della competenza in materia di vigilanza sul MPC durante la fase della redazione dell'atto d'accusa.

Riferendosi alla lettera del segretario generale del DFGP, il presidente dichiarò in particolare che l'autorità aveva esplicitamente invitato la Corte dei reclami penali a svolgere indagini e che l'autorità di vigilanza amministrativa era competente per ogni attività del MPC. La parte principale dell'audizione venne dedicata alla discussione dei 18 procedimenti chiusi nel 2005 dall'UGI, seguendo le domande menzionate nella decisione della Corte dei reclami penali dell'11 aprile 2006.

Da parte sua, il procuratore generale della Confederazione ha dichiarato alla sottocommissione che l'audizione si svolse alla stregua di un vero e proprio interrogato-

1704

rio11 (Verhöhr), che il tono tenuto era eccessivo e scortese e che lo svolgimento dell'incontro mancava di obiettività e non era per niente costruttivo. Egli ha inoltre fatto notare che il presidente della Corte dei reclami penali gli aveva a più riprese tolto la parola, non consentendogli di esprimersi e che non aveva permesso nemmeno al suo sostituto di rispondere alle domande, salvo quando un altro giudice aveva espressamente chiesto di sentire il suo parere. Il procuratore generale della Confederazione ha aggiunto che egli stesso e il suo sostituto erano rimasti sconcertati da questo interrogatorio e che, vista la piega presa dall'audizione, avrebbe dovuto alzarsi e abbandonare la sala d'udienza. Non l'aveva fatto per evitare di avvelenare la situazione, ma ora rimpiangeva di essere rimasto.

Interrogato sul modo in cui si era svolta l'audizione, il presidente della Corte dei reclami penali ha dichiarato alla sottocommissione che il parere scritto steso dal procuratore generale della Confederazione era perlomeno incompleto, che quest'ultimo non aveva risposto alle domande che gli erano state poste e che la stessa cosa era capitata in occasione dell'audizione di Bellinzona. Egli ha sostanzialmente affermato di aver posto al procuratore generale della Confederazione domande concrete alle quali il rapporto «Uster» aveva dedicato poca attenzione, qualificandole di semplici questioni di contabilità (v. n. 4.8 di detto rapporto), mentre il TPF aveva bisogno di sapere quanti atti d'accusa avrebbe dovuto trattare. Non era stato possibile ottenere ragguagli in proposito, dato che il procuratore generale non aveva potuto rispondere alla maggior parte delle domande. Di un procedimento, secondo il presidente della Corte dei reclami penali, il procuratore generale della Confedera-

11

Da parte sua, il sostituto del procuratore generale della Confederazione e futuro capo ad interim del MPC ha così descritto lo svolgimento della seduta: «Wir wurden in den Gerichtssaal gebeten. Die Beschwerdekammer sass auf den Sitzen, wo sonst die Strafkammer tagt, Herr Hochstrasser sass auf dem Präsidentensitz, überhöht. Vor ihm sass der Gerichtsschreiber mit dem Laptop. Man stellte ein Mikrofon auf und sagte uns, diese Anhörung werde aufgezeichnet. Wir mussten auf den Plätzen für die Parteien Platz nehmen.» [Traduzione: «Siamo stati fatti entrare nella sala delle udienze del Tribunale. La Corte dei reclami penali sedeva nei posti abitualmente occupati dalla Corte penale, il signor Hochstrasser era seduto nella poltrona presidenziale sopraelevata. Il cancelliere era seduto davanti a lui con il computer portatile. È stato installato un microfono e ci è stato detto che l'audizione sarebbe stata registrata. Abbiamo dovuto sederci nei posti abitualmente riservati alle parti.»] Il seguente passaggio tratto dal verbale dell'audizione rende particolarmente conto del tono impiegato: «FELS: Darf ich... Hochstrasser: Ja?

FELS: ... eine Frage stellen? Sie haben gesagt, [...] ob unter Umständen Missstände...; Hochstrasser: Ist das eine Frage? FELS: Ja, eine Frage. Wenn Sie...; Hochstrasser: Also, Sie können Bemerkungen anbringen, aber Fragen stellen wir. FELS: Okay, ich nehme das zur Kenntnis.» [Traduzione: «FELS: Posso permettermi ... Hochstrasser: Sì?

FELS: ... di formulare una domanda? Voi avete detto [...] se eventuali malfunzionamenti ... Hochstrasser: Questa sarebbe una domanda? FELS: sì, una domanda. Quando Lei ...

Hochstrasser: Lei può fare le sue osservazioni, ma siamo noi che facciamo le domande.

FELS: O.K., ne prendono nota.]

1705

zione non avrebbe nemmeno avuto conoscenza12. Ha domandato al procuratore sostituto, che tentava in ogni momento di intervenire, di astenersi dal rispondere alle domande poiché erano rivolte al procuratore generale della Confederazione.

Interrogato sul perché egli avesse talvolta taciuto nel corso dell'audizione rinunciando a rispondere a talune domande che il presidente della Corte dei reclami gli poneva, il procuratore generale della Confederazione ha risposto che era rimasto silente semplicemente perché non si sentiva più nello stato d'animo di parlare. Non si aspettava di essere sottoposto a un interrogatorio e di dover sottostare a un esame particolareggiato dei procedimenti in questione, ragion per cui ha preferito precisare determinati particolari prendendo posizione per scritto. Secondo il sostituto del procuratore generale della Confederazione, il suo superiore gerarchico ed egli stesso si erano recati a Bellinzona pensando che si sarebbe parlato della legittimità della conduzione dei 18 procedimenti, ciò che non era però stato il caso.

g) Informazione preliminare al DFGP Il 4 maggio 2006 il presidente della Corte dei reclami penali e il segretario generale del DFGP si scambiarono degli e-mail che il DFGP archiviò nell'incarto personale del procuratore generale della Confederazione, ciò che dimostra come il DFGP attribuisse loro una certa importanza. Il segretario generale del DFGP si rivolse al presidente della Corte dei reclami penali per ottenere chiarimenti da quest'ultima in merito ad un'altra causa per la quale il DFGP stava valutando l'opportunità di incaricare un procuratore straordinario di procedere a indagini supplementari; menzionò, di passaggio, che i risultati dell'audizione del procuratore generale della Confederazione del 27 aprile 2006 erano importanti per il Dipartimento. In risposta, il presidente della Corte dei reclami penali informò nella sua e-mail il segretario generale del DFGP sullo stato delle indagini in corso in tale altra causa. Per quanto riguarda le audizioni in merito alla questione dell'esiguo numero di promozioni dell'accusa, egli comunicò che avrebbe avuto ancora bisogno di un po' di tempo per concludere la redazione del rapporto, aggiungendo che (traduzione) «senza voler pregiudicare i risultati ­ la Corte dei reclami penali doveva ancora licenziare
il rapporto ­, posso già esprimervi il mio parere personale: mi sembra che il MPC sia mal diretto, nel senso che la direzione non dimostra buona volontà per sfruttare al meglio le risorse disponibili e il quadro legale e procedurale vigente. Esso cerca piuttosto all'esterno 12

In merito al procedimento «Door», di cui il presidente della Corte dei reclami penali non ha subito menzionato il nome, nel verbale si può leggere lo scambio di battute seguente: «Hochstrasser: Das Untersuchungsrichteramt meldet 18 abgeschlossene Voruntersuchungen im Jahr 2005. Sie sagen mir, es sind 17. Was soll ich jetzt glauben?

BERTOSSA: Il y en ha une qui ha été communiquée sans . Hochstrasser: Ich will es von ihm hören. ... «[Traduzione: Hochstrasser: L'Ufficio dei giudici istruttori afferma che nel 2005 sono state chiuse 18 istruzioni preparatorie. Voi mi dite che ne sono state chiuse 17. A chi devo credere? Bertossa: una è stata comunicata senza atto di accusa.

Hochstrasser: Voglio che sia lui a dirmelo. ...»] In seguito, durante l'audizione, il presidente è ritornato su questo procedimento: «Roschacher: war zuerst ein Gesamtverfahren. Das, was heute noch unter geführt wird, ist nicht mehr der Gesamtumfang des Beginnes. Und ein Teil wurde dem Kanton Zürich abgetreten. Und ich nehme an ­ ich kann es jetzt nicht mit absoluter Sicherheit sagen ­, das war der Bereich , der nach Zürich delegiert wurde.» [Traduzione: Roschacher: «Flat» è all'origine di un procedimento globale. Il procedimento attualmente in corso sotto il nome di «Flat» non ha più la portata iniziale. Una parte dell'incarto è stata trasmessa al Cantone di Zurigo. Suppongo ­ ma questo non potrei ora affermarlo con certezza ­ che è la parte «Door» di questo procedimento che è stata trasferita al Cantone di Zurigo.] (Procedimento «Door», v. n. 2.1.4 e 2.1.5, note).

1706

(diritto procedurale, UGI, Corte dei reclami penali, DFGP) le ragioni che spiegano la scarsità ­ evidente ­ di risultati. Questo comportamento della direzione ­ indipendentemente dal fatto che il deficit nella condizione operativa sia drammaticamente avvertibile [...] ­ si ripercuote negativamente sull'insieme del personale del MPC, ragion per cui le risorse disponibili non sono di gran lunga sfruttate in modo ottimale. Tocca alla vigilanza amministrativa trarre le conseguenze da questa situazione».

h) Ulteriore svolgimento della procedura Il 3 maggio 2006 il procuratore generale della Confederazione invitò il presidente della Corte dei reclami penali a fargli pervenire il verbale dell'audizione del 27 aprile 2006 al fine di consentirgli di pronunciarsi in merito. Con lettera del 14 giugno 2006, la Corte dei reclami penali trasmise, «per informazione», il verbale in questione e il progetto di rapporto di vigilanza intermedio, senza impartire un termine, ma informando che il rapporto di vigilanza intermedio sarebbe stato inviato ai destinatari13 il 20 giugno 2006. Nella sua domanda del 16 giugno, il MPC espresse le sue riserve riguardo al modo di procedere e chiese che gli fosse accordato il diritto di essere sentito e un termine di 30 giorni per prendere posizione per scritto sul progetto di rapporto di vigilanza. Il 19 giugno 2006 il presidente della Corte dei reclami penali accettò di prorogare il termine fino al 26 giugno 2006 (7 giorni). Il 26 giugno 2006 il procuratore generale inviò alla Corte dei reclami penali il suo parere circostanziato sul progetto di rapporto (v. n. 2.1.5).

Il segretario generale del DFGP venne informato dalla Corte dei reclami penali che il rapporto avrebbe subito un ritardo. Il 25 giugno 2006 egli scrisse al presidente della Corte dei reclami penali per informarlo che tale ritardo non sarebbe stato molto importante per il DFGP. Tuttavia, «viste le diverse discussioni attualmente in corso», lo pregò di rispondere a qualche domanda prima del mezzogiorno dell'indomani. Egli desiderava in particolare sapere chi aveva ordinato il rapporto, a chi era destinato, se era previsto di pubblicarlo o di diramare un comunicato stampa. Il 26 giugno 2006 un cancelliere del TPF rispose che il 4 aprile 2006 la direzione del TPF aveva chiesto alla Corte dei reclami penali di esaminare
le ragioni dell'esiguo numero di atti d'accusa rispetto al numero di istruzioni preparatorie chiuse, di chiarire i motivi all'origine della carenza di affidabilità delle stime del MPC e di proporre possibili provvedimenti per migliorare la situazione. Veniva inoltre precisato, in sostanza, (facendo riferimento alla lettera del 27 aprile 2006 del segretario generale) che le indagini erano state anche svolte allo scopo di permettere al DFGP, nella sua veste di autorità di vigilanza amministrativa, rispettivamente al Consiglio federale, di decidere eventuali misure, ma si sottolineava che, a causa dell'indipendenza della Corte dei reclami penali in materia di vigilanza, sembrava inadeguato parlare di un vero e proprio «committente».

Il 28 giugno 2006 la Corte dei reclami penali informò in un comunicato stampa che l'annunciato rapporto di vigilanza, non destinato alla pubblicazione, era stato ritardato a causa di una «richiesta estremamente dettagliata» fatta dal MPC. Il 14 luglio 2006 la Corte dei reclami penali inviò ai destinatari il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» senza che vi fossero state apportate modifiche degne di nota in seguito al parere del MPC del 26 giugno 2006 (v. n. 2.1.1, nota 7). In un capitolo supplementare del rapporto intermedio, la Corte dei reclami penali prendeva atto delle richieste e riserve del MPC e le respingeva integralmente.

13

V. nota 7.

1707

Con un comunicato stampa del 17 luglio 2006, la Corte dei reclami penali rese noto di aver terminato «il suo rapporto in merito alle critiche sull'esiguo numero di atti d'accusa promosse dal Ministero pubblico della Confederazione.» e che «Nel rapporto, la Corte dei reclami penali constata che la situazione attuale è insoddisfacente e, sulla base dei chiarimenti fatti, ne spiega le ragioni. Il rapporto è stato consegnato a tutte le autorità competenti a rettificare la situazione.»

2.1.4

Contenuto e conclusioni del rapporto

Dato che il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale non è stato pubblicato, il suo contenuto e le sue conclusioni sono riassunte o parzialmente riprese qui di seguito.

Il rapporto sul Progetto Efficienza del 12 maggio 2000 (di seguito: rapporto EffVor) serve da riferimento per il capitolo del rapporto dedicato alla situazione di partenza.

Secondo questo rapporto, il MPC era partito dall'ipotesi che nel 2002 non sarebbe stato promosso nessun atto d'accusa. Per il 2005, il rapporto EffVor prevedeva per il solo settore del crimine organizzato e della criminalità economica almeno 40 promozioni dell'accusa, ciò senza tener conto dei 35 procedimenti previsti nel settore del riciclaggio di denaro14.

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» ricorda l'aumento dell'effettivo del personale calcolato dal rapporto EffVor del 2000 per poter trattare i procedimenti preventivati e sottolinea che, a fine 2004, erano stati creati 84,9 posti di lavoro al MPC (il rapporto EffVor ne prevedeva 79) e 285 alla PGF (il rapporto EffVor ne prevedeva 318,2) per rispondere alle nuove competenze della Confederazione in materia di perseguimento penale.

Nonostante l'aumento dell'effettivo del MPC e della PGF, apparve chiaro, già poco dopo l'entrata in funzione del Tribunale penale federale il 1° agosto 2004, che le previsioni relative agli atti d'accusa doveva essere seriamente riviste al ribasso. Nel suo rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» 2004, la Corte dei reclami penali rileva che soltanto sei procedimenti sfociarono nel deposito di un atto d'accusa presso il Tribunale penale federale e che, vista questa situazione, il suo presidente pretese, nel novembre 2004, nuove stime per gli anni dal 2005 al 2009. Nella sua risposta del 21 dicembre 2004, il MPC stimò che avrebbe stilato tra 14 (previsioni

14

L'esame al quale la CdG-N ha sottoposto queste cifre ha mostrato che errori di calcolo hanno portato a risultati del tutto esagerati. Partendo dagli stessi riferimenti presi dalla Corte dei reclami penali (rapporto EffVor, pag. 35), la CdG-N valuta che nel 2000 si partiva ancora dal principio secondo cui nel 2005 si sarebbero potuti chiudere 13 procedimenti nel settore del crimine organizzato e 3 procedimenti nel settore della criminalità economica, ciò tenendo conto dei procedimenti sospesi o trasferiti a un Cantone o a uno Stato estero (25 % dei procedimenti). In altre parole, all'epoca la previsione riguardo al numero di atti d'accusa che sarebbero stati promossi nel 2005 per l'insieme dei due settori era di circa 12 e non di 40. Per quanto concerne il settore del riciclaggio di denaro sporco, gli autori del rapporto EffVor avevano stimato in 13 il numero di procedimenti che sarebbe stato possibile chiudere nel 2005. Inoltre, al 30 giugno 2004, la pianificazione continua, che teneva conto dell'evoluzione della situazione (in particolare del fatto che, nella pratica, i procedimenti duravano tre anni, ovvero nettamente di più dei due anni ipotizzati al momento della redazione del rapporto EffVor), aveva portato a stimare in 15 il numero totale di atti d'accusa che sarebbe stato possibile promuovere nel 2005.

1708

pessimistiche) e 20 (previsioni ottimistiche) atti d'accusa nel 200515, mentre in realtà quell'anno vi furono sette promozioni dell'accusa, due delle quali nel settore delle nuove competenze.

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» presenta in seguito i motivi e il mandato alla base dell'indagini della Corte dei reclami penali (v. n. 2.1.3).

Per quanto concerne la competenza della Corte dei reclami penali, il rapporto risponde alla domanda sollevata dal MPC nella sua lettera del 20 aprile 2006, ovvero se e in che misura la vigilanza giudiziaria esercitata dalla Corte dei reclami penali sul MPC si estendeva anche alla fase della preparazione dell'atto d'accusa che segue la chiusura dell'istruzione preparatoria da parte dell'UGI. L'articolo 28 capoverso 2 LTPF16 prevede che la Corte dei reclami penali esercita la vigilanza sulle indagini della polizia giudiziaria federale e sull'istruzione preparatoria nelle cause penali sottoposte alla giurisdizione federale. La Corte dei reclami penali afferma che il suo mandato di vigilanza giudiziaria sul MPC si estende a questa fase e giustifica il suo convincimento sottolineando in particolare che «secondo un'opinione unanime, il Ministero pubblico della Confederazione è sottoposto dal profilo amministrativo, in ogni fase della sua attività, alla vigilanza del Consiglio federale (art. 14 cpv. 1 PPF).

Immaginare che una fase della procedura possa soggiacere alla sola vigilanza amministrativa genererebbe una situazione manifestamente insoddisfacente, che avrebbe come conseguenza di non permettere di prendere misure disciplinari o in materia di ordinamento del personale qualora fossero dettate da mancanze che soltanto la vigilanza giudiziaria è in grado di rilevare (è proprio per questo motivo, d'altronde, che i chiarimenti qui di seguito sono volti a fondare le decisioni che l'autorità di vigilanza amministrativa è chiamata a prendere).» La parte principale del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» verte sui 18 procedimenti chiusi nel 2005 dall'UGI. Riguardo a sei di questi, il rapporto critica il fatto che gli atti di accusa siano stati depositati in ritardo rispetto alle stime del MPC o che il loro deposito è stato atteso per troppo tempo, e che in alcuni casi l'attesa dura ancora adesso. In sei occasioni rimprovera al procuratore
generale della Confederazione di non essere stato sufficientemente informato al momento della sua audizione del 27 aprile 2006 sullo stato della procedura. In cinque casi, essa critica la durata eccessiva dei procedimenti. Inoltre, per due dei cinque casi, formula dubbi riguardo alla diligenza e all'efficacia della conduzione del procedimento; da un altro caso deduce che l'impiego di risorse tanto considerevoli a livello federale non sia stato opportuno. Il rapporto rimprovera altre cinque lacune minori di carattere

15

16

Il rapporto non menziona il fatto che nella sua lettera del 21 dicembre 2004 il MPC aveva espressamente segnalato che le previsioni erano state formulate con certe riserve, che le ipotesi su cui erano fondate erano ottimistiche e che i risultati in questione potevano essere conseguiti soltanto se le condizioni fossero state favorevoli (risorse sufficienti, efficacia della conduzione del procedimento). Il MPC aveva in particolare sottolineato che l'evoluzione dipendeva in buona parte dall'esito delle 51 istruzioni preparatorie allora pendenti presso l'UGI.

Legge federale del 4.10.2002 sul Tribunale penale federale (LTPF, RS 173.71).

1709

amministrativo (nome di un'operazione non utilizzato o utilizzato in modo incoerente, indicazione di una data sbagliata, rapporto mancante)17.

L'analisi presentata nel rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» giunge ai seguenti risultati: «Da quanto precede risulta che il sistema di perseguimento penale della Confederazione (costituito della PGF, del MPC e dell'UGI) è lungi dal conseguire gli obiettivi fissati inizialmente (anche quelli ridimensionati in un secondo tempo) per quanto concerne gli atti d'accusa depositati presso la Corte penale del Tribunale penale federale. Ciascuna delle tre autorità precitate può di principio essere all'origine del numero manifestamente insufficiente di atti d'accusa. Tuttavia, le chiusure d'inchiesta dell'UGI intervenute finora o in corso (anche se indubbiamente avrebbero potuto essere più numerose), come pure le spiegazioni date in precedenza, permettono di affermare che la responsabilità va in primo luogo cercata a livello del MPC. Considerato che ha il dominio sul procedimento, il MPC ha dunque, deluso, in modo ripetuto e ancora di recente le attese che esso stesso aveva suscitato riguardo agli atti di accusa promossi. Se in particolare presso l'UGI si è potuto porre rimedio alla carenza di personale constatata nel 2004, appare sempre più chiaramente che il MPC (comprese le sezioni della PGF che collaborano alle indagini) è il primo responsabile del fatto che i risultati non corrispondano né alle proprie previsioni né, in modo generale, né a ciò che si è in diritto di attendersi da un'istituzione di tale dimensione. La Corte dei reclami penali è nondimeno conscia del fatto che il MPC non può depositare un maggior numero di atti d'accusa se l'UGI non ha chiuso le istruzioni preparatorie (in totale 24 nel corso degli anni 2004 e 2005; [...]). Inversamente, l'UGI non può portare a buon fine un maggior numero di istruzioni preparatorie di quante il MPC non ne abbia richiesta l'apertura (in totale 57 nel corso degli anni 2004 e 2005 [...]). Il MPC ha dunque anche a questo proposito una posizione di primo piano.

Questa insoddisfacente situazione deriva in parte da ragioni che sfuggono al controllo del MPC, in particolare quelle di natura procedurale-strutturale come la divisione dei procedimenti in due fasi, ossia le indagini di polizia giudiziaria (MPC) e l'istruzione preparatoria (UGI), con la conseguenza che lo stesso incarto deve obbligatoriamente passare tra le mani di due autorità diverse, e, in 17

Il modo in cui la verifica è stata realizzata è illustrato per mezzo degli accertamenti riferiti nel rapporto sul procedimento «Door». «Si tratta di un procedimento che il MPC non ha annunciato alla Corte dei reclami penali. Nella sua lettera del 20 aprile 2006, a pagina 4, il procuratore generale della Confederazione comunicò che erano stati chiusi soltanto 17 procedimenti; del procedimento «Door» si parla solo brevemente ­ senza altri sviluppi ­ in relazione al procedimento «Flat». Nel corso dell'audizione del 27 aprile 2006, il procuratore generale della Confederazione non fu in grado di fornire informazioni sul procedimento in questione (cfr. verbale, pag. 21). La Corte dei reclami penali osservò che contrariamente alle affermazioni scritte del procuratore generale della Confederazione, anche questo procedimento era stato chiuso nel 2005. La chiusura è stata effettuata mediante delega al Cantone di Zurigo. Considerato che una simile delega può essere fatta soltanto dal MPC, occorre constatare che il procuratore generale della Confederazione, anche per questo procedimento, è stato informato in modo incompleto o errato (v. In proposito il primo tentativo di spiegazione del procuratore generale della Confederazione nelle sue ultime osservazioni del 26 giugno 2006, pagg. 33­35).» (v. n. 2.1.3 e 2.1.5, note)

1710

modo più generale, il fatto che la legge sulla procedura penale federale, già vetusta, non è più adeguata. Il fatto che collaboratori del MPC provengano da diverse regioni del Paese e appartengano a tradizioni giuridiche cantonali differenti, non semplifica certo le cose, come pure non agevola il lavoro il fatto che questa autorità dipenda in larga misura da atti di assistenza giudiziaria esteri, sulla rapidità di trattazione dei quali può esercitare soltanto un'influenza limitata. Ciò nondimeno, tutti questi dati di fatto erano conosciuti dal MPC quando ha allestito le sue previsioni, rivelatesi in tutta evidenza sbagliate.

Il rapporto di vigilanza 2005 constata anche lacune in materia di conduzione.

Esse si manifestano segnatamente come segue: ­

la carenza di precisione delle previsioni del MPC ­ elemento che pone seriamente in questione l'affidabilità di ogni altra dichiarazione, e di conseguenza la credibilità del MPC come tale;

­

un gran numero di piccole insufficienze e contraddizioni che, prese una per una, appaiono insignificanti, ma dimostrano come gli schemi elaborati dal procuratore generale della Confederazione e le sue direttive non sono seguiti o attuati dai collaboratori (o non hanno potuto esserlo; [...]);

­

ne deriva, tra l'altro, che in seno al MPC e alla sua direzione, sembra venir coltivato un tipo di comportamento analogo a quello constatato nelle relazioni con l'esterno e in particolare con la Corte dei reclami penali in quanto autorità di vigilanza. In questo modo l'autorità preposta viene sistematicamente ed esplicitamente messa in questione. La direzione del MPC ha, in particolare, contestato esplicitamente a più riprese la competenza della Corte dei reclami penali (per esempio in relazione con le comunicazioni d'arresto richieste [...]), benché, dal profilo giuridico, la situazione non possa dare adito a dubbi. In questo contesto, la Corte dei reclami penali reputa preoccupante che le sue direttive vengano apertamente ignorate dai procuratori. È stato per esempio rilevato che, nonostante le molte osservazioni rivolte in proposito, alcuni procuratori continuino regolarmente a partecipare alle audizioni dell'UGI. [...] In queste circostanze, non sorprende che questi stessi procuratori non diano seguito alle direttive e alle istruzioni interne. Una direzione che da parte sua non segue le direttive dell'autorità di vigilanza è destinata ad essere poco rispettata anche dai propri collaboratori.

Con una certa sorpresa, la Corte dei reclami penali constata da ultimo che in particolare il procuratore generale della Confederazione e i suoi più vicini collaboratori trovino l'origine dello scarso numero di atti d'accusa dappertutto, salvo all'interno della loro istituzione. Lo scarso numero di atti d'accusa è considerato conseguenza inevitabile dell'insufficienza dell'attuale sistema procedurale. La pesantezza di tale sistema non può tuttavia spiegare un risultato così insoddisfacente, tanto più che è compito dei procuratori vegliare affinché il procedimento non si protragga inutilmente né si complichi durante la fase dell'istruzione preparatoria. La carenza di motivazione che ne risulta fa sì che non si tragga il meglio dalla situazione attuale, che potrebbe forse essere migliorata. In ogni modo, la Corte dei reclami penali ha già sottolineato nel suo rapporto di vigilanza 2005 che il MPC, quando si lamenta della carenza di risorse, potrebbe concentrarsi sulla sua attività centrale [...]. La Corte dei recla-

1711

mi penali non è a conoscenza che il procuratore generale della Confederazione abbia preso da allora provvedimenti per migliorare la situazione a livello di conduzione.» Il rapporto termina con la seguente conclusione: «Viste le risorse disponibili, il risultato manifestamente insufficiente non è ragionevolmente spiegabile. Nella sua veste di capo del MPC e di istanza di vigilanza della PGF, il procuratore generale della Confederazione ne porta in ultima battuta la responsabilità. Ci si può domandare se un sensibile aumento delle cause concluse dal MPC sia possibile fintanto che la sua direzione, e il MPC nel suo insieme, si considereranno molto occupati, se non addirittura oberati, non ammetteranno la necessità di migliorarsi al loro interno e non vedranno un potenziale di aumento sostanziale del numero di atti d'accusa.»

2.1.5

Parere del 26 giugno 2006 del procuratore generale della Confederazione sul progetto di rapporto intermedio di vigilanza

Per quanto concerne la questione della competenza della Corte dei reclami penali, il procuratore generale della Confederazione (di seguito: procuratore generale) deplora anzitutto che il progetto di rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» non tratti il problema dei metodi di istruzione e del rispetto dei principi generali di procedura nell'ottica di una vigilanza giudiziaria. Invece, pur non essendo competente per farlo, la Corte dei reclami penali procede al controllo dell'attuazione dell'EffVor, nonostante fosse a quel momento in corso un'analisi approfondita ordinata dal DFGP e in preparazione un rapporto a destinazione del Consiglio federale e del Parlamento («Analisi della situazione EffVor», v. n. 2.4). Nel suo parere il procuratore generale osserva che un simile esame pone problemi per il fatto che, al pari della PGF, del MPC e dell'UGI, la Corte dei reclami penali è essa stessa parte integrante del sistema posto in essere dall' EffVor, che essa persegue di per sé interessi propri: essa non è dunque in grado di valutare obiettivamente la realizzazione di questo progetto. Il procuratore generale ha sottolineato che il MPC non è tenuto a giustificarsi davanti alla Corte dei reclami penali in merito al grado di realizzazione delle previsioni formulate nel quadro dell'EffVor. Egli rimprovera inoltre alla Corte dei reclami penali di formulare dubbi, riferendosi ad alcuni procedimenti, in merito all'accuratezza e all'efficacia della conduzione dei procedimenti senza nemmeno esaminare i corrispondenti incarti in modo approfondito e senza prendere in considerazione obiettivamente il ruolo di tutte le autorità interessate. Infatti, per sfociare rapidamente in un atto d'accusa, un procedimento non è soltanto tributario della diligenza del MPC, ma anche di quella della polizia incaricata delle indagini, dell'UGI e della Corte dei reclami penali stessa. Il procuratore generale rileva in particolare che la Corte dei reclami penali ha fatto astrazione della situazione dell'UGI, presso la quale sono pendenti circa 50­60 casi, di cui taluni, entrati anni or sono, sono addirittura minacciati di cadere in prescrizione.

1712

Il procuratore generale reputa inoltre che la Corte dei reclami penali si permette a torto di criticare la conduzione in seno al MPC in generale e di dubitare delle sue qualità di capo in particolare. Si tratta di un'inammissibile ingerenza nella vigilanza amministrativa sul MPC, che dipende dal DFGP. Egli sottolinea che il rapporto della Corte dei reclami penali contiene risposte infondate a domande relative alla direzione e alla conduzione del MPC che anticipano i risultati dell'indagine amministrativa in corso sulle finanze, la conduzione e l'organizzazione del MPC (indagine amministrativa «Lüthi», v. n. 2.3). Secondo il procuratore, le dichiarazioni del presidente della Corte dei reclami penali mostrano che nella fattispecie vi è un'inammissibile relazione da mandatario a mandante, se non addirittura di ubbidienza, che lega il potere giudiziario all'esecutivo (in questo caso la Corte dei reclami penali e il DFGP); egli non arriva a capire perché il presidente della Corte dei reclami penali non si sia opposto alla «domanda di coordinamento» del capo del DFGP invece di dedicarsi per conto di quest'ultimo a un'indagine per sostituzione. La rigida separazione dei poteri introdotta scientemente dal Parlamento nella legge non deve essere aggirata da un accordo o da un'intesa tra il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali.

Il procuratore generale ritiene infondate le critiche formulate nel rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» in merito alle carenze di conduzione del MPC. Deplora che la Corte dei reclami penali giudichi che la pretesa carenza di precisione delle previsioni del MPC costituisca un «elemento che pone seriamente in questione l'affidabilità di ogni altra dichiarazione, e di conseguenza la credibilità del MPC come tale» nonostante il fatto che è stata proprio la Corte dei reclami penali a pretendere le previsioni in questione; egli rileva che, da parte sua, il MPC ha sempre sottolineato le difficoltà di allestire simili previsioni, la cui affidabilità è per di più insufficiente, e che la direzione generale dell'EffVor, nella quale siede anche un rappresentante del Tribunale penale federale, ha rinunciato ormai da diversi anni a previsioni in merito al numero dei procedimenti. Il procuratore generale osserva inoltre che la Corte dei reclami penali fonda le
sue conclusioni in merito alla carenza di conduzione unicamente su un gran numero di piccole insufficienze e contraddizioni che, prese una per una, appaiono insignificanti, ma che dimostrerebbero come le modalità e le direttive che egli emana non vengano seguite dai suoi collaboratori; la Corte non si è però mai incontrata con nessun rappresentante del MPC, non fa riferimento a nessuna modalità o direttiva e non indica in che misura quest'ultime non sarebbero state seguite. Per quanto concerne invece un'altra conclusione della Corte dei reclami penali secondo cui la direzione del MPC riprodurrebbe nei confronti dei suoi collaboratori un comportamento simile a quello che adotta verso l'esterno, in particolare verso la Corte dei reclami penali stessa, il procuratore generale constata che è oggettivamente impossibile capire come quest'ultima possa dedurre da una semplice domanda del MPC, obiettiva e giustificata, riguardo alla natura e alla portata della competenza della Corte dei reclami penali, che il MPC e i suoi collaboratori assumano probabilmente («in tutta evidenza») un genere di comportamento generalmente recalcitrante anche nelle loro relazioni interne.

Tuttavia, ciò che ha sorpreso di più il procuratore generale è la critica della Corte dei reclami penali, la quale «reputa preoccupante che le sue direttive vengano apertamente ignorate dai procuratori». Il procuratore è stupito dal fatto che la Corte dei reclami penali fondi la sua critica sulla semplice constatazione che «nonostante le molte osservazioni rivolte in proposito [della Corte dei reclami penali], alcuni procuratori continuino regolarmente a partecipare alle audizioni dell'UGI» mentre la 1713

partecipazione dei procuratori alle operazioni d'indagine dell'UGI è un diritto che appartiene loro in qualità di parte e costituisce un elemento fondamentale della procedura penale; il procuratore è libero di decidere se vuole o no esercitarlo e ogni tentativo di impedirglielo, per mezzo di direttive o istruzioni, contravverrebbe al diritto e costituirebbe una lesione al principio della parità dei mezzi a disposizione delle parti. Il procuratore generale contesta, sia dal profilo giuridico sia da un punto di vista obiettivo, la reazione della Corte dei reclami penali la quale, mentre egli agisce conformemente ai diritti e agli obblighi conferitigli dalla legge, biasima il suo rifiuto di sottoporsi al parere ­ manifestamente infondato ­ del presidente della Corte dei reclami penali e ne deduce lacune di conduzione a suo carico. Egli ritiene inoltre specioso cercare di spiegare l'ampiezza della mancanza di risultati accusando alcuni procuratori di avere con il loro comportamento causato il protrarsi di determinati procedimenti allo stadio dell'istruzione preparatoria; infatti, nella prospettiva dell'accusa che gli toccherà rappresentare nel seguito del procedimento, il procuratore ha il dovere di vegliare affinché le indagini permettano di fare luce sui fatti incriminati. Il procuratore generale sottolinea che proprio nel caso di procedimenti rimasti pendenti per mesi presso il giudice istruttore competente è utile, se non necessario, che il procuratore intervenga nella sua veste di parte alla procedura e che è errato dal punto di vista giuridico e incomprensibile dal punto di vista pratico rimproverargli di esercitare il suo diritto di parte e di presentare richieste di assunzione di prove.

