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Messaggio concernente le rivendicazioni dei cittadini svizzeri nel Congo belga e nel Ruanda-Urundi in materia di sicurezza sociale del 23 maggio 1990

Onorevoli presidenti e consiglieri, Con il presente messaggio vi sottoponiamo, per approvazione, un disegno di decreto federale di obbligatorietà generale concernente le rivendicazioni dei cittadini svizzeri del Congo belga e del Ruanda-Urundi in materia di sicurezza sociale, nonché un disegno di decreto federale semplice concernente l'aiuto finanziario concesso ai cittadini svizzeri che hanno versato contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi.

Nel contempo, vi proponiamo di togliere di ruolo il seguente postulato: 1989 P 89.021 Rivendicazione dei cittadini svizzeri dell'ex-Congo belga in materia di sicurezza sociale (N 14.6.1989, Commissione della gestione) Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

23 maggio 1990

1990-316

80 Foglio federale. 73° anno. Voi. II

In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Koller II cancelliere della Confederazione, Buser

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Compendio / cittadini svizzeri che hanno versato contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi ricevono dal Belgio una rendita fissata al livello del 30 giugno 1960. Tale mancato adeguamento delle rendite belghe si fonda sulla cosiddetta legge di garanzia del 16 giugno 1960 promulgata dal Governo belga al momento del conseguimento dell'indipendenza da parte del Congo belga. Volta ad assicurare la continuità dei sistemi coloniali di sicurezza sociale, la legge del 16 giugno 1960 garantisce l'adeguamento delle prestazioni sociali all'evoluzione del costo della vita ai cittadini belgi ed ai cittadini di Paesi che hanno concluso un accordo di reciprocità con il Belgio. Tali vantaggi sono ora egualmente accordati ai cittadini dei Paesi membri della Comunità economica europea, a seguito di numerose decisioni pronunciate dalla Corte di giustizia di Lussemburgo. Tutti gli sforzi compiuti dopo il 1960 al fine di concludere un accordo di reciprocità tra la Svizzera ed il Belgio sono finora risultati vani.

U 9 marzo 1987, il Consiglio federale decise di portare tale questione sul piano politico, incaricando il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di aprire nuovi negoziati con il Belgio. Dopo aver lasciato intendere la possibilità di prendere in considerazione un co-finanziamento volto a garantire la parità di trattamento tra cittadini svizzeri e cittadini belgi di uguale situazione, il Belgio, invocando l'assenza di obblighi giuridici, confermò il rifiuto di fare un gesto finanziario in favore degli Svizzeri del Congo belga.

In seguito al postulato del 14 giugno 1989 della Commissione della gestione del Consiglio nazionale e ad interventi parlamentari, il Consiglio federale ritiene che sia giunto il momento di indennizzare queste persone, che percepiscono rendite irrisorie, pur non essendo formalmente in causa la responsabilità della Confederazione. L'aiuto che il Consiglio federale propone di concedere è concepito come una soluzione interna, di carattere politico, che non esime il Belgio dai suoi obblighi verso i nostri connazionali. Esso si pone inoltre come soluzione «sui generis» che non costituisce affatto un precedente. Il credito di impegno previsto, di 25 milioni di franchi, servirà a versare una sovvenzione forfettaria e unica agli Svizzeri
che hanno pagato, almeno per tre anni, contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi, e avranno compiuto 65 anni (per gli uomini) e 62 anni (per le donne) al 31 dicembre 1994.

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Messaggio I II

Introduzione Sistemi coloniali di sicurezza sociale

11 30 giugno 1960, l'ex-colonia del Congo belga ottenne l'indipendenza. Dal 1971, essa porta il nome di Zaire. Dal canto loro, il Ruanda e l'Urundi, posti sotto un regime di amministrazione controllata affidato al Belgio, che li aveva annessi al Congo, divenivano indipendenti il 1° luglio 1962, il primo sotto il nome di Rwanda, il secondo sotto quello di Burundi.

Con ordinanza del 9 maggio 1942, il Governatore Generale del Congo belga istituì, a titolo provvisorio, un'assicurazione destinata all'erogazione di una pensione per la vecchiaia ai lavoratori dipendenti belgi che esercitavano un'attività lucrativa nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi, ed in seguito creò la cassa-pensioni coloniale, un sistema di previdenza obbligatorio a partire dal 1 ° gennaio 1946. Ai cittadini stranieri fu offerta la facoltà di riscattare i loro diritti per il periodo che andava dal 1° gennaio 1942 al 31 dicembre 1945. Il sistema di finanziamento consisteva nella capitalizzazione individuale, alimentata da contributi fissati al 14 per cento, di cui l'8 per cento a carico del datore di lavoro ed il 6 per cento a carico del dipendente.

Le rendite di vecchiaia e superstiti, concesse a determinate condizioni a partire dal 55° anno d'età, erano versate dalla «Cassa-pensioni e assegni familiari dei lavoratori dipendenti del Congo e del Ruanda-Urundi». A tali rendite si aggiungevano gli assegni concessi dal «Fondo coloniale per gli assegni», per servizi prestati prima del 1° gennaio 1942, ai salariati che avessero successivamente aderito al sistema istituito nel 1942. Tale fondo era finanziato con parte di contributi versati dagli assicurati nel sistema obbligatorio. Il sistema di sicurezza sociale istituito nel Congo belga prevedeva ugualmente una copertura malattia e invalidità, come pure un'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, cure sanitarie ed assegni familiari.

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Situazione risultante dall'indipendenza del Congo belga

Quando fu preso atto che il Congo belga avrebbe raggiunto l'indipendenza il 30 giugno 1960, i lavoratori dipendenti non indigeni della colonia si preoccuparono circa le sorti del sistema di sicurezza sociale del quale erano contribuenti.

Le loro iniziative indussero il Belgio a promulgare la legge del 16 giugno 1960 con cui si ponevano sotto la garanzia ed il controllo dello Stato belga gli istituti di previdenza sociale dei lavoratori dipendenti del Congo belga e del RuandaUrundi. Lo Stato belga garantiva così non soltanto il pagamento della rendita semplice e degli assegni in corso prima del 1° luglio 1960, ma anche la liquidazione ed il pagamento di nuove rendite e assegni.

La legge del 16 giugno 1960 prevede l'indicizzazione della rendita semplice al costo della vita unicamente in favore dei cittadini belgi e dei cittadini di Paesi che hanno concluso un accordo di reciprocità con il Belgio. Per questa ragio-

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ne i cittadini di Paesi che non hanno concluso un accordo di reciprocità con il Belgio percepiscono una rendita, calcolata in funzione dei periodi di contribuzione, fissata al livello in vigore al 30 giugno 1960 e non indicizzata. Parimenti, per quanto concerne gli aumenti della rendita semplice successivamente introdotti e le pensioni concesse per gli anni trascorsi in Congo prima del 1942, la garanzia dello Stato belga è, per i beneficiari stranieri, limitata nel senso che il versamento è effettuato solo fino a concorrenza del 42,1 per cento dell'importo iniziale, il che corrisponde alla parte delle riserve collocate in Belgio e mantenute da quest'ultimo fino al raggiungimento dell'indipendenza.

