08.061 Messaggio concernente l'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti» del 27 agosto 2008

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo l'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti», che vi proponiamo di sottoporre senza controprogetto al voto del Popolo e dei Cantoni, con la raccomandazione di respingerla.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

27 agosto 2008

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Pascal Couchepin La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2008-2011

6659

Compendio L'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti», depositata l'8 luglio 2008, chiede di aggiungere all'articolo 72 della Costituzione federale un terzo capoverso, che vieti assolutamente e inderogabilmente l'edificazione di nuovi minareti in Svizzera. Il comitato d'iniziativa non considera il minareto un edificio di natura religiosa, ma lo reputa il simbolo di una rivendicazione politico-religiosa contraria alla Costituzione federale e all'ordinamento giuridico svizzero. È del parere che un divieto di edificare minareti non intacchi la libertà di religione.

L'articolo 139 capoverso 2 della Costituzione federale impone all'Assemblea federale di dichiarare nulla in tutto o in parte un'iniziativa che violi disposizioni cogenti del diritto internazionale. L'iniziativa contro i minareti è stata esaminata in tale ottica, in particolare riguardo alle disposizioni inderogabili dei principali accordi in materia di diritti umani (CEDU, Patto ONU II) ed è risultata compatibile con il diritto internazionale cogente. L'iniziativa è pertanto valida, pur essendo in netto contrasto con diverse norme internazionali a tutela dei diritti umani, quali gli articoli 9 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), gli articoli 2 (divieto di discriminazione) e 18 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione), e probabilmente l'articolo 27 (tutela delle minoranze) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (Patto ONU II). Poiché il testo dell'iniziativa ha un carettere assoluto e non prevede alcuna eccezione, risulta difficile interpretarlo conformemente al diritto internazionale. La disposizione costituzionale, qualora entrasse in vigore, sarebbe pertanto contraria ai citati accordi internazionali.

L'iniziativa, che i promotori dicono finalizzata a tutelare l'ordinamento sociale svizzero, collide con numerosi valori costituzionali del nostro Stato, quali il principio dell'uguaglianza giuridica (art. 8 Cost.), la libertà di credo e di coscienza (art. 15 Cost.), la garanzia della proprietà (art. 26 Cost.), il principio della proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.) e l'obbligo di rispettare il diritto internazionale (art. 5 cpv. 4 Cost).

Sancire nella
Costituzione federale il divieto inderogabile di edificare nuovi minareti in tutta la Svizzera costituirebbe un'ingerenza sproporzionata sia nei diritti fondamentali sia nelle competenze cantonali. Le autorità locali sono le più indicate per decidere se autorizzare l'edificazione di un minareto, attenendosi alle legislazioni cantonali e comunali esistenti segnatamente in materia di polizia edilizia e di pianificazione del territorio. Tale disciplina ha dato buoni risultati e non vi è ragione per non applicarla alle costruzioni di natura religiosa; tanto meno se altrimenti, come nel caso specifico, si rischia di discriminare una comunità religiosa rispetto a tutte le altre.

Il divieto di edificare minareti non si presta inoltre alla realizzazione degli obiettivi addotti dai promotori. Non permetterebbe infatti in alcun modo di combattere o prevenire attività anticostituzionali violente ad opera di cerchie estremiste e fondamentaliste che si richiamano all'Islam, dal momento che non occorrono edifici

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specifici per pianificare, organizzare e compiere atti di questo tipo. Un divieto nel senso auspicato dall'iniziativa minaccerebbe invece la pace religiosa, in quanto la popolazione musulmana lo percepirebbe come discriminatorio. I musulmani in Svizzera sono soggetti alla Costituzione federale e all'intero ordinamento giuridico svizzero, come tutti gli altri abitanti del nostro Paese. Non possono far valere norme religiose, quali ad esempio la sharia, per sottrarsi al diritto del nostro Stato. Non potendo rivendicare uno statuto giuridico particolare, i musulmani hanno ovviamente diritto allo stesso trattamento riservato alle altre persone e comunità religiose che vivono nel nostro Paese. L'iniziativa viola tale diritto.

Vietare l'edificazione di minareti susciterebbe l'incomprensione della comunità internazionale e nuocerebbe al buon nome della Svizzera. Ne potrebbero risultare effetti negativi per la sicurezza di impianti svizzeri e per gli interessi economici del nostro Paese.

Il Consiglio federale propone di sottoporre l'iniziativa «Contro l'edificazione di minareti» senza controprogetto al voto del Popolo e dei Cantoni, raccomandando di respingerla.

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Indice Compendio

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1 Aspetti formali 1.1 Testo dell'iniziativa 1.2 Riuscita formale 1.3 Termini di trattazione

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2 Validità 2.1 Unità formale 2.2 Unità materiale 2.3 Compatibilità dell'iniziativa popolare con le disposizioni cogenti del diritto internazionale 2.3.1 La normativa dell'articolo 139 capoverso 2 Cost.

2.3.2 Il concetto di diritto internazionale cogente (ius cogens) 2.3.3 Il diritto internazionale cogente della CEDU 2.3.4 Il diritto internazionale cogente del Patto ONU II

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3 Contesto 3.1 Importanza del minareto 3.1.1 Storia e architettura del minareto 3.1.2 Significato e funzione del minareto 3.2 Situazione attuale in Svizzera 3.3 Principi e restrizioni costituzionali applicabili all'edificazione di minareti 3.3.1 Parità di trattamento e divieto di discriminazione (art. 8 Cost.)

3.3.2 Libertà di credo e di coscienza (art. 15 Cost.)

3.3.3 Garanzia della proprietà (art. 26 Cost.)

3.3.4 Garanzia della pace religiosa (art. 72 cpv. 2 Cost.)

3.4 Restrizioni applicabili in materia di diritto edilizio 3.4.1 Autorizzazione edilizia secondo l'articolo 22 della legge sulla pianificazione del territorio 3.4.2 Disposizioni in materia di diritto edilizio e di emissioni sonore 3.5 Misure per la tutela dei valori democratici e costituzionali e la lotta all'estremismo 3.5.1 Misure per la salvaguardia della sicurezza interna 3.5.2 Restrizioni derivanti dalla legislazione sugli stranieri e provvedimenti tesi a facilitare l'integrazione degli stranieri 3.5.3 Ulteriori misure

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4 La situazione all'estero 4.1 Norme per l'edificazione di minareti nei Paesi vicini 4.1.1 Germania 4.1.2 Francia 4.1.3 Italia 4.1.4 Austria 4.1.5 Valutazione conclusiva delle norme nei Paesi vicini

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4.2 Edificazione di luoghi di culto di altre religioni: situazione in determinati Paesi musulmani

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5 Scopi e tenore dell'iniziativa 5.1 Scopi dell'iniziativa 5.2 Normativa proposta dall'iniziativa 5.3 Commento e interpretazione del testo dell'iniziativa

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6 Valutazione dell'iniziativa 6.1 Valutazione degli scopi dell'iniziativa 6.1.1 Un divieto inutile e sproporzionato 6.1.2 Obiettivo chiaramente mancato 6.2 Attuabilità 6.3 Compatibilità con il diritto internazionale 6.3.1 Esame della compatibilità con l'articolo 9 CEDU 6.3.2 Esame della compatibilità con l'articolo 14 CEDU 6.3.3 Esame della compatibilità con l'articolo 18 del Patto ONU II 6.3.4 Esame della compatibilità con l'articolo 2 del Patto ONU II 6.3.5 Esame della compatibilità con l'articolo 27 del Patto ONU II 6.3.6 Esame della compatibilità con altri trattati internazionali 6.3.7 Ripercussioni di una violazione della CEDU e del Patto ONU II 6.4 Ripercussioni a livello nazionale in caso di approvazione dell'iniziativa 6.4.1 Limitazione inutile e sproporzionata della libertà di religione 6.4.2 Disparità di trattamento inammissibile 6.4.3 Un passo indietro rispetto alla Costituzione federale del 1999 6.4.4 Minaccia per la pace religiosa e l'integrazione dei musulmani in Svizzera 6.4.5 Ingerenza nella sfera di competenza dei Cantoni 6.4.6 Ripercussioni per la garanzia della proprietà 6.5 Ripercussioni per la sicurezza, la politica estera e il commercio estero della Svizzera

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7 Rinuncia a un controprogetto

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8 Conclusioni

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Decreto federale sull'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti» (Disegno)

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Messaggio 1

Aspetti formali

1.1

Testo dell'iniziativa

L'iniziativa popolare ha il tenore seguente: La Costituzione federale (Cost.) è modificata come segue: Art. 72 cpv. 3 (nuovo) 3

L'edificazione di minareti è vietata.

1.2

Riuscita formale

L'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti» è stata depositata l'8 luglio 2008, corredata di 113 540 firme valide. Con decisione del 28 luglio 2008 la Cancelleria federale ha constatato la riuscita formale dell'iniziativa1.

In un esame preliminare, la Cancelleria federale ha verificato che la lista per la raccolta delle firme soddisfacesse formalmente le esigenze legali e ha esaminato le traduzioni dell'iniziativa2. La decisione riporta anche la clausola che autorizza sette dei promotori a ritirare incondizionatamente l'iniziativa a maggioranza assoluta.

1.3

Termini di trattazione

L'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti», depositata l'8 luglio 2008 sotto forma di disegno elaborato, chiede una revisione parziale della Costituzione federale. L'Assemblea federale deve decidere entro 30 mesi ­ nella fattispecie entro l'8 gennaio 2011 ­ se raccomandare al Popolo e ai Cantoni di accettare o respingere l'iniziativa (art. 100 della L sul Parlamento del 13 dic. 20023).

2

Validità

2.1

Unità formale

L'iniziativa può essere formulata come proposta generica o progetto elaborato (art. 139 [vecchio] cpv. 2 e 194 cpv. 3 Cost.). L'articolo 75 capoverso 3 della legge federale del 18 dicembre 19764 sui diritti politici esclude le forme miste.

La presente iniziativa riveste la forma di progetto elaborato, per cui l'unità formale è rispettata.

1 2 3 4

FF 2008 6017 FF 2007 2967 RS 171.10 RS 161.1

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2.2

Unità materiale

L'iniziativa deve vertere su un unico oggetto (art. 139 [nuovo] cpv. 2 e 194 cpv. 2 Cost.).

L'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti» riguarda esclusivamente il divieto di edificare minareti, per cui l'unità materiale è rispettata.

2.3

Compatibilità dell'iniziativa popolare con le disposizioni cogenti del diritto internazionale

2.3.1

La normativa dell'articolo 139 capoverso 2 Cost.

In base all'articolo 139 [nuovo] capoverso 2 Cost., l'Assemblea federale dichiara nulla in tutto o in parte un'iniziativa che viola disposizioni cogenti del diritto internazionale. Tale «linea di condotta» all'indirizzo del Parlamento risulta dalle restrizioni costituzionali generali, secondo cui le revisioni totali e parziali della Costituzione non devono violare il diritto internazionale cogente (art. 193 cpv. 4 Cost. e art. 194 cpv. 2 Cost.). Va pertanto appurato se il divieto di edificare minareti in Svizzera auspicato dai promotori viola le disposizioni cogenti del diritto internazionale.

2.3.2

Il concetto di diritto internazionale cogente (ius cogens)

L'articolo 53 della Convenzione di Vienna del 23 maggio 19695 sul diritto dei trattati definisce come norma imperativa del diritto internazionale (ius cogens) una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere. Quanto enunciato all'articolo 53 è oggi considerato la definizione universale del diritto internazionale cogente, riconosciuta anche oltre la cerchia degli Stati ratificanti6. La caratteristica decisiva della norma imperativa è la sua inderogabilità7.

La Convenzione di Vienna non elenca le norme di diritto internazionale rientranti in tale definizione. Per la maggior parte della dottrina e della prassi, il diritto internazionale cogente comprende il divieto dell'uso della forza nei rapporti internazionali (art. 2 cpv. 4 dello Statuto delle Nazioni Unite del 26 giu. 19458) nonché le garanzie elementari dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, quali il divieto di

5 6 7 8

RS 0.111 Eva Kornicker, Ius cogens und Umweltvölkerrecht, Basilea 1997, pag. 23.

Kornicker, op. cit., pag. 53.

RS 0.120

6665

tortura e di trattamento inumano, la protezione da uccisione arbitraria, il divieto della schiavitù, della pirateria e del genocidio9.

Nel nostro messaggio concernente la revisione della Costituzione federale, abbiamo definito come appartenenti allo ius cogens le norme contro la tortura, il genocidio, la schiavitù, le garanzie della Convenzione del 4 novembre 195010 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e gli elementi basilari del diritto umanitario11. La parte preponderante del diritto internazionale infatti non è cogente e non funge pertanto da barriera assoluta alle revisioni costituzionali.

Un'iniziativa che viola il diritto internazionale convenzionale non cogente non può essere dichiarata nulla. Se il Popolo e i Cantoni l'approvano, le autorità federali devono eventualmente prendere in considerazione la denuncia del trattato in questione12.

Finora l'Assemblea federale ha dichiarato nulla per violazione del diritto internazionale cogente una sola iniziativa popolare, quella depositata nel 1992 «per una politica d'asilo razionale». Nel relativo messaggio13 ci siamo soffermati a lungo sul concetto di diritto internazionale cogente e sull'inderogabilità del divieto di tortura, esaminata alla luce della richiesta dei promotori di allentare il divieto di respingimento (non refoulement)14; per finire siamo giunti alla conclusione che il divieto di tortura è imperativo.

Nel messaggio sull'iniziativa popolare «Per una protezione degli animali al passo con i tempi (Sì alla protezione degli animali!)» abbiamo appurato che in particolare la CEDU e il Patto internazionale del 16 dicembre 1966 relativo ai diritti civili e politici15 (Patto ONU II) hanno una tale importanza «da escludere di fatto una loro denuncia da parte della Svizzera»16. In teoria, la CEDU è denunciabile, ma «le conseguenze politiche di un tale passo sarebbero particolarmente pesanti». Abbiamo tuttavia rinunciato a riconoscere esplicitamente tali norme del diritto internazionale come cogenti ai sensi dell'articolo 139 capoverso 2 Cost.17.

9

10 11 12 13 14

15 16 17

Cfr. ad es. Stefan Oeter, Ius cogens und der Schutz der Menschenrechte, in: Stephan Breitenmoser/Bernhard Ehrenzeller/Marco Sassòli/Béatrice Wagner Pfeifer (ed.), Menschenrechte, Demokratie und Rechtsstaat, Liber amicorum Luzius Wildhaber, pag. 499 segg., 506.

RS 0.101 FF 1997 I 1 Cfr. FF 1974 II 1133, 1994 III 1348 FF 1994 III 1338 FF 1994 III 1338 segg., 1347 segg. Oltre a quella «per una politica d'asilo razionale», l'Assemblea federale ha dichiarato nulle altre tre iniziative: l'iniziativa depositata nel 1954 per la «Riduzione temporanea delle spese militari (Iniziativa per una tregua dell'armamento)» o 1a iniziativa Chevallier, dichiarata nulla per inattuabilità (cfr. FF 1955 II 579) e due iniziative dichiarate nulle per violazione dell'unità materiale, ossia quella depositata nel 1975 «Contro il rincaro e l'inflazione» (cfr. FF 1977 II 449) e quella depositata nel 1992 «Per meno spese militari e più politica di pace» (cfr. Boll. Uff. 1995 N 1396 segg., Boll. Uff. 1995 S 369 segg.). Nessuno di questi casi è occorso dopo l'approvazione della nuova Costituzione federale nel 1999.

RS 0.103.2 FF 2004 2885 2895 FF 2004 2885 2893. Abbiamo ribadito tale posizione nel messaggio relativo all'iniziativa popolare federale «per naturalizzazioni democratiche»», FF 2006 8205.

6666

2.3.3

Il diritto internazionale cogente della CEDU

In generale La CEDU non menziona esplicitamente il diritto internazionale cogente. Tuttavia l'articolo 15 capoverso 2 CEDU specifica alcune garanzie convenzionali, per le quali non è ammessa «alcuna deroga», nemmeno se la vita della nazione è minacciata da «guerra» o «altro pericolo pubblico» (art. 15 cpv. 1 CEDU). L'inderogabilità in caso di emergenze è considerata indizio della natura cogente di tali disposizioni, pertanto riconosciute come parti integranti dello ius cogens18. L'iniziativa contro i minareti non tange alcuno dei diritti inderogabili di cui all'articolo 15 capoverso 2 CEDU. Sotto questo aspetto, le norme cogenti del diritto internazionale non risultano pertanto violate.

Il diritto internazionale cogente e l'articolo 9 CEDU L'articolo 9 CEDU garantisce la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Il capoverso 1 tutela innanzitutto le convinzioni personali dell'individuo; per quanto riguarda la religione è quindi tutelato il diritto individuale di sviluppare o di sconfessare liberamente il proprio credo religioso (il cosiddetto foro interiore). Inoltre il capoverso 1 garantisce il diritto di manifestare la propria convinzione religiosa, ossia di renderla pubblica e di praticarla individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato (il cosiddetto foro esteriore)19. L'articolo 9 capoverso 2 CEDU ammette restrizioni a tale libertà di manifestare la propria religione, nella quale rientra appunto l'edificazione di minareti. Oltretutto l'articolo 9 CEDU non costituisce un diritto inderogabile secondo l'articolo 15 capoverso 2 CEDU.

