06.099 Messaggio sulla continuazione della cooperazione con gli Stati dell'Europa orientale e della CSI del 15 dicembre 2006

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale sul credito quadro per la continuazione della cooperazione con gli Stati dell'Europa orientale e della CSI (IV credito quadro).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 dicembre 2006

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2005-2671

521

Compendio Il 24 marzo 2006 il Parlamento ha rinnovato la base legale che garantisce il proseguimento della cooperazione con l'Europa orientale e con la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). La nuova legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est1 sostituisce il decreto federale di obbligatorietà generale del 19952 (in vigore fino al 2008) e proroga di dieci anni la base legale per la cooperazione con l'Est. In base all'articolo 10 della legge federale, le Camere approvano i mezzi necessari alla cooperazione con l'Est sotto forma di crediti quadro pluriennali.

Con il presente messaggio il Consiglio federale propone al Parlamento il IV credito quadro di 650 milioni di franchi per la prosecuzione del sostegno alla transizione nel quadro della cooperazione con l'Est per il periodo dal 2007 al 2010. Gli obiettivi principali della cooperazione con l'Est restano il sostegno alla transizione a sistemi pluralistici democratici e il consolidamento di uno sviluppo economico conforme ai principi dell'economia di mercato, sociali e ecologici. Sostenendo uno sviluppo duraturo e pacifico nell'Europa dell'Est, la Svizzera contribuisce in maniera significativa alla stabilità e alla sicurezza nei Paesi europei limitrofi. Se si tiene conto dell'impegno internazionale e della spartizione degli oneri a livello europeo, questo impegno corrisponde al principio del «partenariato solidale», un principio esposto esplicitamente nella legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est3. Questa cooperazione corrisponde anche alla moderna percezione della tutela degli interessi nella politica estera grazie ad una maggiore collaborazione ed integrazione internazionali.

Il contributo alla trasformazione dell'Europa orientale rientra dunque negli interessi nazionali: la vicinanza geografica rende particolarmente ovvio l'interesse del nostro Paese a processi di transizione con esito positivo e pacifici. La presenza in Svizzera di gruppi a volte molto numerosi di immigrati dall'Europa dell'Est, ma anche il movimento migratorio in generale, e gli interessi economici in questo mercato con opportunità di crescita, sono motivi importanti per la prosecuzione dell'impegno svizzero. Anche il mantenimento dell'importanza del gruppo di voto presieduto dalla Svizzera in seno alla Banca mondiale,
al Fondo monetario internazionale (FMI) e alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) cui appartengono numerosi Paesi partner dell'Europa dell'Est.

Il 1° maggio 2004 otto Paesi dell'Europa dell'Est hanno aderito all'Unione europea (UE) insieme a Malta e Cipro. Questo passo storico rappresenta il superamento definitivo della pluriennale scissione dell'Europa. Per i Paesi che si sono lasciati alle spalle il regime comunista, l'adesione all'UE rappresenta la fine di una lunga e difficile ristrutturazione della società e dei processi di transizione politici, economici e sociali. Fino alla metà degli anni Novanta, i membri comunitari dell'Europa centrale e quelli baltici sono stati i primi Paesi partner della cooperazione svizzera 1 2 3

522

FF 2006 3273 RS 974.1 FF 2006 3273 (art. 3)

con l'Est e dimostrano il successo delle riforme. Il 12 maggio 2004 il Consiglio federale ha deciso che la Svizzera parteciperà alle spese dell'allargamento dell'UE con un miliardo di franchi. Questo contributo alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'Unione europea allargata verrà proposto in un messaggio a parte al fine di mantenere chiaramente separato il tradizionale sostegno alla transizione proposto con il presente messaggio nell'ambito della cooperazione con l'Est dal nuovo «contributo all'allargamento». L'apertura di due crediti quadro distinti è dovuta alle differenze tra i due progetti, cioè la durata dell'applicazione, gli obiettivi e i mandati di attuazione: mentre la cooperazione con i Paesi dell'Est vuole prima di tutto favorire la transizione alla democrazia ed all'economia sociale di mercato, il contributo alla coesione serve a superare le disparità regionali nell'UE allargata.

La decisione del Consiglio federale di finanziare il contributo all'allargamento senza ricorrere al budget della Confederazione, cioè con compensazioni parallele nella cooperazione con i Paesi dell'Est, ha suscitato un ampio dibattito politico e svariati interventi parlamentari. Il credito d'impegno di 650 milioni di franchi proposto, destinato alla prosecuzione di questa operazione per i prossimi quattro anni, tiene conto di queste compensazioni. D'altronde il finanziamento del contributo all'allargamento dell'UE non deve pesare sulla cooperazione allo sviluppo con i Paesi del Sud. Tuttavia le risorse pubbliche destinate alla cooperazione allo sviluppo registreranno inevitabilmente una diminuzione, dato che più del 90 per cento delle misure classiche di cooperazione tradizionale con i Paesi dell'Est rientra nella cooperazione pubblica allo sviluppo, mentre il contributo all'UE allargata ufficialmente non ne fa parte.

Le difficoltà finanziarie che ne derivano comportano che la cooperazione con i Paesi dell'Est nei prossimi quattro anni sarà incentrata ancor più su priorità geografiche: i programmi in corso in Bulgaria e Romania verranno progressivamente smantellati, come succederà per quelli svolti in Russia. Durante il periodo coperto dal IV credito quadro, la cooperazione con i Paesi dell'Est continuerà comunque ad interessare le stesse regioni: i Balcani occidentali, il Caucaso meridionale
e l'Asia centrale. Le priorità tematiche verranno anch'esse riconsiderate. Una maggiore concentrazione delle attività è d'altronde conforme a quanto auspicato in un'importante raccomandazione riportata nella valutazione esterna «Bilancio di più di dodici anni di cooperazione con i Paesi dell'Est»4, fatta redigere nel 2003.

Per il resto, il testo del presente messaggio si basa in ampia parte sul messaggio del 31 marzo 2004 concernente il proseguimento della cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est e della CSI approvato dal Consiglio federale e rinviato dal Parlamento. A causa delle incertezze sul contributo all'UE allargata, con un decreto federale il Parlamento aveva prorogato di due anni il terzo credito quadro vigente il 4 ottobre 2004, aumentandolo di 400 milioni di franchi. Questi mezzi nel 2007 saranno completamente vincolati. Dal 1990 il Parlamento ha messo a disposizione

4

Il difficile cammino verso la democrazia e l'economia di mercato ­ Bilancio di dodici anni di cooperazione con i Paesi dell'Est (allegato 10).

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3450 milioni di franchi grazie a tre crediti quadro e tre crediti aggiuntivi per la ristrutturazione politica, economica e sociale nell'Europa dell'Est.

Oggi si può constatare che il memorabile compito di sostenere gli Stati dell'Europa orientale nel processo di riforma non è ancora terminato e che si impone la prosecuzione della cooperazione. Come confermato dal bilancio estero del 2003, nonostante il notevole impegno profuso, la riforma politica ed economica dell'Europa orientale non è ancora conclusa. Conflitti armati e continue crisi economiche hanno fatto regredire notevolmente questi Paesi ed il reddito pro capite è sceso in parte al di sotto dei livelli del 1990, cioè prima della caduta del muro di Berlino.

Nel quadro dell'«agenda incompiuta della transizione» descritta nel messaggio, nel prossimo periodo di credito i punti prioritari saranno quattro: stabilità e «governance», riforme strutturali economiche e sviluppo dei redditi, infrastrutture e risorse naturali, riforme sociali e nuova povertà. Le priorità verranno suddivise per argomenti e regioni geografiche nell'ambito di programmi regionali e strategie di cooperazione nazionali nei Paesi principali.

La cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est è condotta dalla DSC e dalla SECO.

La DSC si concentra sulla collaborazione tecnica, mentre la SECO ha il compito di seguire la cooperazione economica e finanziaria. Il DFAE invece si occupa del coordinamento generale. Uffici comuni nei singoli Paesi realizzano progetti concreti con i quali raggiungere gli obiettivi in stretta collaborazione con i partner locali.

524

Indice Compendio

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Abbreviazioni

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1 Situazione iniziale e condizioni quadro 1.1 Politica finanziaria 1.2 Analisi della situazione e motivo della richiesta finanziaria 1.3 Importanza del progetto da finanziare 1.4 Interesse della Svizzera al progetto 1.4.1 Gli obiettivi e gli interessi di politica estera 1.4.1.1 Promuovere la sicurezza e il benessere in Europa 1.4.1.2 Stabilità e governance: sviluppare Stati di diritto democratici 1.4.1.3 Rafforzare i rapporti di economia estera 1.4.1.4 Aiutare la transizione economica e lo sviluppo sociale 1.4.1.5 Ridurre la pressione dei flussi migratori 1.4.1.6 Consolidare la protezione dell'ambiente e la sostenibilità 1.4.2 Contributi alla transizione e contesto multilaterale 1.4.2.1 Gli obiettivi del millennio anche nei Paesi dell'Est 1.4.2.2 Rafforzare la comunità di diritto e dei valori 1.4.2.3 Collaborare con le istituzioni finanziarie internazionali 1.4.2.4 Assicurare il coordinamento della cooperazione 1.4.3 Prospettive

528 528 529 531 532 532 533

2 Contenuto del decreto federale sul IV credito quadro 2.1 Proposta del Consiglio federale 2.2 Motivazione della proposta 2.3 Il nuovo credito quadro: impostazione strategica della cooperazione con l'Europa orientale nel 2007­2010 2.3.1 Bilancio di 12 anni di cooperazione 2.3.2 Strategie e obiettivi 2.3.3 Principi e strumenti 2.3.4 Priorità della cooperazione con i Paesi dell'Est 2.3.4.1 Governance, stabilizzazione, democrazia e sicurezza 2.3.4.2 Riforme strutturali, crescita economica e aumento del reddito 2.3.4.3 Infrastrutture e risorse naturali 2.3.4.4 Riforma sociale e nuova povertà 2.3.5 Priorità e programmi regionali 2.3.5.1 Europa sudorientale 2.3.5.2 Comunità di Stati indipendenti (CSI) 2.3.6 Attuazione 2.3.6.1 Organizzazione e rete delle rappresentanze 2.3.6.2 Partner e istituzioni 2.3.6.3 Garanzia di qualità: controllo della gestione e valutazione

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3 Ripercussioni 3.1 Per le finanze della Confederazione 3.2 Per l'effettivo del personale federale 3.3 Per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni 3.4 Per l'economia

564 564 565 565 565

4 Programma di legislatura e piano finanziario

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5 Aspetti giuridici 5.1 Rapporti con il diritto europeo 5.2 Subordinazione al freno alle spese 5.3 Basi legali e forma giuridica

566 566 566 567

Allegati: 1 Precedenti crediti quadro per la cooperazione con l'Europa dell'Est 2 Transizione e coesione: due concetti e due progetti internazionali 3 Nuova povertà e sviluppo sociale 4 Migrazione e asilo: Svizzera Migrazione all'interno dell'Europa dell'Est e della CSI 5 Azione congiunta di aiuto umanitario (DSC), aiuto al rimpatrio (UFM) e sostegno alla transizione (DSC/SECO): l'aiuto al rimpatrio nella Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo 6 Quadro delle relazioni economiche esterne 7 Indicatori economici 8 Gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) 9 Impiego delle risorse del credito quadro III (1999­2005) 10 Bilancio della cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est 1990­2002 11 La cooperazione svizzera con i Paesi dell'Europa dell'Est nel confronto internazionale 12 Il contributo svizzero al Patto di stabilità per l'Europa sudorientale 13 Esempio di una strategia di cooperazione: Bosnia-Erzegovina 14 Le quattro priorità tematiche della cooperazione con i Paesi dell'Est Decreto federale concernente un credito quadro per la continuazione della cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est e della CSI (Disegno)

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Abbreviazioni BAS DAC

Asian Development Bank Development Assistance Comittee

BERS

European Bank for Reconstruction and Development European Free Trade Association

EFTA ENP EMRK

European Neighbourhood Policy European Convention on Human Rights ERG Export Risk Guarantee Agency CSI Commonwealth of Independent States IFC International Finance Corporation IFI International Financial Institutions IOM International Organisation for Migration FMI International Monetary Fund MARRI Migration, Asylum, Refugee Regional Initiative MDG Millennium Development Goals MIGA Multilateral Investment Guarantee Agency NRO Nongovernmental Organisation OECD Organisation for Economic Cooperation and Development OSEC Swiss Center Trade Support OSZE OZA PRSP SAP SIPPO SOFI WTO

Organisation for Security and Cooperation in Europe Cooperation with the East Poverty Reduction Strategy Papers Stabilization and Association Process Swiss Import Promotion Programme Swiss Organization for Facilitating Investments World Trade Organisation

BAS CAS

Banca asiatica di sviluppo Comitato per l'aiuto allo sviluppo (OCSE) BERS Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo AELS Associazione europea di libero scambio PEV Politica europea di vicinato CEDU Convenzione europea dei diritti dell'uomo GRE Garanzia dei rischi delle esportazioni CSI Comunità degli Stati indipendenti SFI IFI OIM

Società finanziaria internazionale Istituti finanziari internazionali Organizzazione internazionale per le migrazioni FMI Fondo monetario internazionale MARRI Iniziativa regionale migrazione, asilo, rifugiati OSM Obiettivi di sviluppo del Millennio MIGA Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti ONG Organizzazione non governativa OCSE Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OSEC Ufficio svizzero per l'espansione commerciale OSCE Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa Cooperazione con i Paesi dell'Est PRSP Documenti strategici di riduzione della povertà PSA Processo di stabilizzazione e di associazione (UE) SIPPO Programma svizzero di promozione delle importazioni SOFI Organizzazione svizzera per la promozione degli investimenti OMC Organizzazione mondiale del commercio

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Messaggio 1

Situazione iniziale e condizioni quadro

1.1

Politica finanziaria

Dagli inizi degli anni Novanta la Confederazione è attiva a favore dell'Europa orientale e della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) al fine di appoggiare la transizione politica, economica e sociale di questi Paesi un tempo comunisti. Nella metà degli anni Novanta, il Parlamento ha creato una prima base legale per la cooperazione con gli Stati dell'Europa orientale: il decreto federale del 24 marzo 19955 concernente la cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est. In virtù dell'articolo 8 di questo decreto, le Camere federali hanno approvato i mezzi necessari a questa cooperazione sotto forma di crediti quadro pluriennali. Nel marzo 2004 il nostro Consiglio ha presentato al Parlamento una nuova legge federale concernente la cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est6 destinata a rinnovare e prolungare la temporanea base legale in vigore (vedi anche n. 5.3). La legge federale è stata approvata dal Parlamento il 24 marzo 20067 e dal Popolo il 26 novembre 2006.

Dal 1990 il Parlamento ha approvato tre crediti quadro per una somma complessiva di 3,45 miliardi di franchi8: il primo prevedeva misure immediate per la Polonia, l'Ungheria e la Cecoslovacchia. Nel 1992 con il secondo, di 800 milioni di franchi, la cooperazione è stata estesa ai Paesi baltici e della parte meridionale dell'Europa orientale. Un anno più tardi, dopo la scomparsa dell'Unione sovietica, è stato necessario aumentare il credito di 600 milioni di franchi. Con il terzo credito quadro del 1999, che ammontava a 900 milioni di franchi, il perno della cooperazione è stato trasferito agli Stati dell'ex Jugoslavia e a quelli della CSI nell'Asia centrale e nel Caucaso meridionale. Il credito aggiuntivo di 500 milioni di franchi, accordato quale reazione alla crisi nel Kosovo, ha rafforzato lo slittamento della cooperazione orientale alle zone meridionali dell'Europa orientale e della CSI.

Con il messaggio del 31 marzo 2004 il Consiglio federale ha proposto un nuovo, quarto credito quadro di 800 milioni di franchi per il proseguimento della cooperazione con l'Europa orientale, destinato ad esser valido per almeno quattro anni9.

Dopo l'adesione dei nuovi dieci Paesi all'Unione europea (UE) il 1° maggio 2004 (tra cui otto Stati dell'Europa centrale e della regione baltica) il nostro Consiglio si è dichiarato disposto a fornire
un contributo autonomo di solidarietà per diminuire il divario economico e sociale nell'UE allargata. Le Camere federali hanno chiesto maggiore chiarezza sul nesso tra il sostegno alla transizione in Europa orientale ed il nuovo contributo ai Paesi membri dell'UE. Quale soluzione transitoria, il 4 ottobre 2004 il Parlamento ha deciso di aumentare di 400 milioni di franchi il terzo credito quadro e di prolungarne la validità di due anni (2005­06)10. Nel frattempo è stato chiarito il nesso tra la cooperazione con l'Europa orientale ed il contributo all'UE 5 6 7 8 9 10

528

RS 974.1 Messaggio del 31.3.2004 (FF 2004 1705) FF 2006 3273 Vedi allegato 1. Il sito www.deza.admin.ch/ostzusammenarbeit illustra la storia contemporanea della cooperazione con i Paesi orientali.

FF 2004 1597 FF 2004 4881

allargata e il nostro Consiglio propone al Parlamento, oltre a quello presente, un messaggio a parte sul contributo della Svizzera alla riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata11.

I mezzi approvati il 4 ottobre 2004 con un decreto federale saranno esauriti verso la metà del 2007. Con il presente messaggio il nostro Collegio chiede ora un nuovo credito d'impegno (credito quadro IV) per almeno quattro anni al fine di garantire la prosecuzione della cooperazione tecnica e finanziaria con i Paesi dell'Europa orientale e della CSI.

1.2

Analisi della situazione e motivo della richiesta finanziaria

Mai prima d'ora è stata avviata una ristrutturazione politica, economica, sociale e culturale così ampia in una regione geografica così grande. La transizione da Stato dominato da un partito unico con un'economia pianificata centralizzata ad un modello pluralistico, democratico con un'economia di mercato è progredita con modalità ed esito diversi da Paese a Paese.

Il termine «transizione» indica il processo di riforma degli Stati dell'ex blocco orientale verso lo stato di diritto, la democrazia pluralistica ed un'economia di mercato sociale e sostenibile. La transizione potrà dirsi conclusa quando le istituzioni politiche ed economiche saranno consolidate e tutti gli strati della popolazione godranno di un'esistenza libera e dignitosa. In molti Paesi il calendario delle scadenze, formulato nel dialogo internazionale, non è ancora completo e si rendono necessari un ulteriore sostegno e la prosecuzione del partenariato (allegato 2).

Nell'ultima decade, alcuni Paesi dell'Europa orientale hanno conosciuto uno sviluppo dinamico che li ha portati all'adesione all'Unione europea (UE). Gli ex Paesi principali della cooperazione con l'Europa centrale (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria) e con il Baltico (Estonia, Lettonia, Lituania) sono membri dell'Unione europea allargata dal 1° maggio 2004. Per questi Paesi entrano in vigore gli strumenti di coesione e intervento politico e strutturale descritti nel messaggio sul contributo svizzero all'UE allargata. I Paesi dell'Europa centrale sostenuti negli anni Novanta sono divenuti oggi importanti partner economici della Svizzera. Il nostro Paese vi ha già concluso nella seconda metà degli anni Novanta progetti destinati a trasporre la cooperazione orientale alle più bisognose regioni meridionali dell'Europa orientale e della CSI.

Conformemente ai criteri della Commissione UE, oggi più di un terzo dei 27 Paesi di transizione sono ormai Stati di diritto consolidati che si basano su un'economia di mercato competitiva. Il profondo processo di transizione ha subito anche dissesti drammatici e causato un peggioramento delle condizioni di vita di ampi strati della popolazione. Il cambiamento di sistema è stato affiancato in tutta l'Europa orientale da un drammatico crollo dell'economia dal quale i Paesi meridionali dell'Europa 11

FF 2007 453

529

orientale e della CSI non si sono ancora ripresi. Conflitti armati hanno acuito il decadimento economico e sociale durante i quali sono state distrutte infrastrutture e luoghi di produzione. Nel 2003, in 8 dei 27 Paesi di transizione, più del 40 per cento della popolazione viveva in povertà, cioè disponeva di meno di due dollari US al giorno. La mancanza di prospettive economiche è indicata quale motivo principale dell'elevato numero di emigrati. L'ampio crollo delle strutture sanitarie e sociali ha rafforzato questa tendenza. Per questo motivo in alcuni Paesi dell'Europa orientale il cambiamento di sistema non è ancora sufficientemente accettato e le riforme non sono sicure. La transizione non è ancora completata e ciò mette in pericolo la sicurezza e la stabilità in Europa.

Una sfida particolare, caratteristica per l'Europa orientale e la CSI, è rappresentata dalla simultaneità dei progressi delle riforme nel senso di una ristrutturazione completa della società e della creazione di strutture di economia di mercato: i governi devono creare contemporaneamente nuove condizioni politiche, giuridiche ed istituzionali e nuove strutture regionali in grado di garantire la stabilizzazione macroeconomica, realizzare l'adeguamento strutturale e le riforme settoriali e assicurare inoltre la sostenibilità sociale ed ecologica della transizione.

Per le regioni meridionali dell'Europa orientale la decomposizione dell'ex Jugoslavia è stato l'avvenimento marcante. I successivi conflitti balcanici hanno fatto retrocedere di almeno dieci anni la transizione nella regione, a paragone con gli altri Paesi, e al contempo hanno reso più difficile il processo. L'unica felice eccezione è la Slovenia che nel 2004 ha aderito all'UE. Nella regione balcanica occidentale è stato possibile ridurre dal 2000 i conflitti etnici e stabilizzare la situazione politica.

La prosecuzione del processo di transizione tuttavia avanza solo molto lentamente.

La prospettiva dell'adesione all'UE rappresenta lo stimolo decisivo dello sviluppo e della transizione nel Sud dell'Europa orientale. La Romania e la Bulgaria entreranno a far parte dell'UE agli inizi del 2007. Anche per i Paesi balcanici occidentali (n. 2.3.5.1) è stata confermata in linea di massima la prospettiva di un'adesione in occasione del vertice UE di Thessaloniki del 21
giugno 2003. Il processo di stabilizzazione e associazione promosso dall'UE con ampi mezzi è stato concretizzato seguendo l'«agenda di Thessaloniki». Nel marzo 2006 i ministri degli esteri UE hanno confermato questa prospettiva e le relative condizioni12.

