07.051 Messaggio concernente la prosecuzione delle misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo del 15 giugno 2007

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il decreto federale concernente un credito quadro per la prosecuzione delle misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo.

Nel contempo, vi proponiamo di togliere di ruolo il seguente postulato: 2003 P 03.3178

Promozione della pace e gestione dei conflitti (S 30.9.2003, Commissione della politica di sicurezza CS 02.076)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 giugno 2007

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Micheline Calmy-Rey La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2007-0459

4339

Compendio La promozione della pace, dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario è uno degli obiettivi centrali della politica estera svizzera. Dal 1° gennaio 2004 le misure in questo campo vengono finanziate grazie ad un credito quadro in modo da permettere un impegno pluriennale e sistematico. Questo modello finanziario ha dato finora buoni risultati. Il Consiglio federale propone dunque un nuovo credito quadro per 240 milioni di franchi per una durata di almeno quattro anni a partire dal 1° luglio 2008.

Situazione generale Negli ultimi anni la Svizzera ha considerevolmente intensificato l'attività a favore della promozione della pace e dei diritti umani. Si è impegnata per consolidare le strutture e le normative multilaterali e ha contribuito alla risoluzione di conflitti regionali offrendo buoni uffici, mediazioni, programmi bilaterali e cooperazione in operazioni di pace.

Le misure prese nella promozione civile della pace e nel consolidamento dei diritti umani contribuiscono a risolvere i problemi globali. Conformemente ai criteri dell'OCSE, spese affrontate a questo scopo sono considerate per circa il 90 percento aiuto ufficiale allo sviluppo (Official Development Assistance, ODA). E sono efficaci: negli ultimi anni il numero di guerre terminate è maggiore di quello delle guerre iniziate e il numero delle vittime dirette di conflitti violenti, genocidi, gravi violazioni dei diritti umani e quello dei rifugiati sono diminuiti sensibilmente. Questi progressi sono stati resi possibili anche dai maggiori sforzi internazionali volti a limitare i conflitti violenti e a garantire il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

Tuttavia l'impegno nel promuovere la pace e i diritti umani apporta alla Svizzera anche vantaggi diretti: infatti migliora la sicurezza e rappresenta una risposta adeguata alle sfide attuali, come ad esempio la minaccia del terrorismo e del fondamentalismo. Inoltre permette di proteggere la Svizzera dalle conseguenze non militari di conflitti armati (emigrazione forzata e criminalità).

La politica svizzera di promozione della pace, quella dei diritti umani e quella umanitaria le hanno conferito negli ultimi anni a livello internazionale maggiore considerazione e influenza. Pur con mezzi limitati, la Svizzera ha sviluppato strumenti
efficaci e ottenuto risultati visibili, come ad esempio la creazione del Consiglio ONU dei diritti dell'uomo, l'iniziativa di Ginevra per il Medio oriente e i contributi al processo di pace in Colombia, nello Sri Lanka, nel Nepal, nel Sudan meridionale e in Uganda.

Argomenti trattati Aumentando in modo moderato i mezzi, il Consiglio federale intende rendere possibile l'invio di un numero maggiore di cittadini svizzeri, aumentare il sostegno ai progetti principali, ottenere una maggiore flessibilità per nuovi impegni specifici e un maggiore appoggio a operazioni multilaterali.

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La politica di promozione della pace, quella dei diritti unani e quella umanitaria sono oggi strettamente correlate: il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario costituiscono la base di ogni soluzione pacifica duratura. A sua volta, la pace è la condizione necessaria affinché i diritti umani possano essere pienamente protetti. Le misure concrete sono perciò atte a promuovere contemporaneamente la pace, i diritti umani e la protezione della popolazione civile: si tratta di misure che rafforzano la sicurezza individuale, la sicurezza umana.

I due primi capitoli del presente messaggio si soffermano sulle sfide mondiali e sulle risposte della comunità internazionale, mentre il numero 3 spiega la politica di pace e dei diritti umani nel complesso: la politica di pace e quella dei diritti umani sono compiti trasversali di cui si occupano diversi enti federali. Inoltre presenta la panoramica chiesta da svariati interventi parlamentari sulle attività della Confederazione in questo ambito e chiarisce i meccanismi del coordinamento. Il numero 4 descrive le misure concrete che verranno finanziate con il nuovo credito quadro. Il numero 5 si concentra sulle conseguenze finanziarie e di personale. Infine, l'allegato riporta le misure di gestione civile dei conflitti e di politica dei diritti umani finanziate con il credito quadro 2004­2007.

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Indice Compendio

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1 Pace e diritti umani, una sfida mondiale

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2 Le risposte della comunità internazionale

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3 Politica svizzera di pace e dei diritti umani 3.1 Politica di pace e dei diritti umani come elemento della politica estera svizzera 3.2 Stretta collaborazione tra gli attori federali 3.2.1 Complementarità tra la cooperazione allo sviluppo e la promozione civile della pace 3.2.2 Complementarità tra la promozione civile della pace e quella militare 3.3 Coerenza nella politica svizzera di pace e dei diritti umani

4355 4355 4355 4356 4358 4360

4 Misure di promozione civile della pace e rafforzamento dei diritti umani 4.1 Obiettivi e principi 4.2 Gli strumenti 4.2.1 I buoni uffici e la mediazione 4.2.2 I programmi di gestione civile dei conflitti 4.2.3 Il dialogo sui diritti umani 4.2.4 Il Pool di esperti per la promozione civile della pace 4.2.5 Iniziative diplomatiche 4.2.6 Partenariati 4.3 Contenuti principali 4.3.1 Sicurezza e pace 4.3.2 Federalismo e democrazia 4.3.3 Il dialogo con gli attori non statali 4.3.4 I diritti umani nelle situazioni di conflitto e l'analisi del passato 4.3.5 Rafforzamento della protezione dei diritti umani 4.3.6 Protezione della popolazione civile 4.3.7 Migrazione e tratta di esseri umani 4.3.8 Uomini, donne e pace

4361 4361 4364 4364 4367 4369 4370 4373 4374 4376 4376 4378 4379 4380 4382 4383 4385 4386

5 Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale 5.1 Nuovo credito quadro 2008­2012 5.2 Volume del credito quadro 5.3 Ripartizione degli impegni a carico del credito quadro 5.4 Organizzazione e personale 5.5 Pilotaggio, gestione dei progetti, controllo e garanzia della qualità

4387 4387 4387 4390 4391 4392

6 Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni

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7 Programma di legislatura

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8 Basi legali

4396

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Allegato: Rapporto sulle misure di gestione civile dei conflitti e di promovimento dei diritti dell'uomo negli anni 2004­2007

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Decreto federale concernente un credito quadro per la prosecuzione delle misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo (Disegno)

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Messaggio 1

Pace e diritti umani, una sfida mondiale

Gli ultimi quindici anni hanno portato cambiamenti sostanziali, in ampia parte positivi, ma sotto diversi aspetti imprevisti, della situazione mondiale in fatto di sicurezza. La fine del conflitto tra potenze occidentali e potenze orientali ha comportato non solo una riduzione consistente delle tensioni globali e delle minacce, ma anche la conclusione di numerose e sanguinarie guerre per conto terzi. Più di cento conflitti, soprattutto guerre «dimenticate» in Africa, Asia e America Latina, sono stati portati a termine negli ultimi anni, la maggior parte dei quali lontano dall'attenzione dei media.

Rilevazioni quantitative come ad esempio l'Human Security Report 20051 provano una chiara diminuzione del numero di guerre, un numero decrescente di vittime dirette di guerre e di conflitti armati e una riduzione del numero di rifugiati in fuga da guerre. Anche il numero di gravi violazioni dei diritti umani è in calo. Il mondo, per quanto possiamo basarci sulle cifre a disposizione, è diventato più pacifico e sicuro.

Grafico 1 Un mondo un po' meno violento. Il numero dei conflitti tra il 1946 e il 2005.

Dal 1991 il numero di guerre è diminuito del 40 %. La maggior parte dei conflitti ha luogo entro i confini di uno Stato.

Fonte: Human Security Brief 2006/Uppsala Conflict Data Program/International Peace Research Institute, Oslo 1

Human Security Centre. Human Security Report 2005. Oxford: Oxford University Press. 2005. www.humansecurityreport.info.

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Una nuova tipologia di rischi e minacce Al contempo gli anni Novanta sono stati caratterizzati da un elevato numero di nuovi conflitti. Nuove forme di scontro, in particolare guerre civili, movimenti separatisti armati e violenza all'interno degli Stati stessi, hanno attirato l'attenzione del pubblico. Il crollo della Jugoslavia e dell'Unione sovietica hanno riportato la guerra in Europa. Gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 e la reazione degli USA hanno cambiato nuovamente la situazione. Nuove minacce terroristiche, nuovi pericoli di catastrofi naturali, di pandemie, nuovi rischi a causa delle armi di distruzione di massa creano nuove insicurezze a livello globale.

Grafico 2 Il numero di attentati terroristici tra il 1968 e il 2005. Al calo registrato alla fine della Guerra fredda, è seguita una recrudescenza dal 2001.

Il numero delle vittime tuttavia risulta relativamente limitato a paragone di quello dei conflitti interni e interstatali.

Fonte: Human Security Brief 2006/Memorial Institute for the Prevention of Terrorism.

La gamma di minacce e rischi si è sensibilmente allargata: non sono solo la guerra e la violenza armata a rappresentare pericoli mortali, anche governi dispotici possono costringere i cittadini a fuggire all'estero. Altrettanto gravi possono essere le conseguenze di un governo fragile e in rovina: più di quaranta Paesi devono far fronte all'erosione dell'autorità statale e laddove lo Stato non è più in grado di garantire giustizia e sicurezza, il vuoto viene colmato da gruppi armati che instaurano la propria autorità. La violenza, pur senza raggiungere la soglia del conflitto bellico, contrassegna la vita quotidiana di milioni di persone.

Si teme che anche i cambiamenti climatici causeranno tensioni politiche. Già oggi uno dei rischi maggiori nei Paesi del Sud è proprio l'eventualità di conflitti come conseguenza di catastrofi naturali o di guerre per aggiudicarsi le scarse risorse.

Maggiore vulnerabilità in un mondo globalizzato Le guerre e i conflitti violenti nel ventunesimo secolo ci pongono di fronte a una serie di nuove sfide: la stragrande quantità di conflitti violenti ha luogo all'interno di un Paese. Nella maggior parte dei casi, cioè, non si tratta di uno scontro tra due 4345

eserciti regolari, ma di forze di sicurezza statali che vengono sfidate da gruppi armati non statali. Spesso il conflitto si volge direttamente contro la popolazione civile. Chiedere ai gruppi armati di rispettare il diritto internazionale umanitario, coinvolgerli in negoziati di pace e integrarli nelle strutture statali richiede nuovi metodi.

Le guerre civili possono estendersi ai Paesi limitrofi e destabilizzare intere regioni.

Le parti armate non statali possono contare sempre più su un sostegno internazionale, sono organizzate meglio grazie a mezzi di comunicazione moderni e spesso sono attive anche oltre i confini. Non di rado le parti in conflitto perseguono interessi economici diretti, fatto che rende più difficile trovare una soluzione pacifica poiché durante i conflitti perduranti si è venuta a creare un'economia bellica molto redditizia per determinati ambienti. Al contempo la guerra ed i conflitti, secondo accertamenti del PNUS (il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), sono tra le cause maggiori di sottosviluppo e povertà.

In un mondo globalizzato, le conseguenze di guerre e conflitti sono percepibili a livello mondiale: anche i conflitti nelle regioni più periferiche comportano conseguenze globali, cui neanche i cittadini della Svizzera possono sfuggire. L'economia mondiale reagisce in modo sensibile agli sconvolgimenti ed alle minacce per i flussi commerciali e i collegamenti nei trasporti e alla stabilità economica. I prezzi più elevati per le risorse energetiche o le disposizioni più severe negli aeroporti e alle frontiere sono un monito giornaliero.

Più di 30 milioni di persone sono in fuga da guerre, violenze, violazioni dei diritti umani o crisi umanitarie. Meno di un terzo varca le frontiere nazionali, entrando a far parte dei rifugiati secondo le definizioni internazionali. Il numero di rifiugiati diminuisce, mentre quello dei rifugiati interni (o sfollati) raggiunge livelli record: la protezione di queste persone è uno dei compiti internazionali più urgenti.

Grafico 3 Rifugiati e sfollati dal 1964 al 2003. Il numero complessivo di rifugiati è diminuito di quasi un terzo dal 1992. Invece, dal 1997 si registra un aumento drammatico di rifugiati interni. I conflitti armati sono una delle cause maggiori di emigrazione forzata.

Fonte: Human Security Report 2005 e Philip Orchard 2004.

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Gli attentati dell'11 settembre 2001 hanno fomentato la paura di organizzazioni terroristiche attive a livello globale e hanno causato in molti Paesi una limitazione drastica dei diritti e delle libertà civili. Tuttavia è chiaro che senza la garanzia dei diritti umani, senza lo Stato di diritto, senza una buona gestione governativa e senza sviluppo non è possibile opporsi efficacemente a gruppi di questo tipo. Il rispetto di questi principi fondamentali di buon funzionamento dello Stato non garantisce automaticamente la pace e la giustizia, ma crea le condizioni fondamentali per la convivenza in una società eterogenea.

L'accezione ampliata del termine «sicurezza» Sin dagli anni Novanta si è imposta una nuova concezione della sicurezza: la sicurezza umana pone al centro l'individuo e la sua esigenza di vivere senza paura. Non può prendere il posto dell'idea tradizionale di sicurezza statale, ad esempio la protezione dell'integrità territoriale, ma la può completare con ambiti indispensabili alla sicurezza individuale. La promozione della sicurezza umana comprende perciò i buoni uffici e la mediazione, come anche la trasformazione dei conflitti, la lotta contro le mine antiuomo e le armi illegali di piccolo calibro, contro l'impiego dei bambini soldato e contro la tratta di esseri umani, comprende metodi di azione nei confronti di gruppi armati e ideologie radicali o programmi per la protezione della popolazione civile e per un maggiore rispetto dei diritti umani.

La pace, i diritti umani e lo sviluppo sono strettamente correlati. Kofi Annan, segretario generale dell'ONU, ne ha fornito una formulazione appropriata: «Non c'é sviluppo senza sicurezza, non c'è sicurezza senza sviluppo, non c'é né l'uno né l'altra senza rispetto per i diritti umani»2. La povertà, il sottosviluppo e la discriminazione, invece, sono l'humus dei conflitti. L'impegno per la pace, per i diritti umani e per la protezione della popolazione civile contribuiscono a neutralizzare le cause globali dei conflitti perché il loro scopo è che le persone si sentano sicure. Nel documento finale del vertice Millennium+5 del settembre 2005 è stato approvato il concetto della sicurezza umana e proposto un dibattito approfondito nel quadro dell'Assemblea generale dell'ONU3. Nell'accezione più ampia la sicurezza umana comprende anche lo
sviluppo e la lotta alla povertà (cioè l'assenza della miseria).

Qui di seguito ci serviremo però di un'interpretazione più stretta (cioè l'assenza della paura), importante per le misure efficaci a livello politico in favore della pace e dei diritti umani.

2

Le risposte della comunità internazionale

Pace e sicurezza umana Ad estendersi non è solo la gamma dei rischi e delle minacce, ma anche le possibilità di azione per arginarle. Gli strumenti della promozione della pace vanno dalla prevenzione dei conflitti (prevenzione) alla mediazione in favore della pace (buoni uffici, intercessione e mediazione) e al mantenimento della pace fino al consoli-

2

3

«In Larger Freedom. Towards Development, Security and Human Rights for all.» Report of the Secretary-General of the United Nations for Decision by Heads of State and Government in September 2005. New York 21.3.2005. www.un.org/largerfreedom.

www.un.org/summit2005/documents.htm

4347

damento della pace. Le varie fasi spesso sono concomitanti: un buon management postconflitto spesso rappresenta la migliore opportunità di prevenzione.

Mentre fino alla seconda guerra mondiale il numero di gran lunga maggiore di guerre si concludeva con la vittoria militare di una delle parti, da allora il numero delle soluzioni negoziali è aumentato. Anche in questo caso, la fine della Guerra fredda ha permesso il decisivo mutamento di tendenza: dal 1990 vengono terminate più guerre grazie a mediazioni che per mezzo di vittorie militari. In questo modo negli ultimi anni è stato possibile porre termine al numero più alto di guerre. Tuttavia, al contempo è aumentato il rischio di ricadute: il 40 percento di tutti gli accordi di pace fallisce entro cinque anni. Una delle sfide maggiori rimane dunque garantire la stabilità della pace.

Grafico 4 Mutamento di tendenza. Dal 1990 il numero di guerre cui è stato posto termine è maggiore di quelle scoppiate.

Contemporaneamente sempre più guerre vengono terminate non grazie ad una vittoria militare, ma a negoziati di pace.

Fonte: Human Security Brief 2006, Human Security Center, Vancouver/Uppsala Conflict Data Program.

Ancora più significativo per il futuro è un'altra tendenza: la lotta all'impunità in caso di crimini di guerra e la creazione di strumenti efficaci di giurisdizione penale internazionale. Un numero sempre crescente di Paesi persegue i membri di vecchi governi resisi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani. Un numero crescente di tribunali internazionali e la nuova Corte penale internazionale si occupano di punire i colpevoli di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità. A lungo termine questa minaccia dovrebbe spingere eventuali criminali a rispettare i diritti umani e il diritto internazionale umanitario, anche se questa tendenza nell'immediato causa spesso problemi di difficile soluzione tra pace e giustizia.

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Grafico 5 La lotta all'impunità. Il numero di Paesi che fa giudicare da un tribunale i membri di vecchi governi resisi colpevoli di gravi crimini di guerra e il numero di tribunali internazionali.

Fonte: Human Security Report 2005.

L'istanza di gran lunga più importante per la promozione della pace è l'ONU. Sin dagli anni Novanta ha non solo aumentato drasticamente il numero di missioni di pace, ma anche quello delle forze di intervento, la loro cooperazione ed il loro coordinamento. Sono stati impiegati anche operatori militari, di polizia, della società civile e privati perché presentavano vantaggi comparativi, al fine di creare un livello minimo di sicurezza per l'istituzione dello Stato di diritto, per lo sviluppo economico ed il processo di riappacificamento nelle complesse operazioni di pace in società postbelliche. Dando seguito alle raccomandazioni del rapporto Brahimi sulla riforma delle missioni di pace ONU4, pubblicato nel 2000, sono state aumentate le forze ONU per gli interventi di pace multilaterali ed è stata migliorata la formazione dei civili e dei soldati che vi partecipano, grazie a centri di addestramento per il peacekeeping.

4

Report of the Panel on United Nations Peace Operations (A/55/305-S/2000/809).

21 August 2000 (citato di solito come «Rapporto Brahimi»).

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Grafico 6 Una quantità record di missioni di pace. Numero delle missioni di pace ONU tra il 1948 e il 2004.

Fonte: Human Security Report 2005

L'intervento dell'ONU in Bosnia e nell'Erzegovina, a Timor Est, in Liberia e nel Kosovo, molto simile ad una situazione di protettorato, e le esperienze nel complesso positive con le ampie missioni di pace multilaterali per stabilizzare a lungo termine situazioni postbelliche in regioni fragili o in rovina (Nationbuilding) mostrano l'importante ruolo che può assumere l'ONU negli sforzi multilaterali di pace e di gestione dei conflitti.

L'Human Security Report pubblicato alla fine del 2005 e cofinanziato dalla Svizzera ha confermato che il numero delle guerre e dunque delle vittime ha potuto essere ridotto drasticamente soprattutto grazie all'intesificazione delle operazioni di pace ONU5. Questo risultato deve essere considerato un grande successo raggiunto grazie alle attività dell'ONU e di altre organizzazioni multilaterali che hanno partecipato con forze militari e civili a questi interventi.

Nonostante l'aumento delle missioni di pace ONU e i successi comprovati nell'arginare i conflitti e stabilizzare le regioni nella fase postbellica, sorgono questioni riguardanti la loro utilità, efficacia e gli effetti di lunga durata. I casi in cui le missioni ONU non hanno potuto raggiungere gli obiettivi (Bosnia e Erzegovina nel 1995) o a causa di ostacoli politici non hanno ricevuto un mandato sufficiente (Darfur) sono conosciuti, come lo sono il coordinamento spesso lacunoso tra le missioni internazionali.

5

Human Security Centre. Human Security Report 2005. Oxford: Oxford University Press.

2005. www.humansecurityreport.info.

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L'ONU ha reagito a queste sfide nel quadro della riforma del 2005. In base alle raccomandazioni rilasciate dal gruppo di esperti ad alto livello sulle minacce, sfide e cambiamenti6 e al rapporto del segretario generale7 dell'ONU, è stata creata la Commissione per il consolidamento della pace (Peacebuilding Commission) che in futuro avrà il compito di elaborare strategie integrate per la costruzione ed il consolidamento della pace in società appena uscite da un conflitto, garantire a medio e lungo termine le basi finanziarie di tali attività e migliorare la collaborazione tra le parti politiche, militari, umanitarie e di politica dello sviluppo. Nei prossimi cinque anni verranno poste le basi per un successo duraturo di queste innovazioni istituzionali all'interno del sistema ONU.

L'ONU è il più importante, nonché unico, organo di promozione della pace la cui attività si esplica veramente a livello globale. Tuttavia non assume un ruolo centrale in tutti i conflitti. Oltre all'ONU, negli ultimi anni hanno cominciato ad operare altri enti che promuovono la pace in tutte le fasi di un conflitto (prima, durante e dopo): tra quelli più attivi menzioniamo la Banca mondiale, le organizzazioni regionali (ad es. NATO, OSCE, UE, AU, ASEAN) e gruppi di Stati (Human Security Network, Francophonie).

Le attività dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), già da tempo partner importante della Svizzera, hanno lo scopo di prevenire grazie ad un intervento tempestivo e ad un ampio impegno nel maggior numero di ambiti possibile nelle regioni in cui hanno luogo conflitti. Grazie alle circa 20 missioni in regioni di crisi, ma soprattutto grazie allo strumento dell'Alto Commissario per le minoranze nazionali, utilizzato con successo, l'OSCE mostra, nello spazio europeo, come un'organizzazione regionale può contribuire in maniera efficace alla pace, allo Stato di diritto e alla democrazia.

L'Unione europea (UE) è diventata un ente molto importante per la promozione della pace. Anche la Svizzera ha partecipato alle missioni di successo in Macedonia, Bosnia-Erzegovina e Indonesia (Aceh). La partecipazione svizzera è prevista anche nel Kosovo per la nuova missione europea che nel 2007 sostituirà l'UNMIK.

L'Unione europea ha priorità analoghe a quelle della Svizzera non solo per ragioni
geografiche, ma anche nella scelta delle soluzioni: la Strategia europea in materia di sicurezza8, pubblicata a dicembre 2003, è dedicata alla sicurezza umana. La Strategia mette in risalto la dipendenza reciproca degli operatori statali e non in un mondo globalizzato, mostra l'importanza del multilateralismo e si concentra sull'ampia gamma delle minacce. Di regola, il perno di una missione di pace UE è l'impegno civile. Benché lo scopo della pubblicazione della Strategia è sottolineare l'azione militare comunitaria, l'UE giunge alla conclusione che nessuna delle nuove minacce è di tipo meramente militare e che non può essere affrontata con mezzi esclusivamente militari.

Operazioni destinate a mantenere la pace e a portare stabilità fanno oggi parte dei compiti centrali della NATO che li esegue sempre più in collaborazione con l'Unione europea. Dunque, gli interventi di questa organizzazione hanno subito 6 7

8

United Nations, A More Secure World: Our Shared Responsibility ­ Report of the Highlevel Panel on Threats, Challenges and Change. New York: United Nations. 2004.

United Nations, General Assembly, In Larger Freedom: Towards Development, Security and Human Rights for All ­ Report of the Secretary-General, A/59/2005. New York: United Nations. 21 March 2005.

Un'Europa sicura in un mondo migliore, Strategia europea in materia di sicurezza; Bruxelles, 12 dicembre 2003.

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nell'ultimo decennio una trasformazione sostanziale e, in base ad un mandato ONU, la NATO, con un contingente di 220 uomini, svolge nel Kosovo la più grande missione di pace in Europa, cui partecipa anche la Svizzera, a sua volta parte del programma «Partnership for Peace».

Anche l'Organisation Internationale de la Francophonie (OIF) contribuisce con misure significative alla diplomazia preventiva ed al management postbellico in regioni francofone colpite da guerre e crisi, in particolare in Africa. Quale Paese francofono, la Svizzera ha anche in questo caso un interesse particolare a partecipare apportando valori supplementari.

Anche singoli Stati si impegnano nella politica di pace, come ad esempio le grandi potenze ed i relativi alleati, ma pure Paesi di medie o piccole dimensioni. Soprattutto il significato di iniziative comuni di due o più Stati sembra destinato ad aumentare in futuro, sia sotto forma di coalizione, sia con accordi informali tra Paesi con orientamento analogo («like-minded»). Tra questi ultimi annoveriamo, per quel che riguarda la Svizzera, la Germania, la Svezia, la Norvegia, il Canada, la Francia, l'Australia e la Nuova Zelanda. Vi si affiancano operatori privati, ma anche ONG e organizzazioni che lavorano in ambito scientifico. Le istituzioni non statali, che spesso possono agire in maniera più flessibile, assumono un importante ruolo di pioniere nella mediazione. Per questa ragione, la Svizzera mantiene tutta una serie di contatti con partner (cfr. n. 4.2.6).

