Rapporto del Consiglio federale concernente le ripercussioni di diversi strumenti della politica europea sul federalismo svizzero (in risposta al postulato Pfisterer [01.3160] «Rapporto sul federalismo.

Opzioni in materia di politica europea») del 15 giugno 2007

Onorevoli presidenti e consiglieri, ci pregiamo sottoporvi il Rapporto sul federalismo, pregandovi di prenderne atto.

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 giugno 2007

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Micheline Calmy-Rey La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2007-0384

5415

Compendio Nella cooperazione della Svizzera con l'UE il federalismo costituisce una sfida, non un ostacolo. L'uso e lo sviluppo degli strumenti a disposizione nelle relazioni tra la Svizzera e l'Unione europea richiede adeguamenti che consentano di mantenere l'equilibrio federalistico, una ripartizione, bilanciata e rispettosa del principio di sussidiarietà, dei compiti e dei diritti di codecisione tra Confederazione e Cantoni (e Comuni). I diritti federalistici di partecipazione non devono essere modificati aprioristicamente, bensì solo se necessario e opportuno (riforme graduali). Un approccio graduale permette di raccogliere esperienze soprattutto nell'applicazione, nell'attuazione e nell'evoluzione degli Accordi bilaterali I e II, di cui tenere conto nella determinazione delle successive riforme. I nuovi sviluppi in seno all'UE, come l'incerto destino della Costituzione europea o l'ampliamento a 27 Stati membri effettivo dall'inizio del 2007, richiederanno un riesame della situazione e della necessità di riforme e potrebbero aprire prospettive d'approfondimento del federalismo. Le strutture partecipative odierne, definite in particolare nella legge sulla partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione, non sembrano a priori inadeguate per le varie opzioni immaginabili di politica europea. L'effettivo riconoscimento degli interessi della Svizzera nei confronti dell'UE presuppone una stretta collaborazione tra Confederazione e Cantoni, a prescindere dall'approccio prescelto per la politica europea. Solo in questo modo si può assicurare il rispetto delle diverse posizioni e l'indispensabile scambio di informazioni, grazie ai quali il Paese può esprimersi in modo univoco. All'insegna del motto «governare è prevedere», i Cantoni hanno già fornito preziose considerazioni riguardo alla necessità di adeguamento a seconda del tipo di strumento adottato nelle relazioni con l'UE. Il presente rapporto poggia su queste basi e sul Rapporto Europa 2006 del Consiglio federale. In questo contesto, gli adeguamenti in senso federalistico possono rendersi necessari in Svizzera in particolare negli ambiti qui illustrati: ­

5416

ripartizione dei compiti Confederazione-Cantoni (-Comuni) e partecipazione dei Cantoni: le diverse forme di cooperazione tra la Svizzera e l'UE si estendono anche a campi di competenza cantonali (segnatamente istruzione e cultura, sanità, infrastrutture, giustizia, appalti pubblici e diritto edilizio, cooperazione tra forze di polizia, assistenza tra le autorità, diplomi professionali). L'intensificazione della cooperazione tra la Svizzera e l'UE influirà in misura maggiore anche sulle competenze normative dei Cantoni. È dunque essenziale garantire già nelle prime fasi la partecipazione dei Cantoni ai processi decisionali, soprattutto in seno ai cosiddetti comitati misti. Deve essere attribuito il giusto peso al principio di sussidiarietà, il federalismo cooperativo deve essere ulteriormente rafforzato e le strutture esistenti devono essere meglio sfruttate e sviluppate. Eventualmente, le procedure potrebbero essere definite in una convenzione tra Confederazione e Cantoni, com'è già avvenuto per l'Accordo d'associazione al sistema di Schengen/Dublino. Si può attingere anche alle esperienze di altri Paesi europei d'ordinamento federale.

­

Attuazione degli accordi internazionali da parte dei Cantoni: i Cantoni sono tenuti ad applicare gli accordi internazionali entrati in vigore per la Svizzera nei settori di loro competenza e ciò sempre più spesso entro i termini prefissati, solitamente brevi, e con la necessaria uniformità. Ciò presuppone conoscenze molto solide del diritto comunitario da parte dei Cantoni e grandi capacità amministrative e di coordinamento sia dei Cantoni, sia degli organismi intercantonali (conferenze dei direttori cantonali, Conferenza dei governi cantonali). Al riguardo è importante un flusso d'informazioni reciproco e immediato tra i Cantoni e tra la Confederazione e i Cantoni. La Confederazione potrebbe avvalersi di convenzioni di cooperazione già esistenti con i Cantoni.

­

Aspetti di politica finanziaria: gli adeguamenti nel campo della politica finanziaria sarebbero necessari principalmente con un'eventuale adesione all'UE. L'imposta sul valore aggiunto dovrebbe salire almeno al 15 per cento. Il maggiore onere fiscale e quindi i maggiori introiti della Confederazione dovrebbero essere compensati del tutto o in parte rispetto ai Cantoni o alle assicurazioni sociali, in modo che i Cantoni dispongano sempre di sufficienti fonti di finanziamento. Le decisioni in materia dovrebbero essere preparate in stretta collaborazione con i Cantoni e dovrebbero essere presumibilmente sancite da una norma costituzionale. Durante i negoziati per un'eventuale adesione dovrebbero essere fissate fasi di transizione per la riforma del sistema fiscale. Sarebbe necessario un migliore coordinamento tra Confederazione e Cantoni sulla politica finanziaria per rispettare gli standard del programma di stabilità dell'UE. La nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC) è stata concepita in modo tale da non richiedere modifiche essenziali nel caso di un'eventuale adesione della Svizzera all'UE. Sono difficilmente pronosticabili le conseguenze che gli strumenti di politica europea avrebbero sulla competitività in materia fiscale o sul federalismo fiscale.

Eventuali adeguamenti del federalismo saranno generalmente facilitati dal fatto che con la nuova impostazione della perequazione finanziaria e dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC) è già in corso di attuazione un progetto di riforma che prepara il terreno.

5417

Indice Compendio

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Abbreviazioni

5421

1 Introduzione 1.1 Finalità 1.2 Struttura del rapporto 1.3 Il federalismo in Svizzera 1.4 Le sfide dell'intensificazione della cooperazione e della crescente armonizzazione degli ambiti giuridici 1.5 La politica europea della Svizzera 1.6 Il cambiamento nell'UE

5424 5424 5425 5426

2 Le esperienze di altre federazioni europee 2.1 Panoramica 2.2 Ripercussioni dell'intensificazione della cooperazione europea sulla ripartizione interna delle competenze e sulle procedure di partecipazione

5431 5431

5432

3 Ripartizione delle competenze tra Confederazione e Cantoni 3.1 Il principio di sussidiarietà 3.2 Esercizio delle competenze normative di Confederazione e Cantoni 3.2.1 Premessa 3.2.2 Direttive e regolamenti: i principali strumenti legislativi della CE 3.2.3 Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale 3.2.4 Strumenti inerenti all'adesione all'UE 3.3 In sintesi

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4 Attuazione del diritto internazionale da parte dei Cantoni 4.1 Competenza dei Cantoni per l'attuazione del diritto internazionale 4.2 Responsabilità di politica estera per l'attuazione del diritto internazionale 4.2.1 Principio: responsabilità della Confederazione 4.2.2 Sostegno della Confederazione ai Cantoni 4.2.3 Mezzi di vigilanza ed esecuzione sostitutiva della Confederazione 4.3 Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale 4.4 Strumenti inerenti all'adesione all'UE: particolarità 4.4.1 Principio dell'attuazione del diritto comunitario 4.4.2 Attuazione del diritto comunitario ad opera dei Cantoni 4.4.3 Esecuzione di sentenze della CdGCE e diritto di agire dei Cantoni 4.5 In sintesi: regole per l'attuazione poste dalla Confederazione

5438 5438

5 Partecipazione dei Cantoni alla politica europea 5.1 Politica estera come competenza federale 5.2 Principi della partecipazione dei Cantoni

5443 5443 5444

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5.3 Esperienze degli Accordi bilaterali con l'UE 5.3.1 Fase I: sviluppo dell'opinione e della volontà politica interna 5.3.2 Fase II: negoziati 5.3.3 Fase III: procedure di consultazione 5.3.4 Fase IV: attuazione dei risultati negoziali 5.3.5 Fase V: procedure nei comitati misti 5.3.6 Fase VI: approvazione, attuazione e pubblicazione delle decisioni dei comitati misti 5.4 Disciplinamento generale della cooperazione tra la Confederazione e i Cantoni nel quadro della politica europea 5.4.1 Coordinamento tra i Cantoni 5.4.2 Posizione del Consiglio degli Stati 5.4.3 Commissione delle questioni europee del Parlamento 5.4.4 Cooperazione nel settore di Schengen/Dublino 5.4.4.1 Partecipazione dei Cantoni 5.4.4.2 Convenzione tra Confederazione e Cantoni concernente l'attuazione, l'applicazione e lo sviluppo dell'acquis di Schengen/Dublino 5.5 In sintesi: disciplinamento delle procedure in una convenzione quadro 6 L'ordinamento finanziario dello stato federale e la politica europea della Svizzera 6.1 Competenze dell'UE in materia di politica finanziaria e fiscale 6.2 Rispetto dei criteri di convergenza in uno stato federale 6.2.1 Dettami dell'UE per la politica di bilancio 6.2.2 Strumenti per un più stretto coordinamento della politica finanziaria 6.2.2.1 Attuazione dei criteri di convergenza 6.2.2.2 Preparazione del programma di stabilità 6.3 Ripercussioni sulla perequazione finanziaria 6.4 Ripercussioni per il sistema fiscale 6.4.1 L'autorità dei Cantoni in materia fiscale: un principio fondamentale 6.4.2 Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale 6.4.3 Strumenti inerenti all'adesione all'UE 6.5 In sintesi 7 La politica europea della Svizzera e il sistema giudiziario 7.1 Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale 7.2 Strumenti inerenti all'adesione all'UE 7.2.1 Fondamentale sovranità degli Stati membri per le procedure e prescrizioni dell'UE 7.2.2 Procedure al livello dell'UE 7.2.3 Conseguenze per la Svizzera in caso di adesione 7.2.3.1 Supremazia del diritto comunitario 7.2.3.2 Tendenze all'uniformazione del diritto processuale 7.3 In sintesi

5445 5446 5446 5447 5448 5448 5450 5452 5452 5453 5454 5454 5454 5456 5457 5458 5458 5460 5460 5462 5462 5465 5465 5466 5466 5466 5467 5469 5470 5471 5472 5472 5472 5473 5473 5474 5474

5419

8 Cittadinanza dell'Unione e diritto di voto alle elezioni comunali 8.1 Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale 8.2 Strumenti di un'adesione all'UE 8.2.1 Cittadinanza dell'Unione 8.2.2 Diritto di voto alle elezioni comunali (art. 19 TCE) 8.2.3 Ripercussioni sulla Svizzera 8.3 Conclusione

5475 5475 5475 5475 5476 5477 5477

9 Riflessioni conclusive 9.1 Politica europea intesa come politica di salvaguardia degli interessi 9.2 Compatibilità tra federalismo e collaborazione a livello europeo 9.3 Soluzioni su misura 9.4 Conseguenze generali 9.5 Maggior necessità di adeguamento a tutti i livelli statali 9.6 Adeguamenti progressivi

5478 5478 5479 5479 5480 5481 5481

5420

Abbreviazioni AAD

Accordo del 26 ottobre 2004 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea relativo ai criteri e ai meccanismi che permettono di determinare lo Stato competente per l'esame di una domanda di asilo introdotta in uno degli Stati membri o in Svizzera (Accordo d'associazione a Dublino) AAS Accordo del 26 ottobre 2004 tra la Confederazione Svizzera, l'Unione europea e la Comunità europea, riguardante l'associazione della Svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen AD Assicurazione contro la disoccupazione AFC Amministrazione federale delle contribuzioni AFD Amministrazione federale delle dogane AI Assicurazione per l'invalidità ALC Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681) ALS Accordo del 22 luglio 1972 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità economica europea (RS 0.632.401) ATA Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul trasporto aereo (RS 0.748.127.192.68) AVS Assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti BAK Basel Economics (istituto di previsioni) Boll. uff. N Bollettino ufficiale del Consiglio nazionale Boll. uff. S Bollettino ufficiale del Consiglio degli Stati CCDGP Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia CdC Conferenza dei governi cantonali CdGCE Corte di giustizia delle Comunità europee CDPE Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione CDR Comitato delle regioni CE Comunità europea CEDU Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione europea sui diritti dell'uomo, RS 0.101) CEE Comunità economica europea Cgcf Corpo delle guardie di confine (personale, in uniforme e armato, aggregato all'Amministrazione federale delle dogane del Dipartimento federale delle finanze) CIG Conferenza intergovernativa CIP-S Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati Convenzione di Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati Vienna sui trattati (RS 0.111) 5421

Convenzione sulla competenza giurisdizionale Cost.

CPM DATEC DFAE DFE DFF DFGP Dir.

DTF EuR EuRéfCa FF GAAC GFS 2001 GL Crescita economica GU IDEKOF IPG KOF/ETH LAID LFPC LIFD LOGA LParl MRA

N.

n. marg.

5422

Convenzione del 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (con Protocollo e Dichiarazioni, RS 0.275.11) Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999 (RS 101) Codice penale militare del 13 giugno 1927 (RS 321.0) Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Dipartimento federale degli affari esteri Dipartimento federale dell'economia Dipartimento federale delle finanze Dipartimento federale di giustizia e polizia Direttiva Decisione del Tribunale federale svizzero Europarecht (rivista specializzata) Gruppo di lavoro «Europe ­ Réformes ­ Cantons» Foglio federale Giurisprudenza delle autorità amministrative della Confederazione Government Financial Statistics, statistiche finanziarie del Fondo Monetario Internazionale (2001) Gruppo di lavoro interdipartimentale «Crescita economica» Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea Gruppo di coordinamento interdipartimentale in materia di federalismo Indennità per perdita di guadagno Centro di ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo Legge federale del 14 dicembre 1990 sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (RS 642.14) Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1) Legge federale del 14 dicembre 1990 sull'imposta federale diretta (RS 642.11) Legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del governo e dell'amministrazione (RS 172.010) Legge federale del 13 dicembre 2002 sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento, RS 171.10) Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità (Mutual Recognition Agreement ­ RS 0.946.526.81) Numero Numero marginale

NPC OCSE OG PA pag.

PESC PESEUS PIL Racc.

RS SA SCN SEC 95 SEE seg./segg.

SIS TCE TPG TUE UE UFG ZSE

Nuova impostazione della perequazione finanziaria e dei compiti tra Confederazione e Cantoni Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico Legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (RS 173.110) Legge federale del 20 dicembre 1968 sulla procedura amministrativa (RS 172.021) Pagina(e) Politica estera e di sicurezza comune Projektgruppe EJPD-Strategie EU-Schweiz («gruppo progettuale-DFGP-strategia-UE-Svizzera») Prodotto interno lordo Raccolta della Giurisprudenza della CdGCE Raccolta sistematica delle leggi federali Sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci Sistema di conti nazionali Sistema europeo dei conti economici integrati del 1995 Spazio economico europeo seguente/seguenti Sistema d'informazione Schengen Trattato che istituisce la Comunità europea Tribunale europeo di primo grado Trattato che istituisce l'Unione europea Unione europea Ufficio federale di giustizia Zeitschrift für Staats- und Europawissenschaften (rivista specializzata)

5423

Rapporto 1

Introduzione

1.1

Finalità

Il presente rapporto costituisce la risposta al postulato 01.3160 Pfisterer «Rapporto sul federalismo. Opzioni in materia di politica europea.» Accettato dal Consiglio degli Stati il 21 giugno 2001, il suo tenore era il seguente: «Si invita il Consiglio federale a redigere un rapporto sul federalismo, se possibile armonizzando i suoi lavori con quelli svolti attualmente dalla Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati e collaborando con i governi cantonali e con la Conferenza dei governi cantonali (CdC).

Tale rapporto dovrà indicare come mantenere o riformare il ruolo dei Cantoni e le relazioni tra questi ultimi e la Confederazione, in modo da preservare il concetto di federalismo nelle diverse opzioni che ci sono offerte nell'ambito della politica europea. Esso dovrà presentare proposte di modifica della Costituzione e della legislazione, con i loro vantaggi e inconvenienti.

Il rapporto dovrà in particolare: a. presentare almeno due opzioni: ­ opzione n. 1: ulteriori accordi bilaterali, uno SEE II o altre forme meno strette di relazione con l'UE; ­ opzione n. 2: adesione all'UE; b. trattare almeno la ripartizione e l'adempimento dei compiti, la politica finanziaria, il sistema della partecipazione, la giustizia e la cittadinanza dell'Unione, incluso il diritto di voto e di eleggibilità a livello comunale; c. indicare le riforme (fondamentali) che hanno la priorità più alta, ossia che dovranno essere avviate il più tardi nel momento in cui la Svizzera darà il suo assenso, e quelle che possono essere rinviate a un secondo tempo.» È passato un certo tempo dall'adozione del postulato. Nel frattempo sono entrati in vigore i Bilaterali I e la maggior parte dei Bilaterali II, si è avuto quindi un cambiamento qualitativo nelle relazioni tra la Svizzera e l'Unione europea. Il postulato incarica il Consiglio federale di studiare almeno due «opzioni» per la cooperazione futura con l'UE. La politica europea, come la politica estera generale di cui fa parte, si definisce sia sul piano materiale sia su quello ideale come politica di salvaguardia degli interessi svizzeri nei rapporti con l'UE. In considerazione del summenzionato cambiamento qualitativo dei rapporti è più opportuno parlare di strumenti, come già spiegato nel Rapporto Europa 20061 e non già di opzioni, termine che implica
un'alternativa obbligata. Il termine strumenti indica che la politica europea e quindi le disposizioni che regolano i rapporti con l'UE devono essere di volta in volta adeguate alla situazione e al momento. Gli strumenti non sono rigidi; anzi, devono

1

Rapporto Europa 2006 del Consiglio federale del 28 giugno 2006 («Rapporto Europa 2006»), FF 2006 6223 segg.

5424

inserirsi nel contesto delle visioni e delle realtà della politica estera svizzera2. Hanno inoltre bisogno del sostegno della politica interna, definita sul piano giuridico nella Costituzione3 (art. da 54­56, 166, 173 e 180 Cost.). Nel sistema statale svizzero, che si fonda su un'ampia partecipazione alla politica sia del popolo sia degli Stati, anche la politica europea deve essere un tema condiviso da tutti, affrontato senza perdere di vista l'attuazione degli obiettivi della politica estera.

Il presente rapporto ha lo scopo di proseguire la discussione avviata con il Rapporto Europa 2006 sulle relazioni tra Svizzera e UE coinvolgendovi i Cantoni e di sensibilizzare coloro che agiscono nei vari campi di competenza.

In questa sede, il Consiglio federale si pronuncia inoltre su studi e rapporti d'esperti redatti o commissionati dal gruppo di lavoro « Europe-Réformes-Cantons» (EuRéfCa)4, nei quali si indica la necessità di riforme che si delineano in considerazione delle relazioni sempre più strette tra la Svizzera e l'UE.

1.2

Struttura del rapporto

Il presente rapporto completa il già menzionato Rapporto Europa 2006, che tratta le ripercussioni delle diverse forme di cooperazione con l'UE, dall'approccio bilaterale all'adesione all'UE, sui settori principali della politica e quindi anche sul federalismo. Esso riprende la logica del Rapporto Europa.

Dopo alcune osservazioni introduttive che forniscono una breve descrizione del federalismo di marchio svizzero e riassumono le prossime sfide e gli strumenti di cui è dotata la politica europea della Svizzera, il rapporto esaminerà innanzitutto le esperienze fatte in altri Stati europei d'ordinamento federale.

Successivamente analizzerà le ripercussioni dell'intensificazione della cooperazione tra la Svizzera e l'UE sulla ripartizione di competenze e l'attuazione del diritto internazionale. Inoltre, il rapporto approfondirà alcune questioni cruciali per i Cantoni: la possibilità di partecipare alle trattative e all'attuazione di accordi (soprattutto dell'accordo di associazione al sistema di Schengen), le conseguenze della politica europea sulla politica finanziaria e fiscale e su altri ambiti di competenza cantonale nonché la giurisprudenza e l'esercizio dei diritti politici (diritto di voto e di eleggibilità a livello comunale). L'indagine prenderà spunto primariamente dallo strumento della politica europea costituito dalla cooperazione bilaterale e da quello dell'ade2

3 4

Cfr. Rapporto sulla politica estera 2000, FF 2001 201 238. Sono indicati principalmente i cinque obiettivi seguenti: ­ convivenza pacifica dei popoli; ­ rispetto dei diritti dell'uomo e promovimento della democrazia; ­ salvaguardia degli interessi economici; ­ soccorso alle popolazioni nel bisogno e lotta contro la povertà del mondo; ­ salvaguardia delle risorse naturali.

RS 101 Conferenza dei Governi cantonali (edit.), Les cantons face au défi de l'adhésion à l'Union européenne, rapporto del gruppo di lavoro «Europe ­ Réformes ­ Cantons», Zurigo 2001 (Rapporto EuRéfCa 2001); Conferenza dei Governi cantonali (edit.), Entre adhésion à l'UE et voie bilatérale: réflexions et besoin de réformes du point de vue des cantons, rapporti di esperti su incarico del gruppo di lavoro «Europe ­ Réformes ­ Cantons», Zurigo 2006 (Rapporti di esperti EuRéfCa 2006). Anche il progetto del presente Rapporto è stato sottoposto al parere e alla discussione dei Cantoni (e del gruppo di lavoro EuRéfCa).

I preziosi suggerimenti pervenuti sono stati inglobati nella redazione finale.

5425

sione. Verranno ampiamente spiegati procedure e processi decisionali nel regime di cooperazione bilaterale, per esempio in seno ai comitati misti o in relazione all'associazione al sistema di Schengen. Infine, il rapporto presenterà alcune riflessioni di fondo sulla politica europea praticata dalla Svizzera e sulla compatibilità del federalismo e della cooperazione europea, proponendo poi al dibattito alcune misure per adattare il federalismo alla realtà europea

1.3

Il federalismo in Svizzera

Dopo la grave crisi della Confederazione nella prima metà del XIX secolo, quando la Svizzera era ancora una lega di Cantoni sovrani, con la Costituzione federale del 1848 fu fondato uno Stato i cui elementi fondamentali includevano un marcato federalismo. L'ordinamento federativo, che preservava in larga parte l'autonomia dei Cantoni sul proprio territorio, contribuì all'integrazione della Svizzera, altrimenti divisa da numerose linee di conflitto.

Il federalismo si manifesta in particolare nella struttura statale a tre livelli tipica della Svizzera, nella partecipazione dei Cantoni alla determinazione della volontà della Confederazione e nella ripartizione dei compiti tra Confederazione, Cantoni e Comuni secondo il principio della sussidiarietà. Tale principio prevede che un livello statale superiore debba far propri solo quei compiti per il cui adempimento il livello statale inferiore non dispone di capacità sufficienti. La politica europea della Svizzera può avere ripercussioni su tutti e tre i livelli federalistici. Le riflessioni che seguono si concentreranno soprattutto su questioni con un impatto a livello federale e cantonale.

Gli elementi centrali del federalismo svizzero sono il principio dell'autonomia cantonale (ovvero il principio della sovranità condivisa di cui all'art. 3 Cost.) e gli ampi poteri di partecipazione dei Cantoni alla determinazione della volontà e all'emanazione di norme di legge della Confederazione.

Il principio dell'autonomia cantonale si concretizza nei punti seguenti: ­

l'esistenza dei Cantoni è garantita;

­

i Cantoni sono sovrani, secondo l'articolo 3 Cost., per quanto la loro sovranità non sia limitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti i diritti non delegati alla Confederazione;

­

i Cantoni hanno una propria Costituzione;

­

eleggono i propri organi autonomamente;

­

dispongono di risorse finanziarie proprie (competenza fiscale);

­

non sono soggetti ad alcun controllo politico.

5426

La partecipazione paritaria5 dei Cantoni alla determinazione (interna) della volontà della Confederazione avviene primariamente attraverso la procedura di consultazione, le elezioni al Consiglio degli Stati6, il requisito della doppia maggioranza per le revisioni costituzionali (maggioranza degli Stati) e l'iniziativa cantonale. Lo strumento federalistico del referendum dei Cantoni è stato utilizzato con successo una prima volta in occasione del pacchetto fiscale (settembre 2003), mentre a quello della convocazione straordinaria dell'Assemblea federale ad opera di cinque Cantoni, già contemplato nella Costituzione del 1874, non è mai stato fatto ricorso ed esso non è più stato ripreso nella nuova Costituzione federale7. Oltre a ciò i Cantoni hanno un ruolo importante soprattutto per l'attuazione e l'esecuzione del diritto federale (art. 46 Cost.).

Questa partecipazione dei Cantoni alla determinazione della volontà della Confederazione non può prescindere dalla posizione della Svizzera sullo scacchiere internazionale. La politica estera tocca sempre più spesso ambiti della politica interna ed è una funzione trasversale dell'attività dello Stato. Aumenta la necessità d'informazione del Parlamento, dei Cantoni, dei tribunali e dell'opinione pubblica sulle ripercussioni delle posizioni giuridiche della Svizzera determinate da accordi, interventi parlamentari, decisioni o atti normativi svizzeri facenti riferimento al diritto comunitario8. La necessità di una maggiore informazione spesso include anche il desiderio di maggiore partecipazione. La risposta del Consiglio federale e dell'Amministrazione federale al crescente fabbisogno di informazione manifestato dal Parlamento, dai Cantoni, dai Tribunali e dall'opinione pubblica si esprime nella ripartizione delle competenze in materia di politica estera (Costituzione federale) e nella legge sulle pubblicazioni ufficiali, nella legge sulla trasparenza e nella legge sul Parlamento.

Il disciplinamento delle relazioni con l'estero, soprattutto delle competenze e della partecipazione dei diversi soggetti, è sancito sistematicamente negli articoli 54 segg.

