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FOGLIO JEDER ALE Anno XIII0. Berna, 20 agosto 1930. Volume II.

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Messaggio

del Consiglio federale all'Assemblea federale che accompagna un disegno di legge federale sul riposo settimanale.

(Del 27 maggio 1930.)

Onorevole signor Presidente, onorevoli Signori, Ci pregiamo presentarvi il disegno di legge federale sul riposo settimanale, col messaggio seguente.

Introduzione.

Il riposo settimanale, istituzione antichissima che in origine aveva carattere esclusivamente religioso, è andato sempre più diventando un postulato della politica sociale. La Svizzera è stata uno dei primi paesi che l'hanno consacrato nella loro legislazione. Già la legge federale sulle fabbriche, del 1877, vietava che si lavorasse nelle fabbriche la domenica ; erano consentite eccezioni, oltre che per i casi urgenti, per le aziende con esercizio ininterrotto, mentre d'altra parte le donne non potevano essere occupate in lavori domenicali e gli adolescenti potevano esserlo solo a determinate condizioni. Seguirono altri paesi, came, p. es., l'Austria nel 1885 (Novelle zur Gewerbeordnung), la Germania nel 1891 (Gewerbeordnungsnovelle), poi il Belgio nel 1905, la Francia nel 1906, l'Italia nel 1907 con leggi speciali sui giorni di riposo. Oggi il riposo settimanale è prescritto dalla legislazione di parecchi altri Stati ed è pure stato oggetto di convenzioni internazio¬ nali (vedasi maggiori particolari in proposito alle pagine 5-6).

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2 Secondo che s'ispira a motivi d'ordine religioso o a motivi d'indole sociale, il riposo festivo si presenta sotto un aspetto un po' diverso per quanto concerne le ragioni per cui è rivendicato e il modo come è attuato. Per la religione, è d'importanza essenziale che si abbia a festeggiare la domenica, il «giorno del Signore». Per chi, invece.

10 considera dal punto di vista sociale, il riposo settimanale risponde ad esigenze culturali ed igieniche ; esso deve garantire la cessazione regolare del lavoro una volta la settimana -- se possibile il giorno consacrato generalmente al riposo --· consentendo ai lavoratori di ri¬ storarsi dalle fatiche del loro mestiere. Una siffatta cessazione del la¬ voro è però anche nell'interesse dell'economia ; perchè è assolutamente necessario che lo spirito e il corpo interrompano di quando in quando le loro occupazioni se si vuole che essi forniscano il massimo rendi: mento senza esserne prematuramente danneggiati.

Così, la concezione religiosa; la necessità sociale e l'interesse eco¬ nomico hanno contribuito in egual misura a far sì che il principio del riposo settimanale fosse generalmente riconosciuto.

I. Attuazione del riposo settimanale nel diritto in vigore.

1. Svizzera.

a) Diritto federale. -- La legislazione federale regola il riposo settimanale in tre domini diversi, che sono : gli stabilimenti industriali soggetti alla. legge sulle fabbriche, l'industria dei trasporti, in quanto si tratti d'imprese esercitate dalla Confederazione o da essa concedute ·e l'amministrazione federale.

Abbiamo già fatto menzione del divieto di lavorare la domenica stabilito nella prima legge federale sulle fabbriche. Era così sancito 11 principio del riposo settimanale negli stabilimenti industriali. Nella sua successiva evoluzione la legislazione sulle fabbriche non lia fatto, a questo riguardo, che sviluppare e completare l'ordinamento fondato sul principio suddetto. Presentemente le norme principali sul riposo settimanale stabilite dalla legge federale sul lavoro nelle fabbriche, del 18 giugno 1914/27 giugno 1919 si possono riassumere come segue : ti lavoro domenicale nelle fabbriche è consentito solo in via eccezionale per la fabbricazione vera e propria e solo col permesso dell'autorità competente. Gli operai non possono essere impiegati senza il loro con¬ senso
nel lavoro délia domenica. Il permesso è concesso a titolo tem¬ poraneo per ragioni impellenti, a titolo permanente quando ne sia pro¬ vata la necessità. Ogni operaio deve però aver libera la domenica suc¬ cessiva e inoltre gli deve essere accordato -- a certe condizioni -- un riposo di almeno ventiquattr'ore consecutive nella settimana precedente o seguente la domenica in cui ha lavorato. Nelle fabbriche con esercizio ininterrotto è lecito distribuire più liberamente i cinquantadue giorni

3 di riposo e abbreviare fino a venti ore una parte di questi giorni.

Però., almeno ventisei giorni di riposo devono cadere in domenica. È poi prescritto in modo generale che i Cantoni possono stabilire otto giorni festivi l'anno che agli effetti della legge sono parificati alle domeniche. Le donne e gli adolescenti non possono essere occupati nel lavoro domenicale. Le disposizioni sul riposo della domenica sono com¬ pletate da quelle concernenti le vigilie delle domeniche e dei giorni fe¬ stivi. In quei giorni il lavoro deve cessare al più tardi alle diciassette nelle fabbriche con esercizio normale a una sola squadra.

La legislazione federale regola pure il riposo settimanale per le imprese di trasporto. Un primo passo in questo senso fu fatto già nella legge del 23 dicembre 1872, su la costruzione e l'esercizio delle strade ferrate nel territorio della Confederazione Svizzera. Una disposizione di questa legge stabiliva che ai funzionari e agli impiegati delle strade ferrate e di altre imprese di trasporto esercitate dalla Confederazione o da essa concedute si dovesse lasciare vacanza almeno una domenica su tre. Secondo il diritto vigente, che . si fonda sulla legge federale del 6 marzo 1920 concernente la durata del lavoro nell'esercizio delle strade ferrate ed altre imprese di trasporto e di comunicazione, si de¬ vono concedere ai funzionari, impiegati ed operai soggetti a questa legge, almeno cinquantasei giorni di riposo all'anno distribuiti conve¬ nientemente, dei quali almeno venti devono cadere in domenica o in un giorno festivo generale. Per alcune categorie di personale il numero dei giorni di riposo coincidenti con una domenica o una festa generale possono essere ridotti a dodici l'anno.

Infine, per quanto concerne il riposo settimanale del personale del¬ l'amministrazione della Confederazione, la base del regolamento è data dall'art.- 10 della legge federale sull'ordinamento dei funzionari della Confederazione, del 30 giugno 1927. Tuttavia/ non essendo ancora stata emanata l'ordinanza esecutiva per questa legge, continuava provviso¬ riamente a fare stato il decreto del Consiglio federale 10 febbraio 1923 sul tempo normale di servizio del personale dell'amministrazione fede¬ rale.

b) Legislazione cantonale. -- La legislazione federale sul riposo set¬ timanale, che si limita alle
fabbriche, alle imprese di trasporto e all'am¬ ministrazione federale, è completata dal diritto cantonale che regola questa materia specialmente per i rami economici ai quali non si appli¬ cano le disposizioni federali, come, p. es. : le industrie il cui esercizio non ha carattere di fabbrica, il commercio e certe imprese di trasporto, per non citare che i più importanti/Vanno considerati come, eccezioni alcuni Cantoni che per principio lasciano ai comuni la facoltà di rego¬ lare nei particolari il riposo settimanale. Di regola le disposizioni ema¬ nate dai comuni non fanno che completare il diritto cantonale.

4.

Tutte le legislazioni cantonali contengono disposizioni sul riposo settimanale. iEsse variano molto nella forma e nella sostanza (vedasi anche a pag. 9 s egg.). Così ivi sono leggi speciali sui giorni di riposo che regolano esclusivamente la questione particolare del riposo festivo o quella più generale del riposo settimanale. Vi sono poi leggi partico¬ lari per determinate industrie e mestieri, soprattutto per quelle che richiedono un trattamento speciale circa il giorno di riposo. Vanno inoltre menzionate le leggi sulle operaie e quelle sugli apprendisti che concedono una particolare protezione alle donne e agli adolescenti assi¬ curando il giorno di riposo. Abbiamo poi delle leggi sulla chiusura dei negozi, le quali contengono disposizioni circa il permesso di tenere aperti certi negozi nelle domeniche e nei giorni festivi. Infine anche nelle leggi che fissano la durata del lavoro o si propongono in genere la protezione degli operai si trovano disposizioni sull'interruzione set¬ timanale del lavoro. La maggior parte dei Cantoni possiedono prescri¬ zioni generali sul riposo domenicale o sul giorno settimanale di riposo e inoltre leggi od ordinanze speciali concernenti le eccezioni per deter¬ minati mestieri e gruppi di persone che presentano condizioni speciali.

Alcuni pochi Cantoni regolano la questione del giorno di riposo in de¬ creti speciali .che contemplano certe categorie di professioni. o persone, senza che vi sia una legge generale in questa materia. Viceversa capita di trovare, in qualche caso, dei decreti generali sul riposo festivo, men¬ tre mancano norme speciali. Ma anche le leggi concernenti particolar¬ mente le domeniche o i giorni di riposo presentano una varietà di tipi ; dalla legge o dall'ordinanza ispirate prevalentemente a criteri d'ordine, le quali badano soltanto o soprattutto a proibire le occupazioni che turberebbero la santità della festa domenicale, si va alla legge che si propone il chiaro scopo politico-sociale di assicurare, per quanto è pos¬ sibile. un giorno di riposo settimanale a tutti i lavoratori. Ne risulta poi la differenza caratteristica che mentre tutti i Cantoni dichiarano la domenica giorno di riposo pubblico, solo la minoranza di essi stabi¬ lisce nella propria legislazióne delle norme sul. modo di compensare il giorno di riposo nei casi in cui
non si può fare a meno di lavorare la domenica.

c) Regolamento non stabilito dalla legislazione. -- L'esistenza di disposizioni legali non deve però far dimenticare che l'osservanza del riposo settimanale ha radici così profonde nell'uso e nella tradizione che il giorno di riposo è spesso concesso anche là dove nessuna 1 egg© lo impone. Capita inoltre non di rado che la durata del riposo setti¬ manale si estenda oltre il minimo previsto dalla legislazione. In questi casi la cosa è regolata da libere concessioni, in parte anche da conven¬ zioni stipulate nel contratto di servizio o nel contratto collettivo di lavoro. Così, proprio nei mestieri che per la loro stessa natura richie-

5 dono che si lavori nella domenica, i contratti collettivi di lavoro con¬ tengono delle clausole che prevedono un giorno di riposo com/pensativo.

In altri casi il riposo settimanale risulta indirettamente dalle clausole contrattuali sulla durata del lavoro ó dai supplementi di salario, spesso molto elevati, prescritti per il lavoro domenicale, che evidentemente co¬ stituisce una rarissima eccezione. Inoltre, molto spesso i contratti col¬ lettivi di lavoro lasciano libero il pomeriggio del sabato.

2. All'estero.

Giova gettare uno sguardo oltre i confini del nostro paese ed esa¬ minare in che modo sia regolato il riposo settimanale nella legislazione di alcuni Stati esteri importanti.

