03.401 Iniziativa parlamentare Introduzione di un referendum finanziario Rapporto della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale del 1° novembre 2007

Onorevoli colleghi, la Commissione vi sottopone il presente rapporto volto a togliere di ruolo l'iniziativa parlamentare 03.401 (gruppo UDC). Introduzione di un referendum finanziario.

Conformemente al mandato sono state esaminate diverse varianti per l'applicazione dell'iniziativa. Il 16 febbraio 2007 la Commissione ha posto in consultazione un progetto di atto con un rapporto esplicativo. Dopo aver analizzato i risultati della consultazione, il 27 agosto 2007 la Commissione ha deciso, con 12 voti contro 10 e un'astensione, di non entrare in materia sul progetto e ha proposto alla Camera di togliere di ruolo l'iniziativa.

Una minoranza della Commissione (Amstutz, Müri, Perrin, Schibli, Schmied Walter, Weyeneth) propone tuttavia alla Camera di trasmettere l'iniziativa alla Commissione delle istituzioni politiche incaricandola di sottoporre un progetto.

1° novembre 2007

In nome della Commissione: Il presidente, Andreas Gross

2007-2706

7565

Rapporto 1

Genesi

1.1

Iniziativa parlamentare del gruppo UDC del 13 marzo 2003 (03.401)

1.1.1

Obiettivo dell'iniziativa parlamentare

L'iniziativa parlamentare presentata il 13 marzo 2003 dal gruppo dell'Unione democratica di centro chiede che siano sottoposti a referendum facoltativo i decreti federali concernenti crediti d'impegno e limiti di spesa dai quali risultano nuove spese uniche o ricorrenti che superano un determinato importo. Gli autori dell'iniziativa sperano che il nuovo strumento abbia effetti positivi sulle finanze federali e citano le esperienze in tal senso fatte nei Cantoni e Comuni.

1.1.2

Esame preliminare dell'iniziativa parlamentare

La Commissione delle istituzioni politiche (CIP) del Consiglio nazionale ha proceduto all'esame preliminare dell'iniziativa parlamentare il 13 novembre 2003 e ha proposto, con 11 voti favorevoli (tra i quali il voto preponderante del presidente) e 11 contrari, di darvi seguito.

Come i promotori dell'iniziativa, anche la Commissione ha innanzitutto tenuto conto di considerazioni di politica finanziaria. L'introduzione del referendum finanziario può infatti avere un effetto preventivo di disciplina della spesa pubblica, come peraltro attestano i risultati empirici riferiti dalla letteratura specialistica per quanto concerne i Cantoni e i Comuni (cfr. rapporto della CIP-N del 20 febbraio 2004).

A favore dell'introduzione del referendum finanziario, la CIP ha inoltre evocato argomenti di natura politico-democratica. Il rapporto della Commissione fa poi valere che il popolo potrebbe avere maggiore interesse a pronunciarsi su spese importanti piuttosto che su norme giuridiche astratte. Finalmente si tratta di permettere agli aventi diritto di voto di partecipare alle decisioni importanti di natura finanziaria o normativa.

La minoranza della Commissione ha invece deplorato una strumentalizzazione dei diritti popolari al solo fine di ridurre le spese. Affermando che i diritti popolari sono dotati di un proprio valore, questa minoranza ha fatto valere che non occorre crearne di nuovi per realizzare determinati scopi politici. Sarebbe inoltre necessario evitare che gli strumenti d'opposizione della democrazia diretta, tra i quali figura il referendum finanziario, acquisiscano un'eccessiva importanza. Infine, la minoranza ha ricordato che la maggior parte delle spese sono fissate dalla legge e perciò già sottoposte a referendum.

Visto che è stata depositata prima dell'entrata in vigore della nuova legge sul Parlamento (1° dicembre 2003), l'iniziativa parlamentare è retta dalla vecchia legge sui rapporti fra i Consigli. È quindi sottoposta per decisione al Consiglio nazionale secondo l'articolo 21ter di tale legge. Il 22 settembre 2004, il Consiglio nazionale ha seguito la decisione (con 90 voti a favore e 75 contrari) della scarsa maggioranza

7566

della Commissione approvando l'introduzione del referendum finanziario. La CIP-N è in seguito stata incaricata di redigere un progetto per l'introduzione del referendum finanziario.

1.2

Esperienze nei Cantoni

1.2.1

Lo strumento del referendum finanziario nei Cantoni

1.2.1.1

Soluzioni diverse

Nel loro lavoro sulla democrazia diretta nei Cantoni, i politologi Alexander Trechsel e Uwe Serdült sostengono che il referendum finanziario è il più complesso di tutti gli strumenti della democrazia diretta nei Cantoni1. La difficoltà risiede nella molteplicità delle forme adottate. Nei Cantoni vi sono infatti referendum finanziari obbligatori e facoltativi con le soglie minime più diverse. In tutti i Cantoni è prevista una forma di referendum finanziario: uno strumento apprezzato nei loro sistemi di democrazia diretta. Secondo Trechsel e Serdült, nelle democrazie cantonali il principio «chi paga comanda» ha assunto un ruolo importante2.

1.2.1.2

Forma del referendum

Nel loro commento degli sviluppi istituzionali in materia di referendum finanziario nei Cantoni, Trechsel e Serdült fanno notare che la marcia trionfale del referendum facoltativo sulle spese ne costituisce probabilmente l'elemento più significativo3.

Attualmente, infatti, quasi la maggior parte dei Cantoni ha istituito un referendum finanziario facoltativo. Questa evoluzione non va tuttavia a scapito del referendum finanziario obbligatorio che è previsto da più della metà delle legislazioni cantonali.

Vi sono perfino Cantoni che hanno adottato un referendum finanziario obbligatorio, mentre il loro ordinamento prevede «soltanto» referendum legislativi facoltativi, cosicché gli ostacoli che la democrazia diretta pone sul cammino dei decreti finanziari sono più importanti di quelli previsti per le leggi, come ha constatato con stupore Etienne Grisel; «... il en résulte ce paradoxe que la dépense occupe un rang démocratique plus élevé que la loi qui est censée lui servir de base»4.

L'importanza crescente del referendum finanziario facoltativo risulta dalla sempre più frequente introduzione di un sistema a due livelli: a partire da una determinata cifra numerosi Cantoni sottopongono i crediti a referendum facoltativo e, a partire da una somma più elevata, a referendum obbligatorio.