Pertanto l'iniziativa contro i minareti non viola il diritto internazionale cogente dell'articolo 9 CEDU. La validità di tale apprezzamento è dimostrata dal fatto che un divieto di edificare minareti non impedirebbe ai musulmani né di sviluppare e vivere liberamente un credo religioso né di praticare e diffondere la loro religione. Il divieto di edificare minareti non comprometterebbe quindi l'essenza stessa del diritto fondamentale alla libertà di religione; una tutela assoluta s'imporrebbe semmai per tale essenza.

Il diritto internazionale cogente e l'articolo 14 CEDU Il divieto di discriminazione di cui all'articolo 14 CEDU stabilisce che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere assicurato,
senza distinzione di alcuna specie. L'articolo 14 CEDU non rientra nei diritti inderogabili elencati all'articolo 15 capoverso 2 CEDU. L'iniziativa contro l'edificazione di minareti non viola pertanto il diritto internazionale cogente nemmeno per quanto riguarda il divieto di discriminazione di cui all'articolo 14 CEDU.

18 19

Kornicker, op. cit., pag. 59, in part. nota 310; Oeter, op. cit., pag. 509.

Christoph Grabenwarter, Internationaler Kommentar zur Europäischen Menschenrechtskonvention, Colonia/Berlino/Bonn/Monaco 1997, ad art. 9 CEDU, n. marg. 36­38 e 45; Mark E. Villiger, Handbuch der Europäischen Menschenrechtskonvention (EMRK), 2a ed., Zurigo 1999, pag. 382.

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2.3.4

Il diritto internazionale cogente del Patto ONU II

Il diritto internazionale cogente e l'articolo 18 Patto ONU II Alla stregua della CEDU, anche il Patto ONU II non indica esplicitamente alcuna norma cogente del diritto internazionale, ma specifica invece i diritti inderogabili (art. 4 cpv. 1 Patto ONU II). A differenza della CEDU, il Patto ONU II annovera tra i diritti inderogabili anche la libertà di pensiero, di coscienza e di religione (art. 18 Patto ONU II). Tuttavia, la disposizione non può essere considerata ius cogens poiché l'articolo 18 capoverso 3 Patto ONU II prevede la possibilità di limitare la libertà di manifestare la propria religione. L'inderogabilità dell'articolo 18 verte sulla disposizione integrale, comprese quindi le restrizioni di cui al capoverso 320.

Pertanto, l'iniziativa contro l'edificazione di minareti non viola il diritto internazionale cogente nemmeno sotto questo aspetto.

Il diritto internazionale cogente e gli articoli 2 e 27 Patto ONU II Né il divieto di discriminazione secondo l'articolo 2 capoverso 1 Patto ONU II né la tutela delle minoranze secondo l'articolo 27 Patto ONU II figurano tra i diritti inderogabili dell'articolo 4 capoverso 1 Patto ONU II. Pertanto l'iniziativa contro i minareti non viola lo ius cogens nemmeno per quanto riguarda queste due disposizioni21.

3

Contesto

3.1

Importanza del minareto

3.1.1

Storia e architettura del minareto

All'origine della storia dell'Islam la casa di Maometto, in cui il profeta predicava la sua religione, non disponeva di nessun elemento architettonico atto a richiamare i fedeli alla preghiera. Uno dei primi minareti noti è quello della moschea degli Omeyyadi in Siria, datato 715.

Il minareto è tuttora un elemento architettonico importante di una moschea, nonostante la religione musulmana non lo imponga e non preveda regole particolari per la sua forma e dimensione. Il suo aspetto può variare fortemente secondo le regioni22.

20

21

22

Ne erano evidentemente coscienti anche i promotori del Patto, come illustra Manfred Nowak in «UNO-Pakt über bürgerliche und politische Rechte und Fakultativprotokoll», Kehl/Strasburgo/Arlington 1989, ad art. 4 Patto ONU II, n. marg. 21, facendo riferimento alle deliberazioni della 3° commissione dell'Assemblea generale ONU.

Non vi è violazione nemmeno considerando il fatto che l'art. 4 cpv. 1 Patto ONU II ammette le misure deroganti agli obblighi del Patto in caso di pericolo pubblico eccezionale soltanto se non comportano «una discriminazione fondata unicamente [...] sulla religione». Infatti il divieto di discriminazione si applica a restrizioni gravissime dei diritti fondamentali, adottate in una situazione di crisi nazionale. Inoltre questo specifico divieto di discriminazione è attenuato dal termine «unicamente», per cui sono considerati discriminatori soltanto gli interventi d'emergenza finalizzati a colpire determinati gruppi della popolazione, vale a dire che mirano intenzionalmente a tali gruppi; Nowak, op. cit., ad art. 4 Patto ONU II, n. marg. 28. Non sono tuttavia escluse le discriminazioni che perseguono altri fini.

Yves Korbendau, L'architecture sacrée de l'Islam, Parigi 1997, pag. 14 segg.

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3.1.2

Significato e funzione del minareto

Per la coscienza collettiva e la concezione musulmana, il minareto è un elemento inscindibile dalla moschea come il campanile lo è dalla chiesa. Il minareto rappresenta un elemento di riconoscimento molto forte inteso a esprimere la dimensione culturale e identitaria della religione islamica. In ambito spirituale e mistico, al minareto vengono attribuite anche funzioni allegoriche, in un senso di evocazione divina (dhikr). La sua verticalità viene intesa come anello di congiunzione tra la vita terrena e la sfera celeste. Altri invece riconoscono nel minareto l'«alif», la prima lettera dell'alfabeto arabo, un'allegoria di «Dio» (allah). L'1, in quanto corrispettivo numerale dell'alif, fa inoltre riferimento all'unicità monoteistica di Allah (taw-hid).

Come le chiese anche le moschee possono perseguire uno scopo politico, e simboleggiare ad esempio la rivendicazione di potere dei leader politici nei confronti del loro popolo, ma anche del loro predominio religioso. Nel Medioevo soltanto le moschee costruite dal sovrano potevano disporre di più minareti. Le dimensioni delle moschee servono anche a operare distinzioni tra le capitali e le città di provincia, tra le dinastie e nei confronti dei territori confinanti dominati. Non vi sono prove che permettano di asserire che le moschee e i minareti siano stati costruiti per simboleggiare una vittoria militare.

Come per le chiese, la strumentalizzazione politica concerne soltanto un numero esiguo di moschee e minareti e non può essere generalizzata all'insieme di tali edifici. La volontà di manifestare la potenza di un sovrano non si esprime attraverso il tipo di costruzione, ma attraverso la dimensione e la pomposità dei suoi elementi.

Come dimostra la storia edilizia, in questo il minareto non si differenzia da qualsiasi altro tipo di edificio.

Certuni musulmani e islamisti fondamentalisti e ortodossi vivono per raggiungere gli ideali dell'epoca arcaica islamica, in cui i minareti non esistevano ancora. Di conseguenza considerano questi ultimi un'aggiunta successiva (bid'a), che non corrisponde al «puro Islam» e va quindi vietata. Per taluni islamisti che rivendicano il potere religioso e politico, il minareto non ha un significato particolare. Viene invece considerato un simbolo politico del potere dello Stato nei Paesi islamici, un simbolo combattuto dagli islamisti.

3.2

Situazione attuale in Svizzera

Secondo il censimento della popolazione, nel 2000 la Svizzera contava 310 807 persone di fede musulmana. La maggioranza proviene dai Balcani e dalla Turchia, e l'11,75 per cento possiede la cittadinanza svizzera. Il 5,6 per cento della popolazione musulmana in Svizzera è arabofona23.

23

Censimento federale della popolazione 2000, Il paesaggio religioso in Svizzera, pubblicato dall'Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, dicembre 2004; cfr. anche: I musulmani in Svizzera ­ profili identitari, domande e percezioni dei musulmani [testo disponibile soltanto in tedesco e in francese], studio effettuato dal gruppo di ricerca «Islam in der Schweiz», 2005 pubblicato dalla Commissione federale degli stranieri.

6669

In base a uno studio pubblicato dalla Commissione federale degli stranieri24, in Svizzera vi sono circa 130 centri culturali ed edifici musulmani utilizzati come luoghi di preghiera. La maggior parte è situata in appartamenti o in edifici normali25.

La moschea di Ginevra e quella di Zurigo dispongono di un minareto che non viene però usato per il richiamo alla preghiera. Il minareto di Zurigo è alto 18 metri. A Winterthur ve n'è un altro, alto parecchi metri. Altre costruzioni si sono ispirate all'architettura islamica e somigliano a un minareto, ma non hanno una funzione religiosa26.

Il 4 luglio 2007 il Tribunale federale ha respinto il ricorso interposto da due persone contro una decisione del tribunale amministrativo del Cantone di Soletta.

Quest'ultimo aveva confermato una decisione dell'autorità competente di Soletta, che aveva rilasciato all'associazione culturale turca l'autorizzazione di erigere un minareto di sei metri sul tetto del suo centro comunitario a Wangen bei Olten, a condizione che non fosse possibile salirci e non venisse usato per chiamare i fedeli alla preghiera27. Nel frattempo l'autorizzazione edilizia era scaduta. L'associazione culturale turca ha impugnato la decisione dell'autorità comunale che non voleva prorogare l'autorizzazione edilizia. In seguito, il dipartimento delle costruzioni e della giustizia del Cantone di Soletta ha concesso una proroga dell'autorizzazione edilizia fino alla primavera del 200928.

Con decisione del 20 dicembre 2006, l'autorità competente in materia di costruzioni della città di Langenthal ha rilasciato un'autorizzazione edilizia ordinaria concernente tra l'altro la costruzione di un minareto. Varie persone hanno impugnato tale decisione dinanzi all'autorità cantonale competente. Il 18 aprile 2007 quest'ultima ha accolto il ricorso. La decisione della città di Langenthal è stata annullata e l'autorità in materia di autorizzazioni edilizie è stata incaricata di effettuare ulteriori accertamenti.

Altri progetti edili sono stati abbandonati. A Emmenbrücke nel Cantone di Lucerna la comunità religiosa bosniaca ha ottenuto l'autorizzazione di costruire un minareto, tuttavia ha deciso di non farlo preferendo investire nell'arredamento della moschea29. Anche a Wil nel Cantone di San Gallo è stato abbandonato un progetto per la costruzione di
un minareto30.

È prevista la costruzione di un centro d'incontro islamico nella regione di Berna che include un museo, una piccola moschea, un hotel, varie sale, uffici e appartamenti.

Non è però prevista la costruzione di un minareto31.

24 25 26 27

28 29 30 31

Studio del gruppo di ricerca «Islam in der Schweiz» über die Muslime in der Schweiz, op.cit. pag. 18.

Mallory Schneuwly Purdie e Stéphane Lathion, Panorama de l'Islam en Suisse, www.gris.info/panorama_islam_suisse.html (sito visitato il 08.08.2008).

Ad esempio il minareto costruito dai cioccolatieri Suchard a Serrières oppure la torre panoramica sullo Chaumont nel Cantone di Neuchâtel.

DTF del 4 luglio 2007 in re XY contro l'associazione culturale turca, il Comune di Wangen bei Olten e il dipartimento di costruzione e giustizia del Cantone di Soletta (1P.26/2007).

Le Temps del 10.07.2008.

Luzerner Zeitung dell'8 maggio 2007, pag. 5.

Tagblatt del 3 aprile 2008, pag. 9.

Der Bund del 6 novembre 2007, pag. 25.

6670

Va inoltre precisato che negli ultimi anni vari parlamenti cantonali hanno respinto con grande maggioranza richieste volte a introdurre nella legislazione un divieto generale di costruire minareti o a sottoporne la costruzione al referendum obbligatorio32.

3.3

Principi e restrizioni costituzionali applicabili all'edificazione di minareti

3.3.1

Parità di trattamento e divieto di discriminazione (art. 8 Cost.)

L'articolo 8 Cost. statuisce che tutte le persone sono uguali davanti alla legge (cpv. 1) e che nessuno può essere discriminato, in particolare a causa dell'origine, della razza, delle convinzioni religiose, filosofiche e politiche (cpv. 2).

Secondo il Tribunale federale una decisione o un atto normativo viola il principio di uguaglianza di cui all'articolo 8 capoverso 1 Cost. se istituisce differenze giuridiche che non sono giustificate dalla situazione da regolamentare oppure se omette differenze quando la situazione invece le impone33. Non ogni trattamento diverso costituisce pertanto una disparità di trattamento incostituzionale. Una disparità di trattamento viola l'articolo 8 capoverso 1 Cost. soltanto se è priva di una giustificazione ragionevole. Senza una deroga costituzionale ­ come nel caso di un sì all'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti» ­ il legislatore non può quindi, senza un motivo valido, stabilire condizioni restrittive per l'esercizio di un credo, vietando ad esempio la costruzione di singoli edifici religiosi, tipici per una determinata comunità religiosa. Dato che un minareto non si distingue da un'altra costruzione religiosa dotata di un elemento architettonico alto, non sussiste alcun motivo valido che possa giustificare un divieto generale di tutti i minareti, mentre altre costruzioni religiose simili, quali ad esempio campanili, stupa ecc. vengono autorizzate34.

Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale35, si è in presenza di una discriminazione ai sensi dell'articolo 8 capoverso 2 Cost., se una persona subisce una disparità di trattamento dovuta soltanto alla sua appartenenza a un determinato gruppo, che in passato è stato emarginato o trattato in modo umiliante o lo è tuttora. Il Tribunale federale ritiene che la discriminazione rappresenta un tipo qualificato di disparità di trattamento di persone in situazioni paragonabili, in quanto svantaggia una 32

33

34

35

Il 28.06.06 il Consiglio di Stato di Soletta ha respinto con 71 voti contrari, 17 a favore e 2 astensioni un mandato («Auftrag») teso a introdurre un divieto per la costruzione di nuovi edifici religiosi, rivolto in realtà contro la costruzione di minareti. Il 29.11.06 il Consiglio di Stato di San Gallo ha respinto con 108 voti contrari, 46 a favore e 24 astensioni una mozione che chiedeva di sottoporre la costruzione di nuovi edifici religiosi al referendum obbligatorio; anche questa mozione mirava in realtà alla costruzione di minareti. Il 23.06.08 il Consiglio di Stato di Zurigo ha respinto con 112 voti contrari, 50 a favore e 1 astensione un'iniziativa parlamentare che chiedeva il divieto della costruzione di edifici con minareti in tutto il Cantone.

Cfr. in particolare DTF 131 I 1, pag. 6, consid. 4.2. Cfr. anche Jean-François Aubert/ Pascal Mahon, Petit commentaire de la Constitution fédérale de la Confédération suisse du 18 avril 1999, Zurigo/Basilea/Ginevra, 2003, concernente l'art. 8 Cost., pag. 74 segg.

Probabilmente questo era anche il motivo per il quale gli interventi parlamentari presentati in vari Cantoni con l'obiettivo dichiarato di vietare o di limitare la costruzione di minareti erano formulati in modo tale da includere nel divieto o nella limitazione tutte le costruzioni nuove o le trasformazioni di edifici religiosi; cfr. n. 3.2.

DTF 129 I 217

6671

persona in maniera umiliante ed emarginante unicamente a causa di un tratto distintivo che costituisce una parte determinante dell'identità della persona in questione e che non può essere abbandonato o può esserlo soltanto difficilmente. Secondo il Tribunale federale il riferimento a una caratteristica di cui all'articolo 8 capoverso 2 Cost., come l'origine, la razza, il sesso o la convinzione religiosa, non è tuttavia del tutto inammissibile. In tal caso nascerebbe però il sospetto di una disparità di trattamento inammissibile, sospetto che potrebbe essere fugato soltanto da una motivazione sufficiente. Nella sua giurisprudenza36 più recente il Tribunale federale giudica discriminatorio ai sensi dell'articolo 8 capoverso 2 Cost. rifiutare la cittadinanza svizzera a un cittadino bosniaco soltanto perché sua moglie porta un velo islamico.

La decisione del Tribunale federale si basa tra l'altro sul fatto che il rifiuto dell'autorità comunale si basava esclusivamente su un critero proibito dall'articolo 8 capoverso 2 Cost. e che quindi non sussisteva alcuna giustificazione obiettiva sufficiente per una disparità di trattamento. Sarebbe stato il caso se il velo portato dalla moglie fosse stata l'espressione di un atteggiamento del ricorrente in contraddizione con i valori fondamentali e democratici del nostro Stato di diritto.

Di conseguenza siamo dell'opinione che, in base al diritto costituzionale vigente, il rifiuto da parte di un'autorità di autorizzare la costruzione di un minareto soltanto perché simboleggia una rivendicazione di potere della religione islamica37 costituirebbe una discriminazione ai sensi della giurisprudenza federale. Va osservato che, con un sì all'iniziativa, tale rifiuto non contraddirebbe più l'articolo 8 capoverso 2 Cost. perché la deroga sarebbe sancita nella Costituzione stessa. Tuttavia è lecito chiedersi se la disposizione derogatoria sarebbe compatibile con il diritto internazionale (cfr. n. 6.3).

3.3.2

Libertà di credo e di coscienza (art. 15 Cost.)