In Germania il lavoro domenicale è in massima proibito negli sta7 bilimenti industriali dalla Gewerbeordnung del 1891, e nel commercio dall'ordinanza del 5 febbraio 1919, che in virtù dell'ordinanza 18 marzo 1919 è stata estesa a tutti gli altri impiegati. Le disposizioni sui giorni di riposo contenute nella Gewerbeordnung non si applicano però a tutte le industrie e mestieri nò a tutti i lavori : alcune, come p. es., quella alberghiera e le imprese di trasporto, fanno eccezione. In certi casi è prescritta una giornata compensativa di riposo per le domeniche in cui si lavora. Il disegno di legge per la protezione del lavoro mantiene in generale le condizioni giuridiche presenti, ma in certi punti va più in là dell'ordinamento attuale, soprattutto in quanto ne estende il campo d'applicazione. Per le ferrovie, la questione del riposo settimanale è regolata dalle disposizioni del 14 gennaio 1924, che prescrivono di con¬ cedere ogni ànno al personale cinquantadue giorni di riposo, per quanto ò possibile, ripartiti regolarmente, facendo in modo che diciassette di essi cadano in domenica o in un giorno festivo.

« Ogni lavoro industriale deve cessare la domenica ». Questo prin¬ cipio della legge del 16 gennaio 1895 costituisce ancora oggi, in Austria, il fondamento della legislazione sul riposo domenicale nell'industria e nei mestieri. La legge del 15 maggio 1919 ha inserito nella legge sul riposo festivo una quantità di disposizioni che regolano la cosa nel commercio. Anche qui si è tenuto, conto di avvenimenti e di condizioni speciali prevedendo delle eccezioni alla regola. Esistono pure delle di¬ sposizioni sul riposo
compensative Il Belgio, la Francia e l'Italia hanno regolato a breve distanza l'uno dall'altro, il riposo settimanale : le loro leggi emanate rispettivamente il 17 giugno 1905, il 13 luglio 1906 e il 7 luglio 1907 hanno questo di comune, che tutte valgono tanto per l'industria quanto per il commer¬ cio. La legge belga vieta di far lavorare il personale per più di sei giorni ogni settimana. La legge francese e quella italiana prescrivono

un riposo settimanale minimo di ventiquattro ore consecutive. Il giorni di riposo normale è anche qui, come dappertutto, la domenica. Oltr® alle derogazioni al principio del riposo domenicale, tutte e tre le 1 eggi contengono delle disposizioni sul periodo di riposo compensativo.

Menzioniamo da ultimo la Gran Bretagna, alla quale spetta ut1 posto speciale, in quanto la sua legislazione garantisce il riposo setti¬ manale solamente alle donne e agli adolescenti, mentre per gli operai adulti di sesso maschile la questione del riposo settimanale è regolata dalla consuetudine e dal contratto collettivo di lavoro. Nonostante que¬ sto ordinamento incompleto, la Gran Bretagna ha forse il regime più progredito ; infetti è molto diffuso il riposo settimanale di un giorno e mezzo.

3. Regolamento internazionale.

Già nel passato molti congressi internazionali avevano cercato di giungère a un regolamento internazionale del riposo settimanale. Ri¬ cordiamo il congresso dell'associazione per la riforma e la codifica¬ zione del diritto internazionale pubblico a Ginevra, nel 1874, il « Congrès international du repos hebdomadaire au point de vu hygiénique et social», a Parigi nel 1889, il « Congrès international du repos du di> manche » a Bruxelles nel 1897 e, più recentemente i congressi sindacali internazionali tenuti a Leeds nel 1916 e a Berna nel 1917. A questa rivendicazione si fece un posto importante nel capitolo dei trattati di pace dedicato al « lavoro ». Ivi, tra i metodi e i principi di politica SO' ciale che hanno particolare importanza e urgenza è annoverata « l'ado¬ zione di un periodo di riposo settimanale di ventiquattr'ore al minimo, che dovrebbe comprendere la domenica, sempre che sia possibile (arti¬ colo 427, terzo capoverso, num. 5, del trattato di Versailles). Venne quindi messa all'ordine del giorno della III Conferenza Internazionale del Lavoro del 1921 anche la questione del riposo settimanale nell'in¬ dustria e nel commercio. Le trattative della conferenza fecero capo a due risoluzioni : il « Disegno di convenzione sul giorno di riposo setti¬ manale negli stabilimenti industriali » e la « Raccomandazione concer¬ nente il giorno di riposo settimanale nelle aziende commerciali » (vedasi l'allegato 2). Ambedue le risoluzioni stabiliscono il principio che il per¬ sonale occupato nelle aziende
di cui si tratta debba godere, nel corso di ogni periodo di sette giorni, di uno di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive. Questo riposo va concesso, per quanto possibile, con¬ temporaneamente a tutto il personale di un'azienda e fissato in modo da cadere nei giorni che per consuetudine o tradizione sono consacrati al riposo nel paese o nella regione rispettivi. È riservata ai singoli Stati la facoltà di consentire le eccezioni necessarie tenendo conto special¬ mente -- dice la convenzione -- di tutte le considerazioni economiche e umanitarie opportune.* La convenzione prescrive inoltre che si preveda

7 dei periodi di riposo per compensare le sospensioni o le abbreviazioni de] riposo settimanale ordinario derivanti dalla concessione delle ecce¬ zioni.

Finora la convenzione sul riposo settimanale nelle aziende indu¬ striali è stata ratificata da diciassette Stati, tra cui la Francia, il Belgio e l'Italia. La Svizzera non vi lia ancora acceduto: per i parti¬ colari si vedano le pagine 19 e 20.

4. Principi informativi della legislazione vigente.

Da quanto siamo venuti esponendo risulta che il giorno di riposo settimanale non solo ha avuto generale diffusione negli Stati civili cri¬ stiani, ma nella maggior parte di essi è disciplinato dalla legislazione e coincide di regola con la domenica. La cessazione del lavoro potrà spiegare intieramente i suoi effetti d'ordine religioso, sociale e cultu¬ rale, solo se è concessa simultaneamente a tutti. Ma anche qui un'appli¬ cazione troppo rigidamente uniforme sarebbe contraria al buon senso e il beneficio si risolverebbe in un danno se la norma non fosse miti¬ gata dalle eccezioni. Queste sono necessarie in considerazione delle esigenze immediate del bene pubblico, in vista dei bisogni importanti e abituali della collettività e anche nell'interesse dell'esistenza stessa di certe industrie. M'a se in molti casi si è costretti a derogare al divieto del lavoro domenicale, occorre d'altra parte provvedere che non si abbia a eludere arbitrariamente ed abusivamente questo divieto mettendo così in forse l'istituzione stessa del riposo domenicale e che ogni volta che per necessità di cose si lavora la domenica sia accordato un periodo di riposo a compensare quello festivo perduto. Così, il legislatore ha sem¬ pre mirato e mira ancora oggi a trovare un compromesso tra la giusta richiesta del lavoratore che vuole una pausa regolare del lavoro ogni sette giorni e gli altri molteplici interessi e bisogni che si oppon¬ gono a un regolamento rigido e uniforme. Il principio del riposo setti¬ manale è semplice e chiaro; molte e complicate sono le considerazioni speciali che esigono un trattamento diverso dalla norma generale Ci contenteremo dunque di esporre le considerazioni di cui oc¬ corre tener conto per le eccezioni. Si sono prese come base soprattutto le condizioni quali si presentano in Isvizzera; ma anche all' estero que¬ ste questioni sono state risolte in modo
non molto diverso che da noi.

Il regolamento del riposo settimanale esige delle eccezioni tipiche già per quanto concerne le persone a cui deve applicarsi. Hanno bi¬ sogno di protezione in prima linea coloro che lavorano alle dipendenze d'altri. Quest'idea si trova espressa frequentemente nelle diverse leggi sul riposo settimanale, le quali proibiscono solo che si facciano lavprare gl'impiegati, gli operai, gli apprendisti ecc., mentre eccettuano espressamente o tacitamente dal divietò i padroni delle aziende e i loro

8 congiunti, come pure le persone che hanno funzioni direttive. D'altra parte si trovano spesso disposizioni protettive più estese per le donne e per gli adolescenti.

Hanno una grande importanza le limitazioni del divieto di lavo¬ rare stabilite in considerazione d'interessi superiori generali e di certe esigenze della vita pratica. Si tratta in prima linea di lavori urgenti e indispensabili, che occorre compiere senza indugio se si vuole evitare un danno sproporzionatamente maggiore. Ci sono poi certe attività professionali o comunque regolari che non possono essere interrotte un giorno per settimana senza cagionare sciagure e danni o per lo meno gravi svantaggi e inconvenienti. Rientra in questa categoria l'opera del medico, del farmacista, della levatrice, del personale d'assistenza agli ammalati. Va però notato che a questo gruppo appartengono dei professionisti la cui occupazione ha carattere indipendente e ai quali già per questo fatto non si applicano le disposizioni sul riposo setti¬ manale.

Devonsi ancora menzionare i lavori che nell'agricoltura o in certi campi del vettovagliamento hanno carattere d'urgenza o ricorrono quo¬ tidianamente. Altrettanto dicasi delle imprese di distribuzione dell'ac¬ qua potabile, del gas, dell'energia elettrica, del servizio delle pompe funebri, delle aziende che per ragioni tecniche non possono interrom¬ pere il loro esercizio, di certi lavori delle imprese di trasporto, di comunicazione e di spedizione, dei lavori completivi e preparatori che devono per così dire servire di ponte tra i giorni di lavoro separati dalla giornata di riposo, e dell'allestimento dei conti e degli inventari a fin d'anno. Niè vanno dimenticati, inlfine, i lavori quotidianamente necessari nell'economia domestica. Le legislazioni cantonali tengono conto, in misura ipiù o meno grande, di tutti questi bisogni. In alcuni dei casi teste enumerati il permesso di lavorare la domenica è accordato condizionatamente; questo lavoro è limitato a determinate ore, o è prescritto espressamente ch'esso debba restringersi al puro necessario.

Oltre a queste eccezioni destinate a tener conto di bisogni che si presentano o possono presentarsi la domenica, come in qualsiasi altro giorno, la legislazione sul giorno di riposo, considera anche i bisogni specifici della domenica, cioè quelli che si fanno
sentóre maggiormente nel giorno di riposo settimanale generale. D'altra parte, il loro sod¬ disfacimento richiede lavori speciali e fa sorgere così delle vere indu¬ strie ed imprese, esercizi dbmenicali che dal canto loro hanno bisogno, per ragioni economiche, di eccezioni dal divieto di lavorare la dome¬ nica. Si tratta in prima linea degli alberghi, dei caffè e delle trattorie e, delle imprese di trasporto. Si trovano pure in queste condizioni il personale addetto ai teatri e ai cinematografi, i musicisti e gli artisti

9 e infine i guardiani di musei, giardini zoologici o botanici ecc. I gabinetti dei fotografi rientrano spesso in questa categoria, mentre per i barbieri il lavoro domenicale non ha più l'importanza di prima.

Enumerati così i più importanti casi in cui si fa eccezione al prin¬ cipio del riposo domenicale, stimiamo opportuno indicare le soluzioni tipiche di regolamento delle eccezioni.

Ya anzitutto menzionata la soppressione completa della protezione del riposo settimanale. Questa soluzione radicale è adottata per certi campi economici i quali per la loro natura male sopportano un regola¬ mento uniforme del riposo settimanale e perciò, come l'agricoltura, sono esclusi a priori dall'applicazione della legislazione sul riposo. Sono pure completamente eccettuati certi gruppi di persone e di professioni che per là loro posizione indipendente non hanno bisogno di una prote¬ zione sociale. Invece per i lavoratori non indipendenti, semprechè non appartengano a professioni per se stesse non soggette alla legislazione sul riposo settimanale, l'assoluta soppressione del riposo è di regola permessa solo temporaneamente, e solo quando si tratti di'eseguire lavori urgenti o stagionali. Ma anche in questi casi diversi Cantoni prescrivono ehe ai lavoratori sia concesso in un altro tempo, il riposo di cui.non hanno potuto godere.

