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Rapporto sullo stralcio della mozione Regazzi 16.3982 «Espulsione di terroristi verso i loro paesi di origine, sicuri o meno» del 4 maggio 2022

Onorevoli presidenti e consiglieri, con il presente rapporto vi proponiamo di togliere dal ruolo l'intervento parlamentare seguente: 2016

M 16.3982

Espulsione di terroristi verso i loro paesi di origine, sicuri o meno (N 19.9.2018, Regazzi; S 13.3.2019)

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l'espressione della nostra alta considerazione.

4 maggio 2022

In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Ignazio Cassis Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr

2022-1388

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Rapporto 1

Situazione iniziale

1.1

Contenuto e scopi della mozione

Il 13 dicembre 2016 Fabio Regazzi (consigliere nazionale, PPD, Ticino) ha presentato la mozione 16.3982 «Espulsione di terroristi verso i loro paesi di origine, sicuri o meno» dal tenore seguente: Il Consiglio federale è incaricato di modificare la prassi procedendo all'allontanamento di jihadisti condannati per atti a favore dell'ISIS nei rispettivi paesi, anche se questi sono considerati «paesi poco sicuri», facendo così prevalere l'articolo 33 capoverso 2 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati (RS 0.142.30) rispetto all'articolo 25 capoverso 3 Costituzione federale.

Nel testo accompagnatorio è addotta la motivazione seguente: In questi ultimi anni la Svizzera ha rafforzato la lotta contro le attività terroristiche sotto il profilo preventivo e repressivo, procedendo alla modifica di diverse basi legali. Tuttavia nella sua risposta all'interpellanza 15.4179 il Consiglio federale ha dichiarato che «le persone che mettono in pericolo la sicurezza interna sono allontanate dalla Svizzera. È però fatto salvo l'articolo 25 capoverso 3 della Costituzione federale (Cost.; RS 101), secondo cui nessuno può essere rinviato in uno Stato in cui rischia la tortura o un altro genere di trattamento o punizione crudele o inumano. La medesima garanzia è sancita all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101)». Quindi nella prassi vengono fatte prevalere le norme a garanzia del condannato rispetto alla sicurezza del nostro Paese. Con la presente mozione si chiede, invece, che nella prassi venga data precedenza alla sicurezza interna, applicando la norma internazionale formulata all'articolo 33 capoverso 2 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati che recita: «La presente disposizione (ndr. di non espulsione) non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese». I recenti casi di condanne a jihadisti hanno sollevato il problema della gestione di persone fortemente ideologizzate e a rischio di recidiva per la sicurezza interna una volta scontata la pena e scarcerati. Del resto
altri Stati europei stanno adottando misure di espulsione di rifugiati fiancheggiatori di attività di terrorismo nei rispettivi paesi (nella fattispecie Iraq e Siria) motivandole con ragioni di sicurezza interna.

La mozione propone pertanto di allontanare i jihadisti condannati che costituiscono una minaccia per la sicurezza interna della Svizzera anche se nel loro Paese rischiano la tortura o un altro genere di trattamento o punizione crudele o inumano.

Nel suo parere del 1° febbraio 2017 il Consiglio federale ha respinto la mozione, rilevando che nessuno può essere rinviato in uno Stato in cui rischia la tortura o un altro

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genere di trattamento o punizione crudele o inumano, anche se questa persona costituisce una minaccia per la sicurezza interna della Svizzera. La mozione è stata accolta il 19 settembre 2018 dal Consiglio nazionale (102 voti favorevoli, 72 contrari e tre astensioni) e il 13 marzo 2019 dal Consiglio degli Stati (22 voti favorevoli, 18 contrari e un'astensione).

1.2

Problematica

Se uno straniero è condannato per sostegno a un'organizzazione criminale o terroristica, dal 1° ottobre 2016 ciò comporta l'espulsione obbligatoria (art. 66a cpv. 1 lett. l del codice penale, CP1). Con il passaggio in giudicato dell'espulsione, il permesso di dimora o domicilio decade (art. 61 cpv. 1 lett. e della legge federale del 16 dicembre 20052 sugli stranieri e la loro integrazione, LStrI). Se la persona espulsa ha la qualità di rifugiato, l'asilo gli è comunque rifiutato o ha termine (art. 53 lett. c e 64 cpv. 1 lett. e della legge federale del 26 giugno 19983 sull'asilo, LAsi). Dal 2016, l'ammissione provvisoria non è disposta o si estingue con il passaggio in giudicato dell'espulsione (art. 83 cpv. 9 LStrI). Se il giudice espelle una persona (art. 66a segg. CP), l'autorità esecutiva cantonale valuta caso per caso i rischi cui la persona è esposta nello Stato di destinazione. Nella misura in cui l'espulsione è compatibile con il divieto di respingimento (principio di non-refoulement), le persone interessate possono essere espulse anche in Stati che non sono considerati sicuri (art. 66d cpv. 1 CP). Dai dati statistici tuttora disponibili non emerge ancora il numero di persone nei cui confronti il giudice ha ordinato l'espulsione obbligatoria, che però, in virtù del principio di nonrefoulement, non è poi stata eseguita.

Non deve necessariamente essere stata pronunciata una condanna penale per terrorismo seguita da un'espulsione pronunciata dal giudice; in presenza di una minaccia per la sicurezza interna o esterna è possibile anche pronunciare un allontanamento secondo l'articolo 64 LStrI oppure un'espulsione secondo l'articolo 68 LStrI. L'espulsione secondo il CP, l'allontanamento secondo la LAsi o l'espulsione secondo la LStrI possono essere eseguiti in maniera coatta conformemente all'articolo 69 LStrI. Secondo l'articolo 62 capoverso 1 lettera c LStrI, l'autorità competente può revocare i permessi, eccetto quelli di domicilio, e le altre decisioni giusta la LStrI se lo straniero ha violato in modo rilevante o ripetutamente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera. Secondo l'articolo 63 capoverso 1 lettera b LStrI, il permesso di domicilio può essere revocato unicamente se
lo straniero ha violato gravemente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera. Se una persona non dispone più del necessario permesso, viene allontanata in virtù dell'articolo 64 LStrI (allontanamento). La SEM può inoltre ordinare un divieto d'entrata secondo l'articolo 67 LStrI, per esempio se lo straniero ha violato o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero.