L'articolo 15 capoverso 1 Cost. garantisce la libertà di credo e di coscienza. Tale disposizione tutela i cittadini da qualsiasi interferenza statale che potrebbe pregiudicare la loro convinzione religiosa. Conferisce al singolo il diritto di esprimere e praticare liberamente la propria convinzione religiosa senza che venga limitata da prescrizioni statali ingiustificate. Comprende la libertà interiore di una convinzione religiosa e la libertà esteriore di esprimerla, praticarla e divulgarla entro determinati limiti38. In base alla giurisprudenza, la libertà di credo non tutela ogni comportamento legato alla religione39. Ci si può chiedere se il rifiuto di un'autorizzazione per l'edificazione di una costruzione religiosa violi la libertà di credo e di coscienza: al riguardo le opinioni della dottrina divergono. Alcuni autori40 sono dell'opinione che non autorizzare la costruzione di una chiesa per motivi di diritto edilizio sia un atto il cui diretto o indiretto riferimento alla libertà di credo sarebbe irrilevante per determinarne la compatibilità con l'ordinamento giuridico. Secondo altri specialisti41, una 36 37

38 39 40 41

DTF 134 I 56; cfr. anche DTF 134 I 49.

Cfr. anche Bernhard Waldman, Moscheebau und Gebetsruf, pag. 219 segg., in: René Pahud de Mortanges e Erwin Tanner (editori), Muslime und schweizerische Rechtsordnung, Friburgo 2002.

DTF 123 I 296 segg.

DTF 125 I 369, 379 Andreas Auer, Giorgio Malinverni e Michel Hottelier, Droit constitutionnel suisse, vol. II: Les droits fondamentaux, Berna 2006, pag. 223.

Waldman, op.cit, pag. 219 segg.

6672

costruzione religiosa rientra invece nell'ambito tutelato dalla libertà di credo, di modo che il rifiuto dell'autorizzazione edilizia rappresenterebbe un'interferenza in tale ambito. Una costruzione religiosa va considerata un simbolo della fede e quindi l'espressione dell'identità religiosa.

La giurisprudenza e la dottrina sono d'accordo sul fatto che la manifestazione esterna della libertà di credo non fa parte dell'essenza intangibile di tale libertà42. Il diritto di esprimere e manifestare la propria convinzione può quindi essere limitato se, conformemente alle condizioni di cui all'articolo 36 Cost., tale limitazione si fonda su una base giuridica sufficiente, se corrisponde prevalentemente a un interesse pubblico e se rispetta il principio della proporzionalità.

3.3.3

Garanzia della proprietà (art. 26 Cost.)

La proprietà è garantita dall'articolo 26 capoverso 1 Cost. Questo diritto può, come gli altri diritti fondamentali, essere limitato alle condizioni di cui all'articolo 36 Cost. La limitazione deve fondarsi su una base giuridica sufficiente (cpv. 1) ed essere giustificata da un interesse pubblico, quale l'ordine pubblico, la sicurezza, la tranquillità, la morale, la salute e la vita (cpv. 2). Deve inoltre rispettare il principio della proporzionalità (cpv. 3) e non può violare l'essenza del diritto alla proprietà (cpv. 4).

Conformemente alla giurisprudenza43, la limitazione deve non soltanto essere necessaria, ma non deve neanche andare oltre l'obiettivo d'interesse pubblico perseguito.

L'autorità competente è quindi obbligata a scegliere la misura meno incisiva, ossia quella che permette di raggiungere l'obiettivo prefissato in modo tale da limitare il meno possibile gli individui. Nella fattispecie il Tribunale federale aveva considerato sproporzionato il divieto di edificare su una parcella nel centro storico di Estavayer-le-Lac, divieto che avrebbe reso impossibile la costruzione di un centro parrocchiale vicino alla chiesa, perché si sarebbe potuto tenere conto in altro modo degli interessi pubblici contrari.

3.3.4

Garanzia della pace religiosa (art. 72 cpv. 2 Cost.)

Conformemente all'articolo 72 capoverso 1 Cost. il disciplinamento dei rapporti tra Chiesa e Stato compete ai Cantoni; questi sono autonomi e legati soltanto ai principi generali dell'attività dello Stato (art. 5 Cost.) e ai diritti fondamentali disciplinati dalla Costituzione, in particolare alla libertà di credo e di coscienza (art. 15 Cost.) e all'uguaglianza giuridica (art. 8 Cost.). L'articolo 72 capoverso 2 Cost. prevede che la Confederazione e i Cantoni possono, nel quadro della loro competenza, prendere provvedimenti per preservare la pace pubblica fra gli aderenti alle diverse comunità religiose. La competenza dei Cantoni si fonda sulle loro attribuzioni generali di polizia. L'articolo 72 capoverso 2 Cost. non conferisce nuove competenze alla Confederazione, che dispone soltanto di una competenza sussidiaria risultante dalle sue competenze intrinseche e soprattutto dalla clausola generale di polizia (art. 185

42 43

DTF 123 I 302 DTF 110 Ia 30

6673

Cost.) e quindi interviene soltanto se i provvedimenti cantonali risultano insufficienti oppure se vi sono turbamenti gravi che superano le frontiere cantonali44.

3.4

Restrizioni applicabili in materia di diritto edilizio

3.4.1

Autorizzazione edilizia secondo l'articolo 22 della legge sulla pianificazione del territorio

L'articolo 22 della legge federale del 22 giugno 197945 sulla pianificazione del territorio (LPT) prevede che gli edifici o gli impianti possono essere costruiti o trasformati solo con l'autorizzazione dell'autorità (cpv. 1). Disciplina anche le esigenze minime volte a garantire la conformità degli edifici con il diritto materiale: i capoversi 2 e 3 prevedono che gli edifici siano conformi alla funzione prevista per la zona d'utilizzazione, il fondo sia urbanizzato e vada tenuto conto delle altre condizioni previste dal diritto federale e cantonale. Se queste condizioni sono adempiute, il richiedente ha diritto a un'autorizzazione edilizia ordinaria46.

Secondo la giurisprudenza47 sono considerati «edifici e impianti» tutte le istallazioni artificiali e a lungo termine, ancorate nel suolo e atte a influenzare la concezione della zona d'utilizzazione, sia perché modificano notevolmente l'aspetto esterno del luogo, sia perché incidono sull'urbanizzazione o sull'ambiente. Dato che si tratta di un concetto definito dal diritto federale, i Cantoni non possono derogare a tale definizione. Un minareto è un edificio ai sensi di tale giurisprudenza.

3.4.2

Disposizioni in materia di diritto edilizio e di emissioni sonore

L'articolo 702 del Codice civile48 (CC) sottolinea espressamente che le norme edilizie di diritto pubblico rientrano nella competenza legislativa dei Cantoni (art. 3 Cost.). Tutti i Cantoni hanno emanato norme edilizie che comprendono disposizioni materiali e procedurali.

Le norme edilizie di diritto materiale possono essere suddivise in tre categorie

44 45 46 47 48

­

norme pianificatorie, che disciplinano la pianificazione del territorio, in particolare lo sfruttamento del suolo (tasso di sfruttamento e di edificazione, distanza, altezza e lunghezza degli edifici, sistemi costruttivi, ubicazione, tipo di edificio);

­

norme di polizia edilizia volte a tutelare l'ordine pubblico, la sicurezza e la sanità e tese a prevenire i pericoli concreti che possono presentarsi quando si erigono, trasformano e distruggono edifici o impianti oppure i pericoli inerenti a edifici già esistenti (igiene e sicurezza degli edifici);

Aubert/Mahon, op.cit., pagg. 571­576.

RS 700 Piermarco Zen-Ruffinen e Christine Guy-Ecabert, Aménagement du territoire, construction, expropriation, Berna 2001, pagg. 206­208.

DTF 123 II 259 consid. 3.

RS 210

6674

­

norme in materia di protezione dei monumenti storici volte a garantire l'integrazione degli edifici nell'ambiente circostante e la loro qualità estetica (clausola dell'estetica)49.

La costruzione di un minareto deve quindi adempiere materialmente le condizioni minime richieste all'articolo 22 LPT e le norme edilizie cantonali. La costruzione di un tale edificio deve in particolare essere conforme alla funzione prevista per la zona d'utilizzazione e rispettare le disposizioni sullo sfruttamento del suolo, in particolare quelle in materia di dimensioni (soprattutto l'altezza). Se il diritto cantonale prevede una clausola dell'estetica, quest'ultima vale anche per il minareto che rispetta le disposizioni della zona in cui sarà costruito. La costruzione di un minareto deve inoltre rispettare alcune prescrizioni della polizia edilizia volte a garantire l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza e a prevenire i pericoli legati alla sua costruzione.

La costruzione di un minareto va sottoposta alla procedura d'autorizzazione come per qualsiasi altro progetto edilizio. La domanda di costruzione è depositata pubblicamente, affinché terzi possano prendere posizione in merito e l'autorità competente possa decidere in base alle opposizioni fatte.

L'autorizzazione edilizia viene rilasciata per scritto. La motivazione deve rispondere a tutte le questioni di ordine pubblico sollevate dal progetto e dalle opposizioni. Se sono adempiuti tutti i requisiti, l'autorità è tenuta a rilasciare l'autorizzazione edilizia. Tale decisione può essere vincolata a una condizione, ad esempio il divieto di usare il minareto per chiamare alla preghiera i fedeli. La validità dell'autorizzazione è limitata. La decisione con indicazione dei rimedi giuridici va comunicata al richiedente e all'opponente.

Come descritto al numero 3.3.1, il rifiuto dell'autorizzazione edilizia basato soltanto sull'affermazione che il minareto simboleggia il potere rivendicato dall'Islam, costituirebbe una discriminazione ai sensi della giurisprudenza del Tribunale federale. L'autorità può tuttavia rifiutare l'autorizzazione edilizia se il progetto di costruzione non rispetta l'articolo 22 LPT e le norme edilizie cantonali.

In quanto impianto di cui all'articolo 7 capoverso 1 della legge federale del 7 ottobre 198350 sulla protezione dell'ambiente (LPAmb), anche il minareto va sottoposto alle limitazioni delle emissioni sonore previste da tale legge, se viene usato per chiamare alla preghiera i fedeli. Di norma il richiamo alla
preghiera è quindi paragonabile al rintocco delle campane e sottostà alle stesse restrizioni51. Tuttavia tali norme potrebbero incidere maggiormente sulla costruzione dei minareti, poiché di solito si tratta di nuovi impianti, per i quali la LPAmb prevede disposizioni speciali. Inoltre la dottrina parte dal presupposto che i costumi e le tradizioni potrebbero giustificare una disparità di trattamento a sfavore dei minareti, poiché di solito la popolazione non è abituata al richiamo del muezzin e quindi potrebbe reputare le emissioni sonore a esso correlate più fastidiose di quanto lo siano i più familiari rintocchi delle chiese52.

49 50 51 52

Piermarco Zen-Ruffinen e Christine Guy-Ecabert, op. cit, pag. 371 segg.

RS 814.01 Riguardo ai rintocchi delle campane delle chiese cfr. ad es. DTF 126 II 366.

Waldman, op.cit., pag. 234 segg.

6675

3.5

Misure per la tutela dei valori democratici e costituzionali e la lotta all'estremismo

L'iniziativa è stata lanciata soprattutto nel timore che i musulmani in Svizzera possano imporre un sistema giuridico fondato sulla sharia suscettibile di compromettere i diritti fondamentali e l'ordinamento giuridico svizzero.53 Tuttavia, il diritto positivo prevede già misure per fugare tali timori e garantire i valori democratici e costituzionali della Svizzera.

3.5.1

Misure per la salvaguardia della sicurezza interna

La legge federale del 21 marzo 199754 sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna (LMSI) ha lo scopo di garantire i fondamenti democratici e costituzionali della Svizzera nonché di proteggere la libertà della sua popolazione (art. 1). La Confederazione ha il compito di prendere le misure preventive per rilevare e combattere tempestivamente i pericoli dovuti, tra l'altro, alle attività terroristiche e all'estremismo violento (art. 2 cpv. 1). Le misure preventive comprendono tra l'altro la valutazione periodica della situazione di minaccia da parte delle autorità politiche e il conferimento di mandati agli organi preposti alla sicurezza interna, il trattamento d'informazioni sulla sicurezza interna ed esterna nonché la messa al sicuro, il sequestro e la confisca di materiale di propaganda con contenuti che incitano alla violenza (art. 2 cpv. 4). L'articolo 3 stabilisce alcuni limiti prevedendo che gli organi di sicurezza della Confederazione e dei Cantoni non possono trattare informazioni riguardanti le attività politiche e l'esercizio dei diritti inerenti alla libertà d'opinione, d'associazione e di riunione, a meno che un indizio fondato non permetta di sospettare che un'organizzazione o persone che ne fanno parte si servano dell'esercizio dei diritti politici o dei diritti fondamentali per dissimulare la preparazione o l'esecuzione di attività terroristiche. Gli articoli 4­9 LMSI disciplinano la ripartizione dei compiti. L'articolo 4 capoverso 1 stabilisce in particolare che ogni singolo Cantone è responsabile della sicurezza interna del proprio territorio. Gli articoli 10, 12 e 13 disciplinano l'obbligo delle autorità di informarsi mutuamente sulle procedure che potrebbero pregiudicare la sicurezza interna o esterna. L'articolo 8 dell'ordinanza d'esecuzione55 precisa che le autorità competenti sono tenute a comunicare spontaneamente informazioni e conoscenze in merito ad attività terroristiche finalizzate a influenzare o a modificare Stato e società, da attuare o favorire commettendo o minacciando gravi reati nonché propagando paura e timore.

L'articolo 13a LMSI autorizza l'autorità competente a mettere al sicuro materiale che può servire a scopi propagandistici e il cui contenuto incita concretamente e seriamente a utilizzare la violenza contro persone o cose (cpv. 1). In caso di
diffusione via Internet di materiale di propaganda, l'autorità competente può ordinare la cancellazione del sito Internet, se il materiale di propaganda si trova su un server svizzero, altrimenti può raccomandare il blocco ai provider svizzeri (cpv. 5). In base all'articolo 14 le autorità possono raccogliere le informazioni necessarie all'adempimento dei compiti secondo la LMSI, in particolare i dati personali, anche all'insaputa della persona interessata (cpv. 1). I dati personali possono essere raccolti 53 54 55

http://www.minarette.ch/ (sito visitato l'08.08.2008).

RS 120 RS 120.2; Ordinanza del 27 giugno 2001 sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna.

6676

analizzando le fonti accessibili al pubblico, richiedendo informazioni, indagando sull'identità o sul soggiorno della persona nonché accertando i movimenti e contatti della persona (cpv. 2). Inoltre il Consiglio federale può vietare determinate attività che mettono in pericolo la sicurezza interna o esterna della Svizzera (art. 184 cpv. 3 e art. 185 cpv. 3 Cost.) Per tali divieti valgono tuttavia condizioni restrittive: conformemente all'articolo 185 capoverso 3 Cost. le misure adottate dal Consiglio federale devono servire per far fronte a gravi turbamenti, esistenti o imminenti, dell'ordine pubblico o della sicurezza interna o esterna. Vanno inoltre limitate nel tempo.

Attualmente la LMSI è sottoposta a una revisione. Il disegno56 intende rafforzare la ricerca preventiva d'informazioni nell'ambito della protezione dello Stato, al fine di riconoscere tempestivamente i pericoli che minacciano la sicurezza della Svizzera.

In caso di pericoli concreti per la sicurezza interna o esterna dovuti a minacce terroristiche, allo spionaggio politico o militare, al commercio illegale di armi e di materiale radioattivo oppure al trasferimento illegale di tecnologie, saranno consentiti la sorveglianza della corrispondenza postale dell'ufficio postale e del traffico delle telecomunicazioni, l'osservazione di persone in luoghi non liberamente accessibili e l'accesso segreto a sistemi per l'elaborazione dei dati. Al capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia va conferita la competenza di vietare attività finalizzate a propugnare operazioni terroristiche o di estremismo violento che minacciano de facto la sicurezza interna o esterna della Svizzera. Inoltre sarà possibile servirsi di informatori muniti di un'identità fittizia, da infiltrare in gruppi terroristici. Al fine di tutelare gli interessi delle persone in questione la tutela giurisdizionale sarà rafforzata.

3.5.2

Restrizioni derivanti dalla legislazione sugli stranieri e provvedimenti tesi a facilitare l'integrazione degli stranieri

La legge federale del 16 dicembre 200557 sugli stranieri (LStr) disciplina tra l'altro l'entrata, la partenza, il soggiorno e il ricongiungimento familiare degli stranieri in Svizzera. Prevede inoltre un sistema di permessi per la dimora e stabilisce le condizioni per il rilascio dei permessi. Definisce inoltre i casi in cui può essere revocato il permesso di dimora, ad esempio se lo straniero minaccia la sicurezza e l'ordine pubblico in Svizzera o all'estero. In applicazione della precedente legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, le autorità vallesane competenti avevano respinto la domanda di dimora presentata da un imam macedone che voleva entrare in Svizzera per svolgere la funzione di consulente e docente di religione nel centro islamico di Sion. L'autorità vallesana motivava la sua decisione spiegando che il divieto d'entrata era giustificato da un interesse pubblico importante, considerato che l'imam macedone aveva seguito una formazione religiosa islamica ispirata al wahabismo, movimento religioso che si contraddistingue principalmente per l'interpretazione letterale del corano.