Cost., ma viene trattato anche in numerose altre disposizioni della Costituzione. La competenza per il disciplinamento delle relazioni con l'estero è attribuita alla Confederazione, che tiene conto delle
competenze dei Cantoni e ne salvaguarda gli interessi (art. 54 cpv. 3 Cost.). Le stesse prescrizioni valgono anche per la politica europea e per la regolamentazione dei rapporti con l'UE. Insieme alla quotidiana attuazione del dettato costituzionale, esse dimostrano che non si vuole una netta separazione tra competenze federali e cantonali. Primariamente si ricerca invece la collaborazione per ottenere un sostegno interno alla politica estera e condividere con i Cantoni questa responsabilità. In questo senso i Cantoni collaborano alla preparazione delle decisioni di politica estera che toccano le loro competenze o i loro interessi essenziali (art. 55 Cost.) e possiedono una propria limitata competenza per la

5 6

7

8

Un'eccezione è costituita dai sei Semicantoni, che dispongono ciascuno di un voto dimezzato e di un unico rappresentante al Consiglio degli Stati.

I membri del Consiglio degli Stati non rappresentano i Governi o i Parlamenti cantonali («Divieto di ricevere istruzioni», art. 161 Cost.), tuttavia sono definiti «deputati dei Cantoni» secondo l'art. 150 cpv. 1 Cost. (i membri del Consiglio nazionale sono, per contro, «deputati del Popolo», art. 149 cpv. 1 Cost.).

Tuttavia, com'era già contemplato per il Consiglio nazionale, adesso anche nel Consiglio degli Stati un quarto dei deputati può convocare il Parlamento in seduta straordinaria, art. 151 cpv. 2 Cost; art. 2 cpv. 3 LParl.

Un'analisi degli interventi parlamentari (o cantonali) degli ultimi tempi mostra un crescente interesse per i temi della politica europea. . Cfr. al riguardo la banca dati degli interventi parlamentari e dei dossiers sul tema «Politica europea»: http://www.parlament.ch/su-curia-vista.

5427

conclusione di trattati (art. 56 Cost.). Il federalismo cooperativo è quindi diventato un importante pilastro del sistema in cui si svolgono le relazioni con l'UE.

1.4

Le sfide dell'intensificazione della cooperazione e della crescente armonizzazione degli ambiti giuridici

La rete di accordi tra Svizzera e UE si è notevolmente infittita con gli Accordi bilaterali I e II, estendendosi ai campi più svariati. Comprende una ventina di accordi bilaterali principali e un centinaio di accordi secondari.

L'intensificazione della cooperazione bilaterale con l'UE ma anche del dibattito interno all'Unione europea sul suo futuro (cfr. n. 1.6), sviluppatosi in concomitanza con l'allargamento, influiscono sulla determinazione della politica europea e quindi sul rapporto tra Confederazione e Cantoni e tra i Cantoni stessi. Oltre agli accordi veri e propri, sono recepite come parte integrante dell'ordinamento giuridico svizzero anche le decisioni dei comitati misti (cfr. n. 5.3.5­5.3.6), le notificazioni di Schengen e gli atti normativi UE di cosiddetto recepimento autonomo. Con essi il diritto svizzero è sempre più compenetrato dal diritto europeo.

Gli sforzi di armonizzazione delle disposizioni giuridiche svizzere a quelle europee non risalgono soltanto alla conclusione dei Bilaterali I e II. Il 3 febbraio 1988 e il 18 maggio dello stesso anno il Consiglio federale decise che nei messaggi9 diretti alle Camere federali e nelle proposte del Consiglio federale relative a ordinanze fosse sempre incluso un capitolo sull'Europa per illustrare i risultati dell'esame di compatibilità a livello europeo10. La cosiddetta «applicazione automatica» è auspicata nei casi in cui gli interessi economici (competitività) lo richiedano o lo giustifichino11. Oltre al settore tradizionale della circolazione delle merci o al campo d'applicazione della legge federale sugli ostacoli tecnici al commercio (art. 4 cpv. 2 LOTC)12, la compatibilità europea della legislazione acquista sempre più importanza anche in settori «nuovi». In particolare le leggi sugli avvocati, sui prodotti da costru9

10

11

12

Nella Guida per la redazione dei messaggi del CF (http://www.bk.admin.ch/ch/d/bk/sprach/internet/bolf/schema_general.html) è previsto, al n. 1.6, che nei messaggi sia compiuto un confronto giuridico e sia spiegato il rapporto di un progetto al diritto comunitario (in particolare al diritto derivato e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee) e, al n. 5, la compatibilità dell'atto normativo in questione con il diritto internazionale, vale a dire in particolare con gli impegni assunti dalla Svizzera nell'ambito di organizzazioni internazionali mediante accordi internazionali, inclusi gli accordi con la CE e mediante accordi bilaterali e multilaterali con altri Stati.

In proposito cfr. FF 1988 III 335. Vedi anche messaggio del 24 febbraio 1993 sul programma di governo dopo il no allo SEE, FF 1993 I 609 624 seg. V. anche la Guida legislativa dell'UFG (http://www.ofj.admin.ch/themen/gesmeth/gleitf-d.pdf), n. 337 del testo tedesco.

Lo scopo è l'eliminazione degli ostacoli d'accesso al mercato e una maggiore competitività dell'economia svizzera. Si veda, per esempio, Cottier Thomas/Dzamko Daniel/Evtimov Erik, Die europakompatible Auslegung des schweizerischen Rechts, Schweizerisches Jahrbuch für Europarecht, Zürich/Basel/Genf 2004, 357 segg.

RS 946.51. Un elemento che emerge sempre più negli ultimi tempi è la scarsa concorrenza sul mercato svizzero, in parte risultante da una regolamentazione del mercato diversa da quella del mercato interno dell'UE e che favorisce la formazione di cosiddette «isole di prezzi». Diversi interventi parlamentari (mozione 04.3473 Hess, postulato 04.3390 Leuthard) chiedono pertanto la verifica dell'immediata applicabilità del diritto comunitario (principio «Cassis de Dijon») nel campo d'applicazione della LOTC. Il Consiglio federale ha preparato un progetto, attualmente in consultazione.

5428

zione, sugli agenti terapeutici, sulla parità dei sessi, sul mercato interno e sui fondi d'investimento hanno subito (e subiscono ancora periodicamente) un'armonizzazione alle norme europee. Anche l'adozione dell'imposta sul valore aggiunto, le disposizioni sulle immissioni sperimentali e sulla messa in circolazione di organismi geneticamente modificati, le revisioni del diritto in materia di brevetti e di diritti d'autore e le disposizioni sulla sicurezza dei prodotti si sono ispirate a normative in vigore nell'UE. Non esiste un elenco13 di tutti gli atti normativi che rinviano o si sono ispirati in qualche forma al diritto comunitario.

In settori che hanno una rilevanza a livello internazionale il Consiglio federale cerca pertanto di assicurare che non si creino divergenze impreviste e ingiustificate tra l'ordinamento giuridico svizzero e il diritto comunitario. La conclusione di un accordo garantisce invece che le agevolazioni nello scambio di merci e servizi e nella circolazione delle persone siano accordate reciprocamente. Nella pratica questo significa che, nella misura del possibile, gli adeguamenti al diritto comunitario dovrebbero essere effettuati non autonomamente ma tramite accordi specifici14.

1.5

La politica europea della Svizzera

Gli strumenti della politica europea della Svizzera sono stati ampiamente descritti nel Rapporto Europa15. In questa sede si intende approfondire l'esame delle ripercussioni che i due strumenti principali, vale a dire la collaborazione bilaterale o multilaterale e l'adesione differenziata o a pieno titolo all'UE, avrebbero sul federalismo. Questi due strumenti non possono essere esaminati prescindendo dagli effetti generali dell'adeguamento del diritto svizzero a quello comunitario.

Cooperazione bilaterale o multilaterale Lo strumento della cooperazione bilaterale o multilaterale include l'attuazione e lo sviluppo degli accordi settoriali Svizzera-CE e la negoziazione e la stipula di altri accordi bilaterali settoriali, anche con altri partner. Lo sviluppo di un accordo vigente può consistere nella sua modifica o nella modifica degli allegati. Per sviluppo si può intendere anche l'estensione del campo d'applicazione di un accordo. Per la negoziazione di nuovi accordi è indispensabile che vi sia un interesse di entrambe le parti. A questo strumento si accompagna l'evoluzione del diritto svizzero verso l'eurocompatibilità. Molti aspetti di questo dossier riguardano competenze dei Cantoni e richiedono quindi la loro partecipazione, assicurata dalla presenza di rappresentanti dei Cantoni nelle delegazioni incaricate dei negoziati per i comitati misti e nella cosiddetta procedura di «comitologia» o nelle riunioni di esperti (e conseguentemente anche nelle varie riunioni di preparazione e rielaborazione in seno all'Amministrazione federale) (n. 5.3). Lo scambio d'informazioni è garantito anche dai vari incaricati dell'informazione dei Cantoni presso il DFGP, l'Ufficio 13

14 15

Cfr. la risposta del Consiglio federale del 14 febbraio 2007 al postulato Nordmann, «Attuazione autonoma e indicazione delle norme svizzere fondate sul diritto dell'UE» (06.3839).

Così si esprime il Consiglio federale nel Rapporto Europa 2006, FF 2006 6240.

Esempi: adattamento autonomo o mediante accordi del diritto svizzero a quello comunitario, applicazione e adeguamento degli accordi vigenti, negoziati per nuovi accordi bilaterali, unione doganale, miglioramento del quadro istituzionale, associazione bilaterale, adesione allo Spazio economico europeo, altra forma di cooperazione multilaterale, adesione differenziata, adesione. Cfr. Rapporto Europa 2006, FF 2006 6237.

5429

dell'integrazione DFAE/DFE e nella missione svizzera presso l'UE. Infine, i Cantoni sono anche chiamati a partecipare alle trattative per la modifica o la stipula di nuovi accordi.

Con l'approfondimento della cooperazione tra la Svizzera e l'UE e nel caso di un recepimento dinamico del diritto si presume che siano necessarie decisioni rapide per mantenere il potere negoziale della Svizzera a livello internazionale. Per questo possono essere considerati solo i pareri dei Cantoni che pervengono tempestivamente. Anche la Confederazione deve dare il suo contributo per rendere più facile ai Cantoni la preparazione dei pareri, soprattutto fornendo loro per tempo tutta la documentazione necessaria a una decisione e fissando scadenze adeguate. Tale processo dovrebbe seguire la traccia dell'esperienza di cooperazione degli ultimi anni per l'attuazione e l'ulteriore sviluppo degli accordi bilaterali.

Le stesse considerazioni valgono in generale anche per un'eventuale partecipazione della Svizzera allo Spazio economico europeo (SEE) o per un avvicinamento in altra forma. In uno sviluppo in questi termini della cooperazione bilaterale è determinante che i Cantoni siano coinvolti quanto prima nel processo di formazione delle opinioni e delle decisioni laddove sono toccati le loro competenze e i loro interessi.

Adesione differenziata e adesione a pieno titolo all'UE Lo strumento dell'adesione, differenziata o completa, comprende innanzitutto negoziati (di adesione) sulla base di specifici mandati negoziali. L'oggetto principale di negoziato è il recepimento dell'acquis communautaire. Dal punto di vista della salvaguardia degli interessi svizzeri sarebbe da verificare la possibilità e l'opportunità di negoziare soluzioni differenziate per determinati settori politici16.

A seguito dell'adesione le autorità svizzere federali e cantonali (e comunali) dovrebbero assicurare l'attuazione e l'applicazione del diritto comunitario ­ alla cui definizione contribuirebbe anche la Svizzera. L'adesione influirebbe sulle competenze decisionali dell'Assemblea federale, sui diritti popolari e sulle competenze dei Cantoni, che sarebbero responsabili dell'attuazione e dell'esecuzione del diritto comunitario nei settori di loro spettanza. Per esempio, mentre il Parlamento e il popolo potrebbero determinare l'attuazione a livello
nazionale degli obiettivi prescritti in una direttiva CE, i regolamenti CE devono essere applicati direttamente dal legislatore svizzero, senza ulteriore approvazione. Ciò influirebbe anche sui diritti popolari, che sarebbero preservati in linea di massima, ma la cui portata verrebbe limitata dal diritto comunitario17. Sarebbe quindi importante la collaborazione di Cantoni, Parlamento e Consiglio federale nella fase precedente alla decisione a livello UE. Tutti gli Stati membri hanno aggiunto o rafforzato certi diritti di consultazione e di partecipazione nelle procedure dei loro parlamenti nazionali. Nel caso di un'adesione all'UE la Svizzera dovrebbe quindi ampliare o trasformare di conseguenza le proprie procedure, ma non dovrebbe abolirle tout court18. Nei settori in cui l'UE non ha alcuna competenza legislativa non sarebbe intaccata la competenza materiale e decisionale svizzera attuale.

16 17 18

V. considerazioni del Rapporto Europa 2006, FF 2006 6247.

Per maggiori dettagli: Rapporto Europa 2006, FF 2006 6345­6347 Cfr. Rapporto Europa 2006, FF 2006 6344 segg.

5430

1.6

Il cambiamento nell'UE

L'ampliamento da 15 a 25 e poi, dal gennaio 2007, a 27 Stati membri è stato ed è per l'UE una grande sfida istituzionale ed economica. Bisogna ora vedere come l'UE riuscirà a mantenere la propria capacità d'azione con un gruppo di membri allargato e a meglio soddisfare le esigenze dei propri cittadini. Un primo passo è stato compiuto con il trattato di Nizza, in vigore dal 1° febbraio 2003. Con il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, approvato dai capi di stato e di governo durante il Consiglio europeo del 17/18 giugno 2004 e successivamente firmato a Roma il 29 ottobre 200419, si intendeva creare una cornice e le strutture per fare fronte alle nuove sfide (prossimità ai cittadini e capacità d'azione e di ampliamento).

Finora il Trattato costituzionale è stato ratificato da 18 Stati membri. La bocciatura della ratifica in Francia e nei Paesi Bassi (2005) ha arrestato il processo di ratificazione. Come già diverse volte nella sua storia, l'UE è arrivata a un punto di svolta.

Ci vorrà tempo per collaudare e applicare regole adeguate di cooperazione politica (soprattutto per la composizione e per il funzionamento degli organi istituzionali). In linea di massima una Costituzione per l'Europa continua ad essere oggetto di discussione come possibilità per definire regole adeguate in questo campo. Nella prospettiva federalistica è interessante che nel progetto del trattato costituzionale europeo siano esplicitamente considerati la salvaguardia del principio di sussidiarietà e del principio di proporzionalità e il loro effettivo controllo da parte dei Parlamenti nazionali e che sia attribuita maggiore importanza al cosiddetto principio della democrazia partecipativa (un limitato diritto di iniziativa, consultazioni). Gli effetti degli strumenti della politica europea sul federalismo non possono essere esaminati isolandoli da questi sviluppi in ambito europeo ed è per questo che si inseriscono nella trattazione del presente rapporto.

2

Le esperienze di altre federazioni europee

2.1

Panoramica

L'appartenenza all'UE influisce sulla determinazione della politica degli Stati nazionali. Le esperienze giuridiche e pratiche fatte dagli Stati membri dell'UE dotati di un'organizzazione federalistica o regionale possono quindi fornire importanti spunti sulle possibilità di partecipazione a disposizione dei Cantoni in materia di politica europea. Per la Svizzera sono interessanti in particolare le esperienze dei tre Stati dotati di strutture tipiche del federalismo classico (o federalistiche, regionalistiche) e cioè della Germania, dell'Austria e del Belgio.

Per tutti il criterio è lo stesso: mediante i trattati europei vengono «trasferiti» all'UE non solo determinati diritti di sovranità degli Stati membri ma anche degli stati federati (o regioni) che li compongono. Questi trasferimenti di sovranità hanno avuto e continuano ad avere conseguenze sulle competenze materiali delle regioni e sui loro diritti generali di partecipazione a livello di Stato membro. Per questo i vari Stati membri dell'UE hanno sviluppato procedure e istituzioni per garantire la partecipazione del livello regionale a questioni inerenti all'UE.

19

GU CE n. C 310 del 16 dicembre 2004, pag. 1.

5431

La Germania, che fino al 1993 era l'unico stato federale classico tra gli Stati membri dell'UE, svolse un ruolo pionieristico al riguardo: stabilendo il dovere d'informazione dello Stato federale, istituendo la funzione di osservatore dei Länder presso la Comunità europea e sviluppando gradualmente gli strumenti di partecipazione dei Länder tedeschi. Nel processo di ratificazione dell'Atto unico europeo (AUE) fu adottato il Bundesratsverfahren, ovvero la procedura per un'ampia partecipazione dei Länder alle questioni relative all'UE attraverso il Bundesrat (Camera dei Länder). Parallelamente, dalla fine degli anni '80, furono istituiti uffici dei Länder tedeschi a Bruxelles. Con la ratifica del Trattato di Maastricht, la partecipazione dei Länder attraverso il Bundesrat è diventata dettato costituzionale ed è stata ulteriormente sviluppata nell'articolo 23 capoverso 2 e capoversi 4­7 della Costituzione tedesca.

Le norme disciplinanti la partecipazione in Austria e Belgio hanno tratto ispirazione dal modello tedesco (v. in particolare l'art. 23d della Costituzione federale austriaca), pur con significanti differenze su certi aspetti, da ricollegare soprattutto alla diversa composizione della seconda Camera del Parlamento in questi due Paesi rispetto al Bundesrat tedesco. Diversa è anche la partecipazione delle regioni in seno al Comitato dei Rappresentanti Permanenti (COREPER) e la consultazione dei parlamenti regionali sulle questioni di politica europea.

Nel processo decisionale dell'UE le regioni hanno una posizione piuttosto debole e non vi sono stati mutamenti al riguardo né dopo che l'istituzione del Comitato delle regioni è stata sancita dal Trattato di Maastricht né con il miglioramento della sua posizione nel Trattato di Amsterdam, anche se nelle dichiarazioni dell'UE le regioni acquisiscono un'importanza crescente20. L'influsso che le regioni esercitano sul processo decisionale europeo si svolge, piuttosto, internamente a ciascuno Stato e dipende quindi dalle strutture interne di ripartizione delle competenze e di partecipazione delle regioni.

2.2

Ripercussioni dell'intensificazione della cooperazione europea sulla ripartizione interna delle competenze e sulle procedure di partecipazione

L'evoluzione del diritto europeo e la globalizzazione delle relazioni ha provocato e provoca tuttora dibattiti sulla ripartizione di competenze interna agli Stati membri e sulla struttura organizzativa. Le esperienze fatte negli Stati membri dell'UE d'ordinamento federalistico dimostrano che l'intensificazione della cooperazione europea non ha comportato un'ampia centralizzazione, cioè un trasferimento unilaterale di competenze dalle regioni federate verso il livello nazionale. I modelli di federalismo e di regionalismo dei singoli Stati membri continuano a essere molto diversi. Non è ancora emerso un sistema a tre livelli con una ripartizione equilibrata tra regioni federate, Stato federale e UE.

20

Si veda per es. il Libro Bianco della Commissione sulla Governance europea del 25 luglio 2001, COM(2001) 428 def./2: in esso si sostiene che il processo decisionale degli organi dell'UE deve essere aperto anche alle regioni, le quali devono essere più coinvolte nella definizione e nella realizzazione della politica europea.

5432

In autunno 2003 in Germania fu avviata una riforma del federalismo, conclusasi in maniera soddisfacente nell'autunno 2006 dopo un'interruzione di un po' più di un anno. Il coinvolgimento dei Länder nelle questioni concernenti l'UE fu proposto al dibattito ma non costituì lo scopo centrale della riforma. La ridefinizione, temporaneamente accantonata, dei rapporti finanziari tra Stato federale e Ländern è stata affrontata nella primavera 2007.

Anche l'Austria inaugurò nel 2003 una convenzione costituzionale allo scopo di elaborare una nuova costituzione. Una delle questioni oggetto di discussione fu la riforma del federalismo21. Poiché il rapporto finale della convenzione, del gennaio 2005, era permeato dal dissenso, il dibattito prosegue ora in seno a un comitato istituito dal Nationalrat (Camera bassa del Parlamento austriaco). Oltre che l'uniformazione del diritto costituzionale, obiettivi primari sono la ridefinizione della ripartizione dei compiti e delle competenze e la considerazione del reale influsso reciproco tra diritto costituzionale europeo e austriaco. Occasione e stimolo all'attuale discussione sono stati e sono tuttora i riscontri a livello europeo sul Trattato costituzionale. Per la riforma, tuttavia, si prevedono scarse possibilità di successo.

Se, infatti, nessuno mette in dubbio che l'effettiva partecipazione dei Länder federali di Germania e Austria e delle comunità e regioni del Belgio nelle questioni concernenti l'UE sia auspicabile sul piano politico e debba essere sancita in maniera vincolante dal diritto costituzionale, i tempi spesso serrati richiedono strutture decisionali coordinate e rapide: è questo dunque il nodo centrale da sciogliere per il futuro.

3

Ripartizione delle competenze tra Confederazione e Cantoni

3.1

Il principio di sussidiarietà

Tanto in Svizzera quanto a livello europeo il principio di sussidiarietà è un importante criterio per la ripartizione e l'esercizio delle competenze: il livello d'autorità superiore non deve arrogare a sé ciò che può essere assolto a un livello inferiore. Il principio di sussidiarietà esprime l'idea che l'adempimento dei compiti debba avvenire con la massima prossimità possibile ai cittadini.

Esso non è enunciato esplicitamente dalla Costituzione federale vigente. È però contenuto implicitamente in diverse disposizioni. Secondo l'articolo 42 capoverso 2 Cost. la Confederazione assume i compiti «che esigono un disciplinamento unitario». Tale principio è il filo conduttore per l'assegnazione di nuovi compiti all'interno dello Stato federale, ma non legittima di per sé una competenza assoluta del livello federale. Secondo l'articolo 46 capoverso 2 Cost. la Confederazione deve lasciare ai Cantoni la massima libertà possibile nella definizione delle modalità di attuazione del diritto federale. Questa è una regola per l'esercizio delle competenze.

Secondo l'articolo 47 Cost., la Confederazione deve inoltre assicurare l'autonomia dei Cantoni. Ciò significa in particolare che deve lasciare loro dei compiti propri e deve rispettare la loro autonomia organizzativa e finanziaria. La crescente internazionalizzazione della Svizzera e l'intreccio delle competenze sollecitate (n. 3.3) 21

Si veda Bussjäger Peter, Der Österreich-Konvent und die Reformoptionen für den Föderalismus in Österreich, in: 1. Nationale Föderalismuskonferenz: Der kooperative Föderalismus vor neuen Herausforderungen, Freiburg/Basel 2005, 245 segg.

5433

accrescono l'importanza del principio di sussidiarietà. Questo sviluppo è favorito dal fatto che la nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC) 22 sancisce in maniera esplicita il principio di sussidiarietà e contempla linee guida con la definizione dei criteri che permettono di stabilire quando un compito è attribuibile alla Confederazione23.

Tuttavia, né il principio di sussidiarietà né le relative linee guida sono principi invocabili in sede giudiziale.

Nel diritto comunitario il principio della sussidiarietà, che è contemporaneamente una linea guida per una migliore attività normativa, è sancito dall'articolo 5 capoverso 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) e nel Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità del 1997. Il legislatore comunitario (Consiglio dei ministri e Parlamento) decide se la Comunità debba intervenire nei settori non di sua esclusiva competenza o se gli obiettivi dell'azione prevista possano essere sufficientemente realizzati anche dagli Stati membri. Differentemente dalle disposizioni corrispondenti della Costituzione federale, le prescrizioni sul principio di sussidiarietà a livello comunitario sono di natura giuridica e sono soggette al controllo giudiziale24.

Il principio della sussidiarietà nell'UE è una risposta alle tensioni tra unità e molteplicità insite in un ordinamento federale. Esso agisce da freno contro la tendenza alla centralizzazione ed è un marchio della struttura federale a sovranità condivisa.

22

23

24

Decreto federale del 3 ottobre 2003 concernente la nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC), FF 2003 5745.

Il principio di sussidiarietà è sancito dall'art. 5a Cost. ed è concretizzato dall'art. 43a Cost. I nuovi art. 5a e 43a Cost., non ancora entrati in vigore, recitano: Art. 5a Sussidiarietà Nell'assegnazione e nell'adempimento dei compiti statali va osservato il principio della sussidiarietà.

Art. 43a Principi per l'assegnazione e l'esecuzione dei compiti statali 1 La Confederazione assume unicamente i compiti che superano la capacità dei Cantoni o che esigono un disciplinamento uniforme da parte sua.

2 La collettività che fruisce di una prestazione statale ne assume i costi.

3 La collettività che assume i costi di una prestazione statale può decidere in merito a questa prestazione.

4 Le prestazioni di base devono essere accessibili a ognuno in misura comparabile.

5 I compiti statali devono essere eseguiti in modo economicamente razionale e adeguato ai bisogni.

Ad oggi la CdGCE non si è dovuta pronunciare spesso sul principio di sussidiarietà; v. in particolare CdGCE, causa C-491-01, British American Tobacco, Racc. 2002, pag. I-11453; CdGCE, causa C-376/98, Pubblicità in favore del tabacco, Racc. 2000, pag. I-8419; CdGCE, causa C-377/98, Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, Racc. 2001, pag. I-7079.

5434

3.2

Esercizio delle competenze normative di Confederazione e Cantoni

3.2.1

Premessa

Per poter studiare le conseguenze delle diverse forme di cooperazione con l'UE sull'esercizio delle competenze normative di Confederazione e Cantoni, è indispensabile avere un chiaro quadro degli strumenti normativi della CE. Per tale motivo la sezione seguente è dedicata alle direttive e ai regolamenti comunitari.