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RS 311.0 RS 142.20 RS 142.31

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La disposizione di misure di respingimento e allontanamento per salvaguardare la sicurezza interna o esterna della Svizzera è compito dell'Ufficio federale di polizia (fedpol). Quest'ultimo pronuncia i divieti d'entrare in Svizzera e le espulsioni dal nostro Paese in presenza di indizi di attività terroristiche, tra cui si annovera anche il sostegno a organizzazioni vietate (art. 67 cpv. 4 e 68 LStrI). L'espulsione è accompagnata da un divieto d'entrare in Svizzera di durata determinata o indeterminata. Se l'interessato ha violato in modo rilevante o ripetutamente od espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici oppure costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera, l'allontanamento è immediatamente esecutivo. In questi casi fedpol esamina per ogni fattispecie gli eventuali rischi in caso di espulsione nello Stato di destinazione4. Nel periodo 2016­2021 fedpol ha ordinato complessivamente 27 espulsioni riferite al terrorismo. Di esse, cinque non sono state eseguite in virtù del principio di non-refoulement.

2

Motivazione della proposta di stralcio della mozione

Il Consiglio federale ribadisce che la Svizzera deve contrastare sistematicamente la minaccia legata al terrorismo. Con il presente rapporto propone, ciò nonostante, di stralciare la mozione in virtù dell'articolo 122 capoverso 3 lettera a della legge sul Parlamento del 13 dicembre 20025.

Il principio di non-refoulement ha per scopo di evitare violazioni dei diritti umani vietando a tutti gli Stati di espellere, respingere o estradare una persona verso il suo Stato d'origine se tale Stato non rispetta i diritti fondamentali di questa persona6. Il presente rapporto pone l'accento, oltre che sull'analisi degli aspetti giuridici, umanitari e politici del principio di non-refoulement, anche su aspetti inerenti alla sicurezza della Svizzera e della sua popolazione.

2.1

Aspetti giuridici

Diritto internazionale cogente lus cogens o diritto internazionale cogente designa le norme fondamentali del diritto internazionale a cui non è possibile derogare. In virtù dell'importanza di tali norme, lo ius cogens assume un rango gerarchico preminente in seno al diritto internazionale; i trattati internazionali ad esso contrari sono nulli (cfr. art. 53 primo periodo della

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Sentenza del Tribunale federale 2C_712/2016 del 6 settembre 2016 consid. 1.2.

RS 171.10 Walter Kälin, Das Prinzip des Non-Refoulement, Das Verbot der Zurückweisung, Ausweisung und Auslieferung von Flüchtlingen in den Verfolgerstaat im Völkerrecht und im schweizerischen Landesrecht, Diss., Berna 1982, pagg. 13­14.

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Convenzione di Vienna del 23 maggio 19697 sul diritto dei trattati8). Gli Stati ne sono vincolati senza eccezione, anche al di fuori di accordi contrattuali9. Rientrano in particolare nel diritto internazionale cogente: ­

il divieto di espellere un rifugiato in uno Stato in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o convinzione politica (il cosiddetto divieto relativo di respingimento, inerente al diritto dei rifugiati che può essere invocato da un rifugiato)10;

­

il divieto di espellere una persona in uno Stato in cui rischia di essere torturata o di subire altre pene o trattamenti crudeli o inumani (il cosiddetto divieto assoluto di respingimento, inerente ai diritti dell'uomo, che può essere invocato da chiunque, indipendentemente dal suo statuto di soggiorno)11.

La modifica della prassi perseguita dalla mozione viola il diritto internazionale cogente (ius cogens) e, pertanto, mette in pericolo i più elementari diritti dell'uomo.

Questa violazione del diritto internazionale non può essere sanata da una denuncia.

Un atto giuridico che viola lo ius cogens è nullo.

Diritto convenzionale internazionale Il principio di non-refoulement è garantito grazie a una serie di norme di diritto internazionale12. La Svizzera ha ratificato diversi accordi internazionali sui diritti dell'uomo che sanciscono espressamente il principio di non-refoulement, in particolare nelle cinque disposizioni seguenti: ­

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articolo 33 capoverso 1 della Convenzione del 28 luglio 195113 sullo statuto dei rifugiati. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 14 dicembre 1954 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 21 gennaio 1955.

RS 0.111 Rapporto complementare del Consiglio federale del 30 marzo 2011 al rapporto del 5 marzo 2010 sulla relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, FF 2011 3299, qui 3311; Rapporto del Consiglio federale del 12 giugno 2015 in adempimento del postulato 13.3805 «Rapporto chiaro tra diritto internazionale e nazionale», pagg. 13 e 15.

Regina Kiener, Walter Kälin, Grundrechte, 2a edizione, Berna 2013, pag. 72 con rimando a DTF 133 II 450 consid. 7.3.

Messaggio del 20 novembre 2013 concernente l'iniziativa popolare «Per l'attuazione dell'espulsione degli stranieri che commettono reati (Iniziativa per l'attuazione)», FF 2013 8139, qui 8148 con riferimento al FF 2011 3314 e 1994 III 1350­1351; Rapporto complementare del Consiglio federale al rapporto del 5 marzo 2010 sulla relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, FF 2011 3613, qui 3625; messaggio concernente la revisione della Costituzione federale del 20 novembre 1996, FF 1997 I 362, qui 433; messaggio del 27 agosto 2008 concernente l'iniziativa popolare «Contro l'edificazione di minareti», FF 2008 6659, qui 6667­6668.