56 57

FF 2007 4613 RS 142.20

6677

Nell'ordinanza del 24 ottobre 200758 sull'integrazione degli stranieri (OIntS) la Confederazione ha emanato una serie di disposizioni sull'integrazione degli stranieri che vorrebbero esercitare un'attività di consulenza religiosa in Svizzera. Tali persone rivestono infatti grande importanza nel processo integrativo delle popolazioni straniere. L'articolo 7 OIntS stabilisce che i consulenti religiosi devono disporre delle capacità necessarie per svolgere la loro attività specifica (diploma universitario in teologia), avere dimestichezza con il sistema di valori sociale e giuridico della Svizzera ed essere in grado, in caso di necessità, di trasmettere tali conoscenze agli stranieri cui offrono consulenza. D'ora in avanti i consulenti religiosi devono inoltre dimostrare, prima di entrare in Svizzera, di conoscere la lingua parlata nel luogo di lavoro previsto. Se tali condizioni non sono adempiute, la domanda può essere comunque accolta, purché il consulente religioso s'impegni, nell'ambito di un accordo d'integrazione stipulato col Cantone, ad acquisire e dimostrare le conoscenze linguistiche richieste entro la scadenza del permesso di dimora dopo dodici mesi. Se la condizione non è adempiuta, di norma il permesso di dimora non viene prorogato.

Nell'ambito della procedura di approvazione può inoltre essere verificato se le convinzioni religiose rispettano i nostri principi basati sullo Stato di diritto e i nostri diritti fondamentali. Il permesso non viene rilasciato se le opinioni professate sono atte a violare il principio dell'uguaglianza tra donna e uomo, la libertà religiosa oppure la libertà d'espressione, il monopolio statale dell'uso della forza oppure i valori fondamentali della Costituzione federale.

3.5.3

Ulteriori misure

Il Codice penale59 (CP) commina una pena per atti che pregiudicano la pace pubblica. Vanno menzionati in particolare l'istigazione pubblica a un crimine o alla violenza (art. 259 CP), il finanziamento del terrorismo (art. 260quater CP) nonché la partecipazione a un'organizzazione che tiene segreti la struttura e i suoi componenti e che ha lo scopo di commettere atti di violenza criminali o di arricchirsi con mezzi criminali (art. 260ter CP).

4

La situazione all'estero60

4.1

Norme per l'edificazione di minareti nei Paesi vicini

4.1.1

Germania

La Germania è uno Stato ideologicamente neutrale, che all'articolo 4 della sua costituzione garantisce la libertà di religione. Non prevede norme edilizie particolari per la costruzione di moschee o di minareti, la cui edificazione è retta dalle norme edilizie generali. Se l'esercizio della libertà religiosa collide con altri interessi pubblici o privati, come spesso accade nel contesto della costruzione di edifici religiosi, 58 59 60

RS 142.205 RS 311.0 L'illustrazione della situazione all'estero si fonda in gran parte su una perizia giuridica effettuata dall'Istituto svizzero di diritto comparato (ISDC) su incarico dell'Ufficio federale di giustizia («Avis sur les lieux de culte et les pratiques religieuses dans plusieurs pays musulmans et non-musulmans», perizia n. 07-072 del 14.09.2007).

6678

i conflitti vengono composti ponderando gli interessi alla luce delle circostanze specifiche del caso. I tribunali tedeschi hanno avuto l'opportunità di esaminare a varie riprese le implicazioni giuridiche inerenti ai progetti di edificazione di moschee e minareti. Ne è risultato che la costruzione di moschee e di minareti è considerata espressione della manifestazione e dell'esercizio della religione e che ai progetti di questo tipo è accordata particolare importanza per via delle intrinseche esigenze religiose che vi sono associate61. L'utilizzo dei minareti per chiamare i fedeli alla preghiera, come capita in poche città tedesche, è soggetto alle norme del diritto in materia di immissioni.

4.1.2

Francia

La Francia, che in quanto repubblica laica reputa particolarmente importante la separazione tra Stato e religione, non conosce norme particolari disciplinanti la costruzione di moschee e di minareti. La loro edificazione è retta dalle norme urbanistiche ed edilizie generali. L'utilizzo di un minareto per chiamare i fedeli alla preghiera richiede l'autorizzazione del municipio (arrêté municipal); la decisione negativa può essere impugnata dinanzi alla prefettura (arrêté préfectoral).

4.1.3

Italia

Già negli Anni 1950 la Corte costituzionale dichiarò incostituzionali le disposizioni risalenti all'epoca fascista, che sottoponevano ad autorizzazione gli edifici di comunità religiose che non firmavano accordi con lo Stato. Sono pendenti vari progetti di legge degli anni 2004­2007 che, tra l'altro, intendono disciplinare i rapporti tra le comunità islamiche e lo Stato. Non esistono norme particolari per l'edificazione di moschee e di minareti, che possono essere costruiti purché siano rispettate le norme urbanistiche ed edilizie generali.

4.1.4

Austria

L'Austria è uno Stato ideologicamente neutrale, che garantisce nella sua costituzione la libertà di religione. Non sono previste norme edilizie particolari per la costruzione di moschee e di minareti. Si applica il diritto di pianificazione del territorio e di edilizia emanato dai singoli Länder. Gli edifici religiosi vengono autorizzati purché siano rispettate le norme del caso. La decisione sull'autorizzazione di progetti edilizi deve tener conto anche delle esigenze immateriali della popolazione, in particolare di quelle etiche e religiose. La chiamata alla preghiera dal minareto,

61

Il par. 1 cpv. 6 n. 6 del Codice edilizio tedesco (BauGB) indica ad es. le esigenze accertate dalle chiese e dalle comunità religiose di diritto pubblico per la funzione religiosa e la cura delle anime, come uno dei punti cui accordare una particolare attenzione nel diritto in materia di pianificazione edilizia. Tale particolare riguardo per le domande di costruzione è riservato anche alle comunità religiose organizzate secondo il diritto privato, come le comunità islamiche. Cfr. ad es. quanto esposto dalla corte costituzionale bavarese in merito all'importanza del minareto, sentenza del 29 agosto 1996, pubblicata nella «Neue Zeitschrift für Verwaltungsrecht» (NVwZ) 1997, pag. 1016, cit. infra al n. 6.3.1.

6679

attualmente praticata soltanto a Vienna, è soggetta alle norme del diritto in materia di immissioni.

4.1.5

Valutazione conclusiva delle norme nei Paesi vicini

L'esame della situazione giuridica in Germania, Francia, Italia e Austria dimostra che nessuno di questi Paesi conosce disposizioni particolari riguardo all'edificazione di moschee o di minareti, che possono essere costruiti e gestiti nel rispetto delle norme edilizie generali e delle disposizioni in materia di pianificazione del territorio, di protezione dei monumenti storici e del patrimonio urbano, nonché del diritto in materia di immissioni. Nessuno di questi Stati vieta l'edificazione di minareti o la limita in misura maggiore rispetto alla costruzione di edifici analoghi di altre comunità religiose. Esaminando tali progetti edilizi, le autorità e i tribunali ponderano gli interessi alla luce delle circostanze specifiche del caso, accordando comunque grande importanza all'esigenza di esercitare e manifestare la propria religione.

4.2

Edificazione di luoghi di culto di altre religioni: situazione in determinati Paesi musulmani

In alcuni Paesi musulmani i cristiani sono discriminati e a volte addirittura vittime di gravi persecuzioni. Tuttavia, soltanto l'Arabia Saudita vieta la religione cristiana con comminatoria penale. Taluni Stati musulmani riconoscono i cristiani come minoranza religiosa e permettono loro di praticare liberamente il loro culto, pur sorvegliando da vicino le loro attività. Troviamo comunque chiese cristiane nella maggior parte dei Paesi musulmani, e i cristiani vi hanno il diritto di praticare il loro culto a determinate condizioni62.

5

Scopi e tenore dell'iniziativa

5.1

Scopi dell'iniziativa

I promotori vogliono vietare l'edificazione di minareti in Svizzera, adducendo che non si tratta di edifici a carattere religioso, ma di simboli di una rivendicazione politico-religiosa contraria alla Costituzione federale e all'ordinamento giuridico svizzero. Il divieto garantirebbe la validità illimitata dell'ordinamento sociale e giuridico sancito nella Costituzione e metterebbe a tacere le velleità di talune cerchie islamiste, intenzionate a introdurre anche in Svizzera un ordinamento giuridico ispirato alla sharia63.

62 63

Ad es. in Egitto, dove il presidente ha autorizzato 21 domande di costruzione di nuove chiese tra il mese di giugno del 2005 e il giugno del 2006.

Argomenti dei promotori, http://www.minareti.ch/index.php?id=33, rubrica «Di cosa si tratta» (stato il 22.07.2008).

6680

5.2

Normativa proposta dall'iniziativa

L'iniziativa prevede il divieto generale di edificare minareti. Non prevede deroghe e non definisce con precisione il concetto di minareto.

5.3

Commento e interpretazione del testo dell'iniziativa

In linea di massima l'interpretazione del testo di un'iniziativa va fondata sul tenore e non sulla volontà soggettiva dei promotori. È tuttavia possibile tenere conto di un'eventuale motivazione dell'iniziativa popolare e delle opinioni espresse dai promotori. Sebbene ai fini dell'interpretazione possano essere considerate anche le circostanze dalle quali è scaturita l'iniziativa, il testo è interpretato seguendo le regole interpretative riconosciute.

Lo scopo dell'iniziativa è vietare l'edificazione di minareti, senza specificare tuttavia il tipo di edificio cui si riferisce. Il minareto può essere definito come la «costruzione a forma di torre, adiacente alla moschea, [...] dalla quale il muezzin ripete l'appello alla preghiera ai credenti musulmani»64. Ritenendo soltanto quest'ultimo elemento si potrebbe desumere che sarebbe vietata unicamente l'edificazione di minareti destinati a chiamare alla preghiera i fedeli. Tale interpretazione restrittiva non sembra comunque riflettere la volontà del comitato d'iniziativa. Un'altra interpretazione, più larga e senz'altro più vicina alla volontà dei promotori, porterebbe a considerare vietata l'edificazione di una torre che abbia una funzione religiosa e faccia parte di una moschea o vi sia annessa. In tal caso sorge la domanda se è ammesso costruire un minareto non annesso a una moschea. Inoltre una tale interpretazione sembra in contrasto con quanto affermato dai promotori, ossia che il minareto non avrebbe alcuna valenza religiosa (cfr. n. 5.1).

Il divieto si applica anche ai proprietari che intendono costruire sul loro terreno un minareto senza funzione religiosa per motivi sentimentali legati alla loro patria, in ricordo di un viaggio oppure per motivi estetici. Nel 1865 il cioccolatiere Philippe Suchard ha fatto costruire nel Cantone di Neuchâtel una moschea con annesso minareto, che si possono ammirare ancora oggi. Niente fa supporre che Philippe Suchard si fosse convertito all'Islam. Il minareto è senz'altro stato costruito in ricordo dei suoi viaggi o per il gusto dell'orientalismo in auge all'epoca. Rientrerebbe nella volontà del comitato d'iniziativa estendere il divieto a questo tipo di edifici.

Infatti, nella misura in cui il minareto è percepito come simbolo apparente del dominio islamico sulla società svizzera, il suo valore simbolico
non risulta per forza sminuito se il minareto è privo di valenza religiosa: anche se edificato a scopo puramente decorativo, resta un richiamo visibile all'Islam.

L'iniziativa contempla esplicitamente la mera edificazione di minareti. Va quindi appurato se è vietato anche utilizzare o adibire a minareto un edificio esistente. Alla luce degli obiettivi perseguiti dai promotori, il divieto comprenderebbe l'utilizzo e la trasformazione della destinazione di edifici esistenti. Tuttavia altri argomenti, come la non conformità al diritto internazionale, potrebbero deporre a favore di un'interpretazione letterale in senso ristretto.

64

Definizione tratta dal Dizionario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, edizione 2004­2005.

6681

Dal momento che l'iniziativa pone un determinato numero di problemi interpretativi, potrebbe essere opportuno adottare una legislazione tesa a specificare l'oggetto del divieto. In linea di massima si può tuttavia partire dal principio che, visti gli obiettivi del comitato d'iniziativa, il divieto dovrebbe essere di ampia portata e comprendere tutti i tipi di minareti.

6

Valutazione dell'iniziativa

6.1

Valutazione degli scopi dell'iniziativa

6.1.1

Un divieto inutile e sproporzionato

Come spiegato in precedenza, la legislazione vigente consente già di porre dei limiti alla costruzione di minareti, in particolare per ragioni dettate dal diritto edile e dalla pianificazione del territorio (cfr. n. 3.4). L'esperienza dimostra che tali restrizioni non sono semplici formalità e sovente i progetti di costruzione devono essere abbandonati a causa di ostacoli di natura giuridica o dell'opposizione incontrata da più parti (cfr. n. 3.2). In effetti, non è facile trovare un terreno su cui sia possibile edificare rispettando le peculiarità della zona. Le comunità religiose stabilitesi da poco tempo nel nostro Paese sono già alquanto svantaggiate rispetto a quelle tradizionali, che hanno potuto costruire i loro luoghi di culto nei centri delle città65. Pertanto è inutile sancire, per di più nella Costituzione federale, restrizioni supplementari e soprattutto divieti specifici di costruire determinati tipi di edifici. Un divieto di questo tipo non consente di tenere conto delle circostanze, come è invece possibile fare applicando la legislazione vigente. La costruzione di un piccolo minareto di due o tre metri di altezza accanto a una moschea situata in una zona industriale che non riveste alcuna importanza dal punto di vista estetico, non causa gli stessi problemi della costruzione di un minareto imponente in un quartiere storico di un centro città.

L'iniziativa popolare non tiene per nulla conto di queste differenze.

Alcuni sostenitori dell'iniziativa affermano che in Svizzera occorre vietare la costruzione di minareti, perché la popolazione cristiana che vive nei Paesi musulmani non gode della libertà religiosa e, soprattutto, non può costruire edifici religiosi.

La situazione delle diaspore cristiane in alcuni Paesi musulmani è certamente problematica66. Ciononostante riteniamo che non si debba paragonare la Svizzera a Stati che non applicano il principio della separazione fra le istituzioni politiche e religiose e che non rispettano i diritti umani. Vietare la costruzione di minareti in Svizzera perché alcuni Paesi musulmani non garantiscono la reciprocità alla popolazione cristiana che vive sul loro territorio, è contrario ai principi fondamentali della nostra democrazia. Inoltre un tale divieto può indurre alcune cerchie fondamentaliste ad adottare misure di ritorsione contro le comunità cristiane, peggiorando la loro situazione.

65

66

Regina Kiener/Mathias Kuhn, Die bau- und planungsrechtliche Gleichbehandlung von Kultusgebäuden im Lichte der Glaubens- und Gewissensfreiheit, perizia eseguita su incarico della Commissione federale degli stranieri (CFS), in: CFS (ed.), Integration und Habitat, Materialien zur Integrationspolitik, Berna 2004, pag. 27. n. 3.4.1.

Cfr. n. 4.2

6682

6.1.2

Obiettivo chiaramente mancato

Se l'obiettivo consiste nel frenare l'avanzata dell'Islam in Svizzera e impedire che il nostro sistema normativo sia sostituito dalla sharia, il divieto di costruire minareti non è uno strumento efficace per raggiungerlo. In effetti, l'iniziativa non intende vietare la costruzione di moschee. I malintenzionati possono frequentare una moschea, anche se questa è priva di un minareto. I centri religiosi nascosti in cantine o garage e frequentati da esponenti fondamentalisti e islamisti sono più pericolosi delle moschee con minareti.

L'iniziativa rischia persino di produrre effetti controproducenti, poiché la popolazione musulmana moderata potrebbe sentirsi offesa ed essere indotta ad aderire a gruppi estremisti. Questi solitamente reclutano nuovi adepti sostenendo che in Occidente è impossibile praticare la religione islamica e che i musulmani sono trattati come nemici. La costruzione di un minareto conferisce invece una certa visibilità e trasparenza alle pratiche religiose musulmane.

Inoltre occorre ridimensionare la presunta minaccia che la sharia soppianti le regole della nostra società civile. Infatti, soltanto il 10­15 per cento dei musulmani domiciliati in Svizzera sono praticanti e gran parte della comunità musulmana residente non condivide le rivendicazioni proclamate da alcuni ideologi o leader religiosi67.

Oltre l'80 per cento dei musulmani in Svizzera vive la religiosità in maniera piuttosto pragmatica e senza infrangere le norme della società civile68.

La legislazione sulla sicurezza interna e quella sugli stranieri consentono di combattere l'estremismo in modo più efficace rispetto a un divieto di edificare minareti.

In Svizzera la legge è uguale per tutti: musulmani, cristiani e seguaci di altre religioni. Pertanto occorre concentrare gli sforzi sulle misure che agevolano l'integrazione delle persone di fede musulmana, affinché si familiarizzino con il nostro sistema normativo. Come spiegato in precedenza, la Confederazione ha emanato una serie di disposizioni sull'integrazione degli stranieri che desiderano esercitare in Svizzera l'attività di consulenti religiosi. Tali provvedimenti consentono, ad esempio, di limitare l'arrivo in Svizzera di imam che predicano una visione estremista dell'Islam, incompatibile con i nostri principi giuridici. Si tratta di misure molto più efficaci
del divieto di costruire minareti.