Anche se non sempre l'ONU è l'organo che svolge le attività di promozione della pace, deve comunque garantire che gli operatori, che agiscono per i più disparati motivi, rispettino il diritto e gli standard internazionali nell'attuazione delle misure corrispondenti. I Paesi di media e piccola taglia sono molto interessati al rafforzamento ed all'imposizione coerente del diritto e degli standard internazionali, vincolanti anche per le grandi potenze della politica mondiale. Per questa ragione anche in futuro la Svizzera assumerà sempre una posizione chiara riguardo al rispetto del diritto internazionale e al rafforzamento delle strutture multilaterali. A lungo termine questa strategia aumenterà la fama e l'efficacia degli interventi multilaterali e aiuterà l'ONU a far rispettare a livello mondiale i diritti e gli
obblighi riconosciuti e ad evitare interventi unilaterali.

I diritti dell'uomo La questione dei diritti umani è stata scelta come terzo argomento principale al vertice Millennium+5 2005 dell'ONU, oltre allo sviluppo e alla pace e la sicurezza.

Il principio della responsabilità di proteggere (Responsibility to Protect) conferisce all'ONU una maggiore responsabilità nell'imporre il rispetto dei diritti umani. Se finora la comunità mondiale partiva dal presupposto di un'intoccabile supremazia della sovranità statale, oggi si concorda che questa sovranità deve comprendere assolutamente la protezione dei diritti umani elementari. Se i governi non sono in grado di proteggere i cittadini da gravissime violazioni dei diritti umani, l'ONU ha il dovere di garantire questa protezione9. Negli ultimi anni i diritti umani e il ruolo dell'ONU nelle misure per farli rispettare hanno assunto maggiore significato. Il vertice ha rafforzato dunque due riforme concrete del sistema onusiano: la creazione del Consiglio dei diritti dell'uomo e il consolidamento dell'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani.

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2005 World Summit Outcome. Resolution adopted by the General Assembly.

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Il 15 marzo 2006, 170 dei 191 Paesi membri dell'ONU si sono dichiarati favorevoli alla creazione di un Consiglio dei diritti dell'uomo. Solo quattro Stati hanno votato contro (mentre 3 si sono astenuti). Questa decisione è stata preceduta da un intenso impegno della Svizzera. Rappresentanti del nostro Paese hanno partecipato con decisione tanto all'avvio della campagna quanto alla strutturazione concreta.

Il Consiglio dei diritti dell'uomo è stato creato con lo scopo di compensare le debolezze dell'organo che lo aveva preceduto, la Commissione dei diritti dell'uomo. Per questa ragione ne è stata rafforzata la posizione istituzionale, subordinandolo all'Assemblea generale. Tra cinque anni si dovrà decidere se trasformarlo addirittura in uno degli organi principali dell'ONU (come il Consiglio economico e sociale o il Consiglio di sicurezza). I posti sono distribuiti in proporzione alle regioni e i 47 membri del Consiglio devono soddisfare maggiori esigenze di quelle poste ai membri dell'organo precedente. Devono essere confermati dalla maggioranza dell'Assemblea generale in un'elezione con voto segreto, possono restare in carica al massimo per la durata di due nomine triennali e possono essere sospesi ad ogni momento per decisione dei due terzi dell'Assemblea generale.

Dopo l'elezione dei membri il 9 maggio 2006 ­ anche la Svizzera è stata nominata ­ il Consiglio ha avviato l'attività il 19 giugno 2006. Tra i compiti principali del Consiglio figurano la promozione del rispetto dei diritti umani, la prevenzione delle violazioni dei diritti dell'uomo e l'esame della situazione dei diritti umani nei Paesi membri. È troppo presto per valutare l'efficacia del nuovo Consiglio, poiché durante il primo anno deve essere collaudata la metodologia di lavoro. La Svizzera intende impegnarsi in modo deciso per fare del Consiglio un organo istituzionale efficace nella protezione dei diritti umani.

Un ulteriore passo importante verso un maggiore rispetto dei diritti umani è il consolidamento dell'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani (Office of the High Commissioner for Human Rights, OHCHR). I compiti dell'OHCHR prevedono la protezione dei diritti umani, la maggiore consapevolezza degli individui affinché realizzino i propri diritti («empowerment») e il sostegno a coloro che si impegnano per il rispetto
dei diritti umani10. Secondo il programma presentato nel 2005, nei prossimi anni l'OHCHR si concentrerà sull'attuazione ed il consolidamento dell'impegno regionale, sull'ampliamento del ruolo di gestione dell'Alto Commissario per quel che riguarda le questioni sui diritti umani e la collaborazione con la società civile e altri reparti dell'ONU11. Per raggiungere questi obiettivi12, durante il vertice Millennium+5 è stata garantita assistenza all'OHCHR. Entro cinque anni il budget dell'OHCHR verrà duplicato, la posizione istituzionale dell'ufficio è stata inoltre chiaramente rafforzata con l'affermazione che precisa l'indivisibilità dei diritti umani.

In ambito europeo, il Consiglio d'Europa è il primo custode dei diritti umani. Inoltre ha il compito di promuovere la democrazia e lo Stato di diritto. La Svizzera appoggia la specializzazione del Consiglio d'Europa su questi tre ambiti principali. La Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) è ritenuta lo strumento per 10 11

12

Human Rights. High Commissioner's Strategic Management Plan 2006­2007.

In Larger Freedom: Towards Development, Security and Human Rights for All. Report of the Secretary-General. Annex: Plan of Action Submitted by the United Nations High Commissioner for Human Rights.

In Larger Freedom: Towards Development, Security and Human Rights for All. Report of the Secretary-General. Annex: Plan of Action Submitted by the United Nations High Commissioner for Human Rights.

4353

eccellenza del Consiglio d'Europa. Rappresenta la base della Corte europea dei diritti dell'Uomo che giudica in modo vincolante i ricorsi di singoli contro un Paese membro. La ratifica da parte dei numerosi nuovi Stati membri del Consiglio d'Europa ha causato una marea di ricorsi, con la conseguenza che a lungo termine il buon funzionamento della Corte non può più essere garantito. Un ruolo importante nella sorveglianza del rispetto dei diritti umani nei Paesi membri è assunto anche dal Commissario per i diritti umani. L'assemblea parlamentare fornisce contributi preziosi alla democratizzazione.

Politica umanitaria e migrazione La protezione dell'individuo da violenza e arbitrio è un elemento centrale della sicurezza umana. Ciò fa sì che la politica umanitaria, cioè tutte le attività a livello diplomatico e di sviluppo di politiche intese a proteggere la popolazione civile nei conflitti armati e a rafforzare le condizioni quadro delle operazioni umanitarie, diventi sempre più importante. In primo piano è posto il rispetto del diritto internazionale umanitario nei conflitti armati, tra cui le quattro convenzioni di Ginevra con i relativi protocolli. Ciò vale specialmente per gli attori armati non statali, nel caso dei quali si rivela particolarmente difficile il controllo del rispetto del diritto internazionale umanitario. Altrettanto importante è affrontare le nuove sfide, ad esempio la questione del coordinamento delle attività umanitarie con le misure della cooperazione allo sviluppo e della promozione della pace o quella del rafforzamento della sicurezza del personale delle organizzazioni internazionali durante le missioni svolte in luoghi e circostanze pericolosi.

Anche la migrazione è un argomento che riguarda la sicurezza umana, che comprende tanto la protezione dei migranti e il rispetto dei loro diritti quanto la stabilità sociale dei Paesi di destinazione. Mentre le questioni sulla migrazione finora rientravano chiaramente nella sfera di competenza degli Stati, oggi il contesto internazionale diventa sempre più importante. I flussi migratori possono inoltre essere indicatori affidabili della capacità o dell'incapacità del Paese d'origine di garantire con le proprie forze la sicurezza della popolazione.

Due importanti processi hanno contribuito allo sviluppo della tematica. La Commissione
mondiale sulle migrazioni internazionali CMMI (Global Commission on International Migration, GCIM), creata nel 2003, ha preparato il terreno: istituita in seguito ad una proposta del segretario generale dell'ONU nel 2002, la Commissione, composta di 19 esperti indipendenti, aveva il compito di porre all'ordine del giorno l'argomento della migrazione, di seguire l'evolversi della situazione e di emanare raccomandazioni alla comunità degli Stati. Il risultato concreto è stato il rapporto dell'ottobre 2005 in cui si indicava soprattutto la differenza tra migrazione regolare e migrazione irregolare. Inoltre il rapporto evidenziava i numerosi effetti positivi della migazione, senza tacere le lacune esistenti nella protezione delle persone che emigrano13.

Il secondo processo importante è stato avviato con il Dialogo ad alto livello sulla migrazione e lo sviluppo internazionali14 svolto nel 2006 in seno all'ONU. Il documento conclusivo rinvia espressamente agli influssi positivi esercitati dal movimento 13 14

Migration in an Interconnected World: New Directions for Action. Global Commission on International Migration. October 2005.

Summary of the High-level Dialogue on International Migration and Development.

Note by the President of the General Assembly of the ONU. October 2006.

4354

migratorio sullo sviluppo affermando che tuttavia è decisivo garantire che l'opzione di migrare venga presa in considerazione solo per libera scelta. Strettamente connessa a questo principio è la consapevolezza dell'indivisibilità dei diritti umani che assumono un'importanza particolare anche nell'ambito della migrazione. La decisione di proseguire il dibattito indica che l'argomento resterà di primo piano.

3

Politica svizzera di pace e dei diritti umani

3.1

Politica di pace e dei diritti umani come elemento della politica estera svizzera

La Svizzera non solo è direttamente interessata dall'ampia gamma di minacce e pericoli globali caratteristici degli inizi del XXI secolo, come spiegato nell'introduzione. Ha a sua disposizione anche un maggiore margine di manovra per reagire a queste sfide. Il valore della promozione civile della pace e del rafforzamento dei diritti umani è continuamente aumentato dagli anni Novanta e anche altri Paesi, non solo la Svizzera, hanno potenziato gli strumenti necessari. La tradizione umanitaria e l'assenza di obblighi creati da alleanze forniscono alla Svizzera una buona posizione per rappresentare interessi propri e al contempo per affinare il profilo di politica estera grazie al chiaro impegno per la pace e i diritti umani.

La Costituzione federale del 18 aprile 1999 in particolare menziona quali obiettivi di politica estera della Svizzera il rispetto dei diritti umani, la promozione della democrazia e l'impegno per la coesistenza pacifica dei popoli15. Nel Rapporto sulla politica estera 200016 il Consiglio federale ha inoltre stabilito che in futuro intende contribuire in modo chiaro e sostanziale alla prevenzione di conflitti, svolgere una politica umanitaria autonoma e profilata e consolidare il proprio impegno a favore del rispetto dei diritti umani e della promozione della democrazia e dello Stato di diritto con misure corrispondenti. Le misure per la promozione civile della pace ed il rafforzamento dei diritti umani, come descritto in maniera più dettagliata al numero 4 del presente messaggio, rappresentano dunque un elemento importante della politica elvetica di pace e dei diritti umani. Tuttavia queste misure diventano realmente efficaci solo nel contesto più ampio di tutte le attività della Confederazione per promuovere la pace e i diritti umani.

3.2

Stretta collaborazione tra gli attori federali

La politica di pace della Confederazione è «la somma di tutte le misure di ordine civile e militare prese in maniera coordinata dagli attori della Confederazione con l'obiettivo di creare una situazione di pace17». Perciò una politica svizzera di pace efficace e coerente può essere realizzata solo grazie ad una collaborazione coordinata di tutti gli attori importanti nell'amministrazione federale. Inoltre una politica svizzera di pace coerente include anche le organizzazioni non statali e gli attori internazionali.

15 16 17

RS 101 Cost., art. 54 cpv. 2 e 101.

FF 2001 201 Messaggio del 23 ottobre 2002 concernente un credito quadro per misure di gestione civile dei conflitti e di promovimento dei diritti dell'uomo, FF 2002 7094­7097.

4355

La politica estera della Confederazione di promozione dei diritti umani trova applicazione in una miriade di ambiti politici (in particolare la politica dello sviluppo, dell'economia esterna, della migrazione e della pace). Il Rapporto sulla politica estera svizzera dei diritti dell'uomo 2003­200718 del 31 maggio 2006 offre una panoramica dettagliata di questi ambiti politici e degli strumenti di coordinamento.

Questa questione perciò verrà trattata qui di seguito solo se esiste uno stretto nesso con la politica di pace.

I capitoli seguenti si concentrano sulla politica svizzera di pace e soddisfano dunque il postulato 03.3178 Promozione della pace e gestione dei conflitti della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati del 30 settembre 2003, che chiede al Consiglio federale di strutturare in modo interdipartimentale la politica di pace della Confederazione.

3.2.1

Complementarità tra la cooperazione allo sviluppo e la promozione civile della pace

Nel quadro delle competenze della Direzione politica del DFAE, la Divisione politica IV è responsabile della formulazione e in parte dell'applicazione della politica di pace e dei diritti dell'uomo della Svizzera. Nucleo di questa politica sono le strategie e le azioni politiche, la mediazione diplomatica e l'appoggio a processi di pace, l'eliminazione di situazioni che potrebbero causare conflitti, la protezione delle persone dall'arbitrio e dalla violenza e il rafforzamento dei diritti umani e dei principi del diritto internazionale umanitario.

Tra le misure operative della promozione civile della pace a disposizione della Direzione politica annoveriamo gli sforzi di mediazione, il dialogo, i progetti ed i programmi di gestione civile dei conflitti, l'invio di esperti, le iniziative diplomatiche e i partenariati. Queste misure si rivolgono in primo luogo ai livelli gerarchici superiori e medi e sono applicate in situazioni con un elevato rischio di violenza e inasprimento. Non ci si concentra prevalentemente sui motivi strutturali all'origine del conflitto, bensì si interviene sulla dinamica del conflitto appoggiando i processi di rappacificazione. In genere sono a medio termine (con programmi biennali o triennali), in parte anche a breve termine se le circostanze politiche lo permettono.

Le attività della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e della Segreteria di Stato per l'economia (SECO) nella cooperazione allo sviluppo hanno effetto sul lungo termine in modo preventivo, cercano di eliminare le tensioni e di promuovere i diritti umani. L'obiettivo strategico della cooperazione allo sviluppo, cioè la riduzione della povertà, comprende anche una distribuzione equilibrata del potere, la riduzione di differenze salariali e l'accesso equo alle risorse. Nel quadro della cooperazione allo sviluppo, la promozione dello Stato di diritto e della buona gestione del governo hanno lo scopo di prevenire le crisi. L'aiuto umanitario della Confederazione ha lo scopo di salvare vite umane e alleviare le sofferenze della popolazione divenuta vittima di una catastrofe naturale o di un conflitto armato. Sono elementi dell'impegno di politica estera della Svizzera che si occupa anche di prevenzione delle catastrofi naturali, di aiuti immediati, di ricostruzione e di attività per la protezione e di assistenza giuridica a favore delle vittime.

18

FF 2006 5599 segg.

4356

A causa della stretta connessione tra pace, sicurezza e sviluppo, è indispensabile un orientamento strategico comune dei due strumenti di politica estera, la promozione della pace e la cooperazione allo sviluppo. Affinità contenutistiche si hanno soprattutto nella prevenzione dei conflitti e nel consolidamento duraturo delle società postbelliche nel quadro dell'allestimento di processi democratici, dello Stato di diritto e dell'amministrazione decentralizzata. In questi ambiti i gruppi di lavoro comuni garantiscono la coerenza. Ad esempio, un comitato comune elabora la strategia di lavoro in Stati fragili.

La Direzione politica (DP) e la DSC concordano con precisione gli elementi contenutistici e geografici. Riunioni di coordinamento tenute ad intervalli regolari tra la DP e la DSC ed un comitato di controllo tra la Divisione politica IV e la DSC permettono la cooperazione concettuale ed operativa. Quando la DSC e la DP IV operano nello stesso Paese, l'intervento si svolge in maniera coordinata, spesso nel quadro di strategie comuni. In genere i consulenti di pace e per i diritti umani sul luogo sono integrati negli uffici di coordinamento.

La pace nel Nepal ­ un'interazione di successo tra cooperazione allo sviluppo, promozione dei diritti umani e mediazione discreta della Svizzera Il 21 novembre 2006 a Kathmandu è stato firmato un accordo di pace allo scopo di porre termine alla sanguinosa guerra civile più che decennale con oltre 13 000 morti. Grazie a servizi di consulenza e mediazione svolti con discrezione, un mediatore svizzero ha potuto contribuire in maniera sostanziale a questo risultato (cfr. all. A.1.8). La condizione preliminare decisiva era stata la pluriennale presenza della Svizzera sul luogo e l'impegno profuso in modo credibile a favore dello sviluppo e dei diritti umani.

Da più di quaranta anni la Svizzera è presente nel regno himalaiano con programmi di cooperazione allo sviluppo. Il programma gestito dalla DSC e prettamente orientato allo sviluppo rurale non è stato sospeso negli ultimi anni a causa del conflitto armato, ma strutturato tenendo conto della situazione e completato con progetti di eliminazione delle tensioni sociali, di integrazione di gruppi di popolazione non privilegiati e di rafforzamento dei diritti umani.

Di fronte alla crescente repressione, nella
primavera del 2005 la Svizzera ha presentato con successo alla Commissione ONU dei diritti umani un'iniziativa sulla situazione dei diritti umani in Nepal permettendo così tra l'altro la creazione della più grande missione di osservazione dei diritti umani dell'Alto commissario ONU.

Dall'estate 2005 una strategia elaborata in comune tra la DSC e la DP IV è in vigore in Nepal: comprende l'impegno per lo sviluppo, i diritti umani e la pace.

Grazie a questo programma nazionale, un consulente per la pace inviato tramite il Pool di esperti svizzeri per la promozione civile della pace ha iniziato l'attività a maggio 2005 presso l'ufficio di cooperazione di Kathmandu.

Dall'estate 2005 la Svizzera ha sovvenzionato la missione ONU a favore dei diritti umani sostenendola anche con l'invio di un'esperta civile. Agli inizi del 2007 la Svizzera ha inviato inoltre quattro osservatori militari e due esperti civili nella nuova missione ONU per sorvegliare la tregua, il processo di disarmo e di preparazione di elezioni (UNMIN).

4357

In questo modo la Svizzera ha contribuito in maniera sostanziale alla pace in Nepal. Gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, della promozione dei diritti umani, della promozione civile e militare della pace sono stati impiegati in modo coordinato.

3.2.2

Complementarità tra la promozione civile della pace e quella militare

Nel DFAE, all'interno della Direzione politica la Divisione politica IV è responsabile della programmazione della politica di pace e dell'applicazione delle misure di promozione civile della pace. Il Centro di politica di sicurezza internazionale (CPSI) si occupa delle questioni concernenti la politica di sicurezza internazionale.

Nel DDPS la Direzione della politica di sicurezza (DPS) e le Relazioni internazionali Difesa sono responsabili di questioni di politica di sicurezza e di interventi internazionali per la promozione della pace con mezzi civili e militari a disposizione del DDPS. Le misure dell'esercito atte a promuovere la pace durante interventi ONU o OCSE contribuiscono a migliorare la situazione della sicurezza locale e forniscono sostegno alle missioni di osservazione.

La Svizzera persegue una promozione della pace sia civile, sia militare in programmi multilaterali e bilaterali. Punti di contatto tra la promozione svizzera civile e quella militare risultano dunque da una parte sul piano concettuale per quel che riguarda le conoscenze e le risorse specialistiche e dall'altra sul piano operativo durante la partecipazione a missioni di pace multilaterali.

Gli ambiti chiave tematici della promozione della pace, in cui le conoscenze militari completano quelle civili sono in particolare: ­

l'osservazione («monitoring») di accordi di tregua e di pace con forze militari e / o civili

­

la protezione sussidiaria della popolazione civile («protection») con componenti militari o di polizia di missioni di pace internazionali

­

riforme del settore della sicurezza (esercito, polizia, difesa del confine, servizi segreti) secondo principi democratici e dello Stato di diritto

­

disarmo, smobilitazzione e reinserimento di ex combattenti armati

­

meccanismi di controllo di armi di piccolo calibro e leggere e smaltimento dei depositi superflui e di munizioni

­

opere di sminamento a scopo umanitario

­

cooperazione nel garantire un contesto sicuro prima e durante le elezioni.

All'interno dell'amministrazione federale, in primo luogo tra il DDPS ed il DFAE, esistono svariati efficaci meccanismi di coordinamento per collaborazioni civili e militari nella promozione della pace. Il gruppo centrale sulla pace gestito dalla DP IV serve a concordare l'orientamento sostanziale di tutte le attività dei due dipartimenti nella promozione della pace e nel chiarimento di questioni concettuali. Altri organi di coordinamento per questioni specifiche sono:

4358

­

il gruppo di lavoro interdipartimentale Peace Support Operations (GIPSO) per il coordinamento della partecipazione della Svizzera a operazioni multilaterali di pace,

­

il comitato di coordinamento per l'eliminazione delle mine a scopo umanitario (Koordinationssausschuss humanitäre Minenräumung, KAM), nel quadro del quale è stata elaborata una strategia nazionale concernente lo sminamento,

­

il gruppo di lavoro interdipartimentale per la riforma del settore della sicurezza (IDAG SSR, interdipartimentale Arbeitsgruppe zur Reform des Sicherheitssektors),

­

il gruppo di lavoro interdipartimentale per la cooperazione militare regionale (IDAG RMK, interdipartimentale Arbeitsgruppe für regionale Militärische Kooperation) e

­

i gruppi comuni di coordinamento specifici ai Paesi per l'impegno in determinati Stati (ad es. Sudan).

Per il coordinamento dei contributi svizzeri ai tre centri ginevrini esiste un comitato di gestione DDPS/DFAE con presidenza alternata19.

Le missioni multilaterali di pace sono diventate imprese complesse che in genere presuppongono una stretta interazione tra compontenti militari e civili. L'ONU cerca sempre più di riunire le risorse civili e militari in missioni cosiddette integrate per aumentarne l'efficacia. Nella missione di pace ONU nel Sudan gli esperti civili collaborano con quelli militari nella cellula informativa comune. Anche l'UE segue sempre più un approccio integrato nelle missioni di pace, in genere incentratre sull'elemento civile. Ad esempio nella «Aceh Monitoring Mission», cui ha partecipato anche la Svizzera, oltre ad esperti civili sono intervenute persone con background militare. In Bosnia-Erzegovina l'UE svolge una missione civile e una militare, ambedue con partecipazione svizzera (cfr. riquadro). Per la Svizzera, l'aiuto umanitario resta in primo luogo un impegno civile; eventuali mezzi militari devono mantenere un carattere sussidiario e essere sottoposti ad una gestione civile.

Promozione sia civile sia militare della pace in Bosnia-Erzegovina Dal 1996 la Svizzera partecipa con mezzi civili e militari alla ricostruzione ed alla stabilizazzione del Paese. Pochi mesi dopo la firma dell'accordo di pace di Dayton, durante la presidenza all'OCSE del 1996, la Svizzera ha organizzato le prime elezioni democratiche dopo il conflitto quadriennale, inviando numerosi esperti civili (tra cui il mediatore per i diritti umani, membri del corpo di polizia per la taskforce internazionale e osservatori per i diritti umani) e ha svolto programmi bilaterali per il rientro di profughi di guerra e per la ricostruzione. Al contempo ha inviato una formazione militare non armata (i berretti gialli) per compiti logistici.

19

I contributi ai tre centri ginevrini (il Centro per la politica di sicurezza, il Centro per il controllo democratico delle Forze Armate, il Centro internazionale di sminamento umanitario) sono stati proposti al Parlamento nel 2007 in un messaggio separato. Perciò non rientrano nel presente messaggio.

4359

Oggi la Svizzera si impegna per la promozione civile della pace consolidando lo Stato di diritto e l'autonomia della giustizia, in particolare preparando le strutture per lo svolgimento dei processi contro i criminali di guerra nel Paese coinvolto, adoperandosi per una riforma costituzionale, per la analisi collettiva del passato bellico e per i programmi umanitari di sminamento. Nella missione europea di polizia (EUPM) sono impegnati tre o quattro consulenti inviati tramite il Pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace. Nel quadro della promozione militare della pace, la Svizzera partecipa con 27 membri dell'esercito alla missione militare per la pace (EUFOR) e sostiene il centro internazionale di formazione per le operazioni di pace situato a Sarajevo (PSOTC).

3.3

Coerenza nella politica svizzera di pace e dei diritti umani

Data la sua caratteristica di compito trasversale, la cui elaborazione e applicazione dipendono dalla cooperazione di un gran numero di unità federali, la politica svizzera di pace e dei diritti umani non è immune dal rischio di incongruenze. Un'analisi del centro di ricerca per la politica di sicurezza, del Politecnico federale di Zurigo, arriva alla conclusione che i problemi di coordinamento della promozione civile della pace possono essere evitati solo se le competenze vengono assegnate in modo chiaro, se ha luogo un regolare scambio di informazioni e vengono intrapresi sforzi di coordinamento sia nella pianificazione sia nell'attuazione delle misure20.

Processi decisionali chiari nei conflitti di interesse Le incongruenze della politica svizzera di pace e dei diritti umani, tuttavia, non possono essere addebitate solo a lacune nel coordinamento o alla mancanza di strutture organizzative. Spesso sono la conseguenza di interessi politici divergenti.

La politica svizzera di pace e dei diritti umani dunque si fonda sul principio che gli obiettivi della politica di pace non sempre sono compatibili senza attrito con altri obiettivi della politica. Gli obiettivi della politica di pace e dei diritti umani possono collidere con altri interessi nazionali e le due posizioni devono essere soppesate con cura. Solo in questo modo è possibile portare avanti a lungo nel contesto svizzero una politica corretta di pace e dei diritti umani.

Quando il Consiglio federale deve affrontare conflitti di tal genere, decide gli interessi nel caso concreto nel quadro di una ponderazione politica tenendo conto in primo luogo del diritto internazionale, quindi della Costituzione e delle leggi federali pertinenti. In caso di questioni particolarmente controverse, come ad esempio la concessione di garanzie dei rischi delle esportazioni o l'approvazione di esportazioni di armamenti, si applicano procedure decisionali istituzionalizzate e trasparenti.

20

Andreas Wenger et al., «Zivile Friedensförderung als Tätigkeitsfeld der Aussenpolitik.