A causa dell'eredità sovietica, la situazione dei membri della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) era particolarmente difficile. Con il presidente Putin la Russia è riuscita a superare le conseguenze della crisi finanziaria del 1998 e a portare avanti le riforme economiche in modo deciso. Nella maggior parte degli altri Paesi, il radicale cambiamento e le riforme hanno causato enormi perdite economiche e sociali. La «recessione connessa alla transizione», causata dall'eredità di un sistema fallito e dalla ristrutturazione, ha causato un drammatico calo della produzione e la distruzione di enormi patrimoni sotto forma di risparmi e pensioni. Nel 1991 gli Stati dell'Asia centrale avevano optato per il rinnovo dell'Unione sovietica e non erano dunque pronti per l'indipendenza. Solo con grandi difficoltà riescono a uscire dalla profonda crisi politica ed economica in cui erano sprofondati, che ha gettato nella miseria larga parte della popolazione. Conflitti irrisolti e continue tensioni etniche continuano a caratterizzare il quadro del Caucaso meridionale, dove centi12

530

Adempimento dei criteri di adesione di Copenhagen e delle condizioni del processo di stabilizzazione e di associazione, riforme più rigorose e cooperazione completa con l'ICTY. Deve essere preso in considerazione anche l'allargamento dell'UE.

naia di migliaia di profughi continuano a sperare nel rientro. Nonostante sembri che le prime, prudenti riforme abbiano successo, le fragili o autoritarie strutture statali nel sud dell'Europa orientale, nel Caucaso meridionale e nell'Asia centrale sono minacciate da pericolosi sintomi di decomposizione. Amministrazioni carenti e protezione insufficiente dei diritti fondamentali impediscono un progresso duraturo.

1.3

Importanza del progetto da finanziare

La Svizzera ha da tempo stretti rapporti con le regioni orientali europee, divenuti più intensi dai cambiamenti degli anni Novanta. La vicinanza geografica comporta che la Svizzera risente direttamente delle conseguenze degli sconvolgimenti nell'economia, nella politica di sicurezza e di migrazione e nell'ecologia. Per la Svizzera è anche importante che lo sviluppo alle nuove frontiere estere dell'UE si svolga in modo pacifico e che i rapporti di vicinato in questa regione si approfondiscano.

Inoltre è legata ad alcuni Paesi della CSI da un'adesione comune nei gruppi di voto presieduti dalla Svizzera in seno al Fondo monetario internazionale (FMI), alla Banca mondiale13 ed alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS)14.

Gli Stati dell'Europa orientale e della CSI sono anch'essi importanti partner commerciali della Svizzera: l'eccedenza d'esportazione con i Paesi di transizione finanziati nell'ambito del presente messaggio ammontava nel 2005 a 1.67 miliardi di franchi, di cui 932 milioni sono stati realizzati con i Paesi della CSI e 744 milioni con i Paesi in transizione nella regione meridionale dell'Europa orientale15.

Di comune accordo con la comunità internazionale, il nostro Consiglio intende proseguire la cooperazione con i Paesi in transizione meno progrediti delle regioni meridionali dell'Europa dell'Est e della CSI per altri quattro anni. Nell'ambito della ripartizione internazionale degli oneri, la Svizzera è chiamata a partecipare in modo adeguato all'impegno a favore dell'Europa orientale. Tuttavia, assicurare una stabilità ed un benessere durevoli in quest'importante regione del globo, sostenerne il progresso economico, alleviare la pressione dei movimenti migratori e ridurre i rischi ecologici sono obiettivi che servono anche gli interessi del nostro Paese.

L'obiettivo della cooperazione con i Paesi dell'Est consiste in primo luogo nella promozione sul continente europeo di stabilità, sicurezza e benessere durevoli. I due obiettivi ­ la richiesta di una transizione politica (democrazia, governance e diritti fondamentali) e di riforme economiche e sociali (economia di mercato sostenibile) ­ sono definiti sin dagli inizi degli anni Novanta e continuano a mantenere la loro importanza.

Il credito contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio
(MDG). Al termine dei programmi in Bulgaria, Romania e Russia le spese vengono imputate al 100 per cento alla cooperazione ufficiale allo sviluppo conformemente alle statistiche OCSE.

13 14 15

Gruppo di voto in seno agli organi Bretton-Wood: Azerbaigian, Kirghizistan, Polonia, Svizzera, Serbia, Tagikistan, Turkmenistan ed Uzbekistan.

Gruppo di voto in seno alla BERS: Azerbaigian, Kirghizistan, Serbia e Montenegro, Svizzera, Turchia, Turkmenistan ed Uzbekistan.

Fonte: Amministrazione federale delle dogane.

531

1.4

Interesse della Svizzera al progetto

1.4.1

Gli obiettivi e gli interessi di politica estera

La cooperazione con i Paesi dell'Est è in sintonia con gli obiettivi di politica estera del Consiglio federale: difesa della convivenza pacifica dei popoli; rispetto dei diritti fondamentali e promovimento della democrazia; difesa degli interessi dell'economia svizzera all'estero; riduzione della miseria nel mondo; conservazione delle basi vitali naturali16. Nella sua strategia di politica estera, il Consiglio federale sottolinea inoltre la necessità di rafforzare lo sviluppo economico e di integrare con successo i Paesi partner nell'economia mondiale17.

Dal 1990 la cooperazione con i Paesi dell'Est è un elemento prioritario della politica estera svizzera, conformemente al «principio del partenariato solidale»18 previsto nella legge sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est e ad una moderna rappresentanza degli interessi di politica estera grazie a più partecipazione e integrazione.

Gli interessi di politica estera sono determinati dalla vicinanza geografica e culturale e da strette relazioni politiche ed economiche. Soprattutto per quel che riguarda gli Stati della regione meridionale dell'Europa orientale, vi si aggiunge l'impegno a facilitarne l'integrazione nella comunità di valori europea. Sin dall'epoca dei conflitti degli anni Novanta, i Balcani sono diventati una regione molto importante per la Svizzera. Per questa ragione nel 2001 il nostro Consiglio ha approvato una politica regionale specifica19. Per completarla, il 19 ottobre 2005 ha confermato una strategia per i Balcani occidentali. Le regioni meridionali dell'Europa orientale restano per la Svizzera molto importanti per la politica di sicurezza, giustificando l'intervento non solo del DFAE (oltre alla cooperazione con i Paesi dell'Est anche la promozione della pace, il rafforzamento dei diritti umani e dello stato di diritto) e del DFE, ma anche del DFGP (programmi di polizia e di migrazione ecc.), del DFF (sicurezza alle frontiere) e del DDPS (Partnership for Peace, Swisscoy). Il contributo svizzero al progresso della situazione nei Balcani occidentali rappresenta al contempo un gesto di solidarietà con cui tutelare i propri interessi, cioè prevenire nuovi conflitti armati, trasformare gli Stati dell'Europa del Sud-Est in Paesi equiparati sia sul piano politico sia su quello economico, impedire flussi considerevoli di
rifugiati e di emigrati e lottare contro l'estremismo politico e la criminalità organizzata transfrontaliera. Il processo di stabilizzazione e di associazione avviato dall'UE mostra l'importanza della regione balcanica nel contesto politico dell'integrazione. Benché non sia membro dell'UE, per la Svizzera è importante sostenere questi sforzi di integrazione e affiancare questa regione sulla sua difficoltosa strada verso l'Europa.

Conformemente alla nuova politica di vicinato dell'UE20, la regione frontaliera tra la CSI ed i confini esterni della nuova UE diventa sempre più importante. Ad esempio aumenta l'importanza di Paesi quali l'Ucraina e la Moldavia e quella del ruolo strategico dei Paesi limitrofi della Russa meridionale nella lotta al terrorismo, grazie

16 17 18 19 20

532

Art. 54 Costituzione federale (RS 101) Cfr. anche il nostro Rapporto dell'11 gennaio 2006 sulla politica economica esterna 2005.

FF 2006 3273 (art. 3) Aussenpolitische Südosteuropa-Strategie der Schweiz (Strategia svizzera per l'Europa del Sud-Est), Politorbis n. 30 1/2002 «European Neighbourhood Policy (ENP)», vedi: http://europa.eu.int/comm/world/enp

alla posizione geografica. Uno sviluppo sostenibile sul continente europeo comporta anche in futuro una maggiore cooperazione con la CSI.

Per riassumere gli interessi svizzeri, possono essere formulati gli obiettivi seguenti: promuovere la sicurezza e il benessere in Europa, sostenere l'evoluzione democratica, rafforzare le relazioni di economia estera, aiutare la transizione economica e lo sviluppo sociale, ridurre la pressione dei flussi migratori, consolidare la protezione dell'ambiente e la sostenibilità.

1.4.1.1

Promuovere la sicurezza e il benessere in Europa

La mancanza di prospettive future per i cittadini di un Paese aumenta il rischio per tutto il continente europeo. I conflitti e il peggioramento delle condizioni di vita nelle regioni in crisi possono avere conseguenze dirette per la Svizzera, ad esempio sotto forma di spostamenti di rifugiati o di criminalità organizzata. Anche se la Svizzera non è membro dell'UE, il nostro Paese ritiene che l'integrazione rappresenti l'opportunità migliore di portare l'Europa del Sud-Est allo Stato di diritto, alla stabilità politica e al benessere. L'adesione allo spazio di Schengen conferisce a questa prospettiva una dimensione particolare. Al fine di tutelare gli interessi economici e politici, la Svizzera coordina i programmi di cooperazione con i finanziatori e i programmi maggiori, tra gli altri nel Patto di stabilità (vedi anche n. 2.3.5.1 e l'allegato 12).

Per i Paesi dell'Europa del Sud-Est, come anche per determinati Paesi dell'ex Unione sovietica, l'integrazione nelle strutture europee e transatlantiche e l'adozione delle corrispondenti regole sono un obiettivo prioritario dalla caduta del regime comunista. Lo scopo allora era di liberarsi definitivamente dall'influenza sovietica, in modo da rendere irreversibile la transizione, di aderire al «sistema occidentale» e di accedere ai relativi mercati. Più concretamente, aspiravano ad aderire alla NATO, all'OSCE, al Consiglio d'Europa, all'OCSE e soprattutto ad avvicinarsi all'Unione europea, oppure ad aderirvi.

L'adesione all'UE è spesso sia l'obiettivo sia il motore della transizione: le speranze e le aspettative che suscita permettono ai governi di beneficiare del sostegno dei concittadini, anche quando le riforme sono particolarmente dolorose. Consapevole della propria responsabilità, l'Unione europea si è dichiarata sin dall'inizio favorevole ad un processo di ravvicinamento. Inoltre ha elaborato strumenti destinati a permettere un approccio progressivo di questi Stati, quali in particolare il processo di stabilizzazione e di associazione (PSA), i programmi ISPA e PHARE21 in Europa orientale e il programma TACIS22 per i Paesi della CSI. Nel maggio 2004, il primo allargamento all'Est permette l'adesione di otto Paesi dell'Europa centrale ed orientale all'Unione europea23. La Bulgaria e la Romania vi aderiranno agli inizi del 2007. I Balcani occidentali
seguono un processo di associazione graduale adeguato ad ogni singolo Stato della regione.

Nell'ultimo decennio, i rischi per la sicurezza nello spazio orientale europeo sono cambiati radicalmente: la probabilità di un confronto armato tra l'Europa occidentale e quella orientale è diventato quasi insignificante. Invece, la situazione è peggiorata 21 22 23

Strumenti d'aiuto di preadesione a favore dei Paesi candidati all'adesione all'UE.

Programma di assistenza tecnica alla Comunità degli Stati indipendenti.

Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Rep. Ceca, Ungheria.

533

nell'Europa del Sud-Est a causa di violenti conflitti. Per questa ragione è stato necessario inviare circa 16 000 soldati in Kosovo e 7 000 soldati in BosniaErzegovina24 per svolgere operazioni di pace. Tra i fattori di rischio più importanti troviamo la povertà endemica, gli estremi divari socioeconomici, la fragilità e la mancanza di credibilità delle istituzioni statali. La debolezza delle strutture statali, la mancanza di meccanismi di controllo e il crollo del sistema, caratteristici delle regioni in guerra, rimettono in questione l'autorità centrale. Favoriscono la privatizzazione del potere e spingono alcuni gruppi ad accaparrarsi le prerogative dello Stato per favorire interessi di singoli. La criminalità e la corruzione, che in paragone raggiungono livelli preoccupanti nell'Europa orientale, minacciano la sicurezza di individui, gruppi e istituzioni e rappresentano notevoli ostacoli alla transizione. La Svizzera partecipa all'impegno coordinato a livello internazionale per la lotta contro il traffico di armi e droga, il riciclaggio di denaro sporco e la tratta di esseri umani.

1.4.1.2

Stabilità e governance: sviluppare Stati di diritto democratici

Il promovimento della democrazia e dei diritti umani figura tra le maggiori preoccupazioni della cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est. Misure atte ad instaurare una buona governance ed uno stato di diritto assumono un ruolo cruciale nel successo della transizione. Un concetto democratico, partecipativo e pluralistico dello Stato è la condizione indispensabile allo sviluppo delle persone, della loro identità e cultura, della società civile, della libertà di opinione e della stabilità. A parte alcune eccezioni, nell'Europa orientale e nella CSI sono scomparsi gli Stati centralizzati che controllavano tutti i settori sociali, dall'economia alla vita privata. Tuttavia, la nuova concezione di Stato si impone solo lentamente. Inoltre, i Paesi in transizione non hanno molta esperienza con lo Stato di diritto moderno, mentre le aspettative della popolazione sono elevate.

Molti Paesi nell'Europa orientale e nella CSI hanno fatto importanti progressi per quel che riguarda la governance ed i diritti umani. Si sono dati costituzioni moderne, svolgono votazioni regolari e secondo standard democratici e nei parlamenti sono rappresentati numerosi partiti. Questi progressi nei diritti civili e politici sono però in contrasto con gravi deficit nei diritti economici, sociali e culturali.

Nel contesto dell'Europa orientale perciò uno dei fattori critici è rappresentato dai rapporti, spesso tesi, tra i cittadini e lo Stato: ampi strati della popolazione hanno fatto esperienze sgradevoli con le istituzioni statali e continuano a non averne fiducia. La sfida principale consiste dunque spesso nel ristabilire la fiducia. L'efficacia dei servizi pubblici ed un autentico processo di decentralizzazione rivestono a tale scopo un'importanza primordiale. Bisogna poi creare istituzioni vicine al cittadino, sorvegliare che vengano rispettati i diritti delle minoranze, rafforzare la società civile e promuovere la parità tra i sessi e la cultura.

Per quel che riguarda la governance, i progressi non devono essere fatti solo dallo Stato, ma anche dalle istituzioni della società civile ­ i partiti, le associazioni, le organizzazioni non governative (ONG) ­ e dai media. Questi ultimi sono ancora poco strutturati e non possono svolgere adeguatamente il proprio ruolo nella formazione delle opinioni e nella soluzione pacifica di conflitti sociali. I rapporti tra 24

534

Situazione a novembre 2006.

donne e uomini e la relativa diseguale partecipazione ai processi decisionali sono tra le cause strutturali di instabilità sociale e politica. La parità è vista come chiave per uno sviluppo sostenibile e per una giustizia sociale. Il promovimento delle donne è importante anche nella cooperazione con i Paesi dell'Est perché la caduta del comunismo ha indebolito considerevolmente la posizione relativamente forte di cui godevano.

La governance nel settore economico è uno dei fattori chiave della transizione. La privatizzazione dell'economia pubblica implica la ridistribuzione di un patrimonio immenso in tempi record. Ma le aziende sia pubbliche sia private dell'Europa dell'Est e della CSI presentano ancora grandi lacune nella governance. Sotto il regime socialista, le società di Stato assumevano responsabilità sociali considerevoli: al di là del ruolo di datore di lavoro, si assumevano le cure mediche degli impiegati e si occupavano del tempo libero. È dunque importante promuovere il governo d'impresa, la «corporate governance», non solo nelle relazioni tra il proprietario dell'azienda e gli impiegati, ma anche nella disponibilità di tutte le informazioni che possono interessare il pubblico e le autorità.

Nel contesto postcomunista, il problema dell'identità etnica e religiosa si pone con un'urgenza particolare, dato che le tendenze nazionaliste e i politici se ne sono ampiamente serviti per anni, manipolando senza scrupoli le giovani coscienze etnonazionaliste per colmare la propria sete di potere. Le guerre balcaniche mostrano a che punto queste manipolazioni possono essere disastrose. La caduta del comunismo d'altra parte ha gettato le popolazioni in un profondo disorientamento. I grandi cambiamenti sociali esigono dalle nazioni la formulazione di una nuova identità culturale. Il crollo dei valori e dell'identità culturale nell'Europa dell'Est costituisce un rischio spesso sottovalutato. Gli ambienti artistici e gli organi culturali versano in una situazione precaria e la molteplicità culturale è a rischio soprattutto nelle regioni multietniche dell'Europa del Sud-Est, del Caucaso e dell'Asia centrale. La protezione e il rispetto delle minoranze culturali e la promozione della pluralità di forme d'espressione locali contribuiscono sempre alla creazione di società pluralistiche e aperte. Gli scambi artistici transfrontalieri favoriscono inoltre la mutua comprensione e contribuiscono in tal modo a prevenire le tensioni ed i conflitti interetnici.

1.4.1.3

Rafforzare i rapporti di economia estera

Con una popolazione di 410 milioni di persone ed uno sviluppo economico dinamico, i Paesi in transizione rappresentano un potenziale significativo per lo sviluppo di rapporti economici bilaterali. Al di là delle risorse naturali e del progresso nelle riforme, le prospettive di sviluppo economico dei singoli Stati in ultima istanza dipendono soprattutto dalle condizioni politiche (progresso verso la democratizzazione, sviluppo della società civile, governance, Stato di diritto ecc.). Le lacune nella certezza e nell'applicabilità del diritto, la burocrazia, la corruzione e l'inadeguatezza delle infrastrutture sono altrettanti fattori che finora hanno impedito ai privati di impegnarsi di più nel processo di sviluppo.

Le attività della cooperazione economica della SECO finanziate dal credito quadro proposto nel presente messaggio intendono prumuovere l'economia di mercato, instaurare una crescita economica duratura, stimolare maggiormente le iniziative e gli investimenti privati e aumentare la partecipazione dei Paesi partner al commercio internazionale. Tutte queste misure hanno un obiettivo comune: ridurre la povertà.

535

L'impatto positivo, quale il miglioramento del quadro economico nei Paesi partner, facilita d'altronde anche le attività commerciali delle aziende svizzere. A lungo termine, l'integrazione dei Paesi in transizione nell'economia mondiale sarà in sintonia con gli interessi dell'economia svizzera, dato che aprirà nuove possibilità di acquisto, vendita ed investimento. Per questa ragione la cooperazione economica allo sviluppo è parte integrante della strategia economica esterna del nostro Consiglio25.

La Svizzera dispone di tutta una gamma di strumenti per intensificare gli scambi commerciali. Tra questi ricordiamo la garanzia dei rischi delle esportazioni (GRE) cui hanno fatto ricorso le aziende svizzere in questi ultimi anni per le operazioni con i partner dell'Europa centrale. Il ricorso alla GRE invece è stato limitato nelle relazioni con i Paesi della CSI a causa dei rischi associati a questa regione, ma questa limitazione è stata parzialmente compensata da garanzie di credito accordate nel quadro della cooperazione con i Paesi dell'Est26. Con la diminuzione dei rischi, l'impegno della GRE senz'altro si intensificherà nuovamente (in particolare in Russia). Inoltre, alcune banche private si consolidano rapidamente e saranno ben presto in grado di partecipare più intensamente alle operazioni di finanziamento. In futuro non sarà più necessario ricorrere alle garanzie per il credito. Per sviluppare relazioni commerciali, è d'altronde importante sfruttare pienamente le numerose opportunità di promozione delle esportazioni offerte dall'OSEC, gli strumenti di promozione degli investimenti (SOFI, Start-up Fund), delle importazioni (SIPPO) e la partecipazione a fiere nazionali ed internazionali. A livello statale lo sviluppo delle relazioni economiche è promosso dalle commissioni e dalle missioni economiche miste nei Paesi selezionati.

La Svizzera ha concluso accordi di libero scambio con i Paesi dell'Europa centrale e con gli Stati baltici nel contesto dell'AELS, e accordi bilaterali sul commercio e la cooperazione con gli altri Stati. Sono stati firmati anche accordi di protezione degli investimenti e convenzioni di doppia imposizione27. Nonostante il consolidamento delle basi contrattuali e la moltiplicazione considerevole degli scambi con alcuni Paesi, le relazioni economiche bilaterali tra la
Svizzera ed i Paesi dell'Europa centrale, dell'Europa del Sud-Est e della CSI hanno iniziato ad essere più intensi solo a partire dal 2000.

In questi ultimi anni, gli scambi commerciali con i Paesi dell'Europa centrale hanno conosciuto un progresso più dinamico di quelli della CSI o dell'Europa del Sud-Est.

Bisogna sottolineare che l'Europa centrale accoglie la maggior parte (il 60 %) delle esportazioni svizzere e al contempo assorbe la parte principale degli investimenti svizzeri (il 95 %). Questi investimenti sono dunque stati fatti nelle regioni in cui sono stati registrati i maggiori progressi di riforma grazie al consistente sostegno accordato al processo di transizione, regioni che hanno dunque potuto aderire all'UE.

25 26 27

536

Cfr. anche il nostro Rapporto dell'11 gennaio 2006 sulla politica economica esterna 2005 Cfr. la legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa orientale (FF 2006 3273), art. 7 e 11.

Il sito http://www.eda.admin.ch/eda/g/home/foreign/intagr.html riporta una panoramica delle convenzioni internazionali concluse dalla Svizzera.

Nell'Europa del Sud-Est la Svizzera svolge circa i tre quarti degli scambi con la Bulgaria, la Croazia e la Romania e gli investimenti delle imprese svizzere in questa regione sono anch'essi in aumento. Il potenziale di questi Paesi permette di pronosticare un'intensificazione dello scambio economico bilaterale nei prossimi anni.

Nonostante le dimensioni, la Russia e gli altri Paesi della CSI non occupano ancora un posto importante nelle nostre relazioni commerciali bilaterali. Per quel che riguarda la Russia, il Kasakhstan e l'Azerbaigian, i finanziatori esteri sono attirati dalle vaste risorse di materia prima. Per quel che riguarda i Paesi del Caucaso meridionale e dell'Asia centrale, queste regioni continuano ad assumere un ruolo marginale nell'economia svizzera.