Inoltre, la legislazione federale mette a disposizione delle autorità svizzere una serie di strumenti atti a impedire la sovversione dei nostri principi costituzionali e democratici (cfr. n. 3.5). Le autorità sono ad esempio legittimate a scambiarsi spontaneamente informazioni su attività terroristiche. Inoltre hanno il diritto di sequestrare materiale che potrebbe essere utilizzato per la propaganda e il cui contenuto incita alla violenza. Se del materiale di propaganda viene diffuso su Internet, le autorità competenti possono ordinare o richiedere il blocco del sito in questione. È consentito anche raccogliere dati personali all'insaputa dei diretti interessati. La revisione della LMSI, attualmente in corso, prevede disposizioni più severe per la ricerca d'informazioni a scopo preventivo nell'ambito della protezione dello Stato. Infine alcune attività che possono turbare la tranquillità pubblica sono considerate reati ai sensi del Codice penale (cfr. n. 3.5.3). Siamo persuasi che un divieto generalizzato di edificare minareti in Svizzera non sia uno strumento adeguato per risolvere i problemi in 67 68

Studio del Gruppo di ricerca sull'Islam in Svizzera, op. cit, pag. 6, n. 1.4.

ibid, pag. 3.

6683

materia di sicurezza e riteniamo che la Confederazione e i Cantoni dispongano già dei mezzi necessari per combattere efficacemente il terrorismo.

6.2

Attuabilità

L'iniziativa intende vietare la costruzione di minareti. A prima vista la portata del divieto appare chiara, ma un esame più dettagliato smentisce quest'impressione (cfr. n. 5.3).

Infatti, non è possibile definire il minareto ricorrendo a caratteristiche architettoniche precise, poiché ne esistono di varia fattura69. Alcuni minareti non sono adatti per chiamare alla preghiera e non hanno una scala interna per accedere alla loro sommità. I minareti possono essere costruiti in stili molto diversi secondo le regioni e alcuni non somigliano per nulla al minareto in stile ottomano, facilmente riconoscibile, raffigurato sul materiale di propaganda del comitato promotore dell'iniziativa.

Nel Maghreb i minareti sono spesso torri quadrangolari, simili ai campanili delle chiese cristiane. Il minareto elicoidale della grande moschea di Samarra in Iraq somiglia alla torre di Babele, mentre i minareti in argilla del Niger hanno una forma piramidale. In Cina esistono persino moschee a forma di pagoda. Pertanto sarebbe facile eludere il divieto progettando forme diverse da quelle vietate dalla legge.

L'unica caratteristica architettonica comune a tutti i minareti sembra essere la struttura a forma di torre che peraltro non è distinguibile da altre costruzioni elevate come i campanili, gli stupa ecc.

In mancanza di criteri architettonici atti a definire l'oggetto del divieto, ci si potrebbe basare sulla funzione religiosa del minareto. Tuttavia la destinazione religiosa di un edificio è difficile da definire e da specificare e può risultare problematico stabilire dei limiti. Basti pensare che esistono luoghi multifunzionali e che un minareto può essere visto anche come una torretta di medie dimensioni avente una funzione sia decorativa sia religiosa. Questo criterio inoltre non contempla i minareti edificati per ragioni non religiose ma affettive o estetiche, come il minareto Suchard nel Cantone di Neuchâtel (cfr. n. 5.3).

L'iniziativa intende vietare espressamente soltanto l'edificazione di minareti e non l'uso o la trasformazione di edifici esistenti. Poiché i minareti non sono definiti indicando caratteristiche architettoniche precise, sarebbe molto semplice eludere un divieto comprendente esclusivamente la costruzione di nuovi edifici. Basterebbe, infatti, utilizzare una torre qualsiasi, anche il campanile
di una chiesa sconsacrata70.

Sia limitando il campo d'applicazione del divieto agli edifici che hanno una funzione religiosa, sia rinunciando a questa distinzione, è difficile trovare una definizione e una legislazione coerente. Tuttavia le difficoltà non sono tali da rendere l'iniziativa inattuabile.

69 70

Korbendau, op. cit., pag. 14 segg.

In Spagna numerosi minareti costruiti nel Medioevo sono stati successivamente trasformati in campanili. È quindi ipotizzabile anche il processo inverso.

6684

6.3

Compatibilità con il diritto internazionale

Qui di seguito sono illustrate le ripercussioni in materia di diritto internazionale in caso di un'approvazione dell'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti».

Si tratta di verificarne la compatibilità con i diritti fondamentali che la Svizzera si è impegnata a garantire ratificando la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU) e il Patto dell'ONU relativo ai diritti civili e politici (Patto ONU II)71.

Sia la CEDU sia il Patto ONU II sono direttamente applicabili72. Ai diritti fondamentali sanciti dalle due Convenzioni si applicano le stesse norme procedurali valide per i diritti costituzionali73. Ognuno può far valere la violazione di questi diritti interponendo ricorso dinanzi al Tribunale federale (art. 95 lett. b della legge del 17 giugno 2005 sul Tribunale federale, LTF)74. In caso di violazione di un diritto garantito dalla CEDU le persone interessate hanno la possibilità, una volta esauriti tutti i rimedi giuridici nazionali, di presentare ricorso individuale dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo75. Le autorità e i tribunali svizzeri applicano direttamente i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dal Patto ONU II, interpretandoli come un «minimal standard»76.

6.3.1

Esame della compatibilità con l'articolo 9 CEDU

L'articolo 9 CEDU tutela la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Il suo tenore è il seguente: (1) Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo e la libertà di manifestare la propria religione o credo individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.

71

72

73 74 75 76

La Svizzera ha ratificato la CEDU il 28.11.1974 e lo stesso giorno la Convenzione è entrata in vigore nel nostro Paese. L'adesione al Patto ONU II risale al 18.06.1992 e in Svizzera il Patto è entrato in vigore il 18.09.1992. Numerosi diritti fondamentali sanciti nei due trattati sono riconosciuti anche dal diritto consuetudinario internazionale, cfr. Mark E. Villiger, Handbuch der Europäischen Menschenrechtskonvention (EMRK), 2° ed., Zurigo 1999, pag. 5, n. marg. 3 che illustra l'influenza esercitata su numerose Convenzioni in materia di diritti umani dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata il 10.12.1948 dall'Assemblea generale dell'ONU, Risoluzione 217 III.

Ulrich Häfelin/Walter Haller, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, 6° ed., Zurigo 2005, pag. 74, n. marg. 255 (CEDU); Giorgio Malinverni, Les Pactes dans l'ordre juridique interne, in: Walter Kälin/Giorgio Malinverni/Manfred Nowak, Die Schweiz und die UNO-Menschenrechtspakte, 2° ed., Basilea 1997, pagg. 71 segg., 71­73 (Patto ONU II).

Häfelin/Haller, op. cit., pag. 74, n. marg. 236 e pag. 77, n. marg. 245.

RS 173.110 Häfelin/Haller, op. cit., pag. 74, n. marg. 237.

Negli ambiti in cui la Costituzione svizzera sancisce una protezione superiore a quella garantita dalla CEDU e dal Patto ONU II, valgono i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione federale. Le due Convenzioni sui diritti umani hanno invece la precedenza se offrono una protezione più efficace, cfr. Haller/Häfelin, op. cit., pag. 75, n. marg. 241 e pag. 77, n. marg. 245.

6685

(2) La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

Bene protetto I promotori dell'iniziativa vogliono vietare la costruzione di minareti in Svizzera. Il comitato d'iniziativa afferma che il minareto, in quanto edificio, non ha un significato religioso, poiché né il Corano né altri testi sacri ne fanno menzione. Il comitato conclude che il divieto di costruire minareti non viola per nulla la libertà di credo o quella religiosa77.

L'articolo 9 capoverso 1 CEDU tutela la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Il capoverso 1 garantisce innanzitutto la protezione delle convinzioni personali dell'individuo, ovvero il suo diritto di sviluppare liberamente il proprio credo e di cambiarlo (il cosiddetto foro interiore). Il capoverso 1 garantisce inoltre il diritto di manifestare le proprie convinzioni religiose, ossia di esprimerle pubblicamente e svolgere pratiche religiose individualmente o collettivamente sia in pubblico che in privato (il cosiddetto foro esteriore)78.

Dal punto di vista strettamente architettonico, un minareto non è altro che una torre di forma e grandezza variabili. L'edificio diventa un minareto soltanto se rapportato alla religione islamica79. Questa relazione lo distingue da edifici secolari quali camini di impianti industriali, torri di guardia o panoramiche, come pure da edifici simili di altre comunità religiose o spirituali, ovvero campanili, stupa o pagode. Il minareto è un segno visibile con cui le comunità musulmane manifestano l'appartenenza alla loro religione e quindi esprime pubblicamente la presenza dell'Islam. Non è rilevante se sia menzionato nel Corano o in altri testi sacri dell'Islam. Anche se non sono menzionati nella Bibbia, i campanili sono costruzioni sacre per i cristiani; analogamente i minareti sono simboli dell'Islam, e i musulmani e i fedeli di altre comunità li collegano a questa religione. Nel 1996 il Tribunale amministrativo della Baviera ha pronunciato una sentenza le cui conclusioni possono senz'altro essere applicate anche alla situazione svizzera. Il
Tribunale ha statuito che sin dal VII secolo il minareto, anche se non menzionato nel Corano, è un elemento quasi inscindibile dalla moschea, rimasto inalterato per varie epoche culturali, e che per i musulmani esso non è soltanto un simbolo universale dal significato paragonabile a quello del campanile per la storia della cristianità, bensì un elemento molto importante per l'identità delle singole comunità musulmane. La volontà di una comunità musulmana di costruire un minareto accanto a una moschea, dipende in larga misura dal suo forte valore simbolico nella religione islamica e dall'importanza che riveste per l'identità delle singole comunità80.

77

78 79 80

Discorso introduttivo del consigliere nazionale Walter Wobmann, membro del comitato d'iniziativa, in occasione della conferenza stampa dell'8 luglio 2008, giorno in cui è stata depositata l'iniziativa popolare, www.minarette.ch/index.php?id=33, rubrica «Aktuelles» / «Referate und Artikel» (stato all'11.07.2008).

Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg 36­38 e n. marg. 45; Villiger, op. cit., pag. 382.

Per spiegazioni dettagliate sul significato del minareto cfr. n. 3.1.

Sentenza del Tribunale amministrativo della Baviera del 29.08.1996, in: Neue Zeitschrift für Verwaltungsrecht (NVwZ) 1997, pag. 1016 segg.

6686

Peraltro anche il comitato d'iniziativa, pur affermando di non prendere di mira alcun simbolo religioso, attribuisce il minareto all'Islam, incentrando le considerazioni a sostegno dell'iniziativa sulla fede musulmana, accusata di anteporre la religione al diritto e di conferire ai dettami della fede un'importanza maggiore rispetto alle leggi di un sistema democratico81.

La costruzione, il corredo e l'uso di edifici e locali di culto esercitano una forte influenza sulle pratiche individuali e collettive di una religione e sono pertanto contemplate dalla definizione di libertà di credo e di coscienza82. La costruzione e l'esistenza di un minareto sono indubbiamente contemplate dalla libertà di manifestare la propria religione («libertà di manifestare la propria religione o credo ... sia in pubblico che in privato»), poiché si tratta di manifestazioni tangibili e visibili dell'Islam. Pertanto vanno protette conformemente all'articolo 9 CEDU. Del resto questo principio vale anche se non si condivide questa interpretazione, ritenendo il minareto non un simbolo religioso, ma l'espressione di non meglio precisate convinzioni. Infatti, l'articolo 9 capoverso 1 CEDU non garantisce soltanto la protezione delle convinzioni religiose, ma anche di quelle personali83. Per verificare se la libertà di manifestare una convinzione religiosa o personale può essere oggetto di restrizioni occorre basarsi sui criteri di cui all'articolo 9 capoverso 2 CEDU.

Restrizioni dei diritti fondamentali (interventi giustificati) L'articolo 9 capoverso 2 CEDU ammette restrizioni della libertà di manifestare la propria religione se queste: A

sono stabilite per legge (condizione di legalità);

B

perseguono uno dei seguenti obiettivi: protezione della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico, della sanità e della morale pubblica, dei diritti e della libertà altrui; e se

C

sono necessarie in una società democratica.

In base a tali criteri è stato verificato se il divieto di costruire minareti costituisce una restrizione legittima ai sensi dell'articolo 9 capoverso 2 CEDU.

A

Condizione di legalità Una restrizione della libertà di manifestare la propria religione dev'essere sancita per legge. La Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU) ha stabilito i presupposti, sentenziando che la base legale dev'essere formulata in maniera sufficientemente precisa, per consentire a chiunque di comprenderla e rispettarla84.

In caso di approvazione dell'iniziativa, all'articolo 72 Cost. verrebbe aggiunto un terzo capoverso contenente una breve frase dal tenore seguente: «L'edificazione di minareti è vietata». Anche se a prima vista la frase sem-

81 82 83

84

http://www.minareti.ch/index.php?id=33, rubrica «Di cosa si tratta» (stato all'11.07.2008).

Kiener/Kuhn, op. cit., pag. 21 segg., 34.

Finora la Corte europea dei diritti dell'uomo non ha ritenuto necessario chiarire con la sua giurisprudenza se determinate convinzioni siano di carattere religioso. In effetti non sarebbe possibile distinguere concretamente la religione dalle convinzioni personali e questa distinzione non è necessaria poiché sono tutelate entrambe, Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg. 41 e 42.

Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg. 81.

6687

bra chiara, è probabile che il divieto debba essere definito con maggior precisione in una legge. Occorre stabilire, ad esempio, la grandezza degli edifici contemplati dal divieto, tenendo conto non soltanto delle torri isolate, ma anche delle torrette collocate sui tetti di altri edifici. Inoltre bisogna precisare se il divieto contempla soltanto edifici utilizzati come luoghi di preghiera dei musulmani oppure anche costruzioni con una funzione meramente artistica o decorativa (cfr. n. 5.3 e 6.2). Disciplinare questi aspetti in modo sufficientemente preciso può risultare talvolta difficile, anche se non impossibile, e pertanto questa condizione sarebbe realizzabile.

B

Legittimità degli obiettivi Sicurezza pubblica / ordine pubblico Una limitazione dei diritti sanciti dall'articolo 9 CEDU è giustificata soltanto per perseguire uno degli obiettivi di cui al capoverso 2. Secondo il comitato d'iniziativa, il minareto sarebbe il simbolo di una rivendicazione di potere politica e religiosa contraria ai diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e che anteporrebbe la religione allo Stato85. Occorre quindi verificare se l'iniziativa può essere motivata dall'esigenza di proteggere la sicurezza e l'ordine pubblici. Per sicurezza pubblica ai sensi dell'articolo 9 capoverso 2 CEDU s'intende la sicurezza dello Stato e delle sue istituzioni, come pure la protezione della vita e della salute della popolazione e la sicurezza dei beni86. Salvaguardare l'ordine pubblico significa invece far rispettare le norme dello Stato che garantiscono la convivenza tranquilla e pacifica. Tali norme comprendono misure finalizzate a garantire il rispetto dell'ordinamento giuridico87 e la tutela della pace religiosa88.

Si tratta poi di verificare se la tutela della sicurezza pubblica o dell'ordine pubblico costituisce un motivo sufficiente per vietare la costruzione di minareti. Nel nostro rapporto annuale sulla situazione di minaccia e sulle attività degli organi di sicurezza della Confederazione, abbiamo spiegato che nel 2007 la Svizzera è stata esposta alle minacce globali di matrice islamista che hanno interessato tutta l'Europa occidentale, anche se il nostro Paese non è considerato un bersaglio prioritario di questo tipo di terrorismo89.

I promotori dell'iniziativa associano i minareti al fanatismo religioso e ad atti violenti di matrice islamista. Affermano che i minareti sono i fari della jihad e i simboli ben visibili di una rivendicazione di dominio religioso in-

85

86 87 88

89

«Anti-Minarett-Initiative eingereicht», comunicato diramato l'08.07.2008, il giorno della consegna delle firme, dal comitato d'iniziativa, http://www.minareti.ch/index.php?id=4, rubrica «Comunicati stampa» (stato al 15.07.2008).

Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg. 83.

ibid., n. marg. 84.

ibid., n. marg. 83 e 84. Le misure adottate per prevenire tensioni nella convivenza quotidiana fra diverse comunità religiose rientrano nel campo d'attività della protezione dell'ordine pubblico, mentre i provvedimenti per evitare l'acuirsi di conflitti sono giustificati dall'esigenza di salvaguardare la sicurezza pubblica.

Rapporto del Consiglio federale del 2 aprile 2008 sulla situazione di minaccia e sulle attività degli organi di sicurezza della Confederazione nel 2007, FF 2008, pagg. 2317 segg., 2320 seg., n. 2.1 e 2.3. Ci siamo basati anche sul «Rapporto sicurezza interna della Svizzera 2007» pubblicato nel luglio 2008 dall'Ufficio federale di polizia (fedpol) che alle pagg. 15­18 descrive i casi di estremismo violento di matrice islamista verificatisi nel nostro Paese.

6688

contrastato e della relativa intolleranza90. Quest'opinione è priva di fondamento. Soltanto una piccolissima minoranza dei 350 000 musulmani residenti in Svizzera secondo il censimento del 2000 hanno idee estremiste e sono inoltre disposti a ricorrere alla violenza per diffonderle. Associare queste persone ai minareti equivale a mettere in relazione i piloni per l'illuminazione degli stadi con i tifosi violenti che si confondono tra il pubblico. I tre minareti già esistenti delle moschee di Ginevra, Winterthur e Zurigo non sono molto vistosi e simboleggiano la presenza nel nostro Paese di una forma dell'Islam i cui seguaci sono in maggioranza pacifici e rispettosi del nostro ordinamento giuridico e sociale. Inoltre l'Islam non è più soltanto una religione degli stranieri, poiché i suoi seguaci svizzeri sono in crescita91.

