08.065 Rapporto del Consiglio federale sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo della Svizzera 2008 del 10 settembre 2008

2008-1786

6981

Abbreviazioni AG

Gruppo d'Australia (Australia Group)

BTWC

Convenzione che vieta la messa a punto, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) e a tossine e che disciplina la loro distruzione (Convention on the Prohibition of the Development, Production and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on Their Destruction)

CCW

Convenzione sulle armi classiche (Convention on Prohibitions or Restrictions On The Use of Certain Conventional Weapons Which May Be Deemed To Be Excessively Injurious Or To Have Indiscriminate Effects)

CD

Conferenza di Ginevra sul disarmo (Conference on Disarmament)

CTBT

Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear Test-Ban-Treaty)

CTBTO

Organizzazione per l'applicazione del CTBT (Comprehensive Nuclear Test-Ban-Treaty Organisation)

CAC

Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell'immagazzinaggio e dell'uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (Convention on the Prohibition of the Development, Production, Stockpiling and Use of Chemical Weapons and on Their Destruction, CWC)

CAS

Comitato di aiuto allo sviluppo (Development Assistance Committee)

ECOWAS

Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (Economic Community of West African States)

ERW

Residui bellici esplosivi (Explosive Remnants of War)

UE

Unione Europea

FMCT

Trattato per il divieto di produzione di materiale fissile (Fissile Material Cut-off Treaty)

GGE

Gruppo di esperti governativi (Group of Governmental Experts)

GICHD

Centro internazionale per lo sminamento a scopo umanitario di Ginevra (Geneva International Centre for Humanitarian Demining)

GICNT

Global Initiative to Combat Nuclear Terrorism

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HCOC

Codice di Condotta dell'Aja contro la Proliferazione dei Missili Balistici (Hague Code of Conduct against Ballistic Missile Proliferation)

AIEA

Agenzia internazionale dell'energia atomica (International Atomic Energy Agency)

IHEID

Institut de Hautes Etudes Internationales et du Développement, Ginevra

IMSMA

Sistema di gestione delle informazioni per le azioni contro le mine (Information Management System for Mine Action)

CFE

Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa

MASG

Mine Action Support Group

MTCR

Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (Missile Technology Control Regime)

NATO

Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organisation)

NPT

Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons)

NSG

Gruppo di fornitori nucleari (Nuclear Suppliers Group)

OSA

Organizzazione degli Stati americani (Organisation of American States)

OSCE (già CSCE)

Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Organisation for Economic Cooperation and Development)

OPCW

Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons)

PPP

Partenariato per la pace (Partnership for Peace)

SALW

Armi leggere e di piccolo calibro (Small Arms and Light Weapons)

SECO

Segreteria di Stato dell'economia

ONU

Organizzazione delle Nazioni Unite (United Nations Organisation)

CSBM

Misure miranti al rafforzamento della fiducia e della sicurezza (Confidence and security-building measures)

OMS

Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organisation, WHO)

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Rapporto 1

Condizioni quadro in materia di sicurezza per la politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo

1.1

Sviluppi internazionali dal 2004

In termini di politica della sicurezza, la comunità internazionale degli Stati si trova attualmente in una situazione complessa in cui tendenze unidirezionali coesistono con altre multipolari. In molti settori gli USA hanno potuto mantenere la posizione dominante raggiunta dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica. Tuttavia, l'11 settembre 2001, se non prima, è risultato chiaro che non si può assolutamente parlare di un sistema stabile e monopolare. Piuttosto, ci troviamo in una situazione sempre più multipolare nella quale, a vari livelli, diversi attori cercano di raggiungere i propri obiettivi con svariati mezzi.

Ciononostante è possibile determinare due tendenze. In primo luogo, un maggior numero di Paesi cerca di raggiungere una posizione dominante. La Russia è divenuta più potente a livello sia politico che economico e si presenta sempre più come polo opposto alla comunità occidentale di Stati. Perciò l'intensità del confronto russostatunitense nel settore della politica della sicurezza aumenta, ad esempio in concomitanza con l'estensione della NATO o della presenza militare USA in Europa centrale. Anche la Cina, l'India ed il Pakistan rivendicano un ruolo di primo piano, sia in consessi multilaterali sia quali potenze regionali. Invece, per quel che riguarda la politica della sicurezza, l'UE continuerà a presentarsi discorde anche in un prossimo futuro poiché le posizioni dei singoli Stati membri sono ancora troppo diverse.

In secondo luogo l'autorità degli Stati viene sempre più spesso sfidata da gruppi non statali. Oltre all'impegno per la non proliferazione di armi di distruzione di massa tra gli Stati, è necessario evitare anche che quest'ultime cadano nelle mani di gruppi non statali: un attentato terroristico con questo tipo di armi non è probabile, ma avrebbe gravi conseguenze. Tuttavia è la diffusione di armi convenzionali, in particolare di piccolo calibro e leggere, tra attori non statali a causare le maggiori sofferenze.

Queste tendenze hanno conseguenze anche sulle strutture multilaterali di sicurezza.

Molti attori sembrano aver capito che le attuali convenzioni sul controllo degli armamenti e sul disarmo devono essere adeguate ad una situazione ormai cambiata.

Tuttavia la comunità internazionale non è concorde sulla direzione da prendere.

Alcuni, allineandosi agli Stati
Uniti, ritengono che debba essere data priorità alla non proliferazione. Questo approccio è sfociato nella Risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza ONU del 28 aprile 2004 che invita tutti gli Stati a impedire la proliferazione di materiale nucleare, chimico e biologico tra attori non statali, soprattutto applicando controlli efficaci nell'export e nel transfer. Benché l'utilità della politica di non proliferazione sia riconosciuta in ambito internazionale, non si può negare che la politica di non proliferazione degli USA (e di altri Paesi) coincide per alcuni versi con la politica a favore degli interessi nazionali. Perciò molti Stati fanno notare come gli USA siano favorevoli soprattutto alle misure che limitano le attività statunitensi meno di quelle di altri Paesi.

6984

Invece, gli Stati in sviluppo e quelli emergenti insistono a favore di un disarmo effettivo, cioè della riduzione globale del materiale bellico, soprattutto delle armi di distruzione di massa. Questi Paesi temono inoltre che la lotta contro la proliferazione possa sbarrare loro l'accesso alle nuove tecnologie ad uso civile. Da questo punto di vista, la contrapposizione tra oriente e occidente si è trasformata oggi in contrapposizione tra nord e sud, benché la dissoluzione dei blocchi abbia condotto anche ad alleanze ad hoc più flessibili.

Sintomatico della mancanza di accordo tra gli Stati è inoltre lo stallo della Conferenza di Ginevra sul disarmo, cioè dell'unico forum multilaterale permanente di negoziato sulle questioni riguardanti il controllo degli armamenti e del disarmo. Anche la conferenza di revisione del 2005 del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) e quella del 2006 del Programma di azione delle Nazioni Unite sulle armi leggere e di piccolo calibro sono fallite. L'opportunità di imporre a livello universale altre convenzioni vincolanti nel settore del disarmo e del controllo degli armamenti scema sempre più. Soprattutto gli USA dubitano dell'efficacia di accordi multilaterali, che vengono sì ratificati dagli Stati, ma in alcuni casi intenzionalmente non rispettati. Ne consegue una maggiore tendenza a rinunciare agli accordi multilaterali a vocazione universale per privilegiare accordi informali. Inoltre negli ultimi anni sono stati avviati processi di disarmo al di fuori dell'ONU. Un esempio coronato da successo è stato il processo di Oslo, in cui la comunità internazionale ha fatto ragguardevoli progressi verso il raggiungimento dell'obiettivo del divieto delle munizioni a grappolo.

Sul piano geografico, dall'ultimo rapporto1 non è cambiato quasi nulla nelle regioni in cui non si può escludere l'impiego di armi di distruzione di massa in caso di conflitto. In particolare nei Paesi dell'Asia meridionale e del Medio Oriente persiste il pericolo di conflitti armati e delle corse agli armamenti. Per quel che riguarda l'Asia meridionale sembra che la maggioranza degli Stati della comunità internazionale accetti che l'India ed il Pakistan sono diventati de facto potenze atomiche. Nel Medio Oriente sembra accertato in modo sufficiente che Israele, nonostante il silenzio
ufficiale sulla questione, dispone di armi nucleari. Mentre il programma nucleare iraniano viene seguito da gran parte della comunità degli Stati con grande preoccupazione, la situazione della Siria resta ancora poco chiara, non solo per quel che riguarda un eventuale programma di armi atomiche, ma anche per l'esistenza di armi chimiche o biologiche. Invece, la situazione nella Corea del Nord è più distesa dopo il test nucleare dell'autunno 2006, poiché il governo di Pyongyang si è mostrato disposto a rinunciare alla prosecuzione del programma nucleare in cambio di aiuti finanziari e materiali. Nel periodo preso in esame è stata constatata una rinascita dell'energia nucleare. Ad esempio, l'Egitto, l'Arabia Saudita ed altri Paesi arabi stanno progettando la costruzione di centrali nucleari. Ciò fa temere un possibile abuso di questi impianti per scopi militari.

1

FF 2004 4559

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1.2

Aspetti tecnologici dell'evoluzione delle forze armate moderne

Dal punto di vista tecnico-militare il mondo occidentale, primi fra tutti gli USA, manterrà in un prossimo futuro la sua supremazia. Gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni offrono opportunità, ma confrontano gli Stati anche con nuove sfide.

