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Messaggio relativo all'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» e alla revisione della legge federale sul materiale bellico del 15 febbraio 1995

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio, vi proponiamo di sottoporre l'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» al voto del popolo e dei Cantoni, con raccomandazione di respingerla.

Nel contempo, vi sottoponiamo il disegno di revisione totale della legge federale sul materiale bellico sotto forma di controprogetto indiretto.

Vi preghiamo inoltre di togliere di ruolo i seguenti intervenu parlamentari: P 89.838 Legge federale sul materiale bellico. Estensione del campo d'applicazione (N 7.3.90, Gruppo socialista) P ad 90.001 Mediazione di materiale bellico e trasferimento di tecnologia nel settore degli armamenti (N 7.3.90, Commissione della gestione del Consiglio nazionale) P ad 91.403 Inasprimento delle disposizioni relative all'esportazione di materiale bellico (N 12.12.91, Commissione del Consiglio nazionale) Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

15 febbraio 1995

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In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Villiger II cancelliere della Confederazione, Couchepin

1994 - 858

Compendio L'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione dì materiale bellico» persegue quattro obiettivi: 1. promuovere gli sforzi internazionali volti ad arginare il commercio dì materiale bellico e a ridurre gli armamenti, a favore dello sviluppo sociale; 2. vietare l'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi a scopi di tecnica bellica, nonché le relative operazioni finanziarie; 3. vietare l'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi «dual use» (a dùplice impiego) destinati ad essere utilizzati a scopi di tecnica bellica, nonché le relative operazioni finanziarie; 4. vietare le operazioni tendenti ad eludere il divieto.

Tali obiettivi possono essere raggiunti mediante l'obbligo del permesso o della dichiarazione per le operazioni corrispondenti, nonché l'introduzione di disposizioni penali e di una commissione, indipendente dall'amministrazione, incaricata dell'esecuzione.

La Svizzera concretizza già in diversi modi l'obiettivo di politica di sicurezza, consistente nel salvaguardare e promuovere la sicurezza e la pace mediante sforzi volti a controllare e a ridurre gli armamenti. D'altro canto, la capacità di difesa di un piccolo Stato come la Svizzera dipende in maniera determinante - oltre che da altri fattori - dalla possibilità di mantenere una propria produzione di armamenti e di scambiare materiale bellico con produttori esteri. Un divieto totale di esportazione e transito di materiale bellico e dei relativi servizi pregiudicherebbe questa possibilità. L'esecuzione delle disposizioni dell'iniziativa popolare comporterebbe inoltre un dispositivo di controllo, in parte irrealizzabile: accertamenti relativi alla destinazione del materiale all'estero, controlli di servizi e operazioni finanziarie. L'accettazione dell'iniziativa avrebbe conseguenze negative sia per la difesa nazionale, sia per settori chiave dell'industria d'esportazione, come pure per le aziende d'armamento della Confederazione.

Per tali motivi, il Consiglio federale respinge l'iniziativa.

Su mandato parlamentare, il presente messaggio reca nel contempo un disegno di revisione totale della legge sul materiale bellico, che costituisce dunque formalmente un controprogetto indiretto all'iniziativa parlamentare. Il disegno si fonda sul principio dell'attuale legge, che
prevede l'obbligo del permesso (e non un divieto, come vuole invece l'iniziativa) per tutte le operazioni concernenti materiale bellico. La revisione si prefigge, in primo luogo, di colmare le lacune dell'attuale legge. Intende inoltre creare una certa consonanza con gli ordinamenti giuridici di Stati paragonabili al nostro e con le norme di comportamento della comunità internazionale. Infine, mira ad agevolare la cooperazione internazionale della nostra industria.

I punti principali della revisione sono i seguenti: in primo luogo, viene estesa la definizione di materiale bellico. L'elemento determinante è la concezione a fini specificatamente militari (i beni «dual use» non rientrano dunque in questa

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categoria); vi si aggiungono però equipaggiamenti specifici per l'istruzione militare e determinati mezzi di produzione che concernono esclusivamente il materiale bellico. Il materiale bellico sarà elencato dettagliatamente in un 'ordinanza del Consiglio federale. Il disegno prevede inoltre il divieto di principio di qualsiasi attività nel settore delle armi ABC. Alle attività soggette al permesso si aggiungono le operazioni di mediazione aventi per oggetto beni che non toccano mai il territorio svizzero. In tal modo, diventa possibile impedire i traffici di armi che si svolgono a partire dalla Svizzera unicamente perché la nostra legislazione è più tollerante ma che non sono nell'interesse del nostro Paese. Infuturo, anche il trasferimento di tecnologia relativa al settore degli armamenti sarà assoggettato all'obbligo del permesso. Queste innovazioni sono in sintonìa con le evoluzioni degli ordinamenti giuridici di Stati paragonabili al nostro e con le raccomandazioni degli organismi internazionali. La stessa cosa si può dire della riformulazione dei criteri concernenti l'autorizzazione di affari con l'estero, i quali tengono maggiormente conto del carattere di polìtica estera di queste decisioni. È stata poi introdotta la possibilità di decretare l'embargo. Il nuovo disciplinamento in materia di dichiarazioni di non riesportazione, che si potranno omettere anche per gli assemblaggi, dovrebbe infine facilitare la cooperazione della nostra industria degli armamenti con i suoi partner esteri. Non sono state adottate disposizioni in materia di controllo di operazioni puramente finanziarie e di filiali di aziende svizzere situate all'estero. L'integrazione di questi settori causerebbe un onere sproporzionato e porrebbe problemi di diritto internazionale pubblico.

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Messaggio I

L'iniziativa popolare

II

Tenore e riuscita della domanda

L'iniziativa popolare federale ha il tenore seguente: La Costituzione federale è modificata come segue: Art. 40bis (nuovo) 1 La Confederazione promuove e sostiene sforzi internazionali volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti a favore dello sviluppo sociale.

2 L'esportazione, il transito e la fornitura mediata di materiale bellico e servizi che servono esclusivamente a scopi di tecnica bellica, nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine sono vietati. La fabbricazione di materiale bellico è soggetta ad autorizzazione.

3 L'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi che possono essere utilizzati a scopi sia militari sia civili, nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine sono vietati quando l'acquirente intende utilizzare tali beni o servizi a. scopi di tecnica bellica.

4 Sono vietate anche tutte le operazioni tendenti ad eludere il divieto, in particolare: a. le operazioni negoziate tramite sedi all'estero o in cooperazione con ditte estere; b. la fornitura, diretta o mediata, di impianti di produzione, licenze e dati tecnici indispensabili per lo sviluppo o la fabbricazione di materiale bellico e mezzi di distruzione di massa.

5 Una commissione federale indipendente dall'amministrazione è incaricata dell'esecuzione. Essa è autorizzata in particolare a: a. intervenire qualora vi sia il sospetto di una violazione dei capoversi 3 o 4; b. valutare l'impatto sulla pace degli sviluppi tecnologici; e. procedere a ispezioni e a verifiche.

6 La legislazione federale disciplina i particolari. Essa può sottoporre operazioni definite ai capoversi 3 e 4 all'obbligo d'autorizzazione o di dichiarazione. Commina pene per le infrazioni ai capoversi da 2 a 4.

Art. 41 cpv. 2, 3 e 4 Abrogati

L'iniziativa contiene una clausola di ritiro.

Il lancio dell'iniziativa popolare è stato deciso dal congresso del Partito socialista svizzero (PSS) del 2-3 marzo 1991. La raccolta delle firme è iniziata il 21 maggio 1991 (pubblicazione nel FF 1991II 402). Il 24 settembre 1992 sono state depositate le firme. Con decisione del 24 dicembre 1992 (FF 1993 I 76), la Cancelleria federale accerta che l'iniziativa è formalmente riuscita con 108 762 firme valide (delle 110705 depositate).

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12

Validità

Un'iniziativa popolare può essere presentata sia in forma generica sia in forma di progetto già elaborato. L'iniziativa «per un divieto di esportazione di materiale bellico» (in seguito: iniziativa) è formulata quale progetto già completamente elaborato. È quindi garantita l'unità della forma.

L'iniziativa persegue i seguenti obiettivi: 1. promovimento degli sforzi internazionali volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti, a favore dello sviluppo sociale; 2. divieto di esportazione, transito e fornitura mediata di beni e servizi a scopi di tecnica bellica e delle operazioni finanziarie necessarie a tal fine; 3. divieto di esportazione, transito e fornitura mediata di beni e servizi che possono essere utilizzati sia a scopi militari sia civili («dual use»), nonché delle operazioni finanziarie necessarie, qualora l'acquirente volesse utilizzarli a scopi di tecnica bellica; 4. divieto delle operazioni tendenti ad eludere il divieto (tramite sedi all'estero, cooperazione con ditte estere o fornitura, diretta o mediata, di impianti di produzione, licenze e dati tecnici per materiale bellico e mezzi di distruzione di massa).

Per raggiungere tali obiettivi, l'iniziativa prevede, oltre ai divieti di legge sopraelencati, le misure seguenti: - un obbligo di autorizzazione per la fabbricazione di materiale bellico; - la possibilità di introdurre un obbligo d'autorizzazione o di dichiarazione per le operazioni corrispondenti; - disposizioni penali in caso di infrazione; - la formazione di una commissione indipendente dall'amministrazione per l'esecuzione.

Per il disciplinamento dei particolari si rinvia alla legislazione federale.

Le principali disposizioni che definiscono gli obiettivi dell'iniziativa (n. 2-4 del sommario di cui sopra, corrispondente ai cpv. 2-4 della proposta di art. 40bis Cosi.) sono coerenti tra di loro sia dal punto di vista logico sia materiale. La stessa cosa si può dire delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi. Il capoverso 1 incarica la Confederazione di promuovere e sostenere gli sforzi internazionali volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti. Anche questo punto è in sintonia con le ulteriori richieste dell'iniziativa. Vi si aggiunge la richiesta di sostenere questi sforzi «a favore dello
sviluppo sociale». La concezione di sviluppo sociale è formulata in modo ampio e vago; necessita dunque di un'interpretazione, la quale viene fornita nel capitolo seguente. Tuttavia, la definizione corrisponde perfettamente, in termini di orientamento generale, all'ulteriore intenzione dell'iniziativa di creare una base per il rafforzamento della politica svizzera della pace. È anche realizzata l'unità della materia, seconda condizione per la validità di un'iniziativa popolare. L'attuabilità dell'iniziativa non è oggetto di osservazioni particolari.

L'iniziativa popolare è dunque valida.

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13

Interpretazione dell'iniziativa

L'interpretazione di un'iniziativa popolare deve basarsi sul testo dell'iniziativa e non sulla volontà soggettiva degli iniziati visti. Tuttavia, possono essere tenute in considerazione anche un'eventuale motivazione dell'iniziativa, oppure spiegazioni fornite dagli iniziativisti. Anche le circostanze che hanno dato luogo a un'iniziativa possono essere integrate nelPinterpretazione. L'interpretazione della presente iniziativa popolare si basa sul testo della proposta e fa capo in particolare alle spiegazioni pubblicate dagli iniziativisti («Argomenti e spiegazioni relativi alle iniziative popolari per il disarmo e per un divieto di esportazione di armi», pubblicato nel maggio 1991 dal Partito socialista svizzero e dalla Comunità di lavoro per il controllo degli armamenti e un divieto di esportazione di armi/CCA).

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Gli obiettivi dell'iniziativa

Come abbiamo già esposto, l'iniziativa contiene quattro obiettivi distinti (cfr.

n. 12). Il quarto obiettivo (divieto di operazioni tendenti ad eludere il divieto) può essere considerato la conseguenza dei primi tre.

131.1

Arginare il commercio internazionale di materiale bellico

II capoverso 1 del testo dell'iniziativa relativo al nuovo articolo 40bis Cosi, definisce questo obiettivo come segue: 1

La Confederazione promuove e sostiene sforzi internazionali volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti a favore dello sviluppo sociale.

Gli iniziativisti fanno riferimento, in particolare, al fatto che le forniture di materiale bellico provocano destabilizzazione nelle regioni importatrici, favoriscono la militarizzazione dei conflitti e riducono le possibilità di comporre i conflitti politicamente. Il commercio mondiale di materiale bellico diminuisce i mezzi a disposizione per risolvere i problemi umanitari più gravi quali la fame, il sottosviluppo, il degrado ecologico e i flussi mondiali di profughi. Si sottolinea, infine, che una politica volta a mantenere e promuovere la pace non è credibile se è accompagnata dall'esportazione di materiale bellico.

L'incarico conferito alla Confederazione è, per quanto concerne l'oggetto della promozione e del sostegno, formulato in senso generale. Gli sforzi non sono precisati dettagliatamente e non viene nemmeno prescritto in qual modo e in che misura il sostegno debba essere concretizzato. Si tratta peraltro di un obiettivo di politica estera perseguito dalla Svizzera già da lungo tempo (cfr. in merito alla situazione attuale il nostro rapporto del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta, FF 1994 I 130 segg., in part. n.

411, nonché le spiegazioni che seguono al n. 141 del presente messaggio).

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La richiesta è completata dalla precisazione secondo cui gli sforzi dovrebbero avvenire «a favore dello sviluppo sociale». Il concetto non viene ulteriormente sviluppato. L'assunto secondo cui se uno Stato riduce in modo efficace le spese relative agli armamenti si liberano automaticamente mezzi per la realizzazione di scopi sociali quali la lotta contro la fame, la creazione di posti di lavoro, la costruzione di scuole o il miglioramento dell'assistenza sanitaria non è sempre dimostrato a livello pratico. Interpretata in questo senso, l'aggiunta «a favore dello sviluppo sociale» assume un carattere meramente declaratorio. Se fosse inteso, invece, che gli sforzi volti ad arginare il commercio internazionale di materiale bellico devono essere collegati a veri e propri programmi sociali, l'applicazione comporterebbe difficoltà politiche e pratiche.

Politicamente, la valutazione degli interessi si pone in modo diverso per gli Stati coinvolti, a dipendenza del fatto che si tratti di limitazione degli armamenti o di sviluppo sociale. Collegando in modo forzato queste problematiche si potrebbe suscitare il rifiuto degli interessati e nuocere agli sforzi prodigati in entrambi i settori. Dal punto di vista pratico, gli sforzi volti al controllo degli armamenti, sia sul piano internazionale sia a livello nazionale, concernono organismi diversi da quelli che si occupano di cooperazione allo sviluppo, nel cui ambito vengono discussi i programmi sociali; sarebbe difficile coordinare efficacemente le decisioni. Se questa fosse l'interpretazione da dare all'iniziativa, ci si potrebbe infine chiedere se l'unità della materia sarebbe ancora garantita. Per questi motivi, partiamo dunque dal presupposto che all'aggiunta «a favore dello sviluppo sociale» vada attribuito carattere declaratorio.

131.2

Vietare l'esportazione, il transito e la fornitura mediata di materiale bellico e dei servizi corrispondenti

L'articolo 40bis capoverso 2 del testo dell'iniziativa recita: 2 L'esportazione, il transito e la fornitura mediata di materiale bellico e servizi che servono esclusivamente a scopi di tecnica bellica, nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine sono vietati. La fabbricazione di materiale bellico è soggetta ad autorizzazione.

Gli iniziativisti motivano il divieto proposto sostenendo che l'economia svizzera non dipende dalle esportazioni di armi. Inoltre non esiste più la garanzia che il nostro Collegio esegua rigorosamente la legge sul materiale bellico. Infine, anche applicando rigidamente l'attuale legge, peraltro lacunosa, non si impedirebbe che le armi svizzere siano utilizzate in conflitti violenti.

I concetti della presente disposizione non sono ulteriormente sviluppati: toccherà al legislatore definirli. Per l'interpretazione dei concetti di «esportazione e transito» come pure di «fabbricazione» si può far capo al diritto e sulla prassi attuali; la «fornitura mediata», i «servizi», le «operazioni finanziane» e gli «scopi di tecnica bellica», invece, dovranno essere precisati meglio. Nell'attuale LMB, la mediazione è in una certa misura soggetta ad autorizzazione, manca 870

però una definizione legale. Anche la definizione di materiale bellico dovrebbe essere fissata nella legge. Le norme esecutive relative alla presente disposizione costituzionale dovrebbero inoltre prevedere una definizione e una delimitazione dei servizi che rientrano nel loro campo d'applicazione. I servizi relativi alla formazione sugli apparecchi, come pure alla manutenzione di materiale dovrebbero essere esclusi.

Poiché la disposizione dovrebbe comprendere unicamente i beni e i servizi utilizzati esclusivamente «a scopi di tecnica bellica», quest'ultima definizione assume un ruolo determinante. Lo scopo è quello di vietare la complicità nella creazione delle condizioni tecniche essenziali per la conduzione di una guerra.

Gli iniziativisti non definiscono il concetto, ma rinviano alla legge. A titolo di delimitazione si limitano a indicare che, per esempio, la vendita di derrate alimentari a truppe estere che non si trovano in servizio attivo, ovvero l'esportazione di viti e madreviti destinate eventualmente ad essere integrate in armamenti non rappresentano uno scopo di tecnica bellica. L'esportazione di profili in alluminio per la fabbricazione di munizioni in un'impresa estera di armamenti dovrebbe invece rientrare in questa categoria ed essere vietata. L'importanza dell'interpretazione di questa definizione è però in un certo senso relativizzata dal fatto che, conformemente al capoverso 4 del testo dell'iniziativa, sono vietate anche le operazioni tendenti ad eludere il divieto. Questa disposizione onnicomprensiva permetterebbe così di assoggettare alla legge ciò che un'interpretazione restrittiva dei concetti non consentirebbe di sussumere nei capo versi precedenti.

Andrebbe definita anche l'entità delle operazioni finanziarie «necessarie a tal fine». Secondo gli iniziativisti si tratta delle operazioni che formano parte integrante dell'esportazione e del transito, ovvero della mediazione di materiale bellico.

131.3

Disciplinare l'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi «dual use»

II capoverso 3 del testo dell'iniziativa recita: 3

L'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi che possono essere utilizzati a scopi sia militari sia civili, nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine sono vietati quando l'acquirente intende utilizzare tali beni o servizi a scopi di tecnica bellica.

Mediante questa disposizione, gli iniziativisti intendono completare il diritto vigente il quale, in virtù della definizione contenuta nell'ordinanza sul materiale bellico (OMB; RS 514.511), considera in linea di massima unicamente il materiale che non può servire, nella stessa configurazione, a scopi civili, escludendo dunque i beni «dual use» dal suo campo d'applicazione. Attualmente, i servizi non sono generalmente contemplati. Secondo il testo dell'iniziativa popolare, l'esportazione, il transito e la fornitura mediata di tali beni e servizi dovrebbero invece essere vietati, se sono destinati ad essere utilizzati a scopi di tecnica bellica. Prendendo ad esempio gli aerei leggeri che possono essere impiegati per 871

l'allenamento dei piloti militari e, dopo trasformazione, anche per il combattimento, ma che possono trovare un'applicazione anche nell'agricoltura o per viaggi d'affari, si precisa che lo scopo di tecnica bellica è sempre dato qualora l'acquirente sia un ministero della difesa o un'aeronautica militare, anche se gli aviogetti sono utilizzati per la formazione di piloti militari o quali rimorchiatori di bersagli per la formazione di fucilieri della contraerea. Per una definizione più dettagliata si rimanda alla legge. Gli iniziativisti precisano però, nelle spiegazioni, che la vendita di derrate alimentari a truppe estere che non si trovano in servizio attivo, come pure l'esportazione di viti e madreviti che eventualmente possono in qualche modo essere montati su un armamento, non rappresentano di regola uno scopo di tecnica bellica. Nel caso di esportazione di profili di alluminio per la fabbricazione di munizioni in un'azienda estera di armamenti si dovrebbe invece supporre uno scopo di tecnica bellica; le relative forniture dovrebbero dunque essere vietate.

Per le ulteriori definizioni relative a questo capoverso, rinviamo alle spiegazioni precedenti (n. 131.2).

131.4

Vietare le operazioni tendenti ad eludere il divieto

Questo ambito è disciplinato al capoverso 4 dell'iniziativa popolare: 4 Sono vietate anche tutte le operazioni tendenti ad eludere il divieto, in particolare: a. le operazioni negoziate tramite sedi all'estero o in cooperazione con ditte estere; b. la fornitura, diretta o mediata, di impianti di produzione, licenze e dati tecnici indispensabili per lo sviluppo o la fabbricazione di materiale bellico e mezzi di distruzione di massa.

Lo scopo di questa disposizione è quello di impedire che i divieti statuiti ai capo versi precedenti siano aggirati.

Per l'attuale versione della lettera b gli iniziativisti dichiarano di ispirarsi al disciplinamento della legge sull'energia nucleare nel settore della tecnologia nucleare, estendendolo dalle armi atomiche a quelle convenzionali, biologiche e chimiche, nonché ai sistemi operativi. Il disciplinamento soggiace a determinate restrizioni: gli iniziativisti precisano che si tratta unicamente dei contributi allo sviluppo e alla fabbricazione di materiale bellico e di mezzi di distruzione di massa veri e propri, ma soltanto nella misura in cui i beni, le licenze e i dati forniti siano indispensabili per il loro sviluppo e la loro fabbricazione. I beni e i dati di facile accesso non sono contemplati.

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I mezzi dell'iniziativa

I mezzi necessari all'esecuzione del disciplinamento conformemente all'iniziativa popolare sono indicati ai capoversi 5 e 6: 5 Una commissione federale indipendente dall'amministrazione è incaricata dell'esecuzione. Essa è autorizzata in particolare a: a. intervenire qualora vi sia il sospetto di una violazione dei capoversi 3 o 4;

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b. valutare l'impatto sulla pace degli sviluppi tecnologici; e. procedere a ispezioni e a verifiche.

6 La legislazione federale disciplina i particolari. Essa può sottoporre operazioni definite ai capoversi 3 e 4 all'obbligo d'autorizzazione o di dichiarazione. Commina pene per le infrazioni ai capoversi da 2 a 4.

Secondo il parere degli iniziativisti, i servizi dell'amministrazione finora incaricati dell'esecuzione della legge sul materiale bellico hanno fallito il loro scopo.

Dovrebbe perciò essere istituita una commissione indipendente dall'amministrazione, sul modello della Commissione delle banche. Tale commissione dovrebbe essere composta di rappresentanti dell'economia, della scienza, nonché di esperti della pace, dello sviluppo e dei diritti umani. Per le questioni legate alla tecnica degli armamenti si farà capo al DMF, per le questioni di tecnica nucleare al servizio competente del DFTCE (Ufficio federale dell'energia), per le questioni relative alle armi biologiche e chimiche, nonché ai beni strategici al servizio competente del DFEP (Ufficio federale dell'economia esterna), per le questioni politiche al DFAE, per i controlli alla frontiera al OFF (Direzione generale delle dogane) e per i compiti di natura politico-giudiziaria al DFGP (Ufficio centrale per la lotta contro il commercio illegale di materiale bellico del Ministero pubblico della Confederazione). L'affidamento dell'esecuzione a un'unica commissione comporta, secondo gli iniziati visti, vantaggi anche per l'esportatore, che oggi si vede costretto a confrontarsi con sei diversi servizi della Confederazione. Le disposizioni particolari relative a questo articolo costituzionale dovrebbero essere riassunte in una legge federale unitaria.

Per l'esecuzione del disciplinamento, gli autori dell'iniziativa popolare presuppongono autocontrollo e responsabilità da parte dell'industria d'esportazione e dei commercianti, i quali dovrebbero adoperarsi affinchè non vengano più esportati, fatti transitare o mediati beni e servizi per scopi di tecnica bellica.

Al fine di rafforzare il principio della responsabilizzazione, la Commissione dovrebbe poter intervenire già sulla base di un sospetto di traffici illegali, per esempio ordinando un'inchiesta o un divieto provvisorio di proseguire l'affare in questione, finché l'impresa sospetta dimostri che l'operazione è legale.

Tale Commissione avrebbe inoltre il compito di Valutare l'impatto degli sviluppi tecnologici sulla pace. Si tratta qui di stimare, in una sorta di riconoscimento precoce, i risvolti futuri dell'attuale ricerca e degli sviluppi nei laboratori di ricerca delle università e nei reparti
di sviluppo dell'industria nei settori a rischio. Questi controlli relativi all'impatto sulla pace potrebbero essere svolti, sempre secondo gli iniziativisti, nei settori della ricerca nucleare e spaziale: in tale ambito si potrebbe per esempio accertare in qual misura la ricerca e gli sviluppi correnti possono essere utilizzati per la fabbricazione di armi atomiche e di sistemi operativi (razzi). Gli iniziativisti fanno notare che la stima e la valutazione dei risvolti della tecnologia avviene in numerosi Stati; negli Stati Uniti, per esempio, essa è assicurata dall'«Office for Technology Assessment» e in Germania da un servizio analogo presso il Bundestag. In Svizzera, il Consiglio nazionale ha trasmesso già nel 1987 un postulato sulla valutazione dei risvolti della tecnologia (P 86.142, N 9.10.1987), approvando nuovamente nel 1990 l'istituzionalizzazione di tale valutazione.

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Secondo il capoverso 5 lettera e, la Commissione è autorizzata ad assumere la funzione di controllo svolta già oggi degli organi esecutivi. Un'innovazione sarebbe costituita dalla competenza di effettuare anche all'estero verifiche volte ad accertare lo svolgimento conforme alla legge di operazioni autorizzate, in particolare se l'acquirente estero di beni «dual use» utilizza gli stessi effettivamente per scopi civili e pacifici.

Conformemente alle spiegazioni degli iniziativisti, la Commissione sarebbe tenuta a render conto pubblicamente della sua attività, segnatamente in merito ai nuovi sviluppi negli sforzi internazionali volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti, alle autorizzazioni rilasciate per la fabbricazione di materiale bellico, agli interventi contro l'esportazione di armi e altre operazioni vietate, nonché ai controlli relativi all'impatto sulla pace, alle ispezioni e alle verifiche.

Inoltre, la legge di esecuzione dovrebbe conferire alla Commissione la competenza di imporre un obbligo d'autorizzazione o di dichiarazione per i settori particolarmente delicati dei beni e dei servizi «dual use» come pure delle tecnologie di fabbricazione (cpv. 6). Generalmente, tuttavia, gli iniziativisti considerano sufficiente l'effetto preventivo di severe sanzioni.

