10.097 Messaggio concernente l'approvazione e la trasposizione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e la legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni del 17 novembre 2010

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, il disegno di decreto federale che approva e traspone la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, nonché il disegno di legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni.

Nel contempo, vi proponiamo di togliere dal ruolo il seguente intervento parlamentare: 2008 M

08.3401

Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani. Firma e ratifica (N Leutenegger Oberholzer, 13.6.2008)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

17 novembre 2010

In nome del Consiglio federale svizzero: La presidente della Confederazione, Doris Leuthard La cancelliera della Confederazione, Corina Casanova

2009-1835

1

Compendio La Convenzione del Consiglio d'Europa definisce gli standard giuridici nei settori del diritto penale, dell'assistenza alle vittime, del diritto sugli stranieri e della protezione procedurale ed extraprocedurale dei testimoni, per consentire di combattere efficacemente la tratta di esseri umani. Il diritto vigente in Svizzera soddisfa ampiamente i requisiti sanciti dalla Convenzione. Affinché la Svizzera possa ratificarla, sono tuttavia necessarie nuove disposizioni legali sulla protezione extraprocedurale dei testimoni.

La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani è finalizzata alla lotta, su scala nazionale e internazionale, contro la tratta di esseri umani in tutte le sue forme. A questo scopo la Convenzione definisce gli standard giuridici nei settori del diritto penale, dell'assistenza alle vittime, del diritto sugli stranieri e della protezione procedurale ed extraprocedurale dei testimoni. Inoltre persegue l'obiettivo di rafforzare la prevenzione e scoraggiare la domanda.

Per quanto riguarda la protezione delle vittime e dei testimoni, la Convenzione sancisce disposizioni più vincolanti rispetto al Protocollo addizionale dell'ONU contro la tratta di persone (RS 0.311.542) già ratificato dalla Svizzera. Essa prevede inoltre un meccanismo di monitoraggio per garantirne l'applicazione. Tale compito spetta al gruppo di esperti «GRETA», composto di rappresentanti degli Stati firmatari. Infine, il campo d'applicazione della Convenzione non è circoscritto alla criminalità organizzata transnazionale.

Gli obiettivi perseguiti dalla Convenzione sono compatibili con gli interessi e la posizione dichiarata dalla Svizzera. La Svizzera ha partecipato attivamente all'elaborazione della Convenzione e ha espresso un giudizio positivo sul fatto che con la Convenzione del Consiglio d'Europa è stato compiuto un passo avanti rispetto agli strumenti previsti dai trattati internazionali vigenti, perché essa contiene disposizioni più vincolanti, soprattutto nei settori della protezione delle vittime, della prevenzione e del monitoraggio dell'applicazione da parte degli Stati firmatari. Introducendo standard minimi, la Convenzione rafforza anche la cooperazione fra gli Stati d'origine e di destinazione della tratta di esseri umani.

La Convenzione è stata aperta
alla firma a Varsavia il 16 maggio 2005 ed è entrata in vigore il 1° febbraio 2008. La Svizzera l'ha firmata l'8 settembre 2008. Fino a fine novembre 2010 la Convenzione è stata ratificata da ben 30 Stati membri del Consiglio d'Europa.

L'ordinamento giuridico svizzero soddisfa tutte le esigenze della Convenzione salvo una. È necessario adottare misure di protezione extraprocedurale dei testimoni.

L'articolo 28 della Convenzione statuisce che si devono adottare le misure legislative necessarie o altre misure affinché le persone che rilasciano deposizioni in un procedimento penale per tratta di esseri umani possano essere protette in modo efficace e adeguato da possibili vendette o intimidazioni soprattutto durante e dopo le indagini.

2

I diritti di protezione procedurale come la possibilità di non rivelare la propria identità o di deporre come testimone con l'ausilio di una protezione visiva o acustica sono già previsti dal Codice di procedura penale svizzero. Tuttavia tali diritti non sono più sufficienti se l'imputato è riuscito a risalire all'identità del testimone in base al contenuto della deposizione oppure a scoprirne l'identità in altro modo. In questi casi la protezione extraprocedurale è sovente l'unico mezzo adeguato ed efficace. Quali esempi si possono citare la consulenza sul modo di comportarsi, la messa a disposizione di strumenti ausiliari come un nuovo numero di cellulare, la sistemazione temporanea in un luogo sicuro oppure misure più complicate e talvolta costose come il blocco della comunicazione dei dati e l'allestimento di documenti fittizi.

Attualmente singole misure di protezione extraprocedurale dei testimoni vengono adottate in base all'obbligo generale dei Cantoni di prevenire le minacce. Non vengono invece organizzati veri e propri programmi di protezione con misure di protezione di vasta portata perché mancano le basi giuridiche specifiche. In mancanza di un'istituzionalizzazione anche le possibilità di adottare misure di protezione meno incisive (p. es. consulenza sul modo di comportarsi, protezione di persone o di edifici, sistemazione in un luogo sicuro) sono limitate a causa della mancanza di risorse e di conoscenze.

Il disegno di legge proposto consente di disciplinare nel diritto federale le strutture statali e i presupposti per svolgere programmi di protezione dei testimoni. Se si considerano il numero relativamente esiguo di casi di protezione di testimoni, la necessità, riconducibile alle dimensioni ridotte della Svizzera, di collaborare su scala intercantonale e spesso anche internazionale, come pure l'efficienza e la professionalità necessarie per eseguire le misure di protezione, è opportuno e importante incaricare un servizio centrale nazionale di protezione dei testimoni di adottare le misure per proteggere i testimoni nei procedimenti sia federali sia cantonali. Il disegno di legge disciplina i compiti e le competenze di tale servizio.

Le misure riguardano in primo luogo le persone minacciate che detengono informazioni determinanti per l'esito di procedimenti scaturiti da indagini
su forme gravi o molto gravi di criminalità, soprattutto sulla criminalità organizzata e su quella violenta di matrice terroristica. È probabile che si tratti essenzialmente di persone coinvolte nei reati, come pure di persone chiamate a testimoniare in virtù della loro attività professionale o come parti lese.

Il disegno di legge prevede fra l'altro come misura speciale la possibilità di fornire a una persona documenti fittizi. Per creare una nuova identità sicura e per impedire di risalire a quella vecchia, occorre bloccare i dati in numerosi registri di persone e avere la possibilità di allestire documenti e dati autentici con il nuovo nome. Il disegno di legge contiene le basi giuridiche necessarie per rivolgersi a questo scopo alle autorità federali, cantonali, comunali e ai privati coinvolti.

A lungo termine vivere, eventualmente con una nuova identità, in un nuovo ambiente sociale, costituisce per un testimone e i suoi eventuali familiari, un cambiamento radicale. Oltre al criterio dell'esame d'idoneità, per svolgere un programma di protezione sono importanti anche un'assistenza e un sostegno adeguati da parte del

3

servizio responsabile della protezione dei testimoni. Le misure di protezione non devono pregiudicare le relazioni giuridiche di terze persone (p. es. creditori) e degli stessi testimoni. Il disegno di legge contiene disposizioni sulla raggiungibilità delle persone da proteggere nelle relazioni giuridiche.

Le misure di protezione extraprocedurale dei testimoni costituiscono, se applicate in modo proporzionato, uno strumento efficace per avere successo nel perseguimento penale e combattere le forme gravi e molto gravi di criminalità.

4

Indice Compendio 1 Elementi essenziali della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani 1.1 Introduzione 1.2 Sforzi per combattere la tratta di esseri umani 1.2.1 Sforzi a livello internazionale 1.2.2 Sforzi a livello nazionale 1.3 Genesi della Convenzione del Consiglio d'Europa 1.4 La posizione svizzera 1.5 Carattere delle disposizioni di diritto internazionale 1.6 Procedura di consultazione 2 Le disposizioni della Convenzione e la loro relazione con il diritto svizzero 2.1 Preambolo 2.2 Capitolo I: Oggetto, campo d'applicazione, principio di non discriminazione e definizioni (art. 1­4) 2.3 Capitolo II: Prevenzione, cooperazione e altre misure (art. 5­9) 2.4 Capitolo III: Misure di protezione e di promozione dei diritti delle vittime, che garantiscano la parità tra le donne e gli uomini (art. 10­17) 2.5 Capitolo IV: Diritto penale materiale (art. 18­26) 2.6 Capitolo V: Indagini, azione penale e diritto procedurale (art. 27­31) 2.7 Capitolo VI: Cooperazione internazionale e cooperazione con la società civile (art. 32­35) 2.8 Capitolo VII: Meccanismo di monitoraggio (art. 36­38) 2.9 Capitolo VIII: Relazione con altri strumenti internazionali (art. 39 e 40) 2.10 Capitolo IX: Emendamenti alla Convenzione (art. 41) 2.11 Capitolo X: Clausole finali (art. 42­47) 3 Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes): punti essenziali del progetto 3.1 Introduzione 3.1.1 Cos'è la protezione dei testimoni?

3.1.2 Distinzione tra protezione dei testimoni procedurale ed extraprocedurale 3.1.3 Delimitazione rispetto alla normativa sui pentiti 3.2 Situazione iniziale 3.2.1 Diritto 3.2.2 Prassi 3.2.3 Conseguenze delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la protezione dei testimoni 3.2.3.1 Trattamento dei dati amministrativi 3.2.3.2 Conseguenze di Internet

2 8 8 9 9 10 11 12 12 13 14 14 14 16 21 31 36 39 42 44 44 45 45 45 45 46 47 48 48 49 50 50 52

5

3.3 Il nuovo disciplinamento proposto 3.4 Lavori preparatori 3.4.1 Rapporto del Consiglio federale «Lotta più efficace contro il terrorismo e la criminalità organizzata» 3.4.2 Consultazione preliminare in merito alla Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani e alla scelta del modello di protezione extraprocedurale dei testimoni 3.5 Diritto comparato 3.5.1 In generale 3.5.2 ONU 3.5.3 Tribunali penali internazionali 3.5.4 UE 3.5.4.1 Aspetti generali 3.5.4.2 Europol 3.5.5 Consiglio d'Europa 3.5.6 Singoli Paesi 3.5.6.1 Germania 3.5.6.2 Austria 3.5.6.3 Italia 3.5.6.4 Francia 3.6 Interventi parlamentari 4 LPTes: Commento ai singoli articoli 4.1 Capitolo 1: Disposizioni generali 4.2 Capitolo 2: Programma di protezione dei testimoni 4.2.1 Sezione 1: Definizione, scopo e contenuto 4.2.2 Sezione 2: Elaborazione di un programma di protezione dei testimoni 4.2.3 Sezione 3: Fine del programma di protezione dei testimoni e sua continuazione dopo la conclusione di un procedimento penale 4.2.4 Sezione 4: Diritti e obblighi della persona da proteggere 4.2.5 Sezione 5: Cooperazione con servizi pubblici e con privati 4.3 Capitolo 3: Servizio di protezione dei testimoni 4.3.1 Sezione 1: Organizzazione e compiti 4.3.2 Sezione 2: Trattamento dei dati 4.4 Capitolo 4: Cooperazione con l'estero 4.5 Capitolo 5: Tutela del segreto 4.6 Capitolo 6: Vigilanza 4.7 Capitolo 7: Costi 4.8 Capitolo 8: Modifica del diritto vigente 5 Ripercussioni 5.1 Per la Confederazione 5.1.1 Adesione alla Convenzione 5.1.2 Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes)

6

53 56 56 56 57 57 58 59 60 60 61 61 62 62 63 64 64 64 65 65 67 67 68 72 73 76 79 79 82 83 85 86 87 88 89 89 89 89

5.1.2.1 Numero di casi e dimensione del Servizio di protezione dei testimoni 5.1.2.2 Costi dei singoli casi 5.1.2.3 Costi del Servizio di protezione dei testimoni 5.2 Per i Cantoni e i Comuni 5.2.1 Adesione alla Convenzione 5.2.2 Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes)

89 90 90 90 90 91

6 Programma di legislatura

92

7 Aspetti giuridici 7.1 Costituzionalità 7.1.1 Decreto federale concernente la firma della Convenzione 7.1.2 Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes) 7.2 Compatibilità con gli impegni internazionali 7.3 Forma dell'atto e legislazione di attuazione 7.4 Delega di competenze legislative

92 92 92

Decreto federale che approva e traspone la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (Disegno) Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes) (Disegno) Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani

93 94 94 95

97 99 115

7

Messaggio 1

Elementi essenziali della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani

1.1

Introduzione

La tratta di esseri umani è una forma moderna di schiavitù che va assumendo proporzioni sempre maggiori. Secondo alcune stime, a livello globale sono fra 800 000 e 2,4 milioni le persone che ogni anno diventano vittime di questo crimine1. Le cause sono la povertà e la disoccupazione negli Stati d'origine, ma anche la domanda di manodopera a basso costo e di donne per il commercio sessuale negli Stati di destinazione. Gli ambienti criminali approfittano della mancanza di prospettive dei migranti e delle loro speranze in un futuro migliore nel Paese di destinazione, per adescarli ad esempio con false promesse di possibilità di lavoro o di matrimonio.

Una volta arrivate nel Paese di destinazione, le vittime vengono costrette alla dipendenza e sfruttate con la coazione, la violenza o con la sottomissione tramite debiti.

Lo sfruttamento può consistere nello sfruttamento sessuale o della manodopera oppure nell'espianto illegale di organi.

La Svizzera è più un Paese di destinazione che una nazione di transito della tratta di esseri umani. Le vittime sono perlopiù donne e talvolta ragazze, che diventano oggetto di compravendita ai fini dello sfruttamento sessuale nel mondo della prostituzione. In misura minore si registrano inoltre, in altri ambiti, casi relativi alla tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento del lavoro (p. es. di domestici). Le vittime della tratta di esseri umani in Svizzera provengono principalmente dall'Europa orientale e sud-orientale, dal Brasile e dalla Thailandia. La tratta di esseri umani è svolta soprattutto da singoli individui o da piccoli gruppi familiari o etnici.

Essi sono collegati con gruppi analoghi nei Paesi di origine delle vittime.

Dalla statistica svizzera delle condanne penali si evince che negli anni 2002­2008 vi sono state in media cinque condanne per tratta di esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale e 13 condanne per promovimento della prostituzione. Nel 2008 sono state 97 le vittime di questa categoria a chiedere prestazioni finanziarie ai sensi della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati. In generale si presume tuttavia che il numero oscuro sia elevato. Nel 2002 l'Ufficio federale di polizia (fedpol) ha stimato che fossero fra 1500 e 3000 le possibili vittime dello sfruttamento sessuale2. Non sono disponibili nuove
valutazioni sulla tratta di esseri umani, nemmeno nell'ambito dello sfruttamento della manodopera. In Svizzera finora non si sono riscontrati casi di tratta di esseri umani ai fini dell'espianto di organi.

Secondo il rapporto del Gruppo di lavoro interdipartimentale «Tratta degli esseri umani in Svizzera» del 2001, il motivo principale per la bassa quota dei casi risolti di tratta di esseri umani è da imputarsi alla scarsa disponibilità delle vittime a sporgere denuncia e a testimoniare. Questa circostanza è riconducibile al particolare stato di dipendenza delle vittime, dovuto al fatto di essere straniere e di non conosce1 T

2 T

T

T

8

Trafficking in Persons Report 2007, US State Department, Washington 2007 e rapporto del direttore generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) «Un'alleanza globale contro il lavoro forzato», 2005, pag. 11.

Ufficio federale di polizia, Rapporto sulla sicurezza interna 2002, pag. 71.

re il loro Stato di soggiorno, come pure all'intimidazione cui sono sottoposte da parte dei loro aguzzini3.

1.2

Sforzi per combattere la tratta di esseri umani

1.2.1

Sforzi a livello internazionale

La tratta di esseri umani, in particolare la tratta di ragazze e di donne, rientra tra i primi temi sui diritti umani di cui si è occupata la comunità internazionale. Dal 1904 sono state concluse numerose convenzioni internazionali su questo argomento e il concetto di tratta di esseri umani è gradualmente stato ampliato4. Il trattato più recente è il Protocollo addizionale del 15 novembre 2000 della Convezione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini (Protocollo addizionale dell'ONU)5. Questo protocollo estende la definizione di tratta di esseri umani dal mero scopo dello sfruttamento sessuale allo sfruttamento della manodopera e all'espianto di organi. Allo stesso ambito tematico mirato appartiene il Protocollo facoltativo del 25 maggio 2000 alla Convenzione sui diritti del fanciullo concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione infantile e la pedopornografia (Protocollo facoltativo dell'ONU).

Si occupano dello sfruttamento della manodopera anche alcune Convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL): la Convenzione numero 29 del 28 giugno 1930 concernente il lavoro forzato o obbligatorio, la Convenzione numero 105 del 25 giugno 1957 concernente la soppressione del lavoro forzato e la Convenzione numero 182 del 17 giugno 1999 concernente il divieto delle forme più manifeste di sfruttamento del fanciullo sul lavoro e l'azione immediata volta alla loro abolizione.6 Anche l'Unione europea ha emanato numerose decisioni e direttive per combattere la tratta di esseri umani7. Il 25 marzo 2009 la Commissione delle Comunità europee ha presentato una proposta di decisione quadro concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime.

3

4

5 6 7

«Tratta degli esseri umani in Svizzera», rapporto del Gruppo di lavoro interdipartimentale Tratta degli esseri umani commissionato dal DFGP, Ufficio federale di giustizia, Berna 2001.

Accordo internazionale del 18 maggio 1904 inteso a garantire una protezione efficace contro il traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle bianche (RS 0.311.31), Convenzione internazionale del 4 maggio 1910 per la repressione della tratta delle bianche (RS 0.311.32), Convenzione internazionale del 30 settembre 1921 per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli (RS 0.311.33), Convenzione dell'11 ottobre 1933 concernente la repressione della tratta delle donne maggiorenni (RS 0.311.34), Convenzione delle Nazioni Unite (GA Res 317 [IV]) per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui del 2 dicembre 1949. Salvo l'ultima Convenzione, la Svizzera ha ratificato tutti questi trattati internazionali.

RS 0.311.542 RS 0.822.713.9, RS 0.822.720.5 e RS 0.822.728.2 Decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani; Decisione quadro 2002/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale; Direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di Paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti.

9

A livello politico la tratta di esseri umani negli ultimi anni è stata inserita nell'agenda di numerose organizzazioni internazionali. Oltre alle diverse risoluzioni e decisioni del Consiglio d'Europa, va ricordato il piano d'azione dell'OSCE per la lotta al traffico di esseri umani del 2 dicembre 20038. Nel contesto del suo piano d'azione l'OSCE ha designato gli incaricati speciali e la coordinatrice per la lotta contro la tratta di esseri umani e ha creato all'interno del segretariato dell'organizzazione un'unità speciale per la lotta alla tratta di esseri umani.

1.2.2

Sforzi a livello nazionale

La Svizzera condanna la tratta di esseri umani a livello internazionale come grave violazione dei diritti umani. Il Protocollo addizionale dell'ONU e il Protocollo facoltativo dell'ONU, già ratificati, sono stati approvati dal Parlamento all'unanimità.

Nell'ambito della ratifica del Protocollo facoltativo dell'ONU è stata rivista la fattispecie di tratta di esseri umani, ovvero l'articolo 182 del Codice penale svizzero del 21 settembre 19379 (CP), il quale è state adeguato alla definizione valida a livello internazionale10. La nuova disposizione penale è in vigore dal 1° dicembre 2006. La legge federale del 16 dicembre 200511 sugli stranieri (legge sugli stranieri, LStr), entrata in vigore il 1° gennaio 2008, stabilisce le basi giuridiche che offrono la possibilità di disciplinare sia il soggiorno delle vittime della tratta di esseri umani durante il periodo di riflessione e durante le indagini e il procedimento sia l'aiuto al ritorno (art. 30 cpv. 1 lett. e, art. 60 cpv. 2 lett. b LStr). L'ordinanza del 24 ottobre 200712 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa (OASA) prevede inoltre che in casi personali particolarmente gravi possa essere autorizzato in via eccezionale un soggiorno, anche qualora la vittima non sia disposta a collaborare con le autorità penali (art. 36 cpv. 6).

Sulla base del rapporto interdipartimentale «Tratta di esseri umani in Svizzera» del settembre 200113 e del relativo parere del nostro Consiglio del 29 maggio 200214, nel gennaio 2003 è stato istituito, sotto la direzione del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), il Servizio di coordinazione contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT). Esso riunisce tutte le autorità federali e cantonali attive nel settore della lotta e della prevenzione contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti nonché organi specializzati della società civile. Funge inoltre da centro d'informazione e di analisi nella lotta contro la tratta di esseri umani. A tal fine elabora strumenti e strategie e coordina le misure nei settori della prevenzione, del perseguimento penale e della protezione delle vittime. SCOTT 8 9 10

11 12 13 14

10

OSCE Action Plan to Combat Trafficking in Human Beings, Ministerial Council Decision n. 2/03 del 2 dicembre 2003.

RS 311.0 Cfr. il decreto federale del 24 marzo 2006 che approva e traspone nel diritto svizzero il Protocollo facoltativo del 25 maggio 2000 alla Convenzione sui diritti del fanciullo concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione infantile e la pedopornografia (RU 2006 5437 5440).

RS 142.20 RS 142.201 Rapporto interdipartimentale «Tratta di esseri umani in Svizzera», Ufficio federale di giustizia, Berna 2001.

Comunicato stampa del DFGP: Ampia lotta contro la tratta di esseri umani. Il Consiglio federale sottopone ad esame le raccomandazioni di un gruppo di lavoro, Berna, 29 maggio 2002.

dispone di un centro di coordinamento presso fedpol. In seno alla Polizia giudiziaria federale (PGF) è stato istituito nel 2004 l'attuale Commissariato Tratta di esseri umani e traffico di migranti che sostiene in ambito operativo i Cantoni nelle indagini complesse con implicazioni internazionali.

1.3

Genesi della Convenzione del Consiglio d'Europa

Il Consiglio d'Europa, un'organizzazione regionale che annovera tra i propri compiti principali la salvaguardia e la protezione dei diritti umani, si è occupato già in passato del problema della tratta di esseri umani. All'inizio degli anni Novanta, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha varato in proposito numerose risoluzioni e raccomandazioni. Basti citare le Raccomandazioni del Comitato dei Ministri agli Stati membri Rec (2000) 11 sulla lotta contro la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e Rec (2001) 16 sulla protezione dei bambini contro lo sfruttamento sessuale, che hanno spianato la strada alla presente Convenzione.

La constatazione che il fenomeno della tratta di esseri umani assume proporzioni sempre maggiori e che l'opinione pubblica ne è sempre più consapevole, ha indotto nel 2001 il Consiglio d'Europa a prendere in considerazione per la prima volta, concretamente, la creazione in questo settore di uno strumento giuridico vincolante.

Quest'ultimo doveva essere finalizzato a proteggere le vittime e a rispettare i diritti umani, nonché a conciliare le esigenze della protezione delle vittime con quelle del perseguimento penale. Lo scopo della Convenzione non era di entrare in concorrenza con gli strumenti esistenti, bensì di sviluppare ulteriormente le norme vigenti.

L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha sostenuto dichiaratamente questo progetto15.

Nel 2003 il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha istituito un comitato ad hoc per la lotta contro la tratta di esseri umani (Comité ad hoc sur la lutte contre la traite des êtres humains, CAHTEH) e lo ha incaricato di elaborare un testo per un accordo in merito. Tra settembre 2003 e febbraio 2005 hanno avuto luogo otto sedute ordinarie del CAHTEH a Strasburgo. La Convenzione che ne è scaturita è stata approvata il 3 maggio 2005 dal Comitato dei Ministri e il 16 maggio 2005 a Varsavia è stata aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione e della Comunità europea. La Convenzione è entrata in vigore il 1° febbraio 2008. Fino alla fine di novembre del 2010 essa è stata firmata da 43 Stati, tra cui la maggior parte degli Stati dell'UE. Al momento sono 30 gli Stati che hanno ratificato la Convenzione, compresi due Stati limitrofi della Svizzera (Austria e Francia).

15

In particolare nel quadro delle seguenti risoluzioni: Raccomandazione 1545 (2002) per una campagna contro la tratta delle donne e la prostituzione, Raccomandazione 1610 (2003) sulla migrazione connessa alla tratta delle donne e alla prostituzione; Raccomandazione 1611 (2003) sul traffico degli organi in Europa; Raccomandazione 1663 (2004) sulla schiavitù domestica: servitù, persone alla pari e mogli acquistate per corrispondenza.

11

1.4

La posizione svizzera

Lo scopo perseguito dalla Convenzione è conforme agli interessi e alla posizione del nostro Paese. La Svizzera ha pertanto sostenuto il progetto del Consiglio d'Europa e, rappresentata dall'Ufficio federale di giustizia, ha partecipato attivamente all'elaborazione del testo della Convenzione. Diversi Uffici federali hanno elaborato congiuntamente la posizione negoziale della delegazione svizzera. La Svizzera ha accolto positivamente il fatto che la Convenzione del Consiglio d'Europa creasse un plusvalore rispetto agli strumenti legali esistenti su scala internazionale, tramite disposizioni più vincolanti in particolare nell'ambito della protezione delle vittime, della prevenzione e del controllo dell'applicazione da parte degli Stati firmatari. Alla luce di tali circostanze, il 17 dicembre 2008 è stata accolta la mozione della consigliera nazionale Susanne Leutenegger Oberholzer, che chiede di avviare immediatamente il processo di ratifica e le necessarie misure d'attuazione (08.3401, Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani. Firma e ratifica). Inoltre il 13 febbraio 2009 è stato dato seguito a due iniziative cantonali che chiedevano di firmare e ratificare la Convenzione16.

Infine, l'11 settembre 2008 l'associazione «Campagna Euro 08 contro la tratta delle donne e la prostituzione forzata» ha depositato la petizione «Più protezione per le donne vittime della tratta» che ha raccolto un totale di 71 980 firme e con cui si chiede di ratificare la Convenzione.

1.5

Carattere delle disposizioni di diritto internazionale

Gli effetti della ratifica delle Convenzioni di diritto internazionale pubblico variano a seconda del sistema monistico o dualista dello Stato in questione. La Svizzera è uno Stato a tradizione monistica. Quindi la Convenzione, come pure tutti gli altri trattati di diritto internazionale, alla sua entrata in vigore è automaticamente integrata nell'ordinamento giuridico nazionale. Tuttavia, gli effetti delle singole disposizioni a livello nazionale dipendono dal loro grado di concretezza. Una disposizione può essere fatta valere dinanzi all'autorità e da questa immediatamente applicata se sotto il profilo del contenuto è sufficientemente chiara e precisa per costituire, nei singoli casi, una base di decisione (carattere «self-executing» della disposizione)17. La norma deve inoltre comprendere i diritti e doveri del singolo, in modo da reggere il suo statuto giuridico. Inversamente, una disposizione di diritto internazionale non è direttamente applicabile e non possiede il requisito della «giustiziabilità» allorché descrive un programma, formula direttive legislative all'attenzione degli Stati parte o si rivolge unicamente alle autorità politiche (carattere «non-self-executing» della disposizione). È compito delle autorità incaricate dell'applicazione del diritto e di quelle giudiziarie determinare nei singoli casi la giustiziabilità delle disposizioni.

Esaminando la presente Convenzione, si può affermare che il testo di molte sue disposizioni non è abbastanza preciso per essere direttamente applicabile. Inoltre, 16

17

12

Iniziative del Cantone di Berna dell'11 settembre 2006 (07.300) e del Cantone di Basilea Città del 15 novembre 2006 (07.3010). Considerato l'avanzamento della procedura di ratifica, il Cantone di Basilea Campagna ha rinunciato a depositare un'iniziativa cantonale. Il 13 febbraio 2009 le iniziative cantonali depositate da Berna e Basilea Città sono state accolte.

Cfr. Pra 62 (1973) n. 88, pag. 286 segg.

numerose disposizioni si rivolgono esplicitamente alle autorità politiche, e sono quindi prive del requisito della giustiziabilità. Si pensi, ad esempio, alle disposizioni che esigono espressamente l'attuazione delle disposizioni dagli Stati parte («ciascuna delle Parti fa in modo che»), lasciando tuttavia loro la facoltà di decidere le modalità e i tempi. Dovranno essere le autorità incaricate dell'applicazione del diritto a giudicare, quando esamineranno i casi concreti, se le altre disposizioni possono essere utilizzate individualmente come base decisionale.

1.6

Procedura di consultazione

Il 27 novembre 2009 abbiamo avviato la procedura di consultazione relativa all'approvazione e alla trasposizione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e all'avamprogetto di legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni. La procedura di consultazione si è conclusa il 15 marzo 2010. Al DFGP sono pervenuti complessivamente 66 pareri sul contenuto dell'avamprogetto posto in consultazione.

La maggior parte dei Cantoni, dei partiti e delle cerchie interessate approva espressamente la nostra intenzione di ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e di disciplinare per legge la protezione extraprocedurale dei testimoni.

Secondo la valutazione di alcuni partecipanti alla consultazione, la trasposizione della Convenzione in Svizzera richiede, oltre all'introduzione di una normativa in materia di protezione extraprocedurale dei testimoni, anche ulteriori adeguamenti, in particolare nella legislazione sugli stranieri. Le critiche all'avamprogetto di LPTes hanno riguardato invece, in primo luogo, il campo di applicazione della legge, giudicato troppo restrittivo. Una minoranza ragguardevole di partecipanti ha chiesto di estendere sensibilmente la cerchia di persone da inserire nei programmi di protezione dei testimoni invece di limitarla soltanto a testimoni di particolare importanza.

Una tale estensione comporterebbe tuttavia un aumento dei casi e, conseguentemente, anche dei costi. Inoltre, nonostante la ristrettezza del campo di applicazione dell'avamprogetto, 13 Cantoni hanno già espresso una posizione più o meno critica in merito al modello di finanziamento proposto e all'ipotesi di una propria partecipazione al finanziamento della protezione dei testimoni. Un'estensione eccessiva del campo di applicazione della legge, per giunta connessa a maggiori costi, incontrerebbe quindi resistenze ancor più marcate da parte dei Cantoni sulle questioni relative al finanziamento. Alla luce delle critiche contrapposte appena illustrate, il presente disegno può essere pertanto considerato come una proposta di compromesso.

Le critiche sostanziali in merito alla trasposizione a livello nazionale della Convenzione del Consiglio d'Europa e all'avamprogetto di LPTes saranno approfondite nei commenti alle singole disposizioni.

13

2

Le disposizioni della Convenzione e la loro relazione con il diritto svizzero

2.1

Preambolo

Il preambolo è un'introduzione giuridicamente non vincolante delle disposizioni che seguono. Esso mette in rilievo gli aspetti della tratta di esseri umani che tangono i diritti dell'uomo e la politica di parità tra donne e uomini, nonché la particolare considerazione dei diritti dei minori. Il preambolo inoltre colloca la Convenzione nel contesto delle iniziative finora promosse dal Consiglio d'Europa in questo ambito e nel restante panorama normativo internazionale.

2.2

Art. 1

Capitolo I: Oggetto, campo d'applicazione, principio di non discriminazione e definizioni (art. 1­4) Oggetto della Convenzione

La Convenzione è finalizzata a prevenire e combattere la tratta di esseri umani, garantendo la parità tra donne e uomini. La tutela dei diritti umani e la creazione di un quadro esaustivo per la protezione e l'assistenza delle vittime e dei testimoni, sono espressamente messi in risalto. Altri scopi della Convenzione sono: garantire indagini e procedimenti giudiziari efficaci nonché promuovere la cooperazione internazionale per attuare gli scopi enunciati. Per assicurare che le Parti contraenti applichino la Convenzione, è introdotto un meccanismo di monitoraggio (cfr.

art. 36­38).

Art. 2

Campo d'applicazione

Il campo d'applicazione della Convenzione si estende a tutte le forme della tratta di esseri umani, sia a livello nazionale che transnazionale, legate o meno alla criminalità organizzata. Il campo d'applicazione va oltre la definizione di cui all'articolo 3 del Protocollo addizionale dell'ONU.

Le forme di tratta di esseri umani contemplate dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sono punite in Svizzera dall'articolo 182 CP (Tratta di esseri umani). Il campo d'applicazione di tale disposizione, che non fa distinzioni se il reato ha carattere transfrontaliero o meno e se vi è un collegamento con la criminalità organizzata oppure no, coincide con quello dell'articolo 2 della Convenzione. Il campo di applicazione della Convenzione è pertanto conforme al principio di territorialità, valido in Svizzera.

Art. 3

Principio di non discriminazione

Il principio di non discriminazione obbliga le Parti, quando applicano la Convenzione, a trattare le vittime della tratta di esseri umani senza discriminazione di sesso, razza, colore della pelle, religione, opinioni politiche, origine eccetera. Tale principio è applicato nel diritto svizzero.

14

L'articolo 8 capoverso 2 della Costituzione federale (Cost.)18 sancisce che nessuno può essere discriminato, in particolare a causa dell'origine, della razza, del sesso, dell'età, della lingua, della posizione sociale, del modo di vita, delle convinzioni religiose, filosofiche o politiche, e di menomazioni fisiche, mentali o psichiche. La Svizzera adempie pertanto le condizioni enunciate nell'articolo 3.

Il principio di non discriminazione è sancito anche in numerosi atti normativi di diritto internazionale, in particolare nella CEDU (art. 14)19, nello Statuto delle Nazioni Unite (art. 1 par. 3)20 e nei due Patti dell'ONU sui diritti dell'uomo del 1966 (art. 2 par. 2 e art. 3 del Patto I dell'ONU21 e art. 2 par. 1 del Patto II dell'ONU22), nella Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW)23 nonché in altre convenzioni applicabili universalmente che vertono in modo specifico su determinati problemi di discriminazione. A tale proposito occorre menzionare in particolare la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (ICERD)24 a cui la Svizzera ha aderito nel 1994. La Convenzione ha introdotto, per la prima volta a livello internazionale, una definizione esaustiva della discriminazione razziale.

Dal 29 dicembre 2008 è in vigore in Svizzera il Protocollo facoltativo alla CEDAW (OP-CEDAW)25, che sancisce il diritto dei privati di trasmettere comunicazioni a titolo individuale al Comitato CEDAW. La Svizzera riconosce ugualmente la competenza del Comitato ONU per l'eliminazione della discriminazione razziale (art. 14 ICERD) a trattare comunicazioni rivolte da privati nei confronti della Svizzera per discriminazione e intolleranza di carattere razziale o xenofobo. Le presunte vittime di discriminazioni hanno pertanto la possibilità di far valere i propri diritti non soltanto dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), ma anche a un livello internazionale più globale.

Art. 4

Definizioni

La definizione di tratta di esseri umani della Convenzione del Consiglio d'Europa coincide con quella dell'articolo 3 del Protocollo addizionale dell'ONU. La nozione di tratta di esseri umani della Convenzione del Consiglio d'Europa corrisponde inoltre ampiamente alla definizione di «vendita di fanciulli» di cui all'articolo 2 del Protocollo facoltativo dell'ONU.