Da un lato le guerre «informatizzate» promettono maggiore efficacia ed efficenza pur limitando al massimo i danni e le perdite non programmati. Tuttavia i nemici sfrutteranno mezzi e metodi asimmetrici per ovviare alla supremazia militare delle società moderne. Questo fenomeno viene favorito dalla progressiva disponibilità elettronica di informazioni, servizi e beni, che agevola l'accesso a conquiste tecnologiche e dunque all'acquisto di armi convenzionali o meno. Il controllo delle tecnologie atte a impedirne la proliferazione diventa più difficile. E cresce il rischio che governi o gruppi non statali violenti riescano a venire in possesso di mezzi di portata strategica. Infine, da parte loro gli Stati militarmente più avanzati potrebbero cercare di sfruttare i vantaggi tecnologici per proteggere se stessi e la società.

Di conseguenza negli ultimi anni la definizione tradizionale di sicurezza è stata ampliata. Le forze armate vengono impiegate sempre più all'interno dello Stato e sono perciò equipaggiate in modo da poter appoggiare i tradizionali organi di sicurezza statali (polizia, pompieri, protezione civile) oltre a svolgere le mansioni affidate loro finora.

Le attività spaziali diventano sempre più importanti, sia per le forze armate, sia per la sicurezza civile. Si tratta di un'opportunità per la comunità degli Stati: ad esempio lo scambio di comunicazioni e di informazioni, il lavoro di ricognizione, il controllo o la navigazione traggono profitto dall'uso intensivo di mezzi sviluppati per attività spaziali. Un ruolo determinante in questo quadro viene assunto dall'astronautica, dalla tecnica satellitare, dalla telematica e delle tecnologie di protezione, di localizzazione e di sorveglianza di sistemi spaziali.

I nuovi sviluppi tecnologici non si riflettono solo nella ridefinizione del termine di sicurezza, ma anche nella percezione delle opportunità e della legittimità dell'uso militare della violenza. Da una parte, in questi ultimi anni l'uso di munizioni di precisione e armi a lunga gittata hanno suggerito che la moderna tecnologia permette
conflitti armati con un numero minimo di perdite. Dall'altra è diminuita la disponibilità a tollerare vittime e danni causati dall'uso della violenza a scopi militari. Questo modo di pensare pone le forze armate di fronte ad una sfida: la richiesta di interventi militari (soprattutto per ragioni umanitarie) sarà maggiore e aumenteranno anche le autolimitazioni che gli Stati occidentali si impongono per motivi etici. Il successo della trasformazione delle forze armate occidentali verrà valutato in base alla capacità di affrontare minacce asimmetriche e di impiegare la forza in maniera selettiva e con perdite minime. Per questa ragione nei prossimi anni potremmo assistere all'aumento dello sviluppo e dell'acquisizione di mezzi non letali per le forze armate.

1.3

Conflitti all'alba del XXI secolo

Il numero di conflitti armati agli inizi del XXI secolo è minore di quello dei decenni precedenti. Tuttavia sono aumentate le forme di conflitto. Benché la guerra convenzionale tra Stati esista ancor oggi, sono molto più numerosi i conflitti all'interno di 6986

uno stesso Stato o di una regione. In conflitti di questo tipo le armi più frequenti sono le armi di piccolo calibro e quelle leggere. Le parti in causa spesso ricorrono ad arsenali costituiti durante la Guerra fredda e non distrutti. Inoltre il transfer illegale e incontrollato di armi di piccolo calibro e leggere contribuisce ad intensificare e a prolungare questi combattimenti che causano particolari sofferenze alla popolazione civile. Scontri di questo tipo spesso sono di intensità limitata: oltre agli eserciti regolari, vi sono coinvolti anche gruppi armati non statali e in misura sempre maggiore anche enti privati di sicurezza con mandati di una delle parti in causa o di ditte private.

Questa situazione pone la politica del controllo degli armamenti e del disarmo di fronte ad una sfida particolare. Da una parte gli attori non statali armati spesso non si sentono in dovere di rispettare le norme legali, ad esempio quando il belligerante in situazione di inferiorità tecnica si sente svantaggiato se rispetta le regole del diritto internazionale umanitario oppure quando non vi sono stimoli sufficienti per seguirle perché le autorità statali definiscono terroristi gli avversari. In regioni in cui l'autorità statale è fragile (ad es. nell'Afghanistan o in alcune regioni del Pakistan) e non è più rispettata può verificarsi una privatizzazione del potere. Conseguentemente, un accordo di pace non pone fine alle violenze: infatti quando un accordo di questo tipo non è accompagnato da una reintegrazione economica e sociale, i combattenti smobilitati tendono a servirsi delle armi a loro disposizione per svolgere un'attività lucrativa. Ne consegue un aumento della criminalità e una riduzione della legittimità dello Stato, anche dopo la conclusione dell'accordo di pace.

1.4

Politica regionale di sicurezza e disarmo

Anche se a livello internazionale il multilateralismo perde importanza, a livello regionale non si riscontra la stessa tendenza. La cooperazione nel controllo degli armamenti è in atto in più regioni e zone rendendo possibile soluzioni adeguate per i problemi locali.

Gli Stati della regione europea ed euroatlantica hanno sviluppato strumenti particolari per il disarmo e la creazione di un clima di fiducia: l'Accordo sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE), il Trattato sui cieli aperti (Open-Skies-Treaty) o il Documento di Vienna del 1999; nessun'altra regione si è dotata di basi analoghe. La conclusione dei trattati è stata possibile grazie al superamento della divisione del continente europeo, passo reso a sua volta più facile da questi accordi.

Continua la cooperazione iniziata negli anni Novanta nell'ambito del disarmo.

L'applicazione delle misure atte a creare un clima di fiducia e di politica di sicurezza genera tutta una serie di attività. Nuovi meccanismi vengono sviluppati in risposta alle nuove sfide, come ad esempio gli enormi depositi di armi e munizioni convenzionali nelle ex repubbliche sovietiche. L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e la NATO hanno sviluppato meccanismi di appoggio al fine di raccogliere mezzi finanziari e competenze e perfezionare la gestione dei depositi e le procedure di distruzione delle armi. Inoltre vengono promulgate nuove norme per migliorare il controllo delle esportazioni. Questo passo è importante poiché gli Stati della regione euroatlantica rientrano nel gruppo dei maggiori esportatori di armi.

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Tuttavia attualmente questo approccio basato sulla cooperazione è minacciato da tensioni. È sintomatica in particolare la decisione della Russia alla fine del 2007 di sospendere il trattato CFE. La Russia ritiene che a causa degli sviluppi strategici (in particolare l'estensione della NATO) gli strumenti attuali siano contrari ai suoi interessi e debbano essere rivisti. Questo problema, non risolto, potrebbe causare notevoli effetti sull'intera struttura di controllo degli armamenti in Europa.

Il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro (SALW), che assume un ruolo importante nei conflitti interni, causa problemi soprattutto ai Paesi africani dell'area subsahariana. Le organizzazioni subregionali perciò hanno intrapreso sforzi straordinari per trovare una soluzione. I meccanismi già esistenti sono stati completati con nuovi strumenti. La Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS) ha sviluppato nel 2006 un accordo sulle armi leggere e di piccolo calibro nonché sulle munizioni e altro materiale relativo, che vieta l'importazione e l'esportazione di armi leggere nel territorio degli Stati membri. Il Protocollo di Nairobi su prevenzione, controllo e riduzione delle armi leggere e di piccolo calibro, entrato in vigore nel 2006, persegue lo scopo di lottare ed eliminare il commercio con armi di questo tipo ed il loro possesso nella regione dei Grandi Laghi e nel Corno d'Africa.

L'Organizzazione degli Stati americani (OSA) e le organizzazioni subregionali del continente americano, a loro volta, danno particolare importanza alla questione del SALW poiché rappresenta un grave problema nel quadro della situazione della criminalità nel continente. La questione del disarmo in generale non è prioritaria per l'OSA, non per mancanza di disponibilità a cooperare, bensì perché la situazione non lo richiede. Questa constatazione deve essere però relativizzata di fronte a determinati acquisti che fanno temere una corsa regionale agli armamenti in Sudamerica.

A causa delle tensioni in Medio Oriente non esiste alcuna cooperazione per il controllo degli armamenti. Questa constatazione viene confermata dal significativo aumento delle spese militari nella regione negli ultimi anni.

Lo stesso vale in parte anche per l'Asia che registra una cospicua crescita del budget militare. Le
istituzioni per la cooperazione regionale si occupano poco del controllo degli armamenti. Solo alcuni elementi relativizzano questo quadro: nel 2005 l'India ed il Pakistan hanno concluso un accordo per regolamentare gli annunci di test per il lancio di missili balistici riducendo dunque le tensioni tra i due Paesi. Inoltre Kazakstan, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan hanno concluso nel 2006 il Trattato di Semipalatinsk che dichiara l'Asia centrale zona esente da armi nucleari. Il Trattato non è ancora entrato in vigore: si tratta del primo accordo per determinare una zona esente da armi nucleari nell'emisfero settentrionale e del primo strumento multilaterale sul controllo degli armamenti nucleari concluso dal 1996.

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2

Obiettivi e strumenti della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo

2.1

Principi sui quali si fondano le posizioni svizzere

I principi della politica estera svizzera, come definiti all'articolo 54 della Costituzione federale, costituiscono le basi della politica di controllo degli armamenti e del disarmo. Inoltre per la Svizzera, piccolo Stato neutrale, è di massima importanza che le forme di cooperazione internazionale, formatesi dal termine della Guerra fredda, diventino più stabili ed ampie.

In tale quadro, la Svizzera persegue una politica di controllo degli armamenti e del disarmo pragmatica allo scopo di garantire una sicurezza nazionale ed internazionale con un livello per quanto possibile basso di arsenali. Concretamente ciò significa che la politica svizzera ha come obiettivo la trasparenza e la prevedibilità delle attività militari dei vari Stati, il rafforzamento della cooperazione internazionale nel settore della politica di sicurezza e in ultima analisi l'aumento della fiducia tra gli Stati. Per queste ragioni la Svizzera partecipa in genere a tutti gli strumenti vincolanti che le sono accessibili. La decisione del 2005 di non firmare il Trattato sui cieli aperti (Open-Skies-Vertrag), poiché il Consiglio federale era giunto alla conclusione che l'impegno profuso nella concretizzazione dell'accordo non sarebbe stato proporzionale ai benefici, costituisce un'eccezione.