1.4.1.4

Aiutare la transizione economica e lo sviluppo sociale

Sul piano economico, i rivolgimenti avvenuti nell'Europa orientale e nella CSI hanno innanzitutto provocato l'interruzione delle relazioni commerciali e il crollo della produzione. Ne è risultata una grave recessione che ha ridotto alla metà il reddito pro capite, in alcuni casi addirittura a un terzo (vedi l'allegato 7).

La situazione si è sviluppata in modo molto diverso nei vari Paesi: il progresso economico nell'Europa del Sud-Est è stato caratterizzato dalla crisi dei Balcani, mentre i Paesi della CSI hanno dovuto far fronte alla crisi finanziaria russa del 1998, le cui ripercussioni si sono fatte sentire per svariati anni. Quest'ultimo esempio mostra la vulnerabilità di tutta la regione, che resta dipendente dallo sviluppo dei prezzi del petrolio e delle materie prime.

L'Europa del Sud-Est non costituisce più uno spazio economico omogeneo. La Bulgaria, la Croazia e la Romania si risollevano molto più rapidamente degli altri Paesi della regione. Secondo la BERS nel 2002 il tasso di crescita della regione ha raggiunto il 3,6 per cento, nel 2003 il 4,1 per cento. Nella CSI, in cui nel 2002 la crescita è risultata del 4,4 per cento e nel 2003 del 4,0 per cento, i Paesi che possono sfruttare considerevoli ricchezze del sottosuolo mantengono il ritmo di crescita rapida. La Russia, in particolare, registra un aumento annuo del PIL di quasi il 5 per cento con un'economia che sembra destinata ad assumere il ruolo di motore per tutta la regione.

Tuttavia la maggior parte di questi Paesi è ancora ben lontana dal livello di benessere dei Paesi più poveri dell'Europa occidentale e registra deficit sia per quel che riguarda le condizioni sulle quali si fonda l'economia sia per quel che riguarda le infrastrutture economiche e sociali. Le sfide che i Paesi devono affrontare sono multiple: rafforzare le istituzioni, proseguire la politica di tagli budgetari, ridurre la disoccupazione, privatizzare nel rispetto delle regole, sfruttare i vantaggi comparativi e orientarsi verso nicchie d'esportazione. Si deve constatare anche che la corruzione resta ampiamente diffusa e che la certezza del diritto spesso non è garantita.

Altri problemi di grandi dimensioni: l'allestimento di un sistema bancario funzionante e la gestione del debito estero. Numerose imprese di produzione non sono concorrenziali e registrano
perdite elevate. Le riforme delle strutture, necessarie all'aumento della produttività, devono tener conto delle conseguenze sociali.

D'altronde il commercio regionale ristagna ad un livello molto debole, in particolare nei Balcani, nel Caucaso e in Asia centrale. Gli investimenti diretti restano insufficienti in tutta la regione e sono quasi esclusivamente concentrati nel settore dello sfruttamento delle risorse naturali.

537

Ampi strati della popolazione dell'Europa del Sud-Est e della CSI godono di libertà più o meno ampie e di una vasta offerta di prodotti, ma al contempo sono stati confrontati con un peggioramento della situazione finanziaria personale, del potere d'acquisto e del tessuto sociale. Il sistema socialista garantiva il lavoro, l'alloggio, la formazione e le cure sanitarie; le pensioni dopo una vita lavorativa erano sufficienti.

La transizione nel complesso ha avuto conseguenze negative sulla situazione sociale e ha causato un aumento immediato della povertà.

Oggi molti Paesi devono affrontare il problema della povertà in ampi strati della popolazione. I costi sociali della transizione hanno assunto proporzioni enormi.

Soprattutto le persone anziane, i giovani che hanno difficoltà a trovare un primo impiego, le donne che accudiscono da sole i bambini e gli altri gruppi emarginati sono i gruppi più colpiti dall'impoverimento. L'aggiustamento strutturale, la perdita di mercati di smercio e la soppressione di impieghi hanno causato ampie diminuzioni del reddito e la riduzione dei budget sociali. In alcune regioni, i conflitti armati hanno aggravato la crisi sociale. In questo contesto, i sistemi nazionali di assistenza risultano insufficienti e rischiano di crollare completamente. Le prestazioni sociali non sono più garantite o si rivelano di qualità più scadente ed i sistemi di assicurazione sono anemici. In generale nulla permette di alleviare in modo sufficiente gli effetti sociali della transizione poiché le istituzioni che dovrebbero occuparsene sono esse stesse in via di ristrutturazione e devono adeguare le prestazioni ad un contesto in mutazione. L'aiuto internazionale deve dunque contribuire urgentemente a rimettere in sesto i sistemi sociali, a volte completamente dissestati, per alleviare la povertà e le sue conseguenze.

La pauperizzazione (cfr. l'allegato 3) non favorisce la partecipazione attiva di singoli e di gruppi alla ricostruzione economica e alla vita sociale. Percepita come senza speranza, la situazione suscita varie reazioni: radicalizzazione politica, rassegnazione ed emigrazione28 o criminalità. Rappresenta però una minaccia anche per la salute, poiché può causare disturbi psichici e dipendenza dall'alcool. Il deterioramento delle condizioni di vita favorisce inoltre la diffusione di malattie contagiose come la tubercolosi e l'aids. La Russia e l'Ucraina ad esempio registrano il maggiore aumento dei contagi HIV a livello mondiale.

1.4.1.5

Ridurre la pressione dei flussi migratori

La maggiore libertà di movimento dovuta al crollo del Blocco orientale ha indotto numerose persone ad emigrare, creando una pressione migratoria per l'occidente.

Avendo accolto numerosi emigrati dall'Europa del Sud-Est, la Svizzera ha tutto l'interesse ad un miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi d'origine, per attenuare la pressione migratoria. Si tratta soprattutto di arginare l'immigrazione clandestina e di lottare contro le organizzazioni criminali di tratta e traffico degli esseri umani. Tuttavia, su ambedue i fronti, gli sforzi devono essere coordinati a livello internazionale.

La caduta del muro di Berlino ha messo in moto forti correnti migratorie transfrontaliere in tutta l'Europa dell'Est. Le guerre che hanno scosso i Balcani ed il Caucaso, da parte loro, hanno provocato un'altra forma di migrazione: quella dei rifugiati in 28

538

Paesi quali la Georgia e l'Armenia registrano perciò una diminuzione del numero di abitanti.

fuga da zone di conflitto. Come riportato all'allegato 4, la maggior parte dei rifugiati non è accolta dall'Europa occidentale, ma dalle regioni e dai Paesi delle zone in conflitto. Nel 2005 la Bosnia-Erzegovina, la Serbia ed il Montenegro registravano ancora circa 700 000 rifugiati e profughi. La migrazione alla ricerca di lavoro causa un terzo flusso dovuto all'impoverimento e all'assenza di prospettive professionali.

Tra le conseguenze nefaste della pauperizzazione e delle crisi di violenza, menzioniamo l'aumento massiccio della tratta di esseri umani da oriente a occidente, soprattutto di donne per lo sfruttamento sessuale. Più un Paese è povero, più le reti mafiose hanno opportunità di recrutarvi future prostitute. La situazione è tale che il DFAE ha elaborato misure per prevenire la tratta di esseri umani e per proteggere le vittime.

Il problema della migrazione è complesso e va oltre le competenze nazionali: né gli sforzi isolati di alcuni Paesi, né i programmi bilaterali possono risolverlo, poiché è necessario intervenire di comune accordo a livello internazionale. Per affrontare la pressione migratoria persistente dall'Europa orientale, gli Stati occidentali hanno allestito diversi meccanismi, al centro dei quali figurano gli accordi di Schengen e di Dublino (ai quali la Svizzera ha aderito di recente). D'altronde, lanciando l'Iniziativa regionale migrazione asilo rifugiati (MARRI), il Patto di stabilità per l'Europa del Sud-Est (cfr. anche n. 2.3.5.1) ha realizzato uno strumento che permette di trattare i problemi della migrazione, in particolare nei Balcani occidentali. La lotta contro la tratta di esseri umani è incentrata sui programmi dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). La Svizzera si associa a queste attività internazionali e s'impegna sempre più per concludere accordi di partenariato con singoli Paesi.

Negli anni Novanta, la Svizzera ha favorito con successo il ritorno volontario di rifugiati: per garantire il maggior successo possibile sono stati utilizzati congiuntamente più strumenti della Confederazione, la cooperazione umanitaria e tecnica e l'aiuto al rimpatrio. Grazie a questo programma, circa 50 000 rifugiati sono tornati in Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo, dove la maggior parte è riuscita a reintegrarsi perfettamente (cfr. l'allegato 5).

I dibattiti
sulla migrazione non possono tralasciare l'argomento del trasferimento di fondi privati di coloro che ritornano nel Paese d'origine (le cosiddette «remittances»). Nel 2001 la Svizzera occupava il quinto posto tra i Paesi da cui provenivano questi flussi finanziari destinati all'Europa orientale, dove questi trasferimenti costituiscono oggi una fonte importante di reddito per numerose economie domestiche e contribuiscono a ridurre la povertà.

1.4.1.6

Consolidare la protezione dell'ambiente e la sostenibilità

Dal 1991 lo sviluppo sostenibile è al centro del dialogo e della cooperazione con l'Europa orientale. Il processo «Un ambiente per l'Europa» riunisce oggi sia governi sia istituzioni internazionali, organizzazioni non governative e aziende di tutta l'Europa in un'unica riflessione. Nel quadro della Commissione economica per l'Europa (CEE) e del Programma per l'ambiente, l'ONU contribuisce ampiamente al coordinamento di questo processo che sostiene ed incoraggia la collaborazione transfrontaliera nella protezione dell'ambiente, del miglioramento delle politiche 539

ambientali nei Paesi in transizione e nei progressi verso gli standard dell'Europa occidentale. Anche la Svizzera ha contribuito attivamente a questo impegno europeo, in particolare per quel che riguarda la regolamentazione dell'inquinamento atmosferico e idrico, la conservazione delle risorse energetiche e della biodiversità. I principali campi di attività sono la governance, il principio di causalità, la creazione di strumenti economici che tengono maggiormente conto delle problematiche ecologiche e dello sviluppo sostenibile, il passaggio a modelli di consumo sostenibili e lo smaltimento dei rifiuti tossici.

Le ristrutturazioni economiche nell'Europa dell'Est hanno diminuito sensibilmente l'inquinamento ambientale e il consumo energetico. L'eredità del comunismo, a volte catastrofica sul piano ecologico, confronta tuttavia i Paesi della regione con sfide enormi, sia nel settore istituzionale sia in quello infrastrutturale.

La percezione dei problemi ecologici rimane in larga parte determinata da punti di vista ereditati dall'economia pianificata che non dava molto peso alla dimensione ecologica. Lacune particolarmente gravi si registrano nella produzione e nel consumo energetico, nella gestione delle risorse naturali e nello smaltimento dei rifiuti. Di fronte al debole rendimento energetico nella CSI, gli investimenti nelle infrastrutture e nella protezione climatica costituiscono fattori centrali. Attualmente, l'amministrazione e le organizzazioni ecologiche dispongono solo di possibilità limitate e di un margine di manovra modesto.

In tale contesto, la Svizzera concentra l'impegno nei settori illustrati qui di seguito.

Le risorse idriche sono di vitale importanza per l'agricoltura, l'industria e le economie domestiche, l'igiene e la salute. Molti fiumi, laghi, falde freatiche e acque territoriali sono inquinate da sostanze pericolose quali metalli pesanti e idrocarburi.

Mentre lo sfruttamento duraturo e la protezione delle riserve idriche sotterranee e di bacini fluviali rappresentano sfide centrali per l'Europa del Sud-Est, i Paesi dell'Asia centrale devono cominciare con il risolvere il problema della distribuzione e dello sfruttamento regionale dell'acqua e rimediare alla catastrofe ecologica del lago di Aral.

Tutti i Paesi della CSI dispongono di una risorsa economica importante:
vaste foreste. Veri e propri depositi di carbone, assolvono al contempo una funzione ecologica essenziale per tutto il continente. Lo sfruttamento illegale delle risorse e il cambiamento delle condizioni di proprietà (privatizzazione) continuano tuttavia a creare problemi.

L'approvvigionamento energetico assume un ruolo primordiale per questi Paesi.

Devono non solo procurare, produrre, trasformare e distribuire risorse limitate, ma anche controllare che vengano utilizzate sapientemente. Mentre alcuni Paesi possono contare su risorse proprie, altri dipendono dal rifornimento dall'estero. La Svizzera concentra le attività sull'approvvigionamento di elettricità, sull'integrazione dei Paesi in questione in reti internazionali, sulla ristrutturazione ed il rinnovo del settore dell'elettricità, sullo sfruttamento delle energie alternative e sulla gestione efficace dell'elettricità. Nel settore ambientale, la sicurezza nucleare richiede ancora un'attenzione particolare poiché le norme di sicurezza delle centrali nucleari restano inadeguate. Solo attività coordinate a livello internazionale sono in grado di convogliare l'aiuto finanziario e tecnico di cui ha bisogno la regione. Per questa ragione la Svizzera partecipa a iniziative multilaterali nel settore nucleare: al Nuclear Safety

540

Account (NSA), al Chernobyl Shelter Fund (CSF) e all'International Decommissioning Support Fund (IDSF).

1.4.2

Contributi alla transizione e contesto multilaterale

1.4.2.1

Gli obiettivi del millennio anche nei Paesi dell'Est

La Dichiarazione del Millennio e gli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals, MDG29), decisi nel settembre 2000 dall'Assemblea generale dell'ONU, fungono da riferimento a tutte le attività che la comunità internazionale intende intraprendere a favore dello sviluppo entro il 2015. Questi due documenti stabiliscono un consenso internazionale sulle priorità della politica dello sviluppo: lottare contro la povertà e la fame; garantire l'istruzione elementare a tutti; promuovere la parità dei sessi; ridurre la mortalità infantile e migliorare la salute delle madri; lottare contro l'aids, la malaria e altre malattie; garantire la sostenibilità ecologica; concludere un partenariato mondiale per lo sviluppo (vedi l'allegato 8).

L'approvazione dei MDG, firmati da tutti gli Stati membri dell'ONU, dalle istituzioni multilaterali e dalle banche dello sviluppo, crea anche un obbligo internazionale per la Svizzera. Il nostro Consiglio è deciso a realizzarli anche nel contesto della cooperazione con i Paesi dell'Est30. Dunque il partenariato internazionale concluso nel quadro dei MDG si applica anche all'Europa dell'Est, in particolare agli Stati europei orientali considerati come Paesi in via di sviluppo secondo i criteri dell'OCSE31. Non tutti gli otto grandi obiettivi adottati in seno all'ONU hanno tuttavia la stessa importanza nel contesto della transizione: mentre le questioni riguardanti la povertà, la salute o l'ambiente si rivelano estremamente attuali per la cooperazione con i Paesi dell'Est, preoccupazioni quali la fame o l'istruzione elementare non presentano la stessa urgenza o devono essere ridefiniti a seconda della regione in questione. Come nella cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, è comunque l'impegno in un partenariato comune tra Paesi in transizione e Paesi finanziatori ad assumere un significato centrale.

L'adesione della Svizzera all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel settembre 2002 ha segnato una tappa decisiva nella nostra politica multilaterale. Anche se non esercita alcuna influenza diretta né operativa né finanziaria sul nostro impegno nell'Europa dell'Est, permette comunque alla Svizzera di essere riconosciuta come un partner a pieno diritto in seno alla comunità internazionale, di far sentire la propria opinione sulla scena politica
e di aver maggior peso nel dialogo internazionale. In passato, la Svizzera ha spesso messo a disposizione dell'ONU inviati speciali, in particolare per garantire una mediazione nel conflitto del Caucaso. Nell'Europa dell'Est collabora anche in settori o su questioni specifiche con le varie istituzioni dell'ONU (OMS, UNICEF, ecc.).

29 30

31

www.un.org/millenniumgoals.

Rapporto del 25 maggio 2005 del Consiglio federale: Millenniumsentwicklungsziele ­ Zwischenbericht der Schweiz 2005 (www.deza.admin.ch) (Obiettivi di sviluppo per il millennio ­ Rapporto intermedio della Svizzera 2005).

Albania, Armenia, Azerbaigian, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Kirghizistan, Macedonia, Serbia e Montenegro, Tagikistan, Uzbekistan, Ucraina.

541

1.4.2.2

Rafforzare la comunità di diritto e dei valori

Poiché la Svizzera non fa parte dell'UE, il Consiglio d'Europa e l'OSCE svolgono tradizionalmente un ruolo importante nella nostra politica europea, anche orientale.

Dal 1989 questi due organi hanno ampiamente contribuito alla ricostruzione ed alla trasformazione politica dell'Europa dell'Est. Il Consiglio d'Europa, con sede a Strasburgo, ha fatto dei diritti umani l'elemento centrale della sua politica, con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950 (CEDU)32, ratificata da quasi tutti gli Stati dell'Europa dell'Est. Le altre attività nella regione sono destinate ad allestire istituzioni giuridiche e a promuovere l'educazione e la cultura.

L'assembela parlamentare costituisce un forum ideale per garantire gli scambi e la cooperazione tra i rappresentanti del potere legislativo.

L'OSCE si concentra invece sui sistemi politici e sull'osservazione delle elezioni, sulla prevenzione dei conflitti, sulla diplomazia preventiva e sulla protezione delle minoranze. È necessario rammentare a questo punto il ruolo di catalizzatore svolto nell'Europa dell'Est dall'organizzazione che l'ha preceduta in questo ambito, la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE).

1.4.2.3

Collaborare con le istituzioni finanziarie internazionali

Le principali istituzioni finanziarie internazionali (IFI) attive in Europa dell'Est e nella CSI comprendono l'FMI, il gruppo della Banca mondiale, nel quale rientra la Società finanziaria internazionale (SFI) e l'Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e la Banca asiatica di sviluppo (BAS). La Svizzera è membro di tutte queste organizzazioni e partecipa alla definizione della relativa politica, dato che è rappresentata nei comitati decisionali.

Le IFI occupano un posto centrale nel finanziamento del processo di transizione e nella cooperazione internazionale, dato che aiutano spesso i Paesi interessati a dotarsi di una struttura macroeconomica sostenibile. Con il loro peso nel dialogo politico, sono spesso il motore delle riforme strutturali nelle quali rientrano le attività bilaterali della Svizzera. In numerosi casi il nostro Paese coopera direttamente con le IFI cofinanziando progetti o programmi. Queste istituzioni apportano inoltre un contributo decisivo al coordinamento dei Paesi donatori.

Nel quadro della suddivisione internazionale del lavoro nei Paesi in transizione, la Banca mondiale si concentra sulla creazione di nuove istituzioni e sulla modernizzazione di quelle esistenti, sul ripristino delle infrastrutture e sulla cooperazione e integrazione regionali. Da parte loro, la SFI e la BERS incoraggiano lo sviluppo del settore privato e un clima più propizio agli investimenti grazie all'assistenza tecnica e la disponibilità di capitale di rischio per gli investimenti privati. La BAS finanzia soprattutto progetti infrastrutturali e sostiene processi di integrazione regionale.

Anche se la BERS è il maggior investitore nei Paesi dell'Europa orientale e della CSI, il suo margine di manovra nei Paesi in transizione più poveri resta limitato poiché, contrariamente alla Banca mondiale e al BAS, non dispone di una linea di credito che le permetta di accordare prestiti a condizioni preferenziali.

32

542

RS 0.101

Nella Banca mondiale, nell'FMI33 e nella BERS34, insieme a numerosi Paesi in transizione dell'Europa orientale, la Svizzera costituisce un gruppo di voto, lo presiede e partecipa ai consigli di amministrazione di queste istituzioni. Al contempo l'amministratore svizzero rappresenta gli interessi di vari Paesi membri del gruppo di voto negli organi delle istituzioni finanziarie e mantiene a tale scopo strette relazioni con i loro rappresentanti. La Svizzera può dunque vantare con questi Paesi contatti privilegiati che possono contribuire a intensificare la collaborazione bilaterale. Molti di questi Paesi sono d'altra parte anche i Paesi più importanti nella nostra cooperazione con i Paesi dell'Est. Questa forma di partecipazione attiva alle istituzioni di Bretton Woods e della BERS conferisce alla Svizzera una grande credibilità nei problemi riguardanti la transizione.

1.4.2.4

Assicurare il coordinamento della cooperazione

Il coordinamento dei Paesi donatori è uno dei grandi compiti delle istituzioni finanziarie internazionali e delle istituzioni dell'ONU. Numerosi progetti, in particolare quelli che riguardano le infrastrutture, superano i mezzi finanziari delle istituzioni e dei Paesi donatori: la realizzazione dunque non può fare a meno dell'unione degli sforzi (ad es. il cofinanziamento).

Il coordinamento tra programmi bilaterali e multilaterali si basa essenzialmente sulle strategie di riduzione della povertà, i «Poverty Reduction Strategy Papers» (PRSP), elaborate dagli stessi Paesi poveri per precisare le priorità su cui convogliare gli sforzi per lo sviluppo.

Il Consenso di Monterrey35 sul finanziamento dello sviluppo esige da tutti gli Stati di raddoppiare gli sforzi per coordinare (alignment) e armonizzare le relative politiche al fine di accrescere l'efficacia dell'aiuto e garantire l'impiego migliore delle risorse. Il Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) è stato incaricato di coordinare questi sforzi di armonizzazione che, in base alla Dichiarazione di Parigi36, vengono intrapresi da partner e Paesi finanziatori con i vari organi interni di quest'ultimo.

1.4.3

Prospettive

Il processo di trasformazione politica, economica e sociale è lungi dall'essere terminato in tutti i Paesi dell'Europa orientale e della CSI: tensioni regionali, questioni sulla successione politica non risolte, instabilità degli equilibri regionali albergano il rischio di ricadute, come mostra ad esempio l'assassinio del primo ministro serbo Zoran Djindjic a Belgrado nel 2003 o i violenti incidenti di Andizian nell'Uzbekistan nel maggio 2005. Dopo la «Rivoluzione delle rose» in Georgia e la «Rivoluzione arancione» in Ucraina, questi Paesi hanno fatto solo nel 2004 passi decisi

33 34 35 36

Gruppo di voto nelle istituzioni Bretton-Woods: Azerbaigian, Kirghizistan, Polonia, Svizzera, Serbia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.

Gruppo di voto BERS: Azerbaigian, Kirghizistan, Serbia e Montenegro, Svizzera, Turchia, Turkmenistan e Uzbekistan.

Conferenza ONU di Monterrey, Messico, del 18 marzo 2002.