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Decisione relativa alle finalità dell'iniziativa

Possono essere considerati obiettivi principali dell'iniziativa popolare la promozione di sforzi volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti, nonché un Divieto di esportazione, transito e fornitura mediata di beni e servizi per scopi di tecnica bellica. Qui di seguito, verranno quindi illustrati gli sforzi finalizzati al controllo degli armamenti e al disarmo che la Svizzera già compie. Seguiranno chiarimenti relativi alla legittimità e all'importanza delle esportazioni svizzere di materiale bellico. Verranno infine trattati alcuni problemi specifici dell'iniziativa (beni e servizi «dual use», operazioni tendenti ad eludere il divieto, organo d'esecuzione) sotto forma di una valutazione critica.

141 141.1

II contributo della Svizzera al controllo degli armamenti e al disarmo Aspetti fondamentali e prospettive della politica svizzera di controllo degli armamenti e di disarmo

Nei nostri rapporti del 1° ottobre 1990 sulla politica di sicurezza (FF 1990 III 684) e del 29 novembre 1993 sulla politica estera della Svizzera negli anni Novanta, indichiamo quale obiettivo della politica svizzera di sicurezza il mantenimento e il promovimento della sicurezza e della pace, nell'intento di fornire un contributo alla stabilità internazionale e, soprattutto, europea. Il controllo degli armamenti e il disarmo costituiscono, in questa ottica, parte integrante della politica estera e di sicurezza, nel senso che è compito di queste ultime contribuire alla creazione di un ordinamento internazionale basato sulla stabilità e - nel senso più ampio del termine - sulla sicurezza.

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Dalla metà degli anni Ottanta, gli sforzi internazionali volti al controllo degli armamenti e al disarmo sia nel settore delle armi convenzionali sia in quello dei mezzi di distruzione di massa danno luogo a risultati concreti, che non sono unicamente l'esito di mutamenti storici della situazione politica globale, bensì anche di un impegno continuo degli Stati interessati. La Svizzera, nell'ambito delle circostanze politiche specifiche e delle sue limitate possibilità, vi ha costantemente contribuito. Gli sforzi del nostro Paese hanno consentito di promuovere un equilibrio al livello più basso possibile delle forze militari, trasparenza e calcolabilità delle attività, delle strutture e dei potenziali militari. Essi hanno inoltre comportato un'intensificazione della cooperazione nella politica di sicurezza, per esempio mediante gli accordi volti a instaurare un clima di fiducia e sicurezza nell'ambito del processo CSCE e mediante la Convenzione che vieta la messa a punto, la fabbricazione, lo stoccaggio e l'impiego di armi chimiche e che disciplina la loro distruzione. La Svizzera ha favorito la riuscita di trattati ai quali non poteva partecipare, ma i cui risultati rivestono per il nostro Paese un'importanza particolare nell'attuale situazione strategico-militare (p. es. il trattato sugli eserciti convenzionali in Europa o le convenzioni nel settore nucleare).

Tre concetti fondamentali determinano le attività svizzere di controllo degli armamenti e di disarmo: - L'esperienza storica insegna che, a lungo andare, la pace e la sicurezza non possono essere «ottenute con le armi». Il controllo degli armamenti e il disarmo non sono fini a sé stessi, ma fanno parte del tentativo di contribuire al controllo e alla limitazione della forza militare, all'eliminazione delle cause di conflitto e instabilità, e quindi alla salvaguardia della pace, mediante disciplinamenti di diritto internazionale o politicamente vincolanti. Devono quindi essere inseriti in una politica estera e di sicurezza generale che tenga conto sia degli sviluppi internazionali e degli interessi di sicurezza nazionali, sia della situazione globale specifica relativa al controllo degli armamenti, al disarmo e alla politica militare.

- Le possibilità politiche svizzere in materia di controllo degli armamenti e di disarmo risiedono
sostanzialmente nella volontà diautodifesa e nella disponibilità di uno strumento di difesa credibile. Da un lato, questa situazione garantisce un certo distacco e la libertà d'azione per condurre una politica di controllo degli armamenti e di salvaguardia della pace indipendente e attiva a livello internazionale; essa determina in modo fondamentale l'influenza della Svizzera a livello negoziale e la portata della sua partecipazione.

Dall'altro, essa rappresenta uno strumento preventivo nei confronti delle rivalità e dei conflitti politici egemonici, rispetto ai quali la Svizzera non può contare, in partenza, su garanzie di sicurezza offerte da altri Stati.

- Le attività della Svizzera in materia di politica del controllo degli armamenti e del disarmo sono influenzate in gran parte da parametri, fatti e finalità dettati da superpotenze e alleanze che sono parte integrante della nostra posizione di negoziatore. Da un lato, i risultati delle trattative dovrebbero essere equilibrati, verificabili e il più possibile universali. Devono aumentare la sicurezza di tutte le parti all'accordo o perlomeno non devono diminuirla. La 875

Svizzera non appoggia soluzioni discriminanti o unilaterali. Dall'altro, la Svizzera tiene a far valere i propri interessi e le proprie richieste possibilmente in collaborazione con terzi. In tal senso, il suo margine di manovra nell'ambito della cooperazione dipende dal numero di compromessi che può accettare, rifiutare o eventualmente sostenere da sola in considerazione degli interessi specifici.

Il controllo degli armamenti e il disarmo, anche in considerazione del mutato scenario politico europeo, caratterizzato da nuove sfide e fattori di rischio, hanno assunto ulteriori funzioni stabilizzanti, quali il miglioramento dei meccanismi di prevenzione dei conflitti, di superamento delle crisi e di cooperazione nell'ambito della verifica. Nell'ottica della nuova situazione di politica di sicurezza, inoltre, la Svizzera - basandosi su un principio generale di politica di sicurezza e di controllo degli armamenti - si adopererà con i suoi partner per un'applicazione conforme degli accordi conclusi, la partecipazione possibilmente universale a convenzioni di politica del controllo degli armamenti e del disarmo, l'inibizione a livello mondiale della proliferazione di armi di distruzione di massa come pure dei relativi sistemi operativi compresi i sistemi «dual use», il controllo del trasferimento di armi convenzionali mediante principi e convenzioni elaborati a livello multilaterale, nonché il proseguimento del controllo degli armamenti e del disarmo regionali nell'ambito della CSCE per la cooperazione in materia di sicurezza. Quest'ultimo organismo si occupa dell'ulteriore sviluppo di misure atte a stimolare la fiducia e la sicurezza, del rafforzamento dei potenziali di difesa a scapito delle capacità offensive, dello spostamento verso le dottrine difensive che privilegiano le strutture di difesa e il sistema dei riservisti ed accettano le esigenze militari nazionali, di elaborare disposizioni efficaci nell'ambito della verifica dell'osservanza degli accordi nonché delle relative attività.

La nostra politica del controllo degli armamenti e del disarmo è impostata in modo da sfruttare a pieno il margine di manovra per il controllo degli armamenti e la sicurezza di pace nell'ambito della politica estera e della sicurezza, al fine di poter cooperare con il numero più alto di Stati nell'intento di
consolidare la pace e la sicurezza sulla base di accordi universali ed equilibrati, politicamente vincolanti, determinanti in ambito militare e verificabili. In seno a questa collaborazione, la Svizzera intende cogliere la possibilità di cooperare in modo costruttivo e competente quale partner fidato.

141.2

Sforzi della Svizzera a livello internazionale per il controllo degli armamenti e il disarmo

La Svizzera si è adoperata fattivamente nell'ambito della politica di controllo degli armamenti e di disarmo. Ha infatti ratificato tutti gli accordi multilaterali in materia di controllo degli armamenti e di disarmo attualmente in vigore. Si impegna in favore di misure atte a instaurare un clima di fiducia e sicurezza, per un divieto di produzione di armi di distruzione di massa, contro la loro proliferazione, per la limitazione delle esportazioni di armamenti, per una maggiore trasparenza nel trasferimento e nella produzione di armi convenzionali.

Partecipa inoltre agli organismi internazionali che hanno per scopo un'intesa sul controllo delle esportazioni.

876

141.21 Attività a livello regionale: la partecipazione alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE) A partire dall'istituzione della CSCE, nel 1972, la Svizzera ha colto le possibilità offerte da questo processo per promuovere una trasparenza ragionevole nelle forze armate dall'Atlantico agli Urali e oltre, nonché per sviluppare ulteriormente la prevedibilità delle attività militari e quindi ridurre i rischi di attacchi a sorpresa. Tuttavia, in seno a queste trattative, il nostro Paese ha tenuto conto anche degli interessi nazionali, relativi soprattutto alla protezione di informazioni, installazioni e processi (mobilitazione) rilevanti ai fini della difesa.

Il Documento di Vienna 92 sulle misure atte a instaurare un clima di fiducia e sicurezza rappresenta il risultato provvisorio dei negoziati. Attualmente, la Svizzera collabora attivamente affinchè le misure contenute nel documento, quali lo scambio di informazioni, la visita di aerodromi militari, i contatti, le osservazioni, le ispezioni e le verifiche, siano applicate in modo conforme e con spirito di cooperazione.

Nell'ambito del forum CSCE per la cooperazione in materia di sicurezza, costituito il 22 settembre 1992, il nostro Paese ha sostenuto segnatamente i seguenti documenti e pacchetti di misure,, approvati nel novembre 1993: - principi CSCE relativi al disciplinamento del trasferimento di armi convenzionali; - misure stabilizzatrici per situazioni di crisi limitate geograficamente; - scambio di informazioni sulle pianificazioni della difesa; - programma per contatti militari e cooperazione.

La Svizzera ha collaborato, nell'ambito della CSCE, a una proposta per un controllo statale efficace del trasferimento di armi e dei relativi equipaggiamenti. Ha approvato, nel novembre 1993, i principi in materia di disciplinamento del trasferimento di armi convenzionali, elaborati allo scopo di promuovere la sicurezza internazionale. Aderisce dunque a uno standard CSCE per il trasferimento di armi convenzionali. Si impegna inoltre ad applicare i criteri corrispondenti nel quadro del controllo di trasferimenti programmati (cfr. n.

245).

Il nostro Paese partecipa all'armonizzazione dei diritti e dei doveri tra gli Stati Parte al Documento di Vienna 92 e al trattato sugli eserciti convenzionali in Europa, all'ulteriore
evoluzione del Documento di Vienna 92, a un sistema globale di scambio di informazioni e a un codice di comportamento. In occasione del Vertice di Budapest, tenutosi nel dicembre 1994, sono stati approvati ulteriori documenti.

In seno alla CSCE, sostiene inoltre le misure finalizzate alla prevenzione dei conflitti e al miglioramento delle capacità operative della CSCE relative al superamento delle situazioni di crisi. Collabora alla realizzazione e al potenziamento dello strumentario «peace keeping» della CSCE in particolare e sostiene una collaborazione concertata con organizzazioni quali la NATO e l'ONU nell'ambito delle operazioni di mantenimento della pace. Ha partecipato in vari modi alle missioni esplorative politiche, militari e dei diritti dell'uomo della CSCE in aree di crisi del Baltico, dei Balcani e della Transcaucasia.

877

Il forum della CSCE per la cooperazione in materia di sicurezza offre la possibilità di realizzare un ordinamento della sicurezza stabile tra gli Stati Parte alla CSCE. La Svizzera si impegnerà anche in futuro in seno alla CSCE al fine di evitare di essere isolata e marginalizzata a livello di politica estera e di ottenere le più ampie garanzie di sicurezza possibili nell'ambito di una partecipazione solidale alla sicurezza. È inoltre interessata a servirsi della CSCE quale piattaforma per la salvaguardia dei propri interessi nazionali, per garantirsi comprensione e un certo margine di manovra che tenga conto delle poco conosciute particolarità del suo sistema di difesa, creando così condizioni quadro favorevoli per il nostro sistema di preparazione alla difesa.

141.22 Attività a livello globale 141.221 Partecipazione ad accordi multilaterali di controllo degli armamenti e di disarmo La Svizzera ha firmato tutti gli accordi multilaterali relativi al controllo degli armamenti e al disarmo che le sono attualmente accessibili (cfr. sommario allegato). Si adopera affinchè il maggior numero di Stati possibile aderisca a tali accordi, conferendo loro un assetto per quanto possibile affidabile e universale e un'efficacia duratura.

141.222 Partecipazione alla Conferenza di Ginevra sul disarmo Dal 1980, la Svizzera partecipa attivamente, quale osservatrice, ai negoziati della Conferenza di Ginevra sul disarmo - l'unico forum multilaterale sul disarmo - con diplomatici ed esperti militari. Nel 1991 abbiamo inoltrato la candidatura per un'adesione a pieno titolo. Abbiamo operato questa scelta ritenendo di poter sostenere in modo più efficace - quale partner a pari diritti i futuri negoziati globali relativi al disarmo e tutelare gli interessi svizzeri. Confidiamo che la nostra richiesta verrà accolta in un prossimo futuro. Nell'ambito dei negoziati in corso, la Svizzera sostiene soprattutto i lavori finalizzati a una miglior trasparenza nelle esportazioni di armi convenzionali e alla conclusione di un accordo generale e verificabile sull'arresto dei test nucleari.

141.223

Non proliferazione delle armi di distruzione di massa

La Svizzera ha rinunciato da lungo tempo al possesso di armi di distruzione di massa e aderisce a tutti i trattati corrispondenti. Proprio perché non possiede tali armi, al nostro Paese interessa - dal punto di vista della politica di sicurezza - che un numero elevato di Stati aderisca, rispettandoli, ai trattati sulla non proliferazione delle armi nucleari, sulle armi B e sulle armi C.

Armi nucleari:

Nell'ambito dei preparativi alla Conferenza di verifica e di prolungamento del trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, che avrà luogo nel 1995, 878

ci adopereremo affinchè questo ordinamento sia proseguito e rafforzato, ricercando in particolare l'adesione di nuovi Stati, il miglioramento del sistema di verifica, ovvero il rafforzamento e l'ampliamento delle possibilità d'ispezione dell'autorità internazionale dell'energia atomica (AIEA). Sosteniamo inoltre gli sforzi volti a promuovere in modo equilibrato la sicurezza di tutti gli Stati, che contribuiscono a porre termine alla corsa agli armamenti nucleari, all'ulteriore disarmo nucleare, al mantenimento dell'accesso alla tecnologia nucleare e all'approvvigionamento di combustibile nucleare.

Da anni sosteniamo le intese multilaterali relative ai controlli delle esportazioni di materiale nucleare che,, oltre all'impiego civile, può essere utilizzato anche per la fabbricazione di armi di distruzione di massa (beni «dual use»). Già all'inizio degli anni Settanta, la Svizzera aveva preso l'iniziativa, in seno al cosiddetto «Comitato Zangger», di interpretare le prescrizioni relative all'esportazione, formulate in modo piuttosto generale nel trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari. Lo stesso Comitato ha in seguito allestito liste dettagliate del materiale nucleare che poteva essere trasmesso a uno Stato non possessore di armi nucleari soltanto a condizione che quest'ultimo accettasse determinate disposizioni relative alla non proliferazione. Le liste vengono regolarmente aggiornate. Nel 1977, la Svizzera è quindi entrata a far parte del cosiddetto «Club di Londra» (oggi denominato «Gruppo dei Paesi fornitori di armi nucleari») i cui membri s'impegnano a controllare, oltre ai materiali contenuti nelle liste del «Comitato Zangger», anche le esportazioni di tecnologia e di determinati impianti. Nel 1992, infine, la Svizzera è diventata membro del Regime di controllo della tecnologia missilistica (Missile Technology Control Regime; MTCR), fondato nel 1987, il quale si propone di ostacolare la proliferazione di missili vettori di armi di distruzione di massa.

Armi biologiche:

Nel settore delle armi biologiche, la Svizzera si adopera per il completamento della convenzione sulle armi biologiche, conclusa nel 1972, mediante appropriate ed equilibrate misure di verifica atte a instaurare un clima di fiducia.

Non dovranno derivarne pregiudizi per l'industria indigena. La terza conferenza di verifica, tenutasi a Ginevra nel 1991, ha designato un gruppo di esperti, incaricati di vagliare possibili misure di verifica. La Svizzera ha contribuito con perizie scientifiche agli accertamenti sulle possibili soluzioni relative alla verifica per le armi B. Partecipa attivamente agli sforzi finalizzati all'elaborazione di misure concrete.

Armi chimiche:

La Convenzione del 13 gennaio 1993 sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e che disciplina la loro distruzione (Convenzione sulle armi chimiche) ha prodotto, dopo 24 anni di trattative, il primo accordo multilaterale, completo e verificabile, sul disarmo. Esso vieta un'intera categoria di armi e impegna ogni Stato contraente ad eliminare definitivamente entro 10 anni le armi chimiche ancora esistenti come pure i relativi impianti di produzione. L'accordo prevede misure complete di cooperazione e di verifica che consentono di controllare ovunque e in ogni momento 879

se sono state messe a punto (anche in impianti civili), fabbricate, immagazzinate o impiegate illegalmente, in un luogo qualsiasi, armi chimiche o loro precursori. In tal modo, il controllo degli armamenti e la verifica, al pari della non proliferazione nucleare, non si limitano all'ambito militare ma includono anche l'industria chimica civile. La Convenzione sulle armi chimiche costituisce dunque uno dei punti chiave di una politica internazionale di non proliferazione delle armi di distruzione di massa cooperativa e su vasta scala. La sua entrata in vigore è prevista per l'anno in corso. La sede dell'organizzazione di controllo sarà L'Aia. Nella stessa sede la Commissione preliminare - con la partecipazione svizzera - svolgerà tutti i lavori di natura organizzativa e amministrativa affinchè la Convenzione possa entrare in vigore entro la data prestabilita.

La Svizzera ha firmato la Convenzione multilaterale sulle armi chimiche, completa e verificabile, in occasione della conferenza tenutasi a Parigi dal 13 al 15 gennaio 1993. Nell'ambito delle trattative pluriennali, il nostro Paese ha fornito importanti contributi specialistici. Continua a collaborare attivamente in seno agli incontri di esperti della Commissione preliminare e fornisce diversi contributi a favore della formazione degli ispettori e dell'equipaggiamento dei laboratori di verifica. Nella sessione autunnale 1994, il Parlamento ha quindi autorizzato il nostro Collegio a ratificare la Convenzione.

Il nostro Paese, inoltre, partecipa agli incontri del Gruppo Australia, che si tengono dal 1984, il quale si prefigge tra l'altro di migliorare e armonizzare i controlli nazionali delle esportazioni di sostanze chimiche «dual use», di impianti chimici e, ultimamente, anche di agenti e di impianti per la fabbricazione di armi biologiche. È inoltre interessato a coinvolgere ulteriori Stati.

141.224 Promozione della trasparenza e dei controlli nell'ambito dei trasferimenti di armi convenzionali Oltre alle attività in questo settore nell'ambito della CSCE, la Svizzera sostiene misure globali che promuovono la trasparenza, il controllo e la riduzione delle esportazioni di armi convenzionali. Ha accolto favorevolmente la risoluzione relativa all'istituzione di un registro delle armi convenzionali, approvata dalla 46a Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1991. Il registro dovrebbe creare maggior trasparenza nelle esportazioni e importazioni di armi appartenenti a 7 categorie diverse e offrire spunti per la raccolta di informazioni relative agli effettivi e alle produzioni nazionali di tali armi. Tuttavia, esso non è obbligatorio e non comprende gli aspetti qualitativi come pure le produzioni proprie. Il 30 aprile 1993, la Svizzera ha iniziato a contribuire al completamento di questo registro fornendo alle Nazioni Unite dati relativi al trasferimento di armamenti. Essa vi parteciperà anche in futuro e s'impegnerà a sostenere i miglioramenti che concernono questo regime.

Nell'ambito del Comitato ad hoc «Transparency in Armaments» della Conferenza di Ginevra sul disarmo vengono discusse misure universali, non discriminatorie, che mirano alla trasparenza in merito alle concentrazioni destabilizzanti di armi, di effettivi militari, di produzioni nazionali e del trasferimento 880

di alta tecnologia a scopi militari. La Svizzera ha esposto la sua posizione e si adopererà affinchè i lavori della Conferenza sul disarmo siano in linea con i risultati del processo CSCE.

141.225

Promovimento di una verifica efficace

Gli accordi sul controllo degli armamenti convenzionali e gli sforzi relativi alla non proliferazione richiedono mezzi di verifica efficaci. Questa costatazione è ancora più giustificata per un piccolo Stato con limitate possibilità d'intervento sia politico sia militare e che dipende, più delle medie e grandi potenze, dall'osservanza del diritto internazionale. La creazione di possibilità di verifica rappresenta dunque per la Svizzera una condizione indispensabile per qualsiasi forma credibile di controllo degli armamenti e di disarmo.

La Svizzera partecipa dunque da anni a missioni d'inchiesta e di verifica dell'ONU. Dal 1984, esperti svizzeri e il Laboratorio AC di Spiez sono stati chiamati più volte a partecipare a ispezioni ordinate dall'ONU relative all'impiego di gas tossici durante la guerra Iran-Iraq (1981-1988). Il nostro Collegio ha deciso, il 3 giugno 1991, di mettere esperti, materiale e attrezzatura del Laboratorio AC di Spiez a disposizione della Commissione speciale dell'ONU (United Nations Special Commission; UNSCOM), istituita in seguito alla Guerra del Golfo, per l'eliminazione delle armi irachene di distruzione di massa. Dall'agosto 1991, esperti svizzeri cooperano con l'UNSCOM su mandato del Segretario generale dell'ONU. Nel 1992, inoltre, il gruppo di ispettori che effettuavano controlli in Mozambico e in Azerbaigian su mandato del Segretario generale dell'ONU comprendeva un esperto svizzero di armi chimiche. Dal giugno 1992, la Svizzera mette a disposizione due esperti, a turni di tre mesi, per la distruzione di armi chimiche a Muthanna (Iraq). Nella primavera 1993, uno Svizzero ha fatto parte di una squadra che si occupava dell'analisi di fotografie in Iraq.

In diversi casi, il Laboratorio AC di Spiez ha potuto utilizzare le sue conoscenze e attrezzature per effettuare valutazioni di queste missioni. L'esercito equipaggia gli ispettori con il materiale e le apparecchiature necessarie. La Svizzera continuerà a mettere le sue conoscenze e il personale a disposizione dell'UNSCOM.

141.3

L'iniziativa popolare alla luce degli sforzi svizzeri per il controllo degli armamenti e il disarmo

La presente esposizione dimostra che il nostro Collegio persegue in vari modi l'obiettivo di politica di sicurezza, che consiste nel mantenimento e nel promovimento della sicurezza e della pace, nel settore del controllo degli armamenti e del disarmo su scala internazionale, secondo le possibilità del nostro Paese.

L'impegno della Svizzera è costruttivo e adeguato ai mezzi; tiene inoltre conto delle circostanze di politica interna ed esterna. Il nostro Paese si adopererà in modo concreto anche in futuro per la prevenzione dei conflitti e il superamento delle crisi, partecipando in particolare al processo di controllo degli armamenti e di disarmo, il quale persegue un ordinamento di sicurezza solidale quale base 881

di una pace duratura. L'iniziativa, mediante la sua richiesta di limitazione degli armamenti, può indurre a credere che la Svizzera non intraprenda abbastanza in questi settori, trascurando il fatto che il nostro Collegio ha fornito contributi costruttivi per la soluzione di crisi e conflitti nell'ambito di una politica di sicurezza e di controllo degli armamenti sperimentata e funzionale. Ha fatto il possibile e quanto era necessario non soltanto al fine di promuovere la limitazione degli armamenti, ma anche nell'intento di porre un freno alla corsa agli armamenti, di ostacolare il trasferimento di armi convenzionali e di distruzione di massa, come pure di instaurare un clima di fiducia e sicurezza a livello mondiale e regionale. Indipendentemente dalla presente iniziativa popolare, la Svizzera continuerà a svolgere una politica di controllo degli armamenti e di disarmo completa, attiva, pragmatica e realistica la quale, non da ultimo, corrisponde anche ai nostri interessi nazionali. In un'era che continua ad essere carica di conflitti, l'Europa, e quindi anche la Svizzera, non è un'isola di pace. Riconosciamo che le analisi dei rischi relative ai futuri sviluppi devono partire da un'ampia definizione della sicurezza e tenere conto dell'interdipendenza degli sviluppi sia regionali sia globali, considerando le tendenze sociali, economiche ed ecologiche e indicando uno strumentario differenziato per la soluzione dei problemi. Suggerendo che la limitazione degli armamenti può eliminare da sola le cause dei conflitti, gli eserciti e i loro potenziali bellici come pure la proliferazione delle armi, l'iniziativa non soltanto disconosce elementi della realtà politica, ma rimette in causa anche la necessità di mantenere uno strumento di difesa nazionale credibile e commisurato all'instabilità del contesto politico. Nell'ottica di possibili irrazionali politiche egemoniche, di potenziali minacce militari o di un crescendo incontrollato di conflitti, la protezione militare della Svizzera e della sua popolazione rimane dunque altrettanto necessaria degli sforzi internazionali volti al controllo degli armamenti e al disarmo.

142

Esportazioni di materiale bellico dalla Svizzera

142.1

L'importanza della Svizzera nel commercio internazionale di materiale bellico

Esistono due fonti di informazioni relative all'entità del commercio globale di materiale bellico: la United States Arms Control and Disarmament Agency (un'agenzia dell'Amministrazione americana) e lo Stockholm International Peace Research Institute (un istituto di ricerca indipendente, finanziato dal parlamento svedese). Entrambi gli istituti pubblicano periodicamente stime relative agli importi delle esportazioni e importazioni di armi. Tali stime, poiché effettuate con metodologie diverse, non corrispondono e talvolta divergono notevolmente dai dati nazionali ufficiali. Entrambe valutano però che, alla fine degli anni Ottanta, il commercio globale di materiale bellico doveva aggirarsi attorno ai 40-50 miliardi di dollari. Questa cifra è andata in seguito diminuendo e si è ridotta nel 1993, in seguito soprattutto alla fine del conflitto EstOvest nella sua vecchia forma, e alle barriere finanziarie poste dai potenziali Paesi importatori.