Al fine di ottenere trasparenza e fiducia, per la Svizzera è molto importante che i sistemi di controllo degli armamenti non siano discriminatori, possano essere verificati e siano vincolanti secondo il diritto internazionale. Inoltre per la Svizzera gli accordi universali prevalgono sui trattati tra singoli gruppi di Paesi. La Svizzera si distanzia da questo principio solo nel contesto del regime di controllo informale dell'export. Per ragioni di ponderazione degli interessi da una parte e per motivi di divario tecnologico (e dunque dell'utilità particolare di tali regimi per determinati Stati) dall'altra, i regimi multilaterali di controllo delle esportazioni non sono universali.

Nel caso delle armi di distruzione di massa, l'approccio pragmatico significa che la Svizzera si impegna tanto per la non proliferazione quanto per il disarmo completo senza tuttavia dare la priorità ad una delle due posizioni. Soprattutto, la Svizzera mette l'accento su un approccio globale alla non proliferazione, che tenga conto tanto degli elementi che si
riferiscono all'offerta quanto di quelli che si riferiscono alla domanda. Per quel che riguarda l'offerta si tratta di regolamentare l'accesso a informazioni, materiali e prodotti al fine di rendere impossibile la produzione di armi di distruzione di massa. Analogamente deve essere ridotta la domanda di queste armi che nella maggior parte dei casi deriva da un calcolo strategico e spesso da un'esigenza di sicurezza. Inoltre la Svizzera vede un nesso diretto tra il riarmo ed il disarmo e l'incentivo alla proliferazione. Ad esempio, sono problematici gli sforzi tesi a non eliminare completamente le armi nucleari, ma a sostituirle con nuovi sistemi (la cosiddetta proliferazione verticale).

In ambito convenzionale, i punti nevralgici restano la lotta contro il traffico di armi di piccole dimensioni e i programmi per eliminare le mine antiuomo e i residui bellici esplosivi. Nei conflitti intrastatali, i più frequenti oggi, sono impiegate soprattutto armi di piccolo calibro e leggere. L'impegno della Svizzera si basa sulla convinzione che la problematica delle armi di piccolo calibro influenza direttamente la sicurezza umana e la stabilità di nazioni e regioni. Inoltre il controllo delle armi di 6989

piccolo calibro ha effetti positivi nella lotta contro il terrorismo. Per questi motivi la Svizzera, nel periodo preso in esame, si è impegnata tra l'altro per definire standard universali per contrassegnare le armi di piccolo calibro, al fine di render possibile un controllo a livello mondiale del traffico (marking and tracing). Inoltre la Svizzera partecipa al dialogo politico in seno al Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) dell'OCSE. Questo dialogo serve a sostenere la riforma dei sistemi di sicurezza, ad elaborare direttive per ridurre la violenza armata e applicare i principi d'intervento in Stati fragili e situazioni precarie («Principles for good internazional engagement in fragile states & situations») approvati dal CAS nell'aprile 2007. I conflitti all'interno di uno Stato tuttavia non mettono in pericolo solo la sicurezza in senso lato, ma anche lo sviluppo, fenomeno che acuisce a sua volta il rischio di conflitti.

Dunque è importante far in modo che la Svizzera coordini i propri obiettivi in questi due ambiti di politica estera.

Con questo approccio la Svizzera sottolinea la volontà di affrontare i pericoli che i conflitti intrastatali rappresentano per la sicurezza in tutti i loro aspetti, anche con i mezzi della politica del controllo degli armamenti e del disarmo. Qui di seguito presentiamo i diversi strumenti dell'attuale politica svizzera di controllo degli armamenti e del disarmo nel contesto internazionale.

2.2

Misure della Svizzera nel settore delle armi di distruzione di massa

2.2.1

Armi nucleari

Dal 2004 il dibattito sul disarmo e la non proliferazione di armi nucleari è diventato più aspro, in particolare a causa dell'Iran sospettato di sviluppare un programma militare segreto per armi nucleari. Al rifiuto dell'Iran di una moratoria del programma di arricchimento dell'uranio, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha reagito con quattro risoluzioni, di cui tre contemplavano sanzioni. La Svizzera ha applicato le risoluzioni 1737, 1747, 1803 del Consiglio di sicurezza e ha tentato di trovare una soluzione diplomatica alla crisi mettendosi in contatto con le parti in causa2.

Dopo anni di ristagno e dopo il test nucleare dell'ottobre 2006, nel 2007 nella penisola coreana gli sviluppi sono risultati più incoraggianti. Nei dibattiti nel quadro dei negoziati a sei Nazioni (Corea del Nord, Corea del Sud, Cina, Giappone, USA, Russia) è stato possibile convincere la Corea del Nord a chiudere gli impianti nucleari. Nel 2008 tuttavia il processo si è di nuovo arenato a causa della lentezza con cui Pyongyang ha presentato l'elenco completo delle installazioni e dei programmi nucleari. La Svizzera ha applicato la Risoluzione 1718 approvata3 dal Consiglio di sicurezza dopo il test nucleare del 2006. Inoltre ha facilitato due incontri tra gli USA e la Corea del Nord a Ginevra, il primo a settembre 2007 ed il secondo a marzo 2008.

2

3

Ordinanza del 14 febbraio 2007 che istituisce provvedimenti nei confronti della Repubblica Islamica dell'Iran (RS 946.231.143.6); modificata il 30 aprile 2007 ed il 23 aprile 2008.

Ordinanza del 25 ottobre 2006 che istituisce provvedimenti nei confronti della Repubblica popolare democratica di Corea (RS 946.231.127.6).

6990

Gli sviluppi in Iran hanno convinto alcune potenze atomiche a fare pressioni sugli Stati che non sono in possesso di armi nucleari affinché rinuncino all'accesso a tecnologie nucleari delicate (arricchimento, ritrattamento) nonostante l'odierno crescente interesse per l'energia nucleare. Il dibattito è reso ancora più complesso dal fatto che gli USA intendono concludere un accordo sulla collaborazione nel settore nucleare con l'India, che non ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), e cercano di ottenere che il Gruppo dei fornitori nucleari (NSG) preveda un'eccezione per l'India.

A livello multilaterale, la Svizzera continua ad appoggiare l'impegno pragmatico a favore dei tre pilastri del regime di non proliferazione nucleare: disarmo, non proliferazione e diritto all'uso pacifico del nucleare. Le divergenze sull'importanza che i Paesi membri danno a questi tre pilastri sono state il principale motivo del fallimento della Conferenza di revisione del TNP nel 2005.

Alla Conferenza di Ginevra sul disarmo, di cui la Svizzera ha assunto la presidenza nel 2007 secondo il turno previsto, il nostro Paese si è impegnato nuovamente per la ripresa dei negoziati sulla conclusione di un Trattato per il divieto di produzione di materiale fissile (FMCT).

Nella Prima Commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007 la Svizzera, in collaborazione con il Cile, la Nuova Zelanda, la Nigeria e la Svezia, ha proposto una risoluzione a favore della riduzione del livello di disponibilità delle armi nucleari (De-Alerting)4 e prevede ulteriori misure in questa questione.

Benché il bilancio federale non preveda crediti per progetti concreti di disarmo nucleare, la Svizzera ha tentato di contribuire alla cooperazione internazionale in questo settore. In collaborazione con gli USA ha organizzato nel 2004 e nel 2007 nel Laboratorio SPIEZ incontri multilaterali destinati ad appoggiare il finanziamento di progetti per chiudere gli ultimi impianti nucleari russi per la produzione di plutonio.

Per quel che riguarda la lotta contro il terrorismo nucleare, la Svizzera inoltre partecipa alle riunioni della Global Initiative to Combat Nuclear Terrorism (GICNT), avviata nel 2006 dai presidenti Bush e Putin.

2.2.2

Armi chimiche

La Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell'immagazzinaggio e dell'uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (CAC) del 1997 riveste un'importanza particolare nella politica della sicurezza poiché per la prima volta un'intera serie di armi di distruzione di massa è stata vietata in maniera completa e controllabile. La CAC soddisfa dunque in maniera esemplare le esigenze poste dalla Svizzera alle convenzioni internazionali nel settore delle armi di distruzione di massa.

Dalla sua entrata in vigore, la CAC è divenuta quasi universale. A giugno del 2008 era stata firmata da 184 Paesi. Tuttavia, Stati come Israele, Egitto e Siria non vi hanno ancora aderito. Inoltre l'applicazione della Convenzione è lacunosa in molti Paesi membri. In occasione della seconda Conferenza di revisione della CAC ad aprile 2008, è stato eseguito un inventario completo di tutti gli aspetti della Conven4

Risoluzione A/RES/62/36: «Decreasing the operational readiness of nuclear weapons systems».

6991

zione contro le armi chimiche. La Svizzera ha partecipato ai negoziati con interventi sulle sostanze chimiche definite «aggressivi invalidanti» (Incapacitating Agents), su diversi aspetti del regime di ispezione e verifica e su protezione e assitenza.

La distruzione degli arsenali di armi chimiche dichiarati continua, anche se in parte in modo esitante. L'Albania è stato il primo Paese membro a distruggere tutte le scorte nel luglio 2007. La scadenza per la distruzione definitiva di tutte le scorte di armi chimiche è aprile 2012, ma al momento attuale appare dubbio che gli USA e la Russia, i due Paesi con le maggiori scorte di armi chimiche, possano rispettare questo termine già prolungato. Gli altri Paesi parte all'accordo e che sono in possesso di arsenali di armi chimiche (India, Libia ed un altro Paese membro che desidera restare anonimo) sono sulla buona strada e potranno probabilmente rispettare il termine del 2012.