Per quanto concerne le osservazioni formulate nel progetto di rapporto intermedio di vigilanza in merito ai 18 procedimenti chiusi nel 2005 dall'UGI, il procuratore generale ha espresso un certo numero di rettifiche e di complementi nonché qualche critica. In numerosi casi, si trattava di spiegazioni relative al ritardo di qualche giorno o di qualche settimana di talune promozioni dell'accusa (attesa di una sentenza del Tribunale federale o di un'autorizzazione chiesta al DFGP, sovraccarico del gruppo incaricato delle indagini impegnato in altri procedimenti che si trovavano in una fase nella quale era necessario
un considerevole impegno da parte loro, ecc.) o di chiarimenti su taluni punti rimasti oscuri in occasione dell'audizione del 27 aprile 2006. A più riprese, il procuratore generale ha respinto i rimproveri della Corte dei reclami penali intesi a farlo apparire come scarsamente informato.18 18

Anche a tale proposito il procedimento «Door» è rappresentativo del modo in cui si è svolta l'audizione. Il procuratore generale della Confederazione spiega che è stata l'UGI, e non il MPC, a stralciare questo procedimento dal procedimento «Flat» durante la fase d'istruzione preparatoria. Egli precisa inoltre che l'UGI aveva informato il MPC che questo procedimento era stato stralciato dal procedimento «Flat», ma non gli aveva detto che era stato trasmesso al Cantone di Zurigo e che di conseguenza era stato evaso: per questa ragione il procedimento non figurava in nessun elenco comune dei procedimenti pendenti nell'aprile del 2006. Il procuratore generale ricorda che è stato su iniziativa del MPC che, il 10 aprile 2006, la questione dello stato di tale procedimento è stata regolata con l'UGI e che il MPC ha appreso che l'istruzione preparatoria «Door» era stata ripresa dal Cantone di Zurigo. Egli reputa perlomeno sorprendente dedurre da questo episodio che il procuratore generale sia stato informato in modo insufficiente o errato dal suo servizio, mentre è stata l'UGI che ha proceduto alla trasmissione dell'incarto senza informarne formalmente il procuratore interessato, ciò che non può essere rimproverato al MPC. Non sono state apportate correzioni al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», nel quale figura, tra parentesi, soltanto il rinvio seguente: «v. in proposito il primo tentativo di spiegazione del procuratore generale della Confederazione nelle sue ultime osservazioni del 26 giugno 2006.» La dichiarazione, in tutta evidenza errata, che figurava nel progetto di rapporto secondo cui soltanto il MPC aveva potuto delegare il procedimento al Cantone di Zurigo non è stata corretta nella versione definitiva del rapporto (v. n. 2.1.3 lett. f e 2.1.4, note).

1714

Nel suo parere, il procuratore generale aveva sollevato la questione di un'eventuale parzialità del presidente della Corte dei reclami penali, senza tuttavia formulare una domanda di ricusa concreta in quanto riteneva che la questione della ricusa sarebbe stata esaminata d'ufficio. Secondo il procuratore generale, le circostanze concrete e il comportamento del presidente della Corte dei reclami penali ­ che ha diretto le indagini alla base del rapporto intermedio di vigilanza ­ destavano sospetti di parzialità. A causa di questo rapporto, il MPC è stato oggetto di critiche ingiustificate che infrangono i principi di indipendenza e di imparzialità e sono tali da leggere gravemente la sua reputazione e indebolire la sua autorità. Secondo il procuratore generale, le ragioni e le circostanze obiettive seguenti permettono di pensare che il presidente della Corte dei reclami penali manchi da tempo della necessaria imparzialità nei confronti del MPC: ­

benché in occasione dell'incontro del 16 gennaio 2006 con il capo del DFGP vertente sull'EffVor e l'assistenza giudiziaria, egli abbia chiaramente e incontestabilmente constatato che l'esiguità del numero di atti d'accusa redatti dal MPC era dovuto alla procedura penale federale a due livelli e all'accumulo delle cause pendenti presso l'UGI, oppure dalla sua carenza di risorse, il presidente della Corte dei reclami penali non solo non ha riveduto la sua errata opinione in proposito, ma l'ha confermata in tutta conoscenza di causa nel suo rapporto intermedio di vigilanza;

­

il comportamento del presidente della Corte dei reclami penali nei confronti del MPC lascia pensare che egli si sia chiuso a tutti gli argomenti ­ anche se sostanziati ­ che contraddicevano la sua opinione sull'origine dell'esiguità del numero di atti d'accusa, opinione che si è sforzato di far circolare e di rendere pubblica, senza esitare a infrangere le prescrizioni in materia di competenze. Dato che inoltre non vi era un'urgenza particolare per questo rapporto intermedio di vigilanza, si può concludere che lo scopo di quest'ultimo fosse quello di addossare al MPC la responsabilità principale dell'esiguo numero di atti d'accusa;

­

il modo d'agire tendenzioso a danno del MPC appare chiaro nel modo in cui è stata diretta l'audizione ­ o meglio l'«interrogatorio» ­ del 27 aprile 2006;

­

il presidente della Corte dei reclami penali ha fatto pervenire al MPC il suo progetto di rapporto intermedio di vigilanza soltanto pro forma, tanto è vero che non ha impartito al procuratore generale un termine per prendere posizione e che la data di invio del rapporto ai suoi destinatari era già stata stabilita per il 20 giugno 2006, circostanza da cui si deduce che la Corte dei reclami penali non accordava da principio nessuna importanza al parere del MPC;

­

la relazione da mandatario a mandante che, nel presente caso, ha legato il presidente della Corte dei reclami penali e il capo del DFGP è apparsa chiara il lunedì di Pentecoste del 2006, quando essi hanno annunciato misure di vigilanza in un comunicato stampa congiunto; il presidente della Corte dei reclami penali ha agito da solo, senza consultare la Corte dei reclami penali.

In conclusione, il procuratore generale fece richiesta alla Corte dei reclami penali di distanziarsi dal progetto di rapporto intermedio di vigilanza e di rinunciare all'invio secondo l'elenco dei destinatari e alla pubblicazione. In via subordinata, invitò la Corte dei reclami penali a rivedere il rapporto tenendo conto del suo parere prima di impartire un termine ragionevole al MPC per esprimere un nuovo parere e di tra1715

smettere la problematica relativa al numero di atti d'accusa al comitato di progetto «Analisi della situazione EffVor», affinché la trattasse nel quadro dei lavori in corso quale elemento dell'attuazione dell'EffVor.

2.1.6

Replica della Corte dei reclami penali al parere del 26 giugno 2006 del procuratore generale della Confederazione

Dopo aver ricevuto il parere del procuratore generale del 26 giugno 2006, la Corte dei reclami penali completò il suo progetto di rapporto replicando alle richieste formulate da quest'ultimo. Essa constata anzitutto che, a causa del suo volume considerevole e della proroga del termine concesso, il parere del procuratore generale aveva ritardato la chiusura del rapporto intermedio di vigilanza. Essa critica poi, dal profilo formale, la traduzione in francese delle osservazioni del procuratore generale. «Senza voler pronunciarsi in modo approfondito sulle priorità fissate dal MPC, la Corte dei reclami penali tiene tuttavia a esprimere la propria sorpresa per il fatto che quest'ultimo apparentemente dispone delle risorse necessarie per far tradurre il suo voluminoso parere in appena una settimana e mezza, ma non è in grado di tradurre, per motivi di risparmio, il proprio rapporto d'attività per l'anno 2005, sebbene sia più corto.» Dal profilo materiale, la replica della Corte dei reclami penali, non entra in materia su ogni obiezione del procuratore generale e le respinge integralmente. Sulla critica del procuratore generale secondo cui la Corte dei reclami penali sarebbe legata da una relazione di mandato, se non addirittura da un rapporto di subordinazione dall'Esecutivo, essa afferma che non è il DFGP, ma la direzione del TPF che ha preso l'iniziativa di procedere alle indagini sul MPC. Essa aggiunge che «lo scopo delle frecciate lanciate contro la Corte dei reclami penali [e] contro i suoi membri dal procuratore generale della Confederazione non è chiaro. È tuttavia possibile che quest'ultimo abbia cercato in questo modo di suscitare un'influenza politica per mezzo del capo del DFGP, [vale a dire] un attacco contro l'indipendenza della giustizia, allo scopo di sviare l'attenzione della Delegazione delle commissioni della gestione e del Parlamento dalle vere difficoltà in cui versa il MPC e di dirigerla verso l'argomento ben più delicato rappresentato dalla separazione dei poteri.» Per contro, la replica non affronta la questione dell'indipendenza del presidente della Corte dei reclami penali sollevata dal procuratore generale.

Per quanto concerne l'obiezione del procuratore generale secondo cui la Corte dei reclami penali rimprovera una carenza di conduzione pur non essendosi mai incontrata con
nessun rappresentante del MPC, non si riferisca a nessuna modalità o direttiva e non indichi in che misura queste ultime non sarebbero state osservate, la Corte dei reclami penali completa e illustra le sue affermazioni per mezzo degli esempi qui di seguito19.

Essa afferma di aver constatato che il MPC continuava a non comunicarle tutte le informazioni richieste, nonostante che con lettera del 9 marzo 2005 avesse reso nota al MPC un'istruzione in merito ai dati da trasmettere in occasione della comunicazione di arresti.

19

Va notato che il MPC non ha potuto prendere posizione su queste spiegazioni complementari.

1716

All'obiezione del MPC che rimprovera alla Corte dei reclami penali di avere emanato direttive sulla partecipazione dei procuratori agli interrogatori dell'UGI, la Corte dei reclami penali ribatte che in nessun momento ha impedito al MPC di esercitare i suoi diritti di parte come tali, ma di aver ritenuto che il fatto di prendervi sistematicamente parte non fosse il miglior modo per adempiere il proprio ufficio. Secondo la Corte dei reclami penali, è sua competenza valutare se il MPC svolge i suoi compiti in modo appropriato e conforme alla legge: il MPC è tenuto a sottoporsi alle sue direttive in proposito.

Sul fondo, la versione finale del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» della Corte dei reclami penali non tiene alcun conto delle correzioni, obiezioni e critiche formulate dal procuratore generale.

2.1.7

Domanda del MPC all'autorità di vigilanza

2.1.7.1

Oggetto della domanda

Con lettera del 19 luglio 2006, il MPC si rivolse alle due CdG facendo pervenire loro il parere del procuratore generale della Confederazione del 26 giugno 2006 (v. n. 2.1.5) e il verbale dell'audizione del 27 aprile 2006. Nella sua domanda, il MPC comunicava le sue riserve in merito al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa». Esso esprimeva parimenti il suo auspicio di potere in futuro disporre di tutta la capacità d'azione necessaria per adempiere il proprio mandato legale e ricordava il suo obbligo di opporsi a qualsivoglia tentativo di nuocere alla sua reputazione e di attirare l'attenzione dell'alta vigilanza su qualsiasi malfunzionamento constatato.

Nella sua domanda, il MPC definisce inconsueto il modo di agire della Corte dei reclami penali. Nel settore della giustizia, quando vengono constatate lacune in occasione di un esame approfondito, è consuetudine che l'autorità di vigilanza ne discuta direttamente con l'istanza vigilata e che la prima e la seconda cerchino insieme il modo di migliorare la situazione prima che, se necessario, l'autorità di vigilanza emani direttive. Nella fattispecie le cose non sono andate così: il MPC è stato messo di fronte a un rapporto il cui scopo non era quello di permettere di trovare di comune accordo il modo di risolvere i problemi eventualmente constatati nella trattazione dei procedimenti penali. Secondo il MPC, la Corte dei reclami penali è pressoché impermeabile a qualsivoglia considerazione globale e obiettiva e, tra tutte le autorità che partecipano all'EffVor, soltanto il MPC è accusato da essa di inefficacia, sia dal punto di vista amministrativo sia in materia di conduzione. Il MPC osserva inoltre che il rapporto della Corte dei reclami penali entra in conflitto con diverse indagini in corso (Analisi della situazione EffVor, v. n. 2.4; indagine amministrativa «Lüthi», v. n. 2.3; indagine straordinaria sul caso Ramos, v. n. 2.2).

Esso sottolinea poi che il presidente della Corte dei reclami penali si basa su principi inesatti quando riunisce l'esercizio di determinate attività di vigilanza che il legislatore ha chiaramente separato nella legge. Inoltre, il MPC rileva che, nel rapporto intermedio di vigilanza, il presidente della Corte dei reclami penali nemmeno tratta la questione di una sua possibile parzialità, mentre il MPC l'aveva
sollevata nel suo parere del 26 giugno 2006, cosa che è difficile da spiegarsi da parte di un giudice.

(Per quanto riguarda le contestazioni del MPC, v. n. 2.1.5 del parere del procuratore generale della Confederazione del 26 giugno 2006 sul progetto di rapporto intermedio di vigilanza.)

1717

2.1.7.2

Competenza delle CdG

Le CdG sono competenti per esaminare direttamente in via definitiva le domande provenienti da autorità o singoli cittadini riguardo alla gestione degli affari dei Tribunali federali (art. 129 LParl20). Esse le esaminano liberamente nel quadro delle loro competenze in materia di alta vigilanza. La domanda del MPC concerne questioni relative alla vigilanza giudiziaria esercitata sul MPC dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Le CdG sono abilitate a esaminare il funzionamento generale della vigilanza giudiziaria esercitata dalla Corte dei reclami penali sotto l'aspetto della sua legalità, della sua conformità, della sua adeguatezza e della sua efficacia, ma esse non hanno la competenze di abrogare o di modificare le decisioni che dipendono dall'esercizio di questa vigilanza (art. 26 cpv. 3 e 4 LParl). Le CdG esercitano di regola generale la loro alta vigilanza in modo sussidiario alla vigilanza che incombe all'autorità di vigilanza direttamente superiore. Tenuto conto del fatto che fino alla fine del 2006 il TPF non era sottoposto a nessuna autorità di vigilanza diretta21, ma unicamente all'alta vigilanza del Parlamento, le CdG intendono assumere quest'ultima nella misura necessaria al buon funzionamento del Tribunale e nell'interesse pubblico.22

2.1.7.3

Metodo e indagini delle CdG

Dopo essersi concertate, le CdG decisero di affidare la trattazione della domanda del MPC alla sottocommissione DFGP/CaF della CdG-N, incaricandola di trattarla contemporaneamente all'esame in corso.

In occasione della sua audizione da parte della sottocommissione, il presidente della Corte dei reclami penali ha dichiarato che l'esercizio della vigilanza giudiziaria sul MPC si dimostra difficile, perché quest'ultima ­ nelle sue numerose lettere ­ contesta costantemente la competenza della Corte dei reclami penali in materia invece di piegarsi alle sue direttive. Da parte sua, il capo ad interim del MPC ha spiegato alla sottocommissione che il MPC incontra qualche problema con la vigilanza giudiziaria nella forma in cui viene esercitata dalla Corte dei reclami penali. L'adeguatezza formale e gerarchica di talune direttive sono discutibili e non è sempre chiaro se le decisioni emanano dalla Corte dei reclami penali o soltanto dal suo presidente. Il capo ad interim del MPC deplora il tono di alcune lettere che chiudono la porta a ogni discussione su questioni giuridiche ancora aperte, fino al punto di minacciare il MPC di avviare un procedimento giudiziario nei suoi confronti.

La sottocommissione ha in seguito invitato il MPC a consegnarle le lettere e i documenti concernenti i problemi di vigilanza accennati. Il MPC ha dato seguito a questa domanda il 13 ottobre 2006.

20 21

22

Legge federale del 13.12.2002 sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento, LParl; RS 171.10).

Dal 1° gennaio 2007, il TPF è sottoposto alla vigilanza amministrativa del Tribunale federale conformemente all'art. 3 cpv. 1 LTPF (Legge del 4.102002 sul Tribunale penale federale, RS 173.71).

Lettera delle Commissioni della gestione del 11.6.2004 (non pubblicata).

1718

Il 15 novembre 2006, la sottocommissione sottopose alla Corte dei reclami penali la domanda del MPC del 19 luglio 2006 accompagnata dai documenti ricevuti il 13 ottobre 2006 e da un questionario dettagliato.

Nella sua risposta del 14 dicembre 2006, la Corte dei reclami penali comunicò alla sottocommissione di aver constatato, dopo i tre primi anni, che vi era ancora un potenziale di miglioramento in materia di vigilanza, in particolare per quanto concerne le direttive e le istruzioni. In proposito, essa garantiva alla sottocommissione che avrebbe riesaminato le sue attività di vigilanza e avrebbe discusso certi punti con la direzione del MPC prima di procedere ad alcuni cambiamenti organizzativi nel 2007. La Corte dei reclami penali sosteneva di aver nominato uno dei suoi membri come nuovo interlocutore del MPC. In ragione di tali future discussioni e cambiamenti organizzativi, essa preferiva rimandare le sue risposte.

In una lettera del 15 gennaio 2007 indirizzata alla Corte dei reclami penali, la sottocommissione si felicitò per la volontà della Corte dei reclami penali di esaminare le proprie attività di vigilanza sul MPC e di discutere i problemi da risolvere con quest'ultima. Essa ricordava tuttavia che il questionario inviatole il 13 ottobre 2006 non verteva soltanto sui problemi relativi alla vigilanza, ma conteneva anche una serie di domande in merito alla domanda del MPC concernente il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», domande alle quali la Corte dei reclami penali non aveva risposto. Il 23 gennaio 2007, la Corte dei reclami penali scrisse alla sottocommissione, comunicandole la sua decisione di rinunciare a esprimere un nuovo parere.

2.1.7.4

Risultati e conclusioni

I risultati dell'esame della domanda del MPC e le conclusioni che ne derivano sono contenute nella valutazione e conclusioni della CdG-N in merito alla rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» (v. n. 2.1.10 e 2.1.11).

2.1.8

Risultati delle audizioni e dei pareri scritti in merito al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa»

a) In merito ai motivi dell'indagine Le audizioni hanno mostrato che i motivi del TPF risiedevano anche nella necessità di giustificare la propria attività. Il presidente della Corte dei reclami penali ha spiegato che tutti si attendevano che il Tribunale avesse un'accusa da trattare già al momento della sua entrata in funzione il 1° aprile 2004. Così non era stato, e il TPF si era rapidamente fatto la reputazione ­ di cui non era ancora riuscito a sbarazzarsi al momento delle audizioni ­ di essere sottooccupato. Proprio per questa ragione il presidente della corte dei reclami penali aveva voluto conoscere lo stato della situazione in vista della seduta del 5 aprile 2006 con le sottocommissioni Tribunali delle Camere federali. Secondo quanto afferma il presidente del TPF, la carente precisione delle previsioni poneva anche un problema di natura organizzativa poiché tali previsioni dovevano permettere al Tribunale di prepararsi in modo da disporre di personale sufficiente in ognuna delle tre lingue ufficiali.

1719

b) In merito alle risorse impegnate nell'assistenza penale internazionale In merito alle attività del MPC nel settore dell'assistenza penale internazionale, il presidente della Corte dei reclami penali ha ripetuto in occasione della sua audizione quanto aveva affermato già nel rapporto di vigilanza 2005 del 15 febbraio 2006, al quale rinvia anche il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» (p. 26), secondo cui il MPC dedica troppe risorse a questo settore, che non concerne per niente il perseguimento penale federale in senso stretto. Egli ha valutato che dedicando troppo tempo all'assistenza penale invece di occuparsi dei suoi compiti precipui, il MPC non fissa le giuste priorità. In proposito si può rilevare che, in un incontro svoltosi il 16 gennaio 2006 tra il capo del DFGP, il presidente della Corte dei reclami penali e rappresentanti delle autorità di perseguimento penale, i partecipanti all'incontro hanno formalmente constatato che le attività del MPC nel settore dell'assistenza penale internazionale derivano direttamente delle nuove competenze che gli sono attribuite (EffVor) e che il numero esiguo di atti d'accusa trasmessi al TPF non è dovuto all'assistenza penale internazionale, bensì a strozzature in seno all'UGI e all'ostacolo costituito dalla procedura penale a due livelli.

c) In merito alla delimitazione tra vigilanza amministrativa e vigilanza giudiziaria In occasione della sua audizione, il presidente della Corte dei reclami penali ha rilevato che praticamente ogni attività di un'autorità di questo tipo ha un aspetto amministrativo e un aspetto giudiziario. Le indagini della Corte dei reclami penali erano già in corso quando ci si è domandati se non avrebbero potuto essere condotte dall'autorità di vigilanza amministrativa, dato che si trattava, in fin dei conti, di stabilire se nel MPC si lavorasse adeguatamente. Il presidente della Corte dei reclami penali ha precisato che è per questo motivo che aveva preso contatto con il segretario generale del DFGP e che la Corte dei reclami penali era stata poi incaricata di condurre questi indagini dato che le questioni poste rientravano nelle attività di natura istruttoria. Secondo il presidente della Corte dei reclami penali, si trattava di determinare se non fosse possibile accelerare la trattazione degli incarti. Egli voleva
conoscere la quantità di lavoro realmente svolto.

d) In merito a un'eventuale parzialità del presidente della Corte dei reclami penali Per quanto riguarda il motivo per cui il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» rimaneva silente su questo punto, il presidente della Corte dei reclami penali, interrogato in proposito, ha risposto che si reputava trascurabile questa accusa perché del tutto assurda e che, inoltre, non riusciva nemmeno più a ricordarsi che cosa il procuratore generale della Confederazione precisamente gli rimproverasse. Il presidente della Corte dei reclami penali ha sottolineato che la sua parzialità non era l'argomento del parere di più di 40 pagine del MPC, ma serviva soltanto a sollevare fumo. Egli ha affermato che non vi era in nessun caso parzialità, né nei confronti del procuratore generale della Confederazione, né del suo sostituto, e che non comprendeva del resto lo scopo concreto di questa critica di parzialità.

Il presidente della Corte dei reclami penali ha tuttavia riconosciuto che dietro alla durezza del rapporto intermedio di vigilanza vi erano probabilmente anche ragioni psicologiche. Egli ha spiegato che il MPC non era stato granché entusiasta di essere oggetto di un simile rapporto e di dover sopportare che l'autorità di vigilanza venisse a conoscenza dei suoi affari e cercasse di esercitare una certa pressione. Ha ricordato che il MPC non aveva mai smesso di contestare la competenza della Corte dei

1720

reclami penali. Quando emanava una direttiva, riceveva in risposta un trattatello di svariate pagine sulla competenza dell'autorità di vigilanza di emanarla.

Da parte sua, il procuratore generale della Confederazione ha dichiarato di aver rinunciato a intervenire formalmente presso il TPF per evitare di avvelenare ulteriormente la situazione. Col senno di poi, reputa che questo sia stato un errore.

Ritiene di essere stato particolarmente disturbato dal modo di procedere del presidente della Corte dei reclami penali e di non arrivare a capire come gli altri giudici del TPF abbiano potuto consentirlo. Ha precisato che, per finire, il MPC si era deciso a sottoporre la questione alle CdG nella loro veste di autorità di alta vigilanza affinché potessero agire se necessario.

2.1.9

Altre reazioni al rapporto

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» è stato trasmesso anche al comitato di progetto «Analisi della situazione EffVor» posto sotto la presidenza di Hanspeter Uster. Dal rapporto «Uster» (v. n. 2.4) risulta che il comitato di progetto ha preso conoscenza del rapporto senza poterne dedurre nuove constatazioni. L'indagine sul quale esso si fondava non riguardava lo svolgimento della procedura né i ritardi che esso implica. Secondo il rapporto «Uster», le critiche del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» vertevano sul merito soltanto in due casi; per il resto il rapporto intermedio concerneva semplici questioni di termini o di contabilità e la questione della pertinenza delle previsioni circa i termini entro i quali ci si poteva attendere il deposito degli atti d'accusa; la problematica essenziale, ossia le ragioni all'origine dell'esiguo numero di atti d'accusa promossi dal MPC, non era stata praticamente affrontata. Alla critica formulata nel rapporto intermedio di vigilanza secondo cui «nonostante le molte osservazioni rivolte in proposito, alcuni procuratori continuano regolarmente a partecipare alle audizioni dell'UGI», il rapporto «Uster» risponde che «è assolutamente opportuno che i procuratori esercitino i diritti di parte che loro competono allo scopo di garantire i risultati del procedimento.» (V. rapporto «Uster», n. 4.8.)

Invitato dalla sottocommissione a prendere posizione sul rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», l'esperto incaricato dell'indagine amministrativa in seno al MPC (v. n. 2.3) ha dichiarato che secondo lui il rapporto non arrivava alla conclusione che esistesse un grave problema di conduzione direttamente imputabile al procuratore generale della Confederazione. Egli ha affermato di aver sì constatato determinate lacune nell'ambito della vigilanza giudiziaria esercitata sui procuratori, ma che si era riusciti a colmarle e che comunque non erano tali da essere all'origine del ritardo nella promozione degli atti di accusa. Egli ha sottolineato che il MPC non può essere reso responsabile di questo ritardo e che la strozzatura si situa chiaramente a livello dell'UGI. L'esperto incaricato dell'indagine ha inoltre confermato l'esistenza di tensioni tra la Corte dei reclami penali e il MPC (non solo il procuratore generale della Confederazione,
ma anche i procuratori). Egli afferma di aver constatato che i procuratori non sempre capiscono il modo di intervenire della Corte dei reclami penali, segnatamente quando emana prescrizioni materiali su come i procuratori devono esercitare i loro diritti di parte nel quadro dell'istruzione preparatoria.

1721

2.1.10

Accertamenti e valutazioni della CdG-N

a) In merito ai motivi e alla genesi del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» Dalle informazioni disponibili, la CdG-N deduce che il ritardo con cui gli atti di accusa sono stati trasmessi alla Corte dei reclami penali e il bisogno sempre più urgente per il tribunale di giustificare, sia nei confronti dell'opinione pubblica sia del Parlamento, la pertinenza delle sue strutture in funzione all'onere di lavoro hanno indotto la sua direzione a commissionare un'analisi della situazione, senza tuttavia porre dei termini. L'analisi approfondita decisa dalla Corte dei reclami penali l'11 aprile 2006 è stata diretta dal suo presidente e svolta con un ritmo incalzante.

Né la decisione della direzione del Tribunale, né quella della Corte dei reclami penali permettano di dedurre che tali indagini dovessero sfociare in un rapporto intermedio di vigilanza. Prima dell'audizione del 27 aprile 2007, il presidente della Corte dei reclami penali non ha risposto chiaramente al procuratore generale della Confederazione che cercava di informarsi in proposito. Risulta tuttavia dallo scambio di e-mail tra il presidente della Corte dei reclami penali e il segretario generale del DFGP del 26 e 27 aprile 2006 che il presidente della Corte dei reclami penali ha espressamente domandato di essere incaricato di presentare un rapporto all'autorità di vigilanza amministrativa. Anche dopo l'audizione del 27 aprile 2006, egli ha lasciato nell'incertezza il procuratore generale della Confederazione sul seguito che intendeva dare alle sue indagini. Soltanto il 14 giugno 2006, quando ha ricevuto il progetto di rapporto intermedio di vigilanza, il procuratore generale della Confederazione si è trovato di fronte a un rapporto che conteneva gravi critiche nei confronti suoi e del MPC.

La CdG-N è sorpresa dalle modalità dell'audizione del procuratore generale della Confederazione e del suo sostituto che ha avuto luogo il 27 aprile 2006. La vigilanza di un'autorità, necessariamente rigorosa, può essere esercitata con l'oggettività richiesta. Parallelamente, la CdG-N accerta tuttavia che il procuratore generale della Confederazione ha adottato in questa audizione un atteggiamento poco costruttivo, in particolare rimanendo talvolta silente, ciò che ha contribuito all'irrigidimento delle posizioni.

Sottoponendo per parere il
progetto di rapporto, il 14 giugno 2006, senza concedere un termine per prendere posizione e annunciando che il rapporto sarebbe stato inviato ai suoi destinatari il 20 giugno 2006 (termine tra l'altro che comprendeva un fine settimana), è evidente che la Corte dei reclami penali non voleva permettere al procuratore generale della Confederazione di esprimere un parere fondato sui risultati dell'analisi. È del resto quanto il presidente della Corte dei reclami penali ha implicitamente ammesso nella sua audizione, quando ha dichiarato che il rapporto intermedio di vigilanza era stato inviato al procuratore generale per garantirgli il diritto di essere sentito, ma era molto dubbio che questo passo fosse necessario. Su domanda del MPC di garantirgli il diritto di essere sentito, gli è stato per finire concesso un termine di sette giorni per esprimersi sul rapporto. Pur contenendo spiegazioni ragionevoli e chiedendo rettifiche pertinenti su numerosi punti, il parere circostanziato che il MPC ha presentato entro il termine impartitogli non è stato preso in considerazione per la redazione del rapporto finale. Nemmeno gli errori manifesti sono stati corretti (v. segnatamente il procedimento «Door», n. 2.1.5, nota 18).

1722

Annunciando pubblicamente, il 6 giugno 2006, che nel corso del mese la Corte dei reclami penali avrebbe allestito «un rapporto sulle critiche in merito all'esiguo numero di atti d'accusa promossi dal MPC» (v. n. 2.2.1) e diramando un comunicato stampa il 17 luglio 2006 con cui annunciava che «nel rapporto, la Corte dei reclami penali rileva che la situazione attuale è insoddisfacente e ne presenta i motivi più importanti», essa ha attirato l'attenzione dei media sul suo rapporto.

Per quanto concerne la forma, la CdG-N accerta che il rapporto intermedio di vigilanza reca la sola firma del presidente della Corte dei reclami penali e che né i membri della Corte che hanno partecipato alla decisione né il cancelliere interessato l'hanno firmata. Nonostante le ripetute domande poste in proposito, la commissione non ha potuto capire del tutto come la Corte dei reclami penali abbia allestito il rapporto non pubblicato. Quest'ultima non ha autorizzato la CdG-N a consultare gli atti che documentano questa decisione.

b) In merito al collegamento con il Progetto Efficienza (EffVor) La problematica, le valutazioni e le conclusioni del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» concernono in gran parte l'attuazione del Progetto Efficienza (EffVor), vale a dire l'introduzione nel 2002 di nuove competenze della Confederazione in materia di perseguimento penale e il conseguente aumento dell'effettivo delle autorità di perseguimento penale (v. n. 1.1). Come visto in precedenza, il TPF ha cercato le ragioni per cui si verificavano ritardi nell'entrata degli atti d'accusa.

Chinandosi sulla fase della preparazione degli atti d'accusa, la Corte dei reclami penali ha coperto soltanto una piccola parte dell'insieme della procedura penale e ha tenuto unicamente conto dei 18 procedimenti di cui l'UGI nel 2005 aveva completato l'istruzione preparatoria (v. n. 2.1.2).

Dall'entrata in vigore del Progetto Efficienza nel 2002, la CdG-N ne ha regolarmente seguito l'attuazione esaminando i rapporti semestrali della direzione generale dell'EffVor e sentendo rappresentanti delle autorità di perseguimento penale. Anche il procuratore generale della Confederazione, il direttore dell'Ufficio federale di polizia (fedpol), il presidente del Tribunale penale federale ­ che rappresenta anche l'UGI ­ e il segretario generale del
DFGP facevano parte della direzione generale, nel frattempo sciolta, dell'EffVor. La CdG-N si è costantemente informata sull'evoluzione del numero delle cause, sulla pianificazione continua, l'utilizzazione delle risorse, i problemi riguardanti la collaborazione con i Cantoni e la formazione dei membri delle autorità di perseguimento penale di nuova istituzione. Alcune questioni hanno suscitato un vivace dibattito all'interno della direzione generale (come la corretta determinazione delle priorità in funzione del genere di reato ­ lotta contro il terrorismo, riciclaggio di denaro sporco, criminalità economica).

Occupandosi dell'evoluzione delle previsioni e del numero di casi, la CdG-N ha accertato che la direzione generale dell'EffVor era fin dall'inizio cosciente del fatto che le previsioni riguardanti il progetto di attuazione iniziale del 2000 comportavano numerosi elementi di incertezza. Le previsioni sono dunque sempre state oggetto di correzioni nel quadro di una pianificazione continua per tenere conto dell'evoluzione effettiva. Una volta avviato il progetto, ci si è accorti che il numero di indagini aperte era superiore alle previsioni e, cosa che non era stata prevista, occorreva anche trattare numerosi procedimenti «non complessi». Nel 2002 il Parlamento ha dunque adottato un messaggio complementare che aumentava l'effettivo delle autorità di perseguimento penale. Il numero delle cause si è sviluppato conformemente alle previsioni fino a tutto il 2003. Con l'adozione del programma di sgravio 2003 1723

(PAB 03), il Parlamento ha imposto il congelamento dello sviluppo delle strutture. A fine 2003, essa ha deciso una pausa e, adottando nel 2006 il programma di abbandono dei compiti, ha proceduto a un ulteriore lieve riduzione delle risorse. Nel corso dell'estate del 2004, la direzione generale dell'EffVor ha constatato che, fino al deposito dell'atto d'accusa, la procedura durava in media non due, ma quasi tre anni.

Le cause principali di questa situazione erano la procedura penale federale a due livelli (il MPC trasmette ogni procedimento all'UGI, che procede all'istruzione preparatoria prima di ritrasmettere il procedimento al MPC, il quale, se del caso, promuove l'accusa), la carenza di risorse dell'UGI e dal congelamento dello sviluppo delle strutture. A fine 2004, visti i cambiamenti intervenuti, la direzione generale dell'EffVor ha deciso di rinunciare a formulare previsioni vere e proprie, accontentandosi di «pronostici in funzione delle capacità» che annunciavano una stagnazione del numero delle cause.

Più difficile era prevedere quando e quante promozioni dell'accusa sarebbero state depositate. La fase procedurale che precede l'allestimento dell'atto d'accusa è lunga.

