# S T #

94.024

Messaggio concernente l'approvazione dei Protocolli n. 9 e 10 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Trattati europei 140 e 146) del 23 febbraio 1994

Onorevoli presidenti e consiglieri, Vi sottoponiamo per approvazione due disegni di decreti federali concernenti la ratifica di due Protocolli alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

Si tratta dei seguenti Protocolli: - Protocollo n. 9 che riconosce all'individuo richiedente il diritto di deferire alla Corte una causa dichiarata ricevibile dalla Commissione (Trattato europeo n. 140); e - Protocollo n. 10 che riduce la maggioranza dei due terzi, prevista nell'articolo 32 CEDU, alla maggioranza semplice (Trattato europeo n. 146).

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

23 febbraio 1994

1994-110

In nome del Consiglio federale svizzero: II presidente della Confederazione, Stich II cancelliere della Confederazione, Couchepin

25 Foglio federale. 77° anno. Voi. II

381

Compendio Con l'adesione al Consiglio d'Europa il 6 maggio 1963 la Svizzera si è impegnata a collaborare in buonafede e concretamente all'attuazione dei compiti statutari di questa organizzazione, il cui principale obiettivo è la tutela dei diritti dell'uomo. A tal fine è stata elaborata la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), ratificata dalla Svizzera nel 1974. Approvando i relativi Protocolli n. 9 e 10 la Svizzera riafferma la sua volontà di continuare a contribuire ad una più efficace tutela dei diritti dell'uomo.

Nell'accettare il Protocollo n. 9 la Svizzera riconosce il diritto del richiedente di deferire alla Corte le cause dichiarate ricevibili dalla Commissione. Tale diritto era sinora di esclusiva competenza della Commissione, dello Stato in causa o dello Stato contraente del quale la vittima è cittadino.

Il Protocollo n. 10 si propone di sostituire la maggioranza dei due terzi di cui all'articolo 32 CEDU, con la maggioranza semplice (decisione del Comitato dei Ministri sulla questione di accertare l'esistenza o meno della violazione della CEDU in un caso specifico, qualora la causa non sìa stata deferita alla Corte).

A differenza del Protocollo n. 9, che riconosce all'individuo un nuovo diritto, il Protocollo n. 10 emenda la CEDU su questioni procedurali interne onde agevolare l'esame delle richieste da parte del Comitato dei Ministri.

382

Messaggio 1

La Svizzera e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo Situazione attuale

La Svizzera ha ratificato la Convenzione europea dei diritti dell'uomo nel 1974 e, successivamente, il Protocollo addizionale 2 (competenza della Corte europea dei diritti dell'uomo a emettere pareri consultivi), i Protocolli d'emendamento 3, 5, 8 (disposizioni procedurali e organizzative), i Protocolli addizionali 6 (abolizione della pena di morte) e 7 (che completa l'elenco dei diritti civili e politici).

In quell'occasione si rinunciò a ratificare i Protocolli addizionali 1 e 4 (entrambi completano l'elenco dei diritti garantiti dalla Convenzione; cfr. Rp completivo del Consiglio federale all'Assemblea federale circa la CEDU del 23 febbraio 1972: FF 19721773). Non si è potuto ancora dar seguito all'intenzione di ratificare ulteriormente il Protocollo addizionale n. l (garanzia della proprietà, diritto all'istruzione, obbligo di organizzare elezioni legislative libere a scrutinio segreto). Durante la procedura di consultazione la maggioranza dei Cantoni si era pronunciata contro la sua ratifica formulando serie riserve in particolare nei confronti del «diritto all'istruzione». Più recentemente i postulati Haller (1988) e Columberg (1991) chiedevano la ratifica del Primo Protocollo nei confronti del quale abbiamo sempre mantenuto un atteggiamento positivo. Dopo la reiezione popolare nel 1982 della nuova legge sugli stranieri abbiamo deciso di rinunciare a firmare e a ratificare il Protocollo 4 (divieto dell'arresto per debiti, diritto di libera circolazione e d'emigrazione, limitazione delle possibilità d'espulsione). Ci siamo nondimeno proposti di riesaminare la questione qualora si dovesse concretare il nuovo orientamento della legislazione svizzera sugli stranieri nel quadro dell'integrazione europea (consultare in proposito il Quinto Rp sulla posizione Svizzera rispetto alle convenzioni del Consiglio d'Europa; FF 1992 II 550 e segg.).

Con la ratifica della CEDU la Svizzera ha riconosciuto per un periodo di tre anni la competenza della Commissione europea dei diritti dell'uomo di essere adita con una domanda da ogni persona fisica, organizzazione non governativa o gruppo di privati, che reputi di essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti, dei diritti riconosciuti nella Convenzione (art.

25 CEDU e art. 7 del Protocollo addizionale 7). In seguito tale dichiarazione è stata regolarmente rinnovata (cfr. RU 1992 2220).

2

21

Protocollo n. 9 del 6 novembre 1990 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che riconosce all'individuo richiedente il diritto di deferire alla Corte una richiesta dichiarata ricevibile dalla Commissione (STE 140) Origine del Protocollo n. 9

II Protocollo n. 9 sancisce il diritto dell'individuo di presentare ricorso dinanzi alla Corte in una procedura giudiziaria internazionale.