L'estremismo violento di stampo religioso o ideologico nasce nelle menti delle persone che poi lo diffondono e lo mettono in pratica. Pertanto la lotta all'estremismo violento non va diretta contro gli edifici, bensì contro gruppi o individui, ad esempio i predicatori militanti che minacciano di commettere atti violenti contro lo Stato. Non vi è nessun indizio a sostegno della tesi secondo cui vietare l'edificazione di minareti in tutta la Svizzera contribuirebbe in qualche modo a migliorare la sicurezza interna del nostro Paese. Gli estremisti violenti agiscono in modo cospirativo e cercano di non attirare l'attenzione. Un appartamento, un caffè, un garage o un cortile interno sono luoghi più discreti per incontrarsi rispetto a un luogo di preghiera. Persino per i terroristi che agiscono con motivazioni religiose non è rilevante se accanto a un luogo di preghiera si trova un minareto, un campanile o un edificio analogo. È invece molto più importante ribadire quanto illustrato già in precedenza92, ossia che taluni fondamentalisti islamici violenti e i terroristi sono seguaci delle correnti salafista e wahabita dell'Islam, le quali in sostanza considerano il minareto un elemento introdotto successivamente che diverge dalla loro concezione di un Islam puro e che quindi rifiutano. Ne consegue che lo scopo perseguito dall'iniziativa convergerebbe addirittura con la visione dell'Islam seguita da queste correnti fondamentaliste. Dal rapporto sulla situazione in materia di sicurezza in
Svizzera nel 2007 dell'Ufficio federale di polizia93 risulta peraltro che la propaganda e la comunicazione, come pure il reclutamento, l'istruzione e la raccolta d'informazioni per compiere attentati terroristici si svolgono sempre più spesso anche via Internet. Il terrorismo moderno è flessibile, opera ovunque nel mondo e non è legato a un determinato territorio. Non risulta alcun collegamento fra le attività di matrice islamista in Svizzera e all'estero e i tre minareti di Ginevra, Winterthur e Zurigo oppure i due progettati a Wangen bei Olten e a Langenthal.

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92 93

«Des Jihads Leuchttürme», discorso del consigliere nazionale Oskar Freysinger del 03.05.2007, www.minarette.ch/index.php?id=33, rubrica «Aktuelles», «Referate und Artikel» (stato al 14.07.2008).

Dal censimento del 2000 risulta che la quota di cittadini svizzeri seguaci dell'Islam ha già superato il 10 % ed è quindi superiore a quella delle persone di religione giudaica e vetero-cattolica, cfr. Claude Bovay/Raphaël Broquet, Religionslandschaft der Schweiz, studio eseguito dall'Ufficio federale di statistica in seguito al censimento del 2000, Neuchâtel dicembre 2004, pag. 32.

Cfr. n. 3.1.2 Cfr. nota alla pagina precedente.

6689

Non si capisce pertanto in che modo i minareti, che vengono progettati e costruiti nel rispetto delle norme pertinenti, possano minacciare l'ordinamento statale svizzero. È vero che la Corte EDU, in un caso riguardante la Turchia, ha confermato il divieto di portare il velo nelle università statali, sentenziando che il provvedimento serve a proteggere l'ordine pubblico dai movimenti politici estremisti nazionali intenzionati a imporre in tutto il Paese i loro simboli e le loro convinzioni religiose unitamente a un modello sociale basato sui dettami della fede94. Tuttavia non è possibile basarsi su questa sentenza per spiegare la situazione illustrata nel presente messaggio.

Innanzitutto il divieto esaminato dalla Corte era limitato a un'area ristretta, ovvero agli istituti statali di formazione, che sono tenuti a rispettare la neutralità religiosa. L'iniziativa contro l'edificazione di minareti, invece, ha lo scopo di alterare la struttura dei luoghi di preghiera dei musulmani e di vietare ovunque alle comunità islamiche l'edificazione di simboli religiosi su terreni privati di loro proprietà. Inoltre la Corte ha sottolineato che la sentenza si riferisce a una situazione specifica della Turchia95, che non è quindi paragonabile al contesto elvetico96.

Vietare la costruzione di minareti su tutto il territorio svizzero non contribuirebbe in alcun modo a migliorare la sicurezza pubblica o a salvaguardare l'ordine pubblico. È più probabile che i musulmani residenti in Svizzera considerino una simile disposizione un affronto e un rifiuto nei loro confronti. Luoghi di preghiera dignitosi che soddisfano le esigenze dei fedeli favoriscono molto di più la pace religiosa rispetto a locali di fortuna con i quali i fedeli non riescono veramente a identificarsi. Il divieto di costruire minareti, valido su tutto il territorio e voluto dai promotori dell'iniziativa, nuocerebbe alla pace religiosa del nostro Paese invece di favorirla. La storia svizzera insegna che è molto più facile prevenire o risolvere conflitti religiosi accettando la diversità religiosa e le peculiarità regionali del Paese, invece di emanare ordini o divieti federali.97 In effetti, uno Stato di diritto democratico 94 95 96

97

Leyla ahin c. Turchia, sentenza del 10.11.2005, 44774/98, § 114 f., in part. § 115; cfr.

anche Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg. 90.

Leyla ahin c. Turchia, sentenza del 10.11.2005, 44774/98, §§ 109, 114 e 115.

In Svizzera la distribuzione delle comunità religiose sul territorio è molto più frammentaria ed eterogenea che in Turchia. La Turchia è una repubblica laica dove vige una netta separazione fra Stato e religione, mentre in Svizzera le relazioni fra lo Stato e le comunità religiose variano da un Cantone all'altro. Va ricordato che, a differenza della Svizzera, la Turchia ha vissuto, sin dalla nascita della repubblica nel 1923, reiterati e violenti conflitti sociali e politici fra movimenti repubblicani laici e gruppi religiosi. Secondo gli esperti, quindi, la Corte non ammetterebbe un divieto di portare il velo per scolari e studenti in Stati firmatari della Convenzione la cui situazione non è paragonabile a quella turca, cfr.

Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg. 90; Markus Scheffer, Grundrechte in der Schweiz, volume aggiuntivo alla 3° ed. dell'opera omonima di Jörg Paul Müller, pubblicata a Berna nel 2005, pag. 90, in cui Markus Scheffer afferma che in Svizzera un tale divieto sarebbe illegale.

Le relazioni fra le comunità religiose e lo Stato si basano sul sistema federalista che tiene conto delle differenze e funziona molto bene. Il sistema poggia sulla convinzione che la Svizzera può esistere soltanto se le diverse minoranze, anche quelle religiose, cooperano.

Le guerre di religione del XVI e XVII secolo e le tensioni politiche e sociali durante il «Kulturkampf» del XIX secolo, le cui ripercussioni si sono fatte sentire fino all'abrogazione delle disposizioni speciali di carattere confessionale sancite dalla Costituzione (il divieto dell'ordine dei gesuiti e della costruzione di conventi abrogato nel 1973 e l'articolo sulle diocesi abrogato nel 2001), hanno dimostrato l'inadeguatezza di soluzioni di tipo dogmatico.

6690

che ha l'obbligo di rispettare il pluralismo religioso e di proteggere le minoranze dev'essere in grado di sopportare alcune tensioni religiose. Nella giurisprudenza della Corte EDU viene più volte ribadito che non è compito dello Stato adottare misure per prevenire tali tensioni, poiché simili provvedimenti eliminano di fatto il pluralismo religioso98. Sono più indicati approcci differenziati che rispettano il principio di proporzionalità (cfr. punto C).

Un divieto totale di edificare minareti sancito nella Costituzione, come chiedono i promotori dell'iniziativa, non si giustifica con la tutela della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico come previsto dall'articolo 9 CEDU. Visto che anche le altre condizioni di cui all'articolo 9 capoverso 2 CEDU non sono applicabili99 oppure, come nel caso della tutela della morale pubblica o dei diritti e delle libertà altrui100, non sono adempiute, il divieto non costituisce un intervento legittimo ed è quindi contrario all'articolo 9 CEDU.

C

Necessità del divieto in una società democratica Giustificare il divieto di edificare minareti appellandosi all'articolo 9 capoverso 2 CEDU, inoltre, è inammissibile perché non sussistono i presupposti per nessuno degli interventi elencati in tale disposizione. L'organo incaricato di applicare la Convenzione verifica la proporzionalità delle restrizioni che «costituiscono misure necessarie in una società democratica». Si tratta di verificare se le norme generiche e astratte e le misure concrete adottate per perseguire uno degli obiettivi legittimi previsti dall'articolo 9 capoverso 2 CEDU sono proporzionate allo scopo che s'intende raggiungere101. È vero che il margine di manovra concesso dalla Corte EDU agli Stati firmatari della Convenzione per disciplinare le relazioni fra lo Stato e le comunità religiose è giustamente molto ampio, affinché sia possibile tenere conto delle peculiarità dei singoli Paesi102. Il divieto totale, assoluto e inderogabile di edificare rende impossibile qualsiasi verifica della proporzionalità. Andrebbero invece ponderati, da un lato, i diritti di singoli individui o gruppi legittimati dal principio fondamentale della libertà religiosa e, dall'altro, l'interesse altrettanto legittimo di tutta la comunità per la salvaguardia dell'ordine pubblico e in particolare della pace religiosa. Non è possibile ponderare questi interessi in modo generico e astratto, ma occorre esaminare ogni singolo caso. Com'è noto attualmente non è consentito costruire minareti o altri edifici religiosi in qualsiasi luogo, forma e grandezza. Occorre attenersi ai piani regolatori, alle norme edilizie e di protezione dei monumenti e rispettare gli ordinamenti sulla protezione contro l'inquinamento fonico e altre emissioni. Tuttavia questi aspetti si possono valutare soltanto esaminando un progetto concreto. È evidente che ad esempio il luogo scelto per

98

Cfr. p. es. Serif c. Grecia, sentenza del 14.12.1999, 38178/97, § 52; Leyla ahin c. Turchia, sentenza del 10.11.2005, 44774/98, § 107.

99 È evidente che in questo contesto la protezione della salute della popolazione non è rilevante.

100 Come risulta dall'esame delle ragioni addotte per giustificare la necessità del divieto per proteggere la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico, l'edificazione o l'uso di minareti non ha nulla a che spartire con il fondamentalismo islamico violento e pertanto un divieto di edificare minareti non contribuirebbe nemmeno a proteggere la morale pubblica o le libertà altrui.

101 Grabenwarter, op. cit., commento all'art. 9 CEDU, n. marg. 87.

102 Cfr. p. es. Leyla ahin c. Turchia, sentenza del 10.11.2005, 44774/98, § 109.

6691

costruire un edificio religioso è molto importante. Se qualcuno avesse l'intenzione di costruire un minareto accanto alla cattedrale di Basilea o di Losanna, l'autorizzazione potrebbe essere negata per ragioni dettate dalla protezione dei monumenti e dalla salvaguardia del patrimonio urbano, ma anche dalla tutela della pace religiosa, perché la vicinanza di due simboli così importanti di due religioni diverse potrebbe causare malumori e tensioni fra i fedeli. Le autorità amministrative e i tribunali svizzeri sono indubbiamente in grado di applicare correttamente il principio di proporzionalità nel rispetto delle leggi vigenti. Lo dimostrano le verifiche accurate eseguite per i progetti dei minareti di Wangen bei Olten e Langenthal, attualmente in sospeso103, come pure le sentenze del Tribunale federale, che ha dovuto ponderare la libertà religiosa e le tradizioni locali rispetto al diritto di ogni singolo individuo alla quiete, quando è stato chiamato a esprimersi sull'inquinamento fonico causato dal suono delle campane delle chiese104.

Valutazione conclusiva della compatibilità con l'articolo 9 CEDU Dall'esame descritto nei punti B e C risulta che l'iniziativa contro l'edificazione di minareti viola la libertà religiosa tutelata dall'articolo 9 CEDU. Una giustificazione in virtù dell'articolo 9 capoverso 2 CEDU è esclusa, poiché non vi è una ragione legittima per intervenire e l'ingerenza non è neppure proporzionata (non si tratta di una restrizione necessaria in una società democratica). Non è possibile mettere in atto l'iniziativa rispettando la Convenzione, perché il divieto sarebbe assoluto, esteso a tutto il territorio e dettato da un unico criterio, ovvero la relazione fra il minareto e l'Islam. Se l'iniziativa dovesse essere accolta, è molto probabile che, in caso di ricorso per violazione dell'articolo 9 CEDU, la Corte EDU condanni la Svizzera.

6.3.2

Esame della compatibilità con l'articolo 14 CEDU

L'articolo 14 CEDU disciplina il divieto di discriminazione e il suo tenore è il seguente: Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato, senza distinzione di alcuna specie, come di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Bene protetto Il divieto di discriminazione non ha valore assoluto, è di natura accessoria e può essere fatto valere soltanto in combinazione con un altro diritto tutelato dalla CEDU o da uno dei suoi Protocolli aggiuntivi105. Tuttavia è sufficiente che la fattispecie oggetto dell'esame sia protetta da un altro diritto statuito dalla Convenzione, anche

103 104 105

Cfr. n. 3.2 Cfr. p. es. DTF 126 II 366 ss. (X. contro la parrocchia riformata di Bubikon).

Villiger, op. cit., n. marg. 658; Rainer J. Schweizer, Internationaler Kommentar zur Europäischen Menschenrechtskonvention, Colonia/Berlino/Bonn/Monaco 1997, commento all'art. 14 CEDU, n. marg. 2 e 47.

6692

se non lo viola106. Come già spiegato, l'iniziativa riguarda un ambito protetto dall'articolo 9 CEDU e viola l'articolo stesso107. Se in Svizzera entrasse in vigore il divieto di edificare minareti, sarebbe possibile fare appello all'articolo 14 CEDU.

Intervento discriminatorio La Corte EDU ha statuito che vi è discriminazione quando individui o gruppi che si trovano in situazioni analoghe o relativamente simili («analogous or relevantly similar positions») sono trattati diversamente semplicemente perché hanno caratteristiche diverse e senza una ragione plausibile («no objective and reasonable justification») oppure impiegando mezzi sproporzionati rispetto alla scopo perseguito («not a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim sought to be realised»)108.

Fra le tipologie di discriminazione elencate nell'articolo 14 figurano anche quella religiosa e quella motivata da opinioni politiche o di altro genere. Il divieto di edificare minareti previsto dall'iniziativa prende di mira soltanto un simbolo religioso dell'Islam senza contemplare altri edifici simbolici analoghi di altre religioni. Si tratta quindi di una disparità di trattamento basata sul criterio della religione.

Non esiste nessun motivo valido che giustifichi questa disparità di trattamento.

Rinviamo sostanzialmente alle spiegazioni in merito all'articolo 9 capoverso 2 CEDU109. Il divieto di costruire minareti è una misura totalmente inadeguata per favorire in qualche maniera la protezione della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico e in particolare la pace religiosa che, secondo i promotori dell'iniziativa, riveste un ruolo molto importante. È probabile, invece, che la discriminazione di una comunità religiosa rispetto alle altre si riveli controproducente per la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico e influenzi negativamente l'atteggiamento nei confronti dei fedeli di altre religioni. Se si vuole salvaguardare la sicurezza pubblica è sbagliato focalizzare l'attenzione esclusivamente sulla comunità islamica, poiché tutte le comunità religiose sono confrontate con il problema del fondamentalismo violento110. Inoltre esiste anche la violenza determinata da fattori ideologici e politici.

Pertanto una disparità di trattamento fra comunità religiose è del tutto ingiustificabile. La situazione
è resa più difficile dal fatto che la Corte EDU annovera le disparità di trattamento dettate da motivi religiosi fra le cosiddette «suspect categories», in cui si sospetta a priori una discriminazione e le cui giustificazioni devono quindi essere particolarmente fondate111.

Infine, anche i mezzi impiegati sono sproporzionati rispetto allo scopo perseguito.

Per rispettare il principio insito nel divieto di discriminare, secondo cui bisogna 106 107 108

Schweizer, op. cit., commento all'art. 14 CEDU, n. marg. 3.

Cfr. n. 6.3.1 Sentenza della Corte EDU Alatulkkila e altri c. Finlandia, del 28.07.2005, 33538/96, § 69, in: Schweizer, op. cit., commento all'art. 14 CEDU, n. marg. 15.

109 Cfr. n. 6.3.1 110 Basti pensare al conflitto in Irlanda del Nord in cui attivisti cattolici e protestanti si sono combattuti sanguinosamente per decenni, ai gruppi fondamentalisti indù che hanno commesso atroci attentati contro i musulmani, ai movimenti estremisti sikh della regione indiana del Punjab, agli estremisti ebrei responsabili dell'assassinio del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin nel 1995 oppure anche alla guerra civile nello Sri Lanka, che vede affrontarsi i cingalesi di religione buddhista e i tamil seguaci dell'induismo e le cui ripercussioni si sono fatte sentire anche in Svizzera, specie negli anni Ottanta, dopo la fuga di numerosi tamil verso il nostro Paese.