1

2 3 4

Alexander Trechsel e Uwe Serdült, Kaleidoskop Volksrechte: Die Institutionen der direkten Demokratie in den schweizerischen Kantonen (1970­1996), Basilea­Ginevra­Monaco (Baviera), 1999, pag. 37.

Id.

Ibid., pag. 49.

Étienne Grisel, «Les droits populaires au niveau cantonal» in Daniel Thürer et al. (ed.), Verfassungsrecht der Schweiz / Droit constitutionnel suisse, pag. 408 seg.

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1.2.1.3

Soglie minime

Di regola, l'istituto del referendum finanziario comprende tutte le nuove spese non vincolate, uniche o ricorrenti, che superano un determinato importo. Questa soglia minima varia da un Cantone all'altro e va dai 250 000 franchi a partire dai quali vige nel Canton Svitto l'obbligo del referendum per le nuove spese uniche, alla somma cento volte superiore di 25 milioni prevista nel Canton Lucerna. Di massima, per le spese annue ricorrenti, la soglia minima è fissata a un decimo della soglia applicabile per le spese uniche.

In determinati Cantoni le soglie referendarie non sono espresse in franchi ma in quote percentuali di un determinato indicatore finanziario cantonale. Sistemi di questo genere vigono nei Cantoni Giura, Vallese, Neuchâtel, Friburgo e Appenzello esterno. Questo sistema rende superfluo un periodico adeguamento dell'importo in franchi. Nella maggior parte dei Cantoni in cui vige il sistema delle soglie espresse da importi in franchi nel corso degli anni è stato necessario adeguare questi importi, a volte anche a più riprese. Trechsel e Serdült hanno tuttavia potuto dimostrare che in molti Cantoni l'importo a partire dal quale un credito è sottoposto a referendum è costantemente diminuito rispetto al totale delle spese, provocando così un'involontaria estensione del referendum finanziario5.

1.2.1.4

Normativa minima sul piano costituzionale concretizzata dal Tribunale federale

Di massima, i Cantoni stabiliscono soltanto regole minime in materia di referendum finanziario e lo fanno a livello costituzionale. Le costituzioni cantonali prevedono che i decreti del Parlamento concernenti le spese siano sottoposti a referendum a partire da un determinato importo. Di regola, le disposizioni legali d'esecuzione non definiscono con maggiore precisione le condizioni del referendum finanziario, ma riguardano soltanto la procedura. Secondo Hangartner e Kley sono la prassi delle autorità cantonali superiori, e segnatamente la giurisprudenza del Tribunale federale, a determinare sostanzialmente le condizioni che devono essere adempite affinché gli aventi diritto di voto possano pronunciarsi nell'ambito di un referendum finanziario6.

Adito con ricorso di diritto pubblico, il Tribunale federale stabilisce se una decisione concreta su una spesa ha rispettato i diritti di partecipazione dei cittadini sanciti dalla costituzione cantonale, nonché le prescrizioni legali che concretizzano tali diritti.

Spesso, quando deve pronunciare su questi ricorsi, se mancano disposizioni più precise nella costituzione cantonale, il Tribunale federale si basa sui principi che ha elaborato in materia di referendum finanziario. Siccome questo genere di referendum è oggetto di frequenti contestazioni, i principi sviluppati dal Tribunale federale hanno non poca importanza: secondo Hangartner e Kley essi hanno addirittura acquisito una portata quasi pari a quella di una legge federale7. Così, per evitare i ricorsi, i Cantoni ottemperano a questi principi sia quanto alla forma giuridica sia quanto all'applicazione del referendum finanziario.

5 6 7

A. Trechsel e U. Serdült, op. cit., pag. 38 segg.

Yvo Hangartner e Andreas Kley, Die demokratischen Rechte in Bund und Kantonen der Schweizerischen Eidgenossenschaft, Zurigo, 2000, pag. 728.

Ibid., pag. 729.

7568

Hangartner e Kley ritengono che l'unificazione delle regole in materia di referendum finanziario non sia scevra di problemi. Secondo loro, da una parte sarebbe preferibile, per rispettare le esigenze della democrazia e del federalismo, lasciare ai legislatori cantonali il compito di stabilire le regole del referendum finanziario nei rispettivi Cantoni. Dall'altra, comprendono tuttavia la necessità di un'autorità sopracantonale che possa garantire una valutazione indipendente in caso di contestazioni. Reputano infatti che la grande latitudine offerta dalla maggior parte delle normative pone le autorità dinanzi alla forte tentazione di decidere secondo l'opportunità e di restringere così il campo d'applicazione del referendum sulle spese. In questa situazione, sempre secondo i due autori citati, corrispondono a una legittima necessità di tutela giurisdizionale il desiderio e la speranza degli aventi diritto di voto che il Tribunale federale, autorità esterna al Cantone, concretizzi il loro diritto costituzionale al referendum sulle spese8.

1.2.2

Studi sul referendum finanziario

Per la valutazione del referendum finanziario, gli specialisti si avvalgono principalmente di criteri politico-economici: riflessioni teoriche li portano a formulare l'ipotesi di una certa asimmetria, insita nel referendum finanziario, da cui risulterebbe una limitazione dell'attività statale, in particolare per quanto concerne le spese uniche. Infatti, se un nuovo progetto di spesa viene respinto in votazione popolare, la spesa non sarà effettuata, indipendentemente dall'eventuale preferenza dei cittadini per una spesa più elevata o più ridotta9.

In effetti, diverse analisi dell'impatto del referendum finanziario nei Cantoni e nei Comuni forniscono prove empiriche dell'effetto di contenimento della spesa pubblica di questo strumento. L'analisi di un insieme di dati cantonali (relativi al periodo 1986­1997) e di dati comunali (del 1990 relativi a 134 comuni) ha consentito agli economisti Lars P. Feld e Gebhard Kirchgässner di constatare che un referendum finanziario obbligatorio ha per effetto la riduzione sia delle spese sia delle entrate.

Secondo la loro indagine, nei Cantoni che hanno istituito un referendum finanziario obbligatorio, spese ed entrate pubbliche pro capite sono ampiamente inferiori (rispettivamente del 7 % e dell'11 %) a quelle degli altri Cantoni. Nei Comuni i risultati sono ancor più impressionanti, dove vige il referendum finanziario obbligatorio le spese e le entrate pubbliche pro capite sono inferiori di circa il 20 per cento rispetto a quelle degli altri Comuni10.