3.2.2

Direttive e regolamenti: i principali strumenti legislativi della CE

L'attività legislativa all'interno dell'Unione europea si svolge principalmente nel primo pilastro (cioè soprattutto nella CE). I suoi organi possono emanare atti giuridici vincolanti (cfr. art. 249 TCE): fondamentalmente, si tratta di regolamenti e direttive. Sempre di più si osserva un'attività legislativa anche nel terzo pilastro (per es. mediante decisioni quadro). Scegliendo la direttiva25 come forma normativa, la Comunità lascia deliberatamente agli Stati membri o, a seconda della struttura interna degli Stati, alle regioni federate il corrispondente spazio d'azione per determinare modi e forma per il raggiungimento dell'obiettivo prefissato nella direttiva (art. 249 cpv. 3 TCE). Gli organi (eventualmente anche cantonali) chiamati ad attuare la direttiva non hanno tuttavia libertà di scelta. In particolare, la direttiva deve essere trasposta in prescrizioni nazionali vincolanti che soddisfino i requisiti di certezza e chiarezza del diritto. Per l'attuazione devono inoltre essere rispettati i termini stabiliti. In determinate circostanze una direttiva ha applicazione immediata.

Se nell'applicazione delle direttive i legislatori nazionali hanno di norma certi margini di manovra, nell'esecuzione del diritto comunitario di applicazione immediata come i regolamenti26 spesso non è così. L'obbligo dell'applicazione immediata ha lo scopo di garantire l'effettiva applicazione del diritto comunitario. Nella maggioranza dei casi sono le autorità esecutive nazionali ad occuparsene, mancando alla Comunità il necessario apparato amministrativo.

In quali casi si debba ricorrere a quale dei due tipi di atto legislativo (direttiva o regolamento) emerge innanzi tutto dalle rispettive disposizioni del Trattato CE (cfr.

art. 249 TCE). Spesso, però, vengono menzionate entrambe le forme, per cui il legislatore comunitario ha una certa libertà di scelta al riguardo. Deve comunque rispettare il principio della sussidiarietà e quello della proporzionalità che hanno in comune la finalità della «legislazione migliore»27.

25 26 27

Leggi quadro secondo il progetto di Cost-UE.

Leggi europee secondo il progetto di Cost-UE.

Cfr. per es. la relazione della Commissione del 21 marzo 2005, «Legiferare meglio 2004» ai sensi dell'articolo 9 del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (12° relazione), COM(2005) 98 def.

5435

3.2.3

Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale

Gli Accordi bilaterali I e II sono trattati classici di diritto internazionale. In ognuno di essi sono disciplinate solo le materie specificamente menzionate, non è previsto l'adeguamento automatico ai nuovi sviluppi del diritto comunitario né il recepimento automatico del diritto dell'UE. Per assicurare il buon funzionamento degli Accordi, la certezza del diritto e la competitività, gli adeguamenti avvengono regolarmente nel quadro degli accordi stessi (cfr. n. 1.4)28.

L'Accordo di libero scambio del 1972, l'Accordo sulle assicurazioni del 1989 e i Bilaterali I e II riguardano soprattutto settori rientranti nell'ambito di competenza legislativa della Confederazione. Nel campo di competenza dei Cantoni rientra in particolare il disciplinamento delle seguenti materie: ­

assegni familiari, assistenza sociale (nel quadro dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone, ALC),

­

manutenzione delle strade, pianificazione del territorio, controllo del traffico (nel quadro degli accordi sui trasporti terrestri e sul trasporto aereo),

­

appalti pubblici,

­

riconoscimento dei diplomi (nel quadro dell'ALC) e

­

attività di polizia (nel quadro del sistema di Schengen).

Per tutti gli Accordi ogni modifica deve essere rinegoziata e approvata da entrambe le Parti. Per le modifiche degli allegati che disciplinano il recepimento di atti legislativi dell'UE nuovi o modificati si applica la procedura decisionale dei comitati misti (fondamentalmente, la competenza al riguardo è stata delegata al Consiglio federale) e quella nazionale prevista per la conclusione e l'approvazione di accordi internazionali (n. 5.3.6). Per Schengen vale una procedura speciale (n. 5.4.4).

L'adeguamento agli sviluppi a livello comunitario nel quadro degli Accordi bilaterali ma anche nell'ambito dell'applicazione automatica (n. 1.4) spesso richiede una modifica o un adeguamento a livello di legge. I vari legislatori devono provvedere a questa «applicazione» in tempo utile, garantendo così la certezza del diritto.

Nel regime della cooperazione bilaterale ai Cantoni restano ancora sostanziali margini di manovra. L'estensione del campo d'applicazione della cooperazione bilaterale limita però in misura crescente le competenze legislative di Confederazione e Cantoni. Affinché i Parlamenti (ed eventualmente il popolo) possano esercitare i loro diritti e ottemperare ai propri doveri è quindi decisivo che i diritti d'informazione e di partecipazione dei Cantoni (e dei Parlamenti) siano assicurati prima della fase decisionale, preservando nel contempo una posizione unitaria della Svizzera.

Alla luce di ciò è anche importante assicurare il debito coinvolgimento dei parlamenti cantonali.

28

Per un riepilogo degli adeguamenti finora compiuti mediante decisioni dei comitati misti si consulti il registro elettronico della Cancelleria federale: http://www.admin.ch/ch/d/eur/index.html.

5436

3.2.4

Strumenti inerenti all'adesione all'UE

Con l'adesione all'UE verrebbe recepito tutto il patrimonio di norme giuridiche europee, il cosiddetto acquis communautaire, fatte salve eventuali soluzioni particolari convenute in sede negoziale.

I Cantoni sarebbero toccati soprattutto nei settori di loro competenza: istruzione e cultura, sanità, infrastrutture, giustizia, appalti pubblici e diritto edilizio, cooperazione tra forze di polizia e diplomi professionali. La Svizzera sarebbe tenuta ad attuare correttamente ed entro i termini stabiliti le modifiche e gli ulteriori sviluppi del diritto europeo in questi settori. In cambio otterrebbe pieni diritti di codecisione negli organismi dell'UE e potrebbe contribuire attivamente allo sviluppo del diritto dell'UE facendo valere anche propri interessi nazionali.

Le competenze legislative di Confederazione e Cantoni verrebbero ulteriormente limitate. Pertanto, come anche nel caso del proseguimento della cooperazione bilaterale, per preservare le competenze legislative cantonali è determinante che siano assicurati i diritti di partecipazione dei Cantoni al livello europeo, con il contemporaneo mantenimento di una posizione unitaria svizzera. Il modello tedesco, quello austriaco e quello belga di partecipazione delle regioni federate potrebbe essere d'ispirazione, pur dovendo tenere conto delle particolarità svizzere (cfr. n. 2 e 5).

3.3

In sintesi

In ragione delle strette relazioni politiche, economiche e, mediante gli Accordi, giuridiche tra la Svizzera e l'UE e della posizione geografica della Svizzera, l'UE e il suo patrimonio normativo diventano sempre più importanti per il nostro Paese. Si registra una tendenza ad adeguare la legislazione nazionale alle norme europee. Il diritto svizzero viene «europeizzato» allo scopo di raggiungere un'equivalenza dei sistemi e di mantenere la competitività attraverso il ravvicinamento degli ordinamenti giuridici. Finora sono toccate per lo più competenze legislative spettanti alla Confederazione29.

Lo sviluppo degli Accordi già esistenti e la negoziazione di altri implica di fatto una limitazione delle competenze legislative, dal momento che il diritto comunitario viene recepito regolarmente per assicurare la competitività e la certezza del diritto. Il recepimento avviene autonomamente, cioè la Svizzera ne verifica l'opportunità e le modalità. Essa dispone quindi di un certo margine di manovra, benché tendenzialmente prevalgano sempre più gli interessi favorevoli al recepimento. La considerazione e l'applicazione degli obblighi assunti mediante gli Accordi favorisce un costante adeguamento delle norme giuridiche svizzere a quelle comunitarie.

Se la Svizzera entrasse nell'Unione europea, le competenze legislative della Confederazione e dei Cantoni sarebbero ulteriormente e più palesemente limitate dall'obbligo del recepimento dell'acquis comunitario. La Svizzera non avrebbe più lo stesso margine di manovra per verificare l'opportunità del recepimento. A questa riduzione di libertà d'azione si contrapporrebbero diritti di co-decisione nell'attività normativa europea.

29

Gli effetti sui settori di competenza cantonale provengono soprattutto dall'ALC, dall'Accordo sui trasporti terrestri e dall'AAS.

5437

Con qualsiasi strumento di politica europea si verifica un trasferimento di competenze e si manifesta la tendenza a una centralizzazione o a un trasferimento del potere in due direzioni: dal livello comunale e cantonale a quello federale e sopranazionale e dal livello parlamentare a quello esecutivo. A prescindere dallo strumento prescelto, sono comunque interessati diversi ambiti di competenza dei Cantoni. In questo senso diventerà sempre più importante il principio di sussidiarietà: soprattutto in caso di adesione della Svizzera all'UE, ai Cantoni potrebbero essere conferiti, eventualmente passando per il Parlamento, diritti particolari per la verifica del principio di sussidiarietà nella procedura decisionale dell'UE30. Per assicurare il rispetto dei diritti d'informazione e di esprimere pareri si dovrebbe verificare l'opportunità di istituire apposite strutture all'interno degli Stati.

A prescindere dalla questione dell'adesione all'UE, diventa sempre più importante la verifica e il rafforzamento della capacità d'intervento e delle possibilità d'influsso dei parlamenti cantonali nelle questioni di politica europea.

4

Attuazione del diritto internazionale da parte dei Cantoni

4.1

Competenza dei Cantoni per l'attuazione del diritto internazionale

Con il titolo «Stato di diritto», l'articolo 5 capoverso 4 Cost. sancisce il rispetto del diritto internazionale da parte della Confederazione e dei Cantoni. Tutti gli organi statali condividono una comune responsabilità per l'adempimento di obblighi internazionali31.

Il diritto internazionale lascia che siano le Parti contraenti a decidere le modalità di attuazione ed esecuzione delle disposizioni non direttamente applicabili di un accordo sul proprio territorio nazionale. Per questo in Svizzera si deve stabilire, in generale, se siano i Cantoni o la Confederazione a dover attuare gli Accordi settoriali Svizzera-UE e il diritto comunitario al quale essi rimandano. In linea di massima i Cantoni sono responsabili dell'adozione delle disposizioni d'esecuzione nel loro ambito di competenza. In base all'articolo 46 capoverso 1 Cost. i Cantoni attuano il diritto federale secondo quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge. Poiché in Svizzera gli accordi internazionali valgono come il diritto nazionale federale, l'articolo 46 capoverso 1 Cost. implica fondamentalmente anche l'obbligo per i Cantoni di attuare il diritto internazionale. Tutti gli organi statali, perciò anche quelli dei Cantoni e dei Comuni, nei limiti delle loro competenze, devono quindi far sì che le disposizioni giuridiche convenute mediante trattati internazionali siano rispettate nell'attività legislativa e nell'applicazione del diritto32.

30

31 32

Secondo l'art. 6 del Protocollo n. 2 (applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità) allegato al Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa i parlamenti nazionali possono consultare i parlamenti regionali entro un termine di sei settimane.

Secondo l'art. 8 del Protocollo uno Stato membro o il Comitato delle regioni può ricorrere dinanzi alla CdGCE per violazione del principio di sussidiarietà.

Si veda il Messaggio concernente la revisione della Costituzione federale del 20 novembre 1996, FF 1997 I 1 125.

La questione dell'eventuale applicabilità immediata dell'accordo o di singole disposizioni non viene affrontata in questa sede.

5438

4.2

Responsabilità di politica estera per l'attuazione del diritto internazionale

4.2.1

Principio: responsabilità della Confederazione

Dalla responsabilità dei Cantoni per l'applicazione del diritto internazionale non discende anche una responsabilità in materia di politica estera. Dell'ottemperanza agli obblighi derivanti da trattati internazionali è responsabile la Confederazione in quanto Parte contraente33. Essa è pertanto chiamata a rispondere, sul piano del diritto internazionale, se uno o più Cantoni non attuano correttamente o in tempo utile gli obblighi derivanti da un accordo. La Confederazione non può richiamarsi al diritto nazionale per giustificare il mancato adempimento di un accordo.

Per assicurare l'ottemperanza agli obblighi (anche) da parte dei Cantoni sono importanti i seguenti strumenti o procedure: ­

sostegno dei Cantoni da parte della Confederazione nell'attuazione del diritto internazionale ai sensi degli articoli 44 e 46 capoverso 3 Cost.;

­

ricorso ai mezzi di vigilanza (art. 49 cpv. 2 Cost.); intervento sostitutivo in caso di attuazione insufficiente o non entro i termini;

­

maggiore coinvolgimento nel processo decisionale, negoziazione di scadenze per l'attuazione (partecipazione e consultazione in vista dell'attuazione);

­

obbligo per i Cantoni di effettuare tempestivamente eventuali adeguamenti, qualora essi siano incaricati della trasposizione del diritto internazionale (art. 7 LFPC34).

4.2.2

Sostegno della Confederazione ai Cantoni

La Confederazione non ha solo la facoltà bensì il dovere di sostenere i Cantoni nell'attuazione del diritto federale. Tale dovere, che deriva dall'obbligo generico di aiuto sancito dall'articolo 44 Cost., vale per l'attuazione tanto del diritto federale quanto di quello internazionale.

Hanno un ruolo rilevante i diversi meccanismi di collaborazione, in particolare la cooperazione tra la Confederazione e la Conferenza dei governi cantonali, la commissione Europa della CdC, che funge da interlocutrice anche per il capo del DFAE, o le conferenze dei direttori cantonali. A fronte dell'inevitabile incremento delle norme internazionali da applicare, la cooperazione con i Cantoni deve intensificarsi, il che non significa che la Confederazione offre ai Cantoni consulenza e aiuto concreto strettamente per l'attuazione, bensì già al momento della conclusione di convenzioni e di decisioni a livello internazionale. Una cooperazione basata sul dialogo presuppone interlocutori affidabili da entrambe le parti e consiste in uno scambio di informazioni. È quindi indispensabile il coordinamento tra le autorità federali e anche tra i Cantoni. I processi necessari a questo scopo potrebbero essere definiti in una convenzione.

33 34

Cfr. art. 26 e 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (RS 0.111); FF 1997 I 125 nonché il diritto internazionale consuetudinario.

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1).

5439

4.2.3

Mezzi di vigilanza ed esecuzione sostitutiva della Confederazione

Se il dialogo con i Cantoni non fosse sufficiente, la Confederazione e soprattutto il Consiglio federale hanno a propria disposizione diversi mezzi di vigilanza, come il reclamo concreto, l'istruzione generale, la presentazione di rapporto, l'ispezione, l'obbligo d'autorizzazione, la revoca di atti applicativi cantonali, l'azione di diritto pubblico35 e infine l'esecuzione sostitutiva. I Cantoni non dispongono invece di strumenti giustiziabili nell'eventualità che la Confederazione non ottemperi ai propri obblighi nei loro confronti (per es. dovere d'informazione). È chiaro che questi strumenti sono però di scarsa importanza rispetto alla succitata cooperazione.

Se i Cantoni non applicano il diritto internazionale in maniera conforme o entro i termini bisogna stabilire se la Confederazione debba provvedere all'attuazione o all'esecuzione di un atto al posto e a spese dei Cantoni. Non è tuttavia opportuno un ampliamento affrettato degli strumenti di vigilanza federale, data l'esperienza positiva fatta con l'attuazione del diritto federale ad opera dei Cantoni (art. 46 Cost.).

4.3

Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale

L'attuale rete di accordi con la CE riguarda principalmente ambiti di competenza federale. In particolare nei settori dei trasporti terrestri (per es. pianificazione e gestione dei trasporti), della circolazione delle persone (per es. assegni familiari), di Schengen/Dublino (polizia) e degli appalti sono interessate anche importanti competenze dei Cantoni. I Cantoni devono assicurare l'attuazione degli Accordi bilaterali in tali ambiti. Anche qui si pone la questione dell'adeguamento alle modifiche del diritto comunitario. Gli Accordi bilaterali sono concepiti come accordi statici. Per questioni di praticità (soprattutto difficoltà di informazione e attuazione all'interno del territorio UE), tuttavia, si cerca di fatto per quanto possibile di evitare un distacco tra il diritto bilaterale e il diritto comunitario in evoluzione (nel quadro dell'attività dei comitati misti). Poiché anche i Cantoni sono toccati da queste modifiche, è necessario che essi si tengano al corrente sugli sviluppi del diritto comunitario. A questo fine sono inclusi sia in gruppi di lavoro della Confederazione sia nei lavori della maggior parte dei comitati misti. Per le autorità di attuazione e d'esecuzione ciò porta senza alcun dubbio a un aumento dei compiti, poiché devono approfondire la conoscenza del diritto comunitario. Nonostante o proprio in ragione della crescente importanza dell'attuazione del diritto comunitario deve essere mantenuta l'attuale ripartizione delle competenza di attuazione e di esecuzione. Ciò vale ancor di più in virtù del principio di sussidiarietà della NPC (n. 3.1). Non è opportuno affidare l'attuazione principalmente alla Confederazione, né sarebbe possibile dal lato pratico, dal momento che mancano le risorse finanziarie e di personale a livello federale.

35

Art. 120 della legge sul Tribunale federale (LTF, RS 173.110).

5440

4.4

Strumenti inerenti all'adesione all'UE: particolarità

4.4.1

Principio dell'attuazione del diritto comunitario

È nell'interesse dell'UE che il diritto derivato emanato dai suoi organi abbia un'esecuzione rapida e corretta. Il Trattato CE statuisce in questo senso il principio della cooperazione leale, noto anche come principio dell'obbligo di solidarietà comunitaria o anche semplicemente «fedeltà comunitaria» (art. 10 TCE) 36. Da questo principio discende l'obbligo dell'esecuzione, sia come attuazione giuridica, sia come esecuzione amministrativa, ma non la concreta determinazione delle modalità di attuazione ed esecuzione. Il disciplinamento della procedura è sottoposto quindi al diritto nazionale. La concezione e la struttura della Comunità da un lato e la garanzia della funzionalità delle istituzioni e delle attività comunitarie dall'altro permettono di concludere che è indispensabile il coordinamento delle diverse attività ai vari livelli.

4.4.2

Attuazione del diritto comunitario ad opera dei Cantoni

In caso di adesione all'UE le autorità svizzere dovrebbero provvedere all'attuazione del diritto comunitario derivato, consistente nelle direttive e nei regolamenti (cfr.

n. 3.2.1). Ciò richiede alle varie autorità ottime conoscenze del diritto comunitario e capacità di coordinamento tra di loro. L'UE, scegliendo la forma della direttiva per fissare un disciplinamento, assegna deliberatamente agli Stati membri un margine di manovra per quanto concerne mezzi e forma per il raggiungimento dell'obiettivo perseguito. Tale margine di manovra in Svizzera spetterebbe in gran parte ai Cantoni in virtù delle loro competenze esecutive. I Cantoni sarebbero vincolati ai criteri generali del diritto comunitario. Solo se quest'ultimo richiedesse un'attuazione univoca, potrebbe essere opportuno definire in modi e forme adeguati (per es. mediante l'emanazione di modelli normativi della Confederazione, o con disposizioni di legge o un'ordinanza con finalità di concretizzazione, qualora la Confederazione ne avesse facoltà) l'attuazione univoca a livello nazionale.

I regolamenti fondamentalmente non lasciano agli Stati membri e quindi, in Svizzera, ai Cantoni alcun margine di manovra per l'attuazione. Ai Cantoni verrebbe tuttavia demandata l'esecuzione qualora un regolamento o la disposizione di un regolamento rientrasse in un settore di competenza cantonale. Una maggiore cooperazione intercantonale, come in parte già esiste (per es. organizzazione cantonale di supporto per Schengen/Dublino), è una possibilità per seguire in maniera efficace l'esecuzione di numerose norme giuridiche.

36

Si veda Zuleeg Manfred, Art. 10 EG, in: von der Groeben Hans/Schwarze Jürgen (ed.), EU-/EG-Vertrag, Kommentar, 6. Auflage, Baden-Baden 2003, n. marg. 1 segg.

5441

4.4.3

Esecuzione di sentenze della CdGCE e diritto di agire dei Cantoni

L'effettivo potere di esecuzione e di esecuzione forzata nell'UE spetta agli Stati membri (art. 256 TCE). Se tuttavia la CdGCE constata la violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro, dalla sentenza passata in giudicato discende il divieto di applicare disposizioni nazionali in contrasto con il trattato ovvero l'obbligo di garantire l'attuazione della sentenza nel corrispondente campo di competenza nazionale. Se la Corte, successivamente, constata che uno Stato membro non ha ottemperato alla sua sentenza, può, come ultima ratio, comminare (su proposta della Commissione) il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità (art. 228 TCE37).

In questo contesto va ricordato che nel diritto comunitario l'interlocutore per ogni questione è lo Stato membro e non la regione federata di uno Stato federale. La direttiva, per esempio, è un atto giuridico «rivolto agli Stati», ove per Stato si intende Stato membro. L'esecuzione di una sentenza deve essere assicurata dallo Stato membro colpevole dell'infrazione. Lo Stato membro (la Confederazione) è quindi chiamato a rispondere anche se le sentenze si riferiscono al comportamento delle regioni federate (i Cantoni). Il fatto che gli Stati membri (e non le regioni federate) siano gli interlocutori primari nelle questioni dell'UE vale anche per la legittimazione attiva e passiva in procedure dinanzi alla CdGCE e al Tribunale di primo grado (TPG, art. 224 seg. TCE): gli Stati membri sono privilegiati mediante il diritto d'azione (art. 227 e 230 par. 2 TCE) e la Commissione avvia un procedimento di infrazione contro uno Stato membro (art. 226 TCE). Tuttavia: se una regione federata possiede personalità giuridica ai sensi del diritto nazionale e il governo dello Stato membro in questione non ha facoltà d'intervento sui poteri propri di tale regione, quest'ultima ha diritto d'azione come «persona giuridica» ai sensi dell'articolo 230 paragrafo 4 TCE (e non come Stato membro ai sensi dell'art. 230 par. 2 TCE).

4.5

In sintesi: regole per l'attuazione poste dalla Confederazione

Le competenze normative vengono sempre più trasferite alla Confederazione o, nel caso di un'adesione, anche al livello dell'UE. I Cantoni devono sempre più spesso attuare ed eseguire il diritto internazionale. Le disposizioni degli accordi tra la Svizzera e l'UE valgono anche per i Cantoni (cfr. art. 5 cpv. 4 Cost.: la Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto internazionale, nonché gli art. 26 e 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.). Tutti gli organi statali, perciò anche quelli cantonali e comunali, nei limiti delle loro competenze, devono quindi far sì che le disposizioni giuridiche convenute mediante trattati internazionali siano rispettate nell'attività legislativa e nell'applicazione del diritto38. La politica estera è 37

38

Questa possibilità è stata prevista in seguito alla Conferenza intergovernativa di Maastricht. È intesa come misura per ripristinare il carattere vincolante del diritto. Con il tempo, gli Stati membri avevano sviluppato la tendenza a non applicare le sentenze, o a farlo solo in parte o con notevole ritardo. Bisognava dare più incisività agli strumenti di esecuzione delle sentenze. V. anche le comunicazioni della Commissione concernenti l'applicazione dell'art. 228 par. 2 TCE, GU 1996 C 242/6; GU 1997 C 63/2.

La questione dell'eventuale applicabilità immediata dell'accordo o di singole disposizioni non viene affrontata in questa sede.

5442

di responsabilità della Confederazione. Per essere riconosciuta come un partner internazionale affidabile è importante che la Svizzera assicuri la rapida e completa attuazione delle norme di diritto convenute mediante trattato. Nel contempo, per la salvaguardia del federalismo svizzero è opportuno che l'attuazione del diritto internazionale concernente i settori interni di competenza cantonale, continui ad essere affidata ai Cantoni. Per l'attuazione del diritto internazionale ad opera dei Cantoni la Confederazione pone tuttavia le seguenti condizioni nell'ambito della cooperazione bilaterale o multilaterale: ­

l'attuazione deve rispondere alle condizioni del diritto internazionale e del diritto statuito mediante trattato;

­

deve avvenire entro i termini prestabiliti;

­

deve avvenire in maniera univoca, se il diritto internazionale lo prescrive.

La Confederazione porrebbe ai Cantoni le stesse condizioni anche nel caso di adesione all'UE. L'attuazione e l'esecuzione del diritto comunitario derivato sarebbe principalmente di competenza cantonale. Ciò presuppone ancora di più che i Cantoni abbiano solide conoscenze del diritto comunitario, che dispongano delle necessarie risorse amministrative e di buone capacità di coordinamento. Sarebbe eventualmente possibile avvalersi delle convenzioni vigenti di cooperazione tra la Confederazione e i Cantoni. In caso di violazione del diritto comunitario vi è il rischio di un'azione contro la Svizzera dinanzi alla CdGCE. In base all'articolo 7 della LFPC39, già oggi i Cantoni, in quanto incaricati della trasposizione del diritto internazionale, sono tenuti a procedere tempestivamente ai necessari adeguamenti. Inoltre, la Confederazione può fissare un termine per l'attuazione del diritto e, in caso di inadempienza, ha la possibilità di ricorrere all'esecuzione sostitutiva.

5

Partecipazione dei Cantoni alla politica europea

5.1

Politica estera come competenza federale

Secondo l'articolo 54 Cost. gli affari esteri competono alla Confederazione (cpv. 1).

La Confederazione tiene conto delle competenze cantonali e ne salvaguarda gli interessi (cpv. 3). Secondo questa disposizione la Confederazione può stipulare accordi internazionali in tutti i settori, anche in quelli che rientrano nel campo di competenza dei Cantoni. I Cantoni hanno facoltà di stipulare accordi in settori che, nella ripartizione interna, risultano di competenza cantonale, qualora non lo abbia fatto la Confederazione (art. 56 Cost.). Ai Cantoni, tuttavia, è lasciato il diritto di svolgere una politica estera «su scala ridotta» (art. 56 cpv. 2 Cost.). Successivamente al rapporto del 5 marzo 1994 sulla cooperazione internazionale e la partecipazione dei Cantoni alla politica estera (94.027), su richiesta dei Cantoni sono stati istituiti alcuni strumenti che li coadiuvano nell'esercizio delle loro competenze di politica estera «su scala ridotta». Tra questi strumenti figura in particolare l'Ufficio per la collaborazione transfrontaliera della Divisione politica I del DFAE. Sulla base di tali disposizioni costituzionali ai Cantoni resta un ampio margine per la determinazione

39

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1).