Eine vergleichende Studie anhand von fünf Ländern» (n.d.t. Promozione civile della pace quale campo di attività della politica estera. Analisi comparativa su cinque Paesi), Forschungsstelle für Sicherheitspolitik, PF Zurigo, novembre 2006, pag. 124.

4360

Coerenza grazie all'analisi, alla pianificazione e al coordinamento in comune Negli ultimi anni nell'amministrazione federale sono stati elaborati strumenti di analisi e informazione sempre più affidabili al fine di esaminare la sicurezza, la situazione dei diritti umani e quella umanitaria in una determinata regione e di valutare le possibili conseguenze di un'attività della Svizzera sul contesto di un Paese partner. Questi strumenti contribuiscono a consolidare una prospettiva comune nell'amministrazione. Grazie al cosiddetto «mainstreaming», le esigenze della politica di pace e dei diritti umani possono essere integrate in tutti i processi importanti di ricerca e applicazione di soluzioni politiche dell'amministrazione federale e dunque contribuire ad una politica coerente nel tempo.

Inoltre il Consiglio federale ha istituito tutta una serie di meccanismi interni di consultazione e decisione al fine di aumentare la coerenza tra le attività di politica di pace e dei diritti umani e quelle di politica estera. Da sottolineare ad esempio il gruppo di lavoro per la pace e il gruppo di lavoro internazionale per la politica dei diritti umani in cui sono rappresentati i dipartimenti e gli uffici federali interessati. Il sistema ormai consolidato dei comitati comuni, presentato nel precedente sottocapitolo, serve sia al coordinamento operativo di misure concrete, sia allo scambio di informazioni e all'elaborazione di programmi comuni interdipartimentali.

Garantire la coerenza nella politica elvetica di pace e dei diritti umani resterà una sfida permanente. Il Consiglio federale è comunque persuaso che la strada scelta, cioè il consolidamento dei meccanismi di coordinamento e di consultazione, sia quella giusta e che presenti vantaggi non indifferenti nei confronti dell'alternativa di una riorganizzazione. L'attuale attribuzione delle competenze in base alla legge sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA) è articolata in modo sufficientemente chiaro e non rende necessaria una ristrutturazione dell'ambito politico della promozione della pace e dei diritti umani.

4

Misure di promozione civile della pace e rafforzamento dei diritti umani

4.1

Obiettivi e principi

Ricorrendo a misure concrete di promozione civile della pace e rafforzamento dei diritti umani, il Consiglio federale intende contribuire alla soluzione di problemi globali e al contempo rappresentare le priorità di politica estera della Svizzera. Sei obiettivi sono di centrale importanza: ­

offrire buoni uffici in una forma adattata alla situazione odierna e assumere il ruolo di mediatore nei processi di pace;

­

svolgere programmi di gestione civile dei conflitti, in grado di contribuire ad una pace duratura;

­

contribuire a rafforzare la protezione dei diritti umani grazie al dialogo con determinati Paesi partner;

­

sostenere le missioni multilaterali di pace e i programmi bilaterali con l'impiego di membri del Pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace (PSEP);

4361

­

avviare iniziative diplomatiche atte a concentrare l'attenzione dell'ONU e di altre organizzazioni internazionali su argomenti importanti della politica umanitaria, della pace e dei diritti umani e sostenerle con misure complementari;

­

mantenere una rete di contatti scientifici, economici e sociali con organizzazioni internazionali, Paesi e istituzioni di struttura affine al fine di scambiare esperienze, di rappresentare efficacemente gli interessi svizzeri e di unire le risorse elvetiche a quelle degli altri organi.

Al fine di raggiungere questi scopi, il DFAE si basa sui seguenti sette principi.

Raggruppamento geografico Per garantire l'efficacia delle misure di promozione civile della pace e il rafforzamento dei diritti umani, il DFAE impiega le proprie risorse in modo concentrato e compatto. Per decidere in quali conflitti e regioni con debole protezione dei diritti umani il DFAE si debba impegnare con programmi propri, si applicano i criteri seguenti: ­

efficacia: l'impegno svizzero può contribuire in modo significativo e utile alla promozione della pace, dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario?

­

interessi di politica estera: il conflitto o la crisi umanitaria ha conseguenze per la Svizzera dal punto di vista della sicurezza, dell'economia, dei flussi migratori, della politica dello sviluppo, della politica umanitaria o dell'ecologia?

­

domanda: le parti in conflitto auspicano un impegno della Svizzera? Per il dialogo sui diritti umani: il governo in questione è disposto a attuare riforme nel settore dei diritti umani?

­

punti di riferimento e vantaggi comparativi: sussistono particolari relazioni storiche, politiche, economiche? La Svizzera dispone di competenze specifiche particolarmente utili alla soluzione del conflitto o al rafforzamento dei diritti umani nella regione?

­

sinergie: è possibile realizzare sinergie con missioni internazionali e con altre attività della Confederazione, in particolare con la cooperazione allo sviluppo o con la promozione militare della pace?

­

rischio calcolato: il rischio politico che la Svizzera assume è proporzionale al vantaggio auspicato? I pericoli in cui incorre il personale sul posto sono calcolati?

In base a questi criteri, il DFAE ha analizzato nel 2005 tutti gli interventi a favore della politica di pace e dei diritti umani e ha iniziato a concentrare i mezzi. Il numero di regioni interessate è stato ridotto da 13 (2004) a 7 (2008), cioè nell'Europa sudorientale, nel Medio Oriente, nello Sri Lanka, in Nepal, nel Sudan, nella regione dei Grandi Laghi (Africa orientale) e in Colombia. L'elenco è controllato e aggiornato ogni anno. In genere in una regione viene investito all'incirca almeno un milione di franchi. Al fine di svolgere le attività, la rappresentanza svizzera sul posto viene rafforzata con consulenti inviati dal Pool di esperti per la promozione civile della pace.

4362

Contenuti centrali Negli ultimi anni il DFAE ha istituito una serie di competenze in ambiti importanti della promozione della pace e dei diritti umani nonché della politica umanitaria e della politica estera per la migrazione (la descrizione degli ambiti è inclusa nel n. 4.3). Questi elementi devono essere approfonditi e sviluppati, sia all'interno dell'amministrazione sia in collaborazione con i partner. Invece, il DFAE rinuncia intenzionalmente a competenze proprie in altri ambiti della promozione della pace e dei diritti del'uomo.

Sinergie verticali In questi ultimi anni il DFAE ha sfruttato le esperienze raccolte con lo svolgimento di progetti al fine di attirare l'attenzione della comunità multilaterale su elementi importanti della politica di pace, dei diritti umani e umanitaria (cfr. n. 4.2.5). Al contempo ha sostenuto progetti multilaterali con proprie misure complementari. In veste di attore statale, la Svizzera è in grado di contribuire a tutte le fasi del lavoro politico: dai singoli progetti sul posto, dal lavoro con esperti, dalla ricerca concettuale, dai contatti bilaterali a livello politico, dalla collaborazione in un contesto multilaterale fino allo sviluppo di nuove strategie e all'elaborazione di nuove regole normative in ambito multilaterale o alla creazione di meccanismi e istituzioni. Il DFAE intende sfruttare sistematicamente e rafforzare le sinergie che risultano da questo lavoro politico nella pianificazione e nell'attuazione di programmi e iniziative.

Pianificazione a medio termine I conflitti odierni non possono essere risolti in modo duraturo con interventi puntuali e isolati allo scopo di raggiungere un risultato veloce e visibile. In genere è necessario un impegno pluriennale per istillare fiducia e per permettere lo sviluppo di una dinamica di pace costruttiva. Gli interventi svolti con l'intento di rafforzare i diritti umani e il diritto internazionale umanitario presuppongono in ogni caso una prospettiva pluriennale.

Tuttavia, è possibile che inaspettatamente si presentino margini di manovra promettenti. Al contempo avvenimenti politici imprevedibili possono rendere necessario un adeguamento a breve termine o la sospensione delle attività. La pianificazione delle risorse deve dunque essere tale da permettere al DFAE di reagire in modo flessibile ai cambiamenti
e alle opportunità.

Lo strumento del credito quadro rende possibile una pianificazione pluriennale e al contempo l'impiego flessibile ed efficace di singoli strumenti. Al fine di garantirne il concentramento, l'80 percento dei mezzi del credito quadro assegnati in base a criteri geografici vengono impiegati in regioni stabilite tramite una pianificazione triennale. Il 20 % delle risorse è destinato a programmi pilota e alle riserve strategiche, al fine di permettere di reagire in modo flessibile alle opportunità politiche.

Livelli gerarchici superiori e medi Il DFAE si concentra sulla collaborazione con organi governativi e altre istituzioni e élite decisionali statali e non statali. La collaborazione sistematica con organizzazioni della società civile che dispongono di ampia influenza per lo svolgimento di programmi di promozione della pace e dei diritti umani offre spesso promettenti elementi di contatto alternativi.

4363

I ruoli della Svizzera Se possibile, la Svizzera si presenta come istituzione attiva nell'attuazione di misure della promozione civile della pace e del rafforzamento dei diritti umani. Quando l'obiettivo è raggiungibile con attività comuni, può anche sostenere progetti di altri con contributi finanziari.

La differenza tra i ruoli maschili e quelli femminili I programmi e la realizzazione di misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti umani tengono sistematicamente conto dei ruoli e delle esigenze differenti per gli uomini e per le donne. Al momento di inviare personale, si tiene conto inoltre del principio della proporzionalità tra esperti ed esperte.

4.2

Gli strumenti

4.2.1

I buoni uffici e la mediazione

Una percezione mutata dei buoni uffici I buoni uffici e la mediazione tra le parti al conflitto assumono un ruolo centrale nei negoziati di tregua e nelle trattative di pace. La percezione dei buoni uffici tuttavia ha subito chiari mutamenti negli ultimi anni: dalla fine della Guerra fredda la maggior parte dei conflitti armati, soprattutto guerre civili, vengono conclusi grazie a negoziati. In genere vi è coinvolta una terza parte che può essere un'organizzazione internazionale, uno Stato, una singola persona o un'organizzazione non statale specializzata. Oggi, il mediatore principale in caso di conflitto armato è l'ONU, ma spesso il ruolo è assunto da una grande potenza o da un gruppo di Stati (gruppo di contatto). Gli Stati minori che agiscono da soli hanno successo solo in casi eccezionali.

I buoni uffici, la mediazione e la facilitazione I buoni uffici di stile tradizionale, cioè la mediazione tra Stati come ad esempio i mandati in qualità di potenza protettrice della Svizzera per gli USA in Iran e nei rapporti tra USA e Cuba, sono importanti soprattutto per le nostre relazioni con gli Stati Uniti e contribuiscono alla considerazione in cui è tenuta la dipolimazia svizzera. Oggi i buoni uffici sono ricercati soprattutto come tentativo di mediazione di terzi in conflitti interni tra il potere centrale e un gruppo non statale armato. Queste attività di conciliazione vengono chiamate in gergo internazionale «mediazione» o «facilitazione».

Nelle attività di mediazione nel contesto di negoziati di pace si opera una differenza tra mediazione e facilitazione. Nel caso di quest'ultima, la parte terza sostiene, facilita e promuove il contatto, la comunicazione e i progressi tra le parti al conflitto, senza apportare contenuti ai negoziati. Le parti scelgono liberamente la parte terza che ne rende possibile gli incontri in un luogo neutrale per discutere delle possibili soluzioni, per svolgere trattative o per firmare un accordo di pace.

4364

Nel caso della mediazione, in genere la parte terza riceve un mandato formale dalle parti in conflitto con l'incarico di rendere possibile non solo l'incontro tra le parti, ma anche di sostenerle sul piano di contenuto nella ricerca di una soluzione. La parte terza in particolare può trasmettere la soluzione proposta da una delle parti, operare una mediazione di contenuto tra le parti o presentare proposte proprie.

Il teamwork di mediatori esperti e specialisti Al giorno d'oggi i negoziati di pace sono diventati un processo molto complesso con ripartizione dei compiti tra più operatori. In genere sul luogo si riunisce un team di esperti e specialisti guidati da un mediatore esperto, ad esempio un collaboratore di rango elevato dell'ONU o da una personalità politica rispettata da tutti. Gli argomenti all'ordine del giorno sono la smobilitazione, il disarmo e la reintegrazione di gruppi di ribelli, ma anche la suddivisione del potere, le strutture autonome o federalistiche dello Stato e dunque le riforme costituzionali, le elezioni, la ricostruzione di istituzioni statali e in particolare le riforme nel settore della sicurezza, la analisi del passato, la giustizia di transizione e la riconciliazione tra le parti al conflitto.

Le esperienze svizzere negli ultimi anni La Svizzera ha riconosciuto in tempo questi sviluppi e partecipa regolarmente alle attività dei gruppi di mediazione. Nel 2006 il DFAE ha inviato tre ambasciatori speciali (per i processi di pace in Medio Oriente, nel Sudan e in Colombia) ed una serie di mediatori qualificati. Negli ultimi sei anni i mediatori e gli esperti svizzeri hanno partecipato a più di quindici negoziati e la Svizzera è riconosciuta e richiesta quale mediatrice internazionale e parte terza impegnata nelle trattative di pace (cfr.

riquadro).

Esempi di mediazione della Svizzera Monti Nouba nel Sudan: I negoziati per l'accordo sulla tregua dei monti Nouba sono stati svolti nel 2006 sul Bürgenstock sotto la guida di un ambasciatore speciale svizzero. L'accordo realizzato con successo ha segnato una svolta nel lungo processo di pace tra il nord e il sud del Sudan. La Svizzera è stata scelta come luogo di svolgimento delle trattative e come mediatrice perché il mediatore svizzero aveva portato avanti sia con il governo sudanese sia con il movimento di ribellione un
pluriennale rapporto di fiducia.

Sudan: un esperto svizzero di costituzione e di mediazione ha affiancato tra il 2003 e il 2005 l'intera trattativa e apportato insieme ad un collega sudafricano le proposte sostanziali (come ad es. il federalismo asimmetrico, la regolamentazione nello sfruttamento delle risorse petrolifere con l'esclusione della questione della proprietà) per l'elaborazione dell'accordo di pace tra il nord e il sud del Paese.

Uganda: il governo della parte meridionale del Paese ha avviato nel 2006 trattative di pace tra la Lord Resistance Army (LRA) nel nord ed il governo ugandese ricorrendo all'aiuto di un esperto svizzero per la formulazione dei vari accordi. La Svizzera ha dovuto soppesare se intendeva sostenere negoziati con un movimento di ribellione contro il quale cinque importanti capi militari della 4365

Corte penale internazionale (ICC) avevano aperto un'inchiesta. La Svizzera ha accettato la sfida, ma ha informato al contempo l'ICC periodicamente dei progressi registrati nel processo di pace. Dopo che, già poche settimane più tardi, il 26 agosto 2006, ha potuto essere firmato un accordo sulla sospensione dei combattimenti, vari Stati e l'ONU si sono impegnati nel processo di pace.

Colombia: la Svizzera è il solo Paese ad essere coinvolto nei tre processi di pace, cioè nei negoziati tra il governo e le FARC, l'ELN e i paramilitari. In particolare nel negoziato con l'ELN, affiancato dalla Spagna, dalla Norvegia e dalla Svizzera, è stato possibile fare considerevoli progressi nel 2006.

Sri Lanka: la Svizzera ha reso possibile gli ultimi due incontri ufficiali tra il governo dello Sri Lanka e il movimento di liberazione LTTE a marzo e ottobre 2006 a Ginevra con i buoni uffici.

Nepal: grazie ad una consulenza riservata e ad una mediazione dietro le quinte, un consulente svizzero ha potuto contribuire sostanzialmente alla firma dell'accordo di pace tra i ribelli maoisti ed il governo il 21 novembre 2006.

Israele/Palestina: la Svizzera ha sostenuto con finanziamenti e risorse logistiche i contatti tra gli esponenti della società civile israeliana e di quella palestinese rendendo così possibile l'elaborazione di un accordo modello per un trattato di pace tra Israele ed un futuro Stato palestinese. L'iniziativa, presentata al pubblico il 1° dicembre 2003 come «Iniziativa di Ginevra» è stata probabilmente uno dei fattori che ha spinto Israele a ritirarsi nell'autunno 2005 dalla striscia di Gaza.

Israele/Siria: come annunciato a gennaio 2007 dai media israeliani, per due anni sono stati svolti negoziati segreti non ufficiali che hanno portato alla bozza di un accordo di pace tra la Siria e Israele e ad una soluzione del conflitto per le alture del Golan occupate dal 1967. La Svizzera ha assunto il ruolo di mediatrice.

Le attività svizzere di mediazione hanno permesso di giungere importanti conclusioni: ­

nella maggior parte dei casi un impegno di lunga durata nella cooperazione allo sviluppo, nell'aiuto umanitario o nella gestione dei conflitti, profuso sul luogo, è una premessa importante per la mediazione in un processo di pace,

­

l'attività di mediazione al massimo livello in genere deve essere accompagnata da un programma di promozione della pace e di trasformazione del conflitto con organizzazioni della società civile,

­

un'attività di mediazione destinata ad avere successo ha bisogno della collaborazione di specialisti qualificati e mediatori esperti,

­

le esperienze fatte e le informazioni internazionali devono essere valutate con cura al fine di consolidare la stabilità dell'accordo di pace,

­

la mediazione nei negoziati di pace in genere non avviene tramite un unico Stato o un'unica organizzazione, ma grazie ad una grande équipe internazionale composta da specialisti e da un mediatore esperto.

4366

Aumento delle risorse di mediazione svizzere Gli sviluppi internazionali e le esperienze fatte con le attività di mediazione negli ultimi anni spingono il DFAE a ­

aumentare il numero di mediatori esperti e di specialisti qualificati al fine di poter mettere a disposizione personale per i team internazionali di mediazione;

­

intensificare la ricerca, l'elaborazione di esperienze e lo scambio di informazioni con gli attori più importanti nella mediazione e nella facilitazione, in particolare con l'ONU;

­

estendere i moduli di perfezionamento interni per diplomatici e specialisti nella mediazione e potenziare i relativi strumenti;

­

offrire ai mediatori svizzeri sul luogo un sostegno sistematico e strutturato.

Consolidamento di partenariati nella mediazione La Svizzera collabora strettamente con le Nazioni Unite e sostiene con mezzi finanziari e attività la relativa Mediation Support Unit, responsabile del sostegno alla mediazione in processi di pace, nell'ulteriore sviluppo delle direttive e della politica della mediazione. La Svizzera trae un diretto vantaggio dallo scambio di esperienze, poiché l'ONU e le organizzazioni subalterne rimangono i mediatori più importanti nei negoziati di pace.

La Svizzera collabora con svariate organizzazioni non governative attive nella mediazione e nella facilitazione, in particoalre con il Centro per il dialogo umanitario a Ginevra (cfr. riquadro al n. 4.2.6). Altri partner importanti sono l'Institut Universitaire des Etudes de Development (IUED) a Ginevra, la Berghof Stiftung für Friedensunterstützung a Berlino, il Conciliation Resources a Londra, la Crisis Management Initiative a Helsinki ed il Mediation Support Programme di Swisspeace, Berna e del PF di Zurigo. Queste organizzazioni hanno un'esperienza pluriennale nella mediazione. Spesso godono di un accesso diretto ai gruppi armati non statali e possono intervenire in situazioni in cui l'ONU o uno Stato non può farlo, ad esempio quando l'intervento di terzi non è auspicato. In questo modo possono integrare adeguatamente l'impegno degli Stati.

4.2.2

I programmi di gestione civile dei conflitti

I buoni uffici e la mediazione possono condurre alla sospensione di combattimenti, ma in genere non possono da soli garantire una pace sicura. Una pace stabile deve avere un fondamento ampio e coinvolgere ampi strati della popolazione. I programmi di gestione civile dei conflitti sono pacchetti di misure elaborati per una determinata regione al fine di eliminare le tensioni in modo duraturo.

I programmi di gestione civile dei conflitti possono essere preventivi. Quando i conflitti sono già in atto, contribuiscono a creare fiducia e a terminare i combattimenti. Perciò sono concordati con cura con gli sforzi di mediazione e li possono preparare o accompagnare. In molti casi i programmi di gestione dei conflitti servono a consolidare la pace e a stabilizzare la situazione al termine degli scontri.

Questo elemento è particolarmente importante perché la metà dei conflitti ricomincia nei primi cinque anni della tregua o dell'accordo di pace. I programmi di gestio4367

ne civile dei conflitti possono perciò contribuire in modo decisivo ad una pace stabile e duratura.

Normalmente la gestione civile dei conflitti viene coordinata a livello internazionale, spesso dall'ONU o da un'altra organizzazione internazionale. In singoli settori nei quali dispone di capacità specifiche, la Svizzera si concentra su contributi mirati, come ad esempio la promozione del dialogo, la decentralizzazione e il federalismo, l'analisi del passato, l'introduzione di articoli sui diritti umani negli accordi di pace, l'eliminazione delle mine antiuomo, dei proiettili inesplosi e delle armi illegali di piccolo calibro o i contatti con gruppi armati non statali. Inoltre si impegna per il consolidamento delle risorse francofone di promozione della pace. Grazie a questa suddivisione internazionale dei compiti, l'efficacia delle misure di promozione della pace può essere aumentata in maniera considerevole. I programmi di gestione civile dei conflitti sono armonizzati con quelli della cooperazione allo sviluppo, dell'aiuto umanitario e di eventuali contributi militari alla promozione della pace.

La strategia svizzera per il Kosovo Dal 1999 il Kosovo è sottoposto ad amministrazione internazionale che nel corso del 2007 passerà dall'ONU all'UE. Il compito principale è l'attuazione della decisione sullo statuto presa dal Consiglio di sicurezza. Centrali sono l'allestimento di un'amministrazione efficace e la garanzia di sicurezza per tutti in uno Stato multietnico. Questi sono i presupposti per una futura indipendenza, la protezione delle minoranze e l'avvicinamento all'integrazione europea.

Dal 1999 la Svizzera ha contribuito in maniera oculata alla stabilità del Kosovo e intende rafforzare questo impegno nei prossimi anni concentrandosi su quattro settori principali in cui dispone di capacità specifiche: ­

decentralizzazione: dal gennaio 2007 la DSC svolge un progetto di grandi dimensioni per promuovere l'autogestione e l'infrastruttura locali nei due comuni multietnici di Viti e Kamenica. La Divisione politica IV completa questo impegno di strategia locale con il dialogo politico a livello nazionale e la rappresentanza nell'amministrazione internazionale.

­

minoranze: la protezione e l'integrazione delle minoranze sono presupposti decisivi per la stabilità politica in un Kosovo multietnico. La Svizzera appoggia il dialogo alla tavola rotonda e accorda appoggio specializzato e l'intervento di esperti all'ufficio del primo ministro e dei politici e partiti interessati all'integrazione.

­

analisi del passato: l'analisi del passato bellico da parte di tutte la parti al conflitto è un elemento chiave per un futuro pacifico. La Svizzera si è impegnata con successo al fine di menzionare l'analisi del passato nelle proposte dell'inviato speciale dell'ONU Ahtisaari concernenti una soluzione per lo statuto del Kosovo. Inoltre sostiene gli attori locali con progetti e risorse nell'analisi sociale del passato bellico.

­

riforma del settore della sicurezza: al massimo 10 agenti di polizia svizzeri contribuiscono con consulenze all'allestimento del corpo di polizia. La Svizzera partecipa al mantenimento militare della pace con un contingente di truppe (Swisscoy).

4368

Ogni anno circa quattro milioni di franchi dal credito quadro vengono utilizzati soprattutto per l'invio di consulenti di polizia svizzeri. La DSC e il DDPS (Swisscoy) impiegano nel Kosovo circa 45 milioni di franchi all'anno.

4.2.3

Il dialogo sui diritti umani

I dialoghi bilaterali sui diritti umani, concepiti a lungo termine e formalizzati, sono strumenti particolari di politica estera sui diritti umani. Svolti nel quadro delle visite ufficiali regolari delle delegazioni, vengono accompagnati da misure complementari.

Questi dialoghi presumono da ambo le parti la disponibilità ad uno scambio serio, critico e costruttivo e ad eventuali cambiamenti.

I dialoghi sui diritti umani sono concepiti per contribuire a ridurre il divario esistente in vari luoghi tra gli obblighi internazionali e la loro applicazione. Si basano sulla dichiarazione del Consiglio federale sulla validità universale dei diritti umani e la richiesta nonché il controllo di norme riconosciute. A dipendenza del contesto specifico del Paese, è necessario un approccio diverso che segue obiettivi differenti e basato su elementi differenziati.

I dialoghi sui diritti umani intendono creare nei Paesi partner una base di fiducia duratura e una rete di contatti, estendere la posizione normativa dei diritti umani, rendere possibile lo scambio di informazioni e in particolare il dialogo su singoli casi, promuovere la collaborazione con i meccanismi internazionali dei diritti umani, rafforzare i meccanismi di attuazione e sostenere gli attori che si occupano della questione.

Nella forma concreta, il dialogo sui diritti umani deve porre chiare priorità, garantire la continuità e la qualità dello scambio, tener conto degli elementi di «gender», sfruttare i partenariati e informare il pubblico e la società civile sullo sviluppo e sui risultati. Lo svolgimento di un dialogo sui diritti umani non esclude l'uso di altri strumenti a livello bilaterale e multilaterale (démarche, risoluzioni). Importante è anche affrontare in maniera coerente la questione degli obiettivi della politica dei diritti umani durante i dialoghi formali a livello governativo. A complemento di questi colloqui nel quadro di dialoghi sui diritti umani, la Svizzera svolge insieme ai Paesi partner attività atte a promuovere gli obiettivi di dialogo, ad esempio lo scambio di esperti o l'attuazione di progetti comuni.