882

Entrambi gli istituti attribuiscono alla Svizzera un ruolo secondario tra i Paesi esportatori. Per il periodo 1988-1992, lo Stockholm International Peace Research Institute fornisce i dati seguenti (SIPRI Yearbook 1993, Oxford University Press, p. 444): Esportazioni globali di armamenti (in mio di US-$) 1988

Esportazioni globali di armamenti

1989

1990

1991

1992

40034 38133 29972 24470 18045

1988-1992

151013

Esportazioni svizzere di armamenti

76

154

192

369

83

874

Tasso percentuale Svizzera

0,19

0,40

0,64

1,51

0,46

0,58

Esportazioni di armamenti verso Paesi industrializzati (in mio di US-$) 1988

Esportazioni globali di armamenti Esportazioni svizzere di armamenti Tasso percentuale Svizzera

1989

1990

1991

16346 16510 12290 11230

1992

1988-1992

9086

65461

41

130

157

341

56

725

0,25

0,79

1,28

3,04

0,62

1,11

Esportazioni di armamenti verso Paesi in sviluppo (in mio di US-$) 1988

Esportazioni globali di armamenti Esportazioni svizzere di armamenti Tasso percentuale Svizzera

1989

1990

1991

23688 21623 17682 13240

1992

1988-1992

9320

85552

35

24

35

28

27

149

0,15

0,11

0,20

0,21

0,29

0,17

Le fluttuazioni che intervengono da un anno all'altro e sono tipiche dei piccoli Paesi esportatori rendono poco affidabili i dati annuali. Si può comunque desumere che la quota svizzera, generalmente, non supera l'uno per cento del commercio globale di armamenti. La quota relativa alle forniture a Paesi in sviluppo si situa sotto lo 0,30 per cento. Nella letteratura specializzata internazionale, la Svizzera è descritta quale «esportatore di armamenti prudente o restrittivo» con riferimento sia alle basi legali per le esportazioni di materiale bellico sia al volume di tali esportazioni.

883

142.2

La legittimità di esportazioni di materiale bellico

L'obiettivo dell'iniziativa è quello di vietare qualsiasi esportazione, transito e fornitura mediata di materiale bellico come pure i servizi corrispondenti. Questa finalità è tuttavia, perlomeno indirettamente, in contrasto con il diritto riconosciuto a ogni Stato dal diritto internazionale pubblico di difendersi con la forza da un attacco. Tale diritto alla legittima difesa, sancito segnatamente dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, presuppone implicitamente anche il diritto di procurarsi i mezzi necessari alla difesa. Soltanto le grandi potenze possono essere autonome in questo settore. Gli altri Paesi, e quindi anche il nostro, dipendono più o meno dall'estero per il loro armamento. Un divieto generale di esportazione di materiale bellico verso qualsiasi Paese sarebbe dunque difficilmente compatibile con il diritto, da noi rivendicato, di poter acquistare i necessari armamenti all'estero. Riteniamo quindi che un siffatto divieto assoluto non sarebbe né giustificato né opportuno. È perciò auspicabile attenersi al principio applicato finora, secondo cui le esportazioni di materiale bellico possono essere autorizzate a determinate condizioni.

Per quanto riguarda le conseguenze per la difesa nazionale e l'industria degli armamenti di un divieto assoluto di esportare materiale bellico, rinviamo al numero 15.

143

La problematica dei beni e dei servizi «dual use»

Secondo l'iniziativa popolare, l'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi che possono essere utilizzati a scopi sia militari sia civili (beni e servizi «dual use»), nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine, devono essere vietati se l'acquirente intende usarli per scopi di tecnica bellica.

Può inoltre essere introdotto un obbligo d'autorizzazione o di dichiarazione per questo tipo di commerci.

Nel corso degli ultimi anni, in effetti, il problema del controllo delle esportazioni di beni «dual use» si è notevolmente acuito, specie in concomitanza con gli sforzi profusi da alcuni Stati per procurarsi armi A, B e C, come pure tecnologia missilistica. Gli Stati industrializzati occidentali hanno dunque intensificato e coordinato il loro impegno alla non proliferazione nei settori citati. Vi sono sempre più Stati dell'Est europeo e Paesi in sviluppo che vi partecipano.

La Svizzera ha introdotto i controlli delle esportazioni per i beni che possono essere utilizzati per scopi sia civili sia militari già nel 1951 al fine di assicurare all'industria svizzera la possibilità di rifornirsi di beni tecnologicamente vitali presso i Paesi membri del COCOM (Paesi NATO Islanda esclusa, più Giappone e Australia). I prodotti corrispondenti sono attualmente contenuti nell'allegato dell'ordinanza del 22 dicembre 1993 sull'esportazione e il transito di prodotti (RU 1994 426). Conformemente all'ordinanza, tuttavia, non possono essere rifiutate le richieste d'esportazione per prodotti di origine esclusivamente svizzera. L'ordinanza autorizza un semplice controllo per l'esportazione di siffatti prodotti. Nei singoli casi in cui, per motivi politici, si rende necessario evi884

tare una determinata esportazione di prodotti di origine esclusivamente svizzera, il nostro Collegio legittima tale divieto basandosi sull'articolo 102 numero 8 Cost. L'esportazione di prodotti di origine estera è invece rifiutata se il Paese di provenienza o il Paese d'origine esige, per la riesportazione, il suo consenso e questo manca.

Negli anni Ottanta, la problematica della proliferazione delle armi C e della tecnologia missilistica è diventata più attuale e urgente. Le misure in materia sono state coordinate a livello internazionale nell'ambito del «Gruppo Australia» e del regime internazionale di controllo della tecnologia missilistica. Si tratta in gran parte di controlli delle esportazioni di beni «dual use». Il controllo di 54 sostanze fondamentali.per aggressivi C, come pure di agenti B, è stato introdotto da modificazioni relative all'ordinanza sul materiale bellico (OMB) del 27 maggio 1987 e del 25 novembre 1992. Le sostanze chimiche e gli agenti biologici sono elencati nelle relative ordinanze del DMF (RS 514.51 U nonché RS 514.511.2; RU 1993 2268). I prodotti che possono essere utilizzati per la fabbricazione di armi chimiche e biologiche, come pure i beni «dual use» per la fabbricazione dei relativi sistemi operativi vengono controllati nell'ambito dell'ordinanza sull'esportazione e il transito di merci e tecnologie concernenti le armi ABC e i missili (ordinanza ABC; RS 946.225; RU 1993 990 2019; 1994 114).

Nel settore nucleare, la scoperta del programma di armamento nucleare iracheno ha mostrato al gruppo dei Paesi fornitori di armi nucleari che i controlli relativi ai veri e propri beni nucleari introdotti già nel 1978 non erano sufficienti inducendolo, nel 1991, ad istituire controlli di beni nucleari «dual use».

In Svizzera, tali controlli di beni «dual use» nel settore nucleare sono stati resi possibili dalla pubblicazione dell'allegato dell'ordinanza ABC.

L'ordinanza ABC è valida fino al 31 dicembre 1995. Sarà poi sostituita da una legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari (legge sul controllo dei beni a duplice impiego), la quale autorizzerà il nostro Collegio ad emanare le necessarie misure di controllo. Queste ultime concernono, da un lato, l'applicazione degli accordi internazionali ratificati dalla Svizzera. Dall'altro, si tratta di
misure che il nostro Paese non è obbligato ad emanare dal punto di vista del diritto internazionale pubblico, ma che si rendono necessarie al fine di sostenere le misure internazionali di controllo nel settore delle armi non convenzionali - e in parte anche di quelle convenzionali. Laddove sono in gioco gli interessi del nostro Paese, la Svizzera deve poter partecipare ai controlli.

In entrambi i settori interessati s'impongono misure internazionali di controllo nel campo dei beni di alta tecnologia. Alla base di questa costatazione vi è la convinzione che i controlli in questi settori possono essere efficaci soltanto se retti da un consenso multilaterale il più ampio possibile, sia in forza di accordi internazionali, sia mediante misure analoghe di un numero possibilmente elevato di Stati, secondo intese raggiunte negli organi di controllo internazionali preposti al coordinamento. In mancanza di accordi o di misure di controllo internazionali, la legge non permette d'intervenire.

33 Foglio federale. 78° anno. Voi. II

885

In questo delicato settore, in cui si scontrano i più svariati interessi di natura politica ed economica, le basi legali per l'applicazione dei controlli offrono, a differenza delle proposte dell'iniziativa, la necessaria flessibilità. L'iniziativa è imperniata unicamente sulla destinazione della mercé, relativamente facile da mascherare da parte del destinatario e spesso difficile da riconoscere da parte del fornitore. Gli iniziativisti postulano inoltre un'inversione dell'onere della prova rispetto allo stato attuale, nel senso che un determinato negozio sospettato di essere illegale può essere vietato provvisoriamente, finché l'imprenditore prova che si tratta di un'operazione legale (cfr. n. 132). Questa definizione sottoporrebbe ampi settori della produzione di beni d'esportazione a scopi civili, ma che possono avere anche un'applicazione militare, a misure drastiche dato che la prova richiesta talvolta non può nemmeno essere fornita.

Contrariamente al diritto vigente, inoltre, il testo dell'iniziativa sottopone al regime di controllo anche i servizi e le operazioni finanziarie. Innanzitutto, a questo punto, si pone la domanda delle possibilità di controllo. In alcuni casi, non sarà probabilmente possibile accertare, e quindi controllare, in qual misura i servizi servano a uno scopo di tecnica bellica, poiché generalmente non esiste nemmeno - come invece avviene per le esportazioni di mercé o di tecnologia (piani, immagazzinamento di dati, istruzioni tecniche scritte, ecc.) - un oggetto o un procedimento scritto che consenta di svolgere una verifica obiettiva. Gli organi di controllo dovrebbero fare affidamento soltanto sulle indicazioni della persona interessata, fatta eccezione per i ritrovamenti casuali. Nell'ambito della registrazione delle operazioni finanziarie sorgerebbero ulteriori difficoltà (cfr. n. 244.1).

144

Operazioni tendenti ad eludere il divieto

L'iniziativa si propone anche di evitare che il disposto costituzionale venga eluso. II capoverso 4 indica, a titolo di esempio, le operazioni negoziate tramite sedi all'estero o in cooperazione con ditte estere, nonché la fornitura, diretta o mediata, di impianti di produzione, licenze e dati tecnici. Dal momento che questo elenco non è esaustivo, la descrizione dettagliata delle operazioni tendenti ad eludere il divieto o il loro disciplinamento mediante una facoltà generale d'intervento sarebbe affidata alla legislazione.

L'attuale legge sul materiale bellico (LMB), elaborata a suo tempo quale controprogetto indiretto a un'iniziativa popolare, al momento della sua stesura poteva essere considerata una legge avanguardistica che conteneva, rispetto alle normative di altri Stati, un disciplinamento severo. Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, sono affiorati numerosi problemi che hanno evidenziato come alcuni punti della legge non corrispondano più alle attuali esigenze. È stato dimostrato, tra l'altro, che il disciplinamento consente di effettuare operazioni tendenti ad eludere il divieto, le quali vanno oggi assolutamente esplicitate. Negli ultimi 20 anni, anche altri Stati analoghi al nostro hanno perfezionato i loro disciplinamenti al fine di tener conto delle mutate condizioni nel settore della produzione di armamenti e del commercio di materiale bellico. Il disegno di re886

visione della LMB, presentato più avanti, dovrebbe offrire una soluzione a questi problemi. Il campo d'applicazione risulta quindi ampliato. Dovranno essere disciplinate anche determinate possibilità di eludere il divieto che non sono coperte dell'attuale LMB, in particolare il trasferimento di tecnologia e le operazioni di mediazione che si svolgono esclusivamente all'estero. Tuttavia, il disegno di revisione della LMB è più flessibile rispetto al testo dell'iniziativa, nel senso che certe attività non sono vietate per principio, ma vengono sottoposte a un obbligo di permesso da applicare secondo criteri differenziati (cfr. n.

243.1. e 243.2).

145

Disposizioni esecutive

Per quanto concerne le disposizioni esecutive, due elementi in particolare sono degni di attenzione: l'autorità esecutiva e le verifiche- all'estero.

Alcuni propongono di delegare i compiti esecutivi a una commissione indipendente dall'amministrazione. Se però si considera che il settore del materiale bellico è strettamente connesso ad aspetti di politica estera ed è influenzato da quest'ultima, risulta evidente affidare questo settore all'autorità cui compete la politica estera, ossia al Consiglio federale. Il disegno di revisione della LMB prevede dunque che il nostro Collegio decida autonomamente in merito alle domande di preminente importanza o di portata politica fondamentale e che gli siano sottoposti i ricorsi contro decisioni di istanze inferiori. Questa soluzione, che corrisponde essenzialmente a quella del diritto vigente, consente di tener conto del contesto sopracitato in questo settore spesso delicato a livello politico.

È inoltre opportuno formulare un'osservazione in merito al progetto degli iniziativisti di effettuare anche all'estero verifiche sullo svolgimento conforme alla legge di commerci autorizzati. Tali verifiche potrebbero presentare notevoli difficoltà a livello giuridico e pratico. Una collaborazione con servizi esteri nell'ambito dell'assistenza amministrativa è ammessa ed è anche prevista nel disegno di LMB (art. 39). Tuttavia, le misure di controllo effettuate all'estero da autorità nazionali non sono ammesse senza il consenso dello Stato interessato e sono spesso indesiderate o impossibili. Anche la Svizzera ha sempre dimostrato il massimo riserbo nei confronti di richieste e misure di questo tipo da parte di altri Stati. Tali intese dovrebbero sempre avvenire sulla base del diritto di reciprocità. È però prevedibile che si utilizzerà una base diversa per i vari Stati, il che comporterebbe una prassi discordante. La deprecabile conseguenza di tutto ciò sarebbe che, all'atto pratico, l'esecuzione presenterebbe disparità giuridiche e che le ditte e le persone interessate potrebbero eventualmente approfittare di questo stato di cose.

Si dimostra problematico anche un controllo dei transiti, il quale spesso può essere svolto unicamente per campionatura. Un obbligo di dichiarare ogni volta la destinazione della mercé in transito, come viene richiesto dall'iniziativa,
non sarebbe attuabile e causerebbe troppi disagi sia ai trasportatori sia alle autorità esecutive. Anche nel caso dei sorvoli con materiale bellico, i quali fondamentalmente costituiscono a loro volta un transito, non sarebbe possibile controllare sistematicamente l'osservanza del divieto.

887

15

Conseguenze in caso di esito positivo dell'iniziativa

151

Per la difesa nazionale

La Svizzera rivendicherebbe il diritto di poter disporre di una difesa militare nazionale anche qualora il divieto di esportazione di armamenti fosse accettato.

A tal fine, dovrebbe poter continuare a contare sulle forniture di materiale bellico moderno proveniente da altri Stati. Non sarebbe tuttavia in grado di soddisfare le esigenze di altri Stati democratici di diritto di difendersi militarmente, e dunque di ricevere armi dalla Svizzera. Questo atteggiamento nuocerebbe senza dubbio alla credibilità della Svizzera all'estero.

La nostra difesa nazionale dipende dal potenziale industriale interno. Oltre alle sei aziende d'armamento federali, attive prevalentemente nel settore della produzione di sistemi di armamento, vi sono numerose aziende che producono materiale civile, ma anche una porzione più o meno grossa di armamenti. Migliaia di aziende di ogni dimensione del settore civile partecipano quali sottofornitrici alla fabbricazione di armamenti. Tutte queste aziende coadiuvano la difesa nazionale con «know how» specializzato, servizi e prodotti. La loro importanza è confermata dall'elevata quota di acquisizioni interne - P80 per cento circa effettuate dal!"aggruppamelo dell'armamento, la quale corrisponde a un volume occupazionale annuale di 15 000 persone circa. Per padroneggiare nuove tecnologie in settori importanti e poterne valutare l'utilità per la difesa nazionale, occorre che l'industria interna disponga di conoscenze e capacità approfondite nel settore della tecnica di difesa. Inoltre, soltanto in questo modo è possibile conservare nel Paese le conoscenze in materia. Queste cognizioni servono per la fase di manutenzione, che corrisponde al periodo di utilizzazione - particolarmente lungo nel nostro Paese - e diventano operative nell'ambito dello sviluppo di programmi di mantenimento e di potenziamento del valore combattivo dei sistemi di armamento. Contemporaneamente, importanti fattori di produzione, quali i modelli e le attrezzature, rimangono nel nostro Paese in vista della successiva realizzazione dei lavori. I centri di manutenzione, infine, possono facilmente familiarizzarsi con il materiale già prima della fornitura e trarre un profitto diretto dall'esperienza industriale. Tutto ciò è nell'interesse della difesa nazionale, la quale deve disporre di materiale all'altezza dei
nuovi standard e di cui possa essere garantita un'adeguata manutenzione.

La sopravvivenza del potenziale industriale svizzero nel settore della tecnica di difesa è dunque motivata anche da un interesse di politica di sicurezza. Il limitato fabbisogno di armamenti del nostro esercito ridotto, e gli scarsi mezzi finanziari, tuttavia, non consentono più di operare sviluppi esclusivamente per il nostro fabbisogno interno. La complessità dei moderni sistemi di armamento richiede capacità di sviluppo che, in Svizzera, non sono più disponibili in maniera sufficiente. La cooperazione con partner esteri diventa dunque una necessità di sopravvivenza. Per le aziende svizzere è anche particolarmente importante poter condurre una politica settoriale ad alto livello tecnico e con un'elevata qualità dei prodotti alle attuali, inasprite condizioni di concorrenzialità del mercato internazionale. In tale ottica, esse dipendono da un mercato aperto alla concorrenza e da uno scambio illimitato di beni materiali e immateriali.

888

Il divieto di esportazione renderebbe impossibile una cooperazione del genere.

L'industria privata sarebbe costretta a ritirarsi dal settore della difesa a causa della mancanza di possibilità di smercio. L'esercito sarebbe dunque privato di importante «know how» industriale. Le aziende di manutenzione della Confederazione sarebbero in grado di mantenere un livello soddisfacente di cognizioni soltanto con un elevato onere supplementare. Le loro capacità dovrebbero essere potenziate, creando così un conflitto con gli attuali sforzi di razionalizzazione.

Dovendo coprire il suo fabbisogno di armamenti in gran misura all'estero, la Svizzera dipenderebbe maggiormente dalle grandi imprese di armamento estere che già oggi, in parte, occupano una posizione di monopolio. Risentirebbero della perdita di «know how» nella tecnica degli armamenti anche l'elaborazione di progetti di acquisto, la formazione, l'approntamento e la manutenzione di materiale bellico; sarebbe inoltre necessario ricorrere in maggior misura all'assistenza di specialisti esteri. La Confederazione dovrebbe inoltre disporre di depositi più capienti per le unità di sostituzione e i pezzi di ricambio, a causa delle ridotte capacità di fornitura e di riparazione nel nostro Paese.

Inoltre, il divieto di transito di materiale bellico avrebbe per conseguenza che la Svizzera non potrebbe più rilasciare autorizzazioni per le forniture di altri Stati a truppe della comunità internazionale. Il nostro Paese correrebbe il rischio di rimanere isolato anche a livello di politica di sicurezza e, a più lunga scadenza, qualsiasi cooperazione o partecipazione a sistemi internazionali di sicurezza comune - peraltro una condizione posta anche da parte degli iniziativisti - rimarrebbe preclusa.

152

Per l'economia svizzera

Oggetto dell'iniziativa non è soltanto il vero e proprio materiale bellico, bensì anche i beni, i servizi e la tecnologia «dual use» che l'acquirente intende utilizzare a scopi di tecnica bellica. Sarebbero interessati ampi comparti dell'industria civile d'esportazione, e in particolare l'industria meccanica i cui prodotti consentono, in linea di massima, di fabbricare beni sia per scopi civili sia per scopi militari. I produttori di questo genere di beni correrebbero il rischio di violare il divieto inconsapevolmente, poiché i committenti nei Paesi di destinazione spesso non possono essere identificati quali acquirenti di materiale bellico; la destinazione della mercé, inoltre, non è sempre riconoscibile. I sottofornitori, in particolare, spesso non hanno alcuna possibilità di individuare l'impiego definitivo del loro manufatto. L'esportatore dovrebbe dapprima effettuare accertamenti approfonditi presso il suo cliente in merito all'impiego previsto ed eventualmente indagini successive all'estero per accertare l'impiego conforme. Si assumerebbe dunque l'onere della prova circa l'impiego legale della mercé. Prima di ottenere la prova, l'autorità d'esecuzione potrebbe vietare provvisoriamente un determinato negozio sulla base di un sospetto. È praticamente impossibile adempiere questi obblighi in un'economia caratterizzata dalla divisione del lavoro e strettamente interconnessa a livello internazionale.

In molti casi il cliente non sarebbe in grado o non avrebbe la volontà di fornire 889

all'impresario svizzero i dati necessari. Per poter esportare prodotti e servizi civili, l'industria svizzera dovrebbe sottoporsi a controlli e interventi dell'autorità molto più incisivi rispetto a quelli svolti in altri Stati europei paragonabili. Verrebbe a crearsi un gravoso ostacolo agli scambi che sfavorirebbe l'industria interna. Le offerte di imprese svizzere correrebbero il rischio di non essere più considerate a causa dei controlli che interesserebbero anche gli acquirenti. La concorrenzialità della nostra industria sarebbe gravemente pregiudicata in un settore chiave dell'economia delle esportazioni, dell'industria meccanica, elettronica e metallurgica che occupa 365 000 persone.

Anche le partecipazioni dell'industria svizzera alla fabbricazione di armamenti esteri, realizzati per la Svizzera, sarebbero di fatto notevolmente ridotte. Le partecipazioni di questo tipo non sarebbero di per sé vietate anche in caso di divieto di esportazione di armamenti. Tuttavia, in futuro, si potranno continuare a sfruttare soltanto in maniera molto limitata, a causa delle possibilità di cooperazione molto ridotte dell'industria svizzera, le capacità acquisite grazie a questo genere di partecipazioni. Le capacità di produzione sviluppate in Svizzera per il nostro fabbisogno nell'ambito di una partecipazione diretta non potrebbero più essere utilizzate a favore di clienti terzi. La riduzione della produzione interna, e quindi anche degli investimenti, causerebbe costi unitari troppo elevati e dunque una perdita di concorrenzialità. Verrebbe allora a mancare, per l'industria, l'interesse finanziario a partecipare a siffatti progetti. Infine non sarebbe più possibile conservare l'attuale elevata quota interna dell'80 per cento per le acquisizioni di armamento.

Parallelamente, verrebbe meno la possibilità per queste imprese di introdurre le nuove conoscenze e i nuovi procedimenti, acquisiti nell'ambito di tali progetti di armamento, nella propria azienda. La produzione di materiale bellico altamente evoluto, per esempio, presuppone generalmente l'introduzione di un sistema di qualità adeguato. Siffatti procedimenti possono essere utilizzati anche per prodotti civili di alta qualità e sono indispensabili per la concorrenzialità internazionale del settore.

L'imposizione del divieto per le operazioni finanziarie
avrebbe inoltre gravi conseguenze per il settore finanziario del nostro Paese (cfr. n. 244.1).

Anche un divieto di transito di materiale bellico produrrebbe sensibili conseguenze, nel senso che, per esempio, non sarebbe più ammesso trasportare il materiale dalla Germania all'Italia, via Svizzera, a scopi di riparazione. Un disciplinamento così restrittivo indurrebbe senz'altro gli Stati interessati ad adottare misure di ritorsione, delle quali risentirebbero anche le imprese svizzere.

153

Per le aziende d'armamento della Confederazione

Conformemente all'ordinanza del 24 ottobre 1990 concernente l'Ufficio federale delle aziende d'armamento (RS 510.521), all'Ufficio è attribuito il compito di operare primariamente a livello industriale a favore della difesa nazionale.

Lo stesso deve organizzare le proprie capacità in funzione del previsto andamento degli affari a lungo termine. Le aziende d'armamento devono inoltre as890

sumere il ruolo di impresa generale, in modo da mantenere nel nostro Paese le conoscenze acquisite nel settore dei sistemi di armamento. Nel caso di un divieto di esportazione, le aziende d'armamento sarebbero in grado di assumere compiti supplementari in settori specifici che vengono oggi serviti dall'industria privata. In numerosi settori, invece, questo ampliamento delle funzioni sarebbe possibile soltanto effettuando enormi investimenti supplementari in impianti e sviluppi propri. A causa del fabbisogno molto limitato dell'esercito, l'ammortamento di queste spese risulterebbe eccessivamente oneroso. Le aziende d'armamento occuperebbero inoltre un'indesiderata posizione di monopolio, a livello nazionale, nei confronti del loro principale committente, l'Amministrazione centrale dell'aggruppamento dell'armamento. Rispetto alla concorrenza estera, tuttavia, esse sarebbero sfavorite a causa del loro isolamento politicocommerciale.

Anche le aziende d'armamento dipendono dunque, nel loro principale ambito di competenze, dalla collaborazione internazionale con l'estero al pari dell'economia privata. Un divieto d'esportazione, a sua volta, renderebbe impossibili cooperazioni del genere e precluderebbe alle aziende d'armamento la possibilità di acquisire nuove tecnologie e nuovo «know how» grazie alle partecipazioni.

A lungo termine, dunque, anche le imprese d'armamento non potrebbero sopravvivere a un confronto con la concorrenza estera, anche considerando costi supplementari economicamente sostenibili.

154

Conversione degli armamenti quale alternativa?

L'alternativa proposta dalle cerehie degli iniziativisti per l'industria degli armamenti interessata consiste nel convertire la produzione militare e i relativi posti di lavoro, mediante la diversificazione e una nuova impostazione dell'assortimento dei prodotti, direttamente nella fabbricazione di prodotti civili (conversione delle aziende di armamento).

Le esperienze portate a termine in altri Stati insegnano però che la realizzazione di conversioni soddisfacenti è molto ardua. In primo luogo, devono essere disponibili mercati e prodotti. Occorre quindi riorganizzare i procedimenti di produzione, riqualificare il personale e adeguare i metodi di gestione. Questo processo richiede ancora più tempo, se s'intende realizzarlo in modo sociale per i lavoratori, e comporta notevoli investimenti. Per di più, i mercati a cui si aspira sono spesso occupati, i concorrenti efficienti, e dunque le condizioni di concorrenzialità si rivelano, già in partenza, molto dure. Per questa ragione, a livello mondiale poche imprese sono riuscite a convertire con successo economico la propria produzione di armamenti. La presente iniziativa non concede alle imprese interessate il margine di tempo necessario per realizzare un eventuale processo di adeguamento. Anche i progetti di riforma a lungo termine avviati dal DMF per le proprie aziende d'armamento diventerebbero vani. Sarebbe dunque inevitabile uno smantellamento di posti di lavoro sia nelle aziende d'armamento della Confederazione sia in numerose imprese civili.