È dunque difficile prevedere l'evoluzione in questo settore, ciò che spiega la difficile situazione nella quale si trovava il TPF. Da questo profilo è del tutto normale che, nel marzo 2006 il Tribunale abbia voluto sapere non soltanto perché nel corso dei mesi precedenti non erano più stati depositati atti di accusa, ma anche quando avrebbe potuto contare di riceverne di nuovi. È invece più difficile capire il modo di agire della Corte dei reclami penali dopo il 20 aprile 2006, ossia dopo che il MPC aveva fornito le informazioni richieste in merito ai procedimenti chiusi nel 2005 dall'UGI. Al più tardi a questo punto, la Corte dei reclami penali era stata messa al corrente che sui 18 procedimenti chiusi dall'UGI nel 2005, 10 avevano già dato luogo a una promozione dell'accusa, due erano stati trasmessi ai Cantoni, un procedimento era stato abbandonato e un altro sarebbe sicuramente sfociato in una sospensione, mentre in un altro caso ancora, uno Stato estero aveva presentato una domanda di delega del perseguimento penale. Pertanto, su 18 procedimenti, ci si poteva ancora aspettare al massimo quattro atti di accusa. La
CdG-N fatica dunque a capire perché il presidente della Corte dei reclami penali abbia in seguito deciso di procedere a un'audizione, condotta sullo stile di un interrogatorio, e di redigere un rapporto intermedio di vigilanza essenzialmente vertente su questioni concernenti l'attuazione dell'EffVor, questioni che non rientrano nella vigilanza amministrativa che compete alla Corte dei reclami penali. Sarebbe stato sufficiente regolare i punti in sospeso nel quadro di una normale discussione con rappresentanti del MPC. Una simile discussione avrebbe permesso di individuare le soluzioni per accelerare di qualche giorno o di qualche settimana l'uno o l'altro procedimento. Inoltre, in veste di autorità direttamente implicata nell'EffVor, il TPF era a conoscenza di tutti i dati necessari e, nella sua veste di autorità di vigilanza sull'UGI, sapeva perfettamente che le istruzioni preparatorie si accumulavano a causa della carenza di risorse (55 istruzioni preparatorie pendenti a fine 2005 e 62 a fine 2006), ma che entro pochi mesi al TPF sarebbero pervenuti degli atti di accusa, come effettivamente poi avvenne nel 2006. In totale, prima della fine del 2006 furono depositati 19 atti di accusa e la Corte dei reclami penali poté lavorare a pieno regime.

Diversi temi affrontati dal rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» concernevano il Progetto Efficienza, mentre in parallelo era in corso l'Analisi della situazione EffVor ordinata dal DFGP (rapporto «Uster», v. n. 2.4). La CdG-N fatica a capire questo modo di procedere in parallelo, tanto più che si pone la questione della competenza e, inoltre, le indicazioni del rapporto intermedio di vigilanza riguardo 1724

all'EffVor sono sbagliate. Il rapporto intermedio parte da previsioni mal calcolate e superate e fa riferimento a cifre tratte dal rapporto del 12 maggio 2000 sull'attuazione del Progetto Efficienza, cifre già da tempo superate in ragione della pianificazione continua e del congelamento dello sviluppo delle strutture imposto dal Parlamento (v. n. 2.1.4). Il rapporto rimprovera inoltre al MPC di non aver tenuto fede alle sue previsioni riguardo al numero di atti d'accusa, sebbene tutte le autorità di perseguimento penale abbiano contribuito a queste previsioni fatte nel quadro dell'EffVor; queste previsioni erano state formulate sulla base di numerose condizioni che, non per colpa del MPC, per finire non si sono realizzate. Il giudizio molto severo del rapporto intermedio di vigilanza, secondo cui le autorità di perseguimento penale non hanno raggiunto i risultati che si potevano aspettare da un apparato di tale ampiezza e secondo cui la responsabilità di questo fallimento va attribuita al MPC in generale e al procuratore generale della Confederazione in particolare, non si basa su nessun serio fondamento. La CdG-N non capisce come si possa, a partire da alcuni dati poco significativi, riguardanti per di più una sola frase di alcuni procedimenti, emettere un giudizio non soltanto sull'efficacia di un apparato di perseguimento penale così complesso e tanto grande, ma addirittura sulle qualità dirigenziali del procuratore generale della Confederazione.

c) In merito a un'eventuale parzialità del presidente della Corte dei reclami penali Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» non è una sentenza, ma un atto di vigilanza della Corte dei reclami penali. Da parte sua, la CdG-N non lo esamina in qualità di autorità giudiziaria, ma agisce nel quadro dell'alta vigilanza parlamentare.

Non le compete dunque accertare l'eventuale esistenza o l'inesistenza di un motivo di ricusa nel senso giuridico del termine. La CdG-N conclude dai fatti osservati ­ modalità dell'audizione del procuratore generale della Confederazione, rifiuto del diritto di essere sentito, rifiuto di prendere in considerazione le richieste del MPC, rifiuto di correggere gli errori di contenuto del rapporto ­ che il presidente della Corte dei reclami penali non ha avuto la necessaria obbiettività e indipendenza nei confronti del
procuratore generale della Confederazione e del MPC quale autorità.

Da ultimo, l'informazione preventiva del segretario generale del DFGP equivale a una condanna anticipata e non avallata del collegio dei giudici della Corte dei reclami penali, ossia dalla sola autorità che può esprimere valutazioni e imporre misure a titolo della vigilanza che le compete. Nella valutazione dei risultati del presente esame va tenuto conto di questi accertamenti.

d) In merito alla collaborazione tra il presidente della Corte dei reclami penali e il DFGP e della delimitazione tra vigilanza amministrativa e vigilanza giudiziaria Secondo quanto egli stesso ha affermato, il presidente della Corte dei reclami penali era cosciente del fatto che le indagini alle quali intendeva procedere in merito al numero esiguo degli atti di accusa stilati dal MPC concernevano questioni che rientravano nel campo di competenza del DFGP, autorità incaricata della vigilanza amministrativa sul MPC. È d'altronde per questa ragione che egli ha voluto coprirsi facendosi impartire un ordine esplicito dal DFGP (v. n. 2.1.3, lett. e).

L'attuale bipartizione della vigilanza esercitata sul MPC in vigilanza amministrativa esercitata dal DFGP per conto del Consiglio federale, da un lato, e vigilanza giudiziaria esercitata dalla Corte dei reclami penali, d'altro lato, è stata voluta dal legislatore. La CdG-N reputa che il DFGP non possa oltrepassare questa ripartizione delle competenze incaricando la Corte dei reclami penali di assumere determinati compiti 1725

di vigilanza amministrativa. Soltanto una base legale permetterebbe un simile trasferimento di competenze.

La formulazione della lettera del DFGP del 27 aprile 2006 ­ proposta dal presidente della Corte dei reclami penali, ma firmata dal segretario generale del DFGP ­ con la quale il DFGP si mostra sorpreso del fatto che a quel momento il MPC emanava un numero tanto esiguo di atti d'accusa è perlomeno discutibile. Infatti, al pari del presidente della Corte dei reclami penali, il segretario generale del DFGP era membro della direzione generale dell'EffVor e di conseguenza era informato sulla situazione dagli esaurienti rapporti trimestrali e semestrali che riferivano sull'evoluzione delle statistiche concernenti l'EffVor (v. n. 2.1.10 lett. b).

Informando preventivamente il DFGP nel maggio 2006 (v. i fatti esposti nel n. 2.1.3, lett. g) e sottolineando senza fondamento obiettivo le lacune, definite drammatiche, in materia di conduzione di un MPC che scientemente non utilizzava le risorse a sua disposizione, il presidente della Corte dei reclami penali ha discreditato la direzione del MPC. Lo ha fatto ben sapendo che il DFGP intendeva procedere a nuove indagini in seno al MPC. Questo modo di fare era inoltre arbitrario e anticipava la decisione della Corte dei reclami penali dell'8 giugno 2006 pregiudicandola (v. n. 2.2.3 e 3.1.2.3).

Quando, il 25 giugno 2006, il segretario generale del DFGP si è informato presso il presidente della Corte dei reclami penali per sapere chi aveva commissionato il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», a chi era destinato e se era previsto di pubblicarlo o di pubblicare un comunicato stampa, il DFGP stava esaminando le soluzioni che avrebbero consentito di allontanare il procuratore generale della Confederazione dalla sua funzione (v. n. 3.1.2.6 per maggiori particolari sulle dimissioni del procuratore generale). Nei suoi e-mail il segretario generale fa riferimento a queste discussioni in seno al DFGP (v. n. 2.1.3, lett. h).

I documenti esaminati e la connessione materiale che collega i fatti permettono alla CdG-N di dedurre che il presidente della Corte dei reclami penali sapeva che il DFGP cercava di estromettere il procuratore generale dalla sua funzione, che ha fornito il suo sostegno al Dipartimento e che, come mostrano chiaramente i documenti,
questo aiuto era accolto con favore dal DFGP. Se così non fosse, non si comprenderebbe perché, nel rapporto intermedio di vigilanza, il presidente della Corte dei reclami penali abbia rimproverato a più riprese al procuratore generale di non essere sufficientemente al corrente degli affari del MPC, o addirittura di non essere capace di dirigere il MPC e, in conclusione, gli abbia addossato la responsabilità dei «risultati nettamente insufficienti». Indipendentemente dal fatto che tale esame e i suoi risultati non permettevano di trarre conclusioni sulle qualità dirigenziali del procuratore generale della Confederazione, non rientra nell'ambito della vigilanza giudiziaria conformemente all'articolo 28 capoverso 2 LTPF controllare o esprimersi su questo aspetto. Soltanto il Consiglio federale nella sua veste di autorità di nomina è autorizzato a procedere a una simile valutazione nel quadro di un procedimento disciplinare che garantisce d'ufficio alla persona interessata i diritti di difesa e il rispetto del principio di equità. Occorre inoltre constatare che né l'esame alla base del rapporto intermedio di vigilanza né il verbale delle audizioni o le discussioni relative a tale rapporto hanno rivelato elementi obiettivi a giustificazione dei rimproveri formulati nei confronti del procuratore generale della Confederazione.

1726

e) In merito ai problemi della vigilanza esercitata dalla Corte dei reclami penali sul MPC Non occorre in questa sede presentare in dettaglio i problemi rilevati dal MPC in relazione alla vigilanza esercitata dalla Corte dei reclami penali (v. n. 2.1.7.3), dato che, in seguito all'intervento della sottocommissione, quest'ultima li sta analizzando e vi sta ponendo rimedio in collaborazione con il MPC. La CdG-N tiene a felicitarsi del processo avviato, che le sottocommissioni Tribunali seguiranno nell'ambito dell'alta vigilanza esercitata sul TPF.

La CdG-N prende posizione unicamente sulla direttiva della Corte dei reclami penali che ingiunge ai procuratori della Confederazione di astenersi dal partecipare regolarmente alle audizioni dell'UGI. Nel rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», la Corte dei reclami penali non soltanto sottolinea la gravità dell'inosservanza manifesta di questa direttiva, ma giunge a concludere che, non essendo riuscito a farla rispettare, il procuratore generale della Confederazione ha problemi di conduzione. In linea di principio, la CdG-N non può dichiararsi d'accordo con una direttiva che contiene prescrizioni di carattere obbligatorio sul modo in cui il MPC deve esercitare i suoi diritti di parte e attira l'attenzione della Corte dei reclami penali sul fatto che, in questo modo, rischia di vedere messa in questione la propria imparzialità nei confronti delle parti23.

2.1.11

Conclusioni della CdG-N riguardo al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa»

Gli accertamenti e valutazioni esposti sopra hanno portato la CdG-N alle conclusioni seguenti:

23

1.

La procedura seguita dalla Corte dei reclami penali e dal suo presidente nell'elaborazione del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» non corrisponde alla procedura usuale nell'ambito della giustizia, che ha lo scopo di esaminare, nel quadro della vigilanza giudiziaria, la legalità dei metodi di indagine e di discutere le eventuali lacune direttamente con l'autorità oggetto della vigilanza allo scopo di cercare, insieme ad essa, come migliorare la situazione e, ove ve ne fosse bisogno, emanare le necessarie direttive. La Corte dei reclami penali non si è conformata al comportamento usuale da tenere con l'autorità sorvegliata.

2.

Nella sua audizione, il procuratore generale della Confederazione ha reagito tenendo un atteggiamento poco cooperativo e il suo modo d'agire ha contribuito ad accrescere la tensione nelle relazioni tra le due autorità.

3.

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» formula giudizi su aspetti che rientrano nell'ambito dell'EffVor e della conduzione e che non fanno parte del campo di competenza della vigilanza giudiziaria, ma di quello della vigilanza amministrativa. Sostituendosi senza base legale all'autorità di vigilanza amministrativa, la Corte dei reclami penali ha oltrepassato le sue competenze.

V. Christoph Mettler, Staatsanwaltschaft, Freiburger Dissertation, Basilea/Ginevra/Monaco 2000, pagg. 237 seg.

1727

4.

Le conclusioni del rapporto intermedio di vigilanza non corrispondono ai fatti sui quali si fonda il rapporto.

5.

Le indagini intraprese dalla Corte dei reclami penali sono state svolte dopo concertazione con il DFGP in vista di eventuali misure amministrative.

6.

La confusione tra vigilanza giudiziaria e vigilanza amministrativa ha in particolare fatto sì che il procuratore generale della Confederazione non si sia potuto accorgere che erano oggetto dell'indagine anche fatti che avrebbero potuto essere rilevanti in un procedimento disciplinare nei suoi confronti, ciò che contravviene ai diritti procedurali e in particolare al diritto di essere sentito.

7.

La CdG-N non è riuscita a capire il modo in cui è stato deciso in seno alla Corte dei reclami penali l'allestimento del rapporto non pubblicato. La Corte dei reclami penali non ha autorizzato la CdG-N a consultare gli atti che documentano questa decisione. Un simile atteggiamento nei confronti dell'autorità incaricata di esercitare l'alta vigilanza è inaccettabile.

8.

La CdG-N non può obiettivamente trarre conclusioni sufficienti sul funzionamento del MPC a causa delle lacune procedurali e materiali che inficiano i risultati del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa».

2.2

Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» della Corte dei reclami penali del TPF

2.2.1

Motivi e genesi

Il 1° giugno 2006 la Weltwoche pubblicò un articolo nel quale criticava aspramente il procuratore generale della Confederazione e i metodi di investigazione del MPC in riferimento al procedimento in corso contro l'intermediario finanziario zurighese H.24 L'autore dell'articolo rimproverava all'autorità di perseguimento penale di aver fatto venire in Svizzera, su istigazione del procuratore generale della Confederazione, l'ex «barone della droga» del cartello di Medellín, José Manuel Ramos25, condannato negli Stati Uniti per partecipazione a un traffico di stupefacenti, e di averlo utilizzato come agente provocatore allo scopo di ripulire la piazza finanziaria svizzera. L'articolo accusava in particolare le autorità di perseguimento penale di aver utilizzato le informazioni fornite da Ramos per far cadere in trappola H. nonostante tali informazioni non fossero credibili.

L'articolo scatenò vivaci reazioni nei giorni seguenti la pubblicazione. In un primo tempo ­ come essa dichiarò prima di Pentecoste ad alcuni media ­ la Corte dei reclami penali, nella sua veste di autorità incaricata della vigilanza sul MPC, ritenne che non fosse il caso di intervenire, nell'intenzione di esaminare il caso nel quadro delle sue attività ordinarie di vigilanza. Nel corso del fine settimana di Pentecoste, il capo del DFGP prese contatto con il presidente della Corte dei reclami penali allo scopo di valutare la situazione. Il lunedì di Pentecoste, ossia il 5 giugno 2006, il DFGP diramò un comunicato stampa nel quale informava che, in seguito a diverse critiche interne ed esterne rivolte al Ministero pubblico della Confederazione, il capo 24 25

Daniel Ammann: Er ist sein heikelster Fall, Weltwoche del 1.6.2006.

Non si tratta della sua vera identità.

1728

del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali del TPF avevano convenuto il 5 giugno 2006 di procedere a un verifica straordinaria sull'attività del MPC nel quadro della loro funzione di vigilanza amministrativa e giudiziaria. Il DFGP precisava inoltre che avrebbe comunicato i nomi degli incaricati di questa verifica per conto del Dipartimento (v. n. 2.3 in merito al rapporto «Lüthi» e i n. 3.1.2.3 e 3.2, lett. b in merito alle dimissioni del procuratore generale della Confederazione).

In un secondo tempo, la mattina del 6 giugno 2006, il presidente della Corte dei reclami penali sollecitò ad alcuni membri presenti della Corte il consenso per questo esame. Lo stesso giorno, la Corte dei reclami penali emise un comunicato stampa analogo a quello pubblicato dal DFGP il giorno prima. La Corte dei reclami penali aggiungeva che avrebbe proceduto «ad esaminare se vi sono elementi comprovanti l'impiego sistematico da parte del Ministero pubblico della Confederazione di metodi d'inchiesta illegali» e che nel corso del mese sarebbe stato «redatto un rapporto sulle critiche concernenti il numero esiguo di atti d'accusa allestiti dal Ministero pubblico della Confederazione» (v. n. 2.1.10, lett. a).

Nella sua seduta dell'8 giugno 2006, la Corte dei reclami penali prese la decisione formale di effettuare la verifica straordinaria annunciata, che venne affidata ai giudici del TPF Bernard Bertossa e Andreas Keller.

Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» fu inviato ai suoi destinatari (v.

n. 2.1.1, nota 7) il 18 settembre 200626 e non fu pubblicato. In un comunicato stampa, la Corte dei reclami penali comunicò che le sue indagini avevano mostrato che l'impiego di Ramos era stato , per la sua particolare tipologia, un caso unico negli ultimi anni, che le autorità interessate erano coscienti dei rischi di una simile operazione e che esse avevano preso le misure adeguate per limitarne la sopravvenienza.

Essa precisava inoltre che sulla base delle informazioni fornite da Ramos, il MPC aveva avviato nove procedimenti penali e che le disposizioni legali allora in vigore in Svizzera erano state rispettate, sia per quanto concerne la condotta dell'operazione sia a livello dei susseguenti provvedimenti giudiziari.

2.2.2

Contenuto e conclusioni del rapporto

La CdG-N ritiene che, considerate tutte le circostanze, vi sia un interesse pubblico preponderante alla pubblicazione dei risultati del rapporto «Ramos». Qui di seguito sono riassunti o citati estratti del contenuto e delle conclusioni a cui giunge il rapporto27.

a) Procedura Nel suo rapporto, la Corte dei reclami penali afferma che il suo compito consisteva nel verificare se i fatti si erano realmente svolti come riferito nell'articolo. In un 26

27

Rapporto intermedio di vigilanza «Ramos», indagini della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale del 18.9.2006 sui metodi d'indagine del Ministero pubblico della Confederazione e della Polizia giudiziaria federale, in particolare nel caso «Ramos» (lingua originale del rapporto: francese).

La CdG-N ha dato al TPF e al MPC la possibilità di esaminare se la pubblicazione di questi passaggi non poneva problemi dal profilo del segreto dell'istruttoria penale. Nel suo parere, la Corte dei reclami penali ha proposto di rinunciare alla pubblicazione di tali passaggi, senza tuttavia invocare né un interesse pubblico o privato preponderante né il segreto istruttorio.

1729

secondo tempo aveva esaminato in che misura i metodi criticati erano stati utilizzati in procedimenti diversi da quello diretto contro H. Essa affermava di aver avuto completo accesso agli incarti della PGF, di aver potuto prendere conoscenza dei pertinenti incarti giudiziari, di aver sentito tutti gli agenti che avevano fatto parte della cellula costituita per assistere Ramos durante il suo soggiorno in Svizzera ­ compresi i loro superiori ­, il procuratore generale della Confederazione (di seguito: il procuratore generale) e il procuratore federale incaricato dell'affare Ramos (di seguito: il procuratore) e di avere anche consultato i propri incarti e altri incarti del MPC.

b) Fatti I punti qui di seguito riferiscono i fatti quali sono stati presentati nel rapporto (i passaggi dei documenti tralasciati sono indicati con parentesi quadre [...]).

«3.1

Nel corso degli anni Novanta, quando era in servizio presso gli uffici centrali di polizia criminale, il procuratore generale si era recato negli Stati Uniti dove, con l'accordo delle autorità locali, aveva raccolto la testimonianza di Ramos su fatti concernenti un'indagine aperta dal MPC per fatti relativi a un riciclaggio di denaro proveniente da un'importante traffico di stupefacenti. Da questa audizione, il procuratore generale aveva tratto la convinzione che Ramos possedesse importanti informazioni su questo tipo di attività criminali e che fosse pronto a collaborare con la giustizia [...].

3.2

Ramos era stato arrestato negli Stati Uniti nel 1990. Per la sua partecipazione a traffici di stupefacenti tra la Colombia , il Messico e negli Stati Uniti, era stato condannato a pene corrispondenti a due ergastoli, più vent'anni. Ramos aveva accettato di collaborare con alcuni servizi di polizia degli Stati Uniti e, secondo il meccanismo che vige in questo Paese, aveva ottenuto che il totale delle condanne che avrebbe dovuto subire sarebbe stato ridotto a 12 anni di prigione [...].

3.3

Nel luglio 2001 Ramos aveva interamente scontato questa pena. Il suo avvocato aveva invano tentato di ottenere dalle autorità americane che il suo cliente e sua moglie fossero autorizzati a rimanere negli Stati Uniti, ragione per cui Ramos rimase in stato di detenzione in vista di espulsione. L'avvocato di Ramos si rivolse dunque al procuratore generale per chiederne il sostegno [...], affermando che il suo cliente possedeva informazioni che potevano essere utili alle autorità svizzere, alcune delle quali in materia di riciclaggio di denaro sporco [...].

3.4

Con scritti del 17 maggio 2002 alla direzione americana delle dogane, poi del 21 giugno 2002 al procuratore generale degli Stati Uniti, il procuratore generale cercò di influenzare le autorità americane e di ottenere che Ramos fosse autorizzato a soggiornare negli Stati Uniti, dove il procuratore generale si proponeva di interrogarlo per ottenere informazioni su attività criminali concernenti la Svizzera [...]. A causa di un conflitto tra le dogane americane (U.S. Customs Service) e il Dipartimento americano di giustizia (Department of Justice), quest'intervento non ebbe successo e Ramos non fu autorizzato a rimanere negli USA; gli era tuttavia

1730

stata data la facoltà di emigrare verso un Paese di sua scelta. Questa fu perlomeno la spiegazione fornita alle autorità svizzere [...].

3.5

Con una dettagliata lettera del 25 giugno 2002, il procuratore generale espose la situazione di Ramos al capo della PGF, precisando in particolare che Ramos era in grado di fornire informazioni su conti bancari in Svizzera sui quali erano stati accreditati valori provenienti da traffici di droga. Al capo della PGF veniva chiesto di decidere se i servizi erano interessati a utilizzare le informazioni che Ramos poteva fornire e, in caso affermativo a esaminare se la PGF era in grado di accogliere Ramos in Svizzera e di controllarlo [...]. Poiché il capo della PGF si era detto interessato[...], ebbero luogo discussioni tra il procuratore generale e la PGF, che giunsero a definire un piano dettagliato per la condotta di questo informatore, con l'obiettivo principale di smantellare le strutture in Svizzera del cartello colombiano della droga e di sequestrarne i proventi depositati nel nostro Paese [...]. Su proposta del procuratore generale, questa condotta doveva essere assunta da una «task force» denominata «Guest» (di seguito: task force Guest) composta di diversi agenti posti sotto la direzione dell'agente X. proposto dal procuratore generale stesso [...].

3.6

Nell'autunno 2002 alcuni agenti della task force Guest si recarono negli Stati Uniti, dove presero contatto con Ramos, sempre in detenzione, con l'ufficiale che si occupava di quest'ultimo e con altri funzionari americani. Ebbero l'impressione che Ramos fosse un informatore degno di fiducia, ma che contrariamente a quanto affermava e al contenuto di una lettera consegnata loro, non disponeva di informazioni direttamente sfruttabili in Svizzera per il perseguimento di attività criminali [...].

3.7

Poiché Ramos affermava che per aggiornare le informazioni in suo possesso doveva riallacciare certi contatti e che poteva farlo soltanto se fosse stato rimesso in libertà, il 30 ottobre 2002 fu per finire presa di comune accordo tra il procuratore generale e il capo della PGF la decisione di far venire Ramos in Svizzera [...].

3.8

Ramos arrivò in Svizzera il 21 dicembre 2002 e fu ricevuto dalla task force Guest [...]. Egli era munito di un passaporto colombiano autentico corrispondente alla sua vera identità (o perlomeno corrispondente al suo nuovo nome, dopo che era stato cambiato secondo la normativa americana [...]). L'autorità cantonale competente rilasciò un libretto per stranieri che ne autorizzava il soggiorno in Svizzera [...].

3.9

In merito ai valori patrimoniali di origine criminale che aveva promesso di localizzare in Svizzera, Ramos dichiarò di avere ripreso i contatti necessari e di essere in grado di fornire indicazioni utili a confiscare tali valori. Aggiunse tuttavia che i suoi «corrispondenti» sollecitavano, in contropartita, la corresponsione di una forte percentuale degli importi da confiscare. La PGF declinò l'offerta, incompatibile con la legge svizzera [...].

3.10

Ramos sembrava tuttavia in grado di approfittare del suo statuto di ex «barone della droga» per allacciare contatti nella cerchia di sudamericani operanti in Svizzera e degli intermediari finanziari che collaboravano con loro. La PGF decise allora di lasciare che Ramos allacciasse questi 1731

contatti, controllandolo più da vicino. Per fissare i limiti di quanto egli era autorizzato a fare, fu consegnato a Ramos un documento in lingua spagnola [...] che stabiliva i limiti del suo intervento. Ispirandosi alle direttive della PGF del 1° luglio 2002 sull'impiego di informatori e di persone di fiducia [...], tale documento precisava chiaramente che Ramos doveva astenersi da qualsiasi provocazione. Esso indicava inoltre che a Ramos era vietato qualsiasi contatto con servizi esteri. La PGF era consapevole di questi rischi, poiché negli Stati Uniti Ramos aveva collaborato con servizi di polizia sottoposti a una legislazione molto diversa da quella vigente in Svizzera [...]. Durante la sua attività in Svizzera, tali istruzioni sono state ricordate più volte a Ramos [...].

3.11

Grazie a questi contatti, presi in particolare nel «milieu zurighese», Ramos raccolse numerose informazioni, che trasmise alla task force Guest.

Quando quest'ultima le considerava sufficientemente degne di interesse, ne faceva rapporto, senza indicare in particolare le sue fonti, a un altro gruppo della PGF, denominato task force Go. Dopo aver fatto la sua valutazione e, se del caso, proceduto alle prime verifiche o alle ricerche usuali, quest'ultima unità decideva, sotto controllo gerarchico, se redigere o no un rapporto destinato al MPC, in vista dell'apertura di una procedura investigativa [...].

3.12

In tale contesto, Ramos fornì alla task force Guest numerosi informazioni, la maggior parte concernenti il traffico di stupefacenti e, in misura minore, il riciclaggio dei suoi proventi o il traffico di esseri umani. Molte di queste informazioni non sono state sfruttate, sia perché non concernevano reati perseguibili in Svizzera, sia perché la PGF non disponeva di mezzi sufficienti per sfruttarle. In un caso, le informazioni furono trasmesse a una polizia cantonale, dato che i fatti rientravano nelle sue competenze. In nove occasioni tuttavia [...], sulla base delle informazioni procurate da Ramos vennero avviate indagini preliminari (ossia procedure d'indagine ai sensi dell'art. 101 cpv. 2 PPF). Tre di queste sono state in seguito archiviate e una di esse aveva permesso il sequestro di importanti valori patrimoniali. Gli altri procedimenti sono ancora pendenti.

3.13

Fin dall'inizio, la PGF considerò con diffidenza le informazioni provenienti da Ramos. La sua fiducia aumentò tuttavia rapidamente quando Ramos fornì informazioni in merito a un'organizzazione di trafficanti di stupefacenti in un contesto nel quale era già stata aperta un'indagine preliminare ed erano in corso intercettazioni telefoniche. Le informazioni di Ramos corrispondevano ai fatti scoperti con queste intercettazioni di cui Ramos ignorava l'esistenza [...], e di conseguenza la credibilità di quest'ultimo ne uscì rafforzata.

3.14

La PGF e il procuratore generale convennero che quest'ultimo delegasse un procuratore che assistesse la task force Guest con i suoi consigli giuridici. In questo modo, ed entro questi limiti, il procuratore partecipò attivamente e regolarmente al funzionamento di questa unità, senza tuttavia mai intervenire nelle decisioni operative [...].

1732

3.15

Nell'estate del 2004, la vigilanza esercitata su Ramos dagli agenti della task force Guest convinse questi ultimi che, contrariamente alle direttive ricevute, Ramos entrava in contatto con un servizio di polizia estero, verosimilmente statunitense, senza esservi autorizzato. Fu allora deciso di porre immediatamente termine alla collaborazione con Ramos, al quale fu ingiunto di lasciare subito la Svizzera, cosa che egli fece 24 agosto 2004. Quel giorno, Ramos fu imbarcato in un aereo alla volta della Colombia [...].

3.16

Ramos è, almeno nel passato recente, la sola persona di fiducia di questo calibro e di questo tipo (delinquente condannato all'estero a forti pene, condotto appositamente in Svizzera per svolgere questo ruolo) reclutata dalla PGF. L'esperienza, consistente nel garantire la gestione di questa persona per mezzo di un'unità di polizia appositamente costituita, non aveva precedenti e non è stata in seguito ripetuta [...]. Va però aggiunto che la task force Guest è stata incaricata, nel gennaio 2004, di «trattare» un altro informatore che si era spontaneamente presentato a un'ambasciata estera in Svizzera affermando di possedere informazioni su traffici di stupefacenti in Svizzera. A questa persona furono consegnate istruzioni scritte analoghe a quelle che erano state date a Ramos [...].

Quest'operazione fu tuttavia sospesa dopo due settimane [...].

3.17

Nel contesto generale descritto in precedenza (supra n. 11 e 12), Ramos segnalò agli agenti che lo gestivano, nella primavera del 2003, di aver saputo dell'esistenza di un «banchiere» che, a Zurigo, sosteneva di aver partecipato al riciclaggio di valori patrimoniali provenienti da traffici di stupefacenti organizzati dal clan di Pablo Escobar. Secondo Ramos, il banchiere era ancora attivo in questo campo; Ramos ne ignorava il nome, ma, grazie alla persona che lo aveva informato, avrebbe potuto ottenere un colloquio con lui. L'autorizzazione di recarsi a questo incontro gli fu accordata e gli fu espressamente ricordato il divieto di qualsivoglia provocazione [...]. In seguito Ramos riferì che l'incontro si era svolto e designò H. come il banchiere. Secondo Ramos, H. si era dichiarato spontaneamente disposto a garantire l'investimento di fondi di origine illecita e aveva accennato alla possibilità di riciclare fondi provenienti da un traffico di droga [...]. Considerata sufficientemente seria, l'informazione fu trasmessa alla task force Go. Quest'ultima svolse le ricerche utili per identificare con precisione H. e, con un rapporto del 19 luglio 2003, fece richiesta al MPC di aprire una procedura d'indagine [...]. La richiesta fu approvata e fu aperta un'indagine di polizia giudiziaria, nell'ambito della quale furono ordinate intercettazioni telefoniche e fu impegnato un agente sotto copertura. Quest'ultimo era stato inoltre autorizzato a munirsi di un registratore di suoni. Il procedimento nei confronti di H. è attualmente in corso di istruzione preparatoria presso l'Ufficio dei giudici istruttori federali (di seguito: UGI). Il ruolo svolto da Ramos non è menzionato in nessuno degli atti del procedimento.»

1733

c) Complemento ai fatti Successivamente al completamento della redazione del rapporto e la consultazione delle autorità interessate (MPC e PGF), il consigliere nazionale J. Alexander Baumann ha consegnato al presidente della Corte dei reclami penali documenti americani che hanno portato all'aggiunta del punto seguente: «3.18 Sulla base di diversi documenti messi da terzi a disposizione della Corte dei reclami penali nel corso dei suoi chiarimenti in vista del presente rapporto [...], non si può scartare l'ipotesi che Ramos, durante il suo soggiorno in Svizzera, lavorasse in particolare anche per autorità di perseguimento penale americane, dato che nel 1991 operava da agente infiltrato per queste ultime [...]. Non vi sono tuttavia elementi che permettano di concludere che il MPC o la PGF fossero a conoscenza di tali attività o le abbiano tollerate.» d) Ruolo dell'autorità di vigilanza giudiziaria Nella valutazione dei fatti, il rapporto precisa, a titolo preliminare, il ruolo della vigilanza ai sensi dell'articolo 28 capoverso 2, LTPF e ne definisce i limiti. Al riguardo, la Corte dei reclami penali afferma: «La vigilanza materiale si distingue dalla vigilanza giudiziaria nel senso che essa verte su un comportamento generale o sulle prassi adottate dall'autorità oggetto della vigilanza e non su situazioni particolari, che possono essere materia di reclamo ai sensi degli articoli 105bis PPF e 28 capoverso 1 lettera a LTPF. L'autorità di vigilanza non ha nemmeno la funzione di operare una valutazione delle prove raccolte nel quadro di un procedimento penale. Questa valutazione spetta esclusivamente all'autorità giudicante, ovvero, nella procedura federale, alla Corte penale (art. 26 LTPF). [...] La vigilanza materiale non ha nemmeno lo scopo di intervenire in settori che rientrano nel giudizio di opportunità o nella valutazione dell'utilità dei mezzi messi in atto dalla polizia. Inoltre. la Corte dei reclami penali non può sostituirsi al MPC per decidere se l'una o l'altra strategia o metodo fossero appropriati. Tale scelta spetta esclusivamente a questa autorità e l'intervento della Corte dei reclami penali si giustificherebbe soltanto se dovesse risultare che questa scelta è in contraddizione con il mandato attribuitogli dall'autorità di perseguimento. [...] Il ruolo della Corte dei reclami penali
si limita dunque a chiarire se i metodi utilizzati dal MPC e dalla PGF fossero autorizzati sotto il profilo della legge o se invece la violassero. Tale esame deve vertere sui seguenti interrogativi: 1)

È ammissibile che determinati elementi dell'indagine non figurino nell'incanto del procedimento?

2)

Il ruolo assegnato a Ramos era conforme alla legge?

3)

Vi erano sospetti sufficienti per l'apertura di un procedimento penale? Nel caso H. in particolare, le misure di sorveglianza e l'impiego di un agente infiltrato sono stati ordinati nel rispetto del diritto vigente?»

1734

e) Rivelazione della fonte delle informazioni della polizia Sull'obbligo della PGF o del MPC di indicare negli incarti giudiziari l'esistenza di Ramos e il suo ruolo nelle indagini aperte sulla base delle informazioni da lui fornite, la Corte dei reclami penali constata: «La polizia non è obbligata a rivelare tutti i particolari della sua attività investigativa28. I suoi documenti di lavoro non devono figurare nell'incarto29. È incontestabile che la polizia abbia il diritto di utilizzare informatori, ai quali può garantire la segretezza. Non vi è dunque nulla di illegale nel raccogliere informazioni da persone che frequentano ambienti criminali e non far trasparire la loro esistenza negli incarti dell'inchiesta30. Questa facoltà (o obbligo) di tacere l'esistenza di un informatore e di non svelarne l'identità si impone in tutti i casi quando i fatti rivelati da questo ausiliario della polizia non sono utilizzati come mezzi di prova a carico del presunto autore.