Nel 2006 la Svizzera ha ratificato sia il Protocollo addizionale dell'ONU sia il Protocollo facoltativo dell'ONU. Nell'ambito della ratifica del Protocollo facoltativo dell'ONU, la fattispecie di tratta di esseri umani di cui all'articolo 182 CP è stata

18 19 20 21 22 23 24 25

RS 101 RS 0.101 RS 0.120 RS 0.103.1 RS 0.103.2 RS 0.108 RS 0.104 RS 0.108.1

15

modificata e adeguata alla definizione internazionale26. Il diritto svizzero adempie pertanto i requisiti giuridici dell'articolo 4 lettere a­d della Convenzione.

A differenza del Protocollo addizionale dell'ONU e del Protocollo facoltativo dell'ONU, la Convenzione del Consiglio d'Europa comprende anche la definizione del concetto di «vittima». In base all'articolo 4 lettera e, per vittima s'intende qualsiasi persona fisica soggetta alla tratta di esseri umani così come definita nelle lettere a­d. Deve trattarsi di una persona che al momento dell'identificazione è ancora vittima della tratta di esseri umani. Letteralmente dalla formulazione «persona fisica soggetta alla tratta di esseri umani» (nella forma del presente) si evince uno stretto collegamento spazio-temporale con il reato e con la sfera d'influenza dei criminali.

Ciò significa che il reato è stato almeno in parte commesso sul territorio della Parte contraente e deve essere perseguibile penalmente. La presente definizione è conforme al principio di territorialità vigente in Svizzera.

2.3

Capitolo II: Prevenzione, cooperazione e altre misure (art. 5­9)

Art. 5

Prevenzione della tratta di esseri umani

L'articolo 5 elenca varie misure preventive che le Parti contraenti devono adottare o potenziare. Tra tali misure si annovera il coordinamento a livello nazionale tra i vari organi responsabili, l'elaborazione e la conduzione di campagne di sensibilizzazione ed educative, nonché programmi di formazione, ricerche e programmi specifici per le potenziali vittime.

La Svizzera è già attiva in molti dei settori elencati: ai sensi del paragrafo 1, tutti gli organi attivi nella lotta alla tratta di esseri umani sono rappresentati in seno a SCOTT che garantisce il collegamento tra tutti gli organi interessati e il coordinamento a livello nazionale di tutte le misure nei settori della prevenzione, della protezione delle vittime e del perseguimento penale. Conformemente al paragrafo 6, fanno parte di SCOTT anche le organizzazioni specializzate non governative. Particolare importanza è attribuita alla cooperazione con la società civile.

Le disposizioni del paragrafo 2 sull'informazione e la sensibilizzazione delle potenziali vittime, devono essere messe in opera principalmente nei Paesi in cui ha origine la tratta di esseri umani. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) sostiene nell'ambito delle «Linee direttive concernenti misure di prevenzione efficaci all'estero contro la tratta di esseri umani e per la protezione delle vittime» (2003) numerose campagne d'informazione nei Paesi di origine e di transito della tratta di esseri umani. Inoltre in questi Paesi, la Svizzera sostiene provvedimenti specifici per proteggere le vittime, talora correlati al rientro di quest'ultime e alla loro reintegrazione sociale. Tutti le azioni devono promuovere i diritti dell'uomo e la parità tra donne e uomini (par. 3).

26

16

Cfr. il decreto federale del 24 marzo 2006 che approva e traspone nel diritto svizzero il Protocollo facoltativo del 25 maggio 2000 alla Convenzione sui diritti del fanciullo concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione infantile e la pedopornografia (RU 2006 5437 5440). Si rimanda anche al relativo messaggio dell'11 marzo 2005 (FF 2005 2513).

Il dovere di diffondere informazioni precise sulle possibilità di immigrare legalmente come statuito nel paragrafo 4 è in sintonia con la prassi dell'Ufficio federale della migrazione (UFM). Le condizioni attuali per entrare e soggiornare legalmente sono costantemente pubblicate e possono essere consultate su Internet. Alle persone particolarmente minacciate sono consegnati specifici opuscoli informativi, che illustrano i rischi e offrono aiuto in situazioni di emergenza.

La Svizzera attua misure preventive contro la tratta di esseri umani anche a livello nazionale. La Confederazione, in particolare, ha previsto un finanziamento iniziale per una campagna pubblica di sensibilizzazione contro la tratta delle donne, promossa prima e durante il Campionato europeo di calcio EURO 2008 in Svizzera27. In applicazione dell'articolo 31 capoverso 1 della legge federale del 23 marzo 200728 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV), la Confederazione accorda altresì aiuti finanziari per promuovere la formazione specifica del personale, dei consultori e delle persone incaricate dell'aiuto alle vittime. La Confederazione ha inoltre sostenuto finanziariamente la produzione di un opuscolo esplicativo del Consiglio d'Europa, distribuito nelle scuole medie svizzere. Numerosi altri progetti sono condotti dalla società civile. Degna di menzione è tra l'altro un'esposizione itinerante delle tre Chiese nazionali basilesi sul tema della tratta delle donne e della prostituzione forzata, che dal settembre 2006 ha fatto tappa in numerosi Cantoni.

Per quanto concerne la creazione di un ambiente protetto per i minori (par. 5), il rapporto «Infanzia maltrattata in Svizzera» del 1992 e il relativo parere del nostro Consiglio del 199529 costituiscono i documenti di base dell'attività d'informazione e di prevenzione intrapresa in Svizzera dalle autorità. Nell'agosto del 2008, abbiamo adottato inoltre il rapporto «Strategia per una politica svizzera dell'infanzia e della gioventù», con cui proponiamo diverse misure d'intervento nei settori della protezione dell'infanzia, dei diritti del fanciullo nonché nella politica dell'infanzia e della gioventù. Il lavoro svolto non è limitato alla problematica dello sfruttamento sessuale dei fanciulli, ma tratta l'intera questione degli abusi contro i minori e dei diritti del
fanciullo. Nell'agosto del 2010 è entrata in vigore la nuova ordinanza sui provvedimenti per la protezione dei fanciulli e dei giovani e il rafforzamento dei diritti del fanciullo30, che permetterà di disciplinare e sviluppare le diverse attività in questo ambito. Le misure devono contribuire a proteggere i fanciulli da ogni forma di violenza, compresa quella sessuale, nonché dai rischi connessi ai nuovi media.

L'ordinanza disciplina anche il sostegno finanziario dei programmi e dei progetti.

A livello federale, l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) svolge alcune funzioni di coordinamento nel settore della protezione dell'infanzia e dei diritti del fanciullo. L'UFAS sovvenziona associazioni mantello e associazioni nazionali attive nei settori dell'infanzia, della gioventù o della famiglia e sostiene diverse campagne di prevenzione aventi per tema gli abusi e i maltrattamenti su minori, compreso lo sfruttamento sessuale dei fanciulli a scopo commerciale; tali attività sono condotte dall'UFAS spesso in collaborazione con le ONG. Va tuttavia ricordato che il compito di proteggere l'infanzia spetta innanzitutto ai Cantoni.

27 28 29 30

Ulteriori informazioni degli organi di sostegno alla campagna sono disponibili sul sito: http://www.frauenhandeleuro08.ch.

RS 312.5 Gruppo di lavoro «Infanzia maltrattata», rapporto «Infanzia maltrattata in Svizzera», Berna, giugno 1992 con parere del Consiglio federale del 27 giugno 1995.

RS 311.039.1

17

Queste misure, che continueranno a essere attuate anche in futuro, permettono alla Svizzera di adempiere le disposizioni dell'articolo 5.

Art. 6

Misure per scoraggiare la domanda

L'articolo prevede che, tramite misure legislative, amministrative, educative, sociali, culturali e di altro tipo, le Parti scoraggino la domanda di tutte le forme di tratta di esseri umani.

Numerosi progetti in Svizzera perseguono obiettivi focalizzati sulla domanda e sono pertanto in sintonia con il principio di cui all'articolo 6. In particolare, la fondazione «Prevenzione svizzera della criminalità» (PSC), finanziata dai Cantoni, ha condotto, dal 2005 al 2008, una campagna contro la pedocriminalità e la pornografia infantile su Internet, direttamente incentrata sull'aspetto della domanda. L'Aiuto AIDS Svizzera gestisce la pagina web «Don Juan», che si rivolge ai clienti delle prostitute e che ha come obiettivo la protezione della salute e il rispetto della dignità delle prostitute. Il sito tratta anche la problematica della prostituzione forzata e della tratta di esseri umani. Anche la campagna «Euro 08 contro la tratta delle donne e la prostituzione forzata», citata nel commento all'articolo 5, era indirizzata ai clienti delle prostitute con lo scopo di sensibilizzarli al problema della tratta di esseri umani e della prostituzione forzata ed esortarli ad assumere un comportamento responsabile.

È nostra intenzione continuare anche in futuro a promuovere campagne pubbliche contro la tratta di esseri umani. I progetti concreti, privati o pubblici, volti a prevenire la criminalità, possono essere sostenuti finanziariamente dalla Confederazione in virtù dell'articolo 386 capoverso 2 CP.

SCOTT costituisce la piattaforma per il collegamento e lo scambio d'informazioni e di migliori pratiche in Svizzera e con l'estero. Le ricerche sulle migliori pratiche, metodi e strategie ai sensi della lettera a possono essere promosse nel quadro di SCOTT e sostenute dalla Confederazione. Nel 2009 l'organo direttivo di SCOTT ha, ad esempio, deciso di affidare, all'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) il compito di condurre la ricerca intitolata «A Study On The Right To Residence For Trafficked Persons: A Comparative Assessment».

Per quanto concerne l'obbligo di attuare le misure di prevenzione ai sensi della lettera d, le scuole pubbliche hanno in generale adeguato i propri programmi di insegnamento allo scopo di diffondere il rispetto dei diritti umani, il rifiuto della discriminazione in base
al sesso e la parità tra donne e uomini. Va sottolineato che l'influenza dello Stato sul ruolo dell'informazione tramite i media (lett. b) è limitato.

Nel loro lavoro mediatico e di pubbliche relazioni, le autorità della Confederazione sostengono un'informazione oggettiva che tenga conto della dignità delle vittime.

Con queste misure la Svizzera adempie le disposizioni dell'articolo 6.

Art. 7

Misure alle frontiere

Analogamente all'articolo 11 del Protocollo addizionale dell'ONU, l'articolo 7 della Convenzione contiene una serie di misure preventive riguardanti il traffico transfrontaliero. Il rafforzamento delle misure di controllo è tuttora un mezzo efficace per prevenire e individuare la tratta di esseri umani. Il paragrafo 1 obbliga le Parti a intensificare il più possibile i propri controlli alle frontiere. I controlli devono, tuttavia, essere conformi, per quanto riguarda il traffico interno, al diritto alla libera circolazione delle persone della Comunità europea. In base al paragrafo 2, le Parti 18

devono adottare misure legislative e di altro genere per impedire l'impiego per la tratta di esseri umani dei mezzi di trasporto usati dai trasportatori commerciali. In particolare è previsto l'obbligo delle compagnie di trasporto, di accertarsi che tutti i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l'ingresso nello Stato di accoglienza. Sono fatte salve espressamente le Convenzioni internazionali.

Il paragrafo 4 incarica le Parti a emanare misure volte a sanzionare penalmente o amministrativamente i reati contro le disposizioni previste nel paragrafo 3. Alle persone implicate nei reati contemplati dalla presente Convenzione, si deve rifiutare l'ingresso o revocare i visti già rilasciati (par. 5). Il paragrafo 6 esorta infine le Parti, a rafforzare la cooperazione tra i servizi di controllo delle frontiere, in particolare allestendo canali diretti di comunicazione.

L'articolo 7 stabilisce soltanto il quadro d'azione minimo, lasciando alle Parti un margine di manovra relativamente ampio. Riguardo alle misure legislative o di altra natura rinviamo al nostro messaggio del 26 ottobre 2005 concernente l'approvazione del Protocollo addizionale dell'ONU contro la tratta di persone31. I doveri e le sanzioni per le compagnie di trasporto sono disciplinati dagli articoli 92­95 LStr.

L'UFM concluderà convenzioni con le imprese di trasporto aereo per la cooperazione nel controllo dei documenti. In accordo con le pertinenti disposizioni dell'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale (OACI)32, questo controllo comprende anche la verifica della validità e dell'autenticità dei documenti di viaggio necessari.

Nell'ambito dello sviluppo dell'Accordo di associazione a Schengen e Dublino33, sono stati introdotti ulteriori adeguamenti legislativi nella LStr e nella legge del 26 giugno 199834 sull'asilo (LAsi). Essi riguardano in particolare l'adozione del codice frontiere di Schengen35 nonché gli obblighi delle compagnie di trasporto e le sanzioni nei loro confronti36. Le Parti possono prevedere inoltre ulteriori forme di cooperazione transfrontaliera (compresa l'osservazione e l'inseguimento oltre frontiera).

La presente Convenzione rileva a questo proposito che, per quanto concerne il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne, la Comunità europea ha già sviluppato un
pacchetto di misure completo a livello comunitario. Avendo aderito alle normative di Schengen e Dublino, la Svizzera è quindi coinvolta in queste misure.

Per combattere efficacemente la criminalità transnazionale, il terrorismo internazionale e la migrazione illegale (compresa la tratta di esseri umani e il traffico di

31 32 33 34 35

36

FF 2005 5961 (cfr. pagg. 6021 e seg. commento all'art. 11 del Protocollo addizionale del 15 novembre 2000).

Cfr. Allegato 9 alla Convenzione relativa all'aviazione civile internazionale, XII ed., luglio 2005, art. 3.31­3.33.

Cfr. FF 2004 5757­5770 (Schengen); FF 2004 5779 (Dublino).

RS 142.31 Regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen; GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1).

Attuazione della Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 24).

19

migranti), già negli anni Novanta la Svizzera ha concluso con Germania37, Francia38, Italia39, Liechtenstein e Austria40 accordi che regolano la cooperazione transfrontaliera diretta.

La non ammissione e l'annullamento del visto sono disciplinati dalla LStr. Gli stranieri che hanno commesso reati ai sensi della presente Convenzione sono di regola allontanati (art. 64 segg. LStr) e, secondo la gravità della colpa, nei loro confronti è pronunciato un divieto di entrata (art. 67 LStr).

I servizi competenti hanno riconosciuto la necessità, più volte evocata in occasione della consultazione, di provvedere alla sensibilizzazione e alla formazione delle autorità nel settore della tratta di esseri umani. Per tale ragione, dal 2010 il tema della tratta di esseri umani è stato integrato nella formazione delle guardie di confine. A quest'ultime sono destinati anche i corsi di formazione in materia di lotta alla tratta di esseri umani, organizzati dal 2007 dall'Istituto svizzero di polizia (ISP).

Contrariamente alle valutazioni espresse da alcuni partecipanti alla consultazione, l'articolo 7 non contempla invece l'elaborazione di misure inerenti alla polizia degli stranieri.

Pertanto il diritto svizzero soddisfa già le esigenze statuite dall'articolo 7 della Convenzione.

Art. 8

Sicurezza e controllo dei documenti

In base all'articolo 8 ogni Parte è tenuta ad adottare le misure necessarie per assicurarsi che i documenti di viaggio o di identità, da essa rilasciati, siano di qualità tale da non poter essere facilmente usati in modo inappropriato né falsificati o modificati, duplicati o rilasciati illecitamente.

I documenti di viaggio svizzeri sono di elevata qualità e adempiono pertanto i requisiti di cui alla lettera a. La qualità è stata ulteriormente perfezionata con i nuovi documenti d'identità (passaporto svizzero, carta d'identità, titolo di viaggio per rifugiati, passaporto per stranieri e certificato d'identità), introdotti nel 2003 in base alla legge federale del 22 giugno 200141 sui documenti d'identità dei cittadini svizzeri (LDI) e all'ordinanza del 20 dicembre 200042 relativa all'introduzione del passaporto 2003.

Nell'intento di armonizzare e potenziare le disposizioni di sicurezza, l'Unione europea ha stabilito, con il Regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri, le 37

38

39 40

41 42

20

Accordo del 27 aprile 1999 tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica federale di Germania sulla cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e giudiziaria (Accordo di polizia tra Svizzera e Germania; RS 0.360.136.1).

Accordo dell'11 maggio 1998 tra il Consiglio federale svizzero e il Governo della Repubblica francese sulla cooperazione transfrontaliera in materia giudiziaria, di polizia e doganale. Questo accordo nel frattempo è stato modificato e sostituito dall'Accordo del 9 ottobre 2007, entrato in vigore il 1° luglio 2009 (RS 0.360.349.1).

Accordo del 10 settembre 1998 tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica italiana relativo alla cooperazione tra le autorità di polizia e doganali (RS 0.360.454.1).

Accordo del 27 aprile 1999 tra la Confederazione Svizzera, la Repubblica d'Austria e il Principato del Liechtenstein sulla cooperazione transfrontaliera delle autorità preposte alla sicurezza e alla dogana (RS 0.360.163.1).

RS 143.1 RS 143.21

norme minime di sicurezza e gli standard di sicurezza uniformi per i passaporti e per i documenti di viaggio al fine di prevenirne le falsificazioni. In futuro nei passaporti sarà obbligatorio registrare la fotografia del titolare del documento come principale caratteristica biometrica. Inoltre, il 25 ottobre 2004 è stato deciso, nell'ambito del Consiglio Giustizia e affari interni dell'Unione europea, che oltre all'immagine si deve introdurre, quale seconda caratteristica biometrica, l'impronta digitale del titolare del passaporto. Conformemente alle disposizioni europee, è stato introdotto anche in Svizzera il passaporto contenente dati registrati elettronicamente. Inoltre, in futuro anche i documenti di viaggio dei rifugiati riconosciuti e degli apolidi conterranno dati biometrici.

I dati registrati elettronicamente aumentano la sicurezza dei documenti di viaggio e ne ostacolano l'uso abusivo, dato che stabiliscono un legame affidabile tra il documento e il suo legittimo proprietario. Le regole chiaramente definite per la procedura di rilascio, con controlli a vari livelli e l'obbligo di presentarsi di persona presso l'autorità richiedente, garantiscono l'integrità e la sicurezza dei documenti ai sensi della lettera b. Quanto detto vale anche per la vignetta di visto svizzera, che soddisfa le principali esigenze formali e di sicurezza fissate dall'OACI.

Grazie a queste misure la Svizzera ha già completamente attuato il contenuto dell'articolo 8.

Art. 9

Legittimità e validità dei documenti

Il contenuto dell'articolo 9 intende garantire che gli Stati possano assistersi reciprocamente, come avviene sempre più spesso già oggi, quando si tratta di verificare i documenti di viaggio, al fine di evitare che possano essere oggetto di pratiche abusive o persino criminali. La verifica, richiesta in questa disposizione, della legittimità e della validità dei documenti di viaggio e d'identità viene già effettuata in Svizzera.

A tal fine risulta particolarmente utile l'accesso completo alla banca dati Interpol sui documenti di viaggio rubati o smarriti (SLTD), che permette un rapido esame dei documenti di viaggio stranieri. Anche nello spazio Schengen è possibile verificare i documenti di viaggio utilizzando il Sistema d'informazione Schengen (SIS) che continuerà a essere usato anche in futuro.

2.4

Capitolo III: Misure di protezione e di promozione dei diritti delle vittime, che garantiscano la parità tra le donne e gli uomini (art. 10­17)

Il capitolo III contiene le disposizioni sull'identificazione delle vittime, sulla loro protezione e sull'aiuto che viene loro prestato. Alcune di queste misure vengono applicate a tutte le vittime della tratta di esseri umani (art. 10, 11, 12, 15 e 16). Altre sono circoscritte soltanto alle vittime sprovviste di uno statuto di soggiorno legale (art. 13 e 14). Inoltre, le misure individuali si possono applicare a persone che non sono state ancora formalmente identificate come vittime, ma la cui qualità di vittima è suffragata da motivi credibili (art. 10 par. 2, art. 12 par. 1 e 2 e art. 13).

21

Art. 10

Identificazione delle vittime

Per proteggere e sostenere le vittime della tratta di esseri umani, è estremamente importante identificarle correttamente. Errori d'identificazione della vittima possono, in determinate circostanze, lederne i diritti fondamentali e pertanto far perdere al procedimento penale un testimone importante per dimostrare la colpevolezza di un trafficante. Per evitare questo pericolo, l'articolo 10 paragrafo 1 impone alle Parti di provvedere affinché il personale delle autorità competenti sia formato e qualificato per prevenire e combattere la tratta di esseri umani e identificarne le vittime, in particolare i minori. Le Parti devono inoltre assicurare che le autorità competenti (p. es. la polizia, le autorità doganali, le autorità competenti in materia d'immigrazione, i consolati e le ambasciate) cooperino tra loro e con le organizzazioni di sostegno competenti.

In base all'articolo 10 paragrafo 2, le Parti sono tenute ad adottare le misure legislative necessarie nonché altre misure, affinché le vittime della tratta di esseri umani possano essere identificate come tali. In particolare le Parti devono garantire che una persona non sia espulsa, se le autorità hanno ragionevoli motivi di ritenere che si tratti di una vittima della tratta di esseri umani. Durante il processo d'identificazione occorre garantire che la vittima riceva prestazioni di assistenza di cui all'articolo 12 paragrafi 1 e 2.

Il paragrafo 3 riguarda il problema dell'età della vittima quando risulta incerta e vi è motivo di credere che si tratti di un minore. In questi casi, nell'attesa che la sua età venga accertata, la vittima va trattata come se fosse minorenne e vanno adottate speciali misure di protezione conformemente alla Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo43.

Il paragrafo 4 sancisce le misure da adottare quando un minore non accompagnato è identificato come vittima. Le Parti, tenendo conto dell'interesse del minore, devono far rappresentare quest'ultimo da un tutore legale, da un'organizzazione o da un'autorità (lett. a). Inoltre si devono prendere le misure necessarie per scoprire l'identità e la nazionalità del minore (lett. b) e fare ogni sforzo possibile per ritrovare la sua famiglia (lett. c). La ricerca della famiglia del minore tuttavia è opportuna solo quando è eseguita nell'interesse di quest'ultimo. Occorre
infatti considerare un eventuale coinvolgimento della famiglia nella tratta di esseri umani.

L'ordinamento giuridico e la prassi svizzeri soddisfano già ampiamente le disposizioni dell'articolo 10. Per quanto riguarda gli obblighi del diritto in materia di stranieri di cui al paragrafo 2 rimandiamo a quanto affermato nei commenti sugli articoli 12 e 13 inerenti alle disposizioni per le vittime e i testimoni della tratta di esseri umani. Soprattutto la concessione di un periodo di recupero di almeno 30 giorni garantisce che la persona in questione non sia espulsa, se sussistono indizi fondati che si tratta di una vittima. Il diritto a beneficiare durante questo periodo di prestazioni come il soccorso di emergenza è garantito dal diritto svizzero.

Il miglioramento dell'identificazione delle vittime nell'ambito dell'esecuzione fa inoltre parte delle misure prioritarie della lotta contro la tratta di esseri umani. Esso costituisce l'elemento centrale del corso «Lotta alla tratta di esseri umani», organizzato per la prima volta nell'aprile 2007 dall'Istituto svizzero di polizia (ISP) in cooperazione con SCOTT. Il corso è destinato anche ai membri del Corpo delle guardie di confine e ai collaboratori dei servizi cantonali di migrazione. In sede di 43

22

Convenzione del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (RS 0.107).

consultazione, diversi partecipanti hanno deplorato il fatto che la formazione specifica si trovasse in quel momento ancora allo stato embrionale. Grazie a questa formazione, la maggior parte dei corpi cantonali di polizia dispone oggi di specialisti per trattare questo genere di casi. È necessario tuttavia proseguire la formazione di specialisti ed estendere progressivamente la cerchia dei destinatari dei corsi. Va sottolineato comunque che l'attuale offerta formativa in Svizzera non impedisce di ratificare la Convenzione. La collaborazione tra le autorità di perseguimento penale e i centri di consulenza pubblici e privati, volta a identificare le vittime e a prestare loro assistenza, costituisce inoltre uno dei temi principali delle tavole rotonde cantonali contro la tratta di esseri umani. Per sostenere le unità operative, SCOTT ha pubblicato nella sua guida pratica «Meccanismi di cooperazione nella lotta contro la tratta di esseri umani» una check-list con gli indicatori che consentono d'identificare le vittime della tratta di esseri umani. Alla fine del 2009 erano 13 le tavole rotonde cantonali organizzate o in fase di preparazione in tutta la Svizzera. SCOTT sostiene e consiglia i Cantoni nell'istituzione di tavole rotonde e s'impegna a estendere questa forma di collaborazione anche ai Cantoni della Svizzera romanda.

In risposta alle critiche espresse in sede di consultazione in merito all'assenza di norme vincolanti a livello cantonale per quanto riguarda l'identificazione e la protezione delle vittime, va sottolineato che esistono già basi legali vincolanti applicabili (relative all'assistenza, al soggiorno e alla protezione delle vittime della tratta di esseri umani). La LAV e le relative ordinanze esecutive disciplinano, infatti, la consulenza e l'assistenza a livello nazionale. Ulteriori disposizioni sono contenute nella LStr, nell'OASA nonché nelle istruzioni dell'Ufficio federale della migrazione.

Attraverso l'adozione di misure a livello esecutivo sotto forma di direttive, istruzioni e di misure di sensibilizzazione delle autorità, occorre piuttosto assicurare una pratica uniforme in tutti i Cantoni per tenere debitamente conto della situazione delle vittime. Possono offrire un contributo importante in questo senso i meccanismi cantonali di coordinamento (tavole rotonde) nonché la
formazione e la sensibilizzazione delle autorità. Inoltre non condividiamo la tesi, emersa nel corso della consultazione, secondo cui vi sarebbe un'applicazione arbitraria in materia di protezione delle vittime. Le azioni delle autorità cantonali sfociano infatti spesso in decisioni impugnabili. La loro conformità al diritto è pertanto verificabile.

In merito alle disposizioni particolari dei paragrafi 3 e 4 per l'identificazione delle vittime minorenni, va ricordato che la Svizzera ha ratificato la Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo, su cui si basano in parte tali disposizioni. Concretamente, l'articolo 368 capoverso 1 del Codice civile (CC)44 garantisce che ogni minorenne non soggetto a potestà parentale è sottoposto a tutela. In base all'articolo 368 capoverso 2 CC, le autorità di perseguimento penale e le autorità amministrative sono tenute a notificare immediatamente casi simili all'autorità tutoria.

Quest'ultima nomina un tutore o un curatore, che rappresenta il minore negli atti civili e intraprende o fa svolgere tutti gli ulteriori accertamenti per il ricongiungimento con la famiglia. Il benessere del minore è sempre prioritario. In alcuni Cantoni esistono strutture speciali per la sistemazione e l'assistenza di minori non accompagnati. Per quanto riguarda l'articolo 10 paragrafo 3 della Convenzione, secondo la prassi comune in Svizzera, una vittima che potrebbe essere minorenne è considerata tale fino a prova contraria.

44

RS 210

23

Il diritto svizzero e le misure d'esecuzione adempiono pertanto gli obblighi derivanti dall'articolo 10.

Art. 11

Protezione della vita privata

Sotto il profilo del trattamento automatizzato di dati personali, il paragrafo 1 obbliga le Parti a proteggere la vita privata e l'identità delle vittime, conformemente alla Convenzione numero 108 del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone. Con la legge federale del 19 giugno 199245 sulla protezione dei dati (LPD) e l'ordinanza del 14 giugno 199346 relativa alla legge federale sulla protezione dei dati (OLPD), la Svizzera va oltre, sotto molti aspetti, a tali requisiti.

Inoltre, la Svizzera è tenuta a rispettare anche gli standard di protezione, a loro volta elevati, fissati nell'Accordo di associazione alla normativa di Schengen. L'obbligo di protezione contemplato dall'articolo 11 si fonda ugualmente sulla CEDU (in particolare l'art. 8). Nella LPD e nell'OLPD nonché nell'Accordo di associazione a Schengen si distingue tra dati personali e dati personali particolarmente degni di protezione. Per questi ultimi il livello di protezione è decisamente maggiore. I dati di una persona che permettono di riconoscerla come vittima della tratta di esseri umani, rientrano nella definizione di dati personali particolarmente degni di protezione e sottostanno pertanto a un livello di protezione particolarmente elevato.

Il paragrafo 2 esorta le Parti ad adottare misure volte a garantire la protezione dell'identità dei minori vittime della tratta di esseri umani. L'articolo 9 LPD stabilisce le restrizioni generali del diritto d'accesso, mentre l'articolo 10 LPD definisce le restrizioni per i mezzi di comunicazione sociale. L'articolo 19 LPD regola la comunicazione dei dati personali da parte degli organi federali nonché i meccanismi di protezione pertinenti. L'articolo 20 LPD statuisce, infine, il diritto al blocco della comunicazione da parte delle persone che rendono verosimile un interesse degno di protezione.

Dal paragrafo 3 scaturisce l'obbligo delle Parti di adottare misure finalizzate ad incoraggiare i media a proteggere la vita privata e l'identità delle vittime. Da parte dello Stato, ciò è garantito dai due atti legislativi nazionali già menzionati (LPD e OLPD). La Svizzera dispone inoltre di uno strumento di autoregolamentazione dei media molto avanzato, il Consiglio svizzero della stampa, dotato di standard etici che talvolta vanno oltre le norme di legge.

La Svizzera adempie pertanto le condizioni di cui all'articolo 11 della Convenzione.

Art. 12

Assistenza alle vittime della tratta di esseri umani

Le vittime della tratta di esseri umani che riescono a sfuggire al controllo e allo sfruttamento dei criminali si trovano generalmente in una situazione di precarietà e di estrema vulnerabilità. L'articolo 12 obbliga pertanto le Parti a prevedere misure minime di sostegno alle vittime. L'articolo distingue tra prestazioni nel senso di misure d'emergenza che devono essere offerte a tutte le vittime (par. 1 e 2), anche a quelle la cui procedura di identificazione ai sensi dell'articolo 10 non si è ancora conclusa, e misure di sostegno riservate alle vittime che dispongono di un legale titolo di soggiorno (par. 3 e 4). Nel paragrafo 5 si raccomanda alle Parti di cercare 45 46

24

RS 235.1 RS 235.11

nel contesto dell'assistenza alle vittime, la cooperazione con le organizzazioni non governative e con gli altri soggetti della società civile impegnati nel settore. Le prestazioni di assistenza vanno inoltre fornite sulla base di informazioni fondate e tenendo conto sia delle esigenze delle persone che si trovano in simili condizioni sia dei diritti dei minori (par. 7). L'articolo 12 della Convenzione attua pertanto gli obblighi minimi di protezione, desunti dalla Corte EDU dagli articoli 2 e 4 CEDU.

Ai sensi dell'articolo 12 paragrafo 1 rientrano nelle misure d'emergenza fornite a tutte le vittime: un alloggio sicuro, assistenza psicologica e materiale, cure mediche d'urgenza, informazioni concernenti i diritti che la legge riconosce loro ed i servizi a loro disposizione, in una lingua che possano comprendere, assistenza giuridica in un'eventuale procedura penale nonché accesso all'istruzione per i minori. Si deve pertanto tenere debitamente conto delle esigenze di sicurezza e di protezione delle vittime (par. 2). Le misure di sostegno offerte alle vittime, di cui all'articolo 12 paragrafi 3 e 4, che risiedono legalmente nel territorio nazionale comprendono, se necessario, altri generi di assistenza e di assistenza medica nonché norme concernenti l'accesso al mercato del lavoro e alla formazione professionale. L'aiuto o il sostegno citato non dev'essere subordinato alla collaborazione della vittima nel procedimento penale (par. 6). Tuttavia le Parti possono, in virtù dell'articolo 14 della Convenzione, rilasciare un permesso di soggiorno, che implica il diritto a ottenere ulteriori prestazioni di sostegno (art. 12 par. 3 e 4), alle vittime che cooperano con le autorità di perseguimento penale47.

Nel diritto svizzero la maggior parte delle prestazioni previste dall'articolo 12 sono già disciplinate dalla LAV. Questa base legale federale, vincolante per i Cantoni, è intesa a garantire il finanziamento in tutta la Svizzera dell'aiuto alle vittime. I Cantoni devono pertanto tener conto delle esigenze particolari delle vittime della tratta di esseri umani, mettendo a disposizione, conformemente all'articolo 9 capoverso 1 LAV, consultori privati o pubblici, autonomi nel loro settore d'attività, che si occupano dei bisogni particolari delle diverse categorie di vittime. Nel messaggio del 9 novembre
200548 sulla LAV, abbiamo rilevato che soprattutto le vittime della tratta di esseri umani hanno bisogno di consulenza e assistenza specializzate.

Per quanto riguarda le vittime della tratta di esseri umani ai sensi della LAV, i requisiti minimi di cui all'articolo 12 paragrafi 1, 2 e 6 della Convenzione del Consiglio d'Europa sono pertanto ampiamente adempiuti.

Una riserva esiste riguardo alle persone che sono vittime della tratta di esseri umani ai sensi della Convenzione, ma non ai sensi della LAV. Si tratta ad esempio di persone che, seppur colpite dalla tratta di esseri umani, non ne hanno subito, se non forse in modo marginale, danni diretti nella propria integrità fisica, psichica o sessuale, subendo invece, ad esempio, soprattutto perdite finanziarie. Questi casi, che nella prassi si dovrebbero peraltro verificare soltanto di rado e che pertanto sono perlopiù di natura teorica, rientrano nel campo d'applicazione dell'articolo 12 Cost.

Il diritto al soccorso d'emergenza assicura a chi si trova in Svizzera il minimo necessario per un'esistenza dignitosa. Si tratta di un diritto fondamentale, non subordinato quindi a nessuna condizione. Per tale ragione, anche il requisito di cui all'articolo 12 paragrafo 6 della Convenzione del Consiglio d'Europa (nessuna connessione all'obbligo di collaborare nel procedimento penale) è da considerarsi 47 48

Cfr. il rapporto esplicativo relativo alla Convenzione: Council of Europe Convention on Action against Trafficking in Human Beings ­ Explanatory Report, pto. 169.

FF 2005 6351 6394

25

adempiuto. La disposizione parla espressamente di un «diritto d'essere aiutato e assistito»49. L'esigenza di un sostegno giuridico e di un'informazione, forniti in una lingua comprensibile per le vittime e in misura sufficiente a garantire i diritti di quest'ultime, rientra nel minimo necessario per un'esistenza dignitosa ed è pertanto rispettata50. Infine, l'articolo 29 capoverso 3 Cost. sancisce il diritto alla gratuità della procedura e a un patrocinatore d'ufficio.