La comunità internazionale ha preso atto dei problemi che possono presentarsi durante le complicate operazioni di distruzione di armi chimiche e ha messo a disposizione degli Stati interessati mezzi importanti. Il Parlamento svizzero ha approvato, per il periodo 2003­2008 un credito quadro di 17 milioni di franchi (ridotto in un secondo tempo a 14,5 milioni) per sostenere la distruzione delle scorte di armi chimiche in Russia e in Albania. In Russia questo credito è servito al finanziamento parziale di quattro sottostazioni elettriche, che forniscono corrente agli impianti di smaltimento, e al finanziamento di un progetto di monitoraggio dell'ambiente e della salute nelle vicinanze di tali impianti. Nel periodo 2003­2008 la Svizzera ha inoltre finanziato una parte del progetto di Green Cross in Russia. In Albania la Svizzera ha finanziato tra il 2003 ed il 2007 l'ispezione di scorte di armi chimiche da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW).

Il Laboratorio SPIEZ appoggia il regime di verifica dell'OPCW in questioni scientifiche e con la formazione di ispettori. Anche presso il centro di competenza ABC delle forze armate svizzere specialisti provenienti da vari Paesi vengono addestrati ad adoperare materiale di protezione e a servirsi di tecniche di analisi. Nel 2005 è stato concluso con successo un progetto triennale di formazione nell'Asia centrale.
Infine la Svizzera mette a disposizione dell'OPCW personale ed equipaggiamenti di protezione, laboratori e apparecchi di segnalazione nel caso in cui uno dei Paesi contraenti venga attaccato con armi chimiche o minacciato.

2.2.3

Armi biologiche

La Convenzione sulle armi biologiche (BTWC) vieta l'acquisto, lo sviluppo, la produzione ed il possesso di armi biologiche e a tossine nonché equipaggiamenti o mezzi di impiego destinati all'uso di tali armi. La Svizzera ha ratificato la Convenzione nel 1976. Come nel caso della Convenzione sulle armi chimiche, anche il BTWC deriva dal Protocollo di Ginevra del 1925 (divieto di impiegare gas soffocanti, velenosi o simili e mezzi batteriologici in guerra). Nel giugno 2005, in occasione dell'80° anniversario del Protocollo di Ginevra, la Svizzera (lo Stato sede) ha organizzato un seminario internazionale congiuntamente alla Francia (lo Stato depositario) in cui i Paesi partecipanti hanno valutato le misure internazionali esistenti e quelle in programma nell'ambito della lotta contro l'impiego di sostanze biologiche o chimiche per scopi ostili.

6992

Il BTWC non dispone ancora di strumenti di verifica. Di fronte ai rapidissimi sviluppi in questo settore (biotecnologie, ingegneria genetica) e all'aumento della minaccia di impiego di armi biologiche (terrorismo, probabile prosecuzione dei programmi di produzione di armi biologiche in alcuni Paesi) la mancanza di misure di verifica efficaci mina la Convenzione. Nel 2001 sono state interrotte le trattative sulla verifica ed il blocco che ne è conseguito è stato superato solo in occasione della sesta conferenza di revisione. Ciononostante il dialogo su un meccanismo di verifica molto probabilmente potrà essere ripreso solo tra qualche anno.

Al fine di colmare almeno provvisoriamente questa lacuna nella Convenzione, gli Stati parte si sono accordati su misure atte a creare un clima di fiducia e destinate a permettere lo scambio di informazioni su programmi di ricerca militari (a scopo difensivo), attività di laboratorio o l'apparizione insolita di malattie. Tuttavia il numero di Paesi che partecipano allo scambio di informazioni è modesto, per cui questa misura non ha né l'efficacia né l'utilità di un reale sistema di verifica. Dalla conferenza di revisione nel 2006 la Svizzera si è presentata quale uno dei maggiori fautori di un clima di fiducia. Fino alla prossima conferenza di revisione nel 2011 questo argomento è prioritario per la Svizzera: mediante una serie di analisi si vuole preparare il terreno per un ulteriore rafforzamento di questo strumento.

Nell'ambito della sicurezza biologica, la Svizzera è attiva in diversi settori. Il nostro Paese sostiene l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nelle misure, incluse quelle preventive, contro il pericolo biologico. Inoltre nel 2007 il LABOR SPIEZ ha avviato la costruzione di un laboratorio di massima biosicurezza. Questo nuovo laboratorio, oltre ai compiti principali, cioè la prova di armi biologiche e di agenti patogeni, offrirà anche corsi di formazione e perfezionamento nazionali ed internazionali sulla biosicurezza.

Infine nel 2009 la Svizzera organizzerà per la seconda volta, congiuntamente agli USA, una manifestazione in cui verrà provato il coordinamento internazionale in caso di attentato bioterroristico (Black Ice II). La prima di queste esercitazioni (Black ICE I) ha avuto luogo nel 2006 a Montreux: hanno partecipato i quadri superiori di una serie di organizzazioni internazionali; il programma di Black ICE II è analogo.

2.3

Misure della Svizzera nel settore dei sistemi vettori e dell'armamento spaziale

I «sistemi vettori», quali ad esempio i missili balistici, i missili da crociera e i velivoli senza pilota (Unmanned Air Vehicles) possono trasportare non solo munizioni convenzionali, ma anche testate nucleari, biologiche e chimiche. Negli ultimi anni sono stati sviluppati sempre più sistemi vettori, come dimostrato dal numero crescente di lanci sperimentali. In particolare, i timori suscitati da questi lanci hanno, indotto gli USA a dare il via a un programma di scudo spaziale antimissili il cui dispiego, a sua volta, potrebbe incitare altri Paesi ad ampliare le loro capacità balistiche.

In materia, per ora, non esiste una convenzione universalmente vincolante e i meccanismi vigenti affrontano la problematica solo in maniera parziale. Il regime di controllo delle tecnologie missilistiche (MTCR) regge, mediante direttive convenute congiuntamente, l'esportazione e la cessione di beni e tecnologie utilizzabili per la 6993

fabbricazione di sistemi vettori. Tuttavia, il fatto che alcuni tra i Paesi che sono i maggiori esportatori di sistemi vettori non siano associati al regime, la rapidità dello sviluppo tecnologico e le affinità tra i programmi di sviluppo di missili balistici e i programmi spaziali costituiscono altrettante sfide per la comunità degli Stati. Il Codice di condotta dell'Aja contro la proliferazione dei missili balistici (HCOC), adottato nel 2002, si fonda su un obbligo generale di prudenza in ambito missilistico e ha introdotto misure volte a migliorare la trasparenza (ad esempio il preannuncio di lanci di missili). Lo strumento presenta però due punti deboli: la mancata adesione di molti Stati chiave (Cina, India, Pakistan) e l'esecuzione lacunosa delle sue disposizioni.

La Svizzera si adopera per prevenire la proliferazione dei missili balistici mediante il rafforzamento dei regimi summenzionati; sostiene altresì gli sforzi per l'elaborazione di norme legalmente vincolanti e non discriminatorie e incoraggia gli scambi in questo ambito. Nel 2008, per esempio, ha organizzato un seminario sulla questione delle installazioni antimissili, sulla ricerca di risposte politiche a questi sistemi di dissuasione e sulle iniziative pratiche da prendere in esame.

Le forze armate si servono sempre più spesso dei sistemi spaziali per l'osservazione, le comunicazioni e per la determinazione delle posizioni. Per ora lo spazio è utilizzato solo in maniera passiva: nessuno Stato vi ha ancora installato armi o ha preso di mira i satelliti di un'altra potenza.

Ciò nonostante, numerosi Paesi stanno sviluppando armi spaziali come dimostrato di recente dalla distruzione di un satellite orbitale cinese da parte della stessa Cina. In sostanza le armi di questo tipo appartengono a tre categorie. Le armi anti-satelliti, spiegate a terra o nello spazio, consentono di attaccare i sistemi spaziali dell'avversario. Nello spazio possono essere installate anche armi destinate a completare uno scudo difensivo antimissili. Infine, armi stazionate nello spazio potrebbero essere utilizzate per un attacco contro obiettivi terrestri.

L'utilizzazione di queste armi metterebbe in pericolo il principio dell'utilizzazione pacifica dello spazio extraatmosferico, su cui poggia il trattato del 1967, nonché la sicurezza delle infrastrutture
spaziali. Un simile sviluppo pregiudicherebbe inoltre importanti prestazioni di servizi fornite dai sistemi spaziali a un crescente numero di Stati.

Desiderosa di evitare la rimessa in questione del principio dell'utilizzazione pacifica dello spazio, la Svizzera si adopera per l'elaborazione di norme vincolanti che impediscano il dispiego di armi spaziali e il ricorso alla forza contro sistemi spaziali.

Sostiene anche i vari sforzi volti al ripristino della fiducia e della trasparenza in ambito spaziale.

2.4

Misure della Svizzera nel settore delle armi convenzionali

2.4.1

Trattato sul commercio di armi (Arms Trade Treaty)

Il trattato sul commercio delle armi ha preso spunto da un'iniziativa britannica volta a disciplinare mediante disposizioni vincolanti il commercio mondiale delle armi convenzionali e a controllare gli abusi.

6994

Il 6 dicembre 2006 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato con 153 voti in favore, 24 astensioni (Russia, Cina, diversi Paesi arabi) e un voto contrario (USA) una risoluzione per l'avvio dei lavori per la conclusione di un trattato sul commercio delle armi.5 La Svizzera ha sostenuto l'iniziativa fin dall'inizio ed era tra i fautori della risoluzione. Caldeggiava un trattato giuridicamente vincolante, universale e non discriminatorio. Un siffatto strumento dovrebbe includere tutte le armi convenzionali definite Registro delle armi convenzionali dell'ONU, con l'aggiunta delle armi leggere e di piccolo calibro.