Secondo le verifiche svolte, risulta nella fattispecie che le informazioni raccolte da Ramos non sono state utilizzate nel procedimento diretto contro H. né nelle altre cause come mezzo di prova a carico dei prevenuti in questione. Nemmeno l'impiego di Ramos come testimone anonimo è stato preso in considerazione, sebbene questo tipo di testimonianza non sia assolutamente escluso dall'ordinamento svizzero31. I fatti rivelati da Ramos non sono stati utilizzati come mezzo di prova nel procedimento nella forma della testimonianza indiretta, anche se questo metodo può essere ammesso in determinate circostanze32. Il disegno di codice di procedura penale Svizzera prevede d'altronde espressamente che, in determinate circostanze, al testimone può essere garantito l'anonimato (art. 146 e 147 disegno CPP). L'uso di informazioni provenienti da un informatore non soggiace alle esigenze poste per l'investigazione segreta33.

28 29

30

31 32

33

DTF 112 Ia 18, 24 consid. 5; Bernard Corboz, L'agent infiltré, in RPS 111 [1993] pagg. 307 segg., in part. 322.

Gérard Piquerez, Procédure pénale suisse, Zurigo 2000, N. 777; Robert Hauser/Erhard Schweri/Karl Hartmann, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ed., Basilea 2005, § 55, N. 15; Niklaus Oberholzer, Grundzüge des Strafprozessrechts, 2a ed., Berna 2005, N. 945.

Eugen Thomann, Verdeckte Fahndung aus der Sicht der Polizei, in RPS 111 (1993) pagg. 285 segg., in part. 295­298; Robert Hauser, Anonyme Gewährspersonen im Strafprozess, in RPS 82 (1966) pagg. 306 segg., in part. 309 segg.; per il diritto francese: Jean Pradel, Manuel de procéduré pénale, 11a ed., Parigi 2002, pag. 383; Roger Merle/André Vitu, Traité de droit criminel, tome II. Procédure pénale, 5a ed., Parigi 2001, pag. 223; Dalloz, Code pénal, 103a ed., Parigi 2006, N. 94 e 95 ad art. 226-13 CPF; per il diritto tedesco: Lemke/Julius/Krehl/Kurth/Rautenberger/Temming, Strafprozessordnung, 3a ed., Heidelberg 2001, § 163, N. 12.

DTF 118 Ia 457, 460 segg. consid. 3; DTF 125 I 127, 141 segg. consid. 7.

Robert Roth, Protection procédurale de la victime et du témoin: enjeux et perspectives, in RPS 116 (1998) pagg. 384 segg., in part. 394 seg.; v. anche Andreas Donatsch, Die Anonymität des Tatzeugen und der Zeuge vom Hörensagen, in RPS 104 (1987) pagg. 397 segg.

FF 1998 3359 Robert Hauser/Erhard Schweri/Karl Hartmann, op. cit., § 75, N. 29; Wolfgang Wohlers, Das Bundesgesetz über die verdeckte Ermittlung (BVE), in RDS 124 (2005) pag. 222; Niklaus Oberholzer, BG über die verdeckte Ermittlung: Kein Meisterstück der helvetischen Gesetzgebung, in Revue de l'avocat 2/2005 pag. 57.

1735

In conclusione: tacendo l'esistenza di Ramos e non accennando al suo ruolo nei rapporti destinati al procedimento, la PGF e il MPC non hanno violato il diritto applicabile.» f) Attività di Ramos sul territorio svizzero In merito al diritto della PGF e del MPC di incaricare Ramos di raccogliere di prima persona informazioni sul territorio svizzero, il rapporto accerta quanto segue: «La prassi della polizia in Svizzera distingue generalmente tre categorie di ausiliari: il semplice informatore (Informant, informateur), che fornisce occasionalmente alla polizia informazioni che ha ottenuto di sua iniziativa; la persona di fiducia (Vertrauensperson, personne de confiance) la quale, sotto il controllo della polizia, è incaricato di procurarsi e poi di trasmettere informazioni; da ultimo l'agente sotto copertura (verdeckter Ermittler, agent sous couverture), che viene attivato sotto una falsa identità allo scopo di raccogliere prove utilizzabili nel procedimento riguardante attività criminali. Nella fattispecie, Ramos apparteneva in tutta evidenza alla seconda di queste categorie. Nel momento in cui è stato contattato dalla polizia svizzera, non disponeva di informazioni direttamente sfruttabili per un perseguimento penale. Il MPC e la PGF hanno nondimeno ritenuto che per il suo passato e la sua esperienza Ramos fosse in grado di infiltrarsi in ambienti ai quali la polizia non aveva accesso e potesse così raccogliere informazioni su attività illecite che si svolgevano in Svizzera. [...]

All'epoca dei fatti in rassegna, la legislazione svizzera non conosceva ancora nessuna disposizione in materia di investigazione mascherata, ciò che non impediva che un simile metodo fosse ammesso [...]. Dopo la sua entrata in vigore, la LFIM si applica soltanto agli agenti infiltrati; sono esclusi dalla sua applicazione i semplici informatori e le persone di fiducia34. Bisogna concluderne che, entro i limiti che verranno precisati più avanti [...], l'impiego di una persona di fiducia in vista di raccogliere informazioni in certi ambienti sospettati di essere dediti ad attività penalmente rilevanti non era contrario alla legge svizzera.

In conclusione: il mandato affidato a Ramos non era contrario alla legge svizzera e non può dunque essere rimproverato al MPC o alla PGF di essersi avvalsi di un tale metodo di indagine.»
Se Ramos abbia travalicato o no i limiti che il suo ruolo gli permetteva di svolgere e il MPC o la PGF ne avesse conoscenza, la Corte dei reclami penali precisa quanto segue: «Se il ricorso a una persona di fiducia è dunque ammissibile in linea di principio, anche senza base legale specifica, occorre però anche che l'attività di questo ausiliario si svolga senza violare le norme legali in vigore. Nella fattispecie niente permette di affermare che vi siano state violazioni. Infatti, l'indagine ha 34

Niklaus Oberholzer, op. cit., pag. 57.

1736

permesso di verificare che Ramos era entrato in Svizzera munito di un documento d'identità autentico, rilasciato al nome che il precitato aveva ottenuto validamente in applicazione della legislazione statunitense. L'autorità svizzera competente gli ha rilasciato un permesso di soggiorno provvisorio. Le disposizioni della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS, RS 142.20) sono pertanto state rispettate. Ramos non è mai stato munito di apparecchi di registrazione dei suoni o di immagini con i quali avrebbe effettuato registrazioni vietate ai sensi degli articoli 179bis segg. CP. Nessuna traccia di simili registrazioni figura nell'incarto della polizia e gli agenti interrogati hanno affermato in modo unanime che non si era mai fatto ricorso a mezzi siffatti.

A tenore delle istruzioni dettagliate che gli furono comunicate per scritto e ricordate più volte, a Ramos era stato formalmente proibito di collaborare con altri servizi di polizia. Una simile collaborazione con un servizio estero avrebbe infatti contravvenuto all'articolo 271 CP. Quando le è sorto il sospetto che Ramos potesse aver violato questa regola, la PGF ha immediatamente preso le misure atte a porre fine alla collaborazione con Ramos e ad allontanarlo dal territorio svizzero. Nessun comportamento punibile né alcuna altra violazione del diritto svizzero è stata accertata nella fattispecie.

Rimane da domandarsi se, nell'ambito della sua attività al servizio della polizia, Ramos abbia tenuto nei confronti dei terzi che incontrava un comportamento provocatorio. Se all'epoca (ovvero prima dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 2005, della LFIM, il cui art. 10 cpv. 1 ha introdotto un simile divieto) nessuna norma legale specifica proibiva che un ausiliario di polizia agisse come agente provocatore, ciò non toglie che un simile comportamento era considerato contrario al diritto35. Nel caso in esame, il divieto di provocare era stato chiaramente precisato nelle direttive comunicate a Ramos e l'attenzione di questi era stata più volte richiamata su questo punto. Quando in una specifica indagine il procuratore è stato invitato dalla polizia a stabilire i limiti dell'intervento di Ramos, il divieto di comportarsi da agente provocatore è stato espressamente ricordato e, in questo caso, interpretato in modo
particolarmente rigoroso [...]

e a Ramos venne espressamente ricordato una volta ancora il divieto di comportarsi da agente provocatore. Dall'indagine non risulta nessun fatto che potrebbe far dedurre che Ramos, a saputa della PGF o del MPC, non abbia rispettato questo divieto e che abbia con il suo comportamento o i suoi atti istigato un terzo a violare una norma penale. Va rilevato che l'impiego e la gestione di Ramos sono stati oggetto, da parte della PGF, di una documentazione estremamente completa,che ha permesso una verifica dettagliata dei fatti.

In conclusione: l'impiego di Ramos si è svolto in circostanze e secondo modalità conformi alla legge svizzera.» g) Condizioni per l'apertura di un procedimento penale Sulla questione della legittimità dell'apertura di indagini di polizia giudiziaria sulla base delle informazioni provenienti da Ramos, il rapporto precisa che:

35

DTF 124 IV 34, 38 segg. consid. 3.

1737

«Ai sensi dell'articolo 101 capoverso 1 PPF, il procuratore generale ordina l'apertura di un'indagine «in caso di sufficiente sospetto di reati di competenza della giurisdizione federale». La nozione di «sufficiente sospetto» richiede un apprezzamento che dipende dalla specifica situazione. Se la vaga supposizione che sia stato commesso un reato non è sicuramente sufficiente per giustificare l'apertura di un'indagine, non si può nemmeno esigere la certezza che il reato sia stato commesso. Una certa verosimiglianza, sostenuta da fatti determinati che, se confermati, sono di natura tale da costituire un reato punibile secondo il diritto vigente, deve essere considerata sufficiente per giustificare l'apertura di un'indagine36. Nel caso che ci occupa, sulla base delle informazioni fornite da Ramos sono stati aperti nove procedimenti giudiziari (ai sensi degli art. 101 segg. PPF). In ciascuno dei casi, la decisione è stata presa sulla base di informazioni riguardanti i fatti che, se confermati, costituivano atti punibili in Svizzera. La credibilità di Ramos era stata verificata in occasione di un affare specifico [...] e le circostanze in cui le informazioni fornite erano state raccolte le rendevano verosimili.

In conclusione: aprendo procedimenti di indagine sulla base delle informazioni fornite da Ramos, il MPC non ha violato la legge.» h) Il procedimento penale nei confronti di H.

Nel suo rapporto, la Corte dei reclami penali accerta inoltre che le osservazioni di cui sopra si applicano anche al procedimento penale aperto nei confronti di H. Visto che i fatti erano stati criticati pubblicamente, la Corte dei reclami penali ha esaminato anche se la sorveglianza della corrispondenza telefonica di H. e l'impiego di un agente infiltrato per avvicinarlo siano avvenuti nel rispetto della legge. Il rapporto giunge alla conclusione che la sorveglianza della corrispondenza telefonica di H. è avvenuta nel rispetto della procedura prevista dalla legge e, in assenza di un ricorso, non è compito dell'autorità di vigilanza procedere a un esame materiale delle condizioni richieste. Per quanto concerne l'impiego dell'agente infiltrato, la Corte dei reclami penali conclude che né l'utilizzazione né le intercettazioni da esso effettuate erano contrarie alla legge e che le circostanze giustificavano simili misure.
i) Conclusioni generali Il rapporto termina con le seguenti conclusioni generali: «Dagli accertamenti fatti dalla Corte dei reclami penali, fondati su una documentazione molto completa riguardante Ramos e su numerose audizioni, risulta che, per la sua tipologia, l'impiego di Ramos come persona di fiducia costituisce un esempio unico nelle attività del MPC e della PGF nel corso degli ultimi anni.

Queste autorità erano coscienti dei rischi che una simile operazione presentava e hanno preso le misure adeguate per limitarne. la sopravvenienza. Le disposizioni legali in vigore sono state rispettate sia nella conduzione dell'operazione

36

Hans Walder, Strafverfolgungspflicht und Anfangsverdacht, in Recht 1990, pagg. 1 segg., in part. 3.

1738

sia nel seguito giudiziario che ha avuto. Per il rimanente, non è compito della Corte dei reclami penali giudicare dell'opportunità dei mezzi impiegati, né di sostituire il suo apprezzamento a quello delle giurisdizioni giudicanti nella valutazione delle prove che, sulla base delle informazioni fornite da Ramos, sono state in seguito raccolte nei procedimenti giudiziari.»

2.2.3

Altre notizie pubblicate da alcuni media su Ramos e indagini complementari della CdG-N

Poco prima che i giudici penali federali Bertossa e Keller concludessero le loro indagini, la Weltwoche pubblicò un nuovo articolo su Ramos citando «documenti segreti americani» che avrebbero provato che quest'ultimo non era soltanto un informatore, ma anche un agente doppio americano37. Questi stessi documenti vennero consegnati al presidente della Corte dei reclami penali dal consigliere nazionale J. Alexander Baumann per essere esaminati nel quadro delle indagini in corso (v. n. 2.2.2, lett. c).

Nel dicembre 2006, dopo la conclusione delle indagini, la Weltwoche, fondandosi sui documenti in possesso della PGF ai quali aveva avuto accesso in seguito a un'indiscrezione, accusò il procuratore generale della Confederazione di non aver detto tutta la verità sul suo ruolo nell'affare Ramos, sia in occasione delle indagini dei giudici penali Bertossa e Keller, sia in occasione dell'indagine amministrativa «Lüthi» (v. n. 2.3). La Weltwoche sosteneva che il procuratore generale non soltanto aveva funto da intermediario tra la PGF e Ramos, ma che era giunto al punto di cooperare con quest'ultimo e di incontrarlo in segreto il 20 maggio 2003, in un capanno forestale nei pressi di Berna38. Le indagini della CdG-N presso la PGF, il MPC, i responsabili dell'indagine ordinata dalla Corte dei reclami penali e l'incaricato dell'indagine amministrativa del DFGP non permisero di trovare indizi che suffragassero questa presentazione dei fatti. Fondandosi sulle indagini condotte dalla CdG-N, il DFGP nella sua veste di autorità di vigilanza amministrativa e la Corte dei reclami penali in veste di autorità di vigilanza giudiziaria del MPC rifiutarono di prendere pubblicamente posizione in merito a queste accuse. La sottocommissione incaricata dell'indagine dichiarò in un comunicato stampa che niente permetteva di affermare che elementi in relazione con Ramos fossero stati celati alle autorità incaricate dell'indagine (v. n. 2.2.4, lett. b in merito alle indagini della sottocommissione).

In seguito alle supposizioni e ai sospetti riferiti dai media, la sottocommissione si rivolse nuovamente al giudice penale federale Keller e alla PGF per porre loro nuove domande su Ramos e sul modo in cui era stato diretto e gestito dalla task force Guest e chiese di consultare nuovi documenti. Inoltre, il consigliere nazionale
J. Alexander Baumann sottopose alla commissione un elenco di domande alle quali quest'ultima diede seguito ­ nella misura in cui esse non concernevano il procedimento in corso nei confronti di H.

37 38

Daniel Ammann: Neues vom Hexer, Weltwoche del 24.8.2006.

Daniel Ammann: Bundesanwalt ohne Alibi, Weltwoche del 14.12.2006.

1739

2.2.4

Risultato delle audizioni e dei pareri scritti in merito al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos»

In seguito alle nuove accuse mosse dai media, la sottocommissione decise di completare il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» procedendo a un esame approfondito, per mezzo di audizioni o di pareri scritti, dei punti enumerati qui di seguito.

1.

Il sospetto che Ramos fosse un agente doppio al servizio delle autorità americane.

2.

Il ruolo del procuratore generale della Confederazione nell'impiego e nella gestione di Ramos.

3.

Le responsabilità del MPC e della PGF nella gestione di persone di fiducia in generale e di Ramos in particolare.

In ragione del sovrapporsi di alcuni temi del rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» con l'indagine amministrativa del DFGP (rapporto «Lüthi», v. n. 2.3), quanto è esposto qui di seguito fa riferimento in modo puntuale a taluni risultati di quest'ultima indagine.

a) Il sospetto che Ramos fosse un agente doppio al servizio delle autorità americane In merito al fatto che Ramos sia un agente doppio. Il primo punto da chiarire è la nozione di agente doppio. Si tratta di un termine impiegato nel settore dell'attività di informazione. L'agente doppio è un agente che lavora simultaneamente per due servizi d'informazione che si contrappongono. In altri termini, si tratta di una spia che esercita la sua attività spionistica non soltanto per conto dello Stato che lo utilizza, ma informa anche lo Stato che deve spiare. Va rilevato che il termine di spionaggio implica che l'agente trasmettere informazioni segrete a un servizio estero. Come risulta dal rapporto intermedio di vigilanza «Ramos», quest'ultimo aveva lo statuto di persona di fiducia. Gestito e assistito dalla PGF e dal fedpol, egli ha raccolto informazioni, particolarmente negli ambienti zurighese, sul traffico di stupefacenti, il riciclaggio di denaro e il traffico di esseri umani (v. n. 2.2.2, lett. b n. 10­12 e lett. f). Quando persone di fiducia ­ come pure informatori e agenti sotto copertura (per le definizioni v. n. 2.2.2, lett. f) ­ vengono utilizzati dalle autorità di perseguimento penale, come nel presente caso, il loro operato deve contribuire a indagini di polizia giudiziaria nel quadro di procedimenti penali, caso che non ha niente a vedere con operazioni di informazione dello Stato. Ramos non era dunque un agente e di conseguenza non poteva nemmeno essere un agente doppio. Inoltre, Ramos non ha mai avuto accesso a informazioni segrete. La PGF non lo ha mai informato sui metodi d'indagine usati o sui risultati ottenuti.

In merito alla possibilità che Ramos abbia potuto fungere da informatore per autorità di perseguimento penale di due diversi Stati. Ci si può per contro domandare se, quando era alla ricerca di notizie negli ambienti zurighese della droga, Ramos raccoglieva anche informazioni per conto delle autorità di perseguimento penale americane con le quali aveva collaborato durante la sua detenzione negli Stati Uniti. Un tale
comportamento da parte sua non sarebbe stato per niente reprensibile come tale; tuttavia le autorità svizzere non volevano che trasmettesse queste informazioni e, secondo la PGF, un simile comportamento non sarebbe stato tollerato. Come riferito nel rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» (v. n. 2.2.2, lett. b n. 10), la PGF era conscia del rischio che correva. Ramos avrebbe infatti potuto essere tentato di ricominciare a lavorare per le autorità di perseguimento penale americane, ragione per 1740

cui la PGF gli aveva proibito qualsiasi contatto con autorità estere. Gli era parimenti proibito di intrattenere contatti nel suo appartamento.

Nel corso della loro audizione, i rappresentanti della PGF hanno dichiarato alla sottocommissione che se Ramos avesse avuto simili contatti con autorità estere, i funzionari di polizia appartenenti alla task force Guest se ne sarebbero accorti, tanto il controllo su di lui era serrato e i suoi contatti filtrati. In occasione di uno dei controlli effettuati nel corso dell'estate del 2004, i collaboratori della PGF trovarono al domicilio di Ramos un cittadino americano. Ramos fu interrogato in modo approfondito sui suoi contatti con questa persona. Il cittadino americano venne controllato e identificato. I documenti e mezzi di comunicazione in suo possesso furono esaminati con il suo accordo. Secondo quanto riferisce la PGF, dai controlli effettuati non risultò che Ramos avesse avuto contatti con autorità estere o tenuto un comportamento penalmente rilevante. A causa di queste violazioni delle regole e di due altre infrazioni alle istruzioni che Ramos avrebbe dovuto imperativamente rispettare, il capo della PGF decise di porre immediatamente termine alla collaborazione con Ramos e di fargli lasciare il territorio svizzero. Con il suo accordo, Ramos venne imbarcato su un aeroplano a destinazione della Colombia il 24 agosto 200439. I rappresentanti della PGF hanno dichiarato che non vi erano indizi che permettessero di pensare che Ramos si fosse comportato in un modo penalmente rilevante, ragione per cui la PGF non aveva intravisto nessuna necessità di aprire un procedimento penale. La decisione di porre termine alla collaborazione con Ramos fu presa unicamente perché egli non aveva rispettato le istruzioni e perché la PGF non voleva assumersi nessun rischio.

Documenti americani di fonte anonima. Il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» venne completato in funzione dei documenti americani di fonte anonima consegnati alla Corte dei reclami penali dopo la chiusura delle indagini. Sulla base di questi documenti la Corte dei reclami penali ritenne che si potesse escludere il sospetto che Ramos, durante il suo soggiorno in Svizzera, avesse lavorato contemporaneamente per le autorità di perseguimento penale americane. Essa non ravvisò elementi che permettesse
di concludere che il MPC o la PGF avesse avuto conoscenza o tollerato attività di questo genere (v. n. 2.2.2, lett. c e 2.2.3).

Considerato che né il MPC né la PGF avevano potuto pronunciarsi sul corrispondente passaggio del rapporto (che era stato aggiunto dopo la consultazione) e che né l'uno né l'altra erano al corrente dell'esistenza di questi documenti americani, la CdG-N glieli sottopose per esame e parere. Parallelamente, la CdG-N fece analizzare tali documenti da un collaboratore della segreteria delle Delegazioni delle commissioni della gestione (DelCG).

Indipendentemente l'uno dall'altra, il parere comune del fedpol/PGF e del MPC del 9 marzo 2007 e l'analisi della segreteria della DelCG del 28 febbraio 2007 sono giunti alla stessa conclusione e non divergono su nessun punto. Secondo le analisi, questi documenti non permettono di sostenere l'ipotesi secondo cui Ramos avrebbe lavorato per le autorità di perseguimento penale americane durante il suo soggiorno 39

Nel 2002, quando le autorità americane avevano deciso di espellere Ramos a destinazione della Colombia, l'interessato si era opposto alla decisione asserendo che la sua vita sarebbe stata in pericolo. Alla domanda sul perché nel 2004 la Svizzera abbia ciononostante espulso Ramos a destinazione della Colombia, la PGF ha spiegato che la sicurezza nel Paese era migliorata dopo di allora e che Ramos stesso l'aveva valutata in altro modo rispetto al 2002.

1741

in Svizzera dal dicembre del 2002 all'agosto del 2004. Essi riguardano soltanto avvenimenti della vita di Ramos precedenti al suo arrivo in Svizzera. Si tratta essenzialmente di indagini delle autorità americane e di ricerche anonime su Ramos effettuate a titolo privato, verosimilmente per conto di una delle parti implicate in un procedimento. Uno dei passaggi di questi i documenti sostiene vagamente che non è impossibile (credible probability) che Ramos abbia lavorato per le autorità americane nel corso del suo soggiorno in Svizzera. Di fatto, non vi sono elementi a sostegno di questa affermazione, basata su ipotesi contraddittorie e senza fondamento secondo cui, prima del 2001, le autorità americane non erano entrate in materia su una riduzione di pena per Ramos perché quest'ultimo non aveva fornito informazioni utilizzabili, ciò che permetterebbe di dedurre che egli abbia negoziato la sua liberazione anticipata in cambio di una collaborazione futura. Inoltre, le ipotesi sono in contraddizione con le informazioni sicure della PGF a cui il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» fa anche riferimento (v. n. 2.2.2 lett. b, n. 2­6), secondo cui la riduzione di pena era stata concessa per la collaborazione con le autorità di perseguimento penale americane, le quali volevano espellere Ramos perché le sue informazioni erano state completamente sfruttate. L'analisi effettuata della segreteria della DelCG precisa che i documenti vertono anche su una ricerca effettuata da persone la cui identità è sconosciuta sulla persona di un certo Dolon Shane Ward, alias Randall S.

Bellamy; questa ricerca non ha legami manifesti con Ramos ed emana probabilmente dalla stessa fonte da cui provengono le indagini private su Ramos. Un articolo pubblicato dall'Aargauer Zeitung40 che individua in Bellamy una delle fonti delle informazioni di Ramos all'origine dei sospetti di riciclaggio di denaro nei confronti del banchiere H. fa pensare che questi documenti americani siano il risultato di indagini private condotte su incarico di una mandante anonimo, interessato al procedimento penale di cui è oggetto H. Il rapporto della segreteria della DelCG mostra inoltre che gli stessi documenti anonimi americani sono alla base delle affermazioni della Weltwoche secondo cui Ramos sarebbe stato un agente doppio.41.

Nel loro parere
comune, il fedpol, la PGF e il MPC riferiscono che un magistrato di rango elevato, membro delle sfere dirigenziali del ministero pubblico americano, aveva espressamente assicurato i collaboratori del fedpol e della PGF recatisi negli Stati Uniti per valutare la credibilità e l'utilità potenziale di Ramos, che le autorità di perseguimento penale non lavoravano più con lui perché tutte le informazioni utili di cui disponeva per i procedimenti che rientravano nella giurisdizione americana erano state sfruttate. Essi constatano inoltre che i documenti in questione non avrebbero modificato la decisione di utilizzare Ramos e sottolineano che in quel caso e come in qualsiasi altra circostanza, la polizia svizzera si è basata sulla propria percezione della situazione e sul proprio giudizio, che ha sempre sottoposto a revisione in funzione dell'evolversi della situazione.

b) Il ruolo del procuratore generale della Confederazione nel reclutamento e nella gestione di Ramos Il rapporto intermedio «Ramos» descrive in modo particolareggiato il ruolo del procuratore generale della Confederazione nel reclutamento e nella gestione di Ramos (v. n. 2.2.2 lett. b, n. 1­7). L'indagine amministrativa del DFGP (v. n. 2.3), che in parte si è occupata delle stesse questioni, giunge alle medesime conclusioni.

Secondo queste analisi, il procuratore generale della Confederazione organizzò un 40 41

Markus Gisler: Erschreckende Details zum Fall Ramos, Aargauer Zeitung del 6.1.2007.

Daniel Ammann: Neues vom Hexer, Weltwoche del 24.8.2006.

1742

contatto con Ramos perché l'aveva conosciuto in occasione della sua precedente indagine negli Stati Uniti e perché era stato contattato dal suo avvocato; egli partecipò anche alla decisione di principio di far venire Ramos in Svizzera e di farlo collaborare con la PGF come persona di fiducia. Inoltre, egli mise a disposizione della PGF un procuratore come consulente per gli aspetti giuridici. In seguito, secondo i rapporti di indagine, egli non svolse più nessun ruolo nell'affare Ramos (v. rapporto «Lüthi», pagg. 10 e 32).

La sottocommissione ha sentito il capo della PGF in funzione al momento in cui fu avviata l'operazione, il capo ad interim della PGF in funzione dal luglio al dicembre del 2002 nonché il capo della PGF in funzione dal 2003 sulle circostanze che hanno portato all'arrivo di Ramos in Svizzera e sul ruolo che il MPC e il procuratore generale della Confederazione hanno svolto in seguito nella gestione di Ramos.

Le audizioni hanno mostrato che nella prima fase di pianificazione i precedenti responsabili della PGF erano del parere che, in linea di principio, la PGF fosse in grado di gestire una simile persona di fiducia. Prima di decidere occorreva chiarire tutti gli aspetti riguardanti la fiducia che si poteva dare a Ramos, la possibilità di interrogarlo negli Stati Uniti, le risorse, i rischi relativi alle conduzione nell'ambiente zurighese della droga di una persona di fiducia con un passato criminale, le possibilità di successo e l'utilità probabile dell'operazione. Dopo un esame approfondito ­ al quale partecipò la task force Guest istituita dalla PGF inviando alcuni suoi membri negli Stati Uniti nell'autunno del 2002 ­ la PGF e il fedpol decisero di organizzare questa operazione. Senza questa decisione, l'operazione non avrebbe potuto essere avviata, dato che la conduzione operativa doveva essere svolta dalla PGF, che aveva esplicitamente accettato di assumersene da sola la responsabilità.

Il fedpol, la PGF e il procuratore generale della Confederazione parteciparono alla decisione di principio del 30 agosto 2002 di far venire Ramos in Svizzera. Dopo questa decisione e durante tutto il soggiorno di Ramos in Svizzera, il procuratore generale non intervenne personalmente nella gestione operativa di quest'ultimo.

Secondo il capo della PGF, il procuratore generale partecipò
unicamente e per breve tempo a una seduta in cui si doveva decidere se prolungare l'operazione. Fatta eccezione di questa seduta, il procuratore generale incontrò Ramos in territorio svizzero soltanto una volta, come egli ha confermato alla CdG-N. Si tratta dell'incontro del 20 maggio 2003 in un capanno forestale riferito dalla Weltwoche (v. n. 2.2.3). Secondo il procuratore generale, l'incontro durò soltanto 10­20 minuti e non riguardò assolutamente gli aspetti operativi concernenti le attività di informazione di Ramos, ma soltanto problemi relativi alla sfera privata di quest'ultimo. Il procuratore generale ha precisato di aver fornito tutte le indicazioni utili su questo incontro sia in occasione dell'indagine condotta dalla Corte dei reclami penali sia in occasione dell'indagine amministrativa ordinata dal DFGP, cosa che la Corte dei reclami penali e il perito incaricato dell'indagine amministrativa per conto del Dipartimento hanno del resto confermato alla CdG-N. Queste due autorità hanno giudicato trascurabile l'importanza di questo incontro. L'allegato non pubblicato del rapporto «Lüthi» (v. n. 2.3) in cui il perito risponde alle domande concernenti la gestione operativa di Ramos menziona espressamente questo incontro. L'ipotesi della Weltwoche secondo cui il procuratore generale avrebbe taciuto questo incontro all'autorità di istruzione e collaborato con Ramos non è dunque confermata.

1743

c) Le responsabilità del MPC e della PGF nella gestione di persone di fiducia in generale e di Ramos in particolare Come risulta dal rapporto intermedio di vigilanza, Ramos era una persona di fiducia gestita dalla PGF e dal fedpol, che l'avevano incaricato di raccogliere informazioni sul traffico di stupefacenti, il riciclaggio di denaro e il traffico di esseri umani, particolarmente nell'ambiente zurighese (v. n. 2.2.2 lett. b, n. 10­12 e lett. f). Conformemente al numero 4.1 delle direttive della PGF del 1° luglio 2002 sul ricorso a informatori e l'impiego di persone di fiducia, la persone di fiducia è «un individuo che agisce, sotto la conduzione della polizia, secondo un mandato ben definito e rispettando istruzioni chiare.» Il numero 5.1 di tali direttive precisa inoltre che la decisione di impiegare una persona di fiducia è di esclusiva competenza della PGF.

Questa categoria di informatori fa parte degli strumenti utilizzati dalla polizia, regolarmente usato nei Cantoni, essenzialmente nel settore della criminalità legata al traffico degli stupefacenti. Le persone di fiducia sono impiegate nel quadro delle indagini preliminari della polizia giudiziaria. Le informazioni raccolte in questo modo conducono all'apertura di un'indagine giudiziaria diretta dal MPC soltanto quando vi sono sospetti sufficienti per presumere che siano stati commessi reati (art. 101 PPF). Le informazioni raccolte dalle persone di fiducia non sono utilizzabili davanti ai tribunali e non sono dunque versate nell'incarto delle indagini, ciò che il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» d'altronde ricorda espressamente (v. n. 2.2.2 lett. e).

Il rapporto «Lüthi» rileva che, nel settore delle indagini preliminari, e dunque nell'impiego di persone di fiducia, la delimitazione delle responsabilità tra il MPC e la PGF non è sufficientemente chiara (v. rapporto «Lüthi», pagg. 12 segg.). Per quanto concerne l'affare Ramos, il rapporto «Lüthi» conferma che la PGF ha gestito Ramos conformemente alle direttive della PGF.

In occasione delle audizioni da parte della sottocommissione, la direzione della PGF ha confermato che le incombe la responsabilità della gestione delle persone di fiducia e che l'operazione Ramos ­ e la direzione della task force Guest ­ non costituivano in questo senso un'eccezione. In taluni documenti
riguardanti la fase preparatoria dell'operazione, la PGF esprimeva tuttavia l'auspicio che il MPC assumesse l'intera responsabilità. In proposito i rappresentanti della PGF hanno dichiarato che il MPC doveva assumere la responsabilità per quanto concerne alcuni aspetti giuridici dell'operazione quali la questione del soggiorno in Svizzera, ma che la responsabilità della gestione di Ramos nel quadro stabilito era assunta dalla PGF.

2.2.5

Accertamenti e valutazioni della CdG-N

L'indagine della Corte dei reclami penali e l'indagine complementare della CdG-N hanno accertato quanto segue: ­

1744

Ramos non è stato impiegato come agente infiltrato, bensì in veste di persona di fiducia. Come usuale per le persone di fiducia, egli non è stato diretto dal MPC, ma dalla PGF, che aveva stabilito condizioni molto rigide e lo aveva sottoposto a una vigilanza permanente. Come era suo compito, il MPC ha verificato che l'operazione rispettasse il quadro legale. Avvalersi di Ramos come persone di fiducia era conforme al diritto vigente.

­

Ramos è stato trasferito dagli Stati Uniti per essere impiegato come persona di fiducia alla PGF su iniziativa del procuratore generale della Confederazione. La PGF ha assunto da sola la responsabilità della sua gestione e del suo impiego concreto.

­

Dato che la gestione dell'impiego di una persona di fiducia è di esclusiva competenza della polizia, la CdG-N non capisce perché il procuratore generale della Confederazione abbia incontrato Ramos in un capanno forestale per discutere problemi riguardanti le sfera privata di quest'ultimo.

­

La CdG-N non dispone di indizi che permettano di concludere che Ramos lavorasse anche per le autorità di perseguimento penale americane o che agisse per loro conto.

­

In occasione dell'esame dell'impiego di Ramos da parte della PGF, gli strumenti di indagine della CdG-N hanno toccato i loro limiti. Per ragioni che concernono la protezione della personalità degli inquirenti di polizia e il segreto dell'istruzione, la CdG-N non ha potuto verificare in prima persona tutti i risultati concernenti l'impiego di Ramos contenuti nei rapporti «Ramos» e «Lüthi».

Nel mese di agosto del 2007, erano stati aperti dal MPC nove procedimenti giudiziari in base alle informazioni procurate da Ramos. Quattro di essi sono stati sospesi (in applicazione dell'art. 106 PPF). Uno di essi è attualmente ancora pendente presso il MPC, che prevede di presentare all'UGI una domanda di apertura dell'istruzione preparatoria nel corso del terzo trimestre del 2007. Due altri procedimenti sono pendenti presso l'UGI. L'istruzione preparatoria degli ultimi due procedimenti è chiusa. Uno di questi procedimenti è sfociato in una promozione dell'accusa e, nel suo giudizio, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale ha irrogato pene di reclusione di svariati anni. Il MPC ha impugnato per nullità questa sentenza di prima istanza della Corte dei reclami penali, e il ricorso è stato parzialmente accolto dal Tribunale federale. La Corte dei reclami penali dovrà dunque giudicare nuovamente questa causa. Per quanto riguarda l'ultimo di questi nove procedimenti, la promozione dell'accusa è in corso; il MPC ha atteso l'esito del suo ricorso per nullità nella causa precedente prima di continuare il procedimento.