8 9

10

Y. Hangartner e A. Kley, op. cit., pag. 731.

Per un commento dettagliato della teoria politico-economica del referendum finanziario, si veda il rapporto di Lars P. Feld, Ein Finanzreferendum auf Bundesebene ­ Chancen, Risiken und Ausgestaltung, redatto su mandato della Commissione per i problemi congiunturali nell'ambito del suo rapporto annuale 2004.

Gebhard Kirchgässner, «Auswirkungen der direkten Demokratie auf die öffentlichen Finanzen: Empirische Ergebnisse für die Schweiz» in Schweizerische Zeitschrift für Volkswirtschaft und Statistik, 138o anno, 2002, pag. 418.

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Analizzando dati cantonali inerenti agli anni 1988­1998 i politologi Adrian Vatter e Markus Freitag hanno invece potuto constatare che il referendum finanziario ha un effetto sulle spese11. Sono giunti alla conclusione che più è difficile sottoporre una spesa a referendum meno questo strumento è utilizzato e più sono elevate le spese pubbliche; al contrario, se i cittadini possono facilmente fare ricorso agli strumenti della democrazia diretta e sono regolarmente chiamati alle urne per esprimersi su oggetti finanziari, gli interventi dello Stato si riducono.

Lars P. Feld riassume gli studi empirici relativi ai Cantoni e ai Comuni svizzeri (e quelli inerenti agli Stati degli Stati Uniti d'America) constatando che le collettività pubbliche rette da un regime di democrazia diretta spendono meno, prelevano meno imposte, sono meno indebitate, sono caratterizzate da una minore sottrazione fiscale e beneficiano di un'economia più forte (PIL per abitante)12.

È lecito chiedersi se l'istituzione di un referendum finanziario a livello federale produrrebbe effetti analoghi. È difficile fare previsioni al riguardo, non da ultimo a causa della diversa struttura delle spese della Confederazione rispetto a quella di Cantoni e Comuni; infatti se le spese di questi ultimi riguardano sovente progetti infrastrutturali, a livello federale predominano i trasferimenti finanziari. Lars P. Feld non considera questa differenza un ostacolo all'introduzione del referendum finanziario perché ritiene che anche le questioni di perequazione si prestino ad essere sottoposte allo scrutinio popolare13.

1.3

Discussioni sul piano federale nel passato

1.3.1

Obbligare le autorità alla disciplina in materia di spese: l'iniziativa popolare degli anni 1950

A livello federale la questione dell'integrazione del referendum finanziario tra i diritti popolari non è nuova ed è stata più volte discussa dalle Camere federali.

Anche il popolo ha già avuto occasione di pronunciarsi a tale riguardo. Nel 1956, l'Assemblea federale aveva sottoposto al voto del popolo e dei Cantoni ­ come controprogetto a un'iniziativa popolare concernente il voto delle spese da parte dell'Assemblea federale ­ una modifica della Costituzione federale che si prefiggeva tra le altre cose di sottoporre a referendum facoltativo le spese uniche e ricorrenti superiori a un determinato importo (FF 1956 I 512). La modifica costituzionale era stata respinta il 30 settembre 1956 con il 54,5 per cento di voti negativi. Otto Cantoni e due mezzi Cantoni l'avevano tuttavia accettata (FF 1956 I 793). Prima del voto l'iniziativa popolare era stata ritirata a favore del controprogetto.

È difficile stabilire se questo risultato vada interpretato come un'opposizione di principio da parte del popolo e dei Cantoni all'esercizio di un potere di codecisione in materia di decreti finanziari. Dopo lo scrutinio popolare alcuni analisti hanno rilevato che la portata del progetto era troppo ridotta; infatti i decreti finanziari avrebbero potuto essere sottoposti a referendum soltanto se le spese in questione non 11

12 13

Adrian Vatter e Markus Freitag, «Die Janusköpfigkeit von Verhandlungs-demokratien: Zur Wirkung von Konkordanz, direkter Demokratie und dezentralen Entscheidungsstrukturen auf den öffentlichen Sektor der Schweizer Kantone» in Schweizerische Zeitschrift für Politikwissenschaft, 2002, no 2, pag. 69.

L. P. Feld, op. cit., pag. 35.

Ibid., pag. 44.

7570

erano espressamente autorizzate da una legge. L'iniziativa popolare aveva ben più vasta portata, dal momento che si prefiggeva di sottoporre a referendum facoltativo tutti i decreti federali e a referendum obbligatorio tutte le leggi che prevedevano spese superiori a determinati importi.

Il principale obiettivo degli autori dell'iniziativa degli anni 1950 consisteva manifestamente nell'obbligare le autorità a una disciplina in materia di spese. Oltre all'introduzione di un referendum finanziario (obbligatorio o facoltativo) e di un freno alle spese di ampia portata (maggioranza qualificata per i decreti finanziari), l'iniziativa chiedeva infatti che, nell'ambito della decisione sul preventivo annuale e i crediti aggiuntivi, l'Assemblea federale non potesse superare il totale delle spese proposto dal Consiglio federale, a meno di provvedere alla copertura del sorpasso mediante risparmi o nuove entrate. In particolare questo limite della sovranità budgetaria dell'Assemblea federale aveva indotto il Consiglio federale a opporre all'iniziativa un controprogetto che prevedeva un freno alle spese di portata ridotta e un referendum finanziario molto limitato.

1.3.2

Il caso particolare delle spese per l'armamento

Se l'iniziativa popolare degli anni 1950 era basata su considerazioni di politica finanziaria, le discussioni sul referendum finanziario a livello federale sono in seguito state imperniate sulle spese per l'armamento. Il 5 aprile 1987 il 59,4 per cento dei votanti ha respinto un'iniziativa popolare che chiedeva la consultazione del popolo in materia di spese militari ovvero il diritto di referendum sulle spese militari (FF 1987 II 694).