5443

di relazioni con l'estero40. La politica europea, sia che si prosegua la cooperazione bilaterale, sia che si opti per l'adesione all'UE, rientra quindi innanzitutto nella competenza classica della Confederazione riguardo ai trattati internazionali (art. 54 Cost.).

5.2

Principi della partecipazione dei Cantoni

I Cantoni partecipano alla politica estera e quindi anche alla politica europea (art. 55 Cost. e LFPC41, la legge federale che concretizza tale disposizione costituzionale).

Con questa situazione di fondo, essi sono importanti attori della politica europea della Svizzera: vi partecipano innanzitutto al momento della conclusione di convenzioni e, in secondo luogo, sono tenuti ad attuare e a eseguire i trattati stipulati dalla Confederazione come tutta la legislazione. La Confederazione è quindi interessata a far sì che le sue decisioni di politica europea siano attuate puntualmente e correttamente. In questo senso è opportuno che abbia un feedback sulle decisioni in corso.

Questo feedback le giunge principalmente attraverso i seguenti canali: ­

l'obbligo di tenere conto degli interessi dei Cantoni (art. 54 cpv. 3 Cost.);

­

le possibilità concrete di partecipazione dei Cantoni al processo di formazione dell'opinione e della volontà politica sui temi di politica estera (art. 55 Cost., LFPC42);

­

le procedure di consultazione (art. 47 Cost., legge sulla consultazione43);

­

l'istituzionalizzazione di organismi di cooperazione.

La premessa per questo feedback è un'estesa politica d'informazione. Lo scambio d'informazioni tra la Confederazione e i Cantoni dovrebbe diventare più prioritario44 in futuro. Ecco come si presenta la situazione attuale dei diversi attori e quali sono le loro possibilità d'intervento.

I rappresentanti cantonali presso l'Ufficio dell'integrazione del DFAE/DFE, il DFGP e la missione svizzera presso l'UE garantiscono il flusso quotidiano d'informazioni tra la Confederazione e i Cantoni. Le informazioni dirette e le consultazioni avvengono attraverso la Conferenza dei governi cantonali (CdC), qualora non si tratti di progetti isolati di politica estera che invece rientrano inequivocabilmente nell'ambito di competenza di una Conferenza dei direttori cantonali. La CdC assicura l'informazione e il coordinamento tra i governi cantonali e le conferenze dei direttori cantonali (n. 5.4.1). Nel «Regolamento quadro sulle modalità di lavoro della 40

41

42 43 44

Si veda al riguardo il nuovo art. 61c della legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del governo e dell'amministrazione (LOGA, RS 172.010): i Cantoni informano la Confederazione dei trattati che stipulano con l'estero prima della loro conclusione. I trattati non devono più essere approvati dalla Confederazione.

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1). Anche: Convenzione del 7 ottobre 1994 tra il Consiglio federale e la CdC.

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1).

Legge federale del 18 marzo 2005 sulla procedura di consultazione (Legge sulla consultazione, Lco, RS 172.061).

Si potrebbe pensare, per esempio, a rapporti stilati dai rappresentanti cantonali nelle delegazioni negoziali o alla tempestiva segnalazione di problemi interni al Cantone (problemi d'attuazione).

5444

Cdc e delle Conferenze dei direttori cantonali per la cooperazione tra Confederazione e Cantoni» i Cantoni hanno fissato più precisamente le regole di cooperazione tra la CdC e le Conferenze dei direttori cantonali. Mentre per la politica interna sono primariamente competenti le Conferenze dei direttori cantonali, la competenza per la politica estera spetta principalmente alla CdC.

I pareri vengono presentati dalla CdC a nome dei governi cantonali, purché abbiano il sostegno di 18 governi cantonali. È fatto salvo il diritto di un Cantone di esprimere un parere diverso. Inoltre, vi sono altri organi istituzionalizzati che svolgono un ruolo importante nella cooperazione tra Confederazione e Cantoni in materia di politica estera: Dialogo federalista45, la Commissione Europa della CdC o il Gruppo di coordinamento interdipartimentale in materia di federalismo (IDEKOF)46. Si ricordi infine il ruolo dei Cantoni nella procedura di consultazione: sono interlocutori importanti sia nella definizione di misure che la Confederazione intende varare sia nella loro attuazione e valutazione47.

5.3

Esperienze degli Accordi bilaterali con l'UE

Le esperienze degli Accordi bilaterali con l'UE riguardano sei fasi48: (1) sviluppo dell'opinione e della volontà politica interna, (2) negoziati, (3) procedura di consultazione, (4) attuazione dei risultati dei negoziati, (5) procedure nei comitati misti per l'adeguamento e lo sviluppo degli Accordi e (6) approvazione, attuazione e pubblicazione delle decisioni dei comitati misti.

45

46

47

48

Dialogo federalista offre un'occasione d'incontro di norma due volte all'anno a rappresentanti del Consiglio federale e della CdC per uno scambio d'informazioni su questioni di politica estera, istituzionali o di natura interdisciplinare.

Sotto la guida dell'Ufficio federale di giustizia, questo gruppo di lavoro formato da rappresentanti di tutti i Dipartimenti e della Cancelleria federale coordina tutte le questioni interdipartimentali che riguardano il rapporto Confederazione-Cantoni. Tra le altre attività, prepara i lavori del Dialogo federalista.

Linee direttrici del Consiglio federale del 16 ottobre 2002 all'attenzione dell'Amministrazione federale sulla collaborazione tra la Confederazione, i Cantoni e i Comuni, FF 2002 7480.

Si vedano soprattutto i contributi in: Felder Daniel/Kaddous Christine (Ed.), Bilaterale Abkommen Schweiz-EU (Erste Analysen), Basel/Brüssel 2001; Kaddous Christine/Jametti Greiner Monique, Bilaterale Abkommen II Schweiz-EU und andere neue Abkommen, Genf/Basel/München/Brüssel 2006; Cottier Thomas/Oesch Mathias (Hrsg.), Die sektoriellen Abkommen Schweiz-EG. Ausgewählte Fragen zur Rezeption und Umsetzung der Verträge vom 21. Juni 1999 im schweizerischen Recht, Berner Tage für die juristische Praxis BTJP 2002, Berna 2002.

5445

5.3.1

Fase I: sviluppo dell'opinione e della volontà politica interna

La Confederazione informa tempestivamente e diffusamente i Cantoni sui suoi progetti di politica estera. Generalmente, l'informazione avviene per il tramite del segretariato della CdC e degli incaricati dell'informazione dei Cantoni presso l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE e il DFGP. La consultazione dei Cantoni avviene di norma per opera della CdC.

La CdC solitamente fornisce anche i pareri a nome dei governi cantonali sulle decisioni di politica estera o per l'avvio di negoziati. Se sono interessati campi di competenza dei Cantoni, il parere di questi ultimi acquista particolare importanza. In occasione dei Bilaterali II, i Cantoni all'epoca avevano approvato tutti i mandati negoziali che li riguardavano, nonostante alcune riserve.

5.3.2

Fase II: negoziati

Per seguire i negoziati i Cantoni istituiscono un'organizzazione in seno alla CdC, solitamente comprendente gruppi di lavoro per le diverse materie negoziali. Gli esperti proposti dalla CdC per la formazione di questi gruppi di lavoro partecipano come membri a pieno titolo delle delegazioni svizzere alle trattative che riguardano gli interessi dei Cantoni.

Il flusso quotidiano d'informazione è assicurato dagli incaricati dell'informazione dei Cantoni presso l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE, il DFGP e la missione svizzera presso l'UE a Bruxelles. Gli incaricati dell'informazione, fatte salve le norme sulla riservatezza della Confederazione, hanno accesso ai documenti interni e alle riunioni che si svolgono nell'Amministrazione federale. Danno un importante sostegno alla CdC e alla sua organizzazione di supporto durante i negoziati.

La Confederazione può consultare i Cantoni in qualsiasi momento durante i negoziati. A loro volta, i Cantoni possono in qualsiasi momento chiedere alla Confederazione di essere ascoltati. I Cantoni vengono consultati sempre prima della modifica di un mandato negoziale. La consultazione avviene di norma per il tramite del segretariato della CdC.

Lo scambio di opinioni tra governi e amministrazioni viene agevolato mediante i già menzionati organismi istituzionalizzati Dialogo federalista e IDEKOF.

L'assemblea plenaria della CdC segue regolarmente lo svolgimento dei negoziati; periodicamente e in occasione di particolari consultazioni fa pervenire al Consiglio federale la posizione dei Cantoni. Alla conclusione dei negoziati i Cantoni approvano un parere comune in seno alla CdC.

Soprattutto durante le fasi negoziali possono insorgere situazioni di particolare urgenza. In questi casi la Confederazione deve poter informare i Cantoni molto rapidamente e imporre tempi altrettanto rapidi per la comunicazione dei loro pare-

5446

ri49. Curando l'informazione costante della CdC sia per il tramite dei rappresentanti presso la Confederazione, sia attraverso i contatti informali diretti, si è sempre cercato, nonostante questi tempi di reazione accorciati, di fornire tempestivamente ai Cantoni il materiale necessario per prendere decisioni. Nell'insieme, la cooperazione finora è stata positiva ma, in vista di situazioni analoghe che potrebbero insorgere in futuro, è opportuno ottimizzare i processi.

5.3.3

Fase III: procedure di consultazione

La procedura di consultazione permette alla Confederazione di informare il pubblico dei suoi progetti e di verificare in tempo utile se essi siano materialmente corretti, attuabili e se incontrano approvazione. È espressione del federalismo cooperativo ed è strumento importante e indispensabile per le decisioni nello Stato federale. La procedura di norma si svolge in forma scritta e dura tre mesi. In casi urgenti questo termine può essere ridotto oppure la procedura di consultazione può essere svolta in forma di conferenza.

Bilaterali I50: il 15 marzo, 14 giorni dopo la parafatura dei testi degli Accordi, è stata avviata la procedura di consultazione sui sette Accordi e sulle misure di attuazione e d'accompagnamento; la consultazione è durata fino al 13 aprile 1999 (la consultazione sulle misure d'accompagnamento è stata condotta separatamente, dal 3 febbraio al 12 marzo 1999). Nel quadro della procedura di consultazione principale, svolta dal Consiglio federale in parte in forma di conferenza e in parte per iscritto, si pronunciarono i due Tribunali federali, i Cantoni, i partiti politici rappresentati nell'Assemblea federale e le associazioni mantello. Inoltre, i Dipartimenti svolsero una procedura di consultazione collaterale con altri destinatari interessati agli Accordi bilaterali. I governi cantonali incaricarono la CdC di preparare un parere comune da presentare ai Cantoni per la decisione finale.

Bilaterali II51: il 30 giugno 2004, cinque giorni dopo la parafatura, gli Accordi negoziati e le relative misure di attuazione furono poste in consultazione per iscritto fino al 10 settembre 2004, estendendo il termine per i Cantoni fino al 17 settembre successivo. I diversi termini erano dovuti al fatto che i Cantoni non possono prendere decisioni durante le vacanze dei governi cantonali. La cerchia dei destinatari della consultazione non fu limitata e fu salutata positivamente la partecipazione dei due Tribunali federali, dei Cantoni, dei partiti politici dell'Assemblea federale, delle organizzazioni mantello e di molti altri interessati. I governi cantonali incaricarono la CdC di preparare un parere comune da presentare ai Cantoni per la decisione finale. Oltre a quello della CdC giunsero anche pareri espliciti da alcuni Cantoni.

49

50 51

Si citino come esempio i dossier sui trasporti terrestri e sulla libera circolazione delle persone. Nella fase conclusiva dei negoziati sui trasporto terrestri (1998) si tennero ripetute consultazioni con scadenze inferiori alla settimana. Per la libera circolazione delle persone ebbe luogo una rapida consultazione dei Cantoni per la modifica del mandato negoziale (1996).

Cfr. le spiegazioni nel messaggio sui Bilaterali I, FF 1999 5092 segg.

Cfr. le spiegazioni nel messaggio sui Bilaterali II, FF 2004 5320 segg.

5447

5.3.4

Fase IV: attuazione dei risultati negoziali

La Confederazione informò i Cantoni, sempre mediante la procedura di consultazione, del mutamento della situazione giuridica a causa di un accordo che doveva essere adottato e attuato e che tangeva il loro campo di competenze. Grazie alla loro attiva partecipazione alle fasi precedenti (n. 5.3.1­5.3.3) i Cantoni poterono adottare tempestivamente le misure necessarie per l'attuazione. Questa situazione corrisponde all'idea illustrata in precedenza del feedback sulle decisioni.

5.3.5

Fase V: procedure nei comitati misti

Le parti contraenti devono adottare tutte le misure atte a garantire l'ottemperanza agli obblighi derivanti dagli accordi e astenersi dall'adottare misure che compromettono gli obiettivi perseguiti da un accordo. Applicazione ed esecuzione degli accordi ad opera delle autorità e dei tribunali ordinari delle parti contraenti devono orientarsi verso questo dovere di fedeltà e verso l'efficacia pratica (effet utile). Gli Accordi si basano in alcuni casi sull'equivalenza delle legislazioni52 e in molti casi hanno recepito elementi del diritto comunitario (regolamenti e direttive riportati negli allegati). Anche se gli Accordi non prevedono obblighi internazionali miranti all'applicazione o al recepimento sistematico della futura legislazione dell'UE (o della giurisprudenza della CdGCE)53, la Svizzera è di fatto legata alla dinamica dello sviluppo giuridico comunitario. Per la migliore salvaguardia possibile degli interessi svizzeri le procedure prevedono l'informazione attiva e costante, in seno ai comitati misti, sullo sviluppo del diritto comunitario e, ove necessaria, la considerazione di tale sviluppo nell'interpretazione e nell'applicazione degli Accordi. Spesso è nell'interesse della Svizzera concepire in maniera eurocompatibile l'attuazione e l'esecuzione degli Accordi e la relativa legislazione e applicazione del diritto nazionale, sia per poter preservare i vantaggi che le derivano dagli Accordi, sia per esigenze di certezza del diritto e di praticabilità. Sono possibili deroghe, che devono essere decise però con piena consapevolezza delle conseguenze.

Compiti e competenze dei comitati misti Per ogni settore le parti contraenti hanno designato un organismo comune, il comitato misto. Quasi tutti e 20 gli Accordi principali citati in apertura hanno istituzionalizzato tali comitati misti54. Essi conoscono la gestione, l'ordinaria applicazione e l'ordinario funzionamento degli Accordi. Possono emettere raccomandazioni e prendere decisioni di comune accordo. Oltre che per la risoluzione di controversie, i comitati misti servono allo scambio d'informazione tra le parti. Hanno potere deci52

53 54

L'equivalenza delle legislazioni significa che a) le parti riconoscono la legislazione della controparte come equivalente alla propria (per effetto e portata) e che b) le parti contraenti mantengono lo stato raggiunto e convenuto compatibile ed equivalente. L'UE, tuttavia, tende sempre più a far sì che la Svizzera recepisca le norme UE rilevanti in materia.

Si veda il Messaggio sui Bilaterali I, n. 148.5.

Sulle attività dei comitati misti si vedano i contributi dal titolo Schweizerische Praxis im Europarecht / La pratique suisse en matière de droit européen pubblicati in Schweizerisches Jahrbuch für Europarecht/ Annuaire Suisse de droit européen, di cui i più recenti: Siegwart Karine/Felder Daniel, Die sektoriellen Abkommen Schweiz-EG von 1999 und 2004 sowie das Freihandelsabkommen Schweiz EWG von 1972 in ihrer praktischen Anwendung, Schweizerisches Jahrbuch für Europarecht 2005/2006, Bern/Zürich 2006, 479 segg.

5448

sionale solo nei casi previsti nel rispettivo Accordo e relativi allegati. Le decisioni dei comitati misti sono vincolanti per le parti contraenti55, che devono adottare tutte le misure atte a garantire l'ottemperanza agli obblighi derivanti dagli accordi.

Tra le competenze principali dei comitati misti rientrano l'adeguamento e la modifica degli allegati, a seconda se ciò è previsto dall'Accordo. Oltre all'Ufficio federale principalmente responsabile e all'Ufficio dell'integrazione del DFAE/DFE e ad altri uffici cointeressati, vi sono rappresentati i Cantoni nei settori che riguardano le loro competenze o toccano i loro interessi fondamentali. In ogni caso, i rappresentanti cantonali devono essere chiamati a partecipare alle riunioni preparatorie e successive che si svolgono all'interno dell'Amministrazione o ai gruppi di lavoro interni all'Amministrazione che seguono i comitati misti. Ciò avviene per il tramite sia degli incaricati dell'informazione sia dei rappresentanti della CdC.

Nei comitati misti la Svizzera viene anche informata degli sviluppi dell'acquis communautaire nei settori disciplinati dagli Accordi ed è invitata a presentare le proprie osservazioni. La Svizzera non ha diritto di codecisione sull'emanazione del diritto comunitario, neanche attraverso le procedure in seno ai comitati misti; tale diritto è infatti prerogativa degli Stati membri dell'UE. Per le discussioni specialistiche è quindi ancora più importante la partecipazione dei rappresentanti svizzeri alle riunioni dei diversi comitati e gruppi d'esperti56. La Svizzera riceve regolarmente lo status di osservatrice, cioè non prende parte alle votazioni (cfr. art. 100 SEE) ma può senz'altro manifestare i propri interessi e pareri nelle trattative. Anche in seno a questi organi i Cantoni possono fare parte della delegazione negoziale svizzera. Le possibilità di partecipazione maggiori si hanno nel quadro dell'associazione al sistema di Schengen (n. 5.4.4).

Competenze decisionali Nei comitati misti la Svizzera è rappresentata in linea generale dal Consiglio federale, che può a sua volta delegare questa competenza a Dipartimenti e Uffici.

L'oggetto e la portata delle decisioni che il comitato misto deve discutere sono comunque determinanti per stabilire se, innanzitutto, sia necessaria un'autorizzazione parlamentare e,
secondariamente, se il Consiglio federale possa delegare la competenza in questione57. In ogni caso, prima di poter decidere del recepimento di nuove norme di diritto, devono essere valutate le conseguenze esatte che esso avrebbe sulla legislazione svizzera e va accertata l'eventuale necessità di nuovi atti legislativi o di revisione per chiarire la situazione in merito alle competenze.

I Cantoni devono quindi essere coinvolti nella preparazione delle decisioni dei comitati misti che riguardano le loro competenze o i loro interessi fondamentali.

L'Ufficio federale o Dipartimento che ha la responsabilità principale deve provvedere affinché i Cantoni siano informati tempestivamente e dettagliatamente sulla decisione prevista in seno al comitato misto, in modo da dar loro la possibilità di 55

56

57

La base giuridica per la pubblicazione delle decisioni dei comitati misti è la legge federale del 18 giugno 2004 sulle raccolte del diritto federale e sul Foglio federale (legge sulle pubblicazioni ufficiali, RS 170.512), cfr. anche il n. 5.3.6.

Cfr. Dichiarazione relativa alla partecipazione della Svizzera ai comitati, atto finale dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (RS 0.142.112.681).

La posizione della CE nei comitati misti è generalmente stabilita dal Consiglio su proposta della Commissione CE. In alcuni casi la determinazione della posizione della CE è delegata alla Commissione.

5449

parteciparvi in maniera adeguata. In particolare, prima del recepimento di nuovi atti normativi CE che hanno un influsso sui Cantoni, questi ultimi devono essere consultati dando loro tempo sufficiente per pronunciarsi. Di norma devono avere almeno quattro settimane lavorative per la consultazione. Questa viene svolta per il tramite degli incaricati dell'informazione ai Cantoni presso l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE e presso il DFGP (associazione al sistema di Schengen).

5.3.6

Fase VI: approvazione, attuazione e pubblicazione delle decisioni dei comitati misti

Approvazione e attuazione L'approvazione e l'attuazione delle decisioni seguono le procedure nazionali58.

Come già accennato, i comitati misti hanno la facoltà di decidere in merito a modifiche degli allegati degli Accordi59; esse rappresentano modifiche di trattato internazionale per le quali, in base al primo periodo dell'articolo 166 capoverso 2 Cost., è necessaria l'approvazione federale. Il Consiglio federale, tuttavia, può concludere e modificare autonomamente trattati internazionali, qualora ne abbia l'autorità in virtù della legge o di un trattato internazionale approvato dall'Assemblea federale60: si tratta di una delega di competenze61.

Le decisioni dei comitati misti possono avere una portata tale da rendere necessaria l'approvazione da parte dell'Assemblea federale. Le decisioni su materie che rientrano nella competenza dell'Assemblea federale o che implicano modifiche di leggi federali62 devono essere presentate al Parlamento insieme a un messaggio. Qualora l'attuazione di una decisione del comitato misto richieda modifiche di legge, esse possono essere incluse nella decisione d'approvazione63. Il recepimento di nuove 58 59

60 61

62

63

In alcuni casi, le decisioni dei comitati misti devono essere addirittura approvate dalle Parti contraenti. Si veda al riguardo l'art. 22 par. 3 ultimo periodo ATA.

Per le modifiche degli accordi di base (vale a dire per il testo dell'accordo, esclusi allegati e appendici) è in genere necessaria l'approvazione dell'Assemblea federale. Sono fatte salve le modifiche di portata limitata, che rientrano nelle competenze del Consiglio federale ai sensi dell'art. 7a cpv. 2 LOGA. La maggior parte degli accordi prevede la presentazione delle proposte di revisione o modifica al rispettivo comitato misto; tali modifiche, tuttavia, possono entrare in vigore solo alla conclusione delle procedure interne delle Parti contraenti.

Art. 7a LOGA; art. 177a cpv. 1 della legge sull'agricoltura, art. 3a della legge federale sulla navigazione aerea, art. 14 LOTC.

L'Assemblea federale con l'approvazione degli Accordi bilaterali ha anche assegnato al Consiglio federale la competenza di assumersi i compiti dei comitati misti; messaggi del 23 giugno 1999 concernente l'approvazione degli accordi settoriali tra la Svizzera e la CE (FF 1999 5092 segg.), n. 148.3. Anche all'approvazione degli Accordi bilaterali II è collegata una delega di competenze al Consiglio federale, in relazione ad alcuni Accordi, per lo svolgimento dei compiti dei comitati misti, fatte salve decisioni di portata rilevante, si veda il Messaggio del 1° ottobre 2004 concernente l'approvazione degli Accordi bilaterali fra la Svizzera e l'Unione europea, inclusi gli atti legislativi relativi alla trasposizione degli Accordi («Accordi bilaterali II»), FF 2004 5273 segg., per es. i n. 2.3.3.6 e 2.4.3.2. Nei trattati approvati dall'Assemblea federale vi può anche essere un'autorizzazione tacita, soprattutto alla modifica o all'integrazione di tali trattati o dei relativi allegati, per lo più di natura tecnica, cfr. GAAC 51 IV, pag. 379 Le decisioni dei comitati misti, per la cui attuazione è necessaria l'emanazione (o la modifica) di leggi federali o che contengono esse stesse importanti disposizioni di legge, sono soggette a referendum facoltativo ai sensi dell'art. 141 cpv. 1 lett. d Cost.

Art. 141a cpv. 2 Cost.

5450

norme CE può essere approvato dal comitato misto fondamentalmente solo se la legislazione svizzera è compatibile con i nuovi obblighi64. Inoltre, per le decisioni dei comitati misti può essere necessaria l'approvazione parlamentare se tali decisioni contengono disposizioni istituzionali di ampia portata o se trasferiscono agli organi CE determinati compiti di controllo e sanzione. Lo stesso vale per il caso in cui, mediante l'inclusione negli allegati di nuovi atti del diritto comunitario, il regime degli Accordi bilaterali sia esteso a materie che ne erano finora escluse, sviluppo che di norma richiederebbe una modifica dell'accordo di base.

Pubblicazione Il contenuto delle decisioni dei comitati misti determina se la pubblicazione in Svizzera debba avvenire in maniera ufficiale e nelle tre lingue ufficiali65. La base giuridica per la pubblicazione ufficiale delle decisioni dei comitati misti è la legge sulle pubblicazioni ufficiali66, che stabilisce le condizioni per la pubblicazione ufficiale e favorisce l'informazione dei destinatari della norma giuridica oltre che una maggiore certezza del diritto. Bisogna basarsi di volta in volta sull'importanza materiale di una decisione del comitato misto (analisi degli effetti giuridici, per es. di una modifica degli allegati). Se il contenuto delle decisioni riguarda una norma giuridica, è necessaria la pubblicazione nella RU e nella RS. Altre decisioni, per esempio raccomandazioni, possono essere pubblicate nel Foglio federale o altrove (eventualmente nel Rapporto sui trattati internazionali), a seconda della loro entità.

La possibilità di pubblicare gli atti giuridici mediante rimando è esplicitamente prevista nella legge e parrebbe la forma più adeguata di pubblicazione proprio per le decisioni dei comitati misti (rimando al relativo riferimento nella Gazzetta ufficiale dell'UE).

L'elenco completo degli atti legislativi comunitari rilevanti per la Svizzera in seguito agli Accordi bilaterali I e II si trova nel Registro relativo agli Accordi bilaterali67. Il Registro, la cui base giuridica è costituita dall'articolo 25 dell'ordinanza sulle pubblicazioni ufficiali68, è gestito dalla Cancelleria federale. Lo scopo primario è l'informazione sul diritto comunitario vigente nel quadro dei Bilaterali I e II e sulle procedure legate alla loro attuazione
e sviluppo. A prescindere dalla forma di pubblicazione ufficiale, nel Registro sono visibili per tutti gli interessati tutte le decisioni dei comitati misti dei Bilaterali I (e, dalla loro entrata in vigore, anche quelli dei Bilaterali II) pubblicate anche nella Gazzetta ufficiale dell'UE. Questo strumento d'informazione deve servire a garantire la trasparenza soprattutto nelle procedure concernenti i comitati misti.