Il giudizio sull'opportunità e l'adeguatezza dell'impiego di Ramos alla luce dei risultati ottenuti dipende dall'apprezzamento e dalle priorità definite in materia di perseguimento penale. Per le autorità di perseguimento penale, l'impiego di persone di fiducia costituisce un mezzo di indagine usuale, se non addirittura indispensabile per i reati quali il riciclaggio di denaro, il crimine organizzato e il finanziamento del terrorismo. Dal profilo politico, l'impiego di persone di fiducia dà adito a controversie. Il rapporto «Lüthi» deplora la mancanza di chiarezza del disciplinamento attuale in materia d'impiego di persone di fiducia (v. n. 2.3.2). Il capo del DFGP ha incaricato la commissione di progetto responsabile dell'EffVor2 di esaminare l'opportunità delle disposizioni vigenti e, se del caso, di presentare una proposta.

La CdG-N ha accertato che il margine di manovra nell'impiego di persone di fiducia è molto ampio. Essa ritiene che l'impiego e il controllo delle persone di fiducia oltrepassino il quadro di una semplice direttiva della PGF e che sia opportuno istituire una base legale formale che distingua in modo chiaro tra persone di fiducia e agente infiltrato e disciplini chiaramente le condizioni di impiego e il controllo delle persone di fiducia.

1745

La CdG-N si stupisce che, fondandosi su documenti americani di fonte anonima trasmessi al presidente della Corte dei reclami penali dal consigliere nazionale J.

Alexander Baumann, la Corte dei reclami penali abbia aggiunto nel suo rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» l'ipotesi secondo cui Ramos lavorasse, durante il suo soggiorno in Svizzera, anche per le autorità di perseguimento penale americane.

Dato che il rapporto era già stato adottato, le autorità interessate non hanno potuto esprimere il loro parere né su tali documenti di fonte anonima, né sulle valutazioni che ne sono state tratte (v. n. 2.2.2, lett. c e 2.2.4, lett. a). È vero che nello stesso tempo il rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» non attribuisce nessuna responsabilità in merito al MPC e alla PGF, dato che accerta che nessun elemento permetta di concludere che il MPC o la PGF abbiano avuto conoscenza di queste attività o le abbiano tollerate. Ciò non toglie però che con questa affermazione non verificata il rapporto abbia creato un terreno fertile per le congetture riguardo al fatto che Ramos fosse un'agente doppio.42 Nonostante le ripetute richieste della CdG-N, la Corte dei reclami penali le ha sempre negato la possibilità di consultare i documenti riguardanti questa aggiunta al rapporto intermedio di vigilanza benché questo diritto sia sancito dalla legge sul Parlamento.43 La commissione aveva preteso che le fosse presentata una decisione della Corte, ma ha ricevuto soltanto una lettera firmata dal presidente della Corte dei reclami penali e da un cancelliere che non faceva riferimento a una decisione della Corte. Il presidente della Corte dei reclami penali ha sostenuto che il passo del rapporto in questione era stato adottato per via di circolazione degli atti. Ci si può dunque domandare se i membri della Corte abbiano o no ratificato in piena conoscenza di causa questa aggiunta al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos».

La CdG-N constata che aggiungendo questo passo al rapporto, la Corte dei reclami penali ha disatteso il diritto del MPC e della PGF di essere sentiti e, per di più, ha dimostrato una mancanza di diligenza nel trattamento di documenti anonimi inutilizzabili come mezzi di prova.

2.2.6 9.

Conclusioni della CdG-N in merito al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» Dal rapporto intermedio «Ramos» risulta che il MPC e la PGF hanno rispettato il quadro legale vigente per quanto concerne l'impiego e la gestione di Ramos come persona di fiducia.

10. La CdG-N non può giudicare l'opportunità dell'impiego di Ramos; il giudizio su questo punto dipende infatti dall'apprezzamento e dalle priorità stabilite in materia di perseguimento penale.

11. Dalla sua analisi, la CdG-N conclude che è indispensabile istituire una base legale formale che disciplini l'impiego di persone di fiducia.

42 43

Andrea Bleicher e Andreas Windlinger: Jetzt ist es offiziell: Ramos war ein Doppelagent, SonntagsZeitung del 4.2.2007.

Art. 153 cpv. 4 primo periodo e cpv. 5 LParl.

1746

2.3

L'indagine amministrativa in seno al Ministero pubblico della Confederazione (rapporto «Lüthi»)

2.3.1

Motivi e genesi

Dopo la pubblicazione da parte della Weltwoche, il 1° giugno 2006, di un articolo che formulava gravi accuse nei confronti del MPC in merito all'impiego di Ramos come persona di fiducia, il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale convennero, il 5 giugno 2006 (lunedì di Pentecoste), di procedere a un esame straordinario dell'attività del MPC, nel quadro della loro funzione di vigilanza amministrativa e giudiziaria (v. n. 2.2.1). Il 14 giugno 2006 il capo del DFGP incaricò l'avvocato bernese Rolf Lüthi di svolgere un'indagine amministrativa e in particolare di esaminare, in una prima fase, l'attuazione e il modo di lavorare della task force Guest della PGF che aveva gestito e assistito Ramos, poi, in una seconda fase, di rispondere sulla base degli elementi raccolti nella prima fase agli interrogativi in merito all'organizzazione e alla conduzione del MPC e lo svolgimento dei procedimenti.

L'incaricato consegnò il suo rapporto (di seguito: rapporto «Lüthi») al DFGP il 15 settembre 2006. Il rapporto venne pubblicato il 29 settembre 2006.44

2.3.2

Conclusioni del rapporto

A conclusione della fase I dell'indagine amministrativa riguardante l'attuazione e il modo di lavoro della task force Guest della PGF, l'incaricato ha accertato che Ramos ha agito come persona di fiducia e che è stato diretto e assistito dalla PGF conformemente alle pertinenti direttive. Egli ha inoltre accertato che la PGF ha verificato in modo approfondito la credibilità di Ramos e l'opportunità del suo impiego, prima di prendere la decisione di principio di farlo venire in Svizzera. La PGF ha finanziato tutte le spese connesse al soggiorno di Ramos per mezzo del suo bilancio ordinario.

L'incaricato ha inoltre rilevato che il procuratore generale della Confederazione ha chiesto alla PGF di avvalersi di Ramos come persona di fiducia, che ha partecipato alla decisione di principio dopo le verifiche della PGF e che ha messo a disposizione della PGF un procuratore che le servisse, se necessario, da consulente giuridico. Il rapporto sottolinea inoltre che il MPC non ha avuto altre funzioni nell'ambito dell'impiego di Ramos, che non ha fatto versamenti in denaro, che la ripartizione dei compiti era chiara e che lo svolgimento dei procedimenti e i flussi finanziari sono stati formalmente corretti.

Un allegato non pubblicato contiene le risposte a una serie di domande dettagliate concernenti l'attuazione e il modo di lavoro della task force Guest, il soggiorno di Ramos in Svizzera, il suo reclutamento e la sua gestione nonché il finanziamento dell'operazione (rapporto «Lüthi», pagg. 10 e 33)

44

Rolf Lüthi, Enquête administrative au sein du ministère public de la Confédération, del 15.9.2006 (il testo esiste solo nelle versioni tedesca e francese. I rinvii alle pagine concernono la versione francese (http://www.ejpd.admin.ch/etc/medialib/data/pressemitteilung/2006/pm_2006_09_29.Par.

0005.File.tmp/060929_ber_luethi-f.pdf).

1747

La fase II dell'indagine è dedicata alle domande concernenti l'organizzazione della conduzione del MPC e lo svolgimento dei procedimenti. Nel suo rapporto l'incaricato giunge alle seguenti conclusioni: ­

La delimitazione delle responsabilità tra la PGF e il MPC prima dell'apertura dell'indagine di polizia giudiziaria, ossia durante l'indagine preliminare e le ricerche preliminari, attualmente non è chiara ed è dunque necessario disciplinarla a livello di legge (rapporto «Lüthi», pagg. 12­16 e 34 e seg.).

­

Le direttive della PGF non definiscono chiaramente le condizioni che disciplinano l'impiego di persone di fiducia e i compiti che possono essere loro affidati. In considerazione del fatto che il ricorso ad agenti infiltrati è disciplinato dal 2005 da una legge, occorre esaminare se è opportuno che, accanto alla figura dell'agente infiltrato, continui ad esistere quella della persona di fiducia. Nell'affermativa, occorre disciplinarne chiaramente lo statuto (rapporto «Lüthi», pagg. 15 seg. e 36).

­

Per quanto concerne la questione della regolarità del funzionamento del MPC, il rapporto sottolinea che il rapido sviluppo del MPC e della PGF e il successivo congelamento hanno provocato alcuni problemi. L'incaricato dell'indagine ha tuttavia accertato che, nonostante il quadro difficile, il MPC funziona correttamente e che la sua attuale organizzazione gli permette di adempiere correttamente i suoi compiti. Il rapporto evidenzia anche i potenziali miglioramenti e raccomanda di rinunciare provvisoriamente a intraprendere grandi modifiche in seno al MPC. L'incaricato dell'indagine propone di ottimizzare l'organizzazione e i processi e, per il rimanente, di attendere una fase di consolidamento (rapporto «Lüthi», pagg. 17­19 e 36).

­

L'indagine ha permesso di mettere in luce il fatto che la soppressione dell'istruzione preparatoria, e dunque dell'UGI, comporterebbero grandi miglioramenti e semplificazioni della procedura penale. Attualmente l'UGI ­ il cui effettivo è troppo modesto rispetto a quello delle autorità a monte ­ costituisce una strettoia, principale responsabile dell'esiguo numero di atti d'accusa trasmesso al Tribunale penale federale (rapporto «Lüthi», pagg. 19 seg. e 37).

­

Per quanto concerne i problemi di conduzione al MPC, l'indagine è giunta alla conclusione che l'attuale ripartizione delle responsabilità di conduzione su quattro livelli gerarchici (procuratore generale, capi struttura, capi agenzia e procuratori) secondo il regolamento di organizzazione vigente non è adeguato e di fatto non viene rispettato. Il regolamento attribuisce al solo procuratore generale della Confederazione l'esercizio della vigilanza giudiziaria sull'attività dei procuratori, ciò che, visto il gran numero di procuratori e di cause pendenti, lo obbliga a concentrarsi sugli affari principali e sull'appoggio che deve fornire ai procuratori che richiedono il suo sostegno.

L'incaricato dell'indagine sottolinea che di conseguenza l'attuale organizzazione non permette di garantire l'omogeneità dei procedimenti e raccomanda di rivedere rapidamente la ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra i diversi livelli gerarchici del MPC (rapporto «Lüthi», pagg. 22­23 e 40 seg.).

­

Per quanto concerne l'organizzazione del MPC, l'incaricato dell'indagine reputa che l'introduzione da parte del procuratore generale della Confederazione della gestione dei procedimenti penali come progetti costituisce un buon approccio che occorre sviluppare, ciò che potrebbe in un secondo tem-

1748

po comportare alcune modifiche nell'organizzazione del settore operativo del MPC. Egli raccomanda di non modificare per il momento l'organizzazione del MPC, allo scopo di consentire un certo consolidamento e di rivedere le condizioni di promozione degli assistenti e dei procuratori supplenti. Il rapporto afferma la necessità delle agenzie, ma raccomanda di non svilupparle ulteriormente (rapporto «Lüthi», pagg. 23­26 e 37 seg.).

­

2.3.3

Il rapporto d'indagine rende conto di un potenziale di ottimizzazione nell'ambito della cooperazione tra la PGF e il MPC. Per forza di cose, il considerevole sviluppo di queste due unità a partire dall'inizio del 2002 ha comportato problemi interni che si sono ripercossi sull'interazione e la cooperazione tra la PGF e il MPC. Il rapporto afferma tuttavia che la situazione è migliorata nel corso del tempo. L'incaricato dell'indagine raccomanda di intensificare la cooperazione mediante la gestione dei procedimenti penali come progetti, ciò che dovrebbe in particolare portare a una migliore pianificazione comune delle risorse e a una più accentuata correlazione tra il profilo delle esigenze degli investigatori della PGF e i reati da perseguire conformemente alle nuove competenze federali in materia. Egli raccomanda inoltre di stabilire priorità comuni in materia di indagini e di integrare gli investigatori finanziari e gli esperti periti contabili della PGF nel centro di competenze dei periti contabili del MPC. Di converso, respinge l'idea di un'integrazione amministrativa generalizzata degli investigatori della PGF nel MPC, ma raccomanda di procedere a una delimitazione chiara delle loro rispettive responsabilità, non soltanto per quanto concerne le indagini preliminari, ma anche nel settore delle indagini di polizia giudiziaria (rapporto «Lüthi», pagg. 27­30 e 39).

Reazioni delle autorità interessate

In occasione delle audizioni, i rappresentanti del MPC, del fedpol e della PGF hanno dichiarato alla sottocommissione di condividere in ampia misura le conclusioni alle quali era giunto l'incaricato dell'indagine nel suo rapporto e si sono detti d'accordo di mettere in atto le sue raccomandazioni. Benché vi siano state alcune sovrapposizioni tra l'indagine della Corte dei reclami penali e l'indagine amministrativa concernente l'affare Ramos, essi si sono felicitati di come i rispettivi rapporti convergano sulle stesse conclusioni. Per quanto concerne la problematica sollevata dal rapporto «Lüthi» circa la delimitazione delle responsabilità tra la PGF e il MPC durante l'indagine e le ricerche preliminari, i rappresentanti della PGF hanno affermato che la questione era già stata regolata.

Nel frattempo, la commissione di progetto responsabile dell'EffVor2 posta sotto la presidenza dell'ex consigliere di Stato del Cantone di Zugo Hanspeter Uster ha ripreso le raccomandazioni formulate dal rapporto «Lüthi».

1749

2.4

L'analisi della situazione EffVor (rapporto «Uster»)

2.4.1

Motivi e genesi

Dopo che lo sviluppo delle strutture avviato nel 2002 nell'ambito dell'attuazione dell'EffVor era stato bloccato da una decisione del Parlamento alla fine del 2006 (v. n. 1.1 e 2.1.10, lett. b), il 24 febbraio 2006 il capo del DFGP decise di istituire un gruppo peritale posto sotto la conduzione dell'ex consigliere di Stato del Cantone di Zugo Hanspeter Uster, incaricato di analizzare la situazione del perseguimento penale a livello federale e di presentare proposte concrete in merito al seguito da dare allo sviluppo delle autorità di perseguimento penale della Confederazione.

L'organizzazione di progetto si componeva di un comitato e di altri gruppi di lavoro i cui membri rappresentavano tutte le autorità di perseguimento penale della Confederazione e le autorità di perseguimento penale di alcuni Cantoni.45 Il 10 luglio 2006, al termine dei lavori di analisi e dando seguito a una richiesta del comitato di progetto, il capo del DFGP decise di affidare il resto dei lavori ­ segnatamente la definizione del progetto pianificatorio, l'elaborazione delle raccomandazioni e la redazione del rapporto finale ­ ai membri esterni del comitato di progetto (i rappresentanti delle autorità di perseguimento penale cantonali) dato che la nuova soluzione intendeva in particolare garantire che le raccomandazioni del rapporto EffVor potessero essere discusse e la loro attuazione pianificata in un quadro obiettivo, neutro e scevro di pregiudizi.

Il 7 settembre 2006 il rapporto finale del comitato di progetto del 31 agosto 2006 (di seguito: rapporto «Uster») venne consegnato al DFGP, che lo pubblicò il 29 settembre 2006.46

2.4.2

Conclusioni del rapporto

Per quanto concerne l'analisi e la valutazione della situazione attuale, il rapporto arriva alla conclusione che è stato fornito un lavoro sostanziale di sviluppo e che, a livello federale, il perseguimento penale funziona anche nel settore delle nuove competenze. Esso rileva che la creazione di legami internazionali ha già raggiunto un buon livello e che la collaborazione con i Cantoni è sulla buona via e che l'esame concreto di alcuni procedimenti da parte di periti esterni non ha fatto emergere indizi di malfunzionamento ­ strutturale o giudiziario ­ o di manifesta inefficacia.47 Il rapporto constata tuttavia che vi è un potenziale di ottimizzazione e che è indispensabile intervenire in diversi settori per conseguire l'obiettivo prefissato.

45 46

47

Composizione del comitato di progetto e dei gruppi di lavoro: v. rapporto «Uster», pag. 11.

Il perseguimento penale a livello federale. Analisi della situazione e raccomandazioni del comitato di progetto «Analisi della situazione EffVor» del 31.8.2006 (http://www.ejpd.admin.ch/etc/medialib/data/pressemitteilung/2006/pm_2006_09_29.Par.

0004.File.tmp/060929_ber_uster-f_v2.pdf).

V. rapporto «Uster», pagg. 26 segg. i periti hanno in particolare esaminato il procedimento nei confronti di alcuni membri degli «Hells Angels», che alcuni media non avevano esitato a definire come un «Flop per il Ministero pubblico della Confederazione». L'esame dei periti ha mostrato che i sospetti iniziali si erano rivelati fondati, che il procedimento era legittimo ed era stato a giusta ragione condotto con un grande dispendio di mezzi, in considerazione della complessa situazione riguardo ai mezzi di prova che era necessario produrre per giungere a un risultato chiaro (pag. 27).

1750

Il comitato di progetto vede nell'istruzione penale a due livelli (indagini/istruzione preparatoria) prevista dalla vigente procedura penale federale il principale ostacolo a una trattazione rapida dei procedimenti. La procedura penale potrebbe essere considerevolmente accelerata evitando questo duplice trasferimento degli incarti, che impone ogni volta agli interessati la lettura di dozzine, talvolta di centinaia, di classificatori federali.

Il rapporto conclude che l'esiguo numero di atti di accusa trasmessi finora è in parte dovuto a questa procedura a due livelli (con una strozzatura all'UGI), agli sforzi destinati allo sviluppo delle diverse unità organizzative e al congelamento dello sviluppo deciso dal Parlamento. Il comitato di progetto nota tuttavia che a questa insufficiente produttività contribuiscono anche la ponderosità e la scarsa razionalità dei processi, una forte gerarchizzazione con svariati livelli di conduzione, un pesante onere amministrativo e un'utilizzazione ancora insufficiente delle sinergie tra i partner dell'EffVor.

Per quanto attiene la definizione del progetto pianificatorio, il comitato di progetto ristretto ai suoi membri esterni ha ritenuto che non bisognasse staccarsi dal principio, conforme al dettato costituzionale, del primato del perseguimento penale da parte del potere giudiziario e delle polizie cantonali. Per delimitare chiaramente i compiti di ognuno e definire con chiarezza i punti di sovrapposizione, il comitato ha proposto di redigere un catalogo di competenze, misura di cui la parte essenziale potrebbe essere attuata senza modificare la legge. Secondo i membri esterni, il perseguimento penale federale dovrebbe essere concentrato sui casi complessi che esigono l'impiego di mezzi considerevoli e rinunciare, per esempio, a trattare affari di stupefacenti di media importanza. Casi siffatti possono e devono essere trattati dai Cantoni. Il comitato di progetto ristretto ritiene per contro che il perseguimento penale federale debba fare della criminalità economica un nuovo polo prioritario (benché la Confederazione abbia in questo settore soltanto una competenza facoltativa) dirigendo in permanenza i procedimenti penali nei 10 maggiori casi pendenti. I periti raccomandano di rinunciare (almeno per il momento) ad avviare una revisione della legge e di continuare
nei procedimenti considerandoli progetti pilota secondo una strategia superiore ancora da definire. La conduzione dei procedimenti deve concentrarsi presso i procuratori, preparando il terreno per l'attuazione del nuovo codice di procedura penale svizzero, che rafforzerà le funzioni di conduzione del ministero pubblico.

Il rapporto propone sei modelli in vista della realizzazione degli obiettivi (rapporto «Uster», pagg. 47­53).

Il comitato di progetto ha formulato le seguenti raccomandazioni (rapporto «Uster», pag. 8, 44 seg. e 54 seg.): ­

Abrogare il più presto possibile l'istruzione preparatoria accelerando la modifica della procedura penale federale e destinando le risorse liberate dalla soppressione dell'UGI al settore delle indagini.

­

L'EffVor deve essere proseguito sulla base del modello 2 («Concentrazione delle forze») descritto nel rapporto. Questo modello concentra gli sforzi delle autorità di perseguimento penale della Confederazione sui procedimenti complessi che esigono l'impiego di mezzi importanti e che rientrano nella giurisdizione federale propriamente detta. La Confederazione rinuncia dunque a trattare gli affari di stupefacenti di media importanza. Il modello comprende l'assistenza giudiziaria attiva e passiva, la lotta contro il terrorismo a 1751

livello internazionale, il riciclaggio di denaro e la lotta contro il crimine organizzato e la criminalità economica. L'accento verrà posto su quest'ultimo tipo di reati. Il modello si applica anche al coordinamento intercantonale e internazionale, alle ricerche preliminari nel settore delle nuove competenze, al diritto penale accessorio e alle competenze «classiche» della Confederazione.

­

Le trasformazioni tratteggiate qui sopra devono essere realizzate nel quadro finanziario attuale (senza riduzioni supplementari dei mezzi). Il comitato di progetto è del parere che le misure di ottimizzazione e le sinergie permetteranno di compensare le carenze constatate nei settori delle indagini e degli esami finanziari.

­

I procedimenti penali complessi che esigono l'impiego di mezzi considerevoli (crimine organizzato, lotta contro il terrorismo, criminalità economica) devono essere gestiti come progetti. Occorre proseguire lo sviluppo di questo principio già introdotto nel MPC e farne un elemento centrale della riforma.

­

Le prescrizioni legali e una strategia che determina gli obiettivi a medio termine delle autorità di perseguimento penale della Confederazione (orientamento, ruoli prioritari) ­ che il MPC, il fedpol e la PGF dovranno elaborare assieme ­ serviranno da fondamento al principio della gestione dei procedimenti come progetti.

­

La struttura e l'organizzazione del MPC e della PGF devono essere adattati nella prospettiva delle trasformazioni proposte e tenendo conto del potenziale di ottimizzazione.

2.4.3

Reazioni delle autorità interessate

Nelle audizioni, i rappresentanti del MPC, del fedpol e della PGF hanno dichiarato alla sottocommissione di condividere in larga misura le conclusioni alle quali gli era giunto il comitato di progetto e si sono dichiarati d'accordo di attuare le raccomandazioni.

In un comunicato stampa del 15 dicembre 2006, il DFGP si è detto persuaso che il modello 2 («Concentrazione delle forze») proposto nel rapporto Uster è quello che meglio permetterebbe di garantire l'efficacia e la legalità del perseguimento penale a livello federale. Ha precisato che tale modello non prevede né uno sviluppo né lo smantellamento dell'EffVor, ma piuttosto una trasformazione mirata che tiene conto delle esperienze fatte finora e rimedia alle lacune emerse e che il Consiglio federale aveva avallato questo orientamento (concentrazione sui procedimenti complessi che esigono l'impiego di mezzi importanti).

In seguito, il DFGP ha istituito un nuovo gruppo di progetto diretto dal ex consigliere di Stato del Cantone di Zugo Hanspeter Uster (commissione di progetto dell'EffVor2). Il 16 aprile 2007 il gruppo di progetto ha consegnato al DFGP un rapporto48 che approfondisce l'orientamento del modello 2 tenendo conto dei risulta48

Rapporto di attuazione, Il perseguimento penale a livello federale (progetto EffVor2) del 16.4.2007 (http://www.ejpd.admin.ch/ejpd/it/home/dokumentation/mi/2007/2007-0704.html).

1752

ti del rapporto «Lüthi» (v. n. 2.3). Il Consiglio federale ne ha preso conoscenza il 4 luglio 2007 e ha approvato le proposte di attuazione dell'EffVor2 presentate dal DFGP. il processo d'attuazione sarà terminato a fine 2007.

2.5

Accertamenti e valutazioni della CdG-N in merito ai quattro rapporti d'indagine

a) In merito ai rimproveri mossi al MPC L'indagine amministrativa (rapporto «Lüthi») e l'analisi della situazione EffVor (rapporto «Uster») convergono sulla maggior parte di punti. Giungono in particolare alla conclusione che, in modo generale, l'EffVor sta progredendo e le autorità di perseguimento penale della Confederazione, recentemente rafforzate, funzionano correttamente, ma che sussiste un certo potenziale di ottimizzazione derivante dal rapido sviluppo delle strutture e dalle difficoltà iniziali, circostanza questa per niente eccezionale. Le analisi alle quali hanno proceduto l'incaricato dell'indagine e il comitato di progetto coincidono in buona misura e giungono a conclusioni e raccomandazioni simili.

Per quanto concerne i problemi di conduzione in seno al MPC sollevati prima delle indagini, il rapporto «Lüthi» constata che, tenuto conto del grande numero di procuratori attualmente al servizio del MPC, il procuratore generale della Confederazione non è più in grado di assicurare la conduzione giudiziarie di ognuno di essi come previsto nel regolamento, ciò che rafforza la posizione e l'indipendenza dei procuratori. Per quanto concerne le audizioni, l'incaricato dell'indagine riferisce che nel frattempo questi problemi sono in parte già stati risolti e che non possono essere all'origine dei ritardi constatati nella trattazione delle cause. Egli sostiene che la direzione del MPC gli ha in generale fatto un'ottima impressione, che essa dispone di grandi conoscenze specifiche e dimostra una grande disponibilità. Inversamente, nel suo rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», la Corte dei reclami penali ritiene che, viste le risorse disponibili, il risultato manifestamente insufficiente delle autorità di perseguimento penale non trova una valida spiegazione e che, in ultima analisi, il procuratore generale della Confederazione ne è responsabile (v. n. 2.1.4 conclusioni). Come detto in precedenza, la CdG-N non può obiettivamente trarre conclusioni sufficienti sul funzionamento del MPC a causa delle lacune procedurali e giudiziarie che gravano sui risultati del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» (v. n. 2.1.10 e 2.1.11).

Per quanto concerne i risultati dell'indagine sull'impiego di Ramos come persona di fiducia, la CdG-N rinvia ai suoi accertamenti e alle sue valutazioni
in merito al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» (v. n. 2.2.5).

b) In merito alla procedura a due livelli e alle cause pendenti presso l'UGI I rapporti «Lüthi» e «Uster» concludono entrambi che il problema attuale della procedura penale risiede nel fatto che essa sia concepita in due fasi (indagini/istruzione preparatoria): il duplice passaggio di mano di ogni procedimento (dal MPC all'UGI, poi ancora al MPC) richiede tempi considerevoli. Nel quadro del seguito dell'evoluzione dell'EffVor, la CdG-N aveva già da tempo individuato questo problema. Con lettera del 28 marzo 2006 indirizzata alla Commissione degli affari giuridici e trasmessa in copia al capo del DFGP, essa domandava di mettere a profitto l'unificazione del diritto in materia di procedura penale per trovare una 1753

soluzione che permettesse di sopprimere rapidamente la fase dell'istruzione preparatoria.

Entrambi i rapporti rilevano un ulteriore problema: la sottodotazione degli effettivi dell'UGI, presso il quale i procedimenti si accumulano, talvolta per molti anni.

Alcuni casi rischiano di cadere in prescrizione. Alla fine del 2005 le istruzioni preparatorie pendenti erano 55; un anno dopo erano diventate 62. Secondo il rapporto «Uster», all'UGI occorrerebbe un anno e mezzo per venire a capo delle cause pendenti, se non entrassero nuovi casi (rapporto «Uster», pag. 42). Le conclusioni del rapporto «Lüthi» vanno nella stessa direzione. Secondo l'incaricato dell'indagine, l'effettivo dell'UGI è troppo esiguo rispetto a quello dei casi in entrata e i provvedimenti presi finora non hanno permesso di eliminare questa strettoia. Egli reputa che sarebbe stato necessario assumere tempestivamente un maggior numero di giudici istruttori (rapporto «Lüthi», pag. 20).

Occorre notare che la responsabilità di questa situazione non va addossata all'UGI, che fino alla fine di marzo del 2004 era subordinata al Tribunale federale e che, a partire da quella data, sottostà alla vigilanza giudiziaria e amministrativa del Tribunale penale federale. Contrariamente alla pianificazione della direzione generale dell'EffVor, il Tribunale federale aveva rinunciato ad adattare l'effettivo dell'UGI prima del 2004.49 Secondo la CdG-N il problema non è ancora stato risolto e il Tribunale penale federale lo sottovaluta o lo minimizza. Sebbene il numero di cause pendenti sia passato da 55 a 62, il rapporto di gestione 2006 del Tribunale penale federale afferma che è stato possibile evitarne l'aumento (pag. 15). Il numero di cause pendenti alla fine del 2006 (62) non risulta chiaramente dalla statistica concernente i casi liquidati (pag. 33).

Vista la prossima soppressione dell'UGI, la CdG-N si rende perfettamente conto che non è più opportuno aumentarne l'effettivo. Essa riconosce altresì che il Tribunale penale federale, in collaborazione con il MPC, ha preso provvedimenti per garantire l'ordinato trasferimento del personale dell'UGI al MPC. Essa reputa tuttavia che il problema delle cause pendenti presso l'UGI sia prioritario e che sia indispensabile prendere nuove misure per evitare la prescrizione di alcuni procedimenti.

c) In merito
al riorientamento dell'EffVor secondo il modello 2 Il modello 2 del comitato di progetto «Analisi della situazione EffVor», approvato dal DFGP, è stato sviluppato ulteriormente dalla commissione di progetto responsabile dell'EffVor2 e prevede, in linea di massima, il consolidamento dell'EffVor sulla base delle risorse disponibili dopo il congelamento del 2003 e tenendo conto della lieve riduzione fino al preventivo 2006. Il rapporto «Uster» mostra chiaramente che il numero di procedimenti portati avanti dipende dai mezzi disponibili e non dai reati commessi (rapporto «Uster», pag. 7). Occorre di conseguenza fissare priorità che permettano di scegliere i casi che verranno trattati. Il rapporto «Uster» chiede che il MPC e il fedpol elaborino congiuntamente una strategia che stabilisca le priorità del perseguimento penale. La scelta dei casi da trattare sarà fatto in seguito secondo questa strategia.

49

Lettera del Tribunale federale del 30 giugno 2003 a destinazione della CdG, delle Commissioni delle finanze e del capo del DFGP, in cui il Il Tribunale federale comunicava la sua intenzione di assumere nuovi giudici istruttori soltanto a partire dal momento in cui fossero pendenti 30 procedimenti. V. anche rapporto «Uster», pag. 24.

1754

La CdG-N condivide e appoggia l'orientamento generale delle misure avviate nel quadro dell'EffVor2 allo scopo di ottimizzare la procedura e l'efficacia dell'organizzazione delle autorità di perseguimento penale. La commissione è in particolare favorevole alla soppressione dell'istruzione preparatoria. Essa ricorda tuttavia che una gestione delle autorità di perseguimento penale incentrata unicamente sulla gestione delle risorse potrebbe entrare in conflitto con la massima dell'ufficialità50 e con il principio di legalità51. Di conseguenza, con lettera del 28 ottobre 2005, la CdG-N ha attirato l'attenzione delle Commissioni delle finanze delle due Camere sul fatto che il rapporto semestrale del 30 giugno 2005 della direzione generale dell'EffVor menzionava nove procedimenti complessi che non era stato possibile avviare e che altri casi non erano stati trattati con il voluto approfondimento a causa della scarsità di risorse, ragion per cui essa chiedeva che, al momento di destinare le risorse, si tenesse in debito conto i principi che reggono lo Stato di diritto.

La CdG-N condivide la volontà della Confederazione di condurre i procedimenti importanti nel settore della criminalità economica e di volere acquisire lo statuto di centro di competenze per questo genere di casi. Non va tuttavia dimenticato che questi procedimenti sono molto complessi ed esigono l'impiego di mezzi considerevoli e che la competenza della Confederazione è in questo settore soltanto facoltativa. Per contro, l' EffVor ha introdotto una competenza obbligatoria e la Confederazione non può in linea di principio delegare ai Cantoni i reati in materia di crimine organizzato, di riciclaggio di denaro, di corruzione e di lotta contro il terrorismo quando i reati oltrepassano i confini della Confederazione o di un Cantone. In questi settori non è dunque possibile fissare liberamente le priorità e scegliere quali procedimenti saranno portati avanti o archiviati, qualora sussistano sospetti sufficienti. I risparmi saranno in parte realizzati incentrando il perseguimento penale su poli prioritari (rapporto «Uster», pag. 52). La CdG-N attribuisce la massima importanza al fatto che al momento dell'attuazione del Progetto Efficienza e in particolare al momento della destinazione delle risorse, il Consiglio federale accordi una particolare
attenzione alle esigenze derivanti dalle competenze obbligatorie della Confederazione e al dovere di agire che in questo ambito incombe alle autorità di perseguimento penale.

La CdG-N ritiene che la strategia proposta dal rapporto «Uster» in materia di lotta contro la criminalità non possa sostituirsi alle competenze obbligatorie della Confederazione iscritte nella legge. L'opportunità di una simile strategia è nondimeno indubbia quando la legge lascia alle autorità di perseguimento penale un certo margine di manovra. La CdG-N reputa tuttavia che questa strategia debba essere definita a livello di Consiglio federale e che sarebbe auspicabile che essa goda del sostegno del Parlamento o dei suoi organi competenti in materia.

La CdG-N continuerà a seguire l'attuazione del Progetto Efficienza secondo i suoi nuovi orientamenti.

50

51

In virtù della massima dell'ufficialità (principio dell'istruzione d'ufficio), lo Stato ha non soltanto il diritto, ma anche l'obbligo, di esercitare d'ufficio il suo potere sanzionatorio (v. in particolare Niklaus Schmid, Strafprozessrecht, 4a ed., 2004, pagg. 27 seg.).

In virtù del principio di legalità, le autorità di perseguimento penale sono tenute a perseguire i reati di cui vengono a conoscenza quando vi sono motivi sufficienti di sospetto e sono date le condizioni per un processo (Schmid, loc. cit., pagg. 31 seg.).

1755

2.6

Conclusioni della CdG-N

12. I rapporti di indagine scagionano parzialmente il MPC e la PGF dalle accuse di inefficacia e di carenze nella conduzione rivolte nei loro confronti. Le misure volte a colmare le lacune organizzative constatate sono state nel frattempo prese. La CdG-N controllerà la loro attuazione nel quadro del seguito dell'EffVor2.