Nell'autunno 2007 la Svizzera è stata invitata a far parte del gruppo peritale governativo di 28 membri incaricato di esaminare la fattibilità, il contenuto e il campo di applicazione di un trattato sul commercio delle armi. Nell'autunno 2008 il gruppo sottoporrà all'Assemblea generale dell'ONU un rapporto che deve essere approvato consensualmente. Le probabilità di raggiungere il consenso, tuttavia, sono difficili da stimare perché tra gli Stati che appaiono riluttanti figurano alcuni dei maggiori esportatori di armi.

2.4.2

Armi pesanti convenzionali

Le armi pesanti convenzionali comprendono i carri armati da combattimento, i veicoli da combattimento corazzati e i veicoli da combattimento della fanteria, i sistemi d'artiglieria di grosso calibro, i velivoli da combattimento e gli elicotteri d'attacco nonché le navi da guerra, i missili e i loro sistemi di lancio. Gli strumenti centrali per il controllo delle armi pesanti convenzionali sono le misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (CSBM), la limitazione degli armamenti e il disarmo.

Il Registro delle armi convenzionali, istituito nel 1992 dall'Assemblea generale dell'ONU, contiene dati accessibili al pubblico in merito alle scorte, alla produzione, alle importazioni e alle esportazioni delle sette principali categorie di sistemi bellici convenzionali. La Svizzera ha sostenuto l'allestimento del Registro ONU delle armi convenzionali e dal 1993 fornisce annualmente tutte le informazioni pertinenti. Si adopera altresì perché il registro sia esteso a nuove categorie e per la sua applicazione universale. Nel 2006 è stata membro del corrispondente gruppo di esperti governativi.

Con i Documenti di Vienna (1990/92/94/99), l'OSCE ha elaborato un'originale serie di CSBM la cui zona di applicazione si estende a tutta l'Europa, dall'Atlantico agli Urali, coprendo anche i cinque Stati d'Asia centrale. Il regime prevede, tra l'altro, uno scambio annuale di informazioni sulle forze armate, le armi pesanti convenzionali, i piani e contatti militari; notifiche delle attività militari; meccanismi di verifica e di consultazione come pure una rete di comunicazione. La Svizzera si adopera per la piena e corretta attuazione di tutti gli accordi nello spazio OSCE e per preservare quanto acquisito in materia di politica di limitazione degli armamenti.

Per tener conto dei mutamenti intervenuti in Europa, nel 1999 si è riveduto il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE; 1990), finalizzato a impedire un'elevata concentrazione di forze convenzionali prescrivendo limiti massimi per le 5

Risoluzione A/RES/61/89: «Towards an arms trade treaty: establishing common international standards for the import, export and transfer of conventional arms».

6995

armi convenzionali e gli effettivi di truppe nonché direttive concrete per il disarmo.

L'«Accordo sull'adattamento del Trattato CFE» del 1999 offre agli Stati membri dell'OSCE la possibilità di aderire al campo d'applicazione. La Svizzera ravvede in tale accordo una pietra miliare per la sicurezza in Europa e, in caso di entrata in vigore, prenderà in considerazione l'eventualità di un'adesione.

La ratifica dell'accordo da parte degli Stati occidentali è per altro subordinata all'adempimento da parte russa del trattato sottoscritto a Istanbul nel 1999 (ritiro delle truppe russe dall'Abkhasia e dalla Transnistria). La Russia ha dichiarato di aver adempiuto questi impegni, pur considerando artificiale il legame e argomentando che potrebbe costituire un motivo di sospensione del trattato CFE dalla fine di dicembre 2007. Poiché una moratoria equivarrebbe a una perdita di informazioni per tutti gli Stati membri, ci si aspetta che le misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza del Documento di Vienna del 1999 acquistino importanza. Ciò significa altresì che la Svizzera disporrà di quote inferiori per le sue attività di verifica.

Un regime complementare alle CSBM e alle misure per la limitazione degli armamenti e il disarmo è costituito dal Trattato sui cieli aperti che autorizza voli di ricognizione con velivoli e sensori certificati (fotocamere, videocamere, apparecchi infrarossi, radar). Il suo campo d'applicazione, da Vancouver a Wladiwostok, include anche l'intero territorio degli USA e della Russia, a differenza degli altri regimi CSBM. Il trattato è entrato in vigore il l° gennaio 2002. La Svizzera ha concluso che, dal punto di vista della politica della sicurezza e della limitazione degli armamenti, un'adesione sarebbe auspicabile e compatibile con il principio della neutralità. Si è per contro assodato che gli oneri supplementari in termini finanziari e di personale sono sproporzionati agli interessi svizzeri e che una corrispondente ridistribuzione dei mezzi non sarebbe giustificata. La mozione Béguelin (06.3794), che esigeva l'adesione, è stata ritirata nel 2007. Esiste tuttavia un accordo di transito che consente, ai Paesi membri del trattato, il sorvolo e lo scalo.

2.4.3

Armi leggere e di piccolo calibro

Nel settore delle armi leggere, la Svizzera svolge un ruolo d'avanguardia a livello internazionale nell'evidenziare gli effetti negativi del traffico illecito e della proliferazione incontrollata.

In particolare, ha partecipato all'elaborazione del Programma d'azione delle Nazioni Unite per la prevenzione, la lotta e l'eliminazione del commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro, adottato dall'ONU nel luglio 2001. Il documento ­ il primo di portata mondiale ­ è stato sottoposto agli Stati membri nel luglio 2006, a New York. Purtroppo in tale occasione il programma non è stato maggiormente precisato e neppure è stato definito il futuro orientamento dell'attività internazionale.

In sintonia con gli obiettivi del Programma d'azione, la Svizzera già dal 1999 si adopera per la marchiatura di tutte le armi leggere in modo da assicurarne la tracciabilità. Questo impegno ha portato frutto: il gruppo di lavoro incaricato di elaborare uno strumento internazionale per l'identificazione rapida e affidabile e la rintracciabilità delle armi leggere e di piccolo calibro illegali è stato posto sotto la sua guida e lo strumento è stato approvato dall'Assemblea generale dell'ONU, l'8 dicembre 2005.

6996

Negli ultimi anni, è stata elaborata una serie di convenzioni regionali con obblighi e raccomandazioni che in parte vanno oltre quanto previsto dal Programma d'azione delle Nazioni Unite. Particolarmente significativo per il nostro Paese è il Documento OSCE sulle armi leggere e di piccolo calibro adottato nel novembre 2000. Alla fine del 2003 sono state adottate anche otto «Guide delle migliori prassi» («Best Practice Guides») su aspetti centrali del controllo delle armi leggere per fornire agli Stati membri raccomandazioni pratiche per l'attuazione a livello nazionale. In collaborazione con la Spagna e la Gran Bretagna, la Svizzera ha elaborato una di queste guide sulle procedure nazionali per la gestione e la sicurezza delle scorte.

Nel 2006, la Svizzera si è impegnata in una nuova iniziativa volta a sensibilizzare i governi sull'importanza di integrare la prevenzione della violenza armata e la lotta contro questo fenomeno nei programmi di sviluppo. Dal suo lancio, nel giugno 2006, la Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo è stata adottata da 92 Stati. La sua applicazione è coordinata da un piccolo gruppo di Stati che, sotto direzione svizzera, si adoperano per l'adempimento degli impegni presi e intendono elaborare un metodo per tradurre in cifre i costi globali indotti dalla violenza armata.

Oltre alle attività diplomatiche, la Svizzera svolge anche compiti operativi. Per esempio, nell'ambito del programma d'azione delle Nazioni Unite, ha assistito altri Paesi e regioni nella lotta contro il commercio illecito di armi leggere; contribuisce al Fondo «armi leggere» del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo come pure a vari progetti nei settori formazione, potenziamento delle capacità locali, raccolta e distruzione di armi leggere e di piccolo carico.

Il nostro Paese mette a disposizione le competenze dei suoi esperti locali e incoraggia la formazione di personale qualificato per le ispezioni e le missioni di sostegno alla distruzione delle armi leggere. In questo settore l'esercito svizzero ha sviluppato un corso di formazione seguito, nel 2007, da 23 svizzeri e da 31 esperti internazionali di 13 nazionalità. Per allargare la cerchia dei partecipanti la formazione è stata trasferita presso l'Accademia militare della NATO a Oberammergau, dove è ormai proposta
annualmente. In materia di armi leggere e di piccolo calibro, la Svizzera ha partecipato anche al piano d'azione del Patto di stabilità per l'Europa sud-orientale e a importanti conferenze e iniziative internazionali.

Si avvale inoltre del suo statuto di membro del Consiglio di Partenariato EuroAtlantico e del Partenariato per la pace (PPP) della NATO per promuovere ed applicare gli obblighi e le norme esistenti. Ha organizzato, per esempio, una serie di seminari per abbordare determinati problemi e meglio coordinare l'attività delle varie organizzazioni regionali. Infine, ha sostenuto finanziariamente progetti concreti per la distruzione di scorte di armi leggere in soprannumero.

Continua il supporto svizzero al Small Arms Survey, un programma di ricerca internazionalmente riconosciuto, con sede a Ginevra presso l'Institut de Haute Etudes Internationales et du Développement dal 1999. Nell'ambito di questo programma, la Svizzera finanzia anche uno studio per elaborare e applicare un metodo che consenta di valutare i costi diretti e indiretti della violenza armata e il suo impatto negativo sullo sviluppo socioeconomico e umano. Lo studio contribuisce all'attuazione degli obiettivi della Dichiarazione di Ginevra.