La Convenzione del Consiglio d'Europa differisce dalla LAV anche per quanto concerne il diritto alle prestazioni di cui all'articolo 12 paragrafo 1 lettera f (accesso all'istruzione per i minori vittime della tratta di esseri umani). La LAV non prevede infatti alcun diritto all'istruzione. Anche in questo caso, tale diritto è tuttavia tutelato dalla Costituzione. L'articolo 19 Cost. sancisce il diritto a un'istruzione scolastica di base sufficiente e gratuita come diritto fondamentale. Tale diritto è garantito anche da numerosi trattati internazionali ratificati dalla Svizzera, in particolare dall'articolo 13 paragrafo 2 lettera a del Patto internazionale dell'ONU relativo ai diritti economici, sociali e culturali51 e dall'articolo 28 della Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo. Secondo la prassi vigente, in Svizzera i minori hanno accesso all'istruzione scolastica indipendentemente dalla loro nazionalità e dal loro statuto di soggiorno.

I diritti al sostegno che l'articolo 12 paragrafi 3 e 4 della Convenzione del Consiglio d'Europa garantisce alle vittime della tratta di esseri umani che godono di uno statuto di soggiorno legale sul territorio dello Stato parte sono adempiuti dal diritto cantonale di assistenza sociale e dalla legislazione sugli stranieri. Essi valgono indipendentemente dalla cooperazione dell'interessato in un eventuale procedimento penale. I paragrafi 2, 5 e 7 contengono principi generali o raccomandazioni non vincolanti compatibili con la prassi svizzera.

La legislazione e la prassi svizzere sono pertanto conformi ai requisiti giuridici di cui all'articolo 12 della Convenzione.

Art. 13

Periodo di recupero e di riflessione

La Convenzione (art. 13) stabilisce che ogni Parte deve prevedere nel proprio diritto nazionale un periodo di recupero e di riflessione di almeno 30 giorni. Durante questo periodo la vittima può decidere, in particolare, se intende collaborare con le autorità competenti.

L'articolo 30 capoverso 1 lettera e LStr ci conferisce la competenza di derogare alle condizioni d'ammissione generali per disciplinare il soggiorno delle vittime e dei testimoni della tratta di esseri umani. L'articolo 35 OASA disciplina il tempo di recupero e di riflessione nel modo descritto qui appresso: Se vi sono indizi fondati che fanno supporre che uno straniero privo di uno statuto di soggiorno regolare sia una vittima o un testimone della tratta di esseri umani, le autorità cantonali degli stranieri accordano un tempo di riflessione durante il quale la persona interessata può ristabilirsi e decidere se continuare a collaborare con le autorità. Durante il tempo di riflessione i provvedimenti d'esecuzione secondo il diritto in materia di stranieri sono sospesi. Le autorità cantonali fissano la durata del 49 50 51

26

Cfr. il messaggio concernente la revisione della Costituzione federale del 20 novembre 1996, FF 1997 I 140 segg.

Cfr: J.P. Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3° ed., Berna 1999, pag. 172.

RS 0.103.1

tempo di riflessione caso per caso secondo le necessità; tale durata è di almeno 30 giorni (art. 35 cpv. 1 OASA).

Il tempo di riflessione finisce prima del termine fissato se lo straniero in questione annuncia la propria disponibilità a collaborare con le autorità e conferma di aver rotto ogni rapporto con i presunti autori del reato (art. 35 cpv. 2 OASA).

Il tempo di riflessione finisce inoltre (art. 35 cpv. 3 OASA), se lo straniero in questione: a.

dichiara di non essere disposto a collaborare con le autorità;

b.

ha liberamente ripreso i contatti con i presunti autori;

c.

in base a nuovi elementi risulta che non si tratta né di una vittima né di un testimone della tratta di esseri umani; o

d.

viola gravemente la sicurezza e l'ordine pubblici.

Con questa normativa si rispettano le disposizioni della Convenzione.

Art. 14

Permesso di soggiorno

L'articolo 14 della Convenzione riguarda la concessione del permesso di soggiorno alle vittime della tratta di esseri umani. I permessi possono essere rilasciati se l'autorità competente ritiene che il soggiorno della vittima sia necessario per la sua situazione personale o per consentirle di collaborare con le autorità competenti durante le indagini o il procedimento penale.

Prima della fine del tempo di riflessione, l'autorità competente per le indagini di polizia o per la procedura giudiziaria comunica alle autorità cantonali degli stranieri se e per quanto tempo è necessaria un'ulteriore presenza dello straniero in questione (art. 36 cpv. 1 OASA). L'autorità cantonale degli stranieri rilascia un permesso di soggiorno di breve durata valido per la presumibile durata delle indagini di polizia o della procedura giudiziaria (art. 36 cpv. 2 OASA). Per i motivi di cui all'articolo 35 capoverso 3 OASA, il permesso può essere revocato o non prorogato (art. 36 cpv. 3 OASA).

L'esercizio di un'attività lucrativa (art. 36 cpv. 4 OASA) può essere autorizzato, se: a.

vi è la domanda di un datore di lavoro secondo l'articolo 18 lettera b LStr;

b.

sono rispettate le condizioni di salario e di lavoro secondo l'articolo 22 LStr;

c.

il richiedente dispone di un'abitazione conforme ai suoi bisogni secondo l'articolo 24 LStr.

Se il tempo di riflessione finisce o se non sussiste più la necessità di un ulteriore soggiorno nell'ambito delle indagini di polizia o della procedura giudiziaria, lo straniero in questione deve lasciare la Svizzera (art. 36 cpv. 5 OASA).

Può essere autorizzato un ulteriore soggiorno (art. 36 cpv. 6 OASA) quando si tratta di casi personali particolarmente gravi (art. 31 OASA). Occorre considerare la situazione particolare delle vittime e dei testimoni della tratta di esseri umani. È fatta salva, infine, la disposizione sull'ammissione provvisoria (art. 83 LStr).

Contrariamente a quanto affermato nel quadro della procedura di consultazione, la vigente legislazione sugli stranieri prevede già la possibilità di concedere un permesso di dimora alle vittime della tratta di esseri umani, a prescindere dalla loro dispo27

nibilità a deporre. Nei casi personali particolarmente gravi, l'articolo 30 capoverso 1 lettera b LStr consente, in combinato disposto con l'articolo 31 OASA, di concedere un permesso di dimora di lunga durata. Tale possibilità è descritta nel punto 5.6.2.2.5.4 delle istruzioni dell'Ufficio federale della migrazione concernenti la legge sugli stranieri intitolate «Soggiorno senza attività lucrativa, giustificato da un interesse pubblico importante e in casi personali particolarmente gravi».

Le basi legali richieste per tener debitamente conto della situazione delle vittime della tratta di esseri umani e per concedere loro un permesso di dimora, a prescindere dalla loro disponibilità a deporre, sono sufficienti e corrispondono alla norma richiesta dalla Convenzione del Consiglio d'Europa. Nel nostro parere del 29 maggio 2002 concernente il rapporto del gruppo di lavoro interdipartimentale sul tema «tratta degli esseri umani»52, del settembre 2001, abbiamo precisato di rinunciare a un disciplinamento differenziato sul soggiorno che garantisce alle vittime un diritto al soggiorno a determinate condizioni. A nostro avviso, occorre piuttosto cercare soluzioni adeguate emanando decisioni per ogni singolo caso, considerando in particolare le possibilità di aiuto al ritorno e alla reintegrazione di cui possono beneficiare le vittime della tratta di esseri umani. Le autorità di migrazione hanno la possibilità e il dovere di trovare soluzioni adatte ai singoli casi, ragion per cui la concessione di permessi previsti dal diritto in materia di stranieri fa parte di regola del loro potere discrezionale. In questo senso, il 28 maggio 2009 il Consiglio nazionale ha respinto, in qualità di Camera prioritaria, la mozione depositata dalla Commissione degli affari giuridici, con cui si chiedeva, tra l'altro, il diritto al permesso di dimora per le vittime della tratta delle donne (09.3011, Tratta delle donne. Maggiore protezione per le vittime). Tale richiesta non era peraltro contemplata dalla Convenzione.

Riguardo a quella che è stata definita in sede di consultazione come una pratica arbitraria dei Cantoni, occorre sottolineare che le decisioni delle autorità cantonali sono di regola impugnabili e che, pertanto, gli eventuali errori giuridici commessi nell'esercizio del potere discrezionale possono essere verificati.
Questa norma consente di adempiere alle condizioni di cui all'articolo 14 della Convenzione. Inoltre, in linea con la Convenzione sulla tratta degli esseri umani, si prevede anche di studiare la possibilità di procedere a un adeguamento formale (p. es. terminologico) della legislazione nazionale nel quadro dell'elaborazione del diritto d'esecuzione della LPTes, allo scopo di agevolarne l'attuazione.

Art. 15

Indennizzo e rimedi giuridici

In base al paragrafo 1 le autorità sono tenute, sin dal primo contatto con la vittima, a informarla sulle procedure giudiziarie e amministrative pertinenti. Come già menzionato nell'articolo 12 lettere c­d, tale obbligo delle Parti include, se del caso, anche l'offerta di un servizio di traduzione o di interpretariato. L'obbligo generale d'informare (par. 1) è sancito, per quanto concerne la procedura penale, nel Codice di diritto processuale svizzero (CCP) del 5 ottobre 2007 53 , che entrerà in vigore il 1° gennaio 2011. In base alla prassi e alla dottrina attuali, tutte le autorità coinvolte nel procedimento penale (tribunali, ministero pubblico, polizia) sono tenute a inforF

52

53 T

T

28

FT

In adempimento della mozione della consigliera nazionale Ruth-Gaby Vermot-Mangold «Programma di protezione per donne vittime della tratta degli esseri umani» (00.3055) del 15 marzo 2000, trasformata in postulato.

RS 312.0

mare le parti lese sui loro diritti, ove le circostanze lo richiedano. Anche per il campo di applicazione della LAV è previsto un dovere generale d'informare sancito dall'articolo 8. In virtù di tale obbligo, la polizia fornisce alla vittima, in occasione della prima audizione, informazioni relative ai consultori ai quali trasmette il nome e l'indirizzo della vittima, se quest'ultima vi acconsente. Affinché possa far valere i propri diritti processuali è inoltre necessario che la vittima riceva consulenza e informazioni in una lingua che comprende. In particolare le si devono spiegare i suoi diritti durante il procedimento penale, nonché la possibilità di richiedere indennità e assistenza.

Secondo il paragrafo 2 ognuna delle Parti sancisce, nella propria legislazione nazionale, il diritto all'assistenza legale e all'assistenza gratuita per le vittime sulla base delle condizioni previste dalle norme nazionali. Le disposizioni della LAV e le prescrizioni sull'assistenza legale gratuita sancite nei codici di diritto processuale adempiono questi requisiti. Occorre ricordare che le disposizioni della LAV concernenti la protezione e i diritti particolari nei procedimenti penali (art. 34 e 44) verranno trasposte nel CPP.

La Convenzione prevede nel paragrafo 3 il diritto delle vittime a essere indennizzate dagli autori del reato. Salvo nel caso delle norme generali di diritto civile sulla procedura penale, la presente disposizione è già applicata in Svizzera, poiché le vittime della tratta di esseri umani, in base all'articolo 38 LAV, possono intervenire nel procedimento penale con le loro pretese civili, partecipandovi quindi in qualità di accusatore privato. In caso di condanna, il tribunale penale deve anche decidere in merito alle pretese di diritto privato. Soltanto se il giudizio completo delle pretese civili richiede un onere sproporzionato, il tribunale penale può limitarsi a prendere una decisione di principio sull'azione civile e rinviare, per il resto, la vittima al tribunale civile. Secondo le esperienze raccolte, è raro che la vittima della tratta di esseri umani sia completamente indennizzata dall'autore del reato. Pertanto, in base al paragrafo 4, le Parti devono trovare misure legislative o di altro tipo per poter garantire alle vittime, in base al proprio diritto nazionale, un indennizzo
statale. In virtù delle norme relative alle persone che hanno diritto all'indennizzo e del campo d'applicazione territoriale di cui all'articolo 3 LAV, la Svizzera soddisfa, anche sotto questo aspetto, i requisiti della Convenzione.

Art. 16

Rimpatrio e rientro delle vittime

L'articolo 16 contiene le disposizioni sia per i rimpatri volontari sia per i rimpatri coatti delle vittime della tratta di esseri umani. I paragrafi 1­4 si ricollegano all'articolo 8 del Protocollo addizionale dell'ONU. Il paragrafo 1 riprende il principio, riconosciuto a livello internazionale, dell'obbligo per gli Stati di accettare il rientro dei propri cittadini nonché delle persone che avevano diritto di risiedervi in modo permanente al momento dell'ingresso nel territorio dello Stato di accoglienza.

Il paragrafo 2 stabilisce che in caso di rinvio si deve attribuire particolare riguardo alla sicurezza della persona coinvolta, alla sua dignità, ai suoi diritti nonché alla fase della procedura giudiziaria; statuisce inoltre che il rientro deve preferibilmente essere volontario. I paragrafi 3 e 4 regolano le questioni pratiche in proposito.

I paragrafi 5­7 contengono disposizioni che vanno oltre quelle del Protocollo addizionale dell'ONU. Il paragrafo 5 obbliga le Parti ad allestire programmi di rimpatrio con l'obiettivo di impedire che le vittime possano ridiventare in patria vittime della tratta di esseri umani. A ciò si aggiunge il dovere di mettere a disposizione delle 29

vittime le informazioni sulle strutture di assistenza giuridica e sociale e di sostegno nella loro patria (par. 6). Il paragrafo 7 è in linea con il principio stabilito dall'articolo 3 della Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo, secondo cui nella decisione sul rimpatrio dei minori occorre tener conto soprattutto del loro benessere. Le Parti devono eseguire una valutazione del rischio e della sicurezza prima di adottare le misure per il rientro.

Per quanto riguarda i paragrafi 1­4 va osservato che in caso di allontanamento non possibile, non ammissibile o ragionevolmente non esigibile, l'UFM ordina l'ammissione provvisoria (art. 83 LStr). La competenza per il rientro delle vittime della tratta di esseri umani ricade sui Cantoni. Nel settore dell'asilo e degli stranieri, la Confederazione sostiene i Cantoni per quanto concerne l'ottenimento dei documenti e organizza i viaggi di rientro in aereo per conto dei Cantoni. A condizione che l'ufficio competente per l'organizzazione del viaggio di rientro disponga delle relative informazioni, vengono intrapresi i passi necessari in collaborazione con l'OIM in vista del rientro in patria (accompagnamento durante e dopo il volo, assistenza medica ecc.).

Le condizioni poste dai paragrafi 5 e 6 sono adempiute dalla LStr. Secondo l'articolo 60 LStr si possono offrire prestazioni di aiuto al ritorno e alla reintegrazione a determinate categorie di stranieri, in particolare anche alle vittime della tratta di esseri umani. I beneficiari possono accedere alle offerte di aiuto al ritorno destinate alle persone nel settore dell'asilo. L'offerta comprende l'aiuto individuale al ritorno (aiuto finanziario e materiale), la partecipazione a un programma di aiuto al ritorno focalizzato sullo Stato interessato, nonché l'aiuto medico per il ritorno.

Sulla scorta delle nuove basi legali, l'UFM ha condotto un progetto pilota in collaborazione con l'OIM e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Il progetto era destinato alle vittime e ai testimoni della tratta di esseri umani nonché a ballerine e ballerini di cabaret vittime dello sfruttamento in Svizzera. Lo scopo del progetto era di sostenere gli aventi diritto nella fase del ritorno volontario e della reintegrazione in patria, anche al fine di contrastare la tratta di esseri umani recidiva
(re­trafficking). La fase pilota, avviata il 1° aprile 2008, si è conclusa il 31 marzo 2010. Sulla scorta dei risultati, l'UFM ha deciso di trasformare, a partire dal 1° aprile 2010, il progetto pilota in un'offerta di aiuto al ritorno a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda la rinuncia al rimpatrio dei minori in pericolo di cui al paragrafo 7, ricordiamo che la Svizzera ha ratificato la CEDU, il cui articolo 3 funge da base per la presente disposizione. La valutazione dei rischi e della sicurezza corrisponde all'attuale prassi svizzera.

La normativa svizzera adempie pertanto le condizioni poste dall'articolo 16 della Convenzione.

Art. 17

Parità tra donne e uomini

Il presente articolo sancisce che, per ciascuna delle misure del capitolo III, le Parti devono promuovere la parità tra donne e uomini e applicare, quando sviluppano, attuano e valutano tali misure, un approccio orientato alla parità.

La Svizzera si è impegnata, politicamente e giuridicamente, ad applicare la strategia dell'approccio orientato alla parità tra donne e uomini. La CEDAW costituisce una delle basi legali internazionali determinanti in questo ambito. A livello nazionale, la 30

base giuridica è costituita dall'articolo 8 Cost., in particolare dal capoverso 3, secondo cui donne e uomini godono degli stessi diritti. Per attuare e concretizzare questo principio costituzionale, la legge federale del 24 marzo 199554 sulla parità dei sessi (LPar) sancisce la parità tra donne e uomini, conferendo loro, sotto il profilo giuridico e in concreto, pari opportunità, in particolare in ambito familiare, formativo e professionale. Inoltre l'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (UFU) si adopera, in applicazione dell'articolo 16 LPar, per combattere ogni forma di discriminazione diretta o indiretta.

2.5

Capitolo IV: Diritto penale materiale (art. 18­26)

Art. 18

Reato di tratta di esseri umani

L'articolo 18 impone alle Parti di definire come reati gli atti compiuti intenzionalmente enunciati nell'articolo 4. La definizione della fattispecie di tratta di esseri umani corrisponde pertanto a quella del Protocollo addizionale dell'ONU. I requisiti dell'articolo 4 della Convenzione sono adempiuti in Svizzera da quando ê stata modificata la fattispecie penale della tratta di esseri umani (art. 182 CP).

Il Codice penale svizzero soddisfa pertanto le condizioni poste dall'articolo 18 della Convenzione.

Art. 19

Reato di utilizzo dei servizi di una vittima

Secondo l'articolo 19, le Parti provvedono a definire come reato, in armonia con il diritto nazionale, l'utilizzo consapevole dei servizi delle vittime della tratta di esseri umani. Applicando tale fattispecie, verrebbero ad esempio criminalizzati i clienti delle prostitute che, pur essendo consapevoli di trovarsi di fronte a vittime della tratta di esseri umani, usufruiscono ugualmente delle loro prestazioni. La ragione principale che ha indotto a inserire questa disposizione nella Convenzione è riconducibile al desiderio di ridurre uno degli incentivi della tratta di esseri umani, cioè la domanda di individui facilmente sfruttabili, e di creare pertanto un deterrente per i potenziali criminali.

L'articolo 19 non rappresenta per le Parti una norma vincolante, ma ha carattere di raccomandazione. Il Codice penale svizzero non sanziona in modo specifico l'utilizzo consapevole dei servizi di una vittima della tratta di esseri umani. Nel quadro del procedimento penale è infatti difficile provare che il beneficiario di un servizio sia consapevole che tale prestazione gli è fornita da una persona vittima della tratta di esseri umani (dolo), il che rende quindi l'applicazione di una simile fattispecie difficilmente praticabile. In determinate circostanze comunque chi approfitta della tratta di esseri umani, richiedendone i servizi, in Svizzera è già punibile in base alle disposizioni penali vigenti. Il testo modificato dell'articolo 182 CP statuisce infatti che chiunque, come offerente, intermediario o destinatario, fa commercio di un essere umano può essere arrestato. La premessa per la punibilità è che la persona in questione svolga un ruolo portante nello svolgimento della transazione, cioè che vi partecipi in una certa misura. Coloro che partecipano in un ruolo subordinato sono invece punibili per complicità in base alla pertinente disposizione gene54

RS 151.1

31

rale del diritto penale. Vi è, ad esempio, partecipazione al reato di incitamento al commercio quando un datore di lavoro paga o propone una somma a chi offre manodopera straniera da sfruttare o a un intermediario, perché gliela procuri. Il semplice fatto di supporre o di conoscere le condizioni di migrazione di una vittima della tratta di esseri umani non è tuttavia sufficiente per punire, in base all'articolo 182 CP, chi usufruisce dei suoi servizi55. I datori di lavoro che intenzionalmente impiegano e sfruttano illegalmente lavoratori stranieri sono, a prescindere da un'eventuale partecipazione alla tratta di esseri umani, punibili in base al diritto sugli stranieri56 ed eventualmente in base ad altre disposizioni del CP (coazione, sequestro di persona, sfruttamento di uno stato di necessità, promovimento della prostituzione). I clienti di prostitute vittime della tratta, non sono invece punibili, in base alla situazione giuridica attuale, a meno che non apportino un contributo causale alla tratta di esseri umani o commettano altri reati nei confronti della persona che si prostituisce.

T

Il diritto svizzero adempie quindi solo in parte le raccomandazioni dell'articolo 19.

Tuttavia, visto il carattere facoltativo di tale articolo, esso non impone degli obblighi che potrebbero ostacolarne la ratifica.

Art. 20

Reati relativi ai documenti di viaggio o d'identità

In base all'articolo 20, occorre adottare misure per rendere punibili i reati che riguardano i documenti di viaggio o d'identità, se questi reati sono compiuti intenzionalmente e allo scopo di rendere possibile la tratta di esseri umani. Le disposizioni delle lettere a, b e c sono disciplinate in Svizzera dagli articoli 251­255 CP.

Art. 21

Complicità e tentativo di reato

All'obbligo sancito nel paragrafo 2, di rendere punibile il tentativo di reato di cui agli articoli 18 e 20 lettera a, corrisponde l'articolo 22 CP. L'istigazione e la complicità in base al paragrafo 1 sono puniti dagli articoli 24 e 25 CP. La Svizzera adempie pertanto le condizioni poste dall'articolo 21 della Convenzione.

Art. 22

Responsabilità delle persone giuridiche

Conformemente all'articolo 22 della Convenzione, una persona giuridica deve poter essere ritenuta responsabile dei reati contemplati dalla Convenzione commessi per suo conto da una persona fisica che esercita un potere di direzione in seno all'impresa (par. 1). L'impresa sarà inoltre tenuta a rispondere di un reato, ai sensi della Convenzione, commesso per suo conto da una persona fisica sottoposta alla sua autorità, se è comprovata la mancanza di controllo da parte di una persona fisica con potere direttivo (par. 2).

La responsabilità può essere di natura civile, amministrativa o penale (par. 3) e non deve ostacolare l'eventuale perseguimento penale della persona fisica che ha commesso il reato (par. 4).

55 T

56 T

T

T

32

Cfr. il messaggio del 26 ottobre 2005 concernente l'approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, del Protocollo addizionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini e del Protocollo addizionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, FF 2005 5961 6014.

Art. 117 LStr

Molte convenzioni internazionali in materia di diritto penale concluse negli ultimi anni contengono disposizioni simili o addirittura identiche in materia di responsabilità delle imprese. La Convenzione penale del Consiglio d'Europa del 27 gennaio 199957 sulla corruzione prevede, ad esempio, la responsabilità delle imprese, senza tuttavia definirne esplicitamente l'aspetto civile, amministrativo o penale.

Anche se a livello internazionale si riscontra una tendenza divergente, tali convenzioni continuano a tutelare il principio ancora ampiamente diffuso secondo cui una persona giuridica non è imputabile. Le Parti contraenti devono tuttavia assicurare che anche le persone giuridiche siano assoggettate a sanzioni o misure appropriate, incluse quelle pecuniarie.

La responsabilità penale delle persone giuridiche è stata introdotta nel diritto svizzero il 1° ottobre 2003 mediante gli articoli 102 e 102a CP. Una responsabilità primaria dell'impresa sussiste per un numero limitato di reati, quando l'impresa può essere accusata di non aver preso tutte le misure ragionevoli e indispensabili per impedirli.

I reati contemplati dalla Convenzione non fanno tuttavia parte di questa categoria di reati.

Nell'ordinamento giuridico svizzero è stata contemporaneamente introdotta anche la responsabilità penale sussidiaria delle persone giuridiche, qualora il reato sia stato commesso per scopi imprenditoriali e non possa essere ascritto a una determinata persona fisica a causa di una carente organizzazione interna. La pena consiste in una multa fino a cinque milioni di franchi. Questa responsabilità penale si estende a tutti i crimini e i delitti contemplati dall'ordinamento giuridico svizzero e si applica a tutti i reati contemplati dalla Convenzione, sempre che le pertinenti disposizioni siano formulate in modo vincolante. Nella Convenzione la responsabilità è circoscritta ai reati commessi a vantaggio della persona giuridica da un rappresentante della direzione, mentre nel Codice penale svizzero si estende a tutti i crimini o delitti commessi per scopi aziendali da una persona fisica nell'esercizio di attività commerciali per conto dell'impresa. L'articolo 102 capoverso 1 CP statuisce tuttavia che la persona giuridica può essere sanzionata soltanto quando il comportamento illecito non è ascrivibile a una persona
fisica.

L'articolo 22 paragrafo 4 della Convenzione stabilisce che la punibilità della persona giuridica non deve impedire di perseguire penalmente l'autore del reato. Sorge quindi la domanda se le Parti contraenti siano tenute a introdurre una responsabilità penale parallela. Il rapporto esplicativo della Convenzione non fornisce altri chiarimenti in proposito.

La responsabilità sussidiaria della persona giuridica sancita nel diritto svizzero non contrasta con la punibilità della persona fisica e quindi non ne pregiudica la responsabilità. Essa si applica quando per carente organizzazione interna dell'impresa non è possibile punire l'autore del reato. L'articolo 102 capoverso 1 CP non contraddice quindi l'articolo 22 paragrafo 4 della Convenzione, poiché la responsabilità sussidiaria delle persone giuridiche non esclude la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato. Questa duplice responsabilità è esemplificata dalla seguente situazione: se dopo la condanna dell'impresa viene individuata la persona fisica colpevole del comportamento illecito e se l'iniziale impossibilità di imputare il reato a una determinata persona fisica era dovuta alla carente organizzazione

57

STCE n. 173, art. 18; RS 0.311.55

33

dell'impresa, nulla vieta di punire entrambe le parti ovvero la persona fisica e la persona giuridica58.

Oltre alla responsabilità penale si dispone inoltre dello strumento della responsabilità amministrativa e delle corrispondenti sanzioni per la prevenzione diretta di danni futuri. Tali sanzioni possono consistere nella revoca di un'autorizzazione o nel rifiuto di ammettere un'impresa in un segmento del mercato o in un settore di attività. L'ordinamento giuridico svizzero prevede diversi meccanismi di questo genere che non possono tuttavia essere applicati integralmente a tutte le imprese e sono rilevanti solo in determinati settori del mercato e dell'economia. È ad esempio possibile comminare sanzioni amministrative nei confronti delle imprese sottoposte a sorveglianza statale.

Le unioni di persone e gli istituti con uno scopo illecito o immorale inoltre non possono ottenere la personalità giuridica e devono pertanto essere sciolti con attribuzione del patrimonio agli enti pubblici59. Infine, sono disponibili misure e strumenti di diritto civile per chiamare a rispondere dei danni cagionati le imprese per conto delle quali un dipendente con funzioni dirigenziali ha commesso un reato o sia venuto meno ai suoi obblighi di vigilanza, permettendo a un altro dipendente di compiere il reato in questione.

Nel complesso si può quindi affermare che il diritto svizzero risponde alle condizioni poste dall'articolo 22 della Convenzione. Alcune disposizioni vigenti in materia di responsabilità penale sussidiaria vanno oltre quanto richiesto dalla Convenzione e garantiscono che i crimini e i delitti compiuti nel quadro dello scopo imprenditoriale siano puniti anche quando l'atto non può essere ascritto a nessuna persona fisica.

Non è pertanto necessario inserire i reati contemplati dalla Convenzione nell'elenco dei reati che determinano una responsabilità primaria delle imprese nel diritto svizzero e nemmeno ampliare l'elenco nel suo complesso.

Art. 23

Sanzioni e misure repressive

Il primo periodo del paragrafo 1 statuisce che i reati di cui agli articoli 18­21 devono essere punibili con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. La tratta di esseri umani, conformemente all'articolo 182 capoverso 1 CP, è punita con una pena detentiva o pecuniaria. Se la vittima è minorenne o se l'autore esercita la tratta di esseri umani per mestiere è comminata una pena detentiva non inferiore a un anno.

In entrambi i casi, la durata massima della pena è di venti anni, conformemente a quanto prescritto dall'articolo 40 CP. In base all'articolo 182 capoverso 3 CP si pronuncia sempre anche una pena pecuniaria. Per il tentativo di reato e la complicità valgono le disposizioni di cui agli articoli 22 e seguenti CP. In relazione a questa categoria di reato è quindi adempiuta anche la seconda premessa dell'articolo 23 paragrafo 1.

L'obbligo contenuto nel paragrafo 2 di prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per le persone giuridiche, è applicato grazie agli articoli 102 e seguenti CP.

Il paragrafo 3 prevede la confisca, o altre forme di sottrazione, dei mezzi e dei profitti derivanti dai reati di cui agli articoli 18 e 20 lettera a oppure di beni il cui 58 59

34

Cfr. Niggli/Gfeller, Basler Kommentar, Basilea 2007, n. 113 ad art. 102.

Art. 52 e 57 CC.

valore corrisponde a tali profitti. In Svizzera quest'obbligo è completamente soddisfatto dagli articoli 69 e seguenti CP.

Il paragrafo 4 statuisce che dev'essere possibile chiudere temporaneamente o definitivamente le strutture che sono state usate per commettere la tratta di esseri umani.

Inoltre occorre vietare, a titolo temporaneo o definitivo, all'autore del reato l'esercizio dell'attività nel corso della quale il reato è stato commesso. Entrambi questi aspetti sono adempiuti dall'articolo 67 CP.

Art. 24

Circostanze aggravanti

Le circostanze indicate nell'articolo 24 come aggravanti, in Svizzera sono di principio prese in considerazione dal giudice quando commisura la pena (art. 47 CP).

La tratta di un minore o di un bambino (lett. b) è considerata, in applicazione dell'articolo 182 capoverso 2 CP, una fattispecie qualificata di tratta di esseri umani ed è punita con una pena detentiva non inferiore a un anno. Se la tratta di esseri umani è finalizzata allo sfruttamento sessuale, va verificato il concorso con altri reati, ad esempio con quelli contemplati dagli articolo 187 e seguenti CP, oppure, nei casi di esposizione a pericolo della vita della vittima (lett. a), con il reato di cui all'articolo 129 CP, o ancora con il reato di cui all'articolo 260ter CP, in caso di partecipazione a un'associazione criminale (lett. d). Il giudice aumenta la pena in modo adeguato (art. 49 CP). Se il reato è stato compiuto in violazione dei doveri d'ufficio e professionali (lett. c), si applicano eventualmente l'articolo 312 CP o gli articoli 13 e seguenti della legge federale del 14 marzo 195860 su la responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari federali (LResp).

Quanto richiesto dall'articolo 24 è pertanto adempiuto dal diritto svizzero.

Art. 25

Precedenti penali

Il dovere di prendere in considerazione le condanne definitive inflitte da un'altra Parte è soddisfatto dall'articolo 47 CP.

Art. 26

Norme che escludono la pena

L'articolo 26 obbliga le Parti a prevedere la possibilità di non comminare sanzioni penali alle vittime che sono state coinvolte nelle attività illecite, quando vi sono state costrette.

Il diritto penale svizzero è concepito come un diritto penale basato sulla colpa e pertanto sul principio secondo cui una persona, anche se ha commesso un reato, può essere punita soltanto se ha agito in modo colpevole (art. 19 CP). Gli articoli 52 e seguenti CP sanciscono inoltre le premesse che consentono di concedere l'impunità oppure archiviare un procedimento penale.

60

RS 170.32

35

Se una vittima della tratta di esseri umani commette un atto punibile per evitare a sé o ad altri una minaccia imminente e ingiusta, occorre accertare se sono dati i presupposti della legittima difesa e dello stato di necessità di cui agli articoli 15 e seguenti CP, verificando in particolare l'eventuale esistenza di uno stato di necessità esimente (art. 17 CP).

Il diritto svizzero soddisfa i requisiti dell'articolo 26 della Convenzione.

2.6

Art. 27

Capitolo V: Indagini, azione penale e diritto procedurale (art. 27­31) Inchieste su denuncia e d'ufficio

Il paragrafo 1 stabilisce, in conformità all'articolo 7 paragrafo 1 della Decisione quadro del Consiglio d'Europa sulla lotta alla tratta degli esseri umani, che l'azione penale per reati contemplati dalla Convenzione non deve essere subordinata alle dichiarazioni o all'accusa formulate dalla vittima. Questa disposizione è già applicata per mezzo della definizione della fattispecie di cui all'articolo 182 CP quale reato perseguibile d'ufficio.

Per quanto riguarda la denuncia di reati commessi in altre Parti contraenti (par. 2), attualmente nell'ambito della cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia è già previsto che le denunce presentate in Svizzera vengano trasmesse alle autorità dello Stato competente.

L'articolo 27 paragrafo 3 sancisce che le Parti devono inoltre assicurare alle fondazioni, alle organizzazioni non governative e ad altre associazioni che perseguono lo scopo di lottare contro la tratta di esseri umani o di proteggere i diritti dell'uomo, la possibilità di sostenere le vittime della tratta nel corso dei procedimenti penali.

Questa possibilità di sostegno, che corrisponde all'idea di base della concezione svizzera dell'aiuto alle vittime, è sancita dall'articolo 12 capoverso 1 LAV secondo cui i consultori consigliano la vittima e i suoi congiunti e li aiutano a far valere i propri diritti. L'articolo 152 capoverso 2 CPP stabilisce inoltre che per gli interrogatori le vittime possono farsi accompagnare da una persona di fiducia che opera regolarmente per un'organizzazione di cui all'articolo 27 della Convenzione. Ciò non consente tuttavia all'organizzazione di aiuto alle vittime in questione di ottenere il ruolo di parte in causa. Secondo l'articolo 70 capoverso 2 CPP, in caso di procedimento a porte chiuse la vittima può farsi accompagnare da tre persone di fiducia.

La Svizzera adempie pertanto le condizioni poste dalla Convenzione.

Art. 28

Protezione delle vittime, dei testimoni e delle persone che collaborano con l'autorità giudiziaria

L'articolo 28 della Convenzione del Consiglio d'Europa sancisce che occorre adottare misure legislative o altre misure necessarie per offrire a coloro che rilasciano deposizioni nel contesto di un procedimento penale per tratta di esseri umani una protezione effettiva e appropriata dalle possibili ritorsioni o intimidazioni, specie durante e dopo le indagini.

36

Alle vittime minorenni si devono garantire speciali misure di protezione che tengano conto del loro superiore interesse. Analogamente, i gruppi, le associazioni e le ONG che si battono contro la tratta di esseri umani o per la protezione dei diritti dell'uomo, devono ricevere una protezione adeguata da possibili ritorsioni o intimidazioni. Inoltre ognuna delle Parti valuta la possibilità di stipulare accordi con altri Stati per l'attuazione della presente disposizione della Convenzione.

Contrariamente a quanto affermato da più parti nel corso della consultazione, la protezione extraprocedurale prevista dalla Convenzione del Consiglio d'Europa presuppone una partecipazione della vittima al procedimento penale, per mezzo della deposizione in qualità di testimone o semplicemente attraverso informazioni fornite agli inquirenti.