13. Dopo il periodo agitato che lo ha pregiudicato, è necessario instaurare un nuovo clima di serenità che consenta alle autorità di perseguimento penale in generale e al MPC in particolare di consolidare le loro nuove strutture, le loro competenze giudiziarie e la loro prassi. La CdG-N ritiene che sia importante ripristinare e rafforzare la fiducia nelle autorità federali di perseguimento penale.

2.7

Raccomandazioni della CdG-N

Raccomandazione 1

Introdurre una base legale che disciplini l'impiego di persone di fiducia

Il Consiglio federale provvede all'introduzione di una base legale che disciplini l'impiego di persone di fiducia nel quadro del perseguimento penale.

Raccomandazione 2

Accordare una priorità elevata alla riduzione delle cause pendenti presso l'UGI

Il Tribunale penale federale accorda una priorità elevata alla riduzione delle cause pendenti presso l'Ufficio federale dei giudici istruttori (UGI) e prende ogni misura utile ­ in collaborazione con le altre autorità di perseguimento penale della Confederazione ­ allo scopo di evitare la prescrizione dei procedimenti.

Raccomandazione 3

Rispettare le esigenze che derivano dalle competenze obbligatorie della Confederazione

Nell'attuazione del Progetto Efficienza e in particolare al momento di destinare le risorse, il Consiglio federale provvede affinché le autorità di perseguimento penale siano messe in grado di adempiere il loro mandato con la necessaria diligenza nei settori che sottostanno alla competenza obbligatoria della Confederazione.

1756

Raccomandazione 4

Definire, a livello di Consiglio federale, una strategia superiore di lotta contro la criminalità

Nel quadro del riorientamento del Progetto Efficienza, il Consiglio federale definisce una strategia superiore di lotta contro la criminalità, che goda del sostegno del Parlamento o dei suoi organi competenti in materia.

3

Le circostanze delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione

3.1

Fatti

La CdG-N ha esaminato le circostanze delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione ed è giunta alla conclusione che esiste un interesse pubblico alla pubblicazione delle sue osservazioni in merito.

3.1.1

Introduzione

Valentin Roschacher è entrato in funzione in veste di procuratore generale della Confederazione nel marzo del 2000, quando il DFGP era diretto dalla consigliera federale Ruth Metzler. Il procuratore generale della Confederazione è eletto dal Consiglio federale in corpore per un periodo di quattro anni e può essere revocato soltanto da quest'ultimo. Il suo secondo mandato sarebbe scaduto nel dicembre del 2007.

L'8 giugno 2006 il capo del DFGP convocò il procuratore generale della Confederazione e gli annunciò la sua volontà di disdire il rapporto di servizio. Gli consegnò un ammonimento disciplinare scritto. Questo documento, che sarà esaminato più approfonditamente qui di seguito (v. n. 3.1.2.4), conteneva un ammonimento e un severo biasimo al procuratore generale della Confederazione e lo minacciava di revoca.

Il 5 luglio 2006 il procuratore generale della Confederazione annunciò le sue dimissioni con effetto alla fine del 2006. La direzione operativa del MPC venne affidata con effetto immediato al procuratore generale sostituto Michel-André Fels, mentre Valentin Roschacher si limitava a seguire gli affari strategici.

Gli avvenimenti che hanno preceduto le dimissioni del procuratore generale della Confederazione sono presentati qui di seguito.

3.1.2

Cronologia del conflitto tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione

3.1.2.1

Ammonimento scritto del 9 novembre 2004 dopo il caso «Achraf»

Il caso del presunto terrorista Mohamed Achraf, incarcerato in Svizzera in vista di rinvio coatto, aveva già causato grandi divergenze di vedute tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione. Questo affare, che per molti giorni ha 1757

avuto grande risalto nei media, è stato in seguito oggetto di un esame da parte della Delegazione delle commissioni della gestione (DelCG).52 Il capo del DFGP era del parere che il servizio di informazione interno (il Servizio di analisi e prevenzione SAP) avesse agito correttamente nell'affare Achraf, mentre il MPC riteneva che, disponendo da diverse settimane di informazioni che costituivano sospetti sufficienti per aprire un'indagine giudiziaria, il SAP avesse tardato troppo prima di informare le autorità di perseguimento penale. Il MPC aprì un'indagine giudiziaria contro Achraf sebbene il capo del DFGP vi si fosse opposto. Quest'ultimo voleva infatti che Achraf fosse estradato verso la Spagna il più rapidamente possibile, come chiesto dal ministro spagnolo della giustizia; l'apertura di un'indagine giudiziaria in Svizzera avrebbe potuto ritardare l'estradizione. Nel novembre del 2004 il procuratore generale della Confederazione si recò in Spagna per coordinare le indagini nei due Paesi, con l'intenzione di indire una conferenza stampa al suo ritorno in Svizzera. Il capo del DFGP gli proibì di tenere questa conferenza stampa perché voleva evitare che il procuratore generale della Confederazione si opponesse pubblicamente all'estradizione di Achraf verso la Spagna. Il segretario generale del DFGP informò il procuratore generale della Confederazione, la sera precedente il suo ritorno in Svizzera, che non avrebbe potuto tenere la conferenza stampa che era stata indetta per il giovedì 4 novembre 2004.

Visto questo divieto, al suo ritorno dalla Spagna il 4 novembre 2004, il procuratore generale della Confederazione evitò i giornalisti che lo stavano aspettando. All'aeroporto di Zurigo-Kloten, il suo portavoce rispose tuttavia ad alcune domande sulle indagini e dichiarò in particolare che l'incontro con i rappresentanti delle autorità giudiziarie spagnole era stato costruttivo e che al procuratore generale della Confederazione era stata consegnata una domanda di assistenza giudiziaria.

Secondo il procuratore generale della Confederazione, il capo del DFGP lo convocò nel suo ufficio la sera del 4 novembre 200453 e lo rimproverò di aver tenuto una conferenza stampa senza essersi prima incontrato con lui. Il 9 novembre 2004 il procuratore generale della Confederazione ricevette un ammonimento scritto
nel quale il ministro di giustizia gli comunicava la sua irritazione per la conferenza stampa tenuta il giovedì 4 novembre 2004 dal MPC nonostante le chiare istruzioni che gli aveva fatto trasmettere. Il ministro di giustizia scriveva inoltre che nella sua veste di capo del MPC riteneva il procuratore generale della Confederazione personalmente responsabile della conferenza stampa e che la relazione di fiducia con lui si trovava per lo meno perturbata, ragione per cui lo avvisava che in caso di recidiva o in caso di nuovo rifiuto di conformarsi alle sue istruzioni di servizio avrebbe valutato l'opportunità di intraprendere passi legali o di disdire il rapporto di lavoro.

Il 15 novembre 2004, prendendo posizione su questo ammonimento scritto, il procuratore generale della Confederazione scrisse a destinazione del capo del DFGP che l'informazione del pubblico da parte del MPC sottostà alla vigilanza giudiziaria della Corte dei reclami penali e che il DFGP non ha nessun potere di dargli istruzioni in merito al contenuto dell'attività del MPC. Egli rilevava che l'informazione del pubblico sui procedimenti penali in corso deriva direttamente dal diritto di procedura penale. Egli affermava inoltre di aver cercato di raggiungere telefonicamente il capo 52

53

Il dispositivo di sicurezza della Svizzera e il caso Mohamed Achraf ­ una valutazione riassuntiva sotto il profilo dell'alta vigilanza parlamentare. Rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione (riassunto) del 16.11.2005 (FF 2006 3365).

V. anche Georges Wüthrich: Bundesanwalt verhindert Terroristen-Auslieferung ­ Justizminister Blocher stinksauer, Blick del 9.11.2004.

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del DFGP per informarlo direttamente delle sue intenzioni: dato che quest'ultimo non lo aveva richiamato aveva informato il segretario generale del DFGP, prima di partire per la Spagna. Visto il comprensibile grande interesse manifestato dal pubblico per le minacce legate al terrorismo, aveva deciso di organizzare una conferenza stampa all'aeroporto di Zurigo-Kloten al suo ritorno dalla Spagna per informare sui risultati della visita fatta al giudice istruttore spagnolo che si occupava del caso. Il procuratore generale della Confederazione aggiungeva che aveva assicurato al segretario generale che il MPC non avrebbe affrontato la questione dell'apertura di un'indagine e che non avrebbe risposto a eventuali domande riguardo a questo argomento; inoltre, egli non si sarebbe presentato di persona davanti ai giornalisti, ma avrebbe delegato alla conferenza stampa il portavoce del MPC.

Il capo del DFGP rispose il 2 dicembre 2004 al parere del procuratore generale della Confederazione facendogli sapere che la cronologia gli importava poco, che in parte non corrispondevano ai fatti e che indicendo la conferenza stampa nonostante il divieto che gli era stato comunicato egli aveva contravvenuto a un'istruzione di servizio.

3.1.2.2

Minaccia di una nuova sanzione disciplinare nella primavera del 2006

Secondo quanto affermato dal procuratore generale della Confederazione stesso, egli fu minacciato di una nuova sanzione disciplinare dopo l'ammonimento del 9 novembre 2004. Nel suo parere scritto del 15 ottobre 2006 destinato alla CdG-N, egli ha in sostanza spiegato quanto segue. Nella primavera del 2006, il capo del DFGP, in presenza del segretario generale del DFGP, aveva preteso che egli prendesse misure disciplinari nei confronti del suo portavoce in seguito a un incidente avvenuto nel corso dell'estate del 2005. Il capo del DFGP gli riferì di aver incaricato il presidente della Corte dei reclami penali di fare chiarezza sull'incidente in questione, ciò che quest'ultimo aveva fatto. Su questo punto, egli rispose di essere stato a conoscenza dei fatti e che, nella sua veste di superiore gerarchico diretto, aveva svolto una propria inchiesta, giungendo alla conclusione che una misura disciplinare sarebbe stata inopportuna. Il capo del DFGP gli rispose che in questo caso avrebbe visto nel rifiuto di ottemperare una debolezza del procuratore generale della Confederazione e non avrebbe esitato a sanzionarlo disciplinarmente. Per evitare una nuova sanzione disciplinare nei suoi confronti, il procuratore generale della Confederazione annunciò al capo del DFGP, entro il termine che gli era stato impartito, di aver sanzionato il portavoce del MPC con un ammonimento scritto.

Nel suo parere del 30 ottobre 2006 a destinazione della CdG-N, il capo del DFGP in sostanza contestava questa versione dei fatti nel modo seguente. Egli non aveva affatto incaricato il presidente della Corte dei reclami penali di svolgere un'indagine sull'incidente dell'estate del 2005. Era stato quest'ultimo ha informarlo, fondandosi sulla sua competenza di vigilanza personale e amministrativa. Aveva in seguito informato il procuratore generale della Confederazione che se non avesse tratto le conseguenze da questo incidente, ne avrebbe dedotto che appoggiava il cattivo lavoro e il comportamento del portavoce del MPC. Nella sua veste di capo del DFGP, non avrebbe potuto tollerarlo.

L'incidente in questione era legato a un comunicato stampa pubblicato dall'UGI nell'estate del 2005. Un articolo della Weltwoche del 30 giugno 2005 sull'affare H.

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aveva criticato il MPC per aver utilizzato un agente infiltrato. Tale critica era stata ripresa da altri media nei giorni seguenti. L'8 luglio 2005 l'UGI aveva pubblicato un nuovo comunicato stampa che discolpava il MPC. Il 14 luglio 2005 la Weltwoche pubblicava un articolo in cui sospettava il portavoce del MPC di essere il vero autore del comunicato stampa. Il portavoce smentì di aver redatto il comunicato. L'UGI confermò questa versione dei fatti a destinazione della CdG-N.

3.1.2.3

Pubblicazione sul caso Ramos e indagini straordinarie nell'estate del 2006

1° giugno 2006. Pubblicazione dell'articolo della Weltwoche «Er ist sein heikelster Fall» e reazioni nel DFGP. In un articolo pubblicato il 1° giugno 2006, la Weltwoche formulò gravi accuse nei confronti del procuratore generale della Confederazione in merito al procedimento contro il banchiere privato H. La Weltwoche rimproverava al procuratore generale della Confederazione di aver reclutato Ramos, condannato negli Stati Uniti per traffico di droga, per fungere da informatore e infiltrare la piazza finanziaria svizzera. Benché, secondo la Weltwoche, le informazioni fornite da Ramos fossero senza valore, il MPC le aveva utilizzate per distruggere l'esistenza di H. e tutta l'opera di una vita (v. n. 2.2 dedicato al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos»).

La rassegna stampa del giorno, preparata del servizio di informazione del DFGP e recapitata al capo del DFGP come al solito prima delle 10, menzionava in quarta posizione l'articolo della Weltwoche e constatava, in sostanza, che in tutta evidenza la Weltwoche proseguiva nella sua crociata contro il MPC e che l'articolo in questione riguardava ancora una volta il caso del banchiere privato H. Il capo del DFGP ordinò di chiedere il parere del procuratore generale della Confederazione in proposito per il giorno seguente, ciò che era usuale al DFGP quando una pubblicazione concerneva il Dipartimento. Per contro, il parere della PGF, autorità pure citata dall'articolo della Weltwoche, venne richiesto soltanto più tardi.

Lo stesso giorno, l'ispettorato della segreteria generale del DFGP venne incaricato di esaminare se le accuse rivolte dalla Weltwoche potevano giustificare un'indagine amministrativa e di quali altri mezzi d'azione poteva avvalersi il Dipartimento.

2 giugno 2006. Rapporto e proposta del procuratore generale della Confederazione.

Il 2 giugno 2006, conformemente alla domanda del Dipartimento, il procuratore generale della Confederazione consegnò al segretario generale una rapporto destinato al capo del DFGP sull'articolo della Weltwoche. Il rapporto affermava in sostanza che, come detto nell'articolo, era stato aperto un procedimento penale nei confronti di H. Il rapporto ricordava inoltre che, siccome l'articolo 102quater capoverso 1 lettera a della legge federale sulla procedura penale lo autorizzava in questo senso54, egli aveva
informato a voce il consigliere federale Blocher su questo caso pendente dall'inverno del 2004. Secondo il procuratore generale della Confederazione, il consigliere federale Blocher non aveva esplicitamente voluto conoscere maggiori particolari sul caso, segnatamente perché conosceva personalmente H. Per questa ragione, il procuratore gli aveva proposto di informare il suo sostituto, precisando 54

In virtù di questa disposizione, il MPC ha il diritto di comunicare al Consiglio federale dati riguardanti ricerche della polizia giudiziaria fintanto che non è stata aperta l'istruzione preparatoria.

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tuttavia che l'incarto era stato trasmesso due anni prima all'UGI, ragion per cui non poteva più dare informazioni a partire da quel momento (apertura dell'istruzione preparatoria).

Il rapporto del procuratore generale della Confederazione conteneva inoltre informazioni sull'impiego di persone di fiducia da parte della polizia in generale e sull'impiego di Ramos in particolare. Il procuratore generale sottolineava che le affermazioni contenute nell'articolo della Weltwoche, secondo cui l'impiego di Ramos era viziato da menzogne e non aveva condotto a nessun risultato, non erano veritiere e che, al contrario, il MPC stava portando avanti diversi procedimenti sulla base di sospetti fondati. In merito al ricorso a informatori che forniscono alla polizia informazioni sulle circostanze in cui vengono commessi reati, il procuratore generale spiegava che essi sono strettamente controllati dalla PGF e che non agiscono mai al di fuori della legalità. Il procuratore generale aggiungeva alcune informazioni su Ramos, il cui soggiorno in Svizzera era stato organizzato dalla PGF e dal fedpol; sosteneva che, il giorno stesso, la Corte dei reclami penali aveva reagito ufficialmente alle domande sollevate dalla stampa dichiarando che non vi erano motivi per prendere misure di vigilanza particolari e che il caso H. era sottoposto alla sua vigilanza ordinaria allo stesso titolo degli altri affari pendenti.

A conclusione del suo rapporto, il procuratore generale della Confederazione proponeva al capo del DFGP di informare il Consiglio federale oralmente ai sensi dell'articolo 102quater della legge federale sulla procedura penale.

2 giugno 2006. Parere dell'ispettorato della segreteria generale del DFGP in merito ai mezzi d'azione a disposizione del DFGP. L'ispettorato informava il segretario generale del DFGP di essere giunto alla conclusione provvisoria che era esclusa la possibilità di intraprendere un'indagine amministrativa sul procedimento pendente nei confronti di H. e che occorreva ancora esaminare se una simile indagine poteva vertere sull'aspetto più generale delle modalità che disciplinano l'impiego di informatori (scelta degli informatori, ordine di missione, rimunerazione, ecc.). L'ispettorato affermava che il Dipartimento avrebbe potuto in qualsiasi momento chiedere al MPC di informarlo spontaneamente
in occasione di un incontro o rispondendo a una serie di domande. Raccomandava inoltre al Dipartimento di chiedere anche il parere della PGF sul soggiorno d'Alex55 e sulla task force Guest allo scopo di evitare che il DFGP, il cui capo è il solo competente in materia di vigilanza sulla PGF, potesse essere nuovamente criticato per non aver indagato sulle accuse.

4 giugno 2006. Fax informativo del segretario generale del DFGP a destinazione del capo del DFGP. Il segretario generale del DFGP era stato incaricato di presentare una proposta su come reagire nei confronti del MPC dal momento che non soltanto il pubblico e i media, ma anche il Parlamento aveva cominciato a interessarsi al caso di H. e del barone della droga Alex. Nel fax informativo inviato al capo del DFGP a Pentecoste, il segretario generale ricordò che l'articolo del 31 maggio 200656 riferiva che il MPC aveva utilizzato un barone della droga come informatore, che il parere del MPC era giunto al DFGP il venerdì sera e che egli aveva anche contattato il presidente della Corte dei reclami penali nella sua veste di responsabile dell'organo di vigilanza giudiziaria sul MPC al fine di discutere del seguito da dare al caso. Il segretario generale, nel suo fax, espresse il parere che il Dipartimento dovesse reagire e proponeva di organizzare una seduta alla quale avrebbero parteci55 56

Pseudonimo dato a Ramos.

In realtà, l'articolo è stato pubblicato nella Weltwoche del giovedì 1° giugno 2006.

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pato anche il presidente della Corte dei reclami penali, il responsabile dell'informazione del DFGP e, eventualmente, un giurista dell'Ufficio federale di giustizia (UFG). A suo avviso, la pubblicazione già il lunedì pomeriggio di un comunicato stampa che informava sulle misure che il DFGP, o il Tribunale penale federale, intendeva prendere impediva ai parlamentari ­ la sessione sarebbe iniziata il martedì ­ di immischiarsi a loro piacimento nella questione. In allegato al suo fax, il segretario generale trasmise al capo del DFGP il parere del procuratore generale della Confederazione e il rapporto del 2 giugno 2006 dell'ispettorato della segreteria generale del DFGP.

5 giugno 2006 (lunedì di Pentecoste). Decisione di avviare indagini straordinarie in seno al MPC. Il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale si incontrarono il 5 giugno 2006 a Rhäzuns e decisero di procedere a un esame straordinario del MPC, ognuno nel rispettivo ambito di competenza (v. n. 2.2 e 2.3). Il DFGP pubblicò alle 17 il relativo comunicato stampa, precisando che la decisione era stata presa in reazione alle diverse critiche interne ed esterne mosse al MPC.

Il pomeriggio stesso, il capo del DFGP cercò di raggiungere il procuratore generale della Confederazione per informarlo della decisione. A più riprese, il segretario generale del DFGP tentò di telefonare al procuratore generale e gli lasciò tre messaggi sulla messaggeria del suo telefono cellulare pregando di richiamarlo. Il procuratore generale della Confederazione non richiamò il segretario generale poiché non era raggiungibile quel pomeriggio a causa di malattia (una forte emicrania).

6 e 7 giugno 2006. Convocazione del procuratore generale della Confederazione a un incontro. L'indomani del lunedì di Pentecoste, il 6 giugno 2006, il segretario generale del DFGP trasmise alle 8 al procuratore generale della Confederazione per posta elettronica una copia del comunicato stampa pubblicato il giorno prima, informandolo di aver cercato più volte di contattarlo telefonicamente e mediante SMS e di avergli invano lasciato due messaggi sulla sua segreteria elettronica che chiedevano di richiamarlo. In questi messaggi aggiungeva che trovava incomprensibile il suo silenzio, dal momento che, fino ad allora, il procuratore generale
l'aveva sempre richiamato prontamente.

Dato che il procuratore generale della Confederazione non aveva richiamato il segretario generale nemmeno nel corso della mattinata del 6 giugno 2007 nonostante che il messaggio lasciato sulla sua segreteria telefonica dicesse di farlo urgentemente, il segretario generale del DFGP decise di telefonargli ancora una volta alle 14.30.

Riuscì a raggiungerlo e lo informò che il capo del DFGP desiderava incontrarlo il 7 giugno 2006, tra le 8 e le 11. Secondo il segretario generale del DFGP, il procuratore generale della Confederazione gli rispose che a quell'ora doveva partecipare a una seduta operativa che non poteva essere rinviata e che dopo questa seduta doveva recarsi a una visita medica; nel corso della settimana non vedeva la possibilità di stabilire un appuntamento. Dopo essersi consultato con il capo del DFGP, il segretario generale inviò un e-mail al procuratore generale proponendogli un altro appuntamento durante le ore di minore attività e lasciandogli il tempo fino al 7 giugno 2006 a mezzogiorno per confermargli l'appuntamento.

Il 7 giugno, un minuto prima di mezzogiorno, il capo di stato maggiore del MPC pregò il segretario generale del DFGP di prorogare il termine, dato che il procuratore generale non aveva ancora avuto la possibilità di leggere la sua posta elettronica. Il segretario generale prorogò il termine alle 15. Alle 14.32 il capo di stato maggiore 1762

confermò con un e-mail che il procuratore generale avrebbe potuto incontrare il capo del DFGP l'8 giugno 2006 alle 19, aggiungendo che il procuratore generale partiva dall'idea che, oltre a lui stesso, all'incontro avrebbe partecipato soltanto il capo del DFGP. Se tale non fosse stato il caso, pregava di essere avvisato. Il segretario generale del DFGP fece sapere al procuratore generale che avrebbero presenziato all'incontro anche lui stesso e il capo del servizio giuridico del DFGP, ma non diede nessuna informazione sul contenuto della discussione. Il procuratore generale della Confederazione ne dedusse che si sarebbe parlato di una nuova misura disciplinare, ragione per cui chiese al suo avvocato di accompagnarlo all'incontro.

Alle 13 del 7 giugno 2007, il segretario generale del DFGP apprese da una collaboratrice del MPC che alle 9.30 essa si sarebbe incontrata personalmente con il procuratore generale nei locali del MPC. Il segretario generale pensò che quel mattino il procuratore generale avrebbe certamente avuto il tempo per fissare un appuntamento con il capo del DFGP.

6 giugno 2006. Parere del fedpol e della PGF sugli articoli riguardanti Ramos. Il segretario generale del DFGP aveva domandato per telefono al fedpol di prendere posizione sugli articoli concernenti il caso Ramos e sul parere del MPC del 2 giugno 2006 in merito all'articolo della Weltwoche. Il rapporto del fedpol e della PGF del 6 giugno definisce ciò che bisogna intendere per informatore, persone di fiducia e agente infiltrato. Per il fedpol e la PGF, la persona di fiducia informa la polizia, ma le informazioni che essa fornisce non vengono inserite nell'incarto del procedimento penale. Per questo motivo, dall'incarto concernente il procedimento avviato contro H. non appare a giusta ragione l'impiego di una persona di fiducia. Il rapporto del fedpol e della PGF riferisce che la PGF è responsabile della conduzione tecnicotattica della persona di fiducia, che è retta da una dettagliata direttiva interna della PGF. Il rapporto affronta anche brevemente la preparazione del reclutamento di Ramos, l'istituzione di un gruppo di lavoro e la durata dell'impiego di Ramos in Svizzera. Il rapporto giunge alla conclusione che la conduzione tecnica e tattica di Ramos da parte della PGF era conforme alle direttive del capo della PGF e
conformata in permanenza ­ nell'ambito del gruppo di lavoro ­ con il procedimento diretto dal MPC.

6 giugno 2006. Intervista del Tages-Anzeiger al procuratore generale della Confederazione57. Il Tages-Anzeiger del 6 giugno 2006, all'indomani del week-end di Pentecoste, pubblicò un'intervista con il procuratore generale della Confederazione in cui quest'ultimo interveniva per la prima volta pubblicamente sulle accuse mossegli dalla Weltwoche in relazione al caso Ramos. Nell'intervista egli confermava l'istituzione della task force Guest, che aveva diretto un ex trafficante di droga colombiano utilizzato sul territorio svizzero come informatore. Rispondendo alle domande del Tages-Anzeiger, il procuratore generale della Confederazione precisava di aver svolto personalmente il ruolo di intermediario per allacciare i contatti con la PGF, ma contestava di aver cooperato personalmente con Ramos, di averlo reclutato per infiltrare la piazza finanziaria svizzera, di avergli fatto fiducia e di essere sceso a patti con lui. Anche il procuratore generale ha insistito sul fatto che la gestione degli informatori è di esclusiva competenza della PGF. Alla domanda se, come riferito dalla Sonntagszeitung, il consigliere federale Blocher gli aveva domandato un rapporto sul caso H., il procuratore generale rispondeva di non aver 57

Hanspeter Bürgin e Christina Leutwyler: Ich war in der Rolle des Türöffners, TagesAnzeiger del 6.6.2006.

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voluto informare il capo del DFGP, perché, all'inizio del 2004, quest'ultimo aveva espressamente rinunciato a essere tenuto al corrente su questo procedimento, ragione per cui aveva proposto di informare il ministro di giustizia sostituto. Il procuratore generale non ha invece voluto rispondere alla domanda del Tages-Anzeiger che gli domandava se il capo del DFGP fosse neutrale in questo affare.

7 giugno 2006. Esame della disdetta del rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione. Dopo la decisione del 5 giugno 2006 di avviare indagini straordinarie in seno al MPC, il servizio giuridico del DFGP venne incaricato di presentare i possibili mezzi per troncare il rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione. Il progetto di proposta che il servizio giuridico consegnò al segretario generale del DFGP affermava sostanzialmente che sussistevano diverse circostanze che permettevano di concludere che in seno al MPC vi erano gravi problemi di conduzione e mancavano le conoscenze necessarie in proposito. Il progetto di proposta presentava diverse varianti di soluzione, ossia la disdetta immediata del rapporto di lavoro in seguito al rifiuto di dialogare con il capo del DFGP, la disdetta ordinaria, la modifica della rapporto di lavoro e l'esonero. Il progetto individuava tre gruppi di problemi: 1) l'atteggiamento di rifiuto del procuratore generale della Confederazione che, facendo seguito a un ammonimento scritto, può portare alla disdetta (immediata) del rapporto di lavoro, 2) le disposizioni da prendere in vista dell'indagine straordinaria, che può sfociare nell'esonero del procuratore generale della Confederazione e 3) l'esistenza di motivi di disdetta ordinaria risultanti dall'indagine. In merito a questo terzo punto, il servizio giuridico del DFGP aggiungeva che sussisteva il rischio di uno «scoppio prematuro», in particolare se si fosse rivelata fondata la dichiarazione del procuratore generale secondo cui i contatti avevano avuto luogo tra Alex e la PGF (e dunque con il DFGP), e non tra Alex e il MPC. Al progetto di proposta era allegata una nota di data 7 giugno 2006, contenente informazioni generali sulla disdetta del rapporto di lavoro concluso per un periodo di funzione limitato.

3.1.2.4

Avvertimento e severo biasimo dell'8 giugno 2006

L'incontro tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione, alla presenza dell'avvocato di quest'ultimo, del capo del servizio giuridico del DFGP e del segretario generale del DFGP ebbe finalmente luogo giovedì 8 giugno 2006, alle 19. Il capo del DFGP dichiarò al procuratore generale della Confederazione che era escluso che egli continuasse a lavorare con lui, che secondo lui la collaborazione era divenuta impossibile e che avrebbe informato il Consiglio federale della sua volontà di disdire il rapporto di lavoro con il procuratore generale. Da parte sua, il procuratore generale della Confederazione affermò di ritenere possibile il proseguimento della collaborazione con il capo del DFGP.

In occasione di quell'incontro, il capo del DFGP consegnò al procuratore generale della Confederazione per scritto un «avvertimento e severo biasimo» (Abmahnung und scharfe Rüge). In questo documento, dell'8 giugno 2006, il capo del DFGP definiva grave la polemica pubblica attorno alla persona del procuratore generale della Confederazione e del MPC e giudicava grande il rischio che la credibilità delle autorità di perseguimento penale ne venisse messa in dubbio. Il ministro di giustizia sottolineava inoltre che il procuratore generale della Confederazione gli aveva consegnato una nota scarsamente significativa invece di prendere posizione sulle 1764

accuse mosse dalla Weltwoche ed aveva fatto pubblicare, senza informarlo, una propria versione dei fatti nel Tages-Anzeiger, dando in occasione di questa intervista risposte che aveva rifiutato di dare al capo del DFGP. Egli constatava che con il suo atteggiamento il procuratore generale aveva impedito al Dipartimento di uscire da una situazione delicata e che, essendo irreperibile il lunedì di Pentecoste aveva impedito al ministro di giustizia di reagire alla polemica, contravvenendo in questo modo alle istruzioni in materia di reperibilità (Weisungen über die telefonische Erreichbarkeit, disponibile soltanto nella versione tedesca). Nel suo avvertimento, il capo del DFGP sottolineava che nel corso della settimana il procuratore generale della Confederazione aveva sostenuto di non disporre del tempo necessario per un colloquio, ciò che costituiva a su avviso un rifiuto di conformarsi a un'istruzione.

Egli rilevava inoltre che, in occasione di un'intervista concessa al Tages-Anzeiger, il procuratore generale aveva fatto dichiarazioni in merito ad altre unità organizzative del DFGP senza rispettare il principio di collegialità, dando così l'impressione di dubitare della neutralità del ministro di giustizia in un affare affidato al MPC, e ciò senza nemmeno aver discusso questo punto con lui. Il capo del DFGP concludeva che, viste queste circostanze, riteneva impossibile proseguire la collaborazione con il procuratore generale della Confederazione.

Il documento termina come segue (traduzione): «visto quanto precede, le infliggo un avvertimento e un severo biasimo ai sensi dell'articolo 12 capoversi 6 e 7 della legge sul personale della Confederazione (LPers). Ritengo che non vi sia più tra di noi un rapporto di fiducia e che dunque non sia più possibile una collaborazione reale.

Esigo inoltre che Lei si conformi immediatamente alle mie istruzioni (reperibilità) e che non organizzi più conferenze stampa senza aver preventivamente consultato il Dipartimento. [...] Qualora simili circostanze avessero a ripetersi o se mancasse di ottemperare alle mie istruzioni esplicite, sarei obbligato a chiedere al Consiglio federale la disdetta del suo rapporto di lavoro, se del caso con effetto immediato.

Informerò il Consiglio federale del contenuto del presente documento nella seduta del 9 giugno 2006.»

3.1.2.5

Informazione del Consiglio federale nella seduta del 9 giugno 2006

In una nota informativa scritta, il capo del DFGP informò il 9 giugno 2006 il Consiglio federale sulle indagini straordinarie in seno al MPC «e alla PGF pure essa interessata», decise il 5 giugno 2006 di comune accordo con la Corte dei reclami penali. In questa nota, il ministro di giustizia precisava che in tutta evidenza era indispensabile intervenire e che queste indagini avevano come unico scopo di accertare i fatti. Rimanevano salve misure disciplinari, amministrative o di vigilanza.

Nell'ambito della procedura di corapporto, il capo del Dipartimento federale dell'interno (DFI) pose domande scritte concernenti il MPC. Voleva in particolare sapere se rispondesse al vero che le cerchie bancarie avevano esercitato una pressione inconsueta sul MPC, se eventuali contrasti personali tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione avevano potuto influenzare in un modo o nell'altro questo caso. Egli voleva inoltre sapere che cosa bisognasse pensare del parere del giudice istruttore, il quale reputava che il caso H. non sarebbe finito in una bolla di sapone, se era vero che il capo del DFGP aveva chiesto un rapporto sul caso H. e come si spiegasse il fatto che il procuratore generale della Confederazione era disposto a informare il sostituto del capo del DFGP, ma non il capo del DFGP 1765

stesso. Il ministro di giustizia prospettò al suo collega del Dipartimento dell'interno che il DFGP avrebbe risposto a queste domande per scritto. Secondo il segretario generale del DFI, il suo Dipartimento non ricevette mai risposta a queste domande.

Su domanda della sottocommissione, la presidente della Confederazione ha informato, con lettera del 26 gennaio 2007, la CdG-N su diversi oggetti riguardanti il MPC, trattati dal Consiglio federale nella sua seduta del 9 giugno 2006. Secondo questa lettera, il capo del DFGP ha informato in occasione di detta seduta il Consiglio federale, per scritto e oralmente, sulla sua intenzione di procedere a un'indagine amministrativa. Il Consiglio federale ha inoltre discusso brevemente in merito alla posizione istituzionale del MPC e ha constatato che quest'ultima poteva porre problemi in materia di conduzione e di vigilanza.

3.1.2.6

Preparativi della segreteria generale del DFGP in vista della partenza del procuratore generale della Confederazione

Dal 19 al 29 giugno 2006, la segreteria generale del DFGP proseguì l'esame della disdetta del rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione ordinata all'indomani della decisione del 5 giugno 2006 di procedere a indagini straordinarie in seno al MPC. Venne anche intrapresa con l'avvocato del procuratore generale della Confederazione la negoziazione di un accordo in vista della partenza.

Con e-mail del 19 giugno 2006, il segretario generale del DFGP incaricò il capo del servizio giuridico del DFGP di presentargli rapidamente le soluzioni possibili, che considerassero in particolare le seguenti varianti: «Fino a che momento al massimo può essere versata un'indennità di partenza le cui modalità siano di competenza del capo del DFGP? Quale variante è realistica allo stato attuale delle cose e quali sono le sue conseguenze? Altre varianti?».

Nella proposta del 29 giugno 2006 presentata dalla segreteria generale al capo del Dipartimento in merito alla partenza del procuratore generale della Confederazione, la situazione è riassunta come segue: il capo del dipartimento è stato obbligato a richiamare più volte il procuratore generale della Confederazione all'ordine; i rapporti di fiducia tra i due sono stati definitivamente compromessi; nell'ottica del Dipartimento, il procuratore generale della Confederazione rappresenta un rischio per il DFGP; il procuratore generale è in conclusione disposto a dimettersi, ma è stato eletto per un periodo di funzione che scade alla fine del 2007 e, fino a quel momento, è possibile disdire il rapporto di lavoro soltanto in caso di motivi che giustifichino un licenziamento con effetto immediato; sebbene il procuratore generale abbia ricevuto due ammonimenti, non sono tuttavia ancora date le condizioni che permettano di disdire il rapporto di lavoro, con effetto immediato o per via ordinaria.