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2

La revisione della legge federale sul materiale bellico

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II progetto di revisione quale controprogetto indiretto all'iniziativa

L'attuale LMB è stata elaborata a suo tempo quale controprogetto indiretto a un'iniziativa popolare che intendeva vietare le esportazioni di materiale bellico, salvo quelle destinate agli Stati neutrali d'Europa. Al momento della sua elaborazione, all'inizio degli anni Settanta, la legge poteva essere considerata, sotto molti aspetti, avanguardistica. Nel corso degli ultimi anni, invece, sono affiorati diversi problemi che rivelano, dal punto di vista attuale, numerose lacune.

Il Consiglio nazionale ha approvato, il 7 marzo 1990, due postulati che ci invitavano a valutare la possibilità e l'opportunità di un'estensione del campo d'applicazione della legge sul materiale bellico: il postulato II della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 21 novembre 1989 (90.001) e un postulato del gruppo socialista del 15 dicembre 1989 (89.838). Questi interventi si riferivano, fondamentalmente, a quattro diverse tematiche non contemplate dal diritto vigente: - le operazioni di mediazione in cui il materiale non tocca il territorio svizzero (operazioni che si svolgono esclusivamente all'estero); - le operazioni finanziarie; - il trasferimento di tecnologia, in particolare il trasferimento di licenze; - l'attività di filiali di aziende svizzere situate all'estero.

Nel giugno 1991, sulla base di analisi approfondite svolte da un gruppo di lavoro interdipartimentale, abbiamo riconosciuto, in linea di massima, la necessità di rivedere in modo totale la legge e abbiamo incaricato il Dipartimento militare federale di elaborare un progetto di revisione. Tale progetto prevedeva soluzioni che contemplavano le operazioni di mediazione che si svolgono esclusivamente all'estero come pure il trasferimento di tecnologia, ma rinunciavano all'obbligo d'autorizzazione per le operazioni finanziarie come pure all'estensione del controllo alle filiali di aziende svizzere situate all'estero (cfr. n. 244).

In seguito, quando è stata depositata l'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» il 24 settembre 1992, ci è parso logico presentare il progetto di revisione quale controprogetto indiretto all'iniziativa.

Il 13 dicembre 1993, il progetto di LMB è stato posto in procedura di consultazione, la quale si è conclusa il 28 febbraio 1994.

22

Risultati della procedura di consultazione

Alla consultazione hanno partecipato tutti i 26 Cantoni, 8 partiti politici, 10 organizzazioni economiche, 7 ulteriori organizzazioni, come pure 2 aziende private. In generale, le reazioni sono state positive, nel senso che il corpo principale del progetto (colmare le lacune dell'attuale LMB, creare una certa concordanza con le regole di comportamento della comunità internazionale, promuovere in collaborazione dell'industria svizzera con i suoi partner esteri) è stato accettato dalla maggior parte dei partecipanti, malgrado qualche riserva relativa a singoli punti della revisione, espressa da 13 Cantoni, 5 partiti e 8 organizzazioni.

892

Le riserve si riferiscono in particolar modo all'attuabilità del disciplinamento, all'armonizzazione a livello internazionale (non è auspicata una «via solitària»), alla considerazione accordata a determinati aspetti economici (salvaguardia di posti di lavoro, conservazione del «know how»). Un'organizzazione sindacale chiede la riduzione delle esportazioni di armamenti, poiché queste ultime, spesso, neutralizzerebbero gli sforzi della Svizzera volti alla promozione dei diritti dell'uomo; la sopravvivenza economica dovrebbe essere assicurata dalla conversione in prodotti civili. Alcuni partecipanti alla consultazione appartenenti all'area politica di sinistra si oppongono per principio all'esportazione di materiale bellico. Cerehie ecclesiastiche propongono che sia incaricata una commissione indipendente dall'amministrazione, composta di specialisti nei settori della politica di pace e di sicurezza, della politica dello sviluppo, dei diritti dell'uomo e della politica ambientale, come pure di rappresentanti dell'Ufficio centrale per la lotta contro le attività illegali con materiale bellico, per la preparazione di decisioni di principio del nostro Collegio e della relativa realizzazione pratica.

Rifiutano la revisione, in particolare, gli ambienti vicini all'economia, sostenendo che l'attuale legge è severa, si è rivelata efficace e non necessita dunque di una revisione. Le innovazioni, inoltre, ostacolerebbero notevolmente l'industria svizzera, la quale risulterebbe svantaggiata rispetto alla concorrenza; la nuova legge interesserebbe quindi una parte ben più rilevante dell'economia rispetto a oggi. Essi lamentano inoltre lacune giuridiche (mancanza di una base costituzionale relativa al trasferimento di tecnologie, come pure alle operazioni che si svolgono esclusivamente all'estero nell'ambito delle quali il materiale non entra in contatto con il territorio svizzero; effetti retroattivi delle disposizioni transitorie). Numerosi partecipanti alla procedura di consultazione richiedono anche l'introduzione di un nuovo obbligo d'indennizzo della Confederazione in caso di sospensione o revoca di permessi per motivi di cui il titolare del permesso non ha colpa. (Un indennizzo del genere non è previsto dal diritto vigente). Hanno respinto il progetto 6 Cantoni, 3 partiti e 6 organizzazioni o imprese.

I pareri relativi a singoli punti del progetto sono esposti in modo riassuntivo nella spiegazione della disposizione corrispondente.

23

Gli obiettivi della revisione

La revisione della LMB persegue i seguenti obiettivi: In primo luogo, occorre colmare le lacune riscontrate ed eliminare determinate imperfezioni contenute nell'attuale legge. È quindi necessario raggiungere una certa armonizzazione con le regole di comportamento elaborate intemazionalmente nell'ambito del trasferimento di armamenti. Nel contempo, è opportuno dotarsi degli strumenti necessari al fine di poter trasporre nell'ordinamento giuridico svizzero le misure d'embargo decise dalla comunità internazionale in materia di forniture di materiale bellico. Si tratta infine di tener conto della tendenza generalizzata e sempre più pronunciata alla divisione del lavoro, che talvolta si estende anche oltre i confini nazionali. Tale tendenza interessa la pro893

duzione industriale in generale e non soltanto il settore degli armamenti. È quindi più ragionevole favorire le possibilità di cooperazione con i partner commerciali che condividono i nostri stessi valori e sono sottoposti a un regime di controllo delle esportazioni paragonabile al nostro, anziché indurre l'industria degli armamenti a trasferirsi all'estero.

24

Le principali innovazioni della revisione

241

La definizione di materiale bellico

II campo d'applicazione della legge si limita attualmente al materiale che può servire quale mezzo da combattimento, ossia che ha un effetto distruttivo diretto. In considerazione delle esperienze effettuate negli ultimi anni e rispetto a gran parte delle legislazioni estere, questa definizione appare oggi troppo restrittiva. Occorre quindi stabilire nuovi criteri che soddisfino le esigenze della legalità e che tengano conto dell'evoluzione della tecnica.

Più volte è stato proposto di definire materiale bellico tutti i beni destinati a scopi militari (cfr. l'iniziativa parlamentare Longet del 22 giugno 1988 come pure il postulato del Gruppo AdI/PEV del 21 marzo 1990). In tal modo, la qualifica giuridica del prodotto dipenderebbe dallo scopo perseguito dal suo consumatore finale. Si può tuttavia osservare che le intenzioni del consumatore finale non sono sempre riconoscibili e sono inoltre facili da mascherare. Va aggiunto che l'acquirente non corrisponde necessariamente al consumatore finale ed è molto spesso ignaro dello scopo cui è destinato il prodotto, in particolare quando si tratta di sottofornitori che producono parti staccate. È quindi auspicabile trovare una definizione che faccia riferimento a caratteristiche assolutamente obiettive e facilmente verificabili, anziché collegare la qualifica giuridica di un prodotto alle presumibili intenzioni del suo consumatore finale.

Questa duplice esigenza è soddisfatta qualora si scelga quale fattore determinante lo scopo per cui il prodotto è stato concepito, e non la sua destinazione nel caso concreto, indipendentemente dal fatto che si tratti di una versione originale o di una modifica posteriore. Saranno dunque assoggettati alla legge non soltanto i beni che possono servire quali mezzi da combattimento, ma anche tutti i materiali concepiti o modificati specificatamente a fini militari. La definizione di «concezione specifica» è riferita al prodotto stesso e non alla tecnologia che vi sta alla base. Un radar o un veicolo per marcia fuori strada, per esempio, non sono automaticamente considerati materiale bellico soltanto per il fatto che, originariamente, sono stati sviluppati per esigenze militari. La qualifica dipende piuttosto dall'uso concreto per cui è stato specificamente concepito il radar o il veicolo, come pure dai particolari requisiti
per un'utilizzazione militare. L'aspetto esterno (segnatamente la verniciatura) non svolge, in tal senso, un ruolo determinante, a meno che il rivestimento esterno presenti speciali caratteristiche per la riduzione delle segnalazioni radar o a infrarossi. Al contrario, i beni che non sono stati concepiti o modificati specificatamente a fini militari non sono considerati materiale bellico, sebbene possano essere utilizzati anche per scopi militari. In tal caso, è posta la condizione dell'identità tecnica tra la versione civile e quella militare. Per il resto e conformemente al894

l'attuale prassi, i pezzi elementari quali viti, madreviti, bulloni, assi, ruote dentate, molle motrici ecc. non sono assoggettati alla legge, anche qualora si tratti di versioni speciali.

Contrariamente ai timori che sono emersi in occasione della procedura di consultazione, i beni «dual use» non sono dunque assolutamente assoggettati alla LMB. La qualifica di materiale bellico, come già avviene attualmente, non si applica unicamente al materiale finito ma anche agli elementi che lo compongono - persine se questi ultimi sono parzialmente lavorati -, se la stessa versione non può essere utilizzata anche per scopi civili.

Con la nuova definizione di materiale bellico il campo d'applicazione della legge non si limita più ai beni utilizzati in operazioni militari. In futuro, saranno inclusi anche determinati equipaggiamenti che servono all'istruzione militare, come pure determinati apparecchi e macchine per la fabbricazione, il controllo o la manutenzione di materiale bellico. Il criterio della «concezione specifica» implica qui una definizione più restrittiva. Dovrebbero dunque figurare soltanto gli equipaggiamenti per l'istruzione militare al combattimento.

Per le macchine e gli utensili, si tratta soltanto di quelli concepiti esclusivamente per la fabbricazione, il controllo o la manutenzione di materiale bellico.

La maggior parte delle macchine utensili è adatta alla fabbricazione di prodotti sia civili sia militari. Basta cambiare la regolazione della macchina. In sostanza, soltanto un numero limitato di mezzi di produzione, come per esempio le macchine (o parti di esse) per produrre munizioni o forzare bocche da fuoco e determinate forme da fonderia, è assoggettato alle disposizioni della legge.

Per il resto, conformemente al criterio della «concezione specifica», i pezzi di macchine a doppia destinazione (p. es. motori elettrici, le macchine utensili a comando numerico, gli apparecchi elettronici destinati al controllo) non sono considerati materiale bellico.

Le sostanze chimiche e gli agenti patogeni che possono èssere utilizzati per la fabbricazione di aggressivi chimici o biologici, infine, sono esclusi dal campo d'applicazione della legge sul materiale bellico perché costituiscono, a loro volta, beni «dual use». Dovrebbero invece essere sottoposti alla futura legge federale sul
controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari (cfr. n. 143).

Dal punto di vista sistematico è utile che il legislatore, come già avviene nel diritto vigente, definisca in senso generale il materiale bellico, affidando al nostro Collegio il compito di allestire una lista dettagliata in un'ordinanza. Questa delega di competenze è indispensabile al fine di consentire una sollecita reazione alle evoluzioni della tecnica.

La definizione generale di materiale bellico, così come la lista contenuta nell'ordinanza, sono compatibili in tutti i punti con la lista internazionale del materiale bellico («International Munitions List»), elaborata nell'ambito del COCOM. Questo organismo coordina i controlli delle esportazioni di beni strategici; vi fanno parte l'Australia, il Belgio, il Canada, la Danimarca, la Francia, la Germania, il Giappone, la Gran Bretagna, la Grecia, l'Italia, il Lussemburgo, la Norvegia, l'Olanda, il Portogallo, la Spagna, gli Stati Uniti e la Turchia. La definizione della LMB e la lista che sarà annessa all'ordi895

nanza d'esecuzione sono parimenti compatibili con la lista che sarà elaborata nel regime succeduto al COCOM. In tale organismo («New Forum») sarà rappresentato un numero ancora maggiore di Stati. Non si può dunque assolutamente parlare di «via solitària della Svizzera», come sostenevano alcuni partecipanti alla procedura di consultazione. La Svizzera, al contrario, armonizzerà, su questo punto, il suo disciplinamento giuridico con quello degli altri Stati industrializzati. Al fine di ottenere una corrispondenza integrale con la nuova «International Munitions List», rinunceremo ad includere le tenute da combattimento nell'ordinanza sul materiale bellico, a condizione che non si tratti di indumenti protettivi contro le armi chimiche.

Si può infine aggiungere che al nostro Paese, grazie all'estensione della definizione di materiale bellico, risulterà più facile concedere l'assistenza giuridica internazionale in procedure concernenti il commercio illegale con materiale bellico. Stante la condizione della punibilità dell'atto in entrambi i Paesi, è necessario che il materiale interessato sia considerato materiale bellico anche conformemente al diritto svizzero.

In occasione della procedura di consultazione, nove Cantoni e due partiti politici hanno accettato senza riserve la nuova definizione di materiale bellico. Tre Cantoni e tre partiti l'hanno respinta a causa della mancanza di una base legale o in considerazione delle difficoltà che si presentano talvolta operando una distinzione tra beni militari e beni civili. Undici Cantoni desideravano che la lista del materiale bellico fosse allestita d'intesa con i Cantoni. Un'organizzazione padronale proponeva di non considerare materiale bellico i pezzi di ricambio relativi a forniture precedenti. Due organizzazioni auspicavano che il nostro Collegio potesse vietare le forniture di merci e pezzi di ricambio come pure di servizi, qualora i beni «dual use» fossero utilizzati a scopi militari.

242

Attività vietate

La nuova legge contiene una disposizione (art. 7) che vieta in maniera generale qualsiasi attività in relazione con le armi atomiche, biologiche o chimiche (armi ABC). Questo divieto si applica alle attività svolte sul territorio svizzero e, indipendentemente dal luogo in cui esse si svolgono, alle attività di tutti i cittadini svizzeri e di tutte le persone domiciliate in Svizzera che violino gli accordi internazionali cui è vincolato il nostro Paese (Trattato del 1° luglio 1968 di non proliferazione nucleare; Convenzione del 10 aprile 1972 che vieta le armi B; Convenzione del 13 gennaio 1993 che vieta le armi C: le Camere federali ci hanno autorizzati a ratificarla nella sessione autunnale 1994).

Questo disciplinamento riflette la volontà del nostro Paese di adoperarsi con tutti i mezzi contro la proliferazione dei mezzi di distruzione di massa. La legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari disciplinerà l'esportazione e il transito di equipaggiamenti e tecnologie civili che potrebbero servire alla fabbricazione di armi ABC: un settore attualmente regolamentato dall'ordinanza del 12 febbraio 1992 sull'esportazione e il transito di merci e tecnologie concernenti le armi ABC e i missili (RS 946.225).

896

Questo divieto generale corrisponde, nel settore delle armi chimiche, al disciplinamento della Convenzione del 13 gennaio 1993 che vieta le armi chimiche.

Non sono assoggettate al divieto le attività degli organi competenti volte a distruggere le armi ABC o a proteggere dagli effetti corrispondenti. La produzione di equipaggiamenti protettivi non è dunque vietata, ma, se questi ultimi rientrano nel campo d'applicazione della LMB, essa soggiace all'obbligo del permesso.

Questa disposizione è stata accolta favorevolmente da tutti i partecipanti alla procedura di consultazione.

243

Attività soggette a permesso

Qui di seguito sono commentate unicamente le innovazioni introdotte dalla revisione totale della LMB.

243.1

II commercio e la mediazione

Attualmente la legge si applica soltanto alle operazioni relative ai materiali che, in un momento o nell'altro, sono presenti fisicamente sul territorio svizzero.

Non sono pertanto assoggettate all'obbligo del permesso le attività commerciali che, anche se si svolgono in Svizzera, prevedono la fornitura di materiale bellico da un Paese A verso un Paese B, purché il materiale non attraversi le frontiere svizzere.

Nel corso degli anni, questa restrizione del campo d'applicazione della LMB si è rivelata improvvida. È infatti accaduto che società o persone si stabilissero in Svizzera per svolgervi attività che non sarebbero state autorizzate nel loro Paese e nelle quali anche il nostro Paese non intende essere implicato. In futuro, dunque, il commercio e i servizi di mediazione saranno assoggettati alla legge, a prescindere dal luogo in cui si trova l'oggetto delle trattative. È tuttavia posta la condizione che queste operazioni si svolgano, almeno parzialmente, su territorio svizzero.

È stata esaminata l'opportunità di omettere quest'ultima condizione e di assoggettare alla legge anche le attività delle persone domiciliate in Svizzera svolte all'estero. Tale opzione è stata scartata perché una misura del genere andrebbe oltre l'obiettivo perseguito dalla legge. Un controllo sarebbe inoltre praticamente impossibile. Siffatta attività rappresenterebbe infatti una violazione del diritto estero, e sarebbe dunque di competenza dei tribunali esteri. Oppure si svolgerebbe con il consenso - perlomeno tacito - delle autorità estere, che non avrebbero in tal caso alcun interesse a collaborare con le autorità svizzere nell'ambito di un'azione penale intentata in Svizzera. Una tale estensione dell'applicabilità del diritto svizzero violerebbe, in un certo senso, il principio della territorialità al quale il nostro Paese è vincolato e che ammette deroghe unicamente in circostanze particolari. È il caso, segnatamente, delle armi di distruzione di massa, in quanto mezzi da combattimento vietati dal diritto internazionale (cfr. n. 242).

897

La disposizione relativa alla mediazione è d'altronde formulata in senso talmente ampio (art. 6 cpv. 3) che non sarebbe possibile eludere l'applicabilità della legge con il pretesto che la firma del contratto è avvenuta all'estero. È infatti considerata attività di mediazione soggetta ad autorizzazione la creazione delle condizioni fondamentali ai fini della conclusione del contratto in Svizzera, anche qualora la firma del contratto avvenga all'estero.

Se la mediazione avviene a titolo professionale, è richiesto - come per il permesso di fabbricazione - sia un permesso di principio sia un permesso specifico per l'operazione specifica. Il permesso di principio è concesso unicamente a persone fisiche o giuridiche che offrono le necessarie garanzie per una gestione regolare degli affari e la cui attività prevista non lede gli interessi del Paese.

Il permesso specifico è concesso se l'attività prevista non contraddice i principi della politica estera svizzera.

Confrontando queste innovazioni con gli ordinamenti giuridici di altri Stati, si osserva che diversi Paesi sottopongono già questo tipo di attività all'obbligo di autorizzazione: gli Stati Uniti, la Svezia, la Norvegia, la Germania e l'Olanda.

La tendenza, inoltre, si muove chiaramente in questa direzione. L'Ungheria e la Repubblica Ceca hanno recentemente modificato i propri ordinamenti giuridici al fine di introdurre tali disposizioni; la Polonia intende agire nello stesso modo. La Svizzera, invece, è indubbiamente esposta più di altri Stati ai pericoli derivanti dalla lacuna giuridica in questo settore. La fama del nostro Paese, la sua efficienza nel settore dei servizi e il suo segreto bancario costituiscono un'attrattiva per le società bucalettere, che possono operare su un terreno ideale per attività più o meno segrete. Risulta quindi indispensabile poter esercitare un certo controllo su questo genere di attività.

In occasione della procedura di consultazione, tre partiti hanno approvato espressamente questa estensione del campo d'applicazione. Un partito mette in dubbio la relativa base costituzionale. Un altro partito auspica che i controlli si limitino alle società bucalettere, mentre il permesso di principio per la fabbricazione di materiale bellico deve contenere ipso jure il diritto di svolgere attività di mediazione, per non
pregiudicare la concorrenzialità dell'industria svizzera. Questa proposta non rappresenta tuttavia un'adeguata soluzione al problema, poiché un severo controllo sulla fabbricazione di materiale bellico garantito dal relativo permesso non implica che vi sia un controllo sull'attività di mediazione del titolare dell'autorizzazione, la quale può riferirsi a qualsiasi mercé tra partner commerciali indistinti. Se il titolare del permesso di principio è un produttore di materiale bellico, la mediazione concerne per definizione materiale bellico fabbricato all'estero; altrimenti si tratterebbe di una transazione commerciale. Gli unici produttori di materiale bellico interessati da questa innovazione sono dunque quelli che hanno trasferito una parte della propria produzione all'estero.

Al fine di tener conto dei timori dei rami industriali interessati, dovremo prevedere determinate eccezioni e poter esentare dall'obbligo del permesso le operazioni di mediazione con i Paesi che condividono i nostri stessi valori e dispongono di un sistema di controllo paragonabile al nostro. Lo scopo è quello di semplificare la procedura, nel senso che viene a cadere l'obbligo di richie898

dere un permesso per ogni singolo caso, qualora esso sarebbe comunque accordato. Rimane invece invariata la condizione della titolarità di un permesso di principio.

243.2

II trasferimento di tecnologia

Attualmente, la legge contempla esclusivamente il trasferimento di materiale bellico («hardware»). Il trasferimento di tecnologia («software») sfugge invece a qualsiasi controllo. Tuttavia, questi trasferimenti dovrebbero poter essere ostacolati, nella misura in cui consentono a determinati Stati di produrre essi stessi materiale bellico per il quale le autorità svizzere non autorizzerebbero l'esportazione.

La nuova legge prevede dunque l'obbligo del permesso per il trasferimento di beni immateriali e il conferimento di diritti su beni immateriali, «know how» compreso, se si tratta di materiale bellico definito nella legge e contemplato dall'ordinanza. Per motivi di certezza del diritto, rientra nel campo d'applicazione della legge la conclusione del contratto e non il trasferimento in sé.

Dal momento che la legge si prefigge di controllare essenzialmente i trasferimenti all'estero, è necessario un permesso soltanto qualora il cessionario abbia la sua sede o il suo domicilio all'estero.

La legge contempla peraltro soltanto il trasferimento tra un cedente con domicilio o sede in Svizzera e un cessionario con domicilio all'estero. L'ulteriore percorso dei diritti conferiti è esclusivamente di competenza dello Stato verso il quale la Svizzera ha autorizzato il trasferimento. Il modo in cui tale Stato esercita la sua responsabilità internazionale è invece considerato in fase di esame dei criteri di autorizzazione.

Considerando gli ordinamenti giuridici di altri Stati, si osserva che il Canada, la Danimarca, la Finlandia, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, la Grecia, il Giappone, l'Italia, il Lussemburgo, la Norvegia, l'Olanda, la Polonia, il Portogallo, la Spagna, Ja Svezia, la Repubblica Ceca, l'Ungheria, gli Stati Uniti svolgono già questo tipo di controlli. La sorveglianza del trasferimento di tecnologia è del resto prevista anche nel regime succeduto al COCOM («New Forum»).

Otto Cantoni e tre partiti hanno approvato espressamente questa estensione del campo d'applicazione. Cinque Cantoni e un partito avrebbero preferito una soluzione più incisiva, con una sorta di diritto di veto nei confronti dell'utilizzatore finale dei diritti trasferiti. Tre Cantoni e tre partiti hanno respinto l'assoggettamento del trasferimento di tecnologie, in parte riferendosi alla mancanza di una base
costituzionale, in parte a causa delle difficoltà pratiche di un controllo del genere, in parte per timore di pregiudicare l'attività di ricerca e di sviluppo nei settori interessati.

Al fine di tener conto dei timori dei rami industriali interessati, dovremmo prevedere determinate eccezioni e poter esentare dall'obbligo del permesso i trasferimenti di tecnologia verso i Paesi che condividono i nostri stessi valori e di899

spongono di un sistema di controllo paragonabile al nostro. Lo scopo è quello di semplificare la procedura, nel senso che viene a cadere l'obbligo di richiedere un permesso per ogni singolo caso, qualora esso sarebbe comunque accordato.

Rimane invece invariata la condizione del possesso di un permesso di principio.

244 244.1

Ulteriori aspetti esaminati Le operazioni finanziarie

La questione delle cosiddette operazioni finanziarie è stata oggetto di un esame approfondito. In quale misura operazioni di questo tipo devono essere assoggettate alla legge sul materiale bellico? Considerando attentamente i casi riferiti dalla stampa nel corso degli ultimi anni, si osserva che le persone coinvolte non avevano soltanto il ruolo di finanziatori, ma hanno agito in qualità di veri e propri mediatori. Queste persone hanno potuto svolgere indisturbate la loro attività in Svizzera poiché quest'ultima concerneva materiale bellico che non aveva mai toccato il suolo svizzero. Grazie all'estensione del campo d'applicazione della LMB al materiale situato in territorio estero, simili operazioni saranno assoggettate alla legge e le persone interessate saranno punibili qualora agiscano in Svizzera senza il relativo permesso.

Il finanziamento vero e proprio non è, di per sé, sottoposto a permesso. Tuttavia, può essere considerato un'attività di mediazione, se la messa a disposizione dei mezzi finanziari necessari avviene nell'ambito di un'operazione di mediazione e deve essere considerata una condizione essenziale per la realizzazione dell'operazione stessa. Sarebbe invece sproporzionato - e d'altronde nessun Paese lo fa - assoggettare il traffico dei pagamenti all'obbligo del permesso.

Il disciplinamento dovrebbe piuttosto limitarsi a sanzionare il finanziamento di traffici illeciti.

Il diritto vigente dichiara già oggi punibile chiunque partecipi al finanziamento di un traffico illecito di materiale bellico o serva d'intermediario per il suo finanziamento (art. 17 cpv. 1 lett, e LMB). Finora, tale disposizione è stata applicata soltanto raramente, soprattutto perché un'operazione non era considerata illecita fintante che il materiale bellico non toccava il territorio elvetico.