383

L'idea di riconoscere tale diritto non è nuova. Era infatti già stata evocata durante il Congresso europeo dell'Aja, tenutosi nel lontano 1948 e in seguito ripresa nel progetto convenzionale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, elaborato dal Movimento europeo nel luglio 1949.

L'istaurazione delle relazioni dirette tra una giurisdizione internazionale e i privati contrastava con la teoria della rappresentanza dell'individuo da parte dello Stato davanti alle istanze internazionali e fu male accolta dagli Stati sostenitori della sovranità assoluta. Il Comitato di esperti, incaricato dal Comitato dei Ministri di elaborare nel novembre 1949 il progetto di convenzione, rifiutò il diritto dell'individuo di adire la Corte europea dei diritti dell'uomo.

La dottrina non mancò certo di biasimare tale atteggiamento così poco conforme. La necessità di accesso diretto si fece sentire a tal punto che la Commissione e la Corte europea dei diritti dell'uomo sin dalla loro prima causa (arresto Lawless del 14 novembre 1960, serie A n . l) si preoccuparono di far meglio partecipare l'individuo alla procedura. In tal senso introdussero nella rispettiva normativa nuove disposizioni (associando il richiedente al ricorso; avvertendolo del deferimento alla Corte, consentendogli di ottenere copia del rapporto della Commissione onde presentare osservazioni scritte).

Malgrado ciò la disparità fondamentale tra il richiedente individuale e lo Stato in questione persisteva: il richiedente non solo non poteva adire direttamente la Corte ma non aveva neppure il diritto di sollevare un'eccezione preliminare, di invocare altre questioni di ricevibilità (è pur vero che tale disparità sussisterà con il Protocollo 9) o sollecitare un nuovo esame di merito.

L'Assemblea parlamentare riprese l'esame del ricorso individuale nel 1972 durante l'elaborazione della Raccomandazione 683/1972. La questione fu rilanciata nel 1974 dal Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (CDDU) e sottoposta ad una lunga riflessione prima di essere definitivamente integrata nel Protocollo 9. A quell'epoca la Commissione e la Corte europea, consultate dal CDDU, si pronunciarono nuovamente in favore del diritto dell'individuo di adire la Corte. La Commissione, avendo già costatato nel luglio 1974 che il sistema applicato a quell'epoca non era per nulla
soddisfacente, suggeriva di riconoscere al richiedente individuale il diritto di adire la Corte, (cfr. parere della Commissione del 19 luglio 1974, allegato al documento CDDU (77) 24, del 9 novembre 1977, p. 9). La Corte dal canto suo evidenziava, in un parere del settembre dello stesso anno, i «gravi inconvenienti» derivanti dalla mancanza di «armi uguali» ai sensi dell'articolo 6 CEDU, aggiungendo che si doveva «sollecitare gli Stati ad elaborare un protocollo facoltativo (...) onde consentire al richiedente un accesso diretto alla Corte» (cfr. parere della Corte del 4 settembre 1974, allegato II al documento CDDU - 74).

Il CDDU ed il Comitato di esperti per il miglioramento delle procedure di tutela dei diritti dell'uomo, in veste di delegati del Comitato dei Ministri, esaminarono i diversi metodi di miglioramento del meccanismo di controllo della Convenzione, compreso il locus standi del richiedente davanti alla Corte.

Solo nella 6 a riunione del CDDU si è riusciti ad inserire nel programma di attività governativa per il 1981 la questione del diritto del richiedente di deferire alla Corte le cause ricevibili. Il Comitato di esperti poteva quindi riprendere la tematica nel proprio programma di attività.

384

Durante la prima Conferenza ministeriale sui diritti dell'uomo, tenutasi a Vienna il 19 e 20 marzo 1985, la delegazione svizzera incaricata di presentare un rapporto sul funzionamento degli organi della convenzione si schierò, appoggiata da numerosi Stati, in favore del riconoscimento del diritto dei richiedenti individuali di deferire le proprie cause alla Corte.

Nel settembre 1990 il progetto di testo finale del Protocollo 9 venne presentato al CDDU che lo trasmise al Comitato dei Ministri.

Il successivo 4 novembre, durante la Conferenza interministeriale informale, tenutasi a Roma in occasione della celebrazione del 40° anniversario della firma della Convenzione, il Protocollo 9 fu aperto alla firma. Lo firmarono quindici Stati fra cui la Svizzera.

22

Aspetto giurìdico del Protocollo n. 9

Al pari dei Protocolli 1, 4, 6 e 7, il Protocollo n. 9 garantisce all'individuo un nuovo diritto. Benché completi l'articolo 48 della Convenzione e definisca chi può adire la Corte e modifichi altre disposizioni della stessa, detto strumento è stato concepito come Protocollo addizionale e facoltativo e non d'emendamento. Un Protocollo d'emendamento necessiterebbe, per la sua entrata in vigore, la ratifica di tutti gli Stati Parte alla Convenzione. L'articolo 1 sottolinea tale peculiarità il cui vantaggio consiste in una sua entrata in vigore più rapida.