, Più frequente è la semplice riduzione del giorno di riposo setti¬ manale. Il legislatore si contenta di garantire almeno una parte del riposo festivo usuale ai lavoratori delle industrie e professioni che non possono rinunziare al lavoro domenicale, prescrivendo che questa, parte cada in domenica.

Infine va menzionato il semplice trasferimento del giorno di ri¬ poso o, per dirla in altre parole, la compensazione completa del ri¬ poso domenicale non potuto godere. Anche questo trasferimento è spesso permesso solo in parte, così che il lavoratore ha in ogni caso diritto al riposo in un determinato numero di domeniche per anno.

Le disposizioni sulla riduzione e sul trasferimento del periodo di riposo sono spesso accompagnate da indicazioni precise circa il tempo, la durata e la continuità del riposo stesso.

II. Necessità di regolare il riposo settimanale con una legge federale.

1. Insufficienza dell'ordinamento esistente.

Come abbiamo già detto (cf. pag. 2 e segg.), la legislazione
rale regola il riposo settimanale soltanto per l'amministrazione rale e per le aziende soggette alla legge federale del 18 giugno 27 giugno 1919 concernente il lavoro nelle fabbriche o alla

fede¬ fede¬ 1914legge

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federale del 6 marzo 1920 concernente la durata del lavoro nell'esefcizio delle ferrovie e di altre imprese di trasporto e di comunicazione» mentre in tutti gli altri campi ò ancora il diritto cantonale che fà stato.

Tutti i Cantoni hanno emanato disposizioni sul riposo settimanaie e si può dire che in generale nel commercio e nell' industria vi sono condizioni soddisfacenti. Tuttavia chi confronti tra loro le diversi disposizioni cantonali, troverà notevoli differenze in punti d'importanza essenziale. Mentre alcuni (Cantoni hanno tenuto conto dei bisogni moderni, in altri vigono dei regolamenti che risalgono-al 1850 o ai 1800 e, naturalmente, risentono delle condizioni d'allora. Per certe industrie (per es. per " quelle dei trasporti, per alcune industrie alimentari e per i cinematografi) il riposo settimanale è espressamente prescritto ili un Cantone, mentre nel Cantone vicino la sua osservanza è lasciata all'apprezzamento individuale. Capita inoltre che in una località la cerchia delle eccezioni sia più ristretta che altrove. In parecchie leggi mancano disposizioni isulla compensazione dei giorni di riposo non potuti godere, laddove in altre questa questione è stata regolata minutamente.

Le condizioni odierne non devono però essere giudicate solo dalla legislazione. Devesi piuttosto tener presente --« come abbiamo già av¬ vertito (cf. pag. 4) -- che la consuetudine, l'intesa tra gl'interessati e le concessioni spontanee hanno rimediato a parecchie lacune, sia isti¬ tuendo in molti luoghi un riposo settimanale di durata superiore al minimo richiesto dalla legge, sia facendo beneficiare di tale riposo* anche certe categorie di persone alle quali il legislatore non aveva an¬ cora concesso questa protezione. Ma quantunque numerosi padroni ac¬ cordino spontaneamente al loro personale un riposo settimanale suffi¬ ciente, così che per essi non sarebbero più necessarie prescrizioni sta¬ tali, in altre aziende questo buon esempio non è stato seguito nella misura desiderabile. I lavoratori non sono i soli a risentire gl'inconve¬ nienti di questo difetto ; ne sono danneggiati anche i padroni progres¬ sisti che si vedono ostacolati néi loro sforzi per il miglioramento sociale oppure soffrono della concorrenza fatta loro da principali che: la pensano altrimenti e avversano anche le riforme modeste.
Nell'industria degli alberghi, ristoranti e caffè vigono . condizioni affatto particolari. Sei Oantoni '(di cui tre mezzi Cantoni) mancano ad- .

dirittura di disposizioni legali sul riposo settimanale in quest'industria.

Negli altri Cantoni queste disposizioni esistono. Esse sono contenute per lo più nelle leggi sulle osterie, ma anche , nelle leggi sul riposo domenicale, sulla durata del lavoro, sugli apprèndisti e in altre leggi per la protezione degli operai, e il loro contenuto è diverso quasi da Cantone a Cantone, così che il regolamento attuale presenta un quadrò straordinariamente variopinto. Alcune di queste leggi non sono più

11 molto recenti ; così,, quelle dei Cantoni di Zurigo, Berna e Soletta risalgono circa, al 1895. Solo nel Cantone di Basilea Città la legge prescrive per tutti indistintamente un riposo settimanale di ventiquattr'ore, mentre nei Cantoni di Neucliâtel e Ginevra tale prescrizione vige solo per alcune categorie di personale. Le disposizioni degli altri Cantoni prevedono, oltre al tempo necessario per assistere alle fun¬ zioni religiose, solo dei periodi di riposo settimanale di una durata minima di 4, 6, 7, 8, 9 e 12 ore (di seguito o distribuite in più giorni) e, inoltre, ogni mese un giorno intiero o talvolta magari anche solo mezza giornata di riposo, clie secondo alcune leggi deve cadere in domenica. Altre differenze risultano dal fatto che qua e là vigono disposizioni speciali sulla riunione del tempo di riposo settimanale con le vacanze pagate, per il personale femminile o per i luoghi di cura.

Secondo i risultati del censimento federale del 1° dicembre 1920 erano occupate negli alberghi, nelle trattorie, osterie, nei ristoranti antialcoolici e nei caffè 63.1.78 persone, di oui 40.261 di sesso femmi¬ nile (devesi considerare, a questo proposito, che il primo dicembre cade nel periodo della «stagione morta», così che nella media del¬ l'anno il numero delle persone occupate era stato notevolmente mag¬ giore). Se ne togliamo le persone che lavorano per proprio conto e quelle che disimpegnano funzioni direttive, restano ancora circa 50.000 lavoratori, di cui 35.000 in cifra tonda sono donne. Queste cifre sono, relativamente, di poco inferiori a quelle delle persone che alla stessa epoca si trovavano occupate professionalmente nell'orolo¬ geria e gioielleria o nell'industria delle derrate alimentari e dei generi voluttuari e, d'altra parte, superano già notevolmente le cifre corri¬ spondenti, p. es., dell'industria serica o di quella cotoniera. .Non pos¬ siamo fornire dati precisi sul personale presentemente occupato nella industria degli alberghi, attendendosi tuttora i risultati del censimento delle aziende compiuto nel 1929. È tuttavia^ da ammettere che la ri¬ spettiva cifra sia notevolmente aumentata dal 1920 in poi.

Ma oltre che nell'industria alberghiera si hanno condizioni in parte ancora insoddisfacenti anche in altre professioni, p. es., in al¬ cuni rami dell'indùstria dei trasporti,
specialmente in quelli automo¬ bilistici. Si lamentano inoltre, in alcuni luoghi, certi inconvenienti, nella professione faticosa e antigienica del musicante di cinemato¬ grafo. Infine gli ospedali e altre case di cura costituiscono una que¬ stione a partie. Quantunque il personale di questi stabilimenti debba attendere a un'attività spesso logorante, con periodi di lavoro o di presenza di lunga durata, esso rimane spesso privo di un riposo set¬ timanale sufficiente. Sarebbe quindi desiderabile che anche per il per¬ sonale d'assistenza di questi stabilimenti si stabilissero disposizioni

12 protettive, ma pur troppo la Costituzione non ne dà la possibilità.

(Si vadano maggiori particolari a pag. 24 e 25).

Riassumendo, si >può dire che nel nostro paese il principio del riposo settimanale è bensì riconosciuto e che le leggi, la tradizione o le convenzioni lo traducono in atto su larga scala, ma devesi pure constatare che in questo campo vi sono ancora condizioni manchevoli e insoddisfacenti ; in altre parole, è necessario che la questione sia regolata in senso più progressista e giustizia vuole che ciò avvenga sollecitamente.

2. Tentativi per regolare la questione con una legge federale.

Già prima della guerra le condizioni suddescritte avevano susci¬ tato lagnanze specialmente da parte del personale degli alberghi, ma anche da-parte di . altre categorie di lavoratori, ed anche degli enti neutrali, come l'Associazione svizzera per l'incremento della prote¬ zione internazionale degli operai e la Società svizzera per il riposo festivo si adoperarono per ottenere che. il riposo domenicale fosse garantito in modo più completo. Col tempo gli sforzi fatti per giun¬ gere a questo risultato s'intensificarono e si estesero maggiormente.

Il loro primo effetto fu quello di far avviare, nel 1918, delle trattative tra le associazioni professionali dei padroni e dei lavoratori dell'indu¬ stria alberghiera. Con questi negoziati, che si svolsero sotto la dire¬ zione di un rappresentante del Dipartimento 'federale dell'economia pùbblica, si voleva giungere a conclusione di un contratto collettivo di lavoro, che tra' l'altro stabilisse come norma, pur prevedendo le ecce¬ zioni necessarie, un riposo settimanale di ventiquqttr'ore consecutive.

Il contratto, che comprendeva tutta la Svizzera, fu infatti concluso il 19 luglio 1919, ma non rimase in vigore per lungo tempo perchè, scaduto nel 1921, non fu più rinnovato. Era dunque impossibile giungere a una soluzione soddisfacente per mezzo di un nuovo contratto collettivo di lavoro ; del resto non eravamo in grado di dichiarare d'appplicazione generale un siffatto contratto, mentire da molte parti se ne faceva una conditio sine qua non. Gl'impiegati invocarono allora ripetuta¬ mente, con istanze speciali o con risoluzioni ai congressi della fede¬ razione svizzera degl'impiegati, l'intervento delle autorità federali e per esprimere le loro richieste
tolsero occasione specialmente dai prov¬ vedimenti presi dalla Confederazione a favore delle industrie turistiche (concessione di un sussidio federale all'ufficio centrale svizzero del turismo, azione ufficiale di soccorso in favore dell'industria alberghiera, divieto di costruire nuovi alberghi). Le rivendicazioni del personale degli alberghi, ristoranti ecc., servirono poi di base all' Unione Helvetia

13 per stendere il suo « Disegno preliminare di legge federale concernente il riposo settimanale nelle imprese alberghiere », eh' essa sottopose il 21 giugno 1926, al Dipartimento federale dell'economia pubblica.

Questa campagna non rimase senza eco in Parlamento, dov,e fu¬ rono presentate mozioni e postulati. Una mozione Rosselet (Nicolet) del 10 giugno 1921, che invitava il Consiglio federale « a introdurre, con un decreto, il riposo settimanale nell' industria alberghiera »., era stata ' respinta, è vero, il 10 giugno 1924, ma tale decisione fu presa soprat¬ tutto per motivi costituzionali, escludendosi a priori che lo scopo pre¬ fisso potesse essere raggiunto con un'ordinanza del Consiglio federale.

Invece il Consiglio nazionale accettò, in data del 29 settembre 1922, un postulato J. Scherrer col quale il Consiglio federale era invitato a esaminare la questione « se e in che modo le condizioni di lavoro nel¬ l'industria negli alberghi e nelle locande potessero essere regolate di concerto con le organizzazioni interessate dei padroni e dei lavoratori ».