Messaggio del 20 novembre 2013 concernente l'iniziativa popolare «Per l'attuazione dell'espulsione degli stranieri che commettono reati (Iniziativa per l'attuazione)», FF 2013 8139, qui 8148.

Regina Kiener, Walter Kälin, Grundrechte, 2a edizione, Berna 2013, pag. 195; Kees Wouters, International Legal Standards for the Protection from Refoulement, Diss., Antwerb, Oxford, Portland 2009, pag. 25.

RS 0.142.30

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Articolo 3 della Convenzione del 4 novembre 195014 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 3 ottobre 1974 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 28 novembre 1974.

­

Articolo 3 della Convenzione del 10 dicembre 198415 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (UNCAT). La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 6 ottobre 1986 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 26 giugno 1987.

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Articolo 7 del Patto internazionale del 16 dicembre 196616 relativo ai diritti civili e politici (Patto II ONU). Il Patto è stato approvato dall'Assemblea federale il 13 dicembre 1991 ed è entrato in vigore per la Svizzera il 18 settembre 1992.

­

Articolo 16 della Convenzione internazionale del 20 dicembre 200617 per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 18 dicembre 2015 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 1° gennaio 2017.

Convenzione sullo statuto dei rifugiati Chiunque ha la qualità di rifugiato secondo i criteri della Convenzione sullo statuto dei rifugiati beneficia, per principio, del divieto di respingimento al confine secondo il diritto in materia di rifugiati (art. 33 par. 1). Il principio di non-refoulement in materia di rifugiati non è assoluto18. Non può essere fatto valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese (art. 33 par. 2). Tuttavia, questa deroga ai sensi dell'articolo 33 paragrafo 2 sottostà a una contro-deroga in caso di applicabilità dei divieti di respingimento previsti dal diritto inerente ai diritti umani (p. es. art. 3 CEDU), in quanto tali divieti hanno la precedenza anche laddove la Convenzione sullo statuto di rifugiato permetterebbe il respingimento19.

CEDU La base del divieto di respingimento è data dall'articolo 3 CEDU. Secondo tale disposizione, nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamento inumani o degradanti. Sebbene l'articolo 3 CEDU non menzioni la nozione di «espulsione»,

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RS 0.101 RS 0.105 RS 0.103.2 RS 0.103.3 Walter Kälin, Jörg Künzli, Universeller Menschenrechtsschutz, 4a edizione, Basilea 2019, n. marg. 1875; Rapporto del Consiglio federale del 23 giugno 2021 in adempimento del postulato 18.3930 Müller Damian del 27 settembre 2018: Modifica della Convenzione sullo statuto dei rifugiati del 1951.

Sentenza della CGUE (Grande camera) nella causa Chahal vs. Gran Bretagna, Reports 1996-V, § 80, e sentenza della CGUE nella causa Saadi vs. Italia del 28 febbraio 2008, n. 37201/06, § 127.

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nella sua prassi20 la Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU) ha definito il principio di non-refoulement come parte del divieto di tortura21. Quest'ultimo ha carattere assoluto e pertanto non sottostà né a deroghe né a limitazioni22. Non sono consentite deroghe nemmeno in caso di guerra o di altra emergenza pubblica (art. 15 par. 2)23. Qualsiasi interferenza con la portata della protezione dell'articolo 3 CEDU costituisce una violazione del divieto di tortura. Questo vale anche nel caso dei terroristi se sono minacciati di tortura e di trattamento inumano nello Stato di destinazione24.

Il Consiglio federale ha confermato a più riprese che la garanzia inderogabile dell'articolo 3 della CEDU fa parte delle disposizioni obbligatorie del diritto internazionale25. Anche il Tribunale federale ha esplicitamente riconosciuto il carattere obbligatorio del principio di non-refoulement dell'articolo 3 CEDU26. La protezione dell'articolo 3 della CEDU va anche significativamente oltre quella dell'articolo 33 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati, che si applica solo ai rifugiati27. Nel definire la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, la Corte europea dei diritti dell'uomo si basa sull'articolo 1 dell'UNCAT28.

UNCAT Il principio di non-refoulement secondo l'UNCAT vieta di espellere una persona in uno Stato qualora vi siano serie ragioni di credere che in tale Stato essa rischia di essere sottoposta a tortura (art. 3). L'articolo 3 UNCAT è applicabile in maniera assoluta29. Non sono ammesse deroghe per motivi di sicurezza nazionale, nemmeno 20 21

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Sentenza della Corte EDU nella causa Soering vs. Gran Bretagna del 7 luglio 1989, n. 14.038/88.

Jens Meyer-Ladewig, Matthias Lehnert, in: Jens Meyer-Ladewig/Martin Nettesheim/Stefan von Raumer (a cura di), EMRK Handkommentar, 4a edizione, Basilea 2017, n. marg. 65 ad art. 3; Benjamin Märkli, Damian Wyss, Ausschaffungs-Motion: Volltreffer oder Rohrkrepierer? Bemerkungen zur Motion 16.3982, AJP 5/2019, pagg. 550­562, qui pag. 556.

Sentenza della Corte EDU nella causa Saadi vs. Italia del 28 febbraio 2008, n. 37201/06, § 127; Messaggio del 22 giugno 1994 concernente le iniziative «per una politica d'asilo nazionale» e «contro l'immigrazione clandestina», FF 1994 III 1338, qui 1351 con rimandi; Stephan Breitenmoser, St. Galler BV-Kommentar, 3a edizione, Zurigo 2014, n. marg. 24.

Sentenza della Corte EDU nella causa Saadi vs. Italia del 28 febbraio 2008, n. 37201/06, § 127; Jens Meyer-Ladewig, Christiane Schmaltz, in: Jens Meyer-Ladewig/Martin Nettesheim/Stefan von Raumer (a cura di), EMRK Handkommentar, 4a edizione, Basilea 2017, n. marg. 1 ad art. 15.