Il 17 luglio 1963, il Governo belga promulgò una legge che istituiva un nuovo sistema facoltativo di sicurezza sociale d'oltremare inteso a colmare il vuoto legislativo creatosi in seguito all'abrogazione da parte dello Zaire, allora Repubblica democratica del Congo, dell'ordinamento sociale di diritto coloniale, divenuto ordinamento nazionale congolese il 30 giugno 1960. Questa legge belga affidava la gestione del vecchio sistema di sicurezza sociale dei lavoratori dipendenti del Congo belga e del Ruanda-Urundi ali'«Office de sécurité sociale d'outre-mer» (OSSOM), che assumeva a partire da quel momento il pagamento delle prestazioni.

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Posizione belga

Lo Stato belga ha sempre affermato di non essere giuridicamente tenuto a prevedere, al momento dell'indipendenza del Congo belga, l'adeguamento delle rendite al costo della vita, dal momento che gli istituti di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi erano fondati su un sistema di capitalizzazione individuale. Con l'adozione della legge del 16 giugno 1960, il Belgio ha previsto, in favore dei propri cittadini, un sistema di garanzia, ovvero un sistema di solidarietà, detto anche di ripartizione, in cui la quota necessaria a garantire l'indicizzazione è finanziata direttamente dallo Stato belga.

La mancata indicizzazione delle rendite semplici e la riduzione degli aumenti e degli assegni risultano, inoltre, dal fatto che gli investimenti effettuati nel Congo belga dagli istituti coloniali di sicurezza sociale erano stati nazionalizzati dal nuovo Stato e che i redditi provenienti da questi non hanno mai potuto essere trasferiti all'OSSOM. In tali circostanze, lo Stato belga ha potuto impegnarsi a versare prestazioni solo a partire dai fondi sottratti alla confisca, vale a dire quelli che erano stati collocati e investiti in Belgio stesso. Tali capitali, che andavano a costituire le riserve dell'OSSOM necessarie ai pagamenti di prestazioni future, ammontavano solo al 42,1 per cento del totale dei fondi coloniali. La liquidazione del contenzioso belga-zairota nel 1980, che è consistita essenzialmente nell'assegnare allo Zaire gli averi belgi situati in tale Paese e viceversa, non ha permesso all'OSSOM di recuperare una parte dei fondi allora collocati nel Congo belga dagli istituti coloniali di sicurezza sociale.

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Iniziative svizzere

Al pari di Paesi quali la Francia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e più tardi il Portogallo, la Svizzera ha proposto al Belgio di aprire dei negoziati volti alla conclusione di un accordo di reciprocità relativo alla legge del 16 giugno 1960.

Di fronte al rifiuto della delegazione belga di negoziare sulla base della Convenzione belgo-svizzera di sicurezza sociale del 1952 e alla sua determinazione nel considerare l'accordo di reciprocità come un accordo a sé stante, la delegazione svizzera ha dovuto constatare che il Belgio avrebbe ammesso la parità di trattamento nell'applicazione della legge del 16 giugno 1960 solo in contropartita di concessioni sostanziali da parte nostra, segnatamente in materia di assicurazioni-malattia, concessioni che noi non potevamo accettare.

Ecco perché tale accordo non fu mai concluso con il Belgio, malgrado i colloqui esplorativi e i diversi contatti con le autorità competenti.

Solo il Lussemburgo nel 1962, il Portogallo nel 1965 ed i Paesi Bassi nel 1969 hanno potuto concludere con il Belgio un accordo di reciprocità, che tuttavia non prevede la totale parità di trattamento.

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Ricorsi introdotti contro il Belgio dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee

Nel sistema elaborato dal Belgio nel giugno 1960, tutti i cittadini stranieri, compresi i cittadini di Paesi membri della Comunità economica europea (detta qui di seguito CEE o Comunità), che non potevano avvalersi di un accordo di reciprocità tra il loro Paese e il Belgio, percepivano rendite non indicizzate. Alcuni cittadini italiani giudicarono che il sistema istituito dalla legge del 16 giugno 1960 era discriminante nei confronti dei cittadini di Paesi membri della CEE che avrebbero dovuto godere degli stessi vantaggi sociali di cui beneficiavano i cittadini belgi. Essi promossero un'azione giudiziale dinanzi ai tribunali belgi che, dal canto loro, domandarono alla Corte di giustizia delle Comunità europee di decidere sulla controversia a titolo pregiudiziale. Quest'ultima riconobbe, il 31 marzo 1977, nella causa Walter Bozzone contro Office de Sécurité sociale d'outre-mer (richiesta di decisione pregiudiziale presentata dal Tribunale del lavoro di Bruxelles) (cfr. Raccolta della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 1977-2, pagg. 687-707), che la legge di garanzia del 16 giugno 1960 era contraria al Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, concernente l'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati ed alla loro famiglia che si spostano all'interno della Comunità. La Corte giunse alla conclusione che l'accordo di reciprocità ai sensi della legge del 16 giugno 1960 poteva essere dato dal Trattato di Roma del 25 marzo 1957 istitutivo della Comunità economica europea. Tale decisione venne poi confermata dalla Corte in un'ulteriore decisione, dell'11 luglio 1980, nella causa Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio (cfr.

Raccolta 1980-6, pagg. 2621-2637). Nel 1987, gli affiliati a norma della legge del 17 luglio 1963 che istituiva il regime di sicurezza sociale d'oltremare sono stati considerati «lavoratori» ai sensi del detto Regolamento CEE (Decisione

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della Corte del 9 luglio 1987 - Sicurezza sociale - regolamento n. 1408/71 concetto di «legislazione», cfr. Raccolta 1987-7, pag. 3401-3430).

Tali decisioni della Corte di Lussemburgo che accordavano ai cittadini di Paesi membri della Comunità l'indicizzazione della rendita di base al costo della vita ed il versamento integrale degli assegni e degli aumenti hanno posto in una posizione difficile ed isolata i cittadini svizzeri che erano stati per anni contribuenti di assicurazioni nel Congo belga e nel Ruanda-Urundi.

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Analisi giuridica

Da parte nostra abbiamo esaminato se alcuni trattati specifici conclusi tra la Svizzera ed il Belgio potessero essere invocati e costituire una base giuridica sufficiente a sostegno di azioni giudiziali promosse dalla Confederazione contro il Belgio.

Il Trattato di domicilio del 4 giugno 1887 tra la Svizzera e il Belgio (RS 0.142.111.721) non può essere invocato poiché, secondo un'interpretazione costante, le prestazioni di assicurazioni sociali non sono coperte dai trattati di domicilio. Nemmeno la clausola della nazione più favorita di cui all'articolo 5 di tale trattato non offrirebbe alcun appiglio, dal momento che per norma la si ritiene inopponibile ad un'unione doganale quale la Comunità europea.