Questa tematica ha ugualmente improntato le discussioni del Consiglio nazionale relative all'iniziativa parlamentare Günter (86.236) per l'introduzione di un referendum finanziario generale (Boll. uff. 1988 N 848). Il Consigliere nazionale Günter, sostenuto da altri parlamentari, si è ampiamente adoperato per sottolineare che la sua iniziativa non riguardava le spese per l'armamento ma tutti i crediti d'impegno nella misura in cui eccedevano un determinato importo, ma numerosi deputati, soprattutto i rappresentanti dei partiti borghesi, si sono schierati contro questo nuovo strumento, facendo segnatamente valere che il Parlamento non doveva sacrificare il suo ruolo direttivo in materia di politica statale e finanziaria (Boll. uff. 1988 N 856). In tal modo non è stata lasciata alcuna possibilità di successo all'iniziativa che è stata respinta.

1.3.3

Completare il sistema dei diritti popolari: tentativi nell'ambito della revisione totale della Costituzione federale

A metà degli anni 1990, nell'ambito della revisione totale della Costituzione federale, il Consiglio federale ha posto in consultazione un progetto di riforma dei diritti popolari che proponeva fra l'altro l'introduzione di un referendum facoltativo in materia amministrativa e finanziaria. L'obiettivo del progetto non era la riduzione delle spese, ma piuttosto l'instaurazione di un sistema coerente di diritti popolari, come ha scritto il Consiglio federale nel messaggio del 20 novembre 1996 concernente la revisione della Costituzione federale: questo referendum facoltativo è 7571

«... uno strumento prezioso che permette di colmare una lacuna considerevole nel sistema vigente dei diritti popolari» (FF 1997 I 438). Non si trattava unicamente di un referendum finanziario, ma di un referendum generale in materia amministrativa che voleva conferire al popolo un potere di codecisione su ogni singolo atto. Come rilevato dal Consiglio federale, «vi sono infatti misure concrete che agli occhi di una parte della popolazione sono molto più importanti di molte norme astratte» (Rapporto esplicativo sul progetto di revisione della Costituzione federale, 1995, n. 43.9).

Per il Consiglio federale, l'attuazione del nuovo strumento non è però stata priva di problemi. Non è stato per niente semplice definire nella Costituzione i criteri materiali che devono essere adempiti affinché una decisione adottata dall'Assemblea federale sia sottoposta a referendum. Il Consiglio federale deplorava in particolare l'impossibilità per il Tribunale federale di esaminare l'interpretazione di questi criteri in un caso concreto a livello federale (FF 1997 I 439). Ha pertanto proposto una soluzione «procedurale», secondo la quale una minoranza qualificata di un terzo dei membri dell'Assemblea federale può chiedere che una decisione sia sottoposta a referendum.

Durante la consultazione questa soluzione non ha raccolto soltanto adesioni. Infatti, numerosi partecipanti alla procedura di consultazione auspicavano una definizione materiale delle decisioni sottoposte a referendum. Il Consiglio federale ha comunque conservato la soluzione procedurale. Per determinare se una decisione concreta dovesse essere sottoposta a referendum, il disegno presentato al Parlamento proponeva di applicare la regola usuale della maggioranza semplice dei votanti delle due Camere. La soluzione della maggioranza semplice è stata scelta malgrado il «carattere vagamente plebiscitario» che il Consiglio federale le aveva rimproverato nel Rapporto esplicativo sul progetto di revisione della Costituzione federale e per ovviare al quale aveva proposto la minoranza qualificata di un terzo (cfr. Rapporto, 1995, n. 43.9).

In seno alle Commissioni costituzionali le proposte del Consiglio federale sono state oggetto di intense discussioni. Di massima, le due Commissioni avevano accettato l'idea di un referendum in materia amministrativa e
finanziaria. La soluzione procedurale, invece, è stata accolta con il massimo scetticismo, in particolare in seno alla Commissione del Consiglio degli Stati che aveva allora fatto elaborare soluzioni materiali per i referendum finanziari che avevano per esempio proposto di sottoporre a referendum facoltativo i crediti d'impegno e i limiti di spesa prevedenti nuove spese uniche superiori a 100 milioni di franchi o nuove spese ricorrenti superiori a 10 milioni di franchi.

Nell'ambito della revisione totale della Costituzione federale, queste proposte per l'introduzione di un referendum amministrativo e finanziario facevano parte del pacchetto di riforme concernente i diritti popolari che è però stato respinto dalle Camere in occasione del dibattito di entrata in materia.

In seguito è stata realizzata una riforma dei diritti popolari molto meno ambiziosa di quella respinta nell'ambito della revisione totale della Costituzione. Accettata dal popolo e dai Cantoni il 9 febbraio 2003, l'iniziativa parlamentare «Soppressione di lacune nei diritti popolari», elaborata dalla CIP del Consiglio degli Stati, non prevedeva alcun referendum in materia amministrativa o finanziaria. Il rapporto si limitava a rilevare che l'articolo 141 capoverso 1 lettera c della Costituzione federale, secondo cui i decreti federali possono essere sottoposti a referendum facoltativo, accordava all'Assemblea federale un sufficiente margine di manovra (FF 2001

7572

4315). L'eventuale introduzione di un referendum finanziario generale sul piano legislativo è così di competenza del legislatore.

1.3.4

Le proposte più recenti: riappare la disciplina delle spese

Nel contesto della revisione totale della Costituzione, la discussione sul referendum finanziario era caratterizzata da riflessioni relative alla teoria dei diritti popolari. Gli argomenti relativi alla disciplina delle spese, recentemente riapparsi, sono stati espressi nella mozione presentata dal Consigliere nazionale Erich Müller (03.3019 Mo. Introduzione di un diritto veto sulle spese) che attendeva da questo strumento effetti positivi sulle finanze della Confederazione. Questi argomenti non hanno però convinto il Consiglio federale che, nel suo parere sulla mozione, si è dichiarato contrario all'introduzione del referendum finanziario più per motivi formali che per motivi di contenuto. Siccome il popolo aveva votato sulla riforma dei diritti popolari nella primavera del 2003, il Consiglio federale ha ritenuto prematuro riaprire il dibattito su un nuovo diritto popolare, che per giunta non aveva a suo tempo potuto essere sottoposto allo scrutinio popolare perché non era stato accettato dal Parlamento. Inoltre, nel suo parere, il Consiglio federale si dichiarava contrario a riforme puntuali in ambito istituzionale. Per quanto concerne il contenuto, ha poi rilevato che le esperienze a livello cantonale e comunale non possono essere direttamente trasposte sul piano federale, visto che l'ambito di competenza federale è proporzionalmente ben più ristretto e che molti trasferimenti finanziari risultano da obblighi legali che limitano alquanto lo spazio di manovra.