Conferenza OCSE a Parigi su «Aid effectiveness and Harmonization» del 2 marzo 2005 (www.aidharmonization.org).

543

verso le riforme che oggi in parte sono di nuovo in pericolo. I titoli dei giornali testimoniano di tendenze e segnali contraddittori nell'Europa orientale e nella CSI.

Comunque è certo che in molti Paesi la transizione economica e sociale avanza solo lentamente e il desiderio e la necessità di emigrare rimangono elevati. I Paesi possono offrire alla popolazione nuove prospettive e ridurre la povertà solo con riforme coerenti a lungo termine. La comunità internazionale è unanime sul fatto che il calendario della transizione non è ancora concluso (la cosiddetta «unfinished agenda»).

Anche se l'UE assume un ruolo centrale nella transizione, la prospettiva di un'adesione non risolve però tutti i problemi. I Paesi limitrofi dell'UE-27 sono improvvisamente confrontati con nuovi problemi, dato che le loro frontiere ormai coincidono con quelle dello spazio Schengen.

La situazione politica rimane imprevedibile nei Balcani occidentali dove lo statuto del Kosovo continua a suscitare tensioni. Inoltre, più di dieci anni dopo gli accordi di Dayton la Bosnia-Erzegovina non dispone ancora di una struttura statale definitiva. Nel Caucaso meridionale e nell'Asia centrale la situazione rimane anch'essa critica.

La Svizzera non può sottrarsi all'impegno internazionale in sostegno della transizione, se non altro per la sua posizione geografica. Non si tratta di un compito permanente della Confederazione, ma di un impegno temporaneo come previsto nella legge federale del 24 marzo 200637 sulla cooperazione con l'Europa orientale, limitata a dieci anni.

2

Contenuto del decreto federale sul IV credito quadro

2.1

Proposta del Consiglio federale

Con il presente messaggio il nostro Consiglio propone un credito quadro di 650 milioni di franchi per il periodo 2007­2010. Il nuovo credito quadro per la cooperazione con l'Europa orientale si basa sulla legge federale del 24 marzo 200638 sulla cooperazione con l'Europa orientale e si riallaccia all'aumento39 di 400 milioni del III40 credito quadro votato dal Parlamento il 4 ottobre 2004. Poiché questi mezzi finanziari supplementari verso la metà del 2007 saranno completamente impegnati, il credito quadro proposto garantisce la prosecuzione dell'impegno svizzero nell'Europa orientale e nella CSI.

Il calcolo finanziario è risultato da una stima approfondita del fabbisogno finanziario per raggiungere l'obiettivo, delle possibilità finanziarie e politiche della Confederazione, delle valutazioni di politica estera e delle esigenze pratiche. Si è tenuto conto del freno all'indebitamento e dei programmi di sgravio del Parlamento. Il credito proposto è inoltre in sintonia con l'obiettivo del Consiglio federale di portare entro il 2010 la somma accordata dalla Svizzera alla cooperazione pubblica allo sviluppo ad almeno lo 0,4 per cento del reddito nazionale lordo. Il Consiglio federale dovrà ancora ridefinire l'obiettivo a partire dal 2010. Il totale del credito integra anche le 37 38 39 40

544

FF 2006 3273 FF 2006 3273 FF 2004 4861 FF 1998 3941

compensazioni ed i tagli finanziari precedenti destinati a finanziare il contributo svizzero all'UE allargata.

Ai sensi dell'articolo 159 capoverso 3 lettera b della Costituzione federale, il decreto federale proposto sottostà al freno all'indebitamento e deve dunque essere adottato dalla maggioranza dei membri di ciascun Consiglio.

2.2

Motivazione della proposta

In alcuni Paesi il processo di transizione prende più tempo del previsto. Gli Stati dell'Europa centrale e baltici hanno fatto avanzare talmente le riforme economiche, sociali e politiche da aderire nel 2004 all'UE. A partire dal 1997 la cooperazione con i Paesi dell'Europa orientale si è trasferita a regioni meno progredite dell'Europa del Sud-Est, del Caucaso meridionale e dell'Asia centrale dove il successo della transizione non è assolutamente certo.

I Paesi della CSI sono rimasti indietro nel processo di riforma: le regioni devastate dalla guerra come il Caucaso meridionale ed il Tagikistan ne subiscono ancora le pesanti conseguenze sociali ed economiche e l'impoverimento vi assume proporzioni tragiche.

Relativamente bene si è svolta la stabilizzazione e la ricostruzione nell'Europa del Sud-Est. I conflitti civili scoppiati al crollo della ex Jugoslavia hanno però conseguenze che impediscono ancor oggi i processi di riforma così urgenti e necessari.

Anche se dal 1996 al 2005 la Svizzera ha contribuito agli sforzi internazionali con circa 1300 milioni di franchi41, le riforme e la transizione economica sono ancora lungi dall'essere conclusi. Conflitti regionali, stagnazione e rigurgiti di autoritarismo devono essere impediti, poiché potrebbero avere conseguenze gravi per tutta la regione, fino alla Svizzera.

La prosecuzione della cooperazione svizzera con l'Europa orientale rientra negli obiettivi della politica estera, anche quella economica, elvetica: tutela della convivenza pacifica delle popolazioni; rispetto dei diritti dell'uomo e promovimento della democrazia; difesa degli interessi dell'economia svizzera all'estero; riduzione della miseria e della povertà nel mondo; conservazione delle basi naturali della vita. Infine la cooperazione con l'Europa orientale contribuisce notevolmente al raggiungimento degli obiettivi del Millennio dell'ONU. Grazie all'alta reputazione internazionale in questo settore, la Svizzera assume un ruolo maggiore nel dialogo multilaterale, come ad esempio nel Patto di stabilità per l'Europa del Sud-Est. Il sostegno accordato dalla Confederazione a vari Paesi membri dei gruppi di voto all'FMI, alla Banca mondiale ed alla BERS non fa che rafforzare l'influenza del nostro Paese presso queste istituzioni finanziarie.

Anche in politica interna la cooperazione con
l'Europa orientale è in sintonia con gli interessi del nostro Paese: uno sviluppo pacifico e sostenibile in Europa orientale rappresenta un vantaggio per la Svizzera. Cooperare con questa regione significa contribuire a garantire la sicurezza in senso lato. Di fronte ai rischi derivanti dai 41

Gli aiuti della Confederazione alla regione balcanica comprendono i crediti quadro della cooperazione con l'Europa orientale (ca. 627 mio.) e l'aiuto umanitario, l'aiuto al rimpatrio dell'UFM e misure politiche di mantenimento della pace del DFAE e del DDPS (senza «Swisscoy» nel Cossovo).

545

possibili conflitti, dai flussi migratori o dalla criminalità organizzata, la cooperazione rappresenta un investimento per favorire la stabilità, la sicurezza ed il benessere e la Svizzera ne trarrà ampi vantaggi. L'intensificazione dei contatti e degli scambi stimola d'altronde le istituzioni svizzere, ad esempio nel settore scientifico e in quello culturale.

La cooperazione con l'Europa orientale rientra anche nell'interesse dell'economia svizzera. Il rapido sviluppo degli scambi commerciali con l'Europa centrale prova che la ripresa economica dei Paesi di tutta la regione aprirà a medio termine nuovi mercati, nuove fonti di approvvigionamento ed un nuovo potenziale d'investimento per le imprese svizzere. Vi si aggiungono le conseguenze dirette dell'assegnazione di mandati e di forniture nel quadro della collaborazione bilaterale. Nel periodo 1990­2003 ad esempio, i mandati assegnati nel quadro di progetti infrastrutturali hanno permesso alle aziende svizzere di ricevere ordinazioni per 780 milioni di franchi. Infine, poiché il nostro Paese è membro delle banche internazionali di sviluppo, le aziende svizzere possono rispondere ai bandi di concorso e aggiudicarsi altri mandati. Studi scientifici hanno d'altronde dimostrato che ogni franco consacrato all'aiuto allo sviluppo o alla transizione aumenta di 1,5 franchi il prodotto interno lordo del nostro Paese.

2.3

Il nuovo credito quadro: impostazione strategica della cooperazione con l'Europa orientale nel 2007­2010

2.3.1

Bilancio di 12 anni di cooperazione

In passato la Svizzera ha fornito alla transizione un contributo notevole ed internazionalmente riconosciuto. Dal 1990 il Parlamento ha messo a disposizione a questo scopo complessivamente 3450 milioni di franchi con tre crediti quadro. A riprova dell'utilità e del successo dell'aiuto internazionale basta considerare gli enormi progressi nelle riforme fatti dai Paesi dell'Europa centrale e del Baltico che sono riusciti ad entrare nell'UE. Questi Paesi facevano parte del primo gruppo di beneficiari della cooperazione svizzera con i Paesi dell'Europa orientale. Dopo il consolidamento delle strutture democratiche, il centro di interesse della cooperazione si è spostato all'Europa del Sud-Est e ai Paesi della CSI, in particolare al Caucaso meridionale e all'Asia centrale.

Nel confronto internazionale le prestazioni finanziarie della Svizzera sono nella media: avendo consacrato circa lo 0,03 per cento del prodotto interno lordo (media nel periodo da 1999 al 2001) a questa cooperazione, il nostro Paese si classifica nella media dei Paesi donatori europei (allegato 11). Tuttavia è necessario relativizzare questa posizione dato che i Paesi dell'UE non si limitano a sostenere quelli dell'Est in base ad accordi bilaterali, ma accordano loro anche un notevole aiuto attraverso il budget comunitario. I programmi dell'UE a favore dei Paesi dell'Est, i fondi strutturali e gli strumenti di coesione rappresentano la maggior fetta del sostegno finanziario accordato all'Est. Se l'aiuto comunitario raggiungeva circa 3 miliardi di euro annui fino al 2003, ormai è più che raddoppiato dopo il primo allargamento verso oriente e raggiunge circa 24 miliardi di euro per gli anni dal 2004 al 2006. Infine, le istituzioni finanziarie internazionali accordano anche importanti mezzi alla cooperazione con i Paesi dell'Est, ma quasi esclusivamente sotto forma di crediti.

546

Il nostro Consiglio ha periodicamente riferito al Parlamento e ha in particolare descritto la cooperazione con i Paesi dell'Est nei rapporti annuali. L'allegato 9 fornisce informazioni sull'impiego dei mezzi nel quadro dell'ultimo periodo di credito.

La prosecuzione della collaborazione con l'Europa orientale e con la CSI può fondarsi sulle preziose esperienze fatte con i primi tre crediti quadro. Prima della redazione del presente messaggio e di quello concernente la legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est42, è stato necessario fare un bilancio generale e valutare la situazione. Da una parte si è proceduto ad un'analisi della situazione della transizione nell'Europa orientale e nella CSI, dall'altro è stato esaminato il lavoro della Svizzera in maniera indipendente. Nel 2004 è stato pubblicato un riassunto di questi studi43. I particolari e le raccomandazioni di questa valutazione sono riassunti all'allegato 10.

2.3.2

Strategie e obiettivi

La strategia della cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est si basa sia sulle priorità dei Paesi in transizione sia sulle esigenze dal punto di vista svizzero.

L'orientamento strategico è incentrato su settori chiave e deficit centrali della transizione e si rivolge a gruppi ben definiti. La Svizzera definisce inoltre la propria strategia di cooperazione prendendo in considerazione le iniziative, i programmi o i partenariati internazionali44 che creano vincoli tra Stati ed organizzazioni internazionali e regolano i settori di attività dei diversi operatori. Infine, la strategia tiene conto del valore aggiunto e dei vantaggi comparativi del contributo svizzero in rapporto a quelli di altri organi e Stati donatori. Questo modo di procedere è conforme alle strategie della DSC e della SECO, trattate in maniera più approfondita al numero 2.3.4.

Una delle principali raccomandazioni del bilancio stabilito nel 2003 (vedi l'allegato 10) riguarda una maggiore concentrazione della cooperazione con i Paesi dell'Est sulle questioni ed i settori nei quali la Svizzera ha o sta per acquisire competenze chiave. Per rafforzare questa concentrazione, la cooperazione perfeziona la definizione degli obiettivi precisando i deficit e le esigenze della transizione. La scelta degli argomenti prioritari nei diversi Paesi partner d'altronde è determinata dal contributo che la Svizzera è in grado di fornire per risolvere un problema specifico.

Infine, per realizzare misure nel contesto imprevedibile ed incerto dei Paesi dell'Est, è necessario dotarsi di notevole flessibilità, coordinare meglio gli strumenti della cooperazione, definire chiaramente gli obiettivi e garantire un monitoraggio metodico dei programmi e dei progetti.

Conformemente agli interessi ed agli obiettivi economici e politici della Svizzera (n. 1.4), la cooperazione con i Paesi dell'Est e della CSI intende promuovere la stabilità, la sicurezza, lo Stato di diritto ed il benessere sul continente europeo. In 42 43

44

FF 2004 1705 DSC/SECO: Langer Weg zu Demokratie und Markt ­ Bilanz aus 12 Jahren Ostzusammenarbeit (la lunga strada verso la democrazia ed il mercato ­ bilancio di 12 anni di cooperazione con l'Europa orientale); Berna 2004.

Ad es. il Patto di stabilità (all. 12); accordi di partenariato concernenti la migrazione (cfr.

n. 1.4.1.5); programmi multilaterali a Cernobyl; «Poverty Reduction Strategy Papers» (cfr. n 1.4.2.4)

547

questo modo contribuisce a ridurre i rischi per la sicurezza e la pressione creata dai flussi migratori. Il compito principale consiste dunque nell'apportare un sostegno preciso agli sforzi per la transizione profusi dai Paesi che intendono avviare riforme.

Gli obiettivi della cooperazione con i Paesi dell'Est sono stati definiti nel decreto federale del 1995 e ripresi nella nuova legge federale sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est: ­

promuovere e consolidare lo Stato di diritto ed il rispetto dei diritti dell'uomo e creare un sistema democratico fondato su solide istituzioni politiche (governance),

­

promuovere uno sviluppo economico e sociale durevole fondato su principi dell'economia di mercato e favorevoli alla stabilità economica, all'aumento del reddito ed al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, favorendo al contempo lo sviluppo culturale e contribuendo alla protezione dell'ambiente.

2.3.3

Principi e strumenti

La creazione e il rinnovo delle istituzioni, come ad esempio organi giudiziari fondati sullo Stato di diritto e un sistema di regolamentazione della concorrenza, sono indispensabili per condurre a buon fine riforme politiche ed economiche e sono al centro della transizione (allegato 2). Il futuro orientamento della cooperazione si traduce anche in un ricorso al partenariato, cioè un coordinamento con gli altri donatori e con la partecipazione di autorità, aziende e gruppi della società civile dei Paesi beneficiari. Questo orientamento si basa tra l'altro sull'applicazione più frequente di approcci integrati, cioè al collegamento di progetti isolati con programmi includendoli poi, grazie al dialogo politico, in determinate riforme politiche.

Perché la pianificazione e l'attuazione dei programmi di cooperazione abbiano buon esito, è necessario che gli Stati accettino impegni vincolanti nel quadro di un partenariato bilaterale. Da una parte i Paesi che beneficiano della cooperazione sono tenuti a prendere misure politiche per creare un contesto che permetta si sfruttarne al massimo l'efficacia; dall'altra, i programmi di cooperazione devono sostenere solo gli sforzi profusi dai governi e dai partner locali stessi. Quando è intesa soprattutto a promuovere l'autonomia dei partner, la cooperazione internazionale è sempre vincolata a determinate condizioni (condizionalità45). Nel caso dei Paesi dell'Est, il processo pone la questione della condizionalità, cioè delle condizioni legate alla cooperazione, con particolare urgenza. Le attività e gli interventi prendono in realtà sempre come punto di partenza le riforme effettuate dagli Stati partner; in assenza di riforme, il sostegno si deve concentrare sulle forze e sui settori della società favorevole alle riforme. Nel contesto dell'Europa orientale, i Paesi beneficiari devono non solo soddisfare determinate condizioni politiche minime, ma i relativi governi devono dimostrare una reale volontà di introdurre le riforme46.

45

46

548

Negli anni Novanta, il nostro Consiglio ha introdotto il principio della condizionalità nella collaborazione internazionale e creato direttive in merito che gli permettono di interrompere o di riorientare la cooperazione, ad es. in caso di gravi e sistematiche violazioni dei diritti dell'uomo.

Vedi anche il messaggio del 19 agosto 1998 (FF 1998 3941).

Negli ultimi anni il modello del partenariato ha assunto nuove dimensioni grazie alla maggiore importanza della governance multilaterale. La collaborazione si è internazionalizzata e oggi si esprime spesso in programmi regionali (ad es. il Patto di stabilità per l'Europa del Sud-Est, all. 12) o multilaterali che comprendono più Stati.

L'adozione universale di obiettivi vincolanti, gli «Obiettivi di sviluppo del milennio» («Millennium Development Goals», cfr. n. 1.4.2.1), ha introdotto la nozione di partenariato su scala mondiale e ha creato un sistema multilaterale d'impegno reciproco tra gli Stati donatori, quelli partner e le organizzazioni internazionali. Questo sistema si basa sui criteri della buona governance, riconosciuti dalla comunità internazionale e che corrispondono al concetto svizzero di buona gestione degli affari pubblici (vedi n. 2.3.4.1). Questo approccio basato su attività in comune traspare dall'importanza accordata alle misure positive nel settore della governance e in proporzione nel dialogo politico. In questo modello di cooperazione si è stabilito un modello: è compito dei Paesi beneficiari creare il contesto favorevole alla transizione ed allo sviluppo.

Tra i principi della cooperazione menzioniamo anche l'importanza dei gruppi target: ogni progetto di cooperazione è pensato e realizzato in funzione del gruppo cui ci si rivolge tramite le istituzioni ed i partner locali. Questo approccio ha come scopo principale di sostenere la volontà di introdurre riforme nel Paese in questione. Nei gruppi target rientrano dunque le forze innovative dei settori pubblico e privato, la società civile che intende partecipare ai processi politici, economici e sociali, e le donne che desiderano anch'esse partecipare alla vita politica ed economica. La cooperazione si concentra d'altronde sulle minoranze e sui gruppi sociali o culturali emarginati nonché sui giovani, che sin dall'inizio sono stati uno dei gruppi più importanti.

Gli strumenti della cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est comprendono innanzitutto le misure di cooperazione tecnica, economica e finanziaria descritte in modo più particolareggiato nel messaggio sulla legge federale47.

La cooperazione tecnica, compito della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) sostiene il processo di riforma conformandosi
all'assetto che risulta dalla combinazione di cinque settori prioritari definiti nella Strategia 2010 della DSC: prevenzione e risoluzione delle crisi, buona gestione degli affari pubblici, promozione dell'impiego e aumento del reddito, miglioramento della giustizia sociale e gestione sostenibile delle risorse naturali. La DSC sottolinea in particolare le seguenti problematiche: sanità, acqua, sviluppo rurale e risorse naturali, impiego e formazione, ambiente, Stato di diritto, democrazia, diritti fondamentali e migrazione. L'idea moderna della cooperazione tecnica si incentra sulla creazione e la riforma istituzionale; punta sullo sviluppo delle capacità, il transfer di sapere e le attività di connessione in rete (capacity development).

La cooperazione economica e finanziaria della Segreteria di Stato per l'economia (SECO) sostiene l'allestimento di strutture di economia di mercato e l'avvio di una crescita economica duratura, stimola lo sviluppo di un settore privato fiorente e favorisce l'integrazione dei Paesi in transizione nell'economia mondiale. Lo strumento più importante in cifre messo a disposizione sono i contributi non rimborsabili destinati principalmente a finanziare le infrastrutture. Il finanziamento delle infrastrutture resta in linea di massima legato a forniture svizzere anche se questo 47

FF 2004 1705

549

principio è applicato con sempre maggiore flessibilità. La Svizzera riconsidera in effetti ad intervalli regolari questa condizionalità e l'adegua se necessario tenendo conto degli sforzi di armonizzazione profusi dalla comunità dei Paesi donatori, dei fabbisogni dei Paesi partner e delle raccomandazioni emesse dal Comitato per l'aiuto allo sviluppo dell'OCSE.

Il sostegno al settore privato ed agli investimenti intende migliorare il quadro economico generale e creare servizi di consulenza per le piccole e medie aziende; comprende anche la partecipazione a capitali di rischio specializzati. Il nuovo sportello SIFEM48 permette anche di rafforzare queste attività nell'Europa dell'Est. Per ottenere consulenza e sviluppare progetti d'investimento nei nostri Paesi partner orientali, le aziende possono d'altronde ricorrere ai servizi della società specializzata SOFI49 con sede in Svizzera.

La promozione commerciale offre prima di tutto un supporto destinato a migliorare il contesto delle operazioni commerciali per le PMI esportatrici (politica commerciale, legislazione, consolidamento delle associazioni patronali e creazione di centri di esportazione). Inoltre, l'accesso al mercato svizzero viene facilitato grazie al SIPPO e alle concessioni doganali unilaterali.

La garanzia dei rischi delle esportazioni (GRE) è ormai disponibile per quasi tutti i Paesi dell'Europa dell'Est e della CSI. Ne consegue la decisione di rinunciare, nel presente credito quadro, alle garanzie di credito destinate a coprire, in assenza del GRE, i rischi politici e di trasferimento connessi alle forniture in questi Paesi. La GRE cambierà prossimamente lo statuto giuridico e diverrà l'Assicurazione svizzera contro i rischi dell'esportazione.

Ormai sarà possibile ricorrere allo strumento dei contributi alle ONG (DSC). I progetti ideati dalle ONG svizzere possono essere cofinanziati con somme non superiori al 50 per cento. I progetti costituiscono un elemento geografico e tematico complementare ai programmi e progetti della DSC.

In questi ultimi anni la DSC e la SECO sono riuscite a perfezionare notevolmente la complementarità degli strumenti e la definizione di approcci comuni. Questi due servizi si consultano ad esempio al momento di fissare basi di lavoro o di pianificazione elaborando programmi regionali a medio termine e
strategie di cooperazione per ognuno degli Stati prioritari della cooperazione svizzera. In seguito, in base a questi programmi e a queste strategie, la SECO e la DSC pianificano e svolgono le attività di cooperazione con i Paesi dell'Est. Questi strumenti contengono in realtà indicazioni vincolanti per la scelta e l'ideazione dei progetti, generalmente attuati in loco dagli uffici di cooperazione gestiti in comune.