Non da ultimo, il gruppo di lavoro interdipartimentale sulle questioni relative alle armi leggere e di piccolo calibro ha elaborato una strategia internazionale pubblicata nel 2008. In seguito a un intervento parlamentare, il gruppo di lavoro si è anche 6997

occupato dell'attuazione e della ratifica di diversi accordi internazionali nel settore delle armi leggere, sottoponendo al Consiglio federale il relativo rapporto. Il Consiglio federale ne ha autorizzato la pubblicazione pur incaricando il gruppo di lavoro di consultare i Cantoni, in particolare sulle ripercussioni finanziarie della firma del Protocollo ONU sulle armi da fuoco.

2.4.4

Mine, munizioni ed esplosivi

Fedele alla sua tradizione umanitaria, da tempo la Svizzera si impegna per il totale divieto delle mine antiuomo. Già nel 1999 ha distrutto interamente le proprie scorte, dopo essere stata, nel 1998, una delle prime nazioni a ratificare la Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (Convenzione di Ottawa), che prevede, appunto, l'interdizione totale e l'annientamento delle scorte. La Svizzera contribuisce con ingenti mezzi finanziari alla promozione del divieto mondiale e della distruzione delle mine antiuomo ed è nota per la sua serietà in materia. Nel 2004 la Confederazione ha formulato per la prima volta una strategia di lotta contro le mine, definendone l'orientamento e il margine di manovra sotto il profilo politico come sotto quello operativo. Un nuovo documento strategico è stato elaborato per il quadriennio 2008­2011.

In Svizzera la nozione di «lotta contro le mine» è intesa secondo la definizione internazionale e comprende quindi non solo le mine antiuomo ma tutte le mine come pure i residui bellici esplosivi. La nuova strategia della Confederazione persegue sei obiettivi politici e pratici: 1. applicazione universale della Convenzione di Ottawa; 2. applicazione universale del Protocollo V sui residuati bellici esplosivi e del Protocollo riveduto II, entrambi allegati alla Convenzione sulle armi classiche (CCW); 3. migliore protezione della popolazione civile dalle mine e dai residui bellici esplosivi; 4. bonifica delle aree minate; 5. aiuto alle vittime e prevenzione; 6. integrazione della lotta contro le mine nei programmi di cooperazione allo sviluppo.

La Svizzera è membro del Mine Action Support Group, composto dai 26 principali Paesi donatori, che ha presieduto nel 2004/2005. L'impegno svizzero per lo sminamento riguarda, in particolare, Europa sud-orientale, Africa e Medio Oriente, mentre altrove, per esempio in Colombia o in Afghanistan, l'accento è posto sulla sensibilizzazione al pericolo costituito dalle mine e sull'aiuto alle vittime. Inoltre il nostro Paese sostiene programmi delle Nazioni Unite, degli Stati interessati e di organizzazioni non governative mediante la messa a disposizione di materiale e di esperti.

Uno dei maggiori apporti svizzeri al processo di Ottawa è stata,
nel 1998, la creazione a Ginevra del Centro internazionale per lo sminamento umanitario che dal 2001 dirige il segretariato della Convenzione di Ottawa. La Confederazione contribuisce cospicuamente alle spese di esercizio di questa fondazione indipendente di reputazione internazionale. La Svizzera ha altresì partecipato allo sviluppo di un sistema di informazione (Information Management System for Mine Action IMSMA) che agevola il rilevamento e il trattamento dei dati e facilita la pianificazione dei programmi e la presa di decisioni a livello locale.

Varie iniziative sono state lanciate negli ultimi anni nel settore delle munizioni convenzionali. Nel novembre 2007 gli Stati parte alla CCW (Convenzione sulle armi classiche) hanno approvato un mandato per la costituzione di un gruppo di esperti 6998

governativi incaricato di negoziare una proposta per affrontare con urgenza la questione dell'impatto umanitario delle munizioni a grappolo. Il gruppo presenterà un bilancio dei risultati nel 2008, in occasione della riunione degli Stati membri. Resta ancora da vedere se e in quale misura, nell'ambito di queste trattative, possa essere negoziato un divieto di queste munizioni.

Nel febbraio 2007, a Oslo, è stata lanciata un'altra iniziativa in materia. Quarantasei Stati, tra cui la Svizzera auspicavano la conclusione, entro il 2008, di uno strumento per vietare la produzione, il trasporto, lo stoccaggio e l'uso di munizioni a grappolo che causano danni inaccettabili alle popolazioni civili. Questo cosiddetto processo di Oslo si è concluso nel maggio 2008 alla Conferenza di Dublino, allorché 111 Paesi, fra cui anche la Svizzera, hanno concordato un'ambiziosa e innovativa convenzione sull'interdizione globale delle munizioni a grappolo. La Convenzione, la cui firma avrà luogo l'8 dicembre 2008 a Oslo, entrerà in vigore sei mesi dopo il deposito del trentesimo strumento di ratifica. Tuttavia, alcuni dei maggiori produttori e utilizzatori di ordigni di questo tipo (per es. USA, Cina, Russia, India o Pakistan) non vi partecipano.

Il Protocollo V relativo ai residuati bellici esplosivi (Explosive Remnants of War) allegato alla CCW è entrato in vigore il 12 novembre 2006. Prevede, in particolare, l'obbligo di bonifica per gli Stati sul cui territorio si trovano residui bellici esplosivi e, per quelli che li hanno utilizzati, l'obbligo di contribuire alla bonifica. Stabilisce inoltre l'obbligo di dichiarare le munizioni esplosive impiegate e di scambiare informazioni allo scopo di facilitare la bonifica. Il protocollo dovrebbe contribuire considerevolmente alla protezione della popolazione civile dopo la cessazione delle ostilità. La Svizzera lo ha ratificato nel maggio 2006.

2.5

Controllo delle esportazioni

Il controllo delle esportazioni è un utile strumento per ridurre la proliferazione incontrollata di armi di distruzione di massa e di materiale bellico convenzionale.

Oltre alle esportazioni di materiale bellico, la Svizzera controlla anche quelle dei cosiddetti beni a duplice impiego, così chiamati perchè possono essere utilizzati sia fini civili sia per la fabbricazione di armi di distruzione di massa o di materiale bellico convenzionale. Il controllo delle esportazioni, tuttavia, è efficace soltanto nella misura in cui è esercitato in maniera il più possibile uniforme da tutti i principali Paesi esportatori. Per questo la Svizzera si impegna in favore del coordinamento delle misure internazionali; ha aderito, per esempio, alla Convenzione sulle armi chimiche che prescrive il controllo delle esportazioni di precursori.

Parimenti, la Svizzera ha aderito anche ai quattro regimi informali di controllo delle esportazioni istituiti da una quarantina di Paesi, per lo più Paesi occidentali industrializzati, per coordinare gli sforzi in questo ambito. Si tratta del Gruppo dei Fornitori Nucleari (NSG), del Regime di Controllo della Tecnologia Missilistica (MTCR), del Gruppo Australia (per il materiale biologico e chimico) e dell'Accordo di Wassenaar, che disciplina le armi convenzionali e i beni a duplice impiego utilizzati per la loro produzione.

Questi regimi, pur non avendo effetto vincolante sotto il profilo del diritto internazionale, fissano liste comuni dei beni sottoposti a controlli e standard per l'esecuzione dei medesimi. Nei singoli casi, tuttavia, l'attuazione dipende dall'apprezza6999

mento ma anche dagli interessi di ciascuno Stato membro. Se la Svizzera non controllasse le esportazioni, per esempio, verrebbe rimesso in questione il suo accesso senza restrizioni alle tecnologie di punta perchè le parti contrattuali non vogliono esporsi al rischio di una proliferazione incontrollata. Sul piano internazionale il nostro Paese si adopera, in particolare, per una maggiore sintonia e una più grande trasparenza. Dalle statistiche sui regimi di controllo delle esportazioni emerge che, rispetto al volume del commercio estero, la politica delle esportazioni svizzera è restrittiva.

2.5.1

Beni a duplice impiego e beni militari speciali

Nel settore dei beni a duplice impiego e dei cosiddetti beni militari speciali, la politica svizzera di controllo delle esportazioni è retta dalla legislazione sul controllo dei beni a duplice impiego.6 La normativa prevede una clausola detta «catch-all» che consente di rifiutare merci non controllate con destinazioni finali sospette.7 Grazie al forte sviluppo della sua industria delle macchine utensili, orientata alle esportazioni, la Svizzera è una delle maggiori fornitrici di beni a duplice impiego; le misure di controllo delle esportazioni interessano quindi particolarmente tale settore. Nel 2007 la SECO ha rilasciato autorizzazioni di esportazione di beni a duplice impiego e di beni militari speciali per un importo di oltre 1,04 miliardi di franchi.8 I casi delicati e quelli di considerevole entità non sono trattati unicamente della SECO ma anche da un gruppo interdipartimentale di controllo delle esportazioni nel quale sono rappresentati il DFAE, il DPPS, la Direzione generale delle dogane, l'Ufficio federale dell'energia e i Servizi d'informazione strategica, il cui sostegno è indispensabile per garantire l'autonomia della politica di controllo delle esportazioni del nostro Paese. Il rifiuto di autorizzare l'esportazione è comunicata agli altri membri dei regimi di controllo in modo da assicurare che la consegna non sia effettuata da un altro Stato membro.

Nel periodo in rassegna, il controllo delle esportazioni era incentrato in particolare sull'Iran, che cerca di padroneggiare tutti gli aspetti tecnici del ciclo di produzione dei combustibili nucleari. Le risoluzioni 1737 e 1747 del Consiglio di sicurezza, emanate in virtù del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, hanno conferito obbligatorietà universale ad alcune delle liste di controlli che i membri del NSG e del MTCR si erano imposti volontariamente. Le risoluzioni prevedono l'interdizione totale delle esportazioni in Iran di beni che possono essere impiegati per la produzione di armi nucleari o di missili balistici o l'autorizzazione solo sotto stretta sorveglianza.