111 Schweizer, op. cit., commento all'art 14 CEDU, n. marg. 67.

6693

trattare in modo uguale ciò che è uguale e in modo diverso ciò che è diverso112, occorre un'analisi differenziata delle varie situazioni. Il divieto assoluto di edificare minareti, che prende di mira una sola comunità religiosa, non lo consente. Come già spiegato in precedenza113, il diritto vigente permette soluzioni ragionevoli che tengono conto delle diverse circostanze del caso e conciliano in modo adeguato la libertà religiosa di individui o comunità con l'esigenza di proteggere la società.

Valutazione conclusiva della compatibilità con l'articolo 14 CEDU Da quanto appena esposto si evince che il divieto di edificare minareti è in contraddizione con il divieto di discriminazione di cui all'articolo 14 CEDU. Infatti è possibile appellarsi a tale disposizione in combinazione con l'articolo 9 CEDU per contestare una disparità di trattamento fra diversi gruppi di persone in situazioni analoghe, dettata da motivi religiosi, se tale disparità non costituisce un'ingerenza legittima e se il divieto previsto è considerato spropositato. Pertanto è molto probabile che, se la Svizzera adottasse l'articolo costituzionale e qualcuno ricorresse dinanzi alla Corte EDU, il nostro Paese sarebbe condannato anche per violazione dell'articolo 14 CEDU.

6.3.3

Esame della compatibilità con l'articolo 18 del Patto ONU II

Bene protetto L'articolo 18 del Patto ONU II sancisce la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di credo. La disposizione corrisponde sostanzialmente all'articolo 9 CEDU.

Anch'essa tutela il foro interiore e il foro esteriore della libertà di credo e di religione114. Il foro esteriore viene descritto come «la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo».

Come illustrato dettagliatamente nelle spiegazioni dell'articolo 9 CEDU115, il divieto di edificare minareti è in contraddizione con la protezione del foro esteriore della libertà religiosa. Infatti il minareto è un simbolo religioso dell'Islam utilizzato per segnalarne la presenza e costituisce quindi una forma di espressione di questa religione.

Limitazione dei diritti fondamentali (giustificazione dell'intervento) L'articolo 18 numero 3 del Patto ONU II consente restrizioni della libertà di manifestare il proprio credo e la propria religione se previste dalla legge e «necessarie per tutelare la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico, la sanità pubblica, la morale pubblica o gli altrui diritti e libertà fondamentali».

I motivi di un intervento sono sostanzialmente analoghi a quelli di cui all'articolo 9 capoverso 2 CEDU. Per esaminare la legittimità delle motivazioni presentate dai promotori dell'iniziativa rinviamo pertanto alle spiegazioni sulla compatibilità con 112 113 114

Schweizer, op. cit., commento all'art. 14 CEDU, n. marg. 12.

Cfr. n. 3.3­3.5 In Nowak, op. cit., commento all'art. 18, p. 337, n. marg. 20 si parla di forma attiva e passiva della libertà di credo e di religione.

115 Cfr. n. 6.3.1

6694

l'articolo 9 CEDU. Un divieto assoluto di edificare minareti esteso a tutto il territorio svizzero non si giustifica né per la protezione della sicurezza pubblica né per la salvaguardia dell'ordine pubblico116, mentre le altre condizioni indicate nell'articolo 18 numero 3 del Patto ONU II non sono rilevanti oppure non sono adempiute117.

Manca soprattutto la prova della necessità di una restrizione, che dev'essere adeguata, vale a dire che il suo impatto e il suo rigore devono essere giustificati dallo scopo perseguito, e non deve essere sistematica118. È evidente che tale presupposto non è soddisfatto. Considerato il suo carattere assoluto, il divieto diventerebbe una regola inderogabile che non concede alcun margine di manovra per una valutazione differenziata che tenga conto delle circostanze del caso.

Valutazione conclusiva della compatibilità con l'articolo 18 del Patto ONU II L'iniziativa popolare contro l'edificazione di minareti riguarda un ambito protetto dall'articolo 18 del Patto ONU II. Poiché il divieto proposto non è dettato da una motivazione legittima e nemmeno proporzionato allo scopo perseguito, la disposizione con cui s'intende introdurlo viola l'articolo 18 del Patto ONU II.

6.3.4

Esame della compatibilità con l'articolo 2 del Patto ONU II

Bene protetto L'articolo 2 del Patto ONU II sancisce un divieto di discriminazione che corrisponde sostanzialmente a quello di cui all'articolo 14 CEDU. I diritti statuiti nel Patto devono essere garantiti a tutti gli individui senza distinzione di fede, opinione politica o di qualsiasi altro genere.

Analogamente al divieto di discriminazione dell'articolo 14 CEDU, anche quello previsto dal Patto ONU II ha carattere accessorio. Infatti, può essere fatto valere soltanto in combinazione con un altro diritto tutelato dal Patto, nel qual caso non è tuttavia necessario che tale diritto venga violato119. Questa condizione tuttavia sussiste, poiché l'iniziativa viola la libertà religiosa tutelata dall'articolo 18 del Patto.

Limitazione dei diritti fondamentali (giustificazione dell'intervento) Come l'articolo 14 CEDU, anche l'articolo 2 del Patto ONU II sancisce che vi è discriminazione quando individui o gruppi diversi che si trovano in situazioni analoghe sono trattati in modo diverso e la disparità di trattamento non si basa su criteri ragionevoli e oggettivi oppure è sproporzionata120. Vietare la costruzione di minareti in Svizzera significherebbe discriminare per motivi religiosi i musulmani rispetto ad altre comunità. Esaminando la compatibilità dell'iniziativa con gli articoli 9 e 14 CEDU e l'articolo 18 del Patto ONU II, abbiamo già spiegato dettagliatamente121 116 117

118 119 120 121

Cfr. n. 6.3.1 e Nowak, op. cit., commento all'art. 18 del Patto ONU II, n. marg. 36­39.

Occorre sottolineare che non sono adempiuti nemmeno i presupposti per limitare le libertà fondamentali e i diritti altrui, cfr. n. 6.3.1 e Nowak, op. cit., commento all'art. 18 del Patto ONU II, n. marg. 43 segg.

Nowak, op. cit., commento all'art. 18 del Patto ONU II, n. marg. 34.

Nowak, op. cit., commento all'art. 2 del Patto ONU II, n. marg. 3 e 13­15.

Nowak, op. cit., commento all'art. 2 del Patto ONU II, n. marg. 33.

Cfr. n. 6.3.1, 6.3.2 e 6.3.3

6695

che tale divieto non si giustificherebbe con un interesse pubblico legittimo e non sarebbe nemmeno proporzionato. Sussistono quindi le condizioni per ritenere che si tratti di discriminazione.

Valutazione conclusiva della compatibilità con l'articolo 2 del Patto ONU II Il divieto di edificare minareti discriminerebbe una comunità religiosa rispetto a tutte le altre, senza alcuna motivazione legittima e violerebbe il principio di proporzionalità. Pertanto la disposizione con cui s'intende sancirne l'introduzione violerebbe anche l'articolo 2 del Patto ONU II.

6.3.5

Esame della compatibilità con l'articolo 27 del Patto ONU II

Bene protetto L'articolo 27 del Patto ONU II tutela le minoranze e il suo tenore è il seguente: In quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo.

Il termine chiave per determinare il campo d'applicazione dell'articolo 27 del Patto ONU II è «minoranza». Questo termine non viene definito in modo vincolante nel Patto e nemmeno in altri trattati internazionali. La dottrina è scissa in due opinioni.

Tutti sono d'accordo sul fatto che la maggioranza della popolazione di uno Stato o un gruppo che esercita una supremazia politica, economica, culturale o sociale non possono essere considerati una minoranza. Inoltre, la minoranza deve distinguersi dalla maggioranza per peculiarità etniche, linguistiche o religiose e costituire un gruppo relativamente stabile e unito che salvaguarda i propri valori122. Secondo un'interpretazione più restrittiva, la definizione di minoranza ai sensi dell'articolo 27 del Patto ONU II contempla unicamente i cittadini di uno Stato, ma non gli stranieri residenti123. Altri esperti propongono invece di considerare anche gli immigrati124.

Quest'interpretazione più ampia è condivisa anche dalla Commissione dell'ONU per i diritti umani, che ha l'incarico di applicare il Patto e sorvegliarne il rispetto da parte degli Stati contraenti125. Si può quindi affermare che tale interpretazione 122

Nowak, op. cit., commento all'art. 27 del Patto ONU II, n. marg. 13­15; Giorgio Malinverni, La Suisse et la protection des minorités (art. 27 del Patto ONU II), in: Kälin/ Malinverni/Nowak, op. cit., pag. 233 segg., 235-37, in part. 236.

123 Malinverni, op. cit., pag. 237; Francesco Capotorti, Study on the rights of persons belonging to ethnic, religious and linguistic minorities, New York 1979, pag. 96, §568, citato in: Nowak, op. cit., commento all'art. 27 del Patto ONU II, n. marg. 13 e 16. I fautori di una definizione limitata ai cittadini indigeni affermano, a sostegno della propria tesi, che occorre salvaguardare la stabilità, non garantita dai flussi migratori, cfr. Malinverni, op. cit., pag. 237 e la spiegazione di questa tesi in Nowak, op. cit., commento all'art. 27 del Patto ONU II, n. marg. 18.

124 Nowak, op. cit., commento all'art. 27 del Patto ONU II, n. marg. 16 seg., in part. il riferimento all'art. 2 cpv. 1 del Patto, in cui gli Stati contraenti s'impegnano a garantire a tutti gli individui sottoposti alla loro giurisdizione i diritti sanciti nel trattato.

125 Cfr. le considerazioni della Commissione in merito all'art. 27 del Patto, in: Kälin/ Malinverni/Nowak, op. cit., pagg. 403­406.

6696

riscuote maggiori consensi. Dai pareri più recenti della Commissione si può dedurre una tendenza ad ampliare la definizione di minoranza, dettata soprattutto da una maggiore attenzione alle minoranze religiose126.

Valutazione conclusiva della compatibilità con l'articolo 27 del Patto ONU II Diversamente dalla Convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali (cfr. n. 6.3.6), l'articolo 27 del Patto ONU II non delega agli Stati contraenti la definizione del campo d'applicazione del concetto di minoranza. È invece determinante l'interpretazione della Commissione dell'ONU per i diritti umani, competente in materia. Se si esamina la situazione attuale, è alquanto improbabile che i musulmani residenti in Svizzera possano essere considerati una minoranza ai sensi dell'articolo 27 del Patto ONU II, vista l'eterogeneità etnica, le differenze fra le comunità di fedeli e i loro molteplici stili di vita127. Visto che la Commissione dell'ONU interpreta in modo molto ampio il termine minoranza, soprattutto quando si riferisce alle minoranze religiose, non è tuttavia escluso che in futuro i musulmani siano riconosciuti come minoranza ai sensi dell'articolo 27 del Patto ONU II. In questo caso il divieto di edificare minareti potrebbe violare l'articolo 27 del Patto ONU II poiché, come già spiegato128, il divieto non persegue nessun obiettivo legittimo ed è sproporzionato.

6.3.6

Esame della compatibilità con altri trattati internazionali

Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale L'articolo 1 della Convenzione internazionale del 21 dicembre 1965129 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Convenzione antirazzismo) definisce la discriminazione razziale in base alla razza, al colore della pelle, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica di individui o gruppi. Il criterio della religione non viene menzionato. Pertanto la Convenzione non protegge dalle dispari-

126

Cfr. Manfred Nowak, Der Minderheitenschutz in den Vereinten Nationen, relazione del 06.10.2006 durante il convegno internazionale intitolato «Schutz und Durchsetzung der Rechte nationaler Minderheiten», organizzato dalla sezione austriaca dell'International Law Association (ILA) presso il Bildungshaus Sodalitas di Tainach/Tinje, pag. 5 degli atti del convegno. I casi esaminati recentemente dalla Commissione dimostrano che l'interpretazione della definizione di minoranza è molto ampia.

127 Chiedendo una certa stabilità, gli autori del Patto intendevano evitare un riconoscimento troppo precipitoso di immigrati e lavoratori stranieri come nuove minoranze, cfr. Nowak, op. cit., commento all'art. 27 del Patto ONU II, n. marg. 18 seg. Tuttavia non è escluso che dopo un soggiorno abbastanza lungo nella loro nuova patria anche questi gruppi possano beneficiare della protezione sancita dalla disposizione, ibid., n. marg. 20.

128 Cfr. n. 6.3.1 129 RS 0.104. La Svizzera ha ratificato il trattato il 29.11.1994. Un mese dopo è entrato in vigore nel nostro Paese.

6697

tà di trattamento dovute alla religione130. Il divieto di edificare minareti in Svizzera non viola quindi la Convenzione antirazzismo. Il divieto è tuttavia in contraddizione con lo spirito della Convenzione, poiché aderendovi la Svizzera si è impegnata a perseguire penalmente la diffusione di qualsiasi ideologia basata sulla superiorità di una determinata razza o etnia131. Va inoltre ricordato che nel 2003 la Svizzera ha fatto una dichiarazione di riconoscimento ai sensi dell'articolo 14 della Convenzione. Tale dichiarazione autorizza il comitato competente a verificare, su richiesta di individui o gruppi, se le azioni della Svizzera sono conformi alla Convenzione.

Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali La Convenzione quadro del Consiglio d'Europa del 1° febbraio 1996132 per la protezione delle minoranze nazionali vieta «ogni discriminazione basata sull'appartenenza a una minoranza nazionale» (art. 4 cpv. 1). Inoltre le Parti contraenti s'impegnano a «promuovere le condizioni adatte a permettere alle persone appartenenti a minoranze nazionali di conservare e sviluppare la loro cultura, nonché di preservare gli elementi essenziali della loro identità, cioè la loro religione, la loro lingua, le loro tradizioni e il loro patrimonio culturale» (art. 5 cpv. 1). Le Parti contraenti riconoscono «ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto di manifestare la propria religione o le proprie convinzioni, nonché il diritto di creare delle istituzioni religiose, organizzazioni e associazioni» (art. 8).

La Convenzione quadro sancisce la protezione delle «minoranze nazionali», senza però mai definire tale termine. Spetta ai singoli Stati stabilire cosa s'intende per minoranze nazionali ai sensi della Convenzione quadro e quali minoranze sono tutelate dalla Convenzione133. La Svizzera ha fatto una dichiarazione in cui spiega che considera minoranze ai sensi della Convenzione i gruppi di persone numericamente inferiori al resto della popolazione, che sono di nazionalità svizzera, mantengono legami antichi, solidi e duraturi con la Svizzera e sono animati dalla volontà di preservare insieme ciò che costituisce la loro identità comune, fra cui la loro religione134.

La Svizzera utilizza il termine di minoranza nazionale per indicare le minoranze linguistiche oppure,
ad esempio, la comunità ebraica135. Alla luce del presupposto di legami antichi e duraturi con la Svizzera e della volontà di preservare un'identità comune, l'atteggiamento nei confronti di altre comunità religiose cresciute numericamente soltanto negli scorsi decenni rimane per il momento improntato alla pru130

131 132 133

134 135

Inizialmente era previsto di inserire nella Convenzione anche il criterio dell'appartenenza a una religione. Tuttavia quest'idea è stata in seguito abbandonata su richiesta degli Stati arabi che volevano escludere un giudizio sul loro conflitto con Israele che l'applicazione di tale criterio avrebbe potuto comportare. Questa circostanza ha indotto la Svizzera a sanzionare nell'articolo 261bis del Codice penale (discriminazione razziale) anche la discriminazione dovuta alla religione, cfr. le spiegazioni nel messaggio del Consiglio federale concernente l'adesione della Svizzera alla Convenzione internazionale del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e la conseguente revisione del Codice penale, FF 1992 III 217 segg., in part. 257­58.

Cfr. p. es. l'art. 4 lett. a della Convenzione.

RS 0.441.1. La Svizzera ha ratificato il trattato il 21.10.1998. È entrato in vigore nel nostro Paese l'01.02.1999.

Cfr. FF 1998 903 segg., 916­17, come pure pagg. 911 segg., dove viene spiegato che non esistono definizioni riconosciute a livello internazionale dei concetti di «minoranza» o «minoranza nazionale».

RS 0.441.1, le dichiarazioni si trovano in fondo al testo della Convenzione.

FF 1998 903 segg., 917

6698

denza136. Dalla dichiarazione svizzera sulla Convenzione si può dedurre che attualmente il divieto di edificare minareti non viola il trattato.

6.3.7

Ripercussioni di una violazione della CEDU e del Patto ONU II

Il divieto proposto dai promotori dell'iniziativa è totale e assoluto e quindi praticamente impossibile da applicare rispettando il diritto internazionale. Violazioni degli articoli 9 e 14 CEDU e degli articoli 2 e 18 del Patto ONU II paiono inevitabili. In questi casi il Consiglio federale e il Parlamento devono decidere come risolvere i problemi dovuti alla violazione del diritto internazionale.

La CEDU autorizza gli organi competenti del Consiglio d'Europa ad adottare provvedimenti nel caso di un ricorso per violazione della Convenzione presentato in seguito a un'eventuale attuazione dell'iniziativa. Per evitare ulteriori violazioni tali organi esigerebbero indubbiamente l'adozione di misure di carattere generale come la revisione di disposizioni costituzionali o legali. Qualora il nostro Paese respingesse tali richieste, il Comitato dei Ministri avrebbe a disposizione vari strumenti, dall'adozione di risoluzioni in cui disapprova temporaneamente l'atteggiamento della Svizzera, danneggiandone quindi la credibilità, fino alla minaccia di escludere il nostro Paese dal Consiglio d'Europa.