La mozione è stata tolta di ruolo il 18 marzo 2005 perché rimasta pendente per un periodo superiore ai due anni. Da allora il Consiglio nazionale ha dato seguito all'iniziativa parlamentare del Gruppo UDC ­ oggetto del presente rapporto ­ che chiede l'introduzione di un referendum finanziario servendosi della medesima motivazione.

1.4

Elaborazione di progetti normativi per l'applicazione dell'iniziativa parlamentare nella CIP

1.4.1

Audizione di esperti

Il 17 febbraio 2005, la complessità della materia è emersa nel corso di una prima analisi delle questioni da chiarire nell'ottica dell'introduzione di un referendum finanziario inducendo la CIP a sentire degli esperti prima di proseguire i suoi lavori.

Le audizioni sono avvenute il 14 aprile 2005. Il professor Gebhard Kirchgässner dell'Università di San Gallo ha presentato le esperienze fatte nei Cantoni e nei Comuni in cui vige un referendum finanziario ed ha esposto gli effetti dello strumento sulla spesa pubblica. Il professor Yvo Hangartner, ex professore dell'Università di San Gallo, si è concentrato sugli aspetti giuridici del referendum finanziario e ha illustrato i principali punti della giurisprudenza del Tribunale federale. Infine, Kurt Stalder, segretario della Conferenza dei Direttori cantonali delle Finanze, ha chiarito gli effetti del referendum finanziario dal profilo della politica finanziaria.

7573

1.4.2

L'elaborazione dei progetti preliminari in seno alla sottocommissione

Vista la complessità della materia, la CIP ha deciso di incaricare una sottocommissione14 dell'elaborazione di un progetto preliminare. Nel corso di quattro sedute, la sottocommissione ha esaminato diversi modelli e il 29 novembre 2005 ha adottato i progetti preliminari e un rapporto esplicativo all'intenzione della Commissione plenaria.

1.4.3

Parere della Commissione delle finanze

La CIP ha sottoposto per parere i progetti preliminari della sottocommissione alla Commissione delle finanze del Consiglio nazionale. Nel suo parere del 10 aprile 2006 la Commissione delle finanze ha proposto con 12 voti contro 9 e 2 astensioni di rinunciare all'introduzione del referendum finanziario a livello federale. Ha pertanto rinunciato a discutere i dettagli del progetto e ha esposto nel suo rapporto gli argomenti più importanti dei sostenitori e degli oppositori in seno alla Commissione.

1.4.4

Perizia di un esperto esterno sui progetti preliminari

Vista l'importanza dell'introduzione di un nuovo diritto popolare, la CIP ha deciso di far effettuare da un esperto esterno una perizia sui progetti preliminari elaborati dalla sua sottocommissione. Il professor Rainer Schweizer è stato incaricato di eseguire la perizia presentata alla CIP nella corso della sua seduta del 27 aprile 2006.

La CIP ha incaricato la sottocommissione di esaminare per conto della Commissione plenaria le proposte del professor Schweizer. La sottocommissione ha effettuato questo esame il 29 agosto 2006.

1.4.5

Progetto preliminare della CIP in consultazione

Nel corso della sua seduta del 16 febbraio 2007, la CIP ha esaminato i progetti preliminari e il rapporto redatti dalla sottocommissione. Dopo avere eliminato le divergenze ha adottato con 11 voti contro 10 e un'astensione un progetto preliminare di atto normativo modificato e lo ha posto in consultazione. In concreto, la Commissione ha presentato una legge federale sull'introduzione del referendum finanziario che prevedeva alcune modifiche della legge sul Parlamento e della legge sulle finanze della Confederazione, riportata qui di seguito.

14

Membri: Joder (pres.), Fluri, Gross Andreas, Lustenberger, Weyeneth.

7574

Legge federale concernente l'introduzione del referendum finanziario

Progetto preliminare

del ...

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto l'articolo 141 capoverso 1 lettera c della Costituzione federale15; visto il rapporto della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale del ...16; visto il parere del Consiglio federale del ...17, decreta: I La legge del 13 dicembre 200218 sul Parlamento (LParl) è modificata come segue: Art. 25

Finanze

L'Assemblea federale stabilisce le spese e le uscite per investimenti nel preventivo e nelle relative aggiunte. A tal fine si avvale della forma del decreto federale semplice.

1

Stanzia nella forma di un decreto federale sottoposto a referendum facoltativo i crediti d'impegno che:

2

a.

prevedono nuove spese uniche superiori a 200 milioni di franchi o nuove spese ricorrenti superiori a 20 milioni di franchi; e

b.

non sono stati stanziati con urgenza.

Stanzia i rimanenti crediti d'impegno e i limiti di spesa nella forma del decreto federale semplice.

3

Approva il consuntivo avvalendosi a tal fine della forma del decreto federale semplice.

4

Nei decreti di stanziamento stabilisce lo scopo e l'ammontare dei crediti. Vi può inoltre precisare le condizioni quadro d'impiego, i tempi d'attuazione del progetto e le modalità di resoconto da parte del Consiglio federale.

5

15 16 17 18

RS 101 FF ...

FF ...

RS 171.10

7575

Introduzione del referendum finanziario. LF

II La legge federale del 7 ottobre 200519 sulle finanze della Confederazione (LFC) è modificata come segue: Art. 23 cpv. 2bis (nuovo) Il Consiglio federale sottopone all'Assemblea federale, nella forma del disegno di decreto federale, i crediti d'impegno che sottostanno a referendum facoltativo; il disegno può essere presentato con un messaggio particolare o nell'ambito di un messaggio concernente il preventivo e le relative aggiunte.

2bis

Art. 28 cpv. 1bis (nuovo) 1bis Se supera uno degli importi di cui all'articolo 25 capoverso 2 lettera a della legge del 13 dicembre 200220 sul Parlamento, il credito d'impegno deve essere stanziato dall'Assemblea federale. Se le Camere federali non sono riunite, il Consiglio federale ne chiede la convocazione per una sessione straordinaria.

III Disposizione transitoria Il diritto previgente si applica ai crediti d'impegno proposti all'Assemblea federale prima dell'entrata in vigore della presente legge.