11 16 ottobre 1924' J. Scherrer presentò al Consiglio nazionale un nuovo postulato , del seguente tenore : « Il Consiglio (federale è invi¬ tato a presentare un rapporto e delle proposte sulla questione se non si debba introdurre per la via legislativa il riposo settimanale per il personale degli alberghi». Il 14 aprile 1926 il consigliere nazionale Schmid-Ruedin presentò la seguente mozione : « Il Consiglio federale è invitato ad allestire sollecitamente un disegno di legge federale fondantesi sull'articolo 34 della Costituzione, che garantisca una giornata settimanale di riposo ai lavoratori delle aziende non agricole che non sono soggette alla legge federale sulle fabbriche ». Tanto questa mo¬ zione quanto il postulato J. Scherrer vennero in seguito ritirati (v. pag. 14). Infine ci fu ancora un'interpellanza del consigliere na¬ zionale Reinhard (Schmidlin) e una controinterpellanza de Murait (19 e 20 settembre 1928) ; in vista della preparazione del presente disegno la discussione di queste interpellanze fu rimandata.

Il problema incominciò a interessare vivamente anche l'opinione pubblica. Si ebbero diverse manifestazioni in favore di una sistema¬ zione per mezzo di una legge federalo ; delle organizzazioni di carattere religioso-sociale,
come l'Associazione svizzera per la carità evangelica e la missione interna e la Commissione di studi per il lavoro sociale, della Società svizzera dei predicatori riformati raccomandarono una sollecita soluzione del problema e alcuni partiti si espressero nello stesso senso. Così, il partito radicale democratico svizzero prese-, nel suo congresso del maggio 1929, la seguente risoluzione : « Dev'essere emanata il più presto possibile una legge federale che garantisca il riposo settimanale agl'impiegati ed operai.del commercio, dell'indu¬ stria e delle arti e mestieri, che non ne godano già in virtù della legi-

14 slazione federale vigente. Restano riservate le attenuazioni di- questo principio e le eccezioni richieste dall'interesse delle rispettive in¬ dustrie ».

Ma che attitudine presero allora i padroni di fronte a queste ri¬ vendicazioni e clic cosa ne pensano oggi?

Venuto' a scadere il contratto collettivo di lavoro per l'industria alberghiera svizzera (pag. 12), l'Ufficio federale del laivoro si adoperò perchè le associazioni interessate giungessero a un'intesa su parecchi punti ancora controversi circa le condizioni di lavoro. I suoi sforzi fu¬ rono dapprima coronati di successo nella questione delle mance. I padroni non volevano però saperne di altri accordi sulle condizioni di lavoro, e tanto meno sul riposo settimanale. In seguito a istanze delle associazioni degli impiegati e a proposte parlamentari, il Diparti¬ mento. federale dell'economia pubblica, consenziente il Consiglio fede¬ rale, incaricò, verso la fine del 1924, l'Ufficio federale del lavoro di studiare in che modo la Conlfederazione potesse emanare una legge regolante il riposo ebdomadario nelle aziende industriali e commerciali non ancora sottoposte alla legislazione federale. Una prima comunica¬ zione in proposito apparve nel rapporto della gestione del Consiglio federale nel 1925. In essa si osservava essere raccomandabile di stu¬ diare il problema dapprima per le aziende alberghiere, dove maggiori erano le difficoltà, mentre probabilmente non si sarebbero incontrati gravi ostacoli negli altri rami d'industria. Poiché il Consiglio federale aveva manifestato in tal modo la sua ferma intenzione di occuparsi della faccenda, il postulato J. Scherrer e la mozione Sclimid-Ruedin, venendosi nella sessione di giugno 1926 alla discussione del rapporto della gestione, furono ritirati.

Accintosi ad eseguire l'incarico ricevuto, l'Ufficio federale del lavoro stimò conveniente di formarsi anzitutto un'idea chiara e completa delle condizioni di fatto. .Con lettera del 18 giugno 1926 esso chiese alle associazioni centrali dei padroni e dei lavoratori, in quali rami dell'in¬ dustria e del commercio non vigesse ancora il riposo settimanale e, qualora la questione fosse regolata con una legge federale, in che casi e in quale misura dovrebbero essere previste delle eccezioni. In pari tempo esso invitò le associazioni professionali dell'industria
alber¬ ghiera a presentargli proposte più precise e circostanziate, viste le condizioni speciali di questa attività. Nella sua lettera l'Ufficio fede¬ rale del lavoro insisteva ancora espressamente sul fatto che s'intendeva regolare solo il riposo settimanale dei lavoratori, e che la questione più complessa dell' apertura di certi esercizi nei giorni festivi non sarebbe toccata, ma resterebbe come prima di competenza dei Cantoni e dei comuni.


' 15 Per i datori di lavoro risposero: l'Unione centrale delle organiz¬ zazioni padronali svizzere, l'Associazione svizzera del commercio e del¬ l'industria come pure l'Unione svizzera d'arti e mestieri; per i lavo¬ ratori : la (Federazione delle Associazioni svizzere degli impiegati, la Unione sindacale svizzera e la Federazione nazionale dei lavoratori svizzeri indipendenti. Delle associazioni professionali · dell' industria alberghiera inandarono una risposta la Società svizzera degli esercenti, la Società svizzera degli albergatori, l'Unione Helvetia, l'Union fra¬ ternelle des cuisiniers e la Federazione internazionale degli impiegati degli alberghi e delle locande. Presentarono inoltre le loro osservazioni l'Associazione svizzera degli infermieri e l'Associazione svìzzera del per¬ sonale femminile per l'assistenza alle puerpere e ai lattanti.

Nelle loro rispóste le associazioni padronali osservavano che il riposo settimanale era già introdotto nella maggior parte delle aziende, in virtù di una legge, della consuetudine o di un contratto (in molti casi esso è persino di una giornata e mezza), che non era necessario ema¬ nare disposizioni federali, visto che la legislazione cantonale può meglio tener conto dei bisogni regionali e che, qualora si volesse regolare la questione con una legge federale, dovrebbero essere previste diverse eccezioni. Queste sarebbero necessarie specialmente per i lavori com¬ piuti all'aperto e dipendenti dalle condizioni atmosferiche, per le im¬ prese che attendono alla preparazione e alla distribuzione delle derrate alimentari, per le aziende con esercizio stagionale, per quelle con eser¬ cizio continuo, per le imprese di trasporto e di comunicazioni, per i chioschi, i lavori urgenti, i teatri e spettacoli, per gli ospedali e per certi servizi di vigilanza ed altre occupazioni. Dal canto loro i lavora¬ tori, pur ammettendo che in gran parte delle industrie vige di fatto il riposo settimanale, ne citarono molte nelle quali manca ancora un riposo settimanale di ventiquattr'ore consecutive : industrie pertinenti al vettovagliamento, negozi di vendita, in certi periodi, imprese di tras¬ porto e di comunicazioni non sottoposte alla legge federale del 6 marzo 3920, cinematografi, chioschi, lavoro a domicilio, ospedali e stabilimenti di cura. Essere quindi necessaria una
legge federale sia per dare fon¬ damento giuridico al riposo settimanale' o regolarlo in modo uni¬ forme dove già si pratica, sia per introdurlo in quelle aziende dove non esiste ancora. Le eccezioni dovrebbero limitarsi allo stretto neces¬ sario o ai casi in cui si, trattasse di rinunziare per breve tempo alla giornata di riposo (p. es. nel pieno della stagione); ad ogni modo queste deroghe dovrebbero essere consentite alle condizioni che il riposo non goduto sia compensato con la concessione di una vacanza corrispondente in giorni di lavoro pagati.

Particolari difficoltà si presentavano nell'industria alberghiera. La (Società svizzera degli albergatori e la Società svizzera degli eser¬ centi si mostrarono avverse alla regolamentazione federale, con la

16 stessa tenacia con cui le associazioni del personale la domandavano. A motivare il loro atteggiamento negativo i datori di lavoro adducevano soprattutto la ragione che nella loro industria le condizioni variano tanto da ramo a ramo, anzi da impresa a impresa, da non permettere un regolamento uniforme quale sarebbe imposto da una legge federale, e che le disposizioni del diritto cantonale sono assolutamente sufficienti.

Del resto -- aggiungevano gli avversari della legge -- in molti luoghi i principali hanno concesso spontaneamente il riposo compatibile con le esigenze dell'esercizio; non doversi dimenticare che l'industria alberghiera si trova ancora in condizioni critiche che non le consentono di addossarsi nuovi oneri ; la vita in comune e la buona armonia re¬ gnante tra padroni e lavoratori ne sarebbero turbate ; esservi penùria di personale di supplenza ; l'attività del personale degli alberghi essere prevalentemente di carattere casalingo, così che molti impiegati, in considerazione dei proventi delle mance sono contrari al riposo setti¬ manale. Le associazioni del personale hanno ribattuto questi argo¬ menti richiamando l'attenzione sugl'inconvenienti da loro lamentati e facendo osservare che la garanzia del riposo settimanale costituisce il requisito più elementare di una protezione del lavoro che voglia essere all'altezza dei tempi ; che le disposizioni cantonali, che del resto non esistono dappertutto, sono invecchiate, lacunose o comunque insuf¬ ficienti e per di più in molte regioni la loro applicazione è difettosa, che -- come ha dimostrato l'esperienza per molte aziende -- con la buona volontà e con un'organizzazione adeguata si riesce à introdurre e a mantenere la regola del riposo settimanale sena'alcun danno per la azienda, che si può tener conto delle condizioni speciali stabilendo certe disposizioni eccezionali di cui è fautore il personale stesso, quando ne sia riconosciuta la necessità, che la penuria di personale va attribuita ap¬ punto a condizioni di lavoro insoddisfacenti e d'altra parte fa sentire maggiormente il bisogno di riposo agli impiegati che fanno servizio, i quali in certi periodi devono sobbarcarsi a un lavoro intenso e spos¬ sante, che, in fine, non si devono generalizzare i casi sporadici d'im¬ piegati che si sono chiariti contrari all'istituzione, per legge,
del riposo settimanale.

Convinto che una risoluzione fondata sulla fiducia e sul consenso così del personale come dei datori di lavoro sarebbe stata di più facile applicazione che non un ordinamento imposto, l'Ufficio federale del lavoro cercò di mettere d'accordo le due parti, che nel sostenere le loro ragioni assumevano a volte un tono piuttosto aspro. Una prima conferenza con i rappresentanti delle associazioni professionali inte¬ ressate, riunitasi il 27 aprile 1927, non approdò a un risultato positivoPerò, in seguito a un appello del capo del Dipartimento federale del¬ l'economia pubblica, verso la fine del 1928 la Società svizzera degli albergatori e la Società svizzera degli esercenti si dichiararono pro-

17 pensi, riservando il loro atteggiamento definitivo, a esporre i criteri ohe secondo loro avrebbero dovuto costituire la base di una legge federale sulla materia in questione. L'Ufficio federale del lavoro convocò imme¬ diatamente i rappresentanti delle due associazioni a una conferenza (12 dicembre 1928), nella quale furono discusse tutte le questioni prin¬ cipali che entravano in linea di conto per la soluzione. Queste conver¬ sazioni ebbero come risultato un notevole avvicinamento dei punti di vista delle due parti.

Fondandosi sullo stato di cose quale siamo venuti esponendo, l'Uf¬ ficio federale del lavoro elaborò, nel gennaio , del 1929, il disegno pre¬ liminare di una legge federale sul riposo settimanale, corredandolo di spiegazioni e lo mandò con lettera dell'8 febbraio 1929 alle Associa¬ zioni centrali di padroni e di lavoratori, alle Associazioni professionali dell'industria alberghiera, nonché ad alcune altre organizzazioni invi¬ tandole a dare il loro parere. Nelle norme concernenti l'industria degli alberghi il disegno conteneva due varianti, di cui una rispondeva alle vedute dei lavoratori, l'altra a quelle dei datori di lavoro. In questo stadio si evitò intenzionalmente di risolvere le divergenze ancora esi¬ stenti, preferendo limitarsi a codificare la materia, per dare modo a tutti gli interessati di rendersi conto dell'importanza delle diverse questioni e preparare così il terreno a un'intesa tra le associazioni interessate.