Su incarico del capo del DFGP, vennero esaminati gli scenari e le soluzioni seguenti: Soluzione n. 1; nessun negoziato/aspettare: la segreteria generale del DFGP osservava che l'inconveniente di questa soluzione consisteva nel fatto che in assenza di motivi di disdetta prima della fine di giugno del 2007, il procuratore generale della Confederazione sarebbe stato rieleggibile per quattro anni. Il vantaggio di questa soluzione era di essere la meno costosa.

1766

Soluzione n. 2; attendere i risultati dell'indagine amministrativa: secondo la segreteria generale del DFGP, il vantaggio di questa soluzione consisteva nel fatto che l'indagine amministrativa avrebbe potuto rivelare importanti lacune ascrivibili alla personalità del procuratore generale della Confederazione. Essa sottolineava tuttavia che non vi era nessuna certezza che i motivi scoperti avrebbero potuto giustificare una disdetta del rapporto di lavoro, tanto più che l'indagine non era diretta contro il procuratore generale, ma aveva lo scopo di far luce sui fatti. La segreteria generale riteneva inoltre che se l'indagine amministrativa fosse giunta alla conclusione che il MPC funziona correttamente, sarebbe stato ancora più difficile separarsi dal procuratore generale della Confederazione.

Soluzione n. 3; concludere una convenzione di separazione con il procuratore generale della Confederazione: questa soluzione consisteva nello spingere il procuratore generale della Confederazione alle dimissioni non per motivi giuridici, ma per ragioni personali. Secondo la segreteria generale del DFGP, l'inconveniente di questa variante era rappresentato dal suo elevato costo, dato che, a quel momento, la posizione del Dipartimento nel negoziato era piuttosto sfavorevole. La segreteria generale aveva esaminato diverse varianti per questa soluzione. Dai documenti consultati risulta che le varianti che avrebbero necessitato dell'accordo del Consiglio federale e della Delegazione delle finanze sono state scartate. Il capo del DFGP optò per finire per la variante che prevedeva una disdetta consensuale del rapporto di lavoro con il versamento di un'indennità di partenza, applicando per analogia al procuratore generale della Confederazione le disposizioni vigenti per i direttori di Uffici e in virtù delle quali la «cessazione della collaborazione proficua» con un direttore d'Ufficio costituisce un motivo di disdetta ordinaria del rapporto di lavoro che permette il versamento di un'indennità corrispondente al massimo a un anno di salario (art. 79 cpv. 2 in combinato disposto con l'art. 26 cpv. 1 OPers58). In proposito, la segreteria generale faceva notare che si trattava di una decisione per analogia che permetteva di agire rapidamente, ma che non si poteva escludere che il Consiglio federale domandasse informazioni
supplementari o che il Parlamento se ne immischiasse.

Soluzione n. 4; soluzione del «confronto»: questa soluzione rispondeva all'ipotesi in cui il procuratore generale della Confederazione si fosse rifiutato di lasciare la sua funzione e che contestasse la sanzione. Avrebbe potuto darsi che egli incaricasse il suo avvocato di affrontare il DFGP, per esempio informando gli altri membri del Consiglio federale o rendendo pubblico il modo di procedere del DFGP («durch Veröffentlichung unseres Vorgehens in den Medien»).

3.1.2.7

Competenze in materia di convenzione di partenza e per l'insediamento di un capo ad interim del MPC

In vista della seduta del Consiglio federale del 5 luglio 2006 nel corso della quale il capo del DFGP intendeva informare i suoi colleghi delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione, il DFGP cercò di chiarire se, in qualità di autorità di nomina del procuratore generale, il Consiglio federale dovesse approvare la convenzione di partenza e la nomina di un procuratore generale sostituto con l'incarico di dirigere ad interim il MPC. In una lettera del 30 giugno 2006, l'UFG osservò che, in 58

Ordinanza del 3.7.2001 sul personale federale (OPers; RS 172.220.111.3).

1767

applicazione dell'articolo 2 capoverso 1 lettera g OPers, la stipulazione della convenzione sulle modalità di disdetta del rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione era di competenza del Consiglio federale, ossia soggetta alla sua approvazione. Dopo essersi informato presso l'Ufficio federale del personale (UFPER), la segreteria generale del DFGP giunse alla conclusione che la convenzione fosse di competenza del Dipartimento, dato che il procuratore generale della Confederazione aveva dato le sue dimissioni unilateralmente. Il servizio giuridico del DFGP prese contatto con il collaboratore competente dell'UFG il quale, al termine di un colloquio telefonico, confermò per e-mail che la situazione poteva essere considerata in modo diverso dato che le dimissioni del procuratore generale costituivano un atto unilaterale e che la convenzione di partenza si sarebbe limitata a disciplinare le conseguenze che ne derivavano. Egli aggiungeva che di per sé la conclusione di una convenzione di partenza poteva tuttavia rimettere in dubbio la natura unilaterale della disdetta. Per quanto concerne la nomina di un capo ad interim, l'UFG giungeva alla conclusione che questo punto era di competenza del Consiglio federale, ma che, considerata l'urgenza della situazione, il capo del DFGP poteva procedere a una nomina provvisoria in vista di una ratifica formale da parte del Consiglio federale. La nomina definitiva doveva però aver luogo ad opera del Consiglio federale immediatamente dopo le ferie estive.

L'UFG e l'UFPER fornirono il loro parere senza aver conoscenza del contenuto esatto della convenzione di partenza e ignorando completamente l'avvertimento e il severo biasimo inflitti al procuratore generale della Confederazione l'8 giugno 2006.

3.1.2.8

Annuncio delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione del 5 luglio 2006

Il procuratore generale della Confederazione annunciò le sue dimissioni il 5 luglio 2006. Nella sua lettera egli comunicava sostanzialmente le dimissioni dal suo posto con effetto al 31 dicembre 2006 e conformemente alle modalità della convenzione stipulata il mattino stesso; egli aggiungeva che la sua scelta non era dovuta agli avvenimenti delle settimane precedenti (e in particolare al caso Ramos), ma risultava dalle critiche rivolte nei suoi confronti e nei confronti del MPC dalla stampa, dall'opinione pubblica e dalle cerchie politiche nel corso di due anni precedenti.

Secondo la lettera del 26 gennaio 2007 della presidente della Confederazione alla CdG-N, in occasione della seduta del Consiglio federale di quel 5 luglio 2006 il capo del DFGP informò il collegio della lettera di dimissioni del procuratore generale della Confederazione con la quale lasciava anche con effetto immediato la conduzione operativa del MPC e limitava, fino alla sua partenza, le sue attività agli affari strategici del MPC. Secondo la presidente della Confederazione, quest'informazione non aveva dato luogo a discussioni in seno al Consiglio federale.

L'incarto personale del procuratore generale della Confederazione contiene un progetto di nota di presentazione elaborata in previsione della seduta del Consiglio federale del 5 luglio 2006. Secondo quanto contenuto in tale nota, la collaborazione del DFGP con il procuratore generale della Confederazione era diventato impossibile, in virtù della legislazione vigente non vi erano motivi di disdetta del rapporto di lavoro (né immediata né ordinaria) e per questo motivo la partenza volontaria del procuratore generale era la sola soluzione possibile. La nota osserva inoltre che le modalità della separazione sono state regolate mediante convenzione. Dalla lettera 1768

della presidente della Confederazione si può dedurre che il capo del DFGP non ha accennato a questi punti nel corso della seduta del Consiglio federale.

3.1.2.9

Certificato di lavoro del 15 novembre 2006

Il capo del DFGP consegnò al procuratore generale della Confederazione un certificato di lavoro molto lusinghiero, che termina con le seguenti parole (traduzione): «Valentin Roschacher ha rassegnato le dimissioni il 5 luglio 2006 per la fine del 2006. La sua scelta non dipende dalle analisi e delle indagini effettuate in seno al Ministero pubblico della Confederazione nel corso del secondo semestre del 2006. I risultati di tali indagini sono estremamente positivi per il signor Roschacher, del quale attestano segnatamente le sue eccellenti competenze professionali e un impegno al servizio del perseguimento penale che risponde pienamente alle esigenze di uno Stato di diritto.»

3.1.3

Risultati delle audizioni e dei pareri scritti in merito alle dimissioni del procuratore generale della Confederazione

a) In merito al parere del procuratore generale della Confederazione del 2 giugno 2007 riguardo all'articolo della Weltwoche Il ministro di giustizia ha dichiarato alla sottocommissione che, nel suo parere riguardo all'articolo della Weltwoche, il procuratore generale della Confederazione non aveva voluto dire niente perché riteneva che il capo del DFGP non fosse competente in materia. Egli aveva appreso solo in seguito che era in merito al caso H. che il procuratore voleva informare il consigliere federale Leuenberger. Il capo del DFGP ha sottolineato che il procuratore generale non aveva accennato al fatto di non avergli potuto dare maggiori informazioni dato che si trattava del caso di H. Quando aveva domandato il parere del procuratore generale della Confederazione sull'articolo della Weltwoche, egli non lo aveva ancora letto ed era stato soltanto informato in merito dalla rassegna stampa giornaliera preparatagli dal servizio di informazione del DFGP prima delle 10 e che non diceva niente sul caso H. Il capo del DFGP ha poi riferito che il Consiglio federale aveva respinto molto nettamente la proposta del procuratore generale di informare il suo sostituto, cioè il consigliere federale Leuenberger.

Secondo le informazioni in possesso della CdG-N, il capo del DFGP ricevette il 1° giugno 2006 la rassegna stampa del giorno, la quale permetteva di constatare che l'articolo della Weltwoche riguardava il caso H. Inoltre, il rapporto e la proposta del procuratore generale della Confederazione del 2 giugno 2006 trasmessi dal segretario generale del DFGP al capo del DFGP a Pentecoste (il 4 giugno 2006) permettevano di rendersi conto che il procuratore generale non voleva informare il ministro di giustizia soltanto in merito a punti riguardanti il caso H. (per quanto concerne i fatti, v. n. 3.1.2.3).

In un primo tempo, il capo del DFGP non criticò il parere del procuratore generale della Confederazione del 2 giugno 2006. Soltanto con l'avvertimento scritto dell'8 giugno 2006 egli qualificò il parere del procuratore generale di «nota che non dice niente» (nichtssagende Notiz). Il lunedì di Pentecoste, ossia il 4 giugno 2006, la 1769

Sonntagszeitung pubblicò un'informazione secondo cui il caso H. preoccupava già da tempo il capo del DFGP. L'articolo in questione sosteneva inoltre che il ministro di giustizia aveva chiesto al procuratore generale della Confederazione un rapporto, che questo rapporto era stato fornito, ma che era privo di contenuto (ohne jegliche Substanz), dato che il suo autore si era trincerato dietro il segreto d'ufficio.

Su domanda della sottocommissione, il capo del DFGP ha dichiarato di aver conosciuto H. durante i suoi studi, ma di non avere legami d'amicizia con lui, di aver avuto notizia del caso dai giornali e di non aver mai chiesto rapporti su determinati procedimenti in particolare.

b) In merito all'irreperibilità del procuratore generale della Confederazione l'indomani di Pentecoste Il capo del DFGP ha dichiarato alla sottocommissione che il procuratore generale della Confederazione aveva rifiutato qualsiasi informazione e che per questo motivo aveva fatto avviare un'indagine il lunedì di Pentecoste. Avrebbe voluto discutere questo caso con il procuratore generale, ma quest'ultimo, trasgredendo i suoi ordini e le istruzioni in materia di reperibilità, era rimasto irraggiungibile.

In risposta a questo rimprovero, il procuratore generale della Confederazione ha spiegato alla sottocommissione che, dopo aver concesso un'intervista al TagesAnzeiger alla sede zurighese del MPC, soffriva di una forte emicrania e non era stato più raggiungibile dal lunedì di Pentecoste fino al mezzogiorno successivo. Egli ha ricordato che i due procuratori generali supplenti e il procuratore di picchetto erano reperibili ma non sono stati contattati. Il procuratore generale ha inoltre affermato che l'e-mail del segretario generale del DFGP non menzionava il motivo per il quale avrebbe dovuto richiamare e che soltanto il martedì 6 giugno 2006 alle 8 questi lo informò per e-mail che il pomeriggio del 5 giugno 2006 (lunedì di Pentecoste), il capo del DFGP avrebbe voluto informarlo sul comunicato stampa del DFGP. Egli ha aggiunto che, contrariamente a quanto aveva fatto in altri casi, il capo del dipartimento non aveva cercato di raggiungerlo personalmente né quel giorno, né nei giorni precedenti.

Secondo il capo del DFGP, le circostanze in cui il segretario generale del DFGP e il procuratore generale della Confederazione
stabilirono l'appuntamento per il colloquio dell'8 giugno 2006 costituivano un rifiuto di dialogare. Egli ha spiegato alla sottocommissione che dopo quella settimana si era detto che qualsiasi collaborazione con il procuratore generale era diventata impossibile. Egli ha dichiarato in sostanza che, nel settore privato, quando un collaboratore è nel suo ufficio, non risponde al telefono e per tutta una settimana non trova un solo momento da dedicare al suo capo, lo si licenzia con effetto immediato. Dal canto suo, il procuratore generale della Confederazione ha sostenuto che non si può assolutamente parlare di rifiuto di dialogare dato che il segretario generale l'aveva raggiunto per telefono martedì e che l'incontro con il capo del DFGP aveva avuto luogo il giovedì seguente (in merito ai fatti, v. n. 3.1.2.3).

c) In merito all'intervista del 6 giugno 2007 concessa dal procuratore generale della Confederazione al Tages-Anzeiger Il capo del DFGP ha spiegato alla sottocommissione che la lettura dell'intervista del procuratore generale della Confederazione pubblicata dal Tages-Anzeiger lo aveva molto stupito dato che il procuratore generale dava risposte che aveva rifiutato di dare a lui. Nel parere scritto del 30 ottobre 2006 a destinazione della CdG-N, il capo 1770

del DFGP ha aggiunto che le risposte dategli dal procuratore generale della Confederazione nella sua presa di posizione erano evasive e prive di significato. Secondo il ministro di giustizia, il procuratore generale aveva sostenuto che le affermazioni contenute nell'articolo non erano vere, ma senza precisare sotto quale aspetto, e che si era limitato a riferire sullo stato del procedimento. Gli aveva inoltre fatto sapere che sarebbe stato disposto a dare maggiori informazioni soltanto al suo sostituto (Moritz Leuenberger). Il capo del DFGP sottolinea che, nel parere scritto che gli aveva sottoposto, il procuratore generale della Confederazione sosteneva di non disporre di informazioni sufficienti, mentre al Tages-Anzeiger ha fornito tutti i dettagli che avrebbe dovuto comunicargli. Per esempio, al quotidiano zurighese ha spiegato di aver svolto soltanto un ruolo d'intermediario in questo affare, ha dato informazioni particolareggiate sulla task force Guest e sulle sue attività e ha spiegato come si era giunti all'impiego dell'«agente infiltrato».

Nel parere scritto del 30 ottobre 2006 sottoposto alla CdG-N, il procuratore generale della Confederazione ha difeso la sua decisione di informare il pubblico. Dichiarando di conoscere l'accusato, il ministro di giustizia si è «autoricusato» nel gennaio del 2004. Egli ha ricordato che è contrario alla legge comunicare informazioni a terzi che non hanno il diritto di consultare i dati riguardanti il procedimento: pertanto, gli era impossibile fornire al capo del DFGP informazioni dettagliate sul procedimento penale in corso. La situazione era diversa per l'informazione al pubblico: dopo la pubblicazione di diversi articoli nella stampa domenicale, era necessario informare in una certa misura.

d) In merito ai motivi delle dimissioni del procuratore generale della Confederazione Il procuratore generale della Confederazione ha dichiarato alla sottocommissione che, dopo il colloquio dell'8 giugno 2006 con il capo del DFGP, aveva deciso che, vista la situazione, non sarebbe rimasto al servizio della Confederazione, perché si era reso conto che egli stesso e il MPC sarebbero stati paralizzati per un lungo periodo dalle indagini amministrative e che il capo del DFGP, visti i mezzi a sua disposizione, teneva il coltello dalla parte del manico. Il procuratore
generale ha detto che non voleva imporre un simile fardello al MPC e ai suoi collaboratori, ragione per cui non gli era rimasta altra scelta che dare le dimissioni. Nel parere scritto alla CdG-N, il procuratore generale della Confederazione afferma che, a suo avviso, il capo del DFGP sapeva molto bene che le sue accuse non avrebbero resistito a un esame formale: per questo motivo egli ha optato per un ammonimento e scelto una via informale diversa dal procedimento disciplinare. Il procuratore generale sottolinea inoltre che il capo del DFGP ha a più riprese violato l'indipendenza giudiziaria del MPC, in particolare ammonendolo disciplinarmente due volte e infliggendogli un severo biasimo per aver informato l'opinione pubblica e proibendogli di indire conferenze stampa senza prima aver consultato il dipartimento. A suo parere, incaricando il presidente della Corte dei reclami penali di accertare i fatti nell'affare concernente il portavoce del MPC e domandandogli espressamente di redigere il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa», il capo del DFGP ha in modo inammissibile recato pregiudizio all'indipendenza del MPC.

Inoltre, il procuratore generale della Confederazione ha dichiarato alla sottocommissione che questi incidenti erano molto preoccupanti sul piano istituzionale. Nel suo parere scritto del 15 ottobre 2006, egli ha in particolare sottolineato (traduzione): «benché non avessi niente da rimproverarmi, cosa che i rapporti «Bertossa/Keller», 1771

«Uster» e «Lüthi» hanno del resto nel frattempo confermato, il capo del DFGP voleva che lasciassi la mia funzione. Non conosco le vere ragioni dell'agire del capo del DFGP, dato che non me le ha mai rivelate. La sola spiegazione che mi sembra plausibile è che non poteva accettare che io mi conformassi strettamente alla separazione dei poteri e alla ripartizione della vigilanza e, dunque, che gli trasmettessi soltanto le informazioni alle quali aveva diritto secondo la legge [...].» Il capo del DFGP ha spiegato alla sottocommissione che dopo la settimana di Pentecoste si era detto che qualsiasi collaborazione con il procuratore generale era diventata impossibile. A suo avviso, nel settore privato, quando un collaboratore è nel suo ufficio, non risponde al telefono e per tutta una settimana non trova un solo momento da dedicare al suo capo, lo si licenzia con effetto immediato. Egli ha precisato di non aver avuto niente di grave da rimproverargli sul suo lavoro in generale, ma che semplicemente non poteva più lavorare con lui. Egli ha aggiunto che il contratto di lavoro non è stato disdetto dal dipartimento, bensì spontaneamente dal procuratore generale della Confederazione, cosa del resto che era preferibile per il seguito della sua carriera. Il capo del DFGP ha sottolineato di aver dimostrato buona volontà nei suoi confronti su questo punto; se non esercitava più la funzione di procuratore generale della Confederazione, egli aveva potuto liquidare lavori operativi fino alla fine del 2006 e doveva rimanere a disposizione della Confederazione fino nel 2007.

Il ministro di giustizia ha insistito sul fatto che vi sarebbero state altre soluzioni e che nel settore privato un simile collaboratore sarebbe stato licenziato con effetto immediato, cosa che non era possibile al servizio della Confederazione, dove le disdette sono rette da norme rigorose. Egli ha aggiunto che nel caso del procuratore generale della Confederazione, la situazione era inoltre più complessa dato che quest'ultimo era stato eletto per un periodo di funzione che giungeva a termine a fine dicembre del 2007 e che, fino a quel momento, non era possibile disdire il rapporto di lavoro nel quadro di una procedura ordinaria.

Dalle spiegazioni fornite dal capo del DFGP nel corso della sua audizione si può dedurre che egli sopportava male,
da un lato, il grande ritegno del procuratore generale della Confederazione nei suoi confronti e i frequenti riferimenti all'indipendenza di cui godeva in virtù del suo statuto di responsabile delle indagini di polizia giudiziaria durante il perseguimento penale, pur se interveniva volentieri nei media.

Il capo del DFGP ha aggiunto che la complessa personalità del procuratore generale della Confederazione ha aggravato il problema ­ che esisteva già prima ­ della bipartizione della vigilanza. Infatti, ogni volta che un'istanza di vigilanza domandava informazioni, il procuratore generale della Confederazione rispondeva che esse erano di competenza dell'altra istanza e che, in modo generale, il procuratore generale della Confederazione aveva quattro superiori gerarchici. Secondo il ministro di giustizia, ogni procuratore generale della Confederazione si scontrerà contro questo problema; nessuno può servire due padroni, tanto meno è possibile servirne quattro.

Secondo il capo del DFGP, fatta salva l'alta vigilanza esercitata dalle CdG, la vigilanza esercitata sul MPC deve essere raggruppata e affidata a una sola istanza.

Sul punto di sapere perché il DFGP abbia rinunciato ad aprire un procedimento formale ai sensi dell'articolo 99 OPers, il segretario generale del DFGP ha spiegato alla sottocommissione che il dipartimento aveva preferito riesaminare le possibilità di disdetta ordinaria o con effetto immediato del rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 12 LPers.

In merito al punto di sapere se, nella sua veste di organo di nomina del procuratore generale della Confederazione, il Consiglio federale aveva ratificato la convenzione 1772

di partenza, il capo del DFGP ha affermato nel suo parere scritto del 30 ottobre 2006 di aver informato il Consiglio federale delle dimissioni del procuratore generale, ma poiché le dimissioni provenivano dal procuratore generale, la conclusione di una convenzione rientrava nella competenza del DFGP.

3.2

Accertamenti e valutazioni della CdG-N

a) In merito all'indipendenza del procuratore generale della Confederazione Il MPC è un'autorità indipendente nell'esercizio del perseguimento penale. L'entrata in vigore del Progetto Efficienza ha rafforzato l'indipendenza del procuratore generale della Confederazione. Infatti, una nuova norma legale dispone che il procuratore generale e i suoi sostituti e rappresentanti adempiono i compiti indipendentemente da istruzioni dell'autorità di nomina, vale a dire del Consiglio federale e, dunque, del ministro di giustizia (art. 16 cpv. 4 PPF). Per quanto concerne la legge sul personale, essa sottolinea l'indipendenza del procuratore generale della Confederazione. Infatti, egli è nominato dal Consiglio federale per un periodo di funzione e beneficia così della protezione rafforzata contro il licenziamento che la legge accorda soltanto alle persone tenute a essere indipendenti dall'organo di nomina (art. 9 cpv. 5 LPers).

Nell'amministrazione federale, fatti salvi il procuratore generale della Confederazione, i suoi sostituti, i procuratori federali e i loro supplenti, soltanto l'uditore in capo dell'esercito beneficia di un simile statuto59 (art. 32 cpv. 1 OPers).

Dal profilo amministrativo, il MPC è subordinato al DFGP in qualità di unità decentrata dell'amministrazione federale (art. 6 cpv. 3 e allegato OLOGA60). Il DFGP esercita anche la vigilanza amministrativa sul MPC. Il capo del DFGP può di conseguenza dare istruzioni di servizio al procuratore generale della Confederazione sul piano amministrativo. Dal profilo amministrativo e organizzativo, il procuratore generale della Confederazione occupa una posizione paragonabile a quella di un direttore d'ufficio. Al tempo stesso, la posizione del procuratore generale è diversa da quella di un direttore d'ufficio perché non riceve istruzioni giudiziarie dal capo del dipartimento.

b) In merito ai motivi dell'esame straordinario dell'attività del MPC Quando il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali si sono incontrati il 5 giugno 2006 (lunedì di Pentecoste), il capo del DFGP sapeva già dal parere del procuratore generale della Confederazione del 2 giugno 2006 (v.

n. 3.1.2.3) che la gestione e l'impiego di persone di fiducia erano di competenza della PGF. Anche l'ispettorato del suo Dipartimento lo aveva informato che avrebbe dovuto
chiedere un parere della PGF (v. n. 3.1.2.3), ciò che è stato fatto ma solo dopo il week-end di Pentecoste. In proposito, il capo del DFGP ha dichiarato alla sottocommissione di aver chiesto simultaneamente il parere del procuratore generale della Confederazione e della PGF e che, contrariamente a quello del procuratore generale, il parere della PGF era in ordine. Il contenuto di questo parere conferma per l'essenziale le dichiarazioni del procuratore generale della Confederazione.

59

60

Al di fuori dell'amministrazione generale della Confederazione, vi sono nomine per una durata di funzione anche presso i Tribunali e per il segretario generale dell'Assemblea federale.

Ordinanza del 25 novembre 1998 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (RS 172.010.1).

1773

I motivi sostenuti dal capo del DFGP secondo cui il procuratore generale non voleva dare informazioni, ragion per cui era stato necessario procedere a un'indagine per chiarire la questione, non sono convincenti. Il parere del procuratore generale della Confederazione del 2 giugno 2006 era sì conciso, ma affrontava con precisione i principali aspetti riguardanti la collaborazione con Ramos. Il procedimento nei confronti del banchiere H. è il solo punto in merito al quale il procuratore generale non ha dato informazioni, poiché il capo del DFGP lo aveva informato due anni prima di non voler essere informato dato che lui e sua moglie conoscevano H. Il procuratore generale della Confederazione aveva dunque il diritto di rifiutarsi di fornire al ministro di giustizia informazioni in merito a questo procedimento. Se avesse ritenuto che le informazioni generali fornite dal procuratore generale fossero insufficienti, il capo del DFGP avrebbe avuto sempre la possibilità di chiedergli informazioni più dettagliate, procedimento contro H. escluso. Egli non l'ha fatto, sebbene l'ispettorato del DFGP avesse attirato la sua attenzione su questa possibilità.

Nemmeno l'affermazione del ministro di giustizia secondo cui egli aveva appreso solo in un secondo momento che era a causa di H. che il procuratore generale aveva voluto informare il suo sostituto in Consiglio federale senza spiegargliene il perché è esatta: infatti, il capo del DFGP ricevette il parere del procuratore generale della Confederazione per fax il 4 giugno 2006. E nemmeno la dichiarazione resa alla sottocommissione secondo cui egli non sapeva, quando aveva chiesto il parere del procuratore generale, che l'articolo della Weltwoche concerneva il caso H. è conforme ai fatti. La rassegna stampa del giorno che gli venne consegnata prima delle 10 riferiva chiaramente che l'articolo in questione era dedicato al caso del banchiere privato H. Inoltre, il fatto che il segretario generale del DFGP si sia riferito nel suo fax del 4 giugno 2006 all'articolo della Weltwoche del «mercoledì 31 maggio 2006» mentre in realtà esso è stato pubblicato il giovedì 1° giugno 2006 fa pensare che il dipartimento sia stato informato di questo articolo già alla vigilia della sua pubblicazione.

Tutto lascia pensare che, in occasione dell'incontro con il capo del DFGP, il
presidente della Corte dei reclami penali sapesse che le indagini del MPC non erano soltanto fondate su vaghe indicazioni fornite da Ramos quando fu deciso di aprire un'indagine di polizia giudiziaria nei confronti del banchiere H. Infatti, nella sua veste di presidente della Corte dei reclami penali e sulla base degli atti, egli doveva controllare, autorizzare o confermare le intercettazioni telefoniche, l'impiego di un agente infiltrato (dopo l'impiego di Ramos come persona di fiducia) e l'arresto di H.

Nella misura in cui furono decise prima del 1° aprile 2004, queste misure sono state controllate dalla Camera d'accusa del Tribunale federale allora competente in materia. I controlli effettuati permisero anche di accertare se erano dati o no sufficienti sospetti. Sotto questo profilo, si può comprendere la dichiarazione fatta tre giorni prima al Tages-Anzeiger, secondo cui non era il caso di intervenire (v. n. 2.2.1).

Ciononostante, lo stesso giorno, egli diede il suo accordo all'apertura di un'indagine straordinaria, e ciò addirittura prima che la Corte dei reclami penali prendesse una decisione in merito.

Quando il MPC subisce forti pressioni, ci si può aspettare dalle autorità incaricate della sua vigilanza che facciano rapidamente luce sui fatti e che informino il pubblico sulle loro conclusioni. Insieme ai diritti che essa conferisce all'autorità che la esercita, la funzione di vigilanza implica anche obblighi, in particolare quello di garantire il buon funzionamento dell'istanza oggetto della vigilanza, ciò che include la protezione contro le accuse ingiustificate. Nel caso in questione, non ci voleva 1774

molto tempo per farsi una visione d'insieme dei fatti riguardanti Ramos, almeno nelle grandi linee. Nonostante ciò, il capo del DFGP e il presidente della Corte dei reclami penali convennero di procedere a un esame straordinario dell'attività del MPC nei loro rispettivi settori di competenza. Se placò il dibattito pubblico, questa decisione suggerì anche l'idea che vi dovevano essere considerevoli malfunzionamenti in seno al MPC, e al MPC soltanto. L'informazione ufficiale dava l'impressione che i sospetti gravavano soprattutto sul MPC, ma non sulla PGF. Di conseguenza, nel corso dei mesi seguenti, alcuni media diffusero affermazioni non veritiere senza che, nella loro veste di autorità di vigilanza, il DFGP o la Corte dei reclami penali le smentissero (v. n. 2.2.3 e 2.2.5).

c) In merito alle dimissioni del procuratore generale della Confederazione La partenza del procuratore generale della Confederazione non è avvenuta spontaneamente, bensì dopo molte discussioni con il capo del DFGP, che gli aveva annunciato più volte che il proseguimento della collaborazione era diventato impossibile nella situazione venutasi a creare (v. n. 3.1.2.3 e 3.1.2.4).

Come risulta dall'incarto personale del procuratore generale della Confederazione, il DFGP era in quel momento conscio che non vi erano motivi di disdetta, né immediata né ordinaria, del rapporto di lavoro del procuratore generale. Le note di biasimo e gli ammonimenti hanno di regola lo scopo di preparare un futuro licenziamento.

Infatti, prima di recedere dal rapporto di lavoro per ripetute o persistenti gravi mancanze nelle prestazioni o nel comportamento, questi ultimi devono essere stati oggetto di un avvertimento scritto, sia che la disdetta abbia avuto luogo secondo una procedura ordinaria, sia che abbia avuto luogo con effetto immediato (art. 12 cpv. 6 lett. b e cpv. 7 LPers). Dalle informazioni fornite dal segretario generale del DFGP risulta che il dipartimento preferì procedere in questa direzione piuttosto che aprire un procedimento disciplinare formale. Un simile procedimento avrebbe avuto la conseguenza di far verificare i rimproveri mossi al procuratore generale nel quadro di un procedimento formale e quest'ultimo avrebbe potuto disporre dei diritti legali di difesa.

Il severo biasimo è stato inflitto al procuratore generale della
Confederazione soltanto tre giorni dopo l'apertura delle due indagini preliminari. Il capo del DFGP non ha atteso i risultati di questi esami e ha incitato il procuratore generale a dare le dimissioni. Quest'ultimo ha acconsentito a negoziare la sua partenza, così che si è arrivati a pattuire con il DFGP una convenzione per regolarla (v. n. 3.1.2.6).

d) In merito all'ammonimento nel caso Achraf In occasione del caso Achraf (v. n. 3.1.2.1), gli interessi politici del ministro di giustizia entrarono in conflitto con l'apertura di una procedura delle indagini ordinata dal MPC. Infatti il ministro di giustizia aveva promesso al suo omologo spagnolo di estradare Mohammed Achraf, sospetto di terrorismo, il più rapidamente possibile verso la Spagna. Dato che la procedura delle indagini avrebbe potuto ritardare l'estradizione, il capo del DFGP si oppose all'apertura di un procedimento in Svizzera. Il MPC aprì ciononostante l'indagine.

Il 9 novembre 2004 il capo del DFGP inflisse un ammonimento scritto al procuratore generale della Confederazione, minacciandolo di licenziamento in caso di recidiva. L'ammonimento concerneva il fatto che al suo ritorno dalla Spagna il procuratore generale aveva permesso che il suo portavoce partecipasse a un incontro con la stampa nonostante che il capo del DFGP si fosse opposto all'organizzazione di una 1775

conferenza stampa. Va ricordato in proposito che l'informazione del pubblico sulle procedure di indagine in corso rientra nelle competenze del procuratore generale della Confederazione. In questo campo, il procuratore generale non è vincolato alle istruzioni del ministro di giustizia. Nella fattispecie, quest'ultimo sanzionò il procuratore generale per non aver osservato istruzioni che non era autorizzato a dare. In questo modo, ha recato pregiudizio all'indipendenza giudiziaria del procuratore generale della Confederazione. Non è possibile provare che questa misura sia anche legata all'apertura dell'indagine contro la volontà del capo del DFGP; la virulenza di questa reazione appare tuttavia perlomeno sproporzionata di fronte a una semplice conferenza stampa.

e) In merito all'avvertimento e al «severo biasimo» dell'8 giugno 2006 L'8 giugno 2006 il ministro di giustizia inflisse al procuratore generale della Confederazione un «avvertimento e severo biasimo» ai sensi dell'articolo 12 capoversi 6 e 7 LPers per rifiuto di informare, irreperibilità, rifiuto di dialogare e atteggiamento sleale verso un'altra autorità (PGF), accompagnati da una minaccia di disdetta del rapporto di lavoro (v. n. 3.1.2.4).

Alla luce dei documenti esaminati e delle audizioni svolte, la CdG-N giunge alle conclusioni seguenti in merito ai rimproveri e alle istruzioni contenute nella lettera dell'8 giugno 2006: In merito al rifiuto di informare. Il procuratore generale della Confederazione ha rinunciato a fornire informazioni al capo del DFGP sul procedimento nei confronti di H. unicamente perché quest'ultimo gli aveva comunicato che non voleva essere tenuto al corrente del caso dato che conosceva H. La legge gliene dava il diritto.

In merito all'irreperibilità e al rifiuto di dialogare. La CdG-N non comprende perché, nonostante fosse stato più volte invitato a farlo, il procuratore generale della Confederazione non abbia rapidamente preso contatto con il segretario generale del DFGP. Inoltre, il fatto di aver sostenuto, in un primo tempo, di non potersi liberare per un colloquio con il capo del DFGP è un atteggiamento inaccettabile nei confronti di un superiore gerarchico. Questo atteggiamento ha contribuito ad aggravare le tensioni già esistenti tra i due.

In merito all'atteggiamento sleale nei confronti della PGF. La
CdG-N non vede per quale motivo l'atteggiamento del procuratore generale della Confederazione potrebbe essere giudicato sleale nei confronti della PGF. Le sue dichiarazioni pubbliche in merito al ruolo della PGF erano pertinenti. Per quanto è dato di capire, egli non ha fatto dichiarazioni che mettessero in cattiva luce la PGF.