La Convenzione conclusa il 16 febbraio 1923 dalla Svizzera con il Belgio per regolare la situazione della Svizzera nel Congo belga (RS 0.142.111.722) aveva come obiettivo principale quello di evitare che, alla fine della Prima guerra mondiale, i nostri concittadini fossero posti in una situazione di sfavore rispetto ai cittadini dei Paesi vincitori e di far sì che essi beneficiassero degli stessi diritti. Gli effetti giuridici di tale convenzione erano limitati al territorio della colonia belga del Congo.

Inoltre, la Convenzione del 17 giugno 1952 tra la Svizzera ed il Belgio in materia di assicurazioni sociali (RU 1953 979) non trovò applicazione dal momento che gli accordi bilaterali di sicurezza sociale conclusi dalla Svizzera dopo la Seconda Guerra mondiale con Paesi che possedevano colonie coprivano esclusivamente il territorio della madre-patria. La Svizzera ha naturalmente chiesto, in occasione dei negoziati concernenti la revisione della summenzionata convenzione del 1952, di includere la legge del 16 giugno 1960 nel campo di applicazione della nuova Convenzione del 24 settembre 1975 tra la Confederazione Svizzera e il Regno del Belgio (RU 1977 710; RS 0.831.109.172.1). Tuttavia, nessuna soluzione accettabile è stata trovata, poiché il Governo belga ha sempre addotto che la legge del 16 giugno 1960 era distinta dal complesso delle leggi belghe di sicurezza sociale e non poteva essere inclusa negli accordi bilaterali di sicurezza sociale. Di fatto, il Belgio non ha mai concluso un accordo ordinario di sicurezza sociale inglobante la detta legge.

Entrata in vigore la Convenzione belgo-svizzera
del 1975, le autorità federali hanno esaminato la possibilità di intentare un procedimento arbitrale avvalendosi dell'articolo 40 della detta Convenzione, il quale prevede che le controversie riguardo alle disposizioni della Convenzione sono sottoposte ad un tribu-

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naie arbitrale su richiesta di uno dei due Stati contraenti. In assenza di una riserva espressa da parte del Belgio quanto alla legge del 16 giugno 1960 ed al susseguente sistema d'oltremare istituito in virtù della legge del 17 luglio 1963, la Svizzera avrebbe potuto sostenere che queste due leggi s'integrano nella legislazione belga in materia di pensioni e di assicurazioni per i superstiti, ai sensi dell'articolo 2 paragrafo 1 lettera B della Convenzione. La Svizzera ha tuttavia rinunciato a tale procedimento dal momento che la sua tesi ben difficilmente sarebbe stata accolta da un tribunale arbitrale: in effetti, è notorio che le autorità belghe hanno sempre categoricamente negato che la Convenzione del 1975 comprenda il sistema d'oltremare: esse non avrebbero mai firmato la Convenzione qualora fosse sussistito il pur minimo equivoco quanto al campo d'applicazione della stessa.

Per ciò che concerne un'eventuale violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, è d'uopo rilevare che spetterebbe agli organismi legittimati dalla detta Convenzione di pronunziarsi nel caso ne fosse loro fatta richiesta. Per quanto riguarda più in particolare il diritto al rispetto della proprietà privata, garantito dall'articolo 1 del Protocollo aggiuntivo della detta Convenzione, la Svizzera, che non ha ancora ratificato tale Protocollo, non può invocarlo nei confronti del Belgio.

Fuori dal contesto di un accordo di reciprocità ai sensi della legge del 16 giugno 1960, lo Stato belga ha sempre rifiutato di assumersi un qualsivoglia obbligo finanziario nei confronti dei cittadini stranieri affiliati al sistema di sicurezza sociale del Congo belga adducendo di non essere responsabile del debito pubblico e amministrativo dell'ex-colonia. Nella «Memoria dello Stato belga nella causa Simonin», il Belgio aveva declinato ogni responsabilità, addossandola interamente alla Repubblica democratica del Congo. Lo Stato belga, al momento del passaggio di sovranità, aveva ceduto attivi e passivi al nuovo Stato congolese. Da quel momento, la Repubblica democratica del Congo diveniva sola responsabile degli atti dell'ex governo coloniale.

Tale tesi, implicante che i debiti contratti dallo Stato predecessore ricadessero sullo Stato successore, era conforme al diritto
internazionale pubblico allora vigente. Tuttavia, la Convenzione di Vienna dell'8 aprile 1983 sulla successione di Stati in materia di beni, archivi e debiti pubblici, facendo opera di innovazione, stabilisce il principio della «tabula rasa» in favore degli Stati che, al pari dell'ex-Congo belga, raggiungono l'indipendenza nel contesto di un processo di decolonizzazione.

Si constata, in conclusione, che la Svizzera non potrebbe validamente affermare in sede giudiziaria internazionale che il Belgio abbia leso, a detrimento dei nostri connazionali, interessi giuridicamente protetti. In effetti, in modo generale, i debiti di diritto pubblico, fra i quali figurano sovente i diritti all'assistenza o alla sicurezza sociale, esulano dalla norma consuetudinaria del rispetto dei diritti acquisiti. Ne segue che la decisione dello Stato belga di non estendere a tutti i contribuenti i vantaggi previsti dalla legge di garanzia del 16 giugno 1960 non può essere considerata una violazione di un diritto garantito a livello internazionale.

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Nuovi sviluppi Ripresa dei colloqui con il Belgio

Dato che le iniziative intraprese in passato dalle autorità svizzere non avevano sortito i risultati auspicati, è apparso indispensabile procedere ad un nuovo esame della questione tenuto conto dell'isolamento nel quale i nostri connazionali si erano venuti a trovare in seguito alle decisioni prese dalla Corte di giustizia di Lussemburgo, accompagnato dall'impressione di essere stati vittima di una discriminazione manifesta. Il Consiglio federale ha quindi incaricato il DFAE, il 9 marzo 1987, di aprire nuovi negoziati con il Governo belga e di fare tutto il possibile onde ottenere dalle autorità belghe che i cittadini svizzeri dell'ex-Congo belga beneficino di rendite equivalenti a quelle riscosse nelle medesime condizioni dai cittadini belgi. Tale decisione rispondeva tra l'altro ad una rivendicazione dell'Associazione di difesa sociale degli Svizzeri del Congo (ADSSC) che, il 19 settembre, aveva inoltrato una richiesta alla Commissione della gestione del Consiglio nazionale.

Affidando tale compito al DFAE, il Consiglio federale, conscio degli ostacoli giuridici che impedivano il componimento per via convenzionale o giudiziale di tal litigio, manifestava la sua volontà di perseguire la ricerca di una soluzione politica di tale contenzioso tra la Svizzera ed il Belgio, che peraltro mantengono eccellenti relazioni.