IV Referendum ed entrata in vigore 1

La presente legge sottostà a referendum facoltativo.

2

Il Consiglio federale ne determina l'entrata in vigore.

19 20

RS 611.0 RS 171.10

7576

Una minoranza propone di non entrare in materia sul progetto. Non ritiene opportuno introdurre un referendum finanziario sul piano federale perché, come emerge dalla pratica cantonale, non sempre è facile determinare in quali casi concreti un credito debba essere sottoposto a referendum o in quali no. Sul piano federale non dovrebbero comunque essere introdotti diritti popolari che si rivelano utili soltanto se è possibile sottoporli a un controllo giudiziario. Inoltre, la maggior parte delle spese sono previste da una legge e sono perciò già sottoposte al referendum; una seconda possibilità di referendum non avrebbe senso. Occorre pure rilevare che la struttura delle spese sul piano federale è completamente diversa da quella dei Cantoni: in ambito federale prevalgono i trasferimenti finanziari che non costituiscono oggetti referendari adeguati.

Un'altra minoranza propone invece di iscrivere nella Costituzione le condizioni quadro del referendum finanziario. Questa soluzione ha il merito di far sì che le condizioni che deve adempiere un decreto finanziario per essere sottoposto a referendum facoltativo risultino chiaramente dalla disposizione costituzionale sul referendum facoltativo. Il posto occupato dai diritti popolari nel sistema politico svizzero è talmente importante che la Costituzione deve permettere di identificarli con precisione. È stato quindi posto in consultazione anche un progetto della minoranza che modifica la Costituzione in tal senso.

Un'altra minoranza ritiene che anche i limiti di spesa devono essere sottoposti al referendum finanziario poiché escluderli dallo stesso significa sottrarre importanti decreti finanziari allo scrutinio popolare. Per la gestione delle finanze federali i limiti di spesa hanno la medesima importanza dei crediti d'impegno.

Infine, un'altra minoranza ha proposto di non modificare il diritto in vigore concernente la possibilità di dichiarare urgenti alcuni crediti d'impegno. Il Consiglio federale deve infatti avere la possibilità di liberare urgentemente anche i crediti d'impegno sottoposti a referendum.

Le minoranze che hanno proposto le modifiche al progetto normativo hanno trovato sostegno nella perizia del professor Schweizer, nella quale il professore raccomanda di sancire il referendum finanziario nella Costituzione e ritiene che anche i limiti
di spesa debbano essere sottoposti al referendum finanziario. Infine, sempre secondo questa perizia, il Consiglio federale dovrebbe avere la possibilità di decidere urgentemente anche i crediti sottoposti a referendum.

1.4.6

Risultati della procedura di consultazione e rinuncia a sottoporre il progetto

Riunitasi il 27 agosto 2007, la Commissione ha preso atto dei risultati della procedura di consultazione e ha constatato che i pareri sull'introduzione di un referendum finanziario a livello federale sono divergenti: la maggioranza dei Cantoni si è pronunciata a favore dell'introduzione del referendum finanziario, mentre la maggior parte dei partiti e delle associazioni mantello è contraria.

Concretamente, diciassette Cantoni si pronunciano a favore dell'introduzione del referendum finanziario e sette (BE, SZ, OW, NW, SO, TG, VS) sono contrari. A livello dei partiti, PLR e UDC sostengono l'introduzione, mentre PDC, PS, PEV e PLS vi si oppongono, come anche le tre associazioni mantello di Comuni, Città e regioni montane. Le associazioni mantello dell'economia hanno un'opinione diver7577

gente: mentre économie suisse, l'Unione svizzera delle arti e dei mestieri e l'Associazione svizzera dei banchieri sono chiaramente a sostegno del referendum finanziario, il Centre Patronal, Fédération des Entreprises Romandes, l'Unione svizzera dei contadini, l'Unione sindacale svizzera, la Società degli impiegati di commercio e di Travail Suisse lo respingono.

Le argomentazioni dei sostenitori e degli oppositori corrispondono in larga misura a quelle già presentate dalla maggioranza e dalla minoranza nella Commissione: mentre gli uni rinviano alla prassi applicata nei Cantoni e da questo nuovo strumento si aspettano un effetto frenante sulle spese, gli altri temono un ritardo o addirittura un blocco dei processi politici.

La Commissione ha anche preso atto che una maggioranza dei partecipanti alla consultazione sancirebbe il referendum finanziario a livello costituzionale; un'altra maggioranza si è pronunciata a favore dell'assoggettamento dei limiti di spesa al referendum finanziario. I consultati sostengono quindi le rispettive minoranze della Commissione i cui argomenti sono riportati nel presente rapporto. Per quanto riguarda gli altri aspetti fondamentali dell'applicazione del referendum finanziario (autorizzazione di crediti nella procedura urgente, determinazione dei valori soglia, vie di ricorso al Tribunale federale) sono pervenuti pareri divergenti.

La CIP ha quindi constatato che i risultati della consultazione corrispondevano al rapporto di forza alquanto esiguo nella Commissione. In ultima analisi il progetto non ha più ottenuto il consenso della maggioranza della Commissione, che ha deciso, con 12 voti contro 10 e un'astensione, di non entrare in materia sull'iniziativa parlamentare 03.401 e di proporre alla Camera di toglierla di ruolo.

2

Motivi per la rinuncia al progetto

2.1

Blocco dei processi decisionali

Ogni spesa della Confederazione poggia su una base legale. Il progetto preliminare in consultazione prevede di sottoporre a referendum solo le cosiddette «nuove» spese, ovvero quelle spese il cui importo non è fissato dalla legge. L'Assemblea federale ha tuttavia un margine di manovra limitato anche per questo genere di spese in qualsiasi circostanza, poiché in caso di approvazione dei crediti deve provvedere affinché i mandati legali siano adempiuti anche quando la legge non fissa direttamente una spesa. I decreti di stanziamento non possono eludere la legge. Se in determinati settori l'Assemblea federale intende liberare un importo meno elevato di quello necessario per un'esecuzione corretta, o persino non liberarne affatto, dovrebbe dapprima modificare la legge opportunamente.