Mandarono le loro osservazioni le cinque associazioni centrali di la¬ voratori, l'Associazione del personale bancario svizzero, l'Associazione delle impiegate d'albergo (come firmataria dell'istanza della lega degli operai cristiano-sociali), l'Associazione internazionale degli impiegati d'albergo e di ristorante, le tre associazioni centrali dei datori di lavoro (in un'istanza collettiva), la Società svizzera degli albergatori e la Società svizzera degli esercenti. Espressero inoltre il loro parere la Società svizzera per il ribasso, l'Associazione svizzera dei musicisti, l'Associazione svizzera per la carità evangelica e la missione interna, la Commissione di stiudi per il lavoro sociale della Società svizzera dei predicatori riformati, la .Società svizzera per la festa domenicale come pure -- per il personale d'assistenza degli ammalati -- 1' Ufficio
cen¬ trale svizzero delle professioni femminili in unione con altre organiz¬ zazioni. Va inoltre menzionata una lettera dell'Ufficio di conciliazione del Cantone di Zurigo, concernente la posizione dei musicanti dei cine¬ matografi e un memoriale del Dipartimento dell'educazione pubblica del Cantone dei Grigioni circa la revisione della legge grigionese sul giorno di riposo.

Prescindendo dalle singole proposte di modificazione, che furono tutte esaminate e prese in considerazione, nei limiti del necessario e del possibile, nel disegno definitivo di legge, possiamo riassumere come segue il risultato dello scambio di opinioni : Foglio federale 1930. -- Voi. 11.

2

18 I lavoratori accolsero con favore il progetto e nel suo complesso' lo accettarono. Le tre associazioni centrali .dei datori di lavoro, pur continuando a dubitare che una legge federale potrebbe adattarsi in misura sufficiente ai diversi bisogni delle singole aziende e regioni, dichiararono di desistere dall'atteggiamento negativo mantenuto fino allora e che sarebbero consenzienti a una legislazione federale, qua¬ lora i gruppi economici interessati trovassero accettabile il progetto.

Raggiunto così, in massima, un accordo, restava solo da regolare le poche questioni ancora controverse, pertinenti all'industria alber¬ ghiera. Anche qui si riuscì con nuove trattative a trovare una solu¬ zione in tutti i punti importanti, ad eccezione di uno: la regola che un certo numero dei giorni di riposo settimanale cadesse in domenica o in un giorno festivo. (Per maggiori particolari si vedano le pa¬ gine 29 e 30).

' 3. Vantaggi di una legge federale sulle legislazioni cantonali.

Da quanto abbiamo esposto si rileva che la questione del giorno di riposo non può essere regolata in modo conforme alle esigenze odierne se non con un provvedimento legislativo e che questo deve emanare dalla Confederazione. Resta ancora da indicare partitamente le ragioni per cui questa soluzione ò da preferirsi a una legge canto¬ nale. Nel giudicare questa questione si può senz'altro rinunziare a occuparsi di coloro che vorrebbero vedere la cosa regolata dalla le¬ gislazione cantonale, soltanto perchè sono contrari a qualsiasi miglio¬ ramento delle condizioni presenti e avversano quindi ogni ordina¬ mento legale in questo campo. Va inviece considerata con maggiore serietà l'obiezione di quelli che, desiderando sinceramente migliori con¬ dizioni, credono che, data la diversa specie e importanza delle singolo aziende, soprattutto nell'industria degli alberghi, la legislazione can¬ tonale provvederebbe in modo più adeguato.

Devesi riconoscere che le aziende alberghiere presentano una grande varietà di tipi, secondo lo scopo, la grandezza e le condizioni d'esercizio. Si pensi solo alle seguenti categorie : Alberghi, ristoranti, pensioni, osterie ; stabilimenti minuscoli, piccoli, medii, grandi e moltograndi ; esercizi in campagna (isolati o in villaggi), in città, in mon¬ tagna o in centri di forestieri ; esercizi con una o due
stazioni e sta¬ bilimenti aperti tutto l'anno *).

i , · *) Da un'inchiesta fatta dall'Ufficio federale del lavoro nel 1929 risulta che su 1696 alberghi con 110197 letti, gli stabilimenti, considerati secondo il periodo di esercizio, si ripartivano nelle seguenti categorie: Aperti durante una. sola stagione 26,0 o/0 degli stabilimenti, con il 31,2 o/0 dei letti.

,, ,, due stagioni 12,0 °/c ,, ,, » » 18,9 ·/,, ,, ,, ,, tutto l'anno 61,7 o/0 ,, ,, ,, ,, 49,9 o/0 ,, ,,

19 È inoltre incontestabile che da questa straordinaria differenza di condizioni ' derivano certe difficoltà a un regolamento legale. Queste difficoltà sussisterebbero però -per la legislazione cantonale in misura non minore che per il legislatore federale, perchè la diversità dei tipi d'esercizio non dipende già dai singoli Cantoni, nel senso che in ognuno di questi si trovi solo o prevalentemente un dato tipo di stabilimenti. Al contrario, in tutti i Cantoni vi sono stabilimenti dei tipi più svariati, mentre d'altra parte gli stabilimenti della stessa spe¬ cie presentano in generale una grande somiglianza di condizioni. La organizzazione e il modo d'esercizio di un albergo sono in complesso, entro la medesima categoria, le stesse, sia che lo stabilimento si trovi a Zurigo, a Berna, a Basilea o a Ginevra. I,grandi alberghi con eser¬ cizio estivo od invernale non differiscono molto nella loro natura l'uno dall'altro, sorgano essi nella regione orientale o in quella meridionale del paese. Le condizioni d'esercizio di un alberghetto di montagna del Vadose non saranno molto diverse da quelle d' uno stabilimento delia stessa specie dell'Oberi and bernese. Altrettanto dicasi degli alberghi di campagna ecc.

Non c'è quindi una necessità. intrinseca la quale esiga che ogni Cantone abbia la sua propria legislazione, poiché se è sentito il bisogno di stabilire certe disposizioni speciali, questo non dipende già dall'esi¬ stenza dei confini cantonali, bensì dalla differenza tra le diverse cate-, gorie di esercizi. Se ciascun Cantone stabilisse disposizioni proprie per il suo territorio, ciò non farebbe che aumentare le difficoltà e inoltre non vi sarebbe la garanzia che degli esercizi del medesimo tipo siano soggetti a regolamenti anche solo approssimativamente eguali. Non sarebbe desiderabile l'esistenza di norme varianti da Cantone a Cantone anche perchè ne djbriverrebbero disuguali condizioni di concorrenza ; è è quindi nell'interesse degli stessi principali che, per questo rispetto, venga una legge federale a portare un certo pareggio. Ma un regola¬ mento uniforme per tutto il paese s'impone anche per la necessità di avere condizioni giuridiche stabili e sicure e di garantire al personale il libero passaggio da una località all'altra. Se tutti gli esercizi dello stesso tipo vengono a trovarsi nelle stesse
condizioni di fronte alla 'legge e per il personale valgono norme eguali dappertutto, ne deriva un grande vantaggio, specialmente per l'applicazione. Infatti la so¬ luzione unitaria sarà di facile attuazione, essendo appoggiata dall'in¬ tero personale conscio degli interessi della professione e dall' opinione pubblica di tutto il paese.

Devesi poi infine notare, a questo proposito, che parecchie leggi can¬ tonali sono invecchiate, presentano lacune o, comunque, difetti (vedasi a pag. 9) e che appunto per questo la loro applicazione incontra notevoli difficoltà. In molti Cantoni si' attende da un certo tempo che la materia sia nuovamente regolata dalla Confederazione.

20 Quanto abbiamo detto dell'industria alberghiera, vale, mutatis mutandis, anche per le altre aziende dell' industria, del commercio, dei trasporti e dei rami economici affini, non ancora sottoposte alla legislazione federale. Anche qui si sente il bisogno di norme rispon¬ denti alle esigenze moderne. Ma, dato lo stato di cose, non si potrà rag¬ giungere questo scopo se non con una legge federale che, tenendo conto di condizioni speciali (specialmente coll'assicurare determinate ecce¬ zioni a favore degii stabilimenti con esercizio ininterrotto), prescriva uniformemente per tutto il paese un riposo settimanale di almeno ventiquattr'ore.

4. La posizione internazionale della Svizzera.

Ai diversi argomenti ajddotti in favore di una legge federale viene ad aggiungersi ancora una considerazione dettata dagli obblighi che derivano alla Svizzera dalla sua qualità di membro della Società delle Nazioni e dall'organizzazione internazionale del lavoro. Come abbiamo già osservato (vedasi a pag. 6), la III conferenza del lavoro adottò nel 1921 due risoluzioni concernenti, il riposo settimanale : il « Disegno di convenzione sul riposo settimanale negli stabilimenti in¬ dustriali » e la « Raccomandazione circa il giorno di riposo nelle aziende commerciali ». Nel suo. .messaggio del 4 maggio 1923 all'As¬ semblea federale su la terza e la quarta conferenza internazionale *), il Consiglio federale riferì minutamente intorno a queste due risolu¬ zioni. Esso dichiarava che la Svizzera non poteva assumere un obbligo internazionale se non per gli stabilimenti sottoposti alla legislazione federale, non avendo la Confederazione alcun diritto di controllo sugli altri stabilimenti e mancandole quindi la possibilità di garantire per questi ultimi, l'osservanza di un impegno internazionale. La Svizzera non potè quindi accedere alla convenzione internazionale, quantunque sostanzialmente fossero applicate la maggior parte delle sue disposi¬ zioni.

Più d'una volta la Svizzera non potè dar seguito a risoluzioni della conferenza internazionale del lavoro, sia per ragioni materiali, sia perchè mancava alla Confederazione la competenza necessaria.

Nel presènte caso, però, siffatti ostacoli non esistono. Nessuno con¬ testa il principio del riposo settimanale e la Confederazione è com¬ petente a legiferare in materia. Non si può
fare politica sociale nel campo internazionale e trincerarsi, nel campo nazionale, dietro con¬ siderazioni puramente federaliste per respingere le riforme necessarie ad adattare la legislazione federale alla politica sociale internazio*) Foglio federale del 1923, ediz. franc., vol. II, pag. <»L

21 naie. Un siffatto contegno non farebbe che nuocere alla considerazione della 'Svizzera dal punto di vista internazionale.

Anche per questi motivi è necessaria una legge federale che re¬ goli il riposo settimanale per tutti gli stabilimenti dell'industria, del commercio e dei trasporti non ancora sottoposti alla legislazione della Confederazione. L'adozione del presente disegno di legge permette¬ rebbe di ratificare e di eseguire le risoluzioni internazionali prese. Il Consiglio 'federale si riserva di proporre ai Consigli legislativi, una voltja entrata in vigore la legge, di accedere alla convenzione per il riposo settimanale negli stabilimenti industriali, adottata dalla terza conferenza internazionale del lavoro.

5. Conclusioni.

Per tutte le ragioni suaccennate è piti che mai tempo che la Confederazione completi con una legge sul riposo settimanale le di¬ sposizioni su questa materia già contenute nella legislazione federale.