Esiste anche la possibilità di denunciare la CEDU con un preavviso di sei mesi (art. 58 cpv. 1). È evidente che una simile decisione avrebbe gravi conseguenze per la Svizzera, soprattutto per la sua reputazione come Stato di diritto, le relazioni con altri Stati e la partecipazione a organizzazioni internazionali.

Il Patto ONU II, invece, non contiene alcuna clausola di denuncia. Visto che il diritto di denunciare il trattato non è nemmeno implicito o deducibile dalla volontà degli Stati contraenti137, una denuncia unilaterale del trattato non è possibile, poiché è necessaria l'approvazione di tutte le altre Parti contraenti138.

136

Lo dimostra p. es. il parere della Svizzera in risposta al comitato esecutivo incaricato di vigilare sul rispetto della Convenzione.

137 Cfr. l'art. 56 della Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati (RS 0.111) che sancisce i presupposti dell'ammissibilità di una denuncia di un trattato senza che una clausola lo preveda.

138 Nowak, op. cit., introduzione, n. marg. 25 e 26. Anche il Consiglio federale ha affermato che il Patto è indenunciabile, cfr. il messaggio del 30.01.1991 sull'adesione della Svizzera ai due Patti internazionali del 1966 concernenti i diritti dell'uomo e sulla modificazione della legge federale sull'organizzazione giudiziaria, FF 1991 925 segg., 941­42, come pure il messaggio del 22.06.1994 concernente le iniziative popolari per una politica d'asilo razionale e contro l'immigrazione clandestina, FF 1994 1338 segg., 1346.

6699

6.4

Ripercussioni a livello nazionale in caso di approvazione dell'iniziativa

6.4.1

Limitazione inutile e sproporzionata della libertà di religione

Anche se il divieto di edificare minareti non impedirà ai musulmani residenti in Svizzera di praticare la loro religione, vieta di principio, in modo assoluto e senza giustificazioni concrete di costruire un edificio che solitamente viene associato a luoghi di culto islamici. Il divieto limita pertanto in modo tangibile la libertà di religione della popolazione musulmana residente in Svizzera. I musulmani hanno il diritto, che va loro concesso in virtù della libertà religiosa, di aggiungere ai loro luoghi di culto, spesso situati all'interno di edifici anonimi nelle periferie delle città139, un elemento architettonico che consenta di distinguerli dagli edifici vicini.

Un campanile consente di individuare una chiesa e un minareto permette di distinguere una moschea da un altro edificio.

6.4.2

Disparità di trattamento inammissibile

Introdurre nella Costituzione un divieto generalizzato di edificare minareti in Svizzera, motivandolo unicamente con l'affermazione che questo tipo di edifici simboleggia la rivendicazione di potere dell'Islam, significa sancire un'eccezione al principio di uguaglianza di cui all'articolo 8 capoverso 1 e al divieto di discriminazione di cui all'articolo 8 capoverso 2 Cost. Infatti, il divieto di edificare minareti riguarda soltanto la comunità musulmana. L'approvazione dell'iniziativa comporta una disparità di trattamento fra i musulmani e i seguaci di religioni cristiane o di altro tipo residenti in Svizzera. Questi potrebbero continuare a costruire nel nostro Paese edifici che simboleggiano la loro fede. È vero che le singole religioni hanno già oggi diversi statuti giuridici, perché alcune di esse sono riconosciute dalle legislazioni cantonali. Tuttavia i presupposti del riconoscimento da parte dello Stato si basano sostanzialmente su fattori oggettivi, quali la durata di esistenza della comunità religiosa, il numero dei suoi membri, la sua organizzazione giuridica e il suo impegno per la salvaguardia dell'ordine pubblico nonché il rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto. Alcune costituzioni cantonali modificate di recente sanciscono la possibilità di riconoscere anche altre comunità religiose oltre a quelle cristiane e a quella ebraica. Se una comunità chiede il riconoscimento e adempie i requisiti legali ha il diritto di essere riconosciuta come comunità a sé stante.140.

L'iniziativa crea invece una disparità a causa di un simbolo ben preciso che costituisce un segno distintivo di una religione specifica e viene riconosciuto come tale.

Questa disparità non è oggettivamente ammissibile. Non si capisce perché si dovrebbe vietare di principio ai musulmani di edificare delle torri, ovvero degli edifici tipici della loro religione, mentre una sikhara induista oppure uno stupa buddhista o giainista deve semplicemente rispettare le consuete norme edilizie e di pianificazione del territorio, sebbene anche questi edifici siano alti e a forma di torre.

139 140

Kiener/Kuhn, op. cit., pag. 10.

Bernhard Ehrenzeller/Philippe Mastronardi/Rainer J. Schweizer/Klaus A. Vallender (ed.), Die Schweizerische Bundesverfassung, Kommentar, 2a ed., San Gallo 2008, commento all'art. 72, n. marg. 13.

6700

In Svizzera la legge è uguale per tutti. Questo significa che i musulmani non possono far appello alla sharia per sottrarsi alle leggi del nostro Paese. L'articolo 49 capoverso 5 della Costituzione federale del 1874 sanciva espressamente che «le opinioni religiose non svincolano dall'adempimento dei doveri di cittadino». In altre parole non ci si può appellare alla libertà di credo e di coscienza per giustificare il mancato rispetto del diritto nazionale ordinario. I seguaci della religione musulmana non possono far valere privilegi dinanzi alla legge, ma allo stesso tempo non devono subire limiti che valgono soltanto per le loro pratiche religiose. Infatti, il principio dell'uguaglianza giuridica vale nei due sensi.

6.4.3

Un passo indietro rispetto alla Costituzione federale del 1999

Per lungo tempo la Costituzione federale contemplava soltanto disposizioni sommarie sulla religione che peraltro risentivano fortemente degli avvenimenti storici e della situazione religiosa al momento della loro introduzione. Le Costituzioni federali del 1848 e del 1874 sono nate in un clima di intolleranza religiosa, dal quale sono scaturite alcune disposizioni che discriminavano la Chiesa cattolico-romana141.

Quando nel 1848 è stata fondata la Confederazione Svizzera, la Costituzione era considerata un testo normativo che permettesse di porre fine al conflitto fra i Cantoni cattolici e protestanti (guerra del Sonderbund) e garantire la pace religiosa. Tuttavia la Costituzione del 1848 garantiva la libertà di culto unicamente alle religioni cristiane. La libertà di credo e di coscienza è stata sancita soltanto nel 1874 ed estesa a tutte le religioni, anche se il divieto dell'ordine dei gesuiti è stato inasprito ed è stata anche vietata la fondazione di nuovi conventi e ordini religiosi, con lo scopo di indebolire la comunità cattolica142. Inoltre, per creare nuove diocesi era necessaria l'autorizzazione della Confederazione.

La Costituzione federale del 1999 non sancisce invece alcuna distinzione fra le religioni cristiane e quelle di altro tipo. L'articolo 15 Cost. si applica a tutte le religioni, indipendentemente dal numero di seguaci presenti nel nostro Paese. In questo modo si tiene conto della situazione, che vede la nostra società prevalentemente cristiana trasformarsi lentamente in una società multiculturale e multireligiosa.

Adottare una norma costituzionale che vieta la costruzione di minareti in Svizzera, significa reintrodurre un criterio confessionale simile a quelli delle Costituzioni del 1848 e del 1874. La rinuncia a tali criteri nella Costituzione federale del 1999 rispecchia la nostra visione di una Svizzera neutrale nei confronti della religione.

Adottare una norma costituzionale che vieta l'edificazione di minareti in Svizzera rappresenterebbe un passo indietro.

141

Jean-François Aubert, Traité de droit constitutionnel suisse, vol. II, Neuchâtel 1967, pagg. 722­728.

142 Aubert/Mahon, op. cit., pagg. 130­140; Auer/Malinverni/Hottelier, op. cit., pagg. 212­214.

6701

6.4.4

Minaccia per la pace religiosa e l'integrazione dei musulmani in Svizzera

Una norma costituzionale che vieta la costruzione di minareti in Svizzera potrebbe mettere a repentaglio la pace religiosa nel nostro Paese. Infatti, potrebbero nascere tensioni fra la popolazione musulmana e i membri di altre comunità religiose, che continuerebbero ad avere il diritto di costruire edifici simboleggianti la loro fede. La norma mette a repentaglio l'uguaglianza giuridica fra le religioni. Se lo Stato vuole salvaguardare la pace fra le varie comunità religiose, deve mantenersi neutrale nei loro confronti e non può adottare criteri diversi per i simboli delle diverse comunità.

Un divieto di edificare minareti in Svizzera potrebbe ostacolare anche l'integrazione della popolazione musulmana. Infatti, i musulmani potrebbero sentirsi respinti e di conseguenza avvicinarsi al fondamentalismo religioso. È più facile prevenire l'isolamento di una comunità religiosa concedendole spazio in seno alla società ed esponendola quindi meno ai precetti di predicatori fondamentalisti che agiscono di nascosto e al riparo da qualsiasi critica. La visibilità di una religione può aiutare la popolazione a liberarsi dei propri timori nei confronti di un'altra comunità e a prevenire atti ostili. Il divieto di edificare minareti previsto dall'iniziativa non contribuisce a promuovere la pace religiosa.

6.4.5

Ingerenza nella sfera di competenza dei Cantoni

In Svizzera il disciplinamento dei rapporti tra Chiesa e Stato compete ai Cantoni (art. 72 cpv. 1 Cost.). Ogni Cantone può decidere liberamente come organizzare i rapporti fra lo Stato e le comunità religiose. Un divieto di edificare minareti in Svizzera, sancito nella Costituzione federale, rappresenta un'ingerenza in questa sfera di competenza dei Cantoni che costituisce un elemento chiave del federalismo svizzero.

L'iniziativa contro l'edificazione di minareti interferisce anche con le competenze cantonali in materia di diritto edile, poiché il divieto di costruire minareti in Svizzera è sostanzialmente una norma edilizia che vieta a una comunità religiosa l'edificazione di un simbolo culturale.

Anche in futuro la decisione di rilasciare permessi di costruire minareti dovrebbe competere ai Cantoni e ai Comuni, più in grado di valutare la situazione locale e ponderare gli interessi in gioco.

6.4.6

Ripercussioni per la garanzia della proprietà

L'approvazione dell'iniziativa limiterebbe ulteriormente il diritto di proprietà, poiché introdurrebbe una norma costituzionale che vieta la costruzione di un determinato edificio, in aggiunta alle consuete restrizioni legali sotto forma di norme di polizia edilizia, pianificazione del territorio e protezione dei monumenti. Di conseguenza i proprietari non sarebbero più completamente liberi di decidere come utilizzare la loro proprietà. A seconda delle modalità di applicazione dell'iniziativa (cfr. n. 5.3), tale limitazione può interessare persino la costruzione di edifici che non hanno alcuna funzione religiosa, ma che prendono soltanto spunto dall'architettura islamica e sono costruiti da persone che non fanno parte della comunità musulmana. Inoltre 6702

l'iniziativa limita la libertà degli architetti vietando loro di aggiungere determinati elementi architettonici ai loro progetti. Poiché l'architettura può essere considerata una forma d'arte, l'iniziativa limita anche la libertà di espressione artistica.

6.5

Ripercussioni per la sicurezza, la politica estera e il commercio estero della Svizzera

Non è da escludere che alcune cerchie di fondamentalisti islamici interpretino un'approvazione dell'iniziativa contro l'edificazione di minareti come una provocazione contro l'Islam. Il comunicato apparso sul sito Internet della rete televisiva qatariana Al-Jazira, secondo cui estremisti svizzeri intendono vietare l'edificazione di moschee, ha suscitato numerose reazioni nel mondo musulmano.

Gruppi estremisti potrebbero strumentalizzare l'approvazione dell'iniziativa per fare propaganda contro l'Occidente. È difficile stabilire in che misura un sì all'iniziativa possa incrementare la minaccia di attentati terroristici contro la Svizzera ed esporre al rischio di attacchi gli interessi svizzeri all'estero.

Nei Paesi musulmani la Svizzera è ritenuta uno Stato neutrale con una solida tradizione democratica e umanitaria ed è apprezzata come sede di numerose organizzazioni internazionali. Grazie alla sua politica estera imparziale, la Svizzera è considerata un partner neutrale che non nutre pregiudizi. Un divieto di edificare minareti sarebbe recepito come segno di discriminazione e crescente islamofobia, nuocendo alla buona reputazione della Svizzera e alle sue buone relazioni con i Paesi musulmani. Nel mondo islamico l'iniziativa contro l'edificazione di minareti ha suscitato incomprensioni ancor prima di essere depositata. Le rappresentanze svizzere all'estero sono state informate della portata limitata dell'iniziativa per consentire loro di fornire le spiegazioni chieste dai vari Paesi. Anche se in alcuni Stati la tolleranza religiosa non è propriamente esemplare, un sì all'iniziativa non farebbe che aggravare le discriminazioni nei confronti dei cristiani in determinate regioni del mondo. In seno all'ONU la Svizzera partecipa a diversi progetti per combattere l'intolleranza e la discriminazione di tipo religioso o ideologico. Un'eventuale approvazione dell'iniziativa screditerebbe completamente gli sforzi del nostro Paese volti a eliminare la discriminazione religiosa. Se la Svizzera pratica questo tipo di discriminazione non può più impegnarsi attivamente nella lotta contro le disparità di trattamento cui sono esposte le diaspore religiose, soprattutto cristiane, in altri Paesi.

L'approvazione dell'iniziativa potrebbe inoltre avere ripercussioni negative anche per il commercio estero, le banche
e il turismo. Basti pensare al boicottaggio dei prodotti danesi in seguito alla controversia sulle caricature. I Paesi musulmani potrebbero essere indotti ad adottare misure di ritorsione nei confronti della Svizzera oppure i consumatori musulmani potrebbero essere tentati di boicottare i prodotti svizzeri. È difficile prevedere le ripercussioni delle minacce di boicottaggio, ma non bisogna dimenticare che la Svizzera intrattiene relazioni commerciali ad esempio con gli Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG)143.

143

Nel solo primo semestre del 2008 la Svizzera ha esportato negli Stati del CCG beni per un valore di 2,6 mia. di franchi.

6703

7

Rinuncia a un controprogetto

Riteniamo che l'iniziativa vada sottoposta al voto senza controprogetto. Conviene piuttosto proseguire con gli interventi attuali, in particolare quelli finalizzati all'integrazione degli stranieri. Tali interventi permettono in particolare di limitare l'entrata in Svizzera di imam stranieri che potrebbero propugnare valori contrari al diritto svizzero.

8

Conclusioni

L'iniziativa rispetta il principio dell'unità formale e materiale, nonché le disposizioni imperative del diritto internazionale (ius cogens), ed è pertanto valida. Tuttavia viola gli articoli 9 e 14 CEDU nonché gli articoli 2 e 18, e probabilmente l'articolo 27, del Patto ONU II. Sebbene ciò non invalidi l'iniziativa, resta il fatto che, accettandola, la Svizzera verrebbe meno ai suoi impegni internazionali.

L'iniziativa, che pretende di difendere il nostro ordinamento giuridico, è però in contrasto con alcuni valori costituzionali essenziali: il principio dell'uguaglianza giuridica (art. 8 Cost.), la libertà di credo e di coscienza (art. 15 Cost.), la garanzia della proprietà (art. 26 Cost.), il principio della proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.) e l'obbligo di rispettare il diritto internazionale (art. 5 cpv. 4 Cost).

Le autorità locali sono le più indicate per decidere se autorizzare l'edificazione di un minareto, attenendosi alle legislazioni cantonali e comunali esistenti, segnatamente in materia di polizia edilizia e di pianificazione del territorio. Non occorre un divieto costituzionale, che sarebbe sproporzionato e sconfinerebbe inutilmente nella sfera di competenza dei Cantoni.

Il divieto di edificare minareti non impedirà né la costruzione di moschee né la divulgazione di tesi poco compatibili con i valori del nostro ordinamento giuridico da parte di certi ambienti musulmani integralisti, dentro o fuori una moschea. Al contrario, un sì all'iniziativa minaccia la pace religiosa e rischia di radicalizzare una parte della popolazione musulmana, che giudicherà il divieto vessatorio nei suoi confronti. Il nostro Collegio ritiene che l'accento vada posto sugli incentivi all'integrazione degli stranieri e alla pacifica convivenza delle differenti comunità religiose. I musulmani non possono appellarsi alla sharia nel nostro Paese, ma sono soggetti al nostro diritto come tutti gli altri cittadini. I credo religiosi non dispensano dall'obbligo di rispettare il diritto ordinario. Se neghiamo ai musulmani uno statuto speciale, dobbiamo anche concedere loro il diritto di essere trattati alla stregua degli altri cittadini. L'iniziativa nega loro tale diritto.

Infine, un sì all'iniziativa rischierebbe di suscitare reazioni di incomprensione all'estero. Potrebbe altresì accentuarsi la minaccia di
attentati terroristici contro il nostro Paese. Non sono da escludere nemmeno ripercussioni negative sulla nostra economia.

Per tutti questi motivi proponiamo di sottoporre senza controprogetto l'iniziativa «Contro l'edificazione di minareti» al voto del Popolo e dei Cantoni, raccomandando di respingerla.

6704