La protezione procedurale dei testimoni in Svizzera è già sufficientemente regolamentata, in quanto è disciplinata in modo esauriente dal CPP. In base all'articolo 149 CPP chi dirige il procedimento può ordinare misure speciali di protezione a favore di testimoni, persone informate sui fatti, imputati, periti e traduttori. L'articolo 149 CPP non cita esplicitamente l'autore della denuncia; in genere si tratta tuttavia di testimoni. Rientrano tra queste misure di protezione: garantire l'anonimato, svolgere interrogatori o accertare le generalità senza la presenza delle parti o a porte chiuse, modificare l'aspetto o la voce della persona da proteggere, eventualmente schermandola, e porre restrizioni al diritto delle Parti di esaminare gli atti.

La legge prevede inoltre misure di protezione speciali per le vittime minorenni e adulte (art. 152 segg. CPP). Nel caso dei minori, lo scopo di tali misure è di evitare di esporre la vittima a gravi pressioni psicologiche. In particolare, occorre rinunciare a un confronto con l'imputato quando la vittima è minorenne o in caso di presunto reato contro l'integrità sessuale.

Per quanto riguarda la protezione al di fuori di procedimenti veri e propri, essa si basa in primo luogo sul mandato generale dei Cantoni, i cui corpi di polizia sono tenuti a prevenire i pericoli immediati per la vita e l'integrità fisica dei cittadini. Tale principio è sancito negli elenchi dei compiti contenuti nelle leggi cantonali in materia di polizia.

Nella nuova
LStr è stata creata una condizione importante per l'adozione di misure di protezione complementari destinate ai testimoni e alle vittime. La regolamentazione del soggiorno di queste categorie di persone può infatti derogare alle condizioni d'ammissione generali (art. 30 cpv. 1 lett. e LStr).

In virtù della LAV, i Cantoni sono inoltre tenuti a istituire consultori. La persona che a causa di un reato è stata direttamente lesa nella sua integrità fisica, psichica o sessuale (vittima) ha diritto ad assistenza medica, psicologica, sociale, materiale e giuridica (art. 2 e 14 cpv. 1 LAV). Le vittime hanno inoltre diritto a un indennizzo e a una riparazione morale (art. 19 segg. LAV).

Attualmente mancano specifiche basi giuridiche e strutture statali che, in determinati casi, consentirebbero di eseguire misure particolari di protezione dei testimoni, quali la creazione di una nuova identità o il trasferimento del domicilio di una persona con la relativa assistenza per trovare un alloggio e un posto di lavoro. Questo problema era già stato da noi constatato nel rapporto «Lotta più efficace contro il terrorismo e

37

la criminalità organizzata» del 9 giugno 200661. Il disegno di legge proposto provvederà a colmare questa lacuna.

In virtù dei suddetti meccanismi di protezione in materia procedurale e di polizia di sicurezza, esistenti a livello cantonale e federale che saranno completati dalla presente legge sulla protezione dei testimoni, la Svizzera adempie le condizioni di cui all'articolo 28 della Convenzione.

Art. 29

Autorità specializzate ed organi di coordinamento

L'articolo statuisce che le Parti devono occuparsi della specializzazione delle persone incaricate della lotta alla tratta di esseri umani e della protezione delle vittime (par. 1). Esse devono assicurare il coordinamento delle attività dei vari servizi coinvolti, se opportuno con l'istituzione di organismi di coordinamento (par. 2). In questo contesto, le Parti garantiscono la formazione delle autorità competenti (par. 3). Inoltre, si raccomanda alle Parti di nominare relatori nazionali o di designare altri organi incaricati di monitorare le attività di lotta alla tratta di esseri umani condotte dalle istituzioni statali (par. 4).

Nella prevenzione e nella lotta contro la tratta di esseri umani la Svizzera persegue già da anni un approccio integrato ai sensi dell'articolo 29 paragrafo 2. Nel 2003, sotto la direzione del DFGP, è stato istituito il Servizio nazionale di coordinazione contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT), che riunisce tutte le autorità della Confederazione e dei Cantoni attive nei settori della prevenzione, del perseguimento penale e della protezione delle vittime. SCOTT è dotato di un centro operativo permanente presso fedpol che coordina e segue le misure. Uno dei punti principali è il settore della formazione specializzata, trattata nell'articolo 29 paragrafi 1 e 3.

La specializzazione ai sensi del paragrafo 1 avviene anche a livello operativo. Dal 2004, le indagini complesse con implicazioni internazionali e intercantonali sono sostenute e coordinate dal commissariato «Pedofilia, tratta di esseri umani e traffico di migranti» presso la PGF. Nell'ambito della riorganizzazione del 1° luglio 2007, il commissariato è stato suddiviso, sul modello degli uffici centrali esistenti, in un commissariato Pedofilia, pornografia e in un commissariato Tratta di esseri umani, traffico di migranti. In qualità di organi centrali nazionali della PGF, i commissariati sono responsabili, nel loro ambito specifico, di allestire una rete nazionale e internazionale di collegamento, di partecipare ai gruppi di lavoro nazionali e internazionali e di garantire lo scambio di informazioni in materia di polizia giudiziaria con i Cantoni, Interpol, Europol e i servizi nazionali.

Il paragrafo 4 raccomanda la nomina di relatori nazionali o di altri organi incaricati di monitorare
le attività statali contro la tratta. A livello europeo manca tuttavia una definizione univoca di relatore nazionale in materia di tratta di esseri umani. Per giunta la nomina di un relatore nazionale con funzioni di monitoraggio è facoltativo per gli Stati membri. Nella prassi svizzera, SCOTT costituisce l'organo di riferimento in seno al quale vengono individuati e trattati i problemi e le lacune e in cui vengono individuati gli interventi necessari. Il paragrafo 4, dato il suo carattere facoltativo, non comporta alcun obbligo che potrebbe ostacolare la ratifica della

61

38

Rapporto del Consiglio federale in adempimento del postulato della Commissione della politica di sicurezza CS (05.3006) del 21 febbraio 2005, FF 2006 5223.

Convenzione. È pertanto possibile rinunciare alla nomina di un relatore nazionale indipendente.

Con queste misure la Svizzera adempie le disposizioni dell'articolo 29 della Convenzione.

Art. 30

Procedimenti giudiziari

Il CPP racchiude una serie di disposizioni riguardanti le vittime che possono essere impiegate per l'applicazione della Convenzione, cioè per procedimenti penali concernenti la tratta di esseri umani. Tali basi legali soddisfano le richieste della Convenzione. Mancano invece le basi legali relative all'adozione di misure finalizzate a proteggere i testimoni al di fuori di un procedimento giudiziario.

Art. 31

Competenza

I presupposti sanciti dall'articolo 31 sulla competenza sono in gran parte adempiuti dalle disposizioni vigenti degli articoli 1 e seguenti CP, dell'articolo 4 della legge del 23 settembre 195362 sulla navigazione marittima sotto bandiera svizzera e dell'articolo 97 capoverso 1 della legge federale del 21 dicembre 194863 sulla navigazione aerea. Si tratta di disposizioni intese a stabilire la competenza della Svizzera in caso di reato. Esse non contemplano tuttavia i reati commessi all'estero da persone apolidi, ai sensi del paragrafo 1 lettera d, che hanno la propria abituale residenza in Svizzera (sono contemplate soltanto le persone che praticano la tratta di esseri umani ai danni di minori). Ciononostante, in virtù dell'articolo 31 paragrafo 2, le Parti possono riservarsi il diritto di non applicare, o di applicare soltanto in modo limitato, le disposizioni di cui al paragrafo 1 lettere d ed e o qualsiasi parte di tali lettere. Proponiamo dunque di formulare una riserva che escluda l'applicazione della disposizione relativa agli apolidi di cui all'articolo 31 paragrafo 1 lettera d.

L'articolo 7 della legge federale del 20 marzo 198164 sull'assistenza internazionale in materia penale (AIMP) sancisce che nessun cittadino svizzero può essere estradato o consegnato a uno Stato estero a scopo di perseguimento o esecuzione penali, a meno che egli non vi acconsenta per scritto. Il paragrafo 3 disciplina l'obbligo delle Parti di definire la propria competenza in tutti i casi in cui l'autore del reato si trova sul territorio giurisdizionale della Parte richiesta e non può essere estradato verso un'altra Parte in quanto cittadino della Parte richiesta. Quest'obbligo è adempiuto dall'articolo 6 capoverso 1 lettera b CP.

2.7

Capitolo VI: Cooperazione internazionale e cooperazione con la società civile (art. 32­35)

Art. 32

Principi generali e misure di cooperazione internazionale

L'articolo 32 rafforza il principio della cooperazione internazionale nei settori della prevenzione, della protezione delle vittime e del perseguimento penale sulla base 62 63 64

RS 747.30 RS 748.0 RS 351.1

39

degli accordi internazionali e regionali applicabili in materia. La Svizzera ha ratificato e applicato la maggior parte delle convenzioni internazionali o europee menzionate, soprattutto nei settori dell'estradizione, dell'assistenza, del riciclaggio di denaro e della lotta alla criminalità organizzata con implicazioni transfrontaliere. Pertanto dispone già di una solida base nell'ambito della cooperazione internazionale per combattere la tratta di esseri umani. Con l'adesione a Schengen, la Svizzera ha inoltre creato un'ulteriore base per una stretta cooperazione con lo spazio Schengen, che produrrà i suoi benefici anche nell'ambito del perseguimento penale della tratta di esseri umani. Su scala mondiale, la ratifica e l'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale65 e i relativi Protocolli addizionali contro la tratta di persone66 e il traffico di migranti67 costituiscono un'ulteriore base per la cooperazione internazionale.

Art. 33

Misure relative alle persone minacciate o scomparse

Le vittime della tratta di esseri umani vengono spesso intimidite con la minaccia che se tentano la fuga o denunciano i loro sfruttatori, i loro parenti in patria ne subiranno le conseguenze. L'articolo 33 paragrafo 1 stabilisce che ogni Parte è tenuta ad avvertire immediatamente un'altra Parte se sul territorio di quest'ultima si trova in pericolo una persona contemplata dall'articolo 28 paragrafo 1. La Parte che riceve una simile informazione, prende le misure idonee in base all'articolo 28, per garantire la sicurezza delle persone coinvolte. Secondo il paragrafo 2, che non ha carattere vincolante, le Parti possono decidere di rafforzare la loro cooperazione per cercare le persone scomparse, in particolare i minori, se si presume che siano vittime della tratta di esseri umani.

Il veloce scambio di informazioni sulle vittime o i testimoni della tratta di esseri umani è attualmente già assicurato da una stretta cooperazione a livello bilaterale nonché nel quadro di Schengen, Europol e Interpol. Ciò non vale soltanto per l'ambito di cui al paragrafo 1 (informazione reciproca su persone potenzialmente in pericolo), ma anche per lo scambio di informazioni e la cooperazione di cui al paragrafo 2. La Svizzera può pertanto informare i servizi responsabili all'estero del potenziale pericolo cui sono esposte le persone in questione. Allo stesso modo, gli altri Stati trasmettono questo genere di informazioni alle autorità cantonali competenti. La mancanza di norme sulla protezione extraprocedurale dei testimoni non consente tuttavia di creare un programma istituzionalizzato di protezione extraprocedurale dei testimoni.

Nell'ambito di Interpol i cosiddetti «yellow notice» permettono di cercare le persone scomparse, anche minorenni, in tutto il mondo. La Svizzera collabora, in questo ambito, con gli Stati partner conformemente all'articolo 351 capoverso 3 CP. Tale articolo disciplina lo scambio di informazioni dell'Ufficio federale di polizia per prevenire e combattere i reati nonché per cercare persone scomparse e identificare sconosciuti. La cooperazione per la ricerca di persone scomparse e e la protezione delle persone in pericolo è possibile anche nell'ambito di Schengen ed è disciplinata dall'articolo 97 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen.

65 66 67

40

RS 0.311.54 RS 0.311.542 RS 0.311.541

La Svizzera è ben attrezzata anche per quanto concerne la protezione dei minori.

Con la ratifica dei pertinenti strumenti giuridici quali la Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo e il relativo Protocollo facoltativo concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione infantile e la pedopornografia68, la Svizzera ha già provveduto a proteggere in modo particolare i minori e ad adottare le relative misure.

Art. 34

Informazioni

L'articolo 34 disciplina lo scambio di informazioni tra le Parti. Secondo il paragrafo 1, la Parte interpellata informa prontamente la Parte richiedente sulle misure che sono state adottate ai sensi del sesto capitolo. Il paragrafo 1 ha inoltre un carattere vincolante che si rispecchia anche nell'articolo 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale69. In base a tale articolo, la Parte richiesta informa la Parte richiedente in merito alle misure adottate, se quest'ultima lo chiede espressamente.

In base al paragrafo 2 una Parte può trasmettere spontaneamente, nel rispetto delle proprie norme nazionali, informazioni importanti, anche se non le sono state richieste, quando ritiene che ciò possa aiutare la Parte destinataria ad avviare o a condurre a buon fine i propri procedimenti. Quest'opzione è prevista esplicitamente anche nel Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale e nella Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato70. Il paragrafo non obbliga tuttavia a trasmettere spontaneamente informazioni. A questo proposito occorre considerare che questo scambio di informazioni concerne tutte le misure adottate ai sensi del capitolo VI, dunque non solo l'aspetto criminale della tratta di esseri umani, ma anche la prevenzione, la protezione delle vittime e dei testimoni.

L'aspetto inerente alla protezione dei dati è trattato nel paragrafo 3, in cui è stabilito che la Parte che trasmette le informazioni può chiedere che esse siano usate solo a certe condizioni e che vengano trattate come confidenziali. Qualora la Parte destinataria non possa soddisfare queste condizioni, deve subito informarne l'altra Parte, che deciderà se intende fornire ugualmente le informazioni in questione.

Il paragrafo 4 statuisce che si devono trasmettere senza indugio le informazioni in relazione agli articoli 13, 14 e 1671 alla Parte coinvolta, se essa le richiede e se le informazioni sono necessarie per garantire i diritti sanciti da questi articoli. Ciò deve comunque avvenire sempre nel rispetto della protezione della sfera privata e dell'identità delle vittime garantita dall'articolo 11.

La possibilità di scambiare informazioni con la Svizzera non è prevista soltanto dai trattati bilaterali di
cooperazione in materia di polizia conclusi con gli Stati partner o dai trattati di assistenza giudiziaria, bensì anche dagli impegni internazionali che la Svizzera ha assunto nell'ambito di Interpol e di Europol. Lo scambio di informazioni, reso possibile da tali impegni, deve tuttavia avvenire sempre nel rispetto delle norme giuridiche nazionali. La trasmissione spontanea di mezzi di prova e di informazioni è ad esempio disciplinata dai requisiti di cui all'articolo 67a AIMP. La 68 69 70 71

RS 0.107.2 RS 0.351.1 RS 0.351.12, art. 11 e RS 0.311.53, art. 10 Art. 13: periodo di recupero e di riflessione di 30 giorni per le vittime; art. 14: concessione di un permesso di soggiorno a determinate condizioni; art. 16: assistenza al rimpatrio delle vittime.

41

possibilità di scambiare informazioni nel quadro di Schengen (art. 39 e 46 CAS) costituisce, inoltre, un ulteriore elemento fondamentale. La legislazione in vigore soddisfa i requisiti della Convenzione.

Art. 35

Cooperazione con la società civile

In base alla presente disposizione, le Parti devono incoraggiare le autorità statali a cooperare con le organizzazioni non governative (ONG) e i membri della società civile allo scopo di instaurare partenariati strategici per raggiungere gli obiettivi della Convenzione.

In Svizzera esiste già attualmente una stretta cooperazione, sia a livello strategico che operativo, tra autorità e ONG attive nel settore della tratta di esseri umani e in particolare della protezione delle vittime. Lo conferma il fatto che due ONG come il servizio specializzato in materia di tratta e migrazione delle donne (FIZ) di Zurigo e il servizio specializzato ECPAT della Fondazione svizzera per la protezione dell'infanzia, sono membri permanenti di SCOTT. Le ONG partecipano quindi in modo effettivo, a livello nazionale, all'elaborazione di strategie e di strumenti volti a combattere la tratta di esseri umani. Altre ONG vengono puntualmente interpellate nell'ambito di specifici gruppi di specialisti o di progetti. Il FIZ e le altre ONG sono rappresentati anche all'interno delle tavole rotonde contro la tratta di esseri umani.

In diversi Cantoni, esistono convenzioni con le ONG sulle prestazioni per la consulenza e l'assistenza alle vittime della tratta di esseri umani.

Grazie a questa politica e a tali misure, la Svizzera adempie le condizioni poste dall'articolo 35 della Convenzione.

2.8

Capitolo VII: Meccanismo di monitoraggio (art. 36­38)

L'introduzione di un meccanismo efficace per garantire l'applicazione della Convenzione negli Stati membri è stato sin dall'inizio un elemento centrale dei lavori del Consiglio d'Europa. Il meccanismo di monitoraggio previsto si basa su due pilastri istituzionali: a)

il Gruppo di esperti indipendenti sulla lotta alla tratta di esseri umani (GRETA) composto di 10­15 membri eletti dal Comitato delle Parti con un mandato di 4 anni. La composizione del gruppo tiene conto di una partecipazione equilibrata di donne e uomini, di una ripartizione geograficamente equilibrata e di un'esperienza multidisciplinare. I membri di GRETA appartengono al gruppo a titolo individuale e agiscono in modo indipendente e imparziale (art. 36);

b)

il Comitato delle Parti è composto dai rappresentanti delle Parti firmatarie della Convenzione ed è convocato dal Segretario generale del Consiglio d'Europa, entro un anno dall'entrata in vigore della Convenzione. Il Comitato elegge i membri di GRETA e assicura la partecipazione delle Parti contraenti ai processi decisionali e al monitoraggio della Convenzione (art. 37).

L'articolo 38 disciplina la procedura di valutazione vera e propria e l'interazione tra GRETA e il Comitato delle Parti. GRETA determina la cadenza, la durata, i punti principali e gli strumenti di valutazione dei Paesi; questa valutazione si basa in 42

particolare su questionari indirizzati alle Parti e su visite nei Paesi. GRETA può chiedere informazioni anche alla società civile (par. 1­4). Sulla scorta dei dati raccolti, GRETA redige una bozza di rapporto di valutazione contenente proposte e suggerimenti, in merito ai quali la Parte valutata può formulare i propri commenti.

GRETA è tenuta a prendere in considerazione detti commenti. Il rapporto finale e le conclusioni di GRETA sono trasmesse alla Parte e al Comitato delle Parti. Essi sono eventualmente resi pubblici assieme ai commenti della Parte interessata (par. 5 e 6).

In base al paragrafo 7, il Comitato delle Parti può, sulla scorta del rapporto di GRETA, adottare delle raccomandazioni indirizzate alla Parte e, se necessario, stabilire una data entro cui quest'ultima dovrà informare sulla loro realizzazione.

Grazie al meccanismo di monitoraggio descritto, le Parti sono sottoposte a una procedura di valutazione regolare e indipendente. Si tratta di uno strumento eccezionale nell'ambito dei trattati internazionali contro la tratta di esseri umani che rappresenta pertanto un plusvalore rispetto al Protocollo addizionale dell'ONU e al Protocollo facoltativo dell'ONU. GRETA e il Comitato delle Parti non sono tuttavia istanze giuridiche e il meccanismo di monitoraggio non ha alcun effetto giudiziario.

I rapporti pubblici di GRETA e le eventuali raccomandazioni del Comitato delle Parti producono più che altro una pressione politica per indurre le Parti a rispettare gli obblighi della Convenzione nella propria legislazione e tenerne conto nell'esecuzione. La prima seduta del nuovo organo ha avuto luogo a Strasburgo a fine febbraio 2009.

Tale strumento è ideale per favorire la trasposizione concreta della Convenzione negli Stati membri. Per la Svizzera è fondamentale che le disposizioni della Convenzione non rimangano solo sulla carta. In quanto Paese di destinazione della tratta di esseri umani, la Svizzera potrà infatti beneficiare direttamente di una migliore prevenzione attuata dagli Stati di origine e di transito (art. 5), dell'armonizzazione internazionale delle diposizioni penali (art. 27­31) nonché del potenziamento della cooperazione tra gli Stati in materia di perseguimento penale e di protezione delle vittime (art. 32­34), inclusi il rimpatrio e la reintegrazione sociale delle
vittime (art. 16).

In caso di ratifica della Convenzione, la Svizzera sarà sottoposta, anch'essa, periodicamente alla procedura di valutazione. Tale procedura comporta alcuni obblighi, quali quello di fornire informazioni per scritto, di nominare una persona di contatto, di designare gli specialisti in occasione delle visite in Svizzera del Comitato indipendente di esperti e, se necessario, di prendere posizione in merito alla bozza del rapporto di GRETA. Nell'Amministrazione federale questa procedura di valutazione sarà eventualmente coordinata dall'ufficio centrale di SCOTT.

43

2.9

Capitolo VIII: Relazione con altri strumenti internazionali (art. 39 e 40)

Art. 39

Relazione con il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata per prevenire, reprimere e punire la tratta di esseri umani, in particolare di donne e bambini

L'articolo 39 disciplina la relazione della Convenzione con il Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, approvato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 novembre 2000. In Svizzera tale Protocollo addizionale è entrato in vigore il 26 novembre 200672. La legislazione svizzera vigente contiene peraltro già diverse disposizioni facoltative raccomandate dal Protocollo addizionale.

Art. 40

Relazione con altri strumenti internazionali

L'articolo 40 disciplina la relazione della Convenzione con altre normative internazionali soprattutto nell'ambito della tratta di esseri umani (par. 1), come pure dei diritti dell'uomo e dello statuto di rifugiato (par. 4). Il paragrafo 3 contiene la cosiddetta clausola di disgiunzione («disconnection clause») secondo cui gli Stati membri dell'UE applicano nelle loro mutue relazioni le disposizioni della CE e dell'UE nella misura in cui esistano disposizioni della Comunità europea e dell'Unione europea che disciplinino il relativo specifico oggetto e siano applicabili al caso di specie, e ciò senza pregiudicare né l'oggetto e la finalità della Convenzione né la sua applicazione integrale nei confronti delle altre Parti. Poiché la Svizzera non ha concluso alcun accordo bilaterale con la CE o con l'UE che la obblighi a procedere in tal senso, la clausola summenzionata non produce alcun effetto giuridico.

2.10

Capitolo IX: Emendamenti alla Convenzione (art. 41)

Secondo l'articolo 41 della Convenzione, tutte le Parti sono autorizzate a proporre emendamenti alla Convenzione. Gli emendamenti devono essere comunicati al Segretario generale del Consiglio d'Europa che li trasmette agli Stati membri del Consiglio d'Europa, alle Parti, alla Comunità europea, a ogni Stato invitato a firmare la Convenzione e ad aderirvi, nonché a GRETA. Quest'ultimo sottopone al Comitato dei Ministri il proprio parere sull'emendamento proposto. Dopo aver valutato la proposta e il parere formulato da GRETA, il Comitato dei Ministri può decidere di adottare l'emendamento. Il testo dell'emendamento è nuovamente sottoposto alle Parti per approvazione ed entra in vigore solo quando tutte le Parti hanno notificato al Segretario generale la propria approvazione.

Questa procedura complessa assicura che la Convenzione sia stilata con la collaborazione di tutte le Parti e impedisce che essa possa perdere d'importanza a causa di emendamenti inapplicabili.

72

44

RS 0.311.542

2.11

Capitolo X: Clausole finali (art. 42­47)

Le clausole finali contemplano le consuete modalità concernenti la firma e l'entrata in vigore (art. 42), l'adesione (art. 43), l'ambito territoriale di applicazione (art. 44), le riserve (art. 45), la denuncia (art. 46) e la notifica (art. 47). La Convenzione non è aperta soltanto agli Stati membri del Consiglio d'Europa e agli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione, ma anche a Stati terzi. Questi ultimi possono aderire alla Convenzione su invito del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa. Per principio non sono ammesse riserve, ad eccezione di quelle di ordine territoriale relative alla competenza giurisdizionale di cui all'articolo 31 paragrafo 2.

Come spiegato nel commento sull'articolo 31, proponiamo di formulare una riserva che escluda l'applicazione della disposizione relativa agli apolidi di cui all'articolo 31 paragrafo 1 lettera d.

La Convenzione può essere denunciata con un preavviso di tre mesi.

La Convenzione è entrata in vigore il 1° febbraio 2008, ovvero 30 giorni dopo la data in cui 10 Stati hanno depositato lo strumento di ratifica. Almeno otto di questi 10 Stati erano, come prescritto, membri del Consiglio d'Europa. A fine novembre 2010, erano 30 gli Stati ad aver ratificato la Convenzione, mentre altri 13 l'avevano fino ad allora firmata.

3

Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes): punti essenziali del progetto

3.1

Introduzione

3.1.1

Cos'è la protezione dei testimoni?

La protezione dei testimoni ha lo scopo di proteggere le persone chiamate a testimoniare in un procedimento penale in merito a fatti di cui sono a conoscenza e che per questo motivo sono minacciate. Le misure di protezione diventano necessarie quando su queste persone o sui loro familiari viene esercitata pressione mediante minacce, attentati all'integrità fisica e alla vita o mediante altri mezzi. Lo scopo delle intimidazioni e delle repressioni è di impedire alle persone di testimoniare oppure di influenzare il contenuto della deposizione e possibilmente sottrarre i colpevoli al perseguimento penale. Questo tipo di atteggiamento non è nuovo, ma negli ultimi anni è diventato più frequente soprattutto nei settori del crimine organizzato e della criminalità grave. Quanto più un testimone è importante per provare che è stato commesso un reato, tanto più è grande il pericolo che si tenti di impedire la sua deposizione al fine di ostacolare il perseguimento penale.

La protezione dei testimoni e la pressione esercitata su di loro costituiscono in generale un problema sempre più grave laddove, in mancanza di altri mezzi di prova, le autorità di perseguimento penale dipendono fortemente dalle deposizioni dei testimoni73. Questo non succede soltanto negli ambiti della criminalità organizzata e della lotta al terrorismo, ma anche nel settore della tratta di esseri umani. Le esperienze maturate in Svizzera e all'estero mostrano che, in mancanza di prove 73

Cfr. il messaggio del 22 gennaio 2003 concernente la modifica della procedura penale militare (Protezione dei testimoni), FF 2003 671 segg.

45

materiali, si può lottare efficacemente contro il terrorismo, il crimine organizzato o altre forme gravi di criminalità soltanto grazie alle deposizioni dei testimoni. Dal lavoro della polizia inoltre risulta che i potenziali testimoni, per paura o in seguito a pesanti minacce, non sono disposti a deporre senza che venga loro garantita una protezione adeguata. Un testimone minacciato spesso accetta di deporre o di mantenere la propria disponibilità a deporre solo in cambio di una protezione adeguata.

L'obiettivo delle misure di protezione dei testimoni è pertanto di proteggere le persone che sono esposte a pericoli che ne minacciano la vita, l'integrità fisica, la salute, la libertà o i valori patrimoniali sostanziali, a causa delle loro deposizioni, del loro coinvolgimento o della loro vicinanza al perseguimento; inoltre s'intende assicurare il perseguimento penale garantendo e mantenendo le condizioni per la disponibilità a deporre74.

Il termine «testimone» non va inteso in senso strettamente procedurale ma si estende, oltre che ai familiari minacciati, a tutte le persone che possono fornire informazioni sui fatti (p. es. anche il coimputato chiamato a deporre come persona tenuta a dare informazioni) o che contribuiscono alla deposizione durante il procedimento (p. es. interpreti o specialisti)75. Questa definizione più estesa di testimone è applicata anche dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU) e dai tribunali penali internazionali.

3.1.2

Distinzione tra protezione dei testimoni procedurale ed extraprocedurale

Le misure di protezione dei testimoni sono suddivise in misure procedurali ed extraprocedurali. Le misure procedurali mirano a proteggere i testimoni che partecipano a un procedimento e sono disciplinate da specifiche disposizioni di diritto procedurale.

Oltre al diritto di rifiutare la testimonianza, tali disposizioni riguardano in particolare misure volte a mantenere parzialmente o del tutto segreta l'identità del testimone durante il procedimento. Finora in Svizzera diversi codici di procedura penale cantonali e singole leggi specifiche prevedevano una serie di misure di protezione procedurale per i testimoni in generale o per una determinata categoria di testimoni.

In futuro queste misure di protezione saranno disciplinate dagli articoli 149 e seguenti del CPP che entrerà in vigore il 1° gennaio 2011.

I diritti di protezione procedurale, come quelli già introdotti nella legislazione svizzera, costituiscono un elemento importante della protezione dei testimoni. Essi sono tuttavia insufficienti se ad esempio la persona imputata, in base al contenuto della deposizione, è in grado di riconoscere chi ha testimoniato o è riuscita a scoprirne l'identità in altro modo.

Dal punto di vista del procedimento penale, occorre anche tener presente che, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte EDU, la deposizione 74

75

46

Cfr. il rapporto del Consiglio federale del 9 giugno 2006 in adempimento del postulato della Commissione della politica di sicurezza CS (05.3006) del 21 febbraio 2005, «Lotta più efficace contro il terrorismo e la criminalità organizzata», FF 2006 5223 5250 seg.; rinviamo in proposito anche alla raccomandazione del Consiglio d'Europa del 10 settembre 1997 (Recommandation R (97) 13 sur la protection des témoins contre toute manoeuvre d'intimidation et les droits de la défense).

Cfr. DTF 125 I 127 132 consid. 6a.

anonima di un testimone non può contribuire in via esclusiva o decisiva al giudizio di colpevolezza76. Benché il Tribunale federale si sia espresso in modo critico su questa prassi che ha fatto sì che i testimoni anonimi venissero ammessi solamente in procedimenti in cui alla fine risultavano superflui ai fini dell'acquisizione delle prove, esso afferma che rimane ancora da definire se e in quali circostanze una deposizione testimoniale resa anonima, che costituisce veramente l'unico presupposto o un presupposto decisivo ai fini della condanna, sia sufficiente per un giudizio di colpevolezza77.

Per garantire sia una protezione efficace sia un perseguimento penale efficiente, in caso di potenziali intimidazioni o atti di vendetta nei confronti della persona chiamata a testimoniare o di una persona a lei prossima, spesso risultano appropriate solo misure di protezione extraprocedurale (misure al di fuori degli atti procedurali veri e propri e anche successive alla conclusione del procedimento) affinché la persona mantenga la propria deposizione.

Le misure extraprocedurali di protezione dei testimoni mirano alla protezione delle persone esposte a pericoli al di fuori del procedimento vero e proprio, ovvero durante il suo svolgimento e dopo la sua conclusione. A differenza dei diritti di protezione procedurale, queste misure non tangono i diritti di parte e di difesa degli imputati.

Quali esempi si possono citare la consulenza sul modo di comportarsi, la messa a disposizione di strumenti ausiliari come un nuovo numero di cellulare o un numero di emergenza, la protezione personale e la sistemazione temporanea in un luogo sicuro. Costituiscono misure più specifiche il blocco dei dati, la creazione di una nuova identità, il trasferimento del luogo di domicilio, un nuovo posto di lavoro e la garanzia del sostentamento. Un programma di protezione dei testimoni è costituito da questo tipo di misure, concordate in base alle esigenze del caso dalle autorità e dalla persona protetta.

Le misure di protezione procedurale ed extraprocedurale possono essere complementari. Un testimone con una nuova identità rilascia la sua deposizione in tribunale usando l'identità originaria, tuttavia deve avere la possibilità di rifiutarsi di rilasciare dichiarazioni in merito al nuovo nome, al domicilio e al luogo di
lavoro. Per non dover fornire tali indicazioni è possibile, a condizione che esistano disposizioni in merito, ricorrere alla protezione procedurale dei testimoni oppure avvalersi della facoltà di non deporre a causa della minaccia.

3.1.3

Delimitazione rispetto alla normativa sui pentiti

Occorre distinguere la nozione di protezione dei testimoni dalla normativa prevista per i pentiti che trae origine dal sistema giuridico anglo-americano. Quest'ultima non persegue lo scopo di proteggere i testimoni, bensì mira esclusivamente a facilitare la ricerca della verità e costituisce una vera e propria normativa della commisurazione della pena. In effetti, si tenta di convincere imputati a deporre contro altri imputati, garantendo loro l'impunità o altri vantaggi procedurali. Le misure di prote76

77

Cfr. le sentenze Doorson, Recueil CourEDH 1996-II pag. 446, n. 69; van Mechelen, Recueil CourEDH 1997-VII pag. 2426 [=RUDH 1997 p. 209]; Krasniki del 28.2.2006, n. 76.

Cfr. DTF 133 I 33, discusso in ZBJV 2008, 811 seg. e SJZ 103 2007 411 seg. nonché la discussione su quanto statuito in DTF 132 I 127 in ZBJV 2007, 712 segg.

47

zione dei testimoni diventano tuttavia un requisito fondamentale della normativa relativa ai pentiti e una premessa imprescindibile per la deposizione, se con la loro collaborazione i testimoni rischiano di subire atti di vendetta. L'introduzione di una normativa relativa ai pentiti che preveda una loro possibile impunità, è stata esaminata nell'ambito dell'unificazione del diritto processuale penale svizzero. Essa è stata tuttavia scartata a causa di forti dubbi circa la compatibilità con i principi dello Stato di diritto e perché nella prassi giuridica svizzera non sembra esserci una necessità concreta di una tale normativa78. Occorre considerare che il diritto vigente prevede già incentivi alla collaborazione. L'articolo 260ter CP statuisce, infatti, che il giudice può attenuare la pena se l'autore di un reato si sforza d'impedire la prosecuzione dell'attività di un'organizzazione criminale79. Inoltre, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la cooperazione di un imputato in genere comporta una riduzione della pena. Come nella normativa relativa ai pentiti, l'incentivo dell'attenuazione della pena produce effetti solo in combinazione con misure di protezione extraprocedurale, quindi unicamente se lo Stato è in grado di offrire anche una protezione adeguata al testimone che con la sua collaborazione rischia di esporsi a pericoli.

3.2

Situazione iniziale

3.2.1

Diritto

Nell'ambito del diritto penale civile non vi sono né a livello federale né a livello cantonale norme giuridiche che disciplinino in modo specifico ed esaustivo le condizioni e l'applicazione di misure di protezione extraprocedurale o di veri e propri programmi di protezione dei testimoni.

L'applicazione di misure di protezione extraprocedurale si basa perciò sul mandato generale dei Cantoni, i cui corpi di polizia devono prevenire i pericoli immediati per la vita e l'integrità fisica dei cittadini. Tale incarico è formulato in maniera generalizzata tra i compiti elencati nelle leggi cantonali sulla polizia. Inoltre, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, in virtù dell'articolo 10 Cost. e dell'articolo 2 CEDU, l'obbligo di testimoniare in giudizio implica l'obbligo dello Stato di proteggere le persone che sono esposte a pericoli a causa della loro deposizione80.