Con ciò non si vuole invadere il campo delle attribuzioni cantonali più di quanto sia necessario per raggiungere lo scopo. I Cantoni re¬ steranno competenti, come nel passato, a decidere quali stabilimenti possano continuare l'esercizio la domenica e quali lavori possano es¬ sere compiuti in questo giorno. Col suo disegno di legge la Confede¬ razione non tocca dunque le disposizioni emanate dai Cantoni e dai comuni ; essa si pone invece dal punto di vista della protezione degli operai, per regolare in modo uniforme il riposo settimanale di tutti i lavoratori dell'artigianato, dell'industria, del commercio e dei tra¬ sporti e comunicazioni.

III. La base costituzionale.

11 disegno di legge si fonda sull'art. 34 ter della Costituzione fe¬ derale. Il senso e l'importanza di questa disposizione costituzionale sono già stati esaminati minutamente nel messaggio del 9 novembre 1928 accompagnante il disegno di legge sulla formazione profes¬ sionale*) e durante la discussione di questo disegno in seno alle Ca¬ mere federali**). Il Consiglio federale osservava in detto messaggio che l'articolo 34 ter, secondo la sua genesi, la ratio legìs e l'interpre*) Foglio federale del 1928, pag. 629.

**) Bollettino stenografico ufficiale dell'Assemblea federale, Consiglio nazionale 1929, pag. 684 e segg., Consiglio degli Stati 1930, pag. 15 e 6egg.

22 tazione datagli finora, intende accordare alla Confederazione il diritto di legiferare nei domini dell'artigianato, dell'industria, del commercio e dei trasporti e che i programmi allestiti per mandare a effetto l'arti¬ colo costituzionale non potevano essere eseguiti se non a questa con¬ dizione. L'vAssémblea federale ha adottato senza obiezioni questo modo di vedere così clic sarebbe superfluo tornare oggi a trattare particola¬ reggiatamente la questione costituzionale. Basterà rimandare alle conclusioni di quelle discussioni.

In un solo punto quel messaggio lia bisogno di essere completato.

In esso si osserva che i testi francese e italiano dcll'ai'ticolo 34 to' della Costituzione federale non corrispondono esattamente al tedesco, perchè le espressioni « arts et métiers » e « arti e mestieri » avrebbero un significato diverso da quello della parola tedesca « Gewerbewesen ».

È vero che in Isvizzera l'espressione « arts et métiers » si usa comu¬ nemente nel senso di piccola industria. Ma si può opporre che nel linguaggio scientifico il termine «arts et métiers» può avere diversi significati, come la parola francese « industrie » e la tedesca « Ge¬ werbe ». Nella sua accessione più larga esso significa qualunque attività professionale. In un altro senso, piuttosto tecnico, esso significa qua¬ lunque attività professionale, escluse la' produzione o estrazione delle materie prime, le professioni liberali e i lavori domestici, compren¬ dendo in ogni caso l'artigianato, l'industria, il. commercio e i tra¬ sporta. Solo nel senso più ristretto si usa a indicare la piccola indu¬ stria (Kleingewerbe) in antitesi alla grande industria o industria senz'altro. (Si confronti per il significato di « arts et métiers » e di «industrie» il «Dictionnaire français» del Littré, come pure il. «La¬ rousse universel » e, per il significato di « Gewerbe », l'articolo di Karl Bücher su « Gewerbe » nel « Handwörterbuch der Staatswissen¬ schaften » ; per l'interpretazione dell'articolo 34 ter si vedano gli scritti del direttore H. Ffister nella « Schweizerische Arbeigeber-Zeitung », n. 30, 31, 34 e 35 del 27 luglio, 3, 24 e del 31 agosto 1929).

Non 'è quindi necessario ammettere che esista una discordanza fra i tre testi della Costituzione federale. I due messaggi in lingua francese con i quali il Consiglio federale
motivava l'inserzione, nella Costituzione federale, di un articolo 34 ter (messaggi del 25 novembre 1892 e del 3 novembre 1905) *), usavano come sinonimi le espressioni «arts et métiers »e « industrie ». Ciò prova che le parole «arts et métiers» non andavano intese nel senso ristretto di piccola industria.

Se ne può quindi dedurre con maggiore certezza il diritto, per la Confederazione, di legiferare nei domini dell'artigianato, dell'indu¬ stria, del commercio e dei trasporti.

23 IV. Chiarimenti alle diverse disposizioni del disegno di legge.

1. Campo d'applicazione.

'Articolo 1. --I II campo d'applicazione della legge è determinato dalla costituzione. La legge non può oltrepassare i limiti tracciati dall articolo 34 ter della Costituzione. Come abbiamo esposto più so¬ pra, quest'ultimo conferisce alla Confederazione la competenza a legi¬ ferare nel dominio dell'artigianato, dell'industria, del commercio e dei trasporti. Anche la legge si tiene entro questi limiti. Per evitare di usare un termine generico che potesse essere preso in significati di¬ versi, essa enumera partitamente i rami economici ai quali si applica (art. 1), cioè : a) il commercio, b) l'artigianato e l'industria, c) i tras¬ porti e le comunicazioni, d) i rami economici affini.

Il disegno si astiene dal definire i singoli rami economici ; questa definizione deve essere dedotta dalle teorie scientifiche e dalla pratica.

Conformemente alle concezioni odierne, s'intende : per commercio, quel ranno dell'attività economica che fa da intermediario tra il consumatore e il produttore, rendendo possibile lo-scambio dei prodotti; per arti¬ gianato e industria, la produzione, cioè la fabbricazione, la trasforma¬ zione, la pulitura, il perfezionamento, l'ornamento, la finitura di og¬ getti, la trasformazione di materie o l'utilizzazione di forze naturali ; per trasporti e comunicazioni, il trasporto nello spazio delle persone, delle merci e delle notizie.

< Per effetto della variatezza* della vita e della incessante evolu¬ zione dell'economia sorgono continuamente nuove specie di stabili¬ menti che per.la loro natura sono affini a quelli teste enumerati e quindi possono essere equiparati a loro. Basterà citare come esempi gli stabilimenti. di spettacoli e di divertimenti, come i cinematografi e i locali dove si balla, e inoltre le aziende che senza appartenere diret¬ tamente ad uno dei rami economici suddetti, sono tuttavia condotte con criteri commerciali e sono perciò tenute, in virtù dell'art. 865, quarto capoverso, del Codice delle obbligazioni, a farsi iscrivere nel registro di commercio, come le amministrazioni private, e le società d'assicu¬ razione. Il disegno di legge riassume tutti questi casi sotto l'espressione « rami economici affini ».

Per maggiore chiarezza, l'art. 1, secondo capoverso, menziona
i rami economici a cui non si applica la legge. Si tratta dell'agricol¬ tura e della selvicoltura, delle occupazioni inerenti all'economia dome¬ stica, dell'assistenza agli ammalati, degli stabilimenti pubblici o di utilità pubblica destinati alle arti, alla scienza, all'educazione e all'in¬ segnamento. L'esclusione è dovuta a ragioni d'ordine costituzionale.

24 Ci saranno dei casi che verranno a trovarsi proprio sulla linea di delimitazione tracciata di sopra, così che non si saprà se metterli tra gli stabilimenti soggetti alla legge o tra quelli che ne sono eccettuati.

Spetterà all'ordinanza del Consiglio federale stabilire una delimita¬ zione più precisa (art. 3). Ma neppure l'ordinanza potrà risolvere tutti i casi dubbi che potranno presentarsi. Si ricorrerà allora alla proce¬ dura regolata nell'art). 4.

Il disegno di legge non vuole invadere i domini già regolati da leggi federali. Non è quindi applicabile a'nessuno dei casi contemplati dalla legge federale sul lavoro nelle fabbriche o da quella concernente la durata del lavoro nell'esercizio delle ferrovie e di altre imprese di trasporto e di comunicazioni. Le lettere bec dell'art. 1 contengono le riserve convenienti. Ambedue le leggi regolano in modo soddisfacente il giorno di riposo settimanale per i lavoratori a cui si applicano. Per quanto concerne la legge sulle fabbriche, va notato che le sue dispo¬ sizioni si applicano agli operai, ma non agl'impiegati dello stabilimento (regolamento esecutivo, art. 2). La legislazione 'federale presenterebbe dunque una lacuna se la legge sul riposo settimanale non compren¬ desse gl'impiegati delle fabbriche. Questi ultimi saranno dunque sog¬ getti alle disposizioni del presente disegno, mentre i lavoratori a cui già si applica la legge sulle fabbriche continueranno ad essere sotto¬ posti a quest'ultima. In quanto alla legge federale sulla durata del lavoro nell'esercizio delle ferrovie e di altre imprese di trasporto e di comunicazioni, le sue disposizioni si applicano a tutte le persone occu¬ pate permanentemente e prevalentemente nell'esercizio delle Strade ferrate federali, dell'amministrazione "postale, dell'amministrazione dei telegrafi e dei telefoni, come pure delle imprese di trasporto che hanno la concessione federale (art. 1 di questa legge). Ne restano invece eccet¬ tuate le persone addette all' esercizio vero e proprio, cioè particolar¬ mente quelle che lavorano negli uffici. Nelle Strade ferrate federali, nelle poste, nei telegrafi e telefoni, a questa categoria di personale prov¬ vede la legge federale sull'ordinamento dei funzionari della Confede¬ razione, così che il personale di queste imprese di trasporto e comuni¬ cazioni non è
contemplato dal presente disegno. Altrimenti stanno le cose per le imprese private dello stesso genere. Il disegno si applicherà al personale non addetto in modo permanente e preponderante al ser¬ vizio d'esercizio di queste ultime imprese.

Non fcarà inopportuno esaminare ancora brevemente ;il tratta¬ mento fatto dal presente disegno al personale d'assistenza per i ma¬ lati. L'Ufficio centrale svizzero per le professioni femminili a Zu¬ rigo si era adoperato in modo particolare per .ottenere un migliore regolamento del riposo settimanale per gli infermieri e a questo scopo ha compiuto un'inchiesta tra i più importanti ospedali svizzeri. Da

25 essa risultò che il personale d'assistenza gode in generale di un riposo settimanale assolutamente insufficiente, tanto negli stabilimenti pub¬ blici che nei privati. ,L' ufficio svizzero suddetto mandò il 23 dicembre 1929 un .memoriale, chiedendo che fossero sottoposti alla legge tutti gli stabilimenti ospedalieri o di cura, d'educazione o d'istruzione, pub¬ blici e privati e che si prevedesse per il loro personale un regolamento particolare del riposo settimanale. Il memoriale era appoggiato dalla Società svizzera degli infermieri, dall'Associazione svizzera del perso¬ nale femminile per l'assistenza alle puerpere e ai lattanti, dall'Associa¬ zione svizzera delle infermiere per i malati di nervi e di mente, dalla Associazione svizzera del personale dei servizi pubblici, dalla Società svizzera degli infermieri cattòlici e dalla Società svizzera d'igiene. In sè la domanda merita ogni simpatia. Purtroppo, delle ragioni d'ordine costituzionale non hanno permesso di tenerne conto nel presente dise¬ gno. Stando al testo dell'articolo costituzionale su cui* si fonda il di¬ segno, e alla interpretazione datagli è certo che la Confederazione ha competenza a emanare disposizioni legislative concernenti gli stabili¬ menti ospedalieri pubblici o di pubblica utilità. Si potrebbe essere in dubbio per quegli stabilimenti che devono essere considerati come «d'indole commerciale» a' sensi dell'art. 865 del Codice delle obbliga¬ zioni. Essi potrebbero essere sottoposti alla legge soltanto se fossero compresi tra i « rami economici affini ». M*a una siffatta soluzione non sarebbe soddisfacentie perchè solo una parte esigua del personale d'assistenza agli ammalati beneficerebbe della protezione accordata dalla legge. Male si provvederebbe con *una soluzione parziale di que¬ sto genere. È assolutamente preferibile un regolamento uniforme. Es¬ sendo però impossibile attuarlo nel presente disegno di legge, era bene, per chiarezza, menzionare espressamente che questo non si applica al .

personale d'assistenza degli ammalati. Naturalmente il. problema ri¬ mane e si tratterà di trovare la soluzione per altra via. 'Si dovrà cer¬ care anzitutto di stabilire norme unitarie mediante una libera intesa.