Ai sensi dell'articolo 7 il Protocollo n. 9 entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data alla quale dieci Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso a divernirne Parti in conformità con le disposizioni dell'articolo 6. Per ogni Stato membro che manifesterà ulteriormente il suo consenso a divenire Parte al Protocollo, quest'ultimo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data della firma o del deposito dello strumento di ratifica, di accttazione o di approvazione.

23 231

Finalità del Protocollo n. 9; analisi delle disposizioni; conseguenze per la Svizzera Finalità del Protocollo n. 9

II Protocollo 9 segna un passo decisivo nel rafforzamento della tutela dell'individuo al quale è riconosciuto un diritto sinora riservato alla Commissione e agli Stati contraenti. Tale riconoscimento non lo pone tuttavia su un piano di parità formalmente perfetta con la Commissione e gli Stati contraenti, non essendogli riconosciuto il diritto di sollevare un'eccezione preliminare o di invocare altre questioni di ricevibilità.

L'attribuzione al richiedente individuale del diritto di deferire la propria causa alla Corte, prescinde dal voto espresso dalla Commissione al termine del proprio parere formulato nel rapporto, anche in caso di voto negativo sulla questione della violazione della Convenzione. Basterà che nella propria decisione sulla ricevibilità della richiesta la Commissione dichiari quest'ultima ricevibile.

385

Gli articoli 2-5 del Protocollo riflettono le modifiche degli articoli 31 paragrafo 2, 44, 45 e 48.

Dal fatto che l'articolo 47 CEDU non abbia subito modifiche se ne deduce che l'esercizio del diritto sarà possibile solo per le cause dichiarate ricevibili. Inoltre si potrà adire la Corte soltanto nei tre mesi previsti dall'articolo 32 CEDU.

Se è vero che viene riconosciuto il diritto di istanza individuale, spetterà tuttavia al Comitato della Corte decidere se la causa debba o meno essere esaminata dalla Corte. Il Comitato ha il compito di filtrare le richieste individuali per ovviare alla saturazione del ruolo della Corte. Esso si compone di tre membri della Corte il cui giudice «naturale» (in quanto rappresentante dello Stato in causa), è nominato d'ufficio. Se la causa non solleva alcuna grave questione relativa all'interpretazione o all'applicazione della Convenzione e se non giustifica per altri motivi un esame della Corte, il Comitato può decidere all'unanimità di non sottoporla alla Corte. In tal caso spetterà al comitato dei Ministri pronunciarsi in merito.

232

Analisi delle disposizioni del Protocollo n. 9

Articolo 1 Questa disposizione opera una distinzione fra questo nuovo Protocollo ed i Protocolli precedenti che recano emendamenti di carattere procedurale la cui entrata in vigore soggiaceva alla ratifica di tutte le Parti alla Convenzione. È sorprendente costatare come l'entrata in vigore del Protocollo 9 faccia coesistere due sistemi procedurali: il primo valido per gli Stati che non avranno ratificato il Protocollo, il secondo vincolerà tutti gli Stati che lo ratificano.

Occorre rilevare che gli emendamenti previsti negli articoli 2-5 saranno automaticamente parte integrante della Convenzione non appena le Parti alla Convenzione avranno manifestato il loro consenso a divenire anche Parte al Protocollo.

Articolo 2 L'articolo 2 emenda l'articolo 31 paragrafo 2 della Convenzione nel senso che il rapporto della Commissione dovrà essere trasmesso anche al ricorrente individuale. È assolutamente indispensabile che quest'ultimo abbia a conoscere il parere della Commissione per potersi orientare sul seguito della procedura. Il ricorrente individuale dovrà rispettare il carattere confidenziale del rapporto sino al deferimento davanti alla Corte o alla risoluzione del Comitato dei Ministri adottata in virtù dell'articolo 32 CEDU.

Il termine «ricorrente» indica una persona fisica, ogni organizzazione non governativa ovvero il gruppo di privati che ha presentato ricorso in applicazione dell'articolo 25 CEDU.

Articolo 3 L'articolo 3 fa riferimento agli emendamenti all'articolo 44 CEDU. In proposito sono state esaminate diverse soluzioni una delle quali suggeriva semplice386

mente di abrogare l'articolo in questione. Gli autori del Protocollo si sono invece espressi in favore del suo mantenimento inserendo un emendamento che facesse riferimento anche all'individuo.

Se l'articolo 3 garantisce al ricorrente la qualità per presentarsi dinanzi alla Corte, esso non implica un diritto assoluto di presentarsi personalmente. Nell'ipotesi che il ricorrente si trovasse in carcere, egli non può esigere di essere presente ma può farsi rappresentare (cfr. anche in questo contesto l'Accordo europeo concernente le persone che partecipano alle procedure davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, RS 0.101.1). Infine la nuova formulazione dell'articolo 44 non deve essere interpretata come lesiva delle possibilità di intervento da parte di terzi (cfr. art. 37 par. 2 del Regolamento della Corte).

Articolo 4 Questa disposizione emenda solo formalmente l'articolo 45 in funzione delle modifiche recate all'articolo 48 CEDU.