L'aiuto umanitario, rivolto anche all'Europa orientale, è uno strumento importante della Confederazione che vi consacra circa 250 milioni di franchi annui in tutto il mondo. Conformemente al mandato, accorda aiuto urgente in maniera veloce restando su posizioni neutrali e senza condizioni politiche. È finanziato con un credito quadro separato. Le sinergie con la cooperazione con i Paesi dell'Est esistono in Stati in cui durante e dopo conflitti bellici o catastrofi naturali vengono svolti programmi umanitari che sfociano in programmi di ricostruzione a lungo termine (allegato 5).

48 49

550

Swiss Investment Fund for Emerging Markets (SIFEM); FF 2003 209 Swiss Organisation Facilitation of Investments (SOFI); FF 2003 205

Grazie alla stretta collaborazione interdipartimentale nel settore dell'aiuto al rimpatrio (UFM, DSC e DPIV), la Confederazione sin dalla fine degli anni Novanta è attiva con successo nel settore delle migrazioni, in particolare nei Balcani. Collegare l'aiuto individuale al rimpatrio e l'aiuto strutturale permette di affrontare i molteplici aspetti dei flussi migratori e della gestione delle migrazioni a livello globale. La legge sugli stranieri del 24 settembre 2006 prevede che nel campo della migrazione la Confederazione promuova partenariati bilaterali e multilaterali con altri Stati.

Viste le esperienze realizzate fino ad oggi, la cooperazione interdipartimentale per il dialogo e per i partenariati per la migrazione verrà consolidata in particolare nei Balcani.

Nelle regioni in crisi dei Balcani occidentali, del Caucaso meridionale e dell'Asia centrale si teme ancora una ripresa dei conflitti politici o etnici in grado di mettere in pericolo il fragile equilibrio raggiunto. La prevenzione dei conflitti, la promozione e il mantenimento della pace e la protezione delle minoranze sono tra gli elementi centrali di svariati programmi di cooperazione. A questo impegno si aggiungono misure di promozione civile della pace e di consolidamento dei diritti umani, conformemente alla legge federale del 19 dicembre 200350. Gli interventi più importanti in favore della pace hanno luogo al momento in Bosnia-Erzegovina, in Serbia e Kosovo, in Macedonia, in Russia, in Georgia e nel Tagikistan. Le misure sono a carico di un credito quadro a parte e vengono svolte dalla Divisione politica IV del DFAE.

2.3.4

Priorità della cooperazione con i Paesi dell'Est

Benché in ogni Paese attualmente la transizione si trovi in uno stadio diverso, è possibile formulare esigenze centrali per la cooperazione con i Paesi dell'Est, valide per tutta la regione dell'Europa orientale (allegato 14).

I quattro elementi principali individuati nell'ambito dell'«agenda incompiuta» sono contenuti in tutti i programmi regionali di cooperazione. La relativa importanza e urgenza variano tuttavia da un Paese all'altro e sono precisate nelle strategie di cooperazione.

2.3.4.1

Governance, stabilizzazione, democrazia e sicurezza

Con le attività che svolge, la Svizzera non intende solo contribuire a rafforzare la stabilità politica e a ridurre le tensioni, ma anche favorire la buona governance e la creazione di istituzioni democratiche e trasparenti. A tale scopo cerca soprattutto di promuovere l'autonomia del sistema giudiziario, la fiducia della popolazione nello stato di diritto, il rispetto dei diritti umani ed una reale partecipazione dei cittadini al processo decisionale. La sicurezza, la stabilità politica, la democrazia e lo Stato di diritto sono condizioni di base per il benessere individuale, la coesistenza pacifica e lo sviluppo economico, politico e sociale (cfr. anche n. 1.4.1.2).

Per prevenire i conflitti e ridurre le tensioni nelle regioni in cui la situazione resta tesa, è necessario promuovere soprattutto la composizione pacifica dei conflitti, 50

FF 2003 7105

551

l'integrazione, la riconciliazione e la pluralità culturale, adottando misure in grado di proteggere le minoranze ed i gruppi emarginati. Il ricorso a questi strumenti si basa anche su approcci transfrontalieri sia nei Balcani occidentali, sia nel Caucaso meridionale, sia in Asia centrale.

La sicurezza e la stabilità vanno di pari passo con l'evoluzione nel settore della governance, al fine di garantire l'accesso alle prestazioni di base dello Stato anche ai gruppi emarginati e anche nelle regioni più distanti. Si tratta di consolidare le strutture politiche e democratiche di istituzioni legittimate dal popolo e di promuovere una buona gestione degli affari pubblici51 fondata sullo Stato di diritto, la separazione dei poteri ed il rispetto dei diritti umani e delle minoranze. Un progresso di questo tipo non può fare a meno di strutture amministrative decentralizzate al servizio dei cittadini e incentrate sulle loro esigenze, la riforma dei sistemi giudiziario e di polizia, il sostegno a media indipendenti e la creazione di servizi statali incaricati di lottare contro il crimine organizzato. In futuro le priorità prevedranno ancora la creazione di istituzioni basate sul pluralismo in grado di permettere la partecipazione di gruppi di popolazione svantaggiati (soprattutto le donne ed i giovani). Nel contesto specifico dei Paesi dell'Est, gli aspetti economici della governance rivestono un'importanza cruciale. In particolare inglobano la creazione di condizioni regolatrici e consolidate in grado di favorire lo sviluppo dell'economia privata e di contribuire in tal modo alla lotta contro la corruzione. È anche necessario accordare molta attenzione all'emergere della società civile ed ai punti di attrito nelle relazioni tra il cittadino e lo Stato (lacune nel diritto amministrativo, autonomia della giustizia).

La governance e la parità tra uomo e donna52 sono integrate come argomenti trasversali nelle strategie bilaterali di sviluppo elaborate dalla Svizzera con gli Stati partner.

Questi due argomenti devono essere presi nella dovuta considerazione in tutte le attività.

2.3.4.2

Riforme strutturali, crescita economica e aumento del reddito

I cambiamenti e gli aggiustamenti strutturali dell'economia costituiscono i compiti fondamentali della transizione. Mentre la maggior parte dei Paesi è riuscita a raggiungere in questi ultimi anni una certa stabilità macroeconomica, molti altri iniziano appena il cammino delle riforme. La Svizzera incoraggia la trasformazione delle strutture economiche perché queste sono la condizione sine qua non di una crescita economica duratura e dello sviluppo sociale, dato che permettono di creare impieghi, di migliorare i redditi e di aumentare il gettito fiscale (vedi anche n. 1.4.1.4). In concreto, il nostro Paese si impegna nei settori seguenti: La creazione di condizioni quadro adeguate e di istituzioni economiche rappresenta un fattore determinante non solo per avviare una crescita economica duratura, ma anche per aumentare gli impieghi ed i redditi. Ecco i principali obiettivi in questo 51

52

552

«Good Governance» è una definizione riconosciuta a livello internazionale nel settore politico statale. I criteri di base sono stati decisi in maniera vincolante nell'ambito del Comitato per l'aiuto allo sviluppo OCSE.

Nel contesto dell'Europa dell'Est, la posizione delle donne e degli uomini nella politica, nell'economia e nella società assume un significato particolarmente importante (vedi anche n. 1.4.1.2), poiché le pari opportunità non sono viste solo come fenomeno complementare, ma anche come chiave dello sviluppo.

campo: ripartire chiaramente i compiti tra lo Stato e l'economia, smantellare la burocrazia e migliorare il governo d'impresa, introdurre una politica fiscale trasparente, ristrutturare e risanare il settore finanziario (che deve diventare più accessibile alle imprese), aumentare l'impiego e il reddito, rendere regolari le relazioni finanziarie esterne (sdebitamento e accesso ai mercati dei capitali, politica commerciale e di investimento, ecc.). È necessario inoltre controllare la nuova ripartizione dei ruoli tra datori di lavoro e sindacati e promuovere un dialogo sociale e proficuo.

L'emergere di un settore privato prospero, soprattutto formato da piccole e medie imprese (PMI) in grado di reagire con flessibilità e dinamismo all'evolversi della situazione, di creare impieghi e di generare gettito fiscale, è un fenomeno di capitale importanza per il successo della transizione economica. Le principali misure previste sono: appoggiare la creazione e la crescita di aziende, incoraggiare la qualificazione professionale della manodopera, agevolare l'accesso delle PMI alle fonti di finanziamento e ad altre prestazioni, fornire consulenza sulla gestione delle finanze e del debito e migliorare il partenariato sociale tra datori di lavoro e salariati. Le attività in questo settore comprendono anche la promozione degli investimenti esteri, in particolare con offerte di mediazione e analisi di mercato.

Lo snellimento degli scambi commerciali regionali (spesso notevolmente ostacolati da fattori politici) e l'intensificazione delle relazioni economiche con gli Stati limitrofi ed i Paesi industrializzati favoriscono l'integrazione politica ed economica e aumentano le opportunità di crescita economica. Gli obiettivi della cooperazione in questo settore sono: migliorare la politica commerciale (gestione dei negoziati, adesione all'OMC, ecc.), creare associazioni in grado di formulare interessi di politica commerciale e promuovere le relazioni commerciali tra le aziende dei Paesi beneficiari ed i possibili clienti dei Paesi industrializzati.

2.3.4.3

Infrastrutture e risorse naturali

Non c'è sviluppo economico senza strutture funzionanti e sostenibili. Nei Paesi dell'Est, le infrastrutture per lungo tempo sono state trascurate, a volte addirittura distrutte deliberatamente durante i conflitti. Nel quadro del relativo ripristino e della modernizzazione, la Svizzera concentra le proprie attività sull'approvvigionamento idrico, il risanamento, lo smaltimento dei rifiuti, l'elettricità, il teleriscaldamento ed i trasporti pubblici, sostenendo in tal modo lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali.

Le misure intendono creare anche condizioni e istituzioni in grado di garantire l'approvvigionamento duraturo a tutti gli strati della popolazione. Per accrescere l'efficacia delle attività ed esercitare una maggiore influenza nel dialogo politico, i progetti che riguardano le infrastrutture e la protezione dell'ambiente verranno spesso completati o integrati con programmi cofinanziati da istituzioni finanziarie internazionali quali la Banca mondiale o la BERS. Inoltre la cooperazione ricorrerà sempre più a modelli che prevedono l'intervento del settore privato (con cosiddetti partenariati pubblici-privati) e una maggiore autonomia delle società che si occupano dell'approvvigionamento.

Lo spreco di risorse degli Stati postcomunisti rappresenta un problema particolare.

Ciononostante le risorse naturali e la biodiversità nell'Europa dell'Est restano enormi. Dunque è indispensabile non solo rimodellare completamente le norme sulla 553

protezione e lo sfruttamento delle risorse, ma anche cambiare la mentalità. La cooperazione in questo campo si concentra su misure concrete ed integrate nell'agricoltura, nella gestione delle riserve naturali e dei rifiuti, nella promozione della formazione ambientale e del dialogo tra governi e società civile sia a livello locale sia a livello nazionale ed internazionale.

Sono urgentemente necessarie misure di politica ambientale non solo per preservare la diversità biologica, ma anche per perfezionare la gestione dell'ambiente, della terra, dell'energia e delle acque. Queste permetteranno anche di consolidare gli organi statali e civili che operano a favore della protezione della natura. Per realizzare questi progressi, l'impegno deve essere profuso sia in un contesto bilaterale sia in ambito multilaterale (ad es. «Un ambiente per l'Europa», cfr. anche n. 1.4.1.6).

2.3.4.4

Riforma sociale e nuova povertà

In conseguenza del processo di transizione il fenomeno dei «nuovi poveri» ha assunto dimensioni drammatiche, riducendo il grado di accettazione delle riforme presso la popolazione e minando la stabilità politica di questi Paesi. La povertà e la mancanza di prospettive sono spesso la causa di migrazione e di problemi sanitari o sociali. Per questo motivo un'importanza particolare va attribuita alla lotta contro la pauperizzazione; a tal fine occorre ammortizzare gli effetti sociali delle riforme e istituire rapidamente sistemi sociali sicuri (cfr. n. 1.4.1.4). A causa delle lacune a livello di istituzioni sociali e di previdenza, la società civile si trova a dover assumere compiti importanti nell'ambito sociale.

La sanità resta un settore prioritario della cooperazione svizzera. In questo ambito l'accento è posto sulla promozione delle capacità per permettere la fornitura di prestazioni di base efficaci a tutti i gruppi della popolazione. Le attività sono altresì finalizzate a creare istituzioni pubbliche o private in grado di offrire una copertura adeguata nella previdenza sociale e nell'assicurazione vecchiaia come pure un sistema educativo ben funzionante. Nella definizione dei destinatari dell'aiuto, la cooperazione dà particolare peso all'assistenza di gruppi socialmente minacciati (minoranze, donne, giovani, anziani).

2.3.5

Priorità e programmi regionali

Soltanto la concentrazione delle risorse e una presenza sul posto permettono di avviare un processo di cambiamento durevole. La scelta dei Paesi partner avviene in base a criteri quali le esigenze del Paese in questione, l'indice di povertà, la gestione dello Stato, il dinamismo della riforma, i potenziali locali e gli interessi politici ed economici della Svizzera.

Le priorità attuali nell'Europa dell'Est e nella CSI, segnatamente la concentrazione sugli Stati dell'Europa sudorientale, il Caucaso meridionale e l'Asia centrale, risultano dalle esperienze fatte durante l'attuazione del terzo credito quadro. Questa orientazione geografica sarà mantenuta per il prossimo credito quadro; resterà parimenti invariata la ripartizione finanziaria attuale: due terzi circa per i Paesi dei Balcani e un terzo per la CSI.

554

Elenco dei Paesi e delle regioni prioritari della cooperazione svizzera con l'Europa dell'Est DSC

SECO

Paesi prioritari Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria (fino alla fine del 2007), Macedonia, Romania (fino alla fine del 2007), Serbia1, Ucraina

Paesi prioritari Albania, Azerbaigian, BosniaErzegovina, Bulgaria (fino alla fine del 2007), Kirghizistan, Macedonia, Romania (fino alla fine del 2007), Serbia incl. Kosovo1, Tagikistan, Ucraina

Programmi regionali: Asia centrale2 (Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan), Caucaso meridionale (Armenia, Azerbaigian, Georgia) Programmi speciali3: Kosovo, Moldova, Russia (fino al 2008) 1 2 3

Il Montenegro è integrato nel programma della Serbia.

Il programma regionale per l'Asia centrale si concentra sul Kirghizistan e sul Tagikistan.

L'Uzbekistan non figura tra i Paesi prioritari della cooperazione svizzera.

I programmi speciali si distinguono da quelli destinati ai Paesi prioritari per un impegno a medio termine (durata massima di dieci anni) e per il volume finanziario minore; questi programmi si orientano tendenzialmente su settori particolari della cooperazione e sullo sfruttamento di singoli potenziali di sviluppo.

I prossimi quattro anni del credito quadro comporteranno una maggiore concentrazione geografica dei programmi: il numero dei Paesi prioritari della DSC passerà dagli attuali sette a cinque. La Bulgaria e la Romania diventeranno infatti membri dell'UE durante il periodo di applicazione del credito, motivo per cui i programmi di sostegno alla transizione in questi due Paesi saranno conclusi entro la fine del 2007.

Anche il programma speciale per la Russia sarà portato progressivamente a termine entro il 2008. Va sottolineato che le priorità geografiche della DSC e della SECO sono in parte diverse: la DSC sarà attiva nella Repubblica di Moldova, mentre la SECO si concentrerà sull'Azerbaigian; inoltre già dalla fine del 2005 la SECO non assume più nuovi impegni in Russia e Uzbekistan.

Nei diversi Paesi prioritari della cooperazione con l'Est, le attività si iscrivono non soltanto in un quadro bilaterale ma, sempre più spesso, anche in un quadro regionale. Una cooperazione tra Stati si impone tipicamente per instaurare e garantire la stabilità e la sicurezza; tuttavia obiettivi come lo sviluppo economico e la soluzione di problemi chiave della transizione ­ criminalità transfrontaliera, migrazione, sfruttamento delle risorse ­ richiedono sempre più spesso un approccio coordinato a livello non solo internazionale ma anche regionale. Per questo motivo vengono sviluppate sempre più sovente strategie regionali a medio termine in funzione di campi di applicazione geografici, economici e culturali specifici; nel caso dell'Asia centrale e del Caucaso meridionale, la DSC e la SECO hanno pertanto rinunciato a elaborare un programma per Paese. Questo approccio innovatore permette di risolve-

555

re a livello regionale i problemi transfrontalieri, rispondendo così a una tendenza alla «regionalizzazione» della cooperazione internazionale.

Per completare i suoi programmi bilaterali e regionali in singoli Paesi e regioni, la Svizzera realizza inoltre programmi regionali tematici, che canalizzano e valorizzano le conoscenze tecniche specifiche di partner svizzeri scelti, specialmente nei settori della cultura, della ricerca e delle riforme della polizia.

2.3.5.1

Europa sudorientale

L'evento chiave che ha segnato questa regione è stato lo sfaldamento dell'allora Repubblica di Jugoslavia, che ha coinvolto tutti i Paesi ad eccezione dell'Albania, della Bulgaria e della Romania. I conflitti armati che ne sono scaturiti hanno ritardato di almeno dieci anni il processo di transizione rispetto agli altri Paesi dell'Est; fa eccezione soltanto la Slovenia, che ha aderito all'UE nel 2004. Sebbene i conflitti violenti nei Balcani occidentali siano progressivamente terminati a partire dal 2000 e la situazione politica si sia nel frattempo stabilizzata, il processo di transizione ulteriore avanza soltanto molto lentamente. La prospettiva di un'adesione all'UE è il motore principale della transizione nell'Europa sudorientale. La Romania e la Bulgaria aderiranno già nel 2007; per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Macedonia, la Serbia (incluso il Kosovo) e il Montenegro è stata invece confermata in linea di massima la cosiddetta «Agenda di Thessaloniki». I processi di stabilizzazione e di associazione (PSA) promossi con ampi contributi dell'UE sono stati concretizzati per ogni Paese coinvolto: la Macedonia ha concluso un accordo di stabilizzazione e di associazione con l'UE nel 2001 e l'Albania nel 2006; la Serbia e la BosniaErzegovina hanno avviato rispettivamente nell'ottobre e nel novembre 2005 dei negoziati con l'UE finalizzati alla conclusione di siffatti accordi.

L'Europa sudorientale e in particolare la regione dei Balcani occidentali rivestono una grande importanza nella politica estera della Svizzera. È l'unica regione dell'Europa dell'Est per la quale il nostro Consiglio ha sviluppato una politica specifica (cfr. n. 1.4.1) che funge da quadro per tutti i Dipartimenti federali coinvolti: il DDPS (con Swisscoy nel Kosovo e il Partenariato per la Pace), il DFGP (programma di aiuto al rimpatrio), il DATEC (protezione dell'ambiente), il DFE e il DFAE53.

Nessun'altra regione dell'Europa dell'Est presenta contesti e dinamiche di sviluppo così eterogenei. In Slovenia in pochissimo tempo è sorto uno Stato democratico autonomo sul modello occidentale. L'Albania e la Macedonia procedono sulla via dell'integrazione nelle strutture euro-atlantiche. La Bosnia-Erzegovina stenta invece tuttora a realizzare la necessaria riforma delle basi costituzionali che attualmente prevedono soltanto una
debole struttura statale centralizzata; questo processo è ulteriormente rallentato dalle tensioni etniche all'interno del Paese. In seguito al conseguimento dell'indipendenza nei confronti della Serbia, il Montenegro è diventato un nuovo Stato autonomo che si trova ora davanti al compito di definire la propria identità e di integrarsi nella comunità internazionale. Lo sviluppo della Serbia è tuttora rallentato a causa della mancanza di cooperazione con il Tribunale 53

556

Oltre ai programmi della cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est, le attività includono anche il promovimento civile della pace e il rafforzamento dei diritti dell'uomo e dello Stato di diritto.

penale per l'ex Jugoslavia (ICTY); il recente rafforzamento delle forze nazionalistiche rappresenta un ulteriore elemento preoccupante. Il pericolo maggiore per la stabilità regionale proviene tuttavia senza dubbio dalla questione, tuttora irrisolta, dello statuto del Kosovo: nonostante i negoziati svolti da tempo su questo tema, una soluzione accettata da tutte le parti non si delinea ancora.

Il Patto di stabilità per l'Europa sudorientale ha definito nel 1999 un importante quadro politico di riferimento, sia per i partner svizzeri sia sul piano internazionale (cfr. allegato 12).

Le sfide principali nei Balcani occidentali restano la sicurezza e la stabilità, la creazione di istituzioni statali, la promozione della società civile, la soluzione pacifica dei conflitti, lo sviluppo economico e sociale, il rimpatrio dei rifugiati, le migrazioni e l'integrazione regionale.

Il sostegno all'Europa sudorientale segue pertanto le prospettive strategiche illustrate qui di seguito.

­

Stimolare il dinamismo della riforma e contribuire alla stabilità della regione a lungo termine: la Svizzera realizza misure di cooperazione complementari al sostegno dell'UE e armonizza la sue azioni con i donatori che perseguono i medesimi obiettivi in relazione al Patto di stabilità o nel contesto dei PRSP.

­

Favorire il cambiamento istituzionale e rafforzare la governance, tenendo conto delle quattro dimensioni dello sviluppo delle capacità: risorse umane, sviluppo istituzionale, sviluppo dei processi e creazione di reti. Vengono appoggiati partenariati specifici per favorire lo sviluppo federativo e democratico; le attività in questo ambito sono finalizzate a rafforzare la società civile sostenendo le associazioni, le aziende e le strutture amministrative locali a definire i propri ruoli in un'ottica di dialogo reciproco. Particolare importanza è data alla partecipazione attiva della società civile e del settore privato ai processi di decisione democratici a livello locale.

­

Creare prospettive economiche e posti di lavoro: in questo contesto il miglioramento delle condizioni quadro per il settore privato e l'offerta di infrastrutture e servizi adeguati contribuiscono a valorizzare il potenziale delle forze lavoro con buon livello di formazione. Misure come servizi di consulenza specifica, l'accesso facilitato alle fonti di finanziamento e la creazione di un sistema di garanzia della qualità o di marchi di qualità facilitano la creazione di PMI; inoltre la promozione dei contatti commerciali tra imprese (cosiddetto «match-making») o la promozione della distribuzione di prodotti specifici favoriscono gli investimenti diretti sia nazionali che internazionali.