Nel caso in cui il referendum finanziario venga introdotto, il rifiuto in votazione popolare di un credito deciso dall'Assemblea federale per adempiere a un mandato legale creerebbe una grande incertezza. Per rimuovere questa incertezza, l'Assemblea federale dovrebbe decidere un nuovo credito il più rapidamente possibile e quindi interpretare la volontà del popolo: il credito è respinto perché era troppo elevato o al contrario, troppo esiguo? Quest'ultima interpretazione è infatti tutt'altro che esclusa: numerosi cittadini di una determinata regione, ad esempio, potrebbero votare contro un credito perché ritengono che la loro regione ne trarrebbe un vantaggio minore rispetto alle altre regioni. Inoltre, presentando un secondo progetto l'Assemblea federale dovrebbe provvedere affinché i fondi autorizzati siano ancora 7578

sufficientemente elevati per eseguire il mandato legale. Se l'Assemblea federale decidesse un credito soltanto leggermente più esiguo di quello rifiutato dal popolo, i cittadini che hanno respinto il primo credito perché a loro avviso era troppo elevato potrebbero rifiutare anche il secondo. In tal caso, sarebbe preferibile che l'Assemblea federale modificasse o sopprimesse la base legale relativa alla spesa in questione.

In generale, questo ritarderebbe il processo decisionale. A livello federale, il processo decisionale è strutturato in modo da fissare nella legislazione anche i capisaldi della politica finanziaria. Spesso in questo processo viene deciso non solo se la Confederazione debba assumere un compito, ma anche in quale misura debba impegnarsi finanziariamente per adempierlo. Per questo motivo i dibattiti sui nuovi compiti della Confederazione s'incentrano spesso su considerazioni di carattere finanziario e da queste considerazioni dipende l'estensione del mandato legale. Ogni messaggio concernente un progetto di atto legislativo contiene pertanto anche un capitolo sulle sue conseguenze finanziarie che permette così all'Assemblea federale di decidere le basi legali con cognizione di causa. Spesso anche il progetto di decreto federale che prevede i crediti per l'applicazione delle disposizioni legali è trattato contemporaneamente al progetto di legge.

Il programma di armamento è un esempio lampante della problematica del ritardo dei processi decisionali dovuto al referendum: se si aspetta la scadenza del termine di referendum ­ e per il programma di armamento con molta probabilità il referendum verrebbe lanciato, per cui si dovrebbe attendere il risultato della votazione ­ si giungerebbe a metà dell'anno successivo, ma in quel periodo i lavori preparatori per il prossimo programma di armamento dovrebbero essere già conclusi da lungo tempo. Una siffatta dinamica non permetterebbe più una pianificazione sensata.

Inoltre, prevedere anche un referendum per i decreti di stanziamento, oltre al referendum legislativo, significherebbe una gestione eccessiva dei processi decisionali politici. La legge è lo strumento di gestione centrale a livello federale: il popolo deve avere l'opportunità di parteciparvi. Proprio per questo motivo, la struttura delle spese nella Confederazione differisce da
quella dei Cantoni. Mentre nei Cantoni spesso gli investimenti per nuovi progetti (strade, ospedali, scuole, ecc.) sottostanno a referendum e in votazione popolare viene soprattutto deciso se il progetto in questione debba essere realizzato o meno, a livello della Confederazione si tratta principalmente di trasferimenti finanziari (ad es. crediti per sovvenzioni agricole o per la formazione, la ricerca e la tecnologia). Per questo genere di crediti, in caso di rifiuto in votazione, il ritardo descritto dei processi decisionali sarebbe di gran lunga più grave che per i crediti d'investimento.

2.2

Valutazione dei problemi di delimitazione in assenza di giurisdizione federale

Il progetto preliminare posto in consultazione dalla CIP prevede di sottoporre al referendum finanziario le nuove spese uniche che superano i 200 milioni di franchi e le nuove spese ricorrenti di oltre 20 milioni di franchi. Questo progetto preliminare si basa dunque su criteri simili a quelli applicati nei Cantoni. La pratica cantonale, tuttavia, mostra che questi criteri non permettono di ottenere sempre risultati ineccepibili, come rileva la voluminosa giurisprudenza del Tribunale federale (cfr.

n. 1.2.1.4 del presente rapporto). La CIP si è peraltro procurata una serie di domande 7579

frequenti e di decisioni importanti del Tribunale federale in materia di referendum finanziario, da cui ha tratto un paio di esempi mostrati qui di seguito.21 La prima domanda che si pone è la seguente: che cos'è una «spesa»? Ad esempio, l'utilizzazione di capitali provenienti da fondi a destinazione vincolata è una spesa (soggetta all'obbligo di referendum) (DTF 96 I 705)? Un altro esempio: in quale misura un programma di costruzione stradale che prevede costi concreti per ogni singola strada costituisce una spesa (soggetta all'obbligo di referendum) (Pra 85 N. 4)? Il cambiamento permanente di destinazione di un edificio che appartiene a una cassa d'assicurazione di funzionari giuridicamente non autonoma e che il Cantone intende prendere in locazione per sé significa un trasferimento da patrimonio finanziario a patrimonio amministrativo e quindi una spesa (DTF 123 I 78)?

Il Tribunale federale ha pronunciato numerose sentenze in merito alla distinzione tra spesa «vincolata» o «nuova». Ad esempio, l'ampliamento di una scuola normale realizzata per applicare obblighi di concordato è una nuova spesa (DTF 95 I 213)?

L'acquisto di un nuovo computer, legato a un cambiamento di sistema e a una maggiore capacità, costituisce una nuova spesa o una spesa vincolata (DTF 97 I 820)? Dove si situa la frontiera tra manutenzione (= spesa vincolata) e ampliamento (= nuova spesa) di strade o reti stradali (DTF 105 Ia 80)?

Neppure la distinzione tra spese uniche e spese ricorrenti è sempre facile: si può dividere la spesa per un nuovo progetto che dura tre anni in tre singole parti e iscrivere i crediti nel preventivo o deve essere stanziato un credito globale (DTF 99 Ia 188)?

Numerose decisioni del Tribunale federale hanno trattato le questioni seguenti: principio del computo al netto, divieto di frazionamento, unità della materia, data determinante, spese conseguenti, spese supplementari, delega delle spese.