Nella nuova LStr è stata creata una premessa importante per l'esecuzione di ulteriori misure di protezione per i testimoni e le vittime: il disciplinamento del loro soggiorno può derogare dalle condizioni d'ammissione generali (art. 30 cpv. 1 lett. e LStr).

Nell'ambito extraprocedurale, la LAV obbliga inoltre i Cantoni a istituire consultori.

La persona che a causa di un reato è stata direttamente lesa nella sua integrità fisica, psichica o sessuale (vittima), ha diritto all'assistenza medica, psicologica, sociale, materiale e giuridica (art. 2 e 14 cpv. 1 LAV). In caso di necessità, i consultori possono ad esempio procurare alla vittima o ai suoi familiari un alloggio d'emergenza (p. es. in un centro d'accoglienza per donne quando le vittime hanno subito atti di violenza). Le vittime hanno inoltre diritto a un indennizzo e a una riparazione 78 79 80

48

Cfr. «De 29 à l'unité», Concept d'un code de procédure pénale fédéral, Rapport de la Commission d'experts, DFJP, juin 2001, pag. 53 e segg.

In Austria un disciplinamento simile è denominato «kleine Kronzeugenregelung», cfr. art. 41a del codice penale austriaco.

Cfr. DTF 1A.32/1999 del 13.9.1999, pubblicata in EuGRZ 2000, 451.

morale (art. 19 segg. LAV). Occorre tuttavia considerare che la LAV, persegue uno scopo il quale consente di coprire soltanto determinati aspetti parziali di tale assistenza. Per di più essa si applica soltanto a titolo sussidiario: le prestazioni di aiuto alle vittime sono pertanto accordate definitivamente soltanto se l'autore del reato o un'altra persona o istituzione debitrice non versa prestazioni o versa prestazioni insufficienti (art. 4 cpv. 1 LAV). Infine, un testimone non necessariamente è una vittima ai sensi della LAV.

Nel CPP si è rinunciato espressamente a disciplinare la protezione extraprocedurale dei testimoni. In virtù dell'articolo 156 CPP, concepito a scopo puramente dichiarativo, la Confederazione e i Cantoni possono prevedere misure per la protezione di persone al di fuori di un procedimento. Tuttavia lo stesso CPP contiene norme concepite per accordare protezione alle varie categorie di testimoni dopo il termine di un procedimento. La garanzia dell'anonimato per una persona da proteggere perdura, infatti, anche dopo il procedimento penale; le sue generalità non sono rese note nel procedimento e la sua vera identità non figura neppure negli atti.

3.2.2

Prassi

In mancanza di norme giuridiche specifiche per la protezione extraprocedurale dei testimoni, in Svizzera attualmente non vi sono veri e propri programmi di protezione dei testimoni. Su richieste pervenute dall'estero, sono già state trasferite in Svizzera persone provenienti da altri Paesi e a livello cantonale sono noti casi in cui, grazie alla collaborazione di vari servizi, persone esposte a pericoli sono state sistemate temporaneamente oppure, con un nuovo nome, per un periodo prolungato in un altro Cantone. Si tratta tuttavia di casi isolati che si basano sui compiti generali di protezione di competenza dello Stato. Non si può pertanto parlare di una protezione dei testimoni istituzionalizzata.

Nella prassi la mancanza di una normativa specifica finalizzata a disciplinare la protezione extraprocedurale dei testimoni, comporta le incertezze giuridiche e i problemi esposti qui di seguito.

­

I compiti non sono attribuiti in modo concreto: le misure di protezione dei testimoni hanno uno status particolare, poiché servono a prevenire pericoli, ma vanno oltre i compiti della polizia in materia di sicurezza. All'estero, in seno ai corpi di polizia sono stati istituiti servizi specializzati per la protezione dei testimoni. Non è tuttavia possibile creare servizi di questo tipo e acquisire le conoscenze specifiche necessarie, senza istituzionalizzare la protezione extraprocedurale dei testimoni e senza disporre della competenza legale. Questo vale a maggior ragione a livello federale per la PGF, responsabile del perseguimento delle forme gravi di criminalità, che attualmente non ha l'incarico di eseguire compiti di polizia di sicurezza comparabili a quelli previsti dal diritto cantonale di polizia.

­

Le competenze territoriali sono talvolta poco chiare: nel caso delle misure di protezione dei testimoni si tratta di misure di polizia volte a prevenire un pericolo, che tuttavia sono strettamente collegate a un procedimento penale.

La questione della competenza territoriale per l'esecuzione delle misure di protezione extraprocedurale dei testimoni è sempre motivo di discussioni, perché manca una base legale (non è sempre chiaro se spetta all'autorità del 49

luogo del foro o a quella del luogo di domicilio della persona da proteggere occuparsi della protezione).

­

Mancano norme specifiche che sanciscano competenze e obblighi: occorrono basi legali concrete affinché si possano adottare misure di protezione specifiche, quali il blocco dei dati presso servizi pubblici e privati o il rilascio e l'allestimento di documenti fittizi per persone in pericolo. Senza le basi legali i servizi pubblici e privati non possono essere obbligati a cooperare. In mancanza di un'istituzionalizzazione anche le possibilità di adottare misure di protezione meno incisive (p. es. consulenza sul modo di comportarsi, protezione di persone o di edifici, sistemazione in un luogo sicuro) sono limitate a causa della mancanza di risorse.

­

Il coordinamento su scala nazionale è difficile: per raggiungere l'obiettivo è necessario che i servizi coinvolti agiscano in modo coordinato e strutturato, in particolare anche a causa delle dimensioni ridotte della Svizzera e delle sue strutture federaliste. Una stretta collaborazione tra le autorità di giustizia e di polizia della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni, ma anche con altre istituzioni o uffici pubblici (p. es. autorità degli stranieri, servizi sociali, servizi specializzati) riveste un ruolo importante ai fini della protezione dei testimoni. La mancanza di norme sulla competenza e sulle responsabilità rende più ardua la cooperazione tra i servizi coinvolti.

­

Il coordinamento su scala internazionale è difficile: una stretta cooperazione internazionale è importante, poiché in casi di pericolo estremo la Svizzera è troppo piccola per garantire da sola la sicurezza del testimone. Se necessario, le persone che hanno bisogno di protezione potrebbero essere trasferite all'estero temporaneamente o per un periodo più lungo. La cooperazione internazionale si basa sul principio della reciprocità. Tuttavia molti Paesi, a causa della complessità della materia riguardante la protezione dei testimoni, affidano i propri testimoni solo a Paesi che dispongono di un servizio di protezione dei testimoni con l'esperienza e le conoscenze necessarie. La mancanza di basi legali e di un servizio incaricato specificatamente dei compiti di protezione dei testimoni complica o impedisce la cooperazione internazionale.

3.2.3

Conseguenze delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la protezione dei testimoni

3.2.3.1

Trattamento dei dati amministrativi

Per prevenire le minacce, la persona da proteggere va innanzitutto separata dall'ambiente in cui vive al momento e trasferita altrove. L'obiettivo è di isolarla in modo assoluto, affinché chi la minaccia non possa avvicinarla. Se il trasferimento non costituisce una misura provvisoria ma la persona deve stabilirsi definitivamente altrove, essa deve essere integrata nella vita quotidiana e quindi anche nel sistema sociale e amministrativo.

In condizioni normali, una persona deve presentarsi presso una serie di uffici pubblici e privati. A livello comunale occorre notificare al controllo abitanti l'arrivo e la partenza e la persona è iscritta nel registro fiscale. A seconda della specifica situa50

zione personale e anche delle esigenze del soggetto da proteggere, sono necessari altri contatti con le autorità, ad esempio con l'ufficio AVS-AI o con quello per l'assistenza sociale. Eventuali variazioni nello stato civile vanno comunicate all'ufficio competente, una nuova licenza di condurre va richiesta all'ufficio cantonale della circolazione stradale, il prolungamento di un permesso di soggiorno presso l'ufficio cantonale degli stranieri ecc.

Oggi i dati trattati in tutte queste operazioni sono per lo più rilevati elettronicamente e sempre più spesso vengono anche collegati online. L'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, pur essendo vantaggioso ai fini di una gestione efficiente, economica e utile ai cittadini dell'attività amministrativa, non agevola invece la protezione di una persona minacciata. Gli esempi di sviluppi recenti, riportati di seguito, mostrano quanto sarà difficile in futuro assegnare a una persona un nuovo domicilio in Svizzera senza cambiare né il suo nome né altri dati identificativi, in modo che chi la minaccia non possa più rintracciarla facendo ricerche, lecite o illecite, presso le autorità.

81 82

­

Armonizzazione dei registri: oggi i registri di persone a livello comunale, cantonale e federale attribuiscono numeri personali individualmente e non in modo coordinato. Il 1° gennaio 2008 è entrata in vigore la legge federale del 23 giugno 200681 sull'armonizzazione dei registri degli abitanti e di altri registri ufficiali di persone (Legge sull'armonizzazione dei registri, LarRa), che mira anche a semplificare lo scambio, previsto dalla legge, di dati tra i registri ufficiali di persone della Confederazione e dei Cantoni. L'articolo 2 capoverso 1 LarRA prevede inoltre che il nuovo numero di assicurato, che sostituirà l'attuale numero AVS, sia inserito come caratteristica univoca nei registri di persone indicati dalla LarRa a livello federale, cantonale e comunale (cfr. sotto). In questo modo si semplificano i processi di comunicazione dei dati tra i registri ufficiali di persone.

­

Numero AVS come caratteristica d'identificazione: dal 1° luglio 2008, gli organi esecutivi del primo pilastro (AVS, AI e regime delle indennità di perdita di guadagno IPG) utilizzano il nuovo numero AVS a 13 cifre. Il nuovo numero di assicurato AVS è stato introdotto per evitare conti doppi o tripli nell'ambito delle assicurazioni sociali. Tale numero è totalmente anonimo, viene assegnato in modo univoco a una sola persona cui è attribuito il prima possibile e resta invariato per tutta la vita. Il nuovo numero è utilizzato, oltre che dall'AVS e dall'AI, anche da altre assicurazioni sociali e organizzazioni (p es. le casse malati per l'emissione della tessera d'assicurato, cfr.

più avanti).

­

Nuova tessera d'assicurato: il progetto e-health ha lo scopo di agevolare l'interconnessione elettronica degli operatori del settore sanitario. La caratteristica fondamentale è la nuova tessera d'assicurato. Gli assicurati devono esibire la tessera per ricevere prestazioni negli studi medici, negli ospedali e nelle farmacie e per ottenerne il rimborso da parte delle casse malati.

L'ordinanza sulla tessera d'assicurato per l'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (OTeA)82 stabilisce che il nuovo numero di assicurato AVS deve essere sia stampato come informazione visibile sulla tessera sia memorizzato elettronicamente nel microprocessore.

RS 431.02 RS 832.105

51

­

Infostar: dal 2004 il registro informatizzato dello stato civile Infostar è subentrato ai tradizionali registri cartacei dello stato civile. In Infostar sono registrati tutti i cittadini svizzeri e anche le persone straniere a partire dal momento in cui si verifica un evento rilevante ai fini dell'iscrizione nel registro (matrimonio, nascita di un figlio ecc.). L'interconnessione e la registrazione comune dei dati in Infostar consentono, appena la registrazione è formalmente conclusa, agli ufficiali di stato civile di tutta la Svizzera e, se autorizzate, ad altre autorità, di consultare immediatamente i dati senza ulteriori verifiche. Attualmente il registro è ad esempio collegato con il Sistema svizzero d'informazione sui documenti d'identità ISA e la Cassa svizzera di compensazione (in caso di nuove registrazioni il numero AVS è direttamente attribuito alla registrazione in Infostar). Inoltre esistono ulteriori interfacce per esempio con RIPOL, con i registri di controllo degli abitanti e con SIMIC.

Le esperienze maturate all'estero nel campo della protezione dei testimoni hanno mostrato che il servizio incaricato della protezione è sempre un passo indietro rispetto agli sviluppi tecnologici e che, in casi di grave pericolo, non è sufficiente limitarsi a ordinare il blocco della comunicazione dei dati. Il servizio di protezione dei testimoni deve assicurare che non si possa risalire dal luogo di residenza precedente a quello nuovo o comunque all'identità nuova partendo da quella originaria; tuttavia non può mai sapere con certezza dove vanno a finire i dati e cosa succede quando si notifica una modifica dei dati a un'autorità. Per questo motivo all'estero le autorità fanno sempre più spesso ricorso alla creazione di una nuova identità: è infatti possibile impedire che una persona venga facilmente rintracciata da chi la minaccia solo se non vi sono più correlazioni con il suo nome precedente e le caratteristiche d'identificazione originarie.

3.2.3.2

Conseguenze di Internet

I motori di ricerca trattano dati personali e quindi entrano nella sfera privata degli utenti di Internet, sia quando eseguono le ricerche sia quando ne forniscono i risultati.

Dal punto di vista della protezione dei testimoni, esistono sostanzialmente due diversi tipi di problemi dovuti ai motori di ricerca. Il primo concerne il raggruppamento di informazioni che si trovano su pagine Internet diverse e indipendenti le une dalle altre e che, attraverso il motore di ricerca, sono rese accessibili all'utente visualizzando le corrispondenze. Il secondo è riconducibile al fatto che i motori di ricerca raccolgono, mediante la registrazione degli indirizzi IP, tutte le informazioni sulle ricerche effettuate, sui risultati e sulle corrispondenze consultate dall'utente e possono stilare, trattare e sfruttare i profili personali di chi effettua le ricerche83.

Non appena in Internet, i dati su una determinata persona sono rintracciabili con estrema facilità mediante i motori di ricerca che consentono di raggruppare anche 83

52

Cfr. gli articoli, i discorsi e le raccomandazioni sulla homepage dell'Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza, p. es. Verräterische Datenspuren, pubblicato in Natürlich, n. 2, 2003, http://www.edoeb.admin.ch/dokumentation/00898/00904/index.html?lang=de (disponibile soltanto in tedesco).

informazioni disseminate qua e là e di consultarle in modo centralizzato. Alla luce di queste premesse, gli utenti di Internet devono valutare con grande attenzione le informazioni personali che intendono pubblicare in rete. La disponibilità di dati in Internet però non dipende solo dalla persona interessata e concerne anche attività che non sono di natura privata. Gli uffici pubblici e privati pubblicano sempre più informazioni su Internet senza che la persona interessata ne sia immediatamente consapevole. È possibile risalire rapidamente, in modo diretto o indiretto, all'attuale domicilio di una persona. In determinati casi la persona interessata può intervenire e richiedere la cancellazione dei dati (p. es. da Swisscom Directories), ma vi sono anche casi in cui l'eliminazione a posteriori è impossibile oppure molto complicata (p. es. nel caso di un battesimo con i nomi di tutti i partecipanti pubblicati online da una parrocchia).

Per quanto concerne le esigenze della protezione dei testimoni, il rischio di rivelare involontariamente un'informazione in Internet può essere ridotto di molto se una persona gravemente minacciata smette di usare il suo nome precedente.

3.3

Il nuovo disciplinamento proposto

Il disegno di legge intende porre le basi per lo svolgimento di programmi di protezione dei testimoni e creare le norme che disciplinano i compiti e le responsabilità dei servizi operanti nell'ambito della protezione dei testimoni, stabilendo così la certezza del diritto.

Sotto il profilo del contenuto, la presente legge avrebbe potuto essere integrata nel disegno di legge federale sui compiti della Confederazione in materia di polizia in quanto compito di polizia di sicurezza e di supporto alle indagini. La legge è stata invece elaborata come testo a sé stante perché la protezione extraprocedurale dei testimoni costituisce una materia normativa indipendente e compiuta che consente inoltre di trasporre norme di diritto internazionale e il cui campo d'applicazione riguarda le persone che collaborano nel quadro di un procedimento penale della Confederazione o dei Cantoni. In diversi interventi parlamentari e in una petizione è inoltre stato chiesto ripetutamente di ratificare quanto prima la Convenzione del Consiglio d'Europa. La protezione extraprocedurale dei testimoni è pertanto trasmessa separatamente alle Camere federali sotto forma di legge speciale.

Il nuovo disciplinamento affronta i seguenti punti principali: ­

Oggetto e campo d'applicazione (capitolo 1); Possono beneficiare di un programma di protezione dei testimoni conformemente al presente disegno di legge le persone che, a causa della loro collaborazione a procedimenti penali federali o cantonali, sono esposte a una grave minaccia per la vita e l'integrità fisica oppure a un altro grave pregiudizio e senza le cui informazioni il perseguimento penale sarebbe eccessivamente difficoltoso.

La scelta di un campo d'applicazione così ristretto è dovuta al principio della proporzionalità: l'importanza di una deposizione deve giustificare l'onere e i costi di un programma di protezione e in particolare anche le limitazioni, in parte considerevoli, a cui la persona interessata sarà soggetta per il resto della sua vita. Se una persona non viene inserita in un programma di protezione dei testimoni della Confederazione ed è minacciata nonostante abbia rinun53

ciato a deporre, subentrano, come finora, le competenze cantonali a tutela delle persone minacciate riconducibili alla sovranità cantonale in materia di polizia. In questo caso il disegno di legge prevede tuttavia che i Cantoni possano rivolgersi di volta in volta al servizio specializzato federale (cfr. più avanti) per ottenere consulenza e sostegno.

­

Procedura d'ammissione al programma di protezione dei testimoni e conclusione del programma, compresi i criteri di ammissione (capitolo 2): La richiesta di protezione dei testimoni, la relativa decisione e la fine del programma sono disciplinate in modo specifico. Il disegno di legge attribuisce la facoltà di decidere sull'ammissione a un programma di protezione dei testimoni al direttore dell'Ufficio federale di polizia. È essenziale il consenso del testimone che viene inserito nel programma solo dopo aver firmato un accordo. Per il resto si applicano le disposizioni della legge federale sulla procedura amministrativa (PA)84.

­

Cooperazione con servizi pubblici e con privati (capitolo 2): Occorre introdurre disposizioni che sanciscono le autorizzazioni e gli obblighi per sostenere il Servizio di protezione dei testimoni, in particolare: ­ il blocco della comunicazione di dati e la comunicazione dei tentativi intrapresi per rintracciare e spiare la persona da proteggere; ­ la possibilità di creare una nuova identità per il periodo necessario; a tal fine si devono poter registrare dati e creare documenti veri con il nuovo nome; ­ gli aspetti concernenti il diritto di soggiorno; ­ la protezione dei testimoni nel quadro dell'esecuzione delle pene e in relazione ad altre misure privative della libertà.

­

Diritti e obblighi della persona da proteggere e disciplinamento della sua raggiungibilità nelle relazioni giuridiche (capitolo 2); Non è consentito pregiudicare la posizione giuridica di terzi, come creditori privati e pubblici, a causa delle misure di protezione dei testimoni. D'altro canto, anche la persona protetta deve poter far valere le proprie pretese senza tuttavia mettere a rischio la sua protezione. All'estero, i servizi di protezione dei testimoni svolgono in quest'ambito un'importante funzione di mediazione. Il disegno di legge contiene norme sulla raggiungibilità della persona da proteggere nelle relazioni giuridiche e che le consentono di far valere le proprie pretese.

Per quanto concerne le prestazioni fornite alla persona da proteggere (p. es.

per il suo sostentamento fino alla ripresa di un'attività lucrativa), vale il principio secondo cui con l'ammissione a un programma di protezione il sostentamento della persona è garantito, senza che essa possa beneficiare di vantaggi finanziari ingiustificati. La legge disciplina lo scopo e i limiti delle prestazioni.

84

54

RS 172.021

­

Creazione di un Servizio di protezione dei testimoni e disciplinamento dei compiti e delle competenze (capitolo 3); Il disegno di legge attribuisce a un Servizio nazionale di protezione dei testimoni la competenza di svolgere i programmi di protezione dei testimoni che partecipano a procedimenti federali, cantonali ed esteri. Si tratta dell'unica soluzione adeguata se si considerano il numero relativamente contenuto di casi di protezione di testimoni, la necessità di collaborare su scala intercantonale e spesso anche internazionale, come pure l'efficienza e la professionalità di cui devono disporre le persone incaricate della protezione.

Il disegno di legge disciplina i compiti e le competenze del Servizio di protezione dei testimoni. Per prevenire le minacce, le misure di protezione in genere iniziano allontanando la persona da proteggere dall'ambiente in cui vive e trasferendola altrove con un'identità fittizia. Di regola tali misure sono dispendiose e complesse e hanno lo scopo di dare stabilità psichica al testimone e di isolarlo completamente dall'ambiente in cui viveva. Quali esempi si possono citare la consulenza sul modo di comportarsi, l'assistenza psicologica, la garanzia temporanea del sostentamento, la ricerca di un posto di lavoro, la custodia dei bambini e le osservazioni ai fini preventivi. Se la persona da proteggere è un minore, occorre tener conto delle sue esigenze specifiche.

­

Svolgimento e finanziamento della cooperazione con l'estero (capitolo 4); Considerando le dimensioni ridotte della Svizzera, la cooperazione internazionale è fondamentale per trasferire testimoni all'estero in virtù del principio di reciprocità.

­

Obblighi di tutela del segreto e punibilità (capitolo 5); Le misure adottate devono essere sottoposte alla tutela del segreto. Il testimone deve essere tenuto alla riservatezza su tutte le misure e i fatti riconducibili alla protezione dei testimoni. Tale obbligo deve perdurare anche dopo la fine del programma di protezione.

­

Disciplinamento della vigilanza (capitolo 6); Una caratteristica specifica ed essenziale della protezione dei testimoni è l'esigenza di tutelare il segreto per riuscire a garantire la sicurezza dei testimoni inseriti nel programma. Di tale interesse va tenuto conto nello svolgimento dell'attività di controllo e di vigilanza sia parlamentare sia interna all'amministrazione. Il disegno di legge sancisce espressamente l'obbligo di presentare al capo del DFGP un rapporto su determinati punti fondamentali dell'attività di protezione dei testimoni.

­

Disciplinamento del finanziamento dei programmi di protezione dei testimoni, in particolare della ripartizione tra Confederazione e Cantoni (capitolo 7); Le spese di sostentamento delle persone da proteggere e le spese correnti per misure particolari di protezione adottate nell'ambito di programmi di protezione dei testimoni ai sensi del disegno di legge, sono a carico della Confederazione o del Cantone responsabile del procedimento penale. I Cantoni sono tenuti a farsi carico della metà dei costi di gestione del Servizio di protezione dei testimoni.

55

3.4

Lavori preparatori

3.4.1

Rapporto del Consiglio federale «Lotta più efficace contro il terrorismo e la criminalità organizzata»

Nel postulato (05.3006) del 21 febbraio 200585 intitolato «Lotta più efficace contro il terrorismo e la criminalità organizzata», la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati ha criticato il fatto che i testimoni in Svizzera in genere sono protetti solo fino alla sentenza, mentre un'ulteriore protezione dopo la conclusione del procedimento non è prevista. Di conseguenza, abbiamo esaminato l'ambito della protezione extraprocedurale dei testimoni e abbiamo concluso che essa è molto importante nella prassi, mentre le basi giuridiche del diritto vigente sono insufficienti ai fini del suo espletamento86. Abbiamo pertanto incaricato il DFGP di elaborare proposte su come integrare la protezione extraprocedurale dei testimoni nel diritto federale87.

3.4.2

Consultazione preliminare in merito alla Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani e alla scelta del modello di protezione extraprocedurale dei testimoni

Poiché le misure di protezione extraprocedurale dei testimoni interessano direttamente la sfera di competenza cantonale, nel 2007 l'Ufficio federale di giustizia è stato incaricato di effettuare una perizia sull'ammissibilità di un disciplinamento applicabile a livello federale. Secondo la perizia, un disciplinamento omogeneo per i procedimenti penali cantonali e federali è conforme al diritto costituzionale, se la protezione extraprocedurale dei testimoni assume dimensioni che rendono indispensabile una partecipazione della Confederazione al coordinamento88. Su richiesta del DFGP, la CDCGP (Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia) e la CDOS (Conferenza dei direttori cantonali delle opere sociali) alla fine del 2007 hanno interpellato i Cantoni riguardo all'approvazione della ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa e alla forma da conferire a un'eventuale normativa sulla protezione dei testimoni. Ai Cantoni sono state presentate due proposte: un modello di disciplinamenti separati per Confederazione e Cantoni, con la possibilità di un concordato tra i Cantoni, e un modello di una normativa applicabile a livello federale, in base alla quale la competenza nell'ambito della protezione dei testimoni sarebbe stata affidata alle autorità federali, per consentire di svolgere in Svizzera, specialmente a causa delle sue dimensioni ridotte, un lavoro coordinato, unitario e orientato alla cooperazione internazionale.

Dalla consultazione è emerso innanzitutto che i Cantoni erano chiaramente favorevoli alla sottoscrizione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e che prediligevano inoltre il modello federale, secondo cui incombeva alla Confederazione disciplinare ed eseguire misure specifiche di prote85 86 87 88

56

FF 2006 5223 FF 2006 5223 5255 e seg.

FF 2006 5223 5257 e seg.

DFGP, Ufficio federale di giustizia, Protezione extraprocedurale di testimoni, GAAC 2007.19, pagg. 336­351 (di seguito: perizia UFG), disponibile soltanto in tedesco.

zione extraprocedurale dei testimoni in modo omogeneo sia per i procedimenti federali sia per quelli cantonali89.

3.5

Diritto comparato

Non esiste un accordo multilaterale che disciplini in modo generale il trasferimento di domicilio dei testimoni e la cooperazione internazionale in materia di protezione dei testimoni. Per contro, a livello internazionale esistono numerose raccomandazioni non vincolanti e diversi rapporti sulla creazione dei presupposti amministrativi e giuridici per svolgere programmi di protezione dei testimoni.

3.5.1

In generale

Le prime norme e pratiche in materia di protezione extraprocedurale dei testimoni in Europa risalgono a meno di vent'anni fa (Italia, 1991, per i collaboratori di giustizia, i cosiddetti pentiti). Lo sviluppo di programmi di polizia per la protezione dei testimoni in Europa è scaturita, come era accaduto anche prima negli Stati Uniti, dal potenziamento del perseguimento penale della criminalità organizzata. In seguito alla constatazione che i reati commessi dalle organizzazioni criminali sono difficilmente dimostrabili senza l'aiuto di testimoni e informatori in grado di fornire informazioni dirette, all'estero sono state adottate ampie misure di protezione e introdotte strutture specifiche, ovvero servizi specializzati incaricati di svolgere tali compiti di protezione90. I rapporti sulla situazione e le statistiche annuali, ad esempio della Germania, confermano l'efficacia della protezione dei testimoni nel perseguimento penale della criminalità organizzata e del terrorismo. Oggigiorno la maggior parte degli Stati membri dell'UE, tra cui anche Paesi simili alla Svizzera per dimensioni e numero di abitanti, svolgono programmi di protezione dei testimoni91. In alcuni Paesi i programmi di protezione dei testimoni sono disciplinati da leggi speciali.

Determinati Paesi ritengono che la protezione dei testimoni sia innanzitutto compito della polizia92, mentre altri attribuiscono un ruolo fondamentale al potere giudiziario e ai ministeri93. Alcuni Paesi hanno allestito un unico programma nazionale di protezione dei testimoni mentre altri, soprattutto quelli di grandi dimensioni, dispongono di vari programmi a livello regionale. La misura più incisiva della modifica temporanea dell'identità, esiste nella maggioranza dei Paesi che svolgono programmi di protezione dei testimoni. Alcuni di essi consentono di cambiare identi89 90

91 92

93

Lettera della CDCGP del 9 aprile 2008.

Cfr. ONU, Good practices for the protection of witnesses in criminal proceedings involving organized crime, Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, Vienna, 2008, pag. 93; Buggisch Walter, Zeugenbedrohung und Zeugenschutz in Deutschland und den USA, Berlino, 2001, pag. 303, e i dati sui singoli Paesi nella perizia legale 05-161 del 16.12.2005 dell'Istituto svizzero di diritto comparato, Bekämpfung von Terrorismus und organisiertem Verbrechen.

P. es. Germania, Italia, Austria, Spagna, Belgio, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Gran Bretagna, Norvegia, Svezia.

Le decisioni incombono al Servizio di protezione dei testimoni o al capo della polizia nei seguenti Paesi: Germania, Austria, Scozia, Inghilterra, Norvegia, Polonia, Lituania, Slovacchia, Australia e Canada.

Nei Paesi Bassi decide il Board of Procurator Generals, in Belgio e Italia una commissione speciale.

57

tà in modo definitivo cosicché l'identità originaria non esiste più. In altri Stati la nuova identità costituisce una soluzione temporanea che permette all'interessato di conservare la sua identità originaria94.

Nella prassi, i Paesi si scambiano in modo informale esperienze concernenti il disciplinamento della protezione dei testimoni e si rifanno ai principi elaborati da Europol e dal Consiglio d'Europa. A prescindere dalle differenze tra i sistemi giuridici e gli elementi di base delle strutture amministrative degli Stati membri di tali organizzazioni, esistono analogie nelle normative sulla protezione dei testimoni introdotte negli ultimi anni95: 1.

il programma di protezione dei testimoni è incentrato su un numero relativamente contenuto di testimoni chiave, disposti a collaborare con le autorità di perseguimento penale96;

2.

come mezzo estremo per garantire la sicurezza, si adottano le misure di trasferimento del domicilio e di attribuzione di una nuova identità. I criteri applicati per adottare una tale misura sono la tipologia del reato, l'entità della minaccia, l'idoneità del testimone e il suo consenso a collaborare rispettando le condizioni pertinenti97.

3.5.2

ONU

Non esiste una normativa ONU a sé stante, vincolante o meno, che tratti unicamente la protezione dei testimoni. Negli ultimi anni nelle Convenzioni delle Nazioni Unite si tende tuttavia a inserire un riferimento alla protezione dei testimoni (p. es. nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale [UNTOC, 2001]98 e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione [UNCAC, 2003]99). Nelle Convenzioni gli Stati firmatari sono sollecitati ad adottare, in conformità con l'ordinamento giuridico nazionale e nei limiti delle loro possibilità, misure idonee a proteggere efficacemente i testimoni che depongono su reati contemplati dalle Convenzioni. Per aiutare gli Stati membri dell'ONU ad applicare le Convenzioni, l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) ha iniziato nel 2005 a elaborare linee guida in materia di protezione dei testimoni. A tal fine sono stati consultati oltre 60 Stati membri e organizzazioni internazionali come Europol, Eurojust, la Corte penale internazionale, il Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia, il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, Inter-

94 95

96 97 98 99

58

P. es. Germania e Austria.

Documento di lavoro della Commissione sulla fattibilità di una normativa UE in materia di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, COM(2007) 693 del 13.11.2007, pag. 9. Anche l'ONU, nel rapporto del 2008, ha constatato le analogie in relazione ai punti citati, malgrado le differenze geografiche a livello di sistema giuridico e di sviluppo sociale ed economico, cfr. ONU, Good practices, pag. 93 seg.

La maggioranza dei testimoni sono coinvolti nel reato e sono pronti a collaborare con la giustizia e a «passare dall'altra parte».

Cfr. ONU, Good Practices, cap. X.D. Admission criteria, pag. 95.

Articolo 24: Protezione dei testimoni.

Articolo 32: Protezione dei testimoni, dei periti e delle parti lese.

pol, il SECI, ovvero il Centro regionale per l'Europa sud-orientale, la Sierra Leone Special Court, nonché UNAFEI100 e UNICRI101. Nel gennaio 2008 a Vienna sono state infine varate le «Good Practices for the Protection of Witnesses in Criminal Proceedings Involving Organized Crime» (Migliori pratiche di protezione dei testimoni nei procedimenti penali concernenti la criminalità organizzata, di seguito «Good Practices»), che tracciano un quadro esaustivo delle misure esistenti per la protezione dei testimoni e offrono consigli pratici per adeguare e integrare la protezione dei testimoni nel sistema giuridico, svolgere le operazioni e tenere conto delle speciali condizioni sociali, politiche ed economiche degli Stati membri dell'ONU.

La gravità della minaccia e del reato costituiscono secondo l'ONU i criteri principali di ammissione a un programma di protezione dei testimoni. A essi si affiancano l'importanza della deposizione del testimone ai fini del procedimento, il suo consenso e la sua idoneità dal punto di vista psichico, mentale e medico. Riguardo alle basi giuridiche necessarie, nelle «Good Practices» l'ONU raccomanda che le leggi sanciscano almeno le possibili misure di protezione, i criteri di ammissione al programma, la procedura da applicare, l'autorità necessaria per mettere in pratica il programma, i motivi che comportano la fine del programma, i diritti e gli obblighi delle parti e la riservatezza sullo svolgimento dei processi.102 Vista la necessità di cooperare a livello internazionale per trasferire testimoni all'estero e promuovere gli scambi, l'ONU raccomanda di armonizzare le basi legali e semplificare le procedure di ammissione.

3.5.3

Tribunali penali internazionali

Il diritto penale internazionale non fornisce alcuna definizione di testimone e non indica il livello di protezione che un testimone può attendersi nel quadro di un procedimento penale. L'esperienza maturata nell'ambito dei procedimenti penali dinanzi a tribunali internazionali come il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) o la Corte penale internazionale (ICC), ha tuttavia mostrato che è attribuita particolare attenzione alla protezione delle persone minacciate le cui dichiarazioni sono di interesse pubblico. La sicurezza dei testimoni durante e dopo un procedimento penale figura tra le priorità dei tribunali penali internazionali. Per garantire tale sicurezza, i tribunali concludono con gli Stati cosiddetti accordi di rilocalizzazione. Si tratta solitamente di convenzioni quadro in cui gli Stati interessati si impegnano a esaminare nel caso specifico la possibilità di accogliere i testimoni minacciati e le loro famiglie secondo determinate modalità. Gli accordi stabiliscono anche un numero massimo di persone che lo Stato è di principio disposto ad accogliere, lasciandogli tuttavia la possibilità di rifiutarsi se lo ritiene necessario. Più è elevato il numero di Stati che stipulano accordi di rilocalizzazione, più sarà facile trovare una soluzione adeguata nel singolo caso. Tale compito è dunque ripartito più equamente e offre ai testimoni la maggiore protezione possibile. L'esistenza di strutture istituzionalizzate di protezione dei testimoni non costituisce una condizione per accogliere testimoni, ma è considerata un vantaggio.

100

The United Nations Asia and Far East Institute for the Prevention of Crime and the Treatment of Offenders.

101 Istituto interregionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia.

102 ONU, Good Practices, cap. V.B., pag. 44.

59

In tale contesto, i tribunali penali internazionali hanno chiesto anche alla Svizzera se è disposta a concludere accordi di rilocalizzazione. Le Commissioni della politica estera delle due Camere saranno informate in caso di conclusione di un accordo confidenziale103.