Da allora, tutto è stato tentato dal DFAE o dalla nostra ambasciata a Bruxelles perché la questione fosse discussa a livello politico ed in modo appropriato. Il riesame della questione da parte belga necessitò, tuttavia, numerose concertazioni tra diversi ministeri. Solo nell'aprile 1988, in risposta ad una prima nota del 10 aprile 1987 della nostra Ambasciata, il Ministero belga degli Affari esteri, del commercio estero e della cooperazione allo sviluppo ha respinto la richiesta svizzera che proponeva l'apertura di nuovi negoziati, adducendo di non aver potuto individuare nella proposta svizzera gli elementi di reciprocità che avrebbero potuto servire da base ad un accordo volto a garantire ai cittadini svizzeri il beneficio dell'indicizzazione. Dinanzi a questo diniego di entrata in materia, il DFAE ha insistito perché fosse stabilito un contatto con rappresentanti del Ministero belga degli affari esteri. Così, il 22 giugno 1988, una delegazione svizzera ha avuto a Bruxelles dei
colloqui esplorativi, di carattere informale, che hanno confermato il rifiuto delle autorità belghe di riconoscere ai cittadini svizzeri la parità di trattamento con i cittadini belgi, in assenza di un gesto di natura finanziaria da parte della Svizzera.

La parte belga, che ha sempre rifiutato di concedere tale parità di trattamento senza una contropartita, ha suggerito che la Svizzera versasse allo Stato belga una parte sostanziale della somma richiesta, il cui importo esatto avrebbe potuto essere oggetto di negoziato tra i due Governi. Secondo il Belgio il concetto di «accordo di reciprocità» incluso nella legge del 16 giugno 1960 non andava infatti inteso in senso strettamente giuridico, ma piuttosto come una controprestazione, il cui importo avrebbe potuto essere determinato con un accordo informale.

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Benché non sia d'uso, nelle relazioni internazionali, che uno Stato versi ad un altro una somma forfettaria a titolo di risarcimento di danni o perdite subite dai suoi propri cittadini, il 30 gennaio 1989 il Consiglio federale, confermando la sua decisione del 9 marzo 1987, ha incaricato il DFAE di proseguire le trattative con il Belgio onde pervenire ad una parità di trattamento totale tra cittadini svizzeri e cittadini belgi nella medesima situazione, anche a condizione di versare allo Stato belga, nel contesto di un co-finanziamento, la somma necessaria a garantire tale parità. Il Consiglio federale respingeva così l'idea di chiudere la faccenda, o piuttosto, di lasciarla in sospeso finché la situazione giuridica non avesse subito modificazioni, per esempio in seguito ad una sentenza di un tribunale belga. Parimenti, esso escludeva provvisoriamente la possibilità di indennizzare, a livello interno, i cittadini svizzeri lesi dal mancato adeguamento delle rendite.

In occasione di nuovi colloqui informali tenutisi il 27 febbraio 1989 a Bruxelles, il DFAE ha espresso alla parte belga la disponibilità del Governo svizzero a prendere in considerazione una partecipazione finanziaria per la realizzazione dell'indicizzazione auspicata. Orbene, è apparso manifesto che il Belgio non aveva intenzione alcuna di versare una parte dell'importo per assicurare la parità di trattamento tra cittadini svizzeri e cittadini belgi. Pertanto, si è rivelato che lo sforzo che la Svizzera avrebbe potuto fare al fine di pervenire ad una composizione equilibrata del litigio non sarebbe stato sufficiente, dal momento che il Belgio non era disponibile a fare altrettanto.

A partire da quel momento, le autorità svizzere hanno moltiplicato i passi diplomatici, alcuni dei quali ad alto livello, con il solo risultato di ottenere la conferma che l'atteggiamento già dichiarato dalla parte belga nel corso delle discussioni del 27 febbraio era definitivo. Tuttavia, è solo in occasione degli incontri politici che hanno avuto luogo il 24 ottobre 1989 in margine alla visita dei Sovrani del Belgio in Svizzera che il Ministro belga degli Affari esteri, on.

Mark Eyskens, ha opposto al capo del DFAE un rifiuto definitivo a qualsivoglia gesto finanziario nei confronti dei cittadini svizzeri, adducendo segnatamente l'assenza di un obbligo
giuridico a carico del Belgio. Il Capo del DFAE, pur prendendo atto di tali affermazioni, ha tenuto a sottolineare l'importanza che assumeva, agli occhi del Consiglio federale, questo problema che non poteva assolutamente essere ritenuto composto sul piano bilaterale. Si è convenuto che sarebbero stati mantenuti contatti diplomatici tra la Svizzera ed il Belgio per esaminare la possibilità di un atteggiamento più moderato da parte belga.

I detti incontri hanno avuto quantomeno il vantaggio di obbligare il Belgio a chiarire la sua posizione. Per il momento è escluso che il Belgio partecipi ad un adeguamento delle rendite versate ai nostri connazionali.

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L'Associazione di difesa sociale degli Svizzeri del Congo (ADSSC)

I cittadini svizzeri che hanno lavorato nel Congo belga e che rivendicano il diritto alle prestazioni sociali, acquisito in virtù del versamento di contributi, si sono riuniti nell'Associazione di difesa sociale degli Svizzeri del Congo (detta qui di seguito ADSSC), allo scopo di difendere i propri interessi. Tale associazione, che giudica rivoltante ed inammissibile la discriminazione risultante dalla legge del 16 giugno 1960, ha fatto sentire la sua voce in numerose occasioni, in particolare al Congresso degli Svizzeri all'estero del 1985, quando ha chiesto che la Confederazione le versasse una sovvenzione per coprire i propri costi di esercizio ed indennizzare i propri membri per i danni subiti. Il Consiglio federale ha respinto tali richieste nella sua seduta del 9 marzo 1987.

L'ADSSC si era comunque già rivolta, il 19 settembre 1986, alla Commissione della gestione del Consiglio nazionale che aveva allora chiesto al DFAE di essere informata, ad intervalli regolari, dello stato di avanzamento della questione. L'Associazione non ha mai allentato la pressione sull'amministrazione federale e, tramite lettere inviate ai consiglieri federali, ha reso nota la portata delle proprie rivendicazioni: 1. Essa rivendica, a partire dal 1° gennaio 1990, a favore dei propri membri, il versamento della differenza tra la rendita indicizzata e la rendita non indicizzata, ovvero il complemento della rendita mensile, il che rappresenterebbe una spesa annua di circa 2,5 milioni di franchi.

2. Essa reclama il pagamento retroattivo dei complementi di rendita per un importo totale di più di 100 milioni di franchi.

3. Essa sollecita il rimborso dei contributi versati, durante un periodo di sei anni, dai membri dell'Associazione; chiede inoltre che le spese amministrative sopportate dall'Associazione per rilanciare la questione, ovvero circa 600 000 franchi, siano prese a carico dalla Confederazione.

4. L'Associazione reclama anche una somma forfettaria di 100000 franchi a titolo di assistenza per coprire le spese occasionate dai procedimenti giudiziari promossi dinnanzi ai tribunali belgi competenti. In effetti, cento membri dell'Associazione hanno interposto azione per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

5. L'Associazione chiede che le somme devolute dalla Confederazione siano esenti da imposte tanto
federali che cantonali.