La diversità della giurisprudenza del Tribunale federale mostra chiaramente che non è sempre facile sapere quando una spesa deve essere sottoposta a referendum. Nella sua perizia il professor Schweizer ha pertanto raccomandato di prevedere un controllo da parte del Tribunale federale tramite un ricorso sul diritto di voto. Dal suo punto di vista, la definizione materiale del campo di applicazione del
referendum finanziario offre in parte un ampio margine di manovra all'Assemblea federale. La proposta è stata però accolta solo da una minoranza della CIP. La maggioranza si è opposta all'introduzione di un ricorso sul diritto di voto concernente il referendum finanziario a livello federale: includere il Tribunale federale nel processo decisionale ritarderebbe maggiormente tale processo. Per contro, se manca la possibilità di ricorso sul diritto di voto, si rischia che le autorità federali siano accusate ­ anche se hanno agito con le migliori intenzioni ­ di aver illecitamente sottratto un determinato decreto al referendum. La fiducia dei cittadini nello strumento del referendum finanziario non sarebbe per nulla rafforzata.

2.3

La Confederazione come partner affidabile

La politica delle spese della Confederazione ha anche conseguenze dirette sull'attività dei Cantoni. Difatti, diversi partecipanti alla consultazione hanno criticato soprattutto la mancanza di chiarezza quanto alle conseguenze dell'introduzione del 21

Esempi tratti da Hangartner / Kley, pag. 1825 segg.

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referendum finanziario per l'esecuzione di determinati compiti dello Stato. Nell'ambito della NPC sono previste competenze in parte comuni a Confederazione e Cantoni per numerosi settori politici. Se fosse introdotto a livello federale, il referendum finanziario provocherebbe ritardi nell'adempimento dei compiti nella Confederazione e complicherebbe notevolmente l'attività di pianificazione nei Cantoni.

Il referendum finanziario interesserebbe anche i decreti nel settore della politica estera. Non tutte le spese che risultano dall'adempimento di impegni internazionali derivano direttamente da una legge o da un trattato; vanno quindi considerate come nuove spese. Nella sua perizia il professor Schweizer sottolinea che un veto del Popolo potrebbe impedire alla Svizzera di ossequiare i suoi obblighi internazionali o di partecipare a programmi comunitari dell'UE, il che potrebbe nuocere alla credibilità e alla sua capacità di azione nella politica estera. Sempre secondo il professor Schweizer, sottoporre a referendum i decreti finanziari nel settore della politica estera rischierebbe di creare difficoltà pratiche e politiche. Infine, va sottolineata anche la cooperazione allo sviluppo: in generale, non si tratta di spese il cui importo è predefinito dalla legge, ma di nuove spese. L'introduzione del referendum finanziario, nel quale alcuni crediti sarebbero rifiutati, potrebbe rendere la cooperazione allo sviluppo incoerente e compromettere così l'immagine della Svizzera come partner affidabile.

2.4

Non strumentalizzare i diritti popolari

I sostenitori del referendum finanziario mettono in evidenza gli effetti disciplinatori di questo strumento sulle finanze dei Cantoni e auspicano gli stessi effetti a livello federale. Questo punto di vista può essere messo in dubbio da due considerazioni.

Da un lato, si può rimandare agli strumenti già esistenti di disciplinamento della politica delle spese (segnatamente il freno all'indebitamento secondo l'articolo 126 Cost. e il freno alle spese secondo l'art. 159 cpv. 3 lett. b e c Cost.). D'altro lato ci si può domandare se non si voglia strumentalizzare i diritti popolari introducendo un diritto popolare per raggiungere un obiettivo preciso. Secondo i sostenitori del referendum finanziario, i cittadini vorrebbero decidere crediti più esigui rispetto ai loro rappresentanti al Parlamento. Un rifiuto del Popolo a un determinato credito sarebbe interpretato come un taglio al credito. I cittadini di una determinata regione voterebbero contro il progetto solo perché si sentono svantaggiati (cfr. sopra n. 2.1).

Proprio nei Cantoni fortemente regionalizzati il referendum finanziario ha effetti controproducenti: affinché un progetto sia accolto da una maggioranza, tutte le regioni devono beneficiare di vantaggi finanziari, provocando non un risparmio, ma spese supplementari. A livello federale si dovrebbe tenere conto delle differenti regioni e delle comunità linguistiche di tutto il Paese.

In generale, la Commissione ritiene tuttavia che sia superfluo speculare se l'introduzione del referendum finanziario permetta di risparmiare o provochi spese supplementari. Un diritto popolare dovrebbe essere introdotto quando si ritiene che i cittadini siano esclusi da decisioni importanti. Dato che i processi decisionali di politica finanziaria a livello federale sono disciplinati perlopiù dalla legge, i cittadini dispongono già, con il referendum legislativo, di un diritto di partecipazione sufficiente, di cui per altro fanno largo uso.

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2.5

Proposta della minoranza della Commissione

Una minoranza della Commissione propone di rinviare l'iniziativa parlamentare alla CIP incaricandola di sottoporre un progetto. Il 22 settembre 2004 il Consiglio nazionale ha deciso, con 90 voti contro 75, di dare seguito all'iniziativa. A suo avviso, non vi è motivo di recedere da questa decisione e il referendum finanziario si situa nella logica di politica democratica nella quale tutte le decisioni importanti sono accessibili al Popolo. Non tutte le spese sono predefinite dalla legge. Infine, visto il considerevole margine di manovra di cui dispone l'Assemblea federale e delle ingenti spese, sarebbe necessario colmare la lacuna esistente nel ventaglio degli strumenti popolari della democrazia diretta.

Nella consultazione diciassette Cantoni si sono pronunciati a favore dell'introduzione del referendum finanziario a livello federale. Si suppone difatti che abbiano fatto esperienze positive di vari anni con questo strumento. Non è chiaro quindi perché uno strumento della democrazia diretta, affermato a livello cantonale, non debba trovare applicazione anche a livello federale.

In ambito scientifico gli effetti del referendum finanziario a livello delle finanze della Confederazione sarebbero stati provati (cfr. n. 1.2.2 del presente rapporto).

Anche gli esperti sentiti dalla CIP hanno sottolineato gli effetti positivi del referendum finanziario (cfr. n. 1.4.1 del presente rapporto). La minoranza della Commissione ritiene che la Confederazione debba trarre vantaggio da queste conoscenze, dato che l'effetto frenante sulle spese pubbliche di questo strumento della democrazia diretta è provato.

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