3.5.4

UE

3.5.4.1

Aspetti generali

Gli strumenti vigenti dell'UE, ovvero la Risoluzione relativa alla protezione dei testimoni nella lotta contro la criminalità organizzata internazionale (1995)104 e la Risoluzione relativa ai collaboratori di giustizia nella lotta contro la criminalità organizzata internazionale (1996)105, non sono giuridicamente vincolanti e il loro campo di applicazione è limitato poiché esse si concentrano unicamente sull'ambito della criminalità organizzata. Gli atti giuridici di carattere vincolante, come la Decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo106 e la Decisione quadro del Consiglio relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale107, sanciscono la possibilità di una riduzione della pena in cambio di informazioni, nonché il diritto della vittima di essere protetta108.

Nel 2007, la Commissione UE ha verificato la fattibilità di una normativa europea in materia di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, giungendo tra l'altro alle seguenti conclusioni:109 ­

le grandi differenze tra le legislazioni nazionali in materia penale degli Stati membri pregiudicano l'efficacia della cooperazione nella lotta alle organizzazioni malavitose, spesso molto sofisticate;

­

la cooperazione transfrontaliera per la protezione dei testimoni è particolarmente ardua con i Paesi che non dispongono di strumenti legislativi e/o di strutture amministrative apposite e neppure di programmi di protezione, pur svolgendo attività di questo tipo sui loro territori e per i loro cittadini;

­

i Paesi che hanno difficoltà pratiche dovute alle loro caratteristiche geografiche (territorio di dimensioni ridotte) o demografiche (forte densità di popolazione), e i Paesi particolarmente colpiti dalle organizzazioni criminali, sempre più spesso sono costretti a trasferire le persone protette all'estero.

Secondo la Commissione è certamente possibile introdurre a livello europeo un sistema armonizzato di protezione dei testimoni, basato su standard minimi unitari e vincolanti, che tengano conto degli strumenti giuridici e delle prassi esistenti. Poiché la protezione dei testimoni costituisce un ambito complesso, caratterizzato da una serie di aspetti sensibili e complicati (specialmente p. es. nell'ambito del cambiamento d'identità), sono tuttavia necessari ulteriori studi per trovare soluzioni accet103

104 105 106 107 108 109

60

Cfr. la risposta del Consiglio federale del 21.9.2007 al postulato Sommaruga, 07.3329, Protezione dei testimoni e dei familiari delle persone che hanno collaborato con la giustizia penale internazionale.

GU C 327 del 7.12.1995, pag. 5.

GU C 10 dell'11.1.1997, pag. 1 GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3, art. 6.

GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1, art. 8.

COM(2007) 693 del 13.11.2007.

COM(2007) 693 del 13.11.2007, pag. 6.

tabili per istituire una cooperazione europea in materia di protezione dei testimoni.

Occorre inoltre valutare attentamente gli sviluppi più recenti, ad esempio l'impiego della biometria, che possono avere ripercussioni sulla protezione dei testimoni.

3.5.4.2

Europol

Europol (Ufficio europeo di polizia) è l'autorità europea di polizia con sede all'Aia.

È un'agenzia indipendente dell'Unione europea, che opera nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Europol ha il compito di coordinare il lavoro delle autorità nazionali di polizia degli Stati membri nel campo della criminalità organizzata internazionale e di promuovere lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali di polizia.

Nel 2000 è stata creata una rete europea di collegamento coordinata da Europol che, pur non disponendo di un mandato vero e proprio, riunisce su base volontaria i capi delle unità specializzate di protezione dei testimoni. Col passare degli anni la rete è diventata una struttura professionale di dimensione mondiale, attiva in tutti i continenti. Le sue riunioni forniscono l'occasione per scambiare informazioni, elaborare strumenti e definire orientamenti, ma non riguardano attività operative110.

Dalle discussioni in seno alla rete Europol sono scaturiti due documenti distribuiti come «orientamenti dell'UE». Il primo documento («Basic principles of European Union police cooperation in the field of Witness Protection») tratta i principi fondamentali della cooperazione di polizia dell'Unione europea nel settore della protezione dei testimoni e riguarda principalmente il trasferimento internazionale dei testimoni. Il secondo («Common Criteria for taking a witness into a Protection Programme») definisce le condizioni che devono essere soddisfatte affinché un testimone possa beneficiare di un programma di protezione.

3.5.5

Consiglio d'Europa

Il Consiglio d'Europa si occupa di protezione dei testimoni sin dalla metà degli anni Novanta e ha anche formulato raccomandazioni in merito: nelle raccomandazioni del Comitato dei Ministri del 10 settembre 1997 sull'intimidazione dei testimoni e i diritti della difesa111 e del 20 aprile 2005 sulla protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia112, si fa riferimento a una serie di situazioni diverse, in cui i testimoni possono avere bisogno di protezione. Le raccomandazioni comprendono definizioni, principi per la protezione dei testimoni e criteri sull'ammissione di persone nei programmi di protezione dei testimoni.

110 111

COM(2007) 693 del 13.11.2007, pag. 6.

Recommendation No. R (97) 13 of the Committee of Ministers to Member States concerning Intimidation of Witnesses and the Rights of the Defence.

112 Recommendation Rec (2005) 9 of the Committee of Ministers to member states on the protection of witnesses and collaborators of justice and explanatory memorandum, Strasburgo, 2005.

61

Va inoltre citata una serie di ulteriori raccomandazioni del Consiglio d'Europa113, che contengono pertinenti disposizioni di protezione.

3.5.6

Singoli Paesi

3.5.6.1

Germania

L'Ufficio federale anticrimine (Bundeskriminalamt), che fa parte del Ministero federale degli interni (Bundesinnenministerium), è di principio responsabile della protezione dei testimoni e dei loro familiari nel quadro delle procedure nazionali di indagine, ai sensi degli articoli 6 e 26 della legge federale sull'Ufficio federale anticrimine (Bundeskriminalamtgesetz)114. Per il resto, la protezione dei testimoni compete ai Länder (regioni), ai sensi delle clausole generali sulla prevenzione dei pericoli sancite nelle leggi in materia di polizia.

La legge sull'armonizzazione della protezione dei testimoni minacciati (Bundesgesetz zur Harmonisierung des Schutzes gefährdeter Zeugen, ZSHG) dell'11 dicembre 2001 attribuisce alle autorità federali e alle regioni competenze e obblighi speciali in materia di protezione dei testimoni115. Il campo d'applicazione è limitato alle persone senza le cui indicazioni nell'ambito di un procedimento penale sarebbe impossibile o molto più difficile accertare i fatti o individuare il luogo di soggiorno dell'imputato. La ZSHG statuisce che, previo il loro consenso, i testimoni vanno protetti se, a causa della disponibilità a deporre, la loro vita, integrità fisica, salute, libertà o i valori patrimoniali sostanziali sono in pericolo e se risultano idonei per le misure di protezione dei testimoni.

L'articolo 5 ZSHG autorizza gli uffici pubblici e i privati a produrre, su richiesta dei servizi di protezione dei testimoni delle autorità federali o regionali, documenti fittizi destinati alla persona protetta o agli impiegati del servizio, come pure a effettuare le relative iscrizioni nei registri. Non si possono invece effettuare modifiche nel registro di stato civile, che in Germania non è stato ancora centralizzato. Per scopi ben definiti, si possono tuttavia produrre estratti del registro modificati. Per prevenire la minaccia, una delle prime misure di protezione consiste nel separare la persona da proteggere dal suo ambiente usuale e trasferirla altrove, con un'identità fittizia. Altre misure di protezione previste dal programma sono, ad esempio, la consulenza sul modo di comportarsi, l'assistenza psicologica, la garanzia temporanea del sostentamento, la ricerca di un posto di lavoro, la custodia dei figli e l'osservazione a fini preventivi116. Spetta al direttore del servizio di protezione dei

113

Raccomandazione Rec (2001) 11 relativa ai principi guida per la lotta alla criminalità organizzata; Raccomandazione 1325(1997) concernente la tratta delle donne e la prostituzione forzata negli Stati membri del Consiglio d'Europa; Raccomandazione R(2000)11 sulla lotta contro la tratta di esseri umani ai fini di sfruttamento sessuale; Convenzione penale sulla corruzione (STCE n. 173 del 27.1.1999).

114 Gesetz über das Bundeskriminalamt und die Zusammenarbeit des Bundes und der Länder in kriminalpolizeilichen Angelegenheiten, BKAG (Legge sull'Ufficio anticrimine federale e la collaborazione tra Federazione e Länder per questioni di polizia giudiziaria) del 7 luglio 1997 (BGBl. I pag. 1650).

115 Gesetz zur Harmonisierung des Schutzes gefährdeter Zeugen, ZSHG (Legge sull'armonizzazione della protezione di testimoni minacciati) dell'11 dicembre 2001 (BGBl. I pag. 3510).

116 Cfr. le spiegazioni sulla legge tedesca ZSHG.

62

testimoni decidere in merito all'inserimento di una persona nel programma di protezione e alle misure necessarie ai sensi della ZSHG117.

3.5.6.2

Austria

Nel 1998 in Austria è stato istituito un ufficio nazionale per la protezione dei testimoni (Zeugenschutzbüro). Si tratta di un ufficio centrale del Ministero federale degli interni (Bundesministerium des Inneren) che fa parte dell'Ufficio federale anticrimine (Bundeskriminalamt) e più precisamente della Sezione dei servizi di assistenza della polizia giudiziaria (Abteilung Kriminalpolizeiliche Assistenzdienste)118.

L'Austria non dispone di una legge specifica in materia di protezione dei testimoni.

L'attività dell'ufficio è legittimata dal compito di protezione delle persone che possono fornire informazioni su un attacco pericoloso o un'organizzazione criminale e che quindi sono in particolare pericolo. Tale compito è sancito dall'articolo 22 paragrafo 1 numero 5 della legge austriaca sulla polizia di sicurezza (Sicherheitspolizeigesetz, SPG)119, e prevede, in via eccezionale, la possibilità di una riduzione della pena ai sensi dell'articolo 41a del Codice penale austriaco120 per persone che collaborano con le autorità di perseguimento penale nel campo della criminalità organizzata.

Nella prassi, l'ammissione al programma di protezione dei testimoni del Ministero federale degli interni è possibile se vi sono motivi per ritenere che una persona, che con indicazioni utili contribuisca o abbia contribuito a far luce su reati soprattutto nell'ambito della criminalità organizzata, sia esposta al rischio di attacchi pericolosi per la sua vita, salute, libertà, identità o della rovina della sua esistenza economica121. Un'altra condizione è l'attendibilità e l'idoneità della persona da proteggere, che deve essere in grado di comprendere gli obblighi relativi alla sicurezza e di agire di conseguenza. La direzione del servizio di protezione dei testimoni può ordinare le necessarie misure di protezione. La persona da proteggere e gli impiegati dell'ufficio possono essere provvisti di una nuova identità. L'obbligo delle autorità di rilasciare documenti su richiesta del Ministero degli interni è sancito dall'articolo 54a della legge sulla polizia di sicurezza (SPG).

Nell'aprile 2010 la sfera di competenza dell'ufficio per la protezione dei testimoni è stata estesa alla protezione delle vittime particolarmente a rischio (VHR = Victims at Highest Risk). Rientrano ad esempio in questa categoria le vittime vulnerabili disposte a deporre in un procedimento giudiziario contro membri di associazioni criminali 117

118

119

120

121

Altri Paesi in cui la polizia (servizio per la protezione dei testimoni o capo della polizia) ha competenza decisionale, sono p. es.: Austria, Inghilterra, Scozia, Norvegia, Polonia, Lituania, Slovacchia, Australia e Canada.

Questa sezione si occupa anche di osservazioni, inchieste mascherate, criminalità informatica e ricerche; cfr. il sito Internet accessibile al pubblico: http://www.bmi.gv.at/cms/BK/wir_ueber_uns/abteilung_5/Buero_5_4.aspx Bundesgesetz über die Organisation der Sicherheitsverwaltung und die Ausübung der Sicherheitspolizei, Sicherheitspolizeigesetz, SPG (Legge sull'organizzazione dell'amministrazione della sicurezza e l'adempimento delle funzioni di polizia di sicurezza), BGBl. n. 566/1991.

Bundesgesetz vom 23. Jänner 1974 über die mit gerichtlicher Strafe bedrohten Handlungen (Strafgesetzbuch, StGB [Legge del 23 gennaio 1974 sulle azioni sanzionate con pene giudiziarie ­ Codice penale]), BGBl n. 1974/60.

Cfr. il commento alla firma della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani. 1565 degli allegati XXII.GP-Staatsvertrag, pag. 21.

63

anche se non adempiono i requisiti per l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni (p. es. perché non sono a conoscenza di informazioni rilevanti). Il VHR protegge anche le vittime esposte a minacce estreme a causa di reati riconducibili alle usanze di etnie o culture diverse (cosiddetti delitti d'onore) o da altre ingerenze gravi nei diritti umani.

Le persone che non sono ammesse nei programmi di protezione del Ministero federale degli interni, in caso di bisogno sono protette dalle polizie dei Länder.

3.5.6.3

Italia

L'Italia è stato il primo Paese europeo a introdurre una normativa sulla protezione dei testimoni. La prima legge, numero 82/1991, entrata in vigore il 15 marzo 1991, prevedeva particolari misure di protezione per i collaboratori di giustizia (una nuova identità, il trasferimento, il sostegno finanziario e il sostegno alla reintegrazione sociale). Possono beneficiare delle misure speciali di protezione i coimputati che collaborano e i testimoni le cui deposizioni sono utilizzate nel procedimento penale.

La decisione sull'attuazione delle misure di protezione è presa, su richiesta del pubblico ministero, da una commissione interdisciplinare, che valuta la gravità del pericolo e verifica se le misure generiche di protezione eseguite dalla polizia siano effettivamente insufficienti122. Incombe al servizio di protezione dei testimoni, appositamente creato in seno al Ministero dell'Interno, mettere in atto la protezione.

3.5.6.4

Francia

Il 9 marzo 2004 nel codice di procedura penale francese è stato aggiunto l'articolo 706-63-1 che sancisce la protezione di coimputati pentiti disposti ad aiutare a far luce su un reato. Tale disposizione prevede inoltre la possibilità di attribuire alle persone da proteggere una nuova identità. Salvo questa disposizione speciale applicabile ai complici di un reato, in Francia non esistono basi giuridiche o strutture istituzionalizzate per svolgere in modo mirato e duraturo misure di protezione extraprocedurale dei testimoni. A livello legislativo sono disciplinate unicamente misure di protezione procedurale dei testimoni, ad esempio la possibilità di rendere anonima una deposizione.123

3.6

Interventi parlamentari

Il 17 dicembre 2008 il Consiglio degli Stati in qualità di seconda Camera ha accolto la mozione depositata dalla consigliera nazionale Susanne Leutenegger Oberholzer, che chiede di avviare immediatamente il processo di ratifica della Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani e le necessarie misure di attuazione (08.3401, Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani.

122

La commissione è composta dal Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno, da due giudici/procuratori e da cinque magistrati e alti funzionari.

123 Le misure di protezione procedurale sono disciplinate negli art. 706-57 segg. al titolo 21 («De la protection des témoins») del codice di procedura penale francese.

64

Firma e ratifica). Sulla scorta di quanto illustrato nel presente messaggio proponiamo di togliere dal ruolo questa mozione.

4

LPTes: Commento ai singoli articoli

4.1

Capitolo 1: Disposizioni generali

Art. 1

Oggetto

Il disegno di legge prevede l'istituzione, a livello federale, di un Servizio di protezione dei testimoni incaricato di svolgere programmi di protezione dei testimoni per proteggere le persone che, a causa della loro collaborazione al chiarimento di reati, sono esposte a pericoli. I programmi di protezione dei testimoni costituiscono una forte ingerenza nella vita delle persone coinvolte e sono complicati e costosi. In caso di grave minaccia, il ricorso alle deposizioni di testimoni dovrà pertanto limitarsi principalmente ai casi in cui si tratta di far luce su gravi forme di criminalità e in cui il testimone può contribuire in modo sostanziale a chiarire tali reati. Se questi requisiti non sono soddisfatti è opportuno rinunciare alla testimonianza. Questo modo di procedere di regola permette anche di mitigare la situazione di minaccia in cui versa la persona.

Se le misure di protezione non sono eseguite in base alla presente legge, ad esempio perché non sussistono le condizioni definite di seguito, la protezione continua a poggiare sulle leggi cantonali concernenti la prevenzione generale delle minacce.

Per alcuni aspetti è possibile ricorrere alle prestazioni d'assistenza previste dalla LAV, a prescindere dall'ammissione a un programma di protezione dei testimoni.

Esse sono tuttavia da considerarsi sussidiarie alle misure di protezione e di sostegno previste dalla LPTes (art. 4 cpv. 1 LAV).

Il testimone può inoltre avvalersi in ogni momento della facoltà di non deporre sancita dall'articolo 169 capoverso 3 CPP, se a causa della sua deposizione o disponibilità a deporre è esposto a una grave minaccia per la vita e l'integrità fisica oppure a un altro grave pregiudizio.

Art. 2

Campo d'applicazione

La legge si applica alle persone che, a causa della loro collaborazione o della loro disponibilità a collaborare in un procedimento penale federale o cantonale, sono o possono essere esposte a una grave minaccia per la vita e l'integrità fisica oppure a un altro grave pregiudizio, e senza le cui indicazioni sarebbe eccessivamente difficoltoso far luce su reati gravi (cpv. 1).

La protezione di persone al di fuori di un procedimento penale, ad esempio prima del suo avvio, continuerà invece a far parte dei compiti di prevenzione generale delle minacce insiti nella sovranità cantonale di polizia. Le richieste avanzate da alcuni partecipanti alla consultazione di anticipare le misure di protezione dei testimoni, ovvero di adottarle prima dell'avvio del procedimento penale, o addirittura di separarle completamente da un tale procedimento, non sono state prese in considerazione a causa della competenza normativa limitata della Confederazione. I Cantoni hanno tuttavia la possibilità di eseguire accertamenti preliminari sulla necessità di prote-

65

zione di una vittima e di utilizzare, dopo l'avvio del procedimento, le informazioni raccolte per giustificare lo svolgimento delle misure di protezione.

Il disegno di legge si applica alle persone minacciate che, nell'ambito di procedure investigative relative a gravi forme di criminalità, in particolare di criminalità organizzata e di criminalità violenta di stampo terroristico, dispongono di informazioni decisive per l'esito del procedimento. Si tratta di persone nel cui caso occorre evitare, nell'interesse del perseguimento penale, che si rifiutino di testimoniare (p. es.

avvalendosi del diritto di non deporre o perché, in quanto persone informate sui fatti, non sono tenute a testimoniare). Per far fronte ai pericoli cui il testimone potrebbe essere esposto, lo Stato è tenuto ad adottare le misure di protezione necessarie e adeguate.

Come nell'ambito della protezione procedurale dei testimoni124, la nozione di «testimone» non va intesa in senso strettamente procedurale, ma va estesa a tutte le persone che possono fornire informazioni sui fatti o che contribuiscono alla deposizione durante il procedimento, influendo pertanto sul suo decorso125. Possono quindi essere vittime di atti di intimidazione e ritorsione i testimoni casuali e i testimoni lesi, come pure i testimoni complici del reato, che formalmente sono interrogati come persone informate sui fatti126. Anche i cosiddetti testimoni professionali quali agenti di polizia e agenti infiltrati che nell'esecuzione del loro lavoro hanno osservato fatti importanti per il procedimento, corrono un rischio elevato di diventare vittime di ritorsioni. Questo vale anche per le persone coinvolte nel procedimento penale a causa della loro professione e la cui collaborazione può influire sullo sviluppo del procedimento (periti, traduttori). Il mandato istituzionale di protezione affidato allo Stato per prevenire minacce, deve quindi necessariamente estendersi anche a queste categorie di persone. Il campo di applicazione non comprende invece, come nel caso della protezione procedurale dei testimoni, né avvocati né giudici.

Oltre alla persona da proteggere ai sensi del capoverso 1, conformemente al capoverso 2 rientrano nel campo d'applicazione della legge anche i familiari o le persone prossime alla persona da proteggere. Tale estensione dipende dal
fatto che un testimone o un imputato, disposto a testimoniare mettendo a repentaglio la propria sicurezza, spesso si rifiuterebbe di deporre se il pericolo minacciasse una persona a lui prossima. L'attuazione di misure di protezione dei testimoni può pertanto coinvolgere, nel singolo caso, anche familiari o persone prossime. Ciò può accadere, ad esempio, quando è spostato il domicilio di un intero nucleo familiare. Per determinare quanto dev'essere stretto il legame, rimandiamo all'articolo 168 capoversi 1­3 CPP contenente un elenco esaustivo delle persone che, a causa del legame con l'imputato, possono rifiutarsi di deporre. Per le stesse persone un testimone è autorizzato a richiedere misure procedurali di protezione se esse sono minacciate.

In virtù del capoverso 3, la legge si applica infine alle persone inserite in un programma di protezione dei testimoni di uno Stato estero o di un tribunale penale internazionale e che per motivi di sicurezza sono trasferite in Svizzera. In tali casi si

124 125

Cfr. art. 98a PPM e 149 CPP.

Questa definizione più estesa di testimone è applicata anche dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, dalla Corte EDU e dai tribunali penali internazionali; cfr.

DTF 125 I 127 132 consid. 6a.

126 Riguardo alle categorie di testimoni, cfr. anche il messaggio concernente la modifica della procedura penale militare del 22 gennaio 2003, FF 2003 671 680 segg.

66

applicano le sezioni 4 e 5 del capitolo 2 della presente legge, a meno che un trattato internazionale non contenga disposizioni derogatorie.

4.2

Capitolo 2: Programma di protezione dei testimoni

4.2.1

Sezione 1: Definizione, scopo e contenuto

Art. 3

Definizione

Un programma di protezione dei testimoni è allestito dall'autorità competente in base alle esigenze del caso e mediante una procedura speciale. Esso necessita del consenso della persona interessata.

Di regola, le misure di protezione extraprocedurale sono applicate se quelle procedurali non bastano perché l'autore del reato conosce la persona che testimonia o può facilmente identificarla sulla base della deposizione. Le misure di protezione procedurale, così come previste dal CPP, possono rivelarsi importanti anche nel programma di protezione dei testimoni: se una persona riceve una nuova identità, nel procedimento penale deve potere mantenere segreti il nome e le indicazioni che consentirebbero di risalire al nuovo luogo di domicilio o di soggiorno. A tal fine, la persona può richiedere la protezione procedurale o avvalersi del proprio diritto a non deporre (cfr. art. 16).

Art. 4

Scopo

Un programma di protezione dei testimoni ha lo scopo di proteggere le persone minacciate e le persone a loro prossime ai sensi dell'articolo 2 capoverso 2 durante il periodo in cui perdura la minaccia. Queste persone sono minacciate perché sono o sono state disposte a deporre in un procedimento penale e a collaborare con le autorità di perseguimento penale. La protezione dei testimoni serve quindi a salvaguardare i diritti dello Stato in materia di azione penale poiché lo Stato intende impedire che la persona minacciata si avvalga del proprio diritto a non deporre.

Visto che di regola la persona dev'essere isolata totalmente dall'ambiente in cui conduce la sua vita quotidiana e integrata in un ambiente geograficamente e socialmente diverso, il programma di protezione dei testimoni ha anche lo scopo di consigliare e sostenere la persona nel disbrigo delle questioni personali e nella tutela dei suoi interessi patrimoniali. Ciò include l'assistenza nei rapporti con le autorità e nel far valere le proprie pretese nei confronti di privati o di servizi pubblici127, come pure l'aiuto nella ricerca di un posto di lavoro o di un appartamento, l'assistenza psicologica o altre forme di aiuto che si rivelano necessarie a causa della partecipazione al programma di protezione dei testimoni.

Art. 5

Contenuto

Le misure extraprocedurali di protezione dei testimoni sono finalizzate a proteggere le persone esposte a pericoli al di fuori del procedimento vero e proprio, quindi non soltanto durante il procedimento, ma anche dopo la sua conclusione. Tali misure comprendono la consulenza sul modo di comportarsi, la messa a disposizione di 127

Cfr. art. 13 e seg.

67

strumenti ausiliari quali un nuovo numero di cellulare o un sistema d'allarme, la protezione personale, l'assistenza in caso di trasloco e di blocco della comunicazione di dati, la sistemazione temporanea in un luogo sicuro, l'aiuto per cambiare legalmente il nome (art. 30 CC), la creazione temporanea di una nuova identità ecc.

La disposizione elenca le misure essenziali al fine di illustrarle meglio. Una nuova identità temporanea è creata per il periodo necessario. Viene quindi garantito che tali misure possono essere applicate anche per un periodo prolungato se la protezione lo richiede (cfr. art. 19).

4.2.2

Art. 6

Sezione 2: Elaborazione di un programma di protezione dei testimoni Richiesta

La richiesta di ammissione a un programma di protezione dei testimoni è presentata dall'autorità responsabile del procedimento generalmente sulla base degli accertamenti preliminari e delle raccomandazioni dell'autorità di polizia incaricata dell'indagine (cpv. 1). Nella maggioranza dei casi, occorre proteggere i testimoni ancor prima del processo di prima istanza o del ricorso. Perciò la richiesta sarà spesso presentata dal pubblico ministero competente. Se quest'ultimo non prende l'iniziativa, è la persona chiamata a testimoniare o il suo rappresentante legale a dover presentare la richiesta al pubblico ministero. Qualora l'autorità responsabile del procedimento rifiuti di presentare la richiesta d'ammissione a un programma di protezione dei testimoni, la persona interessata può impugnare tale decisione avvalendosi dei rimedi giuridici previsti nell'ambito della procedura penale. È possibile soprattutto un ricorso in virtù degli articoli 393 e seguenti CPP. Data la verificabilità prevista dalla procedura, si può prescindere dall'estendere il diritto formale di presentare una richiesta alla persona da proteggere o ad altre persone coinvolte, come sollecitato da alcuni partecipanti alla consultazione. Soltanto l'autorità responsabile del procedimento dispone inoltre delle informazioni necessarie per valutare se una richiesta di protezione è indispensabile per una gestione appropriata del procedimento.

Nella prassi, sarà importante che né la polizia né il pubblico ministero facciano promesse alla persona minacciata riguardo a un'eventuale ammissione a un programma di protezione.

In rari casi l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni può rivelarsi necessaria solo dopo la conclusione del procedimento penale, ad esempio se, a causa di una condanna pronunciata grazie alla sua deposizione, un testimone o i suoi familiari rischiano di diventare vittime di atti di vendetta. In tali casi, la minaccia si manifesta soltanto dopo la conclusione del procedimento. L'autorità incaricata di presentare una richiesta di protezione è la medesima che ha deciso in merito alla conclusione del procedimento (cpv. 2). Di regola si tratta dell'autorità giudicante.

La richiesta va motivata e deve illustrare in particolare l'interesse pubblico al perseguimento penale, l'importanza della collaborazione per il
procedimento penale nonché la situazione di minaccia (cpv. 3). L'ammissione a un programma di protezione dei testimoni ai sensi della presente legge presuppone che senza la deposizione della persona da proteggere sia impossibile o eccessivamente difficile chiarire i reati 68

e individuare gli imputati (cfr. art. 2, Campo d'applicazione). L'autorità responsabile del procedimento deve precisare questo punto nella sua richiesta. È decisiva l'importanza della deposizione al momento della richiesta. Anche se successivamente la deposizione perde importanza nel corso del procedimento a causa di altre prove, il testimone, qualora dovesse ancora essere minacciato, può chiedere l'attuazione di misure di protezione ai sensi della presente legge. Non è stato elaborato nessun elenco esaustivo di reati che comportano espressamente l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni. Un programma di protezione dei testimoni in linea di principio può essere svolto per proteggere i testimoni di qualsiasi reato. La decisione in merito va presa nel rispetto dei principi della proporzionalità e della sussidiarietà.

Una limitazione risulta tuttavia necessaria, in quanto l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni è concessa soltanto per i testimoni di reati il cui chiarimento costituisce un interesse pubblico rilevante, in particolare reati di matrice terroristica o riconducibili alla criminalità organizzata e ad altre forme gravi di criminalità.

La valutazione della situazione di minaccia indicata nella richiesta serve al Servizio di protezione dei testimoni come base per determinare l'entità della minaccia. Esso può procedere a ulteriori accertamenti.

La richiesta e la corrispondenza pertinente non sono parte integrante degli atti del procedimento penale (cpv. 4). Questo consente di evitare che l'imputato giunga a conoscenza di informazioni che mettano ulteriormente in pericolo la persona disposta a deporre.

Se la situazione di minaccia cambia, se subentrano nuove circostanze di pericolo o esse non sussistono più, il Servizio di protezione dei testimoni va informato tempestivamente e spontaneamente.

Il nostro Consiglio disciplina i dettagli della richiesta e della corrispondenza pertinente (cpv. 5).

Art. 7

Esame della richiesta

Prima di decidere sull'ammissione a un programma di protezione dei testimoni, il Servizio di protezione dei testimoni esegue una procedura d'esame dettagliata, durante la quale esamina in particolare l'idoneità della persona da proteggere e gli altri criteri di cui al capoverso 1: a.

la rilevanza della minaccia: il presupposto per ordinare misure di protezione è la probabilità che la persona interessata o i suoi familiari siano esposti a un grave pericolo per la vita e l'integrità fisica oppure a un altro grave pregiudizio. Costituiscono possibili tipologie di intimidazioni le minacce verbali, le minacce scritte come quelle di morte, gli attacchi violenti e i maltrattamenti, le minacce contro i familiari, l'invio di oggetti di carattere simbolico ecc. Il pericolo non si determina in modo astratto ma vi devono essere indizi concreti che fanno prevedere probabili danni ai beni giuridici indicati. In ogni singolo caso occorre eseguire un'analisi dei rischi.

b.

Idoneità della persona: la persona dev'essere idonea per l'attuazione di misure di protezione dei testimoni. Tale idoneità non è data ad esempio se una persona da proteggere non è disposta a collaborare alle misure di protezione e a seguire le istruzioni, fornisce indicazioni false, non mantiene le promes69

se, non è disposta a mantenere il segreto o se compie reati. Per determinare l'idoneità della persona, il Servizio di protezione dei testimoni può avvalersi del sostegno di periti qualora i suoi collaboratori non dispongano delle conoscenze specialistiche necessarie, ad esempio per eseguire valutazioni psicologiche.

c.

L'esistenza di precedenti penali o di altre circostanze che potrebbero costituire un rischio per la sicurezza pubblica oppure per interessi contrari di terzi, se la persona fosse inserita in un programma di protezione dei testimoni: un precedente comportamento criminale non esclude a priori l'ammissione di una persona al programma. Occorre tuttavia verificare nel singolo caso se il comportamento in questione può costituire un motivo d'impedimento per l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni. In generale, si previene un possibile abuso del ruolo di testimone protetto provvedendo affinché il Servizio di protezione dei testimoni segua da vicino il testimone (p. es. nella scelta del nuovo posto di lavoro).

d.

Carenza di misure di prevenzione generale delle minacce adottate dai Cantoni o di misure di protezione procedurale dei testimoni ai sensi degli articoli 149­151 CPP: prima di adottare le misure di protezione dei testimoni, spesso radicali e dispendiose, nel quadro di un programma di protezione dei testimoni ai sensi della presente legge, l'autorità responsabile del procedimento deve sfruttate le altre eventuali possibilità di protezione. Occorre tener presente che la responsabilità di adottare tali misure potrebbe anche incombere a terzi (p. es. alla polizia cantonale o al giudice dei provvedimenti coercitivi). Nella richiesta vanno descritti tutti i passi intrapresi.

e.

Rilevante interesse pubblico al perseguimento penale: un elemento fondamentale per valutare la proporzionalità delle misure di protezione extraprocedurale dei testimoni, è costituito dall'interesse pubblico al chiarimento del reato per cui si ricorre alla collaborazione di una persona che mette in pericolo la propria sicurezza. Il presupposto di interesse rilevante al perseguimento penale è soddisfatto in particolare quando i reati in questione sono gravi. Un interesse pubblico rilevante può sussistere anche in casi di reati meno gravi il cui perseguimento e chiarimento sono ad esempio importanti per motivi politici. Se, nonostante la gravità del pericolo, il reato in questione non rientra in queste categorie, conviene rinunciare alla deposizione prediligendo la sicurezza del testimone. È inoltre opportuno rinunciare alle testimonianze che non sono determinanti ai fini del procedimento penale. Tale misura permetterà di ridurre anche la minaccia cui sono esposte le persone coinvolte.

La verifica dei criteri d'idoneità è composta di varie fasi (colloquio, compilazione del questionario, valutazione psicologica) ed è, se necessario, eseguita in collaborazione con periti o persone appositamente istruite. Durante questa fase viene chiarita anche la situazione finanziaria della persona interessata (capacità di provvedere al proprio sostentamento, debiti in sospeso ecc.).

Nell'ambito di tali colloqui, è indispensabile che il Servizio di protezione dei testimoni informi in modo chiaro la persona da proteggere sulle possibilità, sui limiti e sulle condizioni della protezione. Occorre inoltre illustrare alla persona da proteggere il quadro entro cui potrà essere protetta nonché la collaborazione e le limitazioni

70

che sono invece necessarie da parte sua (p. es. interrompere contatti precedenti, non compiere reati ecc.).

In determinati casi può accadere che, nel corso dell'accurata procedura d'esame, il Servizio di protezione dei testimoni debba adottare di propria iniziativa prime misure d'urgenza necessarie a tutela della persona da proteggere (cpv. 3). Secondo le circostanze, l'autorità penale può adottare tali misure ancora prima di presentare una richiesta di ammissione a un programma di protezione dei testimoni. Il Servizio di protezione dei testimoni pertanto si limiterà a fornire prestazioni di consulenza e di sostegno (art. 23 cpv. 1 lett. e). Poiché tali misure d'urgenza consentono di mitigare la situazione di minaccia, riducendo quindi anche l'urgenza, è possibile rinunciare all'introduzione nella legge di scadenze finalizzate a limitare la durata dell'esame e della decisione in merito alla richiesta.

Art. 8

Decisione

La decisione sull'ammissione a un programma di protezione dei testimoni è presa dal direttore dell'Ufficio federale di polizia su proposta del Servizio di protezione dei testimoni (cpv. 1). Quest'ultimo raccomanda, sulla base dei risultati della procedura di esame e del suo potere discrezionale di accogliere o respingere la richiesta.

Il capoverso 2 statuisce che per decidere sull'ammissione a un programma di protezione dei testimoni occorre tener conto soprattutto dei criteri che il Servizio di protezione dei testimoni ha già verificato nell'ambito della procedura d'esame di cui all'articolo 7 capoverso 1.

Conformemente al capoverso 3, la decisione del direttore dell'Ufficio federale di polizia costituisce una decisione ai sensi dell'articolo 5 PA e deve essere motivata.

Le prescrizioni formali, e più precisamente i rimedi giuridici, sono retti dalla PA.

Non solo la persona da proteggere è legittimata a ricorrere in quanto destinataria della decisione, ma anche l'autorità richiedente, considerati i suoi interessi fondamentali in causa, può avvalersi di tale disposizione speciale.