­

Promuovere la giustizia sociale: per attenuare gli effetti della ristrutturazione le misure di sostegno sociale si rivolgono specificamente ai gruppi socialmente sfavoriti, segnatamente nell'ambito delle riforme dei sistemi della sanità pubblica. Anche il settore economico richiede soluzioni innovatrici, ad esempio negli ambiti della finanza e della fiscalità e per quel che concerne l'occupazione; inoltre i partner sociali sono incoraggiati a partecipare all'applicazione di norme internazionali sul posto di lavoro.

Le strategie di cooperazione nei Paesi e nelle regioni prioritari ­ Albania, BosniaErzegovina, Serbia e Montenegro, Macedonia e provincia del Kosovo ­ sono finalizzate all'implementazione dei programmi di sostegno sul posto (cfr. l'esempio 557

dell'allegato 13). Questi programmi si basano su una coordinazione reciproca della cooperazione tecnica e di quella finanziaria. Tutti i programmi definiscono priorità nei settori della governance54 e dello sviluppo economico e sociale; inoltre integrano aspetti concernenti la migrazione, segnatamente gli ambiti del rimpatrio e della prevenzione. La problematica della parità dei sessi è affrontata come tema trasversale.

Nella Repubblica di Moldova, la cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est ha avviato un programma speciale, parallelo all'aiuto umanitario, nel cui quadro sono realizzati numerosi progetti; dal 2005 assume inoltre la direzione dell'ufficio di cooperazione, sostituendo in tale funzione l'aiuto umanitario. La Moldova è integrata dal febbraio 2005 nella nuova politica di vicinato dell'UE.

All'inizio del 2007 la Romania e la Bulgaria aderiranno all'UE. Questi Paesi sono chiamati a realizzare un obiettivo ambizioso: l'integrazione della normativa europea nei loro rispettivi sistemi giuridici. Per la fine del 2007 la Svizzera terminerà le sue attività volte a sostenere la transizione in questi due Paesi.

2.3.5.2

Comunità di Stati indipendenti (CSI)

Fondata in seguito al crollo dell'Unione sovietica, la Comunità di Stati indipendenti (CSI) non è ancora riuscita, nei quindici anni della sua esistenza, a definire una posizione chiara, né a livello di politica estera né di politica economica.

Oggi di regola la CSI viene suddivisa in tre zone geografiche: i Paesi russo-europei della CSI, il Caucaso meridionale e l'Asia centrale. Considerata l'estensione geografica, l'immenso bisogno di riforma e i mezzi limitati della Svizzera, il nostro Paese ha definito tre priorità strategiche e ha fortemente concentrato la cooperazione all'interno delle singole regioni, limitandosi in taluni casi a un intervento in settori particolari.

Russia e Ucraina La Russia d'Europa, l'Ucraina e la Bielorussia costituivano il nucleo economico e politico dell'Unione sovietica. Queste regioni erano caratterizzato da un lato da forti legami e dipendenze reciproche e, dall'altro, dalla dipendenza dalle materie prime e dai prodotti finiti provenienti dalle altre repubbliche sovietiche. Il processo di disintegrazione e recessione economica innescato dall'istituzione di Stati indipendenti ha colpito soprattutto la Bielorussia e l'Ucraina, più fortemente dipendenti dall'apporto energetico esterno, e in misura minore la Russia, che dispone di maggiori riserve di materie prime ed energetiche. Così la Russia si è ripresa dalla crisi finanziaria del 1998 ed è riuscita ad accantonare notevoli riserve di petrolio e monetarie come pure a rimborsare prima del termine i crediti dell'FMI, mentre in Ucraina il rilancio dell'economia è iniziato soltanto nel 2000; dal canto suo la Bielorussia risente sempre più delle ripercussioni negative dovute alla mancata realizzazione di riforme.

Il potere politico resta concentrato a Mosca. Fiera della sua appartenenza al G8, la Russia fa valere rivendicazioni ed interessi geostrategici; a livello di politica interna il Paese ricorre sempre più ad approcci dirigistici, mentre è riuscito a posizionarsi come investitore regionale e potenza di medie dimensioni. Situati ormai alla frontie54

558

Anche la governance è trattata come tema trasversale.

ra esterna dell'Europa allargata, l'Ucraina e la Bielorussia non hanno ancora potuto consolidare la propria posizione, tesa tra l'avvicinamento agli standard europei e la dipendenza economica dalla Russia.

La strategia di cooperazione con la Russia e l'Ucraina55 persegue i seguenti obiettivi principali: favorire la decentralizzazione, rafforzare i principi dello Stato di diritto e il pluralismo politico, promuovere il settore privato e le riforme economiche, creare posti di lavoro e redditi mediante una gestione sostenibile delle risorse naturali, rafforzare il settore della sanità e contribuire a iniziative internazionali nel settore dell'ambiente (settore nucleare).

Le dimensioni del nostro Paese limitano ovviamente le possibilità dei programmi bilaterali della Svizzera di esplicare un influsso concreto nell'Ucraina; tuttavia il nostro Paese può nondimeno dare impulsi sostanziali grazie al suo impegno innovatore in ambiti molto specifici.

La cooperazione con la Russia si limiterà al rafforzamento di partenariati istituzionali negli ambiti della governance e dei diritti umani e sarà progressivamente terminata nel corso dei prossimi anni.

La Russia e l'Ucraina sono già oggi Paesi di provenienza e di destinazione di flussi migratori56; per questo motivo la Svizzera ha avviato dialoghi sulla migrazione con questi due Stati.

Asia centrale Le ex repubbliche sovietiche del Kazakhstan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan si trovano in un'aera importante dal punto di vista geostrategico, delimitata dalla Russia, la Cina, l'Afghanistan e l'Iran. Sul piano politico, la regione è segnata da velleità di potere e di dominazione e subisce l'influsso crescente della Russia e della Cina; inoltre è oggetto di un crescente interesse da parte di Iran, Pakistan e India. La storia e le tradizioni degli Stati dell'Asia centrale sono caratterizzate da una forte tradizione autoritaria e strutture claniche (khanati islamici, colonie dapprima zariste, in seguito sovietiche). Mentre il Kazakhstan e il Turkmenistan dispongono di un sottosuolo molto ricco, il Kirghizistan e il Tagikistan sono tra le regioni più povere del mondo e il loro sviluppo è condizionato da una situazione di isolamento geografico. Le frontiere, tracciate artificialmente, hanno eretto nuove barriere all'interno e tra le zone economiche
e culturali tradizionali, mentre la ricerca di nuove identità nazionali e l'allontanamento reciproco ostacolano la cooperazione e l'integrazione regionali. La rinascita islamica in talune parti della popolazione suscita reazioni di rigetto da parte dei governi e delle elite, che in parte vi rispondono con atti di repressione massiccia. L'evoluzione politica di questi Stati dall'equilibrio tendenzialmente instabile è stata segnata da sconvolgimenti e crisi e la situazione in materia di diritti dell'uomo è peggiorata, ad esempio nel caso 55 56

La Bielorussia non è un Paese di intervento della cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est ma beneficia dell'aiuto umanitario della DSC.

Dal 1990, 5­6 milioni di Russi hanno lasciato i nuovi Stati indipendenti per ritornare in Russia. Tra 1,5 e 2 milioni di loro hanno ottenuto la cittadinanza russa. Negli ultimi anni, lo sviluppo economico è stato il principale fattore d'immigrazione per lavoro (che spesso avviene in condizioni di illegalità). Circa 5,5 milioni di lavoratori provengono dai Paesi della CSI, e almeno altri 2 milioni da altri Stati. Siccome il trattamento riservato ai lavoratori immigrati e a chi risiede in condizioni illegali si è fatto più severo, la Russia, ma anche l'Ucraina e la Bielorussia diventano Paesi di transito sia per i flussi migratori sia per la tratta di esseri umani (cfr. allegato 4).

559

dell'Uzbekistan. La transizione politica è lungi dall'essere conclusa: l'instaurazione di uno Stato di diritto, la lotta contro la corruzione, la democratizzazione, la partecipazione politica, il rispetto dei diritti dell'uomo e la protezione delle minoranze permangono sfide centrali. Inoltre la regione svolge un ruolo chiave nel traffico di droghe e ha assunto un'importanza crescente nella lotta contro il terrorismo.

Le altre grandi sfide che devono affrontare il Kirghizistan, il Tagikistan e l'Uzbekistan si situano nel contesto della stabilizzazione, della diversificazione e dello sviluppo dell'economia. In seguito al dissolvimento delle preesistenti reti economiche e alla perdita di sbocchi nell'area della CSI, oggi vi è un forte rischio di una nuova destabilizzazione economica e politica, anche in conseguenza del crescente isolamento, dei conflitti per il controllo delle risorse naturali (acqua ed energia) e della corruzione.

Alla luce di questa situazione, gli obiettivi principali della strategia di cooperazione svizzera nella regione sono il sostegno delle riforme sociali e la riduzione della povertà e la promozione del settore privato come anche della collaborazione e degli scambi regionali; nell'attuazione di questa strategia si mira a collegare le attività ai livelli micro, meso e macro e a porre l'accento sulle riforme istituzionali. Tenendo conto della particolare situazione regionale, la Svizzera ha rinunciato ai contatti bilaterali con i singoli Paesi preferendo sviluppare un programma a medio termine per la regione dell'Asia centrale57. I programmi regionali si concentrano sui seguenti settori d'attività e temi trasversali.

­

Diritti dell'uomo, Stato di diritto, governance e prevenzione dei conflitti: questi ambiti continuano a rivestire un'importanza centrale. Le relative misure di sviluppo a livello organizzativo e istituzionale sono parte integrante del sostegno apportato ad esempio alla riforma della sanità, alla cultura, alla gestione delle risorse idriche e ai progetti infrastrutturali.

­

Gestione delle risorse naturali sostenibile e finalizzata alla generazione di redditi: in Asia centrale questi principi sono importanti soprattutto nella gestione delle risorse idriche per assicurare il passaggio dall'economia pianificata e dalla proprietà pubblica a un'economia sociale di mercato. Alla luce di queste considerazioni, la cooperazione svizzera realizza progetti regionali nel settore idrico che tengono conto degli interessi delle regioni a monte (Tagikistan e Kirghizistan) e a valle (Uzbekistan) di un medesimo corso d'acqua. L'accento è posto sulla gestione delle acque e sull'irrigazione. Nel settore delle infrastrutture, il sostegno svizzero si concentra sull'approvvigionamento in acqua e in energia e ricorre anche a partenariati tra il settore pubblico e operatori privati.

­

Promozione del settore privato e delle piccole e medie imprese: in questo settore la Svizzera concentra i suoi sforzi sul miglioramento della gestione delle imprese e sullo sviluppo di determinati strumenti di finanziamento (linee e garanzie di credito, partecipazione a fondi di capitale di rischio o di leasing). Per quel che concerne il settore finanziario, il nostro Paese apporta un sostegno alle banche centrali, ai sistemi di sorveglianza delle banche e alle istituzioni bancarie private. Lo sdebitamento e il conseguimento di un

57

560

The Swiss Regional Mid-Term Programme Central Asia 2002­2006, DSC/SECO, Berna, novembre 2002.

maggiore grado di professionalità nella gestione del debito costituiscono obiettivi prioritari nel caso dei Paesi fortemente indebitati.

­

Riforme nel settore sociale: la cooperazione svizzera è volta in primo luogo a favorire la riforma della sanità nel Kirghizistan e nel Tagikistan, Paesi in cui la sfida principale consiste nella realizzazione di un sistema e di un'infrastruttura di cure di base finanziariamente sostenibile e adeguata alle esigenze della popolazione. In questi due Paesi la Svizzera partecipa a programmi di riforma della sanità nazionali in stretta collaborazione con gli altri donatori (Banca mondiale, Organizzazione mondiale della sanità, organismi nazionali svedesi e britannici).

In futuro, la cooperazione svizzera in Asia centrale si concentrerà sul Kirghizistan e sul Tagikistan. Per quel che concerne l'Uzbekistan, la DSC continuerà per il momento a svolgervi alcune attività limitate. Nel quadro del programma regionale per l'Asia centrale, questo Paese beneficerà soprattutto dei programmi regionali nel settore idrico e di singole azioni con effetto diretto sulla società civile e sull'economia privata; in seguito agli eventi ad Andizian nel maggio del 2005, i programmi sono ora esaminati periodicamente sulla base di criteri relativi alla governance.

Caucaso meridionale La Svizzera ha altresì rinunciato a un approccio per Paesi in Georgia, in Armenia e in Azerbaigian e vi svolge invece una strategia regionale. Come illustrato nel relativo programma a medio termine58, il problema principale di questa regione che ospita etnie e culture diverse risiede nelle tensioni geostrategiche e interstatali e nei conflitti interetnici, di cui la maggior parte sono tuttora irrisolti (Nagorno Karabach, Ossezia e Abbazia). La mancanza di sicurezza e stabilità ostacolano oltremodo gli sforzi di riforma e sviluppo. Le conseguenze economiche e sociali sono disastrose: tendenza a un impoverimento estremo (che colpisce tra il 30 e il 40 % della popolazione, a seconda del Paese e dell'appartenenza etnica), disoccupazione persistente (più del 40 %) e circa 1,5 milioni di rifugiati e sfollati, ossia quasi il 10 per cento della popolazione totale.

In questo contesto molto difficile, la strategia d'aiuto della Svizzera persegue i seguenti obiettivi principali: sostenere le riforme sociali e la lotta contro la povertà attraverso uno sviluppo durevole dell'economia e dell'agricoltura e promuovere il settore privato, le riforme economiche e la cooperazione regionale. Per principio questa strategia sostiene solo i progetti che hanno una dimensione regionale, che coinvolgono attori di Paesi diversi e che si fondano su un approccio simile. La cooperazione si concentra sui seguenti settori d'attività.

58

­

Governance: l'accento è posto sulla trasparenza dell'amministrazione, sull'obbligo delle autorità di render conto delle loro azioni e sul rafforzamento della società civile.

­

Infrastrutture: la priorità è data ai progetti volti a migliorare l'impiego delle risorse, soprattutto l'acqua e il suolo (catasto).

­

Promozione dei redditi nei contesti rurali.

­

Sviluppo del settore privato e del settore finanziario.

Swiss Programme for the South Caucasus 2002 ­ 2006; DSC/SECO; Berna, gennaio 2003.

561

Mentre l'Azerbaigian ha tratto profitto dai ricavi sul petrolio ed ha attirato numerosi investitori privati, la stabilizzazione in Armenia e soprattutto in Georgia rimane condizionata da notevoli fattori di rischio. I loro mercati sono relativamente piccoli e gli scambi commerciali piuttosto ristretti: per questo motivo l'economia di questi Paesi risulta per il momento poco attrattiva. Come per altri Paesi, l'adesione all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) rappresenta una tappa cruciale dell'integrazione degli Stati del Caucaso meridionale all'economia mondiale.

2.3.6

Attuazione

2.3.6.1

Organizzazione e rete delle rappresentanze

La realizzazione della cooperazione con i Paesi dell'Est è affidata alla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) in seno al DFAE, e alla Segreteria di Stato dell'economia (SECO) in seno al DFE59. Entrambi i servizi federali svolgono le loro attività sulla base dei compiti che vengono loro affidati, secondo le loro competenze e conoscenze specifiche e con i mezzi di cui dispongono (cfr.

n. 2.3.3)60. La SECO e la DSC concertano le attività, elaborando strategie di cooperazione a medio termine e programmi annuali comuni. Per realizzare una cooperazione efficace e vicina ai partner locali, la Svizzera dispone di uffici di cooperazione nei Paesi prioritari della sua cooperazione. Nell'ambito della concentrazione geografica prevista, il numero di tali uffici di cooperazione passerà dagli attuali 1361 a 10 entro la fine del 2008.

I ruoli e le responsabilità sono definiti dalla DSC e dalla SECO d'intesa con gli uffici di cooperazione sul posto. Nel 2005 e nel 2006 è stata realizzata una forte decentralizzazione delle competenze decisionali e operative. L'attuazione dei progetti è assicurata dagli uffici di cooperazione in collaborazione con i servizi governativi, le ONG e i partner del settore privato. A tale scopo, i servizi federali concludono contratti di partenariato (che affidano l'intera realizzazione di un programma a un organismo) o attribuiscono mandati (circoscritti a una prestazione di servizi determinata nell'ambito di un programma). I mandati sono attribuiti secondo le direttive della legge federale del 16 dicembre 199462 sugli acquisti pubblici e dell'ordinanza dell'11 dicembre 199563 sugli acquisti pubblici. La SECO ha inoltre elaborato linee guida specifiche per i casi in cui la fornitura di servizi, la consegna di beni o l'esecuzione di lavori di costruzione in relazione a progetti infrastrutturali finanziati dalla Svizzera sono affidati a partner stranieri.

59

60 61 62 63

562

Secondo l'art. 2 cpv. 1 dell'ordinanza del 6 maggio 1992 concernente la cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est, il DFAE e il DFE elaborano in comune le linee direttive dell'aiuto svizzero in favore degli Stati dell'Europa dell'Est. Il DFAE assume il coordinamento generale delle misure d'aiuto, RS 974.11.

Cfr. anche il messaggio concernente la legge federale (art. 7); FF 2004 1705.

Inclusi 3 sottouffici nel quadro dei programmi regionali.

RS 172.056.1 RS 172.056.11

2.3.6.2

Partner e istituzioni

In questi primi decenni di cooperazione con l'Est, la collaborazione con i partner svizzeri e internazionali si è evoluta e nello stesso tempo si è consolidata. Fino a metà degli anni Novanta, la cooperazione è stata condotta con partner svizzeri molto diversi che intrattenevano relazioni in parte dirette con l'Europa dell'Est: opere di soccorso, sindacati, università, aziende, associazioni, Comuni, Cantoni e vari uffici federali. Sono anche state sviluppate sinergie con uffici federali solitamente meno coinvolti nella cooperazione internazionale, come ad esempio l'Ufficio federale della migrazione (UFM). Molti di questi organismi hanno dato un importante contributo all'istituzione di partenariati, in parte ancora esistenti, che promuovono la comprensione reciproca e l'interesse per gli scambi culturali. Anche nel settore della ricerca sin dall'inizio la collaborazione si è rivelata fruttuosa per entrambe le parti.

Le opere di soccorso (ONG) svizzere hanno fornito un notevole aiuto durante la guerra nell'ex Jugoslavia. La DSC ha sostenuto le loro attività con contributi all'aiuto d'urgenza e alla ricostruzione. I programmi, incentrati inizialmente sull'offerta dei partner svizzeri, in seguito sono stati sempre più orientati sui bisogni locali. Parallelamente i partner si sono professionalizzati; questa evoluzione è dovuta in parte al ruolo sempre più importante assunto dalle ONG svizzere nella realizzazione dei programmi: oggi quasi il 40 per cento dei progetti della DSC si avvale di un partner della società civile svizzera e i progetti sono cofinanziati segnatamente anche mediante il programma di contributi alle ONG (cfr. n. 2.3.3).

Il settore privato svizzero continua a essere strettamente associato all'attuazione di misure della cooperazione con l'Europa dell'Est, segnatamente nell'ambito del finanziamento delle infrastrutture. È diminuita per contro l'importanza dei Cantoni e dei Comuni quali interlocutori direttamente impegnati nella realizzazione dei progetti. La Svizzera collabora peraltro con organizzazioni internazionali per acquisire, attraverso nuovi partenariati strategici, conoscenze esterne e soprattutto promuovere approcci coerenti nel settore politico. La Banca mondiale e la BERS sono così diventati partner molto importanti per la SECO.

La cooperazione mira a rafforzare sempre
più le istituzioni locali, veri e propri motori del cambiamento. Gli uffici di cooperazione hanno permesso d'intensificare la collaborazione sul posto con i partner internazionali, di migliorare il coordinamento con altri donatori (armonizzazione) e di integrare più efficacemente i programmi nella pianificazione nazionale. Grazie a questa presenza sul posto è più facile integrare le esperienze fatte sul terreno nello sviluppo di politiche e tenere in considerazione le preoccupazioni dei gruppi di popolazione interessati (p. es. le minoranze etniche). Contatti diretti con gruppi della società civile permettono appunto di rafforzare quest'ultima nei Paesi in cui le istituzioni democratiche sono ancora fragili.

La partecipazione, l'autonomia e la responsabilizzazione dei partner locali sono elementi centrali della sostenibilità dei programmi. Ogni cambiamento sociale coinvolge tanto le istituzioni dello Stato quanto gli attori della società civile. La scelta dei partner sul posto dipende anzitutto dalla loro capacità di dare avvio ai cambiamenti e di gestirli. Nel settore della sanità, per esempio, la Confederazione ha collaborato a lungo solo con enti statali come ministeri e ospedali, mentre oggi affida progetti anche a ONG locali, ad esempio nell'assistenza sanitaria alle famiglie. Per quanto riguarda la promozione delle PMI, la Svizzera collabora soprattutto con organizzazioni private.

563

2.3.6.3

Garanzia di qualità: controllo della gestione e valutazione

La cooperazione con i Paesi dell'Est si basa sul concetto, riconosciuto a livello internazionale, della cosiddetta gestione del ciclo di progetto («Project Cycle Management», PCM) che prevede una combinazione di misure di pianificazione, controllo e valutazione tese a ottimizzare le attività di cooperazione. Per preparare e realizzare un progetto in modo efficace è necessario mobilitare le appropriate competenze locali o internazionali e capitalizzare in modo sistematico le esperienze e le conoscenze acquisite nei programmi. In ambiti complessi e in costante evoluzione quali sono l'Europa dell'Est e la CSI, le istituzioni devono essere continuamente in grado di imparare e di adattarsi: si tratta di una sfida e di un compito di ampia portata.

La garanzia della qualità e la gestione del sapere si applicano tanto alle procedure ­ dal 2000 le procedure della SECO vengono certificate conformemente alla norma ISO 9001 ­ quanto ai risultati del lavoro e agli effetti dei progetti sulla transizione. Il costante miglioramento della qualità metodologica e tematica è assicurato da corsi di formazione svolti sia nella centrale sia nei Paesi partner; a questi corsi partecipa anche il personale locale. In generale, partner e specialisti esterni sono coinvolti nella pianificazione e alla realizzazione di un progetto.