È difficile valutare l'efficacia di un dialogo sui diritti umani. A breve termine, risultati evidenti possono essere il rilascio di detenuti politici e la riduzioni dei tempi di detenzione. A medio termine, è più importante
l'influsso su processi di riforma (ad es. la riforma del codice penale o le nuove norme in fatto di autorità di cassazione per sentenze di morte in Cina). I dialoghi sui diritti umani vengono giudicati ad intervalli regolari e da organi esterni per mezzo di indicatori. In base ad un rapporto e a colloqui con le unità interessate e con il Paese partner, eventualmente si decide di proseguire con gli obiettivi, di deciderne altri o di riformularli.

Dal 1991 la Svizzera conduce un dialogo sui diritti umani con la Cina. Negli anni passati vi si sono aggiunti i dialoghi con l'Iran e con il Vietnam. Oltre a questi dialoghi veri e propri, il Consiglio federale impiega anche strumenti analoghi. Nel quadro di un dialogo locale, come ad esempio quello con l'Indonesia, lo scambio ha 4369

luogo sul posto, in primo luogo tra la rappresentanza svizzera e le autorità del Paese partner. I dialoghi politici offrono un'ulteriore opportunità di affrontare in maniera approfondita la questione dei diritti umani quale elemento particolare, come ad esempio avviene con il Kazakistan. Inoltre spesso, nel quadro di processi di pace, lo scambio su questioni riguardanti i diritti umani è assolutamente necessario. Tra gli impegni svizzeri per la pace, in cui l'aspetto dei diritti umani assume un ruolo centrale, rientrano ad esempio quelli in Colombia, Nepal e Sri Lanka.

4.2.4

Il Pool di esperti per la promozione civile della pace

Sin dalla fondazione nel 2000, il Pool svizzero di esperti per la promozione civile per la pace (PSEP) ha ottenuto buoni risultati quale strumento efficace e visibile della promozione svizzera della pace. Grazie al Pool, condotto con il sistema di milizia, gli esperti possono essere mobilitati in tempi relativamente brevi per interventi internazionali. Ogni anno circa 180 esperti civili svolgono missioni più o meno lunghe, in media le persone mobilitate contemporaneamente sono circa 70. Alla fine del 2006 facevano parte del Pool 570 esperti (170 donne e 400 uomini) in vari settori, ad esempio come osservatori elettorali, consulenti di polizia, esperti doganali, specialisti per questioni costituzionali, mediazione, Stato di diritto, analisi del passato, diritti umani e diritto umanitario. L'orientamento tematico e geografico del Pool di esperti corrisponde agli elementi principali della promozione svizzera della pace e dei diritti umani.

I tre quarti circa degli interventi hanno luogo presso la sede di organizzazioni internazionali o durante missioni nel territorio. L'ONU, l'UE, l'OSCE ed il Consiglio d'Europa rimarranno anche in futuro i partner più importanti per l'invio di personale, al secondo posto sono i programmi specifici quali il Temporary International Presence in the City of Hebron (TIPH). Se al momento della fondazione del PSEP erano possibili interventi solo in missioni multilaterali, oggi, grazie all'allestimento di programmi prioritari svizzeri, circa un quarto degli interventi si svolge in un contesto bilaterale: i consulenti per la promozione della pace (Peacebuilding Adviser) e dei diritti umani (Human Rights Adviser) sono attivi in Paesi in cui il DFAE svolge programmi di maggiori dimensioni per la promozione della pace e dei diritti umani; nel 2006 gli esperti bilaterali erano in Macedonia, nel Medio Oriente, nello Sri Lanka, in Nepal, in Vietnam, in Iran, nel Burundi, in Guatemala, in Colombia.

4370

Grafico 7 Interventi (percentuale delle spese) del PSEP 2006

Programmi bilaterali 29%

Formazione, amministrazione 4%

ONU 27%

UE 10%

TIPH 10% Altri 4%

OSCE (BI DDH), elezioni UE 10%

OSCE 6%

Una particolare attenzione è dedicata alla formazione: il Pool svolge corsi di formazione annuali per gli esperti. La partecipazione di ospiti stranieri è in aumento (dal Consiglio d'Europa, dall'ONU o dall'US State Department). I corsi trattano argomenti importanti durante le missioni di pace multilaterali per l'elaborazione di fasi postbelliche, come ad esempio il disarmo, la smobilitazione e la reintegrazione di ex combattenti, le elezioni, la giustizia di transizione e l'analisi del passato, aspetti di genere e la tratta di esseri umani. Il corso serve anche alla professionalizzazione del lavoro quotidiano nella promozione della pace, in particolare grazie a corsi su come svolgere trattative, sulla mediazione e sulla comunicazione interculturale. Dal 2006 il corso viene svolto in collaborazione con il Centro ginevrino per la politica di sicurezza (CGPS) e con gli esperti di Swisspeace e Swissint.

Una specialista svizzera presso l'Ufficio ONU di coordinamento degli affari umanitari (OCHA) a New York Una specialista inviata dal Pool di esperti coopera dal settembre 2004 in veste di consulente con il rappresentante del segretario generale dell'ONU per i diritti umani degli sfollati (IDP), il professore svizzero Walter Kälin. Ha il compito di curare i contatti con gli attori importanti in questo settore, occuparsi del flusso di informazioni tra l'ONU ed il rappresentante del segretario generale e promuove dunque una maggiore considerazione dei diritti umani degli sfollati in tutti gli organi dell'ONU. Dopo il tsunami ha formulato direttive sulla protezione dei diritti umani degli sfollati a causa di catastrofi naturali, applicate oggi dalle agenzie ONU.

Un esperto svizzero di questioni costituzionali all'accordo di pace per l'Indonesia Nella regione di Aceh, nel nordovest dell'isola di Sumatra, il GAM, cioè il movimento per la liberazione dell'Aceh, conduceva da ormai quasi 30 anni una lotta armata per l'indipendenza dall'Indonesia. Dopo la catastrofe causata dal

4371

tsunami nel dicembre 2004, si è presentata l'opportunità di una soluzione pacifica: grazie alla mediazione dell'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari, il governo indonesiano ed il GAM hanno condotto trattative sulla conclusione della lotta armata e su un'ampia autonomia locale per l'Aceh. Sin dall'inizio delle trattative è stato chiaro che il GAM aveva bisogno di consulenza specialistica. Con il consenso di ambedue le parti, la Svizzera ha dunque messo a disposizione un esperto di questioni costituzionali che tra marzo e agosto 2005 ha aiutato il GAM a formulare e dichiarare le proprie posizioni nei negoziati, appoggiandolo poi nell'applicazione dell'accordo. I rappresentanti del GAM avevano conosciuto fino ad allora solo un modello di organizzazione statale centralizzata. Lo specialista svizzero ha potuto spiegare il piano per l'autonomia locale e indicare le eventuali sfumature. I presupposti per l'attività di consulente sono stati la creazione di una base di fiducia e l'analisi del contesto locale. Solo in questo modo l'esperto svizzero ha potuto influire sulle posizioni del GAM durante i negoziati indicando i compromessi possibili.

Nei prossimi anni l'attività di successo del Pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace verrà approfondita in settori scelti. I criteri principali per i futuri invii di esperti saranno: la crescita qualitativa: una parte sempre maggiore di esperti svizzeri deve occupare posti di grado elevato e di grande influenza. In questo modo il contributo svizzero alla promozione della pace e dei diritti umani diventerà più efficace, stabile e visibile. Esperti più qualificati con una maggiore esperienza professionale significano altresì stipendi più elevati e un maggiore impegno nella scelta e nella preparazione degli interventi nonché nel reclutamento e nella formazione dei candidati. Le persone idonee per posti di grado più elevato sono rare: manager qualificati hanno spesso difficoltà a ottenere tempo libero per più mesi o temono di essere svantaggiati nella carriera se svolgono un intervento temporaneo all'estero. Inoltre i limiti di età restringono ancor più la scelta. Il Pool di esperti cercherà i mezzi e le possibilità di aumentare l'interesse degli interventi all'estero per personale di grado molto elevato.

Più consulenti di polizia: cambiamenti
considerevoli si delineano nei compiti degli esperti di polizia. Dal 1999 il Pool di esperti può impiegare al massimo 20 membri del corpo di polizia all'anno per missioni di pace internazionali. Se tempo fa il personale di polizia e le guardie di confine accompagnavano per lo più la polizia locale negli interventi e nel pattugliamento, oggi i compiti consistono soprattutto nella consulenza, nella formazione e nel management. Gli esperti impiegati in missioni ONU o UE forniscono consulenza alla polizia locale sulle riforme o sulla lotta contro il crimine organizzato, la corruzione o la tratta di esseri umani, aumentando la stabilità delle attività di promozione della pace. Poiché la domanda di personale altamente qualificato è aumentata si prevede di aumentare il contingente di consulenti a 30 persone.

Interventi combinati nel campo della sicurezza e della giustizia: un crescente numero di operazioni di pace internazionali comprende elementi civili e militari e richiede un maggior numero di esperti di polizia per le riforme del settore della sicurezza.

Seguendo un'ottica globale del sistema di giustizia, anche l'impiego combinato di consulenti di polizia ed esperti di giustizia (giudice istruttore, giudice, avvocato) diverrà sempre più importante. Uno stato di diritto richiede un corpo di polizia e una

4372

giustizia funzionanti. Un primo impiego combinato con partecipazione svizzera è previsto nel quadro della nuova missione UE in Kosovo.

L'assistenza elettorale completa il monitoraggio delle elezioni: l'osservazione elettorale che da anni è svolta con successo nel quadro di una missione internazionale viene proseguita. Un tipico contingente svizzero per l'osservazione elettorale è composto da due osservatori a lungo termine che analizzano anche la preparazione delle elezioni e da quattro osservatori a breve termine. Probabilmente i partner principali nell'osservazione elettorale rimaranno l'OSCE, il Consiglio d'Europa e l'UE. Oltre all'osservazione elettorale, in futuro si prevede di svolgere assistenza elettorale. L'esperienza insegna che per instaurare strutture democratiche non è sufficiente la mera osservazione delle elezioni. Il Pool di esperti intende perciò inviare in futuro anche esperti che svolgano un'attività di consulenza preelettorale, sia nella formulazione di leggi elettorali, nell'organizzazione del registro delle elezioni, nella formazione di membri delle commissioni elettorali sia nella garanzia del libero accesso dei candidati e dei partiti ai media.

4.2.5

Iniziative diplomatiche

Guerre e gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario riguardano la comunità internazionale nel complesso. Il dibattito su questioni di principio nella politica di pace, dei diritti umani e in ambito umanitario e la creazione di meccanismi atti a risolvere i conflitti e imporre a livello globale i diritti umani deve svolgersi dunque soprattutto in un contesto multilaterale.

Grazie ad iniziative diplomatiche, il Consiglio federale intende porre all'ordine del giorno gli argomenti importanti della politica della pace, dei diritti umani e umanitaria e contribuire così a migliorare la normativa internazionale e le strutture multilaterali.

Iniziative diplomatiche elvetiche dal 2003 Negli ultimi anni la Svizzera ha cooperato con successo alla formulazione di principi internazionali e fornito utili contributi al consolidamento delle strutture multilaterali: ­

su iniziativa della Svizzera, nel 2003 è stato avviato un processo di dialogo informale sulle sfide attuali del diritto internazionale umanitario, che ha apportato risultati concreti, come ad esempio l'elaborazione del «Manual on International Humanitarian Law in Air and Missiles Warfare».

­

dibattiti umanitari in seno all'ONU sono stati strutturati in maniera più adeguata grazie ad un'iniziativa della Svizzera. È stato possibile ridurre sovrapposizioni tra l'ECOSOC e l'Assemblea generale delle Nazioni Unite permettendo in futuro il trattamento più costruttivo di argomenti umanitari.

­

Nel 2005, un'iniziativa diplomatica della Svizzera ha permesso di introdurre nell'agenda della Commissione dell'ONU dei diritti umani la questione della giustizia di transizione.

4373

­

Nel 2005, un'iniziativa elvetica ha permesso l'invio in Nepal di 50 osservatori dei diritti umani in una delle maggiori missioni sul terreno dell'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti umani (cfr. all. A.1.8).

­

Nel 2005 un'iniziativa della Svizzera ha portato nell'ONU all'approvazione di uno strumento politico valido a livello mondiale atto a individuare e risalire in modo rapido e affidabile ad armi illegali di piccolo calibro (cfr. all. A.1.2).

­

L'iniziativa elvetica di maggior successo ha permesso nel 2006 a Ginevra la creazione del Consiglio dell'ONU dei diritti dell'uomo (cfr. all. A.1.1).

Grazie ad iniziative diplomatiche, anche nei prossimi anni il Consiglio federale intende collaborare all'ulteriore sviluppo di strutture, standard e normative internazionali per consolidare la pace ed i diritti umani nonché la protezione della popolazione civile. L'accento sarà posto soprattutto su argomenti in cui la Svizzera ha acquisito particolari competenze (come ad esempio rispetto e sviluppo del diritto internazionale umanitario, violenza armata e sviluppo, contatto con gruppi armati non statali, ambiente, clima e situazioni di conflitto o i diritti di proprietà quali diritti umani), grazie alle esperienze raccolte con i programmi e le attività bilaterali, che rappresentano utili contributi al dibattito anche a livello multilaterale.

4.2.6

Partenariati

La promozione della pace, dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario è un compito da svolgere in comune. Un'ampia rete di partenariati con organizzazioni internazionali, con Paesi di orientamento affine, con organizzazioni non governativi e istituzioni accademiche aiuta la Svizzera a rappresentare con efficacia i propri interessi e a coordinare le proprie competenze con quelle di altri.

Partenariati multilaterali e bilaterali Nel mondo, l'ONU è l'attore più importante nelle questioni umanitarie, di pace e diritti umani. La collaborazione si estende a diversi livelli: la Svizzera partecipa, come tutti gli Stati dell'ONU, con una quota ai costi delle missioni di pace. Inoltre apporta contributi volontari mirati a organizzazioni e programmi specializzati dell'ONU in settori particolarmente importanti e rafforza così l'efficacia delle attività in questione. Spesso la Svizzera può mettere a disposizione dell'ONU esperti qualificati: in questo modo cittadini svizzeri hanno l'opportunità di contribuire a livello decisivo alle missioni di pace e diritti umani dell'ONU. Infine, la Svizzera con iniziative adeguate contribuisce a rafforzare e ampliare le strutture dell'ONU, ad esempio grazie alla creazione del Consiglio dell'ONU dei diritti umani a Ginevra o con il potenziamento dell'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti umani.

Altri importanti partner multilaterali sono l'OSCE, il Consiglio d'Europa, l'Unione europea ed una serie di organizzazioni e programmi regionali.

La Svizzera cura stretti partenariati con Paesi di orientamento affine con i quali scambia informazioni sulle esperienze raccolte, concorda procedure comuni in interventi ed iniziative multilaterali e nello sfruttamento di sinergie e complemen4374

tarità in azioni bilaterali. Ad intervalli regolari si consulta con la Norvegia, la Germania, la Svezia, con i membri dell'Human Security Networks21 e della rete di Conflict Prevention and Development Cooperation dell'OCSE. Attività specifiche vengono organizzate anche in stretta collaborazione con le grandi potenze (l'accordo sui monti del Nouba in Sudan è stato mediato in comune con gli USA).

L'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti umani e la Svizzera: un partenariato utile per ambedue le parti L'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti umani (UNHCHR) assume un significato decisivo a livello mondiale per la promozione e la garanzia dei diritti umani. La Svizzera cura un partenariato privilegiato con questo organo dell'ONU con sede a Ginevra sin dalla sua fondazione.

Negli ultimi anni l'UNHCHR ha rafforzato la propria presenza in tutte le regioni del mondo, con un maggiore impegno contenutistico. La Svizzera ha partecipato direttamente a questo processo: grazie a due iniziative diplomatiche che la Svizzera ha avviato nel 1995 in seno alla Commissione dell'ONU per i diritti umani, l'UNHCHR ha potuto ampliare le risorse nei settori dell'ordinamento statale, della giustiza nei processi di transizione e dei diritti umani e allestire in Nepal la missione sul terreno più importante sinora. La Svizzera inoltre da alcuni anni collabora strettamente con gli uffici regionali dell'Alto Commissariato in Colombia e nello Sri Lanka, ambedue Paesi importanti per la promozione civile della pace. Infine ha incluso l'UNHCHR nel processo di Berna al quale partecipano tutti gli Stati che conducono un dialogo sui diritti umani con la Cina.

La Svizzera ha partecipato alla formulazione del piano di azione pubblicato a maggio 2005. Vi sono previsti il raddoppio dei mezzi dal budget ordinario ONU (finora l'Alto Commissariato dipendeva per oltre il 60% da contributi volontari), misura confermata dall'Assemblea generale a dicembre 2005. Con questo passo, l'Alto Commissariato acquista non solo una maggiore autonomia finanziaria, ma anche una pianificazione più precisa e migliore efficacia. Durante tutta la procedura la Svizzera, tra i 15 maggiori Paesi donatori, si è battuta con impegno per gli interessi dell'Alto Commissariato.

Partenariati con la ricerca, la scienza e le organizzazioni non governative Per poter
lanciare a livello internazionale iniziative diplomatiche che possano andare a buon fine, il Consiglio federale deve fare affidamento anche sugli esperti esterni.

In determinate situazioni è anche opportuno sostenere un'iniziativa della Svizzera con misure complementari operative, come ad esempio l'iniziativa sulla giustizia di transizione in collaborazione con swisspeace, di Berna, e l'International Center for Transitional Justice, di New York. L'iniziativa a favore di un dialogo informale sulle sfide attuali del diritto internazionale umanitario si svolge in collaborazione con l'Harvard Programme on Humanitarian Policy and Conflict Research, di

21

Sono membri nell'Human Security Network: Cile, Costa Rica, Grecia, Irlanda, Giordania, Canada, Mali, Paesi Bassi, Norvegia, Austria, Svizzera, Slovenia, Thailandia e Sudafrica in veste di osservatore.

4375

Boston. Gli interventi sull'argomento delle armi di piccolo calibro poggiano sulle conoscenze consolidate di esperti del Small Arms Survey.

Il centro di competenza Small Arms Survey a Ginevra Il centro di competenza Small Arms Survey (SAS) è stato creato nel 1999 per iniziativa del DFAE presso l'Istituto universitario di alti studi internazionali (IUHEI) di Ginevra. Attualmente gode dell'appoggio di dieci Paesi ed è il Think Tank principale a livello internazionale nonché l'istituto di ricerca più importante nel settore delle armi di piccolo calibro. Il SAS sostiene l'impegno internazionale nella lotta contro la diffusione illecita e l'abuso di armi di piccolo calibro. L'annuario del «Small Arms Survey» mette a disposizione dei rappresentanti di governo, di organizzazioni internazionali e di società civili le analisi e le informazioni su aspetti centrali della questione delle armi di piccolo calibro.

Il SAS fornisce consulenza e sostiene la Svizzera nelle misure concernenti le armi di piccolo calibro. Negli ultimi anni ha apportato elementi di base importanti per l'iniziativa elvetica in corso presso l'ONU sull'elaborazione di uno strumento di rintracciabilità delle armi illegali di piccolo calibro.

4.3

Contenuti principali

4.3.1

Sicurezza e pace

La garanzia di sicurezza per tutti è uno dei punti di partenza nonché scopo di ogni processo di pace. La Svizzera intende apportare il proprio contributo partecipando alla formulazione di concreti piani politici internazionali e con le attività di lotta contro le mine antiuomo, i proiettili inesplosi, le armi di piccolo calibro o il reclutamento di bambini soldato.

Mine antiuomo e proiettili inesplosi: dall'entrata in vigore della Convenzione sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (Convenzione di Ottawa) nel 1999, è stato possibile raggiungere notevoli successi: sono stati distrutti più di 40 milioni di mine antiuomo accumulate in depositi, ampie regioni sono state disinfestate e possono oggi essere di nuovo sfruttate. Ma ancora molto resta da fare: le mine antiuomo infestano ancora i terreni di più di 80 Paesi e feriscono o uccidono ogni anno più di diecimila persone. 40 Stati ancora non hanno aderito alla Convenzione e in svariati Paesi le mine antiuomo vengono utilizzate da gruppi armati non statali. La Svizzera si impegna a favore della validità globale della Convenzione e partecipa alla distruzione dei depositi, allo sminamento, alla diffusione di informazioni sui rischi dell'uso delle mine e all'aiuto alle vittime. Sostiene il Centro internazionale di sminamento umanitario con sede a Ginevra (GICHD), il centro specializzato nella lotta contro le mine antiuomo che assume un ruolo centrale nell'applicazione della Convenzione di Ottawa. La Svizzera si impegna anche per la soluzione di urgenti problemi umanitari causati da resti di munizioni non esplose, tra cui le bombe a frammentazione. Oltre alle attività operative intraprende anche passi diplomatici al fine di giungere ad una convenzione internazionale che disciplini l'uso di munizioni a frammentazione. Si 4376

impegna a includere i gruppi armati non statali nel divieto di mine antiuomo, in particolare con la collaborazione dell'organizzazione non governativa «Appello di Ginevra» che è riuscita, entro la fine del 2006, a convincere 31 attori armati non statali a firmare una dichiarazione formale (Deed of Commitment) in cui si impegnano unilateralmente a rinunciare all'uso di mine antiuomo ai sensi della Convenzione di Ottawa.

Le armi di piccolo calibro e le armi leggere causano ogni anno la morte di centinaia di migliaia di persone. Le pistole, i fucili e le mitragliatrici sono di dimensioni ridotte e perciò facili da contrabbandare; usarle e ripararle è facile. Anche i bambini possono utilizzarle. Il commercio illegale con questo tipo di armi mette in pericolo la sicurezza umana, protrae e acuisce i conflitti ed ostacola lo sviluppo della società e dell'economia. La Svizzera, a seguito di un'iniziativa diplomatica portata avanti con successo in ambito dell'ONU a favore dell'apposizione di un marchio a fini di controllo (cfr. n. A.1.2), nel 2006 ha lanciato una nuova iniziativa: accettando la «Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo» a giugno 2006 i 42 Paesi firmatari si sono fissati l'obiettivo di raggiungere entro il 2015 una riduzione quantificabile della violenza armata. La Svizzera coordina un piccolo gruppo di Stati che si impegnano a far rispettare gli obblighi assunti dai Paesi firmatari e a far aderire altri Stati alla Dichiarazione di Ginevra. Alla metà del 2007 gli Stati parte sono già 50. In primo piano dell'impegno ci sono: l'aumento della sensibilizzazione dei governi agli effetti negativi e ai costi della violenza armata, lo sviluppo di indicatori quantificabili e la ricerca in questo contesto nonché una migliore integrazione della questione delle armi di piccolo calibro nella cooperazione allo sviluppo.

Il disarmo, la smobilitazione e la reintegrazione (Disarmament, Demobilisation and Reintegration) di ex combattenti è un presupposto importante affiché non scoppino nuovamente le violenze. I processi di disarmo, smobilitazione e reintegrazione comprendono elementi di politica dello sviluppo, umanitari, di politica della sicurezza e militari. Il DFAE si impegna a introdurre le basi di un tale processo già nelle trattative di pace.

Lotta contro il reclutamento di
bambini soldato: la Svizzera attira sempre più l'attenzione sul principio della non partecipazione di bambini a conflitti armati.

Oltre all'impegno nel quadro dell'attività normativa per strumenti internazionali e per l'appoggio politico al mandato dell'inviato speciale del segretario generale per i bambini ed i conflitti armati, sostiene progetti che mirano soprattutto ad allontanare i bambini dalla regione in conflitto e riportarli alle famiglie ed alla comunità cui appartengono grazie a efficaci programmi di reintegrazione.

La riforma del settore della sicurezza (Security System Reform, SSR) è diventata una delle basi sostanziali di una politica globale estera e di sicurezza e ha ormai un posto fisso nei programmi di cooperazione che gli attori internazionali svolgono a favore della politica di pace, di sviluppo e di diritti umani. SSR significa anche un approccio completo alle riforme e offre un contesto per riforme parziali fino ad allora prese in considerazione in modo separato, quali la riforma dell'esercito, della polizia, della dogana, della protezione delle frontiere, della giustizia e dei servizi segreti. La SSR contiene elementi civili e militari. La SSR è pianificata al fine di offrire un contesto sicuro per uno sviluppo democratico e di contribuire al rispetto dei diritti umani. Per i Paesi in transizione, la Svizzera si presenta come un esempio interessante su come organizzare in modo decentralizzato i sistemi di sicurezza e con il Centro di Ginevra per il controllo democratico delle forze armate (DCAF) dispone di un partner competente ed esperto.

4377

4.3.2

Federalismo e democrazia

La questione della distribuzione statale dei poteri e delle competenze non è solo alla base di conflitti. I modelli di separazione orizzontale e verticale dei poteri, le strutture federalistiche e i diritti delle minoranze rappresentano altrettanti approcci efficaci in molti processi di pace. La Svizzera, grazie alla struttura federalistica, alla tradizione della democrazia diretta, all'ampia protezione delle minoranze e alla coesistenza di quattro culture si presenta a molte parti al conflitto come modello.

L'esempio svizzero non può essere semplicemente trasposto ad altri contesti, tuttavia esperti costituzionali svizzeri sono riusciti in questi ultimi anni a fornire spunti utili ad altri Paesi grazie all'esperienza ed alla competenza tecnica.

I diritti delle minoranze: una delle esperienze storiche della Svizzera è la promozione dell'identità culturale, religiosa e linguistica dei membri di minoranze e la partecipazione paritaria alla vita politica e sociale che permettono di prevenire conflitti e possono dunque promuovere la stabilità e il benessere di un Paese. La protezione dei gruppi di minoranze rappresenta un'esigenza urgente della protezione dei diritti umani. È la logica conseguenza anche dei principi di divieto di discriminazione e della lotta contro il razzismo. Oltre alla sensibilizzazione di governi per determinate misure atte ad integrare meglio le minoranze, anche la consulenza all'allestimento di strutture statali federali e sussidiarie può contribuire a prevenire tensioni di carattere etnico. Ben sapendo che i problemi delle minoranze possono manifestarsi in modo diverso a seconda del Paese e che perciò sono necessarie soluzioni differenti, la Svizzera si impegna a inglobare le esperienze di cui dispone in progetti concreti. A livello multilaterale, nei prossimi anni intende impegnarsi nel consolidamento dei relativi meccanismi internazionali di protezione e appoggiare lo sviluppo di strumenti efficaci nel quadro dell'ONU, del Consiglio d'Europa e dell'OSCE.