Articolo 5 L'articolo 5 emenda l'articolo 48 CEDU in modo da includere anche il ricorrente individuale nell'elenco di coloro che hanno qualità di presentarsi alla Corte ma non vi si precisa che l'individuo potrà deferire alla Corte unicamente le cause dichiarate ricevibili. Tale clausola è comunque contemplata dall'articolo 47 CEDU.

Come già rilevato nel numero 231, il ricorrente individuale dispone del diritto di deferire la propria causa alla Corte (par. 1), tuttavia un Comitato composto di tre giudici può decidere se la causa debba o meno essere esaminata dalla Corte (par. 2).

Per decidere se una causa sarà o meno esaminata dalla Corte il Comitato dovrà innanzitutto verificare se il caso non presenti alcun «aspetto particolarmente grave relativo all'interpretazione o all'applicazione della Convenzione». Una causa potrebbe non essere ritenuta tale qualora sussista una giurisprudenza definita e sviluppata dalla Corte riguardo alla violazione citata o qualora riguardi essenzialmente i fatti in causa.

La decisione di non adire la Corte potrebbe essere condizionata da «altri motivi» ad esempio: lo Stato potrebbe aderire alle formulazioni espresse dalla Corte nel proprio rapporto, l'aspetto della possibilità equa verrebbe regolato con una risoluzione del Comitato dei Ministri. Queste ultime ipotesi consentono di non limitare l'esame a questioni puramente giuridiche.
È chiara l'inutilità di rivolgersi al Comitato qualora la Commissione o lo Stato decidessero di deferire la causa alla Corte dato che quest'ultima sarà comunque tenuta ad esaminarla. Pertanto non sarebbe opportuno che il Comitato si pronunciasse prima di conoscere il parere della Commissione o dello Stato. Occorrerà attendere il termine del periodo di tre mesi di cui all'articolo 32 paragrafo 1 CEDU prima di sottoporre il caso al Comitato (risultato ottenuto con l'uso dell'espressione «una causa è deferita alla Corte solo qualora ...». Si dovrà assolutamente evitare che la Corte perda la propria competenza di esaminare la causa a motivo dell'articolo 32 paragrafo 1 («se entro un periodo di tre mesi 387

... la controversia non è deferita alla Corte ... il Comitato dei Ministri prende ... una decisione sulla questione se si sia avuta o meno una violazione della Convenzione»). Da qui nasce una chiara distinzione tra il diritto del richiedente individuale a deferire la controversia alla Corte e l'esame della medesima da parte della Corte. Un individuo ha il diritto, incondizionato, di adire la Corte qualora la propria richiesta sia stata dichiarata ricevibile, tuttavia, un Comitato operante a nome della Corte può decidere di non entrare nel merito della causa.

Il Comitato dei Ministri si pronuncerà in ultima istanza qualora decidesse di non sottoporre la causa alla Corte. La difficoltà risiede nel fatto che in virtù dell'articolo 32 paragrafo 1 CEDU il Comitato dei Ministri perderebbe la propria potenziale competenza nei confronti di una causa non appena questa è «deferita» alla Corte. L'ultimo periodo del secondo capoverso del paragrafo 2 mira a risolvere questo problema. In tal caso la decisione del Comitato dei giudici non deve pregiudicare l'esame di merito della causa da parte del Comitato dei Ministri.

Considerata l'interazione degli articoli 32 paragrafo 1 e 48 CEDU, gli autori dei Protocolli hanno stimato preferibile, in spirito di chiarezza, utilizzare il termine «deferire alla Corte» invece che «adire la Corte» nell'insieme del testo dell'articolo 48 lasciando alla Commissione e allo Stato il diritto di «adire» la Corte.

La composizione, la finalità e il ruolo del Comitato di giudici sono descritti nel numero 231. Aggiungiamo che esso dovrà statuire a breve termine. Gli autori del Protocollo hanno tuttavia ritenuto inopportuno fissare un termine nel Protocollo medesimo.

È stata sollevata anche la questione se il Comitato debba pronunciarsi esclusivamente in base al rapporto della Commissione o se debba considerare - se non addirittura sollecitare - le osservazioni del richiedente. In quest'ultimo caso sarebbe indispensabile dare allo Stato l'opportunità di esprimersi su tali osservazioni. La questione potrebbe essere risolta nel quadro del Regolamento della Corte.

Per quanto riguarda la procedura il richiedente individuale, non appena deferita la propria causa alla Corte, dovrà usufruire delle stesse condizioni concesse allo Stato interessato. Spetterà alla Corte stabilirne le modalità
nel proprio Regolamento interno.

Il riconoscimento del diritto di istanza individuale non comporterà alcuna modifica del ruolo della Commissione nella procedura davanti alla Corte.

Artìcoli 6-8 Clausole finali Gli articoli 6-8 riprendono il modello di clausole finali approvato dal Comitato dei Ministri e contiene le modalità secondo cui uno Stato membro del Consiglio d'Europa può essere vincolato dal presente Protocollo.

Non è prevista alcuna disposizione sull'applicazione del Protocollo alle istanze pendenti davanti agli organi della Convenzione al momento della sua entrata in vigore. Il Protocollo dovrebbe quindi applicarsi anche a dette istanze sempre che il periodo di tre mesi di cui all'articolo 32 CEDU non sia già iniziato.