6

7

8

Legge federale del 13 dicembre 1996 sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari e sui beni militari speciali (LBDI; RS 946.202); ordinanza del 25 giugno 1997 sull'esportazione, l'importazione e il transito dei beni utilizzabili a fini civili e militari e dei beni militari speciali (OBDI; RS 946.202.1).

Dagli inizi di ottobre 2006 alla fine di settembre 2007, per esempio, sono stati registrati 23 rifiuti, di cui 10 in virtù della clausola «catch-all». Nello stesso periodo sono state autorizzate domande per un valore complessivo di circa 1,3 miliardi di franchi.

Secondo le stime, il valore delle esportazioni effettive ammonta al quintuplo di tale somma, poiché essa non comprende le esportazioni effettuate con dichiarazioni di esportazione ordinarie. Cfr. anche n. 9.1. del Rapporto del Consiglio federale sulla politica economica esterna 2007. Le cifre ivi contenute, tuttavia, si riferiscono al periodo 1 ottobre 2006­30 settembre 2007.

7000

2.5.2

Materiale bellico

In Svizzera il controllo delle esportazioni di materiale bellico poggia sulla legislazione sul materiale bellico.9 L'esportazione è autorizzata quando non contravviene al diritto e agli obblighi internazionali né ai principi della politica estera svizzera. Si deve altresì mantenere intatta una capacità industriale adeguata ai bisogni della difesa nazionale. L'articolo 5 dell'ordinanza sul materiale bellico (OMB) specifica i criteri per l'autorizzazione di affari con l'estero.10 Il 27 agosto 2008 il Consiglio federale ha deciso di precisare i criteri fissati nell'articolo 5 OMB summenzionato.

Le autorizzazioni sono rilasciate dalla SECO d'intesa con il DFAE ed, eventualmente, altri uffici. Le domande sulle quali le autorità non riescono a trovare un accordo e che sollevano importanti questioni di politica estera o di politica della sicurezza sono sottoposte per decisione al Consiglio federale. Al confronto di altri Paesi occidentali, la politica svizzera di esportazione di materiale bellico è particolarmente severa. Nel 2007 le esportazioni di materiale bellico rappresentavano lo 0,24 % (464 mio. di franchi) delle esportazioni della nostra economia.11

3

Prospettive della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo

La Svizzera prosegue la propria azione per il rafforzamento del processo internazionale di controllo degli armamenti e di disarmo in un clima difficile. Si serve di tutte le possibilità che le sono offerte per esercitare un'influenza a livello multilaterale e bilaterale. Sotto la direzione del DFAE, le risorse istituzionali, finanziarie e di personale dei dipartimenti sono impiegate per una politica di controllo degli armamenti e di disarmo in senso lato.

Difficilmente, tuttavia, si registreranno progressi significativi a livello internazionale nei prossimi anni. Da un lato ciò si spiega con il fatto che, per definizione, controllo degli armamenti e disarmo toccano direttamente gli interessi di sicurezza nazionale della maggior parte degli Stati. Di conseguenza, le posizioni negoziali sono spesso inflessibili, il che non manca di ripercuotersi sulle trattative.

9 10

11

Legge federale del 13 dicembre 1996 sul materiale bellico (RS 514.51); ordinanza del 25 febbraio 1998 concernente il materiale bellico (RS 514.511).

Articolo 5 dell'ordinanza del 25 febbraio 1998 concernente il materiale bellico (RS 514.511): In caso di autorizzazione per affari con l'estero e di conclusione di contratti di cui all'articolo 20 LMB occorre considerare: a. il mantenimento della pace, la sicurezza internazionale e la stabilità regionale; b. la situazione all'interno del Paese destinatario; occorre tener conto in particolare del rispetto dei diritti umani e della rinuncia all'impiego di bambini-soldato; c. gli sforzi della Svizzera nell'ambito della cooperazione allo sviluppo; d. il comportamento del Paese destinatario rispetto alla comunità internazionale, in particolare in relazione all'osservanza del diritto internazionale; e. la posizione dei Paesi che partecipano con la Svizzera a regimi internazionali di controllo delle esportazioni.

Nel 2007 l'importo complessivo delle esportazioni svizzere è stato di 197,3 miliardi di franchi. (Amministrazione federale delle dogane: Statistica commercio estero, 29 gennaio 2008).

7001

Esistono inoltre differenze sostanziali tra gli Stati nel determinare l'obiettivo centrale della struttura del disarmo multilaterale. Per gli USA e per i loro alleati lo scopo principale dei consessi internazionali è la non proliferazione, ossia la non diffusione di tecnologia e sapere. Altri Paesi, soprattutto i Paesi in sviluppo e emergenti, sostengono invece che l'obiettivo deve essere un chiaro disarmo quantitativo e non una restrizione dell'accesso alle tecnologie più sofisticate per quanti ancora non le possiedono. Questa contrapposizione nord-sud paralizza sempre più gli organi negoziali e le probabilità di raggiungere un consenso appaiono praticamente esaurite, soprattutto per le armi di distruzione di massa.

Il multilateralismo si vede altresì confrontato a nuove minacce, in particolare agli atti di violenza di attori non statali. Di conseguenza, la struttura internazionale del controllo degli armamenti e del disarmo, che finora si rivolgeva quasi esclusivamente agli Stati, è alla ricerca di un nuovo orientamento ma urta contro barriere istituzionali e politiche. La questione in qual misura i regimi di controllo esistenti debbano e possano coprire la violenza degli attori non statali è attualmente al centro dei dibattiti. Anche i focolai di conflitto esistenti (per es. in Iraq, in Afghanistan e in Africa) hanno effetti diretti sulla struttura multilaterale della sicurezza e del disarmo.

Le alleanze bilaterali e le ostilità regionali definiscono non soltanto gli interessi di un Paese in materia di sicurezza interna ma anche, mutatis mutandis, la sua posizione nella struttura multilaterale. Le divergenze tra USA e Iran, India e Pakistan, o in Medio Oriente si ripercuotono sugli organismi internazionali di disarmo.

Su questo sfondo, la Svizzera opera per sfruttare al meglio il margine di manovra conquistato grazie ai principi che reggono la sua politica estera. Nel settore del controllo degli armamenti e del disarmo internazionali gli obiettivi svizzeri si possono riassumete in tre punti. In primo luogo, la Svizzera si impegna per il rafforzamento istituzionale degli accordi esistenti, sia attraverso la loro universalizzazione, sia attraverso il miglioramento dell'attuazione, in particolare a livello di verifica.

Quest'ultimo punto è, per il nostro Paese, un elemento imprescindibile
dell'efficacia di un trattato internazionale. In secondo luogo la Svizzera, dato il vivo interesse che nutre per il mantenimento e il rafforzamento del diritto internazionale in ragione delle sue dimensioni, continua ad operare per misure multilaterali di controllo degli armamenti e di disarmo giuridicamente vincolanti. Mira, in terzo luogo, a un giusto equilibrio tra le esigenze di non proliferazione e di disarmo in seno agli organi interessati, perchè solo un approccio imparziale può portare a un aumento della sicurezza internazionale.

Per la credibilità dei trattati sul controllo degli armamenti e sul disarmo occorre altresì colmare le lacune e adeguare gli accordi esistenti ai costanti mutamenti della situazione internazionale nell'ambito della sicurezza. La Svizzera sosterrà quindi anche in futuro negoziati concernenti protocolli aggiuntivi, come, per esempio, uno strumento sulle garanzie di sicurezza negative per gli Stati non dotati di armi nucleari. Nel settore del nucleare, un gruppo di periti e rappresentanti dei dipartimenti interessati è incaricato dal 2007 di esplorare nuovi possibili campi di attività in materia di disarmo e di non proliferazione.

Anche in seno all'Assemblea generarle dell'ONU, ossia al più alto livello multilaterale, la Svizzera si adopera per il disarmo e il controllo degli armamenti. Congiuntamente con altri 4 Stati, ha presentato nel 2007 una risoluzione sulle armi di distruzione di massa che chiede alle nazioni dotate di armi nucleari di abbassare il livello di operatività del loro arsenale. Ciò ridurrebbe notevolmente il pericolo di un attacco

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nucleare: ci sarebbe più tempo per riconoscere eventuali falsi allarmi prima che scattino i meccanismi di risposta.

Nel settore delle armi leggere la Svizzera continuerà ad agire a livello politico per l'adozione di linee guida in vista della riduzione della violenza armata e delle sue nefaste conseguenze sullo sviluppo. In particolare, intende proseguire l'iniziativa avviata con il lancio della Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo, impegnandosi perché i vari organi internazionali e soprattutto le Nazioni Unite riconoscano l'importanza di questa problematica.

Dopo l'approvazione della Convenzione di Dublino sulle bombe a grappolo il 30 maggio 2008, il Consiglio federale studierà le conseguenze per la Svizzera e, sulla base di tale esame, ne deciderà l'eventuale celere ratifica. Anche nell'ambito della CCW, la posizione svizzera è in favore di una regolamentazione vincolante delle munizioni a grappolo, di un rafforzamento del diritto internazionale umanitario e di una migliore protezione della popolazione civile. Ai negoziati partecipano tutti i principali Paesi che producono e utilizzano bombe a grappolo.

Di fronte alla situazione di stallo in seno agli organi multilaterali, negli ultimi anni, nonostante l'aumento dei conflitti interni e locali, gli interventi a livello regionale si sono rivelati fruttuosi per la politica di controllo degli armamenti e del disarmo.

Questa tendenza dovrebbe mantenersi anche in futuro. La Svizzera intende quindi continuare a mettere a disposizione le proprie competenze e proseguire il proprio operato, per esempio in seno all'ONU, all'OSCE o a altre organizzazioni internazionali. Parimenti proseguirà nei prossimi anni la cooperazione con la NATO/PPP in materia di controllo degli armamenti e di disarmo.