6. Infine, in luogo di complementi mensili e di arretrati di rendita, l'ADSSC, tramite il suo Presidente, ha proposto, in guisa di soluzione alternativa, la creazione di una fondazione di diritto pubblico che la Confederazione dovrebbe dotare con un capitale di 100 milioni di franchi.

La fondazione assumerebbe la gestione del capitale, effettuerebbe il computo dei complementi di rendita e ripartirebbe le somme dovute fra gli aventi diritto.

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Interventi parlamentari

Su avviso dell'ADSSC, nel 1986 la Commissione della gestione del Consiglio nazionale ha chiesto di essere regolarmente informata dello stato della questione. Essa ha perciò depositato, il 23 maggio 1989, una mozione con la quale invitava il Consiglio federale a presentare all'Assemblea federale un decreto federale che prevedesse l'apertura di un credito di impegno atto a permettere alla Confederazione di versare complementi di rendita ai cittadini svizzeri interessati. Il Consiglio federale, da parte sua, ha proposto, nella sua seduta del 5 giugno 1989, di trasformare la mozione in postulato onde poter beneficiare di una certa libertà di apprezzamento nel momento in cui avessero avuto luogo i contatti ad alto livello con il Belgio nonché nell'intento di non creare un precedente. Le rivendicazioni degli Svizzeri del Congo belga hanno suscitato numerosi interventi parlamentari, sia sotto forma di interpellanze che di interrogazioni ordinarie o domande poste durante l'ora delle domande (cfr. risposta del 6 ottobre 1986 del Consiglio federale ad un'interrogazione ordinaria Blunschy del 12 marzo 1986; risposta del 24 febbraio 1988 del Consiglio federale all'interrogazione ordinaria Philipona del 1° dicembre 1987; risposta del 5 dicembre 1988 del Consiglio federale all'interpellanza Spoerry e alle interrogazioni ordinarie Ziegler, Ruffy, Grassi, Brélaz e Claude Frey; risposta del 27 febbraio 1989 del Consiglio federale all'interrogazione ordinaria Brélaz del 14 dicembre 1988; risposta del 22 novembre 1989 e del 28 febbraio 1990 del Consiglio federale a due interrogazioni ordinarie Rohrbasser e, infine, risposta del Capo del DFAE, nell'ora delle domande del 2 ottobre 1989, alle domande Houmard, Gysin, Brélaz e Weder). Il numero di interventi denota l'interesse del Parlamento per tale questione. La preoccupazione delle Camere federali di trovare una soluzione equa al problema di discriminazione di cui sono oggetto i nostri connazionali ha indotto il Consiglio federale a valutare la possibilità di un gesto politico in loro favore, nel caso specifico anche in assenza di ogni responsabilità da parte della Confederazione.

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Attuazione della soluzione interna svizzera

L'alternativa per cui aveva optato il Consiglio federale, il 30 gennaio 1989, ovvero la realizzazione della totale parità di trattamento attraverso un cofinanziamento con il Belgio, deve dunque essere esclusa. La via di una soluzione interna svizzera costituisce di conseguenza, nelle circostanze attuali, l'unica alternativa realistica per il definitivo componimento della questione. La possibilità che la Confederazione, sostituendosi «de facto» allo Stato belga, indennizzi essa stessa i cittadini svizzeri affiliati alla sicurezza sociale del Congo belga è stata avanzata per la prima volta il 14 giugno 1989 in sede di Consiglio nazionale dal Capo del DFAE, in risposta alla mozione della Commissione della gestione dello stesso Consiglio, mozione trasformata lo stesso giorno in postulato. Il 2 ottobre 1989, durante l'ora delle domande, il Capo del DFAE ha informato il Consiglio nazionale che, in caso di rifiuto del Belgio di partecipare al co-finanziamento dell'adeguamento delle rendite belghe, il DFAE avrebbe proposto al Consiglio federale una soluzione interna svizzera sottopo1215

nendogli un progetto di messaggio alle Camere federali relativo all'apertura di un credito di impegno. Nelle sue risposte del 22 novembre 1989 e del 28 febbraio 1990 alle interrogazioni ordinarie Rohrbasser del 26 settembre 1989 e del 29 novembre 1989, il Consiglio federale ha confermato tale modo di procedere.

Da parte sua, la Commissione della gestione del Consiglio nazionle ha, con lettera del 29 novembre 1989, invitato il DFAE a trovare senza indugio una soluzione «non burocratica».

Nella seduta del 10 gennaio 1990, il Consiglio federale si è pronunciato sugli aspetti tecnici del problema. Ha così constatato che l'obiettivo che il DFAE era stato incaricato di perseguire, aprendo nuovi negoziati con il Belgio, non era più realizzabile a causa del rifiuto dello stesso di finanziare, in qualsivoglia maniera, la parità di trattamento. In tali circostanze, è stato deciso di proporre il versamento, in luogo dei complementi di rendita mensili, di una sovvenzione forfettaria ed unica. Inoltre, ha confermato le sue decisioni precedenti che limitavano il numero dei beneficiari alle persone contribuenti dei sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi che avranno compiuto 65 anni il 31 dicembre 1994.

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Considerazioni politiche

L'analisi giuridica che precede mostra che, attualmente, non si può fare appello ad alcun mezzo giuridico internazionale a sostegno di un'azione giudiziale della Confederazione contro il Belgio. Solo la conclusione di un accordo di reciprocità conformemente alla legge di garanzia del 16 giugno 1960 avrebbe permesso di porre termine a tale problema, se la Svizzera avesse potuto accogliere le richieste del Belgio.

Il fatto che la Confederazione non possa avvalersi di alcuna base giuridica di diritto internazionale a sostegno delle rivendicazioni degli Svizzeri del Congo belga e del Ruanda-Urundi non significa che dette rivendicazioni siano infondate. Non si può in effetti disconoscere che queste persone sono state spogliate di una parte dei loro diritti patrimoniali, in quanto i contributi che esse hanno dovuto versare al sistema coloniale di sicurezza sociale hanno alimentato un capitale che ha fruttato interessi pari a dieci volte il capitale iniziale e che ora va unicamente a beneficio dei cittadini belgi e di quelli della Comunità.

Non possiamo, pertanto, ignorare la discriminazione di cui sono stati vittime, durante trent'anni, i nostri connazionali. Riteniamo che sia giunto il momento di fare, a livello interno, un gesto finanziario nei confronti di queste persone che percepiscono rendite di vecchiaia e superstiti irrisorie. Siamo naturalmente consci che la Confederazione non è tenuta a versare indennità per danni causati all'estero da Stati stranieri e che spetta al singolo individuo di assumersi i rischi connessi. Senza rinnegare tale principio, concepiamo come soluzione di carattere politico l'aiuto finanziario che vi proponiamo di concedere, che d'altronde non esime il Belgio dai suoi obblighi. Il Capo del DFAE ha, in effetti, chiaramente fatto intendere, il 24 ottobre 1989, al suo omologo belga che la questione non era chiusa da parte svizzera e che sarebbe rimasto aperto il dialogo con 1216

Bruxelles. Non si può perciò escludere, a priori, che gli Svizzeri del Congo belga non possano un giorno ottenere soddisfazione dal Belgio, per via giudiziaria o per via convenzionale.