Il legislatore potrebbe intervenire con disposizioni obbligatorie solo quando fossero estese le competenze conferitegli
dalla costituzione.

Articolo 2. -- Conformemente alla nozione di «lavoratore» quale è definita nel disegno di legge, vanno considerate come lavoratori tutte le persone (uomini e donne) che lavorano alle dipendenze di un prin¬ cipale, siano' esse' operai, impiegati, apprendisti o volontari. Le ecce¬ zioni sono indicate e non occorrono altri schiarimenti.

Articolo 3. -- Come si è già osservato a proposito dell'art. 1, sarà necessario e conveniente delimitare con maggior precisione, in una ordinanza, la linea di separazione tra i domini sottoposti alla legge e quelli a cui essa non si applica. Secondo l'art. 27, il diritto di ema¬ nare ordinanze spetta al Consiglio federale.

'·V, ·26 Questo diritto si potrà esercitare anche a proposito dell'art. 2; potrà specialmente !farsi sentire il bisogno di precisare meglio che cosa intenda la lettera c per « un alto posto di fiducia ».

Articolo 4. -- La legge federale sulle fabbriche prescrive che uno stabilimento sia sottoposto ad essa solo dopo urna procedura apposita., 11 presente disegno non ha adottato questo sistema. Non è necessario prevedere una procedura d'assoggettamento per ogni stabilimento che ·cada sotto la legge. Nella pratica si può benissimo farne senza. Ma anche quando un'ordinanza abbia provveduto a separare più netta¬ mente i domini sottoposti alla legge da quelli che non lo sono, ci sa¬ ranno sempre dei casi dubbi. Per questo e prevista la procedura di cui all'art. 4. Di regola sarà bene esperire questa procedura prima d'inten¬ tare un'azione penale. Può però capitare che mei corso di un procedi¬ mento penale sorgano dei dubbi circa l'applicabilità della legge allo stabilimento di" cui si tratta. In questi casi il giudice farà luogo alla procedura prevista all'art. 4, per chiarire la questione dell'assoggetta¬ mento alla legge, sospendendo l'azione penale nell'attesa che sia ter¬ minata detta procedura. Nel disegno si parla intenzionalmente di « casi dubbi ». Quando non vi sono dubbi e l'applicabilità della legge è con¬ testata abusivamente, le autorità e il giudice non devono far alcun conto dell'opposizione. .

Un'associazione del personale ha chiesto che la procedura prevista ' all'art. 4 sia aperta anche quando per uno stabilimento sottoposto alla legge sorgano dei dubbi circa, l'applicabilità di · questa ad un singolo lavoratore. Accogliendo questa richiesta si andrebbe troppo lontano e si cagionerebbe senza bisogno un ingente lavoro alle autorità che do¬ vrebbero decidere dell'assoggettamènto. Siccome il diritto di emanare ordinanze conferito al Consiglio federale concerne anche l'art. 2, anche per questa via potranno essere eliminati i dubbi è riempite le lacune che si notassero. Tutto il resto va lasciato alla decisione del giudice.

2. Durata del riposo.

In questo capitolo sono contenute le disposizioni sulla durata del riposo settimanale e sul tempo in cui dev'essere concesso. Esso si di¬ vide in due parti : la prima (art. 5--13) comprende le prescrizioni ge¬ nerali, la seconda (art. 14-->21)
le disposizioni speciali per-gli alberghi, i ristoranti e le osterie.

a) -- Prescrizioni generali.

Ari. 5. -- Il principio che il riposo settimanale debba avere una durata di almeno ventiquattr'ore consecutive è riconosciuto universal¬ mente, onde non occorre motivarlo con altre considerazioni. Tuttavia nell'attuario occorre tener conto di condizioni speciali ; il secondo ca¬ poverso contiene la riserva corrispondente.

27 Articoli 6 e 7. -- Il riposo settimanale dovrà cadere di regola in ·domenica, salvo i casi in cui il lavoro domenicale sia una' necessità risultante dalla natura stessa delle cose e sia ammesso dal diritto federale o cantonale. Ai lavoratori occupati in domenica si concederà, titolo di compenso, un periodo di riposo in un giorno lavorativo, salvo restando il numero miniano dei giorni di riposo che devono cadere in domenica o in festa. L'articolo 7 contiene norme particolareggiate.

Articolo 8. -- Possono darsi delle circostanze speciali che rendano temporaneamente necessaria la riduzione o addirittura la soppressione del riposo settimanale. L'art. 8 vuol tener conto di questa possibilità.

Non dovrà trattarsi necessariamente di circostanze impreviste. Così si può già sapere in precedenza che la necessità di preservare dal de¬ perimento certe sostanze o merci, cagionerà in una data epoca un lavoro straordinario improrogabile. Altrettanto dicasi del lavoro più intenso pure urgente, che si può avere in certe occasioni (basti ricor¬ dare il caso di una festa imminente). Però, siccome la soppressione del solito riposo settimanale deve essere compensata con un periodo corrispondente di libertà da concedersi in altra epoca, sono date tutte le garanzie che sarà rispettato il principio informativo della legge.

Artìcolo 9. -- Oltre ai casi ecccezionali dell'articolo 8, che sono di natura transitoria, vi sono altre circostanze di carattere permanente le quali esigono che il rigore della norma del riposo settimanale dì ventiquattr'ore consecutive venga attenuato sia con l'estendere il Periodo di riposo, sia distribuendolo in altro modo. Di regola questi casi concerneranno non tanto stabilimenti intieri quanto, piuttosto, determinati lavori in singoli stabilimenti, dove le eccezioni del genere menzionato sono richieste dalla natura stessa delle cose. La legge non può determinare tutti i casi di questo genere. Il disegno si limita quindi ad enumerare, a titolo di esempio, i più importanti e ad esigere l'esistenza di « ragioni impellenti ». Spetta al Consiglio federale ema¬ nare con un'ordinanza le prescrizioni più precise. Si dovrà anche ve¬ dere se non sia il caso di procurare la possibilità che gl' interessati stessi, cioè, il padrone e i lavoratori, possano accordarsi, con certe cautele, circa la
distribuzione del tempo di riposo. Naturalmente la durata complessiva del riposo, prescritta dalla legge, non deve subire la benché minima riduzione. Una disposizione siffatta mirerebbe uni¬ camente a ottenere che, con un'intesa reciproca, il riposo fissato dallo Stato possa essere distribuito in modo più rispondente ai bisogni, an¬ che nei casi per cui le disposizioni della legge non prevedano espres¬ samente una siffatta possibilità.

Articolo 10. -- È consuetudine generale che a coloro che lavorano la domenica sia accordato il tempo necessario per assistere al servizio divino. D'altra parte si deve supporre che anche i lavoratori abbiano una giusta comprensione dei bisogni dell'azienda.

28 Ariti colo 11. -- Questa disposizione si spiega col fatto che quando il lavoratore vive nella casa del padrone, l'alloggio e il vitto costitui¬ scono parte della mercede.

Articolo 12. --I La legge si propone di garantire il riposo necessario alla salute e allo sviluppo delle capacità ' intellettuali, morali e fisiche dei lavoratori. Si può quindi esigere che essi dedichino la vacanza set¬ timanale veramente al riposo e alla ricreazione ed è giustificata la disposizione che vieta loro di comipiere, durante questo tempo, dei la¬ vori professionali per conto di terzi. Con ciò anche il principale ha la garanzia che i suoi lavoratori non approfittino delle ore di libertà per eseguire altrove, con suo danno, dei lavori professionali. .

Articolo 13. -- Non è in massima ammissibile che il periodo di riposo sia sostituito da un'indennità in denaro. Può però capitare che questo riposo non siasi · potuto accordare durante l'impiego. In questi casi eccezionali dev' essere data al lavoratore, a titolo di compensa¬ zione, un'indennità in denaro il cui ammontare sarà determinato in base alla mercede fissa, e, dato il caso, al valsente del vitto e dello alloggio forniti dal padrone ; restano riservati i diritti agli incerti professionali (p. es. gratificazioni o proventi di mance, amministrati dal padrone o dal suo rappresentante). L'indennità non ipuò però es¬ sere pagata se non nel caso in cui la fine del contratto di lavoro sia dovuta a una causa d'estinzione legalmente riconosciuta ; se il pa¬ drone è disposto a eseguire regolarmente il contratto e questo ò pre¬ maturamente sciolto per colpa o a domanda del lavoratore o per altre ragioni indipendenti dalla volontà del padrone, cessa qualsiasi diritto all'indennità.

b) -- Disposizioni speciali per i' industria alberghiera.

Le particolari condizioni dell'industra alberghiera vogliono che per questo ramo economico siano stabilite prescrizioni speciali, pur restando riconosciuto il riposo settimanale di ventiquattr'ore. Questa necessità è dovuta particolarmente al fatto che la maggior parte degli alberghi dipende in grande misura dal movimento stagionale dei viaggiatori e che per essi la domenica costituisce regolarmente il giorno principale di lavoro. Ne deridano -- cosa riconosciuta anche dal personale -- bisogni speciali per questi stabilimenti, dei
quali bisogna tener conto se non si vuol mettere in forse l'esistenza di tutta quanta quest'industria e quindi anche quella delle persone in essa occupate.

Articolo 14. -- Questa disposizione contiene una definizione legale del concetto « industria degli alberghi, ristoranti e osterie » e circo¬ scrive così le categorie di stabilimenti a cui si applicano le disposi¬ zioni degli articoli 15--21.

Per quanto concerne gli alberghi veri e propri (lettera a) la defi¬ nizione si fonda sul senso dato alla parola « albergo » nella legge federale del 16 ottobre 1924 che limita la .costruzione e l'ingrandimento di alberghi. Però -- come appare già dallo scopo diverso delle due leggi -- non si può dedurne senz'altro che nei due casi il dominio d'applicazione sia affatto identico. Secondo il disegno di legge deve trattarsi di uno « stabilimento » vero e proprio. Scopo dell'impresa dev'essere quello di « dare alloggio a persone» in locali speciali, ap¬ parecchiati à ciò, essendo indifferente che siano o no somministrati anche cibi e bevande. L'alloggio dev'essere dato « professionalmente » e costituire la destinazione principale dello stabilimento, non già una funzione accessoria come si verifica per altri stabilimenti che alloggiano pure le persone, ma la cui natura è determinata da altre caratteristiche. Sono quindi compresi nella definizione data all'arti¬ colo 14 lettera a tutti i grandi albèrghi, poi gli alberghi minori, le locande e le pensioni per forestieri, inoltre gli stabilimenti di cura, i sanatori, le case di convalescenza e stabilimenti affini, poi le così dette pensioni, cioè stabilimenti alberghieri, che (a differenza degli alberghi per passanti) alloggiano di preferenza persone e famiglie intiere per una certa durata. Invece la definizione suddetta non com¬ prende la semplice locazione di camere e di appartamenti nò l'accet¬ tazione di persone che vivono in una famiglia come « pensionanti ».