Le valutazioni, concepite per il controllo dei risultati, permettono di verificare, sulla base di determinati criteri, la conformità dei progetti agli obiettivi prefissati come anche la loro efficacia ed efficienza nell'impiego dei mezzi. L'osservazione regolare delle attività e del loro contesto (monitoraggio) offre informazioni preziose per stabilire in che modo proseguire i programmi e i progetti in corso. I risultati delle valutazioni servono a pianificare la fase successiva e fungono da base per un eventuale adattamento o nuovo orientamento del programma. Le valutazioni della cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est sono conformi alle direttive in vigore a livello internazionale, segnatamente quelle del Comitato per l'aiuto allo sviluppo (CAS) dell'OCSE, e sono svolte da enti indipendenti.

Il controllo della gestione si applica a tutti i livelli dell'amministrazione e negli uffici di cooperazione sul posto. Elaborato sulla base degli strumenti utilizzati ad ogni livello (documenti strategici,
programmi annuali e a medio termine, descrizioni di progetti, budget ecc.), esso si rivolge alle direzioni dei progetti, contribuendo a ottimizzare le basi decisionali e garantendo il mantenimento o, all'occorrenza, il miglioramento della qualità dei progetti e dei programmi. Riguarda aspetti tematici, metodologici e finanziari, e costituisce uno dei principali strumenti di condotta della cooperazione.

3

Ripercussioni

3.1

Per le finanze della Confederazione

Il processo di transizione che stanno attraversando i Paesi dell'Europa dell'Est e della CSI per instaurare un'economia di mercato e un pluralismo politico non si è ancora concluso e il sostegno svizzero continua quindi ad essere necessario. Per proseguire la cooperazione con questi Paesi nei prossimi quattro anni, il nostro

564

Consiglio chiede pertanto alle Camere federali di stanziare un credito quadro di 650 milioni di franchi.

Si tratterebbe di un credito d'impegno della Confederazione, disponibile per una durata minima di quattro anni. I crediti iscritti nel bilancio di previsione per il finanziamento dei programmi dovranno essere approvati dal Parlamento nell'ambito del preventivo annuale.

L'importo del quarto credito quadro per la cooperazione con i Paesi dell'Est è stato stabilito secondo il piano finanziario della Confederazione per gli anni 2007­2011.

Gli obblighi finanziari che resteranno una volta esaurito questo credito saranno presumibilmente pari a un preventivo annuo e mezzo e corrisponderanno agli impegni ancora in corso al termine del terzo credito quadro. In questo modo si garantisce un'efficiente realizzazione dei programmi pluriennali. Diversamente dal terzo, il quarto credito quadro non prevede garanzie di credito.

Saranno mantenute invece l'attuale ripartizione del preventivo (metà dei mezzi per gli strumenti di cooperazione tecnica e metà per l'aiuto finanziario) e, indicativamente, la distribuzione geografica (circa due terzi per l'Europa del Sud-Est e un terzo per la CSI).

3.2

Per l'effettivo del personale federale

Per implementare il credito quadro sono necessari 91 posti di lavoro a tempo pieno.

Tuttavia, in seguito all'abbandono dei programmi relativi alla Russia, alla Bulgaria, alla Romania e alla riduzione di altri programmi, il numero di effettivi calerà di almeno 12 unità, per un totale di 79 posti. I costi del personale continueranno ad essere imputati al credito quadro. Il finanziamento richiesto consentirà di preservare i rapporti d'impiego esistenti e di remunerare il personale assegnato alle attività direttamente connesse con la cooperazione con i Paesi dell'Est. I posti di lavoro saranno finanziati soltanto per la durata dei provvedimenti previsti nel credito e i costi del personale ammonteranno a un importo massimo di 57 milioni di franchi.

3.3

Per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni

L'applicazione del decreto federale proposto compete esclusivamente alla Confederazione e non comporta alcun obbligo per i Cantoni e i Comuni; questi non assumono pertanto alcun onere finanziario nei confronti delle misure sovvenzionate con il credito quadro.

3.4

Per l'economia

La cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est e della CSI ha ripercussioni positive dirette e indirette per la piazza economica svizzera. Diverse centinaia di persone in Svizzera operano infatti in questo settore, a tempo pieno o parziale. Inoltre, i dati relativi alla cooperazione internazionale, secondo i quali ogni franco investito aumenterebbe di 1,50 franchi il PIL elvetico, si applicano anche alla cooperazione con i Paesi dell'Est. Di questi effetti positivi beneficiano le aziende svizzere come 565

anche altri partner e istituzioni (cfr. n. 2.3.6.2). Infine, la cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est e della CSI ha fatto incrementare le esportazioni elvetiche e ha aperto nuovi mercati all'industria svizzera. L'eccedente commerciale della Svizzera con gli Stati dell'Europa dell'Est è pari a 1,67 miliardi all'anno. Per le implicazioni in materia di politica estera si veda il numero 1.4.1.3.

4

Programma di legislatura e piano finanziario

Il presente progetto è incluso nel rapporto del 25 febbraio 2004 sul programma di legislatura 2003­200764 come oggetto annunciato nelle direttive e figura tra gli obiettivi del Consiglio federale per il 2007.

Il credito quadro e i finanziamenti necessari sono stati definiti in conformità con il piano finanziario della Confederazione per il quadriennio 2007­2011.

5

Aspetti giuridici

5.1

Rapporti con il diritto europeo

Le attività relative alla cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est non hanno alcun legame diretto con il diritto europeo, né con convenzioni o raccomandazioni del Consiglio d'Europa o altre organizzazioni europee.

Esistono però alcuni parallelismi tra la cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est e quella dell'UE, sebbene quest'ultima, che persegue un processo di stabilizzazione e di associazione, sia principalmente volta a preparare i Paesi candidati dell'Europa del Sud-Est all'annessione allo spazio europeo. Lo strumento europeo di vicinato e partenariato dell'UE (European Neighbourhood and Partnership Instrument, ENPI) ha lo scopo di facilitare i processi di transizione economici, sociali e istituzionali della Comunità di Stati indipendenti. Anche in questo caso, le attività dell'UE e la cooperazione svizzera perseguono obiettivi molto simili.

5.2

Subordinazione al freno alle spese

Conformemente all'articolo 159 capoverso 3 lettera b della Costituzione federale, il presente messaggio richiede il consenso della maggioranza dei membri di ciascuna Camera poiché implica nuove spese uniche di oltre 20 milioni di franchi.

64

566

FF 2004 969

5.3

Basi legali e forma giuridica

La base legale per il credito quadro è costituita dall'articolo 10 della legge federale del 24 marzo 200665 sulla cooperazione con gli Stati dell'Europa dell'Est. La legge federale sostituisce il decreto federale di obbligatorietà generale del 24 marzo 199566.

Tenuto conto della veste finanziaria, il decreto assume la forma di decreto federale semplice conformemente all'articolo 25 capoverso 2 della legge del 13 dicembre 200267 sul Parlamento e non è pertanto soggetto a referendum.

65 66 67

FF 2006 3273 RS 971.4 RS 171.10

567

Allegato 1

Precedenti crediti quadro per la cooperazione con l'Europa dell'Est

o

o

3 credito quadro CHF 900 Mio.

2 credito quadro CHF 800 Mio.

Concentrazione sull'Europa sudorientale, il Caucaso meridionale e l'Asia centrale

Estensione agli Stati baltici e dell'Europa sudorientale o

Continuazione del processo di transizione o

1 credito quadro CHF 250 Mio.

Aumento del 3 credito CHF 500 Mio.

Aumento del 2o credito CHF 600 Mio.

Misure urgenti in Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia 1990

o

Aumento del 3 credito CHF 400 Mio.

Consolidamento delle priorità esistenti

Estensione agli Stati della CSI 1992

1993

1999

2002

1989 Primi passi verso la democrazia e l'economia di mercato

568

2004

2005 1998/99: Conflitto nel Kosovo 1991: Scioglimento dell'Unione sovietica 1992-95: Guerra in Bosnia

Allegato 2

Transizione e coesione: due concetti e due progetti internazionali La politica di transizione da un lato e quella di coesione dall'altro presentano chiare differenze riguardo alle motivazioni, alle finalità perseguite e allo svolgimento delle singole fasi.

Nella sua accezione internazionale, transizione significa la creazione di nuove istituzioni politiche, economiche e sociali fondate sulla democrazia, sul rispetto dei diritti dell'uomo e sull'economia di mercato e finalizzate a realizzare uno sviluppo sociale ed ecologico sostenibile. Questo processo implica pertanto tipicamente riforme legislative e istituzionali negli ambiti determinanti per la coesione sociale di uno Stato, ad esempio il diritto delle obbligazioni, il sistema dei crediti, il catasto, le casse pensioni. La transizione può ritenersi conclusa soltanto quando sono garantite la stabilità e l'affidabilità del nuovo contesto istituzionale. Ogni Paese interessato elabora il proprio programma di transizione, basandosi sul sostegno coordinato a livello internazionale.

La sfida principale per l'Europa dell'Est deriva dalla necessità di svolgere contemporaneamente varie tappe della riforma per assicurare una trasformazione sociale omogenea. A differenza di quanto avviene nel modello cinese o vietnamita, i Governi dei Paesi dell'Europa dell'Est devono infatti nello stesso tempo creare un nuovo quadro politico, giuridico e istituzionale come pure nuove strutture regionali, garantire la stabilità macroeconomica, implementare le riforme strutturali e settoriali e assicurare le necessarie misure di sostegno sociale e di sostenibilità ecologica. In alcuni casi, questo processo, già di per se complesso, va di pari passo con la fondazione di un nuovo Stato o con la scissione di una struttura statale preesistente in singoli Stati indipendenti.

Evoluzione del concetto di transizione ­

Fino al 1990 la transizione designa soprattutto una liberalizzazione formale basata su riforme di fondo (riforme sbrigative dall'alto al basso): introduzione di strutture democratiche pluralistiche, liberalizzazione dei prezzi, delle valute e del commercio e diritto di proprietà sui mezzi di produzione.

­

A partire dal 1993 si dà la priorità all'istituzionalizzazione delle riforme in ambito politico, legislativo, esecutivo, giudiziario ed economico: concorrenza, infrastrutture, banche, autorità di vigilanza ecc.

­

Dal 2000 sono avviati programmi di riforma sociale e di lotta contro la povertà, in particolare nei Paesi del Caucaso meridionale e dell'Asia centrale membri della CSI.

569

Il concetto di coesione designa la coesione interna. A livello di UE la politica di coesione si prefigge di promuovere la coesione economica e sociale della Comunità, in particolare favorendo lo sviluppo delle regioni strutturalmente deboli, ed è in tal modo espressione della solidarietà in Europa. La nuova politica dell'UE si basa su una pianificazione e un calendario a medio termine e concerne soprattutto i settori infrastruttura, mercato del lavoro, tessuto sociale e ambiente nelle regioni più povere dell'Europa. Questo tema è trattato più esaustivamente nel messaggio sul contributo della Svizzera all'attenuazione delle disparità economiche e sociali nell'Unione Europea allargata68.

68

570

FF 2007 453

Allegato 3

Nuova povertà e sviluppo sociale La CSI è la sola regione al mondo in cui l'indice di sviluppo umano (HDI) è diminuito dal 1990 al 2000. L'HDI si compone di indicatori sulla salute, la formazione e la qualità di vita.

(Fonte: Rapporto sullo sviluppo umano 2006, http://hdr.undp.org/)

A titolo di paragone: HDI per la Svizzera nel 2004 = 0,947 Valori HDI nell'Europa dell'Est e nella CSI

Europa Sudorientale Albania Bosnia-Erzegovina Bulgaria Macedonia Romania Serbia e Montenegro CSI Armenia Azerbaigian Georgia Kirghizistan Moldova Russia Tagikistan Ucraina Uzbekistan

1990

2000

2004

0,704

0,738

0,794

0,797

0,775

0,778 0,729

0,784 0,800 0,816 0,796 0,805 0,772 (2003)

0,738

0,736

0,740 0,818 0,697 0,800

0,679 0,785 0,627 0,755 0,688

0,768 0,736 0,743 0,705 0,694 0,797 0,652 0,774 0,696

571

Il degrado della situazione sociale ed economica ha avuto ripercussioni anche sull'aspettativa di vita: nella CSI si registra una tendenza parzialmente al ribasso.

(Fonte: indicatori dello sviluppo nel mondo 2002 e 2006, Banca mondiale; http://devdata.worldbank.org/wdi2006/contents/index2.htm)

A titolo di paragone: aspettativa di vita per la Svizzera nel 2004 = 81 anni Aspettativa di vita in anni

1990

2000

2004

Europa Sudorientale Albania Bosnia-Erzegovina Bulgaria Macedonia Romania Serbia e Montenegro

72 72 72 72 70 72

74 73 72 73 70 72

74 74 72 74 71 73

CEI Armenia Azerbaigian Georgia Kirghizistan Moldova Russia Tagikistan Ucraina Uzbekistan

68 71 70 68 68 69 63 70 69

74 72 73 67 68 65 69 68 70

71 72 71 68 68 65 64 68 65

572

Quota della popolazione che vive sotto il limite internazionale di povertà (meno di 2 USD/giorno) La povertà si è aggravata nell'Europa dell'Est e in particolare nella CSI. Questa tendenza è confermata dalle statistiche concernenti la quota della popolazione che vive sotto il limite internazionale di povertà (quota della popolazione che vive con meno di 2 USD al giorno).

(Fonte: Banca mondiale; http://web.worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/COUNTRIES/ ECAEXT/0,,menuPK:258620~pagePK:146732~piPK:146813~theSitePK:258599,00.html) Percentuale della popolazione che vive con meno di 2 USD/giorno

Dati più recenti disponibili per il periodo 2002 ­ 2005

Europa Sudorientale Albania Bulgaria Macedonia Romania

12 6 2 13

CSI Armenia Georgia Kirghizistan Moldova Russia Tagikistan Ucraina

31 26 23 64 13 42 5

573

Slovacchia 4

142 Armenia 182

397

Georgia

375

Russia

Azerbaigian 62

Turkmenistan 3

Uzbekistan 10

Kazakstan 8

Fonte: Ufficio federale delle migrazioni

Tagikistan 1

Kirghizistan 2

Numero di domande d'asilo dall'Europa dell'Est

Richiedenti l'asilo in Svizzera nel 2005

574

Il 38,25 per cento di tutti i richiedenti l'asilo in Svizzera provengono dall'Europa dell'Est e dalla CSI. I gruppi più importanti provengono dalla Serbia-Montenegro, Bulgaria, Georgia, Russia e Bosnia-Erzegovina.

48

Moldova 67

Ucraina 47

Bielorussia 71

1506 301 461 Albania Macedonia

Ungheria Slovenia 3 Romania 0 Croazia 96 Serbia e 29 Mont enegro + Kosovo Bosnia Erzegovina Bulgaria

Re p.Ceca 6

Polonia 5

Lituania 13

Lettonia 9

Estonia 1

Migrazione e asilo: Svizzera

Allegato 4

Ungheria 8,7

Slovacchia 3,0

Rom ania 2,7

Moldov a 1,7

Ucraina 76,8

Bielolorussia 13,1

Azerbaigian

219,6 584,2

238,4 Arm enia

Georgia

483,0

Russia

Turkm enistan 11,9

Uzbekistan 44,5

Kazakstan 57,9

In migliaia di persone

Fonte: UNHCR, Stat. Yearbook 2005

Tagikistan 1,0

Kirghizistan 103,0

Rifugiati e sfollati nell'Europa dell'Est nel 2005

575

Nell'Europa dell'Est i Paesi che accolgono i maggiori flussi migratori sono l'Azerbaigian, la Serbia, il Montenegro e la Russia. Inoltre, molte persone fuggono da zone in conflitto per rifugiarsi in una regione o in un Paese vicino.

0,09

487,9 Macedonia 199,9 Albania 4,3

Serbia e Montenegro + Kosov o Bosnia Bulgaria Erzegovina 5,2

SloveniaCroazia 15,7 0,8

Rep. Ceca 2,7

Polonia 6,3

Lituania 9,2

418,6

Estonia 136,0 Lettonia

Migrazione all'interno dell'Europa dell'Est e della CSI

Allegato 5

Azione congiunta di aiuto umanitario (DSC), aiuto al rimpatrio (UFM) e sostegno alla transizione (DSC/SECO): l'aiuto al rimpatrio nella Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo Dall'inizio degli anni Novanta l'Europa dell'Est e la CSI sono teatro di diversi flussi migratori: migrazione legata ai rifugiati, migrazione legata al mercato del lavoro ­ in parte con legami passati con la Svizzera ­ e migrazione di transito proveniente dal Vicino oriente e dall'Asia. Nella cooperazione con i Paesi dell'Est è pertanto indispensabile sfruttare le sinergie tra i singoli strumenti a disposizione: politica migratoria e dell'asilo, aiuto umanitario, cooperazione tecnica e finanziaria e altre misure della politica estera e di pace.

Dopo la guerra in Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo sono stati avviati rapidamente dei programmi di aiuto al rimpatrio in stretta collaborazione con l'Ufficio federale della migrazione (UFM; in precedenza: Ufficio federale dei rifugiati, UFR), che ha anche partecipato al finanziamento di tali programmi. L'impiego combinato di aiuto umanitario, aiuto individuale al rimpatrio e misure strutturali ha permesso il rientro in patria di circa 50 000 rifugiati di guerra provenienti dalla Bosnia e dal Kosovo.

Con questa azione integrata la Svizzera ha sviluppato un approccio innovativo che comprende una gamma di strumenti molto ampia, dall'aiuto al rimpatrio alla prevenzione della migrazione e alla cooperazione in questo settore. In questo contesto l'aiuto alla transizione si è concentrato sulla ricostruzione di infrastrutture sociali e pubbliche; così ad esempio in Bosnia-Erzegovina, in Serbia e Montenegro e nel Kosovo la Svizzera ha costruito un numero elevato di unità abitative destinate alle persone rientranti in patria e ha modernizzato o costruito ex novo numerosi ospedali, scuole e altre infrastrutture pubbliche. Vari progetti di aiuto alla transizione di tipo economico, segnatamente il sostegno delle piccole e medie imprese, contribuiscono alla creazione di posti di lavoro e quindi in ultima analisi alla prevenzione della migrazione. Nell'ambito dell'iniziativa MARRI (Iniziativa regionale migrazione, asilo, rifugiati) del Patto di stabilità la Svizzera sostiene inoltre a livello regionale il miglioramento delle capacità di accoglienza e gli accordi con le autorità nazionali.

In collaborazione
con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e gli organi di polizia, l'aiuto alla transizione partecipa anche all'applicazione di misure finalizzate alla prevenzione e all'arginamento della tratta di esseri umani nell'Europa dell'Est e nella CSI.

576

577

Albania Armenia Azerbaigian Bielorussia Bosnia-Erzegovina Bulgaria Croazia Estonia Georgia Ungheria Kazakstan Kirghizistan Lettonia Lituania Macedonia Moldova Polonia Repubblica Ceca Romania Russia Serbia e Montenegro

6,1 0,9 5,2 12,5 3,8 98,4 46,3 2,9 0,3 373,7 4,1 0,1 2,5 7,9 37,7 2,4 416,2 ­ 84,7 267,1 16,3

1,7 0,3 0,2 0,7 5,5 18,5 33,9 1,0 0,0 214,1 7,6 8,2 1,8 0,9 4,5 0,1 99,3 ­ 17,5 337 5,7

Esporta- Importazioni zioni

1992

4,4 0,6 5,0 11,8 ­1,7 79,9 12,4 1,9 0,3 159,6 ­3,5 ­8,1 0,7 7,0 33,2 2,3 316,9 ­ 67,2 ­69,9 10,6

4,5 0,9 1,3 4,2 1,8 0,7 27,2 20,5 20,5 1,0 95,2 21,3 175,5 32,9 21,2 13,3 6,5 1,5 453,7 334,8 26,5 4,7 1,7 0,2 25,3 3,4 55,4 6,9 95,6 4,4 17,1 0,7 837,7 185,8 616,1 332,7 164,1 48,7 592,8 1066,6 110,7 18,0

Saldo Esporta- Importazioni zioni

3,6 21,7 0,5 ­2,9 13,9 1,4 1,1 24,3 0,5 6,7 25,7 2,6 19,5 35,5 4,6 73,9 152,8 68,8 142,6 201,9 42,1 7,9 36,9 35,3 5,0 5,1 0,2 118,9 716,0 644,1 21,8 76,7 58,7 1,5 2,8 0,1 21,9 101,3 11,0 48,5 75,2 24,9 91,2 36,7 10,5 16,4 7,7 1,4 651,9 1140,7 471,7 283,4 945,3 842,2 115,4 244,3 106,9 ­ 882,2 1527,1 92,7 151,0 17,3

Saldo Esporta- Importazioni zioni

1997

2004

Saldo Esporta- Importazioni zioni

2003

21,2 17,8 0,7 17,6 31,9 0,5 12,5 8,3 1,5 6,8 7,2 1,1 23,8 22,5 0,9 21,6 53,3 1,3 23,1 27,7 3,7 24,0 43,8 3,8 30,9 36,6 6,2 30,4 39,0 12,3 84,0 178,9 61,9 117,0 282,5 64,9 159,8 213,7 44,2 169,6 225,2 62,0 1,6 43,2 33,1 10,0 50,7 33,7 4,9 7,6 0,5 7,1 8,9 0,5 71,9 846,8 711,2 135,6 881,8 769,3 18,0 77,7 47,5 30,3 104,5 104,5 2,7 2,0 0,3 1,7 2,0 0,0 90,3 103,7 7,8 95,9 123,4 11,7 50,3 93,9 27,9 65,9 95,0 46,0 26,2 31,6 5,2 26,5 42,6 4,5 6,3 18,2 1,1 17,1 20,9 1,3 669,0 1122,9 504,6 618,3 1336,3 654,8 103,1 1032,4 882,8 149,6 1148,3 981,2 137,4 305,2 142,2 163,0 463,5 154,9 ­ 1064,7 1175,6 ­110,8 1211,2 1005,0 133,7 ­ ­ ­ 215,5 20,8

Saldo Esporta- Importazioni zioni

2002

Commercio esterno della Svizzera con i Paesi dell'Europa dell'Est e della CSI dal 1992 al 2004 (in milioni di franchi)

Quadro delle relazioni economiche esterne

31,4 6,1 52,0 40,0 26,7 217,6 163,1 17,0 8,4 112,4 0,0 2,0 11,7 49,0 38,1 19,7 681,4 167,1 308,5 206,2 194,8