64

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In casi eccezionali una decisione del genere può essere approvata se i lavori di revisione in Parlamento per l'adeguamento della legislazione svizzera agli obblighi recepiti sono prossimi alla conclusione. In questi casi l'approvazione della Svizzera deve avvenire con la riserva delle modifiche di legge corrispondenti.

Solo l'Accordo sul trasporto aereo prevede esplicitamente, all'art. 22 cpv. 3, un obbligo generale di pubblicazione.

Legge federale del 18 giugno 2004 sulle raccolte del diritto federale e sul Foglio federale (legge sulle pubblicazioni ufficiali, RS 170.512).

http://www.admin.ch/ch/d/eur/index.html.

RS 170.512.1

5451

5.4

Disciplinamento generale della cooperazione tra la Confederazione e i Cantoni nel quadro della politica europea

La questione della migliore e più efficiente cooperazione tra Confederazione e Cantoni nella politica europea si pone a prescindere dallo strumento di cui ci si avvale, ovvero a prescindere dall'adesione della Svizzera all'UE come Stato membro. L'adesione all'UE permetterebbe ai Cantoni di partecipare autonomamente al livello comunitario. Essi avrebbero un limitato numero di rappresentanti nel Comitato delle regioni e, ancor meglio agendo congiuntamente, potrebbero svolgere una propria attività di lobbying a Bruxelles. Poiché l'attività legislativa europea a livello di UE si svolge soprattutto in seno al Consiglio dei ministri della CE e nel Parlamento europeo, sarebbe molto importante, come già nella cooperazione bilaterale, che i Cantoni partecipassero alla politica europea della Confederazione. Si fa riferimento soprattutto al coordinamento tra i Cantoni, alla considerazione dei pareri dei Cantoni nel quadro della cooperazione con la Confederazione e alla rappresentanza dei Cantoni nelle varie delegazioni.

5.4.1

Coordinamento tra i Cantoni

Posizione della CdC Secondo la Confederazione la CdC può continuare a svolgere il suo ruolo di coordinamento. La CdC negli ultimi anni ha dimostrato la sua validità come interlocutrice della Confederazione in materia di politica estera per la sua rapida capacità di reazione e la possibilità di rappresentare i Cantoni con una sola voce. Pare quindi anche logico che la CdC sia il principale organismo di contatto per la Confederazione. Essa dispone di diversi strumenti di provata efficacia per semplificare e garantire il coordinamento e lo scambio con la Confederazione. Questa forma di collaborazione, tuttavia, porta a un sempre più forte influsso degli esecutivi sull'attività legislativa69.

È compito dei Cantoni dare impulsi per la definizione efficiente, trasparente e democratica del coordinamento e per ottimizzare la cooperazione tra i diversi organi intercantonali.

Posizione delle conferenze dei direttori cantonali Alle conferenze dei direttori cantonali spetta un ruolo importante di politica estera, quando si devono trattare materie limitate, relative al campo di competenza dei Cantoni, sfruttando particolari conoscenze specialistiche. Ciò è tanto più importante per la collaborazione in gruppi di lavoro internazionali. Nel settore dell'istruzione, 69

Questo problema non mette comunque in discussione la democrazia nei Cantoni. Nelle loro attività di cooperazione intercantonali si muovono sempre nel quadro della libertà d'organizzazione attribuita loro dalla Costituzione. La Confederazione non può pertanto costringere i Cantoni a coinvolgere maggiormente i parlamenti nella collaborazione intercantonale. A livello federale questa tendenza alla centralizzazione e all'indebolimento della democrazia è meno percepibile, dato che il Parlamento (almeno attraverso le commissioni della politica estera, art. 24 e art. 152 LParl) sono coinvolte in maniera sia formale sia informale nella determinazione della volontà del Consiglio federale in materia di politica estera. Inoltre, i parlamenti nazionali vengono informati anticipatamente sui progetti di riforma in corso a livello dell'UE (v. il protocollo vigente sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea del 1997).

5452

per esempio, data la competenza cantonale, la Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE) ha una funzione centrale. Nelle riunioni dei ministri dell'istruzione per la cooperazione internazionale la Svizzera è spesso rappresentata non da un consigliere federale ma dal presidente di turno della CDPE.

Anche in caso di adesione all'UE sarebbero possibili soluzioni analoghe, soprattutto in organi dell'UE che si occupano principalmente di materie di competenza cantonale.

Posizione degli incaricati dell'informazione Anche nel caso dell'adesione il flusso quotidiano d'informazione sulla politica europea sarebbe assicurato dagli incaricati dell'informazione dei Cantoni presso l'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE, il DFGP e la missione svizzera presso l'UE70. Gli incaricati dell'informazione costituiscono gli anelli di congiunzione nella cooperazione tra Confederazione e Cantoni: fatte salve le norme sulla riservatezza della Confederazione, hanno accesso ai documenti interni e alle riunioni che si svolgono nell'Amministrazione federale e si fanno portavoce dei pareri dei Cantoni.

Risorse cantonali Qui è interessata l'organizzazione cantonale e quella intercantonale. Anche a questo riguardo un ruolo importante è svolto dallo scambio di informazioni: i Cantoni devono informarsi in generale sulle attività di politica europea e se necessario richiedere direttamente le informazioni che li interessano. Rientra nell'autonomia organizzativa dei Cantoni accertare se, a questo fine, debba essere istituito in ogni Cantone un servizio specializzato o se tale compito possa continuare ad essere svolto da organismi intercantonali (conferenze dei direttori cantonali, CdC). Di recente i Cantoni si sono adoperati in questo senso71, nonostante le migliori garanzie di democrazia date dalla collaborazione intercantonale implichino un rallentamento del processo di conclusione di trattati.

5.4.2

Posizione del Consiglio degli Stati

Un'altra variante sarebbe la trasformazione del Consiglio degli Stati sul modello del Bundesrat tedesco (rappresentanza dei Cantoni nel Parlamento federale mediante membri del governo cantonale e obbligo di ricevere istruzioni). Nella seconda Camera sarebbero maggiormente rappresentati gli interessi dei governi cantonali ed eventualmente dei parlamenti cantonali. In questo modo il Consiglio degli Stati diventerebbe un organo efficiente di partecipazione cantonale alla politica europea.

Ciò richiederebbe tuttavia una modifica del divieto costituzionale di ricevere istruzioni (art. 161 Cost.). La trasformazione del Consiglio degli Stati sul modello del Bundesrat tedesco potrebbe comportare alcuni svantaggi: dal momento che il Consiglio degli Stati ha su ogni materia le stesse competenze del Consiglio nazionale (a differenza del rapporto tra Bundesrat e Bundestag tedesco), potrebbe verificarsi

70 71

Un altro rappresentante dei Cantoni è assegnato al Dipartimento federale delle finanze per tutta la durata del progetto della NPC.

Da ricordare al riguardo la convenzione dei Cantoni della Svizzera occidentale del 9 marzo 2001 sulla negoziazione, ratifica, esecuzione e modifica degli accordi intercantonali e delle convenzioni dei Cantoni con l'estero.

5453

uno squilibrio a vantaggio degli interessi cantonali e potrebbero eventualmente emergere tensioni tra le due Camere.

Un esame approfondito di questa questione di fondo va oltre i limiti del presente rapporto; tuttavia, sarebbe da esaminare più accuratamente in futuro.

5.4.3

Commissione delle questioni europee del Parlamento

Sarebbe da considerare l'istituzione di una Commissione permanente delle questioni europee delle Camere federali72. Questo tipo di istituto sarebbe utile anche per la cooperazione bilaterale. In caso di adesione una commissione specializzata sulle questioni europee permetterebbe di dare il dovuto riconoscimento ai diritti sanciti nei Protocolli al Trattato CE concernenti la posizione dei Parlamenti nazionali e la sussidiarietà (sistema di preallarme). Resta tuttavia da vedere se in questo modo si garantirebbe anche un feedback sugli interessi cantonali.

5.4.4

Cooperazione nel settore di Schengen/Dublino

5.4.4.1

Partecipazione dei Cantoni

L'Accordo d'associazione a Schengen (AAS)73 si distingue dagli altri accordi settoriali con la CE soprattutto per le disposizioni istituzionali prese in vista di un eventuale recepimento di atti giuridici dell'UE. Fondamentalmente, sono i comitati misti degli Accordi settoriali a decidere un'eventuale ripresa di nuovi atti giuridici dell'UE, anche se l'esatta estensione delle competenze dei comitati misti varia da un Accordo all'altro. Non è invece contemplata una possibilità istituzionalizzata di partecipazione della Svizzera alla preparazione dei nuovi atti giuridici dell'UE.

Anche nel settore di Schengen l'adeguamento del cosiddetto acquis di Schengen avviene mediante le procedure ordinarie di legiferazione dell'UE, ma la Svizzera, diversamente dagli altri Accordi settoriali, viene coinvolta già nelle procedure legislative a livello comunitario. La Svizzera, oltre che nei comitati che assistono la Commissione, è rappresentata, infatti, in tutti i gruppi di lavoro del Consiglio in cui vengono preparati nuovi atti giuridici rilevanti per Schengen. In questo contesto, la Svizzera ha diritto di intervenire sul processo decisionale. L'effettiva delibera sullo sviluppo dell'acquis di Schengen resta tuttavia riservata agli organi competenti della CE e dell'UE.

Il recepimento di uno sviluppo dell'acquis di Schengen avviene quindi (anche qui diversamente dagli altri Accordi settoriali) non sulla base di una decisione del comitato misto, ma di una particolare procedura fissata nell'accordo di associazione a Schengen (art. 7 AAS): il recepimento di un atto giuridico, che deve essere previamente notificato dall'UE, avviene mediante scambio di note. Per parte svizzera esso rappresenta un trattato internazionale, per la cui conclusione, a seconda del contenu72 73

Cfr. al riguardo l'iniziativa parlamentare 06.443 del 23. 6.2006 per potenziare il coinvolgimento del Parlamento nella politica europea.

L'Accordo d'associazione di Dublino ha una struttura istituzionale fondamentalmente identica, per cui, per semplicità espositiva, nel seguito si farà riferimento unicamente all'Accordo d'associazione di Schengen. Le considerazioni varranno conseguentemente anche per il settore d'applicazione del sistema di Dublino.

5454

to dell'atto da recepire, è competente l'Assemblea federale o, in via eccezionale, il Consiglio federale. Eventualmente può essere necessaria anche l'approvazione del popolo mediante il referendum facoltativo previsto per i trattati internazionali (art. 141 cpv. 1 lett. d cifra 3 Cost.). Lo scambio di note deve essere compiuto dall'autorità statale (Confederazione / Cantoni) competente per disciplinare la materia oggetto dell'atto giuridico. Complessivamente, la Svizzera ha a disposizione un termine massimo di 2 anni per il recepimento e l'attuazione di uno sviluppo del diritto.

La cooperazione tra Confederazione e Cantoni è particolarmente cruciale per il fatto che nel quadro della cooperazione per Schengen sono toccate in maniera sostanziale competenze cantonali (nell'ambito della polizia e della giustizia). Nel messaggio concernente i Bilaterali II il Consiglio federale indica la necessità di un intervento anche in vista dell'attuazione e del recepimento degli sviluppi dell'acquis di Schengen/Dublino74. La necessità di una cooperazione costruttiva ed efficiente tra la Confederazione e i Cantoni si svolge soprattutto a tre livelli.

74 75

76

­

Il primo è il livello della partecipazione allo sviluppo dell'acquis. Dalla firma dell'Accordo d'associazione, la Svizzera è rappresentata nelle consultazioni che si svolgono nell'ambito della procedura legislativa ordinaria nei vari comitati e gruppi di lavoro della Commissione e del Consiglio. Se le consultazioni vertono su un atto rilevante per Schengen, esse si svolgono con la composizione del «comitato misto», cioè con la partecipazione della Svizzera e degli altri Stati associati. Il ruolo di spicco nel processo decisionale dell'UE spetta comunque ai circa 15 gruppi di lavoro del Consiglio che si riuniscono in media una volta al mese a livello di esperti75. Una volta conclusa la discussione nei gruppi di lavoro, il dossier passa ai livelli superiori (alti funzionari: CATS [Comité de l'article trente-six, basato sull'art. 26 TUE], SCIFA [Strategic Commission on Immigration, Frontiers and Asylum] e COREPER [Comité des réprésentants permanants]), che si riuniscono ugualmente una volta al mese, prima dell'approvazione definitiva a livello ministeriale (JAI [Justice and Internal Affairs Council of Ministers]).

Le delegazioni della Svizzera sono composte da rappresentanti della Confederazione e dei Cantoni, questi ultimi solo per i settori nei quali sono interessate esclusivamente o parzialmente le competenze cantonali di legiferazione o di esecuzione76. A causa dei tempi stretti di risposta assegnati finora, la tempestiva armonizzazione sostanziale tra Confederazione e Cantoni per la definizione di una posizione svizzera è un importante compito permanente. A questo riguardo i Cantoni sono chiamati a fornire le necessarie conoscenze e risorse per poter far rappresentare adeguatamente i loro interessi a livello europeo. La CdC ha creato le strutture necessarie all'interno dell'organizzazione d'accompagnamento di Schengen/Dublino (BOSD).

­

Inoltre, una stretta armonizzazione tra Confederazione e Cantoni è indispensabile anche in vista del recepimento e dell'attuazione degli sviluppi dell'acquis. Mentre il recepimento di nuovi atti della CE o dell'UE mediante Messaggio sui Bilaterali II, FF 2004 5316.

Cfr. al riguardo Gutzwiller Susanne, Komitologie und Gemischte Ausschüsse im Rahmen der Assoziierung der Schweiz an Schengen/Dublin, in: Kaddous Christine/Jametti Greiner Monique, Bilaterale Abkommen II Schweiz-EU und andere neue Abkommen, Genf/Basel/München/Brüssel/Paris 2006, pag. 245 segg.

Messaggio sui Bilaterali II, FF 2004 5481.

5455

scambio di note rientra nel campo di competenza della Confederazione, può presentarsi la necessità di un'attuazione mediante legge a seconda della materia anche o addirittura solo a livello cantonale. Poiché il Consiglio federale deve essere in grado di comunicare all'UE entro la scadenza di 30 giorni prevista per lo scambio di note se per il recepimento e l'attuazione sia necessario il periodo massimo di 2 anni, è necessario un meccanismo di comunicazione tra la Confederazione e i Cantoni per assicurare il rispetto di tale scadenza nonostante la consultazione di tutte le parti interessate77. Un meccanismo del genere è stato predisposto in una convenzione tra Confederazione e Cantoni (n. 5.4.4.2). Da settembre 2005, inoltre, un incaricato dell'informazione rappresenta i Cantoni nel DFGP.

­

Infine, un'adeguata partecipazione dei Cantoni può diventare necessaria anche in vista di compiti tradizionalmente affidati al comitato misto nel quadro di trattati internazionali. Sul piano dei contenuti si tratta delle decisioni da prendere di concerto, che possono essere necessarie per la gestione o per il buon funzionamento degli accordi (per es. in seno ai previsti meccanismi di composizione delle controversie). Il comitato misto finora si è comunque riunito una sola volta per dotarsi di un regolamento interno.

5.4.4.2

Convenzione tra Confederazione e Cantoni concernente l'attuazione, l'applicazione e lo sviluppo dell'acquis di Schengen/Dublino

Nel decreto federale del 17 dicembre 2004 che approva e traspone nel diritto svizzero gli accordi bilaterali con l'UE per l'associazione della Svizzera alla normativa di Schengen e Dublino78 si prospettava la conclusione di una convenzione concernente la trasposizione e l'ulteriore sviluppo dell'acquis di Schengen e di Dublino. Nel frattempo sono state compiute le trattative per la convenzione che è stata conclusa il 29 settembre 2006. Essa ha una struttura semplice, che riflette la cooperazione instauratasi dalla firma dell'Accordo d'associazione. Le formulazioni sono state mantenute il più flessibili possibile per consentire in futuro l'ottimizzazione dei processi senza dover modificare la convenzione. Quest'ultima contiene quindi solo gli elementi fondamentali per una cooperazione pratica tra Confederazione e Cantoni. Si basa sulla Costituzione e sulla LFPC79 e non spinge oltre le proprie disposizioni.

La convenzione disciplina in particolare:

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79

a)

la trasmissione di informazioni tra la Confederazione e i Cantoni nel campo di applicazione degli Accordi di associazione a Schengen e a Dublino;

b)

la rappresentanza e la partecipazione dei Cantoni al comitato misto e ai comitati e ai gruppi di lavori dell'UE;

Cfr. Messaggio sui Bilaterali II, FF 2004 5430 segg.

Art. 1 cpv. 2 del decreto federale del 17 dicembre 2004 sull'approvazione e sulla trasposizione degli Accordi bilaterali tra la Svizzera e l'UE per l'associazione alla normativa di Schengen e Dublino, FF 2004 6343.

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1).

5456

c)

la definizione di posizioni comuni delle delegazioni svizzere nei comitati e nei gruppi di lavoro dell'UE;

d)

i diritti e gli obblighi reciproci di Confederazione e Cantoni nell'attuazione, nell'applicazione e nello sviluppo di nuovi atti giuridici e provvedimenti dell'UE, notificati alla Svizzera da quest'ultima, secondo l'articolo 7 AAS e l'articolo 4 AAD.

5.5

In sintesi: disciplinamento delle procedure in una convenzione quadro

Come dimostrato dall'esperienza degli Accordi bilaterali e in particolare degli Accordi di associazione a Schengen e a Dublino, la questione della migliore e più efficiente cooperazione in materia di politica europea tra Confederazione e Cantoni e a livello intercantonale si pone a prescindere da un'eventuale adesione della Svizzera all'UE. Nello sviluppo futuro degli accordi vigenti e nella negoziazione di nuovi accordi, come anche nel caso dell'adesione all'UE, la reciproca e tempestiva informazione e consultazione sono di primaria importanza. Parallelamente, bisogna mantenere un margine di manovra nei confronti degli interlocutori nei negoziati e delle controparti agli accordi nonché garantire un'attuazione quanto più uniforme.

Non è prevista per l'immediato futuro nessuna radicale riforma del federalismo (per es. con la riforma della ripartizione del territorio, del Consiglio degli Stati e in particolare della doppia maggioranza per i referendum obbligatori). Per quanto concerne le relazioni con l'UE, bisogna innanzitutto accumulare esperienze con gli strumenti a disposizione e poi compiere cambiamenti graduali, inseriti in riforme di più ampio respiro. Nel complesso è importante che la cooperazione tra Confederazione e Cantoni si svolga su una base partenariale, caratterizzata da fiducia reciproca. Allo scopo di rendere questa cooperazione trasparente e coordinata, si potrebbe pensare a una convenzione quadro tra Confederazione e Cantoni, sulla base dell'articolo 55 Cost. e della LFPC80, che potrebbe ispirarsi a quella per l'associazione a Schengen e a Dublino. La convenzione potrebbe disciplinare: ­

i diritti e gli obblighi reciproci di Confederazione e Cantoni nella negoziazione, nell'attuazione, nell'applicazione e nello sviluppo degli accordi e nella trasposizione del diritto dell'UE (diritto derivato);

­

il flusso d'informazione;

­

eventualmente la rappresentazione dei Cantoni nei comitati e nei gruppi di lavoro dell'UE (sull'esempio di Schengen);

­

la concertazione della posizione della delegazione svizzera;

­

le procedure per l'attuazione di un atto giuridico o un provvedimento;

­

l'assicurazione del rispetto dei termini;

­

la composizione dei conflitti.

Il rispetto degli interessi cantonali non deve spingersi al punto di compromettere la capacità di manovra della Confederazione nella sua politica estera. Non può esservi 80

Legge federale del 22 dicembre 1999 concernente la partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione (RS 138.1).

5457

dunque un obbligo da parte della Confederazione a fare proprie le posizioni dei Cantoni. Questi ultimi vengono chiamati a partecipare a tutti i comitati in cui sono toccati i loro interessi o le loro competenze. Eventualmente si incaricano di dirigere le trattative in rappresentanza della Svizzera. Poiché un negoziato può concludersi con successo solo se la delegazione si presenta con una posizione univoca, è indispensabile un tempestivo e stretto coordinamento sia tra Confederazione e Cantoni, sia sul piano intercantonale. Esistono già dei gremi ad hoc che possono essere ulteriormente sviluppati a tal fine (in particolare la CdC e gli incaricati dell'informazione dei Cantoni).

6

L'ordinamento finanziario dello stato federale e la politica europea della Svizzera

6.1

Competenze dell'UE in materia di politica finanziaria e fiscale

Politica finanziaria Gli Stati membri dell'UE fondamentalmente mantengono l'autonomia di bilancio e di spesa. Il diritto comunitario, tuttavia, prevede determinate condizioni quadro alle quali essi devono attenersi nel definire la politica finanziaria nazionale81. Si tratta innanzitutto dei criteri di convergenza e di stabilità, secondo i quali il disavanzo delle casse pubbliche (nel caso della Svizzera: di Confederazione, Cantoni, Comuni e assicurazioni sociali) non deve superare il 3 per cento del PIL, tranne che in presenza di una forte recessione. In secondo luogo, il debito pubblico complessivo (lordo) non deve superare la soglia del 60 per cento del PIL.

Politica fiscale Anche nell'UE il diritto di riscossione delle imposte è un compito sovrano spettante tradizionalmente agli Stati membri o alle regioni federate. Il Trattato disciplina pertanto in maniera esplicita solo l'armonizzazione delle imposte indirette (art. 93 TCE) e in molti casi (imposta sul valore aggiunto, imposte sul consumo) vi è un'effettiva armonizzazione in questo senso. Per tutti gli Stati membri dell'UE valgono alcuni criteri di definizione del sistema fiscale delle imposte indirette. Il più importante è che l'aliquota normale di imposta sul valore aggiunto sia almeno del 15 per cento e che le aliquote ridotte siano almeno del 5 per cento. Nel contempo si invitano gli Stati membri a garantire, «per quanto occorra», l'eliminazione della doppia imposizione fiscale all'interno della Comunità a beneficio dei loro cittadini (art. 293, secondo trattino TCE). Il Trattato non contempla invece una prescrizione esplicita volta all'armonizzazione delle imposte dirette, incluse le imposte sull'impresa. Il Consiglio può tuttavia avvalersi delle competenze generali volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative (art. 94 TCE)82. In tutti i casi vale il principio dell'unanimità di consenso. L'adozione e l'applicazione di provvedimenti fiscali sono quindi strettamente legate alla volontà degli Stati membri, dato che per lo svolgimento delle procedure si segue di norma un approccio intergovernativo. In questa logica, per contenere l'effetto nocivo della concorrenza fiscale è stato adotta81 82

Cfr. le considerazioni più dettagliate del Rapporto Europa 2006, FF 2006 6286 segg.

Vi fanno riferimento in particolare la direttiva sulle fusioni 90/434/CEE e la cosiddetta direttiva «madre-figlia» 90/435/CEE.

5458

to un pacchetto di misure imperniato sul cosiddetto «codice di condotta in materia di tassazione delle imprese» del 199783. Il codice di condotta non è uno strumento giuridicamente vincolante, né per la Commissione né per gli Stati membri. Esso costituisce però un vincolo politico per gli Stati membri e postula inoltre l'estensione a Stati terzi, analogamente alla direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio84.

Le agevolazioni fiscali alle imprese possono essere considerate aiuti statali vietati dal diritto comunitario (art. 87 segg. TCE). Nella politica sugli aiuti statali l'UE e soprattutto la Commissione hanno competenze molto più estese che nel settore fiscale. Può imporre provvedimenti con maggiore facilità, poiché lo svolgimento delle procedure si basa sul diritto comunitario. Infine, il disciplinamento nazionale dell'ambito fiscale degli Stati membri deve in ogni caso essere compatibile con le libertà fondamentali sancite nel Trattato CE e non deve essere discriminatorio. In questo senso o in seguito alla qualifica come aiuto statale vietato, le questioni in ambito fiscale possono essere sottoposte all'esame della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGdCE), la cui prassi è tendenzialmente favorevole alla Comunità stessa.

In sintesi si può quindi affermare che, allo stato attuale del diritto comunitario, gli Stati membri sono per lo più liberi di disciplinare il proprio sistema fiscale per soddisfare il proprio fabbisogno finanziario. Tuttavia, per esempio nell'ambito della riforma del sistema finanziario dell'UE85, si comincia a discutere dell'adozione di un'imposta comunitaria e, più in generale, del coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri86 al fine di eliminare gli ostacoli fiscali e le discriminazioni.

Quanto segue illustra gli effetti della cooperazione bilaterale e di un'eventuale adesione all'UE sui due aspetti centrali dell'ordinamento finanziario dello stato federale. Si tratta sia dell'attuazione dei criteri di convergenza e della realizzazione di un programma di stabilità nello stato federale, sia degli effetti sul sistema fiscale.

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86

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti di governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 1° dicembre 1997, su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, GU C 2 del 6.1.1998, pag. 2. Il gruppo «Codice di condotta», istituito in concomitanza con il Codice, identificò in un rapporto del 1999 ben 66 pratiche fiscali dannose da tenere sotto continuo monitoraggio. Nel 2003, infine, al cosiddetto «pacchetto fiscale», cioè l'insieme di azioni intese a limitare la concorrenza fiscale dannosa, si sono aggiunte due direttive: la direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157 del 26.6.2003, pag. 38) e la direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49).

Direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157 del 26.6.2003, pag. 38).

V. quanto affermato dalla Commissione nella sua Relazione sul funzionamento del sistema di risorse proprie «Il finanziamento dell'Unione europea», del 6.9.2004, COM(2004) 505 definitivo, in particolare pag. 9 segg.