Partecipazione: una divisione equilibrata del potere e delle competenze non può essere imposta con le armi, ma deve essere raggiunta con negoziati di pace e processi costituzionali che chiedono molto impegno, durano lunghi anni e non sono a prova di ricadute. La Svizzera si assicura che le legittime esigenze della popolazione
su ambedue le parti al conflitto vengano rispettate e che non solo i gruppi armati, ma tutta la popolazione partecipi al processo costituzionale.

Elezioni libere e corrette e la separazione dei poteri garantiscono che gli organi statali rispettino i principi dell'ordinamento costituzionale e si curino del benessere della comunità. Le prime elezioni dopo un conflitto armato rappresentano spesso un passo decisivo nel quadro di un processo di pace. In genere in questi casi l'osservazione non è sufficiente: il sostegno ai processi elettorali grazie alla creazione di nuove leggi, di registri, di commissioni indipendenti e la garanzia di libero accesso ai media possono essere decisivi. La via dal campo di battaglia verso un ordine democratico è lunga e irta di ostacoli. La Svizzera può accompagnare questo processo grazie alle misure di mediazione, consulenza e formazione.

4378

4.3.3

Il dialogo con gli attori non statali

Il ruolo principale nel consolidamento della pace e dei diritti umani viene assunto dagli Stati. Tuttavia gli ambienti economici, della società civile e i movimenti informali forniscono importanti contributi. La Svizzera perciò punta anche sul dialogo e sulla partecipazione di attori non statali alla politica di pace e dei diritti umani e prosegue con decisione questa collaborazione.

Economia e diritti umani: un numero sempre crescente di aziende internazionali ha capito che non solo ci si aspetta da loro un comportamento responsabile nei confronti dei lavoratori, della società, dell'ambiente e dello Stato, compreso il rispetto dei diritti umani, ma che quest'ottica a lungo andare agevola il successo dell'impresa.

Su questa base, in molti casi, tra i gruppi della società civile e le aziende svizzere si è sviluppato un dialogo aperto. Quale importante sede di aziende attive a livello mondiale, la Svizzera aiuta da tempo con impegno ad organizzare le condizioni quadro dell'attività economica internazionale. Tra cui fanno parte sia i standard internazionali per la promozione di un comportamento aziendale responsabile come in particolare i corrispondenti strumenti dell'OIL, dell'OCSE e delle banche internazionali per lo sviluppo, ma anche gli sforzi dell'ONU come il Global Compact e le attività dell'inviato speciale del Segretario generale dell'ONU per i diritti umani, gli affari transnazionali e le imprese di commercio. Se se ne sente l'esigenza e si dispone di un sufficiente sostegno internazionale, la Svizzera sosterrà anche in futuro l'ulteriore sviluppo di questo quadro normativo.

Le aziende private possono essere anche importanti attori in regioni in conflitto Possono diventare, volontariamente o meno, aiutanti o ostacoli nel processo di pace.

La Svizzera perciò sta elaborando con i rappresentanti dell'economia privata, primi fra tutti il settore finanziario ed il commercio, metodi e strumenti atti a minimizzare l'influsso negativo di attività economiche sugli sviluppi bellici e a promuovere opportunità di intervento.

Religione, politica e conflitto: in molti dei conflitti attuali, i fattori religiosi e politici sono strettamente connessi tra loro. Vari gruppi di lavoro interni del DFAE si occupano di conflitti in cui le connessioni tra fattori religiosi e politici assumono un ruolo decisivo. Su
questo argomento si sta svolgendo un lavoro in comune anche con l'Istituto universitario di alti studi internazionali di Ginevra (HEI). Il lavoro non si limita a conflitti che riguardano l'Islam, che al momento comunque concentrano su di sé l'attenzione in tutto il mondo. Ci si occupa anche di problemi politici che hanno a che vedere con le aspirazioni nazionalistiche dei movimenti induisti o buddisti oppure con il fondamentalismo cristiano o ebraico. Tra le iniziative che hanno lo scopo di contribuire alla trasformazione dei conflitti dovuti allo scontro tra differenti sistemi di valori e ordinamenti sociali, troviamo il dialogo tra l'Islam politico e le strutture secolari in Asia centrale e un progetto per l'eliminazione di ostacoli ingiustificati per le fondazioni benefiche islamiche, la cosiddetta «Iniziativa di Montreux».

Il dialogo umanitario e le trattative con i gruppi armati: i gruppi non statali armati sono importanti tanto nell'ottica della politica di pace, quanto in una prospettiva umanitaria. La protezione della popolazione civile in situazioni di conflitto presuppone che anche questi gruppi rispettino il diritto internazionale umanitario e che permettano agli operatori umanitari l'accesso alle vittime. La Svizzera, grazie all'impegno profuso, si è creata la fama di pioniere e intende restare tale anche in futuro: continuerà dunque a rivolgere le démarche per il rispetto del diritto interna4379

zionale umanitario anche ai gruppi armati. Se necessario, condurrà dialoghi umanitari con gruppi armati al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario. Promuoverà misure che rendano possibili lo sminamento, l'assistenza alle vittime e la prevenzione anche in territori che si trovano sotto il controllo di gruppi armati. L'accesso degli operatori umanitari alla popolazione civile in zone sotto il controllo di gruppi armati rimane un'importante esigenza umanitaria. Su questo argomento la Svizzera ha appoggiato l'elaborazione di un manuale ONU per tecniche di negoziazione con gruppi armati e intende promuoverne anche in futuro, se necessario, l'uso e l'ulteriore sviluppo.

4.3.4

I diritti umani nelle situazioni di conflitto e l'analisi del passato

In situazioni di conflitto, i diritti umani e il diritto internazionale umanitario spesso vengono violati in modo grave. Negli ultimi anni la lotta contro l'impunità ha fatto notevoli progressi. Il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra oggi vengono perseguiti dalla giustizia internazionale e nazionale. La Svizzera si impegna tanto durante il conflitto quanto nella fase postbellica per il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani.

La Svizzera sostiene l'inclusione dei diritti umani nei negoziati e nell'attuazione di accordi di pace. Solo una pace equa può durare. Il nostro Paese appoggia organizzazioni private, statali ed internazionali che sorvegliano la situazione dei diritti umani e registrano le violazioni, che organizzano formazioni, sensibilizzano l'opinione pubblica e si offrono come centro di accoglienza delle vittime.

Inoltre la Svizzera appoggia il perseguimento penale dei crimini di guerra per mezzo di tribunali e corti speciali nazionali e internazionali. Queste procedure di giustizia cosiddetta di transizione assumono un ruolo centrale nella lotta contro l'impunità e nel ripristino della fiducia nello Stato di diritto.

4380

Grafico 8 Analisi del passato e trasformazione del conflitto Riconciliazione Legalità

Diritto al sapere

Diritto alla giustizia

· · · · · ·

· · · · ·

commissioni sulla verità comitati d'inchiesta documenti archivi libri di storia esumazione

Cittadini

procedure penali individuali corti di giustizia inernazionali tribunali nazionali e ibridi protezione die testimoni controllo procedurale

devittime victimes autoricitoyen di crimini

Diritto al non ripetersi dell'abuso · disarmo, smobilitazione, reintegrazione di ex combattenti · riforma delle istituzioni · controlle democratico degli enti di sicurezza · esame del passato politico die dirigenti (indagini di sicurezza)

Cittadini

Diritto alla riparazione · riabilitazione, riparazione · restituzione · monumenti commenorativi, scuse in pubblico · manifestazioni commemorative · strumenti didattici

Nessuna impunità Garanzia che si impedisca il ripetersi di abusi DFAE 2006, inspiré des principes Joinet

Queste procedure giuridiche sono completate da processi comuni di analisi del passato, cioè di ricerca della verità in particolare nel quadro di commissioni della verità e di riconciliazione, ritorno di profughi, ricerca di scomparsi, identificazione e rimpatrio di persone decedute, risarcimento e riparazione per le vittime e allontanamento dei colpevoli dal governo e dall'amministrazione. Anche le misure a carattere simbolico hanno importanza, ad esempio la costruzione di monumenti e la riabilitazione delle vittime e dei combattenti per la resistenza. Un ruolo importante è assunto anche dai media. Un'analisi sistematica del passato può contribuire al ritorno alla normalità di una comunità al termine del conflitto e può fungere da base per una pace duratura.

Nel Consiglio dell'ONU dei diritti dell'uomo, la Svizzera ha inoltrato un testo per una risoluzione sulla giustizia di transizione e ha fornito contributi determinanti alla analisi del passato in Guatemala, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Croazia. Su proposta della Svizzera agli inizi del 2007 la analisi del passato è stata ripresa nelle proposte dell'inviato speciale dell'ONU Ahtisaari per risolvere la questione dello statuto del Kosovo. La Svizzera si impegna affinché negli accordi di pace si tenga sempre conto anche della questione della analisi del passato.

4381

4.3.5

Rafforzamento della protezione dei diritti umani

La politica dei diritti umani della Svizzera si fonda su un nucleo di diritti elementari come il diritto alla vita, il diritto di non essere torturato o di non essere discriminato per razzismo e la protezione dei diritti di gruppi particolarmente vulnerabili (donne, bambini, difensori dei diritti dell'uomo, minoranze, sfollati ­ menzionati in altri sottocapitoli). Partendo da questi elementi fondamentali sviluppa altri settori della protezione dei diritti umani, come l'economia e la protezione della proprietà.

Grafico 9 I diritti umani elementari e i nuovi contenuti della protezione dei diritti umani

© Lars Müller Publishers

Il diritto alla vita è il massimo e più fondamentale dei diritti. La Svizzera condanna con decisione tutte le forme di esecuzione extragiudiziale, sommaria o arbitraria. Si impegna affinché vengano puniti gli omicidi commessi da singoli, in parte tollerati dallo Stato, come ad esempio i cosiddetti delitti d'onore o l'uccisione di persone perseguitate a causa delle scelte sessuali. Per quanto possibile, si impegna per l'abolizione della pena di morte in tutto il mondo. Nei confronti di Paesi che continuano ad applicarla insiste affinché rispettino gli standard minimi del diritto internazionale, cioè soprattutto il divieto di esecuzione di minorenni o di malati mentali e la condanna di procedure di esecuzione disumane. Insieme alle ONG Ensemble contre la peine de mort e World Coalition Against the Death Penalty, il DFAE ha in programma di svolgere in Svizzera nel 2009 il quarto congresso mondiale per l'abolizione della pena di morte. Una forma di violazione del diritto alla vita particolarmente grave è il genocidio. La Svizzera partecipa alle attività dell'International 4382

Forum on Holocaust, appoggia le attività dell'inviato speciale del segretario generale ONU di prevenzione dei genocidi e partecipa all'allestimento di strumenti atti a riconoscere per tempo e prevenire tendenze al genocidio.

Il divieto di tortura: ogni essere umano ha il diritto inalienabile di non subire torture, trattamenti crudeli, disumani o umilianti. Questo diritto vale anche e senza limitazioni nel contesto della lotta contro il terrorismo. A livello internazionale la Svizzera si adopera a favore del perseguimento dei torturatori e del diritto delle vittime alla riparazione e al risarcimento. Le misure di prevenzione sono uno dei campi principali, cioè il nostro Paese insiste per un rapido accesso ad un avvocato nelle prime ore dopo l'arresto e per una perizia regolare delle condizioni di detenzione da parte di osservatori indipendenti. Grazie alla pubblicazione e alla traduzione di guide per le autorità inquirenti e di esecuzione, all'organizzazione di corsi di formazione, alla partecipazione a manifestazioni informative per rappresentanti governativi o parlamentari esteri, il DFAE intende contribuire a chiarire ai responsabili la portata concreta del divieto di tortura.

La Svizzera riconosce il ruolo centrale dei difensori dei diritti umani nella protezione dei diritti umani, nella soluzione pacifica dei conflitti e nel rafforzamento del quadro costituzionale. Nel nuovo Consiglio dell'ONU dei diritti dell'uomo e nell'Assemblea generale la Svizzera si impegna per l'applicazione della Risoluzione sui difensori dei diritti umani. Questa attività si manifesta in particolare con interventi politici presso Paesi terzi quando i difensori dei diritti umani sono esposti ad abusi dei governi, con indicazioni sulla situazione di queste persone in occasione di visite bilaterali, nell'elaborazione di direttive sulla loro protezione e con patrocini di parlamentari svizzeri (Parrainage / Marrainage).

I diritti economici e sociali sono i diritti più sviluppabili. L'impegno svizzero si concentra sul riconoscimento del diritto all'acqua e dei diritti di proprietà come diritti umani. Un sistema che permette la formazione di proprietà è il presupposto per il progresso sociale, economico e politico. Al contempo, i diritti di proprietà sono strettamente connessi ad altri settori politici come la questione
dei rifugiati e degli emigrati (ad esempio il diritto di proprietà dopo il rientro in patria) e con il ripristino della giustizia e della pace dopo conflitti interstatali o interni.

4.3.6

Protezione della popolazione civile

Rispetto e rafforzamento del diritto internazionale umanitario: le regole del diritto internazionale umanitario garantiscono durante i conflitti armati una protezione minima indifferenziata per tutti i civili e gli oggetti civili nonché per altri oggetti e persone che beneficiano di una protezione speciale. Limitano i metodi e i mezzi utilizzati nella conduzione della guerra, prescrivono determinati comportamenti alle parti in conflitto e definiscono il quadro dell'aiuto umanitario nelle situazioni di conflitto.

La Svizzera si impegna in favore della stretta osservanza del diritto internazionale umanitario. Intraprende iniziative a livello bilaterale e rilascia dichiarazioni a livello multilaterale, anche in relazione con singoli conflitti. Invita regolarmente gli Stati a ratificare gli strumenti giuridici internazionali e a integrarli nella legislazione nazionale. Si è adoperata ai fini dell'adozione del terzo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra relativo all'adozione di un segno distintivo addizionale.

4383

La Svizzera si impegna inoltre in favore dello sviluppo, dello studio e dell'applicazione delle regole esistenti del diritto internazionale umanitario in relazione con le sfide presentate dalle nuove forme di conflitto. Avvia dialoghi informali su temi quali la partecipazione diretta di civili alle ostilità, gli effetti di alcuni metodi di combattimento che prevedono l'impiego di tecnologie semplici o complesse e la presenza sempre più frequente di attori armati non statali organizzati a livello internazionale. Nei prossimi anni affronterà inoltre temi quali l'accesso delle organizzazioni umanitarie alle persone protette e le responsabilità delle società militari e di sicurezza private operanti nelle situazioni di conflitto. La Svizzera opera parimenti in favore dello sviluppo del diritto internazionale umanitario, per esempio per quanto concerne l'impiego di munizioni a grappolo (cfr. n. 4.3.1) La protezione della popolazione civile nei conflitti armati è una delle preoccupazioni principali della comunità internazionale, che si impegna in favore del rispetto del diritto internazionale umanitario ma anche dell'accesso alle vittime, della sicurezza del personale umanitario, della protezione di gruppi particolarmente vulnerabili (donne, bambini, rifugiati e sfollati), nonché della lotta contro l'impunità. La Svizzera fornisce in questo contesto importanti contributi, per esempio attraverso la Security Management Initiative dell'Harvard Programme on Humanitarian Policy and Conflict Research, che offre corsi di formazione e servizi di sviluppo di politiche in materia di gestione della sicurezza. Contribuirà anche in futuro a formulare strategie internazionali efficaci.

Le organizzazioni regionali partecipano sempre più al consolidamento della pace.

La Svizzera sostiene pertanto la messa a punto di strutture di scambio tra le organizzazioni regionali e l'ONU al fine di garantire l'applicazione uniforme degli standard di protezione e migliorare la capacità d'azione di dette organizzazioni.

Rifugiati e sfollati: oltre 30 milioni di persone nel mondo fuggono dalla guerra, dalle violazioni dei diritti umani o dalle persecuzioni. Di questi, circa 8,5 milioni hanno attraversato una frontiera internazionale e beneficiano pertanto della protezione internazionale come rifugiati. La Svizzera si impegna, in
seno al Comitato esecutivo dell'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati (UNHCR), in favore di una maggiore protezione internazionale dei rifugiati. I principali flussi di rifugiati interessano oggi i Paesi in sviluppo, che spesso non sono però in grado di proteggere in modo sufficiente un grande numero di rifugiati. Come altri Paesi occidentali, la Svizzera intende lanciare con l'UNHCR programmi regionali di protezione al fine di rafforzare la protezione dei rifugiati nelle regioni di provenienza, affinché non siano più costretti a intraprendere viaggi pericolosi, ad esempio verso l'Europa. Circa 25 milioni di persone sono invece in fuga nel proprio Paese. Come sfollati non hanno lo statuto di rifugiati. Spesso vivono in condizioni molto precarie. Il rispetto dei diritti degli sfollati è indispensabile per la prevenzione di questo fenomeno, la protezione di queste popolazioni e il loro reinserimento in sicurezza e in dignità.

Questi diritti sono definiti nelle direttive dell'ONU per la protezione degli sfollati.

La Svizzera si impegna affinché queste direttive vengano applicate e trasposte nelle legislazioni nazionali e sostiene il mandato del rappresentante del segretario generale dell'ONU per gli sfollati22. Si adopera inoltre in favore di una maggiore considerazione del ruolo degli sfollati nei processi di pace, poiché il loro ritorno e il loro reinserimento sono un fattore chiave per il consolidamento di una pace duratura.

22

Questo mandato è affidato dal 2004 a uno Svizzero, il professor Walter Kälin.

4384

4.3.7

Migrazione e tratta di esseri umani

I movimenti migratori ignorano le frontiere e interessano un numero sempre maggiore di persone e Paesi. Il dialogo internazionale sulla migrazione si sforza di trovare soluzioni globali che favoriscano gli aspetti positivi della migrazione, minimizzino quelli negativi e rispettino gli standard di protezione internazionali. Con l'Iniziativa di Berna23 la Svizzera ha fornito un contributo importante al pilotaggio della migrazione e sostenuto con il rapporto della Commissione mondiale sulle migrazioni internazionali (CMMI) (cfr. all. A.1.4) un documento che serve da riferimento per il dialogo internazionale sulla migrazione, ambito nel quale la Svizzera continuerà a essere un partner costruttivo e innovativo. La Svizzera ha un'esperienza concreta da offrire, per esempio per quanto concerne la cooperazione interdipartimentale (il cosiddetto whole-of-government approach), la politica di integrazione e l'aiuto al ritorno. Sostiene inoltre Ginevra in quanto centro di competenza per il dialogo tra esperti. Continuerà a impegnarsi in favore del ruolo dell'ONU in quanto piattaforma principale per il dialogo sulla migrazione a livello mondiale. Promuove la definizione di politiche in nuovi settori quali i movimenti migratori misti24, la prevenzione dei conflitti e la migrazione, i programmi regionali di protezione e gli aspetti della dimensione di genere nell'ambito della migrazione.

I partenariati per le migrazioni, definiti nel 2006 nella legge sugli stranieri, rappresentano una risposta innovativa al problema sempre più complesso dei flussi migratori internazionali e agli interessi contradditori dei migranti e degli Stati interessati.

Offrono alla Svizzera uno strumento che permette di giungere a un giusto equilibrio tra gli interessi della Svizzera e quelli dei Paesi di origine e di transito. Presuppongono una strategia consolidata nella quale tutti gli strumenti di politica interna e di politica estera di cui la Svizzera dispone siano impiegati in modo coerente e conseguente. Oltre agli strumenti tradizionali quali gli accordi di riammissione e i programmi di aiuto al ritorno nonché i progetti specifici di sviluppo, le azioni di promozione della pace e dei diritti dell'uomo e di protezione delle popolazioni civili contribuiscono in modo determinante alla lotta contro le cause della migrazione irregolare
e alla prevenzione dei movimenti migratori forzati.

La tratta di esseri umani è una grave violazione dei diritti dell'uomo e tocca direttamente anche la Svizzera in quanto Paese di destinazione. Si stima che nel mondo fino a 4 milioni di persone, in maggioranza donne e bambini, siano sfruttate sessualmente o costrette al lavoro forzato, ma anche costrette a matrimoni forzati o vittime del traffico di organi. La povertà, l'assenza di prospettive di una vita migliore o la dipendenza provocano una forte pressione migratoria, situazione della quale i trafficanti approfittano senza scrupoli. La Svizzera sostiene diversi progetti di prevenzione (programmi scolastici, opere teatrali e campagne informative, che mettono in guardia le vittime potenziali dai rischi della tratta di esseri umani) e offre alle vittime un'assistenza logistica, medica, psicologica e giuridica. Si sforza parimenti di impedire che esse ricadano in situazioni di dipendenza e tornino a essere vittime

23

24

L'Iniziativa di Berna si è conclusa il 17.12.2004 con la pubblicazione dell'Agenda internazionale per la gestione della migrazione (IAMM), utilizzata ora nell'ambito della formazione continua in diverse regioni.

Sempre più spesso i rifugiati viaggiano insieme a persone che non necessitano di protezione; questi movimenti migratori misti pongono un problema supplementare agli Stati per quanto concerne la concessione della protezione internazionale.

4385

dei trafficanti. La Svizzera opera inoltre attivamente in seno a organizzazioni internazionali che lottano contro la tratta di esseri umani, segnatamente l'ONU, l'OSCE e il Consiglio d'Europa.

4.3.8

Uomini, donne e pace

I conflitti non interessano nello stesso modo gli uomini e le donne: gli uomini sono più spesso vittime dirette della violenza armata e perdono la vita come soldati, combattenti, opinion leader e responsabili, mentre le donne sono spesso vittime indirette dei conflitti. Sopravvivono ­ traumatizzate, maltrattate e spesso senza possibilità di curare le ferite fisiche e morali. E oltre ai loro compiti devono spesso assumere anche il ruolo degli uomini scomparsi o uccisi e sopperire ai bisogni di famiglie numerose in un contesto che dopo la guerra e la distruzione offre poche opportunità e risorse.

Per essere efficace la promozione della pace deve tener conto delle differenze di bisogni e vulnerabilità, ma anche dei ruoli diversi delle donne e degli uomini. Il DFAE applica le regole dell'integrazione della dimensione di genere (gender mainstreaming): nella formulazione delle sue politiche e nelle sue attività concrete tiene conto sistematicamente del potenziale e dei bisogni delle donne e degli uomini, e questo dall'analisi fino alla valutazione, passando per la pianificazione e l'attuazione.

I diritti delle donne e delle ragazze sono parte integrante dei diritti umani, universali e inalienabili. Sono protetti da diversi strumenti giuridici, segnatamente la Convenzione dell'ONU sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW). Siccome prima e durante un conflitto la violenza nei confronti delle donne spesso aumenta e persiste dopo il conflitto, il rispetto dei diritti delle donne è una priorità della promozione svizzera della pace.

Tra le priorità attuali del Consiglio federale figurano anche la lotta contro la tratta delle donne e la promozione della partecipazione delle donne alla vita economica.

Per integrare in modo adeguato la dimensione di genere la promozione della pace deve tuttavia coinvolgere anche gli uomini, in particolare nella prevenzione della violenza sessospecifica.

La Svizzera definisce le sue priorità in base alle esigenze della Risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell'ONU del 31 ottobre 2000, ossia: (1) una maggiore partecipazione delle donne alla promozione della pace, (2) la prevenzione della violenza sessospecifica e la protezione dei bisogni e dei diritti delle donne e delle ragazze durante e dopo i conflitti armati e (3) la
considerazione della dimensione di genere in tutti i progetti e i programmi di promozione della pace. Il DFAE coordina il piano d'azione nazionale volto ad attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza, pubblicato nel 2007.

4386

5

Ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale

5.1

Nuovo credito quadro 2008­2012

Stanziamento e durata del nuovo credito quadro Per finanziare le misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo chiediamo per la seconda volta un credito quadro che fa seguito al primo stanziato il 17 dicembre 2003 e i cui mezzi dovrebbero esaurirsi nel corso del 2008.

La durata minima del nuovo credito quadro è di quattro anni (2008­2012). Questa durata minima garantisce che l'impegno della Confederazione sia sottoposto almeno una volta per legislatura a un esame dettagliato da parte del Parlamento. Competente per l'impiego del credito è come finora la Direzione politica del DFAE, Divisione politica IV Sicurezza umana.

La legge federale del 19 dicembre 2003 su misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo prevede che i mezzi vengano stanziati sotto forma di crediti quadro pluriennali (art. 4). Il credito quadro si è dimostrato molto valido in quanto strumento di pianificazione e gestione finanziarie. Consente al DFAE di pianificare a media scadenza e di consolidare su più anni il suo impegno nei settori della politica della pace, dei diritti dell'uomo e della politica umanitaria.

Permette di creare in modo mirato strumenti e competenze propri e intrattenere a lunga scadenza partenariati con istituzioni specifiche. Nel contempo permette di impiegare gli strumenti in modo flessibile e di reagire se necessario alle mutate condizioni politiche. Le esperienze fatte con il primo credito quadro hanno mostrato che in tal modo è possibile impiegare i mezzi in modo mirato, efficiente ed efficace.

Grazie al pilotaggio delle misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo per mezzo di crediti quadro di una durata minima di quattro anni il Parlamento può verificare regolarmente il volume dei mezzi e l'orientamento strategico del loro impiego.