La prevista estensione del campo d'applicazione della legge porrà rimedio a questa situazione.

244.2

II controllo delle filiali di aziende svizzere situate all'estero

È stata anche esaminata l'opportunità di assoggettare alla legge le attività svolte all'estero da filiali di società svizzere. In concreto, si tratta di stabilire se la Svizzera intende riservarsi un diritto di veto contro le operazioni svolte all'estero da società di diritto estero che agiscono in piena conformità di quest'ultimo. Un'attività di controllo al di fuori dei nostri limiti territoriali sarebbe difficilmente compatibile con la nostra concezione giuridica; inoltre, la Svizzera potrebbe vedersi rimproverare un comportamento, nei confronti di altri 900

Stati, che essa non tollererebbe nei suoi confronti. Va aggiunto che un controllo da parte di autorità svizzere sarebbe praticamente impossibile, poiché il diritto internazionale non ammette che uno Stato eserciti attività sovrane sul territorio di un altro Stato. Sarebbe infine difficile stabilire quando una società di diritto estero può essere considerata dominata da un'azienda svizzera.

Per i motivi citati, non è opportuno estendere il campo d'applicazione della legge a questo settore. È d'altronde significativo che anche la Svezia e la Germania non abbiano introdotto un simile disciplinamento e che soltanto gli Stati Uniti sembrano conoscerlo.

245

I criteri d'autorizzazione

L'attuale disciplinamento è caratterizzato dal fatto che la legge, all'articolo 11 capoverso 2 della LMB, collega conseguenze giuridiche ben definite a definizioni giuridiche che vanno invece interpretate. Se, per esempio, un Paese è dominato da tensioni pericolose, non può essere rilasciata alcuna autorizzazione d'esportazione. La legge non definisce però che cosa s'intende per «tensioni» e ancor meno a partire da quale stadio le tensioni possono essere considerate pericolose. Essa non tiene conto delle cause di tali tensioni e non fa distinzioni tra un potenziale aggressore e l'oggetto di un'eventuale aggressione. Tantomeno la legge ammette deroghe a favore di truppe impegnate in operazioni di mantenimento o di ripristino della pace. Il nostro Paese dovrebbe dunque vietare che un'azienda svizzera fornisca pezzi di ricambio a truppe inviate dall'ONU in aree di crisi.

L'attuale legge sul materiale bellico tende dunque a ridurre la questione del rilascio dell'autorizzazione d'esportazione a un problema giuridico per il quale occorse innanzitutto stabilire se un determinato fatto è intervenuto o meno. In realtà, qualsiasi decisione in questo ambito, salvo i casi abituali, è una decisione politica in cui vengono soppesati interessi di politica estera e interessi economici. Anziché elaborare criteri concepiti come regole normative, la legge dovrebbe quindi elencare tutti i fattori che vanno assolutamente considerati nell'analisi della situazione: il rischio di attizzare tensioni regionali, il rischio di influenzare negativamente l'osservanza dei diritti dell'uomo, il rischio di compromettere la cooperazione allo sviluppo, il rischio di rafforzare uno Stato che agisce violando il diritto internazionale pubblico, la posizione dei Paesi che partecipano a regimi internazionali di controllo delle esportazioni.

Tutti questi fattori sono implicitamente contenuti negli articoli 10 e 11 della LMB. Una formulazione esplicita comporterebbe il vantaggio di armonizzare integralmente la nostra legislazione con le regole di comportamento sempre più riconosciute, a livello internazionale, quali criteri comuni.

Esplicitando questi criteri, la decisione di accordare o rifiutare un permesso d'esportazione diventa il prodotto di una valutazione politica che deve tenere conto di tutti gli elementi essenziali all'analisi, compresa la natura del materiale bellico interessato. Sarebbe anche possibile - sul modello della Svezia 901

mostrarsi più severi al momento dell'autorizzazione di un nuovo contratto e meno rigorosi in occasione delle successive forniture di pezzi di ricambio. In Svezia, si ritiene infatti che non si possono approvare esportazioni di materiale bellico senza dimostrare una certa coerenza. Le decisioni sarebbero dunque affidate molto più spesso di oggi al nostro Collegio.

Questa ridefinizione dei criteri di autorizzazione non comporterà alcun sovvertimento nella prassi delle autorità svizzere. Tuttavia, essa consentirà, nell'ambito dell'analisi globale, di considerare maggiormente gli elementi specifici.

In questo caso, un confronto internazionale si rivela difficile. Non tutti gli Stati definiscono in una legge i criteri di autorizzazione. In Svezia, per esempio, questi criteri sono semplicemente fissati in una direttiva governativa. Oltre alle differenze a livello normativo, si può peraltro osservare che la definizione dei criteri non contiene indicazioni relative alla loro effettiva interpretazione. Soltanto le statistiche consentirebbero di effettuare confronti. Gli Stati, tuttavia, non sono per nulla interessati a pubblicare statistiche che forniscano informazioni sufficienti sulle motivazioni relative alle autorizzazioni rilasciate.

La maggior parte degli Stati considera le esportazioni di materiale bellico un settore strettamente connesso con la loro politica di sicurezza. Perciò, il diritto internazionale, prevede unicamente norme sulla non proliferazione di armi di distruzione di massa. Nel settore delle armi convenzionali si cerca, dalla Seconda Guerra del Golfo del 1991, di elaborare regole comuni di comportamento. Non si tratta, in questo ambito, di trattati internazionali, bensì di principi che vengono discussi in seno agli organismi internazionali e approvati mediante consenso, i quali vincolano politicamente gli Stati interessati. È il caso, per esempio, delle regole di comportamento elaborate nell'ambito della CSCE intese ad approfondire la collaborazione internazionale nel settore del trasferimento di armi convenzionali e della tecnologia corrispondente. Tali «Principi relativi al disciplinamento del trasferimento di armi convenzionali» sono stati approvati a Roma il 30 novembre 1993. Essi contengono i seguenti criteri, che devono essere considerati nell'ambito dell'autorizzazione di
tali trasferimenti: a. l'osservanza dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nel Paese di destinazione; b. la situazione nel Paese di destinazione nonché nella regione circostante in considerazione delle tensioni esistenti o di conflitti armati; e. l'osservanza degli impegni internazionali assunti dal Paese di destinazione, specialmente in relazione alla rinuncia all'uso della violenza e nel settore della non proliferazione, come pure in altri settori del controllo degli armamenti e del disarmo; d. il genere e il costo delle armi oggetto del trasferimento, rispetto alla situazione concreta nel Paese di destinazione, tra l'altro in considerazione dei suoi legittimi bisogni in materia di sicurezza e di difesa, evitando il più possibile una dispersione di risorse umane ed economiche a scopi di armamento; e. la necessità del Paese di destinazione di essere in grado di esercitare il diritto all'autodifesa, individuale o collettiva, conformemente all'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite; 902

f.

il fatto di poter stabilire se i trasferimenti contribuiscono a far reagire il Paese di destinazione in modo adeguato e proporzionato alla minaccia militare e ai pericoli per la sua sicurezza; g. i legittimi bisogni in materia di sicurezza interna del Paese di destinazione; h. il fatto di poter stabilire a quali condizioni il Paese di destinazione può partecipare a misure di mantenimento della pace o ad altre misure in conformità con le decisioni dell'ONU o della CSCE.

Conformemente a tali «principi», gli Stati parte sono inoltre tenuti a rinunciare a trasferimenti, i quali lasciano supporre che: a. vengano usati per la violazione o la repressione di diritti dell'uomo e di libertà fondamentali; b. pregiudichino la sicurezza nazionale di altri Stati e territori, le cui relazioni . esterne rientrano nella responsabilità intemazionalmente riconosciuta di un altro Stato; e. costituiscano una violazione degli impegni internazionali, specie in relazione a sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, a decisioni del Consiglio della CSCE o a convenzioni sulla non proliferazione o ad altre convenzioni sul controllo degli armamenti e sul disarmo; d. prolunghino o inaspriscano un conflitto armato già esistente, tenendo però conto del legittimo bisogno di autodifesa; e. pregiudichino la pace, accumulino un potenziale militare destabilizzante in una regione o contribuiscano in altro modo all'instabilità in una regione; f. nel Paese di destinazione, vengano utilizzati a scopi contrari alle finalità dei principi CSCE, o siano esportati dallo stesso; g. vengano utilizzati a scopi di repressione; h. sostengano o favoriscano il terrorismo; i. siano utilizzati per scopi diversi dalla legittima difesa e dalla sicurezza del Paese di destinazione.

Le raccomandazioni formulate in occasione del Consiglio europeo del giugno 1991 a Lussemburgo e del giugno 1992 a Lisbona si muovono nella stessa direzione. Sebbene l'articolo 223 dei Trattati di Roma fa una riserva sulla responsabilità nazionale degli Stati CEE per le esportazioni di materiale bellico, sono state stabilite alcune regole comuni nell'ambito della Cooperazione Politica Europea (CPE)1'. Tali regole raccomandano l'applicazione dei seguenti criteri: a. l'osservanza degli impegni internazionali degli Stati membri della Comunità, in particolare delle sanzioni
irrogate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come pure dalla Comunità, delle convenzioni sulla non proliferazione e di altre convenzioni, nonché di ulteriori impegni internazionali; b. il rispetto dei diritti dell'uomo da parte del Paese di destinazione finale; e. la situazione interna nel Paese di destinazione finale in merito alle tensioni interne o ai conflitti armati interni; d. la salvaguardia della pace, della sicurezza e della stabilità nella regione; 11

Tale cooperazione viene oggi proseguita nell'ambito della Politica estera e di sicurezza comune (PESC, cfr. n. 5 «Rapporto con il diritto europeo»).

903

e.

la sicurezza nazionale degli Stati membri, delle aree per le quali uno Stato membro cura le relazioni esterne, come pure la sicurezza dei Paesi amici o alleati; f. il comportamento del Paese acquirente rispetto alla comunità internazionale, in particolare il suo atteggiamento nei confronti del terrorismo, la natura delle sue alleanze e l'osservanza del diritto internazionale; g. il pericolo di un trafugamento nel Paese stesso o di una riesportazione indesiderata; h. la compatibilita delle esportazioni di armi con le capacità tecniche ed economiche del Paese di destinazione, tenendo conto che gli Stati devono poter soddisfare i propri legittimi bisogni di sicurezza e di difesa in modo da disperdere il meno possibile risorse umane ed economiche a scopi di armamento.

Da questa rappresentazione risulta chiaramente che i criteri di autorizzazione proposti nell'ambito della presente revisione della LMB sono perfettamente compatibili con le regole di comportamento elaborate dai nostri vicini.

Per completezza, si può rinviare ai lavori nell'ambito del «New Forum», che sostituirà il COCOM. Al momento della stesura del presente messaggio, i lavori non erano ancora abbastanza avanzati per poter illustrare le regole per il trasferimento di armi convenzionali. Si può tuttavia prevedere con sicurezza che tali lavori, ai quali la Svizzera partecipa, si muovono nella stessa direzione delle raccomandazioni della CSCE e che, in tal modo, viene evidenziata la necessità per il nostro Paese di adeguare i nostri criteri di autorizzazione, senza che questi criteri ci impediscano di imboccare una via autonoma quando si rivela opportuno. Questi problemi meritano di essere esaminati più approfonditamente dal profilo della cooperazione internazionale. In tale sede la posizione dei nostri partner assume un ruolo importante.

Nell'ambito della procedura di consultazione, la riformulazione dei criteri di autorizzazione ha incontrato l'approvazione di 15 Cantoni e tre partiti. Un partito ha auspicato che sia mantenuto il concetto di «zone di tensione» e che i criteri di autorizzazione si ispirino ai cinque obiettivi di politica estera della Svizzera, illustrati nel nostro messaggio del 29 novembre 1993. Due partiti chiedono che anche gli interessi economici e di politica di sicurezza della Svizzera siano presi in considerazione. Si
è tenuto conto di questa esigenza introducendo un articolo relativo allo scopo nella legge (art. 1), il quale sottolinea la necessità di mantenere in Svizzera le capacità industriali atte a soddisfare le esigenze della sua difesa nazionale. Ha suscitato qualche critica il fatto che l'industria debba assumersi i rischi qualora la situazione in un Paese di destinazione peggiori dopo il rilascio dell'autorizzazione di fabbricazione. Al fine di rispondere a questa preoccupazione e di aumentare la certezza del diritto, il disegno prevede ora che un permesso di fabbricazione per materiale bellico destinato all'esportazione debba essere valutato secondo i criteri del permesso d'esportazione e che il permesso d'esportazione possa essere rifiutato, dopo che è stato concesso il permesso di fabbricazione, soltanto se circostanze eccezionali lo esigono (art. 13).

904

246

Decisioni di embargo

Secondo l'attuale prassi, le decisioni negative sono prese soltanto in seguito a richieste concrete. Questo perché, in linea di massima, l'esportazione è vietata, a meno che esista un'espressa autorizzazione della Confederazione (art. 9 cpv.

1 LMB). Sarebbe tuttavia utile se le decisioni, talvolta, potessero essere prese senza che sia depositata una domanda concreta. Questo è il caso quando la Svizzera desidera rendere noto che aderirà a un embargo deciso dalla comunità internazionale (p. es. ONU o CSCE). La notificazione di un embargo ha una portata politica molto più estesa di una semplice informazione relativa a un eventuale rifiuto di una domanda di esportazione verso un determinato Stato.

Dobbiamo dunque poter decidere che non saranno più concessi permessi per un determinato Paese o gruppo di Paesi.

Nella procedura di consultazione, la possibilità di una decisione d'embargo presa dal nostro Collegio non ha incontrato un'opposizione di massima. Quattordici Cantoni hanno tuttavia auspicato che i criteri per una decisione d'embargo siano fissati nella legge stessa. Per rispondere a questa esigenza, la legge precisa che le decisioni d'embargo vengono prese al fine di tener conto nell'ordinamento giuridico svizzero delle deliberazioni pertinenti della comunità internazionale. È praticamente impensabile che la comunità internazionale possa approvare misure di questo tipo per motivi diversi da quelli contenuti nell'articolo 21 del disegno di LMB.

247

Dichiarazioni di non riesportazione; deroghe

Di regola, i permessi d'esportazione sono rilasciati soltanto a condizione che il destinatario s'impegni a non riesportare il materiale bellico in questione. In alcuni casi, tuttavia, una dichiarazione di non riesportazione non può essere richiesta. Questo si verifica, per esempio, quando un'azienda svizzera intende fornire a un'impresa estera, in qualità di sottofornitore, pezzi destinati ad essere integrati in un tutto di più vaste dimensioni il quale, a sua volta, potrebbe essere esportato.

Al fine di tenere debito conto di questo problema, nel 1978 è stata modificata l'ordinanza concernente il materiale bellico. Oggi è possibile rinunciare alla dichiarazione di non riesportazione per le forniture di parti staccate considerate come prodotti anonimi di serie, il cui valore è di poco conto in rapporto al costo del materiale bellico finito (art. 14 cpv. 2 OMB).

Con riferimento alla prassi adottata in Svezia, appare opportuno estendere questa possibilità alle componenti (assemblaggi), se queste ultime sono destinate a Paesi che condividono i nostri valori e dispongono di un analogo sistema di controllo delle esportazioni. In questi casi, l'autorità deve rinunciare a una dichiarazione di non riesportazione e poter esigere invece - così come lo fa la Svezia - una dichiarazione del compratore estero in cui si certifica che i pezzi forniti dalla Svizzera sono destinati ad essere utilizzati per la propria produzione e che non saranno riesportati senza modifiche. Senza questa possibilità, le aziende svizzere del settore metallurgico ed elettronico correrebbero il rischio di essere sistematicamente svantaggiate rispetto ai loro concorrenti esteri.

905

Nella procedura di consultazione, questa innovazione ha suscitato poche reazioni. Un partito l'ha respinta. Un'organizzazione padronale chiedeva che anche i prodotti anonimi di serie fossero inseriti nella legge. Nel disegno si è tenuto conto di questa istanza. Si è inoltre rinunciato alla designazione «prodotto di serie» poiché, nella pratica, causava difficoltà d'interpretazione senza che il criterio presentasse una vera e propria utilità.

25

Commento delle singole disposizioni

Ingresso

Oltre agli articoli 41 e 64bis Cost., la legge dovrà parimenti essere fondata sulla competenza della Confederazione in materia di affari esteri. Ciò rientra anche nello scopo della revisione, che mira a porre l'accento in modo più esplicito di quanto non avvenisse prima sul fatto che, nell'ambito della legislazione sul materiale bellico, le decisioni sono motivate anche da giustificazioni di politica estera (cfr. n. 245). Il numero 61 fa il punto della situazione dal profilo del diritto costituzionale.

Art. l L'introduzione di una disposizione che definisce lo scopo risponde alla proposta di alcuni partecipanti alla consultazione. Una simile disposizione ha carattere piuttosto declaratorio. Vengono in tal senso considerati gli obblighi internazionali ed i principi di politica estera della Svizzera nonché la tutela di una capacità industriale adeguata alle esigenze della nostra difesa nazionale.

Art. 2 L'attività di mediazione senza delimitazioni territoriali, senza cioè che il materiale bellico mediato debba trovarsi sul territorio nazionale, diviene soggetta a permesso. Soggetti a permesso sono pure il trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, e il conferimento di diritti su beni immateriali, qualora concernano il materiale bellico e avvengano dalla Svizzera verso l'estero.

Oggetto e condizioni dei permessi sono presentate in dettaglio nel capitolo 4 («permessi specifici», art. 11 segg.).

Art. 3 L'accenno alla legislazione federale in materia di armi si fonda in particolare sull'articolo 40bis Cost., approvato da popolo e cantoni il 26 settembre 1993.

Questo articolo costituzionale delega alla Confederazione la competenza di emanare disposizioni legali, che sono attualmente in fase di elaborazione.

Tra gli atti normativi concernenti il commercio con l'estero, si rinvia innanzitutto all'ordinanza del 12 febbraio 1992 sull'esportazione e il transito di merci e di tecnologie concernenti le armi ABC e i missili (RS 946.225). Tale ordinanza è limitata sino a fine 1995 e dovrà in seguito essere sostituita da una legge formale che attualmente è in fase di elaborazione (progetto di legge federale sul

906

controllo all'esportazione. Cfr. a questo proposito anche i commenti nel n.

143). La legge sul controllo all'esportazione contiene una riserva a favore della LMB, il cui campo d'applicazione deroga alle disposizioni della citata legge.

Art. 4 Le aziende d'armamento della Confederazione, già in virtù del diritto vigente, sfuggono all'obbligo del permesso per determinate operazioni. In virtù del nuovo disciplinamento, esse non necessitano di un permesso di principio né di permessi specifici per la fabbricazione di materiale bellico. Per contro è richiesto un permesso specifico per operazioni di mediazione, importazione e esportazione di materiale bellico, come pure per il trasferimento di beni immateriali e il conferimento di diritti sugli stessi beni, se tali operazioni non sono in relazione con le acquisizioni di materiale bellico dell'esercito svizzero. Rispetto alla situazione attuale, gli adeguamenti concernono unicamente l'estensione del campo d'applicazione. Il particolare statuto delle aziende in regia è previsto nella Costituzione federale (art. 41 cpv. 2 Cost.) e si giustifica con il fatto che le aziende d'armamento, nei settori in cui godono di agevolazioni, eseguono di regola ordinazioni destinate all'esercito svizzero, per cui l'obbligo del permesso non appare opportuno. Inoltre, in qualità di aziende della Confederazione, esse soggiacciono alla sua vigilanza. Questo particolare statuto non ha invece ragione d'essere nel caso di ordinazioni destinate all'estero, per cui in questo caso vige l'obbligo del permesso.

Art. 5 La definizione di materiale bellico subisce un'estensione rispetto all'attuale LMB, vi rientrano ora in particolare singole apparecchiature destinate all'istruzione e determinati macchinari ed utensili concepiti per la fabbricazione (cfr.

a questo proposito in particolare il n. 241).

I beni «dual-use» non soggiacciono alla LMB. Essi sono tuttavia oggetto di una legislazione specifica: secondo il disegno di legge sul controllo dei beni a duplice impiego, i beni utilizzabili a fini civili e militari possono essere soggetti alle misure di controllo ivi contemplate, se previsto negli accordi internazionali concernenti la non proliferazione delle armi di distruzione di massa o se necessario per il sostegno di misure di controllo internazionali (p. es. il regime che succede al COCOM).

Per materiale bellico si intendono sia singoli elementi sia componenti o assemblaggi di un intero sistema.

Come previsto nel diritto vigente, il materiale bellico sarà elencato in una nostra ordinanza. Questa soluzione
permette di adeguare la lista alle nuove esigenze, senza dover operare ogni volta modificazioni della legge. Per motivi di certezza del diritto, in tale lista il materiale bellico sarà enumerato in modo esaustivo. Per gli stessi motivi, si rinuncia ad una clausola generale che avrebbe consentito in caso di urgenza di aggiungere ulteriore materiale. Tale clausola era stata richiesta da alcuni partecipanti alla consultazione. Si tenga presente che i beni «dual-use» saranno contemplati nella futura legge sul controllo dei beni a duplice impiego. Questa soluzione consente di evitare, nel limite del possibile, i problemi derivanti dalla delimitazione.

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Art. 6 Nell'attuale legge sul materiale bellico i concetti fabbricazione, commercio (fornitura e distribuzione) e mediazione non sono definiti. La nuova legge ne fornisce invece in proposito una definizione legale. Tuttavia, dal profilo contenutistico, i concetti attuali restano immutati. Per contro si riscontrano modificazioni nel campo d'applicazione della legge, che viene comunque precisato in altre disposizioni.

La fabbricazione comprende anche le trasformazioni di armi, come si osserva a più riprese negli ultimi tempi, segnatamente il passaggio dalle armi da fuoco portatili semiautomatiche alle armi per il tiro a raffica. Poiché l'attuale legge deve tener conto unicamente della fabbricazione di materiale bellico per mestiere, una simile trasformazione viene autorizzata dalla LMB soltanto se richiesta dal titolare di un permesso di principio, generalmente da un armaiolo.

Per quanto concerne una modifica di armi personali, i privati soggiacciono al disciplinamento della futura legge sulle armi.

La definizione di commercio proposta esclude la compravendita tra privati, purché essa non costituisca un guadagno accessorio. Tale attività privata deve essere prevista dalla futura legge federale sugli armamenti. Nella nozione di commercio rientra pure l'offerta di materiale bellico; tuttavia, nel presente caso l'obbligo del permesso comprende soltanto l'offerta ai sensi del diritto dei contratti del CO, ossia una concreta offerta di vendita di un determinato materiale che è chiaramente definito e provvisto di un'indicazione concernente il prezzo.

Un'inserzione generica, in merito all'assortimento del commerciante, pubblicata in una rivista specializzata non rientra in questo disciplinamento. Contrariamente a quanto avviene per la mediazione, nel commercio la mercé si trova in possesso della persona interessata.

Per quanto concerne la mediazione, non si distingue invece se essa avviene a titolo professionale o da parte di privati. Quindi per esempio anche l'attività di uno straniero residente in Svizzera che per motivi ideologici - senza finalità lucrativa - vuole fungere da mediatore per una fornitura di armi a un partito favorevole a una guerra civile nel suo Paese, può risultare rilevante per la Svizzera dal profilo della politica estera e deve quindi rientrare nella LMB. Nella definizione di
mediazione si pone in particolare il problema della delimitazione: da un lato, occorre operare una distinzione tra un comportamento soggetto ad autorizzazione e i lavori preliminari non contemplati dalla legge (p. es. oste che mette a disposizione una sala conferenze per trattative contrattuali). Dall'altro, non dovrebbe essere assoggettata all'obbligo del permesso unicamente la conclusione formale del contratto, poiché in tal caso sarebbe troppo facile aggirare la legge. Un criterio determinante è dunque l'istituzione delle condizioni fondamentali ai fini della conclusione del contratto. La fattispecie sarebbe realizzata ad esempio se il mediatore, in vista di un futuro contratto e con un'intenzione specifica, mette in contatto le future parti contraenti, se svolge un ruolo fondamentale nell'ambito delle trattative o della stesura del contratto, oppure organizza il finanziamento di un negozio concernente materiale bellico da cui dipende la stipulazione del contratto. Le operazioni di pagamento per un siffatto negozio non sono invece considerate una mediazione.

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Art. 7 La Svizzera ha aderito a una serie di accordi sul disarmo, mediante i quali si è impegnata a prestare il proprio contributo per ostacolare la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Più tali accordi sono recenti e più espressamente essi esigono dagli Stati contraenti di contribuire alla realizzazione degli obiettivi fissati adeguando il diritto nazionale. Il Trattato di non proliferazione nucleare del 1968, infatti, lascia trasparire questo.impegno soltanto dal suo obiettivo, mentre la Convenzione sulle armi chimiche firmata dalla Svizzera nel 1993 designa in modo dettagliato le disposizioni che devono essere riprese nel diritto nazionale. La Svizzera ha aderito a questi accordi sul disarmo per tutelare i propri interessi di politica estera e di politica di sicurezza. Per tale motivo le conviene impedire che l'accordo sia violato da parte di cittadini svizzeri, di stranieri stabilitisi in Svizzera o di persone che agiscono sul territorio svizzero.

Le disposizioni penali dell'articolo 32 dovrebbero avere in particolare un effetto preventivo generale, che in parte manca nella nostra legislazione attuale.

Le sostanze irritanti impiegate dalla polizia (granate a gas lacrimogeni) e adibite alla protezione personale (spray lacrimogeni) non rientrano nel divieto, poiché la Convenzione sulle armi chimiche non vieta simili prodotti. Il disciplinamento svizzero si ispira alle disposizioni della Convenzione, che non esige nemmeno il divieto di esportazione degli equipaggiamenti di protezione ABC; si esige tuttavia un permesso.

Nella procedura di consultazione la disposizione è stata accolta in linea di principio favorevolmente. Si è tuttavia osservato che la Svizzera non ha nessun interesse ad autorizzare il sostegno delle potenze nucleari nella fabbricazione di armi atomiche. Il presente disciplinamento rinvia agli accordi di diritto internazionale vincolanti per la Svizzera. Per quanto concerne la nostra versione, riteniamo che il divieto legale dovrebbe essere conforme agli obblighi del diritto internazionale.