A livello internazionale la Svizzera verifica costantemente il rispetto degli impegni assunti. A fine 2007, per esempio, è stato effettuato un esame dettagliato dell'applicazione da parte svizzera della Risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza ed è stata elaborata una sintesi delle disposizioni applicabili in Svizzera destinata all'ONU.

Va infine osservato che in materia di controllo degli armamenti e di disarmo la politica svizzera si manterrà pragmatica. Ciò significa che il nostro Paese sostiene le iniziative che riuniscono il più
grande numero di attori possibile perché molte regolamentazioni del controllo degli armamenti e disarmo sono prive di significato se le grandi potenze o certi Stati chiave non le accettano. Inoltre la Svizzera ritiene che a livello internazionale il controllo degli armamenti e il disarmo possano avere effetti duraturi soltanto se applicati e attuati dalla grande maggioranza degli Stati. La cooperazione con gli altri Paesi o con gruppi di Paesi continuerà quindi a essere della massima importanza nell'assicurare l'efficacia della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo.

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Allegato A

Panoramica della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo Ambiti principali

Ambiti subordinati

Armi di distru- Armi nucleari zione di massa

Armi chimiche

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Eliminazione Realizzazione di tutte le promesse fatte totale, mondiale sinora dagli Stati dotati di armi nucleari.

e controllabile Elaborazione di ulteriori misure concrete di disarmo e non proliferazione.

Mantenimento e rafforzamento del NPT.

Trattative sul divieto della produzione di materiale fissile per scopi bellici, nell'ambito della Conferenza di Ginevra sul disarmo.

Rapida entrata in vigore del CTBT e creazione immediata della CTBTO. Sino all'entrata in vigore del CTBT, rispetto delle moratorie proclamate dagli Stati dotati di armi nucleari.

Rafforzamento dei controlli da parte dell'AIEA e di quelli delle esportazioni nel quadro dell'NSG e del Comitato Zangger.

Divieto universa- Adesione di tutti gli Stati alla CAC.

le e controllabile; Esecuzione integrale ed efficace della distruzione di CAC per il tramite di un'OPCW indipentutte le scorte di dente, competente ed efficace.

armi chimiche Eliminazione delle scorte esistenti entro i termini previsti e smantellamento o conversione degli impianti di produzione.

Rafforzamento dei controlli delle esportazioni nel quadro del Gruppo d'Australia.

Armi biologiche Divieto universa- Adesione di tutti gli Stati alla BTWC.

le e controllabile Misure migliori atte a creare un clima di fiducia.

Adozione da parte di tutti gli Stati firmatari della BTWC di leggi nazionali adeguate in materia di biosicurezza.

Intensificazione della cooperazione internazionale in vista della gestione di incidenti biologici.

Rafforzamento dei controlli delle esportazioni nel quadro del Gruppo d'Australia.

Proliferazione di Non proliferamissili zione di missili quali sistemi vettori militari

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Appoggio agli sforzi per instaurare norme di diritto internazionale vincolanti e non discriminatorie che perseguono l'obiettivo della non proliferazione di missili.

Mantenimento del diritto all'uso pacifico della tecnologia missilistica per l'astronautica.

Armonizzazione e rafforzamento dei controlli delle esportazioni nell'ambito del regime informale di controllo della tecnologia missilistica (MTCR).

Ambiti principali

Ambiti subordinati

Obiettivi a lungo termine

Obiettivi intermedi

Armi convenzionali

In generale

Sicurezza e Tutela attiva degli interessi nel quadro del stabilità con il gruppo di esperti governativi per il trattato minor livello sul commercio di armi.

possibile di Estensione e perfezionamento delle armamento; CSBM.

elaborazione di Cooperazione alla verifica e aiuto un trattato sul all'implementazione all'estero.

commercio di Eventuale valutazione dell'adesione armi vincolante a all'Accordo sull'adattamento del Trattato livello mondiale CFE.

Migliore trasparenza dei transfer di armi nel quadro del registro ONU delle armi e dell'Accordo di Wassenaar.

Armi di piccolo Lotta contro il Partecipazione a tutti gli sforzi internacalibro traffico e l'abuso zionali volti al raggiungimento degli di armi di piccoloobiettivi a lungo termine; sia nell'ambito calibro; dell'ONU, dell'OSCE e del PPP, sia nel distruzione di nuovo ambito della rete «sicurezza scorte eccessive umana».

Consolidamento e ampliamento delle competenze del pool di esperti sulla valutazione della gestione dei depositi, sulla sicurezza e sui metodi di distruzione di scorte eccessive identificate di armi di piccolo calibro e munizioni. Creazione di maggiori disponibilità all'estero.

Mine e munizio- Imposizione del Adesione di tutti gli Stati alla Convenzioni divieto delle ne di Ottawa del 1997.

mine antiuomo Sostegno con personale e finanziamenti agli organi di sminamento a scopo umanitario.

Valutazione dell'adesione della Svizzera al nuovo accordo di Dublino sulle munizioni a grappolo, nel rispetto della procedura usuale di ratifica di trattati di diritto internazionale.

Controllo delle Beni a duplice esportazioni impiego

Controlli delle Accesso indiscriminato al mercato per esportazioni aziende svizzere.

efficaci, econo- Maggiore trasparenza per i transfer in mici e verificabi- Paesi giudicati critici.

li; preferenza a Migliore coordinamento tra i regimi di strumenti giuri- controllo delle esportazioni.

dicamente Concentrazione del controllo delle esporvincolanti e tazioni su beni critici, difficili da procurauniversali re.

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Allegato B

Testi nazionali e internazionali sulla politica di controllo degli armamenti e di disarmo Messaggi: ­

Messaggio del 17 agosto 2005 concernente il Protocollo del 28 novembre 2003 relativo ai residuati bellici esplosivi (Protocollo V) allegato alla Convenzione del 10 ottobre 1980 sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato (FF 2005 4977)

­

Messaggio dell'11 gennaio 2006 concernente la modifica della legge federale sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni (Legge sulle armi, LArm) (FF 2006 2531)

Basi legali: ­

Legge federale del 13 dicembre 1996 sul materiale bellico (LMB) (stato il 1° maggio 2007), RS 514.51

­

Ordinanza del 25 febbraio 1998 concernente il materiale bellico (Ordinanza sul materiale bellico, OMB) (stato il 1° gennaio 2008), RS 514.511

­

Legge federale del 20 giugno 1997 sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni (Legge sulle armi, LArm) (stato il 1° maggio 2007), RS 514.54

­

Ordinanza del 21 settembre 1998 sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni (Ordinanza sulle armi, OArm) (stato il 1° maggio 2007), RS 514.541

­

Legge federale del 21 marzo 2003 sul sostegno al disarmo e alla non proliferazione delle armi chimiche (stato il 22 luglio 2003), RS 515.08

­

Legge federale del 13 dicembre 1996 sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari e sui beni militari speciali (Legge sul controllo dei beni a duplice impiego, LBDI) (stato il 1° maggio 2007), RS 946.202

­

Ordinanza del 25 giugno 1997 sull'esportazione, l'importazione e il transito dei beni utilizzabili a fini civili e militari e dei beni militari speciali (Ordinanza sul controllo dei beni a duplice impiego, OBDI) (stato il 1° maggio 2007), RS 946.202.1

­

Ordinanza del 17 ottobre 2007 sul controllo dei composti chimici utilizzabili a scopi civili e militari (Ordinanza sul controllo dei composti chimici, OCCC) (stato il 1° gennaio 2008), RS 946.202.21

Accordi internazionali ratificati dalla Svizzera: Armi di distruzione di massa ­

Trattato del 1° luglio 1968 di non proliferazione nucleare (NPT), RS 0.515.03

­

Convenzione del 10 aprile 1972 che vieta la messa in punto, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) e a tossine e che disciplina la loro distruzione (BTWC), RS 0.515.07

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­

Convenzione del 13 gennaio 1993 sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (CWC), RS 0.515.08

­

Trattato del 10 settembre 1996 per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT) (non ancora in vigore)

Armi convenzionali ­

Convenzione del 10 ottobre 1980 sul divieto o la limitazione dell'impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato (CAC), RS 0.515.091 (con protocolli aggiuntivi) ­ Protocollo I relativo alle schegge non localizzabili ­ Protocollo II sul divieto o la limitazione dell'impiego di mine, trappole e altri dispositivi; ­ Protocollo III sul divieto o la limitazione dell'impiego di armi incendiarie ­ Protocollo IV relativo alle armi laser accecanti ­ Protocollo V relativo ai residuati bellici esplosivi

­

Convenzione del 18 settembre 1997 sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (Convenzione di Ottawa), RS 0.515.092

Altri strumenti internazionali o regionali cui la Svizzera partecipa: ­

Gruppo di fornitori nucleari (NSG), dal 1976

­

Gruppo d'Australia (AG), dal 1985

­

Registro delle armi dell'ONU, del 6 dicembre 1991

­

Regime di controllo delle tecnologie missilistiche (MTCR), dal 1992

­

Principi OSCE regolanti le cessioni di armamenti convenzionali del 25 novembre 1993

­

Accordi di Wassenaar, dal 1996

­

Documento OSCE di Vienna 1999 dei negoziati sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza, del 16 novembre 1999

­

Documento OSCE sulle armi di piccolo calibro e leggere del 24 novembre 2000

­

Protocollo ONU contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco

dell'8 giugno 2001

­

Programma d'azione delle Nazioni Unite inteso a prevenire, combattere e eliminare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti del 20 luglio 2001

­

Documento OSCE sulle scorte di munizioni convenzionali del 19 novembre 2003

­

ONU ­ Strumento internazionale per una rapida e sicura identificazione e tracciabilità di armi leggere e di piccolo calibro illegali dell'8 dicembre 2005

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