388

233

Conseguenze per la Svizzera

II riconoscimento all'individuo del diritto di deferire la sua causa alla Corte non comporterà un aumento sostanziale del numero di casi portati davanti a quest'ultima contro la Svizzera.

Il carattere limitato delle conseguenze concrete derivanti dal Protocollo scaturisce dai dati seguenti: dal 28 novembre 1974 al 31 dicembre 1993, sono state registrate 1120 richieste contro la Svizzera. Tra queste 57 (5,1%) sono state dichiarate ricevibili. Tra queste ultime solo 39 cause (3,3%) sono state oggetto sia di una decisione finale della Corte (20 casi, 1,8%) sia di una decisione finale del Comitato dei Ministri (19 casi, 1,7%).

In altri termini in diciannove anni, solo 19 cause supplementari ossia quelle portate davanti al Comitato dei Ministri, avrebbero potuto essere deferite potenzialmente alla Corte. Va precisato che alcune delle 17 cause quasi sicuramente non sarebbero state giudicate dalla Corte a motivo di una sentenza negativa del Comitato di tre giudici. Citiamo ad esempio le sei cause militari che seguirono alla causa Eggs e confermarono la relativa decisione del Comitato dei Ministri.

24

Atteggiamento della Svizzera

II progetto di Protocollo n. 9 è stato appoggiato dalla Svizzera sin dalla sua concezione. Nel corso della Conferenza ministeriale del 1985 a Vienna, la delegazione svizzera aveva fatto notare che accettando il suddetto Protocollo si dava seguito ad una proposta fatta nel 1983 dal presidente del Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa, signor Tindenmans, il quale si era espresso in questi termini: «Dopo oltre 25 anni di applicazione della Convenzione non sarebbe giunto il momento di meglio affermare la presenza delle parti in causa nel quadro del dispositivo di tutela, riconoscendo al richiedente individuale il diritto di adire la Corte?». Il rapporto svizzero proseguiva sottolineando che spettava alla Conferenza ministeriale «promuovere i lavori in tal senso mostrando concretamente che l'Europa dei diritti dell'uomo pone sempre l'essere umano al centro delle sue preoccupazioni» (cfr. GAAC, 1984, n. 106 p. 553 e segg. p. 565-566). La delegazione svizzera aggiungeva che l'efficienza è alla base di qualsiasi profonda riforma del meccanismo di controllo della Convenzione. Sotto questo profilo il riconoscimento all'individuo del diritto di adire la Corte riflette un'esigenza fondamentale da considerarsi ormai prioritaria.

Dei 32 Stati Parte alla Convenzione, 26 hanno già firmato il Protocollo e altri 9 lo hanno ratificato (Austria, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Italia). Il Protocollo entrerà in vigore dopo la data alla quale dieci Stati membri avranno espresso il loro consenso a divenirne Parti.

Siamo convinti della necessità di ratificare il Protocollo n. 9. Nell'ultimo «Quinto rapporto sulla posizione svizzera rispetto alle convenzioni del Consiglio d'Europa» abbiamo manifestato la nostra intenzione di ratificarlo al più presto (FF 1992 II 550).

389

L'emendamento si colloca in un vasto movimento di riforme che prevede altre misure volte a migliorare l'efficacia del meccanismo internazionale di controllo predisposto dalla Convenzione. È il caso di menzionare l'istituzione di un organo giurisdizionale unico, operante a tempo pieno, in grado di smaltire il sovraccarico di lavoro della Commissione della Corte.

3

Protocollo d'emendamento n. 10 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 25 marzo 1992, che riduce la maggioranza dei due terzi previsti nell'articolo 32 CEDU alla maggioranza semplice (STE 146)

31

Origini del Protocollo n. 10

La proposta di ridurre la maggioranza di cui all'articolo 32 paragrafo 1 CEDU venne formulata per la prima volta nel luglio 1982 dal Comitato di esperti per il miglioramento delle procedure di tutela dei diritti dell'uomo. Successivamente, nella Prima Conferenza ministeriale europea sui diritti dell'uomo (Vienna 1985), la delegazioni svizzera suggerì di sostituire la regola della maggioranza dei due terzi con maggioranza semplice.

La questione figurò all'ordine del giorno nelle riunioni del Comitato di esperti dal dicembre 1986 al novembre 1989.

Al termine dei lavori di riflessione del Comitato, ampia parte degli esperti decisero di sostituire «maggioranza dei due terzi degli aventi diritto di voto» con «maggioranza semplice degli aventi diritto di voto». Di conseguenza venne proposta la soppressione dei termini «dei due terzi» (in inglese «of two thirds») nel paragrafo 1 dell'articolo 32 CEDU precisando però che tale operazione avrebbe necessitato un emendamento della Convenzione. Il Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (CDDU) approvò poi la proposta nel luglio 1990.

Nella 45 l a riunione (gennaio 1991) i delegati dei Ministri incaricarono il CDDU di elaborare un protocollo d'emendamento alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Il testo finale del Protocollo fu elaborato dal Comitato per il miglioramento delle procedure di tutela dei diritti dell'uomo nel settembre 1991, approvato dal CDDU nell'ottobre successivo e trasmesso al Comitato dei Ministri l'8 gennaio 1992 che ne ha adottato il testo nella 469a riunione dei delegati dei Ministri.