Saldo

Allegato 6

­ 108 0,1 0,0 86,3 5,4

­ 79,1 0,6 0,3 10,5 8,3

­ 28,9 ­0,5 ­0,3 75,8 ­2,9

212,6 209,8 1,0 4,2 109,4 23,4

126,0 103,4 1,0 0,4 32,7 5,7

Saldo Esporta- Importazioni zioni

86,6 106,4 0,0 3,8 76,7 17,7

260,4 261,5 1,5 3,4 174,7 36,7

279,3 184,3 0,1 0,4 32,7 3,0

Saldo Esporta- Importazioni zioni

1997

578

Totale

2900

2120

5420

6064

1461 7236

1715 1215

400

570 245

1105

4221 1300

380

3819 784

3210 1105

1260 480

1085

375

505 205

4300

1575

2290 435

2002

Europa centrale 1075 Europa Sud870 orientale CSI 955

1992

Importazioni svizzere 2004

1989

2003

1992

1989

2002

Esportazioni svizzere

4188

1281

2647 260

2003

4483

1171

2992 320

2004

Evoluzione del commercio esterno svizzero con l'Europa dell'Est (in milioni di franchi)

Fonte: Amministrazione federale delle dogane

Slovacchia Slovenia Tagikistan Turkmenistan Ucraina Uzbekistan

Esporta- Importazioni zioni

1992

­18,9 77,2 1,4 3,0 142,0 33,7

283,4 292,8 0,5 6,5 199,1 26,4

306,6 173,0 0,2 0,6 46,3 2,5

Saldo Esporta- Importazioni zioni

2002

2004

­23,2 119,7 0,3 5,9 152,8 23,9

291,0 294,9 3,3 6,2 229,7 24,3

295,5 200,1 1,2 0,2 50,0 1,6

Saldo Esporta- Importazioni zioni

2003

­4,6 94,8 2,1 6,1 179,7 22,7

Saldo

Allegato 7

Indicatori economici (Fonte: BERD, TR 2002)

Prodotto interno lordo (PIL) 2004 Variazione rispetto all'anno precedente in %

Inflazione 2004 PIL stimato per il 2003 (1989 = 100 %)

Variazione rispetto all'anno precedente in %

Investimenti esteri cumulati 1989­2002 (In milioni di USD)

Europa centrale e Stati baltici Estonia Lettonia Lituania Polonia Repubblica Ceca Slovenia Slovacchia Ungheria

4,9

119

5,5 7,5 7,0 5,5 4,0 4,1 4,8 4,0

102 83 84 135 108 120 114 115

3,5 6,2 1,5 3,6 3,2 3,7 7,5 6,8

3,246 3,372 3,683 51,906 38,243 3,277 10,185 33,641

Europa Sudorientale Albania Bosnia-Erzegovina Bulgaria Croazia Macedonia Romania Serbia e Montenegro

5,0 6,2 4,0 5,5 3,7 2,5 5,8 5,0

86 129 57 84 91 78 92 52

3,4 ­ 6,0 2,5 2,8 11,9 8,5

31,276 1,114 1,073 6,235 8,204 1,002 10,536 3,112

7,4 8,0 10,0 6,0 6,0 9,0 6,0 7,0 6,9 8,5 7,5 12,3 2,5

75 89 71 100 41 94 75 41 77 62 105 51 107

7,8 5,2 19,3 6,0 6,7 6,2 10,0 10,7 6,3 8,8 8,1 12,0

41,797 868 7,214 1,979 1,257 15,730 413 893 4,478 223 1,613 6,213 917

CSI Armenia Azerbaigian Bielorussia Georgia Kazakstan Kirghizistan Moldova Russia Tagikistan Turkmenistan Ucraina Uzbekistan

147,553

579

Evoluzione del PIL per abitante: quattro esempi

580

Allegato 8

Gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) Obiettivo 1: Eliminare fame e povertà estrema ­

Dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame e vivono con meno di 1 dollaro al giorno.

Obiettivo 2: Garantire l'istruzione primaria per tutti ­

Fare in modo che tutti i bambini e le bambine completino il ciclo scolastico primario.

Obiettivo 3: Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia della donna ­

Eliminare le disparità di genere nella scuola entro il 2015.

Obiettivo 4: Ridurre la mortalità infantile ­

Ridurre di 2/3 il tasso di mortalità infantile rispetto al livello del 1990.

Obiettivo 5: Migliorare la salute materna ­

Ridurre di 3/4 il tasso di mortalità materna rispetto al livello del 1990.

Obiettivo 6: Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie ­ ­

Arrestare e ridurre la diffusione di HIV/AIDS.

Arrestare e ridurre la diffusione di malaria e altre gravi malattie infettive.

Obiettivo 7: Garantire la sostenibilità ecologica ­ ­ ­

Integrare i principi dello sviluppo sostenibile nelle politiche nazionali.

Dimezzare il numero di persone che non hanno accesso all'acqua potabile.

Migliorare sensibilmente entro il 2020 le condizioni di vita di almeno 100 milioni di abitanti delle baraccopoli.

Obiettivo 8: Istituire un partenariato globale per lo sviluppo ­ ­ ­ ­ ­ ­

Instaurare un sistema commerciale e finanziario aperto.

Tenere conto delle esigenze dei Paesi meno sviluppati, dei Paesi enclave e dei piccoli Stati insulari in sviluppo.

Trattare efficacemente il problema della riduzione del debito dei Paesi in sviluppo.

Creare posti di lavoro produttivi nel rispetto della dignità umana.

Favorire l'accesso ai farmaci essenziali nei Paesi in sviluppo.

Assicurare il trasferimento di conoscenze e tecnologie, in particolare delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in collaborazione con il settore privato.

Per maggiori informazioni si veda il rapporto del Consiglio federale del 25 maggio 2005: Objectifs du Millenaire pour le developpement ­ Rapport intermediaire de la Suisse 2005 (www.deza.admin.ch; disponibile in francese, tedesco e inglese).

581

Allegato 9

Impiego delle risorse del credito quadro III (1999­2005) Versamenti della SECO e della DSC per settori (in mio CHF) al 31.12.2005 180 Energia/A mbiente 155,7

160 140

Setto ri vari 133

Setto re finanziario 130

120 100

Setto ri vari 81,7

80 60 40

Infrastruttura 39,8

Co mmercio 61,2 P ro movimento degli investimenti 38,7

P o litica e istituzio ni statali Scienza/Cultura 95 Energia/Ambiente 86,2 85,7 Salute/So cialità Eco no mia/Fo rmazio ne 80,5 74,6 Agrico ltura 49,3

20 0

SECO

582

DSC

Allegato 10

Bilancio della cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est 1990­200269 Valutazione degli obiettivi dei progetti Gli obiettivi di cooperazione con i Paesi dell'Europa dell'Est sono definiti nella relativa legge federale (cfr. n. 2.3.2). L'esame empirico effettuato nell'ambito della valutazione esterna (2003) ha mostrato che i programmi si orientano effettivamente a tali obiettivi fondamentali (con contributi principali e secondari); la SECO si è concentrata sui settori economia (settore finanziario e infrastrutturale) e ambiente, la DSC sui settori governance, socialità ed economia.

Lo studio conclude che la cooperazione della Svizzera si è orientata in modo efficace ed efficiente ai problemi della transizione. In quanto Paese neutrale, la Svizzera è considerata un partner credibile ed affidabile.

­

I progetti della Svizzera hanno un alto grado di successo. Determinante a tal fine è la concentrazione dei mezzi su settori in cui la Svizzera dispone di competenze specifiche.

­

La cooperazione è svolta in modo non burocratico e basato sulle esigenze locali. Fattori importanti sono una definizione chiara dei destinatari e un approccio basato sul partenariato.

­

La Svizzera ha adeguato tempestivamente le priorità regionali e settoriali alla dinamica della transizione.

­

Il sostegno è dato secondo un approccio integrato che garantisce la sostenibilità dello sviluppo grazie all'ancoraggio delle attività a livello locale, alla creazione di strutture istituzionali durevoli e alla coordinazione con i programmi di riforma degli altri interlocutori.

I punti forti della cooperazione svizzera con i Paesi dell'Est risiedono nelle strette relazioni che essa stabilisce con i partner sul terreno, grazie ad approcci detti «bottom-up» e alla sua presenza sul posto mediante gli uffici di cooperazione (cfr.

n. 2.3.6.1), e nella sua attuazione rapida, flessibile e poco burocratica. Secondo i valutatori esterni, queste qualità hanno permesso ai programmi di adattarsi in modo dinamico all'evoluzione dei bisogni. La Svizzera gode inoltre di una credibilità elevata dovuta al fatto che, in quanto piccolo Paese indipendente, essa non ha ambizioni di ordine geostrategico. Oltre a rilevare che la cooperazione con i Paesi dell'Est applica in misura sempre maggiore approcci sistemici globali a tutti i livelli di intervento (macro, meso e micro), come pure approcci integrati, gli esperti sottolineano l'affidabilità e la trasparenza della cooperazione svizzera, qualità che deriva

69

L'ardua via verso la democrazia e il mercato ­ Un bilancio di dodici anni di cooperazione con l'Est, DSC/SECO, Berna 2004 (UFCL, Vendita di pubblicazioni; www.bundespublikationen.ch).

Die Transition und ihre Schatten, Evaluation 2003 /4 (Vol. 1). Rapporto di esperti indipendenti, DSC/SECO, agosto 2003 (Alex Melzer, TULUM Ltd.).

Bilanz der öffentlichen Zusammenarbeit mit Osteuropa und der GUS 1990­2002 ­ Evaluation 2003 / 4 (Vol. 2). Rapporto di esperti indipendenti, DSC/SECO, agosto 2003 (Terra Consult; E. Basler, Taesco; NADEL, EPF Zurich).

583

dalla sua pianificazione a medio termine e da una concezione dei progetti fondata sulla partecipazione e sui bisogni dei beneficiari.

DSC (178 progetti) Contributo principale

80

Contributo secondario

Seco (100 Progetti)

60

60 40 40 20

20 0 1

2

3

4

5

Democrazia e Stato di diritto

6

7

8

9

10

11

Economia di mercato

12

13

14

15

16

Affari sociali e ambiente

0 1

2

3

4

5

6

7

8

Democrazia e Stato di diritto

9

10

11

Economia di mercato

12

13

14

15

16

Affari sociali e ambiente

Principali conclusioni e raccomandazioni della valutazione Gli obiettivi e i principi della cooperazione che figurano nel decreto federale del 1995 rimangono attuali. Le esigenze legali e strategiche devono tuttavia permettere un margine di manovra sufficiente alla cooperazione per adattarsi ai cambiamenti imposti dal dinamismo della transizione. In questo senso, sarebbe auspicabile integrare nella cooperazione le prestazioni di altri servizi federali (Divisione politica IV, Ufficio federale della migrazione e DDPS) che svolgono a fianco della SECO e della DSC attività nei Paesi dell'Europa dell'Est e della CSI. Per consentire ai programmi e ai progetti di raggiungere un volume critico pur con mezzi limitati, è necessario concentrare ancora di più le priorità e i settori di attività. Non si tratta tanto di ridurre il numero dei Paesi o dei settori oggetto dell'aiuto, quanto piuttosto di limitare la varietà tematica e il numero di approcci adottati in uno stesso settore. La cooperazione deve soprattutto concentrarsi sui temi per i quali la Svizzera possiede competenze riconosciute, per esempio i processi democratici a livello locale, la formazione professionale, l'accesso alle prestazioni finanziarie e non finanziarie, l'ambiente e la promozione delle imprese.

In futuro, la cooperazione svizzera dovrà evitare di agire isolatamente; dovrà invece coordinare meglio le sue attività con i partner e con gli altri donatori, ponendo l'accento sul rispetto dei fattori politici e sul dialogo politico. Negli ultimi anni, gli uffici di cooperazione non hanno d'altronde risparmiato gli sforzi per armonizzare maggiormente i programmi con i donatori internazionali e gli organismi nazionali.

Quantunque la ripartizione attuale delle competenze tra la DSC e la SECO sia pertinente, sarebbe talvolta possibile sfruttare meglio le sinergie tra la cooperazione tecnica e l'aiuto finanziario e accrescere in questo modo l'efficacia, la visibilità e la coerenza degli sforzi profusi dalla Svizzera sul posto. Approcci integrati delle riforme settoriali, per esempio nei settori della salute e della polizia, dell'amministrazione locale e dell'approvvigionamento idrico, ottengono infatti risultati probanti. Un monitoraggio efficace dell'attività consente inoltre di intervenire tempestivamente per adattare un progetto pilota
innovatore che minaccia di diventare una soluzione «isolata» destinata a non trovare finanziamenti a lungo termine, o quando un progetto non tiene sufficientemente conto del quadro politico.

584

Fattori di successo nella cooperazione con i Paesi dell'Est Le conoscenze, l'esperienza e gli investimenti svizzeri sono stati adattati ai bisogni e alle capacità locali e giudiziosamente combinati con le competenze disponibili sul posto.

L'accento posto sul processo di apprendimento ha permesso di accrescere in continuità la professionalità e la qualità della cooperazione.

Collaborando e arricchendo le loro esperienze, la DSC e la SECO hanno saputo sfruttare con crescente efficacia i punti forti dei diversi strumenti della cooperazione.

L'apertura, nei Paesi partner, di uffici di cooperazione finanziati e gestiti congiuntamente dalla DSC e dalla SECO incaricati di condurre un programma nazionale comune ha permesso di decentrare l'attuazione dei programmi e di delegarne la responsabilità ai partner locali.

Questa presenza sul posto ha facilitato il monitoraggio e la supervisione dei progetti e ha creato condizioni propizie al dialogo politico. Essa ha garantito una grande flessibilità nella scelta degli approcci, degli strumenti e della gestione dei programmi. Sono questi elementi che i partner locali apprezzano particolarmente nella cooperazione Svizzera.

Fonte: DSC/SECO: L'ardua via verso la democrazia e il mercato ­ Un bilancio di dodici anni di cooperazione con l'Est, Berna 2004.

585

Allegato 11

La cooperazione svizzera con i Paesi dell'Europa dell'Est nel confronto internazionale RNL = reddito nazionale lordo

Austria

in % di RNL

Danimarca Svezia Norvegia Finlandia Francia Svizzera Lussemburgo Canada Stati Uniti Germania Grecia Paesi Bassi Regno Unito Belgio Giappone

in mio. di $

Spagna Irlanda Portogallo -

200

400

600

800 in % di RNL

586

1'000 in mio. di $

1'200

1'400

1'600

Allegato 12

Il contributo svizzero al Patto di stabilità per l'Europa sudorientale70 Dal 2000 la Svizzera partecipa ai Tavoli di lavoro del Patto di stabilità e ai programmi che mirano a dare alla regione una stabilità duratura. Dal punto di vista svizzero il bilancio complessivo del Patto, creato sei anni fa, è positivo. Questo strumento si è rivelato in grado di incentivare gli scambi reciproci e la comprensione comune di determinati problemi come pure il coordinamento di misure internazionali efficaci a livello regionale.

Con la partecipazione al Patto di stabilità, la Svizzera può pure perseguire gli obiettivi della sua politica estera e attingere con profitto alle sue esperienze bilaterali nel contesto regionale. Lo scambio di idee e di analisi è molto prezioso per la Svizzera; inoltre la partecipazione conferisce maggior visibilità al nostro Paese sul piano internazionale.

Per assicurare un maggiore coinvolgimento dei Paesi beneficiari (principio del «regional ownership») è previsto trasferire i compiti del Patto di stabilità a un Consiglio di cooperazione regionale («Regional Cooperation Council», RCC) entro la metà del 2008; questo Consiglio avrà la sua sede nella regione e, in quanto organo operativo del Processo di cooperazione nell'Europa Sudorientale («South-East European Cooperation Process», SEECP), assumerà funzioni di coordinazione e svolgerà compiti politici in relazione con le iniziative regionali già avviate. La Svizzera sostiene questo progetto. Già oggi il nostro Paese concentra il suo appoggio su un numero limitato di iniziative con forte ancoraggio regionale i cui temi corrispondono alle priorità della cooperazione bilatera della Svizzera nell'Europa Sudorientale. Il sostegno svizzero nell'ambito del Patto di stabilità concerne quindi essenzialmente i settori seguenti:

70

­

migrazione: ritorno e reintegrazione dei rifugiati (Iniziativa regionale migrazione, asilo, rifugiati; MARRI);

­

democratizzazione: rafforzamento della democrazia locale e della collaborazione transfrontaliera (associazione nazionale delle autorità locali);

­

coesione sociale: dialogo sociale, salute e misure sul mercato del lavoro (iniziativa per la coesione sociale);

­

formazione: piattaforma regionale di coordinazione in materia di formazione (iniziativa di riforma dell'educazione);

­

sicurezza: lotta contro il crimine organizzato, la corruzione e la tratta di esseri umani (rete di formazione nella lotta contro il crimine organizzato);

­

rilancio dell'economia: miglioramento delle condizioni generali per l'industria privata (ad es. patto di investimento, accordo regionale di libero scambio).

www.stabilitypact.org

587

Allegato 13

Esempio di una strategia di cooperazione: Bosnia-Erzegovina Nel periodo 1996 ­ 2008 la Svizzera investe complessivamente 420 milioni di franchi in Bosnia e Erzegovina e si situa così tra i maggiori donatori bilaterali.

Malgrado una ricostruzione relativamente rapida delle infrastrutture fisiche, il Paese risente tuttora delle conseguenze della guerra e del fatto che la transizione politica, economica e sociale verso un'economia di mercato sociale non è ancora completata. Gli accordi di Dayton firmati nel 1995 hanno sì posto fine al conflitto ma non hanno gettato basi abbastanza solide per permettere lo sviluppo di uno Stato moderno. In molti ambiti il Paese resta lacerato e undici anni dopo la fine del conflitto il potere statale è tuttora gestito da un'autorità internazionale. L'alto tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, aumenta il rischio di povertà di ampie cerchie della popolazione, con conseguente assenza di prospettive e forte pressione migratoria. La realizzazione di strutture dello Stato di diritto avanza seppur lentamente. Il principale motore della riforma è l'associazione proposta dall'UE, con la prospettiva dell'adesione in un secondo tempo.

In relazione con il programma stabilito per la Bosnia e Erzegovina, la cooperazione svizzera ha definito tra obiettivi al cui raggiungimento intende contribuire: uno sviluppo economico sostenibile e socialmente equilibrato, la lotta contro la povertà e l'avvicinamento del Paese alle strutture europee. L'appoggio si concentra sui temi governance, sviluppo sociale e promozione economica.

Il sostegno svizzero favorisce in tal modo il processo di decentralizzazione e rafforza le capacità a livello di Comuni. Altri temi prioritari sono la realizzazione di un sistema di medici di famiglia nell'ambito della riforma sanitaria nazionale, una gestione trasparente delle risorse idriche a livello comunale, come pure l'attuazione di un progetto finalizzato ad ampliare le capacità della polizia («community policing»). Il promovimento dei redditi è assicurato in numerosi progetti di promozione delle PMI, segnatamente nell'ambito rurale.

Tra le priorità figura anche il miglioramento delle condizioni quadro per il commercio e gli investimenti e dell'accesso alle fonti di finanziamento. Un posto importante occupa anche la collaborazione con la
società civile, i mass media locali e le ONG, segnatamente in relazione al sostegno svizzero alla riforma costituzionale. La Svizzera è attiva in ambedue le entità del Paese, ma soprattutto nel nord-est della Bosnia. I progetti sono realizzati da organizzazioni di partenariato sia svizzere e internazionali sia, sempre più spesso, bosniache.

Cfr. allegato 5 sui partenariati in materia di migrazione e l'aiuto al rimpatrio in Bosnia-Erzegovina.

588

Allegato 14

Le quattro priorità tematiche della cooperazione con i Paesi dell'Est Sicurezza, stabilità, governance, democrazia Con il suo impegno la Svizzera vuol contribuire alla stabilità politica e all'eliminazione delle tensioni che potrebbero sfociare in conflitti. Promuove il buongoverno («good goverance») e l'affermarsi di istituzioni democratiche trasparenti. In questo contesto un ruolo di primo piano spetta allo Stato di diritto e alla difesa dei diritti umani, nonché alle possibilità di partecipazione dei cittadini.

Nel concreto la Svizzera sostiene: ­ misure internazionali per la risoluzione pacifica dei conflitti, l'integrazione e la riappacificazione; ­ la tutela delle minoranze e dei gruppi di popolazione più svantaggiati; ­ la realizzazione di strutture amministrative vicine alla popolazione per l'accesso alla giustizia, alle informazioni e ai servizi.

Riforme strutturali ed economiche e promozione del reddito La Svizzera promuove la riforma delle strutture economiche quale presupposto per una crescita economica e uno sviluppo sociale duraturi, creando in tal modo posti di lavoro, migliorando i redditi e aumentando il gettito fiscale. Un ulteriore obiettivo è costituito da una maggiore integrazione regionale del commercio estero.

Infrastrutture e risorse naturali Le infrastrutture pubbliche sono state in molti casi trascurate per mancanza di mezzi o sono andate in parte distrutte in seguito a conflitti bellici. Molti impianti sono desueti e inadeguati per gli attuali standard ecologici. La Svizzera sostiene la messa a disposizione di infrastrutture di base. Nel settore ambientale viene promossa una gestione parsimoniosa delle risorse naturali. Vengono altresì consolidate le istituzioni private e statali che si impegnano a favore di una maggiore sicurezza ambientale e di una gestione parsimoniosa delle risorse.

Nel concreto la Svizzera sostiene: ­ il ripristino e la modernizzazione dell'infrastruttura di base per l'economia e la popolazione; ­ partenariati pubblico-privato per la realizzazione di progetti ambientali e infrastrutturali; ­ gestione dei rischi legati ai siti contaminati e agli impianti nucleari.

Riforma sociale e nuovi poveri L'estensione della povertà rappresenta una pericolosa ipoteca sui processi di riforma.

La Svizzera intende attenuare le asperità sociali del processo di transizione e contribuire a contrastare l'impoverimento che colpisce ampie fasce di popolazione. A tal scopo essa contribuisce alla ricostruzione di un sistema sociale funzionante, ad esempio nel campo della previdenza sociale e per la vecchiaia.

Nel concreto la Svizzera sostiene: ­ condizioni quadro stabili per lo sviluppo dell'economia privata; ­ la costituzione di un settore privato fiorente, con un accento particolare sulle PMI; ­ la promozione delle esportazioni di prodotti competitivi; ­ la formazione e il perfezionamento professionale di manodopera qualificata.

Nel concreto la Svizzera sostiene: ­ riforme nel settore sanitario e scolastico; ­ il rafforzamento di istituzioni sociali (non statali); ­ creazione di servizi di base, anche per i gruppi di popolazione svantaggiati.

589

590