Sentenza della Corte EDU nella causa Othman vs. Regno Unito del 17 gennaio 2012, n. 8139/09, § 185; sentenza della Corte EDU nella causa Saadi vs. Italia del 28 febbraio 2008, n. 37201/06, § 127.

Rapporto del Consiglio federale del 12 giugno 2015 in adempimento del postulato 13.3805 «Rapporto chiaro tra diritto internazionale e nazionale», pag. 13 con rimandi.

DTF 109 Ib 64 consid. 5; DTF 111 1b 68 consid. 2a.

Oliver Thurin, Der Schutz des Fremden vor rechtswidriger Abschiebung, Das Prinzip des Non-Refoulement nach Artikel 3 EMRK, 2a edizione, Vienna 2012, pagg. 8­9.

Jens Meyer-Ladewig, Matthias Lehnert, in: Jens Meyer-Ladewig/Martin Nettesheim/Stefan von Raumer (a cura di), EMRK Handkommentar, 4a edizione, Basilea 20172017, n. marg. 6 ad art. 3.

Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, Commento generale n. 4 (2017) sull'attuazione dell'articolo 3 della Convenzione nel contesto dell'art. 22, n. marg. 8.

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in caso di guerra o di un'emergenza pubblica che minaccia l'esistenza del Paese (art. 2 par. 2). Pertanto non è ammessa nessuna deroga anche in caso di minaccia terroristica30.

Patto II ONU Anche il Patto II ONU prevede un principio di non-refoulement (art. 7). Secondo l'articolo 7 del Patto II ONU, nessuno può essere sottoposto alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Da tale disposizione è stato desunto ­ come per l'articolo 3 CEDU ­ il divieto di espellere una persona in uno Stato in cui rischi di essere sottoposta a un tale trattamento. Il diritto sancito dall'articolo 7 del Patto II ONU è inderogabile ed è parte delle disposizioni obbligatorie del diritto internazionale (art. 4 par. 2)31. Sotto il profilo materiale, l'articolo 7 del Patto II ONU corrisponde ampiamente alla giurisprudenza riguardante l'articolo 3 CEDU32. Contrariamente agli altri trattati citati, il Patto II ONU non contiene una clausola di denuncia. La netta maggioranza degli Stati parte è infatti persuasa che il Patto II ONU non possa essere denunciato33.

Convenzione ONU per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata Secondo l'articolo 16 della Convenzione dell'ONU per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, nessuno Stato Parte espelle, respinge, consegna o estrada una persona verso uno Stato qualora esistano fondate ragioni per credere che, in tale Stato, correrebbe il pericolo di essere vittima di una sparizione forzata. La protezione dalla sparizione forzata rientra parimenti nella protezione dall'espulsione o estradizione ai sensi dell'articolo 3 CEDU34. L'espulsione di una persona in uno Stato in cui rischia di essere vittima di una sparizione forzata era inammissibile sin da prima dell'entrata in vigore della Convenzione dell'ONU per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata35. La protezione, pertanto, non è maggiore (né minore) rispetto a quella garantita da trattati entrati in vigore anteriormente.

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Kees Wouters, International Legal Standards for the Protection from Refoulement, Diss., Antwerb, Oxford, Portland 2009, pagg. 502 e 523.

Messaggio del 20 novembre 2013 concernente l'iniziativa popolare «Per l'attuazione dell'espulsione degli stranieri che commettono reati (Iniziativa per l'attuazione)», FF 2013 8139, qui 8149; messaggio del 20 marzo 2019 sull'iniziativa popolare «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso» e il suo controprogetto indiretto (legge federale sulla dissimulazione del viso), FF 2019 2519, qui 2627.

Alberto Achermann, Martina Caroni, Walter Kälin, in: Walter Kälin/Giorgio Malinverni/Manfred Nowak (a cura di), Die Schweiz und die UNO-Menschenrechtspakete, 2a edizione, Basilea, Francoforte 1997, pag. 166.

Manfred Nowak, UNO-Pakt über bürgerliche und politische Rechte und Fakultativprotokoll, CCPR-Kommentar, Kehl, Strasburgo, Arlington 1989, n. marg. 21­23 ad art. 7; messaggio del 23 ottobre 2013 concernente l'iniziativa popolare «Stop alla sovrappopolazione ­ sì alla conservazione delle basi naturali della vita», FF 2013 7455, qui 7504.

Rapporto della Svizzera del 19 dicembre 2018 sull'attuazione della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, n. marg. 83.

Messaggio del 29 novembre 2013 concernente l'approvazione della Convenzione per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata e la sua attuazione, FF 2014 417, qui 434.

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Convenzioni europee e universali per la repressione del terrorismo Non solo gli accordi internazionali sui diritti umani, ma anche parecchie convenzioni sulla lotta al terrorismo ratificate dalla Svizzera contengono disposizioni che sanciscono esplicitamente il principio di non-refoulement, in particolare le sei disposizioni seguenti: ­

l'articolo 5 della Convenzione europea del 27 gennaio 197736 per la repressione del terrorismo. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 14 dicembre 1982 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 20 agosto 1983.

­

L'articolo 12 della Convenzione internazionale del 15 dicembre 199737 per la repressione degli attentati terroristici con esplosivo. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 23 ottobre 2003 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 23 ottobre 2003.

­

L'articolo 14 della Convenzione internazionale del 9 dicembre 199938 per la repressione del finanziamento del terrorismo. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 12 marzo 2003 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 23 ottobre 2003.

­

L'articolo 16 della Convenzione internazionale del 13 aprile 200539 per la repressione degli atti di terrorismo nucleare. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 13 giugno 2008 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 14 novembre 2008.

­

L'articolo 11ter del Protocollo del 14 ottobre 200540 relativo alla Convenzione per la repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima. Il protocollo è stato approvato dall'Assemblea federale il 13 giugno 2008 ed è entrato in vigore per la Svizzera il 28 luglio 2010.