Lo strumento fu aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari della CEDU, il 25 marzo 1992 a Strasburgo e firmato dalla Svizzera in quell'occasione.

32

Natura giuridica del Protocollo n. 10

A differenza dei Protocolli 1 , 4 , 6 , 7 (almeno dal profilo formale) e 9, che integrano l'elenco dei diritti garantiti dalla CEDU, il Protocollo 10 è uno strumento d'emendamento al pari dei Protocolli 3, 5, 8 ed entrerà in vigore, come 390

precisato nell'articolo 3, il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data alla quale tutti gli Stati Membri della Convenzione europea dei diritti dell'uomo avranno espresso il loro consenso a divenirne Parti. Non appena in vigore il Protocollo d'emendamento 10 sarà parte integrante della CEDU. Per ogni Stato membro che ratificherà ulteriormente la Convenzione diverrà automaticamente Parte al Protocollo 10 nonché ai Protocolli 3, 5, 8. Al momento di ratificare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo la Svizzera si è trovata in questa situazione nei confronti dei Protocolli 3 e 5.

33

Finalità del Protocollo n. 10

Se una causa non è deferita alla Corte il Comitato dei Ministri prende, con una deliberazione a maggioranza dei due terzi dei rappresentanti aventi diritto di partecipare al Comitato, una decisione sulla questione se vi sia stata o meno una violazione della Convenzione.

Il Protocollo d'emendamento 10 prevede di abbassare detta maggioranza dei due terzi alla maggioranza semplice. Questa prassi consente di accelerare ed agevolare il trattamento delle richieste davanti al Comitato dei Ministri.

La maggioranza dei due terzi era pienamente giustificata nel 1950. A quel tempo infatti le decisioni sulle violazioni dei diritti dell'uomo necessitavano di essere ben accolte in seno al Comitato dei Ministri.

Da allora il numero degli Stati membri del Consiglio d'Europa è di gran lunga aumentato ed altri se ne aggiungeranno. Con gli attuali 32 Stati membri, occorrerebbero 22 voti in favore di una determinata decisione. La regola dei due terzi diviene così eccessiva e si corre il rischio di non ottener una maggioranza sufficiente sulla questione della violazione dei diritti della CEDU.

La necessità della maggioranza dei due terzi ha comportato, in almeno cinque casi, delle «non decisioni»: il Comitato dei Ministri non ha ottenuto la maggioranza di cui all'articolo 32 paragrafo 1 nelle cause Huber c/Austria (Ris. DU (77) 2); Dores e Silveria e/Portogallo (Ris. DU (85) 7); Dobbertin e/Francia (Ris. DU (88) 12) E Warwick C/Regno Unito (Ris. DU (89) 5) - nell'ultimo caso la maggioranza richiesta non è stata raggiunta per due delle quattro disposizioni della Convenzione su cui ha avuto luogo una votazione).

Anche se la riduzione della maggioranza citata all'articolo 32 CEDU non risolverà la questione delle «non decisioni», vale a dire le conseguenze dovute ai rari casi in cui non fosse raggiunto il numero legale, le probabilità che in futuro si verificassero situazioni del genere, saranno ridotte grazie all'emendamento.

Per concludere, se il progetto di «fusione» della Commissione e della Corte in un organo giurisdizionale unico dovesse concretarsi, il Comitato dei Ministri perderebbe la competenza conferitagli dall'articolo 32 CEDU per quanto concerne le richieste individuali (potrebbe invece conservarla per le richieste statali).

391

34

Atteggiamento della Svizzera

Dopo aver appoggiato politicamente il progetto, la Svizzera ha partecipato attivamente all'elaborazione del Protocollo n. 10 e fu tra i primi a firmarlo. Finora è stato ratificato da dodici Stati.

L'emendamento in esame è uno sviluppo logico del sistema di controllo della Convenzione e rientra nella politica costante del Consiglio d'Europa e dei relativi membri decisi a migliorare l'efficacia di un meccanismo internazionale di controllo per il rispetto dei diritti dell'uomo in Europa. La Svizzera fa molto affidamento su questa politica e con la propria adesione al Consiglio d'Europa ha assunto il compito, in conformità dell'articolo 3 dello Statuto, di collaborare «sinceramente ed attivamente» alla prosecuzione delle finalità dell'organizzazione. Dall'entrata in vigore dell'emendamento, i tre organi di controllo - la Commissione e la Corte europea dei diritti dell'uomo come anche il Comitato dei Ministri - prenderanno le loro decisioni a maggioranza semplice.

4

Conseguenze finanziarie e ripercussioni sull'effettivo del personale

L'adozione dei Protocolli n. 9 e 10 non comporta spese supplementari per la Confederazione né ripercussioni sull'effettivo del personale. Le innovazioni recate dai Protocolli e in particolare l'istituzione del Comitato di tre giudici, membri della Corte, sancita dal Protocollo n. 9 non implica nessuna conseguenza finanziaria e nessuna ripercussione sul funzionamento degli organi del Consiglio d'Europa.