5.2

Volume del credito quadro

Chiediamo un aumento moderato dei mezzi iscritti nel preventivo a 240 milioni di franchi per gli anni 2008­2012. L'aumento è giustificato per i seguenti motivi: Priorità nella politica estera svizzera La Costituzione federale definisce come obiettivi centrali della politica estera svizzera la promozione della pace e dei diritti dell'uomo. Nel Rapporto sulla politica estera 200025 il Consiglio federale ha affermato di volere in futuro «contribuire in modo essenziale e tangibile alla prevenzione di conflitti violenti», «condurre una politica umanitaria indipendente e profilata» e «potenziare, mediante provvedimenti adeguati, gli sforzi a favore del rispetto e del promovimento dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto». Stanziando il primo credito quadro il 17 dicembre 2003 il Parlamento ha approvato questo ampliamento e reso possibile un rafforzamento continuo delle risorse. Questa strategia dev'essere proseguita.

25

FF 2001 201

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Fabbisogno a livello mondiale La promozione civile della pace e il rafforzamento dei diritti dell'uomo sono validi contributi della Svizzera alla soluzione di problemi globali. I suoi stessi interessi e la sua tradizione umanitaria spingono la Svizzera a fornire contributi efficaci in questo ambito. Il fabbisogno internazionale di personale e mezzi finanziari da utilizzare per misure di promozione della pace dovrebbe aumentare notevolmente nei prossimi anni. La comunità internazionale ha capito che prevenire costa molto meno che non eliminare le conseguenze dei conflitti.

Imputazione all'aiuto ufficiale allo sviluppo Negli ultimi anni fino al 90 per cento delle misure realizzate hanno potuto essere imputate all'aiuto ufficiale allo sviluppo.

La promozione della pace dà i suoi frutti Negli ultimi anni il numero delle guerre terminate è stato superiore a quello delle guerre iniziate e il numero di vittime dirette di conflitti violenti, genocidi, gravi violazioni dei diritti dell'uomo nonché quello dei profughi sono sensibilmente diminuiti. Studi scientifici attribuiscono questi miglioramenti anche ai rafforzati sforzi profusi a livello internazionale per contenere i conflitti violenti e salvaguardare i diritti umani26.

Alto profilo della Svizzera L'impegno di questi ultimi anni in favore della pace e dei diritti dell'uomo ha contribuito a far acquisire alla Svizzera più rispetto e influenza a livello internazionale.

Con mezzi limitati si sono potuti raggiungere risultati visibili (Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU, Iniziativa di Ginevra, processi di pace in Colombia, Nepal, Sri Lanka, Indonesia/Aceh, Sudan, Uganda, Vicino Oriente). Questi successi proseguono la tradizione umanitaria e la politica dei buoni uffici della Svizzera e contribuiscono in modo determinante alla sua buona immagine. Danno alla Svizzera un certo margine di manovra nell'ambito della politica estera e le aprono le porte.

Sicurezza della Svizzera L'impegno in favore della promozione della pace e dei diritti dell'uomo costituisce un contributo importante per il miglioramento della sicurezza nazionale e una risposta adeguata alle sfide attuali, quali le minacce del terrorismo e del fondamentalismo. Contribuisce anche a proteggere la Svizzera dalle conseguenze non militari dei conflitti armati (stabilità economica, prezzo
delle materie prime, sicurezza dei trasporti aerei, diffusione di malattie, criminalità organizzata).

Prevenzione delle migrazioni Oltre 30 milioni di persone nel mondo sono in fuga dalle guerre, dalle violazioni dei diritti umani e dalle persecuzioni. La promozione della pace e il rafforzamento dei diritti umani agiscono contro le cause della migrazione forzata e della tratta di esseri umani.

26

Human Security Center: Human Security Report 2005. Oxford University Press, Oxford 2005. www.humansecurityreport.info.

4388

Confronto internazionale Paesi paragonabili alla Svizzera quali la Svezia, la Norvegia, i Paesi Bassi o il Canada intensificano in modo deciso i loro sforzi in questo ambito e aumentano i mezzi finanziari iscritti nei loro preventivi, in parte con tassi di crescita a due cifre.

È quanto risulta da rilevamenti effettuati dall'OCSE e da uno studio condotto dal Politecnico federale di Zurigo27, che analizza comparativamente la promozione civile della pace di cinque Paesi. Un rafforzamento dell'impegno svizzero contribuisce a consolidare il profilo del nostro Paese in questo ambito.

Uno sforzo specifico e mirato Nel 2005 la Svizzera ha verificato l'efficacia e la pertinenza di tutte le sue attività anteriori nei confronti della sua politica estera e proceduto a concentrazioni tematiche e geografiche. L'impegno geografico si concentra su alcune regioni prioritarie; le priorità vengono riesaminate ogni anno. I rapporti annui d'attività documentano detta concentrazione.

Efficienza ed efficacia Prevenire i conflitti e promuovere la pace sul posto è più efficace e meno caro che far fronte alle conseguenze delle guerre, ossia migrazione indesiderata, criminalità, instabilità. La Svizzera si è dotata di strumenti efficienti ed efficaci (mediazione e buoni uffici, programmi di gestione dei conflitti, dialoghi sui diritti umani, iniziative diplomatiche, partenariati e Pool di esperti per la promozione civile della pace) che possono essere finanziati ulteriormente e impiegati più spesso. Il previsto potenziamento dei mezzi permetterà a un numero maggiore di Svizzeri di prendere parte a missioni internazionali. In tal modo la Svizzera potrà raggiungere la massa critica per realizzare azioni di pace di dimensioni più ampie e reagire con maggiore flessibilità alle occasioni politiche che si presenteranno.

Piano e quadro finanziari Lo stato delle finanze federali impone una grande circospezione nei progetti che determinano maggiori uscite. La prevista estensione sarà pertanto ripartita sui prossimi anni. Per il periodo 2004­2007 erano disponibili 220 milioni di franchi. Nel confronto con le cifre anteriori non va inoltre dimenticato che i 950 000 franchi destinati ogni anno al Centro per il dialogo umanitario di Ginevra (l'ex centro Henri Dunant), che figuravano finora in una rubrica distinta, saranno ora
integrati nel credito quadro. I quasi 4 milioni di franchi per i prossimi quattro anni non costituiranno pertanto un aumento, bensì saranno una conseguenza del trasferimento tra voci senza impatto sul preventivo.

Al proposto credito quadro di 240 milioni di franchi corrispondono per gli anni 2008­2011 i seguenti crediti di pagamento, che figurano nel piano finanziario attuale: 56,5 milioni di franchi nel 2008; 59 milioni di franchi nel 2009; 61,5 milioni di franchi nel 2010; 63 milioni di franchi nel 2011.

27

Andreas Wenger et al.: Zivile Friedensförderung als Tätigkeitsfeld der Aussenpolitik: Eine vergleichende Studie anhand von fünf Ländern. Center for Security Studies, PFZ, 2006. www.css.ethz.ch/publications/workingpapers.

4389

Il credito disponibile per i prossimi anni dipenderà pertanto in ultima analisi dai crediti iscritti nel preventivo accordati ogni anno dal Parlamento. Eventuali riduzioni operate a livello del preventivo o del piano finanziario determinerebbero un corrispondente allungamento della durata del credito quadro.

Freno alle spese: Giusta l'articolo 159 capoverso 3 lettera b della Costituzione federale il decreto federale proposto richiede il consenso della maggioranza dei membri di ciascuna Camera poiché implica nuove spese ricorrenti di oltre 2 milioni di franchi.

5.3

Ripartizione degli impegni a carico del credito quadro

I dati che seguono hanno carattere indicativo e si basano sullo stato della pianificazione del 2007.

Grafico 10 Ripartizione in base ai principali strumenti

Partenariati 16%

Buoni uffici, mediazione e programmi di gestione civile dei conflitti 40%

Definizione degli orientamenti politici e iniziative diplomatiche 12%

Pool di esperti per la promozione civile della pace 30%

(1) (2) (3) (4) (5)

Dialoghi sui diritti dell'uomo 2%

Buoni uffici, mediazione e programmi di gestione civile dei conflitti 40 % Dialoghi sui diritti dell'uomo 2 % Pool di esperti per la promozione civile della pace 30 % Definizione degli orientamenti politici e iniziative diplomatiche 12 % Partenariati 16 %

Questa ripartizione si è dimostrata valida ed è rimasta relativamente stabile negli ultimi anni. I programmi di gestione civile dei conflitti e l'invio di esperti assorbono per loro natura il grosso delle risorse. I mezzi diplomatici classici quali la mediazione, i dialoghi sui diritti dell'uomo e le iniziative diplomatiche incidono invece molto poco sul credito quadro, poiché sono ampiamente realizzati dal personale del DFAE.

4390

Grafico 11 Ripartizione delle spese in base a criteri geografici

America Latina 10%

Europa 25%

Africa 25% Vicino Oriente 20%

(1) (2) (3) (4) (5)

Asia 20%

Europa 25 % Asia 20 % Vicino Oriente 20 % Africa 25 % America Latina 10 %

Si constata che vi sono alcuni mutamenti rispetto al messaggio del 2002: le missioni di pace in Europa (in particolare in Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Kosovo e Macedonia) dovrebbero poter essere ridimensionate in seguito ai sensibili progressi verso una stabilizzazione fatti nella regione, ma conservano una certa ampiezza a causa dell'importanza della stessa per la Svizzera. La maggior parte dei conflitti armati attuali si svolgono in Africa e in Asia, il che giustifica un'intensificazione moderata dell'impegno della Svizzera in queste regioni. Queste cifre hanno tuttavia un valore puramente indicativo, poiché la Svizzera vuole poter reagire rapidamente agli sviluppi politici imprevedibili e adeguare a breve scadenza la sua pianificazione anche in futuro.

5.4

Organizzazione e personale

Responsabile della realizzazione delle azioni di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo è la Divisione politica IV Sicurezza umana, in seno alla Direzione politica del DFAE. Quest'attribuzione organizzativa garantisce l'inserimento delle misure operative di promozione della pace e dei diritti dell'uomo nelle priorità di politica estera.

La Divisione politica IV è strutturata in sezioni tematiche (politica della pace, politica dei diritti dell'uomo, politica umanitaria e migrazione), sostenute da uno stato maggiore leggero (attualmente: controlling strategico, questioni di fondo, dimen4391

sione di genere) e da un'unità di sostegno (finanze e amministrazione). Due ambasciatori in missione speciale per i processi di pace sono attualmente subordinati o aggregati amministrativamente alla Divisione. Essi sono nominati a seconda del bisogno dal Consiglio federale. Siccome l'aumento moderato del credito quadro deve servire innanzitutto ad approfondire l'impegno attuale della Svizzera, l'organizzazione esistente può essere mantenuta, con l'apporto di rafforzamenti puntuali, come confermato anche da un audit esterno effettuato all'inizio del 2007.

Le azioni di promozione della pace e dei diritti dell'uomo vengono condotte perlopiù in un contesto politico molto delicato, per cui è necessario seguirle da vicino.

Spesso non è possibile delegarle nell'ambito di mandati esterni a causa del loro carattere confidenziale. Anche nei casi in cui non è attore diretto in una determinata fase ma collabora con organizzazioni partner svizzere, locali o internazionali riconosciute, il DFAE deve imperativamente seguirle da vicino e in permanenza, per ragioni di ordine politico. L'efficacia e la visibilità degli sforzi della Svizzera si devono in gran parte a persone quali mediatori, esperti o consulenti partecipanti a una mediazione o a un lavoro normativo. Questo vale sia per le attività pubbliche sia per le azioni ­ più frequenti ­ condotte dietro le quinte, di cui gli attori principali sono perfettamente al corrente e che contribuiscono parimenti alla reputazione della Svizzera. Ne consegue che l'aumento graduale dell'importo del credito quadro può implicare alcune assunzioni supplementari di personale.

Attualmente la Divisione impiega 63 persone fisse, il che corrisponde a 53,15 posti a tempo pieno (5315 percentuali di posti), compreso il personale amministrativo e di segretariato (stato dicembre 2006). Di questi, 17 posti sono finanziati con il credito quadro attuale. Il credito quadro richiesto permetterà di mantenere gli attuali rapporti d'impiego e di finanziare il personale incaricato dell'attuazione della promozione politica della pace e dei diritti dell'uomo. Questi posti sono limitati alla durata dell'attuazione delle misure finanziate con il credito quadro. Il 30 per cento del credito quadro è destinato all'invio di personale del Pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace, mentre un altro 7 per cento al massimo (per 27 posti al massimo) servirà per impieghi alla centrale.

5.5

Pilotaggio, gestione dei progetti, controllo e garanzia della qualità

Condotta strategica La condotta strategica si basa sui documenti strategici del Consiglio federale e del Parlamento (Rapporto sulla politica estera 2000, tour d'horizon 2005 e 2006 sulla politica estera, legge federale del 19 dicembre 2003 su misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo, messaggio del 23 ottobre 2002 a favore di un credito quadro per misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo).

Il loro contenuto è integrato nelle Linee guida della Divisione politica IV (pianificazione a media scadenza e pianificazione annua). Per i programmi pluriennali nelle regioni geografiche prioritarie e per la definizione delle politiche nei settori tematici prioritari la Divisione politica IV elabora strategie a media scadenza che definiscono il contenuto delle azioni descritte e garantiscono la loro integrazione nell'insieme della politica estera svizzera. Tutti questi documenti sono oggetto di una consulta4392

zione in seno alla Direzione politica e sono firmati dal capo della Direzione stessa.

In tal modo si garantisce la coerenza operativa delle misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo con gli obiettivi di politica estera.

Ogni singola misura è definita in un documento di progetto. I progetti fino a 500 000 franchi possono essere approvati a livello della Divisione, quelli fino a 1 milione di franchi dal capo della Direzione politica e quelli compresi tra 1 milione e 5 milioni di franchi dalla capa del DFAE.

Grafico 12 Controlling dei processi in seno alla DP IV: Programmi e definizione degli orientamenti politici geografiche Amministrazione/ Controlling finanziario

· Credito

Pianificazione

quadro

· Pianificazione · Preventivo

su tre anni

annuo della Divisione /

delle sezioni (preventivo generale)

Pilotaggio dei contenuti

·

Messaggio del Consiglio federale 2002

·

Pianificazione a media scadenza DP IV

·

Programmi a media scadenza (geografici e tematici)

·

Obiettivi annui DP IV

·

Sezioni: pianificazione annua

· Attuazione

Attuazione

· Sedute

regolari sul preventivo: confronto, adeguamenti

· Revisione

degli obiettivi annui

intermedia

· Attuazione

dei programmi a media

scadenza

· Verifica dei partenariati

· DP

IV e sezioni: retrospettiva annua

· Valutazione

Valutazione

· Adeguamento

al preventivo della

Divisione

· Rapporto

· Rapporto

finanziario annuo

dei programmi a media

scadenza

annuo pubblico della DP IV

· Rapporto

annuo interno dell`unità di controlling strategico

Il controlling strategico rileva gli indicatori che permettono di verificare la conformità dei contenuti dei progetti con gli obiettivi figuranti nel messaggio le priorità tematiche e i criteri per la definizione della priorità geo grafiche.

Gestione del ciclo di progetto: pianificazione, realizzazione, valutazione La Divisione politica IV si basa sul modello riconosciuto di gestione del ciclo di progetto (Project Cycle Management, PCM) per la valutazione finanziaria dell'attuazione delle azioni di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo. Ne è stata messa a punto una variante che tiene conto dei rapidi cambia4393

menti e della volatilità politica di questo impegno e di questi progetti. Alcuni strumenti della gestione del ciclo di progetto non possono pertanto essere utilizzati sempre con la stessa intensità come succede nei settori più tecnici della cooperazione allo sviluppo. I seguenti passi sono tuttavia imprescindibili: ­

il conflitto o la situazione dei diritti umani deve essere sottoposta a un'analisi fondata;

­

la pianificazione, realizzata solitamente con i partner internazionali statali o non statali, deve definire la strategia, i risultati attesi, l'organizzazione del progetto, la responsabilità per la realizzazione a livello finanziario e dei contenuti, le opportunità e i rischi, nonché la valutazione prevista;

­

la decisione politica in merito all'attuazione dev'essere compatibile con l'importo dell'impegno finanziario e con le strategie generali;

­

il controllo dell'attuazione o l'attuazione stessa dev'essere definita in funzione del ruolo del DFAE nell'azione corrispondente;

­

la valutazione deve avvenire in un quadro adeguato, in modo tale che le esperienze fatte («Lessons learnt») possano essere sfruttate per la preparazione di altre attività o per le strategie generali.

Grafico 13

Controlling dei processi in seno alla DP IV: Progetti Amministrazione/ Controlling finanziario

· Verifica

formale ·

Analisi dell`idea di progetto

· Registrazione

SAP

·

Documento di progetto e preventivo

· Preparazione

del contratto

·

Richiesta di credito

·

Approvazione

· Consulenza

Pianificazione

· Conclusione

4394

del contratto

·

Valutazione, controllo, revisione

·

Conteggio intermedio, rapporto intermedio

· Scambi

·

Pagamento

· Rapporto

intermedio

·

Rapporto amministrativo finale

· Rapporto

finale d`attività

·

Rapporto finanziario finale

·

Rapporto della revisione finanziaria (audit)

·

Consulenza

· Valutazione

·

Contratti (per es. consulenti)

· Valutazione

Attuazione

Valutazione

Pilotaggio dei contenuti

con i partner

interna

esterna (eventualmente)

Garanzia della qualità, controlling e valutazione A sostegno della garanzia della qualità vi sono le seguenti strutture e procedure:

6

­

definizione degli obiettivi annui: la Direzione della Divisione politica IV fissa i suoi obiettivi annui in funzione dei risultati, li sottopone semestralmente a verifica e li adegua;

­

controlling strategico interno: l'unità di controlling assiste la direzione e rafforza gli strumenti interni di gestione dei progetti affinché nella selezione e nella realizzazione si tenga conto dell'efficienza, dell'efficacia e della pertinenza dei programmi;

­

benchmarking: il rapporto interno annuo di controlling permette di definire obiettivi di riferimento interni che dovranno essere rispettati l'anno seguente;

­

accompagnamento e controllo dei programmi in corso: la gestione del ciclo di progetto prevede per ogni progetto un documento negoziato relativo alla pianificazione e al preventivo, un sistema definito di rapporti, visite di progetti, revisioni e una documentazione finale dei risultati;

­

formazione e perfezionamento: rafforzano in modo mirato la gestione dei progetti e i metodi di valutazione;

­

valutazione interna sistematica e valutazione esterna mirata: progetti scelti sono oggetto di valutazioni speciali. Sono stati valutati esternamente ad esempio i programmi di grandi dimensioni quali il programma nazionale in Guatemala o il dialogo sui diritti dell'uomo con la Cina e importanti partner strategici (per es. i centri ginevrini e l'Harvard Program on Humanitarian Policy and Conflict Research);

­

perfezionamento dei metodi di valutazione specifici: nel caso di azioni condotte a un alto livello politico è metodologicamente molto difficile attribuire i risultati di processi politici globali ai singoli input (programmi, progetti). È pertanto importante procedere a valutazioni esterne a posteriori, fondate sui risultati, che consentiranno di analizzare le esperienze acquisite e di moltiplicare queste conoscenze e di adattare le azioni ulteriori. La Divisione politica IV coopera pertanto strettamente con reti internazionali di valutazione, per esempio nell'ambito del Comitato di aiuto allo sviluppo dell'OCSE;

­

gestione sistematica delle conoscenze: la Divisione politica IV, il cui personale è composto di diplomatici trasferibili e di collaboratori scientifici, nonché di specialisti nei settori della pace e dei diritti dell'uomo, si è dotata di strumenti efficaci per lo scambio di conoscenze. Tra questi vi sono i processi istituzionalizzati di riflessione comune quali le tavole rotonde periodiche e le inhouse lunch discussion come pure un sito Intranet destinato a ottimizzare la gestione delle informazioni e del controllo dei progetti.

Ripercussioni per i Cantoni e i Comuni

L'esecuzione del decreto federale proposto incombe esclusivamente alla Confederazione e non comporta alcun onere per i Cantoni e i Comuni.

4395

7

Programma di legislatura

Il presente messaggio è annunciato nel programma di legislatura 2003­200728 e negli obiettivi del Consiglio federale per il 2007.

8

Basi legali

Il decreto federale proposto si basa sull'articolo 4 della legge federale del 19 dicembre 200329 su misure di promozione civile della pace e di rafforzamento dei diritti dell'uomo. Tale legge prevede che i mezzi per finanziare queste misure sono accordati sotto forma di crediti quadro pluriennali.

Considerando il suo carattere finanziario, il decreto deve avere la forma di decreto federale semplice, conformemente all'articolo 25 capoverso 2 della legge del 13 dicembre 200230 sul Parlamento. La competenza dell'Assemblea federale in materia di preventivo deriva dall'articolo 167 della Costituzione federale e dalle corrispondenti regole contenute nella legge federale sulle finanze della Confederazione31 e nella relativa ordinanza32.

28 29 30 31 32

FF 2004 969 RS 193.9 RS 171.10 RS 611.0 RS 611.01

4396

Allegato

Rapporto sulle misure di gestione civile dei conflitti e di promovimento dei diritti dell'uomo negli anni 2004­2007 A.1 A.1.1

Nove esempi Istituzione del Consiglio dei diritti dell'uomo dell'ONU a Ginevra

La polarizzazione dei dibattiti in seno alla Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU rendeva difficile il lavoro e preoccupava da tempo diversi Paesi, tra i quali la Svizzera. Nel 2003 il nostro Paese decise pertanto di elaborare delle proposte di riforma fondamentali. Il DFAE incaricò l'Università di Berna di procedere a chiarimenti in questo senso (studio Kälin).

Nel settembre del 2004 la consigliera federale Micheline Calmy-Rey sottopose sia al Gruppo di esperti di alto livello per le minacce, le sfide e il cambiamento che al segretario generale dell'ONU la proposta svizzera di sostituire la Commissione con un Consiglio dei diritti dell'uomo. Questa proposta venne ripresa nelle sue parti essenziali nel rapporto del gruppo di esperti del dicembre 2004 nonché nel rapporto del segretario generale del marzo 2005.

La Svizzera svolse in seguito un ruolo importante nel processo negoziale avviato dal presidente dell'Assemblea generale in vista dell'adozione della dichiarazione finale dei capi di Stato al Vertice Millennium+5 dell'ONU, svoltosi dal 14 al 16 settembre 2005 a Nuova York. In particolare organizzò diversi seminari, ai quali parteciparono rappresentanti di numerosi Stati (gruppo di Losanna), il cui scopo era quello di giungere a un consenso sui metodi di lavoro e le modalità di funzionamento del nuovo Consiglio. Durante i negoziati la Svizzera si impegnò inoltre attivamente in favore della messa a punto di soluzioni accettate da tutti. Nei loro interventi e nei loro colloqui in occasione del Vertice di Nuova York il presidente della Confederazione e il capo del DFAE fissarono come priorità le riforme dell'ONU e segnatamente l'istituzione del Consiglio dei diritti dell'uomo.

Infine la Svizzera mise a disposizione del presidente dell'Assemblea generale dell'ONU una specialista in questioni relative ai diritti dell'uomo, che grazie alla sua esperienza contribuì in maniera determinante alla formulazione della strategia di negoziazione del presidente.

Il 15 marzo 2006 l'Assemblea federale dell'ONU adottò con 170 voti contro 4 e 3 astensioni la risoluzione A/RES/60/251 che istituiva il Consiglio dei diritti dell'uomo. Quest'ultimo ha ufficialmente sostituito la Commissione dei diritti dell'uomo in occasione della sua prima seduta del 19 giugno 2006.

Nonostante non contenga tutte le richieste
iniziali formulate dalla Svizzera, la risoluzione A/RES/60/251 è un buon compromesso che permette di consolidare la promozione e la protezione dei diritti dell'uomo in seno al sistema dell'ONU. Le principali differenze tra il Consiglio e la Commissione sono le seguenti: ­

statuto istituzionale più elevato: il Consiglio diventa un organo sussidiario dell'Assemblea generale;

4397

­

sessioni più frequenti: per rafforzare il dialogo e la cooperazione il Consiglio tiene almeno tre sessioni l'anno, per una durata minima di dieci settimane; può riunirsi in sessione speciale su proposta di un terzo dei suoi membri;

­

meccanismi più efficaci e più giusti: il Consiglio dispone di un meccanismo universale di valutazione periodica che gli consente di verificare il rispetto degli obblighi presi da tutti gli Stati in materia di diritti dell'uomo;

­

numero minore di membri (47 invece dei 53 della Commissione dei diritti dell'uomo): i membri sono eletti dall'Assemblea generale con maggioranza assoluta per un periodo di tre anni e non sono più rieleggibili dopo due mandati consecutivi;

­

maggiore credibilità: i candidati a un seggio nel Consiglio sono invitati a formulare impegni volontari nel settore dei diritti dell'uomo. Inoltre l'Assemblea generale può sospendere un membro con una maggioranza di due terzi in caso di violazioni gravi e sistematiche dei diritti dell'uomo.

La Svizzera si è impegnata enormemente affinché come sede del nuovo organo venisse scelta Ginevra, città con una grande tradizione umanitaria che accoglie già l'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti dell'uomo e numerose ONG internazionali. Per la prima volta dalla fondazione delle Nazioni Unite un organo principale di questa organizzazione ha scelto la Svizzera come sede. Il 9 maggio 2006 la Svizzera è stata eletta membro del Consiglio dei diritti dell'uomo per tre anni; questo consente al nostro Paese di rendere ancora più concreto il suo impegno e di affrontare nuove sfide nell'ambito della politica estera in materia di diritti dell'uomo.

Una delle debolezze della Commissione dei diritti dell'uomo era l'incapacità di far applicare concretamente le sue decisioni, le sue risoluzioni e le sue raccomandazioni. Per rimediare a questo problema e nel contempo sostenere in maniera più ampia l'impegno svizzero il DFAE ha aumentato i suoi contributi volontari all'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo. L'esempio è stato seguito da altri Paesi donatori. In tal modo l'Alto Commissariato dispone di più mezzi da utilizzare sul posto, segnatamente nei Paesi che hanno chiesto un aiuto tecnico al Consiglio dei diritti dell'uomo.