Non per questo si può considerare tale aiuto come un anticipo. Anche se il credito di impegno che proponiamo di stanziare non si fonda su alcun obbligo della Confederazione, è alquanto difficile che quest'ultima possa un giorno reclamare ai beneficiari il rimborso delle somme devolute. Il recupero delle somme dagli interessati solleverebbe, infatti, difficoltà soprattutto dal punto di vista contabile. Abbiamo dunque preferito proporvi come soluzione un versamento a fondo perso volto innanzitutto a venir incontro finanziariamente a persone già pensionate o che andranno in pensione in un prossimo futuro.

Inoltre, si tratta di una soluzione «sui generis». Anche se altri cittadini svizzeri che hanno subito perdite a causa di sistemi di sicurezza sociale stranieri fossero tentati di ispirarsene, siamo dell'avviso che essa non possa costituire un precedente dal momento che la situazione risultante dalla legge del 16 giugno 1960 è sempre stata ritenuta particolare.

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Modalità di finanziamento

II versamento mensile di rendite indicizzate alle persone di nazionalità svizzera, contribuenti dei sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi, implicherebbe che l'amministrazione federale rimanga permanentemente in contatto con l'OSSOM fino alla tacitazione di ogni rivendicazione. Ogni modificazione del sistema belga di sicurezza sociale d'oltremare, nonché ogni aumento, dovrebbe ripercuotersi sull'importo da versare, il che necessiterebbe, da parte svizzera, la creazione di un servizio apposito nell'ambito dell'amministrazione federale e comporterebbe una collaborazione molto stretta con i servizi di sicurezza sociale belgi.

Si è dunque dovuto determinare un modo di calcolo che presentasse la maggior garanzia possibile per i beneficiari e si scostasse il meno possibile dal sistema belga. Proponiamo, pertanto, che il versamento, forfettario e unico, sia calcolato sulla base del complemento di rendita capitalizzato (ovvero della differenza tra la rendita indicizzata al 1° gennaio 1990 e la rendita non indicizzata), ivi compresi gli aumenti e gli assegni, e tenendo conto degli anni in cui sono stati versati contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale. Considerando il complemento di rendita come elemento determinante e facendo ricorso alla capitalizzazione, si tiene conto, per il computo dell'importo dell'indennità, ad un tempo degli anni di assicurazione nel Congo belga e della speranza di vita. Tale sistema implica, invero, anche una cooperazione con i servizi dell'OSSOM.

Quest'ultimo ha assicurato che ci fornirà i dati necessari al calcolo della rendita indicizzata al 1° gennaio 1990 per ogni avente diritto. Tale indicizzazione sarà determinata al livello massimo, tenendo conto di tutti gli aumenti, al fine di non ledere gli interessi di chicchessia.

Infine, il finanziamento della Confederazione è principalmente destinato a venire in aiuto a persone anziane che hanno lavorato e dimorato per lunghi anni nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi e che, per tal motivo, non hanno potuto

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affiliarsi ad altri sistemi di previdenza. Per contro, esso non è rivolto alle persone il cui soggiorno è stato talmente breve da permettere loro di ricostituirsi un'altra carriera assicurativa. Per questo motivo, proponiamo di non indennizzare tutti gli anni trascorsi in queste ex-colonie. La sotozione scelta avrebbe la seguente forma: - da 1 a 2 anni nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi: nessun indennizzo; - da 3 a 9 anni nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi: indennizzo del numero di anni meno 2; - da 10 a 19 anni nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi: indennizzo del numero di anni meno 1; e - almeno 20 anni nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi: indennizzo di tutti gli anni.

Tale modo di procedere, ovvero l'esclusione di un certo numero di anni, va messo in rapporto con l'articolo 52bis dell'ordinanza sull'assicurazionevecchiaia e superstiti (RS 831.101), a norma del quale sono presi in considerazione, in una carriera di assicurazione-vecchiaia e superstiti svizzera (AVS), gli anni di contribuzione mancanti. A contare dal 1° gennaio 1990, quindi, ogni persona che abbia contribuito almeno per 20 anni ali'AVS può essere in generale gratificata di 3 anni di contribuzione al massimo, al fine di colmare le lacune della sua carriera assicurativa svizzera.

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Cerchia dei beneficiari

Secondo le informazioni raccolte presso le autorità belghe competenti, il numero totale dei cittadini svizzeri iscritti nel registro dell'OSSOM è di 670, di cui solo 273 erano, al 1° gennaio 1990, beneficiari di una rendita belga. Di queste 273 persone, 211 percepiscono una rendita conforme alla legge di garanzia del 16 giugno 1960, 9 una rendita conforme alla legge del 17 luglio 1963 e 53 una rendita sottoposta ad entrambe le leggi. Restano così 397 beneficiari potenziali, di cui 311 sono sottoposti ad entrambi i sistemi e 86 al sistema del 1963.

Solo le persone che hanno lavorato o soggiornato nel Congo belga o nel Ruanda-Urundi prima che queste colonie divenissero indipendenti beneficieranno di un'indennità da parte della Confederazione, conformemente a quanto ha sempre affermato il Consiglio federale nelle sue decisioni del 9 marzo 1987 e del 30 gennaio 1989. La detta decisione del 9 marzo 1987, vertente non soltanto sulle rivendicazioni degli Svizzeri del Congo belga in materia di sicurezza sociale, ma anche sui beni nazionalizzati a seguito di misure di cosiddetta «zairizzazione» e sulle rivendicazioni degli Svizzeri d'Algeria, mostra che il Consiglio federale ha dato mandato al DFAE di comporre il contenzioso creatosi in seguito al processo di decolonizzazione. Altre argomentazioni militano però in favore di tale trattamento differenziato. Il sistema istituito dalla legge belga del 17 luglio 1963 è, infatti, facoltativo, mentre il sistema coloniale di sicurezza sociale era obbligatorio. Ogni individuo che aveva partecipato a quest'ultimo sistema poteva legittimamente attendersi di beneficiare di rendite di importo ade-

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guato, in virtù dell'affiliazione ad un sistema basato sulla capitalizzazione. È appunto a tali persone che il Consiglio federale intende venire incontro, dal momento che esse non potevano prevedere la mancata indicizzazione e, di conseguenza, premunirsi contro di essa. Per contro, si può ragionevolmente partire dall'idea che le persone affiliate al sistema del 1963 avrebbero potuto informarsi circa la situazione giuridica e prevedere un'assicurazione complementare atta ad ovviare alle carenze del detto sistema.