­

L'articolo 14 della Convenzione internazionale del 10 settembre 201041 per la repressione di atti illeciti contro l'aviazione civile internazionale. La Convenzione è stata approvata dall'Assemblea federale il 20 giugno 2014 ed è entrata in vigore per la Svizzera il 1° luglio 2018.

Secondo questi trattati, non è dato un obbligo di estradizione o d'assistenza giudiziaria se vi sono seri motivi di ritenere che la richiesta di estradizione sia stata presentata al fine di perseguire o di punire una persona per motivi di razza, di religione, di nazionalità, di origine etnica o di opinioni politiche, o che dare seguito a tale richiesta arrecherebbe danno alla situazione di quella persona per uno qualsiasi di questi motivi.

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RS 0.353.3 RS 0.353.21 RS 0.353.22 RS 0.353.23 RS 0.747.712 RS 0.748.710.5

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Diritto nazionale L'articolo 33 paragrafo 1 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati costituisce la base dell'articolo 25 capoverso 2 della Costituzione federale42 (Cost.) e dell'articolo 5 della legge federale del 26 giugno 199843 sull'asilo (LAsi), secondo cui i rifugiati non possono essere espulsi o estradati in uno Stato in cui sono perseguitati. Tuttavia, il principio di non-refoulement dell'articolo 3 CEDU non è congruente con l'articolo 5 capoverso 2 LAsi. Contrariamente al principio di non-refoulement della legge sull'asilo, l'articolo 3 della CEDU si applica in modo assoluto e incondizionato.

L'articolo 25 capoverso 3 Cost. vieta l'espulsione in uno Stato in cui la persona in questione rischia la tortura o un altro genere di trattamento o punizione crudele o inumano. Questo divieto abbraccia tutte le categorie di persone44. L'articolo 25 capoverso 3 Cost. corrisponde all'articolo 3 CEDU. L'articolo 3 CEDU e l'articolo 25 capoverso 3 Cost. sono la base del divieto di estradizione di cui all'articolo 2 dell'Assistenza in materia penale (AIMP) del 20 marzo 198145.

Il principio di non-refoulement di cui all'articolo 25 capoverso 3 Cost. coincide con l'essenza dei diritti fondamentali46. I diritti fondamentali sono intangibili nella loro essenza (art. 36 cpv. 4 Cost.), e questo anche nel contesto del terrorismo47. Le revisioni costituzionali che violano lo ius cogens non esplicano alcun effetto. Il limite materiale costituito dalle disposizioni cogenti del diritto internazionale si applica pertanto sia ai progetti costituzionali delle autorità sia alle proposte avanzate in un'iniziativa popolare48.

Conclusioni Il Consiglio federale rileva che le azioni di uno Stato in violazione del diritto internazionale comportano delle conseguenze. La violazione del diritto internazionale ricade in ogni caso sotto la responsabilità secondo il diritto internazionale dello Stato che l'ha commessa. Nel caso dei trattati sui diritti umani, sono pensabili anche sanzioni nonché l'esclusione dalle organizzazioni internazionali. Nel caso di conflitti di norme sancite da trattati internazionali, si può tentare, se possibile, di rinegoziare i trattati internazionali, o si può considerare la disdetta dei trattati. Se la mozione venisse attuata, la CEDU e l'UNCAT dovrebbero effettivamente essere disdette per
evitare una violazione di questi trattati internazionali.

La denuncia della CEDU implicherebbe verosimilmente l'esclusione dal Consiglio d'Europa, di cui la Svizzera ha fatto propri i valori fondamentali in materia di diritti umani e di democrazia. Anche per gli abitanti del nostro Paese le conseguenze sarebbero gravi giacché non potrebbero più far valere i propri diritti dinnanzi a una delle 42 43 44 45 46 47 48

RS 101 RS 142.31 Giovanni Biaggini, Bundesverfassung der Schweizerischen Eidgenossenschaft, Kommentar, 2a edizione, Zurigo 2017, n. marg. 12 ad art. 25 Cost.

RS 351.1 Regina Kiener, Walter Kälin, Grundrechte, 2a edizione, Berna 2013, pag. 198.

Eva Maria Belser, Bernhard Waldmann, Eva Molinari, Grundrechte I, Allgemeine Grundrechtslehren, Zurigo, Basilea, Ginevra 2012, pag. 29.

Rapporto complementare del Consiglio federale al rapporto del 5 marzo 2010 sulla relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, FF 2011 3299, qui 3314­15.

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istituzioni più importanti per la tutela internazionale dei diritti umani49. Nuocerebbe inoltre gravemente alla credibilità politica della Svizzera a livello internazionale. Il Consiglio federale ha già sottolineato in un'altra occasione che, per motivi politici e giuridici, la denuncia della CEDU non è un'opzione da prendere in considerazione50.

La situazione è ancora più chiara per quanto riguarda il Patto II ONU, che deliberatamente non contiene una clausola di denuncia, per cui la questione della denuncia non si pone nemmeno. Qui, se la mozione fosse attuata, rimarrebbe una contraddizione inconciliabile con il principio di non-refoulement. Inoltre, una revisione costituzionale non esplica alcun effetto, poiché l'articolo 25 capoverso 3 Cost. è una disposizione del diritto internazionale obbligatorio (ius cogens). A fronte di questa situazione giuridica, l'attuazione della mozione rappresenterebbe un allontanamento dal principio dello stato di diritto in senso tradizionale.