Cfr. in particolare la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo, del 19.12.2006, «Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno», COM(2006) 823 def.; Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo, del 19.12.2006, «Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri», COM(2006) 825 def.

5459

In questa sede non si approfondirà l'analisi delle conseguenze economiche dei vari strumenti europei, già ampiamente esaminati nel Rapporto sull'integrazione 1999 e negli studi a suo tempo realizzati nonché nel Rapporto Europa 200687. Lo stesso vale per gli effetti che l'adesione all'UE avrebbe sui bilanci pubblici. In questo contesto vanno menzionati l'aumento degli introiti dell'imposta sul valore aggiunto, i pagamenti netti della Svizzera all'UE e il più elevato livello dei tassi d'interesse in caso di adesione all'Unione monetaria. A lungo termine, secondo alcuni studi, si dovrebbe beneficiare di un impulso alla crescita grazie alla piena partecipazione della Svizzera al mercato interno UE, il quale a sua volta avrebbe un effetto positivo sulle entrate dello Stato.

6.2

Rispetto dei criteri di convergenza in uno Stato federale

6.2.1

Dettami dell'UE per la politica di bilancio

Come membro dell'UE, la Svizzera dovrebbe rispettare le regole di disciplina del bilancio che forniscono valori di riferimento per il disavanzo e per il debito pubblico complessivo, cioè di Confederazione, Cantoni, Comuni e assicurazioni sociali88. Il debito pubblico non deve superare il 60 per cento del PIL, mentre il disavanzo pubblico può essere al massimo del 3 per cento del PIL. Gli Stati membri dell'Unione monetaria sono tenuti a prevenire disavanzi di bilancio che potrebbero compromettere l'obiettivo della BCE, cioè garantire la stabilità dell'euro. Il mancato rispetto di questi limiti del 60 e del 3 per cento del PIL può essere oggetto di sanzione. Non tutti i casi di superamento dei limiti comportano tuttavia una sanzione89. Se il superamento del valore di riferimento è solo eccezionale e temporaneo e il disavanzo si mantiene prossimo al valore di riferimento, il mancato rispetto del criterio del disavanzo non provoca l'applicazione delle sanzioni.90 Analogamente, è tollerato un livello di debito superiore al 60 per cento del PIL, se il rapporto tra debito e PIL si è ridotto in misura sufficiente e se si avvicina con ritmo adeguato al valore di 87 88

89

90

Rapporto Europa 2006, FF 2006 6223, in particolare i n. 4.2.3, 4.3.3 e 4.4.3.

Le assicurazioni sociali comprendono AVS, AI, IPG e AD. Secondo il Sistema europeo dei conti economici integrati 1995 (SEC 95) la SUVA non vi è più inclusa. Essa è stata infatti inserita tra le società di gestione dei capitali.

Le sanzioni si applicano se uno Stato membro con un disavanzo eccessivo non segue le raccomandazioni del Consiglio dei ministri dell'economia e delle finanze per la correzione del bilancio. Le sanzioni consistono, in un primo momento, in un deposito senza interessi, che dopo due anni è convertito in ammenda se il disavanzo eccessivo permane.

L'ammontare del deposito ovvero dell'ammenda è calcolato su un elemento fisso pari allo 0,2 % del PIL e un elemento variabile di 1/10 della differenza tra il disavanzo e il valore di riferimento del 3 %. Il deposito ovvero l'ammenda può ammontare al massimo allo 0,5 % del PIL, cioè con un disavanzo del 6 % del PIL; cfr. il già menzionato regolamento 1467/97. Finora, comunque, questo meccanismo sanzionatorio non è stato ancora applicato ad alcuno Stato membro dell'UE.

Il valore di riferimento per il disavanzo pubblico è il 3 % del prodotto interno lordo (PIL).

Il superamento di tale valore è considerato un fatto eccezionale: ­ se è determinato da una circostanza inconsueta indipendente dalla volontà dello Stato membro in questione ed ha ripercussioni di rilievo sulla situazione delle pubbliche finanze; ­ se è conseguenza di una grave recessione economica (il superamento del 3 % del PIL è dovuto ad un tasso di crescita annuo negativo del PIL o a un calo cumulativo della produzione durante un periodo prolungato di crescita annua estremamente debole).

5460

riferimento (art. 104 TCE). Per il criterio del disavanzo pubblico la procedura da applicare in caso di superamento del valore limite del 3 per cento è definita91; non lo è invece per il criterio relativo al debito pubblico. La decisione finale sul raggiungimento di un disavanzo eccessivo da parte di uno Stato membro spetta al Consiglio dei ministri dell'economia e delle finanze su raccomandazione della Commissione dell'UE.

Oltre al rispetto dei limiti di disavanzo e di debito pubblico, la Svizzera dovrebbe predisporre un programma di stabilità e di convergenza in caso di non adesione all'Unione monetaria. Il programma è parte integrante delle regole preventive per la stabilità di bilancio, mentre le sanzioni ne costituiscono la parte correttiva. In questo programma gli Stati membri dell'UE devono dimostrare in che modo intendono mantenere o raggiungere a medio termine, attraverso il ciclo congiunturale, un bilancio praticamente in pareggio o in eccedenza. Fintanto che tale obiettivo non è raggiunto devono essere adottati tutti i provvedimenti necessari ad assicurare un miglioramento annuale della posizione di bilancio determinata dalla congiuntura di almeno mezzo punto percentuale rispetto al PIL92. La revisione delle regole nel 2005 ha portato una maggiore flessibilità per quanto riguarda la realizzazione delle misure di risanamento del bilancio statale in funzione del ciclo congiunturale. Solo un bilancio strutturalmente in pareggio è in grado, in caso di recessione, di far agire pienamente gli stabilizzatori automatici senza rischio che il disavanzo superi il limite fissato al 3 per cento del PIL.

Inoltre, il prevedibile maggiore onere per i bilanci pubblici determinato dall'incalzante invecchiamento della società impone l'eliminazione dei deficit strutturali attualmente ancora presenti. Un programma di stabilità costituisce fondamentalmente un'indicazione dei saldi di bilancio complessivamente previsti per le casse pubbliche e delle ipotesti macroeconomiche per i tre anni successivi su cui essi si fondano.

I programmi sono aggiornati annualmente ed esprimono l'obiettivo della politica finanziaria. Mentre il mancato rispetto degli obiettivi prefissati nel programma di stabilità non dà luogo a sanzioni, in caso di superamento del limite di disavanzo è previsto esplicitamente un meccanismo di
sanzione, come si è già detto. Anche se non sono previste ammende per il mancato raggiungimento degli obiettivi di massima della politica economica, si genera pur tuttavia una sorta di pressione di gruppo che fa sì che nessuno Stato membro li possa ignorare con facilità.

Qui di seguito si descrivono brevemente modelli alternativi di coordinamento.

91

92

Oltre al già citato regolamento 1467/97 (integrato dal regolamento 1056/2005) vanno ricordati il regolamento 1466/97 del Consiglio dell'Unione europea per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, del 7 luglio 1997 (integrato dal regolamento 1055/2005), e il Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, nel quale sono fissati i valori limite, GU UE n. 174, del 7 luglio 2005.

Raccomandazione della Commissione dell'8.4.2003 relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2003­2005).

5461

6.2.2

Strumenti per un più stretto coordinamento della politica finanziaria

Il coordinamento della politica finanziaria tra Confederazione e Cantoni ha lo scopo, da un lato, di rispettare i criteri relativi al disavanzo e al debito pubblico e, dall'altro, di redigere i programmi di stabilità. Innanzitutto si approfondirà la questione dell'attuazione dei due criteri di convergenza.

6.2.2.1

Attuazione dei criteri di convergenza

Come punto di partenza sono riportati in allegato, nelle tabelle 1 e 2, i saldi dei conti e il debito pubblico sia complessivo sia relativo ai singoli livelli di organizzazione statale. Dalla tabella 1 emerge che dal 1980 la Svizzera ha disatteso solo due volte il criterio del disavanzo del 3 per cento, nel 1992 e nel 1993. Il superamento del valore limite va ascritto in gran parte alla Confederazione. Dalla tabella 2 si evince invece che il debito pubblico lordo complessivo in passato si è sempre mantenuto al di sotto del valore critico del 60 per cento del PIL. La parte di debito della Confederazione risulta di gran lunga più consistente di quella di Cantoni e Comuni. Le cifre indicano che per il rispetto dei criteri sarebbe sollecitata in primo luogo la Confederazione. In caso di adesione all'UE, il freno all'indebitamento sarebbe un mezzo efficace per rispettare i requisiti UE di politica del bilancio.

Poiché oltre al freno all'indebitamento applicato a livello federale esistono limitazioni simili in diversi Cantoni, si può ritenere che tra la Confederazione e i Cantoni non sia necessario un maggiore coordinamento della politica finanziaria. Nel definire il programma di stabilità, tuttavia, questo approccio non funzionerebbe più in quanto la Confederazione deve dimostrate all'UE in che modo i bilanci pubblici della Svizzera intendono raggiungere gli obiettivi di massima della politica economica. Ciò significa che la Confederazione dovrebbe compiere una specie di pianificazione finanziaria per la totalità dei bilanci pubblici in collaborazione con i Cantoni. Senza la partecipazione di questi ultimi ciò non sarebbe assolutamente possibile. Inoltre, si dovrebbero stabilire in anticipo le modalità di comminazione di un'ammenda a Confederazione o Cantoni nell'eventualità che riportino un disavanzo eccessivo. Poiché sarebbe la Confederazione a dover rispondere all'UE, sarebbe suo interesse potersi rivalere sui Cantoni che hanno contribuito all'eccedenza del disavanzo.

Come si è detto, tuttavia, gran parte della situazione debitoria va ascritta alla Confederazione. Per questo in caso di adesione all'UE sarebbe necessaria o una forma di cooperazione più flessibile oppure, al contrario, un più stretto coordinamento tra Confederazione e Cantoni93. Il coordinamento avverrebbe verticalmente, cioè tra la
Confederazione e i Cantoni (Comuni inclusi), e orizzontalmente, cioè tra i vari Cantoni. Nella ripartizione verticale la Confederazione e i Cantoni stabiliscono una procedura e determinano le regole per il rispetto dei criteri di convergenza, secondo diverse possibilità94. In questa sede si discuterà l'approccio per stabilire la regola di 93

94

Nel rapporto del 18 dicembre 2002 il GL Crescita propone un coordinamento intensificato della politica di bilancio tra la Confederazione e i Cantoni al fine di sviluppare una politica finanziaria adeguata alla congiuntura (Rapporto GL Crescita, pag. 64).

Rapporto EuRéfCa 2001, 103 segg. In esso si menzionano autodisciplina, un meccanismo di mercato e l'adozione di una regola chiara e trasparente di ripartizione.

5462

ripartizione. Confederazione e Cantoni insieme stabiliscono una chiave di ripartizione che disciplini in anticipo l'attribuzione del disavanzo ammesso. In una fase iniziale i valori limite (3 % per il disavanzo e 60 % per il debito pubblico) devono essere ripartiti tra i diversi livelli di organizzazione statale; successivamente la quota cantonale (e comunale) deve essere suddivisa tra i vari Cantoni.

Nella prima fase, quella della ripartizione verticale, si prospettano varie alternative95. Si può ripartire l'intera quota del 3 per cento oppure solo una parte, in modo da lasciare un margine di manovra. Sia che venga ripartito l'intero importo del disavanzo o solo una parte, devono essere predefiniti i criteri della ripartizione verticale e orizzontale. La ripartizione in base ai disavanzi riportati negli anni passati non sarebbe ottimale in quanto premierebbe le collettività pubbliche con la minore disciplina di bilancio assegnando loro una quota relativamente maggiore del disavanzo ammesso. Un criterio migliore sarebbe il volume del bilancio, misurato sulle entrate o sulle uscite (spese correnti e investimenti, senza ammortamenti). Come criterio di assegnazione potrebbero essere prese le entrate, dato che le spese si possono ripartire in modi diversi. Sarebbe invece raccomandabile non ripartire il 3 per cento interamente tra Confederazione, Cantoni e Comuni, mantenendo piuttosto un margine di riserva per eventuali risultati passivi delle assicurazioni sociali. Sarebbe anche possibile, per esempio, unificare la parte della Confederazione e quella delle assicurazioni sociali: la Confederazione si assumerebbe la responsabilità di bilancio, dato che le possibilità di determinazione dell'andamento finanziario delle assicurazioni sociali risiedono primariamente a livello federale96. Dalle tabelle 3a e 3b risulta che soprattutto la Confederazione ha riportato in passato un disavanzo eccessivo. Il disavanzo dei Cantoni avrebbe superato in alcuni casi il livello consentito nella prima metà degli anni '90, mentre i Comuni tendenzialmente non sarebbero mai arrivati al limite massimo concesso loro.

La ripartizione orizzontale, cioè l'assegnazione della quota cantonale e comunale ai singoli Cantoni potrebbe avvenire, per esempio, in base al numero di abitanti o, ancora, secondo l'ordine di grandezza del
bilancio. La spartizione della quota cantonale tra il Cantone e i suoi Comuni è lasciata, infine, a ciascun Cantone.

Una volta stabilita la chiave di ripartizione si deve decidere quanto essa debba essere vincolante. La scelta spazia dalla raccomandazione non obbligatoria all'accettazione giuridicamente vincolante accompagnata da un meccanismo di imposizione e sanzione. Quest'ultima opzione risulterebbe piuttosto estranea alla struttura federale della Svizzera, ma si rivelerebbe opportuna qualora la Svizzera non riuscisse a rispettare le prescrizioni comunitarie in ambito finanziario. Ciò vale soprattutto per la preparazione di un programma di stabilità.

95

96

Per la Svizzera è interessante al riguardo riferirsi all'esempio dell'Austria. Poiché il rispetto dei criteri di bilancio dell'UE (patto di stabilità e di crescita) richiede una maggiore cooperazione delle collettività pubbliche, i diversi livelli di organizzazione statale in Austria hanno stipulato un patto di stabilità strutturato in quattro settori: coordinamento dei bilanci (costituzione di organi di coordinamento), indirizzo a medio termine della gestione del bilancio, programmi di stabilità e ripartizione delle quote di disavanzo e dell'onere delle sanzioni tra Stato federale, Länder e Comuni. In Austria il disavanzo è stato ripartito così: 2,7 % per lo Stato federale, 0,11 % per i Länder, 0,09 % per Vienna, 0,10 % per i Comuni.

Con la NPC, d'altronde, il finanziamento dell'AVS e dell'AI sarà affidato esclusivamente alla Confederazione.

5463

Il debito pubblico deriva principalmente dai saldi dei conti degli anni passati. Se i conti si mantengono in pareggio su tutto il ciclo congiunturale, il tasso di indebitamento pubblico diminuisce. Si deve invece tenere presente che il debito pubblico (lordo) può aumentare anche se il conto finanziario non si chiude con un deficit, dato che determinate procedure finanziarie incidono esclusivamente sul bilancio e non sul conto finanziario. Per la chiave di ripartizione relativa al debito pubblico si prestano diversi criteri come gli investimenti compiuti, i beni amministrativi o l'attuale livello di debito. La ripartizione basata sul livello di indebitamento sarebbe la soluzione più logica. Anch'essa, tuttavia, premierebbe un comportamento problematico. Una chiave di ripartizione che costringesse i Cantoni più indebitati e/o la Confederazione a una riduzione sostanziale del proprio debito non sarebbe una via politicamente praticabile. Si dovrebbe eventualmente ricercare una via di mezzo.

Nella presente esposizione si è finora ipotizzato che la Svizzera soddisfi i requisiti dell'UE relativi alle statistiche finanziarie del saldo di bilancio e del debito pubblico.

L'attuale statistica finanziaria della Svizzera non è però in grado di rispettare interamente i criteri fissati dai regolamenti UE. Le discrepanze riguardano sia la definizione e la delimitazione dei valori di riferimento sia l'ampiezza e il grado di precisione dei dati richiesti. L'attuazione dell'Accordo bilaterale nel settore statistico97 ha già comportato una riforma della statistica finanziaria che dovrebbe proseguire con più incisività se fosse decisa l'adesione all'Unione europea. In particolare, dovrebbe essere fissato uno standard per la contabilità valido per tutti i livelli statali, rispondente ai requisiti vigenti nell'UE. Sono stati proprio il patto di stabilità e di crescita degli Stati membri dell'UE e i programmi per l'adesione dei nuovi candidati a costringere questi Paesi negli anni '90 a compiere ampie riforme della contabilità pubblica e della statistica finanziaria.

Una volta definite le chiavi di ripartizione verticale e orizzontale, dovrebbe essere fissata la procedura per i casi di inadempienza. Al riguardo vanno distinti due casi: A) il valore di riferimento del 3 per cento non viene rispettato complessivamente
dai bilanci pubblici e l'UE interviene inizialmente con raccomandazioni e successivamente con una sanzione (ammenda) per la mancata osservanza delle raccomandazioni. In questo caso si deve stabilire chi deve provvedere al pagamento dell'ammenda98. B) Il valore di riferimento del 3 per cento non viene raggiunto complessivamente o viene superato, ma il disavanzo non è giudicato eccessivo. In questo caso si deve discutere se e quando debba essere sanzionata una collettività pubblica che ha superato la parte ad essa destinata del disavanzo complessivo concesso. Se, per esempio, l'UE constata che a causa di una forte recessione non vi è disavanzo eccessivo, non è necessario il sanzionamento nei confronti di singoli enti.

Diversa è la situazione se, pur non in presenza di forte recessione, il limite ammesso per il disavanzo viene ugualmente superato complessivamente o parzialmente. Senza la possibilità di sanzione sarebbe difficile imporre la necessaria disciplina di bilancio.

97 98

RS 0.431.026.81 Se si raggiunge un disavanzo eccessivo, prima della sanzione l'UE emana delle raccomandazioni. La presenza di meccanismi di coordinamento delle politiche finanziarie nello stato federale agevola l'attuazione di tali raccomandazioni.

5464

6.2.2.2

Preparazione del programma di stabilità

Gli Stati membri dell'UE devono elaborare ogni anno un programma di stabilità e di convergenza, nel quale si dimostra che a medio termine verrà raggiunto o mantenuto l'equilibrio del bilancio. Esso deve descrivere l'andamento delle entrate e delle spese per l'anno corrente e per i tre anni successivi, insieme alle ipotesi macroeconomiche su cui si basano tali previsioni. In caso di adesione all'UE la Confederazione dovrebbe redigere un programma di stabilità per tutte le collettività pubbliche.

Per poter elaborare un programma di questo tipo in uno stato federale si deve disporre delle proiezioni pluriennali di entrate e spese (piani finanziari) di tutti gli enti territoriali, basate su valori macroeconomici di riferimento univoci, quali non esistono al momento attuale per la Svizzera. Inoltre, dovrebbe esserci un meccanismo correttivo che interviene in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo. In altre parole, la politica finanziaria dei tre livelli statali dovrebbe essere coordinata in modo tale da raggiungere complessivamente un pareggio di bilancio. Per raggiungere quest'obiettivo potrebbe rivelarsi necessario un più stretto coordinamento della politica finanziaria di quello richiesto in relazione ai criteri di convergenza. Per quanto concerne l'obbligatorietà si pongono le stesse questioni già viste sopra.

Optando per un approccio centralistico la Confederazione potrebbe imporre esplicitamente ai Cantoni l'eliminazione del disavanzo esistente entro il periodo di pianificazione. Sarebbe necessario un meccanismo di sanzione per imporre la disciplina di bilancio. Con una soluzione decentralizzata, invece, la Confederazione e i Cantoni potrebbero adoperarsi insieme al raggiungimento a medio termine dell'obiettivo dell'equilibrio di bilancio, per esempio ricorrendo a raccomandazioni. Si potrebbe anche immaginare, in funzione complementare, l'adozione di determinati incentivi per indirizzare il comportamento della politica finanziaria nella direzione voluta99.

6.3

Ripercussioni sulla perequazione finanziaria

La nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC)100 è stata concepita in modo tale da non dover essere radicalmente modificata nel caso di un'eventuale adesione della Svizzera all'UE. I principi della NPC non perderebbero di validità dopo l'adesione all'UE, ma continuerebbero ad essere importanti elementi di una perequazione finanziaria, efficace e politicamente gestibile, dello stato federale. Per la revisione della ripartizione dei compiti tra la Confederazione e i Cantoni, necessaria con l'adesione all'UE, si rivelerebbero utili i principi sviluppati per la NPC. Con l'accesso all'UE acquisterebbe maggiore importanza il rafforzamento della cooperazione intercantonale già ricercata con la NPC. La specificazione e la separazione dei compiti della Confederazione e dei Cantoni semplifica la modifica delle funzioni pubbliche che scaturirebbe da un'adesione all'UE. La ripartizione dei compiti secondo principi federalistici tra la Confederazione e i Cantoni può ridurre la frammentazione e la confusione di responsabilità e competenze: ciò conferirebbe alla Svizzera una maggiore capacità d'azione in caso di adesione all'UE.

99

Gli incentivi potrebbero essere finanziati, per esempio, mediante le ammende corrisposte dagli enti oggetti di sanzione per aver superato il limite loro assegnato di disavanzo.

100 Cfr. nota 22.

5465

6.4

Ripercussioni per il sistema fiscale

6.4.1

L'autorità dei Cantoni in materia fiscale: un principio fondamentale

L'originaria autorità riconosciuta ai Cantoni in materia fiscale, cioè il loro diritto di fissare le imposte, fatte salve diverse prescrizioni costituzionali riguardanti la Confederazione, è un elemento centrale del federalismo svizzero, che contempla un alto grado di partecipazione democratica diretta. I principi dell'imposizione fiscale sono sanciti dall'articolo 127 Cost. La Confederazione può riscuotere imposte dirette solo a titolo sussidiario (art. 128 Cost.).

A differenza di altri Stati federali (per es. della Germania), le imposte costituiscono un elemento importante della competitività dei Cantoni come piazza economica. La concorrenza fiscale è una delle cause dell'onere fiscale relativamente basso vigente in Svizzera. Essa consta di tre elementi portanti: l'autonomia cantonale delle entrate data dalla facoltà di fissare le leggi fiscali, l'autonomia cantonale delle spese data dalla determinazione del preventivo e la perequazione finanziaria compiuta a livello federale, con la quale si compensano in parte le disparità cantonali. Nei Cantoni, pertanto, il popolo, il parlamento e il governo deliberano sia sull'imposizione fiscale sia sulle spese della loro collettività. Benché la legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID)101 preveda un'unificazione degli oggetti sottoposti a imposta e dei periodi di computo, si tratta soltanto di un'armonizzazione formale. Le tariffe fiscali, gli importi esenti da imposta e i contributi sociali non sono disciplinati dalla LAID (cfr. anche art. 129 Cost.). Circa il 50 per cento delle entrate fiscali di Confederazione, Cantoni e Comuni sono armonizzati realmente (per es. imposta federale diretta, imposta sul valore aggiunto, imposta preventiva, tassa di bollo).

Il federalismo fiscale è dunque un importante elemento del federalismo svizzero e svolge un ruolo fondamentale per garantirne la vitalità.

6.4.2

Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale

Nelle circostanze odierne si ritiene che il sistema fiscale federalistico non venga minimamente toccato dall'applicazione e dall'ulteriore sviluppo dell'attuale rete di accordi102. D'altro lato, va tuttavia rilevato che gli sforzi di armonizzazione dei sistemi fiscali all'interno dell'UE negli ultimi tempi hanno sempre maggiori effetti sui Paesi non membri. Esempi di nuovi dati sono la direttiva UE sulla tassazione dei redditi da risparmio (Dir. 2003/48/CE), elemento di riferimento per l'Accordo sulla fiscalità del risparmio con la CE, o il già menzionato codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (n. 6.1), il quale tuttavia non è incluso nella materia disciplinata da accordi tra la Svizzera e l'UE.

101

Legge federale del 14 dicembre 1990 sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID, RS 642.14).

102 L'Accordo per evitare la doppia imposizione dei funzionari in pensione (RS 0.672.926.81) prevede, tuttavia, che Cantoni e Comuni in determinate circostanze non possano applicare l'imposta sul reddito per le rendite dei funzionari in pensione delle istituzioni comunitarie residenti in Svizzera.

5466

In questa logica, nella sua decisione del 13 febbraio 2007 la Commissione europea ha affermato che certe disposizioni sulla tassazione delle imprese in alcuni Cantoni non sono compatibili con l'Accordo di libero scambio tra la Svizzera e l'UE del 1972103 (art. 23 cpv. 1 iii ALS). Per questo motivo la Commissione chiede l'abolizione di questa situazione fiscale cantonale. Il 14 maggio 2007 il Consiglio dei ministri dell'UE ha accolto la richiesta della Commissione di essere investita di un mandato per condurre trattative con la Svizzera. Il Consiglio federale ha sempre respinto trattative ma ha ribadito la sua disponibilità a un dialogo chiarificatore ed ha ricordato che tra la Svizzera e l'UE non esiste una normativa per l'armonizzazione dell'imposizione fiscale gravante sulle imprese. Per questo motivo non può sussistere alcuna violazione di qualsivoglia intesa. Ciò vale soprattutto per l'accordo di libero scambio che disciplina esclusivamente il commercio di determinate merci tra la Svizzera e l'UE. Le misure cantonali relative alla tassazione d'impresa non costituiscono una discriminazione contro le società nazionali né un trattamento preferenziale delle imprese estere: non sono selettive, ma sono aperte a tutti gli operatori economici, a prescindere dalla nazionalità o dal settore economico o produttivo in cui sono attivi. I tipi di imprese per i quali valgono le disposizioni fiscali oggetto delle critiche non svolgono in Svizzera un'attività improntata allo scambio di merci, o lo fanno al massimo a titolo secondario, nel qual caso i proventi sono regolarmente soggetti a imposta come per tutte le attività commerciali in Svizzera.