Nel settore della formazione il DFAE ha collaborato strettamente con la città, il Cantone e l'Università di Ginevra al fine di creare a Ginevra un centro di competenza dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario; questo dovrebbe rafforzare il tema dei diritti dell'uomo nelle scuole universitarie ginevrine e creare sinergie con il Consiglio dei diritti dell'uomo e l'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo.

L'istituzione del Consiglio dei diritti dell'uomo con sede a Ginevra, l'elezione della Svizzera nel Consiglio, nonché le corrispondenti iniziative lanciate dal DFAE per rafforzare in modo generale la promozione e la salvaguardia dei diritti dell'uomo in seno all'ONU sono da annoverare tra i maggiori successi della Svizzera dalla sua adesione all'ONU nel 2002. A posteriori si può affermare che questo successo è stato reso possibile da una concomitanza riuscita di strumenti di diplomazia classica, di competenza tecnica interna, di collaborazione sistematica con partner strategici quali l'Istituto di diritto pubblico dell'Università di Berna e dal ricorso
occasionale a esperti del Pool. Circa 1,4 milioni di franchi del credito quadro sono stati utilizzati per finanziare studi di esperti, seminari a Losanna, Ginevra e Zurigo nell'ambito di

4398

campagne e l'impiego di tre specialisti dei diritti dell'uomo a Ginevra e Nuova York tra il 2004 e il 2006.

A.1.2

La lotta contro le armi leggere illegali

Nel 2000 la Svizzera ha lanciato un'iniziativa diplomatica al fine di creare uno strumento giuridico internazionale volto a facilitare l'identificazione e la tracciabilità delle armi leggere illegali. Un gruppo di esperti istituito a tal fine ha raccomandato all'Assemblea generale, nel giugno del 2003, di avviare i negoziati in vista della creazione di siffatto strumento. Diversi Paesi hanno in seguito chiesto alla Svizzera se sarebbe stata disposta a condurre i negoziati. In un anno (dal giugno 2004 al giugno 2005) un gruppo di lavoro aperto a tutti i Paesi è riuscito, sotto la direzione della Svizzera, a negoziare lo strumento e ad adottarlo consensualmente. Nel dicembre del 2005 lo strumento è stato adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo Strumento internazionale volto a consentire agli Stati di individuare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, le armi leggere e di piccolo calibro illegali contiene disposizioni sulla marcatura e la registrazione delle armi leggere e disciplina la collaborazione tra i Paesi e con l'ONU e Interpol per quanto concerne le richieste di tracciabilità. Mediante questo strumento si è potuta adottare per la prima volta una definizione delle nozioni di armi leggere e di armi di piccolo calibro accettabile per tutti gli Stati membri dell'ONU. Grazie ad esso sarà ora più facile ricostruire il percorso delle armi e porre fine alle forniture illegali di armi. Non si tratta tuttavia di un documento giuridicamente obbligatorio; la sua efficacia dipenderà pertanto dalla disponibilità di tutti i Paesi ad applicarlo.

All'inizio del 2006 la Svizzera ha lanciato una nuova iniziativa volta a sensibilizzare i Governi sugli effetti devastanti della violenza armata. Diversi studi mostrano che la maggior parte dei Paesi nei quali è in corso un conflitto armato o questo è appena terminato si trovano in fondo alla lista dell'indice dello sviluppo umano. Per garantire alla loro popolazione uno sviluppo sostenibile essi devono imperativamente evitare i conflitti armati. In collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS) il DFAE ha organizzato il 7 giugno 2006 un vertice ministeriale sul tema della violenza armata e dello sviluppo. Al vertice hanno partecipato capi di Stato, ministri dello sviluppo e degli esteri, nonché alti funzionari
di 42 Paesi. Tutti i Paesi presenti hanno firmato la Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e sullo sviluppo33, impegnandosi in tal modo a contribuire a ridurre gli effetti devastanti della violenza armata sullo sviluppo sociale, economico e umano. Essi devono ora mettere in pratica la Dichiarazione di Ginevra. La Svizzera coordina un piccolo gruppo di Stati che offre consulenza ai Paesi donatori e ai Paesi interessati dalla violenza armata per quanto concerne le misure concrete da prendere.

L'iniziativa sulla marcatura e la tracciabilità delle armi leggere e di piccolo calibro è stata finanziata con 90 000 franchi nell'ambito del credito quadro; per la preparazione e la realizzazione del vertice ministeriale del 2006 sono stati necessari 100 000 franchi, anch'essi provenienti dal credito quadro; altri 100 000 franchi sono stati finanziati con mezzi della cooperazione allo sviluppo. Il centro di competenza Small Arms Survey creato dalla Svizzera presso l'Istituto di alti studi internazionali di 33

Testo: http://content.undp.org/go/newsroom/june-2006/ governments-agree-to-armed-violence-reduction-measures-.en.

4399

Ginevra (HEI) ha offerto preziose competenze alle due iniziative e fornito un consulente al presidente del gruppo di lavoro sulla marcatura e la tracciabilità delle armi leggere. Small Arms Survey riceve ogni anno circa 2 milioni di franchi.

A.1.3

Anche i gruppi ribelli devono rinunciare all'impiego di mine antiuomo

Le mine antiuomo mutilano e uccidono ogni anno migliaia di persone nel mondo.

Colpiscono soprattutto la popolazione civile e poichè possono esplodere anche diversi anni dopo la fine di un conflitto armato impediscono per lungo tempo la ricostruzione e il ritorno alla normalità. La lotta contro le mine antiuomo figura pertanto da anni tra le priorità della politica svizzera in favore della pace. Un progresso è già stato fatto con la Convenzione del 1997 sul divieto dell'impiego, del deposito, della fabbricazione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione (Convenzione di Ottawa), firmata finora da 155 Stati.

Le mine antiuomo non vengono però utilizzate soltanto dalle forze armate governative. Le mine costano poco e sono facili da costruire, per cui sono conosciute anche come armi del povero. I costi contenuti, la facilità d'uso e l'effetto devastante fanno delle mine antiuomo l'arma preferita di molti gruppi armati non statali. Nella sua lotta contro le mine antiuomo la Svizzera ha pertanto posto l'accento sul problema di questo gruppo di utilizzatori. Questo lavoro è molto importante poiché i gruppi armati non statali non possono diventare parte di un trattato internazionale quale ad esempio la Convenzione di Ottawa del 1997.

Azione 46: nel 2003 la Svizzera ha lanciato l'idea d'istituire un gruppo informale di riflessione sui gruppi armati non statali e le mine antiuomo. Il gruppo si è riunito per la prima volta a Montreux il 29 e il 30 ottobre 2004. Rappresentanti di Stati, ex membri di gruppi armati ed esperti accademici hanno discusso l'importanza militare delle mine antiuomo, delle loro forme di utilizzazione e delle possibilità di rinunciarvi, ognuno secondo la propria ottica. Alla conferenza di esame della Convenzione di Ottawa tenutasi nel 2004 la Svizzera ha affrontato il tema con successo: il piano d'azione 2005­2009 adottato contiene anche raccomandazioni concernenti i gruppi armati (la cosiddetta «azione 46»); quest'ultima invita la comunità internazionale a sostenere l'azione antimine nelle zone sotto controllo di gruppi armati non statali. L'azione antimine comprende lo sminamento, la diffusione delle conoscenze sui rischi delle mine, la cartografia e la marcatura delle zone minate, l'aiuto alle vittime, la consulenza e la distruzione delle scorte di mine ancora
esistenti.

Azioni antimine nelle zone controllate da gruppi armati: nel 2005 la Svizzera ha messo a punto un documento contenente proposte concrete volte ad aiutare gli Stati e le organizzazioni umanitarie, ma anche i gruppi armati, a condurre azioni antimine nelle regioni controllate da gruppi armati. La Svizzera ha presentato il documento alla Conferenza degli Stati parte della Convenzione di Ottawa nell'ottobre del 2006 a Ginevra. Con quest'iniziativa intende migliorare la protezione delle popolazioni civili nelle zone minate difficilmente accessibili agli attori umanitari. La Svizzera stimola in tal modo il dibattito sul ruolo dei gruppi armati non statali nell'ambito del divieto mondiale delle mine antiuomo e contribuisce a far prendere coscienza del fatto che i gruppi armati, che sono una parte del problema, devono anche partecipare alla soluzione delle emergenze umanitarie.

4400

Appello di Ginevra: oltre agli sforzi diplomatici, la Svizzera sostiene le attività dell'organizzazione non governativa «Appello di Ginevra», che si prefigge di convincere i gruppi armati a rinunciare all'uso di mine antiuomo. Sino alla fine del 2006 l'organizzazione era riuscita a convincere 31 gruppi armati non statali a rinunciare all'impiego di mine antiuomo e a firmare una corrispondente dichiarazione (Deed of Committment)34.

Le iniziative diplomatiche e la preparazione del documento sull'azione antimine nelle zone controllate da gruppi armati hanno causato soltanto costi minimi per gli studi e i workshop finanziati nell'ambito del credito quadro. Il lavoro dell'«Appello di Ginevra» è stato sostenuto con un esperto e con aiuti finanziari per un importo annuo complessivo di circa 460 000 franchi.

A.1.4

La Svizzera svolge un ruolo pioneristico nell'ambito del dialogo internazionale sulla migrazione

La migrazione a livello globale è divenuta una priorità per la comunità internazionale. Nel 2002 l'allora segretario generale dell'ONU Kofi Annan propose l'istituzione di una commissione internazionale incaricata di mettere in evidenza i benefici della migrazione, rilevare i punti di consenso e le lacune nel dibattito internazionale sul tema e formulare disposizioni d'azione concrete. Il 9 dicembre 2003 istituì quindi a Ginevra la Commissione mondiale sulle migrazioni internazionali (CMMI) alla presenza del ministro svizzero degli affari esteri e del ministro svedese della migrazione.

La Commissione era composta da 19 personalità apprezzate. Il segretariato di Ginevra era diretto da uno Svizzero. Un gruppo di sostegno formato da rappresentanti di 32 Paesi35 e presieduto dalla Svizzera e dalla Svezia ha incontrato regolarmente la Commissione per riunioni di riflessione comune.

Il 5 ottobre 2005 la Commissione ha consegnato il suo rapporto36 al segretario generale dell'ONU. Il documento presenta in modo completo le attuali sfide della migrazione a livello nazionale, regionale e internazionale e definisce sei principi d'azione: la migrazione come libera scelta; rafforzamento del suo impatto benefico sull'economia e sullo sviluppo; lotta contro la migrazione irregolare; rafforzamento della coesione sociale per mezzo dell'integrazione; protezione dei diritti dei migranti; promozione della competenza concettuale e organizzativa degli attori, nonché della coerenza della politica in materia.

Il rapporto della Commissione è divenuto un documento di riferimento per i Paesi nella prospettiva del dialogo ad alto livello sulle migrazioni internazionali e lo sviluppo svoltosi il 14 e il 15 settembre 2006 a Nuova York. Per la prima volta si è discusso ad alto livello, sotto l'egida dell'Assemblea generale dell'ONU, di migra-

34 35

36

Il testo della dichiarazione e l'elenco dei gruppi che l'hanno firmata sono consultabili all'indirizzo www.genevacall.org.

Membri del gruppo di sostegno: Algeria, Australia, Bangladesch, Belgio, Brasile, Canada, Egitto, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Indonesia, Iran, Marocco, Messico, Nigeria, Norvegia, Paesi Bassi, Pakistan, Peru, Russia, Svezia, Spagna, Sri Lanka, Sudafrica, Svizzera, Turchia, Ungheria, Santa Sede e Unione europea.

Testo integrale: www.gcim.org.

4401

zione e in particolare dei suoi rapporti con lo sviluppo. Durante i dibattiti sono scaturiti i seguenti elementi: ­

la migrazione ha un potenziale intrinseco per lo sviluppo sociale, economico e culturale che occorre promuovere;

­

i partenariati nel settore della migrazione favoriscono gli effetti di sinergia tra i Paesi d'origine e i Paesi di destinazione e portano a trovare soluzioni comuni, in particolare per lottare contro le cause della migrazione irregolare quali la povertà, i conflitti e le violazioni dei diritti dell'uomo;

­

la migrazione è inseparabile dal lavoro e dall'integrazione e gli Stati devono prendere provvedimenti adeguati per proteggere i diritti dei migranti.

Grazie al suo impegno degli ultimi anni la Svizzera viene percepita come un partner costruttivo e innovativo nel dialogo internazionale sulla migrazione. Continuerà a impegnarsi affinché il dialogo sulla migrazione venga sancito e istituzionalizzato in modo adeguato nell'agenda dell'ONU e a operare in favore di uno scambio aperto e costruttivo tra gli Stati, le organizzazioni internazionali e la società civile.

La Svizzera ha sostenuto finanziariamente i lavori della Commissione mondiale sulle migrazioni internazionali, mettendole a disposizione il direttore esecutivo.

Oltre ai 950 000 franchi provenienti dal credito quadro, sono stati utilizzati mezzi dei preventivi dell'Ufficio federale della migrazione, della SECO e della DSC. I fondi consacrati al dialogo internazionale sulla migrazione ammontano complessivamente a 2,6 milioni di franchi per tre anni.

A.1.5

Il successo di una piattaforma di dialogo in Macedonia

In Macedonia la comunità internazionale è intervenuta per tempo nell'estate del 2001 e con la determinazione necessaria è riuscita a evitare il propagarsi di un conflitto armato. L'Accordo di pace di Ohrid e gli sforzi di stabilizzazione profusi in seguito mostrano progressi visibili: dal dicembre del 2005 la Macedonia è candidata all'adesione all'Unione europea, anche se la situazione politica permane instabile.

Sinora non è stato possibile creare un'identità nazionale comune alle popolazioni che parlano il macedone e l'albanese né imporre la parità di accesso ai diritti e alle risorse. I punti critici sono l'assenza di esperienza politica e la mancanza di quadri qualificati.

La Svizzera fornisce alla Macedonia il suo apporto per il rafforzamento delle strutture governative e per la soluzione di numerose questioni, nel quadro di un dialogo costruttivo con l'opposizione. Dal 2003 svolge un ruolo di mediazione nell'ambito di due dialoghi istituzionalizzati nel quadro del processo di Mavrovo. Una cerchia ristretta comprendente membri della coalizione governativa viene completata da un vasto forum di discussione di tutti i partiti simile ai colloqui nella Casa von Wattenwyl. Queste tavole rotonde periodiche permettono d'instaurare la fiducia e di discutere di questioni concrete; spesso consentono di individuare i bisogni di conoscenze specializzate su temi importanti: esperti svizzeri hanno così fornito le basi per migliorare il lavoro di relazioni pubbliche del Governo e organizzato seminari di perfezionamento destinati agli alti funzionari. La regolamentazione della questione linguistica è un tema particolarmente delicato sul piano politico: in questo ambito, il know how svizzero facilita l'elaborazione di leggi che integrano la dimensione 4402

linguistica. Infine, da due anni un'esperta svizzera è a disposizione del vice primo ministro per le questioni della decentralizzazione.

Costituendo un capitale di fiducia in Macedonia, la Svizzera ha instaurato nello spazio di alcuni anni le condizioni necessarie per poter svolgere il proprio ruolo. Può così fornire un contributo non trascurabile all'approfondimento e alla continuazione del processo di pace e completare in questi settori essenziali gli sforzi della comunità internazionale. Le attività condotte in Macedonia sono coordinate da un consulente per la pace stazionato nell'ambaciata di Svizzera a Skopje e necessitano ogni anno di circa 500 000 franchi dal credito quadro.

A.1.6

Proposte di formule di negoziazione in Colombia

La Colombia è un Paese prioritario della politica svizzera in materia di pace e diritti dell'uomo. Le iniziative di mediazione diretta vengono completate da un vasto programma di promozione della pace e dei diritti dell'uomo. La Svizzera vuole favorire lo sviluppo di una democrazia pacifica in seno alla quale tutti i gruppi della società partecipano allo Stato di diritto. Affinché sia duratura, la pace deve scaturire da un processo di trasformazione sostenibile e tener conto dei principi dei diritti dell'uomo. In collaborazione con diversi partner bilaterali e multilaterali la Svizzera conduce pertanto le seguenti azioni concrete: Negoziati con tutti i gruppi armati in un processo di pace strutturato e durevole, fondato sulla partecipazione Dal 2002 la Svizzera sostiene i meccanismi di dialogo tra la guerriglia FARC e il Governo per la discussione di un accordo umanitario che porti alla liberazione degli ostaggi nelle mani di questo gruppo. Si tratterebbe di un primo passo verso la ripresa di un vero processo di pace. Nel dicembre del 2005, dopo una fase esplorativa confidenziale, la Svizzera, la Francia e la Spagna hanno sottoposto alle parti un piano concreto e un luogo per i negoziati. La continuazione del conflitto armato e la forte polarizzazione hanno tuttavia fatto fallire finora gli sforzi in questo senso. La Svizzera gode comunque della fiducia delle parti e rimane l'interlocutore privilegiato.

Dalla fine del 2005 la Svizzera accompagna con la Norvegia e la Spagna i negoziati di pace tra il Governo colombiano e la seconda guerriglia nazionale, l'Esercito di liberazione nazionale (Ejercito de Liberación Nacional, ELN). Aveva già contribuito in passato alla creazione di un clima propizio alla ripresa dei negoziati per mezzo della Casa de Paz, un forum di discussione della società civile.

Gli sforzi di mediazione non sono nuovi: già nel 2000 la Svizzera faceva parte dei due gruppi di Paesi che accompagnavano i negoziati di pace di allora tra le due organizzazioni della guerriglia e il Governo colombiano.

Rivisitazione del passato e giustizia in periodi di transizione In collaborazione con l'International Center for Transitional Justice (ICTJ) di Nuova York la Svizzera fornisce conoscenze specialistiche sul modo in cui applicare i principi della giustizia transizionale nella smobilitazione
dei combattenti ­ in particolare quelli dei gruppi paramilitari ­ e garantire verità, giustizia e riparazione completa alle vittime. La Svizzera sostiene organi statali e organizzazioni di aiuto alle vittime nella messa a punto di meccanismi di rivisitazione del passato e di 4403

indennizzo delle vittime nonché nell'applicazione del diritto. Questo risulta difficile poiché le ostilità proseguono, vecchi e nuovi gruppi continuano a ricorrere alle armi e numerosi crimini rimangono impuniti. Grazie ai buoni rapporti con tutte le parti implicate, la Svizzera può tuttavia trasmettere importanti conoscenze che contribuiranno, sotto forma di principi, alla ricerca della pace.

Implicazione di tutti gli attori della società civile (privati, sindacati, minoranze etniche, donne, contadini) nel processo di pace Dalla fine del 2001 la Svizzera promuove, insieme a un gruppo di ONG svizzere, il Programa Suizo para la Promoción de la Paz en Colombia (SUIPPCOL), che sostiene gli sforzi di pace della società civile facendo affluire tutti i pareri nei negoziati di pace. Nel 2005 e nel 2006 la Svizzera ha potuto sfruttare le sinergie tra il SUIPPCOL e l'attuale processo di pace tra la guerriglia dell'ELN e il Governo colombiano: nell'ambito della Casa de Paz organizzazioni della società civile hanno potuto partecipare a discussioni con l'ELN.

Diritti dell'uomo, diritto internazionale umanitario e Stato di diritto Nei confronti delle parti ai negoziati la Svizzera adotta una posizione chiara sottolineando che una pace duratura è possibile soltanto con il rispetto totale dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario. Sostiene organizzazioni multilaterali (Ufficio dell'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti dell'uomo), organismi di controllo statali e organizzazioni non governative attive in questo settore. In tal modo i diritti dell'uomo e il diritto internazionale umanitario trovano posto nei negoziati di pace.

La Svizzera contribuisce a dare maggiore leggitimità al lavoro dei difensori dei diritti dell'uomo ­ per esempio, facendo accompagnare un'organizzazione femminile da un gruppo di parlamentari donne svizzere (madrinato) ­ e sostiene un programma umanitario che prevede tra l'altro il divieto delle mine antiuomo e del reclutamento di bambini soldato. Dal 2003 la Svizzera finanzia inoltre programmi statali di sensibilizzazione al pericolo delle mine; nel 2005 ha sostenuto uno studio sulle armi di piccolo calibro.

Dalla fine del 2005 la mediazione in Colombia è una priorità di lavoro dell'ambasciatore in missione speciale per la promozione civile della pace. I programmi
di promozione della pace e dei diritti dell'uomo e di rafforzamento della società civile sono coordinati da una consulente per la pace presso l'Ambasciata di Svizzera a Bogotà. L'importo del credito quadro destinato alla Colombia è di circa 1,8 milioni di franchi all'anno. L'impegno a favore della pace è completato dall'aiuto umanitario della Confederazione, pari a circa 4 milioni di franchi all'anno.

A.1.7

Dall'Accordo di cessate il fuoco negoziato sul Bürgenstock alla pace globale nel Sud del Sudan

I contributi alla pace forniti dalla Svizzera durante il periodo in rassegna rientrano in un impegno a lunga scadenza del nostro Paese avviato nel 1994. Oltre alle misure volte a instaurare la fiducia fra la Svizzera e i principali attori in Sudan e fuori di esso, l'impegno svizzero comprende anche contributi di varia natura volti a sostenere i negoziati e i processi di pace, nonché l'attuazione degli accordi conclusi e misure di accompagnamento destinate a stabilizzare il paesaggio politico e a pro4404

muovere la coesistenza pacifica dei diversi gruppi della popolazione del Sudan.

Questi quattro assi dell'impegno svizzero sono stati concretati con intensità variabile durante il periodo in rassegna. Qui di seguito le attività principali: Misure volte a instaurare la fiducia: le relazioni e i contatti esistenti in Sudan e fuori di esso sono stati ampliati; relazioni sono state avviate in modo mirato con nuovi attori politici, soprattutto nel Darfur e nel Sudan orientale. Vista la dimensione internazionale dei conflitti in Sudan, il dialogo regolare con importanti attori internazionali è stato approfondito. Queste misure volte a instaurare la fiducia hanno mostrato la serietà con la quale la Svizzera affrontava questa mediazione e che essa era percepita come mediatrice onesta, senza interessi nascosti.

Processo di pace Nord-Sud: il 9 gennaio 2005 è stato firmato un accordo globale di pace tra il Governo sudanese e il Movimento di liberazione dei popoli del Sudan (SPLM). Questo Accordo ha rappresentato il culmine di un processo di pace iniziato con l'Accordo di cessate il fuoco per i monti Nouba concluso nel gennaio del 2002 sul Bürgenstock, dove la Svizzera era stata incaricata di condurre i negoziati e, insieme agli Stati Uniti, di mediare tra le parti in conflitto. Nel processo di pace Nord-Sud, svoltosi sotto l'egida dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) dell'Africa orientale, la Svizzera ha fornito un esperto e materiale cartografico molto utile, risultato prezioso anche per gli attori umanitari che operano sul terreno.

Negoziati di pace per il Darfur: nel secondo focolaio di conflitto del Sudan, la crisi nel Darfur, un accordo di pace è purtroppo ancora lontano. Su richiesta dell'Unione africana un esperto svizzero è stato impiegato nei negoziati di pace.

Accordo di pace con l'Uganda: vanno citati anche i negoziati tra il Governo ugandese e i ribelli del Lords Resistance Army, sfociati il 26 agosto 2006 in un accordo per la cessazione delle ostilità. La Svizzera non si è occupata direttamente della mediazione, ma ha offerto la sua consulenza al mediatore ufficiale, il Governo del Sudan meridionale. Ha inoltre garantito il dialogo permanente tra i mediatori e la Corte penale internazionale per quanto concerne gli atti d'accusa emessi contro i capi dei ribelli, nella ricerca
di una formula che conciliasse in maniera accettabile l'interesse di politica della pace alla conclusione rapida di un accordo e l'interesse di politica dei diritti umani al rispetto delle norme internazionali in materia di perseguimento degli autori di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità.

Attuazione degli accordi: la Svizzera ha partecipato non solo all'elaborazione bensì anche all'attuazione di accordi. Tra il 2002 e il 2005 ha ad esempio fornito mezzi finanziari e specialisti del Pool di esperti per la promozione civile della pace nonché materiale cartografico alla Commissione militare mista (Joint Military Commission) incaricata di vigilare sul cessate il fuoco per i monti Nouba. Carte sono state fornite anche alla missione di osservazione dell'Unione africana per il Darfur (AMIS), che controlla l'accordo di cessate il fuoco concluso a N'Djamena nell'aprile del 2004.

Misure di accompagnamento: oltre al processo ufficiale di pace tra il Governo sudanese e il SPLM, la Svizzera sostiene progetti a più lunga scadenza volti a riassorbire le tensioni e i conflitti tra le popolazioni del Sudan meridionale e a rafforzare la democrazia nella regione. Il Traditional Leaders Forum vuole migliorare l'inserimento istituzionale dei rappresentanti delle tribù nei diversi livelli dell'amministrazione del Sudan meridionale. Lo sforzo di pace si è concentrato inoltre sul sostegno alla libertà dei media e sul coinvolgimento della diaspora del Sudan meridionale nel processo di ricostruzione.

4405

Il Sudan ha costituito una priorità di lavoro per l'ambasciatore in missione speciale per la gestione civile dei conflitti e (dalla fine del 2005) per l'ambasciatore in missione speciale per la sicurezza umana. Esperti svizzeri sono stati impiegati in diversi negoziati e nella missione di sorveglianza per i monti Nouba. Dalla primavera del 2007 un consigliere per la pace si trova all'Ambasciata svizzera di Khartum. Per le missioni di esperti e le operazioni in loco sono stati impiegati all'anno circa 2,2 milioni di franchi del credito quadro. La DSC ha destinato al Sudan circa 17 milioni di franchi all'anno, il DDPS ha inviato due esperti di mine.

A.1.8

Da un'iniziativa sui diritti umani alla pace in Nepal

Il 21 novembre 2006 è stato firmato a Kathmandu un accordo globale di pace volto a mettere fine a dieci anni di una guerra civile latente che ha fatto oltre 13 000 vittime.