2.2

Aspetti umanitari

Tortura e maltrattamenti ledono la dignità umana e rappresentano una minaccia per la sicurezza delle persone, devastando individui, famiglie e società. Mettono a rischio la convivenza pacifica e la stabilità della pace e ostacolano lo sviluppo economico. L'impegno della Svizzera per un mondo senza tortura e maltrattamenti si fonda, fra l'altro, sulla sua tradizione umanitaria51. La Svizzera si adopera per il rispetto del divieto assoluto e universale della tortura e, a livello bilaterale e multilaterale, per il rafforzamento del quadro normativo per la protezione contro la tortura e gli abusi52. Applica una tolleranza zero nei confronti degli atti di tortura53.

La Svizzera s'impegna da sempre a favore del rafforzamento dei diritti umani e si prodiga per promuovere l'attuazione degli standard internazionali in materia di diritti umani. Attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, anche nel quadro della lotta al terrorismo. Ha reiterato a più riprese questa posizione in seno a organi multilaterali e dinanzi a numerosi Stati.

Pertanto, il Consiglio federale è convinto che la Svizzera, in nome della sua tradizione umanitaria, non può rinviare una persona in uno Stato in cui rischia di essere esposta alla tortura o ad altri trattamenti crudeli o inumani, anche se questa persona rappresenta una minaccia per la sicurezza interna della Svizzera. Rileva inoltre che, qualora violasse il principio di non-refoulement, la Svizzera non potrebbe più, in maniera credibile, intervenire su scala internazionale a favore del rispetto dei diritti umani.

49

50 51 52 53

Esperienze e prospettive a 40 anni dall'adesione della Svizzera alla CEDU. Rapporto del Consiglio federale del 19 novembre 2014 in adempimento del postulato Stöckli 13.4187 del 12 dicembre 2013, FF 2015 355, qui 404.

Messaggio del 23 ottobre 2013 concernente l'iniziativa popolare «Stop alla sovrappopolazione - sì alla conservazione delle basi naturali della vita», FF 2013 7455, qui 7502.

Piano d'azione del DFAE contro la tortura, pagg. 3 e 7, consultabile all'indirizzo: www.eda.admin.ch/publikationen (stato: 12.7.2019).

Rapporto sulla politica estera 2018 del 30 gennaio 2019, FF 2019 1293, qui 1505.

Ottavo rapporto periodico della Svizzera del maggio 2019 al Comitato dell'ONU contro la tortura (CAT), pag. 3, consultabile all'indirizzo: www.admin.ch > Documentazione > Comunicati stampa (stato: 12.1.2022) (in tedesco e francese).

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2.3

Aspetti politici

Il 14 marzo 1996 il Parlamento ha dichiarato nulla l'iniziativa popolare «per una politica d'asilo razionale» lanciata dai Democratici Svizzeri, ritenendo che essa violava il principio di non-refoulement. Gli autori dell'iniziativa chiedevano che tutti i richiedenti l'asilo entrati illegalmente nel Paese venissero espulsi immediatamente, senza che si esaminasse se essi sarebbero stati in tal modo esposti a persecuzione o a tortura54. Con la sua decisione di dichiarare nulla l'iniziativa popolare, nel 1996 il Parlamento ha ribadito la sua posizione in merito ai principi giuridici più fondamentali.

L'impegno della Svizzera a favore dei diritti umani non è soltanto iscritto nella Costituzione (cfr. art. 54 cpv. 2 Cost.), ma costituisce anche un elemento essenziale della coscienza nazionale e della nostra tradizione. Inoltre, la Svizzera ­ in qualità di sede dell'Alto Commissariato per i diritti umani, cui sono aggregati i meccanismi di sorveglianza in questione, e del Consiglio dei diritti umani dell'ONU ­ è particolarmente esposta alle questioni riguardanti i diritti umani. Se la mozione venisse attuata, la Svizzera sarebbe il solo Stato europeo a non riconoscere il carattere assoluto del principio di non-refoulement. La sua reputazione e credibilità ne risulterebbero fortemente compromesse e vi sarebbero da attendersi conseguenze negative per le sue relazioni internazionali.

Anche se l'attuale minaccia e i pericoli del terrorismo pongono la Svizzera di fronte a sfide difficili, il Consiglio federale è fermamente convinto che sia opportuno, per ragioni di politica istituzionale, continuare a difendere i principi fondamentali del diritto e combattere questa minaccia con altri mezzi.

2.4

Aspetti inerenti alla sicurezza

Dal novembre 2015 la minaccia terroristica in Svizzera si è acuita. Il Consiglio federale è consapevole della minaccia attuale e ha pertanto adottato, nel 2015, la Strategia della Svizzera per la lotta al terrorismo55. Con la legge federale del 25 settembre 201556 sulle attività informative (LAIn), entrata in vigore il 1° settembre 2017, il Consiglio federale ha rafforzato ulteriormente il dispositivo di sicurezza. Il 1° dicembre 2017 il Consiglio federale ha inoltre preso atto del Piano d'azione nazionale per prevenire e combattere la radicalizzazione e l'estremismo violento57. Grazie al coordinamento operativo Terrorismo (Tetra), diretto da fedpol, la Svizzera dispone di un organismo che coinvolge tutti gli operatori delle autorità in materia di sicurezza, perseguimento penale e migrazione nonché di altre autorità della Confederazione e

54 55 56 57

Messaggio del 22 giugno 1994 concernente le iniziative popolari «per una politica d'asilo razionale» e «contro l'immigrazione clandestina», FF 1994 III 1338.

Strategia della Svizzera del 18 settembre 2015 per la lotta al terrorismo, FF 2015 6143.

RS 121 Piano d'azione nazionale del 4 dicembre 2017 per prevenire e combattere la radicalizzazione e l'estremismo violento, consultabile all'indirizzo: www.ejpd.admin.ch > News > 2017 > Piano d'azione nazionale per prevenire e combattere la radicalizzazione e l'estremismo violento (stato: 12.7.2019).

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dei Cantoni, il quale funge per esse da piattaforma di coordinamento e adotta e sviluppa misure e procedure58.