In merito all'intervista concessa al Tages-Anzeiger senza previa consultazione del capo del dipartimento. Il procuratore generale della Confederazione può certamente avvalersi della sua indipendenza giudiziaria per esprimersi pubblicamente su accuse rivolte al MPC. In considerazione del fatto che, all'epoca, il dipartimento ­ dal quale il MPC dipende dal profilo amministrativo ­ era bersaglio di forti critiche e molto sollecitato dai media, sarebbe stato opportuno che il procuratore generale si concertasse preventivamente con il DFGP o, perlomeno, lo informasse della sua intenzione di concedere l'intervista in questione. Tenuto conto della situazione tesa, questo modo di agire è stato maldestro.

In merito al divieto di indire conferenze stampa senza previa consultazione del dipartimento. Dal momento che l'informazione fa parte dei compiti che incombono al MPC, il capo del DFGP non aveva nessuna competenza di impartirgli una simile 1776

istruzione (come è espressamente enunciato nell'art. 16 cpv. 4 PPF). Egli ha così leso l'indipendenza giudiziaria del procuratore generale della Confederazione.

In merito alla minaccia di chiedere al Consiglio federale la disdetta del rapporto di lavoro, se del caso con effetto immediato. Nella misura in cui intendeva vietare di indire conferenze stampa senza aver prima consultato il dipartimento, questa istruzione costituisce un'ingerenza nell'indipendenza del procuratore generale della Confederazione, dato che il capo del DFGP lo ha minacciato di sanzioni disciplinari in caso di inosservanza di un'istruzione che non aveva il diritto di dargli.

f) In merito all'aver eluso il Consiglio federale nella sua veste di autorità di nomina Le informazioni e i documenti di cui la CdG-N dispone le permettono di giungere alla conclusione che, in occasione della seduta del 9 giugno 2006, contrariamente a quanto annunciato al procuratore generale della Confederazione (v. n. 3.1.2.4), il capo del DFGP non ha informato il Consiglio federale in merito all'avvertimento e al severo biasimo scritto né lo ha informato della sua intenzione di porre termine al rapporto di lavoro. Da una nota informativa del capo del DFGP e dalla lettera del 26 gennaio 2007 della presidente della Confederazione si evince che il ministro di giustizia ha informato il Consiglio federale soltanto sulle indagini straordinarie decise il 5 giugno 2006 (v. n. 3.1.2.5). Il capo del DFGP non ha dato seguito alla proposta del procuratore generale del 2 giugno 2006 di informare oralmente il Consiglio federale riguardo al caso Ramos, conformemente all'articolo 102quater capoverso 1 PPF. In virtù di questa disposizione, il procuratore generale della Confederazione può informare in determinati casi il Consiglio federale. Il capo del DFGP sarebbe di conseguenza stato tenuto a trasmettere queste informazioni al Consiglio federale.

I chiarimenti in merito al licenziamento del procuratore generale della Confederazione ai quali la segreteria generale del DFGP procedette su domanda del capo del dipartimento mostrano che fin dall'inizio si voleva trovare una soluzione che consentisse di fare a meno del consenso del Consiglio federale e della Delegazione delle finanze (v. n. 3.1.2.6).

Secondo la lettera della presidente della Confederazione, il 5 luglio
2006 il capo del DFGP informò il Consiglio federale sulle dimissioni del procuratore generale della Confederazione, ma non sul contenuto della convenzione di partenza. Tale informazione non aveva dato luogo a una discussione in seno al Consiglio federale. Nel settembre 2006, quando la Delegazione delle finanze si informò sulla convenzione conclusa con il procuratore generale, il DFGP accettò di informare la delegazione, ma non il Consiglio federale. Questa circostanza risulta dai documenti raccolti dalla segreteria generale del dipartimento per preparare una risposta del Consiglio federale alla Delegazione delle finanze.

In seguito, la Delegazione delle finanze delle Camere federali verificò la questione delle competenze in materia di disdetta del rapporto di lavoro del procuratore generale e di nomina di un successore a titolo interinale. Essa giunse alla conclusione che, contrariamente al disciplinamento delle competenze, la convenzione con il procuratore generale non era stata conclusa dal Consiglio federale, ma dal capo del DFGP.61 Conformemente alle disposizioni dell'OPers la convenzione avrebbe 61

Comunicato stampa della Delegazione delle finanze delle Camere federali del 31.1.2007 (http://www.parlament.ch/i/homepage/mm-medienmitteilung.htm?m_id=2007-0131_088_01&langId=).

1777

richiesto l'approvazione del Consiglio federale. Inoltre, visto il suo contenuto, sarebbe stato necessario anche il consenso della Delegazione delle finanze. Inoltre, secondo quest'ultima, la nomina del successore a titolo interinale del procuratore generale era anch'essa di competenza del Consiglio federale e non del solo capo del DFGP, dato che si trattava di una soluzione destinata a durare un certo tempo.62 La Delegazione delle finanze ammonì il Consiglio federale per aver contravvenuto alla gerarchia delle competenze e lo invitò a prendere immediatamente le decisioni formali necessarie per la conduzione interinale del MPC. In un comunicato stampa pubblicato lo stesso giorno, il DFGP respinse la critica della Delegazione delle finanze. Nella sua risposta del 14 febbraio 2007, il Consiglio federale rese noto, senza dare ulteriori spiegazioni, di non aver contravvenuto alla gerarchia delle competenze e che, nella fattispecie, la sua interpretazione giuridica divergeva da quella della delegazione.

g) In merito alla disdetta del rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione Considerati i risultati della presente indagine, la CdG-N ­ a complemento degli accertamenti già esperiti dalla Delegazione delle finanze ­ giunge alle conclusioni seguenti.

Il Consiglio federale nomina il procuratore generale della Confederazione per un periodo di funzione di quattro anni (art. 2 cpv. 1 lett. g in combinato disposto con l'art. 32 cpv. 1 lett. b OPers). Il Consiglio federale è il solo competente per concludere, modificare e disdire il rapporto di lavoro. Quando la disdetta è unilaterale da parte del procuratore generale, il rapporto di lavoro cessa e non è necessaria l'approvazione del Consiglio federale. Tuttavia, quando viene posta fine di comune accordo al rapporto di lavoro, come previsto dall'articolo 10 capoverso 1 LPers, e le condizioni e gli obblighi reciproci sono regolati da una convenzione, quest'ultima sottostà all'approvazione del Consiglio federale. Anche il parere giuridico dell'UFG del 30 giugno 2006 giunge alle stesse conclusioni (v. n. 3.1.2.7). L'UFG ha relativizzato il suo parere a seguito di un colloquio telefonico con la segreteria generale del DFGP. Va tuttavia osservato che l'UFG non era a conoscenza né dell'avvertimento né del severo biasimo inflitti al procuratore
generale, né del contenuto della convenzione che fa riferimento esplicitamente all'articolo 10 capoverso 1 LPers.

Secondo i documenti in possesso della CdG-N, il DFGP presentò la situazione al Consiglio federale e al pubblico spiegando che, in un primo tempo, il procuratore generale della Confederazione aveva presentato le sue dimissioni e che solo in un secondo tempo le modalità della disdetta del rapporto di lavoro erano state regolate mediante convenzione. Da queste circostanze deduceva che la disdetta era unilaterale e spontanea. Concretamente, il procuratore generale e il capo del DFGP firmarono la convenzione la mattina del 5 luglio 2006, ossia prima che il procuratore generale presentasse le sue dimissioni. Ciò si deduce chiaramente dalla lettera del procuratore generale, che rassegna le sue dimissioni dalla funzione «con effetto al 31 dicembre 2006, secondo le modalità della convenzione conclusa stamattina». La simultaneità con la decisione di porre fine al rapporto di lavoro è dunque evidente. Essa è anche la conseguenza del fatto che il procuratore generale non diede le dimissioni di sua 62

Rapporto della Delegazione delle finanze alle Commissioni delle finanze del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati concernente l'alta vigilanza sulle finanze della Confederazione nel 2006, del 27.2.2007 (FF 2007 3068).

1778

iniziativa, bensì a causa della pressione esercitata dal capo del DFGP per mezzo dell'avvertimento, del severo biasimo e della minaccia di licenziamento, e soltanto dopo aver convenuto condizioni che disciplinavano la sua partenza. In tali circostanze, la firma della convenzione di partenza era subordinata all'approvazione del Consiglio federale.

La convenzione di partenza prevedeva il versamento al procuratore generale della Confederazione di un'indennità di partenza. La CdG-N non si pronuncia sulla giustificazione obiettiva di tale indennità. Per contro, l'argomento giuridico del DFGP solleva un certo numero di questioni. Il diritto federale non prevede il versamento di indennità di partenza quando l'impiegato disdice unilateralmente il rapporto di lavoro. Simili indennità sono infatti versate soltanto in determinate circostanze ben precise, quando il rapporto di lavoro è disdetto dalla Confederazione oppure quando la disdetta è nulla o abusiva (art. 19 LPers). Non è prevista nessuna indennità di partenza per il procuratore generale della Confederazione. Il DFGP gliene ha tuttavia accordata una, estendendo per analogia al procuratore generale le disposizioni applicabili ai direttori d'ufficio in virtù delle quali la «cessazione della collaborazione proficua» con un direttore d'ufficio costituisce motivo di disdetta ordinaria del rapporto di lavoro che permette di versare un'indennità pari fino a un anno di salario (art. 79 cpv. 2 in combinato disposto con l'art. 26 cpv. 1 OPers). L'applicazione di questa disposizione presuppone, da un lato, che il motivo di disdetta invocato sia stato convenuto esplicitamente (causa di disdetta contrattuale) e, d'altro lato, che la disdetta sia stata proposta dal Consiglio federale indicando le circostanze che escludono una collaborazione proficua. Inoltre, all'interessato deve essere data la possibilità di esprimere il suo parere per scritto al Consiglio federale (art. 26 cpv. 1 e 2 OPers). Nel caso in questione, nessuna di queste condizioni è stata rispettata.

L'estensione per analogia di questa disposizione al procuratore generale della Confederazione è criticabile per un'altra ragione ancora. Il legislatore ha previsto che un capo di Dipartimento deve potersi separare da un direttore d'ufficio o da altri collaboratori vicini che occupano funzioni analoghe
a quelle dei segretari di Stato o dei vicecancellieri quando il rapporto di fiducia non esiste più. Per il consigliere federale è ancora più facile separarsi da un segretario generale, da responsabile dell'informazione o da un collaboratore personale (v. art. 26 cpv. 1, 3 e 4 OPers). Questo diritto è legato all'accresciuta importanza attribuita all'obbligo di lealtà e fedeltà nei confronti del capo del Dipartimento delle persone che occupano tali funzioni. Il procuratore generale della Confederazione, invece, deve poter esercitare la sua attività principale con la massima indipendenza dal capo del Dipartimento e una simile subordinazione non è dunque esigibile.

Visto quanto precede, la soluzione scelta dal DFGP per separarsi dal procuratore generale della Confederazione è contraddittoria. Da un lato il DFGP qualifica le dimissioni del procuratore generale di decisione unilaterale che quest'ultimo avrebbe preso di sua volontà e le cui modalità sono state disciplinate in un secondo tempo nel quadro di una convenzione, allo scopo di evitare che fosse necessaria l'approvazione del Consiglio federale. D'altro lato, esso accorda al procuratore generale un'indennità di partenza, mentre la legge non ne prevede quando l'impiegato disdice unilateralmente il rapporto di lavoro; non si comprende né in fatto né in diritto perché estenda per analogia al procuratore generale le disposizioni che regolano la disdetta del rapporto di lavoro dei direttori d'ufficio nel caso in cui il capo del Dipartimento ritenga che la collaborazione non sia più proficua.

1779

Inoltre, anche il fatto che il capo del DFGP non abbia sottoposto in tempo utile al Consiglio federale la nomina di un procuratore generale supplente al posto di capo interinale del MPC era problematico sotto l'aspetto dei principi su cui si fonda lo Stato di diritto. Il capo interinale ha dovuto dirigere un'autorità politicamente molto esposta e assumersi le responsabilità corrispondenti senza esservi stato legittimato dall'organo di nomina previsto dalla legge. A giusto titolo il Tribunale penale federale ha criticato questa situazione nel suo rapporto di gestione 2006.

3.3

Conclusioni e raccomandazioni della CdG-N

14. Il capo del DFGP ha posto fine al rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione per mezzo di una convenzione, senza che vi fossero motivi di disdetta ai sensi della legge sul personale (LPers). La corresponsione di un'indennità di partenza al procuratore generale non aveva fondamento legale. Tenuto conto dell'indipendenza del procuratore generale della Confederazione, questo modo d'agire pone problemi sotto l'aspetto dei principi che reggono lo Stato di diritto.

15. Con il suo modo di agire nei confronti del procuratore generale della Confederazione, il capo del DFGP ha eluso il Consiglio federale che, nella sua veste di organo di nomina, è il solo competente per disdire il rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione. Egli ha oltrepassato le sue competenze.

16. Il rapporto di fiducia tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione era deteriorato. Tuttavia, in considerazione dell'indipendenza giudiziaria del procuratore generale della Confederazione e della protezione rafforzata contro il licenziamento attribuitogli dalla legge, le divergenze d'opinione e le tensioni tra i due non potevano assolutamente giustificare il modo di agire del capo del DFGP. Egli avrebbe in particolare dovuto esporre al Consiglio federale le sue critiche riguardo al procuratore generale, rispettando la procedura formale prevista per simili casi, secondo i principi sui quali si fonda lo Stato di diritto.

17. Il capo del DFGP ha impartito indebitamente al procuratore generale della Confederazione istruzioni in materia d'informazione del pubblico sui procedimenti d'indagine in corso. Sanzionando disciplinarmente il procuratore generale per l'inosservanza di tali istruzioni, il capo del DFGP ha arrecato un pregiudizio all'indipendenza giudiziaria di quest'ultimo.

18. Benché segnali di conflitto tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione fossero visibili già da un certo tempo, il Consiglio federale non si è assunto le responsabilità che gli competono in veste di autorità di nomina e di vigilanza sul procuratore generale della Confederazione.

Nemmeno dopo l'intervento della Delegazione delle finanze si è deciso ad occuparsi del dossier MPC.

1780

Raccomandazione 5

Garantire l'indipendenza del Ministero pubblico della Confederazione

Il Consiglio federale affronta senza indugio il dossier Ministero pubblico della Confederazione e prende misure che ne garantiscano l'indipendenza e quella dei magistrati che lo compongono.

Raccomandazione 6

Garantire la libertà d'informare del Ministero pubblico della Confederazione

Il Consiglio federale provvede a chiarire la delimitazione tra la libertà di informare del Ministero pubblico della Confederazione e l'attività informativa del DFGP, autorità gerarchicamente superiore dal profilo amministrativo.

4

Problemi riguardo alla bipartizione della vigilanza esercitata sul MPC

4.1

Accertamenti

Dalla sua istituzione nel 1889 fino all'entrata in vigore dell'EffVor il 1° gennaio 2002, il MPC è stato sottoposto alla sola vigilanza del Consiglio federale esercitata dal DFGP. L'EffVor ha affidato la vigilanza giudiziaria alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale63, mentre la vigilanza amministrativa è stata lasciata al Consiglio federale (art. 14 cpv. 1 PPF), che ne ha delegato l'esecuzione al DFGP64.

Questo sistema di vigilanza è stato introdotto per garantire da un lato un'indipendenza accompagnata da una vigilanza giudiziaria e d'altro lato una vigilanza in materia di personale, disciplinare e contabile esercitata dal Consiglio federale nella sua qualità di autorità di nomina e nell'ottica della rielezione dei titolari interessati. In virtù dell'articolo 28 capoverso 2 LTPF, dal 1° aprile 2004 la Corte dei reclami penali esercita la vigilanza sulle indagini della polizia giudiziaria, vale a dire la vigilanza giudiziaria sul MPC. «Questa competenza di vigilanza la abiliterà in particolare a farsi presentare qualsiasi fascicolo in ogni momento e a verificare così il modo in cui è condotta l'inchiesta. Qualora sospetti lacune, procederà ai controlli necessari e ordinerà d'ufficio tutte le misure utili.»65 Inoltre, l'UFG esercita una vigilanza nel settore dell'assistenza internazionale in materia penale e la DelCG sulle indagini in materia di protezione dello Stato.

63 64

65

V. messaggio del Consiglio federale del 28.1.1998 sulla modifica del Codice penale, della procedura penale e della legge sul diritto penale amministrativo (FF 1998 1095).

Nessuna disposizione legale prevede esplicitamente questa delega al DFGP, ma si può dedurla dall'art. 27 Ordinanza del 17.11.1999 sull'organizzazione del Dipartimento federale di giustizia e polizia (Org DFGP, RS 172.213.1).

Messaggio del Consiglio federale del 28.2.2001 concernente la revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale (FF 2001 3919).

1781

La riorganizzazione della vigilanza sul MPC rientra nell'ambito dei lavori in corso riguardanti l'adeguamento dell'organizzazione delle autorità penali della Confederazione alla nuova procedura penale. Conformemente alla decisione di principio del Consiglio federale, tale riorganizzazione si prefigge di riunificare la vigilanza del MPC nelle mani del DFGP.

Non volendo anticipare i risultati delle discussioni in Parlamento, la CdG-N rinuncia a pronunciarsi in questa sede sul modello di vigilanza e si limita ad alcune constatazioni riguardanti il presente esame.

a) Vigilanza amministrativa esercitata dal DFGP Il presente esame ha mostrato che l'autorità incaricata della vigilanza amministrativa sul MPC non soltanto dispone dei mezzi che le permettono di ottenere le informazioni riguardo alla destinazione delle risorse e ai processi interni al MPC, ma anche che essa effettivamente li ottiene. Il segretario generale del DFGP e rappresentanti di ogni autorità di perseguimento penale hanno fatto parte della direzione generale dell'EffVor. Quest'ultima ha proceduto a una pianificazione regolare, a un controllo della destinazione delle risorse finanziarie e di personale nell'ambito dell'EffVor (v.

n. 2.1.10, lett. b). Il segretario generale del DFGP ha inoltre assunto la responsabilità dell'EffVor2 che aveva lo scopo di preparare l'ulteriore sviluppo dell'EffVor. Inoltre, il MPC informa regolarmente il capo del DFGP secondo le modalità seguenti: ­

copia dei rendiconti del Ministero pubblico della Confederazione allestiti a destinazione dell'autorità incaricata della vigilanza giudiziaria (dal 2002);

­

rapporti semestrali sullo stato dell'EffVor allestiti a destinazione della CdG-N nella sua veste di autorità di alta vigilanza (dal 2002);

­

rapporti trimestrali sui procedimenti d'indagine del MPC e sulle istruzioni preparatorie dell'UGI (genere e numero dei casi pendenti, aperti e chiusi).

­

informazioni in virtù dell'articolo 102bis PPF: ai sensi di questa disposizione, il MPC può comunicare al Consiglio federale i dati su procedimenti d'indagine della polizia giudiziaria. Il Consiglio federale può domandare informazioni di questo tipo (generalmente in seguito ad articoli sulla stampa); di regola, il MPC fornisce spontaneamente queste informazioni. Nel 2006, il MPC ha comunicato al capo del DFGP informazioni concernenti dieci procedimenti;

­

sedute mensili che riuniscono il capo del DFGP e il capo interinale del MPC.

b) Vigilanza giudiziaria esercitata dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale La CdG-N reputa che sia necessario chiarire la vigilanza giudiziaria. La base legale di questa vigilanza è lacunosa e poco chiara. Per colmare questo vuoto, il TPF ha già deciso che la vigilanza giudiziaria esercitata dalla Corte dei reclami penali si estende anche all'intervallo tra la chiusura delle istruzioni preparatorie e il deposito dell'atto di accusa presso la Corte dei reclami penali (v. n. 2.1.4). Occorrerebbe in particolare esaminare fino a quale punto e in quali settori la Corte dei reclami penali può impartire istruzioni. In proposito, bisogna in particolare vegliare a preservare l'imparzialità del tribunale nella conduzione dei procedimenti (v. n. 2.1.10, lett. e).

1782

L'esame effettuato in seguito alla richiesta depositata dal MPC presso l'autorità di vigilanza ha mostrato che la vigilanza esercitata finora poneva determinati problemi.

Tali problemi sono attualmente all'esame e sono in via di risoluzione (v. n. 2.1.7).

Va nondimeno sottolineato in questa sede che l'esame giudiziario delle decisioni del MPC nella procedura di ricorso costituisce la principale e più efficace forma di vigilanza giudiziaria.

c) Delimitazione tra i settori d'attività delle diverse autorità di vigilanza Nell'ambito del suo esame del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» (v.

n. 2.1), la CdG-N ha constatato che la bipartizione della vigilanza può causare problemi quando le autorità di vigilanza non si attengono strettamente alle rispettive competenze. Il modello di vigilanza attuale prevede una bipartizione della vigilanza tra vigilanza amministrativa e vigilanza giudiziaria, con lo scopo di garantire l'indipendenza del MPC. La CdG-N ritiene che le autorità di vigilanza non debbano aggirare o addirittura annullare questa separazione per mezzo di intese oppure ordinandosi l'un l'altra rapporti di vigilanza. Un'autorità di vigilanza non può invitare l'altra a intervenire. Non vi è una base legale che lo permetta. In queste condizioni, è indispensabile e opportuno, secondo la CdG-N, prevedere un coordinamento retto da norme e principi chiari. Qualora nel quadro dell'esercizio della vigilanza giudiziaria accerti fatti di rilevanza amministrativa o disciplinare, la Corte dei reclami penali deve segnalare questa circostanza all'autorità incaricata della vigilanza amministrativa. È a questo punto compito di quest'ultima prendere le misure necessarie secondo le norme in materia. Tale procedura deve essere trasparente per l'autorità oggetto della vigilanza. Essa deve rispettare i principi che reggono lo Stato di diritto in particolare garantire l'esercizio del diritto di essere sentito.

In occasione dell'apertura e dello svolgimento delle due indagini straordinarie ordinate dalla Corte dei reclami penali e dal DFGP (v. n. 2.2 e 2.3), è risultato che la bipartizione della vigilanza necessitava di alcuni delimitazioni. Queste due indagini hanno altresì dato luogo ad alcune sovrapposizioni. Secondo l'incaricato dell'indagine realizzata per conto del DFGP, delimitazioni e sovrapposizioni
non hanno provocato problemi di rilievo. In ogni modo è utile che le istanze incaricate di realizzare queste indagini dispongano di conoscenze adeguate.

La CdG-N è persuasa che la bipartizione della vigilanza è un modello che può funzionare, come mostrano gli esempi dei Cantoni in cui questo sistema ha dato buoni risultati (p. es. San Gallo e Berna). È tuttavia indispensabile precisare taluni punti in materia di delimitazione dei settori di attività delle due autorità di vigilanza.

La bipartizione della vigilanza può porre problemi quando l'autorità oggetto della vigilanza aizza le autorità di vigilanza una contro l'altra. Delimitazioni poco chiare e una cooperazione stretta possono tuttavia portare a eccessi di vigilanza, che possono giungere addirittura a compromettere l'indipendenza del MPC. Di conseguenza, la CdG-N reputa che la delimitazione e la cooperazione tra l'autorità di vigilanza debbano essere chiaramente disciplinate a livello di legge.

1783

4.2

Conclusioni della CdG-N

19. Le disposizioni che attualmente reggono la vigilanza esercitata sul MPC prevedono la scissione tra vigilanza amministrativa e vigilanza giudiziaria, allo scopo di garantirne l'indipendenza. I fondamenti legali su cui si basa questa vigilanza sono tuttavia lacunosi e mancano di chiarezza. La CdG-N reputa di conseguenza che sia necessario chiarire la delimitazione e il coordinamento tra le autorità di vigilanza, nonché la portata della vigilanza amministrativa e di quella giudiziaria, e disciplinare la materia a livello di legge. In linea di principio, gli accertamenti contenuti nel presente rapporto dovranno essere presi in considerazione nell'ambito dei lavori in corso in materia di riassetto della vigilanza esercitata sul MPC.

5

Compendio delle conclusioni e raccomandazioni della CdG-N

a) In merito al rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» 1.

La procedura seguita dalla Corte dei reclami penali e dal suo presidente nell'elaborazione del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» non corrisponde alla procedura usuale nell'ambito della giustizia, che ha lo scopo di esaminare, nel quadro della vigilanza giudiziaria, la legalità dei metodi di indagine e di discutere le eventuali lacune direttamente con l'autorità oggetto della vigilanza allo scopo di cercare, insieme ad essa, come migliorare la situazione e, ove ve ne fosse bisogno, emanare le necessarie direttive. La Corte dei reclami penali non si è conformata al comportamento usuale da tenere con l'autorità sorvegliata.

2.

Nella sua audizione, il procuratore generale della Confederazione ha reagito tenendo un atteggiamento poco cooperativo e il suo modo d'agire ha contribuito ad accrescere la tensione nelle relazioni tra le due autorità.

3.

Il rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa» formula giudizi su aspetti che rientrano nell'ambito dell'EffVor e della conduzione e che non fanno parte del campo di competenza della vigilanza giudiziaria, ma di quello della vigilanza amministrativa. Sostituendosi senza base legale all'autorità di vigilanza amministrativa, la Corte dei reclami penali ha oltrepassato le sue competenze.

4.

Le conclusioni del rapporto intermedio di vigilanza non corrispondono ai fatti sui quali si fonda il rapporto.

5.

Le indagini intraprese dalla Corte dei reclami penali sono state svolte dopo concertazione con il DFGP in vista di eventuali misure amministrative.

6.

La confusione tra vigilanza giudiziaria e vigilanza amministrativa ha in particolare fatto sì che il procuratore generale della Confederazione non si sia potuto accorgere che erano oggetto dell'indagine anche fatti che avrebbero potuto essere rilevanti in un procedimento disciplinare nei suoi confronti, ciò che contravviene ai diritti procedurali e in particolare al diritto di essere sentito.

1784

7.

La CdG-N non è riuscita a capire il modo in cui è stato deciso in seno alla Corte dei reclami penali l'allestimento del rapporto non pubblicato. La Corte dei reclami penali non ha autorizzato la CdG-N a consultare gli atti che documentano questa decisione. Un simile atteggiamento nei confronti dell'autorità incaricata di esercitare l'alta vigilanza è inaccettabile.

8.

La CdG-N non può obiettivamente trarre conclusioni sufficienti sul funzionamento del MPC a causa delle lacune procedurali e materiali che inficiano i risultati del rapporto intermedio di vigilanza «atti d'accusa».

b) In merito al rapporto intermedio di vigilanza «Ramos» 9.

Dal rapporto intermedio «Ramos» risulta che il MPC e la PGF hanno rispettato il quadro legale vigente per quanto concerne l'impiego e la gestione di Ramos come persona di fiducia.

10. La CdG-N non può giudicare l'opportunità dell'impiego di Ramos; il giudizio su questo punto dipende infatti dall'apprezzamento e dalle priorità stabilite in materia di perseguimento penale.

11. Dalla sua analisi, la CdG-N conclude che è indispensabile istituire una base legale formale che disciplini l'impiego di persone di fiducia.

c) In merito ai quattro rapporti di indagine 12. I rapporti di indagine scagionano parzialmente il MPC e la PGF dalle accuse di inefficacia e di carenze nella conduzione rivolte nei loro confronti. Le misure volte a colmare le lacune organizzative constatate sono state nel frattempo prese. La CdG-N controllerà la loro attuazione nel quadro del seguito dell'EffVor2.

13. Dopo il periodo agitato che lo ha pregiudicato, è necessario instaurare un nuovo clima di serenità che consenta alle autorità di perseguimento penale in generale e al MPC in particolare di consolidare le loro nuove strutture, le loro competenze giudiziarie e la loro prassi. La CdG-N ritiene che sia importante ripristinare e rafforzare la fiducia nelle autorità federali di perseguimento penale.

Raccomandazione 1

Introdurre una base legale che disciplini l'impiego di persone di fiducia

Il Consiglio federale provvede all'introduzione di una base legale che disciplini l'impiego di persone di fiducia nel quadro del perseguimento penale.

1785

Raccomandazione 2

Accordare una priorità elevata alla riduzione delle cause pendenti presso l'UGI

Il Tribunale penale federale accorda una priorità elevata alla riduzione delle cause pendenti presso l'Ufficio federale dei giudici istruttori (UGI) e prende ogni misura utile ­ in collaborazione con le altre autorità di perseguimento penale della Confederazione ­ allo scopo di evitare la prescrizione dei procedimenti.

Raccomandazione 3

Rispettare le esigenze che derivano dalle competenze obbligatorie della Confederazione

Nell'attuazione del Progetto Efficienza e in particolare al momento di destinare le risorse, il Consiglio federale provvede affinché le autorità di perseguimento penale siano messe in grado di adempiere il loro mandato con la necessaria diligenza nei settori che sottostanno alla competenza obbligatoria della Confederazione.

Raccomandazione 4

Definire, a livello di Consiglio federale, una strategia superiore di lotta contro la criminalità

Nel quadro del riorientamento del Progetto Efficienza, il Consiglio federale definisce una strategia superiore di lotta contro la criminalità, che goda del sostegno del Parlamento o dei suoi organi competenti in materia.

d) In merito alle dimissioni del procuratore generale della Confederazione 14. Il capo del DFGP ha posto fine al rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione per mezzo di una convenzione, senza che vi fossero motivi di disdetta ai sensi della legge sul personale (LPers). La corresponsione di un'indennità di partenza al procuratore generale non aveva fondamento legale. Tenuto conto dell'indipendenza del procuratore generale della Confederazione, questo modo d'agire pone problemi sotto l'aspetto dei principi che reggono lo Stato di diritto.

15. Con il suo modo di agire nei confronti del procuratore generale della Confederazione, il capo del DFGP ha eluso il Consiglio federale che, nella sua veste di organo di nomina, è il solo competente per disdire il rapporto di lavoro del procuratore generale della Confederazione. Egli ha oltrepassato le sue competenze.

16. Il rapporto di fiducia tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione era deteriorato. Tuttavia, in considerazione dell'indipendenza giudiziaria del procuratore generale della Confederazione e della protezione rafforzata contro il licenziamento attribuitogli dalla legge, le divergenze d'opinione e le tensioni tra i due non potevano assolutamente giustificare 1786

il modo di agire del capo del DFGP. Egli avrebbe in particolare dovuto esporre al Consiglio federale le sue critiche riguardo al procuratore generale, rispettando la procedura formale prevista per simili casi, secondo i principi sui quali si fonda lo Stato di diritto.

17. Il capo del DFGP ha impartito indebitamente al procuratore generale della Confederazione istruzioni in materia d'informazione del pubblico sui procedimenti d'indagine in corso. Sanzionando disciplinarmente il procuratore generale per l'inosservanza di tali istruzioni, il capo del DFGP ha arrecato un pregiudizio all'indipendenza giudiziaria di quest'ultimo.

18. Benché segnali di conflitto tra il capo del DFGP e il procuratore generale della Confederazione fossero visibili già da un certo tempo, il Consiglio non si è assunto le responsabilità che gli competono in veste di autorità di nomina e di vigilanza sul procuratore generale della Confederazione. Nemmeno dopo l'intervento della Delegazione delle finanze si è deciso ad occuparsi del dossier MPC.

Raccomandazione 5

Garantire l'indipendenza del Ministero pubblico della Confederazione

Il Consiglio federale affronta senza indugio il dossier Ministero pubblico della Confederazione e prende misure che ne garantiscano l'indipendenza e quella dei magistrati che lo compongono.

Raccomandazione 6

Garantire la libertà d'informare del Ministero pubblico della Confederazione

Il Consiglio federale provvede a chiarire la delimitazione tra la libertà di informare del Ministero pubblico della Confederazione e l'attività informativa del DFGP, autorità gerarchicamente superiore dal profilo amministrativo.

e) In merito all'esercizio della vigilanza sul Ministero pubblico della Confederazione 19. Le disposizioni che attualmente reggono la vigilanza esercitata sul MPC prevedono la scissione tra vigilanza amministrativa e vigilanza giudiziaria, allo scopo di garantirne l'indipendenza. I fondamenti legali su cui si basa questa vigilanza sono tuttavia lacunosi e mancano di chiarezza. La CdG-N reputa di conseguenza che sia necessario chiarire la delimitazione e il coordinamento tra le autorità di vigilanza, nonché la portata della vigilanza amministrativa e di quella giudiziaria, e disciplinare la materia a livello di legge. In linea di principio, gli accertamenti contenuti nel presente rapporto dovranno essere presi in considerazione nell'ambito dei lavori in corso in materia di riassetto della vigilanza esercitata sul MPC.

1787

6

Passi futuri

La CdG-N invita il Consiglio federale e il Tribunale penale federale a rendere noto entro il 30 novembre 2007 il loro parere sugli accertamenti e le raccomandazioni contenute nel presente rapporto e di informarla sulle misure che saranno state prese.

Conformemente all'articolo 40a capoverso 6 della legge sul Parlamento, essa lo trasmetterà per informazione anche alle Commissioni degli affari giuridici delle due Camere.

5 settembre 2007

A nome della Commissione della gestione del Consiglio nazionale: Il presidente, Jean-Paul Glasson, consigliere nazionale Il segretario, Philippe Schwab La presidente della sottocommissione DFGP/CaF, Lucrezia Meier-Schatz, consigliere nazionale La segretaria della sottocommissione, Irene Moser

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Allegato

Elenco delle persone sentite (la funzione indicata è quella esercitata al momento dell'audizione) ­

Erwin Beyeler, ex capo della Polizia giudiziaria federale

­

Christoph Blocher, consigliere federale, capo del DFGP

­

Kurt Blöchlinger, capo della Polizia giudiziaria federale

­

Walter Eberle, segretario generale del DFGP

­

Michel-André Fels, capo ad interim del Ministero pubblico della Confederazione

­

Emanuel Hochstrasser, presidente della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale

­

Andreas Keller, giudice penale federale, Tribunale penale federale

­

Rolf Lüthi, avvocato, incaricato dell'indagine amministrativa in seno al Ministero pubblico della Confederazione

­

Valentin Roschacher, procuratore generale della Confederazione

­

Alex Staub, presidente del Tribunale penale federale

­

Dieter Stüssi, 1° sostituto del capo della Polizia giudiziaria federale

­

Hanspeter Uster, consigliere di Stato del Cantone di Zugo

­

Nicoletta della Valle, direttrice sostituta dell'Ufficio federale di polizia

­

Jean-Luc Vez, direttore dell'Ufficio federale della police

­

Jürg Zinglé, capo dell'Ufficio dei giudici istruttori federali

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