Art. 8 L'attuale sistema d'autorizzazione, che prevede un permesso di principio per l'esplicazione generale di determinate attività, nonché permessi specifici per fattispecie concrete, dev'essere mantenuto. Il modo di procedere illustrato nei capitoli 3 e 4 dovrebbe rendere più
chiara questa distinzione.

Con il permesso di principio, il detentor s'impegna a gestire i propri affari in maniera regolare, segnatamente tenendo una contabilità. In taluni casi, i controlli relativi a determinati procedimenti sono resi possibili soltanto grazie a questa disposizione (cfr. art. 24 segg.).

I mediatori sono tenuti a richiedere un permesso di principio solo se svolgono tale attività a titolo professionale e il materiale bellico è destinato ad essere esportato. L'attività di mediazione svolta all'interno del Paese deve essere contemplata dalla legislazione sulle armi.

II campo d'applicazione della nuova legge si estende ora anche alle operazioni di commercio e di mediazione, in cui il materiale non tocca il territorio svizzero. Tale innovazione è descritta in modo approfondito nella parte generale 909

del presente messaggio (cfr. n. 243.1. Per la questione della costituzionalità cfr.

n. 61). A titolo complementare, si può aggiungere che l'obbligo del permesso generalmente entra in considerazione solo per ditte o persone con sede o domicilio in Svizzera, poiché in caso contrario un controllo si rivelerebbe alquanto difficile. Tuttavia i commercianti o i mediatori stranieri, che intendono partecipare per motivi professionali a fiere o borse svizzere possono ricorrere ad una deroga: a tal proposito, come già nel diritto vigente, è richiesto un permesso di principio temporaneo.

Art. 9 La definizione del capoverso 1, secondo cui l'attività non deve ledere gli interessi del Paese, è conforme al diritto vigente. Si tratta dunque di una sorta di clausola generale che potrebbe essere invocata quale ultima ratio in questo settore politicamente delicato. Il permesso di principio è d'altronde un'autorizzazione di polizia, cui si ha diritto se determinate condizioni sono adempiute (cfr.

Malinverni, Kommentar zur BV, art. 41, marg. 30).

Il capoverso 2 è applicabile in particolare ai commercianti di armi, che esercitano la loro attività sulla base di un brevetto cantonale. Non è ancora stato stabilito il disciplinamento che sarà contenuto nella futura legge federale sulle armi.

Il capoverso 3 si prefigge di evitare che la direzione di un'azienda possa declinare qualsiasi responsabilità con il pretesto di non essere a conoscenza dello svolgimento corrente degli affari. Si tratta di una specifica disposizione in materia di responsabilità, che non presenta alcuna connessione con il diritto delle società anonime. Un'analoga prescrizione è contenuta anche nella legislazione tedesca (cfr. n. 2 dei «Grundsätze der Bundesregierung zur Prüfung der Zuverlässigkeit von Exporteuren von Kriegswaffen und rüstungsrelevanten Gütern» del 29 nov. 1990).

Art. 10 II permesso di principio può essere di durata limitata ed il suo rilascio vincolato a condizioni ed oneri (cpv. 1). Esso può inoltre essere revocato completamente o parzialmente conformemente al capoverso 2, se le condizioni per il suo rilascio non sono più adempiute. Questo avviene in particolare se le qualità personali del titolare delpermesso non garantiscono più una gestione regolare degli affari. Di conseguenza non è previsto alcun obbligo di risarcimento da parte dello Stato. Non verrà concesso un nuovo permesso di principio prima che le condizioni in merito non siano nuovamente adempiute. Il presente disciplinamento risulta così essere conforme al diritto vigente.

Art. 11 L'articolo 11 offre una visione d'insieme sui permessi specifici. Il modo di procedere del capitolo 4 è stato modificato rispetto al progetto in consultazione; le condizioni per l'autorizzazione di affari con l'estero hanno infatti trovato posto in un capitolo separato dopo i permessi specifici corrispondenti (sezione 6, art. 21).

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Numerosi Cantoni, nel corso della procedura di consultazione, hanno anche richiesto l'introduzione di un permesso specifico per il commercio. Tuttavia essa non viene discussa in questa sede: il commercio all'interno della Svizzera dovrà essere in futuro contemplato dalla legislazione sulle armi. Se invece il materiale bellico oltrepassa la frontiera, si rende necessario un permesso d'esportazione.

Nel caso in cui un commerciante con sede o domicilio in Svizzera acquista e trasferisce materiale bellico all'estero, il permesso di principio è sufficiente al fine di garantire gli interessi svizzeri, poiché l'operazione principale, ossia la fornitura del materiale, viene registrata negli Stati terzi corrispondenti. Nell'operazione di mediazione, al contrario, le trattative contrattuali sono importanti tanto quanto la fornitura vera e propria e devono perciò essere controllate anche in Svizzera.

Art. 12 e 13 Le disposizioni relative al permesso di fabbricazione corrispondono in linea di principio all'attuale ordinamento. Se si prevede di procedere alla fabbricazione sulla base di un'ordinazione concreta proveniente dall'estero è già possibile in questa fase, decidere conformemente ai criteri che disciplinano l'esportazione di materiale bellico (art. 21). Ossia, se l'esportazione non fosse autorizzata, anche il permesso di fabbricazione dovrebbe essere negato. Se invece la fabbricazione è autorizzata, un rifiuto del permesso di esportazione per motivi di certezza del diritto è ipotizzabile soltanto in presenza di circostanze straordinarie.

Il diritto vigente è d'altronde formulato in modo meno restrittivo di quanto accade nella nuova versione (art. 8 cpv. 3 LMB «II rilascio di una autorizzazione di fabbricazione non pregiudica in nessun modo la decisione ufficiale concernente l'esportazione»), ma è stato impiegato finora in modo molto ponderato.

Questa prassi non solo deve rimanere immutata ma deve essere ancor più consolidata dal nuovo testo. Se tuttavia si verificasse una simile situazione si riterrebbe che, già in base al diritto vigente, si tratta di un rischio che l'impresa generalmente deve assumersi in caso di commercio con materiale bellico e che non implica un risarcimento automatico da parte dello Stato. L'obbligo di risarcimento, come in tutti gli altri settori, è conforme alle condizioni della responsabilità dello Stato in virtù della legge sulla responsabilità (RS 170.32).

Art. 14 e 15 Chiunque intenda mediare materiale bellico a titolo professionale è tenuto a richiedere un permesso di principio giusta l'articolo 8 capoverso 1 lettera b. Inoltre, per ogni singolo affare, viene richiesto un permesso di mediazione, qualora il destinatario del materiale si trovi all'estero. Chi non svolge attività di mediazione a titolo professionale per gli affari con l'estero necessita unicamente del permesso specifico. Le mediazioni che si svolgono esclusivamente in Svizzera saranno disciplinate nella futura legge federale sulle armi.

Questo permesso di mediazione costituisce una novità, poiché vi sono incluse anche operazioni in cui il materiale bellico non tocca il territorio svizzero, ma le cui condizioni contrattuali fondamentali (art. 6 cpv. 3) vengono create in Svizzera (cfr. n. 243.1). Per le operazioni con l'estero - come già nel caso dei 911

permessi di fabbricazione - sono determinanti i criteri applicabili ai permessi d'esportazione.

Conformemente all'articolo 15 capoverso 2, circostanze eccezionali, come ad esempio una mutata situazione politica nello Stato destinatario, possono provocare la sospensione o la revoca del permesso. Una misura di questo tipo potrà essere ordinata quale ultima ratio soltanto previa valutazione approfondita degli interessi coinvolti. Le considerazioni contenute nel commento dell'articolo 13 in merito alla questione di un obbligo di risarcimento sono applicabili per analogia anche nel presente contesto. In questo caso - come in quello dell'analoga disposizione dell'articolo 18 capoverso 2 - l'obbligo di risarcimento deve essere esaminato esclusivamente alla luce della responsabilità dello Stato (legge sulla responsabilità), conformemente al diritto vigente, che finora non è stato oggetto di critiche.

Art. 16 II disciplinamento relativo ai permessi d'importazione, d'esportazione e di transito si ispira fondamentalmente al diritto vigente. Sono stati adeguati in particolare i criteri d'autorizzazione (art. 21). La prassi attuale, in base alla quale le forniture a un punto franco svizzero sono considerate mercé in transito, è fissata in questo articolo. Se da qui la mercé giunge in Svizzera, è necessario richiedere un permesso d'importazione; se invece è destinata all'estero, è richiesto un nuovo permesso di transito (cpv. 2).

Dev'essere inoltre previsto un disciplinamento speciale per i sorvoli con carichi di materiale bellico, nonché per i sorvoli di aerei da combattimento stranieri.

Anche tali sorvoli rappresentano fondamentalmente dei transiti e soggiacciono al relativo obbligo del permesso. Il nostro Collegio sarà chiamato, in particolare, a disciplinare il caso dei sorvoli senza attrraggio (intermedio) sul territorio svizzero. Considerate le circostanze, le possibilità di controllo sono limitate.

Anche gli accordi internazionali in materia tengono conto di questo fatto, dal momento che non è imposto un obbligo di notifica per trasporti del genere. In questi casi è previsto che le autorizzazioni di sorvolo vengano rilasciate dall'Ufficio federale dell'aviazione civile in collaborazione con il Dipartimento federale degli affari esteri.

Non è richiesto un permesso d'importazione per le importazioni non professonali, da parte di privati, di armi da fuoco portatili e armi corte da fuoco. Questo tipo di autorizzazione sarà disciplinato dalla futura legge sulle armi, poiché i criteri di valutazione sono dettati da considerazioni di sicurezza interna, piuttosto che di politica estera. Tuttavia, fino all'entrata in vigore di una legge federale sulle armi, non si potrà rinunciare ad un permesso d'importazione per privati. Quale disciplinamento transitorio, si può prevedere di differire l'applicazione della disposizione derogatoria del capoverso 4 lettera a fino all'entrata in vigore della legge sulle armi (cfr. art. 43 cpv. 2 del disegno). In tal modo l'obbligo d'autorizzazione si fonderebbe provvisoriamente in avvenire, come accade nel diritto vigente, sulla LMB. Oltre a ciò non sarà più richiesto il permesso d'importazione per forniture destinate alla Confederazione (cpv. 4 leu. b).

912

Art. 17 L'esigenza di una dichiarazione di non riesportazione è stata ripresa dal diritto vigente (art. 11 cpv. 1 lett. b LMB). Questa dichiarazione costituisce in genere una condizione fondamentale per il rilascio di un permesso di esportazione.

Anche se tale dichiarazione è disponibile, il permesso è concesso soltanto se anche le altre condizioni sono soddisfatte (cfr. art. 21). Si può rinunciare alla garanzia dell'uso per autodifesa prevista nel diritto vigente. Una siffatta garanzia ha comunque un carattere estremamente relativo poiché il concetto di autodifesa militare da adito alle interpretazioni più disparate. Questo elemento sarà invece da considerare con più attenzione nell'ambito dei criteri dell'articolo 21.

La dichiarazione dev'essere richiesta solo per esportazioni di materiale bellico e non per il trasferimento di tecnologia, poiché un'esportazione di materiale è più facilmente controllabile rispetto al trasferimento di beni immateriali. Il requisito di una dichiarazione di non riesportazione per i trasferimenti di tecnologia, così come è stato richiesto nel corso della procedura di consultazione, si scontrerebbe nell'esecuzione con i limiti pratici.

Nel capoverso 2 sono enunciate le deroghe all'obbligo di una dichiarazione di non riesportazione. La nuova versione prevede una flessibilizzazione rispetto all'attuale ordinamento che contempla una deroga soltanto per la fornitura di prodotti in serie anonimi (art. 14 cpv. 2 LMB): la disposizione relativa alla deroga deve poter essere applicata anche a componenti ed assemblaggi, se si prevede che essi saranno integrati in un prodotto all'estero. Questa disposizione intende favorire una partecipazione dell'industria svizzera a progetti internazionali e migliorare di conseguenza la collaborazione industriale. Di regola, siffatta cooperazione dovrebbe instaurarsi unicamente tra le aziende che fanno parte della cerchia dei nostri partner commerciali tradizionali, i Paesi industrializzati occidentali, che condividono gli stessi valori del nostro Paese e che dal canto loro controllano l'esportazione di materiale bellico.

Art. 18 L'attuale LMB prevede nell'articolo 9 che le autorizzazioni d'importazione, d'esportazione e di transito possono essere revocate in ogni momento. Nonostante questa formulazione assai generale, le revoche sono state
decise soltanto in circostanze particolari. Dall'entrata in vigore dell'attuale legge nel 1973, ciò si è verificato soltanto in due casi: nei confronti della Repubblica popolare cinese in seguito alla repressione del movimento democratico e nei confronti degli Stati della regione del Golfo dopo lo scoppio della guerra nel 1990. La nuova versione proposta tiene conto di questa prassi finora ponderata. In un caso così raro tuttavia non deve essere previsto alcun obbligo di risarcimento da parte della Confederazione, poiché non sussiste alcun comportamento illegale di un'autorità e la Confederazione non è tenuta ad assumere la responsabilità per l'evento che lo ha causato. Ciò corrisponde all'ordinamento giuridico attuale che finora non era stato contestato.

Art. 19 e 20 L'introduzione di un controllo per il trasferimento di tecnologia dalla Svizzera all'estero è conforme alle attuali esigenze, riconosciute in quasi tutti gli Stati 913

europei e che risultano dalle direttive internazionali (cfr. n. 243.2). Dal momento che sono inclusi soltanto i trasferimenti all'estero, i criteri che disciplinano i permessi d'esportazione (art. 21) sono applicabili per analogia. È soggetto ad autorizzazione unicamente il trasferimento nel primo Paese destinatario. In tal caso si rende indispensabile limitare l'obbligo del permesso rispetto al materiale bellico vero e proprio e delegare al Paese destinatario la responsabilità politica, e di conseguenza i controlli, sull'impiego ulteriore della tecnologia in questione. In questa sede si deve perciò rinunciare anche alle dichiarazioni di non riesportazione.

È sottoposto a permesso anche il «know how», che comprende le conoscenze tecniche nel processo di produzione non accessibili universalmente. La trasmissione di «know how» rappresenterà probabilmente il principale caso di applicazione del trasferimento di tecnologia.

L'obbligo del permesso è vincolato alla conclusione del contratto. Nel disciplinamento rientrano anche gli atti giuridici tra le case madri e le filiali. Per contro non vi rientra la prestazione di assistenza tecnica, a meno che essa non includa il trasferimento di «know how». Sono comprese soltanto le operazioni in cui il bene in questione o un corrispondente diritto giunge all'estero. I contratti tra parti che hanno entrambe il domicilio o la sede in Svizzera sono di conseguenza esonerati dall'obbligo del permesso, anche se contemplano un trasferimento di «know how» segreto.

Art. 21 II presente articolo illustra le condizioni specifiche applicabili per il rilascio di un permesso per operazioni con acquirenti o venditori di materiale bellico stranieri (cfr. per gli aspetti principali del presente disciplinamento il n. 245).

Le condizioni generali si rifanno al diritto vigente. La novità è data dal principio secondo cui la valutazione delle richieste deve seguire criteri di politica estera, in conformità al vero e proprio scopo della procedura di autorizzazione, poiché le autorizzazioni non hanno quel carattere di deducibilità in giudizio che il tenore attuale dell'articolo 11 capoverso 2 LMB potrebbe lasciar intendere.

Il fondamento della decisione relativa al rilascio del permesso è costituito, secondo questa nuova concezione, da una valutazione politica globale della situazione nello Stato destinatario e nell'area circostante; la decisione può quindi essere meglio differenziata e motivata di quanto lo sia attualmente, senza dover modificare sostanzialmente la prassi.

Questo principio è realizzato mediante l'enumerazione, non esaustiva, dei criteri principali. La lettera a consente segnatamente di rilasciare permessi anche, per esempio, per determinate forniture alle truppe di caschi blu nell'ambito di operazioni internazionali per il mantenimento della pace, nella misura in cui ciò sia conciliabile con gli obblighi derivanti dalla neutralità. Il criterio determinante non deve più essere rappresentato unicamente dalla qualifica di zona di guerra o di tensioni. Si tratterà invece di stabilire se la fornitura potrebbe avere ripercussioni sul mantenimento della pace, della sicurezza internazionale e della stabilità a livello regionale. Conformemente alla lettera b dovrà essere valutata principalmente la situazione relativa ai diritti dell'uomo. Tuttavia, possono es914

sere considerati, per esempio, anche i disordini che non presentano l'intensità di cui alla lettera a. Nella lettera e è ripreso un criterio a sua volta contenuto nell'attuale legislazione (art. 11 cpv. 2 lett. b LMB). In tale contesto devono essere considerati sia gli sforzi intrapresi a livello bilaterale, sia la partecipazione della Svizzera nell'ambito di progetti multilaterali di cooperazione allo sviluppo. Conformemente alla lettera d va considerato il modo in cui uno Stato si attiene ai suoi obblighi in materia di diritto internazionale, in particolare nell'ambito del disarmo e della non proliferazione. Si può però anche tenere conto, per esempio, dell'atteggiamento assunto da uno Stato nei confronti di attività terroristiche internazionali. In occasione della valutazione di una domanda si dovrà pure tenere conto, conformemente alla lettera e, della posizione di altri Stati che partecipano a misure internazionali di controllo delle esportazioni sostenute dalla Svizzera. Lo scopo è quello di raggiungere una certa armonizzazione a livello internazionale: una condizione indispensabile per un'efficace politica del controllo delle esportazioni.

Art. 22 Poiché i criteri applicabili ai permessi di importazione di materiale bellico si differenziano da quelli concernenti le esportazioni, essi devono essere trattati in un articolo specifico. Sono determinanti eventuali obblighi di diritto internazionale (p. es. divieti di determinate armi) come pure gli interessi del Paese, in particolare in relazione alla sicurezza interna.

Art. 23 Dato che i permessi d'esportazione e di transito vengono giudicati soltanto in presenza di richieste concrete, è sorta l'esigenza di affidare al nostro Collegio la competenza di adottare decisioni d'embargo a titolo preventivo e generale.

In linea generale, tali decisioni vengono prese in sintonia con decisioni della comunità internazionale (per i dettagli cfr. n. 246).

Art. 24

Le disposizioni relative ai controlli corrispondono in linea di principio alle prescrizioni attuali (art. 13-15 LMB). L'esecuzione di queste disposizioni è affidata al nostro Collegio.

Art. 25

Questa disposizione contempla l'obbligo d'informare del titolare dell'autorizzazione. Agli organi competenti dev'essere concesso di effettuare controlli di routine al fine di stabilire se le condizioni per un permesso sono adempiute. Simili controlli, che vengono effettuati già ora, concernono segnatamente le condizioni per il permesso di principio giusta l'articolo 9, per esempio la gestione regolare degli affari (contabilità). È necessario porre limitazioni in due sensi: da un lato si rinuncia a sottoporre anche i richiedenti a tale obbligo, in quanto si può presumere che sia nel loro interesse fornire le informazioni necessarie.

In caso contrario, il permesso richiesto non viene rilasciato. D'altro canto, in presenza d'indizi di reato non si applica il presente obbligo d'informare. Per esempio: se una persona che non è titolare di un'autorizzazione di principio 915

esporta materiale bellico senza permesso, i relativi controlli vengono eseguiti quali verifiche preliminari in vista di un procedimento penale per violazione delle disposizioni penali della LMB.

Art. 26 A completamento dell'obbligo di informazione, questo articolo illustra le competenze degli organi di controllo. Un controllo efficace presuppone il diritto di visitare i locali e consultare qualsiasi atto utile. Queste misure, cui soggiacciono soltanto i titolari del permesso, sono già oggi previste nel diritto vigente (art.

14 LMB). Si tratta di misure previste in forma analoga anche in altri atti normativi, per i quali si rende indispensabile l'esecuzione di un controllo costante (cfr. art. 42a della legge sull'alcool, RS 680, art. 39 della legge sull'energia nucleare, RS 752.0, art. 12 dell'ordinanza del 12 febbraio 1992 sull'esportazione e il transito di merci e tecnologie concernenti le armi ABC e i missili, RS 946.225 o il progetto di legge sul controllo all'esportazione). Laddove si possono verificare violazioni nei diritti fondamentali, sono applicabili le corrispondenti condizioni e le misure devono essere proporzionali. La disposizione viene completata mediante l'autorizzazione di trattare dati (cpv. 3), come esige l'articolo 17 della legge federale del 19 giugno 1992 sulla protezione dei dati (RS 235.1) per l'elaborazione di dati personali particolarmente degni di protezione.

Dal momento che l'elaborazione di tali dati può rivelarsi necessaria nell'ambito dell'attività di controllo in questo settore, si deve sfruttare l'opportunità offerta dalla revisione della legge per adeguare le corrispondenti basi giuridiche al diritto in materia di protezione dei dati.

Art. 27 Lo svolgimento della procedura nonché gli organi competenti saranno disciplinati in un'ordinanza d'esecuzione. Si prevede di affidare l'esecuzione al Dipartimento militare federale (art. 40 cpv. 2), che già oggi detiene questo incarico.

Il capoverso 2 ci riserva le decisioni di principio e di natura politica. Questa formulazione dovrebbe implicare, rispetto all'attuale prassi in materia di autorizzazioni, un nostro maggiore coinvolgimento.

Come già avviene nell'attuale legislazione, il nostro Collegio è designato quale istanza di ricorso (cpv. 3), poiché il settore del materiale bellico concerne soprattutto la difesa nazionale e la politica estera. Questi due ambiti sono di nostra competenza. Per tale motivo l'articolo 100 lettera a della legge sull'organizzazione giudiziaria (RS 173.110) li esclude dal campo
d'applicazione del ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. I rimedi giuridici previsti dalla presente legge corrispondono dunque a tale disciplinamento generale.

Art. 28 Mediante questa disposizione, sono trasposte nella nuova legge le basi legali dell'attuale legge (art. 13 cpv. 2) per quanto attiene all'Ufficio centrale incaricato di reprimere le attività illecite con materiale bellico, che già esiste presso il Ministero pubblico della Confederazione. Nel contempo, vengono precisati i compiti di tale ufficio e il diritto di trattare dati personali è definito confor916

memente alle esigenze legali. Il trattamento dei dati nell'ambito del citato Ufficio centrale dovrà d'altronde essere conforme alle norme previste in relazione con la lotta contro il crimine organizzato e che sono pure applicabili ad altri Uffici centrali della Confederazione (cfr. la legge federale sugli Uffici federali centrali della polizia criminale approvata dalle vostre Camere nella sessione autunnale del 1994).

Art. 30 La presente disposizione riprende il nostro obbligo di orientare le Commissioni parlamentari della gestione circa i dettagli dell'esportazione di materiale bellico (art. 13 cpv. 3 LMB).

Disposizioni penali e assistenza amministrativa Le disposizioni penali sono state adeguate alle innovazioni della legge. Esse sanzionano le norme di comportamento introdotte nei capitoli precedenti. Tuttavia, conformemente alla disposizione generale dell'articolo 1 del Codice penale (CP) la loro portata non si spinge oltre.

Inoltre, le sanzioni penali degli articoli 31 e 33 sono state adeguate all'aumentata gravita degli atti commessi (importanza dei beni giuridici coinvolti e degli alti valori patrimoniali che sono spesso in gioco in simili operazioni). Le sanzioni nonché la formulazione delle disposizioni di entrambi i capitoli concernenti le disposizioni penali e l'assistenza amministrativa sono state coordinate con le analoghe disposizioni della legge sull'energia nucleare (messaggio del 19 gennaio 1994 concernente una revisione parziale della legge sull'energia nucleare e del relativo decreto federale, FF 1994 I 1165) e del disegno di legge sul controllo dei beni a duplice impiego.

Art. 31 Rispetto al diritto vigente, nel capoverso 1 lettera e viene introdotta la specifica fattispecie dell'infrazione dei divieti. Questa disposizione prevale sull'articolo 76 della legge federale sulle dogane (RS 631.0; cfr. art. 77 cpv. 1 della legge sulle dogane).

La lettera e del capoverso 1 si riferisce all'obbligo del permesso applicabile al trasferimento di tecnologia. Analogamente all'obbligo definito negli articoli 19 e 20, in questa sede è considerato solo il primo trasferimento. Un eventuale nuovo trasferimento soggiace al diritto del primo Paese di destinazione. Sono fatti salvi i contratti simulati, mediante i quali si effettua per esempio un trasferimento ad un destinatario (autorizzato) nello Stato A con il solo scopo di cedere immediatamente la tecnologia ad un destinatario finale (non autorizzato dalla Svizzera) nello Stato B. Dal momento che la richiesta di permesso conterrebbe false indicazioni riguardanti l'acquirente, saremmo in tal caso in presenza di una violazione degli obblighi di dichiarazione previsti dalla lettera b del capoverso 1.

Come nel diritto vigente (art. 17 cpv. 3 LMB), in virtù del capoverso 4 è punibile anche l'infrazione commessa all'estero, indipendentemente dal fatto che essa sia punibile o meno al luogo di commissione.

34 Foglio federale. 78° anno. Voi. II

917

Art. 32 Questo articolo sanziona l'inosservanza del divieto delle armi ABC conformemente all'articolo 7.

Art. 33 II capoverso 4 fissa a cinque anni (prolungabile fino a 7,5 anni in caso di interruzione) il termine della prescrizione dell'azione penale. Il termine di un anno stabilito per le contravvenzioni dal Codice penale risulterebbe troppo breve per il settore in oggetto. Questo termine è conforme al disciplinamento previsto anche dai progetti di revisione di legge sull'energia nucleare e nel progetto di legge sul controllo dei beni a duplice impiego.

Art. 35 e 36 Queste disposizioni disciplinano la confisca di materiale e i vantaggi patrimoniali illeciti che sono collegati con un reato. A differenza di quanto disciplinato nel Codice penale, si deve disporre una confisca del materiale bellico solo se non è garantito un suo ulteriore impiego legale da parte di qualsiasi altra persona. Un eventuale ricavato della realizzazione dei beni confiscati ed i valori patrimoniali confiscati sono devoluti alla Confederazione, poiché ad essa è affidata anche la competenza di disciplinare il settore del materiale bellico e quest'ultimo sottosta alla giurisdizione federale. Sono d'altronde applicabili le disposizioni generali, che sono state di recente oggetto di revisione, concernenti la confisca di valori patrimoniali ottenuti illegalmente (art. 58 e 59 del Codice penale; FF 1994 II 270).