Gli interventi svizzeri a lungo termine in favore della pace, dei diritti umani e della cooperazione allo sviluppo hanno contribuito in maniera decisiva a questo risultato.

Nel maggio del 2005 il DFAE ha inviato a Kathmandu un consulente per la pace con l'incarico di stabilire contatti con tutte le parti in conflitto e di esplorare le possibilità di una soluzione negoziata, oltre che dal Palazzo e dai ribelli armati, anche dai grandi partiti politici non violenti.

Con l'inasprirsi della situazione dopo la presa del potere da parte del re Gyandendra, il 1° febbraio 2005, non si vedeva più la possibilità concreta di dialogo tra tutte le parti, né quale canale si sarebbe potuto utilizzare a questo scopo. Già nell'autunno del 2005 il cessate il fuoco unilaterale dei ribelli maoisti mostrava che il regime reale si era isolato, sia all'interno sia all'esterno del Paese. Grazie alla tregua i partiti politici e la società civile hanno potuto lanciare un grande movimento di protesta, che ha aperto le prime prospettive concrete di pace. Nel dicembre del 2005 sono stati avviati i primi negoziati segreti tra i ribelli maoisti e un'alleanza dei sette grandi partiti politici.

Un movimento popolare dall'ampiezza e dalla determinatezza inaspettate ha fatto riversare nelle strade il 24 aprile 2006 milioni di persone nell'intero Paese, stravolgendo la situazione politica in Nepal. L'alto comando dell'esercito ha informato il re di non essere più in grado di garantire la sicurezza del Palazzo, visto l'aggravamento della crisi. Lo stesso giorno il re ha pubblicato un proclama redatto dall'alleanza dei sette partiti e ha ristabilito il Parlamento, sciolto da lui stesso il 1° febbraio 2005.

Questo ha ridotto i poteri del re a un puro ruolo cerimoniale. Il comando dell'esercito è passato al Parlamento, il diritto di veto del re sui progetti di legge è stato abolito e i ribelli maoisti armati sono stati cancellati dall'elenco delle organizzazioni terroristiche. In seguito i maoisti e il Governo hanno dichiarato un cessate il fuoco unilaterale, che ha aperto la via a negoziati di pace e a un ampio processo costituzionale volto a instaurare in Nepal
uno Stato pacifico, moderno e democratico.

La nuova situazione politica ha ampliato nettamente il margine di manovra del consulente svizzero. Da un anno si trovava per la maggior parte del tempo in Nepal dove aveva consultazioni segrete con le tre parti al conflitto. Nel 2005 non vi era stato alcun contatto tra il Palazzo e i partiti politici né tra il Palazzo e i maoisti.

Tuttavia la Svizzera ha menzionato a varie riprese nei suoi colloqui con persone di fiducia e agenti di contatto di tutte le parti che era disposta a facilitare contatti tra di essi, il che mostrava chiaramente il suo impegno onesto e durevole. I Paesi che

4406

avevano le sue stesse intenzioni e che tentavano di promuovere la pace per mezzo di missioni ad hoc non sono mai riuscite ad allacciare stretti contatti con tutte le parti.

La vittoria delle forze democratiche ha dato forma ai negoziati di pace: il Governo dell'alleanza dei sette partiti ha cercato subito l'intesa politica con i maoisti. Il consulente svizzero, sfruttando i suoi buoni contatti, ha sostenuto le parti nella definizione della formula di negoziazione, sulle questioni concettuali e sulle strutture procedurali. Il Segretariato alla pace del Governo ha avuto un ruolo importante in questo ambito: in passato direttamente subordinato al segretariato del Palazzo, è divenuto in seguito l'organo di riferimento per la preparazione e la facilitazione dei colloqui tra le due parti. Il consulente svizzero ha formato insieme a quattro Nepalesi e a un collega esperto sudafricano, una task force di facilitazione in seno al Segretariato con la quale ha potuto sondare le idee, sviluppare opzioni e sottoporre proposte alle delegazioni partecipanti ai negoziati.

Durante questo processo di pace a rischio le parti in conflitto hanno fatto spesso ricorso ai servizi informali e discreti di facilitazione del consulente svizzero. Hanno però escluso espressamente un intervento esterno ufficiale. Il consulente ha ad esempio fornito la sua mediazione nella controversia sulla forma da dare alla lettera d'invito destinata all'ONU, chiamata in Nepal per sostenere l'osservazione del cessate il fuoco e del processo costituzionale. Egli ha parimenti partecipato all'elaborazione del contenuto dell'accordo globale di pace dell'8 novembre 2006, facilitando il processo. Una grande sfida è costituita dall'integrazione delle donne nel processo di pace, e questo a tutti i livelli. La Svizzera promuove l'istituzione di commissioni femminili di pace e di tavole rotonde femminili. Un gruppo di donne ha ricevuto una formazione per la conduzione di negoziati e la mediazione. Il consulente svizzero tenta in questo modo di far sedere le donne al tavolo dei negoziati.

Il lavoro del consulente per la pace rientra nelle attività tematiche complementari della Svizzera. Il nostro Paese sostiene politicamente, finanziariamente e con personale la missione dell'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo, il cui mandato si deve a un'iniziativa
diplomatica condotta dalla Svizzera nel 2005 in seno alla Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU. Essa fornisce inoltre consulenza, mezzi finanziari e osservatori del Pool di esperti alla missione dell'ONU di sorveglianza del cessate il fuoco e di preparazione tecnica delle elezioni a un'assemblea costituente.

La Svizzera fornisce un importante contributo tematico al processo costituzionale in corso. Con seminari, forum di discussioni e studi scritti aiuta a chiarire alcune questioni fondamentali e processi analoghi; favorisce inoltre una riflessione comparativa e solida tra personalità chiave delle diverse correnti politiche.

Il consulente per la pace si è fondato anche sul programma qualitativamente elevato e pluriennale della DSC in Nepal. La DSC e la Direzione politica del DFAE hanno messo a punto congiuntamente già nel 2005 la prima strategia nazionale svizzera per il Nepal, che combinava una politica attiva di promozione della pace e una gestione dei progetti di cooperazione allo sviluppo adattata alla situazione di conflitto.

La Svizzera continua a essere percepita come un attore che ha la volontà e la capacità di abbinare un lavoro credibile di advocacy in favore dei diritti umani con un ruolo di mediazione nel conflitto. La diplomazia pubblica di pace e gli sforzi confidenziali di mediazione e di sostegno tecnico si sono completati. Anche la perseveranza è un fattore che non va sottovalutato: la promozione della pace è più una maratona che non una gara sui cento metri. Le iniziative sui diritti dell'uomo, i 4407

progetti del consulente per la pace, il sostegno alla missione di pace e l'invio di esperti svizzeri hanno richiesto dal 2005 circa 1,4 milioni di franchi all'anno. La DSC impiega per i progetti di sviluppo circa 18 milioni di franchi all'anno.

A.1.9

Un dialogo sui diritti dell'uomo consolida lo Stato di diritto in Vietnam

Nell'ambito della loro politica di riforma le autorità vietnamite si mostrano sempre più aperte per quanto concerne i diritti dell'uomo. Nel 2004 la Svizzera ha pertanto accolto positivamente la domanda del Governo vietnamita di aprire un dialogo.

Quest'ultimo è volto a migliorare la situazione dei diritti dell'uomo in Vietnam, segnatamente consolidando le forze riformatrici e lo Stato di diritto, favorendo l'affiorare di una società civile forte e diversificata, sostenendo la ratifica e l'attuazione delle norme internazionali sui diritti dell'uomo e intensificando le relazioni bilaterali.

Per quanto concerne il contenuto, il dialogo poggia sui seguenti settori prioritari: ­

diritto penale, procedura penale ed esecuzione delle pene (con un'attenzione particolare alle questioni relative alla pena capitale, alla tortura e alla detenzione amministrativa);

­

diritti delle minoranze e libertà religiosa;

­

diritti delle donne e parità tra i sessi;

­

questioni internazionali dei diritti dell'uomo (con un'attenzione particolare al Consiglio per i diritti dell'uomo dell'ONU e alla Corte penale internazionale).

Un primo ciclo di incontri ha avuto luogo a Hanoi nel maggio del 2005. Con i diversi interlocutori vietnamiti lo scambio è stato franco e costruttivo, anche su soggetti delicati; è stata definita una serie di settori concreti di cooperazione. Un altro ciclo di incontri, svoltosi a Berna nel luglio del 2006, ha rafforzato la base della fiducia e ampliato le possibilità di cooperazione a livello tecnico. La questione della ratifica e dell'attuazione della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti da parte del Vietnam è stata discussa in maniera approfondita facendo ricorso a esperti e la visita a una prigione ha permesso di mostrare la prassi svizzera in materia di esecuzione delle pene.

Per dare maggiore efficacia al dialogo, in collaborazione con la DSC i colloqui politici vengono completati con attività pratiche quali progetti comuni o lo scambio di esperti. Nella prospettiva dell'adozione di una nuova legge sulla parità tra i sessi sono stati ad esempio organizzati un seminario di esperti in Vietnam e un viaggio di studio in Svizzera, per trasmettere al Vietnam le esperienze svizzere. Nel corso del viaggio di studio è stata affrontata anche la problematica della violenza contro le donne. Un altro seminario ha diffuso in una rete di organizzazioni femminili locali le conoscenze necessarie per l'elaborazione di un rapporto alternativo sull'attuazione della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna. Nella prospettiva della ratifica da parte del Vietnam della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti il Ministero vietnamita della sicurezza pubblica ha invitato in Vietnam una delegazione di specialisti svizzeri della polizia e dell'esecuzione delle pene per mostrare loro le 4408

diverse pratiche vietnamite. Queste attività sono completate da visite regolari nelle alture centrali del Vietnam abitate da minoranze, da un'assistenza fornita alle minoranze nella presentazione dei loro interessi nell'ambito dell'elaborazione di nuove politiche o dalla traduzione di documenti internazionali sui diritti dell'uomo in collaborazione con istituti vietnamiti specializzati.

Dal luglio del 2005 una consulente in materia di diritti dell'uomo del Pool di esperti sorveglia all'Ambasciata di Svizzera a Hanoi l'attuazione delle attività legate al dialogo sui diritti dell'uomo e garantisce lo sfruttamento di sinergie con le attività della DSC. Al dialogo sui diritti dell'uomo sono destinati ogni anno circa 100 000 franchi dal credito quadro. La DSC fornisce altri 100 000 franchi destinati a progetti concernenti i diritti dell'uomo e legati direttamente al dialogo.

A.2 A.2.1

Statistiche sull'impiego del credito quadro 2004­2007 Evoluzione dei mezzi finanziari

Il credito quadro 2004­2008 approvato dal Parlamento il 19 dicembre 2003 prevedeva un forte aumento annuo dei mezzi destinati alla gestione civile dei conflitti e alla promozione dei diritti dell'uomo. A causa della situazione delle finanze della Confederazione questo aumento ha dovuto essere notevolmente rallentato rispetto al ritmo previsto. Con i crediti di pagamento annui il Parlamento ha tuttavia approvato un aumento stabile e continuo dei mezzi.

Grafico 14 Evoluzione dei mezzi finanziari (Spese 2002­2006 e preventivo 2007)

Mezzi finanziari (mio. fr.)

60.0

54.0

50.0 40.0 37.9

39.0

42.0

42.5

45.9

47.9

50.0

30.0 20.0 10.0 0.0 2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

Anni

La ripartizione tra costi per progetti, costi per l'invio di esperti del Pool svizzero per la promozione civile della pace e costi per il personale a Berna è rimasta relativamente stabile.

4409

Conto 2004

Conto 2005

Contributi a costi dei progetti

29,8

32,1

37,0

36,3

Invio di esperti all'estero (costi di personale)

14,8

13,9

10,4

14,8

1,3

1,9

2,6

2,9

45,9

47,9

50,0

54,0

(47,5)

(52,5)

(57,5)

(62,5)

Impieghi a Berna (costi di personale) Totale (importi previsti nel messaggio del 2002)

Conto 2006 Preventivo 2007

(crediti di pagamento annuo in mio. fr.)

A.2.2

Gestione civile dei conflitti e promozione dei diritti dell'uomo

La ripartizione corrisponde al messaggio del 23 ottobre 2002, che prevedeva di destinare il 12,5 per cento delle spese alla promozione dei diritti dell'uomo e l'87,5 per cento alla gestione civile dei conflitti.

Grafico 15 Gestione civile dei conflitti ­ Promozione dei diritti dell'uomo (in % delle spese, media 2004­2006) Prom ozione de i diritti de ll'uom o 13%

Ge s tione civile de i conflitti 87%

4410

L'evoluzione sui primi tre anni di durata del credito quadro mostra una stabilità nella ripartizione:

gestione civile dei conflitti promozione dei diritti dell'uomo

2004

2005

2006

40,3

41,1

42,8

5,3

6,7

7,2

(spese annue in mio. fr.)

A.2.3

Livelli di intervento diversi

L'analisi delle spese per il periodo in rassegna mostra che le attività finanziate con il credito quadro si sono concentrate essenzialmente su impegni politici e diplomatici (60 %), completati da azioni nell'ambito della società civile (21 %) o che combinano più livelli di intervento (multitrack) (19 %)37.

Grafico 16 Livelli di intervento (track level) (in % delle spese, media 2004­2006)

Attività multitrack 19%

Attività per la società civile 21%

Attività politicodiplomatiche 60%

Queste cifre confermano che la Svizzera svolge in primo luogo un ruolo di attore politico nei suoi impegni in favore della pace e dei diritti dell'uomo e che quindi risponde alle aspettative. Tuttavia, per poter veramente fare la differenza sul terreno, la Svizzera deve parimenti collaborare con altri attori che si impegnano in favore della pace e dei diritti dell'uomo, tra i quali si annoverano le organizzazioni della società civile in questi Paesi.

37

Si distinguono tre livelli d'intervento (track). Al primo (track 1) l'intervento si situa al livello più alto, per esempio quello del Governo e quello della direzione di un movimento ribelle. Si tratta in primo luogo di risolvere il conflitto. Al secondo livello (track 2) intervengono personalità e organizzazioni influenti della vita politica, economica e sociale del Paese. Il loro coinvolgimento è importante per dare un sostegno esteso al processo di pace. Può rivelarsi determinante garantire la transizione tra il primo e il secondo livello (track 1,5) preparando i negoziati formali e cercando di influenzarli per mezzo di colloqui informali. Il terzo livello (track 3) interessa la comunità. Obiettivi centrali quali la riconciliazione devono essere percepiti dalla popolazione affinché la pace sia duratura.

L'approccio multitrack combina diversi livelli di intervento.

4411

A.2.4

Ripartizione geografica

La ripartizione durante il periodo in rassegna (2004­2006) mostra un equilibrio tra le principali regioni di conflitto. Gli impegni in Europa riguardano per la maggior parte l'Europa sudorientale.

Grafico 17 Attività secondo le regioni (in % delle spese per attività geografiche, media 2004­2006)

America Latina 14 %

Europa 21 %

Africa 24 % Asia (Vicino Oriente escluso) 19 %

Vicino Oriente 20 %

Rispetto alle proiezioni fatte nel messaggio del 2002 appaiono evidenti due cambiamenti: un aumento delle attività in Asia e nel Vicino Oriente, con impegni più importanti in Nepal, Sri Lanka e Indonesia (Aceh), e una relativa diminuzione delle attività in Europa, resa possibile dalla stabilizzazione progressiva della situazione nell'Europa sudorientale.

Europa Asia (Vicino Oriente escluso) Vicino Oriente Africa America Latina (in % delle spese annue)

4412

2004

2005

2006

Messaggio 2002

32 % 14 % 18 % 26 % 10 %

23 % 22 % 20 % 24 % 11 %

21 % 20 % 22 % 23 % 14 %

30 % 10 % 15 % 25 % 10 % +10 % margine di manovra

A.2.5

Temi principali

Il grafico in basso mostra i temi principali su cui si sono concentrate le attività della Svizzera durante il periodo in rassegna. Corrispondono alle priorità fissate e rappresentano settori d'attività nei quali la Svizzera può fornire un valore aggiunto rispetto ad altri Stati o organizzazioni internazionali.

Grafico 18 Temi principali (in % delle spese, media 2004­2006) 14.00 12.00

11.84 10.34

10.00 8.00

6.42

6.00

5.08 3.88

3.23

4.00

2.11 2.00

1.65 0.69

1.48

2.18 0.89

Più temi

Politica umanitaria e migrazione

Diritti dell'uomo

Sicurezza

Operazioni di pace

Processi elettorali

Economia e diritti dell'uomo/Conflitto

Religione/Politica/Conflitto

Media

Rivisitazione del passato

Questioni costituzionali

Accompagnamento di processi di pace

0.00

La tabella seguente mostra l'evoluzione per il periodo 2004­2007, con una ripartizione stabile delle spese per tema principale:

Accompagnamento di processi di pace Questioni costituzionali Rivisitazione del passato Media Religione/Politica/Conflitto Economia e diritti dell'uomo/Conflitto Processi elettorali Operazioni di pace Sicurezza Diritti dell'uomo Politica umanitaria e migrazione Più temi

2004

2005

2006

11,9 3,3 1,3 1,5 0,7 0,7 1,5 2,7 10,1 5,3 2,7 3,9

11,9 2,9 2,4 1,9 0,7 0,5 1,4 2,4 10,2 6,7 3,6 3,2

11,7 3,5 2,7 1,5 0,1 0,9 1,5 1,4 10,7 7,2 3,3 4,5

(Spese annue in mio. fr.)

4413

A.2.6

Partner

Le organizzazioni internazionali sono i partner principali con i quali la Svizzera collabora nell'ambito della sua politica di gestione civile dei conflitti e di promozione dei diritti dell'uomo. Nel periodo in rassegna hanno assunto grande importanza in particolare il sostegno dell'ONU e la collaborazione con quest'organizzazione e le sue diverse organizzazioni. Gli organi governativi e le organizzazioni non governative nazionali nelle regioni di conflitto sono partner importanti con i quali la Svizzera collabora sul posto. La collaborazione regolare con organizzazioni non governative svizzere e internazionali e singole istituzioni accademiche e private costituisce infine un contributo indispensabile allo sviluppo e all'attuazione delle politiche.

Grafico 19 Partner (Spese in mio. fr., escluse quelle amministrative, confronto 2004­2006) 40% 35% 30% 25% 2004 20%

2005 2006

15% 10%

A.2.7

Istituzioni private

Istituzioni accademiche

ONG internazionali

Governi

Altre organizzazioni int.

ONU

0%

ONG nazionali

5%

Presa in considerazione della dimensione di genere

La dimensione di genere riveste una grande importanza nei settori della pace e dei diritti umani. Le ripercussioni differenti dei conflitti e delle violazioni dei diritti umani sulle donne e sugli uomini (gender mainstreaming) vengono prese in considerazione in tutte le fasi di un programma ­ dall'analisi sino all'attuazione di misure concrete.

Nel periodo in rassegna (2004­2006) in media il 71 per cento delle attività per le quali il criterio è applicabile hanno tenuto conto in maniera marcata o molto marcata della dimensione di genere, mentre nel 19 per cento dei casi questa dimensione era integrata in modo più debole. Il criterio della dimensione di genere ha potuto essere applicato nel 68 per cento dei casi.

4414

Grafico 20 Sensibilità alla dimensione di genere (in % delle spese, esclusa la categoria «non applicabile», media 2004­2006)

Molto m a rca ta 16%

De bole 29%

Ma rca ta 54%

A.2.8

Gestione dei progetti e valutazione

Conformemente alla gestione ciclica dei progetti il sistema di supervisione e controllo comprende per ogni progetto un documento di pianificazione e un preventivo negoziati, un sistema di rapporto definito, visite di progetti, revisioni e una documentazione di chiusura.

Inoltre progetti scelti sono sottoposti a una valutazione speciale. Dei progetti terminati nel 2005 è stato valutato il 37,5 per cento ­ pari a un importo di 12 milioni di franchi. 122 progetti sono stati sottoposti a una valutazione sistematica, 21 di essi a una valutazione esterna.

Volume finanziario dei progetti terminati Percentuale dei progetti valutati Volume finanziario dei progetti valutati Numero di progetti terminati Numero di progetti valutati Numero di valutazioni esterne

2005

2006

32 mio. fr.

37,5 % 12 mio. fr.

366 122 21

21 mio. fr.

32 % 6.7 mio. fr.

264 56 12

4415

A.3

Organizzazione e personale

Consolidamento della Divisione politica IV Sicurezza umana del DFAE In seno alla Direzione politica del DFAE la Divisione politica IV Sicurezza umana (DP IV) è competente per l'attuazione delle misure di promozione civile della pace e di promozione dei diritti dell'uomo. Le sue strutture sono rimaste nel complesso stabili negli anni 2004­2007. La direzione è stata rinforzata con un capo supplente a tempo pieno e con un piccolo numero di posti di stato maggiore. La Divisione è strutturata per temi: alle Sezioni Politica di pace, Politica dei diritti dell'uomo e Migrazione si è aggiunta nel 2005 quella del Pool svizzero di esperti per la promozione civile della pace. Per quanto concerne l'organizzazione dei processi, il miglioramento della collaborazione tra le unità organizzative ha permesso di aumentare nel corso del tempo gli effetti di sinergia. Dal 2005 l'Ufficio del coordinatore del processo di pace in Vicino Oriente e l'ambasciatore in missione speciale per la sicurezza umana (processo di pace in Sudan) e dal 2006 l'ambasciatore per missioni speciali (mediazione in Colombia) sono subordinati alla DP IV. Un audit esterno effettuato all'inizio del 2007 ha confermato nell'insieme l'appropriatezza dell'organizzazione e del funzionamento della Divisione.

Il messaggio relativo al primo credito quadro prevedeva che il numero di collaboratori che si occupano di attività del DFAE, i contributi finanziari versati alle organizzazioni partner e gli invii di esperti avrebbero dovuto evolvere parallelamente all'aumento del volume finanziario. Complessivamente con il messaggio erano stati autorizzati 17 posti, creati come previsto prima della primavera del 2006.

Pianificazione, controllo e valutazione Il credito quadro ha avuto ripercussioni positive sulla pianificazione e ha determinato un'attuazione più efficace dell'impegno politico, dei progetti e dei programmi.

Ampliando la sua attività la Direzione politica si è concentrata sull'efficacia dei suoi interventi: a tal fine ha elaborato strumenti efficaci per migliorare qualitativamente il lavoro e professionalizzato gli strumenti di gestione. Per quanto concerne la garanzia della qualità e il controllo, questo si riflette in particolare nelle misure che seguono, introdotte nel corso della durata del primo credito quadro: ­

introduzione di un'unità di stato maggiore interna di controllo strategico che sostenga e rafforzi gli strumenti interni di gestione dei progetti, al fine di tener conto dell'efficienza, dell'efficacia e della pertinenza nella scelta e nell'attuazione dei programmi;

­

gestione basata su obiettivi annui orientati ai risultati e verifica e adeguamento semestrali della realizzazione degli obiettivi annui nelle unità organizzative e nella Divisione;

­

supervisione e controllo permanenti dei progetti conformemente alla gestione dei cicli dei progetti. Per ogni progetto, negoziazione di un documento di pianificazione e di un preventivo, di sistemi di rapporti definiti, di visite di progetti, di revisioni e di un documento finale;

­

messa a punto di una valutazione interna sistematica: nel 2005 sono ad esempio stati valutati sistematicamente 122 progetti per un importo totale di 12 milioni di franchi;

4416

­

valutazioni esterne mirate: nel 2005 sono stati valutati esternamente 21 progetti, in particolare grandi programmi esemplari quali l'impegno nazionale in Guatemala, il dialogo sui diritti umani in Cina e altri partner strategici (centri di Ginevra, Harvard Program on Humanitarian Policy and Conflict Research);

­

elaborazione di un progetto di gestione integrata del sapere e allestimento di un sito Intranet volto a ottimizzare la gestione dell'informazione e il controllo dei progetti;

­

formazione e perfezionamento nella gestione dei progetti e nelle metodologie della valutazione.

Indicatori e basi di confronto Ogni anno è stato elaborato un rapporto interno dettagliato di controlling. Esso propone un'analisi dei progetti che hanno un impatto finanziario secondo differenti indicatori, in particolare: ­

la ripartizione geografica;

­

le priorità tematiche;

­

l'ampiezza e il numero dei progetti;

­

la ripartizione per attività politico-diplomatica o la cooperazione con la società civile;

­

i ruoli del DFAE (attore, coattore, donatore);

­

il grado di integrazione della dimensione di genere nelle misure adottate.

Questi indicatori sono stati rilevati sistematicamente per ogni progetto (cfr. le statistiche nell'all. A.2). Questo ha permesso di definire valori di riferimento (benchmark) per l'anno successivo e, per esempio, di aumentare la percentuale di progetti nei quali il DFAE ha un ruolo di attore o che presentano una sensibilità media o elevata alla dimensione di genere.

Efficacia, visibilità e imputazione all'aiuto ufficiale allo sviluppo Le attività nel settore della promozione civile della pace e dei diritti dell'uomo devono essere valutate in primo luogo in base ai risultati concernenti l'elaborazione di norme e l'effetto di pacificazione. Secondariamente la visibilità delle azioni presso il pubblico o presso attori chiave può avere una certa importanza anche perché può facilitare l'accettazione di altre attività nell'ambito dei diritti umani e della pace o, in maniera più generale, contribuire all'immagine della politica estera della Svizzera. Si deve comunque vegliare al rispetto di una certa logica: in determinate fasi, la riservatezza può essere più importante della comunicazione. Nel 2004­2007 le azioni di promozione della pace e dei diritti dell'uomo e i partenariati della Svizzera hanno contribuito con successo a trasmettere un'immagine positiva della Svizzera.

Conformemente ai criteri del Comitato di aiuto allo sviluppo dell'OCSE, le somme spese dal credito quadro sono state imputate al 75 per cento fino al 2004 e al 90 per cento dal 2005 all'aiuto ufficiale allo sviluppo.

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