Globalmente, il settore delle imposte dirette, in cui rientrano anche le imposte sulle imprese, è armonizzato a livello comunitario solo a grandi linee. Non si può negare, tuttavia, una certa tendenza a un'armonizzazione (formale), come si è già accennato all'inizio. Sviluppi in questo senso potrebbero eventualmente implicare richieste dell'UE alla Svizzera e ad altri Paesi terzi anche nel quadro della cooperazione bilaterale.

Anche organizzazioni internazionali come l'OCSE cercano di influire sull'evoluzione della politica fiscale svizzera. Queste pretese o altre di natura analoga possono essere avanzate nei confronti della Svizzera sullo sfondo di qualsiasi tipo
di relazioni con l'UE (cioè sia proseguendo per la via bilaterale, sia entrando a far parte dell'UE). Neanch'esse hanno effetti diretti sulla determinazione del federalismo fiscale, dato che le raccomandazioni dell'OCSE sono vincolanti per la Svizzera solo se essa le accetta esplicitamente.

6.4.3

Strumenti inerenti all'adesione all'UE

Come si è detto in esordio (n. 6.1), per quanto concerne la fiscalità nell'UE prevale il principio dell'armonizzazione delle imposte indirette (indispensabile per il funzionamento del mercato interno e per l'abolizione delle dogane), mentre le imposte dirette in linea di massima restano escluse. Questo principio, tuttavia, conosce regolarmente delle eccezioni, dato che l'armonizzazione avviene anche nel settore delle imposte dirette (per es. con la direttiva madre-figlia 90/435, quella sulle fusioni 90/436 e il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese). Dal 1996 si constatano molto più chiaramente gli sforzi dell'UE e soprattutto della Commissione europea per giungere a una politica fiscale comune. Non si è ancora arrivati, comunque, a ricercare una piena armonizzazione dei sistemi, delle tariffe e delle basi di 103

RS 0.632.401

5467

computo. Se la Svizzera aderisse all'UE potrebbe, da un lato, beneficiare di certi vantaggi che oggi non le spettano come Paese terzo (per es. nel caso di fusioni transfrontaliere). D'altro lato, è probabile che i Cantoni dovrebbero abolire determinati provvedimenti che disciplinano la tassazione delle imprese. Anche se il federalismo fiscale sul piano sostanziale (per quanto concerne le tariffe) non ne sarebbe scalfito, le conseguenze di una tale evoluzione non andrebbero sottovalutate. Se l'eventualità di un'armonizzazione materiale delle imposte dirette riuscisse a imporsi nell'UE (al momento piuttosto remota), le conseguenze sarebbero notevoli.

In caso di adesione aumenterebbe la pressione per l'adeguamento del nostro sistema di imposizione alla fonte. Poiché la Svizzera dovrebbe fare proprio il diritto comunitario, sarebbe tenuta ad applicare la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee e la parità di trattamento e la non discriminazione dei lavoratori dell'UE nell'ambito del diritto fiscale.

Ci sarebbero conseguenze anche nel settore delle imposte indirette. Al riguardo è opportuno distinguere tra le imposte particolari sul consumo e l'imposta sul valore aggiunto.

In caso di adesione all'UE sarebbero necessari alcuni adeguamenti delle imposte particolari sul consumo (imposta sugli oli minerali, sul tabacco, sulle automobili, sulla birra e sugli alcolici)104. Trattandosi però di imposte federali, neanche in questo caso verrebbe ad essere toccato il federalismo fiscale, benché una parte del gettito fiscale da esse derivante sia destinato ai Cantoni. Una certa riserva sarebbe eventualmente opportuna per l'imposta sugli oli minerali, dei cui introiti la parte destinata ai Cantoni è relativamente cospicua. Sia detto, en passant, che le necessarie modifiche all'imposta sul tabacco e sulle automobili porterebbero a un incremento delle entrate.

L'adeguamento più rilevante in caso di adesione all'UE riguarderebbe l'imposta sul valore aggiunto. Le disposizioni di legge oggi vigenti in Svizzera per l'imposta sulla cifra d'affari sono conformi alla normativa UE nella maggior parte dei settori e solo in alcuni casi si renderebbero necessarie modifiche. Una radicale riforma riguarderebbe invece le aliquote. Gli Stati membri dell'UE sono tenuti ad applicare un'aliquota non inferiore
al 15 per cento. È consentita, tuttavia, la fissazione di una o due aliquote ridotte almeno del 5 per cento. In Svizzera si applicano attualmente aliquote del 7,6 per cento, del 3,6 per cento e del 2,4 per cento. Allo stato attuale, un innalzamento all'aliquota minima europea apporterebbe da 16 a 17 miliardi di franchi in più in entrate fiscali (nell'anno d'adozione soltanto il 75 % di questo importo).

Non è da escludere un più accentuato ricorso all'economia sommersa: altrimenti detto, potrebbe aumentare la quota di lavoro nero. Al momento sono in fase di consultazione diversi progetti di riforma della legge sull'imposta sul valore aggiunto. L'esito della riforma è ancora incerto, ma non dovrebbe influire sulla necessità di adeguamento al diritto comunitario.

104

Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, GU L 76 del 23.3.1992, pag. 1.

5468

Inoltre, nel caso di adesione all'UE si dovrebbe prevedere un calo dei proventi da altre imposte federali (per es. dalle tasse di bollo). Va anche considerato che dovrebbe essere finanziato il trasferimento netto. I pagamenti netti all'UE105 dovrebbero essere finanziati con tutta probabilità mediante maggiori entrate dell'IVA. Per mantenere l'attrattiva della piazza economica sul piano fiscale, l'onere fiscale dovrebbe essere ridotto in altri settori proporzionalmente alle maggiori entrate dell'IVA, tenendo conto dei pagamenti netti all'UE e delle minori entrate di altre imposte.

Sarebbero necessarie difficili decisioni politiche che non si possono anticipare in questa sede. Le misure di compensazione dovrebbero agire in maniera economicamente e socialmente sostenibile. In particolare, dovrebbero essere studiati accuratamente gli effetti della ridistribuzione dell'onere fiscale tra persone giuridiche e consumatori, tra redditi alti e bassi e tra i diversi Cantoni. Inoltre, ai Cantoni dovrebbero essere assicurate sempre sufficienti fonti di finanziamento.

Se invece la compensazione avvenisse agendo sulle imposte sul reddito (per esempio con la partecipazione dei Cantoni alle entrate dell'IVA e corrispondente riduzione delle imposte cantonali) le ripercussioni sul federalismo fiscale sarebbero rilevanti.

L'esame di questa variante dovrebbe avvenire in strettissima collaborazione con i Cantoni e le proposte in questo senso richiederebbero probabilmente un emendamento della Costituzione.

Se, tuttavia, questa compensazione deve agire solo a livello federale, potrebbe essere ricercata nel finanziamento delle assicurazioni sociali, utilizzando i maggiori introiti dall'IVA per ridurre le aliquote dei contributi. Si dovrebbero comunque accertare accuratamente gli effetti di una tale operazione.

Alla Svizzera dovrebbe essere concesso un periodo di transizione per questa trasformazione. Tuttavia, i pagamenti netti verrebbero probabilmente pretesi già a partire dal primo anno.

6.5

In sintesi

Sull'ordinamento finanziario dello Stato federale e sul federalismo in ambito fiscale influirebbe soprattutto un'adesione all'UE: per la valutazione della politica finanziaria degli Stati membri dell'UE si fa riferimento al saldo complessivo dei conti pubblici, incluse le assicurazioni sociali. Nel caso di un'adesione la Confederazione sarebbe responsabile di fronte all'UE del rispetto degli obiettivi prescritti (criteri relativi al disavanzo e al debito pubblico) in relazione a tutti i bilanci pubblici.

Inoltre, anche il programma di stabilità si riferisce a dati aggregati dei bilanci pubblici e non potrebbe essere stilato dalla Confederazione senza la partecipazione dei Cantoni. Dovrebbe esserci un maggiore coordinamento della politica finanziaria tra la Confederazione e i Cantoni, dato che al momento attuale non vi è un coordinamento istituzionalizzato e giuridicamente sancito sulle questioni di politica finanzia-

105

Nel Rapporto Europa 2006 si parte dall'ipotesi di un trasferimento netto di 3,34 mia. di franchi. La determinazione di questo importo dovrebbe tuttavia essere oggetto dei negoziati d'adesione.

5469

ria106, ma (solo) incontri e colloqui per uno scambio d'opinioni a livello politico e amministrativo. Contemporaneamente dovrebbe essere preservata il più possibile l'autonomia dei Cantoni sulla politica finanziaria107. Essendo molti elementi ancora indefiniti, non si può stabilire con certezza in che misura l'autonomia finanziaria dei Cantoni sarebbe compromessa dall'adesione all'UE.

La nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni mira a rafforzare il federalismo. I nuovi strumenti di perequazione (la perequazione delle risorse, quella dell'aggravio geo-topografico e di quello sociodemografico) non verrebbero messi in discussione dall'adesione all'UE, ma dovrebbero essere nuovamente regolati a causa dei rilevanti spostamenti nelle finanze di Confederazione e Cantoni.

L'adeguamento più rilevante in caso di adesione all'UE riguarderebbe le aliquote dell'imposta sul valore aggiunto. Un innalzamento delle aliquote svizzere al livello di quella minima europea odierna apporterebbe maggiori entrate fiscali per 16 o 17 miliardi di franchi. Il maggiore onere e il maggiore gettito fiscale per la Confederazione dovrebbero essere compensati in maniera sostenibile sul piano economico e finanziario e i Cantoni dovrebbero comunque disporre sempre di sufficienti fonti di finanziamento. A seconda delle misure prescelte come compensazione, dovrebbero essere studiati accuratamente anche gli effetti della ripartizione tra i Cantoni. Le decisioni in materia dovrebbero essere preparate in stretta collaborazione con i Cantoni e dovrebbero essere presumibilmente sancite da una norma costituzionale.

Nei negoziati per l'adesione si dovrebbero concordare almeno dei periodi di transizione per la modifica del sistema fiscale.

7

La politica europea della Svizzera e il sistema giudiziario

La Corte di Giustizia delle Comunità europee è uno degli organi della Comunità europea, insieme al Parlamento europeo, alla Commissione e alla Corte dei conti (art. 7 par. 1 TCE). La Corte di Giustizia (CdGCE, art. 221 seg. TCE) e il Tribunale di primo grado (TPG, art. 224 seg. TCE) come pure le camere giurisdizionali affiancate al TPG (art. 225a TCE) assumono le funzioni del potere giudiziario in questo ordinamento. Un dettagliato elenco nel TUE/TCE, lo statuto della Corte di Giustizia e i regolamenti di procedura ne disciplinano le competenze. Nell'ambito di queste competenze, secondo l'articolo 220 TCE, la CdGCE e il TPG sono chiamati ad assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del trattato.

106

Ci sono tuttavia degli abbozzi di coordinamento: nell'art. 100 cpv. 4 Cost. la Confederazione, i Cantoni e i Comuni sono chiamati a considerare la situazione congiunturale nella loro politica delle entrate e delle spese. L'art. 19 della legge federale del 7 ottobre 2005 sulle finanze della Confederazione (RS 611.0) stabilisce che il Consiglio federale coordina per quanto possibile la pianificazione finanziaria della Confederazione con quella dei Cantoni. Non esistono però organi istituzionalizzati per il coordinamento della politica finanziaria.

107 Si dovrebbe, quindi, «mediante misure idonee [...] far sì che in Svizzera tutti gli enti territoriali rispettino la debita disciplina di bilancio, cercando di mantenere il più possibile l'attuale autonomia della Confederazione e dei Cantoni in materia di politica finanziaria», Rapporto sull'integrazione 1999, pag. 333.

5470

In questa costellazione la CdGCE assume una posizione particolare tra giurisprudenza e attività normativa. Lo scopo è quello di costituire un sistema completo di protezione giuridica108 che assicuri l'effettiva protezione giudiziale dei diritti derivanti dalla legislazione comunitaria.

7.1

Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale

Nel campo d'applicazione dei Bilaterali I e II si pone la questione del tipo di collaborazione tra autorità giudiziarie e dell'estensione di tale collaborazione, soprattutto in relazione all'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) e all'Accordo sul trasporto aereo (ATA)109 nonché all'AAS: di norma, per l'esame dei ricorsi continuano ad essere competenti le autorità giudiziarie nazionali (cfr. art. 11 ALC).

Qualora sia interessato il diritto comunitario, tuttavia, nel campo d'applicazione dell'ALC e dell'ATA i tribunali svizzeri tengono conto della giurisprudenza della CdGCE emanata entro la data della firma degli Accordi (21 giugno 1999) (art. 16 par. 2 ALC, art. 1 par. 2 ATA). Le sentenze successive possono essere considerate, ma non esiste un obbligo in tal senso. Nel campo d'applicazione dell'AAS le parti si informano reciprocamente in seno al comitato misto dell'evoluzione della giurisprudenza della CdGCE e dei tribunali svizzeri ­ allo scopo di raggiungere la massima univocità possibile nell'applicazione e nell'interpretazione delle disposizioni rilevanti. In determinati casi, nell'ambito di procedimenti per un parere in via pregiudiziale, la Svizzera ha diritto di presentare alla Corte di Giustizia memorie o osservazioni scritte (art. 8 par. 2 AAS). In caso di dubbio sulle conseguenze di una sentenza deve essere interpellato il comitato misto, conformemente alle disposizioni di ciascun Accordo.

Un gruppo di lavoro dipartimentale che include anche i rappresentanti dei Cantoni sta esaminando in che modo si debba tenere conto della giurisprudenza (anche da parte delle autorità amministrative) nel settore della sicurezza sociale (ALC) e del trasporto aereo. L'Ufficio dell'integrazione DFAE/DFE coordina inoltre i lavori volti ad assicurare una prassi interpretativa trasparente delle disposizioni menzionate, rispettando anche gli interessi cantonali.

Secondo la Costituzione (art. 190 Cost.), per il Tribunale federale e per le altre autorità incaricate dell'applicazione del diritto è determinante il diritto internazionale, del quale fanno parte anche gli Accordi settoriali con l'UE. Sebbene ciò valga per i trattati veri e propri e non per la giurisprudenza relativa ai trattati, uno degli scopi della cooperazione bilaterale era e rimane proprio il fatto di non legarsi alla CdGCE.
Le sentenze della CdGCE devono tuttavia essere considerate nell'applicazione degli accordi se, per esempio, interpretano un atto del diritto derivato (sviluppo giurisprudenziale) al quale si fa riferimento negli allegati o se la giurisprudenza riguarda una disposizione degli Accordi. In realtà, il Tribunale federale non può né deve rivolger108

La tutela giuridica estesa è un principio giuridico generale che si ritrova nelle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e all'art. 6 e art. 13 CEDU. Si veda anche l'art. II-47 Cost-UE.

109 Le facoltà giurisprudenziali restano proprie dell'autonomia delle parti contraenti. I comitati misti sono fondamentalmente competenti della gestione degli Accordi, della vigilanza sull'applicazione, delle modifiche degli allegati, della composizione di controversie e dello scambio d'informazioni.

5471

si alla CdGCE nell'ambito di un procedimento per un parere pregiudiziale, come è invece previsto nell'UE, e neanche possono farlo i tribunali cantonali. La nozione di « considerare » va intesa piuttosto nel senso che i conflitti tra normative devono essere affrontati mediante una «interpretazione conforme al diritto internazionale e al diritto comunitario» e «in buona fede» (art. 26 e art. 27 della Convenzione di Vienna sui trattati): vale a dire che al diritto nazionale deve essere attribuito il significato più prossimo al senso della norma del diritto internazionale o europeo.

L'obiettivo resta la salvaguardia dell'omogeneità dello spazio giuridico. In questo senso, per quanto concerne la possibilità summenzionata che la Svizzera ha di presentare memorie o osservazioni scritte nei procedimenti per pareri pregiudiziali nell'ambito della cooperazione al sistema di Schengen, l'intento sarà anche di coinvolgere i Cantoni nelle procedure, come già avviene per la libera circolazione delle persone.

7.2

Strumenti inerenti all'adesione all'UE

7.2.1

Fondamentale sovranità degli Stati membri per le procedure e prescrizioni dell'UE

Gli ordinamenti giuridici degli Stati membri hanno il compito di garantire il funzionamento delle autorità giudiziarie per l'esecuzione del diritto comunitario. Gli Stati membri sono fondamentalmente liberi nella definizione dell'organizzazione e delle procedure. Sono fatte salve, tuttavia, alcune regole particolari dettate dal diritto comunitario.

I tribunali degli Stati membri devono garantire il primato, la validità diretta e l'immediata applicazione del diritto comunitario e rispettare i principi di protezione giuridca sviluppati dalla CdGCE. I requisiti della protezione giuridica si ispirano prevalentemente agli articoli 6 e 13 CEDU.

Nella «Carta dei diritti fondamentali dell'Unione»110 vi sono le garanzie in tal senso.

Esse includono, per esempio, la garanzia della via giudiziaria, la presunzione d'innocenza in diritto penale e il cosiddetto principio del «ne bis in idem». La CdGCE ha concretizzato il principio della via giudiziaria sancito in diverse sentenze.

Per esempio, ha definito il concetto di tribunale, precisato i requisiti relativi al potere cognitivo dei tribunali e concretizzato il divieto di discriminazione nelle procedure111.

7.2.2

Procedure al livello dell'UE

Giacché l'attuazione giudiziaria del diritto comunitario spetta in primo luogo ai tribunali degli Stati membri, a livello europeo sono previste solo procedure specifiche. La Corte di giustizia decide solo in materia di: 110

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU CE n. C 364 del 18.12.2000, pag. 1.

111 Cfr. Jacot-Guillarmod Olivier, Conséquences d'une adhésion à l'Union européenne sur l'organisation judicaire et le droit procédural suisse, in : Cottier Thomas/Kopse Alwin R.

(Hrsg.), Der Beitritt der Schweiz zur Europäischen Union. Brennpunkte und Auswirkungen, Zürich 1998, 383 segg.

5472

­

controversie di natura «costituzionale» (azioni di nullità e ricorsi per carenza di Stati membri o organi della CE, art. 230 par. 1, art. 232 par. 2 TCE; procedure d'infrazione, art. 226 e art. 227 TCE; pareri, art. 300 par. 6 TCE);

­

controversie inerenti al «diritto amministrativo» (azioni di nullità e ricorsi per carenza di privati contro organi della CE, art. 230 par. 4, art. 232 par. 3 TCE; azioni per il risarcimento dei danni, art. 235 in combinato disposto con l'art. 288 par. 2 TCE; controversie in materia di diritto del personale, art. 236 TCE);

­

richieste di pronuncia in via pregiudiziale (art. 234 TCE).

Procedura d'infrazione Ad oggi lo strumento più efficace di imposizione del diritto comunitario è costituito dalle azioni dinanzi alla CdGCE nell'ambito delle procedure d'infrazione (art. 226 TCE) e dalle sentenze pronunciate in tale contesto. La sentenza obbliga lo Stato membro a porre fine all'infrazione e a modificare la prescrizione nazionale o il provvedimento amministrativo che l'hanno causata.

Procedura per pronuncia in via pregiudiziale Certamente anche le procedure per richiedere una pronuncia in via pregiudiziale (art. 234 TCE) contribuiscono all'applicazione del diritto comunitario. La CdGCE detiene il monopolio per l'interpretazione del diritto comunitario all'interno dell'UE.

Per questo la procedura per le pronunce in via pregiudiziale è determinante per la salvaguardia dell'unità giurisprudenziale e, sempre più, come garanzia per la tutela giuridica individuale. I tribunali di ultima istanza e gli altri tribunali possono sottoporre alla CdGCE una questione di diritto, qualora nutrano forti dubbi sulla validità di un atto giuridico o applicativo (art. 234 par. 2 TCE). I tribunali nazionali di ultima istanza sono tuttavia tenuti a sottoporre alla CdGCE le questioni inerenti all'interpretazione del diritto comunitario e alla validità degli atti compiuti dalle istituzioni europee (art. 234 par. 3 TCE).

7.2.3

Conseguenze per la Svizzera in caso di adesione

7.2.3.1

Primato del diritto comunitario

Qualora la Svizzera aderisse all'UE, il diritto europeo esplicherebbe la sua validità in tutto l'ordinamento giuridico. I tribunali svizzeri di tutti i livelli sarebbero tenuti ad applicare il diritto comunitario e a tenere conto della giurisprudenza della CdGCE e del TPG. Gli atti (anche leggi federali) non compatibili con il diritto comunitario non potrebbero essere applicati. Secondo l'articolo 190 Cost. le leggi federali (e il diritto internazionale) sono determinanti. Ciò significa che il Tribunale federale, pur potendo verificare la compatibilità delle leggi federali con il diritto europeo, in presenza di incompatibilità dovrebbe tuttavia applicare la disposizione in questione.

Bisognerebbe quindi verificare se questa disposizione sia da modificare in modo da consentire il necessario controllo della normativa.

La Svizzera soddisferebbe le prescrizioni del diritto comunitario per quanto concerne il diritto processuale di Stato membro. Infatti, come Parte contraente della CEDU, deve già assicurare le garanzie che quella Convenzione prescrive. Ad oggi sono effettivamente ammesse deroghe alla garanzia procedurale nei Cantoni, ma si sup5473

pone che con la riforma giudiziaria e il nuovo articolo 29a Cost. («Garanzia della via giudiziaria») tali eccezioni diminuiranno.

Il Tribunale federale sarebbe sempre tenuto a sottoporre all'esame della CdGCE questioni interpretative del diritto comunitario per una pronuncia pregiudiziale.

Anche i tribunali cantonali potrebbero, in caso di dubbio, presentare domande alla CdGCE112. La procedura per la richiesta di pronunce pregiudiziali dovrebbe essere inclusa nel diritto processuale svizzero. Sarebbe anche possibile aggiungere nei codici di procedura civile federale e in quelli cantonali le procedure per decisioni di sospensione o di rinvio. Anche il rifiuto del rinvio in contravvenzione all'obbligo sancito potrebbe essere disciplinato esplicitamente nella legislazione federale. Infine si dovrebbe accertare l'opportunità di creare uno strumento speciale per permettere ai diretti interessati di deferire al Tribunale federale decisioni sulla conformità di una norma del diritto svizzero al diritto comunitario.

Le persone competenti a tutti i livelli giurisprudenziali dovrebbero acquisire approfondite conoscenze del diritto comunitario. Ciò sarebbe possibile mediante una formazione continua dei giudici e dei collaboratori dei tribunali, Per quanto concerne i tribunali cantonali, è tuttavia compito dei Cantoni garantirne il funzionamento.

7.2.3.2

Tendenze all'uniformazione del diritto processuale

Le tendenze all'uniformazione del diritto processuale in tutta Europa porterebbero, se la Svizzera entrasse nell'UE, a interventi nel diritto processuale di Confederazione e Cantoni, interventi che in certa misura avvengono già oggi. Per esempio, la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni sono disciplinate dalla Convenzione di Lugano113. Vi sono tentativi di uniformazione del diritto processuale europeo anche in altri ambiti del diritto comunitario. A seconda del momento in cui si compirebbe un'eventuale adesione potrebbero rendersi necessarie altre modifiche alla procedura civile o a quella penale.

7.3

In sintesi

Il proseguimento della cooperazione bilaterale o un'eventuale adesione all'UE avrebbero importanti conseguenze in ambito giudiziario: mentre con l'adesione la giurisprudenza della CdGCE diventerebbe determinante, con la cooperazione bilaterale la giurisprudenza a livello federale e cantonale rimane almeno teoricamente libera da influssi dalla giurisprudenza della CdGCE. La prassi giuridica indotta dagli Accordi settoriali mostra tuttavia che le autorità e i tribunali incaricati dell' applicazione degli Accordi seguono viepiù la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. L'influsso sul diritto svizzero va dunque oltre la semplice attività legislativa.

112 113

Cfr. Rapporto EuRéfCa 2001, 233, 244.

Convenzione del 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (RS 0.275.11).

5474

Con l'ingresso nell'UE si dovrebbe esaminare in particolare l'opportunità dei seguenti emendamenti della Costituzione e delle leggi (di Confederazione e Cantoni): ­

estensione del controllo delle norme (art. 190 Cost.) e disciplinamento della procedura per le pronunce in via pregiudiziale all'interno del diritto processuale svizzero;

­

armonizzazione delle procedure civili della Confederazione e dei Cantoni con quelle applicabili nell'UE.

Si tratterebbe inoltre di garantire sufficienti conoscenze specialistiche del diritto comunitario.

8

Cittadinanza dell'Unione e diritto di voto alle elezioni comunali

8.1

Strumenti della cooperazione bilaterale o multilaterale

Accordi settoriali per concedere ai cittadini dell'UE in Svizzera oppure agli Svizzeri nell'UE il diritto di voto a livello comunale per ora non entrano in linea di conto.

Parimenti, un simile diritto non può essere dedotto dall'Accordo sulla libera circolazione delle persone. La competenza di accordare il diritto di voto agli stranieri, e con ciò anche ai cittadini dell'UE, spetta ai Cantoni (e ai Comuni). In alcuni Cantoni e Comuni, questi diritti sono già previsti.

8.2

Strumenti di un'adesione all'UE

8.2.1

Cittadinanza dell'Unione

Il concetto della cittadinanza dell'Unione è definito nell'articolo 17 e seguenti del TCE. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

La cittadinanza dell'Unione, tuttavia, non sostituisce la cittadinanza nazionale, bensì costituisce un complemento di quest'ultima. La regolamentazione in materia di cittadinanza rimane comunque riservata agli Stati membri.

La cittadinanza dell'Unione comporta i seguenti diritti: ­

il diritto alla libera circolazione (art. 18 par. 1 TCE): ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve certe limitazioni;

­

il diritto di voto a livello comunale (art. 19 par. 1 TCE; vedi qui appresso);

­

il diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo (art. 19 par. 2 TCE): ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

­

il diritto di godere di una tutela diplomatica o consolare (art. 20 TCE): ogni cittadino dell'Unione gode della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro; 5475

­

8.2.2

il diritto di petizione e il diritto di rivolgersi a un mediatore (art. 21 TCE): ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di petizione e il diritto di rivolgersi al mediatore istituito dal Parlamento europeo (Ombudsman). Questi diritti non si applicano solo ai cittadini dell'Unione ma anche alle persone fisiche o giuridiche che hanno la residenza o la sede in uno Stato membro.