Tra gli affiliati ai sistemi coloniali di sicurezza sociale vi proponiamo di indennizzare le persone già pensionate e quelle che avranno compiuto 65 anni, se di sesso maschile, e 62, se di sesso femminile, al 31 dicembre 1994. Fissando una data limite per poter far valere la pretesa di indennità da parte della Confederazione, intendiamo restare fedeli all'obiettivo che ci siamo prefissati, vale a dire riservare l'indennizzo a persone in età avanzata che, in seguito all'indipendenza del Congo belga e del Ruanda-Urundi, hanno subito un'interruzione nella loro vita professionale e non hanno potuto godere di una carriera assicurativa completa presso altri sistemi di sicurezza sociale (cfr. n. 42).

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Trattamento fiscale

Le rendite concesse dai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi non rientravano esclusivamente nel primo pilastro. In effetti, alimentate da contributi elevati per quel tempo e fondate su un sistema di capitalizzazione, esse dovevano essere di un importo considerevole onde poter coprire, al momento del pensionamento, una parte importante dei bisogni dei lavoratori dipendenti che avevano partecipato ai detti sistemi. Tali rendite possono perciò essere assimilate a quelle del secondo pilastro, ovvero a rendite di previdenza professionale.

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Imposizione delle prestazioni in capitale secondo il diritto federale

Dal momento che l'indennizzo avverrà sotto forma di una sovvenzione forfettaria ed unica, cioè di una prestazione in capitale, si applicherà logicamente, per quanto concerne l'imposta federale diretta, la disposizione prevista in caso di prestazioni in capitale provenienti da istituzioni di previdenza professionale.

Trattasi dell'articolo 40 capoverso 5 del decreto del Consiglio federale concernente la riscossione di un'imposta federale diretta (DIFD) (RS 642.11) in virtù del quale le prestazioni in capitale rientranti nel secondo pilastro sono tassate separatamente, ossia indipendentemente dagli altri redditi, e secondo il tasso della rendita. Imposizione al tasso della rendita significa che l'imposta sarà calcolata al tasso che sarebbe applicabile se fosse corrisposta una prestazione annua. Il calcolo dell'imposta si farà tuttavia in ogni caso sulla base dell'aliquota relativa alle persone che vivono sole. Sono pure escluse le deduzioni sociali (cfr.

art. 40 cpv. 5 DIFD, ultima frase). D'altra parte, nel caso in cui l'affiliato avesse contribuito al finanziamento della propria prestazione in capitale in ra-

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gione di almeno il 20 per cento e quest'ultima fosse esigibile prima del 31 dicembre 2001, la detta prestazione sarebbe imponibile solo a concorrenza dell'80 per cento; quest'unica parte è ugualmente determinante per il calcolo della rendita (cfr. art. 40 cpv. 5 e art. 155 DIFD). Per contro, se la parte dell'autofinanziamento è inferiore al 20 per cento, l'imposizione colpisce l'integralità della prestazione.

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Imposizione delle prestazioni in capitale secondo il diritto cantonale

In tale ambito, la Confederazione non dispone di alcuna competenza che le permetta di prescrivere ai Cantoni di imporre le sovvenzioni forfettarie e uniche versate secondo un regime speciale. Tuttavia, non bisogna perdere di vista che in generale gli ordinamenti fiscali cantonali tassano moderatamente le prestazioni in capitale, per cui, nel caso particolare, ci si può ugualmente attendere ad un'imposizione fiscale cantonale moderata.

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Competenza

Incomberà al DFAE determinare l'ammontare della sovvenzione forfettaria e unica dovuta ad ogni avente diritto, conformemente ai criteri stabiliti nei paragrafi 42 e 43. Il DFAE decide su ogni singolo caso e prende decisioni ai sensi dell'articolo 5 della legge federale del 20 dicembre 1968 sulla procedura amministrativa (RS 172.021). Tali decisioni potranno essere impugnate davanti alla Commissione di ricorso in materia di indennità estere istituita conformemente all'articolo 3 lettera b della legge federale del 21 marzo 1980 sulle domande d'indennità nei confronti dell'estero (RS 981). Secondo l'articolo 99 lettera i della legge federale sull'organizzazione giudiziaria del 16 dicembre 1943 (RS 173.110), il ricorso di diritto amministrativo non è ammissibile contro le decisioni di questa Commissione. L'articolo 5 capoverso 2 seconda frase del decreto federale di obbligatorietà generale lo ribadisce precisando che la Commissione decide in ultima istanza.

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Conseguenze finanziarie e ripercussioni sull'effettivo del personale

Al fine di poter eseguire il decreto federale di obbligatorietà generale, vi proponiamo di stanziare, mediante decreto federale semplice, un credito di impegno di 25 milioni di franchi. Tale importo globale è stato calcolato sulla base di un campione rappresentativo di settanta persone. Ciò nonostante, visto che non disponiamo ancora di tutti i dati attuariali e tenuto conto delle fluttuazioni dovute al sistema di capitalizzazione, non è escluso che tale importo possa rivelarsi insufficiente. In tal caso sarà necessario chiedere un credito aggiuntivo.

I crediti di pagamento necessari sono stati presi in considerazione nel preventivo 1991 e nelle previsioni finanziarie 1992-1994.

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Spetterà al DFAE eseguire le disposizioni del decreto federale. Malgrado la considerevole portata di questo nuovo compito, non sarà necessario assumere personale supplementare.

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Rapporto con il diritto europeo

I cittadini dei Paesi della Comunità si sono trovati, per molti anni, nella stessa situazione dei nostri connazionali ed hanno percepito rendite non indicizzate, fino a quando, nel 1977, la Corte di Giustizia delle Comunità europee dichiarò la legge belga di garanzia del 16 giugno 1960 incompatibile con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 e, più particolarmente, con il Regolamento CEE n.

1408/71. Da tale decisione giudiziale risulta che i cittadini dei Paesi della Comunità beneficiano, alle medesime condizioni dei cittadini belgi, di rendite indicizzate, purché essi risiedano in Belgio o in un Paese della CEE (cfr. a tal proposito n. 15).

Tenuto conto del fatto che la Svizzera non è parte nel detto Trattato istitutivo della Comunità economica europea, non esiste alcuna base giuridica a sostegno della rivendicazione dell'indicizzazione delle rendite versate agli Svizzeri del Congo belga. È tuttavia previsto che il Regolamento 1408/71 sia ripreso, in quanto elemento comunitario ormai assodato, nel futuro Trattato sullo Spazio economico europeo (TSEE). Con la conclusione di tale trattato, il Belgio potrebbe essere indotto a rivedere la propria posizione e a versare rendite indicizzate anche ai nostri connazionali.

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Programma di legislatura

II presente progetto non è stato menzionato nel programma di legislatura 1987-1991. Riteniamo nondimeno che in base al postulato della Commissione della gestione del Consiglio nazionale del 14 giugno 1989 nonché ad altri interventi parlamentari sia giunto il momento di risolvere questo problema riguardante gli Svizzeri nel Congo.