Al fine di proteggere la persona interessata, gli atti relativi alla decisione non sono parte integrante degli atti del procedimento penale (cfr. art. 6). Gli atti del procedimento penale possono contenere unicamente l'informazione secondo cui, in seguito alla decisione affermativa, è in corso un programma di protezione dei testimoni.

Art. 9

Approvazione e inizio del programma di protezione dei testimoni

Per l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni occorre il consenso della persona da proteggere o del suo rappresentante legale. La necessità del consenso dimostra in modo inequivocabile che le misure di protezione previste dalla presente legge non possono essere applicate contro la volontà della persona da proteggere. Il testimone deve essere disposto a collaborare attivamente alle misure adottate e a contribuire alla loro riuscita. Egli può tuttavia decidere di rinunciare in qualsiasi momento e volontariamente al programma di protezione e alle misure ad esso correlate.

Il consenso presuppone che la persona da proteggere sia stata informata sullo svolgimento del programma di protezione dei testimoni, sui relativi diritti e obblighi (p. es. non compiere altri reati), nonché sulle conseguenze della loro violazione.

71

Accordando il proprio consenso all'ammissione al programma, la persona da proteggere conferma di essere stata informata conformemente al capoverso 1. Se la persona da proteggere non è in grado di acconsentire in modo giuridicamente valido, ad esempio perché è minorenne, il consenso può essere dato dal rappresentante legale.

Art. 10

Modifiche del programma di protezione dei testimoni

La modifica di determinate misure di protezione dei testimoni può, in certe circostanze, avere ripercussioni incisive sulle condizioni di vita della persona da proteggere. Per questo motivo la competenza di decidere modifiche considerevoli in un programma di protezione dei testimoni è accordata al direttore dell'Ufficio federale di polizia.

4.2.3

Art. 11

Sezione 3: Fine del programma di protezione dei testimoni e sua continuazione dopo la conclusione di un procedimento penale Fine

Il capoverso 1 della disposizione sancisce i presupposti per porre fine a un programma di protezione dei testimoni. Oltre che in caso di cessazione della minaccia, il programma di protezione dei testimoni può, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere terminato anche a causa di una violazione grave dell'accordo e quindi delle condizioni in esso stabilite. Un comportamento che viola gravemente gli obblighi fissati non solo rende impossibile svolgere le misure di protezione dei testimoni ma mette anche a repentaglio la sicurezza dei collaboratori del Servizio di protezione dei testimoni. La fine del programma ai sensi della lettera b può, ad esempio, essere dovuta a un comportamento criminale durante lo svolgimento della misura di protezione oppure al riallacciamento dei contatti con l'ambiente criminale.

È possibile porre fine al programma di protezione dei testimoni prima della conclusione passata in giudicato del procedimento penale soltanto dopo aver consultato l'autorità responsabile del procedimento. Quando un procedimento è ancora in corso, le decisioni in materia di protezione dei testimoni sono infatti fondamentali per lo sviluppo del procedimento, del quale è responsabile l'autorità che lo dirige.

Fino alla conclusione passata in giudicato del procedimento penale, occorre quindi collaborare strettamente con l'autorità responsabile del procedimento. A partire da quando inizia il processo di primo grado è opportuno consultare anche il pubblico ministero, se si considerano i suoi interessi in causa (cpv. 2). Ciononostante la decisione finale in materia di protezione extraprocedurale dei testimoni, compresa la fine delle misure di protezione, spetta al direttore dell'Ufficio federale di polizia.

Se la necessità di protezione permane dopo la fine del programma di protezione dei testimoni ai sensi della presente legge, le misure sono disciplinate in virtù delle disposizioni di prevenzione generale delle minacce applicate dalla polizia cantonale competente.

Il capoverso 3 statuisce che si deve porre fine al programma di protezione dei testimoni se la persona da proteggere lo chiede espressamente. La decisione di terminare 72

il programma non deve tuttavia essere motivata da un'esitazione temporanea ma poggiare su un'approfondita e dettagliata informazione in merito alle conseguenze e può avvenire soltanto dopo un periodo di riflessione. Il nostro Consiglio disciplina le modalità per porre fine al programma di protezione dei testimoni (cpv. 4).

Art. 12

Continuazione dopo la conclusione del procedimento penale

Le misure di protezione dei testimoni continuano dopo la conclusione del procedimento penale, finché persiste la minaccia e l'interessato acconsente di continuare a partecipare al programma di protezione dei testimoni.

4.2.4 Art. 13

Sezione 4: Diritti e obblighi della persona da proteggere Pretese di terzi nei confronti della persona da proteggere

Le misure di protezione dei testimoni non devono ledere la posizione giuridica di terzi. Occorre salvaguardare il diritto di terzi, come ad esempio un creditore privato oppure le autorità fiscali, di avanzare le loro legittime pretese. Il Servizio di protezione dei testimoni deve fare in modo che le misure di protezione dei testimoni non rendano irraggiungibile la persona da proteggere nelle relazioni giuridiche. Nella procedura di consultazione è sorta la domanda se la presente disposizione fosse sufficiente a prevenire conflitti tra terzi e la protezione dei testimoni. A tal proposito occorre precisare che, anche se fossero introdotte norme più particolareggiate, vista la molteplicità delle circostanze, il Servizio di protezione dei testimoni sarà comunque tenuto a valutare il singolo caso per procedere in modo appropriato. Considerati l'innumerevole quantità di situazioni diverse e il margine di manovra necessario al Servizio di protezione dei testimoni, è opportuno rinunciare a un disciplinamento più dettagliato in materia. Questa soluzione è avvalorata dalle esperienze positive maturate all'estero nell'applicazione di disposizioni simili.

Prima di inserire una persona in un programma di protezione, il Servizio di protezione dei testimoni deve informarsi sulla situazione giuridica e finanziaria della persona da proteggere. In questo contesto può avvalersi dei diritti di raccogliere dati sanciti dagli articoli 26 e 27 LPTes. L'obbligo di collaborare della persona da proteggere per chiarire e risolvere le pretese di terzi è inoltre statuito espressamente dal capoverso 1 del presente articolo.

Occorre considerare che riguardo alle pretese di terzi nei confronti della persona da proteggere il Servizio di protezione dei testimoni può intervenire unicamente in qualità di mediatore per trasmettere informazioni (p. es. designazione di un collaboratore del Servizio di protezione dei testimoni come mandatario autorizzato a ricevere le notifiche). I creditori di una persona da proteggere tuttavia non devono né possono ricevere un trattamento migliore a causa della protezione dei testimoni; il Servizio di protezione dei testimoni soprattutto non deve fungere da garante quando qualcuno intende far valere le proprie pretese.

Art. 14

Pretese della persona da proteggere nei confronti di terzi

Il capoverso 1 precisa che le misure di protezione dei testimoni previste dal disegno di legge non influiscono sulle pretese della persona da proteggere nei confronti di 73

terzi, come assicurazioni sociali, assicurazioni private e debitori privati. La concessione dell'aiuto sociale, di prestazioni assicurative o di altro genere (p. es. assegni familiari del datore di lavoro) si basa sui rispettivi requisiti ed è esaminata dagli organi competenti.

Se dispone della procura necessaria, il Servizio di protezione dei testimoni può intervenire nei confronti di terzi a nome e per conto della persona da proteggere, senza dover necessariamente rivelare che essa è sotto protezione. Le pretese riguardanti prestazioni delle assicurazioni sociali e altre prestazioni possono tuttavia dipendere anche da determinati presupposti concreti che, in certe circostanze, non sussistono più a causa di un cambiamento del domicilio o del posto di lavoro avvenuto nel quadro del programma di protezione del testimone. In tal caso le pretese non possono essere fatte valere neppure dai mandatari. Il capoverso 2 intende impedire che una persona non possa beneficiare delle prestazioni se i requisiti non sono soddisfatti unicamente a causa delle misure di protezione dei testimoni adottate. In questo caso, il Servizio di protezione dei testimoni deve illustrare e confermare a eventuali fornitori di prestazioni i fatti necessari per verificare se sussistono i requisiti per beneficiare delle prestazioni di sostegno.

Per rispondere alla domanda sulla sufficienza di tale disposizione sollevata durante la procedura di consultazione, rimandiamo alle spiegazioni sull'articolo 13: considerati l'innumerevole quantità di casi e il margine di manovra necessario al Servizio di protezione dei testimoni, è opportuno rinunciare a un disciplinamento più dettagliato in materia.

Art. 15

Prestazioni finanziarie del Servizio di protezione dei testimoni

Allontanare una persona da proteggere dall'ambiente in cui vive, in genere significa privarla, almeno temporaneamente, della sua fonte di guadagno. La garanzia del sostentamento rappresenta pertanto una premessa imprescindibile per la protezione dei testimoni. La persona da proteggere può aver bisogno di un sostegno finanziario fino a quando sarà in grado di provvedere al proprio sostentamento.

Fintanto che e nella misura in cui la persona da proteggere non sia in grado di attingere a mezzi propri o non siano (ancora) disponibili prestazioni ai sensi dell'articolo 14 fornite da altri organi, il capoverso 1 sancisce la possibilità di un aiuto finanziario temporaneo da parte del Servizio di protezione dei testimoni. Esso dovrà essere corrisposto nella misura necessaria per la protezione dei testimoni e per il sostentamento. Il testimone ha l'obbligo di collaborare fornendo informazioni sul proprio reddito e sulla propria situazione patrimoniale o sulle sue relazioni familiari; l'articolo 27 della legge autorizza inoltre il Servizio di protezione dei testimoni a raccogliere informazioni.

L'ammontare delle prestazioni fornite dal Servizio di protezione dei testimoni è fissato secondo il principio che il sostentamento della persona da proteggere è garantito ma che l'ammissione a un programma di protezione non deve tuttavia procurarle alcun vantaggio finanziario ingiustificato. Questa misura consente di evitare l'eventuale accusa che la deposizione della persona da proteggere sia stata «comprata» in scambio di vantaggi illeciti. L'importo massimo del sostegno è pertanto calcolato in base al reddito legale del momento, agli obblighi di prestare assistenza alla famiglia e alle esigenze in materia di sicurezza (p. es. se l'appartamento deve essere attrezzato meglio per ragioni di sicurezza). La durata del sostegno è limitata al periodo necessario. Sono erogate prestazioni destinate ai familiari soltanto se la convivenza 74

con la persona da proteggere è permanente o se sussistono obblighi legali di mantenimento. Se per qualche motivo il testimone deve affrontare spese che superano quanto concordato, sarà tenuto a farsene carico. Benché la collaborazione a un procedimento non debba causare un danno finanziario alle persone da proteggere, non sono tuttavia elargite prestazioni finanziare nei casi in cui la situazione economica permette ai testimoni di provvedere al proprio sostentamento.

Qualora il reddito legale della persona da proteggere sia particolarmente alto e conseguentemente lo siano anche i costi di sostentamento, questi non possono essere compensati per motivi riconducibili al principio di proporzionalità. Per determinare il limite inferiore del sostegno fungono da riferimento le aliquote dell'aiuto sociale dell'ultimo luogo di soggiorno. Questa procedura permette di garantire l'esistenza economica anche alle persone che fino ad allora non percepivano un reddito legale (cpv. 2).

Il capoverso 3 precisa che il Servizio di protezione dei testimoni può esigere il rimborso di prestazioni ottenute da una persona da proteggere in modo disonesto (p. es. fornendo indicazioni fasulle sulle proprie condizioni di vita).

Art. 16

Collaborazione nei procedimenti

Nell'ambito dei procedimenti giudiziari e amministrativi federali, cantonali e comunali, in cui è coinvolta la persona da proteggere, occorre garantire che le eventuali nuove generalità con cui essa vive in quel momento, nonché il suo attuale luogo di soggiorno non siano rivelati, aggravando la situazione di minaccia. Una persona con una nuova identità rilascia la propria deposizione in tribunale sotto l'identità originaria, ma deve avere la possibilità di rifiutarsi di fornire informazioni sul suo nuovo nome o sul luogo di domicilio o di soggiorno. Il rifiuto di fornire tali indicazioni può essere concesso, a condizione che esistano norme in tal senso, presentando una richiesta di protezione procedurale dei testimoni e, laddove tale protezione non basti, avvalendosi della facoltà di non deporre a causa di minacce. Le disposizioni pertinenti sono contenute nel CPP (art. 149 e 169 cpv. 3) e nella Procedura penale militare del 23 marzo 1979128. Nei casi in cui la protezione procedurale dei testimoni e i diritti di non deporre sono disciplinati espressamente, si applicano le rispettive disposizioni procedurali. Per gli altri procedimenti, il testimone può appellarsi all'articolo 16 LPTes.

Il capoverso 1 statuisce pertanto che una persona protetta è autorizzata a fornire indicazioni personali soltanto riguardo alla sua identità originaria, mentre può rifiutarsi, in virtù della protezione dei testimoni, di fornire indicazioni che consentano di risalire alle sue attuali generalità nonché al luogo di domicilio o di soggiorno.

Invece del luogo di domicilio o di soggiorno va indicato il Servizio di protezione dei testimoni (cpv. 2).

128

RS 322.1

75

4.2.5

Sezione 5: Cooperazione con servizi pubblici e con privati

Oggi le informazioni personali sono registrate in una serie di banche dati, sempre più connesse tra loro. Spesso le informazioni registrate sono accessibili a varie autorità, istituzioni e anche a privati. Attraverso le informazioni contenute in queste banche dati è possibile, in determinate circostanze, risalire al luogo di soggiorno di una persona da proteggere.

Il fatto che il settore privato, ad esempio le assicurazioni, le banche o i servizi di telecomunicazione, trattino una considerevole mole di dati, aumenta anche la possibilità di ottenere informazioni mediante attività di spionaggio. Una protezione dei testimoni efficace presuppone quindi anche il coinvolgimento di organi privati, affinché anche essi possano essere obbligati a collaborare e a mantenere il segreto.

La cooperazione con i servizi pubblici e i privati non è disciplinata soltanto per proteggere la persona minacciata ma anche per aiutare il Servizio di protezione dei testimoni a svolgere il proprio ruolo quando terzi intendono far valere le loro pretese nei confronti della persona da proteggere.

I servizi pubblici comprendono gli organi amministrativi centrali e decentrati della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni (quindi anche enti di diritto pubblico, istituti e fondazioni) come pure gli organi di diritto privato, con compiti pubblici (p. es. imprese parastatali o società per azioni di diritto speciale come la Swisscom o le FFS).

Diversi partecipanti alla consultazione hanno rilevato l'importanza di una stretta cooperazione tra il Servizio di protezione dei testimoni e le organizzazioni private di aiuto alle vittime che garantiscono protezione e assistenza ancora prima dell'eventuale svolgimento di un programma di protezione dei testimoni. Nella consultazione è stata, ad esempio, avanzata la proposta di disciplinare nella legge o tramite un contratto tale cooperazione e di stabilire le indennità corrispondenti. In effetti, alcune persone protette dalle misure svolte dal Servizio di protezione dei testimoni, in un primo tempo beneficeranno dell'assistenza di un'organizzazione privata di aiuto alle vittime. In seguito quando il Servizio di protezione dei testimoni assumerà il compito di protezione, dovrà farlo d'intesa con gli organi privati in questione.

Art. 17

Blocco della comunicazione di dati

La presente disposizione statuisce il principio secondo cui il Servizio di protezione dei testimoni può ordinare ai servizi pubblici e ai privati di non comunicare dati personali o di trattare conformemente alle sue istruzioni i dati che consentono di risalire all'attuale o al precedente luogo di domicilio (indicando p. es. l'indirizzo del Servizio di protezione dei testimoni). L'obbligo vale solo se è tecnicamente realizzabile (p. es. limitando l'autorizzazione d'accesso ai dati in questione).

La normativa si applica soprattutto alle banche dati e ai registri pubblici, ad esempio presso i Comuni (controllo abitanti, registro fondiario ecc.), gli uffici cantonali (licenza di condurre) o gli uffici federali (sistema d'informazione sui documenti d'identità, assicurazioni sociali, esercito ecc.), ma anche alle banche dati private.

76

Art. 18

Obbligo di comunicazione e di consegna

Il presente articolo statuisce che i servizi pubblici e i privati contattati dal Servizio di protezione dei testimoni, sono tenuti a informarlo senza indugio di ogni domanda di informazione pervenuta sui dati bloccati e non bloccati della persona protetta (cpv. 1). Non sussiste tuttavia alcun obbligo di predisporre a tal fine misure tecniche speciali.

Se un sistema d'informazione è già in grado di generare verbali delle consultazioni dei dati concernenti una determinata persona, essi devono essere consegnati su richiesta al Servizio di protezione dei testimoni (cpv. 2).

Questi obblighi perseguono due obiettivi: permettere di individuare e prevenire i tentativi dell'autore di una minaccia di ottenere illecitamente informazioni e consentire al Servizio di protezione dei testimoni di far valere le pretese di terzi nei confronti della persona da proteggere (p. es. quando un creditore cerca la persona).

Affinché i tentativi di spionaggio degli autori della minaccia non consentano loro indirettamente, ovvero tramite l'individuazione dei collaboratori del Servizio di protezione dei testimoni, di identificare la persona da proteggere, il Servizio di protezione dei testimoni può estendere l'obbligo di comunicazione e di consegna anche alle domande d'informazione e alle consultazioni riguardanti i propri collaboratori (cpv. 3).

Tenendo in debito conto le possibili conseguenze in caso di mancata comunicazione di informazioni, il Servizio di protezione dei testimoni verifica in ogni singolo caso, d'intesa con il servizio a cui è stata inviata la richiesta, se è opportuno comunicare i dati o adottare una determinata misura.

Art. 19

Creazione di una nuova identità per il periodo necessario

La creazione di una nuova identità efficace è spesso imprescindibile per offrire una protezione dei testimoni altrettanto efficace. A tal scopo sono anche necessari documenti contenenti le generalità fittizie. La persona da proteggere deve essere provvista di documenti e prove che consentano di confermare il tipo di vita che ha assunto per non essere scoperta. Anche le banche dati e i registri rilevanti per la nuova identità devono essere integrati in questo dispositivo di isolamento. Per raggiungere tale obiettivo, i servizi pubblici devono essere tenuti ad allestire o alterare documenti su richiesta del Servizio di protezione dei testimoni e a trattare i dati modificati, ovvero a registrare la persona con la sua nuova identità. Anche i servizi privati devono essere tenuti ad adempiere le richieste del Servizio di protezione dei testimoni perché anche nel settore privato vengono rilasciati documenti, certificati, lettere di conferma e altri documenti simili.

Il capoverso 2 statuisce che per creare una nuova identità temporanea occorre tenere conto degli interessi pubblici o privati degni di protezione. Precisa quindi che l'allestimento e l'impiego di documenti d'identità fittizi costituiscono una grave ingerenza nell'ordinamento giuridico, la quale deve rispettare il principio di proporzionalità. La protezione dei testimoni deve inoltre rispettare determinati limiti e non può pertanto essere posta automaticamente al di sopra degli interessi pubblici o privati contrastanti. Alcune persone protette avranno precedenti penali ed è probabile che siano schedate nel registro delle esecuzioni o in altri registri analoghi. La disposizione si ricollega all'articolo 7 capoverso 1 lettera c del disegno di legge,

77

secondo cui, in presenza di interessi fortemente contrari, è possibile rifiutare l'ammissione della persona a un programma di protezione dei testimoni.

Dopo la fine del programma di protezione dei testimoni i dati registrati relativi alla nuova identità devono essere riuniti con quelli riguardanti l'identità originaria e in seguito cancellati conformemente al capoverso 3. Questa misura richiede un intervento manuale, che va eseguito in collaborazione con i servizi coinvolti, e il ritiro dei documenti d'identità rilasciati. Il Servizio di protezione dei testimoni provvede al ritiro e alla distruzione dei documenti utilizzati.

In determinate circostanze è possibile che una persona che ha vissuto per anni con un nuovo nome ed è conosciuta con quest'ultimo, desideri mantenere il nome assegnatole temporaneamente anche dopo la fine del programma di protezione dei testimoni. In tal caso la persona può chiedere il cambiamento definitivo del nome in virtù dell'articolo 30 CC. In virtù dell'articolo 30 CC, il governo del Cantone di domicilio può, per motivi gravi, concedere a una persona il cambiamento del proprio nome. Di norma tale motivo sussiste nel caso dei programmi di protezione dei testimoni. Il cambiamento del nome è iscritto nel registro di stato civile secondo la procedura ordinaria. Durante la procedura di consultazione è stata avanzata la richiesta di prevedere nell'ambito della presente legge la possibilità di cambiare identità in modo definitivo. Poiché una nuova identità temporanea è comunque sempre creata per il periodo necessario, e più precisamente fino alla cessazione della minaccia, per motivi di proporzionalità è opportuno rinunciare a prevedere di principio la creazione di nuove identità durature.

Può invece rivelarsi necessario dotare di una nuova identità temporanea anche i collaboratori del Servizio di protezione dei testimoni. Se un collaboratore dell'Ufficio federale di polizia rivelasse il suo legame con il Servizio di protezione dei testimoni, rischierebbe di attirare l'attenzione di terzi e accrescere quindi inutilmente il rischio per la persona da proteggere o per il Servizio stesso. La possibilità per i dipendenti del Servizio di protezione dei testimoni, sancita nel capoverso 4, di operare utilizzando nomi fittizi è importante anche ai fini della loro protezione
personale. Quale detentore d'informazioni, il collaboratore può infatti essere esposto a pericoli, poiché le persone oggetto del perseguimento penale cercano di risalire ai testimoni esercitando pressione su chi li protegge. Anche nel caso in cui un testimone è escluso dal programma di protezione dei testimoni per propria colpa, è preferibile che non conosca l'identità vera di chi lo ha protetto.

Art. 20

Consultazione per disciplinare il soggiorno di stranieri

Il rilascio di un titolo di soggiorno costituisce un presupposto fondamentale per la protezione di testimoni stranieri. È pertanto necessario che le richieste del Servizio di protezione dei testimoni possano già essere presentate nella procedura amministrativa pertinente, quando l'autorità competente considera la possibilità di pronunciare una decisione di rifiuto. Se è prevista la revoca di un permesso di soggiorno già concesso a un testimone inserito in un programma di protezione, è importante che vengano considerati anche gli interessi della protezione dei testimoni e del perseguimento penale (avere la persona a disposizione quale testimone importante) e che, se la ponderazione degli interessi lo giustifica, l'espulsione venga rimandata.

L'obbligo di consultazione sancito dal presente articolo presuppone che l'autorità cantonale degli stranieri competente sia stata precedentemente informata dello svolgimento di un programma di protezione dei testimoni. Nei casi di ammissione 78

temporanea l'autorità competente è l'UFM, mentre per i divieti d'entrare in Svizzera ai sensi dell'articolo 67 LStr la responsabilità può essere dell'UFM (art. 67 cpv. 1 LStr) o di fedpol (art. 67 cpv. 2 LStr). Poiché la stretta cooperazione tra le autorità competenti in materia di stranieri e il Servizio di protezione dei testimoni è indispensabile, tale requisito sarà in genere già stato soddisfatto. In caso contrario, il Servizio di protezione dei testimoni deve contattare la competente autorità degli stranieri al più tardi quando alla persona da proteggere è notificata la decisione, oppure l'autorità di ricorso dopo che la decisione è stata impugnata.

Art. 21

Coordinamento in caso di misure privative della libertà

Se i testimoni ammessi in un programma di protezione si trovano in carcerazione preventiva per complicità o per aver commesso un altro reato prima dell'ammissione al programma di protezione dei testimoni, e sono successivamente condannati a una pena detentiva, è necessario cooperare strettamente con le autorità d'esecuzione penale. Il coordinamento con l'autorità d'esecuzione penale competente consente di fronteggiare le possibili minacce per la sicurezza e l'organizzazione dell'istituto di pena. Nel quadro della carcerazione preventiva sarebbe già sufficiente, in determinate circostanze, l'avvertenza di non mettere mai in contatto una persona con determinate altre persone.

Il Servizio di protezione dei testimoni è quindi tenuto a informare le autorità d'esecuzione penale che si occupano del testimone o la direzione dell'istituto di pena, sull'inizio e la fine della protezione del testimone e ad adottare le misure necessarie per la protezione, d'intesa con la direzione dell'istituto di pena e in considerazione degli interessi dell'esecuzione della pena. Al contempo, il Servizio di protezione dei testimoni ha bisogno delle informazioni che la direzione dell'istituto di pena gli trasmette riguardo a tutte le circostanze rilevanti, per organizzare e proseguire la protezione dei testimoni.

4.3

Capitolo 3: Servizio di protezione dei testimoni

4.3.1

Sezione 1: Organizzazione e compiti

Art. 22

Organizzazione

Poiché si prevede un numero relativamente contenuto di casi di protezione di testimoni e vista la necessità di sviluppare e salvaguardare le conoscenze e la professionalità del Servizio di protezione dei testimoni, per la Svizzera sembra opportuno centralizzare presso le autorità federali lo svolgimento delle misure di protezione dei testimoni dei procedimenti sia federali sia cantonali129. Le esperienze maturate durante le operazioni di protezione dei testimoni dimostrano che la materia è talmente complessa che solo un Servizio di protezione dei testimoni centralizzato a livello federale è in grado di garantire l'efficienza e la professionalità necessarie. Non vanno inoltre dimenticate le dimensioni contenute della Svizzera, che impongono una cooperazione intercantonale e spesso anche internazionale.

La presente disposizione affida le attività operative di cui alla presente legge a un Servizio di protezione dei testimoni ancora da creare. L'attività di protezione dei 129

Cfr. la consultazione dei Cantoni tramite la CDCGP e la CDOS, lettera del 9 aprile 2008.

79

testimoni, finalizzata a proteggere una persona, consiste in particolare nell'isolare una persona e garantirne la sicurezza. Questi aspetti fondamentali coincidono con i compiti assolti da fedpol nel campo delle inchieste mascherate. Date le circostanze, pare oggettivamente giustificato e opportuno subordinare tale servizio a fedpol che possiede già le conoscenze necessarie e dispone dei contatti con i servizi di protezione dei testimoni all'estero. Al fine di garantire la sua indipendenza, il Servizio di protezione dei testimoni deve essere separato a livello organizzativo e del personale dalle unità che svolgono indagini di polizia giudiziaria.

Art. 23

Compiti e formazione

Al Servizio di protezione dei testimoni sono affidati i compiti elencati qui di seguito.

a.

Eseguire la procedura d'esame e sottoporre al direttore di fedpol la proposta per lo svolgimento di un programma di protezione dei testimoni. Tale procedura è retta dalle disposizioni del capitolo 2 sezione 2.

b.

Eseguire le misure necessarie nel caso specifico per garantire una protezione efficace. Le singole misure di protezione devono sempre essere proporzionate, ovvero devono essere effettivamente appropriate per impedire l'insorgere di pregiudizi nei confronti del testimone o dei suoi familiari. Vanno ordinate le misure più utili e meno drastiche possibili per garantire la protezione, vale a dire quelle più semplici ed efficaci. Il direttore di fedpol, che decide in merito all'ammissione al programma, determina quindi contemporaneamente anche la portata delle misure di protezione (p. es. se consentire la creazione di una nuova identità per il periodo necessario), mentre spetta al Servizio di protezione dei testimoni adottare tali misure e organizzarne i dettagli.

Per una persona esposta a una minaccia grave occorre un «pacchetto» composto di differenti misure: inizialmente sono necessarie molte misure ma con il passare del tempo l'intensità della protezione e dell'assistenza diminuisce.

Sono comprese anche misure più discrete come ad esempio la consulenza sul modo di comportarsi, la messa a disposizione di strumenti ausiliari (nuovo numero di telefono, installazione di un sistema di allarme), l'assistenza psicologica, la protezione di persone e di edifici, la sistemazione temporanea in un luogo sicuro e la predisposizione del blocco della comunicazione dei dati presso autorità e servizi privati. Le misure possono però consistere anche in un trasferimento vero e proprio, nella garanzia temporanea del sostentamento e infine nell'allestimento di documenti fittizi che permettono di assumere una nuova identità per il periodo necessario. Se la persona da proteggere è un minore, nell'ambito delle misure da adottare occorre tener conto anche delle relative esigenze particolari.

Le singole misure devono essere verificate individualmente nel caso concreto. Lo svolgimento di analisi individuali dei rischi e la verifica continua della situazione generale di pericolo sono indispensabili per accertare la necessità e l'idoneità delle misure.

Lo svolgimento delle singole misure presuppone che il Servizio di protezione dei testimoni acquisti gli strumenti logistici necessari e si occupi della loro manutenzione.

c.

80

Consigliare e assistere la persona da proteggere e sostenerla nel disbrigo delle questioni personali. In questa categoria rientrano il coordinamento centra-

lizzato della protezione dei testimoni in collaborazione con le autorità interessate (p. es. controllo abitanti, polizia degli stranieri, aiuto alle vittime, ufficio AVS ecc.) e i servizi privati (locatori, società telefoniche e fornitori di servizi Internet, assicurazioni private, debitori, creditori ecc.). Il Servizio di protezione dei testimoni svolge in quest'ambito un'importante funzione di mediazione. Esso deve garantire che non si possa risalire dal vecchio al nuovo luogo di domicilio o dall'identità originaria a quella nuova. Nel contempo deve fare in modo che la persona protetta o terzi possano far valere le proprie legittime pretese.

Una delle idee centrali della protezione dei testimoni è inoltre di reintegrare la persona nel modo più rapido e ragionevole possibile e di renderla indipendente. A tale scopo il Servizio di protezione dei testimoni offre il proprio sostegno, ad esempio procurando un posto di lavoro o di formazione o una possibilità di riqualifica professionale.

d.

Coordinare le misure di protezione extraprocedurale ai sensi della presente legge con le necessarie misure di protezione procedurale di cui agli articoli 149 e seguenti CPP.

e.

Consigliare e sostenere le autorità nazionali di polizia quando devono adottare misure di protezione a favore di persone al di fuori di un programma di protezione dei testimoni. Sono compresi anche la consulenza e il sostegno per le misure d'urgenza a favore di persone la cui richiesta d'ammissione a un programma di protezione dei testimoni è ancora pendente, a meno che tali misure non siano adottate direttamente dal Servizio di protezione dei testimoni (art. 7 cpv. 3).

f.

Esaminare la richiesta presentata da uno Stato estero o da un tribunale penale internazionale riguardo all'ammissione di una persona a un programma svizzero di protezione. In questo caso si tratta di persone già inserite in un programma di protezione e che, su richiesta di un servizio estero di protezione dei testimoni o di un tribunale penale internazionale, possono essere ammesse a un programma svizzero di protezione.

g.

Coordinare l'attività internazionale di protezione dei testimoni mediante la cooperazione con i servizi esteri. La cooperazione con l'estero riveste un ruolo importante innanzitutto a causa delle dimensioni geografiche ridotte della Svizzera. La cooperazione concerne sia singole attività, come l'aiuto al ricongiungimento familiare o i trasporti sul territorio nazionale, sia il trasferimento o l'accoglienza delle persone protette, nei casi in cui un testimone possa essere sistemato in modo duraturo e sicuro soltanto all'estero.

h.

Durante la procedura di consultazione è stata rilevata ripetutamente l'importanza di una stretta cooperazione tra il Servizio di protezione dei testimoni e le organizzazioni di aiuto alle vittime, che spesso garantiscono protezione e assistenza prima ancora dell'eventuale svolgimento di un programma di protezione dei testimoni. Prima di essere protette dal Servizio di protezione dei testimoni, alcune persone beneficiano infatti dell'assistenza fornita da un'organizzazione privata di aiuto alle vittime. Se il Servizio di protezione dei testimoni in seguito assume l'incarico di proteggere la persona, deve accordarsi con gli organi privati interessati. L'attività di coordinamento del Servizio di protezione dei testimoni non influisce sui compiti esistenti e sulle responsabilità finanziarie dell'organizzazione privata di aiuto alle vittime e 81

del suo organo responsabile. Questo non significa tuttavia che, in caso di necessità, non sia possibile assegnare incarichi retribuiti a tali servizi privati, al fine di garantire una protezione ottimale.

Il capoverso 2 statuisce che il Consiglio federale disciplina a livello d'ordinanza la formazione dei collaboratori del Servizio di protezione dei testimoni. La competenza specialistica va acquisita e sviluppata partecipando a corsi e a gruppi di esperti internazionali attivi nel settore operativo e scambiando informazioni con i servizi esteri competenti. I corsi specifici sulla protezione dei testimoni attualmente sono offerti solo all'estero.

Art. 24

Gestione degli atti e tutela del segreto

Tutte le misure adottate nel quadro della protezione dei testimoni, come ad esempio l'ammissione della persona da proteggere al programma, gli obblighi che è tenuta a rispettare, il rilascio di documenti fittizi, le prestazioni finanziarie o la fine della protezione, devono poter essere ricostruite in qualsiasi momento. Il Servizio di protezione dei testimoni deve pertanto tenere una documentazione esaustiva (cpv. 1).

I documenti allestiti a tale scopo sono soggetti a una rigorosa tutela del segreto al fine di garantire la sicurezza della persona da proteggere e a causa delle informazioni contenute sulla tattica adottata dalla polizia per proteggere i testimoni. Per questo motivo gli atti sono conservati unicamente dal Servizio di protezione dei testimoni e non sono parte integrante degli atti del procedimento penale (cpv. 2).

Il Servizio di protezione dei testimoni presenta su richiesta un rapporto ufficiale al tribunale. Nell'ambito del procedimento penale, i collaboratori del pubblico ministero e del Servizio di protezione dei testimoni sono inoltre tenuti a fornire, in veste di testimoni e in base ai principi generali, informazioni sulla protezione dei testimoni.

A tal fine necessitano di un'autorizzazione a deporre dell'autorità superiore (cfr.

art. 320 n. 2 CP), che è rilasciata in considerazione dello scopo della protezione dei testimoni e che può essere eventualmente limitata.

4.3.2 Art. 25

Sezione 2: Trattamento dei dati Sistema d'informazione

Per adempiere i propri compiti legali, il Servizio di protezione dei testimoni gestisce un sistema d'informazione. La presente disposizione costituisce la base legale per la gestione del sistema. Siccome il sistema contiene dati degni di particolare protezione deve essere protetto in modo speciale (cpv. 3). L'accesso mediante una procedura di richiamo è quindi conferito soltanto all'unità organizzativa competente per la protezione dei dati (cpv. 4). Gli ulteriori aspetti normativi del sistema d'informazione (p. es. le scadenze per la cancellazione dei dati registrati) sono disciplinati nel diritto d'esecuzione (cpv. 5).

Art. 26

Dati registrati nel sistema

Il Servizio di protezione dei testimoni raccoglie dati al fine di accertare costantemente se la situazione di minaccia richiede l'adozione di misure di protezione, ma 82

anche per valutare l'idoneità di una persona riguardo all'ammissione a un programma di protezione dei testimoni.