5

Programma di legislatura

Nel programma di legislatura 1991-1995 (FF 1992 III 1) abbiamo fissato come obiettivo il rafforzamento del nostro ruolo in seno al Consiglio d'Europa. In questo contesto abbiamo ribadito la volontà di voler appoggiare tutte le azioni europee di promozione del rispetto dei diritti dell'uomo. La ratifica dei Protocolli n. 9 e 10 rientra in questa ottica.

Nel Quinto Rapporto sulla posizione svizzera rispetto alle convenzioni del Consiglio d'Europa del 18 dicembre 1991 (FF 1992 II 550) abbiamo inserito il Protocollo n. 9 tra gli strumenti convenzionali considerati prioritari la cui ratifica dovrebbe effettuarsi ancora durante la presente legislatura. Analoga priorità deve essere data al Protocollo n. 10.

6

Costituzionalità

La competenza della Confederazione di ratificare i Protocolli n. 9 e 10 discende dall'articolo 8 della Costituzione federale (Cost.).

Per quanto concerne il Protocollo n. 9 la competenza dell'Assemblea federale di approvarlo discende dall'articolo 85 capoverso 5 Cost. Il Protocollo n. 10 392

modifica il diritto istituzionale della Convenzione soltanto su un punto essenziale sicché dovrà essere sottoposto analogamente a quest'ultima all'approvazione parlamentare.

I due decreti federali non sottostanno al referendum facoltativo secondo l'articolo 89 capoverso 3 lettere a, b, e Cost. Infatti i due Protocolli, al pari della Convenzione, sono denunciabili e non prevedono l'adesione a un'organizzazione internazionale e non comportano un'unificazione multilaterale del diritto ai sensi dell'articolo 85 capoverso 3 Cost.

Secondo una prassi costante (cfr. in particolare FF 1992 HI 270; V 797; VI 32 180; 1993 I 455, 520), comportano un'unificazione multilaterale del diritto ai sensi dell'articolo 89 capoverso 3 lettera e, soltanto i trattati che contengono diritto uniforme elaborato a livello multilaterale, volto a sostituire o quanto meno a completare direttamente il diritto interno e le cui disposizioni principali sono direttamente applicabili. Il nuovo diritto uniforme così creato deve inoltre disciplinare dettagliatamente un settore giuridico specifico e deve, formalmente e sostanzialmente costituire un insieme sufficientemente importante per giustificare sul piano nazionale, l'elaborazione analogica di una legge in materia.

I Protocolli n. 9 e 10 alla CEDU non adempiono queste condizioni.

393

Decreto federale Disegno concernente il Protocollo n. 9 del 6 novembre 1990 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Serie dei Trattati europei n. 140) del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto l'articolo 8 della Costituzione federale; visto il messaggio del Consiglio federale del 23 febbraio 19941', decreta: Art. l 1 II Protocollo n. 9 del 6 novembre 1990 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo è approvato.

2 II Consiglio federale è autorizzato a ratificarlo.

Art. 2 II presente decreto, che non è di obbligatorietà generale, non sottosta al referendum.

"FF 1994 II 381 394

Decreto federale concernente il Protocollo d'emendamento n. 10 del 25 marzo 1992 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo

Disegno

(Serie di Trattati europei n. 146) del

L'Assemblea federale della Confederazione Svizzera, visto l'articolo 8 della Costituzione federale; visto il messaggio del Consiglio federale del 23 febbraio 1994!), decreta:

Art. l 1 II Protocollo d'emendamento n. 10 del 25 marzo 1992 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo è approvato.

2 II Consiglio federale è autorizzato a ratificarlo.

Art. 2 II presente decreto, che non è di obbligatorietà generale, non sottosta al referendum.

»FF 1994 II 381 395

Protocollo n. 9

Traduzione"

alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari del presente Protocollo alla Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in appresso designata «la Convenzione»), risoluti ad apportare nuovi miglioramenti alla procedura prevista dalla Convenzione, hanno convenuto quanto segue: Articolo 1

Per le Parti della Convenzione che sono Parti del presente Protocollo, la Convenzione è modificata in base alle disposizioni degli articoli da 2 a 5.

Articolo 2 L'articolo 31 paragrafo 2 della Convenzione recita: «2. Il rapporto è trasmesso al Comitato dei Ministri. Esso è anche comunicato agli Stati interessati, e, qualora riguardi un ricorso presentato in attuazione dell'articolo 25, al ricorrente. Gli Stati interessati ed il ricorrente non hanno facoltà di pubblicarlo».

Articolo 3

L'articolo 44 della Convenzione recita: «Solo le Alte Parti Contraenti, la Commissione, nonché la persona fisica, l'organizzazione non governativa ovvero il gruppo di privati che ha presentato ricorso in applicazione dell'articolo 25 hanno qualità per presentarsi dinanzi alla Corte.» Articolo 4

L'articolo 45 della Convenzione recita: «La competenza della Corte si estende a tutti gli affari concernenti l'interpretazione e l'applicazione della presente Convenzione che le siano sottoposte, nelle condizioni previste dall'articolo 48.» Dal testo originale francese.