Anche per quanto concerne i ristoranti e le osterie (lettera b) occorre anzitutto che si tratti d'uno «stabilimento». La destinazione di esso non consiste, però, come per l'albergo, nell'alloggio, bensì nella somministrazione di cibi o bevande che « devono essere consumati sul posto» e per i quali si paga uno «scottò». Questi caratteri distintivi si ritrovano p. es. in tutte le osterie dove vi si vendono bevande alcooliche oppure solo bevande senz'alcool, nelle mescite di caffè o di tè, nelle pasticcerie cìie vendono i loro prodotti e, magari, bevande, anche da consumare nella bottega stessa, nei ristoranti dei circoli, e nelle cantine, come pure nelle pensioni con solo vitto.

Le due specie di stabilimenti possono trovarsi congiunte, ma un'osteria o un ristorante non diventano un albergo per il
solo fatto che qualche volta vi si dà alloggio ad avventori per una notte. D'altra parte la somministrazione di bevande, ai pasti, agli ospiti di un al¬ bergo, non basta a fare di quest'ultimo un'osteria. Invece un albergo dove siano serviti cibi e bevande a tutte le ore e a qualunque persona, sia o no ospite dello stabilimento, ha anche le caratteristiche dei ri¬ storanti e delle osterie ; in alcuni alberghi esistono persino locali speciali con personale -proprio, dove sono servite le persone che non alloggiano nello stabilimento.

30 Nei casi in cui sia dubbio se lo stabilimento debba essere sotto¬ posto alla legge, si applica l'articolo 4. Del resto, l'articolo 3 auto¬ rizza il Consiglio federale a stabilire con un'ordinanza dei criteri che permettano di fare la distinzione in modo più preciso.

Artìcolo 15.-- La norma che ad ogni lavoratore sia concesso un riposo settimanale di almeno ventiquattr'ore consecutive deve valere anche per l'industria degli alberghi, ristoranti e osterie ed essere applicata in tutti i casi in cui delle circostanze speciali non giustifi¬ chino certe eccezioni previste dalle disposizioni seguenti.

Artìcoli 16 e 17. -- Per molti stabilimenti che si aprono solo una o due volte l'anno in determinate stagioni', e per numerose altre aziende, le poche settimane che costituiscono il pieno della stagione .

devono dare i proventi per tutto l'anno. Durante questo breve periodo di piena efficienza dell'esercizio non è possibile lasciar libero l'im¬ piegato una giornata intiera iper ogni settimana :-- si pensi partico¬ larmente anche ai casi in cui determinate funzioni, quella p. es. di cuoco, sono affidate a una sola personasenza dover aumentare l'effettivo del personale o cercare dei supplenti, cosa che non solo cagionerebbe all'impresa spese proporzionate, ma spesso non sarebbe neppure at¬ tuabile in pratica per mancanza di personale qualificato. Occorreva quindi prevedere un ordinamento speciale. La soluzione stabilita negli articoli 16 e 17 tien conto così dei bisogni dei padroni come degl'inte¬ ressi dei lavoratori ed è conforme all'intesa raggiunta tra le associazioni interessate, onde non occorrono altre spiegazioni.

Artìcolo 18. -- Questa disposizione regola il lavoro domenicale negli stabilimenti aperti tutto l'anno. Si tratta della questione già accennata a pag. 17 sulla quale i padroni e i lavoratori non riusci¬ rono a mettersi intieramente d'accordo.

La domenica è per molti stabilimenti in città e in campagna, spe¬ cialmente per i ristoranti e le osterie, il giorno di maggior traffico di tutta la settimana e spesso in questo giorno la possibilità di pro¬ venti è altrettanto grande o ancora maggiore che in tutti gli altri giorni della settimana presi insieme. Ospiti, padroni e impiegati degli stabilimenti hanno quindi ogni interesse a che in questo giorno il personale resti tutto al saio
posto. D'altra parte ragioni di equità vo¬ gliono che si conceda al lavoratore um determinato minimo di dome¬ niche libere. La presente disposizione tien conto di queste circostanze prescrivendo che negli stabilimenti aperti tutto l'anno il giorno di riposo di ogni impiegato assunto per più di sei mesi, debba cadere, in un semestre, almeno quattro volte in domenica o in giorno festivo riconosciuto. In considerazione delle condizioni speciali dei ristoranti e delle osterie si è stabilito, per questi stabilimenti, che tale prescri-

31 zione non sarà applicata ai lavoratori ai quali sono concessi ottogiorni di vacanza ogini anno, dei quali almeno due cadano in dome¬ nica o in un giorno festivo riconosciuto (secondo capoverso, lettera ò)Questo ordinamento è stato accettato dalle associazioni del per¬ sonale. Anche la Società svizzera degli albergatori è stata d'accordoInvece la Società svizzera degli esercenti si dichiarò contraria a qualsiasi obbligo legale di far cadere in domenica un determinato numero di giorni di riposo, sostenendo che una siffatta disposizione non può essere eseguita. A questa obiezione, si risponde che con un.

po' di buona volontà non dovrebbe essere impossibile dare vacanza a ciascun impiegato quattro domeniche durante un semestre, visto che il padrone dell'azienda può designarle a suo piacimento, e che nel¬ l'intervallo di sei mesi ci sono sempre dei periodi in cui anche la domenica le escursioni sono meno numerose e la frequenza ai risto¬ ranti e alle osterie meno intensa. Va poi tenuto presente che la dispo¬ sizione di cui si tratta non si applica ai lavoratori ' ai quali sono: concessi otto giorni di vacanza in un anno. Questi giorni di vacanza che si possono assegnare facilmente durante la settimana quando c'è più calma, e oramai sono diventati l'uso in molte località e stabilimenti,, non è necessario che siano dati di seguito; si esige solo che almeno due cadano in domenica o in un giorno festivo. Se quindi il proprietario di un'osteria fa uso di questa possibilità, il riposo settimanale de suoi dipendenti dovrà essere concesso in domenica (o in festa) solodue volte in un. anno. È da sperare che gli esercenti finiranno con l'accettare questa soluzione con la quale non si pretende da loro una: cosa irragionevole.

Articolo 19. -- Oltre ai casi, già menzionati, possono darsi ancora altre condizioni che richiedono un regolamento speciale. Alludiamo anzi tutto ai piccoli, stabilimenti -- specialmente a quelli di cam¬ pagna che servono principalmente ài bisogni della popolazione resi¬ dente -- dove durante la settimana il traffico è molto scarso nella maggior parte del giorno, così che per una gran parte delle ore di lavoro il servizio del personale si riduce a un atto di presenza in at¬ tesa dei clienti. È quindi previsto (lettera a) che per questo personale il riposo settimanale possa importare,
in un periodo di quattro setti¬ mane, tre volte mezza giornata e una volta una giornata intiera 1 almeno ventiquattr'ore. Rientrano poi qui i casi (lettera b) in c^i l'esercizio regolare, la vigilanza, o la custodia dello stabilimento, il governo di animali o altre ragioni impellenti richiedono eccezioni spe¬ ciali. Inoltre le condizioni possono essere tali da giustificare una di¬ stribuzione diversa del periodo di riposo prescritto dalla legge (let¬ tera c).

,32 Resta riservata al Consiglio federale la facoltà di regolare, me¬ diante ordinanza, i particolari. Si tratterà particolarmente di deter¬ minare con maggiore precisione il concetto di « piccoli stabilimenti » e le condizioni d'apiplicazione della lettera c. Come per l'articolo 9, .anche qui si dovrà vedere se sia possibile ottenere eccezionalmente, mediante accordo tra padroni e lavoratori, di un singolo stabilimento, che il periodo di riposo sia distribuito in modo diverso da quello prescritto dalla legge (vedasi pag. 2G e 27).

Articolo 20. -- .Grazie a questo ordinamento, a cui consentono .anche le associazioni 'del personale, sarà possibile che, nonostante la mezza. giornata di riposo, un impiegato accudisca al servizio di uno dei due pasti principali. .

Articolo 21. -- Si tratta qui di alcune disposizioni d'ordine gene¬ rale la cui applicazione è ovvia.

3. Disposizioni penali.

Articoli 22--26. -- Le disposizioni penali corrispondono alle pre¬ scrizioni consuete nelle leggi del genere di questa.

4. Esecuzione.

Articolo 27. -- Saranno necessarie disposizioni esecutive special¬ mente nei casi previsti agli articoli 1, 2, (3), 9 e 19 della legge, clie abbiamo menzionato di sopra. Ma ci. sono diversi altri particolari che non possono essere regolati nella legge perchè le condizioni mutano e la modificazione del testo di una legge presenta sempre certe diffi¬ coltà laddove un'ordinanza può essere adattata ipiù facilmente ai bi¬ sogni del momento. Naturalmente non si emanerà l'ordinanza ese¬ cutiva senza aver prima sentiti i governi cantonali e le associazioni professionali interessate.

Spetta ai Cantoni eseguire la legge e le disposizioni esecutive. La Confederazione si riserva l'alta vigilanza ; il terzo capoverso dell'ar¬ ticolo 27 permetterà di prendere tutte le misure necessarie per eser¬ citarla in modo efficace.

5. Disposizioni finali.

Articolo 28. -- Da parte dei datori di lavoro è stato espresso il desiderio che per introdurre un ordinamento uniforme in tutto il territorio della Svizzera, si dichiarino abrogate tutte le disposizioni cantonali contrarie a quelle federali. Viceversa, i lavoratori vorreb¬ bero che le disposizioni cantonali che accordano una protezione più estesa fossero lasciate in vigore. Conformemente al principio costi-

33 tuzionale secondo cui il diritto federale lia la precedenza sul diritto cantonale, il primo capoverso dell'articolo 28 dispone che sono abro¬ gate le prescrizioni cantonali sul riposo settimanale concernenti gli stabilimenti a cui si applica la legge. Era però necessario fare una riserva per quei casi in cui delle disposizioni accordanti una prote¬ zione più estesa fossero contenute nelle prescrizioni cantonali che re·golano la durata del lavoro (secondo capoverso dell'art. 28), perchè il modo di disciplinare il riposo è così intimamente connesso con l'ordi¬ namento della durata del lavoro che non sarebbe possibile una sepa¬ razione senza modificare quest'ultimo ordinamento. Tuttavia questa riserva v,ale soltanto iper le leggi cantonali già esistenti e solo per la durata di cinque anni, supponendosi che entro questo termine la Con¬ federazione avrà disciplinato la durata del lavoro in quelle aziende che finora non sono soggette, per questo rispetto, a leggi federali.

Articolo 29. -- Non è escluso che l'entrata in vigore immediata e simultanea della legge abbia a incontrare delle difficoltà in più d'uno stabilimento. L'art. 29 prevede quindi che il Consiglio federale potrà concedere per alcune industrie un periodo di transizione conveniente.

Vi raccomandiamo di accettare il disegno di legge qui allegato e cogliamo l'occasione per esprimervi, onorevoli signor Presidente e signori Consiglieri, i sensi della nostra alta considerazione.

Berna, 27 maggio 1930.

In nome del Consiglio federale svizzero, Il Presidente della Confederazione: MÜSY.

Il Cancelliere della Confederazione : Kakslin.

Allegati : I. Disegno di legge..

II. Convenzione internazionale e raccomandazione.

Foglio federale 1930. -- Vol. II,

3

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Messaggio del Consiglio federale all`Assemblea federale che accompagna un disegno di legge federale sul riposo settimanale. (Del 27 maggio 1930.)

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