Diritto di voto a livello comunale (art. 19 TCE)

Ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Il diritto comunitario non prevede dunque l'armonizzazione dei sistemi elettorali degli Stati membri.

In tal senso, il diritto di voto a livello comunale costituisce un'applicazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione tra cittadini e non cittadini dell'Unione nonché un corollario del diritto alla libera circolazione. Tuttavia, certe eccezioni riguardanti il principio della parità di trattamento sono possibili. Norme più esplicite riguardanti il diritto di voto a livello comunale sono contenute nella direttiva 94/80/CE del Consiglio, del 19 dicembre 1994, che stabilisce le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza114.

La direttiva 94/80/CE permette l'introduzione di deroghe ai principi generali, qualora ciò sia giustificato da problemi specifici di uno Stato membro. Per esempio, qualora la percentuale dei cittadini dell'Unione che risiedono in un determinato Stato membro senza averne la cittadinanza e che sono in possesso del diritto di voto superi il 20 per cento del totale di tutti i cittadini dell'Unione ivi residenti e aventi diritto di voto (art. 12 della direttiva 94/80/CE). Inoltre, la presente disposizione derogatoria della direttiva non consente di escludere sostanzialmente il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni. Esiste soltanto la possibilità di rendere più severi i requisiti relativi alla durata della residenza.

Per quanto riguarda l'applicabilità del diritto di voto a livello comunale, risulta particolarmente interessante chiedere a quali enti essa si riferisce. Infatti, la direttiva 94/80/CE concede agli Stati membri un certo spazio di manovra. Ai sensi dell'articolo 2 paragrafo 2 lettera a della presente direttiva fanno parte degli enti locali di base in cui si applica il diritto di voto a livello comunale per i cittadini dell'Unione, «gli enti amministrativi riportati in allegato [della direttiva] che, a norma della legislazione di ciascuno Stato membro, dispongono di organi eletti a suffragio
universale diretto e sono competenti ad amministrare, al livello di base dell'organizzazione politica ed amministrativo dello Stato, determinati affari locali sotto la propria responsabilità». Di conseguenza si può partire dal presupposto che con il termine «enti locali» s'intendono almeno gli organismi con compiti di diritto pubblico a livello comunale115.

114

Per spiegazioni più dettagliate a proposito si consulti il Rapporto EuRéfCa 2001, 209, 216 segg.

115 Rapporto EuRéfCa 2001, 218.

5476

8.2.3

Ripercussioni sulla Svizzera

Il diritto di voto a livello comunale ancorato nel Trattato CE è l'espressione di un'idea democratica nonché di un'idea di carattere politico-integrativo. Infatti, l'obiettivo è di avvicinare a livello comunale i cittadini di un altro Stato membro e di offrire, nel caso ideale agli interessati stessi, la possibilità di partecipare alle decisioni politiche che ad ogni modo dovranno essere prese in funzione delle esigenze dei cittadini. Con l'adesione della Svizzera all'UE, occorrerebbe adottare per l'intero l'acquis comunitario, in particolare il diritto primario e secondario, integrandolo nella legislazione nazionale e concedendo in tal modo ai cittadini dell'Unione il diritto di voto a livello comunale. Considerando che la competenza di accordare tale diritto spetta ai Cantoni (art. 39 cpv. 1 Cost.), l'adesione all'UE comporterebbe dunque un'ingerenza nella loro autonomia costituzionale.

Comunque, il diritto di voto ancorato nel Trattato CE si riferisce unicamente alle elezioni comunali; non riguarda quindi le votazioni che in Svizzera si svolgono con maggiore frequenza. Ciò non esclude tuttavia che i Cantoni possano conferire il diritto di partecipare alle votazioni anche ai cittadini dell'Unione oppure che possano concedere il diritto di voto a livello comunale anche ai cittadini di Paesi terzi (esistono già disposizioni in merito nei Cantoni di Friburgo, Appenzello Esterno [delega ai Comuni], Grigioni [delega ai Comuni], Vaud, Neuchâtel [senza eleggibilità] e Giura).

Secondo quanto previsto dall'articolo 12 paragrafo 4 della direttiva 94/80/CE, gli Stati membri che adottano la disposizione derogatoria ai sensi del paragrafo 1 forniscono alla Commissione tutti gli elementi giustificativi necessari. Il Lussemburgo116 è l'unico Stato membro che si è avvalso di una deroga sulla base dell'articolo 12 paragrafo 1 e che limita il diritto di voto ai cittadini dell'Unione che non hanno la cittadinanza lussemburghese, richiedendo che abbiano avuto il domicilio legale sul proprio territorio per almeno cinque anni prima dell'iscrizione. Per quanto riguarda il diritto di voto passivo, il Lussemburgo lo subordina per i cittadini dell'Unione che non hanno la cittadinanza lussemburghese alla condizione di aver risieduto sul territorio del Lussemburgo per almeno cinque anni prima di presentare la loro candidatura.

Qualora la Svizzera intenda applicare questa deroga, potrà contrattarla nel quadro dei negoziati d'adesione fornendo i rispettivi dati.

8.3

Conclusione

L'introduzione del diritto di voto a livello comunale per i cittadini dell'Unione comporterebbe un'ingerenza nell'autonomia dei Cantoni, ossia in un campo di competenza che costituisce una parte fondamentale dell'autonomia cantonale e come tale è ancorato nella coscienza dei cittadini. I Cantoni disciplinano l'esercizio dei diritti politici sul piano cantonale e comunale conformemente all'articolo 39 capoverso 1 della Costituzione federale. L'obbligo di introdurre il diritto di voto a livello comunale per i cittadini dell'UE spetterebbe quindi sostanzialmente ai Cantoni.

Tuttavia, in occasione di una votazione sull'adesione, si potrebbe ancorare esplici116

La direttiva contiene una disposizione facoltativa per il Belgio, esplicitamente prevista all'articolo 12 paragrafo 2.

5477

tamente nella Costituzione federale per motivi di trasparenza l'introduzione del diritto di voto a livello comunale per i cittadini dell'UE117.

Nel quadro di eventuali negoziati di adesione all'UE esisterebbe la possibilità di contrattare una deroga oppure di negoziare un disciplinamento transitorio che permetterebbe ai Cantoni di introdurre gradualmente il diritto di voto.

9

Riflessioni conclusive

9.1

Politica europea intesa come politica di salvaguardia degli interessi

Gli strumenti a disposizione della Svizzera per sviluppare le relazioni future con l'UE e per perseguire gli obiettivi della sua politica europea sono numerosi118. Per quanto riguarda l'uso di questi strumenti della politica europea si pone la domanda su come salvaguardare e difendere nel migliore dei modi gli interessi ideali e materiali della Svizzera.

Nel suo Rapporto Europa 2006, il Consiglio federale giunge alla conclusione che da un lato gli accordi attualmente esistenti, continuamente riadattati e completati a seconda delle nuove esigenze e dall'altro le politiche autonome della Svizzera costituiscono i mezzi migliori per salvaguardare gli interessi della Svizzera119. Questa valutazione è subordinata alla riserva ­

primo che per salvaguardare gli interessi svizzeri nel migliore dei modi sia indispensabile verificare e migliorare costantemente gli strumenti e

­

secondo che la continuazione della collaborazione bilaterale sia legata a certi requisiti come la partecipazione efficace ai processi decisionali, la fattibilità in materia di politica estera (che potrà essere influenzata positivamente p.es.

tramite un contributo della Svizzera alla riduzione delle disparità sociali ed economiche in Europa) nonché le condizioni quadro economiche.

Le autorità svizzere devono reagire in modo coordinato e coerente alle sfide risultanti dagli sviluppi del diritto comunitario, sia al livello amministrativo interno, sia tra i vari livelli dello Stato federale e tra i diversi poteri (Governo ­ Parlamento ­ Tribunali). Ciò significa che lo sviluppo e la realizzazione di procedure di consultazione e di partecipazione a livello nazionale acquistano un maggior significato indipendentemente dalla forma di collaborazione con l'UE.

117 118 119

Vedi la disposizione costituzionale proposta, Rapporto EuRéfCa 2001, 229.

Vedi Rapporto Europa 2006, FF 2006 6237 segg.

Vedi Rapporto Europa 2006, FF 2006 6386.

5478

9.2

Compatibilità tra federalismo e collaborazione a livello europeo

Dai chiarimenti in merito a possibili forme di collaborazione a livello comunitario e all'atteggiamento dell'UE nei confronti del federalismo risulta che il sistema federale a tre livelli costituisce una sfida ma non un ostacolo per la continuazione della collaborazione tra la Svizzera e l'UE.

Sostanzialmente l'UE lascia agli Stati membri la massima libertà nell'organizzare le proprie strutture statali. Attraverso i Trattati di Maastricht, Amsterdam e poi Nizza la posizione degli Stati federati («delle regioni») è stata tendenzialmente rafforzata all'interno delle istituzioni dell'UE. Tra gli Stati membri dell'UE ci sono sia Stati federalisti (Germania, Austria e Belgio) sia Stati centralisti. Per quanto riguarda questi ultimi, da circa vent'anni si è potuta riscontrare una certa tendenza alla decentralizzazione (Francia, Regno Unito) o addirittura al federalismo (Spagna e Italia).

Quindi, nel caso di un'eventuale adesione all'UE, la struttura federativa della Svizzera non comporterebbe alcuno svantaggio. Anzi: la ripartizione del potere, la flessibilità e la vicinanza ai cittadini garantite dal federalismo costituirebbero una «dote» assai preziosa.

Il federalismo potrebbe permettere alla Svizzera di difendere meglio i suoi principi federalistici nella discussione sulla futura organizzazione dell'UE. D'altronde, per quanto riguarda la questione di un'ulteriore centralizzazione delle competenze delle autorità dell'UE, l'esperienza dimostra che l'atteggiamento degli Stati membri non dipende dalla loro organizzazione interna; infatti, confrontando gli Stati centralisti con gli Stati federalisti risulta che questi ultimi, trattandosi di definire le competenze delle autorità comunitarie, in sostanza, non ragionano con maggior prudenza sulla questione dell'autonomia.

9.3

Soluzioni su misura

Stati federali come la Germania, l'Austria e il Belgio hanno sviluppato soluzioni individuali per affrontare le sfide risultanti dall'adesione all'UE e per applicare e sviluppare con successo le proprie strutture federaliste: la Germania tramite un sistema decisionale caratterizzato dalla seconda Camera (Bundesrat) e dai governi dei Länder, l'Austria tramite la collaborazione tra le autorità esecutive dei suoi nove Stati federati (Länder), e il Belgio, trattandosi di questioni di politica estera, tramite la stretta cooperazione tra le sue quattro regioni o comunità e le autorità federali.

In un passato più recente, queste tre nazioni sono state fonte ispiratrice tra l'altro per l'elaborazione della legge federale sulla partecipazione dei Cantoni alla politica estera della Confederazione. Tenuto conto delle diversità e delle specifiche circostanze, le loro soluzioni, tuttavia, non sono applicabili alla Svizzera in misura identica. Queste diversità comprendono per esempio: ­

un numero differente di Stati federati (3 rispettivamente 4 in Belgio, 9 in Austria e 16 in Germania contro i 26 in Svizzera)

­

una posizione differente della seconda Camera rispetto alla prima (in Svizzera, contrariamente agli altri tre Stati, le Camere sono equiparate)

5479

­

una ripartizione differente dei compiti tra i livelli (a differenza degli altri tre Stati, partecipazione elevata alle spese e ai guadagni nonché autonomia finanziaria dei Cantoni e dei Comuni);

­

un grado differente d'interdipendenza dei compiti tra i tre livelli (forte in Svizzera e in Germania, piuttosto debole in Austria e in particolare in Belgio).

Per questa ragione la Svizzera dovrà sviluppare soluzioni innovative che tengano conto delle specifiche peculiarità istituzionali. A seconda dei casi, la Svizzera potrà presentarle nel quadro di eventuali negoziati di adesione e provvedere al loro inserimento nell'atto di adesione. Ciò vale in particolare per i periodi transitori necessari.

9.4

Conseguenze generali

A causa delle strette relazioni politiche, economiche e ­ in base agli accordi ­ giuridiche tra la Svizzera e l'UE nonché della posizione geografica della Svizzera, l'Unione europea e l'acquis comunitario acquistano un'importanza sempre maggiore per la Svizzera. Ciò comporta tendenzialmente un adeguamento della legislazione nazionale e dell'applicazione del diritto nazionale alle normative comunitarie ­ attraverso la cosiddetta «attuazione autonoma», nonché l'ulteriore sviluppo o la conclusione di nuovi accordi. Si può parlare dunque di «un'europeizzazione» del diritto svizzero.

A differenza della continuazione della cooperazione bilaterale, l'adesione all'UE comporterebbe una limitazione più evidente e di più ampia portata delle competenze legislative della Confederazione e dei Cantoni dovendo ottemperare all'obbligo di adottare l'acquis comunitario in maniera sistematica. Di conseguenza, la Svizzera non avrebbe più lo stesso spazio di manovra per valutare «l'opportunità» di recepire una direttiva; le rimarrebbe invece la facoltà di scegliere la forma e i mezzi di attuazione. La riduzione di questo spazio di manovra verrebbe compensato tramite la piena garanzia dei diritti di codecisione al processo legislativo comunitario.

Ambo gli strumenti comportano uno spostamento delle competenze: una spinta alla centralizzazione oppure uno spostamento del potere, dal livello cantonale al livello federale e sopranazionale, nonché dal livello parlamentare al livello esecutivo. Sia la collaborazione bilaterale sia un'eventuale adesione all'UE comportano, rispettivamente comporterebbero, molteplici conseguenze per il federalismo. Tali conseguenze riguardano in particolare ­

la partecipazione dei Cantoni alla politica estera, rispettivamente alla politica dell'UE,

­

i rispettivi settori di compiti (soltanto compiti settoriali trattandosi di cooperazione bilaterale, conseguenze più vaste in caso di adesione all'UE),

­

l'attuazione degli accordi internazionali da parte dei Cantoni e

­

una collaborazione più intensa tra Confederazione e Cantoni nella pianificazione finanziaria e nel coordinamento finanziario.

5480

Indipendentemente dalla scelta degli strumenti è dunque indispensabile che i diritti di partecipazione dei Cantoni a livello europeo e con ciò la trasparenza nelle procedure vengano garantiti e che la coerenza della posizione svizzera sia nel contempo tutelata.

9.5

Maggior necessità di adeguamento a tutti i livelli statali

La regolamentazione della cooperazione con l'UE non costituisce l'unica sfida per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni. L'ordinamento federalista è sfidato da ben altri sviluppi come dalla crescente complessità dei compiti spettanti allo Stato, dall'elevata mobilità delle persone e del capitale, dalla separazione geografica di competenza materiale ed effetto decisionale, dalla necessità di cooperare nelle agglomerazioni urbane (anche a livello transfrontaliero), dalla necessità di agire con rapidità e in modo orientato alla soluzione dei problemi ecc. I Cantoni hanno già reagito a queste sfide e compiuto notevoli sforzi in tal senso realizzando riforme costituzionali, governative e amministrative e rafforzando inoltre la cooperazione intercantonale (in parte coinvolgendo anche i Parlamenti).

9.6

Adeguamenti progressivi

Attualmente, non vi è un urgente bisogno di riforme. Bisognerà invece procedere gradualmente. Intanto, con la Nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC) è stato avviato un progetto di riforma che manterrà la sua validità anche nel caso di una intensificazione della cooperazione con l'UE. Infatti, oltre a rafforzare la cooperazione intercantonale, questo progetto promuove anche la cooperazione tra Confederazione e Cantoni corrispondendo in tal modo alle esigenze legate agli strumenti qui discussi. Il progetto viene completato in particolare dalle esperienze raccolte nel quadro dell'attuazione e dello sviluppo degli Accordi di associazione a Schengen/Dublino. Per questa ragione, modifiche al sistema vanno apportate unicamente se ritenute utili o semmai assolutamente necessarie e, per esempio in quest'ultimo caso, ancora prima di aderire all'UE o almeno parallelamente ad un'eventuale adesione. Un graduale avanzamento permetterà di raccogliere esperienze in particolare riguardo all'applicazione, all'attuazione e allo sviluppo degli Accordi bilaterali I e II e di tenerne conto quando si tratterà di compiere ulteriori passi sulla via delle riforme. Del resto, nuovi sviluppi all'interno dell'UE come la discussione sul Trattato costituzionale richiedono di tanto in tanto una rivalutazione della situazione e della necessità di nuove riforme offrendo inoltre l'opportunità di un approfondimento delle tematiche relative al federalismo (come in passato l'introduzione del principio di sussidiarietà).

Finora, il regime di cooperazione bilaterale ha lasciato alla Confederazione e ai Cantoni sufficienti margini di manovra. Tuttavia, l'estensione dei campi di applicazione della cooperazione bilaterale, l'aumento tendenziale delle norme di delegazione e la decisione relativa all'adeguamento al diritto comunitario comportano una graduale limitazione delle competenze legislative della Confederazione e dei Cantoni nonché dei loro margini di manovra. Negli ultimi anni, la verifica dell'incidenza

5481

del diritto europeo nonché degli accordi Svizzera-UE su eventuali disegni di legge ­ prevista dalla procedura legislativa ­ ha acquisito importanza crescente.

Sullo sfondo di queste riflessioni e con lo sguardo rivolto all'attuale situazione si potrebbe discutere la necessità di adottare le seguenti misure per adeguare il federalismo alla realtà politica europea: ­

La ripartizione dei compiti va costantemente verificata coinvolgendo anche i Cantoni. In questo senso acquisterà maggior significato il principio di sussidiarietà (vedi il nuovo articolo 5a e l'articolo 43a della Costituzione federale).

­

I diritti di codecisione dei Cantoni (e dei Parlamenti) vanno garantiti a livello europeo salvaguardando nel contempo la posizione unitaria della Svizzera. In questo contesto diventa assolutamente necessario che il flusso delle reciproche informazioni fra Confederazione e Cantoni avvenga senza difficoltà. Al fine di garantire la tutela dei diritti di presa di posizione si dovranno utilizzare ancora meglio le rispettive strutture e procedure nazionali nelle commissioni parlamentari e nell'ambito della Conferenza dei governi cantonali (ossia delle Conferenze dei direttori). All'occorrenza, ciò potrebbe avvenire anche attraverso l'elaborazione di un accordo di cooperazione fra Confederazione e Cantoni, che potrebbe riferirsi alle procedure previste dall'accordo d'associazione firmato a Schengen/Dublino. Inoltre bisognerà verificare l'opportunità di integrare delegati all'informazione dei Cantoni anche in altri Dipartimenti.

­

Un ruolo importante in materia di politica europea viene svolto dalla formazione e dalla formazione continua per i diversi attori federali e cantonali che operano a livello amministrativo, parlamentare e giudiziario. Del resto, si può fare appello alle esperienze raccolte in merito da altri Stati federali (p.es.

organizzando seminari di diritto comparato).

­

Tutti gli organi statali, ossia anche quelli a livello cantonale e comunale, hanno il compito di verificare nel quadro delle loro competenze l'adempimento degli impegni contrattuali relativi al potere legislativo e all'applicazione del diritto assunti nei confronti dell'UE. Ciò comporterà per i Cantoni l'esigenza di possedere elevate conoscenze in materia di diritto comunitario nonché di dar prova di efficienza amministrativa e di capacità di coordinamento. Quest'ultimo requisito riguarderebbe pertanto anche gli organi intercantonali (Conferenza dei direttori cantonali e Conferenza dei governi cantonali). La Confederazione è responsabile della politica estera. Per quanto riguarda l'applicazione del diritto internazionale nonché gli impegni contrattuali nei confronti dell'UE, la Confederazione potrebbe ricorrere per esempio a strumenti di cooperazione oppure ad accordi fra Confederazione e Cantoni.

Dal punto di vista del federalismo, l'adesione all'UE comporterebbe la necessità di nuove riforme a causa dell'aumento indispensabile delle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto. Al momento attuale, un rialzo delle aliquote svizzere ossia un allineamento alle aliquote minime applicate nell'UE genererebbe entrate supplementari per la Confederazione tra i 16 e i 17 miliardi di franchi. L'aumento della pressione fiscale, ossia le entrate supplementari della Confederazione andrebbero compensati in maniera accettabile dal punto di vista economico e sociale, lasciando inoltre ai Cantoni sufficienti fonti di finanziamento. Il tutto andrebbe ancorato a 5482

livello costituzionale. Nel quadro di eventuali negoziati di adesione bisognerebbe perlomeno fissare dei periodi di transizione per la riorganizzazione del sistema fiscale. La preparazione delle decisioni in materia di politica finanziaria e fiscale sarà comunque un'attività da svolgere congiuntamente ai Cantoni. Tuttavia, la Nuova impostazione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni (NPC) è stata concepita in modo tale da non necessitare una rielaborazione fondamentale nel caso di un'eventuale adesione all'UE da parte della Svizzera. Per contro, risulta difficile valutare gli effetti degli strumenti della politica europea sulla concorrenza fiscale oppure sul federalismo fiscale.

La continuazione della cooperazione con l'UE esige comunque una cultura di maggiore consultazione (tra Confederazione e Cantoni nonché tra i Cantoni stessi ossia tra gli organi intercantonali istituiti a tale proposito) e l'attuazione rapida e uniforme anche negli ambiti di competenza cantonale. Presso i Cantoni si farà sentire una maggiore necessità di adeguamento. Sarà dunque necessario creare le migliori premesse possibili affinché la Confederazione e i Cantoni possano comunicare fra loro in modo finalizzato e costruttivo in tempi brevi, e i Cantoni possano contribuire al dialogo fornendo il proprio know how e dando prova di volontà politica e di vicinanza al cittadino. In tal modo sarà possibile rendere meno arduo il percorso volto a regolare i rapporti con l'UE. Passi promettenti sono già stati compiuti nel quadro dei negoziati bilaterali I e II nonché dell'attuazione e dell'ulteriore sviluppo degli accordi (in particolare nell'ambito della cooperazione Schengen). Il federalismo cooperativo rappresenta quindi una condizione quadro importante per regolare i rapporti con l'UE. Queste esperienze e l'impegno dei Cantoni nell'ambito dello studio «EuRéfCa» offrono al Consiglio federale una solida base di partenza. Traendo dunque vantaggio dall'efficienza del sistema federalistico, sarà possibile compiere ulteriori passi verso l'approfondimento dei rapporti con l'UE e, in pari tempo, tali sviluppi condurranno a loro volta al rafforzamento del federalismo.

5483

Allegato Tabella 1 Saldi contabili dei bilanci pubblici Saldo Confederazione

Saldo Cantoni

Saldo Comuni

Saldo Ass. sociali

Saldo Stato

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005* 2006*

­0.8 ­0.3 ­0.5 ­0.7 ­0.5 ­0.6 0.4 0.1 0.1 ­0.1 ­0.2 ­1.2 ­1.4 ­2.7 ­1.9 ­1.3 ­1.5 ­1.5 0.0 ­0.8 0.9 ­0.4 ­0.1 ­0.9 ­0.8 0.1 0.4

­0.1 ­0.2 ­0.3 ­0.3 ­0.1 0.1 0.2 0.2 0.2 ­0.1 ­0.6 ­1.1 ­1.2 ­1.5 ­1.0 ­0.5 ­0.6 ­0.8 ­0.3 0.2 0.6 0.3 ­0.1 ­0.5 ­0.2 0.1 0.4

0.3 0.1 ­0.2 ­0.2 0.0 0.1 0.1 0.2 0.0 ­0.1 ­0.3 ­0.6 ­0.7 ­0.3 ­0.2 ­0.2 ­0.1 ­0.2 ­0.1 0.2 0.4 0.3 0.3 0.0 0.1 0.2 0.3

0.5 0.8 0.5 0.4 0.2 0.4 0.5 0.6 0.7 1.0 0.8 0.7 ­0.1 0.7 0.1 ­0.1 0.0 ­0.3 ­0.4 ­0.1 0.3 ­0.2 ­0.4 0.0 ­0.3 ­0.2 0.0

­0.2 0.4 ­0.5 ­0.8 ­0.4 ­0.1 1.2 1.2 1.0 0.8 ­0.2 ­2.2 ­3.5 ­3.9 ­3.0 ­2.1 ­2.3 ­2.7 ­0.7 ­0.6 2.2 0.0 ­0.3 ­1.4 ­1.3 0.1 1.1

Media

­0.7

­0.3

­0.1

0.4

­0.6

Dati in % del PIL. ­ * dati basati in parte su valutazioni Fonte: AFF

5484

Tabella 2 Tasso di indebitamento degli enti pubblici

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005* 2006*

Confederazione

Cantoni

Comuni

Stato

17.3 16.1 16.0 15.6 16.0 16.2 15.3 14.6 14.0 12.7 11.8 12.8 15.8 18.4 19.9 21.5 23.0 24.5 27.0 24.7 25.3 25.0 28.4 28.5 28.3 28.6 26.1

12.2 11.7 11.9 12.1 11.8 11.4 11.1 10.9 10.6 9.9 9.3 10.1 11.5 13.0 13.9 14.2 15.0 15.6 16.1 15.7 15.4 16.3 17.0 17.9 18.0 16.1 15.0

12.6 11.7 11.4 11.5 11.0 10.5 10.2 10.0 9.6 9.3 8.9 9.0 9.6 9.8 9.8 9.9 10.0 10.0 9.9 9.7 9.1 9.0 8.9 9.0 8.8 8.4 7.8

42.1 39.4 39.2 39.2 38.8 38.1 36.6 35.6 34.3 31.9 29.9 31.9 36.8 41.1 43.6 45.6 48.1 50.1 52.9 50.1 49.9 50.4 54.4 55.3 55.1 53.1 48.9

Dati in % del PIL. ­ * dati basati in parte su valutazioni Fonte: AFF

5485

5486