396

Salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

Articolo 5 L'articolo 48 della Convenzione recita: « L A condizione che l'Alta Parte Contraente interessata, se non è che una, o le Alte Parti Contraenti interessate, se sono più d'una, siano soggette alla giurisdizione obbligatoria della Corte o, in mancanza di ciò, con il consenso o l'accordo dell'Alta Parte Contraente interessata, se non è che una, o delle Alte Parti Contraenti interessate, se sono più d'una, la Corte può essere adita: a. dalla Commissione; b. da un'Alta Parte Contraente di cui la parte lesa è cittadino; e. da un'Alta Parte Contraente che ha fatto ricorso alla Commissione; d. da un'Alta Parte Contraente chiamata in causa; e. dalla persona fisica, organizzazione non governativa o gruppo di privati che ha adito la Commissione.

2. Se la Corte è adita solo in base al capoverso e) del paragrafo 1, il caso è innanzitutto sottoposto ad un Comitato composto da tre membri della Corte. Ne farà parte d'ufficio il giudice eletto a titolo dell'Alta Parte Contraente contro la quale si è fatto ricorso, o, se un tale giudice manchi, una persona scelta da tale Alta Parte Contraente per parteciparvi come giudice. Se il ricorso è stato presentato contro più Alte Parti Contraenti, il numero dei membri del Comitato sarà incrementato di conseguenza.

Qualora il caso non presenti alcun aspetto particolarmente grave relativo all'interpretazione o all'applicazione della Convenzione e se un suo esame da parte della Corte non è giustificato sotto altri aspetti, il comitato può decidere all'unanimità che esso non sarà esaminato dalla Corte. In tal caso, il Comitato dei Ministri decide, alle condizioni previste dall'articolo 32, se vi è stata o meno violazione della Convenzione.» Articolo 6 1. Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa firmatari della Convenzione i quali possono divenirne Parti mediante: a. firma senza riserva di ratifica, di accettazione, o di approvazione; oppure b. firma con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, seguita dalla ratifica, dall'accettazione o dall'approvazione.

2. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

Articolo 7 1. II presente Protocollo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo
di tre mesi dopo la data alla quale dieci Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso a divenirne Parti in conformità con le disposizioni dell'articolo 6.

26 Foglio federale. 77° anno. Voi. II

397

Salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

2. Per ogni Stato membro che manifesterà ulteriormente il suo consenso a divenire Parte al Protocollo, quest'ultimo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data della firma o del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.

Articolo 8 II Segretario generale del Consiglio d'Europa notificherà a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa: a. ogni firma; b. il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione; e. ogni data di entrata in vigore del presente Protocollo in conformità con il suo articolo 7; d. ogni altro atto, notifica o dichiarazione relativa al presente Protocollo.

In fede di che, i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato il presente Protocollo.

Fatto a Roma, il 6 novembre 1990, in francese ed in inglese, entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa ne comunicherà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d'Europa.

Seguono le firme

398

Protocollo n. 10

Traduzione»

alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari del presente Protocollo alla Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in appresso designata «la Convenzione»), considerato che occorre emendare l'articolo 32 della Convenzione allo scopo di ridurre la maggioranza dei due terzi ivi prevista, hanno convenuto quanto segue: Articolo 1 I termini «dei due terzi» di cui al paragrafo 1 dell'articolo 32 della Convenzione, sono soppressi.

Articolo 2 1 II presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa firmatari della Convenzione i quali possono divenirne Parti mediante: a. firma senza riserva di ratifica, di accettazione, o di approvazione; oppure b. firma con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, seguita dalla ratifica, dall'accettazione o dall'approvazione.

2 Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

Articolo 3 II presente Protocollo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data alla quale dieci Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso a divenirne Parti in conformità con le disposizioni dell'articolo 2.

Articolo 4 II Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa: a. ogni firma; ''Dal testo originale francese.

399

Salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

b.

e.

d.

il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione; ogni data di entrata in vigore del presente Protocollo in conformità con il suo articolo; ogni altro atto, notifica o dichiarazione relativa al presente Protocollo.

In fede di che, i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato il presente Protocollo.

Fatto a Strasburgo, il 25 marzo 1992, in francese ed in inglese, entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa ne comunicherà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d'Europa.

Seguono le firme

6584

400

Schweizerisches Bundesarchiv, Digitale Amtsdruckschriften Archives fédérales suisses, Publications officielles numérisées Archivio federale svizzero, Pubblicazioni ufficiali digitali

Messaggio concernente l'approvazione dei Protocolli n. 9 e 10 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Trattati europei 140 e 146) del 23 febbraio 1994

In

Bundesblatt

Dans

Feuille fédérale

In

Foglio federale

Jahr

1994

Année Anno Band

2

Volume Volume Heft

15

Cahier Numero Geschäftsnummer

94.024

Numéro d'affaire Numero dell'oggetto Datum

19.04.1994

Date Data Seite

381-400

Page Pagina Ref. No

10 117 764

Das Dokument wurde durch das Schweizerische Bundesarchiv digitalisiert.

Le document a été digitalisé par les. Archives Fédérales Suisses.

Il documento è stato digitalizzato dell'Archivio federale svizzero.