Il 25 settembre 2020, il Parlamento ha deciso, da un lato, di potenziare i mezzi a disposizione del diritto penale per contrastare il terrorismo: oltre all'introduzione di una nuova disposizione penale contro il reclutamento, la formazione e i viaggi in vista di commettere un atto terroristico, è stata inasprita anche la disposizione penale contro il sostegno e la partecipazione a un'organizzazione criminale o terroristica, per la quale la pena comminata è stata aggravata e il campo d'applicazione è stato ampliato.

Le nuove disposizioni sono entrate in vigore il 1° luglio 2021. Sono inoltre state adeguate anche l'AIMP, la legge del 10 ottobre 199759 sul riciclaggio di denaro e la LAIn.

Dall'altro lato, lo stesso giorno il Parlamento ha adottato anche la legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT)60. Il 13 giugno 2021, la MPT è stata accolta in votazione popolare con il 56,58 per cento dei voti. Le nuove disposizioni consentono alla polizia di intervenire in maniera più precoce e preventiva in presenza di indizi concreti e attuali che fanno ritenere che una persona sarebbe un potenziale terrorista. D'ora in poi, un potenziale terrorista può essere convocato a presentarsi per colloqui obbligatori su richiesta di un Cantone, del SIC o, eventualmente, di un Comune. Può essere soggetto a un obbligo di notifica, a un divieto di avere contatti o di lasciare il Paese, a un divieto di lasciare e di accedere ad aree determinate e, in casi estremi, alla residenza coatta. Le nuove misure preventive di polizia servono a evitare gli atti terroristici e ad accrescere la sicurezza della popolazione. In relazione alla MPT è stata riveduta anche la LStrI. D'ora in poi, la carcerazione preliminare (art. 75 LStrI) può essere ordinata anche qualora la sentenza di espulsione ai sensi dell'articolo 68 LStrI passa in giudicato. Nell'ambito della carcerazione preliminare e della carcerazione in vista di rinvio coatto è stato introdotto un ulteriore motivo di carcerazione costituito dalla minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera. Secondo la LStrI riveduta, l'ammissione provvisoria è revocata o non può più essere disposta (art. 83 cpv. 9 LStrI) se la persona è oggetto
di un'espulsione passata in giudicato61.

Finora il diritto prevedeva la revoca dell'ammissione provvisoria unicamente se la sentenza di espulsione giudiziaria pronunciata nei confronti dello straniero passava in giudicato.

Inoltre, durante il procedimento penale, una persona accusata può essere posta in carcerazione preventiva o di sicurezza se è gravemente indiziata di un crimine o di un delitto e vi è seriamente da temere che minacci seriamente la sicurezza altrui commettendo gravi crimini o delitti, dopo aver già commesso in precedenza reati analoghi (il cosiddetto «pericolo di recidiva»; art. 221 cpv. 1 lett. c del codice di procedura penale62, CPP). La carcerazione è pure ammissibile se vi è seriamente da temere che chi ha proferito la minaccia di commettere un grave crimine lo compia effettivamente (il

58 59 60 61 62

Consultabile all'indirizzo: www.fedpol.admin.ch > Terrorismo > Partecipazione attiva della Svizzera (stato: 12.7.2019).

RS 955.0 FF 2020 6795 Messaggio del 22 maggio 2019 concernente la legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo, FF 2019 3935, qui 3937, 3988 e 3992.

RS 312.0

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cosiddetto «pericolo di esecuzione»; art. 221 cpv. 2 CPP). Infine, in determinate circostanze la polizia può ordinare la carcerazione di sicurezza di persone malate di mente. L'accento è posto sul ricovero a scopo di assistenza ai sensi dell'articolo 426 e seguenti del codice civile63 (CC)64.

3

Possibilità in caso di ostacoli all'esecuzione

Le assicurazioni diplomatiche possono, a certe condizioni, essere un mezzo appropriato per assicurare il rispetto del divieto di tortura in casi individuali65. Nel contesto delle assicurazioni diplomatiche, uno Stato si basa su garanzie da parte dello Stato di destinazione che alcune garanzie dei diritti umani saranno rispettate e, in particolare, che la persona da espellere, deportare o estradare non rischia di subire tortura o altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

La Svizzera ha già autorizzato a più riprese estradizioni dopo aver richiesto un'assicurazione diplomatica. Il Tribunale federale esige che tali dichiarazioni di garanzia eliminino il rischio corrispondente nel caso specifico o almeno lo riducano a un livello così basso che il verificarsi del rischio appare solo teorico66. Nel caso dell'estradizione, lo Stato richiedente ha sempre un forte interesse al rispetto di tali dichiarazioni di garanzia, dato che il mancato rispetto di queste garanzie comprometterebbe l'ulteriore cooperazione nei casi di estradizione.

Nel caso dell'espulsione, invece, lo Stato che emette una garanzia non ha un interesse altrettanto forte a rispettarla, motivo per cui la Svizzera non ha mai eseguito espulsioni sulla base di assicurazioni diplomatiche. In linea di principio, il diritto nazionale e internazionale non si oppongono all'ottenimento di assicurazioni diplomatiche, anche nel caso di espulsioni. I requisiti della Costituzione federale e del diritto internazionale devono essere rispettati. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), le garanzie devono essere sufficienti nel caso specifico per escludere qualsiasi rischio effettivo di maltrattamento. In rari casi, la Corte EDU presume che le assicurazioni diplomatiche non abbiano alcun peso a causa della situazione generale dei diritti umani nello Stato di destinazione. Di regola, la Corte EDU esamina dapprima la qualità delle assicurazioni e, in un secondo tempo, se sono affidabili alla luce della prassi nello Stato di destinazione. In questo contesto, prende in considerazione se le assicurazioni sono specifiche, se l'autorità che le emette può impegnare lo Stato di destinazione e se il rispetto delle assicurazioni può essere verificato obiettivamente attraverso meccanismi diplomatici o di altro tipo, compreso il libero accesso ai rappresentanti legali della persona interessata67.