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Basi giuridiche Costituzionalità

La base costituzionale del decreto di obbligatorietà generale è costituita dall'articolo 45bis della Costituzione federale. Secondo la prima frase del capoverso 2 di tale articolo, la Confederazione «può, considerando le condizioni particolari degli Svizzeri all'estero, dare le disposizioni necessarie a disciplinare i loro diritti e doveri, segnatamente circa l'esercizio dei diritti politici, l'adempimento dell'obbligo militare e l'assistenza». Come precisano il termine «segnatamente» ed i lavori preliminari, la Confederazione è competente per legiferare su tutte le questioni concernenti gli Svizzeri all'estero e non solamente su i tre punti menzionati (diritti politici, obbligo militare e assistenza). Orbene, il decreto che vi proponiamo di adottare concerne gli Svizzeri all'estero. In effetti, i provve1221

dimenti che esso prevede sono tesi a risolvere un problema di persone che, per parte della loro vita, sono vissute nell'ex-Congo belga e sono quindi state Svizzeri all'estero (anche se, nella maggior parte dei casi non lo sono più). È lecito domandarsi se le prestazioni previste siano da considerarsi alla stregua di assistenza. Di fatto, la stragrande maggioranza dei potenziali beneficiari di tali prestazioni non vive nell'indigenza. Non si tratterà dunque di assistenza nel senso stretto del termine. Tuttavia, nel contesto dell'articolo 45bis della Costituzione federale, il concetto di assistenza ha un significato più esteso di quello di soccorso prestato a persone nel bisogno, come attesta pure il termine tedesco corrispondente. Le prestazioni previste potrebbero di conseguenza rientrare nell'ambito di tale concetto di assistenza in senso lato. Questo punto può, tuttavia, essere per il momento tralasciato. In effetti, come già precedentemente ricordato, la lista dei campi nei quali la Confederazione può legiferare in virtù dell'articolo 45bis della Costituzione federale non si limita ai tre ambiti menzionati nel testo costituzionale.

Secondo l'articolo 45bis capoverso 2, seconda frase della Costituzione federale, i Cantoni devono essere consultati prima dell'adozione delle disposizioni fondate sulla prima frase dello stesso capoverso. Nella fattispecie, tale consultazione non è parsa necessaria. In effetti, come risulta dai lavori preparatori (FF 1965 II 405), tale norma si applica soprattutto quando la Confederazione tocca le competenze dei Cantoni. Orbene, ciò non è il caso nella fattispecie.

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Forma degli atti da adottare

1 provvedimenti previsti necessitano di una base legale. Dal momento che essi sono limitati nel tempo, va scelta la forma del decreto federale di obbligatorietà generale, in virtù dell'articolo 6 capoverso 1 della legge federale del 23 marzo 1962 sui rapporti fra i Consigli (RS 171.11). Secondo l'articolo 89 capoverso 2 della Costituzione, il disegno di decreto federale di obbligatorietà generale, sottopostovi per approvazione, sottosta al referendum facoltativo. La decisione di stanziamento del credito deve per contro rivestire la forma di un decreto federale semplice, non assoggettato al referendum, conformemente all'articolo 8 capoverso 1 della detta legge.

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Decreto federale concernente le rivendicazioni degli Svizzeri del Congo belga e del Ruanda-Urundi in materia di sicurezza sociale

Disegno

del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto l'articolo 45bis della Costituzione federale; visto il messaggio del Consiglio federale del 23 maggio 1990 1, decreta: Art. l Principio 1 Un aiuto finanziario della Confederazione è concesso ai cittadini svizzeri che hanno versato contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi.

2 L'aiuto è concesso ai cittadini svizzeri che hanno versato contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi, beneficiari 0 futuri beneficiari di rendite di vecchiaia, rendite vedovili o rendite per infortuni che, a carico dell'«Office de la sécurité sociale d'outre-mer (OSSOM)», non sono state adeguate al costo della vita dal 1960 e il cui importo, relativamente agli aumenti e agli assegni per prestazioni intervenute prima del 1942, è stato ridotto; gli interessati devono: a. per quel che concerne la rendita di vecchiaia, aver compiuto 65 anni (per gli uomini) o 62 (per le donne) al 31 dicembre 1994; b. per quel che concerne la rendita vedovile, provare che il defunto avrebbe compiuto 65 anni al 31 dicembre 1994; e. per quel che concerne la rendita-infortuni, provare che l'evento assicurato è intervenuto prima del 31 dicembre 1994.

3 L'aiuto è concesso indipendentemente dal fatto che i beneficiari risiedano in Svizzera, in Belgio o in un Paese terzo.

Art. 2 Forma 1 L'aiuto è concesso sotto forma di una sovvenzione forfettaria e unica.

2 L'importo della sovvenzione è determinato dal numero di anni di contribuzione ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del RuandaUrundi, fatto salvo il capoverso 3, e dalla capitalizzazione del complemento di rendita, ovvero dalla differenza tra la rendita indicizzata al livello del 1° gennaio 1990 e la rendita non indicizzata, comprendente gli aumenti e gli assegni relativi.

»FF 1990 II 1205

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Sicurezza sociale. Rivendicazioni degli Svizzeri del Congo belga 2

Gli anni di contribuzione ai sistemi coloniali del Congo belga e del RuandaUrundi sono considerati nel modo seguente: - da 3 a 9 anni: numero degli anni meno 2; - da 10 a 19: numero degli anni meno 1; - più di 20 anni: numero totale degli anni.

Art. 3 Esclusione Sono escluse dall'aiuto: a. le persone che hanno recato grave pregiudizio agli interessi pubblici svizzeri; b. le persone oggetto di una condanna penale esecutoria, in ragione di atti commessi in relazione con l'aiuto medesimo.

Art. 4 Finanziamento L'Assemblea federale approva l'importo dei mezzi finanziari con decreto federale semplice.

Art. 5 Competenze 1 II Dipartimento federale degli affari esteri decide delle prestazioni da versare nel singolo caso, conformemente al presente decreto.

2 Le decisioni del Dipartimento possono essere impugnate davanti alla Commissione di ricorso in materia di indennità estere. Tale commissione decide in ultima istanza.

Art. 6 Referendum ed entrata in vigore 1 II presente decreto, di obbligatorietà generale, sottosta al referendum facoltativo.

2 Esso entra in vigore il 1° febbraio 1991 con effetto sino al 31 dicembre 1995.

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Decreto federale

Disegno

sull'aiuto finanziario ai cittadini svizzeri che hanno versato contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi

del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto l'articolo 4 del decreto federale del ... '> concernente le rivendicazioni degli Svizzeri del Congo belga e del Ruanda-Urundi in materia di sicurezza sociale; visto il messaggio del Consiglio federale del 23 maggio 19902), decreta:

Art. l È stanziato un importo di 25 milioni di franchi, per il periodo dal 1991 al 1995 incluso, a titolo di aiuto finanziario agli Svizzeri che hanno versato contributi ai sistemi coloniali di sicurezza sociale del Congo belga e del Ruanda-Urundi.

Art. 2 II presente decreto, che non è di obbligatorietà generale, non sottosta al referendum.

»RU ...

2> FF 1990 II 1205

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Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio concernente le rivendicazioni dei cittadini svizzeri nel Congo belga e nel Ruanda-Urundi in materia di sicurezza sociale del 23 maggio 1990

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1990

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24.07.1990

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