I dati raccolti concernono l'autore della minaccia e il suo ambiente ma anche lo stile di vita della persona da proteggere, in particolare le sue relazioni personali strette e i legami familiari, (p. es. il numero di persone a lei prossime minacciate), la sua situazione finanziaria (p. es. debiti), il suo stato di salute (p. es. malattie dovute a dipendenze) o altre attività che possono influire sulla decisione di ammissione a un programma (p. es. atti di violenza, precedenti penali). Il fatto di raccogliere dati sulla persona da proteggere consente al Servizio di protezione dei testimoni di assumere le proprie responsabilità nei confronti di terzi, poiché la persona da proteggere non sempre rivela tutti i dati necessari e rilevanti per ponderare gli interessi. Questo vale soprattutto per i testimoni che hanno frequentato gli ambienti criminali e sono combattuti fra il desiderio di uscirne e quello di tornare a delinquere, o che hanno problemi finanziari.

I dettagli del consenso della persona da proteggere sono disciplinati all'articolo 4 capoverso 5 LPD. Per raccogliere dati presso privati che sono tenuti al segreto professionale ai sensi dell'articolo 321 CP, non occorre un'autorizzazione generica bensì un consenso specifico.

Art. 27

Raccolta dei dati

Per esaminare l'idoneità di una persona ai fini dell'ammissione a un programma di protezione dei testimoni e per determinare l'entità della minaccia, il Servizio di protezione dei testimoni deve poter accedere direttamente, mediante una procedura di richiamo, ai registri e alle banche dati di cui al capoverso 1 lettera a. I diritti d'accesso devono essere sanciti nelle leggi speciali che disciplinano queste banche dati (cfr. le modifiche del diritto vigente). Per quanto riguarda gli accessi ai sistemi d'informazione di polizia della Confederazione e la consultazione breve del sistema informatizzato per il trattamento dei dati relativi alla protezione dello Stato, le leggi pertinenti in genere prevedono già l'accesso per fedpol. Se il Servizio di protezione dei testimoni intende raccogliere ulteriori dati, può richiederli alle autorità elencate nel capoverso 1 lettere b­d. Può inoltre richiedere informazioni ad altre autorità e a servizi privati se la persona da proteggere vi acconsente.

4.4

Capitolo 4: Cooperazione con l'estero

La cooperazione con l'estero in casi specifici riveste un ruolo importante soprattutto a causa delle dimensioni ridotte della Svizzera. La cooperazione, oltre ad attività circostanziate come l'aiuto al ricongiungimento familiare o i trasporti sul territorio nazionale, comprende anche aspetti più importanti quali l'accoglienza effettiva delle persone protette, nei casi in cui un testimone possa essere sistemato in modo duraturo e sicuro soltanto all'estero.

Art. 28

Trasferimento e accoglienza di persone da proteggere

Fedpol può, nel rispetto di determinate condizioni, decidere autonomamente di trasferire all'estero una persona da proteggere o di accoglierne una proveniente dall'estero (cpv. 1). I requisiti elencati nelle lettere a­g definiscono il quadro legale in modo chiaro e preciso.

83

In primo luogo è necessario che un trasferimento o un'accoglienza sia indispensabile per motivi di sicurezza (lett. a). Occorre inoltre che il servizio di protezione che accoglie il testimone sia in grado di garantire le misure di sicurezza necessarie (lett.

b). Questo requisito consente di limitare la selezione dei partner esteri richiedenti, agli Stati che dispongono di un servizio di protezione dei testimoni professionale e riconosciuto. D'altro canto fedpol è tenuto ad occuparsi soltanto dei casi per cui dispone delle capacità e delle risorse necessarie.

Per quanto concerne la persona da proteggere, essa deve acconsentire al trasferimento in Svizzera o all'estero (lett. c). Deve inoltre trattarsi di una persona il cui soggiorno in Svizzera, o la cui eventuale partenza dalla Svizzera, non costituisce una minaccia per gli interessi di sicurezza del nostro Paese (lett. d).

Non devono inoltre sussistere motivi politici che impediscano la cooperazione di polizia con lo Stato in questione (lett. e). La lettera f sancisce la possibilità di interrompere la cooperazione in qualsiasi momento, ovvero entro il termine più breve che consenta comunque di organizzare la fine della cooperazione, ad esempio se il comportamento della persona accolta non consente di provvedere alla sua protezione. Tale condizione posta agli accordi che fedpol deve stipulare con Paesi esteri, ha lo scopo di evitare che la Svizzera assuma impegni considerevoli e a lungo termine a causa di determinati casi di cooperazione. Per quanto riguarda il margine di manovra nell'ambito degli impegni finanziari, la lettera g stabilisce infine il quadro generale per la ripartizione dei costi che l'accoglienza della persona da proteggere genera al servizio di protezione dei testimoni richiesto.

La cooperazione nel settore della protezione dei testimoni in linea di principio può essere disciplinata anche nell'ambito degli accordi bilaterali o multilaterali di cooperazione di polizia.130 Le modalità d'accoglienza per le persone da proteggere potrebbero anche essere sancite negli accordi di rilocalizzazione, stipulati con tribunali penali internazionali, che di norma sono concepiti come convenzioni quadro indipendenti da un singolo caso. Tali accordi sono confidenziali. Anche in Svizzera vi sono stati colloqui in merito. Qualora sia stipulato
un accordo confidenziale, ne sono informate le Commissioni di politica estera delle due Camere.

Prima di poter accogliere una persona proveniente dall'estero, occorre chiedere l'approvazione dell'autorità (cantonale) cui compete il rilascio del titolo di soggiorno necessario (cpv. 2). L'UFM può inoltre esigere che le pertinenti decisioni cantonali gli siano sottoposte per approvazione (art. 85 OASA in combinato disposto con l'art. 99 LStr).

Art. 29

Ripartizione dei costi

Il presente articolo definisce il quadro per la ripartizione dei costi quando le persone da proteggere sono trasferite o accolte in virtù dell'articolo 28. Il capoverso 1 sancisce i criteri generali per ripartire i costi con l'estero. La ripartizione definita nelle lettere a e b corrisponde alla raccomandazione di Europol riguardo alla cooperazione internazionale nel settore della protezione dei testimoni.131 130

Come sancito dall'art. 6 n. 1 lett. c dell'accordo del 21 settembre 2005 tra il Consiglio federale svizzero e il Consiglio dei Ministri della Repubblica di Albania sulla cooperazione di polizia nella lotta contro la criminalità (RS 0.360.123.1).

131 Europol, Basic principles of European Union police cooperation in the field of witness protection (Principi base della cooperazione di polizia a livello europeo nell'ambito della protezione dei testimoni), L'Aia, settembre 2000 (documento amministrativo interno).

84

Le spese di sostentamento della persona da proteggere e le spese correnti per misure particolari di protezione dei testimoni vanno a carico del servizio di protezione richiedente (lett. a); le spese per il personale, per il materiale e per misure non concordate con il servizio di protezione dei testimoni richiedente sono a carico del servizio di protezione dei testimoni richiesto (lett. b). Se una persona da proteggere è trasferita all'estero, i costi riconducibili al suo caso vanno a carico dell'ente pubblico responsabile del procedimento penale come sancito dall'articolo 34 capoverso 1.

Il capoverso 2 concede un margine di manovra per negoziare con i Paesi che non applicano il principio raccomandato da Europol e pertanto addebitano anche le spese per il personale. Sulla base del principio di reciprocità è quindi possibile concordare, in via eccezionale, l'addebito delle spese per il personale in un caso concreto di protezione.

Sono fatti salvi gli accordi sui costi conclusi con un servizio estero o di un tribunale penale internazionale retti da un trattato internazionale, come ad esempio gli accordi di rilocalizzazione stipulati con i tribunali penali internazionali. Il principio di reciprocità non è applicabile quando ci si occupa dei casi di un tribunale penale internazionale.

4.5

Capitolo 5: Tutela del segreto

Art. 30

Obbligo del segreto

Per mantenere efficace la protezione dei testimoni occorre anche tenere segrete le misure di protezione dei testimoni. Il presente articolo statuisce l'obbligo del segreto per le persone che partecipano allo svolgimento di un programma di protezione dei testimoni (p. es. controllo abitanti, polizia degli stranieri, servizi specializzati esterni come il Servizio specializzato in materia di tratta e migrazione delle donne con sede a Zurigo). Tali persone vanno espressamente informate sul loro obbligo di mantenere il segreto e sulla pena comminata dall'articolo 31 LPTes in caso di violazione.

L'obbligo del segreto in merito ai programmi di protezione dei testimoni si applica anche alla persona protetta, in particolare per le informazioni che essa ottiene sui collaboratori del Servizio di protezione dei testimoni.

Art. 31

Pena comminata per violazione dell'obbligo del segreto

Alle persone soggette al segreto d'ufficio o professionale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 320 e 321 CP. Se una persona da proteggere dovesse ad esempio subire un pregiudizio a causa di una violazione del segreto d'ufficio, le eventuali pretese di risarcimento nei confronti della Confederazione verrebbero valutate secondo le disposizioni della legge federale del 14 marzo 1958132 su la responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari federali (Legge sulla responsabilità, LResp).

132

RS 170.32

85

4.6

Capitolo 6: Vigilanza

Art. 32

Rapporto

Il Servizio di protezione dei testimoni presenta al capo del DFGP un rapporto annuale sulla propria attività per consentirgli di esercitare la vigilanza.

Il capoverso 2 della disposizione definisce il contenuto del rapporto obbligatorio destinato al Dipartimento. Per quanto riguarda i dati sui singoli casi, non si tratta dei dati veri e propri ma di statistiche o di dati resi anonimi.

Art. 33

Richiesta di informazioni e ispezione

I dati inerenti ai singoli casi di protezione dei testimoni sono strettamente confidenziali, al fine di garantire una protezione efficace dei testimoni. Tale riservatezza prevale sugli interessi della vigilanza. La disposizione è retta dall'articolo 30 della legge federale del 19 marzo 2010133 sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione (Legge sull'organizzazione delle autorità penali, LOAP). Le persone che nel contesto dell'alta vigilanza delle Camere federali ai sensi della legge federale del 13 dicembre 2002134 sull'Assemblea federale (Legge sul Parlamento, LParl) oppure della vigilanza del Consiglio federale o del DFGP ai sensi della legge del 21 marzo 1997135 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione (LOGA) sono incaricate di richiedere informazioni o di eseguire un'ispezione, nei rapporti e nelle raccomandazioni possono utilizzare le informazioni ricevute soltanto in termini generali e dopo averle rese anonime. Anche la loro documentazione può contenere esclusivamente informazioni di carattere generale e dati resi anonimi.

Occorre impedire che si possa risalire a dati degni di protezione inerenti ai singoli casi. I compiti di vigilanza devono essere affidati a persone dotate di comprovate competenze tecniche e, in merito alle ispezioni ricorrenti, va anche garantita la necessaria continuità per quanto riguarda gli ispettori che le eseguono.

Il capoverso 2 sancisce il dovere del Servizio di protezione dei testimoni di adottare le misure adeguate affinché nel quadro delle ispezioni non vengano rivelate le informazioni che permettono di risalire al luogo attuale di soggiorno di una persona da proteggere o alla sua nuova identità, consentendo nel contempo di raggiungere lo scopo della vigilanza.

La trasparenza è un principio importante dell'amministrazione pubblica e anche nel caso dei programmi di protezione dei testimoni è necessario rendere conto del denaro impiegato e delle attività svolte. Sostanzialmente il Controllo federale delle finanze deve quindi avere accesso a tutte le informazioni rilevanti sulle spese.

Occorre invece considerare che semplici giustificativi, come ad esempio la ricevuta di un albergo o un biglietto ferroviario o aereo, possono rivelare la nuova identità o l'attuale luogo di soggiorno della persona da proteggere. Per garantire la
riservatezza della nuova identità e del nuovo luogo di soggiorno è quindi importante che i programmi di protezione dei testimoni siano sottoposti a procedure idonee di controllo e di redazione dei rapporti.

133 134 135

86

RS 173.71; FF 2010 1813 RS 171.10 RS 172.010, art. 24 LOGA.

4.7 Art. 34

Capitolo 7: Costi Svolgimento di programmi di protezione dei testimoni

I costi si articolano in spese per l'istituzione e la gestione del Servizio di protezione dei testimoni nonché in costi legati al singolo caso.

I costi inerenti al singolo caso (ovvero le spese di sostentamento delle persone da proteggere e le spese correnti per misure particolari di protezione dei testimoni) sono a carico dell'ente pubblico richiedente, ovvero del Cantone responsabile del procedimento o della Confederazione. L'entità di tali costi può variare secondo i casi ma dovrebbe essere tuttavia compresa tra 5000 e 150 000 franchi. Prima di assumere un caso di protezione dei testimoni occorre stilare un preventivo. Le esperienze maturate all'estero mostrano come le misure da adottare e anche i costi variano molto a dipendenza delle circostanze. Il preventivo può essere diverso per ogni singolo caso e mutare anche molto a causa di eventi inattesi. Non sarebbe pertanto opportuno introdurre importi forfetari.

La Confederazione e i Cantoni si spartiscono equamente le spese di gestione del Servizio di protezione dei testimoni (cpv. 2). In considerazione della richiesta emersa durante la procedura di consultazione di determinare con anticipo la partecipazione ai costi da parte dei Cantoni e vista l'importanza rivestita da tale ambito normativo, la ripartizione dei costi tra la Confederazione e i Cantoni è disciplinata a livello di legge. L'ammontare della partecipazione dei singoli Cantoni sarà invece fissato a livello di ordinanza (cpv. 3).

La partecipazione dei Cantoni alla metà delle spese di gestione del Servizio di protezione dei testimoni è dovuta al fatto che con la protezione extraprocedurale dei testimoni il Servizio svolge un compito di polizia di sicurezza che, per i procedimenti cantonali, rientra nella sfera di competenza dei Cantoni. Nella procedura di consultazione diversi Cantoni avevano chiesto alla Confederazione di contribuire maggiormente al finanziamento del Servizio di protezione dei testimoni. Per tener conto di tale richiesta, la Confederazione si fa carico di tutti i costi per la creazione del Servizio di protezione.

Art. 35

Prestazioni di consulenza e di sostegno a favore dei Cantoni

Le prestazioni di consulenza e di sostegno fornite dal Servizio di protezione dei testimoni a favore delle autorità cantonali di polizia (art. 23 cpv. 1 lett. e) non sono fatturate se non superano il limite usuale dell'assistenza amministrativa in materia di polizia. Oltre alla semplice consulenza specialistica, quale il rilascio di informazioni o le prime sedute di consulenza, tali prestazioni possono comprendere anche la messa a disposizione di infrastrutture o di risorse materiali. I Cantoni invece risarciscono al Servizio di protezione dei testimoni le prestazioni di consulenza e di sostegno di vasta portata. Il nostro Consiglio definisce nel diritto d'esecuzione le prestazioni che vanno indennizzate in base all'onere finanziario o al tempo impiegato.

L'importo e le modalità del rimborso vanno anch'essi definiti nell'ambito di una nostra ordinanza.

87

4.8

Capitolo 8: Modifica del diritto vigente

1. Legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri Articolo 30 capoverso 1 lettera e: il disciplinamento del soggiorno136 è una premessa importante per proteggere gli stranieri. Sostanzialmente sono ipotizzabili due situazioni: 1. Uno straniero è un testimone importante in un procedimento penale svizzero e soddisfa i requisiti per l'ammissione a un programma di protezione dei testimoni. 2. Uno straniero è stato ammesso a un programma di protezione dei testimoni svolto da un Paese estero o da un tribunale penale internazionale e deve essere trasferito in Svizzera per motivi di sicurezza.

Ai fini del perseguimento penale e della protezione dei testimoni è necessario che allo straniero venga rilasciato un titolo di soggiorno, sempre che non ne possegga già uno, valido per la durata del programma di protezione dei testimoni (quindi anche dopo la conclusione del procedimento penale se la minaccia persiste). Questa nuova disposizione si riallaccia al vigente articolo 30 capoverso 1 lettera e LStr, secondo cui si può derogare alle usuali condizioni di ammissione per regolamentare il soggiorno di vittime o di testimoni della tratta di esseri umani. Il soggiorno va concesso non solo per la durata del procedimento penale ma anche dopo la sua conclusione, fintanto che, a causa della minaccia, la persona è ancora inserita in un programma di protezione di testimoni.

Per applicare efficacemente il previsto disciplinamento dei soggiorni occorre inoltre adeguare il diritto d'esecuzione che mira a semplificare la decisione delle autorità locali competenti per il rilascio dei permessi.

2. Legge federale del 20 giugno 2003 sul sistema d'informazione per il settore degli stranieri e dell'asilo Articolo 9 capoverso 1 lettera j e articolo 9 capoverso 2 lettera i: le disposizioni aggiunte consentono al Servizio di protezione dei testimoni di accedere, mediante una procedura di richiamo e per adempiere i suoi compiti, ai dati del settore degli stranieri dell'UFM, trattati da quest'ultimo o su suo incarico nel sistema d'informazione. Lo scopo della consultazione finalizzata all'esecuzione dei compiti è precisato nell'articolo 26 della legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni.

3. Codice penale Articolo 317bis capoverso 3: come nel settore delle inchieste mascherate (art. 317bis cpv. 1 e 2),
non è punibile ai sensi degli articoli 251, 252, 255 e 317 né chi, in applicazione della legge sulla protezione extraprocedurale dei testimoni e su richiesta del Servizio di protezione dei testimoni, allestisce e modifica documenti né colui che li utilizza.

Articolo 367 capoverso 2 lettera l e capoverso 4: gli adeguamenti consentono al Servizio di protezione dei testimoni di accedere mediante una procedura di richiamo ai dati personali concernenti le condanne e i procedimenti penali pendenti (VOSTRA) per adempiere i suoi compiti. Lo scopo della consultazione finalizzata

136

88

In merito al disciplinamento dello statuto di soggiorno di vittime della tratta di esseri umani rimandiamo alle spiegazioni concernenti l'art. 14 della Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani.

all'esecuzione dei compiti è precisato nell'articolo 26 della legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni.

5

Ripercussioni

5.1

Per la Confederazione

5.1.1

Adesione alla Convenzione

Ad eccezione dell'ambito della protezione extraprocedurale dei testimoni nei procedimenti di competenza federale, l'adesione alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani comporta soltanto ripercussioni dirette marginali per la Confederazione. In seguito all'adesione alla Convenzione, la Svizzera sarà sottoposta periodicamente a una valutazione nell'ambito del meccanismo di monitoraggio.

La compilazione annuale dei questionari e la stesura di pareri nel quadro delle procedure di valutazione periodiche nonché l'organizzazione e lo svolgimento delle visite previste in Svizzera da parte degli esperti di GRETA (circa ogni 3­4 anni)137 costituiscono nuovi compiti che possono tuttavia essere eseguiti da fedpol nell'ambito delle sue attività ordinarie, senza pertanto causare rilevanti ripercussioni finanziarie.

5.1.2

Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes)

5.1.2.1

Numero di casi e dimensione del Servizio di protezione dei testimoni

Il disegno di legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni prevede l'istituzione e la gestione del Servizio di protezione dei testimoni in seno a fedpol.

Tale servizio, oltre a offrire sostegno alle persone da proteggere, presta anche consulenza ai Cantoni. Quando sarà pienamente operativo, esso dovrebbe occuparsi ogni anno di circa 10­15 casi federali e cantonali di protezione dei testimoni e fornire circa 140 consulenze ai Cantoni. Tali dati si basano su un raffronto con i casi relativi alla protezione di testimoni registrati in Paesi di dimensioni simili alla Svizzera. A ciò vanno aggiunti i casi che verranno trattati dalla Svizzera in virtù di trattati con i tribunali penali internazionali. Secondo le stime attuali, fedpol avrà bisogno di 7 nuovi posti di lavoro a tempo pieno e determinato per istituire il Servizio nonché di 10 posti a tempo pieno per la sua gestione ordinaria.

137 T

T

Ciò è quanto è stato detto durante la «Conférence sur le mécanisme de suivi de la Convention du Conseil de l'Europe sur la lutte contre la traite des êtres humains», tenutasi dall'8 al 9 novembre 2008 a Strasburgo (http://www.coe.int/t/dg2/trafficking/campaign/docs/publications/default_FR.asp).

89

5.1.2.2

Costi dei singoli casi

I costi dipendono dalla situazione, quindi dal tipo di misura applicata, dalla durata del sostegno nonché dal numero dei familiari che beneficiano dell'assistenza. Tali costi sono peraltro fondamentali per la ponderazione degli interessi da parte dell'istanza che decide in merito all'inserimento della persona in un programma di protezione. I costi di norma tendono a calare quando il caso è meno recente e il testimone diventa indipendente, provvedendo quindi al proprio sostentamento. In base al numero di casi previsto, si presume che il budget globale dei costi derivanti da procedimenti penali federali ammonti a circa 950 000 franchi all'anno.

La Confederazione si assume anche i costi relativi alle persone accolte dalla Svizzera in virtù di impegni internazionali con tribunali penali internazionali, a condizione che la competenza di occuparsi di queste persone venga attribuita in futuro al Servizio di protezione dei testimoni.

5.1.2.3

Costi del Servizio di protezione dei testimoni

L'istituzione e la gestione del Servizio di protezione dei testimoni richiedono la pianificazione di investimenti unici o periodici, in particolare per il materiale logistico che occorre acquistare con la massima discrezione. Considerando i numeri dei casi ipotizzabili sulla base del campo di applicazione del disegno di legge, presumiamo che le spese di gestione ammontino a circa 260 000 franchi all'anno, i costi d'investimento periodici a 260 000 franchi ogni cinque o sei anni (cambio del personale) e a 100 000 franchi ogni anno (acquisti di sostituzione). Le spese per il personale, relative ai dieci posti a tempo pieno preventivati, ammontano a 1,5 milioni di franchi all'anno. Secondo la legge, i Cantoni devono assumere la metà delle spese di gestione. La chiave di ripartizione fra i Cantoni dovrà essere stabilita in un'ordinanza. I costi per la creazione del Servizio di protezione dei testimoni sono assunti dal DFGP, data la sua competenza in materia.

Il presente disegno di legge può avere ripercussioni dirette anche per altre autorità federali, qualora il Servizio di protezione dei testimoni chieda la loro collaborazione (p. es. UFG: registro dello stato civile, casellario giudiziale; DFI: numero AVS; UFM: regolarizzazione delle condizioni di soggiorno). Al momento non è ancora possibile valutare l'entità e il genere di collaborazione che verranno chiesti alle singole autorità. Considerato il numero presumibilmente ridotto dei casi di protezione dei testimoni, l'onere richiesto non dovrebbe tuttavia essere eccessivo.

5.2

Per i Cantoni e i Comuni

5.2.1

Adesione alla Convenzione

Ad eccezione della protezione extraprocedurale dei testimoni, tutte le disposizioni della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani trovano un riscontro nelle attuali norme giuridiche della Svizzera. Per i Cantoni, l'adesione alla Convenzione non implica conseguenze finanziarie dirette, salvo nell'ambito della protezione extraprocedurale dei testimoni.

90

5.2.2

Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes)

Il campo d'applicazione del disegno di legge concerne le persone coinvolte in procedimenti penali della Confederazione e dei Cantoni. Il Servizio di protezione dei testimoni, collocato in seno alla Confederazione, ha diritto a un risarcimento adeguato, se svolge servizi di vasta portata a favore delle autorità cantonali di procedimento penale. Sono possibili le due situazioni presentate di seguito: ­

Inserimento di una persona coinvolta in un procedimento penale cantonale nel programma di protezione dei testimoni ai sensi della legge proposta (art. 23 lett. a in combinato disposto con l'art. 34): in virtù del disegno di legge, i costi riconducibili ai singoli casi (ovvero le spese di sostentamento delle persone da proteggere nonché le spese correnti per misure particolari di protezione dei testimoni) sono a carico del Cantone.

L'entità di tali costi può variare secondo i casi, situandosi fra 5000 e 150 000 franchi. Un testimone in genere viene protetto mediamente per 2­5 anni. Di norma, i costi tendono a calare con il passare del tempo (il testimone diventa indipendente e può quindi provvedere al proprio sostentamento). Prima di assumere la protezione di un testimone occorre stilare un preventivo.

­

Prestazioni di consulenza e di sostegno fornite alle autorità di polizia cantonali a favore di persone che non adempiono i requisiti per essere ammesse a un programma di protezione dei testimoni (art. 23 lett. e in combinato disposto con l'art. 35): il disegno prevede che i Cantoni risarciscano al Servizio di protezione dei testimoni le prestazioni di consulenza e di sostegno di vasta portata ai sensi dell'articolo 23 lettera e. Le prestazioni da risarcire nonché l'importo e le modalità del risarcimento saranno stabilite in una nostra ordinanza.

Secondo il disegno di legge, la Confederazione e i Cantoni contribuiscono in parti eguali alla gestione del Servizio di protezione dei testimoni. L'importo dei contributi di ogni singolo Cantone sarà definito a livello di ordinanza.

Nel corso della consultazione, diversi Cantoni hanno chiesto una partecipazione finanziaria più cospicua da parte della Confederazione nell'ambito della protezione extraprocedurale dei testimoni, criticando al contempo, in particolare, la partecipazione dei Cantoni ai costi relativi all'istituzione e alla gestione del Servizio di protezione dei testimoni. A tale proposito, ricordiamo che il Servizio di protezione dei testimoni, dato che si occupa della protezione extraprocedurale delle persone minacciate, esegue compiti di polizia di sicurezza che, nel caso dei procedimenti cantonali, dovrebbero competere ai Cantoni. È opportuno pertanto che i Cantoni, oltre a partecipare alla metà delle spese di gestione del Servizio di protezione dei testimoni, si facciano carico anche dei costi per i casi concernenti i procedimenti cantonali.

Occorre tuttavia sottolineare che abbiamo tenuto conto delle obiezioni sollevate in sede di consultazione: in primo luogo, la Confederazione assume i costi inerenti all'istituzione del Servizio di protezione dei testimoni, di modo che i Cantoni debbano partecipare soltanto alle spese di gestione. Inoltre, l'obbligo per i Cantoni, inizialmente previsto nell'avamprogetto, di partecipare ai costi per le prestazioni di consulenza e di sostegno riguarda ora soltanto le prestazioni di vasta portata.

Il disegno di legge può interessare direttamente anche altre autorità cantonali e comunali, qualora il Servizio di protezione dei testimoni dovesse richiedere la loro 91

collaborazione, ad esempio per bloccare la comunicazione dei dati o per richiedere il rilascio di un documento. Supponiamo che i casi di protezione dei testimoni siano pochi. Pertanto anche l'onere necessario nei singoli casi dovrebbe essere contenuto.

Qualora l'attuazione pratica dovesse richiedere prestazioni che vadano oltre l'assistenza amministrativa, occorrerà trovare una soluzione specifica.

6

Programma di legislatura

La legge federale proposta è annunciata nel messaggio del 23 gennaio 2008138 sul programma di legislatura 2007­2011. Nel decreto federale del 18 settembre 2008139 sul programma di legislatura 2007­2011, il Parlamento ha inserito come provvedimento l'adozione della Convenzione del Consiglio d'Europa richiesta dal presente documento.

7

Aspetti giuridici

7.1

Costituzionalità

7.1.1

Decreto federale concernente la firma della Convenzione

La costituzionalità del decreto federale che approva e traspone la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani si basa sull'articolo 54 capoverso 1 Cost. che autorizza la Confederazione a stipulare trattati internazionali.

L'articolo 184 capoverso 2 Cost. ci autorizza a ratificare i trattati internazionali. In virtù dell'articolo 166 capoverso 2 Cost. spetta all'Assemblea federale approvare i trattati di diritto internazionale.

Sottostanno al referendum facoltativo i trattati internazionali di durata indeterminata e indenunciabili, che prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale oppure comprendono disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l'attuazione delle quali è necessaria l'emanazione di leggi federali. (art. 141 cpv. 1 lett. d Cost.). La presente Convenzione è di durata indeterminata. Essa può essere tuttavia denunciata in ogni momento. La Convenzione non prevede l'adesione ad un'organizzazione internazionale. Per adempiere i requisiti della Convenzione relativi alla protezione extraprocedurale dei testimoni occorre inserire nel diritto nazionale una normativa pertinente. Il decreto di approvazione sottostà pertanto al referendum facoltativo conformemente all'articolo 141 capoverso 1 lettera d numero 3 Cost.

138 139

92

FF 2008 665 FF 2008 7475

7.1.2

Legge federale sulla protezione extraprocedurale dei testimoni (LPTes)

Sebbene rientri nell'ambito della prevenzione delle minacce, la protezione dei testimoni è strettamente collegata alla procedura penale. La cerchia di terzi, in particolare dell'imputato, può essere interessata dalle misure di protezione dei testimoni. La protezione dei testimoni ha lo scopo di garantire il diritto all'azione penale dello Stato. Di solito il testimone è in pericolo soltanto perché è o è stato disposto a deporre in un procedimento penale e a collaborare con le autorità di perseguimento penale.

La competenza generale della Confederazione di emanare disposizioni nell'ambito del diritto penale ai sensi dell'articolo 123 Cost. non costituisce una base sufficiente per disciplinare la protezione extraprocedurale dei testimoni nel procedimento penale federale140. Infatti, benché esista uno stretto nesso tematico tra il diritto penale e la protezione extraprocedurale dei testimoni, è altresì vero che le disposizioni in materia di protezione extraprocedurale dei testimoni sono piuttosto di natura materiale che processuale. Dal punto di vista costituzionale è tuttavia lecito supporre che la Confederazione disponga della competenza implicita (implied power) per adottare una normativa sulla protezione delle persone minacciate da applicare ai propri procedimenti.

La Costituzione consente di realizzare una soluzione a livello federale, ovvero un disciplinamento uniforme per i procedimenti federali e cantonali, se la protezione extraprocedurale dei testimoni raggiunge una dimensione tale da rendere indispensabile un coordinamento con la partecipazione della Confederazione (art. 57 cpv. 2 Cost.). Una tale dimensione tuttavia non è ancora data nel caso delle misure meno incisive (consulenza, messa a disposizione di strumenti ausiliari, protezione personale, sistemazione temporanea in un luogo sicuro). Se si considerano le dimensioni ridotte della Svizzera, persino le azioni di dimensioni molto ridotte di protezione dei testimoni superano rapidamente i confini cantonali. Anche in questi casi, il coordinamento rimane principalmente compito dei Cantoni, poiché il principio della responsabilità primaria dei Cantoni in materia di sicurezza interna sul proprio territorio comprende anche il coordinamento.

Affinché dall'articolo 123 Cost. e dalla competenza di coordinamento di cui all'articolo 57 capoverso
2 Cost. si possa desumere un diritto di legiferare della Confederazione, devono essere coinvolti (ulteriori) settori specifici che rientrano almeno in parte nella competenza della Confederazione. Una struttura potenziata di protezione extraprocedurale dei testimoni comprendente importanti misure protettive interessa diversi ambiti di competenza della Confederazione, conferendo quindi a quest'ultima un'ampia competenza legislativa. In proposito, si possono addurre le seguenti norme costituzionali che comprovano la competenza legislativa della Confederazione per diversi ambiti: per il settore degli affari esteri l'articolo 54 (p. es. per la sistemazione temporanea o duratura di testimoni all'estero), per la legislazione in materia di documenti d'identità l'articolo 38 capoverso 1 (p. es. riguardo al rilascio di documenti fittizi), per il settore delle assicurazioni sociali gli articoli 111 capoverso 1, 116 capoversi 2 e 3 nonché 117 capoverso 1 (p. es. riguardo alle conseguenze di una nuova identità), per il diritto sugli stranieri l'articolo 121 capoverso 1 (p. es.

140

DFGP, Ufficio federale di giustizia, Protezione extraprocedurale di testimoni, GAAC 2007.19, pagg. 336­351.

93

disciplinamento delle condizioni di soggiorno per testimoni stranieri) e per il diritto civile l'articolo 122 capoverso 1 (p. es. in merito al blocco della comunicazione dei dati).

Anche queste disposizioni possono fungere da riferimento, in quanto si tratta di norme costituzionali che legittimano una competenza. Assieme agli articoli 123 e 57 capoverso 2 Cost., la Confederazione dispone di una base sufficiente per emanare una normativa sulla protezione extraprocedurale dei testimoni vincolante a livello federale.

7.2

Compatibilità con gli impegni internazionali

Non esiste una convenzione multilaterale che disciplini in modo generale il trasferimento del domicilio di testimoni e la cooperazione internazionale in materia di protezione dei testimoni.

Come illustrato in precedenza, gli strumenti europei in vigore nel settore della protezione delle persone che collaborano con la giustizia non sono vincolanti. La Commissione europea ha esaminato nel 2007 la fattibilità di una normativa europea in materia di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. È giunta alla conclusione che, tenuto conto delle prassi e dei mezzi giuridici esistenti, sarebbe possibile realizzare a livello europeo un sistema armonizzato di protezione dei testimoni introducendo norme minime uniformi in uno strumento legislativo vincolante. Poiché la protezione dei testimoni è un settore complesso che interessa molti altri temi sensibili e complicati (p. es. il cambiamento d'identità), sarà necessario eseguire altri studi al fine di trovare soluzioni accettabili per istituire una cooperazione europea in questo settore.141 Il progetto legislativo della Svizzera soddisfa le raccomandazioni internazionali in materia di protezione dei testimoni e concorda, nei punti essenziali, con le normative degli Stati membri dell'UE, che sono anch'esse eterogenee per quanto riguarda l'organizzazione, la procedura e il campo d'applicazione.

7.3

Forma dell'atto e legislazione di attuazione

L'istituzione di un servizio di protezione dei testimoni e il disciplinamento dell'esecuzione di programmi di protezione dei testimoni finalizzati a proteggere persone esposte a pericoli nell'ambito di procedimenti penali federali o cantonali, richiedono l'emanazione di una legge federale (art. 163 cpv. 1 e 164 cpv. 1 Cost.).

Dato che il decreto di approvazione della Convenzione sulla tratta di esseri umani sottostà al referendum facoltativo, l'Assemblea federale può includere nel decreto, in virtù dell'articolo 141a capoverso 2 Cost., le modifiche legislative necessarie per l'attuazione della Convenzione.

141 T

94

COM(2007) 693 del 13.11.2007, pag. 6 seg.

7.4

Delega di competenze legislative

Gli articoli seguenti ci attribuiscono diverse nuove competenze: Discipliniamo: ­

le modalità della richiesta presentata dall'autorità responsabile del procedimento al Servizio di protezione dei testimoni (art. 6);

­

le modalità per porre fine al programma di protezione dei testimoni (art. 11);

­

la formazione dei collaboratori del Servizio di protezione dei testimoni (art. 23);

­

le caratteristiche del sistema d'informazione del Servizio di protezione dei testimoni (art. 25);

­

la chiave di ripartizione per l'assunzione delle spese da parte dei Cantoni (art. 34);

­

le prestazioni di consulenza e di sostegno da risarcire ai Cantoni nonché l'importo e le modalità del risarcimento (art. 35).

Queste nuove competenze sono esercitate mediante una nuova ordinanza che sarà elaborata in collaborazione con i Cantoni.

95

96