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66 67

RS 210 Mozione de Quattro del 30 novembre 2020 (20.4358 «Valutare meglio la minaccia terroristica rappresentata da una persona prima della sua liberazione»).

Jan Schneider, Schutz vor Folter durch einstweilige Massnahmen bzw. durch diplomatische Zusicherungen, Überlegungen anlässlich der Entscheidung des UN-Ausschusses gegen Folter im Fall Abichou gegen Deutschland, EuGRZ 2014, pag. 168­176, qui pag. 174.

DTF 134 IV 156 consid. 6.13.

Sentenza della Corte EDU nella causa Othman (Abu Qutada) vs. Regno Unito del 17 gennaio 2012, n. 8139/09, § 188 seg.

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La questione dell'ammissibilità delle assicurazioni diplomatiche è inoltre esaminata dal Comitato ONU contro la tortura68 e dal Comitato ONU per i diritti umani nel contesto delle procedure di reclamo individuali, perlopiù in relazione alle estradizioni.

I due comitati sono sempre più critici sull'uso delle assicurazioni diplomatiche. Sebbene in linea di principio non abbiano escluso l'uso di assicurazioni diplomatiche nella loro pratica, nella maggior parte dei casi le hanno considerate insufficienti.

Oltre alle considerazioni di carattere giuridico, non bisogna sottovalutare le sfide legate alla fattibilità concreta di un'espulsione sulla base di assicurazioni diplomatiche.

Nello Stato di destinazione è necessaria un'autorità come contatto ufficiale che sia disposta a collaborare con le autorità svizzere. Inoltre, la rappresentanza svizzera all'estero responsabile dello Stato di destinazione deve essere giuridicamente e fattualmente in grado di verificare il rispetto delle garanzie nello Stato di destinazione o di farle verificare da un organismo indipendente.

In ogni caso, il Consiglio federale si sforza di ottenere garanzie diplomatiche anche per l'espulsione di persone che minacciano la sicurezza interna o esterna della Svizzera, nel rispetto della Costituzione federale e del diritto internazionale, in particolare tenendo conto dei criteri elaborati dalla Corte EDU. Occorre tuttavia la massima cautela, perché l'esperienza di altri Stati ha dimostrato che le assicurazioni diplomatiche non sono sempre onorate dallo Stato di destinazione69.

4

Conclusioni e proposta di stralcio

Questi, in sintesi, gli argomenti contro l'attuazione della mozione:

68 69

­

Il principio di non-refoulement si basa non solo sulla Costituzione federale e sul diritto internazionale dei trattati, ma anche sul diritto internazionale consuetudinario di natura obbligatoria (ius cogens). La Svizzera non può esimersi dal principio di non-refoulement denunciando i trattati pertinenti. La contraddizione tra l'attuazione della mozione e il principio di non-refoulement è quindi inconciliabile.

­

Il Consiglio federale considera il principio di non-refoulement come uno dei diritti fondamentali e umani più importanti e una pietra miliare della politica svizzera in materia di migrazione e di diritti umani. È sancito, tra l'altro, dalla Convenzione sullo statuto dei rifugiati, dalla CEDU, dall'UNCAT, dal Patto II ONU, dalla Convenzione ONU per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate e anche da varie convenzioni internazionali sulla lotta contro gli atti terroristici.

­

Attuare la mozione significherebbe inevitabilmente violare l'articolo 25 capoverso 3 Cost. Una disposizione approvata da Popolo e Cantoni può essere non solo modificata, ma anche abrogata nel quadro di una nuova votazione

Comitato ONU contro la tortura, decisione Agiza vs. Svezia del 20 maggio 2005, n. 233/2003, par. 13.2 segg.

Comitato ONU contro la tortura, decisione Agiza vs. Svezia del 20 maggio 2005, n. 233/2003.

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popolare. Tuttavia, l'articolo 25 capoverso 3 Cost. è una disposizione del diritto internazionale obbligatorio (ius cogens), pertanto un'eventuale modifica costituzionale non avrebbe effetto.

­

La Svizzera attribuisce grande importanza all'osservanza del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani garantiti dal diritto internazionale. Questo vale ovviamente anche per la lotta al terrorismo. Secondo il Consiglio federale, il fatto di combattere il terrorismo con mezzi costituzionali nel rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, è nell'interesse della Svizzera e della sua posizione umanitaria agli occhi del mondo. Attuando la mozione, la Svizzera sarebbe inoltre l'unico Stato europeo a non più riconoscere la validità assoluta del principio di non-refoulement.

­

La tortura e i maltrattamenti ledono la dignità umana e minacciano la sicurezza delle persone. Distruggono famiglie e intere società. Sono un pericolo per la convivenza pacifica e per la pace durevole e pregiudicano lo sviluppo economico. Secondo il Consiglio federale, una violazione del principio di non-refoulement comporterebbe una rottura completa con la tradizione umanitaria della Svizzera.

­

Nel 1996 il Parlamento ha ribadito chiaramente la propria volontà e quella della Svizzera di osservare il principio di non-refoulement, dichiarando l'iniziativa popolare «per una politica d'asilo razionale» non valida perché incompatibile con tale principio. Allontanarsi dal principio di non-refoulement sarebbe in contraddizione con la posizione allora difesa dal Parlamento.

­

Il Consiglio federale sfrutta pienamente la situazione giuridica in essere per garantire la sicurezza della Svizzera. Le espulsioni di persone che minacciano la sicurezza interna o esterna della Svizzera verso Paesi non considerati sicuri sono possibili sulla base di una valutazione caso per caso. Il Consiglio federale è disposto a esaminare le assicurazioni diplomatiche nel rispetto della Costituzione federale e del diritto internazionale, tenendo conto in particolare dei criteri elaborati dalla CEDU.

Vista l'impossibilità giuridica di attuare la mozione, il Consiglio federale propone di stralciarla.

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