Art. 37

L'assoggettamento alla giurisdizione penale federale è conforme al diritto vigente (cpv. 1). Il capoverso 2 prevede l'obbligo di denuncia delle infrazioni al Ministero pubblico della Confederazione, esistente in forma analoga nella procedura penale amministrativa (art. 19 DPA).

Art. 38 e 39 Entrambi gli articoli disciplinano l'assistenza amministrativa in Svizzera e quella con autorità estere ed organizzazioni internazionali. L'articolo 39 capoverso 2 verte sulla richiesta indirizzata ad autorità estere e consessi internazionali. A tale scopo la Svizzera può comunicare dati alle autorità estere, affinchè esse possano procedere a ulteriori verifiche e fornire dal canto loro all'autorità svizzera i ragguagli necessari per un procedimento nel nostro Paese. La prevista comunicazione dei dati consente un'assistenza amministrativa fra autorità estere oppure organizzazioni internazionali e la Svizzera. I dati (p. es. informazioni concernenti il materiale e le tecnologie, il luogo di consegna nonché le persone che partecipano alla fabbricazione, alla fornitura o alla mediazione) possono essere trasmessi solo qualora le autorità estere o le organizzazioni internazionali siano vincolate dal segreto d'ufficio.

I capoversi 3 e 4 dell'articolo 39 disciplinano invece l'assistenza amministrativa della Svizzera a favore dell'estero. Le autorità svizzere, nel rispetto di determi918

nate condizioni, devono trasmettere i dati ai servizi esteri o ai consessi internazionali in modo tale che possano essere impiegati in un procedimento estero.

Questa assistenza amministrativa si basa sulla considerazione secondo cui le autorità svizzere ricevono dall'estero i dati necessari per l'esecuzione della presente legge solo se a loro volta mettono a disposizione delle autorità estere i dati necessari per l'esecuzione di analoghe prescrizioni estere.

Lo-scambio di dati sul piano internazionale deve poter avvenire nel caso concreto rapidamente e senza formalità. Qui non ci sono parti come invece avviene nella procedura amministrativa; la legge sulla procedura amministrativa (RS 172.021) in questa sede non è perciò applicabile. Se i dati devono essere applicati in un procedimento penale, sono tuttavia fatte salve le disposizioni relative all'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale.

Art. 42 II disciplinamento transitorio è stato semplificato rispetto alla versione della procedura di consultazione. Per rendere efficace il nuovo diritto è previsto un disciplinamento transitorio per le attività che non necessitano di autorizzazione secondo la vigente LMB (p. es. importazione, esportazione e transito di materiale che verrà in seguito considerato materiale bellico; mediazione di materiale bellico che si trova all'estero). Queste attività possono essere svolte senza permesso per un ulteriore periodo di cinque anni. Qualora esse siano proseguite successivamente si rende necessario un permesso. In simili casi la decisione relativa al rilascio del permesso deve tener debitamente conto dell'interesse del richiedente di poter rispettare i suoi obblighi contrattuali.

Poiché per quanto concerne il trasferimento di beni immateriali o il conferimento di diritti corrispondenti la conclusione del contratto è soggetta a permesso, questa fattispecie deve essere disciplinata da una speciale regolamentazione. Il capoverso 2 stabilisce che i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge, il cui adempimento prosegue dopo la sua entrata in vigore, non necessitano di permesso. Lo stesso accade per le forniture supplementari di modificazioni tecniche, nella misura in cui esse siano effettuate sulla base del primo contratto. Se invece per tali forniture vengono stipulati di volta in volta nuovi accordi, essi sono soggetti a permesso, nella misura in cui siano successivi all'entrata in vigore della legge.

Le autorizzazioni vigenti restano valide anche dopo l'entrata in vigore del nuovo diritto.

Art. 43 II capoverso 2 accorda la competenza di vincolare cronologicamente l'entrata in vigore di alcune disposizioni della legge all'entrata in vigore della nuova legge federale sulle armi. Ciò concerne innanzitutto ogni fattispecie contenuta nell'attuale legge sul materiale bellico, ma che in futuro dovrà essere disciplinata dalla legislazione sulle armi (importazione di armi da parte di privati, cfr.

art. 16 cpv. 4 lett. a del disegno di LMB).

919

3

Ripercussioni

Qui di seguito, sono illustrate le ripercussioni finanziarie e sull'effettivo del personale, per la Confederazione, che potrebbero derivare dall'accettazione dell'iniziativa popolare, da un lato, e dal disegno di nuova legge sul materiale bellico, dall'altro. Poiché, per quanto concerne il materiale bellico, l'esecuzione è di competenza della Confederazione, per i Cantoni non vi sarà alcuna conseguenza in questo senso. Le ulteriori ripercussioni (in particolare quelle di natura economica), legate segnatamente all'accettazione dell'iniziativa popolare, sono state illustrate in precedenza (cfr. in part. n. 14 e 15).

31

Ripercussioni finanziarie

La legge sul materiale bellico attualmente in vigore prevede emolumenti per il rilascio delle autorizzazioni. Per le importazioni ed esportazioni esse ammontano allo 0,8 per cento del valore del materiale. Nella seconda metà degli anni Ottanta, il valore d'esportazione del materiale bellico si situava annualmente tra i 400 e i 500 milioni di franchi, con una punta di 578 milioni di franchi nel 1987. Da allora è regredito, raggiungendo il livello minimo di 260 milioni di franchi nel 1993. Di pari passo, i proventi degli emolumenti per le esportazioni di materiale bellico sono scesi, dal 1987 ad oggi, da circa 5 milioni di franchi a meno di 2 milioni di franchi. Queste entrate spettano alla Confederazione.

Con l'accettazione dell'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» queste entrate verrebbero a mancare. Non è ancora stato stabilito se e in quale misura l'esecuzione del disciplinamento, vale a dire l'attività della commissione indipendente dall'Amministrazione, dovrebbe soggiacere all'obbligo di versare una tassa.

La revisione della legge sul materiale bellico comporterebbe un aumento dei materiali e delle attività (trasferimento di tecnologia, operazioni di mediazione svolte esclusivamente all'estero) sottoposti all'obbligo del permesso. Determinate procedure che prima soggiacevano all'obbligo d'autorizzazione (ad es. importazioni da parte di privati), invece, sarebbero esonerate. Nel complesso, per la Confederazione dovrebbe risultare un lieve aumento dei proventi.

32

Ripercussioni sull'effettivo del personale

II lavoro amministrativo inerente all'esecuzione della legge sul materiale bellico è svolto dal Dipartimento militare federale (DMF). Il servizio interessato consta attualmente di circa tre posti e mezzo. Con la soppressione delle esportazioni conformemente all'iniziativa popolare, non sarebbero più rilasciate autorizzazioni. Sarebbero però mantenute le autorizzazioni di principio, quelle di fabbricazione e d'importazione, come pure i relativi compiti di controllo e di gestione. Per questi lavori si prevedono all'inarca due posti, a cui si aggiungerebbero i membri e il personale della nuova commissione indipendente dall'Amministrazione. Per poter valutare quante persone occorrerebbe impiegare, 920

è necessario che sia prima elaborato un disegno di legge nel quale siano descrìtti in modo più preciso i compiti e l'organizzazione. Tuttavia, l'impostazione dell'iniziativa lascia presumere che dovrà essere disposto un apparato amministrativo considerevole.

Il disegno di legge sul materiale bellico dovrebbe comportare un lieve aumento del lavoro a causa del previsto ampliamento del campo d'applicazione e della definizione di materiale bellico. L'attuale servizio di controllo del materiale bellico dovrebbe essere potenziato presumibilmente di 1-2 persone. Nei limiti del possibile, il DMF dovrebbe far rientrare questo aumento del personale nel contingente autorizzato.

4

Programma di legislatura

La revisione della legge sul materiale bellico è annunciata nel rapporto sul programma di legislatura 1991-1995 (FF 1992 III 1, allegato A2 lett. a n. 3).

5

Rapporto con il diritto europeo

Con il titolo «Tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza», l'articolo 223 paragrafo 1 lettera b del Trattato CEE ammette che ogni Stato membro prenda i provvedimenti che a suo giudizio sono necessari alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza, nella misura in cui riguardano la fabbricazione di armi, munizioni e materiale bellico o il relativo commercio. Si tratta in questo caso di un settore non integrato per il quale gli Stati membri conservano la responsabilità assoluta. Essi non devono tuttavia abusare della competenza di procedere in modo unilaterale e devono garantire che i loro provvedimenti in questo settore non pregiudichino le condizioni concorrenziali sul Mercato comune per i prodotti non militari. I provvedimenti nazionali, come le limitazioni delle esportazioni di materiale bellico, sono ammessi sia nei confronti di Stati membri sia nei confronti di Stati terzi.

Le disposizioni del Titolo V del Trattato sull'Unione europea concernenti la politica estera e di sicurezza comune (PESC) prevedono l'approfondimento della cooperazione politica europea (CPE) sancita nell'Atto unico europeo del 28 febbraio 1986. La politica estera e di sicurezza comune è oggetto di cooperazione intergovernativa e come tale non è sottoposta alle regole sovranazionali del Trattato CEE. Conformemente all'articolo 3.4 paragrafo 1, essa si occupa di tutte le questioni che concernono la sicurezza dell'Unione.

Nella sua riunione del dicembre 1992 a Edimburgo, il Consiglio europeo ha preso atto di un primo rapporto del Comitato politico riguardante possibili settori per «azioni comuni». Allo scopo di promuovere la stabilità generale nei Paesi della periferia meridionale e orientale dell'Unione, il settore della «cooperazione nel campo del trasferimento di armi convenzionali» è definito prioritario per «azioni comuni». Conformemente all'articolo J.8, il Consiglio europeo prende all'unanimità le decisioni necessarie a definire ed applicare la politica estera e di sicurezza comune. Le azioni comuni sono vincolanti per gli Stati membri.

921

6

Basi legali

61

Costituzionalità

II controllo della fabbricazione, dell'acquisto, del commercio e della distribuzione, come pure dell'importazione, dell'esportazione e del transito di materiale bellico spetta alla Confederazione conformemente all'articolo 41 Cost. Il capoverso 1 di questa disposizione riguarda la polvere da guerra, mentre i capoversi 2-4 disciplinano i settori menzionati. Essi hanno il seguente tenore: 2

La fabbricazione, l'acquisto, il commercio e la distribuzione di armi, di munizioni, di esplosivi, di altro materiale bellico e di loro parti staccate sono soggetti ad un'autorizzazione della Confederazione. Siffatta autorizzazione non sarà concessa che alle persone e alle imprese le quali presentano le necessaria garanzie dal punto di vista dell'interesse nazionale. Rimangono riservati i diritti degli stabilimenti in regìa della Confederazione.

3 L'importazione e l'esportazione di armi, di munizioni e di materiale bellico, nel senso della presente disposizione costituzionale, possono aver luogo soltanto se sono autorizzate dalla Confederazione; essa ha il diritto di subordinare ad autorizzazione anche il transito.

4 II Consiglio federale emana mediante ordinanza, con riserva della legislazione federale, le disposizioni necessarie per l'esecuzione dei capoversi 2 e 3.

Esso stabilisce in particolare più precise disposizioni per quanto concerne la concessione, la durata e la revoca delle autorizzazioni, nonché il controllo dei concessionari. Esso determina inoltre le armi, le munizioni, gli esplosivi, l'altro materiale e le parti staccate ai quali si applica la presente disposizione.

La presente versione dell'articolo 41 Cost. è stata accettata in votazione popolare il 20 febbraio 1938 quale controprogetto di un'iniziativa popolare. Tale iniziativa popolare del 1936 si era opposta all'industria privata degli armamenti e aveva chiesto un monopolio statale per la fabbricazione, il commercio e la distribuzione di materiale bellico (FF 1937603). Il controprogetto, in vigore dal momento della sua accettazione, prevedeva invece del monopolio un controllo da parte della Confederazione sulla fabbricazione, l'acquisto, il commercio, la distribuzione, come pure sull'importazione ed esportazione di materiale bellico (per quanto riguarda cronistoria, scopo e contenuto della disposizione costituzionale cfr. Malinverni, Kommentar zur BV, Art. 41).

Le attività soggette ad autorizzazione sono elencate nei capoversi 2 e 3. Si tratta, da un lato, della fabbricazione, dell'acquisto, del commercio e della distribuzione (cpv. 2) e, dall'altro, dell'importazione, dell'esportazione e - non previsto in modo imperativo - del transito di materiale bellico (cpv. 3). Nell'ambito della presente revisione, si pone in effetti la domanda se tale disposizione sia applicabile alle operazioni tendenti ad eludere il divieto, come la mediazione di merci che non giungono affatto sul territorio svizzero o il trasferimento di tecnologia.

La questione concernente l'inclusione di attività relative a materiale bellico, fabbricato all'estero e ivi distribuito senza toccare il territorio svizzero, fu oggetto nel 1938, quindi poco dopo l'accettazione della disposizione costituzio-.

naie, di una decisione su ricorso del Consiglio federale del seguente tenore: 922

Il fatto che queste attività (vale a dire la mediazione dell'acquisto e della distribuzione di materiale bellico) devono entrare in considerazione solo quando si tratta di materiale bellico fabbricato, importato o esportato in o dalla Svizzera non è deducibile dal testo dell'articolo costituzionale o del regolamento (vale a dire del regolamento dell'8 luglio 1938 concernente la fabbricazione, l'acquisto, la vendita e la distribuzione, l'importazione e l'esportazione di materiale da guerra); una limitazione di questo tipo sarebbe giustificabile solo se fosse espressamente prevista dal legislatore. (...)

Non vi sono motivi per prescindere da un controllo del commercio di armi quando esso riguarda la vendita e la distribuzione di materiale bellico in altri Paesi; le considerazioni che hanno portato al controllo degli armamenti sono valide anche in questi casi. La direzione di un'azienda di commercio di armi non ha minore importanza e responsabilità del proprietario di un'impresa di fabbricazione di materiale bellico. La sorveglianza delle aziende di commercio di armi è inclusa nel concetto di controllo degli armamenti. Con l'assoggettamento della S. SA al regolamento del 18 luglio 1938, la Svizzera non viola in alcun modo i diritti sovrani di altri Stati, dal momento che applica le sue prescrizioni solo a un'attività che si svolge nella sede dell'azienda, quindi su territorio svizzero, e che è da lì diretta.

(Decisione del Consiglio federale del 4 novembre 1938 concernente la S. SA; archivio federale E27/19401).

Il Tribunale federale giunse a un altro risultato nel 1951 in occasione dell'esame di una sentenza penale. All'accusato veniva rimproverato di aver svolto attività di mediazione all'estero senza essere titolare di un'autorizzazione di mediazione conformemente al decreto del Consiglio federale, allora in vigore, del 28 marzo 1949 concernente il materiale da guerra (DCF). Il Tribunale federale decise che non sussisteva una violazione delle disposizioni vigenti riferendosi alla cronistoria dell'articolo 41 Cost.: se già erano state espresse riserve in merito all'inclusione del transito, non bisognava spingersi oltre e voler- sorvegliare che il territorio svizzero non sia utilizzato senza autorizzazione per concludere o mediare attività relative a materiale bellico che non deve attraversare la Svizzera; un controllo di tali attività sarebbe inoltre ostacolato da difficoltà pratiche (DTF 77 IV 30).

Il nostro Collegio e il Parlamento si associarono in seguito a quest'ultima interpretazione (cfr. nostro rapporto all'Assemblea federale concernente l'iniziativa popolare per un controllo rinforzato delle industrie d'armamento e il divieto d'esportazione d'armi, FF 1971 I 1259, in particolare p. 1265, come pure i pareri relativi a numerosi interventi parlamentari negli anni 1972-1990). Questa interpretazione in senso stretto della disposizione costituzionale fu tuttavia ben presto criticata. In una perizia del 1952 della cronistoria dell'articolo 41 Cost., il professor Eduard von Waldkirch constatò che il concetto di «commercio e distribuzione» dava adito a diverse interpretazioni e poteva anche essere ampliato; si tratterebbe infatti sia del commercio sia della «distribuzione», che può significare «vendita» («Abgabe») e, in determinate condizioni, «direzione» («Lenkung»; p. 22 della perizia). Queste considerazioni non spinsero tuttavia l'autore a un'interpretazione più vasta della norma costituzionale ma diedero lo spunto per ulteriori riflessioni. In una successiva perizia del 2 dicembre 1969 all'indirizzo della commissione peritale Weber, la Divisione di giustizia del Dipartimento federale di giustizia e polizia giunse alla conclusione che il nostro Collegio (a quei tempi non v'era una legislazione federale in questo settore), 923

basandosi sulla competenza negli affari esteri (art. 102 n. 8 e 9 Cost.), menzionata anche nell'ingresso del DCF, avrebbe potuto estendere l'obbligo d'autorizzazione anche alla conclusione e mediazione in Svizzera di operazioni relative a materiale bellico che non tocca il territorio svizzero. La Commissione Weber precisava al nostro Collegio nel suo rapporto del 13 novembre 1969 relativo all'esportazione svizzera di materiale da guerra di ritenere che il commercio di materiale bellico rientrasse nel concetto di «commercio e distribuzione» e dunque soggetto ad autorizzazione conformemente all'articolo 41 Cost. La Commissione si riferiva espressamente alle aziende svizzere che si occupano di commercio di armi e di altro materiale bellico non fabbricato in Svizzera e che non entra mai in contatto con il nostro territorio. La Commissione menzionava, da un lato, la decisione del Tribunale federale, secondo cui l'articolo 41 Cost. non doveva essere interpretato in questo senso, dall'altro, condivideva l'opinione espressa nella perizia menzionata della divisione di giustizia, secondo cui questa interpretazione più vasta poteva basarsi sull'articolo 102 numero 8 e 9 Cost. Dal momento che il nome del nostro Paese avrebbe potuto essere messo in relazione al traffico di armi all'estero, la Commissione ritenne auspicabile vagliare un ampliamento in questo senso. Pur rendendosi conto che sarebbe stato difficile effettuare un controllo, la Commissione riteneva che ci si poteva attendere un effetto preventivo e che le autorità avrebbero avuto un pretesto per intervenire in caso di abusi (FF 1971 I 1276 segg.). La Commissione propose quindi concretamente di sottoporre all'obbligo d'autorizzazione (loc. cit., p. 1279, proposta n. 3) il commercio di armi che non toccano la Svizzera. Tuttavia, nel nostro disegno di legge ci esprimemmo a sfavore di questa proposta e il Parlamento ci diede ragione su questo punto. La motivazione corrispondeva essenzialmente alle considerazioni fatte dal Tribunale federale nella sua decisione del 1951. Il nostro Collegio e il Parlamento si basarono in seguito su questa motivazione nella risposta e nella trattazione degli interventi parlamentari che chiedevano di riesaminare questo atteggiamento.

La questione continuò tuttavia ad occupare il Parlamento, il nostro Consiglio e l'opinione
pubblica. In occasione della sua ispezione del settore dell'esportazione di materiale bellico nel 1989, la Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CG CN) incaricò tra l'altro il professor Luzius Wildhaber di esaminare se le operazioni in Svizzera relative a materiale bellico che non tocca il territorio svizzero dovessero essere obbligatoriamente tollerate in nome del principio della territorialità. Nella sua perizia dell'8 marzo 1989, egli giunse alla conclusione che queste operazioni dovessero essere sottoposte a controllo in virtù della Costituzione. Il diritto internazionale prevede in effetti, oltre al principio della territorialità, anche quello della personalità, della protezione e dell'universalità. Conformemente al principio attivo della personalità, ogni Stato è competente delle azioni dei suoi cittadini all'estero. Ma anche secondo il principio della territorialità, la Svizzera è autorizzata a disciplinare un'azione effettuata in Svizzera ma che ha effetto all'estero. È tuttavia necessario un disciplinamento a livello legislativo, dal momento che, intenzionalmente, la LMB in vigore non include queste fattispecie in virtù di un «silenzio qualificato». Secondo l'autore della perizia, lo stesso vale per il trasferimento di tecnologia, che sulla base dell'articolo 41 Cost. potrebbe anch'esso essere sottoposto a un 924

controllo della Confederazione. Lo scopo della norma costituzionale consiste in effetti nell'esercitare sull'industria svizzera degli armamenti e sulle sue esportazioni i controlli giudicati necessari dal profilo della politica estera e della neutralità. La Confederazione deve quindi avere la competenza di legiferare in questo settore, anche per quanto riguarda la tecnologia pura e semplice. Nella dottrina e nella pratica non esiste del resto un principio generale secondo cui le competenze della Confederazione debbano essere sempre interpretate nel modo più restrittivo possibile. Sulla base di questa perizia, riassunta nel rapporto della CG CN sulla sua ispezione dell'esportazione di materiale bellico (FF 19901713), la Commissione della gestione propose al plenum del Consiglio il postulato concernente «la mediazione di materiale bellico e il trasferimento di tecnologia nel settore bellico», invitandoci ad esaminare un corrispondente ampliamento del campo d'applicazione della LMB (loc. cit., p. 726). Questo postulato costituisce, come già menzionato (n. 21), uno dei motivi che ci hanno spinti ad elaborare il presente disegno di revisione.

Nell'ambito dei lavori preliminari relativi alla presente revisione legislativa, l'Ufficio federale di giustizia fu nuovamente incaricato di esprimere il proprio parere in merito alla portata dell'articolo 41 Cost. e alla perizia Wildhaber.

Nella sua perizia dell'11 gennaio 1991, anche questo servizio specializzato giunse alla conclusione che la rigida interpretazione di questa disposizione, effettuata dal Tribunale Federale nel 1951, si basava unicamente sul metodo d'interpretazione soggettivo-storico e non considerava altri metodi equivalenti.

Partendo invece dal testo della disposizione si giunge a un'interpretazione più ampia del concetto di «Vertrieb», confermata anche dalla versione francese e italiana («le commerce et la distribution»; «il commercio e la distribuzione»).

I testi italiano e francese non si riferiscono solo all'acquisto, alla vendita, al riacquisto o al trasporto di materiale bellico, ma anche a tutte le attività che favoriscono o sono all'origine degli affari, come la mediazione o il finanziamento, mentre la disposizione non contiene alcuna limitazione concernente il luogo in cui si trova il materiale bellico. Oltre all'articolo 41 Cost.,
per questa competenza ampliata rispetto ad oggi entra in considerazione anche la competenza della Confederazione negli affari esteri. Sarebbe compatibile con il diritto internazionale includere nel diritto nazionale tutte le attività svolte in Svizzera in relazione al commercio di materiale bellico, indipendentemente dalla natura di queste attività e dal luogo in cui si trova il materiale. Sarebbe inoltre ammesso un controllo delle attività nel settore del commercio di materiale bellico svolte all'estero da persone fisiche e giuridiche con sede o domicilio in Svizzera.

Anche il controllo del trasferimento di beni immateriali è ammesso dalla Costituzione. Certo, esso non è previsto espressamente dall'articolo 41 Cost. e la sua inclusione nel decreto federale del 30 agosto 1940 concernente il traffico con le invenzioni relative al materiale da guerra (RU 56 II [1940] 1559) non era basata sulla norma costituzionale, bensì sulla decisione del 1939 di conferire i pieni poteri al Consiglio federale. Il trasferimento di brevetti d'invenzione e di licenze costituisce tuttavia un presupposto indispensabile per la fabbricazione di materiale bellico. Tali trasferimenti permetterebbero inoltre di aggirare le limitazioni all'esportazione di materiale bellico. Ve quindi una stretta relazione tra il trasferimento di tecnologia e la fabbricazione e l'esportazione di mate925

riale bellico: tali trasferimenti rientrano nel campo d'applicazione dell'articolo 41 Cost. Si può inoltre avvalersi della competenza della Confederazione negli affari esteri, dal momento che il trasferimento della tecnologia degli armamenti all'estero potrebbe avere importanti ripercussioni sulle relazioni estere della Svizzera.

Questo breve riassunto delle tendenze constatabili in relazione all'interpretazione dell'articolo 41 Cost. mostra che l'inclusione di operazioni relative a materiale che rimane all'estero è per lo più ammessa a livello giuridico. L'interpretazione è cambiata nel corso degli anni, condizionata anche dal clima politico: nel periodo tra le due guerre, la notevole importanza attribuita a un controllo efficace degli armamenti si evidenzia nella decisione su ricorso del Consiglio federale del 1938, mentre 13 anni dopo, all'inizio della corsa agli armamenti tra le due grandi potenze, la stessa disposizione è stata considerata in modo più prudente (Tribunale federale, Parlamento e Consiglio federale). Quando il problema è stato sottoposto in dottrina a un'analisi puramente giuridica, l'inclusione delle attività in questione è stata tendenzialmente ammessa, in parte menzionando la competenza complementare della Confederazione negli affari esteri. Attualmente riteniamo necessario riesaminare l'attuale interpretazione restrittiva. Con il disegno di nuova LMB, occorre includere le fattispecie che non essendo incluse nel diritto attuale rappresentano delle lacune, mentre sono riscontrabili in ordinamenti giuridici esteri comparabili. Sulla base delle considerazioni di cui sopra, non v'è dubbio che le innovazioni presentate sono compatibili con la disposizione dell'articolo 41 Cost.

62

Delega di competenze legislative

In linea di principio, il nostro Collegio dovrebbe assumere le competenze di cui già dispone sulla base dell'attuale LMB. Esse riguardano soprattutto la designazione del materiale bellico nell'ordinanza, mentre l'inclusione nella legge del relativo elenco non sarebbe opportuna in ragione della necessità di prevedere adeguamenti. Al nostro Collegio spetta inoltre il disciplinamento nei dettagli della procedura di permesso e del controllo, come pure la designazione degli organi competenti.

7512

926

Allegato Partecipazione della Svizzera ad accordi e convenzioni atti a instaurare un clima di fiducia e sicurezza Accordo

In vigore dal

Stati (die. 92)

Svizzera dal

Contenuto

Protocollo di Ginevra Trattato sull'Antartide Accordo sulla proibizione degli esperimenti nucleari

1928 1961

131 41

1932 1990

Divieto dell'impiego di gas asfissianti, tossici o altri gas Smilitarizzazione, denuclearizzazione dell'Antartide

1963

119

1964

Trattato sullo spazio

1967

92

1969

Divieto di esperimenti con armi nucleari nell'atmosfera, nello spazio e sott 'acqua Divieto di esperimenti con armi nello spazio e sui corpi celesti

Trattato di non proliferazione nucleare Trattato sul fondo dei mari

1970" 1972

156 87

1977 1976

Convenzione sulle armi B

1975

125

1976

Convenzione sull'ambiente

1978

57

1988

Convenzione sulle armi disumane

1983

35

1982

Divieto di fabbricare armi A o di trasmetterle Divieto di collocare armi di distruzione di massa sul fondo marino al di fuori delle acque territoriali Divieto di sviluppare, fabbricare e immagazzinare, ovvero di acquistare, armi B Divieto dell'uso di tecniche di modifica dell'ambiente a fini militari e ad ogni altro scopo ostile ,,

Documento di Stoccolma Documento di Vienna 90 Documento di Vienna 92 Convenzione sulle armi C

1986 1990 1992 al più presto 1995 2>

35 34 52 (53)

--

1986 1990 1992 firmato

Divieto di armi che possono causare effetti traumatici eccessivi Misure atte a instaurare un clima di fiducia e sicurezza Misure atte a instaurare un clima di fiducia e sicurezza Misure atte a instaurare un clima di fiducia e sicurezza Distruzione delle armi C esistenti e degli impianti di produzione e proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso

" Verrà prorogato nel 1995.

> Firmato a Parigi nel gennaio 1993. Entra in vigore se più di 65 Stati ratificano l'accordo.

2

S

Decreto federale Disegno sull'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, esaminata l'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico», depositata il 24 settembre 1992 visto il messaggio del Consiglio federale del 15 febbraio 19952), decreta:

Art. l 1

L'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» è dichiarata valida e sottoposta al voto del popolo e dei Cantoni.

2

L'iniziativa ha il tenore seguente: La Costituzione federale è modificata come segue: Art. 40bis (nuovo} 1 La Confederazione promuove e sostiene sforzi internazionali volti ad arginare il commercio di materiale bellico e a ridurre gli armamenti a favore dello sviluppo sociale.

2 L'esportazione, il transito e la fornitura mediata di materiale bellico e servizi che servono esclusivamente a scopi di tecnica bellica, nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine sono vietati. La fabbricazione di materiale bellico è soggetta ad autorizzazione.

3 L'esportazione, il transito e la fornitura mediata di beni e servizi che possono essere utilizzati a scopi sia militari sia civili, nonché le operazioni finanziarie necessarie a tal fine sono vietati quando l'acquirente intende utilizzare tali beni o servizi a scopi di tecnica bellica.

4 Sono vietate anche tutte le operazioni tendenti ad eludere il divieto, in particolare: a. le operazioni negoziate tramite sedi all'estero o in cooperazione con ditte estere; b. la fornitura, diretta o mediata, di impianti di produzione, licenze e dati tecnici indispensabili per lo sviluppo o la fabbricazione di materiale bellico e mezzi di distruzione di massa.

5 Una commissione federale indipendente dall'amministrazione è incaricata dell'esecuzione. Essa è autorizzata in particolare a: a. intervenire qualora vi sia il sospetto di una violazione dei capoversi 3 o 4; b. valutare l'impatto sulla pace degli sviluppi tecnologici; e. procedere a ispezioni e a verifiche.

D FF 1993 I 76 > FF 1995 II 864

2

928

Iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» 6

La legislazione federale disciplina i particolari. Essa può sottoporre operazioni definite ai capoversi 3 e 4 all'obbligo d'autorizzazione o di dichiarazione. Commina pene per le infrazioni ai capoversi da 2 a 4.

Art. 41 cpv. 2, 3 e 4 Abrogati

Art. 2 L'Assemblea federale propone al popolo e ai Cantoni di respingere l'iniziativa.

929

Legge federale

Disegno

sul materiale bellico (LMB) del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visti gli articoli 41 capoversi 2 e 3 e 64bis della Costituzione federale; vista la competenza della Confederazione in materia di affari esteri; visto il messaggio del Consiglio federale del 15 febbraio 19951', decreta: Capitolo 1: Disposizioni generali Art. l Scopo La legge ha per scopo la tutela degli obblighi internazionali nonché dei principi di politica estera della Svizzera mediante il controllo della fabbricazione e del trasferimento di materiale bellico e della relativa tecnologia; nel medesimo tempo deve poter essere mantenuta, in Svizzera, una capacità industriale adeguata alle esigenze della sua difesa nazionale.

Art. 2 Principio Sono sottoposte a permesso della Confederazione: a. la fabbricazione di materiale bellico; b. il commercio di materiale bellico; e. la mediazione di materiale bellico; d. l'importazione, l'esportazione e il transito di materiale bellico; e. il trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, e il conferimento di diritti sugli stessi beni, in quanto essi concernano materiale bellico e siano acquisiti da persone fisiche o giuridiche con domicilio o sede all'estero.

Art. 3 Rapporto con altre leggi Sono fatte salve: a. la legislazione federale e cantonale in materia di armi; b. le prescrizioni della legislazione doganale, le prescrizioni relative ai pagamenti e gli altri atti normativi in materia di commercio estero.

Art. 4 Applicazione alle aziende d'armamento della Confederazione Le disposizioni relative all'autorizzazione di principio (art. 8-10) e all'autoriz»FF 1995 II 864 930

Materiale bellico. LF

zazione di fabbricazione (art. 12 e 13) non si applicano alle aziende d'armamento della Confederazione. Le disposizioni relative alla mediazione (art. 14 e 15), all'importazione e all'esportazione (art. 16-18) e al trasferimento di beni immateriali o al conferimento di diritti sugli stessi beni (art. 19 e 20) non si applicano alle aziende d'armamento della Confederazione, qualora le loro operazioni siano in relazione con le acquisizioni di materiale bellico per l'esercito svizzero.

Art. 5 Definizione di materiale bellico 1 Per materiale bellico s'intendono: a. armi, sistemi d'arma, munizioni e esplosivi militari; b. oggetti d'equipaggiamento, concepiti o modificati specificatamente a fini militari o per l'istruzione militare e che di regola non vengono utilizzati per scopi civili;.

e. macchinari e utensili concepiti esclusivamente per la fabbricazione, il controllo o la manutenzione di materiale di cui alle lettere a e b.

2 Sono considerati materiale bellico anche le componenti e gli assemblaggi per il materiale di cui al capoverso 1, anche parzialmente lavorati, qualora non siano utilizzabili nella medesima versione anche per scopi civili.

3 II Consiglio federale designa il materiale bellico in un'ordinanza.

Art. 6 Altre definizioni 1 Per fabbricazione ai sensi della presente legge s'intendono le attività professionali volte alla realizzazione di materiale bellico o alla modifica di parti di materiale bellico essenziali al suo funzionamento.

2 Per commercio ai sensi della presente legge s'intendono le attività professionali volte all'offerta, all'acquisto o al trasferimento di materiale bellico.

3 Per mediazione s'intendono: a. le attività intese a creare le condizioni necessarie alla conclusione di contratti che vertono sulla fabbricazione, l'offerta, l'acquisto o il trasferimento di materiale bellico, il trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, o il conferimento di diritti sugli stessi beni in quanto concernano materiale bellico; b. la conclusione di siffatti contratti, qualora le prestazioni siano fornite da terzi.

Capitolo 2: Divieto di armi atomiche, biologiche e chimiche Art. 7 1 È vietato: a. sviluppare, fabbricare, acquistare, fornire ad alcuno, importare, esportare, far transitare, depositare armi atomiche, biologiche o chimiche (armi ABC), oppure farne mediazione o disporne in altro modo; 931

Materiale bellico. LF b. indurre altri a commettere uno degli atti di cui alla lettera a; e. favorire la commissione di uno degli atti di cui alla lettera a.

2 Non soggiacciono al divieto gli atti destinati a: a. consentire agli organi competenti di distruggere armi ABC; oppure b. assicurare protezione contro gli effetti delle armi ABC o a combattere tali effetti.

3 II divieto s'applica anche agli atti commessi all'estero, indipendentemente dal diritto del luogo di commissione, qualora: a. violino convenzioni di diritto internazionale pubblico vincolanti per la Svizzera, e b. l'autore sia svizzero oppure domiciliato in Svizzera.

Capitolo 3: Permesso di principio Art. 8 Oggetto 1 È tenuto a munirsi di un permesso di principio chiunque, su territorio svizzero, intenda: a. fabbricare materiale bellico; b. commerciare materiale bellico per conto proprio o per conto di terzi o farne mediazione a titolò professionale per destinatari all'estero, indipendentemente dal luogo in cui si trova il materiale bellico.

2 Per l'esecuzione di ordinazioni della Confederazione concernenti materiale bellico destinato all'esercito svizzero non è necessario il permesso di principio.

Art. 9 Condizioni 1 II permesso di principio è rilasciato a persone fisiche o giuridiche: a. che offrono le necessarie garanzie di una gestione regolare degli affari, e b. la cui attività prevista non lede gli interessi del Paese.

2 Qualora il richiedente, per poter esercitare la sua attività, debba essere titolare anche di un permesso conformemente alla legislazione federale o cantonale in materia di armi, il permesso di principio è rilasciato a condizione che sia stato accordato il. permesso giusta detta legislazione.

3 Le persone giuridiche designano un membro della direzione competente e responsabile, per tutti gli affari dell'azienda in relazione con materiale bellico, dell'osservanza delle disposizioni previste dalla legge o dai permessi.

Art. 10 Validità 1 II permesso di principio non è trasferibile ed è valido unicamente per il materiale bellico in esso menzionato. La sua durata può essere limitata ed il rilascio può essere vincolato a condizioni e oneri.

932

Materiale bellico. LF 2

Può essere revocato, in tutto o in parte, se non sono più adempiute le condizioni per il rilascio.

3 Esso non sostituisce il permesso prescritto da altre disposizioni del diritto federale o cantonale.

Capitolo 4: Permessi specifici Sezione 1: Tipi di permesso

Art. 11 Per le attività sottoposte ad autorizzazione conformemente alla presente legge si distingue tra i seguenti permessi specifici: a. permesso di fabbricazione; b. permesso di mediazione; e. permesso d'importazione; d. permesso d'esportazione; e. permesso di transito; f. permesso per il trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, o il conferimento di diritti sugli stessi beni.

Sezione 2: Permesso di fabbricazione Art. 12

Oggetto

1

Chiunque intenda fabbricare materiale bellico su territorio svizzero deve essere titolare, oltre che dell'autorizzazione di principio, di un permesso di fabbricazione per ogni singolo caso.

2 1 sottofornitori non necessitano di permesso di fabbricazione.

3 Per l'esecuzione di ordinazioni della Confederazione concernenti materiale bellico destinato all'esercito svizzero non è richiesto il permesso di fabbricazione.

Art. 13 Validità 1 II permesso di fabbricazione può essere di durata limitata ed il rilascio può essere vincolato a condizioni e oneri.

2 Se il permesso di fabbricazione è richiesto per materiale bellico destinato all'esportazione, devono essere adempiute le condizioni per il rilascio di un permesso d'esportazione (art. 21).

3 Qualora il permesso di fabbricazione sia stato concesso per materiale bellico destinato all'esportazione, il permesso d'esportazione per lo stesso materiale può essere rifiutato soltanto se circostanze eccezionali lo esigono.

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Sezione 3: Permesso di mediazione Art. 14 . Oggetto 1 Chiunque, su territorio svizzero, intenda fare mediazione di materiale bellico per un destinatario all'estero deve essere titolare per ogni singolo caso di un permesso di mediazione, indipendentemente dal luogo in cui si trova il materiale bellico.

2 II Consiglio federale può prevedere eccezioni per determinati Paesi.

Art. 15 Validità 1 II permesso di mediazione può essere di durata limitata ed il rilascio può essere vincolato a condizioni e oneri.

2 II permesso di mediazione può essere sospeso o revocato, qualora circostanze eccezionali lo esigano.

Sezione 4: Permesso d'importazione, d'esportazione e di transito Art. 16 Oggetto 1 L'importazione, l'esportazione e il transito di materiale bellico necessitano di un permesso della Confederazione.

2 È richiesto un permesso di transito anche per le forniture ad un punto franco svizzero, nonché per le forniture da un siffatto deposito verso l'estero.

3 II Consiglio federale disciplina il regime del permesso e la procedura relativa al transito di materiale bellico nello spazio aereo.

4 Non è richiesto il permesso d'importazione per: a. l'importazione a titolo non professionale di armi da fuoco portatili e armi corte da fuoco da parte di privati; b. l'importazione di materiale bellico destinato alla Confederazione.

Art. 17 Dichiarazioni di non riesportazione; deroghe 1 Di regola, un permesso d'esportazione può essere rilasciato soltanto per forniture ad un governo estero o ad un'azienda che agisce per conto di quest'ultimo, e a condizione che tale governo dichiari che il materiale non sarà riesportato (dichiarazione di non riesportazione).

2 Si può rinunciare alla dichiarazione di non riesportazione per le componenti o gli assemblaggi di materiale bellico, qualora sia appurato che all'estero essi saranno integrati in un prodotto e non saranno riesportati senza modifiche, oppure qualora si tratti di parti staccate il cui valore, rispetto al materiale bellico finito, è trascurabile.

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Art. 18 Validità 1 1 permessi d'importazione, d'esportazione e di transito sono di durata limitata.

2 Essi possono essere sospesi o revocati, se circostanze eccezionali lo esigono.

Sezione 5: Permessi per il trasferimento di beni immateriali o il conferimento di diritti sugli stessi beni Art. 19 Oggetto ' La conclusione di un contratto che prevede il trasferimento di beni immateriali concernenti materiale bellico, «know how» compreso, o il conferimento di diritti sugli stessi beni è sottoposta a permesso se il trasferimento o il conferimento viene operato a partire dalla Svizzera a favore di una persona fisica o giuridica con domicilio o sede all'estero.

2 II Consiglio federale può prevedere deroghe per determinati Paesi.

Art. 20 Condizioni II permesso è negato qualora l'acquirente abbia il proprio domicilio o la propria sede in un Paese verso il quale l'esportazione del materiale bellico in questione non sarebbe autorizzata.

Sezione 6: Condizioni per l'autorizzazione di affari con l'estero Art. 21 Fabbricazione, mediazione, esportazione e transito La fabbricazione, la mediazione, l'esportazione e il transito di materiale bellico per destinatari all'estero sono permessi se non violano il diritto internazionale pubblico e non ledono i principi della politica estera svizzera. Occorre tener conto in particolare: a. della salvaguardia della pace, della sicurezza internazionale e della stabilità regionale; b. della situazione interna del Paese destinatario, specialmente per quanto attiene al rispetto dei diritti umani; e. degli sforzi della Svizzera nell'ambito della cooperazione allo sviluppo; d. del comportamento del Paese destinatario nei confronti della comunità internazionale, specialmente per quanto riguarda l'osservanza del diritto internazionale pubblico; e. della posizione dei Paesi che partecipano, assieme alla Svizzera, a regimi internazionali di controllo delle esportazioni.

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Materiale bellico. LF Art. 22 Importazione L'importazione di materiale bellico è permessa se non viola il diritto internazionale pubblico e non lede gli interessi del Paese.

Sezione 7: Embargo

Art. 23 II Consiglio federale può decidere, al fine di tener conto delle deliberazioni della comunità internazionale, che non vengano rilasciati permessi per un determinato Paese o gruppo di Paesi.

Capitolo 5: Controlli, procedure, emolumenti Art. 24 Controlli II Consiglio federale emana prescrizioni relative al controllo della fabbricazione, del commercio, della mediazione, dell'importazione, dell'esportazione e del transito di materiale bellico, come pure del trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, o del conferimento di diritti sugli stessi beni, qualora concernano materiale bellico.

Art. 25 Obbligo d'informazione I titolari di un permesso giusta la presente legge e i titolari e il personale delle aziende interessate, sono tenuti a fornire agli organi di controllo ogni informazione utile per un controllo appropriato e a presentare i documenti e gli atti richiesti.

Art. 26 Attribuzioni degli organi di controllo 1 Gli organi di controllo sono autorizzati a penetrare, durante le ore normali di lavoro e senza preavviso, nei locali commerciali delle persone tenute a fornire informazioni, a ispezionarli e'a prendere atto di tutti i fascicoli e documenti utili. Sequestrano il materiale a carico. Sono fatte salve le prescrizioni più severe che si applicano se vi è sospetto di infrazioni.

2 Per i controlli, essi possono farsi assistere dalle polizie cantonali e comunali, dagli organi d'inchiesta dell'Amministrazione delle dogane, come pure dalla polizia federale.

3 Gli organi di controllo possono, nel quadro degli obiettivi della presente legge, trattare dati personali. Tra i dati personali degni di particolare protezione, possono essere trattati soltanto quelli concernenti procedimenti e sanzioni amministrativi o penali. Possono essere trattati ulteriori dati personali degni di particolare protezione, se indispensabili per la trattazione del singolo caso.

4 Essi sono tenuti al segreto d'ufficio.

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Art. 27 Responsabilità e procedura 1 II Consiglio federale designa gli organi competenti e disciplina i dettagli della procedura. Il controllo alla frontiera è di competenza degli organi doganali.

2 Decide in merito a domande che pongono una questione di principio o di portata politica.

3 Contro le decisioni su ricorso fondate sulla presente legge è ammissibile il ricorso al Consiglio federale giusta gli articoli 72 e seguenti della legge sulla procedura amministrativa ''.

Art. 28 Ufficio centrale 1 II Consiglio federale designa un Ufficio centrale per la repressione delle attività illegali concernenti materiale bellico.

2 L'Ufficio centrale collabora all'esecuzione e alla prevenzione dei reati ed esegue inchieste di polizia. Esso è autorizzato a trattare dati personali, compresi i dati personali degni di particolare protezione e i profili della personalità, nella misura e per il periodo richiesti dal suo mandato.

Art. 29 Emolumenti Per i permessi previsti dalla presente legge sono prelevati emolumenti. IÌ Consiglio federale ne stabilisce gli importi.

Art. 30 Informazione del Parlamento II Consiglio federale informa le Commissioni parlamentari della gestione circa i dettagli delle esportazioni di materiale bellico.

Capitolo 6: Disposizioni penali Art. 31 Inosservanza degli obblighi del permesso e della dichiarazione 1 Chiunque, intenzionalmente: a. senza permesso o contravvenendo alle condizioni o oneri stabiliti nel permesso fabbrica, importa, fa transitare, esporta, commercia materiale bellico, ne fa mediazione, oppure trasferisce beni immateriali, «know how» compreso, che concernono materiale bellico o conferisce diritti sugli stessi beni; b. in una domanda fornisce indicazioni inesatte o incomplete, determinanti per il rilascio del permesso, oppure fa uso di una siffatta domanda allestita da un terzo; e. omette di notificare materiale bellico destinato all'importazione, all'esportazione o transito, oppure fornisce false dichiarazioni all'atto dell'importazione, dell'esportazione o del transito; ') RS 172.021 937

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d.

fornisce, trasferisce o fa mediazione di materiale bellico a un destinatario o a un luogo di destinazione diverso da quello menzionato nel permesso; e. trasferisce beni immateriali, «know how» compreso, o conferisce diritti sugli stessi beni a un destinatario o a un luogo di destinazione diverso da quello menzionato nel permesso; f. partecipa al finanziamento di un traffico illecito di materiale bellico o serve da intermediario per il finanziamento di un tale traffico è punito con la detenzione o con la multa fino a un milione di franchi.

2 Nei casi gravi, la pena è della reclusione fino a dieci anni. In via accessoria può essere pronunciata la multa fino a cinque milioni di franchi.

3 Se l'autore ha agito per negligenza, la pena è della detenzione fino a sei mesi o della multa fino a 100000 franchi.

4 Ove si tratti di importazione o di transito non permessi, è parimenti punibile l'infrazione commessa all'estero.

Art. 32 Inosservanza del divieto di armi atomiche, biologiche e chimiche 1 Chiunque, intenzionalmente e senza poter far valere una deroga giusta l'articolo 7 capoverso 2: a. sviluppa, fabbrica, acquista, affida a un terzo, importa, esporta, fa transitare, immagazzina armi atomiche, biologiche o chimiche (armi ABC), ne fa mediazione o ne dispone in altro modo; b. induce un terzo a commettere una delle infrazioni definite nella lettera a, oppure e. favorisce una delle infrazioni definite nella lettera a, è punito con la reclusione fino a dieci anni o con la detenzione.

2 Con la pena privativa della libertà può essere pronunciata la multa fino a cinque milioni di franchi.

3 Se l'autore ha agito per negligenza, la pena è della detenzione fino a dodici mesi o della multa fino a 500000 franchi.

4 L'infrazione commessa all'estero è punibile, indipendentemente dal diritto del luogo di commissione, se: a. viola convenzioni internazionali che vincolano la Svizzera, e b. l'autore è cittadino svizzero o è domiciliato in Svizzera.

Art. 33 Contravvenzioni 1 Chiunque, intenzionalmente: a. rifiuta di fornire informazioni, documenti o l'accesso ai locali commerciali secondo gli articoli 25 e 26 capoverso 1 o fornisce false indicazioni in merito; 938

,,

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b.

contravviene in altro modo a una disposizione della presente legge o a una disposizione esecutiva o a una decisione emanata sotto la comminatoria della pena prevista dal presente articolo, senza che tale comportamento sia punibile secondo un'altra fattispecie penale, è punito con l'arresto o la multa fino a 100000 franchi.

2 II tentativo e la complicità sono punibili.

3 Se l'autore ha agito per negligenza, la pena è della multa fino a 40 000 franchi.

4 L'azione penale si prescrive in cinque anni. In caso di interruzione, il termine ordinario della prescrizione non può essere superato di più della metà.

Art. 34 Infrazioni commesse nelle aziende Se l'infrazione è commessa in un'azienda, è applicabile l'articolo 6 della legge sul diritto penale amministrativo 1'.

Art. 35 Confisca di materiale bellico II giudice, indipendentemente dalla punibilità di una determinata persona, ordina la confisca del materiale bellico in questione se e nella misura in cui non è data la garanzia di un ulteriore impiego conforme al diritto. Il materiale bellico confiscato come pure il prodotto eventuale della realizzazione sono devoluti alla Confederazione.

Art. 36 Confisca di valori patrimoniali I valori patrimoniali confiscati o i crediti di risarcimento sono devoluti alla Confederazione.

Art. 37 Giurisdizione, obbligo di denuncia 1 II perseguimento e il giudizio delle infrazioni soggiacciono alla giurisdizione penale federale.

2 Le autorità federali e cantonali preposte al rilascio dei permessi e al controllo, gli organi di polizia cantonali e comunali, nonché le autorità doganali, sono tenuti a denunciare al Ministero pubblico della Confederazione le infrazioni alla presente legge che hanno accertato o di cui hanno avuto notizia nell'esercizio delle loro funzioni.

" RS 313.0

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Capitolo 7: Assistenza amministrativa Art. 38 Assistenza amministrativa in Svizzera Le autorità federali competenti come pure gli organi di polizia cantonali e comunali sono autorizzati a comunicarsi e a comunicare alle autorità di vigilanza competenti i dati necessari all'applicazione della presente legge.

Art. 39 Assistenza amministrativa tra autorità svizzere ed estere 1 Le autorità federali competenti in materia di esecuzione, di controllo, di prevenzione dei reati e di perseguimento penale possono collaborare con le autorità estere competenti nonché con organizzazioni e consessi internazionali e coordinare le indagini qualora: a. sia necessario all'applicazione della presente legge o di prescrizioni straniere equivalenti; e b. le autorità estere o le organizzazioni e consessi internazionali siano tenuti al segreto d'ufficio o a un equivalente dovere di discrezione.

2 Possono segnatamente chiedere alle autorità estere nonché a organizzazioni e consessi internazionali la comunicazione dei dati necessari. A tale scopo, esse possono fornire loro dati concernenti: a. la natura, la quantità, il luogo di destinazione e d'utilizzazione, l'impiego previsto nonché il destinatario della mercé, delle componenti, dei beni immateriali, «know how» compreso, o dei diritti sugli stessi beni; b. le persone che partecipano alla fabbricazione, alla fornitura diretta e mediata o al finanziamento di mercé o componenti, al trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, o al conferimento di diritti sugli stessi beni; e. le modalità finanziarie dell'operazione.

3 Se lo Stato estero accorda la reciprocità, esse possono, di propria iniziativa 0 su domanda, comunicare i dati secondo il capoverso 2, a condizione che l'autorità estera assicuri che tali dati: a. saranno trattati unicamente per scopi conformi alla presente legge e che b. saranno utilizzati in un procedimento penale soltanto se ottenuti successivamente secondo le disposizioni sull'assistenza giudiziaria internazionale.

4 Esse possono comunicare i dati anche a organizzazioni o a consessi internazionali alle condizioni previste al capoverso 3; in tal caso si può tuttavia rinunciare al requisito della reciprocità.

5 Sono salve le disposizioni sull'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale.

Capitolo 8: Disposizioni finali Art. 40 Esecuzione 1 II Consiglio federale emana le disposizioni d'esecuzione.

2 L'esecuzione è affidata al Dipartimento militare federale.

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Art. 41 Diritto previgente: abrogazione La legge federale del 30 giugno 1972 '' sul materiale bellico è abrogata.

Art. 42 Disposizioni transitorie 1 Le attività che, secondo il diritto precedente, non erano sottoposte a permesso e che non sono ancora state eseguite, possono essere proseguite senza permesso per un periodo di cinque anni, a partire dall'entrata in vigore della presente legge. Dopo tale scadenza, dovrà essere richiesto il permesso conformemente alla presente legge.

2 1 contratti relativi al trasferimento di beni immateriali, «know how» compreso, o al conferimento di diritti sugli stessi beni conclusi prima dell'entrata in vigore della presente legge non sono sottoposti a permesso secondo la presente legge.

Art. 43 Referendum e entrata in vigore 1 La presente legge sottosta al referendum facoltativo.

2 II Consiglio federale fie determina l'entrata in vigore; fino all'entrata in vigore di una legislazione federale sugli armamenti, esso può derogare all'entrata in vigore di singole disposizioni.

"RU 1973 113

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Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio relativo all'iniziativa popolare «per un divieto di esportazione di materiale bellico» e alla revisione della legge federale sul materiale bellico del 15 febbraio 1995

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1995

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09.05.1995

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